Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Rilancio economico e sociale, contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica, interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale - D.L. 223/2006 - A.C. 1475 - Schede di lettura
Riferimenti:
DL n. 223 del 04-LUG-06   AC n. 1475/XV
Serie: Progetti di legge    Numero: 28
Data: 31/07/2006
Descrittori:
CONCORRENZA   EVASIONI FISCALI
PIANI DI SVILUPPO   SPESA PUBBLICA
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
VI-Finanze


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

Rilancio economico e sociale, conteni­mento e razionalizzazione della spesa pubblica, interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale

D.L. 223/2006 – A.C. 1475

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

 

n. 28

 

31 luglio 2006


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coordinamento:   Dipartimento Bilancio e politica economica e Dipartimento Finanze

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: D06223.doc

 


I N D I C E

 

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto. 4

§      Contenuto. 4

Elementi per l’istruttoria legislativa. 26

§      Motivazioni della necessità ed urgenza. 26

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite. 26

§      Specificità ed omogeneità delle disposizioni28

§      Osservazioni sul testo. 29

§      La manovra correttiva dei conti pubblici33

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Finalità e ambito di intervento)39

§      Articolo 2 (Disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali)46

§      Articolo 3 (Regole di tutela della concorrenza nel settore della distribuzione commerciale)78

§      Articolo 4 (Disposizioni urgenti per la liberalizzazione dell'attività di produzione di pane)86

§      Articolo 5 (Interventi urgenti nel campo della distribuzione di farmaci)92

§      Articolo 6 (Interventi per il potenziamento del servizio di taxi)105

§      Articolo 7 (Misure urgenti in materia di passaggi di proprietà di beni mobili registrati)115

§      Articolo 8 (Clausole anticoncorrenziali in tema di assicurazione per la responsabilità civile auto)119

§      Articolo 9 (Prime misure per il sistema informativo sui prezzi dei prodotti agro-alimentari)126

§      Articolo 10 (Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali)129

§      Articolo 11 (Disposizioni urgenti in materia di soppressione di commissioni)135

§      Articolo 12 (Disposizioni in materia di circolazione dei veicoli e di trasporto comunale e intercomunale)141

§      Articolo 13 (Norme per la riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a tutela della concorrenza)149

§      Articolo 14 (Integrazione dei poteri dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato)154

§      Articolo 14-bis (Integrazione dei poteri dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni)159

§      Articolo 15 (Disposizione sulla gestione del servizio idrico integrato)164

§      Articolo 16, comma 1 (Contratto collettivo 2004-2005 trasporto pubblico locale)169

§      Articolo 16, comma 2 (Esclusione dal Patto di stabilità interno delle spese in conto capitale per il trasporto su ferro nel territorio della Capitale)173

§      Articolo 17, comma 1 (Ferrovie Spa)177

§      Articolo 17, comma 2 (ANAS)180

§      Articolo 17-bis (Deroga ai limiti alle spese per le autorità portuali)182

§      Articolo 18, comma 1 (Integrazione del Fondo nazionale per il servizio civile)185

§      Articolo 18, comma 2 (Integrazione del Fondo nazionale per le politiche sociali)187

§      Articolo 18, comma 3 (Fondo Unico Spettacolo - FUS)190

§      Articolo 18-bis (Lotta agli incendi boschivi del Corpo forestale dello Stato)193

§      Articolo 19 (Fondi per le politiche della famiglia, per le politiche giovanili e per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità)197

§      Articolo 20, commi 1, 2, 3-bis e 3-ter (Contributi per l’editoria)206

§      Articolo 20, comma 3 (Servizio nazionale della protezione civile)213

§      Articolo 21 (Spese di giustizia)215

§      Articolo 22 (Riduzione delle spese di funzionamento per enti ed organismi pubblici non territoriali)222

§      Articolo 22-bis, comma 1 (Riduzione della spesa per gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale. 230

§      Articolo 22-bis, commi 2, 3 e 4 (Attività libero professionale presso studi professionali esterni)232

§      Articolo 23 (Parere del Consiglio Universitario Nazionale)236

§      Articolo 24 (Contenimento spesa per compensi spettanti agli arbitri)239

§      Articolo 25 (Misure di contenimento con responsabilizzazione amministrazioni)241

§      Articolo 26 (Sanzioni per mancato rispetto del limite all’incremento delle spese da parte degli enti pubblici non territoriali)261

§      Articolo 27 (Riduzione del limite di spesa annua per studi e incarichi di consulenza, per relazioni pubbliche,convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza)264

§      Articolo 28 (Diarie per missioni all’estero)267

§      Articolo 29 (Contenimento spesa per commissioni comitati ed altri organismi)273

§      Articolo 30 (Verifica delle economie in materia di personale per regioni ed enti locali)280

§      Articolo 31 (Riorganizzazione del servizio di controllo interno)288

§      Articolo 32 (Contratti di collaborazione)291

§      Articolo 33 (Trattenimento in servizio dei dipendenti pubblici)296

§      Articolo 34 (Criteri per i trattamenti accessori massimi e pubblicità degli incarichi di consulenza)304

§      Articolo 34-bis (Autofinanziamento dei servizi anagrafici informatizzati del Ministero dell’interno)308

§      Articolo 34-ter (Deroghe ai limiti all’acquisizione di immobili)311

§      Articolo 34-quater (Controllo del costo del lavoro)314

§      Articolo 34-quinquies (Proroga dei trasferimenti ai sensi del D.Lgs. 112/1998)316

§      Articolo 35, comma 1 (Regime IVA applicabile alle consumazioni obbligatorie nelle discoteche e sale da ballo)318

§      Articolo 35, commi 2-4 (Accertamento degli imponibili derivanti da transazioni immobiliari)319

§      Articolo 35, commi 5-6-ter (Disposizioni in materia di IVA nei subappalti)323

§      Articolo 35, comma 7 (Sanzioni penali tributarie)327

§      Articolo 35, commi 8-10-sexies (Regime IVA degli immobili e dei fabbricati)329

§      Articolo 35, comma 11 (Contrasto delle elusioni fiscali in tema di veicoli)342

§      Articolo 35, commi 12 e 12-bis (Conti correnti di esercenti arti e professioni)345

§      Articolo 35, commi 13 e 14 (Disposizioni in materia di sede delle società controllanti società o enti residenti)347

§      Articolo 35, commi 15 e 16 (Contrasto di fenomeni elusivi connessi all’attività  delle società non operative)350

§      Articolo 35, commi 17 e 18 (Effetti fiscali della retrodatazione delle operazioni di fusione societaria)355

§      Articolo 35, commi 19 e 20 (Documentazione delle spese sostenute per ristrutturazioni edilizie)357

§      Articolo 35, commi 21-23-ter (Nuove disposizioni fiscali sulle cessioni immobiliari)358

§      Articolo 35, comma 24 (Estensione dei poteri di accertamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale)363

§      Articolo 35, commi 25, 26 e 26-bis (Ampliamento delle prerogative degli agenti della riscossione)366

§      Articolo 35, commi 26-ter e 26-quater (Versamenti per la sanatoria per i concessionari della riscossione)368

§      Articolo 35, commi 26-quinquies (Estensione dei casi di impugnazione)370

§      Articolo 35, comma 27 (Obblighi di comunicazione da parte degli operatori del settore assicurativo)371

§      Articolo 35, commi 28-34 (Responsabilità solidale dell’appaltatore per gli obblighi del subappaltatore)373

§      Articolo 35, comma 35 (Estensione dei poteri dell’Agenzia delle dogane)378

§      Articolo 36, comma 1 (Ridefinizione ambito applicazione IVA ridotta)386

§      Articolo 36, comma 2 (Decorrenza del carattere di edificabilità delle aree urbane ai fini dell’IVA, dell’imposta di registro e dell’ICI)387

§      Articolo 36, commi 3-4-bis (Disposizione antielusiva in materia di utili di partecipazione)388

§      Articolo 36, commi 5-8 (Ammortamento del costo dei beni strumentali)392

§      Articolo 36, commi 9-11 (Utilizzo di perdite fiscali anteriori alla “tassazione per trasparenza”)396

§      Articolo 36, commi 12-14 (Riporto delle perdite)398

§      Articolo 36, comma 15 (Soppressione dell’imposta di registro agevolata per i trasferimenti di immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati)401

§      Articolo 36, commi 16 e 17 (Opzione per la trasparenza fiscale delle società a responsabilità limitata a ristretta base proprietaria)403

§      Articolo 36, commi 18 e 19 (Indeducibilità di minusvalenze)405

§      Articolo 36, commi 20 e 21 (Soppressione della facoltà di ridurre il valore delle variazioni delle rimanenze finali delle opere, forniture e servizi)406

§      Articolo 36, comma 22 (Redditi dei non residenti)407

§      Articolo 36, comma 23 (Abrogazione dell’esenzione dall’IRPEF per incentivazioni dell’esodo di lavoratori dipendenti)410

§      Articolo 36, commi 24-34 (Recupero di base imponibile)412

§      Articolo 36, comma 34-bis (Classificazione tributaria dei proventi da illecito)424

§      Articolo 36-bis (Misure urgenti per il contrasto del lavoro nero e per la promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro)426

§      Articolo 37, comma 1 (Inserimento del curatore fallimentare e  del commissario liquidatore tra i sostituti d’imposta)453

§      Articolo 37, commi 2 e 3 (Accertamento in base agli studi di settore)454

§      Articolo 37, commi 4-7 (Indagini economico-finanziarie)457

§      Articolo 37, commi 8 e 9 (Elenchi dei clienti e dei fornitori ai fini IVA)463

§      Articolo 37, commi 10-14 (Modalità e termini di presentazione delle dichiarazioni fiscali e di versamento di imposte)466

§      Articolo 37, commi 15-17 (Contribuenti minimi in franchigia)473

§      Articolo 37, commi 18-20 (Controlli sui titolari di partita IVA)480

§      Articolo 37, commi 21, 22 e 23 (Obblighi di comunicazione all’anagrafe tributaria da parte  delle Camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura)483

§      Articolo 37, comma 21-bis (Presentazione di atti al registro delle imprese)486

§      Articolo 37, commi 24-26 (Termini dell’attività di accertamento)489

§      Articolo 37, commi 27 e 28 (Notificazione di atti e avvisi)491

§      Articolo 37, commi 29 e 30 (Rafforzamento delle prerogative della Guardia di finanza)495

§      Articolo 37, comma 31 (Allargamento del novero dei soggetti sottoposti ad obblighi di comunicazione alla Guardia di finanza)497

§      Articolo 37, comma 32 (Nuove disposizioni in materia di accertamento  delle imposte sui redditi)499

§      Articolo 37, commi 33-37 (Trasmissione telematica dei corrispettivi)501

§      Articolo 37, commi 38 e 39 (Plusvalenze derivanti da cessione di immobili donati)505

§      Articolo 37, commi 40 e 41 (Termini di notifica delle cartelle di pagamento)507

§      Articolo 37, comma 42 (Termini per iscrizioni a ruolo)509

§      Articolo 37, comma 43 (Iscrizione a ruolo e rimborsi delle imposte  relative a redditi soggetti a tassazione separata)512

§      Articolo 37, comma 44 (Notifiche per i condoni)513

§      Articolo 37, commi 45 e 46 (Nuove disposizioni in materia di ammortamento dei beni immateriali)515

§      Articolo 37, commi 47 e 48 (Deducibilità extra-contabile delle spese relative a studi e ricerche di sviluppo)517

§      Articolo 37, comma 49 (Modalità telematiche per i versamenti IVA)519

§      Articolo 37, comma 50 (Interessi anatocistici)521

§      Articolo 37, comma 51 (Abrogazione della programmazione fiscale  e dell’adeguamento dei redditi dei periodi di imposta precedenti)522

§      Articolo 37, comma 52 (Comitati di gestione delle Agenzie fiscali)525

§      Articolo 37, commi 53-55 (Dichiarazioni, comunicazioni e versamenti ICI. Base dei dati catastali)526

§      Articolo 37, comma 56 (Cartolarizzazioni)531

§      Articolo 37, comma 57 (Copertura finanziaria per il recepimento di direttiva comunitaria)533

§      Articolo 38 (Misure di contrasto del gioco illegale)538

§      Articolo 39 (Modifica di norma interpretativa sulle esenzioni dall’ICI)567

§      Articolo 39-bis (Disposizioni in materia di rimborsi elettorali)570

§      Articolo 40 (Copertura finanziaria)576

§      Articolo 40-bis (Validità di atti e contratti pubblici in rapporto all’entrata in vigore del decreto-legge)578

§      Articolo 41 (Entrata in vigore)579

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero del disegno di legge di conversione

A.C. 1475

Numero del decreto-legge

4 luglio 2006, n. 223

Titolo del decreto-legge

Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale

Settore d’intervento

Vari

Iter al Senato

Numero di articoli

 

§       testo originario

41

§       testo approvato dal Senato

52

Date

 

§       emanazione

4 luglio 2006

§       pubblicazione in Gazzetta ufficiale

4 luglio 2006

§       approvazione del Senato

25 luglio 2006

§       assegnazione

26 luglio 2006

§       scadenza

2 settembre 2006

Commissione competente

V Bilancio e VI Finanze

Pareri previsti

I, II, III, IV, VII, VIII, IX, X, XI, XII, XIII e XIV

 

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

Il provvedimento si articola in 4 titoli. Il titolo I (articoli 1-15) reca misure urgenti per lo sviluppo, la crescita e la promozione della concorrenza e della competitività, per la tutela dei consumatori e per la liberalizzazione dei settori produttivi; il titolo II (articoli 16-34-quinquies) reca misure per la ripresa degli interventi infrastrutturali, interventi per il sostegno della famiglia e misure di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica; il titolo III (articoli 35-38) reca misure in materia di contrasto all’evasione ed elusione fiscale, di recupero della base imponibile, di potenziamento dei poteri di controllo dell’amministrazione finanziaria, di semplificazione degli adempimenti tributari e in materia di giochi; il titolo IV (articoli 39-41) comprende le disposizioni finali.

 

L'articolo 1, comma 1, definisce le finalità e l’ambito di intervento del titolo I del provvedimento, concernente le misure urgenti per la promozione della concorrenza, la tutela dei consumatori e la liberalizzazione dei settori produttivi.

Il comma 1-bis introduce nella legge - con riferimento a tutte le sue disposizioni - la clausola di “compatibilità” con l’ordinamento delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.

 

Il comma 1 dell’articolo 2 abroga le disposizioni legislative e regolamentari che, nell’ambito delle attività libero professionali e intellettuali, prevedono l’obbligatorietà delle tariffe fisse o minime ed il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti. Esso abroga altresì le norme che contemplano divieti di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni, prescrivendo che tale pubblicità si conformi a criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall’Ordine. L’articolo 2 abroga, infine, le norme concernenti il divieto di fornire all'utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti, a condizione che l’oggetto sociale relativo all’attività libero professionale sia esclusivo, che il medesimo professionista non partecipi a più di una società e che la specifica prestazione sia resa da uno o più soci professionisti previamente indicati, sotto la propria responsabilità.

Il comma 2 precisa che l’abrogazione non riguarda le disposizioni concernenti l’attività professionale esercitata nell’ambito del Servizio sanitario nazionale o in rapporto convenzionale con lo stesso né le tariffe massime a tutela degli utenti. Lo stesso comma chiarisce, inoltre, che, in caso di liquidazione giudiziale e di gratuito patrocinio, il giudice provvede alla liquidazione delle spese di giudizio e dei compensi professionali sulla base della tariffa professionale. Nelle procedure ad evidenza pubblica, inoltre, le stazioni appaltanti possono motivatamente utilizzare le tariffe come criterio o base di riferimento per la determinazione dei compensi professionali.

Il comma 2-bis, nel sopprimere il divieto di patto quota lite, riscrive l’articolo 2233 del codice civile, sanzionando con la nullità i patti tra gli avvocati e praticanti abilitati ed i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali, ove non conclusi in forma scritta.

Il comma 3, infine, prescrive l’adeguamento, anche con misure a garanzia della qualità delle prestazioni professionali, delle disposizioni deontologiche e pattizie di cui al comma 1 entro il 1° gennaio 2007, prevedendo, in caso di inadempimento, la nullità delle norme contrastanti.

 

L'articolo 3 dispone che le attività commerciali di cui al decreto legislativo n. 114 del 1998 si svolgono senza i limiti e le prescrizioni elencate dal medesimo articolo 3, fatta eccezione per le vendite sottocosto e i saldi di fine stagione.

 

L'articolo 4 prevede la soppressione delle disposizioni normative che subordinavano l’apertura, il trasferimento o la trasformazione dei panifici a un regime autorizzatorio (comprendente la verifica dell’opportunità del nuovo impianto in relazione alla densità di panifici esistenti). In luogo di tale regime, si prevede la presentazione di una dichiarazione di inizio attività, corredata dall’autorizzazione della competente Azienda sanitaria locale in merito ai requisiti igienico-sanitari e dall’autorizzazione alle emissioni in atmosfera, nonché l'indicazione del nominativo del responsabile dell'attività produttiva, che assicura l'utilizzo di materie prime in conformità alle norme vigenti, l'osservanza delle norme igienico-sanitarie e di sicurezza dei luoghi di lavoro e la qualità del prodotto finito.

Il comma 2-ter prevede l’emanazione, entro 12 mesi, da parte del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole ed il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, di un decreto volto a disciplinare le denominazioni di “panificio” , di “pane fresco” e di “pane conservato”.

 

L’articolo 5 reca alcune innovazioni al sistema di vendita dei farmaci, con particolare riferimento alla vendita di farmaci non soggetti a prescrizione medica al di fuori delle farmacie, alla disciplina degli sconti sui medesimi farmaci, alla revisione degli obblighi a carico dei distributori di farmaci e alla disciplina della titolarità delle farmacie.

 

L’articolo 6 reca interventi per il potenziamento del servizio di taxi. In particolare, la disposizione prevede che i comuni possano: prevedere turnazioni integrative in aggiunta a quelle ordinarie; bandire concorsi straordinari in conformità alla vigente disciplina numerica ovvero in deroga ad essa; rilasciare titoli autorizzatori temporanei o stagionali, non cedibili, per fronteggiare particolari eventi straordinari; prevedere la possibilità di utilizzare veicoli sostitutivi ed aggiuntivi per l’espletamento di servizi diretti a specifiche categorie di utenti; prevedere in via sperimentale forme innovative di servizio agli utenti; prevedere la possibilità per gli utenti di avvalersi di tariffe predeterminate dal comune per percorsi prestabiliti.

 

L’articolo 7 reca disposizioni in materia di passaggi di proprietà dei beni mobili registrati, prevedendo che l’autenticazione della sottoscrizione degli atti e delle dichiarazioni aventi ad oggetto l'alienazione di beni mobili registrati e rimorchi o la costituzione di diritti di garanzia sui medesimi possa essere richiesta anche agli uffici comunali e ai titolari degli sportelli telematici dell'automobilista L’autenticazione deve essere rilasciata nella stessa data della richiesta, salvo motivato diniego, e gratuitamente, tranne i diritti di segreteria.

 

L’articolo 8 vieta alle compagnie d’assicurazione e ai loro agenti, a pena di nullità, la stipulazione di clausole di distribuzione esclusiva, di imposizione di prezzi minimi o di sconti massimi praticabili ai consumatori relativamente all’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile auto. Le clausole contrattuali esistenti sono fatte salve sino alla naturale scadenza, comunque non oltre il 1° gennaio 2008. L’imposizione di tali clausole è dichiarata intesa restrittiva della concorrenza.

Dispone inoltre che l’intermediario di contratti d’assicurazione per la responsabilità civile auto deve rilasciare preventiva informazione al consumatore sulle provvigioni a lui riconosciute. La stessa informazione deve essere affissa nei locali in cui l’intermediario opera e deve risultare nella documentazione rilasciata al contraente. Prescrive altresì che i preventivi e le polizze indichino distintamente il premio di tariffa, la provvigione dell’intermediario, nonché lo sconto complessivamente riconosciuto al sottoscrittore del contratto.

 

L’articolo 9 consente a regioni e enti locali di avvalersi del collegamento al Consorzio obbligatorio Infomercati, al fine di promuovere una più diffusa informazione al consumatore sui prezzi all’ingrosso e al dettaglio dei prodotti agro-alimentari.

 

Il comma 1 dell’articolo 10 sostituisce l’articolo 118 del testo unico bancario prevedendo che nei contratti di durata bancari possa essere riconosciuta alla banca la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali solo in presenza di un giustificato motivo e nel rispetto dell’articolo 1341, secondo comma, del codice civile. Le modifiche devono essere comunicate espressamente al cliente per iscritto, ovvero mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente, secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula “proposta di modifica unilaterale del contratto”, con un preavviso minimo di trenta giorni. Entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione scritta, il cliente ha diritto di recedere senza penalità e senza spese di chiusura e di ottenere, in sede di liquidazione del rapporto, l’applicazione delle condizioni precedentemente praticate. Si prevede inoltre che le variazioni dei tassi d’interesse dipendenti da decisioni di politica monetaria debbano avere effetto sia sui tassi debitori che su quelli creditori.

Il comma 2 prevede che in ogni caso, nei contratti di durata, il cliente ha sempre la facoltà di recedere dal contratto senza penalità e senza spese di chiusura.

 

L'articolo 11 dispone la soppressione delle commissioni consultive comunali e provinciali per l’autorizzazione all’insediamento e all’attività dei pubblici esercizi; della commissione centrale per l’esame dei ricorsi degli agenti di affari in mediazione del commercio; delle commissioni provinciali presso le Camere di commercio per le iscrizioni nei ruoli di mediatore e di agente di commercio e della Commissione centrale per l’esame dei ricorsi contro le decisioni delle Commissioni provinciali sull’iscrizione al ruolo degli agenti di commercio. Si prevede inoltre che gli iscritti al ruolo degli agenti d’affari in mediazione non possano far parte della commissione giudicatrice per l’iscrizione all’albo della medesima qualifica e che dei Comitati tecnici istituiti presso le Camere di commercio per la rilevazione degli usi non possano far parte i rappresentanti delle categorie interessate.

 

L’articolo 12 reca disposizioni in materia di trasporto comunale e intercomunale e di circolazione dei veicoli. In particolare, il comma 1 riconosce in capo ai comuni la facoltà di prevedere che il trasporto di linea dei passeggeri sia svolto - in ambito comunale e intercomunale, in tutto il territorio o in tratte e per tempi determinati - anche da soggetti in possesso dei requisiti tecnico-professionali, in assenza di qualsiasi forma di finanziamento pubblico. Il comma 2 dispone che gli enti locali disciplinano l’accesso, il transito e la fermata di ciascuna categoria di veicoli nelle aree dei centri abitati, tenendo in considerazione le specifiche modalità di utilizzo in particolari contesti urbani e di traffico.

 

L’articolo 13 stabilisce che le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti, debbono avere oggetto sociale esclusivo e operare esclusivamente con gli enti costituenti e affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati e non possono partecipare ad altre società o enti. I contratti difformi sono nulli. La disposizione non riguarda i servizi pubblici locali.

 

L'articolo 14 integra i poteri dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

In particolare, si consente all’Autorità di adottare misure cautelari nei casi di urgenza dovuta al rischio di un danno grave e irreparabile per la concorrenza, di chiudere anticipatamente i procedimenti d’infrazione in presenza di impegni delle imprese tali da far cessare l’infrazione contestata (fatta salva la possibilità di riaprire il procedimento in caso di mancato rispetto degli impegni o di mutata situazione di fatto) e di stabilire in via generale le fattispecie nelle quali è consentita, in ragione della collaborazione prestata delle imprese, la riduzione della sanzione amministrativa.

 

L’articolo 14-bisprevede la presentazione di impegni da parte delle imprese anche nei procedimenti di competenza dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in cui occorra promuovere la concorrenza nella fornitura delle reti e servizi di comunicazione elettronica.

 

L’articolo 15 proroga al 31 dicembre 2007 la durata del periodo di transizione per le concessioni rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica relative alla gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (servizio idrico integrato).

 

L’articolo 16, comma 1, modifica parzialmente la disciplina relativa allo stanziamento di risorse finanziarie per il rinnovo del contratto collettivo per il trasporto pubblico locale per il periodo 2004-2007. In particolare, si prevede che dal 2006 l’importo di 60 milioni di euro annui posto a carico delle finanze regionali sia corrisposto ai servizi di trasporto pubblico locale direttamente dalle regioniinteressate, invece che dallo Stato previa corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali alle medesime regioni.

Il comma 2 esclude dalla disciplina del Patto di stabilità interno le spese in conto capitale relative agli interventi per il trasporto su ferro ricadenti nel territorio della Capitale della Repubblica.

 

Il comma 1 dell’articolo 17 prevede la concessione per il 2006 di un contributo in conto impianti, nel limite massimo di 1.800 milioni di euro, a favore di Ferrovie dello Stato S.p.A. o di società del gruppo per la prosecuzione degli interventi relativi al «Sistema alta velocità/alta capacità».

Il comma 2 innalza di 1 miliardo di euro il limite posto a carico dell’ANAS per l’effettuazione dei pagamenti relativi a spese di investimento e destina le risorse integrative in esso previste a copertura delle spese per i cantieri aperti.

 

L’articolo 17-bis aumenta (da 30 milioni a 60 milioni di euro per il 2006 e a 90 milioni di euro per il 2007) il limite massimo entro cui le autorità portuali sono autorizzate a derogare nel 2006 e nel 2007 ai limiti di incremento alla spesa (cd. regola del 2 per cento) stabiliti per gli enti pubblici non territoriali dalla legge finanziaria 2005.

 

L’articolo 18, comma 1, integra di 30 milioni di euro per il 2006 il Fondo nazionale per il servizio civile.

Il comma 2 integra di 300 milioni di euro annui, per ciascuno degli anni 2006-2008, la dotazione del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all’art. 20, comma 8, della legge n. 328 del 2000.

Il comma 3 integra la dotazione del Fondo unico per lo spettacolo (FUS) di 50 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008.

 

L’articolo 18-bis autorizza la spesa di 4 milioni di euro per il 2006 e di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2007 per le esigenze operative del Corpo forestale dello Stato connesse alle attività antincendi boschivi.

 

L’articolo 19 istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri tre distinti Fondi (dotato ciascuno di 3 milioni di euro per il 2006 e 10 milioni di euro annui dal 2007) per interventi riguardanti le politiche della famiglia, le politiche giovanili e le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità.

 

L’articolo 20, comma 1 riduce l’autorizzazione di spesa per il settore dell’editoria, di cui alla legge n. 67 del 1987, di 1 milione di euro per l'anno 2006 e di 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2007.

Il comma 2 prevede che con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri siano rideterminati i contributi e le provvidenze per l'editoria di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250.

Il comma 3 riduce di 39 milioni di euro per il 2006 le risorse destinate al Servizio nazionale della protezione civile.

Il comma 3-bis estende a decorrere dal 1° gennaio 2002 il contributo integrativo di cui all’articolo 3, comma 11, della legge n. 250 del 1990 ai giornali quotidiani italiani editi e diffusi all’estero.

Il comma 3-ter prevede che per accedere ai contributi di cui all’articolo 3, comma 10, della legge n. 250 del 1990 non sia più necessario il requisito della rappresentanza parlamentare per gli organi di partiti o movimenti politici, che alla data del 31 dicembre 2005 abbiano già maturato il diritto ai contributi in questione.

 

I commi 1 e 2 dell'articolo 21 stabiliscono che per il pagamento delle spese di giustizia non è ammesso il ricorso all’anticipazione da parte degli uffici postali tranne che per gli atti di notifiche nei procedimenti penali e per gli atti di notifiche e di espropriazione forzata nei procedimenti civili quando i relativi oneri sono a carico dell’erario e impongono che si provveda secondo le ordinarie procedure stabilite dalla vigente normativa di contabilità generale dello Stato.

Il comma 3 riduce lo stanziamento previsto in bilancio per le spese di giustizia.

I commi 4, 5 e 6 intervengono sugli importi del contributo unificato dovuti in relazione ai processi amministrativi e ad alcuni procedimenti espressamente indicati, e sulla relativa copertura finanziaria delle disposizioni introdotte.

 

L’articolo 22 introduce disposizioni volte a ridurre gli stanziamenti di spesa per consumi intermedi - ovvero, per gli enti che adottano una contabilità esclusivamente civilistica, dei costi di produzioneconcernenti i beni di consumo e servizi ed il godimento di beni di terzi - previste nei bilanci relativi all’anno 2006 di enti ed organismi pubblici non territoriali, inseriti nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni e soggetti alla cd. regola del 2 per cento, nonché a contenere le relative previsioni di spesa nei bilanci del triennio 2007-2009.

 

L’articolo 22-bis, comma 1, riduce del 10 per cento la spesa derivante dagli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale.

I commi 2, 3 e 4 dispongono un nuovo rinvio del termine del 31 luglio 2006, previsto dalla normativa vigente, per l’utilizzo di studi professionali esterni per l’attività c.d. intramoenia.

 

L’articolo 23 sopprime il parere del Consiglio universitario nazionale (CUN) sulle procedure di valutazione comparativa per posti di ricercatore universitario bandite fino al 30 settembre 2013, nonché su quelle per posti di professore ordinario e associato bandite secondo la normativa previgente alla legge 4 novembre 2005, n. 230, fino alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 164.

 

L’articolo 24 detta disposizioni in tema di compensi spettanti agli arbitri, sancendo l’applicazione dei compensi stabiliti per gli avvocati che svolgano la funzione arbitrale a tutti i componenti dei collegi arbitrali anche se non rivestono tale qualifica.

 

L'articolo 25 prevede che negli stati di previsione della spesa dei Ministeri è accantonata e resa indisponibile una parte degli stanziamenti relativi alle unità previsionali di base indicate nell'Elenco 1 allegato al decreto-legge, nella misura ivi indicata, ai fini del successivo riversamento all’entrata. Nello stesso elenco sono indicate le riduzioni da apportare alle previsioni di bilancio a legislazione vigente per il triennio 2007 – 2009. I conseguenti risparmi di spesa sono stimati, in termini di saldo netto da finanziare, pari a 683,5 milioni di euro per il 2006 e a 793 milioni per ciascun anno del triennio 2007-2009. Il 65,6 per cento degli accantonamenti per il 2006 e il 52 per cento delle riduzioni per gli anni successivi è a carico del Ministero della difesa.

 

L'articolo 26 introduce un meccanismo sanzionatorio in caso di mancato rispetto del limite all’incremento delle spese degli enti pubblici non territoriali introdotto dalla legge finanziaria 2005 (cd. regola del 2 per cento). Esso, in particolare, dispone, per gli enti beneficiari di trasferimenti statali, una riduzione dei trasferimenti in misura pari alla maggiore spesa verificata in sede di rendiconto consuntivo per gli esercizi 2005, 2006 e 2007, e, per gli enti che non ricevono trasferimenti, l’obbligo di provvedere al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di un importo corrispondente alle maggiori spese effettuate rispetto al limite previsto.

 

L’articolo 27 riduce ulteriormente, rispetto a quanto disposto dalla legge finanziaria per il 2006, il limite di spesa annua per studi e incarichi di consulenza a soggetti estranei alla pubblica amministrazione, per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza. Tali spese non possono superare il 40% (anziché il 50%) della spesa sostenuta nel 2004.

 

L’articolo 28 dispone una riduzione del 20 per cento delle diarie per missioni all’estero dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e la soppressione della maggiorazione del 30 per cento sull’indennità per l’estero prevista per le delegazioni italiane presso commissioni, enti o comitati internazionali, che si rechino all'estero per partecipare alle relative riunioni. Le disposizioni non riguardano il personale civile e militare impegnato nelle missioni internazionali di pace.

 

L’articolo 29, dispone una riduzione del 30 per cento, rispetto alla spesa sostenuta nel 2005, della spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche per organi collegiali e altri organismi, anche monocratici, operanti nelle amministrazioni (con esclusione degli organi di direzione, amministrazione e controllo). Per gli enti territoriali e gli enti del servizio Sanitario nazionale, le disposizioni dell’articolo in esame costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica. Per la finalità indicata, le amministrazioni statali, entro 120 giorni, adottano regolamenti per il riordino degli organismi, anche mediante soppressione o accorpamento sulla base di princìpi di razionalizzazione delle strutture; le amministrazioni non statali provvedono analogamente. Si prevede la soppressione degli organismi non individuati da tali regolamenti entro il termine di 120 giorni. Qualora le amministrazioni non procedano al riordino nei termini previsti, è fatto divieto di corrispondere compensi ai componenti degli organismi.

Si prevede infine un meccanismo in base al quale la Presidenza del Consiglio può proporre iniziative per l’eventuale proroga della durata dell’organismo, valutatane la perdurante utilità.

 

L’articolo 30 reca modifiche all’articolo 1, comma 204, della legge finanziaria per il 2006, prevedendo che in caso di mancato rispetto degli obiettivi di contenimento degli oneri di personale da parte delle amministrazioni regionali e locali, sia fatto divieto di procedere ad assunzioni a qualsiasi titolo. Al fine del controllo del rispetto di tali limiti, viene istituito un tavolo tecnico con rappresentanti del sistema delle autonomie locali, del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, del Dipartimento della funzione pubblica, del Dipartimento degli affari regionali e del Ministero dell’interno. Inoltre si prevede che per gli enti locali che abbiano registrato negli ultimi tre esercizi un avanzo di bilancio siano escluse dal computo, ai fini della verifica del contenimento degli oneri di personale, le spese riferite a contratti a tempo determinato o a contratti di collaborazione coordinata e continuativa, stipulati nel corso dell’anno 2005.

 

L’articolo 31, comma 1, contiene disposizioni circa la riorganizzazione del servizio di controllo interno di ciascun Ministero. In particolare, si prevede che il servizio di controllo interno sia affidato ad un organo monocratico o formato da tre componenti. Il comma 2 contiene disposizioni in materia di uffici preposti all’attività di valutazione e controllo strategico. In particolare, si prevede che il personale di tali uffici non possa superare il 10% di quello complessivamente assegnato agli uffici di diretta collaborazione degli organi d’indirizzo politico.

 

L’articolo 32 subordina il conferimento di incarichi di collaborazione (occasionali o coordinate e continuative) da parte delle pubbliche amministrazioni alla sussistenza di presupposti legati alla elevata specializzazione della prestazione richiesta, alla temporaneità dell’incarico e all’oggettiva impossibilità di reperire personale specializzato all’interno delle pubbliche amministrazioni.. Si prevede inoltre che le disposizioni introdotte costituiscono norme di principio cui devono attenersi i regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti locali.

 

L’articolo 33 dispone la soppressione delle norme che autorizzano il trattenimento in servizio dei dipendenti pubblici fino al compimento dei settantesimo anno di età. Si prevede inoltre che i limiti d’età per il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici, come modificati dalla disposizione in esame, si applicano anche per l’attribuzione di incarichi dirigenziali a soggetti esterni alle pubbliche amministrazioni.

 

L’articolo 34, comma 1, dispone che i criteri per la determinazione dei trattamenti accessori massimi dei dirigenti titolari di incarichi di funzione dirigenziale di livello generale siano stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

I commi 2 e 3 recano disposizioni circa la pubblicità degli incarichi di consulenza. Si prevede, in particolare, che le amministrazioni rendano noti gli elenchi dei consulenti, unitamente all’oggetto, alla durata e al compenso dell’incarico, mediante inserimento nelle proprie banche dati, accessibili al pubblico per via telematica.

 

L’articolo 34-bisdispone che con i decreti che determinano gli importi dei contributi da corrispondere per il rilascio di carte valori sia altresì stabilita annualmente la quota da riassegnare, anche per le esigenze dei comuni, allo stato di previsione del Ministero dell’interno quali proventi per la copertura dei costi del servizio.

 

L’articolo 34-ter esclude gli enti previdenziali pubblici destinatari delle operazioni di cartolarizzazione dalla disciplina limitativa degli acquisti di beni immobili da parte delle pubbliche amministrazioni introdotta della legge finanziaria 2006.

 

L’articolo 34-quater dispone che il conto annuale delle spese sostenute per il personale e la relazione sui risultati della gestione ad esso allegata, presentati annualmente dalle amministrazioni pubbliche e comunicati alla Corte dei conti, siano trasmesse anche all’Unione delle province d’Italia, all’Associazione nazionale dei comuni italiani e all’Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani.

 

L’articolo 34-quinquies dispone la proroga dei trasferimenti erariali alle regioni per il finanziamento delle funzioni conferite con il decreto legislativo 112/1998, fino al secondo anno successivo all’adozione dei provvedimenti di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione.

 

Il comma 1 dell’articolo 35 dichiara le consumazioni obbligatorie nelle discoteche e sale da ballo accessorie alle attività d’intrattenimento e spettacolo, agli effetti dell’IVA, e per conseguenza soggette all’applicazione dell’aliquota ordinaria del 20 per cento.

I commi da 2 a 4 consentono agli uffici finanziari, relativamente alle cessioni di immobili, di rettificare le dichiarazioni IVA e le dichiarazioni dei redditi d'impresa delle persone fisiche determinati in base alle scritture contabili anche in base al valore normale degli immobili medesimi (prezzo mediamente praticato per beni della stessa specie o similari nel tempo e luogo dell’operazione). Viene abrogata la disposizione che esclude la rettifica ai fini dell'IVA quando il corrispettivo sia indicato nell'atto in misura non inferiore al valore determinato in base al reddito catastale.

Il comma 5 dispone che, in caso di subappalto nel settore edile, le prestazioni di servizi (anche di manodopera) sono fatturate dal subappaltatore, senza addebito d’imposta; al versamento dell’imposta è tenuta l’impresa di costruzione o l’appaltatore principale destinataria della prestazione, se soggetto passivo d'imposta nel territorio dello Stato (reverse charge).

Il comma 6 subordina l’efficacia della disposizione all’approvazione da parte della Commissione dell’Unione europea.

Il comma 6-biscoordina con la predetta disposizione la formulazione delle norme riguardanti il rimborso dell'eccedenza detraibile dell’IVA.

Il comma 6-ter fa salva altresì, per i suddetti subappaltatori, la possibilità di compensazione infra-annuale, relativamente a rimborsi d’imposta relativi a periodi inferiori all'anno, per l'ammontare massimo corrispondente all'eccedenza detraibile del trimestre di riferimento. Qualora il volume d’affari per l’anno precedente sia costituito almeno per l’80 per cento da prestazioni in subappalto, il limite annuo massimo dei crediti d’imposta compensabili è elevato a euro 1 milione.

Il comma 7 integra il sistema delle sanzioni tributarie penali con la previsione della reclusione da sei mesi a due anni in caso di omesso versamento dell’IVA o di utilizzazione in compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, ove l’ammontare ecceda cinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta.

Il comma 8 modifica il regime dell’IVA per le locazioni e gli affitti di terreni e fabbricati, nonché per le cessioni di fabbricati.

Sono esenti da IVA le locazioni e gli affitti di terreni a destinazione non edificatoria, nonché di fabbricati, escluse le locazioni di fabbricati strumentali non diversamente utilizzabili effettuate nei confronti di soggetti passivi IVA che svolgono attività da cui derivi il diritto alla detrazione in misura non superiore al 25 per cento, ovvero di soggetti che non agiscono nell’esercizio di impresa, arti o professioni, o di locatori che dichiarino nell’atto di optare per l’imposizione mediante IVA. Sono altresì esenti da IVA le cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricati, escluse quelle effettuate entro quattro anni dall’impresa costruttrice o che vi abbia eseguito interventi di restauro e risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia o urbanistica. Relativamente ai fabbricati strumentali non diversamente utilizzabili, nonché alle loro porzioni, rimangono soggette a IVA le cessioni effettuate entro quattro anni dall’impresa costruttrice o che vi abbia eseguito interventi di restauro e risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia o urbanistica, quelle effettuate nei confronti di soggetti passivi IVA che svolgono attività da cui derivi il diritto alla detrazione in misura non superiore al 25 per cento, ovvero di soggetti che non agiscono nell’esercizio di impresa, arti o professioni, e quelle effettuate da cedenti che dichiarino nell’atto di optare per l’imposizione mediante IVA.

Il comma 9 esclude la rettifica delle detrazioni, in conseguenza del nuovo regime tributario, limitatamente ai fabbricati, diversi da quelli strumentali non diversamente utilizzabili, posseduti alla data del 4 luglio 2006. Non debbono altresì operare la rettifica le imprese costruttrici o che hanno eseguito interventi di restauro e risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia o urbanistica, limitatamente ai fabbricati o loro porzioni per cui il termine quadriennale scade entro la predetta data. Per gli immobili strumentali non diversamente utilizzabili, la rettifica si esegue soltanto qualora nel primo atto stipulato dopo l’entrata in vigore della legge di conversione non sia esercitata l’opzione per l’imposizione mediante IVA.

Il comma 10 disciplina l’applicazione dell’imposta di registro, assoggettandovi fra l’altro le locazioni di immobili strumentali, anche qualora siano soggette a IVA, con l’aliquota dell’1 per cento.

Il comma 10-bissottopone il trasferimento di proprietà di immobili strumentali all’imposta ipotecaria, nella misura del 3 per cento, e all’imposta catastale, nella misura del 10 per mille: il comma 10-ter riduce della metà le aliquote, dal 1° ottobre 2006, qualora della cessione sia parte un fondo immobiliare chiuso, un’impresa di locazione finanziaria, una banca o un intermediario finanziario. A norma del comma 10-sexies, in caso di beni immobili strumentali in locazione finanziaria, le somme corrisposte a titolo di imposta di registro possono essere detratte dalle imposte ipotecaria e catastale dovute in caso di riscatto della proprietà del bene.

Il comma 10-quaterstabilisce che le disposizioni si applicano, se meno favorevoli, anche per l’affitto di aziende il cui valore complessivo sia costituito per più della metà da fabbricati.

Il comma 10-quinquies prescrive, per l’applicazione dell’imposta proporzionale di registro ai contratti di locazione in essere alla data di entrata in vigore del decreto-legge, che le parti debbono presentare per la registrazione apposita dichiarazione, nella quale, ricorrendone i presupposti, possono esercitare l’opzione per la tassazione mediante IVA.

Il comma 11 pone limiti alla deducibilità agli effetti IRES ed esclude la detraibilità IVA relativamente ai veicoli, individuati con provvedimenti dell’Agenzia delle entrate, aventi caratteristiche che non impediscono l’uso per il trasporto privato di persone.

Il comma 12 prevede che gli esercenti arti e professioni, soggetti al regime di contabilità semplificata, sono obbligati a utilizzare uno o più conti correnti bancari o postali per versarvi le somme riscosse nell'esercizio dell'attività e prelevarne quelle occorrenti per il pagamento delle spese. Essi possono ricevere i compensi di importo pari o superiore a 100 euro esclusivamente mediante assegni non trasferibili o bonifici ovvero altre modalità di pagamento bancario o postale nonché mediante sistemi di pagamento elettronico.

Il comma 12-bisspecifica che Il limite di 100 euro verrà applicato a decorrere dal 1° luglio 2008; fino al 30 giugno 2007 tale limite è stabilito in 1000 euro e dal 1° luglio 2007 al 30 giugno 2008 in 500 euro.

Il comma 13 prevede che, salvo prova contraria, si presume avere sede nello Stato la società controllante una società di capitali, una cooperativa o un altro ente commerciale residente, qualora sia controllata anche indirettamente da soggetti residenti o qualora la maggioranza degli amministratori risieda nel territorio dello Stato.

Il comma 14 stabilisce la decorrenza della disposizione di cui al comma 13.

Il comma 15 adegua le percentuali previste per l’individuazione delle società non operative (società di comodo) e per la determinazione del loro reddito minimo. Sono modificate le ipotesi di inapplicabilità della disciplina, prevedendosi in particolare la facoltà di richiedere la disapplicazione delle disposizioni antielusive in presenza di oggettive situazioni di carattere straordinario. È infine esclusa la possibilità di rimborso o utilizzazione in compensazione per l’eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione IVA ed è limitata la facoltà di riportare l’eccedenza in periodi d’imposta successivi.

Il comma 16 stabilisce la decorrenza della disposizione di cui al comma 15.

Il comma 17 prevede che i limiti relativi al computo delle perdite delle società partecipanti a una fusione nella determinazione del reddito della società risultante dall’operazione si applicano, in caso di retrodatazione degli effetti fiscali della fusione, anche al risultato negativo che si sarebbe generato in capo ai singoli soggetti partecipanti.

Il comma 18 stabilisce la decorrenza della disposizione di cui al comma 17.

Il comma 19 prevede che l’applicazione delle agevolazioni per il recupero del patrimonio edilizio è subordinata alla condizione che il costo della manodopera sia riportato distintamente nella fattura.

Il comma 20 stabilisce la decorrenza della disposizione di cui al comma 19.

I commi da 21 a 23-ter intervengono nel settore delle cessioni immobiliari. In particolare stabiliscono che le parti hanno l’obbligo di indicare nell’atto il corrispettivo pattuito; la misura della riduzione degli onorari notarili è elevata dal 20 al 30 per cento; è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria qualora sia occultato, anche in parte, il corrispettivo pattuito, oltre a calcolare per intero l’imposta; le parti debbono dichiarare le modalità di pagamento del corrispettivo, nonché l’eventuale ricorso a mediatore, il compenso di questo e le modalità di pagamento. In caso di omessa o falsa dichiarazione sono previste la sanzione amministrativa pecuniaria e l’accertamento del valore del bene; è altresì introdotta la detraibilità, nella misura del 19 per cento, dei compensi pagati a intermediari immobiliari per l’acquisto dell’abitazione principale, nel limite annuo di 1000 euro; s’interviene altresì circa la determinazione del valore quando l’acquisto sia finanziato con mutui fondiari o finanziamenti bancari, nonché circa i l’esercizio dei poteri di rettifica agli effetti dell’imposta di registro.

Il comma 24 estende all’accertamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale i poteri di accertamento e controllo conferiti agli uffici finanziari in materia di imposte indirette. Sono indicate le sanzioni amministrative applicabili in caso di inottemperanza alle richieste di documentazione.

I commi da 25 a 26-bis consentono agli agenti della riscossione di utilizzare, per la sola riscossione mediante ruolo e previa autorizzazione, i dati dell’anagrafe tributaria, nonché di accedere, previa richiesta, ai dati rilevanti detenuti da soggetti pubblici o privati.

I commi 26-ter e 26-quater recano disposizioni circa la sanatoria delle somme dovute dai concessionari della riscossione per inadempimento, considerando efficaci i mancati versamenti se effettuati entro il 10 luglio 2006 unitamente agli interessi.

Il comma 26-quinquies estende la possibilità di impugnazione, nell’ambito del processo tributario, all’iscrizione di ipoteca sugli immobili e al fermo dei beni mobili registrati del debitore e dei coobbligati.

Il comma 27 stabilisce che a decorrere dal 1° ottobre 2006 le imprese di assicurazione che erogano risarcimenti in denaro devono darne comunicazione all'anagrafe tributaria, secondo quanto stabilito con provvedimento dell’Agenzia delle entrate.

I commi da 28 a 34 recano disposizioni circa la responsabilità in solido dell'appaltatore con il subappaltatore – nei limiti del corrispettivo dovuto a quest’ultimo – circa l’effettuazione e il versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dei contributi previdenziali e assicurativi obbligatori cui è tenuto il subappaltatore.

Il comma 35 attribuisce nuove prerogative all’Agenzia delle dogane in relazione alle attività di prevenzione e contrasto delle violazioni tributarie, prevedendo l’acquisizione di dati e documenti relativi ai costi di trasporto, assicurazione, nolo e di ogni altro elemento di costo che forma il valore dichiarato per l'importazione, l'esportazione, l'introduzione in deposito doganale o IVA e il transito.

Il comma 35-bis stabilisce che le società di calcio professionistiche devono trasmettere per via telematica all’Agenzia delle entrate copia dei contratti relativi all’acquisto dei giocatori e ai loro compensi.

Il comma 35-ter proroga per l’anno 2006 il regime IVA agevolato per le ristrutturazioni edilizie con l’aliquota al 10% per le prestazioni fatturate dal 1° ottobre 2006. Con decorrenza dalla stessa data e sino al 31 dicembre 2006 il comma 35-quater riduce dal 41% al 36% la quota di detraibilità, agli effetti dell’IRPEF, delle spese sostenute per il recupero del patrimonio edilizio.

 

L’articolo 36 al comma 1 sottopone all’aliquota IVA ordinaria del 20 per cento i servizi telefonici resi attraverso posti telefonici pubblici e telefoni a disposizione del pubblico, in precedenza sottoposti all’aliquota ridotta del 10 per cento.

Il comma 2 definisce come fabbricabile un’area se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente che sia intervenuta la relativa approvazione da parte della Regione e siano stati adottati strumenti attuativi del medesimo piano regolatore

Il comma 3 sottopone a tassazione integrale tutti gli utili provenienti, anche indirettamente, da società residenti in Stati e territori a regime fiscale privilegiato e non solo quelli corrisposti direttamente da tali società in relazione alla partecipazione al capitale o al patrimonio, ai titoli e ad altri strumenti finanziari.

Il comma 4 determina la decorrenza della disposizione di cui al comma 3.

Il comma 4-bisstabilisce che non concorrono alla formazione del reddito imponibile agli effetti dell’IRES tutti gli utili corrisposti dalle società e dagli enti commerciali residenti all’estero (fatta eccezione per quelle residenti in Stati a regime fiscale privilegiato) e non solo quelli relativi alla partecipazione alla capitale e al patrimonio, ai titoli e ad altri strumenti finanziari.

Il comma 5 esclude dalla possibilità di ammortamento anticipato le spese e le altre componenti negative riferite all’acquisto di autoveicoli, autocaravan, ciclomotori e motocicli che non sono utilizzati esclusivamente come beni strumentali dell’impresa.

Il comma 6 stabilisce la decorrenza della disposizione di cui al comma 5.

Il comma 6-bis esclude la deducibilità dei canoni di locazione finanziaria dei beni di cui al comma 5 la cui durata risulti superiore al periodo di ammortamento ordinario dei medesimi beni.

Il comma 6-ter stabilisce la decorrenza della disposizione di cui al comma 6-bis.

Il comma 7 stabilisce che, al fine del calcolo delle quote di ammortamento deducibili, il costo dei fabbricati strumentali deve essere assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione. Vengono definite le modalità per la determinazione del costo di tali aree.

Il comma 8 stabilisce la decorrenza della disposizione di cui al comma 7.

Il comma 9 stabilisce, mediante una novella all’articolo 115 del TUIR, che, in caso di opzione per il regime fiscale di trasparenza, le perdite fiscali dei soci partecipanti relative agli esercizi anteriori all’inizio della tassazione per trasparenza non possono essere utilizzate per compensare i redditi imputati dalle società partecipate.

Il comma 10 reca una disposizione di coordinamento formale conseguente alle modifiche introdotte nell’articolo 115 del TUIR dal comma 9.

Il comma 11 stabilisce la decorrenza delle disposizioni di cui ai commi 9 e 10.

Il comma 12 circoscrive all’avvio di nuove attività produttive l’applicazione delle disposizioni in materia di riporto illimitato in diminuzione del reddito complessivo delle perdite realizzate nei primi tre esercizi di imposta dalla data di costituzione; viene inoltre estesa l’esclusione dal regime generale di riporto delle perdite all’ipotesi in cui intervenga modifica dell’attività quando la società che riporta la perdita sia acquisita da società controllata dallo stesso soggetto ovvero dal soggetto che ne controlla il controllante.

Il comma 13 consente, per le perdite realizzate nei primi tre esercizi d’imposta e prive dei requisiti sopra richiamati, il riporto in diminuzione non oltre l’ottavo esercizio successivo.

Il comma 14 stabilisce la decorrenza delle disposizioni di cui all’articolo 36.

Il comma 15 sopprime l’aliquota agevolata di registro per i trasferimenti di immobili inseriti in piani urbanistici particolareggiati, fatta eccezione per quelli diretti all’attuazione di programmi prevalentemente di edilizia residenziale convenzionata.

Il comma 16 consente l’esercizio del regime di trasparenza fiscale di cui all’articolo 115 del TUIR anche alle società a ristretta base proprietaria che detengano partecipazioni sottoposte a regime di esenzione parziale e stabilisce che tali plusvalenze e tali dividendi concorrano a formare la base imponibile IRES nella misura del 40 per cento.

Il comma 17 stabilisce la decorrenza della disposizione di cui al comma 16 dell’articolo 36.

Il comma 18 esclude la deducibilità delle minusvalenze se conseguenti all’assegnazione di beni a soci o alla destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.

Il comma 19 stabilisce la decorrenza della disposizione di cui al comma 18.

Il comma 20 sopprimono la possibilità, di cui all’articolo 93, comma 3, del TUIR, di ridurre il valore delle rimanenze finali per rischio contrattuale ai fini della determinazione del reddito di impresa.

Il comma 21 stabilisce la decorrenza della disposizione di cui all’articolo 36.

Il comma 22 esclude l’applicazione delle disposizioni in materia di oneri deducibili, deduzioni per oneri di famiglia e no-tax area ai redditi prodotti nel territorio dello Stato da soggetti non residenti in Italia.

Il comma 23 sopprime la previsione dell’applicazione di un’aliquota IRPEF agevolata alle somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori che abbiano superato l’età di 50 anni se donne e di 55 anni se uomini, fatta eccezione per le somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati prima dell’entrata in vigore del decreto-legge, ovvero in attuazione di atti o accordi di data certa anteriore al medesimo termine.

Il comma 24 prevede l’applicazione della ritenuta alla fonte anche ai compensi per l’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere.

Il comma 25 subordina l’applicabilità della disposizione che esclude dalla base imponibile IRPEF la differenza tra il valore delle azioni assegnate al dipendente (c.d. stock option) al momento dell’assegnazione e l’ammontare corrisposto dal dipendente stesso alla condizione che le azioni non siano cedute o costituite in garanzia per cinque anni dall’assegnazione, e che il loro valore complessivo, per ciascun periodo d’imposta, non sia superiore alla retribuzione lorda del dipendente nel periodo d’imposta precedente. Il reddito derivante dall’applicazione delle suddette disposizioni rileva anche a fini contributivi, limitatamente ai piani di assegnazioni deliberati dopo l’entrata in vigore del decreto-legge e con esclusivo riferimento, ai fini del calcolo delle prestazioni alle anzianità maturate in data successiva alla data di entrata in vigore del decreto.

Il comma 25-bis stabilisce che qualora, in applicazione del comma 25, il valore delle azioni distribuite ai dipendenti concorra alla formazione del loro reddito, il corrispondente importo rileva anche a fini contributivi.

Il comma 26 stabilisce la decorrenza dell’entrata in vigore della disposizione di cui al comma 25.

Il comma 27 dispone che le perdite derivanti dall’esercizio di imprese minori in contabilità semplificata ovvero di arti e professioni non siano sottratte dal reddito complessivo, bensì dal relativo reddito d’impresa o di lavoro autonomo nel periodo d’imposta interessato e nei cinque successivi. La disposizione si applica ai redditi e alle perdite realizzati dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto.

Il comma 28 stabilisce la decorrenza della disposizione di cui al comma 27.

Il comma 29 prevede che concorrano a determinare il reddito di lavoro autonomo le plusvalenze e le minusvalenze dei beni strumentali in caso di cessione a titolo oneroso, destinazione a finalità estranee all’attività di lavoro autonomo ovvero al consumo proprio o familiare, risarcimento, anche in forma assicurativa, per la loro perdita o danneggiamento. Concorrono altresì i corrispettivi per cessione della clientela e di altri elementi immateriali comunque riferibili all’attività artistica o professionale: questi ultimi redditi sono sottoposti a tassazione separata se percepiti in unica soluzione.

Il comma 30 reca una norma d’interpretazione autentica volta a precisare che il prestatore di lavoro dipendente all’estero, per le imposte pagate all’estero, fruisce di un credito d’imposta non pieno, ma proporzionale alla misura in cui il reddito così prodotto, in quanto determinato convenzionalmente ai sensi dell’articolo 51, comma 8-bis, del TUIR, concorre alla formazione del reddito imponibile.

Il comma 31 sopprime il regime fiscale speciale per il comune di Campione d’Italia.

Il comma 32 prevede che i contributi deducibili dal reddito i cui termini di versamento siano sospesi a causa di calamità pubblica possano essere dedotti nel periodo d’imposta cui si riferiscono, ancorché sospesi, e non in quello nel quale sono effettivamente versati. In via transitoria è consentita la deduzione nel periodo d’imposta in cui sono versati, salvo che non siano già stati dedotti precedentemente.

Il comma 33 abroga alcune disposizioni legislative in contrasto.

Il comma 34 prevede che nella determinazione degli acconti IRES e IRAP da parte dei soggetti passivi IRES per il periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto venga assunta quale imposta versata nel periodo precedente quella che si sarebbe determinata applicando le disposizioni del decreto medesimo. Eventuali conguagli sono versati con la seconda o unica rata.

Il comma 34-bis reca una norma interpretativa dell’articolo 14 della legge n. 537 del 1993 che prevede che i proventi derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non già sottoposti a sequestro o confisca penale devono intendersi come redditi diversi.

 

L’articolo 36-bis contiene una serie di disposizioni volte al contrasto del lavoro sommerso e alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. In primo luogo si prevede che violazioni di una certa gravità della disciplina relativa alla regolarità delle assunzioni e all’orario di lavoro possano condurre all’emanazione di provvedimenti di sospensione dei lavori e di interdizione alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni (compresa la partecipazione a gare pubbliche). Inoltre si prevede che il personale occupato nei cantieri edili venga dotato, a decorrere dal 1° ottobre 2006, di apposita tessera di riconoscimento. Si introduce, per i datori di lavoro del settore edile, un obbligo di comunicare l’assunzione di nuovi lavoratori il giorno antecedente all’instaurazione dei relativi rapporti. Vengono poi introdotte modifiche alla disciplina delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per il caso di impiego di personale non risultante dalle scritture o dai documenti obbligatori. Si limita ai datori di lavoro del settore edile in possesso dei requisiti per il rilascio della certificazione di regolarità contributiva la possibilità di usufruire delle agevolazioni contributive previste dall’art. 29 del decreto legge n. 244/1995. Inoltre, per i lavoratori iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335, viene prorogato al 31 dicembre 2007 il termine di prescrizione per la contribuzione previdenziale e assistenziale obbligatoria relativa all’anno 1996. Infine l’articolo destina una quota di 24 milioni di euro delle risorse attribuite dall’articolo 1, comma 410, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) per i trattamenti di sostegno al reddito “in deroga”, alla proroga dei trattamenti straordinari di integrazione salariale di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 249 del 2004.

 

L’articolo 37, comma 1, inserisce i curatori fallimentari e i commissari liquidatori nell’elenco dei soggetti obbligati ad effettuare la ritenuta di acconto IRPEF sui redditi di lavoro dipendente.

I commi 2 e 3 abrogano alcune limitazioni alla possibilità di effettuare l’accertamento in base agli studi di settore e dettano disposizioni transitorie per l’adeguamento alle risultanze dei suddetti studi.

I commi 4 e 5 impongono agli operatori finanziari obblighi di comunicazione all’Anagrafe tributaria. Il comma 6 novella il sistema sanzionatorio predisposto a tutela del rispetto degli obblighi degli operatori finanziari. Il comma 7 amplia le possibilità di utilizzazione dei dati acquisiti dall’Anagrafe tributaria.

Il comma 8 introduce l’obbligo, per i contribuenti IVA, di presentare gli elenchi dei clienti e dei fornitori. Il comma 9 detta disposizioni transitorie.

I commi da 10 a 14 intervengono in materia di modalità e termini di presentazione delle dichiarazioni fiscali e di termini di effettuazione di versamenti.

I commi 15-17 introducono un regime di franchigia dall’IVA per i contribuenti persone fisiche esercenti attività commerciali, agricole e professionali con volume di affari non superiore a 7.000 euro. L’applicazione del regime di franchigia comporta l’esonero dal versamento dell’IVA e da tutti gli altri obblighi relativi a tale imposta, ad eccezione gli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali, nonché di certificazione e comunicazione telematica dei corrispettivi.

I commi da 18 a 20,modificati nel corso dell’esame presso il Senato, disciplinano l’effettuazione di controlli sui titolari di partita IVA.

I commi 21, 22 e 23 disciplinano la comunicazione all’Anagrafe tributaria da parte delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura dei dati e delle notizie contenuti nelle domande di iscrizione, variazione e cancellazione nei registri delle ditte e negli albi degli artigiani, nonché i dati dei bilanci di esercizio depositati.

Il comma 21-bis stabilisce che un decreto del Ministro dello sviluppo dovrà disciplinare le modalità di presentazione degli atti al registro delle imprese in formato elettronico elaborabile. Le nuove modalità di presentazione saranno applicabili a decorrere da una data non successiva al 31 marzo 2007.

I commi da 24 a 26 raddoppiano i termini di decadenza dell’azione amministrativa di accertamento, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA, in riferimento a periodi di imposta in cui siano state riscontrate, a carico del contribuente, violazioni che comportano l’obbligo di denuncia penale per uno dei reati tributari di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000.

Il comma 27 reca modifiche alla disciplina di notifica di avvisi e atti in materia di imposte sui redditi.

Il comma 28 dispone che le comunicazioni e notificazioni nell’ambito del processo tributario siano effettuate in modo tale che dal relativo plico non possa desumersi il contenuto dell’avviso o dell’atto.

I commi 29 e 30 comminano una sanzione amministrativa pecuniaria per la mancata restituzione dei questionari inviati dalla Guardia di finanza nello svolgimento delle funzioni di polizia economica e finanziaria e per l’inottemperanza all’invito a comparirefatto dalla Guardia di finanza nello svolgimento delle suddette funzioni.

Il comma 31 modifica l’articolo 36 del D.P.R. n. 600/1973, n. 600, stabilendo che anche gli organi requirenti e giudicanti in materia penale – al pari dei già previsti organi giurisdizionali civili e amministrativi – siano tenuti a comunicare alla Guardia di finanza fatti potenzialmente configurabili come violazioni tributarie, di cui vengano a conoscenza a causa o nell’esercizio delle rispettive funzioni. Tale obbligo è esteso – previa autorizzazione – anche alla polizia giudiziaria.

Il comma 32 amplia i poteri dell’Amministrazione finanziaria in materia di accertamento delle imposte dirette, introducendo la possibilità di inviare questionari, nonché richiedere dati, notizie e documenti o acquisire informazioni relativamente al complesso dei rapporti economici intrattenuti dal destinatario dell’istanza conoscitiva.

I commi da 33 a 37 disciplinano la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei corrispettivi giornalieri da parte delle imprese esercenti il commercio.

I commi 38 e 39 dispongono l’imponibilità delle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, quando la cessione a titolo oneroso è effettuata entro cinque anni dalla data di acquistoda parte del donante.

I commi 40 e 41 modificano i termini di iscrizione a ruolo delle somme dovute nei casi di pagamento rateale e delle somme, soggette a tassazione separata, erogate a titolo di indennità di fine rapporto e di prestazione pensionistica complementare.

Il comma 42 interviene in materia di termini di iscrizione a ruolo delle somme dovute a seguito di controlli automatici, consentendo l’iscrizione nei termini ordinariamente previsti e non entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, come previsto dall’articolo 36-bis del DPR n. 600 del 1973 e dall’articolo 54-bis del DPR n. 633 del 1972.

Il comma 43 stabilisce che non si effettua iscrizione a ruolo, né rimborso per gli importi a debito o a credito inferiori a 100 euro risultanti dalla riliquidazione delle imposte sui redditi soggetti a tassazione separata, corrisposti nel periodo 1° gennaio 2003 – 31 dicembre 2005.

Il comma 44 stabilisce il termine del 31 dicembre 2008 per la notifica delle cartelle di pagamento conseguenti alle iscrizioni a ruolo per mancato pagamento degli importi dovuti da parte dei soggetti che si sono avvalsi degli istituti definitorî di cui alla legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003).

Il comma 45 interviene in materia di ammortamento dei beni immateriali, riducendo il periodo di ammortamento di opere dell’ingegno, brevetti e simili e aumentando il periodo di ammortamento del costo dei marchi d’impresa. Il comma 46 determina la decorrenza del comma 45.

Il comma 47 estende alle spese relative a studi e ricerche di sviluppo e alle spese relative ai contratti di locazione finanziaria la deducibilità, agli effetti delle imposte sui redditi, anche nel caso in cui non siano imputate al conto economico (c.d. disinquinamento del bilancio). Il comma 48 determina la decorrenza della disposizione di cui al comma precedente.

Il comma 49 prevede che a decorrere dal 1° ottobre 2006, tutti i titolari di partita IVA debbono effettuare in via telematica, direttamente o per mezzo di intermediari, i versamenti per imposte, contributi e premi, nonché i versamenti in favore di enti e casse previdenziali.

Il comma 50 esclude la possibilità di corresponsione di interessi anatocistici sui rimborsi di tributi. Gli interessi dovuti sui tributi rimborsati sono, quindi, dovuti nella misura stabilita dalla singola legge d’imposta.

Il comma 51 sopprime gli istituti della programmazione fiscale e dell’adeguamento dei redditi dei periodi di imposta precedenti, introdotti nell'ordinamento dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).

Il comma 52 dell’articolo 37 reca disposizioni relative al numero dei componenti dei comitati di gestione delle Agenzie fiscali.

I commi 53 e 55 recano disposizioni relative alle dichiarazioni e comunicazioni in materia di imposta comunale sugli immobili – ICI, nonché alle modalità di versamento della stessa imposta.

Il comma 54 riguarda il funzionamento della base dei dati catastali gestita dall’Agenzia del territorio.

Il comma 56 integra la disciplina relativa all’applicazione dei coefficienti di abbattimento per la determinazione del prezzo di vendita degli immobili residenziali pubblici, oggetto di cartolarizzazione.

Il comma 57 provvede alla copertura delle minori entrate derivanti dal recepimento della direttiva 2003/123/CE del 22 dicembre 2003 inerente al trattamento fiscale delle società madri-figlie di Stati membri diversi, in via di recepimento da parte dello Stato italiano.

 

L’articolo 38 reca misure di contrasto del gioco illegale. In particolare il comma 1 prevede l’emanazione, entro il 31 dicembre 2006, di regolamenti al fine di disciplinare le scommesse a distanza a quota fissa con modalità di interazione diretta tra i singoli giocatori (c.d. scommesse peer to peer), i giuochi di abilità a distanza con vincita in denaro, nei quali il risultato dipende, in misura prevalente rispetto all'elemento aleatorio, dall'abilità dei giocatori, le caratteristiche dei punti di vendita aventi come attività principale la commercializzazione dei prodotti di giuoco pubblici.

Il comma 2 rimette a provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze – A.A.M.S. la determinazione delle modalità di distribuzione del giuoco su eventi diversi dalle corse dei cavalli.

Il comma 3 modifica, con decorrenza dal 1° gennaio 2007, le modalità di determinazione dell’aliquota d’imposta unica sulle scommesse sportive,

Il comma 4 rimette a provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze – A.A.M.S. la determinazione delle nuove modalità di distribuzione del giuoco su base ippica.

I commi da 5 a 8 recano, rispettivamente, disposizioni circa il numero massimo di apparecchi da giuoco installabili presso pubblici esercizi, la decadenza dalle autorizzazioni o dagli incarichi riguardanti la raccolta di giuochi, concorsi o scommesse in caso di reiterazione dei reati connessi, il pagamento delle vincite agli apparecchi da intrattenimento, il canone di concessione per la conduzione operativa della rete telematica dei giuochi.

 

L’articolo 39 sostituisce la norma interpretativa, contenuta nel D.L. n. 203 del 2005, relativa all’esenzione dall’ICI in favore degli immobili utilizzati dagli enti non commerciali, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di religione o di culto. Tale esenzione s’intende applicabile alle suddette attività a condizione che non abbiano esclusivamente natura commerciale.

 

L’articolo 39-bis modifica la legge n. 157/1999 e la legge n. 515/1993, concernenti la disciplina dei rimborsi elettorali, introducendo specifiche disposizioni concernenti principalmente il rimborso spettante a partiti o movimenti politici per le spese sostenute in campagna elettorale nella circoscrizione Esteroe il rimborso previsto per i comitati promotori dei referendum.

 

L'articolo 40 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri recati dalle disposizioni del provvedimento in esame.

 

Con l’articolo 40-bis vengono sostanzialmente fatti salvi gli effetti degli atti e dei contratti, pubblici o privati, emanati, stipulati o comunque posti in essere nello stesso giorno della pubblicazione del decreto-legge (coincidentecon la sua entrata in vigore), nel rispetto della normativa previgente.

 

L'articolo 41 reca la consueta clausola relativa all'entrata in vigore


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Motivazioni della necessità ed urgenza

Il decreto-legge motiva la necessità ed urgenza del provvedimento, ai sensi dell’articolo 77 della Costituzione, in riferimento all’esigenza di rafforzare la libera scelta dei consumatori e di rendere più concorrenziali gli assetti di mercato, favorendo anche il rilancio dell'economia e dell'occupazione, e di adottare interventi intesi a razionalizzare e contenere i livelli di spesa pubblica, nonché in tema di entrate e di contrasto all'evasione ed elusione fiscale.

 

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il provvedimento in esame, che incide su una pluralità di settori, appare in larga parte riconducibile, specie in considerazione delle finalità generali[1], alla materia della “tutela della concorrenza”, nonché alla materia “sistema tributario e contabile dello Stato”, entrambe riservate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. e), Cost.

Assumono altresì rilievo le seguenti materie, sempre riservate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma:

§         ordinamento civile” (lett. l))

§         ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali” (lett. g));

§         determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti sull’intero territorio nazionale” (lett. m));

 

Con riferimento a singole disposizioni, possono altresì essere richiamate le materie “ordinamento penale”, “legislazione elettorale”, e “tutela del risparmio e mercati finanziari”, sempre rimesse alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma (rispettivamente, lett. l), p) ed e)).

Sempre con riferimento a singole disposizioni, possono altresì rilevare, tra le materie di legislazione concorrente di cui all’art. 117, terzo comma Cost.:

§         “coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”;

§         “professioni”;

§         “tutela della salute”;

§         “tutela e sicurezza del lavoro”;

 

Con specifico riferimento all’articolo 19, commi 1 e 2, appare opportuno un approfondimento in ordine alle finalità del Fondo per la famiglia e di quello per le politiche giovanili (che vengono istituiti presso la Presidenza del Consiglio dei ministri), anche alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale relativa a fondi settoriali (o di impiego delle risorse del Fondo per le politiche sociali) in materie non rientranti nella competenza esclusiva dello Stato.

Si ricorda infatti che la Corte costituzionale si è pronunciata più volte sulla illegittimità costituzionale di disposizioni di legge statale volte a vincolare l’impiego di risorse finanziarie non solo nelle materie rientranti nella competenza residuale delle regioni (come i servizi sociali)[2], ma anche in settori riconducibili alla competenza concorrente di Stato e regioni (come per i servizi per l’infanzia, nei quali sono prevalenti gli aspetti relativi all’istruzione e alla formazione prescolare dei bambini)[3].

Da ultimo, con la sentenza n. 118 del 2006, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di due norme contenute nella legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2004): la prima[4], riguardante l’impiego di una quota delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali per promuovere politiche giovanili finalizzate a favorire la partecipazione dei giovani sul piano culturale e sociale; la seconda[5], volta ad introdurre un Fondo per l’acquisto della prima casa per le giovani coppie.

 

Con specifico riferimento all’articolo 28, che dispone una riduzione delle diarie per missioni all’estero dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (senza alcuna esclusione relativa agli enti territoriali), si fa presente che la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 417 del 2005), in relazione al principio di autonomia di spesa degli enti territoriali, ha escluso l’ammissibilità di vincoli puntuali, stabiliti dal legislatore statale, relativi a singole voci di spesa dei bilanci delle regioni e degli enti locali.

In particolare, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una disposizione della legge finanziaria 2004, che ha introdotto un limite al rimborso delle spese di viaggio aereo per il personale delle pubbliche amministrazioni che si reca all’estero per ragioni di servizio nell’ambito dell’Unione europea o per conto dell’Unione europea, nella parte in cui si applicava al personale delle Regioni (sentenza n. 449 del 2005).

 

Specificità ed omogeneità delle disposizioni

Il provvedimento reca contenuti eterogenei complessivamente finalizzati, direttamente o indirettamente, a migliorare i saldi di finanza pubblica e ad introdurre misure di rilancio economico, intervenendo sia dal lato delle entrate che della spesa pubblica, nonché adottando misure di liberalizzazione di settori produttivi; ad esse si aggiungono tuttavia, anche a seguito delle modificazioni apportate dal Senato con l’approvazione di un maxiemendamento sui cui il Governo ha posto la fiducia, disposizioni ulteriori non immediatamente riferibili alla finalità complessiva del provvedimento (ad esempio, l’articolo 39-bis, avente ad oggetto rimborsi elettorali).

Coordinamento con la normativa vigente

Con riferimento all’articolo 6 relativo ad interventi per il potenziamento del servizio di taxi, si segnala che andrebbe valutata l’opportunità di formulare la disposizione in esame in termini di novella alla legge n. 21 del 1992 recante la disciplina generale del servizio di taxi.

 

Con riferimento all’articolo 12 andrebbe valutata l’opportunità di un coordinamento della disposizione in esame con la disciplina generale sul trasporto pubblico locale di cui al richiamato D.Lgs. 422/199. Circa il comma 2, relativo alla circolazione dei veicoli, non appare chiara la relazione tra la disposizione ivi recata e le previsioni del codice della strada recanti la regolamentazione della circolazione nei centri abitati (art. 7), attesa l’analogia delle fattispecie contemplate dai due atti normativi (decreto legge e codice della strada.

 

Con riferimento all’articolo 14-bis, relativo all’integrazione dei poteri dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nei procedimenti diretti alla promozione della concorrenza nella fornitura delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, si segnala che andrebbe valutata l’opportunità di formulare la disposizione in esame in termini di novella al codice delle comunicazioni elettroniche, attesa la collocazione in tale fonte normativa di disposizioni che affidano all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il potere di imposizione di precisi obblighi (obbligo di trasparenza, obbligo di non discriminazione, obbligo di separazione contabile, obblighi in materia di accesso e di uso di determinate risorse di rete, obblighi in materia di controllo dei prezzi e di contabilità dei costi) qualora, in esito all'analisi del mercato, un'impresa venga designata come detentrice di un significativo potere di mercato in un mercato specifico (artt. 46, 47, 48, 49 e 50).

 

Con riferimento all’articolo 20, comma 3-ter, in materia di requisiti per l’accesso ai contributi all’editoria per i quotidiani o periodici di partiti o movimenti politici, si osserva che esso interviene sul comma 10 dell’articolo 3 della legge n. 250 del 1990 che risulta essere superato dall’articolo 153 della legge n. 388 del 2000 per quanto riguarda la definizione dei requisiti di riconoscimento come “forza politica” avente diritto ai contributi per i propri organi.

 

Appare opportuno un coordinamento, formale e sostanziale, delle disposizioni di cui all’articolo 22-bis, commi 2, 3 e 4, in materia di attività intramoenia, con la disciplina di cui all’articolo 15-quinquies, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Alcune UPB del bilancio dello Stato, ridotte dall’articolo 25 del decreto-legge in esame, sono oggetto di variazioni in aumento da parte del disegno di legge di assestamento, attualmente in corso di esame presso la Camera (AC 1254). Appare al riguardo opportuno un chiarimento da parte del Governo in ordine alle ragioni che hanno indotto ad intervenire sulle medesime UPB in aumento in sede di assestamento e in riduzione nell’ambito del provvedimento in esame.

Osservazioni sul testo

Con riferimento all’articolo 3, commi 3 e 4, si osserva che nel periodo compreso tra l'entrata in vigore del decreto-legge e il 1° gennaio 2007, potrebbe risultare di non agevole individuazione il quadro normativo di riferimento in merito allo svolgimento sul territorio italiano delle attività commerciali e della somministrazione di alimenti e bevande.

Infatti, mentre la normativa statale previgente, "superata" dalle disposizioni in esame, viene meno per l'abrogazione espressa in ragione dell'incompatibilità, quella regionale viene meno quando sostituita, entro il 1° gennaio 2007, sopravvivendo fino a quella data. La questione ha rilievo circa il trattamento delle eventuali aperture di esercizi commerciali tra il 4 luglio 2006 (data di entrata in vigore del testo qui in esame) ed il 1 gennaio 2007 (data entro la quale le Regioni devono adeguarsi), e ciò perché non è improbabile che convivano nel periodo indicato norme statali (quelle qui in esame) sulla concorrenza e norme regionali sul commercio di segno potenzialmente contrario.

 

All’articolo 8, commi 1 e 3-bis, si osserva che il riferimento all’ “assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile auto“ comprende solo una parte delle fattispecie soggette all’assicurazione obbligatoria da ultimo disciplinata dal titolo X del codice delle assicurazioni, emanato con decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, che riguarda tutti i veicoli a motore senza guida di rotaie circolanti su strade di uso pubblico (art. 122) e le unità nautiche da diporto dotate di motore naviganti in acque ad uso pubblico (art. 123).

 

Con riferimento all’articolo 12 recante disposizioniin materia di trasporto comunale e intercomunale e di circolazione dei veicoli, si segnalache la disposizione non chiarisce - né rinvia in proposito ad altra fonte normativa - quali siano i requisiti tecnico-professionali che i soggetti devono possedere per potere erogare il servizio di trasporto di linea di passeggeri accessibile al pubblico previsto dalla norma in esame. Inoltre la disposizione non precisa alcunché in merito alle modalità per l’individuazione dei nuovi soggetti chiamati ad erogare il servizio di trasporto.

 

All’articolo 16, comma 1, sotto il profilo della tecnica legislativa si osserva che sarebbe opportuno individuare il richiamato decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - emanato di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e d'intesa con la Conferenza unificata -, facendo espresso riferimento al comma 3 dell’articolo 1 del D.L. 16/2005, e non solamente alla data di emanazione dello stesso decreto.

 

Con riferimento all’articolo 22-bis, comma 1, che stabilisce una riduzione di almeno il 10 per cento della spesa complessiva derivante dagli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale, si osserva che la disposizione non reca alcuna indicazione circa le relative modalità di attuazione. Si osserva altresì che il riferimento ad una riduzione di “almeno il 10 per cento” non appare del tutto chiaro, non essendo specificate le modalità con cui pervenire ad una riduzione superiore al 10 per cento.

 

Con riferimento all’articolo 21, si segnala che il comma 6, in materia di destinazione del contributo unificato per spese di giustizia, appare privo di reale contenuto normativo: esso reca infatti una modifica all'articolo 1, comma 309, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005), identica a quella prevista dall'articolo 1, comma 47, della legge 266/2005 (legge finanziaria 2006).

 

Con riferimento all’articolo 22-bis, comma 1, che prevede la riduzione di almeno il 10 per cento della spesa complessiva derivante dagli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale, si osserva che la disposizione non reca alcuna indicazione circa le relative modalità di attuazione. Si osserva altresì che il riferimento ad una riduzione di “almeno il 10 per cento” non appare del tutto chiaro, non essendo specificate le modalità con cui pervenire ad una riduzione superiore al 10 per cento.

 

Con riferimento all’articolo 24, in materia di compensi spettanti agli arbitri, si rileva che esso fa rinvio, ampliandone l'ambito di applicazione, a due punti del D.M. 127/2004 che, prevedendo onorari minimi e massimi per l'attività arbitrale, rientrano in parte nella previsione dell'articolo 2 del decreto-legge in esame, che ha abrogato, tra l’altro, tutte le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono, con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali, la fissazione di tariffe obbligatorie fisse o minime. Inoltre il ricorso a una fonte primaria, quale è il decreto-legge, per estendere l'ambito di applicazione di un decreto ministeriale andrebbe considerato alla luce delle Regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica del testi legislativi (di cui alla circolare del Presidente della Camera del 20 aprile 2001).

 

All’articolo 28, comma 1, si osserva che con fonte normativa di rango primario si modifica un allegato a un decreto ministeriale.

Si evidenzia inoltre che il decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica del 27 agosto 1998 riguarda esclusivamente il personale dello Stato (compreso quello delle amministrazioni ad ordinamento autonomo), delle università e della scuola, mentre il comma 1 dell’articolo 28 in esame prevede che la riduzione dell’indennità di missione all’estero si applichi al personale appartenente alle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2 del D.Lgs. 165/2001 (quindi ad una platea di personale pubblico più ampia). Sarebbe quindi opportuno formulare in maniera più chiara il comma in esame con riferimento all’ambito di applicazione della riduzione dell’indennità di missione all’estero.

 

All’articolo 30, comma 1, capoverso “comma 204”, andrebbe chiarito il riferimento agli "enti esponenziali del sistema delle autonomie".

Al capoverso “comma 204-bis”, sarebbe opportuno prevedere espressamente il divieto di assunzione anche nel caso di invio di documentazione incompleta.

Al capoverso “comma 204-ter”, sarebbe opportuno sostituire le parole “, anche in forma di collaborazione coordinata e continuativa” con le seguenti “o a contratti di collaborazione coordinata e continuativa”.

 

All’articolo 33 sembrerebbe, anche in considerazione dell’intentio legis, che la disposizione sia volta a precisare che l’attribuzione di incarichi dirigenziali a soggetti esterni deve in ogni caso rispettare il limite di età per il collocamento a riposo dei pubblici dipendenti (65 anni più eventualmente la permanenza in servizio per un altro biennio), per cui in sostanza il soggetto esterno non potrebbe ricevere incarichi la cui scadenza sia successiva al compimento dell’età massima per il collocamento a riposo. Se si accedesse a tale interpretazione, andrebbe chiarito se la disposizione si applica anche agli incarichi già attribuiti e in corso di svolgimento (che quindi dovrebbero cessare al compimento dell’età per il collocamento a riposo). Tuttavia è possibile anche un’altra opzione interpretativa meno restrittiva, secondo cui gli incarichi dirigenziali non potrebbero essere conferiti a soggetti esterni che abbiano già superato l’età massima per il collocamento a riposo.

Sarebbe quindi opportuna una formulazione che chiarisca meglio la portata della norma.

 

All’articolo 34-quatersarebbe opportuno specificare che le comunicazioni relative al conto annuale delle spese sostenute per il personale e alla relazione illustrativa ad esso allegata, sono trasmesse a cura del “Dipartimento della ragioneria generale dello Stato”.

 

All’articolo 36-bis, comma 1, sarebbe opportuno formulare la disposizione in maniera più perspicua, al fine di precisare se il provvedimento emanato dagli uffici del Ministero delle infrastrutture possa sin dall’inizio prevedere l’interdizione dalla contrattatazione con le PP.AA. per un periodo più lungo rispetto alla sospensione dei lavori o se, al contrario, tale maggiore durata dell’interdizione possa eventualmente essere disposta solamente in un secondo momento, con un apposito provvedimento di proroga. Perplessità suscita inoltre la previsione secondo cui l’eventuale maggiore durata della interdizione non possa essere disposta per un periodo interiore al doppio della durata della sospensione. Infine si osserva che non è chiaro se il provvedimento di interdizione dalla contrattatazione con le PP.AA. debba essere in ogni caso adottato in conseguenza del provvedimento di sospensione dei lavori, o se invece gli uffici competenti mantengano una certa discrezionalità sulla relativa adozione. Al comma 4, non è chiaro se il limite dimensionale delle dieci unità si riferisca al personale assunto dall’impresa o esclusivamente al personale utilizzato nell’ambito del singolo cantiere dalla stessa impresa. All’ultimo periodo dello stesso comma la previsione secondo cui nel computo delle unità lavorative si considerano anche i lavoratori autonomi sembra incongruente rispetto alla ratio della norma, dal momento che ai sensi del precedente comma 3 gli stessi lavoratori autonomi sono tenuti a provvedere per proprio conto all’obbligo relativo alla tessera identificativa.

 

Con riferimento all’articolo 40, recante la norma di copertura finanziaria, si osserva che la norma non fa cenno alla copertura degli oneri successivi al 2008.

 


La manovra correttiva dei conti pubblici

Secondo le indicazioni dell’allegato sui saldi di finanza pubblica contenuto nella relazione tecnica al maxiemendamento del Governo al Senato, il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, nel testo modificato dal Senato, comporta un miglioramento dell’indebitamento netto (“manovra netta”) per il 2006 pari a 1,2 miliardi di euro, corrispondenti allo 0,1 per cento del PIL (precisamente lo 0,08).

Per gli anni successivi il miglioramento è compreso tra lo 0,4 e lo 0,5 del PIL ed è pari a 6,6 miliardi di euro per il 2007, 6,0 miliardi di euro per il 2008 e 7,1 miliardi di euro per il 2009.

 

 

L’ammontare lordo della manovra risulta pari a 4,5 miliardi di euro per il 2006, 7,2 miliardi di euro per il 2007, 6,7 miliardi di euro per il 2008 e 7,7 miliardi di euro per il 2009.

Sono infatti previste misure di carattere espansivo per 3,3 miliardi di euro nel 2006, 0,6 miliardi di euro per il 2007, 0,7 miliardi di euro per il 2008 e 0,6 miliardi di euro per il 2009.

 

 

(dati in miliardi di euro)

 

2006

2007

2008

2009

Manovra lorda (A)

4,5

7,2

6,7

7,7

Misure espansive (B)

3,3

0,6

0,7

0,6

Manovra netta (A-B)

1,2

6,6

6,0

7,1

 


Le risorse complessivamente reperite derivano dalle seguenti maggiori entrate e minori spese:

(dati in miliardi e milioni di euro)

 

2006

2007

2008

2009

Maggiori entrate (A)

3,61 mld

5,90 mld

5,26 mld

6,20 mld

di cui(*):

 

 

 

 

IVA sulle locazioni di terreni e fabbricati e sulle cessioni di fabbricati (art. 35, commi 8-10)

1.343

2.368

1.628

1.950

Studi di settore (art. 37, commi 2 e 3)

453

298

298

298

Giochi (art. 38)

367

262

290

290

IRES sull’ammortamento dei terreni (art. 37, commi 7-8)

261

341

341

341

IRES sull’ammortamento dei beni immateriali (art. 37, commi 45-46)

186

245

951

1.350

IRES sulle società non operative (art. 35, commi 15-16)

125

222

209

239

Abolizione dell’aliquota agevolata sull’imposta di registro (art. 36, comma 15)

117

233

233

233

Rafforzamento della riscossione (art. 35, commi 25-26)

100

300

300

300

Limitazione dell’esenzione dall’ICI per gli enti non commerciali (art. 39)

100

100

100

100

Rafforzamento poteri Agenzia delle dogane (art. 35, comma 35)

92

220

220

220

Indeducibilità minusvalenze (art. 36, commi 18-19)

92

119

133

127

Aumento IVA dal 10% al 20% su alcuni prodotti (art. 36, comma 1)

80

136

136

136

IRPEF – Incentivazione per l’esodo (art. 36, comma 23)

64

162

171

171

IRPEF sulle stock option (art. 36, commi 25-26)

52

131

145

145

Imposta di registro su compravendite immobiliari (art. 35, comma 22)

36

186

282

222

Deducibilità dei canoni leasing delle autovetture (art. 36, commi 6-bis e 6-ter)

38

50

383

95

 

 

 

 

 

Minori spese (B)

0,92 mld

1,26 mld

1,45 mld

1,45 mld

di cui (*):

 

 

 

 

Riduzione stanziamenti bilancio dello Stato (art. 25)

653

773

783

793

Riduzione spese funzionamento enti pubblici non territoriali (art. 22)

99

197

297

297

Spese di giustizia (art. 21)

50

100

200

200

 

 

 

 

 

Totale (A+B)

4,53 mld

7,16 mld

6,71 mld

7,65 mld

       (*) Si riportano solo le disposizioni il cui impatto sull’indebitamento netto è di maggior rilievo.


Le principali misure di carattere espansivo sono riportate nella seguente tabella:

 

(dati in miliardi e milioni di euro)

 

2006

2007

2008

2009

Misure espansive

3,3 mld

0,6 mld

0,7 mld

0,6 mld

di cui(*):

 

 

 

 

Ferrovie dello Stato: contributo in conto impianti (art. 17, comma 1)

1.800

0

0

0

ANAS: innalzamento limite ai pagamenti (art. 17, comma 2)

1.000

0

0

0

Fondo politiche sociali (art. 18, comma 2)

300

300

300

0

Esclusione dal patto di stabilità interno delle spese per il trasporto su ferro di Roma Capitale (art. 16, comma 2)

50

120

300

500

       (*) Si riportano solo le disposizioni il cui impatto sull’indebitamento netto è di maggior rilievo.

 


 

Schede di lettura


Articolo 1
(Finalità e ambito di intervento)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Le norme del presente titolo, adottate ai sensi degli articoli 3, 11, 41 e 117, commi primo e secondo, della Costituzione, con particolare riferimento alle materie di competenza statale della tutela della concorrenza, dell'ordinamento civile e della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, recano misure necessarie ed urgenti per garantire il rispetto degli articoli 43, 49, 81, 82 e 86 del Trattato istitutivo della Comunità europea ed assicurare l'osservanza delle raccomandazioni e dei pareri della Commissione europea, dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e delle Autorità di regolazione e vigilanza di settore, in relazione all'improcrastinabile esigenza di rafforzare la libertà di scelta del cittadino consumatore e la promozione di assetti di mercato maggiormente concorrenziali, anche al fine di favorire il rilancio dell'economia e dell'occupazione, attraverso la liberalizzazione di attività imprenditoriali e la creazione di nuovi posti di lavoro.

1. Identico.

 

1-bis. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano in conformità agli statuti speciali e alle relative norme di attuazione.

 

 

L’articolo 1, comma 1 - nel definire l’ambito di intervento del titolo I del decreto-legge in esame, che contiene gli articoli da 1 a 15 – afferma esplicitamente che le disposizioni normative del decreto-legge sono adottate ai sensi degli articoli 3, 11, 41 e 117, commi primo e secondo, della Costituzione, e recano misure necessarie a garantire il rispetto di alcuni articoli del Trattato istitutivo della Comunità europea e l’osservanza dei pareri della Commissione europea, dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato e delle Autorità di vigilanza e di regolazione di settore.

Tra le finalità del provvedimento sono citate l’esigenza di rafforzare la libertà di scelta dei consumatori e la promozione di assetti concorrenziali, anche al fine di favorire il rilancio economico e dell’occupazione.

 

Come è noto, le norme costituzionali citate nella prima parte del comma in esame riguardano, rispettivamente, il principio di uguaglianza (art. 3), i rapporti internazionali (art. 11, normalmente invocato tra i fondamenti dell’adesione dell’Italia all’Unione europea), la libertà di iniziativa economica (art. 41), i limiti al potere legislativo dello Stato e delle Regioni (art. 117, primo comma) e la competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma).

La relazione al disegno di legge precisa che, ai sensi del primo comma della norma citata “anche le Regioni” devono conformarsi alla normativa comunitaria in materia di promozione della concorrenza e tutela del consumatore.

 

Particolare riferimento è fatto alle seguenti materie:

§         tutela della concorrenza,

§         ordinamento civile,

§         determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

 

Come è altrettanto noto, tali materie fanno parte della competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma) e, segnatamente delle materie contrassegnate con le lettere

§      e): moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;

§      l): giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;

§      m): determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

 

Con riguardo alla materia “concorrenza”, la citata relazione al disegno di legge richiama la sentenza 14/2004, con la quale la Corte costituzionale ha disegnato la tutela della concorrenza in senso “dinamico”.

La nozione di concorrenza – ha argomentato la Corte – non può non riflettere quella operante in ambito comunitario, che comprende interventi regolativi, la disciplina antitrust e misure destinate a promuovere un mercato aperto e in libera concorrenza. La “concorrenza” (art. 117, secondo comma, lettera e) sopra citato) proprio perché accorpata a moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari, sistema valutario, sistemi tributario e contabile dello Stato, perequazione delle risorse finanziarie, costituisce una delle leve della politica economica statale e pertanto non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche nell’accezione dinamica (nota al diritto comunitario), che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali. Una nozione trasversale che, peraltro, non può svuotare il vigente riparto di competenze: la Corte si è così riservato il vaglio sulla non irrazionalità dell’intervento. Appartengono, invece, alla competenza delle Regioni gli interventi sintonizzati sulla realtà produttiva regionale (senza frapporre ostacoli, secondo l’insegnamento dell’art. 120, primo comma, Cost.).

La relazione citata introduce, poi, un ulteriore profilo di inerenza dell’esercizio della competenza statale con effetti sulle materie di competenza (anche esclusiva) delle Regioni, con riferimento alla sentenza 242/2005. In questa sentenza la Corte, peraltro, ha negato la pertinenza della “tutela della concorrenza”, sia pure in senso dinamico, a fronte di finalità di maggiore capitalizzazione di alcune imprese medio-grandi, con impatto sul miglioramento del sistema societario, più che sull’attività economica. Tuttavia la Corte ha statuito che sussiste una ineludibile responsabilità degli organi statali in tema di scelte di politica economica di sicura rilevanza nazionale, anche al di là della specifica utilizzabilità di strumenti come la “tutela della concorrenza”; peraltro – ha aggiunto – in questi diversi casi, gli organi statali dovranno necessariamente utilizzare altri poteri riconosciuti dal Titolo V della Costituzione.

La Corte, inoltre, ha ritenuto che il legislatore statale possa considerare necessario che anche in materie affidate alla competenza legislativa residuale o concorrente delle Regioni, si possano attrarre a livello centrale determinate funzioni amministrative “sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza” di cui al primo comma dell’art. 118 Cost., dettando la relativa disciplina della funzione amministrativa in questione, ciò che la Corte ritiene essere accaduto nel caso di specie, per quanto concerne le funzioni amministrative di temporaneo sostegno finanziario a determinate imprese produttive per evidenti finalità di politica economica. Si tratta dell’insegnamento che ammette che la legge statale “chiami in sussidiaretà” alcune funzioni di normale competenza delle Regioni, a determinate condizioni, alla stregua di uno stretto scrutinio di razionalità (sentenza n. 303/2003) e nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, e sempreché venga dettata una disciplina logicamente pertinente, idonea e limitata a quanto strettamente indispensabile (sentenza 6/2004).

 

Poiché la nozione “dinamica” della concorrenza si lega – come visto – alla nozione comunitaria, è possibile cogliere un legame con gli articoli 11 e 41 della Costituzione, citati dal testo in esame. L’articolo chiarisce in effetti che le misure del decreto-legge sono tese a garantire il rispetto di norme del Trattato della Comunità europea e di raccomandazioni e pareri delle competenti Autorità garanti in tema di concorrenza, attraverso la liberalizzazione di attività imprenditoriali e la creazione di nuovi posti di lavoro, obiettivi anch’essi coperti dai riferimento di cui agli artt. 11 e 41 Cost..

L’art. 3 Cost., pure citato, esprime – come è noto – un’amplissima valenza anche perché costituisce tra l’altro un parametro generale per la misura della ragionevolezza dell’intervento del legislatore. Va ricordato infatti che la Corte costituzionale ha sì ammesso l’intervento “trasversale” statale, ma ha richiesto la proporzionalità e ragionevolezza delle misure, caratteristiche di cui l’art. 3 costituisce fonte e presidio.

Per quanto concerne invece le materie – di competenza esclusiva statale, nell’ambito delle quali il decreto intende operare – dell’ordinamento civile e della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale, vi sono diverse disposizioni del decreto che agiscono con rilievo nell’ambito dell’ordinamento civilistico, sia specificamente (tra le altre: la responsabilità civile obbligatoria) sia in riferimento all’area dei rapporti commerciali tra privati, in stretta connessione con interventi di tipo fiscale (compravendite mobiliari ed immobiliari).

I “livelli essenziali” (di cui la giurisprudenza costituzionale non ha spesso riscontrato la ricorrenza[6]) – sono evocati dall’art. 3 del decreto in esame (cfr. la relativa scheda) che – oltre a far riferimento all’obiettivo di assicurare condizioni di “pari opportunità” nel commercio – si propone un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità ai prodotti ed ai servizi sul territorio nazionale.

Non si fa riferimento, nel testo, al comma terzo dell’art. 117, vale a dire alle materie di competenza ripartita tra Stato e Regioni, nell’ambito delle quali spetta allo Stato la determinazione dei soli princìpi fondamentali.

 

Per quanto riguarda gli articoli del Trattato della Comunità europea citati dal provvedimento in esame, tali norme riguardano la libertà di stabilimento dei cittadini e di accesso alle attività non salariate e al loro esercizio (articolo 43); il divieto di restrizioni alla libera prestazione dei servizi (art. 49); il divieto di accordi tra imprese che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune (art. 81); il divieto di sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato comune (art. 82); il divieto - per gli Stati membri - di mantenere, nei confronti delle imprese pubbliche, alcuna misura contraria alle norme del Trattato, specialmente a quelle relative alla concorrenza (art. 86).

 

La relazione al disegno di legge richiama, infine, numerosi pareri e documenti delle istituzioni nazionali e sopranazionali che hanno ispirato le disposizioni contenute nel decreto-legge in esame. Altri riferimenti sono contenuti nei documenti illustrativi al provvedimento disponibili presso il sito del Ministero dello Sviluppo economico.

L’elenco che segue riporta gli estremi di tali documenti, distinti per materia e istituzione di riferimento.

 

Libere professioni

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 9 ottobre 1997 – (IC15) Indagine conoscitiva nel settore degli Ordini e Collegi professionali;

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 5 febbraio 1999 – Disegno di legge recante "Delega al Governo per il riordino delle professioni intellettuali" (A.C. 5092/XIII legislatura);

§      Commissione Europea, Comunicazione, COM(2004)83def;

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 27 aprile 2005 – Disegno di legge di conversione del Decreto-Legge 14 marzo 2005, n. 35, recante "Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale" (A.S. 3344/XIV legislatura), art. 2;

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 14 luglio 2005 – Schema di decreto legislativo di ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni" (Atto n. 543 /XIV legislatura);

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 18 novembre 2005 – Incontri con il settore delle professioni intellettuali.

 

Distribuzione commerciale

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 19 aprile 1999 – Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, recante "Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59" – Leggi regionali in materia;

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 9 luglio 2004 – Legge della Regione Siciliana 22 dicembre 1999, n. 28, recante "Riforma della disciplina del commercio" (art. 5);

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 10 novembre 2004 – Decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, recante "Razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti, a norma dell’art. 4, comma 4, lettera c), della L. 15 marzo 1997, n. 59" - Decreto legge 29 ottobre 1999, n. 383, recante "Disposizioni urgenti in materia di accise sui prodotti petroliferi e di accelerazione del processo di liberalizzazione del relativo settore", convertito, con modificazioni, in legge 28 dicembre 1999, n. 496 - Decreto ministeriale 31 ottobre 2001, con il quale è stato adottato il "Piano nazionale contenente le linee guida per l’ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti"- Normative regionali di attuazione.

 

Panifici

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 8 novembre 2002 – Legge 31 luglio 1956, n. 1002, recante "Nuove norme sulla panificazione".

 

Medicinali da Banco

§      I.C. 6 novembre 1997 – (IC 14) Indagine conoscitiva nel settore farmaceutico

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 18 giugno 1998 – Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 recante "Riforma della disciplina del commercio" (art. 15, commi 7,8 e 9);

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 3 giugno 2005 – Decreto-legge maggio 2005 n. 87, recante "Disposizioni urgenti per il prezzo dei farmaci non rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale";

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 22 settembre 2005 – Modalità di accesso ai farmaci di automedicazione (c.d. farmaci da banco), come disciplinate dalla legge del 16 novembre 2001, n. 405;

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 10 febbraio 2006 – Normativa concernente l’esercizio delle farmacie.

 

Taxi

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 1 agosto 1995 – Legge 15 gennaio 1992, n. 21, recante "Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea". Legge regionale del Lazio 26 ottobre 1993, n. 58 recante "Disposizioni per l’approvazione dei regolamenti comunali relativi all’esercizio del trasporto pubblico non di linea". Delibera della Giunta municipale 30 aprile 1966 n. 2860 concernente "Regolamento delle vetture pubbliche del Comune di Roma". Delibera della Giunta comunale 1° marzo 1994 n. 530;

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 3 marzo 2004 – Legge 15 gennaio 1992, n. 21, recante "Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea".

 

Polizze RC Auto

§      I.C. 17 aprile 2003 – (IC18) Indagine conoscitiva sul settore "Assicurazione autoveicoli".

 

Servizi Bancari

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 26 maggio 2006 – Disciplina dello "ius variandi" nei contratti bancari.

 

Mediatori Immobiliari

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 14 aprile 2006 – Attività di rilevazione degli usi tariffari in materia di servizi di mediazione immobiliare.

 

Servizi Pubblici locali

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 22 ottobre 1999 – Disegno di legge recante "Modifica degli articoli 22 e 23 della legge 8 giugno 1990, n. 142, in materia di riordino dei servizi pubblici locali e disposizioni transitorie" (A.S. 4014/XIII legislatura);

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 9 novembre 2001 – Disegno di legge, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato" (AS 699/XIV legislatura) - art. 23;

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 7 agosto 2003 – Legge 5 gennaio 1994, n. 36, recante "Disposizioni in materia di risorse idriche" – Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante "Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali" e successive modifiche – Disegno di legge governativo recante "Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione (AC 1798-B/XIV legislatura)";

§      Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, Pareri e Segnalazioni - 13 settembre 2005 – Modalità di affidamento della gestione di servizi pubblici locali.

 

Il comma 1-bis dell’articolo 1, introdotto al Senato con l’approvazione dell’emendamento interamente sostitutivo del Governo, introduce nella legge - con riferimento a tutte le sue disposizioni - la clausola di “compatibilità” con l’ordinamento delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.

La clausola di “compatibilità” è oramai introdotta sistematicamente in tutte le leggi finanziarie – e nelle leggi recanti misure per la finanza pubblica - ed a completamento di molte altre disposizioni che disciplinano materie ed oggetti rientranti nelle competenze di quelle regioni e delle due province autonome.

Le disposizioni della legge ordinaria non modificano, in effetti, il quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale) e dalle relative norme di attuazione; esse si applicano pertanto in quegli ordinamenti solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di quegli enti. L’esplicitazione di questo principio – che discende peraltro dall’ordinario rapporto tra le due fonti – è stata introdotta per evitare che regioni e province autonome, nel dubbio sull’effettiva estensione di disposizioni che incidono sulle materie di loro competenza, ritenessero necessario chiedere una pronuncia alla Corte costituzionale.


Articolo 2
(Disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. In conformità al principio comunitario di libera concorrenza ed a quello di libertà di circolazione delle persone e dei servizi, nonché al fine di assicurare agli utenti un'effettiva facoltà di scelta nell'esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato, dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali:

1. Identico:

a) la fissazione di tariffe obbligatorie fisse o minime ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti;

a) l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti;

b) il divieto, anche parziale, di pubblicizzare i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto e il prezzo delle prestazioni;

b) il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall'ordine;

c) il divieto di fornire all'utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti, fermo restando che il medesimo professionista non può partecipare a più di una società e che la specifica prestazione deve essere resa da uno o più professionisti previamente indicati, sotto la propria personale responsabilità.

c) il divieto di fornire all'utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti, fermo restando che l'oggetto sociale relativo all'attività libero-professionale deve essere esclusivo, che il medesimo professioni­sta non può partecipare a più di una società e che la specifica prestazione deve essere resa da uno o più soci professionisti previamente indicati, sotto la propria personale responsabilità.

2. Sono fatte salve le disposizioni riguardanti l'esercizio delle professioni reso nell'ambito del Servizio sanitario nazionale o in rapporto convenzionale con lo stesso, nonché le eventuali tariffe massime prefissate in via generale a tutela degli utenti.

2. Sono fatte salve le disposizioni riguardanti l'esercizio delle professioni reso nell'ambito del Servizio sanitario nazionale o in rapporto convenzionale con lo stesso, nonché le eventuali tariffe massime prefissate in via generale a tutela degli utenti. Il giudice provvede alla liquidazione delle spese di giudizio e dei compensi professionali, in caso di liquidazione giudiziale e di gratuito patrocinio, sulla base della tariffa professionale. Nelle procedure ad evidenza pubblica, le stazioni appaltanti possono utilizzare le tariffe, ove motivatamente ritenute adeguate, quale criterio o base di riferimento per la determinazione dei compensi per attività professionali.

 

2-bis. All'articolo 2233 del codice civile, il terzo comma è sostituito dal seguente:

«Sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tra gli avvocati ed i praticanti abilitati con i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali».

3. Le disposizioni deontologiche e pattizie e i codici di autodisciplina che contengono le prescrizioni di cui al comma 1 sono adeguate, anche con l'adozione di misure a garanzia della qualità delle prestazioni professionali, entro il 1o gennaio 2007. In caso di mancato adeguamento, a decorrere dalla medesima data le norme in contrasto con quanto previsto dal comma 1 sono in ogni caso nulle.

3. Identico.

 

 

Il comma 1 dell’articolo 2 è finalizzato a dare attuazione al principio comunitario di libera concorrenza ed a quello di libertà di circolazione delle persone e dei servizi, nonché ad assicurare agli utenti un’effettiva facoltà di scelta nell’esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato.

Il predetto comma abroga, quindi, le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono, con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali:

a) l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti;

b) il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall’Ordine;

c) il divieto di fornire all'utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti, fermo restando che l’oggetto sociale relativo all’attività libero professionale deve essere esclusivo, che il medesimo professionista non può partecipare a più di una società e che la specifica prestazione deve essere resa da uno o più soci professionisti previamente indicati, sotto la propria personale responsabilità.

 

Le disposizioni legislative e regolamentari abrogate dal comma in questione non sono espressamente individuate dal presente articolo[7], che demanda dunque tale compito all'interprete. A tal fine, è necessario analizzare la nozione di "attività libero professionali e intellettuali". In proposito si rileva che l'art. 2229, primo comma, c.c., che apre il capo dedicato alle professioni intellettuali, non fornisce una definizione di tale concetto, ma lascia intendere che le professioniintellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi o elenchi[8] costituiscono la species di un genus le cui caratteristiche vengono individuate nella professionalità (e dunque lo svolgimento dell'attività in via continuativa e mediante l'applicazione di un bagaglio di conoscenze tecniche) e nell'impiego di intelligenza e cultura in misura prevalente rispetto all'uso di eventuale lavoro manuale.

 

La lettera a) in particolare abroga le disposizioni concernenti:

 

(i) l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime;

Al riguardo, si ricorda che il testo originario del comma 1, lettera a) è stato modificato a seguito dell’approvazione da parte dell’Assemblea del Senato, nella seduta del 25 luglio 2006, del maxi-emendamento (1.1000) presentato dal Governo.

La disposizione in esame dispone l'abrogazione esclusivamente delle tariffe fisse o minime (e dunque non delle tariffe massime, che sono fatte salve dal comma 2 dell'articolo in esame) che siano obbligatorie (e dunque non una mera raccomandazione priva di portata precettiva).

 

Sovente l'ordinamento generale dello Stato demanda all'ordinamento particolare delle singole professioni il compito di individuare i compensi dovuti al professionista per lo svolgimento della propria attività. Tale compito è assolto mediante l'elaborazione di tariffe, che riportano, per ogni attività astrattamente realizzabile nell'adempimento del mandato professionale, l'indicazione di un compenso minimo e di uno massimo. All'interno di tale "forchetta", il professionista determina, con un margine di discrezionalità, l'onorario applicabile al caso concreto. E' anche possibile che la tariffa contenga, in luogo della citata "forchetta", l'indicazione di compensi fissi. Le tariffe possono essere inderogabili o meno. Nel caso in cui esse non lo siano, la loro funzione è sostanzialmente quella di un suggerimento che l'ente esponenziale della professione rivolge ai propri membri in merito ai prezzi praticabili. Le tariffe sono invece inderogabili laddove ciò sia espressamente previsto dalla legge, da un atto regolamentare, dal codice deontologico o da altra fonte interna alla singola professione e laddove alla deroga da parte del professionista sia ricollegata una sanzione. L'inderogabilità può riguardare il compenso minimo, il compenso massimo o entrambi.

 

(ii) il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti.

 

La possibilità di variare il compenso dovuto al professionista sulla base del risultato raggiunto (ad esempio, a seconda dell'esito di un procedimento giurisdizionale) è stato tradizionalmente ritenuto non coerente con un ordinamento in cui l'obbligazione del professionista intellettuale è considerata come un'obbligazione di mezzi e non di risultato[9].

La lettera b), invece, dispone l'abrogazione di tutte le disposizioni legislative e regolamentari che contengano il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall’Ordine.

Il testo della lettera b) del comma 1 è stato riformulato a seguito dell’approvazione da parte dell’Assemblea del Senato del citato maxi-emendamento presentato dal Governo.

 

Per la gran parte delle professioni vige un divieto più o meno esteso di ricorrere alla pubblicità: essa, infatti, è tradizionalmente considerata uno strumento esclusivo del settore commerciale, incompatibile con gli standard di decoro e dignità delle professioni. Va peraltro ricordato come l'ordinamento si sia progressivamente dotato di strumenti volti a tutelare i consociati da eventuali abusi nella pubblicità[10].

 

La disposizione in questione non dispone l'abrogazione di tutti i divieti di pubblicità informativa, ma solo di quelli relativi ai seguenti elementi:

§      titoli e specializzazioni professionali;

§      caratteristiche del servizio offerto;

§      prezzo e costi complessivi delle prestazioni.

Si tratta dunque di elementi che sono necessari all’utente per valutare le prestazioni offerte ed effettuare una scelta ragionata. In particolare, la pubblicità informativa sul prezzo ed i costi complessivi delle prestazioni si riconnette alla disposizione sulle tariffe di cui al primo comma, lettera a) dell’articolo 1.

 

A titolo meramente esemplificativo, si riportano di seguito le principali disposizioni in materia di tariffe e di pubblicità, relative ad alcune delle principali professioni. Si noti che in certi casi le tariffe appaiono assai risalenti e potrebbero non essere più applicate nella pratica.

 

Avvocati

Per quanto riguarda le tariffe, ai sensi dell'art. 57 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578[11], convertito, con modificazioni, nella legge 22 gennaio 1934, n. 36, i criteri per la determinazione degli onorari e delle indennità dovute agli avvocati ed ai procuratori in materia penale e stragiudiziale sono stabiliti ogni biennio con deliberazione del Consiglio nazionale forense. Nello stesso modo provvede il Consiglio nazionale forense per quanto concerne la determinazione degli onorari nei giudizi penali davanti alla Corte suprema di cassazione ed al Tribunale supremo militare. Tali deliberazioni devono essere approvate dal Ministro della giustizia. I suddetti criteri sono stabiliti con riferimento al valore delle controversie ed al grado dell'autorità chiamata a conoscerne, e, per i giudizi penali, anche alla durata di essi. Per ogni atto o serie di atti devono essere fissati i limiti di un massimo e di un minimo. Nelle materie stragiudiziali va tenuto conto dell'entità dell'affare.

Successivamente il legislatore è tornato sulla materia. L'art. 1 della legge 3 agosto 1949, n. 536[12] prevede che i criteri per la determinazione degli onorari e delle indennità dovute agli avvocati in materia penale e stragiudiziale sono stabiliti ogni biennio con deliberazione del Consiglio nazionale forense, approvata dal Ministro della giustizia. L'articolo unico della legge 7 novembre 1957, n. 1051[13] estende tale procedimento anche agli onorari, diritti e indennità spettanti agli avvocati per prestazioni giudiziali in materia civile. Attualmente la determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati per le prestazioni giudiziali, in materia civile, amministrativa, tributaria, penale e stragiudiziale è contenuta nel decreto del Ministro della Giustizia 8 aprile 2004, n. 127[14].

Per ciò che attiene alle prestazioni stragiudiziali si veda anche la scheda relativa all'art. 24 del presente decreto-legge.

L'art. 24 della legge 13 giugno 1942, n. 794[15] prevede che gli onorari e i diritti stabiliti per le prestazioni dei procuratori e gli onorari minimi stabiliti per le prestazioni degli avvocati sono inderogabili e che ogni convenzione contraria è nulla. Tale principio è ripreso dal suddetto D.M. 127/2004 che all'art. 4 stabilisce che gli onorari minimi ed i diritti stabiliti per le prestazioni dell'avvocato sono inderogabili e specifica che i minimi possono essere diminuiti ed i massimi aumentati soltanto qualora fra le prestazioni dell'avvocato e l'onorario previsto dalle tabelle appaia, per particolari circostanza del caso, una manifesta sproporzione e la parte che vi abbia interesse esibisca il parere del competente Consiglio dell'ordine. L'inderogabilità comporta altresì che l'autorità giudiziaria, nel liquidare gli onorari al termine del giudizio, deve contenere la liquidazione entro i limiti del massimo e del minimo contenuti nella tariffa, come previsto dall'art. 60, quarto comma, del regio decreto-legge 1578/1933. Ai sensi dell'art. 43, quinto comma, del codice deontologico, è consentito all’avvocato concordare onorari forfettari per le prestazioni continuative solo in caso di consulenza e assistenza stragiudiziale, purché siano proporzionali al prevedibile impegno.

L'art. 2233, terzo comma, del codice civile prevede che gli avvocati non possono, neppure per interposta persona, stipulare con i loro clienti alcun patto relativo ai beni che formano oggetto delle controversie affidate al loro patrocinio, sotto pena di nullità e dei danni. Anche l'art. 45 del codice deontologico vieta la pattuizione diretta ad ottenere, a titolo di corrispettivo della prestazione professionale, una percentuale del bene controverso ovvero una percentuale rapportata al valore della lite. Esso consente tuttavia la pattuizione scritta di un supplemento di compenso, in aggiunta a quello previsto, in caso di esito favorevole della lite, purché sia contenuto in limiti ragionevoli e sia giustificato dal risultato conseguito.

Per quanto riguarda la pubblicità, manca una disposizione legislativa o regolamentare che disciplini espressamente tale attività. Il fondamento normativo del tradizionale divieto di ricorrere alla pubblicità (originariamente inserito all'art. 17 del codice deontologico e successivamente ammorbidito) veniva individuato nelle clausole generali in materia di dignità e decoro della professione.

 

Notai

Per quanto riguarda le tariffe, l'art. 74 della legge 16 febbraio 1913, n. 89[16] prevede che il notaio ha diritto per ogni atto, copia, estratto o certificato, e per ogni altra operazione eseguita nell'esercizio della sua professione, ad essere retribuito dalle parti mediante onorario, oltre al rimborso delle spese ed ai diritti accessori. Esso prevede altresì che gli onorari, i diritti accessori e le spese dovute in rimborso sono determinati dalla tariffa annessa alla stessa legge. In realtà, l'articolo unico della legge 5 marzo 1973, n. 41[17] ha stabilito che la tariffa degli onorari, dei diritti accessori e delle indennità ed i criteri per il rimborso delle spese spettanti ai notai sono stabiliti con deliberazione del Consiglio nazionale del notariato, approvato con decreto del Ministro della giustizia. La tariffa attualmente in vigore è contenuta nel D.M. 27 novembre 2001[18]. Si noti che tale decreto, con riferimento ad alcune attività, rinvia a ulteriori tariffe che devono essere adottate dai Consigli notarili distrettuali[19].

Ai sensi dell'art. 147 della legge 89/1913, il notaio che, con riduzioni degli onorari e diritti accessori, faccia ai colleghi illecita concorrenza è punito con la censura o con la sospensione fino ad un anno, e nei casi più gravi con la destituzione. La destituzione sarà sempre applicata qualora il notaio, dopo essere stato condannato per due volte alla sospensione per contravvenzione a tali disposizioni vi contravvenga nuovamente. Viceversa, l'art. 80 della legge 89/1913 prevede che, salvo il caso di errore scusabile, il notaio che abbia esatto per gli onorari, per i diritti accessori e per le spese una somma maggiore di quella dovutagli, incorre in una sanzione amministrativa uguale alla somma esatta in più, salvo sempre il diritto alla parte di chiedere la restituzione dell'indebito pagato. Anche il codice deontologico si occupa dei compensi richiesti dal notaio.

Per quanto riguarda invece la pubblicità, ai sensi dell'art. 14 del regio decreto-legge 14 luglio 1937, n. 1666[20], convertito, con modificazioni, in legge 30 dicembre 1937, n. 2358, è vietato al notaio di fare concorrenza ai colleghi servendosi dell'opera di procacciatori di clienti, di richiami, di pubblicità, o di qualunque altro mezzo non confacente al decoro ed al prestigio della classe notarile.


Ingegneri e architetti

La tariffa professionale degli ingegneri e architetti era originariamente contenuta nella legge 2 marzo 1949, n. 143[21]. Successivamente, la legge 4 marzo 1958, n. 143[22] ha stabilito che le tariffe degli onorari e delle indennità ed i criteri per il rimborso delle spese agli ingegneri ed architetti sono stabilite mediante decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per i lavori pubblici, su proposta dei Consigli nazionali riuniti degli ingegneri e degli architetti, sentite, da parte dei Consigli stessi, le organizzazioni sindacali a carattere nazionale delle due categorie[23].

Ai sensi del secondo comma dell'articolo unico della legge 143/1958, i minimi di tariffa per gli onorari a vocazione, a percentuale ed a quantità sono inderogabili (l'inderogabilità non si applica invece agli onorari a discrezione per le prestazioni di cui all'art. 5 del testo unico approvato con la citata legge 143/1949).

 

Dottori commercialisti e ragionieri

Originariamente, gli artt. 47 e 48 dei D.P.R. 27 ottobre 1953, nn. 1067[24] e 1068[25] disponevano che i criteri per la determinazione degli onorari e delle indennità e per la liquidazione delle spese, spettanti, rispettivamente, ai dottori commercialisti e ai ragionieri e periti commerciali, erano stabiliti con tariffa, a carattere nazionale, approvata con decreto del Capo dello Stato, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri per l'industria e il commercio e per il tesoro, sentito il Consiglio nazionale. I compensi per le prestazioni professionali erano liquidati con riferimento alla durata ed alla complessità delle prestazioni medesime. Si teneva conto altresì della sede, della urgenza, delle responsabilità assunte dal professionista e dei risultati conseguiti. Sulla base di tali previsioni è stato da ultimo adottato il D.P.R. 10 ottobre 1994, n. 645 ("Regolamento recante la disciplina degli onorari, delle indennità e dei criteri per il rimborso delle spese per le prestazioni professionali dei dottori commercialisti") e il D.P.R. 6 marzo 1997, n. 100 ("Regolamento recante la disciplina degli onorari, delle indennità e dei criteri per il rimborso delle spese per le prestazioni professionali dei ragionieri commercialisti e dei periti commerciali")[26]. A tali decreti sono allegate le tabelle contenenti i massimi ed i minimi per le singole attività. Per la concreta determinazione degli onorari, si deve far riferimento alla natura, alle caratteristiche, alla durata ed al valore della pratica. Si deve inoltre tenere conto del risultato economico conseguito, nonché dei vantaggi anche non patrimoniali derivati al cliente. In alcuni casi, qualora vi sia una manifesta sproporzione tra le prestazioni svolte e gli onorari stabiliti, con riferimento al valore della pratica, gli onorari dovuti possono essere determinati, con criteri e misure di equità tenuto conto della gravità della sperequazione, nonché dell'entità dell'impegno professionale, e comunque nei limiti dei massimi previsti da apposite disposizioni su conforme parere del consiglio del collegio/ordine di appartenenza richiesto dal professionista o dal cliente con istanza documentata. Gli onorari minimi stabiliti nella tariffa debbono avere sempre integrale applicazione (anche nel caso in cui gli onorari vengano preconcordati), salvo che disposizioni della medesima o particolari norme di legge speciali non dispongano espressamente, in materia, in modo diverso.

La legge 24 febbraio 2005, n. 34[27] ha delegato il Governo ad unificare l'ordine dei dottori commercialisti e l'ordine dei ragionieri e periti commerciali nell'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili presso il quale è istituito l'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Alla delega è stata data attuazione con l'adozione del decreto legislativo 28 giugno 2005, n. 139[28], che all'art. 29, lettera n) prevede che tra le attribuzioni del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili vi sia quella di proporre al Ministro competente le tariffe professionali, che devono essere aggiornate ogni quattro anni. Il decreto legislativo dispone l'abrogazione dei D.P.R. 1067 e 1068 del 1953.

Il codice deontologico dei dottori commercialisti contempla il caso di deroga ai minimi tariffari.

 

La lettera c) del comma 1 prevede l'abrogazione di tutte le norme legislative e regolamentari recanti il divieto di fornire all'utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti, fermo restando che l’oggetto sociale relativo all’attività libero professionale deve essere esclusivo, che il medesimo professionista non può partecipare a più di una società e che la specifica prestazione deve essere resa da uno o più soci professionisti previamente indicati, sotto la propria personale responsabilità.

La sopracitata disposizione è stata modificata a seguito dell’approvazione, da parte dell’Assemblea del Senato del suddetto maxi-emendamento presentato dal Governo.

La disposizione in commento, nell’abrogare la normativa concernente i divieti di fornire all'utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti, prescrive l’osservanza di tre condizioni:

a)      l’oggetto sociale relativo all’attività libero professionale deve essere esclusivo;

b)      il medesimo professionista non può partecipare a più di una società;

c)      la specifica prestazione deve essere resa da uno o più soci professionisti previamente indicati, sotto la propria responsabilità.

Scopo della previsione in esame è quello di rendere i prestatori di attività libero professionali più concorrenziali sul mercato, permettendo loro di offrire un ampio ventaglio di servizi.

 

Ai sensi dell'art. 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1815[29], le persone che, munite dei necessari titoli di abilitazione professionale, ovvero autorizzate all'esercizio di specifiche attività in forza di particolari disposizioni di legge, si associano per l'esercizio delle professioni o delle altre attività per cui sono abilitate o autorizzate, debbono usare, nella denominazione del loro ufficio e nei rapporti coi terzi, esclusivamente la dizione di «studio tecnico, legale, commerciale, contabile, amministrativo o tributario», seguito dal nome e cognome, coi titoli professionali, dei singoli associati. L'art. 2 della medesima legge vietava la costituzione, l'esercizio o la direzione, sotto qualsiasi forma diversa da quella di cui all'art. 1, di società, istituti, uffici, agenzie od enti, i quali avessero lo scopo di dare, anche gratuitamente, ai propri consociati od ai terzi, prestazioni di assistenza o consulenza in materia tecnica, legale, commerciale, amministrativa, contabile o tributaria.L'esigenza di dotare i professionisti italiani di strumenti più adatti ad affrontare il mercato si è registrato inizialmente nell'ambito dei lavori pubblici. L'art. 17, comma 6, della legge 11 febbraio 1994, n. 109[30] ha disciplinato, alla lettera a), la società di professionisti, ossia quelle società costituite esclusivamente tra professionisti iscritti negli appositi albi, nelle forme delle società di persone ovvero nella forma di società cooperativa, che eseguono studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni o direzioni dei lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi di impatto ambientale, nonché, alla lettera b), le società di ingegneria, ossia società di capitali ovvero società cooperative che non abbiano i requisiti di cui alla lettera a), che eseguono studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni o direzioni dei lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi di impatto ambientale[31]. Successivamente, l'art. 24 della legge 7 agosto 1997, n. 266[32] ha disposto l'abrogazione dell'art. 2 della suddetta legge 1815/1939 e ha previsto che i requisiti per l'esercizio delle attività professionali di cui all'art. 1 della legge 1815/1939 dovessero essere fissati con regolamento. Nelle more, il decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96[33]ha introdotto la società tra avvocati. L'art. 16 prevede, infatti, che l'attività professionale di rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio può essere esercitata in forma comune esclusivamente secondo il tipo della società tra professionisti, denominata società tra avvocati, regolata, per tutto quanto non previsto dallo stesso decreto legislativo, dalle norme che regolano la società in nome collettivo. La società tra avvocati ha per oggetto esclusivo l'esercizio in comune della professione dei propri soci. Ai sensi dell'art. 21, i soci della società tra avvocati devono essere in possesso del titolo di avvocato e la partecipazione ad una società tra avvocati è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra avvocati.

 

L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha dedicato particolare attenzione ai profili oggetto dell'articolo in esame ed, in generale, al tema della riforma delle professioni. Appare pertanto utile riassumere, qui di seguito, le conclusioni cui l’Autorità è pervenuta in occasione dell’indagine conoscitiva nel settore degli Ordini e Collegi professionali e delle professioni dagli stessi regolamentate, deliberata dall'Autorità ai sensi dell'art. 12, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287[34] e conclusasi nell'ottobre del 1997[35].

 

Per quanto concerne l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime ed il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti, l'Autorità ha affermato che tale previsione non appare riconducibile al perseguimento dell'interesse generale a garantire elevati livelli qualitativi delle prestazioni, quanto invece alla protezione delle categorie interessate. Ciò sarebbe confermato dallo svantaggio derivante alla collettività dalla fissazione di tariffe uniformi per le medesime prestazioni e dal fatto che le categorie professionali assumono un ruolo preponderante nella determinazione delle tariffe. L'Autorità ha escluso, inoltre, che i minimi tariffari possano costituire una tutela per i giovani professionisti, osservando che, al contrario, il divieto di concorrenza sul prezzo impedisce a questi ultimi di conquistare quote di mercato. L'Autorità ha poi negato che la fissazione di minimi tariffari possa giovare alla qualità del servizio reso: la qualità, infatti, dovrebbe essere tutelata dalla selezione all'accesso e dal rispetto degli standard previsti dalla legge e dai codici deontologici. L'Autorità si è infine espressa con favore in merito all'introduzione di compensi la cui entità sia collegata, anche in parte, all'esito dell'attività svolta.

Con riferimento al divieto di svolgere pubblicità informativa, l'Autorità ha osservato che tale divieto si pone in contrasto con l'interesse generale, in particolare con l'interesse dei consumatori ad essere compiutamente informati in merito al tipo di prestazioni offerte dal professionista e (laddove venisse meno il sistema tariffario) ai prezzi praticati. Analogamente a quanto sostenuto con riferimento ai prezzi, l'Autorità sostiene che l'introduzione della pubblicità andrebbe a vantaggio dei giovani professionisti.

In merito all’esercizio della professione in forma societaria, l'Autorità ha rilevato che non appaiono esservi ragioni per precludere ad alcune categorie l'esercizio della professione anche nella forma delle società di capitali, idonee alla creazione di strutture di maggiori dimensioni e più competitive a livello internazionale. Essa, inoltre, ha sollecitato una riforma sistematica della materia.

Le posizioni espresse dall’Autorità al termine della citata indagine sono state riprese e approfondite successivamente in numerosi pareri e segnalazioni[36].

 

Il comma 2 chiarisce che le abrogazioni disposte dal comma 1 non trovano applicazione con riferimento all'esercizio delle professioni reso nell'ambito del Servizio sanitario nazionale o in rapporto convenzionale con lo stesso. Esso precisa, altresì, che non vengono abrogate le tariffe massime prefissate in via generale a tutela degli utenti.

A seguito dell’approvazione da parte dell’Assemblea del Senato (seduta del 25 luglio 2006) del richiamato maxi-emendamento presentato dal Governo, sono stati aggiunti, in fine, due nuovi periodi al testo dell’originario comma 2.

In particolare, il primo di tali periodi aggiuntivi stabilisce che, in caso di liquidazione giudiziale e di gratuito patrocinio, il giudice provvede alla liquidazione delle spese di giudizio e dei compensi professionali sulla base della tariffa professionale.

Per quanto concerne la liquidazione delle spese, l’articolo 91, primo comma, del codice di procedura civile prevede che “il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa. Eguale provvedimento emette nella sua sentenza il giudice che regola la competenza”. L’articolo 93, primo comma, del codice di procedura civile prevede, altresì, che “Il difensore con procura può chiedere che il giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle spese, distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipate”.

La disciplina delle spese del processo penale, contenuta nel Titolo V, Libro X, del relativo codice di procedura è stata modificata dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia).

In particolare, l’articolo 4 del predetto Decreto 115/2002 prevede che le spese del processo penale siano anticipate dall'erario, ad eccezione di quelle relative agli atti chiesti dalle parti private e di quelle relative alla pubblicazione della sentenza, ai sensi dell'articolo 694, comma 1, del codice di procedura penale e dell'articolo 76, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231. Se la parte è ammessa al patrocinio a spese dello Stato, l'erario anticipa anche le spese relative agli atti chiesti dalla parte privata.

Per quanto riguarda la liquidazione degli onorari, si rinvia a quanto esposto nel paragrafo concernente la normativa sulle tariffe degli avvocati.

 

L'ammissione del cittadino non abbiente al patrocinio a spese dello Stato, previsto dall’articolo 24, terzo comma, della Costituzione e disciplinato dal già citato Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, importa che l'assistito sia esentato dalle spese legali e che il compenso dovuto al difensore sia posto a carico dell'erario secondo le tariffe professionali[37].

 

In particolare, l’articolo 82 (Onorario e spese del difensore) del predetto Decreto 115/2002 reca le seguenti disposizioni:

1. L'onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati dall'autorità giudiziaria con decreto di pagamento, osservando la tariffa professionale in modo che, in ogni caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti relative ad onorari, diritti ed indennità, tenuto conto della natura dell'impegno professionale, in relazione all'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa.

2. Nel caso in cui il difensore nominato dall'interessato sia iscritto in un elenco degli avvocati di un distretto di corte d'appello diverso da quello in cui ha sede il magistrato competente a conoscere del merito o il magistrato davanti al quale pende il processo, non sono dovute le spese e le indennità di trasferta previste dalla tariffa professionale.

3. Il decreto di pagamento è comunicato al difensore e alle parti, compreso il pubblico ministero”.

 

Il secondo periodo aggiunto al comma 2 dell’articolo 2 prevede che, nelle procedure ad evidenza pubblica, le stazioni appaltanti possano utilizzare le tariffe, ove motivatamente ritenute adeguate, quale criterio o base di riferimento per la determinazione dei compensi per attività professionali.

 

Le procedure di evidenza pubblica sono procedure amministrative che precedono la conclusione dei contratti dello Stato e degli enti pubblici: esse consentono alla pubblica amministrazione di esternare i motivi di pubblico interesse che giustificano la stipula dei contratti e di pervenire alla scelta della controparte, mediante l’utilizzo degli strumenti dell’asta pubblica, della licitazione privata, dell’appalto-concorso o della trattativa privata.

Il comma 2-bis, introdotto nel testo del provvedimento a seguito dell’approvazione da parte dell’Assemblea del Senato del maxi-emendamento presentato dal Governo, prevede la sostituzione del terzo comma dell’articolo 2233 del codice civile.

 

Come già ricordato, l’articolo 2233 del codice civile, concernente il compenso nei contratti di prestazioni d’opera intellettuale, prevede, al terzo comma, che “Gli avvocati, i procuratori e i patrocinatori non possono, neppure per interposta persona, stipulare con i loro clienti alcun patto relativo ai beni che formano oggetto delle controversie affidate al loro patrocinio, sotto pena di nullità e dei danni”(c.d. divieto del patto di quota-lite)[38].

 

In base alla nuova formulazione, che sopprime il divieto del cosiddetto patto quota-lite, il terzo comma dell’articolo 2233 del codice civile contempla la nullità dei patti, non redatti in forma scritta, conclusi tra gli avvocati e praticanti abilitati ed i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali.

Ai fini della validità di tali patti (aventi ad oggetto la determinazione dei compensi professionali), è richiesta, pertanto, la forma scritta.

Tale disposizione completa, dunque, le previsioni di cui al comma 1, lettera a) relativa all’abrogazione dei divieti di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti.

 

Al fine di assicurare l'effettività di quanto disposto al comma 1, il comma 3 impone ai soggetti preposti di adeguare, entro il 1 gennaio 2007, le disposizioni deontologiche e pattizie e i codici di autodisciplina che contengono le prescrizioni di cui al comma 1.

 

Va rilevato, in proposito, che molte di tali disposizioni impongono il rispetto dei minimi tariffari (con conseguente sottoposizione a procedimento disciplinare del professionista che non vi si adegui) e, soprattutto, disciplinano - in maniera restrittiva - la pubblicità (materia che non è invece normalmente disciplinata da disposizioni di legge o di regolamento).

Si ricorda, inoltre, che alcuni enti professionali, su sollecitazione dell'Autorità Garante della concorrenza e del mercato, hanno già provveduto a modificare i propri codici deontologici.

 

Il comma in questione richiede inoltre l'adozione di misure a garanzia della qualità delle prestazioni professionali.

In caso di mancato adeguamento, a decorrere dalla medesima data del 1° gennaio 2007 le norme in contrasto con quanto previsto dal comma 1 sono in ogni caso nulle.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Politiche del mercato interno e della concorrenza

Strategia per il mercato interno

Il 20 aprile 2006 la Commissione ha predisposto un documento in vista dell’elaborazione di nuovi orientamenti nel settore del mercato interno[39] nel quale effettua una valutazione della situazione attuale ed individua una serie di priorità politiche future.

Per quanto riguarda la situazione attuale, la Commissione sottolinea come, malgrado alcuni risultati globalmente positivi raggiunti in termini di crescita del PIL, creazione di nuovi posti di lavoro e maggiore scelta di beni e di servizi a prezzi inferiori, il mercato interno debba ancora affrontare un certo numero di sfide al fine di migliorare la competitività delle imprese europee e di generare crescita ed occupazione. Tali sfide riguardano in particolare la frammentazione in alcuni settori, quali il mercato dei servizi; l’allargamento, che impone la gestione di una maggiore diversità nel settore del mercato interno; la globalizzazione con la conseguente trasformazione radicale dei sistemi economico, sociale e regolamentare; le rapide trasformazioni tecnologiche che rendono necessario un adeguamento rapido, soprattutto in termini di innovazione; la persistenza di atteggiamenti protezionistici in particolare per quanto riguarda le fusioni e le acquisizioni transfrontaliere in una serie di settori sensibili.

Relativamente alle priorità future, la Commissione individua cinque settori di intervento:

1.         incoraggiare il dinamismo e l’innovazione nel mercato internomediante azioni in settori quali la proprietà intellettuale, gli appalti,nuove forme di finanziamentoper i progetti innovativi e un migliore accesso al mercato per i servizi;

2.    garantire un quadro normativo di alta qualità soprattutto per favorire lo sviluppo delle PMI – spesso soggette ad un peso regolamentare eccessivo - e di rendere più attraenti i mercati europei. La Commissione ricorda i metodi utilizzati a tal fine ovvero la consultazione delle parti interessate sulle future iniziative legislative e la valutazione di impatto dellestesse iniziativesotto il profilo economico, sociale ed ambientale. In tale contesto la Commissione invita il Parlamento europeo e il Consiglio - nella loro veste di colegislatori - nonché gli Stati membri - in sede di recepimento della normativa europea - a non perdere di vista l’importante obiettivo del miglioramento della qualità della legislazione;

3.    migliorare l’attuazione e l’applicazione della normativa. La Commissione sottolinea, a tal riguardo, l’importante ruolo che spetta agli Stati membri in sede di applicazione della normativa in materia di mercato interno e ricorda alcune delle iniziative che intende intraprendere a tal fine fra cui l’istituzione di un sistema di informazione del mercato interno (SIMI) per favorire lo scambio di informazioni fra le amministrazioni dei vari Stati membri e di meccanismi più efficaci e mirati per le procedure di infrazione;

4.    rispondere più efficacemente alla globalizzazione,introducendo adeguamenti nel mercato interno al fine di attrarre investimenti esteri e di consentire alle imprese europee di essere competitive a livello internazionale;

5.    migliorare l’informazione dei cittadini e delle imprese sulle opportunità offerte dal mercato interno per consentire loro di trarne i massimi benefici.

 

Libera prestazione dei servizi

Il 4 aprile 2006 la Commissione ha presentato una versione modificata (COM(2006)160) della proposta di direttiva relativa ai servizi nel mercato interno (COM(2004)2) (cosiddetta “direttiva Bolkenstein”). Il testo recepisce in larghissima misura gli emendamenti adottati dal Parlamento europeo il 16 febbraio 2006, che hanno modificato sostanzialmente la proposta iniziale della Commissione al fine di tenere conto delle preoccupazioni espresse da tutti i gruppi politici del Parlamento europeo riguardo ai possibili rischi di riduzione dell’acquis comunitario nel settore sociale.

La proposta, che segue la procedura di codecisione con la votazione a maggioranza qualificata del Consiglio, è stata presentata dalla Commissione il 13 gennaio 2004 e si inserisce nel processo di riforme economiche varato dal Consiglio europeo di Lisbona (23-24 marzo 2000) al fine di fare dell’Unione europea, entro il 2010, l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo.

L’obiettivo della proposta è quello di stabilire un quadro giuridico che elimini gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi ed alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri.

Gli aspetti più controversi della proposta sui quali, in particolare, si è concentrato il dibattito, riguardano:

§       il campo di applicazione (artt. 1-3): il testo modificato della Commissione presenta un elenco di tutti i settori espressamente esclusi dal campo di applicazione della direttiva.

Fra questi figurano i servizi di interesse generale. La direttiva si applica, tuttavia, ai servizi di interesse economico generale come definiti da ciascuno Stato membro, ovvero ai servizi che corrispondono ad un’attività economica e sono aperti alla concorrenza quali i servizi postali, i servizi di trasmissione, distribuzione e fornitura di energia elettrica e di gas o i servizi di distribuzione e di fornitura idrica; tali servizi, tuttavia, non sono soggetti all’applicazione del principio della libera prestazione dei servizi di cui all’articolo 16 (vedi infra). Sono, inoltre, esclusi dal campo di applicazione della direttiva il diritto del lavoro, il distacco dei lavoratori[40], le cure sanitarie, i servizi sociali, i servizi finanziari, i servizi e le reti di comunicazioni elettroniche, i servizi audiovisivi, i servizi di trasporto compresi i taxi, i servizi portuali, le agenzie di lavoro interinale, i servizi di sicurezza privati, le attività connesse all’esercizio di un pubblico potere (in particolare quella di notaio) e i giochi d’azzardo. La direttiva proposta stabilisce altresì che, in caso di conflitto con strumenti comunitari esistenti - come è il caso della direttiva 2005/36/CE relativa alle qualifiche professionali - che disciplinano aspetti specifici dell’accesso ad un’attività di servizi o del suo esercizio, queste disposizioni specifiche prevalgono;

§       la libertà di stabilimento (artt. 9-15): il testo modificato stabilisce che i regimi di autorizzazione siano più chiari e trasparenti e che venga soppressa la verifica di natura economica che subordina il rilascio di un’autorizzazione alla prova dell’esistenza di un “bisogno economico” per evitare che l’attività di un’impresa possa destabilizzare la concorrenza locale.

La proposta prevede che il rilascio dell’autorizzazione non sia subordinato neanche alla partecipazione di operatori concorrenti al rilascio delle autorizzazioni, ad eccezione degli organismi o ordini e delle associazioni professionali o di altre organizzazioni che agiscono in qualità di autorità competente. Per quanto riguarda i requisiti da valutare, la proposta specifica che il processo di valutazione reciproca non pregiudica la libertà degli Stati membri di fissare un alto livello di tutela dell’interesse generale e che tale valutazione deve tenere conto della specificità dei servizi di interesse economico generale e degli obiettivi specifici loro assegnati che potrebbero giustificare alcune limitazioni alla libertà di stabilimento;

§       la libera prestazione dei servizi (artt. 16-19): il “principio del Paese di origine” - presente nella proposta originaria - in base al quale un prestatore poteva fornire i propri servizi in uno Stato membro diverso da quello di appartenenza unicamente in base alla legislazione dello Stato membro di origine, è stato sostituito dal principio della “libera circolazione dei servizi” in base al quale per la fornitura dei servizi si applica la legislazione del paese in cui essi vengono effettivamente prestati.

La direttiva proposta stabilisce l’obbligo per gli Stati membri di rispettare il diritto del prestatore di fornire i propri servizi liberamente sul loro territorio senza imporre requisiti discriminatori, ingiustificati e sproporzionati tranne che per motivi di pubblica sicurezza, protezione dell'ambiente e sanità pubblica. La proposta fissa un insieme di deroghe al principio della libera prestazione dei servizi fra cui figurano i servizi di interesse economico generale, il distacco dei lavoratori, le qualifiche professionali, la tutela dei dati personali, la libera prestazione dei servizi da parte degli avvocati e i sistemi di sicurezza sociali;

§       diritti dei destinatari dei servizi e qualità dei servizi (artt. 20-23 e 26-32): la proposta fissa l’obbligo a carico delle imprese di mettere a disposizione dei consumatori alcune informazioni chiave. Essa stabilisce, inoltre, che le regole professionali in materia di comunicazioni commerciali devono rispettare i principi di non discriminazione, necessità e proporzionalità;

§       cooperazione amministrativa (artt. 34-38): gli Stati membri devono rafforzare la cooperazione amministrativa, anche mediante la trasmissione elettronica delle informazioni, al fine di assicurare un controllo migliore e più efficace delle imprese. In questo contesto la proposta modificata prevede l’istituzione di un meccanismo di allerta in virtù del quale,qualora uno Stato membro sia a conoscenza di fatti gravi suscettibili di nuocere gravemente alla salute o alla sicurezza delle persone o all’ambiente, è tenuto ad informarne tempestivamente lo Stato membro di stabilimento, gli altri Stati membri interessati e la Commissione.

Il Consiglio competitività del 24 luglio 2006 ha adottato sulla proposta - con l’astensione delle delegazioni belga e lituana – la posizione comune in prima lettura, basata su un testo di compromesso predisposto dalla Presidenza austriaca. Il testo adottato dal Consiglio si attiene strettamente al testo adottato dal PE e dalla Commissione.

La seconda lettura del Parlamento europeo dovrebbe aver luogo presumibilmente in occasione della plenaria del 15 novembre 2006.

 

Concorrenza

Il 15 giugno 2006 la Commissione ha presentato la relazione sulla politica della concorrenza per il 2005 (SEC(2006)761) nella quale dà conto dei principali risultati raggiunti in questo settore nell’anno di riferimento.

La relazione sottolinea la realizzazione di progressi importanti nella politica della concorrenza comunitaria, soprattutto per quanto riguarda l’adozione di un approccio ai problemi della concorrenza più orientato sugli effetti e sull’analisi economica attraverso gli strumenti esistenti. Fra i principali risultati la Commissione annovera:

§       l’adozione del piano di azione per la riforma degli aiuti di Stato (COM(2005)107) che ha individuato una serie di misure da realizzare durante il periodo 2005-2009 con lo scopo di razionalizzare e semplificare le procedure e di creare un quadro chiaro e prevedibile in materia di aiuti di Stato;

§       le decisioni adottate nel settore delle intese e delle posizioni dominanti, in particolare per quanto riguarda la lotta contro i cartelli che costituiscono la forma più pregiudizievole di comportamento anticoncorrenziale e la creazione presso la DG concorrenza di un’apposita direzione;

§      l’avvio delle prime due inchieste settoriali - una nel settore dei servizi finanziari e l’altra nel settore del gas e dell’elettricità - ai sensi dell’articolo 17[41] del regolamento (CE) n. 1/2003 riguardante l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81[42] e 82[43] del Trattato CE. I risultati di tali inchieste serviranno per determinare se, in questi settori, siano necessarie indagini individuali o misure regolamentari al fine di garantire il buon funzionamento del mercato interno;

§       un aumento delle attività di controllo delle operazioni di concentrazione, in particolare delle operazioni suscettibili di ostacolare la realizzazione degli obiettivi dell’UE in materia di liberalizzazione;

§       un’applicazione più efficiente e coerente delle regole comunitarie in materia di concorrenza grazie al ricorso alla REC (rete europea della concorrenza) che riunisce la Commissione e le autorità nazionali della concorrenza.

Sulla base dell’analisi della politica della concorrenza effettuata nella relazione per il 2005, la Commissione ha presentato gli orientamenti che intende seguire nel 2006 al fine di contribuire al raggiungimento dei tre obiettivi pluriennali generali in materia di concorrenza: concentrare l’applicazione delle regole della concorrenza sulle pratiche maggiormente nocive per l’economia dell’UE, accrescere la competitività e focalizzare l’azione su settori chiave per il mercato interno e la strategia di Lisbona.

Gli obiettivi che la Commissione intende perseguire nel 2006 sono articolati in quattro settori:

§       intese e abuso di posizione dominante: la Commissione intende proseguire la propria azione di contrasto ai cartelli ed assicurare il completamento e il seguito delle inchieste avviate nel 2005 nei settori dell’energia e dei servizi finanziari, individuando le misure necessarie per risolvere i problemi riscontrati e mettendo in luce altri aspetti del mercato dove si registrano comportamenti anticoncorrenziali;

§       concentrazioni: la Commissione cercherà di garantire l’applicazione delle regole relative alle concentrazioni, prestando particolare attenzione alle operazioni suscettibili di ostacolare gli obiettivi dell’UE in materia di liberalizzazione, e la continuità del modo in cui valuta gli effetti della ristrutturazione delle imprese;

§       aiuti di Stato; la Commissione intende dare attuazione alle priorità specifiche individuate per il 2006 nel citato piano di azione sugli aiuti di Stato;

§       attività internazionali: nel corso del 2006, la Commissione intende proseguire la propria attività con i paesi candidati e con gli altri paesi dei Balcani occidentali e rafforzare la propria cooperazione con i paesi terzi.

Servizi professionali

Concorrenza nei servizi professionali

Il 9 febbraio 2004 la Commissione ha presentato una relazione sulla concorrenza nei servizi professionali (COM(2004)83).

L’obiettivo della relazione è quello di individuare le possibilità di riforma o di modernizzazione delle regole professionali, sotto il profilo della politica della concorrenza, e proporre misure per eliminare le restrizioni ingiustificate.

La relazione ricorda il ruolo importante che servizi professionali liberalizzati e di qualità possono svolgere ai fini del miglioramento della competitività dell’economia europea – obiettivo cardine della strategia di Lisbona – e della possibilità di scelta per i consumatori.

Le valutazioni svolte dalla Commissione nella relazione riguardano alcune categorie professionali quali gli avvocati, i notai, i contabili, gli architetti, gli ingegneri e i farmacisti, già esaminate dalla Commissione in occasione dell’adozione di altri provvedimenti, come ad esempio la direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali. La Commissione precisa che le stesse conclusioni valgono per professioni affini quali i consulenti fiscali o gli agenti immobiliari; sono, invece, escluse le professioni mediche. Essa ricorda, inoltre, che le suddette professioni sono oggetto di un’ampia regolamentazione adottata dai governi nazionali o di forme di autoregolamentazione messe in atto da associazioni professionali.

In relazione ai servizi professionali nell’Unione europea, la Commissione individua cinque categorie principali di regolamentazione potenzialmente restrittiva; si tratta, in particolare, di norme riguardanti l’autorizzazione all’esercizio della professione come ad esempio i requisiti di accesso o le attività riservate nonché regole di comportamento attinenti alla fissazione dei prezzi (prezzi fissi e prezzi raccomandati), alla pubblicità ed infine alla struttura aziendale e alle pratiche multidisciplinari. Tali regolamentazioni restrittive, secondo la Commissione, oltre ad avere effetti negativi per i consumatori, sono suscettibili di eliminare o limitare la concorrenza tra prestatori di servizi e pertanto disincentivare i professionisti a lavorare in modo efficace sotto il profilo dei costi, a ridurre i prezzi, a migliorare la qualità e ad offrire servizi innovativi.

La Commissione ritiene che un certo grado di regolamentazione dei servizi professionali sia necessario per almeno tre ragioni: 1) l’asimmetria dell’informazione fra clienti e prestatori di servizi dovuta al fatto che i professionisti dispongono di un alto livello di conoscenze tecniche di cui i consumatori sono privi con conseguente difficoltà a giudicare la qualità dei servizi che acquistano; 2) le esternalità nel senso che i servizi in questione possono avere un impatto anche su terzi, oltre che sull’acquirente del servizio; 3) il concetto di bene pubblico in quanto alcuni servizi professionali sono destinati a produrre beni pubblici che presentano un valore per la società in generale.

Per quanto riguarda le responsabilità connesse con l’esistenza di tali regolamentazioni restrittive, occorre distinguere tra la responsabilità degli organismi professionali e quella degli Stati membri.

La Commissione sostiene che le autoregolamentazioni adottate dagli organismi professionali siano decisioni di associazioni di imprese potenzialmente in conflitto con il divieto di cui all’articolo 81 del Trattato CE[44].

La regolamentazione statale che impone o favorisce un comportamento anticoncorrenziale viola l’articolo 3, paragrafo 1, l’articolo 10, paragrafo 2[45], e l’articolo 81 del Trattato CE che, in combinato disposto, vietano agli Stati membri di introdurre o mantenere in vigore misure, anche di natura legislativa o regolamentare, che potrebbero rendere inefficaci le regole di concorrenza applicabili alle imprese. Per la violazione di questi articoli la Commissione o un altro Stato membro possono avviare un procedimento di infrazione a norma degli articoli 226 e 227 del TCE.

Alla luce di queste considerazioni, la Commissione invita le autorità di regolamentazione e gli organismi professionali ad eliminare o a riformare le regole ingiustificate e a compiere un’analisi complessiva delle necessità di riforma nelle rispettive professioni e della compatibilità delle regole esistenti con i principi del diritto della concorrenza. Tale esame, secondo la Commissione, dovrebbe essere effettuato sulla base del principio di proporzionalità, ovvero valutando se tali regole siano effettivamente necessarie per raggiungere un determinato obiettivo di interesse generale e se rappresentano il meccanismo meno restrittivo della concorrenza atto a raggiungerlo.

La Commissione ritiene, tuttavia, che l’eliminazione dei meccanismi anti-concorrenziali potrebbe non essere sufficiente da sola a favorire una maggiore concorrenza nel settore delle professioni. Invita, pertanto, le autorità di regolamentazione e gli organismi professionali a valutare l’opportunità di ricorrere a meccanismi di sostegno della concorrenza, come, ad esempio, il controllo attivo da parte delle associazioni dei consumatori.

Per quanto riguarda l’applicazione della normativa relativa alle professioni, la Commissione ricorda che a partire dal 1° maggio 2004 – data di entrata in vigore del regolamento (CE) n. 1/2003 concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato CE - le autorità nazionali garanti della concorrenza e gli organi giurisdizionali avranno un ruolo più importante nella valutazione della legittimità delle regole e delle regolamentazioni relative alle professioni e, considerato che le restrizioni della concorrenza si attuano essenzialmente negli Stati membri, tali organi potranno applicare direttamente gli articoli 81 e 82 del TCE. L’applicazione di tali articoli sarà favorita anche grazie alla Rete europea della concorrenza (REC) che riunisce la Commissione europea e le autorità nazionali garanti della concorrenza. La Commissione, dal canto suo, continuerà ad occuparsi, se necessario, di casi concreti.

 

Successivamente, il 5 settembre 2005, la Commissione ha presentato il seguito alla relazione con una comunicazione dal titolo “I servizi professionali – Proseguire la riforma” (COM(2005)405).

La comunicazione ribadisce la necessità di liberalizzare i mercati e di eliminare la regolamentazione non necessaria per promuovere una maggiore concorrenza. La Commissione ricorda che questo obiettivo è stato sottolineato dalla rinnovata strategia di Lisbona e dal Consiglio europeo del marzo 2005 che ha invitato gli Stati membri a verificare la compatibilità delle normative nazionali con la normativa comunitaria al fine di aprire maggiormente il mercato interno alla concorrenza.

La comunicazione sostiene che il lavoro della Commissione nel settore dei servizi professionali dovrebbe essere visto in tale contesto al fine di esaminare se l’attuale quadro normativo sia il più efficace e il meno restrittivo della concorrenza o se una migliore regolamentazione possa contribuire a rilanciare la crescita economica e ad assicurare servizi e condizioni migliori per i consumatori.

La comunicazione, in particolare, illustra i progressi realizzati nella revisione e nell’eliminazione delle restrizioni ingiustificate da parte degli Stati membri.

Con riferimento alle ragioni che giustificano una regolamentazione restrittiva dei servizi professionali - ovvero asimmetria delle informazioni, esternalità e concetto di bene pubblico - la Commissione ritiene che essi non interessino nella stessa misura tutti gli utenti dei servizi professionali. Secondo la Commissione, pertanto, sarebbe opportuno svolgere un’analisi economica dei servizi professionali più mirata ed approfondita al fine di comprendere meglio il rapporto tra domanda e offerta per ciascun servizio professionale, tenere conto degli interessi divergenti delle varie categorie di utenti e definire un quadro per la revisione della regolamentazione esistente.

La comunicazione ricorda che nel corso del 2004 la Commissione ha stabilito un dialogo strutturato con gli organismi professionali europei di avvocati, notai, ingegneri, architetti, contabili, consulenti fiscali e farmacisti e con le autorità nazionali di regolamentazione per discutere quale sia la giustificazione per la regolamentazione professionale esistente e per studiare il modo per renderla più favorevole alla concorrenza. Da tale processo, secondo la Commissione, si evince che il livello di ricettività alla riforma dipende dall’esistente livello di apertura e di deregolamentazione della professione in esame. Grazie al lavoro svolto dalle autorità nazionali di regolamentazione, sono state soppresse alcune restrizioni ingiustificate esistenti nella legislazione e nella regolamentazione degli organismi professionali e sono stati creati gruppi di lavoro governativi incaricati di studiare nel dettaglio le raccomandazioni presentate e di avanzare proposte per riforme più radicali.

Per quanto riguarda l’applicazione delle norme per la tutela della concorrenza, la comunicazione ricorda - oltre ai nuovi poteri riconosciuti dal regolamento (CE) n. 1/2003 alle autorità nazionali garanti della concorrenza e agli organi giurisdizionali nazionali (vedi paragrafo precedente) - anche quanto previsto dalla giurisprudenza della Corte[46] in base alla quale quando le imprese adottano un comportamento contrario all’articolo 81, paragrafo 1, del TCE e quando esso è imposto o agevolato da misure statali, l’autorità nazionale garante della concorrenza ha l’obbligo di disapplicare tali misure statali e di applicare gli articoli 81 e 82 del TCE. La Commissione ritiene, inoltre, che nelle azioni che essa può intraprendere nei confronti di comportamenti restrittivi da parte di Stati membri, è possibile utilizzare l’articolo 86[47] in combinato disposto con gli articolo 81 e 82 del TCE.

Per quanto riguarda le prospettive future, la Commissione continuerà i propri sforzi al fine di contribuire alla diffusione delle migliori pratiche, creare forme di partenariato con le autorità nazionali garanti della concorrenza per incoraggiarle a proseguire il lavoro di riforma, migliorare i rapporti con le autorità nazionali di regolamentazione e favorire la cooperazione fra queste ultime e le autorità nazionali garanti della concorrenza.

Alla luce delle suddette considerazioni, la Commissione sostiene che:

§       sarebbe necessario che gli Stati membri promuovessero un processo di riforma sistematico del settore delle professioni a livello nazionale per migliorare l’economia, la concorrenza e la tutela dei consumatori;

§       rientra nelle prerogative degli Stati membri stabilire in che misura essi desiderano disciplinare direttamente le professioni mediante norme a livello statale o lasciare che sia fatto dagli organismi professionali mediante l’autoregolamentazione. Raccomanda, tuttavia, agli Stati membri di sorvegliare la portata dell’autoregolamentazione per evitare che diventi eccessivamente restrittiva e che possa nuocere agli interessi dei consumatori;

§       è necessario che gli Stati membri affrontino la questione della modernizzazione delle norme relative alle professioni nei programmi nazionali per l’applicazione della strategia di Lisbona;

§       gli Stati membri dovrebbero avviare un processo analitico di revisione delle restrizioni esistenti, sia di quelle che possono essere eliminate velocemente come i prezzi fissi o le limitazioni alla pubblicità, sia delle strutture regolamentari per valutare la necessità di più ampie riforme al fine di realizzare progressi entro il 2010.

 

Già nel dicembre 2003 il Parlamento europeo aveva adottato una risoluzione sulle regolamentazioni di mercato ele norme di concorrenza per le libere professioni.

Con questa risoluzione, il PE sottolinea, in particolare, la necessità che le libere professioni siano aperte quanto più possibile alla libera concorrenza nell’interesse dei consumatori, della qualità del servizio e dell’economia europea; ritiene, tuttavia, che l’obiettivo di promuovere la concorrenza debba essere conciliato con quello di mantenere norme puramente etiche proprie a ciascuna professione e di rispettare i compiti di interesse pubblico affidati ad ogni singola professione. Il PE rileva che ogni attività dell’associazione professionale in questione deve essere considerata separatamente affinché le norme sulla concorrenza siano applicate all’associazione solo quando questa operi esclusivamente nell’interesse dei propri membri, evidenzia che un organismo professionale non costituisce un’impresa ai sensi dell’articolo 82 del Trattato CE e fa presente che le caratteristiche specifiche dei mercati dei servizi professionali richiedono un’adeguata regolamentazione.

Il PE sostiene, altresì, che sono necessarie norme nel contesto specifico di ciascuna professione e, in particolare, per quanto riguarda l’organizzazione, le qualifiche, l’etica professionale, la vigilanza, la responsabilità, l’imparzialità e la competenza dei membri della professione o norme destinate ad impedire conflitti di interesse o forme di pubblicità ingannevole purché offrano agli utenti finali l’assicurazione di godere delle necessarie garanzie in materia di integrità ed esperienza e non costituiscano restrizioni della concorrenza. Il PE, infine, invita la Commissione a considerare attentamente i principî e le preoccupazioni espressi nella presente risoluzione all’atto dell’analisi delle norme che disciplinano l’esercizio delle libere professioni negli Stati membri.


 

Le professioni nella proposta di direttiva sui servizi

Per quanto riguarda i servizi professionali, la proposta di direttiva sui servizi nel mercato interno (COM(2004)2), cosiddetta “direttiva Bolkenstein”, (vedi il paragrafo “Libera prestazione dei servizi”), nella versione modificata(COM(2006)160) presentata dalla Commissione europea il 4 aprile 2006, stabilisce che:

§       conformemente all’articolo 3, sono esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva proposta l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio in settori specifici e per professioni specifiche disciplinati da apposite disposizioni comunitarie.

La normativa settoriale a cui si fa riferimento comprende anche la direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali. In particolare, il nuovo considerando 13 bis stabilisce che la direttiva proposta è coerente con la direttiva 2005/36/CE e non la pregiudica in quanto essa riguarda questioni diverse da quelle inerenti alle qualifiche professionali, quali l’assicurazione di responsabilità professionale, le comunicazioni commerciali o le attività multidisciplinari. Sono escluse, inoltre, dal campo di applicazione della direttiva le professioni legate all’esercizio dell’autorità pubblica, in particolare quella di notaio;

§       il nuovo considerando 41 quater prevede che, qualora la normativa di uno Stato membro, nel pieno rispetto del diritto comunitario, riservi un’attività ad una professione specifica, ad esempio nel caso in cui sia previsto l’esercizio esclusivo della consulenza giuridica da parte degli avvocati, la disposizione sulla libera prestazione dei servizi non si applica;

§       il considerando 64 e l’articolo 29 evidenziano la necessità di eliminare i divieti totali in materia di comunicazioni commerciali per le professioni regolamentate.

Tale misura non deve riguardare i divieti relativi al contenuto di una comunicazione commerciale, bensì le norme che in generale e per una determinata professione proibiscono una o più forme di comunicazione commerciale, come ad esempio il divieto assoluto di pubblicità in un determinato mezzo di comunicazione. Per quanto riguarda il contenuto e le modalità delle comunicazioni commerciali, gli operatori del settore devono essere incoraggiati ad elaborare codici di condotta a livello comunitario. La proposta stabilisce l’obbligo a carico degli Stati membri di adoperarsi affinché le comunicazioni commerciali elaborate dalle professioni regolamentate ottemperino alle regole professionali in conformità del diritto comunitario e in particolare per quanto riguarda la dignità, l’indipendenza, l’integrità della professione, il segreto professionale, nel rispetto della specificità di ciascuna professione. Infine, l’articolo 29 stabilisce che le regole professionali in materia di comunicazioni commerciali devono essere non discriminatorie, giustificate da motivi di interesse generale e proporzionate;

§       il nuovo considerando 64 bis e l’articolo 30 evidenziano l’importanza di assicurare la possibilità per i prestatori di servizi di fornire servizi multidisciplinari.

La direttiva proposta invita gli Stati membri a non imporre requisiti che obblighino i fornitori di servizi ad esercitare esclusivamente una determinata attività specifica o che limitino l’esercizio congiunto o in associazione di attività diverse. La proposta precisa, tuttavia, che tali requisiti possono essere imposti alle professioni regolamentate qualora ciò sia necessario per garantire il rispetto di norme deontologiche diverse tenuto conto della specificità di ciascuna professione di cui è necessario garantire l’indipendenza e l’imparzialità. Quando le attività multidisciplinari sono autorizzate, gli Stati membri provvedono affinché siano evitati i conflitti di interesse e le incompatibilità fra determinate attività, siano garantire l’indipendenza e l’imparzialità che alcune attività richiedono, siano compatibili tra loro le regole in materia di deontologia professionale e condotta relative alle diverse attività, soprattutto in materia di segreto professionale. La direttiva proposta stabilisce infine che, su richiesta del destinatario, i prestatori sono tenuti a comunicare informazioni sulle loro attività multidisciplinari e sulle misure prese per evitare conflitti di interesse. Tali informazioni devono figurare in tutta la documentazione con la quale i prestatori presentano i propri servizi;

§       i considerando 67, 67-bis e 67-ter nonché l’articolo 39 stabiliscono che le parti interessate, e in particolare ordini, organismi o associazioni professionali, sono tenute ad elaborare, nel pieno rispetto del diritto comunitario e in particolare di quello della concorrenza, codici di condotta a livello comunitario al fine di promuovere la qualità dei servizi, tenendo conto delle caratteristiche specifiche di ciascuna professione.

Tali codici devono essere compatibili con le norme di deontologia professionale giuridicamente vincolanti negli Stati membri; inoltre, in relazione alla natura specifica di ogni professione, tali codici dovrebbero includere norme per le comunicazioni commerciali relative alle professioni regolamentate e norme deontologiche delle professioni regolamentate volte a garantire l’indipendenza, l’imparzialità e i segreto professionale. Inoltre, in tali codici dovrebbero essere inserite le condizioni cui sono soggette le attività degli agenti immobiliari. I codici di condotta adottati a livello comunitario hanno lo scopo di fissare regole di condotta minime e sono complementari ai requisiti di legge degli Stati membri. E’ fatta salva la facoltà degli Stati membri di adottare, in conformità al diritto comunitario, misure più rigorose nonché quella degli organismi o degli ordini professionali nazionali di prevedere una maggiore tutela nei rispettivi codici di condotta nazionali;

§       l’articolo 17 fissa una serie di deroghe all’applicazione dell’articolo 16 che stabilisce il principio della libera circolazione dei servizi in base al quale per la fornitura dei servizi si applica la legislazione del paese in cui essi vengono effettivamente prestati. Fra i settori esclusi dall’applicazione dell’articolo 16 figurano le materie disciplinate dalla direttiva 77/249/CEE volta a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati nonché quelle disciplinate dal titolo II della citata direttiva 2005/36/CE relativo alla libera prestazione dei servizi;

§       l’articolo 31 stabilisce che gli Stati membri, in collaborazione con la Commissione, incoraggino i prestatori di servizi e gli ordini professionali a promuovere la qualità dei servizi nonché lo sviluppo della comunicazione critica, in particolare da parte delle associazioni dei consumatori, relativa alla qualità e ai difetti dei servizi.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Tariffe professionali degli avvocati

Il 21 dicembre 2005 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora complementare[48]con cui rileva l’incompatibilità con gli articoli 43[49] e 49[50] del Trattato CE delle norme nazionali in materia di tariffe di onorari minimi e massimi per le attività degli avvocati.

I rilievi mossi dalla Commissione riguardano, in particolare, le seguenti disposizioni:

§       il regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito in legge 22 gennaio 1934, n. 36, come successivamente modificato, che disciplina la professione di avvocato in Italia. In particolare, l’articolo 57 stabilisce che i criteri per la determinazione degli onorari e delle indennità dovuti agli avvocati in materia civile, penale e extragiudiziale sono fissati con cadenza biennale con deliberazione del Consiglio nazionale forense (CNF) - istituito presso il Ministero della Giustizia - successivamente approvata dal Ministro. L’articolo 58 precisa che i criteri di cui all’articolo 57 sono stabiliti con riferimento al valore delle controversie e al grado dell’autorità chiamata a conoscerne e, per i giudizi penali, con riferimento alla durata di questi ultimi. Ai sensi dell’articolo 58, comma 2, il CNF fissa, per ogni atto, un limite massimo e un limite minimo; il comma 3 precisa che il CNF tiene conto dell’entità della causa allorché si tratta di definire i criteri per determinare gli onorari in materia extragiudiziale. Infine, l’articolo 61 del regio decreto stabilisce che l’onorario degli avvocati, in materia sia giudiziale sia extragiudiziale, è determinato in base ai criteri di cui all’articolo 57, tenuto conto della gravità e del numero delle questioni trattate. Come previsto dall’articolo 61, comma 2, tale onorario può essere più elevato di quello liquidato a carico della parte condannata alle spese se il carattere speciale della controversia o il valore della prestazione lo giustifichino;

§       l’articolo 24 della legge 13 giugno 1942, n. 794, in base al quale gli onorari e i diritti stabiliti per le prestazioni dei procuratori e gli onorari minimi stabiliti per le prestazioni degli avvocati sono inderogabili. Ogni convenzione contraria è pertanto nulla;

§       l’articolo 13 della legge 9 febbraio 1982, n. 31[51] in base al quale l’obbligo di rispettare le tariffe professionali in vigore è esteso agli avvocati di altri Stati membri che svolgono attività giudiziali o extragiudiziali in Italia;

§       il decreto ministeriale 24 novembre 1990, n. 392, il decreto ministeriale 5 ottobre 1994, n. 585 e il decreto ministeriale 8 aprile 2004, n. 127 che hanno disciplinato successivamente gli onorari di avvocato. A questo proposito la Commissione cita l’articolo 4, paragrafo 1, della delibera del Consiglio nazionale allegata al decreto ministeriale 8 aprile 2004, n. 127, che vieta di derogare agli onorari fissati per la professione di avvocato. L’articolo 9 della medesima delibera precisa che in caso di sproporzione manifesta, per ragioni specifiche al caso, tra la prestazione e l’onorario previsto nella tabella, previo parere del Consiglio dell’Ordine competente i limiti massimi possono essere aumentati e i limiti minimi diminuiti; al di fuori di questa ipotesi non sono possibili deroghe all’onorario minimo.

La Commissione, inoltre, fa riferimento alla giurisprudenza della Corte di cassazione italiana in base alla quale il divieto di derogare alla tariffa professionale degli avvocati comporta la nullità di qualsiasi accordo contrario tra le parti interessate dalla prestazione. Conformemente a quanto deciso dalla Corte di cassazione, quindi, se le parti hanno previsto onorari inferiori a quelli fissati dalla tariffa professionale, la retribuzione minima prevista da quest’ultima si sostituisce di diritto all’importo pattuito dalle parti.

La Commissione ha quindi proceduto a verificare la compatibilità della citata normativa italiana con gli articoli 43 e 49 del TCE[52] ed è giunta alla conclusione che la normativa italiana è incompatibile con i suddetti articoli.

A tal riguardo la Commissione precisa che l’applicazione della normativa italiana su cui essa ha mosso dei rilievi costituisce un ostacolo alla libera prestazione dei servizi:

§       per il cliente: a causa del divieto di deroga agli onorari prestabiliti, infatti, l’avvocato non è in grado di adeguare il proprio onorario alla situazione specifica del cliente. Inoltre, un cliente stabilito in uno Stato membro diverso dall’Italia potrebbe essere dissuaso dal rivolgersi ad un avvocato stabilito in Italia in quanto quest’ultimo sarebbe obbligato a conformarsi alle tariffe italiane senza che questo corrisponda necessariamente alla realtà del mercato e del servizio legale reso in un altro Stato membro;

§       per l’avvocato: quest’ultimo si troverebbe, infatti, in una posizione di svantaggio concorrenziale in quanto le tariffe sono stabilite sulla base di costi medi che non tengono necessariamente conto delle condizioni specifiche di una causa. Inoltre, un avvocato stabilito in un altro Stato membro potrebbe essere dissuaso dal prestare i propri servizi in Italia poiché dovrebbe adeguarsi alle tariffe italiane e non potrebbe includere negli onorari le spese di viaggio e di rappresentanza.

Alla luce di queste considerazioni la Commissione conclude che la determinazione del prezzo delle prestazioni è uno dei principali fattori di promozione nei confronti dei clienti e il divieto di deroga alle tariffe prestabilite rappresenta un grave ostacolo all’esercizio dell’attività di avvocato in Italia perché limita l’accesso al mercato.

Secondo la Commissione, inoltre, la normativa italiana viola l’articolo 49 in quanto essa rende la prestazione di servizi fra Stati membri più difficile della prestazione di servizi all’interno di un determinato Stato membro. Inoltre, il divieto di derogare ai tariffari prestabiliti costituisce un ostacolo alla libertà contrattuale delle parti.

La Commissione individua, infine, un altro profilo di violazione dell’articolo 49 del TCE da parte della normativa italiana in questione. L’articolo 5 della direttiva 77/249/CEE, intesa a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati, dispone infatti che, per l’esercizio delle attività relative alla rappresentanza e alla difesa in giudizio di un cliente, ogni Stato membro può imporre agli avvocati di agire di concerto con un avvocato localeche eserciti dinnanzi alla giurisdizione adita dello Stato ospitante. A questo riguardo la Commissione rileva che la normativa italiana viola l’articolo 49 del TCE poiché non contiene nessuna disposizione che consenta di prendere in considerazione i costi relativi all’attività di un avvocato locale in caso di prestazione temporanea da parte di un avvocato stabilito in un altro Stato membro. Ciò non consente di distinguere, in sede di liquidazione degli onorari da parte del giudice, tra le spese sostenute per il lavoro effettuato dall’avvocato responsabile del fascicolo e quello effettuato dal corrispondete locale. Secondo la Commissione, questa lacuna della normativa italiana rende meno attraente la prestazione transfrontaliera dei servizi, pregiudicando la posizione concorrenziale degli avvocati degli altri Stati membri.

La Commissione ha verificato, infine, se gli ostacoli alla libera prestazione dei servizi e al diritto di stabilimento possano essere giustificati sulla base di motivi imperiosi di interesse generale. Alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia relativa all’interpretazione dell’articolo 49 del TCE (sentenza del 30 novembre 1995, causa C-55/94), ostacoli o restrizioni delle libertà fondamentali stabilite nel Trattato da parte di provvedimenti nazionali possono essere giustificati per motivi imperiosi di interesse generale, se hanno carattere non discriminatorio, se sono idonei a garantire il perseguimento dello scopo e se sono proporzionali rispetto all’obiettivo da raggiungere.

La Commissione conclude che la normativa in questione è sproporzionata rispetto all’esistenza di motivi imperiosi di interesse generale.

Tariffe professionali di architetti ed ingegneri

Il 21 dicembre 2005 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[53] con il quale constata l’incompatibilità con gli articoli 43 e 49 del Trattato CE delle norme nazionali in materia di tariffe minime per le prestazioni di architetti ed ingegneri.

I rilievi mossi dalla Commissione riguardano, in particolare, l’articolo 1 della legge n. 143 del 4 marzo 1958, modificata dalla legge n. 340 del 5 maggio 1976,in base al quale le tariffe degli onorari e delle spese di rimborso degli ingegneri e degli architetti sono stabilite mediante decreto ministeriale, su proposta dei Consigli nazionali riuniti degli ingegneri e degli architetti, previa consultazione dei Consigli competenti e delle organizzazioni sindacali a carattere nazionale delle due categorie. I minimi tariffari stabiliti dalla legge sono inderogabili. A tale riguardo, l’articolo 6 della legge n. 404 del 1° luglio 1977 precisa che il carattere inderogabile delle tariffe minime stabilite dalla legge deve intendersi applicabile esclusivamente ai rapporti tra privati. L’articolo 17, paragrafo 12-ter, della legge n. 109 del 17 febbraio 1994 relativa ai lavori pubblici precisa che qualsiasi convenzione contraria alle tariffe minime stabilite dalla legge per gli architetti e gli ingeneri è nulla. Tuttavia, l’articolo 4, comma 12bis del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 65, convertito nella legge n. 155 del 26 aprile 1989 stabilisceche per le prestazioni rese dai professionisti allo Stato e agli altri enti pubblici relativamente alla realizzazione di opere pubbliche o comunque di interesse pubblico, il cui onere è in tutto o in parte a carico dello Stato e degli altri enti pubblici, la riduzione dei minimi di tariffa non può superare il 20 per cento.

Nella risposta del 19 settembre 2005, il Governo italiano precisa che la normativa applicabile agli architetti e agli ingegneri comprende anche l’articolo 2233 del Codice civile in virtù del quale qualora il compenso se non sia convenuto dalle parti e non possa essere determinato secondo le tariffe o gli usi, esso è determinato dal giudice, sentito il parere dell’associazione professionale a cui il professionista appartiene. Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione citata dalle autorità italiane (sentenza n. 5675 del 18 ottobre 1988) gli onorari sono oggetto di libero accordo contrattuale tra le parti.

La Commissione, tuttavia, contesta quanto sostenuto dalle autorità italiane in materia di libertà contrattuale per la fissazione degli onorari, richiamandosi alla sentenza della Corte costituzionale n. 249 del 16 giugno 1995, in base alla quale gli onorari stabiliti dalla legge sono da considerare minimi inderogabili e qualsiasi accordo contrario va considerato nullo. Inoltre, la sentenza della seconda sezione della Corte di cassazione n. 8787 del 28 giugno 2000 precisa che un architetto o un ingegnere possono derogare alle tariffe minime stabilite dalla legge e fornire prestazioni gratuite solo per motivi quali considerazioni di carattere sociale; in qualsiasi altra situazione gli accordi che derogano alle tariffe minime vanno considerati nulli.

La Commissione conclude, quindi, che nemmeno le supreme istanze giurisdizionali italiane confermano le argomentazioni sostenute dalle autorità italiane in base alla quale il principio della libertà contrattuale prevarrebbe rispetto alle tariffe minime obbligatorie per gli architetti e gli ingegneri. La Commissione fa notare, inoltre, che in occasione delle cause discusse davanti alla Corte di giustizia e riguardanti le tariffe applicabili alle prestazioni degli avvocati in Italia, il Governo italiano non ha contestato l’inderogabilità di tali tariffe e non ha fatto riferimento all’articolo 2233 del Codice civile per dimostrare la prevalenza del principio della libertà contrattuale tra le parti. Alla luce di queste considerazioni, la Commissione sostiene che, al fine di rispettare i principî della certezza del diritto e della tutela dei privati nelle materie disciplinate dal diritto comunitario, la normativa degli Stati membri deve avere una formulazione non equivoca che consenta agli interessati di conoscere i propri diritti e obblighi in modo chiaro e preciso a ai giudici di garantirne l’osservanza.

La Commissione ha deciso, pertanto, di procedere ad un esame della normativa italiana sulla base degli articoli 43 e 49 del TCE al fine di valutarne la giustificazione e la proporzionalità[54].

Secondo la Commissione, la normativa italiana costituisce una restrizione alla libera prestazione di servizi:

§       per il cliente: a causa del divieto di deroga agli onorari prestabiliti, infatti, l’architetto o l’ingegnere non sono in grado di adeguare il proprio onorario alla situazione specifica del cliente. Inoltre, un cliente stabilito in uno Stato membro diverso dall’Italia potrebbe essere dissuaso dal rivolgersi ad un architetto o ingegnere stabilito in Italia in quanto questi ultimi sarebbe obbligati a conformarsi alle tariffe italiane senza che questo corrisponda necessariamente alla realtà del mercato e del servizio reso in un altro Stato membro;

§       per l’architetto o l’ingegnere: questi ultimi si troverebbero, infatti, in una posizione di svantaggio concorrenziale in quanto le tariffe sono stabilite sulla base di costi medi che non tengono necessariamente conto delle condizioni specifiche per esempio di un cantiere. Di conseguenza, un architetto o un ingegnere stabiliti in un altro Stato membro potrebbero essere dissuasi dal prestare i propri servizi in Italia poiché dovrebbero adeguarsi alle tariffe italiane e non potrebbero includere negli onorari le spese di viaggio.

Alla luce di queste considerazioni la Commissione conclude che la determinazione del prezzo delle prestazioni è uno dei principali fattori di promozione nei confronti dei clienti e il divieto di deroga alle tariffe prestabilite rappresenta un grave ostacolo all’esercizio dell’attività di architetto o ingegnere in Italia perché limita l’accesso al mercato. Inoltre, il divieto di derogare ai tariffari prestabiliti costituisce un ostacolo alla libertà contrattuale delle parti.

La Commissione conclude il proprio esame della normativa italiana in materia di tariffe minime per gli architetti e gli ingegneri, sostenendo che il divieto di deroga alle tariffe minime degli onorari stabiliti dalla legge non sembra giustificato ai sensi degli articoli 43 e 49 del TCE, né in virtù dell’obiettivo di interesse generale di garantire la tutela degli utenti di servizi, nonché la qualità dei servizi forniti. Alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia relativa all’interpretazione dell’articolo 49 del TCE (sentenza del 30 novembre 1995, causa C-55/94), ostacoli o restrizioni delle libertà fondamentali stabilite nel Trattato da parte di provvedimenti nazionali possono essere giustificati per motivi imperiosi di interesse generale, se hanno carattere non discriminatorio, se sono idonei a garantire il perseguimento dello scopo e se sono proporzionali rispetto all’obiettivo da raggiungere.

Per quanto riguarda la normativa italiana in questione, la Commissione ritiene che esistano mezzi meno restrittivi per garantire misure relative all’accesso alla professione o al suo esercizio, tanto più che sia gli architetti, sia gli ingegneri sono sottoposti al controllo disciplinare dell’ordine professionale che ha facoltà di sanzionare un eventuale comportamento inaccettabile.

 


Articolo 3
(Regole di tutela della concorrenza
nel settore della distribuzione commerciale)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Ai sensi delle disposizioni dell'or­dinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale,ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, lettere e) ed m), della Costituzione, le attività economiche di distribuzione commerciale, ivi comprese la somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni:

1. Ai sensi delle disposizioni dell'or­dinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale,ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, lettere e) ed m), della Costituzione, le attività commer­ciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni:

a) l'iscrizione a registri abilitanti ovvero possesso di requisiti professionali soggettivi per l'esercizio di attività commerciali, fatti salvi quelli riguardanti la tutela della salute e la tutela igienico-sanitaria degli alimenti;

a) l'iscrizione a registri abilitanti ovvero possesso di requisiti professionali soggettivi per l'esercizio di attività commerciali, fatti salvi quelli riguardanti il settore alimentare e della sommini­strazione degli alimenti e delle bevande;

b) il rispetto di distanze minime obbli­gatorie tra attività commerciali apparte­nenti alla medesima tipologia di esercizio;

b) identica;

c) le limitazioni quantitative all'assor­timento merceologico offerto negli eser­cizi commerciali;

c) le limitazioni quantitative all'assor­timento merceologico offerto negli esercizi commerciali, fatta salva la distinzione tra settore alimentare e non alimentare;

d) il rispetto di limiti riferiti a quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite a livello territoriale sub regionale;

d) identica;

e) la fissazione di divieti generali ad effettuare vendite promozionali, a meno che non siano prescritti dal diritto comunitario;

e) la fissazione di divieti ad effettuare vendite promozionali, a meno che non siano prescritti dal diritto comunitario;

f) l'ottenimento di autorizzazioni preventive e le limitazioni di ordine temporale allo svolgimento di vendite promozionali di prodotti, effettuate all'interno degli esercizi commerciali.

f) l'ottenimento di autorizzazioni preventive e le limitazioni di ordine temporale o quantitativo allo svolgimento di vendite promozionali di prodotti, effettuate all'interno degli esercizi commerciali, tranne che nei periodi immediatamente precedenti i saldi di fine stagione per i medesimi prodotti;

 

f-bis) il divieto o l'ottenimento di autorizzazioni preventive per il consumo immediato dei prodotti di gastronomia presso l'esercizio di vicinato, utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie.

2. Sono fatte salve le disposizioni che disciplinano le vendite sottocosto e i saldi di fine stagione.

2. Identico.

3. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari statali di disciplina del settore della distribuzione commerciale incompatibili con le disposizioni di cui al comma 1.

3. Identico.

4. Le regioni e gli enti locali adeguano le proprie disposizioni legislative e regolamentari ai princìpi e alle disposizioni di cui al comma 1 entro il 1o gennaio 2007.

4. Identico.

 

 

L'articolo 3 reca disposizioni volte alla tutela della concorrenza nel settore delle attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande.

In particolare, la norma si riferisce alle attività commerciali individuate dal decreto legislativo n. 114 del 1998.

 

Dal momento che la nozione di ”attività economiche di distribuzione commerciale” è stata sostituita nel corso dell’esame presso il Senato da quella di “attività commerciali”, sarebbe opportuno estendere tale sostituzione anche alla rubrica dell’articolo e al comma 3.

Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 recante “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59”, costituisce la normativa di riferimento che definisce - tra l'altro - le nozioni di "commercio all'ingrosso" e "commercio al dettaglio" (art. 4, comma 1).

Il decreto citato (art. 4, comma 2), con un'articolata e dettagliata disposizione alla quale si rinvia, esclude dal proprio ambito di applicazione una serie di soggetti tra cui: farmacisti e titolari di rivendite di generi di monopolio (qualora vendano, rispettivamente, solo prodotti di farmacia in senso stretto e generi di monopolio), associazioni dei produttori ortofrutticoli, produttori agricoli, vendite di carburanti, artigiani, pescatori, qualora ricadano nell'ambito delle speciali disposizioni di legge ivi citate o delle speciali condizioni ivi specificate, nonché altre categorie particolari (chi venda opere d'arte, o dell'ingegno; beni del fallimento; fiere campionarie; enti pubblici per quanto concerne l'oggetto della loro attività).

Quanto all’attività di somministrazione di alimenti e bevande, richiamata dalla disposizione in esame, si ricorda che a livello nazionale è disciplinata dalla legge 25 agosto 1991, n. 287 "Aggiornamento della normativa sull'insediamento e sull'attività dei pubblici esercizi".

Ai sensi della citata legge, per somministrazione al pubblico di alimenti e bevande si intende sia la vendita al consumo sul posto in tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell’esercizio o in una superficie attrezzata aperta al pubblico (art. 1, comma 1), sia la distribuzione automatica effettuata mediante macchinari in locali esclusivamente adibiti a tali attività (art. 1, comma 2).

La legge, all' articolo 5 individua quattro tipologie di esercizi:

a)       esercizi di ristorazione, per la somministrazione di pasti e di bevande, comprese quelle aventi un contenuto alcoolico superiore al 21 per cento del volume, e di latte (ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed esercizi similari);

b)       esercizi per la somministrazione di bevande, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, di dolciumi, compresi i generi di pasticceria e gelateria, e di prodotti di gastronomia (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari);

c)       esercizi di cui alle lettere a) e b), in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari;

d)       esercizi di cui alla lettera b), nei quali è esclusa la somministrazione di bevande alcooliche di qualsiasi gradazione.

A seguito della riforma del Titolo V, parte seconda, della Costituzione italiana, la materia del "commercio interno", e quindi dei pubblici esercizi è stata trasferita alla competenza esclusiva delle Regioni.

 

Il comma 1 dell’articolo 3 in esame stabilisce, in particolare, il diritto allo svolgimento delle attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande, senza i limiti e le prescrizioni specificamente individuati dallo stesso comma ed elencati in 7 punti contrassegnati dalle lettere da a) a g)[55].

 

Il suddetto diritto viene stabilito ai sensi:

§      delle disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi;

La relazione al disegno di legge (alla quale si rinvia anche per la particolare ampiezza del commento illustrativo sull'articolo 3), osserva, in relazione all'ordinamento comunitario, che, " per ciò che riguarda il settore del commercio, nel presupposto che legislazioni vincolistiche non favoriscono l’ammodernamento della rete, tra le azioni individuate a livello europeo per favorire l’incremento dell’efficienza e della produttività del settore, viene indicata la necessità di previsione di un sistema regolatore fondato sulla semplificazione amministrativa, con un alleggerimento degli adempimenti che gravano sulle imprese, e sull’affermazione di processi di liberalizzazione in grado di rappresentare uno stimolo concorrenziale".

 

§      dell’articolo 117, comma secondo, lettere e) ed m) della Costituzione, al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all’acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale.

La Corte costituzionale (sentenze nn. 1/2004, nonché 49/2006, 196/2004 seppure incidentalmente) sembra ascrivere il commercio alla competenza regionale in forza del comma quarto dell'art. 117, che non prevede la possibilità per lo Stato di dettare i principi fondamentali. Nell'ambito della propria articolata e complessa giurisprudenza la stessa Corte (sentenza 272/2004), tuttavia, ha sancito che l’ambito di operatività della competenza legislativa statale attinente alla "tutela della concorrenza" (lettera e) del secondo comma dell'art. 117 Cost.), materia-funzione di competenza esclusiva dello Stato, non ha un’estensione rigorosamente circoscritta e determinata, ma è, per così dire, "trasversale" (cfr. sentenze n. 14/2004 e 407/2002), poiché si intreccia inestricabilmente con una pluralità di altri interessi – alcuni dei quali rientranti nella sfera di competenza concorrente o residuale (quale potrebbe essere quella del commercio) delle Regioni – connessi allo sviluppo economico-produttivo del Paese; in questo quadro, sostiene peraltro la Corte,- emerge con evidenza la necessità di basarsi sul criterio di proporzionalità/adeguatezza al fine di valutare, nelle diverse ipotesi, se la tutela della concorrenza legittimi o meno determinati interventi legislativi dello Stato.

 

Le condizioni, i limiti o le prescrizioni individuati dal comma 1 che non devono ostacolare lo svolgimento del commercio sono i seguenti:

§      l’iscrizione a registri abilitanti o il possesso di requisiti professionali per lo svolgimento dell’attività, ad eccezione di quelli riguardanti il settore alimentare e della somministrazione di alimenti e bevande (quest’ultima precisazione, introdotta durante l’esame presso il Senato, dovrebbe fare riferimento al possesso di requisiti di carattere igienico-sanitaria);

§      il rispetto di distanze minime obbligatorie tra medesime tipologie di commercio;

§      le limitazioni quantitative all’assortimento merceologico offerto negli esercizi commerciali, fatta salva la distinzione tra settore alimentare e non alimentare (il riferimento alla distinzione tra i due settori è stata disposta dal Senato);

§      il rispetto di limiti riferiti a quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite a livello territoriale sub regionale; sul punto la già citata relazione al DDL specifica di tener conto della specifica segnalazione dell’Antitrust (AS 281 del 9 luglio 2004) riguardo alla regolamentazione adottata in materia di commercio dalla Regione siciliana[56];

§      i divieti di vendita promozionale, ma restando validi quelli prescritti dal diritto comunitario;

§      le autorizzazioni preventive e le limitazioni temporali o quantitative alle vendite promozionali all’interno degli esercizi, ad esclusione dei periodi immediatamente precedenti i saldi di fine stagione;

§       il divieto o l’obbligo di autorizzazioni preventive per il consumo immediato dei prodotti gastronomici presso l’esercizio di vicinato, attraverso l’utilizzo dei locali e degli arredi dell’azienda, senza il servizio assistito di somministrazione e nel rispetto delle prescrizioni igienico sanitarie (la lettera g) è stata aggiunta nel corso dell’esame al Senato).

 

Tra i corpi normativi statali più significativi in tema di commercio - che contengono o possono contenere limiti, divieti e prescrizioni del tipo di quelli elencati nella norma in esame - si ricordano, sinteticamente:

§      il citato D.Lgs. 114/1998: “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59”; con tale intervento sono state soppresse le tabelle merceologiche (ed istituiti i settori alimentare e non alimentare); è stato soppresso l’obbligo di iscrizione al REC (conservati i requisiti morali e quelli professionali se si esercita il commercio nel settore alimentare); per aprire un negozio non serve più un’autorizzazione con superficie di vendita fino a 250 metri quadrati (è sufficiente una comunicazione al Comune).

§      la citata legge 25 agosto 1991, n. 287: Aggiornamento della normativa sull'insediamento e sull'attività dei pubblici esercizi;

§      l'ordinanza del 2/3/2000 del Ministero Sanità in tema di requisiti igienico-sanitari per il commercio dei prodotti alimentari sulle aree pubbliche.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame fa salva la disciplina delle vendite sottocosto e dei saldi di fine stagione.

Come ricorda la stessa relazione al disegno di legge in esame con il DPR n. 218 del 2001 è stata data attuazione alla previsione sulle vendite sottocosto; l'Autorità "antitrust" vi ha ravvisato "effetti negativi sulle dinamiche concorrenziali nella distribuzione al dettaglio. Una limitazione generalizzata delle possibilità di utilizzazione delle vendite sottocosto, oltre che ridurre la concorrenza tra gli esercizi più grandi, penalizza infatti senza giustificazione gli esercizi più piccoli"[57].

 

Il comma 3 dell'articolo in esame abroga le disposizioni statali (sia legislative che regolamentari) di disciplina del settore dell’attività commerciale incompatibili con il comma 1 con decorrenza 4 luglio 2006 (data di entrata in vigore del decreto, avvenuta lo stesso giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale).

 

Il comma in esame non prevede effetti nei confronti della normativa regionale che, dunque, potrebbe essere ritenuta in vigore anche se incompatibile con le norme del decreto.

Tale comma configura una "formula abrogativa esplicita innominata" che le vigenti Regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi segnalano di non utilizzare, perché superflua e, al limite, equivoca ripetizione del principio generale contenuto nell'art. 15 delle preleggi.

 

Ai sensi del comma 4 dell'articolo in esame le regioni e gli enti locali adeguano le proprie disposizioni legislative e regolamentari ai principi e alle disposizioni di cui al comma 1 entro il 1° gennaio 2007[58].

In relazione ai commi 3 e 4 si osserva che nel periodo compreso tra l'entrata in vigore del decreto-legge e il 1° gennaio 2007, potrebbe risultare di non agevole individuazione il quadro normativo di riferimento in merito allo svolgimento sul territorio italiano delle attività commerciali e della somministrazione di alimenti e bevande.

Infatti, mentre la normativa statale previgente, "superata" dalle disposizioni in esame, viene meno per l'abrogazione espressa in ragione dell'incompatibilità, quella regionale viene meno quando sostituita, entro il 1° gennaio 2007, sopravvivendo fino a quella data. La questione ha rilievo circa il trattamento delle eventuali aperture di esercizi commerciali tra il 4 luglio 2006 (data di entrata in vigore del testo qui in esame) ed il 1 gennaio 2007 (data entro la quale le Regioni devono adeguarsi), e ciò perché non è improbabile che convivano nel periodo indicato norme statali (quelle qui in esame) sulla concorrenza e norme regionali sul commercio di segno potenzialmente contrario.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

(Vedi paragrafo Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE nella scheda relativa all’articolo 2).

 

 


Articolo 4
(Disposizioni urgenti per la liberalizzazione
dell'attività di produzione di pane)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Al fine di favorire la promozione di un assetto maggiormente concorrenziale nel settore della panificazione ed assicurare una più ampia accessibilità dei consumatori ai relativi prodotti, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono abrogate la legge 31 luglio 1956, n. 1002, e la lettera b), del comma 2 dell'articolo 22 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

1. Identico.

2. L'impianto di un nuovo panificio ed il trasferimento o la trasformazione di panifici esistenti sono soggetti a dichiarazione di inizio attività da presentare al comune competente per territorio ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241. La dichiarazione deve essere corredata dall'autorizzazione della competente Azienda sanitaria locale in merito ai requisiti igienico-sanitari e dall'autor­izzazione alle emissioni in atmosfera, dal titolo abilitativo edilizio e dal permesso di agibilità dei locali.

2. L'impianto di un nuovo panificio ed il trasferimento o la trasformazione di panifici esistenti sono soggetti a dichiarazione di inizio attività da presentare al comune competente per territorio ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241. La dichiarazione deve essere corredata dall'autorizzazione della competente Azienda sanitaria locale in merito ai requisiti igienico-sanitari e dall'auto­rizzazione alle emissioni in atmosfera, dal titolo abilitativo edilizio e dal permesso di agibilità dei locali, nonché dall'indica­zione del nominativo del responsabile dell'attività produttiva, che assicura l'utilizzo di materie prime in conformità alle norme vigenti, l'osservanza delle norme igienico-sanitarie e di sicurezza dei luoghi di lavoro e la qualità del prodotto finito.

 

2-bis. È comunque consentita ai titolari di impianti di cui al comma 2 l'attività di vendita dei prodotti di propria produzione per il consumo immediato, utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie.

 

2-ter. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emana un decreto ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, volto a disciplinare, in conformità al diritto comunitario:

 

a) la denominazione di «panificio» da riservare alle imprese che svolgono l'intero ciclo di produzione del pane, dalla lavorazione delle materie prime alla cottura finale;

 

b) la denominazione di «pane fresco» da riservare al pane prodotto secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento, alla surgelazione o alla conservazione prolungata delle materie prime, dei prodotti intermedi della panificazione e degli impasti, fatto salvo l'impiego di tecniche di lavorazione finalizzate al solo rallentamento del processo di lievitazione, da porre in vendita entro un termine che tenga conto delle tipologie panarie esistenti a livello territoriale;

 

c) l'adozione della dicitura «pane conservato» con l'indicazione dello stato o del metodo di conservazione utilizzato, delle specifiche modalità di confezionamento e di vendita, nonché delle eventuali modalità di conserva­zione e di consumo.

3. I comuni e le autorità competenti in materia igienico-sanitaria esercitano le rispettive funzioni di vigilanza.

3. Identico.

4. Le violazioni delle prescrizioni di cui al presente articolo sono punite ai sensi dell'articolo 22, commi 1, 2, 5, lettera c), e 7, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.

4. Identico.

 

 

Il comma 1, a decorrere dal 4 luglio 2006, (data di entrata in vigore del presente provvedimento) abroga integralmente la legge 1002/1956 recante "Nuove norme sulla panificazione" e la lettera b) dell'articolo 22 del D.Lgs. 112/1998 ("Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59").

L’abrogazione, come si legge anche nella relazione al DDL, risponde all’esigenza di promuovere il dispiegarsi della concorrenza nel settore della panificazione.

La legge del 1956 prevedeva che i panifici di nuovo impianto fossero soggetti ad autorizzazione della Camera di commercio, industria ed agricoltura della provincia con il parere di una Commissione composta da due rappresentanti della Camera di commercio, un rappresentante dell'associazione provinciale panificatori, un rappresentante delle organizzazioni sindacali degli operai panettieri, un rappresentante del Comune interessato. La Commissione per esprimere il parere accertava l'opportunità del nuovo impianto in relazione alla densità dei panifici esistenti e del volume della produzione nella località ove era stata chiesta l'autorizzazione. Una volta ottenuta l'autorizzazione, il panificio doveva ottenere la licenza di panificazione dalla Camera di commercio, industria ed agricoltura della Provincia. Tale licenza era rilasciata previo accertamento della efficienza degli impianti e della loro rispondenza ai requisiti tecnici ed igienico-sanitari previsti dalle leggi e regolamenti vigenti anche in materia di igiene del lavoro, e previo pagamento, inoltre, della relativa tassa di concessione governativa. Contro il provvedimento che negava la licenza o, nel caso che non fosse stato provveduto al rilascio della stessa, trascorsi 60 giorni dall'accertamento favorevole da parte della Commissione, era ammesso ricorso al Ministro per l'industria e per il commercio entro 30 giorni dalla data della notificazione o da quella della scadenza del termine suddetto di 60 giorni. La stessa procedura si applicava per le trasformazioni ed i trasferimenti di panifici esistenti. La legge vietava inoltre la vendita del pane in forma ambulante e nei pubblici mercati, fatta eccezione per quelli coperti.

Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato aveva emanato la circolare 18 luglio 1997 n. 161 contenente le istruzioni relative agli adempimenti previsti dalla suddetta legge del 1956. In essa si prevedeva, tra l'altro, che "nell'ambito di ciascuna località, l'autorità preposta al rilascio dell'autorizzazione alla apertura di nuovi panifici deve impedire che l'offerta destinata alla stessa località superi la domanda".

L'art. 22 del D.Lgs. 112/1998, alla lettera b) prevedeva che il rilascio della licenza di panificazione di cui all'art. 3 della citata legge del 1956 fosse soggetto alla disciplina del silenzio assenso di cui all'art. 20 della legge 241/1990. L'eventuale provvedimento di diniego doveva essere comunicato nel termine di sessanta giorni. Il termine poteva essere ridotto con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

 

Il comma 2 prevede che l'impianto di un nuovo panificio ed il trasferimento o la trasformazione di panifici esistenti siano soggetti a dichiarazione di inizio attività da presentare al comune competente. La dichiarazione deve essere corredata da:

§      l'autorizzazione della competente Azienda sanitaria locale in merito ai requisiti igienico-sanitari;

§      l'autorizzazione alle emissioni in atmosfera;

§      il titolo abilitativo edilizio;

§      il permesso di agibilità dei locali;

§      il nominativo del responsabile dell’attività che assicura l’utilizzo di materie prime conformi alle vigenti norme, l’osservanza delle norme igienico-sanitarie e di sicurezza nei luoghi di lavoro, la qualità del prodotto finito (quest’ultimo punto è stato aggiunto dal Senato).

 

La disciplina della dichiarazione di inizio attività è quella recata dall'art. 19 della legge 241/1990. Essa prevede che l'attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all'amministrazione competente. Contestualmente all'inizio dell'attività, l'interessato ne dà comunicazione all'amministrazione competente. L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di inizio attività, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. È fatto comunque salvo il potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela.

 

Il comma 2-bis, aggiunto in corso d’esame presso il Senato, consente lo svolgimento dell’attività di vendita dei prodotti del panificio per il consumo immediato, nei locali della stessa azienda, utilizzando le relative attrezzature e rispettando le prescrizioni igienico-sanitarie. Da tale attività è escluso il servizio assistito di somministrazione dei prodotti.

 

Il successivo comma 2-ter, introdotto al Senato, rimette ad un regolamento del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, la disciplina, in conformità al diritto comunitario, delle denominazioni di “panificio”, “pane fresco” e “pane conservato”.

La normativa sulla produzione e sulla commercializzazione del pane fa capo ad una serie di provvedimenti succedutisi nel tempo.

Le disposizioni concernenti gli ingredienti, la composizione e l'etichettatura dei cereali, delle farine e dei loro derivati, sono tuttora contenute nella legge 4 luglio 1967, n. 580, che disciplina la lavorazione ed il commercio di tali prodotti. In particolare, l’articolo 14 fornisce la definizione di pane, che va inteso come il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di impasti convenientemente lievitati, preparati con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale comune. I successivi commi 2, 3 e 4 precisano le condizioni di preconfezionamento e di etichettatura del pane sottoposto a trattamento di surgelazione o solo parzialmente cotto (e successivamente surgelato o non), prevedendo, in particolare, che tale pane deve essere distribuito e messo in vendita in comparti separati dal pane fresco e con le necessarie indicazioni per informare il consumatore sulla natura del prodotto. L’articolo 16 della legge determina quale sia il contenuto massimo in acqua ammesso nel pane al termine del processo di cottura, mentre l’articolo 17 stabilisce quali siano le denominazione del pane in relazione alle farine utilizzate (di grano tenero, di semola, integrale). Gli articoli da 23 a 27, infine, regolano le modalità di vendita e di trasporto del pane.

Sulla materia è quindi intervenuto il DPR n. 502 del 1998, che ha disposto (abrogando in più parti la legge n. 580 del 1967) una generale revisione della normativa in materia di lavorazione e commercio del pane. In particolare, gli articoli 3 e 4 hanno disciplinato l’impiego di ingredienti aggiuntivi nella produzione del pane, precisando che l’utilizzo di ingredienti particolari deve trovare una menzione in etichetta.

Quanto all’utilizzo degli sfarinati consentiti nel processo di panificazione, infine, occorre fare riferimento al regolamento adottato con DPR n. 187/2001, che ha provveduto a dettare le nuove disposizioni in materia di produzione e commercializzazione di sfarinati e paste alimentari. In particolare, l’articolo 1 disciplina le farine di grano tenero e l’articolo 3 regola le miscele, mentre l’articolo 4 sancisce i divieti.

 

Il comma 3 demanda ai comuni e alle autorità competenti in materia igienico-sanitaria l'esercizio delle rispettive funzioni di vigilanza.

 

Il comma 4 prevede che le violazioni delle prescrizioni di cui all'articolo in esame siano punite ai sensi dell'articolo 22 commi 1, 2, 5 lettera c), e 7 del citato decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.

Il richiamato comma 1 prevede la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 5.000.000 a lire 30.000.000.

Il richiamato comma 2 prevede che in caso di particolare gravità o di recidiva il sindaco può disporre la sospensione dell'attività di vendita per un periodo non superiore a venti giorni. La recidiva si verifica qualora sia stata commessa la stessa violazione per due volte in un anno, anche se si è proceduto al pagamento della sanzione mediante oblazione.

Il comma 5, lettera c) prevede che il sindaco ordini la chiusura di un esercizio di vicinato nel caso di ulteriore violazione da parte del titolare delle prescrizioni in materia igienico-sanitaria avvenuta dopo la sospensione dell'attività disposta ai sensi del comma 2.

Il comma 7 per le violazioni menzionate individua come autorità competente il sindaco del comune nel quale hanno avuto luogo. Alla medesima autorità pervengono i proventi derivanti dai pagamenti in misura ridotta ovvero da ordinanze ingiunzioni di pagamento.

 

Nella relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione del presente decreto-legge, il governo afferma di aver tratto spunto da una segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato del 24 ottobre 2002. In essa, l'Autorità afferma tra l'altro che "la normativa in commento (la legge del 1956) appare determinare un'evidente distorsione della concorrenza nel settore interessato non essendo peraltro giustificata da alcuna esigenza di carattere generale" e che pertanto tale normativa "risulta di esclusivo stampo protezionistico a favore degli operatori già presenti sul mercato". L'Autorità prosegue rilevando come una "rimozione della limitazione numerica di tali imprese possa comportare una maggiore articolazione dell'offerta, anche sotto il profilo delle scelte di prezzo e di qualità/varietà del prodotto, con conseguente vantaggio dei consumatori".

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

(Vedi paragrafo Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE, nella scheda relativa all’articolo 2).

 


Articolo 5
(Interventi urgenti nel campo della distribuzione di farmaci)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Gli esercizi commerciali di cui all'articolo 4, comma 1, lettere d), e) e f), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, possono effettuare attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione, di cui all'articolo 9-bis del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica, secondo le modalità previste dal presente articolo. È abrogata ogni norma incompatibile.

1. Gli esercizi commerciali di cui all'articolo 4, comma 1, lettere d), e) e f), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, possono effettuare attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione, di cui all'articolo 9-bis del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica, previa comunica­zione al Ministero della salute e alla regione in cui ha sede l'esercizio e secondo le modalità previste dal presente articolo. È abrogata ogni norma incompatibile.

2. La vendita di cui al comma 1 è consentita durante l'orario di apertura dell'esercizio commerciale e deve essere effettuata nell'ambito di un apposito reparto, con l'assistenza di uno o più farmacisti abilitati all'esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine. Sono, comunque, vietati i concorsi, le operazioni a premio e le vendite sotto costo aventi ad oggetto farmaci.

2. La vendita di cui al comma 1 è consentita durante l'orario di apertura dell'esercizio commerciale e deve essere effettuata nell'ambito di un apposito reparto, alla presenza e con l'assistenza personale e diretta al cliente di uno o più farmacisti abilitati all'esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine. Sono, comunque, vietati i concorsi, le operazioni a premio e le vendite sotto costo aventi ad oggetto farmaci.

3. Ciascun distributore al dettaglio può determinare liberamente lo sconto sul prezzo indicato dal produttore o dal distributore sulla confezione del farmaco, purché lo sconto sia esposto in modo leggibile e chiaro al consumatore e sia praticato a tutti gli acquirenti. Ogni clausola contrattuale contraria è nulla. Sono abrogati l'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 27 maggio 2005, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 2005, n. 149, ed ogni altra norma incompatibile.

3. Ciascun distributore al dettaglio può determinare liberamente lo sconto sul prezzo indicato dal produttore o dal distributore sulla confezione del farmaco rientrante nelle categorie di cui al comma 1, purché lo sconto sia esposto in modo leggibile e chiaro al consumatore e sia praticato a tutti gli acquirenti. Ogni clausola contrattuale contraria è nulla. Sono abrogati l'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 27 maggio 2005, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 2005, n. 149, ed ogni altra norma incompatibile.

 

3-bis. Nella provincia di Bolzano è fatta salva la vigente normativa in materia di bilinguismo e di uso della lingua italiana e tedesca per le etichette e gli stampati illustrativi delle specialità medicinali e dei preparati galenici come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1984, n. 578.

4. Alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 105 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, è aggiunto, infine, il seguente periodo: «L'obbligo di chi commercia all'ingrosso farmaci di detenere almeno il 90 per cento delle specialità in commercio non si applica ai medicinali non ammessi a rimborso da parte del servizio sanitario nazionale, fatta salva la possibilità del rivenditore al dettaglio di rifornirsi presso altro grossista.».

4. Identico.

5. Al comma 1 dell'articolo 7 della legge 8 novembre 1991, n. 362, sono soppresse le seguenti parole: «che gestiscano farmacie anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge»; al comma 2 del medesimo articolo sono soppresse le seguenti parole: «della provincia in cui ha sede la società»; al comma 1, lettera a), dell'articolo 8 della medesima legge è soppressa la parola: «distribuzione».

5. Al comma 1 dell'articolo 7 della legge 8 novembre 1991, n. 362, sono soppresse le seguenti parole: «che gestiscano farmacie anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge»; al comma 2 del medesimo articolo sono soppresse le seguenti parole: «della provincia in cui ha sede la società»; al comma 1, lettera a), dell'articolo 8 della medesima legge è soppressa la parola: «distribuzione,».

6. Sono abrogati i commi 5, 6, 7, 9 e 10 dell'articolo 7 della legge 8 novembre 1991, n. 362.

6. Sono abrogati i commi 5, 6 e 7 dell'articolo 7 della legge 8 novembre 1991, n. 362.

 

6-bis. I commi 9 e 10 dell'articolo 7 della legge 8 novembre 1991, n. 362, sono sostituiti dai seguenti:

 

«9. A seguito di acquisto a titolo di successione di una partecipazione in una società di cui al comma 1, qualora vengano meno i requisiti di cui al secondo periodo del comma 2, l'avente causa cede la quota di partecipazione nel termine di due anni dall'acquisto medesimo.

 

10. Il termine di cui al comma 9 si applica anche alla vendita della farmacia privata da parte degli aventi causa ai sensi del dodicesimo comma dell'articolo 12 della legge 2 aprile 1968, n. 475».

 

6-ter. Dopo il comma 4 dell'articolo 7 della legge 8 novembre 1991, n. 362, è inserito il seguente:

 

«4-bis. Ciascuna delle società di cui al comma 1 può essere titolare dell'esercizio di non più di quattro farmacie ubicate nella provincia dove ha sede legale.».

7. All'articolo 100 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Le attività di distribuzione all'ingrosso di medicinali e quella di fornitura al pubblico di medicinali in farmacia sono tra loro incompatibili se svolte dal medesimo soggetto imprenditoriale.».

7. Il comma 2 dell'articolo 100 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, è abrogato.

 

 

Le disposizioni in esame, modificate dal Senato, recano alcune innovazioni al sistema di vendita dei farmaci, con riferimento ai seguenti aspetti:

§      vendita di farmaci non soggetti a prescrizione medica al di fuori delle farmacie (commi 1 e 2);

§      nuove modalità per gli sconti sui prodotti non soggetti a prescrizione medica (comma 3);

§      etichettatura e stampati illustrativi dei prodotti commercializzati nella provincia di Bolzano (comma 3-bis);

§      revisione degli obblighi a carico dei distributori di farmaci (comma 4);

§      disciplina della titolarità delle farmacie (commi 5, 6, 6-ter e 7);

§      nuova disciplina della successione mortis causa (comma 6-bis).

 

La relazione illustrativa sottolinea le finalità delle disposizioni in esame, volte a favorire una maggiore concorrenza nel settore della distribuzione dei farmaci, recependo anche le indicazioni provenienti dall’Autorità per la concorrenza e gli orientamenti emersi a livello comunitario[59] (su questi ultimi aspetti vedi infra la scheda redatta dal Servizio Rapporti con l’Unione europea).

Vendita al pubblico dei farmaci non soggetti a prescrizione medica (commi 1 e 2)

Il comma 1 autorizza la vendita al pubblico dei farmaci e prodotti non soggetti a prescrizione medica da parte degli esercizi commerciali al dettaglio. Nel testo del Senato è prevista una comunicazione al Ministero della salute e alla regione interessata dell’avvio di tale attività da parte degli esercizi commerciali.

 

I prodotti non soggetti a prescrizione medica (SOP), sono acquistabili privatamente senza bisogno di ricetta medica. I medicinali OTC (Over the counter) hanno le medesime caratteristiche dei SOP, ma per essi sono consentite forme di "pubblicità presso il pubblico”[60].

Si segnala che, in base ai dati elaborati dall’OSMED[61], la spesa per prodotti di automedicazione e da banco relativa all’anno 2005 risulta pari a 2.113 milioni di euro, pari al 10,8% circa della spesa farmaceutica complessiva (19.459 milioni di euro).

 

Per quanto riguarda gli esercizi commerciali abilitati alla vendita dei SOP, la facoltà riguarda tutte le tipologie di strutture generali di vendita - quindi, sia gli esercizi di vicinato sia le medie e grande strutture di vendita (di cui all’art. 4, comma 1, lettere d), e) ed f), del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114[62]).

Più in particolare, il D.lgs n. 114 del 1998 così identifica tali strutture:

§      esercizi di vicinato: sono "quelli aventi superficie di vendita non superiore a 150 mq. nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 250 mq. nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti";

§      medie strutture di vendita: sono gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti di cui al punto precedente "e fino a 1.500 mq nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 2.500 mq. nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti";

§      grandi strutture di vendita: sono gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti di cui al precedente punto.

Il comma 2 dell'art. 4 del D.Lgs. n. 114 individua le tipologie specifiche di attività commerciali escluse dall'àmbito di applicazione del medesimo decreto legislativo.

 

Ai sensi del comma 2, nel testo del Senato, la vendita è consentita durante l'orario di apertura dell'esercizio commerciale, nell'àmbito di un apposito reparto, “alla presenza e con l'assistenza personale e diretta al cliente” di uno o più farmacisti abilitati all'esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine[63]. Sono in ogni caso vietati, per i medicinali in oggetto, i concorsi, le operazioni a premio e le vendite sotto costo.

 

La relazione illustrativa sottolinea - facendo anche riferimento alla Segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato n. 300 del 1° giugno 2005 - che le disposizioni in esame sono volte ad incrementare la concorrenza e, pertanto, ad avere effetti positivi sui prezzi dei farmaci non soggetti a prescrizione medica.

Si segnala che le disposizioni in esame non recano norme limitative circa le altre attività economiche dell'impresa (o del gruppo societario) titolare della struttura commerciale, previste dall’ordinamento con riferimento ai soci di società che gestiscono farmacie (private o comunali) e ai titolari individuali di farmacie (vedi i paragrafi successivi).

Disciplina degli sconti sui prezzi dei prodotti non soggetti a prescrizione medica (comma 3)

La norma in esame modifica la disciplina sugli sconti che i distributori al dettaglio possono praticare sui farmaci non soggetti a prescrizione medica[64].

 

La normativa fino ad ora vigente[65] ammette uno sconto fino al 20 per cento sul prezzo massimo stabilito dall'azienda titolare; lo sconto può variare da medicinale a medicinale e deve essere applicato, senza discriminazioni, a tutti i clienti del distributore.

 

La nuova disciplina di cui al comma 3 - che abroga esplicitamente quella summenzionata - sopprime il limite del 20 per cento, subordinando la facoltà dello sconto solo alle condizioni che il medesimo sia esposto in modo leggibile e chiaro al consumatore e che sia riconosciuto (come già prevede la normativa fino ad ora vigente) a tutti gli acquirenti. Si specifica, inoltre, che sono nulle le eventuali clausole contrattuali intese a porre limiti alla possibilità di praticare gli sconti nei termini suddetti.

 

La relazione illustrativa osserva - facendo anche riferimento ad una Segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (la n. 300 del 2005) - che la disposizione in esame è volta a lasciare al farmacista piena autonomia nella determinazione del prezzo dei farmaci non soggetti a prescrizione medica.

Disciplina specifica per i medicinali in commercio nella provincia di Bolzano (comma 3-bis)

La disposizione in esame, introdotta dal Senato, appare volta a salvaguardare la disciplina specifica per i prodotti medicinaliin commercio nella provincia di Bolzano, in base alla quale le etichette e gli stampati illustrativi devono essere redatti congiuntamente nelle due lingue italiana e tedesca.

 

In base al D.P.R. n. 574 del 1988, le etichette e gli stampati illustrativi delle specialità medicinali e dei preparati galenici erogabili dal Servizio sanitario nazionale, posti o mantenuti in commercio in provincia di Bolzano, devono essere redatti congiuntamente nelle due lingue italiana e tedesca.

Qualora i predetti farmaci siano posti o mantenuti in commercio in provincia di Bolzano con etichettatura o foglio illustrativo difformi da quelli approvati dal Ministero della sanità, il Ministro della salute intima al titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio l'adeguamento dell'etichettatura o del foglio illustrativo, stabilendo un termine per l'adempimento non superiore a sei mesi.

In caso di mancata ottemperanza entro il termine indicato, il Ministro della salute sospende l'autorizzazione all'immissione in commercio del medicinale fino all'adempimento.

Ai sensi dell’articolo 80 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219[66], almeno le indicazioni relative all’etichettatura, al contenuto del foglio illustrativo ed ai segni o pittogrammi dei medicinali in commercio nella provincia di Bolzano, sono redatte anche in lingua tedesca e devono comunque essere compatibili con il riassunto delle caratteristiche del prodotto.

La versione del foglio illustrativo in lingua tedesca può essere resa disponibile all'acquirente in farmacia all'atto della vendita del medicinale secondo modalità da stabilire con decreto del Ministro della salute.

Per alcuni medicinali orfani, su domanda motivata del richiedente, l'AIFA può autorizzare che le indicazioni relative alla etichettatura siano redatte soltanto in una delle lingue ufficiali della Comunità.

Se il medicinale non è destinato direttamente al paziente, l'AIFA può dispensare dall'obbligo di far figurare determinate indicazioni sull'etichettatura e sul foglio illustrativo e di redigere il foglio illustrativo in lingua italiana e, per i medicinali in commercio nella provincia di Bolzano, anche in lingua tedesca.

Obblighi per i distributori all’ingrosso di medicinali (comma 4)

La disposizione in esame modifica gli obblighi a carico dei distributori, con riferimento ai prodotti medicinali non a carico del SSN.

 

La normativa fino ad ora vigente (art. 105, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 24 aprile 2006, n. 219[67]) richiede che i titolari dell'autorizzazione alla distribuzione all'ingrosso di medicinali detengano almeno il novanta per cento dei farmaci in possesso di un'AIC (autorizzazione all'immissione in commercio) - inclusi i medicinali omeopatici autorizzati ai sensi dell'art. 18 del medesimo D.Lgs. n. 219 (cioè, i medicinali omeopatici non rientranti nella procedura semplificata di registrazione) - e che la stessa percentuale sia rispettata anche nell'àmbito dei soli medicinali generici[68][69].

La novella di cui al comma 4 esclude dall'obbligo in esame i medicinali non ammessi al rimborso (totale o parziale) a carico del Servizio sanitario nazionale. Viene fatta salva la possibilità del rivenditore al dettaglio di rifornirsi presso altro grossista.

 

La relazione illustrativa osserva - facendo anche riferimento alla citata Segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza n. 300 del 2005 - che la norma è volta a ridurre gli oneri di detenzione delle scorte a carico dei distributori all'ingrosso e a consentire ai medesimi di determinare autonomamente "la propria politica di approvvigionamento sulla base dell'effettiva domanda, mettendo così in concorrenza tra loro i produttori, che sarebbero incentivati a competere anche sul prezzo".

Disposizioni sulle farmacie (commi 5, 6, 6-ter e 7)

La prima parte del comma 5[70]consente che le società di persone e le società cooperative a responsabilità limitata gestiscano farmacie private.

La formulazione fino ad ora vigente ammette che le farmacie private siano gestite, oltre che da persone fisiche, da società - sempreché appartenenti alle due tipologie suddette - solo nel caso in cui la medesima gestione sia cominciata prima dell'entrata in vigore della stessa legge n. 362[71].

 

La seconda parte del comma 5[72] riguarda i requisiti dei soci delle società in oggetto.

La versione fino ad ora vigente richiede che i soci siano farmacisti iscritti all'albo della provincia in cui ha sede la società e posseggano il requisito dell'idoneità, conseguita ad un concorso per sedi farmaceutiche.

La novella in esame sopprime il vincolo relativo alla provincia, restando fermo che i soci debbano essere farmacisti iscritti all'albo ed in possesso dell'idoneità.

 

La terza parte del comma 5[73]sopprime l'incompatibilità della posizione di socio (di società di gestione delle farmacie) con l'esercizio di attività di distribuzione dei medicinali.

La disciplina fino ad ora vigente[74] stabilisce l'incompatibilità:

a)      con qualsiasi altra attività esplicata nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco;

b)      con la posizione di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia;

c)      con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato.

 

Si segnala che, in séguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 275 dell'8-24 luglio 2003, le attività di cui alla precedente lettera a) sono incompatibili anche con la partecipazione a società di gestione di farmacie comunali.

Alla luce della citata sentenza della Corte costituzionale, si deve forse intendere che tale soppressione concerne anche la fattispecie di socio delle società di gestione di farmacie comunali.

 

Il comma 6 abroga i commi 5, 6 e 7 dell'art. 7 della già ricordata legge n. 362 del 1991. Il Senato ha nel contempo approvato il comma 6-ter.

Sono, di conseguenza, soppressi:

§      il divieto, per le società di gestione di farmacie private, di titolarità dell'esercizio di più farmacie ed il vincolo in base al quale la farmacia, ai fini della medesima titolarità, deve essere ubicata nella provincia ove si trova la sede legale della società (tali norme sono poste dal comma 5 dell'art. 7 della legge n. 362);

§      il divieto di partecipare a più di una società di gestione di farmacie private (divieto di cui al comma 6 dell'art. 7 della legge n. 362);

§      la norma che limita la possibilità di gestione delle farmacie private ai farmacisti iscritti all'albo della provincia in ha sede la farmacia (divieto di cui al comma 7 dell'art. 7 della legge n. 362);

§      con il comma 6-ter, approvato dal Senato, si prevede che ciascuna società può essere titolare dell’esercizio di non più di quattro farmacie nella provincia in cui ha sede legale.

 

La relazione illustrativa sottolinea - facendo anche riferimento alla Segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza n. 326 del 2006 - la norma volontà di accrescere l’efficienza del mercato, in particolare attraverso la possibilità di costituire catene di farmacie, ricercando cioè “forme più evolute e più efficienti di organizzazione di uno o più punti di vendita”.

 

Il comma 7, nel testo modificato dal Senato, abroga l’intero l'art. 100, comma 2, del D.Lgs. n. 219 del 2006, in base al quale l'attività di distribuzione all'ingrosso di medicinali e quella di fornitura al pubblico di medicinali in farmacia sono tra loro incompatibili.

Si segnala che il testo originario del decreto limitava invece l’incompatibilità al caso in cui tali attività venissero svolte dal medesimo soggetto imprenditoriale.

Disposizioni sulla successione mortis causa (comma 6-bis)

Il testo, modificato dal Senato, detta una nuova disciplina sulle fattispecie di successione mortis causa di una partecipazione in una società di gestione di farmacie private (e di eventuale insussistenza, da parte del medesimo o dei medesimi aventi causa, dei requisiti stabiliti per i soci delle società in oggetto) nonché di successione mortis causa nella titolarità di una farmacia privata (individuale e non gestita in forma societaria) da parte di aventi causa non in possesso dei requisiti per la stessa titolarità[75].

 

La disciplina vigente prevede che l'avente causa debba, nelle fattispecie in esame, cedere la partecipazione o (a seconda dei casi) la titolarità della farmacia nel termine di tre anni dall'acquisizione. Nel caso in cui l'avente causa sia il coniuge ovvero l'erede in linea retta entro il secondo grado[76], il suddetto termine è differito al compimento del trentesimo anno di età dell'avente causa, ovvero - sempreché questo secondo termine risulti successivo e qualora il medesimo avente causa, entro un anno dall'acquisizione, si iscriva ad una facoltà di farmacia, in qualità di studente, presso un'università, statale o abilitata a rilasciare titoli aventi valore legale - al termine di dieci anni dall'acquisizione della partecipazione o della titolarità.

Qualora, nel caso di successione in una partecipazione societaria, gli aventi causa siano più d'uno, essi provvedano alla nomina di un rappresentante comune nei rapporti con la società e che, in caso di conflitto tra i medesimi aventi causa, il tribunale competente per territorio provveda alla nomina di un curatore, preposto alla gestione della partecipazione.

 

La norma introdotta dal Senato prevede che gli eredi che acquisiscano partecipazioni nelle società di gestione della farmacia, in assenza dei prescritti requisiti professionali, possano mantenere tale partecipazione per un periodo massimo di due anni, dovendola entro tale termine comunque dismettere. Il medesimo termine di due anni viene indicato per la vendita della farmacia da parte degli eredi del titolare privi dei prescritti requisiti professionali, ai sensi dell’articolo 12 della legge n. 475 del 1968.

 

Secondo la relazione illustrativa del disegno di legge - la quale fa anche riferimento ad un'indagine conoscitiva dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, indagine chiusa il 9 ottobre 1997 -, la normativa in esame (di cui ai commi 9 e 10 dell'art. 7 della L. n. 362) "determina un ingiustificato innalzamento dei costi dei potenziali entranti nel settore". La medesima relazione illustrativa richiama altresì i più recenti orientamenti a livello comunitario in ordine alle limitazioni della concorrenza nel settore della distribuzione dei farmaci (vedi al riguardo la scheda seguente).

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il Consiglio occupazione del 3 giugno 2005 ha effettuato un primo esame della nota “Una strategia per promuovere l’industria farmaceutica europea” (atti del Consiglio n. 9368/05) della Commissione, in cui si propone una strategia per promuovere l’industria farmaceutica europea e per contrastare la crescente concorrenza da parte di Stati Uniti, India ed Estremo Oriente.

Secondo la Commissione la mancanza di un mercato unico europeo per i farmaci è un ostacolo significativo per la competitività dell’industria farmaceutica, che può essere superato attraverso un impegno a due vie, sostenuto dalla Commissione stessa, tra industrie e Stati membri. La strategia proposta dalla Commissione, costruita sulle conclusioni adottate nel 2003 dal Consiglio in merito al lavoro del gruppo G10 Medicinali[77] nonché sulla nuova normativa del settore farmaceutico approvata nel 2004[78], punta su alcuni aspetti ritenuti prioritari come l’innovazione, l’informazione ai pazienti, la farmacovigilanza e la politica dei prezzi; su quest’ultimala Commissione intenderebbe avviare un processo di riflessione che, nel pieno rispetto delle competenze nazionali, prenda in considerazione i benefici di una maggiore flessibilità per le industrie nella definizione dei prezzi.

 

La direttiva 2001/83/CE, recante un codice comunitario dei medicinali per uso umano, è oggetto di alcuni interventi di modifica e integrazione previsti da due proposte legislative della Commissione europea:

§      la proposta di regolamento relativo ai medicinali per uso pediatrico (COM(2004)599), presentata il 29 settembre 2004, con l’obiettivo di migliorare la salute dei bambini, stimolando la ricerca, lo sviluppo e l’autorizzazione alla commercializzazione di medicinali specifici. Nell’ambito di tale proposta, si prospettano modifiche all’art. 6 della direttiva 2001/83/CE, al fine di adeguare il codice comunitario dei medicinali per uso umano al nuovo quadro normativo previsto dalla proposta medesima.

Il 7 settembre 2005 il Parlamento europeo ha esaminato in prima lettura, nell’ambito della procedura di codecisione, la proposta della Commissione, approvandola con emendamenti. L’11 novembre 2005 la Commissione ha adottato una proposta modificata (COM(2005)577), accogliendo parzialmente gli emendamenti del Parlamento europeo. Il 10 marzo 2006 il Consiglio ha adottato una posizione comune, esaminata in seconda lettura dal Parlamento europeo il 1° giugno 2006 con l’approvazione di alcuni emendamenti.

§      la proposta di regolamento sui medicinali per terapie avanzate (COM(2005)567), presentata il 16 novembre 2005 e volta a riempire la lacuna normativa in materia di terapia cellulare somatica, terapia genica e ingegneria tessutale. Anche nell’ambito di tale proposta, si prospettano modifiche agli articoli 3, 4 e 6 della direttiva 2001/83/CE, finalizzate all’adeguamento del codice comunitario dei medicinali per uso umano al nuovo quadro normativo previsto dalla medesima proposta.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è in attesa di essere esaminata dal Parlamento europeo. Il Consiglio ha avviato l’esame il 2 giugno 2006.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera con la quale reitera la messa in mora (procedura d’infrazione n. 2002/5113) del 2004 su talune misure nazionali riguardanti la fissazione dei prezzi delle specialità medicinali e il loro rimborso, nonché l’etichettatura e il confezionamento dei medicinali. Secondo la Commissione, dette misure risulterebbero in contrasto con le disposizioni della direttiva 89/105/CEE, riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia, e della direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano. Il 4 aprile 2006 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato. Successivamente è stato adottato il decreto legislativo 24 aprile 2006 n. 219,relativo all’attuazione della direttiva 2001/83/CE, nonché della direttiva 2003/94/CE. Attualmente la procedura d’infrazione risulterebbe provvisoriamente archiviata.

 

Il 28 giugno 2006 la Commissione ha inviato un parere motivato all’Italia (procedura d’infrazione n. 2005/989) per la mancata attuazione della direttiva 2004/27/CE che modifica la direttiva 2001/83/CE relativa al codice comunitario dei medicinali per uso umano. La direttiva doveva essere recepita nell’ordinamento nazionale entro il 30 ottobre 2005.

 

Il 28 giugno 2006 la Commissione ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia per le restrizioni imposte dalla legislazione nazionale in tema di assunzione di partecipazione e di proprietà delle farmacie che vendono al dettaglio (procedura d’infrazione n. 2004/4928; parere motivato del 13.12.2005) Secondo la Commissione, l’Italia verrebbe meno agli obblighi imposti dagli artt. 43 (libertà di stabilimento) e 56 (libera circolazione dei capitali) del TCE. In particolare, la Commissione contesta:

a)        il divieto d’acquisizione di partecipazione in società farmaceutiche private o in farmacie comunali da parte di imprese aventi un’attività di distribuzione di medicinali (o legate a società aventi tale attività. La regolamentazione italiana, come interpretata dalla Corte costituzionale e come recentemente modificata dal decreto legislativo 24 aprile 2006 n. 219 (art. 100, comma 2) prevede l’incompatibilità tra l’attività di distribuzione all’ingrosso e l’attività di vendita al dettaglio di prodotti farmaceutici. Ciò comporta il divieto per le imprese attive (o legate a imprese attive) nella distribuzione farmaceutica di assumere partecipazioni in società che gestiscono farmacie comunali;

b)        la riserva di titolarità di farmacie private ai soli farmacisti o alle sole persone giuridiche composte da farmacisti. La legge italiana vieta ai soggetti che non possiedono un diploma di laurea in farmacia o alle persone giuridiche non composte da farmacisti la titolarità di farmacie private che vendono al pubblico. Tale esclusiva impedisce l’acquisto di partecipazioni o lo stabilimento di farmacie che vendono al pubblico a tutti gli operatori (in particolare quelli di altri Stati membri che non sono in possesso del diploma di farmacista).

 

Tali limitazioni hanno l’effetto di impedire o rendere più difficoltosa l’assunzione di partecipazioni da parte di operatori di altri Stati membri e pertanto possono essere considerate compatibili con il TCE solo se giustificate da obiettivi di interesse generale, necessarie e proporzionate al raggiungimento di tali obiettivi.

Le autorità italiane hanno giustificato le limitazioni in questione con la necessità di tutelare la salute pubblica: in special modo, riguardo alla prima contestazione si intenderebbero evitare conflitti di interesse; riguardo alla seconda contestazione si intenderebbe realizzare un miglior controllo delle persone che rilasciano i medicinali.

La Commissione ritiene però che le limitazioni contestate vadano oltre ciò che è necessario per raggiungere l’obiettivo di tutela della salute.

Da un lato, gli eventuali rischi di conflitti d’interesse potrebbero essere evitati adottando misure diverse dal divieto puro e semplice (per le imprese legate a imprese attive nel settore della distribuzione farmaceutica) di assumere partecipazioni in farmacie che vendono al pubblico. La Commissione risulta essere a conoscenza del fatto che in Italia si verificano numerosi casi di esercizio dell’attività di distribuzione o di partecipazioni in società di distribuzione farmaceutica da parte di farmacisti titolari di farmacie private.

Dall’altro lato, anche il divieto di essere titolari di una farmacia per chi non ha la laurea in farmacia o per persone giuridiche non composte da farmacisti va al di là, secondo la Commissione, di ciò che è necessario per tutelare la sanità pubblica, in quanto sarebbe sufficiente esigere la presenza di un farmacista per la consegna dei medicinali ai pazienti o per la gestione degli stock di prodotti farmaceutici. La Commissione osserva, infine, che è la legislazione italiana stessa a riconoscere, d’altra parte, che il requisito della qualificazione professionale non è assolutamente indispensabile e prioritario ai fini della proprietà di una farmacia, quando prevede che membri della famiglia di un farmacista deceduto possano essere titolari della sua farmacia per periodi non superiori ai dieci anni, pur non essendo farmacisti.


Articolo 6
(Interventi per il potenziamento del servizio di taxi)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Al fine di assicurare agli utenti del servizio taxi una maggiore offerta, in linea con le esigenze della mobilità urbana, all'articolo 8 della legge 15 gennaio 1992, n. 21, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

«2-bis. Fatta salva la possibilità di conferire nuove licenze secondo la vigente programmazione numerica, i comuni possono bandire pubblici concorsi, nonché concorsi riservati ai titolari di licenza taxi, in deroga alle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, per l'assegnazione a titolo oneroso di licenze eccedenti la vigente programmazione numerica. Nei casi in cui i comuni esercitino la facoltà di cui al primo periodo, i soggetti di cui all'articolo 7 assegnatari delle nuove licenze non le possono cedere separatamente dalla licenza originaria. I proventi derivanti dall'assegnazione a titolo oneroso delle nuove licenze sono ripartiti, in misura non superiore all'80 per cento e non inferiore al 60 per cento, tra i titolari di licenza taxi del medesimo comune che mantengono una sola licenza. In ogni caso i titolari di licenza devono esercitare il servizio personalmente, ovvero avvalersi di conducenti iscritti nel ruolo di cui all'articolo 6, il cui contratto di lavoro subordinato deve essere trasmesso all'amministrazione vigilante entro le ore 24 del giorno precedente il servizio. I comuni possono altresì rilasciare titoli autorizzatori temporanei, non cedibili, per fronteggiare eventi straordinari.».

1. Al fine di assicurare per il servizio di taxi il tempestivo adeguamento dei livelli essenziali di offerta del servizio taxi necessari all'esercizio del diritto degli utenti alla mobilità, in conformità al principio comunitario di libera concorrenza ed a quello di libertà di circolazione delle persone e dei servizi, nonché la funzionalità e l'efficienza del medesimo servizio adeguati ai fini della mobilità urbana ai sensi degli articoli 43, 49, 81, 82 e 86 del Trattato istitutivo della Comunità europea e degli articoli 3, 11, 16, 32, 41 e 117, comma secondo, lettere e) e m), della Costituzione, i comuni, sentite le commissioni consultive di cui all'articolo 4, comma 4, della legge 15 gennaio 1992, n. 21, ove funzionanti, o analogo organo parte­cipativo, possono:

a) disporre turnazioni integrative in aggiunta a quelle ordinarie, indivi­duando idonee forme di controllo sistematico circa l'effettivo svolgi­mento del servizio nei turni dichiarati. Per l'espletamento del servizio integrativo di cui alla presente lettera, i titolari di licenza si avvalgono, in deroga alla disciplina di cui all'articolo 10 della legge 15 gennaio 1992, n. 21, di sostituti alla guida in possesso dei requisiti stabiliti all'articolo 6 della medesima legge. I sostituti alla guida devono espletare l'attività in conformità alla vigente normativa ed il titolo di lavoro deve essere trasmesso al comune almeno il giorno precedente all'avvio del servizio;

 

b) bandire concorsi straordinari in conformità alla vigente programma­zione numerica, ovvero in deroga ove la programmazione numerica manchi o non sia ritenuta idonea dal comune ad assicurare un livello di offerta adeguato, per il rilascio, a titolo gratuito o a titolo oneroso, di nuove licenze da assegnare ai soggetti in possesso dei requisiti stabiliti dall'articolo 6 della citata legge n. 21 del 1992, fissando, in caso di titolo oneroso, il relativo importo ed individuando, in caso di eccedenza delle domande, uno o più criteri selettivi di valutazione automatica o immediata, che assicurino la conclusione della procedura in tempi celeri. I proventi derivanti sono ripartiti in misura non inferiore all'80 per cento tra i titolari di licenza di taxi del medesimo comune; la restante parte degli introiti può essere utilizzata dal comune per il finanziamento di iniziative volte al controllo e al miglioramento della qualità degli autoservizi pubblici non di linea e alla sicurezza dei conducenti e dei passeggeri, anche mediante l'impiego di tecnologie satellitari;

 

c) prevedere il rilascio ai soggetti in possesso dei requisiti stabiliti dall'arti­colo 6 della citata legge n. 21 del 1992, e in prevalenza ai soggetti di cui all'articolo 7, comma 1, lettere b) e c), della medesima legge, di titoli autoriz­zatori temporanei o stagionali, non cedibili, per fronteggiare particolari eventi straordinari o periodi di prevedibile incremento della domanda e in numero proporzionato alle esigenze dell'utenza;

 

d) prevedere in via sperimentale l'attribuzione, prevalentemente a favore di soggetti di cui all'articolo 7, comma 1, lettere b) e c), della citata legge n. 21 del 1992, della possibilità di utilizzare veicoli sostitutivi ed aggiuntivi per l'espletamento di servizi diretti a specifiche categorie di utenti. In tal caso, l'attività dei sostituti alla guida deve svolgersi secondo quanto previsto dalla lettera a);

 

e) prevedere in via sperimentale forme innovative di servizio all'utenza, con obblighi di servizio e tariffe differenziati, rilasciando a tal fine apposite autorizzazioni ai titolari di licenza del servizio di taxi o ai soggetti di cui all'articolo 7, comma 1, lettere b) e c), della citata legge n. 21 del 1992;

 

f) prevedere la possibilità degli utenti di avvalersi di tariffe predeterminate dal comune per percorsi prestabiliti;

 

g) istituire un comitato permanente di monitoraggio del servizio di taxi al fine di favorire la regolarità e l'efficienza dell'espletamento del servizio e di orientare costantemente le modalità di svolgimento del servizio stesso alla domanda effettiva, composto da funzionari comunali competenti in materia di mobilità e di trasporto pubblico e da rappresentanti delle organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, degli operatori di radiotaxi e delle associazioni degli utenti.

 

2. Sono fatti salvi il conferimento di nuove licenze secondo la vigente programmazione numerica e il divieto di cumulo di più licenze al medesimo intestatario, ai sensi della legge 15 gennaio 1992, n. 21, e della disciplina adottata dalle regioni.

 

 

L’articolo 6 - modificato nel corso dell’esame del provvedimento al Senato (sul contenuto del testo originario vigente, vedi infra) - reca interventi per il potenziamento del servizio di taxi.

 

La disciplina del servizio di taxi con autovettura, motocarrozzetta, natante e veicoli a trazione animale è dettata dalla legge 15 gennaio 1992, n. 21 recante “Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici di linea”[79].

Ai sensi dell’articolo 2 della legge, il servizio di taxi ha lo scopo di soddisfare le esigenze del trasporto individuale o di piccoli gruppi di persone e si rivolge ad una utenza indifferenziata. Lo stazionamento avviene in luogo pubblico, le tariffe sono determinate amministrativamente dagli organi competenti, che stabiliscono anche le modalità del servizio. Il prelevamento dell'utente ovvero l'inizio del servizio avvengono all'interno dell'area comunale o comprensoriale. In tali aree la prestazione è obbligatoria.

Le regioni esercitano le loro competenze nel quadro dei principi fissati dalla legge del 1992 stabilendo i criteri cui devono attenersi i comuni nel redigere i regolamenti sull’esercizio degli autoservizi pubblici non di linea (art. 4).

I comuni, nel predisporre i regolamenti sull'esercizio degli autoservizi pubblici non di linea, stabiliscono (art. 5):

a) il numero ed il tipo dei veicoli da adibire ad ogni singolo servizio;

b) le modalità per lo svolgimento del servizio;

c) i criteri per la determinazione delle tariffe per il servizio di taxi;

d) i requisiti e le condizioni per il rilascio della licenza per l'esercizio del servizio di taxi.

Presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura è istituito il ruolo dei conducenti di veicoli adibiti ad autoservizi pubblici non di linea. L'iscrizione nel ruolo avviene previo esame da parte di apposita commissione regionale che accerta i requisiti di idoneità all'esercizio del servizio, con particolare riferimento alla conoscenza geografica e toponomastica. L'iscrizione nel ruolo costituisce requisito indispensabile per il rilascio della licenza per l'esercizio del servizio di taxi e per prestare attività di conducente in qualità di sostituto del titolare della licenza per un tempo definito e/o un viaggio determinato (art. 6).

La licenza per l'esercizio del servizio di taxi è rilasciata dalle amministrazioni comunali, attraverso bando di pubblico concorso, ai singoli che abbiano la proprietà o la disponibilità in leasing del veicolo o natante, che possono gestirla in forma singola o associata. La licenza è riferita ad un singolo veicolo. Non è ammesso, in capo ad un medesimo soggetto, il cumulo di più licenze per l'esercizio del servizio di taxi ovvero il cumulo della licenza per l'esercizio del servizio di taxi e dell'autorizzazione per l'esercizio del servizio di noleggio con conducente (art. 8).

La licenza per l'esercizio del servizio di taxi è trasferita, su richiesta del titolare, a persona dallo stesso designata, purché iscritta nel ruolo ed in possesso dei requisiti prescritti, quando il titolare stesso si trovi in una delle seguenti condizioni:

a) sia titolare di licenza da cinque anni;

b) abbia raggiunto il sessantesimo anno di età;

c) sia divenuto permanentemente inabile o inidoneo al servizio per malattia, infortunio o per ritiro definitivo della patente di guida.

In caso di morte del titolare, la licenza può essere trasferita ad uno degli eredi appartenenti al nucleo familiare del titolare, qualora in possesso dei requisiti prescritti, ovvero può essere trasferita, entro il termine massimo di due anni, dietro autorizzazione del sindaco, ad altri, designati dagli eredi appartenenti al nucleo familiare del titolare, purché iscritti nel ruolo ed in possesso dei requisiti prescritti (art. 9).

I titolari di licenza per l'esercizio del servizio di taxi possono essere sostituiti temporaneamente alla guida del taxi da persone iscritte nel ruolo e in possesso dei requisiti prescritti (art. 10):

a) per motivi di salute, inabilità temporanea, gravidanza e puerperio;

b) per chiamata alle armi;

c) per un periodo di ferie non superiore a giorni trenta annui;

d) per sospensione o ritiro temporaneo della patente di guida;

e) nel caso di incarichi a tempo pieno sindacali o pubblici elettivi.

 

Il testo originario dell’articolo 6 - introducendo una novella all’articolo 8 della legge n. 21 del 1992 – recava la deroga al divieto di cumulo di licenze per il servizio di taxi.

In particolare, veniva introdotto all’articolo 8 il comma 2-bis, che consentiva ai comuni di bandire, per l'assegnazione a titolo oneroso di licenze eccedenti la vigente programmazione numerica, pubblici concorsi e/o concorsi riservati ai titolari di licenza taxi in deroga al divieto di cumulo di licenze. Restava salva la facoltà dei comuni di conferire nuove licenze secondo la vigente programmazione numerica.

Nei casi in cui i comuni avessero esercitato la facoltà sopra prevista, i soggetti assegnatari delle nuove licenze non potevano cedere queste ultime separatamente dalla licenza originaria.

I proventi derivanti dall'assegnazione a titolo oneroso delle nuove licenze - in misura non superiore all'80% e non inferiore al 60% - erano ripartiti tra i titolari di licenza taxi del medesimo comune che mantengono una sola licenza.

I soggetti assegnatari delle licenze dovevano esercitare il servizio personalmente ovvero avvalersi, sotto la propria responsabilità, di conducenti il cui contratto di lavoro subordinato doveva essere trasmesso all'amministrazione vigilante entro le ore 24 del giorno precedente il servizio. Tali conducenti dovevano essere iscritti nel ruolo dei conducenti di veicoli adibiti ad autoservizi pubblici non di linea, istituito presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

Per fronteggiare eventi straordinari i comuni potevano altresì rilasciare autorizzazioni temporanee, non cedibili.

 

Nella relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame sono richiamate – in relazione alla disposizione recante deroga al divieto di cumulo di licenze per il servizio di taxi - due segnalazioni dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato rispettivamente del 1° agosto 1995 e del 3 marzo 2004 .

Nella segnalazione del 2004 l'Autorità rileva che "il mercato del servizio di taxi risulta generalmente caratterizzato, a livello locale, da una insufficiente apertura alla concorrenza, che si manifesta in una domanda da parte dei consumatori non pienamente soddisfatta dall'attuale offerta" e che "un incremento quantitativo dell'offerta appare idoneo a determinare una serie di benefici per i consumatori". L'Autorità osserva che i comuni incontrano una forte resistenza da parte degli operatori del settore, favorevoli al mantenimento delle restrizioni quantitative. Secondo l'Autorità "tali comportamenti trovano fondamento nell'elevato costo che gli operatori già attivi sul mercato hanno sostenuto per l'acquisto di una licenza da altri soggetti. Infatti, benché le licenze siano state originariamente rilasciate gratuitamente da parte delle autorità pubbliche, le stesse sono state sovente alienate sulla base di valori economici, di volta in volta crescenti in termini reali, circostanza questa che, di per sé, riflette la scarsità del numero delle licenze". Dunque "il timore che un incremento del numero delle licenze possa determinare una riduzione del valore di mercato delle stesse, nonché una riduzione dei ricavi attesi, spiega le resistenze". Tra le possibili soluzioni idonee a favorire una maggiore apertura del mercato del servizio di taxi[80] l’Autorità indica:

§         il ricorso a una procedura d'asta a seguito della quale le amministrazioni potrebbero rilasciare nuove licenze, a titolo oneroso: gli introiti derivanti da tale procedura potrebbero essere così impiegati per compensare una tantum gli attuali titolari delle licenze;

§         la distribuzione a titolo gratuito agli operatori del settore di un'ulteriore licenza. "Tale misura avrebbe l'effetto di compensare gli attuali titolari delle licenze della perdita di valore, in termini economici, di queste ultime. I fornitori del servizio taxi, infatti, potrebbero procedere alla vendita della nuova licenza, realizzandone un ricavo, oppure sfruttare entrambe le licenze mediante affidamento della seconda licenza a un altro operatore mantenendone la titolarità. Affinché tale misura sia efficace, appare opportuno che la nuova licenza venga ceduta, ovvero utilizzata, entro un congruo periodo di tempo compatibile con il graduale processo di liberalizzazione.".

 

A seguito della modifica introdotta al Senato, la formulazione dell’articolo 6 risulta integralmente mutata.

Il comma 1 del nuovo testo prevede la facoltà per i comuni – previo parere delle commissioni consultive di cui all'articolo 4, comma 4, della legge n. 21 del 1992[81], ove funzionanti, o di analogo organo partecipativo - di :

§      disporre turnazioni integrative che si aggiungono a quelle ordinarie.

Per l'espletamento del servizio integrativo, i titolari di licenza si avvalgono, in deroga alla disciplina dì cui all'articolo 10 della legge n. 21 del 1992 (vedi supra), di sostituti alla guida in possesso dei requisiti stabiliti dalla medesima legge. I sostituti alla guida devono espletare l'attività in conformità alla vigente normativa ed il titolo di lavoro deve essere trasmesso al comune almeno il giorno precedente all'avvio del servizio.

I comuni dovranno così individuare idonee forme di controllo sistematico circa l'effettivo svolgimento del servizio nei turni dichiarati (lett. a));

§      bandire concorsi straordinari per il rilascio di nuove licenze da assegnare ai soggetti in possesso dei requisiti stabiliti dall'articolo 6 della Iegge n. 21 del 1992: in caso di eccedenza delle domande, i comuni dovranno individuare uno o più criteri selettivi di valutazione automatica o immediata, che assicurino la conclusione della procedura in tempi celeri (lett. b)).

Il rilascio delle nuove licenze deve avvenire:

-       a titolo gratuito o a titolo oneroso.

In caso di rilascio a titolo oneroso, che deve essere effettuato previa determinazione dell’importo della licenza, i proventi sono utilizzati secondo le seguenti modalità:

·         una parte non inferiore all'80 per cento, deve essere ripartita tra i titolari di licenza di taxi del medesimo comune;

·         la restante parte può essere utilizzata dal comune per il finanziamento di iniziative volte al controllo e al miglioramento della qualità degli autoservizi pubblici non di linea e alla sicurezza dei conducenti e dei passeggeri, anche mediante l'impiego di tecnologie satellitari;

-          in conformità alla vigente programmazione numerica ovvero in deroga ove la programmazione numerica sia assente o non sia ritenuta idonea dal comune ad assicurare un livello di offerta adeguato;

§         prevedere il rilascio di titoli autorizzatori temporanei o stagionali di natura non cedibile (lett. c)):

-       per fronteggiare particolari eventi straordinari o periodi di prevedibile incremento della domanda;

-       in numero proporzionato alle esigenze dell'utenza;

-       in favore di soggetti in possesso dei requisiti stabiliti dall'articolo 6 della legge n. 21 del 1992 ed in prevalenza a soggetti iscritti, nella qualità di titolari di impresa artigiana di trasporto, all'albo delle imprese artigiane previsto dall'articolo 5 della legge 8 agosto 1985, n. 443, o associati in cooperative di produzione e lavoro, intendendo come tali quelle a proprietà collettiva, ovvero in cooperative di servizi, operanti in conformità alle norme vigenti sulla cooperazione[82];

§      prevedere in via sperimentale la possibilità per soggetti associati in cooperative di produzione e lavoro o associati in consorzio tra imprese artigiane ed in tutte le altre forme previste dalla legge[83], dì utilizzare veicoli sostitutivi ed aggiuntivi, per l'espletamento di servizi diretti a specifiche categorie di utenti: n tal caso, l'attività dei sostituti alla guida deve svolgersi secondo quanto previsto dalla lettera a) (lett. d));

§      prevedere in via sperimentale forme innovative di servizio all'utenza, con obblighi di servizio e tariffe differenziati, rilasciando a tal fine apposite autorizzazioni ai titolari di licenza del servizio di taxi o ai soggetti di cui all'articolo 7, comma 1, lettere b) e c), della legge n. 21 del 1992 (titolari di licenza di taxi associati in cooperative di produzione e lavoro o titolari di licenza di taxi associati in consorzio tra imprese artigiane ed in tutte le altre forme previste dalla legge)(lett. e)).

§      prevedere la possibilità degli utenti di avvalersi di tariffe predeterminate dal comune per percorsi prestabiliti;

§      istituire un comitato permanente di monitoraggio del servizio dì taxi - composto da funzionari comunali competenti in materia di mobilità e di trasporto pubblico e da rappresentanti delle organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative degli operatori di radiotaxi e delle associazioni degli utenti - al fine di:

-       favorire la regolarità e l'efficienza dell'espletamento del servizio;

-       orientare costantemente le modalità di svolgimento del servizio alla domanda effettiva.

 

La disposizione finalizza espressamente le facoltà dei comuni sopra elencate ai seguenti obiettivi:

1) assicurare per il servizio di taxi il tempestivo adeguamento dei livelli essenziali di offerta del servizio taxi necessari all'esercizio del diritto degli utenti alla mobilità, in conformità ai principi comunitari di libera concorrenza e di libertà di circolazione delle persone e dei servizi;

2) garantire la funzionalità e l'efficienza del servizio adeguati ai fini della mobilità urbana ai sensi degli articoli 43, 49, 81, 82 ed 86 del Trattato istitutivo della Comunità europea[84] e degli articoli 3,11, 16, 32, 41 e 117, comma secondo, lettere e) ed m) della Costituzione.

 

L’art. 43 del Trattato TCE vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro, mentre l’articolo 49 vieta le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all'interno della Comunità nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità, che non sia quello del destinatario della prestazione.

Ai sensi dell’articolo 81 del Trattato, sono incompatibili con il mercato comune e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune.

È incompatibile con il mercato comune e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di questo (art. 82).

Gli Stati membri non emanano né mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del presente trattato. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del presente trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della Comunità.

 

Si fa presente che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato - nella segnalazione sopra citata del 3 marzo 2004 - individua, quali criteri funzionali a garantire una regolazione pro-concorrenziale della prestazione dei servizi di taxi, tre profili ritenuti essenziali: accesso al mercato, gamma dei servizi offerti, modalità di prestazione del servizio (come ad esempio i turni).

Oltre alle iniziative volte a favorire una maggiore apertura del mercato dei servizi dei taxi (vedi supra), l’Autorità indica le seguenti misure collaterali idonee a facilitare il riassorbimento dello squilibrio tra domanda e offerta del servizio taxi:

§       rilascio di licenze part-time, onde permettere una maggiore copertura del servizio di taxi durante gli orari di "punta". Al riguardo, l’Autorità osserva che “la fissazione dei turni di servizio non appare necessaria ai fini del corretto funzionamento del mercato prestandosi, al contrario, alla ripartizione dell'offerta del servizio per fasce orarie tra i concorrenti. La determinazione dei turni di servizio rappresenta, in tal senso, una garanzia a vantaggio degli operatori del settore piuttosto che un beneficio per i consumatori.”;

§       eliminazione dell'attuale segmentazione territoriale prevista per ciascuna area comunale, consentendo ai possessori di licenze di esercitare la propria attività anche al di fuori dell'area geografica per la quale sono state rilasciate originariamente le licenze stesse;

§       autorizzazioni per un servizio di taxi innovativo, associato ad un minore assoggettamento agli obblighi di servizio, sull'esempio dei minicabs londinesi, i quali possono effettuare il servizio di trasporto clienti solo tramite prenotazione telefonica ed applicare tariffe differenziate da quelle dei taxi a chiamata diretta su strada;

§       ottimizzazione degli spazi utilizzati come aree di sosta dei taxi, in un’ottica di incremento dell'offerta, nonché di una maggiore efficienza del servizio di taxi;

§       sviluppo dei servizi alternativi o complementari al taxi tradizionale, quali il "taxibus" e il servizio di "uso collettivo del taxi", ampliando e diversificando l'offerta complessiva di tali servizi a vantaggio dell'utenza finale[85].

 

Si segnala che non appare chiaro - in relazione al contenuto della disposizione in esame - il senso dei riferimenti agli articoli 11 e 32 della Costituzione, stante che il primo è relativo al ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, e il secondo attiene al riconoscimento della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.

 

Il comma 2 stabilisce che restano comunque fermi:

§      il conferimento di nuove licenze secondo la vigente programmazione numerica;

§      il divieto di cumulo di più licenze al medesimo intestatario, ai sensi della legge n. 21 del 1992 e della disciplina adottata dalle regioni.

 

Si segnala che andrebbe valutata l’opportunità di formulare la disposizione in esame in termini di novella alla legge n. 21 del 1992 recante la disciplina generale del servizio di taxi.


Articolo 7
(Misure urgenti in materia di passaggi di proprietà
di beni mobili registrati)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. L'autenticazione degli atti e delle dichiarazioni aventi ad oggetto l'alienazione di beni mobili registrati e rimorchi o la costituzione di diritti di garanzia sui medesimi può essere richiesta anche agli uffici comunali ed ai titolari degli sportelli telematici dell'automobilista di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, che sono tenuti a rilasciarla gratuitamente, tranne i previsti diritti di segreteria, nella stessa data della richiesta, salvo motivato diniego.

1. L'autenticazione della sottoscri­zione degli atti e delle dichiarazioni aventi ad oggetto l'alienazione di beni mobili registrati e rimorchi o la costituzione di diritti di garanzia sui medesimi può essere richiesta anche agli uffici comunali ed ai titolari degli sportelli telematici dell'automobilista di cui all'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, che sono tenuti a rilasciarla gratuitamente, tranne i previsti diritti di segreteria, nella stessa data della richiesta, salvo motivato diniego.

2. I commi 390 e 391 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono abrogati.

2. Identico.

 

 

L’articolo 7 reca disposizioni in materia di passaggi di proprietà dei beni mobili registrati, abrogando conseguentemente i commi 390-391 della legge 266/2005 (legge finanziaria per il 2006) relativi alla disciplina in esame.

 

Il comma 1 prevede che l’autenticazione della sottoscrizione[86] degli atti e delle dichiarazioni aventi ad oggetto l'alienazione di beni mobili registrati e rimorchi o la costituzione di diritti di garanzia sui medesimi possa essere richiesta anche:

§      agli uffici comunali;

§      ai titolari degli sportelli telematici dell'automobilista ossia:

-       uffici provinciali del Dipartimento dei trasporti terrestri (ex motorizzazione civile);

-       uffici provinciali dell'A.C.I. che gestiscono il P.R.A.;

-       delegazioni dell'A.C.I.

-       imprese di consulenza automobilistica, ossia agenzie di pratiche auto.

 

La disposizione nasce, come esplicitato nella relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del decreto legge, dalla necessità di superare non solo l'attuale normativa - considerata non del tutto univoca in ordine all'individuazione dei soggetti competenti alla autentica ed alle modalità per effettuarla - ma anche le difficoltà attuative di quei dispositivi normativi che pure già prevedevano semplificazioni e la possibile gratuità di tali operazioni.

 

Lo sportello telematico dell’automobilista (cd. “STA”) è stato istituito con DPR n. 358/2000[87] al fine di semplificare i procedimenti relativi all'immatricolazione, alla reimmatricolazione, alla registrazione della proprietà, ai passaggi di proprietà degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei loro rimorchi.

Lo Sportello Telematico dell'Automobilista è attivato presso gli Uffici Provinciali dell'ACI, gli Uffici Provinciali della Motorizzazione Civile, le delegazioni ACI e le imprese di consulenza automobilistica[88] abilitate al servizio che devono esporre un logo .

Lo Sportello è entrato a regime il 16 dicembre 2002 per i trasferimenti di proprietà con data dell'atto di vendita posteriore al 15 dicembre 2002, e per le radiazioni. Per le prime immatricolazioni/iscrizioni di veicoli nuovi l'obbligo di utilizzo delle procedure attraverso lo STA è in vigore dal 1° giugno 2004.

Le pratiche gestite dallo Sportello Telematico dell'Automobilista, come previsto dal DPR 358/2000 come successivamente integrato e modificato, sono:

-       l'immatricolazione e l'iscrizione di autoveicoli e motoveicoli nuovi (ad esclusione dei veicoli nuovi provenienti da Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea o aderenti allo spazio economico europeo tramite canali d'importazione non ufficiali e perciò privi del codice di antifalsificazione o del codice di omologazione nazionale; dei veicoli usati già in possesso della documentazione di circolazione rilasciata da uno Stato diverso da quelli membri dell'Unione europea o aderenti allo spazio economico europeo; dei veicoli che necessitano di particolari titoli autorizzativi oppure di collaudo o certificato di approvazione);

-       la reimmatricolazione o il rinnovo di iscrizione e il trasferimento di proprietà degli autoveicoli e dei motoveicoli (ad esclusione dei veicoli che necessitano di particolari titoli autorizzativi oppure di collaudo o certificato di approvazione);

-       la cessazione dalla circolazione (radiazione) per demolizione e per esportazione definitiva all'estero degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi.

 

I soggetti sopra indicati sono tenuti ad effettuare l’autenticazione della sottoscrizione:

§      nella stessa data della richiesta, salvo motivato diniego;

§      gratuitamente, tranne i diritti di segreteria.

 

Si sottolinea che la disposizione in esame non reca alcuna specificazione in merito alla competenza territoriale sia degli uffici comunali sia degli uffici titolari di sportello telematico.

 

Il comma 2 reca l'abrogazione dei commi 390 e 391 dell'articolo 1 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006).

 

Il comma 390 stabiliva che l'autenticazione degli atti e delle dichiarazioni aventi ad oggetto l'alienazione o la costituzione di diritti di garanzia sui veicoli fosse effettuata dai dirigenti del comune di residenza del venditore, dai funzionari di cancelleria in servizio presso gli uffici giudiziari appartenenti al distretto di corte d'appello di residenza del venditore, dai funzionari degli uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché dai funzionari del pubblico registro automobilistico gestito dall'Automobile Club d'Italia (ACI) o dai titolari delle agenzie automobilistiche autorizzate presso le quali fosse stato attivato lo sportello telematico dell'automobilista, o da un notaio iscritto all'albo. L’autenticazione doveva essere effettuata gratuitamente da tutti i soggetti sopra indicati, fatta eccezione per i notai.

Il comma 391 rinviava ad un decreto di natura non regolamentare - peraltro, non ancora emanato alla data di entrata in vigore del decreto legge in esame - adottato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministero dell'economia e delle finanze, con il Ministero della giustizia e con il Ministero dell'interno, per la disciplina le concrete modalità applicative dell'attività di cui al comma 390.

A fini di completezza, si ricorda che il comma 392 dell’articolo 1 della legge finanziaria reca l’abrogazione dei commi 4, 5 e 6 dell’articolo 3 del DL 35/2005[89], che recavano la previgente disciplina dell’attività di autenticazione oggetto delle disposizioni in esame.

 

Rispetto alla normativa oggetto di abrogazione, la disposizione in esame non include tra i soggetti competenti per l’autenticazione i funzionari di cancelleria degli uffici giudiziari e reca il riferimento ai “beni mobili registrati” in luogo di quello ai “veicoli”: risulta, così, esteso il campo di applicazione della disposizione anche a navi o aeromobili.

 


Articolo 8
(Clausole anticoncorrenziali in tema di assicurazione per la responsabilità civile auto)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. In conformità al principio comu­nitario della concorrenza e alle regole sancite dagli articoli 81, 82 e 86 del Trattato istitutivo della Comunità europea, dalla data di entrata in vigore del presente decreto è fatto divieto alle compagnie assicurative e ai loro agenti di vendita di stipulare nuove clausole contrattuali di distribuzione esclusiva e di imposizione di prezzi minimi o di sconti massimi per l'offerta di polizze relative all'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile auto.

1. In conformità al principio comu­nitario della concorrenza e alle regole sancite dagli articoli 81, 82 e 86 del Trattato istitutivo della Comunità europea, dalla data di entrata in vigore del presente decreto è fatto divieto alle compagnie assicurative e ai loro agenti di vendita di stipulare nuove clausole contrattuali di distribuzione esclusiva e di imposizione di prezzi minimi o di sconti massimi per l'offerta ai consumatori di polizze relative all'assicurazione obbli­gatoria per la responsabilità civile auto.

2. Le clausole contrattuali che impegnano, in esclusiva, uno o più agenti assicurativi o altro distributore di servizi assicurativi relativi al ramo responsabilità civile auto ad una o più compagnie assicurative individuate, o che impongono ai medesimi soggetti il prezzo minimo o lo sconto massimo praticabili ai consumatori per gli stessi servizi, sono nulle secondo quanto previsto dall'articolo 1418 del codice civile. Le clausole sottoscritte prima della data di entrata in vigore del presente decreto sono fatte salve fino alla loro naturale scadenza e comunque non oltre il 1o gennaio 2008.

2. Identico.

3. Fatto salvo quanto disposto dal comma 2, costituiscono intesa restrittiva ai sensi dell'articolo 2 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, l'imposizione di un mandato di distribuzione esclusiva o del rispetto di prezzi minimi o di sconti mas­simi al consumatore finale nell'adempi­mento dei contratti che regolano il rapporto di agenzia di assicurazione relativamente all'assicurazione obbligato­ria per responsabilità civile auto.

3. Identico.

 

3-bis. All'articolo 131 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:

 

«2-bis. Per l'offerta di contratti relativi all'assicurazione r.c. auto, l'intermediario rilascia preventiva informazione al consumatore sulle provvigioni riconosciutegli dall'im­presa o, distintamente, dalle imprese per conto di cui opera. L'informazione è affissa nei locali in cui l'inter­mediario opera e risulta nella documentazione rilasciata al contraente.

 

2-ter. I preventivi e le polizze indicano, in modo evidenziato, il premio di tariffa, la provvigione dell'intermediario, nonché lo sconto complessivamente riconosciuto al sottoscrittore del contratto».

 

 

Il comma 1 vieta alle compagnie di assicurazione e ai loro agenti di vendita operanti nel settore dell'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile auto di stipulare nuove clausole contrattuali:

§      di distribuzione esclusiva;

§      di imposizione di prezzi minimi ovvero di sconti massimi praticabili nei riguardi dei consumatori contraenti.

Il divieto è efficace dal 4 luglio 2006 (data di entrata in vigore del presente decreto-legge).

La misura è dichiaratamente volta a dare attuazione ai princìpi comunitari sulla concorrenza, di cui agli articoli 81, 82 e 86 del trattato istitutivo della Comunità europea (TCE).

 

L'articolo 81 del Trattato riguarda il divieto di accordi tra imprese che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune; l'articolo 82 il divieto di sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato comune; l'articolo 86 il divieto - per gli Stati membri - di mantenere, nei confronti delle imprese pubbliche, qualunque misura contraria alle norme del Trattato, specialmente a quelle relative alla concorrenza.

 

Si osserva che il riferimento all’ “assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile auto“ comprende solo una parte delle fattispecie soggette all’assicurazione obbligatoria da ultimo disciplinata dal titolo X del codice delle assicurazioni, emanato con decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, che riguarda tutti i veicoli a motore senza guida di rotaie circolanti su strade di uso pubblico (art. 122) e le unità nautiche da diporto dotate di motore naviganti in acque ad uso pubblico (art. 123).

 

Il comma 2 dichiara nulle per contrarietà a norme imperative, ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile, le clausole contrattuali vietate dal comma 1, estendendone l'ambito di applicazione non solo agli agenti assicurativi ma anche ad ogni altro “distributore di servizi assicurativi" relativi al ramo responsabilità civile auto.

 

Le clausole sottoscritte prima del 4 luglio 2006 (data di entrata in vigore del presente decreto) sono fatte salve fino alla loro naturale scadenza, comunque non oltre il 1° gennaio 2008.

In base alle norme del codice civile, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevata d'ufficio dal giudice (art. 1421); la relativa azione è imprescrittibile (art. 1422).

 

Si osserva che l’articolo 1418 del codice civile disciplina le cause di nullità del contratto, disponendo fra l’altro che esso sia nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente.

La disposizione qui illustrata riguarda invece la nullità di singole clausole contrattuali, che dovrebbero intendersi come non apposte, senza che ne risulti inficiata la validità del contratto cui accedono.

 

Il comma 3 dichiara rientranti nella categoria delle intese restrittive della libertà di concorrenza disciplinata dall'articolo 2 della legge n. 287 del 1990[90] le clausole già menzionate, facendo salva la nullità disposta dal comma 2.

 

L'articolo 2 della legge n. 287 del 1990 riprende i princìpi dell'articolo 81 TCE. In particolare sono definite come intese "gli accordi e/o le pratiche concordati tra imprese nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari". L'articolo 2 vieta e dichiara nulle le intese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante.

 

L'inclusione delle clausole qui considerate nella fattispecie definita dall'articolo 2 della legge n. 287 del 1990 determina l'applicabilità delle norme previste dal capo II (articoli da 12 a 15) della stessa legge. Pertanto, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato può procedere a indagini conoscitive di natura generale e ad istruttorie per verificare l'esistenza di infrazioni. Nei casi di presunta infrazione, l'apertura dell'istruttoria è notificata alle imprese e enti interessati, i cui rappresentanti legali hanno diritto di essere sentiti e di presentare deduzioni. L'Autorità può chiedere alle imprese o enti di fornire informazioni e di esibire documenti; disporre ispezioni, perizie e analisi economiche e statistiche; avvalersi di esperti. Se a seguito dell'istruttoria l'Autorità ravvisa infrazioni, fissa un termine per la cessazione delle infrazioni. Nel caso di infrazioni gravi può disporre l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria sino al 10 per cento del fatturato.

Per l'esame degli articoli 14-bis e 14-ter nonché del comma 2-bis dell’articolo 15, introdotti nella legge n. 287 del 1990 dal presente decreto, si rimanda all’illustrazione del successivo articolo 14.

 

Nella sua relazione, il governo fa riferimento all'indagine conoscitiva dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato conclusasi il 17 aprile 2003.

 

Nelle sue conclusioni, l'Autorità afferma che la soluzione organizzativa prevalente in Italia, nella distribuzione delle polizze RC auto, resta quella incentrata sull'impiego di agenti monomandatari. Ciò determina, secondo l'Autorità, due effetti distorsivi:

-       ostacola l'ingresso di nuovi operatori;

-       obbliga i consumatori ad una costosa ricerca e determina dunque una scarsa mobilità.

Le relazioni verticali di esclusiva tra produttori e distributori accrescono i costi dell'attività di ricerca per i consumatori, contribuendo ad irrigidire la domanda che si rivolge alle singole imprese, in un contesto in cui la domanda complessiva di mercato è rigida per effetto dell'obbligatorietà della polizza. L'Autorità ha registrato infatti che non è soltanto la domanda complessiva ad essere rigida, ma anche la domanda della singola impresa. In linea teorica il consumatore potrebbe reagire alle variazioni di prezzo praticate da una singola compagnia, ricercando un'altra compagnia che propone un'offerta migliore in termini di prezzo e qualità del servizio. Tuttavia tale attività di ricerca viene svolta solo quando i vantaggi attesi dalla stessa risultano superiori ai costi che questa comporta. Quando i consumatori sperimentano elevati costi di ricerca, anche la domanda di impresa risulta rigida.

 

La seguente tabella[91] illustra il diverso grado di mobilità degli assicurati italiani rispetto a quelli esteri.


 

Clienti che non cercano polizze alternative
al momento del rinnovo del contratto

Italia
(2004)

Spagna
(2005)

Germania (2004)

Francia
(2005)

69%

56%

42%

39%

 

 

Periodo medio di fedeltà dei clienti
(anni)

Italia

Germania

Regno Unito

12,5

4,7

2,9

 

L'Autorità affronta anche l'altra questione che costituisce oggetto del presente decreto: l'imposizione di sconti massimi e di prezzi minimi. Al riguardo, essa afferma che la scarsa flessibilità tariffaria consentita agli agenti assicurativi impedisce agli agenti di agire sulla leva del prezzo, anche rinunciando ad una parte dei loro compensi per acquisire nuovi clienti. Ciò riduce di conseguenza la concorrenza. L'Autorità nota però che "[p]er consentire ai consumatori di beneficiare effettivamente dei vantaggi del nuovo sistema distributivo è necessaria una modifica del metodo di retribuzione dei distributori. Ciò al fine di evitare che questi ultimi siano incentivati a proporre al consumatore esclusivamente i prodotti delle compagnie che corrispondono loro il compenso più elevato. In questo senso le imprese potrebbero limitarsi a fissare il prezzo di cessione all'agente della polizza (una sorta di "prezzo all'ingrosso") e non il premio finale per il consumatore, avvicinando così la figura dell'agente a quella di un normale distributore".

 

Al riguardo va ricordato che l'articolo 132 del codice delle assicurazioni private (decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209), nel disciplinare l’obbligo di contrarre, prevede che le imprese di assicurazione hanno l'obbligo di stabilire preventivamente le tariffe per ogni rischio derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti. Tale norma riproduce, per ciò che qui interessa, la previgente norma recata dall'articolo 11 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, come modificato dall'articolo 126 del D.Lgs. n. 175 del 1995. In merito, l'ISVAP aveva emesso la circolare n. 260 del 1995, nella quale affermava che le imprese dovevano prevedere nelle direttive impartite alla propria rete agenziale la percentuale massima dello sconto nonché la percentuale massima dei contraenti ai quali lo sconto poteva essere concesso. Questa parte della circolare è stata tuttavia abrogata dalla successiva circolare n. 502/D del 2003, nella quale si afferma che l'impresa ha facoltà di utilizzare la flessibilità tariffaria quale strumento di ulteriore personalizzazione del rischio, tenuto conto del fabbisogno tariffario complessivo.

D’altronde, l’articolo 35 del medesimo codice delle assicurazioni disciplina la formazione delle tariffe per i rami responsabilità civile veicoli e natanti, in particolare prescrivendo che in questo caso l'impresa calcoli distintamente i premi puri e i caricamenti in coerenza con le proprie basi tecniche, sufficientemente ampie ed estese ad almeno cinque esercizi. Ove tali basi non siano disponibili, l'impresa può fare ricorso a rilevazioni statistiche di mercato. A norma dell’articolo 34, le basi tecniche, i metodi statistici e le ipotesi tecniche e finanziarie utilizzate nonché la coerenza dei premi di tariffa sono soggette a verifica da parte di un attuario incaricato dall’impresa, anche per agevolare l’esercizio dei poteri di vigilanza da parte dell’ISVAP.

 

Il comma 3-bis integra la formulazione dell’articolo 131 del codice delle assicurazioni, emanato con decreto legislativo 7 settembre 2005, n, 209, inserendovi i nuovi commi 2-bis e 2-ter, volti a integrare le regole di trasparenza ivi stabilite per la stipulazione dei contratti d’assicurazione sulla responsabilità civile per la circolazione di veicoli e natanti, segnatamente in relazione alle provvigioni riconosciute all’intermediario.

 

L’articolo 131 del codice delle assicurazioni concerne la trasparenza dei premi e delle condizioni di contratto per l’assicurazione obbligatoria dei veicoli e dei natanti.

Il comma 1 prescrive alle imprese di mettere a disposizione del pubblico, presso ogni punto di vendita e nei siti internet, la nota informativa e le condizioni di contratto praticate nel territorio della Repubblica.

Il comma 2 impone di pubblicizzare i premi mediante preventivi personalizzati rilasciati presso ogni punto di vendita dell'impresa di assicurazione, nonché mediante siti internet che permettono di ricevere il medesimo preventivo per i veicoli e per i natanti individuati nel regolamento di attuazione.

Il comma 3 rimette all'ISVAP di determinare con regolamento gli obblighi a carico delle imprese e degli intermediari.

 

Il nuovo comma 2-bis prescrive che per l’offerta di contratti relativi all’assicurazione responsabilità civile auto, l’intermediario rilasci preventiva informazione al consumatore sulle provvigioni riconosciutegli dall’impresa o, distintamente, dalle diverse imprese per conto delle quali opera. L’informazione deve essere affissa nei locali in cui l’intermediario opera e deve risultare nella documentazione rilasciata al contraente.

Il comma 2-ter dispone che i preventivi e le polizze debbono indicare, in modo evidenziato (ossia separatamente), il premio di tariffa, la provvigione dell’intermediario, nonché lo sconto complessivamente riconosciuto al sottoscrittore del contratto.

 

Come già rilevato in relazione al comma 1, si osserva che il riferimento all’ “assicurazione responsabilità civile auto“ comprende solo una parte delle fattispecie soggette all’assicurazione obbligatoria, disciplinate nei restanti commi dell’articolo 131 qui novellato.

 

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 19 aprile 2006 la Commissione ha trasmesso un parere motivato supplementare all’Italia (Procedura d’infrazione 2004/4252) in merito alla legislazione italiana che impone, a tutte le imprese di assicurazione abilitate a fornire l’assicurazione di responsabilità civile auto (RC auto) in Italia, l’obbligo di offrire l'assicurazione per tutte le categorie di assicurati in tutte le regioni italiane. In merito la Commissione ha ricevuto una serie di denunce di diverse compagnie assicurative.

In primo luogo la Commissione esamina l’obbligo per le imprese di assicurazione di calcolare le proprie tariffe per l’assicurazione RC auto conformemente alle basi tecniche utilizzate per la fissazione dei premi nel corso degli ultimi cinque esercizi.

A parere della Commissione, tale meccanismo è contrario al principio della libertà tariffaria di cui alla terza direttiva assicurazione non vita (92/49/CEE).

Inoltre, dal momento che la norma sul controllo delle tariffe si applica anche ad imprese aventi la propria sede principale in altri Stati membri, la Commissione ritiene che il regime sia anche contrario al principio fondamentale del Mercato interno del controllo dello Stato d’origine.

In secondo luogo, la Commissione ritiene che l’obbligo a contrarre sia in quanto tale una limitazione immotivata del principio della libertà di stabilimento di cui all’articolo 43 CE e del principio della libera prestazione di servizi di cui all'articolo 49 CE.

Nell’ottobre 2005 la Commissione aveva già trasmesso all’Italia un parere motivato. Nella loro risposta le autorità italiane avrebbero essenzialmente ribadito che le norme contestate sono necessarie affinché tutti i guidatori possano ottenere l’assicurazione in tutte le parti d'Italia.

Pur riconoscendo che i motivi di tutela dei consumatori e di ordine pubblico possono giustificare restrizioni alle libertà fondamentali, la Commissione considera le restrizioni previste dalla normativa italiana non proporzionate in quanto esisterebbero mezzi meno restrittivi per raggiungere tale obiettivo.

 


Articolo 9
(Prime misure per il sistema informativo
sui prezzi dei prodotti agro-alimentari)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. All'articolo 23 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dopo il comma 2-ter, sono aggiunti i seguenti:

1. Identico:

«2-quater. Al fine di garantire l'informazione al consumatore, poten­ziando il sistema della rilevazione dei prezzi all'ingrosso ed al dettaglio dei prodotti agro-alimentari e migliorandone l'efficienza ed efficacia, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali mettono a disposizione delle regioni, delle province e dei comuni il collegamento ai sistemi informativi delle strutture ad essi afferenti, secondo le modalità prefissate d'intesa dai medesimi Ministeri.

«2-quater. Al fine di garantire l'informazione al consumatore, poten­ziando il sistema della rilevazione dei prezzi all'ingrosso ed al dettaglio dei prodotti agro-alimentari e migliorandone l'efficienza ed efficacia, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali mettono a disposizione delle regioni, delle province e dei comuni il collegamento ai sistemi informativi delle strutture ad essi afferenti, secondo le modalità prefissate d'intesa dai medesimi Ministeri.

2-quinquies. I dati aggregati raccolti sono resi pubblici anche mediante la pubblicazione sul sito internet e la stipula di convenzioni gratuite con testate giornalistiche ed emittenti radio televisive.».

2-quinquies. I dati aggregati raccolti sono resi pubblici anche mediante la pubblicazione sul sito internet e la stipula di convenzioni gratuite con testate giornalistiche ed emittenti radio televisive e gestori del servizio di telefonia.».

2. All'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 17 giugno 1996, n. 321, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1996, n. 421, dopo la lettera c), è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

«c-bis) effettuare, a richiesta delle amministrazioni pubbliche interessate, rilevazioni dei prezzi al dettaglio dei prodotti agro-alimentari.».

2. Identico.

 

 

L’articolo 9 è volto a consentire a regioni e enti locali di avvalersi del collegamento al Consorzio obbligatorio Infomercati, al fine di promuovere una più diffusa informazione al consumatore sui prezzi all’ingrosso e al dettaglio dei prodotti agro-alimentari.

 

Il comma 1 aggiunge i commi 2-quater e 2-quinquies dell'articolo 23 del decreto legge 269/2003[92] convertito dalla legge 326/2003.

 

Il nuovo comma 2-quater prevede che il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, mettano a disposizione delle regioni, delle province e dei comuni il collegamento "ai sistemi informativi delle strutture ad essi afferenti", secondo le modalità prefissate d'intesa dai medesimi Ministeri. Tale operazione è effettuata al fine di potenziare il sistema della rilevazione dei prezzi all'ingrosso ed al dettaglio dei prodotti agro-alimentari e di migliorarne l'efficienza ed efficacia. In tal modo, secondo la relazione del governo, si intende garantire una più diffusa informazione a vantaggio dei consumatori sui prezzi all'ingrosso dei prodotti agro-alimentari.

 

Secondo la relazione che accompagna il disegno di legge di conversione del decreto-legge, si tratta del Consorzio obbligatorio Infomercati, di cui all'articolo 2 del decreto-legge 17 giugno 1996, n. 321[93], convertito nella legge 8 agosto 1996, n. 421, peraltro non espressamente richiamato dalla disposizione in esame.

 

Il nuovo comma 2-quinquies prevede che i dati aggregati siano resi pubblici anche mediante la pubblicazione sul sito internet (il testo non specifica quale; è probabilmente da intendersi quello del Consorzio Infomercati: www.infomercati.com) e la stipula di convenzioni gratuite con testate giornalistiche, con emittenti radio-televisive e (a seguito di una modifica apportata al Senato) con gestori del servizio di telefonia.

 

Il comma 2 prevede l'aggiunta della lettera c-bis) all'articolo 2, comma 1, del decreto legge 321/1996, convertito dalla legge 421/1996. Il richiamato art. 2 è la norma che disciplina i compiti del Consorzio Infomercati.

 

Il Consorzio ha il compito di:

a) realizzare un sistema di collegamento informatico e telematico su tutto il territorio nazionale dei mercati agro-alimentari all'ingrosso;

b) gestire e diffondere le informazioni raccolte in modo da assicurare la trasparenza della formazione dei prezzi all'ingrosso dei prodotti agro-alimentari;

c) provvedere al collegamento con organismi comunitari ed extra-comunitari, anche al fine di raccogliere e diffondere l'informazione sulle tendenze dei mercati internazionali.

Con la nuova lettera c-bis) al Consorzio è assegnato l'ulteriore compito di effettuare, a richiesta delle Amministrazioni pubbliche interessate, rilevazioni dei prezzi al dettaglio dei prodotti agro-alimentari.

Il Consorzio Infomercati ha personalità giuridica ed è stato istituito dall'art. 2 del citato decreto-legge 321/1996 come "Consorzio obbligatorio per la realizzazione e gestione del sistema informatico dei mercati agro-alimentari all'ingrosso".

Al Consorzio devono partecipare le società consortili a maggioranza di capitale pubblico che usufruiscono, per la realizzazione dei mercati agro-alimentari all'ingrosso, delle agevolazioni previste dall'articolo 11, comma 16, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, e tutti gli altri enti e società gestori dei mercati agro-alimentari all'ingrosso inseriti nei piani regionali. I destinatari delle agevolazioni di cui alla citata legge del 1986 sono le società promotrici di centri commerciali all'ingrosso, i consorzi tra operatori che gestiscono aree pubbliche destinate allo svolgimento dei mercati, anche partecipati da capitale pubblico, per la realizzazione, la ristrutturazione e l'ammodernamento delle aree attrezzate per l'attività mercatale, nonché le società consortili con partecipazione maggioritaria di capitale pubblico che realizzano mercati agro-alimentari all'ingrosso di interesse nazionale, regionale e provinciale.

Il Consorzio non ha fini di lucro ed è retto da uno statuto approvato con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato[94]. Le deliberazioni degli organi del Consorzio adottate in relazione agli scopi del presente decreto ed a norma dello statuto sono obbligatorie per tutti i partecipanti.

Il Consorzio può, altresì, secondo le modalità che saranno stabilite nello statuto erogare servizi a chi dovesse richiederli verso pagamento del relativo prezzo.

Le quote di partecipazione al Consorzio sono determinate in base alla quantità di merce movimentata ed alle merceologie presenti nei mercati. I costi di gestione sono ripartiti tra i consorziati proporzionalmente alle quote di partecipazione possedute.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 14 luglio 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2006)325) con la quale viene avviata una consultazione, che terminerà il 1° settembre 2006, relativa alla applicazione nei diversi Stati membri della direttiva 1998/CE sulla protezione dei consumatori in materia di indicazione del prezzo dei prodotti. Sulla base dei risultati di tale consultazione e alla luce del processo di revisione in corso dell’acquis in materia di protezione dei consumatori, la Commissione valuterà l’opportunità di nuove iniziative legislative relative all’indicazione dei prezzi.

 


Articolo 10
(Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 10.

(Condizioni contrattuali dei conti correnti bancari).

Articolo 10.

(Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali).

1. L'articolo 118 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, è sostituito dal seguente:

1. L'articolo 118 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, è sostituito dal seguente:

«Art. 118. - (Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali). - 1.Nei contratti di durata può essere convenuta la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni di contratto qualora sussista un giustificato motivo.

«Art. 118. - (Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali). - 1.Nei contratti di durata può essere convenuta la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni di contratto qualora sussista un giustificato motivo nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 1341, secondo comma, del codice civile.

2. Qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente per iscritto, secondo modalità immedia­tamente comprensibili, con preavviso minimo di trenta giorni.

3. Entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione scritta, il cliente ha diritto di recedere senza penalità e senza spese di chiusura e di ottenere, in sede di liquidazione del rapporto, l'applicazione delle condizioni precedentemente praticate.

2. Qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula: "Proposta di modifica unilaterale del contratto", con preavviso minimo di trenta giorni, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente. La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro sessanta giorni. In tal caso, in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all'applicazione delle condizioni precedentemente praticate.

4.Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le prescrizioni del presente articolo sono inefficaci, se pregiudizievoli per il consumatore.

3. Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le prescrizioni del presente articolo sono inefficaci, se sfavorevoli per il cliente.

5. Le variazioni dipendenti da modifiche del tasso di riferimento devono operare, contestualmente e in pari misura, sia sui tassi debitori sia su quelli creditori.».

4. Le variazioni dei tassi di interesse conseguenti a decisioni di politica monetaria riguardano contestualmente sia i tassi debitori che quelli creditori e si applicano con modalità tali da non recare pregiudizio al cliente».

 

2. In ogni caso, nei contratti di durata, il cliente ha sempre la facoltà di recedere dal contratto senza penalità e senza spese di chiusura.

 

 

L’articolo 10, comma 1, sostituisce interamente l’articolo 118 (“Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali”: c.d. ius variandi) del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, recante “Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia” (c.d. TUB). L’articolo è stato integralmente sostituito nel corso dell’esame al Senato.

 

La disposizione precedente all’entrata in vigore del decreto stabiliva (comma 1) che - qualora nei contratti stipulati dalle banche e dagli intermediari finanziari con i correntisti fosse prevista la facoltà di modificare unilateralmente i tassi di interesse, i prezzi e le altre condizioni – le variazioni sfavorevoli si sarebbero dovute comunicare al cliente secondo le modalità e i termini stabiliti dal Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio (CICR).

 

Il comma 2 statuiva l’inefficacia delle variazioni contrattuali per le quali non si fossero osservate le prescrizioni sancite dal comma 1.

 

Il comma 3 fissava in quindici giorni dal ricevimento della comunicazione scritta (oppure dall’effettuazione di altre forme di comunicazione attuate ai sensi del comma 1) il termine entro il quale il cliente poteva esercitare il diritto di recesso dal contratto senza penalità, beneficiando, in sede di liquidazione del rapporto, dell’applicazione delle condizioni contrattuali applicate in precedenza.

 

In attuazione del previgente articolo 118 TUB, il CICR adottava la deliberazione 4 marzo 2003 recante “Disciplina della trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari”.

Con tale provvedimento – dopo aver previsto che, nei contratti di durata, le variazioni sfavorevoli al cliente riguardanti tassi di interesse, prezzi e altre condizioni delle operazioni e dei servizi venissero comunicate al cliente con la chiara evidenziazione delle variazioni intervenute – si attribuiva alle banche la facoltà di comunicare alla clientela le variazioni sfavorevoli generalizzate, mediante apposite inserzioni in Gazzetta Ufficiale, valevoli pure ai fini dell’esercizio del diritto di recesso di cui al menzionato comma 3 dell’articolo 118 del TUB.

Si prevedeva che le suddette variazioni generalizzate fossero comunicate individualmente al cliente alla prima occasione utile, nell’ambito delle comunicazioni periodiche[95] e di quelle riguardanti operazioni specifiche.

Si escludevano dagli obblighi di comunicazione così determinati le modifiche dei tassi conseguenti a variazioni di parametri contrattualmente previsti ed indipendenti dalla volontà delle parti.

 

Su tale materia è intervenuta la segnalazione del 29 maggio 2006 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. La segnalazione si fonda sui primi risultati dell’indagine conoscitiva riguardante i prezzi alla clientela dei servizi bancari, avviata dall’Autorità in data 18 gennaio 2006. La segnalazione evidenziava il contrasto tra la normativa speciale per i contratti bancari e la disciplina di carattere generale riguardante i contratti con i consumatori aventi ad oggetto la prestazione di servizi finanziari (come recata dal codice del consumo, emanato con decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206) che consente variazioni unilaterali delle condizioni contrattuali in presenza di un giustificato motivo ed informando adeguatamente e con congruo preavviso il cliente (art. 33, comma 2, lettera b) del Codice). In particolare, l’Autorità ha osservato che tale disciplina recava effetti oggettivamente anticoncorrenziali, rilevando, peraltro, che, in conseguenza delle disposizioni del TUB, il numero di correntisti che si è concretamente avvalso del diritto di recesso previsto dall’articolo 118 è stato nell’ultimo biennio assolutamente marginale. Più in generale, l’Autorità ha rilevato che la disciplina dello ius variandi si collocava in un contesto caratterizzato da numerosi ostacoli alla mobilità alla clientela. Tali ostacoli venivano individuati: nella difficoltà di conoscere le variazioni contrattuali e di comprenderne concretamente la portata economica (la comunicazione oggetto del documento di sintesi inviato al cliente non consentirebbe di individuare immediatamente le voci modificate al correntista); nell’impedimento alla ricerca di condizioni di offerta alternative in tempi rapidi e con costi contenuti (le condizioni contrattuali di conto corrente presenterebbero una elevata eterogeneità nelle voci di costo); nel disincentivo al trasferimento verso altra banca a causa della difficoltà di esercitare il recesso con tempi e costi contenuti (in particolare, si rileva che i tempi e i costi di trasferimento del rapporto di conto corrente risultano strettamente dipendenti da numerosi altri servizi offerti al correntista dalla medesima banca, ognuno dei quali, pur basandosi su un singolo rapporto contrattuale, cessa di regola di essere erogato nel caso di recesso dal contratto di conto corrente).

Rispetto a tali aspetti, la documentazione depositata dall’Associazione bancaria italiana nel corso delle audizioni informali svolte dagli Uffici di presidenza delle Commissioni 5a e 6a del Senato nel corso dell’esame del provvedimento evidenzia che il ricorso a forme impersonali di pubblicizzazione delle variazioni delle condizioni contrattuali risulta giustificato, per economie di scala, nel caso di variazioni generalizzate suscettibili di interessare milioni di clienti ovvero nel caso in cui sia necessario raggiungere i titolari di rapporti dove non sia possibile l’individuazione del cliente.

 

L’articolo 118, come riformulato dall’articolo 10 del decreto-legge in esame, dispone ora che (comma 1)- nei contratti di durata stipulati dalle banche o da altri intermediari finanziari con i clienti – la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni contrattuali sia subordinata alla presenza di un giustificato motivo ed al rispetto dell’articolo 1341, secondo comma, del codice civile, che stabilisce che non abbiano comunque effetto, se non specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscano a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.

In base al nuovo comma 2, tutte le modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali dovranno essere comunicate espressamente al cliente, secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula “proposta di modifica unilaterale del contratto”, per iscritto ovvero mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente, con un preavviso minimo di trenta giorni. La proposta si intende accettata se il cliente non recede dal contratto entro 60 giorni. In caso di recesso, il cliente ha diritto all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate.

Il comma 3 prevede che le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le prescrizioni della comunicazione individuale e del preavviso minimo sono inefficaci, se pregiudizievoli per il consumatore.

Il comma 4 stabilisce che la variazioni dei tassi di interesse conseguenti a decisioni di politica monetaria che riguardino contestualmente sia i tassi debitori che quelli creditori si applicano con modalità tali da non recare pregiudizio ai clienti.

 

Sul punto la documentazione consegnata dall’ABI nel corso dell’audizione informale presso gli Uffici di presidenza delle Commissioni 5a e 6a del Senato evidenzia che tale norma non trova riscontro in nessun altro paese dell’area Euro ed in generale dell’Unione europea, così come non è presente negli altri principali paesi industrializzati. L’introduzione in Italia di tale previsione normativa avrebbe pertanto l’effetto, a giudizio dell’ABI, di imporre dei vincoli nella gestione dei tassi considerati in coincidenza con una manovra di politica monetaria, restrittiva o accomodante, attuata dalla BCE. Infine, la disposizione, combinata con il periodo di preavviso per le modifiche unilaterali previsto avrebbe l’effetto finale di sterilizzare gli impulsi di politica monetaria per un lasso di tempo di almeno trenta giorni con conseguenze fortemente negative sulle capacità di contenere il livello generale dei prezzi in Italia.

 

Il comma 2 dell’articolo 10 prevede infine che in ogni caso, nei contratti di durata, il cliente ha facoltà di recedere dal contratto senza penalità e senza spese di chiusura.

 

In proposito, si osserva che potrebbe risultare opportuna, in considerazione del contenuto della disposizione, una più puntuale definizione delle fattispecie contrattuali alle quali essa si applica.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

L’11 settembre 2002 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva (COM(2002)443) relativa all’armonizzazione delle normative nazionali in materia di contratti di credito ai consumatori. La Commissione propone l’armonizzazione della normativa comunitaria in questo settore. Campo di applicazione della proposta sono tutti i tipi di credito offerti ai consumatori, ad eccezione del credito immobiliare. Le principali disposizioni riguardano gli obblighi in materia di informazione del creditore e del consumatore, la facoltà di ritrattazione, le clausole considerate abusive, il diritto al rimborso anticipato e la creazione da parte degli Stati membri di una base di dati che registri consumatori e garanti incorsi in problemi di pagamento.

Il 24 aprile 2004 il Parlamento europeo ha esaminato la proposta, in prima lettura e, nell’ambito della procedura di codecisione, ha approvato diversi emendamenti. In considerazione di tali emendamenti, il 28 ottobre 2004 la Commissione ha presentato una proposta modificata La discussione sulla proposta si è protratta nel tempo fino alla rinuncia, da parte della Commissione, all’idea di un’armonizzazione piena dell’intera materia. Un’ulteriore proposta modificata è stata quindi presentata il 7 ottobre 2005 (COM(2005)483). Tale proposta modificata si fonda su un approccio a favore della piena armonizzazione, ma lascia anche un certo margine di manovra in sede di attuazione a livello nazionale di un numero limitato di disposizioni, tenendo conto dell’eterogeneità dei mercati e delle legislazioni nazionali. Il Consiglio ha iniziato un dibattito orientativo su quest’ultima proposta il 29 maggio 2006.

 

Il 6 aprile 2005, la Commissione europea ha presentato la comunicazione “Migliorare la salute, la sicurezza e la fiducia dei cittadini: una strategia in materia di salute e di tutela dei consumatori” ed una proposta di decisione che istituisce il programma comunitario per la salute e la protezione dei consumatori per gli anni 2007-2013 (COM(2005)115). La proposta prospetta, rispetto alla disciplina vigente, l’unificazione dei due settori di attività fino ad oggi separati e amplia i programmi attuali in materia di salute pubblica e tutela dei consumatori, individuando le azioni nei diversi settori di intervento previsti.

Il 16 marzo 2006 il Parlamento europeo ha esaminato la proposta di decisione, nell’ambito della procedura di codecisione, approvando diversi emendamenti alcuni dei quali in senso contrario all’impostazione della Commissione sulla unificazione dei settori della salute e tutela dei consumatori. Il 24 maggio 2006 la Commissione ha presentato due proposte di decisione modificate (COM(2006)234) e (COM(2006)235), relative, la prima, ad un programma d’azione per la salute con una dotazione finanziaria di 365,6 milioni di euro per il periodo di programmazione 2007-2013; e la seconda, relativa ai programmi di protezione dei consumatori con una dotazione di 156,8 milioni di euro per il periodo di programmazione 2007-2013. Sulle proposte, il Consiglio dovrebbe raggiungere un accordo politico sulla posizione comune presumibilmente il 30 novembre 2006.

 

II 1° dicembre 2005 la Commissione europea ha presentato il Libro bianco sulla politica comunitaria nel settore dei servizi finanziari 2005-2010 (COM(2005)629)[96].

Il Libro bianco, che fa seguito alla consultazione pubblica avviata con il Libro verde sui servizi finanziari, indica i gli obiettivi generali della politica dell’Unione europea nel settore dei servizi finanziari.

Per quanto riguarda i servizi finanziari al dettaglio, e in particolare i conti correnti bancari, la Commissione è intenzionata a costituire un gruppo di esperti, composto di rappresentanti del settore e degli utenti, per individuare i problemi relativi alla mobilità degli utenti (per esempio l’apertura, anche online, di un conto in un altro Stato membro, le spese per la chiusura di un conto ed i trasferimenti interbancari) e per esaminare l’utilità di un conto bancario standard opzionale. I risultati raggiunti dal gruppo di esperti dovrebbero essere disponibili nei primi mesi del 2007. La Commissione valuterà quindi l’opportunità, in termini economici, di prendere iniziative in materia.

Il Libro bianco è stato esaminato il 5 maggio 2006 dal Consiglio, che ha adottato conclusioni in materia, e il 4 luglio 2006 dal Parlamento europeo, che ha approvato una risoluzione.

 


Articolo 11
(Disposizioni urgenti in materia di soppressione di commissioni)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Sono soppresse le commissioni istituite dall'articolo 6 della legge 25 agosto 1991, n. 287. Le relative funzioni sono svolte dalle amministrazioni titolari dei relativi procedimenti amministrativi.

1. Identico.

2. Sono soppresse le commissioni istituite dagli articoli 4 e 7 della legge 3 febbraio 1989, n. 39. Le relative funzioni sono svolte rispettivamente dal Ministero dello sviluppo economico e dalle Camere di commercio.

2. Sono soppresse le commissioni istituite dagli articoli 4 e 7 della legge 3 febbraio 1989, n. 39. Le relative funzioni sono svolte rispettivamente dal Ministero dello sviluppo economico e dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

3. Della commissione giudicatrice prevista dall'articolo 1 del decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 7 ottobre 1993, n. 589, non possono far parte gli iscritti al ruolo degli agenti d'affari in mediazione.

3. Della commissione giudicatrice prevista dall'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'in­dustria, del commercio e dell'artigianato 21 febbraio 1990, n. 300, e successive modificazioni, non possono far parte gli iscritti al ruolo degli agenti d'affari in mediazione.

4. Sono soppresse le commissioni istituite dagli articoli 4 e 8 della legge 3 maggio 1985, n. 204. Le relative funzioni sono svolte rispettivamente dalle Camere di commercio e dal Ministero dello sviluppo economico.

4. Sono soppresse le commissioni istituite dagli articoli 4 e 8 della legge 3 maggio 1985, n. 204. Le relative funzioni sono svolte rispettivamente dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e dal Ministero dello sviluppo economico.

5. Dei Comitati tecnici istituiti presso le Camere di commercio per la rilevazione degli usi commerciali non possono far parte i rappresentanti di categorie aventi interesse diretto nella specifica materia oggetto di rilevazione.

5. Dei Comitati tecnici istituiti presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la rilevazione degli usi commerciali non possono far parte i rappresentanti di categorie aventi interesse diretto nella specifica materia oggetto di rilevazione.

 

 

L’articolo 11 introduce disposizioni cheprevedono la soppressione di alcuni organi collegiali di natura consultiva.

 

In particolare, il comma 1 sopprime le commissioni previste dall'articolo 6 della legge 287/1991, recante "Aggiornamento della normativa sull'insediamento e sull'attività dei pubblici esercizi".

 

L'articolo 6 citato istituiva commissioni comunali o provinciali (a seconda che il comune in questione superasse o meno i diecimila abitanti) competenti ad esprimere un parere al sindaco per l'autorizzazione all'apertura ed al trasferimento di sede degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, comprese quelle alcoliche.

Il parere della commissione ai fini del rilascio dell'autorizzazione si intendeva favorevole qualora fossero trascorsi quarantacinque giorni dalla richiesta di parere da parte del sindaco, senza che la commissione medesima si fosse espressa in merito.

L'effetto di tale disposizione è dunque quello di eliminare il parere delle commissioni, lasciando al solo sindaco la potestà autorizzatoria in materia.

In particolare, il citato art. 6 prevedeva che nei comuni con popolazione superiore a diecimila abitanti il consiglio comunale nominasse una commissione composta:

a) dal sindaco, o da un suo delegato, che la presiede;

b) da un funzionario delegato dal questore;

c) dal direttore dell'ufficio provinciale dell'industria, del commercio e dell'artigianato o da un funzionario dallo stesso delegato;

d) da due rappresentanti designati dalle organizzazioni del commercio, del turismo e dei servizi maggiormente rappresentative a livello provinciale;

e) da un rappresentante designato dall'azienda di promozione turistica, ove esistente;

f) da tre esperti nel settore della somministrazione di alimenti e di bevande, designati dalle organizzazioni nazionali di categoria maggiormente rappresentative;

g) da un rappresentante designato dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori del settore maggiormente rappresentative a livello provinciale;

h) da un rappresentante designato dalle associazioni dei consumatori e degli utenti maggiormente rappresentative a livello nazionale.

Per i comuni con popolazione non superiore a diecimila abitanti era istituita, su nomina del presidente della giunta provinciale (per la Valle d'Aosta la nomina della commissione spettava al Presidente della giunta regionale o ad un suo delegato), un'unica commissione per ciascuna provincia, composta:

a) dal presidente della giunta provinciale o da un suo delegato (per la regione Valle d'Aosta, dal presidente della giunta regionale o da un suo delegato, che la presiedeva);

b) dal sindaco del comune di volta in volta interessato o da un suo delegato;

c) da un funzionario delegato dal prefetto;

d) da un funzionario delegato dal questore;

e) dal direttore dell'ufficio provinciale dell'industria, del commercio e dell'artigianato, o da un funzionario dallo stesso delegato;

f) da due rappresentanti designati dalle organizzazioni del commercio, del turismo e dei servizi maggiormente rappresentative a livello provinciale;

g) da tre esperti nel settore della somministrazione di alimenti e di bevande designati dalle organizzazioni nazionali di categoria maggiormente rappresentative;

h) da un rappresentante designato dalle aziende di promozione turistica della provincia;

i) da un rappresentante designato dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori del settore maggiormente rappresentative a livello provinciale;

l) da un rappresentante designato dalle associazioni dei consumatori e degli utenti maggiormente rappresentative a livello nazionale.

Le commissioni duravano in carica quattro anni.

 

Il comma 2 sopprime le commissioni istituite dagli articoli 4 e 7 della legge n. 39 del 1989 recante “Modifiche ed integrazioni alla legge 21 marzo 1958, n. 253, concernente la disciplina della professione di mediatore”.

 

Per quanto riguarda la commissione di cui all'articolo 4 citato, si trattava di una commissione centrale per l'esame dei ricorsi degli agenti di affari in mediazione e per la definizione delle materie e delle modalità degli esami per l'iscrizione al ruolo degli agenti di affari in mediazione (i c.d. agenti immobiliari).

Secondo la disposizione in esame le funzioni finora svolte da tale commissione sono ora demandate al ministero dello sviluppo economico.

La commissione era istituita presso il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato ed era nominata con decreto dello stesso ministro con la seguente composizione:

a) un rappresentante del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, che la presiede;

b) un rappresentante del Ministero del commercio con l'estero;

c) un rappresentante delle regioni, designato dalla commissione interregionale di cui all'articolo 13 della legge 16 maggio 1970, n. 281;

d) un rappresentante del Ministero di grazia e giustizia;

e) un rappresentante del Ministero dell'agricoltura e delle foreste;

f) un rappresentante del Ministero dei lavori pubblici;

g) tre membri designati rispettivamente dalle organizzazioni più rappresentative, a livello nazionale, del commercio, dell'agricoltura e dell'industria;

h) un rappresentante delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura designato dalla Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura;

i) sette rappresentanti dei mediatori scelti tra le persone designate dalle associazioni sindacali nazionali di categoria, per i mediatori immobiliari e per gli agenti merceologici.

La commissione durava in carica quattro anni; i membri svolgevano il loro incarico in forma gratuita e potevano essere riconfermati.

 

Per quanto riguarda la commissione di cui all'articolo 7 citato, si trattava di una commissione istituita presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura con il compito di provvedere alle iscrizioni nel ruolo degli agenti di affari in mediazione ed alla tenuta del medesimo.

Con la disposizione in esame le funzioni finora svolte da tale commissione sono ora assegnate alla camera di commercio di riferimento.

La commissione era nominata con deliberazione della giunta camerale e durava in carica quattro armi.

Essa era composta:

a) da un membro della giunta camerale;

b) da un rappresentante degli agricoltori, uno degli industriali e uno dei commercianti, designati rispettivamente dalle organizzazioni a livello nazionale e scelti dalla giunta camerale sulla base della maggiore rappresentatività;

c) da cinque rappresentanti degli agenti di affari in mediazione designati dalle organizzazioni di categoria più rappresentative a livello nazionale.

 

Il comma 3 prevede che della commissione giudicatrice degli esami per l'iscrizione a ruolo degli agenti di affari in mediazione non possano fare parte gli iscritti allo stesso ruolo.

 

Secondo l'art. 1 del D.M. 21 febbraio 1990 n. 1, recante "Regolamento sulla determinazione delle materie e delle modalità degli esami prescritti per l'iscrizione a ruolo degli agenti d'affari in mediazione", come modificato dall'art. 1 del decreto ministeriale 7 ottobre 1993, n. 589, la commissione giudicatrice è presieduta dal segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura ed è composta da altri quattro membri, due dei quali docenti di scuola secondaria superiore nelle materie sulle quali vertono le prove di esame e due agenti scelti tra i componenti effettivi della commissione di cui all'art. 7 della legge n. 39/1989 (abrogata dal secondo comma del presente articolo). Per l'espletamento della prova orale, il presidente della camera di commercio può integrare la composizione della commissione giudicatrice, su proposta della commissione stessa, con la nomina di un esperto per ciascuno degli specifici rami di mediazione. Tale esperto è chiamato a fare parte della commissione per gli esami relativi al ramo di mediazione di sua competenza.

 

Il comma 4 sopprime le commissioni istituite dagli articoli 4 e 8 della legge n. 204/1985 recante "Disciplina dell'attività di agente e rappresentante di commercio".

Quanto alla commissione di cui all'art. 4 citato si trattava di una commissione istituita presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura con il compito di provvedere alle iscrizioni nel ruolo per gli agenti e rappresentanti di commercio ed alla tenuta del medesimo.

Con la disposizione in esame le funzioni finora svolte da tale commissione sono ora assegnate alla camera di commercio di riferimento.

 

La commissione era nominata con deliberazione della giunta camerale e durava in carica quattro anni. Essa era composta:

a) da un membro di giunta della camera di commercio;

b) da sette membri scelti fra gli agenti e rappresentanti di commercio, iscritti al ruolo su designazione delle organizzazioni sindacali di categoria più rappresentative a livello nazionale;

c) da un rappresentante delle associazioni provinciali dell'industria, del commercio e dell'artigianato firmatarie degli accordi economici collettivi degli agenti e rappresentanti di commercio o comunque più rappresentative a livello nazionale, scelto sulla base delle designazioni effettuate dalle categorie stesse;

d) da un rappresentante dell'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione.

 

Per quanto riguarda la commissione di cui all'art. 8 citato, si trattava di una commissione centrale istituita presso il Ministero dello sviluppo economico per decidere sui ricorsi avverso le decisioni delle commissioni istituite presso le camere di commercio.

Con la disposizione in esame le funzioni finora svolte da tale commissione sono ora assegnate al Ministero dello sviluppo economico.

 

La commissione centrale era nominata con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e dura in carica quattro anni; essa era composta:

a) da un rappresentante del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato che la presiede;

b) da un rappresentante del Ministero del commercio con l'estero;

c) dal presidente dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio (ENASARCO) o da un suo delegato;

d) da sette membri scelti fra gli agenti e rappresentanti di commercio, iscritti ad un ruolo professionale provinciale, su designazione delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria più rappresentative a livello nazionale;

e) da un rappresentante delle organizzazioni nazionali dell'industria, del commercio e dell'artigianato firmatarie degli accordi economici collettivi degli agenti e rappresentanti di commercio, o comunque di quelle più rappresentative, scelto sulla base delle designazioni effettuate dalle stesse organizzazioni.

 

Il comma 5 prevede che dei Comitati tecnici istituiti presso le Camere di commercio per la rilevazione degli usi commerciali non possano far parte i rappresentanti di categorie aventi interesse diretto nella specifica materia oggetto di rilevazione.

 

L'attività di rilevazione degli usi è disciplinata dagli artt. 32 e ss. del Regio Decreto 20 settembre 1934, n. 2011 e dalla Circolare ministeriale 1695/C del 2 luglio 1964, All. B.

In particolare, secondo gli articolo 32, comma 6, e 39 del R.D. n. 2011/34, le Camere di Commercio provvedono "all'accertamento degli usi e delle consuetudini commerciali ed agrari della provincia e dei comuni, le cui raccolte sono da ess[e] compilate e rivedute periodicamente", almeno ogni cinque anni.

La procedura di accertamento e revisione degli usi è stata definita in una circolare del Ministero dell'Industria e Commercio n. 1695/C del 2 luglio 1964 che uniforma sull'intero territorio nazionale i comportamenti delle Camere di Commercio con riguardo alle modalità di rilevazione degli usi e agli organi a ciò preposti.

L'articolo 1 dell'All. B alla Circolare prevede l'istituzione di un'apposita Commissione provinciale usi (di seguito Commissione Usi), che organizza e coordina le operazioni di revisione degli usi, ed è composta da undici rappresentanti di diverse categorie economiche (agricoltura, credito, industria, commercio e artigianato) e da quattro membri tecnici, due esperti giuridici e due magistrati. I primi sono designati "dalle Commissioni Permanenti di cui all'articolo 13 del R.D. n. 2011/34 … o, in mancanza, dalle competenti Associazioni" (articolo 3 dell'All. B.).

Inoltre, la Circolare prevede che la Commissione Usi opera mediante Comitati Tecnici, da questa istituiti a seconda delle varie tipologie di merci e/o servizi interessati, i quali effettuano in concreto la rilevazione degli usi. I Comitati Tecnici sono composti da tre a cinque membri, designati dalla Commissione Usi secondo i criteri previsti per la stessa Commissione Usi e, dunque, anche tramite le Associazioni di categoria (artt. da 1 a 4 dell'All. B).

Il Comitato Tecnico esamina il materiale raccolto e formula una proposta che sottopone all'approvazione della Commissione Usi.

La rilevazione degli usi commerciali ha rilevanza, ad esempio nel settore degli agenti di affari in mediazione, per la determinazione della misura delle provvigioni e della proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, che, in mancanza di patto, sono determinate dalle giunte camerali, tenendo conto degli usi locali.

Proprio sul settore dei c.d. agenti immobiliari è intervenuta una segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato dell'11 aprile 2006, citata dal governo nella relazione al disegno di legge di conversione del presente decreto-legge. In essa si afferma, tra l'altro, "che l'attività di rilevazione degli usi, prevista dall'articolo 6, comma 2, della legge 39/1989 ha avuto un'applicazione concreta che presenta profili di rilievo concorrenziale". Nelle sue conclusioni, l'Autorità ritiene che "l'attività di rilevazione degli usi, prevista dall'articolo 6, comma 2, della l. n. 39/89 sia compatibile con la disciplina a tutela della concorrenza, a condizione che: i) sia svolta da soggetti indipendenti dagli operatori economici interessati e dalle associazioni di categoria del settore maggiormente rappresentative – prevedendo una composizione di Comitati Tecnici e Commissioni Usi che valorizzi la possibilità di bilanciare gli interessi contrapposti fin dalla fase dei lavori dei Comitati stessi e comunque evitando di associare le Commissioni ruolo ai lavori di rilevazione degli usi". E' da notare che le Commissioni ruolo cui si riferisce l'Autorità sono ora abrogate dal comma 2 dell'articolo qui in esame.

 


Articolo 12
(Disposizioni in materia di circolazione dei veicoli e di trasporto comunale e intercomunale)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Fermi restando i princìpi di universalità, accessibilità ed adeguatezza dei servizi pubblici di trasporto locale ed al fine di assicurare un assetto maggiormente concorrenziale delle connesse attività economiche e di favorire il pieno esercizio del diritto dei cittadini alla mobilità, i comuni possono prevedere che il trasporto di linea di passeggeri accessibile al pubblico, in ambito comunale e intercomunale, sia svolto, in tutto il territorio o in tratte e per tempi predeterminati, anche dai soggetti in possesso dei necessari requisiti tecnico-professionali, fermi restando la disciplina di cui al comma 2 ed il divieto di disporre finanziamenti in qualsiasi forma a favore dei predetti soggetti. Il comune sede di scalo ferroviario, portuale o aeroportuale è comunque tenuto a consentire l'accesso allo scalo da parte degli operatori autorizzati ai sensi del presente comma da comuni del bacino servito.

1. Identico.

2. A tutela del diritto alla salute, alla salubrità ambientale ed alla sicurezza degli utenti della strada e dell'interesse pubblico ad una adeguata mobilità urbana, gli enti locali disciplinano secon­do modalità non discriminatorie tra gli operatori economici ed in conformità ai princìpi di sussidiarietà, proporzionalità e leale cooperazione, l'accesso, il transito e la fermata nelle diverse aree dei centri abitati di ciascuna categoria di veicolo, anche in relazione alle specifiche modalità di utilizzo in particolari contesti urbani e di traffico. Per ragioni di sicurezza della circolazione, possono altresì essere previste zone di divieto di fermata, anche limitato a fasce orarie. Le infrazioni possono essere rilevate senza contestazione immediata, anche median­te l'impiego di mezzi di rilevazione fotografica o telematica.

2. A tutela del diritto alla salute, alla salubrità ambientale ed alla sicurezza degli utenti della strada e dell'interesse pubblico ad una adeguata mobilità urbana, gli enti locali disciplinano secondo modalità non discriminatorie tra gli operatori economici ed in conformità ai princìpi di sussidiarietà, proporzionalità e leale cooperazione, l'accesso, il transito e la fermata nelle diverse aree dei centri abitati di ciascuna categoria di veicolo, anche in relazione alle specifiche modalità di utilizzo in particolari contesti urbani e di traffico. Per ragioni di sicurezza della circolazione, possono altresì essere previste zone di divieto di fermata, anche limitato a fasce orarie. Le infrazioni possono essere rilevate senza contestazione immediata, anche median­te l'impiego di mezzi di rilevazione fotografica o telematica nel rispetto della normativa vigente in tema di riservatezza del trattamento dei dati personali.

 

 

L'articolo 12 reca disposizioniin materia di trasporto comunale e intercomunale e di circolazione dei veicoli.

 

Il comma 1 detta disposizioni in materia di trasporto pubblico comunale e intercomunale, riconoscendo in capo ai comuni la facoltà di prevedere che il trasporto di linea dei passeggeri sia svolto anche da soggetti in possesso dei requisiti tecnico-professionali.

Il servizio deve essere effettuato da tali soggetti:

§      in ambito comunale e intercomunale: i comuni possono prevedere l’erogazione del servizio di trasporto da parte dei soggetti privati in tutto il territorio o in tratte e per tempi determinati;

§      in assenza di qualsiasi forma di finanziamento pubblico.

Il riconoscimento di tale facoltà in capo ai comuni è finalizzato espressamente ad assicurare un assetto maggiormente concorrenziale delle attività economiche connesse al trasporto pubblico locale e di favorire il pienoesercizio del diritto alla mobilità. Restano comunquefermi i principi di universalità, accessibilità ed adeguatezza dei sevizi di trasporto pubblico locale.

Per il comune sede di scalo ferroviario, portuale o aeroportuale è previsto l’obbligo di consentire in ogni caso l’accesso allo scalo da parte degli operatori autorizzati secondo la normativa sopra riportata dai comuni del bacino servito dallo scalo.

 

La relazione illustrativa del decreto legge in esame precisa che la competizione, lungo alcune tratte, tra il servizio pubblico locale e i nuovi servizi privati aperti al pubblico, comporterà, senza aggravio per la finanza pubblica, una positiva dinamica competitiva tale da determinare, da un lato, il progressivo miglioramento della qualità del servizio offerto dal gestore del servizio pubblico e, dall'altro, una progressiva articolazione e differenziazione dell' offerta del servizio. L'offerta del nuovo servizio privato potrà così interessare molti soggetti che oggi non si avvalgono usualmente del servizio pubblico, determinando un incremento complessivo della domanda di trasporto di linea, con benefici effetti anche sul piano della mobilità urbana

 

II settore del trasporto pubblico locale (TPL) è stato oggetto di un rilevante processo di riforma, regolato dal D.Lgs. 422/1997[97], successivamente modificato ed integrato dal d.lgs 400/1999, nonché da ulteriori disposizioni di carattere puntuale. Alla revisione del settore il legislatore ha provveduto in occasione del riassetto generale dell’organizzazione amministrativa centrale, disposto dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, che - per il settore dei trasporti - ha espressamente previsto che le regioni assumano la funzione programmatoria e definiscano il livello dei servizi minimi qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini, con costi a carico dei bilanci regionali e offrendo come strumento di garanzia la subordinazione del conferimento delle funzioni a preventivi accordi di programma da stipularsi tra il Ministero dei trasporti e le regioni.

Il D.Lgs 422/1997 ha quindi disciplinato il conferimento alle regioni ed agli enti locali delle funzioni e dei compiti in materia di servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale con qualsiasi modalità effettuati ed in qualsiasi forma affidati, ed ha fissato i criteri di organizzazione dei servizi.

Sono stati definiti servizi pubblici di trasporto regionale e locale - esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrale e periferica, anche tramite enti o altri soggetti pubblici - quei servizi di trasporto di persone e merci (esclusi quelli di interesse nazionale, lasciati alla competenza dello Stato) che comprendono l'insieme dei sistemi di mobilità terrestri, marittimi, lagunari, lacuali, fluviali e aerei che operano in modo continuativo o periodico con itinerari, orari, frequenze e tariffe prestabilite, ad accesso generalizzato, nell'ambito di un territorio di dimensione normalmente regionale o infraregionale.

Per quanto concerne le funzioni delegate alle regioni, esse riguardano l'intero comparto del servizio di trasporto, comprese le ferrovie di interesse regionale e locale, e le competenze conferite sono essenzialmente di carattere programmatorio, nonché di carattere amministrativo e finanziario. E’ stato previsto il conferimento e l’attribuzione delle relative risorse, previo accordo di programma tra Ministero dei trasporti e regione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanato sentiti i Ministri interessati ed il Ministro del tesoro e tale da prevedere un trasferimento di beni e risorse che sia comunque congruo rispetto alle competenze trasferite e che comporti la parallela soppressione dell'amministrazione statale periferica, ovvero il suo ridimensionamento in rapporto ad eventuali compiti residui.

Il D.Lgs. 422/1997, disciplinando le forme di esercizio locale dei servizi di trasporto pubblico, ha stabilito, inoltre, in ossequio al principio di sussidiarietà, che le regioni conferiscano a province, comuni ed enti locali – pena l’intervento sostitutivo del Governo - le funzioni in materia di trasporto pubblico locale che non richiedano un unitario esercizio a livello regionale. Gli enti locali hanno inoltre competenza residuale, appartenendo ad essi i compiti e le funzioni che non sono di competenza dello Stato e delle regioni; in particolare sono ad essi espressamente conferiti i compiti amministrativi e le funzioni nei settori del trasporto lagunare e lacuale .

Al fine della effettiva realizzazione del trasferimento o della delega di funzioni agli enti locali, il D.Lgs. n. 422 ha previsto l’intervento, entro sei mesi dalla data di emanazione dello stesso, di apposite leggi regionali che individuassero in modo puntuale le funzioni conferite[98]..

Si segnala che l’articolo 14 del D.Lgs. 422/1997 prevede che, per l'esercizio dei servizi pubblici di trasporto locale in territori a domanda debole, al fine di garantire comunque il soddisfacimento delle esigenze di mobilità nei territori stessi, le regioni, sentiti gli enti locali interessati e le associazioni nazionali di categoria del settore del trasporto di persone, possono individuare modalità particolari di espletamento dei servizi di linea, da affidare, attraverso procedure concorsuali, alle imprese che hanno i requisiti per esercitare autoservizi pubblici non di linea o servizi di trasporto di persone su strada. Nei comuni montani o nei territori in cui non vi è offerta dei servizi predetti possono essere utilizzati veicoli adibiti ad uso proprio, fermo restando l'obbligo del possesso dei requisiti professionali per l'esercizio del trasporto pubblico di persone.

 

Si segnala che la disposizione in esame non chiarisce - né rinvia in proposito ad altra fonte normativa - quali siano i requisiti tecnico-professionali che i soggetti devono possedere per potere erogare il servizio di trasporto di linea di passeggeri accessibile al pubblico previsto dalla norma in esame. Inoltre la disposizione non precisa alcunché in merito alle modalità per l’individuazione dei nuovi soggetti chiamati ad erogare il servizio di trasporto.

Andrebbe, infine, valutata l’opportunità di un coordinamento della disposizione in esame con la disciplina generale sul trasporto pubblico locale di cui al richiamato D.Lgs. 422/1997.

 

Il comma 2 reca disposizioni in materia di circolazione dei veicoli.

In particolare, il commadispone che gli enti locali disciplinano l’accesso, il transito e la fermata di ciascuna categoria di veicoli nelle aree dei centri abitati[99], tenendo in considerazione le specifiche modalità di utilizzo in particolari contesti urbani e di traffico.

 

L’articolo 7 del nuovo codice della strada (D.Lgs. n. 285/1992) relativo alla regolamentazione della circolazione nei centri abitati prevede che nei centri abitati i comuni possono, con ordinanza del sindaco, tra l’altro, limitare la circolazione di tutte o di alcune categorie di veicoli per accertate e motivate esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale, conformemente alle direttive impartite dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti, per le rispettive competenze, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio ed il Ministro per i beni culturali e ambientali.

 

La disciplina deve essere adottata dagli enti locali:

§      secondo modalità non discriminatorie tra gli operatori economici;

§      in conformità ai principi di sussidiarietà, proporzionalità e leale cooperazione;

§      al fine di tutelare il diritto alla salute, il diritto alla salubrità ambientale, il diritto alla sicurezza degli utenti della strada e l’interesse pubblico ad una adeguata mobilità urbana.

Il comma prevede, poi, anche la facoltà per gli enti locali di istituire – per ragioni di sicurezza della circolazione - zone di divieto di fermata, anche limitate a fasce orarie: le infrazioni possono essere rilevate anche con strumenti di rilevazione fotografica e telematica e senza contestazione immediata, nel rispetto della normativa vigente in tema di riservatezza del trattamento dei dati personali.

 

La relazione illustrativa del decreto legge chiarisce che le disposizioni di cui al comma 2 dell’articolo in esame sono coerenti con le finalità del provvedimento di tutela dei diritti degli utenti e connesse alla prevista parziale apertura al mercato dei servizi di trasporto pubblico urbano di linea. Tali disposizioni sono volte a salvaguardare i poteri degli enti locali relativamente alla regolamentazione del traffico locale che sono già previsti dal vigente codice della strada ma secondo una disciplina che si è rivelata non del tutto idonea a garantire le comunità locali.

 

Si segnala che – anche alla luce di quanto precisato dalla relazione illustrativa – non appare chiara la relazione tra la disposizione di cui al comma 2 dell’articolo in esame e le previsioni del codice della strada relative alla regolamentazione della circolazione nei centri abitati, atteso che le fattispecie contemplate dai due atti normativi (decreto legge e codice della strada) sembrerebbero analoghe.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Obblighi di servizio pubblico

Il 20 luglio 2005 la Commissione ha presentato una proposta riveduta di regolamento riguardante i servizi pubblici di trasporto viaggiatori per strada e per ferrovia (COM(2005)319) che mira, tra l’altro, a precisare e rendere più trasparenti le condizioni per il versamento di compensazioni agli operatori per gli oneri di servizio pubblico connessi ai servizi di trasporto da essi effettuati.

La proposta intende istituire un nuovo quadro normativo che sostituisca quello attualmente definito dal (regolamento (CEE) n. 1191 del 1969 e modificato da ultimo dal regolamento (CEE) n. 1893/91, al fine di rendere il mercato europeo dei servizi pubblici di trasporto passeggeri sempre più aperto alla concorrenza e competitivo, attraverso norme che rafforzino la trasparenza e la certezza del diritto sia per gli operatori, sia per le autorità responsabili dell’organizzazione del servizio pubblico.

Le misure proposte intendono disciplinare, tra l’altro, gli interventi delle autorità competenti che possono maggiormente incidere sulla concorrenza e sugli scambi tra Stati membri quali la compensazione dei costi e la concessione dei diritti esclusivi in cambio dell’assolvimento di obblighi di servizio pubblico, nell’intento di rendere tale disciplina trasparente e non discriminatoria, evitando altresì che dette compensazioni possano configurare aiuti di Stato.

La proposta intende fissare, inoltre, le modalità con cui i contratti di servizio pubblico di trasporto devono essere aggiudicati prevedendo due soli metodi di aggiudicazione, la gara pubblica e l’aggiudicazione diretta, quest’ultima limitata ad una specifica serie di situazioni.

Con la proposta presentata nel luglio 2005, che riformula quella originaria del 2000 (COM(2000)7), la Commissione intende, anche alla luce degli ultimi sviluppi giurisprudenziali[100] e del Libro bianco sui servizi d’interesse generale (COM(2004)374), riconciliare le posizioni del Parlamento europeo, espresse in prima lettura nel 2001, e del Consiglio, che ha bloccato la discussione del dossier per cinque anni, a causa dei forti contrasti sorti al suo interno. Sulla proposta, che segue la procedura di codecisione, il Consiglio Trasporti ha raggiunto, nella riunione del 8-9 giugno 2006, un accordo politico in vista dell’adozione di una posizione comune in una delle prossime sessioni. La proposta sarà quindi esaminata, in seconda lettura, dal Parlamento europeo.

Libro bianco sui trasporti

Il 22 giugno 2006 la Commissione europea ha presentato una comunicazione “Mantenere l’Europa in movimento – Mobilità sostenibile per il nostro continente -Riesame intermedio del Libro bianco sui trasporti del 2001” (COM(2006)314), la quale definisce una serie di orientamenti per la futura politica comunitaria dei trasporti.

Nella comunicazione la Commissione, ribadendo che la mobilità è essenziale per la prosperità dell’Europa e la libera circolazione dei cittadini, considera tuttavia opportuno ridurne le conseguenze negative in termini di consumo di energia e qualità dell’ambiente.

Gli orientamenti emersi dopo il riesame intermedio intendono adattare gli strumenti individuati nel Libro bianco del 2001 al nuovo contesto dell’Europa allargata e al mutato scenario energetico mondiale.

La comunicazione della Commissione sottolinea, tra l’altro, l’esigenza di iniziative più ambiziose per modificare la mobilità nelle aree urbane. A tal fine la Commissione intende presentare, nel corso del 2007, un libro verde sul trasporto urbano con cui avviare un dibattito volto stimolare l’adozione di azioni innovative per risolvere questioni rilevanti quali la congestione, l’inquinamento e gli incidenti.

Veicoli puliti

Il 21 dicembre 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa alla promozione di veicoli puliti nel trasporto stradale (COM(2005)634) con l’obiettivo di ridurre le emissioni inquinanti prodotte dal settore dei trasporti e contribuire a creare un mercato per i veicoli puliti.

La proposta di direttiva prevede che gli Stati membri adottino le misure necessarie affinché enti pubblici[101] o operatori che prestano servizi di trasporto in concessione o per conto di un ente pubblico, siano soggetti all’obbligo di indire appalti per veicoli puliti. In particolare l’obbligo concerne i “veicoli ecologici migliorati[102], che devono costituire una quota minima, del 25%, degli acquisti annui di mezzi pesanti, cioè di peso superiore alle 3,5 tonnellate, effettuati da tali operatori.

La Commissione ha elaborato tale proposta in linea con le raccomandazioni contenute nel Libro verde sull’efficienza energetica “Fare di più con meno” (COM(2005)265), che suggerisce, tra l’altro, di incoraggiare a livello comunitario gli investimenti necessari per favorire lo sviluppo di una nuova generazione di veicoli, che consumino meno energia e producano meno emissioni inquinanti.

 

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è in attesa dell’esame in prima lettura da parte del Parlamento europeo.

Ambiente urbano

La Commissione ha presentato, l’11 gennaio 2006, una comunicazione relativa ad una Strategia tematica sull’ambiente urbano (COM(2005)718) intesa a promuovere, attraverso una serie di misure specifiche, un approccio maggiormente integrato nella gestione delle aree urbane.

La comunicazione indica, tra gli altri, orientamenti tesi ad esortare le autorità locali ad elaborare ed attuare piani per un trasporto urbano sostenibile che riguardino tutte le modalità di trasporto, sia di passeggeri che di merci, e che tengano conto dei vari aspetti inerenti la sicurezza, l’accesso a beni e servizi, l’inquinamento atmosferico, il rumore, le emissioni di gas serra, i consumi energetici e l’utilizzazione del territorio.

Le proposte contenute nella comunicazione scaturiscono da un ampio processo di consultazione, promosso dalla Commissione e concluso il 21 settembre 2005, che ha avuto per oggetto una precedente comunicazione “Verso una strategia tematica sull’ambiente urbano” (COM(2004)60), presentata l’11 febbraio 2004, con cui la Commissione ha proposto una serie di azioni nel settore del trasporto urbano sostenibile, individuato, tra gli altri, quale settore prioritario d’intervento per migliorare la qualità dell’ambiente urbano.

 


Articolo 13
(Norme per la riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a tutela della concorrenza)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, debbono operare esclusivamente con gli enti costituenti ed affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti.

1. Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti, in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti. Le società che svolgono l'attività di intermediazione finanziaria prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, sono escluse dal divieto di partecipazione ad altre società od enti.

2. Le predette società sono ad oggetto sociale esclusivo e non possono agire in violazione delle regole di cui al comma 1.

2. Le società di cui al comma 1 sono ad oggetto sociale esclusivo e non possono agire in violazione delle regole di cui al comma 1.

3. Al fine di assicurare l'effettività delle precedenti disposizioni, le società di cui al comma 1 cessano entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le attività non consentite. A tale fine possono cedere le attività non consentite a terzi ovvero scorporarle, anche costituendo una separata società da collocare sul mercato, secondo le procedure del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, entro ulteriori dodici mesi.

3. Al fine di assicurare l'effettività delle precedenti disposizioni, le società di cui al comma 1 cessano entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le attività non consentite. A tale fine possono cedere, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, le attività non consentite a terzi ovvero scorporarle, anche costituendo una separata società da collocare sul mercato, secondo le procedure del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, entro ulteriori diciotto mesi. I contratti relativi alle attività non cedute o scorporate ai sensi del periodo precedente perdono efficacia alla scadenza del termine indicato nel primo periodo del presente comma.

4. I contratti conclusi in violazione delle prescrizioni dei commi 1 e 2 sono nulli.

4. I contratti conclusi, dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, in violazione delle prescrizioni dei commi 1 e 2 sono nulli. Restano validi, fatte salve le prescrizioni di cui al comma 3, i contratti conclusi dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, ma in esito a procedure di aggiudicazione perfezionate prima della predetta data.

 

 

L'articolo 13 del decreto in esame è intitolato alla riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a tutela della concorrenza.

 

Il comma 1 dispone limiti all'attività delle società a capitale interamente pubblico o anche misto[103], costituite, o partecipate, dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali con le seguenti finalità (verosimilmente aventi riflesso sull'oggetto sociale):

§      per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti;

§      per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza (nei casi consentiti dalla legge, vale a dire per le funzioni "esternalizzabili"; al di fuori di tale condizioni si verserebbe per definizione in ipotesi di illegittimità);

 

Con l’approvazione al Senato dell’emendamento 1.1000 del Governo, interamente sostitutivo, si chiarisce che per produzione di beni e servizi strumentali all’attività di regioni e di enti locali si intendono quelli “in funzione della loro attività”, ad esclusione dei servizi pubblici locali. La disposizione originaria poteva, infatti, sembrare rivolta alle attività di tutte le società gravitanti nell’ambito delle amministrazioni regionale e locali, comprese quelle di gestione ed erogazione dei servizi pubblici locali.

 

La norma potrebbe essere ritenuta rivolta alle società costituite per gli affidamenti "domestici" (c.d. in house)[104], che diverse rilevazioni[105] segnalano essere numerose ed attive anche in settori diversi ed ulteriori rispetto allo svolgimento di attività per il "proprio" ente territoriale.

 

Le società destinatarie della norma sono quelle costituite ... per attività strumentali "di tali enti" o per lo svolgimento (esterno) di funzioni di "loro competenza". Potrebbe essere ritenuto di non univoca interpretazione il riferire tali condizioni - valide in definitiva per identificare quali società siano destinatarie della norma - al singolo ente (il riferimento equivarrebbe a "degli enti che le hanno costituite") o alla generica categoria di enti ("delle amministrazioni pubbliche regionali e locali"); in questo secondo caso la platea di destinatari sarebbe destinata a divenire assai più ampia.

 

Tali società:

1.      debbono operare esclusivamente con gli enti costituenti, partecipanti o affidanti; la norma richiede dunque che le società siano affidatarie di compiti solo da parte degli enti costituenti;

2.      non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, ne' in affidamento diretto ne' con gara; la norma è complementare a quella precedente, ma specifica l'ininfluenza della modalità di affidamento, se con gara o diretta: neppure la presenza di una gara legittima la società ad assumere servizi per conto di soggetti che non siano gli enti costituenti.

3.      non possono partecipare ad altre società o enti (sono escluse da tale divieto, come specificato dall’emendamento 1.1000, le società di intermediazione finanziaria, la cui attività istituzionale comprende anche l’assunzione di partecipazioni[106]);

4.      sono ad oggetto sociale esclusivo (comma 2).

 

Finalità esplicita di tali disposizioni è quella di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza del mercato e di assicurare la parità degli operatori. Come già osservato, è stato evidenziato come le società di servizi a capitale pubblico affidatarie "in house" spesso operino "extraterritorialmente", vale a dire anche in settori e territori diversi dal proprio.

 

Il comma 2, prevede che le società in questione sono ad oggetto sociale esclusivo e non possono agire in violazione delle regole disposte al comma 1 e sopra riportate. E' il successivo comma 4 a sanzionare specificamente con la nullità i contratti conclusi in violazione delle prescrizioni sopra descritte (di cui ai commi sia 1 che 2).

 

Inoltre, le società predette (comma 3):

1.      cessano entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le attività non consentite.

2.      in alternativa, cedono le attività non consentite a terzi ovvero le scorporano, anche costituendo una separata società da collocare sul mercato, secondo le procedure del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, entro 18 mesi (sono 24 mesi nel testo vigente del decreto legge). Il decreto-legge 332 citato reca norme per l'accelerazione delle procedure di dismissione di partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni.

 

Finalità esplicita di tale disposizione è quella di assicurare l'effettività delle precedenti disposizioni. L’emendamento 1.1000 approvato dal Senato, ha aggiunto una norma di chiusura che prevede in caso di inadempienza dell’obbligo di cessione delle attività, la decadenza dei relativi contratti che perdono efficacia allo scadere dei 12 mesi previsti sopra per la cessazione delle attività.

In particolare il richiamato D.L. n. 332/94, per quanto riguarda la parte generale relativa alle procedure di vendita, stabilisce innanzitutto che, in deroga alla legislazione vigente, tutte le operazioni necessarie alle dismissioni delle partecipazioni azionarie dello Stato e degli enti pubblici possono essere compiute anche in difformità dalle norme sulla contabilità generale, con lo scopo di facilitare il processo di privatizzazione. Il decreto poi stabilisce le procedure di vendita che sono due: offerta pubblica di vendita e trattativa diretta con i potenziali acquirenti, ammettendo anche entrambe le procedure. Il decreto precisa che l'alienazione dovrà effettuarsi "di norma" mediante offerta pubblica di vendita.

 

Il comma 4, come anticipato sopra, stabilisce la nullità dei contratti stipulati, dopo l’entrata in vigore del presente provvedimento, in difformità di quanto qui previsto. A seguito di una modifica apportata dal Senato, sono fatti salvi gli effetti dei contratti conclusi dopo l’entrata in vigore del decreto, ma le cui procedure di aggiudicazione si sono concluse prima. Resta, comunque, l’obbligo anche per questa ipotesi di cessione dell’attività entro 12 mesi come prescritto dal comma 3.

 


Articolo 14
(Integrazione dei poteri dell'Autorità garante
della concorrenza e del mercato)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Al capo II della legge 10 ottobre 1990, n. 287, dopo l'articolo 14 sono inseriti i seguenti:

«Art. 14-bis. - (Misure cautelari). - 1. Nei casi di urgenza dovuta al rischio di un danno grave e irreparabile per la concorrenza, l'Autorità può, d'ufficio, ove constati ad un sommario esame la sussistenza di un'infrazione, deliberare l'adozione di misure cautelari.

1. Al capo II del titolo II della legge 10 ottobre 1990, n. 287, dopo l'articolo 14 sono inseriti i seguenti:

«Art. 14-bis. - (Misure cautelari) - 1. Identico.

2.Le decisioni adottate ai sensi del comma 1 sono applicabili per un determinato periodo di tempo e, se necessario ed opportuno, possono essere rinnovate.

2.Le decisioni adottate ai sensi del comma 1 non possono essere in ogni caso rinnovate o prorogate.

3.L'Autorità, quando le imprese non adempiano a una decisione che dispone misure cautelari, può infliggere sanzioni amministrative pecuniarie fino al 3 per cento del fatturato.

3. Identico.

«Art. 14-ter. - (Impegni). - 1.Fino alla decisione di cui all'articolo 15 che accerta la violazione degli articoli 2 o 3 o degli articoli 81 o 82 del Trattato CE, le imprese possono presentare impegni tali da far cessare l'infrazione. L'Autorità, qualora ritenga tali impegni idonei a far cessare l'infrazione, può renderli obbligatori per le imprese e chiudere il procedimento senza accertare l'illecito.

Art. 14-ter. - (Impegni). - 1.Entro tre mesi dalla notifica dell'apertura di un'istruttoria per l'accertamento della violazione degli articoli 2 o 3 della presente legge o degli articoli 81 o 82 del Trattato CE, le imprese possono presentare impegni tali da far venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell'istruttoria. L'Autorità, valutata l'idoneità di tali impegni, può, nei limiti previsti dall'ordinamento comunitario, renderli obbligatori per le imprese e chiudere il procedimento senza accertare l'infrazione.

2.L'Autorità in caso di mancato rispetto degli impegni resi obbligatori ai sensi del comma 1 può irrogare un sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10 per cento del fatturato.

2.L'Autorità in caso di mancato rispetto degli impegni resi obbligatori ai sensi del comma 1 può irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10 per cento del fatturato.

3.L'Autorità può d'ufficio riaprire il procedimento se:

3. Identico.

a) si modifica la situazione di fatto rispetto ad un elemento su cui si fonda la decisione;

 

b) le imprese interessate contravven­gono agli impegni assunti;

 

c) la decisione si fonda su infor­mazioni trasmesse dalle parti che sono incomplete inesatte o fuorvianti».

 

2. All'articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, dopo il comma 2, è aggiunto il seguente:

2. Identico:

«2-bis. L'Autorità, in conformità all'ordinamento comunitario, definisce con proprio provvedimento generale i casi in cui, in virtù della qualificata collaborazione prestata dalle imprese nell'accertamento di infrazioni alle regole di concorrenza, la sanzione ammini­strativa pecuniaria può essere ridotta in misura non superiore alla metà.».

«2-bis. L'Autorità, in conformità all'ordinamento comunitario, definisce con proprio provvedimento generale i casi in cui, in virtù della qualificata collaborazione prestata dalle imprese nell'accertamento di infrazioni alle regole di concorrenza, la sanzione ammini­strativa pecuniaria può essere non applicata ovvero ridotta nelle fattispecie previste dal diritto comunitario.».

 

 

Il comma 1 dell'articolo 14 è volto ad integrare l’articolo 14 della legge 287 del 1990 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato), concernente i poteri dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato in materia di intese restrittive della libertà di concorrenza e di abuso di posizione dominante.

 

Il nuovo articolo 14-bis della legge 287 del 1990, in particolare, attribuisce all'Autorità garante della concorrenza e del mercato il potere di adottare misure cautelari.

Tali misure possono essere deliberate d'ufficio in presenza dei seguenti presupposti:

§      urgenza dovuta al rischio di un danno grave e irreparabile per la concorrenza (c.d. periculum in mora);

§      constatazione, dopo un sommario esame, dell'esistenza di un'infrazione (c.d. fumus boni juris).

 

Le misure cautelari sono applicabili solo per un periodo di tempo determinato e non possono essere, in ogni caso rinnovate o prorogate, diversamente da quanto previsto dal testo originario del decreto legge che prevedeva, se necessario e opportuno, la possibilità di rinnovo (comma 2).

In caso di inadempienza da parte delle imprese alle misure cautelari, l'Autorità può disporre sanzioni amministrative pecuniarie fino al 3 per cento del fatturato (comma 3).

L'attribuzione di poteri cautelari all'Autorità risulta in linea con quanto previsto a livello europeo dal regolamento del Consiglio n. 1/2003 concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato istitutivo della Comunità europea, il quale ha abrogato il precedente regolamento n. 17/1962. Il nuovo regolamento ha segnato, nell'ambito della tutela della concorrenza, il passaggio da un sistema centralizzato ad un modello decentrato, attribuendo maggiori poteri alle Autorità nazionali e rafforzando la collaborazione Commissione-Autorità nazionali.

Per ciò che qui interessa, l'articolo 5 del nuovo regolamento ha previsto che le Autorità nazionali sono competenti ad applicare gli articoli 81 e 82 del trattato in casi individuali. A tal fine, agendo d'ufficio o in seguito a denuncia, possono, tra l'altro, "disporre misure cautelari". Tuttavia l'articolo 35 del regolamento prevede che gli Stati possano designare sia le autorità amministrative sia le autorità giurisdizionali per l'applicazione degli artt. 81 e 82. E' così lasciata agli Stati la scelta circa l'assetto istituzionale più appropriato. Inoltre, la legge 287/1990, all'art. 33, conferisce alla corte d'appello la competenza ad emanare provvedimenti d'urgenza. Ciò è per taluni indicativo della scelta effettuata dallo Stato italiano a favore dell'autorità giurisdizionale e ad esclusione dell'autorità amministrativa.

Il suddetto regolamento è entrato in vigore il 1° maggio 2004 e nel giugno 2005 l'Autorità italiana per la prima volta ha deciso di applicare misure cautelari[107]. In tale decisione l'Autorità ha utilizzato due argomenti per giustificare la titolarità del potere.

Innanzitutto, ha richiamato un'ordinanza della Corte di giustizia[108] adottata durante la vigenza del regolamento del 1962 che non attribuiva espressamente poteri cautelari alla Commissione europea. Nonostante ciò la Corte di giustizia in tale sede riconobbe alla Commissione la potestà di emettere provvedimenti provvisori. Richiamando tale precedente, l'Autorità afferma che "la possibilità di intervenire in sede cautelare rappresenta un ordinario strumento di intervento così connaturato all'enforcement della disciplina antitrust da far ritenere superflua, alla Corte di Giustizia, la necessità di una previsione normativa volta a conferire all'autorità agente il potere in questione".

Come secondo argomento, l'Autorità ha fatto riferimento all'articolo 7, comma 2, della legge n. 241/1990 sul procedimento amministrativo. Tale norma fa salva la facoltà dell'amministrazione di adottare provvedimenti cautelari anche prima della comunicazione di avvio del procedimento. Sull'interpretazione della norma citata la dottrina è però divisa: alcuni la considerano come fondativa di un principio generale secondo cui la misura cautelare è un potere implicito in tutti i procedimenti; altri ne danno un'interpretazione restrittiva e ne delimitano l'applicabilità ai soli casi in cui un potere cautelare sia già espressamente attribuito da una specifica norma di legge.

Riguardo all'art. 33, co. 2 della legge 287/1990, che ha attribuito alla corte d'appello la competenza ad adottare provvedimenti d'urgenza, l'Autorità rileva che si tratta di una competenza complementare e non alternativa alla propria in quanto di "private enforcement", cioè un'azione ad iniziativa dei privati.

Rispetto alla situazione appena esposta, il nuovo art. 14-bis chiarisce comunque che l'Autorità ha il potere di adottare d'ufficio misure cautelari.

 

L'articolo 14-ter della legge 287 del 1990, nel testo novellato dal Senato, consente alle imprese la presentazione di impegni tali da far venir meno i profili anticoncorrenziali oggetto di un’istruttoria da parte dell’Autorità, tesa all’accertamento della violazione degli articoli 2 e 3 della presente proposta di legge, ovvero degli articolo 81 o 82 del Trattato CE. La presentazione degli impegni è consentita entro precisi limiti temporali, ossia, entro tre mesi dalla notifica di apertura della suddetta istruttoria. All’Autorità Antitrust è riconosciuta la facoltà - da esercitarsi entro i limiti fissati dall’ordinamento comunitario - di rendere obbligatori gli impegni in esame, una volta che sia stata valutata la loro idoneità (comma 1).

 

Qualora gli impegni resi obbligatori ai sensi del precedente comma non vengano rispettati, l’Autorità può irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10 per cento del fatturato. Si tratta della stessa sanzione che l'Autorità può irrogare ai sensi dell'articolo 15 della legge 287/90 (comma 2).

All'Autorità è inoltre riconosciuta dal comma 3 la facoltà di riaprire d'ufficio il procedimento nei seguenti casi:

§      in presenza di una modifica della situazione di fatto rispetto ad un elemento su cui si fonda la decisione;

§      se le imprese interessate contravvengono agli impegni assunti;

§      se la decisione si fonda su informazioni incomplete inesatte o fuorvianti trasmesse dalle parti.

 

Anche questa innovazione risulta coerente con quanto previsto dal regolamento (CE) n. 1/2003. All'articolo 5 esso prevede che le Autorità nazionali possono, tra l'altro, "accettare impegni". La disciplina degli impegni per quanto riguarda la Commissione europea è recata dall'articolo 9 e corrisponde a quella del nuovo art. 14-ter. Peraltro nella pratica l'Autorità ha già fatto ricorso a tale potere spingendo le imprese a offrire e adottare spontaneamente impegni ai fini della concessione di esenzioni o della commisurazione della sanzione pecuniaria.

 

Il comma 2 del presente articolo integra il citato articolo 15 della legge 287/1990 aggiungendo il nuovo comma 2-bis .

La nuova disposizione prevede che l'Autorità – conformemente a quanto previsto dall’ordinamento comunitario - definisca con un proprio provvedimento generale i casi in cui la sanzione può non essere applicata ovvero ridotta (il testo originario prevedeva la possibilità di una riduzione fino a metà) in virtù della qualificata collaborazione prestata dalle imprese nell'accertamento di infrazioni.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

(Vedi paragrafo Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE, Politiche del mercato interno e della concorrenza, nella scheda relativa all’articolo 2).

 


Articolo 14-bis
(Integrazione dei poteri dell'Autorità
per le garanzie nelle comunicazioni)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

 

1. Ferme restando le competenze assegnate dalla normativa comunitaria e dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, la presentazione di impegni da parte delle imprese inte­ressate è parimenti ammessa nei procedimenti di competenza dell'Au­torità per le garanzie nelle comu­nicazioni in cui occorra promuovere la concorrenza nella fornitura delle reti e servizi di comunicazione elettronica e delle risorse e servizi correlati, ai sensi del codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, salva la disciplina recata dagli articoli 17 e seguenti del medesimo codice per i mercati individuati nelle raccomandazioni comunitarie relative ai mercati rilevanti di prodotti e servizi del settore delle comunicazioni elettroniche.

 

2. Nei casi previsti dal comma 1, l'Autorità per le garanzie nelle comu­nicazioni, qualora ritenga gli impegni proposti idonei ai fini rispettivamente indicati, può approvarli con l'effetto di renderli obbligatori per l'impresa proponente. In caso di mancata attuazione degli impegni resi obbligatori dall'Autorità trovano applicazione le sanzioni previste dalle discipline di settore. Qualora la proposta di impegno provenga da un'impresa incorsa in illecito non ancora punito, l'Autorità tiene conto dell'attuazione dell'impegno da essa approvato ai fini della decisione circa il trattamento sanzionatorio appli­cabile al caso concreto.

 

 

L’articolo in esame – introdotto nel corso dell’esame del provvedimento al Senato - introduce disposizioni recanti integrazione dei poteri dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), in analogia a quanto disposto dall’articolo 14 del decreto legge in esame (vedi supra) per l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM).

 

Il comma 1 prevede che nei procedimenti di competenza dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni diretti alla promozione della concorrenza nella fornitura delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica e delle risorse e servizi correlati, ai sensi del codice delle comunicazioni elettroniche[109], è ammessa la presentazione di impegni da parte delle imprese interessate.

 

Il decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, recante codice delle comunicazioni elettroniche, emanato sulla base della norma di delega di cui all'articolo 41, comma 1, della legge 1° agosto 2002, n. 166 (c.d. collegato infrastrutture), ha recepito nell’ordinamento nazionale il pacchetto di direttive sulle “comunicazioni elettroniche” (direttiva “quadro” 2002/21; direttiva sull’accesso 2002/19; direttiva “autorizzazioni” 2002/20; direttiva sul servizio universale 2002/22).

Il D.Lgs. 259/2003 ha introdotto – in attuazione di uno dei principi e criteri direttivi della delega - un codice delle disposizioni legislative in materia di telecomunicazioni che presenta un quadro regolamentare connotato dalle seguenti principali innovazioni:

§      inclusione delle reti di trasporto del segnale televisivo nell’insieme denominato “reti di comunicazione elettronica”, a seguito della constatata tendenziale assimilazione delle tecnologie di trasporto del segnale sulle diverse reti di comunicazione elettronica, astrattamente tutte in grado di trasmettere segnali digitalizzati che riproducono indifferentemente suoni, dati o immagini in movimento;

§      unificazione dei regimi giuridici relativi al titolo che legittima lo svolgimento dell’attività: il sistema della “autorizzazione generale” - che si sostanzia fondamentalmente in una denuncia di inizio attività da parte dell’impresa interessata - assorbe il sistema dualista precedente, articolato in licenze individuali e autorizzazioni generali ;

§      assetto degli obblighi posti a carico degli ex monopolisti, e degli operatori individuati come aventi un significativo potere di mercato, che dipende – nella nuova disciplina - dall’esito di una analisi di mercato e dalla individuazione - caso per caso - delle occorrenti misure, commisurate alle distorsioni da eliminare; diventa dunque fondamentale l’individuazione di un mercato rilevante ai fini della regolamentazione, e l’individuazione di posizioni di significativo potere di mercato in grado di condizionarne il funzionamento. Peraltro, i mercati in cui sono imponibili misure specifiche nei confronti delle imprese che hanno un significativo potere di mercato sono individuati in via preliminare ed in modo uniforme a livello comunitario, anche se non viene esclusa una procedura di identificazione a livello nazionale, soggetta ad una sostanziale ratifica comunitaria, attraverso un procedimento di silenzio-assenso.

 

Si ricorda che l’integrazione dei poteri dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato introdotti dal precedente articolo 14 del decreto legge in esame è stata disposta in linea con quanto previsto a livello europeo dal regolamento del Consiglio n. 1/2003 concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato istitutivo della Comunità europea, che ha abrogato il regolamento n. 17/1962. Il nuovo regolamento ha introdotto, nell'ambito del sistema della tutela della concorrenza, un modello decentrato, attribuendo maggiori poteri alle Autorità nazionali e rafforzando la collaborazione Commissione-Autorità nazionali.

Con riferimento agli impegni, l'articolo 5 del regolamento prevede che le Autorità nazionali possono, tra l'altro, "accettare impegni". La disciplina degli impegni per quanto riguarda la Commissione europea è recata dall'articolo 9 e corrisponde a quella prevista dall’articolo 14-ter della legge 287/1990 introdotto dall’articolo 14 del decreto legge in esame.

 

La disposizione mantiene comunque ferme:

§      le competenze in materia di concorrenza attribuite dalla normativa comunitaria e dalla legge n. 287 del 1990 in capo all’Autorità garante della concorrenza e del mercato;

§      la disciplina prevista dal codice delle comunicazioni elettroniche per i mercati individuarti nelle Raccomandazioni comunitarie relative ai mercati rilevanti di prodotti e servizi del settore delle comunicazioni elettroniche.

 

Il codice delle comunicazioni elettroniche riprende – agli articoli 17, 18 e 19 - la disciplina europea sui presupposti per l’intervento regolatorio, prevedendo sostanzialmente:

-       la necessità di individuazione dei mercati nazionali rilevanti, al fine della possibile introduzione di obblighi ex ante;

-       la possibilità di sottoporre a regole ex ante solo il mercato non effettivamente concorrenziale;

-       l’imposizione di misure regolatorie ad imprese dotate di significativo potere di mercato, ossia alle imprese che detengono una posizione equivalente ad una posizione dominante, sia singola che collettiva, nel mercato considerato o in un mercato così connesso al mercato in esame da costituire un potenziale di leva volto all’estensione della dominanza su entrambi i mercati;

-       l’imposizione di obblighi appropriati ossia proporzionali al problema concorrenziale da risolvere.

L’articolo 18 del codice stabilisce che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, tenendo in massima considerazione le Raccomandazioni relative ai mercati rilevanti di prodotti e servizi del settore delle comunicazioni elettroniche e le linee direttrici[110], definisce i mercati rilevanti conformemente ai princìpi del diritto della concorrenza e sulla base delle caratteristiche e della struttura del mercato nazionale delle comunicazioni elettroniche. In particolare, l’Autorità è chiamata a definire i mercati sulla base dei principi del diritto della concorrenza, che si sostanziano nella verifica della sostituibilità dei prodotti e servizi dal lato della domanda e, come criterio sussidiario, della sostituibilità dell’offerta, cioè della possibilità per altre imprese di realizzare e immettere rapidamente sul mercato tali prodotti e servizi.

 

Il comma 2 stabilisce che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, qualora ritenga gli impegni proposti idonei ai fini per i quali sono stati presentati, può renderli obbligatori per l’impresa proponente.

In caso di mancato rispetto degli impegni resi obbligatori, trovano applicazione le sanzioni previste dalle discipline di settore.

La proposta di impegno è valutata dall’Autorità ai fini del trattamento sanzionatorio da applicare, qualora l’impegno sia stato presentato da un’impresa incorsa in illecito non ancora punito.

 

Si segnala che andrebbe valutata l’opportunità di formulare la disposizione in esame in termini di novella al codice delle comunicazioni elettroniche, attesa la collocazione in tale fonte normativa di disposizioni che affidano all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il potere di imposizione di precisi obblighi (obbligo di trasparenza, obbligo di non discriminazione, obbligo di separazione contabile, obblighi in materia di accesso e di uso di determinate risorse di rete, obblighi in materia di controllo dei prezzi e di contabilità dei costi) qualora, in esito all'analisi del mercato, un'impresa venga designata come detentrice di un significativo potere di mercato in un mercato specifico (artt. 46, 47, 48, 49 e 50).

 


Articolo 15
(Disposizione sulla gestione del servizio idrico integrato)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. All'articolo 113, commi 15-bise 15-ter, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le parole: «31 dicembre 2006» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2007».

1. All'articolo 113, commi 15-bise 15-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le parole: «31 dicembre 2006» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2006, relativamente al solo servizio idrico integrato al 31 dicembre 2007».

 

 

L'articolo 15, attraverso una novella ai commi 15-bis e 15-ter dell'art. 113 del Testo Unico degli enti locali (TUEL), di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in tema di gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, posticipa di un anno - dal 31 dicembre 2006 al 31 dicembre 2007, per il solo servizio idrico integrato -il termine previsto per la cessazione delle concessioni rilasciate con procedute diverse dall'evidenza pubblica.

La relazione governativa allegata al decreto in esame precisa che oggetto del posticipo di un anno dei termini previsti dall’art. 113, commi 15-bis e 15-ter, del TUEL è la “gestione del relativo servizio idrico integrato”.

Tuttavia, nel testo originario del decreto legge tale riferimento era ricavabile dalla sola rubrica, mentre è solo grazie all’approvazione, prima dell’emendamento 15.3 (Baldassarri e altri) durante l’esame in sede referente nella Commissione Bilancio del Senato del ddl di conversione, e successivamente dell’emendamento interamente sostitutivo presentato dal Governo, che viene specificato, anche nell’articolato, che la proroga riguarda il solo settore dei servizi idrici.

Si osserva che, senza tale specificazione, il testo della disposizione avrebbe contraddetto la rubrica dell’articolo, in quanto – com’è noto - l’art. 113 del TUEL reca disposizioni di carattere generale, applicabili a tutti i servizi pubblici locali aventi rilevanza economica.

In particolare, essendo stati esclusi dall’ambito di applicazione di tale disciplina generale i servizi di trasporto pubblico locale[111], nonché i servizi di erogazione dell’energia elettrica e del gas[112], le due grandi categorie di servizi pubblici locali che ricadono nell’ambito di applicazione dell’art. 113 sono quello idrico e quello di gestione dei rifiuti.

La disposizione di proroga, come emendata durante l’iter al Senato, è pertanto limitata al servizio idrico. Rimarrebbe invece applicabile ai servizi di gestione dei rifiuti affidati senza gara il termine originario del 31 dicembre 2006, alla scadenza del quale tali concessioni saranno da considerarsi comunque cessate. Si ricorda in proposito che l’art. 204, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006 (decreto che, sulla base della delega recata dalla legge n. 308 del 2004, ha riordinato e profondamente modificato la normativa in materia ambientale) aveva disposto che proprio “in relazione alla scadenza del termine di cui al comma 15 bis dell’articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 l’Autorità d’ambito dispone i nuovi affidamenti, nel rispetto delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, entro nove mesi dall’entrata in vigore della medesima parte quarta”.

Si ricorda, per completezza, che le disposizioni vigenti relative agli affidamenti del servizio idrico sono oggi rinvenibili non solo nell’articolo 113 del TUEL, ma anche nell’articolo 150 del citato decreto legislativo n. 152 del 2006, la cui formulazione non sembra tuttavia incidere sulla portata delle disposizione di proroga in commento.

 

In merito alla disposizione di proroga, appare opportuno ricordare che, pur non esistendo una direttiva comunitaria che disciplina i servizi pubblici locali, tuttavia, in più occasioni la Commissione Europea ha ricordato come le modalità di affidamento di tali servizi, non privi di rilevanza economica, siano comunque assoggettate alle norme dei trattati sulla tutela della concorrenza e come un indefinito protrarsi di concessioni affidate senza procedura di evidenza pubblica sia da considerarsi contrario alla progressiva apertura al mercato richiesta, anche in questi settori, dagli stessi trattati. L’unica eccezione ammessa, sul piano del diritto comunitario, sono i cd. affidamenti “in house”, ma la proroga in commento non sembra riconducibile e tale fattispecie, per la quale è necessaria la sussistenza di determinate condizioni (particolari forme di controllo da parte dell’amministrazione sul soggetto affidatario, capitale interamente pubblico del soggetto affidatario stesso, prevalenza dell’attività svolta con l’ente pubblico rispetto al complesso delle attività svolte dal soggetto affidatario).

 

Nella relazione tecnica allegata si precisa che la disposizione è compresa in un elenco di disposizioni del decreto legge per le quali non sono da determinarsi oneri per la finanza pubblica; al contrario, tali disposizioni sarebbero, secondo la stessa fonte “foriere di benefici effetti per la competitività del sistema produttivo e, quindi, per lo sviluppo economico con possibili riflessi positivi per la finanza pubblica”.

Una valutazione sugli impatti sulla finanza pubblica della disposizione di proroga in commento appare invero alquanto difficile, in quanto gli obiettivi di lungo periodo (privatizzazione e liberalizzazione dl settore) mirano ad un miglioramento complessivo del servizio, congiuntamente ad una riduzione delle risorse pubbliche impegnate nella manutenzione e potenziamento delle reti (con progressivo aumento di risorse provenienti da operatori privati). Pertanto, una proroga della piena operatività di uno dei cardini della riforma (ricorso a procedure di gara) potrebbe configurare effetti (ma comunque indiretti) a carico della finanza locale. Tuttavia, tali effetti sarebbero in ogni caso difficili da quantificare e variabili in base a situazioni locali estremamente differenziate.

 

Allo scopo di ricostruire le complesse vicende della disciplina dei servizi pubblici locali, si ricorda, innanzitutto, che la materia, regolata (prevalentemente ma non solo) dall’art. 113 del Testo unico cui è rivolta la proroga, è stata oggetto – durante la XIV legislatura - di una ampia riforma volta a promuovere la progressiva privatizzazione e liberalizzazione di mercati nei quali tradizionalmente le aziende speciali “municipalizzate” avevano una posizione di preminenza. Tale riforma è stata operata dapprima con l’art. 35 della legge finanziaria per il 2002 (L. 28 dicembre 2001, n. 448) e successivamente completata con il decisivo intervento del decreto legge n. 269 del 2003 (art. 14, comma 1) ed, infine, della legge finanziaria per il 2004 (L. 24 dicembre 2003, n. 350) che ha integrato e chiarito ulteriori aspetti della disciplina.

L’art. 35 della legge n. 448 del 2001 ha riformato interamente la materia la cui regolamentazione risaliva in gran parte alla legge n. 142 del 1990 (artt. 22 e seguenti, successivamente confluiti negli artt. 113 e seguenti del TUEL).

In particolare, l’articolo ha sostituito interamente l’art. 113 del TUEL sulla la gestione delle reti e l’erogazione dei servizi pubblici di rilevanza industriale (ed ha introdotto un nuovo art. 113-bis relativo alla gestione dei servizi pubblici privi di rilevanza industriale).

Di particolare rilievo è l’introduzione del principio generale secondo il quale l’erogazione dei servizi di rilevanza industriale avviene in regime di concorrenza e attraverso l’affidamento del servizio con due condizioni:

1.       il soggetto erogatore del servizio deve essere costituito in forma di società di capitali;

2.       l’affidamento del servizio deve avvenire attraverso l’espletamento di una gara pubblica.

L’ente locale titolare del servizio rimane proprietario delle reti e degli impianti necessari all’erogazione del servizio. L’azienda speciale – tradizionalmente la forma prevalente di gestione dei servizi – è destinata a scomparire progressivamente, dal momento che gli enti locali devono procedere alla trasformazione delle aziende speciali in società per azioni.

Tra le altre disposizioni recate dal citato art. 35, si ricordano, i co. 2, 3 e 4, i quali recavano norme sulla durata delle concessioni per il periodo transitorio, e il co. 5, concernente l’affidamento da parte delle regioni del servizio idrico integrato.

Successivamente è intervenuto l’art. 14 del decreto legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, con lo scopo di avviare la riforma (in realtà ancora non completata), e di risolvere un contenzioso a livello europeo nel frattempo sorto (per violazione dei principi di non discriminazione e trasparenza nella disciplina in materia di servizi pubblici locali).

Tra le principali modifiche apportate dal decreto legge alla disciplina previgente si segnalano:

-          la sostituzione della nozione di servizi di rilevanza industriale con quella di servizi di rilevanza economica;

-          la previsione della possibilità di affidare l’erogazione dei servizi di rilevanza economica non esclusivamente a società scelte mediante gara, ma anche a società a capitale misto pubblico-privato, oppure a società interamente pubbliche mediante procedura c.d. in house;

-          la soppressione del regime transitorio previsto dall’art. 35 con la determinazione di una data unica – il 31 dicembre 2006 – entro la quale tutte le gestioni rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica cesseranno. Si ricorda, inoltre che i commi 15-bis e 15-ter hanno anche previsto - come già nell’art. 35 previgente – alcune possibilità di ulteriore proroga;

-          l’abolizione del rinvio al regolamento di attuazione, previsto dall’art. 35 e non ancora adottato.

Con riferimento specifico alla soppressione del regime transitorio, il comma 15-bis dell’art. 113 - introdotto dall’art. 14, comma 1, lettera h) – stabiliva, per le ipotesi in cui le norme di settore non prevedevano un congruo periodo di transizione, che le concessioni rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica cessassero alla data del 31 dicembre 2006, ex lege e senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante.

Non cessano invece le concessioni:

§       rilasciate con procedura di evidenza pubblica (che, quindi, giungono a scadenza contrattuale;

§       nei casi in cui la disciplina di settore stabilisce un congruo periodo di transizione;

§       le concessioni affidate in house.

 

Il comma 15-terdell’art. 113 – introdotto, anch’esso, dall’art. 14, comma 1, lett. h-bis) - prevedeva che il termine del 31 dicembre 2006 potesse essere differito:

§       a non più di un anno se, entro il 31 dicembre 2005, si fosse dato luogo, mediante una o più fusioni, alla costituzione di una nuova società capace di servire un bacino di utenza complessivamente non inferiore a due volte quello originariamente servito dalla società maggiore;

§       a non più di due anni se, entro il 31 dicembre 2005, un’impresa affidataria, anche a seguito di una o più fusioni, si fosse trovata ad operare in un ambito corrispondente almeno all’intero territorio provinciale ovvero a quello ottimale, laddove previsto dalle norme vigenti.

In ogni caso il differimento dei termini avrebbe dovuto essere concordato, “caso per caso”, con la Commissione europea.

 

In particolare, con le disposizioni in commento, la data del 31 dicembre 2006 viene sostituita – ma, come si è detto, solo in relazione ai servizi idrici - da quella del 31 dicembre 2007, sia nel corpo del comma 15 bis, sia in quello del comma 15-ter. Pertanto, è quest’ultimo (e non più il 31 dicembre 2006) il termine entro il quale:

§      o la concessione affidata senza procedura di evidenza pubblica dovrà cessare (comma 15 bis),

§      ovvero, la sua cessazione potrà essere differita previo accordo “caso per caso” con la Commissione europea, ma solo ove ricorrano le condizioni tassativamente previste dal comma 15-ter.

 

Si osserva che la formulazione della novella, come emendata durante l’esame al Senato, risulta non del tutto congrua, in particolare nella parte relativa al comma 15-ter dell’art. 113. Infatti il testo del suddetto comma, risulterebbe formulato in modo poco comprensibile: “Il termine del 31 dicembre 2006, relativamente al solo servizio idrico integrato al 31 dicembre 2007, di cui al comma 15-bis, può essere differito …”.

 


Articolo 16, comma 1
(Contratto collettivo 2004-2005 trasporto pubblico locale)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. A parziale modifica di quanto stabilito dall'articolo 1, commi 2 e 3, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58, a decorrere dall'anno 2006 l'importo di 60 milioni di euro annui è corrisposto ai servizi di trasporto pubblico locale direttamente dalle regioni individuate con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, del 1o marzo 2006, emanato d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, senza dover procedere preliminarmente alla corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali nei confronti delle predette regioni.

1. Identico.

 

 

L’articolo 16, comma 1, modifica parzialmente la disciplina relativa allo stanziamento di risorse finanziarie per il rinnovo del contratto collettivo per il trasporto pubblico locale, di cui all’articolo 1, commi 2 e 3, del D.L. 21 febbraio 2005, n. 16[113], convertito dalla L. 22 aprile 2005, n. 58.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 2, del richiamato D.L. 16 del 2005 ha disposto un’autorizzazione di spesa pari a 260 milioni di euro annui, a decorrere dal 2005, per il finanziamento della spesa relativa al rinnovo del primo biennio (anni 2004-2005) del contratto collettivo nazionale 2004-2007 del trasporto pubblico locale, in applicazione dell'intesa sottoscritta presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri tra i rappresentanti delle associazioni datoriali ed i sindacati in data 18 novembre 2004[114].

Lo stesso articolo 1, comma 2 ha altresì disposto che alla copertura degli oneri derivanti dall’assegnazione delle risorse per il rinnovo del contratto relativo al biennio 2004-2005 si dovesse provvedere:

§       per 200 milioni di euro annui con quota parte delle maggiori entrate derivanti dall’aumento delle aliquote di accisa sulle benzine e sul gasolio usato come carburante, previsto dall’art. 1, comma 9 del D.L. 16 del 2005;

§       per 60 milioni di euro annui mediante corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali “attribuiti dal Ministero dell’economia e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato a qualsiasi titolo assegnati a ciascun ente territoriale sulla base del riparto stabilito con il decreto di cui al comma 3” (cfr. infra).Sembrerebbe, pertanto, che la riduzione dei trasferimenti a ciascun ente debba essere effettuata in proporzione alle risorse aggiuntive per il rinnovo del contratto del trasporto pubblico locale attribuite all’ente medesimo.

 

Il successivo comma 3 prevede infatti che le risorse di cui al precedente comma siano assegnate alle regioni e alle province autonome[115], con decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia, d'intesa con la Conferenza unificata Stato-regioni. Si precisa che la ripartizione delle risorse dovrà essere effettuata con riferimento alla consistenza del personale in servizio alla data del 30 novembre 2004 presso le aziende di trasporto pubblico locale.

L’ultimo periodo del comma 3 stabilisce altresì che le spese sostenute dagli enti territoriali per la corresponsione alle aziende di trasporto pubblico locale degli importi derivanti dal rinnovo del primo biennio (anni 2004-2005) del contratto collettivo nazionale siano escluse dal patto di stabilità interno. In considerazione delle funzioni svolte non soltanto dalle regioni e dalle province autonome, ma anche dagli enti locali in materia di trasporto pubblico locale, pare che si debba ritenere che l’esclusione riguardi anche quest’ultima categoria di enti territoriali. Sulla base della disposizione in esame, pertanto, le somme che le regioni, le province autonome e gli enti locali trasferiscono alle aziende di trasporto pubblico locale in conseguenza del rinnovo del contratto collettivo, non rientrano nel calcolo complessivo delle spese finali (spese correnti e spese di conto capitale) rilevanti ai fini del patto di stabilità interno per l’anno 2005 e per gli anni successivi.

 

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 23, comma 1, del D.L. 355 del 2003, convertito dalla legge n. 48/2004, ha autorizzato la spesa di 337,5 milioni di euro per l’anno 2004 e di 214,3 milioni di euro a decorrere dal 2005 per il rinnovo del contratto collettivo relativo al settore del trasporto pubblico locale[116].

Più precisamente l’importo delle risorse stanziate dal D.L. n. 355 veniva determinato tenendo conto di due elementi:

§       incremento, di carattere strutturale, della retribuzione pari a 81 euro lordi. Il costo è stimato pari a 214,30 milioni di euro;

§       una tantum per il periodo 1° gennaio 2002-30 ottobre 2003 pari a 970 euro. Questa somma veniva coperta per 800 euro dallo Stato e per 170 euro dalle regioni e autonomie locali. Il costo stimato complessivo è pari a circa 148 milioni di euro, di cui 123,20 milioni di diretta competenza dello Stato.

 

In particolare, l’articolo 16, comma 1 in esame dispone che a decorrere dall'anno 2006 l'importo di 60 milioni di euro annui posto a carico delle finanze regionali dalla normativa su richiamata (art. 1, comma 2, del D.L. 16/2005) venga corrisposto ai servizi di trasporto pubblico locale direttamente dalle regioni individuate con il decreto del 1° marzo 2006del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, emanato di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e d'intesa con la Conferenza unificata, senza dover procedere preliminarmente alla corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali nei confronti delle medesime regioni.

In sostanza la disposizione è volta a modificare la procedura di erogazione delle risorse finanziarie per il rinnovo contrattuale, prevedendo che lo Stato trasferisce alle regioni solamente l’importo posto a carico del bilancio statale (200 milioni di euro), mentre le regioni devono provvedere direttamente a corrispondere ai servizi di trasporto pubblico locale i 60 milioni di euro posti a carico del proprio bilancio dalla normativa su citata. In tal modo si semplifica la procedura, eliminando la necessità di procedere alla riduzione dei trasferimenti erariali per l’importo corrispondente ai 60 milioni posti a carico delle regioni.

 

Si rileva, in proposito, che il richiamato decreto ministeriale del 1° marzo 2006, emanato per il riparto delle risorse ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del richiamato D.L. 16 del 2005, non risulta ancora pubblicato.

Sotto il profilo della tecnica legislativa, si osserva inoltre che sarebbe opportuno individuare il richiamato decreto ministeriale facendo espresso riferimento al comma 3 dell’articolo 1 del D.L. 16/2005, e non solamente alla data di emanazione dello stesso.

 

La relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di conversione del decreto-legge (A.S. 741) spiega che la modifica alla suddetta normativa si rende necessaria al fine di superare le perplessità manifestate dalla Corte dei Conti, in sede di applicazione del ricordato articolo 1, commi 2 e 3, del decreto legge n. 16 del 2005, sul decreto di variazione al bilancio dello Stato per l' anno 2005 con il quale si è proceduto a disporre la riduzione dei trasferimenti erariali spettanti alle regioni a statuto ordinario, in maniera corrispondente all'onere che la richiamata normativa ha posto a carico delle regioni (60 milioni di euro), a valere sulle somme da attribuire a titolo di compartecipazione all'IVA. Le perplessità, si legge nella relazione illustrativa, sono state manifestate poiché la compartecipazione IVA non configura un trasferimento ma una manifestazione di fiscalità locale.

Inoltre la relazione illustrativa chiarisce che le disposizioni contenute nell'articolo in esame non comportano alcun effetto sostanziale sull’assegnazione di risorse finanziarie disposta per il rinnovo del primo biennio del contratto collettivo 2004-2007 relativo al settore del trasporto pubblico locale. Difatti la modifica (come già detto) è volta soltanto ad eliminare la complessa procedura originariamente prevista, stabilendo che lo Stato, per il rinnovo del contratto in questione, trasferisce alle regioni solamente l’importo posto a effettivo carico del bilancio statale (200 milioni di euro), anziché l’importo lordo di 260 milioni di euro comprensivo della quota di 60 milioni di euro posta a carico delle regioni e successivamente recuperato sui trasferimenti statali.


Articolo 16, comma 2
(Esclusione dal Patto di stabilità interno delle spese in conto capitale per il trasporto su ferro nel territorio della Capitale)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

2. All'articolo 1, comma 147, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le spese in conto capitale relative agli interventi per il trasporto su ferro ricadenti nel territorio della Capitale della Repubblica sono escluse dal patto di stabilità interno.».

2. Identico.

 

 

Il comma 2 dell'articolo 16 in esame reca modifiche alla disciplina del Patto di stabilità interno per regioni ed enti locali per l’anno 2006, dettata dall’articolo 1, commi da 138 a 150, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266 del 2005).

In particolare, la disposizione in esame integra il comma 147 della legge n. 266/2005, che reca la esclusione dalle regole del patto di stabilità, per il solo anno 2006, delle spese in conto capitale derivanti da interventi cofinanziati dall'Unione europea, comprese le corrispondenti quote di parte nazionale.

 

Introducendo un ulteriore periodo al comma 147 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2005, il comma in esame esclude dalla disciplina del Patto di stabilità interno le spese in conto capitale relative agli interventi per il trasporto su ferro ricadenti nel territorio della Capitale della Repubblica.

 

Si ricorda che i commi da 138 a 150 dell’articolo unico della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005) dettano la disciplina del patto di stabilità interno per le regioni e per gli enti localicon riferimento al triennio 2006-2008.

Le citate disposizioni definiscono una disciplina uniforme per tutte le tipologie di enti territoriali, basata sul principio dell’evoluzione controllata della spesa, definendo peraltro vincoli diversificati con riferimento alle spese correnti e alle spese in conto capitale.

In particolare, la disciplina del Patto impone una riduzione delle spese correnti[117] consentendo, invece, una crescita programmata delle spese di investimento.

In particolare, per quanto concerne le spese di conto capitale, il comma 141 stabilisce per ciascun ente un limite all’incremento delle spese in conto capitale nel 2006, calcolato in misura pari al corrispondente ammontare di spese in conto capitale dell'anno 2004, aumentato dell’8,1 per cento.

Con riferimento al complesso delle spese in conto capitale, il comma 143 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2006 esclude dalla disciplina del Patto di stabilità:

a)       le spese per trasferimenti in conto capitale destinati alle amministrazioni pubbliche, in quanto consolidate nell’ambito del conto economico;

b)       le spese derivanti da concessioni di crediti,in quanto, trattandosi di operazioni finanziarie, non sono rilevanti ai fini del conto economico delle amministrazioni pubbliche[118];

c)       le spese per calamità naturali, per le quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza, e le spese sostenute dai comuni per il completamento dell’attuazione delle ordinanze emanate dal Presidente del Consiglio dei ministri a seguito di dichiarazioni di stato di emergenza;

d)       le spese derivanti dall’esercizio di funzioni trasferite o delegate da parte delle regioni ed esercitate dagli enti locali a partire dal 1° gennaio 2005, nei limiti dei corrispondenti trasferimenti finanziari attribuiti dall’amministrazione regionale.

Come già ricordato, limitatamente all’anno 2006, dall’ammontare delle spese in conto capitale soggette al Patto sono escluse le spese in conto capitale cofinanziate dalla Unione europea (comma 147). L’esclusione è relativa anche alle quote di finanziamento di parte nazionale, corrispondenti a quelle cofinanziate dall’Unione europea.

 

La nuova disposizione introdotta nel comma 147 della legge n. 266/2005 esclude pertanto dal computo del complesso delle spese in conto capitale degli enti territoriali, cui si applica il vincolo di incremento stabilito dal comma 139 per le regioni e dal comma 141 per gli enti locali, il complesso delle spese in conto capitale effettuate dal comune di Roma, relative agli interventi per il trasporto su ferro ricadenti nel territorio della Capitale della Repubblica

Tale esclusione sembra riferirsi all’intero triennio.

 

La disposizione comporta un impatto in termini di fabbisogno e di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche pari a 50 milioni di euro per il 2006, 120 milioni di euro per il 2007, 300 milioni di euro per il 2008 e 500 milioni di euro per il 2009.

 

Per quanto concerne l’individuazione delle spese cui si riferisce la norma in esame, la Relazione tecnica fa riferimento ai finanziamenti relativi all’articolo 9 della legge 26 febbraio 1992, n. 211, recante "Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa".

Sulla base delle indicazioni fornite nella relazione tecnica, la norma richiamata, come successivamente rifinanziata, ha determinato l’autorizzazione di limiti di impegno pluriennali pari a complessivi 205,5 milioni di euro, per interventi a favore del trasporto rapido di massa, a fronte dei quali i comuni interessati possono porre in essere operazioni di mutuo con istituti di credito.

Per quanto concerne, in particolare, il comune di Roma, il governo specifica che tali somme sono finalizzate, tra l'altro, al finanziamento delle linee metropolitane della città di Roma.

A tali spese partecipa anche il comune di Roma con una quota a proprio carico; inoltre il CIPE ha proceduto a deliberare apposite risorse nell'ambito della "legge obiettivo".

La relazione tecnica riporta una tabella riepilogativa del profilo di spesa dell’investimento attivabile a fronte dei limiti di impegno destinati agli interventi per il trasporto su ferro ricadenti nel territorio della Capitale della Repubblica per il periodo 2006-2009:

 

ANNO

Risorse finanziarie (in euro)

TOTALE

Stato

Comune

2006

30.000.000

20.000.000

50.000.000

2007

72.000.000

48.000.000

120.000.000

2008

180.000.000

120.000.000

300.000.000

2009

300.000.000

200.000.000

500.000.000

 

La città di Roma è attualmente impegnata in un'opera di riorganizzazione complessiva del trasporto su ferro, che prevede, con riferimento alle metropolitane, l'ammo­dernamento della linea A, la costruzione delle linee C e B1, nonché la progettazione della linea D. In particolare, la società "Roma Metropolitane s.r.l.", emanazione organica del Comune di Roma che ne è l'unico proprietario e che esercita nei suoi confronti attività di direzione e di coordinamento (ai sensi della deliberazione del Consiglio comunale n 97 del 24 maggio 2004), è chiamata ad occuparsi in concreto dello svolgimento di tutte le funzioni connesse alla realizzazione, all'ampliamento, al prolungamento ed all'ammodernamento delle linee metropolitane della capitale, come si evince dal sito web ufficiale[119] della società, utilizzato come fonte per alcune delle informazioni di seguito riportate.

Si ricorda a tal riguardo che il CIPE, con deliberazione 27 maggio 2005 ha preso atto della modifica del soggetto aggiudicatore, dopo che il Consiglio del Comune di Roma, con delibera del 24 maggio 2004, n. 97, ha ritenuto, in relazione alla rilevanza degli appalti da affidare per l’opera in oggetto, di “accentrare le responsabilità connesse al supporto per la realizzazione dei lavori in capo ad un soggetto appositamente dedicato”. Il soggetto ritenuto più idoneo, sulla scorta di indicazioni già contenute in una memoria di Giunta del 7 ottobre 2003, è stato individuato nella “Servizi Operativi per la Mobilità s.r.l.” (S.O.M. s.r.l.), la cui denominazione sociale è stata poi variata in “Società per la realizzazione delle metropolitane della Città di Roma s.r.l” (abbreviativamente “Roma metropolitane s.r.l.”).

 


Articolo 17, comma 1
(Ferrovie Spa)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Per la prosecuzione degli interventi relativi al «Sistema alta velocità/alta capacità», per l'anno 2006, è concesso un contributo in conto impianti nel limite massimo di 1.800 milioni di euro a favore di Ferrovie dello Stato S.p.A. o a società del gruppo.

1. Identico.

 

 

Il comma 1 detta disposizioni per la concessione di un contributo in conto impianti nel limite massimo di 1.800 milioni di euro, per il solo anno 2006, alle Ferrovie dello Stato Spa o a società del gruppo al fine di consentire la prosecuzione degli interventi per il "Sistema alta velocità /alta capacità".

 

Si rammenta che la realizzazione di una rete europea di treni ad alta velocità – che rappresenta una delle linee guida della politica comunitaria dei trasporti - è stata individuata già dal primo Piano Generale dei Trasporti del 1986.

Il contratto di programma 1991-1992 tra Ministero dei trasporti e FS Spa ha stabilito che il finanziamento della realizzazione del sistema Alta Velocità dovesse essere ripartito tra Stato e privati.

In data 19 luglio 1991 è stata costituita la società TAV (Treno Alta velocità s.p.a.), avente per oggetto sociale la progettazione esecutiva e la costruzione delle linee e delle infrastrutture e di quant'altro occorra ai fini del Sistema Alta Velocità, nonché lo sfruttamento economico delle stesse, finalizzato al recupero ed alla remunerazione del capitale investito da parte della società stessa. Al capitale sociale della società hanno partecipato per il 55,5 % istituti di credito italiani ed esteri, e per il restante 45,5% FS.

Nel 1998 Ferrovie dello Stato - ormai trasformatasi da ente pubblico in società per azioni - ha acquisito il controllo del 100% della società TAV Spa, che è diventata così la società di scopo di FS s.p.a. -Rete Ferroviaria Italiana (RFI) per la progettazione e la costruzione delle linee ferroviarie veloci (Alta Velocità/Alta Capacità[120]) da realizzare lungo le principali direttrici di trasporto del Paese,.

L'articolo 75 della legge 289/2002 (legge finanziaria per il 2003) ha recato - per quanto concerne i primi quattro commi - disposizioni in materia di finanziamenti per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria per il sistema Alta velocità/Alta capacità, nel quadro di una impostazione affermata dai documenti di programmazione economico-finanziaria, secondo la quale occorre promuovere un sostanziale coinvolgimento del settore privato nella realizzazione e gestione degli investimenti pubblici.

In particolare, l’articolo ha affidato alla società Infrastrutture s.p.a. (ISPA)[121] il compito di finanziare prioritariamente, anche attraverso la costituzione di uno o più patrimoni separati, gli investimenti per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria destinata al sistema Alta velocità/Alta capacità, anche allo scopo di ridurre la quota a carico dello Stato, reperendo le risorse necessarie mediante ricorso al mercato bancario e al mercato dei capitali. L’equilibrio economico-finanziario della società è garantito da una disposizione che prevede che in caso di oneri per Infrastrutture S.p.A, non adeguatamente remunerabili utilizzando i soli flussi di cassa previsionali per lo sfruttamento economico del “Sistema AV/AC”, l’equilibrio sia a carico dallo Stato.

L'articolo 75, comma 5, ha poi stabilito che il Gestore dell’infrastruttura ferroviaria (RFI) fosse autorizzato a compensare gli oneri di manutenzione ordinaria dell’infrastruttura anche attraverso l’utilizzazione del Fondo di ristrutturazione, previsto all’articolo 43, comma 5, della legge 448/1998, in cui si prevede che il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica autorizza la società Ferrovie dello Stato Spa a costituire, a valere sul proprio netto patrimoniale, un fondo di ristrutturazione di importo pari al valore netto dell'infrastruttura risultante dal bilancio al 31 dicembre 1997.

La legge finanziaria per il 2006 ha infine recato diverse disposizioni incidenti sul sistema Alta velocità/Alta capacità, in particolare:

§       i commi da 79 a 83 dell’articolo unico dispongono la fusione per incorporazione della Infrastrutture s.p.a. nella Cassa depositi e prestiti s.p.a., che continua a svolgere, attraverso il patrimonio separato, le attività connesse agli interventi finanziari intrapresi da Infrastrutture Spa fino al 1° gennaio 2006, ai sensi dell’articolo 75 della legge finanziaria per il 2003 .

Le obbligazioni emesse ed i mutui contratti da Infrastrutture Spa fino al 1° gennaio 2006 sono integralmente garantiti dallo Stato, ferme restando le previsioni del richiamato articolo 75 della legge finanziaria per il 2003.

Al finanziamento degli investimenti per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria per il sistema alta velocità/alta capacità, continuano, così, ad applicarsi le disposizioni concernenti Infrastrutture Spa, ivi comprese quelle relative al regime fiscale e al patrimonio separato;

§       il comma 84 prevede la concessione alla società Ferrovie dello Stato Spa o a società del gruppo di contributi per 15 anni di 85 milioni di euro a decorrere dal 2006 e di 100 milioni di euro a decorrere dal 2007 per la prosecuzione degli interventi relativi al “Sistema alta velocità/alta capacità”, nonché la concessione alle stesse di ulteriori contributi per 15 anni, di 15 milioni di euro annui a decorrere dal 2006. al fine di finanziare le attività preliminari ai lavori di costruzione, nonché le attività e i lavori – da avviare in via anticipata – delle linee AV/AC Milano -Genova e Milano – Verona, incluso il nodo di Verona.

 


Articolo 17, comma 2
(ANAS)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

2. All'articolo 1, comma 32, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, come modificato dall'articolo 3 del decreto-legge 6 marzo 2006, n. 68, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge 24 marzo 2006, n. 127, le parole: «1.913 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «2.913 milioni».

2. All'articolo 1, comma 32, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, come modificato dall'articolo 3 del decreto-legge 6 marzo 2006, n. 68, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2006, n. 127, le parole: «1.913 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «2.913 milioni». Le risorse integrative di cui al presente comma devono essere utilizzate esclusivamente per i cantieri aperti.

 

 

Il comma 2 dell'articolo 17 novella l'articolo 1, comma 32, della legge finanziaria 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266), nel testo già novellato dall'articolo 3 del decreto-legge 6 marzo 2006, n. 68, elevando per l'anno 2006 il limite dei pagamenti per spese di investimento di ANAS Spa, ivi compresi quelli a valere sulle risorse derivanti dall'accensione dei mutui, da 1.913 a 2.913 milioni di euro.

Durante l’iter al Senato, è stato aggiunto un ulteriore periodo al comma 2 in virtù del quale le risorse integrative di 1 miliardo di euro, in esso previste, dovranno essere utilizzate esclusivamente per i cantieri aperti.

Si ricorda che l’obiettivo di privilegiare, nell’assegnazione delle risorse, le opere stradali già iniziate rispetto al complesso delle opere elencate nei documenti di programmazione, era già stato indicato dal Governo durante l’esame del DPEF per gli anni 2007-2011[122], ove, proprio in tale sede, era stata sottolineata la necessità di permettere all’ANAS di portare a termine le opere già cantierate “…sulle quali il Governo intende investire, come peraltro ha recentemente dimostrato con l'innalzamento del limite dei pagamenti di ANAS e RFI, al fine di evitare la chiusura dei cantieri”.

Si ricorda che la formulazione originaria dell’art. 1, comma 32, della legge finanziaria 2006 fissava il limite dei pagamenti per spese di investimento di ANAS s. p. a in 1.700 milioni di euro. Successivamente, l’art. 3 del decreto legge n. 68 del 6 marzo 2006, recante "Misure urgenti per il reimpiego di lavoratori ultracinquantenni e proroga dei contratti di solidarietà, nonché disposizioni finanziarie", convertito, con modificazioni, dall'art. 1 delle legge 24 marzo 2006, n. 127, ha novellato la disposizione sopra citata, innalzando il limite da 1.700 a 1.913 milioni di euro.

Si ricorda che la situazione di ANAS S.p.a, all’indomani dell’approvazione della legge finanziaria 2006, è stata oggetto di specifica attenzione anche a livello parlamentare. In particolare, il Ministro delle infrastrutture, on. Antonio Di Pietro, audito dalla Commissione ambiente e lavori pubblici della Camera dei deputati – in data 27 giugno 2006 – e dalla Commissione trasporti - in data 28 giugno 2006 – ha rilevato la necessità di reperire urgentemente, pena la chiusura dei cantieri, risorse pari circa ad 1 miliardo di euro.

 


Articolo 17-bis
(Deroga ai limiti alle spese per le autorità portuali)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

 

1. All'articolo 34-septies del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, sono apportate le seguenti modifiche:

 

a) al comma 1, le parole: «nei limiti di 30 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2006 e 2007» sono sostituite dalle seguenti: «nei limiti di 60 milioni di euro per l'anno 2006 e di 90 milioni di euro per l'anno 2007»;

 

b) al comma 3, le parole: «30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007» sono sostituite dalle seguenti: «60 milioni di euro per l'anno 2006 e 90 milioni di euro per l'anno 2007».

 

 

L’articolo 17-bis, introdotto dal Senato, novella l’articolo 34-septies del D.L. 10 gennaio 2006, n. 4 (convertito con modificazioni, dalla legge n. 80/2006) aumentando il limite entro cui le autorità portuali sono autorizzate a derogare nel 2006 e nel 2007 ai limiti di incremento alla spesa stabiliti per gli enti pubblici non territoriali dalla legge finanziaria 2005 (articolo 1, comma 57, legge n. 311 del 2004).

 

Il comma 57 della legge finanziaria 2005disciplina le modalità di contenimento delle spese degli enti pubblici non territoriali nel triennio 2005-2007 (con esclusione degli enti previdenziali, del servizio sanitario nazionale e del sistema universitario), in coerenza con la regola generale di evoluzione della spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche - la cd. regola del 2 per cento - prevista, quale strumento generale di controllo delle dinamiche di spesa, dal comma 5 della legge finanziaria medesima.

In particolare, il comma 57 ha fissato per gli enti pubblici non territoriali - tra i quali rientrano anche le Autorità portuali - un limite massimo all’incremento della spesa nel 2005, al netto delle spese di personale, del 4,5% rispetto all’ammontare delle spese effettuate nell’anno 2003.

Per gli anni 2006 e 2007, il limite all’incremento della spesa è fissato al 2% rispetto al livello della spesa programmato per l’anno precedente, sempre al netto della spesa per personale.

La norma esclude dall’applicazione del limite all’incremento della spesa le Casse di previdenza, le altre associazioni e fondazioni di diritto privato e gli enti del sistema camerale (Unioncamere e Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura).

Con successivi provvedimenti normativi sono state stabilite ulteriori esclusioni dall’applicazione della regola del 2 per cento, che hanno riguardato i progetti dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica, finanziati con contributi non statali (art. 1, comma 404, della legge n. 266/2005); il Registro italiano dighe, nel limite di spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2006, al fine di assicurare l’espletamento della messa in sicurezza delle grandi dighe fuori esercizio (art. 2 del D.L. 6 marzo 2006, n. 68, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 127/2006); nonché le Autorità portuali.

 

L’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 1, comma 57 della legge finanziaria per il 2005 nei confronti delle Autorità portuali, sono state limitate a seguito dell’intervento di specifici interventi normativi.

In particolare:

§      l’articolo 14-ter del D.L. 30 giugno 2005, n. 115 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 168/2005) ha disposto l’esclusione dalla regola del 2 per cento delle autorità portuali istituite a decorrere dall’anno 2001, ai sensi dell'art. 6, comma 8, della legge n. 84/1994, e i cui organi rappresentativi siano stati nominati a decorrere dall'anno 2003.

L’esclusione si applicava, tuttavia, con riferimento al solo anno 2005.

§      l’articolo 34-septies del D.L. 10 gennaio 2006, n. 4 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80/2006) ha disposto per gli anni 2006 e 2007, in favore di tutte le autorità portuali istituite ai sensi della legge n. 84/1994, la deroga all’applicazione delle disposizioni previste dal comma 57 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2005, nei limiti di spesa di 30 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2006 e 2007.

Le disposizioni attuative della norma, volte ad assicurare il rispetto del limite di spesa di 30 milioni di euro, saranno stabilite con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze. Tale decreto non risulta ancora emanato.

 

L’articolo 17-bis, comma 1,in esame interviene sulla citata normativa aumentando da 30 milioni a 60 milioni di euro per il 2006 e a 90 milioni di euro per il 2007 il limite massimo di spese che possono essere effettuate dalla Autorità portuali in deroga all’art. 1, comma 57, della legge finanziaria per il 2005.

 

Ai fini della compensazione degli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica, il comma 2 novella altresì la norma di copertura finanziaria, recata dal comma 3 dell’articolo 34-septies del D.L. n. 4/2006, al fine di provvedere agli ulteriori oneri recati dalla novella in esame.

Gli ulteriori oneri, quantificati in 30 milioni di euro per il 2006 e in 60 milioni di euro per il 2007, sono posti a valere sul fondo speciale di conto capitale, utilizzando allo scopo l’accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze.

 


Articolo 18, comma 1
(Integrazione del Fondo nazionale per il servizio civile)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. La dotazione del Fondo nazionale per il servizio civile di cui all'articolo 19 della legge 8 luglio 1998, n. 230, come determinata dalla tabella C della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è integrata di 30 milioni di euro per l'anno 2006.

1. Identico.

 

 

La disposizione in esame prevede un incremento pari a 30 milioni per l’anno 2006 della dotazione - determinata dalla tabella C della legge finanziaria per il 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266) - del Fondo nazionale per il servizio civile.

 

La tabella seguente evidenzia l’impatto della norma sugli stanziamenti previsti dalla legge finanziaria 2006:

 

TABELLA C (Legge finanziaria 2006)

Stanziamenti autorizzati in relazione a disposizioni di legge la cui quantificazione annua è demandata alla legge finanziaria

OGGETTO DEL PROVVEDIMENTO

2006

2007

2008

Ministero dell'economia e delle finanze

(migliaia di euro)

Legge n. 230 del 1998: Nuove norme in materia di obiezione di coscienza: - Art. 19: Fondo nazionale per il servizio civile (3.1.1.16 - Presidenza del Consiglio dei ministri - Servizio civile nazionale - cap. 2185)

207.760

207.760

207.760

Modifiche recate dal D.L.

+30.000

0

0

Stanziamenti risultanti

237.760

207.760

207.760

 

 

Il Fondo nazionale per il servizio civile è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri dall’articolo 19 della legge n. 230 del 1998[123]. Ai sensi dell’art. 11, co. 1, della legge n. 64 del 2001[124] il Fondo è costituito:

a) dalla specifica assegnazione annuale iscritta nel bilancio dello Stato;

b) dagli stanziamenti per il servizio civile nazionale disposti da regioni, province, enti locali, enti pubblici e fondazioni bancarie;

c) dalle donazioni di soggetti pubblici e privati.

Gli stanziamenti del Fondo nazionale per il servizio civile sono destinati, fra l’altro, a finanziare le spese di funzionamento dell’Ufficio nazionale per il servizio civile, il quale cura l'organizzazione, l'attuazione e lo svolgimento del Servizio civile nazionale.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 6, del decreto-legge n. 181 del 2006[125], con il quale si proceduto al riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri, ha, tra l’altro, disposto il trasferimento delle funzioni in materia di organizzazione, indirizzo e controllo del Servizio civile nazionale, in precedenza esercitate dalla Presidenza del Consiglio, al Ministero della solidarietà sociale, contestualmente istituito dalla medesima disposizione del decreto-legge.

 


Articolo 18, comma 2
(Integrazione del Fondo nazionale per le politiche sociali)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

2. La dotazione del Fondo per le politiche sociali di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328, come determinata dalla tabella C della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è integrata di 300 milioni di euro annui per il triennio 2006-2008.

2. La dotazione del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328, come determinata dalla tabella C della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è integrata di 300 milioni di euro annui per il triennio 2006-2008.

 

 

Il comma 2 provvede ad integrare la dotazione del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all’art. 20, comma 8, della legge n. 328 del 2000. L'integrazione è pari a 300 milioni di euro per ciascuno degli anni del periodo 2006-2008.

 

Nella seguente tabella, si riporta il quadro delle nuove dotazioni del Fondo per il suddetto triennio.

 

Legge n. 328 del 2000: Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali: - Art. 20, comma 8: Fondo da ripartire per le politiche sociali (7.1.5.2 - Fondo per le politiche sociali - cap. 3671)

 

2006

2007

2008

(migliaia di euro)

Tabella C della Legge finanziaria 2006

1.157.000

1.161.000

1.161.000

comma 429 dell'art. 1 della Legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Legge finan­ziaria 2006)

- 3.000

- 3.000

- 3.000

stanziamento di Bilancio - 7.1.5.2 - Fondo da ripartire per le politiche sociali - cap. 3671

1.154.000

1.158.000

1.158.000

articolo 18, comma 2, del presente decreto-legge

+ 300.000

+ 300.000

+ 300.000

Nuovo stanziamento

1.454.000

1.458.000

1.458.000

 

 

Va sottolineato che nel Fondo nazionale per le politiche sociali, nella sua dizione più ampia, confluiscono anche altre risorse afferenti al bilancio del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (che peraltro è stato oggetto di un importante riorganizzazione con il decreto-legge con il decreto-legge n. 181/2006).

Nel corso degli anni scorsi si è registrato un incremento delle risorse complessive del Fondo fino al 2004, cui a fatto seguito una riduzione degli stanziamenti, così come riassunti nella tabella seguente.

 

Anno

Risorse complessive del Fondo nazionale per le politiche sociali

2001

1.590.713.072

2002

1.622.889.199

2003

1.716.555.931

2004

1.884.346.940(a)

2005

2006

1.308.080.940

1.308.080.940

 

(a) Tale importo comprende anche 150.000.000 euro relativi all’ex Fondo per gli asili nido.

 

Si ricorda inoltre che la legge n. 289/2002(finanziaria per il 2003, art. 46) ha modificato la disciplina relativa al Fondo, facendovi confluire gli stanziamenti previsti per numerosi interventi disciplinati da altre disposizioni. Tali stanziamenti affluiscono “senza vincolo di destinazione”, fatta eccezione per le risorse destinate a soddisfare diritti soggettivi. La ripartizione per le diverse finalità avviene con decreto annuale del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (ora del Ministro della solidarietà sociale), d’intesa con la Conferenza unificata Stato ed autonomie locali.

Sulla base del più recente decreto di riparto (relativo all’anno 2005) la quota molto consistente è stata assegnata all’INPS per l’attribuzione degli assegni di maternità e per i nuclei familiari (706 milioni circa); una quota rilevante delle risorse (518 milioni) è gestita dalle Regioni, che decidono autonomamente la loro destinazione[126] (proprio tale quota si è significativamente ridotta a partire dal 2005, in conseguenza della riduzione complessiva delle risorse del Fondo). Le risorse finanziarie gestite direttamente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sono invece pari a 39 milioni circa.

 

(Per un’analisi più approfondita dell’evoluzione normativa del Fondo vedi il dossier documentazione e ricerche del Servizio Studi n. 126 della scorsa legislatura)

 


Articolo 18, comma 3
(Fondo Unico Spettacolo - FUS)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

3. La dotazione del Fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, come determinata dalla tabella C della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è integrata di 50 milioni di euro annui per il triennio 2006-2008.

3. Identico.

 

Il comma 3 integra la dotazione del Fondo unico per lo spettacolo (FUS) di 50 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008.

 

Si ricorda che la legge 30 aprile 1985, n. 163, recante Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo, ha unificato la spesa per lo spettacolo, affidata in precedenza a singoli provvedimenti di carattere settoriale. L’art. 1 della legge ha infatti istituito nello stato di previsione del Ministero del turismo e dello spettacolo (oggi, del Ministero per i beni e le attività culturali) il Fondo unico per lo spettacolo (FUS), destinato a finanziare le diverse attività e alimentato da un importo da definirsi annualmente in sede di legge finanziaria (tabella C). Inoltre, ai sensi dell’art. 6 della citata legge, il Ministro per i beni e le attività culturali presenta annualmente al Parlamento una relazione sulla utilizzazione del F.U.S. e sull’andamento complessivo dello spettacolo[127].

Il decreto-legge 18 febbraio 2003, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2003, n. 82[128], aveva introdotto una disciplina transitoria rimettendo la determinazione delle aliquote di ripartizione annuale del Fondo unico per lo spettacolo a decreti del Ministro per i beni e le attività culturali non aventi natura regolamentare. Tale decreto è stato oggetto della pronuncia della Corte costituzionale n. 255 del 2004 che, pur confermando la legittimità della norma in quanto introdotta in via transitoria, segnalava tuttavia l’esigenza di prevedere opportuni strumenti di collaborazione con il sistema delle autonomie regionali[129]. La disciplina transitoria è stata poi confermata per l’anno 2005 dal decreto-legge 30 dicembre 2004, n. 314[130], convertito, con modificazioni, dalla legge 1 marzo 2005, n. 26.

Alla sistemazione definitiva della materia ha quindi provveduto la legge 15 novembre 2005, n. 239[131], che, in linea con quanto previsto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 255 del 2004, ha introdotto l’intesa con la Conferenza unificata nella procedura di adozione dei decreti ministeriali concernenti i criteri e le modalità di erogazione dei contributi del FUS alle attività dello spettacolo previsti dal DL n. 24 del 2003 e ha eliminato la cadenza annuale per l’adozione dei citati decreti.

 

La tabella C della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) stabilisce l'ammontare del FUS in una dotazione di 377,3 milioni di euro per il 2006, di 294 milioni di euro per il 2007 e di 294 milioni di euro per il 2008.

La tabella seguente indica la dotazione del FUS con le modifiche apportate dal presente decreto-legge.

 

Segue infine una tabella che riporta gli stanziamenti del FUS nelle leggi finanziarie dal 2000 al 2006.

Si ricorda a tale proposito che, per quanto concerne l’anno 2004, il D.L. 72/2004[132] ha previsto l’utilizzo a favore del sostegno al cinema e alle attività di spettacolo, nonché per la Arcus s.p.a., di 90 milioni di euro provenienti dal gioco del lottosecondo le modalità definite dall’articolo 3, comma 83, della legge 23 dicembre 1996, n. 662[133].

 

TABELLA C (Legge finanziaria 2006)

Stanziamenti autorizzati in relazione a disposizioni di legge la cui quantificazione annua è demandata alla legge finanziaria

OGGETTO DEL PROVVEDIMENTO

2006

2007

2008

Ministero per i beni e le attività culturali

(migliaia di euro)

Legge n. 163 del 1985: Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo (5.1.2.2 - Fondo unico per lo spettacolo - capp. 2641, 2642,2643, 2644, 2645, 2646, 2647) (5.2.3.9 - Fondo unico per lo spettacolo - capp. 8218, 8219, 8220, 8221, 8222, 8223)

377.301

294.000

294.000

D.L. 4 luglio 2006, n. 223

+50.000

+50.000

+50.000

Stanziamenti definitivi

427.301

344.000

344.000


Gli stanziamenti per il FUS
nelle leggi finanziarie dal 2000 al 2006

(migliaia di euro)

 

 

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

Legge finanziaria 2000

500.963

500.963

506.127

 

 

 

 

 

 

Legge finanziaria 2001

 

516.456

521.621

521.621

 

 

 

 

 

Legge finanziaria 2002

 

 

500.990

506.629

505.840

 

 

 

 

Legge finanziaria 2003

 

 

 

506.629

500.000

500.000

 

 

 

Legge finanziaria 2004

 

 

 

 

500.000

500.000

500.000

 

 

Legge finanziaria 2005

 

 

 

 

 

464.590

453.675

454.995

 

Legge finanziaria2006

 

 

 

 

 

 

377.301

294.000

294.000

 


Articolo 18-bis
(Lotta agli incendi boschivi del Corpo forestale dello Stato)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

 

1. Per le esigenze operative del Corpo forestale dello Stato connesse alle attività antincendi boschivi di competenza, è autorizzata la spesa di 4 milioni di euro per l'anno 2006 e di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2007.

 

2. All'onere di cui al comma 1, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzial­mente utilizzando i seguenti accanto­namenti: per l'anno 2006, quanto a 3.550.000 euro l'accantonamento rela­tivo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, a 250.000 euro quello relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e a 200.000 euro quello relativo al Ministero per i beni e le attività culturali; per l'anno 2007, quanto a 3.100.000 euro l'accantona­mento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, a 5.000.000 di euro quello relativo al Ministero degli affari esteri, a 500.000 euro quello relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e a 1.400.000 euro quello relativo al Ministero delle politiche agricole e forestali; per l'anno 2008, quanto a 5.650.000 euro l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri, a 1.550.000 euro quello relativo al Ministero dell'istru­zione, dell'università e della ricerca, a 1.900.000 euro quello relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, a 500.000 euro quello relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e a 400.000 euro quello relativo al Ministero delle politiche agricole e forestali.

 

3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

L’articolo 18-bis, introdotto al Senato, autorizza la spesa di 4 milioni di euro per l’anno 2006 e di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2007 per le esigenze operative del Corpo forestale dello Stato connesse alle attività di lotta agli incendi boschivi[134].

La copertura degli oneri è assicurata mediante riduzione del Fondo speciale di parte corrente del Ministero dell’economia e delle finanze per gli anni 2006-2008, utilizzando, in diversa misura, gli accantonamenti dei Ministeri del lavoro, delle infrastrutture, dei beni culturali, degli affari esteri, delle politiche agricole, della pubblica istruzione e dell’ambiente.

 

Nel corso della XIV legislatura è stata approvata la legge 6 febbraio 2004, n. 36 recante Nuovo ordinamento del Corpo Forestale dello Stato, che con l'articolo 1 ha definito la natura e i compiti istituzionali del C.F.S. riconoscendone la qualifica di forza di polizia e le funzioni di tutela del patrimonio agroforestale; esso svolge anche attività di polizia giudiziaria e di repressione dei reati contro il patrimonio agroambientale del Paese.

L'articolo 2 disciplina più dettagliatamente le funzioni, che possono così essere individuate:

-       attività di ordine e sicurezza pubblica, in particolare relativamente ai territori montani ed alle aree rurali;

-       attività di sorveglianza controllo e repressione dei reati ambientali, anche in attuazione di convenzioni internazionali e di normative comunitarie;

-       attività di controllo volta al rispetto delle norme in materia di sicurezza alimentare e biosicurezza in genere;

-       pubblico soccorso ed interventi di rilievo nazionale di protezione civile su tutto il territorio nazionale anche con riferimento alla lotta agli incendi boschivi e all’utilizzo di mezzi aerei per il loro spegnimento;

-       attività di studio in merito alla rilevazione qualitativa e quantitativa delle risorse forestale;

-       attività di supporto al Ministero delle politiche agricole nella rappresentanza degli interessi forestali nazionali in sede comunitaria ed internazionale e nel raccordo con le politiche forestali regionali;

-       reclutamento, formazione e gestione del proprio personale

-       ogni altro compito assegnatogli dalla legislazione vigente.

L'articolo 3 stabilisce che il Corpo opera alle dipendenze del Ministro delle politiche agricole, fatta salva: la dipendenza funzionale dal Ministero dell'interno per gli interventi di l’ordine e la sicurezza pubblica, il pubblico soccorso e la protezione civile; e la dipendenza dal Ministero dell’ambiente per tutta l’attività di tutela ambientale del territorio.

Con l'articolo 4 sono regolati i rapporti tra il Corpo forestale dello Stato e le regioni. Qualora le stesse non intendano istituire propri servizi tecnici forestali, il Ministero delle politiche agricole può stipulare convenzioni per l'affidamento al Corpo forestale di compiti e funzioni proprie delle regioni medesime.

Viene, altresì, istituito un Comitato di coordinamento delle attività del Corpo forestale dello Stato con quelle dei servizi tecnici regionali.

Per quanto riguarda l’assegnazione delle necessarie risorse per l’espletamento dei propri compiti, va rammentato il decreto legge 19 aprile 2002, n. 68, recante Disposizioni urgenti per il settore zootecnico e per la lotta gli incendi boschivi, che con l’articolo 2 aveva assegnato al CFS, per la propria attività di contrasto agli incendi, 25.822.844 euro per ciascuno degli anni 2002, 2003 e 2004. A decorrere dal 2005 si può procedere al rifinanziamento della norma con l’iscrizione di un’autorizzazione di spesa nella tabella D della legge finanziaria, riservata alle spese in conto capitale.

 

In merito agli incendi boschivi, il problema ha assunto dimensioni a dir poco drammatiche nell’ultimo decennio, nel quale sono andati perduti sul territorio nazionale più di 500 mila ettari di bosco, causando un danno al quale non si è potuto porre rimedio nemmeno con l’attività di rimboschimento e di la ricostituzione boschiva messa in atto.

Con la legge 21 novembre 2000, n. 353, Legge quadro in materia di incendi boschivi, l’Italia si è dotata di uno strumento importante nella lotta agli incendi, le cui principali disposizioni riguardano il rafforzamento del ruolo delle regioni e degli enti locali, la previsione di una articolata attività di programmazione e di coordinamento tra le regioni e lo Stato nella lotta attiva contro gli incendi, l'ampliamento tematico dei piani regionali di prevenzione e un nuovo sistema sanzionatorio. Particolare attenzione nel corpo della legge è dedicato alla eliminazione delle cause che originano i cosiddetti incendi per “interessi”, attraverso l’introduzione di particolari vincoli sulle aree percorse dal fuoco. Tuttavia questa legge risulta ancora largamente disattesa nel nostro territorio. Infatti, secondo i dati diffusi da Legambiente[135]: “Tra le amministrazioni comunali oggetto dell’indagine solo il 5% è risultato applicare pienamente la legge quadro in materia di incendi boschivi n. 353 del 2000. Soltanto un comune su cinque ha realizzato il catasto delle aree percorse dal fuoco, uno degli strumenti più importanti nella lotta ai focolai. Meno del 40% dei Comuni realizza attività di manutenzione dei boschi, di prevenzione e di avvistamento dei focolai”.

In merito alla illustrata legge quadro n. 353/2000, vale solo rammentare la modifiche apportate con l’art. 4, comma 173 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (finanziaria 2004), che è intervenuta modificando i vincoli di edificabilità nei territori colpiti da incendi boschivi;

Da ultimo poi, al fine di porre in essere ogni indispensabile azione di carattere preventivo in materia di lotta attiva agli incendi boschivi, nonché di garantire il funzionale espletamento di tali attività, è stato affidato al Presidente del Consiglio dei ministri il compito di definire i programmi per gli interventi di spegnimento degli incendi boschivi. Il Dipartimento per la protezione civile è stato autorizzato al compimento di attività volte a garantire l’adeguamento tecnologico e operativo della componente aerea nel settore della lotta agli incendi boschivi (art. 1, del decreto legge 31 maggio 2005, n. 90[136]).

 


Articolo 19
(Fondi per le politiche della famiglia, per le politiche giovanili e
per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Al fine di promuovere e realizzare interventi per la tutela della famiglia, in tutte le sue componenti e le sue problematiche generazionali, nonché per supportare l'Osservatorio nazionale sulla famiglia, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è istituito un fondo denominato «Fondo per le politiche della famiglia», al quale è assegnata la somma di 3 milioni di euro per l'anno 2006 e di dieci milioni di euro a decorrere dall'anno 2007.

Identico.

2. Al fine di promuovere il diritto dei giovani alla formazione culturale e professionale e all'inserimento nella vita sociale, anche attraverso interventi volti ad agevolare la realizzazione del diritto dei giovani all'abitazione, nonché a facilitare l'accesso al credito per l'acquisto e l'utilizzo di beni e servizi, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è istituito un fondo denominato «Fondo per le politiche giovanili», al quale è assegnata la somma di 3 milioni di euro per l'anno 2006 e di dieci milioni di euro a decorrere dall'anno 2007.

 

3. Al fine di promuovere le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è istituito un fondo denominato «Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità», al quale è assegnata la somma di 3 milioni di euro per l'anno 2006 e di dieci milioni di euro a decorrere dall'anno 2007.

 

 

 

L’articolo in esame istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri tre distinti Fondi per interventi riguardanti:

§      politiche della famiglia (comma 1);

§      politiche giovanili (comma 2);

§      politiche relative ai diritti e alle pari opportunità (comma 3).

 

Lo stanziamento per ciascuno dei tre Fondi è pari a 3 milioni di euro per il 2006 e a 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2007.

 

La relazione di accompagnamento e la relazione tecnica non forniscono ulteriori elementi al riguardo.

Fondo per le politiche della famiglia

In base al comma 1 il Fondo è espressamente finalizzato a:

§      “realizzare e promuovere interventi per la tutela della famiglia, in tutte le sue componenti e le sue problematiche generazionali”;

§      “supportare l’Osservatorio nazionale sulla famiglia”.

 

L’istituzione del Fondo può essere posto in relazione con la recente attribuzione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, operata dal d.l. 181/2006[137], delle funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche per la famiglia (comma 19 dell’art. 1). Nell’ambito del Governo Prodi II, l’incarico relativo alle politiche per la famiglia è stato attribuito al Ministro senza portafoglio Rosy Bindi.

Si ricorda, inoltre, che l’Osservatorio Nazionale sulla Famiglia si basa su una convenzione a titolo oneroso tra l’ex Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Comune di Bologna con funzioni di Comune capofila[138]. Della struttura, oltre alla costituzione di un apposito Comitato di coordinamento tecnico scientifico, supportato da esperti e rappresentanti delle Amministrazione e da componenti e rappresentanti delle istituzioni regionali, locali e del mondo dell'associazionismo, fanno parte i rappresentanti di 25 Comuni italiani.

 

L’Osservatorio svolge in particolare i seguenti compiti:

-       Osservazione dei cambiamenti strutturali della famiglia e delle tipologie familiari

-       Monitoraggio dei principali indicatori socio-demografici

-       Individuazione di nuovi modelli di relazione tra le famiglie, le istituzioni, l’associazionismo sociale e il sistema produttivo

-       Strategie per la promozione e il sostegno delle relazioni e responsabilità familiari.

-       Raccolta e diffusione delle iniziative delle amministrazioni locali e delle associazioni promosse sul territorio nazionale;

-       Mappatura delle risorse esistenti sul territorio a sostegno delle famiglie

-       Raccordo con gli Osservatori già esistenti a livello regionale e locale;

-       Banca dati della legislazione esistente in campo nazionale e internazionale;

-       Analisi delle modalità di coordinamento e di raccordo nella governance delle politiche per la famiglia tra il livello nazionale, regionale, locale;

-       Analisi successive di impatto reale e differenziato per quanto riguarda la formazione delle famiglie, la procreazione, la cura e crescita dei figli, l’assistenza parentale;

-       Attività di rilevazione e monitoraggio su esperienze locali di solidarietà familiare e reti di associazioni familiari, con particolare attenzione alla costruzione di relazioni e raccordi con la gestione delle politiche locali.

 

Si segnala che, nel corso dell’audizione presso la XII Commissione della Camera, il Ministro Rosy Bindi ha sottolineato l’orientamento del Governo di “promuovere l’elaborazione di proposte di legge e progetti di interesse nazionale con il coinvolgimento delle autonomie regionali e locali e finanziati dal Fondo nazionale delle politiche della famiglia anche attraverso forme di cofinanziamento e partenariato”. Il Ministro ha altresì espresso la volontà di potenziare il ruolo dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia, che dovrà qualificarsi anche come organismo tecnico scientifico di supporto alla Presidenza del Consiglio, prevedendo l’apertura di una nuova sede in una regione del Mezzogiorno (cfr. seduta del 18 luglio 2006)

 

Si rammenta, infine, che con la legge n. 266 del 2005[139] è stata prevista la costituzione di un Fondo di 1.140 milioni di euro per il 2006 per interventi “volti al sostegno delle famiglie e della solidarietà per lo sviluppo socio economico”. La quota più rilevante di tali risorse (696 milioni di euro) è destinata al sostegno dei genitori, con l’assegnazione di un assegno di 1.000 euro per ogni figlio nato o adottato nell’anno 2005 e per ogni figlio nato nel 2006, secondo o ulteriore per ordine di nascita, ovvero adottato.

In base a quanto emerso durante l’iter parlamentare, le altre risorse del Fondo risulterebbero impiegate per far fronte alle seguenti finalità:

-       sostegno all’accesso alla locazione;

-       interventi per i portatori di handicap;

-       finanziamenti a favore delle scuole paritarie;

-       agevolazioni fiscali per le spese relative agli asili nido.

Fondo per le politiche giovanili

In base al comma 2, il Fondo è espressamente finalizzato a “promuovere il diritto dei giovani alla formazione culturale e professionale e all'inserimento nella vita sociale, anche attraverso interventi volti ad agevolare la realizzazione del diritto dei giovani all'abitazione nonché a facilitare l’accesso al credito per l'acquisto e l'utilizzo di beni e servizi”.

 

L’istituzione del Fondo appare connessa alla recente attribuzione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, operata dal già ricordato d.l. 181/2006, delle funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche giovanili (comma 19 dell’art. 1). Si ricorda che, nell’ambito del Governo Prodi II, l’incarico relativo alle politiche giovanili è stato attribuito al Ministro senza portafoglio Giovanna Melandri che, nell’ambito dell’audizione svolta il 18 luglio 2006 presso la Commissione Affari sociali della Camera, ha precisato che presto, in accordo con le Regioni e gli enti territoriali, saranno regolamentate le modalità di funzionamento del Fondo per le politiche giovanili.

 

Appare opportuno un approfondimento delle finalità del Fondo per la famiglia (per la parte non riguardante il finanziamento dell’Osservatorio nazionale) e di quello per le politiche giovanili, anche alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di fondi settoriali (o di impiego delle risorse del Fondo per le politiche sociali) in materie non rientranti nella competenza esclusiva dello Stato.

La Corte si è pronunciata più volte sulla illegittimità costituzionale di disposizioni di legge volte a vincolare l’impiego di risorse finanziarie non solo nelle materie rientranti nella competenza esclusiva delle regioni (come i servizi sociali[140]) ma anche in settori riconducibili alla competenza concorrente di Stato e regioni (ad esempio per i servizi per l’infanzia, nei quali sono prevalenti gli aspetti relativi all’istruzione e alla formazione prescolare dei bambini[141]).

 

La Corte ha affermato che il sistema di ripartizione delle risorse di cui all’art. 117 della Costituzione “vieta comunque che in una materia di competenza legislativa regionale, in linea generale, si prevedano interventi finanziari statali seppur destinati a soggetti privati, poiché ciò equivarrebbe a riconoscere allo Stato potestà legislative e amministrative sganciate dal sistema costituzionale di riparto delle rispettive competenze” (sentenza n. 320 del 2004).

Da ultimo, con la sentenza n. 118 del 2006, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di due norme contenute nella legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005). La prima[142], riguardante l’impiego di una quota delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali per promuovere politiche giovanili finalizzate a favorire la partecipazione dei giovani sul piano culturale e sociale; la seconda[143], volta ad introdurre un Fondo per l’acquisto della prima casa per le giovani coppie.

 

(Per un’analisi più approfondita della giurisprudenza costituzionale in materia cfr. il dossier documentazione e ricerche del Servizio studi n. 2/12, pag. 85 ss.)

Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità

In base al comma 3 il Fondo è denominato “Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità”.

Si ricorda che, nell’ambito del Governo Prodi II, l’incarico relativo alle politiche per i diritti e le pari opportunità è stato conferito al ministro senza portafoglio on. Barbara Pollastrini.

La relativa delega di funzioni, disposta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 15 giugno 2006[144], ha ad oggetto le funzioni di programmazione, indirizzo e coordinamento di tutte le iniziative, anche normative, nonché ogni altra funzione attribuita dalle vigenti disposizioni al Presidente del Consiglio dei ministri nelle materie concernenti la promozione dei diritti della persona e delle pari opportunità, nonché la prevenzione e rimozione di ogni forma e causa di discriminazione tra gli individui.

 

Le competenze del Presidente del Consiglio dei ministri (o del ministro delegato) in materia di pari opportunità sono oggi riassunte nell’art. 2 del recente Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, approvato con D.Lgs. 198/2006[145], ai sensi del quale spetta al Presidente del Consiglio promuovere e coordinare le azioni di Governo volte ad assicurare pari opportunità, a prevenire e rimuovere le discriminazioni, nonché a consentire l'indirizzo, il coordinamento e il monitoraggio della utilizzazione dei relativi fondi europei.

Sull’ambito di tali competenze ha inciso il recente D.L. 181/2006[146] (art. 1, co. 19, lett. f) e g), che ha trasferito alla Presidenza del Consiglio talune funzioni di competenza statale in materia di pari opportunità nei rapporti di lavoro e di azioni positive per l'imprenditoria femminile, in precedenza attribuite rispettivamente al ministro del lavoro e delle politiche sociali e al ministro delle attività produttive.

Nel 1997 è stato istituito, nell’ambito della Presidenza del Consiglio, il Dipartimento per le pari opportunità, come struttura di supporto per l’attività del ministro. Ai sensi dell’art. 19 del D.P.C.M. 23 luglio 2002, recante l’ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio, il Dipartimento opera nell'area funzionale concernente la promozione e il coordinamento delle politiche di pari opportunità e delle azioni di Governo volte a prevenire e rimuovere le discriminazioni.

Presso il Dipartimento opera la segreteria della Commissione per le pari opportunità fra uomo e donna, organo consultivo e di proposta del Presidente del Consiglio con compiti di elaborazione e promozione di iniziative, anche di tipo legislativo, per assicurare l’uguaglianza tra i sessi; nonché l’Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica[147], che ha la funzione di garantire, in piena autonomia di giudizio ed in condizioni di imparzialità, l'effettività del principio di parità di trattamento fra le persone, di vigilare sull'operatività degli strumenti di tutela vigenti contro le discriminazioni nonché di contribuire a rimuovere le discriminazioni fondate sulla razza e l'origine etnica analizzando il diverso impatto che le stesse hanno sul genere ed il loro rapporto con le altre forme di razzismo di carattere culturale e religioso.

 

Si segnala da ultimo che nel parere espresso dalla Conferenza unificata Stato-regioni-autonomie locali del 19 luglio scorso, è stato richiesto che alla ripartizione dei tre Fondi si provveda annualmente con decreto del Presidente del consiglio, previa intesa con la medesima Conferenza unificata, ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. 281/1997.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Gioventù

Il 14 luglio 2004 la Commissione ha presentato la proposta di decisione relativa alla nuova generazione del programma gioventù, per il periodo 2007-2013 (COM(2004) 471). Il programma - che si iscrive tra gli strumenti connessi al nuovo quadro finanziario dell’Unione europea per il periodo 2007-2013, adottato con accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 - ha l’obiettivo di promuovere la partecipazione civica e la cittadinanza attiva dei giovani di età compresa tra 13 e 30 anni provenienti dagli Stati membri e dai paesi terzi che rientrano nella politica di vicinato.

Gli obiettivi generali del programma sono i seguenti:

§       promuovere la cittadinanza attiva dei giovani, in generale, e la loro cittadinanza europea in particolare;

§       sviluppare la solidarietà dei giovani, in particolare per rafforzare la coesione sociale dell’Unione europea;

§       favorire la comprensione reciproca dei popoli tramite i giovani;

§       contribuire allo sviluppo della qualità dei sistemi in sostegno alle attività dei giovani ed allo sviluppo della capacità delle organizzazioni della società civile nel settore della gioventù;

§       favorire la cooperazione europea in materia di politiche della gioventù.

Gli obiettivi del programma sono attuati attraverso le azioni seguenti:

§       gioventù per l’Europa;

§       il servizio volontario europeo;

§       gioventù per il mondo;

§       animatori socioeducativi e sistemi di sostegno;

§       sostegno alla cooperazione politica.

Il Consiglio ha raggiunto, il 27 giugno 2006, l’accordo politico in vista della posizione comune in prima lettura. In particolare, il Consiglio ha provveduto a fissare la dotazione finanziaria del programma nella misura di 785 milioni di EUR, in conformità agli stanziamenti previsti a riguardo dal richiamato accordo sul quadro finanziario dell’UE 2007-2013. Dopo l’adozione formale, in una delle prossime riunioni del Consiglio, la posizione comune verrà trasmessa al Parlamento europeo per la seconda lettura, secondo la procedura di codecisione.

 

Il 20 luglio 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione sulle politiche europee relative alla partecipazione e informazione dei giovani (COM(2006) 417), al fine di presentare una valutazione del modo in cui gli Stati membri hanno realizzato gli obiettivi comuni in materia, adottati dal Consiglio nel 2003 - conformemente al metodo di coordinamento aperto - e di formulare proposte per migliorare la situazione.

La Commissione sottolinea l’importanza di associare i giovani, compresi quelli svantaggiati, a tutti i livelli di concezione ed esecuzione delle politiche, al fine di elaborare una politica durevole e una democrazia partecipativa. A tal fine ritiene necessario approfondire il dialogo già avviato tra i giovani e le istituzioni europee. Riconoscendo che il quadro giuridico relativo alla partecipazione dei giovani è stato migliorato, la Commissione ricorda, fra l’altro, che l’Italia ha previsto dei fondi speciali per finanziare le politiche per la gioventù.

Sulla base dell’analisi delle relazioni nazionali sulla partecipazione e l’informazione, la Commissione propone di confermare la pertinenza e la validità degli obiettivi comuni in materia di partecipazione e informazione, prevedendo adattamenti delle linee d’azione adottate nel 2003.

La Commissione chiede agli Stati membri, fra l’altro, di:

§      identificare, entro la fine del 2006, linee d’azione in materia di partecipazione e informazione sulle quali intendano concentrarsi e sulla cui base intendano definire piani d’azione;

§      attuare un “seguito” associando i giovani e le loro organizzazioni e predisporre una relazione di valutazione per la fine del 2008.

La Commissione invita il Consiglio ad approvare le proposte formulate nella comunicazione.

Pari opportunità

Con decisione n. 771/2006/CE, del 17 maggio 2006, è stato istituito l’anno europeo delle pari opportunità per tutti (2007) – Verso una società giusta.

Gli obiettivi dell’anno europeo sono i seguenti:

§       diritti: sensibilizzare sul diritto alla parità e alla non discriminazione nonché sulla problematica delle discriminazioni multiple;

§       rappresentatività: stimolare il dibattito sulle possibilità di incrementare la partecipazione alla vita sociale dei gruppi vittime di discriminazioni nonché una partecipazione equilibrata alla vita sociale di uomini e donne;

§       riconoscimento: favorire e valorizzare la diversità e la parità;

§       rispetto: promuovere una società più solidale.

Per conseguire tali obiettivi, verranno organizzate o sostenute le seguenti attività: incontri e manifestazioni; campagne promozionali, informative ed educative; indagini e studi a livello comunitario o nazionale.

La dotazione finanziaria prevista per le attività indicate, relativamente al periodo dal 1° gennaio 2006 al 31 dicembre 2007, è pari a 15 milioni di EUR.

 

Il 14 luglio 2004, la Commissione ha presentato, nel quadro delle proposte collegate al quadro finanziario 2007-2013, una proposta di decisione relativa ad un programma comunitario per l’occupazione e la solidarietà sociale PROGRESS (COM(2004) 488).

Il programma comunitario, relativo al periodo 2007-2013, intende sostenere la realizzazione degli obiettivi dell’Unione europea nel campo dell’occupazione e degli affari sociali, contribuendo in tal modo alla realizzazione della strategia di Lisbona in tali settori. Il programma si articola in cinque sezioni corrispondenti a cinque grandi settori di attività: occupazione; protezione sociale e inclusione; condizioni di lavoro; lotta contro la discriminazione e la diversità; pari opportunità.

La sezione 5, in particolare, sostiene l’applicazione efficace del principio della parità fra uomini e donne e promuove l’integrazione della dimensione di genere nelle politiche dell’UE:

§       migliorando la comprensione della situazione relativa alle questioni di genere e all’integrazione della dimensione di genere;

§       sostenendo l’applicazione della legislazione dell’UE in tema di parità;

§       sensibilizzando, diffondendo informazioni e promuovendo il dibattito sulle principali sfide e questioni politiche relative alla parità fra uomini e donne e all’integrazione della dimensione di genere;

§       sviluppando la capacità delle principali reti dell’UE di perseguire gli obiettivi politici dell’Unione.

L’importo finanziario proposto per il programma ammonta a 657,59 milioni di EUR.

Il Consiglio ha adottato, il 18 luglio 2006, la posizione comune in prima lettura, che verrà trasmessa al Parlamento europeo per la seconda lettura, secondo la procedura di codecisione.

 


Articolo 20, commi 1, 2, 3-bis e 3-ter
(Contributi per l’editoria)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 20.

(Presidenza del Consiglio dei Ministri).

Articolo 20.

(Presidenza del Consiglio dei Ministri).

1. L'autorizzazione di spesa di cui alla legge 25 febbraio 1987, n. 67, come determinata dalla tabella C della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è ridotta di 1 milione di euro per l'anno 2006 e di 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2007.

1. Identico.

2. In relazione a quanto disposto dal comma 1, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono rideterminati i contributi e le provvidenze per l'editoria di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250.

2. Identico.

omissis

omissis

 

3-bis. All'articolo 3, comma 2-ter, secondo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modi­ficazioni, le parole: «Gli stessi contributi» sono sostituite dalle seguenti: «A decorrere dal 1o gennaio 2002 i contributi di cui ai commi 8 e 11».

 

3-ter. Il requisito della rappresen­tanza parlamentare indicato nell'alinea dell'articolo 3, comma 10, della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, non è richiesto per le imprese editrici di quotidiani o periodici che risultano essere giornali o organi di partiti o movimenti politici che alla data del 31 dicembre 2005 abbiano già maturato il diritto ai contributi di cui al medesimo comma 10.

 

 

L’articolo in esame è volto a ridurre l’autorizzazione di spesa per il settore dell’editoria, di cui alla legge n. 67 del 1987 (“Rinnovo della L. 5 agosto 1981, n. 416, recante disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l'editoria”).

Dalla relazione illustrativa si evince che la misura in esame è intesa a dare continuità all’intervento di razionalizzazione della spesa nel settore dell’editoria posto in essere dalla legge finanziaria per il 2006.

 

La legge finanziaria 2006 (in particolare i commi da 454 a 464 dell’articolo 1) - prevalentemente mediante modifiche o integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 250[148] (sulla quale vedi oltre) - ha modificato in senso restrittivo i requisiti per l’accesso ai contributi e le modalità di erogazione; ha esteso la non cumulabilità tra i diversi tipi di contributi; limitato l’aumento su base annua dei costi ammissibili per il calcolo del contributo al tasso programmato di inflazione per l’anno di riferimento dei contributi; rideterminato - in 0,20 euro - il contributo per copia stampata alle imprese editrici di periodici esercitate da cooperative, fondazioni o enti morali; rifinanziato il credito agevolato e il credito di imposta alle imprese editoriali introdotti dalla 7 marzo 2001, n. 62[149]; istituito un’addizionale alle imposte sul reddito in presenza di redditi derivanti da produzione, distribuzione, vendita e rappresentazione di materiale pornografico e di incitamento alla violenza.

 

Si ricorda, inoltre, che la struttura amministrativa deputata all’erogazione delle provvidenze per l’editoria è il Servizio per le provvidenze all'editoria e ai prodotti editoriali del Dipartimento per l'informazione e l'editoria, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

Il comma 1, come detto, riduce l’autorizzazione di spesa di cui alla citata legge 25 febbraio 1987, n. 67, come determinata dalla tabella C della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (finanziaria 2006), di 1 milione di euro per l'anno 2006 e di 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2007.


La seguente tabella schematizza l’impatto della disposizione in esame sugli stanziamenti in materia di editoria.

 

Ministero dell'economia e delle finanze

Legge n. 67 del 1987:Rinnovo della legge 5 agosto 1981, n. 416, recante disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l'editoria (3.1.5.14 - Presidenza del Consiglio dei ministri - Editoria - cap. 2183) (3.2.10.2 - Presidenza del Consiglio dei ministri - Editoria - cap. 7442)

2006

2007

2008

(migliaia di euro)

Tabella C (Legge finanziaria 2006) Stanziamenti autorizzati in relazione a disposizioni di legge la cui quantificazione annua è demandata alla legge finanziaria

417.480

417.480

417.480

art. 1, comma 463 - art. 1, comma 464 - art. 1, commi da 454 a 461 della Legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Legge finanziaria 2006)

+ 4.000

- 26.000

- 31.000

Stanziamento di Bilancio - 3.1.5.14 - Presidenza del Consiglio dei Ministri - Editoria cap. 2183 e 3.2.10.2 - Presidenza del Consiglio dei Ministri - Editoria cap. 7442

421.480

391.480

386.480

D.L. 4 luglio 2006, n. 223

- 1.000

- 50.000

- 50.000

Stanziamento risultante

420.480

341.480

336.480

 

 

Il comma 2 prevede che, in relazione alla diminuzione degli stanziamenti di cui sopra, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri siano rideterminati i contributi e le provvidenze per l'editoria di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250.

 

Elementi utili alla ricostruzione del senso normativo della disposizione sono offerti dalla relazione tecnica allegata al ddl di conversione. In tale ambito, il Governo ipotizza che la riduzione delle provvidenze si articoli come segue:

§      ridimensionamento quantitativo dei contributi, rivedendo sia i requisiti soggettivi per l’accesso, sia le modalità di calcolo dei contributi stessi;

§      contenimento delle agevolazioni tariffarie, definendosi un tetto massimo per ciascun singolo beneficiario e ripartendo, fino ad esaurimento delle risorse, il monte delle provvidenze concedibili, fissato annualmente dalla Presidenza, tra la platea dei beneficiari stessi, che presentino richiesta entro determinati termini.

 

Occorrerebbe valutare l’opportunità di inserire nell’articolato i citati principi e criteri direttivi per l’emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, in considerazione del fatto che questi ultimi incidono su requisiti definiti finora da norme di rango primario.

 

Il comma 3-bis, introdotto al Senato, estende a decorrere dal 1° gennaio 2002 il contributo integrativo di cui all’articolo 3, comma 11, della legge n. 250 del 1990 (vedi oltre) ai giornali quotidiani italiani editi e diffusi all’estero.

 

Si segnala che la formulazione del testo presenta alcune criticità: in particolare la modifica interviene sul comma 456 della citata legge finanziaria per il 2006, il quale aveva già modificato il comma 2-ter dell’articolo 3 della legge n. 250 del 1990. Ai fini di una più agevole comprensione della norma, sarebbe preferibile intervenire direttamente sulla legge n. 250; si osserva, peraltro, che il primo periodo della lettera b) era già presente nel testo originale del comma 456.

 

 

Ai fini di una più agevole comprensione della portata delle norme in esame, si riepiloga di seguito la disciplina di cui all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, relativa all’erogazione dei contributi diretti all’editoria, come integrato dalle descritte disposizioni introdotte dalla legge finanziaria per il 2006[150].

 

La platea dei destinatari dei contributi comprende:

1)       le imprese editrici di giornali quotidiani (comma 2), costituite come cooperative giornalistiche da almeno tre anni (co. 2, lettera a)) subordinatamente al possesso di una serie di requisiti[151].

2)       le imprese editrici di giornali quotidiani la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni ed enti morali non aventi scopo di lucro (comma 2-bis), subordinatamente al possesso dei medesimi requisiti sopra citati, ad eccezione dell’obbligo di essere una cooperativa giornalistica; in tal caso, il contributo non può superare il 50 per cento dei costi complessivi;

3)       le imprese editrici che editino giornali quotidiani in una lingua delle minoranze francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome della Val d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, o quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (comma 2-ter), subordinatamente al possesso dei medesimi requisiti e con gli stessi limiti delle imprese non a scopo di lucro[152];

4)       le cooperative giornalistiche che editano periodici (comma 2-quater), con il limite di 310.000 euro e di 207.000 euro rispettivamente per il contributo fisso e il contributo variabile[153].

 

Per le imprese sopra elencate, i contributi – che vengono corrisposti solo qualora gli introiti pubblicitari dell’anno precedente non superino il 40 dei costi complessivi (comma 7) e non possono comunque superare il 60 per cento della media dei costi (comma 9) - sono determinati nelle seguenti misure (comma 8):

a)       un contributo fisso annuo di importo pari al 30 per cento della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi, inclusi gli ammortamenti, e comunque non superiore a lire 2 miliardi (1,03 milioni di euro) per ciascuna impresa;

b)       contributi variabili rapportati alla tiratura[154].

 

5)       imprese editrici di quotidiani o periodici organi o giornali di forze politiche (comma 10; si segnala che l’articolo 4 concede analoghi contributi alle imprese radiofoniche organi di partiti politici). Per i requisiti che devono possedere tali forze politiche si rinvia a quanto specificato in relazione al comma 3-ter.

Ai sensi del medesimo comma 10, per tali imprese, i contributi sono determinati nelle seguenti misure:

a)       un contributo fisso annuo di importo pari al 40 per cento della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi, inclusi gli ammortamenti, e comunque non superiore a lire 2 miliardi e 500 milioni (1,29 milioni di euro) per i quotidiani e lire 600 milioni (309,9 migliaia di euro) per i periodici;

b)       un contributo variabile, calcolato secondo i parametri previsti dal comma 8, per i quotidiani, ridotto ad un sesto, un dodicesimo od un ventiquattresimo rispettivamente per i periodici settimanali, quindicinali o mensili; per i suddetti periodici viene comunque corrisposto un contributo fisso di lire 400 milioni (206,6 migliaia di euro) nel caso di tirature medie superiori alle 10.000 copie.

Da ultimo, sono previsti ulteriori contributi integrativi pari al 50 per cento di quanto determinato dalle lettere a) e b) del predetto comma 10, qualora le entrate pubblicitarie siano inferiori al 30 per cento dei costi d'esercizio annuali (comma 11).

Tali contributi - così come quelli di cui al precedente comma 10 - sono concessi a condizione che le imprese non fruiscano, né direttamente né indirettamente, dei contributi previsti al comma 8 (comma 13). Si ricorda, poi, che la somma dei contributi previsti dai commi 10 e 11 non può comunque superare il 70 per cento dei costi (comma 12).

 

Un ulteriore contributo per copia stampata pari a 0,2 euro fino a 40.000 copie di tiratura media è corrisposto alle imprese editrici di periodici esercitate da cooperative, fondazioni o enti morali (comma 3).

 

Ulteriori benefici di carattere fiscale, di credito e relativi alle tariffe telefoniche, telegrafiche, postali e dei trasporti sono previsti dalla legge 416 del 1981, recante Disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l'editoria[155].

 

Il comma 3-ter, introdotto al Senato, prevede che per accedere ai contributi di cui all’articolo 3, comma 10, della legge n. 250 del 1990 non sia più necessario il requisito della rappresentanza parlamentare per le imprese editrici di quotidiani o periodici che risultino essere giornali o organi di partiti o movimenti politici, che alla data del 31 dicembre 2005 abbiano già maturato il diritto ai contributi in questione.

 

Si segnala che l’attuale disciplina dei contributi ai giornali di partito è contenuta nell’articolo 153 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), che detta i requisiti per l’accesso ai contributi previsti dal comma 10 dell’articolo 3 della citata legge n. 250 del 1990.

L’articolo 153, al co. 2, dispone che la normativa in oggetto si applichi esclusivamente alle imprese editrici di quotidiani e periodici – anche telematici – che, oltre che attraverso esplicita menzione riportata in testata, risultino essere organi o giornali di forze politiche che:

§       abbiano il proprio gruppo parlamentare in una delle Camere;

§       abbiano rappresentanze nel Parlamento europeo o siano espressione di minoranze linguistiche riconosciute avendo almeno un rappresentante in un ramo del Parlamento italiano nell’anno di riferimento dei contributi.

Il DPR n. 525 del 2 dicembre 1997, come integrato dal DPR 7 novembre 2001, n. 460[156], ha precisato che per “rappresentanze” nel Parlamento europeo si intendono almeno due deputati eletti delle liste del movimento stesso.

 

Si ricorda inoltre che in base al co. 4 del citato art. 153 della L. 388/2000, le imprese editrici di quotidiani o periodici organi di movimenti politici aventi diritto ai contributi ai sensi della disciplina previgente hanno avuto facoltà, entro il 1º dicembre 2001, di costituirsi in società cooperative, il cui oggetto sociale sia costituito esclusivamente dalla edizione di quotidiani o periodici organi di movimenti politici. A tali cooperative sono attribuiti i contributi concessi, ai sensi dell’art. 3, co. 2, della L. 250/1990, in presenza di determinati requisiti, alle cooperative giornalistiche e ad imprese editrici ad esse equiparate[157].

 

In proposito si osserva che il comma 3-ter interviene – peraltro senza modificare il testo e con una formulazione non del tutto chiara – sul comma 10 dell’articolo 3 della legge n. 250 del 1990 che, come sopra specificato, risulta essere superato dall’articolo 153 della legge n. 388 del 2000 per quanto riguarda la definizione dei requisiti di riconoscimento come “forza politica” avente diritto ai contributi per i propri organi. A tale proposito si ricorda che la legge n. 250 aveva concesso i contributi agli organi di forze politiche aventi il proprio gruppo parlamentare in una delle Camere o nel Parlamento europeo avendo almeno un rappresentante in un ramo del Parlamento italiano.

 


Articolo 20, comma 3
(Servizio nazionale della protezione civile)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

3. La dotazione relativa all'autoriz­zazione di spesa di cui all'articolo 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, come determinata dalla tabella C della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è ridotta di 39 milioni di euro per l'anno 2006.

3. Identico.

 

 

Il comma 3 riduce la dotazione relativa all'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225[158], come determinata dalla tabella C della legge finanziaria 2006, di 39 milioni di euro per l'anno 2006.

La norma va pertanto ad incidere, come evidenziato dalla tabella seguente, sugli stanziamenti relativi alla protezione civile per l’anno 2006.

 

TABELLA C (Legge finanziaria 2006)

Stanziamenti autorizzati in relazione a disposizioni di legge la cui quantificazione annua è demandata alla legge finanziaria

OGGETTO DEL PROVVEDIMENTO

2006

2007

2008

(migliaia di euro)

Ministero dell'economia e delle finanze

Legge n. 225 del 1992: Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile: - Art. 1: Servizio nazionale della protezione civile (3.1.5.15 - Presidenza del consiglio dei ministri - Protezione civile - cap. 2184)

40.180

40.180

40.180

D.L. 4 luglio 2006, n. 223

-39.000

 

 

Stanziamenti risultanti

1.180

40.180

40.180

 

In relazione ai finanziamenti delle attività del Servizio nazionale di protezione civile (previsione e prevenzione delle varie ipotesi di rischio, e soccorso delle popolazioni sinistrate), si ricorda che esse sono finanziate attraverso stanziamenti autorizzati in relazione all’art. 1 (Servizio nazionale della protezione civile) e all’art. 3 (attività e compiti della protezione civile) della legge n. 225 del 1992 riportati annualmente nella Tabella C della legge finanziaria.

La dotazione che si va a ridurre con il comma 3 in esame riguarda, però, unicamente gli stanziamenti di cui all’art. 1 della legge n. 225 del 1992 che insistono sull’UPB 3.1.5.15 con il capitolo 2184 relativo al “Fondo occorrente per gli interventi del dipartimento della protezione civile” e non quelli di cui all’art. 3 (UPB 3.2.10.3 con il capitolo 7447 relativo al “Fondo per gli investimenti di pertinenza del dipartimento della protezione civile”) che recano uno stanziamento di 546,6 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2006 al 2008.

 

Si ricorda che all’inizio della XIV legislatura, con il decreto legge 7 settembre 2001, n. 343[159] è si è intervenuti sull’assetto istituzionale delle strutture della protezione civile, attraverso la soppressione dell’Agenzia di protezione civile e l’attribuzione al Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero al Ministro dell’interno da lui delegato, delle competenze in materia di coordinamento della protezione civile. E’ stato, pertanto, ricondotto nuovamente in capo al Dipartimento della protezione civile il coordinamento di tutte le attività di carattere tecnico e operativo, ritornando all’impostazione prevista dallalegge 24 febbraio 1992, n. 225 che aveva istituito il Servizio nazionale della protezione civilee facendo anche salva, nel contempo, la ripartizione di competenze intervenuta ad opera del decreto legislativo n. 112 del 1998. Con la legge del 24 febbraio 1992, n. 225 la protezione civile era stata, infatti, organizzata come "Servizio nazionale", coordinato dal Presidente del Consiglio dei Ministri e composto dalle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dagli enti pubblici nazionali e territoriali e da ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale.

Occorre, infine, ricordare che ulteriori finanziamenti in materia di protezione civile derivano dall’apposito Fondo per la protezione civile, costituito nello stato di previsione della spesa della Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’art. 2 del decreto legge 10 luglio 1982, n. 428, e alimentato anch’esso annualmente con la legge finanziaria (Tabella C) ai sensi dell’art. 6, comma 1 del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 142, e sul quale le ordinanze di urgenza possono mobilitare le risorse finanziarie per i singoli interventi relativi alle calamità naturali.

 


Articolo 21
(Spese di giustizia)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Per il pagamento delle spese di giustizia non è ammesso il ricorso all'anticipazione da parte degli uffici postali, tranne che per gli atti di notifiche concernenti procedimenti penali.

1. Per il pagamento delle spese di giustizia non è ammesso il ricorso all'anticipazione da parte degli uffici postali, tranne che per gli atti di notifiche nei procedimenti penali e per gli atti di notifiche e di espropriazione forzata nei procedimenti civili quando i relativi oneri sono a carico dell'erario.

2. Al pagamento delle spese di giustizia si provvede secondo le ordinarie procedure stabilite dalla vigente normativa di contabilità generale dello Stato.

2. Identico.

3. Lo stanziamento previsto in bilancio per le spese di giustizia, come integrato ai sensi dell'articolo 1, comma 607, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, iscritto nell'unità previsionale di base 2.1.2.1 (capitolo 1360) dello stato di previsione del Ministero della giustizia, è ridotto di 50 milioni di euro per l'anno 2006, di 100 milioni di euro per l'anno 2007 e di 200 milioni di euro a decorrere dal 2008.

3. Identico.

4. All'articolo 13 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

4. All'articolo 13 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

«6-bis. Per i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato il contributo dovuto è di euro 500; per le istanze cautelari in primo e secondo grado, per i ricorsi previsti dall'articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, aggiunto dall'articolo 2 della legge 21 luglio 2000, n. 205, per quelli previsti dall'articolo 25, comma 5, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e per i ricorsi di ottemperanza il contributo dovuto è di euro 250.

«6-bis. Per i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato il contributo dovuto è di euro 500; per i ricorsi previsti dall'articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, per quelli previsti dall'articolo 25, comma 5, della legge 7 agosto 1990, n. 241, per i ricorsi aventi ad oggetto il diritto di cittadinanza, di residenza, di soggiorno e di ingresso nel territorio dello Stato e per i ricorsi di esecuzione della sentenza o di ottemperanza del giudicato il contributo dovuto è di euro 250. L'onere relativo al pagamento dei suddetti contributi è dovuto in ogni caso dalla parte soccombente, anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si è costituita in giudizio. Ai fini predetti, la soccombenza si determina con il passaggio in giudicato della sentenza. Non è dovuto alcun contributo per i ricorsi previsti dall'articolo 25 della citata legge n. 241 del 1990 avverso il diniego di accesso alle informazioni di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale.

6-ter. Il maggior gettito derivante dall'applicazione delle disposizioni di cui al comma 6-bis è versato al bilancio dello Stato, per essere riassegnato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per le spese riguardanti il funzionamento del Consiglio di Stato e dei Tribunali amministrativi regionali.».

6-ter. Identico.

 

4-bis. All'onere derivante dall'at­tuazione del capoverso 6-bis, intro­dotto dal comma 4, valutato per il 2006 in 200.000 euro e in 500.000 euro a decorrere dall'anno 2007, si provvede, per l'anno 2006, mediante utilizzo di parte delle maggiori entrate recate dal presente decreto, e per gli anni suc­cessivi mediante corrispondente utiliz­zo delle proiezioni, per gli anni 2006-2008, dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.

5. All'articolo 16 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:

5. Identico:

«1-bis. In caso di omesso o parziale pagamento del contributo unificato, si applica la sanzione di cui all'articolo 71 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, esclusa la detrazione ivi prevista. Del pagamento risponde il difensore o, in solido, i difensori costituiti.».

«1-bis. In caso di omesso o parziale pagamento del contributo unificato, si applica la sanzione di cui all'articolo 71 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, esclusa la detra­zione ivi prevista.».

6. All'articolo 1, comma 309, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, dopo le parole: «degli uffici giudiziari», sono inserite le seguenti: «e allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per le spese riguardanti il funzionamento del Consiglio di Stato e dei Tribunali amministrativi regionali».

6. Identico.

 

 

L'articolo 21 si occupa ai commi 1 e 2 delle modalità di erogazione delle spese di giustizia, al comma 3 dello stanziamento previsto in bilancio per le spese di giustizia, ai commi 4 e 5 del contributo unificato e al comma 6 della destinazione dei maggiori introiti derivanti dal contributo unificato.

 

Il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 ("Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di giustizia") prevede che il pagamento delle spese di giustizia (ossia le spese necessarie al funzionamento dei procedimenti giurisdizionali[160]) per conto dell'erario è eseguito: dal concessionario della riscossione, trattenendo le somme pagate da quelle destinate all'erario a fronte di riscossioni (art. 173), oppure dall'ufficio postale, a richiesta del beneficiario, secondo un meccanismo di anticipazione della spesa (art. 174); Il pagamento è sempre eseguito dall'ufficio postale se nel Comune dove ha sede l'ufficio che dispone il pagamento non esistono sportelli del concessionario o se particolari circostanze ne impediscono il regolare funzionamento. Entro un mese dall'emissione da parte dell'ufficio che dispone il pagamento dell'ordine o decreto relativo, il modello contenente i dati elencati all'art. 177, comma 1, è trasmesso al competente concessionario in duplice copia, ovvero al competente ufficio postale in unico esemplare, nonché al beneficiario, per il quale, solo in caso di pagamento in contanti, assume valore di avviso di pagamento. Entro lo stesso termine, l'ufficio trasmette copia della documentazione relativa ai singoli modelli di pagamento al funzionario delegato. Ai sensi dell'art. 176, il pagamento è eseguito dall'ufficio postale a richiesta del beneficiario, mediante accreditamento sul conto corrente, ovvero mediante altri mezzi di pagamento disponibili cui circuiti bancario e postale, a scelta del creditore.

Successivamente, l’Amministrazione delle giustizia provvede a rimborsare alle Poste italiane s.p.a. i pagamenti eseguiti.

Nei fatti, tuttavia, le anticipazioni da parte di Poste italiane s.p.a. risultano essere il canale maggiormente utilizzato per la liquidazione di tali spese. Fino a questo momento, a decorrere dal 2004, le leggi finanziarie che si sono succedute hanno provveduto sia all’estinzione dei debiti pregressi nei confronti di Poste italiane s.p.a. sia a stanziare risorse ulteriori per far fronte al formarsi di ulteriori esposizioni debitorie.

 

I commi 1 e 2 del presente articolo stabiliscono che per il pagamento delle spese di giustizia non è ammesso il ricorso all’anticipazione da parte degli uffici postali tranne che per gli atti di notifiche nei procedimenti penali e per gli atti di notifiche e di espropriazione forzata nei procedimenti civili quando i relativi oneri sono a carico dell’erario – il riferimento ai procedimenti civili è stato inserito in forza dell’approvazione al Senato del maxi-emendamento 1.000 del Governo - e impongono che si provveda secondo le ordinarie procedure stabilite dalla vigente normativa di contabilità generale dello Stato. Secondo quanto evidenziato nella relazione illustrativa, tale innovazione è diretta ad evitarela formazione di eccedenze di spesa.

 

Il comma 3 prevede che lo stanziamento previsto in bilancio per le spese di giustizia, come integrato ai sensi dell’art. 1, comma 607, della legge 23 dicembre 2005, n. 266[161], iscritto sull’unità previsionale di base 2.1.2.1 (capitolo 1360) dello stato di previsione del Ministero della Giustizia, sia ridotto di 50 milioni di euro per l’anno 2006, di 100 milioni di euro per l’anno 2007 e di 200 milioni di euro a decorrere dal 2008.

 

Le modifiche apportate dai commi 4 e 5 (così come quella prevista dal comma 6) sono finalizzate, secondo la relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del decreto in esame, ad istituire una fonte di finanziamento per la copertura di parte dei costi di gestione della giustizia amministrativa.

 

In particolare, il comma 4 incide sull'art. 13 del sopracitato Testo unico delle spese di giustizia, che indica gli importi del contributo unificato, aggiungendo, in fine, un comma 6-bis ed un comma 6-ter, riguardanti specificamente i ricorsi innanzi al T.A.R. ed al Consiglio di Stato, in precedenza rientranti nella generale disciplina di cui ai commi 1-6 del citato articolo 13, basata sul valore della controversia

 

Si ricorda che il contributo unificato è stato introdotto nell'ordinamento ad opera dell’art. 9 della legge 23 dicembre 1999, n. 488[162]. In virtù di tale disposizione, le imposte di bollo, la tassa di iscrizione a ruolo, i diritti di cancelleria e quelli di chiamata in causa dell’ufficiale giudiziario gravanti sugli atti e sui provvedimenti relativi ai procedimenti civili, penali ed amministrativi e in materia tavolare, comprese le procedure concorsuali e di volontaria giurisdizione, sono stati aboliti e sostituiti da un contributo unificato di iscrizione a ruolo, variabile in base alla natura ed al valore della controversia. Per tentare di risolvere numerosi problemi insorti nella fase applicativa della disciplina sul contributo unificato, il Governo era intervenuto successivamente con il decreto legge 11 marzo 2002, n. 28, che ha modificato in modo sostanziale la precedente formulazione dell'art. 9 della legge 488/1999.

In seguito,ai sensi dell'art. 7, comma 2, della legge 8 marzo 1999, n. 50[163], è stato adottato il più volte menzionato Testo unico[164]. Esso ha abrogato e sostituito (in parte integrandola e modificandola) gran parte della normativa precedente, e in particolare, la disciplina del contributo unificato di cui alla legge 488/1999. Attualmente l’articolo 9 del D.P.R. 115/2002 (Testo unico delle spese di giustizia) stabilisce che sia dovuto il contributo unificato di iscrizione a ruolo, per ciascun grado di giudizio, nel processo civile, compresa la procedura concorsuale e di volontaria giurisdizione, e nel processo amministrativo, secondo gli importi previsti dall'articolo 13 e salvo le esenzioni previste dall'articolo 10.

 

Il nuovo comma 6-bis prevede che per i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato è dovuto un contributo unificato in misura fissa di euro 500 (e non più, quindi, un contributo variabile in base al valore della controversia).

Secondo la relazione, la previsione di un contributo di importo fisso per i processi amministrativi si giustifica per il fatto che la maggior parte dei ricorsi davanti al giudice amministrativo sono diretti ad ottenere l'annullamento di un atto e sono, pertanto, di valore indeterminabile. Inoltre, pur quando si tratta di ricorsi diretti al conseguimento di un bene della vita, il petitum è spesso espresso in termini generici. Sempre nella relazione di accompagnamento al disegno di legge viene rilevato che la contribuzione in misura fissa semplifica il controllo da parte dell’ufficio preposto alla ricezione del ricorso, che richiederebbe, altrimenti, un esame del ricorso e del fascicolo e determinerebbe, per conseguenza, un rilevante e non sostenibile aggravio di lavoro.

Per le istanze cautelari in primo e secondo grado, per i ricorsi previsti dall’art. 21 bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034[165], aggiunto dall’art. 2 della legge 21 luglio 2000, n. 205[166], (ossia i ricorsi avverso il silenzio della pubblica amministrazione), per quelli previsti dall’art. 25, comma 5 della legge 7 agosto 1990, n. 241[167] (ricorsi avverso le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso), per i ricorsi aventi ad oggetto il diritto di cittadinanza, di residenza, di soggiorno e di ingresso nel territorio dello Stato, e per i ricorsi di esecuzione della sentenza o di ottemperanza al giudicato – queste due ultime previsioni sono state inserite nel testo originario del decreto legge a seguito dell’approvazione al Senato del maxi emendamento 1.000 del Governo -, il nuovo comma 6-bis ha introdotto ex novo un contributo fisso di euro 250.

E’ stata poi inserita la previsione, a seguito dell’approvazione del maxi emendamento del Governo, che pone a carico della parte soccombente l’onere del pagamento del contributo unificato anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si è costituita in giudizio. Ai fini indicati la soccombenza si determina con il passaggio in giudicato della sentenza.

Sono esclusi dal pagamento del contributo unificato i ricorsi previsti dall’articolo 25 della citata legge 241/90 avverso il diniego di accesso alle informazioni di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195 di attuazione della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale.

Anche tale ultima previsione è stata inserita nel testo originario del provvedimento nel corso dell’esame presso il Senato a seguito dell’approvazione del maxiemendamento governativo: conseguentemente sono state modificate anche le previsioni per la copertura finanziaria delle nuove disposizioni di cui al comma 6 bis del D.P.R. 115/2002.

Il comma 5 dell’articolo in esame incide sull'art. 16 del D.P.R. 115/2002, che disciplina le conseguenze dell'omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato. Viene introdotto un comma 1-bis, in virtù del quale, in caso di omesso o parziale pagamento del contributo unificato, si applica la sanzione (dal cento al duecento per cento della maggiore imposta dovuta) di cui all’art. 71 del testo unico approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131[168], esclusa la detrazione ivi prevista. Nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato è stata soppressa la disposizione che prevedeva che del pagamento rispondesse il difensore o, in solido, i difensori costituiti.

 

Il comma 6 dispone che all’art. 1, comma 309, della legge 30 dicembre 2004, n. 311[169], dopo le parole: “degli uffici giudiziari”, vengano inserite le seguenti “e allo stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze per le spese riguardanti il funzionamento del Consiglio di Stato e dei Tribunali amministrativi regionali”.

 

L'art. 1, comma 309 citato, prevedeva, nel suo testo originario, che il maggior gettito derivante dall'applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 306 a 309 (che a loro volta modificavano gli importi del contributo unificato) fosse versato al bilancio dello Stato, per essere riassegnato allo stato di previsione del Ministero della giustizia per il pagamento di debiti pregressi nonché per l'adeguamento delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari. L'art. 21, comma 6, del decreto legge in esame sostanzialmente prevede che tali somme non vengano assegnate al solo Ministero della giustizia, ma vengano ripartite tra questo ed il Ministero dell'economia, al fine di farne beneficiare anche l'organizzazione della giustizia amministrativa.

Si segnala tuttavia, che tale modifica al testo dell'art. 1, comma 309, della legge 311/2004 è già stata realizzata ad opera dell'art. 1, comma 47, della legge 266/2005 (legge finanziaria 2006). Per l'effetto di tale intervento, il suddetto comma 309 era già formulato nei termini previsti dalla disposizione in esame; pertanto il comma 6 in esame appare privo di reale contenuto normativo.

 


Articolo 22
(Riduzione delle spese di funzionamento per enti
ed organismi pubblici non territoriali)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Gli stanziamenti per l'anno 2006 relativi a spese per consumi intermedi dei bilanci di enti ed organismi pubblici non territoriali, che adottano contabilità anche finanziaria, individuati ai sensi dell'articolo 1, commi 5 e 6, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, con esclusione delle Aziende sanitarie ed ospedaliere, degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, dell'Istituto superiore di sanità, dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, dell'Agenzia italiana del farmaco, degli Istituti zooprofilattici sperimentali e delle istituzioni scolastiche, sono ridotti nella misura del 10 per cento, comunque nei limiti delle disponibilità non impegnate alla data di entrata in vigore del presente decreto. Per gli enti ed organismi pubblici che adottano una contabilità esclusivamente civilistica, i costi della produzione, individuati all'articolo 2425, primo comma, lettera B), numeri 6), 7) e 8), del codice civile, previsti nei rispettivi budget 2006, concernenti i beni di consumo e servizi ed il godimento di beni di terzi, sono ridotti del 10 per cento. Le somme provenienti dalle riduzioni di cui al presente comma sono versate da ciascun ente, entro il mese di ottobre 2006, all'entrata del bilancio dello Stato, con imputazione al capo X, capitolo 2961.

1. Gli stanziamenti per l'anno 2006 relativi a spese per consumi intermedi dei bilanci di enti ed organismi pubblici non territoriali, che adottano contabilità anche finanziaria, individuati ai sensi dell'articolo 1, commi 5 e 6, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, con esclusione delle Aziende sanitarie ed ospedaliere, degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, dell'Istituto superiore di sanità, dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, dell'Agenzia italiana del farmaco, degli Istituti zooprofilattici sperimentali, degli enti e degli organismi gestori delle aree naturali protette e delle istituzioni scolastiche, sono ridotti nella misura del 10 per cento, comunque nei limiti delle disponibilità non impegnate alla data di entrata in vigore del presente decreto. Per gli enti ed organismi pubblici che adottano una contabilità esclusivamente civilistica, i costi della produzione, individuati all'articolo 2425, primo comma, lettera B), numeri 6), 7) e 8), del codice civile, previsti nei rispettivi budget 2006, concernenti i beni di consumo e servizi ed il godimento di beni di terzi, sono ridotti del 10 per cento. Le somme provenienti dalle riduzioni di cui al presente comma sono versate da ciascun ente, entro il mese di ottobre 2006, all'entrata del bilancio dello Stato, con imputazione al capo X, capitolo 2961.

2. Per le medesime voci di spesa e di costo indicate al comma 1, per il triennio 2007-2009, le previsioni non potranno superare l'ottanta per cento di quelle iniziali dell'anno 2006, fermo restando quanto previsto dal comma 57 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2004, n. 311. Le somme corrispondenti alla riduzione dei costi e delle spese per effetto del presente comma sono appositamente accantonate per essere versate da ciascun ente, entro il 30 giugno di ciascun anno, all'entrata del bilancio dello Stato, con imputazione al capo X, capitolo 2961. È fatto divieto alle Amministrazioni vigilanti di approvare i bilanci di enti ed organismi pubblici in cui gli amministratori non abbiano espressamente dichiarato nella relazione sulla gestione di avere ottemperato alle disposizioni del presente articolo.

2. Identico.

 

 

L’articolo 22 introduce disposizioni volte a ridurre gli stanziamenti di spesa per consumi intermedi - ovvero, per gli enti che adottano una contabilità esclusivamente civilistica, dei costi di produzioneconcernenti i beni di consumo e servizi ed il godimento di beni di terzi - previste nei bilanci relativi all’anno 2006 di enti ed organismi pubblici non territoriali, inseriti nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni e soggetti alla cd. regola del 2 per cento (comma 1), nonché a contenerne le relative previsioni di spesa nei bilanci del triennio 2007-2009 (comma 2).

 

Si tratta di disposizioni analoghe a quelle già disposte, a partire dal 2002, con il c.d. provvedimento “tagliaspese” (D.L. 6 settembre 2002, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 246/2002), confermate per il 2004 dal D.L. 12 luglio 2004, n. 168 (legge n. 191/2004) e per il 2005 dal D.L. n. 203/2005 (provvedimento collegato alla finanziaria per il 2006) (Cfr. box alla fine della scheda).

 

In particolare, il comma 1 dell’articolo in esame dispone la riduzione degli stanziamenti di spesa per l’anno 2006 relativi allacategoria dei consumi intermedi iscritti nei bilanci degli enti e degli organismi pubblici non territoriali, che adottano una contabilità anche finanziaria, nella misura del 10% degli stanziamenti iniziali, e comunque nei limiti delle disponibilità non impegnate alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame.

Per gli enti e gli organismi pubblici non territoriali che invece adottano una contabilità esclusivamente civilistica la norma fa riferimento alla riduzione, nella medesima misura del 10%, dei costi della produzione, individuati ai sensi dell’art. 2425, primo comma, lett. b) n. 6), 7) e 8) del codice civile, iscritti nei rispettivi bilanci per il 2006, concernenti i beni di consumo e i servizi e il godimento di beni di terzi.

L’articolo 2425 c.c. indica il contenuto del conto economico. In particolare, i punti da 6 a 8 della lettera b), concernente i costi della produzione, riguardano:

6)       materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci;

7)       servizi;

8)       godimento di beni di terzi.

 

Dal punto di vista della formulazione letterale, sarebbe opportuno che il comma 1 utilizzasse il termine “bilanci” anziché il termine “budget”.

 

Per quanto concerne l’ambito soggettivo di applicazione, la disposizione fa riferimenti agli enti e agli organismi pubblici non territoriali individuati ai sensi dell’articolo 1, commi 5 e 6, della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004), ai fini dell’applicazione della regola generale di contenimento dell’incremento della spesa della P.A. nel triennio 2005-2007 (c.d. regola del 2 per cento).

Si tratta degli enti ed organismi inseriti nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni, individuate, a decorrere dal 2006, da un elenco dell’ISTAT, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 luglio di ogni anno, con esclusione degli organi costituzionali e del CSM.

 

L’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato compilato dall’ISTAT (ai sensi dell’articolo 1, comma 5, della legge finanziaria 2005), da considerarsi valido per l’anno 2006, è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 175 del 29 luglio 2005.

 

Risultano esclusi dall’ambito di applicazione dell’articolo 22 in esame gli enti territoriali, intendendosi per tali regioni, enti locali e loro consorzi.

 

Si segnala che la qualificazione di enti ed organismi pubblici quali "non territoriali" sembrerebbe rispondere a criteri definitori amministrativi, non omogenei con i principi utilizzati per la predisposizione dell'elenco delle amministrazioni pubbliche da parte dell'ISTAT, che segue la tradizionale classificazione di contabilità nazionale (le Amministrazioni pubbliche sono divise in tre sottosettori: amministrazioni centrali, locali ed enti di previdenza).

 

Sono inoltre specificamente esclusi:

-        Aziende sanitarie ed ospedaliere;

-        Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico;

-        Istituto superiore di sanità (ISS);

-        Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL);

-        Agenzia italiana del farmaco;

-        Istituti zooprofilattici sperimentali;

-        Istituzioni scolastiche;

-        enti ed organismi gestori delle aree naturali protette (a seguito di una modifica introdotta dal Senato).

 

L’articolo in esame dovrebbe pertanto applicarsi alle seguenti tipologie di enti, organismi e strutture amministrative:

-        Organi di rilievo costituzionale (con esclusione del CSM);

-        Enti di regolazione dell’attività economica;

-        Enti produttori di servizi economici;

-        Autorità amministrative indipendenti;

-        Enti a struttura associativa;

-        Enti produttori di servizi assistenziali e culturali;

-        Federazioni sportive;

-        Enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate;

-        Enti ed istituzioni di ricerca

-        Stazioni sperimentali per l’industria;

-        Camere di commercio;

-        Enti ed agenzie per il turismo;

-        Università ed istituti di istruzione universitaria pubblici;

-        Enti per il diritto allo studio;

-        Enti regionali di sviluppo agricolo;

-        Autorità portuali;

-        Enti regionali per la ricerca e per l’ambiente;

-        Agenzie regionali sanità;

-        Agenzie regionali del lavoro;

-        Altri enti locali

-        Istituti regionali di ricerca economica e sociale;

-        Enti nazionali di previdenza e assistenza sociale.

 

L’ultimo periodo del comma 1 dispone che le somme provenienti dalle riduzioni siano versate da ciascun ente, entro il mese di ottobre 2006, all’entrata del bilancio dello Stato, con imputazione al capitolo 2961 del Capo X, relativo alle somme dovute da enti ed istituti di credito.

 

Il comma 2 introduce una ulteriore misura di contenimento delle medesime spese indicate al comma 1 anche per il triennio 2007-2009.

In particolare, la norma dispone che per il triennio 2007-2009, gli stanziamenti di previsione per le voci di spesa per consumi intermedi degli enti ed organismi pubblici non territoriali - ovvero dei costi di produzione concernenti i beni di consumo e servizi ed il godimento di beni di terzi, per gli enti che adottano una contabilità civilistica - non possano superare l'80 per cento delle previsioni iniziali di spesa dell’anno 2006.

 

La norma mantiene peraltro ferme le limitazioni all'incremento delle spese per il triennio 2005-2007 già stabilite dalla legge finanziaria 2005, ai sensi dell’articolo 1, comma 57, della legge n. 311 del 2004 (cd. regola del 2 per cento).

A tale proposito si ricorda che l’articolo 26 del decreto legge in esameha introdotto un meccanismo sanzionatorio in caso di mancato rispetto del limite all’incremento delle spese degli enti pubblici non territoriali introdotto dall’art. 1, comma 57, della legge n. 311/2004 (cfr. al riguardo la relativa scheda di lettura).

 

In sostanza, come precisato nella relazione tecnica, la norma in esame propone la riduzione delle indicate spese nella misura del 20% per ciascun anno del triennio 2007-2009.

Le somme corrispondenti alla riduzione dei costi e delle spese per consumi intermedi devono essere appositamente accantonate nei bilanci degli enti pubblici non territoriali, per essere versate da ciascun ente, entro il 30 giugno di ciascun anno, all'entrata del bilancio dello Stato, con imputazione al Capo X, capitolo 2961.

 

E’ fatto altresì divieto alle Amministrazioni vigilanti di procedere all’approvazione dei bilanci degli enti e degli organismi, in cui gli amministratori non abbiano espressamente dichiarato, nella relazione sulla gestione, di avere ottemperato alle disposizioni di contenimento delle spese disposte dall’articolo in esame.

 

Secondo le stime indicate dal Governo nella relazione tecnica, la misura introdotta dall’articolo 22 in esame comporta risparmi di spesa pari a 148,5 milioni di euro per il 2006 e a 297 milioni per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, in termini di saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato. Gli effetti in termini di fabbisogno e di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni sono stimati pari a 98,5 milioni di euro nel 2006, 197 milioni nel 2007 e 297 milioni nel 2008 e 2009.

 

La relazione tecnica allegata al decreto-legge n. 223/2006 precisa che la quantificazione del risparmio conseguibile dalla norma si basa anche sui risultati conseguiti dalle analoghe misure di contenimento poste in essere negli anni precedenti con il D.L. n. 194 del 2002, il D.L. n. 168 del 2004, con la legge finanziaria per il 2005 (art. 1, co. 57, legge n. 311/2004) e, da ultimo, con il D.L. n. 203 del 2005 (collegato alla finanziaria per il 2006).

 

La riduzione delle spese di funzionamento degli enti ed organismi pubblici non territoriali: i precedenti normativi

 

Il D.L. n. 194/2002 (cd. decreto tagliaspese) ha introdotto nel nostro ordinamento un meccanismo di controllo e di monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica. In particolare, l’art. 1, comma 3, del decreto-legge prevede che, in presenza di “uno scostamento rilevante degli obiettivi indicati per l’anno considerato dal DPEF e da eventuali aggiornamenti”, con DPCM possa essere adottato un atto di indirizzo per la definizione dei criteri di carattere generale ai fini del coordinamento dell’azione amministrativa del Governo per il controllo degli andamenti di finanza pubblica.

Sulla base dell’atto di indirizzo, il Ministro dell’economia e delle finanze può disporre, con proprio decreto, l’adozione di limitazioni all’assunzione degli impegni di spesa e all’emissione di titoli di pagamento a carico del bilancio dello Stato (art. 1, comma 3), nonché riduzioni delle spese di funzionamento di enti ed organismi pubblici non territoriali,con l'esclusione degli organi costituzionali (art. 1, comma 4).

Il D.L. n. 194/2002 prevede che le economie derivanti da tali riduzioni operate nei confronti degli enti pubblici siano rese indisponibili, fino a diversa determinazione del Ministero dell’economia e delle finanze.

Per il 2002, a seguito dell’atto di indirizzo approvato con D.P.C.M. 29 novembre 2002, con il D.M. Economia in pari data è stata prevista (oltre alla limitazione agli impegni e all'emissione di titoli di pagamento per le Amministrazioni dello Stato), la riduzione del 15% delle spese relative alla categoria dei beni di consumo e dei servizi previste nei bilanci 2002 degli enti e organismi pubblici non territoriali, che adottano una contabilità finanziaria. Analoga riduzione del 15% è stata applicata per gli enti che adottano una contabilità esclusivamente civilistica, con riferimento ai costi della produzione, concernenti i beni di consumo e servizi ed il godimento di beni di terzi. Dall'obbligo di riduzione dei costi della produzione sono state escluse, con il successivo decreto del Ministro dell’economia del 18 aprile 2003, le aziende sanitarie, le aziende ospedaliere e gli istituti di ricerca e cura a carattere scientifico.

Il decreto ha disposto che gli avanzi derivanti dalle predette riduzioni fossero evidenziati nella parte vincolata dell’avanzo di amministrazione, per gli enti che adottano contabilità finanziaria, ovvero in un apposito fondo di accantonamento, da iscrivere nel passivo della situazione patrimoniale, per gli enti ed organismi pubblici che adottano una contabilità esclusivamente civilistica.

 

Per il 2004, nell’ambito della manovra di contenimento dei saldi di finanza pubblica attuata con il D.L. n. 168/2004 (legge n. 191/2004), il Governo ha disposto all’articolo 1, comma 8, la riduzione delle spese di funzionamento per consumi intermedi degli enti previdenziali pubblici,in misura non inferiore al 30% degli stanziamenti iniziali.

Anche tali somme sono state accantonate in un apposito fondo e rese indisponibili.

 

L’articolo 1, comma 48, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005) ha disposto il versamento all’entrata del bilancio dello Stato, con imputazione al capitolo 2961 del Capo X, delle somme accantonate dagli enti ed organismi pubblici non territoriali nel 2002 e nel 2004, ai sensi dell’articolo 1, commi 1 e 2, del D.M. Economia 29 novembre 2002, attuativo dell’art. 1, co. 4, del D.L. n. 194/2002, e dell’articolo 1, comma 8, del D.L. n. 168/2004, entro il 30 giugno 2006[170].

Si ricorda, inoltre, che per l’anno 2005 gli stanziamenti relativi a spese per consumi intermedi degli enti e degli organismi pubblici non territoriali sono sottoposti alla regola generale di contenimento delle spese della P.A.. dettata dall’art. 1, comma 5, della legge finanziaria per il 2005 (cd. regola del 2 per cento). In particolare, per tali enti è stato fissato un limite all’incremento della spesa, al netto delle spese di personale, del 4,5% rispetto all’ammontare delle spese effettuate nell’anno 2003. Sono esclusi dall’applicazione della norma le Casse di previdenza, le altre associazioni e fondazioni di diritto privato; gli enti del sistema camerale.

In base alle stime della relazione tecnica, il limite di incremento del 4,5% delle spese degli enti e degli organismi pubblici non territoriali avrebbe dovuto determinare, rispetto al tendenziale del conto economico delle amministrazioni pubbliche previsto per il 2005, un risparmio di spesa pari a 120 milioni. Secondo i dati forniti dal Ragioniere generale dello Stato, in data 10 novembre 2005, su 109 enti (rispetto ai 111 tenuti al rispetto della regola), 98 hanno rispettato i limiti di spesa previsti dalla legge finanziaria per il 2005[171].

Sempre con riferimento agli stanziamenti previsti nei bilanci 2005, ulteriori disposizioni volte al contenimento delle spese per beni e sevizi degli enti pubblici non territoriali sono state dettate dall’articolo 11-ter, commi 4 e 5, del D.L. n. 203/2005 (legge n. 248/2005), collegato alla manovra di finanza pubblica per il 2006.

L’articolo ha disposto la riduzione degli stanziamenti di spesa per l’anno 2005 relativi alla categoria dei consumi intermedi iscritti nei bilanci degli enti e organismi pubblici non territoriali che adottano una contabilità finanziaria, nonché dei costi della produzione concernenti i beni di consumo e i servizi e il godimento di beni di terzi, per gli enti che adottano una contabilità civilistica, nella misura del 10% degli stanziamenti iniziali. Sono escluse dall’applicazione della norma le Aziende sanitarie ed ospedaliere; Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico; Istituto superiore di sanità (ISS); Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL); Agenzia italiana del farmaco; Istituti zooprofilattici sperimentali; Istituzioni scolastiche.

In base alle stime del Governo, le economie che dovrebbero derivare dall’applicazione delle citate disposizioni sono indicate, in termini finanziari, in circa 180 milioni di euro.

Anche l’art. 11-ter prevede che tali somme provenienti dalle riduzioni siano versate da ciascun ente, entro il 30 giugno 2006, all’entrata del bilancio dello Stato, con imputazione al capitolo 2961 del Capo X, relativo alle somme dovute da enti ed istituti di credito.

 


Articolo 22-bis, comma 1
(Riduzione della spesa per gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

 

1. La spesa complessiva derivante dagli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale è soggetta ad una riduzione globale non inferiore al 10 per cento.

 

 

La disposizione, aggiunta nel corso dell’esame del Senato, stabilisce una riduzione di almeno il 10% della spesa complessiva derivante dagli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale.

 

La dirigenza pubblica è articolata in due fasce. In ogni amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, è istituito il ruolo dei dirigenti, che si articola nella prima e nella seconda fascia. I dirigenti della seconda fascia transitano nella prima qualora abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali per un periodo di almeno a cinque anni (art. 23 D.Lgs. 165/2001).

 

Dal punto di vista delle funzioni che i dirigenti sono chiamati a svolgere la legge distingue tre tipi di incarichi:

-        l’alta dirigenza (segretari generali dei ministeri e direttori di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali, quali i capi dipartimento). Tali incarichi sono riservati ai dirigenti di prima fascia e sono conferiti con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro competente (art. 19, comma 3, D.Lgs. 165/2001;

-        gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale, conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sono attribuiti in parte ai dirigenti di prima fascia e in parte, secondo una quota massima pari al 70 per cento della dotazione, a quelli di seconda fascia (art. 19, comma 4, D.Lgs. 165/2001);

-        gli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale conferiti dal dirigente generale ai dirigenti assegnati al suo ufficio (art. 19, comma 5, D.Lgs. 165/2001.

 

Destinatari degli incarichi di livello generale e non, possono essere anche soggetti esterni, quali:

-        persone di particolare comprovata qualificazione personale, in possesso di particolari requisiti (integrati di recente dal decreto legge n. 115 del 2005) che possono essere incaricate entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli delle amministrazioni statali e dell’8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia (art. 19, comma 6 D.Lgs. 165/2001);

-        dirigenti non appartenenti ai ruoli delle amministrazioni statali, purché dipendenti delle amministrazione pubbliche, ovvero di organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, comando o analogo provvedimento, secondo i rispettivi ordinamenti, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia e del 5 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia (art. 19 comma 5-bis D.Lgs. 165/2001). Tali incarichi sono conferito a tempo determinato (da tre a cinque anni).

 

Un quadro della situazione degli incarichi dirigenziali nella pubblica amministrazione, compresi quelli conferiti ad esterni, è contenuto nella relazione su La gestione degli incarichi dirigenziali nello Stato dopo la legge n. 145 del 2002 della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti del giugno 2006[172].

Secondo la rilevazione della Corte dei conti al 30 giugno 2005 erano istituiti globalmente 529 posti di funzione dirigenziale generale di livello generale, a fronte di una dotazione organica di 465 unità. La differenza è dovuta ad alcune amministrazioni per le quali sono previsti posti aggiuntivi rispetto alla pianta organica.

Dagli ultimi dati disponibili forniti dalla Corte dei conti risulta che la spesa complessiva per la dirigenza (tutta la dirigenza) è passata, dal 2000 al 2002, rispettivamente dai 9,8 agli 11,2 miliardi di euro, con un incremento percentuale del 14,3%”[173].

 

Si osserva che la disposizione in esame non reca alcuna indicazione circa le relative modalità di attuazione.

Si osserva altresì che il riferimento ad una riduzione di “almeno il 10 per cento” non appare del tutto chiaro, non essendo specificate le modalità con cui pervenire ad una riduzione superiore al 10 per cento.

 

La relazione tecnica, come integrata nel corso dell’esame al Senato, non ascrive effetti di risparmio alla disposizione in esame.

 

Si fa presente che in materia di retribuzioni della dirigenza interviene anche l’art. 34, comma 1, del presente provvedimento, che dispone che i criteri per la determinazione dei trattamenti accessori massimi dei dirigenti siano stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.


Articolo 22-bis, commi 2, 3 e 4
(Attività libero professionale presso studi professionali esterni)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

 

2. Al comma 10 dell'articolo 15-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, le parole: «fino al 31 luglio 2006» sono sostituite dalle seguenti: «fino alla data, certificata dalla regione o dalla provincia autonoma, del completamento da parte dell'azienda sanitaria di appar­tenenza degli interventi strutturali necessari ad assicurare l'esercizio dell'attività libero-professionale intra­muraria e comunque entro il 31 luglio 2007».

 

3. L'esercizio straordinario dell'at­tività libero-professionale intramuraria in studi professionali, previa autorizzazione aziendale, è informato ai princìpi organizzativi fissati da ogni singola azienda sanitaria, nell'ambito della rispettiva autonomia, secondo le modalità stabilite dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano e sulla base dei princìpi previsti nell'atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 marzo 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 121 del 26 maggio 2000.

 

4. Al fine di garantire il corretto equilibrio tra attività istituzionale e attività libero-professionale intramu­raria, anche in riferimento all'obiettivo di ridurre le liste di attesa, sono affidati alle regioni i controlli sulle modalità di svolgimento dell'attività libero-professionale della dirigenza del Servizio sanitario nazionale e l'ado­zione di misure dirette ad attivare, previo congruo termine per provve­dere da parte delle aziende risultate inadempienti, interventi sostitutivi anche sotto forma della nomina di un commissario ad acta. In ogni caso l'attività libero-professionale non può superare, sul piano quantitativo nell'arco dell'anno, l'attività istituzio­nale dell'anno precedente.

 

 

Le disposizioni in esame, introdotte dal Senato, intervengono su un aspetto specifico della attività ambulatoriale c.d. intramoenia (e cioè lo svolgimento di attività libero professionale da parte del personale del servizio sanitario nazionale).

In particolare, si dispone un ulteriore rinvio del termine ultimo del 31 luglio 2006, previsto dalla normativa vigente, per l’utilizzo di studi professionali esterni in caso di carenza di strutture e spazi idonei.

 

Ai sensi del comma 2, il termine ultimo è ora stabilito in un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, ovvero fino alla data del completamento, da parte dell’azienda sanitaria di appartenenza, degli interventi strutturali necessari all’espletamento dell’attività libero professionale, previa certificazione della Regione o della Provincia autonoma.

Al riguardo si rammenta che il termine del 31 luglio 2006 è stato fissato dall’articolo 1-quinquies del decreto-legge 27 maggio 2005, n. 87[174], che ha prorogato di un anno il precedente termine (31 luglio 2005), di cui all’articolo 1 del decreto legge 23 aprile 2003, n. 89[175], con il quale è stato prorogato di due anni l’originario termine del 31 luglio 2003, stabilito dal decreto legislativo 28 luglio 2000 n. 254.

 

Il comma 3 precisa che l’esercizio dell’attività libero professionale intramuraria in studi professionali, deve uniformarsi ai principi organizzativi stabiliti da ogni singola azienda secondo le modalità stabilite dalle regioni e sulla base dell’atto di indirizzo e coordinamento adottato con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 marzo 2000.

 

Si ricorda che il DPCM del 27 marzo 2000 fissa i criteri direttivi per le specifiche iniziative che i direttori generali devono adottare per il reperimento delle strutture non accreditate e per garantire la progressiva riduzione delle liste di attesa.

Con tale decreto è stato inoltre precisatoche per attività libero–professionale del personale medico e delle altre professioni della dirigenza del ruolo sanitario si intende l’attività che detto personale, individualmente o in équipe, esercita fuori dall’orario di lavoro, in regime ambulatoriale e di ricovero a favore e su libera scelta dell’assistito e con oneri a carico dello stesso o di assicurazioni, o fondi sanitari integrativi. I direttori delle aziende sanitarie devono adottare un apposito atto aziendale per la definizione delle modalità organizzative dell’attività libero-professionale intramuraria.

 

Il comma 4 introduce alcune disposizioni atte a garantire il corretto equilibrio tra attività istituzionale e attività libero professionale intramuraria, anche al fine di ridurre le liste di attesa.

A tal fine sono affidati alle Regioni i controlli sulle modalità di svolgimento dell’attività libero professionale e l’adozione di misure, nei confronti delle aziende risultate inadempienti, dirette ad attivare interventi sostitutivi anche attraverso la nomina di un commissario ad acta. Viene infine precisato che l’attività libero professionale non può superare, sul piano quantitativo nell’arco dell’anno, l’attività istituzionale dell’anno precedente.

 

Al riguardo appare opportuno un coordinamento, formale e sostanziale, delle disposizioni in esame con la disciplina di cui all’articolo 15-quinquies, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992.

La disposizione citata prevede, tra l’altro, che “l'attività libero professionale non può comportare, per ciascun dipendente, un volume di prestazioni superiore a quello assicurato per i compiti istituzionali”. La norma inoltre rinvia alla contrattazione nazionale la definizione di un corretto equilibrio fra attività istituzionale e attività libero professionale “nel rispetto dei seguenti princìpi: l'attività istituzionale è prevalente rispetto a quella libero professionale, che viene esercitata nella salvaguardia delle esigenze del servizio e della prevalenza dei volumi orari di attività necessari per i compiti istituzionali; devono essere comunque rispettati i piani di attività previsti dalla programmazione regionale e aziendale e conseguentemente assicurati i relativi volumi prestazionali e i tempi di attesa concordati con le équipe; l'attività libero professionale è soggetta a verifica da parte di appositi organismi e sono individuate penalizzazioni, consistenti anche nella sospensione del diritto all'attività stessa, in caso di violazione delle disposizioni di cui al presente comma o di quelle contrattuali”.

 

(Per un approfondito esame della disciplina relativa all’esercizio della libera professione medica intramuraria cfr. anche l’indagine conoscitiva svolta nella XIV legislatura dalla XII Commissione Affari sociali ed il documento conclusivo approvato nella seduta del 2 aprile 2003[176]).

 

Si segnala infine che il Presidente del Senato ha autorizzato lo svolgimento di una nuova indagine conoscitiva in materia da parte della Commissione igiene e sanità del Senato.

 

 


Articolo 23
(Parere del Consiglio Universitario Nazionale)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Al fine di evitare aggravi di spesa derivanti dall'espressione di parere da parte del Consiglio Universitario Nazionale (CUN) sulle procedure preordinate al reclutamento di professori universitari ordinari, associati e dei ricercatori, nonché alla loro conferma in ruolo, l'articolo 14, comma 4, del decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 164, è abrogato.

1. Al fine di evitare aggravi di spesa derivanti dall'espressione di parere da parte del Consiglio Universitario Nazionale (CUN) sulle procedure preordinate al reclutamento di professori universitari ordinari, associati e dei ricercatori, nonché alla loro conferma in ruolo, l'articolo 14, comma 4, del decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 164, è abrogato e nell'articolo 2, comma 4, della legge 16 gennaio 2006, n. 18, sono soppresse le parole: «, nonché alla loro conferma in ruolo».

 

 

L'articolo in esame abroga, in primo luogo, il comma 4 dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 164 del 2006, recante Riordino della disciplina del reclutamento dei professori universitari, a norma dell'articolo 1, comma 5, della L. 4 novembre 2005, n. 230; in tal modo viene soppresso il parere del Consiglio universitario nazionale (CUN) sulle procedure di valutazione comparativa per posti di ricercatore universitario bandite fino al 30 settembre 2013, nonché su quelle per posti di professore ordinario e associato bandite secondo la normativa previgente alla legge 4 novembre 2005, n. 230.

La disposizione è adottata, come si evince dalla relazione introduttiva al disegno di legge di conversione, nell'ottica dello snellimento e della semplificazione amministrativa e al fine di evitare aggravi di spesa.

L’articolo inoltre, a seguito dell’emendamento governativo approvato dal Senato e presumibilmente con le stesse finalità, modifica l’articolo 2, comma 4 della legge 16 gennaio 2006, n. 18, recante Riordino del Consiglio universitario nazionale nel senso di sopprimere il parere del CUN anche per le procedure di conferma in ruolo dei professori e dei ricercatori.

 

La legge 4 novembre 2005, n. 230[177] ha modificato lo stato giuridico dei professori e ricercatori universitari ed ha delegato il Governo ad emanare entro sei mesi nuove norme in materia di reclutamento dei docenti universitari[178].

In particolare, è prevista l’introduzione di procedure finalizzate al conseguimento dell’idoneità scientifica nazionale, di durata non superiore a quattro anni - in sostituzione del precedente sistema di reclutamento, previsto dalla legge 3 luglio 1998, n. 210[179] - bandite annualmente con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, per ciascuna fascia (ordinari e associati) e per settori scientifico-disciplinari. Le procedure concorsuali previste della legge n. 210 del 1998 continuano ad applicarsi per la copertura dei posti di ricercatore fino al 30 settembre 2013.

La delega riguarda inoltre le modalità di costituzione e di funzionamento delle commissioni valutatrici nonché la definizione di alcune riserve di posti.

Alla delega si è data attuazione tramite, appunto, il D.Lgs 164/2006 il cui esame da parte della Commissione si è concluso dopo lo scioglimento delle Camere.

 

Il comma 4 dell'articolo 14 del D.Lgs. n. 164 del 2006 applicava alle procedure di valutazione comparativa per posti di ricercatore universitario bandite fino al 30 settembre 2013, nonché a quelle per posti di professore ordinario e associato bandite secondo la normativa previgente alla legge 4 novembre 2005, n. 230, le disposizioni di cui al comma 4 dell'articolo 2 della legge n. 18 del 2006, vale a dire l'espressione da parte del CUN di un parere obbligatorio (non vincolante) di legittimità sugli atti delle commissioni nelle procedure preordinate al reclutamento dei professori ordinari e associati e dei ricercatori, nonché alla loro conferma in ruolo.

 

La seconda parte dell’articolo in esame dispone – tramite la soppressione dell’espressione “nonché alla loro conferma in ruolo” - che il menzionato parere del CUN sia limitato alla sola procedura di reclutamento.

 

Con riferimento alla legge n. 18 del 2006, si ricorda che la medesima ha operato una riforma organica del Consiglio; in particolare, si segnala che all’articolo 2, relativo alle competenze del CUN, sono elencate le competenze consultive che riguardano, tra l'altro:

§       gli obiettivi della programmazione del sistema universitario;

§       la determinazione dei criteri per la utilizzazione della quota di riequilibrio del Fondo per il finanziamento ordinario delle università;

§       i criteri generali per l’ordinamento degli studi universitari ai sensi dell’articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127[180];

§       i regolamenti didattici di ateneo;

§       la definizione dei settori scientifico-disciplinari, cioè dei raggruppamenti degli insegnamenti universitari, sulla base di criteri di omogeneità scientifica e didattica;

§       i decreti ministerialidi cui all’articolo 17, comma 96, della legge 15 maggio 1997, n. 127[181];

§       ogni altra materia che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ritenga di sottoporre al parere del CUN.

 


Articolo 24
(Contenimento spesa per compensi spettanti agli arbitri)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Per qualsivoglia arbitrato, anche se disciplinato da leggi speciali, la misura del compenso spettante agli arbitri, di cui al punto 9 della tabella D allegata al decreto del Ministro della giustizia 8 aprile 2004, n. 127, si applica inderogabilmente a tutti i componenti dei collegi arbitrali rituali, anche se non composti in tutto o in parte da avvocati. La misura del compenso spettante all'arbitro unico di cui al punto 8 della medesima tabella D si applica anche all'arbitro non avvocato.

1. Per qualsivoglia arbitrato, anche se disciplinato da leggi speciali, la misura del compenso spettante agli arbitri, di cui al punto 9 della tabella D allegata al regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 8 aprile 2004, n. 127, si applica inderogabilmente a tutti i componenti dei collegi arbitrali rituali, anche se non composti in tutto o in parte da avvocati. La misura del compenso spettante all'arbitro unico di cui al punto 8 della medesima tabella D si applica anche all'arbitro non avvocato.

 

 

L’articolo 24, composto da un unico comma, detta disposizioni in tema di compensi spettanti agli arbitri.

 

La disciplina dell'arbitrato è contenuta negli artt. 806-840 c.p.c. e in alcune leggi speciali, particolarmente in materia di controversie societarie, lavori pubblici e lavoro.

Per quanto riguarda la disciplina generale, ai sensi dell'art. 806, primo comma, c.p.c., le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte che non abbiano per oggetto diritti indisponibili, salvo espresso divieto di legge. L'art. 809, primo comma, c.p.c. prevede che gli arbitri possano essere uno o più di uno, purché in numero dispari, mentre per il successivo art. 814, primo comma, c.p.c. gli arbitri che non vi hanno rinunciato al momento dell'accettazione o con atto scritto successivo hanno diritto al rimborso delle spese e all'onorario per l'opera prestata.

In particolare, per quanto riguarda gli arbitri che svolgano la professione di avvocato, l'entità degli onorari è stabilita ai punti 8 e 9 della Tabella D allegata al decreto del Ministro della Giustizia 8 aprile 2004, n. 127[182], che prevedono gli onorari minimi e massimi dovuti rispettivamente all'arbitro unico e al componente del collegio arbitrale.

Tale decreto reca la determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati per le prestazioni giudiziali, in materia civile, amministrativa, tributaria, penale e stragiudiziale ed è stato adottato sulla base dell'art. 1 della legge 3 agosto 1949, n. 536[183] (ai sensi del quale i criteri per la determinazione degli onorari e delle indennità dovute agli avvocati in materia penale e stragiudiziale sono stabiliti ogni biennio con deliberazione del Consiglio nazionale forense, approvata dal Ministro della giustizia) e dall'articolo unico della legge 7 novembre 1957, n. 1051[184] (ai sensi del quale i criteri per le determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati per prestazioni giudiziali in materia civile sono stabiliti dal Consiglio nazionale forense con le modalità previste dall'art. 1 della suddetta legge 536/1949).

 

L'articolo in questione, comporta l'applicazione dei compensi previsti ai suddetti punti 8 e 9 della tabella D allegata al regolamento di cui al D.M. 127/2004 anche, rispettivamente, agli arbitri unici e ai componenti di collegi arbitrali rituali che non svolgono la professione di avvocato (e ai quali dunque non si applicavano finora i minimi e soprattutto - lascia intendere la rubrica dell'articolo in esame -i massimi tariffari previsti per tali professionisti). E ciò per qualsivoglia arbitrato, anche se disciplinato da leggi speciali. Tali compensi sono inderogabili (anche se l'articolo in esame utilizza in maniera espressa l'avverbio "inderogabilmente" solo con riferimento al compenso per i componenti dei collegi arbitrali rituali).

 

Nella relazione illustrativa viene evidenziato che la disposizione in esame è finalizzata a razionalizzare il sistema dei compensi per lo svolgimento delle funzioni arbitrali, ancorando tutti i compensi ad un parametro certo e valido per tutti gli arbitri e generalizzando un tetto massimo per gli onorari. Ciò dovrebbe in ultima analisi andare a beneficio delle finanze pubbliche, in considerazione dell'alto numero di arbitrati che vedono coinvolte pubbliche amministrazioni.

Si rileva che l'articolo in questione fa rinvio, ampliandone l'ambito di applicazione, a due punti del D.M. 127/2004 che, prevedendo onorari minimi e massimi per l'attività arbitrale, rientrano in parte nella previsione dell'art. 2 del presente decreto che ha abrogato, tra l’altro, tutte le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono, con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali, la fissazione di tariffe obbligatorie fisse o minime.

Inoltre il ricorso a una fonte primaria, quale è il decreto-legge, per estendere l'ambito di applicazione di un decreto ministeriale andrebbe considerato alla luce delle Regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica del testi legislativi (di cui alla circolare del Presidente della Camera del 20 aprile 2001).

 


Articolo 25
(Misure di contenimento con responsabilizzazione amministrazioni)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Negli stati di previsione della spesa delle Amministrazioni centrali, approvati con la legge 23 dicembre 2005, n. 267, sono accantonate e rese indisponibili alla gestione le quote di stanziamento delle unità previsionali di base indicate nell'elenco 1 allegato al presente decreto. Nello stesso elenco sono indicate le riduzioni da apportare alle previsioni di bilancio a legislazione vigente per il triennio 2007-2009.

1. Identico.

2. Gli accantonamenti effettuati, ai sensi del comma 1, nell'ambito delle scritture contabili registrate nel Sistema informativo della Ragioneria generale dello Stato sono versati all'entrata del bilancio dello Stato entro il 30 novembre 2006.

2. Identico.

3. Nel corso della gestione 2006, e fino alla data prevista per il versamento di cui al comma 2, per effettive, motivate e documentate esigenze gestionali, il Ministro competente, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, con propri decreti, da comunicare alle competenti Commissioni parlamentari, alla Corte dei conti, ed al coesistente Ufficio centrale di bilancio, può modificare gli accantonamenti di cui al comma 2, fermo restando il mantenimento dell'ef­fetto complessivo sul fabbisogno e sull'indebitamento netto.

3. Nel corso della gestione 2006, e fino alla data prevista per il versamento di cui al comma 2, per effettive, motivate e documentate esigenze gestionali, il Ministro competente, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, con propri decreti, da comunicare alle competenti Commissioni parlamentari, alla Corte dei conti, ed al rispettivo Ufficio centrale di bilancio, può modificare gli accantonamenti di cui al comma 2, fermo restando il mantenimento dell'ef­fetto complessivo sul fabbisogno e sull'indebitamento netto.

4. Su richiesta delle Amministrazioni può essere effettuata una diversa distribuzione delle riduzioni relative al triennio 2007 - 2009, indicate nell'elenco di cui al comma 1, in sede di manovra finanziaria per il triennio medesimo.

4. Su richiesta delle Amministrazioni può essere effettuata una diversa distribuzione delle riduzioni relative al triennio 2007 - 2009, indicate nell'elenco di cui al comma 1, in sede di legge finanziaria per il triennio medesimo.

 

 

L'articolo 25, comma 1, prevede che negli stati di previsione della spesa dei Ministeri, come approvati con legge di bilancio 2006[185], è accantonata e resa indisponibile una parte degli stanziamenti relativi alle unità previsionali di base indicate nell'Elenco 1 allegato al decreto-legge, nella misura ivi indicata.

Nello stesso elenco sono indicate le riduzioni da apportare alle previsioni di bilancio a legislazione vigente per il triennio 2007 – 2009.

Gli importi dell’elenco 1 del testo originario del decreto-legge sono stati aumentati nel corso dell’esame presso il Senato, di un importo pari allo 0,5 per cento per il 2006 e allo 0,4 per cento per il triennio successivo. I conseguenti maggiori risparmi sono stati destinati alla copertura dei maggiori oneri derivanti dal comma 3-bis dell’articolo 20, in materia di provvidenze per l’editoria (cfr. la relativa scheda di lettura). Oltre a questa ridu7zione di carattere generale, al Senato sono inoltre state apportate ulteriori specifiche modificazioni.

Il comma 2 stabilisce che le somme relative al 2006 siano versate all'entrata del bilancio dello Stato entro il 30 novembre 2006.

 

Le riduzioni si riferiscono in buona parte Ministero della difesa: per il 2006 gli accantonamenti disposti sulle UPB di tale ministero sono pari al 65,6 per cento del totale per il 2006; per il triennio successivo le riduzioni relative al Ministero della difesa costituiscono il 52 per cento del totale di ciascun anno.

Secondo quanto specificato dalla relazione illustrativa, l’elenco 1 comporta riduzioni relative agli stanziamenti di spesa per consumi intermedi (cat. 2) aventi carattere discrezionale, ad esclusione delle spese per Uffici di Gabinetto, nonché i risparmi riguardanti le medesime spese per il comparto della sicurezza e del soccorso, escluse da precedenti interventi (cfr. box al termine della scheda).

Inoltre, i risparmi riguardano altresì le spese regolate direttamente da leggi relative solo a talune categorie di spesa: consumi intermedi (cat. 2) e altre uscite (cat.12) per la parte corrente; nonché, investimenti fissi lordi (cat. 21) e altri trasferimenti (cat. 26) per il conto capitale.

Nello stesso elenco è considerata per l’importo di 50.000.000 di euro la u.p.b 6.2.3.1 – Edilizia di servizio dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 3 prevede che, nel corso della gestione 2006 e fino al 30 novembre dell’anno in corso, in relazione a motivate e documentate esigenze gestionali, il Ministro competente, d’intesa con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, con proprio decreto, può modificare gli accantonamenti, fermo restando il mantenimento dell’effetto complessivo sul fabbisogno e sull’indebitamento netto. I decreti di modifica sono comunicati alle competenti Commissioni parlamentari, alla Corte dei Conti e al rispettivo Ufficio Centrale del Bilancio.

Il comma 4 stabilisce che, su richiesta delle Amministrazioni, le riduzioni previste per il triennio 2007-2009 possono essere rimodulate in sede di legge finanziaria per il medesimo triennio.

Gli effetti finanziari derivanti dall’articolo in esame, esposti nella relazione tecnica per ciascuno dei tre saldi di riferimento, sono pari a:

 

 

2006

2007

2008

2009

Saldo netto da finanziare

683,5

793

793

793

Fabbisogno

448

743

773

783

Indebitamento netto

653

773

783

793

La relazione tecnica rileva come l’effetto su i tre saldi sia diverso in ragione delle diverse tipologie di spese oggetto della riduzione (consumi intermedi, investimenti fissi e altre spese in conto capitale) per le quali varia il criterio di registrazione sul conto della P. A: per i consumi intermedi vale la competenza per gli investimenti fissi e le altre spese in conto capitale vale il criterio della cassa. L’esigua riduzione della spesa per investimenti giustifica il minor impatto sull’indebitamento netto, mentre il fabbisogno registra solo gli effetti di cassa.

 

Si segnala che alcune UPB ridotte dall’articolo in esame sono oggetto di variazioni in aumento da parte del disegno di legge di assestamento, attualmente in corso di esame presso la Camera (AC 1254) (cfr tabella al termine della scheda di lettura).

Appare al riguardo opportuno un chiarimento da parte del Governo in ordine alle ragioni che hanno indotto ad intervenire sulle medesime upb in aumento in sede di assestamento e in riduzione nell’ambito del provvedimento in esame.

 

 

Le riduzioni agli stanziamenti di bilancio disposte dalla legge finanziaria 2006

Si ricorda che già nella legge finanziaria 2006 sono stati apportati tagli a stanziamenti relativi a consumi intermedi e investimenti fissi lordi di carattere discrezionale, a decorrere dal 2006: i commi 6 e 13 dell’art. 1 della sopra citata legge finanziaria prevedono che, a decorrere dal 2006, le dotazioni delle unità previsionali di base degli stati di previsione dei Ministeri concernenti, rispettivamente, le spese per consumi intermedi e per investimenti fissi lordi siano rideterminate secondo gli importi indicati negli elenchi 1 e 2, allegati alla legge.

Il comma 6 comporta una riduzione degli stanziamenti di bilancio relativi a consumi intermedi pari al 15,6% rispetto al totale dei consumi intermedi e al 25,7% rispetto agli stanziamenti discrezionali per consumi intermedi.

L’effetto complessivo di risparmio sul bilancio è stato stimato in oltre 1.445 milioni di euro per ciascun anno del triennio. Analogo miglioramento si registra, secondo le stime del Governo, in termini di fabbisogno di cassa e di indebitamento netto (1.445 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008).

Il comma 13 comporta una riduzione degli stanziamenti di bilancio relativi a investimenti fissi lordi pari al 21,3% rispetto al totale degli investimenti fissi lordi e al 33,2% rispetto agli stanziamenti discrezionali per investimenti fissi lordi.

In termini di saldo netto da finanziare, l’effetto complessivo di risparmio derivante dal comma 13 è stato valutato in 1.136 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008. Lo stesso comma determina, inoltre, secondo le stime del Governo, un miglioramento del fabbisogno di cassa e dell’indebitamento netto pari a 360 milioni di euro per il 2006, a 750 milioni di euro per il 2007 e a 1.100 milioni di euro per il 2008 [186].

Entrambe le norme escludono il comparto della sicurezza pubblica e del soccorso [187].

Il comma 20 dell’articolo unico della legge finanziaria 2006 ha altresì disposto la riduzione del 10 per cento delle autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge (con esclusione delle autorizzazioni di spesa aventi natura obbligatoria, delle spese in annualità ed a pagamento differito, degli stanziamenti indicati nelle Tabelle C ed F, dei fondi per i trasferimenti correnti alle imprese e dei fondi per gli investimenti). In ciascuno stato di previsione della spesa sono altresì istituiti un fondo di parte corrente e uno di conto capitale da ripartire nel corso della gestione per provvedere ad eventuali sopravvenute maggiori esigenze di spese oggetto della riduzione, la cui dotazione iniziale è costituita dal 10 per cento dei rispettivi stanziamenti come risultanti dall'applicazione del comma 20 medesimo.

 

 


Si inserisce, di seguito, una Tavola di raffronto tra le UPB oggetto degli accantonamenti previsti dall’art. 25, comma 1, del D.L. n. 223 del 2006 (elenco 1), come emendato nel corso dell’esame al Senato, le previsioni di bilancio 2006 per le medesime u.p.b e le variazioni di tali u.p.b previste dal d.d.l. di assestamento (A.C. 1254)[188].

 


 

 

BILANCIO 2006

ACCANTONAMENTI e RIDUZIONI EX ART. 25, CO. 1 – ELENCO 1

Variazioni proposte dal ddl di assestamento

2006

2006

2007

2008

2009

 

 

 

 

 

 

 

 

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

 

109.564.625

183.149.486

182.276.490

151.764.158

 

 

 

 

 

 

 

 

GABINETTO E UFFICI DI DIRETTA COLLABORAZIONE ALL’OPERA DEL MINISTRO

 

1.953.428

7.408.979

7.288.900

7.288.900

 

1.1.5.2

Fondo di riserva consumi intermedi

18.841.466

1.953.428

7.408.979

7.288.900

7.288.900

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AMMINISTRAZIONE GENERALE DEL PERSONALE E DEI SERVIZI

 

15.242.862

16.603.520

16.654.614

16.654.614

 

2.1.1.0

Funzionamento

351.279.946

4.692.487

6.164.523

6.183.426

6.183.426

 

2.1.5.2

Servizi del Poligrafico dello Stato

27.131.485

10.550.375

10.438.997

10.471.189

10.471.189

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TESORO

 

23.229.766

37.334.587

37.552.435

35.525.028

 

3.1.1.0

Funzionamento

138.595.187

1.333.137

1.507.855

1.512.491

1.512.491

 

3.1.5.6

Altri servizi di tesoreria

52.617.731

383.717

373.998

375.151

375.151

 

3.1.5.17

Servizi del Poligrafico dello Stato

87.153.263

21.511.633

33.532.728

33.636.135

33.636.135

 

3.1.7.5

Oneri accessori

640.612.378

1.279

1.247

1.250

1.250

 

3.2.3.5

Informatica di servizio

5.323.889

0

13.338

0

0

 

3.2.3.55

Promozione e tutela del Made in Italy

8.100.000

0

1.905.421

2.027.407

0

 

 

 

 

 

 

 

 

 

RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO

 

6.340.505

37.784.550

36.392.126

1.231.988

 

4.1.1.0

Funzionamento

266.266.678

648.347

991.456

994.462

994.462

 

4.1.5.7

Altri servizi di tesoreria

615.446

162.687

236.796

237.526

237.526

 

4.1.5.15

Interventi strutturali di politica economica

4.248.077

0

3.398.848

300.056

0

 

4.1.5.17

Fondo per le autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge

3.884.154

1.093.001

1.185.018

842.337

0

 

4.2.3.29

Fondo progetti di ricerca

93.150.000

0

19.054.213

20.274.073

0

 

4.2.3.30

Monitoraggio spesa sanitaria

40.500.000

0

9.527.107

10.137.037

0

 

4.2.10.4

Fondo per le autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge

15.765.710

4.436.471

3.391.111

3.606.635

0

 

 

 

 

 

 

 

 

 

POLITICHE DI SVILUPPO E DI COESIONE

 

967.905

4.707.955

4.963.756

10.299.708

 

5.1.1.0

Funzionamento

34.907.865

967.905

771.683

775.482

775.482

 

5.1.2.2

Programmazione, valutazione e monitoraggio investimenti pubblici

16.733.204

0

3.936.272

4.188.274

9.524.225

 

 

 

 

 

 

 

 

 

POLITICHE FISCALI

 

54.221.775

54.439.873

54.520.344

53.391.727

 

6.1.1.1

Spese generali di funzionamento

961.905.458

3.971.775

3.267.240

3.285.443

3.143.525

 

6.1.2.13

Scuola superiore dell’economa e delle finanze

18.848.000

0

952.711

1.013.704

0

 

6.2.3.1

Edilizia di servizio

74.454.625

50.250.000

50.219.922

50.221.197

50.248.203

 

 

 

 

 

 

 

 

 

GUARDIA DI FINANZA

 

7.426.132

22.682.574

22.599.184

22.599.184

 

7.1.1.1

Spese generali di funzionamento

3.141.844.367

3.509.823

12.496.845

12.499.384

12.499.384

 

7.1.1.2

Reclutamento, formazione e addestramento

11.021.994

541.542

1.781.427

1.781.789

1.781.789

 

7.1.1.3

Mezzi operativi a strumentali

43.053.637

2.624.028

6.999.530

6.912.954

6.912.954

 

7.1.1.4

Potenziamento

8.640.655

750.740

1.404.772

1.405.057

1.405.057

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

 

159.102

344.360

345.422

345.422

 

9.1.1.0

Funzionamento

111.166.045

159.102

344.360

345.422

345.422

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SERVIZIO PER LA GESTIONE DELLE SPESE RESIDUALI

 

23.149

1.843.088

1.959.709

4.427.586

 

12.1.1.1

Commissariati di governo

194.321

23.149

22.563

22.632

22.632

 

12.1.2.14

Minoranze linguistiche

7.739.107

0

1.820.526

1.937.007

4.404.954

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MINISTERO DELLE ATTIVITA’ PRODUTTIVE

 

2.405.456

5.069.101

5.332.673

9.763.117

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MERCATO

 

523.233

679.657

701.228

1.068.989

 

2.1.1.0

Funzionamento

17.278.685

433.853

346.076

357.937

598.054

2.466

2.1.5.4

Fondo di riserva consumi intermedi

496.679

3.358

191.100

191.689

191.689

 

2.1.5.5

Fondo per le autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge

605.692

86.022

142.481

151.603

279.246

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IMPRESE

 

1.320.493

1.100.631

1.139.662

1.665.806

 

3.1.1.0

Funzionamento

45.243.130

941.404

632.738

664.330

1.102.314

 

3.1.2.1

Camere di commercio, industria e artigianato

624.913

0

98.407

104.707

192.866

 

3.1.2.7

Cooperative e loro consorzi

960.316

379.089

369.487

370.626

370.626

 

 

 

 

 

 

 

 

 

RETI ENERGETICHE

 

166.317

37.299

37.413

37.413

 

4.1.1.0

Funzionamento

11.039.781

166.317

37.299

37.413

37.413

 

 

 

 

 

 

 

 

INTERNAZIONALIZZAZIONE

 

395.413

3.251.514

3.454.369

6.990.909

 

5.1.1.0

Funzionamento

13.306.218

66.175

75.812

75.357

75.357

 

5.2.3.5

Promozione e tutela del Made in Italy

10.530.000

0

2.858.132

3.041.111

6.915.552

 

5.2.3.8

Fondo per le autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge

1.170.000

329.238

317.570

337.901

0

0

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

 

1.600.082

3.634.502

3.746.818

4.646.910

 

 

 

 

 

 

 

 

GABINETTO E UFFICI DI DIRETTA COLLABORAZIONE ALL’OPERA DEL MINISTRO

 

294.107

469.289

480.846

629.492

 

1.1.5.2

Fondo di riserva consumi intermedi

788.458

156.808

303.364

304.299

304.299

 

1.1.5.3

Fondo per le autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge

795.352

137.299

165.925

176.548

325.193

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SEGRETARIATO GENERALE

 

11.197

6.654

6.675

6.675

 

2.1.1.0

Funzionamento

2.028.391

11.197

6.654

6.675

6.675

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AMMORTIZZATORI SOCIALI E INCENTIVI ALL’OCCUPAZIONE

 

10.796

12.933

12.973

12.973

 

3.1.1.0

Funzionamento

2.402.967

10.796

12.933

12.973

12.973

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ATTIVITA’ ISPETTIVA

 

52.582

35.503

35.613

35.613

 

4.1.1.0

Funzionamento

2.016.336

52.582

35.503

35.613

35.613

 

 

 

 

 

 

 

 

 

COMUNICAZIONE

 

5.912

6.483

6.504

6.504

 

5.1.1.0

Funzionamento

1.421.847

5.912

6.483

6.504

6.504

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FAMIGLIA, DIRITTI SOCIALI E RESPONSASILITÀ SOCIALE DELLE IMPRESE

 

14.173

14.719

14.765

14.765

 

6.1.1.0

Funzionamento

1.465.490

14.173

14.719

14.765

14.765

210.000

 

 

 

 

 

 

 

 

GESTIONE DEL FONDO NAZIONALE PER LE POLITICHE SOCIALI E IL MONITORAGGIO DELLA SPESA SOCIALE

 

35.932

583.344

618.015

1.349.308

 

7.1.1.0

Funzionamento

2.370.291

35.932

91.310

94.481

158.779

 

7.1.2.4

Organismi non lucrativi di attività sociali

2.091.651

0

492.034

523.534

1.190.528

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IMMIGRAZIONE

 

13.433

14.365

14.409

14.409

 

8.1.1.0

Funzionamento

1.560.692

13.433

14.365

14.409

14.409

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MERCATO DEL LAVORO

 

96.841

95.804

96.099

96.099

 

9.1.1.0

Funzionamento

4.709.461

92.846

91.910

92.193

92.193

 

9.1.2.2

Occupazione

30.997.535

3.995

3.894

3.906

3.906

 

 

 

 

 

 

 

 

 

POLITICHE PER L’ORIENTAMENTO E LA FORMAZIONE

 

19.006

19.279

19.338

19.338

 

10.1.1.0

Funzionamento

3.506.194

19.006

19.279

19.338

19.338

 

 

 

 

 

 

 

 

 

POLITICHE PREVIDENZIALI

 

19.983

169.655

179.173

379.271

 

11.1.1.0

Funzionamento

6.085.957

19.983

169.655

179.173

379.271

167.781

 

 

 

 

 

 

 

 

INNOVAZIONE TECNOLOGICA

 

10.957

13.977

14.019

14.019

 

12.1.1.0

Funzionamento

4.775.974

10.957

13.977

14.019

14.019

 

 

 

 

 

 

 

 

 

RISORSE UMANE E AFFARI GENERALI

 

991.824

1.357.277

1.361.462

1.361.462

 

13.1.1.0

Funzionamento

284.248.522

991.824

1.357.277

1.361.462

1.361.462

381.263

 

 

 

 

 

 

 

 

TUTELA DELLE CONDIZIONI DI LAVORO

 

16.256

579.656

615.493

213.830

 

14.1.1.0

Funzionamento

7.126.046

16.256

481.249

510.786

20.964

 

14.1.2.1

Pari opportunità

418.330

0

98.407

104.707

192.866

 

 

 

 

 

 

 

 

 

VOLONTARIATO, ASSOCIAZIONISMO E FORMAZIONI SOCIALI

 

7.083

255.563

271.433

493.152

 

15.1.1.0

Funzionamento

2.124.364

7.083

243.262

258.344

469.044

 

15.1.2.1

Protezione e assistenza sociale

52.291

0

12.301

13.088

24.108

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

 

7.952.804

21.202.065

21.407.394

24.042.589

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AFFARI DI GIUSTIZIA

 

140.012

201.443

202.063

202.063

 

2.1.1.0

Funzionamento

22.795.624

140.012

201.443

202.063

202.063

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA, DEL PERSONALE E DEI SERVIZI

 

4.390.435

12.675.029

12.879.491

15.514.686

 

3.1.1.0

Funzionamento

3.046.288.402

4.038.558

10.754.494

10.935.110

13.306.786

30.104.981

3.1.5.4

Fondo di riserva consumi intermedi

4.227.056

0

1.626.382

1.631.396

1.631.396

 

3.1.5.5

Fondo per le autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge

1.250.451

351.877

294.153

312.984

576.504

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA

 

3.270.399

8.120.752

8.122.402

8.122.402

 

4.1.1.0

Funzionamento

2.338.641.158

3.219.316

8.019.185

8.020.814

8.020.814

4.821.505

4.1.2.1

Mantenimento, assistenza, rieducazione e trasporto detenuti

385.700.297

51.084

101.567

101.588

101.588

 

 

 

 

 

 

 

 

 

GIUST1ZIA MINORILE

 

151.958

204.842

203.438

203.438

 

5.1.1.0

Funzionamento

132.219.406

151.958

204.842

203.438

203.438

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

 

1.022.056

2.317.875

2.504.756

2.590.472

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SEGRETERIA GENERALE

 

434

3.717

3.657

3.657

 

2.1.1.0

Funzionamento

11.658.070

434

3.717

3.657

3.657

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CERIMONIALE DIPLOMATICO DELLA REPUBBLICA

 

0

2.021

1.988

1.988

 

3.1.1.0

Funzionamento

5.184.198

0

2.021

1.988

1.988

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ISPETTORATO GENERALE DEL MINISTERO E DEGLI UFFICI ALL’ESTERO

 

30.165

38.072

37.455

37.455

 

4.1.1.0

Funzionamento

2.791.855

30.165

38.072

37.455

37.455

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PERSONALE

 

54.758

67.876

66.775

66.775

 

5.1.1.1

Uffici centrali

22.868.238

54.758

67.876

66.775

66.775

200.000

 

 

 

 

 

 

 

 

AFFARI AMMINISTRATIVI, BILANCIO E PATRIMONIO

 

383.701

805.063

792.388

798.252

 

6.1.1.1

Uffici centrali

176.884.593

74.962

44.026

43.160

43.160

2.000.000

6.1.1.2

Uffici all’estero

553.492.936

299.791

754.492

742.264

742.264

6.621.945

6.1.5.6

Fondo per le autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge

40.923

8.948

6.545

6.964

12.828

 

STAMPA E INFORMAZIONE

 

610

164.738

162.068

162.068

 

7.1.1.0

Funzionamento

2.974.439

610

164.738

162.068

162.068

50.000

 

 

 

 

 

 

 

 

INFORMATICA, COMUNICAZIONI E CIFRA

 

183.433

602.437

592.673

592.673

 

8.1.1.1

Uffici centrali

14.002.893

137.171

220.657

217.081

217.081

1.400.000

8.1.1.2

Uffici all’estero

1.012.112

46.262

381.780

375.592

375.592

500.000

 

 

 

 

 

 

 

 

PROMOZIONE E COOPERAZIONE CULTURALE

 

294.414

482.880

683.586

683.586

 

10.1.1.1

Uffici centrali

10.948.959

79.618

11.368

11.184

11.184

 

10.1.1.2

Istituzioni scolastiche e culturali all’estero

87.487.914

87.263

116.180

181.452

181.452

 

10.1.2.1

Promozione e relazioni culturali

37.420.252

127.533

355.332

490.950

490.950

1.000.000

 

 

 

 

 

 

 

 

ITALIANI ALL’ESTERO E POLITICHE MIGRATORIE

 

15.792

58.923

61.423

119.798

 

11.1.1.0

Funzionamento

9.210.475

15.792

15.860

15.603

15.603

 

11.1.2.3

Contributi ad enti ed altri organismi

12.660.160

0

43.063

45.819

104.194

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AFFARI POLITICI MULTILATERALI E DIRITTI UMANI

 

7.068

28.374

29.095

50.572

 

12.1.1.0

Funzionamento

4.477.253

7.068

28.374

29.095

50.572

 

 

 

 

 

 

 

 

 

COOPERAZIONE ECONOMICA E FINANZIARIA MULTILATERALE

 

10.603

10.127

9.932

9.932

 

13.1.1.0

Funzionamento

6.894.309

10.603

10.127

9.932

9.932

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ISTITUTO DIPLOMATICO

 

8.245

12.776

12.569

12.569

 

14.1.1.0

Funzionamento

2.061.497

8.245

12.776

12.569

12.569

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PAESI DELL’EUROPA

 

5.665

10.058

10.682

10.682

 

15.1.1.0

Funzionamento

4.818.423

5.665

10.058

10.682

10.682

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PAESI DELLE AMERICHE

 

4.694

6.513

15.452

15.452

 

16.1.1.0

Funzionamento

2.400.154

4.694

6.513

15.452

15.452

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PAESI DEL MEDITERRANEO E DEL MEDIO ORIENTE

 

6.229

6.238

7.247

7.247

 

17.1.1.0

Funzionamento

4.182.538

6.229

6.238

7.247

7.247

 

PAESI DELL’AFRICA SUB SAHARIANA

 

9.079

10.616

10.443

10.443

 

18.1.1.0

Funzionamento

2.336.407

9.079

10.616

10.443

10.443

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PAESI DELL’ASIA, DELL’OCEANIA, DEL PACIFICO E L’ANTARTIDE

 

3.822

3.723

3.662

3.662

 

19.1.1.0

Funzionamento

3.562.073

3.822

3.723

3.662

3.662

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTEGRAZIONE EUROPEA

 

3.344

3.723

3.662

3.662

 

20.1.1.0

Funzionamento

4.067.748

3.344

3.723

3.662

3.662

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

 

16.637.484

19.719.382

19.784.439

19.868.229

 

 

 

 

 

 

 

 

PROGRAMMAZIONE MINISTERIALE, GESTIONE MINISTERIALE DEL BILANCIO, DELLE RISORSE UMANE E DELL’INFORMAZIONE

 

4.367.943

6.383.741

6.405.463

6.423.287

 

2.1.1.1

Uffici centrali

45.886.256

1.224.436

1.947.169

1.954.751

1.980.581

 

2.1.5.6

Fondi da ripartire per l’operatività scolastica

159.078.673

360.762

351.624

352.708

352.708

 

2.1.5.7

Fondo di riserva consumi intermedi

10.597.432

2.771.710

4.077.424

4.089.998

4.089.998

 

2.1.5.8

Fondo per le autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge

39.213

11.034

7.524

8.006

0

 

ISTRUZIONE

 

2.494.547

3.227.668

3.238.742

3.265.422

 

3.1.1.1

Uffici centrali

78.792.740

2.487.496

3.201.115

3.210.908

3.210.908

 

3.1.2.2

Edilizia scolastica

83.666

0

19.681

20.941

47.621

 

3.1.2.5

Interventi diversi

2.870.777

7.051

6.872

6.893

6.893

1.029.000

 

 

 

 

 

 

 

 

UNIVERSITA’, ALTA FORMAZIONE ARTISTICA, MUSICALE E COREUTICA E RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA

 

128.917

151.191

152.193

178.873

 

4.1.1.1

Uffici centrali

27.526.010

79.919

102.392

103.779

130.458

 

4.1.1.2

Accademie ed Istituti superiori musicali, coreutici e per le industrie artistiche

349.295.620

48.997

48.799

48.415

48.415

141.000

 

 

 

 

 

 

 

 

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA LOMBARDIA

 

959.887

1.298.947

1.302.952

1.302.952

 

7.1.1.1

Uffici regionali

23.586.736

499.696

511.574

513.151

513.151

545.384

7.1.1.2

Struttura scolastiche

5.067.354.455

460.191

787.374

789.801

789.801

170.688.212

 

 

 

 

 

 

 

 

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL PIEMONTE

 

670.481

683.458

685.564

685.564

 

8.1.1.1

Uffici regionali

14.756.115

258.910

282.312

283.182

283.182

322.435

8.1.1.2

Strutture scolastiche

2.467.966.219

411.571

401.146

402.383

402.383

130.690.203

 

 

 

 

 

 

 

 

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA LIGURIA

 

258.511

255.630

256.418

256.418

 

9.1.1.1

Uffici regionali

7.441.349

110.989

111.844

112.189

112.189

164.263

9.1.1.2

Strutture scolastiche

828.677.550

147.522

143.786

144.229

144.229

37.600.892

 

 

 

 

 

 

 

 

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL VENETO

 

661.565

655.258

657.278

657.278

 

10.1.1.1

Uffici regionali

12.245.404

215.712

220.698

221.379

221.379

307.107

10.1.1.2

Strutture scolastiche

2.613.480.591

445.853

434.559

435.899

435.899

147.333.872

 

 

 

 

 

 

 

 

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER L’EMILIA ROMAGNA

 

544.826

551.402

553.102

553.102

 

11.1.1.1

Uffici regionali

13.328.320

189.592

205.166

205.798

205.798

314.115

11.1.1.2

Strutture scolastiche

2.081.388.266

355.234

346.236

347.304

347.304

133.537.020

 

 

 

 

 

 

 

 

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL FRIULI-VENEZIA-GIULIA

 

193.849

202.870

204.062

216.668

 

12.1.1.1

Uffici regionali

5.662.970

75.868

87.878

88.715

101.321

123.415

12.1.1.2

Strutture scolastiche

 

715.192.296

117.981

114.992

115.346

115.346

36.946.278

 

 

 

 

 

 

 

 

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA TOSCANA

 

572.504

564.303

566.042

566.042

 

13.1.1.1

Uffici regionali

13.993.385

221.536

222.224

222.909

222.909

314.222

13.1.1.2

Strutture scolastiche

2.052.860.990

350.968

342.078

343.133

343.133

96.150.770

 

 

 

 

 

 

 

 

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER L’UMBRIA

 

157.281

156.500

156.982

156.982

 

14.1.1.1

Uffici regionali

4.782.562

59.343

61.042

61.230

61.230

106.146

14.1.1.3

Strutture scolastiche

560.819.583

97.938

95.458

95.752

95.752

26.966.354

 

 

 

 

 

 

 

 

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL LAZIO

 

853.709

864.665

867.330

867.330

 

15.1.1.1

Uffici regionali

19.410.484

293.646

309.405

310.358

310.358

440.943

15.1.1.2

Strutture scolastiche

3.417.936.710

560.063

555.261

556.972

556.972

191.860.903

 

 

 

 

 

 

 

 

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LE MARCHE

 

275.339

272.903

273.743

273.743

 

16.1.1.1.

Uffici regionali

6.781.196

98.977

101.008

101.319

101.319

152.182

16.1.1.2

Strutture scolastiche

1.000.312.831

176.362

171.895

172.424

172.424

42.601.286

 

 

 

 

 

 

 

 

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL MOLISE

 

122.767

122.388

122.765

122.765

 

17.1.1.1

Uffici regionali

4.087.710

77.640

78.404

78.645

78.645

85.822

17.1.1.2

Strutture scolastiche

279.415.233

45.128

43.984

44.120

44.120

- 8.703.157

 

 

 

 

 

 

 

 

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER L’ABRUZZO

 

291.164

290.344

291.240

291.240

 

18.1.1.1

Uffici regionali

8.332.275

126.961

130.301

130.703

130.703

182.044

18.1.1.2

Strutture scolastiche

947.621.960

164.202

160.043

160.536

160.536

2.608.263

 

 

 

 

 

 

 

 

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA PUGLIA

 

885.938

873.644

876.336

876.336

 

19.1.1.1

Uffici regionali

19.648.100

342.598

344.066

345.127

345.127

439.967

19.1.1.2

Strutture scolastiche

3.201.342.127

543.340

529.577

531.210

531.210

41.154.622

 

 

 

 

 

 

 

 

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA CAMPANIA

 

1.177.589

1.152.079

1.155.632

1.155.632

 

20.1.1.1

Uffici regionali

34.808.712

485.848

477.860

479.334

479.334

623.955

20.1.1.2

Strutture scolastiche

4.990.302.856

691.741

674.219

676.298

676.298

113.493.903

 

 

 

 

 

 

 

 

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA BASILICATA

 

159.565

159.201

159.692

159.692

 

21.1.1.1

Uffici regionali

4.396.045

57.718

59.934

60.119

60.119

 

21.1.1.2

Strutture scolastiche

560.036.562

101.847

99.267

99.573

99.573

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA CALABRIA

 

557.407

558.152

559.873

559.873

 

22.1.1.1

Uffici regionali

14.219.599

211.224

220.642

221.322

221.322

325.806

22.1.1.2

Strutture scolastiche

1.939.758.273

346.183

337.510

338.550

338.550

66.785.965

 

 

 

 

 

 

 

 

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA SARDEGNA

 

352.584

353.130

354.218

354.218

 

23.1.1.1

Uffici regionali

9.709.078

123.955

130.293

130.694

130.694

219.403

23.1.1.2

Strutture scolastiche

1.309.702.605

228.629

222.837

223.524

223.524

12.216.168

 

 

 

 

 

 

 

 

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA SICILIA

 

951.112

941.909

944.813

944.813

 

24.1.1.1

Uffici regionali

27.671.453

222.430

231.684

232.398

232.398

589.670

24.1.1.2

Strutture scolastiche

4.102.065.812

728.682

710.225

712.415

712.415

147.984.309

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MINISTERO DELL’INTERNO

 

65.446.488

92.556.647

92.895.282

104.884.886

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AFFARI INTERNI E TERRITORIALI

 

2.135.676

11.979.958

11.795.953

11.795.953

 

2.1.1.0

Funzionamento

868.646.225

781.180

11.950.049

11.765.952

11.765.952

 

2.1.2.5

Progetti finalizzati

0

1.254

0

0

0

 

2.1.2.7

Spese elettorali

84.866

32.881

29.909

30.001

30.001

 

2.1.5.6

Fondo per le autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge

4.692.116

1.320.361

0

0

0

 

 

 

 

 

 

 

 

VIGILI DEL FUOCO SOCCORSO PUBBLICO E DIFESA CIVILE

 

5.444.999

15.603.619

15.416.208

15.416.208

 

3.1.1.1

Spese generali di funzionamento

1.489.749.265

1.341.979

6.685.945

6.687.303

6.687.303

25.046.899

3.1.1.2

Formazione e addestramento

4.134.000

539.581

672.093

672.230

672.230

4.769

3.1.1.3

Mezzi operativi e strumentali

49.546.000

3.563.440

8.055.039

8.056.676

8.056.676

 

3.2.3.4

Mezzi operativi e strumentali

64.321.000

0

190.542

0

0

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LIBERTA’ CIVILI E IMMIGRAZIONE

 

35.715

43.801

43.936

43.936

 

4.1.1.0

Funzionamento

26.126.731

35.715

43.801

43.936

43.936

2.145.485

 

 

 

 

 

 

 

 

PUBBLICA SICUREZZA

 

37.547.384

54.997.340

55.093.936

56.370.554

 

5.1.1.1

Spese generali di funzionamento

6.455.243.744

15.495.544

23.283.968

23.367.737

24.355.106

53.107.819

5.1.1.2

Formazione e addestramento

8.467.000

511.367

1.376.539

1.376.819

1.376.819

 

5.1.1.3

Mezzi operativi e strumentali

198.734.750

18.917.230

29.089.055

29.101.348

29.390.597

 

5.1.1.4

Potenziamento

9.451.000

1.033.424

1.247.778

1.248.032

1.248.032

 

5.1.1.5

Accordi ed organismi internazionali

0

1.589.818

0

0

0

 

 

 

 

 

 

 

 

 

POLITICHE DEL PERSONALE DELL’AMMINISTRAZIONE CIVILE E DELLE RISORSE STRUMENTALI E FINANZIARIE

 

20.282.713

9.931.929

10.545.249

21.258.234

 

6.1.1.0

Funzionamento

0

10.909.243

0

0

0

 

6.1.5.2

Funzionamento servizi delle amministrazioni

0

0

8.785.826

9.348.299

21.258.234

 

6.1.5.3

Fondo per le autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge

0

0

1.124.932

1.196.950

0

 

6.1.5.4

Fondo di riserva consumi intermedi

0

9.170.862

0

0

0

 

6.2.3.4

Fondo per le autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge

0

202.608

21.171

0

0

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO

 

720.228

3.948.028

4.180.675

7.437.281

 

 

 

 

 

 

 

 

GABINETTO E UFFICI DI DIRETTA COLLABORAZIONE ALL’OPERA DEL MINISTRO

 

428.929

868.656

924.465

1.702.826

 

1.1.1.0

Funzionamento

12.286.942

0

510.081

542.737

999.698

41.000

1.1.5.3

Fondo per le autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge

1.524.268

428.929

358.575

381.728

703.127

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PROTEZIONE DELLA NATURA

 

77.305

637.327

673.773

1.221.401

 

2.1.1.0

Funzionamento

10.922.085

68.845

353.541

372.322

673.106

 

2.1.2.1

Parchi nazionali e aree protette

10.716

4.230

4.123

4.136

4.136

 

2.1.2.4

Difesa del mare

8.926.073

4.230

279.662

297.315

544.159

 

 

 

 

 

 

 

 

 

QUALITA’ DELLA VITA

 

33.278

384.461

408.856

727.428

 

3.1.1.0

Funzionamento

7.098.661

33.278

381.988

404.454

717.417

25.000

3.1.2.4

Manutenzione opere pubbliche

10.101

0

2.473

4.402

10.011

 

 

 

 

 

 

 

 

 

RICERCA AMBIENTALE E SVILUPPO

 

30.923

234.747

247.465

423.782

 

4.1.1.0

Funzionamento

4.189.729

30.923

234.747

247.465

423.782

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SALVAGUARDIA AMBIENTALE

 

39.016

1.570.001

1.669.275

3.057.574

 

5.1.1.0

Funzionamento

16.418.942

39.016

1.570.001

1.669.275

3.057.574

3.500.000

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIFESA DEL SUOLO

 

82.234

144.356

148.028

195.457

 

6.1.1.0

Funzionamento

19.723.402

47.216

110.225

113.792

161.221

37.000

6.1.2.1

Manutenzione opere idrauliche

346.289

35.018

34.131

34.236

34.236

- 37.000

 

 

 

 

 

 

 

 

SERVIZI INTERNI DEL MINISTERO

 

28.543

108.479

108.813

108.813

 

7.1.1.0

Funzionamento

19.533.467

28.543

24.869

24.945

24.945

-18

7.1.5.3

Fondo di riserva consumi intermedi

217.306

0

83.610

83.867

83.867

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

 

9.113.406

15.839.411

14.602.594

15.192.017

 

 

 

 

 

 

 

 

 

COORDINAMENTO DELLO SVILUPPO DEL TERRITORIO, PERSONALE E SERVIZI GENERALI

 

1.678.629

2.801.645

2.819.307

2.892.139

 

2.1.1.0

Funzionamento

121.856.075

1.458.460

1.823.924

1.835.346

1.964.494

500.000

2.1.5.4

Fondo di riserva consumi intermedi

257.862

0

924.793

927.644

927.644

 

2.1.5.5

Fondo per le autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge

225.000

220.168

52.928

56.317

0

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INFRASTRUTTURE STRADALI, EDILIZIA E REGOLAZIONE DEI LAVORI PUBBLICI

 

624.965

801.494

803.965

803.965

 

3.1.1.0

Funzionamento

12.872.190

169.172

204.135

204.765

204.765

- 446

3.1.5.1

Manutenzione sedi uffici statali

1.552.568

455.793

597.359

599.200

599.200

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NAVIGAZIONE E TRASPORTO MARITTIMO E AEREO

 

1.307.460

1.480.743

1.485.201

1.485.201

 

4.1.1.0

Funzionamento

17.624.269

126.820

160.994

161.383

161.383

 

4.1.2.11

Manutenzione opere marittime

3.430.101

1.180.640

1.319.750

1.323.819

1.323.819

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TRASPORTI TERRESTRI

 

4.244.756

8.181.978

7.050.924

7.567.516

 

5.1.1.0

Funzionamento

214.189.645

4.244.756

7.800.893

6.645.443

6.645.443

- 441

5.1.2.4

Autotrasporto per conto di terzi

189.088.535

0

381.084

405.481

922.074

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITANERIE DI PORTO

 

1.160.315

2.455.998

2.325.281

2.325.281

 

6.1.1.1

Spese generali di funzionamento

475.270.356

864.593

1.592.074

1.461.181

1.461.181

 

6.1.1.2

Formazione e addestramento

4.253.490

221.507

691.520

691.660

691.660

 

6.1.1.3

Mantenimento, equipaggiamento, assistenza e casermaggio

15.311.070

26.721

26.186

26.192

26.192

 

6.1.1.5

Mezzi operativi e strumentali

11.786.320

47.493

146.218

146.248

146.248

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CONSIGLIO SUPERIORE DEI LAVORI PUBBLICI

 

97.282

117.553

117.915

117.915

 

7.1.1.0

Funzionamento

6.038.423

97.282

117.553

117.915

117.915

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MINISTERO DELLE COMUNICAZIONI

 

973.574

2.557.259

1.468.274

1.468.274

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SEGRETARIATO GENERALE

 

19.117

29.234

29.325

29.325

 

 

2.1.1.0

Funzionamento

2.497.250

19.117

29.234

29.325

29.325

4.100

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

GESTIONE DELLE RISORSE UMANE

 

63.106

182.297

182.860

182.860

 

 

3.1.1.0

Funzionamento

38.902.548

63.106

117.013

117.375

117.375

 

 

3.1.5.4

Fondo di riserva consumi intermedi

169.678

0

65.284

65.486

65.486

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SERVIZI DI COMUNICAZIONE ELETTRONICA E DI RADIODIFFUSIONE

 

83.153

21.995

22.063

22.063

 

 

4.1.1.0

Funzionamento

5.136.983

83.153

21.995

22.063

22.063

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PIANIFICAZIONE E GESTIONE DELLO SPETTRO RADIO ELETTRICO

 

148.684

326.194

327.200

327.200

 

 

5.1.1.0

Funzionamento

5.006.495

82.809

120.808

121.181

121.181

 

 

5.1.2.1

Controllo emissioni radioelettriche

533.808

65.875

205.386

206.019

206.019

300.000

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

REGOLAMENTAZIONE DEL SETTORE POSTALE

 

12.273

23.039

23.110

23.110

 

 

6.1.1.0

Funzionamento

2.622.774

12.273

23.039

23.110

23.110

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ISTITUTO SUPERIORE COMUNICAZIONI E TECNOLOGIE DELL’INFORMAZIONE

 

270.950

1.278.509

185.579

185.579

 

 

7.1.1.0

Funzionamento

6.462.457

140.141

185.009

185.579

185.579

 

 

7.2.3.4

Fondazione Ugo Bordoni

4.183.650

0

984.150

0

0

 

 

7.2.3.6

Fondo per le autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge

464.850

130.809

109.350

0

0

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

GESTIONE DELLE RISORSE STRUMENTALI ED INFORMATIVE

 

376.291

695.992

698.137

698.137

 

 

8.1.1.0

Funzionamento

5.928.334

376.291

695.992

698.137

698.137

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MINISTERO DELLA DIFESA

 

448.220.737

414.533.702

415.752.264

415.752.264

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

BILANCIO E AFFARI FINANZIARI

 

716.893

658.880

660.912

660.912

 

 

2.1.1.1

Spese generali di funzionamento di bilancio e affari finanziari

43.706.671

88.160

44.989

45.129

45.129

201.761

 

2.1.1.2

Spese generali di funzionamento di onoranze ai caduti in guerra

5.538.826

628.733

613.891

615.783

615.783

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SEGRETARIATO GENERALE

 

196.452.856

179.132.311

179.684.704

179.684.704

 

 

3.1.1.1

Spese generali di funzionamento

1.810.645.495

40.547.211

39.855.205

39.978.107

39.978.107

42.009.032

 

3.1.1.2

Assistenza e benessere del personale

17.464.675

49.330

59.169

59.351

59.351

- 3.500.000

 

3.1.1.3

Leva, formazione e addestramento

16.994.223

6.881.514

6.520.631

6.540.738

6.540.738

 

 

3.1.1.4

Mezzi operativi e strumentali

472.995.534

125.673.619

101.193.160

101.505.211

101.505.211

38.236.758

 

3.1.1.5

Ammodernamento e rinnovamento

55.815.327

23.299.208

20.481.720

20.544.879

20.544.879

 

 

3.1.1.6

Interventi diversi

0

1.974

11.022.426

11.056.417

11.056.417

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ESERCITO ITALIANO

 

105.339.696

72.955.515

73.180.483

73.180.483

 

 

4.1.1.1

Spese generali di funzionamento

3.828.262.708

16.522.518

15.819.111

15.867.889

15.867.889

- 86.122.484

 

4.1.1.2

Assistenza e benessere del personale

2.186.276

655.040

841.181

843.775

843.775

 

 

4.1.1.3

Formazione e addestramento

28.928.054

9.756.965

11.130.237

11.164.560

11.164.560

 

 

4.1.1.4

Mezzi operativi e strumentali

155.830.058

77.935.132

44.706.850

44.844.711

44.844.711

- 5.840.393

 

4.1.1.5

Ammodernamento e rinnovamento

1.190.720

470.042

458.136

459.548

459.548

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MARINA MILITARE

 

52.664.953

48.812.731

48.963.250

48.963.250

 

 

5.1.1.1

Spese generali di funzionamento

1.413.114.769

12.930.685

9.902.730

9.933.265

9.933.265

22.897.506

 

5.1.1.2

Mezzi operativi e strumentali

119.555.243

31.750.259

32.186.838

32.286.090

32.286.090

 

 

5.1.1.3

Formazione e addestramento

14.467.280

6.797.041

5.566.370

5.583.536

5.583.536

8.570.880

 

5.1.1.5

Assistenza e benessere del personale

216.000

223.382

217.615

218.285

218.285

 

 

5.1.1.7

Ammodernamento e rinnovamento

2.440.976

963.586

939.179

942.074

942.074

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AERONAUTICA MILITARE

 

72.642.985

92.243.309

92.527.748

92.527.748

 

 

6.1.1.1

Spese generali di funzionamento

2.089.119.473

7.867.683

11.835.443

11.871.939

11.871.939

- 9.418.896

 

6.1.1.2

Assistenza e benessere del personale

350.000

121.243

96.209

96.505

96.505

 

 

6.1.1.3

Formazione e addestramento

33.342.681

17.595.862

13.043.151

13.083.368

13.083.368

 

 

6.1.1.4

Mezzi operativi e strumentali

155.397.362

44.113.682

63.074.216

63.268.713

63.268.713

13.150.000

 

6.1.1.5

Ammodernamento e rinnovamento

595.360

235.021

229.068

229.774

229.774

 

 

6.1.2.1

Assistenza al volo civile

10.305.812

2.709.495

3.965.221

3.977.449

3.977.449

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ARMA DEI CARABINIERI

 

20.403.354

20.730.956

20.735.167

20.735.167

 

 

7.1.1.1

Spese generali di funzionamento

5.115.506.672

11.104.442

11.414.940

11.417.259

11.417.259

- 9.992.055

 

7.1.1.2

Assistenza e benessere del personale

1.492.424

349.414

242.634

242.683

242.683

 

 

7.1.1.3

Mezzi operativi e strumentali

47.943.391

6.917.128

5.801.056

5.802.234

5.802.234

 

 

7.1.1.4

Leva, formazione e addestramento

13.648.282

1.473.598

2.218.896

2.219.347

2.219.347

 

 

7.1.1.5

Ammodernamento e rinnovamento

6.479.576

558.772

1.053.430

1.053.644

1.053.644

 

 

 

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI

 

2.778.250

5.918.835

5.935.698

5.935.698

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO DELLE FILIERE AGRICOLE E AGROALIMENTARI

 

51.978

27.850

27.691

27.691

 

 

2.1.1.0

Funzionamento

11.800.323

51.978

27.850

27.691

27.691

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO DELLE POLITICHE DI SVILUPPO

 

1.919.917

5.650.576

5.667.622

5.667.622

 

 

3.1.1.0

Funzionamento

27.630.829

1.860.704

1.228.404

1.231.813

1.231.813

18.000.000

 

3.1.2.1

Enti e istituti di ricerca, informazione, sperimentazione e controllo

20.674.260

59.213

0

0

0

0

 

3.1.5.4

Fondo di riserva consumi intermedi

11.493.451

0

4.422.173

4.435.810

4.435.810

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ISPETTORATO CENTRALE REPRESSIONE FRODI

 

806.354

240.408

240.385

240.385

 

 

4.1.1.0

Funzionamento

38.629.556

806.354

240.408

240.385

240.385

295.568

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI

 

11.305.408

11.290.390

11.233.143

11.417.172

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO PER LA RICERCA, L’INNOVAZIONE E L’ORGANIZZAZIONE

 

960.102

1.098.161

1.100.675

1.119.078

 

 

2.1.1.0

Funzionamento

91.584.824

272.012

227.078

227.779

227.779

 

 

2.1.5.4

Fondo di riserva consumi intermedi

2.205.097

660.899

848.423

851.038

851.038

 

 

2.1.5.5

Fondo per le autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge

87.326

24.574

20.542

21.857

40.260

 

 

2.2.10.4

Fondo per le autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge

9.000

2.617

2.117

0

0

 

 

DIPARTIMENTO PER I BENI ARCHIVISTICI E LIBRARI

 

6.654.783

6.889.683

6.833.581

6.921.740

 

 

3.1.1.0

Funzionamento

265.243.212

6.654.783

6.889.683

6.833.581

6.921.740

- 135.814

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI

 

3.491.527

3.098.877

3.094.530

3.171.116

 

 

4.1.1.0

Funzionamento

470.932.070

3.491.527

3.098.877

3.094.530

3.171.116

- 27.107

 

4.2.3.4

Patrimonio culturale statale

13.965.261

0

19.054

0

0

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO PER LO SPETTACOLO E SPORT

 

198.996

203.669

204.357

205.239

 

 

5.1.1.0

Funzionamento

9.484.676

198.996

203.669

204.357

205.239

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MINISTERO DELLA SALUTE

 

5.747.114

11.445.411

12.045.096

18.408.077

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

QUALITA’

 

788.942

718.805

731.482

763.510

 

 

2.1.1.0

Funzionamento

52.051.282

684.427

617.633

631.340

663.368

1.494

 

2.1.2.13

Pronto soccorso porti ed aeroporti

264.761

104.516

101.171

100.142

100.142

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INNOVAZIONE

 

4.583.498

3.457.049

3.593.476

3.279.791

 

 

3.1.1.0

Funzionamento

31.427.418

2.911.843

1.760.743

1.813.578

2.868.178

 

 

3.1.2.13

Informazione e prevenzione

907.732

160.954

156.877

157.361

157.361

 

 

3.1.5.7

Fondo di riserva consumi intermedi

658.784

0

253.471

254.252

254.252

 

 

3.1.5.8

Fondo per le autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge

5.466.646

1.510.701

1.285.958

1.368.286

0

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PREVENZIONE E COMUNICAZIONE

 

374.673

1.004.483

1.053.970

2.085.979

 

 

4.1.1.0

Funzionamento

63.308.450

374.673

709.262

739.850

1.371.662

 

 

4.1.2.5

Interventi diversi

109.947.999

0

295.220

314.121

714.317

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO PER LA SANITA’ PUBBLICA VETERINARIA, LA NUTRIZIONE E LA SICUREZZA ALIMENTARE

 

0

6.265.074

6.666.168

12.278.797

 

 

5.1.2.4

Interventi diversi

0

0

6.265.074

6.666.168

12.278.797

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TOTALE BILANCIO

 

683.487.713

793.182.094

793.165.598

793.171.145

 

 


Articolo 26
(Sanzioni per mancato rispetto del limite all’incremento delle spese da parte degli enti pubblici non territoriali)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. In caso di mancato rispetto del limite di spesa annuale di cui all'articolo 1, comma 57, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, da parte degli enti individuati ai sensi dei commi 5 e 6 del medesimo articolo, fatte salve le esclusioni previste dal predetto comma 57, i trasferimenti statali a qualsiasi titolo operati a favore di detti enti sono ridotti in misura pari alle eccedenze di spesa risultanti dai conti consuntivi relativi agli esercizi 2005, 2006 e 2007. Gli enti interessati che non ricevono contributi a carico del bilancio dello Stato sono tenuti a versare all'entrata del bilancio dello Stato, con imputazione al capo X, capitolo 2961, entro il 30 settembre rispettivamente degli anni 2006, 2007 e 2008, un importo pari alle eccedenze risultanti dai predetti conti consuntivi. Le amministrazioni vigilanti sono tenute a dare, rispettivamente, entro il 31 luglio degli anni 2006, 2007 e 2008, comunicazione delle predette eccedenze di spesa al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

Identico.

 

 

L'articolo 26 introduce un meccanismo sanzionatorio in caso di mancato rispetto del limite all’incremento delle spese degli enti pubblici non territoriali introdotto dalla legge finanziaria 2005 (art. 1, comma 57, della legge n. 311/2004).

La legge finanziaria 2005 non prevedeva infatti al riguardo alcun tipo di sanzione.

 

Il comma 57 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2005 determina le modalità con le quali il limite del 2 per cento all’incremento della spesa per il triennio 2005-2007, previsto in generale dal comma 5 (cd. regola del 2 per cento), si applica alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate per il 2005 nell’elenco n. 1 allegato alla medesima legge. Per gli anni successivi gli enti inseriti nel conto consolidato sono individuati dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 luglio di ogni anno[189] (così sembra doversi evincere dal combinato disposto dei commi 5 e 57).

Per l’anno 2005, per tali amministrazioni è stato fissato un limite all’incremento della spesa, al netto delle spese di personale (per le quali vige una specifica disciplina di settore), del 4,5 per cento rispetto all’ammontare delle spese effettuate nell’anno 2003.

Per gli anni 2006 e 2007, il limite all’incremento della spesa viene fissato al 2 per cento rispetto al livello della spesa programmato per l’anno precedente, sempre al netto della spesa per personale.

 

In caso di mancato rispetto del limite di spesa:

§       per gli enti beneficiari di trasferimenti statali, i trasferimenti statali a qualsiasi titolo operati sono ridotti in misura pari alla maggiore spesa verificata in sede di rendiconto consuntivo per gli esercizi 2005, 2006 e 2007;

§       gli enti che non ricevono trasferimenti erariali devono provvedere, entro il 30 settembre dell’anno successivo a quello in cui è avvenuto il superamento del limite, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato (con imputazione al capitolo 2961) di un importo corrispondente alle maggiori spese effettuate rispetto al limite previsto.

 

Le amministrazioni vigilanti sono tenute a dare comunicazione di tali maggiori spese al Ministero dell'Economia entro il 31 luglio del 2006, 2007 e 2008.

 

L’articolo 26 fa salve le esclusioni previste dall’articolo 1, comma 57, della legge finanziaria 2005.

 

Ai sensi del citato comma 57, il limite all’incremento della spese non si applica:

-          alle Casse di previdenza di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509, e successive modificazioni, e 10 febbraio 1996, n. 103, e successive modificazioni: si tratta degli enti, trasformati in persone giuridiche private, che gestiscono forme di previdenza e assistenza obbligatorie per i soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione;

-          alle altre associazioni e fondazioni di diritto privato;

-          agli enti del sistema camerale (Unioncamere e Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura).

 

Si ricorda peraltro che ulteriori specifiche disposizioni di legge hanno escluso, in tutto o in parte, determinati enti dall’applicazione del limite all’incremento delle spese previsto dal citato comma 57.

 

In particolare:

§       l’articolo 14-ter del D.L. 30 giugno 2005, n. 115 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 168/2005) ha disposto, per l’anno 2005, l’esclusione delle autorità portuali istituite a decorrere dall’anno 2001 e i cui organi rappresentativi siano stati nominati a decorrere dall'anno 2003. Per gli anni 2006 e 2007, invece, l’articolo 34-septies del D.L. 10 gennaio 2006, n. 4 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80/2006) ha disposto, in favore di tutte le autorità portuali istituite ai sensi della legge n. 84/1994, la deroga all’applicazione delle disposizioni previste dal comma 57 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2005, nei limiti di spesa di 30 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2006 e 2007, aumentati a 60 milioni per il 2006 e a 90 milioni per il 2007 dall’articolo 17-bis del decreto-legge in esame;

§       la legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005), all’articolo 1, comma 404, esclude dalle limitazioni poste alla spesa i progetti dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica che siano finanziati con contributi non statali.

§       l’articolo 2 del D.L. 6 marzo 2006, n. 68 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 127/2006) ha autorizzato il Registro italiano dighe a derogare, nel limite di 50 milioni di euro per l’anno 2006, all’applicazione dei limiti di incremento della spesa previsti dall’art. 1, comma 57, della legge finanziaria 2005. La deroga è disposta al fine di assicurare l’espletamento degli interventi indifferibili di messa in sicurezza delle grandi dighe fuori esercizio.

 

Alla disposizione non sono attribuiti effetti finanziari. Esso appare infatti volto all’effettivo conseguimento dei risparmi di spesa già previsti dalla legge finanziaria 2005.


Articolo 27
(Riduzione del limite di spesa annua per studi e incarichi di
consulenza, per relazioni pubbliche,convegni,
mostre, pubblicità e di rappresentanza)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Ai commi 9 e 10 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, le parole: «50 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «40 per cento».

Identico.

 

 

L’articolo 27 dispone una riduzione ulteriore del 10 per cento, rispetto a quella prevista dalla legge finanziaria per il 2006, delle spese delle pubbliche amministrazioni per:

§       studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all’amministrazione;

§       relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza.

 

Le suddette spese - in virtù della modifica apportata dalla disposizione in esame all’articolo 1, commi 9 e 10, della legge finanziaria 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266) - non possono superare, a decorrere dal 2006, il 40 per cento – anziché il 50 per cento - di quelle sostenute[190] nel 2004.

 

Si ricorda che la disposizione dell’articolo 1, comma 9, della legge finanziaria 2006 pone una limitazione di carattere permanente delle spese delle spese per studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all’amministrazione, che si applica alla generalità delle pubbliche amministrazioni[191], con esclusione delle università, degli enti di ricerca e degli organismi equiparati, nonché degli enti territoriali e gli enti del Servizio sanitario nazionale.

Resta fermo quanto stabilito dall’articolo 1, comma 11, della legge finanziaria per il 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311), che prevede limiti e condizioni per l’affidamento di incarichi di studio, di ricerca e di consulenze[192].

Per ciò che concerne le prestazioni da escludere dal campo di applicazione del comma 9, la circolare del Ministero dell’economia e finanze del 14 giugno 2006, n. 28 rinvia alle indicazioni fornite dalla Ragioneria Generale dello stato con circolare n. 23 del 14 giugno 2005, recante disposizioni applicative del sopra richiamato art. 1, comma 11 della legge Finanziaria 2005. La circolare n. 28/2006 esplicita, comunque, confermando quanto già disposto nella suddetta circolare n. 23, che nella spesa annua per studi e incarichi di consulenza non rientra quella sostenuta per prestazioni professionali consistenti nella resa di servizi o adempimenti obbligatori per legge, le consulenze strettamente necessarie per l’espletamento dei procedimenti di aggiudicazione degli appalti pubblici, la rappresentanza e la difesa dell’Amministrazione in giudizio. Inoltre, si ricorda che la circolare n. 23/2005 esclude dalla spesa annua per studi e incarichi di consulenza anche le “esternalizzazioni di servizi” per raggiungere gli scopi dell’amministrazione, intendendo con tale locuzione l’affidamento all’esterno di un servizio complessivo [193].

Si ricorda inoltre che, per quanto concerne l’affidamento di incarichi di consulenze, ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001[194], come novellato dall’art. 32 del decreto-legge in esame, le amministrazioni pubbliche - a fronte di esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio - possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione. Il conferimento di tali incarichi è subordinato al verificarsi di una serie di presupposti, tra quali l’accertata impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili all’interno della stessa pubblica amministrazione.

L’art. 53 del citato D.Lgs. 165/2001, anch’esso novellato dall’art. 34 del d.l. n. 223 in esame, stabilisce inoltre che le pubbliche amministrazioni sono tenute a comunicare semestralmente al Dipartimento della funzione pubblica l'elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza, con l'indicazione della ragione dell'incarico e dell'ammontare dei compensi corrisposti [195].

 

Il comma 10 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2006 pone una disciplina restrittiva per le spese delle pubbliche amministrazioni per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza. Si tratta anche in tal caso di limitazione di carattere permanente a decorrere dal 2006, che si applica alla generalità delle pubbliche amministrazioni[196], con la sola esclusione degli enti territoriali e degli enti del Servizio sanitario nazionale.

In relazione alle “spese di rappresentanza”, si segnala la mancanza di una specifica disciplina legislativa negli ordinamenti regionali e statali, come rilevato anche dalla giurisprudenza della Corte dei Conti. È lasciato pertanto all’autonomia normativa e contabile di ogni Amministrazione il compito di regolamentare questo aspetto della spesa pubblica. La sostanziale carenza normativa - e la susseguente situazione di incertezza sulla valutazione dei singoli casi - ha tuttavia indotto la giurisprudenza a soffermarsi sulla nozione di rappresentanza, sui limiti entro i quali può ragionevolmente e legittimamente svolgersi la funzione relativa, nonché sugli strumenti e sulle modalità della sua esplicazione.[197]

 

Si ricorda infine che gli atti di spesa relativi ai commi 9 e 10 devono essere trasmessi alla Corte dei conti, ai sensi del comma 173 della legge finanziaria 2006.

 

La relazione tecnica stima che dalla disposizione in esame derivino risparmi per circa 5 milioni di euro per il 2006 e 10 milioni di euro a decorrere dal 2007, in termini di saldo netto da finanziare e di indebitamento netto.


Articolo 28
(Diarie per missioni all’estero)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Le diarie per le missioni all'estero di cui alla tabella B allegata al decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica in data 27 agosto 1998, e successive modificazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 202 del 31 agosto 1998, sono ridotte del 20 per cento a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto. La riduzione si applica al personale appartenente alle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

Identico.

2. L'articolo 3 del regio decreto 3 giugno 1926, n. 941, e successive modificazioni è abrogato.

 

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano al personale civile e militare impegnato nelle missioni internazionali di pace, finanziate per l'anno 2006 dall'articolo 1, comma 97, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

 

 

 

L’articolo in esame è volto, come evidenziato dalla relazione illustrativa, a contenere - in linea con le previsioni dell’ultima legge finanziaria - la spesa sostenuta dalle pubbliche amministrazioni per l’indennità giornaliera dovuta al personale che svolge incarichi di missione all’estero.

 

Si ricorda, al riguardo, che il comma 213 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), novellato dall’articolo 39-undetricies del decreto-legge n. 273/2005[198], ha soppresso una serie di indennità di trasferta, previste a livello sia legislativo che contrattuale.

Si tratta, a livello legislativo, delle seguenti indennità:

-          le indennità di trasferta dovute ai magistrati, agli avvocati e ai procuratori dello Stato, agli appartenenti alle Forze armate ed ai corpi organizzati militarmente, ai professori universitari ed ai dirigenti statali comandati in missione fuori della ordinaria sede di servizio in località distanti almeno 10 Km. (di cui all’art. 1, comma 1, della Legge n. 417/1978);

-          le indennità di trasferta dovute al personale civile dello Stato non dirigente, comandato in missione fuori della ordinaria sede di servizio in località distanti almeno 10 Km. (di cui all’art. 1 del DPR n. 513/1978);

-          le indennità supplementari dovute ai dipendenti statali in aggiunta al rimborso delle spese di viaggio per missioni di servizio all'interno o all'estero (di cui ai commi primo e secondo dell’art. 14 della Legge n. 836/1973);

-          l’indennità per il personale dei ruoli centrali delle Amministrazioni dello Stato destinato a prestare servizio presso uffici dello Stato aventi sede fuori della Capitale (di cui all’art. 8 del D.Lgs.Lgt. n. 320/1945). Tale indennità non è cumulabile con il trattamento di missione, per il quale il dipendente può optare qualora sia più favorevole.

 

A livello pattizio, lo stesso comma 213 provvede a sopprimere le “analoghe disposizioni” contenute nei contratti collettivi nazionali e nei provvedimenti di recepimento degli accordi sindacali, ivi compresi quelli relativi alla carriera prefettizia e alla carriera diplomatica[199].

Si consideri inoltre che il comma 213-bis, inserito dal citato articolo 39-undetricies del decreto-legge n. 273/2005, prevede, in maniera complementare rispetto alla novella relativa al comma 213, la non applicazione delle disposizioni di cui allo stesso comma - relative alla soppressione delle indennità di trasferta - al personale delle Forze armate e di polizia, fermi restando gli ordinari stanziamenti di bilancio[200].

 

Il comma 1 dell’articolo in esame diminuisce del 20 per cento, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge (4 luglio 2006), le diarie per le missioni all'estero di cui alla tabella B allegata al decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica del 27 agosto 1998, e successive modificazioni. La riduzione (con l’eccezione di cui al comma 3: cfr. infra) riguarda tutto il personale delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001[201].

 

Il citato decreto ministeriale, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 202 del 31 agosto 1998, reca “Adeguamento delle diarie di missione all'estero del personale statale, civile e militare, delle università e della scuola”, ed è stato emanato in attuazione del Regio Decreto 941 del 1926 (“Indennità al personale dell'amministrazione dello Stato incaricato di missione all'estero”) e del DPR 286 del 1971 (“Semplificazione della procedura prevista dagli articoli 2 e 3 del decreto luogotenenziale 21 agosto 1945, n. 540, riguardante indennità al personale dell'Amministrazione dello Stato incaricato di missione all'estero”).

 

Si osserva che con fonte normativa di rango primario si modifica un allegato a un decreto ministeriale.

Si evidenzia inoltre che il decreto ministeriale citato riguarda esclusivamente il personale dello Stato (compreso quello delle amministrazioni ad ordinamento autonomo), delle università e della scuola, mentre l’articolo 28 in esame prevede che la riduzione dell’indennità di missione all’estero si applichi al personale appartenente alle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2 del D.Lgs. 165/2001 (quindi ad una platea di personale pubblico più ampia). Sarebbe quindi opportuno formulare in maniera più chiara l’articolo in esame con riferimento all’ambito di applicazione della riduzione dell’indennità di missione all’estero.

 

Il comma 2 abroga l’articolo 3 del già citato Regio Decreto 941 del 1926, sopprimendo così la maggiorazione del 30 per cento riconosciuta sull’indennità di missione all’estero:

-          ai componenti di delegazioni italiane presso commissioni, enti o comitati internazionali, che si rechino all'estero per partecipare alle relative riunioni;

-          al personale di tutte le amministrazioni, sia civili che militari, che si rechi all'estero in commissione, per rappresentanza del governo, oppure anche isolatamente per partecipare a commissioni di carattere internazionale.

 

Si ricorda che il comma 217 della legge n. 266/2005 (legge finanziaria 2006), abrogando la disposizione di cui al secondo comma dell’art. 3 del R.D. 3 giugno 1926, n. 941, ha già provveduto a sopprimere la richiamata maggiorazione del 30% per i funzionari del gruppo A) del Ministero degli affari esteri che si rechino in missione isolata all'estero.

 

Il comma 3 specifica che le disposizioni di cui ai precedenti commi 1 e 2, quindi la decurtazione dell’indennità di missione all’estero e la soppressione della relativa maggiorazione, non riguardano il personale civile e militare impegnato nelle missioni internazionali di pace, finanziate, per l'anno 2006, attraverso l’utilizzo del fondi di cui all'articolo 1, comma 97, della legge n. 266/2006 (legge finanziaria per il 2006).

 

Si ricorda che il citato comma 97 della legge finanziaria per il 2006 conferma la previsione di un unitario Fondo per le missioni internazionali di pace - già istituito dalla legge finanziaria 2004 (articolo 3, commi 8 e 9 della legge n. 350/2003) e ribadito dalla legge finanziaria 2005 (articolo 1, comma 233 della legge n. 311/2004) - nonché dei relativi obblighi informativi gravanti sul Ministro dell'economia e delle finanze, che è chiamato a trasmettere al Parlamento copia delle deliberazioni relative all’utilizzo del Fondo. Di tali deliberazioni deve essere data comunicazione formale alle Commissioni parlamentari competenti. La disposizione, tuttavia, varia l'ammontare dello stanziamento destinato al Fondo, il cui importo per il 2006 è determinato in 1.000 milioni di euro, mentre negli anni scorsi era di 1.200 milioni di euro.

 

L’ambito soggettivo di applicazione del comma 3 in esame sembra chiarito dalla relazione illustrativa, laddove il Governo afferma che la norma riguarda “il personale impegnato nelle missioni internazionali di pace finanziate per il 2006 con provvedimento di proroga in corso di emanazione”.

 

In sostanza, la decurtazione dell’indennità di missione all’estero e la soppressione della relativa maggiorazione non si applicherebbero al personale civile e militare che partecipa alle missioni internazionali di pace di cui sia autorizzata e finanziata la proroga per l’anno 2006 tramite appositi provvedimenti legislativi, alla copertura dei cui oneri finanziari si provvede tramite il Fondo per le missioni internazionali di pace appositamente previsto dall’art. 1, comma 97, della legge n. 266/2006.

 

La proroga delle missioni militari internazionali di pace per il 2006 è stata innanzitutto operata, per il primo semestre, dal D.L. 17 gennaio 2006, n. 9, recante disposizioni urgenti per la partecipazione italiana alla missione internazionale in Iraq e dal D.L. 17 gennaio 2006, n. 10, recante disposizioni urgenti per la partecipazione italiana a missioni internazionali.

I due decreti-legge non sono stati convertiti nei termini costituzionali e le disposizioni in essi contenute sono state inserite nel D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51 (articoli 39-vicies semel e 39 vicies bis).

Per il secondo semestre 2006 è stato emanato il D.L. 5 luglio 2006, n. 224, recante disposizioni urgenti per la partecipazione italiana alle missioni internazionali, che proroga le missioni in corso al 31 dicembre 2006 e dispone il rientro dei militari italiani impegnati nella missione Antica Babilonia in Iraq entro l’autunno di quest’anno.

Il Governo ha contestualmente presentato, il 5 luglio 2006, un disegno di legge (A.C. 1288) che, pur presentando una diversa articolazione delle disposizioni, reca un contenuto del tutto analogo a quello del decreto-legge, ivi compresa la norma di salvaguardia delle attività effettuate dal 1° luglio 2006 fino alla data di entrata in vigore del d.d.l.

L’esame del D.L. n. 224/2006 (che scade il 3 settembre 2006) non è stato avviato, poiché nella riunione dell'ufficio di presidenza congiunto delle Commissioni Affari esteri e Difesa della Camera si è convenuto, su richiesta del Governo, di procedere nell'esame del disegno di legge. La Camera dei deputati ha approvato, in data 19 luglio, il disegno di legge, che è stato quindi trasmesso al Senato.

La copertura finanziaria della proroga del secondo semestre 2006 è operata facendo ricorso al Fondo per le missioni militari di pace (ex articolo 1, comma 97 della legge 266/2005) per 457.858.000 euro. Le missioni finanziate fino al 31 dicembre 2006 sono le seguenti:

Active Endeavour (Missione NATO nel Mediterraneo orientale)

Albania 2 (Missione nazionale in Albania)

Althea (Missione UE in Bosnia)

DIE (Missione nazionale in Albania)

Enduring Freedom (Missione multinazionale nel Golfo arabico)

EU BAM Moldova e Ucraina (Missione UE al confine tra Moldova e Ucraina

EU BAM Rafah (Missione UE presso il valico di Rafah, fra la striscia di Gaza e l’Egitto)

EUFOR RD Congo (Missione UE nella Repubblica Democratica del Congo)

EUPM (Missione UE in Bosnia-Erzegovina)

EUPOL COPPS (Missione UE in Palestina)

EUPOL Kinshasa (Missione UE nella Repubblica Democratica del Congo)

EUPT (Missione UE in Kosovo)

ISAF (Missione NATO in Afghanistan)

KFOR (Missione NATO in Kosovo)

Missione europea di sostegno ad AMIS II (Missione UE in Sudan)

MSU (Missione NATO in Kosovo)

NATO HQ Sarajevo (Missione NATO in Bosnia)

NATO HQ Skopje (Missione NATO in Macedonia)

NATO HQ Tirana (Missione NATO in Albania)

NTM-I (Missione NATO in Iraq)

TIPH II (Missione multinazionale a Hebron)

UNFICYP (Missione ONU a Cipro)

UNMIK (Missione ONU in Kosovo)

 

La missione Antica Babilonia (Missione multinazionale in Iraq) è invece finanziata, con le medesime modalità di copertura finanziaria, per la fase di rientro, da realizzarsi entro l’autunno 2006.

Si rammenta inoltre che, a carico del Fondo per le missioni internazionali di pace, permane la missione Bilaterale interni (Missione nazionale in Albania), prorogata fino al 31 dicembre 2006 dal D.L. 273/2005.

Si segnala infine che risultano attualmente in corso alcune missioni (cui partecipano circa 200 unità delle Forze armate) che non rientrano tra quelle finanziate attraverso il fondo di cui all’articolo 1, comma 97, della legge finanziaria 2006:

§       la missione MFO (Missione multinazionale che pattuglia lo stretto di Tiran nel Sinai tra Egitto e Israele), che si svolge in base ad un Accordo da ultimo rinnovato con uno Scambio di Note ratificato dalla legge 19 agosto 2003, n. 249 che ha prorogato l’impegno italiano fino al 25 marzo 2007;

§       la missione EUMM (Missione UE nella ex Jugoslavia) è stata finanziata fino al 30 giugno dal D.L. 273/2005 e non è compresa tra quelle prorogate dal D.L. 224/2006, né nel disegno di legge attualmente all’esame del Senato..

Per le seguenti missioni non esistono infine provvedimenti normativi di autorizzazione o di proroga:

 

MIATM (Missione nazionale a Malta)

MINURSO (Missione ONU nel Sahara occidentale)

UNIFIL (Missione ONU in Libano)

UNMOGIP (Missione ONU tra India e Pakistan)

UNTSO (Missione ONU in Palestina)

 


Articolo 29
(Contenimento spesa per commissioni comitati ed altri organismi)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Fermo restando il divieto previsto dall'articolo 18, comma 1, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, la spesa com­plessiva sostenuta dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, per organi collegiali e altri organismi, anche monocratici, comunque denominati, operanti nelle predette amministrazioni, è ridotta del trenta per cento rispetto a quella sostenuta nell'anno 2005. Ai suddetti fini le amministrazioni adottano con immediatezza, e comunque entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le necessarie misure di adeguamento ai nuovi limiti di spesa. Tale riduzione si aggiunge a quella prevista dall'articolo 1, comma 58, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

1. Identico.

2. Per realizzare le finalità di contenimento delle spese di cui al comma 1, per le amministrazioni statali si procede, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, al riordino degli organismi, anche mediante soppressione o accorp­amento delle strutture, con regolamenti da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per gli organismi previsti dalla legge o da regolamento e, per i restanti, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente. I provvedimenti tengono conto dei seguenti criteri:

2. Identico:

a) eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali;

a) identica;

b) razionalizzazione delle competenze delle strutture che svolgono funzioni omogenee;

b) identica;

c) limitazione del numero delle strutture di supporto a quelle strettamente indispensabili al funzionamento degli organismi;

c) identica;

d) diminuzione del numero dei componenti degli organismi;

d) identica;

e) riduzione dei compensi spettanti ai componenti degli organismi.

e) identica;

 

e-bis) indicazione di un termine di durata, non superiore a tre anni, con la previsione che alla scadenza l'organi­smo è da intendersi automaticamente soppresso;

 

e-ter) previsione di una relazione di fine mandato sugli obiettivi realizzati dagli organismi, da presentare all'am­ministrazione competente e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

2-bis. La Presidenza del Consiglio dei Ministri valuta, prima della scadenza del termine di durata degli organismi individuati dai provvedi­menti previsti dai commi 2 e 3, di concerto con l'amministrazione di settore competente, la perdurante utilità dell'organismo proponendo le conseguenti iniziative per l'eventuale proroga della durata dello stesso.

3. Le amministrazioni non statali sono tenute a provvedere, entro lo stesso termine e sulla base degli stessi criteri di cui al comma 2, con atti di natura regolamentare previsti dai rispettivi ordinamenti, da sottoporre alla verifica degli organi interni di controllo e all'approvazione dell'amministrazione vigilante, ove prevista. Nelle more dell'adozione dei predetti regolamenti le stesse amministrazioni assicurano il rispetto del limite di spesa di cui al comma 1 entro il termine ivi previsto.

3. Identico.

4. Gli organismi non individuati dai provvedimenti previsti dai commi 2 e 3 sono comunque soppressi.

4. Gli organismi non individuati dai provvedimenti previsti dai commi 2 e 3 entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono soppressi.

5. Scaduti i termini di cui ai commi 1, 2 e 3 senza che si sia provveduto agli adempimenti ivi previsti è fatto divieto alle amministrazioni di corrispondere com­pensi ai componenti degli organismi di cui al comma 1.

5. Identico.

6. Le disposizioni del presente articolo non trovano diretta applicazione alle regioni, alle province autonome, agli enti locali e agli enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica.

6. Identico.

7. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli organi di direzione, amministrazione e controllo.

7. Identico.

 

 

L’articolo in esame, che è stato solo per alcuni aspetti modificato nel corso dell’esame al Senato, si inserisce – anche secondo quanto affermato in sede di relazione illustrativa - in un filone normativo volto alla razionalizzazione degli organismi pubblici, nell’ottica della riduzione della spesa pubblica.

 

In particolare, sempre stando alla relazione illustrativa che accompagna il ddl di conversione in legge presentato al Senato (AS 741), l’intervento origina dalle seguenti constatazioni:

§       le vigenti disposizioni di razionalizzazione degli organismi “hanno esaurito i loro effetti senza aver centrato i prefissati obiettivi”;

§       malgrado in particolare le esplicite finalità di contenimento di cui all’art. 12 della legge 59/1997[202], “è stata registrata una tendenza opposta con una consistente proliferazione di organismi, realizzata sia in sede legislativa che regolamentare”;

§       nemmeno l’entrata in vigore dell’art. 18 della legge 448/2001[203] (che prevedeva il divieto di istituire nuovi organismi e l’obbligo delle pp.aa. di individuare quelli di carattere tecnico indispensabili per la realizzazione dei propri obiettivi istituzionali) ha inciso in maniera significativa sui trend di spesa, anche perché con la norma non si prevedevano specifici obiettivi di contenimento della spesa.

 

L’articolo dispone in primo luogo, fermo restando il divieto previsto dal già citato articolo 18, comma 1, della legge 448/2001, una riduzione del 30 per cento della spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche[204], rispetto alla spesa sostenuta nel 2005, per organi collegiali e altri organismi, anche monocratici, operanti nelle predette amministrazioni.

Quanto all’ambito di applicazione, l’articolo esplicitamente precisa che:

§       le norme recate dal medesimo articolo non sono direttamente applicabili alle regioni ed alle province autonome, agli enti locali e agli enti del Servizio sanitario nazionale; tali norme costituiscono, per le autonomie territoriali e per gli enti del Servizio sanitario nazionale, disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica. Si ricorda in proposito che la materia “coordinamento della finanza pubblica” è attribuita dall’art. 117, comma terzo della Costituzione alla potestà legislativa concorrente Stato-regioni (comma 6).

§       sono esentati dalla disciplina limitativa (e, quindi, dalle conseguenze previste per i casi di inottemperanza) gli “organi di direzione, amministrazione e controllo” (comma 7).

Si osserva in proposito che la disposizione potrebbe essere di non agevole interpretazione e applicazione, in quanto la stessa formulazione (con il riferimento, in particolare, agli “organi di amministrazione”) potrebbe consentire letture più o meno estensive degli organi per i quali si esclude l’applicazione della disciplina in esame

Si può considerare, ad esempio, che taluni degli organismi che la relazione illustrativa annovera fra quelli oggetto dell’intervento restrittivo (Commissioni e Comitati di verifica e valutazione, Alti commissari, Nuclei di valutazione tecnica) potrebbero anche, attraverso una lettura estensiva del comma 7, essere ritenuti esentati dalla disciplina in esame, attraverso la loro riconduzione a taluna delle tipologie ivi contemplate.

 

Il secondo periodo del comma 1 chiama le pp.aa. ad assumere con immediatezza, e comunque entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame (4 luglio 2006), le necessarie misure di adeguamento ai nuovi limiti di spesa introdotti.

L’ultimo periodo del comma specifica che le limitazioni di spesa in questione sono aggiuntive rispetto a quelle introdotte dalla legge finanziaria per il 2006.

 

Si ricorda che il comma 58 dell’ultima legge finanziaria ha ridotto del 10 per cento, rispetto agli importi risultanti alla data del 30 settembre 2005, le indennità, compensi, gettoni, retribuzioni o altre utilità corrisposte ai componenti di:

-        organi di indirizzo, direzione e controllo;

-        consigli di amministrazione;

-        organi collegiali comunque denominati,

presenti sia nelle pubbliche amministrazioni (il richiamo, anche in questo caso, è all’elencazione di cui all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001), sia nelle società e negli enti da queste controllate.

Il successivo comma 59, inoltre, impedisce l’incremento di tali emolumenti per un periodo di tre anni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria.

 

Il comma 2 delinea le modalità attraverso le quali le amministrazioni statali debbono realizzare il prescritto contenimento di spesa. Entro centoventi giorni – decorrenti dal 4 luglio 2006 – si deve procedere al riordino degli organismi operanti presso le amministrazioni statali, anche mediante soppressione o accorpamento delle strutture, attraverso due strumenti alternativi:

1)      se gli organismi sono previsti dalla legge o dal regolamento, si provvede con regolamento di delegificazione (ex art. 17, comma 2, L. 400/88);

2)      se gli organismi sono previsti da fonte diversa, si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente.

 

I provvedimenti di riordino devono conformarsi ai seguenti criteri[205]:

eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali;

razionalizzazione delle competenze delle strutture che svolgono funzioni omogenee;

limitazione del numero delle strutture di supporto a quelle strettamente indispensabili al funzionamento degli organismi;

diminuzione del numero dei componenti degli organismi;

riduzione dei compensi spettanti ai componenti degli organismi.

 

I seguenti ulteriori criteri sono stati introdotti con l’approvazione – al Senato - dell’emendamento 1.1000 del Governo:

§       indicazione di un termine di durata, non superiore a tre anni, con la previsione dell’automatica soppressione dell’organismo alla scadenza;

§       previsione di una relazione di fine mandato sugli obiettivi realizzati da tali organismi, da presentare all’amministrazione competente e alla Presidenza del Consiglio.

 

Si tenga presente che, entro il più stretto termine previsto dal comma 1, le pp.aa. debbono adottare “le necessarie misure di adeguamento ai nuovi limiti di spesa”; entro il più ampio termine di cui al comma 2, le amministrazioni statali debbono procedere, con le modalità già viste, al riordino degli organismi interni, “per realizzare le finalità di contenimento delle spese di cui al comma 1”. Andrebbe quindi chiarito il rapporto tra le misure di cui al comma 1 e gli adempimenti di cui al comma 2.

 

Sempre a seguito dell’approvazione – al Senato - dell’emendamento 1.1000 del Governo, è stato introdotto un comma 2-bis, con il quale si prevede che la Presidenza del Consiglio possa, prima della scadenza del termine di durata degli organismi individuati dai provvedimenti poc’anzi indicati (di cui al comma 2 – v. supra), nonché dagli analoghi provvedimenti di cui al comma 3 (v. infra), proporre le iniziative per l’eventuale proroga della durata dell’organismo, in base alla valutazione della perdurante utilità di quest’ultimo. Si prevede il concerto dell’amministrazione competente.

Si tenga presente che, in base al successivo comma 4 (come modificato sempre dall’emendamento 1.1000), gli organismi non individuati dai provvedimenti già citati entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge (termine identico a quello previsto per l’emanazione di tali atti ai commi 2 e 3), sono soppressi.

La disposizione sembra quindi configurare, come norma di chiusura, la soppressione degli organismi anche come un possibile effetto ex lege.

 

Il comma 3, come accennato, delinea le modalità attraverso le quali le amministrazioni non statali debbono realizzare il prescritto contenimento di spesa. Esse debbono provvedere al riordino con gli atti di natura regolamentare previsti dai rispettivi ordinamenti, da sottoporre alla verifica degli organi interni di controllo e all'approvazione dell'amministrazione vigilante (ove prevista). Detti regolamenti devono essere emanati nell’osservanza del medesimo termine e degli stessi criteri previsti per le amministrazioni statali (vedi supra).

L’ultimo periodo del comma precisa che, fino all’adozione dei regolamenti di riordino, le amministrazioni non statali sono comunque chiamate ad assicurare il rispetto del limite di spesa introdotto dal comma 1, entro il termine ivi previsto (trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge).

Tale ultima disposizione potrebbe essere interpretata nel senso che, nel più stretto termine di cui al comma 1 (e, dunque, prima dell’attuazione dei riordini), si debbano comunque adottare diverse “misure di prima applicazione”, idonee però a garantire il risultato di spesa prescritto. Tale chiave di lettura potrebbe essere considerata anche per le amministrazioni statali (vedi supra).

 

Il comma 5 prevede una ulteriore conseguenza, qualora le amministrazioni non procedano al riordino o all’adozione delle prescritte misure di contenimento della spesa nei termini previsti: scaduti infatti i termini di cui ai commi 1, 2 e 3 senza che si sia provveduto agli adempimenti ivi previsti, è fatto divieto alle amministrazioni di corrispondere compensi ai componenti degli organismi in questione.

Secondo quanto si evince dalla relazione illustrativa che accompagna il ddl di conversione in legge presentato al Senato (AS 741), il comma 5 ha carattere sanzionatorio e, inoltre, vale come “garanzia del conseguimento della percentuale di spesa indicata”.

 

 


Articolo 30
(Verifica delle economie in materia di personale
per regioni ed enti locali)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Il comma 204 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è sostituito dai seguenti:

1. Identico:

«204. Per le amministrazioni regionali e gli enti locali di cui al comma 198, in caso di mancato conseguimento degli obiettivi di risparmio di spesa ivi previsti, è fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo. Ai fini del monitoraggio e della verifica degli adempimenti di cui al citato comma 198, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare previo accordo tra Governo, regioni ed autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro il 30 settembre 2006, viene costituito un tavolo tecnico con rappresentanti del sistema delle autonomie designati dai relativi enti esponenziali, del Ministero dell'economia e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica, della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento degli affari regionali, con l'obiettivo di:

«204. Per le amministrazioni regionali e gli enti locali di cui al comma 198, in caso di mancato conseguimento degli obiettivi di risparmio di spesa ivi previsti, è fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo. Ai fini del monitoraggio e della verifica degli adempimenti di cui al citato comma 198, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare previo accordo tra Governo, regioni ed autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro il 30 settembre 2006, viene costituito un tavolo tecnico con rappresentanti del sistema delle autonomie designati dai relativi enti esponenziali, del Ministero dell'economia e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica, della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento degli affari regionali e del Ministero dell'interno, con l'obiettivo di:

a) acquisire, per il tramite del Ministero dell'economia e delle finanze, la documentazione da parte degli enti destinatari della norma, certificata dall'organo di revisione contabile, delle misure adottate e dei risultati conseguiti;

a) identica;

b) fissare specifici criteri e modalità operative, anche campionarie per i comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti e per le comunità montane con popolazione inferiore a 50.000 abitanti, per il monitoraggio e la verifica dell'effettivo conseguimento, da parte degli enti, dei previsti risparmi di spesa;

b) identica;

c) verificare, sulla base dei criteri e delle modalità operative di cui alla lettera b) e della documentazione ricevuta, la puntuale applicazione della disposizione ed i casi di mancato adempimento;

c) identica;

d) elaborare analisi e proposte operative dirette al contenimento strutturale della spesa di personale per gli enti destinatari del comma 198.

d) identica.

204-bis. Le risultanze delle operazioni di verifica del tavolo tecnico di cui al comma 204 sono trasmesse con cadenza annuale, alla Corte dei conti, anche ai fini del referto sul costo del lavoro pubblico di cui al titolo V del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Il mancato invio della documentazione di cui alla lettera a) del comma 204 da parte degli enti comporta, in ogni caso, il divieto di assunzione a qualsiasi titolo.».

204-bis. Identico.

 

204-ter. Ai fini dell'attuazione dei commi 198, 204 e 204-bis, limitata­mente agli enti locali in condizione di avanzo di bilancio negli ultimi tre esercizi, sono escluse dal computo le spese di personale riferite a contratti di lavoro a tempo determinato, anche in forma di collaborazione coordinata e continuativa, stipulati nel corso dell'anno 2005».

 

 

L’articolo in esame sostituisce con tre commi (204, 204-bis e 204-ter) l'originario comma 204 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, (legge finanziaria 2006) che disciplina la verifica delle economie di spesa per il personale cui sono tenuti regioni, enti del Servizio sanitario nazionale ed enti locali.

 

Si ricorda che ai sensi del successivo (non modificato) comma 206 le disposizioni dei commi 198-205 costituiscono principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.

 

Il testo novellato del comma 204, in sostanza, prevede, per le amministrazioni regionali e gli enti locali:

§       il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, in caso di mancato conseguimento degli obiettivi di risparmio di spesa previsti dal comma 198 della legge finanziaria 2006;

§       la costituzione di un Tavolo tecnico con rappresentanti delle autonomie e dello Stato per acquisire la documentazione pertinente, per fissare le modalità per il monitoraggio della spesa e per elaborare proposte;

 

Si ricorda che il testo previgente del comma 204 disciplinava le modalità di monitoraggio dell'azione di contenimento delle spese per il personale da parte degli enti interessati, utilizzando le stesse procedure previste per il patto di stabilità per il 2005 (art. 1, comma 30, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 - legge finanziaria 2005) per gli enti che vi sono sottoposti, e prevedendo una procedura ad hoc per gli altri.

Il comma 204 prevedeva infatti che le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province e i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti, nonché le comunità montane con popolazione superiore a 50.000, erano tenuti a trasmettere trimestralmente al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro trenta giorni dalla fine del periodo di riferimento, utilizzando il sistema web appositamente previsto per il patto di stabilità interno nel sito www.pattostabilità.rgs.tesoro.it, le informazioni riguardanti sia la gestione di competenza sia quella di cassa, attraverso un prospetto e con le modalità definite con il decreto ministeriale del 28 giugno 2005.

Gli enti del Servizio sanitario nazionale e gli enti locali minori erano sottoposti invece a verifica attraverso un'apposita certificazione, sottoscritta dall'organo di revisione contabile, da inviarsi al Ministero dell'Economia e delle Finanze, entro 60 giorni dalla chiusura dell'esercizio finanziario di riferimento.

 

Il nuovo comma 204 è diretto alle Regioni ed agli enti locali considerati dal comma 198 dell'art. 1 della legge finanziaria 2006, cioè:

-        comuni, province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane ed unioni di comuni (D.Lgs. 267 del 2000[206], articolo 2, comma 1);

-        consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali (D.Lgs. 267 del 2000, articolo 2, comma 2).

 

Si consideri che la nuova formulazione del comma 204 non sembra invece interessare, almeno sul piano letterale, gli enti del Servizio sanitario nazionale (considerati invece, ai fini dei vincoli per il contenimento della spesa, dal citato comma 198), in quanto essi non sono qualificabili "enti locali". Pertanto il controllo sul conseguimento degli obiettivi di risparmio di spesa da parte degli enti del SSN rimarrebbe affidato allo speciale Tavolo tecnico, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, per la verifica degli adempimenti in materia di spesa sanitaria (cfr. art. 1, comma 203, legge finanziaria 2006).

 

Si ricorda che il comma 203, per quanto riguarda gli enti del Servizio sanitario nazionale, precisa che le disposizioni del precedente comma 198 costituiscono “strumento di rafforzamento dell'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, attuativa dell'art. 1, comma 173, della legge 30 dicembre 2004, n. 311”. La norma specifica altresì che gli effetti delle disposizioni dello stesso comma 198, nonché di quelle previste per i medesimi enti del SSN dall’articolo 1, commi 98 e 107, della legge n. 311 del 2004, sono valutati nell'ambito del "tavolo tecnico" per la verifica degli adempimenti previsto all'art. 12 della Intesa del 23 marzo 2005.

L'articolo 1, comma 173, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005 in sede di Conferenza Stato-Regioni) dispone che l'accesso al finanziamento integrativo per il servizio sanitario a carico dello Stato sia subordinato alla stipula di una specifica Intesa volta a garantire il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica.

L’articolo 12 dell’Intesa del 23 marzo scorso stabilisce la composizione ed i compiti del “Tavolo tecnico”, previsto dall’art. 184 della legge n. 311 del 2004 per la verifica degli adempimenti da parte delle singole regioni.

Tale Tavolo tecnico, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, è coordinato da un rappresentante del Ministero dell'economia e composto da rappresentanti degli enti e dei dicasteri coinvolti. Il Tavolo tecnico richiede alle singole Regioni la documentazione necessaria alla verifica degli adempimenti e procede ad un primo esame della documentazione, informando le Regioni, prima della convocazione, sui punti di criticità riscontrati, affinché esse possano presentarsi con le eventuali integrazioni, atte a superare le criticità individuate. Entro il 30 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, fornisce alle Regioni le indicazioni relative alla documentazione necessaria per la verifica degli adempimenti, che le stesse devono produrre entro il successivo 30 maggio; effettua una valutazione del risultato di gestione, a partire dalle risultanze contabili al quarto trimestre ed esprime il proprio parere entro il 30 luglio dell'anno successivo a quello di riferimento; riferisce sull'esito delle verifiche al Tavolo politico, che esprime il suo parere entro il 30 settembre dell'anno successivo a quello di riferimento. Riferisce, altresì, al tavolo politico su eventuali posizioni discordanti. Nel caso che tali posizioni riguardino la valutazione degli adempimenti di una singola Regione, la stessa viene convocata dal Tavolo politico.

 

Agli enti indicati, in caso di mancato conseguimento degli obiettivi di risparmio di spesa previsti nel citato comma 198, è fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo.

 

Si ricorda che il comma 198 prevede che le Regioni, gli enti del Servizio sanitario nazionale e gli enti locali devono adottare le misure necessarie a garantire che la spesa per il personale per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 venga ridotta dell'1% rispetto a quella del 2004. L'aggregato di spesa è identificato in modo ampio, e quindi comprensivo degli oneri a carico delle amministrazioni e dell'IRAP sulle retribuzioni, degli oneri per il personale a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, o che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni.

Il comma 198 conferma comunque gli obiettivi di riduzione di spesa per il personale già fissati dalla legge finanziaria per il 2005 (articolo 1, commi 98 e 107, della legge 30 dicembre 2004, n. 311).

A tal proposito si ricorda che il comma 98 della legge n. 311/2004 prevede - a sua volta - che con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata, per le amministrazioni regionali, gli enti locali di cui all'articolo 2, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e gli enti del Servizio sanitario nazionale, sono fissati criteri e limiti per le assunzioni per il triennio 2005-2007, previa attivazione delle procedure di mobilità e fatte salve le assunzioni del personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale. Le misure di cui al comma 98 devono garantire, per le regioni e le autonomie locali, la realizzazione di economie di spesa lorde non inferiori a 213 milioni di euro per l'anno 2005, non inferiori a 572 milioni di euro per l'anno 2006, a 850 milioni di euro per l'anno 2007 e a 940 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008. Per gli enti del Servizio sanitario nazionale, devono garantire economie di spesa lorde non inferiori a 215 milioni di euro per l'anno 2005, a 579 milioni di euro per l'anno 2006, a 860 milioni di euro per l'anno 2007 e a 949 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008.

Inoltre il comma 107 della legge n. 311/2004 prevede che per le regioni, le autonomie locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale le economie derivanti dall'attuazione delle disposizioni conseguenti a misure limitative delle assunzioni per gli anni 2006, 2007 e 2008 restano acquisite ai bilanci degli enti ai fini del miglioramento dei relativi saldi.

Si ricorda infine che, in attuazione del citato comma 98 citato, sono stati emanati i previsti D.P.C.M. relativi ai criteri e limiti per le assunzioni per il triennio 2005-2007. che, distintamente per il personale delle Regioni e del S.S.N. e per il personale degli enti locali, recepiscono sostanzialmente il contenuto dell’Accordo del 24 novembre 2005 concluso in sede di Conferenza unificata. Si tratta: per la parte relativa al personale delle Regioni e del SSN, del D.P.C.M. 15 febbraio 2006, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 2 marzo 2006, n. 51; per la parte relativa al personale degli enti locali, del D.P.C.M. 15 febbraio 2006, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 3 marzo 2006, n. 52.

 

Il comma 204 in esame sembrerebbe pertanto prevedere il divieto di procedere a nuove assunzioni nel caso non venga rispettato anche uno solo dei seguenti obiettivi di risparmio:

-        riduzione della spesa per il personale, per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, dell'1% rispetto a quella del 2004, secondo quanto previsto dal citato comma 198 della legge n. 266/2005[207];

-        realizzazione delle economie di spesa previste dal citato comma 98 della legge n. 311/2004 (cfr. supra), espressamente confermate dallo stesso comma 198 della legge n. 266/2005.

 

Al fine del monitoraggio e della verifica di tali obiettivi di risparmio da parte degli enti interessati, il medesimo comma 204 prevede che, con D.P.C.M. da emanare previo accordo da concludere in sede di Conferenza unificata entro il 30 settembre 2006, si provveda a costituire un Tavolo tecnico con rappresentanti del sistema delle autonomie designati dai relativi enti esponenziali, del Ministero dell'Economia e delle Finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica, della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica e del Ministero dell’interno.

 

Si osserva che andrebbe chiarito il riferimento agli "enti esponenziali del sistema delle autonomie" (da intendersi: "territoriali").

 

Gli obiettivi del "tavolo tecnico" sono:

a)      acquisire, per il tramite del Ministero dell'Economia e delle Finanze, la documentazione da parte degli enti destinatari della norma, certificata dall'organo di revisione contabile, delle misure adottate e dei risultati conseguiti con riferimento agli obiettivi di contenimento della spesa per il personale di cui al citato comma 198 (cfr. infra, comma 204-bis, per il divieto di assunzione nel caso di mancato invio della documentazione in oggetto);

b)      fissare specifici criteri e modalità operative per il monitoraggio e la verifica dell'effettivo conseguimento, da parte degli enti, dei previsti obiettivi di contenimento della spesa. La verifica potrà essere effettuata a campione solamente per i comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti e per le comunità montane con popolazione inferiore a 50.000 abitanti;

c)      verificare, sulla base dei predetti criteri e modalità operative, oltreché della documentazione ricevuta, la puntuale applicazione della disposizione ed i casi di mancato adempimento;

d)      elaborare analisi e proposte operative dirette al contenimento strutturale della spesa di personale per le Regioni e gli enti locali.

 

Ai sensi del comma 204-bis, il risultato della verifica del Tavolo tecnico è trasmesso annualmente alla Corte dei Conti, anche ai fini del referto sul costo del lavoro pubblico di cui al titolo V del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

 

Si ricorda che il Titolo V del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, recante Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, è intitolato al controllo della spesa (ovviamente, per quanto riguarda il personale) e contiene articolate disposizioni tese, tra l'altro, all'adozione di misure correttive rivolte a ripristinare l'equilibrio di bilancio. In particolare l’art. 60, al comma 4, attribuisce alla Corte dei conti il compito di riferire annualmente al Parlamento[208] sulla gestione delle risorse destinate al personale del settore pubblico. Il comma 2 del citato art. 60 dispone pertanto che le amministrazioni pubbliche coinvolte presentino, entro il mese di maggio di ogni anno, alla Corte dei conti, per il tramite del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato ed inviandone copia alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, il conto annuale delle spese sostenute per il personale, rilevate secondo apposito modello, accompagnato da una relazione, con cui le amministrazioni espongono i risultati della gestione del personale, con riferimento agli obiettivi che, per ciascuna amministrazione, sono stabiliti dalle leggi, dai regolamenti e dagli atti di programmazione. La mancata presentazione del conto e della relativa relazione determina, per l'anno successivo a quello cui il conto si riferisce, l'applicazione delle misure “sanzionatorie” di cui all'articolo 30, comma 11, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni. Al riguardo si ricorda che l’art. 30 della legge 5 agosto 1978, n. 468, prescrive l’obbligo a carico degli enti territoriali e di altre amministrazioni pubbliche di trasmettere una serie di dati ed informazioni (sia preventivi che consuntivi) relativi alla gestione contabile e al bilancio; in particolare il comma 11 dispone che nessun versamento a carico del bilancio dello Stato possa essere effettuato agli enti territoriali, alle regioni e alle altre amministrazioni pubbliche interessate se non risultano regolarmente adempiuti gli obblighi di comunicazione previsti a loro carico.

 

Il comma 204-bis dispone inoltre che il mancato invio della documentazione di cui alla lettera a) del comma 204 comporta, in ogni caso, il divieto di procedere a nuove assunzioni a qualsiasi titolo per gli enti inadempienti.

 

Si osserva che sarebbe opportuno prevedere espressamente il divieto di assunzione anche nel caso di invio di documentazione incompleta.

 

Dal punto di vista finanziario, secondo la relazione tecnica allegata al disegno di legge iniziale, le disposizioni dei nuovi commi 204 e 204-bis comportano effetti, a regime, per circa 100 milioni di euro lordi. In particolare, per l’anno in corso si valuta che l’effetto deterrente sugli enti, unito alle conseguenze dirette dei lavori del tavolo tecnico da nominare sollecitamente, possa produrre effetti nell’ordine di 30 milioni di euro lordi in termini di recupero della quota di economie a rischio considerate nell’aggiornamento dei tendenziali di finanza pubblica.

La disposizione non comporterebbe oneri per il funzionamento del tavolo tecnico (non essendo previsto alcun compenso per i componenti per i quali, peraltro, si tratterebbe solo di una specifica e periodica modalità di confronto interistituzionale).

Gli effetti sui saldi di finanza pubblica, tenuto conto degli effetti indotti, sarebbero nulli per il Saldo netto da finanziare, e di 16, 52, 52 e 52 milioni di euro per gli anni dal 2006 al 2009 per il Fabbisogno e per l'Indebitamento netto.

 

Infine il comma 204-ter prevede una disposizione volta a “premiare” gli enti locali più virtuosi, ai fini dei limiti previsti per la spesa relativa al personale.

In particolare si prevede che “ai fini dell’attuazione dei commi 198, 204 e 204-bis” – con esclusivo riferimento agli enti locali che presentano un bilancio in avanzo negli ultimi tre esercizi - sono escluse dal computo delle spese per il personale i costi relativi a contratti di lavoro a tempo determinato e a contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati nel corso del 2005.

 

Si osserva che, sul piano della formulazione, sarebbe opportuno sostituire le parole “, anche in forma di collaborazione coordinata e continuativa” con le seguenti “o a contratti di collaborazione coordinata e continuativa”.


Articolo 31
(Riorganizzazione del servizio di controllo interno)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. All'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, le parole: «anche ad un organo collegiale» sono sostituite dalle seguenti: «ad un organo monocratico o composto da tre componenti. In caso di previsione di un organo con tre componenti viene nominato un presidente.».

1. Identico.

2. Il contingente di personale addetto agli uffici preposti all'attività di valutazione e controllo strategico, ai sensi dell'articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modi­ficazioni, non può superare il numero massimo di unità pari al 10 per cento di quello complessivamente assegnato agli uffici di diretta collaborazione degli organi di indirizzo politico.

2. Il contingente di personale addetto agli uffici preposti all'attività di valutazione e controllo strategico, ai sensi dell'articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non può superare il numero massimo di unità pari al 10 per cento di quello complessivamente asse­gnato agli uffici di diretta collaborazione degli organi di indirizzo politico.

 

 

L’articolo in esame è volto, secondo quanto si evince dalla relazione illustrativa, a introdurre “elementi di contenimento nell’ambito della composizione del collegio di direzione del Servizio di Controllo Interno”.

 

La norma di cui al comma 1 interviene con la tecnica della novella sull’art. 6, co. 3 del D.Lgs. 286/1999 Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59. La disposizione novellata, nel testo previgente, prevedeva che nelle amministrazioni dello Stato i compiti di valutazione e controllo strategico fossero affidati ad apposito ufficio denominato "servizio di controllo interno" e dotato di adeguata autonomia operativa. La direzione dell'ufficio, in particolare, poteva essere dal Ministro affidata anche ad un organo collegiale, ferma restando la possibilità di ricorrere, anche per la direzione stessa, ad esperti estranei alla pubblica amministrazione.

 

A seguito delle modifiche introdotte dal comma 1 dell’articolo in esame, la direzione dell’ufficio può essere affidata:

-        ad un organo monocratico;

-        ad un organo collegiale composto da un massimo di tre membri.

La norma prevede che, in caso di opzione per il collegio, si debba provvedere alla nomina di un presidente.

 

Si ricorda che l'attività di valutazione e controllo strategico mira a verificare, in funzione dell'esercizio dei poteri di indirizzo da parte dei competenti organi, l'effettiva attuazione delle scelte contenute nelle direttive ed altri atti di indirizzo politico. L'attività stessa consiste nell'analisi, preventiva e successiva, della congruenza e/o degli eventuali scostamenti tra le missioni affidate dalle norme, gli obiettivi operativi prescelti, le scelte operative effettuate e le risorse umane, finanziarie e materiali assegnate, nonché nella identificazione degli eventuali fattori ostativi, delle eventuali responsabilità per la mancata o parziale attuazione, dei possibili rimedi.

 

Il comma 2 stabilisce un tetto massimo per il personale di diretta collaborazione addetto agli uffici preposti alla attività di valutazione e controllo strategico: il relativo contingente non può superare il numero massimo di unità pari al 10 % di quello complessivamente assegnato agli uffici di diretta collaborazione degli organi di indirizzo politico.

 

Dal punto di vista della tecnica normativa, posto che la norma in esame pare introdurre una limitazione non temporanea, potrebbe valutarsi l’opportunità di formulare il comma in forma di novella, sulla falsariga del comma 1.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. 165/2001, per l'esercizio delle proprie funzioni il Ministro si avvale di uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l'amministrazione, istituiti e disciplinati con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

 

Va infine considerato che, quanto all’ambito soggettivo della modifica, in base all’art. 10 del D.Lgs. 286/1999 le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono alle finalità di cui al decreto stesso nell'ambito delle proprie competenze, secondo quanto previsto dai rispettivi statuti e relative norme di attuazione; le amministrazioni non statali provvedono, nelle forme previste dalla vigente legislazione, a conformare il proprio ordinamento ai princìpi dettati dal decreto (fermo restando, comunque, quanto previsto dall'articolo 1, commi 2 e 3[209] del decreto stesso), anche in deroga a specifiche disposizioni di legge non compatibili con i princìpi stessi.


Articolo 32
(Contratti di collaborazione)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 32.

(Contratti di collaborazione).

Articolo 32.

(Contratti di collaborazione).

1. Ai fini del contenimento della spesa e del coordinamento della finanza pubblica, all'articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i commi 6, 6-bis e 6-ter sono sostituiti dai seguenti:

1. Ai fini del contenimento della spesa e del coordinamento della finanza pubblica, all'articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il comma 6 è sostituito dai seguenti:

«6. Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di provata competenza, in presenza dei seguenti presupposti:

«6. Identico.

a) l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione con­ferente e ad obiettivi e progetti specifici e determinati;

 

b) l'amministrazione deve avere preli­minarmente accertato l'impossibilità og­gettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;

 

c) la prestazione deve essere di natu­ra temporanea e altamente qualificata;

 

d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

 

6-bis. Le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secon­do i propri ordinamenti, procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione.

6-bis. Identico.

6-ter. I regolamenti di cui all'articolo 110, comma 6, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, si adeguano ai princìpi di cui al comma 6.».

6-ter. I regolamenti di cui all'articolo 110, comma 6, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, si adeguano ai princìpi di cui al comma 6.».

 

 

L’articolo 32 reca disposizioni in materia di conferimento di incarichi individuali da parte delle pubbliche amministrazioni ad esperti di provata competenza per esigenze cui non può far fronte con il personale in servizio, introducendo una disciplina più dettagliata e rigorosa rispetto a quella vigente. A tal fine, all’art. 7 del D.Lgs. 165/2001, viene riformulato il comma 6 e vengono introdotti i nuovi commi 6-bis e 6-ter.

 

Si consideri che l’articolo in esame riproduce sostanzialmente (con marginali modifiche) le disposizioni inizialmente contenute nell’articolo 13 del D.L. 10 gennaio 2006, n. 4[210], articolo successivamente soppresso durante l’esame parlamentare.

 

L’articolo in esame quindi in primo luogo riformula il comma 6 dell’articolo 7 del D.Lgs. 165 del 2001[211].

 

Si ricorda che il comma 6 in esame, nella previdente formulazione, prevedeva che le pubbliche amministrazioni possono conferire incarichi individuali da parte della P.A. ad esperti di provata competenza per esigenze cui non può far fronte con il personale in servizio, determinando preventivamente la durata, il luogo, l’oggetto ed il compenso della collaborazione.

 

In relazione all’eccessivo utilizzo da parte della P.A. di tali contratti (secondo la relazione presentata dal Governo al D.L. 4 del 2006 negli anni dal 2001 al 2004 si era passati da 63.243 contratti a 206.451) l’articolo in esame, riscrivendo il disposto del comma 6 dell’articolo 7 del D.Lgs. 165, prevede invece che il conferimento di incarichi ad esperti possa avvenire solo in presenza dei seguenti presupposti:

corrispondenza dell’oggetto della prestazione alle competenze proprie dell’amministrazione interessata, nonché ad obiettivi e progetti specifici e determinati;

impossibilità oggettiva da parte dell’amministrazione ad utilizzare il personale alle proprie dipendenze;

temporaneità della prestazione e alta qualificazione della medesima;

preventiva determinazione di: durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

 

Inoltre, con il nuovo comma 6-bis dell’articolo 7, viene fatto obbligo per le amministrazioni pubbliche di definire e rendere pubbliche le procedure comparative per l’assegnazione degli incarichi di collaborazione, secondo i propri ordinamenti.

 

Infine, con il comma 6-ter all’articolo 7 del D.Lgs. 165 si stabilisce che i regolamenti di cui all’art. 110, comma 6, del testo unico di cui al D.Lgs. 267/2000[212] si adeguano ai principi di cui al precedente comma 6.

 

Si ricorda che il citato art. 110, comma 6, prevede che il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti locali può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità, per obiettivi determinati e con convenzioni a termine.

 

In sostanza le disposizioni di cui al comma 6 illustrate in precedenza costituiscono norme di principio cui devono attenersi i regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti locali nel disciplinare il conferimento di incarichi di consulenza ad alto contenuto di professionalità.

 

Si ricorda che in materia di contratti di collaborazione coordinata e continuativa è intervenuta di recente la legge finanziaria per il 2006 (L. 266 del 2005) che all’articolo 1, comma 187, nel dettare disposizioni limitative dell’utilizzo di personale a tempo determinato da parte delle amministrazioni dello stato e di altre pubbliche amministrazioni, ha stabilito che – a decorrere dall’anno 2006 - le amministrazioni richiamate possano avvalersi di personale a tempo determinato, o con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, solo entro il limite del 60% della spesa sostenuta, per tali finalità, nell’anno 2003.

 

Si ricorda, inoltre, che la circolare del 15 luglio 2004, n. 4, del Dipartimento della funzione pubblica, ha evidenziato alcuni aspetti delle collaborazioni coordinate e continuative nella pubblica amministrazione, specificamente per quanto concerne i presupposti e i limiti alla stipula dei contratti, gli aspetti relativi all'oggetto degli incarichi e agli elementi caratteristici del rapporto che lo differenziano rispetto al lavoro subordinato, il regime fiscale e previdenziale nonché l’autonomia contrattuale.

Relativamente ai presupposti, la circolare evidenzia la possibilità di ricorrere a rapporti di collaborazione solo per prestazioni di elevata professionalità, contraddistinte da una elevata autonomia nel loro svolgimento, tale da caratterizzarle quali prestazioni di lavoro autonomo, in quanto in caso contrario sarebbero aggirate e violate le norme sull’accesso alla pubblica amministrazione tramite concorso pubblico, in contrasto con i principi costituzionali (articoli 51 e 97 della Costituzione).

L’affidamento dell’incarico a terzi, quindi, può avvenire solamente nell’ipotesi in cui l’amministrazione non sia in grado di far fronte ad una particolare e temporanea esigenza con le risorse professionali presenti in quel momento al suo interno. Da ciò l’impossibilità di affidare, mediante rapporti di collaborazione, i medesimi compiti che sono svolti dai dipendenti dell’amministrazione, proprio al fine di evitare una duplicazione delle funzioni ed un aggravio di costi.

La Circolare sottolinea che tale connotazione del rapporto di collaborazione e' stata ravvisata anche dalla Corte dei conti, che in più occasioni ha ribadito l'impossibilita' di affidare, mediante rapporti di collaborazione, i medesimi compiti che sono svolti dai dipendenti dell'amministrazione, proprio al fine di evitare una duplicazione delle funzioni ed un aggravio di costi[213]. Al riguardo vengono elencati i seguenti principi guida elaborati dalla Corte, quali condizioni necessarie per il conferimento degli incarichi:

-          rispondenza dell'incarico agli obiettivi dell'amministrazione conferente;

-          impossibilità per l'amministrazione conferente di procurarsi all'interno della propria organizzazione le figure professionali idonee allo svolgimento delle prestazioni oggetto dell'incarico;

-          specifica indicazione delle modalità e dei criteri di svolgimento dell'incarico;

-          temporaneità dell'incarico;

-          proporzione fra compensi erogati all'incaricato e le utilità conseguite dall'amministrazione;

-          essere stipulati per iscritto, con l’indicazione dell'oggetto della prestazione e della durata della collaborazione.

La necessità di ricorrere ad un incarico di collaborazione coordinata e continuativa, deve costituire, dunque, un rimedio eccezionale per far fronte ad esigenze peculiari per le quali l'amministrazione necessita dell'apporto di apposite competenze professionali.

La circolare, inoltre, nell'affermare la possibilità di prorogare il contratto ove ciò sia funzionale al raggiungimento dello scopo per il quale questo è stato posto in essere, evidenzia altresì l'illegittimità di una successione indiscriminata e non giustificata di proroghe o di rinnovi, in quanto la necessità di ricorrere ad un incarico di collaborazione esterna - e nello specifico di collaborazione coordinata e continuativa - deve costituire un rimedio eccezionale per far fronte ad esigenze peculiari per le quali l’amministrazione necessita dell’apporto di apposite competenze professionali.

Per quanto concerne il contenuto della prestazione, la circolare afferma che, in sostanza, il vero criterio distintivo del rapporto di lavoro in esame “può essere individuato nella mancanza del vincolo di subordinazione, come risulta invece disciplinato negli articoli 2094, 2086 e 2104 del codice civile”.

In ordine alle caratteristiche della collaborazione coordinata e continuativa, sempre la circolare sottolinea che esse risiedono, oltre alla mancanza del vincolo di subordinazione, nell’autonomia nell’eseguire la prestazione e nell’impossibilità di applicare automaticamente gli istituti tipici del lavoro subordinato, quali l’obbligo di prestazione oraria e il relativo controllo delle presenze.

Infine, per quanto riguarda l’autonomia contrattuale, non potendo andare contro le disposizioni riguardanti l’assunzione dei lavoratori da parte delle pubbliche amministrazioni (quale sarebbe l’automatica conversione del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, come avviene per il settore privato a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 276 del 2003), la circolare afferma che “la tutela attualmente accordabile al collaboratore delle amministrazioni pubbliche, nel caso di stipulazione del contratto al di fuori dei presupposti di legge, non potrà mai determinarsi la conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ma potrà estrinsecarsi esclusivamente in forma risarcitoria e cioè nei limiti di cui all’art. 2126 c.c. (e solo qualora il contratto di collaborazione abbia la sostanza del rapporto di lavoro subordinato, con conseguente diritto del lavoratore a tutte le differenze retributive e alla ricostruzione della posizione contributiva e previdenziale). In tal caso, si potrebbe certamente configurare una responsabilità amministrativa del dirigente che ha stipulato il contratto di co.co.co illegittimo, con addebito del danno erariale verificatosi”.

 


Articolo 33
(Trattenimento in servizio dei dipendenti pubblici)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Il secondo, terzo, quarto e quinto periodo dell'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, sono soppressi.

Identico.

2. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con esclusione degli appartenenti alla carriera diplomatica e prefettizia, del personale delle forze armate e delle forze di polizia ad ordinamento militare e ad ordinamento civile, del personale del corpo nazionale dei vigili del fuoco, nei confronti dei quali alla data di entrata in vigore del presente decreto sia stata accolta e autorizzata la richiesta di trattenimento in servizio sino al settantesimo anno di età, possono permanere in servizio alle stesse condizioni giuridiche ed economiche, anche ai fini del trattamento pensionistico, previste dalla normativa vigente al momento dell'accoglimento della richiesta.

 

3. I limiti di età per il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici risultanti anche dall'applicazione dell'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, si applicano anche ai fini dell'attribuzione degli incarichi dirigenziali di cui all'articolo 19, comma 6, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001.

 

 

 

I commi 1 e 2 dell’articolo in esame modificano la disciplina generale, di cui all'art. 16, comma 1, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503[214], e successive modificazioni, relativa alle possibilità per i dipendenti pubblici di restare in servizio oltre il limite di età per il collocamento a riposo (limite pari, in linea di massima, al compimento del sessantacinquesimo anno di età).

 

Si ricorda che il primo periodo dell'art. 16, comma 1, del D.Lgs. n. 503 prevede la facoltà per i dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio per un periodo massimo di un biennio, oltre il limite di età per il collocamento a riposo.

Inoltre, i periodi dal secondo al quinto dello stesso art. 16, comma 1, introdotti dall'art. 1-quater, del D.L. 28 maggio 2004, n. 136, hanno previsto per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni – con l’esclusione di talune categorie – la facoltà di richiedere il trattenimento in servizio fino al compimento del 70° anno di età. La permanenza in servizio è subordinata all’accoglimento della domanda da parte dell’amministrazione di appartenenza.

Sono esclusi dall’ambito dell’applicazione della norma le seguenti categorie di personale:

§       il personale della carriera diplomatica;

§       il personale della carriera prefettizia;

§       il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento militare e ad ordinamento civile;

§       il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Le disposizioni su citate specificano che domanda è sottoposta al vaglio dell’amministrazione di appartenenza che può accoglierla, previa valutazione dell’interesse stesso dell’Amministrazione, in relazione all’esperienza professionale del richiedente ed all’efficiente andamento dei servizi, tenuto conto delle norme in materia di riduzione dell’organico del personale della P.A., introdotto dall'art. 39 della legge n. 449/1997 (collegata alla manovra di finanza pubblica per il 1998) e disciplinato per le varie annualità dalle recenti leggi finanziarie.

 

Per quanto concerne la riduzione programmata del personale nelle pubbliche amministrazioni, la normativa è stata introdotta dall'art. 39 della legge n. 449/1997 (collegata alla manovra di finanza pubblica per il 1998) in sostituzione dei meccanismi di blocco delle assunzioni previsti nelle precedenti manovre finanziarie e successivamente modificata. La normativa citata stabilisce un principio generale (la programmazione triennale del fabbisogno di personale) valido per tutte le pubbliche amministrazioni; vengono poi dettate specifiche disposizioni sugli obiettivi di riduzione annuale del personale in servizio e sulle procedure di autorizzazione alle assunzioni, che si applicano direttamente solo alle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, ed agli enti pubblici non economici con organico superiore a 200 unità.

La legge 388 del 2000 (legge finanziaria 2001) ha poi esteso agli anni 2002 e 2003 gli obiettivi diriduzione del personale in servizio presso le amministrazioni dello Stato, prevedendo, per ciascuno dei due anni indicati, una riduzione ulteriore di personale non inferiore allo 0,5% rispetto al personale in servizio alla data del 31 dicembre 1997 (art. 51). Tale disposizione è stata successivamente sostituita con quella recata dal comma 3 dell’articolo 19 della legge 448 del 2001 (legge finanziaria 2002), che ha disposto per ciascuno degli anni 2003 e 2004 una riduzione di personale dell’1% rispetto al personale in servizio alla data del 31 dicembre 2002 e da quella del comma 22 dell’articolo 34 della legge 289 del 2002 (legge finanziaria 2003) che ha stabilito un’ulteriore riduzione dell’1% - rispetto al personale in servizio al 31 dicembre 2003 – per ciascuno degli anni 2004 e 2005. In seguito l’articolo 3, comma 69, della Legge 350 del 2003 (legge finanziaria 2004) ha stabilito per gli anni 2005-2006 una riduzione dell’1% dell’organico in servizio alla data del 31.12.2004[215].

Si consideri inoltre che sul punto è intervenuto anche il comma 99 della legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005), che prevede che le disposizioni in materia di limitazione delle assunzioni e di rideterminazione dell’organico delle pubbliche amministrazioni previste dalla stessa legge finanziaria hanno effetto e quindi si applicano anche sul trattenimento in servizio fino al compimento del 70° anno di età che può essere chiesto dai dipendenti della P.A. A tal proposito si ricorda, tra l’altro, il comma 95 della stessa legge n. 311 hanno disposto per le amministrazioni statali[216] il divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per il triennio 2005-2007 (c.d. “blocco del turn over”). Sono previste deroghe per alcune categorie di personale. Una disposizione di analogo tenore era già contenuta nelle precedenti leggi finanziarie: tuttavia, rispetto alle precedenti discipline, il blocco riguarda non un solo anno, ma un triennio (2005-2007). E' stato inoltre previsto che, trascorso tale periodo, le amministrazioni possano assumere personale entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno precedente (art. 1, comma 103). Inoltre il comma 96 reca una deroga di carattere generale al divieto di assunzioni: le amministrazioni per le quali è previsto il blocco del “turn-over” – previo effettivo ricorso alle procedure di mobilità ed al fine di fronteggiare indifferibili esigenze di serviziodi particolare rilevanza ed urgenza - nel triennio 2005-2007 possono assumere personale entro un limite complessivo di spesa annua lorda pari a 120 milioni di euro a regime. A tal fine viene istituito un apposito Fondo nello stato di previsione della spesa del il Ministero dell’economia. Lo stanziamento del Fondo è stato determinato in 40 milioni di euro per l’anno 2005, 160 milioni per il 2006, 280 milioni per il 2007 e 360 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008.

 

Inoltre il dipendente trattenuto in servizio può essere destinato a compiti diversi da quelli svolti. Il periodo di permanenza in servizio non dà diritto ad incentivi al posticipo del pensionamento, né al pagamento dei contributi pensionistici e non rileva ai fini della determinazione del trattamento pensionistico.

 

Pertanto il comma 1 dell’articolo in esame sopprime la possibilità per i dipendenti pubblici di trattenimento in servizio fino al compimento del settantesimo anno d'età.

 

La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del decreto legge motiva la soppressione della possibilità del trattenimento in servizio fino al settantesimo anno di età affermando che l’istituto "ha rappresentato un costo per il settore pubblico, sia per il correlato mantenimento di retribuzioni più elevate rispetto ad un nuovo assunto nel contesto di una disciplina di forte contenimento delle assunzioni, sia in termini di funzionalità trattandosi di un ulteriore impedimento alle esigenze di ricambio generazionale".

 

In base alla norma transitoria di cui al successivo comma 2, i soggetti già autorizzati al medesimo trattenimento in servizio entro la data di entrata in vigore del decreto legge (cioè, entro il 4 luglio 2006) possono permanere in servizio, alle stesse condizioni giuridiche ed economiche, anche ai fini del trattamento pensionistico, previste dalla disciplina sopra ricordata (vigente al momento dell’accoglimento della richiesta di trattenimento in servizio).

 

Il comma 3 dispone che i limiti di età per il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici - tenendo conto anche dalla facoltà di permanere in servizio per un periodo massimo di un biennio oltre il sessantacinquesimo anno d’età - si applichino anche ai fini del conferimento degli incarichi dirigenziali a soggetti esterni alle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 19, comma 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni .

 

Si ricorda che l’art. 19, comma 6, prevede la possibilità, secondo certe condizioni, di conferire incarichi di funzione dirigenziale a personale esterno ai ruoli dei dirigenti con contratto a tempo determinato.

La durata di tali incarichi, comunque, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4 (incarichi di Segretario generale di ministeri, incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e incarichi di livello equivalente, incarichi di funzione dirigenziale di livello generale) il termine di tre anni, e per tutti gli altri incarichi di funzione dirigenziale il termine di cinque anni.

Il numero di incarichi non può comunque eccedere per ciascuna amministrazione una certa soglia, pari al 10% della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia e l’8% di quella di seconda fascia. Inoltre, gli incarichi ad esterni devono essere conferiti a personale di particolare e comprovata esperienza professionale.

 

Sembrerebbe, anche in considerazione dell’intentio legis, che la disposizione sia volta a precisare che l’attribuzione di incarichi dirigenziali a soggetti esterni deve in ogni caso rispettare il limite di età per il collocamento a riposo dei pubblici dipendenti (65 anni più eventualmente la permanenza in servizio per un altro biennio), per cui in sostanza il soggetto esterno non potrebbe ricevere incarichi la cui scadenza sia successiva al compimento dell’età massima per il collocamento a riposo. Se si accedesse a tale interpretazione, andrebbe chiarito se la disposizione si applica anche agli incarichi già attribuiti e in corso di svolgimento (che quindi dovrebbero cessare al compimento dell’età per il collocamento a riposo).

Tuttavia è possibile anche un’altra opzione interpretativa meno restrittiva, secondo cui gli incarichi dirigenziali non potrebbero essere conferiti a soggetti esterni che abbiano già superato l’età massima per il collocamento a riposo.

Sarebbe quindi opportuna una formulazione che chiarisca meglio la portata della norma.

 

Secondo la relazione illustrativa, il comma 3 reca "una misura necessaria di equità e razionalizzazione, tenuto conto della prassi instauratasi in molte amministrazioni di attribuire un incarico dirigenziale, in qualità di estraneo, allo stesso dirigente cessato dal servizio per limiti di età, con mantenimento della stessa retribuzione complessiva".

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Pensioni

La Commissione ha presentato, il 13 febbraio 2006, la relazione congiunta sulla protezione sociale e sull’inclusione sociale 2006 (COM(2006)62), successivamente presentata al Consiglio europeo di primavera 2006.

La relazione congiunta si basa sui piani e sugli orientamenti politici formulati dagli Stati membri nel 2005 riguardo ai tre grandi temi dell’inclusione sociale, delle pensioni e della salute e cure sanitarie di lunga durata, presentati nell’ambito del metodo di coordinamento aperto[217].

Il documento della Commissione sottolinea la necessità di un’interazione efficace del metodo di coordinamento aperto con il processo rivisto di Lisbona, affinché le politiche di protezione sociale e di inclusione sostengano quelle per la crescita e l’occupazione, e queste ultime rafforzino gli obiettivi sociali.

Per quanto riguarda le pensioni, la relazione sottolinea, in particolare, che le relazioni sulle strategie nazionali per le pensioni pongono in evidenza l’interconnessione tra i tre obiettivi generali di adeguatezza, sostenibilità e aggiornamento.

Nell’evidenziare le sfide emerse dall’esame dei piani nazionali, la relazione congiunta pone l’accento sulla necessità di rafforzare le misure che incoraggiano il prolungamento della vita attiva. Al riguardo ricorda che ciò costituisce, nel contesto della strategia di Lisbona, un obiettivo europeo, che si traduce nella volontà di portare a 50% il tasso di occupazione dei lavoratori anziani (55-64 anni) e di aumentare di cinque anni l’età effettiva di uscita dal mercato del lavoro. La relazione ricorda che le riforme in corso presso gli Stati membri dell’UE presentano molte differenze, e che in alcuni casi è necessario un ripensamento della questione dell’uscita precoce dal mercato del lavoro. Sottolinea inoltre che affinché i regimi di pensionamento incentivino il prolungamento della vita lavorativa, è necessario che i lavoratori anziani beneficino di un accesso adeguato a posti di lavoro appropriati.

La relazione congiunta considera una priorità promuovere un approccio al lavoro basato sul ciclo di vita, stabilendo un rapporto più stretto fra contributi e prestazioni e garantendo un accesso alla pensione che permetta di mantenere un livello di vita adeguato.

 

E’ opportuno ricordare al riguardo che il Consiglio europeo di primavera 2006 ha adottato un nuovo quadro per il processo di protezione e inclusione sociale, sulla base della comunicazione della Commissione “Lavorare insieme, lavorare meglio: un nuovo quadro per il coordinamento aperto delle politiche di protezione sociale e di integrazione nell’Unione europea“ (COM(2005)706). In tale ambito sono stati adottati nuovi obiettivi comuni in materia di protezione sociale relativi a ciascuno dei tre assi di intervento: inclusione, pensioni, cure sanitarie e di lunga durata.

Sulla base degli obiettivi individuati, gli Stati membri presenteranno nell’autunno del 2006 le strategie nazionali per la protezione sociale e l’integrazione sociale[218], secondo un quadro razionalizzato che interagisca in modo più efficace con la strategia di Lisbona riveduta.

Linee direttrici integrate per la crescita e l’occupazione

L’importanza di una migliore interazione tra regimi previdenziali e mercato del lavoro è sottolineata anche nell’ambito delle linee direttrici integrate per la crescita e l’occupazione per il periodo 2005-2008[219], approvate dal Consiglio europeo di giugno 2005in conformità alla richiesta del Consiglio europeo di Bruxelles del 22-23 marzo 2005.

Le linee direttrici si articolano in:

§       una raccomandazione[220] del Consiglio del 12 luglio 2005 recante i grandi orientamenti di politica economica (GOPE)[221], applicabili a tutti gli Stati membri e alla Comunità.

§       una decisione del Consiglio del 12 luglio 2005 recante le linee direttrici per l’occupazione[222] che enunciano gli obiettivi generali e le azioni prioritarie in materia di occupazione nell’Unione europea e nei suoi Stati membri.

In particolare, secondo l’orientamento n. 2, occorre salvaguardare la sostenibilità dell’economia nel lungo periodo in vista dell’invecchiamento della popolazione.

A tal fine, gli Stati membri dovrebbero, tra l’altro, riformare e rafforzare i regimi pensionistici, previdenziali e sanitari per assicurarne l’efficienza finanziaria, l’accessibilità e l’adeguatezza sociale.

 

In base all’orientamento n. 18 occorre promuovere un approccio al lavoro basato sul ciclo di vita, tramite, in particolare:

-        il sostegno all’invecchiamento attivo, comprese condizioni di lavoro appropriate, miglioramento dello stato di salute (sul lavoro) e adeguati incentivi al lavoro e disincentivi al prepensionamento;

-        regimi previdenziali moderni, compresi le pensioni e i sistemi sanitari, che si rivelino adeguati, finanziariamente sostenibili e rispondenti alle mutevoli necessità, in modo tale da stimolare l’attività professionale e il prolungamento della vita lavorativa.

 

Sulla base delle linee direttrici, gli Stati membri hanno definito programmi di riforma nazionali[223], che sono stati oggetto di consultazione con le parti interessate e successivamente esaminati dalla Commissione europea[224].

Il Consiglio europeo di primavera del 23 e 24 marzo 2006, ha accolto favorevolmente la relazione annuale presentata dalla Commissione sui progressi nell’attuazione della strategia di Lisbona rinnovata e ha definito i settori specifici per azioni prioritarie da attuare entro la fine del 2007; in tale ambito il Consiglio europeo ha confermato la necessità di attuare strategie per l’invecchiamento attivo; di considerare incentivi per prolungare la vita lavorativa, i pensionamenti progressivi; ha inoltre ribadito la strategia trivalente, mirante a ridurre il debito pubblico, incrementare i tassi d’occupazione e la produttività e a riformare i regimi pensionistici e sanitari; ha sottolineato l’esigenza di promuovere misure che scoraggino un ritiro anticipato dalla vita lavorativa o riducano i costi pensionistici.

 


Articolo 34
(Criteri per i trattamenti accessori massimi e pubblicità
degli incarichi di consulenza)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. All'articolo 24, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze sono stabiliti i criteri per l'individuazione dei trattamenti accessori massimi, secondo princìpi di contenimento della spesa e di uniformità e perequazione.».

1. Identico.

2. All'articolo 53, comma 14, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dopo l'ultimo periodo è aggiunto il seguente: «Le amministrazioni rendono noti, mediante inserimento nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi dei propri consulenti indicando l'oggetto, la durata e il compenso dell'incarico.».

2. Identico.

3. All'articolo 53, comma 16, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dopo le parole: «dati raccolti» sono inserite le seguenti: «, adotta le relative misure di pubblicità e trasparenza.».

3. All'articolo 53, comma 16, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dopo le parole: «dati raccolti» sono inserite le seguenti: «, adotta le relative misure di pubblicità e trasparenza».

 

 

L’articolo 34 è volto, secondo la relazione illustrativa, al perseguimento di due finalità:

a)      perseguire una maggiore trasparenza e il contenimento della spesa in materia di trattamento economico accessorio dei titolari di incarichi di funzione dirigenziale di livello generale nelle amministrazioni statali (comma 1);

b)      assicurare una maggiore trasparenza in materia di conferimento di incarichi di consulenza (commi 2 e 3).

 

Il comma 1 aggiunge, in fine, un periodo al comma 2 dell’art. 24 del D.Lgs. 165/2001[225] attraverso il quale si stabilisce che i criteri generali per l'individuazione dei trattamenti accessori massimi relativi agli incarichi di uffici dirigenziali di livello generale siano fissati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base dei principi di:

§      contenimento della spesa;

§      uniformità;

§      perequazione.

 

L’art. 24, comma 2, del D.Lgs. 165/2001 stabilisce che, per gli incarichi relativi agli uffici dirigenziali di livello generale, la fonte della regolazione è il contratto individuale, sia con riguardo al trattamento economico fondamentale (per il quale si assumono come parametri di base i valori economici massimi contemplati dai contratti collettivi per le aree dirigenziali), sia con riferimento agli istituti del trattamento economico accessorio (che è collegato al livello di responsabilità attribuito con l'incarico di funzione e ai risultati conseguiti nell'attività amministrativa e di gestione. Nel testo dell’art. 24, comma 2, vigente prima della modifica introdotta dal decreto-legge in esame, non era prevista la fissazione di livelli massimi per gli istituti del trattamento economico accessorio né di criteri per la loro determinazione.

 

Gli incarichi dirigenziali cui fa riferimento l’art. 24 sono quelli indicati dai commi 3 e 4 dell’art. 19 del D.Lgs. 165/2001, che individuano due tipi di incarichi:

-          quelli conferiti ai segretari generali dei ministeri e ai direttori di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali, quali i capi dipartimento. Tali incarichi, riservati ai dirigenti di prima fascia[226], sono conferiti con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro competente (art. 19, comma 3, del D.Lgs. 165/2001);

-          gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale, conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, e attribuiti in parte ai dirigenti di prima fascia e in parte, secondo una quota massima pari al 70 per cento della dotazione, a quelli di seconda fascia (art. 19, comma 4, del D.Lgs. 165/2001).

Gli incarichi di livello generale possono essere conferiti, con contratto a tempo determinato (da tre a cinque anni) ed entro determinati limiti fissati in rapporto alla dotazione organica dei dirigenti delle due fasce[227], anche soggetti esterni, quali:

-        persone in possesso di specifiche qualità professionali e di particolari requisiti[228] (art. 19, comma 6, del D.Lgs. 165/2001);

-        dirigenti non appartenenti ai ruoli delle amministrazioni statali, purché dipendenti delle amministrazione pubbliche, ovvero di organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, comando o analogo provvedimento, secondo i rispettivi ordinamenti (art. 19 comma 5-bis, del D.Lgs. 165/2001).

 

Si segnala che, per quanto riguarda il trattamento economico dei dirigenti, interviene anche l’articolo 22, comma 1, del decreto-legge in esame, riducendo del 10 per cento la spesa derivante dagli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale.

 

Il comma 2 apporta una modifica testuale all’art. 53, comma 14, del medesimo D.Lgs. 165/2001, attraverso la quale si impone alle pubbliche amministrazioni di rendere noti, mediante inserimento nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi dei propri consulenti, indicando l'oggetto, la durata e il compenso dell'incarico.

Tale obbligo di trasparenza si aggiunge così agli adempimenti previsti dal testo originario della disposizione novellata, in base al quale, tra l’altro, le pubbliche amministrazioni sono tenute a comunicare semestralmente al Dipartimento della funzione pubblica l'elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza, con l'indicazione della ragione dell'incarico e dell'ammontare dei compensi corrisposti[229].

 

Si ricorda, peraltro, che un adempimento analogo a quello introdotto dalla norma in esame è previsto dall’art. 1, co. 127 della legge 662/1996[230], il quale stabilisce che le pubbliche amministrazioni che si avvalgono di collaboratori esterni o che affidano incarichi di consulenza per i quali è previsto un compenso devono pubblicare elenchi nei quali sono indicati i soggetti percettori, la ragione dell'incarico e l'ammontare erogato. Copia di detti elenchi va trasmessa semestralmente alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica.

 

Si segnala inoltre che l’art. 27 del decreto-legge in esame (alla cui scheda si rinvia) riduce ulteriormente, rispetto a quanto disposto dalla legge finanziaria per il 2006, il limite di spesa annua per studi e incarichi di consulenza a soggetti estranei alla pubblica amministrazione, per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza.

 

Il comma 3 reca una novella all’art. 53, comma 16, dello stesso D.Lgs. 165/2001, il cui intento è quello di assicurare una maggiore trasparenza in materia di conferimento di incarichi di consulenza da parte delle pubbliche amministrazioni.

Per effetto di tale disposizione, al Dipartimento spetta, oltre che relazionare annualmente al Parlamento circa i dati raccolti sulle consulenze e formulare proposte per il contenimento della spesa per gli incarichi e per la razionalizzazione dei criteri di attribuzione (come previsto dal testo previgente), anche adottare, in relazione ai dati pervenuti in suo possesso, misure di pubblicità e trasparenza (secondo quanto disposto dalla novella introdotta dal decreto-legge in esame).

 

Al riguardo si ricorda che, allo stato, è operante presso il Dipartimento della funzione pubblica una Anagrafe delle prestazioni (istituita dall'art. 24 della legge n. 412/1991[231]), che raccoglie, tra l’altro, le comunicazioni relative agli incarichi che le pubbliche amministrazioni affidano ai pubblici dipendenti e a collaboratori esterni ai sensi dell'art. 53 del D.Lgs. 165/2001.

 


Articolo 34-bis
(Autofinanziamento dei servizi anagrafici informatizzati
del Ministero dell’interno)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

 

1. All'articolo 7 vicies quater, comma 2, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, sono aggiunti i seguenti periodi: «Con i decreti indicati nel comma 1 è determinata, altresì, annualmente e con le modalità stabilite dal presente comma, la quota parte da riassegnare, anche per le esigenze dei comuni, alle competenti unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero dell'interno quali proventi specificamente destinati alla copertura dei costi del servizio. Alle riassegnazioni previste dal presente comma non si applica il limite di cui all'articolo 1, comma 46, della legge 23 dicembre 2005, n. 266».

 

 

L’articolo 34-bis, introdotto dal Senato, novella l’art. 7-viciesquater del D. L n. 7 del 31 gennaio 2005[232], aggiungendo due ulteriori periodi al comma 2, e dispone che con i decreti che determinano gli importi dei contributi da corrispondere per il rilascio di carte valori sia altresì stabilita annualmente la quota parte da riassegnare, anche per le esigenze dei comuni, allo stato di previsione del Ministero dell’interno, quali proventi specificamente destinati alla copertura dei costi del servizio.

In virtù di tale novella, alle rassegnazioni previste dal comma 2 dell’art. 7-viciesquater non si applica il limite alle riassegnazioni di entrate, di cui all’art. 1, comma 46 della legge finanziaria 2006.

 

L’articolo 7-viciesquater del D. L n. 7/2005 disciplina il contributo che i soggetti richiedenti sono tenuti a pagare per il rilascio di talune carte valori, indicate al precedente articolo 7-viciester.

Le carte valori menzionate nell’articolo 7-viciester sono:

-          il visto per il transito e il soggiorno degli stranieri, secondo il modello uniforme disciplinato dal regolamento (CE) n. 1683/95 del Consiglio, del 29 maggio 1995, modificato dal regolamento (CE) n. 334/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002;

-          il permesso di soggiorno, secondo il modello uniforme disciplinato dal regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002;

-          il passaporto, conforme alle disposizioni contenute nel regolamento (CE) n. 2252/2004 del Consiglio, del 13 dicembre 2004;

-          la carta d’identità elettronica prevista dall’articolo 36 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

 

In particolare, il comma 1 prescrive che, al rilascio delle carte valori indicate al precedente articolo 7-viciester da parte delle competenti amministrazioni pubbliche, i soggetti richiedenti sono tenuti a corrispondere un importo pari almeno alle spese necessarie per la loro produzione e spedizione, nonché per la manutenzione richiesta all’espletamento dei servizi ad esse connessi.

L’importo e le modalità di riscossione sono determinati annualmente con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, da adottare, in sede di prima attuazione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto [233].

Il comma 2 dispone circa la destinazione delle somme percepite dalle amministrazioni pubbliche in conseguenza di quanto previsto dal comma 1. Queste somme sono versate all’entrata del bilancio dello Stato e riassegnate con decreti del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell’interno, anche in aggiunta alle somme già stanziate, nell’ambito dell’unità previsionale di base 3.1.5.17 – servizi del Poligrafico dello Stato – dello stato di previsione del medesimo Ministero [234].

Il comma 46 dell’art. 1 della legge finanziaria 2006 stabilisce, a decorrere dal 2006, un limite all’ammontare complessivo delle riassegnazioni alla spesa di somme versate all’entrata.

In particolare, la norma prevede che l’ammontare complessivo delle riassegnazioni di entrate non potrà superare, per ciascuna amministrazione, a decorrere dal 2006, l’importo complessivo delle riassegnazioni effettuate nell’anno 2005, calcolate al netto delle riassegnazioni espressamente escluse dalla norma in esame.

Sono escluse dalla limitazione le riassegnazioni per le quali l’iscrizione della spesa non ha impatto sul conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni e a quelle riguardanti l’attuazione di interventi cofinanziati dall’Unione europea[235].

 


Articolo 34-ter
(Deroghe ai limiti all’acquisizione di immobili)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

 

1. All'articolo 1, comma 23, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, dopo le parole: «enti territoriali» sono inserite le seguenti: «e degli enti previdenziali destinatari delle operazioni di dismissione disciplinate dal decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, fermo restando quanto previsto dall'articolo 1, comma 57, della legge 30 dicembre 2004, n. 311».

 

 

L’articolo 34-ter, introdotto dal Senato, estende l’ambito soggettivo della deroga alla disciplina limitativa degli acquisti di beni immobili, recata della legge finanziaria 2006 (art. 1, comma 23), agli enti previdenziali pubblici destinatari delle operazioni di cartolarizzazione, di cui al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, mantenendo fermo il rispetto del limite all’incremento delle spese per gli enti pubblici non territoriali fissato dalla legge finanziaria 2005 (art. 1, comma 57).

 

Il comma 23 dell’art. 1 della legge finanziaria 2006 (legge n. 266/2005) stabilisce che - a decorrere dal 2006 - le pubbliche amministrazioni - con l'eccezione degli enti territoriali, le cui limitazioni sono regolate dal successivo comma 24- possono annualmente acquisire immobili per un importo non superiore alla spesa media effettuata nei tre anni precedenti per la medesima finalità.

Il comma specifica altresì che tale disposizione è adottata in considerazione dei criteri definitori degli obiettivi di manovra strutturale adottati dalla Commissione europea per la verifica degli adempimenti assunti in relazione al Patto di stabilità e crescita.

Il comma 25 specifica poi che le disposizioni di cui ai commi 23 e 24 non si applicano all'acquisto di immobili da destinare a sedi di ospedali, ospizi, scuole e asili.

Il comma 26 introduce, infine, a carico delle amministrazioni di cui al comma 23 e 24, la prescrizione di comunicare al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’Economia e finanze, attraverso il sistema web, laddove previsto - su base trimestrale, entro 30 giorni dalla scadenza del trimestre - una informativa relativa agli acquisti e alle vendite di immobili per esigenze di attività istituzionali o finalità abitative.

La comunicazione viene inviata altresì all'Agenzia del territorio, che provvede alla verifica della congruità dei valori degli immobili acquisiti, segnalando gli scostamenti rilevanti agli organi competenti per le eventuali responsabilità.

Le modalità attuative di tale disposizione, in ossequio a quanto in essa previsto, sono parzialmente regolate con decreto del Ministro dell'economia 5 aprile 2006 [236] Tale decreto, nello specifico, ha disciplinato le modalità di invio delle sopra descritte informazioni relative all’acquisto di immobili da parte delle amministrazioni di cui al comma 23, demandando ad un successivo decreto l’attuazione delle disposizioni di cui al combinato disposto dei commi 24 e 26, recanti limitazioni all’acquisto degli immobili per gli enti territoriali.

In particolare, in D.M. 5 aprile 2006 ha stabilito che per “acquisto di immobili” si intende “l’acquisto da parte degli enti di fabbricati da destinare ad attività istituzionali o a finalità abitative”.

 

L’art. 1, comma 57 della legge finanziaria 2005 (l. n. 311/2004) disciplina le modalità di contenimento delle spese degli enti pubblici non territoriali nel triennio 2005-2007, in coerenza con la regola generale di evoluzione della spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche – la cd. regola del 2 per cento – prevista, quale strumento generale di controllo delle dinamiche di spesa, dal comma 5 della legge finanziaria medesima.

 

Si ricorda infine che Il D.L. 23 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, allo scopo di semplificare le modalità di dismissione di beni immobili, prevede una procedura di privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico articolata essenzialmente in due passaggi, così sintetizzabili: la ricognizione da parte dell’Agenzia del demanio dei beni immobili di proprietà dello Stato, nonché dei beni immobili di proprietà degli enti pubblici non territoriali; il successivo trasferimento dei beni individuati alle società veicolo appositamente costituite, le quali provvedono alla successiva alienazione dei suddetti beni.

In attuazione del D.L. n. 351 del 2001 sono state finora realizzate due operazioni di cartolarizzazione, indicate come SCIP1 e SCIP2, principalmente riferite agli immobili degli enti previdenziali[237].

In particolare, l’operazione SCIP1 è stata avviata nel dicembre 2001 con la cessione di 27.250 unità ad uso residenziale e di 262 immobili ad uso commerciale, per un valore lordo complessivo inizialmente valutato in 5.100 milioni di euro e poi rideterminato in 3.830 milioni di euro, da parte di sette enti previdenziali pubblici (Enpals, Inail, Inpdai, Inpdap, Inps, Ipost e Ipsema) alla società veicolo (SCIP), costituita ad hoc.

L’operazione SCIP2 è stata avviata nel dicembre 2002 con la cessione di 53.241 unità ad uso residenziale e di 9.639 unità immobiliari ad uso commerciale, per un valore lordo complessivo pari a circa 7.787 milioni di euro, da parte dei medesimi enti previdenziali pubblici e dello Stato alla società veicolo (SCIP).

 

La relazione tecnica non considera la norma e non associa alla stessa nessun effetto sui saldi di finanza pubblica. Si ricorda, peraltro che neppure alla disposizione originaria prevista nell’art. 1, comma 23, della legge finanziaria 2006 erano attribuiti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 


Articolo 34-quater
(Controllo del costo del lavoro)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

 

1. All'articolo 60 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le comunicazioni previste dal presente comma sono trasmesse, a cura del Ministero dell'economia e delle finanze, anche all'Unione delle province d'Italia (UPI), all'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e all'Unione nazionale comuni, comunità, enti montani (UNCEM), per via telematica».

 

 

L’articolo 34-quater, introdotto nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato, prevede che le comunicazione relative al conto annuale delle spese sostenute per il personale (e all’allegata relazione illustrativa), effettuate dalle pubbliche amministrazioni alla Corte dei conti ai sensi del comma 2 dell’articolo 60 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165[238], siano trasmesse in via telematica, da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, anche ai seguenti soggetti espressamente indicati:

-          Unione delle Province d’Italia (UPI);

-          Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI);

-          Unione Nazionale comuni, comunità ed enti montani (UNCEM).

 

Si ricorda che il Titolo V del D.Lgs 30 marzo 2001, n. 165, è intitolato al controllo della spesa (ovviamente, per quanto riguarda il personale) e contiene articolate disposizioni tese, tra l'altro, all'adozione di misure correttive rivolte a ripristinare l'equilibrio di bilancio.

In particolare l’articolo 60 contiene specifiche misure per il controllo sul costo del lavoro delle pubbliche amministrazioni. Più specificamente, ai sensi del comma 1, il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (attualmente Ministero dell’economia e delle finanze), d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, definisce un modello di rilevazione della consistenza del personale, in servizio e in quiescenza, e delle relative spese, compresi gli oneri previdenziali e le entrate derivanti dalle contribuzioni. Lo stesso Ministero elabora altresì un conto annuale che evidenzi anche il rapporto tra contribuzioni e prestazioni previdenziali relative al personale delle amministrazioni statali.

Ai sensi del successivo comma 2, le amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo di presentare, entro il mese di maggio di ogni anno, alla Corte dei conti – che deve riferire ogni anno al Parlamento sulla spesa per il personale del settore pubblico (comma 4) -, per il tramite della Ragioneria generale dello Stato, il conto annuale delle spese sostenute per il personale, rilevate secondo il modello richiamato in precedenza. Il conto è accompagnato da una relazione, con cui le amministrazioni pubbliche espongono i risultati della gestione del personale, con riferimento agli obiettivi che, per ciascuna amministrazione, sono stabiliti dalle leggi, dai regolamenti e dagli atti di programmazione. La mancata presentazione del conto e della relativa relazione determina, per l'anno successivo a quello cui il conto si riferisce, l'applicazione delle misure “sanzionatorie” di cui all'articolo 30, comma 11, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni. Al riguardo si ricorda che l’art. 30 della legge 5 agosto 1978, n. 468, prescrive l’obbligo a carico degli enti territoriali e di altre amministrazioni pubbliche di trasmettere una serie di dati ed informazioni (sia preventivi che consuntivi) relativi alla gestione contabile e al bilancio; in particolare il comma 11 dispone che nessun versamento a carico del bilancio dello Stato possa essere effettuato agli enti territoriali, alle regioni e ad altre amministrazioni pubbliche se non risultano regolarmente adempiuti gli obblighi di comunicazione previsti a loro carico.

L’art. 60 inoltre prevede:

-        un obbligo di comunicazione relativo al costo annuo del personale per gli enti pubblici economici, le aziende che producono servizi di pubblica utilità e altre aziende pubbliche (comma 3);

-        apposite ispezioni per la valutazione e la verifica delle spese, con particolare riferimento agli oneri dei contratti collettivi nazionali e decentrati, con obbligo della denuncia alla Corte dei conti delle irregolarità riscontrate (commi 5 e 6).

 

In sostanza, l’articolo in esame sembrerebbe essere volto a rendere accessibili ai richiamati organismi rappresentativi degli enti locali i dati e le informazioni relative alla spesa per il personale sostenuta dai medesimi enti.

 

Si osserva che sarebbe opportuno specificare che le comunicazioni sono trasmesse a cura del “Dipartimento della ragioneria generale dello Stato”.

 


Articolo 34-quinquies
(Proroga dei trasferimenti ai sensi del D.Lgs. 112/1998)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

 

1. All'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, e successive modificazioni, le parole: «1o gennaio 2006» sono sostituite dalle seguenti: «1o gennaio del secondo anno successivo all'adozione dei provvedimenti di attuazione dell'articolo 119 della Costituzione». Per l'anno 2006 non si applica quanto previsto al primo periodo del comma 323 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

 

 

L’articolo 34-quinques, introdotto al Senatocon l’approvazione dell’emendamento interamente sostitutivo del Governo – dispone la proroga dei trasferimenti erariali alle regioni per il finanziamento delle funzioni conferite con il decreto legislativo 112/1998, fino al secondo anno successivo all’adozione dei provvedimenti di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione.

 

Il processo di conferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali, cosiddetto federalismo amministrativo, avviato dalla legge n. 59/1997 si è concluso entro il 2000 con l’individuazione e la ripartizione delle risorse necessarie alle regioni e agli enti locali per l’esercizio delle funzioni stesse.

Nel nuovo sistema di finanziamento delle regioni, delineato all'articolo 10 della legge 133/1999 e quindi dal D.Lgs. 56/2000, le risorse così determinate avrebbero dovuto essere attribuite attraverso trasferimenti erariali solo in una prima fase, per essere poi definitivamente sostituite con compartecipazioni ad imposte erariali.

L’articolo 6 del D.Lgs. 56/2000 stabiliva infatti che i trasferimenti erariali connessi con l’attribuzione di funzioni e di compiti alle regioni, sarebbero dovuti cessare a decorrere dal 1° gennaio del secondo anno successivo al completamento del procedimento di identificazione delle risorse di cui all’articolo 7 della 59/1997, quindi dal 1° gennaio 2002.

Il termine per la cessazione dei trasferimenti erariali è stato più volte prorogato in stretta connessione con il rinvio della definitiva determinazione delle aliquote delle compartecipazioni che avrebbero dovuto inglobare i trasferimenti stessi. Il termine è stato spostato:

-        al 1° gennaio 2004 dalla legge finanziaria per il 2003 (L. 289/2002, articolo 30, comma 4). La stessa disposizione esclude dalla soppressione i trasferimenti connessi all’esercizio delle funzioni trasferite in materia di trasporto pubblico locale

-        al 1° gennaio 2005 dal decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355 (articolo 11-bis, come integrato legge di conversione 27 febbraio 2004, n. 47)

-        al 1° gennaio 2006 dal decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 (articolo 4-bis, aggiunto dalla legge di conversione 14 maggio 2005, n. 80)

 

Da ultimo la legge finanziaria per il 2006 ha di fatto “congelato” l’applicazione del D.Lgs. 56/2006 fino all’adozione dei provvedimenti di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione.

Le disposizioni recate dall’articolo 1, commi 319-324 della legge L. n. 266/2005 sospendono anche l’efficacia delle disposizioni del Decreto legislativo 56/2000 che prevedono la rideterminazione successiva delle aliquote di compartecipazione regionale al gettito dell’IVA, dell’addizionale regionale all’IRPEF e all’accisa sulle benzine.

Le stesse disposizioni non avevano invece prorogato i trasferimenti erariali dovuti alle regioni per il finanziamento delle funzioni conferite con il D.Lgs. 112/1998,che per legge sarebbero dovuti cessare al 1° gennaio 2006.

Questi invece – secondo quanto disposto dall’articolo 1, comma 323 della citata legge finanziaria 2006 - dovevano entrare nel computo per l’aliquota provvisoria stabilita per il finanziamento del federalismo fiscale, a decorrere dal 2006 – termine fissato per cessazione dei trasferimenti.

La disposizione in esame invece, fissa come termine dei trasferimenti il secondo anno successivo all’adozione dei provvedimenti di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione ed esclude gli stessi, per l’anno 2006, dal computo per la determinazione dell’aliquota provvisoria per il finanziamento del federalismo fiscale.


Articolo 35, comma 1
(Regime IVA applicabile alle consumazioni
obbligatorie nelle discoteche e sale da ballo)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. All'articolo 74-quater del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo il comma 6 è aggiunto, in fine, il seguente: «6-bis. Ai fini dell'applicazione dell'aliquota IVA, le consumazioni obbligatorie nelle discoteche e sale da ballo si considerano accessorie alle attività di intrattenimento o di spettacolo ivi svolte.».

1. Identico.

 

 

Il comma 1 dell’articolo 35 interviene sull’articolo 74-quater (“Disposizioni per le attività spettacolistiche”) del decreto del presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (“Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto”), aggiungendovi il comma 6-bis, in cui si stabilisce che, ai fini dell’applicazione dell’aliquota IVA, le consumazioni obbligatorie nelle discoteche e nelle sale da ballo si considerano accessorie alle attività d’intrattenimento e di spettacolo svolte in tali locali.

 

Il motivo della suddetta correzione risiederebbe nella constatazione che, nelle discoteche e nelle sale da ballo in cui si svolgono attività d’intrattenimento o di spettacolo, si fa frequentemente ricorso alla formula dell’ingresso libero con consumazione obbligatoria.

In tal modo – secondo il Governo – si renderebbe possibile l’elusione dell’aliquota IVA normale del 20 per cento, applicabile sul prezzo dell’ingresso nelle discoteche e sale da ballo, mediante applicazione dell’aliquota ridotta del 10 per cento, prevista per i servizi di bar e caffetteria.

Per effetto della nuova disposizione, alle consumazioni obbligatorie previste nelle discoteche e nelle sale da ballo si applicherà l’aliquota normale del 20 per cento, mentre le consumazioni facoltative continueranno ad essere soggette all’aliquota ridotta del 10 per cento.

 

 


Articolo 35, commi 2-4
(Accertamento degli imponibili derivanti da transazioni immobiliari)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

2. Nel terzo comma dell'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo l'ultimo periodo è aggiunto il seguente: «Per le cessioni aventi ad oggetto beni immobili e relative pertinenze, la prova di cui al precedente periodo s'intende integrata anche se l'esistenza delle operazioni imponibili o l'inesattezza delle indicazioni di cui al comma precedente sono desunte sulla base del valore normale dei predetti beni, determinato ai sensi dell'articolo 14 del presente decreto.».

2. Nel terzo comma dell'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo l'ultimo periodo è aggiunto il seguente: «Per le cessioni aventi ad oggetto beni immobili e relative pertinenze, la prova di cui al precedente periodo s'intende integrata anche se l'esistenza delle operazioni imponibili o l'inesattezza delle indicazioni di cui al secondo comma sono desunte sulla base del valore normale dei predetti beni, determinato ai sensi dell'articolo 14 del presente decreto.».

3. Nel comma 1 dell'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, alla lettera d), dopo l'ultimo periodo è aggiunto il seguente: «Per le cessioni aventi ad oggetto beni immobili ovvero la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento sui medesimi beni, la prova di cui al precedente periodo s'intende integrata anche se l'infedeltà dei relativi ricavi viene desunta sulla base del valore normale dei predetti beni, determinato ai sensi dell'articolo 9, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi».

3. Nel primo comma dell'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, alla lettera d), dopo l'ultimo periodo è aggiunto il seguente: «Per le cessioni aventi ad oggetto beni immobili ovvero la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento sui medesimi beni, la prova di cui al precedente periodo s'intende integrata anche se l'infedeltà dei relativi ricavi viene desunta sulla base del valore normale dei predetti beni, determinato ai sensi dell'articolo 9, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917».

4. L'articolo 15 del decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85, è abrogato.

4. Identico.

 

 

I commi 2 e 3 dell’articolo 35 estendono le possibilità di accertamento degli imponibili derivanti da transazioni immobiliari, agli effetti sia dell’imposta sul valore aggiunto, sia dell’imposta sui redditi, relativamente ai redditi d’impresa delle persone fisiche, consentendo di prendere in considerazione a tal fine il valore normale del bene che ne è oggetto.

Il comma 4 abroga quindi la disposizione che escludeva la rettifica ai fini dell'IVA quando il corrispettivo fosse indicato nell'atto in misura non inferiore al valore determinato in base al reddito catastale.

 

In particolare, il comma 2 modifica l’articolo 54 (Rettifica delle dichiarazioni) del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (“Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto”), al fine di agevolare l’accertamento, da parte dell’amministrazione finanziaria, dell’imponibile IVA riferito alle cessioni di beni immobili.

 

L’articolo 54, primo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972 attribuisce agli uffici dell’imposta sul valore aggiunto il potere di rettificare la dichiarazione annuale presentata dal contribuente, quando si ritenga che ne risulti un’imposta inferiore a quella dovuta oppure un’eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante. I commi successivi disciplinano i criteri di accertamento. Il terzo comma consente la rettifica indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità del contribuente qualora l'esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a quello indicato nella dichiarazione, o l'inesattezza delle indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione, risulti in modo certo e diretto, e non in via presuntiva, da verbali, questionari e fatture, dagli elenchi allegati alle dichiarazioni di altri contribuenti o da verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti, nonché da altri atti e documenti in suo possesso.

 

In particolare, al terzo comma dell’articolo 54 del D.P.R. n. 633 del 1972 è aggiunto un periodo finale, in base al quale – relativamente alle cessioni di beni immobili e relative pertinenze[239] – gli uffici dell’IVA possono procedere alla rettifica delle dichiarazioni annuali presentate dal contribuente, oltre che nei casi già previsti nel primo periodo del medesimo terzo comma, anche quando l’esistenza delle operazioni imponibili o l’inesattezza delle indicazioni riportate nelle dichiarazioni annuali sia desunta sulla base del valore normale dei beni immobili o delle pertinenze che sono oggetto dell’operazione.

 

Per valore normale dei beni e dei servizi, ai sensi dell’articolo 14, comma 2, del D.P.R. n. 633 del 1972, s’intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per beni o servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui è stata compiuta l’operazione, o nel tempo e nel luogo più prossimi.

Il terzo comma del medesimo articolo 14 prevede che, ai fini della determinazione del valore normale, si faccia riferimento, nei limiti del possibile, ai listini o alle tariffe dell’impresa che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini della camera di commercio più vicina, alle tariffe professionali e ai listini di borsa.

 

Il comma 3 modifica il comma 1 dell’articolo 39 (Redditi determinati in base alle scritture contabili) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (“Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”), al fine di agevolare l’accertamento, da parte dell’amministrazione finanziaria, del debito d’imposta delle persone fisiche derivante da transazioni immobiliari.

 

L’articolo 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 disciplina i casi e le modalità di rettifica dei redditi d'impresa dichiarati dalle persone fisiche. In particolare, a norma del primo comma, gli uffici finanziari vi procedono:

a) se gli elementi indicati nella dichiarazione non corrispondono a quelli delle scritture contabili;

b) se non sono state esattamente applicate le disposizioni del titolo V del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597;

c) se l'incompletezza, la falsità e l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta in modo certo e diretto da verbali, questionari, atti, documenti e registri esibiti o trasmessi, dalle dichiarazioni di altri soggetti, dai verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti o da altri atti e documenti in possesso dell'ufficio;

d) se l'incompletezza, la falsità o l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall'ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all'impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall'ufficio nei modi previsti. L'esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.

Il secondo comma disciplina i casi in cui l'ufficio delle imposte determina il reddito d'impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti indicati sopra, alla lettera d).

Le suddette disposizioni valgono, in quanto applicabili, anche per i redditi delle imprese minori e per quelli derivanti dall'esercizio di arti e professioni, con riferimento alle scritture contabili prescritte per questi contribuenti.

 

Con la modificazione apportata alla lettera d) del primo comma del descritto articolo 39 è disposto che, limitatamente alle cessioni aventi ad oggetto beni immobili ovvero la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento sui medesimi beni, gli uffici delle imposte – ai fini della rettifica delle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche[240] per i redditi di impresa[241] – potranno ritenere provata l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate, oltre che in presenza di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, anche nei casi in cui l’infedeltà dei relativi ricavi sia desumibile dal valore normale dei beni immobili che sono oggetto della transazione.

 

Ai fini della determinazione del suddetto valore, il comma 3 dell’articolo 9 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (“Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi” - TUIR) ìndica come parametri di riferimento il prezzo o il corrispettivo mediamente praticato per i beni o i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o i servizi sono stati acquistati o prestati e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa altresì riferimento, per quanto compatibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore.

 

Il comma 4 dispone l’abrogazione dell’articolo 15 (Applicazione dell’imposta sui corrispettivi delle cessioni dei fabbricati) del decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41 (“Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica e per l’occupazione nelle aree depresse”), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85.

 

La norma abrogata prevedeva che, ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, l’amministrazione finanziaria non potesse rettificare il corrispettivo dichiarato delle cessioni di numerose tipologie di fabbricati, qualora lo stesso fosse indicato in misura non inferiore al valore catastale, salvo che da un atto o documento risultasse un corrispettivo di valore superiore a quello dichiarato dal contribuente.

 

L’abrogazione è connessa alle sopra illustrate modificazioni introdotte dal precedente comma 2 relativamente alla rettifica delle dichiarazioni IVA.

 


Articolo 35, commi 5-6-ter
(Disposizioni in materia di IVA nei subappalti)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

5. All'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

5. Identico:

«Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano anche alle prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l'attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell'appaltatore principale o di un altro subappaltatore.».

«Le disposizioni di cui al quinto comma si applicano anche alle prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l'attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell'appaltatore principale o di un altro subappaltatore.».

6. Il comma precedente si applica alle prestazioni effettuate successivamente alla data di autorizzazione della misura ai sensi dell'articolo 27 della Direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977.

6. Le disposizioni di cui al comma 5 si applicano alle prestazioni effettuate successivamente alla data di autorizzazione della misura ai sensi dell'articolo 27 della direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977.

 

6-bis. All'articolo 30, secondo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo la parola: «quinto» sono inserite le seguenti: «e sesto».

 

6-ter. Per i soggetti subappaltatori ai quali si applica l'articolo 17, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, resta ferma la possibilità di effettuare la compensazione infrannuale ai sensi dell'articolo 8, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1999, n. 542, e successive modificazioni. Qualora il volume di affari registrato dai predetti soggetti nell'anno precedente sia costituito per almeno l'80 per cento da prestazioni rese in esecuzione di contratti di subappalto, il limite di cui all'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è elevato a 1.000.000 di euro.


Il comma 5 dell’articolo 35 aggiunge un comma finale all’articolo 17 (Soggetti passivi) del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (“Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto”), che estende alle prestazioni di servizi rese nel settore edile da soggetti subappaltatori il metodo della tassazione inversa (reverse charge) agli effetti dell’IVA.

 

Per effetto di tale modifica, l’applicazione delle modalità di fatturazione e di pagamento dell’imposta previste nel penultimo comma del medesimo articolo 17[242] è estesa alle prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili, oppure nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore.

Di conseguenza, il destinatario della prestazione viene ad essere tenuto al pagamento dell'imposta, se soggetto passivo d'imposta nel territorio dello Stato. La fattura, emessa dal subappaltatore senza addebito d'imposta, con l'osservanza delle disposizioni degli articoli 21 e seguenti del medesimo decreto e con l'indicazione della norma qui contemplata, deve essere integrata dal destinatario della prestazione con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta e deve essere annotata nel registro delle fatture o dei corrispettivi (previsti rispettivamente dagli articoli 23 o 24) entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese. Lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro dei beni e servizi acquistati (previsto dall'articolo 25).

 

Secondo la relazione governativa sul disegno di legge (A.S. 741), questa misura è volta a “contrastare fenomeni fraudolenti consistenti nella creazione di piccole imprese che realizzano lavori edilizi nel quadro di opere complesse, fatturano regolarmente le prestazioni con l’applicazione dell’IVA, ma poi omettono di versare il tributo, che lucrano illecitamente, per poi sparire, salvo ricostituirsi in forme analoghe”.

 

Il comma 6 stabilisce che la nuova disposizione introdotta dal comma 5 si applichi alle prestazioni effettuate successivamente alla data in cui i competenti organismi comunitari avranno autorizzato la misura, ai sensi dell’articolo 27 della Direttiva 77/388/CEE (c.d. sesta direttiva IVA) del 17 maggio 1977.

 

Il citato articolo 27 della direttiva 77/388/CEE prevede che il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, possa autorizzare uno Stato membro ad introdurre misure particolari di deroga alla sesta direttiva, al fine di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali.

 

Il comma 6-bis modifica l’articolo 30, terzo comma, lettera a), dello stesso D.P.R. n. 633 del 1972, riguardante la richiesta di rimborso dell’eccedenza d’IVA detraibile.

 

L’articolo 30, terzo comma, lettera a), del D.P.R. n. 633 del 1972 consente al contribuente di chiedere, in tutto o in parte, il rimborso dell'eccedenza di IVA detraibile, se di importo superiore a lire cinque milioni (pari a euro 2582,28), all'atto della presentazione della dichiarazione, quando questi eserciti esclusivamente o prevalentemente attività che comportano l'effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell'imposta relativa agli acquisti e alle importazioni. È previsto che siano computate a tal fine anche le operazioni effettuate a norma dell'articolo 17, quinto comma (cessioni d’oro da investimento in regime di reverse charge).

 

La disposizione, integrando il riferimento al “quinto comma” dell’articolo 17 con l’aggiunta del richiamo al sesto comma, introdotto dal precedente comma 5 del presente articolo, comporta che le suddette operazioni, fatturate dal subappaltatore, debbono essere da questo computate per valutare se sia prevalente l’attività che comporta effettuazione di operazioni con aliquote inferiori a quelle relative agli acquisti e alle importazioni, agli effetti della possibilità di chiedere il rimborso dell'eccedenza detraibile dell’IVA all'atto della presentazione della dichiarazione.

 

Il comma 6-ter, infine, fa salva, per i suddetti subappaltatori, la possibilità di compensazione infra-annuale, relativamente a rimborsi d’imposta relativi a periodi inferiori all'anno, per l'ammontare massimo corrispondente all'eccedenza detraibile del trimestre di riferimento.

 

L’articolo 8 del D.P.R. 14 ottobre 1999, n. 542 (Regolamento recante modificazioni alle disposizioni relative alla presentazione delle dichiarazioni dei redditi, dell'IRAP e dell'IVA) reca la disciplina dei rimborsi e delle compensazioni di eccedenze di crediti IVA.

In particolare, il comma 3 stabilisce che i contribuenti in possesso dei requisiti che consentono di chiedere rimborsi di imposta relativi a periodi inferiori all'anno (indicati dal secondo comma dell'articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633) possono, in alternativa, effettuare la compensazione prevista dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, per l'ammontare massimo corrispondente all'eccedenza detraibile del trimestre di riferimento, presentando dichiarazione all'ufficio competente entro l'ultimo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento.

 

Qualora il volume d’affari per l’anno precedente sia costituito almeno per l’80 per cento da prestazioni in subappalto, il limite annuo massimo dei crediti d’imposta compensabili è elevato per tali soggetti a euro 1 milione.

 

Il limite annuo massimo di crediti d’imposta compensabili è fissato in via generale dall’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in un miliardo di lire (pari a euro 516.456,90).

 


Articolo 35, comma 7
(Sanzioni penali tributarie)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

7. Al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, dopo l'articolo 10-bis sono inseriti i seguenti:

«Articolo 10-ter. - (Omesso versamento di IVA). - 1. La disposizione di cui all'articolo 10-bis si applica, nei limiti ivi previsti, anche a chiunque non versa l'imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta successivo.

7. Identico.

Articolo 10-quater. - (Indebita compen­sazione). - 1. La disposizione di cui all'articolo 10-bis si applica, nei limiti ivi previsti, anche a chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti o inesistenti.».

 

 

 

Il comma 7 dell’articolo 35 introduce due nuovi articoli nel decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (“Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205”), estendendo a ulteriori fattispecie la disciplina sanzionatoria contenuta nell’articolo 10-bis.

 

L’articolo 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, commina la pena della reclusione da sei mesi a due anni nei confronti di chi non versa, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta, ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo di imposta.

 

Il nuovo articolo 10-ter (“Omesso versamento di IVA”) estende l’applicazione delle sanzioni previste dell’articolo 10-bis, secondo gli stessi limiti, anche a coloro che non versino l’imposta sul valore aggiunto. Pertanto, è punito con la pena della reclusione da sei mesi a due anni chi non versa l’IVA risultante dalla dichiarazione annuale, se di importo superiore a 50 mila euro, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo

Il nuovo articolo 10-quater (“Indebita compensazione”) estende l’applicazione della medesima sanzione, secondo gli stessi limiti, a coloro che non versano le somme dovute, portando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241[243], crediti non spettanti o inesistenti.

 


Articolo 35, commi 8-10-sexies
(Regime IVA degli immobili e dei fabbricati)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

8. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono apportate le seguenti modificazioni:

8. Identico:

a) all'articolo 10, primo comma, i numeri 8) e 8-bis) sono sostituiti dai seguenti:

a) all'articolo 10, primo comma:

 

1) i numeri 8) e 8-bis) sono sostituiti dai seguenti:

«8) le locazioni e gli affitti, relative cessioni, risoluzioni e proroghe, di terreni e aziende agricole, di aree diverse da quelle destinate a parcheggio di veicoli, per le quali gli strumenti urbanistici non prevedono la destinazione edificatoria, e di fabbricati, comprese le pertinenze, le scorte e in genere i beni mobili destinati durevolmente al servizio degli immobili locati e affittati;

«8) le locazioni e gli affitti, relative cessioni, risoluzioni e proroghe, di terreni e aziende agricole, di aree diverse da quelle destinate a parcheggio di veicoli, per le quali gli strumenti urbanistici non prevedono la destinazione edificatoria, e di fabbricati, comprese le pertinenze, le scorte e in genere i beni mobili destinati durevolmente al servizio degli immobili locati e affittati, escluse le locazioni di fabbricati strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni effettuate nei confronti dei soggetti indicati alle lettere b) e c) del numero 8-ter) ovvero per le quali nel relativo atto il locatore abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione;

8-bis) le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato, escluse quelle effettuate, entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell'intervento, dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all'articolo 31, primo comma, lettere c), d) ed e) della legge 5 agosto 1978, n. 457;»;

8-bis) le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato diversi da quelli di cui al numero 8-ter), escluse quelle effettuate, entro quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell'intervento, dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all'articolo 31, primo comma, lettere c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457;

 

8-ter) le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, escluse:

 

a) quelle effettuate, entro quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell'intervento, dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all'articolo 31, primo comma, lettere c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457;

 

b) quelle effettuate nei confronti di cessionari soggetti passivi d'imposta che svolgono in via esclusiva o prevalente attività che conferiscono il diritto alla detrazione d'imposta in percentuale pari o inferiore al 25 per cento;

 

c) quelle effettuate nei confronti di cessionari che non agiscono nell'esercizio di impresa, arti o professioni;

 

d) quelle per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione»;

b) all'articolo 19-bis1, comma 1, lettera i), primo periodo, le parole: «o la rivendita» sono soppresse;

b) identica;

c) all'articolo 36, terzo comma, è soppresso l'ultimo periodo;

soppressa.

d) nell'allegata Tabella A, parte III, il n. 127-ter è soppresso.».

c) nell'allegata Tabella A, parte III, la voce di cui al numero 127-ter è soppressa.».

9. In sede di prima applicazione delle disposizioni di cui al comma precedente, in relazione al mutato regime fiscale delle stesse, l'imposta dovuta per effetto della rettifica di cui all'articolo 19-bis2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, è versata in tre rate annuali da corrispondere entro il termine previsto per il versamento dell'acconto dall'articolo 6, comma 2, della legge 29 dicembre 1990, n. 450. La prima rata è versata entro il 27 dicembre 2006. Il debito può essere estinto anche mediante compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero con l'utilizzo dei crediti risultanti dalle liquidazioni periodiche. Il mancato versamento di ogni singola rata comporta l'applicazione dell'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e costituisce titolo per la riscossione coattiva.

9. In sede di prima applicazione delle disposizioni di cui al comma 8, in relazione al mutato regime disposto dall'articolo 10, primo comma, numeri 8) e 8-bis), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non si effettua la rettifica della detrazione dell'imposta prevista dall'articolo 19-bis2 del citato decreto n. 633 del 1972, limitatamente ai fabbricati diversi da quelli strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizza­zione senza radicali trasformazioni, posseduti alla data del 4 luglio 2006, e, per le imprese costruttrici degli stessi e per le imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all'articolo 31, primo comma, lettere c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457, limitatamente ai fabbricati o porzioni di fabbricato per i quali il termine dei quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell'intervento scade entro la predetta data. Per i beni immobili strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizza­zione senza radicali trasformazioni, la predetta rettifica della detrazione dell'imposta si effettua esclusivamente se nel primo atto stipulato successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto non viene esercitata l'opzione per la imposizione prevista dall'articolo 10, primo comma, numeri 8) e 8-ter), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

10. Nell'articolo 5, secondo comma, secondo periodo e nell'articolo 40, primo comma, secondo periodo, del testo unico dell'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, dopo le parole: «operazioni esenti ai sensi dell'articolo 10, numeri 8), 8-bis)» sono aggiunte le seguenti: «, non derivanti da contratti di locazione finanziaria,».

10. Al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, sono apportate le seguenti modifiche:

 

a) all'articolo 5, comma 2, le parole: «operazioni esenti ai sensi dell'articolo 10, numeri 8), 8-bis)», sono sostituite dalle seguenti «operazioni esenti e imponibili ai sensi dell'articolo 10, numeri 8), 8-bis), 8-ter),»;

 

b) all'articolo 40, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

 

«1-bis. Sono soggette all'imposta proporzionale di registro le locazioni di immobili strumentali, ancorché assoggettate all'imposta sul valore aggiunto, di cui all'articolo 10, primo comma, numero 8), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633»;

 

c) nella Tariffa, parte prima, all'articolo 5, comma 1, dopo la lettera a) è inserita la seguente:

 

"a-bis) quando hanno per oggetto immobili strumentali ancorché assoggettati all'imposta sul valore aggiunto, di cui all'articolo

 

10, primo comma, numero 8), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633: 1 per cento".

 

10-bis. Al testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:

 

a) all'articolo 10, comma 1, dopo le parole: «a norma dell'articolo 2» sono aggiunte le seguenti: «, anche se relative a immobili strumentali, ancorché assoggettati all'imposta sul valore aggiunto, di cui all'articolo 10, primo comma, numero 8-ter), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633»;

 

b) dopo l'articolo 1 della Tariffa è inserito il seguente:

 

«1-bis. Trascrizioni di atti e sentenze che importano trasferimento di proprietà di beni immobili strumentali, di cui all'articolo 10, primo comma, numero 8-ter), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, anche se assoggettati all'imposta sul valore aggiunto, o costituzione o trasferimenti di diritti immobiliari sugli stessi: 3 per cento».

 

10-ter. Per le volture catastali e le trascrizioni relative a cessioni di beni immobili strumentali di cui all'articolo 10, primo comma, numero 8-ter), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, anche se assoggettati all'imposta sul valore aggiunto, di cui siano parte fondi immobiliari chiusi disciplinati dall'articolo 37 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, e dall'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, ovvero imprese di locazione finanziaria, ovvero banche e intermediari finanziari di cui agli articoli 106 e 107 del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, limitatamente all'acquisto ed al riscatto dei beni da concedere o concessi in locazione finanziaria, le aliquote delle imposte ipotecaria e catastale, come modificate dal comma 10-bis, del presente articolo, sono ridotte della metà. La disposizione di cui al periodo precedente decorre dal 1o ottobre 2006.

 

10-quater. Le disposizioni in materia di imposte indirette previste per la locazione di fabbricati si applicano, se meno favorevoli, anche per l'affitto di aziende il cui valore complessivo sia costituito, per più del 50 per cento, dal valore normale di fabbricati, determinato ai sensi dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

 

10-quinquies. Ai fini dell'appli­cazione dell'imposte proporzionali di cui all'articolo 5 della Tariffa, parte prima, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni, per i contratti di locazione o di affitto assoggettati ad imposta sul valore aggiunto, sulla base delle disposizioni vigenti fino alla data di entrata in vigore del presente decreto ed in corso di esecuzione alla medesima data, le parti devono presentare per la registrazione una apposita dichiarazione, nella quale può essere esercitata, ove la locazione abbia ad oggetto beni immobili strumentali di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a-bis) della Tariffa, parte prima, del predetto decreto n. 131 del 1986, l'opzione per la imposizione prevista dall'articolo 10, primo comma, numero 8), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, con effetto dal 4 luglio 2006. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro il 15 settembre 2006, sono stabiliti le modalità e i termini degli adempimenti e del versamento dell'imposta.

 

10-sexies. Le somme corrisposte a titolo di imposte proporzionali di cui all'articolo 5 della Tariffa, parte prima, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, per i contratti di locazione finanziaria, anche se assoggettati ad imposta sul valore aggiunto, aventi ad oggetto beni immobili strumentali di cui all'articolo 5 comma 1, lettera a-bis), della Tariffa, parte prima, del predetto decreto n. 131 del 1986, possono essere portate, nel caso di riscatto della proprietà del bene, a scomputo di quanto dovuto a titolo di imposte ipotecaria e catastale.

 

 

I commi da 8 a 10-sexies dell’articolo 35 modificano il regime degli immobili e dei fabbricati in relazione all’imposta sul valore aggiunto e le connesse disposizioni riguardanti l’applicazione dell’imposta di registro e delle imposte ipotecaria e catastale.

Disposizioni relative all’imposta sul valore aggiunto

La lettera a) del comma 8 dell’articolo 35 modifica il comma 1 dell’articolo 10 (Operazioni esenti da imposta) del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (“Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto”), sostituendo le disposizioni previste dai numeri 8) e 8-bis) e aggiungendo un nuovo numero 8-ter), che enunziano i casi in cui le locazioni, gli affitti e le cessioni di immobili e fabbricati sono esenti dall’imposta sul valore aggiunto.

 

L’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto comporta l’applicazione dell’imposta di registro – sulla cui disciplina interviene il successivo comma 10 – e, per i soggetti passivi dell’IVA, l’impossibilità di detrarre l’imposta pagata a monte.

 

Per effetto del nuovo numero 8), è esteso l’ambito di esenzione dall’IVA per gli affitti e le locazioni di immobili e fabbricati: viene meno, in particolare, l’imponibilità dei rapporti instaurati nella forma della locazione finanziaria[244] e delle locazioni di fabbricati abitativi locati dalle imprese costruttrici in attesa della vendita. Per i fabbricati strumentali per natura[245], l’imponibilità permane soltanto qualora la locazione sia effettuata nei confronti di soggetti passivi dell’IVA svolgenti in via esclusiva o prevalente attività conferiscono il diritto alla detrazione d’imposta in percentuale pari o inferiore al 25 per cento, ovvero di soggetti che non agiscono nell’esercizio di impresa, arti o professioni, o ancora nel caso in cui il locatore, nel relativo atto, abbia espressamente optato per l’imposizione mediante IVA.

 

La disciplina previgente dichiarava esenti dall’IVA le locazioni non finanziarie e gli affitti dei terreni e delle aziende agricole, delle aree, diverse da quelle destinate a parcheggio di veicoli, per le quali gli strumenti urbanistici non prevedessero la destinazione edificatoria, dei fabbricati, esclusi quelli strumentali che per le loro caratteristiche non fossero suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, nonché dei fabbricati destinati a uso di civile abitazione locati dalle imprese che li avevano costruiti per la vendita.

 

Il nuovo numero 8-bis) allarga l’esenzione dall’IVA alle cessioni di tutti i fabbricati, con l’esclusione di quelli strumentali per natura, ed escluse altresì le cessioni poste in essere dall’impresa costruttrice o dall’impresa che vi abbia svolto interventi di recupero, ai sensi dell’articolo 31, lettere c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457[246], purché effettuate entro quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento.

 

L’articolo 31, lettere c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457 (“Norme per l’edilizia residenziale”) determina le diverse tipologie di interventi di recupero edilizio: restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia o urbanistica.

 

Si segnala che le definizioni degli interventi edilizi sopra richiamati sono ora contenute nelle lettere c), d) e f) dell’articolo 3, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, approvato con D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

 

La disciplina previgente dichiarava esenti le sole cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato a destinazione abitativa, effettuate da soggetti diversi dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi avessero eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, interventi di recupero edilizio, ovvero dalle imprese aventi la loro rivendita per oggetto esclusivo o principale della propria attività.

 

La disciplina relativa alle cessioni di fabbricati strumentali per natura è contenuta nel nuovo numero 8-ter), il quale dispone che sono esenti da IVA le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, escluse:

a)      quelle effettuate, entro quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento, dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di recupero edilizio di cui al già citato articolo 31, primo comma, lettere c), d) ed e) della legge 5 agosto 1978, n. 457;

b)      quelle effettuate nei confronti di cessionari soggetti passivi dell’IVA che svolgono in via esclusiva o prevalente attività che conferiscono il diritto alla detrazione d’imposta in percentuale pari o inferiore al 25 per cento;

c)      quelle effettuate nei confronti di cessionari che non agiscono nell’esercizio di impresa, arti o professioni;

d)      quelle per le quali il cedente, nel relativo atto, abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione mediante IVA.

 

Secondo la disciplina previgente, le cessioni di fabbricati strumentali erano sempre soggette a IVA.

 

La lettera b) modifica l’articolo 19-bis.1, comma 1, lettera i), primo periodo, del D.P.R. n. 633 del 1972, sopprimendo il riferimento alle società aventi per oggetto esclusivo o principale dell’attività la rivendita di fabbricati a destinazione abitativa o loro porzioni.

 

L’articolo 19-bis.1, comma 1, lettera i), del D.P.R. n. 633 del 1972 – nel testo previgente – escludeva la detrazione dell'imposta relativa all'acquisto di fabbricati, o di porzioni di fabbricati, a destinazione abitativa né quella relativa alla locazione o alla manutenzione, recupero o gestione degli stessi. La detrazione era tuttavia consentita alle imprese aventi per oggetto esclusivo o principale dell'attività esercitata la costruzione o la rivendita dei predetti fabbricati o delle predette porzioni. La disposizione non si applica per i soggetti che esercitano attività che danno luogo ad operazioni esenti di cui al numero 8) dell'articolo 10 che comportano la riduzione della percentuale di detrazione a norma dell'articolo 19, comma 5, e dell'articolo 19-bis.

 

A seguito della modificazione operata, le imprese aventi come oggetto esclusivo o principale dell’attività esercitata la rivendita di fabbricati (c.d. immobiliari di trading) non possono detrarre l’IVA relativa all’acquisto, locazione, manutenzione, recupero o gestione di fabbricati o porzioni di fabbricati a destinazione abitativa. Tale modifica è dovuta al fatto che tali imprese – in forza del disposto del novellato numero 8-bis) del primo comma dell’articolo 10, sopra illustrato – dovranno comunque alienare le costruzioni in regime di esenzione dall’IVA, onde diverrebbe impossibile recuperare l’IVA pagata sugli acquisti.

 

La lettera c) è stata soppressa nel corso dell’esame presso il Senato.

 

Essa abrogava l’ultimo periodo del terzo comma dell’articolo 36 (Esercizio di più attività) del D.P.R. n. 633 del 1972, il quale attribuisce ai soggetti che effettuano sia locazioni assoggettate ad IVA, sia locazioni esenti, la facoltà di optare per l’applicazione separata dell’imposta sul valore aggiunto relativamente ad alcuna delle attività esercitate. L’abrogazione era conseguenza del nuovo regime IVA delle locazioni, che generalizzava l’esenzione. A seguito delle modificazioni apportate dal Senato alla lettera a) del presente comma, la disposizione conserva rilevanza e non deve dunque essere abrogata.

 

La lettera d) abroga il numero 127-ter della tabella A, parte III, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, che assoggettava ad aliquota IVA ridotta del 10 per cento le locazioni di immobili di civile abitazione effettuate dalle imprese che li avessero costruiti per la vendita.

L’abrogazione è conseguenza del nuovo regime, che rende tali locazioni esenti dall’IVA.

 

Il passaggio dal regime di assoggettabilità IVA a quello di esenzione, con l’estinzione del diritto di detrazione a monte, comporterebbe l’obbligo di rettifica della detrazione precedentemente operata, secondo quanto disposto dai commi 3 e 8 dell’articolo 19-bis.2 (“Rettifica della detrazione”) del D.P.R. n. 633 del 1972. Derogando a tali disposizioni, il comma 9 stabilisce tuttavia che, in sede di prima applicazione delle disposizioni del precedente comma 8, non sia effettuata rettifica, limitatamente:

a)      ai fabbricati diversi da quelli strumentali per natura, posseduti alla data del 4 luglio 2006 (data di entrata in vigore del decreto-legge);

b)      ai fabbricati o porzioni di fabbricato per i quali il termine di quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento scade entro la predetta data, per le imprese costruttrici o per quelle che vi hanno eseguito gli interventi di recupero edilizio indicati all’articolo 31, primo comma, lettere c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457.

Per gli immobili strumentali per natura, la rettifica della detrazione dell’imposta si effettua esclusivamente se, nel primo atto stipulato successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, non viene esercitata l’opzione per l’imposizione mediante IVA, secondo quanto previsto dai numeri 8) e 8-ter) del primo comma dell’articolo 10 del D.P.R. n. 633 del 1972, sopra illustrati.

Disposizioni relative all’imposta di registro

Il comma 10 dell’articolo 35 modifica le disposizioni che regolano, in base al criterio di alternatività, le relazioni tra imposta sul valore aggiunto e imposta di registro, intervenendo sul comma 2 dell’articolo 5 (“Registrazione in termine fisso e registrazione in caso d’uso”) e sull’articolo 40 (“Atti relativi ad operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto”) del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (“Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro”). Modifica inoltre l’articolo 5 della tariffa, parte prima, riferita alla medesima imposta, prevedendo un’aliquota specifica per le locazioni di immobili strumentali, ancorché soggette a IVA.

 

La lettera a) inserisce il riferimento al nuovo numero 8-ter)dell’articolo 10, primo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972 (introdotto dal precedente comma 8), nell’articolo 5 del testo unico delle leggi sull’imposta di registro, approvato con D.P.R. n. 131 del 1986.

 

L’articolo 5 del citato testo unico approvato con D.P.R. n. 131 del 1986 disciplina le ipotesi di registrazione in termine fisso e di registrazione in caso d'uso.

A norma del comma 1 sono soggetti a registrazione in termine fisso gli atti indicati nella parte prima della tariffa e in caso d'uso quelli indicati nella parte seconda.

Il comma 2 – nel testo previgente – dispone che le scritture private non autenticate sono soggette a registrazione in caso d'uso se tutte le disposizioni in esse contemplate sono relative ad operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto, precisando che si considerano soggette all'imposta sul valore aggiunto anche le cessioni e le prestazioni per le quali l'imposta non è dovuta per ragioni di territorialità (a norma dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633), e quelle per cui dev’essere comunque emessa fattura a norma del sesto comma dell'articolo 21 dello stesso decreto. Non si considerano invece soggette all’imposta – e pertanto le scritture ad essi relative seguono il regime della tariffa – le operazioni esenti ai sensi dell'articolo 10, numeri 8), 8-bis) e 27-quinquies), dello stesso decreto.

 

La modificazione apportata comprende quindi le cessioni di fabbricati strumentali per natura fra le operazioni che non si considerano soggette a IVA, agli effetti dell’obbligo di registrazione delle scritture private non autenticate, che ricadono quindi nell’obbligo di registrazione in termine fisso a norma dell’articolo 1 della tariffa, parte prima, con l’aliquota del 7 per cento in esso prevista.

 

Si osserva a questo proposito che analoga modificazione non è stata operata al comma 1 dell’articolo 40 dello stesso testo unico, riguardante l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa per gli atti relativi ad operazioni soggette a IVA. Tale comma, nella vigente formulazione, dispone che non si considerino soggette a IVA, fra l’altro, le operazioni esenti ai sensi dell’articolo 10, primo comma, numeri 8 e 8-bis), del D.P.R. n. 633 del 1972: tali operazioni sono pertanto soggette all’imposta in misura proporzionale. La mancata indicazione delle operazioni contemplate nel numero 8-ter) sembrerebbe confermarne l’assoggettamento all’imposta di registro in misura fissa.

 

La lettera b) inserisce nell’articolo 40 del medesimo testo unico delle leggi sull’imposta di registro, approvato con D.P.R. n. 131 del 1986 un nuovo comma 1-bis, il quale dispone che sono soggette all’imposta proporzionale di registro le locazioni di immobili strumentali, ancorché assoggettate all’imposta sul valore aggiunto, di cui all’articolo 10, numero 8), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

Correlativamente, la lettera c) aggiunge nell’articolo 5 della tariffa, parte prima, allegata allo stesso testo unico, che reca le aliquote d’imposta per la registrazione degli atti relativi a locazioni e affitti di immobili, una nuova lettera a-bis), che sottopone all’aliquota dell’1 per cento la registrazione di tali atti quando abbiano per oggetto immobili strumentali, ancorché assoggettati all’imposta sul valore aggiunto.

Disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale

Il comma 10-bis modifica il testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, emanato con decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.

Per quanto riguarda l’imposta catastale, la lettera a) ne modifica l’articolo 10, comma 1, disponendo che siano soggette all’imposta nella misura del 10 per mille anche le volture catastali relative a immobili strumentali, ancorché le operazioni di cessione siano assoggettate all’imposta sul valore aggiunto a norma dell’articolo 10, numero 8-ter), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (sopra illustrato).

La disposizione deroga quindi al successivo comma 2, a norma del quale l'imposta è dovuta nella misura fissa di euro 168 per le volture eseguite, fra l’altro, in dipendenza di atti soggetti all'imposta sul valore aggiunto.

 

Per quanto riguarda l’imposta ipotecaria, la lettera b) inserisce nella tariffa allegata al predetto testo unico il nuovo articolo 1-bis, che assoggetta all’imposta con l’aliquota del 3 per cento le trascrizioni di atti e sentenze che importano trasferimento di proprietà di beni immobili strumentali, di cui all’articolo 10, n. 8-ter), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, anche se assoggettati all’imposta sul valore aggiunto, ovvero costituzione o trasferimenti di diritti immobiliari sugli stessi.

Anche questa disposizione deroga al disposto della nota all’articolo 1 della medesima tariffa, secondo cui l'imposta si applica nella misura fissa di euro 168 per i trasferimenti soggetti all'imposta sul valore aggiunto.

 

Il comma 10-ter dispone che dal 1° ottobre 2006 le aliquote delle imposte ipotecaria e catastale, come modificate dal precedente comma 10-bis, sono ridotte della metà per le volture catastali e le trascrizioni relative a cessioni di beni immobili strumentali, anche se assoggettati all’imposta sul valore aggiunto, di cui siano parte fondi immobiliari chiusi disciplinati dall’articolo 37 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e dall’articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, imprese di locazione finanziaria, ovvero banche e intermediari finanziari di cui agli articoli 106 e 107 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, limitatamente all’acquisto e al riscatto dei beni da concedere o concessi in locazione finanziaria.

Non appare del tutto perspicuo, nella letterale formulazione della disposizione, l’ambito di efficacia della limitazione all’acquisto e al riscatto dei beni oggetto di locazione finanziaria, che sembrerebbe per altro doversi riferire soltanto alle imprese di locazione finanziaria, alle banche e agli intermediari finanziari, e non anche ai fondi immobiliari chiusi.

 

Il comma 10-sexies stabilisce infine che le somme corrisposte a titolo di imposte proporzionali di cui all’articolo 5, della Tariffa, parte prima, del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, per i contratti di locazione finanziaria, anche se assoggettati ad imposta sul valore aggiunto, aventi ad oggetto beni immobili strumentali per natura, nel caso di riscatto della proprietà del bene, può essere detratta da quanto dovuto a titolo di imposte ipotecaria e catastale.

Disposizioni complementari

Il comma 10-quater, con evidente finalità anti-elusiva, prescrive che le disposizioni in materia di imposte indirette, previste per la locazione di fabbricati, si applichino, se meno favorevoli, anche per l’affitto di aziende il cui valore complessivo sia costituito, per più del 50 per cento, dal valore normale di fabbricati, determinato ai sensi dell’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

 

Secondo l’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, per valore normale dei beni e dei servizi si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per beni o servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui è stata effettuata l'operazione o nel tempo e nel luogo più prossimi.

Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe dell'impresa che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini della camera di commercio più vicina, alle tariffe professionali e ai listini di borsa.

 

Il comma 10-quinquies disciplina la fase transitoria di passaggio alla nuova disciplina, prevedendo che, ai fini dell’applicazione dell’imposte proporzionali di cui all’articolo 5, della tariffa, parte prima, del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, per i contratti di locazione o di affitto assoggettati ad imposta sul valore aggiunto, sulla base delle disposizioni vigenti fino alla data di entrata in vigore del presente decreto (4 luglio 2006) e in corso di esecuzione alla medesima data, le parti devono presentare per la registrazione un’apposita dichiarazione, nella quale può essere altresì esercitata, ove la locazione abbia ad oggetto beni immobili strumentali per natura, l’opzione per l’imposizione mediante IVA, prevista dall’articolo 10, primo comma, numero 8), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, con effetto dalla stessa data del 4 luglio 2006.

Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro il 15 settembre 2006, sono stabiliti modalità e i termini degli adempimenti e del versamento dell’imposta.

 


Articolo 35, comma 11
(Contrasto delle elusioni fiscali in tema di veicoli)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

11. Al fine di contrastare gli abusi delle disposizioni fiscali disciplinanti il settore dei veicoli, con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, sentito il Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero dei trasporti, sono individuati i veicoli che, a prescindere dalla categoria di omologazione, risultano da adattamenti che non ne impediscono l'utilizzo per il trasporto privato di persone. I suddetti veicoli devono essere assoggettati al regime proprio degli autoveicoli di cui al comma 1, lettera b), dell'articolo 164 del testo unico delle imposte sui redditi, ai fini delle imposte dirette, e al comma 1, lettera c), dell'articolo 19-bis1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto.

11. Al fine di contrastare gli abusi delle disposizioni fiscali disciplinanti il settore dei veicoli, con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, sentito il Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero dei trasporti, sono individuati i veicoli che, a prescindere dalla categoria di omologazione, risultano da adattamenti che non ne impediscono l'utilizzo per il trasporto privato di persone. I suddetti veicoli devono essere assoggettati al regime proprio degli autoveicoli di cui al comma 1, lettera b), dell'articolo 164 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ai fini delle imposte dirette, e al comma 1, lettera c), dell'articolo 19-bis1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto.

 

 

Il comma 11 dell’articolo 35, al fine di contrastare gli abusi delle disposizioni fiscali disciplinanti il settore dei veicoli, prevede che, con provvedimento adottato dal Direttore dell’Agenzia delle entrate, previo parere del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero dei trasporti, vengano individuate le tipologie di veicoli che – a prescindere dalla categoria di omologazione – sono stati sottoposti ad adattamenti che non ne precludono l’utilizzo ai fini del trasporto privato di persone.

Si dispone che i suddetti veicoli siano assoggettati al regime fiscale previsto dal comma 1, lettera b), dell’articolo 164 (Limiti di deduzione delle spese e degli altri componenti negativi relativi a taluni mezzi di trasporto a motore, utilizzati nell’esercizio di imprese, arti e professioni) del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nonché alla disciplina del comma 1, lettera c), dell’articolo 19-bis1 (Esclusione o riduzione della detrazione per alcuni beni o servizi) del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (“Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto”).

La prima disposizione individua i casi di limitata deducibilità, ai fini della determinazione dei relativi redditi, delle spese e degli altri componenti negativi riguardanti i mezzi di trasporto a motore utilizzati nell’esercizio di imprese, arti e professioni (c.d. “ammortamento ridotto”).

 

Il comma 1, lettera b), dell’articolo 164 testo unico delle imposte sui redditi stabilisce che sono deducibili nella misura del 50 per cento le spese e gli altri componenti negativi relativi ad autovetture, autocaravan, ciclomotori e motocicli utilizzati nell'esercizio di imprese, arti e professioni (tranne quelli destinati ad essere impiegati esclusivamente come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa, ovvero adibiti ad uso pubblico o dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d'imposta, che dànno diritto a deduzione integrale).

La predetta percentuale è elevata all'80 per cento per i veicoli utilizzati dai soggetti esercenti attività di agenzia o di rappresentanza di commercio.

Nel caso di esercizio di arti e professioni in forma individuale, la deducibilità è ammessa, nella suddetta misura del 50 per cento, limitatamente ad un solo veicolo; se l'attività è svolta da società semplici e da associazioni di cui all'articolo 5, la deducibilità è consentita soltanto per un veicolo per ogni socio o associato.

Non si tiene comunque conto della parte del costo di acquisizione o di locazione finanziaria che eccede i limiti determinati nell’articolo.

 

La seconda disposizione prevede l’indetraibilità – salvo che per gli agenti ed i rappresentanti di commercio - dell’imposta sul valore aggiunto applicata alle operazioni di acquisto o di importazione di ciclomotori, motocicli, autovetture ed autoveicoli indicati nell’articolo 54, lettere a) e c) del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (autovetture ed autoveicoli per il trasporto promiscuo di persone e cose), che non formano oggetto dell’attività di impresa.

 

La disciplina dell’articolo 19-bis1 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che esclude o limita la detraibilità dell’IVA versata in relazione a taluni beni, si configura quale deroga alla disciplina stabilita dall'articolo 17, paragrafo 2, della direttiva 77/388/CEE in materia di sistema comune IVA (c.d. sesta direttiva IVA), che afferma il principio del diritto a deduzione integrale dell'IVA versata a monte da un soggetto passivo nel quadro della sua attività soggetta a imposta. Il paragrafo 7 consente agli Stati membri di escludere o di limitare il diritto alla detrazione su taluni beni purché sussistano "motivi congiunturali" che giustificano tale misura.

La circolare dell’Agenzia delle entrate 3 gennaio 2001, n. 1 (paragrafo 2.3.4), ha rilevato che la proroga di tale regime operata dalla legge n. 388 del 2000, nonché la previsione della parziale detraibilità, nella misura del 10 per cento, per l’acquisto, l’importazione e l’acquisizione mediante contratti di locazione finanziaria, noleggio o simili dei veicoli richiamati in precedenza, erano fondate sulla "presa d'atto" formale adottata dal Comitato IVA, in data 14 novembre 2000, in relazione alla consultazione proposta dall'Italia, ai sensi dell'articolo 29 della sesta direttiva IVA. L'Italia in tale sede s’impegnava a consentire una parziale detrazione dell'IVA sulle spese di acquisto e importazione dei predetti mezzi di trasporto, mantenendo l’indetraibilità dell'imposta per le spese di manutenzione e riparazione e per quelle di approvvigionamento di carburanti e lubrificanti.

La Corte di giustizia delle Comunità europee ha affermato, con giurisprudenza costante, che il diritto alla detrazione previsto dagli articoli 17 e seguenti della sesta direttiva IVA, costituendo una parte integrante e fondamentale del meccanismo dell'imposta, non può, in linea di principio, essere soggetto a limitazioni. In particolare, con la sent. 8 gennaio 2002, causa C-409/99, essa ha ritenuto che il presupposto per la deroga al principio di detraibilità dell'IVA è costituito dall'esistenza di "motivi congiunturali", i quali per definizione hanno una durata limitata nel tempo, onde il loro perdurare ne determina la trasformazione in motivi strutturali, generando in tal modo, una situazione di stabilità che importa il venir meno per gli Stati membri della possibilità di introdurre - o anche mantenere – la limitazione in deroga alla VI direttiva IVA.

Su questa base la Commissione tributaria provinciale di Milano, sez. XLVII, con sent. 19 aprile-25 maggio 2005, n. 115, ha ritenuto di dover disapplicare la norma nazionale applicando direttamente il diritto comunitario. Una questione interpretativa sulla stessa materia è stata sottoposta alla Corte di giustizia delle Comunità europee dalla Commissione tributaria di I grado di Trento, sez. IV, con ord. 21 marzo-14 aprile 2005, n. 8.

 

La finalità antielusiva della disposizione qui illustrata consiste pertanto nell’impedire che da un’omologazione del veicolo non corrispondente al suo uso effettivo possa derivare un trattamento fiscale più favorevole di quello previsto ordinariamente per i veicoli adibiti al medesimo uso.

 


Articolo 35, commi 12 e 12-bis
(Conti correnti di esercenti arti e professioni)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

12. All'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dopo il secondo comma sono aggiunti i seguenti: «I soggetti di cui al primo comma sono obbligati a tenere uno o più conti correnti bancari o postali ai quali affluiscono, obbligatoriamente, le somme riscosse nell'esercizio dell'attività e dai quali sono effettuati i prelevamenti per il pagamento delle spese. I compensi in denaro per l'esercizio di arti e professioni sono riscossi esclusivamente mediante assegni non trasferibili o bonifici ovvero altre modalità di pagamento bancario o postale nonché mediante sistemi di pagamento elettronico, salvo per importi unitari inferiori a 100 euro.».

12. All'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dopo il secondo comma sono inseriti i seguenti: «I soggetti di cui al primo comma sono obbligati a tenere uno o più conti correnti bancari o postali ai quali affluiscono, obbligatoriamente, le somme riscosse nell'esercizio dell'attività e dai quali sono effettuati i prelevamenti per il pagamento delle spese. I compensi in denaro per l'esercizio di arti e professioni sono riscossi esclusivamente mediante assegni non trasferibili o bonifici ovvero altre modalità di pagamento bancario o postale nonché mediante sistemi di pagamento elettronico, salvo per importi unitari inferiori a 100 euro.».

 

12-bis. Il limite di 100 euro di cui al quarto comma dell'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dal comma 12 del presente articolo, si applica a decorrere dal 1o luglio 2008. Dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e sino al 30 giugno 2007 il limite è stabilito in 1.000 euro. Dal 1o luglio 2007 al 30 giugno 2008 il limite è stabilito in 500 euro.

 

 

Il comma 12 dell’articolo 35 aggiunge i commi 3 e 4 all’articolo 19 (Scritture contabili degli esercenti arti e professioni) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (“Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”).

Per effetto di tale novella, i soggetti indicati nel comma 1 del suddetto articolo 19 – ossia gli esercenti arti o professioni, anche in forma associata – sono obbligati a tenere uno o più conti correnti bancari o postali, in cui debbono far affluire le somme riscosse nell’esercizio dell’attività ed effettuare i prelevamenti per il pagamento delle spese.

Inoltre, è disposto che i compensi in denaro per l’esercizio di arti e professioni vengano riscossi esclusivamente attraverso assegni non trasferibili, bonifici, oppure altre modalità di pagamento bancario o postale, nonché mediante sistemi di pagamento elettronico.

La disposizione non si applica quando il pagamento consista in un importo unitario inferiore a 100 euro.

 

Il comma 12-bisprovvede all’applicazione graduale dell’illustrata disposizione, stabilendo che fino al 30 giugno 2007 il limite sia stabilito in 1.000 euro, dal 1° luglio 2007 fino al 30 giugno 2008 in 500 euro, e soltanto dal 1° luglio 2008 si applichi il limite 100 euro.

 

Dal tenore letterale della disposizione, non sembrerebbe comunque vietato al professionista utilizzare anche per le operazioni personali i conti correnti aperti per l’attività professionale.

Non essendo disposta una specifica sanzione, può ritenersi che le nuove disposizioni, operative dall’entrata in vigore del decreto-legge, comportino, in caso di violazione, l’irrogazione della sanzione pecuniaria da 1.032 a 7.746 euro prevista dall’articolo 9 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471[247], per i casi di irregolare tenuta della contabilità.

 


Articolo 35, commi 13 e 14
(Disposizioni in materia di sede delle
società controllanti società o enti residenti)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

13. Dopo il comma 5 dell'articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono aggiunti i seguenti:

13. Dopo il comma 5 dell'articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono aggiunti i seguenti:

«5-bis. Salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell'amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell'articolo 2359, comma 1, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa:

«5-bis. Salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell'amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa:

a) sono controllate, anche indirettamente, ai sensi dell'articolo 2359, comma 1, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;

a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;

b) sono amministrate da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.

b) sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.

5-ter. Ai fini della verifica della sussistenza del controllo di cui al comma 5-bis, rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell'esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato. Ai medesimi fini, per le persone fisiche si tiene conto anche dei voti spettanti ai familiari di cui all'articolo 5, comma 5.».

5-ter. Identico».

14. La disposizione di cui al precedente comma ha effetto a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

14. La disposizione di cui al comma 13 ha effetto a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

 

Il comma 13 dell’articolo 35 aggiunge i commi 5-bis e 5-ter all’articolo 73 (Soggetti passivi) del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

Secondo il nuovo comma 5-bis, fatta salva la prova contraria, si presume esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti che detengono partecipazioni di controllo – nel significato precisato dall’articolo 2359, primo comma, del codice civile – in società di capitali, società cooperative e di mutua assicurazione, residenti nel territorio dello Stato, nonché in enti commerciali pubblici o privati, diversi dalle società, residenti anch’essi nel territorio dello Stato, purché sussista anche una sola delle seguenti condizioni:

a)      le società detentrici delle partecipazioni di controllo siano controllate, anche indirettamente, ai sensi del citato articolo 2359, primo comma, del ce civile (in realtà comma 2), da soggetti residenti nel territorio dello Stato;

b)      le società detentrici siano amministrate da un consiglio di amministrazione – o da un equivalente organo di gestione – formato prevalentemente da soggetti residenti nel territorio dello Stato.

 

L’articolo 2359, primo comma, del codice civile individua come società controllate: 1) le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria; 2) le società in cui un’altra società dispone dei voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria; 3) le società che sono sotto l’influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. Il secondo comma prevede che ai fini dell'individuazione del controllo si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

 

Ai sensi del nuovo comma 5-ter, per determinare la sussistenza del controllo rilevante agli effetti del precedente comma 5-bis, occorre considerare la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o del periodo di gestione del soggetto estero controllato. Se il controllo è detenuto da persone fisiche, rilevano anche i voti spettanti ai familiari indicati dall’articolo 5, comma 5, del D.P.R. n. 917 del 1986 (ossia il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado).

 

Il comma 14 stabilisce – con tacita deroga all'articolo 3, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 – che le disposizioni del comma 13 acquistino efficacia a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto (4 luglio 2006).

 

La citata disposizione dello Statuto del contribuente preclude la retroattività delle disposizioni tributarie stabilendo, relativamente ai tributi periodici, che le modifiche introdotte si applichino solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.

Numerose analoghe deroghe si rilevano nel presente e negli articoli successivi.

 

Secondo la relazione illustrativa del Governo, le innovazioni in esame sono finalizzate a contrastare il fenomeno delle società c.d. “esterovestite”. L’esterovestizione consiste nella fittizia localizzazione della sede legale in Stati esteri, al fine di usufruire di un regime fiscale più favorevole rispetto a quello nazionale, così da ridurre, se non addirittura annullare, il carico fiscale sulle plusvalenze conseguite in Italia.

Per effetto del meccanismo d’inversione dell’onere della prova derivante dalla presunzione iuris tantum, introdotta dalla presente disposizione, saranno le società interessate – e non più l’amministrazione finanziaria – a dover dimostrare la loro effettiva residenza all’estero.

 


Articolo 35, commi 15 e 16
(Contrasto di fenomeni elusivi connessi all’attività
delle società non operative)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

15. All'articolo 30 della legge del 23 dicembre 1994, n. 724, sono apportate le seguenti modificazioni:

15. All'articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

a) identico:

«1. Agli effetti del presente articolo le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, si considerano, salvo prova contraria, non operativi se l'ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, è inferiore alla somma degli importi che risultano applicando: a) il 2 per cento al valore dei beni indicati nell'articolo 85, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, anche se costituiscono immobilizzazioni finanziarie, aumentato del valore dei crediti; b) il 6 per cento al valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e da beni indicati nell'articolo 8-bis, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, anche in locazione finanziaria; c) il 15 per cento al valore delle altre immobilizzazioni, anche in locazione finanziaria. Le disposizioni dei precedenti periodi non si applicano: 1) ai soggetti ai quali, per la particolare attività svolta, è fatto obbligo di costituirsi sotto forma di società di capitali; 2) ai soggetti che si trovano nel primo periodo di imposta; 3) alle società in amministrazione controllata o straordinaria; 4) alle società ed enti i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati italiani; 5) alle società esercenti pubblici servizi di trasporto; 6) alle società con un numero di soci non inferiore a 100.»;

«1. Agli effetti del presente articolo le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, si considerano, salvo prova contraria, non operativi se l'ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, è inferiore alla somma degli importi che risultano applicando le seguenti percentuali: a) il 2 per cento al valore dei beni indicati nell'articolo 85, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, anche se costituiscono immobilizzazioni finanziarie, aumentato del valore dei crediti; b) il 6 per cento al valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e da beni indicati nell'articolo 8-bis, primo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, anche in locazione finanziaria; c) il 15 per cento al valore delle altre immobilizzazioni, anche in locazione finanziaria. Le disposizioni del primo periodo non si applicano: 1) ai soggetti ai quali, per la particolare attività svolta, è fatto obbligo di costituirsi sotto forma di società di capitali; 2) ai soggetti che si trovano nel primo periodo di imposta; 3) alle società in amministrazione controllata o straordinaria; 4) alle società ed enti i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati italiani; 5) alle società esercenti pubblici servizi di trasporto; 6) alle società con un numero di soci non inferiore a 100.»;

b) il comma 3 è sostituito dal seguente:

b) identico:

3. Fermo l'ordinario potere di accertamento, ai fini dell'imposta personale sul reddito per le società e per gli enti non operativi indicati nel comma 1 si presume che il reddito del periodo di imposta non sia inferiore all'ammontare della somma degli importi derivanti dall'applicazione, ai valori dei beni posseduti nell'esercizio, delle seguenti percentuali: a) l'1,50 per cento sul valore dei beni indicati nella lettera a) del comma1; b) il 4,75 per cento sul valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e da beni indicati nell'articolo 8-bis, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, anche in locazione finanziaria; c) il 12 per cento sul valore complessivo delle altre immobilizzazioni anche in locazione finanziaria. Le perdite di esercizi precedenti possono essere computate soltanto in diminuzione della parte di reddito eccedente quello minimo di cui al presente comma.»;

«3. Fermo l'ordinario potere di accertamento, ai fini dell'imposta personale sul reddito per le società e per gli enti non operativi indicati nel comma 1 si presume che il reddito del periodo di imposta non sia inferiore all'ammontare della somma degli importi derivanti dall'applicazione, ai valori dei beni posseduti nell'esercizio, delle seguenti percentuali: a) l'1,50 per cento sul valore dei beni indicati nella lettera a) del comma 1; b) il 4,75 per cento sul valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e da beni indicati nell'articolo 8-bis, primo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, anche in locazione finanziaria; c) il 12 per cento sul valore complessivo delle altre immobilizzazioni anche in locazione finanziaria. Le perdite di esercizi precedenti possono essere computate soltanto in diminuzione della parte di reddito eccedente quello minimo di cui al presente comma.»;

c) il comma 4 è sostituito dal seguente:

c) identica;

«4. Per le società e gli enti non operativi, l'eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dell'imposta sul valore aggiunto non è ammessa al rimborso né può costituire oggetto di compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, o di cessione ai sensi dell'articolo 5, comma 4-ter, del decreto-legge 14 marzo 1988, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 154. Qualora per tre periodi di imposta consecutivi la società o l'ente non operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto non inferiore all'importo che risulta dalla applicazione delle percentuali di cui al comma 1, l'eccedenza di credito non è ulteriormente riportabile a scomputo dell'IVA a debito relativa ai periodi di imposta successivi.»;

 

d) dopo il comma 4 è inserito il seguente:

d) identico:

«4-bis. In presenza di oggettive situazioni di carattere straordinario che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito determinati ai sensi del presente articolo, ovvero non hanno consentito di effettuare le operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto di cui al comma 4, la società interessata può richiedere la disapplicazione delle relative disposizioni antielusive ai sensi dell'articolo 37-bis, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.».

«4-bis. In presenza di oggettive situazioni di carattere straordinario che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito determinati ai sensi del presente articolo, ovvero non hanno consentito di effettuare le operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto di cui al comma 4, la società interessata può richiedere la disapplicazione delle relative disposizioni antielusive ai sensi dell'articolo 37-bis, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.».

16. Le disposizioni del comma precedente si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

16. Le disposizioni del comma 15 si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

 

Il comma 15 dell’articolo 35 mira a rendere più efficaci le disposizioni antielusive riguardanti le società non operative, ossia le società che non sono costituite per l’effettivo svolgimento di un’attività economica o commerciale, ma soltanto per gestire un patrimonio mobiliare o immobiliare avvantaggiandosi del regime fiscale previsto per le persone giuridiche (c.d. società di comodo).

A tal fine viene modificato l’articolo 30 (Società di comodo. Valutazione dei titoli) della legge 23 dicembre 1994, n. 724.

Il novellato comma 1 del suddetto articolo innalza la misura del g in base al quale una società s’intende non operativa.

In particolare, una società è da ritenersi non operativa se l’ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, è inferiore alla somma degli importi che risultano applicando:

-        il 2 per cento (anziché l’1 per cento, previsto dalla disciplina previgente) del valore dei beni indicati nell’articolo 85, comma 1, lettera c) del TUIR (corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni);

-        il 6 per cento (anziché il 4 per cento, previsto dalla disciplina previgente) delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e dai beni di cui all’articolo 8-bis del D.P.R. n. 633 del 1972 (navi destinate all’esercizio di attività commerciale);

-        viene invece confermata la percentuale del 15 per cento riferita al valore delle altre immobilizzazioni, comprese le locazioni finanziarie.

La disciplina non si applica ai soggetti tenuti a costituirsi sotto forma di società di capitali in virtù della particolare attività svolta; ai soggetti che si trovano nel primo periodo di imposta; alle società in amministrazione controllata o straordinaria; alle società ed enti i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati italiani; alle società esercenti servizi di trasporto pubblico; alle società con almeno cento soci.

Tali esclusioni confermano la disciplina previgente, fatta eccezione per il riferimento ai soggetti che si trovano nel primo periodo d’imposta, che non era contenuto nella precedente formulazione. La disciplina previgente escludeva inoltre i soggetti che non si trovano in un periodo di normale svolgimento dell’attività.

 

Il nuovo comma 3 dell’articolo 30 della citata legge n. 724 del 1994 eleva le percentuali sulla cui base calcolare il livello minimo del reddito determinato in via presuntiva, ai fini dell’applicazione dell’imposta personale sul reddito delle società e degli enti non operativi determinati a norma del nuovo comma 1 dello stesso articolo 30. È comunque fatto salvo l’ordinario potere di accertamento dell’amministrazione finanziaria.

In particolare tali percentuali sono elevate:

-        dallo 0,75 all’1,50 per cento del valore dei beni indicati nell’articolo 85, comma 1, lettera c) del TUIR (corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni);

-        dal 3 per cento al 4,75 per cento del valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e dai beni di cui all’articolo 8-bis del D.P.R. n. 633 del 1972 (navi destinate all’esercizio di attività commerciale);

-        viene invece confermata la percentuale del 12 per cento riferita al valore delle altre immobilizzazioni, comprese le locazioni finanziarie.

 

Il nuovo comma 4 dello stesso articolo 30 prevede che – per le società e gli enti non operativi – il credito in eccesso risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dell’IVA non possa essere ammesso al rimborso, né formare oggetto di compensazione o di cessione.

Inoltre, lo stesso credito, in mancanza di operazioni attive rilevanti per tre periodi d’imposta consecutivi, non potrà essere riportato in avanti a scomputo dell’IVA a debito relativa ai periodi d’imposta successivi.

Il nuovo comma 4-bis del medesimo articolo 30 stabilisce che le norme antielusive possano essere disapplicate con provvedimento del direttore regionale dell’Agenzia delle entrate competente per territorio, in presenza di “oggettive situazioni di carattere straordinario” che abbiano reso impossibile il conseguimento degli obiettivi previsti dalla normativa. Secondo la relazione governativa, rientra in tale ambito anche “l’esistenza di un periodo non normale di attività”.

 

Il comma 16 dell’articolo 35 stabilisce che le disposizioni del precedente comma 15 si applichino a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto (4 luglio 2006).

 


Articolo 35, commi 17 e 18
(Effetti fiscali della retrodatazione delle operazioni di fusione societaria)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

17. All'articolo 172, comma 7, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In caso di retrodatazione degli effetti fiscali della fusione ai sensi del comma 9, le limitazioni del presente comma si applicano anche al risultato negativo, determinabile applicando le regole ordinarie, che si sarebbe generato in modo autonomo in capo ai soggetti che partecipano alla fusione in relazione al periodo che intercorre tra l'inizio del periodo d'imposta e la data antecedente a quella di efficacia giuridica della fusione.».

17. All'articolo 172, comma 7, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In caso di retrodatazione degli effetti fiscali della fusione ai sensi del comma 9, le limitazioni del presente comma si applicano anche al risultato negativo, determinabile applicando le regole ordinarie, che si sarebbe generato in modo autonomo in capo ai soggetti che partecipano alla fusione in relazione al periodo che intercorre tra l'inizio del periodo d'imposta e la data antecedente a quella di efficacia giuridica della fusione.».

18. Le disposizioni del comma 17 si applicano alle operazioni di scissione e fusione deliberate dalle assemblee delle società partecipanti dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge. Per le operazioni deliberate anteriormente alla predetta data resta ferma l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 37-bis del 29 settembre 1973, n. 600.

18. Le disposizioni del comma 17 si applicano alle operazioni di scissione e fusione deliberate dalle assemblee delle società partecipanti dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge. Per le operazioni deliberate anteriormente alla predetta data resta ferma l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

 

 

Il comma 17 dell’articolo 35 modifica l’articolo 172 (Fusione di società) del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, aggiungendo al comma 7 un periodo finale.

 

In base al comma 9 del menzionato articolo 172 del TUIR, l’atto di fusione può stabilire che, ai fini delle imposte sui redditi, gli effetti della fusione decorrano da una data non anteriore a quella in cui si è chiuso l’ultimo esercizio di ciascuna delle società fuse o incorporate o a quella, se più recente, in cui si è chiuso l’ultimo esercizio della società incorporante.

Secondo la relazione del Governo, la suddetta previsione si presterebbe a possibili abusi, poiché, attribuendo efficacia retroattiva all’operazione di fusione, sarebbe possibile compensare i risultati positivi e negativi delle società coinvolte maturati durante un determinato periodo d’imposta, senza tuttavia applicare i limiti di deducibilità delle perdite pregresse previsti dal comma 7 dell’articolo 172 del TUIR.

Per prevenire tale eventualità, la nuova formulazione del comma 7 dell’articolo 172 stabilisce – nell’ultimo periodo introdotto dalla presente disposizione – che, in caso di retrodatazione degli effetti fiscali della fusione ai sensi del comma 9, le limitazioni prevista dallo stesso comma 7 si applicano anche al risultato negativo, determinabile applicando le regole ordinarie[248], che si sarebbe generato in modo autonomo in capo ai soggetti che partecipano alla fusione in relazione al periodo che intercorre tra l’inizio del periodo d’imposta e la data antecedente a quella di efficacia giuridica della fusione.

In altri termini, si dispone che, qualora la fusione riguardi una società non operativa, la perdita di periodo non rilevi in alcun modo; se invece la società coinvolta è operativa, si applicheranno alle perdite di periodo le stesse limitazioni di deducibilità espressamente previste per le perdite pregresse.

 

Il comma 18 dell’articolo 35 stabilisce che le innovazioni del comma 17 si applichino alle fusioni e scissioni deliberate dalle assemblee dei soci successivamente alla data di entrata in vigore del decreto, ferma restando – per le operazioni deliberate precedentemente – l’applicabilità dell’articolo 37-bis (Disposizioni antielusive) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (“Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”).

 

Il comma 1 dell’articolo 37-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 dispone l’inopponibilità all’amministrazione finanziaria di atti, fatti e negozi, anche collegati tra loro, “privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti”.

 


Articolo 35, commi 19 e 20
(Documentazione delle spese sostenute per ristrutturazioni edilizie)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

19. Nell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, dopo il comma 121 è inserito il seguente: «121-bis. Le agevolazioni di cui al precedente comma spettano a condizione che il costo della relativa manodopera sia evidenziato in fattura.».

19. Nell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, dopo il comma 121 è inserito il seguente: «121-bis. Le agevolazioni di cui al comma 121 spettano a condizione che il costo della relativa manodopera sia evidenziato in fattura.».

20. La disposizione del comma precedente si applica in relazione alle spese sostenute a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

20. La disposizione del comma 19 si applica in relazione alle spese sostenute a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

 

Il comma 19 dell’articolo 35 inserisce nell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005 n. 266 (legge finanziaria per il 2006) il nuovo comma 121-bis.

 

Il comma 121 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 ha confermato per l’anno 2006 le agevolazioni tributarie per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, originariamente previste dall’articolo 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, per una quota pari al 41 per cento degli importi relativi agli interventi di ristrutturazione edilizia, ovvero agli interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia riguardanti interi fabbricati eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, di cui all’articolo 9, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002).

 

Per effetto della novella qui illustrata, in sede di calcolo del debito d’imposta ai fini IRPEF, la fruizione della detrazione del 41 per cento (ridotta al 36 per cento, con decorrenza dal 1° ottobre 2006, dal successivo comma 35-quater del presente articolo) delle spese sostenute per gli interventi di ristrutturazione edilizia viene subordinata alla condizione che l’importo del costo per la manodopera sia distintamente e separatamente indicato nella fattura.

 

Il comma 20 dell’articolo 35 dispone l’applicazione del comma 19 relativamente alle spese sostenute a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto (4 luglio 2006).

 


Articolo 35, commi 21-23-ter
(Nuove disposizioni fiscali sulle cessioni immobiliari)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

21. All'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono apportate le seguenti modificazioni:

21. Identico.

a) al comma 497:

 

1) dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Le parti hanno comunque l'obbligo di indicare nell'atto il corrispettivo pattuito.»;

 

2) nel secondo periodo, le parole: «del 20 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «del 30 per cento»;

 

b) al comma 498, in fine, è aggiunto il seguente periodo: «Se viene occultato, anche in parte, il corrispettivo pattuito, le imposte sono dovute sull'intero importo di quest'ultimo e si applica la sanzione amministrativa dal cinquanta al cento per cento della differenza tra l'imposta dovuta e quella già applicata in base al corrispettivo dichiarato, detratto l'importo della sanzione eventualmente irrogata ai sensi dell'articolo 71 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986.».

 

22. All'atto della cessione dell'immobile, anche se assoggettata ad IVA, le parti hanno l'obbligo di rendere apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà recante l'indicazione analitica delle modalità di pagamento del corrispettivo. Con le medesime modalità ciascuna delle parti ha l'obbligo di dichiarare se si è avvalsa di un mediatore; nell'ipotesi affermativa, ha l'obbligo di dichiarare l'ammontare della spesa sostenuta per la mediazione, le analitiche modalità di pagamento della stessa, con l'indicazione del numero di partita IVA o del codice fiscale dell'agente immobiliare. In caso di omessa, incompleta o mendace indicazione dei predetti dati si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 10.000 e, ai fini dell'imposta di registro, i beni trasferiti sono assoggettati ad accertamento di valore ai sensi dell'articolo 52, comma 1, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.

22. Identico.

 

22-bis. Dopo la lettera b) del comma 1 dell'articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è aggiunta la seguente:

 

«b-bis) dal 1o gennaio 2007 i compensi comunque denominati pagati a soggetti di intermediazione immobiliare in dipendenza dell'acquisto dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale per un importo non superiore ad euro 1.000 per ciascuna annualità».

23. I commi 21 e 22 si applicano agli atti pubblici formati ed alle scritture private autenticate a decorrere dal secondo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto.

23. Identico.

 

23-bis. Per i trasferimenti immobiliari soggetti ad IVA finanziati mediante mutui fondiari o finanziamenti bancari, ai fini delle disposizioni di cui all'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, terzo comma, ultimo periodo, il valore normale non può essere inferiore all'ammontare del mutuo o finanziamento erogato.

 

23-ter. All'articolo 52 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, dopo il comma 5, è aggiunto il seguente:

 

«5-bis. Le disposizioni dei commi 4 e 5 non si applicano relativamente alle cessioni di immobili e relative pertinenze diverse da quelle disciplinate dall'articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni».


Il comma 21 dell’articolo 35 modifica i commi 497 e 498 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005 n. 266 (legge finanziaria per il 2006).

 

Il comma 497 della legge n. 266 del 2005, in deroga all’articolo 43 (Base imponibile) del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (“Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro”)[249] prevedeva – per le sole cessioni fra persone fisiche, che non agissero nell’esercizio di attività commerciali artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze – che all’atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali fosse costituita dal valore catastale dell’immobile[250], indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell’atto. Gli onorari notarili connessi all’applicazione di tale procedura erano ridotti del 20 per cento.

 

Per effetto della novella apportata dal presente comma, si introduce a carico delle parti l’obbligo di indicare comunque nell’atto il corrispettivo pattuito. Viene inoltre elevata al 30 per cento la misura della riduzione degli onorari notarili.

Inoltre, attraverso un’aggiunta al comma 498 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2006, si prevede che, in caso di inadempimento, anche parziale, dell’obbligo di dichiarazione del corrispettivo, le imposte di registro, ipotecaria e catastale siano dovute sull’intero importo di esso (anziché sul valore catastale); inoltre, è comminata una sanzione amministrativa compresa tra il 50 e il 100 per cento della differenza tra l’imposta dovuta e quella già applicata in base al corrispettivo dichiarato[251].

 

Il comma 22 dell’articolo 35 stabilisce che all’atto di cessione degli immobili, anche se assoggettata ad IVA, le parti dovranno rendere una dichiarazione sostituiva dell’atto di notorietà, recante:

-        indicazione analitica delle modalità di pagamento del corrispettivo;

-        la specificazione se i contraenti si siano avvalsi di un mediatore[252];

-        l’ammontare della spesa sostenuta per la mediazione;

-        le analitiche modalità di pagamento della mediazione;

-        l’indicazione del numero di partita IVA o del codice fiscale dell’agente immobiliare.

 

In caso di omessa o mendace dichiarazione, si applica la sanzione amministrativa da 500 a 10 mila euro.

Inoltre, ai fini dell’imposta di registro, i beni trasferiti sono assoggettati all’accertamento di valore previsto dal comma 1 dell’articolo 52 del D.P.R. n. 131 del 1986, a norma del quale l’amministrazione finanziaria, ove ritenga che i beni o i diritti reali immobiliari oggetto della cessione abbiano un valore venale superiore al valore dichiarato o al corrispettivo pattuito, provvede d’ufficio alla rettifica e alla liquidazione della maggiore imposta, con gli interessi e le sanzioni.

 

Il comma 22-bis inserisce nel comma 1 dell’articolo 15 (Detrazioni per oneri) del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, la nuova lettera b-bis), consentendo la detrazione, nella misura del 19 per cento, dei compensi pagati a intermediari immobiliari per l’acquisto dell’abitazione principale, nel limite annuo di 1000 euro.

 

Il comma 23 dell’articolo 35 prevede che le disposizioni dei commi 21 e 22 si applichino agli atti pubblici formati e alle scritture private autenticate a decorrere dal secondo giorno successivo alla pubblicazione del decreto nella Gazzetta ufficiale (dunque a partire dal 6 luglio 2006).

 

Il comma 23-bis stabilisce che, per i trasferimenti immobiliari soggetti a IVA finanziati mediante mutui fondiari o finanziamenti bancari, il valore normale, agli effetti della rettifica delle dichiarazioni IVA, non può essere inferiore all’ammontare del mutuo o finanziamento erogato.

La disposizione stabilisce un criterio di determinazione del valore normale del bene, di carattere speciale rispetto alle disposizioni dell’articolo 14 del D.P.R. n. 633 del 1972.

 

L’articolo 14, terzo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972 definisce la nozione di valore normale dei beni e dei servizi, intendendo tale il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per beni o servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui è stata effettuata l'operazione o nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione di tale valore normale, il quarto comma prescrive che sia fatto riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe dell'impresa che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini della camera di commercio più vicina, alle tariffe professionali e ai listini di borsa.

 

Il comma 23-ter, introdotto dal Senato, reca disposizioni circa l’applicazione dell’imposta di registro per talune categorie di immobili.

In particolare, la norma, aggiungendo il comma 5-bis all’articolo 52 del testo unico delle disposizioni sull’imposta di registro, approvato con D.P.R. n. 131 del 1986, stabilisce che le disposizioni che escludono la possibilità di rettifica del valore dichiarato, quando esso corrisponda al valore catastale, si applichino soltanto alle cessioni di immobili ad uso abitativo intercorrenti tra privati i quali non agiscano nell’esercizio dell’impresa, né di attività artistiche o professionali.

In particolare, la norma dispone che alle cessioni di immobili e relative pertinenze, diverse da quelle contemplate dal comma 497 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2006, non si applichino i commi 4 e 5 dell’articolo 52 del predetto testo unico.

 

L’articolo 52 del testo unico delle leggi sull’imposta di registro consente all’amministrazione finanziaria di rettificare il valore dichiarato ove ritenga che i beni o i diritti su cui verte l’atto sottoposto a registrazione abbiano un valore venale superiore al valore dichiarato o al corrispettivo pattuito.

Il comma 4 prevede tuttavia che non sia sottoposto a rettifica il valore o il corrispettivo degli immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, dichiarato in misura non inferiore, per i terreni, a sessanta volte il reddito dominicale risultante in catasto e, per i fabbricati, a ottanta volte il reddito risultante in catasto, aggiornati con i coefficienti stabiliti per le imposte sul reddito. La disposizione non si applica per i terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria.

Il successivo comma 5 consente l’aggiornamento dei suddetti moltiplicatori di sessanta e ottanta volte con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze pubblicato nella Gazzetta ufficiale.

I moltiplicatori sono stati elevati a settantacinque volte per i terreni e a cento volte per i fabbricati, con decorrenza dal 3 dicembre 1989, per effetto del D.M. 11 novembre 1989. L'articolo 2, comma 63, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, ha rivalutato del 10 per cento i moltiplicatori, dal 1° gennaio 2004, ai soli fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali; ai medesimi fini, il comma 7 dell'articolo 1-bis del D.L. 12 luglio 2004, n. 168, ha rivalutato gli stessi moltiplicatori nella misura del 20 per cento (in luogo del suddetto 10 per cento) per i beni immobili diversi dalla prima casa di abitazione.

 

Il comma 497 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005, nelle cessioni di immobili ad uso abitativo tra privati, i quali non agiscono nell’esercizio dell’impresa, né di attività artistiche o professionali, consente alla parte acquirente di richiedere che la base imponibile delle imposte di registro, ipotecaria e catastale sia costituita dal valore catastale dell’immobile, anziché dal corrispettivo pattuito, dichiarato in atto.

 


Articolo 35, comma 24
(Estensione dei poteri di accertamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

24. Al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, sono apportate le seguenti modificazioni:

24. Identico:

a) dopo l'articolo 53 è inserito il seguente: «53-bis - (Attribuzioni e poteri degli uffici). - 1. Le attribuzioni e i poteri di cui agli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e successive modificazioni, possono essere esercitati anche ai fini dell'imposta di registro, nonché delle imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.».

a) dopo l'articolo 53 è inserito il seguente: «Art. 53-bis - (Attribuzioni e poteri degli uffici). - 1. Le attribuzioni e i poteri di cui agli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, possono essere esercitati anche ai fini dell'imposta di registro, nonché delle imposte ipotecaria e catastale previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.»;

b) all'articolo 74, dopo il comma 1 è inserito il seguente: «1-bis. Per le violazioni conseguenti alle richieste di cui all'articolo 53-bis, si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.».

b) all'articolo 74, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente: «1-bis. Per le violazioni conseguenti alle richieste di cui all'articolo 53-bis, si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.».

 

 

Il comma 24 dell’articolo 35 inserisce nel D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (“Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro”) l’articolo 53-bis e aggiunge un comma 1-bis all’articolo 74.

Ne deriva l’applicazione delle attribuzioni e dei poteri di controllo dell’amministrazione in materia di accertamento delle imposte sui redditi – di cui agli articoli 31 e seguenti del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 – anche ai fini dell’imposta di registro, nonché delle imposte ipotecaria e catastale[253].

 

I poteri a cui si fa riferimento sono, tra gli altri, i seguenti:

-          procedere all’esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche;

-          invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti;

-          invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a esibire o trasmettere atti e documenti rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti;

-          inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti, con invito a restituirli compilati e firmati;

-          richiedere agli organi e alle amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici non economici, alle società ed enti di assicurazione e alle società ed enti che effettuano istituzionalmente riscossioni e pagamenti per conto di terzi, la comunicazione, anche in deroga a contrarie disposizioni legislative, statutarie o regolamentari, di dati e notizie relativi a soggetti indicati singolarmente o per categorie;

-          richiedere copie o estratti degli atti e dei documenti depositati presso i notai, i procuratori del registro, i conservatori dei registri immobiliari e gli altri pubblici ufficiali;

-          richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, ai soggetti sottoposti ad accertamento, ispezione o verifica il rilascio di una dichiarazione contenente l’indicazione della natura, del numero e degli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio e le società fiduciarie, nazionali o straniere, in corso ovvero estinti da non più di cinque anni dalla data della richiesta;

-          richiedere ai soggetti obbligati a tenere scritture contabili dati, notizie e documenti relativi ad attività svolte in un determinato periodo d’imposta nei confronti di clienti, fornitori e prestatori di lavoro autonomo nominativamente indicati;

-          invitare ogni altro soggetto ad esibire o trasmettere, anche in copia fotostatica, atti o documenti fiscalmente rilevanti concernenti specifici rapporti intrattenuti con il contribuente e a fornire i chiarimenti relativi;

-          richiedere agli amministratori di condominio dati, notizie e documenti relativi alla gestione condominiale.

 

Alle medesime imposte viene estesa anche l’applicabilità della disciplina sanzionatoria prevista per le violazioni riferite all’accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA, contenuta nel D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 (Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi).

Sembrano rilevare, in particolare, le disposizioni degli articoli 10 e 11, che stabiliscono rispettivamente le sanzioni amministrative per la violazione degli obblighi degli intermediari finanziari e di quelli derivanti dall’esercizio dei poteri di accertamento dell’amministrazione finanziaria e della Guardia di finanza.


Articolo 35, commi 25, 26 e 26-bis
(Ampliamento delle prerogative degli agenti della riscossione)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

25. I dipendenti della Riscossione s.p.a. o delle società dalla stessa partecipate ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, di seguito denominate «agenti della riscossione», ai soli fini della riscossione mediante ruolo e previa autorizzazione rilasciata dal direttore generale degli agenti della riscossione, possono utilizzare i dati di cui l'Agenzia delle entrate dispone ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605.

25. I dipendenti della Riscossione s.p.a. o delle società dalla stessa partecipate ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, di seguito denominate «agenti della riscossione», ai soli fini della riscossione mediante ruolo e previa autorizzazione rilasciata dai direttori generali degli agenti della riscossione, possono utilizzare i dati di cui l'Agenzia delle entrate dispone ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605.

26. Ai medesimi fini previsti dal comma precedente, gli agenti della riscossione possono altresì accedere a tutti i restanti dati rilevanti, presentando apposita richiesta, anche in via telematica, ai soggetti pubblici o privati che li detengono, con facoltà di prendere visione e di estrarre copia degli atti riguardanti i predetti dati, nonché di ottenere, in carta libera, le relative certificazioni.

26. Ai medesimi fini previsti dal comma 25, gli agenti della riscossione possono altresì accedere a tutti i restanti dati rilevanti, presentando apposita richiesta, anche in via telematica, ai soggetti pubblici o privati che li detengono, con facoltà di prendere visione e di estrarre copia degli atti riguardanti i predetti dati, nonché di ottenere, in carta libera, le relative certificazioni.

 

26-bis. Ai fini dell'attuazione dei commi 25 e 26 l'Agenzia delle entrate individua in modo selettivo i dipendenti degli agenti della riscossione che possono utilizzare ed accedere ai dati.

 

 

Il comma 25 dell’articolo 35, come modificato dal Senato, dispone che i dipendenti della Riscossione S.p.a.[254] e delle società da questa partecipate (c.d. agenti della riscossione) – ai fini della riscossione mediante ruolo[255] e previa autorizzazione dei direttori generali degli agenti della riscossione – potranno accedere ai dati dell’anagrafe tributaria di cui l’Agenzia delle entrate dispone ai sensi del comma 6 dell’articolo 7 (Comunicazioni all’anagrafe tributaria) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605 (Disposizioni relative all’anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti).

 

Quest’ultima disposizione stabilisce che le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario debbono registrare i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con essi qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio oppure per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria, ad esclusione di quelle effettuate mediante versamento in conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro. Speciali e diverse disposizioni sono dettate con riguardo ai soggetti non residenti nel territorio dello Stato.

 

Il comma 26 dell’articolo 35 – ferme restando le finalità indicate al comma 25 – amplia le possibilità di accesso degli agenti della riscossione alle banche dati rilevanti detenute da soggetti pubblici e privati. L’istanza di accesso può essere presentata per via telematica; l’accesso comprende la facoltà di prendere visione e di estrarre copia, nonché il diritto di ottenere apposita certificazione in carta libera.

 

Il comma 26-bis stabilisce che gli agenti della riscossione abilitati all’impiego dei dati dell’anagrafe tributaria sono individuati selettivamente dall’Agenzia delle entrate.


Articolo 35, commi 26-ter e 26-quater
(Versamenti per la sanatoria per i concessionari della riscossione)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

 

26-ter. Ai fini di cui all'articolo 1, commi 426 e 426-bis, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono considerati efficaci i versamenti effettuati, a titolo di prima e seconda rata, entro il 10 luglio 2006, se comprensivi degli interessi legali, calcolati dalla data di scadenza della rata a quella del pagamento.

 

26-quater. Le disposizioni contenute nell'articolo 1, commi 426 e 426-bis, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, si interpretano nel senso che la sanatoria ivi prevista non produce effetti sulle responsabilità ammi­nistrative delle società concessionarie del servizio nazionale della riscossione o dei commissari governativi provvisoriamente delegati alla riscossione relative:

 

a) ai provvedimenti sanzionatori e di diniego del diritto al rimborso o al discarico per inesigibilità per i quali, alla data del 30 giugno 2005, non era pendente un ricorso amministrativo o giurisdizionale;

 

b) alle irregolarità consistenti in falsità di atti redatti dai dipendenti, se definitivamente dichiarata in sede penale prima della data di entrata in vigore della stessa legge n. 311 del 2004.

 

 

Il commi 26-ter e 26-quater recano disposizioni circa la sanatoria per i concessionari della riscossione.

 

In particolare il comma 26-ter considera efficaci agli effetti della sanatoria delle somme dovute dai concessionari della riscossione per inadempimento i versamenti effettuati entro il 10 luglio 2006 (comprensivi degli interessi legali) a titolo di prima e seconda rata. Tali somme avrebbero dovuto essere versate, rispettivamente, entro il 20 dicembre 2005 e il 30 giugno 2006.

Gli interessi legali devono essere calcolati dalla data di scadenza della rata a quella del pagamento.

 

Il comma 426 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) dispone che il recupero delle somme dovute, per inadempimento, dal soggetto incaricato del servizio di intermediazione all'incasso ovvero dal garante di tale soggetto o del debitore di entrate riscosse ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (entrate riscosse mediante ruoli) debba essere egualmente effettuato mediante ruolo.

Per i concessionari del servizio nazionale della riscossione e per i commissari governativi delegati provvisoriamente alla riscossione di cui al D.Lgs. n. 112 del 1999 si prevede la facoltà di sanare le irregolarità commesse nell'esercizio degli obblighi inerenti al rapporto concessorio.

Per usufruire di tale sanatoria – ammessa limitatamente alle irregolarità compiute sino al 30 giugno 2005 – è richiesto il versamento di un importo pari a tre euro per ogni abitante residente nell'àmbito territoriale dato in concessione a tali soggetti alla data del 1° gennaio 2004.

L'adesione alla sanatoria, le cui concrete modalità applicative sono rimesse a decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, non incide comunque su eventuali responsabilità penali.

Il pagamento dell'importo richiesto per la sanatoria, come sopra determinato, viene effettuato in tre rate:

la prima, di importo pari al 40 per cento del totale, da versarsi entro il 30 giugno 2005;

la seconda, di importo pari al 30 per cento del totale, da versarsi entro il 30 giugno 2006;

la terza, di importo pari al 30 per cento del totale, da versarsi tra il 21 e il 31 dicembre 2006.

 

Il successivo comma 426-bis, dispone che, in caso di adesione alla sanatoria prevista dal comma 426, le irregolarità compiute nell’esercizio dell’attività di riscossione non determinano il diniego del diritto al rimborso o del discarico per inesigibilità delle quote iscritte a ruolo o delle definizioni automatiche delle stesse.

Nel medesimo caso, fermi restando gli effetti delle stesse definizioni, le comunicazioni di inesigibilità relative ai ruoli consegnati entro il 30 settembre 2003 e ancora in carico alla data del 20 novembre 2004 possono essere presentate entro il 30 settembre 2006.

 

Il comma 26-quater reca una norma d’interpretazione autentica, precisando che la sanatoria non produce effetti circa la responsabilità amministrativa delle società concessionarie della riscossione relativamente a provvedimenti per i quali non era pendente ricorso alla data del 30 giugno 2005 o a falsità di atti definitivamente dichiarata in sede penale prima del 1° gennaio 2005.

 


Articolo 35, commi 26-quinquies
(Estensione dei casi di impugnazione)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

 

26-quinquies. All'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, dopo la lettera e), sono inserite le seguenti:

 

«e-bis) l'iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni;

 

e-ter) il fermo di beni mobili registrati di cui all'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni».

 

 

Il comma 26-quinquies novellando l’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 546 del 1992, estende il novero degli atti autonomamente impugnabili mediante ricorso dinnanzi agli organi della giurisdizione tributaria.

 

In particolare è introdotta anche la possibilità di impugnazione degli atti anche nei casi in cui, decorso il termine per il pagamento della cartella notificata, agli effetti della riscossione dei tributi, sulla base del ruolo si procede a iscrizione di ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati (art. 77 del D.P.R. n. 602 del 1973) ovvero si esegue il fermo dei beni mobili registrati appartenenti ai medesimi soggetti (art. 86 dello stesso decreto).

 


Articolo 35, comma 27
(Obblighi di comunicazione da parte degli operatori del settore assicurativo)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

27. All'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: «Le imprese, gli intermediari e tutti gli altri operatori del settore delle assicurazioni che erogano, in ragione dei contratti di assicurazione di qualsiasi ramo, somme di denaroa qualsiasi titolo nei confronti dei danneggiati, comunicano in via telematica all'anagrafe tributaria, anche in deroga a contrarie disposizioni legislative, l'ammontare delle somme liquidate, la causale del predetto versamento, il codice fiscale o la partita IVA del beneficiario e dei soggetti le cui prestazioni sono state valutate ai fini della quantificazione della somma liquidata. La presente disposizione si applica con riferimento alle somme erogate a decorrere dal 1o ottobre 2006. Il contenuto, le modalità ed i termini delle trasmissioni, nonché le specifiche tecniche del formato, sono definite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate.».

27. All'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: «Le imprese, gli intermediari e tutti gli altri operatori del settore delle assicurazioni che erogano, in ragione dei contratti di assicurazione di qualsiasi ramo, somme di denaroa qualsiasi titolo nei confronti dei danneggiati, comunicano in via telematica all'anagrafe tributaria, anche in deroga a contrarie disposizioni legislative, l'ammontare delle somme liquidate, il codice fiscale o la partita IVA del beneficiario e dei soggetti le cui prestazioni sono state valutate ai fini della quantificazione della somma liquidata. La presente disposizione si applica con riferimento alle somme erogate a decorrere dal 1o ottobre 2006. I dati acquisiti ai sensi del presente comma sono utilizzati prioritariamente nell'attività di accertamento effettuata nei confronti dei soggetti le cui prestazioni sono state valutate ai fini della quantificazione della somma liquidata. Il contenuto, le modalità ed i termini delle trasmissioni mediante posta elettronica certificata, nonché le specifiche tecniche del formato, sono definite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate.».

 

 

Il comma 27 dell’articolo 35 aggiunge due commi alla fine dell’articolo 7 (Comunicazioni all’anagrafe tributaria) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605 (“Disposizioni relative all’anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti”).

Con tale novella è fatto obbligo ad imprese, intermediari e operatori del settore assicurativo, che si trovino ad erogare – in base a contratti di qualsiasi ramo – somme di denaro a qualsiasi titolo nei confronti dei danneggiati, di comunicare in via telematica all’anagrafe tributaria, secondo modalità e termini definiti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, i seguenti dati:

-          l’ammontare delle somme liquidate;

-          il codice fiscale o la partita IVA del beneficiario e dei soggetti le cui prestazioni, rese a favore della compagnia di assicurazione o dell’assicurato, sono state valutate ai fini della quantificazione della somma liquidata.

 

Tale obbligo si applica anche in deroga a contrarie o diverse disposizioni legislative.

Alla presente disposizione saranno assoggettate le somme erogate a decorrere dal 1° ottobre 2006.

Tali dati dovranno essere utilizzati prioritariamente nell’attività di accertamento nei confronti dei soggetti (ad es. consulenti e periti) che hanno partecipato alla quantificazione della somma liquidata.

La norma rimette a provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate la definizione del contenuto, delle modalità e dei termini delle trasmissioni mediante posta elettronica certificata, nonché delle specifiche tecniche del formato.

 

Secondo la relazione governativa, l’obiettivo delle presenti norme consiste nell’acquisizione di “informazioni rilevanti ai fini del controllo, con riferimento al significativo flusso di importi liquidati dalle compagnie ai danneggiati, in ragione dei contratti assicurativi”.

 


Articolo 35, commi 28-34
(Responsabilità solidale dell’appaltatore
per gli obblighi del subappaltatore)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

28. L'appaltatore risponde in solido con il subappaltatore della effettuazione e del versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dei contributi previdenziali e dei contributi assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei dipendenti a cui è tenuto il subappaltatore.

28. Identico.

29. La responsabilità solidale viene meno se l'appaltatore verifica, acquisendo la relativa documentazione prima del pagamento del corrispettivo, che gli adempimenti di cui al comma 28 connessi con le prestazioni di lavoro dipendente concernenti l'opera, la fornitura o il servizio affidati sono stati correttamente eseguiti dal subappaltatore. L'appaltatore può sospendere il pagamento del corrispettivo fino all'esibizione da parte del subappaltatore della predetta documentazione.

29. Identico.

30. Gli importi dovuti per la responsabilità solidale di cui al comma 28 non possono eccedere complessivamente l'ammontare del corrispettivo dovuto dall'appaltatore al subappaltatore.

30. Identico.

31. Gli atti che devono essere notificati entro un termine di decadenza al subappaltatore sono notificati entro lo stesso termine anche al responsabile in solido. La competenza degli uffici degli enti impositori e previdenziali è comunque determinata in rapporto alla sede del subappaltatore.

31. Identico.

32. Il committente provvede al pagamento del corrispettivo dovuto all'appaltatore previa esibizione da parte di quest'ultimo della documentazione attestante che gli adempimenti di cui al comma 28 connessi con le prestazioni di lavoro dipendente concernenti l'opera, la fornitura o il servizio affidati sono stati correttamente eseguiti dall'appaltatore.

32. Identico.

33. L'inosservanza delle modalità di pagamento previste al comma precedente è punita con la sanzione amministrativa da euro 5.000 a euro 200.000 se gli adempimenti di cui al comma 28 connessi con le prestazioni di lavoro dipendente concernenti l'opera, la fornitura o il servizio affidati non sono stati correttamente eseguiti dall'appaltatore e dagli eventuali subappaltatori. Ai fini della presente sanzione si applicano le disposizioni previste per la violazione commessa dall'appaltatore. La competenza dell'ufficio che irroga la presente sanzione è comunque determinata in rapporto alla sededell'appaltatore.

33. L'inosservanza delle modalità di pagamento previste al comma 32 è punita con la sanzione amministrativa da euro 5.000 a euro 200.000 se gli adempimenti di cui al comma 28 connessi con le prestazioni di lavoro dipendente concernenti l'opera, la fornitura o il servizio affidati non sono stati correttamente eseguiti dall'appaltatore e dagli eventuali subappaltatori. Ai fini della presente sanzione si applicano le disposizioni previste per la violazione commessa dall'appaltatore. La competenza dell'ufficio che irroga la presente sanzione è comunque determinata in rapporto alla sededell'appaltatore.

34. Le disposizioni di cui ai commi da 28 a 33 si applicano, in relazione ai contratti di appalto e subappalto di opere, forniture e servizi conclusi successi­vamente all'entrata in vigore del presente decreto, ai soggetti che stipulano i predetti contratti nell'ambito di attività rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e, in ogni caso, ai soggetti di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

34. Le disposizioni di cui ai commi da 28 a 33 si applicano, successivamente all'adozione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, che stabilisca la documentazione attestan­te l'assolvimento degli adempimenti di cui al comma 28, in relazione ai contratti di appalto e subappalto di opere, forniture e servizi conclusi da soggetti che stipulano i predetti contratti nell'ambito di attività rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, con esclusione dei committenti non esercenti attività commerciale, e, in ogni caso, dai soggetti di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, che deve intendersi esteso anche per la responsabilità solidale per l'effettua­zione ed il versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente.

 

 

Ai sensi del comma 28 dell’articolo 35, l’appaltatore risponde in solido con il subappaltatore dell’effettuazione e del versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente, nonché del versamento dei contributi previdenziali e dei contributi assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei dipendenti, a cui è tenuto il subappaltatore medesimo.

 

In base al comma 29, l’appaltatore è liberato dalla responsabilità solidale se verifica – acquisendo la relativa documentazione (secondo quanto determinato a norma del successivo comma 34) prima del pagamento del corrispettivo – che gli adempimenti indicati al comma 28 connessi con le prestazioni di lavoro dipendente concernenti l’opera, la fornitura o il servizio affidati sono stati correttamente eseguiti dal subappaltatore. L’appaltatore può sospendere il pagamento del corrispettivo fino all’esibizione della predetta documentazione da parte del subappaltatore.

 

Il comma 30 determina il limite massimo dell’importo dovuto a titolo di responsabilità solidale nell’ammontare complessivo del corrispettivo dovuto dall’appaltatore al subappaltatore.

 

Il comma 31 stabilisce che gli atti che devono essere notificati entro un termine di decadenza al subappaltatore siano notificati, entro il medesimo termine, anche al responsabile in solido. Per l’individuazione dei competenti uffici degli enti impositori e previdenziali si fa comunque riferimento alla sede del subappaltatore.

 

Il comma 32 stabilisce che il committente, prima di pagare il corrispettivo spettante all’appaltatore, debba chiedere a quest’ultimo l’esibizione della documentazione attestante la corretta esecuzione – da parte dell’appaltatore stesso – degli adempimenti, indicati al comma 28, connessi con le prestazioni di lavoro dipendente relative all’opera, alla fornitura o al servizio affidati.

 

Il comma 33 commina una sanzione amministrativa pecuniaria, da 5 mila a 200 mila euro, per l’inosservanza delle modalità di pagamento previste dal comma 32. Tale misura afflittiva è applicata soltanto nel caso che gli adempimenti di cui al comma 28 – connessi con le prestazioni di lavoro dipendente concernenti l’opera, la fornitura o il servizio affidati – non siano stati correttamente eseguiti dall’appaltatore e dagli eventuali subappaltatori.

Si stabilisce che – per l’applicazione della suddetta sanzione – vengano osservate le disposizioni previste per la violazione commessa dall’appaltatore.

 

Non appare del tutto chiaro quali disposizioni debbano intendersi richiamate, non essendo espressamente contemplata nei precedenti commi una sanzione analoga a carico dell’appaltatore (che è invece soggetto alla responsabilità in solido).

 

La competenza dell’ufficio preposto all’irrogazione della predetta sanzione è determinata in rapporto alla sede dell’appaltatore.

 

Il comma 34 stabilisce che tali norme in materia di responsabilità si applicano ai contratti di appalto e subappalto di opere, forniture e servizi, stipulati nell’ambito di attività rilevanti ai fini dell’IVA. Sono espressamente esclusi i committenti non esercenti attività commerciale, mentre sono dichiarati in ogni sottoposti agli obblighi i soggetti passivi dell’IRES, nonché lo Stato e gli enti pubblici (soggetti indicati dagli articoli 73 e 74 del D.P.R. n. 917 del 1986)[256]. L’inizio dell’efficacia delle norme è subordinato all’emanazione di un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, che determini la documentazione sulla cui base dev’essere verificato (a norma del comma 29) l’assolvimento degli adempimenti.

È altresì estesa all’effettuazione e al versamento delle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente, in caso di appalto di opere o di servizi, la responsabilità solidale del committente imprenditore o datore di lavoro per i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti dall'appaltatore, ai sensi dell’articolo 29 del D.Lgs. n. 276 del 2003.

 

Secondo la relazione del Governo, tali innovazioni sono volte a rimediare ad una situazione in cui spesso, nell’affidamento di appalti, l’appaltatore e il subappaltatore non adempiono i rispettivi obblighi di effettuazione e versamento delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente e dei contributi previdenziali. Il Governo rileva altresì come appaltatori e subappaltatori siano di frequente privi di un patrimonio che possa offrire sufficienti garanzie agli enti impositori e previdenziali, con relativa impossibilità di riscuotere i propri crediti.

Inoltre – sempre secondo la relazione governativa – tali violazioni “risultano distorsive della concorrenza, in quanto i soggetti che non versano le ritenute ed i contributi possono offrire prezzi più bassi”.

 


Articolo 35, comma 35
(Estensione dei poteri dell’Agenzia delle dogane)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

35. L'Agenzia delle dogane, nelle attività di prevenzione e contrasto delle violazioni tributarie connesse alla dichiarazione fraudolenta del valore in dogana e degli altri elementi che determinano l'accertamento doganale ai sensi del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374, ha facoltà di procedere, con le modalità previste dall'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, all'acquisizione dei dati e dei documenti relativi ai costi di trasporto, assicurazione, nolo e di ogni altro elemento di costo che forma il valore dichiarato per l'importazione, l'esporta­zione, l'introduzione in deposito doganale o IVA ed il transito. Per le finalità di cui al presente comma, la richiesta di informazioni e di documenti può essere rivolta dall'Agenzia delle dogane, agli importatori, agli esportatori, alle società di servizi aeroportuali, alle compagnie di navigazione, alle società e alle persone fisiche esercenti le attività di movimentazione, deposito, trasporto e rappresentanza in dogana delle merci. La raccolta e l'elaborazione dei dati per le finalità di cui al presente comma è considerata di rilevante interesse pubblico ai sensi dell'articolo 53 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. In caso di inottemperanza agli inviti a comparire ed alle richieste di informazioni di cui al presente comma, l'Agenzia delle dogane procede all'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 5.000 euro ad un massimo di 10.000 euro, oltre alle misure di sospensione e revoca delle autorizzazioni e delle facoltà concesse agli operatori inadempienti.

35. L'Agenzia delle dogane, nelle attività di prevenzione e contrasto delle violazioni tributarie connesse alla dichiarazione fraudolenta del valore in dogana e degli altri elementi che determinano l'accertamento doganale ai sensi del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374, ha facoltà di procedere, con le modalità previste dall'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, all'acquisizione dei dati e dei documenti relativi ai costi di trasporto, assicurazione, nolo e di ogni altro elemento di costo che forma il valore dichiarato per l'importazione, l'esporta­zione, l'introduzione in deposito doganale o IVA ed il transito. Per le finalità di cui al presente comma, la richiesta di informazioni e di documenti può essere rivolta dall'Agenzia delle dogane, agli importatori, agli esportatori, alle società di servizi aeroportuali, alle compagnie di navigazione, alle società e alle persone fisiche esercenti le attività di movimentazione, deposito, trasporto e rappresentanza in dogana delle merci. La raccolta e l'elaborazione dei dati per le finalità di cui al presente comma è considerata di rilevante interesse pubblico ai sensi dell'articolo 53 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. In caso di inottemperanza agli inviti a comparire ed alle richieste di informazioni di cui al presente comma, l'Agenzia delle dogane procede all'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 5.000 euro ad un massimo di 10.000 euro, oltre alle misure di sospensione e revoca delle autorizzazioni e delle facoltà concesse agli operatori inadempienti.

 

 

Il comma 35 dell’articolo 35 attribuisce all’Agenzia delle dogane poteri ulteriori in relazione alle attività di prevenzione e contrasto delle violazioni tributarie connesse alla dichiarazione fraudolenta del valore in dogana e degli ulteriori elementi che determinano l’accertamento doganale, ai sensi del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374[257].

In particolare, si prevede che l’Agenzia delle dogane possa procedere – secondo le modalità previste dall’articolo 51 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633[258] – all’acquisizione dei dati e dei documenti relativi ai costi di trasporto, assicurazione, nolo e di ogni altro elemento di costo che forma il valore dichiarato per l’importazione, l’esportazione, l’introduzione in deposito doganale o IVA e il transito.

Ai fini del presente comma, la richiesta di informazioni e di documenti può essere rivolta dall’Agenzia delle dogane agli importatori, agli esportatori, alle società di servizi aeroportuali, alle compagnie di navigazione, alle società e alle persone fisiche esercenti le attività di movimentazione, deposito, trasporto e rappresentanza in dogana delle merci.

La raccolta e l’elaborazione dei dati per le finalità di cui al presente comma è considerata di rilevante interesse pubblico ai sensi dell’articolo 53 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (“Codice in materia di protezione dei dati personali”). Ne consegue l’attenuazione delle esigenze di riservatezza, a favore della pubblicità e trasparenza delle relative banche dati, ai sensi dell’articolo 53 (Ambito applicativo e titolari del trattamento) del medesimo decreto legislativo.

In caso di inottemperanza agli inviti a comparire e alle richieste di informazioni di cui al presente comma, l’Agenzia delle dogane irroga una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 5 mila ad un massimo di 10 mila euro, oltre alle misure di sospensione e revoca delle autorizzazioni e delle facoltà concesse agli operatori inadempienti.

 


Articolo 35, commi 35-bis

(Contratti dei giocatori di calcio professionisti)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

 

«35-bis. Al fine di contrastare l'evasione e l'elusione fiscale, le società di calcio professionistiche sono obbligate a inviare per via telematica all'Agenzia delle entrate copia dei contratti di acquisizione delle prestazioni professionali degli atleti professionisti, nonché dei contratti riguardanti i compensi per tali prestazioni. Il Ministro dell'economia e delle finanze è delegato ad acquisire analoghe informazioni dalle Federazioni calcistiche estere per le operazioni effettuate da società sportive professionistiche residenti in Italia anche indirettamente con analoghe società estere.

 

 

Il comma 35-bis obbliga le società di calcio professionistiche a trasmettere per via telematica all’Agenzia delle entrate copia dei contratti relativi all’acquisto dei giocatori (acquisizione delle prestazioni professionali) e dei contratti relativi ai compensi per le loro prestazioni.

Per quanto riguarda i giocatori di nazionalità straniera, la disposizione rimette al Ministro dell’economia e delle finanze il compito di acquisire le corrispondenti informazioni dalle Federazioni calcistiche estere per le operazioni di acquisto di calciatori effettuate da società calcistiche italiane nei rispettivi Stati.

 


Articolo 35, commi 35-ter e 35-quater

(Agevolazioni fiscali per ristrutturazioni edilizie)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

 

35-ter. È prorogata per l'anno 2006, nella misura e alle condizioni ivi previste, l'agevolazione tributaria in materia di recupero del patrimonio edilizio relativa alle prestazioni di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), della legge 23 dicembre 1999, n. 488, fatturate dal 1o ottobre 2006.

 

35-quater. All'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, dopo il comma 121-bis è inserito il seguente:

 

«121-ter. Per il periodo dal 1o ottobre 2006 al 31 dicembre 2006 la quota di cui al comma 121 è pari al 36 per cento nei limiti di 48.000 euro per abitazione».

 

 

Il comma 35-ter proroga il regime IVA agevolato per le ristrutturazioni edilizie, stabilendo l’aliquota del 10 per cento, anziché del 20 per cento, per le prestazioni fatturate dal 1° ottobre al 31 dicembre 2006.

 

Tale agevolazione, prevista dall’articolo 7 della legge n. 488 del 1999 (legge finanziaria 2000), è stata più volte prorogata: da ultimo per gli anni 2004 e 2005, relativamente alle prestazioni fatturate dal 1° gennaio 2004, dal comma 1 dell’articolo 23-bis del D.L. n. 355 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 47 del 2004, alla lettera c).

 

La legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), all’articolo 1, comma 121, ha prorogato, per l’anno 2006, alcuni benefìci tributari previsti per il recupero del patrimonio edilizio. In particolare la lettera a) ha prorogato la detrazione d’imposta ai fini IRPEF prevista dall’articolo 2, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003), per le spese di ristrutturazione sostenute dal 1° gennaio 2006 al 31 dicembre 2006, elevando altresì la percentuale di spesa ammessa in detrazione dal 36 per cento al 41 per cento (ridotta nuovamente al 36 per cento dal successivo comma 35-quater del presente articolo).

 

Il richiamato articolo 2, comma 5, della legge n. 289 del 2002 ha prorogato, per le spese sostenute dal 1° gennaio 2003 al 30 settembre 2003, la detrazione d’imposta ai fini IRPEF per gli interventi di ristrutturazioni edilizie di cui all’articolo 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (provvedimento collegato alla legge finanziaria per il 1998), modificandone in parte la disciplina[259].

La vigente regolamentazione della materia prevede che gli interventi per i quali è ammessa la detrazione sono quelli indicati ai commi 1 e 1-bis del citato articolo 1 della legge n. 449 del 1997, e quelli volti alla bonifica dall’amianto, realizzati su unità immobiliari residenziali e relative pertinenze. L’importo massimo delle spese ammesse a fruire della detrazione è fissato in 48.000 euro[260] e la percentuale delle suddette spese ammesse in detrazione è fissata al 41 per cento (per l’anno 2006, salvo quanto disposto dal successivo comma 35-quater). La detrazione deve essere ripartita in dieci quote annuali di pari importo. Se le spese sono state sostenute da soggetti, proprietari o titolari di un diritto reale sull'immobile, di età non inferiore a 75 e a 80 anni, la detrazione può essere ripartita, rispettivamente, in cinque e tre quote annuali costanti di pari importo. In caso di trasferimento dell’unità immobiliare oggetto degli interventi in questione per atto inter vivos, spettano alla persona fisica acquirente dell’unità immobiliare esclusivamente le detrazioni non utilizzate in tutto o in parte dal venditore. In caso di decesso dell’avente diritto, la fruizione del beneficio fiscale si trasmette, per intero, esclusivamente all’erede, purché questo conservi la detenzione materiale e diretta del bene.

 

La maggiore percentuale ammessa in detrazione (dal 36 al 41 per cento) è stata determinata anche dal fatto che la stessa legge finanziaria non confermava l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta al 10%, in quanto al 31 dicembre 2005 non era stato ancora prorogato il regime comunitario concernente l’IVA ridotta per i servizi ad alta intensità di lavoro. Con la direttiva 2006/18/CE del 14 febbraio 2006, il Consiglio dell’Unione europea ha prorogato tale regime agevolato sino al 31 dicembre 2010.

 

Infine, con decorrenza dal 1° ottobre 2006 e sino al 31 dicembre 2006, il comma 35-quater riduce dal 41 per cento al 36 per cento la quota di detraibilità, agli effetti dell’IRPEF, delle spese sostenute per il recupero del patrimonio edilizio.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Lotta alla frode fiscale

Il 31 maggio 2006 la Commissione ha adottato una comunicazione sulla necessità di sviluppare una strategia coordinata al fine di migliorare la lotta alle frodi fiscali (COM(2006)254).

La comunicazione, sottolineando la carenza di stime sull’ammontare delle imposte non percepite a causa della frode fiscale, mira a facilitare la cooperazione tra gli Stati membri per garantire il funzionamento regolare del mercato interno e la tutela degli interessi finanziari della Comunità e punta a lanciare un dibattito tra le parti interessate nel quadro di una strategia antifrode a livello europeo.

Il documento pone in rilievo alcuni elementi di criticità relativi alla situazione attuale:

§       in relazione alla frode dell’IVA, si sottolinea lo scarso utilizzo da parte degli Stati membri degli strumenti offerti dal Reg. (CE) n. 1798/2003 in tema di cooperazione amministrativa in materia di IVA;

§       in materia di accise, si richiama l’eventualità di dovere adottare ulteriori misure, rispetto a quelle previste dalla disciplina vigente, soprattutto a fronte di ulteriori fenomeni di frode, quali il contrabbando e la contraffazione di alcool e tabacco;

§       si evidenziano alcuni problemi di funzionamento nel campo della cooperazione amministrativa tra gli Stati membri: (linguistici, di mancanza di risorse umane, ecc.);

§       si rileva lo scarso utilizzo da parte degli Stati membri delle strutture di sostegno e di assistenza operativa a livello comunitario, in particolare delle risorse dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) che agisce come piattaforma di servizi per le unità operative degli Stati membri;

§       si richiama l’attenzione sull’esigenza del rafforzamento della legislazione in materia di assistenza alla riscossione per migliorare il recupero delle tasse non versate allo Stato;

 

Il documento tratta poi la necessità di una maggiore cooperazione con i paesi terzi e le possibilità di modifica del sistema comune dell’IVA e dell’accise.

 

Il 7 giugno 2006 il Consiglio ECOFIN ha adottato conclusioni sulla citata comunicazione preannunciando di volere :

§       esaminare tutte le questioni sollevate dalla comunicazione in materia di frode, comprese le eventuali modifiche giuridiche al sistema IVA;

§       proseguire più specificamente con l'ausilio della Commissione l'analisi del ricorso all'inversione contabile come meccanismo per affrontare la frode in materia di IVA;

§       tornare sull'argomento per l'ultima sessione nel 2006 al fine di poter orientare gli ulteriori lavori della Commissione.

La Presidenza di turno finlandese ha poi chiesto alla Commissione di presentare al più presto una proposta di direttiva che consenta agli Stati membri di optare per l'applicazione di un meccanismo di inversione contabile per le cessioni interne tra imprese quando l'importo della fattura supera i 5.000 EURO.

Proposta di direttiva sulle tasse automobilistiche

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva in materia di tasse sulle autovetture (COM(2005)261), rispondente ad una duplice esigenza:

-        migliorare il funzionamento del mercato interno (attualmente vi sono 25 diversi regimi impositivi per le autovetture), eliminando gli ostacoli fiscali quali la doppia imposizione, il doppio pagamento della tassa di immatricolazione, le procedure amministrative;

-        attuare la strategia comunitaria per ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture. La proposta non prevede l'introduzione di nuove tasse relative alle autovetture, ma mira soltanto alla ristrutturazione di quelle vigenti senza obbligare gli Stati membri che non le applicano ad introdurle.

La proposta è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo. Il Comitato economico e sociale europeo ha espresso il parere sul provvedimento il 17 giugno 2006.

Tassazione consolidata società

Con una comunicazione (COM(2006)157) presentata il 5 aprile 2006, la Commissione ha dato conto dello stato dei lavori del gruppo di esperti istituito ai fini dell’elaborazione di una proposta legislativa in materia di base imponibile comune consolidata per le società. In particolare, la Commissione preannuncia la presentazione, entro il 2008, di una proposta legislativa che dovrebbe definire un nucleo di regole comuni per determinare il reddito imponibile delle imprese che svolgono la loro attività in vari paesi dell’Unione, ferma restando la sovranità degli Stati membri di fissare autonomamente le aliquote fiscali.

Il 13 dicembre 2005 il Parlamento europeo aveva approvato una risoluzione sul regime fiscale delle imprese nell’Unione europea: una base imponibile comune consolidata per le società (2005/2120(INI)), in cui si constatava che le imprese europee sarebbero intralciate da ostacoli fiscali, da doppia imposizione, da elevati costi quando investono o operano in un altro Stato membro.

Il documento è stato trasmesso al Parlamento europeo e al Consiglio che, nella riunione del 7 giugno 2006, ne ha preso atto procedendo ad uno scambio di opinioni.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 16 marzo 2005 la Commissione ha inviato un parere motivato (procedura d’infrazione n. 1998/4632) per violazione del diritto comunitario con riguardo alla direttiva 79/107/CE in materia di rimborso IVA ai soggetti passivi non residenti.

Con la lettera di messa in mora del 23 ottobre 2001 la Commissione europea aveva posto l’accento sul problema del rispetto del termine stabilito dall’ottava direttiva IVA (789/1072/CEE) per il rimborso dell’IVA ai soggetti passivi non residenti all’interno del Paese. Tale direttiva prevede che le decisioni sulle domande di rimborso devono essere notificate entro il termine di sei mesi dalla data di presentazione delle domande stesse e che entro lo stesso termine deve essere effettuato il rimborso. In particolare, la Commissione era stata informata del fatto che nel giugno 2001 le autorità italiane erano ancora impegnate a esaminare le domande di rimborso presentate per l’anno 1998 (9.000 inevase) e che al momento dell’invio della lettera di messa in mora i rimborsi continuavano ad essere effettuati con eccessivo ritardo.

 

Il 24 marzo 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora (procedura di infrazione n. 2006/286) per mancata attuazione della direttiva 2005/19/CE che ha modificato la direttiva 90/334/CEE concernente il regime fiscale comune applicabile alle fusioni, alle scissioni, agli apporti di attivi e agli scambi di azioni che interessano società di differenti Stati membri.

Il termine per il recepimento era fissato al 1° gennaio 2006.

 


Articolo 36, comma 1
(Ridefinizione ambito applicazione IVA ridotta)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Nella Tabella A, Parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, concernente i beni e servizi soggetti all'aliquota del 10 per cento, sono soppresse le voci di cui ai numeri 62), 64), 123-bis), 127-decies) e la voce numero 122) è sostituita dalla seguente: «122) prestazioni di servizi relativi alla fornitura e distribuzione di calore-energia per uso domestico, derivante dall'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili;».

1. Nella Tabella A, Parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, concernente i beni e servizi soggetti all'aliquota del 10 per cento, è soppressa la voce di cui al numero 123-bis).

 

 

Il comma 1 dell’articolo 36 espunge dalla tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972[261], concernente i beni e servizi soggetti all'aliquota IVA del 10 per cento, i servizi telefonici resi attraverso posti telefonici pubblici e telefoni a disposizione del pubblico (Tab. A. Parte III, numero 123-bis), che vengono conseguentemente assoggettati all'aliquota ordinaria del 20 per cento, stabilita dall'articolo 16 dello stesso decreto.

 


Articolo 36, comma 2
(Decorrenza del carattere di edificabilità delle aree urbane ai fini dell’IVA, dell’imposta di registro e dell’ICI)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

2. Ai fini dell'applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, un'area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall'appro­vazione della regione e dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo.

2. Ai fini dell'applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, un'area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall'appro­vazione della regione e dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo.

 

 

Il comma 2 dell’articolo 36 chiarisce in via interpretativa, ai fini dell'applicazione dell'IVA (D.P.R. n. 633 del 1972), dell'imposta di registro (D.P.R. n. 131 del 1986), delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917 del 1986) e dell'ICI (D.Lgs. n. 504 del 1992) le condizioni ricorrendo le quali un'area è considerata fabbricabile.

Le nuove disposizioni in esso contenute precisano al riguardo che il carattere di fabbricabilità sussiste se l'area è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dal fatto che sia intervenuta l’approvazione da parte della Regione e siano stati adottati strumenti attuativi del medesimo piano regolatore.

 

Si ricorda che a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), "l'adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica".

 


Articolo 36, commi 3-4-bis
(Disposizione antielusiva in materia di utili di
partecipazione)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

3. All'articolo 47, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole: «gli utili relativi alla partecipazione al capitale o al patrimonio, ai titoli e agli strumenti finanziari di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), corrisposti» sono sostituite dalle seguenti: «gli utili provenienti».

3. All'articolo 47, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole: «gli utili relativi alla partecipazione al capitale o al patrimonio, ai titoli e agli strumenti finanziari di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), corrisposti» sono sostituite dalle seguenti: «gli utili provenienti».

4. Le disposizioni del comma precedente si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

4. Le disposizioni del comma 3 si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

4-bis. All'articolo 89, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, le parole: «utili relativi alla partecipazione al capitale o al patrimonio, ai titoli e agli strumenti finanziari di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), corrisposti» sono sostituite dalle seguenti: «utili provenienti».

 

 

Il comma 3 dell’articolo 36 novella l'articolo 47, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. n. 917 del 1986.

 

L’articolo 47 del TUIR prevede che gli utili da partecipazione distribuiti in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione dalle società o dagli enti indicati nell'articolo 73 (soggetti passivi dell’IRES), anche in occasione della liquidazione, concorrono alla formazione del reddito imponibile complessivo limitatamente al 40 per cento del loro ammontare.

 

Si definiscono utili di partecipazione gli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti all'imposta sul reddito delle società (art. 44, comma 1, lettera e), del TUIR). Ai fini delle imposte sui redditi, si considerano similari alle azioni (art. 44, comma 2, lettera a) del TUIR) i titoli e gli strumenti finanziari emessi da società ed enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a), b) e d) del medesimo TUIR la cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell'affare in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono stati emessi. Le partecipazioni al capitale o al patrimonio, nonché i titoli e gli strumenti finanziari di cui al periodo precedente emessi da società ed enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera d), si considerano similari alle azioni a condizione che la relativa remunerazione sia totalmente indeducibile nella determinazione del reddito nello Stato estero di residenza del soggetto emittente; a tale fine l'indeducibilità deve risultare da una dichiarazione dell'emittente stesso o da altri elementi certi e precisi.

L’articolo 73 del TUIR definisce come soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società (IRES):

a)    le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;

b)    gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

c)    gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

d)    le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.

 

La descritta previsione è tuttavia accompagnata da una clausola antielusiva, contenuta nel comma 4 dello stesso articolo 47 del TUIR – modificato da ultimo dall’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 18 novembre 2005, n. 247 (c.d. “correttivo IRES”) –, con la quale si era previsto che gli utili relativi alla partecipazione al capitale o al patrimonio, ai titoli e agli strumenti finanziari di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), corrisposti da società residenti in Paesi o territori a regime fiscale privilegiato – individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze (articolo 167, comma 4, TUIR) "in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, della mancanza di un adeguato scambio di informazioni ovvero di altri criteri equivalenti" – concorressero integralmente alla formazione del reddito imponibile.

Il comma 3 dell'articolo 36 qui illustrato estende ora l'ambito di applicazione della predetta clausola antielusiva, prevedendo che gli utili comunque provenienti da società residenti in Paesi o territori a regime fiscale privilegiato concorrano per intero alla formazione del reddito imponibile in ogni caso, indipendentemente dalla loro tipologia.

La relazione del Governo individua la finalità della norma nella necessità di impedire l’effetto elusivo indotto dalla disciplina previgente che consentiva di “aggirare il regime di tassazione integrale degli utili provenienti da partecipate situate in paesi a fiscalità privilegiata, interponendo nella catena societaria un altro soggetto estero residente in un paese a regime fiscale non privilegiato” (A.S. n. 741, p. 33).

In altre parole, in base alla novella introdotta dalla disposizione qui illustrata, anche gli utili provenienti indirettamente da società aventi sede in Stati e territori a regime fiscale privilegiato, per il tramite di un’altra partecipata situata in Stati e territori non a regime fiscale privilegiato, saranno sottoposti a tassazione integrale.

 

Il comma 4, derogando tacitamente al limite posto dall'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 ("Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente")[262], prevede che le disposizioni del comma 3 si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.

 

Il comma 4-bis, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, stabilisce che non concorrono a formare il reddito imponibile agli effetti dell’IRES tutti gli utili provenienti da società residenti in Paesi esteri, di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), del TUIR (se diversi da Stati e territori a regime fiscale privilegiato, salva deroga accordata su interpello dall’amministrazione finanziaria), e non più soltanto gli utili relativi alla partecipazione al capitale o al patrimonio, ai titoli e ad altri strumenti finanziari.

La disposizione sembra avere la finalità di evitare fenomeni di doppia imposizione.

 

L’articolo 89, comma 2, del TUIR esclude dal reddito imponibile della società o ente ricevente gli utili distribuiti, in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione, dalle società per azioni e in accomandita per azioni, dalle società a responsabilità limitata, dalle società cooperative e dalle società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato [di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), del TUIR], e dagli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, aventi o meno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali [di cui all’articolo 73, comma 1, lettere b) e c), del TUIR].

Il comma 3, novellato dalla presente disposizione, prevede, nel testo ora vigente, che anche gli utili relativi alla partecipazione al capitale o al patrimonio, ai titoli e ad altri strumenti finanziari di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), corrisposti da società ed enti commerciali non residenti nello Stato (se diversi da quelli residenti negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, salva deroga accordata su interpello dall’amministrazione finanziaria) beneficino dell’esclusione dal reddito imponibile prevista dal comma 2, a condizione che la relativa remunerazione sia totalmente indeducibile nella determinazione del reddito nello Stato estero di residenza del soggetto emittente.

 


Articolo 36, commi 5-8
(Ammortamento del costo dei beni strumentali)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

5. All'articolo 102, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole: «La misura stessa può essere elevata fino a due volte, per ammortamento anticipato nell'esercizio in cui i beni sono entrati in funzione per la prima voltae nei due successivi;» sono sostituite dalle seguenti: «Fatta eccezione per i beni di cui all'articolo 164, comma 1, lettera b), la misura stessa può essere elevata fino a due volte per ammortamento anticipato nell'esercizio in cui i beni sono entrati in funzione e nei due successivi;».

5. All'articolo 102, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole: «La misura stessa può essere elevata fino a due volte, per ammortamento anticipato nell'esercizio in cui i beni sono entrati in funzione per la prima voltae nei due successivi;» sono sostituite dalle seguenti: «Fatta eccezione per i beni di cui all'articolo 164, comma 1, lettera b), la misura stessa può essere elevata fino a due volte per ammortamento anticipato nell'esercizio in cui i beni sono entrati in funzione e nei due successivi;».

6. Le disposizioni di cui al comma 5 si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto anche per i beni di cui all'articolo 164, comma 1, lettera b), del citato testo unico, acquistati nel corso di precedenti periodi di imposta.

6. Le disposizioni di cui al comma 5 si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto anche per i beni di cui all'articolo 164, comma 1, lettera b), del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, acquistati nel corso di precedenti periodi di imposta.

 

6-bis. Nell'articolo 102, comma 7, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Per i beni di cui all'articolo 164, comma 1, lettera b), la deducibilità dei canoni di locazione finanziaria è ammessa a condizione che la durata del contratto non sia inferiore al periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del comma 2».

 

6-ter. La disposizione del comma 6-bis si applica con riferimento ai canoni relativi a contratti di locazione finanziaria stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

 

7. Ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili, il costo dei fabbricati strumentali deve essere assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza. Il costo delle predette aree è quantificato in misura pari al maggiore tra quello esposto in bilancio e quello corrispondente al 20 per cento e, per i fabbricati industriali, al 30 per cento del costo complessivo.

7. Ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili, il costo dei fabbricati strumentali deve essere assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza. Il costo delle predette aree è quantificato in misura pari al valore risultante da apposita perizia di stima, redatta da soggetti iscritti agli albi degli ingegneri, degli architetti, dei geometri e dei periti industriali edili e comunque non inferiore al 20 per cento e, per i fabbricati industriali, al 30 per cento del costo complessivo.

8. Le disposizioni del comma 7 si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto anche per le quote di ammortamento relative ai fabbricati costruiti o acquistati nel corso di periodi di imposta precedenti.

8. Identico.

 

 

Il comma 5 dell’articolo 36 introduce una modifica in materia di deducibilità dall’imponibile, ai fini dell’imposta sul reddito delle società (IRES), delle quote di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali per l’esercizio dell’impresa.

 

In base all’articolo 102, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), la deduzione delle quote di ammortamento è ammessa in misura non superiore a quella risultante dall'applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, ridotti alla metà per il primo esercizio. I coefficienti sono stabiliti per categorie di beni omogenei in base al normale periodo di deperimento e consumo nei vari settori produttivi. Tale misura può essere elevata, in base al successivo comma 3, a titolo di ammortamento anticipato, in proporzione alla più intensa utilizzazione dei beni rispetto a quella normale del settore, fino a due volte, nell'esercizio in cui i beni sono entrati in funzione per la prima volta e nei due successivi.

La disposizione qui illustrata esclude tale possibilità per i beni indicati all’articolo 164, comma 1, lettera b) del TUIR.

Si tratta dei seguenti beni:

§       autovetture e autocaravan;

§       ciclomotori e motocicli il cui utilizzo è diverso da quello indicato alla lettera a), numero 1) del comma 1 dell’articolo 164 del TUIR (cioè: non destinati ad essere utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa).

Oltre all’introduzione della limitazione alla facoltà di ammortamento anticipato che si è testè descritta, il comma 5 dell’articolo 36 del decreto-legge, nel confermare l’indicazione dell’esercizio a partire dal quale tale facoltà – laddove continua ad essere prevista – può essere esercitata (quello in cui “i beni sono entrati in funzione”), ha tuttavia soppresso l’inciso “per la prima volta”, che figurava nella precedente formulazione del comma 3 dell’articolo 103 del TUIR.

 

Il comma 6, in tacita deroga alla previsione contenuta nell'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 ("Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente")[263], prevede che le disposizioni del comma 5 si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, e ciò anche relativamente ai beni di cui all’articolo 164, comma 1, lettera b),del TUIR (v. sopra, nella parte della scheda relativa al comma 5) acquistati nel corso di precedenti periodi d’imposta.

 

Il comma 6-bis limita la possibilità di deduzione dei canoni di locazione finanziaria per i beni di cui all’articolo 164, comma 1, lettera b), sopra richiamati. In particolare, si prevede che tali canoni siano deducibili solo se la durata del contratto non risulta inferiore al periodo di ammortamento come definito dall’applicazione dei coefficienti previsti dall’articolo 164, comma 1, del TUIR sopra richiamati.

 

Il comma 6-ter stabilisce che la disposizione del comma 6-bis si applica con riferimento ai canoni relativi ai contratti di locazione finanziaria stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.

 

Il comma 7 ribadisce il principio della non ammortizzabilità dei terreni e delle aree occupate dai fabbricati strumentali, in aderenza – come segnalato nella relazione del Governo – con le indicazioni fornite al riguardo dai princìpi contabili nazionali e internazionali, secondo i quali le imprese devono indicare separatamente (scorporare) in bilancio il valore del fabbricato da quello del terreno e non possono ammortizzarlo. La determinazione del costo del terreno da scorporare al fine dell’individuazione del valore ammortizzabile deve essere definito con apposita perizia di stima redatta da soggetti iscritti all’albo degli ingegneri, degli architetti, dei geometri e dei periti industriali edili e deve comunque risultare non inferiore al 20 per cento (ovvero al 30 per cento per i fabbricati industriali) del costo complessivo.

 

Il comma 8, tacitamente derogando alla già ricordata previsione contenuta nell'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (“Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente”), prevede che le disposizioni del comma 7 si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge, e ciò anche relativamente alle quote di ammortamento relative ai fabbricati costruiti o acquistati nel corso di periodi d’imposta precedenti.

 


Articolo 36, commi 9-11
(Utilizzo di perdite fiscali anteriori alla “tassazione per trasparenza”)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

9. All'articolo 115, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le perdite fiscali dei soci relative agli esercizi anteriori all'inizio della tassazione per trasparenza non possono essere utilizzate per compensare i redditi imputati dalle società partecipate.».

9. All'articolo 115, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le perdite fiscali dei soci relative agli esercizi anteriori all'inizio della tassazione per trasparenza non possono essere utilizzate per compensare i redditi imputati dalle società partecipate.».

10. All'articolo 116, comma 2, del medesimo testo unico, dopo le parole: «del terzo» sono aggiunte le seguenti: «e del quarto».

10. All'articolo 116, comma 2, del citato testo unico di cui al decreto n. 917 del 1986, dopo le parole: «del terzo» sono inserite le seguenti: «e del quarto».

11. Le disposizioni di cui ai commi 9 e 10 hanno effetto dal periodo d'imposta dei soci in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto e con riferimento ai redditi delle società partecipate relativi a periodi di imposta chiusi a partire dalla predetta data.

11. Identico.

 

 

I commi 9 e 10 dell’articolo 36 novellano il testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, relativamente all’utilizzazione delle perdite fiscali anteriori alla “tassazione per trasparenza”, mentre il comma 11 dispone circa la decorrenza dell'efficacia di tali modifiche.

In particolare, il comma 9 introduce un limite all’utilizzabilità delle perdite fiscali anteriori all’inizio della “tassazione per trasparenza”, conformemente a quanto previsto per il regime delle perdite adottato nel “consolidato fiscale”.

 

In base all’articolo 115 del TUIR il regime di “trasparenza fiscale” prevede che nelle società e negli enti commerciali che risultino esclusivamente partecipati da altre società ed enti commerciali il reddito imponibile sia imputato a ciascun socio in proporzione alla sua quota di partecipazione degli utili, indipendentemente dalla loro effettiva percezione.

Il “consolidato fiscale” è invece disciplinato, rispettivamente, dagli articoli da 117 a 129 del TUIR (per il consolidato nazionale) e da 130 a 142 del TUIR (per il consolidato mondiale), in base al quale la società o l’ente controllante e ciascuna società controllata rientrante fra le società e gli enti commerciali di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a) e b) possono congiuntamente esercitare l’opzione per la tassazione di gruppo. In base all’articolo 118 del TUIR, L'esercizio dell'opzione per la tassazione di gruppo di cui all'articolo 117 comporta la determinazione di un reddito complessivo globale corrispondente alla somma algebrica dei redditi complessivi netti da considerare, quanto alle società controllate, per l'intero importo indipendentemente dalla quota di partecipazione riferibile al soggetto controllante.

 

Nella disciplina previgente, infatti, a differenza di quanto avviene nel consolidato (si confrontino gli articoli 118, comma 2, e 134, co. 2, del TUIR), la società partecipante, che avesse esercitato l’opzione per la trasparenza, aveva la possibilità di utilizzare le perdite pregresse sia per compensare i propri redditi, sia per compensare i redditi che le vengono imputati per trasparenza dalle società partecipate. La modifica, alla stregua di quanto riportato nella relazione del Governo, evita il verificarsi di fenomeni di pianificazione fiscale consistenti nel ridurre le partecipazioni detenute dal socio per poter accedere alla tassazione per trasparenza anziché al consolidato fiscale, riuscendo così a compensare le perdite pregresse maturate dallo stesso con i redditi delle partecipate, eludendo il disposto dell’articolo 118, comma 2, del TUIR, in base al quale, nel regime del consolidato nazionale, “le perdite fiscali relative agli esercizi anteriori all'inizio della tassazione di gruppo possono essere utilizzate solo dalle società cui si riferiscono”.

 

Il comma 10 risponde ad esigenze di coordinamento normativo, essendo diretto a ricomprendere il contenuto del predetto comma 9, divenuto quarto periodo dell’articolo 115, comma 3, del TUIR, fra le disposizioni oggetto del richiamo contenuto nell’articolo 116, comma 2 del TUIR stesso in materia di opzione per la “trasparenza fiscale” delle società a ristretta base proprietaria.

 

Il comma 11, in tacita deroga alla già ricordata previsione contenuta nell'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (“Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente”), stabilisce che le disposizioni di cui ai commi 9 e 10 hanno effetto dal periodo d’imposta dei soci in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge e con riferimento ai redditi delle società partecipate relativi a periodi d’imposta chiusi a partire dalla predetta data.

 


Articolo 36, commi 12-14
(Riporto delle perdite)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

12. All'articolo 84 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

12. All'articolo 84 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2:

a) identico:

1) dopo le parole «primi tre periodi d'imposta» sono aggiunte le seguenti «dalla data di costituzione»;

1) dopo le parole «primi tre periodi d'imposta» sono inserite le seguenti «dalla data di costituzione»;

2) in fine, sono aggiunte le seguenti parole: «a condizione che si riferiscano ad una nuova attività produttiva»;

2) identico;

b) al comma 3, la lettera a) è soppressa.

b) al comma 3, la lettera a) è abrogata.

13. Le perdite realizzate nei primi tre periodi d'imposta prive dei requisiti di cui all'articolo 84, comma 2, del predetto testo unico, come modificato dal comma 12, formatesi in esercizi precedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto e non ancora utilizzate alla medesima data, possono essere computate in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi a quello di formazione, con le modalità previste al comma 1 del medesimo articolo 84, ma non oltre l'ottavo.

13. Le perdite realizzate nei primi tre periodi d'imposta prive dei requisiti di cui all'articolo 84, comma 2, del citato testo unico di cui al decreto n. 917 del 1986, come modificato dal comma 12 del presente articolo, formatesi in esercizi precedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto e non ancora utilizzate alla medesima data, possono essere computate in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi a quello di formazione, con le modalità previste al comma 1 del medesimo articolo 84, ma non oltre l'ottavo.

14. Le disposizioni della lettera b) del comma 12 si applicano ai soggetti le cui partecipazioni sono acquisite da terzi a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

14. Identico.

 

 

Il comma 12 dell’articolo 36 reca disposizioni in materia di riporto delle perdite, che novellano l’articolo 84 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR).

 

Nella disciplina previgente, il comma 2 dell’articolo 84 del TUIR riconosceva il diritto al riporto delle perdite generate nei primi tre periodi d’imposta dell’impresa, senza limiti di tempo, in diminuzione del reddito complessivo.

Il meccanismo, che comporta una deroga al criterio generale per il quale le perdite possono essere computate in diminuzione del reddito solo entro i primi cinque periodi d’imposta successivi a quello in cui abbiano a verificarsi (criterio previsto dal comma 1 dell’articolo 84 del TUIR) era preordinato ad agevolare le nuove iniziative produttive.

Al fine di contrastare ricorrenti fenomeni di elusione (cosiddetto «commercio delle bare fiscali»), il comma 3 dell’articolo 84 del TUIR reca una disciplina volta a contrastare operazioni meramente strumentali di acquisizione di società in perdita con collegato conferimento in esse di attività aziendali redditizie. In pratica, il diritto al riporto delle perdite viene escluso nel caso in cui la maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto che riporta le perdite venga trasferita, o comunque venga acquisita da terzi, anche a titolo temporaneo e, inoltre, venga modificata l’attività principale in fatto esercitata nei periodi d’imposta in cui le perdite sono state realizzate. Tale limitazione non si applicava alle partecipazioni acquisite da società controllate dallo stesso soggetto che controlla il soggetto che riporta le perdite ovvero dal soggetto che controlla il controllante di questo ovvero alle partecipazioni che siano relative a società che nel biennio precedente a quello di trasferimento hanno avuto un numero di dipendenti non mai inferiore alle dieci unità e per le quali dal conto economico relativo all’esercizio precedente a quello di trasferimento risultino un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica, e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori.

 

In tale contesto, il comma 12 del decreto-legge :

§       precisa che il periodo iniziale dei tre periodi d’imposta per i quali spetta il diritto al riporto illimitato (cioè ultraquinquennale) delle perdite decorre dalla data della costituzione dell’impresa;

§       precisa che il beneficio è comunque subordinato alla circostanza che le perdite si riferiscano ad una nuova attività produttiva;

§       abroga la lettera a) del comma 3 dell’articolo 84 del TUIR, che escludeva che si facesse luogo all’applicazione della clausola antielusione indicata nell’alinea del comma 3 stesso testé richiamata (perdita del diritto al riporto) nel caso di partecipazioni acquisite da società controllate dallo stesso soggetto che controlla il soggetto che riporta le perdite ovvero del soggetto che controlla il controllante di questo. Per effetto di tale abrogazione, quindi, ricorrendo le situazioni indicate nell’alinea del comma 3 dell’articolo 84 del TUIR, anche nel caso delle partecipazioni in questione è prevista l’esclusione del diritto al riporto delle perdite.

 

Il comma 13 riconosce alle imprese che abbiano riportato in esercizi precedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge perdite in coincidenza con i rispettivi primi tre periodi d’imposta ma non siano in possesso dei nuovi requisiti previsti dall’articolo 84, comma 2, del TUIR, come modificato dal comma 12 del decreto-legge, per accedere al beneficio della illimitata riportabilità delle perdite (v. sopra, nella parte della scheda relativa al comma 12), la facoltà di computare le perdite stesse in diminuzione del reddito fino all’ottavo periodo d’imposta successivo a quello di formazione.

 

Il comma 14, in deroga alla già ricordata previsione contenuta nell'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (“Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente”), stabilisce che le disposizioni di cui alla lettera b) del comma 12 (abrogazione della lettera a) del comma 3 dell’articolo 84 del TUIR: v. sopra, in questa stessa scheda) si applicano ai soggetti le cui partecipazioni sono acquisite da terzi a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.

 


Articolo 36, comma 15
(Soppressione dell’imposta di registro agevolata per i trasferimenti di immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

15. L'articolo 33, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è abrogato. Il periodo precedente ha effetto per gli atti pubblici formati e le scritture private autenticate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

15. L'articolo 33, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è abrogato, ad eccezione che per i trasferimenti di immobili in piani urbanistici particolareggiati, diretti all'attuazione dei programmi prevalentemente di edilizia residenziale convenzionata pubblica, comunque denominati, realizzati in accordo con le amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione. Il periodo precedente ha effetto per gli atti pubblici formati e le scritture private autenticate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

 

Il comma 15 dell’articolo 36 abroga l’articolo 33, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), il quale assoggettava all’ imposta di registro con aliquota agevolata dell’1 per cento e alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa i trasferimenti di immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati, a condizione che l’utilizzazione edificatoria avvenisse entro cinque anni dal trasferimento. Secondo quanto precisato dall’articolo 76 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002), l’agevolazione s’intendeva riferita anche ai casi in cui l’acquirente non disponesse in precedenza di altro immobile compreso nel piano urbanistico particolareggiato.

 

I dubbi ermeneutici cui intese ovviare la legge n. 448 del 2001 derivavano in particolare dalla circolare dell’Agenzia delle entrate n. 1 del 2001 che, interpretando restrittivamente la disposizione, aveva individuato la condizione per fruire dell’agevolazione nell’utilizzazione economica di un’area già in possesso dell’acquirente, anziché in quella dell’immobile oggetto del trasferimento, e aveva limitato l’applicabilità dell’aliquota dell’1 per cento ai soli trasferimenti di immobili, ricompresi in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, che fossero funzionali all’utilizzazione edificatoria dell’area stessa, altrimenti impedita da cause ostative preesistenti quali, ad esempio, la disponibilità da parte dell’acquirente di una superficie inferiore a quella minima richiesta dal piano particolareggiato per l’edificabilità.

 

In base a quanto affermato nella relazione del Governo al disegno di legge (A.S. 741), l’articolo 76 della legge n. 448 del 2001 ha dato luogo ad una singolare soluzione, affatto remota dall’originaria ratio ispiratrice della norma agevolativa posta dall’articolo 33, comma 3, della legge n. 388 del 2000, con l’effetto di riconoscere l’applicazione dell’imposta di registro con l’aliquota dell’1 per cento e le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa alla generalità dei trasferimenti di immobili ricompresi in piani urbanistici particolareggiati.

Venuta meno la stessa ratio della norma agevolativa della legge n. 388 del 2000, quest’ultima è ora abrogata con effetto dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, fatta eccezione per i trasferimenti di immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati, diretti all’attuazione dei programmi prevalentemente di edilizia residenziale convenzionata pubblica, comunque denominati, realizzati in accordo con le amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione.

 


Articolo 36, commi 16 e 17
(Opzione per la trasparenza fiscale delle società a responsabilità limitata a ristretta base proprietaria)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

16. All'articolo 116 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

16. All'articolo 116 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il secondo periodo del comma 1 è soppresso;

a) identica;

b) al comma 2 è aggiunto il seguente periodo: «Le plusvalenze di cui all'articolo 87 e gli utili di cui all'articolo 89, commi 2 e 3, concorrono a formare il reddito imponibile nella misura indicata, rispettivamente, nell'articolo 58, comma 2, e nell'articolo 59».

b) identica.

17. Le disposizioni del comma 16 si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

17. Identico.

 

 

Il comma 16 dell’articolo 36, intervenendo sul testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, reca disposizioni in materia di esercizio dell’opzione per la trasparenza fiscale da parte delle società a responsabilità limitata a ristretta base proprietaria, quelle cioè il cui volume di ricavi non supera le soglie previste per l’applicazione degli studi di settore e che hanno una compagine sociale composta esclusivamente da persone fisiche in numero non superiore a 10 (20 ove trattisi di società cooperative).

In tale contesto:

§       viene soppresso (lettera a)il secondo periodo del comma 1 dell’articolo 116 del TUIR, che escludeva dalla facoltà di opzione per la trasparenza fiscale le società a responsabilità limitata le quali possiedano o acquistino una partecipazione con i requisiti indicati all’articolo 87 del TUIR per l’esenzione dal reddito imponibile nella misura del 91 per cento;

 

A norma del comma 1 dell’articolo 87 del TUIR non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto esenti nella misura del 91 per cento, e dell'84 per cento a decorrere dal 2007, le plusvalenze realizzate relativamente ad azioni o quote di partecipazioni con i seguenti requisiti:

a) ininterrotto possesso dal primo giorno del diciottesimo mese precedente quello dell'avvenuta cessione considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente;

b) classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso;

c) residenza fiscale della società partecipata in uno Stato o territorio diverso da quelli a regime fiscale privilegiato di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 167, comma 4, o, alternativamente, dimostrazione, a seguito dell'esercizio dell'interpello secondo le modalità del comma 5, lettera b), dello stesso articolo 167, che dalle partecipazioni non sia stato conseguito, sin dall'inizio del periodo di possesso, l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati di cui al predetto decreto ministeriale;

d) esercizio di un'impresa commerciale da parte della società partecipata.

 

§       viene correlativamente introdotto (lettera b) nel comma 2 dello stesso articolo 116 un periodo aggiuntivo, diretto a ricomprendere nell’imponibile, nella misura del 40 per cento, le plusvalenze e gli utili di cui, rispettivamente, agli articoli 87 e 89, commi 2 e 3, del TUIR.

 

Viene quindi eliminata la causa ostativa all’accesso al predetto regime, consistente in precedenza nel possesso di una partecipazione con i requisiti per l’esenzione di cui all’articolo 87 del TUIR. In sostanza, la società a responsabilità limitata viene, a tali effetti, equiparata ad una società di persone in coerenza – come segnalato nella relazione governativa al disegno di legge (A.S. 741) – con i criteri direttivi fissati nella legge di delega (legge 7 aprile 2003, n. 80) all’articolo 4, comma 1, lettera h), ultimo periodo. La disposizione è diretta a correggere, secondo il Governo, “una evidente distorsione del sistema per cui una persona fisica otteneva un regime di favore per il solo fatto di detenere la partecipazione non direttamente ma tramite una srl che opta per la trasparenza fiscale”.

 

Il comma 17, tacitamente derogando alla previsione contenuta nell'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 ("Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente")[264], stabilisce che le disposizioni del comma 16 si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.


Articolo 36, commi 18 e 19
(Indeducibilità di minusvalenze)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

18. All'articolo 101, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole: «lettere a), b) e c),» sono sostituite dalle seguenti: «lettere a) e b),».

18. All'articolo 101, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole: «lettere a), b) e c),» sono sostituite dalle seguenti: «lettere a) e b),».

19. Le disposizioni del comma 18 si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

19. Identico.

 

Il comma 18 dell’articolo 36 esclude la deducibilità dal reddito delle minusvalenze dei beni relativi all’impresa derivanti dalla loro assegnazione ai soci o destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.

 

A questo fine viene espunto dal comma 1 dell’articolo 101 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, il riferimento alla lettera c) dell’articolo 86, comma 1, dello stesso testo unico.

Rimangono invece deducibili le minusvalenze derivanti dalla cessione di tali beni a titolo oneroso, ovvero dal risarcimento, anche in forma assicurativa, per la loro perdita o danneggiamento.

Le minusvalenze relative a beni assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa che, alla stregua della definizione di plusvalenza specificamente formulata nell’articolo 86, comma 3 del TUIR, possono essere definite, a contrario, come differenza tra il costo non ammortizzato dei beni e il valore normale degli stessi.

 

Il comma 19, tacitamente derogando alla previsione contenuta nell'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 ("Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente")[265], stabilisce che le disposizioni del comma 18 si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.


Articolo 36, commi 20 e 21
(Soppressione della facoltà di ridurre il valore delle variazioni delle rimanenze finali delle opere, forniture e servizi)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

20. All'articolo 93 del testo unico delle imposte sui redditi approvato, con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il comma 3 è soppresso.

20. All'articolo 93 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il comma 3 è abrogato.

21. Le disposizioni del comma precedente si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

21. Le disposizioni del comma 20 si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

 

Il comma 20 dell’articolo 36 abroga il comma 3 dell’articolo 93 del TUIR.

Le disposizioni oggetto dell’abrogazione prevedevano che il valore delle variazioni delle rimanenze finali delle opere, forniture e servizi pattuiti come oggetto unitario e con tempo di esecuzione ultrannuale, rispetto alle esistenze iniziali, da considerare quale reddito dell’esercizio, fosse suscettibile di riduzione, a titolo di rischio contrattuale e “a giudizio del contribuente”, in misura non superiore al 2 per cento (4 per cento per opere, forniture e servizi eseguiti all’estero).

 

Il comma 21, in tacita deroga alla previsione contenuta nell'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 ("Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente")[266], stabilisce che le disposizioni del comma 20 si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.


Articolo 36, comma 22
(Redditi dei non residenti)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

22. Nel testo unico delle imposte sui redditi approvato, con decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

22. Nel testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 3, il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. L'imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell'articolo 10, nonché delle deduzioni effettivamente spettanti ai sensi degli articoli 11 e 12, e per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato»;

a) identica;

b) nell'articolo 24, comma 3, è soppresso l'ultimo periodo.

b) identica.

 

 

Il comma 22 dell’articolo 36, alla lettera a), sostituisce il comma 1 dell'articolo 3 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR); approvato con D.P.R. 22 settembre 1986, n. 917.

Il nuovo testo della disposizione, riguardante la determinazione della base imponibile dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, stabilisce che l'imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto: esso è formato:

a) per i residenti, da tutti i redditi posseduti, al netto degli oneri deducibili indicati nell'articolo 10, nonché delle deduzioni effettivamente spettanti ai sensi degli articoli 11 e 12;

b) per i non residenti, soltanto dai redditi prodotti nel territorio dello Stato.

 

Nel testo previgente, l'articolo 3, comma 1, del TUIR stabiliva che l'imposta si applicava sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti e per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato, al netto degli oneri deducibili indicati nell'articolo 10, nonché delle deduzioni effettivamente spettanti ai sensi degli articoli 11 e 12.

In sostanza, la novella qui illustrata sopprime il richiamo delle disposizioni in materia di oneri deducibili, deduzioni per oneri di famiglia e deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione (no-tax area) in relazione ai redditi prodotti nel territorio dello Stato da soggetti non residenti in Italia.

 

L’articolo 10 del TUIR consente di dedurre dal reddito complessivo, fra l’altro:

a) i canoni, livelli, censi e altri oneri gravanti sui redditi degli immobili che concorrono a formare il reddito complessivo;

b) le spese mediche e quelle di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione;

c) gli assegni periodici corrisposti al coniuge;

d) gli assegni periodici corrisposti in forza di testamento o di donazione;

d-bis) le somme restituite al soggetto erogatore, che avessero concorso a formare il reddito in anni precedenti;

e)-e-ter) i contributi previdenziali e assistenziali, anche a forme pensionistiche complementari, e i contributi versati ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale;

f) le somme corrisposte ai dipendenti chiamati ad adempiere funzioni presso gli uffici elettorali;

g) i contributi, le donazioni e le oblazioni erogate in favore delle organizzazioni non governative;

h) le indennità per perdita di avviamento corrisposte per legge al conduttore in caso di cessazione della locazione di immobili urbani ad uso non abitativo;

i)-l) le erogazioni liberali a favore dell’Istituto centrale per il sostentamento del clero e quelle in favore delle confessioni religiose sulla base di intesa con lo Stato;

l-bis) la metà delle spese per adozione internazionale;

l-ter) erogazioni liberali per il gratuito patrocinio;

l-quater) erogazioni liberali in denaro in favore di università e altri enti.

Per quanto riguarda l’articolo 10, si ricorda che il comma 2 dell’articolo 24 del TUIR – non modificato dalla presente disposizione – limitava già la fruizione delle deduzioni ai soli oneri indicati nelle lettere a), g), h), i) e l).

L’articolo 11 del TUIR stabilisce una deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione, riconoscendo l’esenzione dall’IRPEF in favore di una quota di reddito di importo pari alla deduzione (c.d. no-tax area). L’importo base della deduzione è di 3.000 euro, con incrementi differenziati in relazione alla natura dei redditi percepiti dal contribuente. La deduzione spetta a condizione che il reddito complessivo del soggetto non superi determinati limiti e, all’interno di tali limiti, spetta in misura decrescente al crescere del reddito.

L’articolo 12 del TUIR definisce le deduzioni per oneri di famiglia.

 

La lettera b) del comma 22 sopprime l'ultimo periodo del comma 3 dell'articolo 24 del medesimo testo unico, il quale stabiliva, con riferimento all'imposta dovuta dai non residenti, che non competessero le detrazioni per carichi di famiglia.

Le detrazioni per carichi di famiglia sono state soppresse e sostituite dalle deduzioni per carichi di famiglia dall’articolo 1, commi 349-353 della legge 30 dicembre 2004 n. 311 (legge finanziaria per il 2005). La presente disposizione tende pertanto a coordinare la formulazione dell’articolo 24, comma 3, del TUIR con la sopravvenuta modificazione dell’istituto e con la disposizione, introdotta dalla precedente lettera a), che esclude comunque l’applicabilità di tali deduzioni ai redditi dei soggetti non residenti.


Articolo 36, comma 23
(Abrogazione dell’esenzione dall’IRPEF per incentivazioni dell’esodo di lavoratori dipendenti)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

23. Nell'articolo 19 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1986, n. 917, il comma 4-bis è soppresso.

23. Nell'articolo 19 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il comma 4-bis è abrogato. La disciplina di cui al predetto comma 4-bis continua ad applicarsi con riferimento alle somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati prima della data di entrata in vigore del presente decreto, nonché con riferimento alle somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati in attuazione di atti o accordi, aventi data certa, anteriori alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

 

Il comma 23 dell’articolo 36 abroga il comma 4-bis dell’articolo 19 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, che, a titolo di incentivo all'esodo, nei casi previsti dalla legge, assoggettava ad un’aliquota ridotta, pari alla metà di quella applicata ordinariamente per la loro tassazione, il trattamento di fine rapporto e le altre indennità equipollenti, indicate dall’articolo 17, comma 1, lettera a), se erogate in occasione dell'interruzione del rapporto di lavoro ai lavoratori che hanno superato i 50 anni, se donne, o i 55 anni, se uomini.

 

Le fattispecie richiamate dall’articolo 17, comma 1, lettera a), dei TUIR, ai fini dell’individuazione dei redditi soggetti a tassazione separata, sono il trattamento di fine rapporto e le indennità equipollenti, comunque denominate, commisurate alla durata dei rapporti di lavoro dipendente, le altre indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione dei predetti rapporti, comprese l'indennità di preavviso, le somme risultanti dalla capitalizzazione di pensioni e quelle attribuite a fronte dell’obbligo di non concorrenza ai sensi dell’articolo 2125 del codice civile nonché le somme e i valori comunque percepiti a seguito di provvedimenti dell’autorità giudiziaria o di transazione relative alla risoluzione del rapporto di lavoro.

 

La disciplina abrogata continua comunque ad applicarsi alle somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati prima dell’entrata in vigore del decreto-legge ovvero in attuazione di atti o accordi di data certa anteriore al medesimo termine.

 

Nella relazione del Governo, fra le motivazioni che hanno presieduto alla scelta di sopprimere tale aliquota agevolata è indicata l’esigenza di corrispondere alle indicazioni desumibili dalla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 21 luglio 2005 (causa C-207/04). In tale sentenza viene dichiarato come la direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro, debba essere interpretata in senso ostativo ad una norma (quale quella di cui all’articolo 19, comma 4-bis, del TUIR, ora abrogata) che prevede soglie di età differenziate in ragione del sesso di appartenenza del lavoratore ai fini dell’accesso al beneficio, previsto a titolo di incentivo all'esodo, della tassazione ridotta del trattamento di fine rapporto.


Articolo 36, commi 24-34
(Recupero di base imponibile)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

24. All'articolo 25, comma 1, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dopo le parole: «o nell'interesse di terzi» sono aggiunte le seguenti: «o per l'assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere,».

24. All'articolo 25, primo comma, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dopo le parole: «o nell'interesse di terzi» sono inserite le seguenti: «o per l'assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere».

25. All'articolo 51, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, la lettera g-bis) è soppressa.

25. All'articolo 51, comma 2-bis del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono aggiunti i seguenti periodi: «La disposizione di cui alla lettera g-bis) del comma 2 si rende applicabile a condizione che le azioni offerte non siano comunque cedute né costituite in garanzia prima che siano trascorsi cinque anni dalla data dell'assegnazione e che il valore delle azioni assegnate non sia superiore complessivamente nel periodo d'imposta alla retribuzione lorda annua del dipendente relativa al periodo d'imposta precedente. Qualora le azioni siano cedute o date in garanzia prima del predetto termine, l'importo che non ha concorso a formare il reddito al momento dell'assegnazione concorre a formare il reddito ed è assoggettato a tassazione nel periodo d'imposta in cui avviene la cessione ovvero la costituzione della garanzia. Se il valore delle azioni assegnate è superiore al predetto limite, la differenza tra il valore delle azioni al momento dell'assegnazione e l'am­montare corrisposto dal dipendente concorre a formare il reddito.

 

25-bis. Il reddito derivante dall'applicazione del comma 25 rileva anche ai fini contributivi con esclusivo riferimento alle assegnazioni effettuate in virtù di piani di incentivazione deliberati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto e con esclusivo riferimento, ai fini del calcolo delle prestazioni, alle anzianità maturate in data successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto.

26. La disposizione di cui al comma 25 si applica alle azioni la cui assegnazione ai dipendenti si effettua successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

26. Identico.

27. L'articolo 8 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è sostituito dal seguente:

27. L'articolo 8 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è sostituito dal seguente:

«Art. 8. - (Determinazione del reddito complessivo) - 1. Il reddito complessivo si determina sommando i redditi di ogni categoria che concorrono a formarlo. Non concorrono a formare il reddito complessivo dei percipienti i compensi non ammessi in deduzione ai sensi dell'articolo 60.

«Art. 8. - (Determinazione del reddito complessivo) - Identico.

2. Le perdite delle società in nome collettivo ed in accomandita semplice di cui all'articolo 5, nonché quelle delle società semplici e delle associazioni di cui allo stesso articolo derivanti dall'esercizio di arti e professioni, si imputano a ciascun socio o associato nella proporzione stabilita dall'articolo 5. Per le perdite della società in accomandita semplice che eccedono l'ammontare del capitale sociale la presente disposizione si applica nei soli confronti dei soci accomandatari.

 

3. Le perdite derivanti dall'esercizio di imprese commerciali e quelle derivanti dalla partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice nonché quelle derivanti dall'esercizio di arti e professioni, anche esercitate attraverso società semplici e associazioni di cui all'articolo 5, sono computate in diminuzione dai relativi redditi conseguiti nei periodi di imposta e per la differenza nei successivi, ma non oltre il quinto, per l'intero importo che trova capienza in essi. Si applicano le disposizioni del comma 2 dell'articolo 84 e, limitatamente alle società in nome collettivo ed in accomandita semplice, quelle di cui al comma 3 del citato articolo 84».

 

28. Le disposizioni del comma 27 si applicano ai redditi e alle perdite realizzati dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

28. Identico.

29. Nel testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

29. Nel testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nell'articolo 54:

a) identico:

1) dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti:

1) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:

«1-bis. Concorrono a formare il reddito le plusvalenze e le minusvalenze dei beni strumentali, esclusi gli immobili e gli oggetti d'arte, di antiquariato o da collezione, se:

«1-bis. Identico»;

a) sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso;

 

b) sono realizzate mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni;

 

c) i beni vengono destinati al consumo personale o familiare dell'esercente l'arte o la professione o a finalità estranee all'arte o professione.

 

1-ter. Si considerano plusvalenza o minusvalenza la differenza, positiva o negativa, tra il corrispettivo o l'indennità percepiti e il costo non ammortizzato ovvero, in assenza di corrispettivo, la differenza tra il valore normale del bene e il costo non ammortizzato.

 

1-quater. Concorrono a formare il reddito i corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all'attività artistica o professionale»;

 

2) nel comma 5, dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente: «Le predette spese sono integralmente deducibili se sostenute dal committente per conto del professionista e da questi addebitate nella fattura»;

2) nel comma 5, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Le predette spese sono integralmente deducibili se sostenute dal committente per conto del professionista e da questi addebitate nella fattura»;

b) nell'articolo 17, comma 1, dopo la lettera g-bis) è aggiunta la seguente: «g-ter) corrispettivi di cui all'articolo 54, comma 1-quater, se percepiti in unica soluzione;».

b) nell'articolo 17, comma 1, dopo la lettera g-bis) è inserita la seguente: «g-ter) corrispettivi di cui all'articolo 54, comma 1-quater, se percepiti in unica soluzione;».

30. In deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212,le disposizioni di cui al comma 10 dell'articolo 165 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, devono intendersi riferite anche ai crediti d'imposta relativi ai redditi di cui al comma 8-bis dell'articolo 51 del medesimo testo unico.

30. In deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212,le disposizioni di cui al comma 10 dell'articolo 165 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, devono intendersi riferite anche ai crediti d'imposta relativi ai redditi di cui al comma 8-bis dell'articolo 51 del medesimo testo unico.

31. L'articolo 188 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è abrogato.

31. L'articolo 188 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è abrogato.

32. Nei periodi di imposta in cui i termini di versamento di contributi deducibili dal reddito o che non concorrono a formarlo sono sospesi in conseguenza di calamità pubbliche, resta ferma la deducibilità degli stessi, se prevista da disposizioni di legge; detti contributi non sono ulteriormente dedotti o esclusi dal reddito nel periodo di imposta in cui sono versati. In via transitoria detti contributi sono dedotti o esclusi dal reddito nei periodi di imposta in cui sono versati solo se la deduzione o esclusione dal reddito non è stata già effettuata nei periodi di imposta, antecedenti a quello di entrata in vigore della presente norma, in cui il versamento degli stessi è stato sospeso in conseguenza di calamità pubbliche.

32. Identico.

33. Sono abrogati: l'articolo 13, comma 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449; l'articolo 11 della legge 18 febbraio 1999, n. 28; l'articolo 28 della legge 13 maggio 1999, n. 133; l'articolo 3, comma 2-bis, del decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 791, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 46.

33. Sono abrogati: l'articolo 13, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449; l'articolo 11 della legge 18 febbraio 1999, n. 28; l'articolo 28 della legge 13 maggio 1999, n. 133; l'articolo 3, comma 2-bis, del decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 791, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 46.

34. In deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, nella determinazione dell'acconto dovuto ai fini dell'imposta sul reddito delle società per il periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata applicando le disposizioni del presente decreto; eventuali conguagli sono versati insieme alla seconda ovvero unica rata dell'acconto.

34. In deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, nella determinazione dell'acconto dovuto dai soggetti di cui all'articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ai fini dell'imposta sul reddito delle società e dell'imposta regionale sulle attività produttive per il periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata applicando le disposizioni del presente decreto; eventuali conguagli sono versati insieme alla seconda ovvero unica rata dell'acconto.

 

 

Il comma 24 dell’articolo 36 modifica l'articolo 25, comma 1, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), in relazione all’obbligo di ritenuta alla fonte.

 

Nel testo previgente, l’articolo 25, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973 prevede che le società e gli enti commerciali, le società e associazioni indicate nell'articolo 5 del TUIR e le persone fisiche che esercitano imprese commerciali, ai sensi dell'articolo 51 del citato testo unico, o imprese agricole, le persone fisiche che esercitano arti e professioni, nonché il condominio quale sostituto d’imposta (vale a dire i soggetti indicati all’articolo 23, comma 1 del medesimo D.P.R. n. 600 del 1973), che corrispondono a soggetti residenti nel territorio dello Stato compensi comunque denominati, anche sotto forma di partecipazione agli utili, per prestazioni di lavoro autonomo, ancorché non esercitate abitualmente, ovvero per prestazioni che siano rese a terzi o nell'interesse di terzi,devono operare all'atto del pagamento una ritenuta del 20 per cento a titolo di acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti, con l'obbligo di rivalsa.

 

La modificazione introdotta prevede che la ritenuta alla fonte si applichi anche in relazione a compensi per obblighi di fare, non fare o permettere.

 

Il comma 25 modifica il comma 2-bis dell'articolo 51 del TUIR, in relazione al trattamento tributario delle distribuzioni di azioni da parte delle società a propri dipendenti (c.d stock options).

 

La lettera g-bis) dell'art. 51, comma 2, del TUIR prevede che non concorre a formare il reddito “la differenza tra il valore delle azioni al momento dell'assegnazione e l'ammontare corrisposto dal dipendente, a condizione che il predetto ammontare sia almeno pari al valore delle azioni stesse alla data dell'offerta; se le partecipazioni, i titoli o i diritti posseduti dal dipendente rappresentano una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria o di partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 10 per cento, la predetta differenza concorre in ogni caso interamente a formare il reddito”.

 

La disposizione introdotta dal presente comma subordina l’applicabilità dell’esenzione concessa dalla lettera g-bis) del comma 2 alla condizione che le azioni offerte non siano comunque cedute né costituite in garanzia prima che siano trascorsi cinque anni dalla data dell’assegnazione, e che il valore delle azioni assegnate non sia superiore complessivamente, nel periodo d’imposta, alla retribuzione lorda annua del dipendente relativa al periodo d’imposta precedente.

In caso di cessione o costituzione in garanzia prima del termine di cinque anni, il valore delle azioni concorre alla formazione del reddito nel periodo d’imposta in cui avviene la cessione ovvero la costituzione della garanzia. Se il valore delle azioni risulta superiore alla retribuzione lorda annua del dipendente relativa al periodo d’imposta precedente, concorre a formare il reddito la differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e l’ammontare corrisposto dal dipendente.

 

Il comma 25-bis prevede che qualora, in applicazione del comma 25, il valore delle azioni distribuite ai dipendenti concorra alla formazione del loro reddito, il corrispondente importo rileva anche a fini contributivi, limitatamente ai piani di assegnazione deliberati dopo l’entrata in vigore del presente decreto-legge (4 luglio 2006) e con esclusivo riferimento, ai fini del calcolo delle prestazioni, alle anzianità maturate in data successiva alla data di entrata in vigore del decreto medesimo.

 

Il comma 26, peraltro, precisa che la disciplina limitativa dell’applicazione della descritta lettera g-bis) del comma 2 dell’articolo 51 del TUIR si applica alle azioni la cui assegnazione ai dipendenti si effettua successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso decreto.

 

Il comma 27 sostituisce l'articolo 8 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, il quale disciplina la determinazione del reddito complessivo agli effetti dell’imposta sui redditi delle persone fisiche.

Il comma 1 del nuovo testo prevede che il reddito complessivo si determina sommando i redditi di ogni categoria che concorrono a formarlo. Non concorrono a formare il reddito complessivo dei percipienti i compensi non ammessi in deduzione ai sensi dell'articolo 60 del medesimo testo unico.

 

In base all’articolo 60 del TUIR non sono ammesse in deduzione le somme erogate a titolo di compenso del lavoro prestato o dell’opera svolta dall’imprenditore, dal coniuge, dai figli, affidati o affiliati minori di età o permanentemente inabili al lavoro e dagli ascendenti.

 

Ai sensi del comma 2 del nuovo testo, le perdite delle società in nome collettivo e in accomandita semplice (di cui all'articolo 5 del testo unico), nonché quelle delle società semplici e delle associazioni di cui allo stesso articolo derivanti dall'esercizio di arti e professioni, si imputano (anziché sottrarsi, come stabiliva il vecchio testo del comma 2) a ciascun socio o associato nella proporzione stabilita dall'articolo 5 (ossia in proporzione alla quota di partecipazione agli utili). Per le perdite della società in accomandita semplice, eccedenti l'ammontare del capitale sociale, la disposizione si applica nei soli confronti dei soci accomandatari.

Il comma 3 del nuovo testo dispone che le perdite derivanti dall'esercizio di imprese commerciali e quelle derivanti dalla partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché quelle derivanti dall'esercizio di arti e professioni, anche esercitate attraverso società semplici e associazioni di cui all'articolo 5 (queste ultime disposizioni non erano comprese nel vecchio testo del comma 3), sono computate in diminuzione dai relativi redditi conseguiti nei periodi d’imposta e, per la differenza, nei successivi, ma non oltre il quinto, per l'intero importo che trova capienza in essi. Si applicano le disposizioni del comma 2 dell'articolo 84 del medesimo testo unico e, limitatamente alle società in nome collettivo e in accomandita semplice, quelle del comma 3 dell'articolo 84[267].

 

Rispetto al testo previgente, risulta in particolare modificata la disciplina relativa alle perdite derivanti dall’esercizio di arti e professioni nonché di imprese commerciali minori ex articolo 66 del TUIR (imprese operanti in regime di contabilità semplificata) che nel precedente regime erano sottratte dal reddito complessivo (formato dai redditi di ogni categoria), mentre a seguito delle presenti modificazioni rientrano nella disciplina generale, e sono quindi sottratte dai redditi della medesima categoria, con possibilità di riporto nei successivi cinque periodi d’imposta.

 

Il comma 28 precisa che le disposizioni del comma 27 si applicano ai redditi e alle perdite realizzati dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.

 

Il comma 29, alla lettera a), inserisce i seguenti nuovi commi dopo il comma 1 dell'articolo 54 del testo unico delle imposte sui redditi, concernente la determinazione del reddito di lavoro autonomo:

1)   il comma 1-bis, il quale prevede che concorrono a formare il reddito le plusvalenze e le minusvalenze dei beni strumentali, esclusi gli immobili e gli oggetti d'arte, di antiquariato o da collezione, se:

a) sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso;

b) sono realizzate mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni;

c) i beni vengono destinati al consumo personale o familiare dell'esercente l'arte o la professione o a finalità estranee all'arte o professione;

2)   il comma 1-ter, il quale dispone che si considerano plusvalenza o minusvalenza la differenza, positiva o negativa, tra il corrispettivo o l'indennità percepiti e il costo non ammortizzato ovvero, in assenza di corrispettivo, la differenza tra il valore normale del bene e il costo non ammortizzato;

3)   il comma 1-quater, secondo il quale concorrono a formare il reddito i corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all'attività artistica o professionale. Si veda a questo riguardo la successiva lettera b), che assoggetta a tassazione separata questi corrispettivi, se percepiti in unica soluzione.

 

La stessa lettera a) del comma 29 inserisce un nuovo periodo nel comma 5 dell'articolo 54 del TUIR, al fine di stabilire che le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande in pubblici esercizi sono integralmente deducibili se sostenute dal committente per conto del professionista e da questo addebitate nella fattura.

 

La lettera b)del comma 29 aggiunge una nuova lettera al comma 1 dell'articolo 17 del TUIR, al fine di prevedere che sono soggetti a tassazione separata, se percepiti in unica soluzione, i corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all'attività artistica o professionale.

 

Il comma 30 stabilisce che le disposizioni del comma 10 dell'articolo 165 del TUIR (ai sensi del quale, nel caso in cui il reddito prodotto all'estero concorra parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l'imposta estera va ridotta in misura corrispondente) devono intendersi riferite anche ai crediti d'imposta relativi al reddito di lavoro dipendente prestato all'estero in via continuativa di cui all’articolo 51, comma 8-bis del TUIR.

 

L’articolo 51, comma 8-bis del TUIR prevede che il reddito di lavoro dipendente, prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell'arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398 (286).

 

In sostanza, la disposizione in commento prevede che per il lavoro prestato all’estero il credito d’imposta non risulti pieno, ma proporzionale alla misura convenzionale del reddito prodotto all’estero ed individuata dal decreto del Ministro del lavoro.

 

La disposizione reca nella sua formulazione la deroga espressa all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente).

Il comma 1 dell’articolo 3 della legge n. 212 del 2000 stabilisce che, salvo quanto previsto dall'articolo 1, comma 2 (ossia salva l’ipotesi di interpretazione autentica espressamente qualificata come tale), le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo (primo periodo) e che, relativamente ai tributi periodici, le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono (secondo periodo).

 

Non appare del tutto chiara la portata della deroga genericamente riferita all’articolo 3 della legge n. 212 del 2000: in particolare non si comprende se con essa il legislatore abbia inteso conferire alla disposizione carattere interpretativo (senza per altro qualificare espressamente la norma come interpretazione autentica), o piuttosto disporne l’immediata applicazione a decorrere dal periodo d’imposta in corso.

 

Il comma 31 abroga l'articolo 188 del TUIR, concernente il regime tributario speciale di Campione d’Italia.

 

L'articolo 188 del TUIR, al comma 1, stabiliva che, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, i redditi delle persone fisiche iscritte nei registri anagrafici del comune di Campione d'Italia prodotti in franchi svizzeri nel territorio dello stesso comune per un importo complessivo non superiore a 200.000 franchi erano computati in euro, sulla base di un tasso convenzionale di cambio stabilito ogni tre anni con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, tenuto conto anche della variazione dei prezzi al consumo nelle zone limitrofe intervenuta nel triennio. Il comma 2 prevedeva che i medesimi soggetti dovevano assolvere il loro debito d'imposta in euro, mentre il comma 3 disponeva che si consideravano iscritte nei registri anagrafici del comune di Campione d'Italia anche le persone fisiche aventi domicilio fiscale nel medesimo comune le quali, già residenti nel comune di Campione d'Italia, erano iscritte all'anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) dello stesso comune e residenti nel Canton Ticino della Confederazione elvetica.

 

Il comma 32 prevede che resta ferma, se prevista da disposizioni di legge, la deducibilità dei contributi deducibili dal reddito o che non concorrono a formarlo nei medesimi periodi d’imposta in cui i termini di versamento ad essi relativi sono sospesi in conseguenza di calamità pubbliche; detti contributi non possono essere quindi ulteriormente dedotti o esclusi dal reddito nel periodo d’imposta in cui sono versati.

In via transitoria i suddetti contributi sono dedotti o esclusi dal reddito nei periodi d’imposta in cui sono versati solo se la deduzione o esclusione dal reddito non è stata già effettuata nei periodi d’imposta, antecedenti a quello di entrata in vigore della presente norma, in cui il versamento degli stessi è stato sospeso in conseguenza di calamità pubbliche.

 

Il comma 33 abroga, a fini di coordinamento con il comma 32, le seguenti disposizioni:

-        l'articolo 13, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449;

-        l'articolo 11 della legge 18 febbraio 1999, n. 28;

-        l'art. 28 della legge 13 maggio 1999, n. 133;

-        l'articolo 3, comma 2-bis, del decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 791, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 46.

 

Il comma 1 dell'articolo 13 della legge n. 449 del 1997 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica) disponeva che le somme dovute a titolo di tributi, il cui pagamento fosse stato sospeso o differito da disposizioni normative adottate in conseguenza di calamità pubbliche, restavano escluse dal concorso alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte dirette.

L'articolo 11 della legge 18 febbraio 1999, n. 28 (Disposizioni in materia tributaria, di funzionamento dell'Amministrazione finanziaria e di revisione generale del catasto) prevedeva che la sospensione o il differimento dei termini di versamento di imposte o contributi deducibili dal reddito o non concorrenti a formarlo, adottati in conseguenza di calamità pubbliche, non faceva venire meno la deducibilità degli stessi, se prevista da disposizioni di legge.

L'articolo 28 della legge 13 maggio 1999, n. 133 (Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale) disponeva che le disposizioni del comma 2-bis dell'articolo 3 del decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 791, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 46, e quelle del comma 1 dell'articolo 13 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, dovevano intendersi nel senso che le somme dovute a titolo di imposte e contributi il cui pagamento fosse stato sospeso o differito da disposizioni normative adottate in conseguenza di calamità pubbliche non costituivano un onere deducibile per il corrispondente importo ai fini della determinazione delle imposte sui redditi.

L'articolo 3, comma 2-bis, del decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 791 (Provvedimenti urgenti in materia di opere e servizi pubblici, nonché di calamità naturali), prevedeva che le somme relative alla sospensione delle imposte dirette e dei contributi assistenziali e previdenziali di cui all'articolo 13-quinquies del D.L. 26 maggio 1984, n. 159, convertito, con modificazioni, nella legge 24 luglio 1984, n. 363, e all'articolo 4 del D.L. 3 aprile 1985, n. 114, convertito, con modificazioni, nella L. 30 maggio 1985, n. 211, non concorrevano alla formazione dell'imponibile ai fini dell'IRPEF e dell'ILOR.

 

Il comma 34 stabilisce che, in deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, nella determinazione dell'acconto dovuto dai soggetti indicati dall’articolo 73 del TUIR (vale a dire i soggetti passivi dell’IRES) ai fini dell'imposta sul reddito delle società (IRES) e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) per il periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata applicando le disposizioni del presente decreto; eventuali conguagli sono versati insieme alla seconda ovvero unica rata dell'acconto.

 

L'articolo 3 della legge n. 212 del 2000 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente) dispone che, salvo quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, della medesima legge, le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo. Relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono. In ogni caso, le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell'adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti. I termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati.


Articolo 36, comma 34-bis
(Classificazione tributaria dei proventi da illecito)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

 

34-bis. In deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, la disposizione di cui al comma 4 dell'articolo 14 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, si interpreta nel senso che i proventi illeciti ivi indicati, qualora non siano classificabili nelle categorie di reddito di cui all'articolo 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono comunque considerati come redditi diversi.

 

 

Il comma 34-bis, con norma interpretativa dell’articolo 14 della legge n. 537 del 1993, stabilisce che i proventi derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo, se non già sottoposti a sequestro o confisca penale, qualora non siano classificabili nelle categorie di reddito indicate all'articolo 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917 del 1986), devono in ogni caso intendersi come redditi diversi.

 

L’articolo 14, comma 4, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ha stabilito che nelle categorie di reddito di cui all'articolo 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917 del 1986) devono intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non già sottoposti a sequestro o confisca penale. I relativi redditi sono determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna categoria. Il successivo comma 4-bis ha inoltre escluso la possibilità di portare in deduzione i costi o le spese riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato, fatto salvo l'esercizio di diritti costituzionalmente riconosciuti.

 

L’articolo 6 del TUIR classifica i singoli redditi nelle seguenti categorie: a) redditi fondiari; b) redditi di capitale; c) redditi di lavoro dipendente; d) redditi di lavoro autonomo; e) redditi di impresa; f) redditi diversi.

La disciplina dei redditi diversi è contenuta al capo VII; in particolare, essi sono individuati dall’articolo 67.

La disposizione è formulata quale deroga all’articolo 3 della legge n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente), in base al quale le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo, salvo il caso di interpretazione autentica, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della stessa legge. In realtà, trattandosi di norma d’interpretazione autentica, come tale espressamente qualificata, essa ricade nell’eccezione contemplata dal medesimo articolo 3.


Articolo 36-bis
(Misure urgenti per il contrasto del lavoro nero e per la promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

 

1. Al fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori nel settore dell'edilizia, nonché al fine di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso ed irregolare ed in attesa dell'adozione di un testo unico in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per l'esecuzione dei lavori di cui all'articolo 5, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, e successive modificazioni, nonché le competenze in tema di vigilanza attribuite dalla legislazione vigente in materia di salute e sicurezza, il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), può adottare il provvedimento di sospensione dei lavori nell'ambito dei cantieri edili qualora riscontri l'impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbli­gatoria, in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori regolarmente occupati nel cantiere ovvero in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni. I competenti uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale informano tempestivamente i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture dell'adozione del provvedimento di sospensione al fine dell'emanazione da parte di questi ultimi di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata sospensione nonché per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione, e comunque non superiore a due anni. A tal fine, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministero delle infrastrutture e il Ministero del lavoro e della previdenza sociale predispon­gono le attività necessarie per l'integrazione dei rispettivi archivi informativi e per il coordinamento delle attività di vigilanza ed ispettive in materia di prevenzione e sicurezza dei lavoratori nel settore dell'edilizia.

 

2. È condizione per la revoca del provvedimento da parte del personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale di cui al comma 1:

 

a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;

 

b) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni alla disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni. È comun­que fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali e amministrative vigenti.

 

3. Nell'ambito dei cantieri edili i datori di lavoro debbono munire, a decorrere dal 1o ottobre 2006, il personale occupato di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro. I lavoratori sono tenuti ad esporre detta tessera di riconosci­mento. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nei cantieri, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto. Nei casi in cui siano presenti contemporaneamente nel cantiere più datori di lavoro o lavoratori autonomi, dell'obbligo risponde in solido il committente dell'opera.

 

4. I datori di lavoro con meno di dieci dipendenti possono assolvere all'obbligo di cui al comma 3 mediante annotazione, su apposito registro di cantiere vidimato dalla Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente da tenersi sul luogo di lavoro, degli estremi del personale giornalmente impiegato nei lavori. Ai fini del presente comma, nel computo delle unità lavorative si tiene conto di tutti i lavoratori impiegati a prescindere dalla tipologia dei rapporti di lavoro instaurati, ivi compresi quelli autonomi per i quali si applicano le disposizioni di cui al comma 3.

 

5. La violazione delle previsioni di cui ai commi 3 e 4 comporta l'applicazione, in capo al datore di lavoro, della sanzione amministrativa da euro 100 ad euro 500 per ciascun lavoratore. Il lavoratore munito della tessera di riconoscimento di cui al comma 3 che non provvede ad esporla è punito con la sanzione amministrativa da euro 50 a euro 300. Nei confronti delle predette sanzioni non è ammessa la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.

 

6. L'articolo 86, comma 10-bis, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, è sostituito dal seguente:

 

«10-bis. Nei casi di instaurazione di rapporti di lavoro nel settore edile, i datori di lavoro sono tenuti a dare la comunicazione di cui all'articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1o ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni, il giorno antecedente a quello di instaurazione dei relativi rapporti, mediante documentazione avente data certa».

 

7. All'articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) il comma 3 è sostituito dal seguente:

 

«3. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, l'impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbliga­toria è altresì punito con la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L'importo delle sanzioni civili connesse all'omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non può essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata.»;

 

b) il comma 5 è sostituito dal seguente:

 

«5. Alla irrogazione della sanzione amministrativa di cui al comma 3 provvede la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente. Nei confronti della sanzione non è ammessa la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124».

 

8. Le agevolazioni di cui all'articolo 29 del decreto-legge 23 giugno 1995, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1995, n. 341, trovano applicazione esclusivamente nei confronti dei datori di lavoro del settore edile in possesso dei requisiti per il rilascio della certificazione di regolarità contributiva anche da parte delle Casse edili. Le predette agevolazioni non trovano applicazione nei confronti dei datori di lavoro che abbiano riportato condanne passate in giudicato per la violazione della normativa in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro per la durata di cinque anni dalla pronuncia della sentenza.

 

9. Al comma 213-bis dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le predette disposizioni non si applicano, inoltre, al personale ispettivo del lavoro del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL)».

 

10. All'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, dopo le parole: «Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione» sono inserite le seguenti: «, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,».

 

11. Il termine di prescrizione di cui all'articolo 3, comma 9, lettera a), della legge 8 agosto 1995, n. 335, relativo ai periodi di contribuzione per l'anno 1996, di pertinenza della gestione di cui all'articolo 2, comma 26, della predetta legge n. 335 del 1995, è prorogato fino al 31 dicembre 2007.

 

12. Nell'ambito del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, le risorse destinate alla finalità di cui all'articolo 1, comma 410, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono ridotte da 480 milioni di euro a 456 milioni di euro e sono corrispondentemente aumentate da 63 milioni di euro a 87 milioni di euro le risorse destinate alla finalità di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291, e successive modificazioni.

 

 

L’articolo in esame, introdotto nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato, detta (ai commi da 1 a 8) una serie di misure per contrastare il lavoro sommerso e per promuovere la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro con riferimento al settore dell’edilizia che rappresenta uno dei settori più critici e a rischio per tali problematiche.

 

Si ricorda che anche il DPEF per il 2007-2011 evidenzia la necessità di intervenire con idonee misure per contrastare il lavoro nero, che danneggia sia i lavoratori sia le imprese in regola sia gli introiti fiscali e contributivi. In particolare il Governo ritiene opportuno adottare alcune misure volte ad agevolare e quindi rendere più efficiente l’azione repressiva da parte dei servizi ispettivi e di vigilanza, tramite la valorizzazione del DURC (Documento unico di regolarità contributiva) e l’introduzione dell’obbligo di comunicare in maniera preventiva l’intenzione di assumere un lavoratore nei settori con maggiore incidenza di lavoro sommerso (tra i quali figura l’edilizia).

Sempre al fine di contrastare il lavoro sommerso o comunque irregolare, al fine di agevolare l’opera degli servizi ispettivi e di vigilanza, si preannuncia che saranno adottate apposite misure quali l’obbligo delle tessere di identificazione per i lavoratori dei settori più critici e la modifica della disciplina degli appalti, in modo da evitare che il meccanismo del massimo ribasso inneschi dinamiche perverse in termini di mancato rispetto delle norme sulla sicurezza e più in generale dei diritti dei lavoratori.

Il DPEF preannuncia anche appositi interventi sulla problematica della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (indubbiamente connessa a quella del lavoro irregolare), affermando che si procederà all’adozione di un testo unico volto ad una razionalizzazione e ad una più facile applicabilità della stessa disciplina. A tal proposito si ricorda che la XI Commissione della Camera, il 13 luglio 2006, ha approvato una risoluzione che “ impegna il Governo ad adottare tempestive ed adeguate iniziative legislative, al fine di pervenire quanto prima all'approvazione di un Testo unico in materia di tutela e sicurezza del lavoro, quale fondamentale strumento di salvaguardia dei lavoratori”[268].

Si consideri che alcune delle misure preannunciate dal DPEF - valorizzazione del DURC, comunicazione in via preventiva dell’intenzione di assumere, tessera di identificazione dei lavoratori - sono attuate proprio dall’art. 36-bis in esame (cfr. infra).

 

Il comma 1, per le finalità relative al contrasto del lavoro sommerso e alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, in attesa dell’adozione di un testo unico in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, prevede che violazioni di una certa gravità della disciplina relativa alla regolarità delle assunzioni e all’orario di lavoro possano condurre all’emanazione di provvedimenti di sospensione dei lavori e di interdizione alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni (compresa la partecipazione a gare pubbliche).

In primo luogo si dispone che, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per l’esecuzione dei lavori di cui all’art. 5, comma 1, lettera e) del D.Lgs. 494/1996, nonché le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla vigente normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione dell’INPS e dell’INAIL, può disporre la sospensione dei lavoro nell’ambito dei cantieri edili allorché venga riscontrato l’impiego di personale non assunto regolarmente, poiché non risultante dalla documentazione obbligatoria relativa i lavoratori, in una misura almeno pari al 20 per cento dei lavoratori regolarmente assunti occupati nel cantiere.

Lo stesso provvedimento di sospensione dei lavori può essere adottato nel caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di durata massima dell’orario di lavoro, di riposo giornaliero e di riposo settimanale, di cui agli art. 4, 7 e 9 del D.Lgs. 66/2003, e successive modificazioni.

 

Si evidenzia che la disposizione, almeno sul piano letterale, sembrerebbe prevedere un potere discrezionale di disporre la sospensione dei lavori da parte del personale ispettivo, presumibilmente sulla base della gravità della violazione riscontrata nel caso concreto.

Si osserva inoltre che non viene prevista espressamente una conseguenza sanzionatoria nel caso di mancato rispetto dell’obbligo di sospensione dei lavori.

 

Si ricorda che al settore edile si applica non solamente la disciplina generale in materia di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, contenuta principalmente nel D.Lgs. 626/1994, ma anche una disciplina specifica contenuta principalmente nel D.Lgs. 494/1996 e nel D.Lgs. 528/1999.

Inoltre una particolarità è rappresentata dal fatto che l’attività di vigilanza sul rispetto della disciplina in materia è svolta dalla Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente anziché dalle ASL.

L’art. 2 del D.Lgs. 494/1996 contiene una elencazione dei soggetti responsabili dei lavori e di quelli preposti alla progettazione e all’esecuzione degli stessi. Si tratta in particolare:

§       del committente, cioè il soggetto per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione. Nel caso di appalto di opera pubblica, il committente è il soggetto titolare del potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dell'appalto;

§       del responsabile dei lavori, cioè il soggetto che può essere incaricato dal committente ai fini della progettazione o della esecuzione o del controllo dell'esecuzione dell'opera;

§       del coordinatore per la progettazione dell’opera, soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti relativi alla redazione del piano di sicurezza e di coordinamento e della predisposizione del fascicolo contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e della protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori;

§       del coordinatore per l'esecuzione dei lavori, soggetto, diverso dal datore di lavoro dell'impresa esecutrice, incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti elencati nell’art. 5: verificare, tramite opportune azioni di coordinamento, l’applicazione delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento e in quello generale di sicurezza e delle relative procedure di lavoro (lettera a)); verificare l’idoneità del piano operativo di sicurezza e adeguare i piani e il fascicolo in relazione all’evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute (lettera b)); organizzare tra i datori di lavoro, compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione e il coordinamento delle attività (lettera c)); verificare l’attuazione del coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza (lettera d)); proporre al committente o al responsabile dei lavori, in caso di gravi inosservanze delle norme sulla tutela della salute e della sicurezza, la sospensione dei lavori, l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere o la risoluzione del contratto. Si prevede al riguardo che nel caso in cui il committente o il responsabile dei lavori non adotti alcun provvedimento in merito alla segnalazione, senza fornire idonea motivazione, il coordinatore per l'esecuzione provvede a dare comunicazione dell'inadempienza alla ASL e alla direzione provinciale del lavoro territorialmente competente (lettera e)).

 

Si ricorda che la designazione del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per la esecuzione da parte del committente o del responsabile dei lavori è obbligatoria per i cantieri nei quali è prevista la presenza di più imprese, quando i lavori superino una certa soglia dimensionale (200 uomini-giorno) o espongano i lavoratori a particolari rischi (art. 3 del D.Lgs. 494).

 

In considerazione della finalità del comma 1 in esame, la sospensione dei lavori da parte del personale ispettivo sembra prevista, per quanto riguarda la prima fattispecie di violazione, nel caso in cui il personale non sia stato regolarmente assunto e quindi sia utilizzato “in nero”, per cui non risulta registrato nelle scritture o altra documentazione obbligatorie.

Non sembra quindi che la disposizione sia volta a sanzionare mere irregolarità o inadempimenti formali.

 

Si ricorda che il datore di lavoro deve tenere e conservare una serie di libri e documenti connessi allo svolgimento del rapporto di lavoro, cioè il libro matricola, il libro paga, il registro infortuni e il registro delle visite mediche.

Il libro matricola deve riportare, nell’ordine cronologico di assunzione, il numero di dipendenti, i loro dati anagrafici e la loro posizione professionale, al fine di documentare l’esistenza del rapporto di lavoro agli enti previdenziali e assicurativi.

Nel libro paga devono essere annotati tutti gli elementi che compongono al retribuzione dei lavoratori, le trattenute operate e l’importo dell’assegno per il nucleo familiare corrisposto.

Nel registro infortuni il datore di lavoro deve annotare cronologicamente tutti gli infortuni accaduti ai lavoratori che comportino l’assenza dal lavoro almeno di un giorno (senza considerare quello dell’infortunio), indipendentemente dal fatto che l’infortunio sia o meno coperto dall’assicurazione INAIL:

La tenuta del registro delle visite mediche è obbligatoria in determinati casi previsti dalla legge, al fine di segnalare l’effettuazione e l’esito delle visite mediche prescritte prima dell’assunzione o delle visite periodiche.

 

In merito alle sanzioni amministrative pecuniarie previste nel caso di impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, cfr. infra.

 

Si evidenzia inoltre che, per quanto riguarda la seconda fattispecie di violazione, la sospensione dei lavori viene prevista solamente nel caso di (reiterata) violazione di alcune delle disposizioni previste in materia di orario di lavoro dal D.Lgs. 66/2003 a tutela del lavoratore, in particolare, come sopra detto, di quelle relative alla durata massima dell’orario di lavoro, al riposo giornaliero e al riposo settimanale.

 

Nell’ordinamento nazionale si è giunti finalmente ad un complessivo riordino della disciplina generale dell’orario di lavoro, da più parti auspicato e reso opportuno dalla necessità di recepire la disciplina comunitaria adottata in materia, con il D.Lgs. n. 66/2003[269], recante “Attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’orario di lavoro”.

Il D.Lgs. n. 66/2003 (art. 3) ha fissato l’orario normale di lavoro in 40 ore settimanali, recuperando, quasi letteralmente, il disposto di cui all’articolo 13, comma 1, primo e secondo periodo, della legge 24 giugno 1997, n. 196, cui si dà una valenza generale, volta a superare le discipline particolari per vari settori. Viene quindi confermata: la durata normale dell'orario di lavoro, pari a 40 ore settimanali; l'attribuzione di ampi poteri alla contrattazione collettiva nazionale, che potrà ridurre l'orario normale (a tutti gli effetti legali) e riferire l'orario normale alla durata media delle prestazioni in periodi plurisettimanali fino al massimo di un anno[270].

Invece il D.Lgs. 66/2003, rispetto alla disciplina previgente, ha introdotto i nuovi concetti di durata massima e di durata media dell’orario di lavoro. In particolare (art. 4):

§       si demanda alla contrattazione collettiva la fissazione della durata massima settimanale dell’orario di lavoro, che si ottiene sommando la durata normale del lavoro con l’aggiunta delle ore di straordinario ammissibili;

§       si prevede che la durata media dell’orario di lavoro non può superare le 48 ore per ogni periodo di sette giorni. La durata media è data dalla somma di ore lavorative effettivamente svolte (compresi gli straordinari) dal lavoratore in un dato periodo di tempo, divisa per il numero di settimane presenti in quel periodo. In ogni caso la durata media non potrà essere superiore alla durata massima.

Poiché la durata massima dell’orario di lavoro viene stabilita dalla contrattazione collettiva, essa terrà conto delle caratteristiche dell’attività lavorativa svolta nei vari settori. La durata media invece è fissata dalla legge per tutti i settori economici. Per evitare che, in relazione alle particolari modalità di svolgimento di alcune attività lavorative, si superino le 48 ore settimanali, è previsto che la durata media dell’orario di lavoro debba essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi[271]. Inoltre i contratti collettivi nazionali di lavoro possono elevare il periodo di riferimento per il calcolo della media fino a sei mesi o anche fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, specificate nei contratti stessi.

Un’altra novità, rispetto alla normativa previgente, è costituita dall’estensione a tutti i settori produttivi del diritto del lavoratore a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore (salve le deroghe previste dalla contrattazione collettiva), precedentemente previsto per il solo settore industriale (art. 7). Per alcuni settori tale previsione potrebbe dimostrarsi eccessivamente rigida (si pensi alle imprese del settore turistico); tuttavia a tale esigenza potrebbe sopperire la contrattazione collettiva o, in mancanza di quest’ultima, il provvedimento ministeriale di cui all’articolo 17, comma 2, del D.Lgs. n. 66/2003.

Per quanto riguarda invece il riposo settimanale, l’art. 9 (confermando quanto già previsto dall’accordo interconfederale del 12 novembre 1997) prevede che ogni lavoratore, per ogni periodo di sette giorni, ha diritto ad un periodo minimo di riposo ininterrotto di ventiquattro ore, alle quali si sommano le undici ore di riposo giornaliero di cui al precedente art. 7. Il riposo settimanale coincide, di regola, con la domenica[272]. L’art. 9 contiene inoltre un elenco tassativo di attività a cui non si applica il principio del riposo giornaliero di ventiquattro ore consecutive (da cumulare con le undici ore di riposo giornaliero) ogni sette giorni e di attività per le quali il riposo settimanale di ventiquattro ore consecutive può essere fissato in un giorno diverso dalla domenica e può essere attuato mediante turni[273].

Infine si ricorda che la nuova disciplina sull’orario di lavoro estende in via generale la durata minima del periodo di ferie retribuite, che non può essere inferiore a 4 settimane (art. 10). Precedentemente, in base alla legge 10 aprile 1981, n. 157, i contratti collettivi non potevano di regola prevedere periodi di ferie inferiori alle tre settimane lavorative.

 

Il comma 1 inoltre dispone che gli uffici del Ministero del lavoro informino con tempestività gli uffici del Ministero delle infrastrutture dell’adozione del provvedimento di sospensione dei lavori, al fine dell’emanazione da parte di questi ultimi di un provvedimento di interdizione alla contrattazione con le PP.AA. e alla partecipazione a gare pubbliche.

Sembrerebbe che il provvedimento di interdizione debba avere di norma durata pari a quella del provvedimento di sospensione, tuttavia potrebbe essere prevista una ulteriore interdizione per un periodo non inferiore al doppio della durata della sospensione e comunque non superiore a due anni.

Per le finalità della disposizione si prevede che, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, il Ministero del lavoro e il Ministero delle infrastrutture provvedano all’integrazione dei rispettivi archivi e all’attuazione del coordinamento delle attività ispettive in materia di prevenzione e sicurezza dei lavoratori nel settore edile.

 

Sarebbe opportuno formulare la disposizione in maniera più perspicua, al fine di precisare se il provvedimento emanato dagli uffici del Ministero delle infrastrutture possa sin dall’inizio prevedere l’interdizione dalla contrattazione con le PP.AA. per un periodo più lungo rispetto alla sospensione dei lavori o se, al contrario, tale maggiore durata dell’interdizione possa eventualmente essere disposta solamente in un secondo momento, con un apposito provvedimento di proroga. Perplessità suscita inoltre la previsione secondo cui l’eventuale maggiore durata della interdizione non possa essere disposta per un periodo interiore al doppio della durata della sospensione.

Infine si osserva che non è chiaro se il provvedimento di interdizione dalla contrattazione con le PP.AA. debba essere in ogni caso adottato in conseguenza del provvedimento di sospensione dei lavori, o se invece gli uffici competenti mantengano una certa discrezionalità sulla relativa adozione.

 

Il comma 2 prevede che la revoca della sospensione dei lavori è condizionato al ripristino della situazione di rispetto sostanziale della disciplina da parte del datore di lavoro. Ciò richiede:

§      nel caso di impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie, la regolare assunzione degli stessi;

§      nel caso di reiterate violazioni alla disciplina relativa all’orario di lavoro, l’accertamento del ripristino delle relative tutele.

Viene tuttavia fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali e amministrative vigenti.

 

Il comma 3 attua una delle misure volte a contrastare il lavoro irregolare già preannunciate nel DPEF per il 2007-2011.

A tal fine, a decorrere dal 1° ottobre 2006, si prevede, nell’ambito dei cantieri edili, un obbligo per i datori di lavoro di munire il personale occupato di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro.

I lavoratori sono tenuti ad esporre la tessera di riconoscimento. L’obbligo in questione è posto a carico anche dei lavoratori autonomi che esercitano direttamente l’attività nei cantieri, che devono provvedervi naturalmente per proprio conto.

Inoltre, nei cantieri in cui operano contemporaneamente più imprese o lavoratori autonomi, è responsabile in solido il committente dell’opera.

 

Si osserva che sarebbe opportuno prevedere una responsabilità solidale anche del responsabile dei lavori.

 

Il comma 4 prevede una modalità di adempimento semplificato per le imprese di minori dimensioni. Si prevede che le imprese con meno di dieci dipendenti possono assolvere alternativamente all’obbligo relativo alle tessere identificative mediante annotazione, su apposito registro di cantiere vidimato dalla direzione provinciale del lavoro da tenersi sul cantiere, degli estremi del personale giorno per giorno impiegato nei lavori.

 

Non è chiaro se il limite dimensionale delle dieci unità si riferisca al personale assunto dall’impresa o esclusivamente al personale utilizzato nell’ambito del singolo cantiere dalla stessa impresa.

 

L’ultimo periodo del comma 4 specifica che nel computo delle unità lavorative si tiene conto di tutti i lavoratori impiegati, a prescindere dalla tipologia dei rapporti di lavoro utilizzati, “ivi compresi quelli autonomi”.

Sembra quindi che si considerino anche gli apprendisti e i lavoratori assunti con contratti “flessibili”.

Il riferimento ai lavoratori autonomi sembra invece incongruente rispetto alla ratio della norma, dal momento che ai sensi del comma 3 gli stessi lavoratori autonomi sono tenuti a provvedere per proprio conto all’obbligo relativo alla tessera identificativa.

 

Il comma 5 prevede le sanzioni nel caso di mancato adempimento agli obblighi di cui ai precedenti commi 3 e 4.

In particolare per il datore di lavoro che non adempie regolarmente agli obblighi relativi alla tessera di riconoscimento (o, laddove possibile, alla tenuta del registro di cantiere) è prevista la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ciascun lavoratore.

Invece è prevista la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300 euro per il lavoratore che non espone la tessera di riconoscimento. Sembrerebbe che tale sanzione riguardi tutti i lavoratori, quindi anche i lavoratori autonomi.

 

Il comma dispone inoltre che nei confronti delle sanzioni in questione non si applica la procedura di diffida di cui all’art. 13 del D.Lgs. 124/2004. Tale articolo prevede che, qualora il personale ispettivo rilevi violazioni della norme in materia di lavoro e previdenza sociale dalle quali derivino sanzioni amministrative, deve diffidare il datore di lavoro alla regolarizzazione delle inosservanze comunque sanabili, fissando un termine. In caso in cui adempia alla diffida, il datore di lavoro è ammesso al pagamento dell'importo delle sanzioni nella misura pari al minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa. Il pagamento dell'importo delle sanzioni amministrative comporta l’estinzione del procedimento sanzionatorio.

 

Si ricorda che il D.Lgs. n. 124/2004 ha realizzatola riforma della disciplina sulla vigilanza ispettiva. Il provvedimento, in attuazione dell’articolo 8 della legge n. 30/2003, dispone il riassetto della disciplina vigente sulle ispezioni in materia di lavoro e previdenza sociale, allo scopo di definire un sistema organico e coerente di tutela del lavoro con interventi omogenei, con particolare riguardo soprattutto alla attività di prevenzione. Il provvedimento in particolare:

§       attua la riorganizzazione dell'attività ispettiva del Ministero del lavoro in materia di previdenza sociale e di lavoro con l'istituzione di una direzione generale[274] con compiti di direzione e coordinamento delle strutture periferiche del Ministero ai fini dell'esercizio unitario della predetta funzione ispettiva, tenendo altresì conto della specifica funzione di polizia giudiziaria dell'ispettore del lavoro;

§       favorisce la razionalizzazione degli interventi ispettivi di tutti gli organi di vigilanza, compresi quelli degli istituti previdenziali, con attribuzione della direzione e del coordinamento operativo alle direzioni regionali e provinciali del lavoro sulla base delle direttive adottate dalla direzione generale per l’attività ispettiva. Si prevedono inoltre, come strumenti volti a rafforzare il coordinamento dell’attività di vigilanza, l’istituzione di una banca dati, la possibilità di costituire gruppi di intervento straordinario a livello regionale e l’adozione di un modello unificato di verbale per la rilevazione degli illeciti;

§       introduce il nuovo istituto della conciliazione monocratica affidata alla Direzione provinciale del lavoro, tramite un proprio funzionario, anche con qualifica ispettiva. Le parti convocate possono farsi assistere da organizzazioni o associazioni sindacali ovvero da professionisti con specifico mandato. Dopo la firma del verbale di conciliazione, l’estinzione del procedimento ispettivo avviene a seguito del pagamento dei contributi previdenziali ed assicurativi, determinati in sede conciliativa e al pagamento delle somme dovute al lavoratore;

§       al fine di favorire una veloce conclusione dell’ispezione, viene introdotto il nuovo istituto della diffida accertativa per crediti retributivi. Si prevede che, qualora nel corso dell’attività ispettiva emergano inosservanze in merito alla disciplina contrattuale, dalle quali scaturiscano crediti retributivi per il lavoratore, il personale ispettivo delle Direzioni del lavoro diffida il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti. A seguito di un tentativo di conciliazione presso la direzione provinciale del lavoro, in caso di accordo, la diffida perde efficacia. Invece, decorso inutilmente il termine previsto per la conciliazione o in caso di mancato raggiungimento dell’accordo, la diffida acquista valore di accertamento tecnico con efficacia di titolo esecutivo. E’ possibile proporre ricorso amministrativo contro il provvedimento di diffida reso esecutivo; nelle more del ricorso è sospesa l’esecutività del provvedimento;

§       viene dettata una nuova disciplina dei poteri attribuiti al personale ispettivo in caso di inosservanza delle norme in materia di lavoro e legislazione sociale, prevedendosi: un potere di diffida in caso di illeciti amministrativi; un potere di prescrizione in caso di contravvenzioni punite con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda ovvero con la sola ammenda; un potere di impartire disposizioni per l’applicazione di norme che richiedono un apprezzamento discrezionale;

§       al fine della semplificazione dei procedimenti sanzionatori amministrativi, sono introdotte due nuove ipotesi di ricorso amministrativo: ricorso avverso le ordinanze-ingiunzioni non concernenti la qualificazione del rapporto di lavoro, su cui decide il direttore della direzione regionale del lavoro; ricorso avverso gli atti di accertamento e le ordinanze-ingiunzioni delle Direzioni provinciali del lavoro e avverso i verbali di accertamento degli istituti previdenziali ed assicurativi che abbiano ad oggetto la sussistenza o la qualificazione dei rapporti di lavoro, su cui decide un comitato costituito ad hoc presso la Direzione regionale del lavoro. In entrambi i casi è comunque previsto il cd. silenzio-rigetto: dal mero decorso di un termine dalla proposizione del ricorso discende la reiezione dello stesso.

 

Il comma 6 dà attuazione ad un’altra delle misure preannunciate dal DPEF per contrastare il lavoro nero nei settori con maggiore indice di irregolarità (quale il settore edile).

A tal fine, riformulando il comma 10-bis dell’art. 86 del D.Lgs. 276/2003[275], si rende immediatamente applicabile (senza necessità di una disciplina secondaria che ne fissi il termine di applicabilità) la previsione secondo cui nel settore edile, in deroga alla normativa generale sul collocamento (cfr. infra), i datori di lavoro sono tenuti a comunicare agli uffici competenti l’assunzione di nuovi lavoratori in maniera preventiva, il giorno antecedente a quello di instaurazione dei relativi rapporti, mediante documentazione avente data certa.

La previsione in oggetto è volta evidentemente a contrastare pratiche elusive da parte delle imprese, rafforzando sul piano probatorio i poteri degli organi ispettivi.

 

Si ricorda che invece il vigente comma 10-bis, pur introducendo un analogo obbligo di comunicazione preventiva, prevede che tale obbligo si applichi non immediatamente bensì a decorrere dalla data prevista da un emanando decreto ministeriale (di cui al comma 7 dell'articolo 4-bis, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181).

Tuttavia, non essendo stato emanato il decreto in questione, l’obbligo di comunicazione preventiva non è mai divenuto operativo.

 

Si consideri inoltre che, ai sensi della vigente disciplina generale sul collocamento (art. 6, comma 2, del D.Lgs. 297/2002) il datore di lavoro ha l’obbligo di effettuare la comunicazione di assunzione al Centro per l’impiego competente in maniera contestuale alla stessa assunzione, indicando: dati anagrafici, data di assunzione, data di cessazione (se il rapporto è a tempo determinato), tipologia contrattuale, qualifica e trattamento economico. Solamente nel caso in cui l’assunzione avvenga in un giorno festivo, nelle ore serali o notturne, ovvero in caso di emergenza il datore di lavoro deve effettuare la comunicazione entro il primo giorno utile successivo.

 

Il comma 7 prevede modifiche all’art. 3 del decreto-legge n. 12/2002, recante Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all'estero e di lavoro irregolare.

In primo luogo (lettera a)) viene riformulato il comma 3 dello stesso art. 3, relativo alle sanzioni amministrative pecuniarie previste per il caso di impiego di personale non risultante dalle scritture o dai documenti obbligatori.

 

Si ricorda che la vigente formulazione del dell’art. 3, comma 3, del decreto legge n. 12/2002, punisce l’impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria con la sanzione amministrativa dal 200% al 400% dell’importo, per ciascun lavoratore in nero, del costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti CCNL, per il periodo compreso tra l’inizio dell’anno e la constatazione dell’inadempimento).

La Corte costituzionale, con sentenza 4-12 aprile 2005, n. 144, ha dichiarato l'illegittimità della disposizione in questione, nella parte in cui non ammette la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al primo gennaio dell'anno in cui è stata constatata la violazione.

 

Al fine di rendere più efficace, in termini di deterrenza, la previsione sanzionatoria relativa all’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, il comma 3 prevede la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di 150 euro per ciascuna giornata di lavoro effettivo.

In sostanza, poiché l’attuale formulazione, soprattutto dopo la citata sentenza della Corte Costituzionale, rischia di non risultare adeguata in termini di deterrenza, con la novella l’importo della sanzione viene parzialmente “sganciato” dalla durata dell’impiego irregolare del lavoratore, in tal modo agevolando e rafforzando l’azione degli uffici ispettivi anche sul piano probatorio.

 

Inoltre, con la stessa finalità di rendere più rigorosa la disciplina sanzionatoria nel caso di utilizzazione di “lavoro nero”, si prevede che l’importo delle sanzioni civili connesse all’omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore impiegato irregolarmente non può essere inferiore a 3.000 euro, a prescindere dalla durata della prestazione lavorativa accertata.

 

Si ricorda che le sanzioni civili in caso di omesso o tardivo versamento dei contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali ed assistenziali, sono previste, dall’art. 116, commi 8 e 9, della legge n. 388/2000, in percentuale sull’importo dei contributi o premi non corrisposti entro le scadenze. Le sanzioni civili sono applicate in ragione d’anno.

In particolare:

-        nel caso di omissione, si applica una sanzione pari al tasso ufficiale di riferimento (TUR) maggiorato del 5,5%. La misura massima non può superare il 40% dell’omesso o tardivo versamento; comunque, se viene raggiunto il tetto massimo della sanzione civile senza che si sia provveduto all’integrale pagamento del dovuto, sul debito contributivo iniziano a maturare interessi di mora di cui all’articolo 30 D.P.R. 602/73[276]. Gli interessi di mora non sono però in ogni caso dovuti nel caso in cui l’omissione sia da attribuire a oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi e il versamento sia effettuato entro il termine fissato dagli enti impositori;

-        nel caso di evasione accertata d’ufficio, si applica la sanzione del 30% in ragione d’anno, fino ad una misura massima del 60%. Vale quanto detto sopra con riferimento agli interessi di mora, che si applicano se viene raggiunto il tetto massimo della sanzione civile;

-        nel caso di evasione denunciata spontaneamente prima di contestazioni e comunque entro dodici mesi dal termine stabilito per il pagamento, se il pagamento viene effettuato entro 30 giorni dalla denuncia, si applica la sanzione del TUR maggiorato del 5,5% e la misura massima della sanzione non può superare il 40%;

-        nel caso di evasione da attribuire ad oggettive incertezze interpretative, si applica la sanzione del TUR maggiorato del 5,5% e la misura massima della sanzione non può superare il 40%. Non sono dovuti gli interessi di mora, purché il versamento sia effettuato entro il termine determinato dagli enti impositori.

 

La lettera b) del comma 7 in esame, novellando il comma 5 dell’art. 3 del decreto legge n. 12/2002, provvede ad attribuire la competenza all’irrogazione della sanzione amministrativa per l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio. Si consideri che invece la vigente formulazione del comma 5 attribuisce al competenza in questione all’Agenzia delle entrate.

Si specifica, anche in questo caso, che non è applicabile la procedura di diffida di cui all’art. 13 del D.Lgs. 124/2004 (cfr. supra).

 

Il comma 8 prevede che possono usufruire delle agevolazioni previste dall’art. 29 del decreto legge n. 244/1995, relative alla contribuzione previdenziale delle imprese del settore edile, esclusivamente i datori di lavoro del settore edile in possesso dei requisiti per il rilascio della certificazione di regolarità contributiva anche da parte delle Casse edili.

 

Si consideri che alle aziende edili si applicano, oltre ai benefici contributivi previsti per aziende degli altri settori, alcune speciali agevolazioni contributive.

In particolare, ai sensi dell’articolo 29 del D.L. 23 giugno 1995, n. 244, convertito dalla L. 8 agosto 1995, n. 341, così come modificato dall’articolo 2, comma 3, del D.L. 25 settembre 2002, n. 210, convertito dalla L. 22 novembre 2002, n. 266[277], per il settore edile è prevista una specifica riduzione contributiva solamente per gli operai (compresi i soci lavoratori di cooperative), occupati a tempo pieno e denunciati alle Casse edili[278].

L’agevolazione spetta a condizione che le aziende del settore edile iscrivano i loro lavoratori alla Cassa edile (versando i relativi contributi) e che rispettino i contratti collettivi nazionali e provinciali. L’agevolazione si applica all’intera contribuzione previdenziale, assistenziale e assicurativa a carico del datore di lavoro dovuta all’INPS e all’INAIL per gli operi occupati, con esclusione del contributo al Fondo pensioni lavoratori dipendenti.

L’agevolazione, inizialmente prevista sino al 31 dicembre 1996 nella misura del 9,50%, è stata successivamente elevata all’11,50% per le annualità successive in base al comma 5 dell’art. 29, che prevede appunto la possibilità di conferma o rideterminazione della riduzione con decreto ministeriale.

Al riguardo, da ultimo, il D.M. 1° febbraio 2006[279] ha confermato, per il 2005, la riduzione nella misura dell’11,50%. Ai fini della fruizione dell’agevolazione, i datori di lavoro interessati hanno l’obbligo di presentare all’INPS una dichiarazione, rilasciata dalla Cassa edile competente, di regolarità contributiva, entro il 31 dicembre di ogni anno.

 

Si consideri inoltre che l’articolo 2 del D.L. 210 del 2002, convertito dalla L. 266 del 2002, recando disposizioni che traspongono sostanzialmente sul piano normativo i contenuti dell’avviso comune tra le parti sociali siglato il 24 luglio 2002, con lo scopo di favorire l’emersione dell’economia sommersa, ha previsto un obbligo di certificazione della regolarità contributiva tramite la presentazione del documento unico di regolarità contributiva (D.U.R.C)[280].

In particolare, l’articolo 2, comma 1, ha stabilito che le imprese le quali risultino affidatarie di un appalto pubblico siano tenute a presentare alla stazione appaltante la certificazione relativa alla regolarità contributiva, a pena di revoca dell'affidamento. Il comma 1-bis aggiunge che la certificazione di regolarità deve essere presentata anche dalle imprese che gestiscono sevizi ed attività in convenzione o concessione con l’ente pubblico. Infine il comma 2 reca una misura di semplificazione procedurale, con la previsione della stipula di una convenzione da parte di INPS e INAIL ai fini del rilascio del D.U.R.C.

In seguito l’art. 10, comma 7, del decreto legge n. 203 del 2005, ha previsto che, per accedere ai benefici e alle sovvenzioni comunitari, le imprese sono tenute a presentare il documento unico di regolarità contributiva (D.U.R.C.) di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legge n. 210/2002.

L’articolo 1, comma 553, della legge n. 266/2005 (legge finanziaria 2006), con una disposizione simile a quella sopra considerata, prevede che le imprese sono tenute a presentare il D.U.R.C. per poter accedere ai benefici e alle sovvenzioni comunitarie per la realizzazione di investimenti.

In seguito l’articolo 39-septies del D.L. 273 del 2005 , convertito dalla L. 23 febbraio 2006, n. 51, ha disposto una validità temporale pari a tre mesi del documento unico di regolarità contributiva di cui al citato articolo 3, comma 8, del D.Lgs. 494 del 1996.

 

Inoltre non possono avvalersi delle agevolazioni in esame i datori di lavoro che siano stati condannati con sentenze passate in giudicato per la violazione della normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, per un periodo di cinque anni dalla pronuncia della sentenza. Si evidenzia che la disposizione prevede l’impossibilità di usufruire delle agevolazioni nel caso di condanna definitiva per qualsiasi reato (a prescindere dalla gravità) in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro.

 

Il comma 9 provvede a novellare il comma 213-bis della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006), in modo da estendere anche al personale ispettivo del Ministero del lavoro, dell’INPS e dell’INAIL la non applicazione delle disposizioni di cui al precedente comma 213, che ha soppresso una serie di indennità di trasferta per il personale statale.

 

Si ricorda, al riguardo, che il comma 213 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), novellato dall’articolo 39-undetricies del decreto-legge n. 273/2005[281], ha soppresso per il personale statale una serie di indennità di trasferta, previste a livello sia legislativo che contrattuale.

Si tratta, a livello legislativo, delle seguenti indennità:

-        le indennità di trasferta dovute ai magistrati, agli avvocati e ai procuratori dello Stato, agli appartenenti alle Forze armate ed ai corpi organizzati militarmente, ai professori universitari ed ai dirigenti statali comandati in missione fuori della ordinaria sede di servizio in località distanti almeno 10 Km. (di cui all’art. 1, comma 1, della Legge n. 417/1978);

-        le indennità di trasferta dovute al personale civile dello Stato non dirigente, comandato in missione fuori della ordinaria sede di servizio in località distanti almeno 10 Km. (di cui all’art. 1 del DPR n. 513/1978);

-          le indennità supplementari dovute ai dipendenti statali in aggiunta al rimborso delle spese di viaggio per missioni di servizio all'interno o all'estero (di cui ai commi primo e secondo dell’art. 14 della Legge n. 836/1973);

-        l’indennità per il personale dei ruoli centrali delle Amministrazioni dello Stato destinato a prestare servizio presso uffici dello Stato aventi sede fuori della Capitale (di cui all’art. 8 del D.Lgs.Lgt. n. 320/1945). Tale indennità non è cumulabile con il trattamento di missione, per il quale il dipendente può optare qualora sia più favorevole.

A livello pattizio, lo stesso comma provvede a sopprimere le “analoghe disposizioni” contenute nei contratti collettivi nazionali e nei provvedimenti di recepimento degli accordi sindacali, ivi compresi quelli relativi alla carriera prefettizia e alla carriera diplomatica[282].

 

Inoltre il comma 213-bis, inserito dal citato articolo 39-undetricies del decreto-legge n. 273/2005, prevede (in maniera complementare rispetto alla novella relativa al comma 213) la non applicazione delle disposizioni di cui allo stesso comma 213 - relative alla soppressione delle indennità di trasferta - al personale delle Forze armate e di polizia, fermi restando gli ordinari stanziamenti di bilancio[283].

 

Il comma 10 provvede a novellare l’art. 10, comma 1, del D.Lgs. 124/2004, al fine di prevedere la necessità della previa intesa con la Conferenza permanente tra lo Stato, le Regioni e le province autonome per l’emanazione del decreto ministeriale volto stabilire le modalità di attuazione e funzionamento della banca dati telematica relativa all’attività ispettiva.

Si ricorda che l’articolo 10 del D.Lgs. 124/2004 reca disposizioni in materia di razionalizzazione e coordinamento dell’attività ispettiva. In particolare, al fine di razionalizzare gli interventi ispettivi di tutti gli organi di vigilanza, il comma 1, prevede la costituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di una banca dati telematica, allo scopo di raccogliere le informazioni sulle aziende ispezionate, sulle dinamiche del mercato del lavoro, nonché sulle materie oggetto di aggiornamento e formazione permanente del personale ispettivo. Tale banca dati, rappresenta una sezione riservata della Borsa continua nazionale del lavoro, di cui all’articolo 15 del D.Lgs. 276 del 2003, il cui accesso è riservato ai soli organi abilitati alla vigilanza ai sensi del provvedimento in esame. Si prevede che le modalità di attuazione e funzionamento della banca dati siano definite con decreto del Ministro del lavoro, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 124, anche al fine di consentire il coordinamento con gli strumenti di monitoraggio di cui all’articolo 17 del citato D.Lgs. 276[284]. Il successivo comma 2 prevede che le amministrazioni interessate comunicano informaticamente, alle altre amministrazioni quali siano le aziende sottoposte ad ispezione, immediatamente dopo le ispezioni, al fine di evitare duplicazioni di interventi. sempre a fini di razionalizzazione, i successivi commi 4 e 5 prevedono l’adozione di un modello unificato di verbale di rilevazione degli illeciti.

Il comma 11 provvede a prorogare al 31 dicembre 2007 il termine di prescrizione per il versamento dei contributi di pertinenza della gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335[285], relativamente ai periodi di contribuzione per l’anno 1996.

 

Sul piano della forma sarebbe opportuno sostituire la parola “relative” con la seguente “relativo”.

 

Si ricorda che l’articolo 3, comma 9, della richiamata L. 335 del 1995 ha stabilito che le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono, e non possono essere più versate, con il decorso di specifici termini.

In particolare, i termini di prescrizione sono pari a:

§       dieci anni per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD) e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie - compreso il contributo di solidarietà del 10%, ad esclusivo carico dei datori di lavoro, dovuto per gli accantonamenti o versamenti effettuati a favore di forme pensionistiche complementari da parte dei datori di lavoro[286] -, ed esclusa ogni aliquota di contribuzione aggiuntiva non devoluta alle gestioni pensionistiche. Si consideri però che a decorrere dal 1° gennaio 1996 tale termine è ridotto a cinque anni, salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti (lettera a);

§       cinque anni per tutte le altre contribuzioni previdenziali e assistenziali obbligatorie (lettera b).

 

Per quanto riguarda la gestione separata INPS, si ricorda che l'articolo 2, commi 26-33, della legge 8 agosto 1995, n. 335, recante la riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare (cd. legge Dini), ha previsto l'estensione dell'Assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti ad alcune categorie di lavoratori autonomi o parasubordinati la cui attività non risultava coperta da assicurazione previdenziale. In relazione a ciò, a decorrere dal 1° gennaio 1996, è stata istituita presso l’INPS una apposita Gestione separata, cui sono tenute ad iscriversi le categorie di lavoratori di seguito indicati, con conseguente obbligo di versamento contributivo[287]. L'organizzazione della gestione è stata ridisegnata di recente dal comma 158 dell'articolo 1 della L. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), la quale ha altresì stabilito, al precedente comma 157, l'iscrizione alla stessa Gestione degli associati in partecipazione.

Sono obbligati all'iscrizione alla Gestione separata, sulla base di disposizioni di carattere generale o particolare:

professionisti: si tratta dei soggetti che percepiscono redditi che derivano, come disposto dall'attuale articolo 53, comma 1, del TUIR, dall'esercizio per professione abituale, anche se non esclusiva, di attività di lavoro autonomo. L'attività richiamata non deve, comunque, essere condotta in forma di impresa commerciale. Rientrano, pertanto, in tale categoria e sono tenuti al pagamento del contributo previdenziale:

-        professionisti iscritti in albi senza cassa di previdenza ma titolari di partita IVA;

-        professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza ma non iscritti a quest'ultima;

-        professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza, in relazione ai redditi professionali non assoggettati a contribuzione presso la cassa stessa;

-        professionisti senza albo e senza cassa (si pensi alle professioni di consulente di informatica, esperto in marketing, traduttori o interpreti, ecc.);

§       collaboratori coordinati e continuativi: secondo quanto disposto dall'articolo 53, comma 2, del citato TUIR, si considerano rapporti di collaborazione coordinata e continuativa quei rapporti aventi per oggetto la prestazione di attività, non rientranti nell'oggetto dell'arte o della professione esercitata dal contribuente ai sensi del comma 1 dello stesso articolo 53, che, pur avendo contenuto intrinsecamente artistico o professionale, vengono svolte a favore di un soggetto, senza vincolo di subordinazione, e sono inserite in un rapporto unitario e continuativo, con retribuzione periodica prestabilita. Rientrano, ad esempio, in tale categoria le seguenti figure: amministratori, sindaci o revisori di società, associazioni ed altri enti; membri di commissione e collegi; soggetti che collaborano a giornali, riviste, enciclopedie e simili, tranne i casi in cui si rientri nel diritto d'autore; amministratori di condominio[288];

§       venditori porta a porta: sono i soggetti incaricati delle vendite a domicilio (così come definiti dall'articolo 36 della L. 11 giugno 1971, n. 426, recante la Disciplina del commercio. Tali soggetti, ai sensi dell'articolo 44, comma 2, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla L. 326 del 2003, dal 1° gennaio 2004 devono essere iscritti alla Gestione separata, come pure gli esercenti attività di lavoro autonomo occasionale, a condizione che il reddito annuo sia superiore a € 5.000[289];

§       titolari di borse di studio:

-        per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca (L. 3 agosto 1998, n. 315, articolo 1);

-        per il sostegno della mobilità internazionale degli studenti ed assegni per attività di tutorato o didattico-integrative, propedeutiche o di recupero (D.L. 105 del 2003, convertito dalla L. 170 del 2003);

§       pensionati: coloro che, pur in quiescenza, svolgono le attività sopradescritte; sono tenuti alla contribuzione alla Gestione separata in relazione ai soli redditi percepiti a seguito dell'esercizio di dette attività;[290]

§       lavoratori dipendenti: sono naturalmente soggetti alla contribuzione in questione anche i lavoratori dipendenti, sia privati che pubblici, che percepiscono compensi che non sono già assoggettati a contribuzione previdenziale obbligatoria.

§       associati in partecipazione: per effetto del richiamato articolo 1, comma 157 della legge finanziaria per il 2005.

 

Sono invece esclusi dal pagamento del contributo alla gestione separata i seguenti soggetti:

§       assegnatari di borse di studio (articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995[291]);

§       professionisti iscritti a casse di previdenza per i redditi già assoggettati a contributo previdenziale (D.M. 2 maggio 1996, n. 281, che stabilisce anche modalità e termini per il versamento del contributo, in via generale in capo al committente);

§       coloro che producono redditi di lavoro autonomo già coperti da una contribuzione previdenziale obbligatoria (ad esempio, i lavoratori dello spettacolo iscritti all'ENPALS);

§       percettori di diritti d'autore (articolo 53, comma 2, lettera b), del TUIR);

§       associati in partecipazione (articolo 53, comma 2, lettera c), del TUIR) i quali, ove conferiscono lavoro, devono iscriversi all'apposita Gestione istituita dall'articolo 43 del richiamato D.L. 269 del 2003;

§       i soggetti partecipatori agli utili spettanti ai promotori ed ai soci fondatori di società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata (articolo 53, comma 2, lettera d), del TUIR);

§       i soggetti percipienti l'indennità per la cessazione dei rapporti d'agenzia (articolo 49, comma 2, lettera e), del TUIR);

§       i segretari comunali per l'attività di levata dei protesti (articolo 53, comma 2, lettera f), del TUIR);

§       coloro che svolgono attività di lavoro autonomo esercitata in modo occasionale;

§       i promotori finanziari.

 

Il successivo comma 12 comporta una rimodulazione degli accantonamenti, a carico del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla L. 19 luglio 1993, n. 236, disposti da precedenti interventi normativi per l’utilizzo di determinati ammortizzatori sociali “in deroga”.

In particolare, il comma in esame fa riferimento alle risorse del Fondo per l’occupazione destinate rispettivamente alle finalità di cui all’articolo 1, comma 410, della legge finanziaria per il 2006 (L. 23 dicembre 2005, n. 266), e alle finalità di cui all’articolo 1, comma 1, del D.L. 5 ottobre 2004, n. 249, convertito dalla L. 3 dicembre 2004, n. 291.

 

Si ricorda che il primo periodo dell’articolo 1, comma 410, della legge finanziaria per il 2006, riprendendo di fatto analoghe disposizioni contenute in precedenti provvedimenti legislativi[292], ha stabilito che, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2006, il Ministro del lavoro, di concerto con quello dell'economia, possa concedere, anche in deroga alla normativa ordinaria, trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale (anche senza soluzione di continuità) alle seguenti condizioni:

§       la concessione è subordinata alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con eventuale riferimento a particolari settori produttivi e ad aree territoriali, ovvero volti ad assicurare il reimpiego dei lavoratori interessati nei medesimi programmi, ovvero nei confronti delle imprese agricole e agroalimentari interessate dall’influenza aviaria;

§       i programmi devono essere definiti con specifici accordi in sede governativa entro il 30 giugno 2006.

 

Lo stesso comma, al secondo periodo, ha inoltre autorizzato la proroga dei trattamenti di cassa integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale già concessi ai sensi della disciplina temporanea posta dall’articolo 1, comma 155, della legge finanziaria per il 2005. Tale proroga opera a condizione che i piani di gestione delle eccedenze (già definiti in specifici accordi conclusi in sede governativa) abbiano comportato una riduzione, nella misura pari ad almeno il 10%, del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti alla data del il 31 dicembre 2005. L’importo dei trattamenti corrisposti in base a tali provvedimenti ministeriali di proroga sarà ridotto nella misura del 10% nel caso di prima proroga, del 30% nel caso di seconda proroga e del 40% nell'ipotesi di ulteriore proroga.

 

Per l’attuazione delle misure su descritte, previste dal richiamato comma 410 – riguardanti pertanto sia i casi di concessione sia quelli di proroga – viene appunto stanziato un importo complessivo di spesa pari a 480 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione[293].

 

L’articolo 1, comma 1, del D.L. 249 del 2004, e successive modificazioni[294], nel limite di spesa di 43 milioni di euro a carico del Fondo per l'occupazione, consente in determinati casi - sulla base di specifici accordi in sede governativa - la proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS), concesso per crisi aziendale, fino ad un periodo di 12 mesi oltre gli ordinari limiti di durata del trattamento medesimo[295].

Presupposti della proroga sono:

§       la cessazione dell’attività dell'intera azienda, di un settore di attività, di uno o più stabilimenti o di parte di essi;

§       la sussistenza di programmi volti alla ricollocazione dei lavoratori e che comprendano, ove necessario, la formazione professionale;

§       l'accertamento - da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - del "concreto avvio", nei primi 12 mesi dell'intervento di integrazione (cioè, durante il periodo ordinario della durata del medesimo per crisi aziendale), del piano di gestione delle eccedenze di personale.

 

Per tale finalità l’art. 1, comma 1 del D.L. 249 del 2004, e successive modificazioni, prevede che il Fondo per l'occupazione è integrato di 63 milioni di euro per l'anno 2004 e che alla copertura del relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione degli stanziamenti iscritti, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, tramite parziale utilizzo dell'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

Il comma in esame, quindi, nell’ambito delle risorse del Fondo per l’occupazione, provvede a ridurre le risorse destinate alle finalità di cui al richiamato articolo 1, comma 410, della legge finanziaria per il 2006 per un importo pari a 24 milioni di euro – da 480 a 456 milioni di euro -, incrementando contestualmente dello stesso importo le risorse di cui all’articolo 1, comma 1, del D.L. 249 del 2004, che quindi passano da 63 a 87 milioni di euro.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

La trattazione della questione del lavoro non dichiarato costituisce una delle misure da affrontare nell’ambito delle linee direttrici integrate per la crescita e l’occupazione per il periodo 2005-2008, approvate dal Consiglio europeo di giugno 2005.

Le linee direttrici si articolano in:

§       una raccomandazione[296] del Consiglio del 12 luglio 2005 recante i grandi orientamenti di politica economica (GOPE)[297], applicabili a tutti gli Stati membri e alla Comunità.

§       una decisione del Consiglio del 12 luglio 2005 recante le linee direttrici per l’occupazione[298] che enunciano gli obiettivi generali e le azioni prioritarie in materia di occupazione nell’Unione europea e nei suoi Stati membri.

In particolare, l’orientamento n. 21 è volto a favorire al tempo stesso flessibilità e sicurezza occupazionale e ridurre la segmentazione del mercato del lavoro, tenendo debito conto del ruolo delle parti sociali. Tale finalità va perseguita, fra l’altro, tramite:

§       l’adeguamento della legislazione in materia di lavoro, tramite un eventuale riesame degli accordi contrattuali e delle disposizioni relative all’orario di lavoro;

§       la trattazione della questione del lavoro non dichiarato;

§       la promozione e la diffusione di forme di organizzazione del lavoro innovative e adattabili, in vista di potenziare la qualità e la produttività sul posto di lavoro, comprese le condizioni di salute e di sicurezza.

 

Sulla base delle linee direttrici, gli Stati membri hanno definito programmi di riforma nazionali[299], che sono stati oggetto di consultazione con le parti interessate e successivamente esaminati dalla Commissione europea[300].

Il Consiglio europeo di primavera del 23 e 24 marzo 2006 ha accolto favorevolmente la relazione annuale presentata dalla Commissione sui progressi nell’attuazione della strategia di Lisbona rinnovata e ha evidenziato la necessità di sviluppare in maniera più sistematica, nei piani nazionali di riforma, strategie per migliorare l’adattabilità dei lavori e delle imprese. Agli Stati membri si richiede di porre particolare attenzione alla sfida chiave della “flessicurezza”, il bilanciamento tra flessibilità e sicurezza.

 

L’11 marzo 2002 la Commissione ha presentato la comunicazione relativa alla strategia comunitaria in materia di salute e sicurezza sul lavoro 2002-2006 (COM(2002)118). La strategia prende in considerazione i nuovi tipi di rischi sul luogo di lavoro, fra i quali i soprusi e la violenza sul lavoro e le situazioni di stress.

La Commissione ha preannunciato nel suo programma di lavoro per il 2006 la presentazione, entro la fine del 2006, di una nuova strategia comunitaria per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro.

 


Articolo 37, comma 1
(Inserimento del curatore fallimentare e
del commissario liquidatore tra i sostituti d’imposta)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. All'articolo 23, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dopo le parole: «le persone fisiche che esercitano arti o professioni» sono inserite le seguenti: «il curatore fallimentare, il commissario liquidatore».

1. All'articolo 23, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dopo le parole: «le persone fisiche che esercitano arti o professioni,» sono inserite le seguenti: «il curatore fallimentare, il commissario liquidatore».

 

 

Il comma 1 dell’articolo 37 modifica il comma 1 dell’articolo 23 (“Ritenute sui redditi di lavoro dipendente”) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600[301], includendo il curatore fallimentare ed il commissario liquidatore tra i sostituti d’imposta tenuti ad operare la ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche - IRPEF dovuta dai percipienti redditi di lavoro dipendente, con successivo obbligo di rivalsa.

 

La relazione illustrativa evidenzia che la giurisprudenza di legittimità[302] ritiene che il curatore fallimentare e il commissario liquidatore non sono tenuti a effettuare la ritenuta d'acconto sui redditi di lavoro dipendente, non essendo ricompresi nell'elencazione - tassativa - contenuta nell'articolo 23, primo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973.

La stessa relazione sottolinea inoltre che l’applicazione della ritenuta consentirà l’anticipo della riscossione al momento dell’erogazione dei compensi, rispetto alla tassazione degli stessi in sede di dichiarazione dei redditi.

 


Articolo 37, commi 2 e 3
(Accertamento in base agli studi di settore)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

2. Con effetto dal periodo d'imposta per il quale il termine di presentazione della dichiarazione scade successiva­mente alla data di entrata in vigore del presente decreto, all'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, sono apportate le seguenti modificazioni:

2. Identico.

a) i commi 2 e 3 sono abrogati;

 

b) nel comma 3-bis le parole «ai commi 2 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «al comma 1»;

 

c) al comma 4 le parole «dei commi 1, 2 e 3 » sono sostituite dalle seguenti: «del comma 1».

 

3. Relativamente al primo periodo d'imposta per il quale il termine di presentazione della dichiarazione scade successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, l'adegua­mento alle risultanze degli studi di settore, di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, può essere effettuato entro il predetto termine, alle condizioni e con le modalità ivi previste.

3. Relativamente al primo periodo d'imposta per il quale il termine di presentazione della dichiarazione scade successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, l'adegua­mento alle risultanze degli studi di settore, ai sensi dell'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, può essere effettuato entro il predetto termine, alle condizioni e con le modalità ivi previste.

 

 

Il comma 2 dell’articolo 37, che novella l’articolo 10 (“Modalità di utilizzazione degli studi di settore in sede di accertamento”) della legge 8 maggio 1998, n. 146[303], abroga alcune limitazioni alla possibilità di effettuare l’accertamento in base agli studi di settore[304].

In base alle modifiche introdotte gli esercenti attività di impresa in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, nonché gli esercenti arti e professioni, potranno essere sottoposti ad accertamento da studi di settore, con le stesse modalità valevoli per i contribuenti in contabilità semplificata.

Viene infatti abrogata la regola del c.d. due su tre, in base alla quale l’impresa in contabilità ordinaria o il professionista potevano essere sottoposti agli studi di settore quando, in almeno due periodi di imposta su tre consecutivamente considerati, compreso il periodo da accertare, l’ammontare dei compensi o dei ricavi determinabili sulla base degli studi di settore fosse risultato superiore all’ammontare dei compensi o ricavi dichiarati con riferimento agli stessi periodi di imposta.

Altresì, si dispone l’abrogazione della previsione concernente l’attivazione degli accertamenti da studi di settore - effettuati nei riguardi di esercenti attività d’impresa in regime di contabilità ordinaria anche per effetto di opzione – in presenza di significative situazioni di incoerenza rispetto ad indici di natura economica, finanziaria o patrimoniale, individuati con provvedimento adottato dal direttore dell’Agenzia delle entrate, previo parere di una commissione di esperti, istituita secondo le modalità indicate nel comma 7 del menzionato articolo 10 della legge n. 146 del 1998.

Risulta parimenti abrogata la previsione di accertamenti da studi di settore - effettuati nei riguardi di esercenti attività d’impresa in regime di contabilità ordinaria anche per effetto di opzione – basati sul riscontro dell’inattendibilità della contabilità ordinaria in presenza di gravi contraddizioni o irregolarità delle scritture obbligatorie, o di contraddizioni tra queste ultime e i dati e gli elementi direttamente rilevati in base ai criteri stabiliti dal D.P.R. 16 settembre 1996, n. 570[305].

In ragione delle predette abrogazioni, per tutti i contribuenti assoggettati agli studi di settore sarà applicata la regola di accertamento di cui al comma 1 dell’articolo 10 della legge n. 146 del 1998: sarà dunque possibile accertare ogni periodo di imposta in cui le dichiarazioni del contribuente non siano risultate congrue rispetto alle risultanze degli studi di settore.

Si prevede altresì l’obbligo, in capo all’amministrazione finanziaria, di notificare, prima dell’avviso di accertamento, l’invito a comparire[306] a tutti i contribuenti potenzialmente assoggettati agli accertamenti da studi di settore, ai fini del regolare svolgimento del contraddittorio.

Il comma in esame produrrà effetti a partire dal periodo di imposta per il quale il termine di presentazione della dichiarazione scade successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge (4 luglio 2006).

Pertanto, la variazione normativa presenta un effetto immediato con riferimento ai periodi di imposta per i quali è pendente la fase di presentazione delle dichiarazioni (per i contribuenti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare, il riferimento è all’anno 2005).

 

Il comma 3 dell’articolo 37 reca una norma transitoria in base alla quale, relativamente al primo periodo di imposta per il quale il termine di presentazione della dichiarazione scade successivamente alla data di entrata in vigore del decreto (ossia il 2005 in caso di periodo di imposta coincidente con l’anno solare), l’adeguamento alle risultanze degli studi di settore potrà essere effettuato entro il predetto termine di presentazione della dichiarazione, secondo le modalità previste dall’articolo 2 (“Adeguamento delle risultanze degli studi di settore”) del D.P.R. 31 maggio 1999, n. 195 (“Regolamento recante disposizioni concernenti i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore”).

 

Come osserva la relazione illustrativa, resta applicabile la maggiorazione del 3 per cento sulla differenza tra ricavi o compensi derivanti dall'applicazione degli studi e quelli annotati nelle scritture contabili, prevista dal comma 2-bis dell’articolo 2 del menzionato D.P.R. n. 195 del 1999, qualora la predetta differenza sia superiore al 10 per cento dei ricavi o compensi annotati nelle scritture contabili.


Articolo 37, commi 4-7
(Indagini economico-finanziarie)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

4. All'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, sono apportate le seguenti modifiche:

4. Identico:

a) al sesto comma, dopo le parole: «1.500 euro» sono aggiunte le seguenti: «; l'esistenza dei rapporti, nonché la natura degli stessi sono comunicati all'anagrafe tributaria, ed archiviate in apposita sezione, con l'indicazione dei dati anagrafici dei titolari, compreso il codice fiscale»;

a) al sesto comma, dopo le parole: «1.500 euro» sono aggiunte le seguenti: «; l'esistenza dei rapporti, nonché la natura degli stessi sono comunicate all'anagrafe tributaria, ed archiviate in apposita sezione, con l'indicazione dei dati anagrafici dei titolari, compreso il codice fiscale»;

b) all'undicesimo comma, terzo periodo, dopo le parole: «Le rilevazioni e le evidenziazioni» sono aggiunte le seguenti: «, nonché le comunicazioni» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le informazioni comunicate sono altresì utilizzabili per le attività connesse alla riscossione mediante ruolo».

b) all'undicesimo comma, terzo periodo, dopo le parole: «Le rilevazioni e le evidenziazioni» sono inserite le seguenti: «, nonché le comunicazioni» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le informazioni comunicate sono altresì utilizzabili per le attività connesse alla riscossione mediante ruolo, nonché dai soggetti di cui all'articolo 4, comma 2, lettere a), b), c) ed e), del regolamento di cui al decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della pro­grammazione economica 4 agosto 2000, n. 269, ai fini dell'espletamento degli accertamenti finalizzati alla ricerca e all'acquisizione della prova e delle fonti di prova nel corso di un procedimento penale, sia in fase di indagini preliminari, sia nelle fasi processuali successive, ovvero degli accertamenti di carattere patrimoniale per le finalità di prevenzione previste da specifiche disposizioni di legge e per l'applicazione delle misure di prevenzione».

5. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare ai sensi dell'articolo 7, undicesimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, sono definite le specifiche tecniche, le modalità ed i termini per la comunicazione delle informazioni di cui al comma precedente, relative ai rapporti posti in essere a decorrere dal 1o gennaio 2001, ancorché cessati, nonché per l'aggiornamento periodico delle medesi­me informazioni.

5. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare ai sensi dell'articolo 7, undicesimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, sono definite le specifiche tecniche, le modalità ed i termini per la comunicazione delle informazioni di cui al comma 4, relative ai rapporti posti in essere a decorrere dal 1o gennaio 2005, ancorché cessati, nonché per l'aggiornamento periodico delle medesi­me informazioni.

6. All'articolo 10 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, sono apportate le seguenti modifiche:

6. Identico:

a) al comma 1:

a) identico:

1. dopo le parole: «Se viene omessa la trasmissione» aggiungere: «dei dati, delle notizie e»;

1. dopo le parole: «Se viene omessa la trasmissione» sono inserite le seguenti: «dei dati, delle notizie e»;

2. le parole: «alle banche» sono sostituite dalle seguenti: «ai sensi dell'articolo 32, primo comma, numero 7, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 51, secondo comma, numero 7, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633»;

2. le parole: «alle banche» sono sostituite dalle seguenti: «ai sensi dell'articolo 32, primo comma, numero 7, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e dell'articolo 51, secondo comma, numero 7, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633»;

b) dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. La sanzione prevista al comma 1 si applica nel caso di violazione degli obblighi di comunicazione previsti dall'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605.».

«1-bis. Identico».

7. All'articolo 8, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, dopo le parole «individuazione del soggetto» è aggiunta la seguente: «ovvero».

7. All'articolo 8, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, dopo le parole «individuazione del soggetto» è inserita la seguente: «ovvero».

 

 

I commi 4 e 5 dell’articolo 37 impongono agli operatori finanziari obblighi di comunicazione all’Anagrafe tributaria.

 

Il comma 4, lettera a), che novella il sesto comma dell’articolo 7 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605[307], prevede che le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario comunichino all’Anagrafe tributaria l’esistenza e la natura di qualsiasi rapporto da essi intrattenuto. L’anagrafe tributaria dovrà archiviare tali dati in un’apposita sezione, indicando i dati anagrafici, comprensivi del codice fiscale, dei titolari dei suddetti rapporti.

Ai sensi della versione previgente del citato articolo 7, sesto comma, i sopra indicati operatori finanziari avevano esclusivamente l’obbligo di rilevare e tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui qualsiasi operazione di natura finanziaria, ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro.

 

La relazione illustrativa osserva che la disposizione semplificherà gli adempimenti degli operatori finanziari in quanto gli organi dell’amministrazione finanziaria, sulla base delle informazioni acquisite, potranno limitarsi ad effettuare le richieste di dati, notizie e documenti ai soli operatori che avranno comunicato l’esistenza di rapporti con un determinato soggetto.

 

Si ricorda a questo proposito che 'articolo 20, comma 4, della L. 30 dicembre 1991, n. 413, aveva rimesso a decreto del Ministro del tesoro, di concerto con i Ministri dell'interno e delle finanze, la determinazione, con il massimo di elementi di riservatezza, della destinazione e delle modalità delle comunicazioni cui sarebbero state tenute le aziende e istituti di credito, l'Amministrazione postale (ora società Poste italiane spa), le società fiduciarie e ogni altro intermediario finanziario, relativamente ai dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro rapporti di conto o deposito o che comunque possa disporre del medesimo, nonché i criteri per la loro utilizzazione.

 

L’anagrafe dei rapporti di conto e di deposito è stata istituita con il regolamento approvato con D.M. 4 agosto 2000, n. 269. Esso, all’articolo 1, ha previsto la costituzione di un centro operativo, presso il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (ora Ministero dell’economia e delle finanze), titolare del trattamento dei dati, al quale i soggetti indicati all'articolo 4 possono richiedere, con riferimento a persone fisiche o giuridiche specificamente individuate, l'eventuale esistenza di rapporti di conto o di deposito alle medesime intestati o cointestati o relativamente ai quali esse agiscono in nome e per conto o ne possono disporre nell'àmbito dell'archivio unico informatico tenuto dagli intermediari creditizi o finanziari e dalle Poste italiane S.p.a., ai sensi del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197.

L’articolo 4 stabilisce che la richiesta al centro operativo e l’utilizzazione degli elementi informativi acquisiti sono consentite per l'espletamento delle attività fiscali previste dalla legge, degli accertamenti finalizzati alla ricerca e all'acquisizione della prova e delle fonti di prova nel corso di un procedimento penale, sia in fase di indagini preliminari, sia nelle fasi processuali successive, ovvero degli accertamenti di carattere patrimoniale per le finalità di prevenzione previste da specifiche disposizioni di legge e per l'applicazione delle misure di prevenzione.

Le richieste possono essere avanzate:

a) dall'autorità giudiziaria, ai sensi delle vigenti disposizioni del codice di procedura penale, ovvero dagli ufficiali di polizia giudiziaria delegati dal pubblico ministero o specificamente designati dal responsabile, a livello centrale, dei servizi di cui all'articolo 12 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203;

b) dall'Ufficio italiano dei cambi, nell'adempimento delle disposizioni di cui all'articolo 3 del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, così come sostituito dall'articolo 1 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 153;

c) dal Ministro dell'interno, dal Capo della polizia - direttore generale della pubblica sicurezza, dai questori e dal direttore della Direzione investigativa antimafia, quando ricorrono le circostanze di cui al comma 1, ovvero quelle di cui all'articolo 118, comma 1, del codice di procedura penale;

d) dagli esperti del Servizio consultivo ed ispettivo tributario (SECIT), dai funzionari del Dipartimento delle entrate o dagli ufficiali della Guardia di finanza, su autorizzazione, rispettivamente, del direttore del SECIT, del direttore centrale per l'accertamento e la programmazione o dei direttori regionali delle entrate, dei comandanti regionali della Guardia di finanza;

e) dal comandante del Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza.

 

La lettera b) del comma 4, modificata nel corso dell’esame presso il Senato, novella l’undicesimo comma del citato articolo 7 del D.P.R. n. 605 del 1973, prevedendo innanzitutto che le comunicazioni di cui alla precedente lettera a) possono essere utilizzate ai fini delle richieste e delle risposte in via telematica di cui all’articolo 32, primo comma, numero 7), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e all’articolo 51, secondo comma, numero 7), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

 

L’articolo 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 disciplina i poteri degli uffici dell’amministrazione finanziaria, ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi, mentre l’articolo 51 del D.P.R. n. 633 del 1972 disciplina i poteri spettanti agli stessi uffici ai fini dell’accertamento dell’imposta sul valore aggiunto. In tali ambiti, entrambe le disposizioni sopra ricordate prevedono che i competenti uffici possano richiedere, previa autorizzazione, alle banche, alla società Poste italiane SpA, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata con i loro clienti.

 

La stessa lettera b) prevede che le informazioni comunicate possono essere utilizzate per le attività connesse alla riscossione mediante ruolo, in presenza di contribuenti morosi. Le stesse informazioni possono inoltre essere utilizzate, dai soggetti di cui all’articolo 4, comma 2, lettere a), b), c) ed e), del D.M. 4 agosto 2000, n. 269, per gli accertamenti finalizzati alla ricerca e all’acquisizione della prova e delle fonti di prova nel corso di un procedimento penale (sia durante le indagini preliminari che nelle fasi processuali successive), per accertamenti di carattere patrimoniale per le finalità di prevenzione previste da specifiche disposizioni di legge e per l’applicazione delle misure di prevenzione.

I soggetti di cui alle citate lettere dell’articolo 4, comma 2, sono alcuni dei soggetti abilitati ad avanzare richieste di accesso all’anagrafe dei rapporti di conto e di deposito con gli intermediari creditizi o finanziari e con le Poste italiane S.p.a, ovvero:

§       l’autorità giudiziaria e gli ufficiali di polizia giudiziaria delegati dal pubblico ministero o specificamente designati dal responsabile dei servizi centrali e interprovinciali della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza;

§       l’Ufficio italiano dei cambi;

§       il Ministro dell'interno, il Capo della polizia - direttore generale della pubblica sicurezza, i questori e il direttore della Direzione investigativa antimafia;

§       il comandante del Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza.

 

Il comma 5 rimette ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate l’individuazione delle modalità e dei termini per la comunicazione delle informazioni indicate nel comma 4, con riferimento ai rapporti sorti a decorrere dal 1° gennaio 2005, ancorché attualmente cessati, nonché per l’aggiornamento periodico delle medesime informazioni.

 

Il comma 6 dell’articolo 37 novella il sistema sanzionatorio predisposto a tutela del rispetto degli obblighi degli operatori finanziari.

Si interviene sull’articolo 10 (“Violazioni degli obblighi degli operatori finanziari”) del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471[308], ampliando l’elenco delle fattispecie sanzionate con sanzione amministrativa da lire quattro milioni (pari a 2.065,83 euro) a lire quaranta milioni (pari a 20.658,28).

Le nuove fattispecie ai quali si applica il citato articolo 10 sono:

§      l’omessa trasmissione dei dati, delle notizie e dei documenti richiesti a banche, a Poste italiane Spa e agli altri operatori finanziari, ai fini degli accertamenti delle imposte dirette e dell’IVA, ai sensi dell’articolo 32, primo comma, numero 7), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e dell’articolo 51, secondo comma, numero 7), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Si considera omessa la trasmissione non eseguita nel termine prescritto[309](comma 1 dell’articolo 10).

Per l’illustrazione delle citate disposizioni si rinvia al commento al precedente comma 4, lettera b).

§      la violazione degli obblighi di comunicazione posti a carico delle banche, di Poste italiane Spa e degli altri operatori finanziari dall’articolo 7, sesto comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605 (nuovo comma 1-bis dell’articolo 10).

Il citato sesto comma dell’articolo 7, modificato dal precedente comma 4 dell’articolo 37 in esame, pone a carico delle banche, della società Poste italiane Spa e degli altri operatori finanziari l’obbligo di rilevare e tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui qualsiasi operazione di natura finanziaria, ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro. Gli stessi soggetti sono inoltre obbligati a comunicare all’Anagrafe tributaria l’esistenza e la natura di qualsiasi rapporto da essi intrattenuto.

 

Il comma 7 dell’articolo 37 novella il primo comma dell’articolo 8 (“Poteri dell’anagrafe tributaria”) del citato D.P.R. n. 605 del 1973, stabilendo che l’invio, da parte dell’Anagrafe tributaria, di questionari ai contribuenti e la richiesta di presentazione di allegati alle dichiarazioni dei redditi e dell’IVA possa essere utilizzato direttamente ai fini dell’accertamento di tributi o contributi, oltre che dell’individuazione del soggetto da sottoporre ad accertamento.

Secondo la relazione illustrativa, lo scopo di tale novella è di rendere possibile l’invio, con procedure automatizzate, di questionari per l’acquisizione di informazioni utili all’attività di controllo, se le medesime informazioni non risultano dalle dichiarazioni annuali ovvero da altri flussi informativi.

 


Articolo 37, commi 8 e 9
(Elenchi dei clienti e dei fornitori ai fini IVA)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

8. In attesa dell'introduzione della normativa sulla fatturazione informatica, all'articolo 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, sono apportate le seguenti modificazioni:

8. In attesa dell'introduzione della normativa sulla fatturazione informatica, all'articolo 8-bis del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 4 è inserito il seguente:

a) identica;

«4-bis. Entro sessanta giorni dal termine previsto per la presentazione della comunicazione di cui ai precedenti commi, il contribuente presenta l'elenco dei soggetti nei cui confronti sono state emesse fatture nell'anno cui si riferisce la comunicazione nonché, in relazione al medesimo periodo, l'elenco dei soggetti titolari di partita IVA da cui sono effettuati acquisti rilevanti ai fini dell'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto. Per ciascun soggetto sono indicati il codice fiscale e l'importo complessivo delle operazioni effettuate, al netto delle relative note di variazione, con la evidenziazione dell'imponibile, dell'impo­sta, nonché dell'importo delle operazioni non imponibili e di quelle esenti. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale:

 

a) sono individuati gli elementi informativi da indicare negli elenchi previsti dal presente comma, nonché le modalità per la presentazione, esclusivamente in via telematica, degli stessi;

 

b) il termine di cui al primo periodo del presente comma può essere differito per esigenze di natura esclusivamente tecnica, ovvero relativamente a particolari tipologie di contribuenti, anche in considerazione della dimensione dei dati da trasmettere»;

 

b) il comma 6 è sostituito dal seguente:

b) identica.

«6. Per l'omissione della comunicazione ovvero degli elenchi, nonché per l'invio degli stessi con dati incompleti o non veritieri, si applicano le disposizioni previste dall'articolo 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471».

 

9. Per il periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto l'elenco dei soggetti nei cui confronti sono state emesse fatture comprende i soli titolari di partita IVA.

9. Identico.

 

 

Il comma 8 dell’articolo 37, che novella l’articolo 8-bis (“Comunicazione dati I.V.A.”) del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322[310], in attesa dell’introduzione della normativa sulla fatturazione informatica, introduce a carico dei soggetti passivi dell’IVA, l’obbligo di presentare gli elenchi dei clienti e dei fornitori.

La lettera a) del comma 8 introduce un nuovo comma 4-bis al citato articolo 8-bis prevedendo che, entro sessanta giorni dal termine previsto per la comunicazione dei dati IVA[311], i contribuenti dovranno presentare un elenco dei soggetti nei cui confronti sono state emesse fatture nell’anno cui si riferisce la comunicazione (c.d. elenco clienti), nonché, in relazione al medesimo periodo, un elenco dei soggetti titolari di partita IVA da cui sono stati effettuati acquisti rilevanti ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto (c.d. elenco fornitori).

Per ciascun soggetto dovranno essere indicati il codice fiscale e l’importo complessivo delle operazioni effettuate, al netto delle relative note di variazione, con l’evidenziazione dell’imponibile, dell’imposta, nonché dell’importo delle operazioni non imponibili e di quelle esenti.

Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da pubblicare nella Gazzetta ufficiale, verranno individuati gli elementi informativi da indicare negli elenchi e le modalità, esclusivamente telematiche, di presentazione degli stessi.

Il suddetto provvedimento potrà differire il termine di sessanta giorni previsto dal primo periodo del nuovo comma 4-bis dell’articolo 8-bis del D.P.R. n. 322 del 1998, in relazione a esigenze di natura esclusivamente tecnica, oppure relativamente a particolari tipologie di contribuenti, anche in considerazione della dimensione dei dati da trasmettere.

La lettera b) del comma 8 estende l’applicazione della sanzione di cui all’articolo 11 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471[312], alla fattispecie di mancata presentazione degli elenchi dei clienti e dei fornitori e di invio dei suddetti elenchi con dati incompleti o non veritieri.

 

Sul punto il rinvio normativo non appare chiaro, poiché l’articolo 11 (“Altre violazioni in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto”) prevede varie sanzioni amministrative pecuniarie, con riferimento a diverse fattispecie di omissioni o violazioni di obblighi posti a carico del contribuente.

Inoltre, la modifica di un regolamento mediante una fonte primaria qual è il decreto-legge non appare conforme alle vigenti Regole e raccomandazioni per la formulazione dei testi legislativi.

 

Il comma 9 dell’articolo 37 prevede transitoriamente che, nell’elenco clienti relativi al periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto (4 luglio 2006), dovranno indicarsi i soli soggetti titolari di partita IVA.

 

Secondo la relazione illustrativa, le descritte innovazioni si inquadrano nell’ambito delle azioni mirate a contrastare e prevenire comportamenti fraudolenti nel settore dell’IVA e dovrebbero produrre positivi effetti anche con riguardo alla tassazione del reddito, in relazione al contrasto dell’evasione da ricavi e da costi.

 


Articolo 37, commi 10-14
(Modalità e termini di presentazione delle dichiarazioni fiscali
e di versamento di imposte)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

10. Al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, sono apportate le seguenti modificazioni:

10. Al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 1, comma 1, primo periodo, le parole: «15 febbraio» sono sostituite dalle seguenti: «31 gennaio»; inoltre, dopo le parole «non coincidente con l'anno solare,» sono inserite le seguenti: «relativamente ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 2,»;

a) identica;

b) all'articolo 2:

b) identica;

1. al comma 1 le parole: «tra il 1o maggio ed il 31 luglio ovvero in via telematica entro il 31 ottobre» sono sostituite dalle seguenti: «tra il 1o maggio ed il 30 giugno ovvero in via telematica entro il 31 luglio»;

 

2. al comma 2 le parole: «di cui all'articolo 3:» sono sostituite dalle seguenti: «di cui all'articolo 3 in via telematica, entro l'ultimo giorno del settimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d'imposta»; inoltre sono abrogate le lettere a) e b);

 

c) all'articolo 3:

c) identica:

1. al comma 1 il terzo periodo è soppresso;

1. identico;

2. al comma 2, primo periodo, sono soppresse le parole: «con esclusione delle persone fisiche che hanno realizzato nel medesimo periodo un volume d'affari inferiore o uguale ad euro 10.000»; in fine al medesimo periodo sono aggiunte le seguenti parole: «e dei parametri»;

2. al comma 2, primo periodo, sono soppresse le parole: «con esclusione delle persone fisiche che hanno realizzato nel medesimo periodo un volume di affari inferiore o uguale ad euro 10.000»; in fine al medesimo periodo sono aggiunte le seguenti parole: «e dei parametri»;

3. al comma 7 le parole: «entro cinque mesi», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «entro quattro mesi»;

3. identico;

d) all'articolo 4:

d) identica;

1. al comma 3-bis le parole: «entro il 30 settembre» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 31 marzo»;

 

2. al comma 4-bis le parole: «entro il 31 ottobre» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 31 marzo»;

 

3. al comma 6-quater le parole: «entro il 15 marzo» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 28 febbraio»;

 

e) all'articolo 5:

e) identica;

1. al comma 1 le parole: «, per il tramite di una banca o un ufficio postale, ovvero entro l'ultimo giorno del decimo mese successivo», ovunque ricorrano, sono soppresse;

 

2. al comma 4 le parole: «del decimo» sono sostituite dalle seguenti: «del settimo»;

 

f) all'articolo 5-bis «, per il tramite di una banca o un ufficio postale, ovvero entro l'ultimo giorno del decimo mese», ovunque ricorrano, sono soppresse;

f) all'articolo 5-bis «per il tramite di una banca o un ufficio postale, ovvero entro l'ultimo giorno del decimo mese», ovunque ricorrano, sono soppresse;

g) all'articolo 8, comma 1, le parole: «ovvero, in caso di presentazione in via telematica, entro il 31 ottobre di ciascun anno» sono sostituite dalle seguenti: «, in via telematica».

g) identica.

11. All'articolo 17, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 435, il numero «20», ovunque ricorra, è sostituito dal seguente: «16».

11. All'articolo 17, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 435, il numero «20», ovunque ricorra, è sostituito dal seguente: «16».

12. Al decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164, sono apportate le seguenti modificazioni:

12. Al regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 13, comma 1, lettera b) le parole: «15 giugno» sono sostituite dalle seguenti: «mese di maggio»;

a) identica;

b) all'articolo 16, comma 1, lettera c), le parole: «entro il 20 ottobre» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 31 luglio»;

b) identica;

c) all'articolo 17, comma 1, lettera c), le parole: «entro il 20 ottobre» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 31 luglio».

c) identica.

13. All'articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, le parole: «30 giugno» e «20 dicembre» sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «16 giugno» e «16 dicembre».

13. All'articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, le parole: «30 giugno», ovunque ricorrano, e «20 dicembre» sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «16 giugno» e «16 dicembre».

14. Le disposizioni di cui ai commi da 10 a 13 decorrono dal 1o maggio 2007.

14. Identico.

 

 

Il comma 10 dell’articolo 37 modifica alcuni articoli del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322[313], intervenendo in materia di modalità e termini di presentazione delle dichiarazioni fiscali.

 

Si ricorda che il ricorso a una fonte primaria – quale è il decreto-legge – per modificare un regolamento non è conforme alle Regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi.

Modifiche all’articolo 1 del D.P.R. n. 322 del 1998

I modelli di dichiarazioni ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive dovranno essere approvati dall’amministrazione entro il 31 gennaio – e non più il 15 febbraio – di ogni anno. Altresì, il riferimento al periodo di imposta non coincidente con l’anno solare – tale da legittimare l’utilizzo dei modelli per le dichiarazioni relative al periodo di imposta in corso alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di approvazione – viene limitato ai soggetti tenuti al pagamento dell’imposta sul reddito delle società (IRES) (lettera a) del comma 10).

Modifiche all’articolo 2 del D.P.R. n. 322 del 1998

Si riducono i tempi per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi da parte delle persone fisiche e delle società di persone, stabilendo che l’invio mediante banca o ufficio postale dovrà avvenire tra il 1° maggio ed il 30 giugno (anziché tra il 1° maggio e il 31 luglio), mentre l’invio telematico avrà come termine finale il 31 luglio dell’anno successivo a quello di chiusura del periodo di imposta, anziché il previgente 31 ottobre (lettera b), punto 1) del comma 10).

Si stabilisce che i soggetti IRES dovranno inviare la relativa dichiarazione esclusivamente per via telematica ed entro l’ultimo giorno del settimo mese successivo a quello di chiusura del periodo di imposta, in luogo dei precedenti dieci mesi (lettera b), punto 2) del comma 10).

Modifiche all’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998

Viene eliminata la possibilità di presentare la dichiarazione dei sostituti di imposta unitamente alla dichiarazione unificata[314](lettera c), punto 1) del comma 10).

Si prevede che anche le persone fisiche che abbiano realizzato, in un determinato periodo di imposta, un volume di affari non superiore a 10 mila euro, siano tenuti a presentare per via telematica all’Agenzia delle entrate le dichiarazioni previste dal D.P.R. n. 322 del 1998, compresa quella unificata (lettera c), punto 2) del comma 10).

Viene ridotto il termine a disposizione delle banche e di Poste italiane Spa per l’invio telematico all’Agenzia delle entrate delle dichiarazioni ricevute, portandolo da cinque a quattro mesi, decorrenti dalla data di scadenza del termine di presentazione oppure dalla data di presentazione delle dichiarazioni medesime, qualora siano state presentate oltre il termine prefissato (lettera c), punto 3) del comma 10).

Modifiche all’articolo 4 del D.P.R. n. 322 del 1998

Viene anticipato al 31 marzo (anziché il 30 settembre) dell’anno successivo a quello di erogazione il termine entro il quale i sostituti di imposta che effettuano le ritenute sui redditi devono trasmettere per via telematica, direttamente o tramite intermediari, all’Agenzia delle entrate i dati fiscali e contributivi contenuti nella certificazioni di cui all’articolo 7-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600[315], nonché gli ulteriori dati necessari per l’attività di liquidazione e controllo dell’Amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali e assicurativi (lettera d), punto 1) del comma 10).

Si anticipa al 31 marzo (invece del 31 ottobre) di ogni anno il termine entro il quale i sostituti di imposta devono presentare in via telematica all’Agenzia delle entrate una dichiarazione unica – anche ai fini dei contributi dovuti all’I.N.P.S. e dei premi dovuti all’I.N.A.I.L. – riferita al precedente anno solare (lettera d), punto 2) del comma 10).

Si anticipa al 28 febbraio (in luogo del 15 marzo) dell’anno successivo a quello in cui le somme e i valori sono stati corrisposti, il termine per il rilascio agli interessati, da parte dei sostituti, di una certificazione unica, anche ai fini dei contributi dovuti all’INPS, attestante l’ammontare complessivo dei compensi soggetti a ritenute alla fonte, l’ammontare delle ritenute operate, delle detrazioni di imposta effettuate e dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché gli altri dati stabiliti con il provvedimento amministrativo di approvazione dello schema di certificazione unica (lettera d), punto 3) del comma 10).

Modifiche all’articolo 5 del D.P.R. n. 322 del 1998

Si prevede che, in caso di liquidazione di società o enti soggetti all’imposta sul reddito delle società (IRES) o di società di persone ed associazioni a queste equiparate, ai sensi dell’articolo 5 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917[316], nonché di imprese individuali, il liquidatore o, in mancanza, il rappresentante legale, debba presentare la dichiarazione, relativa al periodo compreso tra l’inizio del periodo di imposta e la data in cui ha effetto la deliberazione di messa in liquidazione, entro l’ultimo giorno del settimo mese successivo a tale data (anziché entro l’ultimo giorno del decimo mese) ed esclusivamente per via telematica (non più attraverso una banca o un ufficio postale) (lettera e), punto 1) del comma 10).

Altresì, la presentazione della dichiarazione relativa al risultato finale delle operazioni di liquidazione dovrà essere presentata esclusivamente per via telematica ed entro l’ultimo giorno del settimo mese successivo alla chiusura della liquidazione o al deposito del bilancio finale, ove prescritto (anziché entro l’ultimo giorno del decimo mese) (lettera e), punto 1) del comma 10).

Un’analoga modifica è introdotta anche nel caso di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa, stabilendo che le dichiarazioni debbano essere presentate dal curatore fallimentare o dal commissario liquidatore, in via telematica, entro l’ultimo giorno del settimo mese (e non più del decimo) successivo a quello, rispettivamente, della nomina del curatore e del commissario liquidatore, e della chiusura del fallimento e della liquidazione (lettera e), punto 2) del comma 10).

Modifiche all’articolo 5-bis del D.P.R. n. 322 del 1998

Si abroga la facoltà di presentare la dichiarazione dei redditi mediante una banca o un ufficio postale nei casi di trasformazione, fusione o scissione di società, stabilendo che le dichiarazioni ai fini del calcolo del debito di imposta debbano essere presentate esclusivamente per via telematica, entro l’ultimo giorno del settimo mese (anziché del decimo mese) successivo alla data da cui decorrono gli effetti delle predette operazioni societarie (lettera f) del comma 10).

Modifiche all’articolo 8 del D.P.R. n. 322 del 1998

In materia di dichiarazione annuale IVA da parte di soggetti che non si avvalgono della dichiarazione unificata, la dichiarazione deve avvenire esclusivamente per via telematica, nel lasso temporale compreso tra il 1° febbraio e il 31 luglio (anziché tra il 1° febbraio e il 31 ottobre) di ogni anno (lettera g) del comma 10).

 

Il comma 11 dell’articolo 37, intervenendo sul comma 1 dell’articolo 17 del D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435[317], anticipa dal 20 al 16 giugno il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi e dell’IRAP per le persone fisiche e le società di persone e dal giorno 20 al giorno 16 del sesto mese successivo alla chiusura dell’esercizio sociale il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi e dell’IRAP per i soggetti IRES.

 

Il comma 12 dell’articolo 37 modifica alcuni articoli del decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164, stabilendo che:

-        il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi e delle schede ai fini della destinazione dell’otto per mille dell’IRPEF deve essere presentato ad un centro di assistenza fiscale (CAF) o a un professionista abilitato all’assistenza fiscale entro il mese di maggio (e non più entro il 15 giugno di ogni anno) (lettera a));

-        i predetti CAF e professionisti abilitati devono trasmettere per via telematica all’Agenzia delle entrate le dichiarazioni predisposte, entro il 31 luglio (e non più il 20 ottobre) di ogni anno (lettera b));

-        anche per i sostituti d’imposta che hanno prestato assistenza fiscale ai propri sostituiti, il termine per la trasmissione per via telematica all’Agenzia delle entrate delle dichiarazioni elaborate e dei relativi prospetti di liquidazione, nonché per la consegna delle buste contenenti le schede relative alle scelte per la destinazione dell’otto per mille dell’IRPEF, è anticipato al 31 luglio di ogni anno (invece del precedente 31 ottobre) (lettera c));

 

Il comma 13 dell’articolo 37 novella il comma 2 dell’articolo 10 (“Versamenti e dichiarazioni”) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504[318], stabilendo che la prima rata del versamento dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) debba essere versata entro il 16 giugno (anziché il 30) e la seconda rata tra il 1° ed il 16 dicembre (anziché il 20). La facoltà del contribuente di effettuare il versamento in unica soluzione annuale comporta il pagamento dell’intero importo entro il 16 giugno (anziché entro il 30).

Il comma 14 dell’articolo 37 indica nel 1° maggio 2007 la data di decorrenza delle disposizioni di cui ai commi da 10 a 13.

 

Secondo la relazione illustrativa del Governo (A.S. 741), il complesso degli interventi qui segnalati favorisce una più razionale distribuzione dei termini di presentazione delle dichiarazioni e dei versamenti e una complessiva accelerazione della disponibilità delle dichiarazioni per l’amministrazione.

 


Articolo 37, commi 15-17
(Contribuenti minimi in franchigia)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

15. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo l'articolo 32 è inserito il seguente:

15. Identico:

«Art. 32-bis. - (Contribuenti minimi in franchigia). - 1. I contribuenti persone fisiche esercenti attività commerciali, agricole e professionali che, nell'anno solare precedente, hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume di affari non superiore a 7.000 euro, e non hanno effettuato o prevedono di non effettuare cessioni all'esportazione, sono esonerati dal versamento dell'imposta e da tutti gli altri obblighi previsti dal presente decreto, ad eccezione degli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali e di certificazione e comunicazione telematica dei corrispettivi.

«Art. 32-bis. - (Contribuenti minimi in franchigia). - 1. Identico.

2. I soggetti di cui al comma 1 non possono addebitare l'imposta a titolo di rivalsa e non hanno diritto alla detrazione dell'imposta assolta sugli acquisti, anche intracomunitari, e sulle importazioni.

2. Identico.

3. Sono esclusi dal regime della franchigia i soggetti passivi che si avvalgono di regimi speciali di determinazione dell'imposta, i soggetti non residenti.

3. Sono esclusi dal regime della franchigia i soggetti passivi che si avvalgono di regimi speciali di determinazione dell'imposta e i soggetti non residenti.

4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai soggetti che in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all'articolo 10, n. 8) e di mezzi di trasporto nuovi di cui all'articolo 53, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.

4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai soggetti che in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all'articolo 10, n. 8), del presente decreto e di mezzi di trasporto nuovi di cui all'articolo 53, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.

5. A seguito della prima comunicazione dei dati, prevista dal decreto direttoriale di cui al comma 15, l'ufficio attribuisce un numero speciale di partita IVA.

5. Identico.

6. I soggetti che, nell'intraprendere l'esercizio di imprese, arti o professioni, ritengono di versare nelle condizioni del comma 1 ne fanno comunicazione all'Agenzia delle entrate con la dichiarazione di inizio attività di cui all'articolo 35.

6. Identico.

7. I soggetti che rientrano nel regime di cui al presente articolo possono optare per l'applicazione dell'imposta nei modi ordinari. L'opzione, valida per almeno un triennio, è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime normale, l'opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata. La revoca è comunicata con le stesse modalità dell'opzione ed ha effetto dall'anno in corso.

7. Identico.

8. L'applicazione del regime di franchigia comporta la rettifica della detrazione ai sensi dell'articolo 19-bis2. La stessa rettifica si applica se il contribuente transita, anche per opzione, al regime ordinario dell'imposta. In relazione al mutato regime fiscale delle stesse, l'imposta dovuta per effetto della rettifica di cui all'articolo 19-bis2 è versata in tre rate annuali da corrispondere entro il termine previsto per il versamento del saldo a decorrere dall'anno nel quale è intervenuta la modifica. La prima rata è versata entro il 27 dicembre 2006. Il debito può essere estinto anche mediante compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero con l'utilizzo di eventuali crediti risultanti dalle liquidazioni periodiche. Il mancato versamento di ogni singola rata comporta l'applicazione dell'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e costituisce titolo per la riscossione coattiva.

8. Identico.

9. Nell'ultima dichiarazione annuale in cui l'imposta è applicata nei modi ordinari si tiene conto anche dell'imposta dovuta relativa alle operazioni indicate nell'ultimo comma dell'articolo 6 per le quali non si è ancora verificata l'esigibilità.

9. Identico.

10. Ferme restando le ipotesi di rimborso previste dall'articolo 30, l'eccedenza detraibile emergente dall'ultima dichiarazione annuale IVA presentata dai soggetti di cui al comma 1 è utilizzata in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni.

10. Identico.

11. I soggetti di cui al comma 1, per gli acquisti intracomunitari e per le altre operazioni per le quali risultano debitori dell'imposta, integrano la fattura con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta, che versano entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.

11. Identico.

12. I soggetti ai quali si applica il regime fiscale di cui al presente articolo trasmettono telematicamente all'Agenzia delle entrate l'ammontare complessivo delle operazioni effettuate.

12. Identico.

13. I contribuenti in regime di franchigia possono farsi assistere negli adempimenti tributari dall'ufficio locale dell'Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale. In tal caso devono munirsi di una apparecchiatura informatica, corredata di accessori idonei, da utilizzare per la connessione con il sistema informativo dell'Agenzia delle entrate.

13. Identico.

14. Il regime di cui al presente articolo cessa di avere efficacia ed il contribuente è assoggettato alla disciplina di determinazione dell'imposta sul valore aggiunto nei modi ordinari:

14. Identico.

a) a decorrere dall'anno solare successivo a quello in cui risulta superato uno dei limiti di cui al comma 1;

 

b) a decorrere dallo stesso anno solare in cui il volume d'affari dichiarato dal contribuente o rettificato dall'ufficio supera il limite di cui al comma 1 del cinquanta per cento del limite stesso; in tal caso sarà dovuta l'imposta relativa ai corrispettivi delle operazioni imponibili effettuate nell'intero anno solare, salvo il diritto alla detrazione dell'imposta sugli acquisti relativi al medesimo periodo.

 

15. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono stabilite le modalità da osservare in occasione dell'opzione per il regime ordinario, i termini e le procedure di applicazione delle disposizioni del presente articolo».

15. Identico».

16. All'articolo 41, comma 2-bis, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, dopo le parole «Stato membro», sono aggiunte le seguenti «nonché le cessioni di beni effettuate dai soggetti che applicano il regime di franchigia di cui all'articolo 32-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633».

16. Identico.

17. Le disposizioni di cui ai commi 15 e 16 si applicano a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

17. Identico.

 

 

Il comma 15 dell’articolo 37 Introduce un nuovo articolo 32-bis al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633[319], istituendo un regime di franchigia dall’imposta sul valore aggiunto (IVA) per determinati soggetti passivi marginali, come consentito dall’articolo 24 (“Regime particolare delle piccole imprese”) della sesta direttiva comunitaria sull’IVA[320].

Al regime di franchigia sono ammesse le persone fisiche esercenti attività commerciali, agricole e professionali che, nell’anno solare precedente, hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume di affari non superiore a 7.000 euro, e che non hanno effettuato (o prevedono di non effettuare) cessioni all’esportazione.

Tali soggetti sono esonerati dal versamento dell’IVA e da tutti gli altri obblighi previsti dal D.P.R. n. 633 del 1972, fatta eccezione per gli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali, nonché di certificazione e comunicazione telematica dei corrispettivi. Essi, ovviamente, non potranno addebitare l’imposta sulle operazioni effettuate a titolo di rivalsa, né potranno detrarre l’IVA pagata sugli acquisti e sulle importazioni.

Sono esclusi dal regime di franchigia i soggetti che si avvalgono di regimi speciali di determinazione dell’IVA e i non residenti. Sono altresì esclusi i soggetti che, in via esclusiva o prevalente, effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all’articolo 10, n. 8) del D.P.R. n. 633 del 1972[321], e di mezzi di trasporto nuovi di cui all’articolo 53, comma 1, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.

Ai soggetti destinatari del regime di franchigia è assegnato un numero speciale di partita IVA.

I soggetti che, nell’intraprendere l’esercizio di imprese, arti o professioni, ritengono di poter rientrare nel regime di esenzione, lo comunicano all’Agenzia delle entrate con la dichiarazione di inizio attività prevista dall’articolo 35 del D.P.R. n. 633 del 1972.

I soggetti che rientrano nel regime di franchigia possono optare per l’applicazione del regime ordinario dell’IVA. L’opzione è efficace per almeno un triennio; deve essere comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime normale, l’opzione resta efficace per ciascun anno successivo, fino a quando non venga revocata.

La revoca è comunicata con le stesse modalità dell’opzione ed ha effetto dall’anno in corso al momento in cui è effettuata.

Coloro che si avvalgono del regime di franchigia devono effettuare la rettifica della detrazione, ai sensi dell’articolo 19-bis2 del D.P.R. n. 633 del 1972: in altri termini, sono tenuti a restituire l’imposta detratta sui beni non ammortizzabili e sui servizi, dal momento che verranno utilizzati in attività per le quali non sarà previsto il diritto alla detrazione. La medesima rettifica si applica se il contribuente transita, anche per opzione, al regime ordinario dell’imposta.

L’IVA dovuta per effetto della rettifica dovrà essere versata in tre rate annuali da corrispondere entro il termine previsto per il versamento del saldo, a partire dall’anno nel quale è intervenuta la modifica. La prima rata dovrà versarsi entro il 27 dicembre 2006. Il debito può essere estinto anche mediante compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241[322], ovvero con l'utilizzo di eventuali crediti risultanti dalle liquidazioni periodiche. Il mancato versamento di ogni singola rata comporta l’applicazione dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471[323], e costituisce titolo per la riscossione coattiva.

Nell’ultima dichiarazione annuale in cui l’IVA è applicata nei modi ordinari, occorre tenere conto anche dell’eventuale imposta relativa alle operazioni a esigibilità differita, per le quali non si sia ancora verificata la medesima esigibilità. Inoltre, l’eventuale eccedenza detraibile emergente dalla predetta ultima dichiarazione annuale IVA, ferma restando la possibilità di chiedere il rimborso in presenza dei presupposti indicati nel comma 3 dell’articolo 30 del D.P.R. n. 633, è utilizzata in compensazione ai sensi del menzionato articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997.

I soggetti in regime di franchigia, qualora effettuino acquisti intracomunitari o altre operazioni per le quali risultano debitori dell’imposta, sono tenuti ad integrare la fattura con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta, da versarsi entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.

Coloro che fruiscono del regime fiscale di esenzione dall’IVA devono trasmettere telematicamente all’Agenzia delle entrate l’ammontare complessivo delle operazioni effettuate. Inoltre, essi possono farsi assistere, negli adempimenti tributari, dall’ufficio locale dell’Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale. A tale scopo, devono munirsi di un’apparecchiatura informatica, corredata di accessori idonei, da utilizzare per la connessione con il sistema informativo dell’Agenzia delle entrate.

Si prevede che il regime di franchigia cessi di avere efficacia, con conseguente applicazione del regime ordinario, nei seguenti casi:

a)      quando risulta superato uno dei limiti (volume di affari non superiore a 7.000 euro; inesistenza di cessioni all’esportazione) di cui al comma 1 del nuovo articolo 32-bis. La cessazione decorre dall’anno solare successivo a quello nel quale si verifica l’evento;

b)      quando il volume di affari dichiarato dal contribuente, o rettificato dall’ufficio, supera il limite di cui al comma 1 del cinquanta per cento del limite stesso (ossia superi la soglia dei 10.500 euro). In questo caso la cessazione decorre dallo stesso anno solare nel quale si verifica l’evento; in questa ipotesi, sarà dovuta l’imposta relativa ai corrispettivi delle operazioni imponibili effettuate nell’intero anno solare, salvo il diritto alla detrazione dell’imposta sugli acquisti relativi al medesimo periodo.

 

Un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate stabilirà i termini e le procedure di attuazione del nuovo articolo 32-bis del D.P.R. n. 633 del 1972, oltre alle modalità da osservare in caso di opzione per il regime ordinario.

 

Il comma 16 dell’articolo 37 modifica l’articolo 41, comma 2-bis, del D.L. 30 agosto 1993 n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, prevedendo che le cessioni rese verso soggetti di altri Stati membri dell’Unione europea da parte di soggetti che si avvalgono del nuovo regime di franchigia, non costituiscono cessioni intracomunitarie, con la conseguenza che esse – secondo la relazione illustrativa – si configurano come cessioni interne senza diritto di rivalsa.

 

Il comma 17 dell’articolo 37 prevede che le disposizioni di cui ai commi 15 e 16 si applichino a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto (4 luglio 2006; dunque, in caso di periodo di imposta coincidente con l’anno solare, le nuove disposizioni si applicheranno a partire dal periodo di imposta 2007).

 

Secondo la relazione illustrativa, il nuovo regime di esenzione dall’IVA risponde all’esigenza di semplificare gli adempimenti tributari attraverso l’eliminazione di alcuni obblighi contabili per i soggetti che realizzano un ridotto volume d’affari, agevolando nel contempo l’amministrazione finanziaria nello svolgimento dell’attività di controllo.


Articolo 37, commi 18-20
(Controlli sui titolari di partita IVA)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

18. All'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo il comma 15 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

18. Identico:

«15-bis. L'attribuzione del numero di partita IVA è subordinato alla esecuzione di riscontri automatizzati per la individuazione di elementi di rischio connessi al rilascio dello stesso nonché all'eventuale preventiva effettuazione di accessi nel luogo di esercizio dell'attività, avvalendosi dei poteri previsti dal presente decreto.

«15-bis. L'attribuzione del numero di partita IVA determina la esecuzione di riscontri automatizzati per la individuazione di elementi di rischio connessi al rilascio dello stesso nonché l'eventuale effettuazione di accessi nel luogo di esercizio dell'attività, avvalendosi dei poteri previsti dal presente decreto.

15-ter. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono individuate:

15-ter. Identico:

a) specifiche informazioni da richiedere all'atto della dichiarazione di inizio di attività;

a) identica;

b) tipologie di contribuenti per i quali l'attribuzione del numero di partita IVA è subordinato al rilascio di polizza fidejussoria o di fidejussione bancaria;

b) tipologie di contribuenti per i quali l'attribuzione del numero di partita IVA determina la possibilità di effettuare gli acquisti di cui all'articolo 38 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni, a condi­zione che sia rilasciata polizza fideiussoria o fideiussione bancaria per la durata di tre anni dalla data del rilascio e per un importo rapportato al volume d'affari presunto e comunque non inferiore a 50.000 euro».

c) modalità per la temporanea attribuzione di un numero di partita IVA provvisorio, utilizzabile esclusi­vamente per l'acquisto di beni e servizi, esclusi gli acquisti di cui all'articolo 38 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427».

Soppressa.

19. Le disposizioni di cui al comma 18 si applicano alle richieste di attribuzione del numero di partita IVA effettuate a decorrere dal 1o settembre 2006.

19. Le disposizioni di cui al comma 18 si applicano alle richieste di attribuzione del numero di partita IVA effettuate a decorrere dal 1o novembre 2006.

20. L'Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza programmano specifici controlli mirati, relativi ai contribuenti ai quali è attribuito il numero di partita IVA, anche in data antecedente a quella di decorrenza della disposizione di cui al comma 18.

20. Identico.

 

 

I commi da 18 a 20 dell’articolo 37, modificati nel corso dell’esame presso il Senato, disciplinano l’effettuazione di controlli sui titolari di partita IVA.

 

Il comma 18 novella, mediante l’inserimento di due nuovi commi (15-bis e 15-ter), l’articolo 35 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633[324], il quale disciplina le dichiarazioni di inizio, variazione e cessazione attività, ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto - IVA.

 

Ai sensi del citato articolo 35, tutti i soggetti che intraprendono un’impresa, arte o professione o istituiscono in Italia una stabile organizzazione sono obbligati a presentare un’apposita dichiarazione ad uno degli uffici locali dell’Agenzia delle entrate o a un ufficio provinciale IVA della medesima Agenzia. L’ufficio attribuisce al contribuente un numero di partita IVA, che resterà invariato fino al momento di cessazione dell’attività. Si ricorda che, allo scopo di contrastare comportamenti evasivi e frodi IVA, la Direzione accertamento dell’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 9 del 3 marzo 2006 (paragrafo 2), ha fornito ai propri uffici periferici direttive volte a individuare, anche mediante l’apposita procedura automatizza, denominata "Analisi del rischio delle partite IVA", i soggetti richiedenti nuove partite IVA che presentano elevati indici di rischio.

 

Per effetto della novella, l’attribuzione del numero di partita IVA determina l’esecuzione di riscontri automatizzati ai fini dell’individuazione di elementi di rischio connessi al rilascio dello stesso, nonché all’eventuale preventiva effettuazione di accessi nel luogo di esercizio dell’attività (comma 15-bis dell’articolo 35).

Il nuovo comma 15-ter dell’articolo 35 rinvia ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate l’individuazione di:

a)      specifiche informazioni da richiedere all’atto della dichiarazione di inizio dell’attività;

b)      tipologie di contribuenti i quali possono effettuare gli acquisti di cui all’articolo 38 del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427 (acquisti intracomunitari di beni presso imprese stabilite in altri Stati membri dell’UE) esclusivamente in seguito al rilascio di polizza fidejussoria o fidejussione bancaria per la durata di tre anni dalla data del rilascio e per un importo rapportato al volume d’affari presunto e comunque non inferiore a 50.000 euro.

Il regime IVA disciplinato dall’articolo 38 sopra indicato prevede che l’acquisto intracomunitario non sia tassato nello Stato membro di partenza, ma sia soggetto ad IVA nello Stato membro di destinazione. Questo meccanismo si presta alla realizzazione delle c.d. “frodi carosello”. In queste operazioni sono presenti tre soggetti: cedente (residente in uno Stato membro diverso dall’Italia), primo cessionario (soggetto che resta attivo per un breve periodo) e cessionario effettivo (entrambi residenti in Italia). Il cedente cede i beni al primo cessionario e l’operazione deve essere documentata da una fattura annotata sia sul registro delle fatture emesse che su quello degli acquisti, secondo un meccanismo che, di fatto, annulla la tassazione dell'acquisto intracomunitario. Nella successiva operazione tra il primo cessionario e il cessionario effettivo, il primo incassa la relativa IVA addebitata a titolo di rivalsa, senza poi riversarla all'Erario, mentre il cessionario effettivo esercita il diritto di detrazione (o chiede il rimborso) dell'imposta corrisposta al primo cessionario, con un danno per l'Erario, il quale, a fronte del mancato incasso dell'IVA corrispondente alla cessione effettuata dal primo cessionario, non può disconoscerne la recuperabilità da parte del cessionario effettivo.

 

Il comma 19 dell’articolo 37 prevede che le disposizioni del comma 18 si applichino alle richieste di attribuzione del numero di partita IVA presentate a decorrere dal 1° novembre 2006.

 

Il comma 20 stabilisce infine che l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza debbano programmare specifici controlli mirati, relativi ai contribuenti ai quali è attribuito il numero di partita IVA, anche nei casi in cui tale attribuzione sia anteriore al 1° novembre 2006.

 


Articolo 37, commi 21, 22 e 23
(Obblighi di comunicazione all’anagrafe tributaria da parte
delle Camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

21. In attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 50 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, come modificato dal decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 159, ed al fine di ridurre gli adempimenti dei contribuenti, le camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura comunicano all'anagrafe tributaria, senza oneri per lo Stato, in formato elettronico elaborabile, i dati e le notizie contenuti nelle domande di iscrizione, variazione e cancellazione, di cui alla lettera f), dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, anche se relative a singole unità locali, nonché i dati dei bilanci di esercizio depositati.

21. In attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 50 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, come modificato dal decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 159, ed al fine di ridurre gli adempimenti dei contribuenti, le camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura comunicano all'anagrafe tributaria, senza oneri per lo Stato, in formato elettronico elaborabile, i dati e le notizie contenuti nelle domande di iscrizione, variazione e cancellazione, di cui alla lettera f) del primo comma dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, anche se relative a singole unità locali, nonché i dati dei bilanci di esercizio depositati.

 

omissis

22. Fino alla realizzazione delle modalità tecniche di deposito degli atti in formato elettronico elaborabile, le camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura forniranno le informazioni di cui al comma precedente, senza oneri per lo Stato, nel formato elettronico disponibile.

22. Fino alla realizzazione delle modalità tecniche di deposito degli atti in formato elettronico elaborabile, le camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura forniranno le informazioni di cui al comma 21, senza oneri per lo Stato, nel formato elettronico disponibile.

23. Con decreto interdirigenziale dell'Agenzia delle entrate e del Ministero dello sviluppo economico sono stabiliti i termini e le modalità delle trasmissioni nonché le specifiche tecniche del formato dei dati. La prima trasmissione è effettuata entro il 31 ottobre 2006.

23. Identico.

 

 

I commi 21, 22 e 23 dell’articolo 37 disciplinano la comunicazione all’Anagrafe tributaria da parte delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura dei dati e delle notizie contenuti nelle domande di iscrizione, variazione e cancellazione nei registri delle ditte e negli albi degli artigiani, nonché i dati dei bilanci di esercizio depositati.

 

Il comma 21, in attuazione all’articolo 50 (“Disponibilità dei dati delle pubbliche amministrazioni”) del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82[325], al fine di ridurre gli adempimenti dei contribuenti, prevede che le camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura debbano comunicare all’anagrafe tributaria – senza oneri per lo Stato – in formato elettronico elaborabile, i dati e le notizie contenuti nelle domande di iscrizione di cui alla lettera f), dell’articolo 6 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605 (“Disposizioni relative all’anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti”), anche se relative a singole unità locali[326], nonché i dati dei bilanci di esercizio depositati.

 

Si ricorda che la citata lettera f) dell’articolo 6, primo comma, del D.P.R. n. 605 del 1973 riguarda le seguenti domande, per le quali è obbligatoria l’indicazione del codice fiscale:

§       domande di iscrizione, variazione e cancellazione nei registri delle ditte e negli albi degli artigiani tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura;

§       domande di iscrizione, variazione e cancellazione negli albi, registri ed elenchi istituiti per l’esercizio di attività professionali e di altre attività di lavoro autonomo;

§       domande di iscrizione e note di trascrizione di atti costitutivi, traslativi, od estintivi della proprietà o di altri diritti reali di godimento, nonché dichiarazioni di armatore, concernenti navi, galleggianti ed unità da diporto, o quote di essi, soggette ad iscrizione nei registri tenuti dagli uffici marittimi o dagli uffici della motorizzazione civile - sezione nautica;

§       domande di iscrizione di aeromobili nel Registro aeronautico nazionale, note di trascrizione di atti costitutivi, traslativi o estintivi della proprietà o di altri diritti reali di godimento sugli aeromobili o quote di essi, soggetti ad iscrizione nel Registro aeronautico nazionale, nonché dichiarazioni di esercente di aeromobili soggette a trascrizione nei registri tenuti dal direttore della circoscrizione di aeroporto competente.

 

Il comma 22 prevede che, fino a quando non saranno state realizzate le modalità tecniche di deposito degli atti in formato elettronico elaborabile di cui al comma 21, le camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura forniranno le informazioni predette nel formato elettronico disponibile, senza oneri per lo Stato.

 

Il comma 23 rinvia ad un decreto interdirigenziale dell’Agenzia delle entrate e del Ministero dello Sviluppo economico la determinazione dei termini e delle modalità di trasmissione dei dati di cui al comma 21, nonché le specifiche tecniche del formato dei dati. Si individua nel 31 ottobre 2006 il termine entro il quale deve effettuarsi la prima trasmissione.

 

Secondo la relazione illustrativa del Governo, con tali disposizioni “si semplificano gli adempimenti dei contribuenti ai fini degli obblighi dichiarativi e nel contempo si rafforza la capacità informativa dell’anagrafe tributaria, acquisendo, con immediatezza tutte le informazioni rilevanti anche ai fini dei controlli”.


Articolo 37, comma 21-bis
(Presentazione di atti al registro delle imprese)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

 

21-bis. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare, ai sensi dell'articolo 71 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Agenzia delle entrate, entro il 31 dicembre 2006, sono stabilite le specifiche tecniche del formato elettronico elaborabile per la presentazione dei bilanci di esercizio e degli altri atti al registro delle imprese ed è fissata la data, comunque non successiva al 31 marzo 2007, a decorrere dalla quale diventa obbligatoria l'adozione di tale modalità di presentazione.

 

 

Il comma 21-bis – anche in connessione con quanto è disposto dal precedente comma 21 circa la comunicazione dei bilanci d’esercizio delle imprese all’anagrafe tributaria – demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico la definizione di specifiche tecniche del formato elettronico elaborabile, per la presentazione al registro delle imprese dei bilanci e degli altri atti previsti. Lo stesso decreto, la cui emanazione, sentita l’Agenzia delle entrate, è prevista entro il 31 dicembre 2006, provvederà, inoltre, a fissare la data a decorrere dalla quale diventerà obbligatoria l’adozione delle modalità di presentazione stabilite dallo stesso decreto. Tale data - precisa la disposizione - non potrà, comunque, essere successiva al 31 marzo 2007.

 

Si ricorda che l’articolo 2435 del codice civile prescrive il deposito presso l’ufficio del registro delle imprese – istituito presso le camere di commercio in base all’articolo 8 della legge n. 580 del 1993[327] (il regolamento di attuazione è stato adottato con il D.P.R. n. 581 del 1995) – a cura degli amministratori, entro trenta giorni dall'approvazione, di una copia del bilancio corredata dalla relazione sulla gestione, dalla relazione del collegio sindacale e dal verbale di approvazione dell'assemblea.

La norma fondamentale, per ciò che concerne l'invio telematico degli atti al registro delle imprese, è rappresentata dall’articolo 31, comma 2, della legge 24 novembre 2000, n. 340 (legge di semplificazione 1999), la cui operatività è stata differita dapprima al 9 dicembre 2002 dalla legge finanziaria 2002 (L. 448 del 2001), indi al 30 giugno 2003 dalla legge 27 dicembre 2002, n. 284 (di conversione con modificazioni del D.L. 236 del 2002).

Il citato articolo 31 ha infatti previsto l’abolizione dei fogli degli annunzi legali delle province, stabilendo che, decorsi due anni dalla data di entrata in vigore della stessa legge n. 340 del 2000, le domande, le denunce e gli atti che le accompagnano presentate all’ufficio del registro delle imprese (con esclusione di quelle presentate dagli imprenditori individuali e dai soggetti iscritti nel repertorio delle notizie economiche e amministrative di cui all'articolo 9 del D.P.R. 7 dicembre 1995, n. 581) siano inviate per via telematica ovvero presentate su supporto informatico ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59[328].

Con l’entrata in vigore dell’articolo 31 a partire dal 1° luglio 2003 il deposito dei bilanci e dei documenti correlati deve essere effettuato presso il registro delle imprese esclusivamente tramite trasmissione telematica attraverso il sistema “Telemaco” di Infocamere.

L'invio telematico equivale alla notificazione a mezzo posta (art. 14, comma 3, D.P.R. n. 445 del 2000).

Si ricorda, inoltre che il Ministero, in vista dell’entrata in vigore della già richiamata disciplina dell'articolo 31 della legge n. 340 del 2000, ha deciso, con il D.M. 20 marzo 2003, di avviare la sperimentazione del deposito su supporto informatico munito di firma digitale dei bilanci di esercizio delle società, secondo le «Indicazioni tecniche» allegate al decreto stesso. La sperimentazione è stata poi prorogata al 31 ottobre con il D.M. 8 agosto 2003.

Come si legge nell’Allegato al decreto ministeriale, recante indicazioni tecniche, i documenti da depositare (copia del bilancio, relazioni a corredo, verbale di assemblea, relazione dei sindaci, elenco dei soci), possono essere validamente rappresentati da documenti digitali conformi ai documenti analogici trascritti e sottoscritti sui libri sociali. I documenti digitali conformi devono essere prodotti con procedimento tecnico che dia garanzia della riproduzione fedele e duratura del contenuto dei documenti originali; tale procedimento potrà consistere sia nella memorizzazione digitale dell'immagine del documento analogico originale, sia nella riproduzione su file (in formato "PDF" o "TIF") del contenuto trascritto nei documenti originali (in questo caso il documento digitale deve riportare, in luogo delle sottoscrizioni autografe, l'indicazione dei nominativi e della qualifica dei sottoscrittori e della data di sottoscrizione dell'originale cartaceo).


Articolo 37, commi 24-26
(Termini dell’attività di accertamento)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

24. All'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dopo il secondo comma è inserito il seguente:

24. Identico.

«In caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione».

 

25. All'articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo il secondo comma è inserito il seguente:

25. Identico.

«In caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione».

 

26. Le disposizioni di cui ai commi 24 e 25 si applicano a decorrere dal periodo d'imposta per il quale alla data di entrata in vigore del presente decreto sono ancora pendenti i termini di cui al primo e secondo comma dell'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e dell'articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

26. Identico.

 

 

Il comma 24 dell’articolo 37, che novella l’articolo 43 (“Termine per l’accertamento”) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600[329], raddoppia i termini, di cui al primo e secondo comma dello stesso articolo 43, per effettuare l’accertamento delle imposte sui redditi in riferimento a periodi di imposta in cui siano state riscontrate, a carico del contribuente, violazioni che comportano l’obbligo di denuncia penale per uno dei reati tributari previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74[330].

Si segnala che il primo comma del citato articolo 43 prevede che gli avvisi di accertamento devono essere notificati entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Il secondo comma dello stesso articolo prevede che nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla, l'avviso di accertamento può essere notificato fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

 

Il comma 25 dell’articolo 37, che novella l’articolo 57 (“Termine per gli accertamenti”) del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633[331], contiene una disposizione analoga a quella di cui al comma precedente, ma riferita all’attività di rettifica e di accertamento dell’IVA.

Ai sensi del citato articolo 57, gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti ai fini IVA devono essere notificati entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione (primo comma). In caso di omessa presentazione della dichiarazione, l'avviso di accertamento dell'imposta può essere notificato fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

 

Il comma 26 dell’articolo 37 prevede che i precedenti commi 24 e 25 si applichino a decorrere dal periodo di imposta per il quale, alla data di entrata in vigore del predente decreto-legge (4 luglio 2006), siano ancora pendenti i termini ordinari dell’attività di accertamento e rettifica in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto.

 

La relazione illustrativa sottolinea come tali modifiche nascano dall’esigenza di garantire la possibilità di utilizzare per un periodo di tempo più ampio di quello ordinario gli elementi istruttori emersi nel corso delle indagini condotte dall’autorità giudiziaria.

 


Articolo 37, commi 27 e 28
(Notificazione di atti e avvisi)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

27. All'articolo 60, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sono apportate le seguenti modificazioni:

27. All'articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo la lettera b) del primo comma è aggiunta la seguente: «b-bis) se il consegnatario non è il destinatario dell'atto o dell'avviso, il messo consegna o deposita la copia dell'atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all'originale e alla copia dell'atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell'atto. Il consegnatario deve sottoscrivere una ricevuta e il messo dà notizia dell'avvenuta notificazione dell'atto o dell'avviso, a mezzo di lettera raccomandata;»;

a) dopo la lettera b) del primo comma è inserita la seguente: «b-bis) se il consegnatario non è il destinatario dell'atto o dell'avviso, il messo consegna o deposita la copia dell'atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all'originale e alla copia dell'atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell'atto. Il consegnatario deve sottoscrivere una ricevuta e il messo dà notizia dell'avvenuta notificazione dell'atto o dell'avviso, a mezzo di lettera raccomandata;»;

b) nella lettera e) del primo comma, dopo le parole: «l'avviso del deposito prescritto dall'articolo 140 del codice di procedura civile» sono aggiunte le seguenti: «, in busta chiusa e sigillata,»;

b) nella lettera e) del primo comma, dopo le parole: «l'avviso del deposito prescritto dall'articolo 140 del codice di procedura civile» sono inserite le seguenti: «, in busta chiusa e sigillata,»;

c) dopo la lettera e) del primo comma è inserita la seguente:

c) identica;

«e-bis) è facoltà del contribuente che non ha la residenza nello Stato e non vi ha eletto domicilio ai sensi della lettera d), o che non abbia costituito un rappresentante fiscale, comunicare al competente ufficio locale, con le modalità di cui alla stessa lettera d), l'indirizzo estero per la notificazione degli avvisi e degli altri atti che lo riguardano; salvo il caso di consegna dell'atto o dell'avviso in mani proprie, la notificazione degli avvisi o degli atti è eseguita mediante spedizione a mezzo di lettera raccoman­data con avviso di ricevimento;»;

 

d) il secondo comma è sostituito dal seguente: «L'elezione di domicilio non risultante dalla dichiarazione annuale ha effetto dal trentesimo giorno successivo a quello della data di ricevimento delle comunicazioni previste alla lettera d) ed alla lettera e-bis) del comma precedente»;

d) identica;

e) al terzo comma le parole: «dal sessantesimo giorno successivo a quello dell'avvenuta variazione anagrafica» sono sostituite dalle seguenti: «dal trentesimo giorno successivo a quello dell'avvenuta variazione anagrafica»;

e) identica;

f) dopo il terzo comma è aggiunto il seguente: «Qualunque notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l'atto è ricevuto».

f) identica.

28. Nell'articolo 16 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, sono apportate le seguenti modifiche:

28. Identico:

a) al comma 1, dopo le parole: «con avviso di ricevimento» sono inserite le seguenti:«, sul plico non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell'avviso»;

a) al comma 1, dopo le parole: «con avviso di ricevimento» sono inserite le seguenti:«, sul quale non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell'avviso»;

b) al comma 3, dopo le parole: «con avviso di ricevimento» sono inserite le seguenti: «, sul plico non sono apposti segni o indicazioni dai qualipossa desumersi il contenuto dell'atto,».

b) al comma 3, dopo le parole: «con avviso di ricevimento» sono inserite le seguenti: «, sul quale non sono apposti segni o indicazioni dai qualipossa desumersi il contenuto dell'atto,».

 

 

Il comma 27 dell’articolo 37 integra l’articolo 60 (“Notificazioni”) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600[332], al fine di razionalizzare il sistema di notificazione degli atti dell’amministrazione finanziaria, coordinandolo con il sistema delle notificazioni disciplinato dagli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile.

 

Con l’aggiunta, al primo comma, della lettera b-bis), si disciplina la modalità da seguire laddove la notifica di un atto o di un avviso sia effettuata a un consegnatario diverso dal destinatario. Si prevede che il messo debba consegnare o depositare una copia dell’atto da notificare in una busta sigillata recante il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione posta in calce all’originale e alla copia dell’atto medesimo. Sulla busta non debbono essere apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto. Altresì, è previsto che il consegnatario debba sottoscrivere una ricevuta e che il messo debba dare notizia, a mezzo di lettera raccomandata, dell’avvenuta notificazione dell’atto o dell’avviso (lettera a) del comma 27).

 

Correggendo la lettera e) del primo comma, si prevede che, in caso di affissione al comune dell’avviso del deposito prescritto dall’articolo 140 del codice di procedura civile, l’affissione del predetto avviso debba avvenire in busta chiusa e sigillata. A tale modalità di notifica si fa ricorso quando, nel comune nel quale debba eseguirsi la notificazione, non vi sia l’abitazione, l’ufficio o l’azienda del contribuente (lettera b) del comma 27).

Si ricorda che l’articolo 140 c.p.c. prevede che, nei casi in cui non sia possibile eseguire la consegna presso la residenza o la dimora o il domicilio del destinatario, l’ufficiale giudiziario debba depositare la copia nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi, nonché affiggere avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, comunicandogli la notizia per raccomandata con avviso di ricevimento.

 

La nuova lettera e-bis) del primo comma regola le modalità con cui il contribuente non residente in Italia, e che non via abbia eletto domicilio o che non abbia costituito un rappresentante fiscale, può comunicare un suo recapito estero ove ricevere le notifiche degli atti da parte dell’amministrazione. A meno che la consegna dell’atto o dell’avviso non sia fatta di persona al destinatario, la notificazione degli avvisi o degli atti è eseguita mediante spedizione a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento (lettera c) del comma 27).

 

In base al nuovo secondo comma, il termine a decorrere dal quale ha efficacia l’elezione di domicilio non risultante dalla dichiarazione annuale dei redditi viene ridotto da sessanta a trenta giorni, successivi a quello di ricevimento da parte dell’ufficio competente delle comunicazioni a tal fine effettuate dal contribuente (lettera d) del comma 27).

 

Con le modifiche al terzo comma, sono ridotti da sessanta a trenta giorni – a partire dal giorno seguente a quello dell’avvenuta variazione anagrafica - i termini per la decorrenza dell’efficacia delle variazioni e delle modificazioni dell’indirizzo non risultanti dalla dichiarazione annuale dei redditi (lettera e) del comma 27).

 

Il nuovo quarto comma regola la notificazione a mezzo di servizio postale, stabilendo che la notifica si considera fatta nella data di spedizione, mentre i vari termini che hanno inizio dalla notificazione (come quello di impugnazione) decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto dal contribuente (lettera f) del comma 27).

 

Il comma 28 dell’articolo 37 integra i commi 1 e 3 dell’articolo 16 (“Comunicazioni e notificazioni”) del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546[333], intervenendo in materia di comunicazioni di avvisi e notificazioni di atti effettuate nell’ambito del processo tributario attraverso la spedizione a mezzo di servizio postale con raccomandata con avviso di ricevimento. Si prevede un irrigidimento delle garanzie di tutela della riservatezza: sui plichi contenenti i suddetti avvisi e atti non dovranno essere apposti segni o indicazioni tali da farne desumere il contenuto.

Secondo la relazione illustrativa, quest’ultima innovazione è volta a consentire il rispetto della riservatezza del destinatario, in linea con il principio sancito dall’articolo 6, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (“Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente”), il quale prevede che l’amministrazione finanziaria debba assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati, comunicandoglieli con modalità idonee a garantire che il loro contenuto non sia conosciuto da soggetti diversi.


Articolo 37, commi 29 e 30
(Rafforzamento delle prerogative della Guardia di finanza)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

29. Fuori dai casi previsti all'articolo 11, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 258 euro a 2065 euro la mancata restituzione dei questionari inviati nell'esercizio dei poteri di cui all'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, o la loro restituzione con risposte incomplete o non veritiere, nonché l'inottemperanza all'invito a comparire fatto sulla base dei medesimi poteri.

29. Identico.

30. Per la constatazione e l'irrogazione della sanzione di cui al comma precedente si applicano le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689.

30. Per la constatazione e l'irrogazione della sanzione di cui al comma 29 si applicano le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689.

 

 

Il comma 29 dell’articolo 37 prevede che, al di fuori dei casi previsti dalle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 11 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471[334], sia applicata la sanzione amministrativa pecuniaria da 258 a 2065 euro, nel caso di mancata restituzione dei questionari inviati dalla Guardia di finanza nello svolgimento delle funzioni di polizia economica e finanziaria a tutela del bilancio pubblico, delle regioni, degli enti locali e dell'Unione europea, di cui all’articolo 2, comma 4, del D.Lgs. 19 marzo 2001, n. 68[335].

Si ricorda che il sopra citato articolo 11 (“Altre violazioni in materia di imposte dirette e di imposte sul valore aggiunto”), comma 1, punisce, con sanzione amministrativa da 258 euro a 2.065 euro le seguenti violazioni:

a)       omissione di ogni comunicazione prescritta dalla legge tributaria anche se non richiesta dagli uffici o dalla Guardia di finanza al contribuente o a terzi nell'esercizio dei poteri di verifica ed accertamento in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto o invio di tali comunicazioni con dati incompleti o non veritieri;

b)       mancata restituzione dei questionari inviati al contribuente o a terzi nell’esercizio dei poteri sopra indicati o loro restituzione con risposte incomplete o non veritiere.

 

Analoga sanzione è comminata per i casi di restituzione questionari con risposte incomplete o non veritiere e per i casi di inottemperanza dell’invito a comparire fatto sulla base dei predetti poteri.

 

Per effetto di tali modifiche, secondo la relazione governativa, i poteri di accertamento della Guardia di finanza verranno estesi agli altri settori della polizia economica e finanziaria diversi da quello tributario.

 

Il comma 30 dell’articolo 37 stabilisce, che per la contestazione e l’irrogazione delle sanzioni di cui al comma 29, si applichino le disposizioni che regolano l’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689[336].

 


Articolo 37, comma 31
(Allargamento del novero dei soggetti sottoposti ad obblighi di comunicazione alla Guardia di finanza)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

31. All'articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, le parole «nonché gli organi giurisdizionali civili e amministrativi» sono sostituite dalle seguenti: «nonché gli organi giurisdizionali, requirenti e giudicanti, penali, civili e amministrativi e, previa autorizzazione, gli organi di polizia giudiziaria».

31. Identico.

 

 

Il comma 31 dell’articolo 37 modifica l’articolo 36 (“Comunicazione di violazioni tributarie”) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 [337], stabilendo che anche gli organi requirenti e giudicanti in materia penale – al pari dei già previsti organi giurisdizionali civili e amministrativi – siano tenuti a comunicare al comando della Guardia di finanza territorialmente competente fatti potenzialmente configurabili come violazioni tributarie, di cui vengano a conoscenza a causa o nell’esercizio delle rispettive funzioni.

Tale obbligo è esteso – previa autorizzazione del magistrato – anche alla polizia giudiziaria.

 

In particolare, l’articolo 36, come novellato dal comma 31 in esame, prevede che i suddetti soggetti siano tenuti a comunicare le notizie di cui sopra direttamente ovvero, ove previste, secondo le modalità stabilite da leggi o norme regolamentari per l'inoltro della denuncia penale, al comando della Guardia di finanza competente, in relazione al luogo di rilevazione degli stessi, fornendo l'eventuale documentazione atta a comprovarli.

 

Si ricorda che l’articolo 331 del codice di procedura penale disciplina la denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio, disponendo che tali soggetti, i quali, nell’esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di reato perseguibile di ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito (comma 1). La denuncia è presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria (comma 2).

Quando più persone sono obbligate alla denuncia per il medesimo fatto, esse possono anche redigere e sottoscrivere un unico atto (comma 3).

Se, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, emerge un fatto nel quale si può configurare un reato perseguibile di ufficio, l'autorità che procede redige e trasmette senza ritardo la denuncia al pubblico ministero (comma 4).

Ai sensi del successivo articolo 332, la denuncia contiene la esposizione degli elementi essenziali del fatto e indica il giorno dell'acquisizione della notizia nonché le fonti di prova già note. Contiene inoltre, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona alla quale il fatto è attribuito, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.


Articolo 37, comma 32
(Nuove disposizioni in materia di accertamento
delle imposte sui redditi)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

32. All'articolo 32, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sono apportate le seguenti modificazioni:

32. Identico:

a) al numero 4), dopo le parole: «nei loro confronti» sono aggiunte le seguenti: «nonché nei confronti di altri contribuenti con i quali abbiano intrattenuto rapporti»;

a) al numero 4), dopo le parole: «nei loro confronti» sono inserite le seguenti: «nonché nei confronti di altri contribuenti con i quali abbiano intrattenuto rapporti»;

b) al numero 8), le parole: «nei confronti di clienti, fornitori e prestatori di lavoro autonomo, nominativamente indicati» sono sostituite dalle seguenti: «, rilevanti ai fini dell'accertamento, nei confronti di loro clienti, fornitori e prestatori di lavoro autonomo».

b) identica.

 

 

Il comma 32 dell’articolo 37 modifica il primo comma, nn. 4 e 8, dell’articolo 32 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600[338]. Tale articolo reca la disciplina dei poteri degli uffici delle imposte.

 

In virtù della novella apportata (lettera a)), per l’adempimento dei propri compiti, gli uffici delle imposte possono inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico riguardanti non solo la posizione fiscale dei destinatari dei quesiti, ma anche quella dei contribuenti con cui i predetti destinatari abbiano intrattenuto rapporti.

Inoltre (lettera b)) gli uffici delle imposte possono richiedere a coloro che sono obbligati alla tenuta di scritture contabili, ai sensi dell’art. 13 dello stesso D.P.R. n. 600 del 1973, dati, notizie e documenti relativi ad attività svolte in un determinato periodo d'imposta, rilevanti ai fini dell'accertamento, nei confronti di loro clienti, fornitori e prestatori di lavoro autonomo, senza necessità che questi soggetti siano nominativamente indicati.

 

Secondo la relazione del Governo, con le modifiche segnalate i poteri di accertamento in materia di imposte sui redditi vengono adeguati ai poteri già vigenti per l’Iva, rendendo possibili, anche ai fini delle imposte sui redditi, i c.d. “controlli esplorativi”, consistenti nell’inviare questionari, nonché richiedere dati, notizie e documenti o acquisire informazioni relativamente al complesso dei rapporti economici intrattenuti dal destinatario dell’istanza conoscitiva.

L’art. 13 del D. P. R n. 600 del 1973 prevede che, ai fini dell'accertamento, siano obbligati alla tenuta di scritture contabili:

a)       le società soggette all'IRES;

b)       gli enti pubblici e privati diversi dalle società soggetti all'IRES, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

c)       le società in nome collettivo, le società in accomandita semplice e le società ad esse equiparate ai sensi dell'art. 5 del D.P.R. n. 917 del 1986 - TUIR;

d)       le persone fisiche che esercitano imprese commerciali ai sensi dell'art. 55 del TUIR.

Sono inoltre obbligate alla tenuta di scritture contabili:

a)       le persone fisiche che esercitano arti e professioni;

b)       le società o associazioni fra artisti e professionisti per l'esercizio in forma associata dell'arte o della professione, di cui all'art. 5, lettera c), del TUIR;

c)       gli enti pubblici e privati diversi dalle società, soggetti all'IRES, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali.


Articolo 37, commi 33-37
(Trasmissione telematica dei corrispettivi)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

33. I soggetti di cui all'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, compresi quelli indicati all'articolo 1, comma 429, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, trasmettono telematicamente all'Agenzia delle entrate, distintamente per ciascun punto vendita, l'ammontare complessivo dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi di cui agli articoli 2 e 3 del predetto decreto n. 633 del 1972.

33. Identico.

34. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono definite le modalità tecniche e i termini per la trasmissione telematica delle informazioni, nel quadro delle regole tecniche di cui agli articoli 12, comma 5, e 7 del decreto legislativo n. 82 del 2005, comprese quelle previste dall'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, i cui obblighi sono sostituiti dalla trasmissione telematica di cui al comma precedente. Resta comunque fermo l'obbligo di emissione della fattura su richiesta del cliente.

34. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono definite le modalità tecniche e i termini per la trasmissione telematica delle informazioni, nel quadro delle regole tecniche di cui agli articoli 12, comma 5, e 71 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, comprese quelle previste dall'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, i cui obblighi sono sostituiti dalla trasmissione telematica di cui al comma 33. Resta comunque fermo l'obbligo di emissione della fattura su richiesta del cliente.

35. È soppresso l'obbligo di certificazione fiscale dei corrispettivi di cui all'articolo 12 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 e al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696.

35. Ai contribuenti che optano per l'adattamento tecnico degli apparecchi misuratori di cui all'articolo 1 della legge 26 gennaio 1983, n. 18, finalizzato alla trasmissione telematica prevista dal comma 34 con il misuratore medesimo, è concesso un credito d'imposta di 100 euro, utilizzabile in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Il credito compete, a seguito dell'esecuzione dell'intervento tecnico e del pagamento della relativa prestazione, indipendentemente dal numero dai misuratori adattati.

36. Salva l'applicazione delle disposizioni concernenti le violazioni degli obblighi di registrazione e quelli relativi alla contabilità, il mancato adempimento degli obblighi previsti dal presente articolo è punito con la sanzione amministrativa da 1.000 a 4.000 euro.

36. Salva l'applicazione delle disposizioni concernenti le violazioni degli obblighi di registrazione e di quelli relativi alla contabilità, il mancato adempimento degli obblighi previsti dai commi 33 e 34 è punito con la sanzione amministrativa da 1.000 a 4.000 euro.

37. Le disposizioni di cui ai commi 33, 34 e 35 decorrono dal 1o gennaio 2007.

37. Le disposizioni di cui ai commi 33, 34 e 35 decorrono dal 1o gennaio 2007. La prima trasmissione è effettuata, entro il mese di luglio 2007, anche per i mesi precedenti.

 

 

I commi da 33 a 37 dell’articolo 37 disciplinano la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei corrispettivi giornalieri da parte delle imprese esercenti il commercio.

 

Il comma 33 stabilisce che i soggetti esercenti commercio al minuto e attività assimilate[339], comprese le imprese operanti nella grande distribuzione[340], hanno l’obbligo di trasmettere per via telematica all’Agenzia delle entrate, distintamente per ciascun punto vendita, l’ammontare complessivo dei corrispettivi giornalieri ricavati dalla cessione di beni o dalla prestazione di servizi[341].

Si ricorda che l’articolo 1, commi 429 - 432, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), avevano già concesso la possibilità di trasmettere telematicamente l’ammontare complessivo dei suddetti corrispettivi, esclusivamente alle imprese che operano nel settore della grande distribuzione. Le modalità tecniche e i termini per l’attuazione delle citate disposizioni sono state definite dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate dell’8 luglio 2005 (G.U. n. 171 del 25 luglio 2005).

 

Il comma 34 rinvia ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate l’individuazione delle modalità tecniche e dei termini in base ai quali provvedere alla trasmissione telematica delle informazioni. E’ fatto salvo il rispetto delle regole tecniche previste dall’articolo 12, comma 5, e dall’articolo 71 del D.Lgs. n. 82 del 2005[342], nonché di quelle previste dall’articolo 24 (“Registrazione dei corrispettivi”) del D.P.R. n. 633 del 1972, i cui obblighi si intendono, tra l’altro, sostituiti dalla trasmissione telematica prevista dal comma 33. L’esercente è comunque tenuto ad emettere la fattura in presenza di richiesta del cliente.

 

Il comma 35, integralmente sostituito nel corso dell’esame presso il Senato, concede un credito di imposta di 100 euro, utilizzabile in compensazione[343], per l’adattamento tecnico degli apparecchi misuratori, finalizzato alla trasmissione telematica dei corrispettivi. Il credito di imposta, la cui misura è indipendente dal numero di apparecchi adattati, è concesso successivamente all’esecuzione dell’adattamento e al pagamento della relativa fattura.

Gli apparecchi ai quali si riferisce la disposizione sono quelli di cui all’articolo 1 della legge 26 gennaio 1983, n. 18, ovvero registratori di cassa, terminali elettronici e bilance elettroniche che rilasciano lo scontrino fiscale.

 

Il comma 36, nel fare salve le disposizioni concernenti le violazioni degli obblighi di registrazione e contabilità, commina una sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra i mille e i quattromila euro per il mancato adempimento degli obblighi di cui ai precedenti commi 33 e 34.

 

Il comma 37, modificato nel corso dell’esame presso il Senato, indica nel 1° gennaio 2007 il termine iniziale di decorrenza delle disposizioni di cui ai commi 33, 34 e 35, precisando che la prima trasmissione dovrà essere effettuata entro il 31 luglio 2007 e avrà ad oggetto anche i dati relativi ai primi sette mesi del 2007.

 

Il sopra ricordato articolo 1, comma 431, della legge n. 311 del 2004, prevede che la trasmissione telematica dei corrispettivi, effettuata in maniera facoltativa ai sensi del comma 429 dello stesso articolo, ferma restando l’emissione della fattura su richiesta del cliente, sostituisce l’obbligo di certificazione fiscale dei corrispettivi, di cui all'articolo 12 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e al D.P.R. 21 dicembre 1996, n. 696[344].

 

Non appare chiaro se la disposizione del citato comma 431 debba intendersi ancora efficace e, in caso affermativo, se possa esplicare il proprio effetto nei riguardi dei soli destinatari originari (imprese operanti nella grande distribuzione) ovvero nei riguardi di tutti i soggetti cui è ora imposto l’obbligo di trasmissione telematica (esercenti il commercio al minuto e assimilati).

 


Articolo 37, commi 38 e 39
(Plusvalenze derivanti da cessione di immobili donati)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

38. All'articolo 67, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

38. All'articolo 67, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole «o donazione» sono soppresse;

a) identica;

b) in fine, è aggiunto il seguente periodo: «In caso di cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, il predetto periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante».

b) identica.

39. Nell'articolo 68, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1986, n. 917, dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente: «Per gli immobili di cui alla lettera b)dell'articolo 67 acquisiti per donazione si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante.».

39. Nell'articolo 68, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1986, n. 917, dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente: «Per gli immobili di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 67 acquisiti per donazione si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante.».

 

 

Il comma 38 dell’articolo 37, che novella l’articolo 67 (“Redditi diversi”) del D.P.R. 29 dicembre 1986, n. 917 – TUIR, prevede che le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione sono costituiscono redditi diversi e come tali sono imponibili, quando la cessione avviene entro cinque anni dalla data di acquisto da parte del donante.

 

La disciplina pregressa considerava tra i redditi diversi le plusvalenze[345] derivanti dalla cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, a meno che non derivassero da vendite di immobili acquistati a titolo gratuito, ossia per successione ereditaria o per donazione.

Sul piano pratico, tale esclusione poteva incentivare condotte elusive da parte di soggetti che – intenzionati a vendere un immobile acquistato a titolo oneroso o costruito da non più di un quinquennio – stipulavano un contratto di donazione fittizia, prima di procedere alla vendita, evitando che la successiva plusvalenza costituisse reddito diverso ai fini dell’imposizione fiscale.

Con la modifica in commento, il trattamento fiscale delle cessioni di immobili acquistati a titolo di donazione viene uniformato a quello previsto per le cessioni di immobili acquistati a titolo oneroso.

Nel caso di cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, si stabilisce che il periodo dei cinque anni – al di sotto del quale la plusvalenza è imponibile - decorra dalla data di acquisto dell’immobile da parte del donante[346].

 

Il comma 39 modifica il comma 1 dell’articolo 68 (“Plusvalenze”) del TUIR, prevedendo che – ai fini del calcolo delle plusvalenze – per gli immobili acquisiti per donazione si assuma come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante.


Articolo 37, commi 40 e 41
(Termini di notifica delle cartelle di pagamento)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

40. La lettera a) dell'articolo 25, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, è sostituita dalla seguente: «a) del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ovvero a quello di scadenza del versamento dell'unica o ultima rata se il termine per il versamento delle somme risultanti dalla dichiarazione scade oltre il 31 dicembre dell'anno in cui la dichiarazione è presentata, per le somme che risultano dovute a seguito dell'attività di liquidazione prevista dall'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nonché del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto d'imposta per le somme che risultano dovute ai sensi degli articoli 19 e 20 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;».

40. La lettera a) dell'articolo 25, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, è sostituita dalla seguente: «a) del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ovvero a quello di scadenza del versamento dell'unica o ultima rata se il termine per il versamento delle somme risultanti dalla dichiarazione scade oltre il 31 dicembre dell'anno in cui la dichiarazione è presentata, per le somme che risultano dovute a seguito dell'attività di liquidazione prevista dall'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nonché del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto d'imposta per le somme che risultano dovute ai sensi degli articoli 19 e 20 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;».

41. Nel comma 1 degli articoli 19 e 20 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole «iscrivendo a ruolo o rimborsando le maggiori o le minori imposte entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto d'imposta» sono sostituite dalle seguenti «iscrivendo a ruolo le maggiori imposte dovute ovvero rimborsando quelle spettanti».

41. Nel comma 1 degli articoli 19 e 20 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole «iscrivendo a ruolo o rimborsando le maggiori o le minori imposte entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto d'imposta» sono sostituite dalle seguenti «iscrivendo a ruolo le maggiori imposte dovute ovvero rimborsando quelle spettanti».

 

 

Il comma 40 dell’articolo 37, che sostituisce la lettera a) del comma 1 dell’articolo 25 (“Cartella di pagamento”) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602[347], detta disposizioni in merito ai termini di notifica delle cartelle di pagamento.

 

La disciplina pregressa prevedeva che il concessionario della riscossione notificasse la cartella di pagamento[348] al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato entro il termine perentorio del 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi, relativamente alle somme dovute a seguito dell’attività di liquidazione delle imposte, contributi e premi dovuti, nonché dei rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta[349].

 

Per effetto della nuova normativa, il predetto obbligo del concessionario della riscossione è esteso alla fattispecie del mancato pagamento di eventuali rate in cui è articolato il versamento delle somme dovute dal contribuente.

Pertanto, si impone al concessionario della riscossione di notificare, a pena di decadenza, la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di scadenza del versamento dell’unica o ultima rata, qualora il termine per il versamento delle somme risultanti dalla dichiarazione scada oltre il 31 dicembre dell’anno in cui la dichiarazione è presentata.

 

È altresì previsto che il concessionario della riscossione debba eseguire le notifiche delle cartelle di pagamento entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto d’imposta, relativamente alle somme, soggette a tassazione separata, erogate a titolo di indennità di fine rapporto (articolo 19 del D.P.R. n. 917 del 1986 - TUIR) e di prestazione pensionistica complementare (articolo 20 del D.P.R. n. 917 del 1986 - TUIR).

 

Il comma 41 inserisce una modifica ai citati articoli 19, comma 1, e 20, comma 1, del TUIR al fine di coordinare queste ultime disposizioni con le correzioni apportate dal comma 40.

Viene pertanto abrogata la previsione del 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto d’imposta precedentemente fissata come termine ultimo entro il quale gli uffici dovevano rispettivamente iscrivere a ruolo e rimborsare le maggiori o le minori imposte applicate all’indennità di fine rapporto o alle prestazioni pensionistiche complementari.

 


Articolo 37, comma 42
(Termini per iscrizioni a ruolo)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

42. All'articolo 2 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462:

42. Identico.

a) al comma 1 le parole «, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione» sono soppresse;

 

b) è abrogato il comma 1-bis.

 

 

 

Il comma 42 dell’articolo 37 apporta due modificazioni testuali all'articolo 2 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462[350].

 

In particolare, il comma 1 di tale articolo prevedeva, nella formulazione originaria, che le somme che, in esito ai controlli automatici o ai controlli degli uffici, effettuati ai sensi degli artt. 36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 [351] e 54-bis del D.P.R. 29 settembre 1972, n. 633 [352], risultavano dovute a titolo di imposta, ritenute, contributi e premi o di minori crediti già utilizzati, nonché di interessi e di sanzioni per ritardato o omesso versamento, erano iscritte direttamente nei ruoli a titolo definitivo, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.

La natura - ordinatoria o perentoria - del suddetto termine era controversa e la novella recata dal comma 42 in esame a tale disposizione provvede a risolvere i contrasti interpretativi insorti tra pubblica amministrazione e giurisprudenza, sopprimendo le parole "entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione".

Ne consegue che tali somme potranno ora essere iscritte a ruolo entro i più ampi termini ordinari.

 

Coerentemente con la soppressione del riferimento al suddetto termine nel comma 1, la disposizione in esame abroga il comma 1-bis, in virtù del quale "se i termini per il versamento delle somme di cui al comma 1 sono fissati oltre il 31 dicembre dell'anno in cui è presentata la dichiarazione, l'iscrizione a ruolo a titolo definitivo è eseguita entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui è previsto il versamento dell'unica o ultima rata".

 

L’art. 36-bis del D.P.R n. 600 del 1973 reca la disciplina delle liquidazioni delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni. Esso prevede che l'amministrazione finanziaria, avvalendosi di procedure automatizzate, procede, entro l'inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all'anno successivo, alla liquidazione delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti, nonché dei rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d'imposta (comma 1).

Sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell'anagrafe tributaria, l'Amministrazione finanziaria provvede a:

a) correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione degli imponibili, delle imposte, dei contributi e dei premi;

b) correggere gli errori materiali commessi dai contribuenti nel riporto delle eccedenze delle imposte, dei contributi e dei premi risultanti dalle precedenti dichiarazioni;

c) ridurre le detrazioni d'imposta indicate in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni;

d) ridurre le deduzioni dal reddito esposte in misura superiore a quella prevista dalla legge;

e) ridurre i crediti d'imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalla dichiarazione;

f) controllare la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti a titolo di acconto e di saldo e delle ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d'imposta (comma 2). Se vi è pericolo per la riscossione, l'ufficio può provvedere, anche prima della presentazione della dichiarazione annuale, a controllare la tempestiva effettuazione dei versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti a titolo di acconto e di saldo e delle ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d'imposta (comma 2 bis).

Quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, ovvero dai controlli eseguiti dall'ufficio ai sensi della disposizione di cui sopra, emerge un'imposta o una maggiore imposta, l'esito della liquidazione è comunicato al contribuente o al sostituto d'imposta per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali. Qualora a seguito della comunicazione il contribuente o il sostituto di imposta rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi, lo stesso può fornire i chiarimenti necessari all'amministrazione finanziaria entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione (comma 3).

I dati contabili risultanti dalla liquidazione prevista nel presente articolo si considerano, a tutti gli effetti, come dichiarati dal contribuente e dal sostituto d'imposta (comma 4).

 

L’art. 54 bis del D.P.R n. 633 del 1972 reca la disciplina della liquidazione dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) dovuta in base alle dichiarazioni.Esso dispone che l'amministrazione finanziaria, avvalendosi di procedure automatizzate procede, entro l'inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all'anno successivo, alla liquidazione dell'imposta dovuta in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti (comma 1).

Sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell'anagrafe tributaria, l'amministrazione finanziaria provvede a:

a) correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione del volume d'affari e delle imposte;

b) correggere gli errori materiali commessi dai contribuenti nel riporto delle eccedenze di imposta risultanti dalle precedenti dichiarazioni;

c) controllare la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti dell'imposta risultante dalla dichiarazione annuale a titolo di acconto e di conguaglio nonché dalle liquidazioni periodiche (comma 2).

Se vi è pericolo per la riscossione, l'ufficio può provvedere, anche prima della presentazione della dichiarazione annuale, a controllare la tempestiva effettuazione dei versamenti dell'imposta (comma 2-bis).

Quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, ovvero, dai controlli eseguiti dall'ufficio ai sensi della sopra citata disposizione, emerge un imposta o una maggiore imposta, l'esito della liquidazione è comunicato al contribuente, nonché per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali. Qualora a seguito della comunicazione il contribuente rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi, lo stesso può fornire i chiarimenti necessari all'amministrazione finanziaria entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione (comma 3).

I dati contabili risultanti dalla liquidazione prevista dal presente articolo si considerano, a tutti gli effetti, come dichiarati dal contribuente (comma 4).

 


Articolo 37, comma 43
(Iscrizione a ruolo e rimborsi delle imposte
relative a redditi soggetti a tassazione separata)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

43. Per le indennità di fine rapporto di cui all'articolo 19 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nonché per le altre indennità e somme e per le indennità equipollenti ivi indicate, e per le prestazioni pensionistiche di cui all'articolo 20 del medesimo decreto, corrisposte a decorrere dal 1o gennaio 2003 e fino al 31 dicembre 2005, non si procede all'iscrizione a ruolo ed alla comunicazione di cui all'articolo 1, comma 412, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, né all'effettuazione di rimborsi, se l'imposta rispettivamente a debito o a credito è inferiore a cento euro.

43. Per le indennità di fine rapporto di cui all'articolo 19 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nonché per le altre indennità e somme e per le indennità equipollenti ivi indicate, e per le prestazioni pensionistiche di cui all'articolo 20 del medesimo decreto, corrisposte a decorrere dal 1o gennaio 2003 e fino al 31 dicembre 2005, non si procede all'iscrizione a ruolo ed alla comunicazione di cui all'articolo 1, comma 412, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, né all'effettuazione di rimborsi, se l'imposta rispettivamente a debito o a credito è inferiore a cento euro.

 

 

Il comma 43 dell’articolo 37 stabilisce che per le indennità di fine rapporto, per le altre indennità e somme e per le indennità equipollenti di cui all'art. 19 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e per le prestazioni pensionistiche di cui all'art. 20 dello stesso decreto, che siano state corrisposte tra il 1° gennaio 2003 ed il 31 dicembre 2005, non si procede all'iscrizione a ruolo ed alla comunicazione da parte dell'Agenzia delle entrate dell'esito dell'attività di liquidazione, relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata, né all'effettuazione di rimborsi, se l'imposta rispettivamente a debito o a credito è inferiore a 100 euro.

 


Articolo 37, comma 44
(Notifiche per i condoni)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

44. La notifica delle cartelle di pagamento conseguenti alle iscrizioni a ruolo previste dagli articoli 7, 8, 9, 14, 15 e 16, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, è eseguita, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre 2008. Entro il medesimo termine è eseguita la notifica delle cartelle di pagamento relativa alle dichiarazioni di cui all'articolo 36, comma 2, lettere a) e b) del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, nei confronti dei contribuenti che hanno presentato dichiarazioni o effettuato versamenti ai sensi dell'articolo 9-bis della citata legge n. 289 del 2002.

44. La notifica delle cartelle di pagamento conseguenti alle iscrizioni a ruolo previste dagli articoli 7, 8, 9, 14, 15 e 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, è eseguita, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre 2008. Entro il medesimo termine è eseguita la notifica delle cartelle di pagamento relativa alle dichiarazioni di cui all'articolo 36, comma 2, lettere a) e b) del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, nei confronti dei contribuenti che hanno presentato dichiarazioni o effettuato versamenti ai sensi dell'articolo 9-bis della citata legge n. 289 del 2002.

 

 

Il comma 44 dell’articolo 37 stabilisce il termine finale per la notifica delle cartelle di pagamento per i contribuenti che si sono avvalsi degli istituti definitorî consentiti dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003), ma che non hanno adempiuto integralmente al pagamento degli importi ivi previsti, al fine di effettuare con puntualità la verifica degli inadempimenti previsti ed evitare, conseguentemente, iscrizioni a ruolo erronee o infondate.

 

In particolare, la disposizione in questione prevede che le amministrazioni dovranno, a pena di decadenza, procedere alla notifica delle cartelle di pagamento conseguenti alle iscrizioni a ruolo previste agli artt. 7, 8, 9, 14, 15 e 16 della legge n. 289 del 2002 entro il termine del 31 dicembre 2008.

 

L’articolo 7 della legge n. 289 del 2002 interviene in materia di definizione automatica di redditi di impresa e di lavoro autonomo per gli anni pregressi mediante autoliquidazione.

Il successivo articolo 8 interviene in materia di integrazione degli imponibili per gli anni pregressi.

L’articolo 9 interviene in materia di definizione per gli anni pregressi delle imposte dovute.

L’articolo 14 interviene in materia di regolarizzazione delle scritture contabili.

L’articolo 15 interviene in materia di Definizione degli accertamenti, degli atti di contestazione, degli avvisi di irrogazione delle sanzioni, degli inviti al contraddittorio e dei processi verbali di constatazione.

 

Entro il medesimo termine dovrà essere eseguita la notifica delle cartelle di pagamento per le somme che risultano dovute a seguito dell'attività di liquidazione delle dichiarazioni di cui all'art. 36, comma 2, lettere a) e b) del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, nei confronti dei contribuenti che hanno presentato dichiarazioni o effettuato versamenti ai sensi dell'art. 9-bis della medesima legge n. 289 del 2002.

 

L’articolo 36, comma 2, lettere a) e b) del decreto legislativo 26 febbraio 1999 n. 46 prevede che, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento è notificata entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, relativamente alle dichiarazioni presentate negli anni 2002 e 2003 e del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione relativamente alle dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2001.

L’articolo 9-bis della legge n. 289 del 2002 interviene in materia di definizione dei ritardati od omessi versamenti.


Articolo 37, commi 45 e 46
(Nuove disposizioni in materia di ammortamento dei beni immateriali)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

45. All'articolo 103, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

45. All'articolo 103, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel primo periodo, le parole «a un terzo del costo» sono sostituite dalle parole «al 50 per cento del costo»;

a) identica;

b) nel secondo periodo, le parole «un decimo del costo» sono sostituite dalle seguenti: «un diciottesimo del costo».

b) identica.

46. Le disposizioni del comma precedente si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto anche per le quote di ammortamento relative ai costi sostenuti nel corso dei periodi di imposta precedenti. In riferimento ai brevetti industriali, la disposizione del comma precedente, lettera a), si applica limitatamente ai brevetti registrati dalla data di entrata in vigore del presente decreto ovvero nei cinque anni precedenti.

46. Le disposizioni del comma 45 si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto anche per le quote di ammortamento relative ai costi sostenuti nel corso dei periodi di imposta precedenti. In riferimento ai brevetti industriali, la disposizione del comma 45, lettera a), si applica limitatamente ai brevetti registrati dalla data di entrata in vigore del presente decreto ovvero nei cinque anni precedenti.

 

 

Il comma 45 dell’articolo 37 modifica il comma 1, dell’articolo 103 (“Ammortamento dei beni immateriali”) del testo unico delle imposte sui rediti (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

L’ammortamento, dal punto di vista fiscale, consiste nel procedimento tecnico-contabile attraverso il quale si effettua la ripartizione in più esercizi del costo di acquisizione di un bene avente utilità pluriennale.

Il menzionato articolo 103 del TUIR detta una specifica disciplina in materia di ammortamento dei beni immateriali (quali, a titolo esemplificativo, brevetti industriali, marchi, utilizzazione di opere dell’ingegno, avviamento[353]).

Per effetto delle modifiche qui illustrate, si aumentano da un terzo alla metà le quote di ammortamento del costo di alcuni beni immateriali che possono essere portate in deduzione dalla base imponibile determinata ai fini del calcolo dell’imposta sul reddito delle società (IRES).

 

I beni immateriali in questione sono i diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno[354], dei brevetti industriali[355], dei processi, formule e informazioni relative ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico.

 

Secondo la relazione governativa, le modifiche in esame permettono di dedurre in un lasso temporale più breve il costo dei diritti di utilizzazione dei beni immateriali suddetti, “allo scopo di incentivare gli investimenti in nuove tecnologie”.

 

Inoltre, si riduce da un decimo ad un diciottesimo del costo il limite massimo di deducibilità delle quote di ammortamento relative al costo dei marchi d’impresa[356].

 

Il comma 46 prevede che le disposizioni del comma 45 si applichino a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto (4 luglio 2006), anche in riferimento alle quote di ammortamento relative ai costi sostenuti nel corso dei precedenti periodi di imposta.

Invece, relativamente ai brevetti industriali, la nuova disposizione opera soltanto per i brevetti registrati a partire dalla data di entrata in vigore del decreto, oltre che per quelli registrati nei cinque anni precedenti.


Articolo 37, commi 47 e 48
(Deducibilità extra-contabile delle spese
relative a studi e ricerche di sviluppo)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

47. All'articolo 109, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il secondo periodo della lettera b) è sostituito dal seguente: «Gli ammortamenti dei beni materiali e immateriali, le altre rettifiche di valore, gli accantonamenti, le spese relative a studi e ricerche di sviluppo e le differenze tra i canoni di locazione finanziaria di cui all'articolo 102, comma 7, e la somma degli ammortamenti dei beni acquisiti in locazione finanziaria e degli interessi passivi che derivano dai relativi contratti imputati a conto economico sono deducibili se in un apposito prospetto della dichiarazione dei redditi è indicato il loro importo complessivo, i valori civili e fiscali dei beni, delle spese di cui all'articolo 108, comma 1, e dei fondi.».

47. All'articolo 109, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il secondo periodo della lettera b) è sostituito dal seguente: «Gli ammortamenti dei beni materiali e immateriali, le altre rettifiche di valore, gli accantonamenti, le spese relative a studi e ricerche di sviluppo e le differenze tra i canoni di locazione finanziaria di cui all'articolo 102, comma 7, e la somma degli ammortamenti dei beni acquisiti in locazione finanziaria e degli interessi passivi che derivano dai relativi contratti imputati a conto economico sono deducibili se in un apposito prospetto della dichiarazione dei redditi è indicato il loro importo complessivo, i valori civili e fiscali dei beni, delle spese di cui all'articolo 108, comma 1, e dei fondi.».

48. Le disposizioni del comma 47 si applicano alle spese relative a studi e ricerche di sviluppo sostenute a decorrere dal periodo di imposta successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto.

48.Identico.

 

 

Il comma 47 dell’articolo 37 modifica la lettera b) del comma 4 dell’articolo 109 (“Norme generali sui componenti del reddito d’impresa”) del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917[357].

La disposizione oggetto della modifica reca l’elenco degli elementi negativi di reddito che, pur non risultando inseriti nel conto economico[358] del bilancio societario relativo al periodo fiscale di riferimento, possono essere comunque, in via derogatoria, portati in deduzione dalla base imponibile determinata ai fini del calcolo dell’imposta sul reddito delle società (IRES, l’ex IRPEG), in applicazione del principio del c.d. disinquinamento del bilancio.

 

In particolare, il secondo periodo della citata lettera b) rendeva deducibili gli ammortamenti dei beni materiali e immateriali, le altre rettifiche di valore, gli accantonamenti e le differenze tra i canoni di locazione finanziaria e la somma degli ammortamenti dei beni acquisiti in locazione finanziaria e degli interessi passivi che derivano dai relativi contratti imputati a conto economico se in apposito prospetto della dichiarazione dei redditi risulta indicato il loro importo complessivo, nonché i valori civili e fiscali dei beni e quelli dei fondi.

 

Per effetto della modifica apportata dal presente comma 47, anche le spese relative a studi e ricerche di sviluppo[359] potranno essere oggetto della disposizione sopra richiamata.

 

Il principio contabile nazionale n. 24 – pur sottolineando l’esistenza di difficoltà interpretative – precisa che la ricerca di base è costituita dall’insieme di studi, esperimenti, indagini e ricerche prive di specifica generalità, da considerarsi di utilità generica per l’impresa.

La ricerca applicata consiste invece nell’insieme di studi, esperimenti ed indagini che si riferiscono direttamente alla possibilità e utilità di realizzare un progetto.

Lo sviluppo consiste nell’applicazione dei risultati della ricerca o di altre conoscenze possedute o acquisite in un progetto o programma, ai fini della produzione di materiali, strumenti, prodotti, processi, servizi o sistemi nuovi o sostanzialmente migliorati, prima dell’inizio della riduzione, commercializzazione o utilizzazione.

 

Il comma 48 prevede che le disposizioni del comma 47 si applichino alle spese relative a studi e ricerche di sviluppo sostenute a decorrere dal periodo di imposta successivo alla data di entrata in vigore del decreto (4 luglio 2006), ossia dal 1° gennaio 2007, per i soggetti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare.

 


Articolo 37, comma 49
(Modalità telematiche per i versamenti IVA)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

49. A partire dal 1o ottobre 2006, i soggetti titolari di partita IVA sono tenuti ad utilizzare, anche tramite intermediari, modalità di pagamento telematiche delle imposte, dei contributi e dei premi di cui all'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e delle entrate spettanti agli enti ed alle casse previdenziali di cui all'articolo 28, comma 1, dello stesso decreto legislativo n. 241 del 1997.

49. Identico.

 

 

Il comma 49 dell’articolo 37 prevede che, a decorrere dal 1º ottobre 2006, i titolari di partita IVA effettuino i propri versamenti fiscali e previdenziali esclusivamente con modalità telematiche. La trasmissione può avvenire anche attraverso intermediari.

 

Le nuove procedure riguardano i versamenti relativi a tributi di cui all'art. 17, comma 2 del D.Lgs n. 241 del 1997, quali:

-        imposte sui redditi, relative addizionali e ritenute alla fonte;

-        imposta sul valore aggiunto e relativi versamenti mensili;

-        imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell’Iva;

-        imposta regionale sulle attività produttive e addizionale regionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche;

-        contributi previdenziali e assistenziali;

-        premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro;

-        altre entrate individuate con decreto del Ministro delle finanze (fra cui le tasse automobilistiche e le entrate di competenza dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato);

-        credito d’imposta spettante agli esercenti le sale cinematografiche.

 

La stessa disposizione relativa al pagamento telematico si applica anche alle entrate spettanti agli enti ed alle casse previdenziali di cui all'art. 28, comma 1 dello stesso D.Lgs n. 241 del 1997, ossia:

-        l'INAIL;

-        l'Ente nazionale per la previdenza;

-        l'Ente nazionale per la previdenza e l'assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS);

-        l'Istituto nazionale per la previdenza per i dirigenti di aziende industriali (INPDAI);

-        altri enti e casse previdenziali individuati con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri del tesoro e del lavoro e della previdenza sociale.

 

Con il decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, è stato avviato, un processo di riforma che ha semplificato le modalità e i termini di effettuazione del versamento delle imposte, delle tasse, dei contributi e dei premi previdenziali e assistenziali.

Prima dell'intervento del decreto legislativo n. 241 del 9 luglio 1997 i versamenti avevano scadenze diverse ed inoltre i moduli di pagamento erano diversi a seconda che il contribuente fosse o meno titolare di partita Iva. Le imposte potevano essere versate esclusivamente presso il concessionario, banca o posta del luogo in cui il contribuente aveva il domicilio fiscale.

Oggi invece, sono previsti solo due modelli di versamento (modelli F23 e F24) utilizzabili da tutti (persone fisiche e società, ad eccezione delle sole amministrazioni pubbliche) e presentabili presso gli sportelli di qualsiasi intermediario della riscossione (banche, poste, concessionari) indipendentemente dal domicilio fiscale di chi esegue il pagamento.

 

Questo sistema di pagamento c.d. "unificato" (modello F24)ha introdotto il pagamento rateale e la possibilità di compensare debiti e crediti, tutto ad un'unica scadenza mensile (il 16 di ogni mese), affiancando al tradizionale sistema di pagamento nuove forme che tengono conto delle innovazioni tecnologiche informatiche. È possibile, infatti, pagare le imposte e i contributi anche in via telematica, direttamente o per il tramite di intermediari abilitati (professionisti, CAF, etc.).

Al pagamento telematico delle imposte sono ammessi tutti i contribuenti (persone fisiche e società) abilitati al servizio telematico Entratel o Fisconline (a seconda dei requisiti posseduti ai fini della trasmissione delle dichiarazioni fiscali), purché siano titolari di un conto corrente aperto presso una delle banche convenzionate con l'Agenzia delle Entrate.

Anche coloro che risiedono fuori dal territorio nazionale e che non sono titolari di conti correnti presso banche in Italia o presso le Poste Italiane S.p.A., possono effettuare i versamenti attraverso una banca estera, a favore di una corrispondente banca nazionale.

 

La relazione generale specifica che l'obiettivo del comma in esame è quello di rendere più efficiente la gestione di tali versamenti, tenuto conto che le tecnologie informatiche dei soggetti coinvolti dal nuovo obbligo consentono, comunque, l'adempimento.

 


Articolo 37, comma 50
(Interessi anatocistici)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

50. Gli interessi previsti per il rimborso di tributi non producono in nessun caso interessi ai sensi dell'articolo 1283 del codice civile.

50. Identico.

 

 

Il comma 50 esclude la possibilità di corresponsione di interessi anatocistici sui rimborsi di tributi. Gli interessi dovuti sui tributi rimborsati sono, quindi, dovuti nella misura stabilita dalla singola legge d’imposta.

 

In particolare viene stabilito che gli interessi dovuti nel caso di rimborso di tributi non producono interessi ai sensi dell'articolo 1283 del codice civile.

 

Il richiamato articolo del codice civile regola la maturazione e la corresponsione degli interessi prodotti sugli interessi scaduti (interessi anatocistici).

L’articolo 1283 del codice civile, prevede, in particolare, che in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi.

 


Articolo 37, comma 51
(Abrogazione della programmazione fiscale
e dell’adeguamento dei redditi dei periodi di imposta precedenti)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

51. Sono abrogate le disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 499 da 518, nonché del comma 519, secondo periodo, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

51. Sono abrogate le disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 499 a 518, nonché del comma 519, secondo periodo, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

 

 

Il comma 51 dell’articolo 37 sopprime gli istituti della programmazione fiscale e dell’adeguamento dei redditi dei periodi di imposta precedenti, introdotti nell'ordinamento dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006), e mai resi operativi. A tal fine dispone l'abrogazione dell'articolo 1, commi da 499 a 518, nonché del secondo periodo del comma 519 della suddetta legge finanziaria 2006. Resta ferma pertanto l'abrogazione della pianificazione fiscale concordata (PFC, introdotta dalla legge finanziaria del 2005), come disposta dall'articolo 1, comma 519, primo periodo della legge finanziaria 2006, che non è toccato dal comma in esame.

La programmazione fiscale

I commi da 499 a 509 dell'articolo 1 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006), regolano l'istituto della programmazione fiscale. La programmazione avrebbe dovuto coprire il triennio 2006-2008 e riguardare, con alcune esclusioni, i titolari di reddito d'impresa e di lavoro autonomo nei cui confronti si applicano gli studi di settore o i parametri accertativi.

La programmazione fiscale si sarebbe dovuta perfezionare con il consenso del contribuente, da manifestare entro il 16 ottobre 2006, ove questi avesse accettato la proposta di definizione della base imponibile avanzata dall’Amministrazione finanziaria. La proposta avrebbe dovuto essere formulata al singolo contribuente sulla base di elaborazioni operate dall’anagrafe tributaria, tenendo conto dei fattori espressamente elencati[360]. La proposta avrebbe anche potuto essere definita in contraddittorio, qualora il contribuente fosse stato in grado di documentare la non correttezza dei dati contabili e strutturali presi a base per la formulazione della proposta.

L’adesione alla programmazione fiscale avrebbe determinato in via preventiva, per un triennio, la base imponibile caratteristica dell’attività svolta, comportando, nel contempo, la riduzione dell’imposizione fiscale e contributiva per gli importi eccedenti la base imponibile programmata[361]. Altro importante effetto dell’adesione era l’inibizione di poteri di rettifica del reddito di impresa dichiarato. Era infine prevista la decadenza dai benefici, in conseguenza di comportamenti espressamente indicati.

L’adeguamento dei redditi dei periodi di imposta precedenti

Contestualmente alla proposta per la programmazione avrebbe dovuto essere presentata anche una proposta per la definizione del biennio 2003-2004, relativamente alle dichiarazioni presentate entro il 31 ottobre 2005 (commi 510-518 del citato articolo 1 della legge n. 266 del 2005). Tale proposta di adeguamento sarebbe stata valida ai fini delle imposte sui redditi (limitatamente ai redditi di impresa e di lavoro autonomo), dell'IVA e dell'IRAP e avrebbe dovuto essere formulata sulla base dei maggiori ricavi o compensi risultanti dalle elaborazioni effettuate dall’anagrafe tributaria in sede di formulazione della proposta individuale di programmazione fiscale.

L’accettazione della proposta avrebbe comportato l'applicazione di un'imposta sostitutiva pari al 28 per cento per i soggetti IRES e al 23 per cento per i soggetti IRPEF, sui maggiori ricavi indicati nella proposta di adeguamento dall'Agenzia delle entrate, e il pagamento dell’IVA nella misura determinata applicando, all’ammontare dei maggiori ricavi o compensi, l’aliquota media risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d’affari dichiarato. L’accettazione della proposta avrebbe limitato l’azione accertatrice da parte dell’amministrazione finanziaria[362].

L’adeguamento si sarebbe perfezionato con il versamento degli importi definiti, entro il 16 ottobre 2006. Era ammesso il versamento rateale (prima rata 16 ottobre 2006, seconda rata 16 dicembre 2006) qualora gli importi complessivamente da versare avessero ecceduto il limite di 10.000 euro per le società di capitali e di 5.000 euro per gli altri soggetti.

 

L'istituto della programmazione riprendeva, con alcune modifiche, quello della pianificazione fiscale concordata (PFC) introdotto dalla legge finanziaria del 2005 (legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 387-398). Si trattava, in entrambi i casi, di un meccanismo avente ad oggetto la definizione anticipata dei redditi relativi ad un periodo triennale, permettendo in tal modo ai soggetti che se ne avvalevano una pianificazione della variabile fiscale e garantendo all'erario un introito certo per quel periodo (commi 499-509). Nuova risultava invece la proposta di adeguamento per gli anni precedenti contestuale alla programmazione (commi 510-518). A tale riguardo occorre sottolineare che la disciplina della PFC, che non è mai stata applicata, è stata abrogata dal primo periodo del comma 519 della legge finanziaria 2006.


Articolo 37, comma 52
(Comitati di gestione delle Agenzie fiscali)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

52. Alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 67 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, le parole «un numero massimo di» sono soppresse.

52. Identico.

 

 

Il comma 52 dell’articolo 37, che novella l’articolo 67, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, reca disposizioni relative ai comitati di gestione delle Agenzie fiscali, stabilendo che tali comitati devono essere composti di sei membri, anziché da un numero massimo di sei membri, come stabiliva la normativa previgente, la quale consentiva una composizione ridotta dei comitati.


Articolo 37, commi 53-55
(Dichiarazioni, comunicazioni e versamenti ICI.
Base dei dati catastali)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

53. A decorrere dall'anno 2007, è soppresso l'obbligo di presentazione della dichiarazione ai fini dell'imposta comunale sugli immobili (ICI), di cui all'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ovvero della comunicazione prevista dall'articolo 59, comma 1, lettera l), n. 1), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446. Restano fermi gli adempimenti attualmente previsti in materia di riduzione dell'imposta.

53. A decorrere dall'anno 2007, è soppresso l'obbligo di presentazione della dichiarazione ai fini dell'imposta comunale sugli immobili (ICI), di cui all'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ovvero della comunicazione prevista dall'articolo 59, comma 1, lettera l), n. 1), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446. Restano fermi gli adempimenti attualmente previsti in materia di riduzione dell'imposta. Fino alla data di effettiva operatività del sistema di circolazione e fruizione dei dati catastali, da accertare con provve­dimento del direttore dell'Agenzia del territorio, rimane in vigore l'obbligo di presentazione della dichiarazione ai fini dell'ICI, di cui all'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ovvero della comunicazione prevista dall'articolo 59, comma 1, lettera l), n. 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

54. In attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 59, comma 7-bis, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, come modificato dal decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 159, la circolazione e la fruizione della base dei dati catastali gestita dall'Agenzia del territorio deve essere assicurata entro il 31 dicembre 2006. Relativamente alle regioni, alle province e ai comuni i costi a loro carico per la circolazione e fruizione della base dei dati catastali sono unicamente quelli di connessione.

54. Identico.

55. L'imposta comunale sugli immobili può essere liquidata in sede di dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi ed è versata con le modalità del Capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sentita la conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono definiti i termini e le modalità per l'attuazione delle disposizioni contenute nel presente comma.

55. L'imposta comunale sugli immobili può essere liquidata in sede di dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e può essere versata con le modalità del Capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sentita la conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono definiti i termini e le modalità per l'attuazione delle disposizioni contenute nel presente comma.

 

 

I commi 53 e 55 dell’articolo 37 recano modifiche alle disposizioni relative alle dichiarazioni e comunicazioni dovute dal contribuente in materia di imposta comunale sugli immobili (ICI).

 

La relazione al provvedimento specifica che tali disposizioni sono volte alla semplificazione e riduzione degli adempimenti amministrativi posti a carico dei contribuenti, anche al fine di rendere più agevole per gli enti locali l’acquisizione delle informazioni relative alle variazioni che comportano una diversa determinazione dell’imponibile ICI.

 

In particolare, il comma 53 è volto, secondo la sopra citata relazione, ad eliminare la duplicazione di adempimenti gravanti sui contribuenti circa la dichiarazione degli immobili posseduti ai fini dell’ICI. A tal fine il comma dispone che, a decorrere dal 2007, sia soppresso l'obbligo di presentazione della dichiarazione ai fini dell'ICI di cui all'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1992[363], ovvero della comunicazione prevista dall'articolo 59, comma 1, lettera l), numero 1) del decreto legislativo n. 446 del 1997[364].

 

Il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 - all'articolo 10, comma 4 - prevede che i soggetti passivi dell'ICI dichiarino gli immobili posseduti nel territorio dello Stato, su apposito modulo, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all'anno in cui il possesso ha avuto inizio. Tale dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi, purché non si verifichino modificazioni dei dati e degli elementi dichiarati, nel qual caso il soggetto è tenuto a denunciare le modificazioni intervenute, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all'anno in cui le modificazioni si sono verificate.

 

Il decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 - all'articolo 59, reca disposizioni sulla potestà regolamentare dei comuni in materia di imposta comunale sugli immobili. In particolare, il comma 1, lettera l), numero 1) - prevede che i comuni possano definire con proprio regolamento le condizioni di comunicazione relativa agli immobili posseduti, oppure qualora si verifichino modificazioni degli elementi dichiarati che determinino una diversa misura dell’imponibile. Secondo la disposizione richiamata la sostituzione della denuncia con una comunicazione mira a razionalizzare il procedimento di accertamento, anche al fine di ridurre gli adempimenti dei contribuenti e potenziare l'attività di controllo sostanziale.

 

L’obbligo di presentazione della dichiarazione di cui all’art. 10, comma 4, del D.Lgs. n. 502, ovvero della comunicazione di cui all’art. 59, comma 1, lett. l), n. 1), del D.Lgs. n. 446 sopra citati è soppresso, poiché, secondo quanto indicato nella relazione generale, analoghe informazioni sono fornite in occasione della presentazione della dichiarazione dei redditi.

 

Lo stesso comma 53, al secondo periodo, come introdotto in sede di esame al Senato, dispone che l’obbligo di dichiarazione, ovvero della comunicazione, di cui sopra, rimane in vigore fino alla data di effettiva operatività del sistema di circolazione e fruizione dei dati catastali, da accertarsi con provvedimento direttoriale dell’Agenzia del territorio (cfr. il successivo comma 54).

 

Il comma 54 dispone che - in attuazione dell'articolo 59, comma 7-bis, del D.Lgs. n. 82 del 2005[365]- la circolazione e la fruizione della base dei dati catastali dell'Agenzia del territorio deve essere assicurata entro la fine dell'esercizio 2006.

 

Il comma 7-bis dell’articolo 59 del D.Lgs. n. 82 del 2005, come introdotto dal D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159[366], stabilisce che la base dei dati catastali gestita dall’Agenzia del territorio rientra nell’ambito dei dati territoriali di interesse nazionale. Per garantire la circolazione e la fruizione dei dati catastali, il direttore dell'Agenzia del territorio, di concerto con il Comitato per le regole tecniche sui dati territoriali delle pubbliche amministrazioni e previa intesa con la Conferenza unificata, definisce con proprio decreto entro la data del 30 giugno 2006, in coerenza con le disposizioni che disciplinano il sistema pubblico di connettività, le regole tecnico economiche per l'utilizzo dei dati catastali per via telematica da parte dei sistemi informatici di altre amministrazioni.

 

Il comma 54 in esame sembrerebbe prevedere - implicitamente - un rinvio del termine per l'emanazione del decreto del Direttore dell'Agenzia del Territorio, già previsto per il 30 giugno 2006 ai sensi del richiamato articolo 59, comma 7-bis.

 

Il secondo periodo del comma stabilisce che - con l'eccezione degli oneri di connessione, che rimangono a carico degli enti - la circolazione e la fruizione dei dati catastali avviene senza oneri a carico delle autonomie territoriali.

 

Il comma 55, come emendato nel corso dell’esame al Senato, prevede la possibilità di effettuare la liquidazione dell'ICI in sede di dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e la possibilità di effettuare i versamenti con le modalità del capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241[367].

 

Il capo III del citato decreto legislativo prevede – all’articolo 17 - la possibilità di un versamento unitario, con compensazione, per i crediti ed i debiti relativi a:

-        imposte sui redditi, relative addizionali e ritenute alla fonte;

-        imposta sul valore aggiunto;

-        imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell’Iva;

-        imposta regionale sulle attività produttive e addizionale regionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche;

-        contributi previdenziali ed assistenziali;

-        premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro;

-        altre entrate individuate con decreto del Ministro delle finanze (fra cui le tasse automobilistiche e le entrate di competenza dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato);

-        credito d’imposta spettante agli esercenti le sale cinematografiche.

 

L’articolo 18 definisce i termini di versamento. L’articolo 19 è relativo alle modalità di versamento mediante delega ad una banca convenzionata (o all’Ente Poste Italiane), rinviando ad una convenzione approvata con decreto del Ministro delle finanze la definizione delle modalità di conferimento della delega e di svolgimento del servizio: gli adempimenti delle banche sono poi precisati dal successivo articolo 21. L’articolo 20 riguarda la possibilità di effettuare pagamenti rateali per le somme dovute a titolo di saldo e di acconto delle imposte e dei contributi dovuti dai soggetti titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate dall’Inps. L’articolo 22 demanda ad un’apposita struttura di gestione, individuata con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri del tesoro e del lavoro, la suddivisione delle somme tra gli enti destinatari. Il pagamento può essere effettuato anche con mezzi diversi dal contante (articolo 23). Gli articoli 24 e 25 dettano disposizioni per il periodo transitorio di prima applicazione; l’articolo 26 dispone sanzioni al concessionario in caso di minore versamento e di ritardato invio.

 

Si ricorda inoltre che l'art. 1, comma 2, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63[368], attribuisce al Ministro dell'economia e delle finanze l'individuazione delle modalità di riscossione, che prevedano anche sistemi di rateazione e di compensazione di entrate anche di natura non tributaria, o non erariale, anche degli enti non territoriali. In attuazione di quanto previsto dalla disposizione citata, il D.M. 21 maggio 2003 ha previsto che l'Agenzia delle entrate, sulla base di convenzioni preventivamente definite con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze, può riscuotere, secondo le modalità stabilite dal sopra commentato capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, entrate, anche di natura non tributaria, di competenza di enti pubblici, anche territoriali.

 

Il secondo periodo del comma demanda termini e modalità di attuazione delle disposizioni in esso contenute ad un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanarsi entro 120 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge (ovvero entro il 1° novembre 2006), sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

 

Secondo quanto indicato nella relazione generale, tale disposizione è coerente con il processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione delineato dal codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, e con gli obiettivi di incremento delle sinergie e dell’interoperabilità tra gli enti.

 


Articolo 37, comma 56
(Cartolarizzazioni)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

56. Al comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge 23 febbraio 2004, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2004, n. 104, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi:

56. Identico.

«Qualora le offerte in opzione siano inviate dagli enti gestori agli aventi diritto, dopo un intervallo di tempo superiore a sei mesi rispetto alla valutazione dell'Agenzia del territorio, i coefficienti di abbattimento da applicare dovranno essere quelli pubblicati in epoca immediatamente successiva alla data della valutazione stessa, al fine di garantire che il prezzo delle unità immobiliari offerte in opzione sia effettivamente corrispondente in termini reali ai valori di mercato del mese di ottobre 2001. I coefficienti di abbattimento sono calcolati e pubblicati fino a quelli relativi al secondo semestre 2005.».

 

 

 

Il comma 56 dell’articolo 37 novella l’articolo 1, comma 2, del D.L. 23 febbraio 2004, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2004, n. 104, in materia di prezzo di vendita degli immobili oggetto di cartolarizzazioni.

 

L’articolo 1 del D.L. n. 41 del 2004 definisce le modalità di determinazione del prezzo di vendita delle unità immobiliari ad uso residenziale, offerte in opzione ai conduttori che abbiano manifestato volontà di acquisto nel periodo compreso tra il 26 settembre 2001 e il 31 ottobre 2001, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Tale prezzo deve essere determinato sulla base dei valori di mercato del mese di ottobre 2001. Il comma 2, in particolare precisa che, il prezzo di vendita è fissato applicando, al prezzo determinato ai sensi del comma 7 dell'articolo 3 del D.L. n. 351 del 2001[369], coefficienti aggregati di abbattimento calcolati dall'Agenzia del territorio sulla base di eventuali aumenti di valore degli immobili tra la data della suddetta offerta in opzione ed i valori medi di mercato del mese di ottobre 2001, quali pubblicati dall'Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) e di altri parametri di mercato. I coefficienti aggregati di abbattimento vengono aggiornati ogni semestre con comunicato dell’Agenzia del territorio.

 

Il comma 56 - nell'inserire due periodi aggiuntivi al comma 2 dell’articolo 1, del D.L. n. 41 del 2004 - mira a garantire che il prezzo delle unità immobiliari offerte in opzione sia effettivamente corrispondente in termini reali ai valori di mercato del mese di ottobre 2001. A tal fine il primo dei due periodi aggiuntivi prevede che, qualora le offerte in opzione siano inviate agli aventi diritto, dopo un intervallo di tempo superiore a sei mesi rispetto alla valutazione dell’Agenzia del territorio, i coefficienti di abbattimento da applicare dovranno essere quelli pubblicati in epoca immediatamente successiva alla data della valutazione stessa.

Il secondo periodo stabilisce che i coefficienti di abbattimento sono calcolati e pubblicati fino a quelli relativi al secondo semestre 2005.


Articolo 37, comma 57
(Copertura finanziaria per il recepimento di direttiva comunitaria)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

57. Per la copertura delle minori entrate derivanti dall'emanazione dei decreti legislativi di recepimento della direttiva 2003/123/CE del Consiglio del 22 dicembre 2003, recante modifica alla direttiva 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, pari a 16 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007, a 13 milioni di euro per l'anno 2008, ed a 23 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009, si provvede, per l'anno 2006, mediante utilizzo delle risorse relative all'autorizzazione di spesa di cui alla legge 16 aprile 1987, n. 183, che, a tal fine, sono versate nell'anno stesso all'entrata del bilancio dello Stato, per gli anni 2007 e 2008, mediante corrispondente riduzione della predetta autorizzazione di spesa di cui alla legge 16 aprile 1987, n. 183, e per gli anni successivi mediante utilizzo di parte delle maggiori entrate recate dal presente decreto.

57. Identico.

 

 

Il comma 57 individua la copertura delle minori entrate derivanti dal recepimento della direttiva 2003/123/CE del Consiglio, del 22 dicembre 2003, che modifica alla direttiva 90/435/CEE inerente al trattamento fiscale delle società madri-figlie di Stati membri diversi, in via di recepimento da parte dello Stato italiano.

 

Si ricorda che la legge comunitaria 2005 (legge 25 gennaio 2006, n. 29), all’art. 1, commi 1 e 3, delega il Governo ad adottare entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della stessa legge, il decreto legislativo recante attuazione della direttiva in commento, inserita nell’all. B alla legge. Lo schema del decreto legislativo attuativo della suddetta direttiva, pertanto, dovrà essere trasmesso per il parere alle Camere.

 

Gli oneri sono indicati pari a 16 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007, 13 milioni di euro per il 2008 e 23 milioni di euro a decorrere dal 2009; le risorse di copertura sono individuate a carico del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie (legge n. 183 del 1987) per gli anni 2006, 2007, 2008 mediante utilizzo di parte delle maggiori entrate derivanti dal decreto-legge stesso a decorrere dal 2009.

 

Per quanto concerne il contenuto della direttiva 2003/123/CE, l’articolo 1 di questa modifica gli articoli 1, 2, 3, 4 e 5 della direttiva 90/435/CEE. Quest’ultima ha introdotto, in relazione ai pagamenti dei dividendi e ad altre distribuzioni di utili, norme comuni che intendono essere neutre sotto il profilo della concorrenza, esentando dalle ritenute alla fonte i dividendi e le altre distribuzioni di utili pagati dalle società figlie alle proprie società madri ed eliminando la doppia imposizione su tali redditi a livello di società madre.

Le modifiche apportate dalla direttiva 2003/123/CE sono di seguito sintetizzate. In particolare, all’articolo 1 della direttiva 90/453/CEE, circa l’ambito di applicazione, ove è contemplata la distribuzione degli utili percepita da società di uno Stato membro e provenienti dalle loro filiali di altri Stati membri, nonché la distribuzione degli utili effettuata da società di uno stato a società di altri Stati membri di cui esse sono filiali, la direttiva 2003/123 aggiunge le ipotesi relative alla distribuzione degli utili percepiti da stabili organizzazioni di società di altri Stati membri situate in uno Stato membro e provenienti dalle loro società figlie di uno Stato membro diverso da quello in cui è situata la stabile organizzazione, nonché alla distribuzione degli utili effettuata da società di uno Stato a stabili organizzazioni, situate in un altro Stato membro, di società del medesimo Stato membro di cui sono società figlie [370].

L’articolo 3 della direttiva 90/435/CEE definisce le nozioni di “società madre” e di “società figlia”, consentendo alcune facoltà di deroga agli ordinamenti degli Stati membri.

Allo scopo di estendere i vantaggi dell’applicazione delle disposizioni, la direttiva 2003/123 qualifica come “società madre” la società di uno Stato membro che detenga una partecipazione minima del 20 per cento nel capitale di una società di un altro Stato membro ovvero nel capitale di una società dello stesso Stato membro, parzialmente o totalmente attraverso una stabile organizzazione della prima società situata in un altro Stato membro. La percentuale di partecipazione minima sarà del 15 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2007, e del 10 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2009.

S’intende per "società figlia" la società nel cui capitale è detenuta la suddetta partecipazione.

L’articolo 4 della direttiva 90/435/CEE disciplina l’imposizione tributaria sugli utili che una società madre o la sua stabile organizzazione, in virtù del rapporto di partecipazione, riceve dalla società figlia in occasione diversa dalla liquidazione.

La direttiva 2003/123 prevede quindi che lo Stato della società madre e lo Stato della sua stabile organizzazione si astengano dal sottoporre tali utili ad imposizione, oppure, se li sottopongono ad imposizione, autorizzino la società madre o la sua stabile organizzazione a dedurre dalla propria imposta – entro i limiti dell'ammontare dell'imposta corrispondente dovuta – la frazione dell'imposta societaria, relativa ai suddetti utili, pagata dalla società figlia e da una sua sub-affiliata, a condizione che queste ultime, a ciascun livello, soddisfino i requisiti di cui agli articoli 2 e 3.

 

Allo scopo di far sì che gli Stati membri che trattano le società non residenti come trasparenti ai fini dell'imposizione concedano gli sgravi tributari appropriati per quanto attiene agli utili che costituiscono parte della base imponibile della società madre, viene inoltre precisato che lo Stato della società madre può comunque considerare una società figlia trasparente ai fini fiscali, in base alla valutazione delle sue caratteristiche giuridiche derivanti dalla legislazione in base alla quale la stessa è costituita, e sottoporre pertanto ad imposizione la quota degli utili della società figlia spettante alla società madre, se e quando tali utili sussistono. In questo caso lo Stato della società madre non può sottoporre ad imposizione gli utili distribuiti della società figlia. Quando verifica la quota degli utili della società figlia detenuta dalla società madre, lo Stato della società madre esenta detti utili oppure autorizza la società madre a dedurre dalla propria imposta – entro i limiti dell'ammontare dell'imposta corrispondente dovuta – la frazione dell'imposta societaria relativa alla quota degli utili detenuta dalla società madre e pagata dalla propria società figlia o da una sua sub-affiliata, a condizione che queste, a ciascun livello, soddisfino i requisiti di cui agli articoli 2 e 3 [371].

 

L’articolo 5 della direttiva 90/435/CEE viene poi modificato dalla direttiva 2003/123 prevedendosi che gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre siano esenti dalla ritenuta alla fonte[372].

Vengono abrogate le disposizioni transitorie di deroga, essendone oramai esaurito l’effetto.

L’allegato alla direttiva 90/435/CEE elenca le forme societarie rilevanti per l’applicazione della direttiva medesima.

La direttiva 2003/123, allo scopo di estenderne l’applicazione ad entità che possono svolgere attività transfrontaliere nella Comunità e che soddisfano tutti i requisiti stabiliti dalla direttiva, vi aggiunge le società costituite nelle forme statutarie della società europea e della società cooperativa europea.

Inoltre, tra le società di diritto italiano, risultano comprese le società per azioni, le società in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative, le società di mutua assicurazione, nonché gli enti pubblici e privati la cui attività è totalmente o principalmente commerciale.

L’articolo 2 stabilisce nel 1° gennaio 2005 il termine per l’adozione delle disposizioni di recepimento da parte degli Stati membri, prescrivendone, come consueto, la comunicazione alla Commissione.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Semplificazione IVA

Il 29 ottobre 2004 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte (COM(2004)728) relativo alla semplificazione e all’ammodernamento del sistema IVA che comprende:

§      una proposta di modifica della direttiva 77/388/CEE (“Sesta direttiva IVA”) con lo scopo di semplificare gli obblighi IVA;

§      una proposta di direttiva che disciplina il rimborso dell’IVA, già previsto dalla direttiva 777/388/CEE, per i soggetti di imposta che risiedono in un altro Stato membro;

§      una proposta di modifica del regolamento (CE) 1798/20031, allo scopo di introdurre modalità cooperazione tra le amministrazioni finanziarie nazionali coerenti con l’introduzione dello sportello unico e con le modifiche al sistema di rimborso IVA.

 

Il pacchetto di proposte, nell’ambito della procedura di consultazione,è stato esaminato dal Parlamento europeo in lettura unica il 7 settembre 2005, e ed è stato esaminato dal Consiglio il 5 e 7 giugno 2006

Lo scopo principale del pacchetto di proposte è quello di alleggerire l’onere amministrativo a carico dei soggetti che, in ragione della propria attività economica, devono assolvere obblighi IVA in un Paese diverso da quello nel quale risiedono. A tal fine, la Commissione individua sei misure:

§      l’introduzione di uno “sportello unico” per i soggetti di imposta non residenti;

§      la modernizzazione della procedura di rimborso IVA;

§      l’armonizzazione della gamma di beni e servizi per i quali gli Stati membri possono limitare il diritto alla deduzione dell’imposta;

§      l’estensione del meccanismo del c.d. reverse charge, in base al quale l’imposta deve essere assolta dal cliente, se soggetto IVA nello Stato in cui avviene la transazione, anziché dal prestatore del servizio o dal cedente;

§      una revisione della disciplina speciale per le piccole e medie imprese, per le quali la normativa vigente prevede numerose e specifiche deroghe;

§      una semplificazione della disciplina sulle vendite a distanza.

 

Il 16 marzo 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva recante modifica della direttiva 77/388/CEE al fine di semplificare la riscossione dell’IVA e a contrastare l'evasione e l'elusione e abrogare di talune decisioni che autorizzano misure derogatorie (COM(2005)89).

Il 6 luglio 2006 il Parlamento europeo ha approvato, secondo la procedura di consultazione, il proprio parere sulla proposta prospettando alcuni emendamenti

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

(Vedi scheda relativa all’articolo 35, paragrafo Procedure di contenzioso).

 


Articolo 38
(Misure di contrasto del gioco illegale)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 


1. Al fine di contrastare la diffusione del gioco irregolare ed illegale, l'evasione e l'elusione fiscale nel settore del gioco, nonché di assicurare la tutela del giocatore, con regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 16, comma 1, della legge 13 maggio 1999, n. 133, sono disciplinati, entro il 31 dicembre 2006:

1. Identico:

a) le scommesse a distanza a quota fissa con modalità di interazione diretta tra i singoli giocatori;

a) identica;

b) i giochi di abilità a distanza con vincita in denaro, nei quali il risultato dipende, in misura prevalente rispetto all'elemento aleatorio, dall'abilità dei giocatori. L'aliquota d'imposta unica è stabilita in misura pari al 3 per cento della somma giocata;

b) identica;

c) le caratteristiche dei punti di vendita aventi come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici. Sono punti di vendita aventi come attività principale la commercia­lizzazione dei prodotti di gioco pubblici le agenzie di scommessa, le sale pubbliche da gioco, le sale destinate al gioco di cui al decreto del Ministro delle finanze 31 gennaio 2000, n. 29, nonché gli ulteriori punti di vendita aventi come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici di cui ai commi 2 e 4.

c) le caratteristiche dei punti di vendita aventi come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici. Sono punti di vendita aventi come attività principale la commercia­lizzazione dei prodotti di gioco pubblici le agenzie di scommessa, le sale pubbliche da gioco, le sale destinate al gioco disciplinato dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 31 gennaio 2000, n. 29, nonché gli ulteriori punti di vendita aventi come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici di cui ai commi 2 e 4.

2. L'articolo 1, comma 287, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è sostituito dal seguente:

2. Identico:

«287. Con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sono stabilite le nuove modalità di distribuzione del gioco su eventi diversi dalle corse dei cavalli, nel rispetto dei seguenti criteri:

«287. Identico:

a) inclusione, tra i giochi su eventi diversi dalle corse dei cavalli, delle scommesse a totalizzatore e a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli, dei concorsi pronostici su base sportiva, del concorso pronostici denominato totip, delle scommesse ippiche di cui all'articolo 1, comma 498, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nonché di ogni ulteriore gioco pubblico, basato su eventi diversi dalle corse dei cavalli;

a) inclusione, tra i giochi su eventi diversi dalle corse dei cavalli, delle scommesse a totalizzatore e a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli, dei concorsi pronostici su base sportiva, del concorso pronostici denominato totip, delle scommesse ippiche di cui al comma 498, nonché di ogni ulteriore gioco pubblico, basato su eventi diversi dalle corse dei cavalli;

b) possibilità di raccolta del gioco su eventi diversi dalle corse dei cavalli da parte degli operatori che esercitano la raccolta di gioco presso uno Stato membro dell'Unione europea, degli operatori di Stati membri dell'Associazione europea per il libero scambio e anche degli operatori di altri Stati, solo se in possesso dei requisiti di affidabilità definiti dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato;

b) identica;

c) esercizio della raccolta tramite punti di vendita aventi come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici e punti di vendita aventi come attività accessoria la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici; ai punti di vendita aventi come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici può essere riservata in esclusiva l'offerta di alcune tipologie di scommessa;

c) identica;

d) previsione dell'attivazione di un numero di nuovi punti di vendita non inferiore a 7.000, di cui almeno il 30 per cento aventi come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici;

d) identica;

e) determinazione del numero massimo dei punti di vendita per comune in proporzione agli abitanti e in considerazione dei punti di vendita già assegnati;

e) identica;

f) localizzazione dei punti di vendita aventi come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici, nei comuni con più di 200.000 abitanti a una distanza non inferiore ad 800 metri dai punti di vendita già assegnati e nei comuni con meno di 200.000 abitanti a una distanza non inferiore a 1.600 metri dai punti di vendita già assegnati;

f) identica;

g) localizzazione dei punti di vendita aventi come attività accessoria la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici, nei comuni con più di 200.000 abitanti a una distanza non inferiore a 400 metri dai punti di vendita già assegnati e nei comuni con meno di 200.000 abitanti a una distanza non inferiore ad 800 metri dai punti di vendita già assegnati,senza pregiudizio dei punti di vendita in cui, alla data del 30 giugno 2006, si effettui la raccolta dei concorsi pronostici su base sportiva;

g) identica;

h) aggiudicazione dei punti di vendita previa effettuazione di una o più procedure aperte a tutti gli operatori, la cui base d'asta non può essere inferiore ad euro venticinquemila per ogni punto di vendita avente come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici e ad euro settemilacinquecento per ogni punto di vendita avente come attività accessoria la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici;

h) identica;

i) acquisizione della possibilità di raccogliere il gioco a distanza, ivi inclusi i giochi di abilità con vincita in denaro, previo versamento di un corrispettivo non inferiore a euro duecentomila;

i) identica;

j) definizione delle modalità di salvaguardia dei concessionari della raccolta di scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli disciplinate dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1o marzo 2006, n. 111».

l) definizione delle modalità di salvaguardia dei concessionari della raccolta di scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli disciplinate dal regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1o marzo 2006, n. 111».

3. All'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, e successive modificazioni, il punto 3 della lettera b), con effetti dal 1o gennaio 2007, è sostituito dal seguente:

3. All'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, e successive modificazioni, il numero 3) della lettera b), con effetti dal 1o gennaio 2007, è sostituito dal seguente:

«3) per le scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli e per le scommesse con modalità di interazione diretta tra i singoli giocatori:

«3) identico:

i. nel caso in cui il movimento netto dei dodici mesi precedenti derivante dalle scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli sia superiore a 1.850 milioni di euro, nella misura del 3 per cento per ciascuna scommessa composta fino a sette eventi e per le scommesse con modalità di interazione diretta tra i singoli giocatori; nella misura dell'8 per cento per ciascuna scommessa composta da più di sette eventi;

3.1) identico;

ii. nel caso in cui il movimento netto dei dodici mesi precedenti derivante dalle scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli sia superiore a 2.150 milioni di euro, nella misura del 3 per cento per ciascuna scommessa composta fino a sette eventi e per le scommesse con modalità di interazione diretta tra i singoli giocatori; nella misura del 6,8 per cento per ciascuna scommessa composta da più di sette eventi;

3.2) identico;

iii. nel caso in cui il movimento netto dei dodici mesi precedenti derivante dalle scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli sia superiore a 2.500 milioni di euro, nella misura del 3 per cento per ciascuna scommessa composta fino a sette eventi e per le scommesse con modalità di interazione diretta tra i singoli giocatori; nella misura del 6 per cento per ciascuna scommessa composta da più di sette eventi;

3.3) identico;

iv. nel caso in cui il movimento netto dei dodici mesi precedenti derivante dalle scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli sia superiore a 3.000 milioni di euro, nella misura del 2,5 per cento per ciascuna scommessa composta fino a sette eventi e per le scommesse con modalità di interazione diretta tra i singoli giocatori; nella misura del 5,5 per cento per ciascuna scommessa composta da più di sette eventi;

3.4) identico;

v. nel caso in cui il movimento netto dei dodici mesi precedenti derivante dalle scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli sia superiore a 3.500 milioni di euro, nella misura del 2 per cento per ciascuna scommessa composta fino a sette eventi e per quelle con modalità di interazione diretta tra i singoli giocatori; nella misura del 5 per cento per ciascuna scommessa composta da più di sette eventi;».

3.5) identico;».

4. Al fine di contrastare la diffusione del gioco irregolare ed illegale, l'evasione e l'elusione fiscale nel settore del gioco, nonché di assicurare la tutela del giocatore, con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono stabilite le nuove modalità di distribuzione del gioco su base ippica, nel rispetto dei seguenti criteri:

4. Identico:

a) inclusione, tra i giochi su base ippica, delle scommesse a totalizzatore ed a quota fissa sulle corse dei cavalli, dei concorsi pronostici su base sportiva, del concorso pronostici denominato totip, delle scommesse ippiche di cui all'articolo 1, comma 498, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nonché di ogni ulteriore gioco pubblico;

a) identica;

b) possibilità di raccolta del gioco su base ippica da parte degli operatori che esercitano la raccolta di gioco presso uno Stato membro dell'Unione europea, degli operatori di Stati membri dell'Associazione europea per il libero scambio, e anche degli operatori di altri Stati, solo se in possesso dei requisiti di affidabilità definiti dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato;

b) identica;

c) esercizio della raccolta tramite punti di vendita aventi come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici e punti di vendita aventi come attività accessoria la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici; ai punti di vendita aventi come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici può essere riservata in esclusiva l'offerta di alcune tipologie di scommessa;

c) identica;

d) previsione dell'attivazione di un numero di nuovi punti di vendita non inferiore a 10.000, di cui almeno il 5 per cento aventi come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici;

d) identica;

e) determinazione del numero massimo dei punti di vendita per provincia aventi come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici in considerazione dei punti di vendita già assegnati;

e) identica;

f) localizzazione dei punti di vendita aventi come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici, nei comuni con più di 200.000 abitanti a una distanza non inferiore a 2.000 metri dai punti di vendita già assegnati e nei comuni con meno di 200.000 abitanti, a una distanza non inferiore a 3.000 metri dai punti di vendita già assegnati;

f) identica;

g) localizzazione dei punti di vendita aventi come attività accessoria la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici, nei comuni con più di 200.000 abitanti, a una distanza non inferiore a 400 metri dai punti di vendita già assegnati e nei comuni con meno di 200.000 abitanti, a una distanza non inferiore a 800 metri dai punti di vendita già assegnati, senza pregiudizio dei punti di vendita in cui, alla data del 30 giugno 2006, si effettui la raccolta del concorso pronostici denominato totip, ovvero delle scommesse ippiche di cui all'articolo 1, comma 498, della legge 30 dicembre 2004, n. 311;

g) identica;

h) aggiudicazione dei punti di vendita, previa effettuazione di una o più procedure aperte a tutti gli operatori, la cui base d'asta non può essere inferiore ad euro trentamila per ogni punto di vendita avente come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici e ad euro settemilacinquecento per ogni punto di vendita avente come attività accessoria la commercializza­zione dei prodotti di gioco pubblici;

h) identica;

i) acquisizione della possibilità di raccogliere il gioco a distanza, ivi inclusi i giochi di abilità con vincita in denaro, previo il versamento di un corrispettivo non inferiore a euro duecentomila;

i) identica;

j) definizione delle modalità di salvaguardia dei concessionari della raccolta di scommesse ippiche di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169.

l) definizione delle modalità di salvaguardia dei concessionari della raccolta di scommesse ippiche disciplinate dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169.

5. L'articolo 22, comma 6, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è sostituito dal seguente:

5. Identico.

«6. Il numero massimo di apparecchi da intrattenimento di cui all'articolo 110, commi 6 e 7, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, che possono essere installati presso pubblici esercizi o punti di raccolta di altri giochi autorizzati nonché le prescrizioni da osservare ai fini dell'installazione sono definiti con decreti direttoriali del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Per i punti di vendita aventi come attività accessoria la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici, i decreti sono predisposti di concerto con il Ministero dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Costituiscono criteri direttivi per la determinazione del numero massimo di apparecchi installabili la natura dell'attività prevalente svolta presso l'esercizio o il locale e la superficie degli stessi».

 

6. Nei casi di reiterazione previsti dall'articolo 110, comma 10, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, decadono le autorizzazioni alla raccolta di giochi, concorsi o scommesse rilasciate dal Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, dalla data di notifica del provvedimento di sospensione delle licenze od autorizzazioni stesse. Negli stessi casi si interrompono gli effetti dei contratti in ragione dei quali i soggetti raccolgono gioco su incarico di concessionari affidatari della raccolta di giochi, concorsi o scommesse.

6. Identico.

7. All'articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, le parole «in monete metalliche» sono soppresse.

7. Identico.

8. All'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono apportate le seguenti modificazioni:

8. Identico.

a) al comma 530:

 

1. alla lettera b), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «a decorrere dal 1o gennaio 2007»;

 

2. alla lettera c), dopo le parole: «l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato» sono aggiunte le seguenti: «, a decorrere dal 1o gennaio 2007,»;

 

b) al comma 531, le parole: «1o luglio 2006» sono sostituite dalle seguenti: «1o gennaio 2007».

 

 

 

L'articolo 38 reca disposizioni in materia di giuochi. La materia era stata affrontata già in precedenza, in particolare in occasione della legge finanziaria per il 2006. Secondo quanto affermato nella relazione illustrativa, le modifiche apportate dal decreto in esame sono coerenti con le iniziative di semplificazione e razionalizzazione già attuate. Scopo dei provvedimenti è il raggiungimento di una modernizzazione dell'offerta dei giochi che la renda appetibile per i consumatori interessati i quali potrebbero, altrimenti, essere dirottati verso luoghi di gioco reali o virtuali in grado di offrire un portafoglio più completo, cioè sul mercato illegale o all'estero.

 

Il comma 1 dell'articolo 38introduce, mediante la previsione di appositi regolamenti, due nuove tipologie di giuoco attraverso internet: i giuochi di abilità (skill games) e le scommesse a quota fissa con modalità di interazione diretta tra i singoli giocatori(scommesse peer to peer). A questo fine è prevista l’emanazione di regolamenti ai sensi dell’articolo 16, comma 1, della legge n. 133 del 1999.

L'intervento ha lo scopo di garantirela tutela del giocatore e di contrastare nel contempo la diffusione del gioco illegale nonché l'evasione ed elusione fiscale nel settore, attraverso la possibilità per gli operatori regolari di sviluppare un' offerta più competitiva.

 

L'articolo 16, comma 1, della legge n. 133 del 1999 (Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale) prevede che il Ministro delle finanze possa disporre, anche in via temporanea, l'accettazione di nuove scommesse a totalizzatore o a quota fissa, relative ad eventi sportivi diversi dalle corse dei cavalli e dalle competizioni organizzate dal CONI da parte dei soggetti cui è affidata in concessione l'accettazione delle scommesse a totalizzatore e a quota fissa, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169 (Regolamento recante norme per il riordino della disciplina organizzativa, funzionale e fiscale dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, nonché per il riparto dei proventi, ai sensi dell'articolo 3, comma 78, della legge n. 662/1996) e del decreto del Ministro delle finanze 2 giugno 1998, n. 174, recentemente abrogato dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 1° marzo 2006, n. 111(Regolamento recante norme concernenti la disciplina delle scommesse a quota fissa su eventi sportivi diversi dalle corse dei cavalli e su eventi non sportivi da adottare ai sensi dell'articolo 1, comma 286, della legge 30 dicembre 2004, n. 311), i quali a tale fine impiegheranno sedi, strutture e impianti già utilizzati nell'esercizio della loro attività.

Con riferimento a tali nuove scommesse nonché ad ogni altro tipo di gioco, concorso pronostici e scommesse, il Ministro delle finanze emana regolamenti a norma dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400[373] per disciplinare le modalità e i tempi di gioco, la corresponsione di aggi, diritti e proventi dovuti a qualsiasi titolo, ivi compresi quelli da destinare agli organizzatori delle competizioni. Con decreto del Ministro delle finanze è altresì stabilito l'ammontare del prelievo complessivo, comprensivo dei predetti oneri, su ciascuna scommessa; il prelievo non può superare il 62 per cento delle somme giocate. Per le medesime scommesse a totalizzatore il Ministro delle finanze può prevederne l'accettazione anche da parte dei gestori e dei concessionari di giochi, concorsi pronostici e lotto, purché utilizzino una rete di ricevitorie collegate con sistemi informatici in tempo reale.

In attuazione di quanto disposto sono stati emanati numerosi regolamenti ministeriali: il D.M. 2 agosto 1999, n. 278 per l'istituzione di nuove scommesse a totalizzatore o a quota fissa, il D.M. 31 gennaio 2000, n. 29 per l'istituzione del gioco del Bingo, il D.M. 16 novembre 2000, n. 363 per l'istituzione del gioco denominato «TotoBingol» e il D.M. 19 giugno 2003, n. 179 per il rinnovamento dei concorsi pronostici «Totocalcio» e «Totogol» e l'introduzione del concorso pronostici «il 9», abbinato al totocalcio. Con D.M. 15 febbraio 2001, n. 156 è stato emanato il regolamento per l'autorizzazione alla raccolta telefonica o telematica delle giocate relative a scommesse, giochi e concorsi pronostici. Con D.M. 20 settembre 2005, n. 249 è stato emanato il regolamento concernente la disciplina dei giochi di sorte legati al consumo.

 

L'articolo 38 in esame prevede che vengano disciplinati, tramite regolamenti da emanarsi entro il 31 dicembre 2006, ai sensi dell'art. 16, comma 1, della sopra citata legge n. 133 del 1999:

 

§       le scommesse a distanza a quota fissa con modalità di interazione diretta tra i singoli giocatori (scommesse cosiddette peer to peer); tale tipo di gioco consente ai giocatori di scommettere gli uni contro gli altri su un determinato evento senza più un banco tradizionale.

 

L'evoluzione tecnologica ha consentito lo sviluppo di nuove modalità di realizzazione di giochi a distanza, ai quali sono spesso collegate attività illecite, specialmente in collegamento con società o siti esteri; le misure adottate hanno lo scopo, si afferma nella relazione, di offrire strumenti per il contrasto di tali attività, anche al fine di assicurare la tutela della fede pubblica.

Inoltre, viene ricordato nella relazione illustrativa, si ritiene che a partire dal 2008 questo tipo di gioco, che già esercita una forte attrattiva sul mercato italiano, possa rappresentare a livello mondiale circa il 20 per cento del totale della raccolta relativa alle scommesse sportive.

 

Ai sensi del decreto del Ministero delle finanze 1° marzo 2006, n. 111 (Norme concernenti la disciplina delle scommesse a quota fissa su eventi sportivi diversi dalle corse dei cavalli e su eventi non sportivi da adottare ai sensi dell'art. 1, comma 286, della legge 30 dicembre 2004, n. 311)[374] le scommesse hanno per oggetto avvenimenti sportivi, diversi dalle corse dei cavalli, ed avvenimenti non sportivi, individuati dall'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), secondo le modalità individuate nello stesso decreto n. 111.

 

Le scommesse a quota fissa (art. 4) sono quelle per le quali la somma da riscuotere, in caso di vincita, è previamente concordata tra il partecipante ed il concessionario delle scommesse.

Le scommesse a quota fissa ammesse sono:

§       singola, cioè riferita ad un esito di un solo avvenimento;

§       multipla, detta anche «martingala», ovvero una scommessa riferita agli esiti di più avvenimenti.

Con decreti di AAMS sono stabilite le caratteristiche delle tipologie di scommessa e delle scommesse sistemistiche ammissibili.

 

Le scommesse a totalizzatore, diverse dalla corse dei cavalli, sono invece regolate dal decreto del Ministro delle finanze 2 agosto 1999, n. 278, in parte modificato dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 5 agosto 2004, n. 229. La rete di raccolta è capillare: si scommette in circa 22.000 punti di vendita (ricevitorie, sale ed agenzie di scommessa) gestiti dai concessionari Lottomatica, Sisal e Snai. Si può scommettere su avvenimenti sportivi e su avvenimenti non sportivi.

In base all'art. 10 del DM n. 278/1999 le scommesse a totalizzatore ammesse sono le seguenti:

§       singola: il pronostico del partecipante indica il verificarsi di uno degli esiti pronosticabili su uno stesso evento;

§       plurima: il pronostico del partecipante indica il verificarsi di più esiti pronosticabili su un evento;

§       multipla: il pronostico del partecipante indica il verificarsi di uno o più esiti pronosticabili su più eventi.

 

Le scommesse plurime, collegate all'ordine degli esiti pronosticabili, sono le seguenti:

§       scommesse in ordine, quando il pronostico richiesto si riferisce all'ordine esatto degli esiti pronosticabili dell'evento;

§       scommesse in ordine libero, quando il pronostico richiesto è espresso indicando gli esiti pronosticabili qualunque sia il loro ordine.

Il Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS stabilisce i tipi di scommessa e gli eventi, sportivi o non sportivi, che ne costituiscono l'oggetto nonché le relative modalità tecniche di svolgimento.

 

Si ricorda, riguardo al gioco a distanza, che i commi da 290 a 294 dell'art. 1 della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004) recano disposizioni finalizzate alla regolamentazione dei giochi e delle lotterie con partecipazione a distanza (c.d. gioco telematico).

 

Inoltre l'articolo 37, comma 5, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001) ha introdotto due nuovi commi nell’articolo 4 della legge n. 401 del 1989 (Interventi nel settore del gioco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive), con riferimento alla raccolta di scommesse a distanza per via telematica o telefonica.

Con il nuovo comma 4-bis si estende l’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 4 della legge n. 401 del 1989 (reclusione da 6 mesi ad un anno) a coloro che svolgano attività organizzata di raccolta di scommesse, anche per via informatica o telefonica, senza la necessaria licenza di cui all’articolo 88 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (R.D. n. 773/1931).

Parimenti, il comma 4-ter estende l’applicazione delle stesse sanzioni a coloro che, sia pure dotati di regolare autorizzazione all’esercizio delle scommesse, effettuino la raccolta delle scommesse per mezzo del telefono o per via telematica, violando in tal modo quanto previsto dall’articolo 3, comma 228, della legge n. 549 del 1995, il quale stabilisce espressamente che la raccolta delle scommesse dev’essere effettuata esclusivamente presso le ricevitorie autorizzate e vieta altre forme di intermediazione.

Viene fatta salva la facoltà del Ministro delle finanze, prevista dall’articolo 11 del decreto-legge n. 557 del 1993, di affidare in concessione la gestione delle lotterie e di altri giochi amministrati dallo Stato mediante appositi sistemi automatizzati ovvero mediante l'integrazione del sistema attivato per la gestione del lotto.

 

Si segnala, inoltre, che la Corte di cassazione (Sez. un. Pen., sent. n. 23272/2004) ha ritenuto che all'attività di centri di trasmissione dati (cosiddetti CTD) che organizzano scommesse in Italia per conto di allibratori stranieri, anche regolarmente autorizzati negli stati d’origine, siano comunque applicabili le norme recate dal citato comma 4-bis dell'articolo 4 della legge n. 401/1989 sull'esercizio abusivo di attività di gioco o scommesse, anche se in possesso di regolare autorizzazione concessa dal Ministero delle comunicazioni, e quindi nel rispetto delle disposizioni previste dal citato comma 4-ter. La Suprema Corte ha quindi ritenuto che la prevenzione della criminalità e la tutela dell'ordine pubblico possano giustificare una restrizione dei princìpi comunitari di libera prestazione dei servizi, senza per questo essere in contrasto con il diritto comunitario, in quanto quest'ultimo salvaguarda il potere di ricorrere alla sanzione penale per rafforzare precetti imposti o consentiti dallo stesso diritto.

 

Il comma 290 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) attribuisce al Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) il compito di adottare provvedimenti per regolare la definizione, la diffusione e la gestione dei mezzi di pagamento specifici legati all'attività di gioco a distanza. I mezzi di pagamento così definiti potranno essere estesi anche a forme di gioco non a distanza.

Il successivo comma 291 stabilisce che l'attività di diffusione e gestione dei mezzi di pagamento può essere gestita anche da una società costituita a questo fine dal Ministero dell'economia sulla base di apposita direttiva del Ministro.

In alternativa alla costituzione di un’apposita società, le stesse attività potranno essere gestite da soggetti privati individuati dal Ministero, attraverso l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, con procedura ad evidenza pubblica.

Il comma 292 stabilisce che il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato dovrà regolare le lotterie, di carattere istantaneo e no, con partecipazione a distanza. In particolare dovrà essere definita la ripartizione percentuale della posta di gioco relativamente all'Erario, ai giocatori e ai soggetti terzi.

Dovranno inoltre essere definite i criteri di gestione delle lotterie telefoniche e telematiche.

Infine, il comma 293 stabilisce che l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, previo accordo con le autorità dei singoli Stati membri, potrà organizzare la gestione di giochi a distanza a livello di Unione europea. In tal caso, ai sensi del comma 294, la stessa Amministrazione autonoma, in accordo con le autorità degli Stati membri coinvolti, dovrà stabilire la ripartizione della posta in gioco.

 

Ancora in relazione alla raccolta a distanza si ricorda che il decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 248/2005, all’articolo 11-quinquiesdecies, comma 11, ha previsto che il Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS), definisse, con propri provvedimenti entro il 31 gennaio 2006, le misure per la regolamentazione della raccolta a distanza delle scommesse, del Bingo e delle lotterie attraverso Internet, televisione digitale, terrestre e satellitare, nonché attraverso la telefonia fissa e mobile. Tale previsione è stata realizzata dal decreto direttoriale del 21 marzo 2006 prot. 7902/Giochi/UD.

 

In via generale, va rilevato che il titolare di sistema (ovvero il singolo concessionario autorizzato alla raccolta del gioco a distanza che è in grado di gestire, direttamente o tramite un fornitore di specifico servizio, un sistema di conti di gioco on-line) esercita la raccolta di scommesse in via telefonica e telematica tramite la sottoscrizione di un relativo contratto di conto di gioco con il cliente scommettitore. La partecipazione a distanza al gioco è subordinata alla stipula del contratto tra giocatore e titolare di sistema.

A seguito della predetta stipula del contratto di conto di gioco, il titolare di sistemaprocede all’apertura del c.d. “conto-scommesse o conto di gioco” intestato allo scommettitore. Su tale conto le parti convengono di registrare le operazioni riguardanti il gioco con partecipazione a distanza.

Il giocatoreaccede al proprio conto di gioco attraverso il codice di identificazione del conto ed il codice personale segreto assegnatogli alla stipula del contratto di conto di gioco. Conclusa la fase relativa all’ identificazione, il giocatore potrà effettuare le giocate.

Il titolare di sistema può esercitare l’attività di commercializzazione di ricariche, nonché di distribuzione dello schema di contratto di conto di gioco anche mediante degli esercizi commerciali, o punti di commercializzazione, previa stipula con questi ultimi di apposito contratto il cui schema-tipo deve essere sottoposto all’approvazione dell’AAMS.

La sottoscrizione da parte del titolare di sistema del contratto di affidamento dell’attività di commercializzazione sarà preceduta dalla verifica del possesso dei previsti requisiti in capo al titolare del punto di commercializzazione.

Con la stipula del contratto di affidamento dell’attività di commercializzazione il Punto di commercializzazione si obbliga ad osservare le disposizioni vigenti in materia di giochi con vincite in denaro e di raccolta a distanza.

 

§       I giochi di abilità on-line (skill games) con vincita in denaro, nei quali l'abilità dei giocatori prevale, rispetto al risultato, sull'elemento aleatorio. Per questo tipo di giochi è prevista un'aliquota d'imposta pari al 3 per cento della somma giocata.

 

Questo intervento, afferma la relazione di accompagnamento, risponde alla necessità di definire un quadro regolamentare organico per i giochi di abilità i quali, anche per la disponibilità di canali più sofisticati di collegamento, sembrano incontrare un sempre crescente favore da parte dei giocatori italiani: non autorizzare gli operatori italiani a questo tipo di giochi produrrebbe un deflusso di giocatori verso l'offerta estera, il che metterebbe in difficoltà i sistemi predisposti per la tutela del giocatore, il controllo della destinazione del ricavato di tali attività e i relativi ritorni erariali.

 

§       le caratteristiche dei "negozi" specializzati nella vendita del gioco, ovvero:

-        agenzie di scommessa;

-        sale pubbliche da gioco;

-        sale destinate al gioco del Bingo (D.M. 31 gennaio 2000).

 

Ciò, come riportato dalla relazione di accompagnamento al decreto, avrebbe lo scopo di rendere più efficace il controllo sulla regolarità dei giochi svolti, di concentrare il gioco in una rete di dimensione limitata e quindi facilmente monitorabile, di offrire servizi informativi e di consentire lo sviluppo della professionalità nel campo della commercializzazione.

 

Il gioco del Bingo è disciplinato dal D.M. 31 gennaio 2000, n. 29 (Regolamento recante norme per l'istituzione del gioco «Bingo» ai sensi dell'articolo 16 comma 1, della legge 13 maggio 1999, n. 133).

In base a tale regolamento l'esercizio del gioco denominato «Bingo» è riservato al Ministero delle finanze.

La gestione del gioco, da svolgersi in sale non dedicate all'esercizio di altri giochi è attribuita a concessionari, con gare da espletare secondo la normativa comunitaria e secondo determinati criteri previsti dall'articolo 2.

Il prelievo erariale (art. 2) è fissato in misura del 20 per cento del prezzo di vendita delle cartelle e viene versato dal concessionario all'affidatario del controllo centralizzato del gioco, insieme al compenso ad esso spettante, anticipatamente all'atto del ritiro delle cartelle. Ogni dieci giorni l'affidatario del controllo centralizzato del gioco provvede al riversamento delle somme relative al prelievo erariale alla tesoreria provinciale dello Stato e a presentare il relativo rendiconto al Ministero delle finanze.

La somma da distribuire in premi, (art. 6) in ogni partita è pari al 58 per cento del prezzo di vendita della totalità delle cartelle vendute in ogni partita.

Il compenso dell'affidatario del controllo centralizzato del gioco è stabilito in misura non superiore al 3,80% del prezzo di vendita delle cartelle.

Il compenso del concessionario è pari alla parte dell'incasso lordo, una volta dedotti il prelievo erariale sulle cartelle, i premi corrisposti e il compenso versato all'affidatario del controllo centralizzato del gioco.

 

Il comma 2 prevede il riordino dell'attuale sistema distributivo dei giochi a base sportiva con la costituzione di una rete strutturata di punti vendita e a tal fine dispone dispone la novella del comma 287 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311 del 2004).

 

Il citato comma 287riguardava la distribuzione delle scommesse a quota fissasu eventi diversi dalle corse dei cavalli e su eventi non sportivi e prevedeva appositi provvedimenti da parte del Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS, che dovevano rispettare i seguenti principi:

a)       armonizzazione delle modalità di commercializzazione con quelle dei concorsi pronostici;

b)       economicità ed efficienza delle reti di vendita e diffusione capillare delle stesse sul territorio nazionale;

c)       sicurezza e trasparenza del gioco e tutela della buona fede dei partecipanti;

d)       salvaguardia dei diritti derivanti dall'applicazione del decreto del Ministro delle finanze 2 giugno 1998, n. 174.

 

Si ricorda che il decreto del Ministro delle finanze 2 giugno 1998, n. 174, è stato recentemente abrogato dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 1° marzo 2006, n. 111.Essoconteneva il regolamento recante norme per l'organizzazione e l'esercizio delle scommesse a totalizzatore e a quota fissa su competizioni sportive organizzate dal CONI.

Il vigente decreto 1° marzo 2006 n. 111 definisce le regole generali relative alle scommesse a quota fissa su eventi sportivi diversi dalle corse dei cavalli e su eventi non sportivi e disciplina l’esercizio delle scommesse, i tipi di scommesse ammessi e il loro oggetto, le regole di accettazione, la validità delle scommesse e dei risultati che ne costituiscono l'oggetto, i rimborsi, il pagamento delle vincite – compresi gli aspetti tributari – l’attribuzione dei proventi e la soluzione delle controversie.

 

Vengono demandate a provvedimenti da prendersi da parte del Ministero dell'economia e delle finanze-AAMS nuove modalità di distribuzione del gioco, con esclusione delle corse dei cavalli, nel rispetto dei seguenti criteri:

a)      inclusione, in questo tipo di giochi, delle scommesse a totalizzatore e a quota fissa, dei concorsi pronostici su base sportiva, del totip[375], delle scommesse ippiche previste dall'articolo 1, comma 498 della medesima legge finanziaria per il 2005 (311/2004).

 

Il comma 498 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) dispone l'istituzione di una nuova scommessa ippica a totalizzatore da realizzarsi su proposta dell'UNIRE.

L'Unione nazionale per l'incremento delle razze equine (UNIRE), istituita dal regio decreto 24 maggio 1932, n. 642, è un ente di diritto pubblico, con sede in Roma, dotato di autonomia finanziaria, amministrativa e contabile, posto sotto la vigilanza del Ministero delle politiche agricole e forestali.

 

Il richiamato comma 498 si limita ad individuare:

§       dove potrà essere effettuata la nuova scommessa ippica;

§       la ripartizione della raccolta della scommessa.

Stabilisce, inoltre, che la scommessa debba essere effettuata utilizzando la rete dei punti vendita dei concorsi pronostici, delle agenzie ippiche e sportive, nonché negli ippodromi. Per quanto riguarda invece la ripartizione della raccolta, questa viene stabilita nei termini seguenti:

§       72% come montepremi e compenso per l'attività di gestione;

§       8% come compenso dell'attività dei punti vendita;

§       6% come entrate erariali, sotto forma di imposta unica;

§       14% come prelievo in favore dell'UNIRE.

L'istituzione di tale nuova scommessa e l'individuazione delle norme necessarie alla sua attuazione sono demandate a un Decreto Direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze che, successivamente emanato, porta la data del 15 dicembre 2005 (Istituzione della nuova formula di scommessa ippica a totalizzatore denominata «Nuova Tris nazionale)».

Il decreto direttoriale istituisce una nuova scommessa ippica a totalizzatore strutturata in più formule, che ha per oggetto le medesime corse dei cavalli della scommessa Tris, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 169 del 1998 (Regolamento recante norme per il riordino della disciplina organizzativa, funzionale e fiscale dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, nonché per il riparto dei proventi, ai sensi dell'articolo 3, comma 78, della legge n. 662/1996).

La nuova scommessa ippica è introdotta, nelle sue diverse formule, gradualmente, ad iniziativa dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, d'intesa con il Ministero delle politiche agricole e forestali, in funzione delle esigenze del mercato e dei necessari adempimenti di carattere informatico finalizzati all'adeguamento delle rete di distribuzione dei concorsi pronostici.

Della scommessa fanno parte, altresì, le formule «Accoppiata Nazionale» e «Vincente Nazionale», istituite con decreto 26 ottobre 2005 del direttore generale dell'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

Lo stesso decreto dispone, al fine di non interrompere la distribuzione della scommessa Tris che la medesima, a partire dalla scadenza naturale della relativa Concessione, fissata al 31 dicembre 2005, sia assoggettata, in via sperimentale e temporanea, alla medesima disciplina di cui all'art. 1, comma 498, della legge n. 311/2004, configurandosi quale una delle formule della scommessa di cui al citato comma 498.

Con un successivo decreto direttoriale del 23 dicembre 2005 è stata approvata la disciplina tecnica della schedina concernente le formule di scommessa «Vincente nazionale», «Quartè nazionale» e «Quintè nazionale».

 

b)      possibilità di raccolta del gioco da parte di operatori esercenti in Stati UE, operatori di Stati membri dell'Associazione europea per il libero scambio (EFTA)[376] e operatori di altri Stati solo se in possesso dei requisiti di affidabilità stabiliti dall'AAMS;

c)      esercizio della raccolta in punti di vendita aventi la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici come attività principale (denominabili "negozi" secondo quanto riportato dalla relazione illustrativa), o accessoria ("angoli" o "corner"); ai primi può essere riservata in esclusiva l'offerta di alcune tipologie di scommessa;

d)      previsione dell'attivazione di almeno 7.000 punti di vendita per almeno il 30 per cento dei quali la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici sia l'attività principale;

e)      determinazione del numero massimo di punti di vendita per comune in proporzione agli abitanti, tenendo conto di quelli già assegnati;

f)        localizzazione dei "negozi" a una distanza non inferiore a 800 metri dai punti di vendita già assegnati nei comuni con oltre 200.000 abitanti e a una distanza non inferiore a 1.600 metri nei comuni con meno di 200.000 abitanti.

g)      localizzazione dei "corners" a una distanza non inferiore a 400 metri dai punti di vendita già assegnati nei comuni con oltre 200.000 abitanti e a una distanza non inferiore a 800 metri nei comuni con meno di 200.000 abitanti; da tali limiti sono esclusi gli esercizi in cui si effettui la raccolta dei concorsi pronostici su base sportiva già attivi alla data del 30 giugno 2006;

h)      assegnazione dei punti di vendita in seguito a procedure aperte a tutti gli operatori. La base d'asta per tale assegnazione non può essere inferiore a euro 25.000 per ogni punto vendita avente la commercializzazione dei prodotti di gioco come attività principale e a euro 7.500 per i punti vendita in cui essa costituisca attività accessoria;

i)        acquisizione della possibilità di raccogliere il gioco a distanza inclusi i giochi di abilità con vincita in denaro, previo versamento di un corrispettivo di non meno di 200.000 euro;

j)        definizione delle modalità di salvaguardia dei concessionari della raccolta di scommesse a quota fissa disciplinate dal citato decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 1° marzo 2006, n. 111,che non riguarda le corse dei cavalli.

 

Il comma 3 novella il D.Lgs. n. 504 del 1998, recante Riordino dell'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, prevedendo una revisione, in senso dinamico, delle modalità di determinazione dell'aliquota d'imposta unica sulle scommesse sportive.

Viene stabilito, inoltre, che le modifiche abbiano effetto soltanto a partire dal 1° gennaio 2007.

Le modifiche riguardano le aliquote di imposta per le scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli e prevedono cinque scaglioni di raccolta, al raggiungimento dei quali diminuisce l'imposta; il raggiungimento è misurato, ogni mese, sulla base dei dodici mesi precedenti. In precedenza la revisione delle aliquote era, invece, annuale.

 

Nel caso in cui nei dodici mesi precedenti il movimento netto relativo a tale tipo di scommesse sia stato superiore a 1.850 milioni di euro:

-        aliquota del 3 per cento per ciascuna scommessa composta fino a sette eventi e per le scommesse con modalità di interazione diretta fra i singoli giocatori;

-        aliquota dell'8 per cento per ciascuna scommessa composta da più di sette eventi;

Nel caso in cui il movimento netto dei dodici mesi precedenti sia stato superiore a 2.150 milioni di euro:

-        aliquota del 3 per cento per ciascuna scommessa composta fino a sette eventi e per le scommesse con modalità di interazione diretta fra i singoli giocatori;

-        aliquota del 6,8 per cento per ciascuna scommessa composta da più di sette eventi;

Nel caso in cui il movimento netto dei dodici mesi precedenti sia stato superiore a 2.500 milioni di euro:

-        aliquota del 3 per cento per ciascuna scommessa composta fino a sette eventi e per le scommesse con modalità di interazione diretta fra i singoli giocatori;

-        aliquota del 6 per cento per ciascuna scommessa composta da più di sette eventi;

Nel caso in cui il movimento netto dei dodici mesi precedenti sia stato superiore a 3.000 milioni di euro:

-        aliquota del 2,5 per cento per ciascuna scommessa composta fino a sette eventi e per le scommesse con modalità di interazione diretta fra i singoli giocatori

-        aliquota del 5,5 per cento per ciascuna scommessa composta da più di sette eventi;

Nel caso in cui il movimento netto dei dodici mesi precedenti sia stato superiore a 3.500 milioni di euro:

-        aliquota del 2 per cento per ciascuna scommessa composta fino a sette eventi e per le scommesse con modalità di interazione diretta fra i singoli giocatori;

-        aliquota del 5 per cento per ciascuna scommessa composta da più di sette eventi.

 

Le diverse aliquote richiamate dal comma in esame possono essere così sintetizzate:

 

 

Movimento netto superiore a milioni:

Scommessa

1.850

2.150

2.500

3.000

3.500

Fino a 7 eventi

3%

3%

3%

2,5%

2%

Oltre 7 eventi

8%

6,8%

6%

5,5%

5%

 

La riduzione dell'imposta prevista consente, secondo quanto affermato nella relazione di accompagnamento, di diminuire la convenienza all'evasione o a operare da Paesi stranieri a basso prelievo fiscale.

 

 

In precedenza le aliquote erano così stabilite:

-          dal 1° gennaio 2006, nella misura del 3 per cento per ciascuna scommessa composta fino a sette eventi e nella misura del 9,5 per cento per ciascuna scommessa composta da più di sette eventi;

-          dal 1° gennaio 2007, nel caso di raccolta superiore a 1.850 milioni di euro, nella misura del 3 per cento per ciascuna scommessa composta fino a sette eventi e nella misura dell'8 per cento per ciascuna scommessa composta da più di sette eventi;

-          dal 1° gennaio 2008, nel caso di raccolta superiore a 2.150 milioni di euro, nella misura del 3 per cento per ciascuna scommessa composta fino a sette eventi e nella misura del 6,6 per cento per ciascuna scommessa composta da più di sette eventi;

 

Secondo la relazione di accompagnamento il riordino, con la proposta di introdurre meccanismi oggettivi e predeterminati di allineamento automatico dell'aliquota di imposta unica sulle scommesse sportive alla crescita della raccolta, costituisce un perfezionamento dello schema impostato nella legge finanziaria precedente. In particolare si propone di rendere il sistema più rapido ed elastico a fronte di variazioni della raccolta.

 

Il comma 4 prevede il riordino dell'attuale rete di vendita dei giochi a base ippica e dispone che mediante provvedimenti da adottarsi da parte del Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS vengano stabilite nuove modalità di distribuzione del gioco su base ippica, al fine di combattere la diffusione del gioco illegale, l'evasione e l'elusione fiscale nonché di garantire la tutela del giocatore. I provvedimenti dovranno essere adottati nel rispetto di taluni criteri:

a)      inclusione, tra i giochi su base ippica, delle scommesse a totalizzatore ed a quota fissa sulle corse dei cavalli, dei concorsi pronostici su base sportiva, del totip, delle scommesse ippiche di cui all'articolo 1, comma 498, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nonché di ogni ulteriore gioco pubblico;

b)      possibilità di raccolta del gioco su base ippica da parte di operatori esercenti in Stati UE, operatori di Stati membri dell'Associazione europea per il libero scambio (Efta) e operatori di altri Stati solo se in possesso dei requisiti di affidabilità[377] stabiliti dall'AAMS;

c)      esercizio della raccolta in punti di vendita ("negozi"), aventi la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici come attività principale cui può essere riservata in esclusiva l'offerta di alcune tipologie di scommessa e in punti di vendita (denominabili "angoli" o "corner") aventi la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici come attività accessoria.

d)      previsione dell'attivazione di almeno 10.000 punti di vendita per almeno il 5 per cento dei quali la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici sia l'attività principale;

e)      determinazione del numero massimo di punti di vendita per provincia aventi come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco, tenendo conto di quelli già assegnati;

f)        localizzazione dei punti di vendita che abbiano come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco a una distanza non inferiore a 2.000 metri dai punti di vendita già assegnati nei comuni con oltre 200.000 abitanti e a una distanza non inferiore a 3.000 metri nei comuni con meno di 200.000 abitanti.

g)      localizzazione dei punti di vendita che abbiano come attività accessoria la commercializzazione dei prodotti di gioco a una distanza non inferiore a 400 metri dai punti di vendita già assegnati nei comuni con oltre 200.000 abitanti e a una distanza non inferiore a 800 metri nei comuni con meno di 200.000 abitanti. Da tali limiti sono esclusi i negozi in cui si effettui la raccolta del totip o delle scommesse ippiche previste dal comma 498 della legge n. 311/2004, già attivi alla data del 30 giugno 2006.

h)      assegnazione dei punti di vendita in seguito a aste competitive aperte a tutti gli operatori. La base d'asta per tale assegnazione non può essere inferiore a euro 30.000 per ogni punto vendita avente la commercializzazione dei prodotti di gioco come attività principale e a euro 7.500 per i punti vendita in cui essa costituisca attività accessoria;

i)        acquisizione dell'abilitazione a raccogliere il gioco telematico, inclusi i giochi di abilità con vincita in denaro, previo versamento di un corrispettivo di non meno di 200.000 euro;

j)        definizione delle modalità di salvaguardia dei concessionari della raccolta di scommesse ippiche di cui al DPR 8 aprile 1998, n. 169, (Regolamento recante norme per il riordino della disciplina organizzativa, funzionale e fiscale dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, nonché per il riparto dei proventi).

 

Secondo quanto affermato nella relazione illustrativa, il riordino apportato consentirà di contrastare l'offerta illegale, di ottenere un beneficio erariale immediato e di rispondere alle crescenti, seppure infondate, contestazioni mosse dall'UE con soluzioni in linea con l'evoluzione del trattato comunitario.

 

I commi da 5 a 8 dispongono una razionalizzazione del comparto degli apparecchi da intrattenimento avendo come scopi precipui l'armonizzazione della disciplina riguardante gli esercizi pubblici e commerciali che costituiscono la rete dei punti di vendita degli apparecchi da intrattenimento e l'impostazione di nuove modalità di gestione dei flussi finanziari nella raccolta.

 

Il comma 5 introduce una novella all'articolo 22, comma 6, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003) e attribuisce al Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS la competenza esclusiva per l'individuazione del numero massimo di apparecchi installabili, nonché delle prescrizioni di installazione relativamente ai locali che abbiano la commercializzazione del gioco pubblico come attività principale. Il ministero provvederà mediante decreti direttoriali.

E' invece mantenuto l'attuale regime di concertazione tra AAMS, Ministero dell'interno, Conferenza Stato città ed Autonomie locali nel caso di punti vendita "non specializzati".

La determinazione del numero massimo di apparecchi dipenderà dalla natura dell'attività prevalente svolta dall'esercizio e dalla superficie di questo.

 

In precedenza il numero massimo degli apparecchi installabili nei punti vendita nelle loro diverse tipologie veniva individuato tramite decreto dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS, di concerto con il Ministero dell'interno, tenuto conto del parere della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, ed era stabilito in base alla dimensione e natura dell'attività prevalente svolta presso l'esercizio e l'ubicazione di questo.

 

La disciplina relativa agli apparecchi da gioco lecito con vincite in denaro era stata modificata dai commi 525-534 dell'articolo 1 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).

 

Il comma 525 novellava interamente il comma 6 dell’articolo 110 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, riguardante le caratteristiche degli apparecchi da giuoco lecito con vincite in denaro, individuando due tipologie di apparecchi idonei al giuoco lecito.

Gli apparecchi in questione, ai sensi della nuova disciplina:

-          sono obbligatoriamente collegati alla rete telematica di cui al ricordato articolo 14- bis, comma 4, del D.P.R. n. 640 del 1972;

-          si attivano con l'introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico[378];

-          presentano elementi di abilità o intrattenimento, insieme all'elemento aleatorio;

-          hanno un costo per partita non superiore a 1 euro;

-          offrono partite con durata minima non inferiore a 4 secondi;

-          distribuiscono vincite in denaro, di valore unitario non superiore a 100 euro, erogate dalla macchina in monete metalliche[379];

-          distribuiscono vincite non inferiori al 75 per cento delle somme giocate, su un ciclo complessivo di non più di 140.000 partite;

-          non possono riprodurre il gioco del poker o comunque le sue regole fondamentali.

La lettera b) del nuovo comma 6 introduce un nuovo tipo di apparecchi (VLT: Video Lottery Terminal) facenti parte della rete telematica di cui al citato articolo 14-bis, comma 4, del D.P.R. n. 640 del 1972 e attivabili esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa.

Il comma 526 rinvia ad un regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze la fissazione del prelievo erariale unico (PREU) applicabile agli apparecchi di cui sopra. In ogni caso l’aliquota del prelievo dovrà essere compresa tra l’8 e il 12 per cento delle somme giocate.

Il comma 527 sostituisce il comma 13-bis dell’articolo 39 del D.L. n. 269 del 2003 e stabilisce invece, in senso più generale, che i termini e le modalità di assolvimento del prelievo erariale unico relativo agli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, del TULPS, sono definiti con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS.

Il comma 529, sostituendo il comma 6 dell'articolo 38 della legge n. 388 del 2000, interviene sulla disciplina autorizzatoria degli apparecchi richiedendo, ai fini del rilascio del nulla osta, che i soggetti importatori e produttori di essi siano in possesso delle licenze previste dalle lettere a) o b) del terzo comma dell’articolo 86 del TULPS. Il comma 529 fa riferimento al testo dell’articolo 86 del TULPS risultante dalle modifiche introdotte dal successivo comma 351.

Il comma 530 disciplina le condizioni di concessione della rete telematica e il collegamento obbligatorio ad essa degli apparecchi di gioco indicati alla lettera a) del nuovo comma 6 dell’articolo 110 del TULPS, disponendo che, entro il 1° luglio 2006, siano emanati appositi provvedimenti del Ministero dell'economia e finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato per disciplinare alcuni aspetti, espressamente indicati, della materia.

In particolare la lettera a) del comma 530 prevede che gli apparecchi sopra indicati siano installati esclusivamente in luoghi[380] dotati di apparati per la connessione alla rete telematica, di cui all’articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972, i quali possano garantire la sicurezza e l'immodificabilità della registrazione e della trasmissione dei dati di funzionamento e di gioco.

La lettera b) del comma 530 prevede un incremento del canone di concessione, per la conduzione operativa della rete telematica di cui all’articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972, in favore dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato dallo 0,3[381] allo 0,8 per cento delle somme giocate.

Il comma 531 fissa nella misura del 12 per cento, a partire dal 1° luglio 2006, il prelievo erariale unico sulle somme giocate con gli apparecchi di cui alla lettera a) del nuovo comma 6 dell’articolo 110 del TULPS.

Attualmente tale prelievo è fissato nella misura del 13,50 per cento dal comma 13 dell’articolo 39 del D.L. n. 269 del 2003.

Il comma 532, in relazione agli investimenti, necessari ad adeguare la rete telematica, di cui al precedente comma 530, proroga di un anno (dal 31 ottobre 2009 al 31 ottobre 2010) il termine della concessione per la conduzione operativa della stessa rete telematica.

Il comma 533 detta disposizioni per l’applicazione dell’articolo 1, comma 497, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), il quale prevede che la raccolta delle giocate mediante gli apparecchi da intrattenimento di cui all’articolo 110, comma 6, del TULPS, è esente da IVA, ai sensi dell’articolo 10, primo comma, numero 6), del D.P.R. n. 633 del 1972[382], anche relativamente ai rapporti tra i concessionari della rete per la gestione telematica e i terzi incaricati della raccolta stessa.

Il comma 534 novella infine il terzo comma[383] dell’articolo 86 del TULPS, individuando come segue i tipi di licenza necessari in relazione agli apparecchi e congegni di cui all’articolo 110, commi 6 e 7, del TULPS:

a)       licenza per l’attività di produzione o di importazione dei suddetti apparecchi;

b)       licenza per l’attività di distribuzione e di gestione, anche indiretta;

c)       licenza per l'installazione in esercizi commerciali o pubblici diversi da quelli già in possesso di altre licenze di cui al primo o secondo comma dello stesso articolo 86[384] o di cui all'articolo 88[385] del TULPS ovvero per l'installazione in altre aree aperte al pubblico od in circoli privati.

 

Il comma 6 in esame introduce una nuova sanzione amministrativa, accessoria, per i casi di reiterazione dei comportamenti illeciti, ai sensi dell'art. 110, comma 10, del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), in materia di produzione, importazione e distribuzione o offerta di apparecchi irregolari o privi di autorizzazioni amministrative ai sensi del comma 9 dello stesso articolo del TULPS

Nei casi, appunto, di reiterazione di tali comportamenti illeciti, le autorizzazioni alla raccolta dei giochi, concorsi o scommesse rilasciate dall'AAMS, decadono a partire dalla data di notifica del provvedimento di sospensione delle licenze o autorizzazioni. Negli stessi casi si interrompono gli effetti dei contratti derivanti da rapporti contrattuali con i soggetti concessionari o affidatari da parte di AAMS stessa della raccolta di giochi pubblici.

 

Il comma 10 dell'art. 110 del TULPS, così sostituito dal comma 545 dell'art. 1, finanziaria per il 2006, prevede che qualora l'autore degli illeciti previsti dal comma 9 sia titolare di licenza o di autorizzazione, le licenze o autorizzazioni siano sospese per un periodo da uno a trenta giorni e, in caso di reiterazione delle violazioni ai sensi dell'articolo 8-bis della legge n. 689 del 1981 (Modifiche al sistema penale), siano revocate dal sindaco competente, con ordinanza motivata e con le modalità previste. I medesimi provvedimenti sono disposti dal questore nei confronti dei titolari della licenza di cui all'articolo 88.

 

Il comma 545 della legge finanziaria 2006 ha modificato il comma 10 dell'articolo 110 TULPS.

Esso attualmente dispone la sospensione della licenza o dell'autorizzazione per gli autori degli illeciti di cui al comma 9 dello stesso articolo 110 del TULPS e la revoca delle stesse in caso di reiterazione dello stesso. Il periodo massimo di sospensione è trenta giorni e viene mantenuta la sanzione della revoca per la reiterazione.

La modifica, inoltre, specifica che le licenze a cui si applica la norma sono quelle previste dagli articoli 86 e 88 del TULPS nonché quelle previste dall'articolo 3 della legge 25 agosto 1991, n. 287 (Aggiornamento della normativa sull'insediamento e sull'attività dei pubblici esercizi), vale a dire le licenze per attività di somministrazione al pubblico di alimenti e di bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione.

Non viene modificata la previsione secondo la quale il sindaco è l’autorità competente a revocare la licenza con provvedimento motivato e con le procedure previste dall'articolo 19 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.

 

Il comma 9 dell’articolo 110 del TULPS, modificato dall'art. 543 della legge finanziaria per il 2006, introduce nuove fattispecie sanzionabili e ne modifica altre già esistenti, cambiandone comunque la natura da penale ad amministrativa. Si deve sottolineare che rimangono ferme le sanzioni previste dal codice penale per il gioco d'azzardo.

La sanzione citata nel comma 9 è riferita all'uso di macchine da gioco, non di azzardo, ai minori di 18 anni ed è una sanzione amministrativa pecuniaria. Le altre sanzioni, sempre di tipo amministrativo pecuniario, si riferiscono alle tipologie di apparecchi di cui ai commi 6 e 7 dell'articolo 110 del TULPS

In particolare:

-        la produzione e l'importazione di apparecchi non rispondenti alle caratteristiche e alle prescrizioni stabilite dalle disposizioni vigenti sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro per ciascun apparecchio;

-        la produzione e l'importazione di apparecchi sprovvisti dei titoli autorizzatori previsti dalle disposizioni vigenti sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio;

-        la distribuzione, l'installazione e comunque la messa in uso in qualsiasi sede di apparecchi non rispondenti alle caratteristiche e alle prescrizioni stabilite dalle disposizioni vigenti sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro per ciascun apparecchio; tale sanzione si applica anche a chi, pur gestendo apparecchi in regola, corrisponde, a fronte delle vincite, premi, in danaro o di altra specie, diversi da quelli ammessi;

-        la distribuzione, l'installazione e comunque la messa in uso in qualsiasi sede di apparecchi sprovvisti dei titoli autorizzatori previsti dalle disposizioni vigenti sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio.

Nei casi di accertamento di una delle violazioni sopra elencate, l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato non può rilasciare all’autore della violazione titoli autorizzatori concernenti la distribuzione o l’installazione di apparecchi da intrattenimento, per un periodo di cinque anni.

La sanzione amministrativa da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio si applica quando i titoli autorizzatori non sono apposti sugli apparecchi stessi.

 

Salvo quanto previsto da speciali disposizioni di legge, si ha reiterazione, ai sensi dell'art. 8-bis della legge n. 689 del 1981 di modifiche al sistema penale, quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione amministrativa, accertata con provvedimento esecutivo, lo stesso soggetto commette un'altra violazione della stessa indole. Si ha reiterazione anche quando più violazioni della stessa indole commesse nel quinquennio sono accertate con unico provvedimento esecutivo.

Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità della condotta, presentano una sostanziale omogeneità o caratteri fondamentali comuni.

Le violazioni amministrative successive alla prima non sono valutate, ai fini della reiterazione, quando sono commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria.

 

L'intervento in materia di apparecchi da intrattenimento prevede al comma 7 una modifica delle caratteristiche tecniche degli apparecchi di cui al comma 6 dell'art. 110, lett. a) del TULPS, (apparecchi da gioco lecito con vincite in denaro) prevedendo modalità di erogazione delle vincite e di pagamento delle giocate diverse dalla moneta metallica.

Ciò, come riporta la relazione illustrativa, consente nuove prospettive di sviluppo costruttivo e di funzionamento degli apparecchi con vincite in denaro, in ragione delle opportunità, offerte dall'evoluzione tecnologica, volte a favorire il contrasto delle frodi ed all'evasione fiscale nello specifico comparto di gioco. In particolare sarà possibile la progettazione e l'introduzione di strumenti elettronici di pagamento delle giocate e delle vincite, che permetterebbero il prelievo erariale non al momento della singola giocata come oggi avviene, ma al momento della vendita di detti strumenti.

Secondo la relazione, tale abrogazione diverrà efficace, a livello tecnico, solo dopo il recepimento delle regole di produzione e verifica degli apparecchi e non sarà quindi necessario intervenire sul funzionamento delle macchine attualmente operanti sul mercato.

 

L'articolo 110, comma 6, TULPS, novellato dall'art. 1, comma 525 della legge finanziaria per il 2006, individua le caratteristiche degli apparecchi da gioco lecito con vincite in denaro.

 

I suddetti apparecchi, ai sensi del vigente articolo 110, comma 6, devono avere le seguenti caratteristiche:

-        preponderanza degli elementi di abilità e di intrattenimento, rispetto all’elemento aleatorio;

-        attivazione del gioco con moneta metallica di valore non superiore a 50 centesimi;

-        durata della partita compresa tra 7 e 13 secondi;

-        distribuzione di vincite in denaro di importo non superiore a 50 euro; erogazione della vincita subito dopo la conclusione della partita, esclusivamente mediante monete metalliche;

-        vincite non inferiori al 75 per cento delle somme giocate, su un ciclo complessivo di 14.000 partite;

-        divieto di riprodurre il gioco del poker o comunque, anche in parte, le sue regole fondamentali.

Ai sensi dell’articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972[386], gli apparecchi sono gestiti telematicamente, mediante attrezzature videoterminali, da uno o più soggetti concessionari della rete o delle reti dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato. Con il D.M. 12 marzo 2004, n. 86, sono state dettate disposizioni per la gestione telematica di tali apparecchi.

 

Il comma 8 modifica i commi 530 e 531 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2006. In particolare:

§      differisce al 1° gennaio 2007 l’aumento del canone di concessione per la conduzione operativa della rete telematica dei giuochi (dallo 0,3 per cento allo 0,8 per cento delle giocate); contestualmente rinvia al 1° gennaio 2007 il compenso (sino ad un massimo dello 0,5 per cento delle giocate) che l’AAMS riconosce ai concessionari della rete telematica per gli investimenti effettuati;

§      rinvia dal 1° luglio 2006 al 1° gennaio 2007 la diminuzione dal 13,50 al 12 per cento dell’aliquota del prelievo erariale unico sulle somme giocate con gli apparecchi da intrattenimento.

 

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 17 giugno 2004 la Commissione ha presentato alla Corte di giustizia delle Comunità europee un ricorso (procedura d’infrazione n. 1999/5352) contro la Repubblica italiana per non aver rispettato il principio generale della trasparenza e il requisito che ne deriva della pubblicità, previsti dal Trattato istitutivo della Comunità europea, quando, il 21 dicembre 2000, senza una preventiva messa in concorrenza, ha rinnovato fino al 2006 con i concessionari precedenti circa 329 concessioni per la gestione delle scommesse ippiche.

Il sistema italiano delle scommesse era già stato esaminato a livello comunitario dalla Corte di giustizia, con una sentenza del 6 novembre 2003 adottata in una causa pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Ascoli (C-243/01). Nella pronuncia la Corte aveva rilevato come la normativa italiana, riservando allo Stato o ai suoi concessionari l’attività di raccogliere scommesse sportive, configurasse una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi ed alla libertà di ricevere o di beneficiare servizi. Secondo la Corte tale restrizione non è sufficientemente giustificata da motivi di tutela del consumatore o di mantenimento dell’ordine sociale.

 

Il 4 aprile 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora (procedura di infrazione 2003/4616) per violazione del diritto comunitario, in particolare dell’art. 49 del Trattato delle Comunità europee, in quanto la normativa italiana comporterebbe delle restrizioni all’esercizio di attività di organizzazione e di raccolta di scommesse sulle competizioni sportive.

Il richiamato articolo 49 vieta le restrizioni alla libera prestazione di servizi all’interno della Comunità nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello destinatario della prestazione.

Tra le altre, queste sono le restrizioni contestate dalla Commissione imposte:

§      alla partecipazione al gioco del lotto, di scommesse o di concorsi pronostici che la legge riserva allo Stato o ad altro ente concessionario, a meno che le autorità competenti non ne affidino la gestione, ai sensi del D.Lgs. 14.4.1948, n. 496, che conferisce al CONI o all’UNIRE il diritto esclusivo di organizzare e offrire servizi di scommesse relativi a manifestazioni sportive;

§      alla partecipazione a all’organizzazione di giochi e scommesse, alla loro pubblicità e alla possibilità di accettare un’offerta a partecipare, tramite una serie di sanzioni a chi, privo di concessione, autorizzazione o licenza, svolga in Italia qualsiasi attività organizzata al fine di accettare o raccogliere, anche per via telefonica o telematica, scommesse di qualsiasi genere da chiunque accettate in Italia o all’estero (art. 4, co. 4, 4-bis, 4-ter, come modificata dall’art. 37, co. 5 L. 388/2000).

 

Il 28 giugno 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora (procedura di infrazione 2006/4379) per violazione degli obblighi imposti dall’articolo 8 della direttiva 98/34/CE, come modificata dalla direttiva 98/48/CE che prevede una procedura di informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione.

La Commissione ritiene che le autorità italiane hanno adottato senza la suddetta notifica la legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) e il decreto 7 febbraio 2006 (prot. n. 2006/4249/giochi/UD) che impongono ai fornitori di servizi rete italiani l’obbligo di oscurare i siti internet che offrono servizi di scommesse on-line e i cui operatori non sono in possesso delle autorizzazioni italiane richieste.

 


Articolo 39
(Modifica di norma interpretativa sulle esenzioni dall’ICI)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. All'articolo 7 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, il comma 2-bis è sostituito dal seguente:

Identico.

«2-bis. L'esenzione disposta dall'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale».

 

 

 

L'articolo 39 modifica il comma 2-bis dell’articolo 7 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, in materia di esenzioni dall’imposta comunale sugli immobili (ICI), così come a sua volta modificato dal comma 133 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2006[387].

 

L’articolo 7, comma 2-bis, del decreto-legge n. 203 del 2005 aveva stabilito che l’esenzione dall'ICI prevista per gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di religione o di culto (cioè dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana), s’intendesse applicabile a tali attività indipendentemente dalla natura eventualmente commerciale delle attività stesse.

 

La disciplina concernente l’imposta comunale sugli immobili è contenuta nel titolo I, capo I, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504.

L’articolo 7 del decreto legislativo individua gli immobili esenti dall’imposta.

In particolare sono esenti, limitatamente al periodo dell'anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte:

a)    gli immobili posseduti dallo Stato, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti, dalle aziende sanitarie locali e dalle istituzioni sanitarie pubbliche autonome, dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali;

b)    i fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9;

c)    i fabbricati totalmente adibiti a determinati usi culturali (sedi, aperte al pubblico, di musei, biblioteche, archivi, cineteche, emeroteche statali, di privati, di enti pubblici, di istituzioni e fondazioni), quando al possessore non derivi alcun reddito dall’utilizzazione dell'immobile;

d)    i fabbricati destinati esclusivamente all'esercizio del culto e le loro pertinenze;

e)    i fabbricati di proprietà della Santa Sede indicati nel Trattato lateranense;

f)     i fabbricati appartenenti agli Stati esteri e alle organizzazioni internazionali per i quali era prevista l'esenzione dall'imposta locale sul reddito dei fabbricati in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;

g)    i fabbricati che, dichiarati inagibili o inabitabili, sono stati recuperati al fine di essere destinati ad attività assistenziali agli invalidi, limitatamente al periodo in cui sono adibiti direttamente allo svolgimento di tali attività;

h)    i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina.

In particolare, la lettera i) del comma 1 del predetto articolo 7 dichiara esenti dall’imposta gli immobili relativamente ai quali ricorrano le seguenti condizioni:

§      utilizzazione da parte dei soggetti indicati all’articolo 73 (ex 87), comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (enti non commerciali); la disposizione identifica gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

§      esclusiva destinazione allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di religione o di culto di cui all'articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222.

L’articolo 16 della legge 20 maggio 1985, n. 222 (Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi) determina le attività che, agli effetti delle leggi civili, si considerano comunque attività di religione o di culto e quelle che non rientrano in tale qualificazione.

La lettera a) individua come attività di religione o di culto quelle dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana. A norma della lettera b) sono invece attività diverse da quelle di religione o di culto quelle di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura e, in ogni caso, le attività commerciali o a scopo di lucro.

 

Con la modifica introdotta dal comma 133 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2006, il citato comma 2-bis ha disposto che per gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di religione o di culto, dichiarati esenti dall’imposta comunale sugli immobili (ICI) indipendentemente dalla natura eventualmente commerciale delle attività stesse, non si facesse luogo a rimborso o restituzione di imposte relativamente ai pagamenti effettuati prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del suddetto decreto (3 dicembre 2005).

 

L’articolo 39 qui illustrato dispone che l’esenzione dall’ICI si debba intendere applicabile alle attività di cui alla citata lettera i) del comma 1 dell’articolo 7 del D.Lgs. n. 504 del 1992 che non abbiano esclusivamente natura commerciale.

 

La disposizione sembra avere natura interpretativa e sostituisce una precedente norma di carattere parimenti interpretativo; essa dovrebbe pertanto rimuovere gli effetti di quest’ultima e avere efficacia ex tunc (limitatamente ai rapporti non esauriti) rispetto all’applicazione del descritto articolo 7, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 504 del 1992.

 


Articolo 39-bis
(Disposizioni in materia di rimborsi elettorali)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

 

1. All'articolo 1 della legge 3 giugno 1999, n. 157, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

 

«1-bis. Specifiche disposizioni sono previste dal comma 5-bis per il rimborso da attribuire ai movimenti o partiti politici in relazione alle spese sostenute per le campagne elettorali nella circoscrizione Estero, di cui all'articolo 48 della Costituzione, per l'elezione delle Camere»;

 

b) al comma 4, le parole: «lire mille» sono sostituite dalle seguenti: «un euro» e le parole: «lire 5 miliardi annue» sono sostituite dalle seguenti: «euro 2.582.285 annui»;

 

c) dopo il comma 5 è inserito il seguente:

 

«5-bis. Per il rimborso previsto dal comma 1-bis, in relazione alle spese sostenute per le elezioni nella circoscrizione Estero, i fondi di cui al comma 5 relativi, rispettivamente, al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati, sono incrementati nella misura dell'1,5 per cento del loro ammontare. Ciascuno dei due importi aggiuntivi di cui al precedente periodo è suddiviso tra le ripartizioni della circoscrizione Estero in proporzione alla rispettiva popolazione. La quota spettante a ciascuna ripartizione è suddivisa tra le liste di candidati in proporzione ai voti conseguiti nell'ambito della ripartizione. Partecipano alla ripartizione della quota le liste che abbiano ottenuto almeno un candidato eletto nella ripartizione o che abbiano conseguito almeno il 4 per cento dei voti validamente espressi nell'ambito della ripartizione stessa. Si applicano le disposizioni di cui al comma 13 dell'articolo 15 della legge 10 dicembre 1993, n. 515.»;

 

d) al comma 6, le parole: «commi 1 e 4» sono sostituite dalle seguenti: «commi 1 e 1-bis» e dopo le parole: «entro il 31 luglio di ciascun anno» sono inserite le seguenti: «I rimborsi di cui al comma 4 sono corrisposti in un'unica soluzione, entro il 31 luglio dell'anno in cui si è svolta la consultazione referendaria».

 

2. All'articolo 2, comma 1, della legge 3 giugno 1999, n. 157, dopo le parole: «fondi medesimi» sono inserite le seguenti: «, ad eccezione degli importi di cui al comma 5-bis dello stesso articolo 1,».

 

3. All'articolo 9 della legge 10 dicembre 1993, n. 515, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) il comma 1 è abrogato;

 

b) al comma 3, le parole: «per l'attribuzione della quota di seggi da assegnare in ragione proporzionale» sono soppresse.

 

4. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano a partire dai rimborsi delle spese elettorali sostenute per il rinnovo del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati nelle elezioni dell'aprile 2006.

 

5. All'onere derivante dall'at­tuazione del presente articolo, valutato in 1,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2006, si provvede, per l'anno 2006, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, e per gli anni successivi mediante corrispondente riduzione dello stan­ziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'eco­nomia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

L’articolo 39-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, modifica in varie parti la L. 157/1999 e la L. 515/1993, concernenti la disciplina dei rimborsi elettorali, introducendo specifiche disposizioni concernenti principalmente:

il rimborso spettante a partiti o movimenti politici per le spese sostenute in campagna elettorale nella circoscrizione Estero[388];

il rimborso previsto per i comitati promotori dei referendum.

 

I commi 1 e 2 dell’articolo prevedono l’incremento nella misura dell’1,5 per cento dei due fondi relativi alle spese elettorali per il rinnovo del Senato e della Camera, destinando tale incremento all’erogazione del rimborso per le spese sostenute per le elezioni politiche nella circoscrizione Estero, e prevedendo specifici criteri per il riparto di tali fondi.

 

La vigente disciplina dei rimborsi per le spese elettorali sostenute dai partiti e movimenti politici per le elezioni politiche, europee e regionali fa principalmente capo alla L. 157/1999[389], come modificata dalla L. 156/2002[390].

Il sistema da essa delineato prevede che i rimborsi siano corrisposti ripartendo, tra i movimenti o partiti politici aventi diritto, quattro fondi corrispondenti agli organi da rinnovare (Senato della Repubblica; Camera dei deputati; Parlamento europeo; Consigli regionali: L. 157/1999, art. 1, co. 1 e 3). L’ammontare di ciascuno dei quattro fondi è pari, per ciascun anno della legislatura degli organi interessati, alla somma che risulta dalla moltiplicazione di 1 euro per il numero dei cittadini della Repubblica italiana iscritti nelle liste elettorali della Camera dei deputati (art. 1, co. 5).

Il contributo è versato sulla base di quote annuali. In caso di scioglimento anticipato del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, il versamento delle quote annuali dei relativi rimborsi è comunque effettuato (art. 1, co. 6[391]).

La L. 157/1999 rinvia, per la determinazione degli aventi diritto alla ripartizione dei fondi e per il calcolo di tale ripartizione, alle leggi vigenti in materia: in particolare, con riferimento ai rimborsi elettorali per le elezioni politiche, all’art. 9 della L. 515/1993[392].

Quanto al meccanismo di riparto, il contributo è corrisposto (L. 515/1993, art. 9, co. 1) ripartendo tra gli aventi diritto due fondi relativi, rispettivamente, alle spese elettorali per il rinnovo del Senato e della Camera.

Il fondo relativo alla Camera dei deputati è ripartito in proporzione ai voti di lista conseguiti tra i partiti e movimenti che abbiano superato la soglia dell’1 per cento dei voti validamente espressi[393].

Il fondo per il rimborso delle spese elettorali per il rinnovo del Senato della Repubblica è invece ripartito su base regionale. A tal fine (L. 515/1993, art. 9, co. 2) il fondo è in primo luogo suddiviso tra le regioni in proporzione alla rispettiva popolazione. La quota spettante a ciascuna regione è ripartita tra le liste di candidati presentatisi nella regione con il medesimo contrassegno, in proporzione ai voti conseguiti in ambito regionale. Partecipano alla ripartizione del fondo le liste di candidati che abbiano ottenuto almeno un candidato eletto nella regione o che abbiano conseguito almeno il 5 per cento dei voti validamente espressi in ambito regionale e i candidati non collegati ad alcun gruppo che risultino eletti o che conseguano nel rispettivo collegio almeno il 15 per cento dei voti validamente espressi[394].

L’erogazione del rimborso è disposta con decreti del Presidente della Camera o del Presidente del Senato, secondo le rispettive competenze. I partiti o movimenti politici che intendono usufruire dei rimborsi sono tenuti a farne richiesta, a pena di decadenza, al Presidente del ramo del Parlamento competente, entro dieci giorni dalla data di scadenza del termine per la presentazione delle liste (L. 157/1999, art. 1, co. 2).

La L. 157/1999 reca una specifica disposizione (art. 3) intesa a promuovere la partecipazione delle donne alle attività politiche. Si prevede, a carico dei partiti, l'obbligo di destinare un importo non inferiore al 5 per cento del totale dei rimborsi elettorali ricevuti ad iniziative connesse alle predette finalità. Dell'effettivo adempimento di tale obbligo, è data notizia attraverso l'iscrizione della quota in una apposita voce nell'ambito del rendiconto annuale previsto dall'art. 8 della L. 2/1997[395].

Nelle ipotesi di inottemperanza agli obblighi di contabilizzazione dei contributi o di irregolare redazione del rendiconto, fissati dalla normativa vigente, il Presidente della Camera e quello del Senato, per i fondi di rispettiva competenza, sospendono l'erogazione del rimborso fino ad avvenuta regolarizzazione (L. 157/1999, art. 1, co. 8).

 

Gli importi aggiuntivi sono ripartiti, in primo luogo, tra le quattro ripartizioni in cui si suddivide la circoscrizione Estero (rispettivamente comprendenti gli Stati e i territori afferenti all’Europa, all’America meridionale, all’America settentrionale e centrale ed all’Africa, Asia, Oceania e Antartide), in proporzione alla popolazione.

Qualora, come si potrebbe presumere, con il termine “popolazione” ci si intenda riferire al numero di cittadini italiani che risiedono in ciascuna ripartizione, risulterebbe opportuna una formulazione più precisa del testo, sull’esempio di quella recata dall’art. 6, co. 2, della L. 459/2001[396].

In ogni ripartizione, la relativa quota è quindi proporzionalmente suddivisa tra le sole liste di candidati che abbiano ottenuto almeno un eletto o almeno il 4 per cento dei voti validi nella ripartizione.

Trova applicazione l’art. 15, co. 13, della L. 515/1993, che prevede la sospensione del versamento del rimborso da parte dei Presidenti delle Camere in caso di mancato deposito dei consuntivi delle spese elettorali.

 

Il comma 3 modifica, con finalità di coordinamento, l’art. 9 della L. 515/1993. In particolare:

§      la lettera a) sopprime il comma 1 dell’articolo, il quale fa riferimento al contributo finanziario per le spese elettorali di cui agli artt. 1 e 2 della L. 195/1974[397], articoli soppressi dall’art. 10 della L. 157/1999;

§      la lettera b) sopprime, al comma 3 (concernente la ripartizione del fondo per il rimborso delle spese elettorali per il rinnovo della Camera), l’inciso che richiama la “quota di seggi da assegnare in ragione proporzionale”, non più riferibile al sistema elettorale vigente come definito dalla L. 270/2005.

 

Il successivo comma 6 modifica ulteriormente l’art. 1 della L. 157/1999.

La lettera a) modifica il comma 4 dell’articolo, incrementando l’entità del rimborso previsto per i comitati promotori dei referendum abrogativi di cui all’art. 75 Cost. o dei referendum costituzionali ex art. 138 Cost.

Il testo vigente del comma prevede l’attribuzione ai comitati promotori di un rimborso pari alla somma risultante dalla “moltiplicazione di lire mille [pari a 0,516 euro] per ogni firma valida fino alla concorrenza della cifra minima necessaria per la validità della richiesta e fino ad un limite massimo pari complessivamente a lire 5 miliardi annue [pari a 2.582,285 euro]”, a condizione (quanto ai referendum abrogativi) che la consultazione referendaria abbia raggiunto il quorum di validità di partecipazione al voto.

Il testo in esame, sostituendo i valori indicati in lire con valori in euro, incrementa il primo dei due (l’espressione “lire mille” (0,516 euro) è sostituita con l’espressione “un euro”), fermo restando il tetto massimo annuale (le parole “lire cinque miliardi” sono sostituite dalle parole “euro 2.582,285”).

La lettera b) modifica il comma 6 disponendo che i rimborsi di che trattasi siano corrisposti in unica soluzione (e non più con cadenza annuale), entro il 31 luglio dell’anno in cui si è svolta la consultazione referendaria.

 

Ai sensi del comma 4, le disposizioni di cui all’articolo in commento trovano applicazione a partire dai rimborsi relativi alle elezioni politiche del 2006.

 

Il comma 5 reca la quantificazione dell’onere finanziario recato dall’articolo (pari a 1,5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006) e la relativa copertura.

Per l’anno 2006 la copertura è operata mediante riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica istituito dall’art. 10, co. 5, del D.L. 282/2004[398]; per gli anni successivi, attingendo all’accantonamento nel fondo speciale di parte corrente relativo al Ministero degli affari esteri.

 


Articolo 40
(Copertura finanziaria)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Agli oneri recati dal presente decreto, pari a complessivi 4.219 milioni di euro per l'anno 2006, a 1.582 milioni di euro per l'anno 2007 e a 2.338 milioni di euro per l'anno 2008, si provvede mediante utilizzo delle maggiori entrate e delle riduzioni di spesa recate dal medesimo decreto.

1. Agli oneri recati dal presente decreto, ad eccezione di quelli relativi agli articoli 18-bis, 21 e 39-bis, pari a complessivi 4.384,4, milioni di euro per l'anno 2006, a 2.066,6 milioni di euro per l'anno 2007 e a 3.013,7 milioni di euro per l'anno 2008, si provvede mediante utilizzo delle maggiori entrate e delle riduzioni di spesa recate dal medesimo decreto.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

L'articolo 40 reca la clausola di copertura finanziaria degli oneri recati dalle disposizioni introdotte dal provvedimento in esame, ad eccezione di quelli derivanti dall’articolo 18-bis (finanziamento per le esigenze operative del Corpo forestale dello Stato), dall’articolo 21 (in materia di ricorsi) e dall’articolo 39-bis (in materia di rimborsi elettorali), che prevedono specifiche coperture finanziarie.

 

Gli oneri per i quali l’articolo 40 dispone la copertura finanziaria ammontano complessivamente a 4.384,4 milioni di euro per l’anno 2006, 2.066,6 milioni di euro per l’anno 2007 e 3.013,7 milioni di euro per l’anno 2008.

 

A tali oneri si provvede mediante l’utilizzo delle maggiori entrate e delle risorse derivanti dalle minori spese recate dal provvedimento in esame.

 

Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio (comma 2).

 

Nella tabella seguente sono riportati gli oneri complessivi recati dal provvedimento in esame di cui l’articolo 40 provvede alla copertura finanziaria, come indicati nel quadro riepilogativo degli effetti della manovra allegato alla relazione tecnica.

 

Art.

Oneri
(milioni di euro)

2006

2007

2008

 

Maggiori spese
di cui:

2.291,0

605,0

712,4

17, co. 1

Finanziamento F.S. AV/AC

1.800

0

0

18, co. 1

Fondo nazionale servizio civile

30

0

0

18, co. 2

Fondo per le politiche sociali

300

300

300

18, co. 3

Fondo unico per lo spettacolo

50

50

50

19

Fondi per la tutela della famiglia

9

30

30

20, co. 1

Editoria

2

-

-

37, co. 51

Pianificazione fiscale

100

110

110

 

IRAP - ESN

-

115

222,4

 

Minori entrate
di cui:

2.093,4

1.461,6

2.301,3

35, co. 9

Soppressione imposta aggiuntiva 1% locazioni strumentali

50,5

100,8

81,1

35, co. 9

Agevolazioni compravendite società leasing

55,9

284,8

280,7

35, co. 22-bis

Detrazione per intermediazione

0,0

0,0

122,5

35, co. 35-ter e 35-quater

Agevolazioni tributarie recupero edilizio

57,0

-

-

37, co. 40-43

IRPEF -TFR

0

20

20

37, co. 47-48

IRES - Spese relative a studi e ricerche

0

0

763

6, co. 16-17

IRES - Piccola trasparenza

0

52

30

37, co. 15-17

IVA - esclusione soggetti minimi

0

14

14

37, co. 51

Pianificazione fiscale

1.930

990

990

 

Totale oneri

4.384,4

2.066,6

3.013,7

 

Si segnala che, rispetto al prospetto riepilogativo degli effetti della manovra, ai fini del calcolo degli oneri considerati dall’articolo 40, oltre alle voci relative agli articoli 18-bis, 21 e 39-bis, andrebbe esclusa la voce relativa alla Direttiva 2003/123/CE, di cui all’articolo 37, comma 57, che reca una autonoma copertura finanziaria.

 

Si osserva che la norma non fa cenno alla copertura degli oneri successivi al 2008.

 


Articolo 40-bis
(Validità di atti e contratti pubblici in rapporto
all’entrata in vigore del decreto-legge)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

 

1. Gli atti ed i contratti, pubblici e privati, emanati, stipulati o comunque posti in essere nello stesso giorno della pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale in applicazione ed osservanza della disciplina normativa previgente non costituiscono in nessun caso ipotesi di violazione della disciplina recata dal decreto stesso. In tali casi, le disposizioni del decreto si conside­rano entrate in vigore il giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

L’articolo in esame è stato introdotto al Senato con l’approvazione dell’emendamento 1.1000 del Governo, in relazione alla clausola di entrata in vigore del decreto-legge (art. 41), secondo la quale il decreto-legge è entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, cioè il 4 luglio 2006.

Vengono sostanzialmente fatti salvi gli effetti degli atti e dei contratti, pubblici o privati, emanati, stipulati o comunque posti in essere nello stesso giorno della pubblicazione del decreto-legge (coincidentecon la sua entrata in vigore), nel rispetto della normativa previgente. In relazione a tali atti e contratti, l’articolo precisa – con formula inconsueta - che le disposizioni del decreto-legge “si considerano entrate in vigore il giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale”.

 


Articolo 41
(Entrata in vigore)

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

 

 

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

Identico.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

 

 

L'articolo 41 reca la consueta clausola relativa all'entrata in vigore.

Nel caso in esame è stata disposta l’entrata in vigore del decreto-legge il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, cioè il 4 luglio 2006.

In relazione a tale immediata entrata in vigore, si veda anche l’articolo 40-bis, introdotto con l’emendamento 1.1000 del Governo approvato al Senato.


 



[1]     Come evidenziate nella relazione illustrativa al ddl di conversione in legge, ed esplicitate dallo stesso articolo 1 del decreto-legge in esame, che peraltro pone in relazione le misure contenute nel provvedimento e l’obiettivo di garantire l’osservanza di alcuni principi del Trattato CE, nonché raccomandazioni della Commissione europea, dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato e di altre autorità di regolazione, al fine di rafforzare la libertà di scelta del consumatore e di promuovere assetti di mercato maggiormente concorrenziali.

[2]    Cfr. la sentenza n. 423 del 2004.

[3]    Cfr. sentenza n. 370 del 2003.

[4]    Art. 1, comma 153.

[5]    Art. 1, comma 111.

[6]     La Corte in più occasioni non ha riscontrato l’esercizio della competenza in tema di livelli essenziali delle prestazioni, non rinvenendo i presupposti per la determinazione dei livelli (sentenze n. 423/2004 370/2003, 88/2003 e 282/2002).Il riferimento ai “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”, sarebbe invocabile solo in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa nazionale definisca il livello essenziale di erogazione, mentre esso non è utilizzabile al fine di individuare il fondamento costituzionale della disciplina, da parte dello Stato, di interi settori materiali (sentenze n. 383/2005 e 285/2005).

[7]     Il quale dunque, sotto questo profilo, non si conforma alle vigenti Regole e raccomandazioni per la formulazione dei testi legislativi che richiedono l’indicazione - anche non esaustiva - delle disposizioni abrogate (par. 3, lettera h).

[8]     Si ricorda che il Ministero della giustizia esercita la vigilanza sui seguenti ordini e collegi: agenti di cambio, agronomi e dottori forestali, agrotecnici, architetti, assistenti sociali, attuari, avvocati, biologi, chimici, dottori commercialisti, consulenti del lavoro, geologi, geometri, giornalisti, ingegneri, psicologi, ragionieri e periti commerciali, revisori contabili, tecnologi alimentari, periti agrari, periti industriali.

      (Fonte: Ministero della giustizia, http://www.giustizia.it/professioni/ord_coll_vig.htm).

[9]     Si veda, tra le tante, Cass. 13 gennaio 2005, n. 583: "Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, da cui non vi è motivo di discostarsi, in tema di obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale l'inadempimento del professionista alla propria obbligazione non può essere desunto, "ipso facto", dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, ma deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale e, in particolare, del dovere di diligenza, per il quale trova applicazione, in luogo del tradizionale criterio della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale fissato dall'art. 1176, comma 2, c.c. - parametro da commisurarsi alla natura dell'attività esercitata".

[10]    Si pensi al decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 74, recante "Attuazione della direttiva 84/450/CEE, come modificata dalla direttiva 97/55/CEE in materia di pubblicità ingannevole e comparativa", e al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 67, recante "Attuazione della direttiva 97/55/CE, che modifica la direttiva 84/450/CE in materia di pubblicità ingannevole e comparata", successivamente abrogati e sostituiti dal decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 ("Codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229").

[11]    "Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore".

[12]    "Tariffe forensi in materia penale e stragiudiziale e sanzioni disciplinari per il mancato pagamento dei contributi previsti dal D.lgs.lgt. 23 novembre 1944, n. 382".

[13]    "Determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati e procuratori per prestazioni giudiziali in materia civile".

[14]    "Regolamento recante determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati per le prestazioni giudiziali, in materia civile, amministrativa, tributaria, penale e stragiudiziali".

[15]    "Onorari di avvocato e di procuratore per prestazioni giudiziali in materia civile". L'art. 24 di tale legge prevede che "Gli onorari e i diritti stabiliti per le prestazioni dei procuratori e gli onorari minimi stabiliti per le prestazioni degli avvocati sono inderogabili. Ogni convenzione contraria è nulla".

[16]    "Ordinamento del notariato e degli archivi notarili".

[17]    "Norme per la determinazione degli onorari, dei diritti accessori, delle indennità e dei criteri per il rimborso delle spese spettanti ai notai".

[18]    "Determinazione della tariffa degli onorari, dei diritti, delle indennità e dei compensi spettanti ai notai".

[19]    Vi sono poi decreti che stabiliscono gli importi dovuti ai notai per specifiche attività quali la levata di protesti cambiari (D.M. 17 marzo 1998) e le operazioni di vendita con incanto (D.M. 25 maggio 1999, n. 313).

[20]    "Modificazioni all'ordinamento del notariato e degli archivi notarili".

[21]    "Approvazione della tariffa professionale degli ingegneri e degli architetti".

[22]    "Norme sulla tariffa degli ingegneri e degli architetti".

[23]    L'ultimo adeguamento di carattere generale è contenuto nel D.M. 11 giugno 1987, n. 233. Successivamente vi sono state modifiche dei compensi relativi a singoli tipi di attività (si veda da ultimo il D.M. 4 aprile 2001).

[24]    "Ordinamento della professione di dottore commercialista".

[25]    "Ordinamento della professione di ragioniere e perito commerciale".

[26]    Esistono poi norme che stabiliscono i compensi per particolari attività, quale quella di consulente tecnico e di curatore fallimentare che possono essere svolte, tra gli altri, anche dal dottore commercialista.

[27]    "Delega al Governo per l'istituzione dell'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili".

[28]    "Costituzione dell'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, a norma dell'articolo 2 della legge 24 febbraio 2005, n. 34".

[29]    "Disciplina giuridica degli studi di assistenza e di consulenza".

[30]    "Legge quadro in materia di lavori pubblici", della quale il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 ("Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE") prevede l'abrogazione.

[31]    L'individuazione dei requisiti delle società in questione è stata effettuata dal D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 544, recante il "Regolamento di attuazione della legge 11 febbraio 1994, n. 109, legge quadro in materia di lavori pubblici,e e successive modificazioni".

[32]    "Interventi urgenti per l'economia".

[33]    "Attuazione della direttiva 98/5/CE volta a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica professionale".

[34]    "Norme per la tutela della concorrenza e del mercato".

[35]    Si veda al riguardo anche il dossier del Servizio studi n. 14, Disegno di legge A.S. n. 741 - Conversione in legge del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale - Documenti dell'Autorità antitrust e della Commissione Europea.

[36]    Nel parere al Ministro della giustizia AS163 del 5 febbraio 1999 in merito al disegno di legge della XIII legislatura n. 5092 recante "delega al Governo per il riordino delle professioni intellettuali", l'Autorità ha ribadito che "la previsione di una regolamentazione per le attività riservate, diretta a controllare le modalità di erogazione delle prestazioni, nonché il comportamento dei professionisti, dovrebbe essere principalmente finalizzata alla correzione delle asimmetrie informative presenti nei mercati in questione". I medesimi concetti si ritrovano espressi nella segnalazione AS298 del 27 aprile 2005, nonché nella segnalazione AS306 del 14 luglio 2005. L'Autorità ha più volte giustificato la necessità di riforme nel settore delle professioni anche alla luce delle lettere di messa in mora inviate allo Stato italiano nel luglio 2005 dalla Direzione mercato interno della Commissione Europea in merito all'idoneità delle tariffe di avvocati, architetti e ingegneri a pregiudicare il commercio intracomunitario e dagli stimoli in tal senso provenienti da OCSE e Fondo Monetario Internazionale.

[37]    Secondo l’articolo 74, primo comma, del suddetto Decreto 115/2002, “È assicurato il patrocinio nel processo penale per la difesa del cittadino non abbiente, indagato, imputato, condannato, persona offesa da reato, danneggiato che intenda costituirsi parte civile, responsabile civile ovvero civilmente obbligato per la pena pecuniaria”. Il secondo comma del medesimo articolo prevede, altresì, che il patrocinio è assicurato “nel processo civile, amministrativo, contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione, per la difesa del cittadino non abbiente quando le sue ragioni risultino non manifestamente infondate”.

[38]    In merito all'estensione di tale divieto, la Suprema Corte aveva osservato che "È nullo il patto di quota lite stipulato da un ragioniere con il proprio cliente poiché il termine "patrocinatori" contenuto nel comma 3 dell'art. 2033 c.c. individua una categoria generale cui appartengono tutti quei professionisti che, pur non essendo né avvocati né procuratori, sono oggi abilitati alla difesa in sede di controversie giudiziali" (Cass. 23 giugno 1998, n. 6203).

[39]    Il documento è stato sottoposto ad una consultazione pubblica che si è conclusa il 15 giugno.

[40]    Nel corso della prima lettura il Parlamento europeo aveva soppresso le disposizioni relative al distacco dei lavoratori, ritenendo che questa questione ricadesse nel campo di applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco di lavoratori nell’ambito di una disciplina di servizi. Successivamente, al fine di facilitare l’applicazione della citata direttiva 96/71/CE, la Commissione ha presentato, insieme al testo modificato della proposta di direttiva, una comunicazione (COM(2006)159) relativa agli “Orientamenti riguardanti il distacco dei lavoratori effettuato nell’ambito di una prestazione di servizi”.

[41]    L’articolo 17 stabilisce la facoltà per la Commissione di effettuare un’indagine in un settore specifico dell'economia qualora l'evoluzione degli scambi fra Stati membri, la rigidità dei prezzi o altre circostanze facciano presumere che la concorrenza possa essere ristretta o falsata all'interno del mercato comune. Nel corso di tale indagine la Commissione può richiedere alle imprese o alle associazioni di imprese interessate di fornire le informazioni necessarie per l'applicazione degli articoli 81 e 82 del Trattato e svolgere i necessari accertamenti. LaCommissione può pubblicare una relazione sui risultati della sua indagine, invitando le parti interessate a presentare osservazioni.

[42]    L’articolo 81 del TCE vieta tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni tra imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, a meno che essi non contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico ed economico.

[43]    L’articolo 82 del TCE stabilisce che è incompatibile con il mercato comune e vietato lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato comune o su una parte consistente di esso.

[44]    L’articolo 81, paragrafo 1, del TCE vieta tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni tra imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune. Tuttavia in base alla giurisprudenza della Corte (sentenza Wouters) esulano da questo divieto le regolamentazioni professionali obiettivamente necessarie per garantire il corretto esercizio della professione conformemente alle modalità organizzative dello Stato membro interessato.

[45]    L’articolo 3, paragrafo 1, lettera g), del TCE fissa l’obbligo per la Comunità di porre in essere un regime che non falsi la concorrenza del mercato interno. L’articolo 10, paragrafo 2, del TCE vieta agli Stati membri di adottare misure suscettibili di compromettere la realizzazione degli scopi del trattato.

[46]    Causa C-198/01, Consorzio industrie fiammiferi (CIF).

[47]    L’articolo 86, paragrafo 1, vieta agli Stati membri, per quanto riguarda le imprese pubbliche e le imprese cui essi conferiscono diritti speciali o esclusivi, di applicare o mantenere in vigore misure contrarie alle norme del Trattato CE. L’articolo 86, paragrafo 3, conferisce alla Commissione lo speciale potere di vigilare sull’applicazione dell’articolo 86 rivolgendo, se necessario, direttamente agli Stati membri opportune decisioni o direttive.

[48]    Procedura 2005/2198.

[49]   L’articolo 43 vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro. Tale divieto si estende anche alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali.

[50]    L’articolo 49 vieta le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno della Comunità nei confronti di cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità diverso da quello destinatario della prestazione.

[51]    Questa legge recepisce nell’ordinamento italiano la direttiva 77/249/CEE intesa a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati.

[52]   La Commissione ha effettuato una valutazione delle disposizioni italiane precedentemente descritte anche alla luce della direttiva 98/5/CE volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica e della direttiva 77/249/CEE intesa a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione dei servizi da parte degli avvocati. In entrambi i casi la Commissione è giunta alla conclusione che le disposizioni delle due direttive non sono sufficienti per chiarire la questione della compatibilità della normativa italiana con la normativa comunitaria e rinvia ad un esame specifico della compatibilità di tali disposizioni con gli articoli 43 e 49 del TCE.

[53]   Procedura 2005/4216.

[54]   La Commissione ha effettuato una valutazione della normativa italiana in materia di tariffe minime per architetti ed ingegneri alla luce della direttiva 85/384/CEE concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli nel settore dell’architettura e recante misure volte a facilitare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi e della direttiva 89/48/CEE relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di una durata minima di tre anni. In seguito all’esame, la Commissione ha concluso che tali direttive riguardano il riconoscimento delle qualifiche professionali e non toccano questioni non connesse alle qualifiche. Esse, pertanto, non pregiudicano l’eventuale incompatibilità con gli articoli 43 e 49 del TCE della normativa italiana relativa all’esercizio della professione, ivi compresa la professione di architetto ed ingegnere in Italia.

[55]   Nel corso dell'indagine conoscitiva sulle recenti dinamiche dei prezzi e delle tariffe e sulla tutela dei consumatori (mercoledì 12 febbraio 2003) in seduta congiunta della 10a commissione permanente (Industria, commercio, turismo) del Senato con la x commissione permanente (Attività produttive, commercio e turismo) della Camera, il professor Tesauro, presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ha osservato - tra l'altro - che:

      "...Per quanto riguarda la distribuzione commerciale, è innegabile che negli ultimi anni si è assistito in Italia ad un ampio processo di liberalizzazione, che ha riguardato soprattutto gli esercizi di dimensioni più piccole, ormai praticamente liberi nelle loro decisioni di localizzazione e di assortimento. La concorrenza tra esercizi più modesti è quindi elevata. Per le medie e grandi superfici, è stato invece mantenuto un regime autorizzatorio, che prevede l'intervento delle amministrazioni comunali e regionali sulla base di criteri principalmente improntati alla programmazione urbanistica. In realtà, molte Regioni hanno dato una interpretazione restrittiva delle disposizioni normative nazionali, mantenendo in vita una programmazione strutturale dell'offerta che prevede o mantiene ingiustificati vincoli quantitativi alle possibilità di ingresso nel mercato di esercizi di dimensioni più grandi. Come conseguenza di queste politiche, in molte Regioni gli ingressi di nuove imprese, soprattutto nei segmenti degli ipermercati, sono possibili solo attraverso acquisizioni di operatori esistenti ed accorpamenti delle relative licenze. Le limitazioni amministrative all'aumento del numero degli operatori nelle medie e grandi superfici, che è particolarmente rilevante nel Mezzogiorno, tendono ad indebolire l'operare della concorrenza tra gli operatori di dimensioni più grandi e ad impedire che le riduzioni dei costi associate alla maggiore dimensione raggiungano i consumatori attraverso un abbassamento dei prezzi. Va da sé, ad esempio, che se il numero degli ipermercati è inferiore a quello necessario per soddisfare la domanda dei consumatori, gli ipermercati esistenti mantengono un rilevante potere di mercato e i loro prezzi rimangono pertanto elevati. Come conseguenza, rimangono elevati anche i prezzi del dettaglio tradizionale. È chiaro, da questo quadro, che frenare ingiustificatamente l'adeguamento della struttura della distribuzione commerciale alle mutate esigenze dei consumatori determina importanti svantaggi in termini di disponibilità di luoghi alternativi di acquisto e di condizioni di vendita".... "Una possibile risposta alle preoccupazioni in materia dei prezzi è pertanto una maggiore liberalizzazione della distribuzione commerciale, sia in termini di autorizzazione all'ingresso nel mercato, che in relazione ai comportamenti delle imprese, e non certo il ricorso a ulteriori forme di regolazione, dagli effetti incerti ma che in un bilancio globale è certamente negativo per lo sviluppo dell'economia nazionale".

      I temi sollevati nel corso della citata audizione sono riportati anche nella pure ricordata relazione al disegno di legge, specificando ulteriormente che "anche il Governatore della Banca d’Italia è intervenuto recentemente sul tema dell’assetto normativo del commercio: nella sua ultima relazione annuale ha evidenziato che non tutte le regioni hanno colto l’occasione del trasferimento di competenze per liberalizzare; anzi, «nelle regioni dove si sono adottati criteri più restrittivi, efficienza produttiva e diffusione delle nuove tecnologie ne sono risultate frenate, a scapito dei consumatori e della stessa crescita dell’occupazione nel settore».

[56]    Con la citata segnalazione l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha richiamato l'attenzione in merito a due aspetti della regolamentazione adottata dalla Regione Siciliana in materia di commercio, relativi ai criteri di valutazione delle domande di autorizzazione per l'apertura, il trasferimento o l'ampliamento di sede di grandi strutture di vendita.

      Il primo aspetto è rappresentato dall'inclusione, tra i vari criteri di valutazione, di considerazioni attinenti alla quota di mercato dell'impresa che intende realizzare l'iniziativa per cui è chiesta l'autorizzazione. L'Autorità ha osservato che tale norma, prevedendo una valutazione effettuata esclusivamente sulla base di una predeterminata quota massima di mercato, può determinare ingiustificate distorsioni della concorrenza, in quanto è in grado di impedire la crescita delle imprese e il conseguimento di economie di scala che, nei contesti di mercato caratterizzati dalla presenza di qualificati concorrenti, possono condurre a benefici per i consumatori. Pertanto, tale norma ha l'effetto di limitare l'esercizio dell'attività imprenditoriale senza tutelare la concorrenza e i consumatori, recando al contrario un potenziale danno agli stessi.

      Il secondo è rappresentato dall'esistenza di limiti quantitativi per il rilascio delle autorizzazioni in discorso. L'Autorità ha ribadito il proprio orientamento contrario al conseguimento degli equilibri di mercato mediante la programmazione della struttura dell'offerta, la quale determina ostacoli all'evoluzione del mercato stesso e distorsioni della concorrenza ingiustificati.

[57]    Cfr. Indagine conoscitiva sulle recenti dinamiche dei prezzi e delle tariffe e sulla tutela dei consumatori in seduta congiunta (mercoledì 12 febbraio 2003) della 10a Commissione permanente (Industria, commercio, turismo) del Senato con la X Commissione permanente (Attività produttive, commercio e turismo) della Camera.

[58]   Tra i numerosi interventi legislativi regionali più recenti in tema di commercio si ricordano, senza pretesa di completezza:

-        L.R. n. 27 del 18-10-2004 (Regione Piemonte), “Modifiche della legge regionale 12 novembre 1999, n. 28 (Disciplina, sviluppo ed incentivazione del commercio in Piemonte, in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 114), in materia di vendite di fine stagione e promozionali”.

-        L.R. n. 10 del 06-07-2005 (Regione Piemonte), “Disposizioni urgenti in materia di procedimenti ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59)”.

-        L.R. n. 23 del 13-06-2002 (Regione Liguria), “Ulteriore modifica alla legge regionale 2 luglio 1999 n. 19 (disciplina del commercio in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 114)”.

-        L.R. n. 29 del 28-10-2004 (Regione Lombardia), “Modifica della l.r. 3 aprile 2000, n. 22 "attuazione dell'art. 15 (vendite straordinarie) del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 'riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'art. 4, comma 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59'".

-        L.R. n. 7 del 25-02-2005 (Regione Veneto), “Disposizioni di riordino e semplificazione normativa - collegato alla legge finanziaria 2004 in materia di miniere, acque minerali e termali, lavoro, artigianato, commercio e veneti nel mondo”.

-        L.R. n. 25 dell’11-10-2002 (Regione Emilia-Romagna), “Modifica della l.r. 10 dicembre 1997, n. 41 '' interventi nel settore del commercio per la valorizzazione e la qualificazione delle imprese minori della rete distributiva. abrogazione della l.r. 7 dicembre 1994, n. 49.

-        L.R .n. 9 del 23-02-2005 (Regione Marche), “Ulteriori modifiche della l.r. 4 ottobre 1999, n. 26 "norme e indirizzi per il settore del commercio" e modifica della l.r. 24 luglio 2002, n. 15 "razionalizzazione ed ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti per uso di autotrazione".

-        L.R. n. 12 del 25 -06- 2001 (Regione Lazio),”Modifiche alla legge regionale 18 novembre 1999, n. 33 relativa alla disciplina del commercio “.

-        L.R. n. 28 del 07-02-2005 (Regione Toscana), “Codice del Commercio. Testo Unico in materia di commercio in sede fissa, su aree pubbliche, somministrazione di alimenti e bevande, vendita di stampa quotidiana e periodica e distribuzione di carburanti”.

-        L.R. n. 26 del 07-12-2005 (Regione Umbria), “Modificazioni ed integrazioni della legge regionale 3 agosto 1999, n. 24 - Disposizioni in materia di commercio in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114”.

-        L.R. n. 11 del 01-08-2003 (Regione Puglia), “Nuova disciplina del commercio".

[59]   Cfr. le pagine 12 e ss. dell’A.S. 741.

[60]   Si ricorda che il Governo ha accolto come raccomandazione un o.d.g presentato presso la V Commissione del Senato, volto ad individuare all’interno dei medicinali senza obbligo di prescrizione (SOP) i farmaci di automedicazione che “per le loro caratteristiche e le cautele d’uso richieste, devono essere dispensati dal farmacista” e a prevedere un confezionamento diverso dei prodotti venduti al di fuori delle farmacie, riducendone le unità posologiche (cfr. seduta del 19 luglio 2006).

[61]   Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali.

[62]    Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59.

[63]   Il testo originario del ddl si limitava a prevedere l’”assistenza” di un farmacista.

[64]   Il testo del Senato specifica espressamente che tale disciplina si applica ai SOP di cui al comma 1 del presente articolo.

[65]   Cfr. l'art. 1, comma 4, del D.L. n. 87 del 2005, convertito dalla legge 26 luglio 2005, n. 149

[66]   Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE.

[67]    Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE.

[68]    Per la nozione di medicinale generico, cfr. l'art. 10, comma 5, lettera b), del medesimo D.Lgs. n. 219.

[69]    Dall'obbligo sono esclusi chi importa medicinali e chi distribuisce esclusivamente materie prime farmacologicamente attive o gas medicinali o medicinali disciplinati dagli artt. 92 e 94 dello stesso D.Lgs. n. 219 (rispettivamente, "medicinali utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero o in strutture ad esso assimilabili" e "medicinali utilizzabili esclusivamente dallo specialista") o medicinali di cui detiene l'AIC o la concessione di vendita.

[70]    novellando l'art. 7, comma 1, della legge 8 novembre 1991, n. 362 (Norme di riordino del settore farmaceutico).

[71]    Quest'ultima è entrata in vigore il 17 novembre 1991.

[72]   la quale novella il comma 2 del citato art. 7 della legge n. 362.

[73]   novellando l'art. 8, comma 1, lettera a), della legge n. 362.

[74]   di cui al citato comma 1 dell'art. 8 della legge n. 362.

[75]    Riguardo a quest'ultimo profilo, si ricorda che l'art. 12, dodicesimo comma, della L. 2 aprile 1968, n. 475, prevede che gli eredi - nei termini previsti dalla disciplina oggetto ora di abrogazione e fatte salve le ipotesi dalla medesima contemplate - debbano trasferire la farmacia in favore di farmacista iscritto nell'albo professionale, che, in un precedente concorso per sedi farmaceutiche, abbia conseguito la titolarità o sia risultato idoneo. Durante il periodo transitorio, gli eredi hanno diritto di continuare l'esercizio sotto la responsabilità di un direttore.

      Riguardo ad alcuni profili critici relativi alle norme di abrogazione, cfr. infra.

[76]   Si ricorda che, ai sensi dell'art. 76, primo comma, del codice civile, nella linea retta si computano altrettanti gradi quante sono le generazioni, escluso il primo ascendente.

[77]    Il “Gruppo di alto livello per l’innovazione e la disponibilità dei farmaci – G10”, istituito nel marzo 2001 e composto da ministri, esponenti delle industrie farmaceutiche e rappresentanti dei pazienti, ha prodotto nell’aprile 2002 una relazione sulla quale hanno adottato conclusioni il Consiglio Competitività e il Consiglio Salute, rispettivamente il 22 settembre e il 2 dicembre 2003.

[78]    L’11 marzo 2004 il Consiglio ha adottato il pacchetto di revisione della normativa farmaceutica comunitaria composto da: regolamento CE 726/2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali; la direttiva 2004/27 che modifica la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano; la direttiva 2004/28 che modifica la direttiva 2001/82/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari; la direttiva 2004/24, sui farmaci vegetali tradizionali.

[79]   Ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 21 del 1992, sono definiti autoservizi pubblici non di linea quelli che provvedono al trasporto collettivo od individuale di persone, con funzione complementare e integrativa rispetto ai trasporti pubblici di linea ferroviari, automobilistici, marittimi, lacuali ed aerei, e che vengono effettuati, a richiesta dei trasportati o del trasportato, in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta.

      Costituiscono autoservizi pubblici non di linea:a) il servizio di taxi con autovettura, motocarrozzetta, natante e veicoli a trazione animale;b) il servizio di noleggio con conducente e autovettura, motocarrozzetta, natante e veicoli a trazione animale.

[80]   Nella segnalazione l'Autorità riconosce la necessità di tener conto delle problematiche avanzate dai conducenti dei taxi: pertanto, ogni soluzione finalizzata a favorire un incremento del numero delle licenze andrebbe «accompagnata da una sorta di "compensazione", a favore degli attuali titolari delle licenze, in considerazione delle eventuali perdite del valore commerciale delle stesse. Le iniziative volte a favorire una maggiore apertura dei mercati interessati, ove accompagnate da misure compensative, avrebbero il pregio di limitare gli effetti sfavorevoli sugli attuali incumbent, garantendo al contempo l'ingresso di nuovi operatori e un incremento dei benefici per la generalità dell'utenza, la quale potrebbe fruire di una maggiore offerta di taxi. In tal senso, un incremento quantitativo dell'offerta appare idoneo a determinare una serie di benefici per i consumatori, consistenti, in particolare, nella riduzione del tempo medio di attesa e determinando altresì un vantaggio per gli stessi in termini di "costo-opportunità" del loro tempo a disposizione».

[81]   Ai sensi del comma 4 dell’articolo 4 della legge n. 21 del 1992, presso le regioni e i comuni sono costituite commissioni consultive che operano in riferimento all'esercizio del servizio degli autoservizi pubblici non di linea e all'applicazione dei regolamenti. In dette commissioni è riconosciuto un ruolo adeguato ai rappresentanti delle organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale e alle associazioni degli utenti.

[82]   Si tratta dei soggetti indicati all’articolo 7, comma 1, lettere a) e b).

[83]   Si tratta dei soggetti indicati all’articolo 7, comma 1, lettere b) e c).

[84]   Trattato che istituisce la Comunità europea 25 marzo1957 . Versione consolidata pubblicata nella G.U.C.E. 24 dicembre 2002, n. C 325 (n.d.r. Versione in vigore dal 1° febbraio 2003)..

[85]   Sebbene infatti i servizi in questione presentino caratteristiche prestazionali peculiari che li differenziano dal servizio di taxi ordinario, una più ampia diffusione di entrambi i servizi consentirebbe - secondo l’Autorità - un ampliamento delle possibilità di trasporto urbano a prezzi decisamente più contenuti. In tale contesto, onde favorire lo sviluppo di tali servizi, si ritiene altresì opportuno evidenziare la necessità di individuare forme di pubblicizzazione dei servizi di "taxibus" e di "uso collettivo del taxi" al fine di agevolare la conoscenza dell'esistenza stessa di tali servizi.

[86]   Il riferimento alla sottoscrizione come oggetto dell’autenticazione è stato inserito nel corso dell’esame del provvedimento al Senato.

[87]   Decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358 recante Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi (n. 29, allegato 1, della L. 8 marzo 1999, n. 50).

[88]   La legge 8 agosto 1991, n. 264 ha disciplinato l'attività di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto, prevedendo che questa sia esercitata da imprese o da società autorizzate dalla provincia; l’autorizzazione è rilasciata al titolare dell'impresa che sia in possesso di specifici requisiti, tra cui il possesso di un attestato di idoneità professionale rilasciato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, previo superamento di un esame di idoneità svolto davanti ad apposite commissioni.

[89]   Decreto legge 14 marzo 2005, n. 35 recante Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge 14 maggio 2005, n. 80.

L'articolo 3 del DL n. 35 del 2005, ai commi 4, 5 e 6, prevedeva che in tutti i casi nei quali per gli atti e le dichiarazioni aventi ad oggetto l'alienazione di veicoli registrati nel pubblico registro automobilistico (PRA) e di rimorchi di valore non superiore a 25.000 euro o la costituzione di diritti di garanzia sui medesimi fosse necessaria l'autenticazione della relativa sottoscrizione, essa potesse essere effettuata gratuitamente in forma amministrativa dai funzionari del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dai funzionari e dai titolari dello Sportello unico dell'automobilista. l’autenticazione della sottoscrizione per gli atti e le dichiarazioni aventi ad oggetto l'alienazione di veicoli registrati e rimorchi di valore non superiore a 25 mila euro o la costituzione di diritti di garanzia sui medesimi potesse essere effettuata gratuitamente in forma amministrativa anche dai funzionari del Ministero dell'infrastrutture e dei trasporti, dai funzionari e titolari degli Sportelli Telematici dell'Automobilista, nonché dai funzionari dell'ACI. Ad un decreto, adottato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministero dell'economia e delle finanze, con il Ministero della giustizia e con il Ministero dell'interno, sentita la Conferenza unificata, era demandata la disciplina delle concrete modalità applicative dell'attività da parte dei soggetti elencati anche ai fini della progressiva attuazione. L'eventuale estensione ad altre categorie della possibilità di svolgere l'attività suddetta era invece demandata ad un regolamento, adottato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro della giustizia e con il Ministro dell'interno, con cui avrebbero dovuto essere altresì disciplinati i requisiti necessari, le modalità di esercizio dell'attività medesima da espletarsi nell'àmbito dei rispettivi compiti istituzionali, e senza oneri a carico della finanza pubblica.

[90]    Norme per la tutela della concorrenza e del mercato.

[91]    Fonte: elaborazione su dati di società private e de Il Sole-24 ore.

[92]   "Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici".

[93]   "Disposizioni urgenti per le attività produttive".

[94]   Lo statuto del Consorzio obbligatorio per la realizzazione e gestione del sistema informatico dei mercati agroalimentari all'ingrosso è stato approvato con D.M. 11 dicembre 2002 (comunicato in Gazz. Uff. 24 marzo 2003, n. 69), consultabili sul sito www.infomercati.com.

[95]   La medesima deliberazione del CICR prevede che, nei contratti di durata, gli intermediari forniscano periodicamente alla clientela comunicazioni analitiche sullo svolgimento del rapporto. In ogni comunicazione devono essere indicati il tasso di interesse e le altre condizioni in vigore.

[96]   Vedi bollettino tematico “Libro bianco sulla politica comunitaria nel settore dei servizi finanziari” del 20 dicembre 2005, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[97]   Decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 recante Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[98]   Le leggi regionali sono state emanate dalle quindici regioni a statuto ordinario, mentre alcune delle regioni a statuto speciale hanno provveduto ad integrare la normativa vigente, anteriore al D.Lgs. n. 422.

[99]   Ai sensi dell’articolo 3 del D.Lgs. 285/1992 (nuovo codice della strada) è centro abitato l’insieme di edifici, delimitato lungo le vie di accesso dagli appositi segnali di inizio e fine. Per insieme di edifici si intende un raggruppamento continuo, ancorché intervallato da strade, piazze, giardini o simili, costituito da non meno di venticinque fabbricati e da aree di uso pubblico con accessi veicolari o pedonali sulla strada.

[100]Si tratta di una serie di sentenze emesse dalla Corte di giustizia, fra cui la sentenza del 24 luglio 2003 (causa C-280/00) “Altmark Trans GmbH” nelle quali viene affrontata la questione se le compensazioni di servizio pubblico nei vari settori dell’economia costituiscano aiuti di Stato, ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del Trattato CE. In base a questa sentenza, le compensazioni per la fornitura di servizi di interesse generale non rappresentano aiuti di Stato - e non sono pertanto soggette alla notifica e all'approvazione preventive della Commissione - soltanto se sono soddisfatte quattro condizioni fondamentali:

-        il beneficiario deve essere incaricato dell'assolvimento di obblighi di servizio pubblico definiti in modo chiaro;

-        i parametri sulla base dei quali viene calcolata la compensazione devono essere previamente definiti in modo obiettivo e trasparente;

-        la compensazione non deve eccedere i costi originati dall'adempimento degli obblighi di servizio pubblico, detratti gli introiti ricavati con la fornitura del servizio (può tuttavia comprendere un ragionevole profitto);

-        il beneficiario viene selezionato sulla base di una procedura di appalto pubblico, oppure la compensazione non deve eccedere i costi di un'impresa gestita in modo efficiente ed adeguatamente dotata di mezzi atti a garantire la fornitura del servizio pubblico.

[101]L’articolo 2 della proposta di direttiva definisce come “enti pubblici” le autorità statali, regionali o locali, gli organismi di diritto pubblico, le imprese pubbliche e gli operatori vincolati da contratti con enti pubblici per la fornitura di servizio di trasporto.

[102]La proposta di direttiva utilizza il concetto di veicolo ecologico migliorato (Enhanced Enviromentally-friend Vehicle, EEV), secondo la definizione di cui alla direttiva 2005/55/CE del 28 settembre 2005, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri relative ai provvedimenti da prendere contro l’emissione di inquinanti gassosi e di articolato prodotti dai motori…destinati alla propulsione di veicoli. La norma definisce veicolo ecologico migliorato un “veicolo azionato da un motore conforme ai valori di emissione limite indicati al punto 6.2.1. dell’allegato I” della stessa direttiva 2005/55/CE.

[103]Secondo la Corte di Giustizia Europea, Sez. I, 06/04/2006 n. C-410/04 " l’affidamento di una concessione di servizi pubblici ad una società mista senza procedura concorrenziale... contrasterebbe con gli obiettivi perseguiti dal diritto comunitario (v., in tal senso, sentenza 10 novembre 2005, causa C-29/04, Commissione/Austria, Racc. pag. I-9705, punto 48). Cfr. anche nota seguente.

[104]Come è noto, la giurisprudenza comunitaria (a partire dal noto caso Teckal: Corte di Giustizia, 18 novembre 1999, causa C-197/98) si è più volte occupata dell'affidamento dei servizi in house, vale a dire il sistema che consente agli enti locali di superare il principio della gara - ritenuto il più rispettoso delle regole di concorrenza e di mercato - e di ricorrere all'affido diretto, in nome dell'esigenza di adottare il modello gestionale più adatto alle esigenze.

      Per tale affidamento, tuttavia, sono state segnate condizioni stringenti, richiedendosi che la società sia totalmente in mano pubblica; che l'ente pubblico eserciti sulla società il "controllo analogo" (a quello che l'amministrazione medesima può esercitare sui propri organi); che la società affidataria svolga prevalentemente, se non esclusivamente, la sua attività nei rapporti con l'amministrazione costituente ed affidataria.

[105]Progetto EXTRA, ANCI, Dipartimento della Funzione Pubblica - Rapporto sullo stato del processo di esternalizzazione delle funzioni e dei servizi nei Comuni; cfr. anche "il sole 24 ore", 25 giugno 2006, Così gli appalti «in house» aggirano le liberalizzazioni.

[106]  Si tratta delle società (diverse dalle banche) che esercitano nei confronti del pubblico le attività di assunzione di partecipazioni, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi, ai sensi degli artt. 106 e 107 D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia. Un esempio di società di intermediazione finanziaria regionale è la Veneto sviluppo S.p.a., così definita dalla legge istitutiva (Legge regionale 3 maggio 1975, n. 47).

[107]Autorità garante della concorrenza e del mercato, Provvedimento n. 14338, caso A364 - Merck-Principi attivi, Bollettino n. 23/2005.

[108]Corte di Giustizia, ordinanza 17 gennaio 1980, Camera Care, Causa n. 792/79R.

[109]  Decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259.

[110]  Ai sensi dell’articolo 15 della direttiva quadro (Dir. 2002/21/CE), previa consultazione pubblica e consultazione delle Autorità nazionali di regolamentazione, la Commissione è tenuta all’adozione di una Raccomandazione avente ad oggetto i mercati rilevanti dei servizi e dei prodotti, all'interno del settore delle comunicazioni elettroniche le cui caratteristiche siano tali da giustificare l'imposizione di obblighi di regolamentazione. La Commissione deve definire i mercati in base ai principi del diritto della concorrenza e riesaminare periodicamente la Raccomandazione, provvedendo a pubblicare orientamenti per l'analisi del mercato e la valutazione del significativo potere di mercato, conformi ai principi del diritto della concorrenza. Le Autorità nazionali di regolamentazione, tenendo nel massimo conto la Raccomandazione e gli orientamenti per l’analisi di mercato, definiscono i mercati rilevanti corrispondenti alla situazione nazionale, in particolare mercati geografici rilevanti nel loro territorio, conformemente ai principi del diritto della concorrenza. Prima di definire mercati che differiscono da quelli contemplati nella raccomandazione, le Autorità nazionali di regolamentazione devono applicare una particolare procedura.

In data 11 febbraio 2003 la Commissione europea ha emanato la “Raccomandazione 2003/311” relativa ai mercati rilevanti di prodotti e servizi del settore delle comunicazioni elettroniche suscettibili di una regolamentazione ex ante ai sensi della direttiva quadro. La Commissione ha individuato due tipi principali di mercati rilevanti: i mercati di servizi e prodotti forniti agli utenti finali (mercati al dettaglio) e i mercati di elementi necessari agli operatori per fornire a loro volta servizi e prodotti agli utenti finali (mercati all'ingrosso), all’interno dei quali ha operato ulteriori distinzioni in base alle caratteristiche della domanda e dell'offerta. Nell'identificare i mercati in base ai principi del diritto della concorrenza, la Commissione ha fatto riferimento a tre criteri, ossia accertamento dell’esistenza di significative barriere strutturali, giuridiche o normative, all’accesso al mercato, verifica della mancata propensione del mercato a produrre naturalmente condizioni di concorrenza, ammissibilità esclusivamente di quei mercati la cui struttura non tenda a produrre condizioni di concorrenza effettiva nell'arco di tempo considerato, constatazione che l'applicazione del diritto della concorrenza non sarebbe di per sé sufficiente a correggere le carenze di mercato esistenti.

[111]  Comma 1-bis dello stesso art. 113, introdotto dalla legge n. 308 del 2004 (cd “delega ambientale”).

[112]  Il comma 1 dello stesso art. 113, esclude esplicitamente dal proprio ambito di applicazione sia i servizi disciplinati dal decreto legislativo n. 79 del 1999, Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, sia quelli disciplinati dal decreto legislativo n. 164 del 2000, Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della L. 17 maggio 1999, n. 144 .

[113]Recante Interventi urgenti per la tutela dell'ambiente e per la viabilità e per la sicurezza pubblica.

[114]L'accordo, che secondo fonti di stampa interessava circa 116.500 autoferrotranvieri, prevedeva sul versante economico un aumento mensile pari a 105 euro lordi (da erogare in 3 rate: 40 euro al 1° dicembre 2004, 30 euro al 1° giugno 2005, 35 euro al 1° settembre 2005), oltre alla corresponsione di una somma pari a 500 euro per gli 11 mesi di vacanza contrattuale (in due rate da 250 euro, a gennaio e marzo 2005).

[115]Si ricorda che, ai sensi del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, sono stati conferiti alle regioni e agli enti locali tutti i compiti e tutte le funzioni relativi al servizio pubblico di trasporto di interesse regionale e locale (art. 5) prevedendo che a loro volta le regioni, cui sono attribuiti compiti di programmazione in materia (art. 6), conferissero alle province, ai comuni e agli altri enti locali tutte le funzioni e i compiti regionali in materia di trasporto pubblico locale che non richiedono l'unitario esercizio a livello regionale (art. 7).

Ogni regione costituisce annualmente un fondo destinato ai trasporti, alimentato sia dalle risorse proprie sia da quelle trasferite dallo Stato (art. 20).

Con successivi DPCM sono state trasferite alle regioni le risorse per l’esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti ai sensi del D.Lgs. n. 422/1997.

Ogni regione ha adottato una propria legge in materia di trasporto pubblico locale con la quale ha conferito a province e comuni alcune delle funzioni nel settore e ha regolato i relativi trasferimenti finanziari.

[116]La relazione tecnica al d.d.l. di conversione del D.L. 355 indicava che tali risorse si riferivano al secondo biennio economico 2002-2003.

[117]Per quanto concerne il vincolo all’incremento delle spese correnti, il patto prevede:

-        per le regioni, che il complesso delle spese correnti per l'anno 2006 venga ridotto del 3,8% rispetto al corrispondente ammontare di spese correnti dell'anno 2004. Per gli anni 2007 e 2008, si applica, invece, la percentuale di incremento, rispettivamente, dello 0,4% e del 2,5% rispetto all’anno precedente (comma 139).

-        per gli enti locali, che il complesso delle spese correnti per l'anno 2006, con esclusione delle spese di carattere sociale, venga ridotto, rispetto al corrispondente ammontare di spese correnti dell'anno 2004, del 6,5%, per gli enti che nel triennio 2002-2004 hanno registrato una spesa corrente media pro capite inferiore a quella media pro capite della classe demografica di appartenenza, ovvero diminuito dell’8% per i restanti enti locali. Per gli anni 2007 e 2008, si applica, invece, rispettivamente, la percentuale di diminuzione dello 0,3% e la percentuale di incremento dell’1,9% rispetto alle spese correnti dell’anno precedente (comma 140).

[118]Va segnalato che la disciplina del Patto di stabilità relativa agli anni precedenti prevedeva che fossero escluse tutte le spese connesse ad operazioni di carattere finanziario, vale a dire anche le spese derivanti dall’acquisizione di partecipazioni azionarie, dai conferimenti di capitale e dalle concessioni di crediti. Per il 2006, invece, tali spese risultano soggette alle regole del Patto e, conseguentemente, la base del 2004 dovrà essere considerata al lordo delle analoghe spese sostenute nel 2004l. Come peraltro precisato nella Circolare n. 8/2006 del Ministero dell’economia e finanze, l’inclusione delle spese derivanti dalle partecipazioni azionarie e dai conferimenti di capitale alle regole del Patto per il 2006 non fa venir meno la possibilità per l’ente locale di reimpiegare temporaneamente la propria liquidità (es. pronti contro termine), in quanto tali operazioni sono escluse dal patto di stabilità interno.

[119]http://www.romametropolitane.it.

[120]  Tale dizione indica un’evoluzione del progetto nella direzione della integrazione tra la rete ad alta velocità e l’infrastruttura ferroviaria nazionale, al fine di una maggiore capacità complessiva del sistema.

[121]La costituzione, da parte della Cassa depositi e prestiti, di un’apposita società per azioni, denominata “Infrastrutture s.p.a.”, avente lo scopo di favorire, attraverso la concessione di finanziamenti e la prestazione di garanzie, la realizzazione di infrastrutture, opere pubbliche e investimenti è stata prevista dall’articolo 8 del D.L. 15 aprile 2002, n. 63, recante Disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture, convertito con modificazioni dalla legge 15 giugno 2002, n. 112. La società ha come funzione principale quella di finanziare, in via sussidiaria rispetto ai finanziamenti concessi da banche e da altri intermediari finanziari, le infrastrutture e le grandi opere pubbliche, purché suscettibili di utilizzazione economica, e di concedere finanziamenti a medio e lungo termine finalizzati ad investimenti per lo sviluppo economico.

[122]  Seduta della VIII Commissione (Ambiente) del 18 luglio 2006.

[123]L. 8 luglio 1998, n. 230, Nuove norme in materia di obiezione di coscienza.

[124]L. 6 marzo 2001 n. 64, Istituzione del servizio civile nazionale.

[125]D.L. 18 maggio 2006 n. 181, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2006, n. 233.

[126]Va infatti sottolineato che non risulta ancora realizzata un’altra previsione della legge n. 289 del 2002, concernente la determinazione con DPCM dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, attraverso i quali garantire in modo uniforme su tutto il territorio nazionale le prestazioni nel campo sociale, analogamente al modello definito con i LEA nel comparto sanitario.

[127]L’ultima relazione disponibile è quella relativa all’anno 2004 (Doc. LVI, n. 5), trasmessa alle Camere il 21 settembre 2005.

[128]  Disposizioni urgenti in materia di contributi in favore delle attività di spettacolo.

[129]  Nella sentenza n. 255 del 2004, la Corte ha infatti riconosciuto che la materia concernente la “valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali”, affidata alla legislazione concorrente di Stato e regioni, pur non menzionandole espressamente, ricomprende senza dubbio nella sua seconda parte, nell’ambito delle più ampie attività culturali, anche le azioni di sostegno degli spettacoli. Tale interpretazione è stata poi confermata nella sentenza n. 285 del 2005.

[130]Proroga di termini.

[131]Disciplina in materia di spettacolo.

[132]D.L. 22 marzo 2004, n. 72, Interventi per contrastare la diffusione telematica abusiva di opere dell'ingegno, nonché a sostegno delle attività cinematografiche e dello spettacolo, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2004, n. 128.

[133]Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.

[134]  Si fa presente che la norma in esame sembra fornire risposta alla richiesta avanzata dalla XIII Commissione (Agricoltura) della Camera con la risoluzione 8-00002, discussa e approvata l’11 luglio 2006, con cui si è impegnato il Governo “ad adottare con urgenza ogni utile iniziativa per garantire la piena funzionalità del Corpo forestale dello Stato, anche attraverso l'assegnazione di risorse integrative in misura adeguata, in modo da evitare il rischio che, a causa delle limitate disponibilità finanziarie, si giunga al blocco delle attività operative del Corpo stesso, con particolare riferimento agli interventi antincendio”.

[135]  Dossier incendi boschivi 2005 (disponibile per la consultazione all’indirizzo internet www.legambiente.com/documenti/2005/0701dossierIncendi2005/dossierincendi2005.pdf).

[136]  Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 26 luglio 2005, n. 152, Disposizioni urgenti in materia di protezione civile.

[137]Convertito nella legge 17 luglio 2006, n. 233.

[138]Il finanziamento dell’attività dell’Osservatorio è posto a carico del capitolo 3289, upb 6110, dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per un importo di 150.000 euro nel 2006.

[139]  Legge finanziaria per il 2006; cfr. art. 1, comma 330 e ss.

[140]Cfr. la sentenza n. 423 del 2004.

[141]Cfr. sentenza n. 370 del 2003.

[142]Art. 1, comma 153.

[143]Art. 1, comma 111.

[144]  Pubblicato nella Gazzetta ufficialen. 167 del 20 luglio 2006.

[145]  D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della L. 28 novembre 2005, n. 246. L’art. 2 del codice riassume le competenze del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di pari opportunità.

[146]  D.L. 18 maggio 2006, n. 181, Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, conv. con mod. dalla L. 17 luglio 2006, n. 233.

[147]  Istituito dal D.Lgs. 216/2003, di attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, contenuta nella legge comunitaria 2001 (L. 39/2002).

[148]  Provvidenze per l'editoria e riapertura dei termini, a favore delle imprese radiofoniche, per la dichiarazione di rinuncia agli utili di cui all'articolo 9, comma 2, della legge 25 febbraio 1987, n. 67.

[149]  Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416.

[150]  Alla legge n. 250 del 1990 è stata data attuazione con il D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 525 “Regolamento recante norme per la concessione dei contributi e delle provvidenze all'editoria, in attuazione della L. 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni”.

[151]  In particolare, è previsto che le imprese editrici:

-       editino la testata stessa da almeno tre anni;

-       abbiano acquisito, nell'anno precedente a quello di riferimento dei contributi, entrate pubblicitarie che non superino il 30 per cento dei costi complessivi dell'impresa risultanti dal bilancio dell'anno medesimo;

-       abbiano adottato con norma statutaria il divieto di distribuzione degli utili nell'esercizio di riscossione dei contributi e nei dieci esercizi successivi;

-       la testata edita abbia diffusione formalmente certificata pari ad almeno il 25 per cento della tiratura complessiva per le testate nazionali e ad almeno il 40 per cento per quelle locali;

-       abbiano sottoposto l'intero bilancio di esercizio cui si riferiscono i contributi alla certificazione di una società di revisione scelta tra quelle di cui all'elenco apposito previsto dalla CONSOB.

[152]A tali imprese – così come alle cooperative giornalistiche che editano periodici - non si applica la maggiorazione prevista in caso di entrate pubblicitarie inferiori al 30 per cento prevista dal successivo comma 11(v. infra). Ai quotidiani italiani editi e diffusi all’estero non si applica il requisito di cui alla lettera e) del comma 2 (la testata edita abbia diffusione formalmente certificata pari ad almeno il 25 per cento della tiratura complessiva per le testate nazionali e ad almeno il 40 per cento per quelle locali);

[153]  Tra le cooperative giornalistiche sono comprese anche quelle di cui all'art. 52 della legge 5 agosto 1981, n. 416. L'art. 52 definisce cooperative giornalistiche anche quelle che entro il 31 dicembre 1980 risultano già costituite tra giornalisti e poligrafici nonché le cooperative femminili aderenti alle associazioni nazionali di rappresentanza del movimento cooperativo anche se costituite da non giornalisti professionisti, editrici di giornali regolarmente registrati presso la cancelleria del tribunale entro la stessa data.

[154]  In particolare si tratta di contributi annui di 500 milioni di lire (258,2 migliaia di euro) da 10.000 a 30.000 copie di tiratura media giornaliera e – per ogni 10.000 copie di tiratura media giornaliera - 300 milioni di lire (155,0 migliaia di euro) dalle 30.000 alle 150.000 copie; 200 milioni di lire (103,3 migliaia di euro) dalle 150.000 alle 250.000 copie e 100 milioni di lire (51,7 migliaia di euro) oltre le 250.000 copie.

[155]L’articolo 28 della legge 5 agosto 1981, n. 416 concede una riduzione pari al 50 per cento delle tariffe telefoniche, del servizio di spedizione delle rese; possono inoltre essere istituiti servizi speciali di trasporto dei giornali. L’articolo 4, comma 3 della legge n. 250/90 ha poi esteso tali riduzioni tariffarie ai consumi di energia elettrica e ai canoni per i servizi di telecomunicazione. Infine, la legge n. 112 del 2004 sul riassetto del sistema radiotelevisivo (cd. Legge Gasparri) ha esteso le norme a favore delle radio di partito ai canali tematici a diffusione satellitare.

[156]Regolamento recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 2 dicembre 1997, n. 525, concernente norme per la concessione dei contributi e delle provvidenze all'editoria

[157]  Si tratta delle imprese editrici di quotidiani la maggioranza del capitale delle quali sia detenuto da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro; o che editino giornali in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige; o quotidiani italiani editi e diffusi all’estero. Si ricorda al riguardo che la disciplina di che trattasi è stata interamente ridefinita dall’art. 18 della L. 62/2001, di riforma del sostegno all’editoria, che ha sostituito con quattro commi l’intero co. 2.

[158]  Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile.

[159]Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 9 novembre 2001, n. 401, Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile.

[160]  Alcune spese di giustizia in materia penale devono essere anticipate dallo Stato. In materia civile, invece, lo Stato sostiene tale tipo di spese in caso di ammissione al gratuito patrocinio.

[161]  "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)".

[162]  "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2000)".

[163]  "Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1998".

[164]  Si tratta di un cd. testo unico "misto", che raccoglie unitariamente disposizioni legislative e disposizioni regolamentari.

[165]  "Istituzione dei tribunali amministrativi regionali".

[166]  "Disposizioni in materia di giustizia amministrativa".

[167]  "Nuove norme in materia di esercizio del diritto di accesso e ricorsi".

[168]  "Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro".

[169]  "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)".

[170]  In base alle informazioni contenute nella relazione tecnica al disegno di legge finanziaria per il 2006, con riferimento al citato comma 48 (corrispondente all’articolo 11 del testo originario), si evidenzia che:

-        il risparmio conseguito dall’accantonamento imposto agli enti ed organismi pubblici per effetto del D.M. 29 settembre 2002 è pari a 281 milioni di euro, di cui 153 derivanti dalle economie degli enti previdenziali pubblici;

-        le somme accantonate dagli enti previdenziali pubblici, in ottemperanza alle disposizioni di cui all’art. 1, comma 8, del D.L. n. 168/2002, sono quantificate in 134,5 milioni di euro.

      Complessivamente, pertanto, le disposizioni del commi 48 della legge finanziaria per il 2006 comportano il versamento all’entrata del bilancio dello Stato per il 2006 di somme complessivamente pari a 415 milioni di euro.

[171]  I dati sono stati forniti nel corso dell’audizione svolta in data 10 novembre 2005 davanti al Comitato permanente per il monitoraggio degli interventi di contenimento della spesa pubblica, istituito presso la Commissione bilancio della Camera.

[172]  La relazione, i cui dati sono aggiornati al 30 giugno 2005, è disponibile in www.corteconti.it.

[173]  Corte dei conti, Il costo del lavoro pubblico negli anni 2001 e 2002, luglio 2004, pag.

[174]Convertito in legge con modificazioni dalla legge 26 luglio 2005, n. 149.

[175]Convertito in legge con modificazioni dalla legge 20 giugno 2003, n. 141.

[176]Cfr. Indagini conoscitive e documentazione legislative n. 9.

[177]  Nuove disposizioni concernenti i professori e i ricercatori universitari e delega al Governo per il riordino del reclutamento dei professori universitari.

[178]Le linee principali del provvedimento possono essere così sintetizzate:

-        introduzione dell’idoneità scientifica nazionale, necessaria per partecipare alle procedure concorsuali bandite dalle università;

-        introduzione di un nuovo sistema di reclutamento dei ricercatori attraverso contratti a tempo determinato;

-        individuazione di modalità alternative di reclutamento (nomina in ruolo di studiosi di chiara fama, contratti di diritto privato a tempo determinato, istituzione temporanea di posti di professori nell’ambito di specifici programmi di ricerca sulla base di convenzioni con soggetti pubblici o privati);

-        attivazione di forme di convenzionamento per realizzare programmi di ricerca affidati a professori universitari.

[179]Norme per il reclutamento dei ricercatori e dei professori universitari di ruolo

[180]  Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo.

[181]  Si tratta: a) delle scuole superiori per interpreti e traduttori; b) degli istituti di specializzazione per l'esercizio dell'attività psicoterapeutica; c) delle scuole per assistenti sociali; d) delle università per stranieri; e) dei professori a contratto.

[182]  "Regolamento recante determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati per le prestazioni giudiziali, in materia civile, amministrativa, tributaria, penale e stragiudiziali".

[183]  "Tariffe forensi in materia penale e stragiudiziale e sanzioni disciplinari per il mancato pagamento dei contributi previsti dal D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944, n. 382".

[184]  "Determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati e procuratori per prestazioni giudiziali in materia civile".

[185]  L. n. 267 del 23 dicembre 2005.

[186]  Misure recanti tagli “trasversali” ad intere categorie di spesa sono state sovente utilizzate anche nel corso dei precedenti esercizi. Con riferimento alle ultime manovre finanziarie, si ricorda in particolare l’art. 1, commi 8 e 295 della legge Finanziaria 2005 (l. n. 311/2004 , il comma 8 di tale legge fissa per il triennio 2005-2007 un limite di incremento del 2% agli stanziamenti di competenza e di cassa del bilancio di previsione dello Stato relativi a spese “aventi impatto diretto sul conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni”. Il limite viene calcolato assumendo come base di riferimento le previsioni iniziali dell’esercizio 2004, come ridotte per effetto di quanto disposto dal decreto-legge n. 168/2004 (cfr. infra). Il comma 8 rinvia all’elenco 2 allegato alla legge finanziaria per l’individuazione delle riduzioni delle dotazioni di competenza del bilancio dello Stato, come determinate a legislazione vigente, che discendono dall’applicazione del limite di incremento del 2%.

      Il comma 295 prevede un’ulteriore riduzione degli stanziamenti del bilancio dello Stato per consumi intermedi non aventi natura obbligatoria, per un importo pari a 700 milioni di euro per l’anno 2005 e a 1.300 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006.

      Infine, si ricorda l’art. 1, comma 6 del D. l n. 168/2004, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, il quale ha disposto riduzioni di stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato. In particolare riduzione consumi intermedi, per 1.598 milioni (pari del 36% delle spese non aventi natura obbligatoria; la riduzione comunque non si applica agli stanziamenti destinati alla scuola, alla sanità, alla sicurezza e a interventi di carattere sociale).

[187]  Tale comparto dovrebbe includere le Forze di polizia civili e militari, i Vigili del fuoco e le Capitanerie di porto, come precisato dalla circolare del Ministero dell’economia n. 7/2006 con riferimento all’art. 1, comma 7 della legge finanziaria 2006, che contempla un’analoga esclusione.

[188] Elaborazioni: Servizio studi della Camera

[189]  Per il 2006 cfr. comunicato ISTAT pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 175 del 29 luglio 2005.

[190]  La circolare del Ministero dell’economia n. 7/2006 precisa che il riferimento effettuato alla “spesa sostenuta” deve intendersi come riferimento alla “spesa impegnata”.

[191]  Il comma fa riferimento alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi del quale “Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300”.

[192]  In particolare, si richiede, per gli incarichi a soggetti estranei che abbiano per oggetto materie rientranti nelle competenze della struttura burocratica dell’ente, l’adeguata motivazione degli atti di affidamento, nonché la possibilità di procedere all’affidamento stesso solo nei casi previsti da legge o se sussistono eventi eccezionali. In ogni caso l’atto di affidamento deve essere trasmesso alla Corte dei conti. L’affidamento di incarichi di studio e ricerca e di consulenze in assenza dei presupposti previsti dà luogo ad illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

[193]  La circolare n. 23 specifica che rimangono comunque assoggettati alla comunicazione alla Corte dei conti quelle prestazioni che – all’interno del servizio esternalizzato – hanno ad oggetto studio, ricerca e consulenze rese da soggetti esterni.

[194]  Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle P.A.

[195]  Si segnala che il 13 gennaio 2006 è stata trasmessa alla Presidenza della Camera la Relazione sui dati raccolti attraverso l’anagrafe delle prestazioni e degli incarichi conferiti ai pubblici dipendenti (relativa all’anno 2004) (Doc. CLI n. 5), nell’ambito della quale sono per la prima volta illustrati i dati relativi agli incarichi conferiti dalle pp.aa. a consulenti e collaboratori esterni.

[196]  Il comma fa riferimento alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. ai sensi del quale “Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300”.

[197]  In questo senso è anzitutto necessaria l'adozione da parte dell'ente di uno specifico regolamento interno per le spese di rappresentanza. Tali spese, infatti, rientrando, quanto alla natura, tra quelle tradizionalmente definite facoltative, in base alle regole di buona amministrazione possono essere disposte solo se ed in quanto l’esigenza di rappresentatività dell’ente sia stata preventivamente accertata e definita, nei suoi termini essenziali, in atti regolamentari o almeno in atti amministrativi generali.

      Dette spese devono comunque essere dirette al perseguimento dei fini istituzionali. A tal fine si è rilevato come l'attività di rappresentanza sia innanzitutto determinata dalla sua idoneità a mantenere o ad accrescere il prestigio dell’Amministrazione, e che tale idoneità è ravvisabile soltanto in diretta connessione, da un lato, con la qualità dei soggetti che, in quanto espressione normativamente riconosciuta della istituzione, esplicano l’attività, e dall’altro, con le circostanze temporali e modali dell’attività stessa che deve avere il carattere della eccezionalità.

      Ancora, occorre che nella successiva fase di contabilizzazione, le spese di rappresentanza siano esposte nei rendiconti in maniera non globale o forfetaria, bensì in modo da evidenziare precisi riferimenti soggettivi, temporali e modali che consentano un’adeguata valutazione della rispondenza ai fini pubblici delle spese stesse.

[198]  Recante “Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative”, convertito con modificazione nella legge n. 51/06 del 23 Febbraio 2006 (GU n. 49 del 28 Febbraio 2006).

[199]  Il testo iniziale del comma in esame, prima della novella del decreto legge n. 273/2005, prevedeva espressamente la soppressione delle “analoghe disposizioni” contenute nei provvedimenti di recepimento degli accordi sindacali anche con riferimento alle forze di polizia ad ordinamento civile e militare e alle forze armate.

[200]  Il comma 213-bis, escludendo dall’ applicazione delle disposizioni di cui al comma 213 le Forze armate e di polizia, ripristina per tali categorie non solo le indennità di trasferta eventualmente previste da provvedimenti di recepimento di accordi sindacali, bensì anche quelle previste direttamente ex-lege e soppresse dal primo periodo del comma 213 (per esempio, quelle previste dall’art. 1, comma 1, della L. 417/1978 e dall’art. 14 della L. 836/1973).

[201]  Si tratta di tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie

[202]  Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa, che all’art. 12 prevedeva, fra l’altro, si dovessero “eliminare le duplicazioni organizzative e funzionali, sia all'interno di ciascuna amministrazione, sia fra di esse, sia tra organi amministrativi e organi tecnici, con eventuale trasferimento, riallocazione o unificazione delle funzioni e degli uffici esistenti, e ridisegnare le strutture di primo livello, anche mediante istituzione di dipartimenti o di amministrazioni ad ordinamento autonomo o di agenzie e aziende, anche risultanti dalla aggregazione di uffici di diverse amministrazioni, sulla base di criteri di omogeneità, di complementarietà e di organicità”.

[203]  Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002).

[204]  Individuate mediante l’ormai consueto rinvio all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001.

[205]  Criteri che si ispirano ad quelli già presenti in disposizioni con finalità analoghe della legge n. 59 del 1997.

[206]  T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

[207]  Si evidenzia che La Corte dei Conti ha evidenziato forti dubbi sul rispetto di tale obiettivo di risparmio in sede di certificazione dei contratti relativi al personale delle Regioni e degli Enti locali per il biennio 2004–2005 (destinati ad entrare in vigore a partire dal 1° gennaio 2006), che prevederebbero un ulteriore incontrollato ed automatico incremento delle risorse da destinare alla contrattazione integrativa.

[208]  La Corte dei conti - con delibera del 25 maggio 2004 - ha approvato la relazione sul costo del lavoro pubblico per gli anni 2001 e 2002, presentata al Parlamento (Doc. XC, n. 2).

[209]  Le disposizioni citate prevedono: che i principi generali in materia di controlli interni, obbligatori per i ministeri, sono applicabili dalle regioni nell'ambito della propria autonomia organizzativa e legislativa e derogabili da parte di altre amministrazioni pubbliche; che gli enti locali e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura possono adeguare le normative regolamentari alle disposizioni del decreto, nel rispetto dei propri ordinamenti generali e delle norme concernenti l'ordinamento finanziario e contabile.

[210]  “Misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione”, convertito dalla legge 9 marzo 2006, n. 80.

[211]  “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.

[212]  “Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali”.

[213]  Corte dei conti, sezione giurisdizionale per il Veneto, 3 novembre 2003, n. 1124/2003; Corte dei conti, sez. I, 18 gennaio 1994, n. 7; sez. I 7 marzo 1994, n. 56; sezioni riunite, 12 giugno 1988, n. 27; sez. II 22 aprile 2002, n. 137; sez. controllo enti, 22 luglio 1994, n. 33.

[214]  Recante Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[215]  Contestualmente il comma 53 dell’articolo 3 della medesima Legge 350 ha disposto il blocco delle assunzioni per l’anno 2004, (c.d. blocco del turn-over) di personale a tempo indeterminato da parte delle pubbliche amministrazioni, con esclusione delle figure professionali che presentino carattere di unicità ed infungibilità, la cui consistenza organica non sia superiore all'unità, le categorie protette, e talune categorie di personale per le quali sono state previste apposite deroghe. Le altre amministrazioni pubbliche potranno procedere ad assunzioni di personale solo nel caso in cui venga salvaguardato il principio di contenimento della spesa, in linea con gli obiettivi fissati dal Governo, e previa trasmissione dei dati previsionali sul fabbisogno di personale da parte degli organi competenti, secondo le modalità che saranno in seguito indicate dal ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con il Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[216]  In particolare, la disposizione del comma 95 dell’articolo unico della legge 311 riguardano il divieto di assumere personale a tempo indeterminato per il triennio 2005-2007 - fatta eccezione per le assunzioni relative alle categorie protette - presso i seguenti enti:

-          amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo;

-          agenzie;

-          enti pubblici non economici;

-          enti di ricerca;

-          enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001 .

[217]  Il metodo di coordinamento aperto comporta: la definizione di obiettivi comuni; l’elaborazione di piani d’azione nazionali per l’integrazione e di relazioni sulla strategia nazionale, in cui gli Stati membri presentano i progetti politici che intendono realizzare in un periodo di tempo concordato per perseguire gli obiettivi comuni; la valutazione di questi piani e di queste strategie nell’ambito di relazioni congiunte della Commissione e del Consiglio; la collaborazione nel definire indicatori che permettano la comprensione e la valutazione reciproche.

[218]  Secondo le indicazioni della Commissione, le strategie nazionali dovrebbero riguardare un periodo di tre anni; tuttavia, dato che le prime relazioni arriveranno quando il ciclo triennale di Lisbona (2005-2008) sarà già iniziato da un anno, esse riguarderanno eccezionalmente un periodo di soli due anni (2006-2008),

[219]  Anche chiamate “Orientamenti integrati”.

[220]  Raccomandazione 2005/601/CE

[221]  L’articolo 99 del Trattato istitutivo della Comunità europea prevede che, sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su raccomandazione della Commissione, adotta una raccomandazione che definisce gli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri. Il Consiglio, sulla base di relazioni presentate dalla Commissione, sorveglia l’evoluzione economica in ciascuno degli Stati membri e nella Comunità, nonché la coerenza delle politiche economiche con gli indirizzi di massima e procede regolarmente ad una valutazione globale.

[222]  Decisione 2005/600/CE

[223]  A ottobre 2005 l’Italia ha presentato il programma nazionale per l’innovazione, la crescita e l’occupazione (PICO).

[224]  Come complemento dei programmi nazionali di riforma, a luglio 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione sul programma comunitario di Lisbona 2005-2008 relativo alle azioni da intraprendere a livello comunitario a favore della crescita e dell’occupazione.

[225]  D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[226]  La dirigenza pubblica è articolata in due fasce. I dirigenti della seconda fascia transitano nella prima qualora abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti per un periodo pari almeno a tre anni senza essere incorsi nelle misure previste dall'articolo 21 per le ipotesi di responsabilità dirigenziale (art. 23 del D.Lgs. 165/2001).

[227]  Limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia e del 5 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia.

[228]  Si tratta di persone di particolare e comprovata qualificazione professionale:

-          che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali;

-          che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso amministrazioni statali, comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza;

-          che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.

[229]  Si segnala che, ai sensi dell’art. 53, comma 16, del D.Lgs. 165/2001, l’11 gennaio 2005 è stata trasmessa al Parlamento dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica la Relazione [annuale] sui dati raccolti attraverso l’anagrafe delle prestazioni e degli incarichi conferiti ai pubblici dipendenti (relativa all’anno 2003; Doc. CLI n. 4), nell’ambito della quale sono, per la prima volta, illustrati anche i dati relativi agli incarichi conferiti dalle pubbliche amministrazioni a consulenti e collaboratori esterni.

      L’ultima relazione in materia (riferita all’anno 2004) è stata trasmessa alle Camere il 13 gennaio 2006 (doc. CLI, n. 5).

[230]  L. 23 dicembre 1996, n. 662, Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.

[231]  L. 30 dicembre 1991 n. 412, Disposizioni in materia di finanza pubblica.

[232]  Decreto-legge n. 7 del 31 gennaio 2005, recante “Disposizioni urgenti per l'università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché altre misure urgenti”, convertito in legge, con modificazioni dall'art. 1, l. 31 marzo 2005, n. 43.

[233]  Con D.M. 4 aprile 2006 è stato determinato l'importo delle spese da porre a carico di soggetti richiedenti il permesso di soggiorno elettronico. Con D.M. 9 maggio 2006 è stato determinato l'importo delle spese da porre a carico dei soggetti richiedenti il passaporto elettronico. Con D.M. 9 maggio 2006 è stato determinato l'importo delle spese da porre a carico dei soggetti richiedenti la carta d'identità elettronica.

[234]  La disciplina in materia di versamento di somme all’entrata e conseguente riassegnazione alle unità previsionali di base della spesa è stata da ultimo dettata dal regolamento di cui al D.P.R. 10 novembre 1999, n. 469.

[235]  Secondo quanto indicato nella Circolare del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato n. 7 del 10 febbraio 2006, che ha recato alcuni chiarimenti e precisazioni in ordine alle disposizioni di contenimento della spesa contenute nella legge finanziaria per il 2006, le riassegnazioni da disporre nel rispetto dei suddetti limiti sono quelle che riguardano le seguenti categorie economiche assoggettate al monitoraggio: «Redditi da lavoro dipendente» (Cat. 1) – salvo quanto previsto da specifiche disposizioni -, «Consumi intermedi» (Cat. 2), «Trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private» (Cat. 5), «Trasferimenti correnti ad imprese» (Cat. 6), «Trasferimenti correnti all'estero» (Cat. 7), «Investimenti fissi lordi e acquisto di terreni» (Cat. 21), «Contributi agli investimenti ad imprese» (Cat. 23), «Contributi agli investimenti a famiglie e istituzioni sociali private» (Cat. 24), «Trasferimenti in conto capitale all'estero» (Cat. 25), e «Altri trasferimenti in conto capitale alle imprese» (Cat. 26).

      Nell'allegato n. 6 della Circolare del Ministero dell’economia e delle finanze n. 7/2006 sono indicate, con riferimento a ciascun Ministero, le somme riassegnate nell'anno 2005 che costituiscono il limite massimo alle riassegnazioni di entrate che ciascuna amministrazione può effettuare a decorrere dal 2006.

[236]  D. M 5 aprile 2006 “Modalità e schema di comunicazione delle informazioni trimestrali cumulate degli acquisti e delle vendite di immobili per esigenze i istituzionali o finalità abitative, ai sensi dell’art. 1, comma 26 della legge n. 266 del 23 dicembre 2005. Pubblicato in G. U 8 maggio 2006.

[237]  Il D.Lgs. n. 351/2001, all’art. 3, commi 10 e 11, assoggetta alla procedura di dismissione in esso prevista sia i beni immobili degli enti previdenziali pubblici ricompresi nei programmi straordinari di dismissione di cui all'articolo 7 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni, che non sono stati aggiudicati alla data del 31 ottobre 2001, sia i beni immobili degli enti previdenziali pubblici, diversi da quelli di cui sopra, e che non sono stati venduti alla data del 31 ottobre 2001. La previsione non si applica ai beni immobili ad uso prevalentemente strumentale dei suddetti enti. Lo stesso D.Lgs. n. 351 prevede inoltre che il prezzo per il trasferimento dei beni immobili sia corrisposto agli enti previdenziali titolari dei beni medesimi. Le relative disponibilità sono acquisite al bilancio per essere accreditate su conti di tesoreria vincolati intestati all'ente venditore; sulle giacenze è riconosciuto un interesse annuo al tasso fissato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

[238]  ”Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.

[239]  Secondo l’articolo 817, comma 1, del codice civile, si considerano pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ornamento di un’altra cosa; ai sensi dell’articolo 818, comma 1, del codice civile, gli atti ed i rapporti giuridici aventi per oggetto la cosa principale comprendono anche le pertinenze, qualora non sia disposto diversamente.

[240]  Ai sensi dell’articolo 38, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973, l’ufficio delle imposte procede alla rettifica delle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche quando il reddito complessivo dichiarato risulti inferiore a quello effettivo o non sussistano oppure non spettino, in tutto o in parte, le deduzioni dal reddito o le detrazioni d’imposta indicate nella dichiarazione.

[241]  L’elencazione puntuale dei redditi di impresa è contenuta nell’articolo 55 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR). In via esemplificativa, si considerano redditi di impresa quelli derivanti dall’esercizio di imprese commerciali, ossia dall’esercizio per professione abituale, sebbene non esclusiva, delle attività indicate nell’articolo 2195 del codice civile: attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi; attività intermediaria nella circolazione di beni; attività di trasporto; attività bancaria o assicurativa; altra attività ausiliaria delle precedenti.

[242]  In cui si prevede che, per le cessioni imponibili di oro da investimento, di materiale d’oro e di prodotti semilavorati, al pagamento dell’imposta sia tenuto il cessionario, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato (in deroga alla regola generale fissata nel comma 1 dell’articolo 17, che individua come soggetti passivi dell’Iva coloro che effettuano le cessioni di beni o le prestazioni di servizi).

[243]  Il decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (“Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni”) prevede, all’articolo 17, che i contribuenti eseguano versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, maturati nello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti.

[244]  La locazione finanziaria o leasing finanziario è il contratto con cui un finanziatore acquista il bene che l’utilizzatore gli indica o sceglie direttamente dal produttore, e lo dà in godimento all’utilizzatore, consentendogli di acquistare il bene alla scadenza del contratto.

[245]  Sono gli immobili non suscettibili di diversa destinazione (per esempio abitativa) senza radicali trasformazioni. Sono costituiti dai fabbricati delle categorie catastali: A/10 (uffici e studi privati), B (immobili per alloggi collettivi), C (immobili a destinazione commerciale e varia), D (immobili a destinazione speciale), E (immobili a destinazione particolare).

[246]  “Norme per l’edilizia residenziale”. Le lettere menzionate indicano le diverse tipologie di interventi di recupero: restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia o urbanistica.

[247]  “Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell’articolo 3, comma 133, lettera q), della L. 23 dicembre 1996, n. 662”.

[248]  E’ presumibile che si tratti delle regole normalmente previste ai fini della redazione del bilancio societario.

[249]  Il comma 1 lettera a) dell’articolo 43 stabilisce che la base imponibile su cui applicare l’imposta di registro sia costituita, per i contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali, dal valore del bene o del diritto alla data dell’atto oppure, per gli atti sottoposti a condizione sospensiva, ad approvazione o ad omologazione, dal valore del bene o del diritto alla data in cui si producono i relativi effetti traslativi o costitutivi.

[250]  Valore da determinarsi secondo il meccanismo di calcolo previsto dai commi 4 e 5 dell’articolo 52 (“Rettifica del valore degli immobili e delle aziende”) del D.P.R. n. 131 del 1986.

[251]  Ferma restando la detrazione della sanzione eventualmente irrogata ai sensi dell’articolo 71 (“Insufficiente dichiarazione di valore”) del D.P.R. n. 131 del 1986.

[252]  È presumibile che si faccia riferimento al solo mediatore immobiliare e non anche al mediatore creditizio, che interviene nei rapporti tra mutuatario e banca.

[253]  Di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347 (“Testo Unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale”).

[254]  Trattasi della società per azioni a mezzo della quale, a partire dal 1° ottobre 2006, l’Agenzia delle entrate eserciterà le funzioni di riscossione nazionale dei tributi. Tale società è stata istituita a norma dell’articolo 3 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (“Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”), convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

[255]  Il ruolo costituisce il titolo esecutivo che legittima la riscossione coattiva delle imposte dirette ed indirette.

[256]  L’articolo 73 contiene l’elenco dei soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES); l’articolo 74 si riferisce a organi ed amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se forniti di personalità giuridica, comuni, consorzi tra enti locali, associazioni e gestori del demanio collettivo, comunità montane, province e regioni.

[257]  “ Riordinamento degli istituti doganali e revisione delle procedure di accertamento e controllo in attuazione delle direttive n. 79/695/CEE del 24 luglio 1979 e n. 82/57/CEE del 17 dicembre 1981, in tema di procedure di immissione in libera pratica delle merci, e delle direttive n. 81/177/CEE del 24 febbraio 1981 e n. 82/347/CEE del 23 aprile 1982, in tema di procedure di esportazione delle merci comunitarie”.

[258]  “Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto”. L’articolo 51 regola le prerogative degli uffici Iva ai fini dell’accertamento e della riscossione di tale imposta.

[259]  Per quanto riguarda la validità temporale delle disposizioni riguardanti la detrazione delle spese per il recupero del patrimonio edilizio, si ricorda che:

-        l’articolo 1 della legge n. 449 del 1997 si riferisce alle spese sostenute negli anni 1998 e 1999;

-        l’articolo 6, comma 15, della legge n. 488 del 1999 (legge finanziaria per il 2000) si riferisce alle spese sostenute nell’anno 2000;

-        l’articolo 2, comma 2, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001) si riferisce alle spese sostenute nell’anno 2001;

-        l’articolo 9, comma 1, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002) si riferisce alle spese sostenute nell’anno 2002;

-        il citato articolo 2, comma 5, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) si riferisce alle spese sostenute dal 1° gennaio al 30 settembre 2003;

-        l’articolo 1-bis, del D.L. n. 147 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 200 del 2003 si riferisce alle spese sostenute dal 1° ottobre al 31 dicembre 2003;

-        l’articolo 2, comma 15, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), relativo alle spese sostenute nell’anno 2004, è stato successivamente abrogato dal sottoindicato articolo 23-bis, comma 2, del D.L. n. 355 del 2003;

-        l’articolo 23-bis, comma 1, lettera a), del D.L. n. 355 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 47 del 2004, si riferisce alle spese sostenute dal 1° gennaio 2004 al 31 dicembre 2005;

-        l’articolo 1, comma 121, lettera a), della legge n. 266 del 2005 si riferisce alle spese sostenute dal 1° gennaio al 31 dicembre 2006.

[260]  Concorrono a formare il suddetto importo le spese per gli interventi realizzati in più anni (a partire dal 1998), quando gli interventi più recenti costituiscono mera prosecuzione di interventi precedenti.

[261]  Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto.

[262]  In base al quale, relativamente ai tributi periodici, le disposizioni modificative di leggi tributarie "si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono".

[263]  In base alla quale, relativamente ai tributi periodici, le disposizioni modificative di leggi tributarie "si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono".

[264]  In base alla quale, relativamente ai tributi periodici, le disposizioni modificative di leggi tributarie "si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono".

[265]  In base alla quale, relativamente ai tributi periodici, le disposizioni modificative di leggi tributarie "si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono".

[266]  In base alla quale, relativamente ai tributi periodici, le disposizioni modificative di leggi tributarie "si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono".

[267]L’articolo 84 del TUIR, nel testo modificato da ultimo dal comma 12 del precedente articolo 36, stabilisce che la perdita di un periodo d'imposta, determinata con le stesse norme valevoli per la determinazione del reddito, può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l'intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi. La perdita è diminuita dei proventi esenti dall'imposta diversi da quelli di cui all'articolo 87, per la parte del loro ammontare che eccede i componenti negativi non dedotti ai sensi degli articoli 96 e 109, commi 5 e 6. Detta differenza potrà tuttavia essere computata in diminuzione del reddito complessivo in misura tale che l'imposta corrispondente al reddito imponibile risulti compensata da eventuali crediti di imposta, ritenute alla fonte a titolo di acconto, versamenti in acconto, e dalle eccedenze di cui all'articolo 80.

Il comma 2 consente di computare in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d'imposta successivi le perdite realizzate nei primi tre periodi d'imposta dalla data di costituzione, senza alcun limite di tempo a condizione che si riferiscano ad una nuova attività produttiva.

Infine, secondo il comma 3, le disposizioni del comma 1 non si applicano nel caso in cui la maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto che riporta le perdite venga trasferita o comunque acquisita da terzi, anche a titolo temporaneo e, inoltre, venga modificata l'attività principale in fatto esercitata nei periodi d'imposta in cui le perdite sono state realizzate. La modifica dell'attività assume rilevanza se interviene nel periodo d'imposta in corso al momento del trasferimento o acquisizione ovvero nei due successivi o anteriori. La limitazione non si applica qualora le partecipazioni siano relative a società che nel biennio precedente a quello di trasferimento hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unità e per le quali dal conto economico relativo all'esercizio precedente a quello di trasferimento risultino un ammontare di ricavi e proventi dell'attività caratteristica, e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all'articolo 2425 del codice civile, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori.

[268]Si consideri inoltre che nel corso della legislatura precedente era già emersa l’esigenza di elaborare un testo unico sulla salute e sicurezza nel lavoro, al fine di razionalizzare la normativa vigente, divenuta oramai abbastanza complessa. Tale necessità ha portato alla stesura di uno schema di decreto legislativo contenente un nuovo testo unico, sulla base della delega contenuta nell’articolo 3 della legge 29 luglio 2003, n. 229 (legge di semplificazione 2001), che aveva appunto attribuito una delega al Governo per l’emanazione, entro un anno dall’entrata in vigore della legge stessa, di uno o più decreti legislativi per il riordino delle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro e tutela della salute dei lavoratori. Nonostante le successive proroghe del termine per l’esercizio della delega, fino al 30 giugno 2005, il Governo ha prima presentato e poi ritirato lo schema di decreto legislativo facendo così decadere la delega stessa.

[269]  Adottato in base alla delega contenuta negli articoli 1, commi 1 e 3, e 22 della legge 1° marzo 2002, n. 39 (legge comunitaria 2001).

[270]  Rispetto alla disciplina dell’articolo 13 della legge n. 197/1996, una novità è costituita dall’estensione del campo di applicazione della disciplina del limite di orario, anche ad alcune di quelle categorie di lavoratori per cui era prevista una disciplina speciale (apprendisti maggiorenni, lavoratori delle miniere).

[271]Il riferimento all’arco temporale dei quattro mesi per il rispetto della durata media settimanale comporta il superamento o meglio l’”assorbimento” del limite trimestrale delle 80 ore di straordinario previsto dall’accordo interconfederale del 12 novembre 1997.

[272]Il diritto al riposo settimanale è sancito anche dall’art. 36, comma 3, della Costituzione e il lavoratore non può rinunziarvi.

[273]Si conferma inoltre la validità delle disposizioni speciali (per le quali si rinvia alla scheda di ricostruzione normativa) che consentono la fruizione del riposo settimanale in giorno diverso dalla domenica e le deroghe previste dalla citata Legge n. 370/1934 recante disposizioni sul riposo domenicale e feriale.

[274]  Per quanto concerne l’organizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l’inizio della XIV Legislatura è stato caratterizzato dalla pubblicazione sulla G.U. del D.P.R. 26 marzo 2001, n. 176, Regolamento di organizzazione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali (attualmente del lavoro e delle politiche sociali, sulla base dell’articolo 47-bis del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, che ha istituito il Ministero della salute, “staccandolo” dall’accorpamento precedentemente disposto dallo stesso D.Lgs. n. 300/1999). Successivamente, con il D.Lgs. 11 agosto 2003, n. 241, è stata adeguata la struttura organizzativa del Ministero stesso alle modifiche legislative introdotte dal D.Lgs. 6 dicembre 2002, n. 287, identificando le direzioni generali come strutture di primo livello in luogo dei due dipartimenti nei quali si articolava il Ministero. Lo stesso provvedimento ha altresì confermato – in via generale – che nei Ministeri in cui le strutture di primo livello sono costituite da direzioni generali possa essere istituito l’ufficio di segretario generale, mentre nei Ministeri organizzati in dipartimenti l’ufficio di segretario generale venga soppresso, attribuendo i compiti di tale ufficio tra i capi dipartimento. Successivamente, il D.P.R. 29 luglio 2004, n. 244, modificando il richiamato D.P.R. 176 del 2001, ha istituito la figura del segretario generale ed ha definito l’articolazione del Ministero stesso, individuando 13 direzioni generali.

[275]Introdotto dal dall'art. 20, D.Lgs. 6 ottobre 2004, n. 251.

[276]  Sulle somme iscritte a ruolo si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora al tasso determinato annualmente con decreto del Ministero delle finanze con riguardo alla media dei tassi bancari attivi.

[277]“Disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di rapporti di lavoro a tempo parziale”.

[278]Ai sensi della circolare INPS n. 209 del 27 luglio 1995, l’agevolazione non compete per il personale occupato con orario inferiore a 40 ore settimanali, anche se tale minore orario deriva da contratti di solidarietà o accordi di fatto, mentre spetta qualora la minore prestazione sia causata da scioperi, riposi annui, ferie, malattia, infortunio, CIG, donazione sangue ed altri eventi indennizzati.

[279]Pubblicato sulla G.U. n. 88 del 14 aprile 2006.

[280]  Una previsione della certificazione di regolarità contributiva tramite il documento unico di regolarità contributiva era già contenuta nel D.Lgs. 494/1996, recante Attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili. In particolare l’art. 3, comma 8, prevede che il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica impresa, è tenuto a chiedere un certificato di regolarità contributiva e che tale certificato può essere rilasciato, oltre che dall'INPS e dall'INAIL, per quanto di rispettiva competenza, anche dalle casse edili le quali stipulano una apposita convenzione con i predetti istituti al fine del rilascio di un documento unico di regolarità contributiva

[281]Recante “Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative”, convertito con modificazione nella legge n. 51/06 del 23 Febbraio 2006 (GU n. 49 del 28 Febbraio 2006).

[282]Il testo iniziale del comma in esame, prima della novella del decreto legge n. 273/2005, prevedeva espressamente la soppressione delle “analoghe disposizioni” contenute nei provvedimenti di recepimento degli accordi sindacali, anche con riferimento alle forze di polizia ad ordinamento civile e militare e alle forze armate.

[283]Il comma 213-bis, escludendo dall’ applicazione delle disposizioni di cui al comma 213 le Forze armate e di polizia, ripristina per tali categorie non solo le indennità di trasferta eventualmente previste da provvedimenti di recepimento di accordi sindacali, bensì anche quelle previste direttamente ex-lege e soppresse dal primo periodo del comma 213 (per esempio, quelle previste dall’art. 1, comma 1, della L. 417/1978 e dall’art. 14 della L. 836/1973).

[284]Con il Capo III (articoli 15-18) del D.Lgs. n. 276, è stata istituita la Borsa continua del lavoro, ovvero un portale su rete telematica diretto a facilitare l'incontro tra domanda e offerta, finalizzato a favorire la maggior efficienza e trasparenza del mercato del lavoro. L’articolo 17 prevede che le basi informative costituite nell'ambito della borsa continua nazionale del lavoro, nonché le registrazioni delle comunicazioni dovute dai datori di lavoro ai servizi competenti e la registrazione delle attività poste in essere da questi nei confronti degli utenti per come riportate nella scheda anagrafico-professionale dei lavoratori costituiscono una base statistica omogenea e condivisa per le azioni di monitoraggio dei servizi poste in essere dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dalle regioni e dalle province per i rispettivi ambiti territoriali di riferimento. Tale monitoraggio statistico è funzionale alla valutazione di efficacia delle politiche attive del lavoro, con particolare riguardo alle categorie di lavoratori svantaggiati, e alla predisposizione di un Rapporto annuale al Parlamento da parte del Ministro del lavoro.

[285]“Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”.

[286]Previsto dall'articolo 9-bis, comma 2, del D.L. 29 marzo 1991, n. 103, convertito dalla legge 1° giugno 1991, n. 166: Si ricorda che l’art. 16 del D.Lgs. 252/2005, recante riforma della previdenza complementare, ha definitivamente messo a regime il citato contributo di solidarietà, originariamente previsto in forma transitoria dal richiamato articolo 9-bis del D.L. 103 del 1991 e successivamente confermato dall’articolo 12 del D.Lgs. 124 del 1993.

[287]La contribuzione è dovuta anche all'INAIL per effetto dell'entrata in vigore del D.Lgs.. 38 del 2000, che all'articolo 5 (al riguardo si segnala la circolare INAIL n. 32 del 2000) ha sancito l'obbligo assicurativo presso detto Istituto anche per i lavoratori in questione (circolari INAIL 13 marzo 2000 e 18 marzo 2004, n. 22).

[288]I collaboratori devono richiedere l'iscrizione alla Gestione separata contestualmente all'inizio dell'attività lavorativa; il committente deve assicurarsi che il collaboratore abbia provveduto alle comunicazioni all'INPS

[289]Vedi in proposito la circolare INPS del 22 gennaio 2004, n. 9.

[290]Si ricorda che nei confronti dei soggetti pensionati ultrasessantacinquenni che svolgono attività rientranti tra quelle per le quali è previsto il versamento del contributo in parola, vige la sola facoltà e non l'obbligo di versamento. L'obbligo sussiste, invece, per coloro che hanno un'età compresa fra i 60 e i 65 anni, i quali possono, comunque, chiedere il rimborso dei contributi versati, qualora, al compimento del 65° anno di età, non abbiano maturato il diritto ad alcuna prestazione pensionistica (D.M. 2 maggio 1996, n. 282, articolo 4).

[291]Vedi in materia ancora la L. 11 luglio 2003, n. 170 e la circolare INPS 21 luglio 2003, n. 133, circa l'obbligo di iscrizione alla Gestione dei percettori di borse di studio per il sostegno della mobilità .internazionale degli studenti ed assegni per l'attività di tutorato o didattico-integrative o di recupero

[292]Articolo 3, comma 137, quarto periodo, della L. 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) e articolo 1, comma 155, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005),

[293] Si ricorda che, ai sensi dell’art. 1, comma 8, del suddetto D.L. n. 148 del 1993, le somme del Fondo per l'occupazione non impegnate in ciascun esercizio finanziario possono esserlo in quello successivo.

[294]Il D.L. 249/2004 è stato modificato dalla legge di conversione (L. 3 dicembre 2004, n. 291) e, successivamente, dall’articolo 20 del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, convertito dalla L. 23 febbraio 2006, n. 51.

[295]Si ricorda, al riguardo, che l’art. 1, comma 5, della legge 23 luglio 1991, n. 223, prevede che la durata del programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione per crisi aziendale, e l’erogazione del conseguente trattamento di cassa integrazione straordinaria, sia pari ad un periodo massimo - in linea ordinaria - di 12 mesi, con possibilità di un nuovo intervento qualora siano decorsi almeno i 2/3 del periodo della precedente concessione.

[296]  Raccomandazione 2005/601/CE

[297]  L’articolo 99 del Trattato istitutivo della Comunità europea prevede che, sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su raccomandazione della Commissione, adotta una raccomandazione che definisce gli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri. Il Consiglio, sulla base di relazioni presentate dalla Commissione, sorveglia l’evoluzione economica in ciascuno degli Stati membri e nella Comunità, nonché la coerenza delle politiche economiche con gli indirizzi di massima e procede regolarmente ad una valutazione globale.

[298]  Decisione 2005/600/CE

[299]  A ottobre 2005 l’Italia ha presentato il programma nazionale per l’innovazione, la crescita e l’occupazione (PICO).

[300]  Come complemento dei programmi nazionali di riforma, a luglio 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione sul programma comunitario di Lisbona 2005-2008 relativo alle azioni da intraprendere a livello comunitario a favore della crescita e dell’occupazione.

[301]  “Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”.

[302]  Si può citare, tra le altre la sentenza n. 237 del 1995 della Corte di cassazione, I sezione civile.

[303]  “Disposizioni per la semplificazione e la razionalizzazione del sistema tributario e per il funzionamento dell’Amministrazione finanziaria, nonché disposizioni varie di carattere finanziario”.

[304]  Gli studi di settore – istituiti dall’articolo 62-bis del d.l. n. 331 del 1993 – sono finalizzati all’individuazione della capacità reddituale potenziale (nonché delle limitazioni della capacità stessa) del contribuente medio di ogni categoria economica, tramite l’analisi dei dati dichiarati e di altri elementi extracontabili. Il contribuente che dichiara meno di quanto indicato dagli studi è sottoposto all’azione di accertamento.

[305]  “Regolamento per la determinazione dei criteri in base ai quali la contabilità ordinaria è considerata inattendibile, relativamente agli esercenti attività d’impresa, arti e professioni”.

[306]  Il cui contenuto è specificato dall’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 (“Disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale”).

[307]  “Disposizioni relative all’anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti”.

[308]  “Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell’articolo 3, comma 133, lettera q), della legge 23 dicembre 1996, n. 662”.

[309]  La sanzione è ridotta alla metà se il ritardo non eccede i quindici giorni.

[310]  “Regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all’imposta regionale sulle attività produttive e all’imposta sul valore aggiunto”.

[311]  Più precisamente, il comma 1 dell’articolo 8-bis impone ai contribuenti di presentare in via telematica all’amministrazione, entro il mese di febbraio di ogni anno, una comunicazione dei dati relativi all’imposta sul valore aggiunto riferita al precedente anno solare.

      Pertanto, il termine finale per presentare gli elenchi dei clienti e fornitori sarebbe il 29 aprile di ogni anno.

[312]  “Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell’articolo 3, comma 133, lettera q), della legge 23 dicembre 1996, n. 662”.

[313]  “Regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all’imposta regionale sulle attività produttive e all’imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell’articolo 3, comma 136, della L. 23 dicembre 1996, n. 662”.

[314]  Utilizzabile per le dichiarazioni ai fini delle imposte sui redditi, dell’IVA e dell’IRAP.

[315]  “Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”. Il richiamato articolo 7-bis indica il contenuto delle certificazioni dei sostituti di imposta.

[316]  “Testo unico delle imposte sui redditi”.

[317]  “Regolamento recante modifiche al D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, nonché disposizioni per la semplificazione e la razionalizzazione di adempimenti tributari”.

[318]  “Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421”.

[319]  “Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto”.

[320]  Direttiva 77/388/CEE.

[321]  Il rinvio non appare chiaro: dovrebbe trattarsi di terreni, aziende agricole e di aree diverse da quelle destinate a parcheggio di veicoli per le quali gli strumenti urbanistici non prevedono la destinazione edificatoria.

[322]  “Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni”.

[323]  Si tratta della disposizione che regola la comminazione delle sanzioni tributarie non penali in caso di ritardati od omessi versamenti.

[324]  “Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto”.

[325]  “Codice dell’amministrazione digitale”, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 159. Il citato articolo 50 disciplina la fruizione e la riutilizzazione dei dati raccolti dalle pubbliche amministrazioni, da parte delle altre pubbliche amministrazioni, ferme restando le disposizioni in materia di protezione dei dati personali.

[326]  Luogo fisico nel quale un’unità giuridico-economica (impresa, istituzione) esercita una o più attività economiche. L’unità locale corrisponde ad un’unità giuridico-economica o ad una sua parte, situata in una località topograficamente identificata da un indirizzo e da un numero civico. In tale località, o a partire da tale località, si esercitano delle attività economiche per le quali una o più persone lavorano (eventualmente a tempo parziale) per conto della stessa unità giuridico-economica. Costituiscono esempi di unità locale le seguenti tipologie: agenzia, albergo, ambulatorio, bar, cava, deposito, domicilio, garage, laboratorio,magazzino, miniera, negozio, officina, ospedale, ristorante, scuola, stabilimento, studio professionale, ufficio, ecc.

[327]  La stessa legge 29 dicembre 1993, n. 580, ha previsto "la predisposizione, la tenuta, la conservazione e la gestione, secondo tecniche informatiche, del registro delle imprese" (art. 8, comma 6).

[328]  L’art. 15, co. 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa, prevede che gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici, e i contratti stipulati nelle stesse forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici, siano validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge. Il regolamento relativo ai criteri ed alle modalità di applicazione di tale disposizione è stato approvato con D.P.R. 10 novembre 1997, n. 513, Regolamento recante criteri e modalità per la formazione, l'archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici, a norma dell'articolo 15, comma 2, della L. 15 marzo 1997, n. 59. La disciplina è oggi raccolta nel testo unico in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. 445/2000).

[329]  “Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”.

[330]  “Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205”.

[331]  “Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto”.

[332]  “Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”.

[333]  “Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’articolo 30 della L. 30 dicembre 1991, n. 413”.

[334]  “Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi”.

[335]  “Adeguamento dei compiti del Corpo della Guardia di finanza”, il cui comma 4, articolo 2, rinvia ai poteri di accertamento in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto, di cui rispettivamente agli articoli 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del D.P.R. n. 633 del 1972.

[336]  “Modifiche al sistema penale”.

[337]  “Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”.

[338]  “Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”.

[339]  La cui disciplina è dettata dall’articolo 22 del D.P.R. n. 633 del 1972 (“Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto”).

[340]  Di cui ai commi 429-430-bis dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria per il 2005).

[341]  Disciplinati rispettivamente dagli articoli 2 e 3 del D.P.R. n. 633 del 1972.

[342]  “Codice dell’amministrazione digitale”: le disposizioni menzionate riguardano l'accesso alla consultazione, la circolazione e lo scambio di dati e informazioni; l'interoperabilità dei sistemi e l'integrazione dei processi di servizio fra le diverse amministrazioni, nonché l’individuazione delle regole tecniche, necessarie per l’attuazione del codice stesso.

[343]  Ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241.

[344]  Il richiamato articolo 12 prevede che i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi di cui agli articoli 2 e 3 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per le quali non è obbligatoria l'emissione della fattura se non a richiesta del cliente, devono essere certificati mediante il rilascio di ricevuta fiscale ovvero di scontrino fiscale, anche manuale o prestampato a tagli fissi. Il D.P.R. n. 696 del 1996 contiene il “Regolamento recante norme per la semplificazione degli obblighi di certificazione dei corrispettivi”.

[345]  Ossia la differenza tra il prezzo ricavato ed il costo fiscalmente riconosciuto.

[346]  In altri termini, se un immobile, acquistato a titolo oneroso nel 2000, viene donato nel 2006, il donatario potrà vendere l’immobile subito dopo l’acquisizione, senza maturare plusvalenze imponibili.

[347]  “Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito”.

[348]  La cartella di pagamento rappresenta l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo. Quest’ultimo, a sua volta, consiste nell’elenco dei debitori e delle somme da loro dovute, formato dall’ufficio per la riscossione tramite il concessionario.

[349]  La relativa disciplina è contenuta nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (“Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”) il cui articolo 36-bis regola l’attività dell’Amministrazione finanziaria relativamente alla liquidazione delle imposte, contributi e premi dovuti, nonché dei rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta.

[350]  "Unificazione ai fini fiscali e contributivi delle procedure di liquidazione, riscossione e accertamento, a norma dell'articolo 3, comma 134, lettera b), della legge 23 dicembre 1996, n. 662".

[351]  "Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi".

[352]  "Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto".

[353]  In termini generici, si definisce avviamento l’idoneità di un’azienda a produrre utili in misura superiore a quella ordinaria.

[354]  I diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno sono costituiti dai diritti d’autore. A differenza dei brevetti, non devono presentare alcuna caratteristica intrinseca particolare (come la novità), se non l’originalità della forma espressiva. Infatti, la protezione giuridica è fondata sulla tutela delle manifestazioni di pensiero in quanto tali, a prescindere dall’utilità pratica (economico-patrimoniale).

[355]  I brevetti, secondo il principio contabile nazionale n. 24, sono costituti dalle <<creazioni industriali>> soggette a tutela giuridica.

[356]  Ai sensi dell’articolo 7 del Codice della proprietà industriale (decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30) si considerano marchi di impresa <<tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente (…) purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese>>.

[357]  “Testo unico delle imposte sui redditi” (c.d. Tuir).

[358]  Ai sensi dell’articolo 2423 del codice civile, gli amministratori delle società di capitali (spa, srl, società in accomandita per azioni) devono redigere il bilancio di esercizio, formato dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla nota integrativa. La struttura del conto economico è disciplinata dall’articolo 2425 del codice civile.

[359]  La cui disciplina di dettaglio è contenuta nell’articolo 108, comma 1, del Tuir.

[360]  Con un successivo decreto del Ministro dell’economia e delle finanze avrebbero dovuto essere approvate le note metodologiche per la formulazione della proposta individuale.

[361]  Sulla parte di reddito eccedente quella programmata, le aliquote applicabili al reddito complessivo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e l’aliquota dell’imposta sul reddito delle società (IRES) sarebbero state ridotte di 4 punti percentuali. Era espressamente esclusa la riduzione dell’aliquota del 23 per cento dell’IRPEF, applicabile al primo scaglione di reddito.

      I contributi previdenziali e l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) sarebbero stati applicati esclusivamente per la parte di base imponibile programmata.

      Per quanto riguarda l’IVA si prevedeva l’applicazione dell’aliquota media, risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d’affari dichiarato, all’ammontare degli eventuali maggiori ricavi o compensi da dichiarare rispetto a quelli risultanti dalle scritture contabili.

[362]  Tale azione sarebbe stata consentita esclusivamente nei casi in cui fosse sopravvenuta la conoscenza di nuovi elementi, in base ai quali fosse stato possibile accertare un maggior reddito, superiore al 50 per cento del reddito definito e comunque non inferiore a 77.468,53 euro.

[363]  Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.

[364]  Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'IRPEF e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali.

[365]  D.Lgs. n. 82/2005 “Codice dell'amministrazione digitale”.

[366]  D.Lgs. n. 159/2006 “Disposizioni integrative e correttive al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, recante codice dell'amministrazione digitale”.

[367]  D.Lgs. n. 241/1997, recante “Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni”.

[368]  D.L. n. 63/2002, convertito nella legge 15 giugno 2002, n. 112, recante “Disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture”.

[369]  Decreto-legge 23 settembre 2001, n. 351, recante “Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare”, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410.

      In particolare il citato articolo 3, comma 7, del D.L. n. 351, stabilisce che il prezzo di vendita delle unità immobiliari sia determinato sulla base delle valutazioni correnti di mercato, prendendo a riferimento i prezzi effettivi di compravendite di unità immobiliari aventi caratteristiche analoghe.

[370]La finalità della disposizione è individuata nell’intento di sottoporre al medesimo trattamento dei rapporti fra società madre e figlia il pagamento di utili a una stabile organizzazione della società madre e il ricevimento di utili da essa. Viene per altro riconosciuta nel preambolo la necessità che siano determinate le condizioni e gli strumenti giuridici atti a tutelare il gettito tributario nazionale e ad evitare l’elusione delle norme di diritto interno.

[371]  Resta ferma per gli Stati membri la facoltà di prevedere che oneri relativi alla partecipazione e minusvalenze risultanti dalla distribuzione degli utili della società figlia non siano deducibili dall'utile imponibile della società madre. In tal caso, qualora le spese di gestione relative alla partecipazione siano fissate forfetariamente, l'importo forfetario non può essere superiore al 5 per cento degli utili distribuiti dalla società figlia.

      Si prevede infine che le suddette disposizioni cessino di applicarsi dalla data dell'effettiva entrata in vigore di un sistema comune d'imposta sulle società.

[372]Rimane fermo il disposto dell’articolo 6, secondo cui lo Stato membro da cui dipende la società madre non può riscuotere ritenute alla fonte sugli utili che questa società riceve dalla sua società figlia. L’articolo 7 precisa che non è compreso nella nozione di “ritenuta alla fonte” il pagamento anticipato o preliminare (ritenuta) dell'imposta sulle società allo Stato membro in cui ha sede la società figlia, effettuato in concomitanza con la distribuzione degli utili alla società madre.

[373]  "Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione".

[374]Il decreto ministeriale n. 111/2006 ha abrogato il decreto 2 giugno 1998, n. 174 del Ministero delle finanze (Regolamento recante norme per l’organizzazione e l’esercizio delle scommesse a Totalizzatore ed a Quota Fissa su competizioni sportive organizzate dal C.O.N.I.).

[375]  Il concorso Totip, primo in Italia ad essere collegato alle corse dei cavalli, nasce nel 1948, due anni dopo la nascita della “schedina Sisal”, divenuta poi Totocalcio. Nel 1995, per rispondere alle mutate esigenze dei giocatori che preferiscono giochi più emozionanti e prospettive di vincita più interessanti, l’Unire su proposta di Sisal introduce nel concorso una settima corsa e il meccanismo del Jackpot. Totip si trasforma in Totip+, passando da 12 a 14 pronostici. Il costo della giocata minima è di 1 Euro, con la quale si possono marcare almeno 2 colonne nelle prime 6 corse e 2 numeri nella Corsa più.

[376]  L'Associazione europea di libero scambio (EFTA) (dall'acronimo inglese European Free Trade Association), fu fondata il 3 maggio 1960. La sua sede è a Ginevra e ha uffici a Bruxelles e nel Lussemburgo.

      Ne fanno parte attualmente Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera. La Convenzione EFTA stabilì una zona di libero scambio tra i suoi Stati membri. In aggiunta a ciò i Paesi membri dell'EFTA hanno concluso accordi commerciali con numerosi paesi in tutto il mondo.

      Nel 1992 Islanda, Liechtenstein e Norvegia entrarono a far parte dell'EEA (Accordo sull'area economica europea) che entrò in vigore nel 1994. Ne fanno attualmente parte, oltre ai tre stati dell'Efta, la Comunità europea e i 25 Stati membri UE.

[377]  I requisiti per diventare operatore sono: l'insussistenza di procedimenti penali, l'affidabilità economica e una maturata esperienza di gestione di una attività commerciale, l'idoneità dei locali alle norme del Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS) ed alle condizioni di accessibilità al pubblico, distanza da altre ricevitorie non inferiore a 200 metri.

[378]  Gli strumenti di pagamento elettronico con i quali si possono attivare gli apparecchi in oggetto dovranno essere definiti con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. La predisposizione di questi strumenti, secondo quanto riportato nella citata relazione illustrativa, è in corso da parte dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, in quanto essi sono già previsti, seppure per diverse finalità (partecipazione al gioco a distanza), dall’articolo 1, commi 290 e 291, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

[379]  Non è più prevista l’erogazione della vincita subito dopo la conclusione della partita. In tal modo il giocatore può scegliere se ricevere immediatamente la vincita dall’apparecchio o rigiuocarla.

[380]  Esercizi pubblici e commerciali e punti di raccolta di altri giochi autorizzati.

[381]  La misura attualmente vigente del canone di concessione è prevista dall’articolo 8 dello schema di convenzione di concessione per l'affidamento dell'attivazione e della conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco lecito mediante apparecchi da intrattenimento predisposto dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

[382]  Il citato numero 6) dell’articolo 10, primo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, prevede che sono esenti da IVA le operazioni relative all'esercizio del lotto, delle lotterie nazionali, dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici riservati allo Stato e agli enti indicati nel D.Lgs. n. 496 del 1948, nonché quelle relative all'esercizio dei totalizzatori e delle scommesse di cui al regolamento approvato con D.M. 16 novembre 1955 e alla legge 24 marzo 1942, n. 315, ivi comprese le operazioni relative alla raccolta delle giocate.

[383]  Il terzo comma dell’articolo 86 del TULPS è stato introdotto dall’articolo 37, comma 2, della legge n. 388 del 2000.

[384]  Il primo comma dell’articolo 86 del TULPS stabilisce la necessità della licenza per l’esercizio di alberghi, compresi quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè o altri esercizi in cui si vendono al minuto o si consumano vino, birra, liquori od altre bevande anche non alcoliche, di sale pubbliche per bigliardi o per altri giochi leciti e di stabilimenti di bagni, ovvero di locali di stallaggio e simili.

      Il secondo comma dello stesso articolo 86 riguarda la licenza per lo spaccio al minuto o il consumo di vino, di birra o di qualsiasi bevanda alcolica presso enti collettivi o circoli privati di qualunque specie, anche se la vendita o il consumo siano limitati ai soli soci.

[385]  L’articolo 88 del TULPS disciplina la licenza per l’esercizio delle scommesse.

[386]  Anche il citato articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972 è stato modificato dall’articolo 39 del D.L. n. 269 del 2003.

[387]  Legge 23 dicembre 2005, n. 266, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato.

[388]  Com’è noto, gli artt. 48, 56 e 57 Cost., nel testo modificato dalle L.Cost. 1/2000 e 1/2001, prevedono l’elezione da parte dei cittadini italiani residenti all’estero di sei senatori e di dodici deputati nell’ambito di una “circoscrizione Estero”. La L. 27 dicembre 2001, n. 459 e il successivo regolamento di attuazione (D.P.R. 2 aprile 2003, n. 104) hanno definito le modalità per l’esercizio del voto dei cittadini italiani residenti all’estero e per l’attribuzione dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

[389]  L. 3 giugno 1999, n. 157, Nuove norme in materia di rimborso delle spese per consultazioni elettorali e referendarie e abrogazione delle disposizioni concernenti la contribuzione volontaria ai movimenti e partiti politici.

[390]  L. 26 luglio 2002, n. 156, Disposizioni in materia di rimborsi elettorali.

[391]  Il co. 6 dell’art. 1 della L. 157/1999 è stato in tal senso modificato dall’art. 39-quaterdecies, co. 2, del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, conv. con mod. dalla L. 23 febbraio 2006, n. 51. Ai sensi del co. 6-bis dell’art. 1 della L. 157/1999, aggiunto dall’art. 39-quaterdecies, co. 2, del citato D.L. 273/2005, le somme erogate o da erogare ai partiti a titolo di rimborso per le spese elettorali possono costituire oggetto di operazioni di cartolarizzazione e sono comunque cedibili a terzi. I rimborsi elettorali sono posti a garanzia dell’esatto adempimento delle obbligazioni assunte dai partiti e movimenti politici. Per il soddisfacimento dei debiti dei partiti e movimenti politici maturati in epoca pregressa, è istituito un fondo di garanzia alimentato dall’1 per cento delle risorse stanziate per l’erogazione dei rimborsi elettorali.

[392]  L. 10 dicembre 1993, n. 515, Disciplina delle campagne elettorali per l'elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica.

[393]  Per il calcolo del rimborso spettante ai partiti o movimenti che abbiano presentato proprie liste o candidature esclusivamente in circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela delle minoranze linguistiche l’art. 9, co. 3, della L. 515/1993 prevede specifici criteri.

[394]  Il testo della disposizione in commento, antecedente alla riforma del sistema elettorale introdotta con la L. 270/2005, fa riferimento ai “candidati non collegati ad alcun gruppo”, soggetti non più previsti dalla nuova normativa.

[395]  L’art. 8 della L. 2 gennaio 1997, n. 2, Norme per la regolamentazione della contribuzione volontaria ai movimenti o partiti politici, in larga parte abrogata dalla L. 157/1999, detta specifiche norme in relazione alla predisposizione di un rendiconto delle entrate e delle spese dei partiti o movimenti politici.

[396]  Il comma citato recita: “2. In ciascuna delle ripartizioni di cui al comma 1 è eletto un deputato e un senatore, mentre gli altri seggi sono distribuiti tra le stesse ripartizioni in proporzione al numero dei cittadini italiani che vi risiedono, secondo l'elenco di cui all'articolo 5, comma 1, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti”.

[397]  L. 2 maggio 1974, n. 195, Contributo dello Stato al finanziamento dei partiti politici.

[398]  D.L. 29 novembre 2004, n. 282, Disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica, conv. con mod. dalla L. 27 dicembre 2004, n. 307.