Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche - D.L. 259/2006 - A.C. 1838
Riferimenti:
AC n. 1838/XV   DL n. 259 del 22-SET-06
Serie: Progetti di legge    Numero: 61
Data: 23/10/2006
Descrittori:
INTERCETTAZIONI TELEFONICHE     
Organi della Camera: II-Giustizia
Altri riferimenti:
L n. 281 del 20-NOV-06     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche

D.L. 259/2006 - A.C. 1838

 

 

 

 

n. 61

 

 

23 ottobre 2006

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento giustizia

SIWEB

 

 

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file: File: D06259.doc

 

 


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  4

Elementi per l’istruttoria legislativa  5

§      Motivazioni della necessità ed urgenza  5

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  5

§      Specificità ed omogeneità delle disposizioni5

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  5

Schede di lettura

§      Il contenuto del decreto-legge presentato dal Governo (A.S. 1013)9

§      Le modifiche introdotte dal Senato  11

Progetto di legge

§      A.C. 1838, (Governo), Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche  17

Iter al Senato

Progetto di legge

§      A.S. 1013, (Governo), Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche  31

Esame in sede referente

-       II Commissione (Giustizia)

Seduta del 10 ottobre 2006  39

Seduta dell’11 ottobre 2006  43

Seduta del 17 ottobre 2006  45

Seduta del 18 ottobre 2006  51

Esame in sede consultiva

§      Pareri resi alla II Commissione (Giustizia)

-       I Commissione (Affari costituzionali)

Seduta del 26 settembre 2006  71

Seduta del 3 ottobre 2006  77

Seduta del 4 ottobre 2006  79

Seduta del 17 ottobre 2006  83

Seduta del 18 ottobre 2006  87

-       VIII Commissione (Lavori pubblici, comunicazioni)

Seduta del 3 ottobre 2006  93

Seduta del 4 ottobre 2006  95

Esame in Assemblea

Seduta del 12 ottobre 2006  101

Seduta del 18 ottobre 2006  103

Normativa di riferimento

§      Costituzione della Repubblica italiana (artt. 77 e 87)209

§      Codice di procedura civile (artt. 127, 669-bis-702, 737-742-bis)211

§      Codice di procedura penale (art. 240)241

 

 


Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

 


Dati identificativi

Numero del disegno di legge di conversione

1838

Numero del decreto-legge

259

Titolo del decreto-legge

Disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche

Settore d’intervento

Processo penale

Iter al Senato

Si

Numero di articoli

 

§    testo originario

5

§    testo approvato dal Senato

5

Date

 

§    emanazione

22 settembre 2006

§    pubblicazione in Gazzetta ufficiale

22 settembre 2006

§    approvazione del Senato

18 ottobre 2006

§    assegnazione

20 ottobre 2006

§    scadenza

21 novembre 2006

Commissione competente

II Commissione (Giustizia)

Pareri previsti

Comitato per la Legislazione, I (Affari costituzionali), VII (Cultura), IX (Trasporti)

 


Struttura e oggetto

Contenuto

Il provvedimento d’urgenza, presentato dal Governo presso il Senato della Repubblica il 22 settembre 2006, e approvato il 18 ottobre scorso da quel ramo del Parlamento, è diretto a rispondere all’esigenza di adottare con rapidità misure volte a rafforzare il contrasto all’illegale detenzione di intercettazioni illecitamente effettuate e di documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni nonchè di apprestare più incisive misure idonee ad evitare l’indebita diffusione e comunicazione di tali informazioni.

Relazioni allegate

Il provvedimento è corredato della sola relazione illustrativa la quale precisa che dall’attuazione del provvedimento non derivano oneri a carico del bilancio dello Stato.

 


Elementi per l’istruttoria legislativa

Motivazioni della necessità ed urgenza

La relazione di accompagnamento al provvedimento chiarisce che esso risponde alla straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure volte a rafforzare il contrasto all’illegale detenzione di contenuti e dati relativi ad intercettazioni illecitamente effettuate, nonché documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni e di apprestare più incisive misure atte ad evitare l’indebita diffusione e comunicazione di dati od elementi concernenti i medesimi dati.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il provvedimento introduce alcune modifiche al codice di procedura penale, prevedendo altresì una nuova figura di reato e dettando disposizioni complementari.

La base giuridica del provvedimento appare pertanto riconducibile all’articolo 117, comma 2, lettera l (giurisdizione e norme processuali;ordinamento civile e penale;), materia riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato. 

Specificità ed omogeneità delle disposizioni

Le disposizioni appaiono piuttosto specifiche ed omogenee poiché affrontano il tema delle intercettazioni illegalmente acquisite dettando disposizioni di diritto processuale e sostanziale.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Coordinamento con la normativa vigente

Il provvedimento, nella parte in cui introduce modifiche al codice di procedura penale, utilizza la tecnica della “novellazione”.

L’articolo 3 del provvedimento introduce una nuova fattispecie penale che andrebbe opportunamente inserita nel corpo del codice penale.

 

 

Collegamento con lavori legislativi in corso

Va ricordato che sono attualmente all’esame della commissione giustizia, in sede referente, due gruppi di proposte di legge concernenti, rispettivamente, la modifica delle disposizioni del codice di procedura penale in tema di intercettazioni, al fine di renderne più stringente l’utilizzazione e la disciplina (A.C.1164 ed abb), e l’istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sulle intercettazioni telefoniche, informatiche, telematiche o ambientali (A.C. 706 ed abb.).

 

 


Schede di lettura

 


Il contenuto del decreto-legge presentato dal Governo (A.S. 1013)

Il provvedimento d’urgenza, presentato dal Governo presso il Senato della Repubblica il 22 settembre 2006, è diretto a rispondere all’esigenza di adottare con rapidità misure volte a rafforzare il contrasto all’illegale detenzione di intercettazioni illecitamente effettuate e di documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni nonchè di apprestare più incisive misure idonee ad evitare l’indebita diffusione e comunicazione di tali informazioni.

Qui di seguito viene illustrato il contenuto originario del decreto legge come presentato dal Governo; nel paragrafo successivo verranno poi specificamente commentate le modifiche approvate nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato.

 

L'articolo 1 del decreto-legge (A.S. 1013) novella l'articolo 240 del codice di procedura penale, inserendo un secondo e un terzo comma.

 

Il previgente art. 240 c.p.p. (Documenti anonimi), composto da un unico comma,prevede il divieto di acquisizione ed utilizzazione di documenti contenenti dichiarazioni anonime; fanno eccezione i documenti che costituiscono corpo del reato o provengono comunque dall’imputato.

 

Con il secondo comma si stabilisce che l’autorità giudiziaria disponga l'immediata distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni e comunicazioni di traffico telefonico e telematico illegalmente formati o acquisiti nonché della documentazione (ad es. dossiers) formati tramite i dati illecitamente raccolti.

La relazione di accompagnamento al decreto-legge precisa che per illecite intercettazioni o illecite acquisizioni di dati si devono intendere quelle effettuate senza autorizzazione dell’autorità giudiziaria.

La norma sancisce il divieto di eseguire copia in qualunque modo di tale documentazione e stabilisce che il relativo contenuto non costituisca notizia di reato nè possa aver alcun utilizzo a fini processuali o di indagine.

 

Il terzo comma del nuovo art. 240 fa obbligo all’autorità giudiziaria, a fini di conservazione della prova, di redigere verbale delle operazioni di distruzione del materiale; in esso si dà atto delle avvenute intercettazioni o della detenzione della documentazione acquisita o illegalmente formata, delle modalità e dei soggetti coinvolti ma non può essere fatto alcun riferimento al contenuto del materiale.

 

L’articolo 2 del decreto-legge aggiunge un comma all’art. 512 del codice di procedura penale.

L’art. 512 c.p.p., nel testo previgente, stabilisce che a richiesta di parte il giudice dispone lettura degli atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal PM, dai difensori e dal GIP in sede di udienza preliminare, dei quali sia impossibile la ripetizione, per fatti o circostanze imprevedibili.

La norma è ora novellata con la previsione (comma 1-bis) della possibilità di consentire sempre nel corso del dibattimento la lettura del verbale di acquisizione ed avvenuta distruzione delle intercettazioni illecite e della documentazione illecitamente acquisita o formata.

 

L’articolo 3 introduce una nuova fattispecie di reato consistente nella illecita detenzione degli atti o documenti di cui all’articolo 240, comma 2, del codice di procedura penale (ossia documenti, supporti e atti concernenti dati e contenuti di conversazioni e comunicazioni, relativi al traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti).

La sanzione prevista è la reclusione da sei mesi a sei anni; un aumento di pena è stabilito (reclusione da uno a sette anni) quando il reato è commesso da un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio.

 

L’articolo 4 del decreto-legge prevede una forma di indennizzo - consistente in una somma di denaro - che ciascun danneggiato dal reato di illecita divulgazione (su giornali, TV o altro media) di intercettazioni telefoniche illegalmente formate o acquisite può chiedere, a fini riparatori, all’autore del reato, al direttore (o vice direttore) responsabile e all’editore solidalmente obbligati. Detta somma è parametrata alla diffusione del mezzo di comunicazione utilizzato: nello specifico, la sanzione – comunque non inferiore a 20.000 euro - è stabilita in ragione di 50 centesimi per ogni copia stampata ovvero nella somma da 50.000 ad un milione di euro, a seconda della grandezza del bacino di utenza raggiunto dal media radiofonico, televisivo o telematico utilizzato.

A garanzia del principio di certezza delle situazioni giuridiche, l’azione si prescrive in un anno dall’illecita diffusione, salva la possibilità per il danneggiato di dimostrare di averne avuto conoscenza solo successivamente. La causa è decisa nelle forme di cui agli artt. 737 e seguenti del codice di procedura civile, ossia mediante l’adozione del rito in camera di consiglio, al fine di garantire una maggiore celerità procedurale

Il comma 2 dell’art. 4 introduce, poi, una disposizione che, in considerazione dell’identità del reato prevede, in sede di giudizio ordinario di risarcimento, la valutazione della sanzione pecuniaria già pagata a fini riparatori.

Il comma 3 precisa come l’esercizio dell’azione riparatoria non precluda le iniziative disposte dall’autorità giudiziaria o dal Garante della privacy ai sensi del Codice sulla protezione dei dati personali (D.Lgs 196/2003), a garanzia dei diritti del danneggiato.

 

L’articolo 5 è, infine, relativo all’entrata in vigore del decreto-legge.

Le modifiche introdotte dal Senato

Il provvedimento in esame, approvato dal Senato il 18 ottobre 2006, è stato profondamente modificato nel corso dell’esame presso quel ramo del Parlamento.

Le novità hanno toccato tutti e quattro gli articoli del decreto-legge (l’art. 5, infatti, riguarda l’entrata in vigore.):

 

§         Il nuovo articolo 1 introduce una nuova disciplina del procedimento di distruzione delle intercettazioni e della ulteriore documentazione illecita.

Nel testo iniziale della norma, infatti, sono stati colti, nel corso dell’esame presso il Senato, diversi punti di criticità, in merito alla concreta individuazione dell’autorità giudiziaria procedente, alla possibile dispersione dei mezzi di prova, al divieto assoluto di utilizzo del materiale anche come spunto investigativo, alla violazione del principio costituzionale del contraddittorio nel procedimento di distruzione della documentazione e dell’obbligo di esercizio dell’azione penale di fronte ad una notizia di reato (artt. 111 e 112 Cost.).

La disposizione riformula quindi, integralmente il procedimento di distruzione dei materiali illeciti prevedendo una disciplina meno stringente e più aderente al dettato costituzionale sul giusto processo nella quale la distruzione dei documenti non è più immediata bensì preceduta da una procedura in sede giudiziale, sottoposta a precisa tempistica.

Al previgente articolo 240 c.p.p. sono aggiunti cinque ulteriori commi dopo il primo:

-       il nuovo comma 2 individua nel pubblico ministero l’autorità giudiziaria “protagonista” della prima fase della procedura: il PM, infatti, dispone la secretazione e la custodia, in un luogo protetto, delle intercettazioni e dell’altro materiale illecito. Rispetto al testo iniziale rimane fermo il divieto di fare copia in qualunque forma del citato materiale (è specificato che il divieto vale in ogni fase del procedimento) e quello di utilizzo dello stesso, ma è espunto dal testo il divieto di considerare il contenuto della documentazione come possibile notizia di reato.

-       Il nuovo comma 3 individua nel giudice delle indagini preliminari l’autorità giudiziaria procedente nella seconda fase della procedura di distruzione: infatti, il PM, entro 48 ore dall’acquisizione dei documenti chiede al GIP di disporne la distruzione;

-       questi, nelle successive 48 ore fissa un’udienza camerale da tenersi entro 10 giorni, dando avviso a tutte le parti interessate (che potranno nominare un difensore) almeno 3 giorni prima dell’udienza (comma 4);

-       il GIP, ascoltate le parti, legge il provvedimento in udienza e valutata la sussistenza dei presupposti di cui al comma 2, ne dispone la distruzione, dandovi esecuzione subito dopo alla presenza del PM e dei difensori delle parti (comma 5).

-       il comma 6 (che presenta modifiche solo formali rispetto al corrispondente comma 3 dell’art. 1 del D.L. nel testo presentato al Senato) prevede la redazione del verbale di distruzione della documentazione illecita, dando atto in esso dell’avvenuta intercettazione, acquisizione o detenzione illecita dl materiale, delle modalità e dei mezzi usati nonchè dei soggetti interessati; è esplicitamente escluso che nel verbale si faccia riferimento al contenuto dei materiali illeciti.

 

§      altra innovazione introdotta dal Senato riguarda il comma 1 bis dell’articolo 512 c.p.p., comma introdotto dall’articolo 2  del testo originario del decreto legge.

La nuova norma – sopprimendo il riferimento al solo comma 2 dell’art. 240 c.p.p. - estende la possibilità di lettura del verbale di acquisizione e distruzione delle intercettazioni illegali anche ai verbali di distruzione di documenti contenenti dichiarazioni anonime.

 

§      l’articolo 3 del decreto, relativo al nuovo reato di detenzione di atti supporti e documenti di cui sia disposta la distruzione, risulta modificato sia per consentire una più tassativa definizione dell’illecito che per quanto riguarda l’entità delle pene edittali.

Infatti, da un lato, è ora necessaria ai fini del commesso reato la consapevolezza dell’illecita detenzione dei documenti da distruggere. (all'avverbio “illecitamente”, previsto nel testo originario del decreto e che aveva suscitato dubbi e perplessità di natura giuridica, è stato preferito l'altro, “consapevolmente”, che meglio definisce l’elemento soggettivo del reato); dall’altro, il nuovo testo chiarisce che il reato di detenzione sussiste solo una volta disposta la distruzione del materiale a seguito del procedimento camerale di cui all’articolo 1 del decreto. Ritenuta eccessiva l’onerosità della sanzione (anche in riferimento ad analoghe fattispecie di reato) il Senato ha diminuito da 6 a 4 anni la misura massima della reclusione. Analoga riduzione riguarda l’ipotesi aggravata del reato ovvero quando autore ne sia un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio: l’entità massima della reclusione scende, infatti, da 7 a 5 anni.

 

In proposito va rilevato che introducendo l’articolo in esame una nuova fattispecie penale questa andrebbe opportunamente inserita nel corpo del codice penale.

 

§      anche l’articolo 4,viene riformulato sia in relazione alle modalità procedurali dell’azione che per quel che concerne l’entità della sanzione pecuniaria.

          E’, anzitutto, precisato, che la sanzione riparatoria possa conseguire non ad una generica "divulgazione" degli atti o dei documenti di cui all'articolo 240, bensì soltanto alla loro “pubblicazione”; ciò anche in considerazione della gravosità della sanzione pecuniaria; viene altresì dimezzata l’entità della sanzione minima irrogabile a titolo di riparazione, che passa da 20.000 a 10.000 euro (comma 1).

          Risulta inoltre circoscritto e precisato l’ambito di coloro che possono proporre l’azione riparatoria, individuati in “coloro a cui i detti atti o documenti fanno riferimento”: il precedente testo faceva riferimento più genericamente a ciascun interessato (comma 2).

          Il termine di prescrizione dell’azione è aumentato da uno a 5 anni dalla data di pubblicazione dei documenti, riportando così tale termine a quello ordinario della prescrizione breve del risarcimento del danno da fatto illecito di cui all’art. 2947 c.c. (comma 2).

          E’ espunto il riferimento alla decisione della causa con procedimento in camera di consiglio; è aggiunto, poi, un periodo al comma 2, nel quale si stabilisce che, ai fini della prova della corrispondenza dei documenti pubblicati con quelli relativi alle illecite intercettazioni di cui all’art. 240, comma 2, del codice di procedura penale, fa fede il verbale di distruzione di cui allo stesso art. 240, comma 6, (v. ante).

E’ stato introdotto, infine, sempre allo stesso comma 2 dell’art. 4, un ulteriore periodo con cui si prevede – in forza del rinvio al capo III del titolo I del libro IV del codice di procedura civile – la possibilità di una tutela anticipatoria in sede cautelare.

Al comma 3 si prevede che l’azione per la riparazione può essere esercitata senza pregiudizio di quanto il Garante per la protezione dei dati personali possa disporre (il testo precedente si riferiva anche alle iniziative dell’autorità giudiziaria), ove accerti o inibisca l’illecita diffusione di dati o di documenti, anche a seguito dell’esercizio di diritti da parte dell’interessato.

          Il comma 4, infine, riformula con maggiore chiarezza la disposizione, prima contenuta al comma 2, relativa all’ipotesi in cui per i medesimi fatti di cui al comma 1 dell’articolo 4 sia promossa anche un’azione per il risarcimento del danno. In questo caso, il giudice, in sede di determinazione e liquidazione del danno risarcibile, tiene conto della somma già corrisposta in sede riparatoria.


Progetto di legge

 


N. 1838

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

DISEGNO DI LEGGE

 

APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA

il 18 ottobre 2006 (v. stampato Senato n. 1013)

 

presentato dal presidente del consiglio dei ministri

(PRODI)

 

di concerto con il ministro dell'interno

(AMATO)

 

e con il ministro della giustizia

(MASTELLA)

¾

 

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica

il 19 ottobre 2006

¾¾¾¾¾¾¾¾

 


 


disegno di legge

¾¾¾

 

Art. 1.

      1. Il decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge.

      2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

Allegato

MODIFICAZIONI APPORTATE IN SEDE DI CONVERSIONE
AL DECRETO-LEGGE 22 SETTEMBRE 2006, N.  259

        All'articolo 1, comma 1, i capoversi 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:

        «2. Il pubblico ministero dispone l'immediata secretazione e la custodia in luogo protetto dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni, relativi a traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti. Allo stesso modo provvede per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato effettuare copia in qualunque forma e in qualunque fase del procedimento ed il loro contenuto non può essere utilizzato.

        3. II pubblico ministero, acquisiti i documenti, i supporti e gli atti di cui al comma 2, entro quarantotto ore, chiede al giudice per le indagini preliminari di disporne la distruzione.

        4. II giudice per le indagini preliminari entro le successive quarantotto ore fissa l'udienza da tenersi entro dieci giorni, ai sensi dell'articolo 127, dando avviso a tutte le parti interessate, che potranno nominare un difensore di fiducia, almeno tre giorni prima della data dell'udienza.

        5. Sentite le parti comparse, il giudice per le indagini preliminari legge il provvedimento in udienza e, nel caso ritenga sussistenti i presupposti di cui al comma 2, dispone la distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al medesimo comma 2 e vi dà esecuzione subito dopo alla presenza del pubblico ministero e dei difensori delle parti.

        6. Delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel quale si dà atto dell'avvenuta intercettazione o detenzione o acquisizione illecita dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al comma 2 nonché delle modalità e dei mezzi usati oltre che dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto degli stessi documenti, supporti e atti».

        All'articolo 2, comma 1, capoverso 1-bis, le parole: «, comma 2» sono soppresse.

        L'articolo 3 è sostituito dal seguente:

        «Art. 3. - 1. Chiunque consapevolmente detiene gli atti, i supporti o i documenti di cui sia stata disposta la distruzione ai sensi dell'articolo 240 del codice di procedura penale è punito con la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni.

        2. Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni se il fatto di cui al comma 1 è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio».

        L'articolo 4 è sostituito dal seguente:

        «Art. 4. - 1. A titolo di riparazione può essere richiesta all'autore della pubblicazione degli atti o dei documenti di cui al comma 2 dell'articolo 240 del codice di procedura penale, al direttore responsabile e all'editore, in solido fra loro, una somma di denaro determinata in ragione di cinquanta centesimi per ogni copia stampata, ovvero da 50.000 a 1.000.000 di euro secondo l'entità del bacino di utenza ove la diffusione sia avvenuta con mezzo radiofonico, televisivo o telematico. In ogni caso, l'entità della riparazione non può essere inferiore a 10.000 euro.

        2. L'azione può essere proposta da parte di coloro a cui i detti atti o documenti fanno riferimento. L'azione si prescrive nel termine di cinque anni dalla data della pubblicazione. Agli effetti della prova della corrispondenza degli atti o dei documenti pubblicati con quelli di cui al comma 2 dell'articolo 240 del codice di procedura penale fa fede il verbale di cui al comma 6 dello stesso articolo. Si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui al capo III del titolo I del libro IV del codice di procedura civile.

        3. L'azione è esercitata senza pregiudizio di quanto il Garante per la protezione dei dati personali possa disporre ove accerti o inibisca l'illecita diffusione di dati o di documenti, anche a seguito dell'esercizio di diritti da parte dell'interessato.

        4. Qualora sia promossa per i medesimi fatti di cui al comma 1 anche l'azione per il risarcimento del danno, il giudice tiene conto, in sede di determinazione e liquidazione dello stesso, della somma corrisposta ai sensi del comma 1».

 

 


DECRETO-LEGGE 22 SETTEMBRE 2006, N.  259

 

 

 

 

Decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 221 del 22 settembre 2006.

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge

comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

Disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

        Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

 

        Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure volte a rafforzare le misure di contrasto alla detenzione illegale di contenuti e dati relativi ad intercettazioni effettuate illecitamente, nonché ad informazioni illegalmente raccolte;

 

        Ritenuta altresì la straordinaria necessità ed urgenza di apprestare più incisive misure atte ad evitare l'indebita diffusione e comunicazione di dati od elementi concernenti conversazioni telefoniche o telematiche illecitamente intercettate o acquisite, nonché di informazioni illegalmente raccolte e, nel contempo, di garantire adeguate forme di indennizzo alle vittime di fatti illeciti in materia;

 

        Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 settembre 2006;

 

        Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell'interno e del Ministro della giustizia;

 

emana

il seguente decreto-legge:

 

Articolo 1.

Articolo 1.

        1. L'articolo 240 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        1. Identico:

        «Art. 240. - (Documenti anonimi ed atti relativi ad intercettazioni illegali). - 1. I documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti nè in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato o provengano comunque dall'imputato.

        «Art. 240. - (Documenti anonimi ed atti relativi ad intercettazioni illegali). - 1. Identico.

        2. L'autorità giudiziaria dispone l'immediata distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni e comunicazioni, relativi al traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti. Allo stesso modo si provvede per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato eseguire copia in qualunque forma. Il loro contenuto non costituisce in alcun modo notizia di reato, nè può essere utilizzato a fini processuali o investigativi.

        2. Il pubblico ministero dispone l'immediata secretazione e la custodia in luogo protetto dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni, relativi a traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti. Allo stesso modo provvede per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato effettuare copia in qualunque forma e in qualunque fase del procedimento ed il loro contenuto non può essere utilizzato

 

        3. II pubblico ministero, acquisiti i documenti, i supporti e gli atti di cui al comma 2, entro quarantotto ore, chiede al giudice per le indagini preliminari di disporne la distruzione.

 

        4. II giudice per le indagini preliminari entro le successive quarantotto ore fissa l'udienza da tenersi entro dieci giorni, ai sensi dell'articolo 127, dando avviso a tutte le parti interessate, che potranno nominare un difensore di fiducia, almeno tre giorni prima della data dell'udienza.

 

        5. Sentite le parti comparse, il giudice per le indagini preliminari legge il provvedimento in udienza e, nel caso ritenga sussistenti i presupposti di cui al comma 2, dispone la distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al medesimo comma 2 e vi dà esecuzione subito dopo alla presenza del pubblico ministero e dei difensori delle parti.

          3. Delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel quale si dà atto dell'avvenuta intercettazione o detenzione e dell'acquisizione, delle sue modalità e dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto delle stesse.».

        6. Delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel quale si dà atto dell'avvenuta intercettazione o detenzione o acquisizione illecita dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al comma 2 nonché delle modalità e dei mezzi usati oltre che dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto degli stessi documenti, supporti e atti».

Articolo 2.

Articolo 2.

        1. All'articolo 512 del codice di procedura penale, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

        1. Identico:

        «1-bis. È sempre consentita la lettura dei verbali relativi all'acquisizione ed alle operazioni di distruzione degli atti di cui all'articolo 240, comma 2.».

        «1-bis. È sempre consentita la lettura dei verbali relativi all'acquisizione ed alle operazioni di distruzione degli atti di cui all'articolo 240.».

Articolo 3.

Articolo 3.

        1. Chiunque illecitamente detiene gli atti o i documenti di cui all'articolo 240, comma 2, del codice di procedura penale, è punito con la pena della reclusione da sei mesi a sei anni.

        1. Chiunque consapevolmente detiene gli atti, i supporti o i documenti di cui sia stata disposta la distruzione ai sensi dell'articolo 240 del codice di procedura penale è punito con la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni.

        2. Si applica la pena della reclusione da uno a sette anni se il fatto di cui al comma 1 è commesso da un pubblico ufficiale o da incaricato di pubblico servizio.

        2. Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni se il fatto di cui al comma 1 è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio.

Articolo 4.

Articolo 4.

        1. A titolo di riparazione, ciascun interessato può chiedere all'autore della divulgazione degli atti o dei documenti di cui all'articolo 240, comma 2, del codice di procedura penale, così come modificato dall'articolo 1 del presente decreto, al direttore o vice-direttore responsabile e all'editore, in solido fra loro, una somma di denaro determinata in ragione di cinquanta centesimi per ogni copia stampata, ovvero da cinquantamila a un milione di euro secondo l'entità del bacino di utenza ove la diffusione sia avvenuta con mezzo radiofonico, televisivo o telematico. In ogni caso, l'entità della riparazione non può essere inferiore a ventimila euro.

        1. A titolo di riparazione può essere richiesta all'autore della pubblicazione degli atti o dei documenti di cui al comma 2 dell'articolo 240 del codice di procedura penale, al direttore responsabile e all'editore, in solido fra loro, una somma di denaro determinata in ragione di cinquanta centesimi per ogni copia stampata, ovvero da 50.000 a 1.000.000 di euro secondo l'entità del bacino di utenza ove la diffusione sia avvenuta con mezzo radiofonico, televisivo o telematico. In ogni caso, l'entità della riparazione non può essere inferiore a 10.000 euro.

        2. L'azione va proposta nel termine di un anno dalla data della divulgazione, salvo che il soggetto interessato non dimostri di averne avuto conoscenza successivamente. La causa è decisa nelle forme di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. In caso di giudizio ordinario, ai fini della liquidazione del danno risarcibile si tiene conto della somma corrisposta ai sensi del presente articolo.

        2. L'azione può essere proposta da parte di coloro a cui i detti atti o documenti fanno riferimento. L'azione si prescrive nel termine di cinque anni dalla data della pubblicazione. Agli effetti della prova della corrispondenza degli atti o dei documenti pubblicati con quelli di cui al comma 2 dell'articolo 240 del codice di procedura penale fa fede il verbale di cui al comma 6 dello stesso articolo. Si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui al capo III del titolo I del libro IV del codice di procedura civile.

        3. L'azione è esercitata senza pregiudizio di quanto il Garante per la protezione dei dati personali o l'autorità giudiziaria possano disporre ove accertino o inibiscano l'illecita diffusione di dati o di documenti, anche a seguito dell'esercizio di diritti da parte dell'interessato.

        3. L'azione è esercitata senza pregiudizio di quanto il Garante per la protezione dei dati personali possa disporre ove accerti o inibisca l'illecita diffusione di dati o di documenti, anche a seguito dell'esercizio di diritti da parte dell'interessato.

 

        4. Qualora sia promossa per i medesimi fatti di cui al comma 1 anche l'azione per il risarcimento del danno, il giudice tiene conto, in sede di determinazione e liquidazione dello stesso, della somma corrisposta ai sensi del comma 1.

Articolo 5.

 

        1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

 

        Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

        Dato a Roma, addì 22 settembre 2006.

 

NAPOLITANO

Prodi, Presidente del Consiglio dei Ministri.

Amato, Ministro dell'interno.

Mastella, Ministro della giustizia.

Visto, il Guardasigilli: Mastella.

 


Iter al Senato

 


Progetto di legge

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾   XV LEGISLATURA   ¾¾¾¾¾¾¾¾

 

N. 1013

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri

(PRODI)

di concerto col Ministro dell’interno

(AMATO)

e col Ministro della giustizia

(MASTELLA)

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA  IL 22 SETTEMBRE 2006

 

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche

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Onorevoli Senatori. – Il presente decreto-legge risponde alla straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure volte a rafforzare il contrasto all’illegale detenzione di contenuti e dati relativi ad intercettazioni illecitamente effettuate, nonché documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni e di apprestare più incisive misure atte ad evitare l’indebita diffusione e comunicazione di dati od elementi concernenti i medesimi dati.

L’articolo 1 sostituisce l’articolo 240 del codice di procedura penale, assimilando al trattamento già previsto per i documenti anonimi gli esiti delle intercettazioni illecitamente effettuate e dei dati relativi al traffico telefonico illecitamente acquisiti. Va a questo proposito chiarito che per illecita intercettazione o illecita acquisizione di dati si devono intendere quelle effettuate senza autorizzazione dell’autorità giudiziaria. La norma prevede che venga disposta l’immediata distruzione da parte dell’autorità giudiziaria di tutti gli atti e i dati acquisiti ovvero anche solo illecitamente detenuti, sì da evitare la possibilità di una loro qualunque diffusione con conseguente pregiudizio per la riservatezza dei soggetti coinvolti.

La norma, a fini di conservazione della prova dei relativi reati, prevede che sia redatto verbale delle operazioni di distruzione, con la sola menzione degli elementi descrittivi ed il divieto di riportare il contenuto delle captazioni illecite.

L’articolo 2 prevede, poi, la modifica dell’articolo 512 del codice di procedura penale nel senso di consentire sempre nel dibattimento la lettura dei verbali di distruzione sopra indicati.

L’articolo 3 introduce una nuova fattispecie di reato in relazione all’illecita detenzione degli atti o dei documenti di cui all’articolo 240, comma 2, del codice di procedura penale, prevedendo la pena della reclusione da sei mesi a sei anni; la pena è della reclusione da uno a sette anni se il fatto è, poi, commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio.

L’articolo 4 pone a carico degli autori della divulgazione degli atti o dei documenti di cui al novellato articolo 240, comma 2, codice di procedura penale, una sanzione riparatoria di natura civile a favore dei soggetti interessati dalle medesime. Per la determinazione dell’ammontare della sanzione sono previsti puntuali criteri di quantificazione della somma da corrispondere, opportunamente parametrati sulla diffusività del mezzo di comunicazione utilizzato. Sono solidalmente responsabili con l’autore della illecita divulgazione anche il direttore ed il vice-direttore responsabile e l’editore.

Per ragioni di certezza giuridica, il comma 2 introduce un termine di prescrizione dell’azione di un anno dall’illecita diffusione, salva la possibilità per il soggetto interessato di dimostrare di averne avuto conoscenza in un momento successivo. Al fine di ridurre i tempi del procedimento è previsto che la causa sia decisa in camera di consiglio ai sensi degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.

Considerato che il danno risarcibile in via ordinaria è originato dallo stesso fatto illecito, viene, infine, previsto che della somma corrisposta a titolo riparatorio si tenga conto ai fini della liquidazione del predetto danno.

Il comma 3, tenuto conto di quanto previsto dal codice della privacy, stabilisce che l’esercizio dell’azione riparatoria non preclude l’iniziativa del Garante per la protezione dei dati personali o dell’autorità giudiziaria.

Dall’attuazione del presente decreto non derivano oneri a carico del bilancio dello Stato.

 



 


 

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

1. È convertito in legge il decreto-legge 22 settembre 2006, n.259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche.

2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

Decreto-legge 22 settembre 2006, n.259, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.221 del 22 settembre 2006.

 

 

Disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure volte a rafforzare le misure di contrasto alla detenzione illegale di contenuti e dati relativi ad intercettazioni effettuate illecitamente, nonché ad informazioni illegalmente raccolte;

Ritenuta altresì la straordinaria necessità ed urgenza di apprestare più incisive misure atte ad evitare l’indebita diffusione e comunicazione di dati od elementi concernenti conversazioni telefoniche o telematiche illecitamente intercettate o acquisite, nonché di informazioni illegalmente raccolte e, nel contempo, di garantire adeguate forme di indennizzo alle vittime di fatti illeciti in materia;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 settembre 2006;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell’interno e del Ministro della giustizia;

emana

il seguente decreto-legge:

 

Articolo 1.

1. L’articolo 240 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«Art. 240. - (Documenti anonimi ed atti relativi ad intercettazioni illegali). – 1. I documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti nè in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato o provengano comunque dall’imputato.

2. L’autorità giudiziaria dispone l’immediata distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni e comunicazioni, relativi al traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti. Allo stesso modo si provvede per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato eseguire copia in qualunque forma. Il loro contenuto non costituisce in alcun modo notizia di reato, nè può essere utilizzato a fini processuali o investigativi.

3. Delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel quale si dà atto dell’avvenuta intercettazione o detenzione e dell’acquisizione, delle sue modalità e dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto delle stesse.».

 

Articolo 2.

1. All’articolo 512 del codice di procedura penale, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

«1-bis. È sempre consentita la lettura dei verbali relativi all’acquisizione ed alle operazioni di distruzione degli atti di cui all’articolo 240, comma 2.».

 

Articolo 3.

1. Chiunque illecitamente detiene gli atti o i documenti di cui all’articolo 240, comma 2, del codice di procedura penale, è punito con la pena della reclusione da sei mesi a sei anni.

2. Si applica la pena della reclusione da uno a sette anni se il fatto di cui al comma 1 è commesso da un pubblico ufficiale o da incaricato di pubblico servizio.

 

Articolo 4.

1. A titolo di riparazione, ciascun interessato può chiedere all’autore della divulgazione degli atti o dei documenti di cui all’articolo 240, comma 2, del codice di procedura penale, così come modificato dall’articolo 1 del presente decreto, al direttore o vice-direttore responsabile e all’editore, in solido fra loro, una somma di denaro determinata in ragione di cinquanta centesimi per ogni copia stampata, ovvero da cinquantamila a un milione di euro secondo l’entità del bacino di utenza ove la diffusione sia avvenuta con mezzo radiofonico, televisivo o telematico. In ogni caso, l’entità della riparazione non può essere inferiore a ventimila euro.

2. L’azione va proposta nel termine di un anno dalla data della divulgazione, salvo che il soggetto interessato non dimostri di averne avuto conoscenza successivamente. La causa è decisa nelle forme di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. In caso di giudizio ordinario, ai fini della liquidazione del danno risarcibile si tiene conto della somma corrisposta ai sensi del presente articolo.

3. L’azione è esercitata senza pregiudizio di quanto il Garante per la protezione dei dati personali o l’autorità giudiziaria possano disporre ove accertino o inibiscano l’illecita diffusione di dati o di documenti, anche a seguito dell’esercizio di diritti da parte dell’interessato.

 

Articolo 5.

1.Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addì 22 settembre 2006.

NAPOLITANO

Prodi – Amato – Mastella

Visto, il Guardasigilli: Mastella

 

 

 


Esame in sede referente

 


GIUSTIZIA (2a)

MARTEDI' 10 OTTOBRE 2006

31a Seduta

 

Presidenza del Presidente

SALVI

 Intervengono i sottosegretari di Stato per l'interno Bonato e per la giustizia Li Gotti e Daniela Melchiorre.

 La seduta inizia alle ore 15.

 

IN SEDE REFERENTE

(1013) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche

(Esame e rinvio)

 

Riferisce alla Commissione il presidente SALVI il quale preventivamente interpella il Governo sull'attuazione che il decreto ha avuto dalla sua entrata in vigore ad oggi.

Si sofferma quindi sui punti di criticità del provvedimento d'urgenza.

 L'articolo 1 novella l'articolo 240 del codice di procedura penale, inserendo due nuovi commi: l'attuale secondo comma dell'articolo, che attribuisce all'autorità giudiziaria il potere di disporre l'immediata distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni e comunicazioni illegalmente formati o acquisiti, non chiarisce cosa si intenda per autorità giudiziaria né esplicita il tipo di rapporto esistente tra quella norma e la disciplina contenuta in altre disposizioni del codice di rito in tema di notizia di reato.

Ad avviso del relatore l'immediata distruzione è in contrasto con l'articolo 111 della Costituzione nella parte in cui è previsto che l'acquisizione della prova avviene in contraddittorio tra le parti.

Per quanto concerne invece l'attuale terzo comma dell'articolo, relativo alla redazione del verbale delle operazioni di distruzione, il relatore esprime le sue perplessità in ordine alla possibile insufficienza del verbale stesso rispetto alle esigenze processuali.

Mentre l'articolo 2 presenta, per ragioni sistematiche, problematiche connesse all'articolo 1, l'articolo 3 introduce la fattispecie di reato della detenzione illecita di atti e documenti. Si pongono, ad avviso del relatore, notevoli problemi in ordine alla tassatività della fattispecie, alla natura del reato di pericolo astratto, nonchè alla congruità della pena che appare particolarmente gravosa, se confrontata alle pene edittali relative a fattispecie omologhe per la natura del bene giuridico tutelato.

In riferimento all'articolo 4, il relatore si sofferma sull'anomalia di un istituto, quello previsto a titolo di riparazione, che appare un ibrido tra la sanzione e il risarcimento del danno.

Il relatore, alla luce di questi rilievi critici, ribadisce infine la necessità che la Commissione rifletta attentamente su tali aspetti.

Dichiara quindi aperta la discussione generale.

 

Il senatore DI LELLO FINUOLI (RC-SE) conviene con i rilievi critici avanzati dal relatore, ritenendo che sarebbe stato più opportuno intervenire con un disegno di legge organico. Ad avviso dell'oratore, le perplessità maggiori, oltre a quelle già illustrate, si appuntano sulla difficoltà di individuazione dei soggetti detentori di intercettazioni illegittime, come pure sul tipo di riparazione prevista all'articolo 4, che non è chiaro se configuri un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale ovvero una forma di risarcimento equitativo. Occorre dunque procedere ad un'attenta opera emendativa in sede di conversione.

 

Il sottosegretario LI GOTTI, rispondendo ad una richiesta di chiarimenti del senatore CARUSO(AN), osserva preliminarmente che le ragioni emergenziali che hanno spinto il Governo all'emanazione del decreto legge rimandano alle note vicende processuali degli ultimi anni che hanno visto migliaia di cittadini oggetto di un'attività di intercettazione illegale; evidentemente l'emanazione del decreto-legge qualche effetto lo ha avuto, nel senso che ha sicuramente scoraggiato la pubblicazione e la propalazione di notizie ricavate da intercettazioni o raccolte illegali di documenti, che si erano verificate nelle settimane precedenti.

Egli si sofferma quindi, anticipando le considerazioni che svolgerà in replica, anche sulla relazione del Presidente, e sottolinea come l'intendimento del Governo sia stato con tutta evidenza quello di contrastare e scoraggiare le intercettazioni telefoniche e le raccolte di informazioni illegali, chiarendo, in coerenza anche con l'insegnamento della Corte di cassazione, la loro totale inutilizzabilità processuale, anche come fonte di notitia criminis, che le avrebbe evidentemente accomunate alle intercettazioni legittimamente disposte.

Quanto al reato previsto dall'articolo 3 egli ritiene congrua la relativa sanzione, in quanto esso è costruito sul modello del reato di ricettazione, rispetto al quale presenta un contenuto analogo in quanto entrambe le fattispecie sono dirette a trarre profitto dai proventi di un'attività illecita.

 

Il senatore CASSON (Ulivo) concorda con il relatore sui punti di criticità del decreto legge, in particolare mettendo in luce i numerosi errori sistematici presenti, anche in riferimento alle altre disposizioni del codice di procedura penale. In particolare, l'oratore ritiene incostituzionale la mancanza del contradditorio delle parti nel procedimento di distruzione dei documenti illegittimamente acquisiti.

Rileva altresì che una notizia anonima, per giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione, benché non possa costituire notizia di reato, è nondimeno utilizzabile come spunto investigativo e quindi, l'immediata distruzione può costituire un grave pericolo per le attività investigative .

Il senatore mette in luce inoltre la scarsa efficacia preventiva e repressiva della norma, considerando che la possibilità di fare copia del documento, prima che sia distrutto, è tutt'altro che remota.

Osserva infine che la fattispecie penale formulata all'articolo 3 presenta numerosi punti di criticità, tra cui la difficoltà di individuare il soggetto idoneo ad integrare il comportamento penalmente rilevante.

 

Il senatore CENTARO(FI), esprimendo le sue perplessità sul contenuto del decreto-legge, di cui pure condivide le finalità, appunta le sue critiche sulle difficoltà di individuazione dell'autorità giudiziaria procedente, nonché sulla questione della formazione della prova in dibattimento, per cui la procedura di distruzione in assenza di contraddittorio tra le parti appare incostituzionale, soprattutto in rapporto ai principi contenuti agli articoli 111 e 112 della Costituzione.

 

Il senatore CARUSO (AN) invita la Commissione ed il Governo a riflettere sull'opportunità, alla luce delle perplessità formulate dagli oratori che lo hanno preceduto, di seguire la strada dell'approvazione di emendamenti al testo del decreto-legge in conversione; le necessarie modifiche appaiono evidentemente numerose e di grande peso, e richiederebbero pertanto un esame più attento di quello consentito dai tempi brevi a disposizione del Senato, anche in considerazione della necessità di licenziare il testo in tempi congrui per il suo esame da parte della Camera dei deputati.

Del resto le stesse dichiarazioni del sottosegretario Li Gotti fanno riferimento a situazioni che avevano determinato l'adozione del provvedimento d'urgenza, la cui gravità è stata in seguito in parte ridimensionata.

L'oratore ritiene comunque che il testo del decreto introduca novità non prive di interesse e meritevoli di discussione, tra le quali in particolare l'articolo 4 in materia di riparazione del danno provocato dalla pubblicazione di notizie ricavate da intercettazioni o altre fonti di provenienza illegittima.

Peraltro, nell'osservare come una misura di tal genere avrebbe potuto essere più utilmente inquadrata in un intervento di carattere sistematico sulla tutela dei diritti soggettivi dei cittadini rispetto a danni procurati attraverso la pubblicazione di notizie, egli esprime perplessità per quanto riguarda il ricorso alla procedura di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di rito civile, e al suo rapporto con l'azione ordinaria per il risarcimento del danno.

 

Il presidente SALVI rinvia il seguito della discussione generale ad altra seduta.

 


GIUSTIZIA (2a)

mercoledi' 11 ottobre 2006

32a Seduta

 

Presidenza del Presidente

SALVI

 Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Li Gotti e Daniela Melchiorre.

 

 La seduta inizia alle ore 14,40.

 

IN SEDE REFERENTE

 

(1013) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche

(Seguito dell'esame e rinvio)

 

 Riprende l'esame del disegno di legge in titolo, sospeso nella seduta di ieri.

 

Il presidente SALVI ricorda che nella seduta precedente ha avuto inizio la discussione generale.

 

Il senatore BUCCICO (AN) rileva che, per quanto siano condivisibili le finalità del decreto-legge, occorre comunque rispettare la gerarchia dei valori in gioco, al vertice della quale vi è la tutela dei diritti soggettivi dei cittadini. Per queste ragioni appare dunque opportuno procedere, in sede di conversione, ad una modifica del decreto, che corregga molteplici punti di criticità.

Ad avviso dell'oratore, è necessario individuare l'autorità giudiziaria competente; prevedere nel procedimento un'udienza camerale, purché in tempi brevi, per evitare che la possibile attivazione del circuito mediatico possa vanificare quanto previsto nel decreto; riconoscere infine alle parti interessate il diritto di accesso.

 L'oratore ritiene altresì opportuno sostituire, al comma 2 dell'articolo 240 del codice di procedura penale introdotto dal decreto, l'espressione illegalmente con l'espressione illecitamente, anche per evitare improprie sovrapposizioni fra la disciplina di intercettazioni che costituiscono reato e quelle disposte con atti che presentino vizi procedurali.

 Occorre inoltre chiarire le modalità attraverso cui attivare il meccanismo risarcitorio.

Il senatore considera inoltre irrazionale, per ragioni sistematiche, il termine annuale di prescrizione, ritenendo più coerente la prescrizione quinquennale ordinaria.

 

 Il presidente SALVI, prendendo la parola in sede di replica in qualità di relatore, esprime i suoi auspici per una soluzione condivisa che tenga conto dei rilievi critici avanzati in fase dibattimentale da tutte le forze politiche.

Fissa al riguardo per lunedì 16 ottobre, alle ore 15, il termine per la presentazione degli emendamenti.


GIUSTIZIA (2a)

MARTEDi' 17 OTTOBRE 200

33a Seduta

Presidenza del Presidente

SALVI

 

 Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Li Gotti.

 

 La seduta inizia alle ore 14,35.

 

IN SEDE REFERENTE

(1013) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche

(Seguito dell'esame e rinvio)

 

 Riprende l'esame sospeso nella seduta dell'11 ottobre scorso.

 

 Il relatore, presidente SALVI, ricorda che nella seduta precedente si era conclusa la discussione generale ed era stato fissato, per le ore 15 di ieri, 16 ottobre 2006, il termine per la presentazione degli emendamenti.

 Egli fa quindi presente che il Governo ha presentato tre proposte emendative che modificano profondamente l'impianto del disegno di legge in esame, ed invita pertanto il rappresentante del Governo ad illustrarle.

 

 Il sottosegretario LI GOTTI illustra gli emendamenti 1.100, 2.100 e 3.100, che sono il frutto di una riflessione che ha tenuto conto degli elementi critici del testo del decreto-legge evidenziati nel corso della discussione generale, anche rispetto a principi di carattere costituzionale.

 In particolare l'emendamento 1.100 reca un articolato intervento sul codice di procedura penale: da un lato si è tenuto conto delle obiezioni formulate - anche con riferimento agli articoli 111 e 112 della Costituzione - contro l'ipotesi dell'immediata distruzione delle intercettazioni illegali e dei documenti illegalmente formati, dall'altro si propone un articolato sistema di garanzie della segretezza di tali documenti e del loro contenuto.

 Mentre l'emendamento 2.100 si rende necessario per motivi di coordinamento, l'emendamento 3.100 introduce una disciplina più articolata delle sanzioni penali in materia sia di intercettazioni illegali e illegali formazione di documenti, sia di illecito accesso ad atti processuali coperti dal segreto o di rivelazione del loro contenuto.

 

 Intervenendo sull'ordine dei lavori, il senatore CASTELLI (LNP) osserva che gli emendamenti presentati dal Governo determinano una vera e propria riscrittura del disegno di legge.

 Egli chiede pertanto al Presidente la concessione di un congruo termine per renderne possibile l'esame e consentire la presentazione dei subemendamenti.

 

 Il senatore MANZIONE (Ulivo) esprime perplessità per il fatto che il Governo abbia sostanzialmente ammesso il carattere di dubbia costituzionalità di molte delle disposizioni contenute nell'originario testo del decreto-legge, ed osserva di essere stato fin troppo facile profeta quando ne aveva contestato l'applicabilità.

 

 Il senatore CENTARO (FI) ritiene che la sostanziale rivoluzione dell'impostazione del provvedimento d'urgenza recata dagli emendamenti del Governo, richieda, se non una nuova discussione generale, almeno un rinvio dell'esame di un giorno al fine di approfondire le proposte emendative e presentare i subemendamenti.

 

 Il senatore Massimo BRUTTI(Ulivo), nel condividere la necessità di una sospensione e della fissazione di un termine per la presentazione di subemendamenti, invita però i colleghi a tener conto dei tempi già fissati per il dibattito in Assemblea.

 

 Concordano con l'opportunità di una sospensione più ampia, tale da consentire un esame più approfondito, il senatore VALENTINO(AN), il senatore CASTELLI (LNP) e il senatore BUCCICO(AN).

 

 Il RELATORE conviene si quanto osservato da numerosi commissari circa il carattere profondamente innovativo, rispetto al testo originario degli emendamenti presentati dal Governo.

 Egli osserva peraltro che gli interventi che gli stessi emendamenti presentati dai colleghi di tutte le parti politiche giustificano l'auspicio di un'ampia convergenza in seno alla Commissione.

 Egli sospende pertanto la seduta, anche al fine di verificare con la Presidenza del Senato, la possibilità - fermo restando l'impegno a licenziare il testo per la Camera dei deputati entro il prossimo 26 ottobre - di consentire alla Commissione di proseguire l'esame nella giornata di domani.

 

 La seduta, sospesa alle ore 14,55, è ripresa alle ore 16.

 

 Il presidente SALVI fissa alle ore 21 di questa sera il termine per la presentazione di subemendamenti agli emendamenti proposti dal Governo, e rinvia quindi il seguito dell'esame alla prossima seduta.


EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE (AL TESTO DEL DECRETO-LEGGE)

1013

 

 

 

Art. 1

1.100

Il Governo

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 1.

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 114, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

''1-bis. È vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, dei documenti che contengono dati inerenti a conversazioni e comunicazioni, telefoniche o telematiche, illegalmente formati o acquisiti e dei documenti redatti attraverso la raccolta illegale di informazioni'';

b) all'articolo 114, il comma 7 è sostituito dal seguente:

''Salvo quanto disposto dal comma 1-bis, è consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto'';

c) l'articolo 240 è sostituito dal seguente:

''Art. 240 - (Documenti anonimi e documenti relativi ad intercettazioni e raccolte di dati illegali). – 1. I documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti né in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato o provengano comunque dall'imputato.

2. I documenti che contengono dati inerenti a conversazioni e comunicazioni, telefoniche o telematiche, illegalmente formati o acquisiti ed i documenti redatti attraverso la raccolta illegale di informazioni non possono essere acquisiti né in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato.

3. Il giudice dispone in ogni caso che i documenti di cui al comma 2 siano distrutti successivamente al passaggio in giudicato della sentenza ovvero decorso un anno dalla data di deposito del decreto di archiviazione'';

d) dopo l'articolo 240 è aggiunto il seguente:

«Art. 240-bis. - (Trasmissione dei documenti relativi ad intercettazioni e raccolte di dati illegali). – 1. Quando vengono acquisiti al procedimento i documenti di cui all'articolo 240, comma 2, il pubblico ministero li trasmette, senza ritardo, al giudice per le indagini preliminari.

2. Entro dieci giorni dalla trasmissione, il giudice fissa l'udienza in camera di consiglio per accertare:

a) la tipologia dei documenti e dei dati in essi raccolti;

b) i soggetti destinatari della captazione illegale o della raccolta illegale di informazioni.

3. il procedimento si svolge nelle forme previste dall'articolo 127, commi 1, 2, 6 e 10. Il pubblico ministero e i difensori sono sentiti se compaiono. Fino al giorno dell'udienza i documenti restano depositati in cancelleria, con facoltà per i difensori di esaminarli. Degli stessi è in ogni caso vietato il rilascio di copia.

4. Delle operazioni effettuate è redatto apposito verbale.

5. Il contenuto dei documenti non può in nessun caso costituire oggetto del verbale di cui al comma 4.

6. Il verbale di cui al comma 4 è inserito nel fascicolo del dibattimento ai sensi dell'articolo 431, comma 1, lettera h-bis)''.

e) Nel titolo I del libro V, dopo l'articolo 329 è inserito il seguente:

''Articolo 329-bis. - (Obbligo del segreto per le intercettazioni illegali). – 1. I documenti che contengono dati inerenti a conversazioni e comunicazioni, telefoniche o telematiche, i legalmente formati o acquisiti ed i documenti redatti attraverso la raccolta illegale di informazioni, non acquisiti al fascicolo per il dibattimento, sono sempre coperti da segreto''.

f) all'articolo 31, comma 1, lettera h), è aggiunto il seguente periodo: ''Gli atti o i documenti di cui all'articolo 240, comma 2, costituenti corpo del reato, sono inseriti nel fascicolo del dibattimento solo quando il contenuto degli stessi forma oggetto di perizia disposta dal giudice ai sensi degli articoli 220 e seguenti, e nei limiti dell'oggetto delIa stessa'';

g) all'articolo 431, comma 1, dopo la lettera h) è aggiunta la seguente:

''h-bis) il verbaIe di cui all'articolo 240-bis, comma 4''».

Art. 2

2.100

Il Governo

Sopprimere l'articolo.

Art. 3

3.100

Il Governo

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 3.

1. AI codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 379-bis è sostituito dal seguente:

''Articolo 379-bis. - (Rivelazione illecita di segreti inerenti a un procedimento penale). – Chiunque rivela indebitamente notizie inerenti atti del procedimento penale coperti da segreto dei qual i è venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio. servizio o qualità in un procedimento penale, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione fino ad un anno.

Se il fatto di cui ai commi primo e secondo è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, la pena è, rispettivamente, della reclusione da uno a cinque anni e da sei mesi a due anni.

Chiunque, dopo aver rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero ai sensi dell'articolo 391-quinquies del codice di procedura penale, è punito con la reclusione da uno a tre anni'';

b) alla rubrica sono aggiunte le seguenti parole:

''(Illecita detenzione o rivelazione di documenti illegalmente formati o acquisiti)'';

c) dopo l'ultimo comma è aggiunto il seguente:

''Alla pena di cui al primo comma soggiace chiunque illecitamente detiene gli atti o i documenti di cui all'articolo 240, comma 2, del codice di procedura penale ovvero ne rivela il contenuto. Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da incaricato di pubblico servizio si applica la pena di cui al terzo comma e si procede d'ufficio'';

d) dopo l'articolo 617-sexies, è inserito il seguente:

«Articolo 617-septies. - (Accesso abusivo ad atti del procedimento penale). – Chiunque illecitamente prende diretta cognizione di atti del procedimento penale coperti da segreto è punito con la pena della reclusione da uno a tre anni'';

e) al primo comma dell'articolo 684, le parole ''o a guisa di informazione'', sono sostituite dalle seguenti: ''o nel contenuto'';

f) all'articolo 684, dopo il primo comma è aggiunto il seguente:

''La condanna importa Ia pubblicazione della Sentenza a norma dell'articolo 36''».

 


GIUSTIZIA (2a)

MERCOLEDi' 18 OTTOBRE 2006

34a Seduta

Presidenza del Presidente

SALVI

 

 Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Li Gotti.

 

 

La seduta inizia alle ore 10,55.

 

IN SEDE REFERENTE

 

(1013) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche

(Seguito e conclusione dell'esame)

 

 Riprende l'esame sospeso nella seduta di ieri.

 

 Il relatore, presidente SALVI(Ulivo), ricorda che nella seduta di ieri aveva avuto inizio l'esame degli emendamenti, con l'illustrazione da parte del Governo di alcuni nuovi emendamenti, con riferimento ai quali era stato concesso un termine per subemendare.

 Tuttavia il Governo ha successivamente ritirato gli emendamenti presentati nella seduta di ieri.

 Pertanto egli avverte che si riprenderà con l'esame degli emendamenti presentati dai commissari entro il precedente termine di lunedì scorso, ai quali si aggiungono tre emendamenti che egli presenterà in questa seduta nell'intento di trovare un soddisfacente punto di mediazione fra le esigenze prospettate nelle diverse proposte emendative.

 Avverte quindi che si passerà agli emendamenti riferiti all'articolo 1 del decreto-legge da convertire.

 Illustra l'emendamento 1.1000.

 

 Dopo che i presentatori hanno ritirato gli emendamenti 1.1, 1.2, 1.3, 1.5, 1.6, 1.7, 1.8, 1.9, 1.10, 1.11, 1.12, 1.13, 1.14, 1.15, 1.16 e 1.17, il senatore MANZIONE (Ulivo) chiede che sia concesso un termine per presentare subemendamenti.

 

 Il RELATORE ritiene che i subemendamenti possano essere presentati entro le ore 11,30, e pertanto l'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 1 del decreto-legge è accantonato.

 

 Si passa all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 2.

 

 Il RELATORE illustra l'emendamento 2.1000, mentre i presentatori ritirano gli emendamenti 2.1, 2.2 e 2.3.

 

 Su richiesta del senatore MANZIONE(Ulivo), viene concesso termine per la presentazione di subemendamenti fino alle ore 11,30 e l'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 2 del testo del decreto-legge è accantonato.

 

 Si passa all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 3.

 

 Il RELATORE illustra l'emendamento 3.1000.

 

 I presentatori ritirano gli emendamenti 3.2, 3.1, 3.3, 3.4, 3.5, 3.6, 3.7, 3.8, 3.9 e 3.10.

 

 Il RELATORE fissa alle ore 11,40 il termine per la presentazione di subemendamenti all'emendamento 3.1000.

 

 Si passa all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 4 del testo del decreto-legge da convertire.

 

 Il senatore CASTELLI(LNP), nel ritirare l'emendamento 4.2, rinuncia ad illustrare gli emendamenti 4.1, 4.3, 4.4 e 4.5.

 

 Il senatore BUCCICO (AN) illustra l'emendamento 4.1.

 

 Il senatore CENTARO (FI) illustra l'emendamento 4.6.

 

 Il senatore CARUSO (AN) manifesta una perplessità di carattere generale in ordine all'articolo 4, in particolare in quanto tale norma istituisce uno strumento di riparazione rapida, una sorta di pena privata, per il caso che venga divulgato il contenuto degli atti e dei documenti che siano stati distrutti a norma delle disposizioni recate dall'articolo 1 del decreto-legge; è evidente la difficoltà della prova, dal momento che bisogna dimostrare che i documenti divulgati abbiano lo stesso contenuto di quelli che sono stati distrutti. Su proposta del relatore l'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 4 è provvisoriamente accantonato.

 

 Il senatore VALENTINO(AN), stante l'assenza del presentatore, fa proprio l'emendamento 4.0.1 del senatore Storace diretto ad inserire un articolo aggiuntivo dopo l'articolo 4.

 

 Il senatore CARUSO (AN) rileva che, probabilmente, il risultato desiderato dal senatore Storace potrebbe essere più facilmente raggiunto con un emendamento che modifichi la legge 31 luglio 2006 n. 241 introducendo una condizione soggettiva di esclusione dall'indulto, fatta salva naturalmente la valutazione della Presidenza del Senato circa la proponibilità di un emendamento così riformulato.

 

 Il RELATORE esprime vive perplessità sull'emendamento 4.0.1, anche nell'eventuale formulazione prospettata dal senatore Caruso, in quanto se è apprezzabile l'intento che ha mosso il presentatore, senatore Storace, è anche vero che la modifica proposta presenta gravi difficoltà di applicazione e di compatibilità con le norme generali sulla sanzione penale.

 In ogni caso egli considerata anche l'assenza del presentatore ed il fatto che questi ha ripresentato lo stesso emendamento per l'Assemblea, invita il senatore Valentino a non insistere per la votazione.

 

 Il senatore VALENTINO (AN) accoglie l'invito del relatore.

 

 Il senatore VILLONE(Ulivo), per incarico del Presidente della Commissione affari costituzionali, prende la parola ai sensi dell'articolo 39, comma 3, del Regolamento, per comunicare alla Commissione il parere della Commissione affari costituzionali sul decreto-legge in titolo.

 La Commissione a quo, nell'esprimere un parere complessivamente favorevole, ha formulato una serie di osservazioni, che peraltro appaiono in gran parte già recepite dagli emendamenti presentati nella Commissione di merito.

 In particolare, per quanto riguarda l'articolo 1, si chiede di individuare con precisione l'autorità giudiziaria responsabile della distruzione delle intercettazioni e degli altri atti e documenti illegalmente formati, nonchè di procedimentalizzare la distruzione stessa, prevedendo in particolare il contraddittorio tra le parti.

 La Commissione affari costituzionali ha poi raccomandato di evitare con particolare attenzione che il divieto di utilizzazione processuale a qualsiasi titolo dell'intercettazione dei documenti in questione possa essere formulato in modo da favorire atteggiamenti di slealtà processuale o ostruzionismo delle indagini.

 La Commissione affari costituzionali ha poi anche raccomandato anche una migliore definizione della fattispecie penale di cui all'articolo 3.

 Il senatore Villone, infine, dichiara di essere personalmente contrario all'articolo 4, nella parte in cui fa riferimento ad una non meglio identificata "divulgazione" degli atti o dei documenti di cui all'articolo 240, laddove una sanzione riparatoria così pesante come quella prevista dalla norma può essere irrogata solo in presenza della pubblicazione di tali atti o documenti.

 

 Il presidente SALVI ricorda che, in base alle decisioni assunte dalla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari del pomeriggio di ieri alle 11,30 l'Assemblea dovrà riunirsi per esaminare il disegno di legge in titolo.

 Egli propone pertanto di sospendere la seduta fino alle ore 12 in modo da consentirgli di prospettare all'Assemblea la necessità di concedere alla Commissione una congrua dilazione in modo da giungere all'elaborazione di emendamenti condivisi.

 

 La Commissione concorda.

 

 La seduta sospesa alla ore 11,25 è ripresa alle ore 12,05.

 

 Il relatore, presidente SALVI(Ulivo), avverte che si passerà all'esame dell'emendamento da lui proposto all'articolo 1.

 

 Il senatore MANZIONE (Ulivo) illustra il subemendamento 1.1000/1.

 Il subemendamento riproduce la formulazione dell'emendamento 1.100 presentato ieri in Commissione dal Governo e successivamente ritirato.

 In proposito egli fa presente di aver manifestato ieri vivissime perplessità in ordine agli emendamenti presentati dal Governo, perplessità che però si riferivano al metodo seguito dall'Esecutivo che, dopo aver presentato il provvedimento d'urgenza sul quale la Commissione aveva lavorato formulando numerosi emendamenti, aveva poi presentato delle proposte che ne cambiavano radicalmente il contenuto, oltre tutto implicitamente ammettendo i gravi difetti del testo originariamente presentato soprattutto dal punto di vista della legittimità costituzionale.

 Nel merito però, una volta che è stato possibile esaminare con attenzione tali proposte, gli emendamenti del Governo apparivano ampiamente condivisibili e disegnavano una regolamentazione del trattamento processuale delle intercettazioni illecite e dei documenti illecitamente formati sicuramente molto più tranquillizzante di quella recata dall'originario testo del decreto-legge.

 Il senatore Manzione è consapevole che non vi è una maggioranza per approvare il suo subemendamento, tuttavia ritiene necessario presentarlo a titolo di testimonianza.

 

 Il RELATORE esprime parere contrario sul subemendamento: le considerazioni del senatore Manzione, in realtà, giustificherebbero - piuttosto che la presentazione di un subemendamento - una proposta di non procedere alla conversione di un decreto-legge e di intervenire invece sul disegno di legge in materia di intercettazioni telefoniche attualmente all'esame della Camera dei deputati, laddove invece l'orientamento generale è quello di convertire il provvedimento d'urgenza.

 

 Il sottosegretario LI GOTTI fa presente che il Governo, rinunciando a presentare i propri emendamenti si è rimesso alle valutazioni della Commissione e conferma tale orientamento.

 

 Il senatore CASTELLI (LNP) intervenendo in dichiarazioni di voto contrario al subemendamento del senatore Manzione, fa presente però che proprio la discussione svoltasi su tale proposta emendativa conferma le sue perplessità circa la sussistenza dei presupposti di necessità e di urgenza del decreto-legge, soprattutto dopo che si è appreso che non vi erano attualmente procedimenti penali in corso relativi ad intercettazioni telefoniche illegali.

 

 Il subemendamento, posto ai voti, non è accolto.

 

 E' invece accolto l'emendamento 1.1000.

 

 Si passa agli emendamenti riferiti all'articolo 2 del testo del decreto-legge da convertire.

 

 Il senatore MANZIONE (Ulivo) non insiste per la votazione del subemendamento 2.1000/1.

 

 L'emendamento 2.1000, posto ai voti, è accolto.

 

 Si passa all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 3 del testo del decreto-legge da convertire.

 

 Il senatore MANZIONE (Ulivo) non insiste per la votazione del subemendamento 3.1000/1.

 

 Il senatore CASSON (Ulivo) illustra l'emendamento 3.1000/4 inteso a circoscrivere il reato previsto dall'articolo 3, nel senso di chiarire che la detenzione degli atti, documenti o supporti di cui sia stata disposta la distruzione ai sensi dell'articolo 240 del codice di procedura penale è sanzionabile solo se e in quanto illecita.

 

 Il senatore CASTELLI (LNP) illustra i subemendamenti 3.1000/2, diretto a ripristinare la misura della sanzione prevista dal decreto-legge rispetto a quella più blanda prevista dall'emendamento 3.1000, e 3.1000/3, diretto ad introdurre una sanzione effettivamente dissuasiva per la pubblicazione arbitraria del contenuto di intercettazioni telefoniche da parte dei giornali.

 

 Il senatore BUCCICO (AN) interviene sul subemendamento 3.1000/4, rilevando che la previsione della condizione di illeicità della detenzione quale elemento costitutivo del reato di cui all'articolo 3 rischia di introdurre la previsione di un dolo specifico, rispetto a quella che deve essere una fattispecie di reato di pericolo.

 

 Dopo una discussione cui partecipano i senatori CASTELLI(LNP), D'AMBROSIO(Ulivo), ZICCONE(FI), Massimo BRUTTI(Ulivo), CASSON(Ulivo), RUBINATO(Aut), CENTARO(FI), VALENTINO (AN) e PITTELLI(FI), il RELATORE, con il consenso della Commissione, modifica il proprio emendamento nel senso di inserire dopo la parola "detiene" l'altra "consapevolmente".

 

 Il RELATORE esprime poi parere contrario sul subemendamento 3.1000/2, mentre nell'esprimere perplessità sull'improponibilità in questa sede dell'emendamento 3.1000/3 invita il senatore Castelli a non insistere per la votazione salvo una valutazione di tale proposta in Assemblea.

 

 Concorda il sottosegretario LI GOTTI.

 

 Il subemendamento 3.1000/2, posto ai voti, non è accolto.

 

 Il senatore CASTELLI (LNP) non insiste nella votazione del subemendamento 3.1000/3.

 

 L'emendamento 3.1000 come modificato dal relatore, posto ai voti, viene accolto.

 

 Si passa all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 4 del decreto-legge da convertire.

 

 Il senatore CARUSO (AN) formula una proposta diretta a superare le numerose perplessità manifestate in ordine all'articolo 4.

 

 Dopo un intervento del senatore DI LELLO FINUOLI (RC-SE) di adesione alla proposta del senatore Caruso, il RELATORE, non opponendosi nessuno, invita il senatore Caruso a formalizzare la sua proposta emendativa e sospende la seduta.

 

 

 La seduta sospesa alla ore 13 è ripresa alle ore 13,45.

 

 Stante l'assenza del presentatore, il RELATORE illustra l'emendamento 4.100 del senatore Caruso, sul quale esprime parere favorevole.

 

 Il rappresentante del GOVERNO si rimette alla Commissione.

 

 L'emendamento, posto ai voti, è accolto.

 

 Il senatore D'ONOFRIO (UDC) chiede al rappresentante del Governo di chiarire l'opinione dell'Esecutivo sugli emendamenti approvati, dal momento che da questa dipenderà il voto del suo Gruppo. Il decreto-legge, infatti, era stato emanato dal Governo allo scopo, condiviso da tutte le forze politiche, di mettere un freno alle intercettazioni illegali stabilendone l'inutilizzabilità ai fini processuali e l'immediata distruzione.

 Chiede quindi di sapere se a parere del Governo la nuova formulazione dell'articolo 1 mantenga tale finalità, ritardando semplicemente il termine della distruzione per motivi di tecnica processuale, ovvero se la filosofia del provvedimento sia in qualche modo cambiata.

 

 Il sottosegretario LI GOTTI ritiene che gli emendamenti approvati consentano una formulazione tecnica migliore, anche dal punto di vista della legittimità costituzionale, di un provvedimento d'urgenza fondato essenzialmente sulla introduzione di una nuova fattispecie di reato e sul principio dell'inutilizzabilità e della distruzione delle intercettazioni illegali.

 

 La Commissione conferisce mandato al relatore Salvi di riferire all'Assemblea nei termini emersi nel corso del dibattito.

 

 La seduta termina alle ore 13,55.


EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE (AL TESTO DEL DECRETO-LEGGE)

1013

 

 

Art. 1

1.1

BOCCIA MARIA LUISA, VANO, DI LELLO FINUOLI

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 1.

''Art. 1 – 1. L'articolo 240 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«Art. 240. - (Documenti anonimi ed atti relativi ad intercettazioni illegali). – 1. I documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti né in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato o provengano comunque dall'imputato.

2. Il pubblico ministero dispone con decreto motivato l'acquisizione e la conservazione, per un termine non superiore a diciotto mesi dall'acquisizione, dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni, relativi al traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti, ovvero dei documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni, esclusivamente per finalità di accertamento e repressione dei delitti previsti dagli articoli 3 del decreto legge 22 settembre 2006, n. 259, e dall'articolo 617-quater del codice penale. Di essi è vietato eseguire copia in qualunque forma.

3. Se il pubblico ministero formula richiesta di archivi azione ai sensi degli articoli 408 e 411, il giudice, qualora l'accolga, dispone, con decreto motivato, l'immediata distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al comma 2. Delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel quale si dà atto dell'avvenuta intercettazione o detenzione e dell'acquisizione, delle sue modalità e dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto delle stesse.

4. Se, al termine delle indagini preliminari, il pubblico ministero esercita l'azione penale, per i delitti di cui al comma 2, il giudice dispone, con decreto motivato, la conservazione, sino al termine del giudizio di primo grado, dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al comma 2.

5. Al termine del giudizio di primo grado, il giudice dispone l'immediata distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al comma 2. Delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel quale si dà atto dell'avvenuta intercettazione o detenzione e dell'acquisizione, delle sue modalità e dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto delle stesse''».

1.2

BUCCICO

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 1.

1. L'articolo 240, comma 2, del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

''2. Il G.I.P. dispone la distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni e comunicazioni, relativi al traffico telefonico e telematico, illecitamente formati o acquisiti, previo la immediata fissazione di udienza in Camera di Consiglio, e dandone avviso al pubblico ministero ed alle parti interessate.

Il procedimento si svolge nelle forme previste dall'articolo 127 codice di procedura penale in quanto compatibili con comunicazione degli avvisi almeno cinque giorni prima della data dell'udienza.

Il provvedimento non è appellabile e va depositato, mediante lettura, al termine della udienza camerale''».

1.1000/1

MANZIONE

Sostituire l'emendamento 1.1000 con il seguente:

«Art. 1.

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 114, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

''1-bis. È vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, dei documenti che contengono dati inerenti a conversazioni e comunicazioni, telefoniche o telematiche, illegalmente formati o acquisiti e dei documenti redatti attraverso la raccolta illegale di informazioni'';

b) all'articolo 114, il comma 7 è sostituito dal seguente:

''Salvo quanto disposto dal comma 1-bis, è consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto'';

c) l'articolo 240 è sostituito dal seguente:

''Art. 240 - (Documenti anonimi e documenti relativi ad intercettazioni e raccolte di dati illegali). – 1. I documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti né in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato o provengano comunque dall'imputato.

2. I documenti che contengono dati inerenti a conversazioni e comunicazioni, telefoniche o telematiche, illegalmente formati o acquisiti ed i documenti redatti attraverso la raccolta illegale di informazioni non possono essere acquisiti né in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato.

3. Il giudice dispone in ogni caso che i documenti di cui al comma 2 siano distrutti successivamente al passaggio in giudicato della sentenza ovvero decorso un anno dalla data di deposito del decreto di archiviazione'';

d) dopo l'articolo 240 è aggiunto il seguente:

«Art. 240-bis. - (Trasmissione dei documenti relativi ad intercettazioni e raccolte di dati illegali). – 1. Quando vengono acquisiti al procedimento i documenti di cui all'articolo 240, comma 2, il pubblico ministero li trasmette, senza ritardo, al giudice per le indagini preliminari.

2. Entro dieci giorni dalla trasmissione, il giudice fissa l'udienza in camera di consiglio per accertare:

a) la tipologia dei documenti e dei dati in essi raccolti;

b) i soggetti destinatari della captazione illegale o della raccolta illegale di informazioni.

3. il procedimento si svolge nelle forme previste dall'articolo 127, commi 1, 2, 6 e 10. Il pubblico ministero e i difensori sono sentiti se compaiono. Fino al giorno dell'udienza i documenti restano depositati in cancelleria, con facoltà per i difensori di esaminarli. Degli stessi è in ogni caso vietato il rilascio di copia.

4. Delle operazioni effettuate è redatto apposito verbale.

5. Il contenuto dei documenti non può in nessun caso costituire oggetto del verbale di cui al comma 4.

6. Il verbale di cui al comma 4 è inserito nel fascicolo del dibattimento ai sensi dell'articolo 431, comma 1, lettera h-bis)''.

e) al titolo I del libro V, dopo l'articolo 329 è inserito il seguente:

''Articolo 329-bis. - (Obbligo del segreto per le intercettazioni illegali). – 1. I documenti che contengono dati inerenti a conversazioni e comunicazioni, telefoniche o telematiche, i legalmente formati o acquisiti ed i documenti redatti attraverso la raccolta illegale di informazioni, non acquisiti al fascicolo per il dibattimento, sono sempre coperti da segreto''.

f) all'articolo 31, comma 1, lettera h), è aggiunto il seguente periodo: ''Gli atti o i documenti di cui all'articolo 240, comma 2, costituenti corpo del reato, sono inseriti nel fascicolo del dibattimento solo quando il contenuto degli stessi forma oggetto di perizia disposta dal giudice ai sensi degli articoli 220 e seguenti, e nei limiti dell'oggetto delIa stessa'';

g) all'articolo 431, comma 1, dopo la lettera h) è aggiunta la seguente:

''h-bis) il verbaIe di cui all'articolo 240-bis, comma 4''».

1.1000

Il Relatore

Al comma 1, capoverso, articolo 240, sostituire i commi 2 e 3 con i seguenti:

«2. Il pubblico ministero dispone l'immediata secretazione e la custodia in luogo protetto dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni, relativi a traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti. Allo stesso modo provvede per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato effettuare copia in qualunque forma e in qualunque fase del procedimento ed il loro contenuto non può essere utilizzato.

3. Il pubblico ministero, acquisiti gli atti di cui al comma precedente, entro 48 ore, chiede al GIP (giudice per le indagini preliminari) di disporre la distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al comma precedente.

4. Il GIP entro le successive 48 ore fissa l'udienza da tenersi entro 10 giorni, ai sensi dell'articolo 127 del codice di procedura penale, dando avviso a tutte le parti interessate, che potranno nominare un difensore di fiducia, almeno tre giorni prima della data dell'udienza.

5. Sentite le parti comparse, il GIP legge il provvedimento in udienza e, nel caso disponga la distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al comma 2, vi dà esecuzione subito dopo alla presenza del pubblico ministero e dei difensori delle parti.

6. Delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel quale si dà atto dell'avvenuta intercettazione o detenzione o acquisizione illecita dei documenti di cui al comma 2 nonché delle modalità e dei mezzi usati oltre che dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto degli stessi atti, dati e documenti».

1.3

BRUTTI MASSIMO, BULGARELLI, CASSON, D'AMBROSIO

Al comma 1, capoverso «Art. 240», sostituire i commi 2 e 3 con i seguenti:

«2. L'autorità giudiziaria dispone l'immediata segretazione e la custodia in cassaforte dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni, relativi a traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti. Allo stesso modo provvede per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato eseguire copia in qualunque forma ed il loro contenuto non può essere in alcun modo utilizzato.

3. Se nel corso dell'interrogatorio, che il pubblico ministero deve fissare subito dopo il sequestro, o di quello cui ha proceduto il GIP a norma dell'articolo 294 codice di procedura penale, l'indagato riconosce di aver ottenuto illegalmente tabulati o di aver eseguito illecitamente intercettazioni di conversazioni e comunicazioni telefoniche o telematiche e di averle utilizzate per la formazione delle relazioni sequestrate, su istanza del pubblico ministero, o d'ufficio, il GIP dispone la comparizione del pubblico ministero dell'indagato e dei difensori dello stesso per l'udienza in cui procede alla distruzione dei documenti, supporti ed atti di cui al comma 2.

3-bis. Se l'indagato non ha ammesso i fatti contestati, il pubblico ministero, contestualmente all'avviso della conclusione delle indagini preliminari, invia apposito avviso ai difensori della persona sottoposta alle indagini che può prendere visione dei documenti, supporti ed atti di cui al comma 3, nel suo ufficio e nelle sole ore e giorni indicati, che non possono essere comunque inferiori a cinque. In nessun caso il difensore potrà eseguirne copia in qualunque forma.

3-ter. Nel corso dell'udienza preliminare non può essere fatto riferimento al contenuto degli atti, documenti e supporti di cui al comma 2, a meno che ciò sia necessario per far rilevare che non concernono conversazioni e comunicazioni relative a traffico telefonico o telematico.

Al termine dell'udienza preliminare il GUP, anche d'ufficio, con la sentenza di non luogo a procedere o con il decreto che dispone il giudizio, ai sensi dell'articolo 424 codice di procedura penale, dispone che i documenti, i supporti e di ogni atto formato attraverso la raccolta illecita delle informazioni, siano immediatamente distrutti. Alla distruzione provvede quindi subito dopo, alla presenza di pubblico ministero e difensori.

3-quater. Allo stesso modo previsto dal comma 3-ter provvede in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti o di giudizio abbreviato o di archiviazione.

3-quinquies. Il pubblico ministero non può richiedere il rito immediato.

3-sexies. Delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel quale si dà atto delle modalità e di mezzi usati per l'intercettazione e dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto delle stesse».

1.5

CASTELLI

Al comma 1, capoverso «Art. 240», sostituire il comma 2 con il seguente comma:

«2. Su istanza delle parti, previo contraddittorio, il giudice dispone la distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni e comunicazioni, relativi al traffico telefonico e telematico, illecitamente formati o acquisiti. Allo stesso modo si provvede per i documenti formati attraverso la raccolta illecita di informazioni. Di essi è vietato eseguire copia in qualunque forma. Il loro contenuto non costituisce in alcun modo notizia di reato, né può essere utilizzato a fini processuali o investigativi. I difensori delle parti hanno facoltà di prendere visione dei verbali delle operazioni di distruzione e di ascoltare le registrazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. Il giudice decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 127.».

Conseguentemente al comma 3 sostituire le parole: «senza alcun riferimento al contenuto delle stesse» con le seguenti parole: «con trascrizione sommaria del loro contenuto».

1.6

CASTELLI

Al comma 1, capoverso «Art. 240», comma 2, sostituire le parole: «L'autorità giudiziaria dispone l'immediata distruzione» con le seguenti parole: «Il giudice decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 127, previo contraddittorio tra le parti, la distruzione».

1.7

CENTARO

Al comma 1, capoverso «Art. 240», al comma 2 le parole: «L'autorità giudiziaria» sono sostituite dalle seguenti: «Nel corso delle indagini preliminari il pubblico ministero,».

1.8

CASTELLI

Al comma 1, capoverso «Art. 240», comma 2, sostituire le parole: «L'autorità giudiziaria», con le seguenti: «Il Giudice».

1.9

VALENTINO

Al comma 2, dopo le parole: «L'autorità giudiziaria», inserire le seguenti: «che ne ha cognizione».

1.10

CASTELLI

Al comma 1, capoverso «Art. 240», comma 2, sostituire le parole: «dispone l'immediata distruzione», con le seguenti: «dispone, su richiesta degli interessati e previo contraddittorio tra le parti, la distruzione».

1.11

CASTELLI

Al comma 1, capoverso «Art. 240», comma 2, sostituire le parole: «dispone l'immediata distruzione», con le seguenti: «dispone, previo contraddittorio tra le parti, la distruzione».

1.12

CASTELLI

Al comma 1, capoverso «Art. 240», comma 2, sopprimere l'ultimo periodo.

1.13

CASTELLI

Al comma 1, capoverso «Art. 240», comma 2, sostituire l'ultimo periodo, con il seguente: «Il loro contenuto non può essere utilizzato a fini processuali».

1.14

CASTELLI

Al comma 1, capoverso «Art. 240», comma 2, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «I difensori delle parti hanno facoltà di prendere visione dei verbali e di ascoltare le registrazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche».

1.15

CASTELLI

Al comma 1, capoverso «Art. 240», comma 3, sostituire le parole: «senza alcun riferimento al contenuto delle stesse», con le seguenti: «con trascrizione sommaria del loro contenuto».

1.16

BUCCICO

Alla rubrica del richiamato «Art. 240», sostituire le parole: «intercettazioni illegali», con le seguenti: «intercettazioni illecite».

1.17

VALENTINO

Alla rubrica del richiamato «Art. 240», dopo le parole: «intercettazioni illegali», aggiungere le seguenti: «ed illecite».

Art. 2

2.1

CASTELLI

Sopprimere l'articolo.

2.2

BRUTTI MASSIMO, BULGARELLI, CASSON, D'AMBROSIO

Al comma 1, capoverso «1-bis», aggiungere infin le seguenti parole: «e dei verbali dell'udienza preliminare».

2.1000/1

MANZIONE

All'emendamento 2.1000 sono apportate le seguenti modificazioni:

Sopprimere l'articolo 2.

2.1000

Il Relatore

Al comma 1-bis sopprimere le parole: «comma 2».

2.3

D'AMBROSIO, BULGARELLI

Al comma «1-bis», ivi richiamato aggiungere: «e dei verbali dell'udienza preliminare».

Art. 3

3.1000/1

MANZIONE

Sostituire l'emendamento 3.1000 con il seguente:

«Art. 3. – 1. AI codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 379-bis è sostituito dal seguente:

''Articolo 379-bis. - (Rivelazione illecita di segreti inerenti a un procedimento penale). – Chiunque rivela indebitamente notizie inerenti atti del procedimento penale coperti da segreto dei qual i è venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio. servizio o qualità in un procedimento penale, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione fino ad un anno.

Se il fatto di cui ai commi primo e secondo è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, la pena è, rispettivamente, della reclusione da uno a cinque anni e da sei mesi a due anni.

Chiunque, dopo aver rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero ai sensi dell'articolo 391-quinquies del codice di procedura penale, è punito con la reclusione da uno a tre anni'';

b) alla rubrica dell'articolo 617 sono aggiunte le seguenti parole:

''(Illecita detenzione o rivelazione di documenti illegalmente formati o acquisiti)'';

c) dopo l'ultimo comma dell'articolo 617 è aggiunto il seguente:

''Alla pena di cui al primo comma soggiace chiunque illecitamente detiene gli atti o i documenti di cui all'articolo 240, comma 2, del codice di procedura penale ovvero ne rivela il contenuto. Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da incaricato di pubblico servizio si applica la pena di cui al terzo comma e si procede d'ufficio'';

d) dopo l'articolo 617-sexies, è inserito il seguente:

«Articolo 617-septies. - (Accesso abusivo ad atti del procedimento penale). – Chiunque illecitamente prende diretta cognizione di atti del procedimento penale coperti da segreto è punito con la pena della reclusione da uno a tre anni'';

e) al primo comma dell'articolo 684, le parole ''o a guisa di informazione'', sono sostituite dalle seguenti: ''o nel contenuto'';

f) all'articolo 684, dopo il primo comma è aggiunto il seguente:

''La condanna importa Ia pubblicazione della Sentenza a norma dell'articolo 36''».

3.1000/4

CASSON, RUBINATO

Sostituire l'emendamento 3.1000 con il seguente:

«Art. 3.

1. Chiunque detiene illecitamente gli atti, i supporti o i documenti di cui sia stata disposta la distruzione ai sensi dell'articolo 240 del codice di procedura penale è punito con la pena della reclusion da sei mesi a quattro anni.

2. Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni se il fatto di cui al comma 1 è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio».

3.1000/2

CASTELLI

Al comma 1, sostituire la parola: «quattro», con la seguente: «sei».

Conseguentemente al comma 2, sostituire la parola: «cinque» con la seguente: «sette».

3.1000/3

CASTELLI

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:

«2-bis.

In relazione alla commissione del reato previsto dall'articolo 684 del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da cento a centocinquanta quote ex decreto legisaltivo 8 giugno 2001, n.231».

3.1000

Il Relatore

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 3. – 1. Chiunque detiene gli atti, i supporti o i documenti di cui sia stata disposta la distruzione ai sensi dell'articolo 240 del codice di procedura penale è punito con la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni.

2. Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni se il fatto di cui al comma 1 è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio».

3.2

BUCCICO

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 3. – 1. Chiunque illecitamente detiene i documenti, i supporti o gli atti di cui all'articolo 240 comma 2 del codice di procedura penale è punito con la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni. Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto degli atti, dei supporti o dei documenti contenuti nella prima parte di questo articolo, si applica la pena da uno a sei anni».

3.1

BOCCIA MARIA LUISA, VANO, DI LELLO FINUOLI

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 3. – 1. Chiunque illecitamente detiene gli atti, i supporti o i documenti di cui all'articolo 240, comma 2, del codice di procedura penale, è punito con la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni.

2. Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni se il fatto di cui al comma 1 è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio.

3. Le circostanze attenuanti concorrenti con la circostanza aggravante di cui al comma 2 non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa».

3.3

BRUTTI MASSIMO, BULGARELLI, CASSON, D'AMBROSIO

Al comma 1, dopo le parole: «chiunque illecitamente detiene» sono aggiunte le parole: «al fine di divulgarli o di farne comunque uso illecito».

3.4

CASTELLI

Al comma 1, sostituire le parole: «sei anni» con le seguenti: «due anni».

3.5

CASTELLI

Al comma 1, sostituire le parole: «sei anni con le seguenti: «tre anni».

3.6

BUCCICO

Al comma 1, sostituire le parole: «a sei anni con le seguenti: «a quattro anni».

3.7

BUCCICO, VALENTINO

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

«1-bis. Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, si applica la pena da uno a sei anni, a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto degli atti, dei supporti o dei documenti contenuti nel comma 1 del presente articolo».

3.8

BUCCICO

Sostituire il comma 2 con il seguente:

«2. Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, si applica la pena da uno a sei anni, a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto degli atti, dei supporti o dei documenti contenuti nel comma 1 del presente articolo».

3.9

CASTELLI

Al comma 2, sostituire le parole: «sette anni», con le seguenti: «tre anni».

3.10

CASTELLI

Al comma 2, sostituire le parole: «sette anni», con le seguenti: «quattro anni».

Art. 4

4.100

CARUSO

Sostituire l'articolo, con il seguente:

«Art. 4. – 1. A titolo di riparazione può essere richiesta all'autore della pubblicazione degli atti o dei documenti di cui al secondo comma dell'articolo 240 del codice di procedura penale, al direttore responsabile e all'editore, in solido fra loro, una somma di denaro determinata in ragione di cinquanta centesimi per ogni copia stampata, ovvero da cinquantamila a un milione di euro secondo l'entità del bacino di utenza ove la diffusione sia avvenuta con mezzo radiofonico, televisivo o telematico. In ogni caso, l'entità della riparazione non può essere inferiore a 10.000 euro.

2. L'azione può essere proposta da parte di coloro a cui i detti atti o documenti fanno riferimento. L'azione si prescrive nel termine di cinque anni dalla data della pubblicazione. Agli effetti della prova della corrispondenza degli atti o dei documenti pubblicati con quelli di cui al secondo comma dell'articolo 240 fa fede il verbale di cui al sesto comma dello stesso articolo. Si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui al capo III del titolo I del libro IV del codice di procedura civile.

3. L'azione è esercitata senza pregiudizio di quanto il Garante per la protezione dei dati personali possa disporre ove accerti o inibisca l'illecita diffusione di dati o di documenti, anche a seguito dell'esercizio di diritti da parte dell'interessato.

4. Qualora sia promossa per i medesimi fatti di cui al primo comma anche l'azione per il risarcimento del danno, il giudice tiene conto, in sede di determinazione e liquidazione dello stesso, della somma corrisposta ai sensi del comma 1».

4.1

CASTELLI

Al comma 1, sostituire le parole: «ciascun interessato», con le seguenti: «la persona offesa».

4.2

CASTELLI

Al comma 1, sostituire le parole: «determinata in ragione di», fino alla fine del comma, con le seguenti: «da ventimila euro a duecentocinquantamila euro ove la diffusione sia avvenuta con il mezzo della stampa ovvero con mezzo radiofonico, televisivo o telematico».

4.3

BUCCICO

Al comma 2, sostituire le parole: «di un anno», con le seguenti: «di cinque anni».

4.4

CASTELLI

Al comma 2, sopprimere le parole: «salvo che il soggetto interessato non dimostri di averne avuto conoscenza successivamente.».

4.5

CASTELLI

Al comma 2, sopprimere il secondo e terzo periodo.

4.6

CENTARO

Al comma 2, il secondo e il terzo periodo sono sostituiti dal seguente: «Si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui al capo III del titolo I del Codice di procedura civile».

4.0.1

STORACE

Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

«Art. 4-bis.

1. Le violazioni alla presente legge commesse da membri del Parlamento non sono soggette ai benefici della normativa sull'indulto, di cui alla legge 31 luglio 2006, n.241».

 


Esame in sede consultiva

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

martedi' 26 settembre 2006

29a Seduta

Presidenza del Presidente

BIANCO

 

 Intervengono ill vice ministro per l'interno Minniti, i sottosegretari di Stato per la solidarietà sociale Cristina De Luca e per la giustizia Li Gotti.

 

 La seduta inizia alle ore 14,55.

(omissis)

IN SEDE CONSULTIVA

 

(1013) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche

(Parere alla 2ª Commissione, ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento. Esame. Parere favorevole)

 

 Il relatore VILLONE (Ulivo) ricorda gli avvenimenti che hanno condotto il Governo ad adottare il provvedimento di urgenza in esame, accelerando gli esiti di un’analisi e di un’elaborazione già in corso sulle questioni attinenti le intercettazioni delle comunicazioni. Il carattere degli avvenimenti e la vasta eco che hanno suscitato nella opinione pubblica rendono del tutto manifesta la sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza del decreto-legge n. 259 del 2006.

 Illustra quindi le singole disposizioni del decreto stesso, sottolineando come quest’ultimo contenga anche una disciplina organica e a regime delle intercettazioni illecitamente effettuate nonché dei documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni; la presenza di tale normativa pur richiedendo, a suo giudizio, una attenta e pacata riflessione per i profili di costituzionalità che presenta, soprattutto per la sua incidenza sul principio di libertà di stampa e sul principio sancito dall’articolo 111 della Costituzione (con particolare riferimento alla possibilità per la parte lesa di conoscere l’autore e le ragioni delle intercettazioni cui è stato illecitamamente sottoposto), non contraddice la sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza del decreto-legge. Conclude pertanto, proponendo di esprimere un parere favorevole.

 

 Il senatore PASTORE (FI) sottolinea che la vicenda alla base del provvedimento di urgenza è emersa con grande clamore negli ultimi giorni, pur riguardando fatti risalenti ai mesi precedenti. Ritiene opportuna una normativa che impedisca la conservazione delle intercettazioni illecitamente effettuate, condividendo l’esigenza di evitare eventuali fughe di notizie. La situazione recentemente emersa con riferimento alle intercettazioni presenta indubbi elementi di straordinarietà; sottolinea peraltro che vi sono iniziative parlamentari concernenti le intercettazioni autorizzate dalla magistratura ma illegittimamente utilizzate, altrettanto significative e urgenti. Conclude dichiarando di condividere la proposta formulata dal relatore.

 

 Ha quindi la parola il senatore PALMA (FI) il quale sottolinea come il fenomeno delle intercettazioni e delle conseguenti fughe di notizie sia da tempo oggetto di discussione, senza che sia stato elaborato un intervento organico; il Governo interviene ora con un provvedimento d'urgenza per fare fronte a una specifica situazione, peraltro in assenza, a suo giudizio, di effettive ragioni di necessità e urgenza, poiché le intercettazioni in questione sono al momento coperte dal segreto istruttorio: si deve pertanto escludere che possa trapelare alcunché sugli organi di informazione. Si sofferma quindi sull’articolo 3, comma 2 il quale prevede una norma che, a suo avviso, sarebbe stato utile adottare alcuni anni fa.

 

 Il senatore CALVI (Ulivo) si dichiara favorevole alla proposta di parere formulata dal relatore; segnala che la modifica al codice di procedura penale operata dall’articolo 1 sarebbe a suo avviso più opportunamente inserita come novella all’articolo 191 di quel codice, poiché le intercettazioni in questione configurano una fattispecie di prove illecitamente acquisite, per le quali il codice già prevede l'inutilizzabilità e la distruzione; ritiene tuttavia non inutile prevederne espressamente la distruzione, anche alla luce di episodi avvenuti in passato. Condivide la previsione di sanzioni per gli autori di intercettazioni illecite, nonché per coloro che le divulghino; sottolinea, infine, come la materia in esame presenti profili di tutela dei diritti fondamentali per i quali viene in rilievo la competenza della Commissione affari costituzionali.

 

 Il senatore SINISI (Ulivo) ritiene che la disciplina del decreto-legge n. 259 sottenda una questione di altissimo rilievo: quella della finalità stessa del processo, il quale, secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale, deve tendere a perseguire non solo la verità processuale, ma anche la verità ontologica. Ritiene che non sia irragionevole una disciplina delle intercettazioni illecitamente acquisite diversa da quella concernente i documenti anonimi, poiché nelle fattispecie regolate dal decreto-legge l’illiceità attiene alla stessa formazione della prova. Quanto ai profili concernenti l’articolo 112 della Costituzione, ritiene necessario che dal verbale di distruzione emergano comunque elementi tali da consentire di perseguire l’autore dell’illecito. Conclude dichiarando di condividere la proposta di parere formulata dal relatore.

 

 Interviene il presidente BIANCO il quale sottolinea che il disegno di legge in titolo è stato presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri di concerto col Ministro dell’interno e con il Ministro della giustizia: la partecipazione del Ministro dell’interno all’iniziativa governativa costituisce un elemento per ritenere non irragionevole una rivendicazione di competenza della Commissione affari costituzionali sull’esame del disegno di legge n. 1013.

 

 Il senatore MANTOVANO (AN) esprime serie perplessità sulla sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza del decreto-legge in esame. A suo giudizio vi sono tre possibili ipotesi; in primo luogo, la pubblicazione di intercettazioni ancora coperte dal segreto istruttorio: essa costituisce reato, ma la distruzione delle intercettazioni non elimina il danno, che evidentemente si è già prodotto. In secondo luogo, possono essere divulgati atti già depositati, per i quali è previsto un regime di riservatezza, ma che sono nella disponibilità delle parti del giudizio; anche in tale caso il danno ormai prodotto non trova rimedio nella distruzione delle intercettazioni. Infine, si danno casi di trascrizioni di conversazioni telefoniche che dovevano essere distrutte riportate per intero nella motivazione di provvedimenti di archiviazione, che sono poi utilizzate per avviare un autonomo procedimento giudiziario: in questo caso, pur in presenza di un formale rispetto delle norme del codice, si verifica un innegabile danno. La relazione al disegno di legge non fa riferimento a intercettazioni illecite divulgate dagli organi di informazione: le vicende recenti sembrano invece riguardare tabulati telefonici, un ambito non considerato dal decreto-legge n. 259, del quale pertanto non si comprende l’urgenza. La questione delle intercettazioni non è certo nuova e la sua disciplina richiede a suo avviso scelte più ponderate, mentre le soluzioni individuate dal provvedimento in esame appaiono connotate da un’estrema sommarietà. Conclude ribadendo che a suo avviso non sussistono i presupposti di necessità e urgenza richiesti dall’articolo 77 della Costituzione.

 

 Il senatore LATORRE (Ulivo), ritiene invece che sussistano innegabili ragioni di necessità e urgenza per l’adozione del decreto-legge in titolo; tale provvedimento origina da un evento che non si è ancora in grado di valutare nelle sue effettive proporzioni, concepito probabilmente come strumento di ricatto e con finalità destabilizzanti. Ritiene opportuno quindi, nell’interesse comune, intervenire tempestivamente, proprio in considerazione delle proporzioni del fenomeno emerso e per evitare l’uso di tali intercettazioni. In conclusione, auspica che si possa registrare la convergenza di tutte le forze politiche nel riconoscere la sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza del decreto-legge n. 259.

 

Il senatore SAPORITO (AN) ricorda che, come si è appreso anche dagli organi di informazione, il Governo aveva consultato le forze politiche di opposizione, prima di emanare il decreto, ottenendone un generale consenso in ragione dell'allarme suscitato dal fenomeno che il provvedimento si propone di contrastare. C'è, infatti, uno stato di incertezza per i diritti dei cittadini che giustifica un atto normativo d'urgenza: in tal senso è dunque l'orientamento del Gruppo di Alleanza Nazionale.

 

 Il senatore QUAGLIARIELLO (FI) rileva nel dibattito svolto finora l'insorgenza di alcune preoccupazioni, come quelle esposte ad esempio dal senatore Latorre, dirette a giustificare il decreto-legge per ragioni di necessità e urgenza: tali elementi, tuttavia, non possono essere desunti dalla relazione che accompagna il disegno di legge di conversione, che in tal modo sottrae al Parlamento un fondamentale dato di giudizio. Ringraziando il relatore per aver esposto anche con un'analisi critica le motivazioni di necessità e urgenza del decreto-legge, si riserva di intervenire nel merito con particolare riguardo alla tutela delle parti lese, questione già sollevata dallo stesso relatore. Ricorda, in proposito, le gravi vicende inerenti ai documenti del cosiddetto caso SIFAR, in seguito al quale non vi fu mai certezza sulla distruzione dei materiali e su un possibile uso illecito di quei documenti. Preannuncia quindi la richiesta, che formulerà in una prossima riunione dell'Ufficio di Presidenza, di svolgere un'audizione del Presidente dell'Autorità garante dei dati personali, circa le questioni di evidente rilevanza costituzionale concernenti la sicurezza delle comunicazioni personali.

 

 Il senatore MANTOVANO (AN) dichiara di aver ascoltato con una certa preoccupazione le affermazioni del senatore Latorre, secondo il quale la necessità e l'urgenza del decreto-legge sarebbero da riferire anche ai possibili effetti destabilizzanti del fenomeno colpito dal provvedimento. Domanda dunque al rappresentante del Governo quale sia la reale portata del fenomeno in questione, quali i possibili effetti destabilizzanti, quali gli autori: tali informazioni, infatti, sarebbero assai rilevanti anche per la valutazione della Commissione circa la sussistenza dei presupposti costituzionali del decreto-legge.

 

 Il sottosegretario LI GOTTI, a nome del Governo, risponde alle questioni poste nel corso della discussione: rivolto al relatore, precisa che si tratta di una disciplina a regime, ma collegata a un fatto eccezionale riscontrato in concreto quando è stato adottato il decreto-legge. In proposito il Governo ha regolato la propria decisione in base alla distinzione tra reato-fine e reato-mezzo: al fine di prevenire la commissione di reati-fine, si interviene su un reato-mezzo, che si realizza in un fenomeno consistente nella penetrazione di dati personali al fine di compiere altri reati. Il Governo, dunque, ha avvertito la necessità di contrastare fatti rivolti a compiere ulteriori illeciti trattandosi, in ogni caso, di materiale illecitamente formato e acquisito.

 

Il relatore VILLONE (Ulivo) ribadisce, in replica, le ragioni di necessità e urgenza del decreto-legge, che reputa confermate dall'andamento del dibattito. Al senatore Mantovano, in particolare, risponde considerando non appropriato il sospetto su un uso strumentale, già in atto o potenziale, del materiale informativo del quale si discute. Concorda, inoltre, con il senatore Quagliariello circa l'ipotesi di ascoltare l'Autorità garante della protezione dei dati personali. Conclude auspicando il voto favorevole della Commissione sulla sussistenza dei presupposti costituzionali del decreto-legge.

 

Si procede alle dichiarazioni di voto.

 

Il senatore PASTORE (FI), a nome del Gruppo, afferma che avendo ascoltato il dibattito e in particolare alcune delle riserve formulate dagli intervenuti, ritiene che l'orientamento più equilibrato sia quello di non partecipare al voto.

 

In dissenso dal Gruppo, il senatore PALMA (FI) motiva invece il suo voto contrario: avendo appreso dal rappresentante del Governo che, sulla base di notizie di stampa, ignorando se vi siano o meno intercettazioni specifiche, si può desumere che vi sia una pratica illecita di acquisizione dei dati desunti da intercettazioni, tale da costituire un reato-mezzo colpito da un decreto per prevenire ipotetici reati-fine, se ne dichiara stupefatto. Osserva, infatti, che la prevenzione dei reati è un compito istituzionale regolato dalla legge. Alla luce delle dichiarazioni del rappresentante del Governo, pertanto, i presupposti di necessità e di urgenza evidentemente non sussistono. Quanto ad alcune delle affermazioni pronunciate dal senatore Latorre, egli prende atto che un autorevole esponente della maggioranza sembra paventare possibili effetti destabilizzanti, derivanti dai fenomeni colpiti dal decreto.

 

Il senatore MAFFIOLI (UDC) preannuncia la non partecipazione al voto, a nome del Gruppo, ritenendo preliminare risolvere una questione di competenza nel senso di affidare anche alla Commissione affari costituzionali il disegno di legge di conversione in sede referente.

 

Il senatore MANTOVANO (AN) interviene incidentalmente affermando che la Commissione non è in condizione di pronunciarsi sui presupposti costituzionali del decreto-legge, in quanto le ragioni sottostanti addotte a giustificazione del provvedimento di urgenza sono state solo adombrate e non precisate, mentre la prevenzione dei reati è già prevista e regolata dalla legge, e certamente non affidata al Governo, e men che mai ai decreti-legge. Ritiene, infatti, che il Governo non abbia dato motivazioni sufficienti e chiede che siano convocati i Ministri competenti.

 

Il presidente BIANCO precisa che è ormai in corso la fase delle votazioni.

 

Il senatore SAPORITO (AN) annuncia che il Gruppo di Alleanza Nazionale non parteciperà al voto.

 

Il senatore CALVI (Ulivo) espone i motivi del voto favorevole del suo Gruppo: condividendo le ragioni esposte dal relatore, ritiene che altre opinioni non siano affatto persuasive, in particolare l'evocazione di possibili effetti destabilizzanti. Osserva, infatti, che le intercettazioni telefoniche sono già regolate e pertanto non si tratta della possibilità di intercettare o meno ma dell'uso successivo, fuori dal processo. Considera disdicevole, pertanto, confondere questioni diverse in quanto seppure è vero che le intercettazioni telefoniche vi sono da molto tempo, tuttavia è altrettanto vero che nel caso in questione non si tratta di intercettazioni legittime ma illegittimamente divulgate, bensì di intercettazioni in sé illegittime. Né ritiene convincente il riferimento alla prevenzione o alla reiterazione dei reati, perché il fatto in sé, l'intercettazione illegittima, lo spionaggio ai danni dei cittadini, è così grave da giustificare il decreto-legge. Occorre impedire che il prodotto informativo di intrusioni illegittime nelle comunicazioni personali sia utilizzabile, sia nel processo sia in altra occasione, prevedendo che siano distrutti i supporti materiali delle intercettazioni. La necessità e l'urgenza del decreto-legge si rinvengono anzitutto nell'esigenza di scongiurare la diffusione di intercettazioni che determinerebbe danni irreversibili, violando diritti fondamentali delle persone.

 

Il senatore CALDEROLI (LNP) dichiara di essersi dapprima orientato a una opinione positiva sul decreto-legge, riguardo alla sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza: dopo il dibattito e, in particolare, dopo l'intervento del rappresentante del Governo, si è formato invece una diversa opinione. Sembra, infatti, che si tratti di un provvedimento diretto a tutelare persone determinate. Pertanto, annuncia un voto contrario.

 

Il senatore Emilio COLOMBO (Misto) ritiene che la questione sottostante al decreto-legge abbia un'importanza politica rilevante: essa ha turbato l'opinione pubblica, creando destabilizzazione nel senso dell'incertezza e della preoccupazione. Ci si domanda, infatti, chi intercetta le comunicazioni personali, in che modo, chi sono le persone intercettate e perché. Questioni che vanno risolte con una norma, anche d'urgenza, non già con polemiche tra i partiti e dentro i partiti. Vi è dunque una fondata inquietudine sul fatto che alcune persone possano spiare altre persone senza alcun titolo. A suo giudizio il Governo aveva il dovere di intervenire, anche con un decreto-legge, che pertanto è senz'altro necessario e urgente. Annuncia, quindi, il suo voto favorevole.

 

Accertata la presenza del prescritto numero di senatori, la proposta di parere favorevole avanzata dal relatore è quindi messa in votazione, risultando approvata.

 

 

(1013) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche

(Parere alla 2ª Commissione. Rinvio dell'esame. Questione di competenza)

 

 Il presidente BIANCO riferisce le valutazioni unanimi, espresse nella riunione odierna dell'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi parlamentari, circa la competenza primaria nell'esame del disegno di legge in titolo. La conclusione, seguita a interventi di opinione conforme dei senatori CALVI (Ulivo), SAPORITO (AN), PASTORE (FI), PALMA (FI), MAFFIOLI (UDC) e VILLONE (Ulivo), è stata nel senso di sottoporre alla Commissione la proposta di sollevare una questione di competenza, ai sensi dell'articolo 34, comma 4 del Regolamento, per una nuova assegnazione, in sede referente, alle Commissioni riunite affari costituzionali e giustizia.

 

 La Commissione approva all'unanimità.

 

 

La seduta termina alle ore 16,25.


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

MARTEDi' 3 ottobre 2006

32a Seduta

Presidenza del Presidente

BIANCO

 

 Intervengono il vice ministro dell'interno Minniti e i sottosegretari di Stato per la solidarietà sociale Cristina De Luca, per la giustizia Daniela Melchiorre e per la difesa Verzaschi.

 

La seduta inizia alle ore 14,55.

 

(omissis)

IN SEDE CONSULTIVA

(omissis)

SULLA COMPETENZA PER L'ESAME IN SEDE REFERENTE DEL DISEGNO DI LEGGE N. 1013 DI CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE N. 259, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER IL RIORDINO DELLA NORMATIVA IN TEMA DI INTERCETTAZIONI TELEFONICHE

 

Il presidente BIANCO informa che il Presidente del Senato, con lettera in data 29 settembre 2006, ha risolto la questione sollevata dalla Commissione al fine di rivendicare la competenza congiunta con la Commissione giustizia nell'esame del disegno di legge n. 1013, di conversione in legge del decreto-legge n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche. Al riguardo, avendo acquisito l'avviso del Presidente della 2ª Commissione permanente, il Presidente del Senato ha osservato che la questione ripropone le argomentazioni formulate nel conflitto sollevato lo scorso 27 giugno in ordine ai disegni di legge nn. 95 e 510, nonché al Documento XXII, n. 9. Rammenta il Presidente del Senato che anche in quella occasione la Commissione affari costituzionali aveva sottolineato l'esigenza di tutela dei diritti fondamentali della persona garantiti da precetti costituzionali, in particolare il reciproco equilibrio fra libertà di informazione e tutela della persona nella sfera delle comunicazioni private.

Il Presidente del Senato rileva che portando alle estreme conseguenze la tesi che i riferimenti normativi al codice di procedura penale contenuti nel provvedimento non sarebbero sufficienti a qualificare la materia in senso meramente processuale, si concluderebbe che tutta la materia del diritto processuale penale e quella del diritto penale sostanziale dovrebbero essere considerate di competenza della Commissione affari costituzionali, atteso che sempre tali materie investono questioni di tutela dei diritti fondamentali della persona. Proprio per tali ragioni - prosegue il Presidente del Senato - l'articolo 40, comma 2, del Regolamento prevede la pronuncia della 1ª Commissione permanente sotto forma di parere obbligatorio, sui disegni di legge che presentino aspetti rilevanti in materia costituzionale.

Alla luce di tali considerazioni e del recente precedente richiamato, il Presidente del Senato ha ritenuto di confermare la competenza primaria della 2ª Commissione, riservandosi di richiamare l'attenzione del Presidente di quella Commissione sulla opportunità di dare il più ampio rilievo possibile al parere della Commissione affari costituzionali.

 

Il senatore QUAGLIARIELLO (FI) ritiene che la risposta del Presidente del Senato sia fallace e offensiva per la Commissione: essa non entra nel merito della questione sollevata e si basa su considerazioni meramente metodologiche, cioè che solo in quanto non è possibile ricondurre alla competenza della Commissione affari costituzionali la materia processuale penale e quella penale sostanziale, non si potrebbe accogliere l'argomentata richiesta riguardante il disegno di legge di conversione del decreto-legge sulle intercettazioni telefoniche.

 

Il senatore VILLONE (Ulivo) manifesta la propria insoddisfazione per la risposta del Presidente del Senato: a suo avviso, la rilevanza costituzionale della materia trattata dal decreto-legge sulle intercettazioni telefoniche giustifica la richiesta avanzata dalla Commissione affari costituzionali.

Invita il Presidente a garantire un ampio dibattito nell'esame in sede consultiva del disegno di legge n. 1013.

 

Il senatore MAFFIOLI (UDC) si associa, commentando criticamente la decisione del Presidente del Senato.

 

Anche il senatore SARO (DC-PRI-IND-MPA) giudica negativamente la decisione del Presidente del Senato basata, a suo avviso, su criteri discrezionali.

 

Il senatore SAPORITO (AN) condivide le considerazioni svolte dal senatore Quagliariello e teme che la decisione del Presidente del Senato possa comportare, in futuro, la sottrazione di importanti materie alla competenza della Commissione affari costituzionali: tale decisione, pertanto, a suo avviso impone di riflettere in termini generali sulla competenza della Commissione.

 

Il presidente BIANCO osserva che le decisioni del Presidente del Senato sui casi specifici di delimitazione della competenza delle Commissioni non possono formare oggetto di ulteriori valutazioni della Commissione cui venga negata una competenza primaria. Nondimeno, ribadisce la propria convinzione circa le ragioni che hanno indotto la Commissione a rivendicare la possibilità di esaminare in sede referente il disegno di legge n. 1013.

Prende atto delle considerazioni svolte negli interventi precedenti e si riserva di valutare se dal caso specifico possa derivare la necessità di una iniziativa diretta a chiarire in termini più generali i confini della competenza della Commissione affari costituzionali.


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

giovedi' 4 ottobre 2006

33a Seduta (antimeridiana)

Presidenza del Presidente

BIANCO

 

 Intervengono il ministro della solidarietà sociale Ferrero e i sottosegretari di Stato per la giustizia Li Gotti e per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali D'Andrea.

 

La seduta inizia alle ore 10,55.

(omissis)

IN SEDE CONSULTIVA

 

(1013) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche

(Parere alla 2a Commissione. Esame e rinvio)

 

Il relatore VILLONE (Ulivo), richiamando l'illustrazione e le considerazioni svolte nella seduta del 26 settembre in sede di valutazione dei presupposti costituzionali, sottolinea di non aver nutrito alcuna perplessità in merito alla necessità e all'urgenza del decreto-legge. Sulla costituzionalità sostanziale della disciplina in esame, ritiene invece necessaria una attenta e serena riflessione, come suggerito anche dal Presidente del Senato nella lettera con la quale ha negato la competenza primaria della Commissione - in sede riunita con la Commissione giustizia - decisione che egli dichiara di non condividere.

Il decreto-legge suscita, a suo avviso, qualche dubbio di compatibilità costituzionale: in particolare, ritiene che il testo sia volto in misura eccessiva ad assicurare l'immediata distruzione delle intercettazioni. Pur trattandosi di un'esigenza comprensibile per il caso specifico che ha dato origine al provvedimento, occorre garantire il diritto alla difesa sancito dall'articolo 24 della Costituzione e la tutela delle eventuali parti lese, che invece potrebbero essere irrimediabilmente compromessi dall'immediata distruzione. La persona intercettata, ad esempio, non potrà conoscere il contenuto dell'intercettazione, mentre tale rilevante interesse non può essere trascurato, anche in considerazione della possibile esistenza di copie dell'intercettazione. È evidente, inoltre, l'interesse che del materiale illecitamente raccolto non possa esser fatto alcun uso in sede investigativa o processuale, ma tale principio è già sancito nell'ordinamento.

In conclusione, ritiene che occorra operare un bilanciamento tra la finalità di assicurare l’immediata distruzione e altri interessi costituzionalmente rilevanti, soprattutto nel quadro di una normativa destinata non solo ad operare sulle vicende che hanno originato il provvedimento d’urgenza, ma anche a regolare la materia a regime.

Si riserva di formulare una proposta di parere, anche tenendo conto della discussione.

 

Il presidente BIANCO ringrazia il relatore, condividendo l’opportunità di un’approfondita valutazione dei profili di costituzionalità, sollecitata tra l’altro dallo stesso Presidente del Senato nel definire la questione di competenza sollevata dalla Commissione. Ricorda poi casi precedenti di dossier contenenti informazioni illegalmente acquisite, per i quali fu decisa la cosiddetta secretazione, senza provvedere alla loro distruzione e senza che agli interessati fosse consentito di prendere conoscenza dei loro contenuti.

 

Il senatore PASTORE (FI) condivide l’esigenza di una attenta ed approfondita riflessione sul decreto-legge in esame. Vi sono infatti, a suo avviso, disposizioni che suscitano perplessità, quale, ad esempio, l’articolo 1, in merito al quale non si comprende la necessità di riscrivere integralmente l’articolo 240 del codice di procedura penale.

 

Interviene quindi il senatore STORACE (AN), che manifesta grande apprezzamento per la relazione del senatore Villone, condividendo la necessità di svolgere una seria riflessione. In primo luogo ritiene indispensabile una chiara individuazione del magistrato cui compete decidere la distruzione delle intercettazioni illecite. Sottolinea come il decreto-legge intenda garantire che nessuna intercettazione abusivamente raccolta, neanche quelle che eventualmente coinvolgano parlamentari, possa essere divulgata: ritiene, infatti, che tale fattispecie rientri nell’ambito di applicazione del provvedimento d’urgenza. A suo avviso, ciò che maggiormente occorre garantire non è tanto la conoscibilità del contenuto dell’eventuale intercettazione, quanto l’individuazione dei suoi autori e delle ragioni per cui è stata effettuata. Ritiene infatti che, se vi sono stati episodi di spionaggio politico, e non solo industriale, sia interesse di tutte le forze politiche conseguire tale obiettivo.

Esprime infine i timore che gli autori delle intercettazioni possano usufruire dell’indulto e, per scongiurare tale pericolo, preannuncia che presenterà alla Commissione di merito un emendamento con il quale si escludono da tale beneficio i parlamentari che avessero commesso le violazioni disciplinate dal decreto-legge. Solo impedendo a chi commette tali illeciti di restare impunito si può infatti garantire che il Parlamento non sia soggetto a ricatti.

 

Il relatore VILLONE (Ulivo) ritiene che il verbale previsto dall’articolo 2 consente comunque di conoscere l’identità degli autori delle intercettazioni illecite. Ricorda di aver espresso un voto contrario all’approvazione del disegno di legge sull’indulto e dichiara pertanto di condividere pienamente le preoccupazioni espresse dal senatore Storace; teme peraltro che introdurre nell’iter di conversione del decreto-legge n. 259 tali tematiche possa non essere opportuno. Comprende inoltre l’esigenza di garantire una piena conoscibilità degli elementi di fatto in caso di spionaggio politico. Si sofferma infine sull’articolo 4, nel quale si prevede una fattispecie che presenta caratteristiche comuni sia al risarcimento del danno sia alla sanzione amministrativa. Conclude esprimendo la propria contrarietà alla previsione di sanzioni a carico dei giornali.

 

Ad avviso del senatore PALMA (FI) il decreto in esame presenta diversi motivi di perplessità: l’articolo 1, comma 1, appare inconferente nel fare salva l’ipotesi in cui i documenti costituiscano corpo del reato o provengano comunque dall’imputato; quanto al comma 2 del medesimo articolo, chiede al Governo di chiarire espressamente e formalmente se ci siano state intercettazioni telefoniche illecite, come si è appreso dagli organi di informazione. In merito al comma 3 ritiene non siano chiare le garanzie per la difesa nella redazione del verbale; si chiede inoltre come sia possibile pervenire a una condanna se il verbale non riporta il contenuto delle intercettazioni. Non comprende nemmeno le ragioni per le quali l’articolo 2 intervenga sull’articolo 512 del codice di procedura penale, anziché sulle norme che disciplinano la formazione del fascicolo del dibattimento, in base alle quali è possibile raccogliere come prova a tutti gli effetti atti non ripetibili. Quanto all’articolo 3, comma 2, ritiene necessario chiarire se venga delineata una aggravante o un titolo autonomo di reato. Il successivo articolo 4 delinea un regime sanzionatorio particolarmente severo per gli autori della divulgazione e gli editori, per i casi disciplinati dal decreto-legge n. 259; nel condividere le finalità così perseguite, ritiene tuttavia indispensabile che analogo regime sanzionatorio sia disposto anche per le ipotesi di divulgazione di intercettazioni legittime in violazione del segreto istruttorio, paventando altrimenti un’ingiustificata disparità di trattamento. Sempre in merito all’articolo 4 ritiene che esso configuri un’impropria commistione tra riparazione e risarcimento del danno.

 

Il seguito dell’esame è quindi rinviato.


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

martedi' 17 ottobre 2006

39a Seduta

 

Presidenza del Presidente

BIANCO

 

 Intervengono i sottosegretari di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali D'Andrea, per la giustizia Li Gotti e per l'interno Marcella Lucidi.

 

 La seduta inizia alle ore 14,40.

(omissis)

IN SEDE CONSULTIVA

(omissis)

(1013) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche

(Parere alla 2ª Commissione. Seguito dell'esame e rinvio)

 

 Prosegue l'esame, sospeso nella seduta antimeridiana del 4 ottobre.

 

 Il relatore VILLONE (Ulivo) sottolinea il rilievo critico e la complessità della materia trattata nel provvedimento in esame. Osserva che una valutazione complessivamente positiva non può tuttavia ignorare le perplessità che egli ha espresso su alcune parti del decreto-legge. Prende atto con soddisfazione delle proposte emendative che lo stesso Governo ha avanzato nella Commissione di merito e che consentono di risolvere alcuni dubbi; permane però una forte riserva sulla introduzione di misure sanzionatorie di particolare severità per la divulgazione di intercettazioni illegittime, che potrebbero avere effetti di censura. Su tale questione, si riserva di avanzare specifiche ipotesi di modifica.

 Considerato che l'esame in sede referente presso la Commissione giustizia si sta sviluppando anche sulla base di emendamenti non marginali presentati dal Governo, ritiene che sia opportuno rinviare il seguito dell'esame in sede consultiva, per acquisire elementi di maggiore certezza sulle modifiche che saranno approvate in quella sede.

 

 Il senatore MANTOVANO (AN) condivide il suggerimento del relatore, di rinviare l'esame in modo da valutare attentamente le proposte emendative presentate dal Governo.

 

 Il senatore STORACE (AN) chiede di poter approfondire, preliminarmente al seguito dell'esame, gli emendamenti presentati dal Governo in Commissione giustizia. Ricorda che il Presidente del Senato, confermando l'assegnazione in sede referente alla sola Commissione giustizia, aveva richiamato l'attenzione sul rilievo che si sarebbe dovuto riconoscere al parere della Commissione affari costituzionali che tuttavia, nel momento attuale, non è in grado di completare i suoi lavori.

 

 Il senatore CALVI (Ulivo) ritiene che il provvedimento adottato d'urgenza dal Governo sia apprezzabile e ragionevole negli obiettivi che intende perseguire, cioè impedire la diffusione di notizie derivanti da intercettazioni e realizzate abusivamente. Osserva che sarebbe stato preferibile intervenire con una modifica dell'articolo 191 del codice di procedura penale, che prevede l'inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione della legge. A suo giudizio, l'intercettazione illegittima non dovrebbe in alcun caso entrare nel processo e dovrebbe essere distrutta; eventuali prove che ne derivassero, infatti, potrebbero essere affidate alla trascrizione delle conversazioni. Osserva, inoltre, che, anche in base alla giurisprudenza della Cassazione, gli organi di informazione dovrebbero considerare un rigoroso bilanciamento tra il diritto di informazione e il diritto del cittadino a non essere diffamato in base a notizie derivanti da intercettazioni illecite.

 Sottolinea l'opportunità di evitare distonie o modifiche inorganiche del codice di procedura penale, individuando anzitutto la norma di riferimento corretta, cioè l'articolo 191 del codice di procedura penale.

 

 Il presidente BIANCO ricorda il rilievo che il Presidente del Senato ha riconosciuto sulla materia in esame al parere della Commissione affari costituzionali. La Commissione, peraltro, si trova oggi in presenza di emendamenti del Governo che modificano sostanzialmente il testo, la cui discussione potrebbe essere avviata in Assemblea nella giornata di domani.

 Ciò considerato, ritiene opportuno sottoporre al Presidente del Senato l'esigenza condivisa in 1ª Commissione, di poter valutare compiutamente il testo e le modifiche proposte dal Governo.

 

 Il relatore VILLONE (Ulivo) apprezza la proposta del Presidente, che consentirebbe di avere a disposizione un tempo adeguato per esaminare in modo compiuto il testo. Richiama l'attenzione sugli effetti dei pareri della Commissione affari costituzionali anche successivamente alla conclusione dell'iter parlamentare. È dunque opportuno, a suo avviso, che la 1ª Commissione possa esprimere il proprio contributo alla formazione della volontà legislativa.

 

 Il senatore MANTOVANO (AN) condivide la proposta del Presidente e invita il rappresentante del Governo a illustrare le proposte emendative presentate.

 

 Il senatore PALMA (FI) osserva che gli emendamenti presentati dal Governo presso la Commissione giustizia modificano sostanzialmente l'impostazione iniziale del provvedimento, sulla quale si era determinato il consenso anche dei Gruppi di opposizione.

 Ritiene che, malgrado l'attenzione riservata dal Presidente del Senato al parere della Commissione affari costituzionali, essa non è in grado di pronunciarsi nella seduta odierna e condivide, quindi, la proposta del Presidente.

 

 Il senatore SINISI (Ulivo) esprime il consenso sulla proposta del Presidente. A suo avviso, l'impostazione originaria del decreto-legge era preferibile a quella che ispira gli emendamenti proposti dal Governo. Sottolinea la competenza esclusiva della Commissione affari costituzionali, in particolare, sull'utilizzabilità a fini di prevenzione dei reati di atti e informazioni, anche in deroga al segreto previsto dall'articolo 329 del codice di rito. Tale principio, previsto dall'articolo 118 di quel codice, a suo giudizio dovrebbe essere preservato anche di fronte ad una decisione drastica che preveda la distruzione di intercettazioni illegittime.

 

 Il sottosegretario LI GOTTI illustra il contenuto degli emendamenti che il Governo ha presentato presso la Commissione giustizia nell'esame in sede referente del disegno di legge in titolo. Per assicurare la piena compatibilità con gli articoli 111 e 112 della Costituzione si prevede la facoltà di acquisizione al procedimento della documentazione illegalmente raccolta, quando essa costituisca corpo del reato, pur mantenendo l'obbligo di distruzione. Si è dunque reso necessario rafforzare i presidi giuridici a tutela dei terzi e delle parti offese dalla captazione illecita. Viene dunque vietata la pubblicazione della documentazione illegalmente acquisita e raccolta e si introduce una nuova ipotesi di segreto per la medesima documentazione.

 

 Il senatore PALMA (FI) esprime perplessità sugli emendamenti appena illustrati, che non sono caratterizzati dalla necessaria cura normativa, come sarebbe opportuno almeno nella fase di esame degli emendamenti.

 

 Il seguito dell'esame è quindi rinviato.

 

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

mercoledi' 18 ottobre 2006

40a Seduta

Presidenza del Presidente

BIANCO

 

 Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Scotti.

 

 La seduta inizia alle ore 9,40.

(omissis)

IN SEDE CONSULTIVA

 

(1013) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche

(Parere alla 2ª Commissione. Seguito e conclusione dell'esame. Parere favorevole con osservazioni)

 

 Prosegue l'esame, sospeso nella seduta del 17 ottobre.

 

Il presidente BIANCO informa la Commissione che, come convenuto nella seduta di ieri, ha richiesto al Presidente del Senato che l’organizzazione dei lavori per la discussione del disegno di legge n. 1013 tenga conto anche dell’esigenza della Commissione affari costituzionali di approfondire l’esame del testo e degli emendamenti presentati presso la Commissione giustizia. A seguito di tale richiesta e dell’analoga istanza del Presidente della 2ª Commissione, l’orario di inizio della seduta dell’Assemblea è stato posticipato alle 11,30 e dunque la Commissione può procedere nell’esame.

 

 Il senatore CALVI (Ulivo) osserva che l’esame del disegno di legge risente comunque dell’incertezza dovuta anche al fatto che gli emendamenti presentati dal Governo sono stati successivamente ritirati. A suo avviso, si dovrebbe procedere in stretta sintonia con la Commissione giustizia, dove si esamina il disegno di legge in sede referente.

 

 Il senatore STORACE (AN) condivide le perplessità del senatore Calvi: il parere della Commissione affari costituzionali potrebbe risultare vano se il testo del disegno di legge fosse modificato in modo significativo in sede referente.

 

 Il relatore VILLONE (Ulivo), relatore sul disegno di legge in esame, sostiene a sua volta che l’impressione che l’esame della Commissione potrebbe essere inutile, senza considerare il testo eventualmente elaborato in Commissione giustizia.

 

 Il senatore PALMA (FI), pur apprezzando le osservazioni svolte dal relatore e dagli altri senatori intervenuti, ritiene che la Commissione affari costituzionali dovrebbe esprimere comunque il parere, rilevando eventuali carenze costituzionali del decreto-legge.

 

 Il senatore STORACE (AN) replica che il parere della Commissione affari costituzionali non avrebbe alcun effetto sostanziale se intervenisse dopo la conclusione dell’esame in sede referente, soprattutto nel caso in cui la Commissione giustizia definisca modifiche non sottoposte al parere.

 

 Il senatore PASTORE (FI) obietta che il pronunciamento della Commissione affari costituzionali avrebbe comunque un rilievo apprezzabile nell'iter, anche in vista della discussione presso la Camera dei deputati.

 

 Il PRESIDENTE avverte che il senatore Salvi, Presidente della Commissione giustizia, informalmente gli ha manifestato la disponibilità ad acquisire il parere della Commissione affari costituzionali prima della conclusione dell’esame in sede referente, anche su eventuali, ulteriori emendamenti. Propone, pertanto, di procedere senz’altro nell’esame, che potrà concludersi anche con l’approvazione di un parere ai sensi dell’articolo 39, comma 3, secondo periodo, del Regolamento, cioè prevedendo che sia lo stesso relatore a intervenire personalmente in Commissione giustizia per comunicare l’esito dell’esame.

 

Non facendosi osservazioni, così rimane stabilito.

 

Il relatore VILLONE (Ulivo) propone che la formulazione del parere sul disegno di legge in titolo prenda in considerazione tre profili: la tutela del diritto alla riservatezza nelle comunicazioni, le implicazioni per gli interessi della giustizia e la salvaguardia del diritto all’informazione. A suo avviso, il decreto-legge n. 259 tutela adeguatamente il diritto alla riservatezza e corrisponde in modo abbastanza soddisfacente alle esigenze di giustizia, mentre limita in misura eccessiva la possibilità di divulgare a mezzo stampa notizie relative ad atti o documenti derivanti dalle intercettazioni illegittime. Nota che se tali limitazioni fossero state osservate in passato, non sarebbero emersi gli episodi di presunta corruzione nel mondo del calcio né il fenomeno delle intercettazioni illegali nell’ambito della Telecom Italia. Precisa, peraltro, che tale rilievo, quello inerente all'articolo 4 del decreto-legge, va inteso come una sua personale opinione, e non va considerato tra le osservazioni che propone come relatore.

 

 Il sottosegretario SCOTTI afferma che il ritiro degli emendamenti del Governo ha corrisposto all’esigenza di non ritardare la conclusione dell’iter in Senato. In ogni caso, quegli emendamenti riguardano il coordinamento con le disposizioni del codice di procedura penale e non modificano la struttura di fondo del provvedimento, sotto il profilo costituzionale.

 

 Il senatore CALVI (Ulivo) non condivide le perplessità del relatore a proposito dei limiti alla libertà di informazione. A suo giudizio è necessario bilanciare quel diritto con l’esigenza di tutelare la riservatezza e la dignità delle persone. Inoltre, la divulgazione di atti o documenti acquisiti illecitamente potrebbe ostacolare anche la ricerca della verità processuale.

 

 Il senatore STORACE (AN) dissente con l’osservazione del relatore riguardante i limiti alla libertà di divulgazione. Si rivolge, quindi, al rappresentante del Governo per sapere se dall’entrata in vigore del decreto-legge siano state effettuate operazioni di distruzione del materiale acquisito illecitamente.

 Richiama poi l’attenzione della Commissione sulla proposta di modifica del decreto-legge, da lui presentata alla Commissione giustizia (emendamento 4.7), con la quale si stabilisce che non si applica l’indulto ai membri del Parlamento riconosciuti responsabili di violazioni della legge sulle intercettazioni telefoniche.

 

 Il senatore PALMA (FI) svolge alcune osservazioni che propone di inserire nel parere alla Commissione giustizia.

 All’articolo 1, si dovrebbe specificare l’autorità giudiziaria che dispone la distruzione dei documenti; in sostanza, tale potere dovrebbe essere riservato al giudice per le indagini preliminari. Dovrebbe essere prescritta, inoltre, la distruzione del materiale acquisito illecitamente dalla corrispondenza, oltre che dalle conversazioni e comunicazioni. Si dovrebbe disciplinare più compiutamente anche la procedura per la distruzione del materiale, prevenendo così una possibile censura per violazione degli articoli 111 e 24 della Costituzione.

 All’articolo 2, ritiene preferibile stabilire che il verbale relativo all’acquisizione e alle operazioni di distruzione sia inserito nel fascicolo del dibattimento, anziché prevederne la sola lettura nelle forme di cui all’articolo 512 del codice di procedura penale.

 Osserva che la disciplina in esame si riferisce al reato commesso da pubblico ufficiale e non si applicherebbe automaticamente quando il reato sia commesso da privati, poiché in tale caso la procedibilità è condizionata alla querela della parte offesa.

 Commenta, quindi, la proposta illustrata dal senatore Storace, di escludere l’applicazione dell’indulto per il parlamentare responsabile della violazione della disciplina sulle intercettazioni telefoniche: essa sarebbe comunque applicabile solo per il futuro, in base ai princìpi generali in materia penale.

 Infine, non condivide l’osservazione del relatore circa l’eccessiva limitazione della libertà di cronaca. In proposito sottolinea che l’articolo 3 del decreto-legge punisce chiunque detiene illecitamente atti o documenti acquisiti illegalmente. L’articolo 4, che prevede particolari sanzioni per la divulgazione degli atti o documenti, regola la riparazione del danno provocato dalla divulgazione di notizie illegalmente acquisite: la libertà di cronaca, in ogni caso, non può essere illimitata, specie quando si traduca nella pubblicazione di atti che per legge debbono considerarsi segreti e suscettibili di distruzione.

 Conclude, commentando polemicamente la tempestività con cui il Governo ha inteso contrastare le intercettazioni abusive nel momento in cui il Presidente del Consiglio ne è rimasto vittima, mentre in passato non si è osservato lo stesso zelo quando episodi altrettanto riprovevoli hanno colpito esponenti di altra parte politica.

 

 Il senatore SINISI (Ulivo) condivide le osservazioni proposte dal senatore Palma e considera opportune le sanzioni prescritte dall’articolo 4 a titolo di riparazione per la divulgazione di atti o documenti di acquisizione illecita.

 Inoltre, propone di sottolineare l’esigenza di salvaguardare gli effetti dell’articolo 118 del codice di procedura penale, in base al quale le notizie acquisite, anche illecitamente, ritenute indispensabili per la prevenzione dei delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza, devono comunque essere portate a conoscenza del Ministro dell’interno.

 

 Il presidente BIANCO condivide le preoccupazioni del relatore circa il rischio di una eccessiva pressione sulla libertà di stampa. Tuttavia, osserva che talvolta la pubblicazione di notizie diffamatorie rappresenta l’unica vera pena a cui è sottoposto il presunto imputato, una pena contro la quale, fra l’altro, non esiste rimedio processuale. Ritiene pertanto opportuno bilanciare il diritto all’informazione con quello delle persone a non essere oggetto di umiliazione mediatica.

 

 Il senatore PASTORE (FI) condivide le osservazioni proposte dal senatore Palma, mentre è contrario alla tesi proposta dal relatore secondo il quale si dovrebbe accordare una assoluta preferenza al diritto di cronaca. A suo avviso, al contrario, si dovrebbe considerare prevalente la tutela della riservatezza del cittadino, soprattutto in un'epoca in cui il sistema delle comunicazioni si è profondamente trasformato rendendo assai maggiore l’esposizione dei cittadini. Semmai, la sanzione dovrebbe estendersi alla divulgazione delle notizie derivanti da intercettazioni acquisite legittimamente.

 Lamenta, infine, il disagio in cui è costretta a lavorare la Commissione affari costituzionali, a cui è stata inopinatamente sottratta la competenza di esaminare in sede referente il disegno di legge in titolo.

 

 Il senatore STORACE (AN) sottolinea la rilevanza del soggetto che ha commesso il reato: al fine di aumentare il grado di moralità della politica, a suo avviso si dovrebbe punire in modo particolarmente severo il parlamentare che sia riconosciuto responsabile della violazione delle norme sulla detenzione o divulgazione di notizie acquisite illegalmente.

 

 Il sottosegretario SCOTTI ritiene che il decreto-legge tuteli adeguatamente la libertà di stampa; in proposito, osserva che le disposizioni in esame colpiscono un atto particolarmente pericoloso, cioè la divulgazione di intercettazioni realizzate al di fuori di procedimenti giudiziari.

 Replicando al senatore Storace, precisa che il provvedimento d’urgenza emanato dal Governo si riferisce al tema specifico delle intercettazioni acquisite illegittimamente: sarebbe inopportuno inserire norme tendenti a regolare profili distinti, come quella proposta con l’emendamento 4.7, che punirebbe atti di spionaggio politico.

 Condivide le osservazioni suggerite dal senatore Palma, in particolare la necessità di disciplinare il procedimento per la distruzione dei documenti, disposta dal giudice per le indagini preliminari. Consente, inoltre, sulla proposta di prevedere, all’articolo 1, il riferimento al materiale acquisito illegittimamente dalla corrispondenza.

 Per quanto riguarda il verbale relativo all’acquisizione e alle operazioni di distruzione, ritiene che la trascrizione debba limitarsi alle parti fondamentali ritenute rilevanti ai fini del processo. Condivide anche la proposta di prevedere che esso sia acquisito al fascicolo del dibattimento, ma precisa che le ipotesi considerate dal Governo riguardano casi in cui non si perviene a un dibattimento.

 Per quanto concerne, infine, la circostanza che nel caso di reato commesso da privato il procedimento sarebbe condizionato alla querela della parte offesa, fa presente che il Governo è intervenuto in via d’urgenza, limitandosi a sanzionare le acquisizioni illegittime. Ciò giustifica, a suo avviso, l’atecnicità processuale di alcune disposizioni.

 

 Il relatore VILLONE (Ulivo) propone di formulare un parere favorevole, con le osservazioni emerse nel dibattito. In particolare, sottolinea l’opportunità di una più puntuale disciplina della procedura di distruzione del materiale acquisito illegalmente, tutelando il contraddittorio e precisando che l’autorità che decide la distruzione è il giudice per le indagini preliminari. Deve essere salvaguardato, inoltre, il principio di cui all’articolo 118 del codice di procedura penale, che prevede l’utilizzabilità delle notizie comunque ottenute ai fini della prevenzione dei reati, attenuando il divieto di utilizzo "a fini processuali o investigativi" delle informazioni raccolte illegalmente.

 Quanto alla formulazione dell’articolo 4, ribadisce la sua personale convinzione che la previsione di un risarcimento del danno provocato dalla "divulgazione degli atti o dei documenti acquisiti illegalmente" potrebbe sacrificare la libertà di informazione, mentre condivide l’ipotesi disciplinata dall’articolo 3 in base alla quale è punito chiunque detiene illecitamente atti o documenti di provenienza illegale.

 Per quanto riguarda l’ipotesi delittuosa dello spionaggio politico, proposta dal senatore Storace, condivide le perplessità del senatore Palma a proposito di una immediata applicazione; in ogni caso, sarebbe contrario all’inserimento di tale fattispecie in un provvedimento d’urgenza come quello in esame, ma la ritiene meritevole di approfondimento da parte della Commissione.

 

 Accertata la presenza del prescritto numero di senatori, previo annuncio di voto contrario del senatore STORACE (AN), la Commissione approva la proposta di parere favorevole, con osservazioni, illustrata dal relatore Villone e conferisce a quest’ultimo l’incarico di comunicare personalmente il parere alla Commissione giustizia, ai sensi dell'articolo 39, comma 3, secondo periodo, del Regolamento.

 

 La seduta termina alle ore 11.

 


LAVORI PUBBLICI, COMUNICAZIONI (8a)

MARTEDÌ 3 OTTOBRE 2006

21a Seduta

Presidenza della Presidente

DONATI

 

 Interviene il sottosegretario di Stato per i trasporti Gentile.

 

 

La seduta inizia alle ore 15,15.

(omissis)

IN SEDE CONSULTIVA

(omissis)

(1013) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche

(Parere alla 2a Commissione. Esame e rinvio.)

 

Il relatore FILIPPI (Ulivo) introduce l'esame del disegno di legge in titolo, rilevando come il decreto-legge in conversione preveda misure urgenti volte a contrastare il fenomeno dell’illegale detenzione di contenuti e dati relativi ad intercettazioni illecitamente effettuate, nonché documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni e ad apprestare più incisive misure atte ad evitare l’indebita diffusione e comunicazione di dati od elementi concernenti i medesimi dati.

Passando all'analisi delle singole disposizioni, osserva come l'articolo 1 introduca precise modifiche all’articolo 240 del codice di procedura penale, finalizzate ad estendere la disciplina originariamente prevista per i soli documenti anonimi, anche al trattamento degli esiti delle intercettazioni illegalmente effettuate e dei dati relativi al traffico telefonico e telematico illecitamente acquisiti. Rileva al riguardo come per illecita intercettazione o illecita acquisizione di dati si debbano intendere quelle effettuate senza autorizzazione dell’autorità giudiziaria.

Precisa, inoltre, come il secondo comma della disposizione sancisca l'obbligo per l'autorià giudiziaria di disporre l’immediata distruzione di tutti gli atti e i dati acquisiti ovvero anche solo illecitamente detenuti, al fine di impedire l'eventualità di una loro qualunque diffusione con conseguente pregiudizio per la riservatezza dei soggetti coinvolti. Fa presente che le intercettazioni illegali non possono neppure essere utilizzate ai fini processuali o investigativi.

Ricorda come l'ultimo comma imponga, ai fini della conservazione della prova dei relativi reati, l'obbligo di redazione di un apposito verbale delle operazioni di distruzione, nel quale devono essere menzionati i soli elementi descrittivi delle captazioni illecite, senza alcun richiamo al contenuto delle stesse.

 Si sofferma, poi, sull’articolo 2, il quale, integrando l'articolo 512 del codice di procedura penale, prevede che sia sempre consentito nel dibattimento la lettura dei su richiamati verbali di distruzione.

 Prosegue illustrando i due comma dell’articolo 3, che delineano una nuova fattispecie di reato in relazione all’illecita detenzione degli atti o dei documenti indebitamente detenuti. Sottolinea come per tale reato il provvedimento commini la pena della reclusione da sei mesi a sei anni, elevata da uno a sette anni, nell'ipotesi in cui il fatto sia commesso da un pubblico ufficiale ovvero da un incaricato di pubblico servizio.

Relativamente all’articolo 4 osserva come tale disposizione riconosca ai soggetti interessati dalle intercettazioni illegali la facoltà di convenire, entro un anno dall’illecita diffusione, innanzi al giudice ordinario civile gli autori della divulgazione degli atti o dei documenti illecitamente acquisiti, al fine di ottenere il risarcimento del danno. Sottolinea come alla rilevanza penale delle intercettazioni e della loro detenzione il legislatore abbia voluto affiancare gli aspetti civilistici del risarcimento danni. Pone quindi l'attenzione sulla procedura accelerata posta dal decreto-legge a disposizione del giudice civile per il danno alla privacy e all'immagine delle persone, la quale non esclude la possibilità per il soggetto leso di richiedere il risarcimento del danno subito ex articolo 2043 del codice civile.

Si sofferma sul procedimento camerale, previsto dal provvedimento in conversione, rilevando come il giudice ordinario possa comminare ulteriori sanzioni in caso di diffusione attraverso la stampa, la radio, la tv o via internet dei contenuti delle intercettazioni illegali. In questi casi a risponderne sono il direttore responsabile o il vicedirettore responsabile e l'editore in solido. Rileva come a loro carico sia prevista una sanzione comunque non inferiore a 20 mila euro e determinata in ragione di 50 centesimi per ogni copia stampata, ovvero per un importo compreso tra 50.000 e 1 milione di euro, a seconda del bacino di utenza, in caso di radio, tv o internet.

Sottolinea, poi, come, in ragione della natura aquiliana del danno risarcibile, l'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 4 preveda che della somma corrisposta a titolo riparatorio si tenga conto ai fini della liquidazione del predetto danno.

Si sofferma, infine, sull'ultimo comma dell'articolo 4, il quale, conformemente a quanto previsto dal codice della privacy, stabilisce che l’esercizio dell’azione riparatoria non sia preclusivo dell’iniziativa del Garante per la protezione dei dati personali o dell’autorità giudiziaria.

 

Il seguito dell'esame è quindi rinviato.

 

 

 


LAVORI PUBBLICI, COMUNICAZIONI (8a)

MERCOLEDÌ 4 OTTOBRE 2006

22ª Seduta

 

Presidenza della Presidente

DONATI

La seduta inizia alle ore 14,30.

 

(omissis)

IN SEDE CONSULTIVA

(omissis)

 

(1013) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche

(Parere alla 2a Commissione. Seguito e conclusione dell'esame. Parere favorevole.)

 

Riprende l'esame sospeso nella seduta di ieri.

 

 Il senatore BUTTI (AN) preannuncia il voto favorevole del suo Gruppo sulla proposta di parere formulata dal Relatore. Evidenzia, tuttavia, talune perplessità sul contenuto del decreto-legge in esame. In particolare, ritiene non condivisibile la norma che prevede la immeditata distruzione degli atti. A suo avviso, adottando i necessari accorgimenti volti a tutelare la riservatezza, potrebbe essere utilizzato positivamente e secondo quanto previsto dalla legge il contenuto delle intercettazioni. Con riferimento all'articolo 4, osserva che le sanzioni ivi contenute dovrebbero essere rafforzate e si dovrebbe intervenire adeguatamente per tutelare la privacy dei cittadini che sono privi di efficaci difese quando siano diffuse a mezzo stampa notizie raccolte illecitamente che li riguardino.

 

 Il senatore STIFFONI (LNP) concorda con i rilievi formulati dal senatore Butti. Ritiene che il provvedimento in esame non affronti come invece sarebbe necessario il problema della responsabilità di chi rende disponibili notizie riservate, che poi vengono pubblicate sui giornali violando la privacy dei cittadini. Su questo punto il decreto-legge è assolutamente insoddisfacente. A suo avviso dovrebbero essere rafforzati i controlli volti ad impedire ogni comportamento scorretto.

 

 Il senatore FANTOLA (UDC) dichiara di condividere pienamente le osservazioni formulate dal senatore Butti, specie relativamente alla tutela della privacy di ogni cittadino. Preannuncia, in ogni caso, il suo assenso sulla proposta di parere formulata dal Relatore.

 

 Il senatore GRILLO (FI) esprime apprezzamento per il decreto-legge, che ha almeno avuto il merito di intervenire in modo tempestivo su una situazione estremamente grave. Ritiene tuttavia che il contenuto del provvedimento sia insufficiente: si tratta di un primo passo a cui deve necessariamente seguire l'adozione di misure più organiche. A tal fine appare indispensabile la istituzione di una commissione d'inchiesta che indaghi sui gravi fenomeni che sono venuti emergendo.

 Richiamandosi ai quesiti che aveva formulato nel corso della recente audizione del Presidente della Telecom, ricorda che un alto dirigente di questa società ha dichiarato che sono operative nel suo ambito tre strutture, una delle quali recentemente trasferita a Milano, adibite alle intercettazioni. Attraverso le più moderne tecnologie esse sarebbero in grado di intervenire sul contenuto delle intercettazioni anche per apportarvi delle modifiche. Su questo punto il Presidente della Telecom non ha fornito chiarimenti. Non è credibile, in ogni caso, che una simile struttura fosse gestita solo da poche persone e per finalità tutto sommato minori, come quelle riportate sulla stampa in questi giorni. La gravità di quanto è avvenuto richiede un serio approfondimento e, da questo punto di vista, concorda con chi ha espresso una valutazione contraria sulla norma del decreto-legge che prevede la distruzione dei fascicoli derivanti dalle intercettazioni illegali.

 

 La senatrice VANO (RC-SE) dichiara che la sua parte politica si esprimerà in senso favorevole sul provvedimento e conseguentemente sulla proposta di parere favorevole formulata dal relatore. Tale giudizio si basa sulla fondamentale distinzione tra le intercettazioni effettuate su autorizzazione della Magistratura ed intercettazioni illecite. Su queste ultime è necessario essere estremamente chiari ed impedire che siano utilizzate in violazione della privacy dei cittadini.

 

 La senatrice CARLONI (Ulivo) si sofferma sul contenuto del decreto-legge evidenziandone il valore positivo, anche con riferimento all'effetto che ha prodotto di aprire una discussione sulla utilizzazione delle intercettazioni e sul rapporto problematico tra nuove tecnologie e democrazia. Ricorda in proposito gli interventi realizzati nel corso degli ultimi anni dal Garante della privacy.

 A suo avviso anche la questione concernente la distruzione dei dati deve essere approfondita alla luce dei più recenti sviluppi tecnologici, tenendo conto dei limiti esistenti ad una definitiva distruzione dei dati informatici.

 Condivide, infine, l'esigenza di fare piena luce sulla complessa vicenda Telecom e preannuncia il proprio voto favorevole sulla proposta di parere formulata dal Relatore.

 

Il senatore MONTALBANO (Aut) ritiene che il problema della immediata distruzione dei dati debba essere affrontato tenendo conto delle esigenza di tutela della privacy dei singoli cittadini e della inutilizzabilità delle notizie acquisite illegalmente anche come semplici notizie di reato.

Concorda con l'esigenza di promuovere una riflessione più ampia sull'intera materia sia attraverso la istituzione di una commissione di inchiesta, sia adottando le opportune iniziative legislative volte a tener conto degli effetti delle più recenti innovazioni tecnologiche.

 

La senatrice PALERMO (RC-SE) precisa che le disposizioni del decreto-legge, anche con riferimento alla distruzione dei dati, si riferiscono all'uso illegale delle intercettazioni telefoniche.

 

La senatrice RAME (Misto-IdV) osserva che quanto è emerso con riferimento alle attività di intercettazione illegale appare di eccezionale gravità. E' condivisibile pertanto un intervento di urgenza che cerchi di porre un primo rimedio alla diffusione di notizie raccolte in modo illecito, anche se non può non esprimere il proprio pessimismo rispetto alla effettiva soluzione del problema e alla necessità di fare chiarezza in un Paese in cui non è stato ancora possibile fare piena luce sulle stragi degli anni '70 e '80.

E' indubbio che la via maestra da seguire sia quella di operare in ogni ambito affinché solo la Magistratura possa autorizzare le intercettazioni telefoniche e per far si che ogni altra attività di questo genere, realizzata al di fuori delle procedure previste, sia impedita.

 

 Il senatore PAPANIA (Ulivo) considera ovvio il giudizio negativo sulle cosiddette intercettazioni illegali e naturalmente condivisibile ogni iniziativa, come il decreto-legge in esame, finalizzata a impedirne e a reprimerne l'effettuazione.

 Occorre, però, essere consapevoli del fatto che le moderne tecnologie rendono molto più agevole procedere ad attività di intercettazione e che, pertanto, è indispensabile un intervento legislativo che tenga conto di questa situazione in parte inedita.

 

 Il senatore PONTONE (AN) ribadisce il voto favorevole della sua parte politica sulla proposta di parere formulata dal Relatore. Ritiene, tuttavia, che occorrerebbe prevedere sanzioni più severe per il futuro a tutela dei cittadini che rischiano di subire gravi violazioni della loro privacy e che non dispongono attualmente di sufficienti strumenti di garanzia. Esprime, al tempo stesso, perplessità sulla norma che prevede la immediata distruzione dei dati, anche perché essa può far insorgere il sospetto che si voglia procedere tempestivamente per proteggere qualcuno. Al fine di fare piena luce sui gravi fatti che stanno emergendo sarebbe, pertanto, indispensabile istituire una apposita commissione d'inchiesta parlamentare.

 Chiede che tali rilievi siano inseriti, come osservazioni, nel parere della Commissione.

 

 Il relatore FILIPPI (Ulivo) è dell'avviso che il problema della distruzione dei dati debba essere adeguatamente approfondito, anche dal punto di vista tecnologico, come ha sottolineato la senatrice Carloni. E' senz'altro giusto, inoltre, distinguere nettamente le intercettazioni illecite da quelle poste in essere in modo conforme alle norme di legge. Si tratta in ogni caso di questioni che potranno essere adeguatamente valutate in altra sede. Ciò vale anche per la proposta di istituire una specifica commissione d'inchiesta parlamentare. Per quanto riguarda le sanzioni, ritiene che sia condivisibile l'impostazione del decreto-legge, basata su una equilibrata utilizzazione delle sanzioni penali e di quelle amministrative. Ribadisce quindi infine la proposta di parere favorevole sul provvedimento.

 

 Previa verifica della sussistenza del prescritto numero legale, la Commissione accoglie la proposta di parere favorevole formulata dal Relatore.

 

La seduta termina alle ore 15,55.

 


Esame in Assemblea


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XV LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

 

52a

seduta pubblica (antimeridiana)

 

giovedì

12 ottobre 2006

 

Presidenza del presidente MARINI

 

 

 


(omissis)

Gli emendamenti ai disegni di legge nn. 1013 (Decreto-legge n. 259, in materia di intercettazioni telefoniche) e 1048 (Decreto-legge n. 261, sul disagio abitativo) dovranno essere presentati entro le ore 19 di lunedì 16 ottobre;

(omissis)

 

 

 

Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 1013

(Decreto-legge intercettazioni telefoniche)

(Totale 11ore, incluse dichiarazioni di voto)

 

Relatore

 

30'

Governo

 

30'

Votazioni

1 h.

 

Gruppi 9 ore di cui:

 

 

Ulivo

1 h.

51'

FI

1 h.

26'

AN

1 h.

01'

RC-SE

 

49'

UDC

 

44'

Misto

 

41'

LNP

 

37'

IU-Verdi-Com

 

36'

Aut

 

35'

DC-PRI-IND-MPA

 

35'

Dissenzienti

 

5'

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XV LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

57a

seduta pubblica (pomeridiana)

 

mercoledì

18 ottobre 2006

 

Presidenza del presidente MARINI

indi del vice presidente BACCINI,

del vice presidente ANGIUS

e del vice presidente CALDEROLI

 


(omissis)

Discussione del disegno di legge:

(1013) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche (Relazione orale) (ore 15,07)

 

Approvazione, con modificazioni, con il seguente titolo: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1013.

Il relatore, senatore Salvi, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni, la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.

SALVI, relatore. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, questo decreto-legge nasce per il vivo allarme suscitato dalla diffusione della notizia della circolazione di dossier, intercettazioni illegali e così via.

Con encomiabile sollecitudine il Governo, acquisito il consenso - a quanto si è appreso dalla stampa - dei principali leader dell'opposizione, ha predisposto un provvedimento finalizzato a tre obiettivi: il primo è quello di provvedere alla distruzione di questo materiale illegale onde impedire diffusione di veleni e di altri elementi di inquinamento della vita pubblica; il secondo riguarda la previsione di una nuova fattispecie di reato, legata alla detenzione del predetto materiale; il terzo punto è l'introduzione di una efficace o presunta efficace forma di sanzione nel caso di divulgazione a mezzo di stampa o del sistema radiotelevisivo di questo materiale.

Nell'attento esame che si è svolto in Commissione si è cercato di inquadrare questa normativa per più aspetti originale ed innovativa nel nostro sistema e quindi, tenendo anche conto del conforme parere espresso - che ci ha incoraggiato in questa direzione - dalla Commissione affari costituzionali, di rendere coerente questa normativa al nostro sistema costituzionale e giuridico, senza impedire di produrre la sostanza degli effetti positivi che il Governo si prefiggeva.

È evidente, infatti, che un sistema giuridico vive del delicato bilanciamento di interessi e valori costituzionali che, a volte, possono apparire confliggenti: la libertà di stampa da una parte e la tutela della riservatezza dall'altra; l'esigenza di evitare la diffusione di notizie false e infondate da una parte e dall'altra, tuttavia, la necessità di rispettare regole e princìpi, che a volte hanno fondamento costituzionale, in materia di tutela della collettività contro possibili reati, di garanzia della formazione delle prove e delle decisioni in sede di contraddittorio.

La Commissione ha pertanto esaminato quelli che ci sono sembrati i punti di criticità del provvedimento a tale riguardo e propone una nuova, integrale riformulazione del testo del Governo che - ripeto - a nostro avviso soddisfa le esigenze fondamentali per le quali il provvedimento era stato predisposto e, tuttavia, le rende, a nostro giudizio, coerenti con i principi anche costituzionali del sistema: in particolare, il principio del giusto processo e del diritto alla difesa, che richiede che le decisioni giudiziarie di notevole rilievo si formino in contraddittorio e che sia garantito il diritto alla difesa sia dell'imputato sia delle parti offese; il principio della obbligatorietà dell'azione penale, che richiede che davanti a notizie rilevanti di reato, almeno a fini investigativi, la notizia non possa essere distrutta e obliterata e anche, per quanto riguarda il sistema del rapporto con la stampa, un equilibrio tra la necessità di sanzionare comportamenti illeciti e quella di tutelare la libertà di stampa.

Ecco il motivo per il quale la Commissione ha approvato a larghissima maggioranza, conservando anche in questo esame, in questa valutazione, negli emendamenti quello spirito di collaborazione tra maggioranza e opposizione, che già era alla base della stesura originaria del decreto.

Ricordo sinteticamente le innovazioni introdotte: per quanto riguarda gli articoli 1 e 2, la distruzione non è più immediata da parte dell'autorità giudiziaria, ma richiede un previo procedimento, che ha per altro tempi rigorosamente sanciti. È abolito il divieto di utilizzare il materiale a fini investigativi, mentre rimane il divieto di altre forme di utilizzazione processuale.

Per quanto riguarda l'articolo 3, che introduce una nuova fattispecie di reato, abbiamo ritenuto di chiarire innanzi tutto che il reato di detenzione sussiste dopo che sia stata dichiarata l'illegalità del materiale medesimo e ciò avviene attraverso il provvedimento di distruzione, preso dall'autorità giudiziaria, dopo il contraddittorio previsto dall'articolo 1.

Si è ritenuto altresì di meglio precisare l'elemento soggettivo dell'illecito penale, sostituendo l'avverbio «illecitamente», che era stato previsto dal Governo e che aveva suscitato dubbi e perplessità di natura giuridica, con l'altro «consapevolmente», analogamente a quanto disposto da fattispecie come, per esempio, la detenzione di materiale pornografico collegata alla pedofilia, già regolamentato dal sistema.

Infine, grazie in particolare alla collaborazione di cui voglio dare atto al senatore Caruso su questo punto, ma in genere a tutta la Commissione, che ha lavorato in spirito costruttivo, c'è una riformulazione dell'articolo 4, che è una norma che prevede una figura di pena privata che l'ordinamento già in qualche caso prevede (addirittura nella legge sulla stampa, che risale al 1948, poco usata, ma che può essere uno strumento interessante di intervento); si è cercato di regolare meglio la procedura, si è ridotta l'entità minima della riparazione, portandola da 20.000 a 10.000 euro.

Sostanzialmente, signor Presidente, onorevoli colleghi, a me pare che la Commissione abbia svolto un lavoro costruttivo, di miglioramento del testo del provvedimento, quindi ne raccomando l'approvazione da parte del Parlamento. Chiedo fin d'ora ai colleghi, naturalmente a quelli che abbiano condiviso o condividano questo iter e non a quelli - ci sono ancora - che hanno singoli o più ampi punti di dissenso, se lo ritengono, di ritirare gli emendamenti da loro presentati, in modo da consentire un più sollecito iter del provvedimento.

PRESIDENTE. Colleghi, molto sobriamente voglio esprimere un ringraziamento al presidente Salvi e a tutta la Commissione per un lavoro che non ha sostituito l'Assemblea, ma ha trovato rilevanti punti di incontro. Poiché non sono frutti abbondanti per queste nostre stagioni politiche, mi pare giusto rivolgere questo riconoscimento alla Commissione e al suo Presidente.

Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore Ziccone. Ne ha facoltà.

ZICCONE (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'argomento che oggi il Senato affronta è certamente di grande rilievo e ha suscitato nei mesi passati grande interesse nell'opinione pubblica del Paese.

Innanzi tutto, avverto che esprimerò un punto di vista favorevole alla normativa contenuta nel decreto-legge al nostro esame, anche se non posso fare a meno di esporre alcuni rilievi, che riguardano non tanto il contenuto, quanto soprattutto le modalità con le quali il Governo ha ritenuto di affrontare l'argomento.

È vero che negli ultimi mesi in Italia si è verificata una serie di situazioni che hanno sconcertato l'opinione pubblica, perché si è vista una forma di sofferenza, di persecuzione, di indegna speculazione su intercettazioni che hanno riguardato varie persone e situazioni. Utilizzazione, questa, impropria e riprovevole delle intercettazioni stesse, che hanno lasciato traccia e sconcerto ed hanno provocato gravissimi danni a persone spesso assolutamente incolpevoli ed estranee. Era, quindi, naturale che nel Paese si creasse una situazione - come ho affermato poc'anzi - di sconcerto e che il Governo potesse trarne motivo per rivedere la materia delle intercettazioni telefoniche.

Quando si è avuta notizia del fatto che l'Esecutivo stava predisponendo in un decreto‑legge alcune disposizioni per il riordino della normativa in materia, tutti abbiamo in qualche modo sperato che, finalmente, si affrontasse un tema che negli ultimi anni era stato oggetto di continua attenzione in Parlamento e di numerose proposte di legge, proprio al fine di evitare che si verificassero quegli spiacevoli inconvenienti e che si speculasse in modo illecito sulle conversazioni.

Nell'ambito di tale situazione, si ebbe un momento di particolare significato quando anche intercettazioni illegalmente acquisite - come quelle di Telecom - cominciarono a dar luogo a vive preoccupazioni per ciò che poteva comportare la diffusione delle notizie riguardanti le stesse. Ora, non vi è dubbio che questo particolare episodio contrassegni, nell'ambito della tematica delle intercettazioni e della loro utilizzazione impropria ed anomala, un momento assai significativo; ciò, però, non implicava che il Governo potesse affrontare solo questo argomento, rimandando il resto delle considerazioni, su cui il Paese chiamava l'Esecutivo e il Parlamento ad esprimersi con rapidità, ed esaurendo il proprio intervento soltanto su tale questione.

Ho la sensazione che le norme contenute nel decreto-legge al nostro esame, da una parte, abbiano il desiderio di affrontare soltanto parzialmente un tema così sentito da tutti i cittadini, ma che, dall'altra, abbiano avuto come spinta anche l'intento di intervenire su un fatto preciso e concreto, così come sostenuto espressamente nella stessa relazione al decreto-legge.

Ora, mettendo da parte queste osservazioni, che - ripeto - rappresentano le mie perplessità, dico perché sono favorevole al decreto-legge in questione.

Non c'è dubbio che la materia va rivista tutta, interamente, e che danni insopportabili e ingiustificati sono stati recati ai cittadini non solo da intercettazioni illegalmente acquisite, ma anche da intercettazioni legalmente acquisite, strumentalizzate e illecitamente e inopportunamente utilizzate.

Se, però, su questo non c'è stata sufficiente attenzione e sensibilità, ciò non esclude che il segnale che su questo tema viene dato in questo momento dal decreto-legge in esame debba essere accolto come un segnale positivo. In questo provvedimento, infatti, si ribadisce - e in ciò si rimedia ad una lacuna legislativa - che anche comportamenti che si affiancano all'illecita acquisizione di conversazioni telefoniche (come la detenzione o l'utilizzazione delle stesse) sono comportamenti gravi, che in questo decreto vengono previsti come reato e puniti in modo grave.

Ora, questa tutela forte della privacy dei cittadini e questa utilizzazione del congegno delle intercettazioni limitata e codificata ancora meglio rappresentano certamente un fatto positivo. Questa - ripeto - è la ragione per la quale condivido il decreto‑legge.

C'è poi tutta una parte del provvedimento che riguarda un altro problema, connesso a questo che stiamo affrontando, ma che non coincide esattamente con quanto ho detto finora: cosa fare di queste intercettazioni che sono state illegalmente acquisite. Il decreto-legge disciplina il problema, e la Commissione si è sforzata molto di migliorare tale disciplina, attraverso una serie di emendamenti che verranno illustrati successivamente. Il nucleo fondamentale è quello di provvedere, nel più breve tempo possibile, alla distruzione di queste intercettazioni. Una distruzione che è determinata da un desiderio: l'esigenza che venga meno lo strumento che può dar luogo a quelle gravissime conseguenze per la privacy e la tranquillità dei cittadini.

Concludo ribadendo che, per tutte queste ragioni, sono favorevole alla conversione del decreto-legge, con gli aggiustamenti prodotti dalla Commissione; voterò quindi a favore della legge di conversione.

Mantengo le mie riserve per un'importante occasione che il Governo si è lasciato sfuggire. Mi auguro che al più presto la Camera, che in questo momento si sta occupando di rivedere la disciplina delle intercettazioni, faccia in modo, affrontando la tematica complessiva delle intercettazioni, che non soltanto i cittadini che sono stati toccati in qualche modo dalla vicenda Telecom, ma anche le altre centinaia, migliaia o milioni di cittadini italiani possano trovare al più presto una rapida ed efficace tutela. (Applausi dai Gruppi FI, UDC e AN).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Villone. Ne ha facoltà.

VILLONE (Ulivo). Signor Presidente, con questo decreto in discussione oggi noi abbiamo operato sotto la spinta di eventi che hanno colpito in maniera pesante l'opinione pubblica di questo Paese e che hanno destato giuste preoccupazioni, disvelando attività non soltanto lesive per la garanzia della sfera della privatezza individuale, ma anche tali da porre a rischio la tenuta complessiva del sistema.

Ci siamo trovati certamente ad operare in condizioni non facili che si sono poi - come è ovvio e come era probabilmente inevitabile - riflesse anche sullo svolgimento dei lavori parlamentari, soprattutto considerando la necessità di salvaguardare un equilibrio sicuramente complesso, sicuramente difficile, in una materia di assoluta delicatezza che richiede un efficace bilanciamento di interessi costituzionalmente protetti.

C'è ovviamente l'interesse alla tutela della privacy, a garantire il cittadino da illecite invasioni in un ambito di privatezza di sicuro rilievo costituzionale: ambito e che, negli ultimi anni, ha giustamente visto accrescere la sensibilità del legislatore e dell'opinione pubblica quanto alla sua difesa.

Sono in campo ovviamente gli interessi di giustizia. Una categoria che va dal rispetto delle garanzie, di cui agli articoli 24 e 111 della Costituzione, della stessa persona che venga eventualmente accusata di aver posto in essere l'illecita acquisizione di dati; per arrivare agli interessi di giustizia intesi sotto il profilo del possibile ostacolo posto ad attività investigative dirette alla tutela della sicurezza pubblica e che non si concretino nell'acquisizione della intercettazione in sé, ma trovino fondamento sulle situazioni sottese, nello svolgersi degli eventi che sono stati oggetto dell'illecita acquisizione e che, possono poi dar luogo ad una attività investigativa, ad un'iniziativa dei poteri pubblici impegnati nella tutela della sicurezza.

Sarebbe, con ogni evidenza, troppo facile - se si desse una soluzione squilibrata - che il malfattore organizzasse a proprio danno l'intercettazione illecita per trarre poi da questa un comodo schermo nei confronti dell'attività di chi è chiamato a garantire la legalità.

Abbiamo, infine, gli interessi della stampa. L'articolo 4 del decreto al nostro esame commina, infatti, una serie di pesanti sanzioni per l'ipotesi della divulgazione degli atti o documenti in questione. Voglio fare un commento specifico sul profilo della stampa, che ho sollevato in Commissione, e va riportato in questa sede. Sono convinto della incostituzionalità dell'attuale formulazione dell'articolo 4. Mi dicono adesso che c'è stata una modifica apportata in Commissione. Se va nel senso che dirò, me ne compiaccio davvero vivamente.

Sono convinto dell'incostituzionalità dell'attuale formulazione perché con la formula utilizzata - la divulgazione degli atti o documenti - noi colpiamo la stampa non soltanto per la pubblicazione della trascrizione. Per fare un esempio, non solo perché si pubblica «Tizio dice, Caio risponde», ma anche per la diffusione di notizie concernenti l'intercettazione. C'è da chiedersi, allora, se la sanzione per chi pubblica non l'intercettazione, ma la notizia dell' intercettazione avvenuta, o dia notizia dell'evento che è oggetto dell'intercettazione, non vada oltre il segno.

Penso in quanti casi - anche recenti - se fosse stata vigente una norma come questa non ci sarebbe stata, a mio avviso, la giusta luce su situazioni portate all'attenzione della pubblica opinione.

Mi rendo conto che probabilmente non abbiamo la migliore stampa del mondo; questo lo dico anch'io. Purtuttavia, dobbiamo sapere. che, oggi come ieri, la libertà di comunicazione e di manifestazione del pensiero e di stampa è elemento essenziale di una democrazia. Porto forse in questa considerazione la sensibilità della mia particolare esperienza di costituzionalista. Ma deve colpire la nostra attenzione il fatto che il rischio per la democrazia possa anzitutto porre il bavaglio alla comunicazione e il divieto di manifestazioni. Questo accade: nella storia è stato sempre così, e ancora oggi è così in tutto il mondo. Voglio allora dire a questa Aula che il vero rischio che corre una democrazia è quello di assuefarsi alla propria natura democratica dandola per scontata. La democrazia va sempre difesa, giorno per giorno, guardando a tutti i possibili punti di attacco. Se questo, per altro verso, costituisce un costo, esso deve essere accettato.

La formula adottata nell'articolo 4 fa calare un'oscurità inaccettabile. Quando si impedisce e si sanziona non già la pubblicazione di un documento, ma la divulgazione di notizie concernenti quel documento, si dà il messaggio di un potere che difende se stesso. Penso che tale messaggio sia sbagliato e non debba essere dato; penso che questa Aula, questa maggioranza e queste forze politiche tutte non debbano darlo.

Poi ci sono i profili di rischio. Ho apprezzato in Commissione il senatore Storace, il quale ha stabilito in specie come lo spionaggio politico sia per la democrazia un pericolo forse più grave. È vero, lo spionaggio politico è un pericolo gravissimo. Ma allora discutiamo e occupiamoci di quella particolare fattispecie. E dico subito che la risposta non può essere quella di agire sul punto terminale, cioè la diffusione della notizia.

Quindi, tecnicamente - e riprendo il mio argomentare - mentre sono d'accordo sull'articolo 3 di questo decreto, che punisce la detenzione del documento o dell'atto, non sono d'accordo e ritengo incostituzionale l'articolo 4, che usa una formula troppo generica. Sottolineo anche che il modello sanzionatorio è sicuramente troppo pesante, sproporzionato e, tra l'altro, non sufficientemente modulato all'entità del danno. Quindi, anche da questo punto di vista si tratta di un'irrazionalità del sistema.

Spero che le correzioni che mi dicono la Commissione ha apportato siano tali da rispondere a tali rilievi. Se così è, eviteremo oggi di produrre un vulnus alla Costituzione, che del resto certamente nessuno vuole produrre. Ma proprio per questo dobbiamo fare attenzione affinché esso non si produca. (Applausi dal Gruppo Ulivo).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Manzione. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Ulivo). Signor Presidente, la vicenda che arriva all'esame dell'Aula, dopo una serie di turbolente questioni che l'hanno sempre accompagnata, è utile per cercare di leggere attraverso questo segmento la società e la realtà del nostro Paese, che tutti vorremmo cercare di migliorare e non sempre riusciamo a farlo.

Voglio allora tentarne una lettura, signor Presidente, che parta da quello che è il vero problema, del quale nessuno parla. Il problema non è tanto come regolamentare le intercettazioni legali: il problema reale è la vicenda Telecom. In un Paese democratico come il nostro, dove è prevista una magistratura il cui intervento è sempre puntuale rispetto alle vicende che determinano il superamento della soglia di allarme costituito dal disappunto dell'opinione pubblica, dove ci sono tante autorità preposte al controllo di una serie di servizi di valenza pubblica, in una società nella quale la politica è sempre molto attenta a certe questioni e in un contesto nel quale operano anche i Servizi, che dovrebbero essere attenti a tante altre situazioni, come nasce una vicenda come quella della Telecom? Questa è la prima domanda che dovremmo porci, altrimenti stiamo discutendo di qualcosa che non riusciremo mai a comprendere fino in fondo.

Si tratta di un contesto che ha reso inadeguato l'intervento legislativo, se è vero, come è vero, che nell'estate che ha preceduto il varo di questo decreto-legge abbiamo vissuto altre questioni importanti che hanno fatto vibrare il Paese che riguardavano le intercettazioni telefoniche; però, Presidente, intercettazioni di tanti poveri diavoli che abbiamo conosciuto soltanto perché, essendo presenti in altre intercettazioni, sono arrivati all'onore della cronaca.

L'anomala diffusione di quelle intercettazioni, legali, non è stata oggetto di questo decreto-legge, ma di un disegno di legge che è stato presentato e giace alla Camera. Il decreto-legge che è stato sottoposto all'esame del Senato in prima lettura, invece, tocca la vicenda Telecom, quindi una situazione diversa dalle vicende comunque collegate alle intercettazioni.

Questo è il secondo punto sul quale dovremmo riflettere: questa vicenda non tocca i cittadini comuni, la gente, e poiché sento i colleghi affermare che queste norme serviranno ai cittadini, aggiungo: queste norme ai cittadini ordinari non servono, diciamolo con grande correttezza. Queste sono norme che servono ai Palazzi, perché quella Telecom era un'iniziativa truffaldina dedicata a controllare i Palazzi; o a servirli, perché probabilmente vi era anche qualche Palazzo che si serviva di questa rete parallela, di questo fiume carsico di notizie che attraversava la nostra beneamata Repubblica.

Questo è un altro dato del quale non parliamo, diciamo che stiamo varando delle norme che servono ai cittadini: non è vero! Le norme che servono ai cittadini sono quelle che in questo momento sono state presentate nell'altro ramo del Parlamento, alla Camera. Esse riguardano tutti quei soggetti che hanno la sfortuna di incappare in intercettazioni legali, non illegali come queste, l'utilizzazione delle quali viene distorta e che quindi finiscono sui mass media, sulla stampa e diventano note. In questa sede trattiamo invece questioni completamente diverse.

Poco fa il senatore Andreotti ci chiedeva quali fossero le intercettazioni illegali. Dobbiamo ritenere, nel nostro sistema, che illegali sono tutte quelle intercettazioni che non passano attraverso l'autorizzazione della magistratura, tutte quelle che vengono fatte fuori da un sistema che in Italia prevede assolutamente sempre il controllo della magistratura.

Allora, di questo tipo di deviazione relativa alle intercettazioni che passano dalla magistratura, si occupa la Camera; al Senato ci occupiamo di un'altra fattispecie. Se partiamo da questo dato, comprendiamo il perché di certi accadimenti che si sono succeduti in questi giorni e la necessità di chiudere una vicenda eccezionale.

Il «dossieraggio» operato dalla Telecom è una vicenda inquietante, che funesta la nostra democrazia? Certamente sì! Una questione eccezionale, non ordinaria, non routinaria? Certamente sì! Proprio per questo, mentre da una parte, alla Camera, è stato presentato un disegno di legge, in questa sede, al Senato, è stato presentato un decreto-legge.

Se questo è il contesto nel quale stiamo operando, voglio spiegare subito perché ho assunto un simile atteggiamento fin dall'inizio. Ho qui un'agenzia stampa del 26 settembre che è riuscita a passare miracolosamente attraverso l'ufficio stampa del Gruppo, mentre altre non passano, nella quale affermo: «Il decreto-legge del Governo è inapplicabile». Era inapplicabile, Presidente, ed è, secondo me, in parte ancora inapplicabile perché non si inserisce in un contesto nel quale si verifichi qual è realmente la posta in gioco, cioè la riservatezza, calandola in un mondo fatto di valori e di esigenze e rendendola compatibile con tutto il resto.

La riservatezza è un valore? Sicuramente sì. L'obbligatorietà dell'azione penale è un altro valore che si deve coniugare e comparare con la riservatezza? Certamente sì. L'articolo 111 sul giusto processo, quella conquista che nella 13a legislatura tutti abbiamo condiviso, è un altro valore? Sicuramente sì.

Allora, come dicevo, non è applicabile questo decreto‑legge. Infatti, voglio ribadire per chi lo avesse dimenticato che si comprendeva come, con un decreto-legge che scontava la condivisione di maggioranza ed opposizione, vedendo quindi il Governo baricentrico rispetto a tutto il panorama e al mondo politico del nostro Paese, il Governo stesso avesse deciso di immettere nel nostro sistema questa anomalia. Tale anomalia, anziché contemperare le varie esigenze, i princìpi, le conquiste ed i valori della nostra civiltà giuridica, operava una scelta.

In questo caso, e parliamo per le vicende che afferiscono al Palazzo e non alla gente, noi preferiamo intervenire non considerando l'obbligatorietà dell'azione penale, né l'obbligo minimo di contraddittorio del giusto processo, ma privilegiando la riservatezza.

Allora, si dispone l'immediata distruzione. Come ho già detto, è un'anomalia, che però doveva produrre dei frutti. Da quando è stato varato il decreto-legge ad oggi, questa immediata distruzione, che era il dato dirompente del decreto‑legge, che calpestava regole e leggi frutto di una conquista di civiltà giuridica che insieme avevamo rivendicato, irrompendo nel panorama complessivo, avrebbe dovuto spiegare i suoi effetti.

Così non è stato signor Presidente; tali effetti non si sono assolutamente spiegati.

Compiamo dunque un'operazione secondo me sbagliata se vogliamo tentare di correggere quel decreto-legge, che nasceva però con l'aspirazione di compiere una scelta che tenesse parzialmente conto dell'eccezionalità della vicenda, ma non era obiettivamente condivisibile in un panorama complessivo. Infatti, questa vicenda doveva chiudersi con questo decreto‑legge per poi scrivere insieme, partendo non da un decreto-legge ma da una discussione profonda e feconda, norme necessarie anche, e soprattutto, per la gente comune. Questa era una vicenda di palazzo, un palazzo ampio composto di maggioranza e opposizione, di potentati e signorie. Un attentato alla democrazia, come l'ho definito, che riguardava però i piani alti di alcuni palazzi.

Dovevamo poi dedicarci invece a scrivere insieme regole valevoli per tutti: non abbiamo agito così. (Richiami del Presidente). Mi avvio a concludere, Presidente. Ecco perché non sono d'accordo con le proposte emendative approvate in Commissione. Se seguiamo comunque quella strada di anomalia tracciata dal decreto anche il risultato sarà anomalo.

Condividevo invece - e concludo, Presidente - la proposta emendativa presentata dal Governo in Commissione perché essa riguardava la gente, misurandosi con l'esistente in maniera sistematica e cercando di rendere questo fenomeno... (Il microfono si disattiva automaticamente. Il Presidente ne dispone la riattivazione).

Signor Presidente, di solito si suona il campanello prima di togliere la parola. Prendo atto che neanche questo mi è riservato.

PRESIDENTE. Senatore Manzione, lei mi ha ringraziato per aver scampanellato dicendomi che si avviava alla conclusione. (Il senatore Manzione si allontana dall'Aula).

La correttezza della Presidenza dell'Assemblea è fuori discussione. Ho suonato e lei ha detto che stava per concludere.

 

GRAMAZIO (AN). Il senatore Manzione è stato censurato anche nel suo Gruppo. È permanentemente censurato.

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Tibaldi. Ne ha facoltà.

TIBALDI (IU-Verdi-Com). Signor Presidente, colleghe e colleghi, con la necessaria tempestività, e con l'accordo dell'opposizione, il Governo ha emanato il 22 settembre scorso un provvedimento d'urgenza finalizzato ad individuare misure idonee a rafforzare il contrasto all'illegale raccolta e detenzione di contenuti, dati, documenti e informazioni relative al traffico telefonico dei cittadini, prevedendo al contempo un intervento più incisivo per evitare l'indebita diffusione e pubblicazione di dati o elementi illegalmente acquisiti. Non vi è dunque alcun dubbio che il decreto-legge n. 259, di cui discutiamo ora la conversione in legge, avesse tutte le caratteristiche di straordinaria necessità ed urgenza che l'articolo 77 della Costituzione pone quali requisiti insormontabili per l'attribuzione al Governo del potere di emanare atti aventi immediatamente forza di legge; requisiti che devono essere ancor più stringenti se, come in questo caso, si incide sulla libertà personale, sulla qualificazione di alcuni comportamenti come reato e sulle modalità di esercizio dei diritti costituzionalmente garantiti.

Da molto tempo l'incessante pubblicazione di stralci ed estratti di conversazioni telefoniche, oggetto di intercettazioni regolarmente disposte dall'autorità giudiziaria e la divulgazione anche integrale di atti processuali coperti da segreto o comunque da vincolo di riservatezza, ha posto al centro del dibattito politico la necessità di una riflessione su come garantire il contemperamento di alcune libertà costituzionali (a cominciare dal diritto di cronaca e dal diritto ad essere informati) con l'esercizio di altri diritti costituzionalmente rilevanti, quali ad esempio il diritto alla difesa, la tutela della dignità della persona e la salvaguardia dei dati sensibili personali.

Tutti hanno convenuto sull'esigenza di assicurare, con efficacia e su un piano generale, un'adeguata tutela dei diritti delle persone coinvolte dalla pubblicazione di innumerevoli brani di conversazioni intercorse anche con terzi estranei ai fatti oggetto di indagine penale, o che non risultano, allo stato, indagati, o brani che riguardano in ogni caso diverse relazioni personali o familiari o, ancora, persone semplicemente lese dai fatti. Abbiamo assistito anche alla pubblicazione di conversazioni riguardanti comportamenti strettamente personali di persone pur coinvolte nelle indagini, ma non direttamente connesse a fatti penalmente rilevanti.

Tutto questo è da tempo al centro del dibattito politico: anzitutto dalla magistratura ma anche dagli operatori dell'informazione e del diritto sono venute indicazioni preziose per affrontare questi temi, evitando l'onda dell'emozione che spesso induce a modifiche affrettate e poco meditate, come quelle proposte nel dicembre 2005 dal Governo Berlusconi, le quali avrebbero avuto, se approvate, il solo effetto certo di danneggiare irreparabilmente l'attività d'indagine dei magistrati e di rendere difficile, se non impossibile, per l'opinione pubblica la conoscenza di situazioni e fatti di indubbio rilievo.

Presidenza del vice presidente BACCINI(ore 15,49)

 

(Segue TIBALDI). Quello che invece è emerso più recentemente in tutta la sua vastità è un fenomeno ben diverso e ben più inquietante. È stata svelata, grazie ad una lunga e difficile indagine, un'attività del tutto illegale, posta in essere da alcuni soggetti che, utilizzando strutture e mezzi tecnologicamente avanzati in virtù degli uffici e delle funzioni da essi ricoperti in uno snodo particolarmente delicato del sistema delle comunicazioni, avrebbero costituito nel corso di almeno un decennio una raccolta imponente di dati, documenti, informazioni e (forse) anche di contenuti del traffico telefonico di migliaia di cittadini.

Il tutto - va ripetuto - è accaduto al di fuori di ogni previsione di legge e al di fuori di qualunque ambito di indagine giudiziaria.

Le caratteristiche della struttura aziendale nella quale costoro avrebbero operato e la vastità del sistema illegale da essi messo in piedi possono a ben diritto farci dire che mai ci si è trovati di fronte ad un fenomeno così ampio e grave di violazione dei diritti personali.

All'interno, o comunque nell'orbita diretta o indiretta della più grande azienda italiana di telecomunicazioni, che peraltro si è dichiarata estranea ai comportamenti degli indagati e si è costituita parte lesa, avrebbe operato - per usare i termini dell'ordinanza di custodia cautelare del giudice per le indagini preliminari di Milano - «una vera e propria ragnatela parallela», in grado di usare «tutti i mezzi concretamente esistenti sul mercato» per raccogliere «qualsiasi tipo di informazione», violando «i princìpi costituzionali fondanti di questo Paese».

Gli «spiati» sono soprattutto, è vero, imprenditori e finanzieri, ma i file illegali sarebbero più di 100.000 e coinvolgerebbero anche dipendenti, possibili concorrenti e avversari, persone influenti da «tenere eventualmente in pugno», con tanto di «accessi abusivi al sistema dell'anagrafe tributaria» e agli archivi bancari.

La compravendita clandestina di tabulati telefonici si sarebbe affiancata persino all'acquisto di notizie riservate sulle banche dati dei Ministeri dell'interno, dell'economia, della giustizia, comprendendo «informazioni e atti svolti da agenti e pubblici ufficiali». Questa enorme massa di informazioni illegali e di dati riservati sarebbe stata commissionata e pagata da un manipolo di persone che non risultavano soggette ad alcun vero controllo.

Questo è il quadro di un sistema illegale che ha attentato, secondo i magistrati, ai diritti di migliaia di persone, a cominciare da operai e dipendenti e addirittura da aspiranti dipendenti (cioè da coloro che avevano presentato la loro domanda di assunzione); in questo senso non condivido il riferimento al fatto che queste indagini non si riferiscano a gente comune: gli operai, i dipendenti sono gente comune. Ad aggravare il quadro, contribuisce certamente il sospetto investigativo che la raccolta illegale dei dati avvenisse a scopo di lucro, per farne illecito commercio, per trarre profitto dalla divulgazione o dalla minacciata divulgazione di questi atti, oppure con la finalità di tenere sotto controllo i movimenti ed i contatti delle persone vittime dell'attività illegale.

Allo stato degli atti, noi non sappiamo chi e perché abbia effettivamente ordinato la raccolta dei dati, quale uso ne sia stato eventualmente fatto e se, ad esempio, sia stata avviata un'attività di «dossieraggio» che per ampiezza e gravità supererebbe perfino le ormai antiche schedature del SIFAR o per altri versi quelle famose della FIAT degli anni Settanta (schedature che, voglio ricordare, hanno riguardato tutti i dipendenti del gruppo FIAT e tutti gli aspiranti dipendenti del gruppo FIAT). Ciò è oggetto di indagine e su questo si pronunceranno i giudici. Quel che oggi è certo è che una mole imponente di dati è stata illegalmente raccolta dal 1997 ad oggi. E questo di per sé basta a far temere che alcune libertà fondamentali siano state messe a rischio.

Sulla base degli atti che emergono nell'ambito delle indagini preliminari in corso presso gli ufficio giudiziari, le ipotesi di reato in fase di accertamento denotano circostanze per le quali è indubbio un interesse pubblico e che fossero urgentemente prescritte regole capaci di stroncare l'illecito trattamento dei dati telefonici, prevenendo il rischio che da questa pratica si sprigionasse un'incontrollabile nuvola di informazioni velenose.

Una rapida scorsa alle 344 pagine dell'ordinanza di rinvio a giudizio lascia sgomenti: il numero delle persone coinvolte è altissimo. (Richiami del Presidente).

Il decreto intende affrontare questo rischio e parte dal presupposto che certo nessuna norma e nessun controllo possono annullare del tutto il rischio più grave, quello che siano proprio gli addetti alla sicurezza dei dati a violare la sicurezza. Per questo si è voluto, oltre alle previsione di forti sanzioni, assimilare al trattamento già previsto per i documenti anonimi gli esiti delle intercettazioni illecitamente effettuate e dei dati relativi al traffico telefonico illecitamente acquisiti. Va in questo senso la decisione di procedere alla distruzione da parte dell'autorità giudiziaria di tutti gli atti e i dati acquisiti ovvero anche solo illecitamente detenuti.

Questi sono i due elementi centrali del decreto e con il lavoro del Parlamento sul testo e le modifiche e i miglioramenti apportati è ragionevole pensare, ad esempio, che sia il giudice a disporre la distruzione, assicurando il contraddittorio fra le parti oppure consentire che il corpo del reato possa comunque costituire spunto di indagine, in modo da non comprimere né il diritto alla difesa né l'obbligo costituzionale all'esercizio dell'azione penale.

Noi pensiamo, ad esempio, che la detenzione vada punita qualora si intenda pubblicare o fare uso illecito di questi dati da parte del detentore. Riteniamo inoltre importante non comprimere in alcun modo il libero esercizio dell'attività giornalistica, anche perché va ricordato che il sistema illegale di cui parliamo è emerso grazie ad un'indagine giudiziaria, ma anche grazie ad alcuni giornalisti d'inchiesta.

 

PRESIDENTE. Senatore Tibaldi, la invito a concludere.

 

TIBALDI (IU-Verdi-Com). Signor Presidente, le chiedo allora di poter allegare il testo del mio intervento.

 

PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza in tal senso.

 

TIBALDI (IU-Verdi-Com). Per questo motivo, penso sia necessario che il decreto di cui oggi discutiamo la conversione, con le modifiche che sono state proposte dalla Commissione, venga approvato. (Applausi dal Gruppo IU-Verdi-Com).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Castelli. Ne ha facoltà.

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, ritengo che in questo caso possiamo parlare di un provvedimento dei paradossi e dei misteri.

Il paradosso è che il Governo in tutta fretta vara un decreto-legge, quindi una norma che contiene elementi di grande urgenza, su un tema del quale, però, non abbiamo alcuna prova. L'unica prova che esiste è quella mediatica, in base alla quale i media dichiarano che sarebbero state realizzate da parte di alcuni personaggi legati a Telecom intercettazioni illegali. Se esaminiamo gli atti, scorgiamo che non vi è alcuna indagine in corso su questo tema.

In questo paradosso cade anche il collega che mi ha preceduto, il quale è convinto che vi siano indagini della magistratura legate ad intercettazioni illegittimamente acquisite. Per quanto risulta dagli atti, non esiste alcunché che riguardi questa materia. Vi sono indagini che sono state svolte da personaggi che possedevano anche agenzie di investigazione in maniera, a quanto pare, illegittima. Ma si parla di indagini e di acquisizione di dati, non di intercettazioni. Questa è la prima questione che va evidenziata. Se vi sono, poi, indagini coperte da segreto, questo ovviamente non possiamo saperlo, ma al momento, ufficialmente, non esiste alcuna indagine che abbia individuato come fattispecie di reato l'acquisizione illegittima relativa alle intercettazioni telefoniche o telematiche.

Il paradosso è che il Governo interviene addirittura con un decreto-legge su questo tema. Interviene sul nulla. Certo, è possibile che in futuro emerga la questione, quindi è giusto che si predisponga non un decreto, ma un disegno di legge di questa natura, ma forse il Parlamento potrebbe essere impegnato più convenientemente su temi magari più urgenti. Infatti, ricordo a me stesso e a tutti noi che questa seduta costa al contribuente 1 miliardo e 200 milioni di vecchie lire; ripeto: 1 miliardo e 200 milioni di vecchie lire per ogni seduta che apriamo al Senato. Forse varrebbe anche la pena di impiegare in maniera ottimale il denaro dei contribuenti.

Vi è poi il mistero, perché all'atto del varo di questo decreto il Presidente del Consiglio ha dichiarato che il decreto-legge varato dal Governo sulle intercettazioni - quindi non sulle indagini - nasce per evitare che esse vengano usate come ricatto e che il marcio dilaghi. Il mistero, allora, è: di quali intercettazioni è al corrente il Presidente del Consiglio? Che cosa sa per essere indotto a varare in tutta fretta un decreto che - si badi bene - se l'avessimo proposto noi, nel precedente Governo, con la precedente Presidenza della Repubblica, non avrebbe mai ottenuto la firma da parte del presidente Ciampi, perché mai su una materia del genere avrebbe ravvisato la straordinaria urgenza? Prova ne è che, quando abbiamo voluto fare un decreto su questa materia, siamo stati «stoppati» e abbiamo dovuto fare un disegno di legge.

Il secondo paradosso è ciò che è accaduto ieri: il Governo presenta, all'insaputa anche della maggioranza e del relatore, un emendamento che ribalta di centottanta gradi il decreto che aveva presentato. Improvvisamente ieri - non so se cronologicamente ciò è importante, ma dopo che in mattinata l'ANM è stata accolta in dialogo, in discussione con il Presidente del Consiglio - il Ministro della giustizia, senza nemmeno avvisare la maggioranza, presenta un emendamento che di fatto è un nuovo decreto e che ribalta in maniera copernicana l'impostazione del primo testo. Nel primo testo le intercettazioni devono essere immediatamente distrutte, nel secondo testo devono essere distrutte dopo che una sentenza di un procedimento penale è passata in giudicato, cioè dopo dieci anni, cioè di fatto mai.

Questo è il secondo grave paradosso a cui segue il terzo, perché dopo altre due ore il Governo ci ripensa un'altra volta, ritira l'emendamento e si torna al decreto, al testo precedente. Allora qui, evidentemente, c'è un altro mistero: perché è stato fatto ciò, quali sono i motivi, quali sono le ragioni? Silenzio. Soltanto silenzio da parte del Governo, perché non si può dire che si sia cercata una mediazione: non è una mediazione ribaltare in maniera copernicana il testo di un precedente decreto-legge (che, ripeto, è urgente, inderogabile e quindi necessario: stiamo parlando non di un disegno di legge, ma di un decreto-legge), poi cambiare totalmente e dopodiché cambiare ancora.

Vogliamo sapere la ragione, quali sono stati gli eventi esterni all'Aula che hanno portato a ciò. Su questo non ci è stata data alcuna spiegazione, ma devo dire anche che nessuna spiegazione è stata richiesta se non, forse, in questo momento.

Ebbene, credo che il Governo abbia il dovere di dire esattamente che cosa è accaduto. Forse - diciamolo malignamente in questa sede dove siamo coperti dall'articolo 68 della Costituzione - il Presidente del Consiglio si è accorto in un primo momento che non c'erano intercettazioni a suo carico e poi magari, dopo due ore, si è accorto che invece c'erano. Ma di fatto stiamo lavorando su dei testi che, di volta in volta, sono esattamente il contrario di quello che ci è stato presentato qualche ora prima.

Infine, un ultimo paradosso: questo decreto non va a toccare minimamente il problema vero e reale del cosiddetto scandalo delle intercettazioni che avviene nel nostro Paese, cioè la propalazione di queste ultime sui giornali e sui media. Ricordiamoci che questi cosiddetti scandali nascono tutti da intercettazioni che sono state legittimamente acquisite, attraverso ordinanze della magistratura. Dunque, è illegittimo l'uso, cioè la propalazione di queste intercettazioni, alcune volte violando il segreto istruttorio, quindi commettendo un reato, altre volte non ottemperando alle previsioni di legge, alle previsioni normative del codice di procedura penale, depositando atti che in quel momento evidentemente diventano pubblici, ma che contengono stralci di intercettazioni che magari nulla hanno a che vedere con l'inchiesta in corso e che servono soltanto, alcune volte a colpire delle persone, altre volte a soddisfare la sete di gossip del pubblico.

Bene: su tale tema - è un altro paradosso - questo provvedimento non interviene minimamente. Quindi siamo chiamati a legiferare sulla conversione di un decreto‑legge che è meramente virtuale, che agisce su un'attività meramente virtuale, di cui noi non abbiamo fino adesso alcuna prova. Questo è l'ambiente in cui, al momento, ci apprestiamo a lavorare.

Per cogliere l'occasione (perché questa è veramente un'occasione perduta, dato che si rinuncia a intervenire su quello che è invece il tema reale, l'uso illegittimo di intercettazioni acquisite legittimamente), noi abbiamo presentato una serie di emendamenti che mi riservo di illustrare. (Applausi dal Gruppo LNP e del senatore Valentino).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Valentino. Ne ha facoltà.

VALENTINO (AN). Signor Presidente, durante i lavori di Commissione, si sono confrontate ipotesi diverse: vi è stata certamente una dialettica serrata, ma apprezzabile, se è vero, com'è vero, che si è giunti ad ipotizzare una soluzione per larghi versi condivisa. E non poteva essere diversamente, attesa la materia che si stava trattando e le ragioni che avevano indotto la trattazione così sollecita, così celere: l'adozione dello strumento del decreto; una materia resa incandescente, se mi si passa l'espressione, proprio dalla vicenda Telecom che aleggia in quest'Aula, della quale si parla poco, di cui poco si è parlato anche quando il Presidente del Consiglio è venuto a riferire di temi correlati.

Abbiamo avuto la sensazione di quanto precaria sia la privacy, la riservatezza alla quale ognuno ha diritto, di come, attraverso questi strumenti della modernità, usati in maniera perversa, si possano realizzare attività intrusive per entrare ad esempio nelle case di soggetti che non debbono certamente subire osservazioni particolari e poi utilizzare per finalità meno nobili le notizie e i dati acquisiti.

Certamente si imponeva un intervento categorico, drastico, naturalmente in sintonia con il sistema: viviamo in uno Stato di diritto, lo ripetiamo sempre per ricordarlo a noi stessi gli strumenti che dobbiamo adottare debbono essere in assoluta sintonia con il sistema in cui viviamo.

Ebbene, al di là delle osservazioni ulteriori che certamente nell'ambito della trattazione in Aula saranno fatte, credo che il prodotto finale che la Commissione ha realizzato sia tutto sommato apprezzabile. Devo dare atto - lo faccio perché me lo impone l'onestà intellettuale - al Governo di aver ritirato un emendamento presentato in un contesto le cui connotazioni precise ancora ci sfuggono; un emendamento che avrebbe alterato lo spirito del decreto, la filosofia, le ragioni per le quali era stato realizzato.

E' stato un gesto apprezzabile, che ha poi determinato questo clima nuovo, di collaborazione, che ha consentito che i lavori fossero coronati da un successo sostanziale, diciamolo pure. Il Presidente del Senato ha capito l'importanza dell'impegno; ci ha consentito una trattazione nel corso della mattinata di oggi senza pressioni di alcun genere; credo si possa essere soddisfatti, anche se certamente alcuni aspetti saranno ancora trattati e presi in considerazione.

Ve n'è uno, Presidente, al quale sono particolarmente interessato e che pongo in questa fase di discussione generale, anche se il senatore Storace lo tratterà partitamente: è quello relativo allo spionaggio politico e alla cesura di provvidenze ai politici che pongano in essere attività connotate da questo tipo di illiceità.

Io non so quale strumento si possa adottare per superare l'eventuale sbarramento che, attesa la trattazione del tema, la maggioranza qualificata impone; tuttavia, ove mai il voto fosse corale, sarebbe votato con maggioranza qualificata, dunque potrebbe introdursi nel decreto anche l'emendamento 4.0.1, al quale tutti noi teniamo, a riprova che vi è una parte politica in questo Paese che non chiede guarentigie particolari per chi siede nei banchi del Parlamento, per chi sta nel Palazzo, come diceva poc'anzi il senatore Manzione, quando sosteneva che questo provvedimento riguarda soprattutto coloro che siedono nel Palazzo.

Penso che, se si desse corso a questa ipotesi introdotta con l'emendamento citato, a firma del senatore Storace, anche questa considerazione del collega Manzione che, devo ammetterlo, non ha trovato entusiastica considerazione nell'Aula ‑ lo dico con tutto il rispetto per il senatore Manzione ‑ potrebbe essere accantonata.

Signor Presidente, ritengo che le intercettazioni siano uno strumento importante - parlo di questo segmento delle attività intrusive che si svolgono nell'ambito dell'esigenza processuale - e che siano indispensabili per la realizzazione delle finalità che il processo persegue, per accertare responsabilità, per accertare verità. L'uso che da qualche tempo se ne fa è un uso perverso; le intercettazioni sovente vengono fatte per essere sbandierate sui giornali, prescindendo dagli esiti che si realizzeranno nell'ambito del processo.

Che siano serventi al processo è un fatto quasi marginale e ciò che io lamento, signor Presidente, lo dico con amarezza, è che molto spesso inutili intercettazioni vengono regolarmente disposte, assolutamente ininfluenti rispetto alle esigenze processuali, soltanto per poterle depositare, per poterle ufficializzare e perché siano divulgate non per l'importanza che esse hanno nell'ambito dell'esigenza processuale, ma perché alcuni contenuti suggestivi possono suscitare turbamenti, climi particolari, utili a progetti che certamente con il processo non c'entrano nulla.

Voglio ricordare una vicenda che ha suscitato grande clamore per la qualità dei protagonisti: quella relativa alle intercettazioni UNIPOL, atti che, al di là dei fatti e della rilevanza politica, dei quali non è il caso di parlare in questa sede perché in questa sede certamente non ci interessano, erano stati destinati allo stralcio, alla cancellazione, alla soppressione, e che sono stati poi utilizzati in maniera clandestina e spregiudicata.

Ebbene, credo che chi si rende responsabile di condotte di questo genere debba pagare adeguatamente e il decreto anche questo prevede. Interventi, quindi, per cancellare l'oggetto delle nefandezze, censure rigorose per coloro che sono protagonisti, che sono responsabili di queste nefandezze. Francamente, altro strumento non vi era, se non quello del decreto, per porre argine a questo stato di cose. Che si discuta nell'altro ramo del Parlamento un disegno organico teso a rivisitare questa complessa materia è fatto certamente apprezzabile, del quale assumeremo cognizione quando si trasmetterà il testo in questo ramo del Parlamento e al quale daremo i contributi necessari secondo le esigenze che avvertiamo e che riteniamo debbano essere coerenti con le principali esigenze della giustizia.

Credo, signor Presidente, che il Senato possa compiere questo ulteriore sforzo per esaminare gli emendamenti: alcuni meritano di essere considerati con la massima attenzione, affinché in tempi celeri il provvedimento possa essere licenziato. Certamente, Alleanza Nazionale non farà mancare il proprio contributo. (Applausi dal Gruppo AN).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Palma. Ne ha facoltà.

PALMA (FI). Signor Presidente, quando è iniziata la trattazione del disegno di legge in esame, mai avrei immaginato di intervenire in sede di discussione generale. Certo, però, la dinamica dei fatti che hanno portato all'emanazione di tale provvedimento e le stranezze che ne hanno accompagnato l'iter (da ultimo quello stop and go che ha caratterizzato la giornata di ieri, con l'emendamento del Governo), mi impongono di intervenire, per rappresentare all'Aula talune mie perplessità.

Ho ascoltato gli interventi del senatore Manzione e, da ultimo, del senatore Valentino. Trovo davvero singolare che, a fronte di anni e anni di macelleria mediatica, che ha trovato il suo presupposto proprio nell'indebita e reiterata fuga di notizie, portando all'infangamento di moltissime persone, il Governo abbia deciso di intervenire, con un decreto‑legge, con riguardo ad un episodio come quello della Telecom, sia pure grave, ma assolutamente marginale rispetto all'incredibile ed intollerabile fenomeno che ha caratterizzato la vita, non solo politica, di questi ultimi anni.

Si ritiene che vi siano ragioni di necessità e urgenza in considerazione di quanto accaduto nell'episodio di «spionaggio» Telecom. Bene: nel corso dei lavori della Commissione abbiamo appreso, però, che in quello spionaggio non vi è stata nessuna intercettazione telefonica e che il tutto si è limitato ad un'acquisizione illecita di taluni tabulati di traffici telefonici, cioè un qualcosa di assolutamente riduttivo, se rapportato a quanto ha caratterizzato il nostro passato. Non solo, ma non conosciamo né la vastità di tale spionaggio né le persone interessate, salvo una: l'attuale Presidente del Consiglio, il quale, in una dichiarazione resa ad un giornale spagnolo, ha affermato di essere stato vittima dello spionaggio della Telecom. E così, ci troviamo di fronte ad un decreto‑legge emesso, per necessità e urgenza, da un Esecutivo il cui Presidente del Consiglio afferma di essere parte lesa di tale spionaggio, ma tant'è.

Ieri il Governo ha presentato un emendamento volto a sistematizzare la materia, rendendola un po' più confacente al nostro ordinamento giuridico. Improvvisamente, non si capisce perché né per come, dopo che le Commissioni giustizia e affari costituzionali si erano impegnate nella trattazione dell'emendamento, questo viene ritirato. Torniamo, quindi, indietro; torniamo di nuovo al testo originale che, però, sappiamo sarà modificato, in ragione degli emendamenti a firma della Commissione, poiché è stato raggiunto un accordo.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, non credo che il tecnicismo, che pure a volte dovrebbe accompagnare le norme, sia di per sé utile alla risoluzione dei problemi politici; spesso, però, questo, se male utilizzato, svela i reali obiettivi che attraverso una norma si intendono raggiungere.

E diciamolo francamente: l'obiettivo che si intendeva raggiungere fin da subito non era e non è la tutela dell'immagine e della privacy dei cittadini italiani, troppo a lungo vulnerata dalla macelleria mediatica, ma era semplicemente la necessità di tutelare la privacy di quei ben individuati soggetti che erano stati oggetto di uno spionaggio politico, di uno spionaggio da parte della Telecom. Nell'ignoranza di quali fossero e di quali siano questi soggetti, non potendo evidentemente rientrare il calciatore Vieri in uno spionaggio della Telecom ma semmai in una forma di pedinamento, rimane - per sua stessa ammissione - come unico soggetto noto parte lesa l'attuale Presidente del Consiglio.

Certo è che noi andiamo a regolamentare questo piccolo segmento dell'anomalia italiana consentendo, in ragione del fatto che alla Camera si discute di altro disegno di legge o di proposta di legge, che quotidianamente i giornali, attraverso la veicolazione di intercettazioni legalmente autorizzate destinate a restare segrete, possano continuare a infangare l'onore e la reputazione dei cittadini.

Si poteva fare meglio, nel senso che fin da subito si poteva immaginare che quella distruzione dei documenti avvenisse in forma garantita e cioè che venisse assicurato un contraddittorio tra le parti, che il soggetto deputato alla distruzione fosse il giudice per le indagini preliminari.

Prendo atto però che nell'emendamento della Commissione vi è, come dire, una modifica all'originario impianto e si è costruito un procedimento in camera di consiglio che comporta, nel rispetto del contraddittorio delle parti, la distruzione dei documenti.

Mi permetto però di dire che secondo quell'emendamento la distruzione dei documenti è eventuale, non è un dato certo, non comprendendosi bene il significato dell'inciso: «nel caso disponga la distruzione dei documenti»; in altri termini, non comprendendosi se la distruzione dei documenti non è ordinata quando quel reato non venga considerato ipotizzabile dal giudice per le indagini preliminari, ovvero il giudice per le indagini preliminari non intenda procedere immediatamente alla distruzione per chissà quali ragioni istruttorie evidentemente correlate al reato presupposto di intercettazioni abusive.

Se la mancata distruzione del documento dovesse derivare dal fatto che il giudice per le indagini preliminari non ritiene sussistenti gli elementi, i fondamenti del reato presupposto, nulla quaestio. Ma se la mancata distruzione dei documenti dovesse ancorarsi a malintese o presupposte esigenze istruttorie tendenti agli accertamenti del reato, se non ricordo male, di cui all'articolo 615-bis del codice penale, non v'è dubbio che verrebbero vanificati non solo lo scopo della norma, ma quelle ragioni di necessità e di urgenza che sono state sbandierate come essere a fondamento del decreto stesso.

E ancora mi chiedo: per ipotesi, nel Governo prima e in Commissione poi, vi siete posti il problema che il reato presupposto nella forma normale, cioè quella di un privato cittadino che procede ad una intercettazione abusiva, è un reato procedibile a querela di parte? E avete posto alla vostra attenzione che in assenza di querela non vi è procedibilità e che in assenza di procedibilità non vi è alcuna possibilità di incardinare in via definitiva, attraverso la distruzione, il sequestro stesso, deponendo in tal senso non le povere parole di chi vi parla, ma l'articolo 14 della Costituzione? (Commenti del senatore Di Lello Finuoli). Cosa ben diversa è, senatore Di Lello - se è questo che intende con il suo dissentire - fare riferimento alla possibilità, comunque, di procedere a confisca del corpo di reato nei casi eccezionali in cui ciò è previsto, perché quei corpi di reato costituiscono di per sé illecito; penso, ad esempio, all'arma che viene distrutta.

E inoltre: perché vi ostinate a immaginare che quel verbale che rappresenta le operazioni di distruzione debba essere assoggettato alla normativa di cui all'articolo 512 del codice di procedura penale, in tema di lettura dei verbali, e non debba invece - come sarebbe più logico e sensato, costituendo semplicemente l'altra faccia di un decreto di sequestro - appartenere direttamente, fin dall'inizio, al fascicolo del dibattimento, costituendo così piena prova nei confronti del soggetto per ipotesi imputato del reato di intercettazioni abusive?

Capisco che la fretta induca a ragionare in termini spesso rozzi, affrontando il problema per quello che si presenta e dimenticando magari taluni dettagli, ma vorrei sapere qual è allora la disciplina per l'interferenza abusiva nella corrispondenza privata. Vi rendete conto che questa vostra normativa consente un regime particolarmente garantito nei confronti di un tabulato di traffico telefonico, ma non consente analoga disciplina riguardo, ad esempio, alle lettere private, che possono essere tranquillamente intercettate e conosciute da estranei, dal momento che la corrispondenza privata non è contemplata in questo decreto?

E poiché l'articolo 25 della Costituzione e l'articolo 1 del codice penale stabiliscono il principio di legalità e tassatività, difficilmente sarà possibile un'interpretazione estensiva in malam partem nella materia che ci riguarda. Sull'onda della vicenda Telecom, create un regime particolare per le intercettazioni telefoniche, ma non per la corrispondenza privata, che invece - mi permetto di ricordare - l'articolo 15 della Costituzione assoggetta alla stessa identica tutela.

E ancora, comprendo che una particolare durezza sotto il profilo della disciplina processuale imponga delle tenerezze, per così dire, sotto il profilo sanzionatorio (tenerezze che, devo dire la verità, spesso appartengono alla vostra parte politica), ma quelle pene da uno a sei anni o da due a sei anni, previste nell'originario disegno di legge del Governo, da infliggere a colui che illegalmente deteneva o acquisiva tabulati, adesso si trasformano in una pena da uno a quattro anni, a cui quindi può essere applicata la sospensione condizionale.

In sostanza, questo decreto, per quel che mi riguarda, è solo uno specchietto per le allodole. Sotto l'usbergo e dietro il paravento della necessità di tutelare la privacy di tutti, in realtà si tutela la privacy solo di taluno e le sanzioni non sono tali da svolgere il loro contenuto preventivo. Rimane solo la distruzione di quei documenti, attraverso la quale verrà tutelata la privacy non di tutti i cittadini, ma solo di pochi. Continueremo così per chissà quanto tempo ancora a distruggere quello che è illecitamente acquisito, ma anche a leggere sui giornali, come se guardassimo dal buco della serratura, tutto ciò che accade nelle famiglie delle persone che hanno la sventura di essere oggetto di intercettazione telefonica.

Infine, senatori Manzione e Valentino, voi ritenete che la legge non si applicherà alle intercettazioni legalmente autorizzate e che quindi le eventuali anomalie che accompagnano tali intercettazioni saranno oggetto di una disciplina che, chissà quando e chissà come, la Camera dei deputati prima, e il Senato della Repubblica poi, dovranno emettere.

Mi permetto di far notare che la formula «illegalmente acquisiti» significa che tutto ciò che fa parte di un'intercettazione telefonica legalmente autorizzata che non viene reso pubblico attraverso un provvedimento di trascrizione reso dal giudice per le indagini preliminari, e che conseguentemente è destinato a restare segreto, ove mai fosse oggetto di divulgazione si assoggetterebbe a questa stessa disciplina.

Questa è l'unica ragione per la quale, pur con tante perplessità, cercherò, per quello che mi riguarda, di votare a favore di questo provvedimento. Esso ha infatti degli scopi completamente diversi e quantomeno può raggiungere l'effetto, una volta per tutte, di sanzionare in termini duri e pesanti quella macelleria mediatica alla quale tante persone perbene di questo Paese sono state assoggettate per la superficialità linguistica di agenti e ufficiali di Polizia, magistrati, giornalisti e, scusatemi tanto, nel silenzio di una classe politica che si è limitata spesso a ritenere che una determinata fuoriuscita poteva essere utile ai propri interessi di bottega. (Applausi dal Gruppo FI e del senatore Storace).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Boccia Maria Luisa. Ne ha facoltà.

BOCCIA Maria Luisa (RC-SE). Signor Presidente, ho iniziato la mia attività in Commissione giustizia proprio occupandomi in quella sede di intercettazioni telefoniche. Dall'inizio dei nostri lavori, infatti, abbiamo avviato una serie di audizioni - ancora in corso e che credo si concluderanno domani - non già sul tema delle intercettazioni illecite ma sulla materia nel suo insieme, considerando anche quella problematica complessa e difficile, al confine tra il lecito e l'illecito, costituita dal distinguo tra gli usi e gli abusi che si possono fare di materiali legalmente acquisiti e invece l'acquisizione illegale dei medesimi.

Condivido l'affermazione del senatore Ziccone, dopo questo lavoro attento che il Parlamento sta affrontando anche qui in Senato sull'insieme della materia, secondo il quale la materia va rivista tutta. Condivido anche l'opinione secondo la quale anche le intercettazioni legalmente acquisite possono arrecare danni.

Oggi stiamo affrontando un aspetto molto più circoscritto oggetto di questo decreto, che riguarda il ricorso ad attività illecite e la collezione, l'uso, la raccolta e la conservazione di documenti, atti e fascicoli provenienti da tali attività. Tale aspetto ha assunto una particolare rilevanza politica, sociale e giuridica, ovviamente sotto la spinta di particolari vicende ed eventi che hanno posto all'attenzione del Governo e del Parlamento il problema di valutare quanto fossero sufficientemente regolate dalle norme del nostro ordinamento giuridico alcune fattispecie specifiche, in particolare l'illegalità di detenere, raccogliere e quindi poi utilizzare materiale illecitamente e illegalmente acquisito.

Naturalmente, questa circostanza ha accentuato la gravità della situazione e ha spinto verso una richiesta di intervento tempestivo; da qui la scelta del Governo del decreto-legge.

Comunque, mi sembra che tutti noi, da quando è iniziato l'esame del decreto-legge, abbiamo lavorato con la medesima preoccupazione: evitare che tale spinta si traducesse in un'ennesima legislazione di emergenza, in un'ennesima produzione di norme che, se convertite in legge, avrebbero dovuto poi entrare in vigore a tutti gli effetti e durare nell'ordinamento, anche se sono costruite ad hoc su una specifica vicenda.

 

 

Presidenza del vice presidente ANGIUS(ore 16,35)

 

(Segue BOCCIA Maria Luisa). Questa logica della norma sulla vicenda o sul caso noi l'abbiamo sempre contrastata e la riteniamo fortemente dannosa e lesiva dell'ordinamento. In Commissione abbiamo lavorato cercando di contenere la spinta ad affrontare e risolvere soltanto l'emergenza, tentando quindi di contenere l'influenza del clima che le notizie sui giornali hanno determinato, con tutto il clamore, anche comprensibile, che in questi mesi si è generato su uno spaccato così inquietante, arrivando sino alle nostre Aule.

Si è trattato di un allarme creato dalla vicenda Telecom, ma vorrei dire al senatore Manzione e agli altri colleghi che sono intervenuti che non riguarda soltanto il Presidente del Consiglio, i politici o personalità rilevanti e autorevoli: riguarda, come diceva già il senatore Tibaldi, i cittadini. Intervenire su come si utilizza materiale illecito è una garanzia per i cittadini, perché i fascicoli possono essere stati costruiti anche su lavoratori dipendenti, su cittadini qualsiasi che non hanno notorietà particolare, posizioni politiche o economiche particolari o interessi specifici da tutelare.

Non è compito né del Governo né del Parlamento appurare i fatti, intervenire rispetto alla consistenza di oggetti di questa o quella indagine. Noi, di fronte a tali vicende, ci siamo posti un'altra domanda e dobbiamo affrontare un altro problema: le norme che abbiamo offrono una sufficiente garanzia di ripristino e di efficacia della legalità in questa materia?

Mi pare che questo sia l'oggetto del decreto, che infatti è incardinato su due aspetti: per prima cosa, gli atti e i documenti acquisiti da attività illecite non possono in alcun modo essere utilizzati, non possono produrre effetti positivi, né per le indagini né a fini processuali; in secondo luogo, si rafforza la tutela della legalità, sapendo che sono in gioco beni costituzionali essenziali come la libertà e la riservatezza delle comunicazioni, la garanzia della privacy, che è un terreno aperto e del tutto inedito che non ha ancora la tutela e le garanzie necessarie nel nostro ordinamento, e sapendo che la legalità è di per sé un bene costituzionale da garantire, una legalità efficace.

Da questo punto di vista, il lavoro che abbiamo svolto in Commissione rispetto alla versione del decreto emanato dal Governo è stato, appunto, quello di controllare se garantisse pienamente la legalità e la sua efficacia, se cioè la necessità dell'intervento tempestivo, distruggendo materiale illecito, non si esponesse e non rischiasse, dal punto di vista della definizione delle nuove fattispecie di reato e delle procedure sia penali che civili contenute nel decreto, di non tutelare la legalità, in piena rispondenza ai princìpi della Costituzione in primo luogo - quelli sul giusto processo ed altri - e alla tutela dei diritti delle parti interessate, sia delle parti lese sia degli autori del reato.

Dare garanzia ai soggetti implicati è essenziale per chi voglia operare con decreto nello spirito e nel fine di rafforzare la tutela della legalità. Non si possono prevedere smagliature proprio su questo. Abbiamo quindi riformulato interamente il decreto, salvaguardandone le finalità e gli scopi, ma riformulando tutti e quattro gli articoli che lo costituiscono. Naturalmente, gli emendamenti elaborati insieme, con un confronto serrato, dove tanto ho appreso dalle competenze anche giuridiche di molti colleghi dell'opposizione e della maggioranza, comportano il ritiro degli emendamenti che, come parlamentari di Rifondazione Comunista nella Commissione giustizia, avevamo presentato.

Con quella riformulazione ci siamo posti l'obiettivo di ricondurre a coerenza con i princìpi della Costituzione, con le norme dei codici penale e civile e con le norme dei codici di procedura penale e civile tutti e quattro gli articoli del provvedimento.

Vorrei concludere con un'osservazione su una questione posta dal senatore Villone che mi sta molto a cuore. Anch'io ritengo che uno dei punti più delicati di intervento in questa materia, non soltanto su questo decreto ma in generale sulla materia delle intercettazioni telefoniche e telematiche, sia la tutela della libertà di stampa. Nell'emendamento della Commissione abbiamo sostituito il termine «pubblicazione» con l'altro «divulgazione». Anche su questo aspetto abbiamo corretto il procedimento; siamo intervenuti anche sulle sanzioni, riducendole.

La libertà di stampa è certamente importante. Essa, però, deve essere bilanciata con la garanzia e la tutela dei diritti dei cittadini, oggi troppo spesso colpiti, ridotti, ridimensionati rispetto al principio, da me non condiviso, in base al quale la notizia, se ha anche solo una verosimiglianza di verità, deve essere comunque divulgata in nome della trasparenza. Questa idea di trasparenza porta a un controllo e ad una invasività nella vita, nella privacy, nelle libertà dei cittadini (e insisto, di tutti i cittadini, uomini e donne). Noi non possiamo accettarlo. Tale eventualità richiede interventi inevitabili anche in un settore che colpisce l'uso indebito di notizie da parte della stampa. (Applausi dal Gruppo RC-SE. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Caruso. Ne ha facoltà.

CARUSO (AN). Signor Presidente, intervengo in discussione generale su questo disegno di legge senza voler ritornare sul merito del provvedimento al nostro esame. Di esso hanno discusso in maniera esauriente, e forse anche più consapevolmente istruita di quanto potrei fare io, molti colleghi che mi hanno preceduto nei loro interventi, primo fra tutti il relatore, senatore Salvi, quando ha illustrato l'argomento della discussione. Desidero, però, non perdere la facoltà di parlare che lei mi sta concedendo per svolgere una riflessione di carattere politico su quanto questo decreto-legge ha significato e significa oggi, nel momento in cui se ne discute la conversione.

Intendo farlo cercando di illuminare, almeno secondo il mio punto di vista, tanto i lati chiari quanto quelli scuri di questa vicenda. Per comprenderla, bisogna tornare a qualche settimana fa. Dopo l'ennesimo accanimento giornalistico a mezzo di illegali pubblicazioni di verbali di interrogatori di indagati, piuttosto che di brani di stralci di intercettazioni telefoniche o ambientali, si ebbe l'avvisaglia dell'affacciarsi di una nuova inquietante vicenda sul panorama mediatico. Alla gravità della vicenda in sé sembrava accompagnarsi la minaccia dell'ennesimo tormentone destinato a minare e colpire onorabilità e credibilità di persone appartenenti a molti contesti della società.

A fronte di tale minaccia, il ministro Mastella - del quale tutto si può dire e che di tutto si può rimproverare, ma non di essere persona priva di riflessi, in quanto li ha prontissimi - corse ai ripari con un decreto-legge. In esso si disponeva di prendere quelle registrazioni (senza neppure nominarle, né era possibile farlo) e di distruggerle immediatamente, subito e senza tante discussioni. Il decreto-legge entrò in vigore e questo ramo del Parlamento iniziò doverosamente ad esaminarlo e discuterlo. Si deve alla costante presenza del sottosegretario Li Gotti la partecipazione del Governo ai lavori della Commissione.

Ad un certo punto dell'esame del provvedimento, essendo a tutti noto che quel decreto-legge non interveniva in forza di un bisogno generico avvertito dal ministro Mastella, ma veniva emesso sulla base di un fatto circostanziato, mi permisi di chiedere al sottosegretario Li Gotti la cosa che mi sembrava più evidente. Chiesi cioè se il decreto-legge aveva avuto un effetto, vale a dire se era stato attuato. Il Sottosegretario rispose che per quanto gli risultava - e a lui risulta tutto quello che è - non vi era stata alcuna attuazione del decreto-legge. Nulla, quindi, si era distrutto in forza dello stesso. Il collega Storace, a riprova di ciò, se ve ne fosse bisogno, mi conferma che il sottosegretario Li Gotti oggi stesso lo ha nuovamente ripetuto.

A questo punto è iniziato l'esame degli emendamenti - mi perdonerà, signor Presidente, se salto qualche puntata per evitare di tediare lei e i colleghi - nella maniera, direi, più corretta e ordinata da parte della Commissione. È iniziata una verifica da parte dei componenti della maggioranza sugli elementi che potevano essere condivisi e su quelli che non potevano esserlo.

Va sottolineata, tuttavia, una premessa logica. Un altro merito che non può essere sottratto al ministro Mastella era stato quello di chiedere preventivamente un consenso in linea di principio a tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione su un argomento così delicato come quello di cui si discute e, dunque, munendosi di un sostegno, per così dire, informale e preliminare da parte dell'intera rappresentanza popolare su un argomento di particolare rilevanza. Nessuno può dire che il Ministro, muovendosi metodologicamente in questa direzione, non abbia compiuto qualcosa che sia in sé condivisibile e non, semplicemente, quello che oggi va sotto la denominazione di politicamente corretto, ma abbia sostanza e meritevolezza.

Salto le puntate successive: quando la maggioranza, entrando nel concreto degli emendamenti, delle proposte di modifica, dell'esistente e delle parti da modificare, sta per raggiungere un consenso complessivo e sta per portare la sua proposta politica e legislativa alla Commissione, succede un fatto assolutamente straordinario, anzi due. Il ministro Mastella ieri, verso la metà della mattina, ha annunciato a tutti che il decreto-legge non si modificherà neanche di un vocabolo, che egli non sottostà al consueto ricatto del suo solito collega di Governo, del solito Ministro che gli è concorrente, del solito convitato di pietra al tavolo della giustizia, che egli è pronto a votare con l'opposizione se questa parte dovesse non condividere questa posizione.

Il sottosegretario Li Gotti, forse non conoscendo l'accaduto - ma naturalmente lo dico per celia, signor Presidente, poiché il sottosegretario Li Gotti è uomo avvertito e, certamente, non dall'operato casuale - si presenta ieri in Commissione giustizia e propone formalmente un emendamento non da poco, perché è la riscrittura complessiva del cuore del decreto-legge.

Insomma, il ministro Mastella verso la metà della mattina sosteneva che non avrebbe cambiato un vocabolo e, viceversa, nella tarda mattinata manda un suo Sottosegretario - non me ne voglia il sottosegretario Li Gotti se uso questo termine non elegante - a presentare a nome del Governo un emendamento che cambia tutto, che cambia, cioè, radicalmente il cuore del problema.

Passano poche ore e il sottosegretario Li Gotti - e non me ne voglia per l'ironia che potrebbe suonare nelle mie parole - ben esperto, in forza di una precedente e prestigiosa esperienza professionale, si pente, si reca in Commissione e ritira il maxiemendamento e, quindi, tutto torna come prima.

La Commissione giustizia a questo punto si mette a lavorare (per quanto mi riguarda, per riordinare, con grandissima fatica, ma cosa vuole, Presidente, ciascuno ha i suoi limiti, le poche e ben confuse idee che alla fine avevo avuto) e per cercare di portare a compimento il testo che oggi l'Assemblea del Senato voterà. Verrebbe da esclamare, e se lei crede forse lo posso fare a conclusione del mio intervento, che tutto è bene quel che finisce bene.

Ma un'opposizione che cerchi di svolgere il proprio compito e la propria missione, per usare un termine aulico, in maniera proba e doverosa, al di là di questo decreto-legge e delle buone intenzioni che sono dietro di esso e che spero si tradurranno in concrete e utili cose per il Paese, deve comprendere cosa fanno il ministro Mastella e il Governo presieduto dall'onorevole Prodi in materia di giustizia. Come intendono pilotare questa nave? Cercando di non urtare gli scogli che intralciano la navigazione a destra e a sinistra, oppure tentando di accontentare l'uno o l'altro? O forse cercando di avere quantomeno profitti mediatici da quanto si fa e si ritira dopo averlo fatto? Questi sono gli interrogativi che ci stiamo ponendo in maniera sempre più allarmata e preoccupata.

È stata la storia della riforma dell'ordinamento giudiziario, ormai in via di archiviazione ma recente; è stata una proposta di stop assoluto a una diavoleria che aveva inventato il ministro Castelli del centro-destra che si è risolta con una larga sconfitta, diciamolo, dei propositi controriformisti del ministro Mastella. È stato, ancora prima, il decreto Bersani, con cui questo centro-sinistra anche in materia di giustizia è riuscito a litigare con il mondo e a battersi contro il mondo.

Oggi abbiamo questo provvedimento che va bene perché tutto finisce bene. Ma tutto finisce bene attraverso un percorso, signor Presidente, che ho ritenuto utile ricordare a me stesso e a tutti voi, colleghi, perché trattiamo ancora oggi di una materia che non appartiene né alla destra, né alla sinistra, ma a tutti gli italiani.

Sapere allora che tutti gli italiani vedranno regolate le norme che servono a disciplinare le loro ragioni di buona convivenza, come se si trattasse di una barchetta impazzita in mezzo ai marosi, che ora va a destra e ora a sinistra, senza alcun disegno preciso, non è cosa buona e non è cosa che questa opposizione e il Gruppo di Alleanza Nazionale a nome del quale parlo può accettare. (Applausi dal Gruppo AN).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Andreotti. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI (Misto). Signor Presidente, intervengo brevemente, accettando l'invito del Gruppo Misto, al quale appartengo, pur non avendo una competenza giuridica. La mia laurea ha sessantacinque anni e sarà anche prescritta. Mi pare, però, che l'idea del decreto-legge in questo caso corrisponda ad una necessità psicologica e pratica.

Noi eravamo dinanzi a due fenomeni, uno dei quali non nuovo, cioè quello della pubblicità data a intercettazioni legali, messe però in circolo poi in modo assolutamente arbitrario. Qui rientreremo nel problema più generale che esiste già nella nostra legislazione. La nostra legislazione tutela il segreto istruttorio; tuttavia, salvo che vi siano varianti negli ultimi anni, ho domandato al massimario della Cassazione, qualche anno fa, se vi fosse una sentenza di condanna per violazione del segreto istruttorio e in quel momento non c'era.

Il senatore Castelli ha ragione sotto un aspetto, perché, quando da parte del Governo precedente si stava annunciando che qualcosa era in elaborazione, ci fu una specie di sollevazione psicologica. Oggi mi pare che ciò, almeno come principio, non ci sia. Mi sembra che la risposta del decreto-legge abbia, allora, questo significato politico.

Noi che apparteniamo al Vecchio Testamento, siamo sempre portati a ricercare dei precedenti. Noi avemmo una stagione nella quale si discusse molto (e vi fu anche una Commissione parlamentare, presieduta dall'onorevole Alessi) sulle cosiddette schedature realizzate dai Servizi e sulle intercettazioni abusive. Vi erano, poi, anche liti personali tra generali. Forse per cercare di commuovere me, considerato clericale, mi si disse che vi era perfino la schedatura di un vescovo. Ebbene, si trattava di un vescovo austriaco che ospitava dei ricercati nazisti, quindi il Servizio aveva il dovere di intervenire, non era un agire arbitrario.

Vi fu poi - anche questo non è nuovo - l'incenerimento di tutto lo schedario, con una solenne cerimonia, partendo dal Forte e arrivando all'inceneritore di Fiumicino. Tutto fu distrutto. Qualche anno dopo, però, qualcosa venne fuori altre carte, non perché le carte non fossero state distrutte a suo tempo, ma perché molti dei fascicoli derivavano, in istruttoria, da documenti locali, rimasti nei comandi dei carabinieri e nelle prefetture.

Può sembrare un paradosso, ma indipendentemente dal contenuto del decreto mi pare che si debba accettare la presa di coscienza nei confronti dei due fenomeni. Sul secondo, è stato chiesto dove fossero le prove. Non so se qualcuno di voi ha visto, un paio di settimane fa, la trasmissione «Matrix». Mentana ha interrogato il responsabile di questo servizio di Telecom, il quale ha raccontato tutto. Adesso non so se deve essere distrutto anche quel filmato, secondo le rigidità delle normative che stiamo qui determinando, ma egli ha raccontato tutto, ha descritto come avvenivano le intercettazioni. Alla domanda su quali fossero poi gli effetti, le conseguenze, ha risposto che erano i clienti a stabilirlo, non loro. Il fatto c'è stato ed è inquietante, perché riguarda il servizio pubblico. È un fatto di costume.

Due osservazioni. Il senatore Brutti ha detto una cosa giusta. Bisogna stare molto attenti nel legiferare in questa materia, perché si può rischiare di urtare non la tutela della libertà, ma le stesse libertà. Tant'è vero che la prudenza dei legislatori è stata tale che, per il sospetto che potesse essere usato in maniera diversa, non è si è dato luogo ad un adempimento previsto dalla Costituzione, cioè la legge sui partiti, perché dalla sinistra si temeva che rappresentasse una specie di schedatura. D'altra parte, si ricordava - vero o no che fosse, forse accentuato - che le prefetture giolittiane si impicciavano troppo anche delle elezioni. Quindi non si è mai varata nemmeno quella legislazione, proprio per questa tutela; però a me pare che, che siano buone o meno buone, su quelle norme ci si dovrà tornare.

Oggi noi dobbiamo avere questa presa di coscienza nei confronti di un'opinione pubblica che è stata turbata. Certamente, è turbata quando si parla di possibili deviazioni dei Servizi, ma non lo è di meno quando è coinvolta la struttura di un concessionario. Non è un artigiano che raccoglie le chiacchiere di paese. Sotto questo aspetto, prescindendo dalle dizioni di un testo o dell'altro, credo che sia bene dare una risposta politica di carattere generale. Parlare poi di cinque centesimi per pagina, o altro, mi pare un po' da drogheria.

Quando sono venute fuori le intercettazioni, sia quelle paralegali sia quelle abusive, mi è venuto in mente un cartello - qualcuno di voi, se non è giovane, se lo può ricordare - che durante la guerra era esposto in tutti i locali pubblici: «Taci! Il nemico ti ascolta». Mi è tornato in mente, pensando che qualche volta il nemico agisce anche per iniziativa privata. (Applausi).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Casson. Ne ha facoltà.

CASSON (Ulivo). Signor Presidente, onorevoli senatori, signori del Governo, i fatti, le premesse di fatto, che hanno condotto alla presentazione del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, sono sicuramente e oggettivamente molto gravi. Le cronache giudiziarie, così come riportate e sintetizzate dai mass media, danno atto di violazioni pesanti e profonde della legalità democratica.

Pur non potendosi in questo momento, per ovvi motivi, dare giudizi su responsabilità personali, è indubitabile che la raccolta illegale di informazioni, notizie, dati concernenti singole persone ha riportato nel Paese un'aria mefitica. Tanto più quanto risulteranno provati l'uso e il ricorso a strumenti di intercettazione e a mezzi tecnologici avanzati. Tanto più quanto sarà confermato il coinvolgimento di esponenti di vertice, di società private e/o di appartenenti ad apparati di sicurezza, ai danni di personalità di rilievo istituzionale anche elevato. Tanto più quanto sarà confermata l'attività illecita e di schedatura spionistica ai danni di tanti lavoratori e anche di semplici cittadini e ciò è in contraddizione con lo spirito e le norme dello Statuto dei lavoratori.

Tutti ci siamo sentiti colpiti da questa illecita interferenza nella sfera personale, politica e professionale di singoli cittadini, soprattutto per il fatto che ci sembrava di tornare ai peggiori tempi bui del passato e per il fatto che sono ancora da individuare i cervelli e le finalità precise di tale complessa opera criminale. Bene ha fatto pertanto il Governo a decidere un provvedimento immediato e urgente che, non a caso, ha ottenuto un plauso iniziale pressoché generale. Il fatto però è che, nella materiale e troppo rapida formulazione dell'articolato del decreto-legge che ci riguarda, si sono verificate alcune disfunzioni che hanno generato delle perplessità non solo tecniche e che hanno comportato un lavoro a fondo da parte dei rappresentanti di tutti i Gruppi all' interno della Commissione giustizia.

Erano e sono in gioco valori fondamentali per la nostra vita istituzionale e per i nostri rapporti interpersonali: è in gioco innanzitutto la necessità di tutelare la persona, la sua dignità, la sua esigenza di riservatezza, la persona in ogni suo aspetto e in tutte le sue variegate sfaccettature, in ogni sua dimensione. È in gioco la libertà di stampa, colonna portante di ogni democrazia moderna, sono in gioco altri valori costituzionali, come la necessità di svolgere ogni indagine penale fino in fondo e come l'obbligo costituzionale di garantire, all' interno del giusto processo, tutte le parti.

Il lavoro compiuto dalla Commissione giustizia, sintetizzato negli emendamenti 1.1000, 2.1000, 3.1000 e 4.1000, ha tenuto ben presente tutte queste esigenze, cercando di contemperare i vari interessi in gioco.

In sintesi, questi sono i capisaldi della nuova normativa che dovremmo approvare oggi. Primo: l'immediata distruzione del frutto delle attività criminali che viene disposta da un giudice e non dal pubblico ministero, che in sé rimane parte processuale, così fornendo al cittadino il massimo di garanzia istituzionale. Distruzione che viene disposta in contraddittorio tra le parti, nel corso di un' udienza fissata nell'ambito del presente sistema processuale il più rapidamente possibile; così si vengono a garantire tutte le esigenze, anche processuali, dei singoli cittadini.

Secondo aspetto rilevante: dei documenti e degli atti raccolti illegalmente non può essere fatta copia in nessuna forma e in nessuna fase processuale.

Terzo aspetto rilevante: il regime giuridico del contenuto degli atti, dei dati, dei documenti raccolti illegalmente è parificato a quello degli scritti anonimi di cui al primo comma dell'articolo 240 del codice di procedura penale. Letteralmente, il loro contenuto non può essere utilizzato come notitia criminis, né può assumere valore di prova processuale. Viene peraltro salvaguardata, nel sistema esistente, ed è confermato, la possibilità prevista di trarre spunto investigativo o di prevenzione da tali notizie: pensiamo al caso non ipotetico, né peregrino, della ricezione di una notizia di attentato o relativa ad un omicidio. In questo modo viene anche superata una perplessità, emersa in sede di Commissione affari costituzionali, in riferimento alla fattispecie di cui all'articolo 118 del codice di rito penale.

Ulteriore aspetto rilevante è quello considerato dall'articolo 4 del decreto-legge, che prevede la possibilità di chiedere in sede civilistica una riparazione in denaro per tutti coloro cui gli atti e i documenti illegalmente raccolti facciano riferimento, nel caso in cui il contenuto di detti atti sia stato pubblicato. Il meccanismo processuale individuato è stato ispirato alla istituzionale necessità di contemperare gli interessi del cittadino con quelli della libera stampa.

Il fatto che sui capisaldi della nuova normativa che vogliamo introdurre si sia trovato un amplissimo accordo è chiaro sintomo, da una parte, dell'estrema sensibilità per una materia così delicata; dall'altra, della consapevolezza generale di dover intervenire con urgenza a regolamentare e a cercare di reprimere gravi comportamenti criminali. Nessuno deve nascondersi e nessuno vuole nascondere il fatto che possibilità di copiare o fotocopiare il materiale illecito, di cui discutiamo, continueranno sempre ad esistere. Sono la nostra storia e la nostra esperienza che ancora una volta ci sono maestre per tutto ciò.

Peraltro, questo intervento normativo urgente vuole essere un chiaro segnale di attenzione al problema e all'intera vicenda, nell'intento di porre un argine, per quanto fragile possa essere o rivelarsi; un argine al dilagare di gravi attività criminali che, se non controllate e se non individuate per bene fino in fondo, possono creare rischi e pericoli per la nostra stessa legalità democratica. (Applausi dal Gruppo Ulivo).

 

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Ha facoltà di parlare il relatore.

SALVI, relatore. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, ci si è domandati nel dibattito se questo provvedimento sia a tutela del Palazzo o dei cittadini. È del tutto chiaro che noi, come giustamente ha detto la senatrice Boccia, non siamo qui per accertare i fatti, ma per partire da un allarme sociale derivato da fatti che, come ricordava poco fa il presidente Andreotti, sono di pubblico dominio.

Da quei fatti emerge che certamente i cittadini comuni, nell'ipotesi di cui si parla, sono stati gravemente colpiti nei loro diritti. Il primo parallelismo rispetto alle vicende del passato, che avremmo voluto non si ripetessero, è la schedatura dei lavoratori della Telecom, che ricorda la schedatura padronale dei lavoratori della FIAT di tanti anni fa. Questi cittadini vanno difesi e tutelati. Francamente, non sono in grado di rispondere se si chiede, come potrebbe fare il senatore Manzione, se ci sarebbe stata altrettanta sollecitudine ad intervenire se non si fosse sentito in discussione anche il Palazzo.

Il secondo triste parallelismo con il passato è il ruolo dei Servizi di sicurezza nella vicenda. Questo punto è molto delicato. Non dobbiamo accertare i fatti, ma se vi è tutto questo allarme, se si teme un attentato alla democrazia e così via, com'è possibile - lo chiedo al Governo, ma anche a quell'organismo eminentemente bipartisan che è il COPACO - che l'allarme sia tale da porre ad un provvedimento d'urgenza profili di costituzionalità, al punto che abbiamo dovuto fare un'operazione di ortopedia per cercare di rimetterlo tutti insieme nei binari della legge, e quei funzionari del Servizio sono tutti tornati ai loro posti di lavoro come se nulla fosse? Dobbiamo porci tale quesito. Mi pare un allarme quanto meno sbilanciato o squilibrato.

Si vorrebbe una parola chiara, non di condanna (spetta alla magistratura accertare se ci sono stati reati), ma di attivazione politica; non si capisce, infatti, come mentre, da un lato, si ritenga che la vicenda presenti caratteristiche di tale gravità da far emanare al Governo un decreto-legge con talune quanto meno anomale caratteristiche (ed il Parlamento, come è giusto che sia, se ne occupa e ne discute), dall'altro l'allarme venga meno.

Presidente Andreotti, è vero che adesso c'è una concessionaria privata - vengo incontro al suo ragionamento - ma si è, per così dire, semiprivatizzato un fenomeno che purtroppo questo Paese ha conosciuto, cioè l'uso illegale e deviato dei Servizi segreti.

La terza osservazione che è stata avanzata è che non si parla delle intercettazioni. Il Governo ha presentato un altro disegno di legge, a suo tempo, e ha ritenuto, nella sua saggezza, di portarlo nell'altro ramo del Parlamento, dove non mi risulta sia iniziato l'esame; il bicameralismo comporta che noi ci si debba occupare di quest'altra materia (non che l'altra non abbia un suo peso ed un suo rilievo).

Infine, onorevoli colleghi, il senatore Villone ha giustamente sottolineato una questione che sta a tutti a cuore: il bilanciamento tra la libertà di stampa e la struttura dell'articolo 4. Abbiamo ascoltato con attenzione il parere della 1a Commissione e la lettura del testo potrà rassicurarlo, perché entrambe le questioni da lui sollevate - cioè la genericità del termine «divulgazione» e l'entità, ritenuta eccessiva, della pena pecuniaria - sono state oggetto dell'intervento emendativo della Commissione.

Onorevoli colleghi, abbiamo ora un orientamento di massima, largamente condiviso in Commissione, per le modifiche e i miglioramenti da introdurre; facciamo in modo che su questo tipo di questioni non si intervenga solo sull'onda dell'emozione e dei titoli, dei quotidiani, ma vi sia trasparenza, vi sia un'attenzione continua perché vi sia trasparenza nella vita pubblica e perché la garanzia della tutela della riservatezza dei cittadini, a cominciare da quelli comuni, sia protetta e lo si faccia, com'è possibile farlo - e come abbiamo cercato di fare con i nostri emendamenti - senza mettere in discussione princìpi basilari del nostro ordinamento democratico come il giusto processo, il diritto alla difesa, l'obbligatorietà dell'azione penale.

A mio avviso, il testo condiviso in Commissione consente di tutelare l'esigenza per far fronte alla quale il Governo ha ritenuto di proporre la decretazione di urgenza, salvaguardando, al tempo stesso, il rispetto dei princìpi costituzionali. Credo quindi che consegniamo al Senato un testo certamente migliorabile, come tutte le cose umane, ma che può rispondere a queste diverse esigenze.

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

LI GOTTI, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, signori senatori, le ragioni che hanno indotto il Governo a presentare il decreto‑legge sono state ripetute abbondantemente in quest'Aula e quindi non posso che riportarmi a ciò che è stato già detto. Peraltro, quella del Governo era una decisione ampiamente condivisa da tutte le forze politiche, appositamente consultate, tant'è che le prime reazioni al decreto emanato dal Governo furono totalmente positive.

Forse qualche errore nel dibattito si riesce a cogliere nel momento in cui si accentra il discorso sul tema delle intercettazioni illegali. La nuova fattispecie di reato introdotta dal decreto-legge non è, e non poteva essere, quella delle intercettazioni telefoniche illegali. Sappiamo benissimo che sia le intercettazioni illegali, sia le intrusioni nella vita privata, sia la violazione della corrispondenza sono già tre profili di reità codificati ed esistenti nel Codice.

Quello che il Governo ha ritenuto di dovere fare è coprire quella zona d'ombra non sanzionata e non prevista dal legislatore, ossia il provento di queste condotte illecite, attuate attraverso le intercettazioni, la captazione abusiva nella vita privata e anche la violazione di corrispondenza, senatore Palma, nel senso che si riferisce a tutte quelle condotte che consentono all'autore dell'illecito di produrre poi qualche cosa di altro che potrebbe portare alla commissione di ulteriori condotte. Quindi, l'intenzione prima del Governo è stata quella di coprire tale fascia di condotta, che non era sanzionata.

L'altro problema da affrontare era la previsione della distruzione del materiale abusivamente e illecitamente formato, attraverso tali condotte illecite.

Il terzo profilo riguardava la previsione della possibilità di una forma riparatoria e risarcitoria in favore delle parti interessate. È stato posto il problema ed il senatore Castelli ne ha fatto oggetto dei quattro paradossi, attribuiti al Governo. Questo è il punto su cui intendo fare chiarezza, spiegando perché l'Esecutivo, pur consapevole del fatto che il decreto contenesse profili di criticità (concernenti il compiuto rispetto degli articoli 111 e 112 della nostra Carta costituzionale e recepiti nel corso dei lavori delle Commissioni affari costituzionali e giustizia), non abbia proceduto ad emendare il suo testo.

In verità, la decisione del Governo era di affidarsi al lavoro della Commissione, proprio perché durante l'esame in quella sede era emerso un orientamento non maggioritario, ma sicuramente e scientificamente importante, che prevedeva la possibilità della distruzione differita a diciotto mesi o, addirittura, della non distruzione, perché necessaria al rispetto del principio della formazione della prova nel dibattimento o alla dimostrazione del reato.

Proprio perché si apriva tale ventaglio di possibilità, il Governo ritenne di intervenire con propri emendamenti, che almeno, qualora si fosse differita la distruzione di tale materiale illecitamente formato, prevedessero comunque la possibilità di alcuni presidi normativi a tutela dei terzi (e cioè che, nel momento in cui tale materiale veniva travasato in un procedimento penale, esistessero comunque alcuni presìdi).

La presentazione degli emendamenti - com'è noto - ha provocato giustamente, legittimamente e comprensibilmente richieste di approfondimento da parte dei componenti delle Commissioni affari costituzionali e giustizia, il che avrebbe potuto determinare uno scivolamento dei lavori programmati di quest'Aula. Per tale ragione, il Governo ha deciso di ritirarli, al fine di evitare che la loro presentazione potesse alterare i lavori programmati dell'Aula: non vi è, quindi, nessun mistero dietro tale decisione.

Ovviamente, il risultato cui è pervenuta la Commissione è per noi soddisfacente: volevamo prevedere una nuova fattispecie di reato, ed il punto è stato mantenuto fermo; volevamo prevedere la distruzione del materiale illecitamente formato, e tale previsione è stata recepita dalla Commissione; volevamo prevedere una forma risarcitoria e riparatoria per la parte interessata che avesse subito danni da tali iniziative illegali. In questo senso, quello svolto dalla Commissione - cui ho intensamente partecipato - è stato un ottimo lavoro: il Governo ritiene, pertanto, di aver raggiunto gli obiettivi che si era proposto con la presentazione del decreto-legge.

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 del disegno di legge.

Avverto che gli emendamenti si intendono riferiti agli articoli del decreto-legge da convertire.

Passiamo all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 1 del decreto-legge, che invito i presentatori ad illustrare.

SALVI, relatore. Signor Presidente, vorrei illustrare una piccola modifica che rende più chiara - a nostro avviso - la formulazione dell'emendamento 1.1000, tenendo anche conto dell'osservazione avanzata dal collega Palma.

La modifica è la seguente: al comma 5, le parole: «nel caso disponga la distruzione dei documenti ...», sono sostituite dalle altre: «nel caso ritenga sussistenti i presupposti di cui al comma 2, dispone la distruzione».

BUCCICO (AN). Signor Presidente, ritiro l'emendamento 1.2 (testo corretto).

D'AMBROSIO (Ulivo). Anch'io ritiro l'emendamento 1.3 a mia firma.

CASTELLI (LNP). Presidente, sono ritirati tutti gli emendamenti all'articolo 1.

CENTARO (FI). Anche l'emendamento 1.7 è ritirato.

VALENTINO (AN). Anch'io ritiro il mio emendamento 1.17.

PALMA (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PALMA (FI). Signor Presidente, innanzitutto, vorrei ringraziare il presidente Salvi e la Commissione per l'attenzione che hanno mostrato al mio intervento e che ha portato alla riformulazione dell'emendamento 1.1000, presentato dalla Commissione.

Non per prendere il braccio a chi concede un dito, ma vorrei segnalare al presidente Salvi e alla Commissione se non sia il caso, nella riformulazione a cui si è addivenuti, di inserire anche la corrispondenza privata come oggetto di tutela.

Con la nuova formulazione, infatti, si ha una tutela delle intercettazioni illecite delle comunicazioni o dei flussi telematici, ma non della conoscenza illecita della corrispondenza privata.

 

PRESIDENTE. Mi pare di capire che si tratta di un cambiamento di qualche rilievo. Invito pertanto al relatore ad esprimersi sulla proposta del senatore Palma.

SALVI, relatore. Signor Presidente, nel comma 2 dell'emendamento si parla persino con eccessiva ampiezza di questa fattispecie. Ci si riferisce, infatti, a documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni. A mio avviso, la richiesta avanzata dal senatore Palma rientra certamente in questa fattispecie. Mantengo, pertanto, l'attuale formulazione dell'emendamento.

 

PRESIDENTE. L'emendamento 1.100 si intende illustrato. Comunico inoltre che è stato dichiarato inammissibile, perché presentato in Aula fuori termine, l'emendamento 1.300.

Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

LI GOTTI, sottosegretario di Stato per la giustizia. Esprimo parere favorevole sull'emendamento 1.1000 della Commissione, così come riformulato.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.100.

MANZIONE (Ulivo). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANZIONE (Ulivo). Signor Presidente, sono in disaccordo con il presidente Salvi quando egli contesta l'affermazione, che ho cercato di motivare in discussione generale, che questo decreto-legge sia un provvedimento destinato a tutelare i Palazzi, mentre invece la normativa prevista per la gente comune è quella contenuta nel disegno di legge ordinario presentato alla Camera.

Il collega Salvi ha voluto cercare di mitigare la mia affermazione un po' radicale, sostenendo che questo provvedimento riguarda anche la schedatura dei dipendenti Telecom. Dobbiamo non essere ipocriti e riconoscere che, se l'oggetto della vicenda Telecom fosse stato solo quello della schedatura dei dipendenti dell'azienda, non si sarebbe arrivati a varare un decreto-legge come quello che in questo momento l'Aula si accinge a convertire in legge.

Non mi sento di condividere questo decreto‑legge, proprio perché mette da parte alcuni principi assoluti che abbiamo sancito nelle Aule parlamentari negli ultimi anni. Mi riferisco chiaramente agli articoli 111 e 112 della Costituzione. Infatti, per rendere possibile l'immediata distruzione di ciò che è stato illegalmente acquisito, si manda fuori dallo squadro complessivo l'articolo 111 (che sancisce il principio del contraddittorio e del giusto processo) e si mitiga l'obbligatorietà dell'azione penale.

È evidente che distruggere il materiale illegalmente acquisito significa fermarsi al primo stadio, che magari è quello della mera detenzione, senza riuscire a capire cosa ci sia dietro chi detiene quel materiale: chi ha ordito la trama o ha risposto ad un input, chi ha gestito l'intercettazione e chi ha materialmente eseguito.

Dobbiamo essere consapevoli che rinunciamo a tutto ciò, perché questo è un decreto‑legge che tutela la riservatezza dei alti piani, dei palazzi importanti, come esigenza primaria che prevale sulle garanzie ordinarie previste dagli articoli 111 e 112 della Costituzione, attribuite ai semplici cittadini.

La proposta presentata dal Governo, che poi è stata ritirata, contemplava invece un quadro che andava bene per tutti, che partiva dalla eccezionalità di questo decreto e cercava di portarlo a regime, tentando di renderlo omogeneo con le normative esistenti.

Il tentativo, assolutamente meritorio nella condizione data, compiuto dalla Commissione sconta ancora queste lacune, che sono sicuramente incolmabili. Non sarà possibile svolgere un'indagine seria, perché se nelle quarantotto ore il PM deve chiedere al GIP l'udienza e il GIP entro dieci giorni deve fissare l'udienza per ordinare la distruzione del materiale illegalmente acquisito, voi capite che l'unica esigenza che si avverte in questo processo anomalo che si crea è la necessità di distruggere.

Sarà impossibile capire perché nasce quella illegalità, chi ha voluto che si determinasse quel sistema, per quale motivo o per conto di chi, con quali scopi: sono domande a cui si cerca di dare risposta normalmente, in qualunque indagine seria, ma che non trovano albergo e accoglimento in questa prospettazione di cadenze completamente diverse, per le considerazioni che ho evidenziato.

Sarebbe utopistico pensare che la mera riproduzione in un apposito verbale, che non può assolutamente riguardare il contenuto degli atti, possa essere un surrogato che consenta di sviluppare le indagini, di garantire la parte lesa, di assicurare che l'esercizio obbligatorio dell'azione penale sia veramente rispettato. E non si garantirà neanche il contraddittorio, perché se i tempi sono quelli che abbiamo detto, vuol dire che si dovrà rinunciare a conoscere il mandante, affinché partecipi all'udienza per ordinare la distruzione del materiale, o l'esecutore, quindi una delle parti. Ci si limiterà a fare in modo che il detentore sia rappresentato dal suo difensore.

Tuttavia, ciò significa fare in modo che coloro i quali avrebbero dovuto rispondere, quanto meno in concorso, con colui il quale detiene, in qualche modo, il materiale, la facciano franca. È un prezzo che si paga. Vorrei che tutti fossimo consapevoli di questo prezzo che viene chiesto alla nostra democrazia.

In questa logica, Presidente, è stato presentato il mio emendamento abrogativo.

PRESIDENTE. Era implicito negli interventi che precedentemente hanno svolto sia il relatore che il rappresentante del Governo, ma vorrei che fosse reso esplicito il loro parere sull'emendamento 1.100, presentato dal senatore Manzione.

 

SALVI, relatore. Esprimo parere contrario.

 

LI GOTTI, sottosegretario di Stato per la giustizia. Anche il Governo esprime parere contrario.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.100, presentato dal senatore Manzione.

Non è approvato.

 

Ricordo che l'emendamento 1.300 è inammissibile e che l'emendamento 1.1 è stato ritirato.

Metto ai voti l'emendamento 1.1000 (testo 2), presentato dalla Commissione.

È approvato.

 

Ricordo che i restanti emendamenti all'articolo 1 sono stati ritirati.

Passiamo all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 2 del decreto-legge, che invito i presentatori ad illustrare.

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, ritiro l'emendamento 2.1 a mia firma.

MANZIONE (Ulivo). Signor Presidente, do per illustrato l'emendamento 2.100.

SALVI, relatore. Signor Presidente, l'emendamento 2.1000 è conseguenziale all'approvazione dell'emendamento 1.1000, testé approvato.

 

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

LI GOTTI, sottosegretario di Stato per la giustizia. Il Governo esprime parere favorevole all'emendamento 2.1000 della Commissione e contrario sugli altri.

PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento 2.1 è stato ritirato.

Metto ai voti l'emendamento 2.100, presentato dal senatore Manzione.

Nonè approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 2.1000, presentato dalla Commissione.

È approvato.

 

L'emendamento 2.2 è stato ritirato.

Passiamo all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 3 del decreto-legge, che invito i presentatori ad illustrare.

SALVI, relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche in questo caso, vorrei proporre una riformulazione dell'emendamento 3.1000 che non muta la sostanza della norma. Si tratta di sostituire, al comma 1 dell'articolo 3, l'avverbio «consapevolmente» con l'avverbio «illecitamente», ripristinando pertanto per questo aspetto il testo originario del Governo, e poi la parola «detiene» con le parole «ha detenuto o detiene».

Occorre, infatti, contemperare l'esigenza che la sanzione intervenga nel momento in cui, attraverso la decisione della distruzione, si sia accertata l'illiceità degli atti, con l'esigenza di non lasciare scoperta la sanzione penale nel caso di una condotta che si sia tenuta - ma a quel punto, va detto, illecitamente - prima dell'entrata in vigore di questo provvedimento. Quindi, il testo del primo comma dell'articolo 3 suonerebbe così: «Chiunque illecitamente ha detenuto o detiene...»; la parte restante del testo rimarrebbe poi inalterata.

BUCCICO (AN). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BUCCICO (AN). Signor Presidente, questa formulazione non mi convince. Abbiamo discusso ore in Commissione sulla formulazione dell'emendamento e non capisco questa regressione intempestiva che si ha in Aula a quale disegno soggiaccia.

Avevamo convenuto sull'introduzione dell'avverbio «consapevolmente» perché riteniamo che in questa fattispecie, che è fattispecie autonoma, l'inserimento dell'«illecitamente» serva esclusivamente a connotare di una particolare intensità il dolo richiesto dalla norma e quindi praticamente serve a rendere non punibili gli autori di questo illecito.

Questa è stata la nostra considerazione sulla quale tutti avevano convenuto in Commissione. Questa regressione falcidia, spezza le gambe sostanzialmente alla possibilità di punire adeguatamente gli autori della condotta trasgressiva.

CENTARO (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CENTARO (FI). Signor Presidente, in Commissione si è a lungo dibattuto sull'illiceità, sulla illegittimità della detenzione di questi documenti. Si era arrivati alla necessità di verificare il momento dichiarativo di questa illiceità, che ovviamente non può essere che il provvedimento di distruzione del GIP che accerta questo tipo di illiceità.

Cosa succede nel momento precedente all'emissione di questo provvedimento, cioè per chi ha detenuto documenti che fino ad allora comunque non sono classificabili, ai sensi di legge, come illeciti o illegittimi, perché lo stesso GIP può sempre verificare la liceità dei documenti sequestrati ad una persona? Evidentemente vi è una sorta di retroattività della dichiarazione che copre il momento antecedente per il quale vale l'avverbio della illiceità, mentre per il periodo successivo vi è comunque il provvedimento che fa stato sulla illegittimità.

Queste sono le ragioni di questa modifica che certamente ha ampliato lo spettro e ha coperto anche una zona che era rimasta scoperta perché, diversamente, chi, nel periodo precedente al provvedimento di distruzione, comunque aveva questi atti, queste intercettazioni illecite, non era passibile di alcuna pena perché non vi era un provvedimento che ne sancisse l'illegittimità: era un momento di assoluta impunibilità e quindi da qui la necessità di questa ulteriore aggiunta fatta in corso d'opera, in Aula.

PALMA (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PALMA (FI). Signor Presidente non ho capito bene la riformulazione dell'emendamento

PRESIDENTE. La riformulazione testuale è questa: «Chiunque illecitamente ha detenuto o detiene...».

 

PALMA (FI). Personalmente a me non pare che questo sia un grosso scoglio sotto il profilo politico, però, mi permetto di segnalare che dire che un documento che non è frutto di un illecito, una volta che viene dichiarato il sequestro e che è stato detenuto prima del sequestro, costituisce sostanzialmente reato mi sembra, sotto il profilo dei princìpi generali, una stranezza. Una cosa è parlare di chiunque detiene documenti di cui è stato ordinato il sequestro: nulla quaestio, ma dire «ha detenuto» è un problema anche perché, Presidente, forse ci si dimentica che se i documenti sono frutto del reato di intercettazioni abusive comunque, per il passato, esiste la norma sulla ricettazione contenuta nell'articolo 648 del codice penale.

Tutto qui, Presidente; per il resto, sono scarsamente interessato.

PRESIDENTE. Mi permetto di farle rilevare, senatore Palma, che la questione dirimente non riguarda il tempo della detenzione, ma l'«illecitamente» ovvero il «consapevolmente».

Mi pare che questo sia il punto sotto il profilo non politico ma giuridico-formale più rilevante.

PALMA (FI). Se nella norma si dice «di cui è stata ordinata la distruzione», la distruzione è qualcosa che avviene dopo la detenzione. Se la detenzione viene definita come illecita, in quanto il documento è frutto di un reato, mi si deve spiegare perché si deve applicare una pena più bassa di quella prevista per il reato di ricettazione.

 

PRESIDENTE. Teoricamente si potrebbe compiere un illecito senza esserne consapevoli, ma non voglio entrare in questa discussione.

SALVI, relatore. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SALVI, relatore. Mi era sembrato di avere inteso che ci fosse stata una riflessione approfondita; evidentemente non è stato così. Pertanto, non insisto per la riformulazione dell'emendamento 3.1000.

PRESIDENTE. In sostanza, ritorniamo al testo stampato. Tutto quello che abbiamo detto e discusso è cancellato. La formulazione resta dunque: «Chiunque consapevolmente detiene gli atti». Di conseguenza, dovrebbero intendersi implicitamente ritirati i successivi emendamenti.

BUCCICO (AN). Sì, signor Presidente, ritiro gli emendamenti 3.2, 3.6, 3.7 e 3.8.

DI LELLO FINUOLI (RC-SE). Signor Presidente, anch'io ritiro l'emendamento 3.1.

D'AMBROSIO (Ulivo). Signor Presidente, ritiro l'emendamento 3.3.

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, gli emendamenti 3.4, 3.5, 3.9 e 3.10 sono ritirati.

 

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

SALVI, relatore. Signor Presidente, il parere del relatore è contrario sull'emendamento 3.100; è favorevole sull'emendamento 3.1000.

LI GOTTI, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.100.

MANZIONE (Ulivo). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANZIONE (Ulivo). Questo emendamento della Commissione, il 3.1000, chiaramente contraltare della proposta abrogativa che faccio io, è un emendamento che prevede la punibilità di chiunque detenga atti o supporti per i quali è disposta la distruzione ai sensi dell'articolo 240 del codice di procedura penale. E' una definizione impropria; lo stesso tambureggiante dibattito al quale abbiamo assistito dà conto di quanto poca chiarezza ci sia.

Il problema serio è che noi ragioniamo ancora del detentore, colui il quale ha in mano un documento che riproduce teoricamente una parte di intercettazione illegale. Non ragioniamo di altre figure criminose, come se ad interessare fosse soltanto la necessità di sottrarre il foglio a chi lo detiene. Se è vero, come è vero, che poi, dovendo fare riferimento alle norme codicistiche esistenti per quanto riguarda l'esecutore materiale del fatto, dobbiamo riscontrare che in quel caso esiste una perseguibilità a querela, mentre in questo caso essa è di ufficio.

Pertanto, il mandante del disegno che prevede l'intercettazione compie un reato perseguibile a querela e quindi improponibile nel momento in cui non c'è querela, che rimuove l'ostacolo. Pertanto, è un reato di gravità "x". La mera detenzione è molto più grave perché si procede immediatamente nei confronti del detentore, non comprendo che parliamo di vicende che possono ritenere ravvisabile la detenzione anche attraverso l'apertura di una semplice e-mail, da noi ricevuta e magari inviata a tutti, determina la mera detenzione.

Come facciamo noi a comprendere se quella determinazione rientra nella previsione criminale che con questo articolo viene fatta? Dovremmo sapere se il GIP ne ha ordinato la distruzione, ma il GIP non fa udienza pubblica, bensì in camera di consiglio. Non c'è un provvedimento opponibile.

Tutto è improntato alla massima riservatezza. Come faccio allora io, mero detentore, a comprendere se in quel momento la mera detenzione configura un'ipotesi di reato oppure no? Vorrei che questo ci venisse spiegato. Siamo ancora all'interno del solco dell'originario decreto-legge fatto, e lo ribadisco, per coprire i piani alti di alcuni palazzi rispetto ad un abuso abnorme, quello della Telecom, comportante una serie di abnormità che poi sconteremo.

Stiamo introducendo nel nostro sistema giuridico un regime differenziato che non guarda alle regole ordinarie e cerca di inserirsi all'interno di un tessuto connettivo giuridico già collaudato, ma che pone priorità diverse, in questo caso quella di punire e scoraggiare la mera detenzione, prevedendo delle aberrazioni che ci verranno contestate.

Più che permettermi di rappresentarle, cercando di fornirne un'illustrazione all'Assemblea, non posso fare. Sono queste le ragioni, signor Presidente, del mio emendamento 3.100 che tende a sopprimere l'articolo 3.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.100, presentato dal senatore Manzione.

Non è approvato.

L'emendamento 3.300 è inammissibile.

Metto ai voti l'emendamento 3.1000, della Commissione.

È approvato.

 

Ricordo che i restanti emendamenti sono stati ritirati.

Passiamo all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 4 del decreto-legge, che invito i presentatori ad illustrare.

SALVI, relatore. Signor Presidente, l'emendamento 4.1000 costituisce una riformulazione della norma prevista dall'articolo 4 del decreto-legge al nostro esame che introduce questa peculiare figura di pena privata. Si tratta di una riformulazione che tiene conto, fra l'altro, dei rilievi mossi dalla Commissione affari costituzionali nell'intervento del senatore Villone.

Segnalo che la sanzione è prevista nell'ipotesi di pubblicazione e non di mera divulgazione - come, invece, previsto nel testo originario - e che la pena minima è stata dimezzata rispetto alla previsione originaria del decreto-legge, onde evitare, soprattutto per i giornali minori, locali, o per radio locali, che la sanzione pecuniaria potesse essere di entità sproporzionata al danno arrecato.

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, ritiro gli emendamenti 4.1, 4.2, 4.3, 4.4 e 4.5. Mantengo, invece, gli emendamenti aggiuntivi a mia firma, che vorrei illustrare.

Pregherei soprattutto i colleghi della Casa delle Libertà di fare un ultimo sforzo per ascoltarmi, perché credo che il tema non sia secondario. Cosa stiamo facendo oggi? Nella vulgata, come viene riferito dai media, il cittadino comune è convinto che stiamo intervenendo per sanare quel problema che viene definito, con termine popolare, lo scandalo delle intercettazioni telefoniche, cioè quello scandalo per il quale vengono propalate, lette sui giornali e viste in televisione intercettazioni telefoniche che riguardano soggetti che nulla hanno a che vedere con l'inchiesta, che entrano nella vita privata delle persone, che alcune volte hanno rovinato persino delle vite.

Non stiamo facendo questo, colleghi, questo è molto importante. Non lo stiamo facendo perché tutti i casi di cui ci siamo occupati in questi anni riguardano intercettazioni telefoniche legalmente e legittimamente acquisite su ordinanza dell'autorità giudiziaria. L'illecito avviene dopo, nella loro propalazione. In questo caso non affrontiamo questo tema, ma ci occupiamo, come prevede l'emendamento 1.1000 appena approvato dall'Assemblea, di contenuti di conversazioni o comunicazioni, relativi al traffico telefonico o telematico illegalmente formati o acquisiti.

Ci occupiamo quindi di tutt'altro: si tratta di casi meramente virtuali perché fino a questo momento non si ha notizia che ciò sia accaduto e che in questo momento l'autorità giudiziaria si stia occupando di questa fattispecie. Ci stiamo dunque occupando di un caso meramente virtuale, questo deve essere ben chiaro. Facciamo finta di lavorare, quindi, come ho ricordato anche prima in discussione generale, e spendiamo 1 miliardo e 200 milioni di vecchie lire dei cittadini - questo il costo di tale seduta - facendo finta di lavorare e facendo credere ai cittadini che interveniamo su questo scandalo che abbiamo visto sui giornali in tutti questi anni. Non è però così: stiamo perdendo una grandissima occasione.

Tutti gli emendamenti aggiuntivi che ho presentato cercano e mirano ad intervenire su questo tema che è quello vero, perché stiamo parlando di casi che al momento non esistono o di cui, se esistono, non siamo a conoscenza, a meno che non ne sia a conoscenza il presidente Prodi o qualche Ministro, data la fretta assoluta con cui sono intervenuti. C'è anche da domandarsi come mai il presidente della Repubblica Napolitano abbia firmato un decreto di cui non si capisce l'urgenza. Non so se è chiaro il tema di cui stiamo trattando.

Gli emendamenti che ho proposto non sono altro che gli articoli del testo di legge approvato dal Governo Berlusconi nel settembre 2005 trasformati in emendamenti. Questi articoli si occupano della materia vera, disciplinando in maniera più organica, più concreta ed efficace il vero scandalo della propagazione delle intercettazioni acquisite, in via del tutto legittima, dalle procure e poi manovrate a piacimento. Questa la materia di cui andremo ad occuparci quando esamineremo i singoli emendamenti. Si tratta, quindi, una questione molto importante.

È strano che la Commissione giustizia del Senato abbia avviato un'indagine conoscitiva sulla materia e poi il Ministro abbia fatto approvare dal Consiglio dei ministri il testo di un disegno di legge su questo tema, di cui parlano i miei emendamenti, e lo abbia presentato alla Camera. Credo che forse per un po' di correttezza istituzionale, Ministro, valeva la pena che lo presentasse al Senato.

Questo è il dato, altrimenti abbiamo l'impressione di lavorare per nulla a meno che non intendiamo poi, avendo acquisito una serie di conoscenze, ribaltare il testo che poi verrà licenziato alla Camera, forse con scarsa razionalità dei nostri lavori.

Questa dunque la ratio degli emendamenti che ho presentato, che sottopongo all'attenzione dei colleghi e sui quali poi singolarmente mi riservo di intervenire. (Applausi dal Gruppo LNP).

BUCCICO (AN). Signor Presidente, ritiro l'emendamento 4.3.

CENTARO (FI). Presidente, anch'io ritiro l'emendamento 4.6.

STORACE (AN). Signor Presidente, intervenendo per illustrare l'emendamento 4.0.1, richiamo l'attenzione dell'Assemblea su una questione molto delicata. Mi permetta innanzitutto di ringraziare il senatore Valentino del mio Gruppo per averla anticipata.

Vorrei spiegare la motivazione di questo emendamento, su cui poi chiederò una votazione elettronica, nonché dire all'Aula di aver dovuto esprimere voto contrario al parere favorevole della Commissione affari costituzionali su questo decreto - ringrazio il senatore Villone per essere intervenuto sull'argomento - perché sostanzialmente non si accetta di sottrarre i politici responsabili di questi reati ai benefici dell'indulto.

Presidente Angius, coincidenza vuole che questa seduta sia presieduta proprio da lei. Il mio è stato un calvario personale iniziato un giorno che eravamo in diretta televisiva.

Vorrei indicare con molta chiarezza all'Assemblea - se mi si consente di parlare - alcune questioni. Ho trattato questo problema ad una festa di partito, quella dell'Italia dei Valori. Annunciai la presentazione di un disegno di legge, mai discusso in Commissione giustizia, sulla sottrazione dei membri del Parlamento ai benefici dell'indulto. Questo disegno di legge, senatore Salvi - spero che prima o poi la Commissione abbia il tempo e il modo di esaminarlo - serve a far capire proprio quello che lei ha poc'anzi affermato. I parlamentari godono già di privilegi rispetto ai cittadini: sarebbe sbagliato sommare privilegi a benefici, o almeno questa è la mia opinione personale.

Oggi discutiamo sul tema delle intercettazioni. Sette mesi fa, a seguito di una vicenda montata - come dimostrano gli atti giudiziari, finalmente depositati - mi sono dovuto dimettere da ministro. Rivendico con orgoglio quella scelta, perché non bisogna mai ostacolare il lavoro della magistratura. Oggi chiedo, però, qualcosa al Parlamento.

Abbiamo sentito il Presidente del Consiglio lamentarsi di essere spiato. Abbiamo letto sui giornali di altri illustri esponenti politici, come il segretario dell'UDC, onorevole Cesa, e l'onorevole Mirko Tremaglia, che figurano tra gli elenchi dei pedinati. Non so quanto sia grave lo spionaggio industriale ed è sicuramente grave lo spionaggio ai danni dei dipendenti; ma, signor Presidente, credo che lo spionaggio politico sia una questione di democrazia, sia pericoloso per la democrazia.

Vorrei capire se questo decreto-legge punirà chi ha commissionato intercettazioni. Se dovesse punire chi ha commissionato intercettazioni e se quelle intercettazioni fossero state commissionate da esponenti politici, la farebbero franca o no, visto che l'indulto non ha escluso questa fattispecie di reato?

Colleghi, discutiamo di una cosa importante. Lo dico anche perché sono rimasto ferito personalmente da notizie diffuse dalla procura della Repubblica di Roma. Si diceva che l'indulto salvasse anche vicende accadute all'epoca in cui mi sono dimesso da Ministro e non era vero, perché sono scomparsi i capi di imputazione. Credo, però, che ci sia qualcuno che può essere ancora imputato per aver spiato avversari politici: l'indulto lo salverebbe.

Ecco perché ho presentato questo emendamento, che serve ad escludere i membri del Parlamento dai benefici della legislazione dell'indulto, proprio per quello che diceva il presidente Salvi poc'anzi: non diamo l'impressione del Palazzo che si difende. Ecco perché è importante dedicare tanta attenzione.

Ho proposto addirittura di riformulare il mio emendamento, qualora fosse viziato in qualche sua forma. Nemmeno questo è stato possibile. Ecco perché lo presento; ecco perché chiedo all'Assemblea di poterlo votare e sostenere, anche perché non possiamo lasciare che spiri il venticello della calunnia. Vi è stato un giornale che ci aveva provato: «la Repubblica». Questo giornale non lo farà più.

Credo che il Parlamento debba poter difendere l'onorabilità di ciascuno dei membri dell'Assemblea. Se qualcuno ha sbagliato, commettendo reati di vera delinquenza politica, deve pagare, soprattutto se è parlamentare. (Applausi dal Gruppo AN e della senatrice Burani Procaccini).

VILLONE (Ulivo). Signor Presidente, ritiro l'emendamento 4.200 perché la formulazione adottata dalla Commissione accoglie, non in tutto, ma in parte certamente significativa, le esigenze da me rappresentate.

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

SALVI, relatore. Logicamente, esprimo parere contrario all'emendamento soppressivo. Desidero invitare il senatore Castelli al ritiro degli emendamenti presentati - ad esclusione di uno su cui mi soffermerò tra un attimo - perché il punto politico mi sembra sia stato sollevato e ribadito, ma tutta la materia è contenuta in un disegno di legge all' esame della Camera dei deputati.

Il Governo è sovrano nel decidere a quale dei due rami del Parlamento inviare la materia: se lo ha inviato alla Camera dei deputati avrà avuto le sue buone ragioni che non conosciamo, ma sicuramente nella sua saggezza il Ministro avrà ritenuto di far bene, dunque non possiamo cambiare questa situazione.

Con una certa cautela - visto che in Commissione non lo abbiamo esaminato e quindi, come relatore, mi rimetto all'Aula - ritengo si potrebbe fare un'eccezione per quel che riguarda l'emendamento 4.0.2. Prego i colleghi e i rappresentanti del Governo di seguire con attenzione. Con questo emendamento si utilizza una recente normativa - molto spesso approviamo delle belle leggi e poi ce ne dimentichiamo - ovvero il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, uno degli ultimi atti del Governo di cui facevo parte, nel quale si è introdotta la figura della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e anche di altri enti e associazioni che non siano persone giuridiche, ma abbiano condizioni assimilabili.

La valutazione è stata questa: molto spesso di fronte a fattispecie che, se commesse da una persona fisica avrebbero comportato le pene tradizionalmente previste, non si è in grado di intervenire, perché in realtà il "reato" è stato commesso da una persona giuridica. Il decreto n. 231 del 2001 prevede le regole generali in materia e poi - con norme successivamente aggiunte nella passata legislatura dal legislatore, che ha ritenuto ci fossero fattispecie a proposito delle quali fosse giusto prevedere la responsabilità di un ente e non solo di una persona - ipotesi delittuose, come abusi di mercato, corruzione, concussione e così via.

Il senatore Castelli propone di aggiungere ad esse - perciò nella formulazione si prevede l'articolo 25-septies, che si aggiunge dunque alle norme vigenti - l'ipotesi della violazione dell'articolo 684 del codice penale. Esso riguarda la pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale, dunque a rigore non siamo nella materia di questo decreto.

Però questa è una norma di cui sempre si è detto che l'entità minima della sanzione prevista comporti sostanzialmente l'irrilevanza della norma stessa. Essa si riferisce a chiunque pubblica, in tutto o in parte, anche per riassunto o a guisa d'informazione, atti o documenti di un procedimento penale, di cui sia vietata per legge la pubblicazione, ovvero alla cosa che accade quotidianamente e di cui si dice non ci siano strumenti per contrastarla.

In realtà, essa è prevista come reato, ma essendo la pena o l'arresto fino a 30 giorni o l'ammenda sino a 258 euro, si tratta di una sanzione che praticamente non ha caratteristiche deterrenti. Se aggravarla o meno rispetto alla persona fisica è una questione delicata, perché c'è la libertà di stampa. Il senatore Castelli propone di applicare in questa ipotesi la responsabilità amministrativa dell'ente: si tratta nella sostanza delle società editrici di grandi quotidiani o di trasmissioni televisive.

La proposta del senatore Castelli prevede che, quando vengono compiute tutte queste pubblicazioni di cui ci lamentiamo - e che sono già previste come contravvenzione ma con una pena minima - si applichi una sanzione pecuniaria come già previsto nel sistema. Si parla di quote, perché la legge prevede un meccanismo di quote.

Come relatore, mi rimetto all' Assemblea perché non ho nessun mandato della Commissione ad esprimermi in un senso o nell'altro, ma forse, invece di prevedere una sanzione pecuniaria da 100 a 150, si potrebbe prevedere una sanzione pecuniaria fino a 150, per la stessa ragione per cui abbiamo rivisto la norma sul punto. Mi rimetto al Governo innanzitutto che può dare una valutazione su questo e poi all' Assemblea come relatore.

L'emendamento 4.0.1, presentato dal senatore Storace, pone una questione giusta, particolare che ho apprezzato. Nutro però due dubbi e chiedo alla Presidenza se è legittimo intervenire su una legge come quella sull'indulto, per la quale la Costituzione prevede un quorum. Se si può intervenire con legge ordinaria, non mi par vero perché ci sarebbero anche altre materie sulle quali mettere mano.

La seconda questione, che prescinde totalmente dalla precedente, si pone nella applicazione della normativa contenuta nell'emendamento, stabilita con le parole «1. Le violazioni alla presente legge commesse da membri del Parlamento... ». Faccio presente che questa legge in realtà, come nuovo reato, prevede soltanto la detenzione illecita, di cui sopra, naturalmente dal momento in cui entra in vigore.

Tutto quello che è accaduto in precedenza, per l'ovvio principio della successione delle leggi penali nel tempo, non vale. Non si applica, quindi, a quanto è già accaduto. Vorrei che questo fosse chiaro: si può applicare soltanto - perché solo questo è il nuovo reato previsto e non il resto, cioè la questione della distruzione o del civile - al reato di detenzione illecita che, però, diventa reato da questo momento in poi poiché finora non è stato considerato tale.

 

BIONDI (FI). Può esserci il concorso.

 

SALVI, relatore. Tutto ci può essere. Noi parlamentari possiamo fare qualunque nefandezza. La questione che ponevo è un'altra.

 

STORACE (AN). Non è una nefandezza!

 

SALVI, relatore. Il reato è nefandezza.

 

STORACE (AN). Allora, si deve punire il parlamentare che la commette.

 

SALVI, relatore. Ma sto ponendo un'altra questione, senatore Storace!

 

PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Salvi, la prego di rivolgersi alla Presidenza. Capisco l'interlocuzione. Non ho capito, però, il parere del relatore; se è un sì o un no all'emendamento proposto dal senatore Storace.

 

SALVI, relatore. Innanzitutto vorrei sapere se l'emendamento è ammissibile.

In secondo luogo, voglio segnalare al presentatore e all'Assemblea che questa normativa comunque, laddove fosse ammissibile, si applica soltanto all'articolo 3 da oggi in poi, quindi, tutto quello che è accaduto prima non può essere coperto da questo emendamento. Comunque per il parere, mi rimetto all'Assemblea.

LI GOTTI, sottosegretario di Stato per la giustizia. Esprimo parere contrario sull'emendamento 4.100 e favorevole sull'emendamento 4.1000, presentato dalla Commissione.

Per quanto riguarda l'emendamento 4.0.2, faccio presente che viene introdotta una disciplina con l'articolo 25-septies che riguarda, subito dopo, il reato di abusi di mercato. Non solo; si prevede il riferimento all'articolo 684 del codice penale che riguarda la pubblicazione di atti di un procedimento penale. Penso che vi sia francamente un bisticcio tra la norma che si intende inserire e l'articolo 684 del codice penale che riguarda la pubblicazione di atti di un procedimento.

Non solo. Ritengo la norma particolarmente pericolosa perché, qualora dovesse spostarsi questa sanzione sull'editore, potremmo avere quale conseguenza l'interesse dell'editore a preventivamente censurare l'esercizio della libertà di informazione del giornalista al fine di evitare il rischio. Quindi, potremmo inserire un qualcosa di esattamente contrario alla difesa del diritto di informazione.

Il mio parere è pertanto totalmente contrario, sia perché non riesco a collegare l'articolo 684 del codice penale con il 25-septies del decreto legislativo n. 231 del 2001, che riguarda gli abusi di mercato a seguire, ovviamente una tipologia di reato, sia perché ritengo la norma inserita in questo contesto del tutto sproporzionata rispetto alle sanzioni già previste all'articolo 4 del decreto-legge in esame.

Per chiarire, vorrei altresì far presente che il disegno di legge del Governo in materia di regolamentazione delle intercettazioni legali, è stato presentato alla Camera dal momento che era già pendente in Commissione l'esame di tre disegni di legge (Commenti del senatore Salvi); in più, la Commissione giustizia della Camera ha addirittura sospeso i lavori per una settimana, in attesa della trasmissione del disegno di legge governativo.

Su tutti gli altri emendamenti, ad eccezione di quelli della Commissione, esprimo parere contrario. (Applausi ironici dal Gruppo LNP).

Per quanto riguarda l'emendamento 4.0.1, a firma del senatore Storace, pur comprendendone le ragioni, dal momento che la votazione dell'indulto richiede una maggioranza qualificata dei due terzi del Parlamento, ossia una procedura particolare, esprimo parere contrario.

PRESIDENTE. Scusi, signor Sottosegretario, questa è una sua autorevolissima opinione, ma non corrisponde all'opinione della Presidenza del Senato. Infatti, la Presidenza del Senato dichiara ammissibile l'emendamento 4.0.1 perché, mentre l'articolo 79 della Costituzione fa riferimento ad un regime concessorio dell'indulto, qui siamo in un regime di limitazione dell'indulto medesimo.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 4.100.

MANZIONE (Ulivo). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANZIONE (Ulivo). Signor Presidente, è l'ultimo intervento che faccio di questa rappresentazione de «Il Palazzo si tutela»; siamo arrivati a «Il Palazzo si tutela 4».

Abbiamo visto che il Palazzo si tutela prevedendo un regime giuridico diverso da quello ordinario; abbiamo visto che si inventa un reato aggravato, come la mera detenzione, rispetto alla figura ordinaria che viene trattata diversamente, dove è prevista una perseguibilità a querela. Adesso il Palazzo si tutela rispetto alla possibilità di ottenere la riparazione del danno, o meglio il risarcimento.

Non comprendo perché una norma come questa, che velocizza la possibilità di ottenere il ristoro dal danno subìto con la pubblicazione, non sia una norma che venga immaginata a regime per tutti i casi di diffamazione a mezzo stampa. Se questa fosse stata la proposta del Governo, non avrei avuto nessuna difficoltà a condividerla.

Quando una proposta come questa nasce soltanto («Il Palazzo si difende 4», dicevo poco fa) per coloro i quali siano stati colpiti dalle intercettazioni illegali, che sappiamo quali figure tocchino (l'ho detto all'inizio della discussione) e non tutti gli utenti della giustizia, allora mi chiedo perché dobbiamo immaginare questo circuito particolare che prevede una serie di accelerazioni, secondo me ingiustificabili. Infatti, se si trova un percorso che determina l'accelerazione nella soluzione di una pretesa, nel fare in modo che un diritto venga tutelato, allora questa accelerazione deve valere per tutti. Se vale solo per alcuni, rimane il sospetto che si voglia creare una corsia privilegiata.

Vedete, la stessa confusione con la quale si sta andando avanti, Presidente (non è un appunto alla Presidenza; mi riferisco al fatto che molto spesso si propongono riformulazioni che poi, in effetti, sono modifiche emendative significative che poi si ritrattano), dà l'impressione di come purtroppo lo strumento del decreto‑legge non sia stato uno strumento adeguato rispetto ad una normativa che sicuramente avrebbe meritato un approfondimento diverso.

Se la logica, però, è sempre la stessa, tutelare il Palazzo, mentre prima si cercava di colpire la detenzione, adesso si cerca di scoraggiare i giornalisti con una normativa che, proprio perché accelerata, favorisce il diritto ma ha una forza di intimidazione nei confronti della stampa molto maggiore.

Ed allora, in tale logica, continuo a chiedermi se esistano le condizioni generali per ritenere che alcuni siano cittadini di serie A (quelli del Palazzo e dei piani alti) ed altri, invece, di serie B (quelli che, magari, ritrovandosi diffamati sui giornali per mille ordinarie questioni, debbono continuare ad aspettare i sette, dieci, quindici anni della giustizia civile ordinaria per ottenere il risarcimento del danno).

Se ritenete che tutto ciò sia legittimo e che, quindi, la tutela del Palazzo meriti anche questa corsia privilegiata, non vi resta che votare ‑ come avete fatto fin qui ‑ contro il mio emendamentosoppressivo.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 4.100, presentato dal senatore Manzione.

Non è approvato.

 

Ricordo che l'emendamento 4.200 è stato ritirato.

Metto ai voti l'emendamento 4.1000, presentato dalla Commissione.

È approvato.

 

Ricordo che i restanti emendamenti all'articolo 4 sono stati ritirati.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 4.0.1.

STORACE (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

STORACE (AN). Signor Presidente, ringrazio la Presidenza del Senato per aver chiarito la questione legata all'ammissibilità dell'emendamento.

Non ho la competenza giuridica del presidente Salvi, al quale chiedo un attimo di attenzione. Vede, presidente Salvi, uno dei dubbi che ho sul decreto‑legge in esame riguarda proprio la natura del reato che si commette: si dice che da oggi si viene puniti perché si commette questo nuovo reato (come vede, parlo in termini molto semplici, come un cittadino comune).

Voglio immaginare che, nel momento in cui vengano trovate in casa di un cittadino comune intercettazioni ad un tizio, tale cittadino venga perseguito, le intercettazioni vengano distrutte e qualcuno gli chieda chi gliele ha commissionate. Ed inevitabilmente il fatto che qualcuno gliele abbia commissionate è avvenuto, molto probabilmente, prima dell'entrata in vigore dell'indulto. Voglio che il parlamentare che le ha commissionate venga sanzionato, senza poter ricorrere ai benefici dell'indulto (altrimenti la Commissione giustizia, stante l'ammissibilità, avrebbe dovuto riformulare il testo). Credo che ciò sarebbe accettato dal Paese, di fronte ad un decreto-legge del genere.

Chiedo, infine, che si proceda al voto elettronico.

FORMISANO (Misto-IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FORMISANO (Misto-IdV). Signor Presidente, intervengo per dichiarare che sosterremo l'emendamento presentato dal senatore Storace, non foss'altro perché crediamo che rientri in un'ipotesi che formulammo all'epoca del voto sull'indulto, al quale ci opponemmo con tutte le nostre forze parlamentari. In quell'occasione, cioè, avendo a mente la richiesta di clemenza formulata da Papa Giovanni Paolo II e vedendo che le Aule parlamentari si accingevano a votare l'indulto, capimmo che probabilmente esso avrebbe avuto anche una valenza a futura memoria e volevamo evitare che ciò potesse avvenire. Ci opponemmo anche - se non soprattutto - per questo motivo.

Credo che l'ipotesi tracciata all'Aula dal senatore Storace sia verosimile, anche in punto tecnico. Per questo motivo, al fine di confermare la posizione espressa allora e di consentire che le valutazioni effettuate dal senatore Storace vengano rimesse interamente all'Aula (così come, tra l'altro, ha fatto il Presidente della Commissione alla quale mi onoro di appartenere), desidero annunciare che voteremo a favore dell'emendamento in esame.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, il nostro Gruppo è sicuramente favorevole all'emendamento 4.0.1, anche se dubito che possa avere una qualche efficacia, ma questo poi lo si vedrà.

Vorrei, però, invitare il senatore Storace, depositario e proponente dell'emendamento, a riformularlo perché, francamente, mi sembra riduttivo. Perché dovrebbe interessare soltanto i membri del Parlamento? Credo che i membri dei Consigli regionali e tutti i pubblici ufficiali abbiano una responsabilità di natura etica, quindi anche giuridica, pari ai membri del Parlamento.

Io voterò l'emendamento in ogni caso, ma lo voterei più convintamente se il senatore Storace volesse accogliere questa riformulazione.

GHEDINI (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

GHEDINI (FI). Signor Presidente, vorrei segnalare al senatore Storace che l'emendamento da lui presentato, pur pregevole negli intenti, è tecnicamente inapplicabile per il semplice motivo che recita testualmente che: «Le violazioni alla presente legge commesse da membri del Parlamento non sono soggette ai benefici della normativa sull'indulto». Le violazioni alla presente legge, dal punto di vista penalistico, sono quelle che discendono dall'emendamento 3.1000, proposto dalla Commissione e approvato poc'anzi.

Come lor signori avranno notato, questo emendamento fa sì che vi sia la punibilità soltanto nei casi in cui si detengano «consapevolmente» dei documenti di cui sia stata disposta la distruzione. È evidente, dunque, che non v'è nessuna forma di reato per la detenzione pregressa alla disposizione che questa documentazione venga distrutta (ciò che il subemendamento proposto dal presidente Salvi voleva evitare).

È evidente quindi che non vi può, in alcun modo, essere un'applicazione dell'indulto, perché l'indulto si ferma soltanto ai reati commessi antecedentemente alla data fissata dal Parlamento. Di talché il reato previsto quest'oggi dall'emendamento 3.1000 mai potrà essere ricompreso fra quelli di cui al provvedimento sull'indulto.

Chiedo, pertanto, al senatore Storace di riformulare l'emendamento 4.0.1 in altra maniera - ma non riesco a capire quale - o di ritirarlo, visto che è impensabile che si possa applicare.

Il senatore Storace aveva ragione prima della riformulazione dell'emendamento 3.1000. Oggi non più.

BRUTTI Massimo (Ulivo). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BRUTTI Massimo (Ulivo). Signor Presidente, a me sembra chiaro, cari colleghi, che le violazioni alla legge che noi ci accingiamo a varare ora in Parlamento presuppongono l'entrata in vigore di questa legge, sono ad essa successive. Non si capisce, quindi, come a queste violazioni possa applicarsi la norma sull'indulto che riguardava i fatti anteriori al 4 maggio 2006. Dunque, la norma proposta, l'esigenza che è stata fatta valere dal collega Storace non è applicabile a questi fatti.

Dirò di più, rivolgendomi direttamente al senatore Storace. Se l'esigenza è quella di accertare con chiarezza le responsabilità per fatti di spionaggio politico, per raccolta illecita di informazioni in un'epoca anteriore alla norma sull'indulto (e credo che egli a quello faccia riferimento perché la vicenda che noi conosciamo, che riguarda il Lazio, implica una collaborazione tra investigatori privati e pubblici ufficiali per un'attività che è stata evidentemente di spionaggio politico, poi se ne accerteranno le responsabilità) allora, senatore Storace, vorrei ricordare gli argomenti che abbiamo usato in merito alla questione dell'indulto, rispetto alla quale ci siamo divisi (l'orientamento del collega Storace e di altri colleghi era infatti contrario).

Noi abbiamo detto che con l'indulto non si cancella nulla ed è su questo punto che vorrei insistere. In particolare, se si accerterà che vi sono dei politici responsabili di attività spionistiche, in tutte le direzioni possibili, vi sarà l'accertamento delle responsabilità, come vi sarà la riprovazione, dentro e fuori del Parlamento.

Credo che questo possa bastare, non facciamo il tifo per la galera. Certo, se ci fosse stata l'amnistia, sarebbe stato diverso, ma riteniamo che l'indulto non cancelli nulla e quindi, anche per quei fatti che non c'entrano con quelli di cui stiamo discutendo, anche per quella vicenda è giusto esigere che si accertino tutte le responsabilità, che si svolga il processo, che si pervenga ad una sentenza e che sia espressa la riprovazione. La detenzione non è tanto importante, collega Storace, l'importante è la verità.

Penso sia giusto che, in occasione dell'esame di questo emendamento (su cui, lo ripeto, non possiamo votare a favore, perché a nostro giudizio non è sensato), si riaffermi solennemente in Senato l'esigenza che su vicende analoghe, e in particolare su quella vicenda (è questo che ci chiede il collega Storace), sia fatta piena luce.

Rispettosamente, chiediamo alla magistratura competente di rassicurare quanto prima i cittadini e le istituzioni in ordine a quella vicenda che riguardava il Lazio, e cioè la Regione di cui è stato presidente nella scorsa consiliatura il collega Storace (Applausi dal Gruppo Ulivo).

PRESIDENTE. Prima di passare alle votazioni, vorrei chiedere al senatore Storace di esprimere un parere in relazione alle proposte che sono state fatte e che riassumo per comodità.

Secondo la proposta avanzata dal senatore Castelli, si dovrebbe estendere l'applicazione della norma prevista nell'emendamento 4.0.1 anche a consiglieri regionali e pubblici ufficiali.

La proposta del senatore Ghedini, invece, è in un certo senso di segno opposto, poiché egli ha chiesto una riformulazione ovvero il ritiro dell'emendamento per la sostanziale inapplicabilità della norma.

Adesso è pervenuta un'ulteriore sollecitazione dal senatore Brutti, che nella sostanza mi sembrava andasse incontro alle argomentazioni del senatore Ghedini.

Chiedo pertanto a lei, senatore Storace, di pronunciarsi su queste proposte, essendo firmatario dell'emendamento in esame.

STORACE (AN). Presidente, mi sembra di capire che, tra tutte le ipotesi che ella ha illustrato, nessuna otterrebbe la maggioranza, tranne quella del ritiro.

Desidero però fare una precisazione. È evidente che devo mantenere l'emendamento, perché comunque si è aperta una discussione in quest'Aula. Apprezzo anche ciò che ha detto il senatore Massimo Brutti, che però vorrei informare - ma dovrebbe essere più informato di tutti noi, stante il ruolo che ha nell'organismo parlamentare competente - che a mio carico quelle accuse non ci sono più.

È inutile fare gli spiritosi, si direbbe a Roma, sulla vicenda del Lazio. Quella vicenda è finita, sono rimaste solo le sciocchezze, non c'è più l'accusa di associazione a delinquere. È una questione che riguarda non la mia persona, ma chi ha spiato ad esempio, stanti le sue denunce, il vostro Presidente del Consiglio, il segretario dell'UDC, l'onorevole Tremaglia.

Avrei accettato di riformulare l'emendamento se ci fosse stata, per volontà del Presidente della Commissione giustizia, la disponibilità a discuterne in Commissione. Non si può chiedere ora in Aula di riformulare l'emendamento, si sarebbe dovuto farlo prima.

Comunque, Presidente, mantengo l'emendamento e ribadisco la richiesta di votazione elettronica.

MANTOVANO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANTOVANO (AN). Signor Presidente, sarò brevissimo. Credo che l'emendamento del senatore Storace abbia raggiunto l'obiettivo, quello cioè di sottolineare per l'ennesima volta il danno che è stato provocato dal provvedimento sull'indulto che il Parlamento ha varato qualche mese fa; temo però che, al di là di questo effetto, non ne possa produrre altri.

Non valgono infatti soltanto le considerazioni tecniche che sono state svolte dal senatore Ghedini e, se ho ascoltato bene, anche dal senatore Brutti, ma anche una considerazione elementare che chiama in causa la successione delle leggi penali nel tempo e quindi gli articoli 2 del codice penale e 25 della Costituzione.

Purtroppo - dico purtroppo perché l'ho osteggiato - l'indulto ha avuto operatività e questa è una normativa più favorevole non soltanto rispetto alle condotte che saranno poste in essere in violazione di tale legge, che sono automaticamente escluse per via del dies a quo dell'entrata in vigore dell'indulto, ma anche per quelle antecedenti che cadono sotto altre norme incriminatrici, qualora rientrino nelle disposizioni coperte dall'indulto.

Peraltro, il Parlamento può fare tutto, ci mancherebbe altro, ma normalmente in una disposizione generale sull'indulto si possono inserire delle eccezioni; sarebbe forse la prima volta in cui si prevede un'eccezione rispetto a un provvedimento futuro, perché per quanto riguarda il provvedimento passato che è già stato applicato le considerazioni svolte degli interventi precedenti credo siano insuperabili.

Resta comunque un elemento positivo e cioè che la discussione ha fatto emergere la circostanza che probabilmente fatti molto gravi che chiamano in causa spionaggio industriale e politico saranno coperti dal provvedimento di indulto.

FERRARA (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FERRARA (FI). Signor Presidente, vorrei fare un richiamo al Regolamento. Gli interventi che si sono succeduti dianzi richiamano alla mente a chi è meno esperto dei problemi della giustizia il contenuto dell'articolo 100, comma 8, del Regolamento, secondo il quale «il Presidente può stabilire, con decisione inappellabile, la inammissibilità di emendamenti privi di ogni reale portata modificativa».

Ora, se mettiamo in votazione l'emendamento, ciò significa che esso ha portata modificativa, e quindi la richiesta avanzata dai senatori Ghedini e Brutti al senatore Storace non ha ragion d'essere. Se invece la Presidenza non lo mette in votazione, ciò significa che hanno ragione i senatori Brutti e Ghedini. Pertanto, indipendentemente dal dibattito che c'è stato, se la Presidenza decidesse in tal senso si eviterebbe di dover mettere in votazione tale emendamento.

PRESIDENTE. Senatore Ferrara, la Presidenza non può entrare nel merito di considerazioni di carattere politico e di opportunità. Nel momento in cui si è dichiarata l'ammissibilità dell'emendamento medesimo e nel momento in cui c'è un'insistenza da parte del presentatore, il senatore Storace, perché esso sia posto in votazione, la Presidenza mette ai voti l'emendamento.

Invito pertanto il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Storace, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 4.0.1, presentato dal senatore Storace.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

278

Senatori votanti

277

Maggioranza

139

Favorevoli

68

Contrari

198

Astenuti

11

Il Senato non approva.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1013

 

PRESIDENTE. Fatemi dire, cari colleghi, che la discussione che c'è stata - e voglio ringraziare il senatore Storace e tutti coloro che sono intervenuti - ha fatto dare al Senato una piccola prova di civiltà politica, alla quale non sempre siamo abituati. Vorrei ringraziare pertanto tutti i colleghi. (Generali applausi).

Passiamo adesso alla votazione dell'emendamento 4.0.2.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, vorrei anzitutto fare un piccolo richiamo al Regolamento. Il Regolamento prevede che il Capogruppo dichiari il voto del proprio Gruppo, quindi si presume che, una volta che il Presidente, o chi per esso, abbia effettuato la sua dichiarazione a nome del Gruppo, poi il Gruppo voti di conseguenza.

Ora, l'Italia dei Valori ha votato in maniera difforme dalla dichiarazione del Capogruppo perché ho notato che soltanto un voto è stato a favore, quando l'Italia dei Valori ha dichiarato che avrebbe votato a favore. Allora vorrei capire come dichiara il voto e come vota l'Italia dei Valori.

 

PRESIDENTE. Senatore Castelli, si spiegherà in un secondo momento con il senatore Formisano, vige un regime di libertà anche nel voto.

 

CASTELLI (LNP). Io credo che ciascun Gruppo abbia il diritto di capire come votano gli altri Gruppi.

 

PRESIDENTE. Sono d'accordo con lei, ma approfondiremo la questione in un secondo momento.

 

CASTELLI (LNP). Vengo al tema in questione. Io ringrazio il relatore per avere, se non accolto, comunque esaminato con grande attenzione e non con sfavore questa fattispecie.

Vorrei invece interloquire con il sottosegretario Li Gotti che si è dichiarato contrario. A lei e soprattutto ai colleghi vorrei far presente che, fermo restando che sull'esercizio della libertà di stampa evidentemente tutti siamo assolutamente concordi e ne siamo convinti difensori, oggi i media sono in grado di proporre delle vicende assolutamente private e personali, desunte da intercettazioni illegalmente propalate che nulla hanno a che vedere con le vicende giudiziarie e servono semplicemente a squalificare dei privati cittadini. (Applausi del senatore Amato).

Potremmo citare tutta una serie di storie, anche dolorose. Ricordo la vicenda di una signora incinta e di due signori che facevano apprezzamenti di natura sessuale su questa signora riportati nel 1996 dal più grande quotidiano italiano. Bene: per questa cosa il quotidiano oggi pagherebbe 50 euro, allora pagava 100.000 lire di sanzione. Io credo che questo non sia assolutamente giusto.

A cosa mira la nostra proposta? Intanto credo che sia estremamente moderna perché, una volta per tutte, raccoglie la ratio del decreto legislativo n. 231 del 2001, che istituisce la responsabilità degli enti e delle persone giuridiche. Infatti, che cosa accade in queste vicende? Spesso queste notizie vengono pubblicate soltanto per soddisfare la sete di gossip dei lettori, che esiste. Quindi, ne trae vantaggio il giornalista, perché si fa bello presso l'editore, ma soprattutto ne trae vantaggio l'editore stesso, che aumenta la tiratura della propria edizione e non paga nulla.

Con questo sistema si introduce una sanzione che è a discrezione del giudice. Il relatore ha proposto - ed io accetto - di riformulare l'emendamento scrivendo: «fino a 150 quote». Una quota corrisponde a 1.500 euro, quindi il giudice potrebbe anche pensare di irrogare una sanzione di 1.500 euro, nei casi più lievi; nei casi più gravi arriverebbe a 150 quote.

Quindi, si tratta di una sanzione che ha un qualche valore per quel giornale che non esercita più la libertà di stampa ma l'arbitrio, la violenza sulla privacy, delle persone, oggi con totale immunità. (Applausi dai Gruppi LNP e FI). Di conseguenza, è un segnale di civiltà che noi diamo prima di tutto a noi stessi e alla nostra società civile. La ratio dell'emendamento è tutta qui. (Applausi dai Gruppi LNP e FI).

CENTARO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CENTARO (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella XIII legislatura fu inserita la sanzione amministrativa per le società e gli enti a vario titolo in corrispondenza ad una serie di reati che, nel decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, vanno dalla concussione e corruzione, alla falsità in monete, ai reati societari, ai delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili ai delitti contro la personalità individuale, agli abusi di mercato. Si è, cioè, ipotizzato che, per tutto questo spettro complessivo di reati della più varia fattispecie, vi possa essere anche una responsabilità amministrativa per l'ente che esprime colui che è stato l'autore di questo reato.

Allora, tutta questa elencazione dà conto della circostanza che aggiungere un articolo 25-septies dopo l'articolo 25-sexies non fa altro che allungare un elenco la cui sola logica è l'individuazione di tutte queste fattispecie.

Noi ci riferiamo all'articolo 684 del codice penale, relativo a «chiunque pubblica, in tutto o in parte, anche per riassunto o a guisa d'informazione, atti o documenti di un procedimento penale, di cui sia vietata per legge la pubblicazione». Applichiamo una sanzione amministrativa ad un fatto già sanzionato penalmente, in linea con l'indirizzo di cui al decreto legislativo n. 231 del 2001.

La pubblicazione di atti dei quali sia ordinata la distruzione è chiaramente vietata per legge: sono comunque atti di un procedimento e tutto avviene nell'ambito di una società, di un'impresa, di un ente. Non c'è alcuna compressione del diritto di informazione, perché siamo comunque di fronte ad un reato perseguito penalmente. Non c'è nessuna compressione del diritto d'informazione perché esiste già una fattispecie che verificherà la sussistenza degli estremi del reato sul piano penale e applicherà la relativa sanzione.

Logica vuole che vi sia, proprio in linea con questo indirizzo, anche una sanzione di carattere amministrativo. Il reato, infatti, non avviene solo ad opera di un singolo, di un individuo, cioè da parte di un soggetto persona fisica, ma può avvenire anche nell'ambito di un'attività d'impresa o societaria. In tali imprese esiste già una responsabilità nella conduzione complessiva in capo ad alcune figure apicali, proprio per evitare violazioni di legge.

Per tali motivi, mi sembra esista una logica in questo emendamento. Esso si incanala in un alveo già assolutamente percorso e deve perciò ricevere il favore dell'Assemblea. (Applausi dal Gruppo FI).

FINOCCHIARO (Ulivo). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FINOCCHIARO (Ulivo). Signor Presidente, chiedo scusa se faccio perdere qualche minuto all'Aula, ma poiché trovo che esista un versante di riflessione molto interessante nell'emendamento del presidente Castelli, non vorrei perdere l'occasione per fare alcune puntualizzazioni e spiegare le ragioni per le quali non lo voteremo.

Il decreto legislativo n. 231 del 2001 è l'unico tentativo moderno e avanzato del nostro sistema per evitare e prevenire la commissione dei reati piuttosto che ricorrere alla sanzione come unico strumento di regolazione della legge. Esso si fonda non su una responsabilità oggettiva dei titolari dell'impresa, dell'amministratore delegato piuttosto che del Presidente o dei componenti del consiglio di amministrazione, perché la responsabilità oggettiva, sia pure in forme limitate ma specificamente nel campo dei delitti riguardanti l'informazione, è già prevista nel codice penale del 1930; il decreto legislativo n. 231 imputa una responsabilità amministrativa alle imprese in forma pecuniaria ogni qualvolta i gruppi dirigenti di tali imprese o enti non abbiano posto in essere un sistema organizzativo e di controllo in grado di prevenire comportamenti commessi da loro dipendenti.

Questo sistema, come voi sapete proveniente da un'elaborazione di livello europeo, è stato previsto originariamente per prevenire ed enfatizzare la responsabilità, la capacità di controllo e la cura nel controllo, da parte dei gruppi dirigenti, delle diverse imprese rispetto alla commissione di reati quali corruzione, concussione, truffe aggravate e via dicendo. Nel corso degli anni, talvolta anche a precipizio, a queste fattispecie di reato se ne sono aggiunte altre.

Presidente Castelli, troverei utilissimo, nel lavoro che si sta facendo alla Camera, prevedere un tipo di responsabilità di questo genere per la prevenzione di tutti i reati che riguardano, per esempio, l'effettuazione di intercettazioni illegali da parte di imprese che esercitano un'attività di telefonia, o qualunque altra attività che riguardi i mezzi di comunicazione.

Tuttavia, in merito alla società editrice dei giornali, per quanto io trovi lo spunto interessante per quanto riguarda quell'ambito, credo che l'applicazione del decreto legislativo n. 231 del 2001 non possa funzionare per la ragione che agirebbe ancora una volta - e capisco che questo è l'intento - come una forma di responsabilità oggettiva da parte dell'editore che già esiste, non solo nelle forme in cui è prevista dal codice penale, ma anche perché nello stesso emendamento della Commissione è prevista una responsabilità dell'editore e, quindi, un obbligo al risarcimento del danno della parte offesa secondo le modalità che, d'accordo, si sono stabilite in Commissione.

Pertanto, pur trovando molto interessante il fatto che sia stata sollevata da lei, presidente Castelli, la possibilità di utilizzare questo strumento, esso a mio avviso si applicherebbe molto più efficacemente in quell'ambito che le dicevo prima, mentre credo che non sia adeguato, invece, a governare la materia che riguarda appunto l'agire di una società editrice.

Presidenza del vice presidente CALDEROLI(ore 18,45)

 

(Segue FINOCCHIARO). Ritengo, peraltro, che la materia sia sufficientemente e aspramente già coperta sia dalla previsione del codice penale sia dalla previsione che introduciamo adesso.

Per questo, i senatori del Gruppo dell'Ulivo voteranno contro questo emendamento. (Applausi dal Gruppo Ulivo).

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, vorrei sottolineare, dato che forse prima non è stato chiaro, che riformulo l'emendamento 4.0.2 sostituendo le parole: «da cento a centocinquanta quote» con le altre: «fino a centocinquanta quote, ex decreto legislativo n. 231 del 2001», altrimenti non si capirebbe di quale quota si parla.

 

PRESIDENTE. Il Governo conferma il suo parere anche a fronte di tale modifica?

LI GOTTI, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, confermo il parere contrario precedentemente espresso sull'emendamento

STIFFONI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

STIFFONI (LNP). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Stiffoni, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 4.0.2 (testo 2), presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1013

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 4.0.3.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, sopprimo il comma 1 dell'emendamento al nostro esame e mantengo soltanto il comma 2, che è una versione minimale di quanto previsto dal precedente emendamento, che non è stato approvato.

Credo che a questo punto sia un segnale semplicemente simbolico per comunicare ai media che non hanno la totale impunità sull'arbitrio di emissione di notizie e non sulla libertà di stampa.

 

PRESIDENTE. Invito il relatore a pronunziarsi sull'emendamento 4.0.3, come riformulato dal senatore Castelli.

SALVI, relatore. Signor Presidente, confermo il parere contrario non per una valutazione di merito sugli emendamenti, ma perché la materia concerne il disegno di legge all'esame dell'altro ramo del Parlamento. Ora abbiamo appresso la singolare ragione, condivisibile o meno, per la quale il Governo lo ha inviato alla Camera, ma la sede propria è quella. Mi ero rimesso all'Assemblea sull'altro emendamento e infatti, coerentemente, non ho partecipato al voto, perché aveva una sua specificità.

Vorrei chiedere al senatore Castelli il ritiro di tutti gli altri emendamenti, perché egli si renderà conto per primo che non può essere questa la sede per esaminare una materia che è all'oggetto ex professo dell'altro ramo del Parlamento. Il senatore Castelli ha avuto tutta l'occasione per ribadire il suo punto di vista, ma adesso rischia di diventare un esercizio fine a sé stesso.

 

PRESIDENTE. Senatore Castelli, accoglie l'invito al ritiro rivoltole dal relatore?

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, avevamo tentato con la riforma costituzionale di superare il bicameralismo perfetto. Prendo atto che quel tentativo è andato a vuoto e che siamo in un bicameralismo perfetto per cui questo ramo del Parlamento ha tutta la facoltà, la liceità e l'autorevolezza di esaminare questo tema, forse anche meglio di quanto fa la Camera; potremo farlo anche prima e più rapidamente.

Quindi, getto il cuore oltre l'ostacolo e mantengo gli emendamenti.

PRESIDENTE. Procediamo dunque alla votazione dell'emendamento 4.0.3 (testo 2).

 

CASTELLI (LNP). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Castelli, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 4.0.3 (testo 2), presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1013

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 4.0.4 , presentato dal senatore Castelli.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 4.0.5, presentato dal senatore Castelli.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 4.0.6, presentato dal senatore Castelli.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 4.0.7.

 

POLLEDRI (LNP). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Polledri, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 4.0.7, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1013

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 4.0.8, presentato dal senatore Castelli.

Non è approvato.

 

Risulta pertanto precluso l'emendamento 4.0.9.

Metto ai voti l'emendamento 4.0.10, presentato dal senatore Castelli.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 4.0.11.

 

POLLEDRI (LNP). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Polledri, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 4.0.11, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1013

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 4.0.12.

 

POLLEDRI (LNP). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Polledri, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 4.0.12, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1013

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 4.0.13, presentato dal senatore Castelli.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 4.0.14, presentato dal senatore Castelli.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 4.0.15, presentato dal senatore Castelli.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione finale.

BARBATO (Misto-Pop-Udeur). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Senatore Barbato, la invito ad attendere un attimo per dar modo ai colleghi che intendono uscire di lasciare l'Aula.

 

BARBATO (Misto-Pop-Udeur). Signor Presidente, mai così opportuno è stato un provvedimento quale quello odierno, che nasce dalla necessità di far fronte all'uso‑abuso illegittimo ed indiscriminato delle conversazioni telefoniche.

Con la riorganizzazione della normativa si pone fine all'Italia degli spioni e degli spiati, riconducendo nei ranghi della legalità tutte le informazioni in qualsiasi modo raccolte, a prescindere dalla premeditazione dolosa o dalla mera casualità.

Con ciò non voglio affermare che la giustizia non possa adeguatamente servirsi dei moderni mezzi d'indagine, né però che possiamo accettare il machiavellico «fine che giustifica i mezzi».

Vorrei con estrema pacatezza analizzare l'insieme dei punti. Il decreto, infatti, interviene sulla disciplina codicistica dell'acquisizione delle prove, ribadendo il limite dell'utilizzo di quelle ottenute illecitamente ed introducendo quel quid pluris che rende necessaria e dovuta la sua conversione. Mi riferisco in particolare all'articolo 240 del codice di procedura penale, risultante dagli incessanti lavori di queste ore, che mantiene inalterati gli elementari princìpi di libertà giuridica anche nel rispetto di altre norme penali.

Si introduce la novella che impone l'immediata custodia dei fascicoli illegalmente formati o acquisiti, vietandone, comunque, le copie e rendendone inutilizzabile il contenuto. Questa novella si inserisce in un quadro sistematico teso al totale rispetto della normativa n. 196 sulla privacy, anche perché al pubblico ministero, di concerto con il GIP, è lasciato il compito di decidere l'eventuale efficacia probatoria delle intercettazioni e dei tabulati telefonici esistenti.

A mio parere questa legge sottende un modus operandi assennato, che nasce dall'esigenza di rispettare la gerarchia dei valori a tutela dei diritti soggettivi e della persona.

Pertanto, anche sotto il profilo della costituzionalità, sostengo che si è rispettato l'articolo 111 della Costituzione, che impone che l'acquisizione della prova avvenga in contraddittorio tra le parti.

Inoltre, l'articolo 3 del decreto, dovuto corollario della riforma, prevede una nuova ipotesi di reato, con pena detentiva nel caso di illecita detenzione degli atti e dei documenti. Basterebbe non aggiungere altro, perché appare logico procedere alla conversione di tale decreto, che pone un serio caposaldo nei poteri di indagine e di inchiesta.

Tuttavia, a fronte delle preoccupazioni dell'ultimo momento e avendo mediato con le altre forze politiche per addivenire a un miglioramento e ad un consenso vasto, abbiamo accolto le modifiche - come dicevo - migliorative, per rendere più organico il provvedimento che stiamo per votare.

Così concludo. Mi sembra che obiettivo primario del decreto legge sia garantire tutti i cittadini, dando loro la dovuta serenità. Pertanto, le finalità che hanno spinto il Governo ad emanare un simile provvedimento d'urgenza sono evidenti e da ricercare nell'inevitabile stop alla prassi delle pubblicazioni indebite.

Ecco perché, a nome del Gruppo Misto-Popolari-Udeur che rappresento, esprimo voto favorevole al disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge in oggetto.

PISTORIO (DC-PRI-IND-MPA). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PISTORIO (DC-PRI-IND-MPA). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, devo dire con piacere che anche in questo caso riscontriamo un consenso importante su un provvedimento in materia di giustizia. Forse non era prevedibile che in questo ramo del Parlamento, proprio attorno a un tema così delicato, si sviluppasse un dialogo politico che sta producendo risultati apprezzabili.

L'utilizzo dello strumento del decreto‑legge da parte del Governo non ha favorito l'approfondimento complessivo della materia, e su questo mi soffermerò velocemente, ma probabilmente non vi era altra strada, ricorrendo di sicuro i presupposti di necessità e di urgenza, visto il vasto allarme sociale che si è determinato in questi mesi attorno al tema delle intercettazioni e dell'acquisizione in forma illegale di questo livello di informazioni.

Credo che ciò derivi non soltanto dalla preoccupazione per una violazione diffusa della privacy dei cittadini - per quanto ciò devasti lo spazio personale e individuale con gravi danni - ma probabilmente anche dal fatto che è stato colto un pericolo più grave, quasi di inquinamento della vita democratica. Alcune vicende palesate in questi mesi hanno forse costituito l'occasione per una riflessione comune sul pericolo da esse rappresentato per la nostra vita democratica e hanno anche riportato alla memoria antiche vicende che costituiscono pezzi oscuri della nostra storia civile.

Ebbene, talmente grave è stata questa preoccupazione, talmente diffusa la volontà di far prevalere queste esigenze e la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti, che in sede di Commissione si è sviluppato un percorso che ha fatto prevalere questo, rispetto, ad esempio, sulla possibilità di utilizzare gli esiti di tali attività per accertare eventualmente dei reati.

Voglio ricordare che nel dibattito politico, qualche mese fa era apparsa la proposta di utilizzare comunque questi reperti per individuare ed accertare reati. Forse ciò era il frutto ultimo, da parte di qualche esponente di una subcultura inquisitoria, della volontà di ribadire un clima che ha segnato questo Paese.

Apprezzo moltissimo che sia stata largamente prevalente una cultura delle garanzie - una cultura davvero del rigore e delle garanzie - e non è stata accolta la proposta che rendeva possibile l'utilizzo di questi esiti mettendoli a disposizione dell'autorità giudiziaria. Al contrario, con un clima assolutamente bipartisan che si era già ravvisato in occasione della discussione sulle misure relative all'ordinamento giudiziario, si è fatta una scelta di garanzia e di forte valore democratico.

Un rimprovero al Governo può però essere mosso ed è quello di non aver utilizzato fino in fondo questa occasione, di non avere fino in fondo utilizzato questo clima favorevole. Il Governo avrebbe potuto inoltrarsi su un terreno adiacente, che però comporta qualche rischio in più e qualche elemento di maggiore dialettica: esso è quello, certamente più importante, dell'utilizzo illegale delle intercettazioni acquisite legalmente all' interno dei procedimenti penali, che rappresenta il vero tema che ha visto in questi anni segnare spesso un confronto aspro tra la politica e la magistratura e un utilizzo dei mass media qualche volta spregiudicato.

Il tema comunque è ormai alla portata del dibattito parlamentare, che è stato infatti avviato alla Camera dei deputati: probabilmente, per l'attività che era stata svolta in questo ramo del Parlamento e per il clima che qui si era innestato, forse sarebbe stata anche più giusta un' omogeneità di iniziativa, così come l'utilizzo di uno strumento come il disegno di legge sarebbe stato più opportuno.

Ma, come vedete, tutto è migliorabile. E noi siamo convinti che questo clima debba essere aiutato e rafforzato; che sul terreno della giustizia sia stato segnato forse il momento di maggiore criticità della storia politica di questi ultimi anni del nostro Paese; che vi sia la necessità da parte di tutti di uno sforzo in avanti, fuori da schematismi ideologici e, sopratutto, da scontri faziosi e partigiani.

È necessario rintracciare un filo comune. Il nostro piccolo Gruppo parlamentare, che mette insieme culture diverse e che forse è una sorta di piccolo laboratorio del confronto e della dialettica politica (democristiani, repubblicani, autonomisti; espressione quindi di formazioni e di culture diverse, ma che sono tutte incentrate nel segno della garanzia e della profonda legalità), collaborerà per instaurare questo clima, non soltanto votando convintamente il provvedimento, ma confermando e rafforzando questo spirito.

Su tutte le tematiche di respiro istituzionale, ma soprattutto sulla giustizia, i provvedimenti devono essere accompagnati dal più largo consenso che non è soltanto a garanzia di contenuti condivisi, ma è anche piena e assoluta garanzia di una cultura democratica che in questo nostro Paese ogni tanto è stata offuscata e che, invece, va riportata integralmente nel dibattito politico. (Applausi dai Gruppi DC-PRI-IND-MPA e UDC).

FORMISANO (Misto-IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FORMISANO (Misto-IdV). Signor Presidente, svolgerò poche considerazioni proprio per il clima che si è determinato; faceva bene peraltro a ricordarlo il presidente Angius prima. Probabilmente, abbiamo avuto momenti di dibattito, non dico alto ma comunque fuori del normale e dell'usuale. Se ci abituiamo a discutere in questo modo, facciamo cosa giusta e saggia per il compito che il Senato ha davanti.

Credo di dire cose già dette da altri colleghi. Mi pare di partire dai beni oggetto di tutela da parte di questa norma che ci accingiamo ad approvare stasera; beni relativi ai diritti inalienabili, inviolabili, ai diritti della persona.

Molti colleghi hanno messo in evidenza che si è intervenuti a legiferare su questa materia in presenza di un vistoso allarme sociale che si era creato qualche tempo fa su fatti specifici. Qualcuno lo ha detto con accezione negativa. Credo che il compito del Parlamento, del legislatore sia esattamente quello di dare risposte quando i problemi si pongono. Quindi, se in un determinato momento della nostra storia democratica, qualche mese fa, si è determinata una situazione di allarme sociale tale da richiedere necessario l'intervento del legislatore, credo che sia un buon legislatore quello che interviene non fuori tempo o magari tardi, ma quando è necessario che lo faccia.

Si è pensato di usare lo strumento del decreto-legge. Sono qui a sostenere la giustezza di quella scelta, cioè dell'uso del decreto-legge, perché mi pare che nell'intervento del presidente Andreotti in discussione generale siano emersi gli elementi in base ai quali la necessità e l'urgenza giustificassero il ricorso al decreto-legge. Non faccio riferimento al «Taci! Il nemico ti ascolta», che ha citato il presidente Andreotti, ma all'indagine che lui ha svolto e che, secondo me, se la facessimo tutti quanti assieme, darebbero lo stesso risultato: quella sulla ancora assenza nel massimario di condanne per violazione del segreto istruttorio, nonostante vi sia una previsione normativa che risalga a diversi anni fa.

Credo che il presidente Andreotti abbia ben incentrato la necessità alla base della decretazione di urgenza in un momento in cui l'allarme sociale richiedeva un intervento che tranquillizzasse, che mettesse il cittadino in condizione di sentirsi tutelato attraverso i propri rappresentanti, cioè attraverso i legislatori. Vi è stato poi un lavoro in Commissione - lo voglio dire con chiarezza - grazie all'abilità, alla bravura, alla comprensione del presidente Salvi, che ha portato al risultato che stiamo verificando qui stasera: quello cioè di avere la stragrande maggioranza del Senato d'accordo su un testo. Eppure, non era né facile né scontato.

Ciò è avvenuto nonostante - lo dico perché ieri c'è stata - qualche rapida incursione governativa che ha corso il rischio di far venire meno il clima che si era creato all'interno della Commissione che probabilmente poi avrebbe raggiunto, così come faremo tra poco quando voteremo il disegno di legge, gli obiettivi che il Governo intendeva raggiungere e che, per quanto riguarda noi senatori dell'Italia dei Valori, intendevamo raggiungere: tre senatori - lo dico per il senatore Castelli che sbaglia a contare - presenti stasera che credo abbiano partecipato al voto di poc'anzi sull'emendamento a firma del senatore Storace.

Gli obiettivi che volevamo raggiungere erano quelli di correggere - lo ha detto già prima di me in discussione generale il senatore Casson - qualche errore in cui il Governo era incorso in relazione a chi dispone; infatti, la previsione che il pubblico ministero possa disporre un qualcosa (lui parte nel procedimento), probabilmente era un errore che avrebbe viziato di incostituzionalità l'intero provvedimento. Era quindi opportuno ripristinare con un giudice, nel caso di specie il giudice per le indagini preliminari, colui che ha il potere di disporre la distruzione.

Abbiamo posto freno ad un errore che probabilmente, per la fretta con cui era stato steso questo provvedimento, non ci si era avveduti di commettere, così come pure al fatto che la stessa intercettazione, illegalmente raccolta, finisse con il diventare oggettivamente prova di un reato, quindi corpo del reato, per cui occorreva intervenire - così come con l'emendamento proposto dalla Commissione, che abbiamo votato, si è fatto - su quello che finiva con l'essere un vero e proprio corpo del reato rispetto al quale una qualche maggiore attenzione andava posta.

Ad ogni modo, siamo riusciti a fare un buon lavoro, con un confronto sereno e leale in cui, anche quando non abbiamo accolto suggerimenti o osservazioni che venivano da altri colleghi, lo abbiamo fatto però riconoscendo agli stessi valenza tale da poter servire in un dibattito che io credo non finirà qui stasera su tali questioni. Mi sembra pertanto di poter dire - lo diceva nel suo intervento il senatore Caruso - che tutto è bene quel che finisce bene.

Credo che voteremo un provvedimento che sicuramente per tempestività e per come è articolato raggiungerà gli obiettivi che ci siamo prefissati. Non mettiamo la parola fine su questa vicenda, ma abbiamo messo un puntello tale che ci consente probabilmente di essere una Nazione un tantino più moderna, più europea, più liberale e democratica.

BULGARELLI (IU-Verdi-Com). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BULGARELLI (IU-Verdi-Com). Intervengo, a nome del Gruppo Insieme con l'Unione Verdi-Comunisti Italiani, per esprimere un voto naturalmente favorevole a questo decreto.

Quando il 22 settembre scorso il Governo ha emanato il decreto-legge n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche, sono state quasi all'unanimità riconosciute la necessità e l'urgenza di questo provvedimento. In particolare, il decreto è stato salutato positivamente da tutte le parti politiche e nessuna ne ha messo in discussione i requisiti costituzionali.

Questo anche perché, come è noto, il Governo aveva, con correttezza e sensibilità istituzionale, tenuto conto della delicatezza della materia trattata, aveva preventivamente informato autorevoli esponenti dell'opposizione delle linee di intervento e delle misure contenute nel decreto stesso, come ha ricordato in Aula, ad inizio seduta, il relatore Salvi, presidente della Commissione giustizia. Questo non ha impedito una seria ed approfondita analisi del contenuto normativo del provvedimento, nel momento in cui se ne decideva la conversione in legge.

Il lavoro svolto dal Senato, nel quadro della tutela della privacy, si è indirizzato prevalentemente nel garantire un migliore bilanciamento degli interessi costituzionali in gioco, nel condividere l'obiettivo del rafforzamento del contrasto alla detenzione di materiali abusivi e di dossier, la cui formazione va impedita anche con un serio inasprimento delle pene, tra l'altro previsto dal decreto per chi dovesse rendere pubblici i contenuti del lavoro di dossieraggio illegale. Ci si è concentrati nella definizione o nella migliore specificamente di elementi che potessero garantire anzitutto la parte offesa, anche in termini di risarcimento.

Se le operazioni di distruzione avvengono con modalità tali da assicurare il rispetto di tutte le garanzie necessarie al pieno esercizio dei diritti di difesa, preferibilmente nel contraddittorio delle parti, davanti al giudice e, comunque, con garanzie di riservatezza, si può allora affermare che il lavoro di affinamento del testo ha raggiunto un obiettivo, direi, assai importante. Sul punto si è avuta ampia convergenza, essendo obiettivo comune quello di prevedere particolarità di conservazione del materiale per lo stretto tempo di attesa della realizzazione del contraddittorio sulla sua distruzione.

La finalità del decreto-legge era quindi non solo e non tanto quella di fornire una prima risposta ad una emergenza sul fronte di garanzia della privacy, ma anche di offrire garanzie per tutti - com'è stato contrassegnato in Aula da diversi colleghi, tra cui il senatore Tibaldi e la senatrice Boccia - compresa la collettività, nella trattazione dei dati protetti da parte di chiunque. È, quindi, un provvedimento di tutela generale quello che siamo chiamati a convertire in legge. Certamente, nell'effettuare una valutazione sul testo, non si può prescindere dalle condizioni - queste, sì, davvero straordinarie e preoccupanti - che ne hanno determinato l'emanazione.

A partire da una lunga e complessa indagine della magistratura e grazie ad un coraggioso lavoro giornalistico d'inchiesta, è emersa una realtà illegale consolidatasi nel corso di almeno un decennio e talmente ramificata da far asserire a qualcuno che la stessa democrazia era a rischio. La democrazia ha, per fortuna, strumenti d'intervento ancora efficaci: una magistratura indipendente ed autonoma, una libera stampa ed anche un Parlamento, che è chiamato a varare tutte le misure idonee ad evitare che il sistema illegale scoperto abbia a perpetuarsi o a ripetersi.

Non dobbiamo mai dimenticare che ciò con cui ci si deve misurare è un fatto di portata difficilmente comparabile con analoghe vicende nella storia repubblicana, se non altro per ampiezza e caratteristiche del sistema illegale e delle sue «vittime». Se, infatti, per un decennio sono stati abusivamente raccolti dati riguardanti migliaia di cittadini, appartenenti alle più svariate categorie (dall'operaio al vip della finanza, dal politico alla soubrette dello spettacolo, dal calciatore al dipendente aziendale o al semplice cittadino «cliente»), vuol dire che si va ben oltre un ristretto gruppo di soggetti, in una specie di organizzazione affaristica piramidale, annidatasi all'interno di una grande impresa di telecomunicazioni, per altro dichiaratasi parte lesa.

I giudici che hanno vagliato, nell'ambito delle indagini preliminari, le evidenze raccolte dal pubblico ministero hanno infatti parlato di un vero e proprio sistema, che, grazie ad una consistente, per non dire enorme, disponibilità di denaro, commissionava e gestiva un complesso di indagini parallele. Il pagamento di attività corruttive e l'utilizzo di opache collaborazioni, finanziate con fondi drenati alle imprese, sarebbero stati utilizzati per migliaia di intercettazioni telefoniche illegali (intendendo con tale termine la raccolta dei dati e dei tabulati), pedinamenti, sistemi di videosorveglianza e software, sfociati - quantomeno dal 1997 ad oggi - in un immenso archivio segreto, in cui si schedavano dipendenti, finanzieri, manager e politici.

Ma oggi siamo chiamati a dirimere una questione che va ben oltre tale specifica vicenda, che è in fase di accertamento. Le parole di allarme democratico del presidente Prodi, allora, sono pienamente giustificate e devono far riflettere, ma questo ben al di là del singolo caso giudiziario, per quanto grave e preoccupante.

Se è vero che per qualcuno è stato impossibile controllare al terminale SDI delle forze dell'ordine i precedenti di polizia del personale che sarebbe stato assunto e che venivano compiuti e reiterati accessi abusivi al sistema dell'anagrafe tributaria (nell'ambito di una pluralità di operazioni dai nomi fantasiosi, che consistevano nell'illegale incursione all'interno delle migliori banche dati informatiche, con tanto di tariffario per la compravendita dei dati e dei tabulati telefonici di ignari cittadini: da 250 fino ad un massimo di 1.500-2.000 euro), com'è possibile non intervenire con norme adeguate?

Se è vero che i dati sensibili (numeri di telefono, riferimenti bancari e vite private dei singoli cittadini) venivano raccolti in dossier dai nomi in codice e con sistemi di schedatura e controlli sul territorio attuati da una pluralità di soggetti (investigatori, pubblici dipendenti infedeli, eccetera) che per denaro vendevano informazioni, è evidente che vi è una grave falla nei sistemi di controllo, anche se in recenti audizioni - così è stato, ma sono ancora in corso in Commissione giustizia - molti esperti e vertici aziendali hanno offerto rassicurazioni (tutte da verificare).

Che si trattasse di un dossieraggio illegale lo prova il fatto che tale documentazione non doveva in alcun modo essere conservata, tanta che «a partire da un certo momento ha cominciato addirittura ad essere bruciata», come si legge nell'ordinanza del GIP.

Ma se un caso specifico ha suscitato allarme nell'opinione pubblica, dovere del Parlamento è di approvare leggi generali capaci di prevenire simili situazioni nel futuro e di regolare in modo efficace la materia.

Il decreto del Governo si è, dunque, posto come primo obiettivo quello di sradicare la decennale prassi di schedare, spiare, catalogare i cittadini di volta in volta ritenuti di interesse e i loro numeri telefonici. Il decreto modifica il codice di procedura penale per colpire questo tipo di attività illegali, introduce nuovi reati e regola alcuni rapporti civilistici in tema di risarcimento del danno. Per questo, con una modifica apportata dalla Commissione e votata all'unanimità (a parte alcuni voti contrari) all'interno di questo Parlamento, siamo in qualche modo riusciti a mitigare il problema e, soprattutto, il suo effetto.

Ma siamo anche riusciti, in parte, a modificare in modo positivo un decreto-legge nato come emergenziale, tanto è vero che non siamo qui a parlare di decreto emergenziale. Infatti, nel corso dell'esame parlamentare si è convenuto, ad esempio, che la distruzione di questo materiale, che non sarebbe mai dovuto esistere, rappresenti il punto centrale dello stesso provvedimento poiché l'illegalità della formazione, anche per garantire il diritto della difesa, può essere stabilita nel contraddittorio delle parti.

Si è pensato fosse più utile individuare un meccanismo per cui fosse il giudice dell'udienza preliminare, con decreto motivato, a disporre la distruzione.

È, dunque, ragionevole pensare ad un sistema che assicuri l'immediata secretazione del materiale e il divieto di utilizzo dello stesso, il che non inibisce immediatamente e del tutto un utilizzo a fini investigativi del corpo del reato.

Mi resta però un'ultima cosa da dire in chiusura. Fermo restando il nostro voto favorevole, rimane un problema. Si è parlato e discusso di intercettazioni illegittime, ma quante volte le intercettazioni cosiddette legittime diventano illegittime nell'uso che ne viene fatto da tutti i soggetti che abbiamo citato ampiamente all'interno di questo Parlamento?

Credo che questa sia la riflessione che tutti ci dobbiamo porre per agire realmente dal punto di vista legislativo sul tema più ampio delle intercettazioni tutte, naturalmente a sistema di garanzia nei confronti dei cittadini e tenendo conto fino in fondo della privacy. (Applausi dai Gruppi IU-Verdi-Com e RC-SE).

D'ONOFRIO (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ONOFRIO (UDC). Signor Presidente, il gruppo UDC ha preferito non svolgere alcun intervento nell'ambito della discussione generale e di riservare parte del tempo (ovviamente, non intendo parlare per tutto il tempo di cui l'UDC dispone) per cercare di dire che cosa, a nostro giudizio, riteniamo sia avvenuto e quale insegnamento politico per il futuro riteniamo di cogliere.

Questa è una vicenda di grande rilievo. Occorre comprendere che è stato predisposto un decreto-legge con il consenso di tutti i leader dei Gruppi di opposizione. Il fatto politico di grande rilievo è avvenuto nel momento in cui è stato adottato il decreto-legge perché in quel momento il provvedimento ha ottenuto il consenso di tutti gli esponenti (sono notizie che leggo sui giornali).

Perché è stato possibile adottare un decreto-legge con un larghissimo consenso, con il consenso di tutti dopo uno scontro selvaggio sul tema della giustizia nella passata legislatura? Per due motivi. Innanzitutto, per l'intelligenza politica del ministro Mastella, che dimostra di cercare l'intesa sul tema della riforma della giustizia al di là degli scontri che hanno caratterizzato questa materia nel corso degli anni precedenti.

Il ministro Mastella sull'intesa ha giocato con strategia politica, e non è la prima volta. Ma lo ha potuto fare perché era esploso un caso straordinario, una rivoluzione nell'opinione pubblica generalizzata, prevalentemente parlamentare ma non soltanto, in seguito alle cosiddette notizie delle migliaia di intercettazioni Telecom. La saldatura di questi due fatti ha consentito l'adozione del decreto-legge.

Che cosa si è ottenuto attraverso quel decreto-legge, altrimenti non capiamo di cosa stiamo discutendo noi oggi, a mio giudizio? Si è ottenuta l'immediata scomparsa dai giornali della Repubblica della vicenda delle intercettazioni illegittime. Si è ottenuto un fatto politico, non un fatto giuridico. Non si è ottenuta la distruzione delle intercettazioni illegittime ma la non diffusione delle notizia relative alle intercettazioni illegittime.

Questo è ciò che quel decreto ha prodotto, per rispondere a chi afferma che il provvedimento non ha conseguito alcun risultato. Ed è stato possibile perché il Ministro della giustizia riteneva che fosse materia di interesse generale e perché i leaders politici di tutti i Gruppi hanno detto che occorreva un decreto‑legge. Stiamo quindi per convertire in legge un decreto adottato sulla base di un'intesa larghissima, promossa dal Ministro della giustizia e ritenuta possibile a causa dell'esplosione informatica nel campo delle intercettazioni illegittime.

Successivamente, è cominciata una vicenda giurisdizionale, procedurale, politica e parlamentare molto complicata. Il decreto‑legge è stato presentato al Senato ed aveva la copertura politica dell'accordo generale. Occorreva verificare se vi erano le condizioni processual-parlamentari per un'intesa generale.

Pertanto, l'oscillazione che ha avuto ieri il Governo, tra emendamenti presentati e ritirati, al di là della straordinaria capacità del sottosegretario Li Gotti, è stato un fatto improprio perché stava mettendo in crisi la premessa politica del decreto-legge, cioè la ricerca dell'intesa. Se gli emendamenti che il Governo ha presentato avessero avuto la possibilità di realizzare un'intesa larghissima, nessuno avrebbe avuto nulla da obiettare. Però in quel momento la presentazione di emendamenti sembrava voler dire che, una volta che il decreto-legge aveva prodotto il risultato politico e mediatico, si voleva che di fatto la situazione restasse immutata. Questo non abbiamo accettato.

Ecco perché ieri ho parlato di voltafaccia incredibile del Governo, non tanto riguardo ad aspetti tecnici della vicenda delle intercettazioni illegittime, quanto per il fatto che quel decreto-legge aveva prodotto un risultato straordinario mediatico, quello della cancellazione della vicenda dai giornali, per pura volontà politica, non per timori o altro.

Occorreva però che il decreto-legge si traducesse proceduralmente in un atto che non poteva avere immediata efficacia giuridica, perché la distruzione immediata del materiale, in termini giuridici, poteva avvenire o ad opera del pubblico ministero (ma se avessimo introdotto tale previsione, avremmo ottenuto l'immediatezza sconvolgendo l'ordinamento processuale penale, riconoscendo al pubblico ministero un potere mostruoso) o ritornando nell'alveo ragionevole delle garanzie minime, che in questo caso sono quelle che la Commissione ha finito con il mettere in campo.

Il testo che emerge di fatto è politicamente quel decreto-legge, ma dal punto di vista giuridico e parlamentare è il testo della Commissione: è la saldatura tra l'intesa politica che regge il decreto-legge e l'intesa tecnico-costituzionale che ha retto la Commissione. Si realizza così un accordo che altrimenti non sarebbe stato conseguito.

Non dobbiamo però ritenere che in questo campo vi sia una circostanza fortunata che abbia portato ad un'intesa così ampia. Non è un fatto isolato, perché abbiamo alle spalle un passaggio di grande rilievo, al quale sono rammaricato che la stampa italiana non abbia dato il significato che meritava, quello che ha consentito di tenere in vita, non più sospesi, due fondamentali decreti legislativi dell'allora ministro Castelli.

Il Governo aveva presentato un disegno di legge, che abbiamo votato recentemente, che prevedeva la sospensione del decreto legislativo concernente le procure della Repubblica, il procedimento disciplinare e la separazione delle funzioni dei magistrati. Si è raggiunta un'intesa molto importante, grazie anche all'intelligenza del senatore Castelli, il quale ha dimostrato la disponibilità a consentire che si adottassero misure in parte diverse da quelle a cui aveva dato vita quando era Ministro, a condizione che si salvassero due pilastri di quei decreti legislativi: l'accentramento nel capo della procura delle questioni fondamentali e l'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione disciplinare.

Questi due pilastri intatti hanno rappresentato un piccolissimo ma significativo avanzamento verso una posizione che ha consentito di contenere, non totalmente ma almeno in parte, l'improprio potere parlamentare dell'Associazione nazionale magistrati.

Questa è la linea strategica che credo il ministro Mastella abbia rappresentato di voler perseguire con tale decreto-legge e questo è ciò che abbiamo fatto con le modifiche dei due decreti-legge Castelli adottati qualche giorno fa.

In questa legislatura stiamo quindi cercando faticosamente di passare, dopo il 1994 (ripeto, per la prima volta dalla fine della cosiddetta Prima Repubblica), dalla linea dello scontro totale con l'ordinamento giudiziario (nel quale sostanzialmente il Parlamento perde il potere legislativo, perché nello scontro o prende un potere legislativo totale o rinuncia totalmente al proprio potere legislativo) a una situazione di normalità costituzionale.

A mio giudizio, ma non pretendo che i colleghi concordino, in tale situazione di normalità costituzionale il potere legislativo del Parlamento si esercita a condizione che in materia di religiosità (prevista dalla Costituzione italiana in riferimento al Concordato e ai culti acattolici), di magistratura (della quale la Costituzione predica l'autonomia nell'esercizio delle sue funzioni, formula di estremo significato costituzionale) e di Regioni (per le quali altrettanto si predica l'autonomia in Costituzione) si cerchino in questa legislatura intese tali da far comprendere che chiunque vince le elezioni non ha la totalità del potere legislativo, né in materia religiosa, né in materia giurisdizionale, né in materia istituzionale regionale.

Questo è il messaggio importante che dal Senato sta venendo fuori. Tale messaggio richiede che il Governo della Repubblica sposi la linea dell'intesa istituzionale, non come inciucio, ma come questione istituzionale di fondo, laddove necessaria. Questo è il merito che riconosco al mio antico amico Clemente Mastella, attuale ministro della giustizia. Dopo il 1994, la ricerca delle intese in materia di giurisdizione è un problema di scelta politica di fondo.

Rivendico al merito dei Gruppi dell'opposizione e del mio in particolare - dico «in particolare» per la tutela che il sistema proporzionale giustamente prevede per i singoli Gruppi - la volontà di cercare l'intesa su queste tre questioni di fondo, senza alterare la cultura bipolare che è al fondo della nostra azione politica e l'intelligenza politica dell'amico Castelli, che ha chiaramente capito che il lavoro da lui fatto non deve essere buttato via per farne un altro, ma deve essere la base per raggiungere un'intesa più larga.

Questo sono le ragioni per la quali voteremo a favore della conversione in legge di questo decreto‑legge e mi auguro che tutto il Gruppo UDC esprima lo stesso voto favorevole, affinché si arrivi ad una saldatura tra l'iniziativa politica originaria del ministro Mastella e del decreto‑legge voluto da tutte le forze politiche e il lavoro svolto molto puntualmente dal punto di vista tecnico in Commissione giustizia. Ripeto ancora una volta che questo atteggiamento è parte di un disegno strategico di questa legislatura.

Come tale il Gruppo UDC lo vive e mi auguro che si potranno trovare punti di intesa fondamentali sulle questioni che abbiamo ancora davanti a noi. (Applausi dal Gruppo UDC e dei senatori Valentino e Centaro).

CASTELLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, anzitutto ringrazio il senatore D'Onofrio per i lusinghieri accenti che ha rivolto alla mia persona. Sono, però, in parte in disaccordo con lui, nel senso che non posso associarmi a chi vede una sorta di cammino virtuoso in quanto stiamo facendo in questi giorni in materia di giustizia al Senato. Cercherò di spiegare perché.

Mi sembra che riusciamo a ottenere degli accordi quando non ci sono sul tappeto i problemi reali o comunque i problemi più importanti. È accaduto sulla questione dell'ordinamento giudiziario, dove la maggioranza ci ha concesso - o è stata obbligata dalla forza dei numeri - di discutere e di arrivare ad un compromesso su due decreti legislativi significativi, ma poi ha fatto muro e quadrato sul decreto legislativo fondamentale, o almeno quello che l'ANM ritiene fondamentale perché contiene due totem negativi per l'Associazione stessa, cioè la cosiddetta separazione delle carriere e la progressione in carriera basata sulla meritocrazia, termine che i magistrati - quanto meno la loro rappresentanza - evidentemente aborriscono.

Mi pare che anche oggi si sia in qualche modo ripetuto questo copione, perché c'è un esimio esponente politico di questa parte della storia politica del Paese, Silvio Berlusconi, che spesso si rifà al teatrino della politica. Bene, colleghi, io sono convinto che noi oggi siamo stati tutti attori di questo teatro, tra queste quinte, perché, come ripeto, e ne sono sempre più convinto stante l'andamento del dibattito, noi abbiamo legiferato sul nulla. Infatti, non esiste un solo atto concreto - vorrei che qualcuno me lo esternasse e me lo mostrasse - che dichiari che in passato o nel presente vi siano state delle intercettazioni acquisite illecitamente e illegalmente.

Non vi è neanche un atto concreto, quindi noi ci siamo preoccupati di una questione meramente virtuale. Poi c'è qualcuno, come il senatore Formisano, che per tutto ciò si è sentito più europeo: beato lui, io francamente non riesco a capirne la ragione.

È evidente: abbiamo fatto del teatro, abbiamo fatto finta di legiferare su un tema cruciale come quello della propalazione delle intercettazioni parlando d'altro e non abbiamo assolutamente affrontato il tema reale. D'altro canto, basta vedere anche i mezzi. Quando il Governo vuol parlare di qualcosa che non c'è, di un mondo virtuale, allora affronta il tema con un decreto-legge e quindi fa un'operazione mediatica che, a mio parere, va smascherata, perché poi, in politica, quello che conta non è ciò che è vero ma ciò che sembra vero e ciò che percepisce l'opinione pubblica.

Colleghi, l'opinione pubblica ha percepito che il Governo, con grande rapidità, velocità ed efficacia, al contrario di quanto abbiamo fatto noi nella scorsa legislatura, ha affrontato lo scottante tema delle intercettazioni e della loro propalazione sui giornali, e quindi l'immagine data al Paese è stata: il Governo Berlusconi non è stato in grado di far nulla; guardate invece il governo Prodi com'è bravo; immediatamente interviene con decreto‑legge. Va smascherata questa operazione! È su questo che io sono assolutamente in contrasto con quanto dichiarato dal senatore D'Onofrio, che vede una sorta di cammino virtuoso. Colleghi, a mio parere siamo caduti in un grande inganno.

È evidente che, dal punto di vista formale, noi non potevamo fare altro, come molti esponenti della maggioranza hanno dichiarato, che mettere a posto un testo che, mi scuserete, sarebbe stato scritto meglio da me che sono ingegnere. Come si fa ad affermare che bisogna immediatamente distruggere un corpo di reato? È una bestialità che capisce chiunque, ma forse non chi ha scritto il decreto. L'abbiamo messo a posto dal punto di vista formale, perché non potevamo fare altro; forse sarebbe stato più dignitoso lasciarlo decadere perché è ovvio che non vi è alcuna urgenza su questo tema, dato che non esiste nulla su cui intervenire.

A questo punto, però, ribadisco il mio dubbio che resta nella mente di molti, compresi alcuni esponenti della maggioranza, sulla motivazione per la quale si è agito così rapidamente un certo giorno su questo tema. Forse è stata fatta un'altra seduta spiritica in cui, anziché quella su via Gradoli, è arrivata al Governo Prodi qualche altra informazione dal bicchiere. Infatti, c'è stato un momento in cui occorreva bruciare tutto, bisognava mandare tutto al rogo rapidamente, altrimenti chissà che cosa sarebbe successo. Il presidente Prodi ha parlato addirittura di contagio, c'era un contagio.

E allora, alla stessa stregua dei monatti manzoniani, bisognava bruciare tutto affinché la peste non dilagasse. Peccato che nessuno riesca a dimostrare dove sia questa peste, perché non vi è un solo atto concreto che dica che c'è in giro una intercettazione telefonica. Sappiamo dell'acquisizione dei tabulati che è una cosa completamente diversa; addirittura ci sono delle testimonianze, rese in Commissione dagli esponenti della Telecom, che potrebbero anche mentire ma, fino a prova contraria, in Commissione si dice la verità, che ci dicono che è impossibile tecnicamente acquisire illecitamente queste intercettazioni senza lasciare una traccia telematica.

Allora, usciamo da quest'Aula avendo perso una grande occasione ed essendo caduti, a mio parere, in un inganno. Abbiamo fatto credere all'opinione pubblica che il Governo Prodi ha realizzato un grande intervento laddove noi non ne siamo stati capaci. Ricordo che anche noi avevamo pensato di emanare un decreto-legge e che l'allora presidente Ciampi ce lo impedì. Vorrei capire la natura di questa Costituzione, mobile qual piuma al vento a seconda delle maggioranze e dei Presidenti.

Come mai secondo la Costituzione, che è sempre la stessa, non si può intervenire sui Codici attraverso lo strumento del decreto-legge quando c'é il Governo Berlusconi e invece si può quando al Governo c'è il presidente Prodi? Bisogna pur porsele queste domande.

Non vedo, francamente, questa atmosfera di concordia. Naturalmente, se bisogna aggiustare un provvedimento zoppo lo si fa, se non altro per la dignità del legislatore: e siamo tutti legislatori. Per tali ragioni, licenziamo un testo che sta in piedi dal punto di vista formale e giuridico ma che rappresenta, a mio parere, una grave sconfitta della Casa delle libertà dal punto di vista politico. Questo il dato che vedo emergere dalla vicenda, perché ci siamo resi inconsapevolmente complici di un teatrino.

Per tali motivi, non voteremo contro questo testo, che in sé è neutro e agisce su una materia - ripeto - virtuale e potrebbe tornare utile in futuro. Non ci sentiamo di votare contro, ma sicuramente non possiamo esprimere un voto favorevole. Pertanto, annuncio l'astensione della Lega Nord Padania. (Applausi dai Gruppi LNP, FI e del senatore Storace).

DI LELLO FINUOLI (RC-SE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

DI LELLO FINUOLI (RC-SE). Signor Presidente, signor Sottosegretario, onorevoli colleghi, la storia di questo decreto è già stata narrata a più voci. Quindi, non mi dilungherò, data anche l'ora.

Come ho detto anche in Commissione, voglio ricordare che inizialmente il Governo aveva presentato un decreto senza capo né coda, che però recava un messaggio: quello di distruggere e fare piazza pulita di intercettazioni e fascicolazioni allora raccolte specialmente in campo Telecom. Il decreto inviava un messaggio netto e rapido al Paese sul contrasto all'illegalità di queste forme d'indagine.

Non mi appassionerò oltre dei motivi per i quali il Governo abbia ripresentato un testo radicalmente contrastante con lo spirito della prima stesura né del perché lo abbia ritirato nel giro di poche ore. Ascoltando, però, l'intervento demolitorio del collega e amico senatore Nitto Palma, ho considerato che ognuno ha il suo Manzione: lo avete anche all'opposizione.

Peraltro, il collega Nitto Palma ha svolto il suo intervento rivolgendosi sempre alla maggioranza, ripetendo «voi, voi, voi» e ignorando gli altri correi, che vanno quantomeno individuati nel senatore Buccico, nel senatore Valentino, nel senatore Centaro.

Tutti questi colleghi, e se mi è consentito, amici hanno permesso di raggiungere un accordo condiviso, come accaduto anche per la riforma giudiziaria. Tale accordo da grande forza a questi provvedimenti, in quanto essi non potranno essere poi contrastati con molta nonchalance né dall'Associazione nazionale magistrati, né da altri settori. Infatti, essi rivelano un accordo parlamentare quasi unanime.

Non è vero che questo decreto legifera sul nulla, come ho già detto. C'era l'emergenza dei fascicoli della Telecom, ma c'è sempre la possibilità che ci siano anche delle telefonate intercettate illegalmente e non c'è dubbio che il legislatore deve anche essere preveggente, deve anche legiferare per il futuro. Ritengo, quindi, che abbiamo anche predisposto uno strumento valido ed efficace.

Voglio affermare chiaramente che con questo decreto-legge abbiamo spento le pulsioni giustizialiste secondo le quali le intercettazioni o le fascicolazioni illegali non dovessero essere distrutte perché a fini investigativi qualcosa di buono se ne sarebbe sempre potuto cavare. Se avessimo assecondato queste pulsioni, avremmo determinato un passo avanti verso l'imbarbarimento della vita civile, politica ed economica di questo Paese. Invece, abbiamo stabilito che dalle intercettazioni e dalle fascicolazioni illegali non si può trarre niente di utile, se non la prova del perseguimento di chi ha effettuato queste intercettazioni - nel rispetto del contraddittorio delle parti e del giusto processo disposto da un giudice - e, quindi, vanno distrutte.

Rimane solo il verbale della distruzione. Secondo il mio modesto parere, tale verbale può solo servire a far procedere per quei reati specifici, cioè della intercettazione e fascicolazione illegale, a carico ovviamente di chi le ha fatte e con la salvaguardia delle persone offese che, appunto, hanno un ruolo anche nella fase procedimentale della distruzione.

Credo che anche il problema della responsabilità civile sia stato risolto in modo abbastanza brillante e ne va dato atto al collega Caruso, che ha trovato la formula perché un decreto di distruzione potesse essere portato davanti al giudice civile. Ritengo che anche in questo senso abbiamo fatto un passo molto importante.

Per quanto riguarda poi il bilanciamento tra il dovere dello Stato di tutelare la privacy, la riservatezza dei cittadini, e il dovere della stampa di tutelare la libertà di stampa, credo che si sia raggiunto un buon equilibrio. Ad esempio, non credo che sia dovere o interesse dei cittadini leggere su un giornale che un giudice per le indagini preliminari di un qualsiasi tribunale ha emesso un ordine di custodia cautelare non ancora eseguito, per cui il destinatario, leggendo il giornale, può prendere il treno o l'aereo ed andarsene via. Ritengo che questa notizia non bilanci l'azione penale, quindi il diritto della giustizia a fare il suo corso, e il diritto cittadini ad essere informati.

Ricordo che una notte noi giudici istruttori del pool antimafia di Palermo dovemmo accelerare l'emissione delle ordinanze di custodia cautelare - allora c'erano le ordinanze di cattura - emesse sulla base delle dichiarazioni di Buscetta, alla fine dell'istruttoria del maxiprocesso, perché la notizia era stata raccolta da un settimanale che sarebbe uscito di lì a poco, dando, appunto, ai mafiosi l'annunzio che era meglio porsi in salvo, invece di aspettare a casa i Carabinieri. Quindi, fummo costretti in una notte a scrivere e firmare tali ordini di cattura alle cinque di mattina e quei mafiosi furono catturati.

Non credo ci fosse una necessità, un'opportunità, un diritto dei cittadini di sapere che quei mafiosi stavano per essere arrestati al punto da sacrificare l'azione penale, facendo prevalere quel diritto sul diritto dello Stato di procedere contro quei soggetti. Credo quindi che anche su questo aspetto il decreto al nostro esame abbia raggiunto un bilanciamento e che in questo senso dobbiamo comportarci anche in seguito.

Rifondazione Comunista voterà convinta su questo disegno di legge di conversione. Dichiara fin d'ora la pronta disponibilità a colloquiare anche in seguito con l'opposizione. Crediamo infatti che i problemi della giustizia siano problemi di tutti e che maggiore è la forza parlamentare a sostenere delle norme, meno queste saranno contestate e maggiormente saranno accettate nella società civile. (Applausi dai Gruppo RC-SE, Ulivo e IU-Verdi-Com).

 

PRESIDENTE. Senatore Di Lello Finuoli, il mattino ha proprio l'oro in bocca, anche se a Buscetta con il mattino non è andata particolarmente bene.

BUCCICO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BUCCICO (AN). Signor Presidente, colleghi, Alleanza Nazionale voterà a favore del provvedimento, certamente con quell'approccio laico, problematico ma costruttivo con il quale ha seguito i lavori della Commissione ed ha contribuito a rendere dignitoso il testo, decorosa una legge e fattibile un'ipotesi presentata con superficialità dal Governo.

I senatori Valentino e Caruso hanno già esposto le ragioni per le quali Alleanza Nazionale si è decisa a dare in Commissione un contributo fattivo e a votare gli emendamenti. Aggiungo considerazioni riassuntive e finali, principiando da una di carattere generale, che mi vede dissenziente dall'intervento dell'ex ministro Castelli: la giustizia è una necessità della società, non è un'opzione personale o soggettiva e quando sul terreno della giustizia si incontrano culture e soggetti diversi, il cammino che si riesce a percorrere è sempre un cammino virtuoso.

Sul terreno della giustizia, nel corso di questa legislatura, abbiamo conseguito finora due risultati che ritengo positivi non già, come dice il senatore D'Onofrio, per le indiscusse qualità demiurgiche del ministro Mastella, ma anche e soprattutto per quella capacità di ascolto e di addizione che noi della Casa delle libertà abbiamo saputo portare in ogni momento del percorso.

Mi rendo conto che quando abbiamo esaminato con attenzione i decreti legislativi dei quali si voleva posporre l'entrata in vigore all'anno venturo e quando ci siamo approcciati a discuterne in termini realistici, siamo stati noi dell'opposizione, certamente insieme alle intelligenze recettizie che vi sono anche dall'altra parte dello schieramento, a determinare i punti della convergenza.

Siamo così intervenuti su due dei decreti più importanti, quello che ristabilisce i criteri di unitarietà nel lavoro della procura della Repubblica e quello che finalmente determina l'entrata in vigore della legge sugli illeciti disciplinari, con il vincolo dell'obbligatorietà dell'azione penale in ossequio all'articolo 112 della Costituzione. Il nostro intervento ha determinato finalmente nell'ordinamento giudiziario varchi e aperture che non erano concepibili soltanto qualche mese fa.

Il secondo aspetto positivo lo si coglie proprio nel corso di questa discussione e vi voglio indicare due segnali significativi in tal senso. Ho letto con molta attenzione il parere che il Consiglio superiore della magistratura ha fatto pervenire. È un parere dialogico. È un parere aperto. È un parere colloquiale. È un parere, come è previsto dalla legge, quando il Ministro ne fa richiesta, come in questa occasione. Non si tratta di proclami da quarta Camera che il Consiglio superiore della magistratura, anche nel periodo in cui ne facevo parte, lanciava nei confronti delle forze politiche e del Parlamento, sì da determinare spesso condizioni di subordinazione psicologica.

Quando sul tema della giustizia riusciamo a far sì che il Governo retroceda dal suo proposito di posporre l'entrata in vigore dei decreti relativi per oltre un anno e costringiamo le forze della maggioranza e del Governo, si può capovolgere l'ottica con cui l'ottimo senatore Castelli vede le cose.

È vero che vi è un teatrino della politica, ma - certamente il senatore Castelli non lo ignora - un grande giurista del Settecento, che ha scritto il «Theatrum veritatis et iustitiae», ha spiegato come si svolge e come nasce il processo, il teatro delle verità, su cui abbiamo costruito questo percorso, portando la maggioranza a consentire che finalmente i magistrati potessero sentirsi uguali a tutti noi con l'entrata in vigore della legge sugli illeciti disciplinari.

Avete letto i comunicati pervenuti dall'Associazione nazionale magistrati? Avete sentito dei tavoli che si sono aperti, sia pure per vili questioni pecuniarie, a Palazzo Chigi, come puntualmente avviene? Qual è stato il risultato? Vi è stata la resa, come spesso è avvenuto? Vi è stata la fuga, come spesso è avvenuto? O vi è stato piuttosto un atteggiamento di responsabilità doverosa da parte di tutti noi? Per la prima volta, in queste due occasioni, i soggetti si sono guardati attorno rispettandosi con dignità, ognuno al suo posto.

Certo, avevamo e abbiamo il dovere di sentire la voce della magistratura. Avevamo e abbiamo il dovere di rispettare la magistratura come corpo autonomo, indipendente, imparziale e, secondo l'articolo 111 della Costituzione, oggi anche terzo; vi è, infatti, una differenza non lessicale tra imparzialità e terzietà. Ma una cosa è ascoltare questa voce e un'altra è, invece, discutere in condizioni di minorità. Abbiamo discusso in condizioni di grande parità e per la prima volta ci siamo sentiti, nel corso di questi anni, finalmente in grado di portare un contributo notevole nel corso del dibattito. Questo è un aspetto positivo che non deve essere trascurato.

Certo, in questa occasione si è verificato un fatto assai grave. Colleghi, ho ascoltato con molta attenzione le parole sagge del presidente Andreotti, il quale ha fatto riferimento ad una necessità psicologica nella risposta che il Parlamento offre con l'approvazione di questa legge. Ricordiamo qual è la genesi di questa legge. Essa è nata su basi politiche ed emotive.

La genesi è stata fortemente determinata su basi emozionali; abbiamo, infatti, vissuto tutti la tempesta Telecom. Lasciamo stare se si trovano le intercettazioni abusive: si sono trovati i tabulati abusivi. Lasciamo stare se la virtualità si determinerà domani in concretezza. Abbiamo comunque avuto tutti la sensazione che le notizie potessero corrispondere al vero e che a quelle parole potessero corrispondere i fatti. Tutti siamo convinti che possano determinarsi quelle certezze, quei fatti, quei comportamenti e quelle condotte trasgressive.

È stato un momento difficile: non si trattava della patologia che segue al processo penale, perché quella è patologia. Se nel corso di un procedimento penale si travalica e si tracima oltre i limiti dell'articolo 266 del codice di procedura penale in tema di intercettazioni o si abusa del tempo dell'intercettazione o si fa trapelare dagli uffici l'intercettazione stessa, ci troviamo nell'ambito di un processo in cui la trasgressione è divenuta, negli ultimi anni, fisiologica. Eravamo e siamo stanchi di leggere sui giornali anche le notizie totalmente ininfluenti e non pertinenti relative alla vita privata di tanti soggetti. Siamo perfettamente d'accordo su questo punto.

So che vi è un disegno di legge in discussione alla Camera. Speriamo di poterne discutere presto e fondatamente al Senato. In questo caso, però, non si trattava di una patologia nella fisiologia del processo penale. Si trattava piuttosto di una gravissima forma di patologia che abbiamo vissuto sotto i nostri occhi: non c'erano giudici, cancellieri, avvocati, mediatori degli uffici giudiziari.

No. C'erano, dall'altra parte, gruppi di potere, probabilmente consorterie criminali, che si organizzavano per captare conversazioni, per intervenire in maniera interferente nella vita dei cittadini, per coglierne gli aspetti più remoti, ai fini certo di un'utilizzazione illecita futura, perché ciò non si fa per gioco o per voyeurismo politico, ma per altri e chiari motivi.

Di fronte a questa situazione gravissima, a questa patologia che ha ammorbato il nostro Paese e di fronte soprattutto, signor Presidente e onorevoli colleghi, ad una confusione di ruoli nella società e ad una costante abdicazione dei valori, era necessario dare una risposta. E la risposta è venuta, con le caratteristiche dettate dalla politica, ma con i tempi della celerità. (Richiami del Presidente).

Ha fatto bene il ministro Mastella a presentarci questo decreto: che poi esso abbia le caratteristiche di superficialità e qualche volta di sciatteria metagiuridica con cui è stato scritto, poco importa. Importa che ci sia stato fornito lo strumento attraverso cui anche noi abbiamo contribuito, in maniera decisiva e determinante, a far sì che perlomeno si sappia che, di fronte a questa massiccia patologia, c'è una legge con cui poter reagire con immediatezza e reprimere gli abusi.

Mi rivolgo al collega senatore Manzione, che essendo di vecchia scuola salernitana, non ha bisogno gli ricordi chi è stato Kelsen nella storia scienza giuridica, perché certamente ne conosce l'opera. Dunque, non gli debbo spiegare il significato pedagogico della legge, che fotografa ma ha anche una sua deterrenza pedagogica. Se abbiamo fotografato delle trasgressioni, abbiamo nello stesso tempo posto una grande deterrenza pedagogica per il futuro.

Ecco perché questo intervento risponde alle necessità dettate dall' emozione del momento ma si pone, come giustamente diceva il presidente Andreotti, nel quadro di una necessità psicologica a cui - nella società e per la società - il Parlamento ha risposto. E abbiamo risposto bene, anche seguendo un percorso accidentato - perché di ciò si è trattato - quando, nella giornata di ieri, è stato presentato, alle ore 12,47, un maxiemendamento con cui si operava una regressione tombale: si modificava il disegno di legge prevedendo la distruzione al momento del passaggio in giudicato della sentenza, ovvero quindici o venti anni a venire.

Abbiamo visto anche delle pseudoregressioni in Aula. Si è insistito moltissimo, a seguito delle sollecitazioni del collega Nitto Palma, su una modifica della procedimentalizzazione all'articolo 3. Si tratta di un intervento calligrafico celestiale, forse dannoso, probabilmente inutile: questa è la verità. Ma se dobbiamo fare contenti tutti, mettiamoli pure questi aggettivi inutili. (Richiami del Presidente). Concludo, signor Presidente. Abbiamo creato un complesso di norme che, sul piano delle garanzie, della celerità e dell' aspetto risarcitorio, hanno determinato certezze.

Noi senatori della Casa delle libertà e di Alleanza Nazionale crediamo di aver dato in queste ore e in questi giorni una dimostrazione di obiettività, di stile e di responsabilità. (Applausi dai Gruppi AN, FI, UDC e DC-PRI-IND-MPA. Molte congratulazioni).

STORACE (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

 

STORACE (AN). Signor Presidente, con rammarico intervengo in dissenso dopo l'intervento del senatore Buccico. Purtroppo, il Regolamento del Senato mi costringe a farlo dopo aver ascoltato interventi che condivido in larga parte.

 

PRESIDENTE. Se no da chi dissentirebbe, se non ci fosse l'assenso al provvedimento?

 

STORACE (AN). Posso applaudire il senatore Buccico, ma non riesco ad applaudire il provvedimento che viene varato per alcune ragioni, che riassumerò rapidamente perché non voglio far perdere tempo all'Aula.

L'ex ministro Castelli ha posto alcune domande a cui sarebbe opportuno dare risposta, ma non ha posto tutte le domande alle quali occorre rispondere. Se c'è una questione che ho condiviso tra quelle trattate nell' intervento del senatore Buccico, è quella riferita all'emozione che ha dettato la necessità di varare questo provvedimento. Mi chiedo però se questa emozione abbia trovato risposta, se oggi i cittadini siano rassicurati. Vorrei poterlo dire con la stessa certezza dei miei colleghi.

È un provvedimento varato troppo in fretta, diceva il senatore Salvi, troppo bipartisan, senza probabilmente dare alcuna risposta. Non so, anche se mi rendo conto di dire una cosa che ha una sua gravità, quali siano stati gli interlocutori a conoscenza delle intercettazioni disposte dal gruppo criminale che operava all'interno di Telecom; non so ancora se il dottor Tronchetti Provera ne fosse a conoscenza; non so quali fossero gli interlocutori politici, in quanti, in quali partiti e a quali livelli ve ne fossero del dottor Tronchetti Provera; quanti fossero a conoscenza di intercettazioni e, quindi, se non sia stato per questo che si sia deciso di distruggere tutto, perché chi legge le intercettazioni, teme ve ne siano in circolazione su di sé ed ha interesse a distruggerle tutte.

Ecco perché, Presidente, ho qualche preoccupazione che, in realtà, non venga mai alla luce lo scandalo dello spionaggio politico nelle sue responsabilità. Mi è dispiaciuto il voto dell'Aula, anche se voglio apprezzare il voto favorevole del presidente Salvi all'emendamento presentato. Apprezzo il voto favorevole dei Gruppi che hanno contribuito, comunque, alla discussione. Credo che dobbiamo fare ancora dei passi in avanti. Manca dell'altro, potrei dire, a questo decreto. Lo ritrovo negli emendamenti bocciati del senatore Castelli.

Credo che questo decreto non possa avere il mio voto. E' solo grazie all'intervento dei colleghi di Alleanza Nazionale Valentino, Buccico e Caruso se mi limiterò all'astensione.

CENTARO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CENTARO (FI). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, Forza Italia voterà favore del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 259.

C'è uno sport molto diffuso in Italia: la pubblicazione di intercettazioni legittime, utile alla lotta politica, a sporcare l'immagine di tanti soggetti, ad innescare una serie di processi mediatici, in piazza in cui si emette già comunque una condanna o si danno patenti infami a persone che, comunque, non potranno mai essere ripagate, neppure dalla sentenza più ampiamente assolutoria. È uno sport diffuso, cui si aggiunge un'ulteriore patologia: quella di una ipotesi, di una possibilità di intercettazioni illegittime, fatte assolutamente al di fuori di ogni o qualsiasi forma di autorizzazione e controllo da parte del magistrato, semplici oggi perché il progresso tecnologico consente facilmente di accedere alla possibilità di intercettare utenze fisse, ma anche utenze mobili.

Si sono verificate? Ci sono state? È vero, come qualcuno sostiene, che è stata tutta una invenzione dei media e dei giornali? Certamente si è innescato uno psicodramma, cui ha partecipato anche il Presidente del Consiglio, il quale ha dichiarato di essere stato anche lui spiato. Finalmente forse, si è potuto attribuire la patente di vittima, mentre invece è solo il responsabile di tutti i danni ed i disastri che stanno avvenendo in questo Paese a causa della conduzione del suo Governo!

Tuttavia, si è innescata una vicenda che ha reso necessaria l'emanazione di un decreto-legge, indispensabile ad evitare i rischi di questa propalazione assolutamente illegittima; i rischi che questi atti, sequestrati nell'ambito di un processo penale, potessero comunque essere depositati, divenire pubblici e, quindi, di aprire alla pubblicità la privacy di persone assolutamente ininfluenti ed irrilevanti ai fini del processo penale - già questo sarebbe molto - e addirittura assolutamente estranee al processo penale in quanto intercettate in modo assolutamente illegale.

Vi era la necessità di prevedere anche sanzioni per la detenzione di questo materiale, di arrivare ad una distruzione immediata e non ad una distruzione che avviene successivamente, che consente il deposito degli atti e, quindi, la pubblicità di essi e che ne consente la propalazione con tutto ciò che ne consegue.

A questo punto, però, si innesca una danza strana, perché improvvisamente alle ore 14,30 di ieri il Governo presenta un maxiemendamento che capovolge assolutamente l'impostazione data al decreto legge.

Si parlava di autorità giudiziaria in modo indistinto, ma evidentemente ci si riferiva al pubblico ministero, si inserisce il GIP - poco male - ma soprattutto non si parla più di distruzione immediata; si parla di distruzione che avviene dopo il passaggio in giudicato della sentenza, cioè dopo svariati anni, ovvero dopo un anno dal deposito del decreto di pubblicazione, il tempo, cioè, necessario a che il contenuto dell'intercettazione se ne possa tranquillamente andare in giro e possa essere propalato senza difficoltà.

Cos'è successo? Improvvisamente, dopo due ore, contrordine compagni! Il maxiemendamento viene ritirato. Allora la Commissione ha lavorato, e penso anche, tutto sommato, con un prodotto qualitativamente elevato, ad una soluzione mediana che inserisce nel sistema, da un lato una immediatezza nella distruzione ma dall'altro anche una serie di garanzie, indispensabili a far sì che le parti partecipino al procedimento di distruzione e che, evidentemente, possano verificarne l'avvenuto compimento.

Le indagini possono essere comunque sviluppate anche per verificare chi ha realizzato le intercettazioni illegittime, perché in ogni caso ne rimane traccia attraverso i verbali di sequestro e attraverso il verbale di distruzione. Il contenuto di questi atti era assolutamente inutile ai fini delle indagini che comunque possono assolutamente proseguire.

Qual è il panorama però che si trae da tutta questa vicenda? Il panorama è desolante; è il panorama desolante di un Governo privo di un indirizzo certo e che non ha chiarezza sull'indirizzo politico nel sistema giustizia, se cambia idea da un momento all'altro, con estrema facilità, tornando poi sul suo primo intendimento. (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Per cortesia, il senatore Buccico ha potuto intervenire nell'assoluto silenzio dell'Aula e credo lo stesso debba essere riservato al collega Centaro.

 

CENTARO (FI). Ci si può chiedere cosa sia successo, se ci siano stati eterocondizionamenti, se qualcuno è intervenuto. Il collega Di Lello ha detto che non si appassiona a questa vicenda e fa bene perché è una vicenda triste, e però lui stesso ha dato la chiave di lettura: sono state vinte le pulsioni giustizialiste di cui avrebbe voluto conservare questi atti per poter ripartire e ha dato quindi l'origine di questo immediato cambiamento di rotta del Governo, a cui è poi seguito l'ulteriore passo indietro.

Il panorama è desolante perché c'è un Governo che non è neppure raccordato con la sua maggioranza che neanche sapeva della presentazione di questo emendamento. Il panorama è desolante perché poi, alla fine, questa maggioranza è una maggioranza tributaria della minoranza per le idee che hanno connotato non solo il precedente disegno di legge di sospensione quasi - non del tutto - della riforma dell'ordinamento giudiziario, ma anche di questo disegno di legge, se solo pensiamo che l'articolo 4 viene riscritto totalmente dal collega Caruso e che gli articoli 1 e 2 passano attraverso le indicazioni provenienti dai Gruppi della Casa delle Libertà. È un'ulteriore dimostrazione dell'assenza di idee a cui noi dovremo far fronte.

Siamo una minoranza responsabile e pensiamo che il pianeta giustizia debba trovare soluzioni rapide e sarà nostra cura, nell'assenza totale di un indirizzo da parte del Governo, e anche di indicazioni concrete da parte della maggioranza per i punti dolenti, dare noi le indicazioni per le prossime riforme in tema di giustizia. Anche perché, alla fine, ci siamo resi conto che le nostre idee sono valide; sono state sostanzialmente accettate per la riforma dell'ordinamento giudiziario, per quanto riguarda i due decreti delegati della procura e per la vicenda della materia disciplinare e saranno sostanzialmente accettate anche per la separazione delle funzioni, considerate le dichiarazioni del Ministro e di eminenti colleghi della maggioranza.

Allora, forti di questa certezza, di poter proporre delle idee valide, andremo avanti e saremo noi propulsione per la riforma della giustizia, a differenza di un Governo latitante e di una maggioranza assolutamente priva di idee. (Applausi dal Gruppo FI).

BRUTTI Massimo (Ulivo). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BRUTTI Massimo (Ulivo). Signor Presidente, quello che ci accingiamo ad approvare è un atto normativo necessario, un'iniziativa urgente, un primo passo per l'opera di bonifica degli apparati e di moralizzazione della quale il Paese ha bisogno.

Da quale vicenda nasce il decreto-legge che stiamo discutendo? Vi è stata, nei mesi scorsi, un'indagine giudiziaria delicata, che ha dato luogo all'emissione di una serie di provvedimenti di custodia cautelare: nella complessa e vasta ordinanza di cui la stampa ha dato notizia vi era la ricostruzione di gravi attività illecite. Alcune questioni, aperte di fronte a noi e all'attenzione del Paese, nascono da quell'indagine e si possono mettere a fuoco se si legge quell'ordinanza.

A dirla in breve, si era costituito, nella più grande azienda del Paese, un centro di potere occulto, dedito alla raccolta di informazioni, documenti e dati sensibili ed alla redazione di dossier, contenenti informazioni e pseudo-informazioni, i quali potevano servire per attività calunniose, per la diffamazione di terzi oppure per contenere informazioni su persone, acquisite illecitamente ed il cui uso, proprio in ragione di tale acquisizione, non poteva che essere illecito.

Questo gruppo, che operava nell'ambito di una grande azienda, o dipendeva dal vertice Telecom o ha truffato l'azienda. Ci domandiamo: a chi obbediva? Quali erano i fini che perseguiva? Sul punto, signor Presidente, le questioni sono tuttora aperte ed è necessaria una risposta: attendiamo un accertamento delle responsabilità da parte delle autorità giudiziarie competenti. Ma vi è, di fronte ad una situazione così complessa e piena di negatività, un compito, un dovere che spetta ed incombe sulla politica e che non può esaurirsi, a nostro giudizio, nel decreto‑legge, pur importante, che stiamo in queste ore discutendo.

Vi era, alla base di tali attività illecite, una sinergia tra funzionari dell'azienda telefonica, investigatori privati e pubblici ufficiali infedeli: ed è di questa terza categoria che abbiamo il dovere di occuparci con particolare attenzione e impegno, perché vi sono dati sensibili ed informazioni che non possono essere acquisiti senza la collaborazione e l'intervento di pubblici ufficiali infedeli. Questo è un nodo da sciogliere, è un problema da risolvere.

Ad essere bersagliati dall'attività spionistica e dalla creazione di dossier che si realizzavano attraverso tale tipo di collaborazione, sono stati esponenti del mondo imprenditoriale e della politica, con un effetto duplice: inquinare la competizione economica (questa era la funzione dei documenti illecitamente raccolti) ed il sistema politico.

Il decreto‑legge al nostro esame, allora, interviene come un primo passo per la bonifica, ma non mira - a differenza di quanto sostiene il collega Manzione - a tutelare i piani alti del Palazzo, perché l'inquinamento della competizione economica e del sistema politico riguarda le condizioni di vita della nostra società e della nostra democrazia.

Noi dobbiamo sbarrare la strada all'inquinamento, alle attività illecite, allo spionaggio, alla manipolazione dell'economia e della politica perché è nell'interesse della collettività e dei cittadini.

Vi erano, tra l'altro, informazioni e dati sensibili che si riferivano a lavoratori dipendenti, oppure a giovani che avevano presentato domanda di assunzione alla Telecom. Poiché anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una gravissima violazione di legge, anche per loro deve valere la regola della distruzione.

Non c'è alcuna giustificazione per la schedatura dei lavoratori e non c'è rischio di terrorismo, non vi sono motivi fantomatici che possano giustificarla nei termini in cui noi l'abbiamo conosciuta attraverso le notizie e le informazioni date dalla stampa in queste settimane.

Il decreto-legge stabilisce che questi documenti, questi dati sensibili, queste informazioni, insomma che l'insieme di tutta quella spazzatura che era stata raccolta e che doveva essere messa in circolazione, venga distrutta secondo regole tali da garantire che non vi sia alcun colpo di spugna sulle responsabilità di coloro che hanno acquisito quei documenti, che hanno messo insieme quelle informazioni, che hanno utilizzato quei dati sensibili a fini di inquinamento dell'economia e della politica.

Dobbiamo sapere chi sono, certo. Ma intanto cominciamo a creare le condizioni perché la spazzatura non sia messa in circolazione e affinché i responsabili possano essere perseguiti.

Noi, proprio a proposito del tema della distruzione dei documenti e delle informazioni, abbiamo spiegato al Governo che gli emendamenti presentati ieri non erano accettabili in quanto differivano in modo irragionevole con quella distruzione necessaria che, del resto, era l'obiettivo che si era voluto perseguire attraverso lo strumento del decreto-legge rispondente ai requisiti di necessità ed urgenza. Il Governo, proprio sulla basa delle nostre critiche, delle critiche venute dalla maggioranza, ha compiuto la scelta corretta di ritirare quegli emendamenti e di rimettersi al Parlamento.

Noi abbiamo stabilito che vi sia distruzione nel più breve tempo possibile con garanzie per le parti interessate e, in particolare, per chi è stato vittima delle attività spionistiche dei dossier calunniosi; abbiamo stabilito che sia un giudice terzo a decidere e a disporre la distruzione; che il contenuto di questi documenti non possa essere in alcun modo utilizzato; che chiunque, consapevolmente, li detenga sia punito con una pena da sei mesi a quattro anni e abbiamo anche stabilito che, nel caso di pubblicazione, coloro ai quali gli atti o i documenti fanno riferimento hanno diritto a chiedere una riparazione pecuniaria.

Vorrei dire, dopo le parole in certi tratti inutilmente polemiche del collega Centaro, che l'Ulivo è stato protagonista del raggiungimento di questa intesa e aggiungo, proprio perché non mi piacciono le polemiche senza senso e fuori luogo, che nessuno di noi, né noi né i colleghi del centro-destra che hanno partecipato al lavoro in Commissione, ha rinunciato alle proprio valutazioni di partenza, al proprio punto di vista.

Non c'è bisogno, collega Centaro, per rivolgersi alla propria opinione pubblica di fare qui in Aula la faccia feroce e di attaccare il Governo e la maggioranza. Stiamo concludendo un lavoro che abbiamo condotto insieme. Ci sono tanti argomenti su cui scontrarsi, ma questo non è uno di essi. O forse, ho capito male e quindi il voto che vi accingete a dare non è un voto convinto. Ma non lo credo, perché ho visto che in Commissione la convergenza si realizzava e che abbiamo potuto lavorare utilmente.

Siate tranquilli, il bipolarismo è salvo, il contrasto tra noi e voi rimane tutto intero, anche se su questioni rilevanti per le istituzioni del Paese troviamo punti di incontro e convergenza. Quando li troviamo, dobbiamo salutare positivamente questo risultato e poi continuare nella battaglia politica che ci oppone reciprocamente con lealtà e con la capacità di sapere che ci sono questioni democratiche sulle quali l'unità va ricercata con pazienza e guardando ai beni che sono in gioco e agli obiettivi che si perseguono.

In questo caso, l'obiettivo del decreto-legge è l'inizio di una fase di bonifica e di moralizzazione, che deve riguardare gli apparati dello Stato e anche il costume politico di questo Paese. (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, Aut e dai banchi del Governo).

PRESIDENTE. È stata presentata dal relatore la proposta di coordinamento C1, che è già stata distribuita, e sulla quale il parere del Governo è favorevole.

La metto ai voti.

È approvata.

 

Con l'intesa che la Presidenza si intende autorizzata ad effettuare gli ulteriori coordinamenti che si rendessero necessari, metto ai voti il disegno di legge, composto del solo articolo 1, nel testo emendato, con il seguente titolo: «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche».

È approvato.

 

(omissis)

 


 

Allegato A

 

 

DISEGNO DI LEGGE

Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche (1013)

(V. nuovo titolo)

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche (1013) (Nuovo titolo)

 

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE ( )

Art. 1.

1. È convertito in legge il decreto-legge 22 settembre 2006, n.259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche.

2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

________________

( ) Approvato, con modificazioni al testo del decreto-legge, il disegno di legge composto del solo articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DECRETO-LEGGE

ARTICOLO 1.

1. L’articolo 240 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«Art. 240. - (Documenti anonimi ed atti relativi ad intercettazioni illegali). – 1. I documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti né in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato o provengano comunque dall’imputato.

2. L’autorità giudiziaria dispone l’immediata distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni e comunicazioni, relativi al traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti. Allo stesso modo si provvede per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato eseguire copia in qualunque forma. Il loro contenuto non costituisce in alcun modo notizia di reato, nè può essere utilizzato a fini processuali o investigativi.

3. Delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel quale si dà atto dell’avvenuta intercettazione o detenzione e dell’acquisizione, delle sue modalità e dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto delle stesse.».

EMENDAMENTI

1.100

MANZIONE

Respinto

Sopprimere l’articolo.

1.300

MANZIONE

Inammissibile

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1.

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 114, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

"1-bis. È vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, dei documenti che contengono dati inerenti a conversazioni e comunicazioni, telefoniche o telematiche, illegalmente formati o acquisiti e dei documenti redatti attraverso la raccolta illegale di informazioni";

b) all’articolo 114, il comma 7 è sostituito dal seguente:

"Salvo quanto disposto dal comma 1-bis, è consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto";

c) l’articolo 240 è sostituito dal seguente:

"Art. 240 - (Documenti anonimi e documenti relativi ad intercettazioni e raccolte di dati illegali). – 1. I documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti né in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato o provengano comunque dall’imputato.

2. I documenti che contengono dati inerenti a conversazioni e comunicazioni, telefoniche o telematiche, illegalmente formati o acquisiti ed i documenti redatti attraverso la raccolta illegale di informazioni non possono essere acquisiti né in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato.

3. Il giudice dispone in ogni caso che i documenti di cui al comma 2 siano distrutti successivamente al passaggio in giudicato della sentenza ovvero decorso un anno dalla data di deposito del decreto di archiviazione";

d) dopo l’articolo 240 è aggiunto il seguente:

«Art. 240-bis. - (Trasmissione dei documenti relativi ad intercettazioni e raccolte di dati illegali). – 1. Quando vengono acquisiti al procedimento i documenti di cui all’articolo 240, comma 2, il pubblico ministero li trasmette, senza ritardo, al giudice per le indagini preliminari.

2. Entro dieci giorni dalla trasmissione, il giudice fissa l’udienza in camera di consiglio per accertare:

a) la tipologia dei documenti e dei dati in essi raccolti;

b) i soggetti destinatari della captazione illegale o della raccolta illegale di informazioni.

3. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall’articolo 127, commi 1, 2, 6 e 10. Il pubblico ministero e i difensori sono sentiti se compaiono. Fino al giorno dell’udienza i documenti restano depositati in cancelleria, con facoltà per i difensori di esaminarli. Degli stessi è in ogni caso vietato il rilascio di copia.

4. Delle operazioni effettuate è redatto apposito verbale.

5. Il contenuto dei documenti non può in nessun caso costituire oggetto del verbale di cui al comma 4.

6. Il verbale di cui al comma 4 è inserito nel fascicolo del dibattimento ai sensi dell’articolo 431, comma 1, lettera h-bis)".

e) dopo l’articolo 329 è inserito il seguente:

"Articolo 329-bis. - (Obbligo del segreto per le intercettazioni illegali). – 1. I documenti che contengono dati inerenti a conversazioni e comunicazioni, telefoniche o telematiche, illegalmente formati o acquisiti ed i documenti redatti attraverso la raccolta illegale di informazioni, non acquisiti al fascicolo per il dibattimento, sono sempre coperti da segreto".

f) all’articolo 431, comma 1, lettera h), è aggiunto il seguente periodo: "Gli atti o i documenti di cui all’articolo 240, comma 2, costituenti corpo del reato, sono inseriti nel fascicolo del dibattimento solo quando il contenuto degli stessi forma oggetto di perizia disposta dal giudice ai sensi degli articoli 220 e seguenti, e nei limiti dell’oggetto della stessa";

g) all’articolo 431, comma 1, dopo la lettera h) è aggiunta la seguente:

"h-bis) il verbale di cui all’articolo 240-bis, comma 4"».

1.1

DI LELLO FINUOLI, BOCCIA MARIA LUISA, VANO

Ritirato

Sostituire l’articolo 1 con il seguente:

«Art. 1. – 1. L’articolo 240 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«Art. 240. - (Documenti anonimi ed atti relativi ad intercettazioni illegali). – 1. I documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti né in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato o provengano comunque dall’imputato.

2. Il pubblico ministero dispone con decreto motivato l’acquisizione e la conservazione, per un termine non superiore a diciotto mesi dall’acquisizione, dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni, relativi al traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti, ovvero dei documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni, esclusivamente per finalità di accertamento e repressione dei delitti previsti dagli articoli 3 del decreto legge 22 settembre 2006, n. 259, e dall’articolo 617-quater del codice penale. Di essi è vietato eseguire copia in qualunque forma.

3. Se il pubblico ministero formula richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411, il giudice, qualora l’accolga, dispone, con decreto motivato, l’immediata distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al comma 2. Delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel quale si dà atto dell’avvenuta intercettazione o detenzione e dell’acquisizione, delle sue modalità e dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto delle stesse.

4. Se, al termine delle indagini preliminari, il pubblico ministero esercita l’azione penale, per i delitti di cui al comma 2, il giudice dispone, con decreto motivato, la conservazione, sino al termine del giudizio di primo grado, dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al comma 2.

5. Al termine del giudizio di primo grado, il giudice dispone l’immediata distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al comma 2. Delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel quale si dà atto dell’avvenuta intercettazione o detenzione e dell’acquisizione, delle sue modalità e dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto delle stesse».

1.1000

LA COMMISSIONE

V. testo 2

Al comma 1, capoverso, articolo 240, sostituire i commi 2 e 3 con i seguenti:

«2. Il pubblico ministero dispone l’immediata secretazione e la custodia in luogo protetto dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni, relativi a traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti. Allo stesso modo provvede per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato effettuare copia in qualunque forma e in qualunque fase del procedimento ed il loro contenuto non può essere utilizzato.

3. Il pubblico ministero, acquisiti gli atti di cui al comma precedente, entro 48 ore, chiede al GIP (giudice per le indagini preliminari) di disporre la distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al comma precedente.

4. Il GIP entro le successive 48 ore fissa l’udienza da tenersi entro 10 giorni, ai sensi dell’articolo 127 del codice di procedura penale, dando avviso a tutte le parti interessate, che potranno nominare un difensore di fiducia, almeno tre giorni prima della data dell’udienza.

5. Sentite le parti comparse, il GIP legge il provvedimento in udienza e, nel caso disponga la distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al comma 2, vi dà esecuzione subito dopo alla presenza del pubblico ministero e dei difensori delle parti.

6. Delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel quale si dà atto dell’avvenuta intercettazione o detenzione o acquisizione illecita dei documenti di cui al comma 2 nonché delle modalità e dei mezzi usati oltre che dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto degli stessi atti, dati e documenti».

1.1000 (testo 2)

LA COMMISSIONE

Approvato

Al comma 1, capoverso, articolo 240, sostituire i commi 2 e 3 con i seguenti:

«2. Il pubblico ministero dispone l’immediata secretazione e la custodia in luogo protetto dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni, relativi a traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti. Allo stesso modo provvede per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato effettuare copia in qualunque forma e in qualunque fase del procedimento ed il loro contenuto non può essere utilizzato.

3. Il pubblico ministero, acquisiti gli atti di cui al comma precedente, entro 48 ore, chiede al GIP (giudice per le indagini preliminari) di disporre la distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al comma precedente.

4. Il GIP entro le successive 48 ore fissa l’udienza da tenersi entro 10 giorni, ai sensi dell’articolo 127 del codice di procedura penale, dando avviso a tutte le parti interessate, che potranno nominare un difensore di fiducia, almeno tre giorni prima della data dell’udienza.

5. Sentite le parti comparse, il GIP legge il provvedimento in udienza e, nel caso ritenga sussistenti i presupposti di cui al comma 2, dispone la distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al comma 2 e vi dà esecuzione subito dopo alla presenza del pubblico ministero e dei difensori delle parti.

6. Delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel quale si dà atto dell’avvenuta intercettazione o detenzione o acquisizione illecita dei documenti di cui al comma 2 nonché delle modalità e dei mezzi usati oltre che dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto degli stessi atti, dati e documenti».

1.3

D’AMBROSIO, BRUTTI MASSIMO, CASSON, BULGARELLI

Ritirato

Al comma 1, capoverso «Art. 240», sostituire i commi 2 e 3 con i seguenti:

«2. L’autorità giudiziaria dispone l’immediata segretazione e la custodia in cassaforte dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni, relativi a traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti. Allo stesso modo provvede per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato eseguire copia in qualunque forma ed il loro contenuto non può essere in alcun modo utilizzato.

3. Se nel corso dell’interrogatorio, che il pubblico ministero deve fissare subito dopo il sequestro, o di quello cui ha proceduto il GIP a norma dell’articolo 294 codice di procedura penale, l’indagato riconosce di aver ottenuto illegalmente tabulati o di aver eseguito illecitamente intercettazioni di conversazioni e comunicazioni telefoniche o telematiche e di averle utilizzate per la formazione delle relazioni sequestrate, su istanza del pubblico ministero, o d’ufficio, il GIP dispone la comparizione del pubblico ministero dell’indagato e dei difensori dello stesso per l’udienza in cui procede alla distruzione dei documenti, supporti ed atti di cui al comma 2.

3-bis. Se l’indagato non ha ammesso i fatti contestati, il pubblico ministero, contestualmente all’avviso della conclusione delle indagini preliminari, invia apposito avviso ai difensori della persona sottoposta alle indagini che può prendere visione dei documenti, supporti ed atti di cui al comma 3, nel suo ufficio e nelle sole ore e giorni indicati, che non possono essere comunque inferiori a cinque. In nessun caso il difensore potrà eseguirne copia in qualunque forma.

3-ter. Nel corso dell’udienza preliminare non può essere fatto riferimento al contenuto degli atti, documenti e supporti di cui al comma 2, a meno che ciò sia necessario per far rilevare che non concernono conversazioni e comunicazioni relative a traffico telefonico o telematico.

Al termine dell’udienza preliminare il GUP, anche d’ufficio, con la sentenza di non luogo a procedere o con il decreto che dispone il giudizio, ai sensi dell’articolo 424 codice di procedura penale, dispone che i documenti, i supporti e ogni atto formato attraverso la raccolta illecita delle informazioni, siano immediatamente distrutti. Alla distruzione provvede quindi subito dopo, alla presenza di pubblico ministero e difensori.

3-quater. Allo stesso modo previsto dal comma 3-ter provvede in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti o di giudizio abbreviato o di archiviazione.

3-quinquies. Il pubblico ministero non può richiedere il rito immediato.

3-sexies. Delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel quale si dà atto delle modalità e dei mezzi usati per l’intercettazione e dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto delle stesse».

1.2 (testo corretto)

BUCCICO

Ritirato

Al comma 1, capoverso «Art. 240», sostituire il comma 2 con il seguente:

«2. Il G.I.P. dispone la distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni e comunicazioni, relativi al traffico telefonico e telematico, illecitamente formati o acquisiti, previa la immediata fissazione di udienza in Camera di Consiglio, e dandone avviso al pubblico ministero ed alle parti interessate.

Il procedimento si svolge nelle forme previste dall’articolo 127 codice di procedura penale in quanto compatibili con comunicazione degli avvisi almeno cinque giorni prima della data dell’udienza.

Il provvedimento non è appellabile e va depositato, mediante lettura, al termine della udienza camerale».

1.5

CASTELLI

Ritirato

Al comma 1, capoverso «Art. 240», sostituire il comma 2 con il seguente comma:

«2. Su istanza delle parti, previo contraddittorio, il giudice dispone la distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni e comunicazioni, relativi al traffico telefonico e telematico, illecitamente formati o acquisiti. Allo stesso modo si provvede per i documenti formati attraverso la raccolta illecita di informazioni. Di essi è vietato eseguire copia in qualunque forma. Il loro contenuto non costituisce in alcun modo notizia di reato, né può essere utilizzato a fini processuali o investigativi. I difensori delle parti hanno facoltà di prendere visione dei verbali delle operazioni di distruzione e di ascoltare le registrazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. Il giudice decide in camera di consiglio a norma dell’articolo 127.».

Conseguentemente al comma 3 sostituire le parole: «senza alcun riferimento al contenuto delle stesse» con le seguenti parole: «con trascrizione sommaria del loro contenuto».

1.6

CASTELLI

Ritirato

Al comma 1, capoverso «Art. 240», comma 2, sostituire le parole: «L’autorità giudiziaria dispone l’immediata distruzione» con le seguenti parole: «Il giudice decide in camera di consiglio a norma dell’articolo 127, previo contraddittorio tra le parti, la distruzione».

1.7

CENTARO

Ritirato

Al comma 1, capoverso «Art. 240», al comma 2 le parole: «L’autorità giudiziaria» sono sostituite dalle seguenti: «Nel corso delle indagini preliminari il pubblico ministero,».

1.8

CASTELLI

Ritirato

Al comma 1, capoverso «Art. 240», comma 2, sostituire le parole: «L’autorità giudiziaria», con le seguenti: «Il Giudice».

1.9

VALENTINO

Ritirato

Al comma 2, dopo le parole: «L’autorità giudiziaria», inserire le seguenti: «che ne ha cognizione».

1.10

CASTELLI

Ritirato

Al comma 1, capoverso «Art. 240», comma 2, sostituire le parole: «dispone l’immediata distruzione», con le seguenti: «dispone, su richiesta degli interessati e previo contraddittorio tra le parti, la distruzione».

1.11

CASTELLI

Ritirato

Al comma 1, capoverso «Art. 240», comma 2, sostituire le parole: «dispone l’immediata distruzione», con le seguenti: «dispone, previo contraddittorio tra le parti, la distruzione».

1.12

CASTELLI

Ritirato

Al comma 1, capoverso «Art. 240», comma 2, sopprimere l’ultimo periodo.

1.13

CASTELLI

Ritirato

Al comma 1, capoverso «Art. 240», comma 2, sostituire l’ultimo periodo, con il seguente: «Il loro contenuto non può essere utilizzato a fini processuali».

1.14

CASTELLI

Ritirato

Al comma 1, capoverso «Art. 240», comma 2, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «I difensori delle parti hanno facoltà di prendere visione dei verbali e di ascoltare le registrazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche».

1.15

CASTELLI

Ritirato

Al comma 1, capoverso «Art. 240», comma 3, sostituire le parole: «senza alcun riferimento al contenuto delle stesse», con le seguenti: «con trascrizione sommaria del loro contenuto».

1.16

BUCCICO

Ritirato

Alla rubrica del richiamato «Art. 240», sostituire le parole: «intercettazioni illegali», con le seguenti: «intercettazioni illecite».

1.17

VALENTINO

Ritirato

Alla rubrica del richiamato «Art. 240», dopo le parole: «intercettazioni illegali», aggiungere le seguenti: «ed illecite».

ARTICOLO 2 DEL DECRETO-LEGGE

ARTICOLO 2.

1. All’articolo 512 del codice di procedura penale, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

«1-bis. È sempre consentita la lettura dei verbali relativi all’acquisizione ed alle operazioni di distruzione degli atti di cui all’articolo 240, comma 2.».

EMENDAMENTI

2.1

CASTELLI

Ritirato

Sopprimere l’articolo.

2.100

MANZIONE

Respinto

Sopprimere l’articolo.

2.1000

LA COMMISSIONE

Approvato

Al comma 1-bis sopprimere le parole: «comma 2».

2.2

D’AMBROSIO, BRUTTI MASSIMO, CASSON

Ritirato

Al comma 1, capoverso «1-bis», aggiungere infine le seguenti parole: «e dei verbali dell’udienza preliminare».

ARTICOLO 3 DEL DECRETO-LEGGE

ARTICOLO 3.

1. Chiunque illecitamente detiene gli atti o i documenti di cui all’articolo 240, comma 2, del codice di procedura penale, è punito con la pena della reclusione da sei mesi a sei anni.

2. Si applica la pena della reclusione da uno a sette anni se il fatto di cui al comma 1 è commesso da un pubblico ufficiale o da incaricato di pubblico servizio.

EMENDAMENTI

3.100

MANZIONE

Respinto

Sopprimere l’articolo.

3.300

MANZIONE

Inammissibile

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 3.

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l’articolo 379-bis è sostituito dal seguente:

"Articolo 379-bis. - (Rivelazione illecita di segreti inerenti a un procedimento penale). – Chiunque rivela indebitamente notizie inerenti atti del procedimento penale coperti da segreto dei quali è venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio. servizio o qualità in un procedimento penale, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione fino ad un anno.

Se il fatto di cui ai commi 1 e 2 è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, la pena è, rispettivamente, della reclusione da uno a cinque anni e da sei mesi a due anni.

Chiunque, dopo aver rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero ai sensi dell’articolo 391-quinquies del codice di procedura penale, è punito con la reclusione da uno a tre anni";

b) la rubrica dell’articolo 617 è sostituita dalla seguente:

"(Illecita detenzione o rivelazione di documenti illegalmente formati o acquisiti)";

c) dopo l’ultimo comma dell’articolo 617 è aggiunto il seguente:

"Alla pena di cui al comma 1 soggiace chiunque illecitamente detiene gli atti o i documenti di cui all’articolo 240, comma 2, del codice di procedura penale ovvero ne rivela il contenuto. Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da incaricato di pubblico servizio si applica la pena di cui al comma 3 e si procede d’ufficio";

d) dopo l’articolo 617-sexies, è inserito il seguente:

«Articolo 617-septies. - (Accesso abusivo ad atti del procedimento penale). – Chiunque illecitamente prende diretta cognizione di atti del procedimento penale coperti da segreto è punito con la pena della reclusione da uno a tre anni";

e) al primo comma dell’articolo 684, le parole "o a guisa di informazione", sono sostituite dalle seguenti: "o nel contenuto";

f) all’articolo 684, dopo il primo comma è inserito il seguente:

"La condanna importa la pubblicazione della sentenza a norma dell’articolo 36"».

3.1000

LA COMMISSIONE

Approvato

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 3. – 1. Chiunque consapevolmente detiene gli atti, i supporti o i documenti di cui sia stata disposta la distruzione ai sensi dell’articolo 240 del codice di procedura penale è punito con la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni.

2. Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni se il fatto di cui al comma 1 è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio».

3.2

BUCCICO

Ritirato

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 3. – 1. Chiunque illecitamente detiene i documenti, i supporti o gli atti di cui all’articolo 240 comma 2 del codice di procedura penale è punito con la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni. Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto degli atti, dei supporti o dei documenti contenuti nella prima parte di questo articolo, si applica la pena da uno a sei anni».

3.1

DI LELLO FINUOLI, BOCCIA MARIA LUISA, VANO

Ritirato

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 3. – 1. Chiunque illecitamente detiene gli atti, i supporti o i documenti di cui all’articolo 240, comma 2, del codice di procedura penale, è punito con la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni.

2. Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni se il fatto di cui al comma 1 è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio.

3. Le circostanze attenuanti concorrenti con la circostanza aggravante di cui al comma 2 non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa».

3.3

D’AMBROSIO, BRUTTI MASSIMO, CASSON, BULGARELLI

Ritirato

Al comma 1, dopo le parole: «chiunque illecitamente detiene» sono aggiunte le parole: «al fine di divulgarli o di farne comunque uso illecito».

3.4

CASTELLI

Ritirato

Al comma 1, sostituire le parole: «sei anni» con le seguenti: «due anni».

3.5

CASTELLI

Ritirato

Al comma 1, sostituire le parole: «sei anni» con le seguenti: «tre anni».

3.6

BUCCICO

Ritirato

Al comma 1, sostituire le parole: «a sei anni» con le seguenti: «a quattro anni».

3.7

BUCCICO, VALENTINO

Ritirato

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

«1-bis. Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, si applica la pena da uno a sei anni, a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto degli atti, dei supporti o dei documenti contenuti nel comma 1 del presente articolo».

3.8

BUCCICO

Ritirato

Sostituire il comma 2 con il seguente:

«2. Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, si applica la pena da uno a sei anni, a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto degli atti, dei supporti o dei documenti contenuti nel comma 1 del presente articolo».

3.9

CASTELLI

Ritirato

Al comma 2, sostituire le parole: «sette anni», con le seguenti: «tre anni».

3.10

CASTELLI

Ritirato

Al comma 2, sostituire le parole: «sette anni», con le seguenti: «quattro anni».

ARTICOLO 4 DEL DECRETO-LEGGE

ARTICOLO 4.

1. A titolo di riparazione, ciascun interessato può chiedere all’autore della divulgazione degli atti o dei documenti di cui all’articolo 240, comma 2, del codice di procedura penale, così come modificato dall’articolo 1 del presente decreto, al direttore o vice-direttore responsabile e all’editore, in solido fra loro, una somma di denaro determinata in ragione di cinquanta centesimi per ogni copia stampata, ovvero da cinquantamila a un milione di euro secondo l’entità del bacino di utenza ove la diffusione sia avvenuta con mezzo radiofonico, televisivo o telematico. In ogni caso, l’entità della riparazione non può essere inferiore a ventimila euro.

2. L’azione va proposta nel termine di un anno dalla data della divulgazione, salvo che il soggetto interessato non dimostri di averne avuto conoscenza successivamente. La causa è decisa nelle forme di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. In caso di giudizio ordinario, ai fini della liquidazione del danno risarcibile si tiene conto della somma corrisposta ai sensi del presente articolo.

3. L’azione è esercitata senza pregiudizio di quanto il Garante per la protezione dei dati personali o l’autorità giudiziaria possano disporre ove accertino o inibiscano l’illecita diffusione di dati o di documenti, anche a seguito dell’esercizio di diritti da parte dell’interessato.

EMENDAMENTI

4.100

MANZIONE

Respinto

Sopprimere l’articolo.

4.200

VILLONE

Ritirato

Sopprimere l’articolo.

4.1000

LA COMMISSIONE

Approvato

Sostituire l’articolo, con il seguente:

«Art. 4. – 1. A titolo di riparazione può essere richiesta all’autore della pubblicazione degli atti o dei documenti di cui al secondo comma dell’articolo 240 del codice di procedura penale, al direttore responsabile e all’editore, in solido fra loro, una somma di denaro determinata in ragione di cinquanta centesimi per ogni copia stampata, ovvero da cinquantamila a un milione di euro secondo l’entità del bacino di utenza ove la diffusione sia avvenuta con mezzo radiofonico, televisivo o telematico. In ogni caso, l’entità della riparazione non può essere inferiore a 10.000 euro.

2. L’azione può essere proposta da parte di coloro a cui i detti atti o documenti fanno riferimento. L’azione si prescrive nel termine di cinque anni dalla data della pubblicazione. Agli effetti della prova della corrispondenza degli atti o dei documenti pubblicati con quelli di cui al secondo comma dell’articolo 240 del codice di procedura penale fa fede il verbale di cui al sesto comma dello stesso articolo. Si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui al capo III del titolo I del libro IV del codice di procedura civile.

3. L’azione è esercitata senza pregiudizio di quanto il Garante per la protezione dei dati personali possa disporre ove accerti o inibisca l’illecita diffusione di dati o di documenti, anche a seguito dell’esercizio di diritti da parte dell’interessato.

4. Qualora sia promossa per i medesimi fatti di cui al primo comma anche l’azione per il risarcimento del danno, il giudice tiene conto, in sede di determinazione e liquidazione dello stesso, della somma corrisposta ai sensi del comma 1».

4.1

CASTELLI

Ritirato

Al comma 1, sostituire le parole: «ciascun interessato», con le seguenti: «la persona offesa».

4.2

CASTELLI

Ritirato

Al comma 1, sostituire le parole: «determinata in ragione di», fino alla fine del comma, con le seguenti: «da ventimila euro a duecentocinquantamila euro ove la diffusione sia avvenuta con il mezzo della stampa ovvero con mezzo radiofonico, televisivo o telematico».

4.3

BUCCICO

Ritirato

Al comma 2, sostituire le parole: «di un anno», con le seguenti: «di cinque anni».

4.4

CASTELLI

Ritirato

Al comma 2, sopprimere le parole: «salvo che il soggetto interessato non dimostri di averne avuto conoscenza successivamente.».

4.5

CASTELLI

Ritirato

Al comma 2, sopprimere il secondo e terzo periodo.

4.6

CENTARO

Ritirato

Al comma 2, il secondo e il terzo periodo sono sostituiti dal seguente: «Si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui al capo III del titolo I del Codice di procedura civile».

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 4

4.0.1

STORACE

Respinto

Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:

«Art. 4-bis.

1. Le violazioni alla presente legge commesse da membri del Parlamento non sono soggette ai benefici della normativa sull’indulto, di cui alla legge 31 luglio 2006, n.241».

4.0.2

CASTELLI

V. testo 2

Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:

«Art. 4-bis.

(Responsabilità degli enti)

1. Dopo l’articolo 25-sexies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n.231, è inserito il seguente:

"Art. 25-septies. - (Responsabilità per il reato di cui all’articolo 684 del codice penale). – 1. In relazione alla commissione del reato previsto dall’articolo 684 del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da cento a centocinquanta quote"».

4.0.2 (testo 2)

CASTELLI

Respinto

Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:

«Art. 4-bis.

(Responsabilità degli enti)

1. Dopo l’articolo 25-sexies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n.231, è inserito il seguente:

"Art. 25-septies. - (Responsabilità per il reato di cui all’articolo 684 del codice penale). – 1. In relazione alla commissione del reato previsto dall’articolo 684 del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria fino a centocinquanta quote, ex decreto legislativo n. 231 del 2001"».

4.0.3

CASTELLI

V. testo 2

Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:

«Art. 4-bis.

(Modifiche al codice penale)

1. All’articolo 326 del codice penale, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il primo comma è inserito il seguente:

"Se la rivelazione o la utilizzazione riguarda intercettazioni di comunicazioni o di conversazioni o il contenuto di queste, la pena è da uno a quattro anni di reclusione";

b) dopo il terzo comma è aggiunto, in fine, il seguente:

"Se il fatto di cui al terzo comma riguarda le ipotesi di cui al secondo comma, si applica la reclusione fino a due anni».

2. All’articolo 684 del codice penale, le parole: "o con l’ammenda da euro 51 a euro 258" sono sostituite dalle seguenti: "o con l’ammenda da euro 250 a euro 750"».

4.0.3 (testo 2)

CASTELLI

Respinto

Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:

«Art. 4-bis.

(Modifiche all'articolo 684 del codice penale)

 

1. All’articolo 684 del codice penale, le parole: "o con l’ammenda da euro 51 a euro 258" sono sostituite dalle seguenti: "o con l’ammenda da euro 250 a euro 750"».

4.0.4

CASTELLI

Respinto

Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:

«Art. 4-bis.

(Modifiche agli articoli 36 e 53 del codice di procedura penale)

1. All’articolo 36, comma 1, del codice di procedura penale, dopo la lettera h) è aggiunta la seguente:

"h-bis) se ha pubblicamente rilasciato dichiarazioni concernenti il procedimento affidatogli".

2. All’articolo 53, comma 2, del codice di procedura penale, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo le parole: "lettere a), b), d), e)" sono inserite le seguenti: "ed h-bis), nonché se il magistrato risulta iscritto al registro degli indagati per il reato previsto dall’articolo 326 del codice penale, in relazione ad atti del procedimento assegnatogli, sentito in tale caso il capo dell’ufficio competente ai sensi dell’articolo 11 in merito alla rilevanza, serietà e gravità dei fatti";

b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Il procuratore generale procede allo stesso modo, sentito il capo dell’ufficio competente ai sensi dell’articolo 11 e del comma 1 del presente articolo, se il capo dell’ufficio ed il magistrato assegnatario dell’affare risultano indagati per il reato previsto dall’articolo 326 del codice penale, ovvero hanno rilasciato dichiarazioni pubbliche in merito ad un procedimento pendente presso il loro ufficio"».

4.0.5

CASTELLI

Respinto

Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:

«Art. 4-bis.

(Modifiche agli articoli 114 e 115 del codice di procedura penale)

1. All’articolo 114 del codice di procedura penale, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

"2. È vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto o nel contenuto, di atti di indagine preliminare, nonché di quanto acquisito al fascicolo del pubblico ministero o del difensore, anche se non sussiste più il segreto, fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare";

b) il comma 7 è sostituito dal seguente:

"7. È in ogni caso vietata la pubblicazione anche parziale o per riassunto della documentazione, degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche di cui sia stata ordinata la distruzione ai sensi degli articoli 268, 269, 271".

2. L’articolo 115, comma 2, del codice di procedura penale, è sostituito dal seguente:

«2. Di ogni iscrizione nel registro degli indagati per fatti costituenti reato di violazione del divieto di pubblicazione commessi dalle persone indicate al comma 1, il procuratore della Repubblica procedente informa immediatamente l’organo titolare del potere disciplinare che, nei successivi trenta giorni, ove sia stata verificata la gravità del fatto e la sussistenza di elementi di responsabilità e sentito il presunto autore del fatto, può disporre la sospensione cautelare dal servizio o dall’esercizio della professione fino a tre mesi."».

4.0.6

CASTELLI

Respinto

Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:

«Art. 4-bis.

(Modifiche all’articolo 266 del codice di procedura penale)

1. L’articolo 266, comma 2, del codice di procedura penale, è sostituito dal seguente:

"2. Negli stessi casi è consentita l’intercettazione di comunicazioni tra presenti solo se vi è fondato motivo di ritenere che nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo in qualunque modo l’attività criminosa. Quando si tratta di intercettazione di comunicazioni tra presenti disposta in un procedimento relativo a un delitto di criminalità organizzata o di terrorismo ovvero per i reati di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), nonché 600-ter, commi secondo e terzo, e 600-quinquies del codice penale, e da eseguire anche nei luoghi indicati dall’articolo 614 del codice penale, l’intercettazione è consentita anche se non vi è motivo di ritenere che nei luoghi predetti si stia svolgendo l’attività criminosa".».

4.0.7

CASTELLI

Respinto

Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:

«Art. 4-bis.

(Modifiche all’articolo 267 del codice di procedura penale)

1. All’articolo 267 del codice di procedura penale, il comma 1 è sostituito dal seguente:

"1. Il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari l’autorizzazione a disporre le operazioni previste dall’articolo 266.

L’autorizzazione è data con decreto motivato, contestuale e non successivamente modificabile o sostituibile, quando vi sono gravi indizi di reato e l’intercettazione è assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini e sussistano specifiche ed inderogabili esigenze relative ai fatti per i quali si procede, fondate su elementi espressamente ed analiticamente indicati nel provvedimento, non limitati ai soli contenuti di conversazioni telefoniche intercettate nel medesimo procedimento"

2. All’articolo 267 del codice di procedura penale, dopo il comma 1-bis, è inserito il seguente:

«1-ter. Le intercettazioni possono essere disposte solo nei confronti di persona sottoposta alle indagini, purché a suo carico sussistano indizi di colpevolezza valutati ai sensi del comma 1-bis, le intercettazioni possono essere disposte anche nei confronti di soggetti non indagati, ove si proceda per i delitti dì cui agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, e 407, comma 2, lettera a), nonché 600-ter e 600-quinquies del codice penale, nonché per reati di ingiuria, minaccia, molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono".

3. All’articolo 267, comma 2, del codice di procedura penale, dopo le parole: "con decreto motivato", ovunque ricorrano, sono inserite le seguenti: ",contestuale e non successivamente modificabile o sostituibile".

4. Il comma 3 dell’articolo 267 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

"3. Il decreto del pubblico ministero che dispone l’intercettazione indica le modalità e la durata delle operazioni per un periodo massimo di quindici giorni, prorogabile dal giudice in pari misura e per una durata complessiva massima non superiore a tre mesi. Nei casi di cui al comma 3-bis, la durata delle operazioni non può superare i quaranta giorni ma può essere prorogata dal giudice con decreto motivato per periodi successivi di venti giorni, qualora permangano i presupposti indicati nel comma 1. Nei casi di urgenza, alla proroga provvede direttamente il pubblico ministero secondo le previsioni del comma 2".

5. All’articolo 267 dopo il comma 3 è inserito il seguente:

"3-bis. Se l’intercettazione è necessaria per lo svolgimento delle indagini in relazione ad un delitto di criminalità organizzata, di terrorismo o di minaccia col mezzo del telefono, l’autorizzazione a disporre le operazioni previste dall’articolo 266 è data in base alla sussistenza di sufficienti indizi valutati ai sensi dell’articolo 273".

6. All’articolo 267, comma 4, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Nei casi di cui al comma 3-bis, il pubblico ministero e l’ufficiale di polizia giudiziaria possono farsi coadiuvare da agenti di polizia giudiziaria".

7. All’articolo 267, il comma 5 è sostituito dal seguente:

"5. In apposito registro riservato tenuto in ogni procura della Repubblica sono annotati, secondo un ordine cronologico, la data e l’ora di emissione e la data e l’ora di deposito in cancelleria o in segreteria dei decreti che dispongono autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni e, per ciascuna intercettazione, l’inizio e il termine delle operazioni".

8. L’articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152 convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991 n. 203, è abrogato"».

4.0.8

CASTELLI

Respinto

Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:

«Art. 4-bis.

(Modifiche all’articolo 268 del codice di procedura penale)

1. L’articolo 268 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

"Art. 268. - (Esecuzione delle operazioni). – 1. Le comunicazioni intercettate sono registrate e delle operazioni è redatto verbale. I verbali ed i supporti delle registrazioni sono custoditi nell’archivio riservato dì cui all’articolo 269.

2. Il verbale di cui al comma 1 contiene l’indicazione degli estremi del decreto che ha disposto l’intercettazione, la descrizione delle modalità di registrazione, l’annotazione del giorno e dell’ora di inizio e di cessazione dell’intercettazione; nel medesimo verbale sono altresì annotati cronologicamente, per ogni comunicazione intercettata, i riferimenti temporali della comunicazione e quelli relativi all’ascolto, la trascrizione sommaria del contenuto, nonché i nominativi delle persone che hanno provveduto alla loro annotazione.

3. Le operazioni possono essere compiute esclusivamente per mezzo degli impianti installati nella procura della Repubblica. Tuttavia, quando tali impianti risultano insufficienti o inidonei, come da attestazione del funzionario responsabile del servizio di intercettazione, ed esistono eccezionali ragioni di urgenza, il pubblico ministero può disporre, con provvedimento motivato, il compimento delle operazioni mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria. Quando si procede a intercettazioni di comunicazioni informatiche o telematiche, il pubblico ministero può disporre che le operazioni siano compiute anche mediante impianti appartenenti a privati.

4. I verbali e le registrazioni sono immediatamente trasmessi al pubblico ministero. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, essi sono depositati in segreteria insieme ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l’intercettazione, rimanendovi per il tempo fissato dal pubblico ministero salvo che il giudice, su istanza delle parti, tenuto conto del loro numero, nonché del numero e della complessità delle intercettazioni, non riconosca necessaria una proroga.

5. Se dal deposito può derivare un grave pregiudizio per le indagini, il giudice autorizza il pubblico ministero a ritardarlo non oltre la data di emissione di avviso della conclusione delle indagini preliminari.

6. Ai difensori delle parti, è immediatamente dato avviso che, entro il termine di cui ai commi 4 e 5, hanno facoltà di prendere visione dei verbali e dei decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l’intercettazione, e di ascoltare le registrazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. È vietato il rilascio di copia dei verbali, dei supporti e dei decreti.

7. È vietato disporre lo stralcio delle registrazioni e dei verbali prima del deposito previsto dal comma 4.

8. Scaduto il termine di cui ai commi 4 e 5, il pubblico ministero trasmette immediatamente i decreti, i verbali e le registrazioni al giudice, il quale fissa la data dell’udienza in camera di consiglio per l’acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche indicati dalle parti, che non appaiono manifestamente irrilevanti, procedendo anche d’ufficio allo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l’utilizzazione. Il giudice decide in camera di consiglio a norma dell’articolo 127.

9. Il giudice, qualora lo ritenga necessario ai fini della decisione da assumere, dispone la trascrizione integrale delle registrazioni acquisite ovvero la stampa in forma intelligibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche acquisite, osservando le forme, i modi e le garanzie previsti per l’espletamento delle perizie. Le trascrizioni o le stampe sono inserite nel fascicolo per il dibattimento.

10. I difensori possono estrarre copia delle trascrizioni e fare eseguire la trasposizione delle registrazioni su supporto informatico. In caso di intercettazione di flussi di comunicazioni informatiche o telematiche, i difensori possono richiedere copia su idoneo supporto dei flussi intercettati ovvero copia della stampa prevista dal comma 9.

4.0.9

CASTELLI

Precluso

Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:

«Art. 4-bis.

(Regime transitorio)

1. In relazione al divieto di cui all’articolo 268, comma 7, del codice di procedura penale, come sostituito dall’articolo 4-bis del presente decreto per i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, per i quali non sia scaduto il termine per il deposito dei verbali e delle registrazioni di cui ai commi 4 e 5 del citato articolo 268 del codice di procedura penale, il pubblico ministero deve depositare anche i verbali e le registrazioni oggetto di eventuali provvedimenti di stralcio"».

4.0.10

CASTELLI

Respinto

Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:

«Art. 4-bis.

(Avviso a persone non indagate)

1. Dopo l’articolo 268 del codice di procedura penale è inserito il seguente: «Art. 268-bis. - (Avviso a persone non indagate). – 1. Il pubblico ministero, fatta eccezione per i reati di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), nonché 600-ter e 600-quinquies del codice penale, dà avviso con piego chiuso raccomandato con ricevuta di ritorno dell’avvenuto deposito di cui all’articolo 268, comma 4, nonché di ogni eventuale provvedimento di stralcio delle registrazioni e dei verbali per le parti che li riguardano, ai soggetti diversi da quelli nei confronti dei quali si procede, che non risultino essere indagati in procedimenti connessi o collegati, sottoposti alle intercettazioni delle comunicazioni telefoniche o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche.

2. L’avviso contiene la mera notizia dell’avvenuta intercettazione, la durata e il numero della utenza intercettata.

3. I soggetti di cui al comma 1 possono richiedere l’eventuale distruzione delle intercettazioni delle comunicazioni telefoniche, o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche, stralciate in quanto manifestamente irrilevanti ai fini investigativi"».

4.0.11

CASTELLI

Respinto

Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:

«Art. 4-bis.

(Modifiche all’articolo 269 del codice di procedura penale e alla legge 8 febbraio 1948, n. 47)

1. All’articolo 269 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. I verbali ed i supporti contenenti le registrazioni sono conservati integralmente in apposito archivio riservato tenuto presso l’ufficio del pubblico ministero che ha disposto l’intercettazione, con divieto di allegazione, anche solo parziale, al fascicolo»;

b) al comma 2, primo periodo, dopo le parole: «non più soggetta a impugnazione» sono inserite le seguenti: «e delle stesse è disposta la distruzione nelle forme di cui al comma 3».

2. All’articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al secondo comma, dopo le parole; «sono pubblicate,» sono inserite le seguenti: «senza commento,»;

b) dopo il terzo comma è inserito il seguente:

«Per le trasmissioni radiofoniche o televisive, le dichiarazioni o le rettifiche sono effettuate ai sensi dell’articolo 32 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177. Per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono»;

c) dopo il quarto comma è inserito il seguente:

«Per la stampa non periodica 1’autore dello scritto, ovvero i soggetti di cui all’articolo 57-bis del codice penale, provvedono su richiesta della persona offesa, alla pubblicazione, a propria cura e spese su non più di due quotidiani a tiratura nazionale indicati dalla stessa, delle dichiarazioni o delle rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro reputazione o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto di rilievo penale. La pubblicazione in rettifica è effettuata entro sette giorni dalla richiesta con idonea collocazione e caratteristica grafica e deve inoltre fare chiaro riferimento allo scritto che l’ha determinata»;

d) al quinto comma, le parole: «trascorso il termine di cui al secondo e terzo comma» sono sostituite dalle seguenti: «trascorso il termine di cui al secondo, terzo, quarto, per quanto riguarda i siti informatici, e sesto comma» e le parole: «in violazione di quanto disposto al secondo, terzo e quarto comma» sono sostituite dalle seguenti: «in violazione di quanto disposto dal secondo, terzo, quarto, per quanto riguarda i siti informatici, quinto e sesto comma;

e) dopo il quinto comma sono inseriti i seguenti:

«Della stessa procedura può avvalersi l’autore dell’offesa, qualora il direttore responsabile del giornale o del periodico, il responsabile della trasmissione radiofonica, televisiva o delle trasmissioni informatiche o telematiche non pubblichino la smentita o la rettifica richiesta.

Dell’avvenuta violazione dell’obbligo di pubblicazione l’offeso dà notizia al titolare del potere disciplinare che, verificata la violazione e sentito il responsabile, ne ordina la sospensione dall’attività fino a tre mesi"».

4.0.12

CASTELLI

Respinto

Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:

«Art. 4-bis.

(Modifiche all’articolo 270 del codice di procedura penale)

1. All’articolo 270 del codice di procedura penale, il comma 1 è sostituito dal seguente: "1. I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono state disposte, salvo che risultino indispensabili per l’accertamento dei delitti di cui agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, e 407, comma 2, lettera a), ovvero dei delitti di usura o di quelli previsti dall’articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.309, e successive modificazioni, e dagli articoli 600-ter, commi secondo e terzo, e 600-quinquies, del codice penale"».

4.0.13

CASTELLI

Respinto

Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:

«Art. 4-bis.

(Modifiche all’articolo 271 del codice di procedura penale)

1. All’articolo 271 del codice di procedura penale, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: "commi 1 e 3", sono sostituite dalle seguenti: "commi 1, 3, 6, 7 e 8»;

b) dopo il comma 1 è inserito il seguente: "1-bis. Non possono essere utilizzate le intercettazioni di cui al presente capo nell’ipotesi in cui la qualificazione giuridica del fatto ritenuto dal giudice all’udienza preliminare o al dibattimento non corrisponda ai limiti di ammissibilità richiesti dall’articolo 266"».

4.0.14

CASTELLI

Respinto

Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:

«Art. 4-bis.

(Avviso dell’avvenuta intercettazione nel caso di richiesta di archiviazione della notizia di reato)

1. All’articolo 408 del codice di procedura penale sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

"3-bis. Il pubblico ministero, fatta eccezione per i reati di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), ed agli articoli 600-ter e 600-quinquies del codice penale, all’atto della richiesta di archiviazione, dà avviso, ove non vi abbia provveduto precedentemente, con piego chiuso raccomandato con ricevuta di ritorno alle parti ed ai soggetti diversi da quelli nei confronti dei quali si procede, che non risultino essere indagati in procedimenti connessi o collegati, dell’avvenuta intercettazione di conversazioni e comunicazioni telefoniche, o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche concernenti apparecchi o utenze ad essi intestati. L’avviso contiene la mera notizia dell’avvenuta intercettazione, la durata e il numero della utenza intercettata.

3-ter. Del materiale raccolto non può, nel caso previsto al comma 3-bis, essere presa visione o rilasciata copia"».

4.0.15

CASTELLI

Respinto

Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:

 

 

 

 

«Art. 4-bis.

(Modifiche all’articolo 89 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale)

1. All’articolo 89 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è abrogato;

b) al comma 2, le parole: "I nastri contenenti le registrazioni" sono sostituite dalle seguenti: "I supporti contenenti le registrazioni ed i flussi di comunicazioni informatiche o telematiche" e dopo le parole: "previsto dall’articolo 267, comma 5" sono inserite le seguenti: ", nonché dal registro delle notizie di reato di cui all’articolo 335";

c) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

"2-bis. Il procuratore della Repubblica designa un funzionario responsabile del servizio di intercettazione, della tenuta del registro riservato delle intercettazioni e dell’archivio riservato nel quale sono custoditi i verbali ed i supporti"».

ARTICOLO 5 DEL DECRETO-LEGGE

ARTICOLO 5.

1.Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

PROPOSTA DI COORDINAMENTO

C1

IL RELATORE

Approvata

All'emendamento 1.1000, al comma 3, sostituire le parole: "gli atti", con le altre: "i documenti, i supporti e gli atti" e conseguentemente sostituire le parole: "disporre la distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al comma precedente", con le seguenti: "disporne la distruzione";

inoltre, al comma 6, dopo le parole: «dei documenti» inserire le seguenti: «dei supporti e degli atti» nonché sostituire le parole: "atti, dati e documenti", con le altre: "documenti, supporti e atti".

Al comma 3, sostituire le parole: "GIP (giudice per le indagini preliminari)", con le altre: "giudice per le indagini preliminari";

ai commi 4 e 5, sostituire le parole: "GIP", con le altre: "giudice per le indagini preliminari";

al comma 4, dopo le parole: "dell'articolo 127", sopprimere le parole: "del codice di procedura penale";

infine, al comma 5, sostituire le parole: "degli atti di cui al comma 2", con le seguenti: "degli atti di cui al medesimo comma 2" .


Allegato B

 

 

 

Testo integrale dell'intervento del senatore Tibaldi nella discussione generale sul disegno di legge n. 1013

 

 

Signor Presidente, con la necessaria tempestività, e con l'accordo dell'opposizione, il Governo ha emanato il 22 settembre scorso un provvedimento d'urgenza finalizzato ad individuare misure idonee a rafforzare il contrasto all'illegale raccolta e detenzione di contenuti, dati, documenti e informazioni relative al traffico telefonico dei cittadini, prevedendo, al contempo un intervento più incisivo per evitare l'indebita diffusione e pubblicazione di dati o elementi illegalmente acquisiti. Non vi è dunque alcun dubbio che il decreto-legge n. 259 del 2006, che viene ora in discussione per la conversione in legge, avesse tutte le caratteristiche di straordinaria necessità ed urgenza che l'articolo 77 della Costituzione pone quali requisiti insormontabili per l'attribuzione al Governo del potere di emanare atti aventi immediatamente forza di legge. Requisiti che devono essere ancor più stringenti se, come in questo caso, si incide sulla libertà personale, sulla qualificazione di alcuni comportamenti come reato e sulle modalità di esercizio di diritti costituzionalmente garantiti.

Da molto tempo l'incessante pubblicazione di stralci ed estratti di conversazioni telefoniche, oggetto di intercettazioni, regolarmente disposte dall'autorità giudiziaria e la divulgazione anche integrale di atti processuali coperti da segreto o comunque da vincolo di riservatezza, ha posto al centro del dibattito politico la necessità di una riflessione su come garantire il contemperamento di alcune libertà costituzionali (a cominciare dal diritto di cronaca e dal diritto ad essere informati) con l'esercizio di altri diritti costituzionalmente rilevanti, quali ad esempio il diritto alla difesa, la tutela della dignità della persona e la salvaguardia dei dati sensibili personali. Tutti hanno convenuto sull'esigenza di assicurare, con efficacia e su un piano generale, un'adeguata tutela dei diritti delle persone coinvolte dalla pubblicazione di innumerevoli brani di conversazioni intercorse anche con terzi, estranei ai fatti oggetto di indagine penale, o che non risultano allo stato indagati, o brani che riguardano in ogni caso diverse relazioni personali o familiari o, ancora, persone semplicemente lese dai fatti. Abbiamo assistito anche alla pubblicazione di conversazioni riguardanti comportamenti strettamente personali di persone pur coinvolte nelle indagini, ma non direttamente connessi a fatti penalmente rilevanti. Tutto questo è da tempo al centro del dibattito politico: anzitutto dalla magistratura, ma anche dagli operatori dell'informazione e del diritto, sono venute indicazioni preziose per affrontare questi temi, evitando l'onda dell'emozione, che spesso induce a modifiche affrettate e poco meditate come quelle proposte nel dicembre 2005 dal Governo Berlusconi, le quali avrebbero avuto, se approvate, il solo effetto certo di danneggiare irreparabilmente l'attività di indagine dei magistrati e di rendere difficile, se non impossibile, per l'opinione pubblica la conoscenza di situazioni e fatti di indubbio rilievo.

Quello che invece è emerso più recentemente, in tutta la sua vastità, è un fenomeno ben diverso e ben più inquietante. È stata svelata, grazie ad una lunga e difficile indagine, una attività del tutto illegale, posta in essere da alcuni soggetti che, utilizzando strutture e mezzi tecnologicamente avanzati, in virtù degli uffici e delle funzioni da essi ricoperte in uno snodo particolarmente delicato del sistema delle comunicazioni, avrebbero costituito nel corso di almeno un decennio una raccolta imponente di dati, documenti, informazioni e (forse) anche contenuti del traffico telefonico di migliaia di cittadini.

Il tutto, va ripetuto, è accaduto ad di fuori di ogni previsione di legge e al di fuori di qualunque ambito di indagine giudiziaria.

Le caratteristiche della struttura aziendale nella quale costoro avrebbero operato e la vastità del sistema illegale da essi messo in piedi possono a ben diritto farci dire che mai ci si è trovati di fronte ad un fenomeno così ampio e grave di violazione dei diritti personali. All'interno o comunque nell'orbita diretta o indiretta della più grande azienda italiana di telecomunicazioni, che peraltro si è dichiarata estranea ai comportamenti degli indagati e si è costituita parte lesa, avrebbe operato, per usare i termini dell'ordinanza di custodia cautelare del Gip di Milano, «una vera e propria ragnatela parallela» in grado di usare «tutti i mezzi concretamente esistenti sul mercato» per raccogliere «qualsiasi tipo di informazione», violando «i princìpi costituzionali fondanti di questo Paese». Gli «spiati» sono soprattutto imprenditori e finanzieri, ma i file illegali sarebbero più di centomila e coinvolgerebbero dipendenti, possibili concorrenti e avversari persone influenti da «tenere eventualmente in pugno», con tanto di «accessi abusivi al sistema dell'anagrafe tributaria» e agli archivi bancari. La compravendita clandestina di tabulati telefonici si sarebbe affiancata persino all'acquisto di notizie riservate sulle banche dati dell'Interno, dell'Economia, della Giustizia, comprendendo «informazioni e atti svolti da agenti e pubblici ufficiali». Questa enorme massa di informazioni illegali e di dati riservati sarebbe stata commissionata e pagata da un manipolo di persone che non risultavano soggette ad alcun vero controllo. Questo è il quadro di un sistema illegale che ha attentato, secondo i magistrati, ai diritti di migliaia di persone, a cominciare da operai e dipendenti, ed addirittura da aspiranti dipendenti (cioè di coloro che avevano presentato i loro curricula), di quella stessa grande azienda. Ad aggravare il quadro contribuisce certamente il sospetto investigativo che la raccolta illegale di dati avvenisse a scopo di lucro, per farne illecito commercio, per trarre profitto dalla divulgazione o dalla minacciata divulgazione di quegli atti, oppure con la finalità di tenere sotto controllo i movimenti ed i contatti delle persone vittime della attività illegale. Allo stato degli atti, noi non sappiamo chi e perché abbia effettivamente ordinato la raccolta dei dati, quale uso ne sia stato eventualmente fatto e se, ad esempio, sia stata avviata una attività di dossieraggio che per ampiezza e gravità supererebbe persino le ormai antiche schedature del SIFAR o, per altri versi, quelle famose della FIAT degli anni Settanta (schedature di tutti i lavoratori e di coloro che avevano fatto domanda di assunzione). Ciò è oggetto di indagine e su questo si pronunceranno i giudici. Quel che ad oggi è certo è che una mole imponente di dati è stata illegalmente raccolta dal 1997 ad oggi. E questo di per sé basta a far temere che alcune libertà fondamentali siano state messe a rischio.

Sulla base degli atti che emergono nell'ambito delle indagini preliminari in corso presso gli uffici giudiziari, le ipotesi di reato in fase di accertamento denotano circostanze per le quali è indubbio un interesse pubblico a che fossero urgentemente prescritte regole capaci di stroncare l'illecito trattamento di dati telefonici personali, prevenendo il rischio che da questa pratica si sprigionasse un'incontrollabile nuvola di informazioni velenose.

Una rapida scorsa alle 344 pagine dell'ordinanza di rinvio a giudizio lascia sgomenti. Il numero delle persone coinvolte (sia come presunti colpevoli, sia come vittime), le modalità di esecuzione degli illeciti, il clima generale di violazione della legge che traspare dalla ricostruzione della vicenda disegnano un quadro di illegalità che supera l'immaginazione. È noto che gli attentati dell'11 settembre 2001 hanno spinto molti Governi a pesanti «giri di vite» sul diritto alla riservatezza di tutti i cittadini, con il motivo (o il pretesto) che la raccolta di informazioni personali è indispensabile per combattere il terrorismo. Ma al di là delle misure emergenziali cui abbiamo assistito (si pensi al decreto-legge sul terrorismo internazionale, che ha stabilito regole assai discutibili proprio per l'utilizzo delle intercettazioni) è anche vero che l'esistenza di innumerevoli banche dati, raccolte e gestite per di più senza le opportune garanzie, costituisce di per sé un rischio.

Il decreto intende affrontare questo rischio e parte dal presupposto che certo nessuna norma e nessun controllo possono annullare del tutto il rischio più grave, quello che siano proprio gli addetti alla sicurezza dei dati a violare la sicurezza. Per questo si è voluto, oltre alla previsione di forti sanzioni, assimilare al trattamento già previsto per i documenti anonimi gli esiti delle intercettazioni illecitamente effettuate e dei dati relativi al traffico telefonico illecitamente acquisiti. Va in questo senso la decisione di procedere alla distruzione da parte dell'autorità giudiziaria di tutti gli atti e i dati acquisiti, ovvero anche solo illecitamente detenuti, in modo da prevenire la possibilità di una loro qualunque diffusione, con conseguente pregiudizio per la riservatezza dei soggetti coinvolti.

Questi sono i due elementi centrali del decreto e con il lavoro del Parlamento sul testo sono stati previsti miglioramenti: è ragionevole, ad esempio, pensare che sia il giudice a disporre la distruzione, assicurando il contraddittorio tra le parti, oppure consentire che il corpo del reato possa comunque costituire spunto di indagine, in modo da non comprimere né il diritto alla difesa, né l'obbligo costituzionale dell'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero. Ciò in quanto è interesse pubblico accertare il reato (cioè l'illegale formazione dei dati, ciò che può fare solo un giudice) per poi individuare e perseguire i responsabili. Ma certamente questi due elementi devono essere mantenuti se si vuole approntare un sistema normativo efficace sia per la repressione del reato che per la prevenzione. E su questi punti maggioranza e opposizione sono nelle condizioni di convenire. È anche ragionevole, oltre che conforme all'ordinamento vigente, intervenire sulla nuova fattispecie di reato di illecita detenzione degli atti e dei documenti illegalmente raccolti, definendo con precisione le circostanze nelle quali si potranno applicare le pene previste dal decreto.

Noi pensiamo, ad esempio, che la detenzione vada punita qualora si intenda pubblicare o fare uso illecito di questi dati da parte del detentore. Riteniamo inoltre importante non comprimere in alcun modo il libero esercizio dell'attività giornalistica, anche perché va ricordato che il sistema illegale di cui parliamo è emerso grazie ad una indagine giudiziaria, ma anche grazie al lavoro di alcuni giornalisti d'inchiesta.

Altre opinioni sono state espresse sul merito del decreto e tutte possono concorrere a farne uno strumento ancora più efficace e valido sul piano giuridico. Ciò che tutti comunque dovrebbero avere a cuore è che questa occasione è preziosa per dotare finalmente il nostro Paese di mezzi, anche penali, capaci di contrastare una illegalità diffusa, e pertanto non può andare sprecata.

Nessun Paese può tollerare a lungo neppure il sospetto che qualcuno possa creare e mantenere in vita, per finalità misteriose o semplicemente per trame profitto economico, una specie di intelligence parallela a quella istituzionale, mettendo insieme e conservando senza alcun diritto i dati personali e sensibili dei cittadini italiani per farne buon uso (o cattivo uso) all'occasione.

Per questo è necessario che il decreto n. 259, con le modifiche sulle quali ci si è accordati in Commissione, sia convertito in legge.

 

Sen. Tibaldi