Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Disposizioni in materia tributaria e finanziaria - D.L. 262/2006 - A.C. 1750
Riferimenti:
AC n. 1750/XV   DL n. 262 del 03-OTT-06
Serie: Progetti di legge    Numero: 53
Data: 07/10/2006
Descrittori:
ESENZIONI DA IMPOSTE TASSE E CONTRIBUTI   IRPEF
IVA     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

Disposizioni in materia tributaria e finanziaria

D.L. 262/2006 – A.C. 1750

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 53

 

 

7 ottobre 2006

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dossier è stato redatto con la collaborazione dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coordinamento:   Dipartimento Bilancio e politica economica e Dipartimento Finanze

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: D06262.doc

 


INDICE

 

 

Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto. 4

§      Contenuto. 4

§      Precedenti decreti-legge sulla stessa materia. 18

Elementi per l’istruttoria legislativa. 20

§      Motivazioni della necessità ed urgenza. 20

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico. 20

§      Formulazione del testo. 22

Schede di lettura

§      Articolo 1, comma 1 (Dichiarazioni telematiche in materia di accise)29

§      Articolo 1, comma 2 (Depositi fiscali ai fini IVA)34

§      Articolo 1, commi 3 e 4 (Distruzione di merci contraffatte)37

§      Articolo 1, comma 5 (Poteri di accertamento degli uffici delle dogane)40

§      Articolo 1, comma 6 (Imposte sui redditi: indeducibilità spese per servizi resi da professionisti domiciliati in Stati a regime fiscale privilegiato)43

§      Articolo 1, comma 7 (Trasmissione all’Agenzia delle entrate dei dati dei contratti di sponsorizzazione degli atleti professionisti)45

§      Articolo 1, comma 8 (Sanzioni accessorie in materia di imposte dirette ed imposta sul valore aggiunto)46

§      Articolo 1, commi 9-12 (Documentazione necessaria per immatricolazione e voltura di veicoli e rimorchi acquistati all’interno dell’Unione)48

§      Articolo 1, comma 13 (Comunicazione dei rimborsi da parte degli operatori del settore assicurativo)53

§      Articolo 1, comma 14 (Costituzione di un fondo per incentivi e assunzioni per contrasto all’evasione fiscale e contributiva e al giuoco illegale)54

§      Articolo 1, commi 15 e 16 (Regolamento di riordino Agenzie fiscali e Monopoli per migliore contrasto evasione)55

§      Articolo 1, comma 17 (Soppressione della struttura interdisciplinare che collabora con il Ministro delle finanze. Soppressione del contributo agli istituti di cultura straniera convenzionati. Riduzione stanziamento Scuola superiore economia e finanze)58

§      Articolo 1, commi 18 e 19 (Comitati di gestione delle Agenzie fiscali)62

§      Articolo 2, comma 1 (Riscossione spa)63

§      Articolo 2, commi 2 e 3 (Remunerazione attività di riscossione)66

§      Articolo 2, comma 4 (Conservazione di privilegi e garanzie per acquisto di rami di azienda da parte di Riscossione spa)69

§      Articolo 2, comma 5 (Remunerazione della riscossione svolta da Riscossione spa e società da essa partecipate)71

§      Articolo 2, comma 6 (Pignoramento di crediti verso terzi)73

§      Articolo 2, comma 7 (Poteri di indagine dei dipendenti di Riscossione spa)75

§      Articolo 2, comma 8 (Blocco dei versamenti della P.A. in favore di soggetti inadempienti nei confronti del fisco)77

§      Articolo 2, commi 9-10 (Riscossione tariffa del servizio idrico integrato)79

§      Articolo 2, comma 11 (Individuazione degli agenti della riscossione)81

§      Articolo 2, commi 12 e 13 (Compensazione tra rimborsi di imposta e somme iscritte a ruolo)82

§      Articolo 2, comma 14 (Rappresentanza degli agenti della riscossione)85

§      Articolo 2, comma 15 (Estensione del versamento unitario e della compensazione alla riscossione dei contributi sindacali)87

§      Articolo 2, comma 16 (Rimborso all’Agenzia delle entrate degli oneri di riscossione)89

§      Articolo 3, comma 1 (Ammortamento del costo dei fabbricati strumentali)90

§      Articolo 3, commi 2 e 3 (Dividendi e interessi nei contratti di riporto,  pronti contro termine e mutuo di titoli garantito)92

§      Articolo 3, comma 4 (Aumento imposta sostitutiva sulle plusvalenze immobiliari)94

§      Articolo 3, comma 5 (Riporto delle perdite)96

§      Articolo 3, comma 6 (Utilizzo di perdite fiscali anteriori alla “tassazione per trasparenza”)98

§      Articolo 3, comma 7 (Determinazione della base imponibile per i soggetti non residenti)100

§      Articolo 3, commi 8-11 (IRPEF delle persone fisiche residenti a Campione d’Italia)102

§      Articolo 3, comma 12 (Trattamento tributario delle stock options)104

§      Articolo 4, comma 1 (Modifiche al regime IVA per i produttori agricoli “minimi”)106

§      Articolo 4, commi 2-4 (Modifica dell’obbligo di denuncia delle variazioni del reddito dominicale per i soggetti che richiedono i contributi agricoli)112

§      Articolo 4, commi 5-7 (Individuazione dei fabbricati che abbiano perso la caratteristica di ruralità e loro iscrizione in catasto)120

§      Articolo 4, comma 8 (Riduzione dei trasferimenti erariali ai comuni in relazione al maggior gettito ICI)127

§      Articolo 5, commi 1-5 (Revisione delle rendite catastali per gli immobili della categoria E aventi autonomia funzionale e reddituale)128

§      Articolo 5, comma 6 (Rivalutazione del 40% del moltiplicatore delle rendite catastali per i fabbricati di categoria B)135

§      Articolo 5, comma 7 (Riduzione dei trasferimenti erariali ai comuni in relazione al maggior gettito ICI)137

§      Articolo 6, commi 1 e 2 (Imposte ipotecarie e catastali per le volture  relative a donazioni e successioni)138

§      Articolo 6, commi 3 e 4 (Imposta di registro sulle dichiarazioni  di trasferimenti per causa di morte)144

§      Articolo 6, comma 5 (Imposta di registro per donazioni e altri atti di liberalità)149

§      Articolo 6, comma 6 (Entrata in vigore)154

§      Articolo 7, commi 1-11 (Esenzione tasse automobilistiche veicoli euro 4 e euro 5)155

§      Articolo 7, commi 12-14 (Aliquota accisa prodotti petroliferi)164

§      Articolo 7, comma 15 (Rottamazione auto)171

§      Articolo 7, commi 16-18 (Tasse automobilistiche)173

§      Articolo 7, commi 19 e 20 (Tasse ipotecarie – Trasferimento funzioni catastali)176

§      Articolo 7, commi 21 e 22 (Tributi speciali catastali)179

§      Articolo 7, comma 23 (Proroga termine canoni demaniali marittimi)185

§      Articolo 7, comma 24 (Data di pubblicazione dell’addizionale regionale IRPEF)189

§      Articolo 7, commi 25 e 26 (Modifiche al TUIR in materia di limiti di deduzione delle spese e degli altri componenti negativi relativi a taluni mezzi di trasporto a motore, utilizzati nell'esercizio di imprese, arti e professioni)191

§      Articolo 7, comma 27 (Imposte sulla produzione)197

§      Articolo 8 (Accelerazione degli incentivi alle imprese)200

§      Articolo 9 (Accelerazione delle procedure per pagamenti di canoni di locazione)209

§      Articolo 10 (Disposizioni in materia di alienazione di immobili non strumentali di Poste Italiane Spa)211

§      Articolo 11 (Immobili non strumentali alla gestione caratteristica dell’impresa ferroviaria)215

§      Articolo 12 (Nuova disciplina relativa agli aggiornamenti tariffari nel settore autostradale e rafforzamento dei poteri regolamentari dell’ANAS)218

§      Articolo 13 (Attività di dragaggio)234

§      Articolo 14 (Disposizioni per il potenziamento infrastrutturale della Sicilia e delle aree limitrofe)241

§      Articolo 15 (Organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali)245

§      Articolo 16 (Personale dirigenziale nel Ministero per i beni e le attività culturali)249

§      Articolo 17 (Arcus Spa)253

§      Articolo 18 (Norme a favore del teatro Petruzzelli di Bari)257

§      Articolo 19 (Compensi agli organi degli enti parco)260

§      Articolo 20 (Disposizioni in materia di Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici)262

§      Articolo 21 (Modifiche ed integrazioni del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124)265

§      Articolo 22 (Semplificazione dell’adeguamento annuale delle rendite INAIL)272

§      Articolo 23 (Disposizione concernenti i contributi previdenziali per il settore agricolo)274

§      Articolo 24 (Riordino e semplificazione delle disposizioni sui contributi)277

§      Articolo 25 (Regime di pubblicità dei contributi statali)283

§      Articolo 26 (Erogazione delle provvidenze per l’editoria)284

§      Articolo 27 (Diffusione di messaggi istituzionali e di utilità sociale)288

§      Articolo 28 (Rimborsi per abbonamenti)290

§      Articolo 29 (Modifiche alla legge 7 agosto 1990, n. 250)292

§      Articolo 30 (Modifiche alla legge 23 dicembre 2005, n. 266 in materia di editoria)294

§      Articolo 31 (Convenzioni aggiuntive)296

§      Articolo 32 (Riproduzione di articoli di riviste o giornali)298

§      Articolo 33 (Modalità di rimborso alla Società Poste Italiane)299

§      Articolo 34 (Modifiche al Codice delle comunicazioni elettroniche)301

§      Articolo 35 (Organizzazione del Ministero dell’Università e della ricerca)309

§      Articolo 36 (Valutazione del sistema universitario e della ricerca)311

§      Articolo 37 (Disposizioni in materia di ordinamento universitario)316

§      Articolo 38 (Misure di razionalizzazione della spesa energetica degli enti pubblici)321

§      Articolo 39 (Disposizioni in materia di tutela dell’euro)324

§      Articolo 40, commi 1 e 2 (Disposizioni concernenti la Presidenza del Consiglio dei ministri)326

§      Articolo 40, comma 3 (Modifiche alla composizione del CIPE)333

§      Articolo 41, commi 1-3 (Incarichi dirigenziali)335

§      Articolo 41, comma 4 (Nomine Agenzia per i servizi sanitari regionali)339

§      Articolo 42 (Razionalizzazione del settore della formazione del personale della pubblica amministrazione)340

§      Articolo 43 (Qualità e valutazione dell’azione amministrativa e dei servizi pubblici)346

§      Articolo 44 (Modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni)350

§      Articolo 45 (Attività della pubblica amministrazione in materia di dighe)363

§      Articolo 46 (Proroga del termine in materia di soppressione di organismi)369

§      Articolo 47 (Copertura finanziaria)372

 


Scheda di sintesi
per l'istruttoria legislativa

 


Dati identificativi

Numero del disegno di legge di conversione

A.C. 1750

Numero del decreto-legge

3 ottobre 2006, n. 262

Titolo del decreto-legge

Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria

Settore d’intervento

Vari

Iter al Senato

No

Numero di articoli

 

§      testo originario

48

Date

 

§      emanazione

3 ottobre 2006

§      pubblicazione in Gazzetta ufficiale

3 ottobre 2006

§      assegnazione

3 ottobre 2006

§      scadenza

2 dicembre 2006

Commissione competente

V (Bilancio) e VI (Finanze)

Pareri previsti

I, II, VII, VIII, IX, X, XI, XII, XIII e XIV

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

Il comma 1 dell’articolo 1 dispone che alcuni dati, documenti e dichiarazioni, previsti dalla legislazione in materia di imposte di fabbricazione, siano presentati esclusivamente in forma telematica.

Il comma 2 integra la disciplina relativa ai depositi IVA, subordinando l’avvio dell’operatività di tali depositi da parte di determinati soggetti alla presentazione di comunicazione ai competenti uffici delle dogane e delle entrate, anche per la valutazione della congruità della garanzia, ove prescritta.

Il comma 3 introduce una procedura semplificata per la distruzione, sotto controllo doganale, delle merci sospettate di violare diritti di proprietà intellettuale; il comma 4 rimette a decreto interministeriale la definizione dei termini e delle modalità d’attuazione.

Il comma 5 integra la disciplina relativa al controllo degli elenchi riepilogativi delle cessioni e degli acquisti intracomunitari, presentati agli uffici doganali dai soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto, estendendo i poteri esercitabili a questo fine dagli uffici medesimi e prevedendo che le necessarie autorizzazioni siano rilasciate dal direttore regionale dell’Agenzia delle dogane.

Il comma 6 esclude la deducibilità delle spese per prestazioni di servizi resi da professionisti domiciliati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, agli effetti dell’imposta sui redditi delle società (IRES).

Il comma 7 integra le disposizioni che prescrivono l’invio telematico delle copie dei contratti dei calciatori professionisti all’Agenzia delle entrate, estendendone l’applicazione anche ai contratti di sponsorizzazione stipulati dai medesimi atleti, ove la società calcistica percepisca somme per il diritto di sfruttamento dell’immagine. Viene inoltre rimessa a provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate la determinazione del contenuto, delle modalità e dei termini della trasmissione.

Il comma 8 stabilisce che la sospensione della licenza o autorizzazione all’esercizio dell’attività, o comunque dell’attività medesima, sia disposta in ogni caso di violazione dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale.

Il comma 9 subordina l’immatricolazione o la voltura di autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi nuovi oggetto di acquisto intracomunitario a titolo oneroso alla presentazione di copia del modello F24 indicante il numero di telaio e l’ammontare dell’IVA assolta in occasione della prima cessione interna. Il comma 10 richiede altresì, per l’immatricolazione dei medesimi veicoli, quando siano oggetto di importazione, la presentazione della certificazione doganale attestante l’assolvimento dell’IVA e contenente l’eventuale riferimento all’utilizzo del plafond da parte dell’importatore. Il comma 11 rimette a un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate la fissazione del termine di decorrenza, delle modalità applicative e delle esenzioni.

Il comma 12 dispone la gratuità della convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (ora Ministero dei trasporti), l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle dogane, che – per la realizzazione dello sportello automatico dell’automobilista – definisce le procedure per la trasmissione dei dati attinenti alla verifica di adempimenti fiscali relativi all'immatricolazione dei veicoli nuovi e usati provenienti, attraverso circuiti non ufficiali di distribuzione, dagli Stati membri dell'Unione europea e, attraverso canali di importazione non ufficiali, da Stati aderenti allo spazio economico europeo.

Il comma 13 sopprime la previsione secondo cui la trasmissione delle informazioni destinate all’anagrafe tributaria è eseguita mediante posta elettronica certificata. Per conseguenza, potranno essere impiegati – come già avviene per l’invio di altre categorie di dati – i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate.

Il comma 14 destina una quota delle eventuali maggiori entrate derivanti dal rafforzamento dell’attività di controllo, accertamento e riscossione dei tributi erariali al finanziamento di incentivi all’esodo, incentivi alla mobilità territoriale, indennità di trasferta, e di un programma di assunzioni di personale qualificato per l’Amministrazione economico-finanziaria e le altre amministrazioni statali. Le modalità di attuazione sono rimesse alla contrattazione integrativa.

Il comma 15 dispone il riordino delle Agenzie fiscali e dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, da eseguirsi senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, da attuarsi con il regolamento di organizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge. Il comma 16 prevede che il regolamento sia sottoposto al parere delle competenti Commissioni parlamentari.

Il comma 17 sopprime la struttura interdisciplinare incaricata di seguire la trasformazione delle strutture dell’amministrazione tributaria, disposta dal decreto legislativo n. 300 del 1999, nonché il finanziamento concesso agli istituti di cultura stranieri; riduce dell’autorizzazione di spesa in favore della Scuola superiore del Ministero dell’economia e finanze per il potenziamento delle attività di supporto formativo e scientifico rivolte alla diffusione del made in Italy.

I commi 18 e 19 modificano la composizione dei comitati di gestione delle Agenzie fiscali, disponendo contestualmente la cessazione dei comitati in carica alla data di entrata in vigore del decreto-legge, a decorrere dal trentesimo giorno successivo a tale data.

 

Il comma 1 dell’articolo 2 sopprime la previsione secondo cui la maggioranza dei componenti del consiglio di amministrazione della società Riscossione SpA dev’essere costituita da dirigenti di vertice dell’Agenzia delle entrate e dell’INPS.

Il comma 2 prevede la remunerazione con un compenso maggiorato del 25 per cento per i tributi riscossi per conto degli enti locali dal concessionario nazionale della riscossione.

Il comma 3 reca modifiche nel regime dell’aggio dovuto agli agenti della riscossione sulle somme riscosse.

Il comma 4 prevede che i privilegi e le garanzie comunque prestate ai concessionari della riscossione e le trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria vengano trasmesse, previa pubblicazione di apposito avviso nella Gazzetta ufficiale, alla società “Riscossione SpA” e alle altre società partecipate.

Il comma 5 sopprime la previsione della legge finanziaria per il 2004 in ordine ai criteri specifici per la ripartizione tra i concessionari della riscossione dell’importo forfetario di 470 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 previsto a titolo di remunerazione dell’attività di riscossione.

Il comma 6 estende a tutti i crediti pignorati del debitore verso terzi la procedura di espropriazione attualmente prevista unicamente per il pignoramento del quinto dello stipendio, previsto dall’articolo 545 del codice di procedura civile.

Il comma 7 prevede l’attribuzione di particolari poteri di ispezione e verifica agli agenti della riscossione (la società “Riscossione SpA” e le altre società partecipate).

Il comma 8 prescrive alle pubbliche amministrazioni e alle società a prevalente partecipazione pubblica di verificare, prima di effettuare un pagamento di importo eccedente 10.000 euro, se il beneficiario risulti inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di cartelle di pagamento. In caso affermativo esse non procedo al pagamento e segnalano la circostanza all’agente della riscossione.

I commi 9 e 10 estendono al pagamento delle tariffe del servizio idrico integrato le disposizioni in materia di riscossione volontaria previste dal capo II del decreto legislativo n. 241 del 1997 e di riscossione coattiva contenute nel decreto legislativo n. 46 del 1999.

Il comma 11 definisce come agenti della riscossione la società “Riscossione SpA” e le società da questa partecipate.

I commi 12 e 13 introducono la possibilità di effettuare una compensazione tra le somme iscritte a ruolo e gli eventuali rimborsi dovuti dall’Agenzia delle entrate, dalle altre agenzie fiscali e dagli enti previdenziali.

Il comma 14 consente ai dipendenti delegati degli agenti della riscossione (“Riscossione SpA” e le altre società partecipate) di stare in giudizio personalmente in specifici procedimenti.

Il comma 15 prevede che il sistema di versamento unitario e di compensazione di cui all’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 241 del 1997 si applichi anche alla riscossione dei contributi associativi dovuti dagli iscritti alle associazioni sindacali a carattere nazionale e dei contributi per assistenza contrattuale che siano stabiliti dai contratti di lavoro.

Il comma 16 dispone che spetti all’Agenzia delle entrate il rimborso degli oneri sostenuti per garantire il servizio di riscossione nell’ambito della procedura di compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, relativamente ai contributi previdenziali e assistenziali e ai premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

 

Il comma 1 dell’articolo 3 prevede che non possono essere portati in ammortamento i costi delle aree occupate da fabbricati strumentali all’esercizio dell’impresa e dei terreni costituenti pertinenze, acquisiti mediante contratto di locazione finanziaria (leasing).

I commi 2 e 3, nei contratti di riporto, pronti contro termine e mutuo di titoli garantito, limitano la possibilità per il mutuatario e il cessionario a pronti di godere del regime di detassazione parziale dei dividendi, di cui all’articolo 89, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi.

Il comma 4 aumenta dal 12,50 per cento al 20 per cento l’aliquota dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze immobiliari realizzate sulle cessioni a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni e sulle cessione di terreni edificabili.

Il comma 5 modifica le disposizioni transitorie in materia di riporto delle perdite realizzate nei primi tre periodi di imposta, dettate dall’articolo 36 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

Il comma 6 modifica le disposizioni transitorie in materia di utilizzazione delle perdite fiscali anteriori all’inizio della “tassazione per trasparenza”, contenute nell’articolo 36 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, differendone l’applicazione al periodo d’imposta successivo a quello in corso all’entrata in vigore del decreto medesimo.

Il comma 7 differisce l’applicazione del nuovo regime di determinazione della base imponibile dell’imposta sul reddito delle persone fisiche per i soggetti non residenti, introdotto dall’articolo 36 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006.

I commi da 8 a 11 disciplinano l’applicazione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) per i soggetti residenti a Campione d’Italia.

Il comma 12 ridetermina le condizioni in presenza delle quali, in relazione alle azioni distribuite dalle società a propri dipendenti (c.d. stock options di tipo individuale), non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente la differenza tra il valore di esse al momento dell'assegnazione e l'ammontare corrisposto dal dipendente.

 

Il comma 1 dell’articolo 4 modifica il regime speciale IVA per i produttori agricoli “minimi”, prevedendo l’applicazione del nuovo regime cosiddetto della franchigia per i produttori agricoli che nell’anno solare precedente abbiano realizzato o, in caso di inizio attività, prevedano di realizzare un volume d'affari non superiore a settemila euro, costituito per almeno due terzi da cessioni di prodotti agricoli e ittici.

Il comma 2 prevede che la richiesta di contributi agricoli fatta all’AGEA (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) e contenente la dichiarazione relativa all’impiego del suolo nelle singole particelle catastali, sostituisca la dichiarazione di variazione colturale da rendere al catasto terreni in base all’articolo 30 del TUIR. Il comma 3 prevede l’applicazione della disposizione già a partire dall’anno 2006.

Il comma 4 rimette la determinazione delle modalità tecniche e operative a provvedimento del direttore dell’agenzia del territorio, sentita l’AGEA.

Il comma 5 prevede che l’Agenzia del territorio inviti i titolari dei diritti su fabbricati che abbiano perduto i requisiti di ruralità a provvedere all’aggiornamento catastale. In caso di inottemperanza, vi provvedono gli uffici dell’Agenzia del territorio, a spese dell’interessato e con applicazione delle sanzioni previste.

Il comma 6 interviene sui criteri di individuazione della ruralità degli immobili abitativi ai fini fiscali, richiedendo che il conduttore del terreno rivesta la qualifica di imprenditore agricolo.

Il comma 7 prescrive che – ove in applicazione del comma 6 un fabbricato perda il carattere di ruralità – la variazione sia dichiarata al catasto entro il 30 giugno 2007, senza applicazione di sanzioni.

Il comma 8 dispone la riduzione dei trasferimenti erariali ai comuni in misura corrispondente al maggior gettito derivante in relazione all’imposta comunale sugli immobili dalle descritte disposizioni.

 

I commi 1 e 2 dell’articolo 5 prescrivono la revisione della rendita catastale attribuita agli immobili censiti nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9, qualora in essi siano compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovveroad usi diversi, che presentino autonomia funzionale e reddituale. Il comma 3 rimette la determinazione delle modalità tecniche e operative a provvedimento del direttore dell’agenzia del territorio. Le nuove rendite catastali, dichiarate ovvero attribuite, producono effetto fiscale, in base al comma 4, a decorrere dal 1° gennaio 2007. Il comma 5 prevede che siano i comuni, nell’ipotesi in cui i contribuenti non procedano entro i 90 giorni previsti alla richiesta di revisione delle rendite degli immobili di categoria E, a promuovere la richiesta di aggiornamento dei dati catastali.

Il comma 6 rivaluta del 40% il moltiplicatore da applicare alle rendite catastali dei fabbricati classificati nel gruppo B, relativo agli immobili per usi collettivi, per stabilire il valore minimo ai fini dell’ICI, dell’imposta di registro, dell’imposta sulle successioni e le donazioni e delle connesse imposte ipotecarie e catastali.

Il comma 7 dispone che i trasferimenti erariali in favore dei comuni sono ridotti in misura pari al maggior gettito derivante dall’imposta comunale sugli immobili in conseguenza delle disposizioni del presente articolo 7.

 

Il comma 1 dell’articolo 6 riforma il trattamento fiscale delle successioni e donazioni ai fini delle imposte ipotecarie e catastali. Il comma 2 interviene in materia di agevolazioni fiscali per la prima abitazione con riferimento agli immobili e ai diritti reali immobiliari trasferiti per atto a titolo gratuito o per causa di morte.

I commi 3 e 4 estendono l’applicazione dell’imposta di registro alla presentazione delle dichiarazioni di trasferimenti per causa di morte. L’imposta è dovuta per i trasferimenti di immobili, diritti reali immobiliari, aziende, azioni, obbligazioni, altri titoli o quote sociali. Le aliquote dell’imposta di registro sono differenziate in relazione alla natura dei beni trasferiti e, all’interno di ciascuna categoria, in relazione al grado di parentela esistente tra il de cuius e il beneficiario.

Il comma 5 disciplina l’applicazione dell’imposta di registro alle donazioni e agli altri atti di liberalità, prevedendo aliquote differenziate in relazione alla natura del bene oggetto di donazione e al grado di parentela intercorrente tra donante e donatario.

Il comma 6 prevede l’immediata applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 dello stesso articolo 6.

 

Il comma 1 dell’articolo 7 concede l’esenzione per due anni dal pagamento delle tasse automobilistiche per coloro che sostituiscano un autoveicolo “euro 0” o “euro 1” acquistandone uno “euro 4” o “euro 5” (l’esenzione ascende a tre anni in presenza di determinati requisiti).

I commi 2 e 3 prevedono rispettivamente un contributo per l’acquisto di autocarri “euro 4” o “euro 5”, che vadano a sostituire autocarri “euro 0” o “euro 1” e un contributo per l’acquisto di autovetture alimentate anche a gas metano.

Il comma 4 stabilisce che le agevolazioni di cui ai commi da 1 a 3 possano essere fruite per i veicoli immatricolati fino al 31 dicembre 2007

I commi da 5 a 10 recano disposizioni in ordine alle modalità di attuazione del regime di agevolazioni istituito dai commi da 1 a 3.

Il comma 11 dispone per la regolazione dei rapporti finanziari con le regioni e le province autonome derivanti dall’erogazione del regime di agevolazione previste dai commi da 1 a 3.

I commi 12 e 13 riducono l’aliquota d’accisa applicata ai gas di petrolio liquefatti (GPL) usati come carburante e incrementano quella relativa al gasolio destinato al medesimo impiego.

Il comma 14 dispone in favore degli autotrasportatori il rimborso del maggior onere conseguente all’aumento dell’aliquota d’accisa sul gasolio disposta dal comma 13.

Il comma 15,rifinanzia gli interventi di promozione dell’utilizzo del metano o del gas di petrolio liquefatto (GPL) per autotrazione, previsti dall’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 1997, n. 324 e successive modifiche, autorizzando a tal fine una spesa di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009.

I commi da 16 a 18 consentono alle regioni di esentare dal pagamento della tassa automobilistica i veicoli a doppia alimentazione, alimentati anche a GPL o a metano, per cinque o sei annualità, secondo che si tratti di veicoli nuovi o convertiti successivamente l’immatricolazione.

Il comma 19 reca alcune modifiche alle disposizioni in materia di tassa ipotecaria, incrementandone gli importi e prevedendo che con le risorse derivanti da tali modifiche venga istituito un fondo per finanziare il trasferimento delle funzioni catastali ai comuni.

Il comma 20 prevede che le maggiori entrate derivanti dall’applicazione del comma 19 siano destinate alla costituzione di un fondo presso il Ministero dell’economia per finanziare le attività connesse al conferimento ai comuni delle funzioni catastali.

Il comma 21 modifica il regime dei tributi speciali catastali; il comma 22 prevede inoltre che le ispezioni catastali, per le quali viene soppressa la previsione del tributo speciale, siano eseguite secondo le modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia del territorio.

Il comma 23 proroga al 31 dicembre 2006 il termine, attualmente previsto al 31 ottobre 2006, per l’adeguamento dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime.

Il comma 24 differisce al 31 dicembre di ciascun anno il termine entro il quale debbono essere pubblicate le deliberazioni regionali che aumentano l'aliquota di compartecipazione dell'addizionale regionale all’imposta sui redditi delle persone fisiche per l’anno successivo.

Il comma 25 modifica in senso restrittivo il regime di deducibilità dei costi relativi ai mezzi di trasporto aziendali, intervenendo sugli articoli 164 e 51 del TUIR. Si sopprime totalmente la possibilità di deduzione delle spese relative ai mezzi dati in uso promiscuo ai dipendenti dal reddito d’impresa d’arte o professione, prevedendone la sola deducibilità come fringe benefit secondo nuovi criteri di calcolo di tale costo; si sopprime poi totalmente la possibilità di dedurre i costi dei veicoli aziendali destinati al trasporto di persone utilizzati nell’esercizio d’impresa ma che non rientrino tra quelli strumentali, e infine si riduce dal 50% al 25% la percentuale di deduzione consentita per i veicoli utilizzati dai professionisti. Il comma 26 dispone l’efficacia delle nuove disposizioni dal periodo d’imposta in corso, con eccezione per la determinazione degli acconti.

Il comma 27 riduce l’aliquota d’accisa sul gas metano utilizzato nel settore della distribuzione commerciale, da 173,307 euro per mille mc a 12,498 euro per mille mc.

 

L’articolo 8 dispone la sospensione, fino al 31 dicembre 2006, dell’applicazione agli strumenti della programmazione negoziata della nuova disciplina sui meccanismi di concessione degli incentivi alle imprese, introdotta dal cosiddetto decreto-legge “competitività”. Sono conseguentemente revocate e riesaminate dal Ministero per lo sviluppo economico le proposte di contratti di programma già approvate dal CIPE in base alla disciplina sospesa. Le relative risorse, unitamente a quelle divenute disponibili a seguito della ritardata attivazione del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti alla ricerca, sono destinate alla copertura degli oneri derivanti dai contratti di programma rimasti privi di copertura finanziaria a seguito delle decurtazioni operate dalla legge finanziaria per il 2006.

 

L’articolo 9 stabilisce che sia il Dipartimento del tesoro, anziché l’Agenzia del demanio, a richiedere anticipazioni di tesoreria alla Ragioneria generale dello Stato per consentire il tempestivo pagamento dei canoni degli immobili ad uso governativo, di proprietà dei fondi comuni di investimento immobiliare di cui all’articolo 4 del D.L. n. 351 del 2001.

 

L’articolo 10 introduce nell’articolo 1 del decreto-legge n. 351 del 2001 due nuovi commi 6-quater e 6-quinquies, volti a ridefinire la procedura di alienazione del patrimonio immobiliare della società Poste italiane SpA non strumentale all’esercizio postale, di fatto consentendo che tali beni possano essere sottratti alla ordinaria procedura di cartolarizzazione prevista dallo stesso decreto-legge.

 

L’articolo 11 apporta modifiche all’articolo 1, comma 6-bis, del decreto-legge n. 351 del 2001, concernente le procedure di alienazione di alcune tipologie di immobili della società Ferrovie dello Stato SpA, in particolare specificando che l’alienazione dei beni immobili di proprietà delle Ferrovie dello Stato può essere disposta, oltre che da Ferrovie dello Stato, dalle società dalla stessa direttamente o indirettamente integralmente controllate.

 

L’articolo 12 reca un insieme di disposizioni finalizzate ad articolare e meglio definire le funzioni e i poteri dell’ANAS quale soggetto concedente nei rapporti con le società concessionarie autostradali. A tal fine esso, ai commi 1, 2, 3, 6 e 7, introduce lo strumento della “convenzione unica” cui dovranno conformarsi le attuali concessioni autostradali alla prima revisione futura o in occasione dell’aggiornamento del piano finanziario; detta norme sul contenuto di tale convenzione e ricollega al mancato perfezionamento nei termini indicati l’estinzione del rapporto concessorio. I commi 4 e 5, rispettivamente, intervengono sugli obblighi a carico dei concessionari e sui compiti attribuiti all’ANAS in merito alla vigilanza sull'esecuzione dei lavori di costruzione delle opere date in concessione e ai controlli della gestione delle autostrade il cui esercizio sia stato dato in concessione. Il comma 8, infine, modifica la procedura di comunicazione delle variazioni tariffarie, prevedendo l’approvazione di queste ultime da parte dei Ministri delle infrastrutture e dell’economia.

 

L’articolo 13, comma 1, lettera a), attraverso una novella all’articolo 5 della legge n. 84 del 1994, disciplina le operazioni di dragaggio nei siti oggetto di interventi di bonifica di interesse nazionale, il cui perimetro comprende in tutto o in parte la circoscrizione dell’Autorità portuale. Si prevede la possibilità di svolgere le operazioni di dragaggio anche nelle more dell’attività di bonifica e contestualmente detta misure dirette ad evitare che tali operazioni possano pregiudicare la futura bonifica del sito.

La lettera b) interviene sull’articolo 8 della medesima legge, relativo alle competenze del Presidente dell’Autorità portuale, e in particolare, sulla competenza – prevista dall’articolo 8, comma 3, lettera m) – in ordine al mantenimento e approfondimento dei fondali nei porti. In particolare, viene escluso che a tale compito si provveda con l'intervento del servizio escavazione porti e, in via subordinata, con le modalità della gara pubblica prevista all'articolo 6, comma 5, della stessa legge n. 84 del 1994.

 

L’articolo 14, comma 1, novella l’articolo 1 della legge 17 dicembre 1971, n. 1158, attraverso una modifica dell’assetto azionario della società Stretto di Messina S.p.A. (che prevede lo svincolo dell’IRI, quindi di Fintecna S.p.A., dalla partecipazione al capitale sociale della società), nonché delle attività che la medesima società può svolgere all’estero.

Il successivo comma 2 prevede che le risorse finanziarie liberatesi in seguito al disimpegno di Fintecna S.p.A. nei confronti della Stretto di Messina S.p.A. siano trasferite ad apposito capitolo dello Stato di previsione del Ministero delle infrastrutture per il finanziamento di “Interventi per la realizzazione di opere infrastrutturali e di tutela dell’ambiente e difesa del suolo in Sicilia e in Calabria”.

 

L’articolo 15, con la finalità di realizzare una riduzione della spesa, ridisciplina l’ordinamento del Ministero per i beni e le attività culturali- recentemente modificato dall’articolo 1, comma 19-ter, del decreto-legge n. 181 del 2006 - ripristinando la figura del segretario generale soppressa dal D.Lgs. n. 3 del 2004 - e incardina presso la Presidenza del Consiglio il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo.

 

L’articolo 16 autorizza il Ministero per i beni e le attività culturali, in deroga al blocco delle assunzioni nel pubblico impiego disposto dalla legge finanziaria 2005, ad avviare concorsi per il reclutamento di 40 dirigenti di seconda fascia.

 

L’articolo 17 estende (comma 1) all’esercizio finanziario 2007 le disposizioni relative al funzionamento della Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo (ARCUS Spa) recate dall'art. 3, comma 1 del decreto-legge n. 7 del 2005, in materia di programmazione e gestione della quota degli stanziamenti previsti per infrastrutture, destinata alla spesa per la tutela e gli interventi a favore dei beni e delle attività culturali (incremento dal 3% al 5% della percentuale degli stanziamenti riservati, adozione di un programma di interventi, stipula di una convenzione); la norma dispone inoltre che la localizzazione degli interventi nonché la vigilanza sulla loro effettuazione siano esercitate di concerto dai Ministri delle infrastrutture e per i beni e le attività culturali con modalità da definirsi con decreto interministeriale (comma 2).

 

L’articolo 18 reca disposizioni sul teatro Petruzzelli di Bari; in particolare: rinvia al 2010 l'applicazione alla Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatro di Bari delle norme generali sul finanziamento delle fondazioni lirico-sinfoniche; dispone l’esproprio dell’immobile a favore del comune di Bari; assegna al Ministero per i beni e le attività culturali un contributo straordinario per il completamento dei lavori di ristrutturazione.

 

L’articolo 19, comma 1, introduce, dopo il comma 12 dell’articolo 9 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, un comma volto a disciplinare l’indennità di carica spettante agli organi degli enti parco.

Il successivo comma 2 provvede ad adeguare alle norme introdotte quelle dettate dal D.P.R. n. 535 del 1951 per l’Ente del Parco nazionale d’Abruzzo.

 

L’articolo 20 modifica l’assetto organizzativo dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) –in particolare mediante una nuova definizione degli organi e delle loro funzioni – e prevede, di conseguenza, l’emanazione di un nuovo statuto dell’agenzia.

 

L’articolo 21 introduce una serie di modifiche alla disciplina dell’organizzazione dell’attività ispettiva in materia di previdenza sociale e di lavoro di cui al D.Lgs. 124 del 2004, volte principalmente a stabilizzare e rafforzare la funzione della Commissione centrale di coordinamento dell’attività di vigilanza, a modificare la composizione della medesima Commissione al fine di valorizzare nella stessa il ruolo dell’Arma dei carabinieri e a modificare la disciplina del diritto di interpello al fine di semplificare e razionalizzare la relativa procedura e di precisare gli effetti dell’adeguamento alle indicazioni fornite nelle risposte.

 

L’articolo 22 introduce all’articolo 11 del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, alcune modifiche volte a semplificare la procedura di rivalutazione delle rendite INAIL erogate a seguito di infortuni, prevedendo che le rendite siano rivalutate su delibera del consiglio di amministrazione dell’INAIL, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale previa conferenza dei servizi con il Ministero dell’economia e delle finanze e, nei casi previsti dalla legge, con il Ministero della salute.

 

L’articolo 23 stabilisce che, ai fini dell’assolvimento dell’onere del pagamento di ogni contributo o premio di previdenza e assistenza temporaneamente sospeso ai sensi del comma 3-bis dell’articolo 5 del decreto-legge n. 202 del 2005, le aziende colpite dalla crisi avicola debbano versare quattro rate mensili anticipate all’interesse di dilazione del 2,5 per cento, pari alla misura dell’interesse legale vigente.

 

L’articolo 24 autorizza il Governo al riordino e alla semplificazione, in via regolamentare, della disciplina concernente i contributi e le provvidenze per le imprese editrici di quotidiani e periodici nonché di quelle radiofoniche e televisive, individuando specificatamente gli obiettivi del riordino.

 

L’articolo 25 aggiunge la dichiarazione che la testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250, tra le indicazioni obbligatorie da inserire negli stampati a norma dell’articolo 2 della legge 8 febbraio 1948, n. 47.

 

L’articolo 26 individua alcune modalità attuative concernenti l’erogazione dei contributi diretti all’editoria e alla imprese radiofoniche e televisive (comma 1) e modifica i requisiti per accedere ai contributi a favore delle emittenti radiofoniche organi di partiti politici, previsti dall’articolo 4 delle legge n. 250 del 1990 (comma 2).

 

L’articolo 27 prevede che gli organi di informazione che ricevono contributi statali diretti siano tenuti, su richiesta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a diffondere gratuitamente messaggi istituzionali, di utilità sociale o di pubblico interesse, in misura massima da determinare con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

L’articolo 28 reca alcune norme restrittive in materia di ammontare dei contributi alle imprese di radiodiffusione sonora e di modalità di accesso alle riduzioni tariffarie sui canoni di noleggio ai servizi di telecomunicazione via satellite per le imprese di radiodiffusione sonora e televisiva nonché i canali tematici satellitari.

 

L’articolo 29 introduce, a decorrere dai contributi relativi all’anno 2006 - mediante novelle all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250 - alcune modifiche alla disciplina di erogazione dei contributi diretti alle imprese editrici.

 

L’articolo 30 prevede alcune modifiche alle norme introdotte dalla legge finanziaria per il 2006 in materia di contributi all’editoria.

 

L’articolo 31 dispone l’utilizzo di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per l'approvazione delle convenzioni - aggiuntive a quella tra il Ministero delle comunicazioni e la RAI per la concessione in esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo - previste dagli articoli 19 e 20 della legge 14 aprile 1975, n. 103.

 

L’articolo 32, tramite una integrazione all’articolo 65 della legge n. 633 del 1941 sulla protezione del diritto d’autore, introduce un compenso per la riproduzione di articoli di riviste e giornali.

 

L’articolo 33 dispone che le somme ancora dovute alla società Poste Italiane in relazione alle tariffe postali agevolate per l’editoria, ai sensi dell’articolo 3, comma 1 del decreto-legge n. 353 del 2003, siano rimborsate, previa determinazione effettuata - entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge - dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministero delle comunicazione e con il Ministero dell’economia e delle finanze, con una rateizzazione di dieci anni.

 

L’articolo 34 reca modifiche all’articolo 98 del codice delle comunicazioni elettroniche in materia di sanzioni amministrative per violazioni delle disposizioni ivi previste in materia di reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico, in particolare inasprendo talune delle sanzioni indicate.

 

L’articolo 35 disciplina l’ordinamento del Ministero dell'università e della ricerca - recentemente istituito dall’art. 1, comma 8, del decreto-legge n. 181 del 2006 - prevedendo la figura del segretario generale e sei uffici di livello dirigenziale generale, nonché un incarico dirigenziale ai sensi dell’articolo 19, comma 10, del decreto legislativo 31 marzo 2001, n. 165.

 

L’articolo 36 istituisce l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), con personalità giuridica di diritto pubblico, al fine di razionalizzare il sistema di valutazione delle università e degli enti di ricerca pubblici e privati destinatari di finanziamenti pubblici.

 

L’articolo 37 reca disposizioni in materia di istruzione universitaria e interviene in particolare sulla durata delle scuole di specializzazione per le professioni legali; sul riconoscimento di crediti formativi ai dipendenti pubblici da parte delle università; sulla disciplina delle università telematiche.

 

L’articolo 38 prevede l’avvio di procedure ad evidenza pubblica, da parte degli enti pubblici, per l’individuazione di società alle quali affidare servizi di verifica, monitoraggio ed interventi diretti finalizzati all’ottenimento di riduzioni di costi di acquisto dell’energia, sia termica che elettrica. Viene altresì previsto che il corrispettivo delle società assegnatarie derivi esclusivamente dalla vendita di eventuali titoli di efficienza energetica rilasciati in conseguenza dell’attività svolta.

 

L’articolo 39 individua l’Ufficio centrale antifrode dei mezzi di pagamento del Ministero dell’economia come autorità nazionale competente a raccogliere i dati e le informazioni relativi alle banconote false e le monete false e all’identificazione dei sospetti casi di falsità, nonché a raccogliere e analizzare i dati tecnici e statistici relativi alle banconote false; alle monete false, nonché quelli relativi alla falsificazione dell’euro. Si prevede inoltre uno stanziamento aggiuntivo di spesa per gli ulteriori compiti attribuiti dalla legge n. 166 del 2005 in ordine alla prevenzione delle frodi sugli strumenti attraverso i quali viene erogato il credito al consumo.

 

Il comma 1 dell’articolo 40, sostituendo il comma 4 e inserendo un nuovo comma 4-bis nell’articolo 7 del D.Lgs. n. 303 del 1999, stabilisce un limite massimo di durata delle strutture di missione presso la Presidenza del Consiglio pari alla durata del Governo che le ha istituite, consente di ridefinire le finalità delle strutture già operanti e prevede la possibilità di istituire unità di coordinamento interdipartimentale presso la Presidenza del Consiglio.

Il comma 2 prevede la costituzione, presso il Dipartimento per l’attuazione del programma di Governo, di una nuova struttura interdisciplinare, composta da massimo dieci componenti, con la finalità di monitorare il rispetto dei principi di invarianza e contenimento degli oneri connessi al decreto-legge n. 181 del 2006 di riforma dei ministeri.

Il comma 3 modifica la composizione del CIPE, includendo, tra i Ministri che lo compongono, il Ministro dell’università e della ricerca e il Ministro della pubblica istruzione.

 

I commi da 1 a 3 dell’articolo 41 estendono l’ambito di applicazione dell’articolo 19, comma 8, del D.Lgs. n. 165 del 2001, ai sensi del quale gli incarichi dirigenziali di vertice nelle amministrazioni dello Stato cessano automaticamente decorsi 90 giorni dal voto sulla fiducia al nuovo Governo. Tale disposizione è estesa agli incarichi di funzione dirigenziale conferiti a personale esterno, nonché ai direttori delle Agenzie, incluse le Agenzie fiscali.

Il comma 4, prevede l’applicazione della normativa generale sulle nomine anche all’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali.

 

L’articolo 42, al fine di razionalizzare la spesa relativa alla formazione del personale della pubblica amministrazione, sopprime l’Osservatorio sui bisogni di formazione e qualificazione del personale delle amministrazioni pubbliche, prevede la chiusura della sede di Acireale della Scuola superiore della pubblica amministrazione con la susseguente attivazione delle procedure di mobilità collettiva nei confronti del personale e dispone l’aggiornamento del piano triennale relativo alla riorganizzazione interna e alle attività strategiche del FORMEZ.

 

Ai sensi dell’articolo 43, il Dipartimento della funzione pubblica predispone, entro il 31 dicembre 2006, un piano per il miglioramento della qualità dei servizi resi dalla pubblica amministrazione e dai gestori di servizi pubblici.

 

L’articolo 44 reca modifiche al nuovo codice della strada in materia di patente a punti e di confisca dei ciclomotori. In particolare, i commi 1 e 2 recano disposizioni in materia di patente a punti, al fine di adeguare la normativa alla sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2005 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nella parte in cui disponeva la decurtazione del punteggio a carico del proprietario del veicolo, qualora questi non avesse comunicato i dati del conducente al momento della commessa violazione. Il comma 3 modifica l’articolo 97 del codice della strada relativo alla circolazione dei ciclomotori: in primo luogo, viene specificato che la sanzione amministrativa prevista al comma 7 per chi circola con un ciclomotore per il quale non è stato rilasciato il certificato di circolazione, si applica solo nel caso in cui detto certificato sia previsto; in secondo luogo, viene introdotta la sanzione amministrativa accessoria del fermo, in luogo della sanzione della confisca, nel caso di circolazione con un ciclomotore cui siano stati manomessi gli organi di propulsione, che sviluppi una velocità superiore a quella consentita (pari a 45 km/h su strada orizzontale) o che non risponda alle caratteristiche indicate nella carta di circolazione. Il comma 4 modifica l’articolo 170 del codice della strada relativo al trasporto di persone e di oggetti sui veicoli a motore a due ruote, estendendola sanzione accessoria del fermo amministrativo anche ai casi in cui la violazione sia stata commessa da persona maggiorenne e innalzando a sessanta giorni (in luogo dei trenta, originariamente) il periodo del fermo amministrativo, con un’estensione a novanta giorni nel caso in cui nel corso di un biennio la violazione sia stata commessa con un ciclomotore o con un motociclo per almeno due volte.

 

L’articolo 45 prevede la soppressione del RID (Registro italiano dighe) ed il conseguente trasferimento dei relativi compiti e attribuzioni al Ministero delle infrastrutture. La norma demanda lo svolgimento di tali funzioni ad articolazioni amministrative del Ministero da individuarsi con successivo regolamento.

 

L’articolo 46 modifica l’articolo 29, comma 4, del decreto-legge n. 223 del 2006 – che reca misure volte alla razionalizzazione degli organismi pubblici, nell’ottica della riduzione della spesa – prorogando da centoventi a centottanta giorni dall’entrata in vigore del medesimo decreto-legge il termine decorso il quale gli organismi pubblici non riordinati ai sensi dell’articolo 29 sono soppressi.

 

L’articolo 47 reca la norma di copertura finanziaria.

 

L’articolo 48 dispone l’entrata in vigore del decreto-legge il giorno stesso della sua pubblicazione.

Precedenti decreti-legge sulla stessa materia

Con riferimento all’articolo 15 si ricorda che il D.L. n. 181/2006 ha recentemente riordinato le attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri.

 

Con riferimento all’articolo 17 si ricorda che l’art. 3 del D.L. 72/2004 ha disposto l’individuazione dei limiti di impegno fissati dall'articolo 13, comma 1, della legge n. 166/2002 per gli esercizi finanziari 2003 e 2004 sui quali effettuare il computo della quota del 3% (articolo 3, comma 1).

Il medesimo D.L. n. 72 del 2004 ha inoltre previsto (art. 3, commi 2-4) l’adozione un programma degli interventi; la stipula di una convenzione- tra i ministeri sopra citati e la società Arcus; il concerto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti nella nomina dei componenti del consiglio di amministrazione della società (inizialmente affidata al Ministro per i beni e le attività culturali).

L’art. 3, comma 1, del D.L. n. 7 del 2005 ha previsto che le modalità individuate per il funzionamento della ARCUS dall’articolo 3 del D.L. 72/2004 fossero applicate anche per l’anno 2005 ed ha elevato del due per cento per gli esercizi 2005 (quindi dal 3% al 5%) la percentuale degli stanziamenti per infrastrutture da riservare alla spesa per la tutela e gli interventi a favore dei beni e delle attività culturali.

L’art. 14 del D.L. n. 273 del 2005 ha quindi esteso all'anno 2006 le predette disposizioni recate dall'art. 3, comma 1, del D.L. n. 7 del 2005, in materia di programmazione e gestione della destinata alla spesa per la tutela e gli interventi a favore dei quota degli stanziamenti beni e delle attività culturali.

 

Con riferimento all’articolo 18 si fa presente che l’art. 2 comma 3-quinquies del D.L. n. 72/2004 ha assegnato alla Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari un contributo a valere sui fondi derivanti dal gioco del lotto per il periodo 2004-2007, novellando in tal senso la legge n. 310/2003 istitutiva della Fondazione (art. 1 comma 5 ).

 

Con riferimento all’articolo 35 si segnala che il D.L. n. 181/2006 ha recentemente riordinato le attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri.

 


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Motivazioni della necessità ed urgenza

La premessa del decreto-legge richiama la straordinaria necessità e urgenza di interventi di carattere finanziario per il riequilibrio dei conti pubblici, nonché di misure per il riordino di settori della pubblica amministrazione.

 

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

Il comma 1 dell’articolo 1 rimette a determinazioni del direttore dell’Agenzia delle dogane la prescrizione di tempi e modalità per la trasmissione telematica di alcuni dati e dichiarazioni.

Il comma 4 rimette a decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri della giustizia e dello sviluppo economico, la determinazione delle modalità e dei termini per la procedura semplificata di distruzione di merci sospettate di violare diritti di proprietà intellettuale.

Il comma 7 rimette a provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate la determinazione del contenuto, delle modalità e dei termini della trasmissione telematica delle copie dei contratti dei calciatori professionisti all’Agenzia medesima.

Il comma 11 rimette a provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate la determinazione della data dalla quale dovranno applicarsi le disposizioni dei commi 9 e 10 in materia di documentazione per l’immatricolazione e la voltura di autoveicoli importati, nonché l’individuazione dei criteri di esclusione dall’applicazione delle stesse.

Il comma 15 rimette al regolamento di organizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze il riordino delle Agenzie fiscali e dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sentito, a norma del successivo comma 16, il parere delle competenti Commissioni parlamentari.

Il comma 8 dell’articolo 2prevede che le modalità di attuazione della disposizione da esso introdotta in materia di riscossione siano stabilite con un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

 

Il comma 10 dell’articolo 7 rimette ad un decreto del Ministero dell’economia, di concerto con il Ministero dei trasporti, sentiti il soggetto gestore del pubblico registro automobilistico e il Comitato per l’interoperabilità delle tasse automobilistiche, l’individuazione dei criteri di collegamento tra i diversi archivi informatici relativi ai veicoli, al fine di rendere uniformi le informazioni in essi contenute e di consentire l’aggiornamento dei dati in relazione alle agevolazioni previste per l’acquisto di veicoli.

 

Coordinamento con la normativa vigente

In relazione all’articolo 1, comma 6, che esclude la deducibilità delle spese per prestazioni di servizi resi da professionisti domiciliati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, agli effetti dell’imposta sui redditi delle società estendendo, con un nuovo comma 10-bis, l’applicazione della disposizione prevista dal comma 10 dell’articolo 110 del testo unico delle imposte sui redditi, sarebbe opportuno chiarire se le eccezioni ammesse per la fattispecie già esistente debbano intendersi applicabili alla nuova ipotesi introdotta.

 

In relazione al comma 11 dell’articolo 2, secondo cui sono denominati “agenti della riscossione”. la società Riscossione SpA e le società partecipate dalla stessa, si segnala che l’articolo 35, comma 25, del decreto legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006 impiega la medesima espressione per definire i dipendenti della società “Riscossione Spa” e delle società da questa partecipate. In numerose disposizioni introdotte dal medesimo articolo 2, l’espressione è impiegata nel nuovo significato ad essa attribuito dal comma 2. L’identità terminologica potrebbe risultare fonte di equivoci.

 

Si segnala che i commi 1 e 3 dell’articolo 30 recano norme attuative o interpretative alla legge finanziaria 2005, che a sua volta aveva già modificato indirettamente alcune norme della legge n. 250 del 1990, rendendo in tal modo ancora più ardua la comprensibilità delle norme ivi contenute.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Il decreto-legge concorre alla copertura della manovra finanziaria per il 2007, secondo il prospetto di copertura allegato al disegno di legge finanziaria (A.C. 1746).

Formulazione del testo

In relazione all’articolo 1, comma 10, poiché l’espressione plafond, impiegata nella prassi dagli operatori e dalla dottrina, non risulta espressamente definita in atti normativi, sarebbe opportuno chiarirne la nozione mediante il richiamo delle appropriate norme legislative.

 

In relazione all’articolo 2, comma 2, si rileva che la formulazione della norma non risulta perspicua. La relazione illustrativa fa infatti riferimento all’attività di riscossione in proprio svolta dagli enti locali, mentre il comma 6 dell’articolo 3 del decreto legislativo n. 112 del 1999, che viene richiamato nel testo del presente comma 2, fa riferimento all’attività di riscossione dei tributi locali che venga affidata ai concessionari del servizio nazionale della riscossione. Inoltre il comma 2 fa riferimento all’attività di riscossione spontanea, richiamando tuttavia la disposizione del comma 6 dell’articolo 3 che interessa la riscossione coattiva.

In relazione al comma 4, non appare evidente il motivo per il quale, in relazione alla prevista salvaguardia degli effetti delle trascrizioni nei pubblici registri, si faccia unicamente riferimento agli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria e non anche agli atti di acquisto ad altro titolo.

In relazione al comma 6, si rileva che la rubrica del nuovo articolo 72-bis non appare corretta alla luce del contenuto della norma, in quanto richiama esclusivamente il pignoramento del quinto dello stipendio.

Al comma 15, si osserva che sarebbe opportuno far riferimento all’intero articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del1997.

 

In relazione all’articolo 6, comma 1, lettera b), numero 2), si segnala:

§      la necessità di rettificare il testo del capoverso 1-ter, che fa riferimento ai soggetti “diversi (...) di parenti in linea retta”, ove dovrebbe leggersi: “diversi (...) da parenti in linea retta”;

§      la parziale sovrapposizione tra l’ipotesi indicata nel capoverso 1-quinquies), relativamente all’ipotesi di “successione di altri beni o diritti immobiliari del defunto”, e il precedente capoverso 1-ter, che disciplina tutte le trascrizioni di certificati di successione in favore di soggetti diversi dal coniuge o da parenti in linea retta.

In relazione al comma 2, si rileva che non appare chiaro il motivo per il quale si è preferito disporre l’inapplicabilità dei commi 3 e 4 dell’articolo 69 della legge n. 342 del 2000, anziché abrogare gli stessi commi, posto che essi si riferiscono esclusivamente a trasferimenti di immobili o di diritti reali sugli stessi per atto a titolo gratuito o per causa di morte e non si comprende pertanto a quali altre fattispecie sarebbero applicabili.

In relazione al comma 4, capoverso 1-bis, si osserva che l’esenzione dall’imposta di registro su immobili e diritti reali immobiliari trasferiti per causa di morte, in favore del coniuge e dei parenti in linea retta, non appare disposta in modo del tutto chiaro, in quanto la norma prevede l’applicazione dell’aliquota del 2 per cento nei confronti dei parenti e affini sopra indicati, “con esclusione del coniuge e dei parenti in linea retta” e dell’aliquota del 4 per cento nei confronti degli altri soggetti, categoria nella quale rientrerebbero, a rigore, tutti i soggetti ai quali non si applica l’aliquota del 2 per cento.

In relazione al comma 5, lettera a), capoverso 2-bis, si osserva che l’espressione “denaro contante” sembra riferirsi ai soli biglietti di banca, con esclusione di tutti gli altri strumenti utilizzati per trasferire da un soggetto a un altro somme di denaro, come, a titolo di esempio, assegni, di conto corrente e circolari, bonifici bancari, vaglia postali ed altro. Questa limitazione renderebbe esenti da imposta le donazioni di denaro non contante.

 

In relazione al comma 22 dell’articolo 7, si rileva l’opportunità di un chiarimento in ordine alla nozione di “ispezione catastale”.

 

All’articolo 10 si segnala che, con riferimento al comma 6-quater dell’articolo 1 del D.L. n. 351/2001, introdotto dall’articolo 10 del provvedimento in esame, non appare chiara la portata del richiamo ivi contenuto all’articolo 5 della legge n. 488/1999 (legge finanziaria per il 2000) ai fini della definizione del patrimonio immobiliare di Poste italiane S.p.a., atteso che tale articolo non concerne la definizione del patrimonio immobiliare della società, ma incide sulla procedura di alienazione degli immobili della stessa.

 

Con riferimento allo strumento della convenzione unica introdotto dall’articolo 12, nel presupposto della natura di contratto di diritto privato delle convenzioni tra ANAS e società concessionarie, occorre valutare la compatibilità rispetto alle convenzioni in vigore della previsione per legge:

§      di una rinegoziazione delle convenzioni medesime, in mancanza della quale il rapporto concessorio si estingue automaticamente;

§      della predeterminazione del contenuto di talune delle clausole contrattuali.

Occorre, inoltre, valutare con attenzione gli effetti che i commi 6 e 7 sono suscettibili di produrre in termini di contenzioso. In particolare il comma 7, che – facendo generico riferimento al “fatto imputabile al concessionario” quale causa di decadenza dalla concessione – appare suscettibile di ingenerare incertezze interpretative. Appare inoltre necessario un chiarimento circa gli strumenti attraverso i quali viene data attuazione al principio di partecipazione e del contraddittorio contemplato da tale disposizione.

Con riferimento alla formulazione del comma 1 occorre un chiarimento in ordine alla sede e alle modalità con cui il Ministero assicura l’inserimento nella convenzione unica delle clausole contrattuali in vigore, nonché di quelle conseguenti alla revisione.

Al comma 4, lettera a), andrebbe modificato il richiamo al D.P.R. n. 136 del 1975, abrogato dall’articolo 214 del D.Lgs. 24 febbraio 1998 n. 58 (recante il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della L. 6 febbraio 1996, n. 52). Alla lettera e) del medesimo comma 4 andrebbe meglio chiarito in che termini può trovare applicazione rispetto alle società concessionarie l’articolo 10 della direttiva 2003/54/CE, ivi richiamato, che disciplina una fattispecie specificamente riferita al mercato dell’energia e andrebbe precisata la definizione di “operatore del settore delle costruzioni”.

Con riferimento al comma 5 appare opportuno – preliminarmente – verificare se un significativo aumento delle prestazioni richieste all’ANAS (e quindi degli oneri a carico dell’ANAS stessa) sia compatibile con la convenzione già stipulata. Sul piano dell’eventuale adeguamento del corrispettivo economico delle prestazioni dell’ANAS, si ricorda che l’art. 11 della convenzione prevede che “la gestione della rete stradale e autostradale di interesse nazionale è compensata nella misura massima fissata annualmente nella legge finanziaria e di bilancio”. Con specifico riferimento alla lettera e), se la disposizione in essa contenuta appare chiara nelle sue finalità, può tuttavia essere segnalata per lo meno l’opportunità di una verifica sia in merito agli strumenti con i quali l’ANAS dovrebbe esercitare queste funzioni (che non vengono indicati nella disposizione), sia alla sussistenza di un effettivo nesso fra le finalità di tale disposizione e la natura e la missione di ANAS Spa.

 

Con riferimento all’articolo 13, comma 1, lettera a), occorre un chiarimento sui seguenti aspetti:

§      la sua applicabilità (che peraltro sembra desumibile dalla relazione illustrativa) anche ai siti di interesse nazionale individuati sulla base della normativa previgente, posto che essa fa riferimento esclusivamente ai siti individuabili ai sensi dell’articolo 252 del codice ambientale;

§      sul significato della norma che impone la conformità tra il progetto di dragaggio e quanto previsto dall’articolo 252, comma 2, lett. c), posto che tale ultima disposizione si limita a prevedere un criterio per l’individuazione dei siti di interesse nazionale (la necessità che il rischio sanitario ed ambientale che deriva dal rilevato superamento delle concentrazioni soglia di rischio risulti particolarmente elevato in ragione della densità della popolazione o dell'estensione dell'area interessata).

 

Sarebbe più corretto formulare le norme contenute nel comma 1, lettere a)-d) dell’articolo 20 quali apposite novelle agli articoli, richiamati nell’alinea, del decreto legislativo n. 300 del 1999.

 

All’articolo 21 sarebbe opportuno stabilire, sul modello di quanto previsto dalla corrispondente disciplina relativa all’interpello in materia fiscale, un termine perentorio entro cui l’amministrazione competente deve dare risposta al quesito posto, eventualmente prevedendo che decorso inutilmente tale termine si intende che l’amministrazione concordi con l’interpretazione prospettata dall’interpellante (silenzio-assenso).

 

All’articolo 23, per evitare dubbi interpretativi e problemi applicativi, andrebbe espressamente indicata la data in cui va effettuato il primo dei quattro versamenti rateali previsti, precisando se tale data coincide con la prima data utile successiva alla sospensione (16 novembre 2006).

 

Con riferimento all’articolo 28 si segnala che occorrerebbe inserire il comma 3 nell’ambito della legge n. 67 del 1987 che reca la normativa generale sulle riduzioni tariffarie.

 

Con riferimento all’articolo 29 si segnala che l’utilizzo della tecnica della novella non consente di individuare, nella norma novellata, la decorrenza delle nuove disposizioni. Si segnala inoltre che il comma 4 rimane isolato rispetto alle disposizioni contenute nell’articolo 3 della legge n. 250 del 1990. In linea generale si ribadisce la necessità di provvedere ad un coordinamento complessivo delle norme in materia.

 

All’articolo 39, comma 3, l’erroneo riferimento al comma 3 dev’essere corretto con l’indicazione del comma 2.

 

L’articolo 44, comma 3, intervenendo sull’articolo 97 del codice della strada, specifica che la sanzione amministrativa prevista al comma 7 per chi circola con un ciclomotore per il quale non è stato rilasciato il certificato di circolazione, si applica solo nel caso in cui detto certificato sia previsto. Al riguardo, si fa presente che non risulta nel codice della strada una disposizione che sanzioni colui che - essendo autorizzato a circolare con il vecchio certificato di idoneità alla guida, a regime sostituito dal certificato di circolazione – ne risulti sprovvisto.

Il comma 4 modifica l’articolo 170 del codice della strada estendendo in caso di violazione delle disposizioni sul trasporto di persone e di oggetti sui veicoli a motore a due ruote la sanzione amministrativa accessoria del fermo anche ai casi in cui la violazione sia stata commessa da un maggiorenne, A tale proposito, si segnala che la disposizione di cui all’art. 213-sexies del codice della strada, individuando i casi in cui è disposta la sanzione amministrativa accessoria della confisca dei ciclomotori, richiama, tra l’altro, le violazioni amministrative di cui all’art. 170 per le quali tale articolo, anche a seguito delle modifiche introdotte dal provvedimento in esame, prevede la sanzione amministrativa accessoria del fermo.

 

Con riferimento all’articolo 45, posto che, in base a disposizioni diverse da quelle richiamate nel comma 2 della disposizione, il Registro italiano dighe è chiamato ad esercitare compiti ulteriori, occorrerebbe un chiarimento circa il trasferimento anche di questi ultimi alla competenza del Ministero delle infrastrutture.

 

 


Schede di lettura

 


Articolo 1, comma 1
(Dichiarazioni telematiche in materia di accise)

 


1. Con determinazioni del direttore dell’Agenzia delle dogane, da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabiliti tempi e modalità per la presentazione esclusivamente in forma telematica:

a) dei dati relativi alle contabilità degli operatori, qualificati come depositari autorizzati, operatori professionali, rappresentanti fiscali ed esercenti depositi commerciali, concernenti l’attività svolta nei settori degli oli minerali, dell’ alcole e delle bevande alcoliche e degli oli lubrificanti e bitumi di petrolio, a norma degli articoli 5, 8, 9, 25, 29, 61 e 62 del testo unico delle accise di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504;

b) del documento di accompagnamento previsto per la circolazione dei prodotti soggetti o assoggettati ad accisa ed alle altre imposizioni indirette previste dal testo unico delle accise di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, a norma degli articoli 6, 10, 12, 61 e 62;

c) delle dichiarazioni di consumo per il gas metano e l’energia elettrica di cui agli articoli 26 e 55 del testo unico delle accise di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504.


 

 

Il comma 1 dell’articolo 1 dispone che alcuni dati, documenti e dichiarazioni, previsti dalla legislazione in materia di imposte di fabbricazione, siano presentati esclusivamente in forma telematica.

La precisazione di tempi e modalità per la presentazione è rimessa a determinazioni del direttore dell’Agenzia delle dogane, da emanarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento.

 

Si tratta, in particolare, dei seguenti adempimenti:

a)presentazione dei dati relativi alle contabilità degli operatori, qualificati come depositari autorizzati, operatori professionali, rappresentanti fiscali ed esercenti depositi commerciali, concernenti l’attività svolta nei settori degli olî minerali, dell’alcole e delle bevande alcoliche e degli olî lubrificanti e bitumi di petrolio, a norma degli articoli 5, 8, 9, 25, 29, 61 e 62 del testo unico delle accise, emanato con decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504;

 

A norma del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, per i prodotti sottoposti ad accisa (olî minerali, alcole e bevande alcoliche) l'obbligazione tributaria sorge al momento della fabbricazione o dell’importazione, mentre l’imposta è esigibile all'atto dell’immissione in consumo del prodotto nel territorio dello Stato (articolo 2). Fino al momento dell'esigibilità dell'accisa o del verificarsi di una causa estintiva del debito d'imposta, la fabbricazione, trasformazione, detenzione e circolazione dei prodotti soggetti ad accisa hanno luogo in regime sospensivo. La circolazione dei prodotti soggetti ad accisa, in regime sospensivo, nello Stato e nel territorio dell’Unione europea deve avvenire solo tra depositi fiscali (articolo 4).

L’articolo 5 contiene la disciplina relativa ai depositi fiscali, nei quali – previa autorizzazione dell’amministrazione finanziaria e con le misure di vigilanza prescritte – sono effettuate la fabbricazione, la lavorazione e la detenzione dei prodotti soggetti ad accisa, in regime di sospensione dell’imposta.

A norma del comma 3, lettera c), il depositario è obbligato a tenere una contabilità dei prodotti detenuti e movimentati nel deposito fiscale.

L’articolo 8 consente tuttavia che un operatore professionale, il quale non sia titolare di deposito fiscale, possa essere destinatario di prodotti spediti in regime sospensivo, purché, nell'esercizio della sua attività professionale, sia registrato come tale presso l’ufficio finanziario competente per territorio. L'accisa dovuta è esigibile all'atto del ricevimento della merce e deve essere pagata entro il primo giorno lavorativo successivo a quello di arrivo.

A norma del comma 2, l'operatore professionale registrato deve tenere la contabilità delle forniture dei prodotti.

L’articolo 9 stabilisce che, per i prodotti soggetti ad accisa provenienti da altro Stato dell’Unione europea, il depositario autorizzato mittente può designare uno spedizioniere abilitato o altro soggetto, autorizzato dal competente ufficio finanziario, come rappresentante fiscale con sede nello Stato per provvedere agli adempimenti previsti dal regime di circolazione intracomunitaria, in nome e per conto del destinatario che non sia depositario autorizzato od operatore professionale registrato.

A norma del comma 2, lettera c), il rappresentante fiscale deve tenere una contabilità delle forniture ricevute e comunicare all'ufficio finanziario competente gli estremi dei documenti di accompagnamento della merce e il luogo in cui la merce viene consegnata.

L’articolo 25 impone agli esercenti depositi commerciali di olî minerali già assoggettati ad accisa di denunziarne l'esercizio all'ufficio finanziario competente per territorio, qualunque sia la capacità del deposito. Alla denunzia sono altresì obbligati gli esercenti depositi per uso privato, agricolo e industriale, di capacità superiore a 25 metri cubi; gli esercenti impianti di distribuzione stradale di carburanti; gli esercenti apparecchi di distribuzione automatica di carburanti per usi privati, agricoli e industriali, collegati a serbatoi la cui capacità globale supera i 10 metri cubi. Gli esercenti la vendita al minuto di gas di petrolio liquefatti per uso combustione sono obbligati alla sola comunicazione di attività. Sono esentati le amministrazioni dello Stato, per i depositi di loro pertinenza, e gli esercenti depositi per la vendita al minuto, purché non eccedenti complessivamente i 500 chilogrammi.

A norma del comma 4, gli esercenti impianti e depositi soggetti all'obbligo della denunzia sono muniti di licenza fiscale, e sono obbligati a contabilizzare i prodotti in apposito registro di carico e scarico. Sono esonerati da quest’ultimo obbligo gli esercenti depositi per uso privato o industriale e gli esercenti la vendita al minuto di gas di petrolio liquefatti per uso combustione.

Le stesse disposizioni si applicano anche ai depositi commerciali di olî minerali denaturati.

L’articolo 61 disciplina le modalità di applicazione delle imposizioni indirette sulla produzione e sui consumi diverse da quelle previste dai titoli I (Accise) e II (Imposta di consumo sull’energia elettrica.

A norma del comma 1, lettera d), i soggetti obbligati al pagamento dell'imposta sono muniti di una licenza fiscale rilasciata dall'ufficio finanziario competente per territorio. A norma della lettera e), l'imposta dovuta viene determinata sulla base dei dati ed elementi richiesti dall'amministrazione finanziaria, che devono essere indicati nella dichiarazione mensile che il soggetto obbligato deve presentare ai fini dell'accertamento.

L’articolo 62 disciplina l’imposta di consumo sui bitumi di petrolio, per la cui circolazione e deposito si applicano le disposizioni degli articoli 12 e 25.

 

b) del documento di accompagnamento previsto per la circolazione dei prodotti soggetti o assoggettati ad accisa e alle altre imposizioni indirette previste dal testo unico delle accise, emanato con decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, a norma degli articoli 6, 10, 12, 61 e 62 del medesimo testo unico;

 

L’articolo 6, comma 3, del testo unico delle accise stabilisce che la circolazione, in regime sospensivo, dei prodotti soggetti ad accisa deve avvenire con il documento di accompagnamento previsto dalla normativa comunitaria.

Il regolamento recante norme per estendere alla circolazione interna le disposizioni relative alla circolazione intracomunitaria dei prodotti soggetti al regime delle accise, approvato con D.M. 25 marzo 1996, n. 210, prescrive che la circolazione avvenga con scorta del documento di accompagnamento accise (DAA), previsto dal regolamento (CEE) n. 2719/92 della Commissione, dell'11 settembre 1992, e successive modificazioni. Esso può consistere:

a) in un documento amministrativo di accompagnamento, qualora sia conforme al modello allegato al citato regolamento (CEE) n. 2719/92: il modello, bollato dall’ufficio finanziario competente, deve indicare la denominazione del depositario autorizzato, il codice di accisa del deposito fiscale e il numero identificativo del documento, attribuito dal depositario autorizzato secondo una numerazione progressiva;

b) ovvero in un documento commerciale, redatto su un modello di tipo diverso dal precedente, a condizione che contenga le stesse informazioni, contraddistinte dal corrispondente numero di casella, previste per il documento amministrativo.

Il DAA si compone di quattro esemplari, recanti lo stesso numero identificativo. Uno viene conservato dallo speditore, il secondo scorta la merce e viene conservato dal destinatario, il terzo scorta la merce ed è poi restituito allo speditore, sottoscritto dal destinatario, e presentato al visto dell’ufficio finanziario competente; il quarto esemplare scorta la merce e viene trasmesso dal destinatario all'autorità fiscale competente per i controlli sul luogo di destinazione.

Per la circolazione degli olî minerali, dell'alcole e delle bevande alcoliche ad accisa assolta nonché dell'alcole denaturato con denaturante generale è previsto un DAA semplificato (DAS) a norma del regolamento (CEE) n. 3649/92 della Commissione, del 17 dicembre 1992.

 

L’articolo 10 del testo unico delle accise dispone che i prodotti immessi in consumo in altri Stati membri dell’Unione europea, che vengono detenuti a scopo commerciale nel territorio dello Stato, sono soggetti ad accisa e che la loro circolazione deve avvenire con un documento di accompagnamento secondo quanto previsto dalla normativa comunitaria, con l'osservanza delle modalità stabilite dai competenti organi comunitari.

Per i prodotti che sono già stati assoggettati ad accisa, l’articolo 12 stabilisce che debbono essere custoditi e contabilizzati secondo le modalità stabilite e circolano con un apposito documento di accompagnamento, analogo a quello previsto per la circolazione intracomunitaria. Gli obblighi a ciò relativi sono determinati negli articoli da 11 a 13 del citato decreto ministeriale n. 210 del 1996.

L’articolo 61, comma 2, estende agli altri prodotti sottoposti a imposizioni indirette sulla produzione e sui consumi le disposizioni – fra l’altro – dell’articolo 6, concernenti la circolazione in regime sospensivo.

 

c) delle dichiarazioni di consumo per il gas metano e l’energia elettrica, di cui agli articoli 26 e 55 del testo unico delle accise, emanato con decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504.

 

L’articolo 26 del testo unico delle accise sottopone ad accisa il gas metano destinato all'autotrazione e alla combustione per usi civili e per usi industriali. Sono gestiti in regime di depositi fiscali: gli impianti utilizzati per le operazioni di liquefazione del gas naturale, o di scarico, deposito e rigassificazione di gas naturale liquido; l'impianto utilizzato per il deposito di gas naturale di proprietà o gestito da un'impresa di gas naturale; il terminale di trattamento e il terminale costiero con le rispettive pertinenze; le reti nazionali di gasdotti e le reti di distribuzione locali, comprese le reti interconnesse; gli impianti di compressione. L'accisa è dovuta dai soggetti che vendono direttamente il prodotto ai consumatori o dai soggetti consumatori che si avvalgono delle reti di gasdotti per il trasporto di prodotto proprio.

A norma del comma 8, l'accertamento dell'accisa viene effettuato sulla base di dichiarazioni annuali contenenti tutti gli elementi necessari per la determinazione del debito d'imposta, che devono essere presentate dai soggetti obbligati entro il mese di febbraio dell'anno successivo a quello cui si riferiscono.

 

L’articolo 55 disciplina l'accertamento e la liquidazione dell'imposta di consumo sull’energia elettrica per le officine che producono energia elettrica a scopo di vendita e per le officine che producono energia elettrica per uso proprio, munite di misuratore. Vi provvede l'ufficio finanziario competente per territorio, sulla base della dichiarazione di consumo annuale, la quale contiene i dati relativi ad ogni mese solare ed è presentata dal fabbricante entro il 20 febbraio dell'anno successivo a quello cui si riferisce

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 6 dicembre 2005 la Commissione ha presentato una proposta di decisione concernente un ambiente privo di supporti cartacei per le dogane e il commercio (COM(2005)609).

La finalità della proposta è quella di far assumere agli enti responsabili delle frontiere diversi dalle dogane gli impegni necessari per l’attuazione dei concetti di interfaccia unica e di sportello unico. Ciò per stabilire le iniziative e le scadenze per conseguire l’obiettivo di un ambiente semplificato e privo di supporti cartacei per le dogane e il commercio quando entrerà in vigore il codice doganale dell’UE aggiornato.

In base alla proposta, le parti interessate dovranno istituire e gestire sistemi doganali informatizzati sicuri, interoperabili e accessibili che perfezionino e facilitino la logistica della catena di approvvigionamento e le procedure doganali. Secondo la Commissione, in tal caso, grazie all’applicazione di controlli più mirati basati su sistemi informatizzati di gestione dei rischi, lo sdoganamento sarà reso più efficace, gli oneri amministrativi saranno ridotti, verrà semplificato il commercio, aumentata la sicurezza delle merci e degli scambi internazionali e migliorata la tutela dell’ambiente e dei consumatori.

La proposta è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo che dovrebbero esaminarla, rispettivamente, il 4 dicembre e il 12 dicembre 2006, secondo la procedura di codecisione.

 


Articolo 1, comma 2
(Depositi fiscali ai fini IVA)

 


2. All’articolo 50-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

“2-bis. I soggetti esercenti le attività di cui al comma 1, anteriormente all’avvio della operatività quali depositi IVA, presentano agli uffici delle dogane e delle entrate, territorialmente competenti, apposita comunicazione anche al fine della valutazione, qualora non ricorrano i presupposti di cui al comma 2, quarto periodo, della congruità della garanzia prestata in relazione alla movimentazione complessiva delle merci.”.


 

 

Il comma 2 dell’articolo 1 integra la disciplina relativa ai depositi IVA, contenuta nell’articolo 50-bis del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.

 

L’articolo 50-bis del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, disciplina i depositi fiscali speciali istituiti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto (depositi IVA), per la custodia di beni nazionali e comunitari che non siano destinati alla vendita al minuto nei locali dei depositi medesimi.

Sono effettuate senza pagamento dell'imposta sul valore aggiunto le operazioni indicate nel comma 4 dello stesso articolo, relative a beni custoditi o destinati a essere introdotti in un deposito IVA. L'estrazione dei beni da un deposito IVA per l’utilizzazione o in esecuzione di atti di commercializzazione nello Stato può essere effettuata solo da soggetti passivi d'imposta agli effetti dell'IVA e comporta il pagamento dell'imposta.

Per la gestione del deposito IVA deve essere tenuto apposito registro che evidenzi la movimentazione dei beni. Dev’essere altresì conservato un esemplare dei documenti presi a base dell'introduzione e dell'estrazione dei beni dal deposito e di quelli relativi agli scambi eventualmente intervenuti durante la giacenza dei beni nel deposito medesimo.

A norma del comma 1, i depositi IVA possono essere gestiti dalle imprese esercenti magazzini generali munite di autorizzazione doganale, da quelle esercenti depositi franchi e da quelle operanti nei punti franchi. Sono altresì considerati depositi IVA i depositi fiscali per i prodotti soggetti ad accisa e i depositi doganali, relativamente ai beni nazionali o comunitari che in base alle disposizioni doganali possono esservi introdotti.

In aggiunta ai soggetti sopra indicati, il comma 2 prevede che, con l’autorizzazione del competente ufficio finanziario possono essere abilitati a custodire beni nazionali e comunitari in regime di deposito IVA altri soggetti che riscuotono la fiducia dell'amministrazione finanziaria.

Modalità e termini dell’autorizzazione sono disciplinati con decreto del Ministro delle finanze[1].

 

Se il deposito è destinato a custodire beni per conto terzi, l'autorizzazione può essere rilasciata esclusivamente a società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, a società cooperative o ad enti, il cui capitale ovvero fondo di dotazione non sia inferiore ad un miliardo di lire. Questa limitazione non si applica per i depositi che custodiscono beni, spediti da soggetto passivo identificato in altro Stato membro della Comunità europea, destinati ad essere ceduti al depositario.

 

In particolare, viene inserito un nuovo comma 2-bis, riguardante gli adempimenti cui sono tenuti i soggetti esercenti le attività indicate al comma 1, qualora intendano gestire depositi IVA.

 

Si tratta delle imprese esercenti magazzini generali munite di autorizzazione doganale, di quelle esercenti depositi franchi ovvero operanti nei punti franchi, e, inoltre, dei soggetti gestori di depositi fiscali per i prodotti soggetti ad accisa (limitatamente a tali prodotti) e di depositi doganali.

 

Questi soggetti, prima di avviare l’operatività quali gestori di depositi IVA, debbono presentare agli uffici delle dogane e delle entrate, territorialmente competenti, apposita comunicazione anche al fine della valutazione della congruità della garanzia prestata in relazione alla movimentazione complessiva delle merci, qualora non ricorrano i presupposti indicati al comma 2, quarto periodo (ossia la costituzione in società di capitali, società cooperativa o ente con capitale o fondo di dotazione non inferiore ad un miliardo di lire, pari a euro 516.456,89).

 

Secondo la relazione governativa, la disposizione mira a prevenire fenomeni elusivi connessi alla funzionalità dei depositi IVA.

In proposito si richiama la circolare dell’Agenzia delle dogane n. 16/D del 28 aprile 2006 (par. 3. 1), secondo cui, il gestore di un deposito doganale o fiscale ai fini delle accise ha facoltà di utilizzare il medesimo anche come deposito IVA, a condizione di inviare “una preventiva comunicazione all'ufficio doganale che esercita la vigilanza sul relativo impianto, indirizzata anche alla Direzione regionale delle Entrate territorialmente competente in relazione al luogo di dislocazione del deposito ovvero a quella provinciale di Trento e Bolzano o a quella della Valle d'Aosta”. Tale comunicazione deve indicare fra l’altro “l'importo della cauzione a tal fine prestata allegando il relativo titolo”.

L’interpretazione è motivata in relazione al fatto che, pur non richiedendosi un'espressa autorizzazione per l'utilizzo degli impianti anche come deposito IVA, rimane tuttavia necessaria l’osservanza delle altre condizioni di legge, e quindi, in particolare, “oltre alle garanzie previste per il settore doganale e delle accise, è necessaria anche la garanzia per l'IVA”.

L'ufficio doganale – secondo la circolare – verifica la sussistenza dei presupposti e dei requisiti soggettivi e oggettivi, e, in caso affermativo, “adotta le misure per l'adeguamento della garanzia prestata all'atto della autorizzazione alla gestione del deposito doganale o fiscale ai fini delle accise, in relazione all'IVA gravante sulle merci che si intendono ivi custodire”.

La circolare richiede altresì che la predetta comunicazione sia effettuata anche da coloro i quali, anteriormente all'emanazione della circolare medesima, abbiano destinato depositi doganali o fiscali come depositi IVA.

 

La richiesta di garanzia è consentita, per i depositi doganali, dagli articoli 88 e 104 del codice doganale comunitario. Conformemente a tale facoltà, la normativa nazionale prevede la prestazione di una garanzia (articoli 87 e 150, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, approvato con D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43), a meno che si renda applicabile l'articolo 90 del medesimo testo unico, che prevede la possibilità di esonero dalla prestazione della garanzia.

Relativamente ai depositi fiscali ai fini delle accise, la garanzia è richiesta dall’articolo 5, comma 3, lettera a), del testo unico delle accise, emanato con decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, secondo cui il depositario è obbligato a prestare cauzione nella misura del 10 per cento dell'imposta che grava sulla quantità massima di prodotti che possono essere detenuti nel deposito fiscale, in relazione alla capacità dei serbatoi utilizzabili. In ogni caso, l'importo della cauzione non può essere inferiore all'ammontare dell'imposta che mediamente viene pagata alle previste scadenze. Sono esonerate dall'obbligo di prestazione della cauzione le amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici e le aziende municipalizzate. L'amministrazione finanziaria ha altresì facoltà di esonerare dal predetto obbligo le ditte affidabili e di notoria solvibilità.

 


Articolo 1, commi 3 e 4
(Distruzione di merci contraffatte)

 


3. In applicazione del disposto dell’articolo 11, paragrafo 1 del regolamento (CE) n. 1383/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003, l’ufficio doganale competente, previo consenso del titolare del diritto di proprietà intellettuale e del dichiarante, detentore o proprietario delle merci sospettate, può disporre, a spese del titolare del diritto, la distruzione delle merci medesime. E’ fatta salva la conservazione di campioni da utilizzare a fini giudiziari.

4. Con decreto del Ministro dell’eco­nomia e delle finanze, di concerto con i Ministri della giustizia e dello sviluppo economico, sono definite modalità e tempi della procedura di cui al comma 3.


 

 

I commi 3 e 4 dell’articolo 1 costituiscono applicazione delle previsioni dell’articolo 11 del regolamento (CE) n. 1383/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativo all'intervento dell'autorità doganale nei confronti di merci sospettate di violare taluni diritti di proprietà intellettualee alle misure da adottare nei confronti di merci che violano tali diritti.

 

Il regolamento (CE) n. 1383/2003[2] ha stabilito alcune regole comuni allo scopo di vietare l'introduzione, l'immissione in libera pratica, l'uscita, l'esportazione, la riesportazione, il vincolo ad un regime sospensivo, in zona franca o in deposito franco, di merci contraffatte, usurpative[3] o di altra natura, e di far fronte efficacemente alla commercializzazione illegale di siffatte merci pur senza ostacolare la libertà del commercio legittimo. In particolare, l’articolo 11 facoltizza gli Stati membri a prevedere, ai sensi della legislazione nazionale, una procedura semplificata, previo consenso del titolare del diritto, in base a cui le autorità doganali possono disporre l'abbandono di tali merci per la loro distruzione sotto controllo doganale, senza che sia necessario determinare se vi sia stata violazione di un diritto di proprietà intellettuale secondo la legislazione nazionale.

 

Il comma 3, in accordo con le previsioni del descritto articolo 11 del regolamento (CE) n. 1383/2003, introduce una procedura semplificata per il sequestro e la distruzione delle merci sospettate di violare diritti di proprietà intellettuale.

La procedura antecedente la distruzione sarà la seguente: a) blocco delle merci sospettate da parte della dogana; b) comunicazione dell’avvenuto sequestro all’autorità giudiziaria (trattandosi di fattispecie penale); c) convalida del sequestro da parte del giudice.

 

L’articolo 4, comma 80, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) consentiva all’autorità amministrativa doganale, previo assenso dell’autorità giudiziaria, il sequestro della merce contraffatta nonché la sua distruzione a spese (ove possibile) del contravventore, decorsi tre mesi dal sequestro, fatta salva la conservazione di campioni da utilizzare ai fini giudiziari. Tale norma è stata abrogata dall’articolo 246 del decreto legislativo n. 30 del 2006 (Codice della proprietà industriale).

 

La novità consiste nel fatto che la distruzione della merce contraffatta potrebbe ora avvenire con notevole anticipo: invece di aspettare il passaggio della sentenza penale in giudicato, sarà infatti la stessa autorità doganale a poter procedere alla distruzione senza, per altro, che sia necessario provare l’effettiva violazione del diritto di proprietà intellettuale. Ciò consentirà di evitare le spese di deposito e custodia delle merci, che gravano sul Ministero della giustizia, salva la successiva rivalsa sui responsabili dell’illecito, ove risulti provato.

La procedura semplificata potrà essere eseguita, secondo quanto stabilito dall’articolo 11 del regolamento (CE) n. 1383/2003, ove concorrano le seguenti condizioni:

§      la comunicazione scritta inviata alle autorità doganali dal titolare del diritto (entro 10 giorni dalla notifica ricevuta dalle stesse autorità, 3 giorni in caso di merci deperibili), dalla quale risulti che il transito delle merci avviene in violazione di un diritto di proprietà intellettuale;

§      il consenso alla distruzione, espresso sia dal titolare del diritto di proprietà intellettuale, sia dal dichiarante, proprietario o detentore della merce. Il consenso di quest’ultimo si presume accordato ove egli non si opponga espressamente alla distruzione entro il termine prescritto.

 

La distruzione avverrà a spese del titolare del diritto e sotto la sua responsabilità, fatta salva la possibilità di prelievo di campioni conservati dagli uffici doganali a fini giudiziari.

 

Ove la procedura non sia applicabile, si osserva l’articolo 13 del medesimo regolamento (CE) n. 1383/2003, in base al quale l’autorità doganale concede lo svincolo delle merci, purché siano state espletate tutte le formalità doganali, ovvero revoca il blocco se, entro dieci giorni lavorativi dalla ricezione della notifica della sospensione dello svincolo o del blocco (termine prorogabile di ulteriori dieci giorni, ma ridotto a tre giorni, non prorogabili, ove trattisi di merci deperibili), non è stato informato dell’avvio di una procedura intesa a determinare se vi sia stata violazione di un diritto di proprietà intellettuale.

 

Il comma 4 affida la determinazione dei tempi e delle modalità esecutive della procedura sopradescritta a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare di concerto con i Ministri della giustizia e dello sviluppo economico.

 

La disposizione non stabilisce alcun termine per l’adozione del decreto, che si ritiene debba qualificarsi come regolamento interministeriale ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

L’11 ottobre 2005 la Commissione ha adottato una comunicazione relativa alla risposta delle amministrazioni doganali agli ultimi sviluppi nel campo della contraffazione e della pirateria (COM(2005)479).

La comunicazione espone una valutazione della situazione attuale basata su un’analisi delle più recenti esperienze compiute dalle amministrazioni doganali dell’UE nei loro tentativi di arginare il flusso di prodotti falsi nel commercio internazionale. Essa presenta anche una serie di iniziative concrete che costituiscono insieme un piano di azione per la lotta alla contraffazione tra le quali si prevede il ricorso, ove necessario, a procedure di distruzione semplificate che avrebbero il vantaggio di ridurre i costi sia delle imprese che delle amministrazioni pubbliche.

La comunicazione è stata trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio che il 13 marzo 2006 ha approvato una risoluzione.

 


Articolo 1, comma 5
(Poteri di accertamento degli uffici delle dogane)

 


5. All’articolo 34, comma 4, del decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nell’ultimo periodo, le parole: “di cui all’articolo 52” sono sostituite dalle seguenti: “di cui agli articoli 51 e 52”;

b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Le autorizzazioni per l’accesso presso gli enti indicati al n. 7) dell’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono rilasciate, per l’Agenzia delle dogane, dal Direttore regionale.”.


 

Il comma 5 dell’articolo 1 integra la disciplina relativa al controllo degli elenchi riepilogativi delle cessioni e degli acquisti intracomunitari, presentati agli uffici doganali dai soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto, estendendo i poteri esercitabili a questo fine dagli uffici medesimi e prevedendo che le necessarie autorizzazioni siano rilasciate dal direttore regionale dell’Agenzia delle dogane.

Viene novellato a questo fine l’articolo 50 del decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85.

 

L’articolo 50 del decreto-legge n. 41 del 1995 disciplina il controllo degli elenchi riepilogativi delle cessioni e degli acquisti intracomunitari, che i contribuenti debbono presentare agli uffici doganali agli effetti dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto.

Il comma 4, in particolare, disciplina l’applicazione delle sanzioni, stabilendo che sono irrogate dall'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto, previa comunicazione da parte della Guardia di finanza o degli altri uffici abilitati dell'amministrazione finanziaria delle violazioni da essi rilevate.

Per l'accertamento delle omissioni e delle irregolarità e per le relative controversie si applicano le disposizioni previste dagli articoli 51 (Attribuzioni e poteri degli uffici), 52 (Accessi, ispezioni e verifiche), 59 (Ricorsi), 63 (Collaborazione della Guardia di finanza) e 64 (Collaborazione degli uffici doganali e degli uffici tecnici delle imposte di fabbricazione) del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

L’ultimo periodo del comma 4 consente agli uffici doganali di effettuare i controlli necessari per l'accertamento delle anzidette violazioni nonché delle altre infrazioni connesse rilevate nel corso dei controlli medesimi, avvalendosi dei poteri indicati dal citato articolo 52 del medesimo decreto.

Il riferimento alle “sanzioni” e alle “omissioni e irregolarità” è operato, nel descritto comma 4, con riferimento ai “commi precedenti”, in effetti abrogati dall'articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, che ha riformato le sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi (al quale pertanto deve intendersi trasferito il richiamo).

 

La lettera a) del presente comma aggiunge nell’ultimo periodo del comma 4 il richiamo dell’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, il quale disciplina le attribuzioni e i poteri degli uffici dell’imposta sul valore aggiunto per l’accertamento della medesima imposta. Questi poteri sono dunque estesi agli uffici doganali per i controlli relativi agli elenchi riepilogativi ad essi presentati e l’accertamento delle altre violazioni connesse.

 

L’articolo 51 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto) stabilisce che, per l'adempimento dei loro compiti, gli uffici possono:

1) procedere all'esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche ai sensi dell'articolo 52;

2) invitare i soggetti che esercitano imprese, arti o professioni, indicandone il motivo, a comparire di persona o a mezzo di rappresentanti per esibire documenti e scritture, ad esclusione dei libri e dei registri in corso di scritturazione, o per fornire dati, notizie e chiarimenti rilevanti ai fini degli accertamenti nei loro confronti anche relativamente ai rapporti e alle operazioni, i cui dati, notizie e documenti siano stati acquisiti o rilevati in base alle pertinenti disposizioni presso soggetti diversi. Le richieste fatte e le risposte ricevute devono essere verbalizzate a norma del sesto comma dell'articolo 52;

3) inviare ai soggetti che esercitano imprese, arti e professioni, con invito a restituirli compilati e firmati, questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell'accertamento, anche nei confronti di loro clienti e fornitori;

4) invitare qualsiasi soggetto ad esibire o trasmettere, anche in copia fotostatica, documenti e fatture relativi a determinate cessioni di beni o prestazioni di servizi ricevute e a fornire ogni informazione relativa alle operazioni stesse;

5) richiedere agli organi e alle amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici non economici, alle società ed enti di assicurazione (limitatamente – per il ramo vita – alla durata del contratto di assicurazione, all'ammontare del premio e all’individuazione del soggetto tenuto a corrisponderlo) e alle società ed enti che effettuano istituzionalmente riscossioni e pagamenti per conto di terzi la comunicazione di dati e notizie relativi a soggetti indicati singolarmente o per categorie (in quest’ultimo caso, cumulativamente o specificamente per ogni soggetto che ne fa parte, fatta eccezione per l'Istituto centrale di statistica, gli ispettorati del lavoro le banche, la società Poste italiane Spa, per le attività finanziarie e creditizie, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio e le società fiduciarie);

6) richiedere copie o estratti di atti e documenti depositati presso i notai, i procuratori del registro, i conservatori dei registri immobiliari e gli altri pubblici ufficiali;

6-bis) richiedere – previa autorizzazione del direttore centrale dell'accertamento dell'Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, e con le necessarie garanzie di riservatezza – ai soggetti sottoposti ad accertamento, ispezione o verifica il rilascio di una dichiarazione contenente l'indicazione della natura, del numero e degli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio e le società fiduciarie, nazionali o stranieri, in corso ovvero estinti da non più di cinque anni dalla data della richiesta;

7) richiedere – previa autorizzazione come sopra indicato – alle banche, alla società Poste italiane Spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi. Alle società fiduciarie e alle SIM e imprese d’investimento extracomunitarie iscritte nella sezione speciale dell'albo previsto dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria può essere richiesto, tra l'altro, di comunicare le generalità dei soggetti per conto dei quali esse, in periodi determinati, hanno detenuto o amministrato o gestito beni, strumenti finanziari e partecipazioni in imprese, inequivocamente individuati.

Sono altresì disciplinati la procedura per l’invio degli inviti e delle richieste suddetti, i relativi termini, e le sanzioni da irrogarsi in caso di inottemperanza.

 

La lettera b) aggiunge, in fine del medesimo comma 4, un ulteriore periodo, a tenore del quale le autorizzazioni per l’accesso presso gli enti indicati al numero 7) dell’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (v. supra) sono rilasciate, per l’Agenzia delle dogane, dal competente Direttore regionale.

 

Sarebbe opportuno chiarire se la disposizione si applichi anche all’analoga autorizzazione richiesta per l’esercizio del potere contemplato dal numero 6-bis) del medesimo articolo.

 

La relazione governativa ricorda che le transazioni intracomunitarie sono spesso interessate da complessi meccanismi di frode, come le cosiddette “frodi carosello”[4]. La disposizione introdotta mira a rinforzare i sistemi di controllo per la prevenzione e la repressione di tali violazioni.


Articolo 1, comma 6
(Imposte sui redditi: indeducibilità spese per servizi resi da professionisti domiciliati in Stati a regime fiscale privilegiato)

 


6. Dopo il comma 10 dell’articolo 110 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è inserito il seguente:

“10-bis. Le disposizioni del comma 10 si applicano anche alle prestazioni di servizi rese dai professionisti domiciliati in Stati o territori non appartenenti all'Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati.”.


 

 

Il comma 6 dell’articolo 1 estende alle spese per prestazioni di servizi resi da professionisti domiciliati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato il regime di indeducibilità, già previsto agli effetti dell’imposta sui redditi delle società (IRES) per le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese domiciliate fiscalmente nei medesimi territori.

 

A questo fine viene inserito un nuovo comma 10-bis nell’articolo 110 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

 

L’articolo 110 del TUIR reca norme generali per la valutazione del costo dei beni agli effetti della determinazione della base imponibile delle società e degli enti commerciali residenti relativamente all’applicazione dell’imposta sui redditi delle società (IRES).

Il comma 10 esclude la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti e imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all'Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati. Si considerano privilegiati i regimi fiscali di Stati o territori individuati, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da pubblicare nella Gazzetta ufficiale, in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, ovvero della mancanza di un adeguato scambio di informazioni, ovvero di altri criteri equivalenti[5].

 

Si ricorda che il comma 11 del medesimo articolo 110 consente la deduzione a condizione che le imprese residenti in Italia provino che le imprese estere svolgono prevalentemente un'attività commerciale effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione.

Il successivo comma 12 ammette altresì la deduzione per le operazioni intercorse con soggetti non residenti controllati o collegati con l’impresa nazionale.

Sarebbe opportuno chiarire se le stesse eccezioni debbano intendersi applicabili alla nuova fattispecie disciplinata dal comma 10-bis.


Articolo 1, comma 7
(Trasmissione all’Agenzia delle entrate dei dati dei contratti di sponsorizzazione degli atleti professionisti)

 


7. All’articolo 35, comma 35-bis, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “e dei contratti di sponsorizzazione stipulati dagli atleti medesimi in relazione ai quali la società percepisce somme per il diritto di sfruttamento dell’immagine”;

b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabiliti il contenuto, le modalità ed i termini delle trasmissioni telematiche.”.


 

 

Il comma 7 dell’articolo 1 integra la disposizione introdotta dall’articolo 35, comma 35-bis, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, relativamente all’invio telematico delle copie dei contratti dei calciatori professionisti all’Agenzia delle entrate.

 

L’articolo 35, comma 35-bis, del decreto-legge n. 223 del 2006 impone alle società di calcio professionistiche di inviare per via telematica all'Agenzia delle entrate copia dei contratti di acquisizione delle prestazioni professionali degli atleti professionisti, nonché dei contratti riguardanti i compensi per tali prestazioni. L’acquisizione di analoghe informazioni dalle Federazioni calcistiche estere per le operazioni effettuate, anche indirettamente, da società sportive professionistiche residenti in Italia con analoghe società estere è rimessa al Ministro dell'economia e delle finanze.

 

La lettera a) del presente comma estende l’applicazione delle predette disposizioni anche ai contratti di sponsorizzazione stipulati dai medesimi atleti, nei casi in cui la società calcistica percepisca, a seguito di essi, somme per il diritto di sfruttamento dell’immagine.

 

La lettera b) integra le forme procedurali della prescritta trasmissione, stabilendo che il contenuto, le modalità e i termini della trasmissione telematica sono determinati con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.


Articolo 1, comma 8
(Sanzioni accessorie in materia di imposte dirette ed imposta sul valore aggiunto)

 


8. Al comma 2 dell’articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, le parole: “Qualora siano state definitivamente accertate, in tempi diversi, tre distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute in giorni diversi nel corso di un quinquennio” sono sostituite dalle seguenti: “Qualora sia definitivamente accertata la violazione dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale”.


 

 

Il comma 8 dell’articolo 1 stabilisce che la sospensione della licenza o autorizzazione all’esercizio dell’attività, o comunque dell’attività medesima – attualmente prevista quando siano accertate tre violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale, compiute in giorni diversi entro il quinquennio – sia disposta in ogni caso di violazione del predetto obbligo. Viene quindi soppresso il requisito della reiterazione della condotta sanzionata.

 

A questo fine è modificato il comma 2 dell’articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, il quale disciplina le sanzioni amministrative accessorie in materia di imposte dirette e imposta sul valore aggiunto.

 

A norma dell’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi), nel testo previgente, qualora siano state definitivamente accertate, in tempi diversi, tre distinte violazioni dell'obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute in giorni diversi nel corso di un quinquennio, anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie in applicazione delle disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, recante i princìpi generali per le sanzioni amministrative in materia tributaria, è disposta la sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività ovvero dell'esercizio dell'attività medesima per un periodo da quindici giorni a due mesi. Se i corrispettivi non documentati nel corso del quinquennio eccedono la somma di lire duecento milioni (pari a euro 103.291,38), la sospensione è disposta per un periodo da due a sei mesi.

 

La disciplina generale relativa allo scontrino fiscale e alla ricevuta fiscale – rispettivamente istituiti dalla legge 26 gennaio 1983, n. 18, e dalla legge 10 maggio 1976, n. 249 – è contenuta nell'articolo 12 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, il quale ha disposto, con decorrenza dal 1° gennaio 1993, l'obbligo di certificare i corrispettivi derivanti da cessioni di beni o prestazioni di servizi per le quali non è obbligatoria l'emissione della fattura, se non a richiesta del cliente, mediante il rilascio, rispettivamente, dello scontrino fiscale o della ricevuta fiscale. Lo stesso articolo ha determinato le operazioni esenti dall’obbligo (consentendone l’integrazione con decreti ministeriali).

Da ultimo, l’articolo 1, comma 431, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ha stabilito che per le imprese operanti nel settore della grande distribuzione, tenute alla trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri, tale trasmissione tiene luogo dell’obbligo di certificazione mediante ricevuta o scontrino fiscale.


Articolo 1, commi 9-12
(Documentazione necessaria per immatricolazione e voltura di veicoli e rimorchi acquistati all’interno dell’Unione)

 


9. Ai fini dell’immatricolazione o della successiva voltura di autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi nuovi oggetto di acquisto intracomunitario a titolo oneroso, la relativa richiesta è corredata di copia del modello F24 recante, per ciascun mezzo di trasporto, il numero di telaio e l’ammontare dell’IVA assolto in occasione della prima cessione interna. A tale fine, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, al modello F24 sono apportate le necessarie integrazioni.

10. Per i veicoli di cui al comma 9, oggetto di importazione, l’immatricolazione è subordinata alla presentazione della certificazione doganale attestante l’assolvimento dell’IVA e contenente l’eventuale riferimento all’utilizzo del plafond da parte dell’importatore.

11. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate è fissata la data a decorrere dalla quale si applicano le disposizioni di cui ai commi 9 e 10 e sono individuati i criteri di esclusione dall’applicazione delle disposizioni di cui ai medesimi commi.

12. Nel comma 380 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, le parole da: “Con la convenzione” a: “è definita” sono sostituite dalle seguenti: “La convenzione prevista dall'articolo 1, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, è gratuita e definisce anche”.


 

 

I commi da 9 a 12 dell’articolo 1 introducono disposizioni relative all’immatricolazione dei veicoli, allo scopo di contrastare le frodi in materia di imposta sul valore aggiunto nell’ambito degli acquisti intracomunitari.

 

In particolare, il comma 9 subordina l’immatricolazione o la voltura di autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi nuovi oggetto di acquisto intracomunitario a titolo oneroso alla presentazione di copia del modello F24 indicante il numero di telaio e l’ammontare dell’IVA assolta in occasione della prima cessione interna.

Il comma 10 richiede altresì, per l’immatricolazione dei medesimi veicoli, quando siano oggetto di importazione, la presentazione della certificazione doganale attestante l’assolvimento dell’IVA e contenente l’eventuale riferimento all’utilizzo del plafond da parte dell’importatore.

Il comma 11 rimette a un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate la fissazione del termine di decorrenza, delle modalità applicative e delle esenzioni.

Il comma 12 dispone la gratuità della convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (ora Ministero dei trasporti), l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle dogane, che – per la realizzazione dello sportello automatico dell’automobilista – definisce le procedure per la trasmissione dei dati attinenti alla verifica di adempimenti fiscali relativi all'immatricolazione dei veicoli nuovi e usati provenienti, attraverso circuiti non ufficiali di distribuzione, dagli Stati membri dell'Unione europea e, attraverso canali di importazione non ufficiali, da Stati aderenti allo spazio economico europeo.

 

Il comma 9 stabilisce che la richiesta d’immatricolazione o di successiva voltura di autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi nuovi, che siano oggetto di acquisto intracomunitario a titolo oneroso, dev’essere corredata di copia del modello F24 recante, per ciascun mezzo di trasporto, il numero di telaio e l’ammontare dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) assolto [rectius: assolta] in occasione della prima cessione interna.

Le integrazioni al modello F24, necessarie per l’attuazione della presente disposizione, dovranno essere approvate con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.

 

L’articolo 53, comma 3, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 ottobre 1993, n. 427, stabilisce che i pubblici uffici non possono procedere all'immatricolazione, all'iscrizione in pubblici registri o all'emanazione di provvedimenti equipollenti relativi a mezzi di trasporto nuovi, oggetto di acquisto intracomunitario, se non risultano adempiuti gli obblighi relativi all'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto. I pubblici uffici cooperano con i competenti uffici dell'Amministrazione finanziaria per il reperimento degli elementi utili ai fini dell'accertamento dell'imposta dovuta, della spettanza del rimborso, della repressione delle violazioni nonché ai fini dell'accertamento della sussistenza dei requisiti che qualificano come nuovi i mezzi di trasporto.

L’articolo 1, comma 378, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, dispone a questo fine che i soggetti d’imposta (cioè coloro che effettuano acquisti intracomunitari di autoveicoli) trasmettano al Dipartimento dei trasporti terrestri, entro quindici giorni dall’acquisto e, in ogni caso, prima dell’immatricolazione, il numero identificativo intracomunitario nonché il numero di telaio degli autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi acquistati. Per i successivi passaggi interni precedenti l’immatricolazione, il numero identificativo intracomunitario è sostituito dal codice fiscale del fornitore. In mancanza delle informazioni da parte dei soggetti di imposta, gli uffici preposti non procedono all’immatricolazione. La comunicazione è altresì effettuata, entro quindici giorni dalla vendita, anche in caso di cessione intracomunitaria o di esportazione dei medesimi veicoli.

 

Il modello F24 è stato introdotto, in base all’articolo 24, comma 4, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, il quale, all’articolo 17, prevede l'effettuazione, da parte dei contribuenti (in origine i soli titolari di partita IVA, indi tutti i contribuenti), di versamenti unitari, con eventuale compensazione, di imposte, contributi previdenziali e assistenziali e premi assicurativi.

Il modello, approvato dapprima con decreto direttoriale 30 marzo 1998 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 1° aprile 1998), è stato via via esteso, per comprendervi ulteriori versamenti dovuti allo Stato, all’INPS, alle regioni e agli enti locali nonché ad altri enti previdenziali e assicurativi.

Il modello attualmente in uso è stato approvato con decreto del direttore dell'Agenzia delle entrate 14 novembre 2001 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 269 del 19 novembre 2001). È previsto un modello speciale per il versamento delle accise (decreto del direttore dell’Agenzia delle entrate 16 dicembre 2004, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 299 del 22 dicembre 2004).

 

Il comma 10, per i medesimi veicoli indicati al comma 9 (autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi nuovi, acquistati a titolo oneroso in Stati membri dell’Unione europea) i quali siano oggetto di importazione, subordina l’immatricolazione alla presentazione della certificazione doganale attestante l’assolvimento dell’IVA e contenente l’eventuale riferimento all’utilizzo del plafond da parte dell’importatore.

 

Nel sistema dell’imposta sul valore aggiunto, in cui per ciascuna operazione imponibile l'imposta è versata all'erario dall'impresa che effettua cessioni di beni o prestazioni di servizi – rivalendosi sul cessionario – al netto dell'IVA assolta sui beni e servizi acquistati, gli istituti della detrazione e della rivalsa costituiscono lo strumento per conservare la neutralità dell'imposta[6].

Poiché l'ammontare dell'imposta dovuta è costituito dalla differenza tra l'IVA assolta "a monte" sugli acquisti di beni e servizi e l'imposta applicata "a valle", in adempimento dell'obbligo di rivalsa, sulle operazioni attive effettuate, il soggetto passivo dell’imposta che effettui numerose operazioni attive in regime di detassazione (cessioni all'esportazione, cessioni intracomunitarie, operazioni assimilate) verrebbe a trovarsi sistematicamente in situazione di credito verso l’erario.

Per ovviare a ciò, l’articolo 8 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, prevede fra l’altro che, alle condizioni ivi indicate, siano effettuate senza pagamento dell'imposta le cessioni di beni diversi dai fabbricati e dalle aree fabbricabili e le prestazioni di servizi nei riguardi di soggetti che abbiano effettuato cessioni all'esportazione o operazioni intracomunitarie, su loro dichiarazione scritta e sotto la loro responsabilità. Questa disposizione è applicabile nei limiti dell'ammontare complessivo dei corrispettivi delle cessioni di egual natura, operate dai medesimi nel corso dell'anno solare precedente. Tale ammontare complessivo è comunemente denominato plafond.

In sostanza, per gli esportatori “abituali”, i corrispettivi derivanti dalle cessioni non imponibili effettuate nell’ambito dell’Unione europea e verso paesi extracomunitari concorrono alla formazione del plafond utilizzabile per l'acquisto o l'importazione di beni o servizi senza applicazione dell'IVA.

 

Poiché l’espressione plafond, impiegata nella prassi dagli operatori e dalla dottrina, non risulta espressamente definita in atti normativi, sarebbe opportuno chiarirne la nozione mediante il richiamo delle appropriate norme legislative.

 

Il comma 11 rimette a provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate la determinazione della data dalla quale dovranno applicarsi le disposizioni dei commi 9 e 10, nonché l’individuazione dei criteri di esclusione dall’applicazione delle stesse.

 

Il comma 12 modifica il comma 380 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, stabilendo che la convenzione prevista dall'articolo 1, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, è gratuita.

 

Con il D.P.R. 19 settembre 2000, n. 358, è stato emanato, in attuazione della legge di semplificazione n. 50 del 1999, il regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi. Il regolamento è stato recentemente oggetto di modifiche con il D.P.R. 2 luglio 2004, n. 224 (entrato in vigore l’8 settembre 2004).

Il regolamento ha istituito e disciplinato lo sportello telematico dell'automobilista, allo scopo di semplificare i procedimenti relativi all'immatricolazione, alla reimmatricolazione, alla registrazione della proprietà, ai passaggi di proprietà degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei loro rimorchi. Sono escluse dall'applicazione del regolamento le immatricolazioni di veicoli nuovi provenienti da Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea o aderenti allo spazio economico europeo attraverso canali d'importazione non ufficiali, nonché i veicoli usati già in possesso di documentazione di circolazione rilasciata da uno di tali Stati. Sono altresì escluse le registrazioni della proprietà relative a veicoli nuovi importati da Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea o aderenti allo spazio economico europeo.

Il comma 1-bis dell’articolo 1, introdotto dal D.P.R. n. 224 del 2004, prevede un’apposita convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle dogane per definire le procedure per la trasmissione dei dati attinenti alla verifica di adempimenti fiscali relativi all'immatricolazione dei veicoli nuovi e usati provenienti, attraverso circuiti non ufficiali di distribuzione, dagli Stati membri dell'Unione europea e, attraverso canali di importazione non ufficiali, da Stati aderenti allo spazio economico europeo.

 

Il comma 380 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 ha previsto che con la stessa convenzione sia definita la procedura di trasmissione telematica delle informazioni inviate all'Agenzia delle entrate dai soggetti d’imposta che effettuano acquisti intracomunitari di autoveicoli ai sensi del precedente comma 378.

 


Articolo 1, comma 13
(Comunicazione dei rimborsi da parte degli operatori del settore assicurativo)

 

13. All’articolo 7, quattordicesimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, sono soppresse le parole: “mediante posta elettronica certificata”.

 

 

Il comma 13 dell’articolo 1, modificando l’articolo 7, quattordicesimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, sopprime la previsione secondo cui la trasmissione delle informazioni destinate all’anagrafe tributaria è eseguita mediante posta elettronica certificata.

Rimane quindi fermo quanto previsto nella richiamata disposizione, secondo cui il contenuto, le modalità e i termini delle trasmissioni, nonché le specifiche tecniche del formato, sono definite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.

 

Il comma modificato è stato aggiunto dall'articolo 35, comma 27, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

La relazione governativa motiva la disposizione rilevando l’opportunità che le trasmissioni – come già avviene e come è prescritto per determinati dati dall’undicesimo comma dello stesso articolo 7 – siano eseguite per via telematica mediante i servizi forniti dall’Agenzia delle entrate. Si tratta quindi di modificazione volta a rendere omogeneo il trattamento delle diverse categorie di dati.

 


Articolo 1, comma 14
(Costituzione di un fondo per incentivi e assunzioni per contrasto all’evasione fiscale e contributiva e al giuoco illegale)

 


14. Gli organismi preposti all’attività di controllo, accertamento e riscossione dei tributi erariali sono impegnati ad orientare le attività operative per una significativa riduzione della base imponibile evasa ed al contrasto dell’impiego del lavoro non regolare, del gioco illegale e delle frodi negli scambi intracomunitari e con Paesi esterni al mercato comune europeo. Una quota parte delle maggiori entrate derivanti dal presente comma, per un ammontare non superiore a 10 milioni di euro per l’anno 2007 e 30 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2008, è destinata ad un apposito fondo destinato a finanziare, nei confronti del personale dell’Amministrazione economico-finanziaria nonché delle amministrazioni statali, la concessione di incentivi all’esodo, la concessione di incentivi alla mobilità territoriale, l’erogazione di indennità di trasferta, nonché uno specifico programma di assunzioni di personale qualificato. Le modalità di attuazione del presente comma sono stabilite in sede di contrattazione integrativa.


 

 

Il comma 14 dell’articolo 1 prescrive che gli organismi preposti all’attività di controllo, accertamento e riscossione dei tributi erariali orientino le proprie attività operative per una significativa riduzione della base imponibile evasa e per contrastare l’impiego del lavoro irregolare, del giuoco illegale e delle frodi negli scambi intracomunitari e con Paesi esterni al mercato comune europeo.

Nell’eventualità che da tali misure si produca un aumento delle entrate tributarie – in una misura che non è stimata nella relazione tecnica – è disposto che una quota di esse, per un ammontare non superiore a 10 milioni di euro per l’anno 2007 e di 30 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2008, venga destinata a un apposito fondo destinato a finanziare, nei confronti del personale dell’Amministrazione economico-finanziaria nonché delle amministrazioni statali, la concessione di incentivi all’esodo, la concessione di incentivi alla mobilità territoriale, l’erogazione di indennità di trasferta, nonché uno specifico programma di assunzioni di personale qualificato.

Le modalità di attuazione del presente comma sono stabilite in sede di contrattazione integrativa.


Articolo 1, commi 15 e 16
(Regolamento di riordino Agenzie fiscali e Monopoli per migliore contrasto evasione)

 


15. Con il regolamento di organiz­zazione del Ministero dell’economia e delle finanze da adottare, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Governo procede, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche al riordino delle Agenzie fiscali e dell’Ammi­nistrazione autonoma dei Monopoli di Stato. Al fine di razionalizzare l'ordina­mento dell’Amministrazione economico-finanziaria, potenziando gli strumenti di analisi della spesa e delle entrate nei bilanci pubblici, di valutazione e controllo della spesa pubblica e l’azione di contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale, con il predetto regolamento si dispone, in particolare, anche la fusione, soppres­sione, trasformazione e liquidazione di enti ed organismi.

16. Lo schema di regolamento è trasmesso alle Camere per l’acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari, le quali rendono il parere entro trenta giorni dall’assegnazione. Decorso il predetto termine senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, il regolamento può essere comunque emanato.


 

 

Il comma 15 dell’articolo 1 dispone il riordino delle Agenzie fiscali e dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, da eseguirsi senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

In particolare, dovrà provvedersi alla fusione, soppressione, trasformazione e liquidazione di enti e organismi, allo scopo di razionalizzare l'ordinamento dell’amministrazione economico-finanziaria, potenziando gli strumenti di analisi della spesa e delle entrate nei bilanci pubblici, di valutazione e controllo della spesa pubblica e l’azione di contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale.

Tale riordino sarà operato con il regolamento di organizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze, da adottare, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.

 

L’articolo 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, stabilisce che l'organizzazione, la dotazione organica, l'individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale e il loro numero, le relative funzioni e la distribuzione dei posti di funzione dirigenziale, l'individuazione dei dipartimenti, nei casi e nei limiti previsti, e la definizione dei rispettivi compiti sono attuati con regolamenti o con decreti del ministro competente, emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (regolamenti di organizzazione). Si applica l'articolo 19 della legge 15 marzo 1997, n. 59, a norma del quale debbono essere sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. I regolamenti prevedono la soppressione dei ruoli esistenti e l'istituzione di un ruolo unico del personale non dirigenziale di ciascun ministero, articolato in aree dipartimentali e per direzioni generali. Fino all'istituzione del ruolo unico del personale non dirigenziale di ciascun ministero, i regolamenti assicurano forme ordinarie di mobilità tra i diversi dipartimenti e le diverse direzioni generali, nel rispetto dei requisiti di professionalità richiesti per l'esercizio delle relative funzioni, ferme restando le normative contrattuali in materia. La nuova organizzazione e la dotazione organica del personale non devono comunque comportare incrementi di spesa.

I predetti regolamenti debbono osservare i criteri fissati dall'articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Princìpi generali dell’attività amministrativa), e dall'articolo 2 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (ora articolo 2 del testo unico approvato con D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165: si tratta dei princìpi generali di organizzazione degli uffici amministrativi).

Nei medesimi regolamenti sono raccolte tutte le disposizioni normative relative a ciascun ministero, le restanti norme vigenti intendendosi abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore dei regolamenti medesimi.

A norma del comma 4, all'individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale di ciascun ministero e alla definizione dei relativi compiti si provvede invece con decreto ministeriale di natura non regolamentare.

 

Il comma 16 prescrive che lo schema di regolamento sia trasmesso alle Camere per l’acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari, da rendersi entro trenta giorni dall’assegnazione. Qualora il predetto termine decorra senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, il regolamento potrà essere comunque emanato.

 

L’articolo 61 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, conferisce alle agenzie fiscali personalità giuridica di diritto pubblico, costituendo altresì l'Agenzia del demanio quale ente pubblico economico.

Alle agenzie fiscali è attribuita autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria, da esercitarsi in conformità con le disposizioni del medesimo decreto legislativo e dei rispettivi statuti.

A norma dell’articolo 66, le agenzie fiscali sono regolate dalle disposizioni dello stesso decreto legislativo, nonché dai rispettivi statuti, deliberati da ciascun comitato di gestione e approvati dal Ministro dell’economia e delle finanze. L'Agenzia del demanio è regolata, salvo che non sia diversamente disposto dal medesimo decreto legislativo, dal codice civile e dalle altre leggi relative alle persone giuridiche private.

Gli statuti disciplinano le competenze degli organi di direzione dell'agenzia, istituendo inoltre apposite strutture di controllo interno, e recano princìpi generali in ordine alla organizzazione e al funzionamento dell'agenzia, prevedendo forme adeguate di consultazione con le organizzazioni sindacali.

L'articolazione degli uffici, a livello centrale e periferico, è stabilita con disposizioni interne che si conformano alle esigenze della conduzione aziendale favorendo il decentramento delle responsabilità operative, la semplificazione dei rapporti con i cittadini e il soddisfacimento delle necessità dei contribuenti meglio compatibile con i criteri di economicità e di efficienza dei servizi.


Articolo 1, comma 17
(Soppressione della struttura interdisciplinare che collabora con il Ministro delle finanze. Soppressione del contributo agli istituti di cultura straniera convenzionati. Riduzione stanziamento Scuola superiore economia e finanze)

 


17. Al fine di ridurre gli oneri derivanti dal funzionamento degli organismi collegiali la struttura interdisciplinare prevista dall’articolo 73, comma 1, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, è soppressa. L’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 52, comma 37, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, è soppressa. L’autorizzazione di spesa prevista per l’attività della Scuola superiore dell’economia e delle finanze dall’articolo 4, comma 61, secondo periodo, della legge 23 dicembre 2003, n. 350, è ridotta a 4 milioni di euro annui; la metà delle risorse finanziarie previste dall’anzidetta autorizzazione di spesa, come ridotta dal presente periodo, può essere utilizzata dal Ministero dell’economia e delle finanze per l’affidamento, anche a società specializzate, di consulenze, studi e ricerche aventi ad oggetto il riordino dell’amministrazione economico- finanziaria.


 

 

Il comma 17 dell’articolo 1:

a) sopprime la struttura interdisciplinare incaricata di coadiuvare il ministro dell’economia e delle finanze durante la trasformazione delle strutture dell’amministrazione tributaria, disposta dal decreto legislativo n. 300 del 1999;

b) sopprime il finanziamento concesso agli istituti di cultura stranieri;

c) riduce l’autorizzazione di spesa in favore della Scuola superiore del Ministero dell’economia e finanze per il potenziamento delle attività di supporto formativo e scientifico rivolte alla diffusione del made in Italy.

 

Struttura interdisciplinare del Ministero dell’economia e delle finanze

Il primo periodo del comma 17 dell’articolo 1 dispone la soppressione della struttura interdisciplinare prevista dall’articolo 73, comma 1, del decreto legislativo n. 300 del 1999.

L’articolo 73, comma 1, del D.Lgs. n. 300 del 1999 ha previsto la costituzione, alle dirette dipendenze del Ministro delle finanze, di un'apposita struttura interdisciplinare di elevata qualificazione scientifica e professionale.

Il compito della struttura era di collaborare con il ministro al fine di curare la transizione dal precedente al nuovo ordinamento del Ministero, durante le fasi del cambiamento e fino al pieno funzionamento del regime di gestione. Essa riguarda dunque la trasformazione dell’amministrazione economico-finanziaria, disciplinata dal medesimo D.Lgs. n. 300 del 1999, che ha previsto l’istituzione del nuovo Ministero dell’economia e finanze (attraverso la fusione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica con il Ministero delle finanze), mantenendo presso il Ministero il Dipartimento per le politiche fiscali e istituendo quattro agenzie (Agenzia delle entrate, delle dogane, del territorio e del demanio, quest’ultima poi trasformata in ente pubblico economico), per la gestione delle funzioni esercitate dagli ex dipartimenti delle entrate, delle dogane, del territorio e di quelle connesse svolte da altri uffici del ministero.

Per quanto concerne il finanziamento della struttura interdisciplinare prevista dall’articolo 73, comma 1, del D.Lgs. n. 300 del 1999, il medesimo articolo stabiliva che alle relative spese si provvedesse con gli stanziamenti ordinari dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

Successivamente l’articolo 2, comma 35, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) ha autorizzato, a decorrere dall’anno 2004, la spesa di 2,7 milioni di euro, per garantire la continuità delle attività di monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica e per la prosecuzione dell’attività della struttura interdisciplinare. La spesa di 2,7 milioni di euro è stata ripartita tra due capitoli iscritti nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze:

§      2 milioni di euro iscritti nel capitolo 2654, della U.P.B. 4.1.1.0, “Contratti per gli esperti da adibire alle attività di monitoraggio dei flussi di cassa”;

§      700.000 euro iscritti nel capitolo 3550, U.P.B. 6.1.1.1, “Spese per il potenziamento dell’amministrazione finanziaria”, di nuova istituzione, relativo ai compensi della struttura interdisciplinare di cui all’articolo 73 del citato D.Lgs. n. 300 del 1999.

La legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), all’articolo 1, comma 20, ha, di fatto, disposto la riduzione di alcune autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge nella misura del 19 per cento. Tra di esse è ricompreso l’articolo 2, comma 35, della legge finanziaria per il 2004. Conseguentemente la dotazione per il 2006 è stata pari a 567.000 euro. Per effetto delle ulteriori riduzioni disposte per il 2007 dall’articolo 25, comma 1, del D.L. n. 223 del 2006, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 248/2006, la dotazione di bilancio a legislazione vigente del cap. 3550/Economia per il 2007 ammonta a 434.152 euro.

 

 

Istituti di cultura stranieri

Il secondo periodo del comma 17 dispone la soppressione dell’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 52, comma 37, della legge n. 448 del 2001 relativa agli istituti di cultura stranieri.

 

Il richiamato comma 37 dell’articolo 52 della legge n. 448 del 2001, volto a promuovere l’attività di formazione internazionale e di diffusione delle diverse culture nazionali, ha riconosciuto agli istituti di cultura stranieri di cui al D.P.R. 4 novembre 1960, n. 1574 (si tratta degli istituti stranieri di archeologia, storia e storia dell'arte aderenti all'Unione internazionale)[7], ovvero diretta emanazione di università estere, appositamente convenzionati con scuole pubbliche di alta formazione, un contributo, fruibile anche come credito d’imposta, per la realizzazione di iniziative di ricerca, formazione e integrazione culturale. La norma fissa in 5.164.569 euro (10 miliardi di lire) annui il limite complessivo del contributo.

Gli istituti di cultura stranieri sono stati disciplinati, da ultimo, dal D.P.R. 18 aprile 1994, n. 389 (Regolamento recante semplificazione dei procedimenti di autorizzazione al funzionamento di scuole e istituzioni culturali straniere in Italia.

Con decreto interministeriale 13 dicembre 2004, n. 339, è stato emanato ilRegolamento recante norme per promuovere l'attività di formazione internazionale e di diffusione delle diverse culture nazionali, che ha disciplinato la fruizione del contributo in attuazione del richiamato articolo 52, comma 37, della legge n. 448 del 2001. Con decreto ministeriale 1° settembre 2005 è stata disposta l’individuazione delle categorie degli istituti che sono ammesse, per gli anni 2004 e 2005, alla fruizione del contributo.

 

Riduzione di un contributo alla Scuola Superiore del Ministero dell’economia e finanze

L’ultimo periodo del comma 17 riduce da 5 a 4 milioni di euro l’autorizzazione di spesa recata dal secondo periodo dell’articolo 4, comma 61, secondo periodo, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004).

 

Il richiamato comma 61 dell’articolo 4 della legge n. 350 del 2003 ha istituito un Fondo, presso il Ministero delle attività produttive, finalizzato al sostegno di una campagna promozionale straordinaria a favore del made in Italy e al potenziamento delle attività di supporto formativo e scientifico rivolte alla diffusione del made in Italy nei mercati mediterranei, dell’Europa continentale e orientale, a cura di un’apposita sezione della Scuola superiore del Ministero dell’economia e finanze, collocata in due sedi periferiche esistenti, con particolare attenzione alla vocazione geografica di ciascuna nell’ambito del territorio nazionale.

Per l’attuazione delle attività di supporto formativo e scientifico, il comma 61 destina al conseguente adeguamento delle dotazioni organiche della apposita sezione della Scuola superiore del Ministero dell’economia e finanze un importo non superiore a 5 milioni di euro annui; inoltre, prevede che l'attività di supporto venga svolta prioritariamente dai professori incaricati non temporanei della Scuola superiore dell'economia e delle finanze. Per lo svolgimento di tale attività non è dovuto alcun emolumento ulteriore.

Il contributo è stato successivamente elevato a 10 milioni di euro annui dall’articolo 1, comma 232, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), per poi essere ridotto a 8,1 milioni dall’articolo 1, comma 20, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266 del 2005). Da ultimo l’articolo 25, comma 1, del D.L. n. 223 del 2006, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, ha ridotto lo stanziamento di 1.897.830 euro, determinando la dotazione del cap. 7394/Economia (UPB 3.2.3.55) in 6.209.761 euro.

 

La determinazione dello stanziamento in 4 milioni, disposta dal presente comma, determina minori spese per 2.209.761 euro per il 2007.

La norma stabilisce, inoltre, che metà di tali risorse (2 milioni di euro) può essere utilizzata dal Ministero dell’economia e delle finanze per l’affidamento, anche a società specializzate, di consulenze, studi e ricerche aventi ad oggetto il riordino dell’amministrazione economico-finanziaria.

 


Articolo 1, commi 18 e 19
(Comitati di gestione delle Agenzie fiscali)

 


18. All’articolo 67 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, il secondo ed il terzo periodo del comma 3 sono sostituiti dai seguenti: “Metà dei componenti sono scelti tra i professori universitari e i dipendenti di pubbliche amministrazioni dotati di specifica competenza professionale attinente ai settori nei quali opera l’agenzia. I restanti componenti sono scelti tra i dirigenti dell’agenzia.”.

19. In sede di prima applicazione della disposizione di cui al comma 18 i comitati di gestione delle agenzie fiscali in carica alla data di entrata in vigore del presente decreto cessano automaticamente il trentesimo giorno successivo.


 

I commi 18 e 19 dell’articolo 1 modificano la composizione dei comitati di gestione delle Agenzie fiscali, disponendo contestualmente la cessazione dei comitati in carica alla data di entrata in vigore del decreto-legge, a decorrere dal trentesimo giorno successivo a tale data.

 

Il comma 18 modifica l’articolo 67 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sostituendo il secondo e il terzo periodo del comma 3.

 

Il comma 3 dell’articolo 67 del decreto legislativo n. 300 del 1999 disciplina la composizione dei comitati di gestione, nominati per la durata di tre anni con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.

Del comitato fa parte di diritto il direttore dell’Agenzia, che lo presiede.

Il secondo periodo, nel testo previgente, dispone che quattro componenti sono scelti fra i dirigenti dei principali settori dell'agenzia designati dal direttore dell'agenzia stessa; due componenti sono scelti tra esperti della materia anche estranei all'amministrazione.

Il terzo periodo prevede che i sei componenti del comitato di gestione dell'Agenzia del demanio siano scelti tra esperti della materia anche estranei all'amministrazione.

La nuova formulazione stabilisce che i sei componenti sono scelti:

a) per metà tra i professori universitari e i dipendenti di pubbliche amministrazioni dotati di specifica competenza professionale attinente ai settori nei quali opera l’agenzia;

b) per la restante metà tra i dirigenti dell’agenzia.

Viene quindi meno la disciplina speciale posta per l’Agenzia del demanio.

Il comma 19 stabilisce che, in sede di prima applicazione dell’illustrata disposizione, i comitati di gestione delle agenzie fiscali in carica alla data di entrata in vigore del decreto-legge cessano automaticamente il trentesimo giorno successivo.


Articolo 2, comma 1
(Riscossione spa)

 

1. All’articolo 3, comma 3, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modifi­cazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, le parole da: "la maggioranza” a: “ed” sono soppresse.

 

 

L’articolo 2 reca disposizioni in materia di riscossione.

 

In proposito, si ricorda preliminarmente che il sistema nazionale della riscossione è stato da ultimo riformato dall’articolo 3 del decreto-legge 30 settembre 2005 n. 203, recante misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, che ha previsto il superamento dell’affidamento del servizio di riscossione mediante ruolo a concessionari privati, individuati per circoscrizioni territoriali, e l’attribuzione del servizio all’Agenzia delle entrate, che lo eserciterà mediante la società Riscossione SpA, operante dal 1° ottobre 2006.

 

In particolare la riforma delineata dall’articolo 3 del decreto-legge n. 203 del 2005 prevede che la Riscossione SpA venga costituita dall’Agenzia delle entrate unitamente all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) con un capitale di 150 milioni di euro; la partecipazione pubblica al capitale, anche dopo l’ingresso di soci privati secondo quanto esposto di seguito, non potrà mai essere inferiore al 51 per cento; la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione dovrà essere costituita da dirigenti di vertice dei due soggetti pubblici istitutori, mentre il presidente del collegio sindacale sarà scelto tra i magistrati della Corte dei conti. L’Agenzia esercita altresì il controllo sull’efficacia e sull’efficienza del servizio.

La società Riscossione Spa potrà esercitare – senza obbligo di cauzione – l'attività di riscossione mediante ruolo e di quella di riscossione delle entrate prevista dall'articolo 4 del D.Lgs. n. 237 del 1997 (concernente tributi, sanzioni e altre somme già riscosse dai servizi autonomi di cassa degli uffici dipendenti dal Dipartimento delle entrate), nonché ulteriori attività – quali la riscossione spontanea, la liquidazione e l’accertamento delle entrate degli enti pubblici, anche territoriali, e delle società da essi partecipate – da assegnarsi mediante procedure di gara ad evidenza pubblica. Attraverso la stipulazione di appositi contratti di servizio, essa potrà svolgere altresì attività strumentali a quelle dell'Agenzia delle entrate, potendo in tale ipotesi assumere finanziamenti e svolgere le connesse operazioni finanziarie.

È statuita una specifica disciplina per il passaggio dei carichi dai precedenti concessionari al nuovo soggetto. Per agevolare tale passaggio, è stata prevista inoltre la possibilità che Riscossione Spa acquisti quote non inferiori al 51 per cento del capitale delle società concessionarie (ovvero il ramo d’azienda delle banche che hanno gestito direttamente l'attività di riscossione), a condizione che il cedente acquisti a sua volta una partecipazione al capitale sociale di essa. Tuttavia, entro il 31 dicembre 2010 i soci pubblici dovranno riacquistare tali partecipazioni, nonché le azioni eventualmente ancora detenute da soggetti privati nelle società ex concessionarie non interamente partecipate. Successivamente, le azioni di Riscossione Spa possedute dai soci pubblici potranno essere cedute a soci privati, scelti secondo regole di evidenza pubblica, comunque entro la misura massima del 49 per cento del capitale.

Per le proprie attività, la società potrà avvalersi anche di personale dell'Agenzia delle entrate e dell'INPS e fare ricorso alle società per azioni da essa eventualmente partecipate ex concessionarie. Potranno essere inoltre instaurate forme di cooperazione tra Riscossione Spa e il Corpo della Guardia di finanza.

È confermato l’obbligo di presentazione di una relazione annuale del Ministro dell'economia e delle finanze al Parlamento sullo stato della riscossione.

Infine, dal 1° ottobre 2006 il Consorzio nazionale concessionari (CNC) è trasformato in società per azioni.

La nuova società deve adempiere i suoi compiti senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Essa è anzi tenuta ad adottare idonee iniziative dirette al contenimento degli oneri relativi all'attività di riscossione coattiva. Tuttavia, a garanzia dell’occupazione, è stabilito che i dipendenti delle società concessionarie non partecipate da Riscossione Spa, già in servizio alla data del 31 dicembre 2004 con contratto a tempo indeterminato e ancora in servizio alla data del 1° ottobre 2006, siano trasferiti a quest’ultima in base alla valutazione delle sue esigenze operative, con garanzia di mantenimento della posizione giuridica, economica e previdenziale maturata e con riconoscimento dei benefìci economici previsti dal rinnovo contrattuale in corso per il settore del credito. La stessa garanzia è conferita ai dipendenti delle società acquistate da Riscossione Spa nonché al personale in servizio presso l’associazione nazionale fra i concessionari del servizio di riscossione o il consorzio o le società da esso partecipate, che è trasferito presso la Riscossione Spa ovvero presso il costituendo Consorzio nazionale concessionari Spa Inoltre, sino al 31 dicembre 2010 non è ammesso trasferimento senza consenso in altra sede posta fuori dalla provincia.

Per la remunerazione dell’attività svolta da Riscossione Spa e dalle società da essa partecipate l’articolo 3 del decreto-legge n. 203 del 2006 prevedeva l’applicazione in via transitoria, per il biennio 2007-2008 del sistema previsto dall’articolo 4, commi 118 e 119, della legge n. 350 del 2003 (per i ruoli emessi da uffici statali, remunerazione secondo un importo forfetario pari a 470 milioni di euro; per gli altri ruoli, aggio sulle somme riscosse). Dal 2009 Riscossione Spa sarà invece remunerata integralmente ad aggio ai sensi dell'articolo 17 del D.Lgs. n. 112 del 1999.

 

La società “Riscossione SpA” ha concluso l’acquisizione delle società concessionarie il 28 settembre 2006. La società è pertanto entrata nella piena operatività dal 1° ottobre 2006, come previsto dall’articolo 3 del decreto-legge n.206

 

Il comma 1 dell’articolo 2 modifica il comma 3 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 203 del 2005, sopprimendo la previsione secondo cui la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione della società Riscossione SpA è composta da dirigenti di vertice dell’Agenzia delle entrate e dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS).

Per conseguenza, viene meno ogni determinazione normativa riguardante la qualificazione soggettiva dei membri del consiglio medesimo.


Articolo 2, commi 2 e 3
(Remunerazione attività di riscossione)

 


2. All’articolo 3 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, dopo il comma 6 è inserito il seguente: “6-bis. L’attività di riscossione a mezzo ruolo delle entrate indicate dal comma 6, se esercitata con esclusivo riferimento alla riscossione spontanea, è remunerata con un compenso maggiorato del 25 per cento rispetto a quello ordinariamente previsto, per la riscossione delle predette entrate, in attuazione dell’articolo 17.”.

3. Al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nell’articolo 17:

     1) il comma 3 è sostituito dal seguente: ”3. L’aggio di cui al comma 1 è a carico del debitore:

     a) in misura determinata con il decreto di cui allo stesso comma 1, e comunque non superiore al 5 per cento delle somme iscritte a ruolo, in caso di pagamento entro il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella di pagamento; in tale caso, la restante parte dell’aggio è a carico dell’ente creditore;

     b) integralmente, in caso contrario.”;

     2) dopo il comma 3 è inserito il seguente: “3-bis. Nel caso previsto dall’articolo 32, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, l’aggio di cui ai commi 1 e 2 è a carico:

     a) dell’ente creditore, se il pagamento avviene entro il sessantesimo giorno dalla data di notifica della cartella;

     b) del debitore, in caso contrario.”;

     3) al comma 7-ter è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Nei casi di cui al comma 6, lettera a), sono a carico dell’ente creditore le spese vive di notifica della stessa cartella di pagamento.”;

b) nell’articolo 20, comma 3, le parole: “comma 6” sono sostituite dalle seguenti: “commi 6 e 7-ter”.


 

 

Il comma 2 modifica la remunerazione per l’attività di riscossione coattiva mediante ruolo delle entrate proprie di province e comuni affidate al concessionario nazionale della riscossione ai sensi del comma 6 dell’articolo 3 del decreto legislativo 13 aprile 1999 n. 112, recante il riordino del servizio nazionale della riscossione.

 

L’articolo 3, comma 6, del decreto legislativo n. 112 del 1999 affida ai concessionari del servizio nazionale della riscossione la riscossione coattiva delle entrate di province e comuni che non abbiano deciso di affidare autonomamente il servizio a propri concessionari (come consentito dall’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997) ovvero che non prevedano la possibilità di ricorrere al versamento sul conto corrente postale intestato alla tesoreria del comune ovvero presso la tesoreria medesima o infine tramite il sistema bancario (come consentito dall’articolo 59, comma 1, lettera n), del decreto legislativo n. 446 del 1997).

 

Si prevede infatti che tale attività di riscossione, con esclusivo riferimento all’attività di riscossione spontanea (sulle difficoltà interpretative poste dalla formulazione v. infra), venga remunerata con un compenso maggiorato del 25 per cento rispetto a quello ordinariamente previsto per la riscossione di tali entrate dall’articolo 17 del decreto legislativo n. 112 del 1999.

 

In proposito si rileva che non risulta chiara la ratio della norma. La relazione illustrativa fa infatti riferimento all’attività di riscossione in proprio svolta dagli enti locali, mentre il comma 6 dell’articolo 3 del decreto legislativo n. 112 del 1999, che viene richiamato nel testo del presente comma 2, fa riferimento all’attività di riscossione dei tributi locali che venga affidata ai concessionari del servizio nazionale della riscossione. Inoltre il comma 2 fa riferimento all’attività di riscossione spontanea, richiamando tuttavia la disposizione del comma 6 dell’articolo 3 che interessa la riscossione coattiva.

 

Il comma 3 interviene invece in via generale sulla remunerazione del servizio di riscossione, modificando gli articoli 17 e 20 del decreto legislativo n. 112 del 1999.

 

In proposito, si rileva preliminarmente che l’articolo 3, comma 22, lettera b), del decreto-legge n. 203 del 2005 ha stabilito che per lo svolgimento dell’attività di riscossione da parte di “Riscossione SpA” e delle società da questa partecipate (cfr. supra scheda sull’articolo 2, comma 1) si provveda per gli anni successivi al 2008 ai sensi del citato articolo 17 del decreto legislativo n. 112 del 1999 (per gli anni 2007 e 2008 si prevede invece l’erogazione a “Riscossione SpA” e alle società partecipate di un importo forfetario di 470 milioni di euro.

 

L’articolo 17 del decreto legislativo n. 112 del 1999 prevede che l’attività dei concessionari venga remunerata con una percentuale (“un aggio”) sulle somme iscritte a ruolo riscosse. L’aggio è pari ad una percentuale di tali somme da determinarsi, per ogni biennio, con decreto del Ministro dell’economia, da pubblicare entro il 30 settembre dell’anno precedente il biennio di riferimento, sulla base di determinati criteri. Il comma 3 prevede che l’aggio sia a carico del debitore (vale a dire il contribuente) nella misura stabilita dal decreto del Ministro dell’economia e comunque in misura non superiore al 4, 65 per cento della somma iscritta a ruolo solo in caso di mancato pagamento entro la scadenza della cartella di pagamento; la restante parte è a carico dell’ente creditore (vale a dire lo Stato e gli altri enti territoriali).

 

L’articolo 20 del decreto legislativo n. 112 del 1999 disciplina la procedura di discarico del concessionario per inesigibilità dei ruoli. Il discarico è la procedura in forza della quale il concessionario viene dispensato dal versamento di somme dovute da contribuenti che è divenuto impossibile riscuotere. L’articolo 20 prevede che in caso di diniego del discarico il concessionario sia tenuto a versare all’ente creditore la somma pari ad un quarto dell’importo iscritto a ruolo, maggiorata degli interessi legali decorrenti dal termine ultimo per la notifica della cartella e della totalità delle spese relative alla procedura esecutiva previste dal comma 6 dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 112 del 1999.

 

Il comma 3 modifica il comma 3 dell’articolo 17 prevedendo che:

a)      in caso di pagamento entro il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella di pagamento, l’aggio sia a carico del debitore nella misura stabilita dal decreto del Ministro dell’economia e comunque non oltre il 5 per cento, risultando imputata la restante parte all’ente creditore;

b)      in caso di ritardato pagamento, l’aggio risulti integralmente a carico del debitore.

Rispetto al sistema previgente, quindi, la quota di aggio a carico del debitore (vale a dire il contribuente) (la cui misura massima è elevata dal 4,65 per cento al 5 per cento) è dovuta anche in caso di pagamento entro la scadenza (vale a dire i sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento) e non solo in caso di ritardato pagamento.

Si prevede altresì, con una novella inserita al comma 7-ter dell’articolo 17che, in caso di annullamento del ruolo per effetto di provvedimenti di sgravio ovvero per comunicazione di inesigibilità da parte del concessionario (fattispecie previste dal comma 6, lettera a), dell’articolo 17), le spese vive di notifica siano a carico dell’ente creditore (mentre la norma attuale fa riferimento alle sole spese esecutive).

 

La distinzione tra spese vive e spese esecutive è rinvenibile nel decreto del Direttore dell’Agenzia delle entrate 21 novembre 2000 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 6 febbraio 2001): le spese esecutive sono quelle connesse alle procedure di esecuzione, mentre le spese vive sono quelle che pur non essendo direttamente connesse a tale procedura, risultano, anche se necessariamente compiute da soggetti esterni, funzionalmente connesse allo svolgimento di procedure di riscossione coattiva.

 

Viene infine prevista una disciplina specifica nel caso della riscossione spontanea a seguito di iscrizione a ruolo non derivante da inadempimento (di cui all’articolo 32, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 46 del 1999). In particolare si prevede che l’aggio sia integralmente a carico dell’ente creditore se il pagamento avviene entro il sessantesimo giorno dalla data di notifica della cartella, mentre, in caso di mancato pagamento, l’aggio viene imputato integralmente al debitore.

 

Il comma 3 modifica inoltre l’articolo 20 nel senso di prevedere che, in caso di diniego del discarico, la somma dovuta dal concessionario risulti comprensiva anche delle spese esecutive e vive di notifica della cartella di pagamento previste dal comma 7-ter.


Articolo 2, comma 4
(Conservazione di privilegi e garanzie per acquisto di rami di azienda da parte di Riscossione spa)

 


4. All’articolo 3 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, dopo il comma 7 è inserito il seguente:

“7-bis. A seguito dell’acquisto dei rami d’azienda di cui al comma 7, primo periodo, i privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestate o comunque esistenti a favore del venditore, nonché le trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella cessione conservano la loro validità e il loro grado a favore dell’acquirente, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione, previa pubblicazione di apposito avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.”.


 

 

Il comma 4 dell’articolo 2 integra la disciplina contenuta nel comma 7 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 203 del 2005 in materia di cessione dei servizi di riscossione dei concessionari territoriali alla società Riscossione SpA.

 

Infatti, come già ricordato (cfr. supra scheda articolo 2, comma 1), nell’ambito del processo di riforma del sistema di riscossione nazionale, la disposizione sopra richiamata ha previsto la possibilità che Riscossione Spa acquisti quote non inferiori al 51 per cento del capitale delle società concessionarie (ovvero il ramo d’azienda delle banche che hanno gestito direttamente l'attività di riscossione), a condizione che il cedente acquisti a sua volta una partecipazione al capitale sociale di essa. Tuttavia, entro il 31 dicembre 2010 i soci pubblici dovranno riacquistare tali partecipazioni, nonché le azioni eventualmente ancora detenute da soggetti privati nelle società ex concessionarie non interamente partecipate. Successivamente, le azioni di Riscossione Spa possedute dai soci pubblici potranno essere cedute a soci privati, scelti secondo regole di evidenza pubblica, comunque entro la misura massima del 49 per cento del capitale.

 

Il comma 4 dell’articolo 2 inserisce, dopo il citato comma 7 del decreto-legge n. 203 del 2005, un nuovo comma 7-bis, in base al quale i privilegi e garanzie prestati o esistenti a favore del venditore e le trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto di beni oggetto di locazione finanziaria, quando siano stati ceduti a Riscossione SpA, rimangono validi a favore di Riscossione SpA previa pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale.

 

In proposito andrebbe chiarito perché, per quanto concerne la salvaguardia degli effetti delle trascrizioni nei pubblici registri, si faccia unicamente riferimento agli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria e non anche agli atti di acquisto ad altro titolo.


Articolo 2, comma 5
(Remunerazione della riscossione svolta da Riscossione spa e società da essa partecipate)

 

5. All’articolo 3, comma 22, lettera a), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, le parole: “e 119” sono soppresse.

 

 

Il comma 5 dell’articolo 2 modifica il regime transitorio, per gli anni 2007 e 2008, in materia di remunerazione di “Riscossione SpA” e delle società da questa partecipate, previsto dall’articolo 3, comma 22, lettera a) del decreto legislativo n. 112 del 1999.

 

Tale regime prevede che per gli anni 2007 e 2008 la remunerazione di “Riscossione SpA e delle società partecipate avvenga ai sensi dell’articolo 4, commi 118 e 119, della legge 24 dicembre 2003 n. 350 (legge finanziaria per il 2004).

 

Come già ricordato (cfr. supra scheda sull’articolo 2, comma 1, l’articolo 4, comma 118, della legge n. 350 del 2003 prevede che negli anni 2004, 2005 e 2006 ai concessionari della riscossione venga assegnato un importo annuo pari a 470 milioni di euro in luogo, per i ruoli emessi da uffici statali, dell’aggio di cui all’articolo 17 del decreto legislativo n. 112 del 1999, nonché di quello relativo alla sanatoria per il mancato pagamento dei ruoli emessi da uffici statali e affidati a concessionari del servizio nazionale della riscossione fino al 31 dicembre 2000 previsto dall’articolo 12, commi 1 e 2 della legge 27 dicembre 2002 n. 289 (legge finanziaria per il 2003).

 

In forza del richiamo operato dall’articolo 3, comma 22, del decreto legge n. 203 del 2005, quindi, anche per gli anni 2007 e 2008 si procederà, nei confronti di Riscossione SpA e delle società partecipate a tale remunerazione forfetaria predeterminata.

 

L’articolo 4, comma 119, della legge n. 350 del 2003 prevede invece che tale importo sia ripartito per ciascun anno con provvedimento del direttore delle Agenzie delle entrate, per una quota pari al 96 per cento tra i concessionari e, per la restante quota tra tutti i commissari governativi e tra i concessionari per i quali vige l’obbligo della redazione bilingue degli atti. In altre parole si vincola una quota prestabilita del rimborso dovuto alla remunerazione dei concessionari e dei commissari governativi operanti in regioni bilingui.

 

Il comma 5 prevede invece che, per gli anni 2007 e 2008, nella remunerazione di “Riscossione SpA” e delle società partecipate non si applichi l’articolo 4, comma 119, della legge n. 350 del 2003.

 


Articolo 2, comma 6
(Pignoramento di crediti verso terzi)

 


6. Nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, l’articolo 72-bisè sostituito dal seguente:

“Art. 72-bis. (Contenuti dell’atto di pignoramento del quinto dello stipendio) - 1. Salvo che per i crediti pensionistici e fermo restando quanto previsto dall’articolo 545, commi quarto, quinto e sesto, del codice di procedura civile, l’atto di pignoramento dei crediti del debitore verso terzi può contenere, in luogo della citazione di cui all’articolo 543, secondo comma, numero 4), dello stesso codice di procedura civile, l’ordine al terzo di pagare il credito direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito per cui si procede:

a) nel termine di quindici giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento, per le somme per le quali il diritto alla percezione sia maturato anteriormente alla data di tale notifica;

b) alle rispettive scadenze, per le restanti somme.

2. Nel caso di inottemperanza all’ordine di pagamento, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 72, comma 2.”.


 

 

Il comma 6 dell’articolo 2 sostituisce l’articolo 72-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, intervenendo in materia di espropriazione dei crediti verso terzi.

 

Nel testo previgente, introdotto dall’articolo 3, comma 40, del decreto-legge n. 203 del 2005, tale disposizione disciplinava unicamente l’espropriazione del quinto dello stipendio e di altri emolumenti connessi ai rapporti di lavoro, prevedendo che l’atto di pignoramento del quinto contenga l’ordine al datore di lavoro di pagare direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito, nel termine di quindici giorni dalla notifica del predetto atto il quinto degli stipendi non corrisposti per i quali sia maturato, anteriormente alla data di tale notifica, il diritto alla percezione e, alle rispettive scadenze, il quinto degli stipendi da corrispondere e delle somme dovute a seguito della cessazione dei rapporti di lavoro.

 

Si ricorda che la possibilità del pignoramento del quinto dello stipendio in caso di mancato pagamento dei tributi concessi allo Stato, alle province e ai comuni è prevista dall’articolo 545, comma 4, del codice di procedura civile.

 

La disposizione in commento prevede ora che, salvo per i crediti pensionistici e fatti salva la procedura di pignoramento del quinto dello stipendio di cui all’articolo 545 del codice di procedura civile, tutti gli atti di pignoramento dei crediti del debitore verso terzi possono contenere l’ordine al terzo di pagare il debito direttamente al concessionario (società Riscossione s.p.a.), fino a concorrenza del credito per cui si procede, nel termine di quindici giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento, per le somme per le il diritto alla percezione sia maturato anteriormente alla data di tale notifica e, alle rispettive scadenze, per le restanti somme.

In altre parole, in base alla modifica introdotta dal decreto, tutti gli atti di pignoramento di crediti verso terzi, e non solo quelli di pignoramento del quinto dello stipendio, possono contenere l’ordine al terzo di pagare direttamente il credito al concessionario.

 

In proposito si rileva che la rubrica del nuovo articolo 72-bis non appare corretta alla luce del contenuto della norma in quanto richiama esclusivamente il pignoramento del quinto dello stipendio.

 


Articolo 2, comma 7
(Poteri di indagine dei dipendenti di Riscossione spa)

 


7. All’articolo 35 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, dopo il comma 25 è inserito il seguente: “25-bis. In caso di morosità nel pagamento di importi da riscuotere mediante ruolocomplessivamente superiori a venticinquemila euro, gli agenti della riscossione, previa autorizzazione del direttore generale ed al fine di acquisire copia di tutta la documentazione utile all’individuazione dell’importo dei crediti di cui i debitori morosi sono titolari nei confronti di soggetti terzi, possono esercitare le facoltà ed i poteri previsti dagli articoli 33 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.”.


 

 

Il comma 7, dell’articolo 2 integra i poteri di indagine concessi agli agenti della riscossione (vale a dire la società “Riscossione SpA” e le società partecipate) dall’articolo 35, comma 25, del decreto legge n. 223 del 2006.

Si prevede infatti l’inserimento in tale articolo di un comma 25-bis, in base al quale, in caso di mancato pagamento per importi da riscuotere mediante ruolo complessivamente superiori a venticinquemila euro, gli agenti della riscossione, previa autorizzazione del direttore generale, possono esercitare i poteri e le facoltà di accesso, ispezione e verifica previste per l’accertamento in materia di imposte sui redditi all’articolo 33 del D.P.R. n. 600 del 1973, e per l’accertamento in materia di imposta sul valore aggiunto all’articolo 52 del DPR n. 633 del 1972.

 

L’articolo 33 del DPR n. 600 del 1973 prevede, tra le altre cose, che gli uffici delle imposte hanno facoltà di disporre l’accesso di propri impiegati muniti di apposita autorizzazione presso le pubbliche amministrazioni e agli enti pubblici non economici, alle società ed enti di assicurazione ed alle società ed enti che effettuano istituzionalmente riscossioni e pagamenti per conto di terzi (vale a dire gli enti indicati all’articolo 32, comma 1, numero 5) del medesimo DPR n. 600 del 1973) allo scopo di rilevare direttamente i dati e le notizie ivi previste e presso le aziende e istituti di credito e l'Amministrazione postale allo scopo di rilevare direttamente i dati e le notizie relative ai conti la cui copia sia stata richiesta e non trasmessa entro il termine previsto nell'ultimo comma di tale articolo e allo scopo di rilevare direttamente la completezza o la esattezza, allorché l'ufficio abbia fondati sospetti che le pongano in dubbio, dei dati e notizie contenuti nella copia dei conti trasmessa, rispetto a tutti i rapporti intrattenuti dal contribuente con la azienda o istituto di credito o l'Amministrazione postale. Ai fini del necessario coordinamento dell'azione della guardia di finanza con quella degli uffici finanziari saranno presi accordi, periodicamente e nei casi in cui si debba procedere ad indagini sistematiche tra la direzione generale delle imposte dirette e il comando generale della guardia di finanza e, nell'ambito delle singole circoscrizioni, fra i capi degli ispettorati e degli uffici e comandi territoriali. Gli accessi presso le aziende e istituti di credito e l'Amministrazione postale debbono essere eseguiti, previa autorizzazione dell'ispettore compartimentale delle imposte dirette ovvero, per la Guardia di finanza, dal comandante di zona, da funzionari dell'Amministrazione finanziaria con qualifica non inferiore a quella di funzionario tributario e da ufficiali della guardia di finanza di grado non inferiore a capitano; le ispezioni e le rilevazioni debbono essere eseguite alla presenza del responsabile della sede o dell'ufficio presso cui avvengono o di un suo delegato e di esse è data immediata notizia a cura del predetto responsabile al soggetto interessato. Coloro che eseguono le ispezioni e le rilevazioni o vengono in possesso dei dati raccolti devono assumere direttamente le cautele necessarie alla riservatezza dei dati acquisiti.

 

L’articolo 52 del DPR n. 633 del 1972 prevede, tra le altre cose, che gli uffici dell'imposta sul valore aggiunto possono disporre l'accesso di impiegati dell'Amministrazione finanziaria nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali, agricole, artistiche o professionali per procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche e ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l'accertamento dell'imposta e per la repressione dell'evasione e delle altre violazioni. Gli impiegati che eseguono l'accesso devono essere muniti di apposita autorizzazione che ne indica lo scopo, rilasciata dal capo dell'ufficio da cui dipendono. Tuttavia per accedere in locali che siano adibiti anche ad abitazione, è necessaria anche l'autorizzazione del procuratore della Repubblica. In ogni caso, l'accesso nei locali destinati all'esercizio di arti o professioni dovrà essere eseguito in presenza del titolare dello studio o di un suo delegato.

 


Articolo 2, comma 8
(Blocco dei versamenti della P.A. in favore di soggetti inadempienti nei confronti del fisco)

 


8. Nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dopo l’articolo 48 è inserito il seguente:

“Art. 48-bis (Disposizioni sui pagamenti delle pubbliche amministrazioni) - 1. Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a diecimila euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all’agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell’esercizio dell’attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.

2. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottareai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1.”.


 

 

Il comma 8 dell’articolo 2 inserisce un nuovo articolo 48-bis nel D.P.R. n. 602 del 1973, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.

 

Il nuovo articolo 48-bis prevede, al comma 1, che le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, l e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a diecimila euro verifichino, anche in via telematica, se il beneficiario risulti non aver adempiuto ad obblighi tributari (l’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento) per un ammontare pari almeno a tale importo. Se tale verifica dà esito positivo, esse non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all’agente della riscossione (vale a dire la “Riscossione SpA” ovvero le società da questa partecipate) competente per territorio.

 

Il decreto legislativo n. 165 del 2001 reca norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. L’articolo 1 comma 2 definisce come amministrazioni pubbliche tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie fiscali di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

 

Il comma 2 dell’articolo 48-bis prevede che le modalità di attuazione della disposizione sopra illustrata siano stabilite con un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

 

L’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988 n. 400 prevede che con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere.

 


Articolo 2, commi 9-10
(Riscossione tariffa del servizio idrico integrato)

 


9. All’articolo 156 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il comma 3 è sostituito dal seguente: “3. La riscossione volontaria della tariffa può essere effettuata con le modalità di cui al capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, previa convenzione con l’Agenzia delle entrate.”.

10. All’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, dopo la parola: “locali” sono aggiunte, in fine, le seguenti: “, nonché quella della tariffa di cui all’articolo 156 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.


 

 

Il comma 9 dell’articolo 2 sostituisce il comma 3 dell’articolo 156 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale (c.d. “codice ambientale”) in materia di modalità della riscossione della tariffa del servizio idrico integrato di cui agli articoli 154 e 155 del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006. Sulla medesima materia, interviene poi, integrando la modifica introdotta dal comma 9, il comma 10.

 

L’articolo 154 del decreto legislativo n. 152 del 2006 stabilisce che la tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari dell'entità dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorità d'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga". Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, su proposta dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, tenuto conto della necessità di recuperare i costi ambientali anche secondo il principio "chi inquina paga", definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell'acqua. A stabilire la tariffa di base, nel rispetto dei criteri delineati nel decreto ora richiamato è l’Autorità d’ambito.

 

Il successivo articolo 155 prevede, tra le altre cose, che le quote di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e di depurazione sono dovute dagli utenti anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. Il gestore è tenuto a versare i relativi proventi, risultanti dalla formulazione tariffaria definita ai sensi dell'articolo 154, a un fondo vincolato intestato all'Autorità d'ambito, che lo mette a disposizione del gestore per l'attuazione degli interventi relativi alle reti di fognatura ed agli impianti di depurazione previsti dal piano d'ambito. La tariffa non è dovuta se l'utente è dotato di sistemi di collettamento e di depurazione propri, sempre che tali sistemi abbiano ricevuto specifica approvazione da parte dell'Autorità d'ambito. Gli utenti tenuti al versamento della tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura, di cui al comma 1, sono esentati dal pagamento di qualsivoglia altra tariffa eventualmente dovuta al medesimo titolo ad altri enti pubblici. Al fine della determinazione della quota tariffaria di cui al presente articolo, il volume dell'acqua scaricata è determinato in misura pari al cento per cento del volume di acqua fornita. Per le utenze industriali la quota tariffaria di cui al presente articolo è determinata sulla base della qualità e della quantità delle acque reflue scaricate e sulla base del principio "chi inquina paga". È fatta salva la possibilità di determinare una quota tariffaria ridotta per le utenze che provvedono direttamente alla depurazione e che utilizzano la pubblica fognatura, sempre che i relativi sistemi di depurazione abbiano ricevuto specifica approvazione da parte dell'Autorità d'ambito. Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o già usata nel ciclo produttivo, la tariffa per le utenze industriali è ridotta in funzione dell'utilizzo nel processo produttivo di acqua reflua o già usata. La riduzione si determina applicando alla tariffa un correttivo, che tiene conto della quantità di acqua riutilizzata e della quantità delle acque primarie impiegate.

 

Nel testo previgente, l’articolo 156, comma 3, prevedeva la facoltà di effettuare la riscossione volontaria e coattiva della tariffa secondo le disposizioni del DPR n. 602 del 1973, recante disposizione sulla riscossione delle imposte sul reddito, mediante convenzione con l’Agenzia delle entrate.

 

La disposizione in commento prevede ora che la riscossione volontaria della tariffa può essere effettuata secondo le modalità del capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, recante norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto. In particolare, il capo III del decreto legislativo n. 241 del 1997 interviene in materia di riscossione. Tra gli istituti previsti figurano quelli del versamento unitario e della compensazione tra debiti e crediti dovuti (articolo 17).

 

Il nuovo comma 3 dell’articolo 156 non fa riferimento alla riscossione coattiva.

 

Sul punto interviene il comma 10 dell’articolo 2 che, mediante una novella all’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo n. 46 del 1999, prevede la possibilità di effettuare mediante ruolo affidato ai concessionari anche la riscossione coattiva della tariffa del servizio idrico integrato, oltre a quella, già prevista, delle entrate delle regioni, delle province, anche autonome, dei comuni e degli altri enti locali.

 

Il decreto legislativo n. 46 del 1999 reca il riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo.

 

 

Articolo 2, comma 11
(Individuazione degli agenti della riscossione)

 

11. All’articolo 3, comma 28, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, dopo le parole: “comma 7,” sono inserite le seguenti: “complessivamente denominati agenti della riscossione,”.

 

 

Il comma 11 dell’articolo 2 precisa che la società Riscossione SpA e le società partecipate dalla stessa sono denominati “agenti della riscossione”.

 

In proposito, si ricorda che l’articolo 35, comma 25, del decreto legge n. 223 del 2006, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 definiva come “agenti della riscossione” la società “Riscossione Spa” e le società da questa partecipate.

 


Articolo 2, commi 12 e 13
(Compensazione tra rimborsi di imposta e somme iscritte a ruolo)

 


12. Nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dopo l’articolo 28-bis è inserito il seguente:

“Art. 28-ter (Pagamento mediante compensazione volontaria con crediti d’imposta) - 1. In sede di erogazione di un rimborso d’imposta, l’Agenzia delle entrate verifica se il beneficiario risulta iscritto a ruolo e, in caso affermativo, trasmette in via telematica apposita segnalazione all’agente della riscossione che ha in carico il ruolo, mettendo a disposizione dello stesso, sulla contabilità di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto del Direttore generale del dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze in data 1° febbraio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 28 del 4 febbraio 1999, le somme da rimborsare.

2. Ricevuta la segnalazione di cui al comma 1, l’agente della riscossione notifica all’interessato una proposta di compensazione tra il credito d’imposta ed il debito iscritto a ruolo, sospendendo l’azione di recupero ed invitando il debitore a comunicare entro sessanta giorni se intende accettare tale proposta.

3. In caso di accettazione della proposta, l’agente della riscossione movimenta le somme di cui al comma 1 e le riversa ai sensi dell’articolo 22, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, entro i limiti dell’importo complessivamente dovuto a seguito dell’iscrizione a ruolo.

4. In caso di rifiuto della predetta proposta o di mancato tempestivo riscontro alla stessa, cessano gli effetti della sospensione di cui al comma 2 e l’agente della riscossione comunica in via telematica all’Agenzia delle entrate che non ha ottenuto l’adesione dell’interessato alla proposta di compensazione.

5. All’agente della riscossione spetta il rimborso delle spese vive sostenute per la notifica dell’invito di cui al comma 2, nonché un rimborso forfetario pari a quello di cui all’articolo 24, comma 1, del decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1993, n. 567, maggiorato del cinquanta per cento, a copertura degli oneri sostenuti per la gestione degli adempimenti attinenti la proposta di compensazione.

6. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono approvate le specifiche tecniche di trasmissione dei flussi informativi previsti dal presente articolo e sono stabilite le modalità di movimentazione e di rendicontazione delle somme che transitano sulle contabilità speciali di cui al comma 1, nonché le modalità di richiesta e di erogazione dei rimborsi spese previsti dal comma 5.”.

13. Nel decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, dopo l’articolo 20 è inserito il seguente:

“20-bis (Ambito di applicazione dell’articolo 28-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602). - 1. Può essere effettuato mediante la compensazione volontaria di cui all’articolo 28-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, il pagamento di tutte le entrate iscritte a ruolo dall’Agenzia delle entrate. Tuttavia, l’agente della riscossione, una volta ricevuta la segnalazione di cui al comma 1 dello stesso articolo 28-ter, formula la proposta di compensazione con riferimento a tutte le somme iscritte a ruolo a carico del soggetto indicato in tale segnalazione.

2. Le altre Agenzie fiscali e gli enti previdenziali possono stipulare una convenzione con l’Agenzia delle entrate per disciplinare la trasmissione, da parte di quest’ultima, della segnalazione di cui al citato articolo 28-ter, comma 1, anche nel caso in cui il beneficiario di un credito d’imposta sia iscritto a ruolo da uno dei predetti enti creditori. Con tale convenzione è regolata anche la suddivisione, tra gli stessi enti creditori, dei rimborsi spese spettanti all’agente della riscossione.”.


 

Il comma 12 dell’articolo 2 introduce l’articolo 28-ter nel DPR n. 602 del 1973, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.

 

In particolare, si prevede la possibilità di procedere ad una compensazione tra i rimborsi di imposta dovuti dall’Agenzia delle entrate e il debito nei confronti dell’erario iscritto nel ruolo emesso dagli agenti della riscossione (vale a dire “Riscossione SpA” e le società da questa partecipate).

 

A tal fine si prevede che l’Agenzia delle entrate:

1) verifichi se il beneficiario di un rimborso di imposta risulta debitore di somme nei confronti dell’erario (e cioè si sia proceduto all’emissione di un ruolo nei suoi confronti)

2) in caso affermativo, trasmetta in via telematica apposita segnalazione all’agente della riscossione incaricato di riscuotere il ruolo

3) metta a disposizione dell’agente della riscossione le somme da rimborsare. A tal fine la somma viene accantonata nelle contabilità speciali destinate alle somme per i rimborsi di imposta e messe a disposizione dei concessionari della riscossione chiamati ad effettuare materialmente i rimborsi presso le competenti sezioni di Tesoreria provinciale dello Stato ai sensi dell’articolo 2, comma 1 del Decreto del direttore generale del Dipartimento delle entrate, di concerto con il Ragioniere generale dello Stato del 1° febbraio 1999.

 

Ricevuta la segnalazione, l’agente della riscossione notifica all’interessato una proposta di compensazione tra il credito di imposta che dava diritto al rimborso ed il debito in relazione al quale è stato emesso il ruolo, sospendendo l’azione di recupero e invitando il debitore a comunicare entro sessanta giorni se intende accettare la proposta.

 

In caso di accettazione da parte del contribuente, l’agente della riscossione versa le somme accantonate sulla contabilità speciale all’Agenzia delle entrate in quanto ente creditore delle somme dovute dal contribuente entro i limiti dell’importo dovuto, secondo le modalità previste dall’articolo 22, comma 1 del decreto legislativo n. 112 del 1999, recante il riordino del servizio nazionale della riscossione.

 

L’articolo 22, comma 1, del decreto legislativo n. 112 del 1999 prevede che il concessionario riversi all’ente creditore le somme riscosse entro il decimo giorno successivo alla riscossione.

 

In caso di rifiuto da parte del contribuente, o di mancata risposta all’offerta nel termine di sessanta giorni previsto, cessano gli effetti della sospensione dell’azione di recupero e l’agente della riscossione comunica in via telematica all’Agenzia delle entrate che non ha ottenuto l’adesione dell’interessato alla proposta di compensazione.

 

All’agente della riscossione spetta comunque il rimborso delle spese vive sostenute per la notifica dell’invito ad effettuare la compensazione ed un rimborso forfetario pari a quello previsto per ogni rimborso erogato dagli agenti della riscossione dall’articolo 24, comma 1, del decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1993 n. 567 (venticinquemila lire da trattenersi in occasione del primo versamento utile alla sezione di tesoreria provinciale) maggiorato del cinquanta per cento per coprire gli oneri sostenuti per la gestione degli adempimenti attinenti la proposta di compensazione.

 

Viene infine rimesso ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate il compito di stabilire le specifiche modalità di trasmissione dei flussi informativi.

 

Il comma 13 dell’articolo 2, introducendo un articolo 20-bis nel decreto legislativo n. 46 del 1999, relativo al riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, consente la compensazione tra rimborsi di imposta e somme iscritte a ruolo anche per le somme iscritte a ruolo non dall’Agenzia delle entrate, ma dalle altre agenzie fiscali e dagli enti previdenziali.

Si prevede infatti che l’agente della riscossione formula la proposta della compensazione con riferimento a tutte le somme iscritte a ruolo a carico del soggetto che ha diritto al rimborso di imposta. Le altre agenzie fiscali e gli enti previdenziali possono stipulare una convenzione per disciplinare la trasmissione della segnalazione da parte dell’Agenzia delle entrateall’agente della riscossione anche nel caso in cui il beneficiario del rimborso sia debitore per somme iscritte a ruolo da tali soggetti (l’articolo 28-ter prevede invece che l’Agenzia delle entrate verifichi se il beneficiario sia debitore unicamente per ruoli emessi dall’Agenzia delle entrate medesima). La convenzione è chiamata a regolare anche la suddivisione, tra gli enti creditori, dei rimborsi spettanti all’agente della riscossione.

 

 


Articolo 2, comma 14
(Rappresentanza degli agenti della riscossione)

 


14. Il comma 2 dell’articolo 41 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, è sostituito dal seguente: “2. L’agente della riscossione può essere rappresentato dai dipendenti delegati ai sensi del comma 1, che possono stare in giudizio personalmente, salvo che non debba procedersi all’istruzione della causa, nei procedimenti relativi:

a) alla dichiarazione tardiva di credito di cui all’articolo 101 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

b) al ricorso di cui all’articolo 499 del codice di procedura civile;

c) alla citazione di cui all’articolo 543, secondo comma, n. 4, del codice di procedura civile.”.


 

 

Il comma 14 dell’articolo 2 sostituisce il comma 2 dell’articolo 41 del decreto legislativo n. 112 del 1999 in materia di rappresentanza degli agenti della riscossione nel processo esecutivo.

 

Nel testo previgente il comma 2 dell’articolo 41 prevedeva che il concessionario della riscossione potesse essere rappresentato dai dipendenti delegati ai sensi del comma 1 del medesimo articolo nei procedimenti di dichiarazione tardiva di credito di cui all’articolo 101 del regio decreto 16 marzo 1942 n. 267. Si prevedeva inoltre che i dipendenti delegati potessero stare in giudizio personalmente salvo che non dovesse procedersi all’istruzione della causa.

 

Il comma 1 dell’articolo 41 prevede che il legale rappresentante del concessionario possa delegare uno o più dipendenti che lo rappresentano nel compimento degli atti inerenti al servizio di riscossione, dinanzi al giudice dell’esecuzione.

 

Il regio decreto 16 marzo 1942 n. 267 reca la disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa. L’articolo 101 disciplina in particolare le domande tardive di crediti, prevedendo che le domande di ammissione al passivo di un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, depositate in cancelleria oltre il termine di trenta giorni prima dell'udienza fissata per la verifica del passivo e non oltre quello di dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo sono considerate tardive; in caso di particolare complessità della procedura, il tribunale, con la sentenza che dichiara il fallimento, può prorogare quest'ultimo termine fino a diciotto mesi.

 

La disposizione in commento adegua quindi la disposizione del comma 2 dell’articolo 41 del decreto legislativo n. 112 del 1999 alla riforma del sistema della riscossione facendo riferimento alla possibile rappresentanza in giudizio davanti al giudice dell’esecuzione dei dipendenti delegati degli agenti di riscossione, cioè “Riscossione SpA” e le società da questa partecipate (cfr. supra scheda relativa al comma 11 dell’articolo 2) anziché dei dipendenti delegati dei concessionari della riscossione.

 

In proposito si rileva che la disposizione del nuovo comma 2 dell’articolo 41 potrebbe risultare non perfettamente coordinata con quanto previsto al comma 1 del medesimo articolo dove si continua a fare riferimento ai concessionari della riscossione.

 

Il nuovo comma 2 dell’articolo 41 consente al dipendente delegato di stare in giudizio personalmente anche nel ricorso di cui all’articolo 499 del codice di procedura civile e nella citazione di cui all’articolo 543, secondo comma, n. 4, del codice di procedura civile.

 

L’articolo 499 del codice di procedura civile disciplina il ricorso che può essere effettuato dai creditori per intervenire nell’esecuzione dell’espropriazione dei beni del debitore pignorato. Possono intervenire nell'esecuzione i creditori che nei confronti del debitore hanno un credito fondato su titolo esecutivo, nonché i creditori che, al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro. sui beni pignorati ovvero avevano un diritto di pegno o un diritto di prelazione risultante da pubblici registri ovvero erano titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all'articolo 2214 del codice civile. Il ricorso deve essere depositato prima che sia tenuta l'udienza in cui è disposta la vendita o l'assegnazione dei beni del debitore deve contenere l'indicazione del credito e quella del titolo di esso, la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata e la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione. Se l'intervento ha luogo per un credito di somma di denaro risultante dalle scritture di cui al primo comma, al ricorso deve essere allegato, a pena di inammissibilità, l'estratto autentico notarile delle medesime scritture rilasciato a norma delle vigenti disposizioni.

 

L’articolo 543 del codice di procedura civile disciplina il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di terzi. In particolare, il numero 4) del secondo comma dell’articolo 543 prevede la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al giudice del luogo di residenza del terzo, affinché questi faccia la dichiarazione di cui all’articolo 547 e il debitore sia presente alla dichiarazione e agli atti ulteriori, con invito al terzo a comparire quando il pignoramento riguarda i crediti di cui all’articolo 545, commi terzo e quarto, e negli altri casi a comunicare la dichiarazione di cui all’articolo 547 al creditore procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata. Nella disposizione in commento il dipendente delegato dell’agente della riscossione potrebbe stare in giudizio come terzo nei confronti del quale il debitore pignorato vanta crediti.


Articolo 2, comma 15
(Estensione del versamento unitario e della compensazione alla riscossione dei contributi sindacali)

 

15. L’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, si interpreta nel senso che le disposizioni nello stesso previste si applicano anche ai contributi stabiliti nella legge 4 giugno 1973, n. 311.

 

Il comma 15 reca un’interpretazione autentica in merito all’estensione del meccanismo del versamento unitario e della compensazione in materia di riscossione, previsti dall’articolo 17, comma 1, del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241[8].

 

Si ricorda che L’articolo 17 del D.Lgs. 241 del 1997 ha disposto il versamento unitario da parte dei contribuenti delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali. Lo stesso articolo ha previsto altresì l’eventuale compensazione dei crediti, da effettuarsi entro la data di presentazione della dichiarazione successiva dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del provvedimento.

Il versamento unitario e la compensazione riguardano i crediti e i debiti relativi, tra gli altri, ai:

§      contributi previdenziali dovuti da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali, comprese le quote associative (comma 2, lett. e));

§      contributi previdenziali ed assistenziali dovuti dai datori di lavoro e dai committenti di prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa[9], di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a), del T.U.I.R.[10] (comma 2, lett. f));

§      ai premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dovuti ai sensi del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124[11] (comma 2, lett. g)).

 

Più specificamente, il comma in esame dispone che l’articolo 17, comma 1, deve interpretarsi nel senso che le disposizioni nello stesso previste si applicano anche alla riscossione dei contributi di cui alla L. 4 giugno 1973, n. 311, servizio effettuato tramite gli enti previdenziali indicati nella legge stessa. Si tratta dei contributi associativi dovuti dagli iscritti alle associazioni sindacali a carattere nazionale e dei contributi per assistenza contrattuale che siano stabiliti dai contratti di lavoro.

L’estensione del sistema di riscossione unitario ai contributi in questione è volto a semplificare le relative modalità di pagamento da parte dei soggetti obbligati, anche grazie alla possibilità di avvalersi della compensazione.

 

Si ricorda, più in dettaglio, che l’articolo unico della L. 311 del 1973 prevede che l’INPS e l’INAIL, previa autorizzazione del Ministro del lavoro e sulla base di apposite convenzioni, possono assumere, su richiesta delle associazioni sindacali a carattere nazionale e previa, il servizio di esazione dei contributi associativi dovuti dagli iscritti e dei contributi per assistenza contrattuale che siano stabiliti dai contratti di lavoro[12].

 

Sul piano della formulazione del comma in esame, si osserva che sarebbe opportuno riferirsi all’intero articolo 17 del D.Lgs. 241 del 1997.


Articolo 2, comma 16
(Rimborso all’Agenzia delle entrate degli oneri di riscossione)

 


16. Per il servizio di riscossione dei contributi e premi previsti dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, è dovuto all’Agenzia delle entrate il rimborso degli oneri sostenuti per garantire il servizio di riscossione. Le modalità di trasmissione dei flussi informativi, nonché il rimborso delle spese relativi alle operazioni di riscossione sono disciplinati con convenzione stipulata tra l'Agenzia delle entrate e gli enti interessati.


 

 

Il comma 16 dell’articolo 2 stabilisce che all’Agenzia delle entrate è dovuto il rimborso degli oneri sostenuti per garantire il servizio di riscossione in relazione ai premi e contributi ammessi alla compensazione tra debiti e crediti di imposta ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 (cfr. supra scheda relativa al comma 15 dell’articolo 2).

Si tratta dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti dai datori di lavoro e dai titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali e dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali

 


Articolo 3, comma 1
(Ammortamento del costo dei fabbricati strumentali)

 


1. All’articolo 36 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 7 è inserito il seguente:

7-bis. Le disposizioni del comma 7 si applicano anche ai fabbricati strumentali acquisiti mediante contratti di locazione finanziaria con riferimento alla quota capitale del canone.”;

b) il comma 8 è sostituito dal seguente: “8. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto anche per le quote di ammortamento dei canoni relativi ai fabbricati costruiti, acquistati o acquisiti nel corso di periodi di imposta precedenti.”.


 

 

Il comma 1 dell’articolo 3 novella l’articolo 36 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 258, inserendo in tale articolo un nuovo comma 7-bis, e sostituendo il comma 8.

In conseguenza della novella viene eliminata la possibilità di ammortizzare le aree occupate da fabbricati strumentali all’esercizio dell’impresa e dei terreni costituenti pertinenze, anche nel caso in cui siano acquisiti mediante contratto di locazione finanziaria (leasing).

 

Il comma 7 del citato articolo 36 prevede che non possono essere ammortizzati i costi delle aree occupate dai fabbricati strumentali all’esercizio dell’impresa[13], nonché il costo dei terreni che ne costituiscono pertinenza. Il costo delle predette aree è quantificato in misura pari al valore risultante da apposita perizia di stima, redatta da soggetti iscritti agli albi degli ingegneri, degli architetti, dei geometri e dei periti industriali edili, e comunque non inferiore al 20 per cento e, per i fabbricati industriali, al 30 per cento del costo complessivo.

 

Il nuovo comma 7-bis dell’articolo 36, introdotto dalla lettera a) del comma 1 in esame, estende l’applicazione del precedente comma 7 ai fabbricati strumentali acquisiti mediante contratto di locazione finanziaria (leasing). A questo fine, il costo del terreno (non ammortizzabile) deve essere stimato in misura non inferiore al 20 per cento (o al 30 per cento, per i fabbricati industriali) della quota capitale[14] del canone di locazione.

 

La lettera b) del presente comma 1 modifica il comma 8 del citato articolo 36, relativo all’entrata in vigore del precedente comma 7. Nella disposizione, che prevede l’applicazione della nuova disciplina dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 223 del 2006 (4 luglio 2006), viene ricompresa anche la fattispecie disciplinata dal nuovo comma 7-bis (acquisto del fabbricato strumentale mediante contratto di locazione finanziaria).

 

Il citato comma 8 stabilisce che le disposizioni del comma 7 si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 223 del 2006 (4 luglio 2006), e ciò anche relativamente alle quote di ammortamento relative ai fabbricati costruiti o acquistati nel corso di periodi d’imposta precedenti.

 


Articolo 3, commi 2 e 3
(Dividendi e interessi nei contratti di riporto,
pronti contro termine e mutuo di titoli garantito)

 


2. All’articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, le parole: “il mutuatario e il cessionario a pronti hanno diritto al credito d’imposta sui dividendi soltanto se tale diritto sarebbe spettato, anche su opzione, al mutuante ovvero al cedente a pronti” sono sostituite dalle seguenti: “al mutuatario e al cessionario a pronti si applica il regime previsto dall’articolo 89, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, soltanto se tale regime sarebbe stato applicabile al mutuante o al cedente a pronti”.

3. La disposizione del comma 2 si applica ai contratti stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.


 

 

Il comma 2 dell’articolo 3, che novella l’articolo 2, comma 3, del D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461, relativo ai contratti di riporto, pronti contro termine e mutuo di titoli garantito, limita la possibilità per il mutuatario e il cessionario a pronti di godere del regime di detassazione parziale dei dividendi, di cui all’articolo 89, comma 2, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).

 

L’articolo 2, comma 3, del D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461, nella versione precedente all’entrata in vigore del decreto-legge in esame, stabilisce che nei rapporti di riporto[15] e pronti contro termine su titoli e valute[16] e nei rapporti di mutuo di titoli garantito[17] il mutuatario e il cessionario a pronti (ovvero i soggetti che si trovano in possesso dei titoli e che pertanto percepiscono i relativi dividendi) hanno diritto al credito d'imposta sui dividendi, soltanto se tale diritto sarebbe spettato, anche su opzione, al mutuante ovvero al cedente a pronti.

Si ricorda che il credito d’imposta sui dividendi (articolo 14 del D.P.R. n. 917 del 1986 - TUIR, nel testo precedente l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 344 del 2003, di riforma dell’imposizione sul reddito delle società) era un meccanismo diretto ad evitare la doppia imposizione sugli utili distribuiti dai soggetti IRPEG[18], abolito dal citato D.Lgs. n. 344 del 2003 e sostituito da un nuovo regime di tassazione degli utili percepiti dai soci delle società di capitali. Tale nuovo regime prevede che, fermo restando il pagamento dell’imposta da parte della società, gli utili percepiti dai soci concorrano alla formazione del reddito del socio stesso solo per una percentuale del loro importo, variamente determinata in relazione alla natura del socio (persona fisica, imprenditore o meno, o persona giuridica) e alla misura della sua partecipazione alla società (qualificata o meno). Il trattamento più favorevole è quello previsto dall’articolo 89, comma 2, del TUIR, il quale prevede che gli utili distribuiti dai soggetti IRES (esclusi le società e gli enti non residenti) non concorrono alla formazione del reddito della società o dell’ente ricevente (a loro volta soggetti IRES) per il 95 per cento del loro ammontare.

 

La modifica introdotta dal comma 2 in esame al sopra illustrato articolo 2, comma 3, del D.Lgs. n. 461 del 1997, è diretta ad estendere anche al nuovo regime della detassazione parziale dei dividendi, di cui al citato articolo 89 del TUIR, il principio della spettanza al mutuatario o al cessionario a pronti, solamente nei casi in cui lo stesso diritto sarebbe spettato al mutuante o al cedente a pronti.

 

Il comma 3 dell’articolo 3 stabilisce che il precedente comma 2 si applica ai contratti stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge (3 ottobre 2006).


Articolo 3, comma 4
(Aumento imposta sostitutiva sulle plusvalenze immobiliari)

 

4. All’articolo 1, comma 496, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, le parole: “12,50 per cento” sono sostituite dalle seguenti: “20 per cento”.

 

 

Il comma 4 dell’articolo 3 aumenta dal 12,50 per cento al 20 per cento l’aliquota dell’imposta sostitutiva su alcune plusvalenze immobiliari, introdotta, in alternativa al regime ordinario, dall’articolo 1, comma 496, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006).

 

Si ricorda che il citato articolo 1, comma 496, ha introdotto in favore del cedente la facoltà di optare per l’applicazione di un’imposta sostitutiva, in luogo del regime ordinario di tassazione, relativamente alle plusvalenze realizzate:

§       sulle cessioni a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni;

§       sulle cessione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.

L’aliquota dell’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi era stabilita, dalla versione originaria della legge n. 266 del 2005, nel 12,50 per cento. L'imposta sostitutiva è applicata, all'atto della cessione, dal notaio, su richiesta rivoltagli dalla parte venditrice; il notaio medesimo deve altresì provvedere al versamento dell'imposta, ricevendone la provvista dal cedente. Il notaio è tenuto inoltre a comunicare all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle cessioni interessate dalla norma, secondo le modalità stabilite con provvedimento del Direttore della predetta Agenzia.[19]

Il regime ordinario che si applica in caso di mancato esercizio dell’opzione è quello di cui all’articolo 67, comma 1, lettera b), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 – TUIR.

Tale articolo stabilisce che sono redditi diversi – se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente – le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione o donazione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.

Il successivo articolo 68 del TUIR definisce le plusvalenze ricomprese nelle lettere a) e b) del comma 1 del citato articolo 67 quale differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo d’imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo.

Tali plusvalenze contribuiscono pertanto alla determinazione del reddito complessivo e sono assoggettate a tassazione ordinaria.

Ai sensi dell’articolo 13 del TUIR, l'imposta lorda sui redditi delle persone fisiche è determinata applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili e delle deduzioni, le seguenti aliquote per scaglioni di reddito[20]:

a)  fino a 26.000 euro, 23 per cento;

b)  oltre 26.000 euro e fino a 33.500 euro, 33 per cento;

c)  oltre 33.500 euro, 39 per cento.

Sulla parte di reddito imponibile eccedente l'importo di 100.000 euro è inoltre prevista l’applicazione di un "contributo di solidarietà" del 4 per cento.

Relativamente all’imposta sui redditi delle società, l’aliquota è stabilita dall’articolo 77 del TUIR nel 33 per cento.

 

L’imposta sostitutiva sulle plusvalenze, anche tenendo conto dell’aumento disposto dal comma in esame, costituisce un regime fiscale più vantaggioso per il venditore, rispetto all’applicazione del regime ordinario di tassazione con la relativa aliquota marginale.


Articolo 3, comma 5
(Riporto delle perdite)

 


5. Il comma 13 dell’articolo 36 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è sostituito dal seguente: “13.Le disposizioni della lettera a) del comma 12 si applicano alle perdite relative ai primi tre periodi d’imposta formatesi a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto. Per le perdite relative ai primi tre periodi d’imposta formatesi in periodi anteriori alla predetta data resta ferma l’applicazione dell’art. 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.”.


 

 

Il comma 5 dell’articolo 3, che novella l’articolo 36, comma 13, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, reca disposizioni transitorie in materia di riporto delle perdite realizzate dalle nuove imprese nei primi tre periodi d’imposta.

 

L’articolo 84, comma 2, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 – TUIR, prevede che le perdite generate nei primi tre periodi d’imposta dell’impresa possono essere riportate, senza limiti di tempo, in diminuzione dal reddito complessivo dell’impresa stessa, in deroga al criterio generale per il quale le perdite possono essere computate in diminuzione del reddito solo entro i primi cinque periodi d’imposta successivi a quello in cui abbiano a verificarsi (criterio previsto dal comma 1 dell’articolo 84 del TUIR).

La previsione, dettata per favorire le imprese di nuova costituzione, si è però prestata ad un utilizzo distorto. Infatti operazioni di scissione e conferimento sono state frequentemente utilizzate per trasformare perdite soggette al limite di riporto quinquennale in perdite riportabili senza limiti di tempo, nonostante quanto previsto dal comma 3 dello stesso articolo 84, volto a contrastare operazioni meramente strumentali di acquisizione di società in perdita, con collegato conferimento in esse di attività aziendali redditizie.

L’articolo 36, comma 12, lettera a), del citato D.L. n. 223 del 2006, ha novellato il comma 2 dell’articolo 84 cit., ponendo due condizioni per il riporto illimitato delle perdite:

1)       i tre periodi di imposta nei quali si maturano le perdite illimitatamente riportabili decorrono dalla data di costituzione dell’impresa, non rilevando eventuali trasformazioni della stessa;

2)       l’attività produttiva alla quale si riferiscono le perdite deve essere nuova; pertanto il proseguimento di un’attività imprenditoriale da parte di un nuovo soggetto non dà diritto al riporto illimitato delle perdite.

Il comma 13 dell’articolo 36 del D.L. n. 223 del 2006, nella versione precedente la novella in esame, detta disposizioni transitorie per le perdite, relative ai primi tre periodi di imposta, formatesi in esercizi precedenti a quello in corso alla data del 4 luglio 2006 (data di entrata in vigore del D.L. n. 223 del 2006), per le quali non si verificano le due condizioni sopra ricordate. Tali perdite, se non ancora utilizzate, possono essere portate in diminuzione del reddito dei periodi successivi solo entro i primi otto periodi di imposta successivi a quello di formazione.

 

Il primo periodo del nuovo comma 13 dell’articolo 36 cit. (introdotto dal presente comma 5) conferma l’applicabilità delle modifiche all’articolo 84, comma 2, del TUIR alle perdite formatesi a decorrere dal periodo di imposta in corso al 4 luglio 2006.

Il secondo periodo del nuovo comma 13 detta una diversa disciplina transitoria per le perdite, relative ai primi tre periodi d’imposta, formatesi in periodi d’imposta anteriori al 4 luglio 2006: per verificare l’illimitata deducibilità di tali perdite si applica l’articolo 37-bis (Disposizioni antielusive) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (“Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”).

 

Il comma 1 dell’articolo 37-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 dispone l’inopponibilità all’amministrazione finanziaria di atti, fatti e negozi, anche collegati tra loro, “privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti”.


Articolo 3, comma 6
(Utilizzo di perdite fiscali anteriori alla “tassazione per trasparenza”)

 


6. Il comma 11 dell’articolo 36 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è sostituito dal seguente: “11. Le disposizioni di cui ai commi 9 e 10 hanno effetto con riferimento ai redditi delle società partecipate relativi a periodi di imposta che iniziano successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Per i redditi delle società partecipate relativi a periodi di imposta precedenti alla predetta data resta ferma l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.”.


 

 

Il comma 6 dell’articolo 4, che novella l’articolo 36, comma 11, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, reca disposizioni transitorie in materia di utilizzazione delle perdite fiscali anteriori all’inizio della “tassazione per trasparenza”.

 

In base all’articolo 115 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 - TUIR il regime di “trasparenza fiscale” prevede che nelle società e negli enti commerciali che risultino esclusivamente partecipati da altre società ed enti commerciali sia possibile[21] imputare il reddito imponibile a ciascun socio, in proporzione alla sua quota di partecipazione degli utili, indipendentemente dalla effettiva percezione dei suddetti utili.

Ai sensi dell’articolo 115, comma 3, del TUIR, nel testo precedente all’entrata in vigore del citato D.L. n. 223 del 2006, a differenza di quanto avviene nel consolidato fiscale[22] (si confrontino gli articoli 118, comma 2, e 134, comma 2, del TUIR), la società partecipante, che avesse esercitato l’opzione per la trasparenza, aveva la possibilità di utilizzare le perdite pregresse sia per compensare i propri redditi, sia per compensare i redditi che le vengono imputati per trasparenza dalle società partecipate.

L’articolo 36, comma 9, del D.L. n. 223 del 2006 ha introdotto un limite all’utilizzabilità delle perdite fiscali anteriori all’inizio del regime di “tassazione per trasparenza”, conformemente a quanto previsto per il regime delle perdite adottato nel “consolidato fiscale”. Tali perdite non possono essere utilizzate per compensare i redditi imputati dalle società partecipate, ma solo per compensare i redditi propri della società partecipante[23].

Il limite introdotto dal citato articolo 36, comma 9, si applica anche al regime di “trasparenza fiscale” relativo alle società a ristretta base proprietaria (si veda l’articolo 116, comma 2, del TUIR, come modificato dal comma 10 del citato articolo 36).

 

Il comma 11 dell’articolo 36 cit., nella versione originaria, prevedeva che le disposizioni di cui ai commi 9 e 10 dello stesso articolo 36 avessero effetto dal periodo d’imposta dei soci in corso alla data del 4 luglio 2006 (data di entrata in vigore del D.L. n. 223 del 2006) e con riferimento ai redditi delle società partecipate relativi a periodi d’imposta chiusi a partire dalla predetta data.

 

Il comma 6 in esame, che sostituisce integralmente il comma 11 dell’articolo 36, stabilisce invece che:

§      le modifiche agli articoli 115 e 116 del TUIR, introdotte dai commi 9 e 10 dell’articolo 36, hanno effetto con riferimento ai redditi delle società partecipate relativi a periodi di imposta che iniziano successivamente alla data del 4 luglio 2006 (data di entrata in vigore del D.L. n. 223 del 2006);

§      per i redditi delle società partecipate relativi a periodi di imposta precedenti al 4 luglio 2006 resta ferma l’applicazione dell’articolo 37-bis (Disposizioni antielusive) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (“Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”).

 

Il comma 1 dell’articolo 37-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 dispone l’inopponibilità all’amministrazione finanziaria di atti, fatti e negozi, anche collegati tra loro, “privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti”.


Articolo 3, comma 7
(Determinazione della base imponibile per i soggetti non residenti)

 

7. Per l’anno 2006, l’articolo 3, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si applica nel testo vigente alla data del 3 luglio 2006.

 

 

Il comma 7 dell’articolo 3 differisce l’applicazione dell’articolo 36, comma 22, lettera a), del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, relativo alla determinazione della base imponibile dell’imposta sul reddito delle persone fisiche per i non residenti.

 

Il comma 22 dell’articolo 36, alla lettera a), ha sostituito il comma 1 dell'articolo 3 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 settembre 1986, n. 917, riguardante la determinazione della base imponibile dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. Il nuovo testo stabilisce che il reddito complessivo del soggetto, sul quale si applica l’imposta, è formato:

a)         per i residenti, da tutti i redditi posseduti, al netto degli oneri deducibili indicati nell'articolo 10, nonché delle deduzioni effettivamente spettanti ai sensi degli articoli 11 e 12;

b)        per i non residenti, soltanto dai redditi prodotti nel territorio dello Stato.

 

Nel testo previgente, l'articolo 3, comma 1, del TUIR stabiliva che l'imposta si applicava sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti e per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato, al netto, per entrambi, degli oneri deducibili indicati nell'articolo 10[24], nonché delle deduzioni effettivamente spettanti ai sensi degli articoli 11 e 12[25].

In sostanza, la novella ha soppresso il richiamo delle disposizioni in materia di oneri deducibili, deduzioni per oneri di famiglia e deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione (no-tax area) in relazione ai redditi prodotti nel territorio dello Stato da soggetti non residenti in Italia.

 

Le modifiche introdotte dal sopra illustrato articolo 36, comma 22, del D.L. n. 223 del 2006 avrebbero dovuto trovare applicazione a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore dello stesso D.L. n. 223 del 2006 (4 luglio 2006); invece, per effetto del presente comma 7, per l’anno 2006 si applicherà ancora la disciplina previgente, anch’essa sopra illustrata.

 


Articolo 3, commi 8-11
(IRPEF delle persone fisiche residenti a Campione d’Italia)

 


8. Nel testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo l’articolo 188 è inserito il seguente:

“188-bis. (Campione d’Italia) - 1. Ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, i redditi delle persone fisiche iscritte nei registri anagrafici del comune di Campione d’Italia prodotti in franchi svizzeri nel territorio dello stesso comune per un importo complessivo non superiore a 200.000 franchi sono computati in euro sulla base del cambio di cui all’articolo 9, comma 2, ridotto forfetariamente del 20 per cento.

2. I soggetti di cui al presente articolo assolvono il loro debito d’imposta in euro.

3. Ai fini del presente articolo si considerano iscritte nei registri anagrafici del comune di Campione d’Italia anche le persone fisiche aventi domicilio fiscale nel medesimo comune le quali, già residenti nel comune di Campione d’Italia, sono iscritte nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) dello stesso comune e residenti nel Canton Ticino della Confederazione elvetica.”.

9. Per l’anno 2006, l’articolo 188 del citato testo unico di cui al comma 8, si applica nel testo vigente alla data del 3 luglio 2006.
10. Il comma 31 dell’articolo 36 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è abrogato.

11. Per l’anno 2007, il tasso convenzionale di cambio di cui all’articolo 188-bis del testo unico delle imposte sui redditi di cui al comma 8 è pari a 0,52135 euro per ogni franco svizzero.


 

 

I commi da 8 a 11 dell’articolo 3 disciplinano l’applicazione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) per i soggetti residenti a Campione d’Italia.

 

La necessità di una specifica disciplina fiscale nei confronti dei cittadini di Campione d'Italia ebbe origine in uno specifico periodo storico, al fine di perequare la pressione fiscale nei confronti di questi soggetti, i quali operavano in un contesto economico sostanzialmente assimilabile a quello svizzero, caratterizzato cioè dall'utilizzo del franco svizzero e da un costo della vita superiore a quello registrato in Italia, e che sarebbero stati penalizzati dalla conversione dei redditi dalla valuta estera elvetica nella valuta nazionale secondo le modalità ordinarie previste dall'articolo 9, comma 2, del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (ossia al valore di cambio del giorno in cui sono stati percepiti).

Per far fronte a questa situazione fu introdotta nel nostro ordinamento una specifica disposizione, l’articolo 188 del TUIR, il quale disponeva che i redditi delle persone fisiche iscritte nei registri anagrafici del comune di Campione d'Italia, prodotti in franchi svizzeri nel territorio dello stesso comune per un importo complessivo non superiore a 200.000 franchi fossero computati in euro, sulla base di un tasso convenzionale di cambio, stabilito ogni tre anni con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, tenuto conto anche della variazione dei prezzi al consumo nelle zone limitrofe intervenuta nel triennio.

A questo fine si consideravano iscritte nei registri anagrafici del comune di Campione d'Italia anche le persone fisiche aventi domicilio fiscale nel medesimo comune le quali, già residenti nel comune di Campione d'Italia, fossero iscritte all'anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) dello stesso comune e fossero residenti nel Canton Ticino della Confederazione elvetica.

L’articolo 36, comma 31, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha abrogato l’articolo 188 del TUIR, in considerazione del fatto che, come indicato nella relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del citato decreto-legge, la distanza fra il costo della vita in Svizzera e in Italia è sostanzialmente venuta meno; e che “nel panorama legislativo italiano le sperequazioni fra i diversi costi della vita normalmente non trovano rimedio mediante misure fiscali”.

 

I presenti commi dispongono la reintroduzione del regime speciale in favore dei cittadini di Campione d’Italia.

In particolare il comma 8 dell’articolo 3 provvede all’inserimento nel TUIR di un nuovo articolo, il 188-bis, che ricalca sostanzialmente l’abrogato articolo 188 del TUIR, con una differenza consistente nelle modalità di cambio dei franchi svizzeri in euro: mentre l’articolo 188 rinviava ad un apposito decreto ministeriale per la determinazione del tasso convenzionale di cambio, il nuovo articolo 188-bis prevede l’applicazione del sopra menzionato articolo 9, comma 2, del TUIR (cambio di mercato), con una riduzione forfetaria del 20 per cento.[26]

Anche se non espressamente previsto, il nuovo articolo 188-bis del TUIR si applicherà a decorrere dall’anno 2007, in quanto per l’anno 2006 il comma 9 dell’articolo 3 in esame dispone l’applicazione dell’articolo 188 del TUIR nel testo precedente l’entrata in vigore del D.L. n. 223 del 2006 (che, come sopra ricordato, ha abrogato il suddetto articolo 188 del TUIR).

Il comma 10 provvede all’abrogazione dell’articolo 36, comma 31, del D.L. n. 223 del 2006 (ovvero della norma che ha abrogato l’articolo 188 del TUIR).

Il comma 11 infine stabilisce che, per l’anno 2007, il tasso convenzionale di cambio di cui all’articolo 188-bis del TUIR è pari a 0,52135 euro per ogni franco svizzero[27].


Articolo 3, comma 12
(Trattamento tributario delle stock options)

 


12. Il comma 25 dell’articolo 36 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è sostituito dal seguente:

«25. All’articolo 51, comma 2-bis, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: “La disposizione di cui alla lettera g-bis) del comma 2 si rende applicabile esclusivamente quando ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:

a) che l’opzione sia esercitabile non prima che siano scaduti tre anni dalla sua attribuzione;

b) che, al momento in cui l’opzione è esercitabile, la società risulti quotata in mercati regolamentati;

c) che il beneficiario mantenga per almeno i cinque anni successivi all’esercizio dell’opzione un investimento nei titoli oggetto di opzione non inferiore alla differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e l’ammontare corrisposto dal dipendente. Qualora detti titoli oggetto di investimento siano ceduti o dati in garanzia prima che siano trascorsi cinque anni dalla loro assegnazione, l’importo che non ha concorso a formare il reddito di lavoro dipendente al momento dell’assegnazione è assoggettato a tassazione nel periodo d’imposta in cui avviene la cessione ovvero la costituzione in garanzia.”.


 

 

Il comma 12 dell’articolo 3, che novella l’articolo 36, comma 25, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, disciplina il trattamento tributario delle azioni distribuite dalle società ai propri dipendenti (c.d. stock options).

 

La lettera g-bis) dell'art. 51, comma 2, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR, disciplina i piani di azionariato che hanno l'obiettivo di remunerare categorie di dipendenti o singoli dipendenti, mediante l’assegnazione di diritti non cedibili di opzione[28]. Tali diritti non sono soggetti a tassazione, mentre sono tassabili i titoli e i valori acquistati con l’esercizio del diritto di opzione, a meno che non si renda applicabile alla fattispecie la citata lettera g-bis) dell’articolo 51, comma 2. Questa norma prevede che non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente “la differenza tra il valore delle azioni al momento dell'assegnazione e l'ammontare corrisposto dal dipendente, a condizione che il predetto ammontare sia almeno pari al valore delle azioni stesse alla data dell'offerta; se le partecipazioni, i titoli o i diritti posseduti dal dipendente rappresentano una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria o di partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 10 per cento, la predetta differenza concorre in ogni caso interamente a formare il reddito”. La disposizione si applica esclusivamente alle azioni emesse dall'impresa con la quale il contribuente intrattiene il rapporto di lavoro, nonché a quelle emesse da società che direttamente o indirettamente, controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa (comma 2-bis dell’articolo 51 del TUIR).

Il comma 25 dell’articolo 36 del D.L. n. 223 del 2006, nella versione precedente l’entrata in vigore del presente decreto-legge, ha subordinato l’applicabilità dell’esenzione concessa dalla lettera g-bis) dell’articolo 51, comma 2, del TUIR, alla condizione che le azioni offerte non siano comunque cedute né costituite in garanzia prima che siano trascorsi cinque anni dalla data dell’assegnazione, e che il valore delle azioni assegnate non sia superiore complessivamente, nel periodo d’imposta, alla retribuzione lorda annua del dipendente relativa al periodo d’imposta precedente.

In caso di cessione o costituzione in garanzia prima del termine di cinque anni, il valore delle azioni concorre alla formazione del reddito nel periodo d’imposta in cui avviene la cessione ovvero la costituzione della garanzia. Se il valore delle azioni risulta superiore alla retribuzione lorda annua del dipendente relativa al periodo d’imposta precedente, concorre a formare il reddito la differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e l’ammontare corrisposto dal dipendente.

Il comma 12 in esame sostituisce integralmente il sopra ricordato comma 25 dell’articolo 36, subordinando l’applicazione dell’esenzione di cui alla lettera g-bis) al verificarsi congiunto delle seguenti condizioni:

a)      che l’opzione sia esercitabile non prima che siano scaduti tre anni dalla sua attribuzione[29];

b)      che, al momento in cui l’opzione è esercitabile, la società risulti quotata in mercati regolamentati;

c)      che il dipendente mantenga, per almeno i cinque anni successivi all’esercizio dell’opzione, un investimento nei titoli oggetto dell’opzione non inferiore alla differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e l’ammontare corrisposto dal dipendente. Qualora detti titoli oggetto di investimento siano ceduti o dati in garanzia prima che siano trascorsi cinque anni dalla loro assegnazione, l’importo che non ha concorso a formare il reddito di lavoro dipendente al momento dell’assegnazione è assoggettato a tassazione nel periodo d’imposta in cui avviene la cessione ovvero la costituzione in garanzia

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 36, comma 26, del citato D.L. n. 223 del 2006, la disposizione sopra illustrata si applica alle azioni la cui assegnazione ai dipendenti sia effettuata successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso decreto-legge (4 luglio 2006).


Articolo 4, comma 1
(Modifiche al regime IVA per i produttori agricoli “minimi”)

 


1. Nel decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 32-bis, comma 3, dopo la parola: “imposta” sono inserite le seguenti: “salvo quanto previsto dall’articolo articolo 34, comma 6, primo periodo,”;

b) all’articolo 34, comma 6:

     1) il primo periodo è sostituito dal seguente:“Ai produttori agricoli che, nell’anno solare precedente, hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume d’affari non superiore a 7000 euro,costituito per almeno due terzi da cessioni di prodotti di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 32-bis.”;

     2) il secondo periodo è soppresso;

     3) nel terzo periodo le parole: “superiore a cinque ovvero a quindici, ma non a quaranta milioni di lire” sono sostituite dalle seguenti: “superiore a 7000 euro, ma non a 20658,28 euro” ;

     4) il quarto periodo è sostituito dal seguente: “Le disposizioni del precedente periodo cessano di avere applicazione a partire dall’anno solare successivo a quello in cui è stato superato il limite di 20.658,28 euro a condizione che non venga superato il limite di un terzo delle cessioni di altri beni.”.


 

 

Il comma 1, lett. a) e lett. b) n. 1, dell’articolo 4 modifica il regime speciale IVA per i produttori agricoli “minimi” di cui all’articolo 34, comma 6,del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633[30].

 

Il regime speciale per i produttori agricoli di cui all’articolo 34 del D.P.R. n. 633 del 1972 si distingue, rispetto a quello ordinario, essenzialmente per i diversi criteri di detrazione e di applicazione dell'imposta. La detrazione dell’imposta, infatti, è forfetizzata in misura pari all'importo che risulta applicando all'ammontare delle cessioni stesse le percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole. In sostanza, gli agricoltori non detraggono dall'IVA sulle vendite dei prodotti agricoli l’imposta effettivamente pagata per l'acquisto di beni e servizi, ma quella derivante dall'applicazione della percentuale di compensazione prevista per legge in base al tipo di attività o prodotto agricolo venduto.

 

Con la modifica in esame si prevede che ai produttori agricoli che nell’anno solare precedente abbiano realizzato o, in caso di inizio attività, prevedano di realizzare un volume d'affari non superiore a settemila euro, costituito per almeno due terzi da cessioni di prodotti agricoli e ittici di cui al comma 1, si applichi il nuovo regime IVA (c.d. “regime della franchigia”), previsto dall’articolo 32-bis del D.P.R. n. 633 del 1972.

Si tratta del regime recentemente introdotto dall’articolo 37, comma 15, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e applicabile a partire dall’anno 2007. Esso prevede che siano esclusi dal campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto i contribuenti che nell’anno solare precedente abbiano realizzato o, in caso di inizio attività, prevedano di realizzare, un volume d’affari non superiore a 7.000 euro (c.d. contribuenti minimi).

Con la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 28/E del 4 agosto 2006[31] sono state stabilite, come previsto dal comma 15 dell’articolo 32-bis, le prime procedure di attuazione di tale nuovo articolo e le modalità da osservare in caso di opzione per il regime ordinario.

Secondo quanto indicato nella circolare, il regime della franchigia IVA non avrebbe dovuto sovrapporsi a quello “speciale” per i produttori agricoli, per i quali avrebbero continuato ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 34 del D.P.R. n. 633 del 1972. La franchigia IVA avrebbe invece trovato applicazione, a partire dal 2007, esclusivamente per i produttori agricoli che avessero optato per l’applicazione dell’IVA ordinaria, come consentito dall’articolo 34, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972.

Con la modifica del comma 1 dell’articolo 4 in esame, invece, oltre ad essere innalzato da cinque milioni di lire a settemila euro il limite per usufruire del regime speciale agevolato per i produttori agricoli, esso viene ricondotto a quello generale della “franchigia IVA”, disciplinato dall’articolo 32-bis dello stesso D.P.R. n. 633 del 1972.

 

Il regime della franchigia IVA, in base all’articolo 32-bis, si applica a persone fisiche esercenti attività commerciali, agricole e professionali che, nell’anno solare precedente, hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume di affari non superiore a 7.000 euro, e che non hanno effettuato (o prevedono di non effettuare) cessioni all’esportazione.

Tali soggetti passivi marginali sono esonerati dagli obblighi di liquidazione e versamento dell’IVA sia periodici che annuali e da tutti gli altri obblighi previsti dal D.P.R. n. 633 del 1972. Si tratta dei seguenti:

§      registrazione delle fatture emesse;

§      registrazione dei corrispettivi;

§      registrazione degli acquisti dichiarazione e comunicazione annuale;

§      compilazione ed invio del nuovo elenco clienti e fornitori;

§      tenuta e conservazione dei registri e documenti, fatta eccezione per le fatture di acquisto e le bollette doganali di importazione.

Essi, ovviamente, non potranno addebitare l’imposta sulle operazioni effettuate a titolo di rivalsa, né potranno detrarre l’IVA pagata sugli acquisti e sulle importazioni.

Permangono invece comunque per tali contribuenti minimi i seguenti adempimenti:

§      gli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali;

§      l’obbligo di certificazione dei corrispettivi e della loro comunicazione telematica all’Agenzia delle entrate[32];

§      l’obbligo di integrare la fattura per gli acquisti intracomunitari e per le altre operazioni di cui risultano debitori di imposta (ad es. inversione contabile) con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta;

§      l’obbligo di versamento dell’imposta di cui al punto precedente entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.

 

Per quanto riguarda la trasmissione telematica dell’ammontare complessivo delle operazioni effettuate all’Agenzia delle entrate, a tale obbligo, in base al comma 1 in esame, vengono ora sottoposti anche i produttori agricoli ricompresi nel regime di franchigia IVA. A tale proposito, il comma 13 dell’articolo 32-bis stabilisce che essi possono farsi assistere, negli adempimenti tributari, dall’ufficio locale dell’Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale. A tal fine, devono munirsi di un’apparecchiatura informatica, corredata di accessori idonei, da utilizzare per la connessione con il sistema informativo dell’Agenzia delle entrate.

 

Sono invece esclusi in via generale dal regime di franchigia i soggetti che si avvalgono di regimi speciali di determinazione dell’IVA e i non residenti. Sono altresì esclusi i soggetti che, in via esclusiva o prevalente, effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all’articolo 10, n. 8) del D.P.R. n. 633 del 1972[33], e di mezzi di trasporto nuovi di cui all’articolo 53, comma 1, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.

Ai soggetti destinatari del regime di franchigia è assegnato un numero speciale di partita IVA.

I soggetti che, nell’intraprendere l’esercizio di imprese, arti o professioni, ritengono di poter rientrare nel regime di esenzione, lo comunicano all’Agenzia delle entrate con la dichiarazione di inizio attività prevista dall’articolo 35 del D.P.R. n. 633 del 1972.

I soggetti che rientrano nel regime di franchigia possono comunque optare per l’applicazione del regime ordinario dell’IVA. L’opzione è efficace per almeno un triennio; deve essere comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime normale, l’opzione resta efficace per ciascun anno successivo, fino a quando non venga revocata. La revoca è comunicata con le stesse modalità dell’opzione ed ha effetto dall’anno in corso al momento in cui è effettuata.

Coloro che si avvalgono del regime di franchigia devono effettuare la rettifica della detrazione, ai sensi dell’articolo 19-bis2 del D.P.R. n. 633 del 1972: in altri termini, sono tenuti a restituire l’imposta detratta sui beni non ammortizzabili e sui servizi, dal momento che verranno utilizzati in attività per le quali non sarà previsto il diritto alla detrazione. La medesima rettifica si applica se il contribuente transita, anche per opzione, al regime ordinario dell’imposta.

L’IVA dovuta per effetto della rettifica dovrà essere versata in tre rate annuali da corrispondere entro il termine previsto per il versamento del saldo, a partire dall’anno nel quale è intervenuta la modifica. La prima rata dovrà versarsi entro il 27 dicembre 2006, la seconda entro il 16 marzo 2008 e la terza entro il 16 marzo 2009. Il debito può essere estinto anche mediante compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241[34], ovvero con l'utilizzo di eventuali crediti risultanti dalle liquidazioni periodiche. Il mancato versamento di ogni singola rata comporta l’applicazione dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471[35], e costituisce titolo per la riscossione coattiva.

Nell’ultima dichiarazione annuale in cui l’IVA è applicata nei modi ordinari, occorre tenere conto anche dell’eventuale imposta relativa alle operazioni a esigibilità differita, per le quali non si sia ancora verificata la medesima esigibilità. Inoltre, l’eventuale eccedenza detraibile emergente dalla predetta ultima dichiarazione annuale IVA, ferma restando la possibilità di chiedere il rimborso in presenza dei presupposti indicati nel comma 3 dell’articolo 30 del D.P.R. n. 633, è utilizzata in compensazione ai sensi del menzionato articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997.

I soggetti in regime di franchigia, qualora effettuino acquisti intracomunitari o altre operazioni per le quali risultano debitori dell’imposta, sono tenuti ad integrare la fattura con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta, da versarsi entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.

Si prevede che il regime di franchigia cessi di avere efficacia, con conseguente applicazione del regime ordinario, nei seguenti casi:

-       quando risulta superato uno dei limiti (volume di affari non superiore a 7.000 euro; inesistenza di cessioni all’esportazione) di cui al comma 1 del nuovo articolo 32-bis. La cessazione decorre dall’anno solare successivo a quello nel quale si verifica l’evento;

-       quando il volume di affari dichiarato dal contribuente, o rettificato dall’ufficio, supera il limite di cui al comma 1 del cinquanta per cento del limite stesso (ossia superi la soglia dei 10.500 euro). In questo caso la cessazione decorre dallo stesso anno solare nel quale si verifica l’evento; in questa ipotesi, sarà dovuta l’imposta relativa ai corrispettivi delle operazioni imponibili effettuate nell’intero anno solare, salvo il diritto alla detrazione dell’imposta sugli acquisti relativi al medesimo periodo.

 

Si ricorda che il regime della franchigia IVA è consentito dall’articolo 24 (“Regime particolare delle piccole imprese”) della direttiva 77/388/CEE - sesta direttiva comunitaria sull’IVA.

Per quanto riguarda l’IRAP, l’articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446[36], esclude dall’applicazione di tale imposta i produttori agricoli titolari di reddito agrario con volume di affari annuo non superiore a cinque o a quindici milioni di lire, cioè quelli fino ad oggi esonerati dagli adempimenti agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'articolo 34, comma 6, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

 

Si segnala che tali limiti di volume d’affari per l’esenzione dall’IRAP non vengono adeguati al nuovo importo di settemila euro introdotto dal comma 1 in esame.

 

Dovrebbe in ogni caso operare l’articolo 11, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 446 del 1997, il quale prevede una franchigia di ottomila euro da applicare alla base imponibile IRAP per i soggetti, tra cui i produttori agricoli, con base imponibile non superiore ad euro 180.759,91, che di fatto consente di abbattere il valore della produzione netta su cui si applica l’IRAP.

 

Con la disposizione del comma 1, lett. b), n. 2 dell’articolo 4, viene soppresso il secondo periodo dell’articolo 34, comma 6 del D.P.R. n. 633 del 1972. Si tratta della disposizione che aveva elevato a quindici milioni di lire l’ammontare massimo del fatturato per poter usufruire del regime speciale per i produttori agricoli nei comuni montani. Per i produttori che operino nei comuni con meno di mille abitanti e nelle zone con meno di cinquecento abitanti ricompresi negli altri comuni montani individuati dalle rispettive regioni come previsto dall'articolo 16 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, vale quindi ora la disposizione generale del comma 6 dell’art. 34, che dopo le modifiche apportate dal comma 1, lett. a) e lett. b), n. 1), in esame, fissa il limite per l’applicazione del regime della franchigia a settemila euro.

 

Il comma 1, lett. b), n. 3), dell’articolo 4 interviene, sempre sull’articolo 34, comma 6, del D.P.R. n. 633 del 1972, per modificare i limiti di applicazione del regime speciale IVA per i produttori agricoli che superino la soglia minima di esenzione dei settemila Euro. Si tratta quindi dei produttori agricoli ammessi al regime IVA semplificato ed aventi, prima della modifica in esame, un volume d’affari tra i cinque milioni, ovvero quindici, ed i quaranta milioni di lire.

Tali contribuenti sono esonerati dalle liquidazioni periodiche e dai relativi versamenti dell'imposta mentre rimangono soggetti agli obblighi di fatturazione, di numerazione delle fatture ricevute, di conservazione dei documenti ai sensi dell'articolo 39 e di versamento annuale dell'imposta con le modalità semplificate.

La lett. b) n. 3) del comma 1 stabilisce che le soglia minima e massima per l’applicazione di tale regime semplificato sono rispettivamente di 7000 euro e di 20.658,28 euro. Viene pertanto innalzata la soglia minima, per coordinarla con la modifica della lett. b), n. 1), mentre rimane invariato il limite massimo, ora espresso in euro.

 

L’ultima modifica, apportata dal comma 1, lett. b), n. 4), dell’articolo 4 all’articolo 34 del D.P.R. n. 633 del 1972, sostituisce il quarto periodo del comma 6, aggiornando al nuovo limite di 20.658,28 euro la disposizione che prevede la cessazione del regime speciale semplificato IVA.

In base alla novella al quarto periodo del comma 6, il regime semplificato cessa di avere applicazione a partire dall’anno solare successivo a quello in cui è stato superato il limite di 20.658,28 euro, sempre a condizione che non venga superato il limite di un terzo delle cessioni di altri beni.

 


Articolo 4, commi 2-4
(Modifica dell’obbligo di denuncia delle variazioni del reddito dominicale per i soggetti che richiedono i contributi agricoli)

 


2. Al fine di consentire la semplificazione degli adempimenti a carico del cittadino ed al contempo conseguire una maggiore rispondenza del contenuto delle banche dati dell’Agenzia del territorio all’attualità territoriale, a decorrere dal 1° gennaio 2007 le dichiarazioni relative all’uso del suolo sulle singole particelle catastali rese dai soggetti interessati nell’ambito degli adempimenti dichiarativi presentati agli organismi pagatori - riconosciuti ai fini dell’erogazione dei contributi agricoli, previsti dal regolamento (CE) n. 1782/03 del Consiglio, del 29 settembre 2003, e dal regolamento (CE) n. 796/2004 della Commissione, del 21 aprile 2004 - esonerano i soggetti tenuti all’adempimento previsto dall’articolo 30 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. A tale fine la richiesta di contributi agricoli, contenente la dichiarazione di cui al periodo precedente relativamente all’uso del suolo, deve contenere anche gli elementi per consentire l’aggiornamento del catasto, ivi compresi quelli relativi ai fabbricati inclusi nell’azienda agricola, e, conseguentemente, risulta sostitutiva per il cittadino della dichiarazione di variazione colturale da rendere al catasto terreni stesso. All’atto della accettazione della suddetta dichiarazione l’ Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) predispone una proposta di aggiornamento della banca dati catastale, attraverso le procedure informatizzate rilasciate dall’Agenzia del territorio ai sensi del decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, e la trasmette alla medesima Agenzia per l’aggiornamento della banca dati. L’AGEA rilascia ai soggetti dichiaranti la ricevuta contenente la proposta dei nuovi redditi attribuiti alle particelle interessate, che ha valore di notifica. Qualora il soggetto dichiarante che riceve la notifica sia persona diversa dai titolari di diritti reali sugli immobili interessati dalle variazioni colturali, i nuovi redditi dovranno essere notificati a questi ultimi, utilizzando le informazioni contenute nelle suddette dichiarazioni. Tali redditi producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1° gennaio dell’anno in cui viene presentata la dichiarazione.

3. In sede di prima applicazione del comma 2, l’aggiornamento della banca dati catastale avviene sulla base dei dati contenuti nelle dichiarazioni di cui al comma 2, presentate dai soggetti interessati nell’anno 2006 e messe a disposizione della Agenzia del territorio dall’ AGEA. L’Agenzia del territorio provvede a notificare i nuovi redditi ai titolari dei diritti reali sugli immobili oggetto delle variazioni colturali, anche sulla scorta delle informazioni contenute nelle suddette dichiarazioni. I nuovi redditi così attribuiti producono effetti fiscali, in deroga alle vigenti disposizioni, dal 1° gennaio 2006. In tale caso non sono dovute le sanzioni previste dall’articolo 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n 471.

4. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia del territorio, sentita l’AGEA, sono stabilite le modalità tecniche ed operative di interscambio dati e cooperazione operativa per l’attuazione dei commi 2 e 3, tenendo conto che l’AGEA si avvarrà degli strumenti e delle procedure di interscambio dati e cooperazione applicativa resi disponibili dal SIAN (Sistema informativo agricolo nazionale).


 

 

Il comma 2 dell’articolo 4 modifica l’obbligo di denuncia di variazione del reddito dominicale, previsto dall’articolo 30 del TUIR[37] nel caso di variazioni colturali, per i soggetti che richiedano i contributi agricoli comunitari agli organismi pagatori in base ai regolamenti (CE) n. 1782/2003 e n. 796/2004.

 

Si ricorda che il reddito dominicale è costituito dalla parte di reddito dei terreni che viene imputata al proprietario del terreno ovvero al soggetto che possiede un diritto reale su di essi in relazione alla:

-       coltivazione del terreno;

-       silvicoltura;

-       allevamento di animali;

-       manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti ottenuti prevalentemente dall’attività agricola principale ed elencati in apposito decreto ministeriale.

I soggetti tenuti a dichiarare il reddito dominicale sono i titolari di uno dei seguenti diritti: proprietà, enfiteusi, superficie, usufrutto, uso, altri oneri reali.

Ai fini della determinazione del reddito dominicale non si fa riferimento a quanto effettivamente percepito, bensì ad un valore stimato catastalmente sulla base dell’estensione del terreno, della zona in cui si trova e della cultura praticata, valore che si considera comunque prodotto per il solo fatto di essere il possessore del terreno. A decorrere dal 1° gennaio 1997, ai fini della determinazione delle imposte sui redditi, la tariffa d'estimo risultante dal catasto, che esprime il reddito dominicale, deve essere rivalutata dell'80 per cento.

 

La norma del comma 2 dell’articolo 4 opera a decorrere dal 1° gennaio 2007 e prevede che, per semplificare gli adempimenti dei cittadini e consentire un maggiore aggiornamento dei dati catastali in possesso dell’Agenzia del territorio, la richiesta di contributi agricoli all’AGEA (Agenzia per le erogazioni in agricoltura- organismo nazionale cui sono demandate la gestione e il controllo dell’attuazione della PAC - v. infra), contenente la dichiarazione relativa all’impiego del suolo nelle singole particelle catastali, sostituisca la dichiarazione di variazione colturale da rendere al catasto terreni in base all’articolo 30 del TUIR.

Quest’ultima norma dispone infatti l’obbligo di denunciare le variazioni del reddito dominicale all’ufficio provinciale dell’Agenzia del territorio e prevede che nella denuncia siano indicate la partita catastale e le particelle cui le variazioni si riferiscono e, se queste riguardano porzioni di particelle, deve essere unita la dimostrazione grafica del frazionamento. Si ricorda infatti che tali variazioni danno luogo a revisione del classamento dei terreni cui si riferiscono, in base all’articolo 29, comma 4 del TUIR.

È necessario pertanto, in base al comma 2, secondo periodo, che la richiesta di contributi agricoli contenga anche gli elementi per consentire l’aggiornamento del catasto, compresi quelli relativi ai fabbricati inclusi nell’azienda agricola.

La relazione governativa al decreto-legge chiarisce a tale proposito che i dati relativi ai fabbricati compresi nell’azienda agricola sono stati ricompresi nell’obbligo “al fine di avere un ulteriore strumento di controllo sulla ruralità degli edifici e in ogni caso l’aggiornamento del catasto”.

 

Nell’ipotesi in cui non vengano richiesti contributi agricoli, rimane naturalmente fermo l’obbligo, previsto dall’articolo 30 del TUIR, di presentare la denuncia di variazione del reddito dominicale.

 

In base alla modifica del comma 2 dell’articolo 4, sarà l’AGEA, che riceve le richieste di contributi agricoli, a dover poi trasmettere all’Agenzia del territorio la proposta di aggiornamento della banca dati catastale, secondo le procedure informatizzate di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, “Regolamento recante norme per l'automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari”.

 

In particolare l’articolo 3 del decreto ministeriale n. 701/1994 disciplina la trasmissione telematica dei documenti indicati agli articoli 1 e 2: si tratta (art. 1) dei documenti tecnici richiesti per la presentazione delle dichiarazioni per l'accertamento delle unità immobiliari urbane di nuova costruzione e delle dichiarazioni di variazione dello stato dei beni, unitamente ai relativi elaborati grafici, e approva i modelli per la loro redazione. L’art. 2 ha ad oggetto invece le volture catastali relative ad atti civili, giudiziari e amministrativi, la cui trascrizione viene eseguita presso conservatorie dei registri immobiliari.

La comunicazione fatta in questa occasione dal contribuente produce effetti fiscali immediati, dal momento che, in deroga alle disposizioni vigenti, i nuovi redditi si applicano a decorrere dal 1° gennaio dell’anno in cui viene presentata la dichiarazione, cioè dal periodo d’imposta in corso al momento della dichiarazione, anziché dall’anno successivo rispetto a quello nel quale si sono verificate, come previsto dal comma 2 dell’articolo 30 per le variazioni in aumento (le variazioni in diminuzione hanno invece effetto, in base all’art. 30, comma 3 del TUIR, dall’anno in cui si sono verificate, se la denuncia viene presentata entro il 31 gennaio dell’anno successivo, altrimenti decorrono dall’anno successivo).

L’AGEA rilascia ai soggetti dichiaranti una ricevuta della dichiarazione che ha valore di notifica dei nuovi redditi attribuiti alle particelle interessate. Nell’ipotesi in cui il dichiarante sia persona diversa dal titolare dei diritti reali sugli immobili interessati alle variazioni (ad esempio il proprietario dei terreni affittati),i nuovi redditi dovranno essere notificati ai titolari utilizzando le informazioni contenute nelle dichiarazioni

 

Il comma 3 dell’articolo 4 prevede l’applicazione della disposizione del comma 2 a partire dall’anno 2006.

L’aggiornamento dei dati della banca dati catastale avverrà pertanto, in sede di prima applicazione, utilizzando le dichiarazioni relative all’uso del suolo sulle singole particelle già presentate dai contribuenti nell’anno 2006, che devono pertanto essere messe a disposizione dell’Agenzia del territorio dall’AGEA.

Pertanto, le colture dichiarate nelle domande di contributi PAC presentate entro lo scorso 15 maggio 2006, se difformi da quelle risultanti in catasto, sono da applicare già per il periodo d’imposta 2006 in corso.

Non essendo in questo caso state rilasciate le ricevute delle dichiarazioni aventi valore di notifica, la norma dispone che sia l’Agenzia del territorio a notificare i nuovi redditi ai titolari dei diritti reali sugli immobili oggetto delle variazioni colturali, anche sulla base delle informazioni contenute in tali dichiarazioni.

Per tali nuovi redditi è stabilita infatti la decorrenza degli effetti fiscali dal 1° gennaio 2006, quindi dal periodo d’imposta 2006.

In tale ipotesi non sono però dovute le sanzioni, previste dall’articolo 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n 471, per l’omessa denuncia delle variazioni dei redditi fondiari. Tale ultima norma prevede, per l’omessa denuncia nel termine previsto per legge, fissato al 31 gennaio dell’anno successivo a quello in cui si sono verificate, delle situazioni che danno luogo a variazioni in aumento del reddito dominicale e del reddito agrario dei terreni, la sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni .

Il comma 4 dell’articolo 4 rinvia ad un apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia del territorio, sentita l’AGEA, la definizione delle modalità tecniche e operative di interscambio dei dati e di cooperazione operativa per l’attuazione dei commi 2 e 3 tenendo conto che l’AGEA si avvarrà degli strumenti e delle procedure di interscambio dati e cooperazione applicativa resi disponibili dal SIAN (Sistema Informativo Agricolo Nazionale): si tratta del Sistema informativo previsto dall'art. 15 della legge n. 194/1984[38] per consentire al dicastero agricolo di acquisire e verificare “tutti i dati relativi al settore agricolo nazionale”.

I contributi agricoli comunitari

I regolamenti comunitari 1782/03 e 796/04, menzionati dal comma 2 dell’articolo in commento, fanno parte del pacchetto di provvedimenti che hanno attuato la riforma di medio termine della politica agricola comunitaria (PAC).

Più precisamente il Regolamento (CE) n. 1782/2003[39] ha stabilito la progressiva eliminazione degli aiuti diretti concessi agli agricoltori in relazione alla produzione, ed una loro sostituzione con forme di aiuto disaccoppiate che, prescindendo dalla produzione, assegnano all'agricoltore la più ampia facoltà di decidere in merito alla coltura da produrre. Il reg. 1782, che si applica dal 1° gennaio 2005, pur conservando vari regimi di pagamento diretto preesistenti, ha introdotto per la maggior parte delle organizzazioni comuni di mercato (OCM) un regime di pagamento unico che ha assorbito gli aiuti in precedenza erogati a numerose produzioni vegetali e animali.

Va rilevato che le disposizioni comunitarie impongono agli agricoltori il rispetto di determinate condizioni in materia di sanità pubblica, salute degli animali e delle piante, salvaguardia dell'ambiente e benessere degli animali (la cosiddetta condizionalità), disponendo che in caso di mancata ottemperanza alle norme ambientali e di sicurezza alimentare i pagamenti diretti siano passibili di una riduzione o annullamento.

Il Reg. (CE) n. 796/2004[40] stabilisce le modalità di applicazione del sistema integrato di gestione e di controllo, che presiede alla gestione e al controllo tanto dei regimi di pagamento diretto, quanto dell'adempimento degli obblighi di condizionalità in materia di conservazione dei pascoli, istituiti dal reg. 1782/2003.

Ai fini di un efficace controllo e per evitare la presentazione di molteplici richieste di aiuti a diversi organismi pagatori dello stesso Stato membro, è richiesto che gli Stati membri predispongano un sistema unico per l'identificazione degli agricoltori che presentano domande di aiuto, nonché mettano in atto un sistema di identificazione delle parcelle agricole comprese nel sistema integrato di controllo.

Il regolamento 796/04 definisce le modalità di applicazione dell’articolo 20 del reg. 1782/1003, per il quale il sistema di identificazione delle parcelle agricole è costituito sulla base di mappe o estremi catastali o altri riferimenti cartografici, con l’utilizzazione delle tecniche del sistema informatizzato d'informazione geografica (SIG). Vanno pertanto incluse, di preferenza, ortoimmagini aeree o spaziali, e va infine applicato un criterio omogeneo di accuratezza equivalente almeno a quello della cartografia su scala 1:10.000[41].

Gli organismi pagatori e l’AGEA

Il sistema di finanziamento della politica agricola, sia per quanto riguarda le spese dell’organizzazione comune dei mercati che per le misure di sviluppo rurale, è stato disciplinato dal regolamento n. 1258/1999 che, seppure abrogato dal reg. 1290/2005, si applica fino al 15 ottobre 2006 per le spese effettuate dagli Stati membri e fino al 31 dicembre 2006 per quelle effettuate dalla Commissione. Il sistema si basa su un finanziamento decentrato di gestione delle spese previste dalla normativa comunitaria da parte di organismi pagatori, dovendosi intendere come tali i servizi e gli organismi riconosciuti che, in presenza di adeguate garanzie, gli Stati membri designano al fine del pagamento delle spese connesse all’applicazione della PAC.

Gli organismi pagatori pertanto effettuano i pagamenti ai beneficiari sulla base delle disposizioni comunitarie; d’altro canto solo le spese eseguite dagli organismi pagatori riconosciuti possono ottenere un finanziamento comunitario.

Per l’Italia, prima di arrivare al sistema regionale decentrato, era stato designato quale unico organismo pagatore l’AGEA[42]; ad essa sono ora riconosciuti i seguenti compiti connessi alla realizzazione della politica comunitaria:

-       è l’organismo di coordinamento interno degli organismi pagatori regionali, ai quali è demandata la gestione degli aiuti derivanti dalla politica agricola comune (PAC). Nello svolgimento di tale funzione, all’Agenzia spetta di promuovere l’applicazione armonizzata della normativa comunitaria, verificando la conformità e i tempi delle procedure istruttorie, e di controllo, seguite dagli organismi pagatori;

-       è il soggetto responsabile nei confronti dell’UE della realizzazione della PAC e degli interventi finanziati dal FEOGA[43], e pertanto ad essa compete la rendicontazione all’Unione Europea dei pagamenti effettuati da tutti gli organismi pagatori;

-       proprio in qualità di organismo nazionale cui sono demandate la gestione e controllo dell’attuazione della PAC, con l’articolo 18 del D.Lgs. n. 99/2004 l’Agenzia si è vista affidare anche l’esercizio del controllo nei confronti dell’Agecontrol S.p.a. per quanto concerne il funzionamento del mercato comune dell’olio d’oliva[44];

-       interinalmente è essa stessa organismo pagatore, in attesa che tutte le regioni procedano alla istituzione di un proprio organismo regionale[45].

Il Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN)

Il SIAN si configura come infrastruttura informativa unica che tuttavia consente ai singoli enti di conservare la propria autonomia in merito alle scelte da adottare per l’attuazione dei propri compiti istituzionali. In tal modo si dispone di una risorsa indispensabile per la programmazione e il coordinamento delle attività nel settore agricolo, agroindustriale, forestale, della pesca e per la tutela dei consumatori. La realizzazione del sistema è stata affidata in origine alla società Finsiel, mentre a decorrere dall’ottobre 2002 è stato gestito da Agrisian, società consortile per azioni controllata da Finsiel per il 51%.

Più recentemente il D.Lgs. n. 99/2004[46] ha affidato all’AGEA la gestione del SIAN, prevedendo a tal fine il trasferimento all’Agenzia medesima delle connesse risorse finanziarie, umane e strumentali. Con la novella recata dal D.L. n. 182/2005[47] alla norma ultima menzionata è stato richiesto all’AGEA di costituire una società a capitale misto pubblico-privato, con partecipazione pubblica maggioritaria, alla quale affidare lo sviluppo e la gestione del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN). La società subentrerà all’attuale affidatario dei servizi alla scadenza dei contratti in essere.

Il sistema, che ha dato vita ad una pluralità di banche dati pur con caratteristiche unitarie ed integrate su base nazionale, ha subito una costante evoluzione verso la sua integrazione con i sistemi informatizzati di altri enti od organismi quali AGEA, ISMEA, INEA e le Regioni, nonché, in base al D.Lgs. 173/98, anche con l'anagrafe tributaria del Ministero delle finanze, i nuclei antifrode della Guardia di finanza e dell'arma dei Carabinieri, l'Istituto nazionale della previdenza sociale e le Camere di commercio, industria e artigianato. Nel SIAN è anche confluito il Sistema Informativo della Montagna (SIM), rete informatica istituita sulla base della legge 97/94[48] per consentire alle comunità montane di fungere da sportello dei cittadini.

Va infine menzionato il D.P.R. 23 marzo 2005, n. 79 di riorganizzazione del Ministero, sulla base del quale all’interno dell’’Ufficio di Gabinetto del Ministro opera il Nucleo per i sistemi informativi e statistici in agricoltura, del quale l'Ufficio di Gabinetto si avvale per l'esercizio delle funzioni di indirizzo del SIAN.


Articolo 4, commi 5-7
(Individuazione dei fabbricati che abbiano perso la caratteristica di ruralità e loro iscrizione in catasto)

 


5. L’Agenzia del territorio, anche sulla base delle informazioni fornite dall’AGEA e delle verifiche (amministrative, da telerilevamento e da sopralluogo sul terreno) dalla stessa effettuate nell’ambito dei propri compiti istituzionali, individua i fabbricati iscritti al catasto terreni per i quali siano venuti meno i requisiti per il riconoscimento della ruralità ai fini fiscali, nonché quelli che non risultano dichiarati al catasto e richiede ai titolari dei diritti reali la presentazione degli atti di aggiornamento catastale redatti ai sensi del regolamento del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701. La richiesta, contenente gli elementi constatati, tra i quali, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della dichiarazione al catasto, è notificata ai soggetti interessati. Se questi ultimi non ottemperano alla richiesta entro 90 giorni dalla data della notificazione, gli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio provvedono con oneri a carico dell’interessato, alla iscrizione in catasto attraverso la predisposizione delle relative dichiarazioni redatte in conformità al regolamento del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, e a notificarne i relativi esiti. Le rendite catastali dichiarate o attribuite producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, ovvero, in assenza di tale indicazione, dal 1° gennaio dell’anno di notifica della richiesta di cui al primo periodo. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia del territorio, da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite modalità tecniche ed operative per l’attuazione del presente comma. Si applicano le sanzioni per le violazioni previste dall’art 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni.

6. All’articolo 9, comma 3, lettera a), del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, dopo le parole: “l’immobile è asservito” sono inserite le seguenti: “sempreché tali soggetti rivestano la qualifica di imprenditore agricolo, iscritti nel registro delle imprese di cui all’articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580”.

7. I fabbricati per i quali a seguito del disposto del comma 6 vengono meno i requisiti per il riconoscimento della ruralità devono essere dichiarati al catasto entro la data del 30 giugno 2007. In tale caso non si applicano le sanzioni previste dall’art. 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni. In caso di inadempienza si applicano le disposizioni contenute nel comma 5.


 

 

Il comma 5 dell’articolo 4 prevede l’individuazione da parte dell’Agenzia del territorio, anche sulla base delle informazioni fornite dall’AGEA[49](Agenzia per le erogazioni in agricoltura) e delle verifiche dalla stessa effettuate utilizzando, tra le altre, il telerilevamento e i sopralluoghi sui terreni, dei fabbricati iscritti al catasto terreni per i quali siano venuti meno i requisiti di ruralità ai fini fiscali, nonché di quelli che non risultano dichiarati al catasto.

Secondo la relazione governativa al decreto-legge, il comma 5 “tende a far emergere i redditi dei fabbricati iscritti nel catasto terreni, ma che hanno perso i requisiti di ruralità normativamente previsti ovvero dei fabbricati oggettivamente presenti sul territorio ma non censiti al Catasto”.

 

Si ricorda che il decreto legislativo n. 99/2004[50] ha affidato all’AGEA la gestione del SIAN, Sistema informativo agricolo nazionale, infrastruttura informativa unica costituita da una pluralità di banche dati con caratteristiche unitarie ed integrate su base nazionale. Tale sistema ha subito una costante evoluzione verso la sua integrazione con i sistemi informatizzati di altri enti od organismi quali ISMEA, INEA e le Regioni, nonché, in base al D.lgs. 173/1998, anche con l'anagrafe tributaria del Ministero delle finanze, i nuclei antifrode della Guardia di finanza e dell'arma dei Carabinieri, l'Istituto nazionale della previdenza sociale e le Camere di commercio, industria e artigianato. Nel SIAN è anche confluito il Sistema Informativo della Montagna (SIM), rete informatica istituita sulla base della legge n. 97/1994[51] per consentire alle comunità montane di fungere da sportello dei cittadini.

Per quanto riguarda il telerilevamento si ricorda che l’articolo 1, comma 4-bis del decreto-legge 24 luglio 2003, n. 192, convertito dalla legge n. 268/2003, ha disposto che i beni mobili, immobili e immateriali acquistati o prodotti nell'àmbito del progetto "TELAER - Sistema di telerilevamento aereo avanzato per la gestione integrata del territorio", di cui all'articolo 6, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96, come modificato dall'articolo 6, comma 8, del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito dalla legge 7 aprile 1995, n. 104, in precedenza di competenza del Dipartimento per i servizi tecnici nazionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, fossero acquisiti dall'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA).

 

La disposizione del comma 5 dell’articolo 4, prevede che l’Agenzia del territorio chieda ai titolari dei diritti reali (di proprietà, enfiteusi, superficie, usufrutto, uso, o altri oneri reali) su terreni che abbiano perso i requisiti di ruralità ai fini fiscali, la presentazione degli atti di aggiornamento catastale redatti ai sensi del decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, utilizzando quindi le procedure informatizzate per la rettifica dei dati catastali in esso previste (sistemi DOCFA e DOCTE).

 

Il decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, è il regolamento recante norme per l'automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari. Con l’emanazione di tale decreto e l’adozione della procedura informatica DOCFA (prodotto informatico relativo ai documenti del Catasto Fabbricati) e DOCTE (per il catasto terreni), la parte interessata ha l’obbligo di proporre il classamento, all’atto della dichiarazione di nuova costruzione o di variazione, previa univoca identificazione del bene immobile dichiarato o variato.

Si ricorda in particolare che l’articolo 1 del decreto individua i documenti tecnici richiesti per la presentazione delle dichiarazioni per l'accertamento delle unità immobiliari urbane di nuova costruzione e delle dichiarazioni di variazione dello stato dei beni unitamente ai relativi elaborati grafici, e approva i modelli per la loro redazione. Le suddette dichiarazioni, ad eccezione di quelle finalizzate a procedimenti amministrativi iniziati d'ufficio, debbono essere sottoscritte da uno dei titolari di diritti reali sui beni denunziati e dal tecnico redattore degli atti grafici e contengono dati e notizie tali da consentire l'iscrizione in catasto con attribuzione di rendita catastale, senza visita di sopralluogo. Tale rendita rimane negli atti catastali come «rendita proposta» fino a quando l'ufficio non provvede all’accertamento, anche a campione, e comunque, entro dodici mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni, alla determinazione della rendita catastale definitiva. È facoltà dell'amministrazione finanziaria di verificare le caratteristiche degli immobili ed eventualmente modificarne le risultanze censuarie iscritte in catasto.

 

Come anche evidenziato nella relazione governativa al provvedimento in esame, la procedura del comma 5 è analoga a quella già prevista dall’articolo 1, comma 336, della legge n. 311 del 2004 con la sola modifica che è l’Agenzia del territorio – e non il comune – a notificare la richiesta ai soggetti titolari dei diritti reali ed a irrogare contestualmente, se dovute le relative sanzioni. Il ricorso a tale procedura avrebbe infatti potuto rappresentare una notevole difficoltà per i comuni, in particolare per i fabbricati rurali mentre “l’utilizzo delle informazioni in possesso dell’AGEA e della propria struttura di controllo territoriale consente di ottenere notevoli sinergie operative ed economie di scala con conseguente abbattimento dei costi complessivi”.

 

L’articolo 1, comma 336 della legge finanziaria 2005 (legge n. 311 del 2004) ha disposto l’integrazione e l’aggiornamento dei dati catastali. In base a tale norma i comuni, ove constatino l’esistenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, debbono chiedere ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti d’aggiornamento redatti ai sensi del regolamento emanato con decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701.

 

La richiesta di aggiornamento, in base al comma 5, avviene mediante notifica agli interessati degli elementi constatati, tra i quali, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della dichiarazione al catasto e dando ad essi un termine di 90 giorni per ottemperare alla richiesta di modifica.

In caso di mancata ottemperanza a tale norma nel termine stabilito, gli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio provvederanno con oneri a carico dell’interessato alla iscrizione in catasto attraverso la predisposizione delle relative dichiarazioni, redatte sempre in conformità al regolamento del 19 aprile 1994, n. 701 e a notificarne i relativi esiti.

 

Le rendite catastali dichiarate o attribuite producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, ovvero, in assenza di tale indicazione, dal 1° gennaio dell’anno di notifica della richiesta di cui al primo periodo.

 

Si ricorda che in base la decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, la rendita “proposta” dal contribuente diventa definitiva fino a quando l'ufficio non provvede all’accertamento, anche a campione, di essa e comunque, entro dodici mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni.

 

Nel caso di inadempimento dell’obbligo di dichiarare la perdita di ruralità il comma 5, ultimo periodo,prevede l’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni.

 

Si tratta della sanzione prevista per l’inadempimento degli obblighi di dichiarazione prescritti quando gli immobili siano divenuti abitabili o servibili all'uso cui sono destinati o abbiano perduto i requisiti per l’esenzione dall’imposta (articolo 28).

 

Tale sanzione amministrativa, come modificata da ultimo dal comma 338, dell’articolo 1, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ammonta rispettivamente, per gli importi minimo e massimo, a euro 258 e a euro 2.066

La disposizione del comma 5 rinvia infine ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia del territorio, da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge, la fissazione delle modalità tecniche ed operative per l’attuazione della disposizione qui descritta.

 

Il comma 6 dell’articolo 4 interviene sui criteri di individuazione della ruralità degli immobili abitativi ai fini fiscali.

La disposizione modifica l’articolo 9, comma 3, lettera a), del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133. Si tratta della parte della norma che disciplina i requisiti per il riconoscimento della ruralità a fini fiscali per le abitazioni in base alla quale, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili agli effetti fiscali, i fabbricati o porzioni di fabbricati destinati ad edilizia abitativa devono soddisfare – tra le altre - la condizione che il fabbricato sia posseduto dal soggetto titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale sul terreno, ovvero dall'affittuario del terreno stesso o dal soggetto che ad altro titolo conduce il terreno cui l'immobile è asservito o dai familiari conviventi a loro carico risultanti dalle certificazioni anagrafiche o da soggetti titolari di trattamenti pensionistici corrisposti a seguito di attività svolta in agricoltura o da coadiuvanti iscritti come tali ai fini previdenziali.

Il comma 6 introduce l’ulteriore condizione che il soggetto che conduce ad altro titolo il terreno rivesta la qualifica di imprenditore agricolo, iscritto nel registro delle imprese di cui all’articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580”.

Solo tali soggetti pertanto, ferma restando la sussistenza degli altri requisiti, possono continuare ad usufruire dell’agevolazione ai fini fiscali .

 

Il comma 7 dell’articolo 4 prevede, per i fabbricati per i quali a seguito del disposto del comma 6 vengono meno i requisiti per il riconoscimento della ruralità, l’obbligo di dichiarazione al catasto entro la data del 30 giugno 2007.

In tale ipotesi è previsto che non si applichino le sanzioni per la violazione del mancato accatastamento al catasto urbano, previste dall’art. 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni. In caso di inadempienza si applicano le disposizioni contenute nel comma 5 del presente articolo, cioè la procedura, attivata dall’Agenzia del Territorio, di modifica dell’accatastamento.

 

Per quanto riguarda la disciplina dei fabbricati rurali, si ricorda che Il censimento di tutti i fabbricati o porzioni di fabbricati rurali e la loro iscrizione nel catasto dei fabbricati è stata prevista in origine dall’art. 9 del decreto-legge n. 557/1993, convertito dalla legge n. 133/1994, istitutiva dello stesso “catasto dei fabbricati”. In attuazione di tale articolo 9 è stato emanato il D.M. n. 28 del 1998 (Regolamento recante norme in tema di costituzione del catasto dei fabbricati e modalità di produzione ed adeguamento della nuova cartografia catastale).

In particolare, in base al D.M. n. 28/1998, tutte le nuove costruzioni rurali avrebbero dovuto essere direttamente censite nel catasto dei fabbricati, mentre le costruzioni rurali già censite in precedenza al catasto dei terreni avrebbero dovuto essere iscritte nel catasto dei fabbricati entro il termine più volte prorogato, da ultimo sino fino al 31 dicembre 2001[52].

Con specifico riferimento ai fabbricati rurali, il comma 156dell’articolo 3 della Legge n. 662/1996, ha previsto l’emanazione di un regolamento di delegificazione per l’accatastamento dei fabbricati rurali, adottato con il D.P.R. 23 marzo 1998, n. 139.

 

Il Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con DPR 22 dicembre 1986, n. 917, all’art. 32, riconosce la ruralità, ai fini fiscali, alle costruzioni strumentali per le attività agricole, di cui all’art. 42 di seguito richiamato. In particolare sono riconosciute rurali le costruzioni, appartenenti al possessore o all'affittuario dei terreni, che servono:

a)all’abitazione delle persone addette alla coltivazione della terra, alla custodia dei fondi, del bestiame e degli edifici rurali e alla vigilanza dei lavoratori agricoli, nonché dei familiari conviventi a loro carico, sempre che le caratteristiche dell'immobile siano rispondenti alle esigenze delle attività esercitate;

b)al ricovero degli animali di cui alla lettera b) del comma 2 dell'articolo 32;

c)alla custodia delle macchine, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione;

d)alla protezione delle piante, alla conservazione dei prodotti agricoli e alle attività di manipolazione e trasformazione di cui alla lett. c) del comma 2 dell'articolo 32.

Le costruzioni strumentali all'esercizio dell'attività agricola, in relazione alle specifiche caratteristiche e destinazioni, potranno essere censite o come unità a destinazione abitativa in una delle pertinenti categorie del gruppo A, ovvero come unità destinate ad attività produttive agricole, nella citata categoria D/10, sempreché le caratteristiche di destinazione e tipologiche siano tali da non consentire, senza radicali trasformazioni, una destinazione diversa da quella per la quale furono originariamente costruite. Nel caso contrario, di ordinarietà delle caratteristiche delle costruzioni rurali ad uso produttivo, queste potranno essere censite nelle categorie ordinarie più consone (C/2, C/3, C/6, C/7, ecc.)

Poiché il legislatore ha voluto prevedere la piena autonomia tra il profilo catastale (costituzione dell'inventario completo) e quello fiscale (imposizione o esenzione sulla base delle redditività oggettive, comunque riportate in catasto), In conseguenza di questa scelta si vengono a trovare iscritti nel catasto dei fabbricati costruzioni (abitazioni ed annessi agricoli) con rendita attribuita, al pari di tutte le altre unità immobiliari urbane, ma che sono invece strumentali ai fini dell'attività agricola e quindi esenti da imposta sui redditi dei fabbricati.

Si ricorda infine che nella categoria catastale D/10 relativa ai “Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole”, in base all’art. 1, comma 5, del DPR n. 139 del 1998, devono essere classate “le costruzioni strumentali all’esercizio dell'attività agricola diverse dalle abitazioni, comprese quelle destinate ad attività agrituristiche, (…), nel caso in cui le caratteristiche di destinazione e tipologiche siano tali da non consentire, senza radicali trasformazioni, una destinazione diversa da quella per la quale furono originariamente costruite”.

 


Articolo 4, comma 8
(Riduzione dei trasferimenti erariali ai comuni
in relazione al maggior gettito ICI)

 


8. I trasferimenti erariali in favore dei comuni sono ridotti in misura pari al maggior gettito derivante, in relazione all’imposta comunale sugli immobili, dalle disposizioni del presente articolo, secondo criteri e modalità da stabilirsi con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.


 

 

Il comma 8 dispone la riduzione dei trasferimenti erariali in favore dei comuni in misura pari al maggior gettito derivante dall’imposta comunale sugli immobili dalle disposizioni del presente articolo 4, secondo criteri e modalità da stabilirsi con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

 


Articolo 5, commi 1-5
(Revisione delle rendite catastali per gli immobili della categoria E aventi autonomia funzionale e reddituale)

 


1. Nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovveroad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale.

2. Le unità immobiliari che per effetto del criterio stabilito nel comma 1 richiedono una revisione della qualificazione e quindi della rendita devono essere dichiarate in catasto da parte dei soggetti intestatari, entro nove mesi dalla data entrata in vigore del presente decreto. In caso di inottemperanza, gli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell’interessato, agli adempimenti previsti dal regolamento del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701; in tale caso si applica la sanzione prevista dall’articolo 31 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni, per le violazioni degli articoli 20 e 28 dello stesso regio decreto-legge n. 652 del 1939, nella misura aggiornata dal comma 338 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

3. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia del territorio, nel rispetto delle disposizioni e nel quadro delle regole tecniche di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono stabilite le modalità tecniche e operative per l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, nonché gli oneri di cui al comma 2.

4. Le rendite catastali dichiarate ovvero attribuite ai sensi dei commi da 1, 2 e 3 producono effetto fiscale a decorrere dal 1° gennaio 2007.

5. Decorso inutilmente il termine di nove mesi previsto dal comma 2, si rende comunque applicabile l’articolo 1, comma 336, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successivi provvedimenti attuativi.


 

 

I commi 1 e 2 dell’articolo 5 prevedono una revisione obbligatoria della qualificazione e quindi della rendita catastale attribuita agliimmobili censiti nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9, quando vi siano compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovveroad usi diversi, che presentino autonomia funzionale e reddituale.

 

Si ricorda che la categoria catastale è la suddivisione, ai fini fiscali, delle tipologie degli edifici. La categoria del gruppo E riunisce gli immobili a destinazione particolare.

La classe catastale è invece la suddivisione numerica interna alla categoria catastale e rappresenta, all'interno di uno stesso tipo di immobile, un differente livello qualitativo.

Il classamento delle unità immobiliari e le relative operazioni, con attribuzione o variazione di rendita catastale, competono esclusivamente all'Agenzia del Territorio, come ribadito anche dalla legge n. 311 del 30 dicembre 2004 (legge finanziaria per il 2005), all’articolo 1, commi 335 e seguenti. Anche la Corte costituzionale, nella sentenza n. 37 del 26 gennaio 2004, ha stabilito esplicitamente che il sistema catastale, compresi i criteri e le procedure per la determinazione delle relative rendite per i fabbricati iscritti o iscrivibili in catasto, "è e resta tuttora di competenza del legislatore statale".

 

La qualificazione nel gruppo E, comprendente gli immobili a destinazione particolare, è propria degli immobili con una marcata caratterizzazione tipologico-funzionale, costruttiva e dimensionale, tale da non permettere l’inserimento in categorie ordinarie o speciali. Si tratta altresì di immobili che esulano da una mera logica di commercio e di produzione industriale[53].

 

Nella categoria catastale E sono ricompresi:

-       E/1: Stazioni utilizzate per servizi di trasporto terrestri e di navigazione interna, marittimi ed aerei, cioè stazioni ferroviarie, metropolitane, aeroporti, e impianti di risalita in genere);

-       E/2:Ponti comunali e provinciali soggetti a pedaggio

-       E/3: Costruzioni e fabbricati per speciali esigenze pubbliche: la prassi vigente prevede - tra l’altro - di attribuire la categoria E/3 alle stazioni di servizio per la vendita dei carburanti e ai chioschi per bar e per edicole.

-       E/4: Immobili costituiti da speciali “recinti chiusi”, destinati ad ospitare mercati o ad essere utilizzati per posteggio del bestiame. Vi rientrano le unità immobiliari destinate a fiera solo se costituite prevalentemente da aree scoperte e di volta in volta appositamente attrezzate con strutture e stand amovibili per le esigenze espositive, attrezzate unicamente con semplici costruzioni destinate a soddisfare le esigenze primarie (biglietteria, servizi igienici, accoglienza, etc.), altrimenti, i nuclei fieristici stabili e coperti rientrano nella categoria catastale D/8 (Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni);

-       E/5: Fabbricati costituenti fortificazioni e loro dipendenze;

-       E/6: Fari, semafori, torri per l'orologio;

-       E/7: Fabbricati destinati all'esercizio pubblico del culto;

-       E/8: Fabbricati e costruzioni nei cimiteri, esclusi i colombari, i sepolcri e le tombe di famiglia;

-       E/9:Altri fabbricati non compresi nelle precedenti categorie del gruppo E (es. lediscariche per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani, quando la loro gestione non configura fonte reddituale).

Il comma 1 dell’articolo 5 non include nella revisione delle rendite disposta dal comma 2 gli immobili delle categorie E/7, cioè i fabbricati destinati all'esercizio pubblico del culto, ed E/8, che comprende i fabbricati e costruzioni nei cimiteri, esclusi i colombari, i sepolcri e le tombe di famiglia;

Relativamente agli immobili della classe catastale E è stata recentemente emanata la circolare dell’Agenzia del territorio n. 4/2006, che ha chiarito leModalità di individuazione e classamento delle unità immobiliari urbane censibili nei gruppi, speciale e particolare, D ed E”.

 

Nella circolare si ricorda che l'unità immobiliare si individua in base a due requisiti essenziali:

-       l'appartenenza allo stesso proprietario (ditta);

-       la configurazione di un cespite indipendente, inteso come “minimo perimetro immobiliare”, caratterizzato da autonomia funzionale e reddituale.

Per quanto riguarda la categoria catastale E, in particolare, si sono posti numerosi problemi in relazione alle porzioni di immobili utilizzate a fini commerciali nell’ambito delle stesse. La Circolare ha spiegato che gli eventuali esercizi commerciali, immobili a destinazione ricettiva od altro, pur ricompresi nel recinto di una stazione od aeroporto (ad es. duty-free, centri commerciali, dormitori, ostelli, depositi per le merci, bar, ristoranti, ecc.) devono essere censiti sulla base delle loro caratteristiche intrinseche derivanti dalla loro destinazione oggettiva e reale e non possono essere inglobati nell’infrastruttura utilizzata per trasporto pubblico, avente classamento nella categoria E/1.

La circolare segnala anche sull’argomento il recente orientamento della Corte di cassazione, la quale, con sentenza n. 15863 del 28 luglio 2005, riguardante il classamento di unità immobiliari site in un’area portuale, ha statuito che ”tutti i manufatti non adibiti a funzioni tipiche di una stazione portuale, ma destinati ad ordinarie utilizzazioni, non potevano essere collocati (…) nella categoria E solo perché ubicati nella zona portuale”.

Si ricorda anche che gli immobili di categoria catastale E sono esenti dall’ICI in base all’articolo 7 del D.Lgs. n. 504 del 1992.

 

La revisione disposta dal comma 1 dell’articolo 5 può avvenire in due modi:

1)       su iniziativa del contribuente che dichiara in catasto tali immobili con la rendita variata, nel termine di 9 mesi dalla data entrata in vigore del presente decreto-legge, come prevede il primo periodo del comma 2;

2)       d’ufficio, in caso di inottemperanza dei contribuenti, da parte degli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio e con oneri a carico dei contribuenti inadempienti. In questo caso il secondo periodo del comma 2 prescrive che l’Agenzia provveda in base al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, con l’applicazione della sanzione prevista dall’articolo 31 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni, per le violazioni degli articoli 20 e 28 dello stesso regio decreto-legge n. 652 del 1939, nella misura aggiornata dal comma 338, dell’articolo 1, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

Si tratta della sanzione prevista per l’inadempimento degli obblighi di dichiarazione incombenti nei casi di variazione relativa alle persone dei proprietari o titolari di diritti reali o allo stato dei beni (articolo 20 del R.D.L. n. 652/1939), nonché degli obblighi di dichiarazione prescritti quando gli immobili siano divenuti abitabili o servibili all'uso cui sono destinati o abbiano perduto i requisiti per l’esenzione dall’imposta (articolo 28). Tale sanzione amministrativa, come modificata da ultimo dal comma 338 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ammonta rispettivamente, per gli importi minimo e massimo, a euro 258 e a euro 2.066

 

In base al comma 4 dell’articolo 5, le nuove rendite catastali, dichiarate ovvero attribuite ai sensi dei commi da 1 a 3, producono effetto fiscale a decorrere dal 1° gennaio 2007.

 

Il comma 3 dell’articolo 5 rinvia ad un apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia del territorio, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, e nel rispetto delle disposizioni e nel quadro delle regole tecniche di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, la fissazione delle modalità tecniche e operative per l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, nonché gli oneri di cui al comma 2.

 

La disposizione del comma 5 dell’articolo 5 disciplina l’ipotesi di inottemperanza da parte del contribuente, quando cioè decorra inutilmente il termine di nove mesi previsto dal comma 2.

La norma stabilisce che in questo caso si applichino comunque l’articolo 1, comma 336, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e i successivi provvedimenti attuativi.

Si tratta della disposizione ha previsto l’integrazione e l’aggiornamento dei dati catastali, disponendo che i comuni, ove constatino l’esistenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, debbono chiedere ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti d’aggiornamento redatti ai sensi del regolamento emanato con decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701.

La richiesta di aggiornamento dei dati catastali inviata dai comuni deve contenere l’indicazione degli elementi constatati, compresa, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale. Essa è notificata ai soggetti interessati e comunicata, con gli estremi di notificazione, agli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro novanta giorni dalla notificazione, gli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell'interessato, all’iscrizione in catasto dell'immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita.

Dal combinato disposto dei commi 2 e 5 dell’articolo 4, sembrerebbe quindi che siano i comuni, nell’ipotesi in cui i contribuenti non procedano entro i 90 giorni previsti alla richiesta di revisione delle rendite degli immobili di categoria E di cui al comma 1, a sollecitare la richiesta di aggiornamento dei dati catastali e a notificarla agli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio.

 

Per quanto riguarda le modalità di attuazione dell’articolo 1, comma 336, si ricorda che è stato emanato un provvedimento, con determinazione del direttore dell’Agenzia del territorio 16 febbraio 2005, in materia di classamenti catastali di unità immobiliari di proprietà privata. L’articolo 2 di tale provvedimento prevede che le unità immobiliari suscettibili di revisione a norma dell’articolo 1 comma 336 siano individuate dai comuni sulla base della constatazione di idonei elementi, quali, a titolo esemplificativo, quelli rinvenibili nell'archivio edilizio comunale, nell'archivio delle licenze commerciali, ovvero nei verbali di accertamento di violazioni edilizie, nella cartografia tecnica, nelle immagini territoriali o tratti da ogni altra documentazione idonea allo scopo.

La determinazione dispone anche che, in tale àmbito, possono essere oggetto di trattazione le richieste dei comuni riguardanti le unità immobiliari interessate:

a)       da interventi edilizi che abbiano comportato la modifica permanente nella destinazione d'uso, ovvero un incremento stimabile in misura non inferiore al 15% del valore di mercato e della relativa redditività ordinaria derivante, di norma, da interventi edilizi di ristrutturazione edilizia o di manutenzione straordinaria – in particolare quando gli stessi abbiano comportato una variazione della consistenza ovvero delle caratteristiche tipologiche distributive ed impiantistiche originarie delle unità immobiliari –, e da quelli di restauro e risanamento conservativo, qualora in particolare abbiano interessato l'intero edificio;

b)       dagli interventi edilizi di nuova costruzione, quando le unità immobiliari non siano dichiarate in catasto;

c)       dal rilascio di licenze ad uso commerciale che abbiano comportato modifiche permanenti nella destinazione d'uso, come definita nelle categorie catastali, quando le unità immobiliari siano iscritte in catasto con categoria non coerente con la destinazione autorizzata;

d)       dal passaggio dalla categoria delle unità esenti dalle imposte sugli immobili a quelle delle unità soggette a imposizione, quali quelle adibite ad abitazioni o ad altre destinazioni già funzionali all'esercizio dell'attività produttiva agricola e censite in catasto come fabbricati rurali, che di fatto hanno perso i previsti requisiti oggettivi o soggettivi.

Secondo il medesimo provvedimento, non sono oggetto di trattazione, in quanto prive dei requisiti necessari, le richieste dei comuni riguardanti le unità immobiliari già censite e oggetto di interventi edilizi che non abbiano comportato una variazione di destinazione d'uso né un incremento del valore e della relativa redditività ordinaria in misura significativa ai fini della variazione del classamento, quali, di norma:

a)       gli interventi di manutenzione ordinaria;

b)       gli interventi di manutenzione straordinaria, in particolare qualora non abbiano comportato una variazione della consistenza e delle caratteristiche tipologiche distributive e impiantistiche originarie delle unità immobiliari, e gli interventi di restauro e risanamento conservativo, qualora in particolare non abbiano interessato l'intero edificio;

c)       gli interventi di adeguamento degli impianti tecnologici alle normative tecniche e di sicurezza, di riparazione e rinnovo di impianti esistenti, di consolidamento e conservazione degli elementi edilizi strutturali.

 

Per quanto riguarda il decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, cui rinviano sia il comma 2 dell’articolo 5 in esame, sia l’articolo 1, comma 336 citato, si tratta del regolamento recante norme per l'automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari. Con l’emanazione di tale decreto e l’adozione della procedura informatica DOCFA (prodotto informatico relativo ai documenti del Catasto Fabbricati), la parte interessata è stata investita dell’obbligo di proporre il classamento all’atto della dichiarazione di nuova costruzione o di variazione, previa univoca identificazione del bene immobile dichiarato o variato.

 

Si ricorda in particolare che l’articolo 1 del decreto individua i documenti tecnici richiesti per la presentazione delle dichiarazioni per l'accertamento delle unità immobiliari urbane di nuova costruzione e delle dichiarazioni di variazione dello stato dei beni unitamente ai relativi elaborati grafici, e approva i modelli per la loro redazione. Le suddette dichiarazioni, ad eccezione di quelle finalizzate a procedimenti amministrativi iniziati d'ufficio, debbono essere sottoscritte da uno dei titolari di diritti reali sui beni denunziati e dal tecnico redattore degli atti grafici e contengono dati e notizie tali da consentire l'iscrizione in catasto con attribuzione di rendita catastale, senza visita di sopralluogo.

Tale rendita rimane negli atti catastali come «rendita proposta» fino a quando l'ufficio non provvede all’accertamento, anche a campione, e comunque, entro dodici mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni, alla determinazione della rendita catastale definitiva. È facoltà dell'amministrazione finanziaria di verificare le caratteristiche degli immobili ed eventualmente modificarne le risultanze censuarie iscritte in catasto.

Per l'iscrizione in catasto, le unità immobiliari sono individuate attraverso parametri di identificazione definitivi, rappresentati da sezione, foglio, numero di mappale e di eventuale subalterno, che, ove non ancora attribuiti, vengono assegnati dall'ufficio tecnico erariale, su istanza dell'interessato, entro quindici giorni dalla data di presentazione dell'istanza medesima.

L’articolo 2 disciplina la documentazione e il procedimento per la trascrizione delle volture.

L’articolo 3 disciplina la trasmissione telematica dei documenti indicati agli articoli 1 e 2.

L’articolo 4 consente la presentazione di una dichiarazione sostitutiva nel caso in cui le unità immobiliari, oggetto di dichiarazioni di nuova costruzione o di variazione, risultino prive di rendita catastale. Disciplina altresì l’aggiornamento della posizione catastale, consentendo ai proprietari o ai titolari di altro diritto reale di presentare a questo fine domanda di voltura corredata da relazione notarile (contenente gli estremi dei titoli pregressi, delle relative trascrizioni che hanno dato luogo a trasferimenti, costituzioni o estinzioni di diritti reali, e delle correlative domande di voltura, nonché altri elementi comunque giustificativi della legittimità delle variazioni catastali richieste), alla quale, ove la discordanza interessi i beni, è annessa apposita relazione tecnica, redatta da un professionista abilitato. Le suddette dichiarazioni e domande di voltura sono presentate su supporto informatico.

Gli uffici tecnici erariali possono utilizzare le informazioni in possesso dell'amministrazione finanziaria per integrare i dati iscritti in catasto e relativi alle unità immobiliari e ai soggetti.


Articolo 5, comma 6
(Rivalutazione del 40% del moltiplicatore delle rendite catastali per i fabbricati di categoria B)

 


6. A decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto, il moltiplicatore previsto dal comma 5 dell’articolo 52, del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, da applicare alle rendite catastali dei fabbricati classificati nel gruppo catastale B, è rivalutato nella misura del 40 per cento.


 

 

Il comma 6 dell’articolo 5 dispone, a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto-legge, la rivalutazione, nella misura del 40 per cento, del moltiplicatore previsto dal comma 5 dell’articolo 52 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.

La rivalutazione opera per le sole rendite catastali dei fabbricati classificati nel gruppo catastale B, relativo agli immobili per usi collettivi.

Si tratta dei seguenti immobili:

-       B/1:Collegi, convitti, educandati, ricoveri, orfanotrofi, ospizi, seminari, caserme, conventi

-       B/2:Case di cura e ospedali (senza fine di lucro);

-       B/3:Riformatori e prigioni

-       B/4:Uffici pubblici

-       B/5:Scuole e laboratori scientifici

-       B/6:Pinacoteche, biblioteche, musei, gallerie d'arte, accademie che non hanno sede nella categoria A/9

-       B/7:Cappelle ed oratori non destinati all'esercizio pubblico del culto

-       B/8:Magazzini sotterranei per depositi di derrate

 

Il moltiplicatore che viene rivalutato è quello da applicare, in base al decreto ministeriale 14 dicembre 1991, alle rendite catastali dei fabbricati e dei terreni per stabilire il valore minimo da dichiarare ai fini dell’imposta di registro, dell’imposta sulle successioni e le donazioni e delle connesse imposte ipotecarie e catastali. Il moltiplicatore si applica altresì per determinare la base imponibile dell’ICI, in base al rinvio operato dall’articolo 5, comma 2 del decreto legislativo n. 504/1992, istitutivo dell’ICI.

 

Si tratta in particolare del moltiplicatore per calcolare il valore minimo degli immobili e delle aziende, la cui dichiarazione esclude la possibilità di rettifica da parte dell’ufficio, in base all’articolo 52 del testo unico dell’imposta di registro.

Tale moltiplicatore era pari, prima della modifica apportata dal presente comma 6, rispettivamente a settantacinque volte il reddito dominicale risultante in catasto per i terreni e a cento volte il reddito dei fabbricati[54], risultante in catasto e aggiornato rispettivamente del 25% e del 5%, come previsto in base all’articolo 3, commi 48, 51 e 52, della legge n. 662 del 1996.

Il comma 6 opera pertanto una rivalutazione dei suddetti moltiplicatori del 40%, in conseguenza della quale i nuovi moltiplicatori da utilizzare saranno rispettivamente del 105% per il reddito dominicale risultante in catasto terreni, e del 140% per il reddito catastale dei fabbricati, sempre da calcolarsi sulle rendite già rivalutate del 25% e del 5% come sopra illustrato.

Per quanto riguarda l’ICI, il moltiplicatore per la determinazione della base imponibile delle unità immobiliari del gruppo B passa, con il comma 6, da 100 a 140.

 

Si segnala a tale proposito che una parte degli immobili del gruppo B in questione sono peraltro esenti dall’ICI in base all’articolo 7 del decreto legislativo n. 504/1992. Si tratta ad esempio degli immobili posseduti dallo Stato dalle regioni e dagli enti locali, dalle comunità montane, dalle unità sanitarie locali, dalle istituzioni sanitarie riconosciute che erogano assistenza pubblica (tra cui istituti ed enti ecclesiastici civilmente riconosciuti che esercitano l’assistenza ospedaliera), e dalle camere di commercio.

 

Si ricorda inoltre che il citato articolo 52, comma 5, prevede che i moltiplicatori possono essere modificati, in caso di sensibili divergenze dai valori di mercato, con decreto del Ministro delle finanze pubblicato nella Gazzetta Ufficiale[55].

In tale caso le modifiche hanno effetto per gli atti pubblici formati, per le scritture private autenticate e gli atti giudiziari pubblicati o emanati, dal quindicesimo giorno successivo a quello di pubblicazione del decreto nonché, per le scritture private non autenticate presentate per la registrazione, da tale data.

 


Articolo 5, comma 7
(Riduzione dei trasferimenti erariali ai comuni in relazione al maggior gettito ICI)

 


7. I trasferimenti erariali in favore dei comuni sono ridotti in misura pari al maggior gettito derivante in relazione all’imposta comunale sugli immobili dalle disposizioni del presente articolo, secondo criteri e modalità da stabilirsi con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.


 

 

Il comma 7 dell’articolo 5 dispone che i trasferimenti erariali in favore dei comuni sono ridotti in misura pari al maggior gettito derivante dall’imposta comunale sugli immobili in conseguenza delle disposizioni del presente articolo 7, secondo criteri e modalità da stabilirsi con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.


Articolo 6, commi 1 e 2
(Imposte ipotecarie e catastali per le volture
relative a donazioni e successioni)

 


1. Nel testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nell’articolo 10, comma 2, in fine, è aggiunto il seguente periodo: “L’imposta, per ciascun intestatario, è dovuta in misura fissa per le volture relative a donazioni e ad altri atti a titolo gratuito, ricorrendo le condizioni di cui all’articolo 1-quater, lettera a), della Tariffa fino a concorrenza del valore di euro 180.000 ed in misura proporzionale per il valore eccedente detto importo. Per le volture conseguenti alla presentazione delle dichiarazioni di trasferimento di beni per causa di morte, limitatamente all’abitazione principale del defunto, la misura fissa dell’imposta si applica, in presenza delle condizioni di cui all’articolo 1- quinquies, lettera a), della Tariffa fino a concorrenza del valore di euro 250.000 ed in misura proporzionale per il valore eccedente detto importo.”;

b) alla Tariffa sono apportate le seguenti modificazioni:

     1) all’articolo 1 le parole: “e dei certificati di successione di cui all’articolo 5 del testo unico” sono soppresse;

     2) dopo l’articolo 1-bis sono inseriti i seguenti:

“1-ter) Trascrizioni, in favore di soggetti diversi dal coniuge o di parenti in linea retta, di certificati di successione, di donazioni o di altri atti a titolo gratuito che importano il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote nonché vincoli di destinazione sugli stessi 3%.

1-quater) Trascrizioni di donazioni o di altri atti a titolo gratuito che importano il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi:

se eseguite in favore del coniuge o di un parente in linea retta, in possesso dei requisiti e delle condizioni previste in materia di acquisto della prima abitazione dall’articolo 1, comma 1, quinto periodo, della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131:

     a) fino al valore di euro 180.000 per ciascun beneficiario in possesso dei requisiti 168 euro

     b) oltre il valore di euro 180.000 3%

in ogni altro caso 3 %.

1-quinquies) Trascrizione dei certificati di successione di cui all’articolo 5 del testo unico che comportino il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi:

se relativa alla successione dell’abitazione principale del defunto:

     a) eseguita in favore del coniuge o di parenti in linea retta, sulla quota di valore fino a di 250.000 euro 168 euro;

     b) eseguita in favore del coniuge o di parenti in linea retta, sulla quota di valore eccedente 250.000 euro 3%

se relativa alla successione di altri beni o diritti reali immobiliari del defunto: 3 %.”.

2. Ai trasferimenti degli immobili o dei diritti sugli stessi per atto a titolo gratuito o per causa di morte non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 69, commi 3 e 4, della legge 21 novembre 2000, n. 342.


 

 

Il comma 1 dell’articolo 6 riforma il trattamento fiscale delle successioni e donazioni ai fini delle imposte ipotecarie e catastali. In particolare, la lettera a) del comma 1 interviene sull’imposta catastale, mentre la lettera b) dello stesso comma si riferisce all’imposta ipotecaria. Il comma 2 interviene in materia di agevolazioni fiscali per la prima abitazione con riferimento agli immobili e ai diritti reali immobiliari trasferiti per atto a titolo gratuito o per causa di morte.

Imposta catastale

Precedentemente all’entrata in vigore del decreto-legge in esame, gli atti di trasferimento di immobili e di diritti reali immobiliari per successione o donazione erano soggetti al pagamento dell’imposta catastale con un’aliquota dell’1 per cento commisurata al valore dell’immobile. L’imposta era invece dovuta nella misura fissa di euro 168 per le volture degli atti con i quali il ricevente acquista la prima abitazione[56] (articolo 10 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, Testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale).

 

La lettera a) del comma 1, novellando l’articolo 10, comma 2, del citato D.Lgs. n. 347 del 1990, disciplina l’applicazione dell’imposta catastale nei seguenti casi:

1)      donazioni e altri atti a titolo gratuito di immobili e diritti reali immobiliari in favore del coniuge e dei parenti in linea retta in possesso dei requisiti e delle condizioni previste in materia di acquisto della prima abitazione:

            i.      fino a concorrenza del valore di 180.000 euro: l’imposta è applicata nella misura fissa di 168 euro;

          ii.      oltre il suddetto importo di 180.000 euro: l’imposta è applicata nella misura proporzionale dell’1 per cento.

2)      trascrizione di certificati di successione che comportano il trasferimento dell’abitazione principale del defunto:

            i.      fino a concorrenza del valore di 250.000 euro: l’imposta è applicata nella misura fissa di 168 euro;

          ii.      oltre il suddetto importo di 250.000 euro: l’imposta è applicata nella misura proporzionale dell’1 per cento.

Dal punto di vista formale si osserva che non appare del tutto corretto il rinvio, contenuto nella norma in commento, alle lettere a) degli articoli 1-quater e 1-quinquies della Tariffa allegata al D.Lgs. n. 347 del 1990, in quanto le condizioni alle quali è subordinata l’applicazione della norma non sono contenute nelle suddette lettere a), ma nei capoversi precedenti dei citati articoli della Tariffa.

 

Resta ferma l’applicazione dell’imposta nella misura dell’1 per cento per le fattispecie non espressamente regolate dalla presente norma, nonché, nella misura fissa di 168 euro, per i trasferimenti a titolo oneroso della prima abitazione.

Imposta ipotecaria

Precedentemente all’entrata in vigore del decreto-legge in esame, gli atti di trasferimento di immobili e di diritti reali immobiliari per successione o donazione erano soggetti al pagamento dell’imposta ipotecaria con un’aliquota del 2 per cento commisurata al valore dell’immobile. L’imposta era invece dovuta nella misura fissa di euro 168 per le volture degli atti con i quali il ricevente acquista la prima abitazione[57] (articolo 1 della Tariffa allegata al citato D.Lgs. n. 347 del 1990).

 

La lettera b), numero 1), del comma 1, novellando l’articolo 1 della Tariffa allegata al citato D.Lgs. n. 347 del 1990, elimina i certificati di successione[58] dall’àmbito degli atti ai quali l’imposta ipotecaria si applica nella misura proporzionale del 2 per cento o nella misura fissa di 168 euro quando il ricevente soddisfa le condizioni necessarie per usufruire delle agevolazioni fiscali per la prima abitazione.

Il numero 2) della stessa lettera b) introduce nella Tariffa allegata al citato D.Lgs. n. 347 del 1990 tre nuovi articoli (1-ter, 1-quater e 1-quinquies).

 

Il nuovo articolo 1-ter prevede l’applicazione dell’imposta ipotecaria nella misura proporzionale del 3 per cento per la trascrizione di certificati di successione, di atti di donazione e di altri atti a titolo gratuito che trasferiscono la proprietà di beni immobili o costituiscono o trasferiscono diritti reali immobiliari, anche per quote, o vincoli di destinazione sugli stessi, quando il beneficiario non è il coniuge o un parente in linea retta.

 

Il nuovo articolo 1-quater disciplina il trattamento fiscale degli atti di donazione e di altri atti a titolo gratuito che trasferiscono la proprietà di beni immobili o costituiscono o trasferiscono diritti reali immobiliari, anche per quote, o vincoli di destinazione sugli stessi:

1)      quando il trasferimento avviene in favore del coniuge o di un parente in linea retta che sia in possesso dei requisiti per fruire delle agevolazioni per la prima abitazione, il trasferimento è soggetto:

·         all’imposta ipotecaria nella misura fissa di 168 euro fino al valore di 180.000 euro per ciascun beneficiario in possesso dei requisiti

·         all’imposta ipotecaria nella misura proporzionale del 3 per cento oltre il valore di 180.000 euro.

2)      negli altri casi il trasferimento è soggetto all’imposta ipotecaria nella misura proporzionale del 3 per cento.

 

Si ritiene che gli “altri casi” ai quali si riferisce la disposizione individuata con il punto 2) siano le donazioni e gli altri atti a titolo gratuito in favore del coniuge o di un parente in linea retta che non siano in possesso dei requisiti per fruire delle agevolazioni per la prima abitazione.

Invero, secondo la sua letterale formulazione, la disposizione sembrerebbe applicabile a tutti i casi di donazione e atto a titolo gratuito diversi da quelli di cui al punto 1), ovvero anche a quelli in favore di soggetti non aventi i menzionati rapporti con il donante: tali atti sono tuttavia già regolati dal nuovo articolo 1-ter della Tariffa. Va segnalato comunque che l’eventuale sovrapposizione tra il punto 2) e l’articolo 1-ter non avrebbe conseguenze, in quanto entrambe le disposizioni prevedono l’applicazione dell’imposta ipotecaria con un’aliquota proporzionale del 3 per cento.

 

Il nuovo articolo 1-quinquies della Tariffa disciplina il trattamento fiscale della trascrizione dei certificati di successione che trasferiscono la proprietà di beni immobili o costituiscono o trasferiscono diritti reali immobiliari, anche per quote, o vincoli di destinazione sugli stessi:

1)      quando il trasferimento riguarda l’abitazione principale del defunto è soggetto:

·         all’imposta ipotecaria nella misura fissa di 168 euro fino al valore di 250.000 euro;

·         all’imposta ipotecaria nella misura proporzionale del 3 per cento oltre il valore di 250.000 euro.

2)      quando la trascrizione è relativa alla successione di immobili o diritti reali immobiliari diversi dall’abitazione principale del defunto è soggetta all’imposta ipotecaria nella misura proporzionale del 3 per cento.

Anche in questo caso sembra verificarsi una parziale sovrapposizione tra la disciplina dell’ipotesi indicata nel numero 2) e il nuovo articolo 1-ter della Tariffa, con riferimento a tutte le ipotesi di successione aventi ad oggetto immobili o diritti reali immobiliari diversi dall’abitazione principale del defunto, indipendentemente dal rapporto esistente tra il defunto e i soggetti in favore dei quali si effettua la trascrizione del certificato di successione. Anche in questo comunque l’eventuale sovrapposizione sarebbe priva di conseguenze sostanziali, in considerazione dell’identità dell’aliquota applicabile.

Riduzione del campo di applicazione delle agevolazioni fiscali per la prima abitazione

Il comma 2 dell’articolo 6 in esame dispone l’inapplicabilità dell’articolo 69, commi 3 e 4, della legge 21 novembre 2000, n. 342, ai trasferimenti di immobili e di diritti sugli stessi per atto a titolo gratuito o per causa di morte.

 

Il comma 3 del citato articolo 69 dispone l’applicazione delle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa (attualmente pari a 168 euro) ai trasferimenti, derivanti da successioni o donazioni, della proprietà di case di abitazione non di lusso e per la costituzione o il trasferimento di diritti immobiliari relativi alle stesse, quando, in capo al beneficiario o, in caso di pluralità di beneficiari, in capo ad almeno uno di essi, sussistano i requisiti e le condizioni previste in materia di acquisto della prima abitazione[59]. Tale norma si applica a tutti i soggetti che ricevono per successione e donazione, indipendentemente dal loro rapporto con il defunto o con il donante.

Il comma 4 dell’articolo 69 stabilisce che le dichiarazioni attestanti il diritto alle agevolazioni fiscali per la prima abitazione devono essere rese da parte dell’interessato nella dichiarazione di successione o nell'atto di donazione. In caso di decadenza dal beneficio o di dichiarazione mendace, si applicano le sanzioni previste dal comma 4 della nota II-bis dell'articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.

 

L’inapplicabilità dei sopra illustrati commi 3 e 4 dell’articolo 69 si ricollega con quanto disposto dal precedente comma 1 dell’articolo 6 in esame, il quale prevede che, nell’ambito degli acquisti non a titolo oneroso della proprietà o di diritti reali immobiliari relativi a immobili che rientrano nell’àmbito di applicazione delle agevolazioni fiscali per la prima abitazione, le imposte ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa esclusivamente per gli acquisti effettuati mediante atto di donazione o altro atto a titolo gratuito stipulati tra coniugi o tra parenti in linea retta.

 

Si osserva che non appare chiaro il motivo per il quale si è preferito disporre l’inapplicabilità dei citati commi 3 e 4 dell’articolo 69, anziché abrogare gli stessi commi, posto che essi si riferiscono esclusivamente a trasferimenti di immobili o di diritti reali sugli stessi per atto a titolo gratuito o per causa di morte e non si comprende pertanto a quali altre fattispecie sarebbero applicabili.

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del presente decreto-legge osserva a tal proposito: “è, infine, prevista l’abrogazione delle preesistenti agevolazioni previste dall’articolo 69, commi 3 e 4 della legge 21 novembre 2000, n. 342, facendo salve tuttavia le disposizioni previste per i trasferimenti a titolo gratuito in favore del coniuge e dei parenti in linea retta. In tal modo restano immutati, in particolare, gli obblighi di dichiarazione per l’accesso alla agevolazioni per la prima casa.”

Con riferimento agli obblighi di dichiarazione di cui al comma 4 dell’articolo 69, si osserva che la prevista disapplicazione di tale comma dovrebbe comportare anche l’inefficacia degli obblighi di dichiarazione dallo stesso prescritti.

 

Per l’entrata in vigore dei commi 1 e 2 in esame si veda il successivo comma 6 dell’articolo 6.


Articolo 6, commi 3 e 4
(Imposta di registro sulle dichiarazioni
di trasferimenti per causa di morte)

 


3. Nel testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 2, dopo la lettera d) è aggiunta la seguente: “d-bis) dichiarazioni di trasferimenti per causa di morte.” ;

b) all’articolo 9, dopo il comma 2, è aggiunto il seguente:

“2 bis) Competente a ricevere le dichiarazioni di trasferimento per causa di morte è l’ufficio di cui agli gli articoli 6 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, e 15, comma 3, della legge 18 ottobre 2001, n. 383.”;

c) all’articolo 13, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente: “4-bis. Per le dichiarazioni di trasferimenti per causa di morte si applicano i termini previsti dall’articolo 31 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346.”;

d) all’articolo 41, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente: “2-bis. L’imposta dovuta per i trasferimenti per causa di morte è liquidata e versata dagli eredi, dai legatari e dagli altri soggetti obbligati, unitamente agli altri tributi dovuti, entro i termini previsti per la presentazione della dichiarazione.”;

e) all’articolo 43, comma 1, dopo la lettera i) è aggiunta la seguente: “i-bis) per le dichiarazioni di trasferimenti per causa di morte relativamente ai diritti sui beni immobili si applicano le disposizioni di cui agli articoli 47, 48, 51 e 52 con esclusione del comma 5-bis. Per ogni altro bene o diritto si applicano le disposizioni di cui al titolo II, capo II, del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, in materia di valutazione di aziende, azioni, obbligazioni, altri titoli e quote sociali; nella determinazione della base imponibile non si tiene conto delle passività ereditarie che non afferiscono alle aziende, né dell’avviamento. Non sono soggetti all’imposta i titoli del debito pubblico, tra i quali si intendono compresi i buoni ordinari del tesoro e i certificati di credito del tesoro, nonché gli altri titoli di Stato, garantiti dallo Stato o equiparati e ogni altro bene o diritto, dichiarati esenti da imposta da norme di legge.”;

f) all’articolo 57, dopo il comma 8 è aggiunto il seguente: “ 8-bis. Per le dichiarazioni di trasferimento per causa di morte sono obbligati al pagamento dell’imposta i beneficiari dei trasferimenti per quanto a loro perviene a seguito della successione, nonché coloro che, a qualsiasi titolo, sono tenuti a presentare la dichiarazione.”;

g) all’articolo 80, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente: “3-bis. Per i trasferimenti per causa di morte si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346. Restano ferme le agevolazioni previste da altre disposizioni di legge.”.

4. Al testo unico di cui al comma 3, alla Tariffa, parte I, annessa al citato testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica, n. 131 del 1986, dopo l’articolo 2 è inserito il seguente:

“2-bis. 1. Dichiarazioni di trasferimenti per causa di morte.

Se hanno per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari:

devoluti a favore di parenti fino al quarto grado e di affini in linea retta, nonché di affini in linea collaterale fino al terzo grado, con esclusione del coniuge e dei parenti in linea retta: 2 per cento;

devoluti a favore di altri soggetti: 4 per cento.

Se hanno per oggetto aziende, azioni, obbligazioni, altri titoli o quote sociali:

devoluti a favore del coniuge e di parenti in linea retta sul valore complessivo dei beni dichiarati eccedente 100.000 euro, tenuto conto del valore di donazioni o di altri atti a titolo gratuito di cui all’articolo 13, comma 2-bis, della legge 18 ottobre 2001, n. 383: 4 per cento;

devoluti a favore di parenti fino al quarto grado e di affini in linea retta nonché di affini in linea collaterale fino al terzo grado : 6 per cento;

devoluti a favore di altri soggetti : 8 per cento.”.


 

 

I commi 3 e 4 dell’articolo 6 estendono l’applicazione dell’imposta di registro alla presentazione delle dichiarazioni di trasferimenti per causa di morte.

 

Precedentemente all’entrata in vigore del decreto-legge in esame, in conseguenza della soppressione dell’imposta di successione operata dall’articolo 13, comma 1, della legge 22 ottobre 2001, n. 383, gli atti di trasferimento a causa di morte erano soggetti esclusivamente alle imposte ipotecarie e catastali, nella misura ordinariamente prevista, nell’ipotesi in cui nell’attivo ereditario fossero presenti beni immobili o diritti reali immobiliari.

 

Il comma 3 dell’articolo 6 disciplina la presentazione della dichiarazione riferita ai trasferimenti per causa di morte, le modalità di determinazione della base imponibile e di pagamento della relativa imposta di registro.

 

La lettera a) del comma 3 inserisce nell’elenco degli atti soggetti a registrazione, contenuto nell’articolo 2 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, recante il testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, le dichiarazioni di trasferimenti per causa di morte.

 

La lettera b) del comma 3, che novella l’articolo 9 del citato D.P.R. n. 131 del 1986, stabilisce che l’ufficio competente a ricevere le dichiarazioni di trasferimento per causa di morte è l'ufficio del registro nella cui circoscrizione era l'ultima residenza del defunto. Nel caso in cui il defunto fosse residente all'estero, l'ufficio competente è quello nella cui circoscrizione era stata fissata l'ultima residenza italiana. Se quest’ultima non è nota o non è nota l’ultima residenza, l'ufficio competente è quello di Roma.

 

La lettera c) del comma 3, che aggiunge un nuovo comma 4-bis all’articolo 13 del citato D.P.R. n. 131 del 1986, prevede che la dichiarazione di trasferimenti per causa di morte deve essere presentata entro dodici mesi dalla data di apertura della successione (ossia la morte del de cuius). È prevista, mediante rinvio all’articolo 31 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 (recante il testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni), una serie di ipotesi nelle quali il termine di dodici mesi decorre da una data diversa da quella di apertura della successione

 

La lettera d) del comma 3, che aggiunge un nuovo comma 2-bis all’articolo 41 del citato D.P.R. n. 131 del 1986, prevede che spetti agli stessi eredi, legatari e altri soggetti obbligati liquidare l’imposta di registro dovuta per i trasferimenti a causa di morte. L’imposta dev’essere versata dai suddetti soggetti, unitamente agli altri tributi dovuti, entro i termini previsti per la presentazione della dichiarazione di trasferimenti per causa di morte.

 

La lettera e) del comma 3, che aggiunge una nuova lettera i-bis) all’articolo 43, comma 1, del citato D.P.R. n. 131 del 1986, individua la base imponibile sulla quale si calcola l’imposta di registro dovuta per le dichiarazioni di trasferimenti a causa di morte.

Sono soggetti all’imposta di registro i trasferimenti per successione di:

§      immobili e diritti reali immobiliari;

Per la valutazione di tali beni la lettera i-bis in esame rinvia agli articoli 47 (valutazione dell’enfiteusi), 48 (valutazione della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione) e 51 (valutazione di beni e diritti). Viene inoltre fatto rinvio all’articolo 52, il quale prevede che non sono sottoposti a rettifica i valori dichiarati di beni immobili e diritti reali immobiliari che sono uguali o superiori a determinati moltiplicatori del reddito catastale dell’immobile[60].

§      aziende, azioni, obbligazioni, altri titoli o quote sociali.

Per la valutazione di tali beni si rinvia alle disposizioni del titolo II, capo II, del D.Lgs. n. 346 del 1990 (relativo alla determinazione della base imponibile ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni).

Nella determinazione della base imponibile dell’imposta di registro per i trasferimenti a causa di morte non si deve tenere conto delle passività ereditarie, a meno che non afferiscano alle aziende, né dell’avviamento. Pertanto eventuali debiti, anche se relativi a immobili oggetto di trasferimento (come i mutui ipotecari), non possono essere utilizzati per ridurre la base imponibile.

L’imposta di registro non è dovuta per i titoli del debito pubblico (compresi i buoni ordinari del tesoro e i certificati di credito del tesoro, gli altri titoli di Stato, garantiti dallo Stato o equiparati) e ogni altro bene o diritto, dichiarati esenti da imposta da norme di legge.

 

La lettera f) del comma 3, che aggiunge un nuovo comma 8-bis all’articolo 57 del citato D.P.R. n. 131 del 1986, stabilisce che i soggetti obbligati al pagamento dell’imposta di registro per le dichiarazioni di trasferimenti a causa di morte sono i beneficiari dei trasferimenti per quanto a loro perviene a seguito della successione, nonché coloro che, a qualsiasi titolo, sono tenuti a presentare la dichiarazione. Con riferimento a quest’ultima categoria di soggetti, si evidenzia che la presente disposizione non individua i soggetti tenuti a presentare la dichiarazione; tali soggetti dovrebbero essere quelli individuati dall’articolo 28, comma 2, del citato testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e le donazioni, (D.Lgs. n. 346 del 1990), in considerazione del rinvio, operato dalla successiva lettera g) del presente comma 3, alle disposizioni di tale testo unico, se compatibili.

 

Ai sensi del citato articolo 28, comma 2, del D.Lgs. n. 346 del 1990, i soggetti obbligati a presentare la dichiarazione di successione erano: i chiamati all'eredità e i legatari, anche nel caso di apertura della successione per dichiarazione di morte presunta, ovvero i loro rappresentanti legali; gli immessi nel possesso temporaneo dei beni dell'assente; gli amministratori dell'eredità e i curatori delle eredità giacenti; gli esecutori testamentari

 

La lettera g) del comma 3, che aggiunge un nuovo comma 3-bis all’articolo 80 del citato D.P.R. n. 131 del 1986, stabilisce che per i trasferimenti per causa di morte si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del già citato testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni. Conferma inoltre le agevolazioni previste da altre disposizioni di legge.

 

Il comma 4 dell’articolo 6, che aggiunge un nuovo articolo 2-bis alla tariffa, parte I, annessa al D.P.R. n. 131 del 1986 (Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), individua la misura nella quale si applica l’imposta di registro ai trasferimenti per causa di morte.

Le aliquote applicabili a tali trasferimenti sono differenziate in relazione alla natura dei beni trasferiti e, all’interno di ciascuna categoria, in relazione al grado di parentela esistente tra il de cuius e il beneficiario.

I trasferimenti aventi a oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari sono esenti da imposta se devoluti in favore del coniuge o dei parenti in linea retta, mentre sono soggetti all’imposta di registro con le seguenti aliquote:

§      2 per cento se sono devoluti a favore di parenti fino al quarto grado e di affini in linea retta, nonché di affini in linea collaterale fino al terzo grado;

§      4 per cento se sono devoluti a favore di altri soggetti.

L’esenzione dall’imposta per il coniuge e i parenti in linea retta non appare disposta in modo del tutto chiaro, in quanto la norma prevede l’applicazione dell’aliquota del 2 per cento nei confronti dei parenti e affini sopra indicati, “con esclusione del coniuge e dei parenti in linea retta” e dell’aliquota del 4 per cento nei confronti degli altri soggetti, categoria nella quale rientrerebbero, a rigore, tutti i soggetti ai quali non si applica l’aliquota del 2 per cento.

 

I trasferimenti aventi a oggetto aziende, azioni, obbligazioni, altri titoli o quote sociali sono soggetti all’imposta di registro con le seguenti aliquote:

§      4 per cento se devoluti a favore del coniuge e di parenti in linea retta. La disposizione prevede una franchigia di 100.000 euro; ai fini del raggiungimento di tale importo deve essere considerato anche il valore di tutte le donazioni e gli altri atti a titolo gratuito effettuati dal de cuius, aventi ad oggetto aziende, azioni, obbligazioni quote sociali, altri titoli e denaro contante. Si ritiene che la franchigia vada calcolata separatamente nei confronti di ciascun beneficiario;

§      6 per cento se sono devoluti a favore di parenti fino al quarto grado e di affini in linea retta, nonché di affini in linea collaterale fino al terzo grado;

§      8 per cento se sono devoluti a favore di altri soggetti.

 

Si osserva che nell’alinea del presente comma 4 è ripetuta due volte l’espressione “testo unico”.

 

Per l’entrata in vigore dei presenti commi 3 e 4 si veda il successivo comma 6 dell’articolo 6.


Articolo 6, comma 5
(Imposta di registro per donazioni e altri atti di liberalità)

 


5. Alla legge 18 ottobre 2001, n. 383, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 dell’articolo 13 è sostituito dai seguenti :

“2. I trasferimenti per donazione o per altri atti a titolo gratuito di beni immobili e diritti reali immobiliari, compresa la rinuncia pura e semplice agli stessi e la costituzione di vincoli di destinazione, fatti a favore di soggetti diversi dal coniuge e dai parenti in linea retta, sono soggetti all’imposta di registro con le seguenti aliquote:

     a) se fatti a favore di altri parenti fino al quarto grado e di affini in linea retta nonché di affini in linea collaterale fino al terzo grado: 2 per cento;

     b) se fatti a favore di altri soggetti: 4 per cento.

2-bis. I trasferimenti per donazione o per altri atti a titolo gratuito di aziende, azioni, obbligazioni, quote sociali, altri titoli e denaro contante, nonché la costituzione di vincoli di destinazione sono soggetti all’imposta di registro con le seguenti aliquote:

     a) se fatti a favore del coniuge e di parenti in linea retta, sul valore eccedente euro 100.000: 4 per cento;

     b) se fatti a favore di parenti fino al quarto grado e di affini in linea retta, nonché di affini in linea collaterale fino al terzo grado: 6 per cento;

     c) se fatti a favore di altri soggetti : 8 per cento.

2-ter. Ai fini dell’applicazione del comma 2-bis, lettera a), negli atti di donazione e negli altri atti a titolo gratuito, nonché negli atti di cui all’articolo 26 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, aventi per oggetto aziende, azioni, obbligazioni, quote sociali, altri titoli e denaro contante, devono essere indicati gli estremi delle donazioni e degli altri atti a titolo gratuito anteriormente fatti dal dante causa a favore del coniuge, dei parenti in linea retta o di alcuno di essi, nonché i relativi valori alla data degli atti stessi. Per l’omissione, l’incompletezza o l’inesattezza di tale indicazione si applica, a carico solidalmente del dante causa e del beneficiario, la sanzione amministrativa da uno a due volte la maggiore imposta dovuta.”;

b) all’articolo 14, comma 1, la parola: “franchigie” è soppressa.


 

 

Il comma 5 dell’articolo 6 novella gli articoli 13 e 14 della legge 18 ottobre 2001, n. 383, con i quali è stata soppressa l’imposta sulle successioni e donazioni ed è stato determinato il trattamento fiscale degli atti di trasferimento di beni e diritti per donazione ed altra liberalità tra vivi.

 

In particolare, il citato articolo 13 prevede la totale soppressione dell'imposta sulle successioni; l'imposta è abolita altresì per le donazioni e le altre liberalità a favore del coniuge, dei parenti in linea retta ovvero degli altri parenti entro il quarto grado, nonché in tutti i casi in cui il valore della quota non superi i 350 milioni di lire (pari a 180.759,91 euro)[61]. Negli altri casi sono invece dovute le imposte sui trasferimenti ordinariamente applicabili per le operazioni a titolo oneroso.

Il successivo articolo 14 conferma l'applicazione delle agevolazioni, già vigenti in tema di imposta sulle successioni e donazioni, per gli atti di trasferimento a titolo gratuito inter vivos assoggettati ad imposta.

In seguito alla soppressione dell’imposta di successione, gli atti di trasferimento a causa di morte erano soggetti esclusivamente alle imposte ipotecarie e catastali, nella misura ordinariamente prevista, nell’ipotesi in cui nell’attivo ereditario fossero presenti beni immobili o diritti reali immobiliari[62].

Per quanto riguarda invece le donazioni e le altre liberalità tra vivi era previsto, oltre all’applicazione delle imposte ipotecari e catastali, un trattamento fiscale differenziato in dipendenza della natura dei donatari e al valore dei beni e diritti. In particolare gli atti in favore del coniuge, dei parenti in linea retta e degli altri parenti fino al quarto grado sono sempre esclusi dall’imposizione. Le donazioni effettuate in favore di soggetti diversi da quelli sopra indicati erano soggette alle imposte ordinariamente applicabili alle corrispondenti operazioni a titolo oneroso (imposta di registro o IVA), se il valore della quota spettante a ciascun beneficiario era superiore a 180.759.91 euro; l’imposta si applicava sulla parte di valore eccedente l’importo di 180.759.91 euro.

 

La lettera a) del comma 5 in esame, che sostituisce il comma 2 dell’articolo 13 della legge n. 383 del 2001 con tre nuovi commi (2, 2-bis e 2-ter), determina la misura dell’imposta di registro applicabile alle donazioni e agli altri atti a titolo gratuito. La sostituzione del previgente comma 2 dell’articolo 13 comporta l’abrogazione del sopra illustrato trattamento fiscale delle donazioni.

Il nuovo comma 2 dell’articolo 13 fissa le aliquote dell’imposta di registro applicabile alle donazioni e agli altri atti a titolo gratuito aventi ad oggetto beni immobili e diritti reali immobiliari, compresa la rinuncia pura e semplice agli stessi e la costituzione di vincoli di destinazione. Le aliquote sono differenziate in relazione al rapporto tra donante e donatario:

§      se il donatario è coniuge o parente in linea retta del donante: l’imposta di registro non è dovuta;

§      se il donatario è parente fino al quarto grado, affine in linea retta o affine in linea collaterale fino al terzo grado[63]del donante: l’imposta di registro è dovuta con l’aliquota del 2 per cento;

§      per tutti gli altri soggetti l’imposta di registro è dovuta con l’aliquota del 4 per cento.

 

Il nuovo comma 2-bis dell’articolo 13 fissa le aliquote dell’imposta di registro applicabile alle donazioni e agli altri atti a titolo gratuito aventi ad oggetto aziende, azioni, obbligazioni, quote sociali, altri titoli e denaro contante, compresa la costituzione di vincoli di destinazione. Anche in questa fattispecie le aliquote sono differenziate in relazione al rapporto tra donante e donatario:

§      se il donatario è coniuge o parente in linea retta del donante: l’imposta di registro è dovuta con l’aliquota del 4 per cento, che si applica sul valore eccedente 100.000 euro;

§      se il donatario è parente fino al quarto grado, affine in linea retta o affine in linea collaterale fino al terzo grado[64]del donante: l’imposta di registro è dovuta con l’aliquota del 6 per cento;

§      per tutti gli altri soggetti l’imposta di registro è dovuta con l’aliquota dell’8 per cento.

Anche se non espressamente indicato, si ritiene che la franchigia di 100.000 euro relativa alle donazioni in favore del coniuge e dei parenti in linea retta vada calcolata separatamente per ciascun soggetto e che nei confronti di ciascun beneficiario vadano sommate tutte le attribuzioni effettuate da parte di un medesimo soggetto. Quanto previsto dal successivo nuovo comma 2-ter confermerebbe questa interpretazione.

Si osserva inoltre che l’espressione “denaro contante” sembra riferirsi ai soli biglietti di banca, con esclusione di tutti gli altri strumenti utilizzati per trasferire da un soggetto a un altro somme di denaro, come, a titolo di esempio, assegni, di conto corrente e circolari, bonifici bancari, vaglia postali ed altro. Questa limitazione renderebbe esenti da imposta le donazioni di denaro non contante. Si segnala inoltre che l’uso del denaro contante per trasferimenti di importo superiore a 12.500 euro è vietato ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della legge 3 maggio 1991, n. 143, diretta a prevenire l’utilizzazione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio.

 

Nella disciplina antecedente la soppressione dell’imposta sulle donazioni, essa non si applicava – a norma dell’articolo 1, comma 4, del testo unico approvato con D. Lgs. n. 346 del 1990 – ai casi di donazione o liberalità previsti dagli articoli 742 (spese di mantenimento e di educazione, spese sostenute per malattia, spese ordinarie fatte per abbigliamento o per nozze, spese per il corredo nuziale e per l'istruzione artistica o professionale non eccedenti notevolmente la misura ordinaria, liberalità fatte in occasione di servizi resi o comunque in conformità agli usi, indicate dall’articolo 770) e 783 (donazione di modico valore che ha per oggetto beni mobili, secondo le condizioni economiche del donante) del codice civile.

La mancata previsione di franchigie nelle disposizioni del presente articolo sembrerebbe assoggettare all’imposta di registro tutte le donazioni, indipendentemente dal valore dei beni o delle somme donate, con la sola esclusione degli atti di liberalità che, a norma dell’articolo 770 del codice civile, non costituiscono donazione. Tale conclusione sembra tuttavia difficilmente sostenibile sul piano della pratica applicabilità.

 

Il nuovo comma 2-terdell’articolo 13 detta disposizioni per l’applicazione della franchigia di 100.000 euro prevista dal precedente comma 2-bis per l’imposta di registro sulle donazioni e gli altri atti a titolo gratuito, aventi ad oggetto aziende, azioni, obbligazioni, quote sociali, altri titoli e denaro contante, in favore del coniuge e dei parenti in linea retta. A tal fine negli atti sopra menzionati dovranno essere indicati:

§      gli estremi di eventuali precedenti atti a titolo gratuito fatti dal dante causa in favore del coniuge e dei parenti in linea retta;

§      il valore dei beni trasferiti, al momento del trasferimento.

La stessa indicazione deve essere contenuta negli atti di trasferimento di partecipazioni sociali posti in essere tra coniugi o tra parenti in linea retta[65], se il valore della partecipazione o la differenza fra valore e prezzo è superiore a 180.795,91 euro. Ai sensi dell’articolo 26 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, i sopra indicati atti[66] si presumono a titolo gratuito se l’ammontare complessivo dell’imposta di registro e di ogni altra imposta dovuta per il trasferimento a titolo oneroso è inferiore a quello delle imposte applicabili in caso di trasferimento a titolo gratuito.

 

La lettera b) del comma 5 dell’articolo 6 in esame novella l’articolo 14,comma 1, della citata legge n. 383 del 2001.

 

Il citato articolo 14, comma 1, fa salve, riferendole all’imposta dovuta ai sensi dell’articolo 13, comma 2, della stessa legge n. 383 del 2001[67], le disposizioni concernenti esenzioni, agevolazioni, franchigie e determinazione della base imponibile, precedentemente vigenti in materia di imposta sulle successioni e donazioni.

 

La lettera b), sopprimendo la parola “franchigie”, conferma l’inapplicabilità delle esenzioni dall’imposta di registro per donazioni e atti di liberalità di valore inferiore a 180.759,91 euro (o a 516.456,90 euro per i soggetti portatori di handicap grave).

 

Per l’entrata in vigore del presente comma si veda il successivo comma 6 dell’articolo 6.


Articolo 6, comma 6
(Entrata in vigore)

 


6. Le disposizioni del presente articolo hanno effetto dalla data di entrata in vigore del presente decreto per gli atti pubblici formati, per gli atti a titolo gratuito fatti e per le scritture private autenticate a partire da tale data, per le scritture private non autenticate presentate per la registrazione, nonché per le successioni apertesi dalla data medesima.


 

 

Il comma 6 dell’articolo 6 dispone l’immediata applicazione delle disposizioni dei precedenti commi da 1 a 5 dello stesso articolo 6.

Il trattamento fiscale disciplinato dai citati commi si applica infatti agli atti pubblici formati, agli atti a titolo gratuito fatti e alle scritture private autenticate a partire dal 3 ottobre 2006 (data di entrata in vigore del presente decreto-legge). Lo stesso trattamento si applica inoltre alle scritture private non autenticate presentate per la registrazione a partire da tale data, nonché alle successioni apertesi dalla medesima data.


Articolo 7, commi 1-11
(Esenzione tasse automobilistiche veicoli euro 4 e euro 5)

 


1. In attuazione del principio di salvaguardia ambientale ed al fine di incentivare la sostituzione di autovetture ed autoveicoli per il trasporto promiscuo immatricolati come “euro 0” o “euro 1”, con autovetture immatricolati come “euro 4” o “euro 5” , che emettono meno di 140 grammi di CO2 al chilometro, è concessa l’esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche per detti autoveicoli, per un periodo di due annualità. La predetta esenzione è estesa per un’altra annualità per l’acquisto di autoveicoli che hanno una cilindrata inferiore a 1300 cc.. Le suddette agevolazioni non si applicano per l’acquisto di autovetture di peso complessivo superiore a 2600 kg, con esclusione di quelle aventi un numero di posti uguale o maggiore a 8.

2. Allo scopo di favorire il rinnovo del parco autocarri circolante mediante la sostituzione con veicoli a minore impatto ambientale, è concesso un contributo di euro mille per ogni veicolo di cui all’articolo 54, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, di portata inferiore a 3,5 tonnellate, immatricolati come “euro 4” o “euro 5”. Il beneficio è accordato a fronte della sostituzione di un veicolo avente sin dalla prima immatricolazione da parte del costruttore la medesima categoria e portata ed immatricolato come “euro 0” o “euro 1” .

3. Per l’acquisto di autovetture, omologate dal costruttore per la circolazione anche mediante l’alimentazione del motore con gas metano, è concesso un contributo pari ad euro millecinquecento, incrementato di ulteriori euro cinquecento nel caso in cui il veicolo acquistato abbia emissioni di CO2 inferiori a 120 grammi per chilometro. Le predette agevolazioni non si applicano per l’acquisto di autovetture di peso complessivo superiore a 2600 kg, con esclusione di quelle aventi un numero di posti uguale o maggiore a 8.

4. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 hanno validità esclusivamente per i veicoli acquistati ed immatricolati dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino al 31 dicembre 2007.

5. All’articolo 2, primo comma, lettera d), del testo unico sulle tasse automobilistiche di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 febbraio 1953, n. 39, dopo le parole:“per gli autoveicoli ed i rimorchi adibiti al trasporto di cose” sono aggiunte le seguenti: “ad eccezione dei veicoli per i quali sia stato effettuato il cambio di destinazione dalla categoria M1 a quella N1, per i quali la tassazione continua ad essere effettuata in base alla potenza effettiva dei motori”.

6. Al fine di consentire agli enti impositori di verificare la sussistenza dei requisiti richiesti per beneficiare dell’esenzione di cui al comma 1, il venditore integra la documentazione da consegnare al pubblico registro automobilistico, per la trascrizione del titolo di acquisto del nuovo autoveicolo, con una dichiarazione resa ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in cui devono essere indicati: a) la conformità dell’autoveicolo acquistato ai requisiti prescritti dal comma 1; b) la targa dell’autoveicolo ritirato per la consegna ai centri autorizzati di cui all’art. 231 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e la conformità dello stesso ai requisiti stabiliti dal comma 1. L’ente gestore del pubblico registro automobilistico acquisisce le informazioni relative all’acquisto del veicolo che fruisce dell’esenzione dal pagamento della tassa automobilistica e del veicolo avviato alla demolizione in via telematica, le trasmette in tempo reale all’archivio nazionale delle tasse automobilistiche ed al Ministero dei trasporti, Dipartimento per i trasporti terrestri, i quali provvedono al necessario scambio dei dati.

7. Ai fini dell’applicazione dei commi 2 e 3, le imprese costruttrici o importatrici del veicolo nuovo rimborsano al venditore l’importo del contributo e recuperano detto importo quale credito di imposta solo ai fini della compensazione di cui al decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dal momento in cui viene richiesto al pubblico registro automobilistico l’originale del certificato di proprietà. Il credito di imposta non è rimborsabile, non concorre alla formazione del valore della produzione netta di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, né dell’imponibile agli effetti delle imposte sui redditi e non rileva ai fini del rapporto di cui all’articolo 96 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Il contributo di cui ai commi 2 e 3 non spetta per gli acquisti dei veicoli per la cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa.

8. Fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata emessa la fattura di vendita, le imprese costruttrici o importatrici conservano la seguente documentazione, che deve essere ad esse trasmessa dal venditore:

a) copia della fattura di vendita e dell’atto di acquisto;

b) copia del libretto e della carta di circolazione e del foglio complementare o del certificato di proprietà del veicolo usato; in caso di mancanza, copia dell’estratto cronologico;

c) copia della domanda di cancellazione per demolizione del veicolo usato e originale del certificato di proprietà rilasciato dal pubblico registro automobilistico.

9. Entro quindici giorni dalla data di consegna del veicolo nuovo, il venditore ha l’obbligo di consegnare il veicolo usato ad un demolitore e di provvedere direttamente o tramite delega alla richiesta di cancellazione per demolizione al pubblico registro automobilistico. I veicoli usati non possono essere rimessi in circolazione e vanno avviati o alle case costruttrici o ai centri appositamente autorizzati, anche convenzionati con le stesse, al fine della messa in sicurezza, della demolizione, del recupero di materiali e della rottamazione.

10. Con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dei trasporti, sentiti il soggetto gestore del pubblico registro automobilistico ed il Comitato per l’interoperabilità tasse automobilistiche, da adottarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabiliti i criteri di collegamento tra gli archivi informatici relativi ai veicoli, al fine di rendere uniformi le informazioni in essi contenute e di consentire l’aggiornamento in tempo reale dei dati in essi presenti.

11. Con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dei trasporti e del Ministero per le riforme e le innovazione nella pubblica amministrazione, da adottarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono effettuate le regolazioni finanziarie delle minori entrate nette derivanti dall’attuazione delle norme del presente articolo e sono stabiliti i criteri e le modalità per la corrispondente definizione dei trasferimenti dello Stato alle regioni ed alle province autonome.


 

 

I commi da 1 ad 11 dell’articolo 7 stabiliscono un regime di agevolazioni al fine delle diffusione di mezzi di trasporto ad alta sostenibilità ambientale.

 

In proposito, si ricorda preliminarmente che le regioni a statuto ordinario sono titolari del gettito della tassa automobilistica a decorrere dal 1° gennaio 1993, come disposto dagli articoli 23-27 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, emanato in attuazione della delega al Governo conferita dall’art. 4 della legge 421/1992. La tassa automobilistica regionale assorbe l’intera tassa automobilistica prevista dal D.P.R. n. 39 del 1953, recante il testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche.

Le regioni possono determinare con propria legge, entro il 10 novembre di ogni anno, gli importi delle tasse automobilistiche nella misura compresa tra il 90 e il 110 per cento degli importi vigenti nell’anno precedente. A decorrere dal 1° gennaio 1999, inoltre, il comma 10 dell’articolo 17 della legge n. 449 del 1997 ha previsto l'attribuzione alle regioni a statuto ordinario delle competenze in materia di accertamento, riscossione, recupero, applicazione delle sanzioni, rimborsi e contenzioso relativamente alle tasse automobilistiche non erariali, con le modalità stabilite dal successivo decreto del Ministero delle finanze 18 novembre 1998, n. 462.

Successivamente la legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003) è intervenuta per sanare il contenzioso costituzionale sorto tra Governo e regioni sulle competenze regionali in materia di tributi, in particolare IRAP e tassa automobilistica. Le regioni Piemonte, Veneto, Campania, infatti, avevano disposto con proprie leggi, tra l’altro, la proroga dei termini (dal 31 dicembre 2002 al 31 dicembre 2003) per il recupero della tassa automobilistica dovuta per l’anno 1999. Queste disposizioni erano state impugnate dal Governo innanzi alla Corte costituzionale, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni stesse con le sentenze, rispettivamente, n. 296 e 297 del 22-26 settembre 2003 e n. 311 del 2-15 ottobre 2003[68].

Le disposizioni recate dai commi 22 e 23 dell’articolo 2 della legge n. 350 del 2003 prevedono sostanzialmente una sanatoria, nelle more del completamento dei lavori dell’Alta Commissione di studio per il federalismo fiscaleper le disposizioni adottate dalle regioni in materia di tassa automobilistica e di IRAP, in difformità dai poteri attribuiti in materia dalla normativa statale. In particolare in tali regioni l’applicazione delle sopra citate imposte opera, fino al periodo d’imposta decorrente dal 1° gennaio 2007, secondo le disposizioni regionali e nazionali (per i profili su cui non incidono le prime), e che – entro la stessa data – le suddette regioni sono tenute a rendere conformi alla normativa statale le disposizioni adottate relativamente alla tassa automobilistica.

La legge finanziaria per il 2005 (L. 311/2004, articolo 1, comma 61) ha confermato la sanatoria per le disposizioni delle leggi regionali in materia di tassa automobilistica e IRAP emanate in violazione dei limiti della loro potestà legislativa, estendendola anche alle leggi regionali non sottoposte al giudizio della Corte e promulgate prima del 1° gennaio 2005.

Si ricorda infine che, nelle regioni a statuto ordinario, la tassa automobilistica costituisce uno dei cinque tributi (insieme a IRAP, addizionale IRPEF, accisa sulla benzina, addizionale all'imposta erariale sul gas metano) che formano la quota preponderante del gettito regionale.

 

Nel territorio delle regioni a statuto speciale la tassa è rimasta un tributo erariale. Ad eccezione del Friuli-Venezia Giulia e della Sardegna, le regioni a statuto speciale ricevono una compartecipazione della tassa erariale (la Sicilia i 10/10, la Valle d’Aosta i 9/10). Nelle province autonome di Trento e di Bolzano, invece, la compartecipazione alla tassa erariale è stata sostituita dalla tassa automobilistica provinciale istituita con legge da ciascuna provincia a decorrere dal 1° gennaio 1999, ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. 16/3/1992, n. 268[69]. Anche le due province autonome, come le regioni a statuto ordinario, possono introdurre variazioni tariffarie nei limiti di quanto disposto dalla legislazione statale

 

Con riferimento a regimi di agevolazioni fiscali introdotti con la medesima finalità, si ricorda che, nel corso della XIV legislatura, è stata introdotta una misura agevolativa intesa a favorire l’ammodernamento dei veicoli a motore circolanti, sia per il sostegno dell’industria e sia per promuovere la sostituzione con mezzi meno inquinanti. Infatti, l’articolo 2 del D.L. 8 luglio 2002, n. 138 ha previsto incentivi per la demolizione di autoveicoli, la cui efficacia, dapprima limitata al 31 dicembre 2002, è stata poi prorogata al 31 marzo 2003 dal D.L. 13 gennaio 2003, n. 2. A quest’effetto è stata concessa l’esenzione dalla tassa automobilistica, per tre annualità, nonché dall'imposta provinciale di trascrizione, dall'imposta di bollo e dagli emolumenti spettanti agli uffici del Pubblico registro automobilistico, relativamente alle formalità connesse agli atti di acquisto, in favore degli acquirenti di autoveicoli nuovi, di potenza non superiore a 85 Kw e conformi alle direttive CE sull'inquinamento, a condizione che al momento dell'acquisto fosse consegnato al venditore un autoveicolo non conforme alla direttiva 91/441/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1991 e successive, sull'inquinamento, che il venditore avrebbe provveduto ad avviare alla demolizione. Le stesse agevolazioni – esclusa l'esenzione relativa alla tassa automobilistica – erano concesse alle medesime condizioni per l’acquisto di autoveicoli usati, purché garantiti per un anno e sottoposti a specifica revisione.

 

Si ricorda infine che sulla materia interviene anche il comma 22 dell’articolo 20 del disegno di legge finanziaria per il 2007 (C 1746), il quale reca una modifica complessiva alle tariffe delle tasse automobilistiche, in particolare aumentando le tariffe per i veicoli più inquinanti.

 

In particolare, il comma 1 del presente articolo 7 prevede un’esenzione di due anni dal pagamento delle tasse automobilistiche per l’acquisto di autovetture immatricolate come “euro 4” o “euro 5”, che emettono meno di 140 grammi di CO2 al chilometro. L’esenzione è estesa ad un’ulteriore annualità per l’acquisto di autoveicoli con cilindrata inferiore a 1300 cc. Le agevolazioni in questione non si applicano inoltre per l’acquisto di autovetture di peso complessivo superiore a 2600 kg, a meno che non abbiano un numero di posti uguale o maggiore a 8. La finalità della norma viene individuata nell’incentivazione della sostituzione di autovetture e autoveicoli per il trasporto promiscuo immatricolati come euro 0 o euro 1.

 

La classificazione degli autoveicoli in pre-euro 1, euro 1, euro 2, euro 3, euro 4 ed euro 5 indica il rispetto da parte degli autoveicoli delle direttive della Comunità europea successivamente emanate sull’emissione di inquinanti da parte dei veicoli. Per motoveicoli e ciclomotori è prevista la classificazione in euro 1, euro 2 ed euro 3.

 

 

In proposito si rileva che dall’indicazione delle finalità della disposizione e dall’indicazione dei requisiti di cui al comma 6 sembra evincersi che all’acquisto si deve accompagnare la sostituzione di un veicolo “euro 0” o “euro 1”.

Si osserva altresì che la nozione di peso complessivo, pur non essendo normativamente definita, sembra equivalente a quella di massa complessiva, contenuta in varie disposizioni del nuovo codice della strada, emanato con decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285[70]. Tale indicazione è contenuta nel modello di carta di circolazione dei veicoli, approvato con D.M. 2 novembre 1999, pubblicato nella Gazzetta ufficiale 26 novembre 1999, n. 278).

 

Il comma 2 concede un contributo di mille euro per ogni autocarro (vale a dire i veicoli di cui all’articolo 54, comma 1, lettera d) del decreto legislativo n. 285 del 1992) immatricolato come “euro 4” o “euro 5” di portata inferiore a 3,5 tonnellate, a patto che il veicolo in questione vada a sostituire un veicolo di medesime dimensioni immatricolato “euro 0” o “euro 1”.

 

Il comma 3 prevede che l’acquisto di autovetture omologate dal costruttore per la circolazione anche mediante gas metano venga concesso un contributo pari ad euro millecinquecento, incrementato di ulteriori cinquecento euro se il veicolo acquistato ha emissioni di CO2 inferiori a 120 grammi per chilometro. Dall’agevolazione viene escluso l’acquisto di autovetture di peso complessivo superiore a 2600 Kg, a meno che non si tratti di quelle con un numero di posti uguale o maggiore a 8.

 

Il comma 4 pone un limite temporale alla fruizione delle agevolazioni sopra ricordate, prevedendo la validità delle medesime per i veicoli immatricolati dalla data di entrata in vigore del decreto fino al 31 dicembre 2007.

 

Il comma 5 prevede che, per i veicoli adibiti al trasporto di cose per i quali sia stato effettuato il cambio di destinazione dalla categoria M1 a quella N1, la tassazione sia commisurata alla potenza effettiva dei motori e non, come previsto in linea generale per i veicoli e i rimorchi adibiti al trasporto di cose dall’articolo 2, primo comma lettera d) del D.P.R. 5 febbraio 1953 n. 39, recante il testo unico delle tasse automobilistiche, in base alla portata (cioè alla differenza tra peso massimo complessivo a pieno carico e tara del veicolo) espressa in quintali.

 

Le categorie M1 ed N1 fanno riferimento alla classificazione dei veicoli in base alle loro caratteristiche costruttive. I veicoli della categoria M1 sono veicoli a motore progettati e costruiti per il trasporto di persone, aventi almeno quattro ruote e al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente. I veicoli della categoria N1 sono veicoli a motore progettati e costruiti per il trasporto di merci, aventi almeno quattro ruote e massa massima non superiore a 3,5 t.

 

Il comma 6 indica le modalità per la verifica della sussistenza dei requisiti prescritti per beneficiare dell’esenzione per l’acquisto di autovetture immatricolate come “euro 4” o “euro 5” prevista dal comma 1. La disposizione stabilisce che a tal fine il venditore integra la documentazione da consegnare al pubblico registro automobilistico per la trascrizione del titolo di acquisto del nuovo autoveicolo con una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (prevista dall’articolo 47 del D.P.R. n. 445 del 2000 recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa) che contenga:

a)      la conformità dell’autoveicolo acquistato ai requisiti prescritti per fruire dell’agevolazione del comma 1

b)      la targa dell’autoveicolo ritirato per la consegna ai centri di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione di cui all’articolo 231 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nonché la conformità di tale autoveicolo ai requisiti del comma 1 (vale a dire essere immatricolato come euro 0 o euro 1).

Si prevede infine che l’ente gestore del pubblico registro automobilistico acquisisca in via telematica le informazioni relative all’acquisto del veicolo che fruisce dell’esenzione della tassa automobilistica e di quello invece avviato alla demolizione, le trasmetta immediatamente all’archivio nazionale delle tasse automobilistiche e al Ministero dei trasporti.

 

Il comma 7 disciplina l’erogazione del contributo di mille euro per gli autocarri immatricolati come euro 4 o euro 5 di cui al comma 2 e di quello di millecinquecento euro per i veicoli circolanti anche mediante alimentazione del motore con gas metano di cui al comma 3. In particolare si prevede che le imprese costruttrici o importatrici rimborsino al venditore l’importo del contributo e recuperino tale importo quale credito di imposta nell’ambito della compensazione tra debiti e crediti di imposta prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, a decorrere dal momento in cui viene richiesto al pubblico registro automobilistico l’originale del certificato di proprietà. Si prevede poi che il credito di imposta non sia rimborsabile e non concorra:

-       alla formazione del valore della produzione netta ai fini del pagamento dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), istituita con il decreto legislativo n. 446 del 1997;

-       alla formazione dell’imponibile al fine del pagamento delle imposte sui redditi;

-       al calcolo del rapporto tra l’ammontare dei ricavi e degli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi necessario per individuare la quota di interessi passivi deducibile ai sensi dell’articolo 96 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

Si stabilisce infine che il contributo di cui ai commi 2 e 3 non spetti per gli acquisti di veicoli per la cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa.

 

Dal tenore della disposizione risulta implicitamente che il contributo assumerà la forma di sconto operato dal venditore degli autoveicoli interessati agli acquirenti.

 

Il comma 8 fa obbligo alle imprese costruttrici o importatrici di conservare, fino al 31 dicembre del quinto anno successivo all’emissione della fattura di vendita una copia di tale fattura e dell’atto di acquisto, una copia del libretto e della carta di circolazione e del foglio complementare o del certificato di proprietà del veicolo usato oppure, in caso di mancanza, copia dell’estratto cronologico; una copia della domanda di cancellazione per demolizione del veicolo usato e originale del certificato di proprietà rilasciato dal pubblico registro automobilistico.

 

Il comma 9 prevede per il venditore l’obbligo di consegnare, entro quindici giorni dalla data di consegna del veicolo nuovo, il veicolo usato restituito ad un demolitore e di provvedere direttamente o tramite delega alla richiesta di cancellazione per demolizione al pubblico registro automobilistico. Si prevede inoltre che i veicoli usati non possano essere rimessi in circolazione ma debbano essere avviati alle case costruttrici o ai centri autorizzati, anche tramite convenzioni, per la messa in sicurezza, la demolizione il recupero dei materiali e la rottamazione

 

In proposito si rileva l’opportunità di precisare se la disposizione del comma 9 sia riferita solo ai veicoli di cui ai commi 2 (autocarri) e 3 (veicoli sostituiti con autovetture alimentate con gas metano), o anche ai veicoli “euro 0” ed “euro 1” sostituiti con veicoli “euro 4” e d”euro 5” di cui al comma 1.

Sarebbe altresì opportuno coordinare la formulazione del comma 9 con quella del comma 6, in quanto il comma 9 consente di avviare i veicoli usati anche alle case costruttrici, mentre il comma 6 fa unicamente riferimento ai centri di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione, di cui all’articolo 231 del decreto legislativo n. 152 del 2006.

 

Il comma 10 rimette ad un decreto del Ministero dell’economia, di concerto con il Ministero dei trasporti, sentiti il soggetto gestore del pubblico registro automobilistico e il Comitato per l’interoperabilità delle tasse automobilistiche, l’individuazione dei criteri di collegamento tra i diversi archivi informatici relativi ai veicoli, al fine di rendere uniformi le informazioni in essi contenute e di consentire l’aggiornamento dei dati.

 

Il comma 11 dispone in merito alle necessarie regolazioni finanziarie da effettuare nei confronti delle regioni e delle province autonome che, in quanto titolari del gettito della tassa automobilistica, subiscono una decurtazione di entrate. Con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, entro novanta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge in esame, dovrà essere definito l’ammontare delle minori entrate nette, nonché dei criteri e le modalità per la corrispondente definizione del trasferimento alle regioni.

Si ricorda ancora che le regioni interessate sono le Regioni a statuto ordinario, le Province autonome di Trento e di Bolzano, la regione Sicilia e la regione Valle d’Aosta.

Benché la norma si riferisca esplicitamente alle disposizioni del presente articolo, appare evidente che, nel definire l’ammontare delle minori entrate saranno prese in considerazioni tutte le variazioni apportate alle tariffe delle tasse automobilistiche.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva in materia di tasse sulle autovetture (COM(2005)261).

 

Si veda la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 7, commi 16-18.

 


Articolo 7, commi 12-14
(Aliquota accisa prodotti petroliferi)

 


12. L’aliquota di accisa sui gas di petrolio liquefatti (GPL) usati come carburante, di cui all’allegato I del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali ed amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, è ridotta a euro 227,77 per mille chilogrammi di prodotto.

13. L’aliquota di accisa sul gasolio usato come carburante, di cui all’allegato I citato nel comma 12, è aumentata a euro 416,00 per mille litri di prodotto.

14. Per i soggetti di cui all’articolo 5, commi 1 e 2, del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 16, il maggior onere conseguente alla disposizione di cui al comma 13 è rimborsato, anche mediante la compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, a seguito della presentazione di apposita dichiarazione ai competenti uffici dell’Agenzia delle dogane, secondo le modalità e con gli effetti previsti dal regolamento recante disciplina dell’agevolazione fiscale a favore degli esercenti le attività di trasporto merci, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 giugno 2000, n. 277. Tali effetti rilevano altresì ai fini delle disposizioni di cui al Titolo I del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446. Sono fatti salvi gli effetti derivanti dalle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 10, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58.


 

 

I commi 12 e 13 dell’articolo 7 variano le aliquote d’accisa applicabili rispettivamente ai gas di petrolio liquefatti (GPL) e al gasolio usati come carburante.

L’aliquota d’accisa sul GPL usato come carburanteviene ridotta del 20%, da 284,77 a 277,77 euro a tonnellata, mentre l’aliquota sul gasolio usato come carburante è aumentata da 413 a 416 euro sempre per mille litri di prodotto[71].

Entrambe le accise sono disciplinate dal testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali ed amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni.

Per quanto riguarda l’imposizione sulla benzina e sugli altri prodotti energetici va evidenziato che in materia si sono succeduti, dal 1998 ad oggi, numerosi provvedimenti, anche di natura eterogenea, che hanno modificato le aliquote di accisa previste dall’allegato I del citato D.Lgs. n. 504 del 1995.

Si ricorda che l’articolo 8 della legge n. 448 del 1998 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999), in applicazione del Protocollo di Kyoto, aveva introdotto un aumento del carico fiscale sulle emissioni di anidride carbonica, attraverso la rimodulazione graduale delle accise sui prodotti petroliferi e l’introduzione, dal 1999, di un’imposta di lire 1.000 per tonnellata sui consumi di carbone, coke di petrolio e bitume di origine naturale emulsionato con il 30% di acqua impiegati negli impianti di combustione (c.d. carbon tax).

In base alle disposizioni di tale articolo, era stata fissata una serie di “aliquote obiettivo”, riportate nell’allegato I annesso alla stessa legge n. 448 del 1998, delle accise sui prodotti petroliferi, da raggiungere entro il 2005 con aumenti annuali che avrebbero dovuto essere decisi da una commissione istituita presso il CIPE. La prima variazione alla misura delle accise è stata introdotta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 gennaio 1999. L’intervento sulle accise ed il meccanismo applicativo della c.d. carbon tax hanno dovuto, tuttavia, tenere conto degli andamenti dei prezzi internazionali del petrolio.

Nella seconda metà del 1999, infatti, l’andamento del mercato internazionale del petrolio ha evidenziato un forte aumento del prezzo del greggio, con conseguente innalzamento del carico fiscale sui prodotti petroliferi. Per contenere l’onere tributario gravante sui prodotti in questione, e in particolare per compensare l’aggravio dell’IVA derivante dall’aumento dei prezzi del petrolio, è stata adottata una serie di provvedimenti che hanno ridotto le aliquote delle accise sugli oli minerali (a partire dall’art. 1 del D.L. n. 383 del 1999, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 496/1999).

Contestualmente, è stata sospesa con successivi provvedimenti, dal 2000 al 2004, l’emanazione dei D.P.C.M. con i quali avrebbero dovuto essere fissati gli aumenti intermedi delle aliquote delle accise sugli oli minerali. Da ultimo il comma 514 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005) ha abrogato la disposizione (art. 8, co. 4, della legge n. 448 del 1998) che prevedeva il raggiungimento dei livelli di cui al sopra citato allegato I, a decorrere dal 1° gennaio 2005.

In sostanza, in materia di determinazione della misura delle accise sui prodotti petroliferi, si sono succedute in un breve arco temporale, a seguito dell’imprevisto e consistente aumento del prezzo del petrolio greggio, diverse disposizioni:

§       per quanto concerne l’attuazione delle previsioni di cui al citato art. 8 della legge n. 448 del 1998, si è passati dalla previsione di un progressivo incremento della tassazione (che, sia pur riferita direttamente alle sole accise, avrebbe in realtà prodotto effetti anche ai fini IVA, applicandosi tale ultima imposta al prezzo del prodotto comprensivo delle accise) ad una temporanea sospensione delle variazioni in aumento da realizzare su base annuale ed infine alla definitiva abrogazione di tale previsione;

§       per quanto concerne i profili normativi, si è registrato l’alternarsi di interventi di carattere legislativo e di provvedimenti di rango secondario.

 

Si segnala che in materia di prodotti energetici, è in corso di esame presso il Senato il disegno di legge (A.S. 691), recanteDelega al Governo per completare la liberalizzazione dei settori dell' energia elettrica e del gas naturale e per il rilancio del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili, in attuazione delle direttive comunitarie 2003/54/CE, 2003/55/CE e 2004/67/C”.

L’articolo 3, comma 1, di tale provvedimento prevede che, con le modalità da definire nella legge finanziaria, il maggior gettito fiscale derivante dall'incidenza dell'IVA in relazione ad aumenti dei prezzi internazionali del petrolio greggio, può essere destinato, compatibilmente con gli obiettivi previsti dal Programma di stabilità e nel limite massimo di 100 milioni di euro annui, ad un apposito fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico.

Tale fondo, che viene istituito con una dotazione di 50 milioni di euro annui per tre anni già dallo stesso disegno di legge (al comma 2), potrà dunque con l'approvazione della legge finanziaria (cioè la prima volta a partire dal 1° gennaio 2007) ricevere altri 100 milioni annui per un totale di 150 milioni. La somma di 100 milioni rappresenta un limite massimo; pertanto l'importo potrebbe anche essere inferiore. Infatti, la destinazione di tale somma dipende da due condizioni:

1.che vi sia un maggior gettito IVA dovuto ad aumenti dei prezzi del petrolio greggio (al riguardo decisiva sarà la definizione del prezzo di riferimento in base al quale calcolare gli eventuali aumenti);

2. che siano rispettati gli obiettivi previsti dal Programma di stabilità.

Le risorse di tale fondo devono essere utilizzate in via prioritaria alla copertura delle misure per favorire l'insediamento sul territorio di infrastrutture energetiche e nei limiti delle residue disponibilità, a:

-        promuovere e incentivare l'utilizzo di autoveicoli efficienti e a ridotto impatto ambientale (art. 2, comma 2, lettera g) del disegno di legge).

-        ad interventi di riduzione dei costi della fornitura energetica per finalità sociali,

-        per l'attuazione delle misure di incentivazione per l'installazione di impianti nel settore del solare termico ad uso civile (art. 2, comma 2, lettera e) del disegno di legge).

 

Disposizioni relative all’impiego del maggior gettito fiscale derivante dall’incremento dei prezzi di carburanti e combustibili sono altresì contenute nell’articolo 25 del disegno di legge finanziaria per il 2007 (A.C. 1746), che destina tali incrementi a misure di compensazione in favore di regioni ed enti locali interessati dalla realizzazione di nuove infrastrutture energetiche.

 

Il comma 14 dispone il rimorso, per gli autotrasportatori di cui all’articolo 5, commi 1 e 2, del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 16, del maggior onere conseguente all’aumento dell’aliquota d’accisa sul gasolio disposta dal comma 13.

Il rimborso è possibile anche mediante la compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, a seguito della presentazione di apposita dichiarazione ai competenti uffici dell’Agenzia delle dogane.

Gli autotrasportatori ai quali si applica la norma, individuati dall’articolo 5, commi 1 e 2, del D.L. 28 dicembre 1998, n. 452, sono:

§      gli esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva superiore a 3,5 tonnellate;

§      gli enti pubblici e le imprese pubbliche locali esercenti l'attività di trasporto di cui al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e relative leggi regionali di attuazione;

Si tratta di attività di trasporto pubblico locale, definite e disciplinate dal citato D.Lgs. n. 422 del 1997, nell’ambito del processo di decentramento di funzioni alle regioni ed agli enti locali previsto dalla legge n. 59 del 1997.

§      le imprese esercenti autoservizi di competenza statale, regionale e locale di cui alla legge 28 settembre 1939, n. 1822, e trasporti internazionali di viaggiatori effettuati con autobus di cui al Regolamento (CEE) n. 684/92 del Consiglio del 16 marzo 1992, e successive modificazioni, e al citato decreto legislativo n. 422 del 1997;

§      gli enti pubblici e le imprese esercenti trasporti a fune in servizio pubblico per trasporto di persone.

 

Le modalità di rimborso e gli effetti sono quelli previsti dal regolamento recante disciplina dell’agevolazione fiscale a favore degli esercenti le attività di trasporto merci, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 giugno 2000, n. 277.

 

Con il D.P.R. n. 277 del 2000, è stato emanato il regolamento recante disciplina dell'agevolazione fiscale a favore degli esercenti le attività di trasporto merci. L’articolo 1 prevede che, a decorrere dal 16 gennaio 1999, la riduzione degli oneri gravanti sugli esercenti l’attività di autotrasporto merci è determinata in un ammontare pari agli incrementi dell'aliquota di accisa sul gasolio per autotrazione rapportata ai consumi di tale prodotto nei periodi di riferimento. Il credito derivante da tale riduzione, sempreché di importo non inferiore a 25 euro, può essere utilizzato dal beneficiario in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, ovvero riconosciuto al medesimo mediante rimborso della relativa somma, secondo le modalità stabilite dal regolamento stesso.

 

Tali effetti rilevano altresì, in base al secondo periodo del comma 14 in esame, ai fini delle disposizioni di cui al titolo I del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (cioè ai fini dell’IRAP). Pertanto il rimborso concesso dal presente comma non concorre alla formazione del valore aggiunto ai fini dell’applicazione dell’IRAP, oltre che della determinazione del reddito ai fini IRPEF e IRPEG.

In linea generale, l'articolo 11, comma 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997 stabilisce che i contributi erogati a norma di legge concorrono, in ogni caso, alla formazione della base imponibile IRAP. Tale disposizione ha lo scopo di attrarre a tassazione IRAP tutti i contributi erogati a norma di legge, anche se non imponibili ai fini delle imposte sui redditi.

Il trattamento previsto dalla disposizione in esame introduce, quindi, una deroga al principio generale posto nel D.Lgs. n. 446 del 1997.

 

Il comma 14, ultimo periodo, infine, fa salvi gli effetti derivanti dalle disposizioni dell’articolo 1, comma 10, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58.

Si tratta della norma che ha concesso nel 2005 agli autotrasportatori, in corrispondenza del precedente e analogo aumento dell’aliquota d’accisa sul gasolio usato come carburante, disposto dal comma 9 dell’articolo 1 del decreto legge n. 16 del 2005, il rimborso del maggior onere sostenuto, con modalità analoghe a quelle ora previste.

 

Gli autotrasportatori ai quali si applicava il comma 10 sono gli stessi, sopra citati, del comma 14 in esame, individuati dall’articolo 5, commi 1 e 2, del D.L. 28 dicembre 1998, n. 452. Il rimborso era fruibile anche in quel caso mediante compensazione, a seguito di apposita dichiarazione da presentare agli uffici dell'Agenzia delle Dogane, secondo le modalità e con gli effetti previsti dal regolamento, emanato con D.P.R. 9 giugno 2000, n. 277. Il secondo periodo del comma 10 stabiliva che, come già previsto dal comma 4 del citato articolo 5 del D.L. n. 452 del 2001, il rimborso non concorressealla formazione del valore aggiunto ai fini dell’applicazione dell’IRAP, oltre che della determinazione del reddito ai fini IRPEF e IRPEG.

 

Si ricorda infine che numerosi provvedimenti legislativi, da ultimo l’articolo 1, comma 515, della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311 del 2004), hanno disposto negli anni la riduzione dell'aliquota di accisa per il gasolio impiegato da determinate categorie di esercenti l'attività di trasporto di merci e persone.

L’agevolazione risulta conforme con le disposizioni comunitarie, contenute nella direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, modificata dalle successive direttive 2004/74/CE e 2004/75/CE, che ristrutturano il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità.

 

L’articolo 2 della direttiva 2003/96/CE individua, fra l’altro, i prodotti energetici e l’elettricità ai quali applicare i livelli minimi di tassazione stabiliti nella direttiva stessa.

Per "livello di tassazione" si intende l'onere fiscale complessivo derivante dal cumulo di tutte le imposte indirette (eccetto l'IVA), calcolate direttamente o indirettamente sulla quantità di prodotti energetici e di elettricità, all'atto dell'immissione in consumo.

In talune circostanze o in determinate condizioni di natura strutturale è consentita l'applicazione di aliquote differenziate nazionali di tassazione per uno stesso prodotto, purché siano rispettati i livelli minimi comunitari di tassazione e le norme in materia di mercato interno e di concorrenza (articolo 5).

Gli Stati membri possono concedere le esenzioni o le riduzioni del livello di tassazione di cui alla direttiva o direttamente o attraverso un'aliquota d'imposta differenziata, oppure rimborsando totalmente o in parte l'imposta versata (articolo 6).

L’articolo 7 stabilisce, a decorrere rispettivamente dal 1° gennaio 2004 e dal 1° gennaio 2010, i livelli minimi di tassazione da applicare ai carburanti per motori. Tali livelli sono quelli fissati nell'allegato I, tabella A, qui riportato:

 

CARBURANTI

Dal 1° gennaio 2004

Dal 1° gennaio 2010

Benzina con piombo (in euro per 1.000 litri)

421

421

Benzina (in euro per 1.000 litri)

359

359

Gasolio (in euro per 1.000 litri)

302

330

Cherosene (in euro per 1.000 litri)

302

330

GPL (in euro per 1.000 kg)

125

125

Gas naturale (in euro per gigajoule, potere calorifico superiore

2,6

2,6

 

Gli Stati membri possono inoltre distinguere tra uso commerciale e non commerciale del gasolio utilizzato come propellente, purché siano rispettati i livelli minimi comunitari.

Nell’uso commerciale rientra anche il trasporto di merci su strada, con autoveicoli aventi un peso a pieno carico massimo ammissibile pari o superiore a 7,5 tonnellate (articolo 7, par. 3, lett. a). Per quanto riguarda l’Italia, l’articolo 18, al punto 11, consente di applicare, fino al 1° gennaio 2008, per la definizione di usi commerciali di cui all'articolo 7, paragrafo 3, lettera a), un peso a pieno carico massimo ammissibile non inferiore a 3,5 tonnellate.

L’articolo 18, in deroga alle disposizioni della direttiva stessa, autorizza inoltre gli Stati membri a continuare ad applicare le riduzioni nei livelli di tassazione o le esenzioni fissate nell'allegato II per ciascuno Stato. Previo esame da parte del Consiglio in base a una proposta della Commissione, l'autorizzazione scade il 31 dicembre 2006 o alla data specificata nell'allegato II. Nel punto 8 dell’Allegato II, tra le riduzioni delle aliquote di imposizione ed esenzioni dall'imposizione concesse all’Italia è compresa, fino al 1° gennaio 2005, la riduzione dell'aliquota dell'accisa sul gasolio utilizzato dagli operatori del trasporto su strada; tale accisa a partire dal 1° gennaio 2004 non può essere inferiore a 370 euro per 1000 litri .

Il recepimento della direttiva 2003/96/CE è stato previsto dalla legge comunitaria 2004 (legge 18/4/2005, n. 62), con decreto legislativo e parere parlamentare sugli schemi di decreto, ma la delega non è stata ancora esercitata. E’ aperta in sede comunitaria una procedura di infrazione in tal senso[72].

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

La Commissione ha svolto una consultazione conclusasi il 30 settembre 2006 sulle aliquote delle accise sul diesel venduto sul mercato. La consultazione si è svolta sulla base di un documento che descrive la situazione fiscale attuale negli Stati membri e indica talune soluzioni possibili. I risultati della consultazione serviranno per l’elaborazione, all’inizio del 2007, di una relazione da parte della Commissione.

Nel documento di consultazione la Commissione sottolinea che le aliquote di accise prelevate per 1.000 litri di carburante variano da 302 a 782 euro a seconda degli Stati membri.

Le possibilità intraviste dalla Commissione a fronte di questa situazione sono:

-       lasciare la situazione invariata;

-       proporre un’armonizzazione delle accise sul gasolio venduto sul mercato, con la fissazione nel 2018 di un tasso unico per 1.000 litri di carburante;

-       armonizzare le aliquote di accisa nazionali all’interno di una fascia di fluttuazione la cui ampiezza sarebbe via via ridotta per tappe fino a raggiungere i 100 euro nel 2010.

 


Articolo 7, comma 15
(Rottamazione auto)

 


15. Per gli interventi finalizzati a promuovere l’utilizzo di GPL e metano per autotrazione, di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 1997, n. 324, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 1997, n. 403, e successive modificazioni, è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.


 

 

Il comma in esame rifinanzia gli interventi di promozione dell’utilizzo del metano o del gas di petrolio liquefatto (GPL) per autotrazione, previsti dall’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 1997, n. 324 e successive modifiche,autorizzando a tal fine una spesa di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009.

 

L’articolo 1, comma 2, primo periodo, del decreto-legge 25 settembre 1997, n. 324 ("Ulteriori interventi in materia di incentivi per la rottamazione"), convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 1997, n. 403, ha riconosciuto, a decorrere dal 1° ottobre 1997, il contributo di cui all'articolo 29 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669[73], per gli acquisti di autoveicoli con trazione elettrica, fino all'importo massimo di lire 3.500.000 (euro 1807,60). Il medesimo articolo 1, comma 2, al secondo e terzo periodo ha demandato al Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato (ora Ministro dello sviluppo economico) il potere di determinare con decreto, nel limite d’importo di lire 30 miliardi, priorità, criteri, modalità, durata ed entità delle agevolazioni per gli autoveicoli alimentati a metano o gas di petrolio liquefatto (GPL), a partire dal 1° agosto 1998. Al decreto è stata affidata, altresì, la determinazione delle agevolazioni per l'installazione di impianti di alimentazione a metano o a GPL effettuata entro l'anno successivo alla data di immatricolazione dell'autoveicolo, purché posteriore al 1° agosto 1997.

Alla determinazione si è provveduto mediante il regolamento recante norme sulle agevolazioni per gli autoveicoli alimentati a metano o a gas di petrolio liquefatto (GPL), emanato con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato 17 luglio 1998, n. 256[74].

Il comma 53 della legge 239/04 di riordino del settore energetico ha modificato il citato comma 2, ammettendo a fruire del contributo le operazioni d’installazione di impianti di alimentazione a metano o GPL su autoveicoli esistenti, purché immatricolati a partire dal 1° agosto 1997, quando siano effettuate entro i tre anni successivi alla data d’immatricolazione, invece che entro un anno da tale data, come precedentemente previsto. Il comma 54 della stessa legge 239 ha esteso l’applicazione dei suddetti contributi consentendone l’erogazione anche alle persone giuridiche, e non solo alle persone fisiche, come precedentemente previsto. Con successiva circolare (17 gennaio 2005, n. 2390) il MAP ha chiarito che il contributo è riconoscibile anche alle persone giuridiche per l'acquisto di autoveicolo nuovo, purché le operazioni di acquisto siano avvenute in data non anteriore al 28 settembre 2004, giorno di entrata in vigore della legge n. 239/2004.

Si ricorda che gli interventi di cui al comma in esame sono stati rifinanziati nella misura di 40 milioni di euro, con riferimento all’anno 2005, dall’art. 5-sexies del DL 30 settembre 2005, n. 203 recante “Misure di contrasto all' evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”.


Articolo 7, commi 16-18
(Tasse automobilistiche)

 


16. In deroga a quanto disposto dal decreto del Presidente della Repubblica 5 febbraio 1953, n. 39, dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e dall’articolo 2, comma 22, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e fatto salvo quanto previsto dall’articolo 17, comma 5, lettera a), della legge 27 dicembre 1997, n. 449, le regioni possono esentare dal pagamento della tassa automobilistica regionale i veicoli nuovi a doppia alimentazione a benzina/GPL o a benzina/metano, appartenenti alle categorie internazionali M1 ed N1 ed immatricolati per la prima volta dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, per il primo periodo fisso di cui all’articolo 2 del regolamento del Ministro delle finanze 18 novembre 1998, n. 462, e per le cinque annualità successive.

17. Le regioni possono esentare dal pagamento della tassa automobilistica regionale per cinque annualità successive i veicoli immatricolati prima della data di entrata in vigore del presente decreto, conformi alla direttiva 1994/12/CE, e successive modificazioni, appartenenti alle categorie internazionali M1 ed N1 su cui viene installato un sistema di alimentazione a GPL o a metano, collaudato in data successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto.

18. Le cinque annualità di cui al comma 17 decorrono dal periodo d’imposta seguente a quello durante il quali avviene il collaudo dell’installazione del sistema di alimentazione a GPL o metano se il veicolo ha già corrisposto la tassa automobilistica per tale periodo, ovvero dal periodo d’imposta nel quale avviene il collaudo dell’istallazione del sistema GPL o metano se l’obbligo del pagamento della tassa automobilistica è stato precedentemente interrotto ai sensi di legge.


 

 

Ai fini dell’incentivazione dell’uso di carburanti meno inquinanti come il gas metano e GPL, i commi 16-18 dell’articolo 7 consentono alle regioni di esentare dal pagamento della tassa automobilistica per cinque o sei annualità, secondo che si tratti di veicoli nuovi o convertiti successivamente l’immatricolazione, i veicoli a doppia alimentazione alimentati anche a GPL o a metano.

I veicoli interessati sono quelli appartenenti alle categorie internazionali M1 (destinati al trasporto di persone, aventi al massimo 8 posti a sedere, oltre il conducente) e N1 (destinati al trasporto di merci, aventi massa massima fino a 3,5 tonnellate):

§      veicoli nuovi a doppia alimentazione benzina/GPL o benzina/metano immatricolati per la prima volta dopo l’entrata in vigore della disposizione in esame: in questo caso l’esenzione è disposta per il primo periodo fisso come indicato dall’articolo 2 del D.M. 18 novembre 1998, n. 462 – secondo la tipologia del veicolo e del mese di immatricolazione, sei, otto o dodici mesi – e per le successive cinque annualità (comma 16)

§      veicoli immatricolati prima dell’entrata in vigore della disposizione in esame conformi alla direttiva 1994/12/CE – a partire dalla classe di omologazione euro 2, su cui venga installato un sistema di alimentazione a GPL o metano, collaudato successivamente all’entrata in vigore della disposizione: In questo caso l’esenzione per cinque annualità decorre dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è avvenuto il collaudo, se è già stata versata la tassa per tale periodo, ovvero dal periodo in cui avviene il collaudo, se l’obbligo al pagamento della tassa sia stato precedentemente sospeso (commi 17 e 18).

 

La norma in esame deroga alla normativa vigente concernente la tassa automobilistica regionale, mentre fa salvo quanto disposto, in materia di agevolazioni per le vetture alimentate esclusivamente a GPL o gas metano, dall’articolo 17, comma 5, lettera a), della legge n. 449 del 1997.

 

Interessate alle norme in esame sono le regioni a statuto ordinario e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Questi enti sono titolari del gettito della tassa automobilistica e hanno potestà legislativa in materia tariffaria nei limiti di quanto disposto dalla legislazione statale[75].

Per questi enti, le eventuali perdite di gettito causate dall’applicazione degli esoneri consentiti entrano nelle regolazioni finanziarie da effettuare secondo quanto disposto dal comma 11 dell’articolo 17 del decreto-legge in esame.

 

Si segnala infine che il comma 22 dell’articolo 20 del disegno di legge finanziaria per il 2007 (A.C. 1746) reca una modifica complessiva alle tariffe delle tasse automobilistiche, in particolare aumentando le tariffe per i veicoli più inquinanti.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva in materia di tasse sulle autovetture (COM(2005)261).

La proposta stabilisce talune norme per il calcolo delle tasse sulle autovetture in base alle loro emissioni di biossido di carbonio, prevede l'abolizione delle tasse di immatricolazione e, in determinati casi, di un sistema per il loro rimborso.

Secondo la Commissione, la proposta risponde ad una duplice esigenza:

-       migliorare il funzionamento del mercato interno (attualmente vi sono 25 diversi regimi impositivi per le autovetture), eliminando gli ostacoli fiscali quali la doppia imposizione, il doppio pagamento della tassa di immatricolazione, le procedure amministrative;

-       attuare la strategia comunitaria per ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture. La proposta non prevede l'introduzione di nuove tasse relative alle autovetture, ma mira soltanto alla ristrutturazione di quelle vigenti senza obbligare gli Stati membri che non le applicano ad introdurle.

La proposta, che segue la procedura di consultazione, è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo che l’ha esaminata il 5 settembre 2006.

 

 

 


Articolo 7, commi 19 e 20
(Tasse ipotecarie – Trasferimento funzioni catastali)

 


19. Alla Tabella delle tasse ipotecarie allegata al testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al numero d’ordine 1.2 la tariffa in euro è sostituita dalla seguente: “55,00”;

b) al numero d’ordine 4.1 le Note sono sostituite dalle seguenti: «L'importo è dovuto anticipatamente. Il servizio sarà fornito progressivamente su base convenzionale ai soli soggetti autorizzati alla riutilizzazione commerciale. La tariffa è raddoppiata per richieste relative a più di una circoscrizione o sezione staccata.»;

c) il numero d’ordine 7 è sostituito dal seguente:

“7 Trasmissione telematica di elenco dei soggetti presenti nelle formalità di un determinato giorno:

7.1 per ogni soggetto 4,00 L'importo è dovuto anticipatamente. Il servizio sarà fornito progressivamente su base convenzionale ai soli soggetti autorizzati alla riutilizzazione commerciale.”.

20. A valere sulle maggiori entrate derivanti dal comma 19 è istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze un apposito fondo per finanziare le attività connesse al conferimento ai comuni delle funzioni catastali.


 

 

Il comma 19 dell’articolo 7 apporta alcune modifiche alle tasse ipotecarie.

 

In base all’articolo 19 del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, emanato con decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, per le operazioni inerenti al servizio ipotecario sono dovute le tasse ipotecarie previste nella tabella allegata.

 

In particolare, alla lettera a), sono aumentate da 35 a 55 euro le tasse ipotecarie dovute, ai sensi del numero d’ordine 1.2 della tabella allegata al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, per ogni formalità con efficacia anche di voltura.

 

Il numero 1.2 stabilisce l’importo della tassa ipotecaria dovuta per ogni formalità con efficacia anche di voltura; l’importo si aggiunge alla tassa prevista nel punto 1 per ciascuna nota di trascrizione, iscrizione o domanda di annotazione (euro 35).

 

Alla lettera b)si prevede che in caso di ricerca continuativa per via telematica (numero 4.1 della tabella) per ogni nominativo e per ogni giorno, nell’ambito di una singola circoscrizione ovvero sezione staccata degli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio, il servizio sia fornito progressivamente su base convenzionale ai soli soggetti autorizzati alla riutilizzazione commerciale e non, come previsto nella previgente nota al citato numero d’ordine 4.1 della tabella allegata al testo unico, progressivamente a tutti i soggetti indistintamente su base convenzionale. Per il resto viene confermato quanto attualmente previsto in ordine al fatto che l’importo è dovuto anticipatamente e che la tariffa è raddoppiata per richieste relative a più di una circoscrizione o sezione staccata.

 

La lettera c) sostituisce il numero d’ordine 7 della tabella allegata al testo unico.

Nel testo previgente, il numero era riferito al rilascio di elenco dei soggetti presenti nelle formalità di un determinato giorno. L’imposta ipotecaria dovuta per ogni pagina dell’elenco era pari a 7 euro. Si prevedeva che il servizio venisse fornito fino all'attivazione dei servizi di ricerca continuativa per via telematica di cui al punto 4.

Il nuovo numero 7 prevede invece che l’imposta sia dovuta per il servizio di trasmissione telematica di elenco dei soggetti presenti nelle formalità di un determinato giorno (anziché per la fornitura di elenchi cartacei precedentemente prevista). L’imposta ipotecaria risulta pari a 4 euro per ogni soggetto e l’importo è dovuto anticipatamente. Il servizio sarà fornito progressivamente su base convenzionale ai soli soggetti autorizzati alla riutilizzazione commerciale.

 

Il comma 20 prevede che, a carico delle maggiori entrate derivanti dall’incremento delle imposte catastali di cui al comma 19, venga istituito presso il Ministero dell’economia un apposito fondo per finanziare le attività connesse al conferimento ai comuni delle funzioni catastali.

 

Il trasferimento delle funzioni catastali ai comuni è stato previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Infatti l’articolo 66 di tale decreto legislativo attribuisce ai comuni le funzioni relative alla conservazione, utilizzazione e aggiornamento degli atti del catasto terreni e del catasto edilizio urbano, nonché alla revisione degli estimi e del classamento, ferma restando, a norma dell’articolo 65, la competenza statale relativamente alla predisposizione di procedure innovative per la determinazione dei redditi dei terreni e degl’immobili urbani ai fini delle revisioni generali degli estimi e del classamento e all'individuazione di metodologie per l'esecuzione di rilievi e gli aggiornamenti topografici e la formazione di mappe e cartografie catastali. L’articolo 64, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, prevede che gli enti locali possano affidare, mediante convenzione, la gestione delle funzioni di tenuta e aggiornamento del catasto all'Agenzia del territorio. I decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 dicembre 2000 e del 21 marzo 2001 hanno individuato in quattromila unità il personale dell'Agenzia del territorio da trasferire agli enti locali, nel caso in cui tutti i comuni vogliano assumere la gestione del catasto. In particolare l’articolo 6 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2000 ha disposto che il trasferimento di funzioni, risorse e beni debba comunque essere completato entro tre anni dalla pubblicazione dello stesso decreto. Tale termine è stato differito di due anni dal D.P.C.M. 22 luglio 2004 e, da ultimo, di un ulteriore anno (26 febbraio 2007) dall’articolo 25, del D.L. n. 273 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 51 del 2006. Da ultimo, il disegno di legge finanziaria per il 2007 (C. 1746) ha, da un lato, modificato le funzioni catastali da attribuire ai comuni, e, dall’altro lato, ha stabilito un termine certo per il passaggio di tali funzioni ai comuni. Infatti, l’articolo 13 di tale disegno di legge prevede che ai comuni vengono attribuite le funzioni di utilizzazione e aggiornamento delle banche dati catastali e non quelle di conservazione. Per la determinazione degli estimi catastali, si prevede la partecipazioni alle decisioni da parte dei comuni e non più la loro competenza esclusiva. In base al successivo articolo 14, si prevede che tali funzioni passeranno a decorrere dal 1° novembre 2007 ai comuni capoluogo di provincia, che potranno esercitarle direttamente per il territorio di competenza, eventualmente anche in forma associata con comuni della provincia le funzioni catastali di cui al già citato articolo 66 del decreto legislativo n. 112 del 1998, mentre i comuni non capoluogo di provincia, a decorrere dallo stesso termine, eserciteranno direttamente, anche in forma associata o attraverso le comunità montane, i servizi di consultazione delle banche dati catastali per il territorio di competenza, nonché il controllo degli atti di aggiornamento catastale messi a disposizione dall’agenzia del territorio.

 

In proposito si segnala che la relazione tecnica non quantifica l’incremento di entrata derivante dalla disposizione di cui al comma 19. Ciò premesso, andrebbe comunque chiarito il coordinamento temporale tra l’acquisizione al fondo delle risorse derivanti dalle modifiche all’imposta ipotecaria e l’emersione degli oneri connessi al trasferimento delle funzioni catastali ai comuni.

 


Articolo 7, commi 21 e 22
(Tributi speciali catastali)

 


21. Il titolo III della tabella A allegata al decreto-legge 31 luglio 1954, n. 533, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1954, n. 869, come da ultimo sostituito dall’allegato 2-quinquies alla legge 30 dicembre 2004, n. 311, è sostituito da quello di cui alla tabella allegata al presente decreto.

22. Le ispezioni catastali sono eseguite secondo le modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia del territorio.


 

 

Il comma 21 dell’articolo 7 sostituisce la tabella dei tributi speciali catastali allegata al decreto-legge 31 luglio 1954 n. 533, recante la disciplina relativa ai diritti, compensi e proventi percepiti dal personale dell'Amministrazione dello Stato.

 

I tributi speciali catastali previsti dal decreto-legge n. 533 del 1954 hanno sostituito i diritti, compensi e proventi dovuti da singoli cittadini per servizi resi dall’amministrazione. I tributi hanno pertanto natura di tassa e costituiscono il corrispettivo per i servizi richiesti dai cittadini e resi dagli uffici catastali.

La misura dei tributi speciali catastali è stata da ultimo modificata dall’articolo 7 del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43. In particolare tale articolo modifica, al comma 1, lettera a), numero 3), quanto disposto dall’articolo 1, comma 300, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), che già aveva stabilito che gli importi fissi dell’imposta di registro, della tassa di concessione governativa, dell’imposta ipotecaria e catastale, delle tasse ipotecarie e dei diritti speciali venissero aggiornati, con decreto non regolamentare del Ministro dell’economia, entro il 31 gennaio 2005, tenuto conto anche dell’aumento dei prezzi al consumo quale risultante dagli indici ISTAT per le famiglie degli operai e degli impiegati, in misura tale da assicurare un maggior gettito annuo pari a 1.120 milioni di euro per gli anni 2005 e 2006, e a 1.320 milioni di euro a decorrere dall’anno 2007.

La modifica introdotta dal decreto-legge n. 7 del 2005 individuava invece la misura dei tributi sopra richiamati, come riportato nella tabella sottostante, nella colonna “legislazione previgente”.

 


 

TRIBUTI SPECIALI CATASTALI
Legislazione previgente

TRIBUTI SPECIALI CATASTALI
A.C. 1750
(allegato previsto dall’articolo 7, comma 21)

N.

OGGETTO

Tariffa in Euro

Note

N.

OGGETTO

Tariffa in Euro

Note

1

Consultazione degli atti e degli elaborati cata­stali

 

 

 

 

 

 

1.1

Consultazione effet­tuata su documenti cartacei, per ogni richiedente e per ogni giorno o frazione

10,00

 

 

 

 

 

1.2

Consultazione e della base informativa, con esclusione dei servizi di cui ai punti 1.3 e 1.4:

 

 

 

 

 

 

 

consultazione per unità immobiliare

3,00

 

 

 

 

 

 

consultazione per sog­getto, per ogni 5 unità immobiliari, o frazioni di 5

3,00

Il tributo è dovuto anche per consultazione con stampa di esito negativo

 

 

 

 

 

elenchi di Immobili con estrazione di dati sele­zionati ed ogni altra consultazione, per ogni 10 unità immobiliari, o frazioni di 10

3,00

 

 

 

 

 

1.3

Consultazione della mappa, da base infor­mativa o da supporto cartaceo, di monografie e di vertici della rete catastale, per ogni consultazione rilasciata

5,00

Ciascuna consultazione può essere rilasciata in formato A3 o A4

 

 

 

 

1.4

Consultazione delle planimetrie e degli ela­borati planimetrici, da base informativo o da supporto cartaceo, per ogni consultazione rila­sciata

10,00

Per le planimetrie e gli elaborati planimetrici costituiti da più schede, il tributo ai applica per ciascuna unità immobiliare o per elaborato planimetrico

 

 

 

 

1.5

consultazione per sog­getto in àmbito nazio­nale, oltre quanto dovu­to per il punto 1.2

10,00

Il tributo è dovuto anche per consultazione con esito negativo

 

 

 

 

2

Certificati, copie ed estratti delle risultanze degli atti e degli elaborati catastali conservati pres­so gli uffici, oltre quanto dovuto per le consulta­zioni di cui al punto 1:

 

 

1

Certificati, copie ed estratti delle risultanze degli atti e degli elaborati catastali conservati pres­so gli uffici:

 

 

2.1

per ogni certificato, copia o estratto.

16,00

Per i certificati richiesti dai privati per comprovare la situazione generale reddituale e patrimoniale ai fini della legislazione sul lavoro, di quella previdenziale e di quella sulla pubblica istruzione, è dovuto il diritto fisso di euro 4.

1.1

per ogni certificato, copia o estratto.

16,00

Per i certificati richiesti dai privati per comprovare la situazione generale reddituale e patrimoniale ai fini della legislazione sul lavoro, di quella previdenziale e di quella sulla pubblica istruzione, è dovuto il diritto fisso di euro 4.

2.1.1

Oltre all'importo dovuto ai sensi del precedente punto 2.1, per ogni quattro elementi unitari richiesti, o frazioni di quattro, dei rispettivi elaborati:

-  particella, per gli estratti e le copie autentiche dalle mappe e dagli abbozzi;

-  foglio di mappa, per la copia dei quadri di unione;

-  vertice o caposaldo, per le copie di mono­grafia;

-  punto, per il quale si determinano le coor­dinate.

4,00

Il tributo non si applica ai primi quattro elementi ed alle fattispecie diverse da quelle elencate.

1.1.1

Oltre all'importo dovuto ai sensi del precedente punto 1.1, per ogni quattro elementi unitari richiesti, o frazioni di quattro, presenti nei rispettivi elaborati:

-  particella, per gli estratti e le copie autentiche dalle mappe e dagli abbozzi;

-  foglio di mappa, per la copia dei quadri di unione;

-  vertice o caposaldo, per le copie di mono­grafia;

-  punto, per il quale si determinano le coordi­nate;

 

-  unità immobiliare, per gli estratti storici e per soggetto;

-  unità immobiliare ur­bana per il rilascio di copia di planimetrie ed elaborati plani­metrici.

4,00

Il tributo non si applica ai primi quattro elementi ed alle fattispecie diverse da quelle elencate.

 

 

 

 

1.2

Per ogni estratto di mappa rilasciato in formato digitale.

16,00

L’estratto è utilizzabile esclusi­vamente per la redazione di tipi di aggiornamento geometrico

 

 

 

 

1.2.1

Oltre all'importo dovuto ai sensi del precedente punto 1.2, per ogni quattro particelle richie­ste, o frazioni di quattro.

4,00

Il tributo non si applica alle prime quattro particelle.

3

Definizione ed introduzione delle volture, delle dichia­razioni di nuova costru­zione e di variazione, dei tipi mappali e di frazionamento, ai fini dell'aggiornamento delle iscrizioni nei catasti e all'anagrafe tributaria:

 

 

2

Definizione ed introduzione delle volture, delle dichia­razioni di nuova costru­zione e di variazione, dei tipi mappali, particellari e di frazionamento, ai fini dell'aggiornamento delle iscrizioni nei catasti e all'anagrafe tributaria:

 

 

3.1

per ogni domanda di voltura;

35,00

Nei territori ove vige il sistema del libro fondiario, il tributo è dovuto per ogni comune cui si riferiscono le particelle rurali, menzionate nel decreto tavolare.

2.1

per ogni domanda di voltura;

55,00

Nei territori ove vige il sistema del libro fondiario, il tributo è dovuto per ogni comune cui si riferiscono le particelle rurali, menzionate nel decreto tavolare.

3.2

per ogni unità di nuova costruzione ovvero deri­vata da dichiarazione di variazione;

35,00

 

2.2

per ogni unità di nuova costruzione ovvero deri­vata da dichiarazione di variazione;

50,00

 

3.3

per ogni tipo, fino ad un massimo di 10 particelle edificate ovvero derivate;

35,00

 

2.3

per ogni tipo, fino ad un massimo di 10 particelle edificate o derivate ;

65,00

 

3.3.1

per ogni particella ecce­dente.

3,00

 

2.3.1

per ogni particella ecce­dente.

3,00

 

4.

Lavori inerenti la divi­sione degli atti catastali per variazione delle circoscrizioni territoriali comunali:

 

 

 

 

 

 

4.1

per ogni unità immobi­liare trattata

3,00

Il tributo si applica a ciascuno dei comuni interessati dalla variazione che acquisiscono negli atti le particelle e le unità immobiliari urbane e non si applica alle fusioni territoriali

 

 

 

 

5

Attestazione di confor­mità degli estratti di mappa per tipi di aggiornamento geome­trico:

 

 

3

Attestazione di confor­mità degli estratti di mappa per tipi di aggiornamento geome­trico:

 

 

5.1

per ogni estratto di mappa.

10,00

 

3.1

per ogni estratto di mappa.

10,00

 

5.1.1

Oltre all'importo dovuto ai sensi del precedente punto 5.1, per ogni quattro particelle richie­ste, o frazioni di quattro.

4,00

Il tributo non si applica alle prime quattro particelle.

3.1.1

Oltre all'importo dovuto ai sensi del precedente punto 3.1, per ogni quattro particelle richie­ste, o frazioni di quattro.

4,00

Il tributo non si applica alle prime quattro particelle.

L’esenzione dal pagamento dei tributi speciali di cui alla presente tabella viene applicata nei soli casi in cui essa è prevista da specifiche disposizioni di legge.

Per unità immobiliare è da intendersi, sia la particella dei terreni, sia l’unità immobiliare urbana.

 


 

In proposito, la presente disposizione elimina il tributo speciale catastale per la consultazione degli atti e degli elaborati catastali (le cosiddette “visure catastali”) nonché quello dovuto dai comuni per i lavori inerenti alla divisione degli atti catastali per variazione delle circoscrizioni territoriali comunali.

Il tributo è invece ora previsto, nella misura di 4 euro per l’elaborato dell’unità immobiliare, per gli estratti storici e per soggetto, nonché per l’unità immobiliare urbana per il rilascio di copia di planimetrie ed elaborati planimetrici. Si prevede poi un tributo speciale aggiuntivo, di eguale importo, oltre a quello già previsto e confermato nella nuova tabella, per ogni quattro particelle richieste o frazioni di quattro. È infine introdotto un tributo speciale di 16 euro per ogni estratto di mappa rilasciato in formato digitale.

Il prelievo speciale catastale risulta poi incrementato da 35 a 55 euro per ogni domanda di voltura ai fini dell’aggiornamento delle iscrizioni nei catasti e all’anagrafe tributaria, da 35 a 50 euro per le dichiarazioni di ogni unità di nuova costruzione e di variazione e da 35 a 65 euro per ogni tipo mappale, fino ad un massimo di 10 particelle edificate ovvero derivate da frazionamento (il tipo mappale è un atto di aggiornamento per la denuncia di nuovi fabbricati e relative pertinenze). L’oggetto primario del rilievo è costituito appunto dai contorni dei fabbricati ed eventualmente dalla definizione delle loro attinenze scoperte).

 

Il comma 22 prevede che le ispezioni catastali siano eseguite secondo le modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia del territorio.

In proposito la relazione illustrativa afferma che la disposizione è da collegarsi all’abolizione del prelievo speciale per le ispezioni catastali. In conseguenza di tale abolizione si prevede infatti che sia l’Agenzia del territorio a disciplinare le modalità di fruizione delle ispezioni catastali.

 

In proposito si rileva l’opportunità di un chiarimento in ordine ala nozione di “ispezione catastale”, che non risulta ricompresa nella tabella previgente dei tributi catastali speciali e quindi non appare interessata dalle modifiche introdotte in tale tabella dal comma 21.

 


Articolo 7, comma 23
(Proroga termine canoni demaniali marittimi)

 

23. All'articolo 14-quinquies, comma 1, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 agosto 2005, n. 168, e successive modificazioni, le parole: «31 ottobre 2006» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2006».

 

 

La disposizione proroga al 31 dicembre 2006 il termine, attualmente previsto al 31 ottobre 2006, per l’adeguamento dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime.

 

L’articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, al comma 21, ha stabilito che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo, vengano rideterminati i canoni annui per concessioni con finalità turistico-ricreative di aree demaniali marittime, loro pertinenze e specchi acquei, disciplinati dall'articolo 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494.

 

La materia relativa alle concessioni demaniali marittime è disciplinata in via generale dagli articoli 36 e 37 del codice della navigazione, con il relativo regolamento di esecuzione.

 

Il decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, ha articolato la misura dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime aventi finalità turistico-ricreative in relazione alla classificazione delle aree, che sono suddivise in tre categorie (A, B e C) in base alla diversa valenza turistica, e ha demandato alle regioni la loro collocazione all'interno di tali categorie.

Lo stesso decreto-legge ha quindi fissato per ogni categoria la misura base del canone e ha stabilito, all’articolo 03, che i canoni annui sono determinati, a decorrere dal 1° gennaio 1994, con decreto del Ministro della marina mercantile, emanato sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto dei criteri direttivi fissati dal comma 1 del medesimo articolo 03. Il regolamento per la determinazione dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime per le finalità turistico-ricreative è stato quindi approvato con D.M. 5 agosto 1998, n. 342.

L’articolo 04 del medesimo decreto-legge ha stabilito altresì che detti canoni annui siano aggiornati annualmente, con decreto del Ministro della marina mercantile, sulla base della media degli indici determinati dall'ISTAT per i prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati e per i corrispondenti valori per il mercato all'ingrosso.

 

Si ricorda che l’articolo 105 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ha conferito alle regioni e agli enti locali numerose funzioni già spettanti all’amministrazione dei trasporti e della navigazione, con eccezione – fra l’altro – di quelle attribuite alle autorità portuali. In particolare, il comma 2, lettera l), ha conferito alle regioni le funzioni relative al rilascio di concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia. Tale conferimento non opera nei porti finalizzati alla difesa militare e alla sicurezza dello Stato, nei porti di rilevanza economica internazionale e nazionale, nonché nelle aree di preminente interesse nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 136 del 12 giugno 1996, e successive modificazioni.

Le funzioni amministrative sul litorale marittimo, sulle aree demaniali immediatamente prospicienti e sulle aree del demanio lacuale e fluviale, quando l’utilizzazione prevista abbia finalità turistiche e ricreative, erano già state delegate alle regioni dall’articolo 59 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. L’articolo 8 del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 535, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 647, aveva consentito alle amministrazioni regionali di avvalersi delle capitanerie di porto e degli uffici da esse dipendenti in conformità ad apposita convenzione gratuita stipulata con il Ministro dei trasporti e della navigazione, prevedendo che tali uffici esercitassero le funzioni in materia di demanio marittimo destinato ad uso turistico-ricreativo in relazione funzionale con l'amministrazione regionale.

 

Il successivo comma 22 dello stesso articolo 32 del decreto-legge n. 269 del 2003 disponeva altresì che dal 1° gennaio 2004 i suddetti canoni per la concessione d'uso fossero rideterminati nella misura prevista dalle tabelle allegate al decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 5 agosto 1998, n. 342, rivalutate del 300 per cento.

L'articolo 2, comma 53, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) ha sostituito il testé illustrato comma 22, stabilendo che con decreto interministeriale, da emanare entro il 30 giugno 2004, venissero assicurate maggiori entrate non inferiori a 140 milioni di euro, a decorrere dal 1° gennaio 2004; qualora il decreto non fosse stato adottato entro il predetto termine, i canoni per la concessione d'uso avrebbero dovuto essere rideterminati, con effetto dal 1° gennaio 2004, con la suddetta rivalutazione del 300 per cento[76].

Il termine del 30 giugno 2004 è stato differito, dapprima al 30 ottobre 2004 dall’articolo 5, comma 2-quinquies, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, al dichiarato fine di “consentire il completamento degli accertamenti tecnici in corso, d'intesa con le regioni interessate, relativamente alla rideterminazione dei canoni demaniali marittimi anche in relazione al numero, all'estensione, alle tipologie, alle caratteristiche economiche delle concessioni e delle attività economiche ivi esercitate, e all'abusivismo”, indi al 15 dicembre 2004 dall’articolo 16 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 306.

L’articolo 14-quinquies del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 agosto 2005, n. 168, introdotto nel corso dell’esame presso l’Assemblea del Senato, ha quindi differito il medesimo termine al 31 ottobre 2005.

Successivamente, l’articolo 3-ter del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, ha novellato l’articolo 14-quinquies del decreto-legge n. 115 del 2005, stabilendo al 15 dicembre 2005 il nuovo termine (ora ulteriormente differito dalla presente disposizione).

Da ultimo, attraverso un’ulteriore novella all’articolo 14-quinquies del decreto-legge n. 115 del 2005, l’articolo 2 del decreto-legge 7 giugno 2006 n. 206, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 234, ha fissato dapprima al 30 settembre 2006 e, quindi, con una modifica introdotta nel corso dell’esame parlamentare, al 31 ottobre 2006, il termine per la rideterminazione dei canoni demaniali.

La prevista rideterminazione dei canoni con aumento del 300 per cento non ha avuto finora attuazione.

Si è invece proceduto all’ordinario aggiornamento dei medesimi canoni, secondo quanto disposto dal richiamato articolo 04 del decreto-legge n. 400 del 1993. La misura di essi è stata da ultimo stabilita, per il 2006, con il decreto del direttore generale per le infrastrutture della navigazione marittima e interna 28 novembre 2005 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2006). Il decreto ha disposto che le misure unitarie dei canoni annui relativi alle concessioni demaniali marittime sono aggiornate, per l’anno 2006, applicando un aumento del 2,85 per cento alle misure unitarie dei canoni determinati per l’anno 2005.

 

Da ultimo, si segnala che il disegno di legge finanziaria per il 2007 (A. C. 1746) prevede una revisione organica della materia. Infatti, l’articolo 16 di tale disegno di legge ridefinisce i criteri di determinazione dei canoni annui per concessioni rilasciate o rinnovate con finalità turistico ricreativeli aree, pertinenze demaniali e marittime e specchi acquei per i quali si applicano le disposizioni relative alle utilizzazioni del demanio marittimo, suddividendoli nelle due categorie A e B. Si prevede inoltre che, per gli anni 2004 e 2005 e 2006 la misura dei canoni rimanga quella fissata dalla normativa attualmente vigente e si abrogano le disposizioni del decreto-legge n. 269 del 2003 che ne prevedevano l’aumento.

 

 


Articolo 7, comma 24
(Data di pubblicazione dell’addizionale regionale IRPEF)

 

24. Nell’articolo 50, comma 3, del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446, come modificato dall’articolo 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 506 le parole: “30 novembre” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre”

 

 

Il comma 24 dell’articolo 7 differisce dal 30 novembre al 31 dicembre di ciascun anno il termine entro il quale debbono essere pubblicate nella Gazzetta ufficiale le deliberazioni con cui le regioni possono maggiorare l'aliquota di compartecipazione dell'addizionale regionale all’imposta sui redditi delle persone fisiche per l’anno successivo.

 

L’addizionale è prevista dall’articolo 50, comma 3, del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446. La maggiorazione, secondo la disciplina già vigente, può giungere fino all'1,4 per cento. L’aliquota ordinaria è stabilita nello 0,9 per cento.

 

Contestualmente all’istituzione dell’Alta Commissione di studio, l’articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 27 dicembre 2002, n. 289, aveva disposto la sospensione della possibilità per le regioni di disporre maggiorazioni dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP)[77]. Gli aumenti eventualmente deliberati dopo il 29 settembre 2002 sono stati sospesi, fino a quando non venisse raggiunto un raccordo tra Stato, regioni ed enti locali sull’attuazione del federalismo fiscale.

La sospensione è stata confermata fino al 31 dicembre 2004 dall’articolo 2, comma 21, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004), indi prorogata al 31 dicembre 2006 dall’articolo 1, comma 51, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005). L’articolo 1, comma 165, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006) ha ulteriormente prorogato il blocco fino al 31 dicembre 2006[78].

Con la stessa legge n. 311 del 2004, articolo 1, commi 61, 174 e 175, è stata inoltre introdotta una deroga alla sospensione degli aumenti.

In particolare, per le regioni che abbiano presentato nuovi disavanzi nella spesa sanitaria, il comma 174 prevede la possibilità che il presidente della regione, in qualità di commissario ad acta, possa adottare, nell’ambito dei provvedimenti necessari al ripianamento del deficit, gli aumenti delle aliquote IRPEF e IRAP, oggetto della sospensione sopra richiamata.

Il successivo comma 175, al medesimo fine di assicurare la copertura dei disavanzi del settore sanitario, consente alle regioni di deliberare la ripresa o l’inizio della decorrenza degli aumenti delle aliquote IRPEF e IRAP, destinandone il gettito esclusivamente al ripiano del disavanzo della spesa sanitaria corrente. La deroga al blocco delle aliquote è ammessa anche per la copertura di disavanzi relativi all’anno 2004.

Da ultimo, l’articolo 1, comma 277, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), novellando l’articolo 1, comma 174, della stessa legge n. 311 del 2004, ha previsto che, qualora il commissario ad acta non adotti i provvedimenti necessari al ripianamento del disavanzo entro il 31 maggio, nella regione interessata, per l’anno d’imposta 2006, l’addizionale si applichi nella misura massima prevista dalla vigente normativa.

Il disegno di legge finanziaria per il 2007 (A.C. 1746) non contempla ulteriori proroghe al blocco delle addizionali. L’articolo 7 modifica invece la disciplina relativa all’addizionale comunale.

 


Articolo 7, commi 25 e 26
(Modifiche al TUIR in materia di limiti di deduzione delle spese e degli altri componenti negativi relativi a taluni mezzi di trasporto a motore, utilizzati nell'esercizio di imprese, arti e professioni)

 


25. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modifiche:

a) nell’articolo 51, comma 4, lettera a), le parole: “30per cento” sono sostituite dalle seguenti: “50 per cento”;

b) nell’articolo 164, comma 1:

1) al primo periodo, le parole: ”secondo i seguenti criteri” sono sostituite dalle seguenti: “solo se rientranti in una delle fattispecie previste nelle successive lettere a) e b) e nei limiti ivi indicati”;

2) alla lettera a), numero 2, le parole: “o dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta” sono soppresse;

3) alla lettera b), le parole da: “nella misura del 50 per cento” fino a quelle “Tale percentuale è elevata all’ottanta per cento” sono sostituite dalle seguenti: “nella misura dell’ottanta per cento”; nella stessa lettera, le parole: “nella suddetta misura del 50 per cento” sono sostituite dalle seguenti: “nella misura del 25 per cento”;

4) dopo la lettera b), è aggiunta la seguente:“b-bis)per i veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti, è deducibile l’importo costituente reddito di lavoro.”.

26. In deroga alla legge 27 luglio 2000, n 212, le disposizioni del comma 25 hanno effetto a partire dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tuttavia, ai soli fini dei versamenti in acconto delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive relative a detto periodo ed a quelli successivi, il contribuente può continuare ad applicare le previgenti disposizioni.


 

 

Il comma 25 dell’articolo 7 modifica in senso restrittivo il regime di deducibilità dei costi relativi ai mezzi di trasporto aziendali, intervenendo sugli articoli 164 e 51 del TUIR[79].

L’articolo 164[80] del TUIR disciplina i limiti di deduzione delle spese e degli altri componenti negativi relativi ad alcuni tipi di mezzi di trasporto utilizzati nell'esercizio di imprese, arti e professioni.

Tale disciplina fiscale fu introdotta nel 1997 per limitare fortemente il diritto all'integrale deducibilità dei costi sostenuti. Alla base della norma vi è la presunzione assoluta secondo cui gli tali mezzi sono sempre utilizzati sia nella sfera aziendale sia in quella privata dell'imprenditore: da qui la limitazione della deducibilità.

La disciplina attuale prevede due serie di ipotesi: quelle in cui le spese sono deducibili dal reddito interamente, individuate dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 164, e quelle per le quali è ammessa in deduzione solo una percentuale della spesa, elencate dalla lettera b) del comma 1.

L'integrale riconoscimento delle spese compete attualmente:

1)      per i mezzi di trasporto (aeromobili da turismo, navi, imbarcazioni da diporto, autovetture, autocaravan, ciclomotori e motocicli) utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa;

2)      per i veicoli adibiti ad uso pubblico;

3)      per i mezzi dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d'imposta.

In questi casi si riconosce agli oneri il requisito dell'inerenza previsto dall'articolo 109, comma 5 del TUIR, cioè la stretta correlazione degli stessi con l'attività produttiva di ricavo imponibile.

Per quanto riguarda la prima tipologia, cioè i mezzi di trasporto utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività propria d'impresa, si tratta dei veicoli indispensabili per l'esercizio dell'attività. Il riferimento all'utilizzo strumentale dei beni nell'esercizio dell'impresa fa pertanto sì che tale disposizione non riguardi l'esercizio di arti e professioni. Sono tali, ad esempio, le autovetture impiegate dalle scuole guida o dalle società che svolgono l'attività di noleggio.

I mezzi adibiti ad uso pubblico sono invece quelli la cui destinazione a tale uso è individuata attraverso le autorizzazioni amministrative all'uopo rilasciate. Rientrano in questa categoria i veicoli utilizzati dal titolare della licenza comunale per l'esercizio del servizio di taxi e quelli utilizzati nell'ambito del servizio di noleggio con conducente.

I veicoli utilizzati per uso promiscuo dai dipendenti per la maggior parte dell'anno, sono la tipologia più diffusa e riguarda sia gli esercenti attività di impresa sia quelli esercenti arti e professioni. Per rientrare nell'ipotesi occorrono peraltro alcune condizioni, che vanno provate con la predisposizione della documentazione necessaria (ad esempio l'inserimento di un'apposita clausola nel contratto di lavoro o una scrittura tra datore di lavoro e dipendente):

1.       il mezzo deve essere innanzitutto assegnato al dipendente promiscuamente (cioè sia per l'attività lavorativa sia per l'uso personale) e sono ininfluenti la percorrenza privata e quella per fini aziendali nonché il rapporto tra giornate lavorative e non;

2.       l'utilizzo deve riguardare la metà più uno dei giorni che compongono il periodo d'imposta del datore di lavoro, anche se inferiore a 365 giorni.

 

Come chiarito nella circolare 5/E/01, il regime di deducibilità delle spese riferite alle auto date in uso promiscuo ai dipendenti non si applica ai veicoli concessi in uso promiscuo ai collaboratori coordinati e continuativi.

 

Si ricorda che oltre all’uso promiscuo, l’auto può anche essere assegnata al dipendente come fringe benefit, qualora l'utilizzo dell’automobile non sia normalmente collegato ad un’obbligazione lavorativa contrattuale. Mentre nel caso di auto assegnata per uso promiscuo l'onere fiscale e contributivo è assolto su un valore convenzionale, nel caso di fringe benefit l'uso del mezzo diventa un compenso in natura, quindi un elemento della retribuzione che comporta l'applicazione, in capo al dipendente, del regime di tassazione ordinaria ex articolo 51, comma 3 TUIR, quindi in base al valore normale del servizio beneficiato. Viceversa in capo all'azienda si genera un costo per quote d'ammortamento o eventuali altre spese d'impiego (ad esempio la tassa automobilistica e l’assicurazione) a carico del datore di lavoro, che diviene integralmente deducibile poiché qualificabile come costo del lavoro (come previsto dalla circolare 37/E/97). Questa deducibilità avviene nel limite dei costi relativi all'auto, effettivamente sostenuti e imputati a conto economico.

 

Sulle ipotesi di deducibilità delle spese relative ai mezzi dati in uso promiscuo ai dipendenti opera la prima modifica apportata dalla lettera b), n. 1, n. 2 e n. 4 del comma 25.

L’articolo 164, comma 1, del TUIR viene infatti modificato nel seguente modo:

-       sopprimendo totalmente la possibilità di deduzione dal reddito d’impresa d’arte o professione di tali costi, prevista dalla lettera a) dell’art. 164, comma 1 (lett. b, n. 2, del presente comma);

-       aggiungendo una nuova lettera b-bis) che prevede che per i veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti sia deducibile l’importo costituente il reddito da lavoro, cioè il valore convenzionale del fringe benefit:: questo rimarrà pertanto l’unico costo deducibile in capo all’impresa (lett. b, n. 4, del presente comma).

 

Una seconda modifica, a questa collegata, apportata dalla lettera a) del comma 25, incide proprio sulla modalità di tassazione del mezzo assegnato al dipendente come fringe benefit. Viene infatti modificato l’articolo 51, comma 4, lettera a), del TUIR, relativo ai criteri per la determinazione del valore normale dei beni assegnati ai dipendenti, elevando dal 30% al 50% l’importo convenzionale assunto come reddito per il dipendente.

Tale importo è costituito da una percorrenza convenzionale di 15 mila chilometri calcolata sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle apposite tabelle elaborate dall’ACI entro il 30 novembre di ciascun anno[81]. In base alla modifica dalla lettera a) del comma 25 pertanto, al dipendente verrà imputato come reddito il 50% del costo di percorrenza pari a 15 mila chilometri, cioè l’equivalente del costo di percorrenza di 7.500 chilometri annui e questo sarà l’unico importo deducibile come costo per l’impresa.

 

Per quanto riguarda invece la seconda tipologia di veicoli, cioè quelli per i quali la deducibilità è limitata, questi sono elencati nella lettera b) dell’articolo 164, comma 1 del TUIR.

La norma dispone attualmente la deducibilità dei costi d'acquisto (quote d'ammortamento) e d'impiego (carburanti o manutenzione) nella misura del 50%, relativamente ai soli veicoli destinati al trasporto di persone e autocaravan - di cui alle lettere a) e m) dell'articolo 54, comma 1, del decreto legislativo n. 285 del 1992 - che non siano strumentali per l’esercizio dell’attività. In ogni caso il costo d'acquisizione dell'auto aziendale (e professionale) è deducibile, al 50%, con l'ulteriore limite di un valore massimo su cui applicare tale percentuale[82], pari a 18.075,99 euro per le autovetture e gli autocaravan.

La norma pone peraltro ulteriori limiti:

-        nell'ipotesi di esercizio in forma individuale di arti e professioni è consentita la deducibilità per una sola autovettura nella misura del 50%;

-        qualora l'attività artistica o professionale venga svolta da società semplici o da associazioni di cui all'articolo 5 del TUIR, la deducibilità è consentita solo relativamente alla rilevanza del costo sostenuto per l'acquisto ovvero l'utilizzo dei veicoli corrispondenti al numero dei soci o associati. Nessun limite numerico è invece stabilito nelle ipotesi di esercizio di attività d'impresa.

 

Per quanto riguarda l’ipotesi di auto acquistate con contratti di locazione finanziaria (leasing), l’art. 164, comma 1, lett. b) dispone chel'ammontare dei canoni rilevi entro il limite corrispondente al valore massimo, sopra citato, di 18.075,99 euro; ciò significa che non può essere dedotto l'ammontare dei canoni proporzionalmente eccedente tale tetto.

Nei casi in cui il mezzo sia oggetto di contratti di locazione semplice o noleggio, è fissato un tetto annuo di deduzione pari a 3.615,20 euro per gli autoveicoli, valore da intendersi per ogni mezzo di trasporto locato o noleggiato.

 

Si ricorda che una possibilità di evitare le limitazioni poste dall'articolo 164 del TUIR, e oggetto della risoluzione n. 179/01, è quella di immatricolare l'autoveicolo in modo diverso dal trasporto di persone (articolo 54, lettera a), del Codice della Strada). É il caso degli autoveicoli per usi speciali , cioè immatricolati ad uso ufficio, in base alla lettera g) dell'articolo 54 del Codice della Strada (decreto legislativo 30/4/1992, n. 285, e successive modificazioni), in quanto le limitazioni dell'articolo 164 del TUIR interessano solo i veicoli classificati nelle lett. a) ed m) dello stesso articolo 54. Ne consegue la deduzione integrale del costo. Occorre naturalmente che l'uso effettivo dell'autoveicolo corrisponda all’uso ufficio, altrimenti in caso di accertamento di utilizzo differente del bene l’Amministrazione finanziaria procederà al recupero (con sanzioni) dei vantaggi fiscali beneficiati.

 

La lettera b), n. 3), del comma 25 sopprime totalmente la possibilità di dedurre i costi dei veicoli aziendali destinati al trasporto di persone e autocaravan (in precedenza ammessa nella misura del 50%), utilizzati nell’esercizio d’impresa ma che non rientrino tra quelli strumentali di cui alla lettera a) , n. 1).

La norma mantiene invece l’attuale deducibilità all’80% per i veicoli utilizzati dai soggetti esercenti attività di agenzia o di rappresentante di commercio.

La seconda modifica apportata dalla lett. b), n. 3 del comma 25 consiste nella riduzione dal 50% al 25% della percentuale di deduzione consentita per i veicoli, nell'ipotesi di esercizio in forma individuale di arti e professioni, ipotesi nella quale è ammessa la deducibilità per una sola autovettura e qualora l'attività artistica o professionale venga svolta da società semplici o in forma associata (articolo 5 del TUIR), ipotesi in cui la deducibilità è consentita solo relativamente alla rilevanza del costo sostenuto per l'acquisto ovvero l'utilizzo dei veicoli corrispondenti al numero dei soci o associati.

In ogni caso rimangono applicabili i limiti massimi di deducibilità fissati dalla lettera b) dell’articolo 164, comma 1 del TUIR, pari a 18.075,99 euro per le autovetture e gli autocaravan, 4.131,66 euro per i motocicli e 2.065,83 euro per i ciclomotori. Solo fino alla concorrenza di tali importi massimi si potrà pertanto applicare la nuova percentuale di deducibilità pari al 25%, fissata dalla norma del comma 25 in esame.

 

Infine, il comma 26 prevede che, in deroga alle disposizioni dello “Statuto dei diritti del contribuente” (legge 27 luglio 2000, n 212), le disposizioni del comma 25 in esame abbiano effetto a partiredal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, cioè dal periodo d’imposta 2006.

Viene derogato, in particolare, l’articolo 3 dello Statuto del contribuente circa l’efficacia temporale delle norme tributarie, laddove sancisce che le disposizioni tributarie non abbiano effetto retroattivo. Inoltre il comma 2 dell’articolo 3 dispone che, in ogni caso, le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell'adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti

 

Si ricorda a tale proposito che, in base all’articolo 1 dello Statuto,le sue disposizioni, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono princìpi generali dell'ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali.

Ai soli fini dei versamenti in acconto delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive relative al 2006 e a quelli successivi, il medesimo comma 26 consente al contribuente di continuare ad applicare le previgenti disposizioni.

 

 

 


Articolo 7, comma 27
(Imposte sulla produzione)

 


27. Nel testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, nella nota (1) all’articolo 26, nel secondo periodo, dopo le parole: “Si considerano compresi negli usi industriali gli impieghi del gas metano”, sono aggiunte le seguenti: “ nel settore della distribuzione commerciale,”.


 

 

Il comma 27 dell’articolo 7 interviene in materia di accise sul gas metano, riducendo l’aliquota applicabile al gas metano per combustione utilizzato nel settore della distribuzione commerciale, equiparandolo a quello utilizzato nella produzione industriale.

Prima della modifica apportata dal comma 27, il gas metano utilizzato nella distribuzione commerciale era ricompreso negli “altri usi civili” e come tale tassato con l’aliquota d’accisa pari a 173,20 euro per mille metri cubi.

Con il comma 27, si modifica la nota (1) all’articolo 26 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504[83], nella quale sono distinti gli usi civili da quelli industriali: il gas metano utilizzato nel settore della distribuzione commerciale viene ricompreso nell’ambito degli usi industriali, e come tale tassato con aliquota di 12,498 euro per mille metri cubi.

Con il comma 27 pertanto, l’aliquota d’accisa sul gas metano per combustione utilizzato nel settore della distribuzione commerciale,viene ridotta da 173,20 euro per mille mc a 12,498 euro per mille mc.

Si ricorda che in base all’articolo 26 del Testo unico delle imposte sulla produzione e sui consumi è tassato con accisa il gas metano destinato all'autotrazione nonché quello destinato alla combustione, quest’ultimo sia per gli usi civili che per quelli industriali.

Per quanto riguarda il gas metano utilizzato per combustione la tassazione è differenziata in base all’uso: industriale o civile.

Per tutte le tipologie di uso industriale l’aliquota ordinaria è unica e pari a 12,498 euro per mille metri cubi.

 

La misura dell’aliquota di accisa per il gas metano usato per combustione per usi industriali, è stata fissata in lire 24,2 per metro cubo (pari agli attuali 12,498 euro per mille metri cubi) dal D.P.C.M. 15 gennaio 1999, n. 287.

 

L’aliquota è invece ridotta del 40%, e pari a 7,498 euro per mille metri cubi, per gli utilizzatori industriali con consumi superiori a 1.200.000 metri cubi annui, con l’esclusione dei termoelettrci. Tale riduzione è stata introdotta in origine dall’articolo 24, comma 5 della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001) e successivamente più volte prorogata fino, da ultimo, al 31 dicembre 2006, ad opera dell’articolo 1, comma 115 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006.)

 

A tale proposito si segnala che l’articolo 30, comma 5, lett. b), del disegno di legge finanziaria 2007 (A.C. 1746) prevede, dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria e fino al 31 dicembre 2007, l’applicazione dell’aliquota d’accisa sul gas metano per usi industriali nella citata misura agevolata del 40%, fissata dall’articolo 4 del decreto legge 1° ottobre 2001, n. 356, convertito dalla legge n. 418 del 2001.

 

Viene quindi confermata l’agevolazione già concessa a partire dal 2001 per l’utilizzo industriale del gas metano per combustione, nell’ipotesi di consumi superiori a 1.200.000 mc.

 

La tassazione per usi civili è invece differenziata in base al tipo di consumo.

Le aliquote d’accisa sul gas metano per usi civili sono state da fissate da ultimo dal decreto ministeriale 22 marzo 2006, a decorrere dal 1° gennaio 2006 e fino al 31 dicembre 2006, nelle seguenti misure:

a) per usi domestici di cottura cibi e produzione di acqua calda di cui alla tariffa T1 prevista dal provvedimento CIP n. 37 del 26 giugno 1986: € 41,40 per mille metri cubi;

b) per usi di riscaldamento individuale a tariffa T2 fino a 250 metri cubi annui: € 41,40 per mille metri cubi;

c) per altri usi civili: € 173,20 per mille metri cubi.

Gli altri usi civili, nei quali rientrava fino ad oggi l’utilizzo del gas metano nella distribuzione commerciale, sono quindi quelli che scontano l’aliquota più alta.

Nella nota (1) all’articolo 26, che viene modificata dal comma 27, sono chiarite le differenti fattispecie ricomprese negli usi civili e industriali.

 

In base alla nota (1) devono considerarsi compresi negli usi civili anche gli impieghi del gas metano nei locali delle imprese industriali, artigiane e agricole, posti fuori dagli stabilimenti, dai laboratori e dalle aziende dove viene svolta l'attività produttiva, e nella produzione di acqua calda, di altri vettori termici e/o di calore non utilizzati in impieghi produttivi dell'impresa ma per la cessione a terzi per usi civili.

 

Si considerano invece compresi negli usi industriali, con la modifica del comma 27, gli impieghi del gas metano, nel settore della distribuzione commerciale, che si aggiungono agli impieghi nel settore alberghiero, negli esercizi di ristorazione, negli impianti sportivi adibiti esclusivamente ad attività dilettantistiche e gestite senza fini di lucro, nel teleriscaldamento alimentato da impianti di cogenerazione che hanno le caratteristiche tecniche indicate nell'art. 11, comma 2, lettera b), della legge 9 gennaio 1991, n. 10, anche se riforniscono utenze civili, e agli impieghi in tutte le attività industriali produttive di beni e servizi e nelle attività artigianali e agricole.

Si considerano inoltre compresi negli usi industriali, anche quando non è previsto lo scopo di lucro, sempre in base alla citata nota (1), gli impieghi del gas metano utilizzato negli impianti sportivi e nelle attività ricettive svolte da istituzioni finalizzate all'assistenza dei disabili, degli orfani, degli anziani e degli indigenti.

 

Si ricorda infine che l'agevolazione dell'aliquota ridotta dell'accisa sul gas metano a favore degli stabilimenti di produzione vale anche se in tali stabilimenti vengono introdotte e depositate merci provenienti da altri stabilimenti purché di società controllate o di società collegate con quella titolare della concessione, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, nonché sul gas metano utilizzato per operazioni connesse con l'attività industriale.

 


Articolo 8
(Accelerazione degli incentivi alle imprese)

 


1. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 8 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, non si applicano fino al 31 dicembre 2006 alla concessione di incentivi per attività produttive, di cui alla legge 23 dicembre 1996, n. 662, articolo 2, comma 203, lettere d), e) ed f).

2. Le proposte di contratti di programma già approvate dal CIPE ai sensi dell'art. 8 del citato decreto-legge n. 35 del 2005 in assenza del decreto di disciplina dei criteri, delle condizioni e delle modalità di concessione delle agevolazioni, previsto dal comma 2 del medesimo articolo 8, sono revocate e riesaminate dal Ministero dello sviluppo economico per l'eventuale concessione delle agevolazioni sulla base della deroga di cui al comma 1 e del decreto di cui al comma 3.

3. In conseguenza degli effetti della deroga di cui al comma 1 e delle disposizioni di cui al comma 2, le risorse già attribuite dal CIPE al Fondo di cui all'articolo 60 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per il finanziamento degli interventi di cui al predetto comma 1 con vincolo di utilizzazione per la concessione delle agevolazioni sulla base delle disposizioni di cui ai citati `commi 1 e 2 dell'articolo 8 del decreto-legge 14 marzo 2005, n 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, sono prioritariamente utilizzate dal Ministero dello sviluppo economico per la copertura degli oneri derivanti dalla concessione di incentivi già disposti ai sensi dell'articolo 2, comma 203, lettera e), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, che, a seguito della riduzione di assegnazione operata con la Tabella E allegata alla legge 23 dicembre 2005, n. 266, risultano privi, anche parzialmente, della copertura finanziaria. Le eventuali risorse residue, unitamente a quelle di cui al comma 4, possono essere utilizzate dal Ministero dello sviluppo economico per la concessione di agevolazioni relative agli interventi di cui al comma 2; a tale fine il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, provvede a determinare, diminuendole, le intensità massime degli aiuti concedibili.

4. In relazione alla ritardata attivazione del Fondo di cui al comma 354 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, le autorizzazioni di spesa di cui al comma 361 dell'articolo 1 della medesima legge n. 311 del 2004, sono rideterminate per gli anni 2006, 2007 e 2008, rispettivamente, in 5, 15 e 50 milioni di euro. Le restanti risorse già poste a carico del Fondo per le aree sottoutilizzate e del Fondo unico per gli incentivi alle imprese, in applicazione di quanto disposto dal citato comma 361, per un importo, rispettivamente pari a 95 milioni di euro e a 50 milioni di euro per l'anno 2006, a 135 milioni per l'anno 2007 ed a 100 milioni per l'anno 2008, affluiscono al Fondo unico per gli incentivi alle imprese per le finalità di cui al comma 3.

5. Al fine di assicurare l'invarianza del limite di cui all'articolo 1, comma 33, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, in conseguenza della deroga di cui al comma 1, il Ministero dello sviluppo economico riduce, eventualmente, l'ammontare dei pagamenti relativi agli altri strumenti da esso gestiti.


 

 

L’articolo 8 dispone la sospensione, fino al 31 dicembre 2006, dell’applicazione agli strumenti della programmazione negoziata della nuova disciplina sui meccanismi di concessione degli incentivi alle imprese, introdotta dal cd. decreto-legge competitività. Sono conseguentemente revocate e riesaminate dal Ministero per lo sviluppo economico le proposte di contratti di programma già approvate dal CIPE in base alla disciplina sospesa. Le relative risorse, unitamente a quelle derivanti dalla ritardata attivazione del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti alla ricerca, sono destinate alla copertura degli oneri derivanti dai contratti di programma rimasti privi di copertura finanziaria a seguito delle decurtazioni operate dalla legge finanziaria per il 2006.

 

In particolare, il comma 1 dispone per i patti territoriali, i contratti di programma e i contratti d’area, una deroga, fino al 31 dicembre 2006, all’applicazione della riforma dei meccanismi di concessione degli incentivi nelle aree sottoutilizzate del paese, di cui all’art. 8, commi 1 e 2 del D.L n. 35 del 2005, (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80 del 2005).

 

La nuova disciplina sulla concessione degli incentivi alle imprese, di cui all’articolo 8, comma 1 del D.L. n. 35/2005:

-       agli incentivi alle imprese nelle aree sottoutilizzate (c.d. legge n. 488 del 1992);

-       agli incentivi alle imprese nell’ambito degli strumenti della programmazione negoziata (patti territoriali, contratti di programma e contratti d’area).

I principi dettati sono volti alla sostituzione dei finanziamenti a fondo perduto con prestiti agevolati, promuovendo al tempo stesso il coinvolgimento degli istituti bancari nel finanziamento degli investimenti oggetto di agevolazioni[84].

Ai sensi del comma 2, la disciplina di attuazione in materia di incentivi alle imprese è demandata a un decreto del Ministro delle attività produttive[85].

Si ricorda che, in attuazione di quanto previsto dal comma 2, con decreto del Ministro per le attività produttive del 1° febbraio 2006 sono stati definiti i nuovi criteri, condizioni e modalità per la concessione ed erogazione limitatamente alle agevolazioni alle attività produttive nelle aree sottoutilizzate, previste dalla legge n. 488/1992.

La relazione illustrativa sottolinea che la temporanea sospensione degli effetti della riforma è disposta in attesa che si concluda l’esame, da parte della Conferenza Stato-Regioni, dei decreti interministeriali relativi alla concessione degli incentivi con le procedure della programmazione negoziata.

 

Il comma 2 dispone la revoca delle proposte di contratti di programma già approvate dal CIPE sulla base della nuova disciplina del decreto-legge n. 35/2005, in assenza del decreto, previsto dallo stesso articolo, disciplinante i criteri, le condizioni e le modalità di concessione delle agevolazioni.

Il comma 2 dispone altresì il riesame delle proposte da parte del Ministero per lo sviluppo economico ai fini dell’eventuale concessione delle agevolazioni sulla base della deroga di cui al comma 1 e del decreto di cui al successivo comma 3.

 

Nel 2005 sono stati approvati dal CIPE 23 nuovi contratti di programma, con un importo complessivo di investimenti pari a 2.602 milioni di euro, un onere a carico della finanza pubblica pari a 583,7 milioni di euro ed un incremento occupazionale previsto di 5.148 unità.

Nella seduta del 22 marzo 2006, il CIPE ha approvato ulteriori 30 nuovi contratti di programma, cui si aggiunge un ulteriore contratto approvato nella seduta del 29 marzo 2006.

 

Il comma 3 dispone, in conseguenza della deroga di cui al comma 1, che le risorse già attribuite dal CIPE al fondo per le aree sottoutilizzate previsto dal comma 60 della legge n. 289 del 2002 (c.d. Fondo MAP) per il finanziamento del complessodegli interventi di programmazione negoziatacon vincolo di utilizzo ai fini della concessione di agevolazioni sulla base della riforma degli incentivi, siano prioritariamente utilizzate dal Ministero per lo sviluppo economico per la copertura degli oneri derivanti da contratti di programma già disposti.

La disposizione si rende necessaria in quanto i contratti di programma risultano privi, anche parzialmente, della copertura finanziaria per effetto della riduzione degli stanziamenti operata dalla tabella E della legge finanziaria per il 2006.

La legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005) reca in tabella E, riduzioni, per il 2006, di 20 milioni di euro e di 560 milioni di euro relativamente a due autorizzazioni di spesa (D.L. n. 415/1992 e legge 208/1998), le cui risorse, destinate al finanziamento degli strumenti della programmazione negoziata, affluiscono sull’U.P.B. 3.2.3.8, cap. 7420, dello stato di previsione del Ministero delle attività produttive (ora Ministero per lo sviluppo economico), relativo al Fondo unico per gli incentivi alle imprese.

 

Il comma 3 prevede inoltre che le eventuali risorse residue, unitamente a quelle derivanti dalle riduzioni dell’autorizzazione di spesa di cui al comma successivo, possono essere usate dal Ministero per lo sviluppo economico per la concessione di agevolazioni per gli interventi revocati ai sensi del precedente comma. A tal fine, il Ministro per lo sviluppo economico provvede, con decreto, a determinare in diminuzione le intensità massime di aiuto concedibile.

 

La legge n. 289/2002 ha previsto l’istituzione di due Fondi per le aree sottoutilizzate, di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell’economia e delle finanze (articolo 61, comma 1, c.d. Fondo MEF) e del Ministero delle attività produttive (articolo 60, comma 3, c.d. Fondo MAP). Il CIPE, con proprie deliberazioni, ripartisce la dotazione di ciascuno dei due fondi tra gli interventi finanziati a valere su di essi.

Il Fondo per le aree sottoutilizzate di competenza del Ministero delle attività produttive (c.d. Fondo MAP), è costituito dalle risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese destinate alle aree sottoutilizzate, relative:

a)       alle legge n. 488/1992, recante interventi di agevolazione alle attività produttive;

b)       agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area).

Tuttavia, non si è provveduto alla creazione di uno specifico capitolo di bilancio, e le risorse risultano allocate nel Fondo unico incentivi alle imprese (UPB 3.2.3.8/cap. 7420).

Per le modifiche alla disciplina sopra illustrata previste nell’art. 104 del disegno di legge finanziaria per il 2007 (A.C. 1746), vedi infra.

 

Il comma 4 dispone, in relazione alla ritardata attivazione del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti in ricerca, previsto dalla legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004, art. 1, comma 354), una rideterminazione dell’autorizzazione di spesa del Fondo stesso, riducendola per gli anni 2006, 2007 e 2008 da 150 milioni di euro rispettivamente a 5, 15 e 50 milioni di euro.

 

L’articolo 1, comma 354, della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004), e successive modificazioni, ha previsto l’istituzione, presso la Cassa depositi e prestiti Spa, di un Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti alla ricerca, finalizzato alla concessione di finanziamenti agevolati alle imprese in forma di anticipazione di capitali rimborsabile secondo un piano di rientro pluriennale[86].

La dotazione iniziale del Fondo è stabilita in 6 miliardi di euro, da finanziare con le risorse del risparmio postale. In seguito, la Cassa depositi e prestiti S.p.a potrà disporre variazioni a tale cifra, in ragione delle dinamiche di erogazione e di rimborso delle somme concesse, purché nel rispetto dei limiti di spesa annuale sul bilancio dello Stato stabiliti dal comma 361, che ha autorizzato la spesa di 80 milioni di euro per l’anno 2005 e 150 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006. In sostanza, tale autorizzazione di spesa riguarda i contributi in conto interessi da corrispondere alla Cassa depositi e prestiti per il finanziamento degli interventia carico del citato Fondo rotativo.

La ritardata attivazione del Fondo consente dunque un risparmio in termini di interessi da corrispondere alla Cassa depositi e prestiti.

La norma dispone pertanto che le restanti risorse, pari complessivamente a 145 milioni per il 2006, a 135 milioni per il 2007 e a 100 milioni per il 2008, affluiscano, al Fondo unico per gli incentivi alle imprese, per essere utilizzate per finanziare i contratti di programma ai sensi del comma 3.

In relazione alla formulazione tecnica dell’ultimo periodo del comma 4 in esame, si segnala che per l’anno 2007 le risorse poste a carico del Fondo per le aree sottoutilizzate a copertura dell’onere recato dal citato Fondo rotativo sono state fissate dal richiamato comma 361 in 100 milioni di euro, anziché in 135 milioni come sembra indicare il testo in esame; ciò non comporta tuttavia una mancanza delle relative risorse, che sono coperte dal comma 361 a valere sulle maggiori entrate derivanti da un’altra disposizione della legge finanziaria 2005[87].

 

Si segnala che, in conseguenza della riorganizzazione delle competenze dei ministeri, l’articolo 104 del disegno di legge finanziaria per il 2007 (A.C. 1746) prevede l’istituzione, presso il Ministero dello sviluppo economico, del “Fondo per la competitività e lo sviluppo”, nel quale confluiscono le risorse già assegnate al Fondo aree sottoutilizzate di cui all’articolo 60, comma 3, della legge n. 289 del 2002 (c.d. Fondo MAP) e quelle del Fondo unico per gli incentivi alle imprese, che sono contestualmente soppressi.

Per ciò che attiene la ripartizione delle risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti alla ricerca (la cui dotazione è fissata in 6 miliardi di euro), si ricorda che il CIPE, con la delibera n. 76/2005, ha provveduto a stabilirne i criteri e le modalità di funzionamento, procedendo ad una prima assegnazione delle risorse del Fondo, pari a 3.700 milioni di euro, destinando 1.860 milioni alla ricerca e sviluppo (di cui 810 milioni per le aree sottoutilizzate) e 1.840 milioni alle altre agevolazioni alle imprese, di cui, 500 milioni assegnati alla legge n. 488/1992 “riformata” (in virtù dell’art. 8 del D.L. n. 35), 240 milioni ai contratti di programma, 240 milioni ai patti territoriali e contratti di area, 300 milioni ai contratti di filiera nel settore agricolo e 560 milioni agli interventi del Fondo per l’innovazione tecnologica (FIT).

Con la successiva delibera n. 45/2006, il CIPE ha proceduto alriparto della seconda tranche delle disponibilità del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti di ricerca, per un importo pari a 2.300 milioni, destinandone il 40% (910 milioni) alla ricerca (di cui 450 milioni per le aree sottoutilizzate) e il 60% (1.390 milioni) ad altre agevolazioni alle imprese, di cui 400 milioni destinati alla legge n. 488/1992 “riformata”, 365 milioni ai contratti di programma, 465 milioni al Fondo per l’innovazione tecnologica (di cui 320 per le aree sottoutilizzate), e 160 milioni agli interventi del Fondo per l’innovazione tecnologica – settore Ambiente.

 

Il comma 5prevede un’eventuale riduzione da parte del Ministero dello sviluppo economico dell’ammontare dei pagamenti relativi agli altri strumenti gestiti dallo stesso dicastero, allo scopo di garantire che - a seguito della deroga introdotta dal comma 1 dell’articolo in commento - il limite fissato dalla legge finanziaria per il 2006 alle erogazioni del Fondo innovazione tecnologica (FIT) per il 2006, non venga superato.

 

Il comma 33 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), stabilisce che le erogazioni del Fondo innovazione tecnologica (FIT)[88], riferite all’anno 2006, non possono superare l'importo complessivo di 1.900 milioni di euro.

Tale importo ha subito peraltro subito una serie di decurtazione in virtù di successive disposizioni contenute in decreti-legge[89]. L’importo complessivo della somma che il FIT è autorizzato ad erogare nell’anno 2006 si è dunque ridotta a 1.691,5 milioni di euro.

Ai fini del monitoraggio delle suddette erogazioni, i pagamenti effettuati dovranno essere comunicati - con cadenza mensile – al Ministero dell’economia e delle finanze da parte del Ministero delle attività produttive.

 

In relazione alla formulazione del comma 5, si osserva che:

§      l'espressione "il Ministero dello Sviluppo Economico riduce, eventualmente, l'ammontare dei pagamenti relativi agli altri strumenti da esso gestiti" appare eccessivamente generica; sarebbe preferibile una formulazione più dettagliata;

§      appare opportuno richiamare le disposizioni di modifica del limite dell’articolo 1, comma 33, della legge finanziaria per il 2006, anche in considerazione del fatto che queste modifiche sono intervenute con una serie di novelle di carattere non testuale.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 20 settembre 2006 la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica su un progetto di regolamento volto a modificare e a sostituire il regolamento (CE) n. 69/2001 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di importanza minore (“de minimis”), che giungerà a scadenza il 31 dicembre 2006. Il nuovo regolamento sarà valido dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013. La Commissione invita le parti interessate a comunicare le proprie osservazioni sul progetto sottoposto a consultazione entro il 20 ottobre 2006.

La disciplina sugli aiuti de minimis è contenuta nel citato regolamento (CE) n. 69/2001 della Commissione, in base al quale sono esentati dall’obbligo di notifica di cui all’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato CE gli aiuti di Stato che non superano i 100.000 euro concessi nell’arco di 3 esercizi finanziari ad una stessa impresa. In base all’esperienza maturata in questo settore la Commissione sostiene che tali aiuti non costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 87 del Trattato CE in quanto non sono suscettibili di falsare la concorrenza o di pregiudicare gli scambi tra gli Stati membri. Il regolamento precisa che il periodo di riferimento di 3 anni deve avere carattere mobile nel senso che, in caso di nuova concessione di un aiuto de minimis, deve essere ricalcolato l‘importo complessivo degli aiuti de minimis concessi nei 3 anni precedenti.

 

La Commissione nel nuovo progetto di regolamento propone di innalzare la soglia di “aiuto di importanza minore” da 150.000 a 200.000 euro al fine di tenere conto dell’andamento dell’inflazione e del PIL nell’UE fino al 2006 e dei probabili sviluppi durante il periodo di validità del regolamento (CE) n. 69/2001. Tale massimale si applica a prescindere dalla forma dell’aiuto de minimis o dall’obiettivo perseguito e a prescindere dal fatto che l’aiuto concesso dallo Stato membro sia finanziato interamente o parzialmente con risorse di origine comunitaria. Gli aiuti de minimis non possono essere cumulati con aiuti statali relativamente allo stesso progetto.

In base al progetto, sarebbero esclusi dal campo di applicazione del futuro regolamento:

-        gli aiuti concessi ad imprese per attività nel settore del trasporto stradale1;

-        gli aiuti concessi ad imprese per attività nel settore della pesca e dell’acquacoltura che rientrano nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 104/2000;

-        gli aiuti concessi ad imprese per attività nel settore della produzione primaria dei prodotti agricoli di cui all’allegato I del Trattato;

-        gli aiuti concessi alle imprese per attività nella trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli elencati nell’allegato I del Trattato solo nei casi seguenti: quando l’importo dell’aiuto è fissato in base al prezzo o al quantitativo di tali prodotti acquistati da produttori primari o immessi sul mercato dalle imprese interessate o quando l’aiuto è subordinato al fatto di venire parzialmente o interamente trasferito ai produttori primari. Tale categoria di aiuti, di conseguenza, non dovrebbe più essere soggetta al regolamento (CE) n. 1860/2004 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti de minimis nel settore dell’agricoltura e della pesca;

-        gli aiuti ad attività connesse all’esportazione verso paesi terzi o Stati membri. La Commissione precisa che non costituiscono di norma aiuti all’esportazione gli aiuti inerenti ai costi di partecipazione a fiere commerciali né quelli relativi a studi o servizi di consulenza necessari per il lancio di prodotti nuovi e o esistenti su un nuovo mercato;

-        gli aiuti condizionati all’impiego preferenziale di prodotti interni rispetto ai prodotti di importazione;

-        gli aiuti ad imprese attive nel settore carbonifero ai sensi del regolamento (CE) n. 1407/2002.

 


Articolo 9
(Accelerazione delle procedure per pagamenti di canoni di locazione)

 


1. All’articolo 1, comma 276, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo periodo, le parole: “Agenzia del Demanio” sono sostituite dalle seguenti: “Dipartimento del tesoro”;

b) al secondo periodo, le parole: “Agenzia del Demanio” sono sostituite dalle seguenti: “Dipartimento del tesoro”.

c) l’ultimo periodo è sostituito dal seguente: “L’anticipazione è regolata con prelevamento dall’apposito conto corrente di tesoreria non appena vi saranno affluite le risorse corrispondenti.”.


 

 

L’articolo 9 novella l’articolo 1, comma 276, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), relativo alla concessione di anticipazioni di tesoreria da parte del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, in favore dell’Agenzia del demanio, per il pagamento dei canoni, degli oneri e di ogni ulteriore incombenza derivante dalla locazione degli immobili, di proprietà dei fondi comuni di investimento immobiliare di cui all’articolo 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410.

 

Si ricorda che l’articolo 4 del citato decreto-legge n. 351 del 2001 (come modificato dall’articolo 4 del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191) prevede la costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobiliare mediante conferimento o trasferimento di beni immobili, a uso diverso da quello residenziale, dello Stato, dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e degli enti pubblici non territoriali.

Il comma 2-ter dell’articolo 4 stabilisce che gli immobili in uso governativo, conferiti o trasferiti ai fondi comuni di investimento, siano concessi in locazione all’Agenzia del demanio, la quale li assegna ai soggetti che li hanno attualmente in uso, per periodi fino a nove anni, rinnovabili. I canoni e le altre condizioni dell’assegnazione sono fissate dal Ministero dell’economia e delle finanze sulla base di parametri di mercato.

Con i successivi decreti del Ministro dell’economia e delle finanze in data 9 giugno 2004, 15 dicembre 2004, 23 dicembre 2004 (tre decreti), 24 dicembre 2004 e 16 settembre 2005 è stata data attuazione alle sopra citate disposizioni dell’articolo 4 del decreto-legge n. 351 del 2001, mediante la costituzione e la disciplina del Fondo immobili pubblici, nonché il trasferimento e l’apporto degli immobili pubblici.

Per quanto riguarda in particolare il canone che gli utilizzatori sono tenuti a corrispondere all’Agenzia del demanio per la locazione degli immobili apportati e trasferiti al Fondo stesso, esso è determinato, per l’anno 2006, dall’articolo 1 del D.M. 4 settembre 2006, nella misura di 274.277.949,71 euro.

 

L’articolo 9 in esame stabilisce, al comma 1, lettera a), che sia il Dipartimento del Tesoro e non l’Agenzia del demanio, come previsto dalla versione originaria del citato articolo 1, comma 276, della legge n. 311 del 2004, a poter richiedere al Dipartimento della Ragioneria dello Stato le anticipazioni di tesoreria necessarie al pagamento dei canoni di locazione. Di conseguenza le modalità della regolazione contabile delle anticipazioni di tesoreria dovranno essere stabilite dalla Ragioneria generale dello Stato d’intesa con lo stesso Dipartimento del Tesoro, anziché con l’Agenzia del demanio (lettera b)).

La lettera c) sostituisce infine l’ultimo periodo del citato comma 276, il quale stabiliva, nella versione precedente l’entrata in vigore del decreto-legge in esame, che le anticipazioni di tesoreria avrebbero dovuto essere estinte entro l’anno a carico del fondo per provvedere alla spesa per i canoni di locazione, di cui al comma 1, quinto periodo, dell’articolo 29 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326[90].

La lettera c) in esame stabilisce invece che le anticipazioni di tesoreria in oggetto sono regolate con prelevamento dall’apposito conto corrente di tesoreria non appena vi saranno affluite le risorse corrispondenti.

 

La ratio della norma in esame è chiarita, nella relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, nei seguenti termini: “Considerato che il procedimento allestito per la raccolta da parte delle varie amministrazioni dei fondi necessari al pagamento dei canoni prevede, fra l’altro, l’istituzione di un apposito conto di tesoreria intestato al Dipartimento del tesoro, e che è a cura di quest’ultimo monitorare l’afflusso delle risorse per poi riversarle all’Agenzia del demanio al fine di corrispondere i canoni ai Fondi, si ritiene più opportuno che sia lo stesso Dipartimento a richiedere l’anticipazione di tesoreria alla Ragioneria generale dello Stato e pertanto provvedere ad estinguerla, come già previsto dal testo vigente.”

 

 


Articolo 10
(Disposizioni in materia di alienazione di immobili non strumentali di Poste Italiane Spa)

 


1. All’articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

“6-quater. I beni immobili non più strumentali all’esercizio postale, di proprietà delle Poste Italiane S.p.A., ai sensi dell’articolo 40 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e dell’articolo 5 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, nonché i beni acquisiti ad altro titolo, sono alienati da Poste Italiane S.p.A., o dalle società da essa controllate, direttamente o con le modalità di cui al presente decreto.

6-quinquies. Alle alienazioni di cui al comma 6-quater si procede secondo le modalità previste dalla legge 24 dicembre 1993 n. 560, e dalle altre disposizioni normative in materia di alloggi di edilizia residenziale pubblica, con l’esonero della consegna dei documenti relativi alla proprietà e di quelli attestanti la regolarità urbanistica, edilizia e fiscale degli stessi beni. Conseguentemente, l’articolo 1, comma 2, lettera a), della legge 24 dicembre 1993, n. 560, è soppresso.”.


 

 

L’articolo 10 introduce due nuovi commi - 6-quater e 6-quinquies - all’articolo 1 del DL 351/2001[91], volti a ridefinire la procedura di alienazione del patrimonio immobiliare di Poste italiane S.p.A. non strumentale all’esercizio postale, di fatto consentendo che tali beni possano essere sottratti alla ordinaria procedura di cartolarizzazione di cui allo stesso DL 351/2001.

 

Il D.L. 351/200, allo scopo di semplificare le modalità di dismissione di beni immobili, ha introdotto una procedura di privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico articolata essenzialmente in due passaggi.

In primo luogo, è stata affidata all’Agenzia del demanio la ricognizione:

§      dei beni immobili di proprietà dello Stato, distinti tra beni demaniali e beni facenti parte del patrimonio disponibile e indisponibile;

§      dei beni immobili di proprietà degli enti pubblici non territoriali;

§      dei beni immobili non strumentali in precedenza attribuiti a società a totale partecipazione pubblica, riconosciuti di proprietà dello Stato;

§      dei beni immobili di proprietà dello Stato ubicati all’estero.

I decreti adottati dall’Agenzia del demanio hanno valore dichiarativo della proprietà.

La ricognizione è estesa anche ai beni di regioni, province, comuni e altri enti locali che ne facciano richiesta e ai beni utilizzati per uso pubblico, ininterrottamente da oltre venti anni, con il consenso del proprietario.

In secondo luogo si è previsto il ricorso alla tecnica della cartolarizzazione attraverso il trasferimento degli immobili da cedere alle società veicolo[92].

In particolare, gli immobili sono trasferiti ad una o più società a responsabilità limitata (c.d. società veicolo), appositamente costituite[93], che ne finanziano l'acquisto attraverso l’emissione di titoli o mediante finanziamenti acquisiti da terzi.

La società veicolo versa l’importo raccolto attraverso tali operazioni, a titolo di “prezzo iniziale”, agli enti che hanno ceduto gli immobili.

Per ogni operazione di cartolarizzazione sono individuati, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, i beni immobili destinati al soddisfacimento dei diritti dei portatori dei titoli e dei concedenti i finanziamenti. Tali beni e ogni altro diritto acquisito nell’ambito dell’operazione costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della società veicolo e da quello delle altre operazioni. Delle obbligazioni nei confronti dei portatori dei titoli, dei soggetti concedenti i finanziamenti e di ogni altro creditore, risponde esclusivamente il patrimonio separato (c.d. principio della “segregazione”).

La società veicolo gestisce gli immobili e li rivende sul mercato. I flussi derivanti dalla gestione e dalla vendita degli immobili sono utilizzati per il rimborso del debito e degli interessi e oneri accessori, delle commissioni ai soggetti terzi e degli altri costi.

L'eventuale residuo costituisce il cosiddetto prezzo "differito" da retrocedere all'originario titolare del diritto di proprietà.

 

Il nuovo comma 6-quater prevede l’alienazione, diretta o con le procedure di cartolarizzazione di cui al medesimo D.L. n. 351, di quei beni immobili che siano di proprietà di Poste italiane s.p.a.. ai sensi della normativa vigente o che siano stati acquisiti ad altro titolo e che non siano più funzionali all’esercizio postale. L’alienazione può essere effettuata da Poste italiane s.p.a. o dalle società da essa controllate.

 

Il patrimonio iniziale della società Poste italiane s.p.a. è stato definito dall’articolo 40, comma 3, della legge n. 448/1998 (legge finanziaria per il 1999). Tale comma ha previsto la trascrizione, in favore della società, degli immobili che, in base al rendiconto generale dello Stato relativo all’anno 1993 (approvato con la legge n. 555/1994), risultavano di proprietà dell’ex Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni e nella cui titolarità, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, del D.L. n. 487/1993[94], è poi subentrato l’Ente Poste Italiane. Ai fini della trascrizione si doveva tenere conto degli elementi identificativi dei beni indicati in apposite segnalazioni predisposte dalla società medesima.

 

Si fa presente che non appare chiara la portata del richiamo contenuto nel nuovo comma 6-quater all’articolo 5 della legge n. 488/1999(legge finanziaria per il 2000) ai fini della definizione del patrimonio immobiliare di Poste italiane s.p.a., atteso che tale articolo non concerne l’individuazione del patrimonio immobiliare della società, ma incide sulla procedura di alienazione degli immobili della stessa.

 

Ai sensi del successivo comma 6-quinquies, per tali alienazioni Poste italiane S.p.A. è esonerata dalla consegna dei documenti relativi alla proprietà e di quelli attestanti la regolarità urbanistica, edilizia e fiscale dei beni da alienare. L’alienazione segue la procedura prevista dalla legge n. 560/1993[95] e dalle altre disposizioni normative in materia di edilizia residenziale pubblica.

 

Con il termine di “edilizia residenziale pubblica” (e.r.p.) si intende quel complesso di attività dirette alla provvista di alloggi per i soggetti a basso reddito. Il termine e.r.p. è comprensivo degli interventi di edilizia sovvenzionata, agevolata e convenzionata. Le leggi che hanno autorizzato la vendita di un certo numero di alloggi di e.r.p. - definendo anche quali soggetti potessero accedere all’acquisto, quali criteri adottare per scegliere gli alloggi da porre in vendita e con quali criteri determinare il prezzo di vendita - sono principalmente le seguenti: la legge n. 513/1977[96] e la citata legge n. 560/1993.

La legge 513 del 1977 costituisce una delle prime leggi che hanno consentito agli assegnatari di acquistare l’alloggio. Essa ha avviato il finanziamento di un programma straordinario di intervento nel settore dell'e.r.p., fissando le condizioni generali sia per l’edilizia residenziale "agevolata" (dove per "agevolazioni" si devono intendere i contributi a parziale copertura del conto interesse dei mutui bancari), sia per l’edilizia "sovvenzionata" (dove per "sovvenzioni" si intende la copertura dei costi in conto capitale per la realizzazione dell’opera).

La legge n. 560 del 1993 ha ridefinito gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, e stabilito le procedure per l'alienazione degli stessi, estendendo l’applicazione di tali procedure anche gli alloggi di proprietà delle Poste s.p.a. La legge ha di fatto consentito agli enti proprietari di alloggi di e.r.p. di porre in vendita parte del patrimonio immobiliare amministrato. La disciplina introdotta con tale legge, come modificata dalla legge 30 aprile 1999, n. 136, ha definito i requisiti richiesti agli acquirenti, i criteri per la determinazione del prezzo di vendita, la destinazione delle risorse così acquisite, fissando altresì una percentuale massima, pari al settantacinque per cento, del patrimonio alienabile nel territorio di ciascuna provincia.

La procedura di alienazione prevede che i piani di vendita, formulati dalle regioni su proposta degli enti proprietari, rendano alienabili gli immobili in misura del 75% del patrimonio abitativo vendibile nel territorio di ciascuna provincia. Non possono essere alienati a terzi gli immobili assegnati in locazione a titolari di reddito familiare complessivo inferiore al limite fissato dal CIPE. Hanno titolo di priorità nell'acquisto le società cooperative edilizie iscritte all'albo nazionale, che si impegnano a concedere gli immobili in locazione a canone convenzionato per un periodo non inferiore a otto anni.

L’articolo 5, comma 2. della legge n. 488/1999 (legge finanziaria per il 2000) – intervenendo sull’articolo 1 della legge n. 560/1993, e in particolare, sulla procedura di alienazione degli alloggi di proprietà di Poste italiane s.p.a. – ha previsto, in deroga a quanto disposto in via generale, che gli alloggi di proprietà di Poste italiane s.p.a. possano:

§      essere venduti nella loro globalità;

§      essere venduti anche se concessi in locazione a titolari di reddito familiare complessivo inferiore al limite fissato dal CIPE, purché venga garantita all'assegnatario la prosecuzione della locazione.

La legge n. 488/1999 ha, poi, assimilato gli alloggi di proprietà delle Poste italiane s.p.a., che risultino liberi, agli immobili di cui è prevista l'alienazione a terzi, prevedendo che essi fossero offerti prioritariamente agli enti locali.

 


Articolo 11
(Immobili non strumentali alla gestione caratteristica dell’impresa ferroviaria)

 


1. All’articolo 1, comma 6-bis, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo periodo, le parole: “di proprietà di Ferrovie dello Stato S.p.a., o dalle società da essa controllate” sono sostituite dalle seguenti: “di proprietà di Ferrovie dello Stato S.p.a o delle società dalla stessa direttamente o indirettamente integralmente controllate”;

b) il terzo periodo è soppresso.


 

 

L’articolo 11 introduce due modifiche all’articolo 1, comma 6-bis, del DL 351/2001, concernente le procedure di alienazione di alcune tipologie di immobili delle Ferrovie dello Stato s.p.a. (FS s.p.a.).

 

Il comma 6-bis dell’articolo 1 del citato D.L. n. 351/2001 - inserito dal comma 10 dell’articolo 26 del D.L. n. 269/2003 e successivamente modificato dall’articolo 1, comma 266, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005) – è intervenuto sulla disciplina relativa alla cartolarizzazione dei beni dello Stato[97], ridefinendo la procedura di alienazione del patrimonio immobiliare di Ferrovie dello Stato s.p.a. non strettamente funzionale alla gestione dell’infrastruttura, consentendo che tali beni fossero sottratti alla ordinaria procedura di cartolarizzazione.

Il comma 6-bis ha previsto infatti l’alienazione e la valorizzazione, diretta o con le procedure di cartolarizzazione di cui al medesimo D.L. n. 351, di quei beni immobili che siano di proprietà di Ferrovie dello Stato s.p.a. ai sensi della normativa vigente ovvero siano stati acquisiti ad altro titolo e che non siano più strumentali alla gestione caratteristica dell’impresa ferroviaria[98]. Per tali alienazioni Ferrovie dello Stato s.p.a. è esonerata dalla consegna dei documenti relativi alla proprietà e di quelli attestanti la regolarità urbanistica, edilizia e fiscale dei beni da alienare.

Un’ultima disposizione estende l’applicazione delle previsioni sopra descritte a tutte le società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato al momento dell’alienazione dei beni, previa emanazione dei decreti previsti dal D.L. n. 351/2001.

 

Una prima modifica è volta a specificare che l’alienazione dei beni immobili di cui al comma 6- bis può riguardare – oltre ai beni immobili di proprietàdelle Ferrovie dello Stato s.p.a. – anche i beni immobili di proprietà delle società dalla stessa direttamente o indirettamente integralmente controllate.

Il riferimento alle società direttamente o indirettamente integralmente è analogo a quello contenuto nel successivo comma 6-ter dell’articolo 1 del DL n. 351/2001 citato – introdotto dall’articolo 1, comma 88, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) - che prevede la sanatoria urbanistica dei beni immobili appartenenti a FS s.p.a. e alle “società dalla stessa direttamente o indirettamente integralmente controllate”[99].

 

La seconda modifica reca la soppressione del terzo periodo del comma 6-bis, ai sensi del quale le risorse economico-finanziarie derivanti dalle dismissioni effettuate direttamente ai sensi del comma dovevano essere impiegate da RFI s.p.a. in investimenti relativi allo sviluppo dell'infrastruttura ferroviaria e, in particolare, al miglioramento della sicurezza dell'esercizio.

 

La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione precisa che la modifica da ultimo illustrata nasce dalle perplessità che sul piano civilistico dettava la disposizione di cui al terzo periodo del comma 6-bis dell’articolo 1 del DL 351/2001 sul trasferimento di risorse da una società ad un’altra (seppure appartenente allo stesso gruppo) in mancanza di specifici titoli. Inoltre, la disposizione è stata ritenuta in contrasto con l’orientamento comunitario che impone agli Stati membri di assicurare la trasparenza delle relazioni finanziarie tra i poteri pubblici e le imprese pubbliche, mediante la documentazione delle assegnazioni di risorse pubbliche e la utilizzazione effettiva di tali risorse, anche attraverso precisi obblighi contabili. Inoltre, sempre secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, la disposizione non risultava coerente con i principi di cui al D.Lgs. 188/2003[100], secondo cui i rapporti tra il gestore dell’infrastruttura ferroviaria e lo Stato sono disciplinati da un atto di concessione e da un contratto di programma (art. 14), mentre nel caso in considerazione il trasferimento di risorse dallo Stato al gestore sarebbe avvenuto indirettamente – quindi con lesione del principio della trasparenza – “mediante un tortuoso «giro» tra società dello stesso gruppo”. La relazione richiama infine la disposizione di cui all’articolo 15 del D.Lgs. 188/2003 secondo cui i conti del gestore dell’infrastruttura ferroviaria devono presentare un tendenziale equilibrio tra i ricavi derivanti dalla riscossione dei canoni e dei corrispettivi per la fornitura dei servizi previsti dallo stesso decreto legislativo e le eccedenze provenienti da altre attività commerciali, e i contributi pubblici definiti nel contratto di programma, da un lato, e i costi relativi alla gestione dell’infrastruttura al netto degli ammortamenti, dall’altro, non lasciando, pertanto, spazio ad introiti diversi da quelli ivi richiamati.

 

 

DL 351/2001
(Privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico)
(Testo originario)

DL 351/2001
(Privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico)
(Testo vigente, come introdotto
dal DL 262/2006)

Art. 1

(Ricognizione del patrimonio immobiliare pubblico)

Art. 1

(Ricognizione del patrimonio immobiliare pubblico)

6-bis. I beni immobili non più strumentali alla gestione caratteristica dell'impresa ferroviaria, di proprietà di Ferrovie dello Stato S.p.A., ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni, e dell'articolo 5 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, nonché i beni acquisiti ad altro titolo, sono alienati e valorizzati da Ferroviedello Stato S.p.A., o dalle società da essa controllate, direttamente o con le modalità di cui al presente decreto. Le alienazioni di cui al presente comma sono effettuate con esonero dalla consegna dei documenti relativi alla proprietà e di quelli attestanti la regolarità urbanistica, edilizia e fiscale degli stessi beni. Le risorse economico-finanziarie derivanti dalle dismissioni effettuate direttamente ai sensi del presente comma sono impiegate da RFI S.p.A. in investimenti relativi allo sviluppo dell'infrastruttura ferroviaria e, in particolare, al miglio­ramento della sicurezza dell'esercizio. Le previsioni di cui ai primi due periodi del presente comma, previa emanazione dei decreti previsti dal presente articolo, si applicano a tutte le società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato al momento dell'alienazione e valorizzazione dei beni.

6-bis. I beni immobili non più strumentali alla gestione caratteristica dell'impresa ferroviaria, di proprietà di Ferrovie dello Stato S.p.A o delle società dalla stessa direttamente o indiretta­mente integralmente controllate , ai sensi dell'articolo 43 della legge23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni, e dell'articolo 5 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, nonché i beni acquisiti ad altro titolo, sono alienati e valorizzati da Ferroviedello Stato S.p.A., o dalle società da essa controllate, direttamente o con le modalità di cui al presente decreto. Le alienazioni di cui al presente comma sono effettuate con esonero dalla consegna dei documenti relativi alla proprietà e di quelli attestanti la regolarità urbanistica, edilizia e fiscale degli stessi beni. Le risorse economico-finanziarie derivanti dalle dismissioni effettuate direttamente ai sensi del presente comma sono impiegate da RFI S.p.A. in investimenti relativi allo sviluppo dell'infrastruttura ferroviaria e, in particolare, al miglioramento della sicurezza dell'esercizio. Le previsioni di cui ai primi due periodi del presente comma, previa emanazione dei decreti previsti dal presente articolo, si applicano a tutte le società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato al momento dell'alienazione e valorizzazione dei beni.

 


Articolo 12
(Nuova disciplina relativa agli aggiornamenti tariffari nel settore autostradale e rafforzamento dei poteri regolamentari dell’ANAS)

 


1. In occasione del primo aggiorna­mento del piano finanziario che costituisce parte della convenzione accessiva alle concessioni autostradali, ovvero della prima revisione della convenzione medesima, successivamente alla data di entrata in vigore del presente articolo, nonché in occasione degli aggiornamenti periodici del piano finanziario ovvero delle successive revisioni periodiche della convenzione, il Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, assicura che tutte le clausole convenzionali in vigore, nonché quelle conseguenti all’aggiornamento ovvero alla revisione, siano inserite in una convezione unica, avente valore ricognitivo per le parti diverse da quelle derivanti dall’aggiorna­mento ovvero dalla revisione. La convenzione unica, che sostituisce ad ogni effetto la convenzione originaria, nonché tutti i relativi atti aggiuntivi, deve perfezionarsi entro un anno dalla data di scadenza dell’aggiornamento periodico ovvero da quella in cui si creano i presupposti per la revisione della convenzione; in fase di prima applicazione, la convenzione unica è perfezionata entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente articolo.

2. Le clausole della convenzione unica di cui al comma 1 sono in ogni caso adeguate in modo da assicurare:

a) il riallineamento, in sede di revisione periodica, delle tariffe al livello necessario e sufficiente per una gestione e sviluppo efficienti delle infrastrutture;

b) la determinazione del saggio reale di adeguamento annuo delle tariffe, per il successivo periodo convenzionale, secondo metodologie che consentano l’equa remunerazione del capitale direttamente pertinente alle infrastrutture, in ragione delle previsioni relative all’evoluzione del traffico, alla dinamica dei costi, nonché al tasso di incremento della produttività conseguibile dai concessionari;

c) la determinazione dell’equa remunerazione del capitale investito secondo la metodologia del costo medio ponderato del capitale;

d) la destinazione a vantaggio degli utenti di parte della extraprofittabilità generata in virtù dello svolgimento sui sedimi demaniali di attività commerciali;

e) il recupero a favore degli utenti degli importi e degli eventuali extraprofitti relativi a impegni di investimento non ottemperati nel periodo precedente;

f) il riconoscimento degli adeguamenti tariffari esclusivamente a fronte della effettiva realizzazione, preventivamente accertata dal concedente, di quote predeterminate degli interventi infrastrutturali previsti nel piano finanziario;

g) la specificazione del quadro informativo minimo dei dati economici, finanziari, tecnici e gestionali che le società concessionarie trasmettono annualmente, anche telematicamente, ad Anas s.p.a. per l’esercizio dei suoi poteri di vigilanza e controllo nei riguardi dei concessionari, e che, a propria volta, Anas s.p.a. rende analogamente disponibili al Ministro delle infrastrutture per l’esercizio delle sue funzioni di indirizzo, controllo nonché vigilanza tecnica ed operativa su Anas s.p.a.; l’esercizio, da parte di Anas s.p.a., del potere di direttiva e di ispezione in ordine alle modalità di raccolta, elaborazione e trasmissione dei dati da parte dei concessionari;

h) la individuazione nel progetto definitivo del momento successivamente al quale l’eventuale variazione degli oneri di realizzazione dei lavori rientra nel rischio d’impresa del concessionario, salvo i casi di forza maggiore o di fatto del terzo;

i) il riequilibrio dei rapporti concessori, in particolare per quanto riguarda l’utilizzo a fini reddituali ovvero la valorizzazione dei sedimi destinati a scopi strumentali o collaterali rispetto a quelli della rete autostradale;

l) l’introduzione di sanzioni a fronte di casi di inadempimento delle clausole della convenzione imputabile al concessionario, anche a titolo di colpa; la graduazione di tali sanzioni in funzione della gravità dell’inadempimento;

m) l’introduzione di meccanismi tesi alla migliore realizzazione del principio di effettività della clausola di decadenza dalla concessione, nonché di maggiore efficienza, efficacia ed economicità del relativo procedimento nel rispetto dei principio di partecipazione e del contraddittorio.

3. Gli schemi di convenzione unica, redatti conformemente a quanto stabilito dal comma 2, sono sottoposti all’esame del CIPE, che s’intende assolto positivamente in caso di mancata deliberazione entro quarantacinque giorni dalla richiesta di iscrizione all’ordine del giorno.

4. All’articolo 11 della legge 23 dicembre 1992, n. 498, il comma 5 è sostituito dai seguenti:

“5. Le società concessionarie autostradali sono soggette ai seguenti obblighi:

a) certificare il bilancio, anche se non quotate in borsa, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1975, n. 136, in quanto applicabile;

b) mantenere adeguati requisiti di solidità patrimoniale, come individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture;

c) agire a tutti gli effetti come amministrazione aggiudicatrice negli affidamenti di lavori, forniture e servizi e, conseguentemente, attuare gli affidamenti nel rispetto del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni;

d) sottoporre all’approvazione dell’ANAS gli schemi dei bandi di gara delle procedure per le quali non sia esclusa la partecipazione, rispetto alla concessionaria, di società controllate, controllanti, o controllate dalla medesima controllante, escludendo comunque, in tali casi, dette società dalle attività di progettazione;

e) prevedere nel proprio statuto che l'assunzione della carica di amministratore sia subordinata al possesso di speciali requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza, ai sensi dell'art. 2387 del codice civile e dell'articolo 10 della direttiva 2003/54/CE, e che nessun operatore del settore delle costruzioni, anche attraverso le società controllate, controllanti, o controllate dalla medesima controllante, ai sensi dell’art. 2359 del codice civile, possa esercitare i propri diritti di voto per la nomina degli amministratori per una quota eccedente il limite del 5 per cento del capitale sociale.

5-bis) con decreto del Ministro delle infrastrutture sono stabiliti i casi in cui i progetti relativi alle opere da realizzare da parte di Anas e delle altre concessionarie devono essere sottoposte al parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici per la loro valutazione tecnico-economica.”.

5. L’Anas s.p.a., nell’ambito dei compiti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 26 febbraio 1994, n. 143:

a) richiede informazioni ed effettua controlli, con poteri di ispezione, di accesso, di acquisizione della documentazione e delle notizie utili in ordine al rispetto degli obblighi di cui alle convenzioni di concessione e all’articolo 11, comma 5, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, e successive modificazioni, nonché dei propri provvedimenti;

b) emana direttive concernenti l'erogazione dei servizi da parte dei concessionari, definendo in particolare i livelli generali di qualità riferiti al complesso delle prestazioni e i livelli specifici di qualità riferiti alla singola prestazione da garantire all'utente, sentiti i concessionari e i rappresentanti degli utenti e dei consumatori;

c) emana direttive per la separazione contabile e amministrativa e verifica i costi delle singole prestazioni per assicurare, tra l'altro, la loro corretta disaggregazione e imputazione per funzione svolta, provvedendo quindi al confronto tra essi e i costi analoghi in altri Paesi e assicurando la pubblicizzazione dei dati;

d) irroga, salvo che il fatto costituisca reato, in caso di inosservanza degli obblighi di cui alle convenzioni di concessione e di cui all’articolo 11, comma 5, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, e successive modificazioni, nonché dei propri provvedimenti o in caso di mancata ottemperanza da parte dei concessionari alle richieste di informazioni o a quelle connesse all'effettuazione dei controlli, ovvero nel caso in cui le informazioni e i documenti acquisiti non siano veritieri, sanzioni amministrative pecuniarie non inferiori nel minimo a euro 25.000 e non superiori nel massimo a euro 150 milioni, per le quali non è ammesso quanto previsto dall’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689; in caso di reiterazione delle violazioni ha la facoltà di proporre al Ministro competente la sospensione o la decadenza della concessione;

e) segnala all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con riferimento agli atti e ai comportamenti delle imprese sottoposte al proprio controllo, nonché di quelle che partecipano agli affidamenti di lavori, forniture e servizi effettuate da queste, la sussistenza di ipotesi di violazione della legge 10 ottobre 1990, n. 287.

6. Nel caso in cui il concessionario, in occasione del primo aggiornamento del piano finanziario ovvero della prima revisione della convenzione di cui al comma 1, dichiari di non voler aderire alla convenzione unica redatta conformemente a quanto previsto dal comma 2, il rapporto concessorio si estingue automaticamente. Anas s.p.a. assume conseguentemente la gestione diretta delle attività del concessionario, subentrando i tutti i suoi rapporti attivi e passivi, inclusi quelli con il personale dipendente del concessionario che ne faccia domanda.

7. Nel caso in cui la convenzione unica, da redigere conformemente a quanto previsto dal comma 2, non si perfezioni entro il termine di cui al comma 1 per fatto imputabile al concessionario, quest’ultimo decade, nel rispetto del principio di partecipazione e contraddittorio, dalla concessione ed Anas s.p.a. subentra nella gestione diretta delle sue attività ai sensi del comma 6, secondo periodo.

8. All’articolo 21 del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47:

a) il comma 5 è sostituito dal seguente: “5. Il concessionario comunica al concedente, entro il 30 settembre di ogni anno, le variazioni tariffarie. Il concedente, nei successivi quarantacinque giorni, previa verifica della correttezza delle variazioni tariffarie, trasmette la comunicazione, nonché una sua proposta, ai Ministri delle infrastrutture e dell’economia e delle finanze, i quali, di concerto, approvano le variazioni nei trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione; decorso tale termine senza una determinazione espressa, il silenzio equivale a diniego di approvazione. Fermo quanto stabilito nel primo e secondo periodo, in presenza di un nuovo piano di interventi aggiuntivi, comportante rilevanti investimenti, il concessionario comunica al concedente, entro il 15 novembre di ogni anno, la componente investimenti del parametro X relativo a ciascuno dei nuovi interventi aggiuntivi, che va ad integrare le variazioni tariffarie comunicate dal concessionario entro il 30 settembre. Il concedente, nei successivi quarantacinque giorni, previa verifica della correttezza delle integrazioni tariffarie, trasmette la comunicazione, nonché una sua proposta, ai Ministri delle infrastrutture e dell’economia e delle finanze, i quali, di concerto, approvano le integrazioni tariffarie nei trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione; decorso tale termine senza una determinazione espressa, il silenzio equivale a diniego di approvazione.”;

b) i commi 1, 2 e 6 sono abrogati.


 

Premessa

 

L’articolo 12 reca un insieme di disposizioni finalizzate ad articolare e meglio definire le funzioni e i poteri dell’ANAS quale soggetto concedente nei rapporti con le società concessionarie autostradali.

Si ricorda, infatti, che fra i compiti attribuiti all’ANAS dalle norme vigenti rientrano anche quelli relativi alla costruzione di nuove strade e autostrade, sia direttamente che in concessione, alla vigilanza sull'esecuzione dei lavori di costruzione delle opere date in concessione e al controllo sulla gestione delle autostrade il cui esercizio sia stato dato in concessione, e di approvazione dei progetti dei lavori oggetto di concessione.

 

Sotto questo profilo, non ha avuto sostanziale incidenza la (pur profonda) riforma intervenuta con l’articolo 7 del decreto legge 8 luglio 2002, n. 138 (cd “privatizzazione dell’ANAS”). Infatti, questa nuova disciplina si è limitata a far si che i suddetti compiti, di natura prettamente pubblica - già precedentemente attribuiti all’ANAS in via diretta da norme di legge, ed elencati all’art. 2, comma 1, lettere a)-g) e alla lettera l) del decreto legislativo n. 143 del 1994 - siano invece attribuiti allo stesso soggetto (trasformato in S.p.a.) attraverso una concessione stipulata con il Ministero delle infrastrutture.

La revisione delle concessioni e l’introduzione della convenzione unica

In relazione al profilo della concessione a terzi della gestione di strade e autostrade statali e della costruzione di nuove strade ed autostrade, il comma 3 dell’articolo 7 del decreto-legge n. 138, rinvia per la definizione delle relative modalità, alla convenzione di concessione tra il Ministero delle infrastrutture e l’ANAS. La nuova convenzione di concessione è stata stipulata il 19 dicembre 2002 e approvata con il decreto interministeriale 30 dicembre 2002, n. 1030.

In base all’articolo 9 di tale convenzione, l’ANAS stipula le convenzioni con i terzi in conformità con la normativa nazionale e comunitaria.

Le convenzioni di costruzione e di esercizio di autostrade sono soggette all’approvazione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e disciplinano i rapporti tra ANAS e le concessionarie di autostrade sulla base della normativa vigente, anche tariffaria, e in particolare della delibera CIPE 20 dicembre 2006[101].

All’ANAS spetta il controllo e la vigilanza sui concessionari attraverso in particolare la verifica che i servizi resi si svolgano nel rispetto della disciplina delle convenzioni.

 

Sulla base della documentazione fornita dal Ministro Di Pietro in occasione dell’audizione sulle prospettive di sviluppo della rete autostradale alla luce delle vicende societarie di Autostrade spa presso le Commissioni VIII e IX della Camera nella seduta del 19 settembre, le società concessionarie sono attualmente 22 e le relative concessioni scadono tra il 2009 e il 2050.

 

In base all’articolo 11, comma 1, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, spetta al CIPE emanare direttive in particolare per la revisione:

§      delle convenzioni e degli atti aggiuntivi che disciplinano le concessioni autostradali;

§      delle tariffe autostradali, tenuto conto dei piani finanziari, delle variazioni del costo della vita, dei volumi del traffico e dei dati scaturenti dagli indicatori di produttività.

Con riferimento a tale ultimo profilo, tale disposizione – prevedendo una revisione delle concessioni secondo le direttive in materia tariffaria emanate dal CIPE – conclude il passaggio tra il vecchio regime dei prezzi amministrati a quello dei prezzi convenzionati, regolati cioè da un rapporto convenzionale Anas/Concessionaria e sottoposto alla vigilanza dei Ministeri infrastrutture e dei trasporti ed economia e finanze.

Il CIPE ha emanato varie direttive tra il 1993 e il 1996, tra le quali assume particolare rilievo la già citata direttiva 20 dicembre 1996. Tale ultima delibera prevede che il Cipe fissi i criteri generali attraverso una formula matematica, l'Anas concordi con i Concessionari le componenti della stessa in occasione dei nuovi rapporti di concessione e dei rinnovi quinquennali delle Convenzioni, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti approvi le Convenzioni ed atti modificativi d'intesa col Ministero dell'economia e delle finanze. Il CIPE in sostanza non interviene sulle tariffe dei singoli Gestori.

 

Come rilevato nella risposta resa dal Viceministro Martinat il 9 dicembre 2004 all’interrogazione dell’on. Costa 4-09120, “in sede di revisione delle Concessioni, alla luce di quello che costituisce l'attuale sistema concessorio, l'enorme contenzioso maturato nel frattempo con i gestori a seguito della applicazione delle «Tariffe Amministrate» è stato sanato ricorrendo alla applicazione della cosiddetta «Direttiva Costa-Ciampi» del 1998, attraverso la quale è stato possibile trasformare il contenzioso, in sede di revisione, in proroga della scadenza del periodo di Concessione (tempo a fronte di indennizzi)”.

 

La richiamata normativa configura le convenzioni dei concessionari autostradali quali veri e propri contratti di diritto privato con il concedente Anas, redatti secondo le Direttive del Cipe e secondo una tipologia standardizzata.

 

 

Con riferimento a tale ultimo profilo, si richiamano:

-        il d.m. 15 aprile 1997, che prevede una tipologia standardizzata del piano finanziario, in modo tale da garantire l'uniformità delle modalità di redazione e di calcolo degli indicatori economici previsti nelle direttive Cipe;

-        lo schema «tipo» delle nuove convenzioni tra Anas e Concessionarie Autostradali, che è stato sottoposto al parere del Consiglio di Stato nel 1997 e nel 1999 e comprende oltre a un testo base anche una serie di allegati standardizzati.

 

In relazione alla natura dell’attività svolta dal concessionario, si segnala anche l’articolo 10 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, che, al comma 8, prevede che con il rinnovo delle convenzioni revisionate in applicazione dell'articolo 11 della citata legge n. 498 del 1992, si definisce la natura privata dell'attività svolta dalle società concessionarie di autostrade nonché la esclusione della garanzia dello Stato per la contrazione di mutui.

 

In tale contesto normativo si inseriscono i commi 1, 2, 3, 6 e 7 della disposizione in commento.

Il comma 1 l’introduce lo strumento della “convenzione unica” cui dovranno conformarsi le attuali convenzioni alla prima revisione futura o in occasione dell’aggiornamento del piano finanziario. La convenzione unica sostituisce ad ogni effetto la convenzione originaria, nonché tutti i relativi atti aggiuntivi, e ha valore ricognitivo per le parti diverse da quelle derivanti dall’aggiornamento ovvero dalla revisione.

Spetta al Ministero delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, assicurare che tutte le clausole convenzionali in vigore, nonché quelle conseguenti all’aggiornamento ovvero alla revisione, siano inserite nella convezione unica.

Per quanto riguarda i tempi, la convenzione unica deve perfezionarsi:

§           entro un anno dalla data di scadenza dell’aggiornamento periodico ovvero da quella in cui si creano i presupposti per la revisione della convenzione;

§           entro un anno dalla data di entrata in vigore della disposizione, in fase di prima applicazione.

 

Con riferimento alla formulazione del testo, occorre un chiarimento in ordine alla sede e alle modalità con cui il Ministero assicura l’inserimento nella convenzione unica delle clausole contrattuali in vigore, nonché di quelle conseguenti alla revisione.

 

Il comma 3 prevede la sottoposizione degli schemi di convenzione unica all’esame del CIPE. La norma contempla un’ipotesi di silenzio assenso nel caso di mancata deliberazione entro quarantacinque giorni dall’iscrizione all’ordine del giorno, che s’intende assolto positivamente in caso di mancata deliberazione entro quarantacinque giorni dalla richiesta di iscrizione all’ordine del giorno.

 

I commi 6 e 7 prevedono l’estinzione del rapporto concessorio nel caso in cui:

§      il concessionario, in occasione del primo aggiornamento del piano finanziario ovvero della prima revisione della convenzione, dichiari di non voler aderire alla convenzione unica (comma 6);

§      la convenzione unica non si perfezioni entro il termine di cui al comma 1 per fatto imputabile al concessionario (comma 7).

 

In tali casi, Anas. assume la gestione diretta delle attività del concessionario, subentrando i tutti i suoi rapporti attivi e passivi, inclusi quelli con il personale dipendente del concessionario che ne faccia domanda.

 

Il comma 6 fa derivare l’estinzione del rapporto da una esplicita manifestazione di volontà del concessionario.

Il comma 7 ricollega invece un’ipotesi di decadenza di diritto del concessionario alla generica fattispecie del “fatto imputabile del concessionario” e precisa che ciò deve avvenire nel rispetto del principio di partecipazione e del contraddittorio.

 

Con riferimento al profilo della decadenza dalla concessione, si segnala che invece lo schema tipo di convenzione:

§      ricollega la medesima alla grave inadempienza da parte del concessionario a determinati obblighi;

§      disciplina inoltre la procedura diretta alla dichiarazione di decadenza, che avviene con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro del tesoro. Nell’ambito di tale procedura è assicurato al concessionario la possibilità di presentare controdeduzioni.

 

Occorre valutare con particolare attenzione gli effetti che le disposizioni in esame sono suscettibili di produrre in termini di contenzioso.

Ciò con particolare riferimento al comma 7, che – facendo generico riferimento al “fatto imputabile al concessionario” quale causa di decadenza dalla concessione – appare suscettibile di ingenerare incertezze interpretative. Appare inoltre necessario un chiarimento circa gli strumenti attraverso i quali viene data attuazione al principio di partecipazione e del contraddittorio.

 

Con riferimento al contenuto delle clausole della convenzione unica, il comma 2 ne prevede un adeguamento in modo da assicurare la realizzazione delle finalità indicate nelle lettere a)-m). Alcune di tali finalità sono espresse in termini sufficientemente precisi da costituire esse stesse oggetto di clausole contrattuale.

Ci si riferisce in particolare alla lettera h) che individua nel progetto definitivo il momento a partire dal quale l’eventuale variazione degli oneri di realizzazione dei lavori rientra nel rischio d’impresa del concessionario, salvo i casi di forza maggiore o di fatto del terzo.

 

Si riportano di seguito gli altri obiettivi cui mira l’adeguamento delle tariffe:

a) il riallineamento, in sede di revisione periodica, delle tariffe al livello necessario e sufficiente per una gestione e sviluppo efficienti delle infrastrutture

La citata delibera CIPE prevedeva che la convenzione che regolava la concessione fissasse in un quinquennio l’intervallo temporale per la revisione tariffaria; l'art. 21 del decreto-legge n. 355 del 2003 ha mantenuto ferma la periodicità quinquennale della revisione della formula tariffaria, salvo specifiche eccezioni.

b) la determinazione del saggio reale di adeguamento annuo delle tariffe, per il successivo periodo convenzionale, secondo metodologie che consentano l’equa remunerazione del capitale direttamente pertinente alle infrastrutture, in ragione delle previsioni relative all’evoluzione del traffico, alla dinamica dei costi, nonché al tasso di incremento della produttività conseguibile dai concessionari;

c) la determinazione dell’equa remunerazione del capitale investito secondo la metodologia del costo medio ponderato del capitale;

d) ed e) la destinazione a vantaggio degli utenti di parte della extraprofittabilità generata in virtù dello svolgimento sui sedimi demaniali di attività commerciali, nonché degli importi e degli eventuali extraprofitti relativi a impegni di investimento non ottemperati nel periodo precedente;

f) il riconoscimento degli adeguamenti tariffari esclusivamente a fronte della effettiva realizzazione, preventivamente accertata dal concedente, di quote predeterminate degli interventi infrastrutturali previsti nel piano finanziario;

g) la specificazione del quadro informativo minimo dei dati che le società concessionarie trasmettono ad Anas s.p.a. per l’esercizio dei suoi poteri di vigilanza e controllo nei riguardi dei concessionari, e che, a propria volta, Anas s.p.a. rende analogamente disponibili al Ministro delle infrastrutture per l’esercizio delle sue funzioni di indirizzo, controllo nonché vigilanza tecnica ed operativa su Anas s.p.a.; l’esercizio, da parte di Anas s.p.a., del potere di direttiva e di ispezione in ordine alle modalità di raccolta, elaborazione e trasmissione dei dati da parte dei concessionari;

i) il riequilibrio dei rapporti concessori, in particolare per quanto riguarda l’utilizzo a fini reddituali ovvero la valorizzazione dei sedimi destinati a scopi strumentali o collaterali rispetto a quelli della rete autostradale;

l) l’introduzione di sanzioni a fronte di casi di inadempimento delle clausole della convenzione imputabile al concessionario, anche a titolo di colpa; la graduazione di tali sanzioni in funzione della gravità dell’inadempimento;

m) l’introduzione di meccanismi tesi alla migliore realizzazione del principio di effettività della clausola di decadenza dalla concessione, nonché di maggiore efficienza, efficacia ed economicità del relativo procedimento nel rispetto dei principio di partecipazione e del contraddittorio.

 

In relazione alla normativa sopra richiamata e alle considerazioni svolte, nel presupposto della natura di contratto di diritto privato delle convenzioni tra ANAS e società concessionarie, occorre valutare la compatibilità rispetto alle convenzioni in vigore della previsione per legge:

§      di una rinegoziazione delle convenzioni medesime, in mancanza della quale il rapporto concessorio si estingue automaticamente;

§      della predeterminazione del contenuto di talune delle clausole contrattuali.

 

In proposito può essere interessante richiamare anche una pronunzia della Corte dei Conti (Sez. Contr., del. n. 55 del 08-06-2000, Ministero dei lavori pubblici), nella quale si afferma che “l'art. 19, commi 2 e 2-bis, della legge n. 109 del 1994 come modificato dalla legge n. 415 del 1998, che prevede particolari limiti e condizioni per la proroga del termine di scadenza delle concessioni di gestioni di opere pubbliche, è applicabile esclusivamente al nuovo modello di concessioni previsto dalla citata normativa, aventi natura contrattuale da aggiudicare mediante procedure concorsuali, mentre per il rinnovo o la proroga delle concessioni in corso va applicata la legislazione già esistente ed in particolare, per quanto attiene al settore delle autostrade, l'art. 11 della legge n. 498 del 1992 che prevede il ricorso alla proroga al solo fine di risolvere transattivamente un contenzioso formalmente insorto”.

I nuovi obblighi a carico dei concessionari

 

Il comma 4 modifica il comma 5 del citato articolo 11 della legge n. 498, che, nel testo previgente, prevedeva per le società concessionarie autostradali, ancorché non quotate in borsa, esclusivamente l'obbligo della certificazione di bilancio ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1975, n. 136 , in quanto applicabile.

 

La lettera a) riproduce il contenuto dell’originario comma 5.

 

Sul punto si osserva che andrebbe modificato il richiamo al D.P.R. n. 136 del 1975, abrogato dall’articolo 214 del D.Lgs. 24-2-1998 n. 58 (recante il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della L. 6 febbraio 1996, n. 52).

 

La lettera b) rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia, di concerto con il Ministro delle infrastrutture, per l’individuazione dei requisiti di solidità patrimoniale che la concessionaria è obbligata a mantenere.

 

La lettera c), disponendo che la concessionaria agisca a tutti gli effetti come amministrazione aggiudicatrice, impone alla medesima di attuare gli affidamenti di lavori, forniture e servizi e, conseguentemente, nel rispetto del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni (codice dei contratti pubblici).

 

In base all’articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici, «amministrazioni aggiudicatrici» sono le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti.

 

La lettera d) prevede la sottoposizione all’approvazione dell’ANAS degli schemi dei bandi di gara delle procedure per le quali non sia esclusa la partecipazione, di società controllate, controllanti, o controllate dalla medesima controllante. In ogni caso si prevede l’esclusione di dette società dalle attività di progettazione.

 

la lettera e) dispone che le società concessionarie prevedano nel proprio statuto:

§      che l'assunzione della carica di amministratore sia subordinata al possesso di speciali requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza, ai sensi dell'art. 2387 del codice civile e dell'articolo 10 della direttiva 2003/54/CE.

 

L’articolo 2387 del codice civile consente che lo statuto di una società per azioni subordini l'assunzione della carica di amministratore al possesso di speciali requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza, anche con riferimento ai requisiti al riguardo previsti da codici di comportamento redatti da associazioni di categoria o da società di gestione di mercati regolamentati.

La dir. 2003/54/CE detta norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica. Essa all’articolo 10 prevede norme volte a garantire la separazione giuridica dei gestori del sistema di trasmissione. Al paragrafo 1 contiene in particolare la previsione della sua indipendenza (quantomeno sotto il profilo della forma giuridica, dell'organizzazione e del potere decisionale, dalle altre attività non connesse alla trasmissione), qualora faccia parte di un'impresa verticalmente integrata, senza che ciò implichi l'obbligo di separare la proprietà dei mezzi del sistema di trasmissione dall'impresa verticalmente integrata.

Il paragrafo 2 reca i criteri minimi per garantire l'indipendenza del gestore del sistema di trasmissione di cui al paragrafo 1.

 

Posto che l’articolo 10 della direttiva 2003/54/CE disciplina una fattispecie specificamente riferita al mercato dell’energia, andrebbe meglio chiarito in che termini essa può trovare applicazione rispetto alle società concessionarie.

 

§      che nessun operatore del settore delle costruzioni, anche attraverso le società controllate, controllanti, o controllate dalla medesima controllante, ai sensi dell’art. 2359 del codice civile, possa esercitare i propri diritti di voto per la nomina degli amministratori per una quota eccedente il limite del 5 per cento del capitale sociale.

 

La norma non sembra escludere in linea di principio la partecipazione degli operatori del settore della costruzione nel capitale sociale dei concessionari; circoscrive tuttavia le facoltà esercitabili dai costruttori-azionisti, limitandone il diritto di voto.

 

 

Con specifico riferimento alla questione della partecipazione di società di costruzioni al capitale sociale di Autostrade spa, si segnala la ricostruzione contenuta nella documentazione depositata presso le Commissioni riunite VIII e IX in occasione della già citata audizione del Ministro Di Pietro. In tale documentazione, si richiama, tra l’altro, il parere espresso dall’VIII Commissione della Camera (ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge n. 481 del 1995) sullo schema di deliberazione relativo all'alienazione della partecipazione indirettamente detenuta dal Tesoro nella società Autostrade S.p.A. (seduta del 19 marzo 1997). Tra le condizioni cui veniva subordinato il parere favorevole della Commissione v’era quella dell’esclusione nella procedura di selezione dei potenziali acquirenti della “partecipazione dei soggetti che gestiscono attività connesse, in particolare, ai settori delle costruzioni e della mobilità”. In ottemperanza a tale parere (e all’analogo parere espresso nella stessa data dall’VIII Commissione del Senato), la deliberazione 16 maggio 1997 metteva in evidenza, nelle premesse, la necessità della sussistenza di tale requisito negativo e, nel dispositivo, prevedeva l’esclusione dalla partecipazione all’azionariato stabile “di soggetti in situazione di conflitto di interesse nei sensi di cui in premessa che possa interferire con il corretto svolgimento dell’attività della società privatizzata”. Tale delibera ha trovato riscontro nel pubblico invito da parte dell’IRI a manifestare interesse all’acquisto di azioni ordinarie di Autostrade, nel quale si prevede in ogni caso l’esclusione dalla procedura “dei soggetti il cui fatturato derivi per oltre la metà, dai settori delle costruzioni e dei trasporti di merci e/o di persone, nonché quelli che appartengono o controllino un gruppo il cui fatturato consolidato derivi per oltre un quarto da detti settori”.

 

La norma in commento, attraverso una limitazione del diritto di voto degli operatori del settore delle costruzioni che partecipano al capitale sociale della concessionaria, sembra ispirata alle medesima finalità di evitare conflitti di interesse che ha ispirato le posizioni sopra richiamate relative alla privatizzazione di Autostrade; per quanto riguarda però la concessionaria Autostrade spa, non sembra confermare il divieto di partecipazione all’azionariato stabile della società di società di costruzioni, che, secondo quanto affermato dal Ministro in occasione della già citata audizione, era desumibile dalle posizioni sopra indicate.

 

Per quanto riguarda la formulazione della norma, sarebbe forse opportuno meglio precisare la definizione di “operatore del settore delle costruzioni”.

 

Il comma 5-bisdemanda infine ad un decreto del Ministro delle infrastrutture l’individuazione dei casi in cui i progetti relativi alle opere da realizzare da parte di Anas e delle altre concessionarie debbano essere sottoposte al parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici per la loro valutazione tecnico-economica.

I compiti dell’ANAS

 

Il comma 5 interviene sui compiti attribuiti all’ANAS in merito alla vigilanza sull'esecuzione dei lavori di costruzione delle opere date in concessione e ai controlli della gestione delle autostrade il cui esercizio sia stato dato in concessione.

Pur richiamandosi, nella formulazione, compiti già assegnati all’ANAS dalla lettera d) del comma 1 dell’art. 2, il comma introduce – in realtà – nuovi obblighi a carico del soggetto concessionario del Ministero delle infrastrutture, elencati alle lettera a)-e) del comma in esame.

Si ricorda, in proposito, che la disciplina della concessione del Ministero all’ANAS è oggi stabiliti da una convenzione di concessione, il cui schema è approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, per quanto attiene agli aspetti finanziari.

La convenzione è stata stipulata in data 19 dicembre 2002 ed approvata con Decreto interministeriale 31 dicembre 2002 n. 1030. Essa ha durata trentennale (art. 14)[102] e prevede, ovviamente, un corrispettivo economico per le prestazioni svolte dall’ANAS (art. 11).

 

Appare pertanto opportuno – preliminarmente – verificare se un significativo aumento delle prestazioni richieste all’ANAS (e quindi degli oneri a carico dell’ANAS stessa) sia compatibile con la convenzione già stipulata.

Sul piano dell’eventuale adeguamento del corrispettivo economico delle prestazioni dell’ANAS, si ricorda che l’art. 11 della convenzione prevede che “la gestione della rete stradale e autostradale di interesse nazionale è compensata nella misura massima fissata annualmente nella legge finanziaria e di bilancio”.

 

Si segnala tuttavia che le disposizioni in commento dovrebbero essere considerate congiuntamente a quelle recate dal d.d.l. finanziaria per l’anno 2007 (AC 1746), all’articolo 142, ove si prevede una nuova disciplina dei rapporti fra ANAS e Ministero delle infrastrutture basata, anch’essa, sulla stipula di una nuova convenzione unica, nonché una estensione fino a cinquanta anni della durata massima (oggi trentennale, secondo la già citata norma vigente).

Le stesse disposizioni prevedono poi meccanismi nuovi di finanziamento delle attività di vigilanza e controllo di ANAS Spa sui soggetti titolari di concessioni autostradali. Tali nuovi meccanismi consistono nella destinazione diretta alla società di una quota (pari al 50%) dei canoni di concessione[103], nonché dei sovrapprezzi sui pedaggi dovute dagli utenti delle autostrade affidate in concessione.

 

Si osserva che alla lettera d) – ove si prevede che ANAS Spa possa irrogare sanzioni amministrative pecuniarie ai soggetti concessionari inadempienti a determinati obblighi (e se ne fissa la misura minima e massima) – viene disposta l’esclusione del beneficio dell’oblazione (di cui all’art. 16 della legge n. 689 del 1981). Appare opportuno verificare se l’esclusione di un beneficio previsto in via generale dalla legge, non rischi di configurare una situazione di disparità di trattamento per una determinata categoria di soggetti passivi della misura sanzionatoria.

 

Fra le disposizioni recate dal comma 5 si segnala in particolare, per la sua potenziale rilevanza – quelle introdotte dalla lettera e)cheappaiono finalizzatead un rafforzamento dei controlli relativi al rispetto delle norme, nazionali e comunitarie, a tutela della concorrenza.

Il problema appare certamente di notevole rilievo ed è stato – anche recentemente – posto in modo formale al Parlamento proprio dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato con l’Atto di segnalazione AS 336.

 

Con l’Atto di segnalazione AS336 (inviato il 28 marzo 2006 al Presidente del Senato, al Presidente della Camera dei Deputati, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro delle Attività produttive, al Ministro delle Infrastrutture e Trasporti) l’Autorità garante della concorrenza e del mercato e l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, congiuntamente, hanno espresso una serie di osservazioni e rilievi in merito alle “Modalità di affidamento di lavori nell’ambito di concessioni pubbliche”.

Scopo del documento è soprattutto quello di denunciare l’estensione dei casi nei quali tali lavori sono stati realizzati senza ricorrere a gare pubbliche.

Le considerazioni sono state formulate al termine di una verifica generale sugli effetti della “legge Merloni”, la quale prevedeva (art. 2, comma 3) che i concessionari di lavori pubblici debbano affidare a terzi almeno il 30% cento del valore globale dei lavori. La ratio di tale norma è da ricercare nella volontà del legislatore di garantire alle piccole e medie imprese dell’area in cui vengono realizzati i lavori possibilità concrete di partecipare alla realizzazione dei lavori, e di assicurare – per questa strada – il mantenimento di un adeguato livello di concorrenza. Si ricorda anche che la soglia del 30% fu introdotta perché molte concessioni, soprattutto del settore autostradale, erano state assegnate con trattativa privata, e procrastinate con apposite leggi successive.

Queste finalità risultano – dall’Atto di segnalazione inviato dalle due Authority – del tutto o in gran parte disattese.

Dall’indagine condotta dalle due autorità indipendenti, risulta – ad esempio - che Autostrade per l’Italia Spa avrebbe realizzato nel periodo considerato (1999-2005) lavori superiori a 1 milione di euro per un ammontare totale di 4 miliardi di euro. Di questi lavori, ben il 37% sarebbero stati affidati a società controllate o partecipate. Percentuali analoghe sono state riscontrate nell’intero settore delle concessioni autostradali in generale (34%).

Occorre poi considerare che molte delle concessioni attualmente in essere (e la totalità di quelle relative al settore autostradale) non sono state affidate attraverso procedure di evidenza pubblica, ma a trattativa privata (in quanto tali affidamenti sono stati effettuati prima dell’entrata in vigore della legge n. 109 del 1994).

Pertanto si è venuta a creare - in questo particolare settore dei lavori pubblici - una elusione completa della concorrenza, sia a monte, sia a valle della concessione.

Le due autorità indipendenti hanno quindi richiesto una opportuna revisione della normativa (con eventuale innalzamento della percentuale minima di lavori da affidare a terzi a mezzo di procedure ad evidenza pubblica) e comunque – indipendentemente dalla revisione normativa – hanno raccomandato sin d’ora ai soggetti concessionari di ricorrere nella più alta misura possibile a procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento di lavori, al fine di garantire un più ampio confronto concorrenziale.

L’art. 146, comma 1, lettera a), del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006) non ha invece modificato l’ammontare dell’aliquota minima.

 

Se la disposizione di cui alla lettera e) appare pertanto chiara nelle sue finalità, può tuttavia essere segnalata per lo meno l’opportunità di una verifica sia in merito agli strumenti con i quali l’ANAS dovrebbe esercitare queste funzioni (che non vengono indicati nella disposizione), sia alla sussistenza di un effettivo nesso fra le finalità di tale disposizione e la natura e la missione di ANAS Spa.


Le variazioni tariffarie

 

Il comma 8 della disposizione in commento, alla lett. a), attraverso una novella all’articolo 21, comma 5, del già richiamato decreto-legge n. 355 del 2003, modifica la procedura di comunicazione delle variazioni tariffarie.

 

I commi 5 e 6 del testo originario di tale disposizione prevedevano i seguenti passaggi:

a)      la comunicazione delle variazioni tariffarie da parte del concessionario al concedente, entro il 30 settembre di ogni anno (comma 5);

b)      la verifica da parte del concedente, nei quarantacinque giorni successivi, della correttezza delle variazioni tariffarie (comma 5);

c)      la tempestiva comunicazione dal concedente ai Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze (comma 6);

d)      l’applicazione delle variazioni dal 1° gennaio dell'anno successivo (comma 6).

Lo stesso comma 5 prevedeva, inoltre, che, in presenza di un nuovo piano di interventi aggiuntivi, comportante rilevanti investimenti:

e)      la comunicazione da parte del concessionario al concedente entro il 15 novembre di ogni anno della componente investimenti del parametro X relativo a ciascuno dei nuovi interventi aggiuntivi (ad integrazione delle variazioni tariffarie comunicate dal concessionario entro il 30 settembre);

f)        la verifica nei quindici giorni successivi della correttezza delle suddette integrazioni tariffarie

 

La nuova procedura mantiene fermi i termini per la comunicazione delle variazioni tariffarie da parte del concessionario al concedente e per la verifica della correttezza delle variazioni tariffarie.

La nuova norma dispone inoltre:

§      la trasmissione ai Ministri delle infrastrutture e dell’economia da parte del concedente sia della comunicazione delle variazioni tariffarie sia di una sua proposta;

§      l’approvazione delle variazioni da parte dei Ministri, di concerto, nei trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione. Decorso tale termine senza una determinazione espressa, il silenzio equivale a diniego di approvazione.

Una procedura analoga è prevista anche in presenza di un nuovo piano di interventi aggiuntivi, comportante rilevanti investimenti.

 

La nuova disposizione si caratterizza per un rafforzamento dei poteri del Ministero, che è chiamato all’approvazione delle variazioni tariffarie. Si osserva però che nulla si dice in merito ai termini per l’applicazione delle nuove tariffe.

 

La lettera b) prevede invece la soppressione dei commi 1, 2 e 6 della medesima disposizione.

Il comma 1 dell’articolo 21 prevedeva la possibilità di derogare alla periodicità quinquennale della revisione della formula tariffaria, in presenza di un nuovo piano di interventi aggiuntivi, comportante rilevanti investimenti; il comma 2 riguardava invece i criteri per il calcolo della congrua remunerazione degli investimenti aggiuntivi. La ragione di tali abrogazione sembra risiedere nella nuova disciplina di tali profili contenuta nel comma 2 della disposizione in commento (su cui vedi supra).

Il comma 6, la cui abrogazione è conseguenza della nuova procedura prevista dal comma 5, disciplinava invece la comunicazione delle variazioni tariffarie da parte del concedente ai Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, nonché la loro applicazione dal 1° gennaio dell'anno successivo.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 22 settembre 2006 la Commissione europea ha autorizzato, ai sensi del regolamento sulle concentrazioni n. 139/2004 del 20 gennaio 2004, il progetto di concentrazione fra Abertis, un’impresa spagnola operante nella gestione di autostrade a pedaggio, e la società italiana Autostrade.

La Commissione ha concluso che l’operazione non costituisce un ostacolo rilevante ad un’efficace concorrenza nello Spazio economico europeo (SEE) o in una parte importante di esso.

 

L’operazione proposta sarà effettuata mediante l’incorporazione di Autostrade in Abertis (“fusión por absorción”/”fusione per incorporazione”) e darà luogo alla costituzione della nuova entità “New Abertis”.

Nella decisione la Commissione ricorda, in via preliminare, che l’operazione proposta non può provocare problemi di concorrenza sul mercato europeo delle concessioni delle autostrade a pedaggio. Secondo la Commissione, infatti, l’operazione progettata potrà dar luogo solo a una sovrapposizione orizzontale, in tale mercato, in quanto sono presenti altri concorrenti significativi, il mercato medesimo funziona secondo il sistema delle gare e sono assenti preoccupazioni da parte di soggetti terzi. Inoltre, Autostrade opera solo in Italia, mentre Abertis non ha nessuna attività in tale paese.

La decisione ha inoltre concluso che l’operazione proposta non può dar luogo a problemi di carattere verticale sotto il profilo della concorrenza. Autostrade, infatti, svolge attività molto limitate in Italia nel settore della costruzione stradale, mentre Abertis non opera in questo campo.

 


Articolo 13
(Attività di dragaggio)

 


1. Nella legge 28 gennaio 1994, n. 84, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 5 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«11-bis. Nei siti oggetto di interventi di bonifica di interesse nazionale ai sensi dell’art. 252 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il cui perimetro comprende in tutto o in parte la circoscrizione dell’Autorità portuale, le operazioni di dragaggio possono essere svolte anche nelle more dell’attività di bonifica. Al fine di evitare che tali operazioni possano pregiudicare la futura bonifica del sito, il progetto di dragaggio, da effettuarsi in conformità a quanto previsto al comma 2, lettera c), del citato articolo 252, deve essere autorizzato, su istanza del Presidente dell’Autorità portuale, o laddove non istituita su istanza dell’ente competente, con decreto del Ministero delle infrastrutture, previa acquisizione del parere favorevole dei Ministeri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, dei trasporti, dello sviluppo economico e della salute, della regione territorialmente competente, sentite l’A.N.P.A, l’A.R.P.A. della Regione interessata, l’Istituto superiore di sanità e l’ICRAM. All’uopo il Ministero delle infrastrutture convoca apposita conferenza dei servizi, da concludersi nel termine di 60 giorni. Il decreto di autorizzazione produce gli effetti di cui ai commi 6 e 7 del citato art. 252 del decreto legislativo 152 del 2006 e sostituisce, quindi, ove prevista per legge, la pronuncia di valutazione di impatto ambientale delle operazioni di dragaggio e delle opere e attività ad esse relative. Il progetto di dragaggio è predisposto a cura dell’Autorità portuale, o laddove non istituita dall’ente competente, e può prevedere anche la realizzazione e/o l’impiego di vasche di colmata per la ricollocazione del materiale di escavo. L’idoneità di quest’ultimo ad essere all’uopo utilizzato viene verificata mediante apposite analisi da effettuarsi sul materiale dragato prima della sua ricollocazione. I dragaggi di cui al presente articolo saranno comunque effettuati con modalità e tecniche idonee ad evitare la dispersione di materiale.».

b) all’articolo 8, comma 3, la lettera m) è sostituita dalla seguente:

«m) assicura la navigabilità nell'ambito portuale e provvede al mantenimento ed approfondimento dei fondali, fermo restando quanto disposto dall'art. 5, commi 8 e 9. Ai fini degli interventi di escavazione e manutenzione dei fondali può indire, assumendone la presidenza, una conferenza di servizi con le ammini­strazioni interessate da concludersi nel termine di 60 giorni. Nei casi indifferibili di necessità ed urgenza può adottare provvedimenti di carattere coattivo. Resta fermo quanto previsto dalla lettera a);».


 

 

La disposizione in esame novella la legge 28 gennaio 1994, n. 84, recante Riordino della legislazione in materia portuale.

 

La lettera a) aggiunge il comma 11-bis all’articolo 5 di tale legge, al fine di disciplinare le operazioni di dragaggio nei siti oggetto di interventi di bonifica di interesse nazionale ai sensi dell’art. 252 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cd. codice ambientale), il cui perimetro comprende in tutto o in parte la circoscrizione dell’Autorità portuale.

 

Secondo quanto precisato nella relazione illustrativa, il dragaggio assume aspetti particolarmente problematici “per quei porti – una decina – anche in parte ricadenti entro il perimetro dei siti di bonifica di interesse nazionale ex decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, art. 252 (ed in precedenza ex DM 471 del 1999), siti perimetrati senza alcun coinvolgimento delle Autorità portuali”. Finalità della disposizione è quindi “razionalizzare tale materia, nel rispetto dei principi del coinvolgimento di tutte le amministrazioni ed enti competenti”.

L’articolo 252 prevede che l’individuazione dei siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, avvenga in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali, attraverso un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con le regioni interessate, secondo i principi e criteri direttivi indicati nel comma 2.

Il comma 3, ai fini della perimetrazione, prevede il coinvolgimento di comuni, province, regioni e degli altri enti locali, nonché dei responsabili e dei proprietari delle aree da bonificare, se diversi dai soggetti responsabili.

Con riferimento ai siti già individuati in base alla normativa previgente, si ricorda che:

-       l’articolo 1 della legge n. 426/1998 (relativo a interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati), al comma 4, ha individuato quali primi interventi di bonifica di interesse nazionale, quattordici zone inquinate da risanare, rinviando a successivi decreti del Ministro dell'ambiente, sentiti i comuni interessati, la perimetrazione degli ambiti interessati agli interventi stessi[104].

-       la legge 23 dicembre del 2000, n. 388 (legge finanziaria del 2001) ha aggiunto altri tre siti[105];

-       il decreto ministeriale del 18 settembre 2001, n. 468 (Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale), adottato in attuazione dell’articolo 1, comma 3, della citata legge n. 426, all’articolo 3, ha individuato, oltre agli interventi già previsti dalla legge n. 426 del 1998 (Allegati A e B) e dalla legge n. 388 del 2000 (Allegati C e D), ulteriori 23 nuovi interventi (Allegati E ed F)[106].;

-       Con norme successive, l’elenco dei siti è stato ulteriormente integrato (in particolare, con l’articolo 14 della legge 31 luglio 2002, n. 179[107]; art. 11-quaterdecies, comma 15,d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248[108] art. 1, comma 561, della legge 31 dicembre 2005, n. 266[109]).

Si segnala, inoltre, che il già citato art. 252, al comma 9, ha individuato un ulteriore sito di interesse nazionale[110] e che con il DM ambiente 31 luglio 2003, relativo al Piano di completamento della bonifica e del recupero dell’area ambientale di Bagnoli, è stato approvato un primo elenco di interventi di bonifica, a stralcio di un futuro Piano straordinario per la bonifica delle aree ex estrattive minerarie, in attuazione dell’art. 114 della legge n. 388 del 2000, che ha stanziato per tale finalità 30 miliardi di lire, da ripartire fra le varie aree distribuite nel territorio nazionale.

 

Posto che la lettera a) fa riferimento esclusivamente ai siti individuabili ai sensi dell’articolo 252 del codice ambientale, occorre un chiarimento in ordine alla sua applicabilità (che sembra desumibile dalla relazione illustrativa) anche ai siti di interesse nazionale individuati sulla base della normativa previgente.

 

In relazione a tali siti, la norma prevede la possibilità di svolgere le operazioni di dragaggio anche nelle more dell’attività di bonifica.

La disposizione detta tuttavia misure dirette ad evitare che tali operazioni possano pregiudicare la futura bonifica del sito, prevedendo in particolare la necessità che il progetto di dragaggio, da effettuarsi in conformità a quanto previsto al comma 2, lettera c), del citato articolo 252, sia autorizzato, su istanza del Presidente dell’Autorità portuale (o laddove non istituita su istanza dell’ente competente) con decreto del Ministero delle infrastrutture, previa acquisizione del parere favorevole dei Ministeri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, dei trasporti, dello sviluppo economico e della salute, della regione territorialmente competente, sentite l’A.N.P.A, l’A.R.P.A. della Regione interessata, l’Istituto superiore di sanità e l’ICRAM. A tal fine si prevede la convocazione da parte del Ministro delle infrastrutture di apposita conferenza dei servizi, da concludersi nel termine di 60 giorni.

 

Occorre un chiarimento sul significato della norma che impone la conformità tra il progetto di dragaggio e quanto previsto dall’articolo 252, comma 2, lett. c), posto che tale ultima disposizione si limita a prevedere un criterio per l’individuazione dei siti di interesse nazionale (la necessità che il rischio sanitario ed ambientale che deriva dal rilevato superamento delle concentrazioni soglia di rischio risulti particolarmente elevato in ragione della densità della popolazione o dell'estensione dell'area interessata).

 

La norma specifica inoltre che il decreto di autorizzazione produce gli effetti di cui ai commi 6 e 7 del citato art. 252 del decreto legislativo 152 del 2006.

 

L’articolo 252, comma 6,prevede che “l'autorizzazione sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente, ivi compresi, tra l'altro, quelli relativi alla realizzazione e all'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie alla loro attuazione” e che essa “costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”.

Il comma 7 prevede che, nel caso in cui il progetto prevede la realizzazione di opere sottoposte a procedura di valutazione di impatto ambientale, l'approvazione del progetto di bonifica comprende anche tale valutazione.

 

Confermando la sostanza del rinvio al comma 7 dell’articolo 252, la norma ribadisce che il decreto di autorizzazione sostituisce, ove prevista per legge, la pronuncia di valutazione di impatto ambientale delle operazioni di dragaggio e delle opere e attività ad esse relative.

 

La disposizione prevede infine la predisposizione del progetto a cura dell’Autorità portuale, reca norme sul contenuto di tale progetto e contiene la garanzia dell’effettuazione dei dragaggi con modalità e tecniche idonee ad evitare la dispersione di materiale.

 

La lettera b) interviene sull’articolo 8 della legge 84/1994 relativo alle competenze del Presidente dell’Autorità portuale, e in particolare, sulla competenza - di cui al comma 3, lett. m) - in ordine al mantenimento ed approfondimento dei fondali nei porti.

 

La legge 84/1994 ha innovato il precedente modello organizzativo, basato su porti interamente pubblici, introducendo al suo posto il modello denominato “landlord port authority”, caratterizzato dalla separazione tra le funzioni di programmazione e controllo del territorio e delle infrastrutture portuali - che sono affidate ad un soggetto pubblico, in particolare alle Autorità portuali - e le funzioni di gestione del traffico e dei terminali, che sono affidate a privati, fermo restando la proprietà pubblica dei suoli e delle infrastrutture.

Le Autorità portuali, istituite dalla legge n. 84 del 1994 sono chiamate, ai sensi dell'articolo 6 della legge medesima, a svolgere attività di indirizzo, programmazione, coordinamento e controllo delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali e industriali esercitate nei porti, con poteri di regolamentazione e ordinanza anche in riferimento alla sicurezza; spettano alle autorità inoltre la manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni, l'affidamento e il controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti di servizi di interesse generale.

Il presidente dell'Autorità portuale – ai sensi dei commi 2, 2-bis e 3 dell'articolo 8 – è titolare di funzioni quali la predisposizione del piano operativo triennale, del piano regolatore portuale, il coordinamento delle attività svolte nel porto dalle pubbliche amministrazioni, nonché il coordinamento e il controllo delle attività soggette ad autorizzazione e concessione, e dei servizi portuali, l’amministrazione delle aree e dei beni del demanio marittimo compresi nell'ambito della circoscrizione territoriale, sulla base delle disposizioni di legge in materia. In particolare, il Presidente dell’Autorità portuale assicura la navigabilità nell'ambito portuale e provvede, con l'intervento del servizio escavazione porti, e, in via subordinata, con le modalità di cui all'articolo 6, comma 5 (gara pubblica), al mantenimento ed approfondimento dei fondali, fermo restando quanto disposto in merito alle opere infrastrutturali dall'articolo 5, commi 8 e 9, sulla base di progetti sottoposti al visto del competente ufficio speciale del genio civile per le opere marittime, nel rispetto della normativa sulla tutela ambientale, anche adottando, nei casi indifferibili di necessità ed urgenza, provvedimenti di carattere coattivo; nei casi di interventi urgenti e straordinari di escavazione provvede, anche ricorrendo a modalità diverse da quelle di cui all'articolo 6, comma 5. Ai fini degli interventi di escavazione e manutenzione dei fondali può indire, assumendone la presidenza, una conferenza di servizi con le amministrazioni interessate.

 

A seguito della modifica, al Presidente è affidato il compito di assicurare la navigabilità nell'ambito portuale e provvedere al mantenimento ed approfondimento dei fondali, fermo restando quanto disposto dall’articolo 5, commi 8 e 9, della stessa legge 84/1994 in ordine alle competenze per la realizzazione di opere infrastrutturali nei porti.

 

Il richiamato comma 8 affida allo Stato l'onere per la realizzazione delle opere nei porti di cui alla categoria I e per la realizzazione delle opere di grande infrastrutturazione nei porti di cui alla categoria II, classi I e II[111]. Le regioni, il comune interessato o l'autorità portuale possono comunque intervenire con proprie risorse, in concorso o in sostituzione dello Stato, per la realizzazione delle opere di grande infrastrutturazione nei porti di cui alla categoria II, classi I e II. Spetta alla regione o alle regioni interessate l'onere per la realizzazione delle opere di grande infrastrutturazione nei porti di cui alla categoria II, classe III. Le disposizioni del comma si applicano alle regioni a statuto speciale nei limiti dei rispettivi statuti. Le autorità portuali, a copertura dei costi sostenuti per le opere da esse stesse realizzate, possono imporre soprattasse a carico delle merci imbarcate o sbarcate, oppure aumentare l'entità dei canoni di concessione.

Ai sensi del comma 9, sono considerate opere di grande infrastrutturazione le costruzioni di canali marittimi, di dighe foranee di difesa, di darsene, di bacini e di banchine attrezzate, nonché l'escavazione e l'approfondimento dei fondali. I relativi progetti sono approvati dal Consiglio superiore dei lavori pubblici.

 

Risultano, così, soppresse le parti della disposizione secondo cui il mantenimento e l’approfondimento dei fondali avviene con l'intervento del servizio escavazione porti di cui all'articolo 26, e, in via subordinata, con le modalità della gara pubblica prevista all'articolo 6, comma 5, della stessa legge n. 84/1994 e sulla base di progetti sottoposti al visto del competente ufficio speciale del genio civile per le opere marittime, nel rispetto della normativa sulla tutela ambientale. È stata infine soppressa la disposizione che prevedeva che nei casi di interventi urgenti e straordinari di escavazione il Presidente potesse provvedere anche ricorrendo a modalità diverse dalla gara pubblica di cui al citato articolo 6, comma 5.

A seguito della modifica è stato inoltre aggiunto un periodo ai sensi del quale resta fermo quanto previsto della lettera a) del medesimo comma 1 dell’articolo 8 della legge 84/1994, a norma del quale il Presidente dell’autorità portuale presiede il comitato portuale.

Con riferimento alla già prevista conferenza di servizi con le amministrazioni interessate indetta dal Presidente dell’Autorità portuale, assumendone la presidenza, per gli interventi di escavazione e manutenzione dei fondali, viene introdotto il termine finale di sessanta giorni.

 

Il citato articolo 26 della legge 84/1994 ha trasferito al Ministero dei trasporti - a partire dal 1° gennaio 1995 - il servizio per l'escavazione dei porti marittimi nazionali, prima in capo al Ministero dei lavori pubblici; al Ministero è altresì affidato il compito di approvare il piano quinquennale di escavazione dei porti e del rinnovo dei mezzi e delle attrezzature.

L’articolo 6, comma 5, ha previsto che l'esercizio delle attività di manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell'ambito portuale, ivi compresa quella per il mantenimento dei fondali e di affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale fosse affidato in concessione dall'autorità portuale mediante gara pubblica.


 

Legge 28 gennaio 1994, n. 84
(Testo originario)

Legge 28 gennaio 1994, n. 84
(Testo vigente, come introdotto
dal DL 262/2006
)

 

3. Il presidente dell'autorità portuale:

a) presiede il comitato portuale;

(…)

 

 

Identico

 

m) assicura la navigabilità nell'ambito portuale e provvede, con l'intervento del servizio escavazione porti di cui all'articolo 26, e, in via subordinata, con le modalità di cui all'articolo 6, comma 5, al mantenimento ed approfondimento dei fondali, fermo restando quanto disposto dall'articolo 5, commi 8 e 9, sulla base di progetti sottoposti al visto del competente ufficio speciale del genio civile per le opere marittime, nel rispetto della normativa sulla tutela ambientale, anche adottando, nei casi indifferibili di necessità ed urgenza, provvedimenti di carattere coattivo; nei casi di interventi urgenti e straordinari di escavazione provvede, anche ricorrendo a modalità diverse da quelle di cui all'articolo 6, comma 5. Ai fini degli interventi di escavazione e manutenzione dei fondali può indire, assumendone la presidenza, una conferenza di servizi con le amministrazioni interessate

m) assicura la navigabilità nell'ambito portuale e provvede al mantenimento ed approfondimento dei fondali, fermo restando quanto disposto dall'articolo 5, commi 8 e 9. Ai fini degli interventi di escavazione e manutenzione dei fondali può indire, assumendone la presidenza, una conferenza di servizi con le amministrazioni interessate da concludersi nel termine di sessanta giorni. Nei casi indifferibili di necessità ed urgenza può adottare provvedimenti di carattere coattivo. Resta fermo quanto previsto dalla lettera a).

 


Articolo 14
(Disposizioni per il potenziamento infrastrutturale della Sicilia e delle aree limitrofe)

 


1. All’articolo 1 della legge 17 dicembre 1971, n. 1158, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel comma 1, le parole: “ad una società per azioni al cui capitale sociale partecipi direttamente o indirettamente l’Istituto per la ricostruzione industriale con almeno il 51 per cento” sono sostituite dalle seguenti : “ad una società per azioni al cui capitale sociale partecipano Anas s.p.a., le regioni Sicilia e Calabria, nonché altre società controllate dallo Stato e amministrazioni ed enti pubblici. Tale società per azioni è altresì autorizzata a svolgere all’estero, quale impresa di diritto comune ed anche attraverso società partecipate, attività di individuazione, progettazione, promozione, realizzazione e gestione di infrastrutture trasportistiche e di opere connesse”;

b) il secondo comma è soppresso.

2. Le risorse finanziarie inerenti agli impegni assunti da Fintecna s.p.a. nei confronti di Stretto di Messina s.p.a., al fine della realizzazione del collegamento stabile viario e ferroviario fra la Sicilia ed il continente, una volta trasferita ad altra società controllata dallo Stato le azioni della Stretto di Messina s.p.a. possedute da Fintecna s.p.a., sono attribuite al Ministero dell’economia e delle finanze ed iscritte, previo versamento in entrata, in apposito capitolo di spesa dello Stato di previsione del Ministero delle infrastrutture “Interventi per la realizzazione di opere infrastrutturali e di tutela dell’ambiente e difesa del suolo in Sicilia e in Calabria”, il cui utilizzo è stabilito con decreto del Ministro delle infrastrutture e del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, di intesa con le regioni Sicilia e Calabria.


 

 

L’articolo 14, comma 1, novella l’art. 1 della legge 17 dicembre 1971, n. 1158 (recante “Collegamento viario e ferroviario fra la Sicilia ed il continente”), attraverso una modifica dell’assetto azionario della società Stretto di Messina S.p.A., nonché delle attività che la medesima società può svolgere all’estero.

Relativamente all’assetto societario, la norma in esame elimina il vincolo posto dal comma 1 della disposizione novellata della partecipazione azionaria diretta o indiretta nella Stretto di Messina S.p.A. da parte dell’Istituto per la ricostruzione industriale e prevede che al capitale sociale partecipino Anas S.p.A., le Regioni Sicilia e Calabria, nonché altre società controllate dallo Stato e amministrazioni ed enti pubblici.

 

L’Istituto per la ricostruzione industriale è oggi incorporato in Fintecna[112]. La partecipazione di Fintecna nel capitale della Stretto di Messina S.p.A. è pari al 68,848%.

Conseguentemente, viene abrogato il comma 2 dell’art. 1 della legge n. 1158/1971, che disponeva la sottoscrizione del restante 49 per cento del capitale sociale dall'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato, dall'ANAS, dalle regioni Sicilia e Calabria e da amministrazioni ed enti pubblici.

 

Per quanto riguarda, invece, le attività, la disposizione in commento autorizza la Stretto di Messina S.p.A. a svolgere all’estero, quale impresa di diritto comune ed anche attraverso società partecipate, attività di individuazione, progettazione, promozione, realizzazione e gestione di infrastrutture trasportistiche e di opere connesse.

 

Tale disposizione riprende, almeno in parte, quella recata dall’art. 21 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4 e successivamente soppressa dalla legge di conversione 9 marzo 2006, n. 80.

L’art. 21 prevedeva che la società fosse autorizzata a compiere tali operazioni non solo all’estero, ma anche in Italia. Anche in considerazione delle perplessità espresse dalle principali organizzazioni di categoria[113], tale disposizione fu espunta dal testo del decreto.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame prevede il trasferimento delle risorse finanziarie inerenti gli impegni assunti da Fintecna S.p.A. nei confronti di Stretto di Messina S.p.A. - una volta trasferite ad altra società controllata dallo Stato le azioni della Stretto di Messina S.p.A. possedute da Fintecna - al Ministero dell’economia e delle finanze.

La norma in commento presuppone l’eliminazione del vincolo disposto dal comma 1 relativo alla partecipazione azionaria dell’Istituto per la ricostruzione industriale (oggi incorporato in Fintecna).

Viene altresì previsto che tali risorse siano destinate ad apposito capitolo di spesa dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture per il finanziamento di “Interventi per la realizzazione di opere infrastrutturali e di tutela dell’ambiente e difesa del suolo in Sicilia e in Calabria”, il cui utilizzo è stabilito con decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, di intesa con le Regioni Sicilia e Calabria.

 

Secondo notizie di stampa[114] le risorse ammonterebbero a 2 miliardi di euro e sarebbero finalizzate prioritariamente al completamento dei lavori per l'ammodernamento della Salerno-Reggio Calabria.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 24 maggio 2006 la Commissione ha presentato una proposta modificata di regolamento che stabilisce i principi generali per la concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee dei trasporti e dell’energia e che modifica il regolamento (CE) n. 2236/95 del Consiglio (COM(2006)245).

Tra i progetti prioritari nel settore dei trasporti rientra il progetto n. 1 («Asse ferroviario Berlino-Verona/Milano-Bologna-Napoli-Messina-Palermo»).

La proposta, che modifica la proposta iniziale della Commissione del luglio 2004, fissa le risorse di bilancio per la concessione di aiuti ai progetti di interesse comune nel settore delle reti transeuropee dei trasporti e dell’energia per il periodo 2007-2013, tenendo conto del quadro finanziario per tale periodo, come definito dall’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006.

La proposta modificata tiene conto in gran parte degli emendamenti approvati in prima lettura dal Parlamento europeo, il 26 ottobre 2005, nell’ambito della procedura di codecisione.

 

Le risorse previste dalla proposta per il settore dei trasporti ammontano complessivamente a 8013 milioni di euro (contro i 20.350 della proposta iniziale)[115] per il periodo 2007-2013.

 

In base alla proposta il contributo finanziario della Comunità non dovrebbe superare le percentuali di seguito indicate:

a) per quanto riguarda gli studi, il 50% del costo ammissibile degli studi, a prescindere dal tipo di progetto d’interesse comune di cui si tratta;

b) per quanto riguarda i lavori:

i) per i progetti prioritari nel settore dei trasporti:

-       al massimo il 20% del costo ammissibile dei lavori ;

-       al massimo il 30% del costo ammissibile per le sezioni transfrontaliere di questi progetti e per i progetti prioritari riguardanti le vie navigabili, a patto che siano avviati entro il 2010 e che gli Stati membri interessati abbiano presentato alla Commissione tutte le garanzie necessarie sulla solidità finanziaria e sul calendario per la realizzazione del progetto.

 

Il 20 luglio 2005 la Commissione ha designato sei Coordinatori europei per alcuni progetti della Rete transeuropea, individuati come prioritari.

Il coordinamento del progetto prioritario n. 1 («Asse ferroviario Berlino-Verona/Milano-Bologna-Napoli-Messina-Palermo»), è stato affidato all’ex commissario europeo alla concorrenza Karel Van Miert.


Articolo 15
(Organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali)

 


1. Ai fini della riduzione della spesa relativa agli incarichi di dirigenza generale nel Ministero per i beni e le attività culturali, l’articolo 54 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

“Art. 54. 1. Il Ministero si articola in quattordici uffici dirigenziali generali centrali ed in diciassette uffici dirigenziali generali periferici, coordinati da un Segretario generale.

2. L’individuazione e l’ordinamento degli uffici del Ministero sono stabiliti ai sensi dell’articolo 4.”.

2. L’articolazione di cui all’articolo 54 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, come modificato dal comma 1, entra in vigore a decorrere dal 1° gennaio 2007. Fino all’adozione del nuovo regolamento di organizzazione restano comunque in vigore le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 10 giugno 2004, n. 173, in quanto compatibili con l’articolazione del Ministero.

3. Al decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) All’articolo 3, comma 2, le parole: “dal Capo del Dipartimento per i beni culturali e paesaggistici” sono sostituite dalle seguenti :”dal Segretario generale del Ministero”;

b) All’articolo 7, comma 2, le parole: “del Dipartimento per i Beni culturali e paesaggistici” sono sostituite dalle seguenti: “del Ministero”;

c) All’articolo 7, comma 3, le parole: “sentito il capo del Dipartimento per i beni culturali e paesaggistici” sono sostituite dalle seguenti: “sentito il Segretario generale del Ministero”.

4. All’articolo 6, comma 4, del decreto legislativo 8 gennaio 2004, n. 3, le parole: “3 anni” sono sostituite dalle seguenti : “6 anni”.

5. All’articolo 1, comma 19-bis, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, il terzo periodo è sostituito dal seguente: “Per l’esercizio di tali funzioni è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo”. In sede di prima attuazione, in attesa dell’adozione dei provvedimenti di riorganizzazione, il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo subentra nelle funzioni della Direzione generale del turismo, che è conseguentemente soppressa.

6. Le modalità di attuazione del presente articolo devono, in ogni caso, essere tali da garantire l’invarianza della spesa da assicurarsi anche mediante compensazione e conseguente soppressione di uffici di livello dirigenziale generale e non generale delle amministrazioni interessate.


 

 

L’articolo, con la finalità di realizzare una riduzione della spesa, ridisciplina l’ordinamento del Ministero per i beni e le attività culturali - recentemente modificato dall’art. 1, comma 19-ter, del D.L. 181/2006[116] - ripristinando la figura del segretario generale soppressa dal D.Lgs.3/2004[117] ed incardina presso la Presidenza del consiglio il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo.

 

In particolare, il comma 1 (sostituendo l’art. 54 del D.Lgs. n. 300/1999, come modificato dal DL 181 del 2006 citato sopra) individua l’articolazione del ministero in quattordici uffici dirigenziali generali centrali ed in diciassette uffici dirigenziali generali periferici(vale a dire le direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici), tutti coordinati da un segretario generale. Per l’organizzazione degli uffici si fa rinvio ad un regolamento o ad un decreto ministeriale emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

 

Si ricorda in proposito che in attuazione della L. 137/2002[118] (c.d. legge Frattini[119]), nel corso della XIV legislatura il Ministero per i beni e le attività culturaliè stato sottoposto a un intervento di riorganizzazione (il citato D.Lgs. 3/2004) che ha modificato la struttura del Ministero, precedentemente definita dal D.Lgs. 368/1998[120] e dal D.Lgs. 300/1999[121], introducendo la struttura dipartimentale, ritenuta più idonea ad assicurare il coordinamento delle competenze del Ministero, rispetto all’assetto organizzativo precedente basato su un’unica figura di coordinamento (segretario generale), che è stata soppressa.

Il citato DL 181/2006 era poi intervenuto su struttura e competenze del ministero per i beni e le attività culturali, modificando l’attuale testo dell’articolo 54 del decreto legislativo 300/1999(come sostituito dal citato decreto legislativo 3/2004).

In particolare l’art. 1, comma 19-ter del DL - per quanto qui interessa - ha eliminato il riferimento ad un numero fisso di dipartimenti (all’epoca quattro) nonché l’articolazione del ministero in uffici dirigenziali generali (all’epoca dieci), ferme restando le 17 direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici[122].

Il comma 2 dell’articolo in differisce al 1° gennaio 2007 l’entrata in vigore della nuova articolazione, confermando fino all’adozione del nuovo regolamento di organizzazione le disposizioni del DPR 10 giugno 2004 n. 173[123], in quanto compatibili con l’articolazione del Ministero.

Ai sensi di quest’ultimo, attuativo delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 3/2004, l’articolazione dei dipartimenti in direzioni generali è la seguente:

§       Dipartimento per i beni culturali e paesaggistici:

-        Direzione generale per i beni archeologici;

-        Direzione generale per i beni architettonici e paesaggistici;

-        Direzione generale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico;

-        Direzione generale per l'architettura e l'arte contemporanee.

§       Dipartimento per i beni archivistici e librari:

-        Direzione generale per gli archivi;

-        Direzione generale per i beni librari e gli istituti culturali;

§       Dipartimento per la ricerca l'innovazione e l'organizzazione:

-        Direzione generale per gli affari generali, il bilancio, le risorse umane e la formazione;

-        Direzione generale per l'innovazione tecnologica e la promozione.

§       Dipartimento per lo spettacolo e lo sport:

-        Direzione generale per il cinema;

-        Direzione generale per lo spettacolo dal vivo e lo sport.

 

Il comma 3 apporta al decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368[124] (articoli 3 e 7) alcune modifiche conseguenti al ripristino della figura di coordinamento costituita dal segretario generale: è affidata pertanto a quest’ultimo - anziché al Capo del dipartimento per i beni culturali e paesaggistici - la presidenza degli organi consultivi del ministero[125] e del Comitato per i problemi dello spettacolo (di cui al DL 545/1996[126]) e si specifica che le Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici sono organi del ministero e che il relativo incarico di direzione è conferito previo parere del segretario generale (in luogo del capo dipartimento).

 

Il comma 4 - mediante una modifica all’art. 6 comma 4 del D.Lgs. 3/2004[127] - proroga da tre a sei anni la possibilità di conferire incarichi di funzione dirigenziale di livello generale, anche presso enti od organismi vigilati, nel numero massimo di sei, a dirigenti di ruolo del ministero al di fuori della relativa dotazione organica.

 

Il comma 5 - mediante una modifica all’articolo 1, comma 19-bis del DL 181 del 2006 - incardina presso la Presidenza del Consiglio il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo,che subentra nelle funzioni alla direzione generale del turismo contestualmente soppressa.

 

Si segnala che la modifica interviene sul secondo periodo del comma 19-bis dell’articolo 1, anziché sul terzo come recato dal comma 5 in commento.

 

Si ricorda in proposito che l’articolo 1, comma 19-bis del citato DL n. 181 del 2006, ha attribuito le funzioni di competenza statale assegnate al Ministero delle attività produttive dagli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, in materia di turismo, al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il comma 19-bis ha stabilito, altresì, che ai fini dell’esercizio delle suddette funzioni il Presidente del Consiglio si avvalga di un nuovo dipartimento per il turismo, da istituirsi presso il Ministero per i beni e le attività culturali, previo trasferimento a tale Ministero delle dotazioni finanziarie, strumentali e di personale della direzione generale del turismo già del Ministero delle attività produttive (commi 19-ter e 19-quater).

 

Si osserva che la norma in commento non trasferisce le dotazioni finanziarie, strumentali e di personale della direzione generale del turismo che il predetto comma 19-quater aveva attribuito al Ministero per i beni e le attività culturali.

 

Il comma 6, infine, prevede che le modalità attuative delle norme sopra descritte debbano garantire l’invarianza della spesa; tale invarianza può essere realizzata anche mediante compensazione e conseguente soppressione di uffici di livello dirigenziale generale e non generale delle amministrazioni interessate.


Articolo 16
(Personale dirigenziale nel Ministero per i beni e le attività culturali)

 


1. Per fronteggiare indifferibili esigenze di funzionamento del sistema museale statale ed al fine di assicurare il corretto svolgimento delle funzioni istituzionali, con particolare riferimento al personale con qualifica dirigenziale, in deroga a quanto previsto dall’articolo 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, il Ministero per i beni e le attività culturali è autorizzato ad avviare appositi concorsi pubblici per il reclutamento di un contingente di quaranta unità nella qualifica di dirigente di seconda fascia tramite concorso pubblico per esami per il cinquanta per cento di tali posti e, per la restante quota, tramite concorso riservato, per titoli di servizio e professionali, ai dipendenti di ruolo della pubblica amministrazione, muniti di laurea, incaricati di funzioni dirigenziali, presso strutture del Ministero medesimo, per almeno due anni consecutivi, ai sensi dell’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

2. Per le finalità di cui al comma 1 è autorizzata la spesa di 1 milione di euro per l’anno 2006 e di 4 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2007.


 

 

L’articolo 16 autorizza il Ministero per i beni e le attività culturali, in deroga al blocco delle assunzioni nel pubblico impiego disposto dalla legge finanziaria 2005 (L. 311/2004), ad avviare concorsi per il reclutamento di 40 dirigenti di seconda fascia.

 

Per quanto concerne il blocco delle assunzioni, le leggi finanziarie degli ultimi anni hanno previsto una serie di disposizioni limitative delle assunzioni del personale presso le pubbliche amministrazioni, con il duplice scopo di contenere gli oneri finanziari a carico del bilancio pubblico e di avviare una graduale riduzione del personale in correlazione con l’incremento dell’efficienza dei servizi resi.

La legge finanziaria per il 2005 (L. 311/2004) ha inteso conferire una stabilità alle misure di limitazione della spesa per il personale, dettate invece dalle precedenti leggi finanziarie su base annuale. L’art. 1, commi 95-98, della legge ha disposto, per il triennio 2005-2007, un divieto a carico delle amministrazioni dello Stato e di altre amministrazioni pubbliche di assumere personale a tempo indeterminato, pur prevedendo alcune deroghe per specifici settori (forze di polizia, vigili del fuoco, etc.). La legge prevede inoltre una disciplina limitativa “a regime” dal 2008: l’art. 1, co. 103, stabilisce che a decorrere dal 2008 le amministrazioni pubbliche possano effettuare le assunzioni (previo esperimento delle procedure di mobilità) nei limiti delle cessazioni dal lavoro registrate nell’anno precedente.

La legge finanziaria per il 2006 (L. 266/2005) ha implicitamente confermato il blocco delle assunzioni per le amministrazioni dello Stato ed altre amministrazioni pubbliche (salve tassative deroghe), rimanendo valide le disposizioni contenute nella precedente legge finanziaria.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame individua due modalità per la copertura dei posti, stabilendo che si provvede:

§      per il 50 per cento, con concorso pubblico per esami, secondo le procedure previste dall’art. 28 del D.Lgs. 165/2001;

§      per la quota rimanente, con concorso per titoli di servizio e professionali riservato ai dipendenti di ruolo della P.A. che siano in possesso di laurea e che siano incaricati di funzioni dirigenziali, ai sensi dell’art. 19, co. 6, del D.Lgs. 165/2001, presso il Ministero per i beni e le attività culturali “per almeno due anni consecutivi”.

Con riferimento a quest’ultimo requisito, dal tenore letterale della disposizione non risulta chiaro se essa sia applicabile anche a quei funzionari che abbiano già ricoperto per almeno due anni consecutivi incarichi dirigenziali ai sensi dell’art. 19, co. 6, del D.Lgs. 165/2001 e, al momento, siano privi di incarico.

 

Sembra voler escludere tale interpretazione la relazione illustrativa, nella quale in proposito si afferma che una “previsione specifica [il concorso riservato] consentirà di assorbire nella qualifica dirigenziale, senza incrementi di spesa, le unità che già svolgono, per effetto dell’art. 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, funzioni dirigenziali: ciò anche nell’ottica del riconoscimento delle posizioni di funzionari che, in alcuni casi da molti anni, svolgono già funzioni dirigenziali”.

 

Nelle amministrazioni pubbliche, la dirigenza è articolata in due fasce. Nella prima fascia sono inseriti i dirigenti generali in servizio; nella seconda, gli altri dirigenti in servizio, e quelli di nuova assunzione[128]. I dirigenti della seconda fascia sono reclutati attraverso i meccanismi di accesso di cui all'art. 28 sopra illustrati. Il passaggio dalla seconda alla prima fascia può avvenire qualora i dirigenti della seconda fascia abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti per un periodo pari almeno a cinque anni senza essere incorsi nelle misure previste per le ipotesi di responsabilità dirigenziale.

L’art. 28 del D.Lgs. 165/2001 configura una doppia modalità di accesso alla dirigenza:

§      mediante concorso per esami (curato dalle singole amministrazioni), e successiva frequenza, da parte dei vincitori, di un ciclo di formazione presso la dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione (art. 28, co. 2). Ad esso possono essere ammesse le seguenti categorie di soggetti:

-       dipendenti di ruolo della P.A. muniti di laurea, con almeno cinque anni di servizio svolti in posizioni funzionali per l’accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea; i soggetti in possesso di diploma di specializzazione, conseguito presso le scuole di specializzazione specificamente individuate, sono ammessi con tre anni di servizio;

-       dirigenti in enti e strutture pubbliche non ricomprese tra le amministrazioni pubbliche che non rientrano nell’àmbito di applicazione del D.Lgs. 165/2001, muniti del diploma di laurea, che hanno svolto per almeno due anni le funzioni dirigenziali;

-       coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni, purché muniti di diploma di laurea;

-       cittadini italiani, forniti di idoneo titolo di studio universitario, che abbiano maturato per almeno quattro anni consecutivi “esperienze lavorative in posizioni funzionali apicali” richiedenti il possesso del diploma di laurea, presso enti od organismi internazionali.

Il regolamento di attuazione della disciplina sull’accesso alla qualifica di dirigente stabilisce che la percentuale dei posti da riservare al personale dipendente dell’amministrazione che indice il concorso pubblico per esami è pari al 30 per cento dei posti messi a concorso (D.P.R. 272/2004[129], art. 3, co. 2);

§      mediante corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione. Il corso ha la durata di dodici mesi, ai quali si aggiunge (previo esame) un semestre di applicazione presso amministrazioni pubbliche o private, e si conclude con un esame-concorso (art. 28, co. 3). Le categorie ammesse sono:

-       laureati in possesso di laurea specialistica, diploma di specializzazione, dottorato di ricerca o altro titolo post-universitario rilasciato da istituti universitari italiani o stranieri, ovvero da primarie istituzioni formative;

-       dipendenti di ruolo della P.A. muniti di laurea, con almeno cinque anni di servizio svolti in posizioni funzionali per l’accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea;

-       dipendenti di strutture private collocati in posizioni professionali equivalenti a quelle che, nelle pubbliche amministrazioni, richiederebbero il possesso del diploma di laurea, con un’esperienza lavorativa di cinque anni di servizio.

 

Per quanto riguarda i concorsi riservati agli interni, la giurisprudenza della Corte costituzionale[130] è costante nell’affermare che il concorso rappresenta la forma generale ed ordinaria di reclutamento di personale nel pubblico impiego, in quanto meccanismo idoneo a garantire il canone dell’efficienza dell’azione amministrativa (tra le altre, sentt. n. 205 e n. 34 del 2004; n. 1 del 1999). La Corte ha, inoltre, ritenuto che “una deroga a siffatto principio sia possibile soltanto in presenza di peculiari situazioni giustificatrici individuate dal legislatore nell’esercizio di una discrezionalità non irragionevole, che trovi il proprio limite specifico nella necessità di meglio garantire il buon andamento della pubblica amministrazione (sent. n. 194 del 2002).

La Corte ha sottolineato che la regola del pubblico concorso possa dirsi pienamente rispettata solo qualora le selezioni non siano caratterizzate da arbitrarie ed irragionevoli forme di restrizione dei soggetti legittimati a parteciparvi (sent. n. 194 del 2002).

In particolare la Corte ha riconosciuto che l'accesso al concorso possa essere condizionato al possesso di requisiti fissati in base alla legge, anche allo scopo di consolidare pregresse esperienze lavorative maturate nell’ambito dell’amministrazione, ma ciò fino al limite oltre il quale possa dirsi che l’assunzione nell’amministrazione pubblica, attraverso norme di privilegio, escluda o irragionevolmente riduca, le possibilità di accesso, per tutti gli altri aspiranti, con violazione del carattere "pubblico" del concorso, secondo quanto prescritto in via normale, a tutela anche dell’interesse pubblico, dall’art. 97, terzo comma, della Costituzione (sent. n. 141 del 1999).

Solo in peculiari ipotesi la Corte ha ritenuto legittime procedure concorsuali integralmente riservate a personale interno e specificamente qualificato (cfr. sentt. n. 228 del 1997, n. 477 del 1995 e ordinanza n. 517 del 2002).

 

Con riferimento ai soggetti cui sono stati conferiti incarichi di funzioni dirigenziali ai sensi dell’art. 19, comma 6, del D.Lgs. 165/2001, si ricorda che tale disposizione prevede che gli incarichi dirigenziali di cui al comma 5 dello stesso articolo (incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale non generale) possono essere attribuiti da ciascuna amministrazione, entro il limite dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato ai soggetti indicati dallo stesso comma 6 e, in particolare tra questi, a persone di comprovata qualificazione professionale, che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza. La durata di tali incarichi non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale in questione, il termine di cinque anni.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame dispone in merito alla copertura finanziaria.

 


Articolo 17
(Arcus Spa)

 


1. Per l’anno 2007, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 3, commi 1 e 2, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005,n. 43.

2. La localizzazione degli interventi di Arcus s.p.a., nonché il controllo e la vigilanza sulla realizzazione dei medesimi interventi sono effettuati di concerto dai Ministri delle infrastrutture e per i beni e le attività culturali, con modalità che saranno definite con decreto interministeriale.


 

 

L’articolo in commento reca disposizioni relative al funzionamento ed alle risorse della Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo (ARCUS Spa) - istituita ai sensi dell’art. 2 della L. 291/2003[131] - per l’esercizio finanziario 2007.

 

In particolare, la disposizione in esame:

§      estende all'anno 2007 le misure recate dall'art. 3, comma 1 del decreto-legge n. 7 del 2005[132] , in materia di programmazione e gestione, da parte della Società ARCUS Spa, della quota degli stanziamenti previsti per infrastrutture, destinata alla spesa per la tutela e gli interventi a favore dei beni e delle attività culturali (comma 1);

Si segnala peraltro che il ddl finanziaria 2007 (AC 1746) reca una disposizione di contenuto identico all’articolo 163, comma 2 (Disposizioni in materia di beni culturali)

§      conferma, per l’esercizio 2007, l’incremento dal 3% al 5% della percentuale degli stanziamenti per infrastrutture da riservare alla spesa per beni ed attività culturali, già disposto per il 2005 e il 2006 dal citato art. 3, comma 2 del DL 7/2005 (comma 1);

§      dispone che la localizzazione degli interventi nonché la vigilanza sulla loro effettuazione siano esercitate di concerto dai Ministri delle infrastrutture e per i beni e le attività culturali con modalità da definirsi con decreto interministeriale (comma 2).

 

Si ricorda anzitutto che l’art. 2 della legge 291/2003, ha autorizzato il Ministro per i beni e le attività culturali alla costituzione di una società per azioni (“Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo”-ARCUS Spa), con sede in Roma, preposta alla promozione ed al sostegno finanziario, tecnico-economico ed organizzativo di interventi per la conservazione e la tutela dei beni culturali nonché di iniziative a favore delle attività culturali e dello spettacolo.

L’articolo citato ha dettato inoltre disposizioni relative alla costituenda società; in particolare- per quanto qui interessa- ha stabilito che per l’esercizio delle proprie funzioni la società potesse, nei limiti delle quote già preordinate come limiti d’impegno, contrarre mutui a valere sulle risorse da individuare ai sensi dell’art. 60, co. 4, della legge finanziaria 2003[133], che ha riservato il 3% degli stanziamenti per le infrastrutture alla spesa per la tutela e per gli interventi a favore dei beni e delle attività culturali (secondo modalità e criteri da definire con regolamento del Ministro per i beni e le attività culturali, adottato di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti)[134] .

 

In tale contesto sono poi intervenute disposizioni recate da vari decreti-legge.

 

L’art. 3 del D.L. n. 72/2004[135] - in ordine all’applicazione di quanto previsto dall’art. 60 comma 4 della legge finanziaria 2003 sopra richiamato - ha disposto che, in attesa dell'adozione del regolamento previsto, un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti -di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro per i beni e le attività culturali- individuasse i limiti di impegno fissati dall'articolo 13, comma 1, della legge n. 166/2002[136] per gli esercizi finanziari 2003 e 2004 sui quali effettuare il computo della quota del 3% (articolo 3, comma 1)[137].

 

Il medesimo D.L. n. 72 del 2004 ha inoltre previsto (art. 3, commi 2-4):

-       l’adozione, con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di un programma degli interventi- eventualmente comprensivo di iniziative a favore delle attività culturali e dello spettacolo;

-       la stipula di una convenzione- tra i ministeri sopra citati e la società Arcus recante criteri e modalità di realizzazione degli interventi;

-       il concerto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti nella nomina dei componenti del consiglio di amministrazione della società (inizialmente affidata al Ministro per i beni e le attività culturali[138]).

 

L’art. 3, comma 1, del citato DL n. 7 del 2005 ha previsto che le modalità individuate per il funzionamento della ARCUS dall’articolo 3 del D.L. 72/2004 fossero applicate anche per l’anno 2005, sempre nelle more dell’adozione del regolamento di cui all’art. 60, comma 4, della legge finanziaria 2003[139] recante definizione dei criteri per l'utilizzo degli stanziamenti assegnati alla Società,

Il medesimo articolo 3 del DL n. 7 del 2005 ha poi elevato del due per cento per gli esercizi 2005 (quindi dal 3% al 5%) la percentuale degli stanziamenti per infrastrutture da riservare alla spesa per la tutela e gli interventi a favore dei beni e delle attività culturali prevista dal più volte citato art .60, comma 4 della legge 289/2002, a valere sugli stanziamenti previsti per le finalità di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443[140] .

 

Con il decreto interministeriale 20 luglio 2005[141]è stato approvato il Programma degli interventi relativi alla tutela, ai beni ed alle attività culturali ed allo spettacolo per gli anni 2005 e 2006. Il Programma precisa che le citate quote dei limiti di impegno riservate a spese per la tutela e ad interventi a favore dei beni e delle attività culturali “sono determinate in 5,444 milioni di euro per l’anno 2005 ed in 7,235 milioni di euro per il 2006” e che “il totale attivabile per gli anni 2005 e 2006 è stimabile, pertanto, in 140,478 milioni di euro”.

 

L’art. 14 del DL 273/2005[142] ha poi esteso all'anno 2006 le predette disposizioni recate dall'art. 3, comma 1, del DL n. 7 del 2005, in materia di programmazione e gestione delladestinata alla spesa per la tutela e gli interventi a favore dei quota degli stanziamenti beni e delle attività culturali.

 


Articolo 18
(Norme a favore del teatro Petruzzelli di Bari)

 


1. All’articolo 1 della legge 11 novembre 2003, n. 310, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 5, nel primo periodo, le parole: “tre anni” sono sostituite dalle seguenti: “cinque anni” e al secondo periodo la parola: “2008” è sostituita dalla seguente: “2010”;

b) il comma 6 è abrogato.

2. Al fine di garantire la celere ripresa delle attività culturali di pubblico interesse presso il Teatro Petruzzelli di Bari, a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto, il comune di Bari acquista la proprietà dell’immobile sede del predetto Teatro, ivi incluse tutte le dotazioni strumentali e le pertinenze, libera da ogni peso, condizione e diritti di terzi.

3. Con uno o più provvedimenti, il prefetto di Bari determina l’indennizzo spettante ai proprietari ai sensi della vigente normativa in materia di espropriazioni, dedotte tutte le somme già liquidate dallo Stato e dagli enti territoriali per la ricostruzione del Teatro Petruzzelli di Bari fino alla data di entrata in vigore del presente decreto. Il Prefetto di Bari cura, altresì, l’immediata immissione del comune di Bari nel possesso del Teatro medesimo.

4. È assegnato al Ministero per i beni e le attività culturali un contributo di otto milioni di euro per l’anno 2007 per il completamento dei lavori di ristrutturazione del Teatro Petruzzelli di Bari.


 

 

L’articolo reca disposizioni sul teatro Petruzzelli di Bari; in particolare:

§      rinvia al 2010 l'applicazione alla Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatro di Bari, istituita dalla legge 310/2003 delle norme generali sul finanziamento delle fondazioni lirico-sinfoniche, prolungando pertanto il periodo durante il quale quest’ultima, anziché concorrere al riparto delle risorse del Fondo unico per lo spettacolo[143] assegnate alle fondazioni, fruirà di un contributo speciale a valere sulle entrate derivanti dal gioco del lotto[144].(comma 1, lettera a))[145];

§      dispone l’esproprio dell’immobile a favore del comune di Bari (commi 2 e 3) e abroga il riferimento recato dalla legge 310/2003 (art. 1, comma 6) al protocollo di intesa stipulato nel 2002 tra le parti (comma 1, lettera b);

§      assegna al Ministero per i beni e le attività culturali un contributo straordinario di 8 milioni di euro per l’anno 2007 per il completamento dei lavori di ristrutturazione.

 

Si ricorda in proposito che il Teatro Petruzzelli di Bari, di proprietà privata ma edificato su suolo pubblico, fu distrutto nel 1991 da un incendio doloso.

Anche al fine di agevolarne la ricostruzione fu costituita, con la legge 310/2003[146] la Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatro di Bari, quest’ultima peraltro è caratterizzata da un Consiglio di amministrazione composto (in deroga alla normativa vigente[147] che prevede un numero di consiglieri variabile da 7 a 9) da 5 membri: il Sindaco di Bari e 4 consiglieri, di cui uno designato dal MBAC, uno dalla regione Puglia, uno dalla provincia di Bari e uno dallo stesso Sindaco.

L’articolo 1, comma 5 della legge n. 310 del 2003 (come modificato dall’articolo 2, comma 3-quinquies del D.L. 22 marzo 2004, n. 72[148])ha previstoche a decorrere dall'anno 2008, la Fondazione concorre al riparto ordinario delle risorse assegnate al settore delle fondazioni lirico-sinfoniche (Fondo unico dello spettacolo, vedi supra). In via transitoria, per l'anno 2004, e per i successivi tre anni, alla Fondazione Teatro Petruzzelli di Bari è assegnato un contributo a valere sulle risorse provenienti dal gioco del lotto secondo le modalità definite dall’articolo 3, comma 83, della legge 23 dicembre 1996, n. 662[149]

 

Tale Fondazione (ai sensi dell’art. 1, comma 6, della legge n. 310/2003) avrebbe dovuto acquisire, in accordo con la regione Puglia, la provincia e il comune di Bari, i diritti d’uso del Teatro Petruzzelli, in conformità a quanto previsto dal protocollo d’intesa stipulato a Roma tra le parti pubbliche e private interessate il 21 novembre 2002.

In base a tale protocollo, le parti pubbliche si impegnavano ad eseguire i lavori di ricostruzione senza oneri a carico della proprietà privata, mentre i privati si impegnavano a consegnare in uso esclusivo l’immobile alla Fondazione di nuova istituzione (per 40 anni) per un canone di 500.000 euro annui.

 

Per quanto attiene le modalità di passaggio della proprietà del Teatro l’articolo dispone che (commi 2 e 3).

§      il Comune di Bari acquisti la proprietà dell’immobile sede del Teatro - ivi comprese le dotazioni strumentali e le pertinenze - e libera da ogni peso, condizione e diritti di terzi;

§      l’indennizzo spettante ai proprietari sia determinato dal Prefetto di Bari ai sensi della vigente normativa in materia di espropriazioni, dedotte tutte le somme già liquidate dallo Stato e dagli enti territoriali per la ricostruzione del Teatro stesso.

 

Si ricorda, in proposito, che gli articoli 95-100 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) recano una disciplina specifica relativa all’espropriazione di beni culturali, che integra le norme generali in materia di espropriazione previste dal testo unico di cui al DPR 8 giugno 2001, n. 327.

Le disposizioni che disciplinano la determinazione dell’indennità di esproprio, recate dal citato testo unico, sono rinvenibili negli artt. 20-22, relativi alla determinazione provvisoria dell'indennità di espropriazione, al procedimento di determinazione definitiva dell'indennità di espropriazione e alla determinazione urgente dell'indennità provvisoria.

Si segnala, in particolare, che l’art. 20 rimette la determinazione dell’indennità provvisoria all’autorità espropriante, mentre l’art. 21 contiene una complessa procedura per l’ipotesi di mancanza di accordo sulla determinazione dell'indennità di espropriazione.

L’articolo in esame, nel richiamare la suddetta normativa, individua direttamente il prefetto quale soggetto competente alla determinazione dell’indennità.

 


Articolo 19
(Compensi agli organi degli enti parco)

 


1. All’articolo 9 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, dopo il comma 12 è aggiunto il seguente:

“12-bis. Al Presidente, al Vice Presidente, agli altri componenti del Consiglio direttivo e ai componenti del collegio dei revisori dei conti dell’ente parco spetta un’indennità di carica articolata in un compenso annuo fisso ed in gettoni di presenza per la partecipazione alle riunioni del consiglio direttivo e della giunta esecutiva, nell’ammontare fissato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, secondo quanto disposto dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 gennaio 2001 (pubblicata nella G.U. n. 37 del 14 febbraio 2001) e con la procedura indicata nella Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 4993/IV.1.1.3 del 29 maggio 2001.”.

2. All’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica. 30 giugno 1951, n. 535, nel secondo comma sono apportate le seguenti modifiche:

a) il primo periodo è soppresso;

b) al secondo periodo le parole: “Peraltro, a coloro che” sono sostituite dalle seguenti:“Ai componenti degli organi di cui al primo comma che”.


 

 

L’articolo 19, comma 1, introduce, dopo il comma 12 dell’articolo 9 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, un comma volto a disciplinare l’indennità di carica spettante agli organi degli enti parco.

In particolare, viene disposto che al Presidente, al Vice Presidente, agli altri componenti del Consiglio Direttivo e ai componenti del Collegio dei Revisori dei Conti dell’ente parco spetti un’indennità di carica articolata in un compenso annuo fisso e in gettoni di presenza per la partecipazione alle riunioni del Consiglio Direttivo e della Giunta Esecutiva.

La determinazione precisa degli importi viene demandata ad un successivo decreto interministeriale, adottato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, secondo i criteri esposti dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 gennaio 2001 e con la procedura indicata nella Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 4993/IV.1.1.3 del 29 maggio 2001.

 

La citata direttiva 9 gennaio 2001, recante “Fissazione dei criteri per la determinazione dei compensi dei componenti di organi di amministrazione e di controllo degli enti e organismi pubblici” si propone di “individuare dei parametri di riferimento idonei ad assecondare scelte equilibrate ed organiche, da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri e di tutte le altre amministrazioni interessate, sottratte ad una logica di intervento settoriale ed in un'ottica aziendalistica”.

 

Il comma 2 novella il testo dell’articolo 2, secondo comma, del DPR 30 giugno 1951, n. 535 (recante “Norme per l'organizzazione e per il funzionamento dell'Ente autonomo del Parco nazionale d'Abruzzo), al fine di adeguarlo alla disposizione dettata dal comma precedente, attraverso in particolare la soppressione del primo periodo, che prevedeva che le funzioni di presidente e di membro del Consiglio di amministrazione fossero gratuite.

La disposizione, inoltre, modificando il secondo periodo, precisa che il previsto trattamento di missione per i residenti fuori Roma riguardi i componenti degli organi dell’ente parco.

 


Articolo 20
(Disposizioni in materia di Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici)

 


1. Al fine di garantire la razionaliz­zazione dei controlli ambientali e l’efficienza dei relativi interventi attraverso il rafforzamento delle misure di coordinamento tra le istituzioni operanti a livello nazionale e quelle regionali e delle province autonome, l’assetto organizzativo dell’Agenzia per la protezione dell’am­biente e per i servizi tecnici — APAT -di cui agli articoli 8, 9, 38 e 39 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, è modificato come segue:

a) l’APAT è persona giuridica di diritto pubblico ed ordinamento autonomo, dotata di autonomia tecnico-scientifica, regola­mentare, organizzativa, gestionale, patrimoniale, finanziaria e contabile;

b) sono organi dell’Agenzia

- il presidente, con funzioni di rappresentanza dell’Agenzia, nominato, con incarico quinquennale, tra persone aventi comprovata esperienza e professionalità, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;

- il consiglio di amministrazione, composto da quattro membri oltre al presidente, aventi comprovata esperienza e professionalità, nominati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per due di essi, su proposta della Conferenza delle regioni e delle province autonome. Il consiglio di amministrazione dura in carica cinque anni e nomina, su proposta del presidente, il direttore generale. Gli emolumenti del presidente e dei membri del consiglio di amministrazione sono fissati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze;

- il collegio dei revisori dei conti, costituito ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300;

c) il direttore generale dirige la struttura dell’Agenzia ed è responsabile dell’attuazione delle deliberazioni del consiglio di amministrazione; è scelto tra persone di comprovata competenza ed esperienza professionale e resta in carica sino alla scadenza del mandato del consiglio; i suoi emolumenti sono fissati dal consiglio di amministrazione;

d) entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con il regolamento previsto dall’articolo 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, viene emanato il nuovo statuto dell’APAT, che tiene conto delle modifiche organizzative sopra stabilite. Fino alla data di entrata in vigore di detto regolamento valgono le norme statutarie di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 2002, n. 207, se ed in quanto compatibili con le presenti disposizioni;

e) gli oneri derivanti dalla applicazione delle disposizioni di cui alle lettere a) e b) sono a carico del bilancio dell’APAT, senza oneri aggiuntivi sul bilancio dello Stato.


 

 

L’articolo 20 modifica l’assetto organizzativo dell’APAT (Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici) di cui agli articoli 8, 9, 38 e 39 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, al fine di garantire la razionalizzazione dei controlli ambientali e l’efficienza dei relativi interventi attraverso il rafforzamento delle misure di coordinamento tra le istituzioni operanti a livello nazionale e quelle regionali e delle province autonome.

 

Si ricorda che l’APAT è stata istituita con il decreto legislativo n. 300 del 1999, nel quadro della riforma dell’organizzazione del Governo e del riordino delle strutture dell’amministrazione centrale prevista dalla delega contenuta nell’articolo 11 della legge n. 59 del 1997.

L’art. 38, comma 3, del d.lgs. n. 300/1999 ha disposto il trasferimento all’APAT delle attribuzioni dell’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente (ANPA) e dei Servizi tecnici nazionali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ad eccezione di quelle del Servizio sismico nazionale, assorbite dall’Agenzia per la protezione civile.

Il modello agenziale contemplato, anche per l’APAT, dal decreto n. 300[150] prevede, quali organi direttivi dell’agenzia, un direttore generale(con attribuzioni analoghe a quelle del capo del dipartimento) e un comitato direttivo (con numero di membri non superiore a quattro) composto dai dirigenti dei principali settori di attività dell’agenzia.

Lo statuto, approvato con il DPR 8 agosto 2002, n. 207, ha istituito, ai sensi dell’art. 38, comma 4, del D.Lgs. n. 300, un consiglio federale rappresentativo delle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, con funzioni consultive nei confronti del direttore generale e del comitato direttivo.

In seguito all’attuazione delle disposizioni recate dal decreto legislativo n. 300 del 1999, l’APAT si dovrebbe caratterizzare quale struttura amministrativa, a composizione tecnica, sottoposta alla vigilanza ministeriale ma dotata di un certo grado di autonomia, alla quale sarebbero attribuite, secondo la previsione contenuta nell’art. 38, comma 2, attività tecnico scientifiche in materia di protezione dell’ambiente; tutela delle risorse idriche; difesa del suolo e individuazione e delimitazione dei bacini idrografici nazionali e interregionali.

 

Le principali modifiche introdotte dall’articolo in esame riguardano:

a)   l’attribuzione all’APAT della personalità giuridica di diritto pubblico ed ordinamento autonomo.

 

La norma vigente, recata dall’art. 8, comma 2, del D.Lgs. n. 300/1999 prevedeva unicamente che “le agenzie hanno piena autonomia nei limiti stabiliti dalla legge”.

 

Viene confermata, rispetto a quanto recato dall’art. 1, comma 2, dello Statuto dell’APAT, l’autonomia tecnico-scientifica, regolamentare, organizzativa, gestionale, patrimoniale, contabile e finanziaria dell’Agenzia;

 

b)   la creazione di due nuovi organi, di cui vengono altresì fissati i principi che ne regoleranno la disciplina di dettaglio:

§      il presidente, con funzioni di rappresentanza dell’Agenzia, nominato, con incarico quinquennale, tra persone aventi comprovata esperienza e professionalità, con decreto del Presidente del consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;

§      il consiglio di amministrazione, che dura in carica 5 anni, ed è composto da quattro membri oltre al presidente, aventi comprovata esperienza e professionalità, nominati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per due di essi, su proposta della Conferenza delle regioni e delle province autonome.

Rispetto al precedente organigramma (art. 3 del DPR n. 207/2002), in cui figuravano il direttore generale e il collegio dei revisori, viene confermato solo l’organo collegiale per la verifica dei conti, mentre il direttore generale diviene uno strumento operativo del Consiglio di amministrazione che lo nomina, su proposta del presidente.

L’articolo in esame specifica, con riferimento a tali nuovi organi, che gli emolumenti del presidente e dei membri del consiglio di amministrazione sono fissati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

c)   una diversa disciplina della figura del direttore generale., in precedenza recata dall’art. 4 del DPR n. 207/2002.

La lettera c) prevede che il direttore generale diriga la struttura dell’Agenzia, sia responsabile dell’attuazione delle deliberazioni del consiglio di amministrazione, sia scelto tra persone di comprovata competenza ed esperienza professionale e resti in carica sino alla scadenza del mandato del consiglio, a cui spetta la fissazione degli emolumenti del direttore.

d)   l’emanazione di un nuovo statuto dell’APAT, entro novanta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge, con il regolamento previsto dall’articolo 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, che tenga conto delle modifiche organizzative sopra stabilite.

Viene altresì previsto che, nelle more della sua emanazione, continuino a valere le norme statutarie di cui al DPR 8 agosto 2002, n. 207, se ed in quanto compatibili con le disposizioni recate dall’articolo in esame.

 

L’articolo in esame prevede, infine, alla lettera e), una clausola di invarianza delle spese sul bilancio dello Stato, disponendo che gli oneri derivanti dall’applicazione delle disposizioni di cui alle lettere a) e b) siano a carico del bilancio dell’APAT.

 


Articolo 21
(Modifiche ed integrazioni del decreto legislativo
23 aprile 2004, n. 124)

 


1. All’articolo 3 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, sono apportate le seguenti modifiche:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

“1. La Commissione centrale di coordi­namento dell’attività di vigilanza, costituita ai sensi delle successive disposizioni, opera quale sede permanente di elaborazione di orientamenti, linee e priorità dell’attività di vigilanza.”;

b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

“1-bis. La Commissione, sulla base di specifici rapporti annuali, presentati entro il 30 novembre di ogni anno dai soggetti di cui al comma 2, anche al fine di monitorare la congruità dell’attività di vigilanza effettuata, propone indirizzi ed obiettivi strategici e priorità degli interventi ispettivi e segnala altresì al Ministro del lavoro e della previdenza sociale gli aggiustamenti organizzativi da apportare al fine di assicurare la maggiore efficacia dell’attività di vigilanza. Per gli adempimenti di cui sopra, la Commissione si avvale anche delle informazioni raccolte ed elaborate dal Casellario centrale delle posizioni previdenziali attive di cui al comma 23 dell’articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 243.”;

c) al comma 2, dopo le parole:” Comandante generale della Guardia di finanza”, sono inserite le seguenti: “dal Comandante generale dell’arma dei carabinieri; dal Comandante del Comando carabinieri tutela del lavoro;”;

d) al comma 3, dopo le parole: “invitati a partecipare” sono inserite le seguenti: “i Direttori generali delle altre direzioni generali del Ministero del lavoro e della previdenza sociale,” ed il secondo periodo è sostituito dal seguente: “Alle sedute della Commissione centrale di coordinamento dell’attività di vigilanza può, su questioni di carattere generale attinenti alla problematica del lavoro illegale, essere altresì invitato il Capo della Polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza.”.

2. All’articolo 4 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 3, dopo le parole: “comandante regionale della Guardia di finanza;” sono inserite le seguenti: “dal comandante regionale dell’Arma dei carabinieri;”;

b) al comma 4, sono soppresse le seguenti parole: “ed il comandante regionale dell’Arma dei carabinieri”.

3. All’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, sono apportate le seguenti modifiche:

a) dopo le parole: “comandante provinciale della Guardia di finanza,” sono inserite le seguenti: “il comandante provinciale dell’’Arma dei carabinieri,” ;

b) il secondo periodo è sostituito dal seguente: “Alle sedute del CLES può, su questioni di carattere generale attinenti alla problematica del lavoro illegale, essere invitato il Questore.”.

4. L’articolo 9 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124 è sostituito dal seguente:

“Art. 9. 1. Gli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonché, di propria iniziativa o su segnalazione dei propri iscritti, le organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale e i consigli nazionali degli ordini professionali, possono inoltrare alla direzione generale, esclusivamente tramite posta elettronica, quesiti di ordine generale sull’applicazione delle normative di competenza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. La direzione generale fornisce i relativi chiarimenti d’intesa con le competenti Direzioni generali del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e, qualora interessati dal quesito, sentiti gli enti previdenziali.

2. L’adeguamento alle indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti di cui al comma 1 esclude l’applicazione delle relative sanzioni penali, amministrative e civili.” .


 

 

L’articolo 21 introduce una serie di modifiche ad alcuni articoli del D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, recante “Razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro, a norma dell'articolo 8 della L. 14 febbraio 2003, n. 30”, al fine di:

§      stabilizzare e rafforzare la funzione della Commissione centrale di coordinamento dell’attività di vigilanza;

§      modificare la composizione della medesima Commissione al fine di valorizzare nella stessa il ruolo dell’Arma dei carabinieri, introducendo analoghe modifiche alla composizione delle commissioni regionali e provinciali;

§      modificare la disciplina del diritto di interpello al fine di semplificare e razionalizzare la relativa procedura e di precisare gli effetti dell’adeguamento alle indicazioni fornite nelle risposte.

 

Si ricorda che il D.Lgs. 124 del 2004 ha realizzatola riforma della disciplina sulla vigilanza ispettiva. Il provvedimento, in attuazione dell’articolo 8 della legge n. 30/2003, dispone il riassetto della disciplina vigente sulle ispezioni in materia di lavoro e previdenza sociale, allo scopo di definire un sistema organico e coerente di tutela del lavoro con interventi omogenei, con particolare riguardo soprattutto alla attività di prevenzione. Il provvedimento in particolare:

§      attua la riorganizzazione dell'attività ispettiva del Ministero del lavoro in materia di previdenza sociale e di lavoro con l'istituzione di una direzione generale con compiti di direzione e coordinamento delle strutture periferiche del Ministero ai fini dell'esercizio unitario della predetta funzione ispettiva, tenendo altresì conto della specifica funzione di polizia giudiziaria dell'ispettore del lavoro;

§      favorisce la razionalizzazione degli interventi ispettivi di tutti gli organi di vigilanza, compresi quelli degli istituti previdenziali, con attribuzione della direzione e del coordinamento operativo alle direzioni regionali e provinciali del lavoro sulla base delle direttive adottate dalla direzione generale per l’attività ispettiva. Si prevedono inoltre, come strumenti volti a rafforzare il coordinamento dell’attività di vigilanza, l’istituzione di una Commissione centrale di coordinamento dell’attività di vigilanza che può essere convocata su iniziativa del Ministro del lavoro al fine di coordinare a livello nazionale l’attività di contrasto del lavoro irregolare, l’istituzione di una banca dati, la possibilità di costituire gruppi di intervento straordinario a livello regionale e l’adozione di un modello unificato di verbale per la rilevazione degli illeciti;

§      introduce il nuovo istituto della conciliazione monocratica affidata alla Direzione provinciale del lavoro, tramite un proprio funzionario, anche con qualifica ispettiva. Le parti convocate possono farsi assistere da organizzazioni o associazioni sindacali ovvero da professionisti con specifico mandato. Dopo la firma del verbale di conciliazione, l’estinzione del procedimento ispettivo avviene a seguito del pagamento dei contributi previdenziali ed assicurativi, determinati in sede conciliativa e al pagamento delle somme dovute al lavoratore;

§      al fine di favorire una veloce conclusione dell’ispezione, viene introdotto il nuovo istituto della diffida accertativa per crediti retributivi. Si prevede che, qualora nel corso dell’attività ispettiva emergano inosservanze in merito alla disciplina contrattuale, dalle quali scaturiscano crediti retributivi per il lavoratore, il personale ispettivo delle Direzioni del lavoro diffida il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti. A seguito di un tentativo di conciliazione presso la direzione provinciale del lavoro, in caso di accordo, la diffida perde efficacia. Invece, decorso inutilmente il termine previsto per la conciliazione o in caso di mancato raggiungimento dell’accordo, la diffida acquista valore di accertamento tecnico con efficacia di titolo esecutivo. E’ possibile proporre ricorso amministrativo contro il provvedimento di diffida reso esecutivo; nelle more del ricorso è sospesa l’esecutività del provvedimento;

§      viene dettata una nuova disciplina dei poteri attribuiti al personale ispettivo in caso di inosservanza delle norme in materia di lavoro e legislazione sociale, prevedendosi: un potere di diffida in caso di illeciti amministrativi; un potere di prescrizione in caso di contravvenzioni punite con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda ovvero con la sola ammenda; un potere di impartire disposizioni per l’applicazione di norme che richiedono un apprezzamento discrezionale;

§      al fine della semplificazione dei procedimenti sanzionatori amministrativi, sono introdotte due nuove ipotesi di ricorso amministrativo: ricorso avverso le ordinanze-ingiunzioni non concernenti la qualificazione del rapporto di lavoro, su cui decide il direttore della direzione regionale del lavoro; ricorso avverso gli atti di accertamento e le ordinanze-ingiunzioni delle Direzioni provinciali del lavoro e avverso i verbali di accertamento degli istituti previdenziali ed assicurativi che abbiano ad oggetto la sussistenza o la qualificazione dei rapporti di lavoro, su cui decide un comitato costituito ad hoc presso la Direzione regionale del lavoro. In entrambi i casi è comunque previsto il cd. silenzio-rigetto: dal mero decorso di un termine dalla proposizione del ricorso discende la reiezione dello stesso.

 

I commi 1, 2 e 3 dell’articolo 21 introducono modifiche al Capo I del D.Lgs. 124 del 2004, relativo all’organizzazione dell’attività ispettiva.

In particolare il comma 1 prevede una serie di modifiche all’articolo 3 del D.Lgs. 124.

 

Si ricorda che l’articolo 3 prevede l’istituzione di una Commissione centrale di coordinamento dell’attività di vigilanza, al fine di coordinare a livello nazionale l’attività di contrasto del lavoro irregolare. La Commissione è convocata dal Ministro del lavoro ed ha il compito di individuare gli indirizzi e gli obiettivi strategici e le priorità degli interventi ispettivi.

La Commissione, nominata dal Ministro del lavoro, è composta dal Ministro stesso o da un sottosegretario delegato, che la presiede, dal direttore generale della Direzione generale, dai direttori generali dell’INPS e dell’INAIL, dal comandante generale della Guardia di Finanza, dal direttore generale dell'Agenzia delle Entrate, dal coordinatore nazionale delle Asl, dal presidente del Comitato per l’emersione del lavoro non regolare, da tre rappresentanti dei datori di lavoro e da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Alle sedute della Commissione possono essere invitati a partecipare anche i direttori degli altri enti previdenziali, i direttori generali di altri ministeri, gli altri componenti del Comitato per l’emersione del lavoro non regolare ed il Comandante del nucleo dei carabinieri presso l’ispettorato del lavoro.

Alla Commissione può essere attribuito il compito di determinare le modalità di funzionamento della banca dati telematica istituita presso il Ministero e di definire le linee di indirizzo per la realizzazione del modello di verbale di rilevazione degli illeciti in materia di lavoro.

 

In primo luogo all’articolo 3 del D.Lgs. 124 si riformula il comma 1 (lettera a)) e si introduce il nuovo comma 1-bis (lettera b)).

 

A seguito di tali modifiche al comma 1 si prevede che la Commissione centrale di coordinamento dell’attività di vigilanza opera in maniera stabile e permanente al fine di elaborare gli orientamenti e gli indirizzi dell’attività di vigilanza. Si evidenzia che invece la formulazione previgente stabiliva che la Commissione operasse in maniera non continua, dal momento che si riuniva solamente allorché il Ministro del lavoro ritenesse opportuno coordinare a livello nazionale l’attività di vigilanza.

Con il comma 1-bis si disciplina l’attività di coordinamento della Commissione, che sulla base dei rapporti annuali trasmessi entro il 30 novembre di ogni anno dai soggetti che la compongono (che rappresentano le amministrazioni e gli enti responsabili dell’attività di vigilanza) propone gli indirizzi e gli obiettivi strategici dell’attività ispettiva.

Inoltre la Commissione, dopo aver verificato se l’attività di vigilanza espletata presenta incongruenze e inefficienze, propone al Ministro del lavoro eventuali modifiche da apportare all’organizzazione della medesima attività.

Per gli adempimenti in questione la Commissione si avvale tra l’altro delle informazioni disponibili presso il Casellario centrale delle posizioni previdenziali di cui all’articolo 1, comma 23, della legge n. 243 del 2004.

Si ricorda che i commi 23-29 della richiamata L. 243 hanno previsto l’istituzione del Casellario centrale per la raccolta, la conservazione e la gestione dei dati e di altre informazioni relative ai lavoratori iscritti ai diversi regimi previdenziali, mentre il comma 30 demanda ad un decreto del Ministro del lavoro la definizione di direttive agli enti previdenziali in merito all’individuazione del settore economico di appartenenza delle aziende e dei lavoratori autonomi.

 

La lettera c) del comma 1 in esame modifica il comma 2 dell’articolo 3 del D.Lgs. 124, integrando la composizione della Commissione. In particolare si prevede che siano componenti della stessa, oltre ai soggetti già previsti, anche il Comandante generale dell’Arma dei carabinieri e il Comandante del Comando carabinieri tutela del lavoro.

 

Conseguentemente, la lettera d) del comma 1 introduce una modifica di coordinamento formale al secondo periodo comma 3 dell’articolo 3 del D.Lgs. 124 - che prevedeva che il Comandante generale dell’Arma dei carabinieri potesse solamente essere invitato a partecipare alle sedute della Commissione con riferimento alle questioni attinenti alle problematiche del lavoro illegale – eliminando il riferimento al medesimo Comandante generale.

 

La medesima lettera d) del comma 1, modificando il primo periodo del comma 3 dell’articolo 3 del D.Lgs. 124, prevede inoltre che alle sedute della Commissione possano essere invitati a partecipare anche i direttori generali delle altre direzioni generali del Ministero del lavoro.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame introduce modifiche all’articolo 4 del D.Lgs. 124, relativo al coordinamento regionale dell’attività di vigilanza.

Si ricorda che l’articolo 4, comma 1, del D.Lgs. 124 affida il coordinamento a livello regionale dell’attività di vigilanza alle Direzioni regionali del lavoro. Queste, sentiti i Direttori regionali dell’INPS, dell’INAIL e degli altri enti previdenziali, individuano specifiche linee operative in base alle direttive della Direzione generale.

I commi 2 e 3 prevedono l’istituzione di Commissioni regionali di coordinamento dell’attività di vigilanza, al fine di coordinare a livello regionale l’attività di contrasto del lavoro irregolare. La Commissione è presieduta e convocata dal direttore della direzione regionale del lavoro. La Commissione convoca almeno sei volte l’anno i CLES al fine di fornire alla Direzione generale elementi di conoscenza per l’elaborazione delle direttive in tema di vigilanza.

 

Con modifiche analoghe a quelle sopra viste con riferimento alla composizione della Commissione centrale, all’articolo 4, comma 3 del D.Lgs. 124 si prevede che faccia parte della Commissione regionale anche il Comandante regionale dell’Arma dei carabinieri (lettera a)) e conseguentemente al comma 4, con una modifica di coordinamento formale, si elimina il riferimento allo stesso Comandante per quanto riguarda la possibilità di essere invitato a partecipare alle sedute della Commissione (lettera b)).

 

Il comma 3 dell’articolo in esame introduce quindi analoghe modifiche all’articolo 5 del D.Lgs. 124, relativo al coordinamento provinciale dell'attività di vigilanza.

 

Si ricorda che l’articolo 5, comma 1, affida il coordinamento a livello provinciale dell’attività di vigilanza alle Direzioni provinciali del lavoro. In particolare le direzioni provinciali, sentiti i Direttori regionali dell’INPS e dell’INAIL, coordinano l’esercizio delle funzioni ispettive e forniscono direttive per la razionalizzazione dell’attività di vigilanza, al fine di evitare duplicazioni degli interventi e di rendere uniformi le modalità di esecuzione.

Il coordinamento a livello provinciale dell’attività di contrasto al lavoro non regolare è affidato ai CLES, che forniscono indicazioni per l’orientamento dell’attività di vigilanza, in conformità agli indirizzi espressi dalla Commissione centrale. Per questa funzione i CLES sono integrati dal comandante provinciale della Guardia di Finanza, da un rappresentante degli uffici locali dell’Agenzia delle entrate e dal presidente della commissione provinciale per l’emersione del lavoro sommerso.

I CLES redigono una relazione trimestrale ed una relazione annuale di sintesi sullo stato del mercato del lavoro e sui risultati dell’attività ispettiva svolta nella provincia, anche avvalendosi delle ricerche delle Commissioni provinciali per l’emersione del lavoro sommerso.

 

Modificando il comma 2 dell’articolo 5 si prevede che partecipi in maniera permanente all’attività dei CLES relativa al coordinamento a livello provinciale dell’attività di contrasto al lavoro irregolare anche il Comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri; conseguentemente si elimina il riferimento allo stesso soggetto per quanto riguarda la possibilità di essere invitato a partecipare alle sedute dei CLES.

 

Il comma 4 riformula l’articolo 9 del D.Lgs. 124 del 2004, relativo al diritto d’interpello sull’applicazione delle normative di competenza del Ministero del lavoro, al fine di semplificare e razionalizzare la relativa procedura.

 

Si ricorda più in dettaglio che l’articolo 9 del D.Lgs. 124, nelle precedente formulazione, prevede la facoltà, per le associazioni di categoria, gli ordini professionali nonché gli enti pubblici, di inoltrare, esclusivamente per via telematica, alle Direzioni provinciali del lavoro (che provvede a trasmetterli alla direzione generale), quesiti di ordine generale sull’applicazione delle normative di competenza del Ministero del lavoro. La rubrica definisce tale facoltà diritto di interpello.

Tra le novità introdotte dal nuovo testo dell’articolo 9, si evidenzia in primo luogo (comma 1) che i quesiti vanno posti (tramite posta elettronica) direttamente alla Direzione generale per il coordinamento delle attività ispettive.

Conseguentemente, si prevede che abbiano la facoltà di esercitare il diritto d’interpello solamente soggetti pubblici e privati con valenza nazionale, cioè gli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali, gli enti pubblici nazionali, nonché le organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative a livello nazionale e i consigli nazionali degli ordini professionali.

Si precisa inoltre, rispetto al testo precedente, che la Direzione generale per il coordinamento delle attività ispettive fornisce i relativi chiarimenti:

§      d’intesa con le Direzioni generali del Ministero del lavoro competenti per materia;

§      sentiti gli enti previdenziali, qualora interessati dal quesito.

 

Con un’altra rilevante novità rispetto al testo precedente dell’articolo 9, si dispone (comma 2) che l’adeguamento alle indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti mette al riparo i soggetti interpellanti dall’applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative.

 

Si osserva che sarebbe opportuno stabilire, sulla falsariga di quanto previsto dalla corrispondente disciplina relativa all’interpello in materia fiscale, un termine perentorio entro cui l’amministrazione competente deve dare risposta al quesito posto, eventualmente prevedendo che decorso inutilmente tale termine si intende che l’amministrazione concordi con l’interpretazione prospettata dall’interpellante (silenzio-assenso).

 

Si ricorda che il diritto di interpello in materia fiscale è stato previsto in via generale dall’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. Statuto dei contribuenti). L’interpello può essere esperito con riferimento a tutti i tributi, in presenza di obiettive condizioni di incertezza interpretativa. Con il decreto ministeriale 26 aprile 2001, n. 209, sono state dettate le relative disposizioni attuative che hanno reso operante l’istituto. L’Amministrazione ha 120 giorni di tempo per fornire la propria risposta, scritta e motivata, all’istanza del contribuente. Decorso inutilmente il suddetto termine, si intende che l’Amministrazione concordi con l’interpretazione prospettata dal contribuente (silenzio-assenso). Limitatamente all’oggetto del quesito, l’Amministrazione non può irrogare sanzioni al contribuente che non abbia ricevuto risposta entro il termine sopra indicato. La risposta fornita (anche con il silenzio-assenso) vincola l’Amministrazione finanziaria nei confronti del solo contribuente istante, limitatamente al caso prospettato. Eventuali atti posti in essere dall’Amministrazione nei confronti del suddetto contribuente in difformità dalla risposta sono pertanto nulli. Nel caso in cui un numero elevato di contribuenti abbia formulato quesiti con riferimento a questioni identiche o analoghe, l’Amministrazione può rispondere collettivamente mediante una circolare o una risoluzione.

 

Articolo 22
(Semplificazione dell’adeguamento annuale delle rendite INAIL)

 


1. All’articolo 11, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, le parole da: “con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale” fino a: “dell’INAIL” sono sostituite dalle seguenti: “su delibera del consiglio di amministrazione dell’INAIL, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, previa conferenza dei servizi con il Ministero dell’economia e delle finanze e, nei casi previsti dalla legge, con il Ministero della salute”.


 

 

L’articolo 22 reca alcune modifiche all’articolo 11 del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, recante disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, emanato in attuazione della delega di cui all'articolo 55, comma 1, della L. 17 maggio 1999, n. 144[151]. Le modifiche sono volte sostanzialmente a semplificare la procedura di rivalutazione delle rendite INAIL erogate a seguito di infortuni.

 

Il richiamato articolo 55, comma 1, della L. 144 ha infatti delegato il governo ad emanare, uno o più decreti legislativi "al fine di ridefinire taluni aspetti dell'assetto normativo in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali". In particolare, la lettera n) ha previsto la ridefinizione del sistema di rivalutazione delle rendite dell’INAIL erogate a seguito di infortuni, con l'introduzione di un meccanismo di adeguamento annuale alla variazione dell'indice dei prezzi e con il conseguente scomputo di tale incremento in sede di applicazione del meccanismo di rivalutazione già vigente all’epoca dell’entrata in vigore del D.Lgs. 38 del 2000[152].

 

In attuazione di tali principi di delega, l’articolo 11 del richiamato D.Lgs. 38 ha introdotto un sistema misto di rivalutazione delle rendite.

Mentre infatti la normativa previgente, di cui all’articolo 20, commi 3 e 4, della L. 28 febbraio 1986, n. 41[153], prevedeva che la rivalutazione intervenisse solamente quando si fosse registrata una variazione non inferiore al 10% nelle retribuzioni medie giornaliere (di cui agli articoli 116 e 118 del T.U. delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali[154]), il comma 1 dell'articolo 11 ha disposto che, con effetto dall'anno 2000 e a decorrere dal 1° luglio di ciascun anno, la retribuzione di riferimento per la liquidazione delle rendite corrisposte dall'INAIL sia comunque rivalutata annualmente sulla base della variazione effettive dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati intervenuta rispetto all'anno precedente. Si precisa che gli incrementi annuali così determinati siano poi riassorbiti nell'anno in cui scatti la variazione retributiva di cui al richiamato articolo 20 (commi 2 e 4) della L. 41 del 1986.

Lo stesso comma 1 dell’articolo 11, inoltre, ha previsto che le rivalutazioni annuali siano disposte con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro (attualmente Ministro dell’economia e delle finanze), nonché, nei casi previsti dalla normativa vigente, con il Ministro della sanità (attualmente Ministro della salute), su delibera del consiglio di amministrazione dell'INAIL[155].

 

L’articolo in esame, lasciando inalterato il meccanismo di riliquidazione delle rendite, provvede a modificare, semplificandolo, il procedimento di rivalutazione annuale delle stesse.

In particolare, si prevede che le rendite INAIL siano rivalutate “su delibera del Consiglio di Amministrazione dell’INAIL, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, previa conferenza dei servizi con il Ministero dell’Economia e delle Finanze e, nei casi previsti dalla legge, con il Ministero della Salute”.

In sostanza si sostituisce lo strumento del concerto tra Ministeri con quello della conferenza dei servizi.

 

L’istituto della conferenza dei servizi è stato introdotto dall’articolo 14 della L. 7 agosto 1990, n. 241[156], nel caso in cui l’amministrazione procedente ritenga opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo.

La conferenza di servizi deve essere sempre indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'amministrazione competente, della relativa richiesta. La conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate.

 


Articolo 23
(Disposizione concernenti i contributi previdenziali
per il settore agricolo)

 


1. Per le aziende in crisi di cui al comma 3-bis dell’articolo 5 del decreto-legge 1° ottobre 2005, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2005, n. 244, e successive modificazioni, all’onere del pagamento di ogni contributo o premio di previdenza e assistenza sociale si provvede mediante il versamento di quattro rate mensili anticipate all'interesse di differimento e di dilazione pari alla misura del tasso di interesse legale vigente del 2,5 %.


 

 

L’articolo 23 reca disposizioni concernenti il pagamento dei contributi o premi previdenziali e assistenziali da parte degli allevatori avicoli, delle imprese di macellazione e trasformazione di carne avicola nonché mangimistiche operanti nella filiera e degli esercenti attività di commercio all'ingrosso di carni avicole, entrate in crisi in seguito al possibile sviluppo in Italia dell’influenza aviaria.

 

Si ricorda che al fine di contrastare e prevenire l’influenza aviaria, e per innalzare i livelli di protezione della popolazione, il D.L. 1° ottobre 2005, n. 202, convertito dalla L. 30 novembre 2005, n,. 244, ha disposto una serie di interventi, concretizzatisi, tra gli altri, nella creazione, presso il Ministero della Salute, di un nuovo Dipartimento per la sanità pubblica veterinaria, la nutrizione e la sicurezza degli alimenti, nella stipula, sempre da parte del Ministero della salute, di contratti a tempo determinato per alcune figure professionali operanti nel campo della prevenzione e controllo sanitario, nonché nel potenziamento degli organici del Nucleo antisofisticazioni dei Carabinieri e nella costituzione di scorte di vaccini antivirali.

In particolare, il comma 3-bis dell’articolo 5 del richiamato D.L. 202, introdotto dalla legge di conversione e modificato dall’articolo 1-bis, comma 7, del D.L. 10 gennaio 2006, n. 2002[157], ha disposto, per il periodo 1° gennaio - 31 ottobre 2006, a favore delle imprese in precedenza richiamate, la sospensione dei termini relativi agli adempimenti e ai versamenti tributari, nonché del pagamento di ogni contributo o premio di previdenza e assistenza sociale, ivi compresa la quota a carico dei dipendenti, senza aggravio di sanzioni, interessi o altri oneri., precisando che le medesime imprese non hanno diritto al rimborso di quanto già eventualmente versato. Inoltre si dispone la sospensione, sempre per il medesimo periodo, anche dei pagamenti delle rate delle operazioni creditizie e di finanziamento, ivi comprese le operazioni poste in essere dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA).

 

L’articolo in esame stabilisce che ai fini dell’assolvimento dell’onere del pagamento di ogni contributo o premio di previdenza e assistenza, le imprese colpite dalla crisi avicola che hanno beneficiato della sospensione dei termini di versamento di cui al comma 3-bis dell’articolo 5 del decreto legge n. 202/2005, debbano provvedere al versamento di quattro rate mensili anticipate all’interesse di differimento e di dilazione pari alla misura dell’interesse legale vigente, stabilito al 2,5% a decorrere dal 1° gennaio 2004 dal D.M. 1° dicembre 2003.

 

La disposizione in esame potrebbe prestarsi a dubbi interpretativi.

Sembrerebbe, anche sulla base della relazione illustrativa e della relazione tecnica, che si intenda disporre che il pagamento dei contributi o premi di previdenza ed assistenza sospeso per il periodo 1° gennaio 2006 – 31 ottobre 2006 ai sensi del comma 3-bis dell’articolo 5 del D.L. 202/2005, debba essere effettuato, dalle imprese che hanno beneficato dell’agevolazione, al termine del periodo di sospensione con un meccanismo rateale (pagando un interesse di dilazione pari al 2,5% annuo), anziché in unica soluzione. Si consideri infatti che, in base al medesimo comma 3-bis, la sospensione scade il 31 ottobre 2006 e quindi alla prima scadenza utile successiva (16 novembre 2006, in base al sistema della riscossione unificata) le imprese in questione dovrebbero versare in unica soluzione quanto dovuto a titolo di tributi e contributi per il periodo della sospensione[158].

Inoltre, poiché l’articolo 23 in esame prevede l’applicazione dell’agevolazione del versamento rateale esclusivamente con riferimento a quanto dovuto per contributi e premi, dovrebbe discenderne che per i debiti tributari rimarrebbe fermo l’obbligo di provvedere al relativo versamento in unica soluzione alla scadenza del periodo di sospensione (come detto il versamento andrebbe effettuato il 16 novembre 2006).

Per quanto riguarda la previsione del versamento rateale di cui all’articolo 23, per evitare dubbi interpretativi e problemi applicativi, andrebbe esplicitata nel testo la data in cui va effettuato il primo dei quattro versamenti, precisando se tale data coincide con la prima data utile successiva alla sospensione (16 novembre 2006).

 

Si consideri infine che la relazione tecnica precisa che “sulla base dei dati forniti dall’INPS, dalla norma derivano minori entrate contributive per l’anno 2006 valutate in 26 milioni di euro”.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

L’8 febbraio 2006 la Commissione ha presentato un progetto di regolamento finalizzato ad un riordino del vigente regolamento sull’esenzione degli aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese agricole (CE) 70/2001. Il progetto è stato adottato sulla base del regolamento 994/98 che autorizza la Commissione a dichiarare, a norma dell’art. 87 del trattato che, a determinate condizioni, gli aiuti alle piccole e medie imprese sono compatibili con il mercato comune e non sono soggetti all’obbligo di notifica di cui all’art. 88, paragrafo 3, del trattato.

Scopo del progetto è la semplificazione della normativa sugli aiuti di Stato all’agricoltura e l’agevolazione degli aiuti di emergenza. In particolare, all’art. 10, il progetto precisa le modalità che gli aiuti destinati a compensare gli agricoltori per la prevenzione e l’eradicazione di epizoozie o per i costi relative all’abbattimento e alle distruzioni di animali devono rispettare per essere compatibili con il mercato comune. A tal fine devono essere soddisfatte le seguenti condizioni:

§      devono essere rispettati i massimali di intensità lorda indicati dal regolamento, calcolati in base alle aree interessate e alla natura degli aiuti;

§      l’aiuto non deve comportare pagamenti diretti ai produttori;

§      le epizoozie devono aver comportato perdite di produzione superiori al 30% della produzione media nei tre anni precedenti;

§      dall’importo dei costi o delle perdite ammesse a beneficiare degli aiuti devono essere dedotti gli eventuali pagamenti diretti percepiti, gli importi percepiti nell’ambito di regimi assicurativi;

§      i pagamenti devono essere erogati in relazione ad epizoozie per le quali esistono disposizioni nazionali o comunitarie.

 

Il nuovo regolamento dovrebbe trovare applicazione dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013.

 


Articolo 24
(Riordino e semplificazione delle disposizioni sui contributi)

 


1. Con regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 17 , comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, si procede al riordino ed alla semplificazione delle disposizioni normative relative ai contributi ed alle provvidenze per le imprese editrici di quotidiani e periodici, radiofoniche e televisive, introducendo nella disciplina vigente le norme necessarie per il conseguimento dei seguenti obiettivi:

a) razionalizzazione e riordino dei contributi e delle provvidenze, anche tenuto conto dell’articolo 20, commi 1 e 2, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazione, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ed in coerenza con gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica;

b) rideterminazione e snellimento delle procedure, dei criteri di calcolo dei contributi spettanti, dei costi ammissibili ai fini del calcolo dei contributi, dei tempi e delle modalità di istruttoria, concessione ed erogazione, nonché dei controlli da effettuare, anche attraverso il ricorso, da parte del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ad altre amministrazioni dello Stato;

c) particolare attenzione al perseguimento, da parte delle imprese, di obiettivi di maggiore efficienza, occupazione e qualificazione, utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, effettiva diffusione del prodotto editoriale sul territorio, con particolare riguardo a:

     1. occupazione dei giornalisti;

     2. tutela del prodotto editoriale primario;

     3. livelli ottimali di costi di produzione e di diffusione riferiti al mercato editoriale;

d) coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica.


 

 

La norma in esame autorizza il governo, in via regolamentare, al riordino ed alla semplificazione della disciplina concernente i contributi e le provvidenze per le imprese editrici di quotidiani e periodici nonché di quelle radiofoniche e televisive.

 

Tale procedura di delegificazione è prevista dall’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400[159]; a tal fine il comma 2 prevede che con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, possano essere disciplinate in via regolamentare materie, non coperte da riserva assoluta di legge, per le quali la legge, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo:

a)  determini le norme generali regolatrici della materia;

b)  disponga l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.

 

Quanto alle norme generali, la disposizione in esame individua i seguenti obiettivi:

 

a) razionalizzazione e riordino dei contributi e delle provvidenze, anche tenuto conto dell’articolo 20, commi 1 e 2 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223[160], ed in coerenza con gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica;

L’articolo 20 (commi 1 e 2) del DL n. 223 del 2006 ha ridotto l’autorizzazione di spesa per il settore dell’editoria, di cui alla legge n. 67 del 1987[161], come determinata dalla tabella C della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (finanziaria 2006), di 1 milione di euro per l'anno 2006 e di 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2007, demandando ad un DPCM la rideterminazione dei contributi per l'editoria di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250[162].

In tale circostanza, nella relazione tecnica allegata al ddl di conversione, il Governo ipotizzava che la riduzione delle provvidenze si articolasse in un ridimensionamento quantitativo dei contributi (mediante revisione dei requisiti soggettivi per l’accesso e delle modalità di calcolo) nonché in un contenimento delle agevolazioni tariffarie, mediante definizione di un tetto massimo per ciascun singolo beneficiario e ripartendo, fino ad esaurimento delle risorse, il monte delle provvidenze concedibili, fissato annualmente dalla Presidenza, tra la platea dei beneficiari stessi. Tali disposizioni sembrano ora contenute all’articolo 26 del presente decreto legge.

 

b) rideterminazione e snellimento delle procedure, dei criteri di calcolo dei contributi spettanti, dei costi ammissibili ai fini del calcolo dei contributi, dei tempi e delle modalità di istruttoria, concessione ed erogazione, nonché dei controlli da effettuare, anche attraverso il ricorso, da parte del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ad altre amministrazioni dello Stato;

 

c) particolare attenzione al perseguimento, da parte delle imprese, di obiettivi di maggiore efficienza, occupazione e qualificazione, utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, effettiva diffusione del prodotto editoriale sul territorio, con particolare riguardo all’occupazione dei giornalisti, alla tutela del prodotto editoriale primario nonché all’ottimizzazione dei costi di produzione e dei livelli di diffusione riferiti al mercato editoriale;

 

d) realizzare il coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica.

 

Si segnala peraltro che i successivi articoli 26, 28, 29 e 30 sembrano anticipare alcune disposizioni di razionalizzazione della materia e di riduzione dei costi.

Si osserva che la disposizione in esame non indica le norme che si intende abrogare con la descritta procedura di delegificazione.

Andrebbe inoltre valutata l’opportunità della previsione recata alla lettera d), che demanda ai regolamenti il “coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica” dal momento che il coordinamento formale, operante con una fonte secondaria, riguarderebbe anche fonti legislative, con la conseguenza di creare un intarsio di difficile lettura tra norme primarie e secondarie.

 

Ai fini di una più agevole comprensione della portata delle norme in esame, si riepiloga di seguito la disciplina di cui all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250[163], relativa all’erogazione dei contributi diretti all’editoria nonché le provvidenze a favore delle imprese radiofoniche e televisive.

 

La platea dei destinatari dei contributi diretti all’editoria comprende:

1.       le imprese editrici di giornali quotidiani (comma 2), costituite come cooperative giornalistiche da almeno tre anni (co. 2, lettera a)) subordinatamente al possesso di una serie di requisiti[164].

2.       le imprese editrici di giornali quotidiani la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni ed enti morali non aventi scopo di lucro (comma 2-bis), subordinatamente al possesso dei medesimi requisiti sopra citati, ad eccezione dell’obbligo di essere una cooperativa giornalistica; in tal caso, il contributo non può superare il 50 per cento dei costi complessivi;

3.       le imprese editrici che editino giornali quotidiani in una lingua delle minoranze francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome della Val d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, o quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (comma 2-ter), subordinatamente al possesso dei medesimi requisiti e con gli stessi limiti delle imprese non a scopo di lucro[165];

4.       le cooperative giornalistiche che editano periodici (comma 2-quater), con il limite di 310.000 euro e di 207.000 euro rispettivamente per il contributo fisso e il contributo variabile[166].

 

Per le imprese sopra elencate, i contributi – che vengono corrisposti solo qualora gli introiti pubblicitari dell’anno precedente non superino il 40 dei costi complessivi (comma 7) e non possono comunque superare il 60 per cento della media dei costi (comma 9) - sono determinati nelle seguenti misure (comma 8):

a)       un contributo fisso annuo di importo pari al 30 per cento della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi, inclusi gli ammortamenti, e comunque non superiore a lire 2 miliardi (1,03 milioni di euro) per ciascuna impresa;

b)       contributi variabili rapportati alla tiratura[167].

 

5.       imprese editrici di quotidiani o periodici organi o giornali di forze politiche (comma 10).

Ai sensi del medesimo comma 10, per tali imprese, i contributi sono determinati nelle seguenti misure:

a)       un contributo fisso annuo di importo pari al 40 per cento della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi, inclusi gli ammortamenti, e comunque non superiore a lire 2 miliardi e 500 milioni (1,29 milioni di euro) per i quotidiani e lire 600 milioni (309,9 migliaia di euro) per i periodici;

b)       un contributo variabile, calcolato secondo i parametri previsti dal comma 8, per i quotidiani, ridotto ad un sesto, un dodicesimo od un ventiquattresimo rispettivamente per i periodici settimanali, quindicinali o mensili; per i suddetti periodici viene comunque corrisposto un contributo fisso di lire 400 milioni (206,6 migliaia di euro) nel caso di tirature medie superiori alle 10.000 copie.

Da ultimo, sono previsti ulteriori contributi integrativi pari al 50 per cento di quanto determinato dalle lettere a) e b) del predetto comma 10, qualora le entrate pubblicitarie siano inferiori al 30 per cento dei costi d'esercizio annuali (comma 11).

Tali contributi - così come quelli di cui al precedente comma 10 - sono concessi a condizione che le imprese non fruiscano, né direttamente né indirettamente, dei contributi previsti al comma 8 (comma 13). Si ricorda, poi, che la somma dei contributi previsti dai commi 10 e 11 non può comunque superare il 70 per cento dei costi (comma 12).

 

Un ulteriore contributo per copia stampata pari a 0,2 euro fino a 40.000 copie di tiratura media è corrisposto alle imprese editrici di periodici esercitate da cooperative, fondazioni o enti morali (comma 3).

 

Ulteriori benefici di carattere fiscale, di credito e relativi alle tariffe telefoniche, telegrafiche, postali e dei trasporti sono previsti dalla legge 416 del 1981, recante Disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l'editoria[168].

Tra i contributi a favore delle imprese radiofoniche e televisive rientrano quelli previsti dagli artt., 4, 7 e 8 della legge 7 agosto 1990 n. 250, nonché dall’art. 23, comma 3, della legge 6 agosto 1990, n. 223, e dall’art. 7, comma 13, della legge 3 maggio 2004 n. 112 -

 

L’articolo 4 della legge n. 250 del 1990 - anche riprendendo nella sostanza una norma già prevista dalla legge n. 67 del 1987[169] - prevede che le imprese radiofoniche che risultino essere organi di partiti politici rappresentati in almeno un ramo del Parlamento, che abbiano registrato la testata giornalistica trasmessa presso il competente tribunale, che trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari per non meno del 50 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20 e che non siano editori o controllino, direttamente o indirettamente, organi di informazione di partiti politici, sia corrisposto un contributo annuo fisso pari al 70 per cento della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi[170]. A tali imprese spettano inoltre le riduzioni tariffarie previste dall’articolo 28 della legge 5 agosto 1981, n. 416[171].

L’articolo 7 della medesima legge n. 250 - che ha sostituito il comma 1 dell’articolo 11 della citata legge n. 67 del 1987 – prevede che le imprese di radiodiffusione sonora che abbiano registrato la testata radiofonica giornalistica trasmessa presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari, per non meno del 25 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20, hanno diritto alle riduzioni tariffarie di cui all'art. 28, della legge 5 agosto 1981, n. 416 nonché al rimborso dell'80 per cento delle spese per l'abbonamento ai servizi di tre agenzie di informazione a diffusione nazionale o regionale.

Ai sensi del successivo articolo 8, le medesime agevolazioni si applicano alle imprese di radiodiffusione sonora a carattere locale che abbiano registrato la testata radiofonica giornalistica trasmessa presso il competente tribunale e trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari, per non meno del 15 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20.

 

L'articolo 23, comma 3, della legge n. 223 del 1990 reca i contributi per i concessionari per la radiodiffusione televisiva in ambito locale, ovvero i soggetti autorizzati per la radiodiffusione televisiva locale, che abbiano registrato la testata televisiva presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente, nelle ore comprese tra le 07,00 e le 23,00 per almeno un'ora, programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali.

 

L'art. 7, comma 13 della legge 3 maggio 2004, n. 112 prevede contributi per i canali tematici autorizzati alla diffusione via satellite, con esclusione di quelli ad accesso condizionato, come definiti dall'articolo 1, lettera c), del regolamento concernente la promozione della distribuzione e della produzione di opere europee, di cui alla Delibera dell'Autorità Garante delle comunicazioni n. 9/1999, che si impegnano a trasmettere programmi di informazione alle condizioni previste dall'articolo 7 del decreto-legge n. 323 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 422 del 1993 (ovvero che abbiano registrato la testata televisiva presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente, nelle ore comprese tra le 07,00 e le 23,00 per almeno un'ora, programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali).

 


Articolo 25
(Regime di pubblicità dei contributi statali)

 

1. Tra le indicazioni obbligatorie previste dall’articolo 2, secondo comma , della legge 8 febbraio 1948, n. 47, è inserita la dichiarazione che la testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250, ove ricorra tale fattispecie.

 

 

La norma in esame aggiunge la dichiarazione che la testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250[172] alle indicazioni obbligatorie da inserire sugli stampati previste dall’articolo 2 della legge 8 febbraio 1948, n. 47[173].

 

Com’è noto, ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 47 del 1948, ogni stampato deve indicare il luogo e l'anno della pubblicazione, nonché il nome e il domicilio dello stampatore e, se esiste, dell'editore. I giornali, le pubblicazioni delle agenzie d'informazioni e i periodici di qualsiasi altro genere devono recare l’indicazione del luogo e della data della pubblicazione; del nome e del domicilio dello stampatore; del nome del proprietario e del direttore o vice direttore responsabile.

 


Articolo 26
(Erogazione delle provvidenze per l’editoria)

 


1. I contributi di cui agli articoli 3, 4, 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, nonché all’articolo 23, comma 3, della legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni, e all’articolo 7, comma 13, della legge 3 maggio 2004, n. 112, sono erogati nei limiti delle risorse finanziarie a tale fine presenti nel bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei Ministri con riferimento all’anno di presentazione delle domande, applicando in caso di insufficienza di risorse il criterio del riparto percentuale dei contributi. Resta ferma la possibilità di erogare le differenze in presenza di eventuali nuove risorse finanziarie anche attraverso formule rateizzate, determinate con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

2. I contributi previsti dall’articolo 4 della legge 7 agosto 1990, n. 250, sono corrisposti esclusivamente alle imprese radiofoniche che, oltre che attraverso esplicita menzione riportata in testata, risultino essere organi di partiti politici che abbiano il proprio gruppo parlamentare in una delle Camere o due rappresentanti nel Parlamento europeo, eletti nelle liste di movimento, nonché alle imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 230. Le altre imprese radiofoniche ed i canali telematici satellitari di cui all’articolo 7, comma 13, della legge 3 maggio 2004, n. 112, che alla data del 31 dicembre 2005 abbiano maturato il diritto ai contributi di cui all’articolo 4 della legge 7 agosto 1990, n. 250, continuano a percepire in via transitoria con le medesime procedure i contributi stessi, fino alla ridefinizione dei requisiti di accesso.


 

 

L’articolo in commento individua in primo luogo (comma 1) alcune modalità attuative concernenti l’erogazione dei contributi diretti all’editoria e alle imprese radiofoniche e televisive

 

Si tratta in particolare dei contributi previsti dagli artt. 3, 4, 7 e 8 della legge 7 agosto 1990 n. 250, nonché all’art. 23, comma 3, della legge 6 agosto 1990, n. 223, e all’art. 7, comma 13, della legge 3 maggio 2004 n. 112 - riguardanti rispettivamente i programmi informativi trasmessi delle TV locali e via satellite, per i quali si rinvia alla descrizione contenuta nel commento all’articolo 24.

Secondo la disposizione in commento, tali contributi sono erogati nei limiti delle risorse finanziarie iscritte nel bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio con riferimento all’anno di presentazione delle domande; in caso di insufficienza di risorse viene applicato il criterio del riparto percentuale dei contributi.

 

Si ricorda che l’articolo 20 del D.L. n. 223 del 2006 ha ridotto l’autorizzazione di spesa per il settore dell’editoria come determinata dalla tabella C della finanziaria 2006, di 1 milione di euro per l'anno 2006 e di 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2007, demandando ad un DPCM la rideterminazione dei contributi per l'editoria di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250[174].

In tale circostanza, nella relazione tecnica allegata al ddl di conversione, il Governo ipotizzava che la riduzione delle provvidenze si articolasse in un ridimensionamento quantitativo dei contributi (mediante revisione dei requisiti soggettivi per l’accesso e delle modalità di calcolo) nonché in un contenimento delle agevolazioni tariffarie, mediante definizione di un tetto massimo per ciascun singolo beneficiario e ripartendo, fino ad esaurimento delle risorse, il monte delle provvidenze concedibili, fissato annualmente dalla Presidenza, tra la platea dei beneficiari stessi.

 

La norma peraltro fa salva la possibilità di erogare le differenze qualora vi fossero nuove risorse finanziarie; a tal fine si prevede l’adozione di formule rateizzate determinate con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Il comma 2 modifica i requisiti per accedere ai contributi a favore delle emittenti radiofoniche organi di partiti politici previsti dall’articolo 4 delle legge 250/1990, senza peraltro integrare od abrogare tale disposizione .

 

L’articolo 4 della legge n. 250 del 1990 - anche riprendendo nella sostanza una norma già prevista dalla legge n. 67 del 1987[175] - prevede che le imprese radiofoniche che risultino essere organi di partiti politici rappresentati in almeno un ramo del Parlamento, che abbiano registrato la testata giornalistica trasmessa presso il competente tribunale, che trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari per non meno del 50 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20 e che non siano editori o controllino, direttamente o indirettamente, organi di informazione di partiti politici, sia corrisposto un contributo annuo fisso pari al 70 per cento della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi[176]. A tali imprese spettano inoltre le riduzioni tariffarie previste dall’articolo 28 della legge 5 agosto 1981, n. 416[177].

 

Il comma in esame, così come formulato, sembrerebbe disporre che i contributi previsti dall’art. 4 della legge 250/1990 siano corrisposti esclusivamente:

§      alle imprese radiofoniche organi di partiti politici che abbiano il proprio gruppo parlamentare in una delle Camere o due rappresentanti nel Parlamento europeo, eletti nelle liste di movimento

§      alle imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 230[178].

 

In tale caso la norma, mentre da un lato modifica i requisiti della presenza parlamentare, avvicinandoli a quelli previsti per gli organi a stampa[179], dall’altro sembrerebbe estendere a nuovi soggetti l’erogazione dei contributi.

 

La legge 230/1990 aveva disposto l’erogazione di un contributo in conto capitale, per il solo triennio 1990-92, alle imprese radiofoniche private che nei primi tre anni successivi all'entrata in vigore dell'articolo 11 della legge 25 febbraio 1987, n. 67 avessero:

a) trasmesso quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari per non meno di nove ore comprese tra le ore sette e le ore venti;

b) utilizzato esclusivamente per la diffusione dei propri programmi, in ciascuno dei tre anni, almeno 60 impianti di trasmissione ubicati in almeno 35 province e in almeno 14 regioni italiane e che, nel terzo anno, abbiano esteso il numero di impianti al 50 per cento delle province e all'85 per cento delle regioni;

c) usufruito delle agevolazioni e dei rimborsi di cui al comma 1 (imprese di radiodiffusione sonora che trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari, per non meno del 25 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20), o dei contributi di cui al comma 2 (imprese radiofoniche che risultino essere organi di partiti politici rappresentati in almeno un ramo del Parlamento, le quali: trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari per non meno del 30 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20) dell'articolo 11 della citata legge n. 67 del 1987.

 

Il comma disciplina inoltre la situazione dei soggetti non rientranti nella nuova definizione che alla data del 31 dicembre 2005 abbiano maturato il diritto ai contributi, disponendo la prosecuzione dei contributi in via transitoria con le medesime procedure, fino alla ridefinizione dei requisiti di accesso.

Tale disciplina transitoria dovrebbe interessare i seguenti soggetti:

§      le altre imprese radiofoniche (che sembrano essere imprese che non rientrano nella nuova definizione di organo di partito):

§      i canali tematici satellitari equiparati alle radio di partito in base all’articolo 7, comma 13, n. 112/2004 (c.d. legge Gasparri).

 

L'art. 7, comma 13 della legge 3 maggio 2004, n. 112 prevede la possibilità di accedere ad alcuni contributi, tra i quali quelli relativi alla imprese radiofoniche organi di partito, per i canali tematici autorizzati alla diffusione via satellite, con esclusione di quelli ad accesso condizionato, che si impegnano a trasmettere programmi di informazione alle condizioni previste dall'articolo 7 del decreto-legge n. 323 del 1993, (ovvero che abbiano registrato la testata televisiva presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente, nelle ore comprese tra le 07,00 e le 23,00 per almeno un'ora, programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali).

 

Si segnala che l’articolo in commento contiene l’espressione canali telematici satellitari, mentre la norma citata parla di canali tematici satellitari.

 

Sotto il profilo del coordinamento con la normativa vigente, si segnala che le norme recate dall’articolo in commento - che non modificano testualmente la disciplina in esame ma intervengono “dall’esterno” - si aggiungono ad una serie di norme interpretative ed attuative contenute in disposizioni disomogenee e succedutesi nel tempo, che non consentono una agevole lettura della disciplina in commento. Non viene peraltro assicurato il coordinamento con le norme già in vigore (articolo 11 della legge n. 67 del 1987 e articolo 4 della legge n. 250 del 1990).

 


Articolo 27
(Diffusione di messaggi istituzionali e di utilità sociale)

 


1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 3 della legge 7 giugno 2000, n. 150, gli organi di informazione che ricevono contributi statali diretti sono tenuti, su richiesta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a diffondere gratuitamente messaggi istituzionali, di utilità sociale o di pubblico interesse, in misura massima da determinare con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita la Commissione tecnico consultiva di cui all’articolo 54 della legge 5 agosto 1981, n. 416.


 

 

La norma in esame prevede che gli organi di informazione che ricevono contributi statali diretti siano tenuti, su richiesta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a diffondere gratuitamente messaggi istituzionali, di utilità sociale o di pubblico interesse, in misura massima da determinare con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita la Commissione tecnico consultiva di cui all’articolo 54 della legge 5 agosto 1981, n. 416[180].

 

Sono fatte salve le disposizioni previste dall’art. 3 della legge 7 giugno 2000, n. 150.

 

L’articolo 3 della legge n. 150 del 2000 stabilisce che la Presidenza del Consiglio dei Ministri determini i messaggi di utilità sociale ovvero di pubblico interesse, che la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo può trasmettere a titolo gratuito, cui sono riservati tempi non eccedenti il due per cento di ogni ora di programmazione e l'uno per cento dell'orario settimanale di programmazione di ciascuna rete. L’articolo inoltre attribuisce la facoltà, alle emittenti private, radiofoniche e televisive, di utilizzare tali messaggi per passaggi gratuiti.

 

Si ricorda inoltre che l'articolo 33 del D.Lgs. 31 luglio 2005 n. 177 (Testo unico della radiotelevisione) reca norme sui comunicati che vengono trasmessi per esigenze di pubblica utilità da parte degli organi pubblici[181], riproducendo le disposizioni del comma 5 dell'articolo 10 della legge 6 agosto 1990, n. 223 e dei commi 1 e 2 dell’articolo 22 della legge 14 aprile 1975 n. 103[182].

 


Articolo 28
(Rimborsi per abbonamenti)

 


1. All’articolo 11, comma 1, della legge 25 febbraio 1987, n. 67, le parole: “a decorrere dal 1° gennaio 1991” sono sostituite dalle seguenti: “a decorrere dal 1° gennaio 2007”e alla lett. b) le parole: “al rimborso dell’80 per cento” sono sostituite dalle seguenti: “al rimborso del 60 per cento”.

2. All’articolo 8, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 250, le parole: “a decorrere dal 1° gennaio 1991” sono sostituite dalle seguenti: “a decorrere dal 1° gennaio 2007” e alla lett. b) le parole: “al rimborso dell’80 per cento” sono sostituite dalle seguenti: “al rimborso del 60 per cento”.

3. A decorrere dai contributi relativi all’anno 2007, le imprese di radiodiffusione sonora e televisiva ed i canali tematici satellitari possono richiedere le riduzioni tariffarie, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lett. a), della legge 25 febbraio 1987, n. 67, per un solo abbonamento sui canoni di noleggio e di abbonamento ai servizi di telecomunicazione via satellite, riferito esclusivamente al costo del segmento di contribuzione, fornito da società autorizzate ad espletare i predetti servizi.


 

 

L’articolo 28 reca alcune norme restrittive in materia di ammontare dei contributi alle imprese di radiodiffusione sonora e di modalità di accesso alle riduzioni tariffarie sui canoni di noleggio ai servizi di telecomunicazione via satellite per leimprese di radiodiffusione sonora e televisiva nonché i canali tematici satellitari.

 

Com’è noto, il comma 1 dell’articolo 11 della citata legge n. 67 del 1987 - come sostituito dall’articolo7 della più volte citata legge n. 250 - prevede che le imprese di radiodiffusione sonora che trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari, per non meno del 25 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20, hanno diritto alle riduzioni tariffarie di cui all'art. 28, della legge 5 agosto 1981, n. 416 nonché al rimborso dell'80 per cento delle spese per l'abbonamento ai servizi di tre agenzie di informazione a diffusione nazionale o regionale.

Ai sensi del successivo articolo 8 della legge n. 250, le medesime agevolazioni si applicano alle imprese di radiodiffusione sonora a carattere locale che abbiano registrato la testata radiofonica giornalistica trasmessa presso il competente tribunale e trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari, per non meno del 15 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20.

 

La norma in commento – mediante modifiche formali alle norme citate – riduce (commi 1 e 2), a decorrere dal 1°gennaio 2007, dall'80 al 60 per cento il rimborso delle spese sostenute dalle predette imprese radiofoniche per l'abbonamento ai servizi di tre agenzie di informazione a diffusione nazionale o regionale.

 

Inoltre, ai sensi del comma 3, le predette imprese di radiodiffusione sonora e televisiva nonché i canali tematici satellitari possono richiedere - a decorrere dai contributi relativi all’anno 2007 - le riduzioni tariffarie per un solo abbonamento sui canoni di noleggio e di abbonamento ai servizi di telecomunicazione via satellite, riferito esclusivamente al costo del segmento di contribuzione, fornito da Società autorizzate ad espletare i predetti servizi.

 

Con riferimento alla formulazione del testo, occorrerebbe inserire il comma 3 nell’ambito della legge n. 67 del 1987 che reca la normativa generale sulle riduzioni tariffarie.

 


Articolo 29
(Modifiche alla legge 7 agosto 1990, n. 250)

 


1. A decorrere dai contributi relativi all’anno 2006, all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 8, lettera a), le parole: “della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi” sono sostituite dalle seguenti: “dei costi risultanti dal bilancio”;

b) al comma 9 le parole: “della media” sono soppresse;

c) al comma 10, lettera a), le parole: “della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi” sono sostituite dalle seguenti: “dei costi risultanti dal bilancio”.

2. All’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, nel comma 2, lettera c), le parole:”precedente a quello” sono soppresse.

3. All’art. 3, comma 3, primo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 250, le parole: “fino a 40 mila copie di tiratura media” sono sostituite dalle seguenti: “fino a 30 mila copie di tiratura media”.

4. Qualora nella liquidazione dei contributi relativi all’anno 2004 sia stato disposto, in dipendenza dell’applicazione di diverse modalità di calcolo, il recupero di contributi relativi all’anno 2003, non si procede all’ulteriore recupero e si provvede alla restituzione di quanto recuperato.


 

 

L’articolo 29 introduce, a decorrere dai contributi relativi all’anno 2006 - mediante novelle all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250 - alcune modifiche alla disciplina di erogazione dei contributi diretti alle imprese editrici.

 

Con riferimento alla formulazione del testo, si segnala che l’utilizzo della tecnica della novella non consente di individuare, nella norma novellata, la decorrenza delle nuove disposizioni. Si segnala inoltre che il comma 4 dell’articolo in esame rimane isolato rispetto alle disposizioni contenute nell’articolo 3 della legge n. 250 del 1990.

 

In particolare, la lettera a) del comma 1 stabilisce che il contributo fisso di cui al comma 8, lettera a) dell’articolo 3 in questione, sia calcolato sui costi risultanti dal bilancio anziché sulla media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi. In tal senso la norma prevede, alla lettera b) una modifica formale del comma 9.

Analoga disposizione è prevista con riferimento ai contributi riservati agli organi di partiti o movimenti politici, il cui ammontare viene d’ora in avanti calcolato sulla base dei costi risultanti dal bilancio.

Il comma 2 modifica poi, con riguardo all’accesso ai contributi previsti dal comma 8 e 11, il requisito concernente le entrate pubblicitarie (che non devono superare il 30 per cento dei costi complessivi) previsto al comma 2, lettera c), dell’articolo 3. Tale requisito viene d’ora in avanti calcolato sull’anno di riferimento dei contributi e non più sull’anno precedente.

Il comma 3 riduce da quarantamila a trentamila copie di tiratura media, il numero massimo di copie per il quale è prevista l’erogazione del contributo – pari a euro 0,2 – per copia stampata, previsto per le imprese editrici di periodici che risultino esercitate da cooperative, fondazioni o enti morali, dall’art. 3, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 250.

Infine, il comma 4 stabilisce che qualora nella liquidazione dei contributi relativi all’anno 2004 sia stato disposto, in dipendenza dell’applicazione di diverse modalità di calcolo, il recupero di contributi relativi all’anno 2003, non si procede all’ulteriore recupero e si provvede alla restituzione di quanto recuperato.

 


Articolo 30
(Modifiche alla legge 23 dicembre 2005, n. 266 in materia di editoria)

 


1. Il termine di decadenza previsto dall’articolo 1, comma 461, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, si intende riferito anche ai contributi relativi agli anni precedenti.

2. All’articolo 1, comma 455della legge 23 dicembre 2005, n. 266, le parole: “dei costi complessivamente ammissibili” sono sostituite dalle seguenti: “degli altri costi in base ai quali è calcolato il contributo”.

3. Il comma 458 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, si interpreta nel senso che la composizione prevista dalla citata disposizione per l’accesso alle provvidenze di cui all’articolo 3, commi 2 e 2-quater, della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, consente l’erogazione dei contributi relativi all’ anno 2006, qualora realizzata nel corso del medesimo anno.


 

 

L’articolo 30 prevede alcune modifiche alle norme introdotte dalla legge finanziaria per il 2006 in materia di contributi all’editoria.

 

La legge finanziaria 2006[183] (in particolare i commi da 454 a 464 dell’articolo 1) - prevalentemente mediante modifiche o integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 250 - ha modificato in senso restrittivo i requisiti per l’accesso ai contributi e le modalità di erogazione; ha esteso la non cumulabilità tra i diversi tipi di contributi; limitato l’aumento su base annua dei costi ammissibili per il calcolo del contributo al tasso programmato di inflazione per l’anno di riferimento dei contributi; rideterminato - in 0,20 euro - il contributo per copia stampata alle imprese editrici di periodici esercitate da cooperative, fondazioni o enti morali; rifinanziato il credito agevolato e il credito di imposta alle imprese editoriali introdotti dalla 7 marzo 2001, n. 62[184]; istituito un’addizionale alle imposte sul reddito in presenza di redditi derivanti da produzione, distribuzione, vendita e rappresentazione di materiale pornografico e di incitamento alla violenza.

 

In particolare, il comma 1 dell’articolo 30 prevede che il termine di decadenza previsto dall’articolo 1 comma 461, della citata legge finanziaria si intende riferito anche ai contributi relativi agli anni precedenti.

 

     Al riguardo si ricorda che il comma 461 ha previsto la decadenza dal diritto a percepire le provvidenze sopra descritte per le imprese che non inviino l'intera documentazione entro un anno dalla relativa richiesta, mentre il successivo comma 574 (secondo periodo) ha previsto che i costi ammissibili per il calcolo del contributo in commento non possano aumentare su base annua di una percentuale superiore a quella del tasso programmato di inflazione per l’anno di riferimento dei contributi.

 

Il comma 2 - con una modifica all’articolo 1, comma 455 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 - stabilisce che i costi per le collaborazioni, anche giornalistiche, siano ammessi fino al 10 per cento degli altri costi in base ai quali è calcolato il contributo.

 

Si ricorda che il comma 455 prevede che ai fini del calcolo dei contributi previsti dall'articolo 3, commi 2, 8, 10 e 11 della legge n. 250/90, i costi per le collaborazioni, anche giornalistiche, siano ammessi fino al 10 per cento dei costi complessivamente ammessi.

 

Infine, il comma 3 prevede che il requisito per l’accesso ai contributi previsto dal comma 458 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, - vale a dire la condizione di essere composte solo da giornalisti professionisti, pubblicisti o poligrafici - si interpreti nel senso che detta composizione consente l’erogazione dei contributi relativi all’ anno 2006 qualora realizzata nel corso del medesimo anno.

 

Sotto il profilo del coordinamento con la normativa vigente, si segnala che i commi 1 e 3 recano norme attuative o interpretative alla legge finanziaria 2005, che a sua volta aveva già modificato indirettamente alcune norme della legge n. 250 del 1990, rendendo in tal modo ancora più ardua la comprensibilità delle norme ivi contenute.

 


Articolo 31
(Convenzioni aggiuntive)

 


1. Le convenzioni aggiuntive di cui agli articoli 19 e 20 della legge 14 aprile 1975, n. 103, sono approvate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e delle comunicazioni, e, limitatamente alle convenzioni aggiuntive di cui all'articolo 20, terzo comma, della stessa legge, con il Ministro degli affari esteri. Il pagamento dei corrispettivi è effettuato nell'anno successivo alla prestazione dei servizi derivanti dalle convenzioni.


 

 

L’articolo 31 dispone l’utilizzo di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per l'approvazione delle convenzioni - aggiuntive a quella tra il Ministero delle comunicazioni e la RAI per la concessione in esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo - previste dagli articoli 19 e 20 della legge 14 aprile 1975, n. 103[185].

 

In base all’articolo 19 della legge 103/1975 la società concessionaria del servizio pubblico, oltre che alla gestione dei servizi in concessione, è tenuta, tra l’altro, alle seguenti prestazioni:

§      predisporre annualmente, sulla base delle direttive della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sentita la Commissione parlamentare per l'indennizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, programmi televisivi e radiofonici destinati a stazioni radiofoniche e televisive di altri Paesi per la diffusione e la conoscenza della lingua e della cultura italiana nel mondo;

§      effettuare trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua tedesca e ladina per la provincia di Bolzano, in lingua francese per la regione autonoma Valle d'Aosta ed in lingua slovena per la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia

Il successivo articolo 20 dispone che. i corrispettivi dovuti alla società concessionaria per tali adempimenti siano stabiliti con apposite convenzioni con le competenti amministrazioni dello Stato.

 

Tali convenzioni sono state finora approvate con D.P.R. Nella relazione governativa si sostiene che tale strumento sia previsto esplicitamente solo per la concessione in esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo (peraltro facendo riferimento ad una norma orai abrogata, l’art. 196 del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156).e che in ogni caso si rende necessario semplificare la procedura di approvazione di convenzioni, non aventi di per sé carattere concessorio ma, piuttosto, specificativo ed integrativo di determinati servizi di pubblico interesse.

Viene quindi prevista l’approvazione delle convenzioni con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e delle comunicazioni e, limitatamente alle convenzioni relative ai programmi per l’estero, con il Ministro degli affari esteri.

 

La norma in esame dispone inoltre che il pagamento dei corrispettivi per i servizi prestati sia effettuato nell'anno successivo alla prestazione dei medesimi, in maniera di consentire - come si afferma nella relazione - la verifica dell'effettiva e completa attuazione dei servizi previsti nelle convenzioni.

 


Articolo 32
(Riproduzione di articoli di riviste o giornali)

 


1. All’articolo 65 della legge 22 aprile 1941, n. 633, dopo il comma 1, è inserito il seguente:

“1-bis. I soggetti che realizzano, con qualsiasi mezzo, la riproduzione totale o parziale di articoli di riviste o giornali, devono corrispondere un compenso agli editori per le opere da cui i suddetti articoli sono tratti. La misura di tale compenso e le modalità di riscossione sono determinate sulla base di accordi tra i soggetti di cui al periodo precedente e le associazioni delle categorie interessate. Sono escluse dalla corresponsione del compenso le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.”.


 

 

L’articolo 32, tramite una integrazione all’articolo 65 della legge 633/1941[186] sulla protezione del diritto d’autore, introduce un compenso per la riproduzione di articoli di riviste e giornali.

 

Il citato articolo 65 dispone chegli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico possano essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi, se la l'utilizzazione non sia stata espressamente riservata, purché si indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome dell'autore.

 

L’articolo in esame prevede che i soggetti che realizzano, con qualsiasi mezzo, la riproduzione totale o parziale di articoli di riviste o giornali (la norma sembra quindi escludere gli articoli radiodiffusi), devono corrispondere un compenso agli editori per le opere da cui gli articoli sono tratti. La misura di tale compenso e le modalità di riscossione sono determinate sulla base di accordi tra i soggetti utilizzatori degli articoli e le associazioni delle categorie interessate.

Sono escluse dalla corresponsione del compenso le amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 dell’articolo 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29[187]”.

 


Articolo 33
(Modalità di rimborso alla Società Poste Italiane)

 


1. Le somme ancora dovute alla società Poste Italiane ai sensi dell’articolo 3,comma 1, del decreto- legge 24 dicembre 2003, n. 353, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 46, sono rimborsate, previa determinazione effettuata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l’informazione e l’editoria, di concerto con il Ministero delle comunicazioni e con il Ministero dell’economia e delle finanze, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con una rateizzazione di dieci anni.


 

 

L’articolo 33 dispone che le somme ancora dovute alla società Poste Italiane in relazione alle tariffe postali agevolate per l’editoria, ai sensi dell’articolo 3, comma 1 del DL 353/2003[188], siano rimborsate, previa determinazione effettuata - entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge - dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministero delle comunicazione e con il Ministero dell’economia e delle finanze, con una rateizzazione di dieci anni.

 

Il DL 353/2003 è intervenuto per confermare la previgente disciplina relativa alle agevolazioni postali, basata sul rimborso a posteriori da parte dello Stato alla società Poste italiane S.p.a. della somma delle riduzioni da questa effettuate sulla spedizione di alcuni materiali editoriali[189].

Il DL prevede che l’importo delle tariffe postali agevolate per l’editoria venga determinato con decreto del Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri e individua i beneficiari delle agevolazioni in:

§      imprese editrici di quotidiani e periodici iscritte al Registro degli operatori di comunicazione (ROC);

§      imprese editrici di libri;

§      associazioni ed organizzazioni senza fini di lucro;

§      associazioni le cui pubblicazioni periodiche abbiano avuto riconosciuto il carattere politico dai gruppi parlamentari di riferimento;

§      ordini professionali, relativamente ai bollettini dei propri organi direttivi;

§      sindacati, relativamente ai bollettini dei propri organi direttivi;

§      le associazioni professionali di categoria, relativamente ai bollettini dei propri organi direttivi;

§      le associazioni d'arma e combattentistiche, relativamente ai bollettini dei propri organi direttivi.

In particolare l’articolo 3 dispone che il Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri provveda al rimborso in favore della società Poste italiane Spa della somma corrispondente all'ammontare delle riduzioni complessivamente applicate, nei limiti dei fondi stanziati sugli appositi capitoli del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri. I rimborsi sono effettuati sulla base di una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, rilasciata dalla società poste italiane, che attesti l’applicazione delle riduzione sulle tariffe postali; tale dichiarazione deve essere corredata da un dettagliato elenco delle riduzioni applicate a favore di ogni soggetto avente diritto.

 


Articolo 34
(Modifiche al Codice delle comunicazioni elettroniche)

 


1 All’art. 98 del Codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, le parole: “da euro 1.500,00 ad euro 250.000,00” sono sostituite dalle seguenti “da euro 15.000,00 ad euro 2.500.000,00” e le parole: “di euro 5.000,00” sono sostituite dalle seguenti: “di euro 50.000,00”;

b) al comma 5, le parole: “al doppio dei” sono sostituite dalle seguenti: “a venti volte i”;

c) al comma 8, le parole: “da euro 3.000,00 ad euro 58.000,00” sono sostituite dalle seguenti:“da euro 30.000.,00 ad euro 580.000,00”;

d) al comma 9, dopo le parole: “articolo 32,” sono inserite le seguenti: “ai soggetti che commettono violazioni gravi o reiterate più di due volte nel quinquennio delle condizioni poste dall’autorizzazione generale, il Ministero commina una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 30.000,00 ad euro 600.000,00;”. Le parole: “da euro 1.500,00 ad euro 115.000,00” sono sostituite dalle seguenti: “da euro 15.000,00 ad euro 1.150.000,00”;

e) al comma 11, le parole: “da euro 12.000,00 ad euro 250.000,00” sono sostituite dalle seguenti: “da euro 120.000,00 ad euro 2.500.000,00”;

f) al comma 13, le parole: “da euro 17.000,00 ad euro 250.000,00” sono sostituite dalle seguenti: “da euro 170.000,00 ad euro 2.500.000,00”;

g) al comma 14, le parole: “da euro 17.000,00 ad euro 250.000,00” sono sostituite dalle seguenti: “da euro 170.000,00 ad euro 2.500.000,00”;

h) al comma 16, le parole: “da euro 5.800,00 ad euro 58.000,00” sono sostituite dalle seguenti: “da euro 58.000,00 ad euro 580.000,00”;

i) dopo il comma 17 è inserito il seguente: “17-bis. Alle sanzioni amministrative irrogabili dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni non si applicano le disposizioni sul pagamento in misura ridotta di cui all’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni.”.


 

 

L’articolo 34 reca modifiche all’articolo 98 del codice delle comunicazioni elettroniche[190] in materia di sanzioni amministrative per violazioni delle disposizioni ivi previste in materia di reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico, inparticolare inasprendo talune delle sanzioni indicate.

 

A seguito delle modifiche introdotte:

a)   viene decuplicata la sanzione amministrativa conseguente alla installazione e fornitura di reti di comunicazione elettronica o offerta di servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico senza la relativa autorizzazione generale. A seguito della modifica è prevista la sanzione del pagamento di una somma da euro 15.000,00 ad euro 2.500.000,00 rispetto alla precedente sanzione del pagamento di una somma da 1.500 a 250.000 euro. Viene inoltre innalzata a 50.000 euro rispetto a i precedenti 5.000 la sanzione amministrativa pecuniaria minima nel caso in cui il fatto riguarda l’installazione o l'esercizio di impianti radioelettrici;

b)   colui che installa e fornisce reti di comunicazione elettronica o offre servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico senza la relativa autorizzazione generale è tenuto – oltre alla sanzione amministrativa di cui al punto precedente - al pagamento di una somma pari a venti volte i diritti amministrativi e i contributi commisurati al periodo di esercizio abusivo accertato e comunque per un periodo non inferiore all'anno (nella precedente formulazione la somma da pagare era pari al doppio dei citati diritti e contributi);

c)   la sanzione nel caso di installazione e fornitura di reti di comunicazione elettronica od offerta di servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico difformi alle disposizioni previste ai sensi dell'articolo 25, comma 4, dello stesso codice - precedentemente fissata nel pagamento di una somma da 3.000,00 a 58.000 euro – è determinata nel pagamento di una somma da 30.000 a 580.000 euro.

L’articolo 25, comma 4, richiamato prevede che l'impresa interessata presenti al Ministero delle comunicazioni una dichiarazione resa dalla persona fisica titolare ovvero dal legale rappresentante della persona giuridica, o da soggetti da loro delegati, contenente l'intenzione di iniziare la fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica, unitamente alle informazioni strettamente necessarie per consentire al Ministero di tenere un elenco aggiornato dei fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica, da pubblicare sul proprio Bollettino ufficiale e sul sito Internet. La dichiarazione costituisce denuncia di inizio attività. L'impresa è abilitata ad iniziare la propria attività a decorrere dall'avvenuta presentazione della dichiarazione e nel rispetto delle disposizioni sui diritti di uso previste dal codice medesimo. Il Ministero, entro e non oltre sessanta giorni dalla presentazione della dichiarazione, verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti e dispone, se del caso, con provvedimento motivato da notificare agli interessati entro il medesimo termine, il divieto di prosecuzione dell'attività. Le imprese titolari di autorizzazione sono tenute all'iscrizione nel registro degli operatori di comunicazione.

d)       viene introdotta una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 30.000,00 ad euro 600.000,00 per i soggetti che commettono violazioni gravi o reiterate più di due volte nel quinquennio delle condizioni poste dall’autorizzazione generale. Viene, inoltre, inasprita la sanzione per i soggetti che non provvedono, nei termini e con le modalità prescritti, alla comunicazione dei documenti, dei dati e delle notizie richiesti dal Ministero o dall'Autorità: la sanzione passa da una somma da 1.500,00 a 115.000 euro ad una somma da 15.000,00 a 1.150.000,00 euro;

e)      viene decuplicata la sanzione per i soggetti che non ottemperino agli ordini ed alle diffide, impartiti dal Ministero o dall'Autorità ai sensi del codice delle comunicazioni elettroniche: la sanzione passa da una somma da 12.000 a 250.000 euro ad una somma da 120.000 a 2.500.000 euro;

f)        viene decuplicata la sanzione nel caso di violazione delle disposizioni del codice relative all’accesso ed interconnessione alle reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico, nonché di violazione dell’articolo 80 relativo alla portabilità del numero: la sanzione passa da una somma da 17.000 a 250.000 euro ad una somma da 170.000 a 2.500.000 euro;

g)      viene decuplicata la sanzione in caso di violazione degli obblighi per gli operatori di prestazioni a fini di giustizia effettuate a fronte di richieste di intercettazioni e di informazioni da parte delle competenti autorità giudiziarie, di cui all’articolo 96 del codice: tale sanzione passa da una somma da 17.000 a 250.000 euro ad una somma da 170.000 a 2.500.000 euro;

h)      viene decuplicata la sanzione nel caso di inosservanza delle disposizioni relative al controllo delle spese (art. 60), alla qualità del servizio fornito dalle imprese designate (art. 61), ai contratti, alla trasparenza ed alla pubblicazione delle informazioni, alla qualità del servizio ed alla fornitura di prestazioni supplementari: la sanzione passa da una somma da 5.800 a 58.000 euro ad una somma da 58.000 a 580.000 euro.

L’articolo 60 del codice prevede che le imprese designate per la fornitura del servizio universale, nel fornire le prestazioni e i servizi, definiscono le condizioni e modalità di fornitura in modo tale che l'abbonato non sia costretto a pagare prestazioni o servizi che non sono necessari o che non sono indispensabili per il servizio richiesto.

L'Autorità provvede affinché tutte le imprese designate per la fornitura del servizio universale pubblichino informazioni adeguate ed aggiornate sulla loro efficienza nella fornitura del servizio universale, basandosi sui parametri di qualità del servizio, sulle definizioni e sui metodi di misura stabiliti nell'allegato n. 6 del codice. Le informazioni pubblicate sono comunicate anche all'Autorità (art. 61).

  Ai sensi dell’articolo 70, i consumatori, qualora si abbonano a servizi che forniscono la connessione o l'accesso alla rete telefonica pubblica, hanno diritto di stipulare contratti con una o più imprese che forniscono detti servizi. Il contratto indica almeno:a) la denominazione e l'indirizzo del fornitore del servizio; b) i servizi forniti, i livelli di qualità dei servizi offerti e il tempo necessario per l'allacciamento iniziale; c) i tipi di servizi di manutenzione offerti; d) il dettaglio dei prezzi e delle tariffe, nonché le modalità secondo le quali possono essere ottenute informazioni aggiornate in merito a tutte le tariffe applicabili e a tutti i costi di manutenzione; e) la durata del contratto, le condizioni di rinnovo e di cessazione dei servizi e del contratto; f) le disposizioni relative all'indennizzo e al rimborso applicabili qualora non sia raggiunto il livello di qualità del servizio previsto dal contratto; g) il modo in cui possono essere avviati i procedimenti di risoluzione delle controversie.

Ai sensi dell’articolo 71, l'Autorità assicura che informazioni trasparenti e aggiornate in merito ai prezzi e alle tariffe, nonché alle condizioni generali vigenti in materia di accesso e di uso dei servizi telefonici accessibili al pubblico, siano rese disponibili agli utenti finali e ai consumatori.

Secondo quanto previsto dall’articolo 72, l'Autorità, dopo aver effettuato la consultazione, può prescrivere alle imprese fornitrici di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico di pubblicare, a uso degli utenti finali, informazioni comparabili, adeguate ed aggiornate sulla qualità dei servizi offerti. Le informazioni sono comunicate, a richiesta, anche all'Autorità prima della pubblicazione.

L'Autorità può obbligare gli operatori esercenti reti telefoniche pubbliche a mettere a disposizione degli utenti finali specifiche prestazioni elencate nell'allegato n. 4 del codice, se ciò è fattibile sul piano tecnico e praticabile su quello economico.

i)      introduce il comma 17-bis che esclude l’applicazione delle disposizioni sul pagamento in misura ridotta di cui all’articolo 16 della legge n. 689/1981[191] alle sanzioni amministrative irrogabili dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni

L’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689 recante disposizioni relative alle modifiche al sistema penale, ammette il pagamento di una somma in misura ridotta - pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo - oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione.

 

D.Lgs. 1° agosto 2003 n. 259
Codice delle comunicazioni elettroniche

(Testo originario)

D.Lgs. 1° agosto 2003 n. 259
Codice delle comunicazioni elettroniche

(Testo vigente, come introdotto
dal DL 262/2006)

98. Sanzioni

98. Sanzioni

1. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico.

1. Identico.

2. In caso di installazione e fornitura di reti di comunicazione elettronica od offerta di servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico senza la relativa autorizzazione generale, il Ministero commina, se il fatto non costituisce reato, una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.500,00 ad euro 250.000,00, da stabilirsi in equo rapporto alla gravità del fatto. Se il fatto riguarda la installazione o l'esercizio di impianti radioelettrici, la sanzione minima è di euro 5.000,00.

2. In caso di installazione e fornitura di reti di comunicazione elettronica od offerta di servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico senza la relativa autorizzazione generale, il Ministero commina, se il fatto non costituisce reato, una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 15.000,00 ad euro 2500.000,00, da stabilirsi in equo rapporto alla gravità del fatto. Se il fatto riguarda la installazione o l'esercizio di impianti radioelettrici, la sanzione minima è di euro 50.000,00.

3. Se il fatto riguarda la installazione o l'esercizio di impianti di radiodiffusione sonora o televisiva, si applica la pena della reclusione da uno a tre anni. La pena è ridotta alla metà se trattasi di impianti per la radiodiffusione sonora o televisiva in àmbito locale.

3. Identico

4. Chiunque realizza trasmissioni, anche simultanee o parallele, contravvenendo ai limiti territoriali o temporali previsti dal titolo abilitativo è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.

4. Identico

5. Oltre alla sanzione amministrativa di cui al comma 2, il trasgressore è tenuto, in ogni caso, al pagamento di una somma pari al doppio dei diritti amministrativi e dei contributi, di cui rispettivamente agli articoli 34 e 35, commisurati al periodo di esercizio abusivo accertato e comunque per un periodo non inferiore all'anno.

5. Oltre alla sanzione amministrativa di cui al comma 2, il trasgressore è tenuto, in ogni caso, al pagamento di una somma pari a venti volte i diritti amministrativi e i contributi, di cui rispettivamente agli articoli 34 e 35, commisurati al periodo di esercizio abusivo accertato e comunque per un periodo non inferiore all'anno.

6. Indipendentemente dai provvedi­menti assunti dall'Autorità giudiziaria e fermo restando quanto disposto dai commi 2 e 3, il Ministero, ove il trasgressore non provveda, può provvedere direttamente, a spese del possessore, a suggellare, rimuovere o sequestrare l'impianto ritenuto abusivo.

6. Identico

7. Nel caso di reiterazione degli illeciti di cui al comma 2 per più di due volte in un quinquennio, il Ministero irroga la sanzione amministrativa pecuniaria nella misura massima stabilita dallo stesso comma 2.

7. Identico

8. In caso di installazione e fornitura di reti di comunicazione elettronica od offerta di servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico in difformità a quanto dichiarato ai sensi dell'articolo 25, comma 4, il Ministero irroga una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000,00 ad euro 58.000,00.

8. In caso di installazione e fornitura di reti di comunicazione elettronica od offerta di servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico in difformità a quanto dichiarato ai sensi dell'articolo 25, comma 4, il Ministero irroga una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 30.000,00 ad euro 580.000,00.

9. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 32, ai soggetti che non provvedono, nei termini e con le modalità prescritti, alla comunicazione dei documenti, dei dati e delle notizie richiesti dal Ministero o dall'Autorità, gli stessi, secondo le rispettive competenze, comminano una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.500,00 ad euro 115.000,00.

9. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 32, ai soggetti che commettono violazioni gravi o reiterate più di due volte nel quinquennio delle condizioni poste dall'autorizzazione generale, il Ministero commina una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 30.000,00 ad euro 600.000,00; ai soggetti che non provvedono, nei termini e con le modalità prescritti, alla comunicazione dei documenti, dei dati e delle notizie richiesti dal Ministero o dall'Autorità, gli stessi, secondo le rispettive competenze, comminano una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 15.000,00 ad euro 1.150.000,00.

10. Ai soggetti che nelle comunicazioni richieste dal Ministero e dall'Autorità, nell'àmbito delle rispettive competenze, espongono dati contabili o fatti concernenti l'esercizio delle proprie attività non corrispondenti al vero, si applicano le pene previste dall'articolo 2621 del codice civile.

10. Identico

11. Ai soggetti che non ottemperano agli ordini ed alle diffide, impartiti ai sensi del Codice dal Ministero o dall'Autorità, gli stessi, secondo le rispettive competenze, comminano una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 12.000,00 ad euro 250.000,00. Se l'inottemperanza riguarda provvedimenti adottati dall'Autorità in ordine alla violazione delle disposizioni relative ad imprese aventi significativo potere di mercato, si applica a ciascun soggetto interessato una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore al 2 per cento e non superiore al 5 per cento del fatturato realizzato dallo stesso soggetto nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della contestazione, relativo al mercato al quale l'inottemperanza si riferisce.

11. Ai soggetti che non ottemperano agli ordini ed alle diffide, impartiti ai sensi del Codice dal Ministero o dall'Autorità, gli stessi, secondo le rispettive competenze, comminano una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 120.000,00 ad euro 2.500.000,00. Se l'inottemperanza riguarda provvedimenti adottati dall'Autorità in ordine alla violazione delle disposizioni relative ad imprese aventi significativo potere di mercato, si applica a ciascun soggetto interessato una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore al 2 per cento e non superiore al 5 per cento del fatturato realizzato dallo stesso soggetto nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della contestazione, relativo al mercato al quale l'inottemperanza si riferisce.

12. Nei casi previsti dai commi 6, 7, 8 e 9, e nelle ipotesi di mancato pagamento dei diritti amministrativi e dei contributi di cui agli articoli 34 e 35, nei termini previsti dall'allegato n. 10, se la violazione è di particolare gravità, o reiterata per più di due volte in un quinquennio, il Ministero o l'Autorità, secondo le rispettive competenze e previa contestazione, possono disporre la sospensione dell'attività per un periodo non superiore a sei mesi, o la revoca dell'autorizzazione generale e degli eventuali diritti di uso. Nei predetti casi, il Ministero o l'Autorità, rimangono esonerati da ogni altra responsabilità nei riguardi di terzi e non sono tenuti ad alcun indennizzo nei confronti dell'impresa.

12. Identico

13. In caso di violazione delle disposizioni contenute nel Capo III del presente Titolo, nonché nell'articolo 80, il Ministero o l'Autorità, secondo le rispettive competenze, comminano una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 17.000,00 ad euro 250.000,00.

13. In caso di violazione delle disposizioni contenute nel Capo III del presente Titolo, nonché nell'articolo 80, il Ministero o l'Autorità, secondo le rispettive competenze, comminano una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 170.000,00 ad euro 2.500.000,00.

14. In caso di violazione degli obblighi gravanti sugli operatori di cui all'articolo 96, il Ministero commina una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 17.000,00 ad euro 250.000,00. Se la violazione degli anzidetti obblighi è di particolare gravità o reiterata per più di due volte in un quinquennio, il Ministero può disporre la sospensione dell'attività per un periodo non superiore a due mesi o la revoca dell'autorizzazione generale. In caso di integrale inosservanza della condizione n. 11 della parte A dell'allegato n. 1, il Ministero dispone la revoca dell'autorizzazione generale.

14. In caso di violazione degli obblighi gravanti sugli operatori di cui all'articolo 96, il Ministero commina una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 170.000,00 ad euro 2.500.000,00. Se la violazione degli anzidetti obblighi è di particolare gravità o reiterata per più di due volte in un quinquennio, il Ministero può disporre la sospensione dell'attività per un periodo non superiore a due mesi o la revoca dell'autorizzazione generale. In caso di integrale inosservanza della condizione n. 11 della parte A dell'allegato n. 1, il Ministero dispone la revoca dell'autorizzazione generale.

15. In caso di inosservanza delle disposizioni di cui ai commi 1, 4, 5 e 8 dell'articolo 95, indipendentemente dalla sospensione dell'esercizio e salvo il promuovimento dell'azione penale per eventuali reati, il trasgressore è punito con la sanzione amministrativa da euro 1.500,00 a euro 5.000,00.

15. Identico.

16. In caso di inosservanza delle disposizioni di cui agli articoli 60, 61, 70, 71, 72 e 79 il Ministero o l'Autorità, secondo le rispettive competenze, comminano una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.800,00 ad euro 58.000,00.

16. In caso di inosservanza delle disposizioni di cui agli articoli 60, 61, 70, 71, 72 e 79 il Ministero o l'Autorità, secondo le rispettive competenze, comminano una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 58.000,00 ad euro 580.000,00.

17. Restano ferme, per le materie non disciplinate dal Codice, le sanzioni di cui all'articolo 1, commi 29, 30, 31 e 32 della legge 31 luglio 1997, n. 249

17. Identico

 

17-bis. Alle sanzioni amministrative irrogabili dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni non si applicano le disposizioni sul pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni.

 


Articolo 35
(Organizzazione del Ministero dell’Università e della ricerca)

 


1. All’articolo 1, comma 8, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Il Ministero si articola in un Segretariato generale ed in sei uffici di livello dirigenziale generale, nonché un incarico dirigenziale ai sensi dell’articolo 19, comma 10, del decreto legislativo 31 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.”; nel comma 8-bis del medesimo articolo 1 sono soppresse le parole:“, il Ministero dell’università e della ricerca”.


 

 

L’articolo 35 disciplina, al comma 1, l’ordinamento del Ministero dell'università e della ricerca - recentemente istituito dall’art. 1, comma 8, del D.L. 181/2006[192] - prevedendo la figura del segretario generale e sei uffici di livello dirigenziale generale, nonché un incarico dirigenziale ai sensi dell’articolo 19, comma 10, del decreto legislativo 31 marzo 2001, n. 165[193].

Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, la norma si inserisce nell’ambito di un più generale programma di contenimento delle spese, mediante la soppressione dei dipartimenti a favore della figura del segretario generale.

 

Si ricorda che l'articolo 1, commi 7 e 8, del D.L. 181/2006 ha previsto l'istituzione, rispettivamente, del Ministero della pubblica istruzione e del Ministero dell'università e della ricerca, ai quali sono state trasferite, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, le funzioni attribuite al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dall'articolo 50, comma 1, lettere a) (Ministero della pubblica istruzione) e b) (Ministero dell'università e della ricerca), del decreto legislativo n. 300 del 1999[194]. Al Ministero dell'università e della ricerca sono inoltre espressamente attribuiti i poteri di programmazione, indirizzo e coordinamento sulle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica di cui alla legge 508 del 1999. I commi 16 e 17 dell’articolo 1 del medesimo DLhanno quindi provveduto in ordine ai mutamenti di denominazione in conseguenza dell'istituzione dei due nuovi dicasteri.

 

Attualmente, il DPR 11 agosto 2003, n. 319[195] (Regolamento di organizzazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca) individua 3 dipartimenti con funzioni di coordinamento e di indirizzo delle strutture di livello dirigenziale generale:

 

a) Dipartimento per la programmazione ministeriale e per la gestione ministeriale del bilancio, delle risorse umane e dell'informazione, articolato nei seguenti uffici di livello dirigenziale generale:

1.    direzione generale studi e programmazione sui sistemi dell'istruzione, dell'università, della ricerca e dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica;

2.    direzione generale per la politica finanziaria e per il bilancio;

3.    direzione generale per le risorse umane del Ministero, acquisti e affari generali;

4.    direzione generale per la comunicazione;

5.    direzione generale per i sistemi informativi.

 

b) Dipartimento per l'istruzione, che si articola nei seguenti uffici di livello dirigenziale generale:

1.    direzione generale per gli ordinamenti scolastici;

2.    direzione generale per lo studente;

3.    direzione generale per l'istruzione post-secondaria e per i rapporti con i sistemi formativi delle regioni e degli enti locali;

4.    direzione generale per il personale della scuola;

5.    direzione generale per gli affari internazionali dell'istruzione scolastica.

 

c) Dipartimento per l'università, l'alta formazione artistica, musicale e coreutica e per la ricerca, che comprende i seguenti uffici di livello dirigenziale generale:

1.    direzione generale per l'università;

2.    direzione generale per lo studente e il diritto allo studio;

3.    direzione generale per l'alta formazione artistica, musicale e coreutica;

4.    direzione generale per le strategie e lo sviluppo dell'internazionalizzazione della ricerca scientifica e tecnologica;

5.    direzione generale per il coordinamento e lo sviluppo della ricerca.

 

Conseguentemente, il comma 2 dell’articolo elimina il predetto Ministero dell’università e della ricerca dall’elenco dei ministeri per i quali il comma 8-bis dell’articolo 1 del D.L. 181/2006 prevede la struttura dipartimentale.

 

Articolo 36
(Valutazione del sistema universitario e della ricerca)

 


1. Al fine di razionalizzare il sistema di valutazione della qualità delle attività delle università e degli enti di ricerca pubblici e privati destinatari di finanziamenti pubblici, nonché dell’efficienza ed efficacia dei programmi statali di finanziamento e di incentivazione delle attività di ricerca e di innovazione, è costituita l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), con personalità giuridica di diritto pubblico, che svolge le seguenti attribuzioni:

a) valutazione esterna della qualità delle attività delle università e degli enti di ricerca pubblici e privati destinatari di finanziamenti pubblici, sulla base di un programma annuale approvato dal Ministro dell’università e della ricerca;

b) indirizzo, coordinamento e vigilanza delle attività di valutazione demandate ai nuclei di valutazione interna degli atenei e degli enti di ricerca;

c)valutazione dell’efficienza e dell’efficacia dei programmi statali di finanziamento e di incentivazione delle attività di ricerca e di innovazione.

2. I risultati delle attività di valutazione dell’Agenzia costituiscono criterio di riferimento per l’allocazione dei finanziamenti statali alle università e agli enti di ricerca.

3. Con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’università e della ricerca, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono disciplinati:

a) la struttura e il funzionamento dell’Agenzia, secondo principi di imparzialità, professionalità, trasparenza e pubblicità degli atti, e di autonomia organizzativa, amministrativa e contabile, anche in deroga alle disposizioni sulla contabilità generale dello Stato;

b) la nomina e la durata in carica dei componenti dell’organo direttivo, scelti anche tra qualificati esperti stranieri, e le relative indennità.

4. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 3, contestualmente alla effettiva operatività dell’Agenzia, sono soppressi il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca (CIVR), istituito dall’articolo 5 del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU), istituito dall’articolo 2 della legge 19 ottobre 1999, n. 370, il Comitato di valutazione di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 4 giugno 2003, n. 127, e il Comitato di valutazione di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 4 giugno 2003, n. 128.

5. Agli oneri derivanti dall’attuazione del presente articolo, nel limite di spesa di cinque milioni di euro annui, si provvede utilizzando le risorse finanziarie riguardanti il funzionamento del soppresso CNSVU, nonché, per la quota rimanente, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 130, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.


 

 

L’articolo 36 (comma 1) istituisce l’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR).

Attraverso la costituzione dell’Agenzia, cui è espressamente attribuita personalità giuridica di diritto pubblico, si intende razionalizzare il sistema di valutazione delle università e degli enti di ricerca pubblici e privati destinatari di finanziamenti pubblici.

Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, l’ intervento di razionalizzazione si rende necessario, “anche in coerenza con quanto dichiarato nel D.P.E.F., a seguito delle profonde modificazioni che hanno interessato tale ambito negli ultimi anni, e che spingono a potenziare il pur importante ruolo svolto dal CNSVU e dal CIVR, rafforzandone soprattutto la terzietà”. La relazione individua inoltre, tra gli obiettivi dell’intervento, l’attuazione del principio costituzionale di autonomia delle università e degli enti di ricerca, l’incremento della qualità delle istituzioni sottoposte a valutazione, l’affermazione dei principi di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità.

 

In particolare, l’Agenzia:

a)  valuta la qualità delle attività delle università e degli enti di ricerca, sulla base di un programma annuale approvato dal Ministro dell’università e della ricerca;

b)  coordina le attività di valutazione demandate ai nuclei di valutazione interna degli atenei e degli enti di ricerca;

c)  valuta l’efficienza e dell’efficacia dei programmi statali di finanziamento e di incentivazione delle attività di ricerca e di innovazione.

 

Ai sensi del comma 2, l’esito delle attività di valutazione dell’Agenzia costituisce “criterio di riferimento” per l’attribuzione dei finanziamenti sia agli atenei che agli enti di ricerca.

 

Le modalità organizzative e di funzionamento, ivi incluse la nomina e la durata in carica dei componenti dell’organo direttivo, sono demandate ad un regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’università e della ricerca, previo parere delle competenti commissioni parlamentari (comma 3).

 

A decorrere dalla data di entrata in vigore del predetto regolamento sono quindi soppressi il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca (CIVR), il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU), nonché i Comitati di valutazione del Consiglio nazionale delle ricerche[196] e dell'Agenzia spaziale italiana[197] (comma 4).


Il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca (CIVR) è stato istituito dall’articolo 5 del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, con il compito di indicare i criteri generali per le attività di valutazione dei risultati della ricerca e di promuovere la sperimentazione, l'applicazione e la diffusione di metodologie, tecniche e pratiche di valutazione, anche in collaborazione con le competenti strutture all'interno delle amministrazioni interessate. In particolare, il CIVR ha elaborato le Linee guida per la valutazione della ricerca. Ilprimo esercizio nazionale di Valutazione Triennale della Ricerca (VTR) 2001-2003 (avviato con il D.M. 16 dicembre 2003) –rivolto alla valutazione della produzione scientifica di università ed enti di ricerca, finanziati dal MIUR nel periodo 2001-2003 –si è concluso il 26 gennaio 2006.

 

Il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNSVU) è previsto dall'articolo 2 della legge 19 ottobre 1999, n. 370 con il compito, tra l’altro, di fissare i criteri generali per la valutazione delle attività delle università; predisporre una relazione annuale sulla valutazione del sistema universitario; promuovere la sperimentazione e la diffusione di metodologie e pratiche di valutazione; determinare la natura delle informazioni e dei dati che i nuclei di valutazione degli atenei sono tenuti a comunicare; attuare un programma annuale di valutazioni esterne delle università o di singole strutture didattiche. Il funzionamento del Comitato è stato disciplinato con DM 4 aprile 2000, n. 178. Da ultimo, il CNSVU ha presentato il Sesto rapporto annuale sullo stato del sistema universitario il 7 settembre 2005.

 

Riguardo alla valutazione del sistema universitario, si ricorda inoltre che con DM 28 luglio 2004 il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha approvato il Modello di Valutazione del Sistema Universitario predisposto dal CNSVU ai fini della ripartizione di una quota del fondo per il finanziamento ordinario delle università, che è stato applicato sperimentalmente per la durata di un triennio a decorrere dall’esercizio finanziario 2004.

 

Si ricorda altresì che nel corso della XIV legislatura sono state presentate alcune proposte legislative volte all’introduzione di un nuovo sistema di valutazione delle università: innanzitutto, nel corsodell’iter parlamentare del ddl di riforma dello stato giuridico dei docenti universitari (ora legge n. 230 del 2005) la Commissione Cultura della Camera aveva introdotto un sistema di valutazione – con l'istituzione di un’Agenzia nazionale di valutazione – ai fini dell’accesso dei professori al livello superiore, secondo procedure e criteri indicati in un apposito regolamento emanato da ciascun ateneo, sulla base di principi generali stabiliti con un decreto del MIUR. A tal fine, si sarebbe istituita, presso le facoltà, una commissione con lo scopo di valutare l'attività didattica, di ricerca e organizzativa di ciascun professore, nonché l'eventuale attività di partecipazione agli organi di governo dell'ateneo. Tale articolo, votato con il sostegno dell’opposizione, è stato poi soppresso nel corso dell’esame in Aula, anche in considerazione del parere negativo della Commissione Bilancio che aveva rilevato possibili nuovi o maggiori oneri non adeguatamente quantificati né coperti.

Successivamente, il ddl finanziaria per il 2006 (AS 3616) aveva previsto, all’articolo 62, l’istituzione del Consiglio nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca per l’espletamento dei compiti sinora affidati al Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario ed al Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca. L’articolo citato prevedeva che il Consiglio si componesse di 15 membri - anche stranieri - qualificati nel campo della valutazione e provenienti da diversi ambiti metodologici, nominati con DPCM su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Ad un decreto del Ministro, non avente valore regolamentare, era demandata la disciplina del funzionamento dell’organismo. L’articolo è stato peraltro stralciato dal testo del ddl finanziaria ed è divenuto ddl A.S. 3613-quinquies “Disposizioni concernenti il sistema nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca scientifica”.

 

Il comma 5 prevede, infine, un’autorizzazione di spesa pari a cinque milioni di euro annui nonché la relativa copertura finanziaria a valere sul capitolo 1630 (relativo alle spese per il funzionamento del soppresso CNSVU), e, per la quota rimanente, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 130, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

 

In proposito si ricorda che l’art. 1, comma 130, della legge 30 dicembre 2004 n. 311 (legge finanziaria 2005) ha autorizzato un finanziamento di 110 milioni di euro a decorrere dal 2005 per l’attuazione della legge n. 53/2003[198] (cosiddetta Legge Moratti). Tale somma è finalizzata all’attuazione di tre obiettivi specifici: anticipo delle iscrizioni e generalizzazione della scuola dell’infanzia; formazione iniziale e continua del personale; orientamento contro la dispersione scolastica e diritto-dovere di istruzione e formazione[199].

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 10 maggio 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione “Portare avanti l’agenda di modernizzazione delle università: istruzione ricerca e innovazione” (COM(2006)208).

La Commissione fornisce indicazioni per sbloccare il potenziale delle università europee, individuate come attori chiave per il futuro dell’Europa e per il successo del passaggio ad un’economia e ad una società basate sulla conoscenza.

La Commissione individua nove ambiti in cui apportare cambiamenti. In particolare ritiene necessario assicurare una maggiore efficacia dei finanziamenti nell’istruzione e nella ricerca. A tal fine ciascun paese dovrebbe definire, per l’istruzione superiore e la ricerca universitaria, il giusto equilibrio tra finanziamento di base, finanziamento competitivo e finanziamento basato sui risultati. Il finanziamento competitivo dovrebbe basarsi sui sistemi di valutazione istituzionale e su indicatori diversificati di rendimento, con obiettivi chiaramente definiti e indicatori convalidati in base a riscontri internazionali sia per quanto riguarda gli input che per gli output economici e sociali.

 

L’8 settembre 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione: efficienza ed equità nei sistemi europei di istruzione e formazione (COM(2006)481).

La Commissione sottolinea che i sistemi europei d’istruzione e formazione possono contribuire a creare maggiore crescita, occupazione e coesione sociale solo quando sono in grado di accrescere l’efficienza, aumentando il livello medio di capacità della popolazione, e di ridurre le disuguaglianze, migliorando le opportunità di vita dei più bisognosi e diminuendo il divario tra le persone meglio e peggio qualificate.

La Commissione considera efficienza ed equità temi prioritari per promuovere il processo di modernizzazione dei sistemi d’istruzione e di formazione negli Stati membri e intende sostenere, in particolare, lo sviluppo di una cultura della valutazione.

 


Articolo 37
(Disposizioni in materia di ordinamento universitario)

 


1. Il comma 2-ter dell’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, è sostituito dal seguente: “2-ter. Le disposizioni di cui al comma 2-bis si applicano anche a coloro che conseguono la laurea specialistica per la classe delle scienza giuridiche sulla base degli ordinamenti didattici adottati in esecuzione del regolamento del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509. Per tali soggetti, a decorrere dall’anno accademico 2007-2008, con regolamento del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro della giustizia, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, l’ordinamento didattico delle Scuole di cui al comma 1 può essere articolato sulla durata di un anno.”.

2. All’articolo 22, comma 13, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, nel primo periodo, le parole: “è riconosciuto” sono sostituite dalle seguenti: “può essere riconosciuto”. Le università disciplinano nel proprio regolamento didattico le conoscenze e le abilità professionali, certificate ai sensi della normativa vigente in materia, nonché le altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post-secondario da riconoscere quali crediti formativi. In ogni caso, il numero di tali crediti non può essere superiore a sessanta.

3. Per le finalità di cui all’articolo 26, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, si provvede con regolamento del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministra­zione, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, fermi restando i principi e i criteri enunciati nella medesima disposizione e prevedendo altresì idonei interventi di valutazione da parte del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU) sull’attività svolta, anche da parte delle università e delle istituzioni gia abilitate al rilascio dei titoli accademici alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Fino alla data di entrata in vigore del regolamento, non può essere autorizzata l’istituzione di nuove università telematiche abilitate al rilascio di titoli accademici.


 

 

Il comma 1 modifica la durata delle scuole di specializzazione per coloro che abbiano conseguito una laurea specialistica in scienze giuridiche (cd.3+2, vedi infra); viene pertanto sostituito il comma 3 bis dell’art. 16 del D.Lgs. 398/1997[200].

L’art. 16 citato, disponeva che i laureati secondo il vecchio ordinamento (laurea quadriennale in giurisprudenza) frequentassero una scuola post laurea di durata biennale e chei titolari di laurea specialistica svolgessero un percorso di specializzazione annuale (anziché biennale) i cui criteri sarebbero stati disciplinati con decreto adottato di concerto dai ministri dell’università e ricerca e della giustizia (che non risulta emanato).

La disposizione prescrive di norma la durata biennale della scuola di specializzazione anche per i titolari di laurea specialistica ed affida ad un regolamento del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro della Giustizia (da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge n. 400/1988[201]) l’eventuale articolazione annuale del percorso, a partire dall’anno accademico 2007-2008.

Secondo la relazione illustrativa al ddl di conversione, attraverso la norma proposta, si evita l’aggravio di spesa derivante dall’istituzione contemporanea di due distinti corsi di specializzazione:uno annuale e l’altro biennale.

 

Si ricorda che l’ordinamento dei percorsi universitari e dei relativi titoli è articolato su due livelli (cd 3+2): la laurea, in esito ad un percorso di durata triennale; la laurea specialistica (ora denominata magistrale) da conseguire in ulteriori due anni. La specializzazione post laurea è invece attivabile neisoli casi in cui la prevedano specifiche disposizioni legislative o in applicazione di direttive dell'Unione europea; una di tali fattispecie è appunto l’area della preparazione alle professioni legali (vedi infra)

La disciplina sopra richiamata discende dall’art. 17, comma 95, della legge 127/1997[202] (così detta “Bassanini 2”) -che ha demandato ad uno o più decreti del ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica la definizione di nuove tipologie dei titoli di studio universitari in sostituzione o in aggiunta a quelli esistenti- e dai successivi provvedimenti di attuazione: il D.M. 509/1999[203], recante la nuova articolazione del sistema (cosiddetto 3+2) poi sostituito dal D.M. 270/2004[204].

Con riguardo alle professioni legali Il DM 270/2004 ha previsto una deroga (articolo 6) al modello 3+2, consentendo l’istituzione di una classe di laurea magistrale con percorso unitario, fermo restando un periodo formativo iniziale (di un anno) comunea tutti i percorsi; è stato pertanto adottato il Decreto 25 novembre 2005[205]) che ha disposto l’avvio del nuovoordinamento a partire dall'anno accademico 2006/2007, fermo restando il diritto al completamento del percorso per gli studenti del vecchio ordinamento.

Le scuole di specializzazione per le professioni legali (la cui frequenza, a norma dell'art. 17, commi 113 e 114, della L. 127/1997, è condizione per l'ammissione al concorso per l'accesso alla magistratura ordinaria) sono state disciplinate dall’art. 16 del D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398[206], e dal D.M. 21 dicembre 1999, n. 537 che ne regolamenta l'istituzione e l'organizzazione.

In particolare l’art. 16 del D.Lgs. 398/1997 dispone che le scuole, a numero chiuso, abbiano durata biennale e si concludano con una prova d’esame di identico contenuto su tutto territorio nazionale. Il diploma finale è valutato ai fini del compimento del periodo di pratica per l'accesso alle professioni di avvocato e notaio per il periodo di un anno (D.M. 11 dicembre 2001, n. 475). Come già segnalato sopra, con riguardo alla durata, l’art. 16 (comma 2-bis) del D.Lgs. 398/1997 ha previsto che i laureati ai sensi del vecchio ordinamento (laurea quadriennale in giurisprudenza) conseguano la specializzazione in due anni; i laureati secondo i nuovi percorsi (laurea specialistica in scienze giuridiche) conseguano il titolo in un anno, secondo criteri dettati da un DM che -come rilevato- non risulta adottato (art. 16, comma 3-ter, modificato dalla norma in commento).

 

Il comma 2 modifica le modalità di riconoscimento di crediti formativi, utili per il conseguimento di laurea, ai dipendenti pubblici che abbiano frequentato scuole di formazione presso le amministrazioni di appartenenza (di cui all’art. 22 comma 13 della legge finanziaria 2002[207]); si dispone in proposito che la valutazione delle conoscenze e abilità formative sia effettuata dalle università (secondo criteri indicati nei regolamenti di ateneo) e non possa superare comunque i 60 crediti (equivalenti di fatto ad un anno di corso).

 

L’art. 22, comma 13, della legge finanziaria 2002 ha disposto che al personale delle amministrazioni pubbliche che abbia superato il previsto ciclo di studi presso le rispettive scuole di formazione, ivi compresi gli istituti di formazione delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile e delle Forze armate, l'Istituto di perfezionamento della Polizia di Stato, la Scuola di polizia tributaria della Guardia di finanza e la Scuola superiore dell'economia e delle finanze, sia riconosciuto un credito formativo per il conseguimento del titolo di laurea (triennale o specialistica, ora denominata magistrale) Per le modalità di riconoscimento dei crediti formativi la norma fa rinvio ad apposite convenzioni stipulate tra le amministrazioni interessate e le università.

 

A quanto emerge da notizie giornalistiche[208] la disposizione citata ha determinato la stipula di numerose convenzioni tra università e ministeri (dell'Interno, della Difesa, dell'Economia ) o collegi professionali. In base a queste ultime gli interessati hanno fruito di consistenti abbreviazioni del percorso universitario.

Con riguardo agli attuali percorsi e titoli universitari si fa rinvio a quanto sintetizzato a proposito del comma 1 dell’articolo in commento. Si ricorda inoltre che al credito formativo universitario (nozione introdotta con la citata riforma) corrispondono 25 ore di impegno complessivo (lezioni, seminari, studio individuale) per studente e che la quantità media di impegno di apprendimento svolto in un anno da uno studente a tempo pieno è convenzionalmente fissata in 60 crediti. E’ già previsto inoltre (art. 5 DM 509/1999, ora art. 5 DM 270/2004) che gli atenei riconoscano come crediti formativi universitari, secondo criteri predeterminati, conoscenze e abilità professionali certificate, nonché altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello postsecondario alla cui progettazione e realizzazione esse stesse abbiano concorso.

 

Il comma3 ridisciplina la procedura di accreditamento dei corsi di studio a distanza (cosiddette “università telematiche”) disponendo che si provveda alla determinazione dei criteri tramite regolamento ministeriale (di cui all’art. 17 comma 3 della legge 400/1988[209]) emanato dal ministro dell’università e ricerca di concerto con il Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie secondo i principi già enunciati nell’art. 26, comma 5, della legge 289/2002 (legge finanziaria per il 2003). Sono inoltre prescritti appositi interventi di valutazione da parte del Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario (CNVSU[210]) sia sulle strutture che chiedono il riconoscimento sia sulle università e sulle istituzioni già abilitate al rilascio dei titoli accademici alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Viene infine sospeso il rilascio di autorizzazioni fino alla data di entrata in vigore del regolamento citato.

 

Una prima disciplina dei corsi di studio a distanza è stata dettata dall’articolo 26, comma 5 della legge n. 289/2002 che ha rimesso ad un decreto del Ministro dell'istruzione università e ricerca, di concerto con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie la definizione dei criteri e delle procedure per l’accreditamento dei corsi universitari a distanza e delle istituzioni autorizzate al rilascio dei relativi titoli accademici. La norma indicava altresì i requisiti necessari (sintetizzabili nel possesso di adeguate risorse ed attrezzature tecnologiche) e specificava che non vi dovessero essere oneri per lo Stato.

In attuazione della disposizione richiamata, il DM 17 aprile 2003 ha poi specificato i requisiti e la procedura per l’accreditamento di corsi di studio a distanza (attivati da università statali e non) nonché delle “Università telematiche” (denominazione introdotta dallo stesso DM). Il DM prevede tra l’altro che:

§      il decreto ministeriale di accreditamento approvi contestualmente lo statuto (in caso di università telematiche);

§      i corsi di studio siano disciplinati secondo gli ordinamenti didattici vigenti ed i titoli rilasciati abbiano valore legale;

§      docenti e ricercatori a tempo indeterminato siano reclutati secondo le modalità di cui alla legge 210/1998[211];

§      le Università telematiche debbano dotarsi di un Nucleo di valutazione interna (art. 1 commi 1 e 2 della legge 370/1999 richiamata sopra) e siano sottoposte alle norme vigenti per la valutazione del sistema universitario[212].

 

Il DL 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, ha successivamente incluso anche le università telematiche tra i soggetti beneficiari dei contributi a favore delle università non statali (art. 4), il cui ammontare è stabilito annualmente con la tabella C della legge finanziaria.

Il DM 15 aprile 2005 ha poi adeguato il DM 17 aprile 2003 alla normativa recata dal D.L. n. 7 del 2005, prevedendo, tra l’altro, il parere motivato del CNSVU in ordine alle istanze per l'accreditamento dei corsi di studio, formulate nel rispetto delle linee generali di indirizzo del MIUR previsti dal citato decreto-legge.

Lo stesso DM ha inoltre consentito l’attivazione di corsi di studio preordinati al rilascio delle lauree a distanza per le professioni sanitarie, previa stipula di apposite convenzioni (con le università, sedi della facoltà di medicina e chirurgia, con le strutture del servizio sanitario nazionale e con gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico); tale previsione è stata poi annullata dal DM 14 luglio 2006[213] .

 

Con riguardo al comma sopra sintetizzato si segnala inoltre che l’art. 36 del ddl finanziaria - che istituisce l’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) - prevede la soppressione del CNSVU.

 


Articolo 38
(Misure di razionalizzazione della spesa energetica
degli enti pubblici)

 


1. Ai fini del contenimento della spesa pubblica e di razionalizzazione dell’uso delle risorse energetiche, gli enti pubblici sono autorizzati ad avviare procedure ad evidenza pubblica, nel rispetto della legislazione comunitaria e nazionale sulla concorrenza, per l’individuazione di società alle quali affidare servizi di verifica, monitoraggio ed interventi diretti, finalizzati all’ottenimento di riduzioni di costi di acquisto dell’energia, sia termica che elettrica.

2. Il corrispettivo delle società assegna­tarie del servizio è dato esclusivamente dalla vendita di eventuali titoli di efficienza energetica rilasciati in conseguenza dell’attività svolta.


 

 

L’articolo 38, comma 1, ai fini del contenimento della spesa pubblica e di razionalizzazione dell’uso delle risorse energetiche, autorizza gli enti pubblici ad avviare procedure ad evidenza pubblica, nel rispetto della legislazione comunitaria e nazionale sulla concorrenza, per l’individuazione di società alle quali affidare servizi di verifica, monitoraggio ed interventi diretti finalizzati all’ottenimento di riduzioni di costi di acquisto dell’energia, sia termica che elettrica.

 

In base all’art. 11 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, recante “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”, il procedimento ad evidenza pubblica si articola in almeno quattro fasi necessarie: la delibera a contrattare, con cui la P.A. dichiara l'intento di addivenire ad un contratto di un certo tipo e contenuto; la scelta del contraente (nelle forme – disciplinate dal citato decreto legislativo n. 163/2006[214] - della procedura aperta, ristretta e negoziata o del dialogo competitivo); l'aggiudicazione-stipulazione ed infine l'approvazione.

 

Il comma 2 prevede che il corrispettivo delle società assegnatarie del servizio derivi esclusivamente dalla vendita di eventuali titoli di efficienza energetica rilasciati in conseguenza dell’attività svolta.

In relazione alla tematica dell'efficienza energetica si segnala che i decreti ministeriali del 20 luglio 2004 hanno riformato la politica di promozione del risparmio energetico negli usi finali, introducendo un meccanismo innovativo anche nel panorama internazionale, basato sull'imposizione ai distributori di energia elettrica e di gas naturale di maggiori dimensioni di obblighi annuali di risparmio energetico da realizzare attraverso progetti attuati presso i clienti finali, propri o altrui.

Il meccanismo proposto prevede in particolare la creazione di un mercato dei titoli di efficienza energetica (i c.d. certificati bianchi), attestanti gli interventi realizzati, per certi versi simile a quello dei certificati verdi adottato per la promozione delle fonti rinnovabili di energia nella generazione elettrica.

Segnatamente, i provvedimenti in oggetto si propongono l’obiettivo di conseguire, alla fine del primo quinquennio di applicazione (2005-2009), un risparmio di energia pari a 2,9 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) all'anno, valore equivalente all'incremento annuo dei consumi nazionali di energia registrato nel periodo 1999-2001.

I distributori possono ottemperare agli obblighi fissati dai decreti ai fini dell’ottenimento del risparmio energetico prefissato attraverso:

§      l’attuazione di progetti a favore dei consumatori finali, volti a migliorare l'efficienza energetica delle tecnologie installate o delle relative pratiche di utilizzo (es.:installazione di elettrodomestici o motori industriali ad alta efficienza, interventi per l'isolamento termico degli edifici, sistemi di teleriscaldamento). I progetti possono essere realizzati direttamente, oppure tramite società controllate, o ancora attraverso società operanti nei settori dei servizi energetici (le cosiddette ESCO-energy services companies);

§      l’acquisto da terzi "titoli di efficienza energetica" o "certificati bianchi" attestanti il conseguimento di risparmi energetici.

 

I suddetti titoli di efficienza energetica sono emessi dal Gestore del mercato elettrico a favore dei soggetti che hanno conseguito i risparmi energetici prefissati, sulla base di una comunicazione dell'AEEG che certifica i risparmi conseguiti. L'Autorità infatti verifica e controlla che i progetti siano stati effettivamente realizzati in conformità con le disposizioni dei decreti e delle regole attuative da essa stessa definite.

La compravendita di questi titoli avviene tramite contratti bilaterali ovvero nel mercato apposito istituito dal Gestore del mercato elettrico e regolato da disposizioni stabilite dal Gestore stesso d'intesa con l'Autorità.

Il mancato rispetto degli obblighi comporta l’applicazione di sanzioni da parte dell’AEEG, incaricata di verificare il conseguimento degli obiettivi di risparmio energetico controllando che ogni distributore detenga un numero di titoli di efficienza energetica equivalente a quello previsto dai citati decreti.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

L’8 marzo 2006 la Commissione europea ha presentato il Libro verde “Una strategia europea per un’energia sostenibile, competitiva e sicura” inteso ad illustrare le nuove realtà con le quali l’Europa deve confrontarsi nel settore energetico nonché a delineare gli argomenti di dibattito e le opzioni che potrebbero costituire la base di una politica energetica europea più integrata.

Il Libro verde della Commissione delinea tre obiettivi fondamentali da perseguire: la sostenibilità, attraverso la diversificazione del mix energetico che deve poter tenere conto di tutte le diverse fonti di energia, la competitività, innanzitutto attraverso la piena realizzazione di un mercato interno dell’elettricità e del gas, la sicurezza dell’approvvigionamento, attraverso l’elaborazione di una politica energetica esterna comune.

 

La Commissione definisce sei settori prioritari d’intervento, per ognuno dei quali illustra alcune proposte concrete. In particolare, per ciò che concerne l’efficienza energetica, il Libro verde della Commissione propone la presentazione di un piano d’azione per l’efficienza energetica entro il 2006 al fine di raggiungere l’obiettivo di risparmio energetico delineato nel Libro verde sull’efficienza energetica (cfr. infra). Il piano dovrebbe contenere misure concrete tra cui: campagne per promuovere l’efficienza energetica, compresa l’efficienza degli edifici, soprattutto pubblici e il ricorso a strumenti finanziari per attrarre e stimolare investimenti in progetti di efficienza energetica e nelle società che forniscono servizi energetici[215].

 

Il 22 giugno 2005 la Commissione europea ha presentato il Libro verde sull’efficienza energeticaFare di più con meno” (COM(2005)265) inteso ad individuare gli ostacoli che si frappongono al miglioramento dell’efficienza energetica nell’Unione europea e a proporre una serie di azioni da intraprendere a vari livelli (internazionale, comunitario, nazionale, regionale e locale), coinvolgendo anche i settori dell’industria e dei trasporti.

 

Il Libro verde è volto ad avviare il dibattito sull’obiettivo di ridurre del 20%, entro il 2020, il consumo energetico dell'Unione europea, mantenendo il migliore rapporto possibile tra costi sostenuti ed efficienza conseguita.

 

Tale obiettivo può essere raggiunto, secondo la Commissione, attraverso un migliore sfruttamento dell'energia grazie a tecnologie che comportano una maggiore efficienza energetica, ma anche sensibilizzando i consumatori ad integrare l'efficienza energetica nei loro comportamenti quotidiani.

La Commissione raccomanda inoltre di agire adottando misure d’intervento, a livello comunitario, in numerosi settori tra i quali l’edilizia. In particolare La Commissione intende rafforzare l’applicazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico nell’edilizia,estendendola ad edifici di minori dimensioni (essa attualmente si applica solo ad edifici di oltre 1000 metri2) e prevedendo interventi volti al miglioramento del rendimento energetico degli edifici anche in occasione dei lavori di ristrutturazione.


Articolo 39
(Disposizioni in materia di tutela dell’euro)

 


1. Nell’ambito delle autorità nazionali competenti, ai sensi dell’articolo 2, primo paragrafo, lettera b), del regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, l’Ufficio centrale antifrode dei mezzi di pagamento del Ministero dell’economia e delle finanze raccoglie i dati tecnici e statistici, nonché le relative informazioni, in applicazione degli articoli 7 e 8 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 409.

2. I soggetti obbligati al ritiro dalla circolazione delle banconote e delle monete metalliche in euro sospette di falsità, in applicazione dell’articolo 8, comma 2, del decreto-legge di cui al comma 1, trasmettono al Ministero dell’economia e delle finanze - Ufficio centrale antifrode dei mezzi di pagamento, per via telematica, i dati tecnici e le informazioni inerenti all’identificazione dei sospetti casi di falsità, secondo modalità stabilite nell’ambito delle rispettive competenze, dalla Banca d’Italia e dal Ministro dell’economia e delle finanze.

3. Nelle more dell’adozione delle misure di cui al comma 3, i soggetti obbligati al ritiro delle banconote e delle monete metalliche in euro sospette di falsità provvedono all’inoltro all’Ufficio centrale antifrode dei mezzi di pagamento dei dati e delle informazioni secondo le modalità di cui alle vigenti disposizioni.

4. Per tener conto delle ulteriori esigenze poste dalla applicazione dell’articolo 8 della legge 17 agosto 2005, n. 166, in merito alle spese per la realizzazione, la gestione e il potenziamento di sistemi informatizzati di prevenzione delle frodi e delle falsificazioni sui mezzi di pagamento e sugli strumenti per l’erogazione del credito al consumo, è autorizzata la spesa di euro 758.000 per l’esercizio finanziario 2007, euro 614.000 per l’esercizio finanziario 2008, euro 618.000 per l’esercizio finanziario 2009.


 

 

Il comma 1 dell’articolo 39 individua, nell’ambito delle misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione, previste dal regolamento CE n. 1338 del 2001, l’Ufficio centrale antifrode dei mezzi di pagamento del Ministero dell’economia come autorità nazionale competente, ai sensi dell’articolo 2 del medesimo regolamento, a raccogliere i dati e le informazioni di cui agli articoli 7 e 8 del decreto-legge 25 settembre 2001 n. 350, recante disposizioni urgenti in vista dell’introduzione dell’euro, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 409.

 

L’articolo 2, comma 1, lettera b) del regolamento n. 1338 del 2001 definisce come autorità nazionali competenti le autorità designate dagli Stati membri al fine di individuare le banconote false e le monete false; raccogliere e analizzare i dati tecnici e statistici relativi alle banconote false; alle monete false, nonché quelli relativi alla falsificazione dell’euro.

 

L’articolo 7 del decreto-legge n. 350 del 2001 prevede che le autorità nazionali competenti trasmettano al Ministero dell’economia, secondo le modalità e i termini stabiliti dallo stesso Ministero, di concerto con il Ministero dell’interno i dati tecnici e statistici che consentono di identificare i mezzi di pagamento falsi così come i dati relativi al numero e alla provenienza geografica degli stessi e tutte le altre informazioni relative ai casi di falsificazione, ad esclusione dei dati personali.

L’articolo 8 prevede che le banche e gli altri soggetti che gestiscono e distribuiscono a titolo professionale banconote e monete metalliche hanno l’obbligo di ritirare dal mercato quelle sospette di falsità e di trasmetterle senza indugio alla Banca d’Italia e all’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato.

 

Al riguardo, andrebbe chiarita la portata del richiamo dell’articolo 8 del decreto legge n. 350 del 2001, che non fa alcun riferimento ai dati tecnici o statistici relativi alle monete false.

 

Il comma 2 prevede, nell’ambito delle misure organizzative occorrenti per il rispetto degli obblighi di ritiro e di trasmissione delle banconote e delle monete metalliche sospette di falsità, previste dall’articolo 8, comma 2, del già citato decreto-legge n. 350 del 2001, la trasmissione, da parte delle banche e degli altri soggetti che gestiscono e distribuiscono a titolo professionale banconote e monete metalliche all’Ufficio centrale antifrode del Ministero dell’economia, dei dati tecnici e delle informazioni attinenti non solo alle banconote e monete false, come già previsto dalla legislazione vigente (cfr. supra), ma anche all’identificazione dei sospetti casi di falsità, secondo le modalità stabilite nell’ambito delle rispettive competenze dalla Banca d’Italia e dal Ministro dell’economia e delle finanze.

Il comma 3 stabilisce che in attesa dell’adozione delle disposizioni previste al comma 2 (per un errore il testo fa riferimento al comma 2) le banche e gli altri soggetti che gestiscono e distribuiscono a titolo professionale banconote e monete metalliche provvedano all’inoltro delle informazioni all’Ufficio centrale antifrode secondo le modalità attualmente previste.

Il comma 4 autorizza la spesa di 758.000 euro per il 2007, 614.000 euro per il 2008 e 618.000 euro per il 2009 per la realizzazione della gestione e il potenziamento di sistemi informatizzati di prevenzione delle frodi e delle falsificazioni dei mezzi di pagamento, connessi all’ampliamento dei compiti del Ministero dell’economia e delle finanze previsto dall’articolo 8 della legge 17 agosto 2005 n. 166 che ha istituito un sistema di prevenzione delle frodi sulle carte di credito.

 

L’articolo 8 della legge n. 166 del 2005, attraverso una novella all’articolo 24 del decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 300, che definisce le aree funzionali del Ministero dell’economia, ha attribuito alla competenza di tale ministero non solo la già prevista prevenzione delle frodi sui mezzi di pagamento diversi dalla moneta, ma anche quella sugli strumenti attraverso i quali viene erogato il credito di consumo.

 


Articolo 40, commi 1 e 2
(Disposizioni concernenti la Presidenza del Consiglio dei ministri)

 


1. Il comma 4 dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, e successive modificazioni, è sostituito dai seguenti:

“4. Per lo svolgimento di particolari compiti per il raggiungimento di risultati determinati o per la realizzazione di specifici programmi, il Presidente istituisce, con proprio decreto, apposite strutture di missione, la cui durata temporanea, comunque non superiore a quella del Governo che le ha istituite, è specificata dall’atto istitutivo. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Presidente può ridefinire le finalità delle strutture di missione già operanti: in tale caso si applica l’articolo 18, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni. Sentiti il Comitato nazionale per la bioetica e gli altri organi collegiali che operano presso la Presidenza, il Presidente, con propri decreti, ne disciplina le strutture di supporto.

4-bis. Per le attribuzioni che implicano l’azione unitaria di più dipartimenti o uffici a questi equiparabili, il Presidente può istituire con proprio decreto apposite unità di coordinamento interdipartimentale, il cui responsabile è nominato ai sensi dell’articolo 18, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Dall’attuazione del presente comma non devono in ogni caso derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.”.

2. Al fine di monitorare il rispetto dei principi di invarianza e contenimento degli oneri connessi all’applicazione del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, e del presente decreto, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri si provvede, a valere sulle disponibilità per l’anno 2006 previste dall’articolo 1, comma 261, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, alla costituzione, presso il Dipartimento per l’attuazione del programma di Governo, di una struttura interdisciplinare di elevata qualificazione professionale, giuridica, economico-finanziaria e amministrativa, di non più di dieci componenti, per curare la transizione fino al pieno funzionamento dell’assetto istituzionale conseguente ai predetti provvedimenti normativi. L’attività della struttura, in quanto aggiuntiva alle normali funzioni svolte dai suoi componenti, deve svolgersi compatibilmente con tali prioritarie funzioni.


 

 

I commi 1 e 2 dell’art. 40 in esame intervengono sulla organizzazione interna della Presidenza del Consiglio dei ministri riformando la disciplina di organismi già esistenti (le strutture di missione) o istituendone di nuovi (le unità di coordinamento interdipartimentale e la struttura interdisciplinare per il monitoraggio del rispetto dei principi di invarianza e contenimento degli oneri connessi alla riforma dei ministeri operata con il D.L. 181/2006).

 

In particolare, il comma 1 modifica l’art. 7 del decreto legislativo 303/1999[216] – che ha riformato l’ordinamento della Presidenza del Consiglio – integrando la disciplina delle strutture di missione operanti presso la Presidenza e istituendo una nuova tipologia di organismi, le unità di coordinamento interdipartimentale.

Per un confronto tra le disposizioni previgenti e le modifiche apportate dai commi in esame si veda il seguente testo a fronte.

 

Testo vigente prima
dell’emanazione del D.L. 262/2006

Testo vigente con le modifiche apportate dal D.L. 262/2006

4. Per lo svolgimento di particolari compiti, per il raggiungimento di risultati determinati o per la realizzazione di specifici programmi, il Presidente istituisce, con proprio decreto, apposite strutture di missione, la cui durata temporanea è specificata dall'atto istitutivo. Sentiti il Comitato nazionale per la bioetica e gli altri organi collegiali che operano presso la Presidenza, il Presidente, con propri decreti, ne disciplina le strutture di supporto.

4. Per lo svolgimento di particolari compiti, per il raggiungimento di risultati determinati o per la realizzazione di specifici programmi, il Presidente istituisce, con proprio decreto, apposite strutture di missione, la cui durata temporanea, comunque non superiore a quella del Governo che le ha istituite, è specificata dall'atto istitutivo. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Presidente può ridefinire le finalità delle strutture di missione già operanti: in tale caso si applica l'articolo 18, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni. Sentiti il Comitato nazionale per la bioetica e gli altri organi collegiali che operano presso la Presidenza, il Presidente, con propri decreti, ne disciplina le strutture di supporto.

 

4-bis. Per le attribuzioni che implicano l'azione unitaria di più dipartimenti o uffici a questi equiparabili, il Presidente può istituire con proprio decreto apposite unità di coordinamento interdipartimentale, il cui responsabile è nominato ai sensi dell'articolo 18, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Dall'attuazione del presente comma non devono in ogni caso derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

 

 

Il nuovo comma 4 dell’art. 7 del D.Lgs. 303, novellato dal comma in esame, modifica la disciplina delle strutture di missione secondo le seguenti modalità:

§      viene stabilito un limite massimo di durata delle strutture di missione, pari alla durata del Governo che le ha istituite;

§      il Presidente del Consiglio può procedere alla ridefinizione delle finalità delle strutture già operanti (si tratta di una disposizione di carattere temporaneo in quanto può essere esercitata unicamente entro 30 giorni dall’entrata in vigore della disposizione, vedi oltre);

§      nel caso di ridefinizione delle finalità delle strutture, ad esse si applicano le norme sullo spoils system previste per i dirigenti apicali della Presidenza del Consiglio dall’art. 18, co. 3, della legge 400/1988[217], come modificato dal medesimo D.Lgs. 303/1999 (art. 12).

Si osserva, in via preliminare, che all’interno della novella introdotta dal comma in esame, è inserita una disposizione che, come si è accennato, prevede l’esercizio dello spoils system entro 30 giorni “dall’entrata in vigore della presente disposizione”. In proposito, andrebbe valutata l’opportunità di inserire tale disposizione, dato il suo carattere transitorio, in un comma diverso da quello recante la novella[218].

 

Le strutture di missione sono organismi amministrativi di durata determinata e finalizzati all'adempimento di specifici mandati assegnati dal Presidente del Consiglio. Tale tipologia di ufficio è stata introdotta dal D.Lgs. 303/1999 è va inquadrata nell’ambito dell’ampia riorganizzazione della Presidenza del Consiglio da esso operata. La riforma ha ridefinito il ruolo della Presidenza quale struttura di supporto del Presidente del Consiglio per l’esercizio delle funzioni di impulso, indirizzo e coordinamento dell’azione di Governo. Di conseguenza ha previsto il trasferimento ad altre amministrazioni di compiti operativi e gestionali in settori specifici (turismo, aree urbane ecc.). Inoltre, ha provveduto a riformare l’organizzazione della Presidenza dotandola di autonomia gestionale e contabile e prevedendo un sistema di strutture interne adatto ai nuovi compiti. Tra queste, le strutture di missione, che possono essere istituite per:

§      svolgere compiti particolari;

§      raggiungere risultati determinati;

§      realizzare specifici programmi.

In ogni caso hanno una durata predeterminata (di solito coincidente con la durata del Governo) specificata nell’atto istitutivo.

Sono istituite con decreto del Presidente del Consiglio con l’unica condizione di assumere il parere del Comitato nazionale per la bioetica e degli altri organi collegiali operanti presso la Presidenza.

Sempre con DPCM vengono disciplinate le strutture di supporto alle strutture di missione.

Si tratta di organismi caratterizzati da una ampia flessibilità e rapidità di costituzione, utilizzate per diversi scopi. Ad esempio la struttura di missione denominata Ufficio per il programma di Governo istituita con il DPCM 1° febbraio 2003 ha costituito la struttura di supporto al Ministro per il programma di Governo fino alla istituzione di un Dipartimento ad hoc presso la Presidenza del Consiglio.

 

Presso la Presidenza del Consiglio risultano attualmente operanti otto strutture di missione:

§      struttura di missione per il supporto della delegazione italiana della Commissione intergovernativa per la realizzazione della linee ferroviaria ad alta velocità tra Torino e Lione: istituita con il DPCM 12 dicembre 2003 fino alla scadenza del Governo allora in carica e successivamente riconfermata;

§      unità tecnica e-Government per lo sviluppo: istituita con il DPCM 30 gennaio 2003 e riconfermata;

§      struttura di missione presso il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi - DAGL (riconfermata)

§      struttura di missione Giochi olimpici Torino 2006 la cui attività è prevista fino al 28 febbraio 2007;

§      struttura di missione presso il Dipartimento per le politiche comunitarie, scaduta il 17 maggio 2006 e istituita nuovamente con il DPCM 28 luglio 2006;

§      struttura di missione Progetto opportunità delle regioni in Europa (PORE), istituito nel febbraio del 2004 quale strumento di informazione e di diffusione della conoscenza in materia di fondi tematici comunitari, la sua durata è stabilita fino al 31 dicembre 2007;

§      struttura di missione per le politiche per la famiglia;

§      struttura di missione per le politiche giovanili e lo sport.

Queste ultime due strutture sono organismi di carattere temporaneo volti a fornire il supporto necessario per l’attività dei due nuovi ministri senza portafoglio istituiti dal Governo in carica (Ministro delle politiche per la famiglia e Ministro delle politiche giovanili e attività sportive) fino alla costituzione dei rispettivi dipartimenti.

Si tratta dunque, ad eccezione di Torino 2006 e del progetto PORE, di strutture di missione recentemente riconfermate o istituite ex novo dall’attuale Governo.

 

Il comma in esame, inoltre, inserisce il nuovo comma 4-bis all’art. 7 del D.Lgs. 303, istituendo una nuova tipologia di strutture: le unità di coordinamento interdipartimentale per l’esercizio di attività che coinvolgono trasversalmente due o più dipartimenti (o uffici equiparabili ai dipartimenti) della Presidenza del Consiglio. Tali strutture non devono però originare nuovi oneri per il bilancio dello Stato.

Spetta al Presidente del Consiglio istituire, se necessario, le unità di coordinamento, e i rispettivi responsabili sono nominati ai sensi dell’art. 18, co. 3, della legge 400/1988[219].

 

Il comma 2 prevede la costituzione, presso il Dipartimento per l’attuazione del programma di Governo, di una struttura interdisciplinare con la specifica finalità di monitorare il rispetto dei principi di invarianza e contenimento degli oneri connessi al recente D.L. 181/2006[220] di riforma dell’organizzazione del Governo. Infatti, il decreto-legge ha stabilito (art. 1, co. 25) che la nuova organizzazione dell’amministrazione non dovrà comportare maggiori oneri a carico dello Stato.

Tale struttura, costituita con decreto del Presidente del Consiglio, sarà composta da non più di dieci membri, scelti tra personale dotato di elevata qualificazione professionale, giuridica, economico-finanziaria e amministrativa. Dal tenore della disposizione, che prevede che l’attività della struttura è aggiuntiva alle normali attività svolte dai suoi membri, sembra potersi desumere che questi debbano essere individuati (almeno prevalentemente) all’interno dell’amministrazione. D’altra parte, il riferimento all’utilizzazione delle disponibilità per il 2006 previste dall’art. 1, co. 261, della legge 311/2004, potrebbe non escludere la possibilità di ricorrere, almeno in parte, ad esperti esterni[221].

In ogni caso, la struttura è di carattere transitorio, destinata a svolgere i suoi compiti fino alla completa realizzazione del nuovo assetto dell’amministrazione centrale.

 

Il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181 modifica per più aspetti l’organizzazione del Governo stabilita dal D.Lgs. 300/1999[222], innanzitutto incidendo sull’articolazione in Ministeri, il cui numero risulta innalzato da 14 a 18 (il numero dei ministri va integrato con quello dei ministri senza portafoglio, le cui strutture sono incardinate presso la Presidenza del Consiglio).

Le modifiche attengono altresì al riparto di competenze tra i ministeri, e tra la Presidenza del Consiglio ed i ministeri stessi (con un significativo passaggio di competenze in favore della Presidenza del Consiglio, pur accompagnato da alcune riattribuzioni di competenze da questa a singoli ministeri).

La redistribuzione delle competenze in parte è consequenziale alla scelta stessa di creare nuovi ministeri, in parte appare innovativa anche per altri profili, rispetto al quadro delineato dalla riforma del 1999.

In particolare:

§      vengono istituiti il Ministero dello sviluppo economico – che sostituisce il Ministero delle attività produttive – ed il Ministero del commercio internazionale, al quale sono assegnate le funzioni in materia di commercio con l’estero (in precedenza attribuite al Ministero delle attività produttive);

§      vengono nuovamente distinte le competenze in materia di infrastrutture e di trasporti, con la creazione di due distinti Ministeri (in sostituzione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti);

§      al neoistituito Ministero della solidarietà sociale sono attribuite le funzioni intestate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di politiche sociali, di lavoratori extracomunitari, nonché quelle concernenti le politiche antidroga e il Servizio civile nazionale, oggi attribuite alla Presidenza del Consiglio;

§      le funzioni in materia di istruzione, università e ricerca sono ripartite tra Ministero della pubblica istruzione e Ministero dell’università e della ricerca.

Ulteriori aspetti della redistribuzione di funzioni tra Ministeri o tra Ministeri e Presidenza del Consiglio non determinano la creazione di nuovi ministeri. Tra questi si ricordano in particolare:

§      l’attribuzione di nuove competenze al Ministero delle politiche agricole e forestali, tra cui quelle sui generi alimentari trasformati industrialmente (già del Ministero delle attività produttive); il Ministero è conseguentemente ridenominato Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;

§      il trasferimento al Ministero dello sviluppo economico delle funzioni in materia di politiche di coesione (funzioni originariamente proprie del Ministero dell’economia, attribuite al Presidente del Consiglio dei ministri - o ad un ministro da lui delegato – dal D.L. 63/2005);

§      il trasferimento al Ministero degli affari esteri delle funzioni in materia di politiche per gli italiani nel mondo (già attribuite alla Presidenza del Consiglio);

§      l’attribuzione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri delle competenze in materia di:

-        sport;

-        indirizzo e coordinamento in materia di politiche giovanili;

-        indirizzo e coordinamento in materia di politiche per la famiglia, nonché interventi per il sostegno alla famiglia;

-        vigilanza sull’Agenzia dei segretari comunali e provinciali (che si occupa del relativo albo), nonché sulla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale;

-        iniziativa legislativa in materia di allocazione delle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione;

-        promozione e coordinamento relativamente all’attuazione dell’art. 118, primo e secondo comma, Cost. (i quali definiscono i criteri per l’attribuzione delle competenze amministrative ai diversi livelli territoriali di governo, in particolare in base al principio di sussidiarietà).

Mentre le prime tre aree di competenza sono attualmente proprie del Ministero per i beni e le attività culturali e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le successive afferiscono ad un ambito di intervento (enti locali) prevalentemente riconducibile al Ministero dell’interno.

L’art. 1, co. 25, detta una clausola generale di invarianza di spesa - in base alla quale le modalità attuative del decreto legge in esame devono essere tali da garantire che non vi siano nuovi o maggiori oneri a carico delle finanze pubbliche. In ordine alla ricognizione delle strutture trasferite in relazione alla modifica delle funzioni ministeriali, nonché alla individuazione, in via provvisoria, del contingente minimo degli uffici strumentali e di diretta collaborazione, provvede il comma 10, prevedendo che a detti adempimenti si provveda con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato d’intesa con il ministro dell’economia e delle finanze e sentiti i ministri interessati[223]. Mentre, il comma 23-bis rimette ad un decreto del Presidente del Consiglio adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti i Ministri interessati, previa consultazione delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, la determinazione dei criteri e delle modalità per l’individuazione delle risorse umane relative alle funzioni trasferite.

Infine, il comma 25-ter delinea il procedimento generale per l’emanazione dei decreti del Presidente del Consiglio con cui si darà attuazione al complessivo riordino dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dettato dal decreto-legge.


Articolo 40, comma 3
(Modifiche alla composizione del CIPE)

 

3. All’articolo 16, secondo comma, della legge 27 febbraio 1967, n. 48, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “e dai Ministri dell’università e della ricerca e della pubblica istruzione”.

 

 

Il comma 3 apporta modifiche alla composizione del CIPE, includendo, tra i Ministri che lo compongono, il Ministro dell’università e della ricerca e il Ministro della pubblica istruzione.

 

L’articolo 16 della legge 27 febbraio 1967, n. 48[224], disciplina la costituzione e le attribuzioni del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE).

Il secondo comma, in particolare, disciplina la composizione del CIPE. Questo, organo di carattere collegiale, è presieduto dal Presidente del Consiglio ed è composto in via permanente dal Ministro dell’economia e delle finanze (vicepresidente con delega permanente di presidente in caso di assenza del Presidente del Consiglio) e dai ministri degli affari esteri, per le politiche agricole, per le politiche comunitarie, per i beni e le attività culturali, dell’ambiente e della tutela del territorio, delle attività produttive (ora sviluppo economico), per il commercio internazionale, dei lavori pubblici (ora infrastrutture), dei trasporti, degli affari regionali, del lavoro e delle politiche sociali e dal Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni.

Partecipano alle singole riunioni del CIPE, con diritto di voto, anche i Ministri, non appartenenti al CIPE, nelle cui competenze sono comprese le materie oggetto delle deliberazioni.

Alle riunioni del CIPE partecipa, con le funzioni di segretario, un Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Infine, si ricorda che l’articolo 1, comma 2 del D.L. n. 181 del 2006 ha disposto il trasferimento della segreteria del CIPE alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Si ricorda che il CIPE (Comitato Interministeriale per la programmazione economica), sulla base degli indirizzi fissati dal Governo:

§      stabilisce le linee generali di politica economico-finanziaria per la predisposizione dei documenti programmatici;

§      elabora gli indirizzi delle diverse politiche settoriali, assicurandone da un lato il coordinamento con gli obiettivi occupazionali e di sviluppo, in particolare delle aree depresse, e verificandone, dall’altro, la coerenza con le politiche comunitarie;

§      approva piani e programmi di investimento ed assegna i relativi finanziamenti ai soggetti responsabili dell’attuazione;

§      tiene conto, nelle proprie deliberazioni, dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi precedentemente programmati.


Articolo 41, commi 1-3
(Incarichi dirigenziali)

 


1. All’articolo 19, comma 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dopo le parole: “gli incarichi di funzione dirigenziale di cui al comma 3”, sono aggiunte le seguenti: “, al comma 5-bis, limitatamente al personale non appartenente ai ruoli di cui all’articolo 23, e al comma 6,”.

2. Le disposizioni di cui all’articolo 19, comma 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si applicano anche ai direttori delle Agenzie, incluse le Agenzie fiscali.

3. In sede di prima applicazione dell’articolo 19, comma 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato ed integrato dai commi 1 e 2, gli incarichi ivi previsti, conferiti prima del 17 maggio 2006, cessano ove non confermati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.


 

 

Il comma 1 dell’articolo in esame apporta una modifica all’art. 19 del D.Lgs. 165/2001[225], che disciplina gli incarichi di funzioni dirigenziali presso le amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo. La modifica estende l’ambito di applicazione del comma 8 di tale articolo, che collega la durata dei più elevati incarichi dirigenziali alla durata del Governo.

Più precisamente, l’art. 19, co. 8 dispone che gli incarichi dirigenziali di cui al precedente co. 3 (incarichi di Segretario generale di ministeri, di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali ed incarichi di livello equivalente) cessino automaticamente decorsi 90 giorni dal voto sulla fiducia al nuovo Governo.

 

Tale previsione, introdotta dalla L. 145/2002[226], ha modificato la previgente disciplina della revocabilità degli incarichi di vertice da parte di ogni nuovo Governo (c.d. spoils system), rendendo sempre necessario l’intervento del Governo sull’assetto della dirigenza di vertice esistente all’atto del suo insediamento, poiché gli incarichi dovranno comunque essere oggetto di un nuovo conferimento. La precedente disciplina prevedeva invece che entro lo stesso termine tali incarichi potessero essere confermati, modificati, revocati o rinnovati e che in assenza di determinazioni a riguardo essi dovessero ritenersi confermati sino alla loro naturale scadenza.

 

Il comma 1 in commento estende gli effetti di tale disposizione a tutti gli incarichi di funzione dirigenziale conferiti a personale non appartenente ai ruoli dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato, ai sensi dei commi 5-bis e 6 del medesimo art. 19 del D.Lgs. 165/2001.

 

In virtù dei menzionati commi 5-bis e 6, destinatari di incarichi di funzione dirigenziale possono essere anche soggetti esterni, quali:

§      dirigenti non appartenenti ai ruoli della dirigenza statale, purché dipendenti delle amministrazione pubbliche, ovvero di organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, comando o analogo provvedimento, secondo i rispettivi ordinamenti, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia e del 5 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia (art. 19, co. 5-bis). La durata di tali incarichi può variare da tre a cinque anni, secondo i limiti che il precedente co. 2 ha fissato in via generale per gli incarichi dirigenziali;

§      persone “di particolare e comprovata qualificazione personale” e in possesso di particolari requisiti (integrati di recente dal D.L. 115/2005)[227], che possono essere incaricate entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli delle amministrazioni statali e dell’8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia (art. 19, comma 6 D.Lgs. 165/2001). La durata massima di tali incarichi è stabilita in tre anni per gli incarichi di vertice e le direzioni generali, in cinque anni per gli altri.

 

L’estensione è motivata dalla relazione illustrativa con riguardo alla natura fiduciaria che caratterizza tali incarichi, “in quanto affidati dall’organo politico, del tutto discrezionalmente, a soggetti estranei ai ruoli delle amministrazioni centrali dello Stato, che, a causa di una lacuna della vigente normativa, restano in carica oltre la scadenza del medesimo organo politico, in violazione degli artt. 95 e 97 della Costituzione […]”, oltre che per ragioni di contenimento della spesa.

 

Non appare ben chiaro il significato dell’inciso: “limitatamente al personale non appartenente ai ruoli di cui all’articolo 23”, che accompagna il riferimento agli incarichi di cui al comma 5-bis, considerato che quest’ultimo comma fa riferimento a personale dirigente che (dipenda esso da amministrazioni pubbliche o da organi costituzionali) in ogni caso non appartiene a tali ruoli.

 

Il comma 2 dispone che la testé illustrata cessazione degli incarichi dirigenziali decorsi 90 giorni dal voto di fiducia di cui all’art. 19, co. 8, del D.Lgs. 165/2001, trovi applicazione anche per i direttori delle Agenzie, incluse le Agenzie fiscali.

 

Le Agenzie sono state istituite dal D.Lgs. 300/1999[228], che ha altresì dettato una disciplina generale in materia.

Il ricorso all'agenzia si rende opportuno in presenza di funzioni che richiedano particolari professionalità, conoscenze specialistiche e specifiche modalità di organizzazione del lavoro, difficilmente realizzabili all'interno delle strutture ministeriali.

Le agenzie operano in condizioni di autonomia, nei limiti stabiliti dalla legge: dispongono di un proprio statuto; sono sottoposte al controllo della Corte dei conti ed al potere di vigilanza di un ministro; hanno autonomia di bilancio ed agiscono sulla base di convenzioni stipulate con le amministrazioni.

Le Agenzie oggi previste dal D.Lgs. 300/1999 sono le seguenti:

§      Agenzia industrie difesa;

§      Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici;

§      Agenzia dei rapporti terrestri e delle infrastrutture;

§      Agenzia per la formazione e l’istruzione professionale;

§      quattro Agenzie fiscali (entrate, dogane, territorio, demanio).

Accanto a quelle citate, l’ordinamento prevede una serie di organismi, denominati “agenzie”, istituiti con distinti provvedimenti. Si tratta dei seguenti:

§      Agenzia spaziale italiana (ASI);

§      Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN);

§      Agenzia per i servizi sanitari regionali;

§      Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali;

§      Agenzia nazionale per la sicurezza del volo;

§      Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA);

§      Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS).

§      Agenzia italiana del farmaco;

§      Agenzia nazionale del turismo.

 

A tale riguardo si ricorda che gli organi di vertice delle Agenzie formano attualmente oggetto di un’altra disposizione analoga a quella testé illustrata, l’art. 6 della citata L. 145/2002.

Tale articolo ha introdotto un meccanismo che consente al Governo, all’inizio di una nuova legislatura, di sottoporre a revisione (conferma, revoca, modifica o rinnovo) le nomine di competenza governativa in strutture esterne ai Ministeri operate precedentemente. Si tratta delle nomine degli organi di vertice e dei membri dei consigli di amministrazione o degli organi equiparati delle seguenti strutture:

§      enti pubblici;

§      società controllate o partecipate dallo Stato;

§      Agenzie;

§      altri organismi comunque denominati.

Per rafforzare ulteriormente la generale rinnovabilità di tutte le nomine di spettanza del Governo o dei ministri, vengono inserite nell’ambito di applicazione della norma altre due tipologie:

§      i rappresentanti del Governo e dei ministri in ogni organismo e a qualsiasi livello;

§      i componenti di comitati, commissioni e organismi ministeriali e interministeriali.

Qualora le nomine siano intervenute nei sei mesi antecedenti la scadenza naturale della legislatura (computata espressamente con decorrenza dalla data della prima riunione delle Camere) o, in caso di scioglimento anticipato delle Camere, nel mese antecedente a questo, possono essere confermate o modificate dal nuovo Governo entro sei mesi dalla data del voto parlamentare che conferisce ad esso la fiducia. Decorso il termine in assenza di interventi, gli incarichi si intendono confermati sino alla loro naturale scadenza.

Si segnala l’opportunità di prevedere forme di coordinamento tra la disposizione di cui al comma 2 in commento e quella testé illustrata di cui all’art. 6 della L. 145/2002.

 

Il comma 3 reca una norma transitoria concernente gli incarichi di funzioni dirigenziali, oggetto delle disposizioni recate dai due commi precedenti, che siano stati conferiti prima del 17 maggio 2006 (data di formazione del Governo attualmente in carica): tali incarichi cessano ove non confermati entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.

 

Si segnala, per completezza di esposizione, che il comma 24-bis del D.L. 181/2006[229] ha aggiunto un periodo all’art. 14, co. 2, del D.Lgs. 165/2001, nel quale si prevede che tutte le assegnazioni di personale agli uffici di diretta collaborazione dei ministri, “compresi gli incarichi anche di livello dirigenziale e le consulenze e i contratti, anche a termine”, decadono automaticamente se non confermati entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro.

 

Si segnala che l’articolo 32 del disegno di legge finanziaria per il 2007 (A.C. 1746), nell’ambito della revisione degli assetti organizzativi dei ministeri, da eseguirsi entro il 30 aprile 2007, prevede, al comma 1, lettera a), la riduzione degli uffici di livello dirigenziale generale in misura non inferiore al 10 per cento, e degli uffici di livello dirigenziale non generale in misura non inferiore al 5 per cento.


Articolo 41, comma 4
(Nomine Agenzia per i servizi sanitari regionali)

 


4. Il comma 309 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è soppresso. In via transitoria, le nomine degli organi dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali, di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 115, e successive modificazioni, cessano ove non confermate entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.


 

 

La legge finanziaria per il 2006(art. 1, comma 309, della legge n. 266 del 2005)aveva introdotto una deroga temporanea alla normativa generale sugli organi di vertice delle strutture pubbliche (enti pubblici, società controllate o partecipate dallo Stato, agenzie ed altri organismi comunque denominati), in base alla quale le nomine effettuate nei sei mesi antecedenti la scadenza della legislatura possono essere confermate, revocate, modificate o rinnovate dal nuovo Governo, entro sei mesi dal voto di fiducia[230].

In particolare, la disposizione escludeva, per il periodo 2006-2008, gli organi dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali[231] dall’applicazione della disciplina generale sulle nomine soggette al vaglio del Governo ad inizio legislatura.

Tale disposizione, secondo la relazione al ddl finanziaria 2006, era volta a garantire “con carattere di continuità, la realizzazione del programma di attività, connesso allo specifico piano di lavoro finalizzato allo svolgimento dei compiti per la riduzione delle liste di attesa”[232].

 

La norma in esame, nel sopprimere l’art. 1, comma 309, della legge finanziaria per il 2006, dispone, in via transitoria, la cessazione delle suddette nomine, ove non confermate entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto legge.

 


Articolo 42
(Razionalizzazione del settore della formazione del personale della pubblica amministrazione)

 


1. L’Osservatorio sui bisogni di formazione e qualificazione del personale delle amministrazioni pubbliche, di cui all’ articolo 1, comma 2, lettera e), del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 287, e successive modificazioni, è soppresso. Con delibera adottata ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 287 del 1999, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il direttore della Scuola superiore della pubblica amministrazione individua, nell’ambito delle strutture organizzative della stessa, il servizio responsabile dell’attuazione dei compiti attribuiti all’Osservatorio, definendo le ulteriori disposizioni per il loro svolgimento.

2. La sede di Acireale della Scuola di cui al comma 1 è soppressa . Nei confronti del personale in servizio presso la sede predetta sono attivate le procedure di cui agli articoli 33 e 34 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

3. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il presidente del Formez-Centro di formazione studi presenta al Dipartimento della funzione pubblica un aggiornamento del piano di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 285, contenente misure di riorganizzazione interna dell’Istituto volte a conseguire, nell’anno finanziario 2007, risparmi di spesa non inferiori al dieci per cento delle risorse di cui all’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 285 del 1999. Ai fini dell’applicazione del presente comma i termini di trenta e sessanta giorni stabiliti nel citato articolo 3, comma 2, sono entrambi ridotti a quindici giorni. Il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione comunica immediatamente l’approvazione del piano al Ministro dell’economia e delle finanze, ai fini delle conseguenti variazioni da apportare alla tabella C allegata alla legge finanziaria.


 

 

L’articolo in esame, si legge nella relazione illustrativa, “contiene una serie di modifiche finalizzate a razionalizzare e a contenere la spesa nel settore della formazione del personale della pubblica amministrazione”.

 

Il comma 1 provvede a sopprimere l’Osservatorio sui bisogni di formazione e qualificazione del personale delle amministrazioni pubbliche, di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 287, recante “Riordino della Scuola superiore della pubblica amministrazione e riqualificazione del personale delle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59”.

Lo stesso comma contestualmente prevede che il direttore della Scuola, con propria delibera, sentito il comitato operativo e per quanto di sua competenza il dirigente amministrativo, individui, entro trenta giorni dalla entrata in vigore del presente provvedimento, il servizio responsabile dell’attuazione dei compiti attribuiti all’Osservatorio nell’ambito delle strutture organizzative della stessa Scuola, definendo altresì le ulteriori disposizioni per il loro svolgimento.

 

La Scuola superiore della pubblica amministrazione (SSPA) è un'istituzione di alta cultura e formazione, posta nell'ambito e sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio.

Istituita nel 1957, essa è stata soggetta a diversi riordinamenti, i più recenti dei quali sono stati operati con il citato D.Lgs. 287/1999 e successivamente con il D.Lgs. 381/2003[233], che con una novella ha integralmente sostituito gli articoli da 1 a 8 del D.Lgs. 287/1999.

Tra i compiti primari della Scuola sono da ricordare:

§      il reclutamento dei dirigenti e dei funzionari dello Stato, secondo quanto disposto dalla L. 145/2002 che ha reintrodotto, per l’accesso alla dirigenza, anche la modalità del corso-concorso selettivo di formazione dirigenziale bandito dalla SSPA;

§      l’attività formativa iniziale dei dirigenti dello Stato;

§      la formazione permanente dei dirigenti e dei funzionari dello Stato;

§      lo svolgimento di attività di ricerca, e, su richiesta, di attività di consulenza e supporto tecnico per la Presidenza del Consiglio e per le amministrazioni pubbliche su tematiche istituzionali, progetti di riforma e in materia di innovazione amministrativa, formazione e di organizzazione dell'attività formativa;

§      il coordinamento delle attività delle scuole pubbliche statali di formazione e l'individuazione e l'attuazione di forme di cooperazione con le scuole pubbliche diverse da quelle dello Stato, nonché la cura di un Osservatorio sui bisogni di formazione e qualificazione del personale delle amministrazioni pubbliche.

La Scuola ha sede in Roma. Le attività di insegnamento e formazione sono tenute presso la sede di Roma e quelle distaccate di Acireale, Bologna, Caserta, Reggio Calabria e del Centro Residenziale Studi di Caserta.

Il D.Lgs. 287/1999 (art. 3, co. 2) stabilisce che il mutamento della sede centrale, l'istituzione o la soppressione di una sede distaccata devono avvenire con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica. A ciascuna sede distaccata è preposto un dirigente, il cui incarico è conferito dal direttore della Scuola, sentito il dirigente amministrativo, tra i dirigenti assegnati alla stessa, ovvero tra i dirigenti dello Stato .

La legge individua tra gli organi della Scuola il direttore, unitamente al comitato di indirizzo, al comitato operativo e al dirigente amministrativo.

Spetta al direttore, in qualità di vertice dell'istituzione, il compito di assicurare lo svolgimento delle attività istituzionali: egli è responsabile dell'attività didattica e scientifica della Scuola, nomina le commissioni esaminatrici per i concorsi e i corsi ed esercita le altre attribuzioni previste dal D.Lgs. 287/1999, dal regolamento della Scuola e dalle delibere con cui lo stesso direttore definisce, sentito il comitato operativo e per quanto di sua competenza il dirigente amministrativo, l'organizzazione interna della Scuola e detta le ulteriori disposizioni occorrenti per il suo funzionamento.

L'attività di formazione è svolta da un gruppo di 30 docenti stabili, scelti tra dirigenti di amministrazioni pubbliche, docenti universitari, magistrati ordinari,amministrativi e contabili, avvocati dello Stato e consiglieri parlamentari, esperti, italiani o stranieri, di comprovata professionalità. La Scuola può, inoltre, avvalersi di docenti incaricati, anche temporaneamente, di specifiche attività di insegnamento e conferire a persone di comprovata professionalità specifici incarichi finalizzati alla pubblicazione di ricerche e studi.

 

Il comma 2 prevede la chiusura della sede di Acireale della SSPA, con la susseguente attivazione delle procedure di mobilità collettiva nei confronti del personale in servizio presso la sede richiamata.

 

Si ricorda che la mobilità attivata d’ufficio (cd. mobilità collettiva) e la gestione del personale in disponibilità presso le pubbliche amministrazioni è disciplinata dagli articoli 33, 34 e 34-bis del D.Lgs. 165 del 2001.

La procedura di mobilità collettiva è legata ad una situazione di esubero del personale e si attiva quando non è possibile trasferire il personale eccedente nell’ambito della medesima amministrazione o non è possibile collocare lo stesso in altra amministrazione, oppure quando il personale interessato si rifiuti di prendere servizio presso la diversa amministrazione a cui sia stato destinato (articolo 33, comma 7).

Più specificamente, il D.Lgs 165 indica quale unica ipotesi di cessazione definitiva del rapporto di lavoro la scadenza del periodo in cui il dipendente è stato collocato in disponibilità (articolo 34, comma 4). In ogni caso, ciò può accadere qualora si presentino eccedenze di personale rispetto alle esigenze dell’amministrazione.

La procedura per il collocamento del personale in disponibilità è regolata dall’articolo 33 del D.Lgs. 165.

L’eccedenza di personale, qualora interessi almeno 10 dipendenti (articolo 33, comma 2), determina l’attivazione di una procedura alla quale partecipano i sindacati, e si può concludere o meno con un accordo. I contratti collettivi nazionali possono inoltre stabilire (articolo 33, comma 6) criteri generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso la mobilità volontaria presso altre amministrazioni nell'ambito della provincia o in quello diverso che, in relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla situazione del mercato del lavoro, sia stabilito dai contratti collettivi nazionali.

Nel caso di conclusione della prevista procedura oppure nel caso l’esubero si quantifichi in meno di 10 dipendenti, l’amministrazione colloca in disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell'ambito della medesima amministrazione, che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione che, secondo gli accordi intervenuti ai sensi dei commi precedenti, ne avrebbe consentito il ricollocamento (articolo 33, comma 7).

Il lavoratore “in disponibilità” ha comunque diritto, ai sensi dell’articolo 33, comma 8, ad un’indennità pari all’80% dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di 24 mesi. I periodi di godimento dell'indennità sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso alla pensione e della misura della stessa.

L’articolo 34 del D.Lgs. n. 165/2001 dispone in via generale che il personale risultato in eccedenza è posto in disponibilità al termine dell’apposita procedura disciplinata dall’art. 33 del medesimo decreto legislativo, sia iscritto, secondo l’ordine cronologico di sospensione del relativo rapporto di lavoro, in appositi elenchi formati e gestiti:

§      dal Dipartimento della funzione pubblica, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali (comma 2);

§      dalle strutture regionali e provinciali individuate con legge regionale ai sensi del D.Lgs. n. 469/1997, per le altre amministrazioni (comma 3).

È previsto espressamente che il Dipartimento della funzione pubblica realizzi "opportune forme di coordinamento" tra l'elenco da esso gestito e quelli tenuti dalle strutture regionali e provinciali. A tale coordinamento, nonché alla collaborazione con il Dipartimento della funzione pubblica ai fini della riqualificazione e ricollocazione del personale, fa riferimento il comma 3 dell’art. 34 ove dispone che "le leggi regionali previste dal D.Lgs. n. 469/1997, nel provvedere all’organizzazione del sistema regionale per l’impiego, si adeguano ai principi di cui al comma 2".

Principalmente alle strutture regionali e provinciali sono affidati i compiti relativi alla riqualificazione professionale del personale e alla sua ricollocazione presso altre amministrazioni; per quanto riguarda il personale statale, infatti, è previsto che a tali fini il Dipartimento della funzione pubblica si avvalga della loro collaborazione. In materia interviene poi il successivo comma 5, che prevede che i contratti collettivi nazionali possano costituire fondi riservati per riqualificare personale in disponibilità ed incentivarne la ricollocazione, in particolare mediante mobilità volontaria. Essi possono essere utilizzati per riqualificare anche il personale eccedente trasferito (ai sensi dell'art. 35) prima del collocamento in disponibilità.

Il comma 4 completa la disciplina relativa all’indennità di disponibilità prevista dall’art. 33, comma 8, e dispone la definitiva risoluzione del rapporto di lavoro del pubblico dipendente alla decorrenza del periodo massimo di fruizione della stessa.

Viene stabilito che il dipendente collocato in disponibilità ha diritto all’indennità per la durata prevista dall’art. 33 (al massimo 24 mesi); per tutto tale periodo, ha altresì diritto a che siano corrisposti all’ente previdenziale di riferimento gli oneri sociali relativi alla retribuzione goduta al momento del collocamento in disponibilità. Le spese, relative sia all’erogazione dell’indennità che alla corresponsione degli oneri sociali, gravano sul bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente fino alla sua ricollocazione o alla decorrenza del termine massimo di disponibilità.

Scaduto tale termine senza che sia stata possibile la ricollocazione presso altra amministrazione, e a far data da esso, il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto.

Il comma 6 subordina la possibilità di procedere a nuove assunzioni all’utilizzo del personale collocato in disponibilità. Viene infatti disposto che, nell’ambito della programmazione triennale delle assunzioni prevista dall’art. 39 della L. n. 449/1997 , le nuove assunzioni siano subordinate alla verifica dell’impossibilità di ricollocare tale personale.

Infine, i commi 7 e 8 dell'art. 34 dettano disposizioni particolari per gli enti pubblici territoriali in generale e per gli enti locali in situazione di dissesto finanziario. I primi vengono autorizzati ad utilizzare le economie derivanti dalla minore spesa dal collocamento in disponibilità del personale per la formazione e riqualificazione di esso. Quanto agli enti territoriali in dissesto, si prevede che ad essi continui ad applicarsi la disciplina dettata in materia di gestione del personale in disponibilità dal D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77 “Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali”.

Si ricorda, infine, che l’articolo 34-bis, che reca disposizioni in materia di mobilità, prevede l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di utilizzare il personale già collocato in disponibilità o in mobilità prima di avviare le procedure per le nuove assunzioni.

In particolare, il comma 1 dell’art. 34-bis stabilisce che le amministrazioni pubbliche, prima di avviare le procedure di assunzione del personale, devono comunicare una serie di informazioni relative al personale per il quale si intende bandire il concorso, con particolare riguardo per l’area, il livello (ovvero la posizione economica all’interno dell’area), la sede di destinazione.

 

Il comma 3, infine, prevede l’obbligo per il Presidente del FORMEZ, entro trenta giorni dalla entrata in vigore del decreto legge in esame, di presentare al Dipartimento della funzione pubblica un aggiornamento del piano triennale di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 285, contenente misure di riorganizzazione interna dell’Istituto volte a conseguire, nell’anno finanziario 2007, risparmi di spesa non inferiori al dieci per cento delle risorse appositamente stanziate, la cui quantificazione annuale è demandata alla legge finanziaria (tabella C).

 

Il richiamato D.Lgs. 285 del 1999, emanato in attuazione dell’articolo 11 della L. 59 del 1997 (cd. Legge Bassanini), concernente il riordino del Centro di formazione studi (FORMEZ), ha sancito per l'ente il passaggio dall'ordinaria vocazione formativa rivolta sostanzialmente al Mezzogiorno al ruolo più generale e articolato di formazione per la pubblica amministrazione con particolare riferimento agli enti locali e a forme di consulenza e assistenza in tema di innovazione e sviluppo locale[234].

I punti salienti del riordino riguardano:

§      la trasformazione della natura giuridica del Formez da associazione non riconosciuta ad associazione di diritto privato riconosciuta;

§      il collegamento funzionale con il Dipartimento della funzione pubblica, di cui il Formez diventa "il braccio operativo" per quanto riguarda la formazione rivolta agli enti locali;

§      la partecipazione delle regioni e delle autonomie locali agli organi statutari;

§      il chiarimento delle finalità del Formez, il cui orizzonte di intervento si allarga fino a comprendere la sperimentazione nel campo della formazione e dell'innovazione amministrativa, la consulenza e l'assistenza alle amministrazioni locali sul fronte dello sviluppo e anche la possibilità di svolgere, mediante separata contabilità, attività per conto terzi.

Lo statuto prevede (articolo 4) come socio fondatore del FORMEZ il Dipartimento della Funzione Pubblica. Sono altresì associati le Regioni Campania, Basilicata, Puglia e Sardegna, l'Associazione Nazionale Comuni Italiani (A.N.C.I.), l'Unione Province Italiane (UPI), l'Unione Nazionale Comunità Montane (UNCEM), la Lega delle Autonomie nonché le Regioni il cui ingresso sia stato deliberato dall’Assemblea dei Soci.

Si ricorda, inoltre, che il presidente del FORMEZ predispone (articolo 3, comma 1) ogni tre anni un Piano Strategico, contenente le eventuali misure di riorganizzazione interna dell'Istituto, le attività strategiche per il raggiungimento delle finalità istituzionali e l'indicazione delle risorse finanziarie necessarie per la loro realizzazione nell'arco del triennio. Ogni anno, inoltre, il presidente presenta una relazione sullo stato di attuazione, nonché l'eventuale aggiornamento del piano.

Il Ministro per la funzione pubblica (attualmente Ministro per le riforme e innovazioni nella Pubblica Amministrazione), acquisito il parere della Conferenza unificata che deve esprimersi entro trenta giorni dalla richiesta, approva (articolo 3, comma 2) entro sessanta giorni dalla presentazione il piano triennale e i successivi aggiornamenti annuali. Il piano è realizzato compatibilmente alle risorse rese appositamente disponibili, la cui quantificazione annuale è demandata alla legge finanziaria (tabella C).

 

Infine, il comma in esame, con specifico riferimento all’aggiornamento del Piano triennale dal medesimo previsto, dispone la riduzione dei termini di trenta e sessanta giorni per l’approvazione del Piano di cui al richiamato comma 2 dell’articolo 3 del D.Lgs. 285, fissandoli entrambi a quindici giorni. Il Ministro per le riforme e le innovazioni nella Pubblica Amministrazione, inoltre, ha l’obbligo di comunicare immediatamente l’approvazione del Piano al Ministro dell’economia e delle finanze, ai fini delle conseguenti variazioni da apportare alla tabella C allegata alla legge finanziaria.

 


Articolo 43
(Qualità e valutazione dell’azione amministrativa e dei servizi pubblici)

 


1. In attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 1999, n. 286, il Dipartimento della funzione pubblica predispone, entro il 31 dicembre 2006, un piano per il miglioramento della qualità dei servizi resi dalla pubblica amministrazione e dai gestori di servizi pubblici. Il piano reca anche linee guida per l’adozione, da parte delle amministrazioni interessate da processi di riorganizzazione delle strutture, di sistemi di misurazione della qualità dei servizi resi all’utenza.


 

 

L’articolo 43 reca una disposizione volta all’attuazione dell’art. 11, co. 3, del D.Lgs. 286/1999[235], che disciplina i meccanismi e gli strumenti di valutazione dell'attività amministrativa.

L’art. 11, co. 3 citato dispone che le iniziative di coordinamento, supporto operativo e monitoraggio relative alla qualità dei servizi pubblici nazionali siano adottate, nei confronti delle amministrazioni interessate, dal Presidente del Consiglio dei Ministri, supportato da apposita struttura della Presidenza del Consiglio dei Ministri (individuata nel Dipartimento della funzione pubblica[236]). È a tal fine ammesso il ricorso all’utilizzo di un soggetto privato, da scegliersi con gara europea di assistenza tecnica, sulla base di criteri oggettivi e trasparenti.

 

L’articolo in esame prevede che a tal fine il Dipartimento della funzione pubblica predisponga entro il 31 dicembre 2006 un piano avente ad oggetto il miglioramento della qualità dei servizi resi sia dalla pubblica amministrazione sia dai gestori di servizi pubblici.

Il piano dovrà recare altresì linee guida utilizzabili dalle amministrazioni interessate a processi di riorganizzazione interna, in merito all’adozione di sistemi di misurazione della qualità dei servizi resi all’utenza.

In tal senso, l’articolo segue le indicazioni generali contenute nella direttiva 24 marzo 2004 del ministro della funzione pubblica sulla rilevazione della qualità percepita dai cittadini, quale strumento utile per la definizione di nuove modalità di erogazione dei servizi o di miglioramento di quelli già esistenti e fattore fondamentale dell’azione di coinvolgimento e partecipazione in grado di rafforzare il rapporto di fiducia tra pubblica amministrazione e cittadino.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Servizi d’interesse generale ed i servizi d’interesse economico generale

Il Parlamento europeo ha approvato il 27 settembre 2006 una risoluzione relativa al Libro bianco della Commissione sui servizi di interesse generale.

La Commissione europea ha presentato il 12 maggio 2004 un "Libro Bianco sui servizi di interesse generale" (COM(2004)0374) nel quale illustra la strategia adottata per sviluppare un ruolo positivo dell’Unione europea come promotrice dello sviluppo di servizi di interesse generale di alta qualità volto a garantire che tutti i cittadini e tutte le imprese dell’UE possano beneficiare di tali servizi a prezzi accessibili. Nel Libro Bianco la Commissione indica che per ora non ritiene opportuno proporre una direttiva quadro in materia rinviando il riesame della questione ad un momento successivo.

Il Parlamento europeo, nella sua risoluzione, in particolare:

§      sottolinea l’importanza di una concorrenza giusta, trasparente ed efficace, mantenendo nel contempo la coesione sociale e l'accessibilità universale dei servizi ed evitino gli abusi di posizione dominante e la formazione di nuovi monopoli che ostacolano l'ingresso sul mercato di nuovi partecipanti;

§      rileva che i servizi d’interesse generale (SIG) dovrebbero essere di alta qualità, avere un'adeguata copertura territoriale, essere forniti ad un prezzo ottimale, rispettare l'equilibrio sociale e garantire una sicurezza duratura degli approvvigionamenti, e che la maggior parte dei SIG possono essere prestati in un regime di concorrenza leale, nell'ambito del quale le imprese private e pubbliche devono ricevere un trattamento sostanzialmente uguale;

§      chiede che la Commissione europea presenti al Parlamento un'ampia analisi degli effetti della liberalizzazione finora avvenuta, in particolare sulla situazione dei consumatori e degli occupati interessati;

§      ritiene che le esigenze legittime di interesse generale non debbano essere utilizzate come pretesto per una chiusura impropria dei mercati dei servizi ai fornitori internazionali che rispettano i requisiti legittimi e sono in grado di farlo;

§      chiede alla Commissione di chiarire la distinzione tra SIG e servizi di interesse economico generale (SIEG), mettendo a punto criteri operativi che tengano conto delle tradizioni nazionali degli Stati membri, in base alla natura dei beni collettivi e del finanziamento pubblico o mediante meccanismi di solidarietà dei SIG. La Commissione inoltre chiarire l'applicazione delle norme in materia di mercato interno e concorrenza nel settore dei SIG e dei SIEG, garantendo al contempo agli Stati membri e alle autorità regionali e locali la responsabilità democratica quanto all'applicazione di norme a SIG e SIEG;

§      rileva che il livello delle autorità locali e regionali si è dimostrato vicino ai cittadini e continua ad essere in grado di garantire, in relazione a tali servizi, il diritto di partecipazione, la protezione dei consumatori e l'interesse generale; rileva che il livello europeo deve contribuire a non compromettere la capacità del livello comunale e regionale di offrire tali servizi;

§      raccomanda che, quando un'autorità competente intende concedere una compensazione per la prestazione di servizi pubblici, al fine di garantire il finanziamento di un servizio di interesse generale, tale compensazione non sia considerata aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 87 del trattato CE, se:

-       il beneficiario è stato incaricato di eseguire una missione di servizio pubblico chiaramente definita,

-       i parametri per il calcolo delle compensazioni sono stati previamente definiti in modo obiettivo e trasparente;

-       la compensazione non supera i costi originati dall'adempimento degli obblighi di servizio pubblico, consentendo un profitto ragionevole;

-       il beneficiario è selezionato mediante una procedura di appalto pubblico o la compensazione non supera i costi sostenuti da un'impresa gestita in modo efficiente e adeguatamente dotata degli strumenti necessari per fornire il servizio pubblico;

-       è stata seguita una procedura trasparente.

Servizi sociali d’interesse generale

Il 26 aprile 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione sui servizi sociali d’interesse generale nell’Unione europea (COM(2006)177), che presenta un elenco delle caratteristiche specifiche di questi servizi.

Con la comunicazione si avvia un processo di consultazione - che si rivolge a tutti i soggetti interessati, Stati membri, parti sociali, ONG e operatori dei servizi sociali - attraverso il quale la Commissione intende acquisire elementi per meglio tener conto delle specificità di questi servizi in fase di attuazione della legislazione comunitaria.

La Commissione rileva che, secondo il diritto comunitario, tali servizi non costituiscono una categoria giuridica distinta nell’ambito dei servizi di interesse generale; tuttavia occupano un posto specifico nella società e nell’economia europee. Viene altresì ricordato che la proposta modificata di direttiva sui servizi nel mercato interno (COM(2006)160) ha escluso dal suo campo di applicazione i servizi relativi alle cure sanitarie e i servizi sociali relativi all’edilizia popolare, alla custodia dei bambini e all’aiuto alle famiglie e persone bisognose.

La Commissione rileva che, escludendo i servizi sanitari - che non vengono da essa trattati – i servizi sociali possono essere compresi in due grandi gruppi:

§      i regimi legali e complementari di protezione sociale che coprono i rischi fondamentali di vita, quali, ad esempio, quelli legati alla salute, l’invecchiamento, incidenti sul lavoro;

§      gli altri servizi essenziali prestati direttamente alla persona, quali l’aiuto alle persone nei momenti di crisi (disoccupazione, tossicodipendenza, rottura familiare), l’edilizia popolare per le persone sfavorite o i gruppi svantaggiati.

Proposta di direttiva relativa ai servizi nel mercato interno

Il 24 luglio 2006 il Consiglio competitività ha adottato in prima lettura – con l’astensione delle delegazioni belga e lituana - la posizione comune sulla proposta di direttiva relativa ai servizi nel mercato interno (COM(2004)2), cosiddetta “direttiva Bolkenstein”.

La proposta, che segue la procedura di codecisione con la votazione a maggioranza qualificata del Consiglio, è stata presentata dalla Commissione il 13 gennaio 2004 e si inserisce nel processo di riforme economiche varato dal Consiglio europeo di Lisbona (23-24 marzo 2000) al fine di fare dell’Unione europea, entro il 2010, l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo.

L’obiettivo della proposta è quello di stabilire un quadro giuridico che elimini gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi ed alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri.

In particolare, il Consiglio - in relazione al campo di applicazione della direttiva e recependo in larga parte gli emendamenti proposti dal Parlamento europeo in occasione della prima lettura nel febbraio 2006 - ha introdotto alcune modifiche enumerando i settori espressamente esclusi della direttiva proposta. Tra essi sono compresi, tra gli altri, i servizi sociali e i servizi non economici di interesse generale.

La direttiva si applica, invece, ai servizi di interesse economico generale ovvero ai servizi prestati dietro corrispettivo economico la cui fornitura costituisce adempimento di una specifica missione di interesse pubblico. E’ fatta salva la facoltà degli Stati membri di definire quali servizi essi considerano di interesse economico generale e di finanziarli ed organizzarli in conformità del diritto comunitario e, in particolare, della normativa sugli aiuti di Stato. Tali servizi non sono soggetti all’applicazione del principio della libera prestazione dei servizi nella misura in cui si applicano ad essi le disposizioni sulla libertà di stabilimento.

 


Articolo 44
(Modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni)

 


1. Al comma 2 dell’articolo 126-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:

a) il quarto periodo è sostituito dal seguente:

“La comunicazione deve essere effettuata a carico del conducente quale responsabile della violazione; nel caso di mancata identificazione di questi, il proprietario del veicolo, ovvero altro obbligato in solido ai sensi dell’articolo 196, deve fornire all’organo di polizia che procede, entro 60 giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione.”;

b) il sesto periodo è sostituito dal seguente:

“Il proprietario del veicolo, ovvero altro obbligato in solido ai sensi dell’articolo 196, sia esso persona fisica o giuridica, che omette, senza giustificato e documentato motivo, di fornirli è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 250 a euro 1.000.”.

2. Il punteggio decurtato, ai sensi dell’articolo 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nel testo previgente la data di entrata in vigore del presente decreto, dalla patente di guida del proprietario del veicolo, qualora non sia stato identificato il conducente responsabile della violazione, è riattribuito d’ufficio dall’organo di polizia alle cui dipendenze opera l’agente accertatore, che ne dà comunicazione in via telematica al Centro elaborazione dati motorizzazione del Dipartimento per i trasporti terrestri, personale, affari generali e la pianificazione generale dei trasporti. Fatti salvi gli effetti degli esami di revisione già sostenuti, perdono efficacia i provvedimenti di cui al comma 6 dello stesso articolo, adottati a seguito di perdita totale del punteggio cui abbia contribuito la decurtazione dei punti da riattribuirsi a norma del presente comma.

3. All’articolo 97, del decreto legislativo del 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 7, dopo le parole: “il certificato di circolazione” sono inserite le seguenti: “, quando previsto,”;

b) il comma 14 è sostituito dal seguente:

“14. Alle violazioni previste dai commi 5 e 7 consegue la sanzione amministrativa accessoria della confisca del ciclomotore, secondo le norme di cui al capo I, sezione II, del titolo VI; nei casi previsti dal comma 5 si procede alla distruzione del ciclomotore, fatta salva la facoltà degli enti da cui dipende il personale di polizia stradale che ha accertato la violazione di chiedere tempestivamente che sia assegnato il ciclomotore confiscato, previo ripristino delle caratteristiche costruttive, per lo svolgimento dei compiti istituzionali e fatto salvo l'eventuale risarcimento del danno in caso di accertata illegittimità della confisca e distruzione. Alla violazione prevista dal comma 6 consegue la sanzione amministrativa accessoria del fermo amministrativo del veicolo per un periodo di sessanta giorni; in caso di reiterazione della violazione, nel corso di un biennio, il fermo amministrativo del veicolo è disposto per novanta giorni. Alla violazione prevista dai commi 8 e 9 consegue la sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo per un periodo di un mese o, in caso di reiterazione delle violazioni nel biennio, la sanzione accessoria della confisca amministrativa del veicolo, secondo le norme di cui al capo I, sezione II, del titolo VI.”.

4. All’articolo 170 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, il comma 7 è sostituito dal seguente:

“7. Alle violazioni previste dai commi 1 e 2, alla sanzione pecuniaria ammini­strativa, consegue il fermo amministrativo del veicolo per sessanta giorni, ai sensi del capo I, sezione II del titolo VI; quando, nel corso di un biennio, con un ciclomotore o un motociclo sia stata commessa, per almeno due volte, una delle violazioni previste dai commi 1 e 2, il fermo amministrativo del veicolo è disposto per novanta giorni.”.


 

 

L’articolo 44 reca modifiche al nuovo codice della strada[237]in materia di patente a punti e di confisca dei ciclomotori.

 

I commi 1 e 2 recano disposizioni in materia di patente a punti, al fine di adeguare la normativa alla sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2005 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 nella parte in cui dispone che: «nel caso di mancata identificazione di questi [del conducente quale responsabile della violazione], la segnalazione deve essere effettuata a carico del proprietario del veicolo, salvo che lo stesso non comunichi, entro trenta giorni dalla richiesta, all'organo di polizia che procede, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione», anziché «nel caso di mancata identificazione di questi, il proprietario del veicolo, entro trenta giorni dalla richiesta, deve fornire, all'organo di polizia che procede, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione”.

 

L’articolo 126-bis del codice della strada, inserito dall’articolo 7 del D.Lgs. 9/2002[238] e successivamente modificato per effetto del DL 151/2003, ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano l’istituto della patente a punti, prevedendo che all’atto del rilascio della patente, ossia del titolo mediante il quale il cittadino viene abilitato alla guida di un veicolo a motore, venga attribuito un punteggio di venti punti. Tale punteggio, annotato presso l’Anagrafe nazionale degli abilitati alla guida, è decurtato, nella misura indicata dalla tabella di cui al medesimo articolo 126-bis, a seguito della violazione di una delle norme per le quali è prevista la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente ovvero di una tra le norme di comportamento indicate al Titolo V del codice della strada.

Sotto il profilo procedimentale, il testo originario del comma 2 dell’articolo 126-bis, sul quale interviene la norma in esame, prevede che l'organo da cui dipende l'agente che ha accertato la violazione ne dà notizia, entro trenta giorni dalla definizione della contestazione effettuata, all'Anagrafe nazionale degli abilitati alla guida. La contestazione si intende definita quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi. Il predetto termine di trenta giorni decorre dalla conoscenza da parte dell'organo di polizia dell'avvenuto pagamento della sanzione, della scadenza del termine per la proposizione dei ricorsi, ovvero dalla conoscenza dell'esito dei ricorsi medesimi.

La formulazione originaria prevedeva che la comunicazione fosse effettuata a carico del conducente quale responsabile della violazione e che, nel caso di mancata identificazione di questi, la segnalazione fosse effettuata a carico del proprietario del veicolo, salvo che lo stesso non comunicasse, entro trenta giorni dalla richiesta, all'organo di polizia che procede, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione. Se il proprietario del veicolo risultava una persona giuridica, il suo legale rappresentante o un suo delegato era tenuto a fornire gli stessi dati, entro lo stesso termine, all'organo di polizia che procede. Qualora il proprietario del veicolo avesse omesso di fornire i dati del conducente, si sarebbe applicato a suo carico, oltre la sanzione amministrativa pecuniaria relativa alla violazione, la sanzione prevista dall'art. 180, comma 8 (vedi infra).

 

La Corte costituzionale – con la citata sentenza n. 27 del 2005 - ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'art. 126-bis, comma 2, del codice della strada, nella parte sopra indicata.

La Corte ha fondato la dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione impugnata sulle seguenti argomentazioni:

§       l'art. 126-bis, comma 2, “intervenendo in materia diversa dalla responsabilità per il pagamento di somme e in una ipotesi di sanzione di carattere schiettamente personale, pone a carico del proprietario del veicolo, solo perché tale, una autonoma sanzione, appunto, personale, prescindendo dalla violazione, al medesimo proprietario direttamente ascrivibile, di regole disciplinanti la circolazione stradale”;

§       la fattispecie di cui all’articolo 126-bis, comma 2, configura una ipotesi di illecito amministrativo che, per più aspetti, appare assimilabile a quella della sospensione della patente, la cui «natura afflittiva (…) – chiarisce la Corte riportando quanto affermato nell’ordinanza n. 74 del 2000 - incide sul profilo della legittimazione soggettiva alla conduzione di ogni veicolo, gravando sul relativo atto amministrativo di abilitazione, a seguito dell'accertata trasgressione di regole di comportamento afferenti alla sicurezza della circolazione» ;

§       la peculiare natura della sanzione prevista dall'art. 126-bis, al pari della sospensione della patente incidente anch'essa sulla «legittimazione soggettiva alla conduzione di ogni veicolo», fa emergere l'irragionevolezza della scelta legislativa di porre la stessa a carico del proprietario del veicolo che non sia anche il responsabile dell'infrazione stradale.

La Corte aggiunge, infine, che l'accoglimento della questione di legittimità costituzionale per violazione del principio di ragionevolezza – “ferma restando la possibilità per il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità, di conferire alla materia un nuovo e diverso assetto” - “rende, tuttavia, necessario precisare che nel caso in cui il proprietario ometta di comunicare i dati personali e della patente del conducente, trova applicazione la sanzione pecuniaria di cui all'articolo 180, comma 8, del codice della strada”, anche al fine di fugare il dubbio – avanzato da taluni dei rimettenti – in ordine ad una “ingiustificata disparità di trattamento realizzata tra i proprietari di veicoli, discriminati a seconda della loro natura di persone giuridiche o fisiche, ovvero, quanto a queste ultime, in base alla circostanza meramente accidentale che le stesse siano munite o meno di patente”.

 

A seguito della sentenza della Corte costituzionale sopra riportata, il Ministero dell’interno in data 4 febbraio 2005 ha emanato la circolare n. 300/A/1/41236/109/16/1 con la quale - al fine di garantire il corretto funzionamento del meccanismo della patente a punti – venivano apportati i seguenti correttivi alla procedura già in essere:

a)       in tutti i verbali notificati a partire dalla data di pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale, se il conducente non fosse stato identificato, al proprietario del veicolo ovvero al locatario, all’usufruttuario, all’acquirente con patto di riservato dominio, doveva essere richiesto di fornire, all’organo di polizia che procedeva, entro 30 giorni, le generalità della persona che era alla guida al momento del fatto;

b)       a partire dalla stessa data, in tutti i verbali notificati all’obbligato in solido, doveva essere precisato che, se i dati non fossero stati forniti entro 30 giorni, sarebbe stato notificato un altro verbale, con cui si sarebbe applicata a suo carico la sanzione prevista dall’art 180, comma 8, del codice della strada (pagamento di una somma da euro 357 a euro 1433).

c)       come già previsto per il legale rappresentante della persona giuridica, la sanzione di cui al comma 8, dell’art 180 si sarebbe applicata a carico della persona fisica responsabile in solido anche nel caso in cui avesse fornito all’organo di polizia indicazioni che, comunque, non avessero consentito di risalire all’identità della persona alla guida al momento della commessa violazione.

Con riferimento agli effetti della sentenza sulle procedure pendenti relative ad illeciti già accertati, la suddetta circolare prevedeva che:

§       dalla data della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, gli effetti della sentenza si estendevano a tutti i verbali di contestazione di illeciti amministrativi per i quali non fosse ancora stata effettuata la comunicazione all’Anagrafe Nazionale degli Abilitati alla Guida;

§       per tali procedimenti, dalla data di pubblicazione della citata sentenza, non avrebbero dovuto più essere effettuate le comunicazioni relative alle violazioni per le quali il conducente non fosse stato compiutamente identificato.

 

Il comma 1introducemodifiche alcomma 2 dell’articolo 126-bis. In particolare:

§      viene soppressala previsione della decurtazione del punteggio a carico del proprietario del veicolo, qualora questi non comunichi i dati del conducente al momento della commessa violazione;

§      viene ampliata la platea dei soggetti tenuti a fornire i dati del conducente al momento della violazione: in particolare, si prevede che l’obbligo grava non solo sul proprietario, come precedentemente previsto, ma anche su altri obbligati in solido ai sensi dell’articolo 196 del nuovo codice della strada (contratto di locazione o leasing, vendita con patto di riservato dominio, usufrutto, ecc);

§      viene innalzato a sessanta giorni (in luogo dei trenta previsti dalla formulazione originaria) dalla data di notifica del verbale di contestazione, il termine entro il quale i soggetti sopra indicati sono obbligati a fornire i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione;

§      viene introdotta – al sesto periodo - un’autonoma sanzione (in luogo del richiamo, nel testo originario, alla sanzione di cui all’articolo 180, comma 8) per il caso di mancata comunicazione dei dati di identificazione del conducente responsabile della violazione. In particolare, rispetto al testo originario:

-       è prevista come sanzione per la mancata comunicazione il pagamento di una somma da euro 250 a euro 1000, in luogo del pagamento di una somma - prevista al comma 8 dell’articolo 180 - che va da euro 357 a euro 1.433;

-       viene specificato che la sanzione per la mancata comunicazione si applica al proprietario o all’obbligato in solido ai sensi dell’articolo 196;

-       la sanzione si applica al proprietario o all’obbligato in solido sia esso persona fisica o giuridica;

-       è introdotta la possibilità di esonero dal pagamento della sanzione pecuniaria in presenza di “giustificato e documentato motivo”.

 

Il comma 2 reca disposizioni volte alla “sanatoria” delle fattispecie integratesi sotto la vigenza del comma 2 dell’articolo 126-bis del codice della strada, prima della pronuncia della Corte costituzionale.

Pertanto, si prevede che la riattribuzione al titolare della patente dei punti decurtati sotto la vigenza del comma 2 dell’articolo 126-bis prima della sentenza della Corte costituzionale debba avvenire:

§      d’ufficio dall’organo di polizia alle cui dipendenze opera l’agente accertatore;

§      con comunicazione in via telematica al CED del Dipartimento per i trasporti terrestrida parte del medesimo organo di polizia;

Il comma dispone inoltre la perdita di efficacia dei provvedimenti adottati ai sensi del comma 6 dell’articolo 126-bis a seguito di perdita totale del punteggio, cui abbia contribuito la decurtazione dei punti da riattribuirsi a norma della “sanatoria” disposta dal comma 2 dell’articolo in esame.

La norma fa salvi comunque gli effetti degli esami di revisione eventualmente già sostenuti in seguito all’esaurimento dei punti della patente.

 

Si ricorda che, a norma del comma 6 dell’articolo 126-bis, in caso di perdita totale del punteggio, il titolare della patente deve sottoporsi all'esame di idoneità tecnica. A tale fine, l'ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri competente per territorio, su comunicazione dell'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida, dispone la revisione della patente di guida. Il relativo provvedimento, notificato secondo le procedure di cui all'articolo 201, comma 3, è atto definitivo. Qualora il titolare della patente non si sottoponga ai predetti accertamenti entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento di revisione, la patente di guida è sospesa a tempo indeterminato, con atto definitivo, dal competente ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri. Il provvedimento di sospensione è notificato al titolare della patente a cura degli organi di polizia stradale, che provvedono al ritiro ed alla conservazione del documento.

 

I commi 3 e 4 dell’articolo in esame intervengono sulle sanzioni previste in caso di violazione delle disposizioni relative alla circolazione dei ciclomotori e, in particolare, sull’istituto della confisca.

 

Si fa presente che la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del decreto legge in esame – con riferimento alla parte dell’articolo 44 relativo alle sanzioni amministrative accessorie nei casi di circolazione dei ciclomotori – asserisce che tale articolo interviene per rimodulare le sanzioni amministrative accessorie previste dall’articolo 97, comma 14, dall’articolo 170, comma 7, dall’articolo 171, comma 3 e dall’articolo 213, comma 2-sexies, del codice della strada. Al riguardo, si evidenzia che il testo dell’articolo 44 del decreto legge non prevede alcuna modifica dell’articolo 171, comma 3, e dell’articolo 213, comma 2-sexies, richiamati dalla relazione illustrativa.

 

Il comma 3 modifica – alla lettera a)- l’articolo 97 del codice della strada relativo alla circolazione dei ciclomotori. In particolare, viene modificato il comma 7 dell’art. 97, specificando che la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 137,55 a euro 550,20 prevista per chi circola con un ciclomotore per il quale non è stato rilasciato il certificato di circolazione, si applica solo nel caso in cui detto certificato sia previsto.

 

L’integrazione sembra essere dettata dalla modifica della disciplina relativa ai documenti necessari per la circolazione e alla targatura dei ciclomotori, introdotta dal D.Lgs n. 9/2002 e attuata con il DPR 6 marzo 2006 n. 153[239], che ha modificato gli articoli del regolamento di esecuzione del codice della strada (DPR 495/1992) relativi ai ciclomotori, con il Decreto dirigenziale 15 maggio 2006 che ha recato le disposizioni applicative in materia di circolazione di ciclomotori.

L’articolo 3 del D.Lgs. 9/2002 è intervenuto sull’articolo 97 del codice della strada incidendo sui documenti necessari per la circolazione dei ciclomotori; in particolare, è stato stabilito che i ciclomotori, per circolare, debbano essere muniti del certificato di circolazione e della targa, in luogo, rispettivamente, del certificato di idoneità tecnica e del contrassegno di identificazione, previsti precedentemente.

Il certificato di circolazione deve contenere i dati identificativi e costruttivi del veicolo (analogamente a quanto previsto per il certificato di idoneità tecnica) nonché quelli relativi alla targa e all’intestatario (non contenuti, invece, nel certificato di idoneità tecnica). Esso è rilasciato dal Dipartimento trasporti terrestri ovvero da uno dei soggetti autorizzati all’esercizio di attività di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto (autoscuole), con le modalità stabilite con decreto dirigenziale.

La targa identifica l’intestatario del certificato di circolazione, è personale ed è trattenuta dal titolare in caso di vendita. Ciascun ciclomotore deve essere individuato nell’Archivio nazionale dei veicoli da una scheda elettronica dalla quale risultino il numero di targa, il nominativo del titolare, i dati di tutti i veicoli di cui il titolare della targa sia stato intestatario e le relative variazioni .

Le procedure per il rilascio del certificato di circolazione e per la produzione delle targhe sono state demandate ad un successivo decreto dirigenziale.

Il D.Lgs. n. 9/2002 è intervenuto sull’art. 97 del codice anche nella parte relativa alle sanzioni in caso di circolazione con un ciclomotore:

§      per il quale non è stato rilasciato il certificato di circolazione (comma 7);

§      sprovvisto di targa (comma 8);

§      munito di targa non propria (comma 9).

 

A seguito dell’entrata in vigore del DPR 153/2006 (14 luglio 2006), a differenza di quanto accadeva in passato con il certificato di idoneità tecnica che conteneva solo i dati tecnici del mezzo, il veicolo è abbinato ad un proprietario e ad una targa, in quanto il numero di targa deve essere riportato sul certificato di circolazione, sul quale sono indicate anche le generalità del proprietario del veicolo, oltre che i dati tecnici del ciclomotore. Inoltre non è più consentito il trasferimento della targa, che è di dimensioni maggiori rispetto a quella precedentemente prevista, da un ciclomotore all’altro: chi possiede più di un mezzo deve richiedere altrettante targhe.

Il nuovo regime vale obbligatoriamente per i motorini immessi in circolazione a partire dal 14 luglio 2006, mentre, per quelli in circolazione fino al 13 luglio, esso si applica nei casi di passaggio di proprietà, smarrimento, furto, sottrazione o deterioramento del certificato di circolazione, omologazione del mezzo al trasporto di un passeggero; è ammessa anche la scelta del nuovo regime da parte di chi si dichiari proprietario. Per i ciclomotori in circolazione al 13 luglio 2006 è prevista, quindi, la possibilità di continuare a circolare con il certificato di idoneità tecnica (Cit) e il contrassegno di identificazione.

A seguito delle modifiche introdotte, vigono, quindi, due differenti regimi di circolazione dei ciclomotori: il vecchio regime in base al quale tali veicoli possono circolare con il certificato di idoneità e il contrassegno di identificazione (ciclomotori in circolazione alla data del 13 luglio 2006); il nuovo regime che prevede la targa e il certificato di circolazione.

 

La modifica apportata al comma 7 dell’articolo 97 è quindi volta a sanzionare il comportamento di chi non detiene il certificato di circolazione, solo quando espressamente previsto.

 

Si rileva che non risulta nel codice della strada una disposizione che sanzioni la circolazione per chi è privo di certificato di idoneità alla guida. Tuttavia si fa presente che nella circolare del Ministero dell’interno 300/A/1/544463/106/16 del 18 luglio 2006 è stato chiarito che le sanzioni previste per chi circola con un ciclomotore sprovvisto di targa, immatricolato a partire dal 14 luglio scorso, sono applicabili anche agli stessi veicoli messi in circolazione in data precedente sprovvisti del vecchio contrassegno.

 

La lettera b) del comma 3 modifica le sanzioni originariamente previste dal comma 6 dell’articolo 97 del codice nelle ipotesi di circolazione con un ciclomotore cui siano stati manomessi gli organi di propulsione, che sviluppi una velocità superiore a quella consentita (pari a 45 km/h su strada orizzontale) o che non risponda alle caratteristiche indicate nella carta di circolazione, disponendo che non si applichi la sanzione accessoria della confisca amministrativa del ciclomotore, bensì la sanzione accessoria del fermo amministrativo per un periodo di sessanta giorni. Nel caso di reiterazione delle violazioni sopra indicate nel corso di un biennio il periodo di fermo amministrativo passa da sessanta a novanta giorni.

Il comma interviene anche sulle sanzioni irrogate per chi circoli con un ciclomotore sprovvisto di targa (art. 97, co. 8) o con un ciclomotore munito di targa non propria (art. 97, co. 9), prevedendo che la sanzione accessoria della confisca del ciclomotore si applichi nel caso in cui le violazioni siano state reiterate nel biennio.

 

L’articolo 97 del codice della strada nel testo originario prevedeva la sanzione accessoria della confisca del ciclomotore, oltre che nei casi sopra illustrati indicati al comma 6 dell’articolo 97, nelle seguenti fattispecie:

-       fabbricazione, produzione, commercializzazione o vendita di ciclomotori che sviluppino una velocità superiore a quella consentita e modifica del ciclomotore al fine di aumentarne la velocità oltre i limiti previsti (articolo 97, comma 5);

-       circolazione con un ciclomotore per il quale non ) è stato rilasciato il certificato di circolazione (articolo 97, comma 7);

La sanzione della confisca amministrativa di ciclomotori è altresì prevista dall’articolo 213-sexies del codice – relativo alla misura cautelare del sequestro e alla sanzione accessoria della confisca amministrativa - nel caso in cui il mezzo sia stato commesso per commettere un reato e in presenza delle fattispecie individuate agli articoli 169, commi 2 e 7[240], 170[241] e 171[242] del codice della strada.

 

Il comma 4 modifica l’articolo 170 del codice della stradarelativo al trasporto di persone e di oggetti sui veicoli a motore a due ruote, estendendoal comma 7 dello stesso art. 170la sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo - conseguente alla violazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dello stesso articolo 170 - anche nei casi in cui la violazione sia stata commessa da persona maggiorenne. Viene altresì innalzato a sessanta giorni (in luogo dei trenta, originariamente previsti) il periodo del fermo amministrativo, prevedendo un’estensione a novanta giorni nel caso in cui nel corso di un biennio la violazione sia stata commessa con un ciclomotore o con un motociclo per almeno due volte.

 

L’articolo 170 reca disposizioni in materia di trasporto di persone e di oggetti sui veicoli a motore a due ruote. In particolare, il comma 1 prevede che sui motocicli e sui ciclomotori a due ruote il conducente debba avere libero uso delle braccia, delle mani e delle gambe, debba stare seduto in posizione corretta e reggere il manubrio con ambedue le mani, ovvero con una mano in caso di necessità per le opportune manovre o segnalazioni. Non deve procedere sollevando la ruota anteriore.

Il comma 2 dispone il divieto sui ciclomotori di trasportare altre persone oltre al conducente, salvo che il posto per il passeggero sia espressamente indicato nel certificato di circolazione e che il conducente abbia un'età superiore a diciotto anni.

 

Nella formulazione originaria del comma 7 dell’articolo 170, la sanzione accessoria del fermo amministrativo per la violazione delle disposizioni sopra illustrate era prevista solo nel caso in cui la violazione fosse commessa da conducente minorenne.

 

Si segnala che la disposizione di cui all’art. 213-sexies del codice della strada, individuando i casi in cui è disposta la sanzione amministrativa accessoria della confisca dei ciclomotori, richiama, tra l’altro, le violazioni amministrative di cui all’art. 170 per le quali tale articolo, anche a seguito delle modifiche introdotte dal provvedimento in esame, prevede la sanzione amministrativa accessoria del fermo.

 

D.Lgs 285/1992
Nuovo codice della strada
(Testo originario)

D.Lgs 285/1992
Nuovo codice della strada
(Testo vigente, come introdotto dal DL 262/2006)

97. Circolazione dei ciclomotori

97. Circolazione dei ciclomotori

5. Chiunque fabbrica, produce, pone in commercio o vende ciclomotori che sviluppino una velocità superiore a quella prevista dall'art. 52 è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 71 a euro 286. Alla stessa sanzione soggiace chi effettua sui ciclomotori modifiche idonee ad aumentarne la velocità oltre i limiti previsti dall'art. 52.

 

6. Chiunque circola con un ciclomotore non rispondente ad una o più delle caratteristiche o prescrizioni indicate nell'art. 52 o nel certificato di circolazione, ovvero che sviluppi una velocità superiore a quella prevista dallo stesso art. 52, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 35 a euro 143.

 

 

7. Chiunque circola con un ciclomotore per il quale non è stato rilasciato il certificato di circolazione è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 137,55 a euro 550,20

7. Chiunque circola con un ciclomotore per il quale non è stato rilasciato il certificato di circolazione, quando previsto, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 137,55 a euro 550,20

14. Alle violazioni previste dai commi 5, 6 e 7 consegue la sanzione amministrativa accessoria della confisca del ciclomotore, secondo le norme di cui al capo I, sezione II, del titolo VI; nei casi previsti dai commi 5 e 6, si procede alla distruzione del ciclomotore, fatta salva la facoltà degli enti da cui dipende il personale di polizia stradale che ha accertato la violazione, di chiedere tempestivamente che sia assegnato il ciclomotore confiscato, previo ripristino delle caratteristiche costruttive, per lo svolgimento dei compiti istituzionali e fatto salvo l'eventuale risarcimento del danno in caso di accertata illegittimità della confisca e distruzione. Alla violazione prevista dai commi 8 e 9 consegue la sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo per un periodo di un mese o, in caso di reiterazione delle violazioni, la sanzione accessoria della confisca amministrativa del veicolo, secondo le norme di cui al capo I, sezione II, del titolo VI

14. Alle violazioni previste dai commi 5 e 7 consegue la sanzione amministrativa accessoria della confisca del ciclomotore, secondo le norme di cui al capo I, sezione II, del titolo VI; nei casi previsti dal comma 5, si procede alla distruzione del ciclomotore, fatta salva la facoltà degli enti da cui dipende il personale di polizia stradale che ha accertato la violazione, di chiedere tempestivamente che sia assegnato il ciclomotore confiscato, previo ripristino delle caratteristiche costruttive, per lo svolgimento dei compiti istituzionali e fatto salvo l'eventuale risarcimento del danno in caso di accertata illegittimità della confisca e distruzione. Alla violazione prevista dal comma 6 consegue la sanzione amministrativa accessoria del fermo amministrativo del veicolo per un periodo di sessanta giorni; in caso di reiterazione della violazione, nel corso di un biennio, il fermo amministrativo del veicolo è disposto per novanta giorni. Alla violazione prevista dai commi 8 e 9 consegue la sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo per un periodo di un mese o, in caso di reiterazione delle violazioni nel biennio, la sanzione accessoria della confisca amministrativa del veicolo, secondo le norme di cui al capo I, sezione II, del titolo VI

Articolo 126-bis. Patente a punti

 

2. L'organo da cui dipende l'agente che ha accertato la violazione che comporta la perdita di punteggio, ne dà notizia, entro trenta giorni dalla definizione della contestazione effettuata, all'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida. La contestazione si intende definita quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi. Il predetto termine di trenta giorni decorre dalla conoscenza da parte dell'organo di polizia dell'avvenuto pagamento della sanzione, della scadenza del termine per la proposizione dei ricorsi, ovvero dalla conoscenza dell'esito dei ricorsi medesimi. La comunicazione deve essere effettuata a carico del conducente quale responsabile della violazione; nel caso di mancata identificazione di questi, la segnalazione deve essere effettuata a carico del proprietario del veicolo, salvo che lo stesso non comunichi, entro trenta giorni dalla richiesta, all'organo di polizia che procede, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione. Se il proprietario del veicolo risulta una persona giuridica, il suo legale rappresentante o un suo delegato è tenuto a fornire gli stessi dati, entro lo stesso termine, all'organo di polizia che procede. Se il proprietario del veicolo omette di fornirli, si applica a suo carico la sanzione prevista dall'articolo 180, comma 8. La comunicazione al Dipartimento per i trasporti terrestri avviene per via telematica.

2. L'organo da cui dipende l'agente che ha accertato la violazione che comporta la perdita di punteggio, ne dà notizia, entro trenta giorni dalla definizione della contestazione effettuata, all'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida. La contestazione si intende definita quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi. Il predetto termine di trenta giorni decorre dalla conoscenza da parte dell'organo di polizia dell'avvenuto pagamento della sanzione, della scadenza del termine per la proposizione dei ricorsi, ovvero dalla conoscenza dell'esito dei ricorsi medesimi. La comunicazione deve essere effettuata a carico del conducente quale responsabile della violazione;nel caso di mancata identificazione di questi, il proprietario del veicolo, ovvero altro obbligato in solido ai sensi dell'articolo 196, deve fornire all'organo di polizia che procede, entro sessanta giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione. Se il proprietario del veicolo risulta una persona giuridica, il suo legale rappresentante o un suo delegato è tenuto a fornire gli stessi dati, entro lo stesso termine, all'organo di polizia che procede. Il proprietario del veicolo, ovvero altro obbligato in solido ai sensi dell'articolo 196, sia esso persona fisica o giuridica, che omette, senza giustificato e documentato motivo, di fornirli è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 250 a euro 1.000.

170. Trasporto di persone e di oggetti sui veicoli a motore a due ruote

 

1. Sui motocicli e sui ciclomotori a due ruote il conducente deve avere libero uso delle braccia, delle mani e delle gambe, deve stare seduto in posizione corretta e deve reggere il manubrio con ambedue le mani, ovvero con una mano in caso di necessità per le opportune manovre o segnalazioni. Non deve procedere sollevando la ruota anteriore.

 

2. Sui ciclomotori è vietato il trasporto di altre persone oltre al conducente, salvo che il posto per il passeggero sia espressamente indicato nel certificato di circolazione e che il conducente abbia un'età superiore a diciotto anni. Con regolamento emanato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sono stabiliti le modalità e i tempi per l'aggiornamento, ai fini del presente comma, della carta di circolazione dei ciclomotori omologati anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151

 

7. Se le violazioni di cui ai commi 1 e 2 sono commesse da conducente minorenne, alla sanzione pecuniaria amministrativa consegue il fermo amministrativo del veicolo per trenta giorni, ai sensi del capo I, sezione II, del titolo VI

7. Alle violazioni previste dai commi 1 e 2, alla sanzione pecuniaria amministrativa, consegue il fermo amministrativo del veicolo per sessanta giorni, ai sensi del capo I, sezione II del titolo VI; quando, nel corso di un biennio, con un ciclomotore o un motociclo sia stata commessa, per almeno due volte, una delle violazioni previste dai commi 1 e 2, il fermo amministrativo del veicolo è disposto per novanta giorni.

 


Articolo 45
(Attività della pubblica amministrazione in materia di dighe)

 


1. Il Registro italiano dighe (RIS), istituito ai sensi dell’articolo 91, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, è soppresso.

2. I compiti e le attribuzioni facenti capo al Registro italiano dighe, ai sensi del citato articolo 91, comma 1, nonché dell’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 24 marzo 2003, n. 136, sono trasferiti al Ministero delle infrastrutture, e sono esercitati dalle articolazioni amministrative individuate con il regolamento di organizzazione del Ministero, adottato ai sensi dell’articolo 1, comma 23, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233. Fino all’adozione del citato regolamento, l’attività facente capo agli uffici periferici del Registro italiano dighe continua ad essere esercitata presso le sedi e gli uffici già individuati ai sensi dell’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 24 marzo 2003, n. 136.

3. Le spese occorrenti per il finanziamento delle attività già facenti capo al Registro italiano dighe sono finanziate dalla contribuzione a carico degli utenti dei servizi, ai sensi dell’articolo 12, comma 1, lettere b) e c), del decreto del Presidente della Repubblica 24 marzo 2003, n. 136, nei modi previsti dalla legge, per la parte non coperta da finanziamento a carico dello Stato, e affluiscono ad apposita unità previsionale di base inserita nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture. Nella medesima unità previsionale di base confluiscono gli stanziamenti finanziari attualmente iscritti nello stato di previsione della spesa del Ministero delle infrastrutture per le attività del Registro italiano dighe.

4. Con decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabiliti i criteri e i parametri per la quantificazione degli oneri connessi alle attività già facenti capo al Registro italiano dighe, ivi comprese quelle di cui all’ultimo periodo del comma 1, dell’articolo 6 della legge 1° agosto 2002, n. 166.

5.Al fine di garantire la continuità delle attività di interesse pubblico già facenti capo al Registro italiano dighe, fino al perfezionamento del processo di riorganizzazione disposto ai sensi del presente articolo, è nominato un Commissario straordinario per l’espletamento dei compiti indifferibili ed urgenti assegnati all’ente e la prosecuzione degli interventi di messa in sicurezza di cui al decreto-legge 29 marzo 2004, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2004, n. 139.

6. Il personale attualmente in servizio presso il Registro italiano dighe conserva lo stato giuridico ed economico in godimento.

7. La Consulta degli iscritti, di cui all’articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 24 marzo 2003, n. 136, continua a svolgere i compiti previsti ai sensi del citato decreto, senza oneri a carico dei bilanci pubblici. Alle esigenze di segreteria della stessa provvedono le strutture organizzative individuate ai sensi del comma 2 del presente articolo. A tale fine, resta fermo, in particolare, quanto previsto ai sensi del comma 9 del citato articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 136 del 2003.


 

 

L’articolo 45, commi 1 e 2, prevede la soppressione del RID (Registro italiano dighe) – istituito ai sensi dell’art. 91, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 – ed il conseguente trasferimento dei relativi compiti ed attribuzioni al Ministero delle infrastrutture. La norma demanda lo svolgimento di tali funzioni ad articolazioni amministrative del Ministero da individuarsi con successivo regolamento (adottato ai sensi dell’art. 1, comma 23, del decreto-legge 18 maggio, n. 181[243]).

Secondo quanto affermato nella relazione che accompagna il provvedimento, la riconduzione delle attribuzioni del Registro italiano dighe “nell’ambito di quelle più generali del Ministero delle infrastrutture, previa soppressione dell’ente stesso, si traduce in una riduzione di costi di funzionamento delle strutture interessate e in un parallelo efficientamento dei servizi resi. Quanto sopra, al fine di assicurare una più efficace azione di coordinamento a livello ministeriale in un settore, quale quello dell’approvazione tecnica dei progetti e della vigilanza sulla costruzione e sulle operazioni di controllo spettanti ai concessionari sulle grandi dighe, che, per sua natura, presenta profili di stretta contiguità con le attività proprie del Ministero delle infrastrutture, come da ultimo definite dal decreto legge 18 maggio, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233 …”.

 

Con il decreto-legge n. 181 del 2006 è stata modificata, per più aspetti, l’organizzazione del Governo stabilita dal D.Lgs. 300/1999, con particolare riferimento all’articolazione in Ministeri e al riparto delle competenze. Conseguentemente, l’art. 1, comma 23, ha previsto l’emanazione, limitatamente alle amministrazioni interessate dal riordino (tra cui anche il Ministero delle infrastrutture), di regolamenti di organizzazione per definire gli assetti organizzativi e il numero massimo delle strutture di primo livello. Tali regolamenti devono essere adottati ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. 300/1990, che rinvia a sua volta all’art. 17, comma 4-bis,della legge n. 400 del 1988. Tale ultima disposizione prevede che l’organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri siano determinate, con regolamenti di delegificazione, su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro

Nel merito, si ricorda che il RID è nato dalla soppressione e dalla trasformazione del Servizio nazionale dighe disposta dall'art. 91 del D.Lgs. n. 112 del 1998, nell’ambito di un generale riordino dei Servizi tecnici nazionali. In base a tale disposizione, il RID provvedeva, ai fini della tutela della pubblica incolumità, all'approvazione tecnica dei progetti ed alla vigilanza sulla costruzione e sulle operazioni di controllo spettanti ai concessionari sulle dighe di ritenuta aventi le caratteristiche indicate all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 507[244].

In base al comma 3, l’attuazione dell’articolo 91 era subordinata all’emanazione di un successivo provvedimento volto a determinare l'organizzazione, anche territoriale, i compiti e la composizione degli organi del RID. Con il D.P.R. 24 marzo 2003, n. 136[245] sono stati definiti l’organizzazione del nuovo ente (attraverso l’individuazione degli organi e delle relative funzioni), i compiti e le attribuzioni, le risorse finanziarie, nonché le modalità previste per l’iscrizione al registro stesso. Lo stesso regolamento, all’art. 10, ha attribuito al RID il compito di fornire la consulenza tecnica specialistica per l'emanazione della normativa tecnica in materia di dighe, nonché il potere di emanare direttive nelle materie di competenza, nel rispetto di quanto stabilito dalla normativa generale, con particolare riferimento ad una serie di aspetti - indicati dal comma 5 della stessa disposizione- prettamente tecnici.

L’art. 7, comma 2, del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147[246], ha prorogato alla data di entrata in vigore del citato DPR n. 136 del 2003 (1° luglio 2003), il trasferimento al RID delle funzioni del soppresso Servizio nazionale dighe, con le relative risorse finanziarie, materiali ed umane ed i comandi in atto.

L’art. 5-bis del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269[247], ha previsto disposizioni integrative alla disciplina relativa alle competenze del RID. Attraverso una novella all’art. 6 della legge 1° agosto 2002, n. 166, è stato in particolare disposto che con il regolamento per la disciplina del procedimento di approvazione dei progetti e del controllo sulla costruzione e l'esercizio delle dighe - previsto dall’art. 2 del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 507[248]– siano definite anche le modalità con cui il RID provvede:

§       all’approvazione dei progetti delle opere di derivazione dai serbatoie di adduzione all’utilizzazione, comprese le condotte forzate;

§       alla vigilanza sulle operazioni di controlloche i concessionari saranno tenuti ad espletare sulle opere medesime.

La nuova disposizione risponde all'obiettivo di precisare le competenze del RID, chiamato a svolgere, oltre ad un’attività connessa con la sicurezza delle dighe, anche funzioni di esame e approvazione di progetti e di vigilanza sull’esercizio delle operazioni di controllo affidate ai concessionari.

Inoltre, attraverso una modifica all’art. 39, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, è stata sottratta all’APAT e assegnata al RID la competenza per l’emanazione della normativa tecnica relativa alla progettazione e costruzione delle dighe di sbarramento e di opere di carattere assimilabile di qualsiasi altezza e capacità di invaso.

Si ricorda, inoltre, che con il decreto legge 29 marzo 2004, n. 79[249], sono state introdotte disposizioni prevalentemente finalizzate a permettere al RID di avviare una immediata e straordinaria attività di controllo dello stato di manutenzione e dei requisiti di sicurezza e quindi di messa in sicurezza delle dighe rientranti nell’ambito di competenza dello stesso RID, prevedendone da un lato un potenziamento della struttura (con un apposito stanziamento, aggiuntivo rispetto ai finanziamenti ordinari assegnati all’ente), dall’altro un coordinamento con il Dipartimento della protezione civile[250]. L’art. 4 del medesimo decreto, inoltre, dispone in merito ad un’attività generalizzata di verifica sismica ed idraulica di tutte le dighe esistenti.

Ulteriori disposizioni volte ad assicurare la funzionalità del RID erano, infine, contenute nel decreto legge n. 163 del 2005 (art. 1), non convertito entro i termini costituzionali.

 

Con riguardo alle funzioni trasferite al Ministero delle infrastrutture, il comma 2 della disposizione in commento fa testuale riferimento ai compiti e alle attribuzioni facenti capo al RID, ai sensi dell’art. 91, comma 1, del decreto legislativo n. 112 del 1998, nonché dell’art. 10 del DPR n. 136 del 2003.

 

Posto che in base a disposizioni diverse, il RID è chiamato ad esercitare compiti ulteriori, occorrerebbe un chiarimento circa lo svolgimento di questi ultimi.

 

Nelle more dell’emanazione del regolamento di cui al comma 2, la stessa disposizione precisa che l’attività facente capo agli uffici periferici del RID debba continuare ad essere esercitata presso le sedi e gli uffici già individuati ai sensi dell’art. 11 del DPR n. 136 del 2003.

Ai sensi dell’art. 11 del DPR n. 136 gli uffici periferici del RID, in prima applicazione, hanno sede in Torino, Milano, Venezia, Firenze, Perugia, Napoli, Catanzaro, Cagliari e Palermo. In successiva applicazione, sentite le regioni interessate, gli uffici possono avere ubicazione diversa o aggiuntiva, in relazione al numero di dighe presenti sul territorio ed alle eventuali situazioni di rischio, ovvero a sopravvenute esigenze, con determinazione del consiglio di amministrazione.

 

Il comma 3 dispone che le spese occorrenti per il finanziamento delle attività già facenti capo al RID debbano essere finanziate dalla contribuzione a carico degli utenti dei servizi come disposto dall’art. 12, comma 1, lettere b) e c), del DPR n. 136 del 2003 per la parte non coperta da finanziamento a carico dello Stato, e debbano insistere in un’unica u.p.b. inserita nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture. In tale u.p.b. confluiscono anche gli stanziamenti finanziari attualmente iscritti nello stato di previsione della spesa del Ministero delle infrastrutture per le attività del RID.

Costituiscono entrate del RID, ai sensi dell’art. 12, comma 1, lett. a) del DPR n. 136 le somme iscritte annualmente in apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e, ai sensi delle successive lett. b) e c) dello stesso comma 1, anche le entrate provenienti dalle prestazioni o convenzioni del RID (di cui all'art. 10 dello stesso DPR) e le quote annue di iscrizione al RID (di cui all'art. 13, comma 1).

In merito alle u.p.b. di riferimento, il successivo comma 2 dell’art. 12 del DPR n. 136 specifica che le entrate del RID affluiscano:

-        quelle di cui al comma 1, lettera a), al bilancio del RID su apposita u.p.b. inserita nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

-        quelle di cui alla lettera c) direttamente al bilancio del RID;

-        a quelle di cui alla lettera b), direttamente al bilancio del RID secondo termini e modalità stabiliti dal regolamento di contabilità e gestione e sono utilizzate per gli scopi da esso previsti.

 

Il comma 4 prevede, quindi, che con un successivo decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, vengano definiti i criteri e i parametri per la quantificazione degli oneri connessi alle attività già facenti capo al RID, ivi comprese quelle di cui all’ultimo periodo del comma 1, dell’art. 6 della legge 1 agosto 2002, n. 166.

 

Tale ultima disposizione ha stabilito che i concessionari delle dighe di cui all'art. 1 del decreto-legge n. 507 del 1994 sono tenuti ad iscriversi al RID e a corrispondere al medesimo un contributo annuo per le attività di vigilanza e controllo svolte dallo stesso. In base all’ultimo periodo del comma 1, per le altre attività che il RID è tenuto ad espletare nelle fasi di progettazione e costruzione delle predette dighe, è stabilito altresì, a carico dei richiedenti, un diritto di istruttoria.

Attualmente i criteri di determinazione del contributo e del diritto di istruttoria, nonché le modalità di riscossione degli stessi, nel rispetto del principio di copertura dei costi sostenuti dal RID, sono stati determinati con il DM del 17 dicembre 2004[251], in attuazione delle disposizioni recate dall’art. 6 della legge n. 166 del 2002

 

L’articolo in esame prevede, inoltre, al comma 5,che fino al perfezionamento del processo di riorganizzazione, venga nominato un Commissario straordinario ai sensi dell’art. 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, per l’espletamento dei compiti indifferibili ed urgenti assegnati all’ente e per la prosecuzione degli interventi di messa in sicurezza di cui al decreto-legge 29 marzo 2004, n. 79, convertito con modificazioni dalla legge 28 maggio 2004, n. 139.

Il decreto legge n. 79 del 2004 reca, prevalentemente, disposizioni finalizzate ad avviare una immediata e straordinaria attività di controllo dello stato di manutenzione e dei requisiti di sicurezza e quindi di messa in sicurezza delle dighe (fuori esercizio ed in esercizio) rientranti nell’ambito di competenza del RID, cioè quelle di dimensioni superiori ai limiti definiti dalle norme vigenti, disponendo a tali scopi un finanziamento aggiuntivo rispetto ai finanziamenti ordinari assegnati al RID.

 

Il comma 6 dispone che il personale attualmente in servizio presso il RID conservi lo stato giuridico ed economico in godimento.

 

Il comma 7 prevede, infine, che la Consulta degli iscritti, di cui all’art. 8 del DPR n. 136, continui a svolgere i compiti previsti, senza oneri a carico dei bilanci pubblici. Alle esigenze di segreteria della stessa provvedono le strutture organizzative individuate ai sensi del comma 2. A tal fine, resta fermo quanto previsto dal comma 9 del citato art. 8 del DPR n. 136 che dispone che le spese per la partecipazione alle sedute della Consulta non possono far carico al bilancio del RID.

La Consulta degli iscritti è stata istituita con l’art. 8 del DPR n. 136 con funzioni consultive e propositive relativamente a questioni di prioritario interesse per gli iscritti di cui all'art. 13 dello stesso DPR. Essa dura in carica 5 anni e risiede presso la sede centrale del RID, che provvede alle esigenze di segreteria. Gli iscritti al RID eleggono, infatti, i propri rappresentanti nella consulta ed approvano un proprio regolamento. La consulta esprime i pareri entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione della relativa documentazione trasmessa a cura del direttore generale del RID. In caso di mancata espressione dei pareri entro il predetto termine, il consiglio di amministrazione adotta comunque le relative determinazioni.

 


Articolo 46
(Proroga del termine in materia di soppressione di organismi)

 

1. All’articolo 29, comma 4, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, le parole: “centoventi giorni” sono sostituite dalle seguenti: “centottanta giorni”.

 

 

L’articolo 46 modifica l’art. 29, co. 4, del D.L. 223/2006[252] – che reca misure volte alla razionalizzazione degli organismi pubblici, nell’ottica della riduzione della spesa – prorogando da centoventi a centottanta giorni dall’entrata in vigore del medesimo D.L. 223/2006 il termine decorso il quale gli organismi pubblici non riordinati ai sensi dell’art. 29 sono soppressi.

 

L’art. 29 del D.L. 223/2006, oggetto della novella, dispone in primo luogo (comma 1), una riduzione del 30 per cento della spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche[253], rispetto alla spesa sostenuta nel 2005, per organi collegiali e altri organismi, anche monocratici, operanti nelle predette amministrazioni.

 

L’articolo precisa che:

§      le norme recate dal medesimo articolo non sono direttamente applicabili alle regioni ed alle province autonome, agli enti locali e agli enti del Servizio sanitario nazionale; tali norme costituiscono, per le autonomie territoriali e per gli enti del Servizio sanitario nazionale, disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica[254] (comma 6);

§      sono esentati dalla disciplina limitativa (e, quindi, dalle conseguenze previste per i casi di inottemperanza) gli “organi di direzione, amministrazione e controllo” (comma 7);

§      resta fermo quanto previsto dall’art. 18, co. 1, della L. 448/2001[255], che prevedeva il divieto di istituire nuovi organismi e l’obbligo delle pp.aa. di individuare quelli di carattere tecnico indispensabili per la realizzazione dei propri obiettivi istituzionali (comma 1).

 

Il secondo periodo del comma 1 chiama le pubbliche amministrazioni ad assumere con immediatezza, e comunque entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge (4 luglio 2006), le necessarie misure di adeguamento ai nuovi limiti di spesa introdotti. L’ultimo periodo del comma specifica che le limitazioni di spesa in questione sono aggiuntive rispetto a quelle introdotte dalla legge finanziaria per il 2006.

 

Si ricorda che l’art. 1, comma 58, dell’ultima legge finanziaria ha ridotto del 10 per cento, rispetto agli importi risultanti alla data del 30 settembre 2005, le indennità, compensi, gettoni, retribuzioni o altre utilità corrisposte ai componenti di:

-       organi di indirizzo, direzione e controllo;

-       consigli di amministrazione;

-       organi collegiali comunque denominati,

presenti sia nelle pubbliche amministrazioni, sia nelle società e negli enti da queste controllate. Il successivo comma 59, inoltre, impedisce l’incremento di tali emolumenti per un periodo di tre anni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria.

 

Ai sensi del successivo comma 2, entro centoventi giorni – decorrenti dal 4 luglio 2006 – le amministrazioni pubbliche procedono al riordino degli organismi operanti presso le amministrazioni statali, anche mediante soppressione o accorpamento delle strutture, attraverso due strumenti alternativi:

§      il regolamento di delegificazione (ex art. 17, comma 2, L. 400/1988) se gli organismi sono previsti dalla legge o dal regolamento;

§      il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente, per gli organismi previsti da fonte diversa.

 

I provvedimenti di riordino devono conformarsi ai seguenti criteri[256]:

-       eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali;

-       razionalizzazione delle competenze delle strutture che svolgono funzioni omogenee;

-       limitazione del numero delle strutture di supporto a quelle strettamente indispensabili al funzionamento degli organismi;

-       diminuzione del numero dei componenti degli organismi;

-       riduzione dei compensi spettanti ai componenti degli organismi;

-       indicazione di un termine di durata, non superiore a tre anni, con la previsione dell’automatica soppressione dell’organismo alla scadenza;

-       previsione di una relazione di fine mandato sugli obiettivi realizzati da tali organismi, da presentare all’amministrazione competente e alla Presidenza del Consiglio.

Il comma 2-bis prevede che la Presidenza del Consiglio possa, prima della scadenza del termine di durata degli organismi individuati dai provvedimenti poc’anzi indicati, nonché dagli analoghi provvedimenti di cui al comma 3 (v. infra), proporre le iniziative per l’eventuale proroga della durata dell’organismo, in base alla valutazione della perdurante utilità di quest’ultimo. Si prevede il concerto dell’amministrazione competente.

 

Il comma 3 delinea le modalità attraverso le quali le amministrazioni non statali debbono realizzare il prescritto contenimento di spesa.

 

Esse debbono provvedere al riordino con gli atti di natura regolamentare previsti dai rispettivi ordinamenti, da sottoporre alla verifica degli organi interni di controllo e all'approvazione dell'amministrazione vigilante (ove prevista). Detti regolamenti devono essere emanati nell’osservanza del medesimo termine e degli stessi criteri previsti per le amministrazioni statali (vedi supra). L’ultimo periodo del comma precisa che, fino all’adozione dei regolamenti di riordino, le amministrazioni non statali sono comunque chiamate ad assicurare il rispetto del limite di spesa introdotto dal comma 1, entro il termine ivi previsto (trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge).

 

In base al successivo comma 4, gli organismi non individuati dai provvedimenti già citati entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge (termine identico a quello previsto per l’emanazione di tali atti ai commi 2 e 3), sono soppressi. La disposizione appare quindi configurare, come norma di chiusura, la soppressione degli organismi anche come un possibile effetto ex lege.

Il comma 5 prevede una ulteriore conseguenza, qualora le amministrazioni non procedano al riordino o all’adozione delle prescritte misure di contenimento della spesa nei termini previsti: scaduti infatti i termini di cui ai commi 1, 2 e 3 senza che si sia provveduto agli adempimenti ivi previsti, è fatto divieto alle amministrazioni di corrispondere compensi ai componenti degli organismi in questione.

 

Come si è accennato, l’articolo 46 del decreto-legge in esame porta da centoventi a centoottanta giorni successivi all’entrata in vigore del D.L. 223/2006, il termine di cui al testé illustrato comma 4: la scadenza di tale termine è dunque prorogata dal 1° novembre al 31 dicembre 2006.

Diversamente da quanto potrebbe desumersi dalla relazione illustrativa[257], non è invece modificato il termine di centoventi giorni, di cui ai precedenti commi 2 e 3, per il riordino degli organismi oggetto della disposizione.

 

 


Articolo 47
(Copertura finanziaria)

 


1. Agli oneri derivanti dall’articolo 1, comma 14, dall’articolo 7, commi 1, 2, 3, 14 e 15, e dagli articoli 16, 18, 23, 35 e 39, pari a milioni 27, 05 per l’anno 2006, a milioni 390,5 per l’anno 2007, a milioni 402,3 per l’anno 2008, a milioni 391,3 per l’anno 2009 ed a milioni 241,7 a decorrere dal 2010, si provvede mediante utilizzo di parte delle maggiori entrate recate dal presente decreto.

2. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

L’articolo 47 provvede alla copertura degli oneri derivanti dall’articolo 1, comma 14 (costituzione di un fondo per incentivi e assunzioni per contrasto all’evasione fiscale e contributiva e al giuoco illegale), dall’articolo 7, commi 1, 2, 3, 14 e 15 (regimi di agevolazioni al fine delle diffusione di mezzi di trasporto ad alta sostenibilità ambientale), e dagli articoli 16 (reclutamento di personale dirigenziale nel Ministero per i beni e le attività culturali), 18 (Teatro Petruzzelli di Bari), 23 (versamento dei contributi previdenziali per il settore agricolo), 35 (organizzazione del Ministero dell’università e della ricerca) e 39 (tutela dell’euro).

 

Gli oneri sono valutati pari a 27 milioni di euro per l’anno 2006, a 390,5 milioni per l’anno 2007, a 402,3 milioni per l’anno 2008, a 391,3 milioni per l’anno 2009 e a 241,7 milioni a decorrere dal 2010.

 

Alla copertura degli oneri si provvede a valere sulle maggiori entrate recate dal decreto-legge stesso.

 

Gli oneri delle disposizioni richiamate, come considerati nella relazione tecnica, sono riepilogati nella successiva tavola (dati in milioni di euro):

 

 

Art.

Oggetto

2006

2007

2008

2009

2010 e ss

1, co. 14

Fondo per incentivi e assun­zioni per contrasto all’eva­sione fiscale e contributiva e al giuoco illegale

-

10

30

30

30

7, co. 1

Agevolazioni bollo auto­mobilistico per autoveicoli euro 4 e euro 5

-

60

60

49

-

7, co. 2

Rinnovo parco autocarri (credito di imposta)

-

120

120

120

120

7, co. 3

Immatricolazione veicoli a metano (credito di impo­sta)

-

65

65

65

65

7, co. 14

Restituzione agli autotra­sportatori maggiore onere per aumento dell’accisa sul gasolio

-

22,5

22,5

22,5

22,5

7, co. 15

Agevolazioni per autovei­coli alimentati a GPL

-

100

100

100

-

16

Reclutamento di personale dirigenziale nel Ministero per i beni e le attività culturali

1

4

4

4

4

18

Ristrutturazione del Teatro Petruzzelli di Bari

-

8

-

-

-

23

Versamento dei contributi previdenziali per il settore agricolo

26

-

-

-

-

35

Organizzazione del Mini­stero dell’università e della ricerca

0,050

0,200

0,200

0,200

0,200

39

Disposizioni in materia di tutela dell’euro

-

0,758

0,514

0,618

-

 

TOTALE ONERI

27,050

390,458

402,214

391,318

241,700

 

 

Le maggiori risorse recate dal provvedimento, al netto di quelle occorrenti per la copertura degli oneri di cui al presente articolo, contribuiscono alla manovra di finanza pubblica nelle seguenti misure:

(milioni di euro)

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto P.A.

2006

2007

2008

2009

2006

2007

2008

2009

2006

2007

2008

2009

9,0

6.555,7

6.648,6

6.628,4

34,0

3.965,0

3.617,0

3.834,4

34,0

3.965,0

3.617,0

3.834,4

 

 


 



[1]     Regolamento recante norme in materia di depositi IVA, emanato con D.M. 20 ottobre 1997, n. 419.

[2]    Vedi anche il regolamento (CE) n. 1891/2004, del 21 ottobre 2004, di applicazione del regolamento (CE) n. 1383/2003.

[3]    Sono merci usurpative le merci che costituiscono o che contengono copie fabbricate senza il consenso del titolare del diritto d'autore o dei diritti connessi o del titolare dei diritti relativi al disegno o modello, registrato o meno a norma del diritto nazionale, o di una persona da questo autorizzata nel paese di produzione, quando la produzione di tali copie costituisce una violazione del diritto in questione ai sensi del regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari o ai sensi della legislazione dello Stato membro in cui è presentata la domanda per l'intervento delle autorità doganali.

[4]    La frode carosello sfrutta il regime di esenzione IVA previsto per le transazioni intracomunitarie nel seguente modo: una cosiddetta “società intermedia” (A) effettua una fornitura di merci intracomunitaria esente ad una “società fittizia” (B) residente in un altro Stato membro. La società (B) acquista le merci senza pagare l’IVA e poi effettua una fornitura nazionale ad una terza società (C), denominata “broker”. La “società fittizia” incassa l’IVA sulle vendite fatte al “broker”, ma non versa l’IVA all’Erario e scompare. Il “broker” (C) chiede il rimborso dell’IVA sugli acquisti effettuati presso B. Di conseguenza, la perdita finanziaria per l’Erario è pari all’IVA pagata da C a B. In seguito, la società C può dichiarare una fornitura intracomunitaria esente alla società (A) e quest’ultima può, a sua volta, effettuare una fornitura intracomunitaria esente a (B) ed il ciclo della frode si ripete (onde l’appellativo di “frode carosello”). Per sviare le indagini della pubblica autorità, le merci vengono spesso fornite da (B) a (C) tramite società intermediarie, consapevoli o no, denominate “società cuscinetto”.

[5]    L'individuazione è stata eseguita con i decreti ministeriali 24 aprile 1992 (Gazz. Uff. 6 maggio 1992, n. 104), e 23 gennaio 2002 (Gazz. Uff. 4 febbraio 2002, n. 29), modificato dai decreti ministeriali 22 marzo 2002 (Gazz. Uff. 3 aprile 2002, n. 78) e 27 dicembre 2002 (Gazz. Uff. 14 gennaio 2003, n. 10).

[6]    A norma dell’articolo 19, comma 1, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, recante la disciplina dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), è detraibile dall'ammontare dell'imposta relativa alle operazioni effettuate quello dell'imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni e ai servizi importati o acquistati nell'esercizio dell'impresa, arte o professione. Il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui l'imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto, e alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo.

L’articolo 45 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, ammette altresì in detrazione, a norma degli articoli 19 e seguenti del D.P.R. n. 633 del 1972 e con le limitazioni ivi stabilite, l'imposta dovuta per gli acquisti intracomunitari di beni, effettuati nell'esercizio di impresa, arti e professioni.

[7]    Attualmente fanno parte dell'Unione Internazionale degli istituti di archeologia, storia e storia dell’arte in Roma 33 istituti e accademie di 18 nazioni (Austria, Belgio, Città del Vaticano, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Norvegia, Olanda, Polonia, Repubblica Ceca, Spagna, Stati Uniti d'America, Svezia, Svizzera, Ungheria), suddivisi in 23 membri non italiani e 10 italiani. Ulteriori informazioni possono rinvenirsi nel sito internet dell’Unione: www.unioneinternazionale.it

[8]    Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.

[9]    Per il 2006, le aliquote contributive sono pari al 17,70% (più il contributo dello 0,50% per la malattia, l’assegno familiare e la maternità) per i soggetti non pensionati e non iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie, fino al limite di reddito di € 39.297,01. L’aliquota è aumentata di un punto percentuale (18,70%), sempre tenendo conto il contributo per la malattia, l’assegno familiare e la maternità, sui compensi eccedenti tale somma. Per i soggetti pensioni od iscritti ad altra forma obbligatoria per il 2006 l’aliquota contributiva è pari al 10,00%, mentre per i pensionati titolai di pensione diretta è pari al 15,00%.

[10]   D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

[11]   T.U. delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

[12]   In seguito il comma 1 dell’articolo 18 della legge n. 856 del 1986 ha esteso la possibilità di svolgere il servizio di esazioni anche alle Casse marittime Adriatica, Meridionale e Tirrena.

[13]    La circolare dell’Agenzia delle entrate n. 28/E del 4 agosto 2006, al paragrafo 26, chiarisce che “rientrano nell'ambito oggettivo di applicazione della disposizione i fabbricati strumentali per destinazione e per natura ai sensi dell'art. 43, commi 1 e 2, del TUIR”, mentre ne sono esclusi gli impianti e i macchinari, ancorché infissi al suolo.

[14]    La quota interessi di tale canone continuerà a essere deducibile ai sensi delle disposizioni sui componenti negativi del reddito di impresa.

[15]    Mediante il contratto di riporto una parte trasferisce in proprietà all’altra titoli di credito di una data specie, a un determinato prezzo. Il soggetto che acquista i titoli si obbliga a trasferire all’altra parte, alla scadenza del termine stabilito, la proprietà di altrettanti titoli della stressa specie, verso il rimborso del prezzo, che può essere aumentato o diminuito nella misura convenuta (artt. 1538 e seguenti cod. civ.).

[16]    Mediante il contratto di pronti contro temine un soggetto cede temporaneamente titoli o valute a un altro soggetto, impegnandosi a contemporaneamente a riacquistare dallo stesso soggetto la medesima quantità e qualità di titoli o valute, in una data successiva, a un prezzo stabilito, superiore al prezzo ricevuto.

[17]    Mediante il contratto di mutuo di titoli garantito il mutuante consegna al mutuatario titoli di credito fungibili dietro corresponsione di un compenso. Il mutuatario si impegna a restituire, alla scadenza del contratto, titoli della stessa specie e della stessa quantità di quelli ricevuti.

[18]    Tali utili costituiscono infatti la base imponibile dell’imposta sui redditi della società, ma sono anche un reddito imponibile per il soggetto che li riceve. Con il credito d’imposta si consentiva al socio di recuperare l’IRPEG pagata dalla società.

[19]    Si segnala che la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 6/E del 13 febbraio 2006, al paragrafo 11, contiene varie precisazioni relative all’articolo 1, comma 496, della legge n. 266 del 2005, riferite in particolare all’ambito oggettivo di applicazione (anche per quanto riguarda l’irrilevanza dell'uso effettivo dell'immobile, risultando determinante la categoria catastale), all’applicazione della rivalutazione ISTAT per la determinazione della plusvalenza, alle ipotesi di acquisizione di un’area edificabile per successione o donazione, alla disciplina applicabile a unità immobiliari ricevute nell'ambito di attività d’impresa individuale, al regime delle plusvalenze derivanti dalla cessione di sole pertinenze, nonché all’ipotesi di pluralità di cedenti.

[20]    Si evidenzia che il disegno di legge finanziaria per il 2007 (A.C. 1746), il cui esame da parte del Parlamento non è ancora stato avviato, dispone, all’articolo 3, comma 1, lettera b), la seguente rimodulazione delle aliquote di imposta e degli scaglioni di reddito:

a)       fino a 15.000 euro, 23 per cento;

b)       oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 27 per cento;

c)       oltre 28.000 euro e fino a 55.000 euro, 38 per cento;

d)       oltre 55.000 euro e fino a 75.000 euro, 41 per cento;

e)       oltre 75.000 euro, 43 per cento.

[21]    Per usufruire del regime di trasparenza fiscale è necessario esercitare l’opzione di cui all’articolo 115 cit., comma 4. L'opzione è irrevocabile per tre esercizi sociali della società partecipata e deve essere esercitata da tutte le società partecipanti.

[22]    Il consolidato fiscale è disciplinato dagli articoli 117-129 del TUIR (consolidato nazionale) e dagli articoli 130-142 del TUIR (consolidato mondiale), in base ai quali la società o l’ente controllante e ciascuna società controllata possono congiuntamente esercitare l’opzione per la tassazione di gruppo. L'esercizio dell'opzione per la tassazione di gruppo comporta la determinazione di un reddito complessivo globale corrispondente alla somma algebrica dei redditi complessivi netti da considerare, quanto alle società controllate, per l'intero importo indipendentemente dalla quota di partecipazione riferibile al soggetto controllante.

[23]    La modifica, alla stregua di quanto riportato nella relazione del Governo al disegno di legge di conversione del D.L. n. 223 del 2006, è diretta ad evitare il verificarsi di fenomeni di pianificazione fiscale consistenti nel ridurre le partecipazioni detenute dal socio per poter accedere alla tassazione per trasparenza, anziché al consolidato fiscale, riuscendo così a compensare le perdite pregresse maturate dallo stesso con i redditi delle partecipate, eludendo il disposto dell’articolo 118, comma 2, del TUIR, in base al quale, nel regime del consolidato nazionale, “le perdite fiscali relative agli esercizi anteriori all'inizio della tassazione di gruppo possono essere utilizzate solo dalle società cui si riferiscono”.

[24]    L’articolo 10 del TUIR consente di dedurre dal reddito complessivo, fra l’altro:

a)   i canoni, livelli, censi e altri oneri gravanti sui redditi degli immobili che concorrono a formare il reddito complessivo;

b)  le spese mediche e quelle di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione;

c)   gli assegni periodici corrisposti al coniuge;

d)   gli assegni periodici corrisposti in forza di testamento o di donazione;

d-bis)  le somme restituite al soggetto erogatore, che avessero concorso a formare il reddito in anni precedenti;

e)-e-ter)    i contributi previdenziali e assistenziali, anche a forme pensionistiche complementari, e i contributi versati ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale;

f)    le somme corrisposte ai dipendenti chiamati ad adempiere funzioni presso gli uffici elettorali;

g)   i contributi, le donazioni e le oblazioni erogate in favore delle organizzazioni non governative;

h)   le indennità per perdita di avviamento corrisposte per legge al conduttore in caso di cessazione della locazione di immobili urbani ad uso non abitativo;

i)-l)       le erogazioni liberali a favore dell’Istituto centrale per il sostentamento del clero e quelle in favore delle confessioni religiose sulla base di intesa con lo Stato;

l-bis)   la metà delle spese per adozione internazionale;

l-ter)    erogazioni liberali per il gratuito patrocinio;

l-quater)    erogazioni liberali in denaro in favore di università e altri enti.

      Per quanto riguarda l’articolo 10, si ricorda che il comma 2 dell’articolo 24 del TUIR limitava già la fruizione delle deduzioni ai soli oneri indicati nelle lettere a), g), h), i) e l).

[25]    L’articolo 11 del TUIR stabilisce una deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione, riconoscendo l’esenzione dall’IRPEF in favore di una quota di reddito di importo pari alla deduzione (c.d. no-tax area). L’importo base della deduzione è di 3.000 euro, con incrementi differenziati in relazione alla natura dei redditi percepiti dal contribuente. La deduzione spetta a condizione che il reddito complessivo del soggetto non superi determinati limiti e, all’interno di tali limiti, spetta in misura decrescente al crescere del reddito.

      L’articolo 12 del TUIR definisce le deduzioni per oneri di famiglia.

[26]    A titolo di esempio possiamo rilevare che il tasso convenzionale di cambio fissato, per il triennio 2005-2007, dal D.M. 27 ottobre 2005 (G.U. n. 257 del 4 novembre 2005) è di 0,40515 euro per ogni franco svizzero, mentre la riduzione forfetaria del 20 per cento applicata al cambio di mercato (ponendo 1 euro = 1,5841 franchi svizzeri, come rilevato il 2 ottobre 2006 dalla Banca centrale europea, GUUE C n. 238 del 3 ottobre 2006, e quindi 0,631273 euro per ogni franco svizzero) porterebbe alla fissazione di un tasso di cambio di 0,505019 euro per ogni franco svizzero.

[27]    Si tratta dello stesso tasso fissato, in applicazione dell’articolo 188 del TUIR, dal D.M. 27 ottobre 2005 (G.U. n. 257 del 4 novembre 2005), per il triennio 2005-2007.

[28]    Le opzioni su titoli azionari consentono al beneficiario di esercitare, entro un determinato periodo, il diritto di acquistare un determinato numero di azioni a un prezzo prefissato.

[29]    Si evidenzia che la relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del presente decreto-legge afferma che “la norma prescrive la necessità che l’opzione deve essere esercitata di fatto prima che siano scaduti tre anni dalla sua attribuzione”.

[30]    “Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto”.

[31]   Si tratta della Circolare n. 28/E del 4 agosto 2006, esplicativa del decreto-legge n. 233/2006.

[32]   Le modalità ed i termini con cui dovrà essere adempiuto l’obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi saranno stabiliti con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate previsto dal comma 15 dell’articolo 32-bis.

[33]    Il rinvio non appare chiaro: dovrebbe trattarsi di terreni, aziende agricole e di aree diverse da quelle destinate a parcheggio di veicoli per le quali gli strumenti urbanistici non prevedono la destinazione edificatoria.

[34]    “Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni”.

[35]    Si tratta della disposizione che regola la comminazione delle sanzioni tributarie non penali in caso di ritardati od omessi versamenti.

[36]   Recante “Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali”.

[37]   Testo Unico delle Imposte sui Redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917

[38]    L. 4 giugno 1984, n. 194, “Interventi a sostegno dell'agricoltura”.

[39]   Reg. (CE) n. 1782/2003 del 29 settembre 2003, Regolamento del Consiglio che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori e che modifica i regolamenti (CEE) n. 2019/93, (CE) n. 1452/2001, (CE) n. 1453/2001, (CE) n. 1454/2001, (CE) n. 1868/94, (CE) n. 1251/1999, (CE) n. 1254/1999, (CE) n. 1673/2000, (CEE) n. 2358/71 e (CE) n. 2529/2001.

[40]   Reg. (CE) n. 796/2004 del 21 aprile 2004 recante modalità di applicazione della condizionalità, della modulazione e del sistema integrato di gestione e di controllo di cui al regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori

[41]   L’articolo 6 del reg. 796/2004, relativo alla Identificazione delle parcelle agricole, chiede con il primo paragrafo che il sistema di identificazione delle parcelle agricole di cui all'articolo 20 del regolamento (CE) n. 1782/2003 sia praticato a livello delle parcelle di riferimento, come la parcella catastale o l'appezzamento, in modo da garantire un'identificazione unica di ciascuna parcella di riferimento. Gli Stati membri provvedono inoltre affinché le parcelle agricole siano identificate in modo attendibile, esigendo, in particolare, che la domanda unica sia corredata degli elementi o dei documenti indicati dall'autorità competente, che consentono di localizzare e misurare ciascuna parcella agricola. II SIG è praticato sulla base di un sistema geodetico nazionale.

[42]   L'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) è stata istituita con D.Lgs. 27 maggio 1999, n. 165 successivamente modificato dal D.Lgs. 15 giugno 2000, n. 188 e dal DL 22 ottobre 2001, n. 381. Con tali norme è stata disposta la soppressione dell’A.I.M.A., la sua messa in liquidazione e l’istituzione dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), ente di diritto pubblico non economico, sottoposto alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole e forestali.

[43]    Si fa presente è stato recentemente adottato il Reg. (CE) n. 1290/2005 del 21 giugno 2005, relativo al finanziamento della PAC, che ha sostituito il FEOGA attraverso il Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) destinato a finanziare le misure di mercato, ed il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) riservato al finanziamento delle misure di sviluppo rurale. Il provvedimento tuttavia continua a fornire un quadro legislativo unico per il finanziamento della PAC, prevedendo norme comuni a entrambi i fondi.

[44]    A tal fine, peraltro, sono state trasferite all’AGEA le partecipazioni azionarie possedute dal MIPAF e dall’INEA.

[45]    Il D.Lgs. n. 165/1999 ha attribuito alle regioni l’incarico di istituire servizi e organismi (in possesso dei requisiti prescritti dai regolamenti comunitari) aventi le funzioni di organismo pagatore, spostando in questo modo a livello regionale la competenza sulla tenuta dei conti relativi ai finanziamenti Feoga

[46]   Decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, “Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38, articolo 14, comma 10”.

[47]   Decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182 Interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonché per contrastare andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari, articolo 4.

[48]    L. 31 gennaio 1994, n. 97, “Nuove disposizioni per le zone montane”.

[49]   L'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) è stata istituita con D.lgs. 27 maggio 1999, n. 165 successivamente modificato dal D.lgs. 15 giugno 2000, n. 188 e dal DL 22 ottobre 2001, n. 381. Con tali norme è stata disposta la soppressione dell’A.I.M.A., la sua messa in liquidazione e l’istituzione dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), ente di diritto pubblico non economico, sottoposto alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole e forestali.

[50]   Decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, “Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38, articolo 14, comma 10”.

[51]    L. 31 gennaio 1994, n. 97, “Nuove disposizioni per le zone montane”.

[52]    La mancata iscrizione al catasto fabbricati comportava l'applicazione della sanzione amministrativa pari a 129 euro, di cui all'art. 31 del R.D.L. 13 aprile 1939 n. 652 e successive modifiche ed integrazioni.

Sono inoltre applicabili le sanzioni amministrative conseguenti al mancato inserimento dei fabbricati nella dichiarazione dei redditi (disciplinate dai decreti legislativi nn. 471 e 472 del 18 dicembre 1997, ovvero, qualora ne ricorrano i presupposti oggettivi e soggettivi, le sanzioni penali tributarie di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 74 del 2000 e le sanzioni conseguenti al mancato pagamento dell'ICI (art. 14 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504) in relazione ai periodi d'imposta nei quali i fabbricati non potevano più considerarsi rurali.

[53]   Si ricorda che il quadro generale delle categorie è stato pubblicato nel 1942 in allegato alle Istruzioni II e IV della Direzione Generale del Catasto e dei Servizi Tecnici Erariali.

[54]   Ai sensi dell'art. 2, comma 63, della L. 24 dicembre 2003, n. 350, a decorrere dal 1º gennaio 2004, ai soli fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, i moltiplicatori sono stati rivalutati nella misura del 10 per cento.

Ai sensi dell'articolo 1-bis, comma 7, del D.L. 12 luglio 2004, n. 168, convertito dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, a decorrere dal 1° agosto 2004, per i beni immobili diversi dalla prima casa di abitazione, ai soli fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, i moltiplicatori sono stati rivalutati nella misura del 20 per cento.

[55]   I moltiplicatori, in origine pari a sessanta e ottanta volte, sono stati poi elevati a settantacinque volte per i terreni e a cento volte per i fabbricati, con decorrenza dal 3 dicembre 1989, per effetto del D.M. 11 novembre 1989.

[56]    Per l’applicazione delle agevolazioni fiscali in materia di prima abitazione si devono verificare tutte le seguenti condizioni (articolo 1, comma 1, quinto periodo, della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131):

-        l’immobile deve essere una casa di abitazione non di lusso;

-        l’immobile deve essere ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l'acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all'estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l'attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l'acquirente sia cittadino italiano emigrato all'estero, che l'immobile sia acquisito come prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto;

-        nell'atto di acquisto l'acquirente deve dichiarare di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare;

-        nell'atto di acquisto l'acquirente deve dichiarare di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale, su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni fiscali espressamente menzionate dalla norma.

[57]    Per le condizioni richieste per l’applicazione delle agevolazioni fiscali in materia di prima abitazione, si veda la relativa nota inserita nel commento alla lettera a) del presente comma 1.

[58]    Il certificato di successione è redatto dall’ufficio del registro, in conformità alle risultanze della dichiarazione di successione o dell'accertamento d'ufficio, in tutti i casi in cui una successione ereditaria comprende beni immobili o diritti reali immobiliari. Lo stesso ufficio richiede la trascrizione del certificato, che non costituisce trascrizione degli acquisti a causa di morte degli immobili e dei diritti reali immobiliari compresi nella successione (articolo 5 del D.Lgs. n. 347 del 1990).

[59]    Per le condizioni richieste per l’applicazione delle agevolazioni fiscali in materia di prima abitazione, si veda la relativa nota inserita nel commento alla lettera a) del comma 1.

[60]    Dal rinvio è escluso il comma 5-bis dell’articolo 52 cit., il quale fa salvo il potere di rettifica del valore dichiarato dalle parti, nel caso in cui queste non abbiano indicato nell’atto di trasferimento anche il corrispettivo effettivamente pattuito.

[61]    Per i soggetti portatori di handicap, riconosciuto grave ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, la franchigia è elevata a un miliardo di lire (pari a 516.456,90 euro) dall’articolo 7, comma 2-bis, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346.

[62]    Per le nuove modalità di tassazione delle successioni si veda il commento ai precedenti commi 3 e 4 dell’articolo 6 in esame.

[63]    Gli affini, sia in retta che collaterale, non godevano di alcun trattamento agevolato in base alla normativa previgente, tranne la franchigia di 180.759, 91 euro, valida per qualsiasi soggetto.

[64]    Gli affini, sia in retta che collaterale, non godevano di alcun trattamento agevolato in base alla normativa previgente, tranne la franchigia di 180.759, 91 euro, valida per qualsiasi soggetto.

[65]    Ai fini dell’applicazione dell’articolo 26 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, sono considerati parenti in linea retta anche i genitori e i figli naturali, i rispettivi ascendenti e discendenti in linea retta, gli adottanti e gli adottati, gli affilianti e gli affiliati.

[66]    Si segnala, per completezza di esposizione, che il citato articolo 26 del D.P.R. n. 131 del 1986 si applica anche agli atti di trasferimento immobiliare stipulati tra i soggetti sopra indicati.

[67]    Si ritiene che l’articolo 14, comma 1, vada ora riferito ai commi 2, 2-bis e 2-ter dell’articolo 13 della legge n. 383 del 2001, come modificati dalla lettera a) dell’articolo 6, comma 5, in commento.

[68]   La Corte costituzionale sostiene che, attualmente – ovvero senza che ci sia stata una effettiva attuazione dell’art. 119 della Costituzione, la disciplina sostanziale dell'IRAP e della tassa automobilistica non è divenuta oggetto di legislazione concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, ma rientra nella esclusiva competenza dello Stato in materia di tributi erariali, secondo quanto previsto dall'art. 117, secondo comma, lettera e). La definizione di tributo proprio, in questi casi, è riferibile esclusivamente alla titolarità del gettito.

[69]   L’art. 3 del D.Lgs. 16/3/1992, n. 268 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale) dispone infatti che “la regione e le province possono (…) istituire nelle materie di rispettiva competenza tributi e contributi corrispondenti a quelli di competenza delle regioni a statuto ordinario e delle province di diritto comune in armonia con i principi stabiliti dalle leggi che li disciplinano”. La tassa è stata istituita in entrambe le province a decorrere dal 1° gennaio 1999. Da tale data nel territorio delle due province autonome non è stata più applicata la compartecipazione della tassa automobilistica erariale ex DPR 39/1953 (precedentemente fissata nei 9/10).La Giunta può introdurre variazioni tariffarie nei limiti di quanto disposto dalla legislazione statale entro il 31 ottobre di ciascun anno per i pagamenti dell’anno successivo. Altrimenti continua ad applicarsi il tariffario unico nazionale di cui all’art. 17 comma 16 L. 449/1997

[70]   In tal senso l’espressione “peso complessivo a pieno carico” è impiegata negli articoli 310 e 355 del regolamento di esecuzione e di attuazione del medesimo codice, emanato con D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495.

[71]   L’aliquota d’accisa sul gasolio era stata così fissata, da ultimo, dal decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito dalla legge n. 58 del 2005.

[72]   Causa C-360/05 del 23/9/2005 per mancato recepimento.

[73]   L’articolo 29 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, recante disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, prevedeva l’erogazione di un contributo per l'acquisto di autoveicoli nuovi a fronte della rottamazione di analoghi beni usati. L'intervento pubblico avviato con il DL citato era finalizzato ad incentivare l'acquisto di autovetture nuove con la duplice finalità di promuovere la ripresa delle aziende produttrici e di realizzare uno svecchiamento del parco automobilistico nel quadro delle politiche volte alla salvaguardia della sicurezza nella circolazione stradale e del contenimento dei consumi energetici e delle emissioni inquinanti. Il contributo statale era destinato alle persone fisiche che avessero acquistato in Italia, anche in locazione finanziaria, un veicolo nuovo di fabbrica consegnando per la rottamazione un veicolo immatricolato in data anteriore al 1° gennaio 1987 o che nel periodo di vigenza dell'agevolazione avesse superato i dieci anni dalla data di immatricolazione. La misura massima del contributo statale era stabilita in lire 1.500.000 per i veicoli di cilindrata fino a 1.300 centimetri cubici e in lire 2.000.000 per i veicoli di cilindrata superiore, a condizione che fosse praticato dal venditore uno sconto almeno pari alla misura del contributo. Il contributo doveva essere corrisposto dal venditore mediante compensazione con il prezzo di acquisto. Il contributo spettava per gli acquisti effettuati tra il 7 gennaio 1997 e il 30 settembre 1997 e risultanti da contratto stipulato dal venditore e dall'acquirente nello stesso periodo a condizione che: a) il veicolo acquistato fosse un'autovettura o un autoveicolo per trasporto promiscuo, di cui all'articolo 54, comma 1, lettere a) e c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, non immatricolato in precedenza; b) il veicolo consegnato per la rottamazione fosse un'autovettura o un autoveicolo per trasporto promiscuo, di cui all'articolo 54, comma 1, lettere a) e c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e che fosse intestato, da data anteriore al 30 giugno 1996, allo stesso soggetto intestatario del veicolo nuovo o ad uno dei familiari conviventi alla data di acquisto del veicolo nuovo, ovvero, in caso di locazione finanziaria del veicolo nuovo, che fosse intestato al soggetto utilizzatore del suddetto veicolo o a uno dei predetti familiari; c) nell'atto di acquisto sia espressamente dichiarato che il veicolo consegnato è destinato alla rottamazione e siano indicate le misure dello sconto praticato e del contributo statale

[74]   Il DM 17 luglio 1998, n. 256 è stato successivamente modificato dal decreto del Ministro delle attività produttive 2 luglio 2003, n. 183 che, in particolare, esso reca, in allegato, lo schema di accordo di programma tra il Ministero delle attività produttive, rappresentato dal direttore generale della Direzione generale per lo sviluppo produttivo e la competitività, e le associazioni di categoria del GPL e del metano nell'interesse e per conto dei propri associati e non associati.

[75]   Le regioni Sicilia e Valle d’Aosta ricevono una compartecipazione dell’imposta erariale e non hanno perciò potestà legislativa a riguardo. Per quanto concerne la disciplina della tassa automobilistica regionale si rinvia a quanto già detto nella scheda di lettura relativa ai commi 1-11 del medesimo articolo 7.

[76]    Le regioni Campania, Puglia ed Emilia-Romagna hanno proposto ricorsi contro le disposizioni dei commi 21, 22 e 23 dell’articolo 32 del decreto-legge n. 269 del 2003 dinnanzi alla Corte costituzionale, che non ha tuttavia accolto i motivi d’impugnazione addotti (sentenza 13-28 luglio 2004, n. 286).

[77]    Come si dirà più oltre, con la medesima disposizione è stata anche sospesa la facoltà, concessa ai comuni, di aumentare la parte variabile dell’aliquota dell’addizionale comunale all’IRPEF.

[78]    La disposizione inserita nella legge finanziaria per il 2006 si è resa necessaria al fine di rendere inequivoca l’interpretazione delle disposizioni in materia introdotte dalla legge n. 311 del 2004. Infatti l’articolo 1 comma 51, di quest’ultima prorogava al 31 dicembre 2006 la sospensione disposta dall’articolo 3, comma 1, della legge n. 289 del 2002 (da riferirsi quindi alle addizionali regionale e comunale all’IRPEF e all’aliquota IRAP), mentre l’articolo 1, comma 61, della medesima legge prorogava la sospensione degli aumenti dell’addizionale regionale all’IRPEF e dell’aliquota IRAP soltanto fino al 31 dicembre 2005.

[79]   Testo unico delle imposte sui redditi approvato con DPR n. 917 del 1986.

[80]   L’articolo 164 corrisponde all’articolo 121-bis nella vecchia numerazione del TUIR vigente fino al 31 dicembre 2003.

[81]   Per il 2006 tali tabelle sono state pubblicate nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale del 15 dicembre 2005.

[82]   Pertanto la percentuale di deducibilità non può essere applicata sulla parte di costo che eccede 18.075,99 euro per le autovetture; analogamente sugli altri importi massimi fissati per motocicli e ciclomotori.

[83]   Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative.

[84]    In particolare, il comma 1 prevede che il finanziamento in conto capitale, vale a dire a fondo perduto, non possa superare la metà del finanziamento complessivo. Almeno il restante 50% del finanziamento dovrà essere dunque costituito da un prestito, con obbligo di restituzione.

      La restante quota erogata in forma di prestito deve constare, a sua volta, di due voci, di pari importo:

-       un prestito agevolato, alle condizioni che saranno fissate dal CIPE, e comunque ad un tasso d’interesse annuo non inferiore allo 0,50%;

-       un prestito bancario ordinario a tasso di mercato [84].

      Nel delineare inoltre i parametri che devono essere considerati ai fini della formazione delle graduatorie, la nuova disciplina indica, fra gli altri, il criterio di privilegiare le istanze relative a investimenti per i quali sia meno elevata la quota di contributi a fondo perduto richiesta.

      È rimessa ad una o più delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) la determinazione dei criteri generali e delle modalità di erogazione e di rimborso del finanziamento pubblico agevolato.

[85]   Con il decreto, in particolare, devono essere determinate: le attività ammissibili; i limiti degli investimenti ammissibili alle agevolazioni; le modalità di valutazione delle domande; gli indicatori per la formazione delle graduatorie settoriali e territoriali; la misura dell’intervento agevolativo, in modo da rispettare i limiti dell’intensità massima di aiuto prevista dalla normativa comunitaria; il rapporto massimo tra contributo in conto capitale e finanziamento mediante credito, assicurando in ogni caso che il contributo in conto capitale non sia superiore al finanziamento mediante credito; le modalità e i contenuti dell’istruttoria sulle domande di agevolazione.

      Per quanto concerne le modalità di valutazione delle domande, è previsto il ricorso alla procedura valutativa mediante graduatoria, tranne che per i contratti di programma.

      Per l’adozione del decreto ministeriale il comma 2 dispone sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 35 in commento. La procedura per l’adozione del decreto prevede inoltre l’espressione del parere da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e il concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e, limitatamente alle previsioni concernenti le attività della filiera agricola, con il Ministro delle politiche agricole e forestali.

[86]    L’articolo 6, commi 1-7, del D.L n. 35/2005 ha, in particolare, esteso gli interventi del Fondo al sostegno dell’attività di ricerca, alla quale viene destinata una quota pari al 30% del Fondo medesimo. Conseguentemente il Fondo ha assunto la denominazione “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti alla ricerca.

[87]   Il comma 361 della legge, come sostituito dall’art. 11-ter, comma 5 del D.L. n. 35 del 2005, autorizza per le finalità di cui ai commi 354 e seguenti, la spesa di 80 milioni di euro per l’anno 2005 e 150 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006, e individua la copertura finanziaria dei suddetti oneri nel modo seguente:

-       gli oneri per gli anni 2005 e 2006, pari, rispettivamente a 80 e 150 milioni di euro, vengono posti a carico del Fondo per le aree sottoutilizzate (55 milioni per il 2005 e 100 per il 2006), per quanto concerne gli interventi finanziati dallo stesso, e del Fondo unico per gli incentivi alle imprese (25 milioni per il 2005 e 50 per il 2006), per la parte non riguardante gli interventi nelle aree sottoutilizzate;

-       gli oneri relativi agli anni 2007 e 2008, pari a 150 milioni per ciascun anno, vengono coperti per 100 milioni per ciascun anno a carico del Fondo per le aree sottoutilizzate, mentre alla restante quota di 50 milioni si provvede con le maggiori entrate derivanti dal comma 300 della legge finanziaria per il 2005. Si tratta, in particolare, delle maggiori entrate derivanti dalla revisione degli importi fissi dell'imposta di registro, della tassa di concessione governativa, dell'imposta di bollo, dell'imposta ipotecaria e catastale, delle tasse ipotecarie e di alcuni diritti speciali;

-       all’onere decorrente dal 2009 si provvede interamente con le maggiori entrate derivanti dal comma 300 delle legge finanziaria per il 2005.

[88]   Il «Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica» è stato istituito presso il Ministero dell’industria (ora dello Sviluppo economico) dall’articolo 14 (successivamente sostituito dall'articolo 2 della legge 273/2002) della legge n. 46/1982 (“Interventi per i settori dell’economia di rilevanza nazionale”). Gli interventi del Fondo hanno attualmente ad oggetto programmi di imprese destinati ad introdurre rilevanti avanzamenti tecnologici finalizzati a nuovi prodotti o processi produttivi o al miglioramento di prodotti o processi produttivi già esistenti, oppure rilevanti innovazioni di contenuto stilistico e qualitativo del prodotto. Tali programmi riguardano le attività di progettazione, sperimentazione, sviluppo, preindustrializzazione e i processi realizzativi di campionatura innovativa, unitariamente considerati. Il Ministro delle attività produttive provvede con proprio decreto, adottato previo parere delle regioni interessate, a stabilire annualmente la percentuale delle risorse riservata in via prioritaria ai programmi di sviluppo precompetitivo presentati dalle piccole e medie imprese, quota che non può essere inferiore al 25 per cento delle riserve annuali disponibili. La legge finanziaria per il 2005 (L. 311/04) all’art. 1, comma 270, ha esteso il campo d’intervento del Fondo alle imprese operanti nel settore del commercio, del turismo e dei servizi, a sostegno dei relativi processi di innovazione. Le direttive per la concessione delle agevolazioni del FIT sono state definite con Dir.Min. 16 gennaio 2001 del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

[89]   In particolare:

-       l’articolo 01, comma 13, lettera b)del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2 (Interventi urgenti per i settori dell’agricoltura, dell’agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d’impresa), convertito, con modificazioni dalla legge n. 81 del 2006, ha disposto, una riduzione dell’importo massimo delle erogazioni del FIT nel 2006 di 50 milioni di euro, a parziale compensazione degli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica derivanti dall’applicazione delle disposizioni introdotte dai commi 1, 2, 3 e 15 dell’articolo 01, recanti agevolazioni in materia di previdenza agricola.

-       l’articolo 5, comma 1, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4 (Misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione) convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80 : ha determinato, una decurtazione di 8,5 milioni di euro dell’importo complessivo delle erogazioni del FIT per l’anno 2006, quale compensazione degli effetti finanziari che derivano sul fabbisogno e sull’indebitamento netto dall’applicazione della norma che autorizza la Croce rossa italiana a prorogare al 31 dicembre 2006 i contratti di lavoro a tempo determinato attualmente in essere.

-       l’articolo 2 del decreto-legge n. 68 del 6 marzo 2006, prevede una diminuzione di 50 milioni di euro dell’importo complessivo delle erogazioni del FIT nel 2006, a compensazione degli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica derivanti dall’autorizzazione al Registro Italiano Dighe a derogare, fino a 50 milioni di euro, al tetto posto all’incremento delle spese dalla legge finanziaria per il 2005.

-       l’articolo 3, comma 2 del sopra citato D.L. n. 68/2006, reca una ulteriore decurtazione di 100 milioni di euro a parziale compensazione dell’aumento del tetto dei pagamenti dell’ANAS nel 2006, fissato dal comma 32 della legge finanziaria per il 2006.

[90]    L’articolo 29, comma 1, del D.L. n. 269 del 2003 autorizza l'Agenzia del demanio, previo decreto dirigenziale del Ministero dell’economia, di concerto con i Ministeri interessati, a vendere a trattativa privata, anche in blocco, beni immobili adibiti ad uffici pubblici. Una quota delle entrate provenienti dalla vendita di tali immobili è iscritta in un apposito fondo presso il Ministero dell’economia e delle finanze per provvedere alla spesa per i canoni di locazione degli immobili stessi. Tale quota è stabilita nella misura di 50 milioni di euro per l’anno 2004, mentre a decorrere dall’anno 2005 l’importo del fondo sarà determinato con la legge di bilancio. Per il corrente anno 2006, l’articolo 2, comma 34, della legge 23 dicembre 2005, n. 267 (legge di bilancio per il 2006), prevede l’assegnazione al fondo di una quota delle entrate provenienti dalla cessione dei beni immobili dello Stato adibiti ad uffici pubblici dismessi, pari a 100 milioni di euro.

[91]   Decreto legge 25 settembre 2001, n. 351 recante Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare., convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410.

[92]   La cartolarizzazione è una tecnica finanziaria intesa a consentire la conversione di attività non agevolmente negoziabili, quali gli immobili di proprietà pubblica, in strumenti finanziari più facilmente collocabili sui mercati.

[93]    Le società veicolo, ai sensi dell’articolo 2 del D.L. n. 351 del 2001, sono società a responsabilità limitata con capitale iniziale di 10.000 euro, aventi ad oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato e degli altri enti pubblici. Le società possono essere costituite anche con atto unilaterale del Ministero dell'economia e delle finanze.

[94]   Decreto legge 1° dicembre 1993, n. 487 recante Trasformazione dell'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni in ente pubblico economico e riorganizzazione del Ministero. convertito in legge, con modificazioni, con la legge 29 gennaio 1994, n. 71.

[95]   Legge 24 dicembre 1993, n. 560 recante Norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica.

[96]   Legge 8 agosto 1977, n. 513 recante Provvedimenti urgenti per l'accelerazione dei programmi in corso, finanziamento di un programma straordinario e canone minimo dell'edilizia residenziale pubblica.

[97]   Circa la procedura di cartolarizzazione degli immobili, si veda la scheda relativa all’art. 10 del provvedimento in esame

[98]    Si tratta di alloggi, case cantoniere, terreni, capannoni, porzioni di tratte ferroviarie dismesse, ecc.

[99]   La disposizione di cui al comma 6-ter prevede che i beni appartenenti ad FS s.p.a. e alle società dalla stessa direttamente o indirettamente integralmente controllate si presumono regolarmente costruiti in base alle leggi urbanistiche vigenti al momento della loro edificazione. Entro tre anni, vale a dire entro il 2008, FS s.p.a. e le società da essa controllate, possono quindi ottenere dal comune una documentazione sostitutiva di quella attestante la regolarità urbanistica ed edilizia mancante, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti.

[100]Decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188 recante Attuazione della direttiva 2001/12/CE, della direttiva 2001/13/CE e della direttiva 2001/14/CE in materia ferroviaria.

[101]Con la delibera 20 dicembre 1996 recante “Direttive per la revisione delle tariffe autostradali”, il CIPE ha stabilito il meccanismo di adeguamento annuale delle tariffe autostradali mediante la formula del price-cap. Il meccanismo del price cap prevede l’applicazione di una formula che consta di quattro variabili: la variazione tariffaria ponderata; il tasso di inflazione programmato; il tasso di produttività attesa per ogni singola impresa (fattore “x” della formula); l’indicatore legato alla qualità del servizio. La delibera ha inoltre previsto che la convenzione che regola la concessione debba fissare in un quinquennio l’intervallo temporale per la revisione tariffaria e la possibilità di individuare le cause e le modalità per eventuali revisioni straordinarie della formula del price-cap.

[102]La durata stabilita dalla convenzione corrisponde alla durata massima prevista dalla legge (art. 7, comma 3, lettera d) del decreto legge n. 138 del 2002.

[103]Che contestualmente vengono raddoppiati, portando dall’1 al 2% dei proventi netti da pedaggio la quota spettante allo Stato a titolo di canone annuo da parte dei concessionari (modifica dell’art. 10, comma 3, della legge n. 537 del 1993).

[104]  Si tratta dei seguenti: Porto Marghera (Veneto); Napoli Orientale e Litorale Domizio-Flegreo-Agro Aversano (Campania); Gela-Priolo (Sicilia); Manfredonia, Taranto e Brindisi (Puglia); Cengio-Saliceto (Liguria-Piemonte); Piombino e Massa-Carrara (Toscana); Casale Monferrato, Balangero e Pieve Vergonte (Piemonte); Pitelli (Liguria).

[105]  Si tratta dei seguenti: Sesto San Giovanni e Pioltello-Rodano (Lombardia) e Napoli Bagnoli-Coroglio (Campania).

[106]  Si tratta dei seguenti: Tito (Basilicata); Fiumi Saline e Alento (Abruzzo); Crotone-Cassano-Cerchiara (Calabria); Sassuolo-Scandiano e Fidenza (Emilia Romagna); Trieste e Laguna di Grado e Marano (Friuli Venezia Giulia); Frosinone (Lazio); Cogoleto-Stoppani (Liguria); Cerro al Lambro e Milano-Bovisa (Lombardia); Basso bacino del fiume Chienti (Marche); Campobasso-Guglionesi II (Molise); Basse di Stura (Piemonte); Bari-Fibronit (Puglia); Sulcis-Iglesiente-Guspinese (Sardegna); Biancavilla (Sicilia); Livorno (Toscana); Terni-Papigno (Umbria); Emarese (Valle d’Aosta); Mardimago-Ceregnano-Rovigo (Veneto); Bolzano e Trento nord.

[107]  La disposizione ha individuato i seguenti ulteriori nove siti: Brescia-Caffaro, Broni, Laghi di Mantova e polo chimico (Lombardia); Falconara Marittima (Marche); Serravalle Scrivia (Piemonte); Orbetello area ex Sitoco (Toscana); Aree del litorale vesuviano (Campania); Aree industriali di Porto Torres (Sardegna); Area industriale della Val Basento (Basilicata).

[108]  La disposizione ha individuato il sito del Territorio del bacino del fiume Sacco;

[109]La norma ha individuato l’Area industriale di Milazzo e il Bacino idrografico del fiume Sarno

[110] Si tratta dell’area interessata dalla bonifica dell’ex discarica delle Strillaie (Grosseto).

[111]L’articolo 4 della legge n. 84/1994 ripartisce I porti marittimi nazionali nelle seguenti categorie e classi:

a)       categoria I: porti, o specifiche aree portuali, finalizzati alla difesa militare e alla sicurezza dello Stato;

b)       categoria II, classe I: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica internazionale;

c)       categoria II, classe II: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica nazionale;

d)       categoria II, classe III: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica regionale e interregionale.

[112]  L’avvio dell’attività di Fintecna è collegato al piano di ristrutturazione (novembre 1993) dei settori delle costruzioni, dell’ingegneria civile e dell’impiantistica facenti capo al Gruppo IRI, attivato con la liquidazione dell'Iritecna SpA. I risultati ottenuti hanno indotto l'azionista ad ampliare il perimetro delle attività affidate a Fintecna conferendole il mandato di coordinamento, gestione e controllo di tutti i processi di liquidazione, ristrutturazione e smobilizzo facenti capo al Gruppo IRI (Ilva, Iritecna, Finsider, Italsanità). In particolare, l'attività di Fintecna nell'ambito di questa seconda fase, ha comportato la progressiva fusione per incorporazione di alcune società controllate in liquidazione o non destinate alla privatizzazione, al fine di gestire in modo unitario le attività residuali, la gestione dei processi di dismissione delle aziende pervenute a seguito delle incorporazioni, […] Nell'ambito di tali attività è proseguito il processo di concentrazione delle liquidazioni che ha portato alla fusione per incorporazione dell'IRI in Fintecna, che ne ha così acquisito il relativo residuo portafoglio di attività costituito principalmente dalle partecipazioni in Fincantieri e Tirrenia”. http://www.fintecna.it/profilo/storia1.htm.

[113]  Si veda in proposito, a titolo di esempio, il comunicato stampa dell’OICE (Associazione delle organizzazioni di ingegneria, architettura e consulenza tecnico-economica) all’indirizzo internet http://www.oice.it/documenti/do_att.php?DO_ID=3962&PHPSESSID=0a50dea3cd63d1ed75e4fda351532a64#search=%22stretto%20messina%20societ%C3%A0%20svolgere%20estero%
20progettazione%22.

[114]  Sul Sole 24 ore del 29 settembre 2006 si legge che “È stato lo stesso ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, ad annunciare ieri sera, all'incontro con le parti sociali, che il Tesoro ha intenzione di destinare al Mezzogiorno, e in particolare a Calabria e Sicilia, due miliardi previsti per la realizzazione del Ponte sullo Stretto. Quei fondi sono, in realtà, nelle disponibilità di Fintecna che ha sottoscritto (ma non ancora versato) un aumento di capitale della società Stretto di Messina. Ma la società è controllata al 100% dal Tesoro, appunto. I fondi sarebbero destinati prioritariamente al completamento dei lavori per l'ammodernamento della Salerno-Reggio Calabria”.

[115]  Tali risorse rappresentano appena il 40 % dell’importo inizialmente proposto per i trasporti. Quanto al settore dell’energia l’importo assegnato è di 155 milioni di euro (contro 340 iniziali) e rappresenta il 45 % di quello proposto. L’importo totale per l’attuazione del presente regolamento è di 8168 milioni di euro contro i 20.690 proposti inizialmente.

[116]D.L. 18 maggio 2006, n. 181, Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.

[117]D.Lgs. 08 gennaio 2004, n. 3 Riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, ai sensi dell'articolo 1, della L. 6 luglio 2002, n. 137

[118]L. 6 luglio 2002, n. 137, Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di enti pubblici.

[119]La legge n. 137/2002 ha delegato il Governo ad adottare decreti legislativi correttivi o modificativi di decreti legislativi già emanati ai sensi dell’art. 11, co. 1, lett. a), della L. 59/1997 (c.d. legge Bassanini 1)

[120]Istituzione del Ministero per i beni e le attività culturali, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[121]Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59. L'originario testo dell'art. 54 del D.Lgs. 300/1999 prevedeva che il Ministero fosse articolato in non più di dieci direzioni generali, coordinate da un segretario generale.

[122]Si ricorda che il D.L. 181 del 2006 ha inoltre attribuito (art. 1, comma 19, lettera a)) al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni di competenza statale in materia di sport già attribuite al Ministero per i beni e le attività culturali dagli articoli 52, comma 1, e 53 del decreto legislativo n. 300 del 1999, tra le quali la vigilanza sul CONI e sull'Istituto del credito sportivo. L’articolo 1, comma 19-bis del citato DL n. 181, ha attribuito inoltre le funzioni assegnate al Ministero delle attività produttive dagli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, in materia di turismo, al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il comma 19-bis ha stabilito che ai fini dell’esercizio delle suddette funzioni il Presidente del Consiglio si avvalga di un nuovo dipartimento per il turismo, da istituirsi presso il Ministero per i beni e le attività culturali, previo trasferimento a tale Ministero delle dotazioni finanziarie, strumentali e di personale della direzione generale del turismo già del Ministero delle attività produttive (commi 19-ter e 19-quater). A parziale rettifica di quanto disposto dal DL 181, il comma 5 del presente articolo incardina quindi presso la Presidenza del Consiglio il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, che subentra nelle funzioni alla direzione generale del turismo contestualmente soppressa.

[123]Regolamento di organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali

[124]D.Lgs. 20 ottobre 1998 n. 368 Istituzione del Ministero per i beni e le attività culturali, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59

[125]Ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. 36871998:Il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici; i Comitati tecnico-scientifici; i Comitati regionali di coordinamento; gli altri organi istituiti in attuazione delle vigenti disposizioni di legge.

[126] Di cui all'articolo 1, comma 67, del Decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 545, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 650.

[127]D.Lgs. 8 gennaio 2004 n. 3, Riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, ai sensi dell'articolo 1, della L. 6 luglio 2002, n. 137

[128]Dirigenti generali e dirigenti si differenziano per il diverso livello delle funzioni di direzione ad essi attribuite: ai dirigenti generali spettano compiti di proposta al ministro sugli atti di sua competenza, di diretta attuazione dei programmi definiti in sede politica attraverso la predisposizione di appositi progetti, di esercizio dei poteri di spesa, di determinazione dei criteri generali di organizzazione degli uffici, di direzione e controllo dell’attività dei dirigenti (art. 16 del D.Lgs. 165/2001); a questi ultimi spettano, invece, compiti di gestione amministrativa di minore rilevanza, per quanto riguarda in particolare la direzione di uffici centrali e periferici, l’attuazione di progetti assegnati dai dirigenti degli uffici generali, la gestione del personale e delle risorse finanziarie ad essi assegnati (art. 17, D.Lgs. 165/2001).

[129]D.P.R. 24 settembre 2004, n. 272, Regolamento di disciplina in materia di accesso alla qualifica di dirigente, ai sensi dell'articolo 28, comma 5, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

[130]Per la ricostruzione, si veda la sent. n. 34/2004.

[131]Istituita dalla legge 16 ottobre 2003, n. 291 Disposizioni in materia di interventi per i beni e le attività culturali, lo sport, l'università e la ricerca e costituzione della Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo - ARCUS S.p.a).

[132]Disposizioni urgenti per l'università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché altre misure urgenti.

[133]Legge 27 dicembre 2002, n. 289 Disposizioni per la formazione annuale e pluriennale dello Stato.

[134]  L’ art. 2 della L. n. 291 ha altresì stabilito che:

-       il capitale sociale, di 8 milioni di euro, fosse sottoscritto dal Ministero dell’economia e delle finanze, mentre i diritti di azionista spettassero al Ministero per i beni e le attività culturali (d’intesa con il primo per i profili patrimoniali, finanziari e statutari);

-       la partecipazione di altri soggetti (regioni, enti locali, imprese ed altri soggetti pubblici e privati) al capitale sociale fosse ammessa solo per le azioni di nuova emissione (in quanto per le azioni che costituiscono il capitale iniziale è prevista l’inalienabilità) e comunque per un importo non superiore al 45% del capitale sociale sottoscritto dallo Stato; .

-       il Consiglio di amministrazione fosse composto da sette membri nominati con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali (tre dei quali su proposta del Ministro delle finanze), mentre per il Presidente ha prescritto il parere delle competenti commissioni parlamentari;

-       dei tre dei membri del Collegio sindacale (nominati anch’essi con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali) due fossero designati dal ministro dell’economia e delle finanze;

-       uno specifico settore di intervento della costituenda Società consistesse nella tutela del patrimonio barocco delle città di Gallipoli, Galatina, Nardò, Copertino, Casarano e Maglie; a tal fine la provincia di Lecce, in accordo con le competenti soprintendenze e sentita la Commissione regionale per i beni e le attività culturali, avrebbe formulato proposte alla Società stessa che le avrebbe attivate nel limite massimo di 7,740 milioni di euro, avvalendosi delle risorse di cui all’art. 60 comma 4 della legge finanziaria 2003.

[135]Decreto-legge 22 marzo 2004, n. 72, Interventi per contrastare la diffusione telematica abusiva di opere dell'ingegno, nonché a sostegno delle attività cinematografiche e dello spettacolo, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2004, n. 128.

[136]Legge 1° agosto 2002, n. 166 Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti .

[137]In attuazione di tale norma, il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 7 aprile 2004 ha quantificato i limiti di impegno relativamente agli anni finanziari 2003 e 2004 rispettivamente in 89.594.000 euro e 85.152.000 euro. Conseguentemente, la quota dei suddetti limiti da destinare alla spesa per la tutela e gli interventi a favore dei beni e delle attività culturali è stata determinata in 2.680.000 euro a decorrere dal 2003 e 2.550.000 euro a decorrere dal 2004.

[138]La norma ha pertanto modificato in tal senso l’articolo 10, comma 6, della legge 8 ottobre 1997, n. 352.

[139]Legge 27 dicembre 2002, n. 289 (“Disposizioni per la formazione annuale e pluriennale dello Stato-(Legge finanziaria per il 2003)”).

[140]L. 21 dicembre 2001, n. 443, recante Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive.

[141] Il decreto è stato emanato dal Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

[142]Decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito con modificazioni dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, recante: Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative.

[143]Il sostegno dello Stato a favore dello spettacolo trova il suo fondamento nel titolo II della legge n. 800 del 1967. Successivamente, la legge 30 aprile 1985, n. 163, nell’intento di porre fine alla frammentazione dell'intervento statale e alla conseguente pressoché annuale approvazione di apposite leggi di finanziamento, creava uno strumento nuovo, il Fondo unico per lo spettacolo (FUS), da ripartire annualmente tra i diversi settori (cinema, musica, teatro, danza, circhi e spettacolo viaggiante) con decreto dell'autorità di governo competente in materia di spettacolo. L’importo del FUS è stabilito annualmente in tabella C della legge finanziaria.

[144]Di cui all'articolo 3, comma 83, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni.

[145]Con riguardo alla disciplina dei finanziamenti assegnati alla Fondazione l’articolo in commento (comma 1) novella la citata legge 310/2003 (intervenendo sull’articolo 1, commi 5 e 6).

[146]L. 11 novembre 2003, n. 310 Costituzione della «Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatro di Bari», con sede in Bari, nonché disposizioni in materia di pubblici spettacoli, fondazioni lirico-sinfoniche e attività culturali.

[147]Quest’ultima è recata dal D.Lgs. n. 367/1996, integrata dall’art. 2 del D.L. n. 345/2000 e da ultimo dall’art. 39-vicies sexies del DL 30 dicembre 2005, n. 273 convertito con modificazioni dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51.

[148]Interventi per contrastare la diffusione telematica abusiva di opere dell'ingegno, nonché a sostegno delle attività cinematografiche e dello spettacolo.

[149]Si ricorda che l'art. 3, co. 83, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, collegata alla manovra finanziaria 1997, ha previsto l'introduzione di nuove estrazioni settimanali del gioco del lotto, destinando una quota delle risorse così reperite fino a 300 mld. annui (la quota è definita annualmente con decreto del ministro delle finanze, di concerto con i ministri per i beni e le attività culturali e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica) alla tutela ed alla conservazione dei beni culturali, archeologici, storici, artistici, archivistici e librari- nonché per interventi di restauro paesaggistico e per attività culturali (tali ultime finalità sono state aggiunte rispettivamente dall’art. 5, comma 9, della legge 23 febbraio 2001, n. 29.e dall’art. 3 comma 7 della citata legge 11 novembre 2003, n. 310.

[150]  Gli articoli 8-10 del decreto legislativo n. 300 del 1999 delineano quello che dovrebbe costituire il modello agenziale comune. Tuttavia, attualmente, le numerose agenzie istituite presentano natura e grado di autonomia differenti e non si uniformano a un modello organizzativo e funzionale omogeneo.

[151]Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali” (cd. provvedimento collegato ordinamentale per gli investimenti e l’occupazione).

[152]Quest'ultimo si fonda - secondo la disciplina di cui agli articoli 116 e 118 del D.P.R. 1124 del 1965, T.U. per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e malattie professionali - sulle variazioni delle retribuzioni medie giornaliere. La cadenza della rivalutazione era stata resa biennale (e comunque subordinata al verificarsi di una variazione non inferiore al 10% delle retribuzioni precedentemente stabilite) dall'art. 20, comma 3, della richiamata L. 41 del 1986.

[153]Legge finanziaria per il 1986.

[154]D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124.

[155]Si ricorda che il successivo comma 2 dispone che i principi di cui sopra si applicano anche alle rendite corrisposte da enti gestori dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro diversi dall'INAIL.

[156]“Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”. Tale articolo è stato più volte modificato ed integrato, l’ultima modifica si è avuta con l’articolo 8 della L. 11 febbraio 2005, n. 15.

[157]“Interventi urgenti per i settori dell'agricoltura, dell'agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d'impresa”, convertito dalla L. 11 marzo 2006, n. 81.

[158]  Al riguardo, la circolare INPS n. 72 del 19 maggio 2006, contenente istruzioni in tema di sospensione della riscossione dei contributi previdenziali ed assistenziali conseguente all’emergenza sanitaria denominata “influenza aviaria”, di cui all’articolo 1-bis, comma 7, del richiamato D.L. 2 del 2006, ha affermato che “nel silenzio della norma, si ritiene che, per le categorie dei soggetti contribuenti di seguito indicate, il recupero debba avvenire, in applicazione del sistema di riscossione unificata introdotto dal D.Lgs 241/1997, entro il 16 novembre 2006 in unica soluzione e senza aggravio di sanzioni, interessi o altri oneri”.

[159]Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[160]Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

[161]Rinnovo della L. 5 agosto 1981, n. 416, recante disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l'editoria.

[162]Provvidenze per l'editoria e riapertura dei termini, a favore delle imprese radiofoniche, per la dichiarazione di rinuncia agli utili di cui all'articolo 9, comma 2, della legge 25 febbraio 1987, n. 67.

[163]  Alla legge n. 250 del 1990 è stata data attuazione con il D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 525 “Regolamento recante norme per la concessione dei contributi e delle provvidenze all'editoria, in attuazione della L. 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni”.

[164]  In particolare, è previsto che le imprese editrici:

-       editino la testata stessa da almeno tre anni;

-       abbiano acquisito, nell'anno precedente a quello di riferimento dei contributi, entrate pubblicitarie che non superino il 30 per cento dei costi complessivi dell'impresa risultanti dal bilancio dell'anno medesimo;

-       abbiano adottato con norma statutaria il divieto di distribuzione degli utili nell'esercizio di riscossione dei contributi e nei dieci esercizi successivi;

-       la testata edita abbia diffusione formalmente certificata pari ad almeno il 25 per cento della tiratura complessiva per le testate nazionali e ad almeno il 40 per cento per quelle locali;

-       abbiano sottoposto l'intero bilancio di esercizio cui si riferiscono i contributi alla certificazione di una società di revisione scelta tra quelle di cui all'elenco apposito previsto dalla CONSOB.

[165]A tali imprese – così come alle cooperative giornalistiche che editano periodici - non si applica la maggiorazione prevista in caso di entrate pubblicitarie inferiori al 30 per cento prevista dal successivo comma 11(v. infra). Ai quotidiani italiani editi e diffusi all’estero non si applica il requisito di cui alla lettera e) del comma 2 (la testata edita abbia diffusione formalmente certificata pari ad almeno il 25 per cento della tiratura complessiva per le testate nazionali e ad almeno il 40 per cento per quelle locali);

[166]  Tra le cooperative giornalistiche sono comprese anche quelle di cui all'art. 52 della legge 5 agosto 1981, n. 416. L'art. 52 definisce cooperative giornalistiche anche quelle che entro il 31 dicembre 1980 risultano già costituite tra giornalisti e poligrafici nonché le cooperative femminili aderenti alle associazioni nazionali di rappresentanza del movimento cooperativo anche se costituite da non giornalisti professionisti, editrici di giornali regolarmente registrati presso la cancelleria del tribunale entro la stessa data.

[167]  In particolare si tratta di contributi annui di 500 milioni di lire (258,2 migliaia di euro) da 10.000 a 30.000 copie di tiratura media giornaliera e – per ogni 10.000 copie di tiratura media giornaliera - 300 milioni di lire (155,0 migliaia di euro) dalle 30.000 alle 150.000 copie; 200 milioni di lire (103,3 migliaia di euro) dalle 150.000 alle 250.000 copie e 100 milioni di lire (51,7 migliaia di euro) oltre le 250.000 copie.

[168]L’articolo 28 della legge 5 agosto 1981, n. 416 concede una riduzione pari al 50 per cento delle tariffe telefoniche, del servizio di spedizione delle rese; possono inoltre essere istituiti servizi speciali di trasporto dei giornali. L’articolo 4, comma 3 della legge n. 250/90 ha poi esteso tali riduzioni tariffarie ai consumi di energia elettrica e ai canoni per i servizi di telecomunicazione. Infine, la legge n. 112 del 2004 sul riassetto del sistema radiotelevisivo (cd. Legge Gasparri) ha esteso le norme a favore delle radio di partito ai canali tematici a diffusione satellitare.

[169]Legge 25 febbraio 1987, n. 67, recante Rinnovo della L. 5 agosto 1981, n. 416.

[170]Qualora le entrate pubblicitarie siano inferiori al 25 per cento dei costi di esercizio annuali, compresi gli ammortamenti, è concesso un ulteriore contributo integrativo pari al 50 per cento del contributo in commento. La somma di tutti i contributi non può comunque superare l'80 per cento della media dei costi citata.

[171]L’articolo 28 della legge 5 agosto 1981, n. 416 concede una riduzione pari al 50 per cento delle tariffe telefoniche, del servizio di spedizione delle rese; possono inoltre essere istituiti servizi speciali di trasporto dei giornali. L’articolo 4, comma 3 della legge n. 250/90 ha poi esteso tali riduzioni tariffarie ai consumi di energia elettrica e ai canoni per i servizi di telecomunicazione. Infine, la legge n. 112 del 2004 sul riassetto del sistema radiotelevisivo (cd. Legge Gasparri) ha esteso le norme a favore delle radio di partito ai canali tematici a diffusione satellitare.

[172]Per una sintetica descrizione di contributi diretti previsti dalla legge n. 250 del 1990 si rinvia all’articolo 24.

[173]Disposizioni sulla stampa. La legge reca alcune disposizioni generali sulla stampa, con riferimento, tra l’altro, alla definizione di stampa o stampato, alle indicazioni obbligatorie sugli stampati, alle figure del direttore responsabile e del proprietario, alle norme concernenti la registrazione, alla pubblicazione di risposte, rettifiche e sentenze. Sono inoltre disciplinate la responsabilità civile, la riparazione pecuniaria, le pene per la diffamazione nonché le pubblicazioni destinate all'infanzia o all'adolescenza e le pubblicazioni a contenuto impressionante o raccapricciante.

[174]Provvidenze per l'editoria e riapertura dei termini, a favore delle imprese radiofoniche, per la dichiarazione di rinuncia agli utili di cui all'articolo 9, comma 2, della legge 25 febbraio 1987, n. 67

[175]Legge 25 febbraio 1987, n. 67, recante Rinnovo della L. 5 agosto 1981, n. 416

[176]Qualora le entrate pubblicitarie siano inferiori al 25 per cento dei costi di esercizio annuali, compresi gli ammortamenti, è concesso un ulteriore contributo integrativo pari al 50 per cento del contributo in commento. La somma di tutti i contributi non può comunque superare l'80 per cento della media dei costi citata.

[177]L’articolo 28 della legge 5 agosto 1981, n. 416 concede una riduzione pari al 50 per cento delle tariffe telefoniche, del servizio di spedizione delle rese; possono inoltre essere istituiti servizi speciali di trasporto dei giornali. L’articolo 4, comma 3 della legge n. 250/90 ha poi esteso tali riduzioni tariffarie ai consumi di energia elettrica e ai canoni per i servizi di telecomunicazione. Infine, la legge n. 112 del 2004 sul riassetto del sistema radiotelevisivo (cd. Legge Gasparri) ha esteso le norme a favore delle radio di partito ai canali tematici a diffusione satellitare.

[178]L. 7 agosto 1990, n. 230, Contributi alle imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale.

[179]L’attuale disciplina dei contributi ai giornali di partito è contenuta nell’articolo 153 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), che detta i requisiti per l’accesso ai contributi previsti dal comma 10 dell’articolo 3 della citata legge n. 250 del 1990.

L’articolo 153, al co. 2, dispone che la normativa in oggetto si applichi esclusivamente alle imprese editrici di quotidiani e periodici – anche telematici – che, oltre che attraverso esplicita menzione riportata in testata, risultino essere organi o giornali di forze politiche che:

§abbiano il proprio gruppo parlamentare in una delle Camere;

§abbiano rappresentanze nel Parlamento europeo o siano espressione di minoranze linguistiche riconosciute avendo almeno un rappresentante in un ramo del Parlamento italiano nell’anno di riferimento dei contributi.

Il DPR n. 525 del 2 dicembre 1997, come integrato dal DPR 7 novembre 2001, n. 460, ha precisato che per “rappresentanze” nel Parlamento europeo si intendono almeno due deputati eletti delle liste del movimento stesso.

Il comma 3-ter, dell’articolo 20 del DL 223/2006, per ovviare ai problemi sorti con l’unificazione di diverse forze politiche in un solo gruppo parlamentare, ha recentemente disposto che per accedere ai contributi non sia più necessario il requisito della rappresentanza parlamentare per le imprese editrici di quotidiani o periodici che risultino essere giornali o organi di partiti o movimenti politici, che alla data del 31 dicembre 2005 abbiano già maturato il diritto ai contributi in questione.

[180]La commissione tecnica consultiva istituita dalla legge n. 416 del 1981, rappresentativa delle categorie operanti nel settore della stampa e dell'editoria, esprime pareri sull'accertamento delle tirature dei giornali quotidiani e sull'accertamento dei requisiti di ammissione alle provvidenze previste dalla legge.

[181]Il Governo, le Amministrazioni dello Stato, le Regioni e gli enti pubblici territoriali possano chiedere la trasmissione gratuita di brevi comunicati da diffondere immediatamente. I destinatari della richiesta sono le emittenti ovvero i fornitori di contenuti o la concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo. La società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo è tenuta a trasmettere - a richiesta - i comunicati e le dichiarazioni ufficiali degli organi costituzionali facendo esplicita menzione della loro provenienza prima e dopo la trasmissione. E' altresì disposta la trasmissione immediata della richiesta del Presidente del Consiglio dei ministri che è tenuto a dare il contemporaneo avviso del comunicato alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

[182]Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva.

[183]Legge 23 dicembre 2005, n. 266, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato.

[184]  Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416.

[185]Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva.

[186]Legge 22 aprile 1941, n. 633, Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio.

[187]Razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'articolo 2 della L. 23 ottobre 1992, n. 421 Tale norma precisa che per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane, e loro consorzi ed associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale.

[188]Decreto legge 24 dicembre 2003, n. 353, Disposizioni urgenti in materia di tariffe postali agevolate per i prodotti editoriali, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2004, n. 46.

[189]Le agevolazioni tariffarie per l’editoria sono state introdotte dall’articolo 2, comma 20, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, che ha previsto un sistema di tariffe postali agevolate per la spedizione di libri, quotidiani, riviste e pubblicazioni informative di enti, enti locali, associazioni ed altre organizzazioni senza fini di lucro, disponendo la costituzione presso la Presidenza del Consiglio di un apposito fondo. Le modalità di funzionamento e di erogazione all’allora Ente poste delle integrazioni tariffarie finanziate dal fondo sono state disciplinate dal regolamento approvato con D.P.C.M. 25 maggio 1998, n. 394. L’articolo 41 della legge 448/1998 ha previsto che il sistema delle tariffe agevolate fosse sostituito da un sistema di contribuzione diretta agli operatori del settore, ma sono intervenute una serie di proroghe del termine entro il quale sostituire il sistema, l’ultima delle quali aveva fissato l’entrata in vigore del nuovo sistema di contribuzione diretta al 31 dicembre 2003. Il DL 353/2003 è intervenuto nella vigenza del sistema di rimborso a piè di lista, confermandolo e superando di fatto l’introduzione del sistema di contribuzione diretta ai soggetti interessati.

[190]  Decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 recante Codice delle comunicazioni elettroniche. Si rammenta che con il codice delle comunicazioni elettroniche si è provveduto ad una depenalizzazione di una ampia fattispecie di casi previsti all’articolo 195 del codice delle poste e delle telecomunicazioni in armonia con i principi previsti nella legge delega di cui all’articolo 41, comma 1, della legge 1° agosto 2002, n. 166 (collegato infrastrutture).

[191]Legge 24 novembre 1981, n. 689 recante Modifiche al sistema penale.

[192]D.L. 18 maggio 2006, n. 181, Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.

[193]Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. L’articolo 19, comma 10, prevede che i dirigenti ai quali non sia affidata la titolarità di uffici dirigenziali svolgono, su richiesta degli organi di vertice delle amministrazioni che ne abbiano interesse, funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento, ivi compresi quelli presso i collegi di revisione degli enti pubblici in rappresentanza di amministrazioni ministeriali.

[194]Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[195]Tale regolamento ha portato a compimento il processo di riordino organizzativo avviato dal d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, che agli articoli 49-51 ha previsto l’unificazione in un’unica struttura ministeriale delle funzioni facenti capo ai dicasteri della pubblica istruzione, da un lato, e dell’università e delle ricerca scientifica e tecnologica, dall’altro.

[196]Ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo 4 giugno 2003, n. 127 recante Riordino del Consiglio nazionale delle ricerche (C.N.R.)., il comitato di valutazione valuta periodicamente i risultati dell'attività di ricerca dell'ente, anche in relazione agli obiettivi definiti nel piano triennale, sulla base dei criteri di valutazione e dei parametri di qualità definiti dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, previo parere del Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca (CIVR).

[197]Ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo 4 giugno 2003, n. 128 recante Riordino dell'Agenzia spaziale italiana (A.S.I.) comitato di valutazione valuta periodicamente i risultati dei programmi e dei progetti di ricerca dell'Agenzia, anche in relazione agli obiettivi definiti nel piano aerospaziale nazionale, in accordo con i criteri di valutazione definiti dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentito il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca (CIVR).

[198]  Legge 28 marzo 2003, n. 53 "Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale". Tale legge, nella XIV legislatura ha delineato una nuova articolazione del sistema dell’istruzione, ridefinendo tra l’altro i percorsi scolastici, il diritto dovere all’istruzione, le modalità di valutazione degli alunni, la formazione iniziale dei docenti ed introducendo l’alternanza scuola lavoro.

[199]Si segnala che a valere su tali fondi, l’articolo 2-octies del D.L. 26 aprile 2005 n. 63, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo e la coesione territoriale, nonché per la tutela del diritto d'autore, e altre misure urgenti, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2005, n. 109, in relazione alla esigenza di assicurare un adeguato supporto amministrativo alla realizzazione della riforma, ha destinato la somma di 7 milioni di euro annui, a decorrere dall'anno 2005, all'incentivazione della produttività del personale del Ministero della pubblica istruzione.

[200]D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398, Modifica alla disciplina del concorso per uditore giudiziario e norme sulle scuole di specializzazione per le professioni legali, a norma dell'articolo 17, commi 113 e 114, della L. 15 maggio 1997, n. 127.

[201]L 23 agosto 1988, n. 400.

[202]  Legge 15 maggio 1997, n. 127, “Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo”.

[203]  D.M. 3 novembre 1999, n. 509, “Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei”.

[204]Decreto 22 ottobre 2004, n. 270.

[205]Definizione della classe del corso di laurea magistrale in giurisprudenza.

[206]D.Lgs. 17-11-1997, n. 398 Modifica alla disciplina del concorso per uditore giudiziario e norme sulle scuole di specializzazione per le professioni legali, a norma dell'articolo 17, commi 113 e 114, della L. 15 maggio 1997, n. 127.

[207]L 28 dicembre 2001 n. 448, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002).

[208]Si veda ad esempio l’articolo “Su atenei e convenzioni il ministero è disarmato - Le lauree «facili» alterano le statistiche e incidono sui finanziamenti” in Sole 24 ore dell’8 luglio 2006.

[209]Legge 23 agosto 1988, n. 400 Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[210]Il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNSVU) è previsto dall'articolo 2 della legge 19 ottobre 1999, n. 370 con il compito, tra l’altro, di fissare i criteri generali per la valutazione delle attività delle università; predisporre una relazione annuale sulla valutazione del sistema universitario; promuovere la sperimentazione e la diffusione di metodologie e pratiche di valutazione; determinare la natura delle informazioni e dei dati che i nuclei di valutazione degli atenei sono tenuti a comunicare; attuare un programma annuale di valutazioni esterne delle università o di singole strutture didattiche. Il funzionamento del Comitato è stato disciplinato con DM 4 aprile 2000, n. 178.

[211]Legge 3 luglio 1998 n. 210, Norme per il reclutamento dei ricercatori e dei professori universitari di ruolo.

[212]Sono state in seguito istituite le seguenti università telematiche non statali: “Guglielmo Marconi” (Decreto MIUR 1 marzo 2004); «TEL.M.A.» (Decreto MIUR 7 maggio 2004); Università «Leonardo da Vinci» (Decreto Miur 27 ottobre 2004); Università telematica internazionale non statale «Uninettuno» (DM 15 aprile 2005); «Italian University Line, IUL» (DM 2 dicembre 2005); «e-Campus» (DM 30 gennaio 2006); Università Pegaso (DM20 aprile 2006); l'Università Telematica Internazionale non statale «Unitel» (DM 8 maggio 2006); Istituzione dell'università telematica internazionale non statale «Universitas Mercatorum» (DM 10 maggio 2006); Università delle scienze umane (DM 10 maggio 2006). Si segnala inoltre che (con DM 16 marzo 2006 e 13 aprile 2006 sono stati accreditati corsi di laurea a distanza presso le università statali di Firenze e Perugia.

[213]In relazione agli interventi disposti con i commi 2 e 3 dell’articolo in commento, si segnala che il 1 giugno 2006 il ministro dell’università e ricerca ha adottato due atti di indirizzo (sulle convenzioni tra amministrazioni pubbliche ed atenei e sulle università telematiche) che hanno in parte anticipato le misure sopra descritte.

[214]  Si vedano in particolare gli artt. 54-58.

[215]  I contratti stipulati con le società di servizi energetici prevedono l'esecuzione di opere di trasformazione in edifici esistenti per garantire una percentuale di risparmio sulle spese energetiche. Il contratto sarà saldato utilizzando l'importo risparmiato grazie alla riduzione dei consumi. In seguito ai lavori il cliente beneficerà di una diminuzione delle spese energetiche.

[216]  D.Lgs. 30 luglio 1999 n. 303, Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[217]  L. 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri. L’art. 18, co. 3, stabilisce che i decreti di nomina del segretario generale, del vicesegretario generale e dei capi dei dipartimenti della Presidenza del Consiglio cessano di avere efficacia alla data del giuramento del nuovo Governo.

[218]  “Con riferimento all’entrata in vigore o alla decorrenza di efficacia di una disposizione introdotta con il sistema della novella, occorre evitare che il momento di decorrenza sia sfalsato per effetto dell’introduzione in un testo normativo già in vigore. A tale fine la decorrenza non va inserita nel testo novellato, bensì in autonoma disposizione ad esso estranea” (Presidenza del Consiglio dei ministri, circolare 2 maggio 2001, n. 1/1.1.26/10888/9.92, Guida alla relazione dei testi normativi, § 4.18).

[219]  Oltre a quanto detto sopra (vedi nota 2) l’art. 18, co. 3, della L. 400/1988 stabilisce che il segretario generale, il vicesegretario generale e i capi dei dipartimenti della Presidenza del Consiglio, se provenienti da altre amministrazioni, sono collocati fuori ruolo.

[220]  DL 18 maggio 2006, n. 181 (convertito dalla L. 17 luglio 2006, n. 233), Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri.

[221]  Infatti, l’art. 1, co. 261, della L. 30 dicembre 2004 n. 311, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005), stabilisce che: “Per le attività di monitoraggio delle politiche pubbliche adottate dal Governo, di analisi del loro impatto sul Sistema-Paese, di informazione e comunicazione istituzionale sulle riforme attuate, il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero il Ministro a ciò delegato, può avvalersi di enti o istituti di ricerca, pubblici o privati, di istituti demoscopici nonché di consulenti dotati di specifica professionalità. A tal fine è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006”.

[222]  D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[223]  Al momento risultano adottati due provvedimenti di attuazione: il D.P.C.M. 14 luglio 2006, Competenze e Uffici del Ministero dell'istruzione e del Ministero dell'università e della ricerca e il D.P.C.M. 5 luglio 2006, Organizzazione del Ministero delle infrastrutture, concernente anche il Ministero dei trasporti.

[224]Novellato, da ultimo, dall’articolo 1, comma 2-quater del D.L. 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.

[225]  D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[226]  L. 15 luglio 2002, n. 145, Disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l’interazione tra pubblico e privato, art. 3, co. 1, lett. i).

[227]  La disposizione richiede che tali persone abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.

[228]  D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

[229]  D.L. 18 maggio 2006, n. 181, Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, conv., con mod., dalla L. 17 luglio 2006, n. 233.

[230]Cfr. art. 6, comma 1, della legge 15 luglio 2002, n. 145, Disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l'interazione tra pubblico e privato (vedi al riguardo anche la scheda sul precedente art. 41, commi 1-3).

[231]Si tratta del consiglio di amministrazione e del suo presidente nonché del collegio dei revisori dei conti. In base all’art. 2 del decreto legislativo n. 115 del 1998, i componenti degli organi dell’Agenzia durano in carica cinque anni e sono rinnovabili una sola volta.

[232]Cfr. A.S. 3613/XIV leg.

[233]  D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 381, Modifiche al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 287, concernenti il riordino della Scuola superiore della pubblica amministrazione, a norma dell'articolo 1 della legge 6 luglio 2002, n. 137.

[234]Si ricorda, in proposito, che il FORMEZ è uno degli enti di promozione per lo sviluppo del Mezzogiorno previsti dall'articolo 6 della L. 64 del 1986 e successivamente disciplinati dal D.P.R. 28 febbraio 1987, n. 58.

[235]  D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 286, Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[236]  Tra i settori di intervento del Dipartimento della funzione pubblica vi è l’elaborazione di politiche di innovazione amministrativa finalizzate a migliorare la qualità dei servizi resi dalle pubbliche amministrazioni, e la verifica della loro efficacia (cfr. D.P.C.M. 23 luglio 2002, Ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei ministri, art. 21; D.M. (ministro per la funzione pubblica) 5 novembre 2004, Organizzazione e funzionamento del Dipartimento della funzione pubblica nell’àmbito della Presidenza del Consiglio dei Ministri).

[237]Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 recante Nuovo codice della strada.

[238]Decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 recante Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell'articolo 1, comma 1, della L. 22 marzo 2001, n. 85.

[239]Decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2006, n. 153 recante Modifiche agli articoli 248, 249, 250, 251, 252 nonché agli allegati al titolo III del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada).

[240]L’articolo 169 reca disposizioni sul trasporto di persone, animali e oggetti sui veicoli a motore. In particolare il comma 2 prevede che il numero delle persone che possono prendere posto sui veicoli, fatta eccezione per alcuni specifici casi indicati al comma 5, anche in relazione all'ubicazione dei sedili, non può superare quello indicato nella carta di circolazione. Ai sensi del successivo comma 7,chiunque guida veicoli destinati a trasporto di persone, escluse le autovetture, che hanno un numero di persone e un carico complessivo superiore ai valori massimi indicati nella carta di circolazione, ovvero trasporta un numero di persone superiore a quello indicato nella carta di circolazione, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 143 a euro 573.

[241]L’articolo 170 reca disposizioni in materia di trasporto di persone e di oggetti sui veicoli a motore a due ruote. Sui motocicli e sui ciclomotori a due ruote il conducente deve avere libero uso delle braccia, delle mani e delle gambe, deve stare seduto in posizione corretta e deve reggere il manubrio con ambedue le mani, ovvero con una mano in caso di necessità per le opportune manovre o segnalazioni. Non deve procedere sollevando la ruota anteriore (comma 1). Sui ciclomotori è vietato il trasporto di altre persone oltre al conducente, salvo che il posto per il passeggero sia espressamente indicato nel certificato di circolazione e che il conducente abbia un'età superiore a diciotto anni. Sui veicoli di cui al comma 1 l'eventuale passeggero deve essere seduto in modo stabile ed equilibrato, nella posizione determinata dalle apposite attrezzature del veicolo (comma 3). È vietato ai conducenti dei veicoli di cui al comma 1 di trainare o farsi trainare da altri veicoli (comma 4). Sui veicoli di cui al comma 1 è vietato trasportare oggetti che non siano solidamente assicurati, che sporgano lateralmente rispetto all'asse del veicolo o longitudinalmente rispetto alla sagoma di esso oltre i cinquanta centimetri, ovvero impediscano o limitino la visibilità al conducente. Entro i predetti limiti, è consentito il trasporto di animali purché custoditi in apposita gabbia o contenitore (comma 5). Se le violazioni di cui ai commi 1 e 2 sono commesse da conducente minorenne, alla sanzione pecuniaria amministrativa consegue il fermo amministrativo del veicolo per trenta giorni (comma 7).

[242]L’articolo 171 disciplina l’uso del casco protettivo per gli utenti di veicoli a due ruote. In particolare,durante la marcia, fatte salve talune espresse esenzioni di cui al comma 1-bis,ai conducenti e agli eventuali passeggeri di ciclomotori e motoveicoli è fatto obbligo di indossare e di tenere regolarmente allacciato un casco protettivo conforme ai tipi omologati, secondo la normativa stabilita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (comma 1).Quando il mancato uso del casco riguarda un minore trasportato, della violazione risponde il conducente (comma 2). Alla sanzione pecuniaria amministrativa prevista dal comma 2 consegue il fermo amministrativo del veicolo per trenta giorni ai sensi del capo I, sezione II, del titolo VI (comma 3).Chiunque importa o produce per la commercializzazione sul territorio nazionale e chi commercializza caschi protettivi per motocicli, motocarrozzette o ciclomotori di tipo non omologato è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 716 a euro 2.867 (comma 4). I caschi di cui al comma 4, ancorché utilizzati, sono soggetti al sequestro ed alla relativa confisca (comma 5);

[243]  Convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.

[244]  Convertito con modificazioni dalla legge 21 ottobre 1994, n. 584.

[245]  Recante Regolamento concernente l'organizzazione, i compiti ed il funzionamento del Registro italiano dighe - RID, a norma dell'articolo 91 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112.

[246]  Convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 200.

[247]  Convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

[248]  Convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 1994, n. 584.

[249]  Convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2004, n. 139.

[250]  Si richiama anche la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 febbraio 2004, con la quale sono stati affidati al RID ulteriori compiti tecnici ed operativi nell’ambito della gestione delle emergenze, con particolare riguardo all’affiancamento tecnico-scientifico delle Autorità di protezione civile, per il governo delle piene nei corsi d’acqua.

[251]  Recante Disciplina dei criteri di determinazione del contributo annuo da parte dei concessionari di dighe per l'attività di vigilanza e di controllo svolta dal R.I.D.

[252]  D.L. 4 luglio 2006, n. 223, Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale, conv., con mod., dalla L. 4 agosto 2006, n. 248.

[253]  Individuate mediante il rinvio all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001.

[254]  Si ricorda in proposito che la materia “coordinamento della finanza pubblica” è attribuita dall’art. 117, comma terzo, della Costituzione alla potestà legislativa concorrente Stato-regioni.

[255]  L. 28 dicembre 2001, n. 448, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002).

[256]  Criteri che si ispirano a quelli già presenti in disposizioni con finalità analoghe della L. 59/1997.

[257]  Secondo la quale l’articolo “mira a prorogare di sessanta giorni il termine previsto dall’articolo 29, comma 4 […] per riordinare le commissioni, comitati ed altri organismi collegiali”.