Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Modifica della L. 1997/374 sulla messa al bando delle mine antipersona A.C. 1824
Riferimenti:
AC n. 1824/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 147
Data: 02/05/2007
Descrittori:
ARMI   TRATTATI ED ACCORDI INTERNAZIONALI
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari
Altri riferimenti:
L n. 374 del 29-OTT-97     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

 

 

Modifica della L. 1997/374 sulla messa al bando delle mine antipersona

A.C. 1824

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 147

 

 

2 maggio 2007


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento affari esteri

 

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File:es0076


INDICE

 

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  4

Elementi per l’istruttoria legislativa  5

§      Necessità dell’intervento con legge  5

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  5

§      Rispetto degli altri princìpi costituzionali5

§      Compatibilità comunitaria  5

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  6

§      Impatto sui destinatari delle norme  6

Schede di lettura

§      Il quadro normativo di riferimento  9

§      Il dibattito recente sulle cluster bombs.  La risoluzione Pinotti 8-00027  11

§      La proposta di legge C. 1824  13

Proposta di legge

§      A.C. 1824 (Leoni ed altri), Modifica all’articolo 2 della legge 29 ottobre 1997, n. 374, recante norme per la messa al bando delle mine antipersona  17

Attività parlamentare

§      Risoluzione 7-00081 Pinotti: sull’applicazione alle cluster bombs della disciplina in materia di mine antipersona  25

-       IV Commissione (Difesa)

Seduta del 16 gennaio 2007, Allegato 2  25

Documentazione

§      Relazione dei ministri degli Affari esteri, della Difesa e delle Attività produttive, sullo stato di attuazione della legge recante ‘Norme per la messa al bando delle mine antipersona35

§      Dichiarazione della Conferenza di Oslo sulle munizioni cluster – 22-23 febbraio 2007  35

 

 


Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

 


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

A. C. 1824

Titolo

Modifica della L. 1997/374 sulla messa al bando delle mine antipersona A.C. 1824

Iniziativa

parlamentare

Settore d’intervento

Armamenti

Iter al Senato

no

Numero di articoli

2

Date

 

§          presentazione alla Camera

12 ottobre 2006

§          annuncio

17 ottobre 2006

§          assegnazione

30 gennaio 2007

Commissione competente

III (Affari esteri)

Sede

referente

Pareri previsti

Commissioni I, IV

 


Struttura e oggetto

Contenuto

Il provvedimento in esame ha lo scopo di ampliare la definizione di mine antipersona, la cui messa al bando è prevista dalla legge 29 ottobre 1997, n. 374, al fine di estendere tale normativa anche alle submunizioni delle munizioni a grappolo (“munizioni cluster”).

Relazioni allegate

La proposta di legge è accompagnata dalla sola relazione illustrativa.

 


Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

Il provvedimento in esame novella una disposizione contenuta nell’articolo 2 della legge 29 ottobre 1997, n. 374, Norme per la messa al bando delle mine antipersona; tale modifica non può quindi che prevedersi con legge.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il provvedimento in esame tratta di materia rientrante nella potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione che, alla lettera d) attribuisce allo Stato la potestà legislativa esclusiva in materia di: difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi.

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

Il provvedimento, introducendo nuove restrizioni alla produzione, al commercio e all’uso di un tipo di munizioni, non reca disposizioni che appaiono in contrasto con norme di rango costituzionale.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

La materia dei sistemi d’arma non è disciplinata da norme di diritto comunitario e i singoli Stati membri hanno competenza piena in materia. Il Trattato prevede infatti – in materia – la sola facoltà degli Stati membri a cooperare attraverso accordi intergovernativi.

 

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

La norma introdotta non fa rinvio alla emanazione di una disciplina di rango regolamentare. I divieti previsti dalla legge n. 374 del 1997 vengono pertanto estesi a tutti i dispositivi d’arma rientranti nella definizione generica di “submunizioni delle munizioni a grappolo”, a prescindere dalla loro pericolosità per le persone.

Dati i profili tecnici coinvolti, e in considerazione del dibattito svoltosi presso la IV Commissione Difesa sulla risoluzione 8-00027 (richiamata più avanti nella Scheda di lettura) sembrerebbe opportuno acquisire – durante l’iter del provvedimento – informazioni dettagliatie da parte delle strutture governative competenti.

Impatto sui destinatari delle norme

Nella Relazione illustrativa si sostiene che l’Italia - pur non avendo fatto uso di munizioni cluster durante le missioni internazionali nelle quali è impegnata - è paese produttore (in particolare, si citano due imprese: la Rimmel Difesa e la SNIA BDP). Non vengono riportati dati certi, invece, in merito all’eventuale stoccaggio di queste munizioni nei magazzini dell’Esercito italiano.

 


Schede di lettura

 


 

Il quadro normativo di riferimento

La legge n. 374 del 1997, successivamente modificata dalla legge n. 106 del 1999 (di ratifica della Convenzione di Ottawa del dicembre 1997[1]), reca disposizioni dirette a realizzare una radicale messa al bando delle mine antipersona, intelligenti o meno, comprendendo in tale definizione anche tutte le mine congegnate o adattabili, mediante specifiche predisposizioni, per provocare gli stessi effetti delle mine antipersona.

La finalità della legge 347 - indicata nell’articolo 1, come modificato dalla legge n. 106 - è quella di bandire dal territorio italiano sia la ricerca tecnologica, la produzione, la vendita, l’import-export, la detenzione e l’uso di qualunque tipo di mina antipersona o di parti di esse (con particolare riferimento alle mine destinate ad altre finalità, ma dotate di meccanismi capaci di tarare la sensibilità dell’ordigno alla pressione esercitata, cd. mine ibride o duali), sia l’utilizzo e la cessione dei diritti di brevetto e delle tecnologie idonee alla fabbricazione in Italia o all’estero, direttamente o indirettamente, di tali mine o di parti di esse.

Viene escluso dal generale divieto di uso a qualsiasi titolo di ogni tipo di mina antipersona l’utilizzo da parte delle Forze armate di un quantitativo di mine determinato in 8.000 unità dal successivo articolo 5 della stessa legge per fini esclusivi di addestramento ad operazioni di sminamento e di ricerca tecnologica a tale scopo. Un’ulteriore deroga ai divieti posti riguarda le attrezzature destinate alla rimozione delle mine stesse e le informazioni tecnologiche connesse a scopi umanitari nonché, naturalmente, l’importazione di mine antipersona funzionale alla loro distruzione.

La legge 347 prevede inoltre, all’articolo 3, che i detentori di mine o parti di esse debbano denunciarne il possesso ai comandi territoriali dell’Arma dei carabinieri, entro 120 giorni dall’entrata in vigore delle legge, e consegnarli, entro i successivi 90 giorni, ai centri di raccolta appositamente istituiti; e, all’articolo 4, che analoga denuncia, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge, vada fatta al Ministero dell’industria da parte di chiunque detenga brevetti o tecnologie idonee a produrre mine antipersona.

L’articolo 5, come modificato dalla legge n. 106 del 1999, stabilisce che le mine in dotazione alle Forze armate – con esclusione di un limitato quantitativo – nonché quelle consegnate dai privati, dovranno essere distrutte entro cinque anni dall’entrata in vigore della legge. Il quantitativo di mine che resterà in possesso delle Forze armate e che sarà destinato a fini esclusivi di addestramento in operazioni di sminamento e alla relativa ricerca tecnologica, non potrà superare le 8.000 unità (nel testo originario il quantitativo previsto era di 10.000 unità) e sarà rinnovabile mediante importazione fino ad una quantità non superiore al numero ora indicato. In base all’articolo 6, è stato emanato il Decreto ministeriale 2 ottobre 1998 che reca la disciplina della distruzione delle scorte di mine antipersona, individua l’ufficio competente nell’ambito del Ministero della difesa e istituisce un "Registro delle mine" antipersona in possesso delle Forze armate in cui annotare quelle consegnate dai privati, le date e le modalità della loro distruzione e, infine, le denunce fatte ai sensi dell’articolo 4.

La legge 374/1997 stabilisce poi le sanzioni per le violazioni dei divieti e degli obblighi posti, inserisce tra le finalità della cooperazione allo sviluppo quella del sostegno alle vittime delle mine. Infine, sottrae la materia alla apponibilità del segreto di Stato e del segreto militare e attribuisce la competenza sull’attuazione della legge ai Ministri degli affari esteri, della difesa e dell’industria, prevedendo la presentazione al Parlamento di una relazione semestrale sullo stato di attuazione della legge, con riferimento allo stato dello smaltimento delle scorte ed ai relativi oneri finanziari. L’ultima relazione, riferita al primo semestre del 2005, è stata presentata alla Camera il 3 aprile 2006[2].

 

La Convenzione di Ottawa sul divieto di impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione, è stata ratificata dall’Italia con la legge 26 marzo 1999, n. 106 che, come già evidenziato, ha altresì apportato modifiche alla legge n. 374/1997 per adeguare la normativa italiana agli obblighi derivanti dalla Convenzione stessa.

 

La Convenzione impegna le Parti a non usare, sviluppare, produrre, acquisire, accumulare riserve, conservare o trasferire mine antipersona; né ad aiutare, incoraggiare o indurre chiunque ad impegnarsi nelle suddette attività. Le Parti si impegnano altresì a distruggere le scorte di mine che si trovino nella loro proprietà o possesso o sotto la loro giurisdizione o controllo, entro 4 anni dall’entrata in vigore della Convenzione. Viene peraltro autorizzata la conservazione ed il trasferimento di un certo numero di mine antipersona per lo sviluppo di tecniche e l’addestramento per la bonifica e la distruzione. Tale quantità non può comunque superare il numero minimo assolutamente necessario per gli scopi sopra citati.

Viene inoltre definito l’ambito di applicazione dei divieti, che si estende a tutte le mine antipersona, comprese quelle “intelligenti”, ed esclude esplicitamente dalla definizione di mine antipersona le mine anticarro dotate di meccanismi anti-maneggiamento (anti-handling devices). E' quindi prevista la distruzione entro dieci anni delle mine nelle aree minate che rientrino nella giurisdizione o controllo di ciascuna Parte, salvo richieste motivate di estensione.

Viene poi delineato il principio della cooperazione ed assistenza internazionale, attraverso scambi di attrezzature, materiali ed informazioni tecnologiche, ed attraverso il sostegno di programmi di riabilitazione e reintegrazione delle vittime e programmi di sminamento. Il secondo comma prevede che le Parti non impongano restrizioni circa le attrezzature per la rimozione delle mine e le informazioni tecnologiche connesse a scopi umanitari.

Sono previste misure di trasparenza, che si sostanziano in una relazione annuale al Segretario generale dell'ONU sullo stato di attuazione della Convenzione relativo a ciascun paese.

La Convenzione reca l'obbligo, per gli Stati Parte, di adottare misure nazionali, che comprendano sanzioni penali, finalizzate a prevenire e reprimere le attività proibite dalla Convenzione.

 

Il dibattito recente sulle cluster bombs.
La risoluzione Pinotti 8-00027

Le cluster bombs  sono armi costituite da un contenitore, lanciato da mezzi aerei o da sistemi di artiglieria,  che si apre a mezz’aria spargendo submunizioni  più piccole (da 200 a 250) su aree che possono anche raggiungere un chilometro quadrato di ampiezza. Lo scopo delle bombe a grappolo, quindi, non è quello di colpire un singolo bersaglio, ma di distruggere una serie di potenziali bersagli collocati all’interno di una data area. Le submunizioni sono progettate in modo da esplodere al momento dell’impatto al suolo, ma il meccanismo non è tra i più sicuri, al punto che le case produttrici garantiscono un tasso di mancata esplosione intorno al 5 per cento. Molte organizzazioni non governative, inoltre, sostengono che la percentuale di ordigni inesplosi sia molto più elevata,  dovendosi collocare addirittura tra il 10 e il 40 per cento.

 

Il 16 gennaio 2007 la Commissione Difesa della Camera ha approvato una risoluzione (Pinotti 8-00027) che, nella parte motiva, sottolinea come le cluster bombs presentino caratteristiche (diffusione di centinaia di submunizioni su un’ampia superficie, instabilità delle submunizioni inesplose) tali da rendere impossibile l’applicazione delle norme internazionali che vietano gli attacchi attraverso mezzi che non possono essere specificamente diretti contro gli obiettivi militari e che pertanto possono con ogni probabilità danneggiare la popolazione civile; la risoluzione rileva inoltre come le submunizioni inesplose rendano le munizioni a grappolo sostanzialmente identiche alle mine antipersona, ragione per la quale la risoluzione chiede l’approvazione del provvedimento in esame.

Nella parte motiva, inoltre, la risoluzione impegna il Governo:

a)      a vietare l’uso di cluster bombs nelle missioni internazionali;

b)      a ratificare il V Protocollo alla Convenzione sulla proibizione o limitazione dell'uso di alcune armi convenzionali che possono essere considerate eccessivamente dannose o aventi effetti indiscriminati (CCW) del 10 ottobre 1980 [3]. Il V Protocollo riguarda i residui esplosivi di guerra ed è entrato in vigore il 12 novembre 2006;

c)      a promuovere i negoziati per la stesura di un ulteriore Protocollo alla suddetta Convenzione CCW, che ponga un espresso divieto alla produzione, allo stoccaggio, al trasferimento e all’uso di munizioni a grappolo.

 

Tuttavia, nel corso del dibattito, cominciato il 12 dicembre 2006, l’on. Cossiga, pur condividendo gli obiettivi della risoluzione, aveva chiesto una riformulazione del testo che facesse riferimento non genericamente alle cluster bombs, ma soltanto a quelle suscettibili di avere effetti deleteri per la popolazione civile.

Nella stessa seduta, il sottosegretario Forcieri, citando la terza Conferenza di riesame della Convenzione CCW – svoltasi a Ginevra dal 7 al 17 novembre 2006 - ha ricordato come la questione delle cluster bombs sia al centro dell'attenzione della comunità internazionale sia per quanto riguarda i profili umanitari sia per quanto concerne le possibili limitazioni alla utilizzazione di tali armi.

Nonostante da più parti fossero giunti appelli e dichiarazioni – fra le quali quella di Kofi Annan – affinché fosse bandito l’uso delle munizioni a grappolo, la Conferenza di Ginevra si è chiusa senza un accordo sostanziale, rinviando il problema ad un gruppo di esperti che lo affronterà il prossimo giugno.

A seguito dei deludenti risultati della Conferenza di Ginevra, la Norvegia ha deciso di organizzare una conferenza internazionale per avviare i negoziati sulla messa al bando delle cluster bombs. Alla Conferenza, che si è svolta ad Oslo dal 21 al 23 febbraio scorso, hanno partecipato 49 Paesi e 50 Organizzazioni non governative. Al termine della Conferenza, 46 Paesi, fra i quali l’Italia, hanno sottoscritto una Dichiarazione nella quale si impegnano a “concludere entro il 2008 uno strumento internazionale vincolante che preveda il divieto dell'uso, della produzione, del trasferimento e dello stoccaggio delle munizioni a grappolo che causano danni inaccettabili ai civili” [4]. Tra i Paesi presenti non hanno approvato il documento Giappone, Romania e Polonia, mentre Stati Uniti [5], Russia e Cina non hanno preso parte alla Conferenza.

Si segnala, da ultimo, che dal 21 marzo il Regno Unito ha bandito le cluster bombs che non si autodistruggono: il ministero della difesa britannico ha infatti reso noto che verranno distrutte le scorte di munizioni a grappolo e che verranno conservate solo armi con sistemi di autodistruzione per limitare il numero di bombe inesplose che rimangono sul terreno. Le organizzazioni umanitarie, tuttavia, ritengono che i meccanismi di autodistruzione applicati alle bombe britanniche, anche le più recenti – identiche a quelle usate da Israele nella guerra in Libano - non siano sufficientemente affidabili per renderle sicure per la popolazione civile.

 

La proposta di legge C. 1824

La proposta di legge in esame amplia la definizione di mine antipersona, la cui messa al bando è prevista dalla legge 29 ottobre 1997, n. 374, precisando che in tale definizione rientrano anche le cosiddette cluster bombs  o bombe a grappolo. Con tale modifica, di conseguenza, si fa divieto a qualsiasi titolo dell’uso delle bombe cluster, che vengono così sottoposte alla disciplina cui sono soggette le mine antipersona (v. supra, par. sulla legge 374).

La formulazione adottata sembra idonea a comprendere nel bando di cui alla legge n. 374 tutte le munizioni cluster, prescindere quindi dalla presenza o meno di dispositivi di autodistruzione (modello inglese) e senza la limitazione alle sole armi potenzialmente pericolose per la popolazione civile.

 

L’articolo 1, attraverso l’inserimento delle parole: “, incluse le submunizioni delle munizioni a grappolo,” dopo le parole: “dispositivo od ordigno“ contenute nel comma 1 dell’articolo 2 della legge n. 374/1997 cit., opera l’inclusione di tali ordigni nella categoria delle “mine antipersona”.

 

Si ricorda che l’articolo 1 della legge n. 374/1997 definisce mina antipersona ogni dispositivo od ordigno dislocabile sopra, sotto, all'interno o accanto ad una qualsiasi superficie e congegnato o adattabile mediante specifiche predisposizioni in modo tale da esplodere, causare un'esplosione o rilasciare sostanze incapacitanti come conseguenza della presenza, della prossimità o del contatto di una persona.

 

L’articolo 2 dispone l’entrata in vigore del provvedimento per il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.


Proposta di legge

 


N. 1824

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

 

d’iniziativa del deputato

LEONI ed altri

¾

 

Modifiche all’articolo 2 della legge 29 ottobre 1997, n. 374, recante norme per la messa al bando delle mine antipersona

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il 12 ottobre 2006

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Onorevoli Colleghi! - Le munizioni cluster sono armi di grandi dimensioni - lanciate da aerei o elicotteri oppure da sistemi di artiglieria, lanciarazzi e lanciamissili - che si aprono a mezz'aria spargendo ad ampio raggio centinaia (o, nel caso di quelle di artiglieria, decine) di submunizioni più piccole. Dal punto di vista militare, le munizioni cluster sono molto apprezzate per la loro capacità di ampia disseminazione e per la versatilità delle submunizioni, che possono avere effetti antipersona o antiblindatura. Queste armi sono in grado di distruggere obiettivi ampi quali campi d'aviazione e postazioni missilistiche terra-aria e risultano efficaci contro bersagli in movimento o di cui non si conosce la posizione precisa, come truppe nemiche o veicoli. Le submunizioni sono progettate in modo da esplodere al momento dell'impatto al suolo, a differenza delle mine antipersona che sono progettate per essere attivate dal contatto con la vittima. Tuttavia, nei casi in cui le submunizioni non funzionano come previsto, sono estremamente pericolose e possono esplodere al minimo tocco o spostamento, diventando così di fatto delle mine antipersona.

      Il tasso di mancata esplosione dichiarato dalle case produttrici è del 5 per cento, ma in realtà i dati raccolti sul campo segnalano indici molto più alti, anche fino al 20-25 per cento. Questo tasso è influenzato da fattori tecnici ma anche dalle condizioni del terreno e dall'altezza da cui sono lanciate. Tutte le armi hanno un tasso di mancato funzionamento, ma le munizioni cluster sono particolarmente pericolose per una serie di motivi: 1) l'alto numero di submunizioni che rilasciano, moltiplicato per l'indice di mancata esplosione fa sì che ogni singola munizione cluster produrrà una quantità notevole di pericolosi ordigni inesplosi (un esempio: nella seconda guerra del Golfo, le forze USA hanno usato 10.728 munizioni cluster per un totale di circa 1.800.000 submunizioni; se anche quelle inesplose fossero in effetti solo il 5 per cento, si tratterebbe comunque di 90.000 ordigni letali disseminati sul terreno); 2) l'instabilità delle submunizioni le rende estremamente pericolose per chi le dovesse toccare e ancora più difficili da rimuovere e distruggere delle mine antipersona; 3) la potenza delle cariche con cui sono armate le rende ancora più letali delle mine antipersona: gli incidenti causati da submunizioni uccidono con più frequenza e in un raggio ben superiore rispetto alle mine antipersona.

      Per quanto il numero dei conflitti in cui si è fatto uso di munizioni cluster sia ancora relativamente limitato, il danno causato alle popolazioni civili sia durante gli attacchi che dopo (a causa delle submunizioni inesplose) è sempre enorme. L'impatto non si limita inoltre all'uccisione o al ferimento di civili: una pesante contaminazione da munizioni cluster può infatti avere profonde implicazioni socio-economiche, ostacolando la ricostruzione e lo sviluppo postbellici.

      L'Italia è uno degli almeno 57 Paesi al mondo che hanno nei propri arsenali munizioni cluster, definizione che comprende sia le bombe d'aereo che munizioni più piccole d'artiglieria. L'Italia ha inoltre partecipato a missioni internazionali nelle quali è stato fatto uso, da parte di forze alleate, di munizioni cluster (ad esempio in Kosovo), anche se non risulta averne mai fatto uso direttamente. Il nostro Paese risulta, però, anche Paese produttore. Un fatto grave, anche se lo stoccaggio, la produzione e la vendita di una simile arma si devono al fatto che queste armi micidiali, i cui effetti sono del tutto assimilabili a quelli delle mine antipersona (se non addirittura più gravi), sono completamente legali. Infatti, sia la legge n. 374 del 1997, che mette al bando le mine antipersona sul territorio italiano, sia la Convenzione firmata ad Ottawa il 3 dicembre 1997 e ratificata ai sensi della legge 26 marzo 1999, n. 106, danno una definizione di mina basata sul progetto dell'ordigno e non sugli effetti che questo produce (come avevano proposto alcuni al momento del negoziato internazionale culminato ad Ottawa).

      Se da un lato il successo del trattato si deve almeno in parte proprio alla specificità del suo oggetto (le mine antipersona), questo ha comportato che rimanessero escluse armi altrettanto indiscriminate e con effetti di fatto assimilabili a quelli delle mine antipersona: tra queste, le mine anticarro e, appunto, le munizioni cluster.

      Il lancio da parte della Cluster Munition Coalition (CMC - una coalizione internazionale di più di 100 organizzazioni, nata nel novembre 2003) della campagna per una moratoria su produzione, uso e commercio delle cluster richiede dunque anche nel nostro Paese una verifica sulle quantità prodotte o eventualmente stoccate nei magazzini dell'Esercito italiano.

      La presenza in Italia di cluster è stata segnalata per la prima volta dall'organizzazione umanitaria e di ricerca Human Rights Watch in un memorandum distribuito ai delegati del gruppo di esperti sui residuati bellici esplosivi in seno alla Convenzione sulle armi convenzionali riunita a Ginevra tra il 10 e il 14 marzo 2003. Secondo il dossier, il nostro Paese è uno degli almeno 57 Paesi (tra i quali 13 dei 25 membri dell'Unione europea) al mondo che hanno nei propri arsenali munizioni cluster. La tabella allegata al memorandum elenca i tipi di munizioni cluster che sarebbero detenuti negli stock italiani. Non ci sono indicazioni sui quantitativi di questi stock, né sul ruolo che queste armi hanno nelle linee strategiche della difesa italiana.

      Tra le munizioni presenti negli arsenali italiani ve ne sono anche alcune del tipo Dual Purpose Improved Conventional Munitions (DPICM) lanciate con sistemi di artiglieria Multiple Launch Rocket System (MLRS). Queste munizioni presentano un alto rischio di impatto umanitario, dal momento che hanno un elevato tasso di mancato funzionamento: circa una submunizione su sei rimane inesplosa. L'aviazione militare italiana ha in dotazione un numero limitato di bombe cluster d'aereo tipo (MK2)BL755 (di produzione inglese) contenenti ciascuna 147 bombette tipo MK 1 HE (2,15 lbs). Queste bombe possono essere portate da velivoli di tipo G91Y e F104G. Per cause tecniche non sono state montate su altri aerei, ma sono state fatte delle prove nel centro sperimentale. Finora comunque l'aviazione militare non ha mai impiegato questo tipo di bombe, neanche nei poligoni di tiro.

      Il nostro Paese non sarebbe però solo uno dei tanti che stoccano questo tipo di munizioni. È anche uno dei 33 (tra i quali 11 membri dell'Unione europea) produttori di cluster. A quanto risulta alla campagna italiana, le ditte italiane che producono questo tipo di armi sono due: la Simmel Difesa di Colleferro (Roma) e la SNIA BDP. Su quest'ultima non ci sono informazioni relative a tipo e quantità di produzione, mentre la Simmel Difesa ha un catalogo su web dal quale risulta la produzione di almeno due tipi di munizioni cluster: il razzo aereo Medusa da 81 millimetri (caricato con 11 bomblets anti-persona e anti-materiale) e il munizionamento da artiglieria da 55 millimetri Howitzer Bomblets Cargo Round (caricato con 63 submunizioni anti-persona e anti-carro dotate di meccanismi di autodistruzione).

      Sul fronte dei trasferimenti, risulta che l'Italia ha importato proiettili dalla Germania e razzi e bombe dagli USA (oltre alle BL755 di produzione inglese). Nel 1999 risulta un'esportazione di 50 granate BCR IM303 e di 74 granate calibro 155 millimetri con submunizioni HEAT calibro 42 (armi anticarro ad effetto cluster). Non è però noto verso quali Paesi siano state trasferite.

      L'Italia ha avuto nel 1999 un «assaggio» degli effetti di questi ordigni quando aerei della NATO di ritorno alla base di Aviano dopo le missioni in Serbia e Kosovo hanno rilasciato nell'Adriatico, in manovre di emergenza, 235 bombe (comprese alcune bombe a grappolo contenenti a loro volta centinaia di submunizioni). In conseguenza di questo avvenimento si sono verificati alcuni incidenti, tra cui il ferimento di quattro membri dell'equipaggio del peschereccio «Il Profeta» nell'esplosione di una bomba (inizialmente ritenuta un residuato della seconda guerra mondiale, ipotesi poi smentita) rimasta impigliata nelle sue reti in Alto Adriatico il 10 maggio 1999, e il ripescaggio solo tre giorni dopo di centinaia di submunizioni di bombe a grappolo (ordigni delle dimensioni di lattine di birra di colore giallo sgargiante, recanti la stampigliatura June 1999) a 22 miglia a est di Venezia. La gravità di questi episodi e della minaccia rappresentata per gli equipaggi dagli ordigni sganciati nelle sei aree appositamente designate (ciascuna del diametro di 10 miglia e situate tutte lungo la linea mediana del Mar Adriatico, di cui due all'altezza di Ravenna e le altre all'altezza di Pesaro, Bari, Brindisi e Santa Maria di Leuca) ha spinto il Governo - che inizialmente dichiarò di non essere stato informato di questa pratica delle Forze alleate - a decretare il blocco della pesca mentre venivano avviate le operazioni di bonifica. Tramite il decreto-legge 31 maggio 1999, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1999, n. 249, è stata istituita una speciale unità di crisi interministeriale e sono stati stanziati 60 miliardi in indennizzi diretti ai pescatori colpiti, più altri 25 per risarcire i danni subiti da rivenditori e indotto.

      Le operazioni di bonifica, iniziate nel maggio 1999 da cacciamine della Marina italiana, hanno coinvolto dall'aprile 2000 anche unità della NATO. Ancora nel gennaio 2000, decine di submunizioni cluster sono state ripescate dal peschereccio «Vento dell'Est» e non è noto se tutti gli ordigni siano stati rimossi.

      Altri ordigni, tra cui almeno tre bombe cluster di modello CBU 87, erano stati inoltre scaricati nel lago di Garda nel mese di aprile 1999.

      Lo scopo, quindi, che si propone la presente proposta di legge è quello di includere tutte le munizioni cluster o submunizioni delle bombe a grappolo, che hanno effetti assimilabili a quelli delle mine antipersona, nella definizione di mine antipersona, di cui all'articolo 2, comma 1, della legge n. 374 del 1997.

 


 


 


proposta di legge

¾¾¾

 

 

 

Art. 1.

 

      1. All'articolo 2, comma 1, della legge 29 ottobre 1997, n. 374, dopo le parole: «dispositivo od ordigno» sono inserite le seguenti: «, incluse le submunizioni delle munizioni a grappolo,».

 

 

Art. 2.

 

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 


 

 


 

Attività parlamentare

 


 

 

 

ALLEGATO 2

 

Risoluzione 7-00081 Pinotti: sull'applicazione alle cluster bombs della disciplina in materia di mine antipersona.

 

 

NUOVO TESTO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

 

La IV Commissione,

premesso che:

ai sensi dell'articolo 51.4. del Primo protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali adottato a Ginevra l'8 giugno 1977, ratificato con legge 11 dicembre 1985, n. 762, sono vietati gli attacchi indiscriminati;

il medesimo articolo 51.4. alla lettera b), considera attacchi indiscriminati quelli realizzati con metodi o mezzi di combattimento che non possono essere diretti contro un obiettivo militare determinato;

l'articolo 57. 2. lettera a), ii), del citato protocollo attribuisce a coloro che preparano o decidono un attacco la responsabilità di prendere tutte le precauzioni praticamente possibili nella scelta dei mezzi e metodi di attacco, allo scopo di evitare o, almeno di ridurre al minimo il numero di morti e di feriti tra la popolazione civile, nonché i danni ai beni di carattere civile che potrebbero essere incidentalmente causati;

le munizioni cluster, per le loro caratteristiche intrinseche (diffusione di centinaia di submunizioni su un'ampia superficie, instabilità delle submunizioni inesplose) rendono difficile se non impossibile rispettare le norme di diritto internazionale umanitario sopra richiamate previste a protezione delle popolazioni civili;

la legge 29 ottobre 1997, n. 374, e successive modificazioni, recante norme per la messa al bando delle mine antipersona reca una definizione di mina antipersona che, ponendo l'accento sugli effetti dell'ordigno, appare riferibile anche alle cluster bombs;

le stesse caratteristiche delle mine antipersona si riscontrano infatti anche nelle submunizioni inesplose, in quanto spesso esplodono a causa della prossimità, presenza o contatto di una persona, «non scadono» e molte di esse non sono dotate di meccanismi di autodistruzione e disattivazione;

la forma e il colore delle citate submunizioni rappresentano un motivo di attrazione soprattutto per i bambini, tanto che, come dimostrano i dati forniti da organizzazioni umanitarie internazionali delle circa 11.000 persone rimaste uccise, ferite o mutilate a causa delle bombe a grappolo circa il 98 per cento è rappresentato da civili e un quarto di questi è costituito da bambini;

l'Italia, pur avendo aderito alla convenzione sulla proibizione o la limitazione dell'uso di alcune armi convenzionali che possono essere considerate dannose o aventi effetti indiscriminati, fatta a Ginevra il 10 ottobre 1980 (CCW), non ha provveduto ancora alla ratifica del protocollo V annesso, entrato in vigore il 12 novembre 2006, sugli ordigni inesplosi che obbliga gli Stati Parte alla bonifica di tutti gli ordigni inesplosi utilizzati durante i conflitti;

il Parlamento europeo, con risoluzione del 16 novembre 2006, ha chiesto al Consiglio e alla Commissione di adoperarsi al massimo affinché tutti gli Stati membri dell'Unione Europea firmino e ratifichino il citato protocollo e ha invitato l'Unione Europea e i suoi Stati membri, nell'attesa di una convenzione specifica in materia, a chiedere la creazione di un protocollo VI che vieti senza ambiguità la produzione, lo stoccaggio, il trasferimento e l'uso delle munizioni a grappolo, secondo lo spirito e l'obiettivo della Convenzione CCW, che prevede l'elaborazione di protocolli su armamenti specifici, qualora se ne presenti la necessità;

è stata presentata alla Camera dei deputati la proposta di legge C. 1824 Leoni ed altri concernente «Modifica all'articolo 2 della legge 29 ottobre 1997, n. 374, recante norme per la messa al bando delle mine antipersona»;

tale proposta di legge, facendo chiarezza sulla materia in oggetto, estende espressamente la disciplina in materia di mine antipersona alle cluster bombs;

auspicando pertanto una sollecita approvazione della citata proposta di legge C. 1824 Leoni ed altri;

 

 

impegna il Governo:

 

a) ad inibire alle Forze armate l'uso delle cluster bombs nelle missioni internazionali, nelle more dell'approvazione e della successiva entrata in vigore della proposta di legge C. 1824 Leoni ed altri;

b) ad assumere le necessarie iniziative:

per procedere alla ratifica del protocollo V annesso alla Convenzione sulla proibizione o la limitazione dell'uso di alcune armi convenzionali che possono essere considerate dannose o aventi effetti indiscriminati fatta a Ginevra il 10 ottobre 1980 (CCW);

per promuovere una decisa azione diplomatica per la creazione di un protocollo VI da annettere alla predetta Convenzione che vieti senza ambiguità la produzione, lo stoccaggio, il trasferimento e l'uso delle munizioni a grappolo.

(8-00027) «Pinotti».

 

 

 

 


 



[1] Vedi infra.

[2]    V. sezione di Documentazione del presente dossier.

[3]    La Convenzione è entrata in vigore a livello internazionale il 2 dicembre 1983. L'Italia ha provveduto alla ratifica della Convenzione e dei tre Protocolli allegati (il I sui frammenti non identificabili; il II sull'impiego delle mine; il III sulle armi incendiarie) con legge 14 dicembre 1994, n. 715. La Convenzione ed i Protocolli allegati hanno lo scopo di precisare alcune norme di diritto umanitario internazionale preesistenti, con particolare riferimento alla materia contenuta nella IV Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949 relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra, ratificata dall'Italia con legge 27 ottobre 1951, n. 1739.

      L’Italia ha in seguito aderito anche al IV Protocollo riguardante la proibizione di Armi Laser accecanti.

 

[4]    Il testo integrale della Dichiarazione di Oslo è riportato nella sezione di Documentazione del presente dossier.

[5]    Il portavoce del Dipartimento di Stato americano McCormack, ha rilasciato una dichiarazione secondo la quale gli USA ritengono che la sede ritenuta adeguata per il negoziato è la Convention on Certain Conventional Weapons - CCW, che ha già messo a punto un trattato sottoposto dall'amministrazione Bush al Senato.