Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione - A.C. 2783
Riferimenti:
AC n. 2783/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 250
Data: 24/09/2007
Organi della Camera: II-Giustizia
III-Affari esteri e comunitari


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

 

 

Convenzione delle Nazioni Unite
contro la corruzione

A.C. 2783

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 250

 

 

24 settembre 2007


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento affari esteri

 

 

SIWEB

 

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File:es0150.doc


INDICE

Scheda di sintesi

Dati identificativi del disegno di legge di ratifica  3

Contenuto dell’accordo  4

Quadro normativo  15

Contenuto del disegno di legge di ratifica  20

Progetto di legge

§      A.C. 2783 (Governo), Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale con la risoluzione n. 58/4 del 31 ottobre 2003 ed aperta alla firma a Merida dal 9 all'11 dicembre 2003, nonché norme di adeguamento interno  27

§      Art. 322-bis Peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri.140

§      Art. 322-ter Confisca  141

§      Art. 377-bis Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria  142

§      Art. 648-bis Riciclaggio (1).143

§      Art. 648-ter Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (1).144

Codice di procedura penale

§      Art. 731 Riconoscimento delle sentenze penali straniere a norma di accordi internazionali147

§      Art. 733 Presupposti del riconoscimento.148

§      Art. 734 Deliberazione della corte di appello.149

§      Art. 740 Esecuzione della pena pecuniaria e devoluzione di cose confiscate.150

Normativa nazionale

§      D.L. 3 maggio 1991, n. 143 Provvedimenti urgenti per limitare l'uso del contante e dei titoli al portatore nelle transazioni e prevenire l'utilizzazione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio, convertito con modificazioni dalla Legge 5 luglio 1991, n. 197  153

§      D.Lgs. 25 settembre 1999, n. 374Estensione delle disposizioni in materia di riciclaggio dei capitali di provenienza illecita ed attività finanziarie particolarmente suscettibili di utilizzazione a fini di riciclaggio, a norma dell'articolo 15 della L. 6 febbraio 1996, n. 52  165

§      L. 23 dicembre 2000, n. 388 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello Stato (legge finanziaria 2001) (art. 151)171

§      D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della L. 29 settembre 2000, n. 300  173

§      L. 16 gennaio 2003, n. 3 Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione (art. 1)197

§      D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 56 Attuazione della direttiva 2001/97/CE in materia di prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi da attività illecite  199

§      D.P.R. 6 ottobre 2004, n. 258 Regolamento concernente le funzioni dell'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione  207

§      L. 16 marzo 2006, n. 146 Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall'Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001 (art. 11)211

Normativa comunitaria

§      Dir. 10 giugno 1991, n. 91/308/CEE Direttiva del Consiglio relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite  215

§      Dec. 17 ottobre 2000, n. 2000/642/GAI Decisione del Consiglio concernente le modalità di cooperazione tra le unità di informazione finanziaria degli Stati membri per quanto riguarda lo scambio di informazioni.227

§      Dir. 4 dicembre 2001, n. 2001/97/CE Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio  recante modifica della direttiva 91/308/CEE del Consiglio relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite  231

§      Dec. 2003/568/GAI del 22 luglio 2003 Decisione quadro del Consiglio  relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato.237

§      Dec. 2005/212/GAI del 24 febbraio 2005 Decisione quadro del Consiglio  relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato  243

§      Dir. 26 ottobre 2005, n. 2005/60/CE Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio  relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo  249

§      Reg. (CE) n. 1889/2005 del 26 ottobre 2005 Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio  relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nella Comunità o in uscita dalla stessa.279

Pubblicistica

§      L. luhtanen e E. Tuomioja ‘Un’iniziativa per combattere la corruzione’, in: Affari esteri, n. 152/2006  287

§      B.W. Heineman, Fr. e F. Heimann ‘The Long War Against Corruption’, in: Foreign Affairs, maggio/giugno 2006  287

§      F. Gandini e G. Ruzzolino ‘Decalogo dell’Onu contro la corruzione’, in: Diritto e Giustizia, n. 7/2006  287

§      L. Borlini ‘La lotta alla corruzione internazionale: le convenzioni dell’OCSE e delle NU, il caso Enelpower, la ‘Tangentopoli’ irachena’, in: La comunità internazionale, n. 1/2005  287

§      P. Webb ‘The United Nations Convention Against Corruption’, in: Journal of International Economic Law, n. 1/2005  287

Documentazione

§      Dichiarazione di Lima – VIII Conferenza Internazionale Anticorruzione (Lima, 7-11 settembre 1997)291

 


Scheda di sintesi


Dati identificativi del disegno di legge
di ratifica

Numero del progetto di legge

2783

Titolo dell’Accordo

Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall' Assemblea generale con la risoluzione n. 58/4 del 31 ottobre 2003, nonché norme di adeguamento interno

Iniziativa

Governativa

Settore d’intervento

Trattati e accordi internazionali; organizzazioni internazionali; diritto penale; diritto processuale penale

Firma dell’Accordo

New York, 31 ottobre 2003

Iter al Senato

No

Numero di articoli del ddl di ratifica

9

Date del ddl di ratifica

 

§    presentazione alla Camera

13 giugno 2007

§    annuncio

14 giugno 2007

§    assegnazione

12 luglio 2007

Commissione competente

III (Affari esteri)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni I a, Va , VIa , VIII a , XIVa

Oneri finanziari

 


Contenuto dell’accordo

 

La Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione è stata aperta alla firma nel dicembre 2003, ed è entrata in vigore a livello internazionale due anni dopo: il progetto di legge in esame ha pertanto lo scopo di autorizzare la ratifica dell'Italia, che è fra i paesi sottoscrittori della Convenzione.

La Convenzione in esame, che si aggiunge a tutta una serie di strumenti internazionali (sui quali si rinvia alle Schede relative al Quadro normativo e al Contenuto del disegno di legge), muove anzitutto dalla convinzione che la corruzione, in quanto svia illecitamente fondi pubblici, nuoce a servizi come la salute, l'istruzione, i trasporti o la polizia locale, essenziali soprattutto per i ceti meno abbienti. La corruzione ingenera per i cittadini un costo supplementare: non soltanto infatti l'offerta di servizi viene resa insufficiente, ma si esige un pagamento supplementare e indebito persino per i servizi pubblici più elementari, quali la consegna dei documenti ufficiali. In numerosi Stati, chi ha bisogno di una patente di guida, di un permesso di costruzione o di un altro documento pubblico si aspetta ormai sistematicamente un supplemento richiesto dai funzionari addetti. Ad un livello più alto, somme più importanti sono versate per ottenere ad esempio diritti di commercializzazione, ovvero per evitare ispezioni o formalità amministrative. Tale corruzione, tuttavia, ha conseguenze molto più profonde di ciò che si potrebbe pensare con riferimento a tali pagamenti illeciti: essa porta con sé un basso livello di investimenti o addirittura una tendenza al disinvestimento, il che provoca numerosi effetti a lungo termine, tra i quali la polarizzazione della società, l'assenza di rispetto dei diritti della persona, il ricorso a pratiche antidemocratiche e lo sviamento di fondi destinati allo sviluppo e a servizi essenziali. L'illecita appropriazione di risorse rare da parte di persone corrotte limita la capacità di un governo di predisporre servizi di base per i propri cittadini e di incoraggiare uno sviluppo economico, sociale e politico durevole. Inoltre, in tal modo vengono messi in pericolo la salute e la sicurezza dei cittadini, ad esempio con una cattiva progettazione infrastrutturale o con la scarsità e l'obsolescenza degli apparecchi medicali. Ancor più fondamentalmente, la corruzione compromette le prospettive di investimento economico: poche compagnie straniere sono disposte ad investire in Paesi in cui esiste un livello supplementare di imposta. Proponendo illecitamente somme di denaro per ottenere quote di mercato, le imprese nazionali e internazionali falsano la concorrenza, perturbano la crescita e accrescono le ineguaglianze. In numerosi Paesi, il sospetto, largamente diffuso nel pubblico, che lo stesso sistema giudiziario sia corrotto e che ciò consente la commissione di atti criminali da parte di appartenenti all'élite sia nella sfera privata che nella sfera pubblica, attenta alla legittimità del governo e allo Stato di diritto. Nel mondo intero si assiste a una presa di coscienza crescente del fatto che per governare meglio, in modo più giusto e più efficace, sia necessario combattere la corruzione. Sempre più Stati, constatando che la corruzione e il nepotismo frenano lo sviluppo, richiedono alle Nazioni Unite di essere aiutati a combattere tali pratiche. Sulla base della molteplicità e della diversità delle cause di corruzione, efficaci misure preventive e repressive del fenomeno dovranno essere differenziate a seconda dei contesti statuali e regionali.

Per quanto concerne la struttura della Convenzione, una breve sezione iniziale ne espone l'oggetto, definisce i termini impiegati nel corpo del testo, enuncia il campo di applicazione e ricorda il principio di protezione della sovranità degli Stati parte.

La Convenzione prosegue ponendo gli obblighi degli Stati parte per l'adozione di efficaci politiche di prevenzione della corruzione. Alla prevenzione è consacrato un intero capitolo, che prevede diverse misure miranti al tempo stesso a coinvolgere il settore pubblico e il settore privato. Esse includono meccanismi istituzionali, quali la creazione di uno specifico organo anticorruzione, codici di condotta e politiche favorevoli al buon governo, allo stato di diritto, alla trasparenza e alla responsabilità. Da notare specialmente che la Convenzione sottolinea il ruolo importante della società civile, in particolare di organizzazioni non governative e di iniziative a livello locale, e invita gli Stati parte a incoraggiare attivamente la partecipazione dell'opinione pubblica e la sensibilizzazione di essa al problema della corruzione.

Per quanto concerne le misure penali, la Convenzione prosegue ponendo in capo agli Stati parte l'obbligo di conferire carattere penale a una grande diversità di infrazioni correlate ad atti di corruzione, qualora esse non siano già nel diritto interno definite come infrazioni penali. Rispetto ad alcuni atti la Convenzione rende l'incriminazione imperativa, mentre agli Stati parte è indicata la prospettiva di individuare figure supplementari di infrazione. Un elemento innovativo della Convenzione contro la corruzione è l’ampliamento del campo di applicazione: essa non prende in considerazione solamente forme elementari e "tradizionali" di corruzione, ma anche atti commessi allo scopo di facilitare la corruzione stessa, quali l'ostacolo al buon funzionamento della giustizia, o la ricettazione o il riciclaggio di proventi della corruzione. Infine, la sezione della Convenzione dedicata agli aspetti penali tratta altrettanto efficacemente della corruzione nel settore privato.

Per quanto concerne la cooperazione internazionale, la Convenzione ne sottolinea l'essenzialità in tutti i momenti della lotta contro la corruzione (prevenzione, indagini, perseguimento dei responsabili, sequestro e restituzione dei beni illecitamente ottenuti). In base alla Convenzione sono previste specifiche forme di cooperazione internazionale, quali l'assistenza giudiziaria nel campo della raccolta e della trasmissione di elementi di prova, dell'estradizione, del congelamento, sequestro e confisca dei proventi della corruzione. A differenza dei precedenti strumenti internazionali, la Convenzione prevede una mutua assistenza giudiziaria anche in assenza di doppia incriminazione – ossia dell’esistenza della figura di reato in entrambi gli ordinamenti nazionali -, qualora tale assistenza non implichi misure coercitive.

Uno dei principi più innovativi e fondamentali della Convenzione è quello della restituzione dei beni o somme illecitamente ottenuti attraverso la corruzione stessa: una sezione della Convenzione precisa le modalità di cooperazione e di mutua assistenza in vista della restituzione dei proventi della corruzione a uno Stato parte che ne faccia richiesta, come anche a singoli individui vittime della corruzione o legittimi proprietari.

In sintesi, dunque, la Convenzione contribuisce anzitutto alla definizione il più possibile univoca di termini di solito utilizzati con diversi significati nei vari Stati e in differenti contesti. Essa inoltre esige che gli Stati parte adottino misure di prevenzione della corruzione volte tanto settore pubblico quanto al settore privato, nonché  che gli Stati parte stessi conferiscano il carattere di infrazione penale ad alcuni atti specifici e si ripromettano di farlo per altri. La Convenzione incoraggia poi la cooperazione internazionale che prevede il recupero dei proventi illecitamente ottenuti, come anche misure di formazione, di ricerca e di scambio di informazioni. Le disposizioni della Convenzione non comportano tutte lo stesso grado di vincolo: è piuttosto possibile distinguere in esse tre categorie: misure imperative, che pongono obblighi di legiferare; misure che gli Stati parte devono prevedere di applicare o di adottare; misure facoltative.

Passando a una trattazione maggiormente di dettaglio, oltre alla già ricordata definizione di termini (articolo 2), l'articolo 30 e l'articolo 65 contengono un'esplicita salvaguardia della sfera di sovranità e di autonomia del diritto interno di ciascuno degli Stati parte. In particolare, il comma 9 dell'articolo 30 contiene il principio in base al quale la definizione delle infrazioni dipende esclusivamente dal diritto interno degli Stati parte, mentre il comma uno dell'articolo 65 mira ad ottenere che i legislatori nazionali applichino le disposizioni della Convenzione in conformità dei principi fondamentali del loro sistema giuridico. L'applicazione può essere perseguita mediante l'adozione di nuove norme o la modifica di norme esistenti. È peraltro rilevato che gli Stati parte per i quali siano già in vigore almeno alcune delle sopra richiamate altre Convenzioni nel settore della corruzione, potranno già trovarsi in una situazione di parziale ottemperanza con una parte delle disposizioni della Convenzione in esame. La protezione della sovranità degli Stati parte è altresì ribadita all'articolo 4, il cui comma 1 prevede che gli Stati parte eseguano gli obblighi dettati dalla Convenzione in esame in maniera compatibile con la pari dignità e con l'integrità territoriale degli Stati, nonché con il principio della non ingerenza negli affari interni di altri Stati. Secondo il comma 2, poi, nessuna disposizione della Convenzione in esame legittima uno Stato parte a esercitare sul territorio di un altro Stato competenze e funzioni che siano esclusivamente riservate alle autorità di detto Stato in base al proprio ordinamento interno. In base dunque all'articolo 4, al già citato comma 9 dell'articolo 30 e ad altre disposizioni nel corpo della Convenzione, si può asserire che vengono senz'altro riservati all'ordinamento interno di ciascuno Stato parte la definizione delle infrazioni in conformità al disposto della Convenzione; i mezzi di difesa applicabili; i principi giuridici che reggono la legalità dell'incriminazione; i processi e le pene. Va infine ricordato che il paragrafo 1 dell'articolo 30 riserva a ciascuno Stato parte la determinazione delle sanzioni penali appropriate, mentre l'articolo 31 riserva egualmente all'ordinamento interno la definizione e l'esecuzione delle misure riguardanti il congelamento, il sequestro e la confisca dei proventi della corruzione.

Passando ora a trattare delle misure preventive, troviamo anzitutto il tema delle politiche e delle pratiche di prevenzione della corruzione: in particolare, l'articolo 5, comma 1, vincola gli Stati parte all'elaborazione e all'applicazione di fattive politiche di prevenzione della corruzione che favoriscano la partecipazione della società in conformità allo stato di diritto, nonché una gestione sana e trasparente degli affari pubblici. Gli Stati parte sono inoltre tenuti (comma 4) a collaborare tra di loro e con le Organizzazioni internazionali e regionali competenti per la promozione delle misure di cui sopra. Il comma 1 dell'articolo 6 fa obbligo agli Stati parte della creazione di uno o più organi incaricati della messa in atto delle misure e delle politiche di prevenzione della corruzione; il comma 2 dello stesso articolo impone di assicurare a detti organi l'indipendenza necessaria per consentire loro un efficace svolgimento delle proprie funzioni al riparo da qualsiasi indebita influenza, nonché di dotarli delle risorse finanziarie e formative necessarie. L'articolo 10, poi, vincola gli Stati parte ad adottare le necessarie misure per accrescere la trasparenza delle rispettive pubbliche amministrazioni, senza escludere i relativi processi decisionali. L'articolo 13, infine, contiene l'obbligo degli Stati parte di favorire la partecipazione della società civile e delle organizzazioni non governative, come anche di altre comunità di persone, alla prevenzione della corruzione. Gli Stati sono inoltre impegnati a una migliore sensibilizzazione pubblica sull'esistenza, le cause e la gravità del fenomeno della corruzione.

Per quanto concerne le misure e le metodologie per una maggiore trasparenza del settore pubblico, in base all'articolo 7 gli Stati parte sono obbligati all'adozione, mantenimento e rafforzamento dei sistemi di reclutamento, di fidelizzazione, di promozione e di pensionamento dei funzionari e degli altri agenti pubblici non soggetti ad elezione; nonché di misure volte a fissare normativamente i criteri per la candidatura e l'elezione a un pubblico mandato. Inoltre gli Stati parte dovranno avvalersi di misure per accrescere la trasparenza del finanziamento delle candidature a un mandato pubblico elettivo e del finanziamento dei partiti politici, accanto all'adozione e al rafforzamento di metodologie che favoriscano la trasparenza e prevengano i conflitti d'interesse. In base poi all'articolo 8, gli Stati parte dovranno incoraggiare l'integrità e la responsabilità dei propri agenti pubblici, e prendere atto delle pertinenti iniziative a livello regionale, interregionale e multilaterale. Gli Stati parte dovranno inoltre sforzarsi di applicare codici di condotta per l'esercizio corretto e onorevole delle funzioni pubbliche, come anche sistemi tali da facilitare la segnalazione alle autorità competenti, da parte di pubblici funzionari, degli atti di corruzione di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle loro funzioni. Gli stessi pubblici funzionari dovranno essere vincolati a dichiarare alle competenti autorità eventuali conflitti di interesse. Sarà corollario di quanto precede l'adozione di misure disciplinari o d'altra specie nei riguardi di pubblici funzionari che violino codici e norme stabiliti ai sensi della Convenzione in esame. Va infine ricordato che i commi 1 e 2 dell'articolo 9 impongono agli Stati parte la creazione, in conformità ai principi fondamentali dei rispettivi ordinamenti, di appropriate metodologie di conduzione degli appalti pubblici, fondate sulla trasparenza, la concorrenza e criteri oggettivi per l'adozione delle decisioni, tali da attuare un'efficace prevenzione della corruzione; nonché di adottare misure appropriate, sempre in coerenza con l'ordinamento nazionale, per la trasparenza e la responsabilità nella gestione delle pubbliche finanze.

In base all'articolo 11, gli Stati parte dovranno adottare misure per il rafforzamento dell'integrità nel settore giudiziario e per prevenirne l'eventuale corruzione: tali misure, che potranno includere anche regole sul comportamento dei magistrati, saranno adottate senza pregiudizio della loro indipendenza. Analoghe misure possono essere adottate per i servizi investigativi, qualora essi godano di un'indipendenza paragonabile a quella dei magistrati.

L'articolo 12 è dedicato alle iniziative concernenti il settore privato: in base al comma 1 gli Stati parte dovranno adottare misure per prevenire la corruzione in tale settore, rafforzare le norme di contabilità e di valutazione, e prevedere efficaci sanzioni civili, amministrative o penali. Il comma 2 offre alcuni esempi utili al conseguimento degli obiettivi in precedenza esposti, quali misure che aumentino la cooperazione tra i servizi investigativi e repressivi e le entità private in causa, ovvero migliorino la prevenzione dei conflitti d'interesse, oppure ancora diano impulso all'elaborazione di norme e procedure come i codici di condotta o le guide sulle buone pratiche. Il comma 3 enuncia poi le misure da adottare per impedire la perpetrazione di taluni atti in vista della successiva commissione di una qualsiasi delle infrazioni vietate dalla Convenzione in esame: si tratta ad esempio della creazione di contabilità fuori bilancio, o della registrazione di spese inesistenti o di passività il cui oggetto non sia chiaramente identificato. Il comma 4, infine, vincola gli Stati parte a non ammettere la deducibilità ai fini fiscali delle spese per la corruzione, o comunque propedeutiche alla commissione di atti di corruzione.

L'articolo 14 riguarda la prevenzione del riciclaggio di denaro: le lettere a) e b) del comma 1 contengono due prescrizioni imperative, concernenti rispettivamente l'istituzione di un regime interno di regolamentazione e di controllo per scoraggiare il fenomeno del riciclaggio di denaro, e la messa in grado delle autorità incaricate della lotta contro il riciclaggio di operare una efficace cooperazione e scambio di informazioni sia a livello nazionale che internazionale. Gli Stati vengono inoltre esortati alla creazione di un servizio di informazione finanziaria, nonché (comma 2) alla messa in atto di misure di sorveglianza dei movimenti transfrontalieri di denaro, e, in base al comma 3, di misure per esigere che le istituzioni finanziarie raccolgano informazioni in merito ai committenti di trasferimenti elettronici di fondi e che esse conservino tali informazioni lungo tutto la catena dei pagamenti.

Passando alla sezione terza, dedicata alle misure penali e investigative, troviamo anzitutto il tema della individuazione di fattispecie penali. In base all'articolo 15, gli Stati parte, con legge, dovranno conferire carattere penale tanto alla corruzione attiva che alla corruzione passiva (concussione). Si noti che la Convenzione in esame, laddove prescriva norme coercitive di particolare gravità, non manca di precisare la necessità della loro adozione mediante un atto legislativo: tale previsione appare particolarmente rilevante nei riguardi dei Paesi con sistemi democratici meno consolidati, nei quali pure si vuole vincolare l'adozione delle misure richieste al passaggio parlamentare. Inoltre, in base al comma 1 dell'articolo 16, dovrà essere del pari conferito il carattere penale ad atti di corruzione di pubblici funzionari stranieri, o appartenenti a organizzazioni internazionali, allo scopo di conservare un appalto o altro indebito vantaggio in relazione ad attività di commercio internazionale, ovvero per far sì che il pubblico funzionario compia o si astenga dal compiere un determinato atto, in tal modo violando i propri doveri d’ufficio. L'articolo 17 vincola gli Stati parte a conferire carattere di infrazione penale alla sottrazione o a qualunque altro uso illecito di beni, fondi o valori nella disponibilità di un pubblico funzionario in ragione dei propri compiti ufficiali, tanto se operati a vantaggio del funzionario stesso, quanto di altre persone. In base poi all'articolo 23, dovranno essere considerate infrazioni penali la conversione o il trasferimento di proventi del reato, la dissimulazione dell'origine, dell'impiego, dei movimenti o della proprietà dei medesimi proventi, l'acquisizione, detenzione o utilizzazione dei proventi del reato, la partecipazione a una di tali infrazioni o comunque qualsiasi associazione o complicità volte a fornire assistenza o consulenza per la commissione del reato stesso. L'articolo 25 vincola gli Stati parte a considerare penalmente anche qualsiasi atto coercitivo, intimidatorio o corruttivo volto a ottenere una falsa testimonianza, ovvero impedire una testimonianza o la presentazione di elementi di prova nell'ambito di una procedura penale relativa alle infrazioni di cui alla Convenzione in esame; nonché qualsiasi atto coercitivo o intimidatorio posto in essere per impedire a un funzionario della giustizia o a un agente investigativo di esercitare i propri doveri.

Vi sono poi alcune fattispecie che gli Stati non sono tenuti a individuare in ambito penale, ma il carattere criminale delle quali essi sono invitati in prospettiva a recepire: si tratta anzitutto di quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 16, in base al quale gli Stati parte dovrebbero poter conferire carattere di infrazione penale alla concussione messa in opera da funzionari pubblici stranieri o da funzionari appartenenti a organizzazioni internazionali. Inoltre, in base all'articolo 18, si dovrebbe considerare di poter conferire carattere penale alla corruzione sia attiva che passiva, in seguito alla quale un pubblico funzionario fosse condotto ad abusare della propria influenza presso una pubblica amministrazione o una pubblica autorità. L'articolo 20 esorta gli Stati a poter anche prevedere il carattere penale dell’illecito arricchimento, ossia di un sostanziale incremento del patrimonio personale di un pubblico funzionario che non sia riconducibile alle sue legittime entrate. L'articolo 21 prevede la possibilità per gli Stati parte di rendere penalmente rilevante anche la corruzione e la concussione riguardanti persone in posizione dirigenziale nel settore privato o che operino per conto del settore privato stesso, mentre l'articolo 22 prevede per gli Stati parte la possibilità di conferire carattere penale, sempre con riferimento all'ambito privato, alla sottrazione intenzionale di beni, di fondi privati o di qualsiasi altra cosa di valore che siano nella disponibilità del dirigente privato in ragione delle sue funzioni.

L'articolo 26, con riferimento alla responsabilità delle persone giuridiche, esige che questa venga stabilita in conformità ai principi dell'ordinamento nazionale di ciascuno Stato parte, per quanto riguarda le infrazioni previste dalla Convenzione in esame. Tale responsabilità può essere penale, civile o amministrativa, e deve essere prevista indipendentemente dalla responsabilità penale delle persone fisiche che hanno effettivamente messo in atto l'infrazione.

Sulla scorta dell'articolo 27 gli Stati parte sono tenuti a conferire carattere penale alla partecipazione in qualità di complice, assistente o istigatore a una delle infrazioni previste in base alla Convenzione in esame.

Gli articoli 28-41 sono dedicati alle attività di investigazione e repressione. in particolare rileva quanto previsto dall'articolo 29, per il quale gli Stati parte dovranno stabilire un termine di prescrizione lungo per i reati di cui alla Convenzione in esame, e sospenderne la decorrenza o fissarne una ancora maggiore qualora i presunti autori si sottraggano alla giustizia. L'articolo 30 prevede in aggiunta che le condizioni per la scarcerazione prima del processo e dell'appello tengano in considerazione la necessità di assicurare la presenza dell'imputato nel corso del procedimento penale, in conformità all'ordinamento interno e ai diritti della difesa (comma 4). Si dovrà inoltre prendere in considerazione la gravità dei reati nel prevedere la liberazione anticipata o condizionale dei condannati in via definitiva (comma 5). Il medesimo articolo 30 prosegue invitando gli Stati parte a compiere ogni sforzo perché i poteri giudiziari discrezionali correlati ai reati puniti ai sensi della Convenzione in esame non vanifichino l'efficacia dell'investigazione e della repressione, ed esercitino semmai un effetto di dissuasione. Del pari, si ritiene desiderabile che gli Stati parte stabiliscano procedure per la revoca, la sospensione o il trasferimento del pubblico funzionario accusato di uno dei reati previsti dalla Convenzione in esame, come anche per la decadenza di una persona, riconosciuta colpevole di un tale reato, dal diritto di esercitare una funzione pubblica, ovvero una funzione in un'impresa di cui lo Stato sia parzialmente o totalmente proprietario. L'articolo 31 pone in capo agli Stati parte la necessità, in ragione della propria normativa interna, di prevedere una cornice giuridica necessaria a consentire la confisca dei proventi di reato ottenuti mediante violazioni previste dalla Convenzione in esame, come anche di beni, materiali o altri strumenti destinati o utilizzati per la commissione dei medesimi reati (comma 1), ovvero a permettere atti preliminari alla confisca quali la localizzazione, il congelamento o il sequestro (comma 2). Il comma 3 include tra le disposizioni da adottare da parte degli Stati partecipanti alla Convenzione in esame anche l'amministrazione dei beni congelati, sequestrati o confiscati. I commi 4-6 dell'articolo 31 prevedono l'applicazione dei poteri di confisca anche a quei beni che risultano da conversione dei proventi di reato, nonché a beni legittimamente acquisiti, ai quali abbiano però concorso parzialmente proventi di reato, e ai redditi comunque derivanti dai proventi medesimi. Il comma 7 prevede che i tribunali o altre autorità competenti possano ordinare la produzione o il sequestro di documenti bancari, finanziari o commerciali, senza che il segreto bancario possa in tali casi essere invocato. L'articolo 32 vincola gli Stati parte a predisporre misure per una efficace protezione dei testimoni, ad esempio assicurando un nuovo domicilio in patria o all'estero, nonché  particolari condizioni di deposizione. L'articolo 33 richiede che la protezione venga assicurata con opportune misure anche alle persone che abbiano meramente segnalato alle autorità competenti dei reati ai sensi della Convenzione in esame. Il successivo articolo 34 richiede agli Stati parte di dare seguito alla scoperta di reati corruttivi, ad esempio prevedendo la rescissione di un contratto, il ritiro di una concessione, ecc. Si dovrà altresì (articolo 35) mettere chi abbia subito un danno in seguito ad atti corruttivi nella condizione di poter incardinare un'azione giudiziaria risarcitoria nei confronti dei responsabili di tale danno. Gli Stati parte, in conformità ai principi fondamentali dei rispettivi ordinamenti nazionali, dovranno creare un Organo o personale specializzato nella lotta contro la corruzione, segnatamente nelle attività di investigazione e repressione (articolo 36). Essi dovranno accordare a tale Organo o tali persone l'indipendenza necessaria per un efficace esercizio delle loro funzioni, al riparo da qualsiasi indebita influenza, nonché dotarli di sufficienti risorse e di adeguata formazione. L'articolo 37 riguarda i possibili collaboratori di giustizia, che dovranno, attraverso opportune misure, essere incoraggiati a fornire informazioni utili per le inchieste, nonché per il recupero dei proventi di reato (comma 1); sarà inoltre necessario prevedere la possibilità, per coloro che collaborano nelle inchieste o nei procedimenti penali, di una diminuzione di pena (comma 2). In base al comma 3 dovrebbe altresì essere possibile prevedere l'immunità a favore di una persona che abbia collaborato in maniera sostanziale: viene qui osservato opportunamente che ciò potrebbe comportare l'adozione di una legge ad hoc nei sistemi - come quello italiano - basati sull'obbligatorietà dell'azione penale. Infine, ai collaboratori di giustizia va accordata la stessa protezione data ai testimoni (comma 4). L'articolo 38 richiede misure di promozione della cooperazione tra le rispettive autorità e servizi investigativi e repressivi degli Stati parte, mentre l'articolo 39 estende alle autorità del settore privato, in particolare le istituzioni finanziarie, l'esigenza di cooperazione con i servizi investigativi e repressivi pubblici.

Per quanto concerne le questioni relative alla competenza, ciascuno Stato parte è competente per i reati previsti dalla Convenzione in esame, qualora essi siano commessi sul suo territorio, su un'imbarcazione battente bandiera nazionale, su un aeromobile immatricolato conformemente all'ordinamento nazionale (comma 1). Gli Stati possono prevedere di stabilire la propria competenza qualora il reato sia commesso nei confronti di propri cittadini, ovvero da uno di questi o da un apolide residente sul loro territorio, nonché qualora il reato comporti il progetto di riciclaggio di denaro sul territorio medesimo o, addirittura, il reato sia commesso nei confronti dello Stato (comma 2). In base al comma 5, poi, ciascuno Stato parte deve consultarsi con altri Stati parte rispetto ai quali sia venuto a conoscenza che essi esercitano ugualmente la propria competenza sullo stesso atto, in vista di un coordinamento delle rispettive azioni.

Passando a trattare del tema della cooperazione internazionale, il primo punto è quello della estradizione, cui è dedicato l'intero articolo 44. E' ivi previsto, ai commi 1-4, che gli Stati parte faranno in modo di considerare i reati previsti dalla Convenzione in esame come reati per i quali vige l'estradizione, possibilmente anche se non risulti soddisfatta la clausola della doppia incriminazione; gli Stati parte si asterranno poi dal considerare, ai fini dell'estradizione, i reati di corruzione alla stregua di reati politici. I commi 5-6 riguardano gli Stati parte per i quali la concessione dell'estradizione sia subordinata all'esistenza di un trattato, multilaterale o bilaterale: essi dovrebbero considerare la Convenzione come la base legale per l'estradizione (per ciò che concerne naturalmente i reati di corruzione). in base al comma 7, poi, gli Stati parte che abbiano istituito un regime legale generale in materia di estradizione devono fare in modo che gli atti corruttivi siano considerati come reati sottoposti all'estradizione. In caso di rifiuto dell'estradizione, uno Stato parte che abbia ricevuto una tale richiesta dovrebbe consultarsi con lo Stato parte richiedente, così che quest'ultimo possa essere messo in grado di presentare le proprie opinioni e di fornire ulteriori informazioni (comma 17); qualora poi lo Stato parte rifiuti l'estradizione finalizzata all'esecuzione di una piena per motivi legati alla nazionalità, esso dovrebbe fare in modo che la pena stessa, pronunciata in conformità al diritto interno dello Stato richiedente, venga eseguita sul proprio territorio.

Alla mutua assistenza giudiziaria è dedicato l'articolo 46, in base al quale la Convenzione in esame impone agli Stati parte la più ampia mutua assistenza giudiziaria durante le inchieste e i procedimenti giudiziari, come anche nella confisca e nella restituzione di beni derivanti da reati corruttivi; nonché di non invocare il segreto bancario per rifiutare l'assistenza giudiziaria medesima (commi 1 e 8). Gli Stati parte dovranno inoltre applicare i commi 9-29 dell'articolo 46 in commento alle modalità di mutua assistenza giudiziaria con un altro Stato parte, qualora non vi sia un trattato internazionale specifico. Il Segretario generale delle Nazioni Unite riceverà dagli Stati parte l'indicazione delle rispettive autorità centrali designate ai fini della mutua assistenza giudiziaria nell'ambito della Convenzione in esame.

Per quanto concerne ulteriori forme di cooperazione internazionale, a queste sono dedicati gli articoli 47-50. Particolarmente rilevante è quanto previsto dall'articolo 47, in base al quale gli Stati parte devono sforzarsi di consentire reciprocamente il trasferimento dei procedimenti penali relativi a reati di corruzione, specialmente qualora essi riguardino diverse giurisdizioni. In base all'articolo 49, gli Stati parte dovrebbero concludere accordi bilaterali o multilaterali in vista della conduzione di indagini congiunte, con particolare attenzione al rispetto pieno della sovranità dello Stato sul cui territorio l'inchiesta deve svilupparsi. Infine, l'articolo 50 prevede la collaborazione tra gli Stati parte onde poter avvalersi del metodo della consegna controllata, nonché di apparati di sorveglianza elettronica e di operazioni di infiltrazione.

Per quanto riguarda il recupero di somme o beni, viene anzitutto in questione il profilo della prevenzione (articolo 52), nell'ambito della quale gli Stati parte devono imporre alle istituzioni finanziarie la verifica dell'identità dei clienti, con particolare riguardo ai titolari di fondi su depositi rilevanti, nonché la sorveglianza sui conti attribuibili a persone che esercitano o hanno esercitato importanti funzioni pubbliche, inclusi i membri delle loro famiglie e del loro entourage. Gli Stati parte indirizzeranno altresì alle istituzioni finanziarie linee-guida per un'efficace sorveglianza preventiva dei fenomeni di riciclaggio di denaro, e si sforzeranno di impedire l'insediamento di banche prive di presenza fisica e non affiliate a un gruppo finanziario oggetto di regolamentazione.

L'articolo 53, che concerne il recupero diretto di beni, vincola gli Stati parte a consentire a qualunque altro Stato parte di incardinare pressi i propri tribunali un'azione civile per il riconoscimento dell'esistenza del diritto di proprietà su beni acquisiti per mezzo di reati corruttivi. Ciascuno Stato parte dovrà inoltre consentire ai propri tribunali di intimare agli autori di reati corruttivi il versamento di una riparazione ad un altro Stato parte che abbia subito pregiudizio da tali reati, nonché di riconoscere, all'atto di una decisione di confisca, il legittimo diritto di proprietà rivendicato da un altro Stato parte su beni risultanti da reati di corruzione.

I meccanismi di recupero indiretto e di cooperazione internazionale sono oggetto degli articoli 54-55. Rileva in particolare l'obbligo per gli Stati parte di permettere alle proprie competenti autorità di dare effetto a una decisione di confisca pronunciata da un tribunale di un altro Stato parte, come anche di consentire alle proprie autorità competenti di ordinare la confisca di beni di origine straniera, nell'ambito di una sentenza su un reato di riciclaggio di denaro. Le autorità di uno Stato parte potranno inoltre congelare o sequestrare beni su decisione dell'autorità competente di un altro Stato parte.

Gli articoli 56 e 58 concernono rispettivamente la cooperazione speciale e i servizi di informazione finanziaria. E' infatti previsto che gli Stati parte, anche senza preventiva richiesta, possano comunicare a un altro Stato parte informazione sui proventi di reati corruttivi, qualora dette informazioni possano risultare utili in un'indagine o in un procedimento giudiziario, o comunque possano essere probabilmente oggetto di una prossima richiesta. È previsto che gli Stati parte stabiliscano un servizio di informazione finanziaria, con il compito di ricevere, analizzare e comunicare alle autorità competenti informazioni su operazioni finanziarie sospette.

I rimanenti articoli della Convenzione riguardano rispettivamente l’assistenza tecnica e lo scambio di informazioni (artt. 60-62) e i meccanismi applicativi della Convenzione (artt. 63-64): è prevista, in particolare, l’istituzione di una Conferenza delle Parti, la cui prima sessione si terrà non oltre un anno dopo l’entrata in vigore della Convenzione, al fine di migliorare il coordinamento tra le Parti ed esaminare lo stato di applicazione della Convenzione.

Gli articoli 65-71, infine, contengono le clausole finali della Convenzione in esame: in particolare, per la composizione delle controversie è previsto che, se non risolte per via negoziale sono sottoposte ad arbitrato o, se del caso, alla Corte internazionale di giustizia dell’ONU. Sono altresì previste le modalità per emendare e denunciare la Convenzione.

 

 

 

Quadro normativo

La lotta alla corruzione internazionale è stata oggetto di attenzione da parte del legislatore italiano nel corso della XIII legislatura, che ha visto l’approvazione della legge 29 settembre 2000, n. 300[1], di autorizzazione alla ratifica di alcuni atti internazionali finalizzati, da un lato, all’adozione di efficaci misure sanzionatorie, anche penali, per la repressione delle frodi ai danni degli interessi finanziari delle Comunità, e dall’altro all’attuazione di un programma di lotta alla corruzione nelle transazioni economiche internazionali nel quadro degli Stati aderenti all’OCSE.

Con la legge n. 300/2000 l’Italia ha ratificato i seguenti atti internazionali:

·       Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (PIF), del 1995. La finalità è quella di assicurare presso gli Stati membri efficaci misure sanzionatorie, anche penali, per la repressione delle frodi ai danni degli interessi finanziari delle Comunità. Vengono individuati due distinti tipi di frode lesiva degli interessi finanziari comunitari, in base alla loro incidenza sulle spese o sulle entrate del bilancio comunitario. Gli Stati membri hanno l’obbligo di prevedere sanzioni penali per punire le condotte fraudolente che ledono gli interessi finanziari delle Comunità: per i casi di frode grave, devono prevedere pene restrittive della libertà e che possano comportare l'estradizione . Per i casi di più lieve entità gli Stati membri possono comminare sanzioni amministrative. La Convenzione stabilisce inoltre il principio secondo il quale i dirigenti che esercitino in un’impresa un potere di diritto o di fatto non sono esonerati da qualsiasi forma di responsabilità penale nel caso in cui una frode ai danni degli interessi finanziari delle Comunità, a seguito di una loro negligenza, sia stata commessa per conto dell’impresa da persona soggetta alla loro autorità.

·       Primo protocollo della Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, del 1996. Il Protocollo distingue: i) corruzione passiva (si verifica quando il funzionario “deliberatamente, direttamente o tramite un terzo, sollecita o riceve vantaggi di qualsiasi natura, per sé o per un terzo, o ne accetta la promessa, per compiere o per omettere un atto proprio delle sue funzioni o nell’esercizio di queste, in modo contrario ai suoi doveri di uffici, che leda o che potrebbe ledere gli interessi finanziari delle Comunità europee”); corruzione attiva (si ha nei casi in cui “una persona deliberatamente promette o dà, direttamente o tramite un terzo, un vantaggio di qualsiasi natura ad un funzionario, per il funzionario stesso o per un terzo, affinché questi compia o ometta un atto proprio delle sue funzioni o nell’esercizio di queste, in modo contrario ai suoi doveri d’ufficio, che lede o che potrebbe gli interessi finanziari delle Comunità europee”).

·       Protocollo sull’interpretazione, da parte della Corte di giustizia, della Convenzione (PIF), del 1996. Attribuisce alla Corte di giustizia delle Comunità europee la competenza a pronunciarsi in via pregiudiziale sull’interpretazione delle Convenzione PIF.

·       Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione dei funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri, del 1997. Amplia le finalità del primo Protocollo operando un collegamento tra i fatti di corruzione che devono essere incriminati e la frode lesiva degli interessi finanziari delle Comunità.

·       Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, del 1997. Si sovrappone parzialmente agli altri documenti pur presentando un ambito di applicazione più limitato (solo corruzione attiva) e un ambito soggettivo più esteso (essendo rivolta a colpire la condotta criminosa dei pubblici funzionari di qualunque Stato estero o di organizzazione internazionale pubblica). L’elemento di maggiore innovatività - rispetto all’ordinamento penale italiano – è la previsione di un apparato sanzionatorio nei riguardi del cd. corporate crime, e quindi nell’affermazione del principio di responsabilità penale delle persone giuridiche.

Per quanto la normativa interna si fosse da tempo spontaneamente armonizzata con le linee direttrici degli strumenti convenzionali da ratificare (si pensi alle disposizioni degli artt. 640 bis e 316 bis c.p. che contenevano già il riferimento alle Comunità europee)[2], la legge n. 300 del 2000 rappresenta comunque il primo intervento organico per dare unitaria disciplina al "diritto penale amministrativo europeo", prevedendo l’adeguamento della disciplina interna dei reati commessi dai pubblici ufficiali e dagli incaricati di pubblico servizio alle esigenze derivanti dalla partecipazione dell'Italia all'Unione europea e dalla presenza di organismi comunitari con pluralità di funzionari, elettivi o di carriera[3].

 

Le principali linee di intervento della legge n. 300 del 2000 attengono:

 

§      all’estensione dell’ambito soggettivo di talune figure di reato contro la pubblica amministrazione (peculato, peculato mediante profitto dell’errore altrui, concussione, varie ipotesi di corruzione e istigazione alla corruzione) a membri degli organi comunitari e a funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri[4] (cfr. art. 322-bis c.p.);

L’articolo 322-bis c.p. prevede una pluralità di reati commissibili da membri degli organi e da funzionari delle Comunità europee e, in alcuni casi, di Stati esteri. La norma agisce su due piani distinti, da un lato individuando specificamente i reati per i quali trova applicazione l'estensione soggettiva dell'art. 322 bis; dall'altro individuando specificamente le categorie dei funzionari oggetto di considerazione da parte dell'ordinamento italiano[5].

Quanto al primo profilo, è esteso l'ambito dei soggetti attivi del reato con riferimento ai delitti di cui agli artt. 314 (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui), 317 (concussione), da 318 a 320 (le varie ipotesi di corruzione) e 322 (istigazione alla corruzione).

Quanto al secondo profilo, l’art. 322-bis non si limita a indicare espressamente i reati dei funzionari pubblici "stranieri", ma, altrettanto espressamente, indica tali pubblici funzionari nei

1) membri della Commissione delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della Corte di Giustizia e della Corte dei Conti delle Comunità europee;

2) funzionari di carriera e gli agenti assunti per contratto (a norma dello statuto dei funzionari delle Comunità europee o del regime applicabile agli agenti delle Comunità europee);

3) persone comandate dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o privato presso le Comunità europee, purché "esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti delle Comunità europee";

4) membri e gli addetti a enti costituiti sulla base dei Trattati che istituiscono le Comunità europee;

5) soggetti che, nell'ambito di altri Stati membri dell'Unione europea, "svolgono funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio".

Il secondo comma dell’articolo in commento prevede la punibilità dei fatti di istigazione alla corruzione o di corruzione, per il soggetto attivo corruttore (artt. 321 e 322, 1° e 2° co.) qualora il denaro o l'altra utilità sia offerto, dato, promesso nei confronti dei "pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio europei ed equiparati" ovvero nei confronti delle persone che esercitano funzioni corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali o degli incaricati di un pubblico servizio, appartenenti a Stati esteri o ad altre organizzazioni internazionali, "qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali".

§      alla previsione di una generalizzata ipotesi di confisca come conseguenza obbligatoria della sentenza di condanna o di patteggiamento per alcuni reati specificamente indicati commessi da pubblici ufficiali o da incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione italiana o europea, nonché per le ipotesi di truffa aggravata a danno di pubbliche amministrazioni (cfr. art. 322-ter c.p.);

In particolare l'articolo 322-ter c.p. prevede una speciale ipotesi di confisca obbligatoria nel caso di sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti (art. 444 c.p.p.) per i seguenti reati:

-        delitti previsti dagli articoli da 314 a 320 (peculato, peculato mediante profitto dell'errore altrui, concussione, corruzione, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, come previsto dall’art. 316 ter);

-        delitto di corruzione per ciò che concerne il corruttore, ai sensi dell'art. 321;

-        delitti di truffa previsti dagli artt. 640, co. 2, n. 1 (truffa in danno della P.A.), 640 bis (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche) e 640 ter, co. 2. (ossia qualora fatto sia commesso in danno di pubbliche amministrazioni).

In tali ipotesi si prevede che sia "sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato". Quando questa confisca non sia possibile il giudice ordina "la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo", o anche al profitto, si vorrebbe aggiungere.

Il destinatario della confisca sarà, a seconda dei casi, o il pubblico ufficiale (e l'incaricato di un pubblico servizio) ovvero il corruttore (art. 322 ter, co. 2.).

Dunque, gli effetti innovativi dell'art. 322 ter riguardano l'obbligatorietà della confisca delle cose che costituiscono il profitto del reato e l'indicazione del nuovo tipo di confisca "per equivalente" (laddove non sia possibile confiscare le cose che costituiscono il profitto o il prezzo del reato all'autore, si devono confiscare i beni dell'autore per un valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato).

§      all’adeguamento delle disposizioni sulla perseguibilità del reato commesso dal cittadino all’estero o dallo straniero all’estero, richiamando espressamente le Comunità europee tra i soggetti passivi dei reati (cfr. artt. 9 e 10 c.p.);

 

§      all’introduzione di una nuova figura di reato definita “indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato” (contributi, finanziamenti, mutui agevolati, ecc) ora prevista dall’ articolo 316-ter del codice penale;

L’articolo 316-ter c.p. dispone che, salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall’art. 640-bis (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche), chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni. Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a 4.000 euro, si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 5.164 a 25.822 milioni di lire. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito.

§      alla previsione di una delega al Governo per disciplinare la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche; delega poi esercitata con l’approvazione del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231[6].

Il D.Lgs. n. 231/2001 prevede che per una serie di reati espressamente individuati possano essere applicate alla persona giuridica - mediante accertamento giudiziale - oltre a sanzioni interdittive (interdizione dall'esercizio dell'attività, sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito, divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, etc.) anche sanzioni di natura pecuniaria, applicate per quote in un numero non inferiore a cento né superiore a mille; l'importo di una quota varia da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.548 euro. Nella commisurazione della sanzione pecuniaria il giudice determina il numero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente, nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. L'importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione.


 

Contenuto del disegno di legge di ratifica

 

 

Il disegno di legge A.C. 2783 prevede la ratifica e l’esecuzione della Convenzione ONU contro la corruzione, adottata dall’Assemblea generale il 31 ottobre 2003, e detta le conseguenti necessarie norme di adeguamento dell’ordinamento interno.

 

In particolare, l’articolo 1 autorizza il Presidente della Repubblica a ratificare la Convenzione e l’articolo 2 prevede la piena esecuzione della stessa a partire dalla sua entrata in vigore (data fissata dall’articolo 68 della Convenzione stessa).

 

Gli articoli 3 e 4 intendono dare attuazione al Titolo III della Convenzione, relativo all’incriminazione delle condotte riconducibili alla corruzione, per quanto, come chiarito dalla relazione di accompagnamento del disegno di legge, «il vigente codice penale e la relativa normativa complementare già realizzano gran parte di dette previsioni».

L’articolo 3 del disegno di legge – adeguando l’ordinamento interno alle previsioni dell’articolo 16 della Convenzione -  novella l’art. 322-bis del codice penale, relativo al delitto di “peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri” (v. sopra, quadro normativo).

In particolare, intervenendo sul comma 2 dell’art. 322-bis, il disegno di legge prevede che la punibilità dei fatti di istigazione alla corruzione o di corruzione, per il soggetto attivo corruttore (artt. 321 e 322, 1° e 2° co.), sussista non soltanto qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali (come attualmente disposto) ma anche al fine di ottenere o di mantenere un'attività economica o finanziaria.

 

L’articolo 4 del disegno di legge – adeguando l’ordinamento italiano alle previsioni dell’articolo 26 della Convenzione - inserisce un nuovo articolo nel decreto legislativo n. 231 del 2001, in tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (v. sopra, quadro normativo).

L’inserimento del decreto legislativo dell’articolo 25-septies è volto a sanzionare la persona giuridica in relazione alla commissione del delitto di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria, di cui all’art. 377-bis, c.p.

L’articolo 377-bis è stato inserito nel codice penale dalla legge n. 63 del 2001 sul giusto processo. La disposizione sanziona con la reclusione da 2 a 6 anni chiunque, con violenza o minaccia, o con offerta o promessa di denaro o di altra utilità, induce la persona chiamata a rendere dichiarazioni all’autorità giudiziaria utilizzabili in un procedimento penale, a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci, quando questa ha la facoltà di non rispondere.

Si tratta di una fattispecie di reato che mira a tutelare la spontaneità del comportamento processuale della persona informata sui fatti, la quale potrebbe astenersi dal rendere dichiarazioni, nonché la genuinità di tale dichiarazione, una volta che la persona informata abbia deciso di renderla, non avvalendosi della facoltà di non rispondere[7]. La condotta è solo in parte coincidente con quella prevista dall’art. 377 c.p. per il delitto di subornazione ("con offerta o promessa di denaro o di altra utilità"); in questo caso, infatti, alla condotta allettatrice si antepone una condotta che si manifesta "con violenza o minaccia", non presente nel delitto di subornazione, e che piuttosto richiama alla mente la violenza privata (art. 610 c.p.).

Laddove si ravvisi in relazione alla commissione del delitto una responsabilità della persona giuridica, dovrà applicarsi all’ente la sanzione pecuniaria fino a 500 quote.

 

 

L’articolo 5 – per adeguare l’ordinamento italiano alle previsioni del Titolo V della Convenzione, relativo alla restituzione dei beni - inserisce due ulteriori articoli all’interno del codice di procedura penale e, più precisamente, all’interno del libro XI, dedicato ai rapporti con le autorità straniere, nel capo relativo agli effetti delle sentenze penali straniere (Titolo IV, Capo I, artt. 730-741).

Si tratta del Capo che disciplina la possibilità, le limitazioni e i modi per rendere esecutive in Italia le sentenze penali straniere. Il meccanismo delineato dagli articoli 730-741, in correlazione all’articolo 12 c.p. costituisce un’alternativa alla regola del rinnovamento del giudizio in ordine ai reati commessi all’estero ed ivi giudicati. Escluso che la legge straniera possa essere usata ai fini della decisione, qui il giudice italiano non accerta il dovere di punire alla stregua di un altro ordinamento, ma, in quanto ricorrano date condizioni, recepisce la sentenza pronunciata in un altro Stato a certi fini tassativamente determinati, fra i quali può rientrare l’applicazione di una pena principale[8].

Le nuove disposizioni introdotte dal disegno di legge attengono, in particolare, alla devoluzione allo Stato estero interessato dei beni confiscati sul territorio italiano in esecuzione di provvedimenti di confisca adottato all’estero.

Il tema non è nuovo al nostro ordinamento, basti ricordare che con la legge 9 agosto 1993, n. 328 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, fatta a Strasburgo l'8 novembre 1990) sono state introdotte nel codice una serie di disposizioni che permettono l’esecuzione di un provvedimento di confisca straniero attraverso il riconoscimento della sentenza che lo dispone (art. 735-bis c.p.p.); di consentire indagini, da parte di un’autorità straniera, relative a beni che potrebbero divenire oggetto di confisca (art. 737-bis) e, viceversa, di richiedere all’estero lo svolgimento di indagini allo stesso fine (art. 745, comma 2-bis).

Il nuovo articolo 740-bis prevede che, in presenza di appositi accordi internazionali (come ad esempio la convenzione oggetto di ratifica), le cose confiscate con sentenza definitiva o con altro provvedimento irrevocabile debbano essere devolute allo Stato estero nel quale è stata pronunciata la sentenza ovvero è stato adottato il provvedimento di confisca (comma 1). Ciò purché (comma 2):

- vi sia una espressa richiesta in tal senso da parte dello Stato estero;

- la sentenza o il provvedimento di confisca siano stati riconosciuti in Italia ai sensi degli articoli 731, 733 e 734 del codice di procedura.

L’articolo 731 c.p.p. disciplina il riconoscimento delle sentenze penali straniere o dei provvedimenti di confisca stranieri a norma di accordi internazionali, prevedendo una apposita richiesta da parte del Ministro della giustizia e l’intervento della procura generale presso la corte di appello e della corte stessa.

L’articolo 733 individua invece i presupposti del riconoscimento, stabilendo i casi nei quali la sentenza straniera non può essere riconosciuta (es. non è divenuta irrevocabile per le leggi dello Stato in cui è stata pronunciata; contiene disposizioni contrarie ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato; il fatto per il quale è stata pronunciata non è previsto come reato dalla legge italiana ovvero per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona è stata pronunciata nello Stato sentenza irrevocabile o è in corso un procedimento penale; non è stata pronunciata da un giudice terzo o nel rispetto del contraddittorio o dei diritti di difesa; vi sono fondate ragioni per ritenere che la decisione sia viziata da pregiudizi razziali, religiosi etc…) e precisando, relativamente alla confisca, che la sentenza straniera non può essere riconosciuta se questa ha per oggetto beni la cui confisca non sarebbe possibile secondo la legge italiana qualora per lo stesso fatto si procedesse nello Stato.

L’articolo 734 prevede che la corte di appello deliberi in ordine al riconoscimento previo procedimento camerale, dovendo nella sentenza enunciare gli effetti che conseguono al riconoscimento. La decisione è ricorribile in Cassazione da parte del procuratore generale presso la corte di appello e dell'interessato.

Il nuovo articolo 740-ter stabilisce che debba essere la Corte d’appello, nel provvedimento con il quale delibera il riconoscimento della sentenza o del provvedimento di confisca, a ordinare contestualmente la devoluzione della cose confiscate ai sensi dell’art. 740-bis (comma 1). Copia del provvedimento dovrà essere trasmessa al Ministro della giustizia che concorderà con lo Stato estero richiedente le modalità della devoluzione (comma 2).

 

 

L’articolo 6 del disegno di legge attribuisce all’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione i compiti previsti dall’articolo 6 della Convenzione. In particolare, si tratta di prevenire la corruzione attraverso l’applicazione delle politiche previste dalla Convenzione stesa (art. 5) e l’accrescimento e la diffusione delle conoscenze relative alla prevenzione.

La legge 16 gennaio 2003, n. 3[9], all’art. 1, ha istituito la figura dell’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, ponendolo alla diretta dipendenza funzionale del Presidente del Consiglio dei ministri.

Secondo tale disciplina l'Alto Commissario svolge le proprie funzioni nell'osservanza dei seguenti principi fondamentali:

-        trasparenza e libero accesso alla documentazione amministrativa, salvo i casi di legittima opposizione del segreto;

-        libero accesso alle banche dati delle pubbliche amministrazioni;

-        facoltà di esercitare le proprie funzioni d'ufficio o su istanza delle pubbliche amministrazioni;

-        obbligo di relazione semestrale al Presidente del Consiglio dei ministri, che riferisce periodicamente ai Presidenti delle Camere; obbligo di rapporto all'autorità giudiziaria e alla Corte dei conti nei casi previsti dalla legge;

-        rispetto delle competenze regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Quanto ai poteri, l'Alto Commissario può disporre:

-        indagini, anche di natura conoscitiva, di iniziativa propria o per fatti denunciati, con esclusione di quelli oggetto di segnalazioni anonime, o su richiesta motivata delle amministrazioni, tese ad accertare l'esistenza, le cause e le concause di fenomeni di corruzione e di illecito o di pericoli di condizionamento da parte di organizzazioni criminali all'interno della pubblica amministrazione;

-        elaborazione di analisi e studi sulla adeguatezza e congruità del quadro normativo, nonché delle eventuali misure poste in essere dalle amministrazioni per prevenire e per fronteggiare l'evolversi dei fenomeni oggetto di esame;

-        monitoraggio su procedure contrattuali e di spesa e su comportamenti, e conseguenti atti, da cui possa derivare danno erariale.

 

L’articolo 7 del disegno di legge individua l’autorità centrale richiesta dalla Convenzione per ricevere ed eseguire le richieste di assistenza giudiziaria nel Ministro della giustizia (comma 1) e stabilisce che le richieste di assistenza devono essere tradotte in italiano (comma 2). Lo stesso Ministro della giustizia è competente, ai sensi dall’art. 46, par. 7 della Convenzione, per decidere se, pur in presenza di pregressi accordi di assistenza giudiziaria fra gli Stati, applicare comunque le procedure previste dalla Convenzione ONU, laddove ritenute più rapide ed efficaci (comma 3).

 

L’articolo 8 quantifica gli oneri (33.150 euro annui a decorrere dal 2007) e individua la copertura finanziaria della legge (attingendo al «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007), mentre l’articolo 9 prevede che la legge entri in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione.

 

 

 


Progetto di legge


N. 2783

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

DISEGNO DI LEGGE

 

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal ministro degli affari esteri

(D'ALEMA)

e dal ministro della giustizia

(MASTELLA)

di concerto con il ministro dell'interno

(AMATO)

e con il ministro dell'economia e delle finanze

(PADOA SCHIOPPA)

 

¾

 

Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale con la risoluzione n. 58/4 del 31 ottobre 2003 ed aperta alla firma a Merida dal 9 all'11 dicembre 2003, nonché norme di adeguamento interno

 

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Presentato il 13 giugno 2007

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Onorevoli Deputati! - Il presente disegno di legge è volto a ratificare e rendere esecutiva in Italia la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale con la risoluzione n. 58/4 del 31 ottobre 2003 ed aperta alla firma a Merida dal 9 all'11 dicembre 2003.

Sin dal 15 settembre 2005, con il deposito dello strumento di ratifica della Convenzione in questione da parte dell'Ecuador presso il Segretariato delle Nazioni Unite, è stato raggiunto il quorum delle ratifiche statali necessarie per l'entrata in vigore della stessa, realizzatasi il 14 dicembre del medesimo anno.

L'Italia, che pure fu tra i principali sostenitori della Convenzione, nonostante gli inviti formulati agli Stati Parte in numerose risoluzioni dell'Assemblea generale e in dichiarazioni politiche di alto livello, non ha ancora provveduto a ratificare lo strumento internazionale in questione, il quale rappresenta il primo accordo mondiale di contrasto alla corruzione come fenomeno transnazionale.

Il presente disegno di legge, pertanto, si propone di ratificare la Convenzione di Merida, colmando un'evidente lacuna dell'ordinamento interno e apportando un significativo contributo nel mantenimento delle relazioni internazionali nell'ambito dei Paesi membri dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.

Con riguardo al precipuo contenuto del disegno di legge, occorre premettere che le attività di redazione dello stesso sono state improntate alla realizzazione di una proposta che fosse quanto più semplice e snella possibile, limitandosi quindi all'attuazione del solo contenuto obbligatorio della Convenzione e tralasciando pressoché del tutto le previsioni ad esecuzione facoltativa; la presa d'atto che la parte più significativa del contenuto facoltativo in questione era già stata recepita o era in corso di recepimento mediante altri strumenti normativi, nonché la necessità di procedere ad una ratifica quanto più rapida possibile del predetto strumento internazionale - sia per il ritardo ormai accumulato che per l'impellente esigenza di ultimare i lavori parlamentari entro la fine dell'anno in corso, allo scopo di presentarsi alla prossima riunione degli Stati membri, programmata per dicembre 2007, come partecipanti effettivi e non come semplici osservatori - hanno costituito, infatti, le linee guida nella redazione del presente disegno di legge.

Nello specifico, gli articoli 1 e 2 recano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione di Merida e l'ordine di esecuzione della medesima.

L'articolo 3 prevede l'adeguamento della normativa sostanziale alle previsioni dei titoli II e III della Convenzione; il vigente codice penale e la relativa normativa complementare già realizzano gran parte di dette previsioni, ma con riferimento all'articolo 16, paragrafo 1, della Convenzione, l'articolo 322-bis del codice penale non prevede la punibilità per il corruttore o l'istigatore che offra denaro o altra utilità a funzionari di organismi internazionali al precipuo fine di ottenere o mantenere un'attività economica o finanziaria. È stata, quindi, proposta una modifica del predetto articolo in tale senso con l'introduzione, al secondo comma, numero 2), anche di tale specifica finalità, con ciò rispondendosi appieno al dettato del citato articolo 16.

Quanto all'articolo 31 della Convenzione in materia di «congelamento, sequestro e confisca» dei beni che costituiscono provento di delitti di cui alla medesima Convenzione, la nostra legislazione già consente il sequestro e la confisca nei casi ivi previsti; la stessa necessita, però, di adeguamento in relazione alla possibilità di effettuare la cosiddetta «confisca di valore», ovvero quella vertente su beni di valore equivalente a quello dei proventi da delitto. Detta confisca è consentita nel nostro ordinamento soltanto per alcuni reati, fra i quali i delitti di corruzione, mentre per il riciclaggio (articolo 648-bis del codice penale), oggetto dell'articolo 23 della Convenzione di Merida, la stessa è ammessa esclusivamente nei limiti dettati dall'articolo 11 della legge 16 marzo 2006, n. 146, ovvero nei soli casi in cui venga commesso un reato transnazionale ai sensi dell'articolo 3 della legge predetta («qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato, nonché: a) sia commesso in più di uno Stato; b) ovvero sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato; c) ovvero sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato; d) ovvero sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato»).

Deve peraltro osservarsi come sia già stato presentato un disegno di legge volto all'introduzione di siffatto istituto con valore generalizzato per tutte le fattispecie di reato; nella legge comunitaria 2007, attualmente all'esame del Parlamento, è presente infatti una specifica disposizione che, in ottemperanza alla decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio, del 24 febbraio 2005, delega il Governo alla redazione di una norma che consenta l'utilizzo di tale misura per ogni tipologia di reato.

Il disposto degli articoli 12 e 21 della Convenzione, concernente la materia della corruzione nel settore privato, pur di significativo momento, è ad esecuzione facoltativa e, anche in questo caso, costituisce specifico oggetto della legge comunitaria 2007, sede nella quale è stata conferita delega al Governo per l'introduzione delle relative modifiche normative, in attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003.

Tali ultime disposizioni non devono, pertanto, essere contemplate nel presente disegno di legge.

L'articolo 4, in attuazione dell'articolo 26 della Convenzione, adegua, poi, la vigente normativa in tema di responsabilità delle persone giuridiche per fatto-reato al catalogo di reati previsto dall'intera Convenzione; anche in tale caso la normativa italiana appare all'avanguardia nell'ambito delle legislazioni internazionali e necessita soltanto di un piccolo intervento per ricomprendere anche il delitto di cui all'articolo 377-bis del codice penale (induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria) tra quelli che consentono di applicare alle persone giuridiche il procedimento previsto dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per l'irrogazione di un'adeguata sanzione amministrativa. Le altre fattispecie di reato previste dalla Convenzione, infatti, già consentono a legislazione vigente l'irrogazione di specifiche sanzioni amministrative nei confronti delle persone giuridiche coinvolte, con l'unica eccezione dell'articolo 648-bis del codice penale; è già stato, peraltro, predisposto dal Ministero dell'economia e delle finanze - ne è prossima la presentazione al Consiglio dei ministri - uno schema di decreto legislativo volto a dare esecuzione alla cosiddetta «III direttiva antiriciclaggio» (2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005), all'interno del quale è prevista l'introduzione della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche in relazione ai reati di cui agli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale. Si ritiene, pertanto, che non sia necessario riprodurre una norma dal medesimo tenore anche nel presente disegno di legge.

L'articolo 5 introduce due nuovi articoli nel libro XI, titolo IV, capo I, del codice di procedura penale; si tratta dell'articolo 740-bis, rubricato: «Devoluzione ad uno Stato estero delle cose confiscate», e dell'articolo 740-ter, rubricato: «Ordine di devoluzione».

L'introduzione di tali articoli ha lo scopo di dare concreta ed effettiva esecuzione ad una delle parti più innovative della Convenzione in merito alla cooperazione internazionale: il cosiddetto asset recovery. In estrema sintesi, per effetto delle disposizioni previste dal titolo V della Convenzione, i beni specificamente indicati dall'articolo 31 della Convenzione stessa (proventi di uno dei reati che rientrano nel campo di applicazione della Convenzione; beni, materiali e altri strumenti destinati o impiegati al fine della consumazione di tali reati) devono essere restituiti ai legittimi proprietari, anche nel caso in cui essi siano stati trasferiti all'estero. Per raggiungere questa finalità, gli Stati Parte sono soggetti a due obblighi di cooperazione: in primo luogo, devono prevedere la possibilità di dare esecuzione a richieste di sequestro e confisca dei beni previsti dall'articolo 31 della Convenzione; in secondo luogo, una volta eseguiti il sequestro e la confisca, devono prevedere la possibilità di restituire allo Stato che ne ha fatto richiesta quanto sequestrato o confiscato.

Per quanto riguarda il primo obbligo di cooperazione, le disposizioni dettate dagli articoli 731 e 737-bis del codice di procedura penale già consentono alle autorità giudiziarie nazionali di svolgere indagini, di sequestrare e di confiscare i beni specificamente indicati dall'articolo 31 della Convenzione, su richiesta di uno degli altri Stati Parte.

Per quanto riguarda la devoluzione allo Stato richiedente, l'articolo 740, comma 2, del codice di procedura penale subordina tale possibilità alla reciprocità. La disposizione non sembra compatibile con gli obblighi di cooperazione stabiliti dalla Convenzione in materia di asset recovery, che non prevedono alcun riferimento alla reciprocità.

Sembra allora necessario introdurre una disciplina speciale, che introduca una sorta di doppio binario quanto ai presupposti della devoluzione: la reciprocità, nel caso in cui l'accordo internazionale nulla preveda, ovvero i requisiti stabiliti dall'accordo internazionale, nel caso in cui esso ne preveda. Per quanto riguarda la Convenzione, si tratta dei requisiti stabiliti dall'articolo 57.

La sedes materiae più appropriata sembra quella degli effetti delle sentenze penali straniere (capo I del titolo IV del libro XI del codice di procedura penale), in quanto la devoluzione allo Stato richiedente, dal punto di vista logico e cronologico, costituisce l'ultimo atto del procedimento finalizzato al riconoscimento della confisca o del sequestro disposti dalle competenti autorità estere.

Tre sono i princìpi fondamentali che ispirano la nuova disciplina della devoluzione allo Stato estero; in primo luogo, non può procedersi alla devoluzione senza il previo riconoscimento della sentenza o del provvedimento estero che ha disposto la confisca dei beni di cui all'articolo 31 della Convenzione. Tale principio trova riconoscimento nel nuovo articolo 740-bis, comma 2, lettera b), del codice di procedura penale; il procedimento e i presupposti del riconoscimento saranno gli stessi previsti dagli articoli 731, 733 e 734 del medesimo codice. In sostanza, gli articoli 740-bis e 740-ter del codice di procedura penale nulla innovano in materia, limitandosi a dettare disposizioni in merito alla devoluzione dei beni che sono stati oggetto di una sentenza o di un provvedimento riconosciuto secondo le disposizioni generali richiamate dall'articolo 740-bis, comma 2, lettera b), del medesimo codice.

In secondo luogo, non può procedersi a devoluzione senza espressa richiesta in tale senso da parte dello Stato estero, ai sensi dell'articolo 740-bis, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale.

Infine, ma non da ultimo, la devoluzione sarà ordinata contestualmente al riconoscimento della sentenza o del provvedimento estero che ha disposto la confisca (articolo 740-ter, comma 1, del codice di procedura penale). Dal combinato disposto degli articoli 740-ter, comma 1, e 740-bis, comma 2, lettera b), del codice di procedura penale, si può desumere che lo Stato estero dovrà richiedere la devoluzione dei beni previsti dall'articolo 31 della Convenzione contestualmente alla richiesta di riconoscimento della sentenza o del provvedimento di confisca dei medesimi beni. Si è preferito escludere la possibilità di una richiesta di devoluzione successiva al riconoscimento della sentenza o del provvedimento straniero di confisca, in considerazione della difficoltà di pervenire all'elaborazione di una soddisfacente disciplina dei beni già acquisiti al patrimonio dello Stato, per effetto della confisca, nelle more della presentazione della richiesta di devoluzione.

A mente dell'articolo 740-bis, comma 1, del codice di procedura penale, la devoluzione potrà essere ordinata solo nei casi previsti dagli accordi internazionali in vigore per lo Stato. In questo modo, si è inteso rinviare alla deliberazione dei presupposti stabiliti dagli accordi in subiecta materia, presupposti che, per quanto riguarda la Convenzione, sono stabiliti dall'articolo 57. Si è scelto di non dettare alcuna disposizione codicistica integrativa o suppletiva, lasciando la disciplina ai singoli accordi internazionali che prevederanno la devoluzione, secondo il principio generale stabilito dall'articolo 696, comma 1, del codice di procedura penale.

A questo proposito pare opportuno evidenziare che i presupposti per il riconoscimento della sentenza o del provvedimento estero di confisca, stabiliti in via generale dagli articoli 731, 733 e 734 del codice di procedura penale, non coincidono con i presupposti per la devoluzione. La competente corte di appello dovrà, pertanto, procedere in primo luogo a deliberare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento e solo in caso di accertamento positivo potrà verificare la sussistenza dei presupposti per la devoluzione.

Le concrete modalità esecutive della devoluzione, una volta ordinata dall'autorità giudiziaria, saranno rimesse ad accordi diretti tra il Ministro della giustizia e le competenti autorità dello Stato richiedente, per ragioni di celerità ed efficienza.

Con il disposto dell'articolo 6 si intende, inoltre, dare esecuzione alla previsione di cui all'omologo articolo 6 della Convenzione, laddove si prevede per gli Stati Parte l'obbligo di assicurare l'individuazione di uno o più organismi con specifiche funzioni e compiti nel campo della prevenzione della corruzione. Si è pertanto provveduto a designare quale autorità nazionale, ai sensi del citato articolo della Convenzione, l'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione, istituito dall'articolo 1 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, e le cui funzioni, già conformi alle previsioni della Convenzione, sono state definite con successivo regolamento (decreto del Presidente della Repubblica n. 258 del 2004), garantendo all'organismo la necessaria «autonomia» ed «efficacia», nonché un'adeguata dotazione organizzativa. All'Alto Commissario, infatti, sono affidati incisivi poteri e ampie prerogative per la prevenzione della corruzione, sia attraverso lo svolgimento di indagini, anche di natura conoscitiva, tese ad accertare l'esistenza, le cause e le concause di fenomeni di corruzione e di illecito o di pericoli di condizionamento da parte di organizzazioni criminali all'interno della pubblica amministrazione, sia attraverso l'elaborazione di analisi e studi sull'adeguatezza e sulla congruità del quadro normativo, nonché delle eventuali misure poste in essere dalle amministrazioni per prevenire e per fronteggiare l'evolversi dei fenomeni oggetto di esame; inoltre, l'Alto Commissario ha competenza in ordine al monitoraggio delle procedure contrattuali e di spesa. Per questi motivi, per la ratifica ed esecuzione del titolo II della Convenzione, relativo alle misure di prevenzione, è sufficiente l'indicata designazione, senza necessità di conferire all'organismo ulteriori funzioni o compiti rispetto a quelli allo stato già riconosciuti. Peraltro, l'individuazione dell'organismo di cui all'articolo 6 della Convenzione, che espressamente attribuisce all'Alto Commissario la competenza generale ad attuare le politiche di prevenzione indicate a livello generale nel precedente articolo 5, esime dalla necessità di esplicitare ulteriormente i temi che rientrano nel focus dell'azione, che sono evidentemente tutti, ma non solo quelli, previsti nel capitolo in commento.

L'articolo 7 prevede disposizioni per l'attuazione dell'articolo 46 della Convenzione; segnatamente ai sensi del paragrafo 13 del citato articolo viene individuato (comma 1) il Ministro della giustizia quale autorità centrale «con il compito e la facoltà di ricevere le richieste di assistenza giudiziaria ed eseguirle o trasmetterle alle autorità competenti per l'esecuzione», quindi, in sostanza quale punto di riferimento per le attività di assistenza giudiziaria transnazionale.

Al comma 2 dell'articolo 7 viene specificato che, nel rispetto di quanto consentito dal paragrafo 14 dell'articolo 46 della Convenzione, le richieste di assistenza giudiziaria debbono pervenire già tradotte in lingua italiana, per evidenti ragioni di economicità e di rapidità nell'esperimento della relativa pratica; il comma 3 prevede, invece, l'attribuzione al Ministro della giustizia della facoltà di scelta consentita dal paragrafo 7 dell'articolo 46 e dall'articolo 57; il citato articolo 46 prevede che, nei casi in cui non siano stati stipulati accordi tra gli Stati Parte per la reciproca assistenza giudiziaria, si applichino le norme previste dalla Convenzione medesima, segnatamente dai paragrafi 9-29 del medesimo articolo 46. Dette norme, però, potranno essere applicate dagli Stati Parte anche qualora gli accordi internazionali sussistano ma non siano più attuali ovvero prevedano procedure meno rapide o efficaci di quelle indicate nel medesimo articolo 46; in tale caso, a norma del comma 3 dell'articolo 7 del disegno di legge, la scelta in ordine all'applicazione dell'una o dell'altra procedura spetterà al Ministro della giustizia.

Gli articoli 8 e 9 dettano, infine, disposizioni in relazione alla copertura finanziaria del presente disegno di legge e alla sua entrata in vigore.

Le residue norme della Convenzione risultano tutte «self-executing» ovvero sono già attuate nel nostro ordinamento e non necessitano, pertanto, di specifiche disposizioni di attuazione per dispiegare appieno la loro efficacia; in particolare l'articolo 52 della Convenzione richiede l'adozione di un sistema di prevenzione dell'uso del sistema finanziario per scopi di riciclaggio di proventi da attività criminose, già previsto in Italia dalla normativa base costituita dal decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, che ha recepito nel nostro Paese il sistema antiriciclaggio delineato dalla direttiva 91/308/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1991 (cosiddetta «prima direttiva»). La stessa mirava a tutelare la credibilità e il corretto funzionamento dei sistemi finanziari dei Paesi membri, anche nel rispetto degli standard previsti dalle raccomandazioni del Gruppo d'azione finanziaria internazionale.

Su questo concetto si basa la fissazione degli obblighi di collaborazione attiva che il citato decreto-legge n. 143 del 1991 (articolo 2, che sostituisce l'articolo 13 del decreto-legge n. 625 del 1979, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 15 del 1980, e articolo 3) ha posto a carico degli enti creditizi e finanziari, obbligandoli all'identificazione della clientela che effettua operazioni per importi superiori a 12.500 euro e di tutti i titolari di conti, depositi e altri rapporti continuativi, per qualsiasi importo, nonché alla registrazione e alla conservazione dei dati e delle informazioni relativi ai clienti e alle operazioni eccedenti la suddetta soglia. La registrazione va effettuata in un apposito archivio unico, con l'obbligo di conservare le informazioni ivi contenute per dieci anni e di segnalare di propria iniziativa alle autorità competenti ogni operazione sospetta che possa costituire indizio di un trasferimento, occultamento, conversione, dissimulazione o utilizzazione di proventi di attività criminose. Il sistema approntato prevede conseguentemente: disposizioni sanzionatorie, sia penali che amministrative, controlli nei confronti dei soggetti destinatari degli obblighi di collaborazione, ai sensi dell'articolo 5, comma 10, del citato decreto-legge n. 143 del 1991, nel cui ambito al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza sono stati affidati compiti di vigilanza nei confronti di tutti gli operatori «non abilitati», e, infine, l'approfondimento delle segnalazioni di operazioni sospette attraverso il coinvolgimento dell'Ufficio italiano dei cambi, per l'analisi finanziaria, del citato Nucleo speciale di polizia valutaria e della Direzione investigativa antimafia, per i profili criminali delle comunicazioni.

Al fine di garantire un più elevato livello di tutela del sistema finanziario, sia la citata prima direttiva che la seconda direttiva comunitaria, la direttiva 2001/97/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2001, hanno previsto la possibilità di ampliare la sfera di collaborazione dalle banche e dagli intermediari finanziari a una serie di professionisti e di categorie di imprese. In questa direzione, il legislatore nazionale ha dapprima esteso gli obblighi antiriciclaggio, con il decreto legislativo 25 settembre 1999, n. 374, a tredici tipologie di operatori non finanziari, poi ha riunito in un'unica cornice normativa, con l'approvazione del decreto legislativo 20 febbraio 2004, n. 56, tutti i destinatari attuali degli adempimenti di prevenzione, inserendovi anche i professionisti giuridico-contabili (notai, avvocati, consulenti del lavoro, ragionieri e commercialisti). Si tratta degli operatori che esercitano le seguenti attività ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del citato decreto legislativo n. 374 del 1999: recupero di crediti per conto terzi, custodia e trasporto di denaro contante, titoli e valori a mezzo di guardie particolari giurate, trasporto di denaro contante, titoli e valori senza guardie particolari giurate, agenzie di affari in mediazione immobiliare, commercio d'oro per finalità industriali, case da giuoco, mediazione creditizia, agenzie in attività finanziarie, esercizio di case d'asta o di gallerie d'arte, fabbricazione, mediazione e commercio di oggetti preziosi, fabbricazione di oggetti preziosi da parte di società artigiane, attività di promotore finanziario. Su questo impianto normativo è intervenuto il legislatore comunitario con la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005 (cosiddetta «terza direttiva»), che sostanzialmente ha impegnato gli Stati membri a rivedere l'impianto antiriciclaggio, per rafforzarlo con ulteriori vincoli e obblighi di collaborazione, nonché ad estendere anche al finanziamento del terrorismo le medesime cautele già adottate per prevenire il riciclaggio di denaro costituente provento di delitto.

La direttiva comunitaria, coma già accennato, è in fase di recepimento sulla base dei criteri di delega contenuti nell'articolo 22 della legge n. 29 del 2006 (legge comunitaria 2005).

Con riferimento a quanto previsto dall'articolo 58 della Convenzione, si rappresenta che l'articolo 151 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001) ha previsto la costituzione dell'unità di informazione finanziaria, individuandola nell'Ufficio italiano dei cambi, per ottemperare al disposto dell'articolo 2, comma 3, della decisione 2000/642/GAI del Consiglio, del 17 ottobre 2000, concernente le modalità di cooperazione tra le unità di informazione finanziaria degli Stati membri per lo scambio di informazioni. In relazione, infine, alla problematica dello scambio di informazioni tra autorità degli Stati membri, si richiama l'attenzione sul regolamento (CE) n. 1889/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, in materia di controlli sul denaro contante in entrata nella Comunità o in uscita dalla stessa, laddove, all'articolo 6, si prevede che «qualora indizi indichino che le somme di denaro contante sono connesse ad attività illecite, associate al movimento di denaro contante di cui alla prima direttiva 91/308/CEE [in materia di antiriciclaggio], le informazioni ottenute attraverso la dichiarazione di cui all'articolo 3 o i controlli di cui all'articolo 4 possono essere trasmesse alle autorità competenti di altri Stati membri». Il citato provvedimento comunitario entrerà in vigore il 15 giugno 2007.



 

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ANALISI TECNICO-NORMATIVA

1. Aspetti tecnico-normativi.

A) Necessità dell'intervento normativo.

Il presente intervento normativo è volto a ratificare e rendere esecutiva in Italia la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale con la risoluzione n. 58/4 del 31 ottobre 2003 e aperta alla firma a Merida dal 9 all'11 dicembre 2003, attività alla quale l'Italia è stata più volte sollecitata in numerose risoluzioni dell'Assemblea generale e in dichiarazioni politiche di alto livello.

B)Analisi del quadro normativo e incidenza delle norme proposte sulle leggi e sui regolamenti vigenti.

Il presente disegno di legge interviene su alcuni specifici punti del codice penale, del codice di procedura penale e della legislazione complementare (definizione dei reati di peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e loro funzionari, devoluzione ad uno Stato estero delle cose confiscate, rilevanza dei reati di cui all'articolo 377-bis del codice penale), ai fini della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, per realizzare il necessario coordinamento tra la legislazione interna e i precetti della predetta Convenzione.

C)Analisi della compatibilità dell'intervento con l'ordinamento comunitario.

Il disegno di legge non presenta alcun possibile profilo di incompatibilità con l'ordinamento comunitario o internazionale, ma ne costituisce, come detto, specifica attuazione.

D)Analisi della compatibilità con le competenze delle regioni ordinarie e a statuto speciale.

Il disegno di legge non presenta aspetti di interferenza o di incompatibilità con le competenze costituzionali delle regioni, incidendo su materia, quella penale, riservata alla potestà legislativa dello Stato.

E)Verifica della coerenza con le fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali.

Il disegno di legge, come già evidenziato, non coinvolge le funzioni delle regioni e degli enti locali.

F)Verifica dell'assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione.

Il disegno di legge ha ad oggetto materie assistite da riserva di legge, non suscettibili di delegificazione.

2. Elementi di drafting e linguaggio normativo.

A)Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso.

In assoluta coerenza con le definizioni e con gli istituti in uso, è stata introdotta la definizione di «autorità centrale» per le richieste di assistenza giudiziaria nell'ambito dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), individuata nel Ministro della giustizia; la necessità di tale introduzione è dettata dalle precise indicazioni in merito contenute nell'articolo 46 della Convenzione.

B)Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni e integrazioni subìte dai medesimi.

I riferimenti normativi che figurano nel disegno di legge sono corretti.

C)Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni e integrazioni a disposizioni vigenti.

Si è fatto ricorso alla tecnica della novella legislativa, in quanto sono state apportate modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla normativa complementare (decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231).

D)Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell'atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo.

L'intervento normativo non comporta effetti abrogativi espliciti o impliciti.

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ANALISI DELL'IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (AIR)

A)Ambito dell'intervento, con particolare riguardo all'individuazione delle amministrazioni, dei soggetti destinatari e dei soggetti coinvolti.

L'intervento coinvolge gli uffici giudiziari e, segnatamente, le corti di appello, competenti per la devoluzione agli Stati esteri delle cose confiscate, e il Ministro della giustizia, in qualità di autorità centrale per le richieste di assistenza giudiziaria in ambito ONU.

B)Esigenze sociali, economiche e giuridiche prospettate dalle amministrazioni e dai destinatari ai fini di un intervento normativo.

Si rinvia a quanto già evidenziato nella relazione illustrativa e nell'analisi tecnico-normativa.

C)Obiettivi generali e specifici, immediati e di medio/lungo periodo.

Obiettivo dell'intervento normativo è di adeguare la legislazione interna ai dettami dell'ordinamento internazionale, nell'ottica del mantenimento delle garanzie per l'imputato richieste dal nostro ordinamento costituzionale.

D)Presupposti attinenti alla sfera organizzativa, finanziaria, economica e sociale.

L'impatto maggiore dell'intervento normativo riguarda prevalentemente le corti di appello, competenti per la devoluzione agli Stati esteri delle cose confiscate, e il Ministro della giustizia, in qualità di autorità centrale per le richieste di assistenza giudiziaria in ambito ONU; non sono, comunque, previsti per gli uffici interessati ulteriori impegni superiori a quelli già realizzabili con i mezzi e con gli organici normalmente a loro disposizione.

E) Aree di criticità.

Non sussistono aree di criticità.

F)Opzioni alternative alla regolazione e opzioni regolatorie, valutazione delle opzioni regolatorie possibili.

Le attività di redazione del disegno di legge sono state improntate alla realizzazione di una proposta che fosse quanto più semplice possibile, limitandosi all'attuazione del solo contenuto obbligatorio della Convenzione e tralasciando le previsioni ad esecuzione facoltativa; la presa d'atto che la parte più significativa del contenuto facoltativo in questione era già stata recepita o era in corso di recepimento mediante altri strumenti normativi (si veda in merito quanto specificato nella relazione illustrativa), nonché la necessità di procedere a una ratifica quanto più rapida possibile del predetto strumento internazionale hanno costituito, infatti, le linee guida nella redazione del presente disegno di legge.

G) Strumento tecnico-normativo eventualmente più appropriato.

Il disegno di legge è l'unico strumento tecnico-normativo possibile, tenuto conto della materia sulla quale verte l'intervento.

 


 

 


 disegno di legge

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Art. 1.

(Autorizzazione alla ratifica).

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale con la risoluzione n. 58/4 del 31 ottobre 2003 e aperta alla firma a Merida dal 9 all'11 dicembre 2003.

 

Art. 2.

(Ordine di esecuzione).

1. Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione di cui all'articolo 1, di seguito denominata «Convenzione», a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 68 della medesima Convenzione.

 

Art. 3.

(Modifiche al codice penale).

1. All'articolo 322-bis, secondo comma, numero 2), del codice penale sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero al fine di ottenere o di mantenere un'attività economica o finanziaria».

 

Art. 4.

(Introduzione dell'articolo 25-septies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231).

1. Dopo l'articolo 25-sexies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è inserito il seguente:

«Art. 25-septies. - (Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria). - 1. In relazione alla commissione del delitto di cui all'articolo 377-bis del codice penale si applica all'ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote».

 

Art. 5.

(Introduzione degli articoli 740-bis e 740-ter del codice di procedura penale).

1. Dopo l'articolo 740 del codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:

«Art. 740-bis. - (Devoluzione ad uno Stato estero delle cose confiscate). - 1. Nei casi previsti dagli accordi internazionali in vigore per lo Stato, le cose confiscate con sentenza definitiva o con altro provvedimento irrevocabile sono devolute allo Stato estero nel quale è stata pronunciata la sentenza ovvero è stato adottato il provvedimento di confisca.

2. La devoluzione di cui al comma 1 è ordinata quando ricorrono i seguenti presupposti:

a) lo Stato estero ne ha fatto espressa richiesta;

b) la sentenza ovvero il provvedimento di cui al comma 1 sono stati riconosciuti nello Stato ai sensi degli articoli 731, 733 e 734.

Art. 740-ter. - (Ordine di devoluzione). - 1. La corte di appello, nel deliberare il riconoscimento della sentenza straniera o del provvedimento di confisca, ordina la devoluzione delle cose confiscate ai sensi dell'articolo 740-bis.

2. Copia del provvedimento è immediatamente trasmessa al Ministro della giustizia, che concorda le modalità della devoluzione con lo Stato richiedente».

 

Art. 6.

(Autorità nazionale anti-corruzione).

1. L'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, istituito dall'articolo 1 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, è designato quale autorità nazionale ai sensi dell'articolo 6 della Convenzione.

 

Art. 7.

(Autorità centrale).

1. In relazione alle disposizioni previste dall'articolo 46, paragrafo 13, della Convenzione l'Italia designa come autorità centrale il Ministro della giustizia.

2. Le richieste di assistenza giudiziaria devono pervenire tradotte in lingua italiana.

3. Il Ministro della giustizia provvede, altresì, nei casi previsti dagli articoli 46, paragrafo 7, e 57 della Convenzione.

 

Art. 8.

(Norma di copertura).

1. Per l'attuazione della presente legge, è autorizzata la spesa annua di euro 33.150 a decorrere dall'anno 2007. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Art. 9.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 




[1]     Legge 29 settembre 2000, n. 300 “Ratifica ed esecuzione dei seguenti Atti internazionali elaborati in base all'articolo K.3 del Trattato sull'Unione europea: Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, fatta a Bruxelles il 26 luglio 1995, del suo primo Protocollo fatto a Dublino il 27 settembre 1996, del Protocollo concernente l'interpretazione in via pregiudiziale, da parte della Corte di Giustizia delle Comunità europee, di detta Convenzione, con annessa dichiarazione, fatto a Bruxelles il 29 novembre 1996, nonché della Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell'Unione europea, fatta a Bruxelles il 26 maggio 1997 e della Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, con annesso, fatta a Parigi il 17 dicembre 1997. Delega al Governo per la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e degli enti privi di personalità giuridica”

[2]    L'art. 640 bis (introdotto dalla legge n. 55 del 1990) prevede e punisce una speciale ipotesi di truffa, finalizzata al conseguimento di erogazioni pubbliche da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee; l'art. 316 bis prevede e punisce la malversazione a danno dello Stato o di altri enti pubblici, nonché (dopo la novella della legge 181 del 1992) in danno della Comunità europea.

[3]    In tema cfr. Forlenza, Confisca obbligatoria in caso di condanna definitiva, in Guida al diritto, 2000, n. 42, p. 50.

[4]     Sono funzionari pubblici “extranazionali”:

-        i membri della Commissione, del parlamento, della Corte di Giustizia e della Corte dei conti delle Comunità europee;

-        i funzionari (di carriera) e gli agenti assunti per contratto;

-        i soggetti comandati dagli Stati membri e da qualunque ente pubblico o privato presso le Comunità europee, a condizione che “esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti delle Comunità europee”;

-        i membri e gli addetti di enti istituiti sulla base dei trattati di istituzione delle Comunità europee;

-        i soggetti che, nell’ambito di altri Stati membri dell’unione europea, “svolgono funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio”.

[5]     Cfr., ancora, Forlenza, Confisca obbligatoria in caso di condanna definitiva, cit., p. 51.

[6]    Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300.

[7]    In questo senso cfr. Forlenza, Punita l'induzione a rendere dichiarazioni mendaci, in “Guida al diritto”, 2001, n. 13, p. 66.

[8]    Cfr. Conso-Grevi, Compendio di procedura penale, Padova, 2003, p. 1001 e ss.

[9]     L. 16 gennaio 2003, n. 3, Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione. In attuazione della legge è stato adottato il D.P.R. 6 ottobre 2004, n. 258, Regolamento concernente le funzioni dell'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione.