Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Procedimento per la ratifica dei trattati internazionali A.C. 965
Riferimenti:
AC n. 965/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 288
Data: 13/11/2007
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Procedimento per la ratifica dei
trattati internazionali

A.C. 965

 

 

 

 

 

n. 288

 

 

13 novembre 2007

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento affari esteri

 

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File: es0193.doc

 

 


INDICE

 

Scheda di sintesi

Dati identificativi3

Contenuto del provvedimento  4

Elementi per l'istruttoria legislativa  5

§      1. Necessità dell’intervento con legge  5

§      2. Rispetto delle competenze delle regioni, delle autonomie locali e di altre fonti5

§      3. Adempimenti normativi6

§      4. Incidenza sull’ordinamento giuridico  6

Schede di lettura

La proposta di legge A.C. 965  11

Principali aspetti della formazione e della vita dei trattati internazionali14

Proposta di legge

§      A.C. 965 (on. U. Ranieri), Disposizioni concernenti il procedimento per la ratifica dei trattati internazionali25

§      L. 17 agosto 1957, n. 848 Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945.39

§      L. 12 febbraio 1974, n. 112 Ratifica ed esecuzione della convenzione sul diritto dei trattati, con annesso, adottata a Vienna il 23 maggio 1969 (art. 102)43

§      D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092 Approvazione del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sulla emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana (artt. 13 e 15)111

 

 

 


Scheda di sintesi

per l’istruttoria legislativa

 


 

Dati identificativi

Numero del progetto di legge

965

Titolo

Disposizioni concernenti il procedimento per la ratifica dei trattati internazionali

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Parlamento; Trattati e accordi internazionali

Iter al Senato

No

Numero di articoli

5

Date

 

§    presentazione  alla Camera

1 giugno 2006

§    annuncio

6 giugno 2006

§    assegnazione

5 novembre 2007

Commissione competente

III Affari esteri e comunitari

Sede

Referente

Pareri previsti

I, V, Questioni Regionali

 


Contenuto del provvedimento

La proposta di legge ha la  finalità di introdurre gli istituti normativi necessari per raccogliere i procedimenti parlamentari di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali all’interno di una apposita sessione parlamentare.

Quelli che oggi vengono presentati al Parlamento come distinti disegni legge verrebbero pertanto riuniti in un unico disegno di legge di autorizzazione alla ratifica di più trattati sul modello già adottato per l’uniformazione del diritto interno al diritto comunitario.

La sessione parlamentare (la cui disciplina legislativa andrebbe comunque integrata da disposizioni dei regolamenti delle due Camere) si articolerebbe in una prima fase – di presentazione da parte del Governo ed esame da parte del Parlamento di una relazione  annuale sullo stato dei trattati (art. 2) e in due fasi  semestrali legislative, dedicate all’esame parlamentare e all’approvazione dei due disegni di legge semestrali di ratifica, presentati dal Governo ogni anno entro il 30 aprile ed entro il 30 ottobre (artt. 3 e 4).

L’art. 5 disciplina comunque una procedura speciale per l’autorizzazione alla ratifica di singoli trattati – fuori dal disegno di legge semestrale – in particolari casi di urgenza.

Le motivazioni della proposta – secondo quanto riportato nella relazione illustrativa – risiedono in primo luogo nella volontà di razionalizzare e garantire tempi certi al procedimento legislativo di ratifica (di cui all’art. 80 della Costituzione). Ma l’intento del proponente è anche quello di valorizzare l’esame parlamentare,  dotando il Parlamento di uno strumento idoneo a quella verifica di coerenza fra formazione degli obblighi internazionali e indirizzi di politica estera che rappresenta la ratio della stessa norma costituzionale.

In tale cornice il Parlamento potrebbe contribuire a soddisfare una esigenza di maggiore coerenza fra i vari episodi della negoziazione diplomatica e fra questi e l’indirizzo politico, superando limiti di episodicità e improvvisazione che ancora vengono registrati nella presenza internazionale dell’Italia.

Si ricorda che l’obiettivo della unificazione dei procedimenti di ratifica era anche compreso in una proposta di legge dalle finalità più ampie (essa mirava a disciplinare e riformare l’intero arco dei rapporti fra Parlamento e Governo nella procedura della ratifica e della stessa negoziazione dei trattati), presentata nella scorsa legislatura (AC 3886 Calzolaio e altri), di cui la III Commissione iniziò l’esame in sede referente. L’esame – durante il quale furono sollevate numerosi dubbi sulla compatibilità di alcune disposizioni con il quadro costituzionale delle competenze del Governo e con la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969 - si concluse con il mandato al relatore a riferire in senso contrario in Assemblea.

 

Elementi per l'istruttoria legislativa

1. Necessità dell’intervento con legge

Si osserva che la finalità principale della norma (unificazione dei procedimenti di ratifica) sembrerebbe raggiungibile anche operando nella sfera di autonomia delle Camere, e quindi attraverso una riforma, sia pure parallela, dei due regolamenti parlamentari.

Tuttavia lo strumento legislativo appare più opportuno per una serie di considerazioni. In primo luogo esso – attraverso la normale procedura di navette – consente ai due rami di concorrere  alla formazione di una unica cornice di riferimento entro la quale le stesse Giunte per il regolamento delle due Camere potranno – ciascuna nella propria autonomia – introdurre le disposizioni di disciplina della sessione parlamentare. In secondo luogo esso solo può vincolare il Governo alla presentazione di una relazione annuale (il cui contenuto è peraltro dettagliatamente indicato dall’art. 2 della pdl). In terzo luogo, lo stesso disegno di legge ha un contenuto in parte vincolato, secondo le previsioni dell’art. 4 (es. l’accorpamento dei trattati “per materie omogenee”).

Per tali motivi, l’utilizzazione dello strumento normativo di rango primario appare opportuno.

 

2. Rispetto delle competenze delle regioni, delle autonomie locali e di altre fonti

Non si riscontrano profili problematici in merito alla competenza legislativa delle regioni in quanto l’ambito del provvedimento appare interamente compreso nella competenza riservata alla legislatore statale ai sensi dell’art. 117, comma secondo, lettera a) della Costituzione. Si segnala inoltre che il comma 4 dell’art. 2 reca specifiche disposizioni per l’espressione del parere da parte della Conferenza unificata nei casi in cui gli obblighi internazionali abbiano ricadute in ambiti normativi assegnati dalla Costituzione alla competenza concorrente di Stato e regioni.

Il provvedimento appare coerente anche con l’art. 80 della Costituzione, al cui dettato fa anche esplicito riferimento – nel definire la portata normativa dell’intera pdl – l’art. 1.

 

3. Adempimenti normativi

La pdl non fa rinvio a successivi atti subprimari per l’integrazione delle disposizioni legislative in essa contenute.

Si segnala che il comma 4 dell’art. 4 dispone che l’adeguamento dell’ordinamento interno agli obblighi derivanti dai trattati possa essere realizzato o attraverso apposite norme di diretta applicazione contenute nel ddl semestrale di ratifica, o mediante delega legislativa. Esso specifica, inoltre, che in questo caso il parere delle competenti Commissioni parlamentari è sempre obbligatorio. Si ricorda che tale obbligo non è infatti esplicitato né nell’art. 76 della Costituzione, né nell’art. 14 della legge n. 400 del 1988 e può quindi essere disposto solo caso per caso dalla legge di delega.

 

4. Incidenza sull’ordinamento giuridico

Per quanto concerne gli obblighi di relazione annuale al Parlamento in merito alla situazione generale dei Trattati internazionali cui l’Italia a vario titolo partecipa, va ricordato che il Ministero degli Affari esteri, ai sensi dell'art. 4 della legge 11 dicembre 1984, n. 839, Norme sulla Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana e sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, trasmette al Poligrafico dello Stato per la pubblicazione in apposito supplemento trimestrale alla Gazzetta Ufficiale - i testi di tutti gli Atti internazionali con i quali la Repubblica si obbliga (comunque denominati) entro il termine di un mese dall’entrata in vigore di ciascun accordo.

La stessa disposizione prevede inoltre la comunicazione alle Presidenze delle due Camere degli stessi atti. Tuttavia si rileva che – nella prassi attuativa – la trasmissione al Parlamento ha ad oggetto una categoria assai più ampia di atti, comprendente tutti quelli firmati dall’Italia, ma non ancora entrati in vigore, in quanto non ratificati (nonché la ristretta casistica di accordi per i quali la semplice firma è condizione sufficiente dell’entrata in vigore). Le ragioni di questa prassi sono ovvie in quanto il Parlamento – in tal modo – è messo a conoscenza della attività di stipula del Governo tempestivamente e comunque in anticipo rispetto alla presentazione dei ddl di autorizzazione alla ratifica.

Va dunque tenuto presente, in vista di possibili iniziative di raccordo o di semplificazione della normativa, che esiste già allo stato una informazione periodica delle Camere (sia pure non nella forma organica di una relazione) da parte del Ministero degli Affari esteri, sull’attività di stipula di accordi internazionali, inclusi quelli non soggetti al passaggio parlamentare dell’autorizzazione alla ratifica. La periodicità, giusta l’analogia con quella prevista per la trasmissione al Poligrafico, è stata per molti anni mensile, mentre negli ultimi 5/6 anni si è diradata, con la comunicazione simultanea degli estremi e dei testi di un numero assai elevato di Trattati.

Appare pertanto opportuno verificare se le norme della pdl in esame concernenti la relazione annuale al Parlamento non risultino assorbenti (per lo meno) di una parte delle disposizioni citate già comprese nella legge n. 839 del 1984 e se non sia quindi necessario introdurre disposizioni esplicite di raccordo .


Schede di lettura


 

La proposta di legge A.C. 965

 

La proposta di legge ha la finalità di introdurre alcuni istituti normativi per la disciplina  del procedimento mirato all’autorizzazione parlamentare alla ratifica dei trattati internazionali, dettando altresì norme concernenti il rapporto tra Parlamento e Governo nell’attuazione di tale procedimento.

 

In particolare, l’articolo 1, unico comma, precisa che il provvedimento è diretto a disciplinare il procedimento di approvazione di una legge semestrale, che viene ad essere lo strumento mediante il quale autorizzare la ratifica dei trattati internazionali di cui all’art. 80 Cost. (per il quale v. infra a pag. 11), nonché adeguare l’ordinamento nazionale agli obblighi derivanti dai trattati medesimi.

 

L'articolo 2 prevede la presentazione al Parlamento, da parte del Governo e con cadenza annuale, di una relazione sullo stato dei trattati.

In particolare, il comma 1 precisa che la relazione è presentata, entro il 31 marzo di ogni anno, dal Ministro degli affari esteri; il documento ha lo scopo di consentire l'esame complessivo degli obblighi internazionali vigenti per l'Italia e il controllo da parte del Parlamento delle procedure volte alla formazione di tali obblighi.

Detta relazione reca, con riferimento all'anno precedente:

a) l'elenco dei trattati sottoscritti e per i quali non sia stata ancora autorizzata la ratifica del Parlamento;

b) l'elenco dei trattati sottoscritti non rientranti tra i casi di cui all'articolo 80 della Costituzione;

c) l'elenco dei trattati sottoscritti e non ancora ratificati, per i quali sia già stata autorizzata la ratifica da parte del Parlamento, con l'indicazione dei motivi del mancato deposito o scambio dello strumento di ratifica.

Il comma 2 specifica inoltre che nella relazione annuale il Governo riferisce:

a) sullo stato di eventuali negoziazioni in corso, volte alla stipulazione di nuovi trattati internazionali, anche alla luce degli orientamenti generali che il Governo intende assumere per l'anno successivo;

b) sullo stato di conformità dell'ordinamento interno agli obblighi internazionali vigenti per l'Italia, dando conto in particolare degli effetti prodotti a livello ordinamentale dai trattati già sottoscritti e ratificati, dei quali è richiesto un puntuale elenco.

I commi 3 e 4 disciplinano il seguito procedimentale del documento. Il comma 3, infatti, prevede che le Camere procedano all'esame della suddetta relazione e formulino osservazioni ed adottino ogni opportuno atto di indirizzo al Governo ed il comma 4 dispone che i trattati recanti obblighi internazionali in materie di legislazione concorrente Stato-regioni, la Relazione sia trasmessa anche, ai fini dell’acquisizione di un parere, alla Conferenza unificata[1] di cui agli artt. 8 e 9 del Decreto Legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali).

Il comma 5 reca una disposizione relativa alla fase di prima applicazione della legge, fase che, alla stregua della lettera del comma medesimo, è limitata al primo anno. E’ infatti previsto che entro il 31 marzo del primo anno successivo alla data della sua entrata in vigore, il Governo presenti una relazione sullo stato di conformità dell'ordinamento interno agli obblighi internazionali vigenti. Tale relazione dovrà dar conto in particolare dei trattati attualmente in fase di negoziazione, di quelli già firmati per i quali (il Governo) intende richiedere l'autorizzazione alla ratifica, di quelli autorizzati e non ancora ratificati, nonché di quelli ratificati.

 

L'articolo 3, unico comma, assegna al Governo l’obbligo di presentare semestralmente al Parlamento un disegno di legge recante "Autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi internazionali".

Tale disegno di legge è redatto tenendo conto delle osservazioni e dei pareri espressi dalle Camere e dalla Conferenza unificata di cui in precedenza. Il disegno di legge deve essere presentato entro il 30 aprile ed il 30 ottobre di ogni anno, con l'indicazione, oltre al titolo sopraspecificato, di "Legge semestrale sui trattati" seguita dall'anno e dal semestre di riferimento.

 

L'articolo 4 definisce i contenuti della legge semestrale sui trattati.

Il comma 1 precisa che la legge semestrale sui trattati è suddivisa in due capi; il primo recante "Autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e relativi ordini di esecuzione"; il secondo recante "Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi internazionali".

Il comma 2 specifica i contenuti del capo I della legge semestrale: esso contiene l'indicazione dei trattati per i quali si richiede l'autorizzazione alla ratifica, suddivisi per materie omogenee.

I commi 3 e 4 sono dedicati alle norme necessarie ai fini dell’adeguamento del diritto interno agli obblighi derivanti dai trattati. In particolare, il comma 3 disciplina il caso in cui le norme sono inserite nello stesso disegno di legge e trovano quindi diretta applicazione contestualmente all’entrata in vigore della legge semestrale di ratifica. In questo caso, si dispone che le norme siano opportunamente distinte per trattato, in modo da rendere più ordinato e più facilmente interpretabile il testo normativo.

Il comma 4 introduce, invece, una generale possibilità di ricorrere alla delega legislativa. Si specifica tuttavia che – in questo caso – le norme attuative della delega dovranno comunque essere esaminate in sede consultiva dalle competenti Commissioni parlamentari. Si ricorda – infatti - che tale obbligo non è esplicitato né nell’art. 76 della Costituzione, né nell’art. 14 della legge n. 400 del 1988 e può quindi essere disposto solo caso per caso dalla legge di delega.

 

L’articolo 5, unico comma, infine, consente al Governo, per ragioni di urgenza, di presentare alle Camere il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica di uno o più trattati internazionali.

 


 

Principali aspetti della formazione e della vita dei trattati internazionali

Premessa

Poste le peculiari specificità dell’ordinamento giuridico internazionalistico[2], la classificazione delle relative fonti è controversa in dottrina.

Tradizionalmente si è soliti distinguere tra norme consuetudinarie (di carattere generale, indistintamente applicabili a tutti i soggetti dell’ordinamento internazionale) e pattizie (di carattere particolare, si applicano ai soggetti che hanno concorso alla loro formazione; sono norme che, tuttavia, ripetono la loro efficacia e validità di fondo dalla regola consuetudinaria pacta sunt servanda). Accanto a questa fondamentale partizione, devono poi ricordarsi gli atti vincolanti delle Organizzazioni internazionali (vincolanti per i membri delle stesse).

Il Trattato è dunque la principale fonte di diritto internazionale particolare, frutto dell’incontro della volontà di soggetti di diritto internazionale

Le sue caratteristiche principali sono dunque la natura volontaria e la vincolatività limitata alle parti stipulanti.

Il relativo procedimento di formazione si snoda (generalmente) attraverso le fasi della negoziazione, della firma, della ratifica, dello scambio delle ratifiche e della registrazione (cosiddetto procedimento solenne).

Altra cosa è invece la procedura "semplificata", relativa ai Trattati che non richiedono la ratifica per l'entrata in vigore: queste categorie di Accordi internazionali impegnano dunque lo Stato già al momento della firma. La citata Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei Trattati recepisce (art. 12) anche a livello pattizio la consolidata prassi della stipula di accordi internazionali in forma semplificata, prevedendo i casi in cui la semplice firma o la parafatura (apposizione delle iniziali) è suscettibile di impegnare lo Stato rappresentato.

 

Pare opportuno, senza peraltro alcuna pretesa di esaustività, delineare di seguito un breve quadro di sintesi delle attività svolte in ciascuna delle accennate fasi e delle principali problematiche afferenti ciascuna di esse, unitamente ad alcuni cenni sulle vicende successive, non senza aver prima rammentato che la principale fonte in materia (sempre oltre al diritto consuetudinario generale) è rappresentata dalla Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati (adottata il 23 maggio 1969, la Convenzione è entrata in vigore il 27 gennaio 1980 ed è stata ratificata dall'Italia con legge 12 febbraio 1974, n. 112). Peraltro, essendo anch’essa un Trattato, la Convenzione vincola i soli soggetti che ne sono parte.

 

 

Le fasi del procedimento solenne

La negoziazione si compendia sostanzialmente nelle trattative svolte (dai cosiddetti plenipotenziari, ossia dai rappresentanti accreditati[3]); per giungere alla conclusione dell’accordo e, quindi, alla redazione del testo.

I rappresentati dei soggetti di diritto internazionale coinvolti, oltre alla redazione definitiva del testo procedono all'autenticazione dello stesso attraverso la firma o la parafatura (si tratta dell’apposizione delle iniziali), o anche all'espressione del consenso dei rispettivi Stati a ritenersi vincolati dal regolamento normativo approvato.

Il concreto svolgimento della fase in esame è assai vario e mal si presta ad una descrizione tipologica. Occorre tuttavia ricordare che il comma 1 dell’articolo 9 della Convenzione di Vienna prevede, per l'adozione del testo di un Trattato, il consenso di tutti gli Stati che hanno partecipato alla trattativa, mentre il comma 2 precisa che in una Conferenza internazionale lo stesso esito può essere conseguito con la maggioranza qualificata dei due terzi degli Stati presenti e votanti.

La dimostrazione del consenso degli Stati è operata con la firma, lo scambio di strumenti che formano il trattato, la ratifica l’accettazione, l’approvazione o l’adesione, o con ogni altri mezzo convenuto(così l’articolo 12 della Convenzione di Vienna).

Peraltro, nel cosiddetto procedimento solenne (ossia in quello articolato in tutte e quattro le fasi dianzi accennate), la firma ha l’unica funzione di autentica del testo sul quale è stato raggiunto l’accordo, testo che da quel momento poi non potrà più essere modificato, e costituirà la base del consenso da esprimere successivamente alle procedure interne di ratifica.

Per gli Accordi negoziati in seno ad una Conferenza internazionale, la funzione di autenticazione del testo può essere svolta attraverso la firma del Presidente, o con la firma dell'Atto finale della Conferenza, che oltre al testo del Trattato.

 

Con la fase della ratifica il procedimento passa dalla sfera del diritto internazionale a quella del diritto interno.

Infatti, se sostanzialmente la ratifica consiste nell’approvazione del trattato da parte dell’organo costituzionalmente competente in ogni ordinamento – e dunque in una dichiarazione di volersi impegnare in tal senso – l’effetto di vincolare lo Stato ratificante si ottiene a livello internazionalistico solo con lo scambio (nei bilaterali) o il deposito (nei multilaterali) della ratifica.

La ratifica è dunque fase procedimentale pienamente interna all’ordinamento particolare della parte firmataria, ed è altresì fase eventuale (v. appresso).

L’ordinamento italiano, conformemente alla più gran parte degli altri ordinamenti ed anche come esito di una lunga e comune tradizione, configura l’atto di ratifica come atto del Presidente della Repubblica (cfr. articolo 87, ottavo comma, della Costituzione).

L’articolo 80 della Costituzione, inoltre, assicura e garantisce la partecipazione del Parlamento alla formazione dei Trattati internazionali, limitatamente, tuttavia, a cinque categorie ivi espressamente indicate.

Si tratta dei trattati che: a) sono di natura politica; b) prevedono regolamenti giudiziari o arbitrati; c) importano variazioni al territorio; d)  importano oneri alle finanze; e) importano modificazioni di leggi.

Delle indicate categorie, la prima (trattati di natura politica), è stata quella che ha sollevato le maggiori difficoltà interpretative, attesa l’indeterminatezza del concetto (puntualmente rilevato dalla dottrina) e l’assenza di atti diretti alla definizione di criteri diretti a precisare la nozione. Essa è stata dunque ampiamente dibattuta dalla dottrina, che ha proposto una serie di specificazioni[4] dirette a ritagliare i confini di un concetto indeterminato quale quello in esame, senza tuttavia giungere a conclusioni condivise[5][6].

Si deve inoltre rammentare che l'articolo 72 della Costituzione, al quarto comma, include le leggi di autorizzazioni alla ratifica di trattati internazionali tra quelle per le quali è prevista la cosiddetta “riserva di legge d’Assemblea” (escludendosi quindi la possibilità di approvarle in Commissione in sede legislativa: cfr. art. 92, comma 2 Reg. Camera,  art. 35, comma 1 reg. Senato), che tali leggi non possono essere oggetto di referendum (art. 75, c. 2 Cost.).

In coerenza a quanto sopra evidenziato circa il profilo meramente interno della fase di ratifica, la violazione delle procedure costituzionali previste da un certo ordinamento non ha solitamente rilievo internazionalistico. Tuttavia la Convenzione di Vienna, all'art. 46, c. 1, pur prevedendo espressamente che una violazione del diritto interno non può essere invocata da uno stato per infirmare il proprio consenso, ammette tale eventualità se la violazione concerne una norma di importanza fondamentale e sia stata manifesta; la violazione è manifesta quando essa appaia obiettivamente evidente ad ogni Stato che si comporti, in materia, in base alla normale prassi e in buona fede[7].

 

Una volta completate le procedure interne, l'atto di ratifica deve essere portato a conoscenza delle altre Parti del Trattato.

Ciò avviene, come accennato, con lo scambio o il deposito delle ratifiche, atto che riporta il procedimento nell’ambito del diritto internazionale e che, come pure accennato, ha l’effetto di vincolare il soggetto a quanto previsto dal trattato.

Ai sensi dell’articolo 16 della Convenzione di Vienna, gli strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione (salvo che il trattato non disponga espressamente in altro modo) accertano il consenso di uno Stato ad essere vincolato al momento del loro scambio tra gli Stati contraenti, del deposito dell'atto stesso presso il depositario (il quale ne dà comunicazione a tutte le altre Parti, oltre che al Segretariato delle Nazioni Unite[8], ai sensi dell’articolo 76 della Convenzione stessa) ovvero con la notifica alle altre Parti o al depositario degli strumenti indicati.

 

L’apposizione di riservee di obiezioni ai trattati è prevista dagli articoli 19-23 della Convenzione di Vienna.

La riserva è l’espressa manifestazione di volontà di uno Stato di non accettare una o più disposizioni dell’accordo o di accettarle solo con alcune modifiche. Le cosiddette riserve (o dichiarazioni) interpretative si hanno quando si dichiara di accettare talune clausole solo in base ad una certa interpretazione.

Si tratta, dunque, di un atto unilaterale applicabile, evidentemente, ai soli accordi multilaterali.

L'articolo 19 della Convenzione di Vienna stabilisce che si possono apporre riserve tutte le volte che esse non siano vietate dal Trattato, o siano incluse tra quelle previste, oppure non siano incompatibili con l’oggetto e lo scopo dell'Accordo. Una riserva può essere apposta anche durante la negoziazione o al momento della firma, ma, se è prevista successiva conferma del consenso a vincolarsi al Trattato, anche la riserva dovrà essere ribadita in quel momento. La riserva ha effetto se formulata per iscritto (come pure il suo ritiro) e comunicata a tutte le Parti interessate (cfr. articolo 23 Conv.). In tal caso ‑ e a condizione che almeno uno degli Stati partecipanti abbia accolto la riserva ‑ il Trattato si forma tra lo Stato che ha apposto la riserva, e quelli che l'hanno accettata, con esclusione delle disposizioni oggetto delle riserva, o secondo l'interpretazione di esse che la riserva avanzava. La mancata formulazione di obiezioni entro dodici mesi dalla ricevuta notificazione della riserva (Conv. art. 20, comma 5) o anche alla successiva data in cui debba essere espresso il consenso a vincolarsi, equivale all’accettazione della riserva.

Le Parti possono sollevare obiezioni alla riserva. In tal caso l'Accordo non entra in vigore tra la parte che ha sollevato la riserva e quella che ha formulato l’obiezione, purché l’autore dell'obiezione (Convenzione di Vienna, art. 20, c. 4, lett. b) manifesti chiaramente tale volontà; diversamente, l'Accordo si forma con eccezione delle disposizioni oggetto di riserva. Riserve e obiezioni (Convenzione di Vienna, art. 22) possono essere ritirate in ogni momento, purché anche in questo caso se ne dia comunicazione alle altre Parti.

 

Entrata in vigore e vicende successive

Completate le procedure, l'Accordo entra in vigore, ossia produce i suoi effetti tra le parti.

Le relative modalità sono precisate dall’articolo 24 della Convenzione di Vienna, che al comma 1 lascia anzitutto alla volontà delle parti la determinazione della data di entrata in vigore per poi precisare (comma 2) che, in mancanza, l'entrata in vigore si produce solo allorché sia accertato il consenso di tutti gli Stati che hanno partecipato. Al comma 3 dello stesso art. 24 è previsto che per gli Stati che manifestino il consenso a una data successiva all'entrata in vigore del Trattato, esso entrerà in vigore in quella data posteriore. Nella pratica più recente, le clausole finali dei Trattati multilaterali subordinano per solito l'entrata in vigore sia subordinata al raggiungimento di un numero minimo di manifestazioni d'impegno definitivo. Da segnalare che l'art. 18 della Convenzione prevede che uno Stato deve astenersi dal compiere atti che sarebbero suscettibili di privare un trattato del suo oggetto e del suo scopo dopo la firma (tranne che sia stata manifestata la volontà di non procedere alla ratifica) e tra la ratifica e l’entrata in vigore (se questa non sia indebitamente ritardata).

Le clausole protocollari dei Trattati (autenticazione, accertamento consenso, modalità o data di entrata in vigore, funzioni del depositario, e in generale tutti i problemi che vengono a porsi prima dell’entrata in vigore) sono applicabili sin dall’adozione del testo ai sensi del comma 4 dell'art. 24 della Convenzione di Vienna.

L’applicazione a titolo provvisorio è disciplinata dall’articolo 25 della Convenzione.  Le fattispecie ivi previste sono quelle dell’espressa previsione da parte del trattato o dell’intesa tra le Parti. La volontà di non voler procedere all’applicazione in via provvisoria deve essere notificata alle altri Parti che procedono in tal senso.

 

 

Quanto alle procedure di emendamento dei Trattati (anche qui, multilaterali) formalmente si tratta di modifiche a uno strumento pattizio, mentre dal punto di vista sostanziale gli emendamenti sono in realtà oggetto di un nuovo Trattato stipulato tra le Parti di quello che si intende emendare. Qualora il Trattato da emendare non abbia previsto le procedure  relative, la Convenzione di Vienna (artt. 40 e 41), prevede che le proposte di modifica di un Trattato che interessino i rapporti tra tutte le Parti di esso vanno notificate a ciascuna di esse, affinché possa partecipare alle decisioni sul seguito da dare alla proposta ed eventualmente ai negoziati per l'adozione degli emendamenti.

Una volta raggiunto l'Accordo sugli emendamenti, questi saranno vincolanti solo per le Parti del Trattato originario che li abbiano sottoscritti, mentre nei loro rapporti con le Parti che non hanno accettato gli emendamenti resterà in vigore il testo originario. Del pari, uno Stato che divenga Parte del Trattato modificato dopo l'entrata in vigore degli emendamenti sarà - se non esprime diverso avviso - vincolato al nuovo testo, salvo che nei rapporti con le Parti del Trattato che non hanno partecipato all'Accordo di emendamento.

Le procedure di emendamento, dunque, non richiedono il necessario coinvolgimento di tutte le Parti del Trattato: infatti due o più Parti possono concludere tra loro un Accordo di emendamento, a condizione che il Trattato ne preveda la possibilità, ovvero che la modifica in oggetto non sia vietata dal Trattato, e che essa non abbia effetti sui diritti e sugli obblighi delle altre Parti del Trattato, né concerna disposizioni la deroga alle quali configuri il venir meno degli scopi essenziali del Trattato medesimo.

Tuttavia l'Accordo emendativo tra alcune delle Parti di un Trattato può divenire vincolante per tutte le altre Parti quando tale possibilità sia espressamente prevista nel Trattato originario (anche nel caso in cui, ad esempio, sia prevista di una maggioranza qualificata, in luogo dell'unanimità, per l'adozione di emendamenti vincolanti per tutte le Parti).

 

In materia di sospensione degli effetti di un Trattato internazionale (Convenzione di Vienna, artt. 57 e 58), la cessazione provvisoria dell'applicazione di un Trattato consegue anzitutto da una eventuale ed unanime decisione delle Parti contraenti. In secondo luogo, la sospensione può essere operata se il Trattato stesso lo preveda in qualche disposizione. E' comunque facoltà di alcune Parti sospendere nei loro reciproci rapporti gli effetti di un Trattato, purché ciò non pregiudichi i diritti e gli obblighi delle altre Parti, né contrasti con le finalità essenziali del Trattato medesimo: vige inoltre l'obbligo di comunicare alle altre Parti l'intenzione sospensiva, precisando eventualmente a quali sezioni del Trattato essa si riferisca.

L'articolo 60, comma 5 della Convenzione di Vienna, prevede inoltre un'altra fattispecie di disapplicazione - ossia la sospensione in seguito a violazione di norme in esso contenute da parte di uno o più contraenti – ipotesi non è ammessa qualora per i Trattati umanitari, e segnatamente per norme di protezione delle persone.

Se una qualche causa sopravvenuta rende temporaneamente impossibile l'applicazione di un Trattato, ciò può essere causa di sospensione, ma non se tale causa deriva da violazione del Trattato operata proprio dalla Parte che ne invoca la sospensione.

 

La cessazione degli effetti (estinzione) dei Trattati può essere effetto di diverse cause: alcune di esse operano automaticamente, come il termine finale (che il Trattato stesso può porre), ovvero il verificarsi di una condizione risolutiva (anch'essa pattizziamente prevedibile); anche l’adempimento di specifici atti o prestazioni può determinare l’esaurimento della funzione dell’accordo. Rileva, inoltre, il profilo della sopravvenuta impossibilitàmateriale di esecuzione del Trattato, disciplinato dall’articolo 61, comma 1, della Convenzione di Vienna. In base a tale disposizione, una Parte può invocare l'impossibilità di dare esecuzione a un Trattato, al fine di porre termine al Trattato stesso o almeno di ritirarsene, qualora tale impossibilità risulti dalla sparizione di un oggetto indispensabile all'esecuzione del Trattato stesso.

La cessazione degli effetti può inoltre dipendere dalla volontà delle Parti, ed un Trattato può essere estinto anche per effetto a mezzo di un nuovo accordo tra le stesse Parti contraenti (che possono peraltro anche solo regolare\ diversamente la materia con il nuovo Accordo -  si parlerà allora di revisione).

Sempre in dipendenza della volontà delle Parti è la cessazione degli effetti derivante dall'iniziativa unilaterale di uno dei contraenti: nei Trattati bilaterali l’istituto è quello della denuncia, nei Trattati multilaterali (che possono rimanere in vigore per altre Parti contraenti) è quello del recesso. Al riguardo, occorre segnalare che l’articolo 56 della Convenzione di Vienna esclude che un trattato che non contenga disposizioni relative alla sua estinzione e che non preveda la possibilità di un ritiro o di una denuncia possa essere oggetto di denuncia o ritiro, tranne che non sia accertato che era nell’intenzione delle parti di accettare la possibilità di una denuncia o di un ritiro e che il diritto alla denuncia o al ritiro possa essere dedotto dalla natura del trattato.

La possibilità di denuncia o di estinzione di un Trattato può anche essere connessa a norme di diritto internazionale generale, quale la clausola rebus sic stantibus, verificantesi allorché viene invocato come causa di estinzione  il radicale mutamento della situazione che ha condotto alla conclusione di un accordo.

Per ciò che concerne la rottura delle relazioni diplomatiche, l'articolo 63 della Convenzione di Vienna afferma che essa ha rilievo sull'esecuzione di un Trattato solo nella misura in cui l'esistenza di quelle relazioni sia necessaria all'applicazione del Trattato stesso. Un'altra ipotesi riguarda la possibilità del venir meno degli effetti dei Trattati a seguito dell'insorgere dello stato di guerra tra le Parti contraenti (ipotesi comunque non applicabile alle Convenzioni stipulate proprio in vista dell'esistenza di uno stato di guerra, come quellesul diritto bellico).

 


Proposta di legge

 


N. 965

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato RANIERI

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Disposizioni concernenti il procedimento per la ratifica

dei trattati internazionali

 

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Presentata il 1o giugno 2006

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Onorevoli Colleghi! - La partecipazione dell'Italia alla formazione degli obblighi internazionali ha evidente rilievo politico. I negoziati per la conclusione di un trattato (convenzione, protocollo, accordo eccetera) si concludono con la firma del testo da parte di un delegato (plenipotenziario) del Governo in carica, ma in quel momento il trattato non è ancora vincolante. Lo Stato si impegna solo al momento della ratifica e, con la legge di autorizzazione alla ratifica, il Parlamento autorizza il Governo a far divenire lo Stato italiano parte di un trattato che sia di natura politica, preveda arbitrati o regolamenti giudiziari, comporti oneri per le finanze, variazioni di territorio o modificazioni di leggi, in attuazione dell'articolo 80 della Costituzione.

Nella prassi è diffusa, purtroppo, la constatazione del ritardo temporale che la procedura di ratifica descritta comporta rispetto alla data di sottoscrizione degli accordi, nonostante la semplificazione risultante dall'inserire nella stessa legge sia l'autorizzazione alla ratifica (che non produce norme giuridiche per l'ordinamento interno) sia l'ordine di esecuzione (trasferimento del contenuto normativo del trattato nell'ordinamento interno, successivo alla ratifica). Il ritardo intercorrente tra la firma di un accordo e il completamento dell'iter parlamentare risulta poi particolarmente grave proprio per i tanti strumenti multilaterali la cui entrata in vigore è subordinata al deposito degli strumenti di ratifica, di tutti i firmatari o di un certo numero di essi ovvero di un numero di firmatari con determinate caratteristiche.

Le finalità della norma costituzionale in vigore sono chiare, univoche e condivise: prevedere una garanzia democratica nella stipulazione di atti di politica estera che comportano l'assunzione di rilevanti obblighi giuridici per il nostro Paese; l'autorizzazione parlamentare (restando

 

esclusi la possibilità di provvedere con decreto, l'esame delle Commissioni in sede deliberante, il referendum) e la ratifica presidenziale servono alla coerenza di indirizzo politico, alla trasparenza e alla solennità, prima che tali obblighi acquistino efficacia internazionale.

Nel mutato contesto internazionale e istituzionale, una normativa quadro di attuazione della Costituzione appare comunque opportuna al fine di attenuare i ritardi e gli eccessi legislativi, rafforzando il ruolo politico e costituzionale del Parlamento.

In tale ottica, si propone di tenere due volte l'anno una sessione parlamentare dedicata all'esame di un unico disegno di legge di autorizzazione alla ratifica di più accordi internazionali, sul modello felicemente individuato e sperimentato per il recepimento delle direttive comunitarie.

La sessione parlamentare consentirebbe l'iscrizione nel calendario dei lavori per l'esame in Assemblea a scadenza prefissata, isolerebbe l'iter delle ratifiche dalle tensioni politico-parlamentari interne, consentirebbe di pensare all'istituzione di un fondo per i piccoli accordi tecnici con modesti oneri, faciliterebbe l'inserimento di questioni connesse ai singoli rapporti bilaterali o patti multilaterali senza bloccarne l'iter. Ma soprattutto emergerebbero in tal modo coerenze e priorità della politica estera del Paese, mentre il Parlamento razionalizzerebbe l'attività legislativa al riguardo e darebbe autorevolezza alle relazioni internazionali.

Una simile scadenzata cornice procedurale aiuterebbe inoltre il Governo - ogni Governo - a raccordare le fasi negoziali, anche per gli aspetti di concertazione interministeriale, a distinguere meglio gli obblighi di rilievo politico sui quali coinvolgere il Parlamento e gli obblighi assumibili in forma semplificata, ad accelerare l'entrata in vigore di accordi urgenti per una riconoscibile e positiva iniziativa internazionale del nostro Paese, sulla base di orientamenti geografici e settoriali.

Una normativa quadro può essere utile anche a rendere più funzionale e virtuoso il raccordo Parlamento-Governo. Il controllo parlamentare può essere meglio regolato chiedendo al Governo di riferire ogni anno (entro il 31 marzo) sugli obblighi vigenti e sui negoziati avviati. L'apposita sessione legislativa consentirebbe di separare procedure e obblighi giuridici, sicché il Parlamento potrebbe esprimere giudizi e indirizzi già nella fase negoziale, verificandoli e aggiornandoli nel corso della legislatura.

La presente proposta di legge potrebbe risultare utile anche alla politica estera dell'Italia, alla nostra credibilità, al nostro prestigio. Una maggiore connessione fra indirizzo politico e negoziazione diplomatica correggerebbe la critica, frequentemente mossa all'Italia, di improvvisazione e di episodicità.

In conclusione, la presente proposta di legge tende a introdurre un meccanismo che dovrebbe consentire al Parlamento, da un lato, di essere costantemente aggiornato, su base annuale, sullo stato di conformità dell'ordinamento italiano rispetto agli obblighi internazionali già vigenti e sullo stato complessivo delle negoziazioni che porteranno alla formazione di futuri obblighi per il nostro Paese; dall'altro lato, di esaminare, tramite un unico disegno di legge, due volte l'anno, tutte le autorizzazioni alla ratifica di atti internazionali. La presentazione di un unico disegno di legge da parte del Governo ogni sei mesi dovrebbe, infatti, permettere l'esame contestuale di più autorizzazioni alla ratifica in un unico momento. Il Parlamento sarebbe così posto nella condizione di avere tutti gli elementi informativi indispensabili per approvare la legge di autorizzazione alla ratifica, intesa non più solo come atto formale di approvazione di un trattato alle cui vicende il Parlamento è rimasto estraneo, ma come atto di sostanziale vaglio di un trattato dal quale, una volta ratificato, discenderanno obblighi vincolanti per il nostro Paese.

Dato il principio di autonomia dei Regolamenti parlamentari, la presente proposta di legge si limita a prevedere l'obbligo per il Governo di presentare una relazione annuale che è sottoposta all'esame delle Camere, senza però disciplinare

 

le modalità di tale discussione, l'esame da parte delle Commissioni parlamentari competenti, l'approvazione di un'eventuale risoluzione, i tempi per la sua discussione, e così via. Tali aspetti dovrebbero portare ad una conseguente modifica regolamentare: solo l'utilizzazione congiunta della presente proposta di legge e dei Regolamenti parlamentari permetterebbe, infatti, la realizzazione di una vera e propria sessione per i trattati internazionali che garantisca una partecipazione e un controllo adeguati da parte del Parlamento, così come è avvenuto per l'ambito comunitario.

L'articolo 1 indica le finalità della presente proposta di legge e, anche allo scopo di rendere più efficace la partecipazione dello Stato italiano alla formazione e all'attuazione delle norme di diritto internazionale pattizio, disciplina il procedimento di formazione della volontà dello Stato italiano nella procedura di ratifica e, contestualmente, i procedimenti e le misure che si rendono necessari per l'attuazione degli obblighi internazionali già vigenti per l'Italia.

L'articolo 2 disciplina i contenuti della relazione che il Governo deve presentare entro il 31 marzo di ogni anno al fine di permettere al Parlamento l'esame complessivo degli obblighi internazionali già vigenti per l'Italia, consentendo altresì il controllo parlamentare sulle procedure volte alla formazione di tali obblighi.

L'articolo 3 individua nel 30 aprile e nel 30 ottobre di ogni anno le due scadenze per la presentazione dei disegni di legge di autorizzazione alla ratifica quali «leggi semestrali».

L'articolo 4 determina il contenuto delle predette leggi semestrali, prevedendo che esse siano suddivise in due capi: il capo I recante l'autorizzazione alla ratifica dei trattati e il capo II recante le disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi internazionali, anche mediante l'ordine di esecuzione.

L'articolo 5 prevede, quale salvaguardia per motivi d'urgenza, la possibilità che uno o più accordi possano essere oggetto di un separato disegno di legge di autorizzazione alla ratifica.

 


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

(Legge di autorizzazione alla ratifica).

1. La presente legge disciplina il procedimento di approvazione di una legge semestrale per l'autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali di cui all'articolo 80 della Costituzione e per l'adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi che ne conseguono.

Art. 2.

(Relazione annuale sullo stato dei trattati).

1. Al fine di consentire l'esame complessivo degli obblighi internazionali vigenti per l'Italia e il controllo delle procedure volte alla formazione di tali obblighi da parte del Parlamento, entro il 31 marzo di ogni anno il Ministro degli affari esteri presenta al Parlamento una relazione contenente, con riferimento all'anno precedente:

a) l'elenco dei trattati sottoscritti e per i quali le Camere non abbiano ancora autorizzato la ratifica;

b) l'elenco dei trattati sottoscritti non rientranti tra i casi di cui all'articolo 80 della Costituzione;

c) l'elenco dei trattati sottoscritti e non ancora ratificati, per i quali le Camere abbiano già autorizzato la ratifica, con l'indicazione dei motivi del mancato deposito o scambio dello strumento di ratifica.

2. Nella relazione annuale di cui al comma 1 il Ministro degli affari esteri riferisce altresì:

a) sullo stato delle negoziazioni in corso, volte alla stipulazione di nuovi trattati internazionali, anche alla luce degli

 

orientamenti generali che il Governo intende assumere per l'anno successivo;

b) sullo stato di conformità dell'ordinamento interno agli obblighi internazionali vigenti per l'Italia, elencando i trattati già sottoscritti e ratificati e dando conto in particolare degli effetti da essi prodotti.

3. La relazione annuale sullo stato dei trattati è sottoposta all'esame delle Camere che formulano osservazioni e adottano ogni opportuno atto di indirizzo al Governo.

4. La relazione annuale è trasmessa altresì alla Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, al fine dell'espressione del parere, nei casi in cui i relativi obblighi internazionali ricadano nelle materie di competenza concorrente previste dall'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

5. In deroga alle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, in sede di prima attuazione della presente legge, entro il 31 marzo del primo anno successivo alla data della sua entrata in vigore, il Governo presenta una relazione complessiva sullo stato di conformità dell'ordinamento interno agli obblighi internazionali vigenti alla medesima data, dando conto in particolare dei trattati in fase di negoziazione, di quelli già firmati per i quali intende richiedere l'autorizzazione alla ratifica, di quelli per i quali le Camere hanno già autorizzato la ratifica ma che non sono stati ancora ratificati, nonché di quelli ratificati.

Art. 3.

(Legge per l'autorizzazione alla ratifica dei trattati e per l'adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi internazionali).

1. Entro il 30 aprile e il 30 ottobre di ogni anno, il Governo, tenendo conto delle osservazioni e dei pareri espressi dalle Camere e dalla Conferenza unificata ai sensi dei commi 3 e 4 dell'articolo 2, presenta al Parlamento un disegno di legge recante «Autorizzazione alla ratifica dei

 

trattati internazionali e disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi internazionali». Tale titolo è integrato dall'indicazione: «Legge semestrale sui trattati» seguita dall'anno e dal semestre di riferimento.

Art. 4.

(Contenuto della legge semestrale

sui trattati).

1. La legge semestrale sui trattati, di cui all'articolo 3, è suddivisa in due capi, il capo I recante «Autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali» e il capo II recante «Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi internazionali».

2. Il capo I contiene l'indicazione dei trattati per i quali si richiede alle Camere l'autorizzazione alla ratifica, suddivisi per materie omogenee.

3. Il capo II contiene le norme, distinte per ciascun trattato, necessarie ai fini dell'adeguamento dell'ordinamento interno, mediante ordine di esecuzione o, anche congiuntamente, mediante disposizioni modificative o abrogative di norme vigenti, in ottemperanza agli obblighi sanciti dai trattati di cui è autorizzata la ratifica, incluse l'istituzione di nuovi organi o strutture amministrative nonché la previsione di nuove spese o di minori entrate.

4. L'adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi internazionali di cui al comma 3 può essere disposto anche mediante conferimento al Governo di apposita delega legislativa, da esercitare previa espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari.

Art. 5.

(Procedura d'urgenza).

1. Ferma restando la procedura di cui all'articolo 3, nei casi d'urgenza, uno o più trattati possono essere oggetto di un autonomo disegno di legge di autorizzazione alla ratifica.

 

 

 

 




[1]     La Conferenza Unificata è stata istituita dal d. lgs. 28 agosto 1997, n. 281, che ne ha definito anche la composizione, i compiti e le modalità organizzative ed operative (articoli 8 e 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281).

      La Conferenza Unificata, sede congiunta della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, opera al fine di:

1.     favorire la cooperazione tra l'attività dello Stato e il sistema delle autonomie;

2.     esaminare le materie e i compiti di comune interesse.

      E' competente in tutti casi in cui Regioni, Province, Comuni e Comunità montane, ovvero la Conferenza Stato-Regioni e la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali sono chiamate ad esprimersi su un medesimo oggetto (art. 9, comma 2, del d. lgs. 281/1997).

      In particolare, la Conferenza Unificata:

·       consente alle Regioni, alle Province, ai Comuni ed alle Comunità montane di partecipare alle scelte del Governo, nelle materie di comune interesse;

·       approfondisce le questioni politico-amministrative più rilevanti per il sistema delle Autonomie;

·       esamina i provvedimenti iscritti all'ordine del giorno delle sedute, su richiesta del Governo o dei Ministri competenti, quando ciò sia previsto da legge, ovvero, quando lo si ritenga opportuno, a seguito di richiesta delle Regioni, dell'ANCI, dell'UPI o dell'UNCEM , del Governo o dei Ministri.

      La Conferenza Unificata costituisce la sede per l'attuazione dell'intesa inter-istituzionale tra Stato-Regioni ed Enti locali per l'attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione (Fonte: sito Internet del Governo italiano).

[2]     Si tratta, peraltro, di un settore che ha subito una profonda e complessiva evoluzione, iniziata almeno a far tempo dal secondo dopoguerra e che per molti aspetti è ancora in corso; un’evoluzione determinata dalla storia e suscettibile di modificare profondamente le coordinate di fondo sulle quali si è mossa per secoli la dottrina internazionalistica (basti pensare al tema della soggettività di diritto internazionale) e che ha indotto alcuni autori a definire la Comunità internazionale quale fenomeno dinamico.

[3]     L’articolo 7 della convenzione di Vienna è relativo ai pieni poteri, che devono essere presentati per essere considerati il rappresentante di uno Stato, per l’adozione o l’autenticazione del testo di un trattato o per esprimere il consenso di uno Stato ad essere vincolato dal Trattato (elemento che può tuttavia risultare dalla pratica, cfr. la lettera b) del richiamato comma 1).

Ai sensi del comma 2 dell’articolo 7 della Convenzione, i Capi di Stato e di Governo e i Ministri degli esteri possono essere considerati validi rappresentanti anche senza che debbano presentare i pieni poteri. I Capi delle missioni diplomatiche e i rappresentanti di Stato presso una Conferenza internazionale sono del pari plenipotenziari se le trattative si svolgono nella sede diplomatica o nella conferenza internazionale di competenza).

Se un Accordo viene concluso da persona priva di qualsiasi rapporto internazionalmente rilevante con lo Stato che pretende di rappresentare, e priva altresì di riconoscimento da parte degli altri partecipanti (c.d. incompetenza assoluta), gli atti compiuti sono privi di effetti giuridici, a meno che lo Stato non li confermi successivamente (Convenzione di Vienna, art. 8).

[4]   Tra le tesi proposte, la più ampia sostiene che tutti i Trattati internazionali hanno natura politica. Accogliendo tale interpretazione, quindi, l’approvazione parlamentare sarebbe necessaria per ogni Trattato; è stato tuttavia osservato che ciò avrebbe un effetto paralizzante sull’attività di governo, oltre a rendere superflua l’enumerazione delle restanti categorie di trattati pure da sottoporre all’approvazione parlamentare ex art. 80 Cost.  Altre tesi hanno cercato di restringere la categoria in esame sulla scorta di criteri contenutistici, ossia riconducendola ai Trattati significativi “per il destino e gli interessi dello Stato” ovvero a quelli che “investono le scelte fondamentali della politica estera italiana”.

[5]    La dottrina appare infatti concorde nel ritenere insufficienti i criteri di volta in volta proposti, osservando che essi non sono meno indeterminati della nozione da precisare.

[6]    Sul punto dell’ammissibilità delle proposte di legge d’iniziativa parlamentare recanti autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali v. anche in allegato le sedute della Giunta per il regolamento del 23 giugno 1988 e del 5 maggio 1999.

Ai fini della conoscibilità dell’attività internazionale, si tenga presente che il Ministero degli Affari esteri, ai sensi dell'art. 4 della legge 11 dicembre 1984, n. 839, Norme sulla Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana e sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, invia alle Presidenze delle due Camere i testi di tutti gli Atti internazionali con i quali la repubblica si obbliga (comunque denominati).

Ai sensi della stessa legge 839 / 1984, e del successivo DPR n. 1092 del 1985, Approvazione del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sulla emanazione dei  decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, è poi disposta la pubblicazione, in apposito supplemento trimestrale della Gazzetta Ufficiale, dei testi degli Accordi internazionali vincolanti per l'Italia entrati in vigore nel periodo îmmediatamente precedente.

[7]    Fattispecie analoghe alla ratifica sono l'accettazionee l'approvazione, che in tesi dovrebbero intervenire quando non vi sia stato in precedenza l'atto della firma. L'adesione è invece relativa ai Trattati multilaterali che consentono l’adesione – appunto – di altri Stati allo stesso entro un certo tempo determinato ovvero senza alcuna scadenza temporale (cosiddetto Trattato aperto). L’adesione deve essere distinta dagli Accordi di adesione: con questi ultimi si entra a far parte del novero degli Stati Parti di un Trattato chiuso, ma solo con un nuovo e distinto Accordo.

[8]    Sin dalla costituzione della società delle Nazioni si è affermata la prassi di registrare i Trattati presso il Segretariato della organizzazioni internazionali. L’articolo 102 della Carta delle Nazioni Unite prevede oggi che ogni trattato stipulato da un membro dell’ONU deve essere registrato al più presto presso il Segretariato dell’organizzazione e pubblicato a cura di quest’ultimo. Solo il trattato così registrato potrà essere invocato di fronte all’Organizzazione.