Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Titolo: Bilancio e finanziaria 2007 - A.C. 1746-bis e A.C. 1747 - Commissione Finanze
Riferimenti:
AC n. 1747/XV   AC n. 1746/XV
Serie: Progetti di legge    Numero: 54    Progressivo: 6
Data: 10/10/2006
Descrittori:
BILANCIO DELLO STATO   LEGGE FINANZIARIA
Organi della Camera: VI-Finanze


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

 

 

Bilancio e finanziaria 2007

A.C. 1746-bis e A.C. 1747

Commissione Finanze

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 54/6

 

 

10 ottobre 2006


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Finanze

 

SIWEB

 

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File:FI0025.doc

 


I N D I C E

 

PARTE I Il disegno di legge di bilancio per il 2007

1.  Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente. 3

1.1     Il quadro generale riassuntivo. 3

1.2     Le variazioni rispetto alle previsioni 2006. 5

Tavole allegate L’evoluzione delle spese  nel bilancio dello Stato per il 2007-2009  9

Tavola I – Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato. 11

Tavola II – Evoluzione della spesa finale per categorie ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato. 12

Tavola III – Le spese complessive per funzioni-obiettivo ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato. 13

Tavola IV – Andamento delle U.P.B. (III livello) ed incidenza percentuale sulle spese finali del bilancio dello Stato. 14

PARTE II Gli stati di previsione dell’entrata e del Ministero dell’economia e delle finanze

1.  Stato di previsione dell’entrata - Tabella 1. 17

Sintesi del quadro generale. 17

Bilancio pluriennale. 21

Gli effetti della manovra per il 2007. 21

2.  Stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze - Tabella 2 (parte di competenza della Commissione finanze)23

Sintesi del quadro generale. 23

3.  Stato di previsione dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato - Annesso alla Tabella 2. 27

PARTE III Il disegno di legge finanziaria per il 2007

Articolo 3 (Imposta sui redditi delle persone fisiche)31

Articolo 5, commi 1-15 (Accertamento e contrasto dell’evasione - Studi di settore)43


Articolo 5, commi 16-19 e 36-37 (Disposizioni per il contrasto dell’evasione nell’applicazione di agevolazioni fiscali)58

Articolo 5, commi 20-24 (Contrasto dell'evasione – Compensi per attività sanitarie)66

Articolo 5, comma 25 (Ritenute sui corrispettivi dovuti dal condominio all’appaltatore)68

Articolo 5, commi 26 e 27 (Contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale – Disposizioni in materia di IVA)70

Articolo 5, comma 28 (Obbligo di richiesta della registrazione da parte degli agenti immobiliari)75

Articolo 5, commi 29 e 30 (Contrasto del giuoco irregolare e illegale)77

Articolo 5, commi 31-33 (Trasmissione di dati doganali e fiscali alle regioni e agli enti locali)82

Articolo 5, comma 35 (Comunicazione degli esiti della liquidazione delle dichiarazioni)85

Articolo 6, commi 1-4 (Disposizioni di recupero della base imponibile IRES)87

Articolo 6, comma 5 (Modalità di pagamento dell’imposta di bollo)91

Articolo 6, commi 6-10 (Regime tributario degli apparecchi da intrattenimento)93

Articolo 6, comma 11 (Accise sui tabacchi lavorati)102

Articolo 6, commi 12-20 (Versamento dell’imposta comunale sugli immobili)105

Articolo 7 (Variazione dell'aliquota di compartecipazione dell'addizionale comunale all'IRPEF)108

Articolo 8 (Imposta di scopo per la realizzazione di opere pubbliche)113

Articolo 9 (Contributo comunale di ingresso e di soggiorno)116

Articolo 10 (Disposizioni in materia di imposte provinciali e comunali)120

Articolo 11, commi 1-18 (Disposizioni in materia di semplificazione e «manutenzione» della base imponibile)122

Articolo 11, commi 19-23 (Installazioni pubblicitarie ed affissioni abusive)129

Articolo 11, commi 24-27 (Poteri di accertamento e contestazione immediata)135

Articolo 11, commi 28-29 (Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani)137

Articolo 12 (Compartecipazione comunale all'IRPEF)142

Articolo 13 (Modifiche al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112)144

Articolo 14 (Modalità di esercizio delle funzioni catastali conferite agli enti locali)150

Articolo 15 (Disposizioni in materia di immobili)154

Articolo 16 (Disposizioni in materia di demanio marittimo e di altri beni pubblici)164

Articolo 17 (Valorizzazione del patrimonio pubblico)176

Articolo 18 (Interventi di riduzione del cuneo e incentivi all'occupazione femminile nelle aree svantaggiate)183

Articolo 19 (Credito d'imposta per nuovi investimenti nelle aree svantaggiate)195

Articolo 20, commi 1-5 (Incentivi fiscali alla ricerca)202

Articolo 20, commi 6 e 7 (Agevolazioni fiscali per le imprese di produzione musicale)207

Articolo 20, commi 8-9 (Agevolazioni fiscali ai docenti per l’acquisto di un elaboratore elettronico)210

Articolo 20, commi 10-13 (Disposizioni agevolative in materia di IVA e imposta sulla pubblicità)212

Articolo 20, commi 14-18 (Imposte relative a fondi pensione, fondi d’investimento ed emittenti residenti nell’Unione europea e nello Spazio economico europeo)217

Articolo 20, comma 19 (Agevolazione per titolari di diritti di sfruttamento delle opere dell’ingegno)224

Articolo 20, comma 20 (Detraibilità delle spese sportive dei minori e dei canoni di locazione degli studenti universitari fuori sede)225

Articolo 20, comma 21 (Imposta sui premi delle assicurazioni di veicoli e natanti)227

Articolo 20, commi 22-23 (Tasse automobilistiche)229

Articolo 22 (Agevolazioni tributarie per la riqualificazione energetica degli edifici)234

Articolo 23 (Misure di sostegno per la promozione di nuova edilizia ad alta efficienza energetica)241

Articolo 24 (Contributi per apparecchi domestici e motori industriali ad alta efficienza)244


Articolo 25 (Interventi sulla fiscalità energetica per finalità sociali e misure per favorire l'insediamento sul territorio di infrastrutture energetiche)248

Articolo 26 (Biocarburanti)252

Articolo 27 (Modifiche al regime IVA sulla fornitura di energia termica)263

Articolo 28 (Modifiche in tema di riutilizzazione commerciale di dati ipotecari e catastali)265

Articolo 29 (Ristrutturazioni edilizie)268

Articolo 30, comma 1 (Proroga di agevolazioni IRAP nel settore agricolo e della pesca)271

Articolo 30, comma 2 (Proroga di agevolazioni fiscali e previdenziali per imprese che esercitano la pesca costiera e nelle acque interne e lagunari)272

Articolo 30, comma 3 (Proroga di agevolazioni fiscali per la formazione e l'arrotondamento della proprietà contadina)275

Articolo 30, comma 4 (Proroga della deduzione forfetaria per gli esercenti impianti di distribuzione di carburante)277

Articolo 30, commi 5 e 6 (Proroga di agevolazioni in materia di accise per prodotti energetici)278

Articolo 30, comma 7 (Compensazione dei contributi al Servizio sanitario nazionale per gli autotrasportatori)293

Articolo 30, comma 8 (Deduzioni forfetarie delle spese non documentate per i trasporti effettuati personalmente nel territorio comunale)295

Articolo 30, comma 9 (Proroga dell’esenzione IRPEF per i redditi di lavoro dipendente prestato all’estero in zone di frontiera)296

Articolo 30, comma 10 (Limite di deducibilità dei contributi di assistenza sanitaria dal reddito di lavoro dipendente)298

Articolo 30, comma 11 (Detraibilità delle spese sostenute per la frequenza di asili nido)300

Articolo 34 (Revisione dell'assetto organizzativo del Ministero dell'economia e delle finanze)302

Articolo 52 (Assicurazione contro i rischi da calamità naturali)305

Articolo 74, commi 16-17 (Sanzioni per le violazioni del Patto di stabilità interno per gli enti locali)309

Articolo 108 (Interventi per i consorzi e le cooperative di garanzia collettiva fidi)312

Articolo 109 (Fondo di garanzia fidi)316

Articolo 154 (Norme per l'internazionalizzazione del sistema agroalimentare)319

Articolo 155 (Sviluppo della forma societaria in agricoltura)323

Articolo 156 (Norme in materia di bioenergie)327

Articolo 184 (Agenzie fiscali)340

Articolo 211 (Razionalizzazione del patrimonio immobiliare ubicato all'estero)342

Appendice

La disciplina contabile: il bilancio dello Stato. 347

La disciplina contabile: la legge finanziaria. 352

Glossario dei principali termini macroeconomici e di finanza pubblica. 355

 

 


PARTE I
Il disegno di legge di bilancio per il 2007


1.Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente

1.1    Il quadro generale riassuntivo

Il quadro generale riassuntivo del bilancio di previsione per il 2007 a legislazione vigente (A.C. 1747) evidenzia i seguenti importi:

 

BLV 2007 (A.C. 1747)
al netto delle regolazioni contabili e debitorie
valori in milioni di euro

 

Competenza

Cassa

(1)    Entrate finali
   - di cui entrate tributarie

423.453
396.555

402.249
380.567

(2)    Spese finali

427.337

444.684

(3=1-2) Saldo netto da finanziare

3.885

42.436

 

Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2007, in termini di competenza e al netto delle regolazioni contabili e debitorie (all’interno delle quali sono ricompresi i rimborsi IVA), prevede entrate finali per 423 miliardi e spese finali per 427 miliardi di euro.

 

Il saldo netto da finanziare, corrispondente alla differenza tra le entrate finali e le spese finali, risulta, in termini di competenza e al netto delle regolazioni debitorie e contabili e dei rimborsi IVA, pari a 3.885 milioni di euro.

 

Per quanto riguarda il bilancio di cassa, il saldo netto da finanziare risulta pari a 42.436 milioni di euro.

 

Al lordo delle regolazioni contabili e debitorie, il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2007 (A.C. 1747) prevede:

 

BLV 2007 (A.C. 1747)
al lordo delle regolazioni contabili e debitorie
valori in milioni di euro

 

Competenza

Cassa

(1)    Entrate finali
   - di cui entrate tributarie

450.384
423.486

429.180
407.498

(2)    Spese finali

457.419

474.766

(3=1-2) Saldo netto da finanziare

7.035

456.586

 

Le regolazioni contabili e debitorie e i rimborsi IVA iscritti nel bilancio a legislazione vigente per il 2007 ammontano, per quanto concerne le entrate, a 26.931 milioni di euro e, per quanto concerne le spese, a 30.081 milioni di euro.

 


1.2    Le variazioni rispetto alle previsioni 2006

Nella successiva Tavola sono posti a raffronto, in termini di competenza, per quanto concerne le entrate finali, le spese finale e i saldi di bilancio, le previsioni iniziali del bilancio per il 2006, le previsioni contenute nel disegno di legge di assestamento nel testo emendato approvato dalla Camera dei deputati (A.S. 1060), e le previsioni del bilancio a legislazione vigente per il 2007 (A.C. 1747).

Il raffronto è effettuato con i dati al netto delle regolazioni debitorie e contabili.

(Valori in milioni di euro)

 

Bilancio di previsione 2006

Assestato emendato
2006

B.L.V.
2007

Entrate finali

394.311

401.379

423.453

Tributarie

363.708

373.566

396.555

Extratributarie

28.730

25.939

25.022

Entrate per alienazione e ammort. beni patrimoniali

1.874

1.874

1.875

 

 

 

 

Spese finali

430.975

435.903

427.337

Spese correnti

398.814

402.604

399.364

- Spese correnti al netto interessi

327.399

330.619

325.283

- Interessi

71.416

71.985

74.080

Spese conto capitale

32.161

33.300

27.974

Rimborso prestiti

188.925

188.791

189.099

 

 

 

 

Saldo netto da finanziare

-36.664

-34.524

-3.886

Risparmio pubblico

-6.377

-3.099

+22.214

Avanzo primario

34.736

37.461

70.195

Ricorso al mercato (*)

-232.666

-231.656

-196.134

(*)  Il ricorso al mercato è calcolato al lordo delle regolazioni debitorie e contabili.

 

Le previsioni del bilancio a legislazione vigente per il 2007 registrano una forte riduzione del saldo netto da finanziare rispetto al disegno di legge di assestamento per il 2006, nell’importo di 30.638 milioni di euro.

Il bilancio a legislazione vigente per il 2007 evidenzia, rispetto al bilancio assestato 2006, un aumento delle entrate finali di 22.074 milioni di euro ed una riduzione delle spese finali di 8.556 milioni di euro.

In particolare, per le entrate finali, l’aumento di oltre 22 miliardi di euro rispetto alle previsioni assestate per il 2006, è determinata dall’incremento di quasi 23 miliardi di euro delle entrate tributarie e della riduzione di poco meno di 1 miliardo delle entrate extratributarie. Le entrate del Titolo III, relative all’alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e rimborso di crediti si mantengono stabili a 1.875 milioni.

Riguardo alle spese finali iscritte nel bilancio a legislazione vigente per il 2007, la riduzione ha interessato sia quelle di parte corrente, che registrano, rispetto al bilancio assestato 2006, una riduzione di 3.240 milioni di euro, sia quelle in conto capitale, che presentano una riduzione di 5.326 milioni.

Nell’ambito delle spese correnti, il bilancio a legislazione vigente per il 2007 evidenzia, rispetto al bilancio assestato 2006, un incremento della spesa per interessi di 2.095 milioni di euro.

La tavola seguente illustra la ripartizione delle spese finali del bilancio dello Stato, ripartite per categorie, secondo la classificazione economica, al netto delle regolazioni debitorie e contabili, evidenziando il raffronto tra il dato assestato 2006, come approvato dalla Camera (A.S. 1060), e il dato previsto a legislazione vigente per il 2007 e indicandone anche la variazione percentuale.

 

SPESE FINALI DEL BILANCIO DELLO STATO
(competenza- valori in milioni di euro)

CATEGORIE

ASS. 2006

BLV 2007

Var. %

Redditi da lavoro dipendente

84.383

83.942

-0,5

Consumi intermedi

10.309

8.577

-16,8

Imposte pagate sulla produzione

4.434

4.611

4,0

Trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche

180.813

178.824

-1,1

Trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private

4.635

3.826

-17,5

Trasferimenti correnti a imprese

4.575

3.840

-16,1

Trasferimenti all'estero

1.593

1.490

-6,5

Risorse proprie CEE

15.850

17.400

9,8

Interessi passivi e redditi da capitale

71.985

74.080

2,9

Poste correttive e compensative

17.004

15.562

-8,5

Ammortamenti

840

841

0,1

Altre uscite correnti

6.184

6.370

3,0

Totale Spese Correnti

402.604

399.364

-0,8

Investimenti fissi lordi e acquisti di terreni

2.819

3.384

20,0

Contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche

11.963

9.822

-17,9

Contributi agli investimenti ad imprese

6.848

4.112

-40,0

Contributi agli investimenti a famiglie e istituzioni sociali private

34

26

-23,5

Contributi agli investimenti a estero

189

203

7,4

Altri trasferimenti in conto capitale

9.955

10.183

2,3

Acquisizioni di attività finanziarie

491

244

-50,3

Totale spese Conto Capitale

33.299

27.974

-16,0

Totale Spese Finali

435.902

427.338

-2,0


Le spese di parte corrente

Come rileva la relazione illustrativa del disegno di legge (A.C. 1747), che analizza il raffronto tra i dati a legislazione vigente 2007 e quelli del disegno di legge di assestamento 2006 (A.S. 1060), si registra una riduzione delle spese correnti rispetto al 2006 pari a 3.240 milioni di euro.

La variazione delle spese correnti ha riguardato i seguenti comparti:

-          consumi intermedi (-1.731 milioni);

-          trasferimenti ad enti di previdenza (+1.527 milioni);

-          trasferimenti a regioni (-1.515 milioni) e a comuni (-1.878 milioni) in gran parte relativi alle risorse occorrenti per l'attuazione dei federalismo amministrativo;

-          trasferimenti ad imprese (-735 milioni);

-          finanziamento al bilancio dell'Unione Europea (+1.550 euro) dovuti all’incremento dei trasferimenti concernenti le risorse IVA e il contributo calcolato sul PNL;

-          interessi (+2.095 milioni) dovuti all’andamenti dei tassi.

Le spese in conto capitale

Le previsioni per il 2007 evidenziano complessivamente una riduzione (-5,3 miliardi di euro) della spesa in conto capitale, che passa dai 33,3 miliardi dell’assestamento 2006 ai 28 miliardi del bilancio a legislazione vigente 2007.

 


Tavole allegate
L’evoluzione delle spese
nel bilancio dello Stato per il 2007-2009

 

Tavola I       Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola II      Evoluzione della spesa finale per categorie e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola III     Le spese complessive per funzioni-obiettivo e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola IV    Andamento della spesa finale delle unità previsionali di base (III livello) e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

 

Tutti i dati delle spese sono al lordo dei rimborsi IVA e delle regolazioni debitorie.

 

 

Si segnala che i dati relativi all’assestato 2006 sono tratti dal disegno di legge iniziali (A.C. 1254).


Tavola I – Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)


 

Rendiconto 2005

2006

2007

 

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

Economia e finanze

287.417

271.123

58,0

271.989

58,2

261.661

57,2

Sviluppo economico

 

 

 

 

 

7.800

1,7

Commercio internazionale

 

 

 

 

 

217

0,0

ex Attività produttive

4.250

4.248

0,9

2.392

0,5

 

 

Lavoro e previdenza sociale

 

 

 

 

 

54.902

12,0

Solidarietà sociale

 

 

 

 

 

16.611

3,6

ex Lavoro e politiche sociali

68.956

68.864

14,7

72.035

15,4

 

 

Giustizia

7.655

7.425

1,6

7.884

1,7

7.438

1,6

Affari esteri

2.511

2.340

0,5

2.074

0,4

1.894

0,4

Pubblica istruzione

 

 

 

 

 

42.250

9,2

Università e ricerca

 

 

 

 

 

10.554

2,3

ex Istruzione, università e ricerca

51.604

51.835

11,1

52.084

11,1

 

 

Interno

26.749

25.581

5,5

26.807

5,7

24.287

5,3

Ambiente e territorio

1.376

1.357

0,3

1.061

0,2

735

0,2

Infrastrutture

 

 

 

 

 

3.801

0,8

Trasporti

 

 

 

 

 

2.946

0,6

ex Infrastrutture e trasporti

7.779

7.414

1,6

7.151

1,5

 

 

Comunicazioni

396

384

0,1

252

0,1

229

0,1

Difesa

21.335

21.276

4,6

19.252

4,1

18.134

4,0

Politiche agricole

1.767

1.687

0,4

1.446

0,3

1.190

0,3

Beni e attività culturali

2.392

2.263

0,5

1.882

0,4

1.654

0,4

Salute

1.497

1.446

0,3

1.380

0,3

1.115

0,2

Totale spese finali

485.684

467.243

100

467.689

100

457.418

100


Tavola II – Evoluzione della spesa finale per categorie ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)


 

Rendiconto 2005

2006

2007

 

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

Redditi da lavoro dipendente

82.601

81.743

17,5

85.329

18,2

83.941

18,4

Consumi intermedi

13.198

12.782

2,7

10.980

2,3

8.578

1,9

Imposte pagate sulla produzione

4.414

4.391

0,9

4.434

0,9

4.611

1,0

Trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche

177.800

175.285

37,5

182.130

38,9

178.824

39,1

Trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private

4.218

3.862

0,8

4.624

1,0

3.826

0,8

Trasferimenti correnti a imprese

5.074

4.875

1,0

4.591

1,0

3.840

0,8

Trasferimenti all'estero

1.704

1.615

0,3

1.592

0,3

1.490

0,3

Risorse proprie cee

15.700

14.480

3,1

15.850

3,4

17.400

3,8

Interessi passivi e redditi da capitale

76.413

70.671

15,1

71.693

15,3

74.080

16,2

Poste correttive e compensative

51.824

49.294

10,5

44.618

9,5

45.643

10,0

Ammortamenti

833

18

0,0

840

0,2

841

0,2

Altre uscite correnti

4.094

1.433

0,3

6.429

1,4

6.370

1,4

Totale spese correnti

437.873

420.449

90,0

433.110

92,6

429.444

93,9

Investimenti fissi lordi e acquisti di terreni

6.199

6.170

1,3

3.819

0,8

3.384

0,7

Contributi investimenti ad amministrazioni pubbliche

16.931

16.768

3,6

12.038

2,6

9.822

2,1

Contributi agli investimenti ad imprese

8.383

8.233

1,8

6.833

1,5

4.112

0,9

Contributi agli investimenti a famiglie e istituzioni sociali private

122

122

0,0

34

0,0

26

0,0

Contributi agli investimenti a estero

404

396

0,1

215

0,0

203

0,0

Altri trasferimenti in conto capitale

9.215

8.730

1,9

11.150

2,4

10.183

2,2

Acquisizioni di attività finanziarie

6.557

6.375

1,4

490

0,1

244

0,1

Totale spese conto capitale

47.811

46.794

10,0

34.579

7,4

27.974

6,1

Totale spese finali

485.684

467.243

100

467.689

100

457.418

100


Tavola III – Le spese complessive per funzioni-obiettivo ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 


 

Rendiconto 2005

2006

2007

 

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

1 -Servizi generali delle pubbliche amministrazioni

436.403

391.939

61,7

422.751

64,4

425.786

65,9

2 –     Difesa

21.055

20.772

3,3

17.664

2,7

16.162

2,5

3 -Ordine pubblico e sicurezza

22.566

22.054

3,5

22.295

3,4

20.152

3,1

4 -Affari economici

53.666

51.638

8,1

45.676

7,0

41.533

6,4

5 -Protezione dell'ambiente

2.081

2.021

0,3

1.697

0,3

1.168

0,2

6 -Abitazioni e assetto territoriale

2.505

2.276

0,4

1.624

0,2

1.475

0,2

7 -Sanità

16.114

15.788

2,5

12.533

1,9

8.893

1,4

8 -Attività ricreative, culturali e di culto

14.770

12.690

2,0

12.413

1,9

11.028

1,7

9 –     Istruzione

49.265

49.441

7,8

49.814

7,6

50.075

7,7

10- Protezione sociale

68.871

66.935

10,5

70.012

10,7

70.245

10,9

Spese complessive

687.296

635.554

100

656.479

100

646.517

100




Tavola IV – Andamento delle U.P.B. (III livello) ed incidenza percentuale sulle spese finali del bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 


 

Rendiconto 2005

2006

2007

 

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

Funzionamento

83.642

82.498

17,7

81.757

17,5

81.326

17,8

Interventi

254.709

248.126

53,1

250.042

53,5

247.000

54,0

Oneri comuni

21.396

17.378

3,7

27.935

6,0

25.368

5,5

Trattamenti di quiescenza

1.081

1.169

0,3

1.066

0,2

1.080

0,2

Oneri del debito pubblico

77.045

71.278

15,3

72.310

15,5

74.670

16,3

Totale spese correnti

437.873

420.449

90,0

433.110

92,6

429.444

93,9

Investimenti

44.904

44.253

9,5

31.300

6,7

24.691

5,4

Altre spese in conto capitale

362

243

0,1

122

0,0

122

0,0

Oneri comuni

2.545

2.298

0,5

3.157

0,7

3.161

0,7

Totale conto capitale

47.811

46.794

10,0

34.579

7,4

27.974

6,1

Totale spese finali

485.684

467.243

100

467.689

100

457.418

100


PARTE II
Gli stati di previsione dell’entrata e del Ministero dell’economia e delle finanze


1.Stato di previsione dell’entrata - Tabella 1

Sintesi del quadro generale

Lo stato di previsione dell’entrata è predisposto secondo l’impostazione delineata dalla legge 3 aprile 1997, n. 94, recante modifiche alla legge 5 agosto 1978, n. 468, in materia di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio.

In corrispondenza di ciascuna unità previsionale di base (UPB) viene indicata, tra parentesi, la codifica corrispondente alla classificazione economica delle entrate secondo i criteri adottati in contabilità nazionale per i conti del settore della pubblica amministrazione. Negli allegati 2 e 3 sono indicati, per ciascun aggregato della citata classificazione economica, rispettivamente l’ammontare degli introiti allo stesso riferiti e il numero dei capitoli che vi trovano collocazione.

 

Si ricorda che, in base alla classificazione economica, le spese e le entrate vengono articolate in categorie. Le principali categorie delle entrate del bilancio dello Stato sono: imposte sul patrimonio e sul reddito, tasse e imposte sugli affari, imposte sulla produzione, consumi e dogane, monopoli, lotto, lotterie e altre attività di giuoco, proventi dei beni dello Stato, dei servizi pubblici minori e speciali, interessi su anticipazioni e crediti vari del Tesoro.

La classificazione economica delle spese finali del bilancio dello Stato è stata rielaborata secondo i criteri di contabilità nazionale previsti dal SEC95; le principali voci sono: redditi da lavoro dipendente, consumi intermedi, trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche, a famiglie e istituzioni sociali private, a imprese, interessi passivi e redditi da capitale, investimenti fissi lordi e acquisti di terreni, contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche e a imprese, acquisizioni di attività finanziarie.

 

Lo stato di previsione dell’entrata è articolato in unità previsionali di base (UPB)individuate in modo da far corrispondere a ciascuna di esse un unico centro di responsabilità amministrativa cui è affidata la relativa gestione.

Per quanto concerne le entrate tributarie, le UPB sono ulteriormente distinte a seconda che il gettito derivi dalla gestione ordinaria dei tributi ovvero dall’attività di accertamento e di controllo degli uffici finanziari.

Il predetto stato di previsione individua 44 centri di responsabilità amministrativa, per un totale di 166 UPB e 752 capitoli, con un incremento, rispetto al 2006, di 7 centri di responsabilità, 15 UPB e 30 capitoli.

 


Nel disegno di legge di bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) le entrate finali previste per il 2007, al lordo dei rimborsi IVA e delle regolazioni contabili, ammontano a 450.384 milioni di euro, così ripartiti:

-        423,5 miliardi per entrate tributarie;

-        25 miliardi per entrate extra-tributarie;

-        1,9 miliardi per alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e riscossione crediti.

(milioni di euro)

 

Ass. 2006

%

BLV 2007

%

I - Imposte sul patrimonio e sul reddito

199.080

47,3

221.828

49,3

II - Tasse e imposte sugli affari

139.906

33,2

150.706

33,5

III Imposte sulla produzione, consumi e dogane

29.093

6,9

29.554

6,6

IV – Monopoli

9.816

2,3

9.783

2,2

V - Lotto, lotterie ed altre attività di giuoco

12.177

2,9

11.615

2,6

TOTALE ENTRATE TRIBUTARIE

390.072

92,7

423.486

94,0

VI - Proventi speciali

510

0,1

698

0,2

VII - Proventi dei servizi pubblici minori

6.932

1,6

4.214

0,9

VIII – Proventi dei beni dello stato

392

0,1

392

0,1

IX - Prodotti netti di aziende autonome e utili di gestione

3.948

0,9

3.770

0,8

X - Interessi su anticipazioni e crediti vari del tesoro

4.200

1,0

4.531

1,0

XI - Recuperi, rimborsi e contributi

10.951

2,6

9.164

2,0

XII - Partite che si compensano nella spesa

2.006

0,5

2.253

0,5

TOTALE ENTRATE EXTRATRIBUTARIE

28.939

6,9

25.022

5,6

XIII - Vendita di beni ed affrancazione di canoni

1.008

0,2

1.008

0,2

XIV - Ammortamento di beni patrimoniali

840

0,2

841

0,2

XV - Rimborso di anticipazioni e crediti vari del tesoro

26

0,0

26

0,0

TOTALE ALIENAZIONE ED AMMORTAMENTO DI BENI PATRIMONIALI E RISCOSSIONE CREDITI

1.874

0,4

1.875

0,4

TOTALE ENTRATE FINALI

420.885

100,0

450.383

100,0

 


La seguente tabellaeffettua una analisi della previsione di competenza delle entrate finali per l’anno 2007, al lordo dei rimborsi IVA e delle regolazioni contabili, per tipologia di entrate, come indicata nel BLV 2007 (A.C. 1747), a raffronto con la previsione assestata per il 2006 (A.C. 1254).

(valori in milioni di euro)


Assest. 2006
(A.C. 1254)

B.L.V.
2007
(A.C. 1747)

Titolo I – Entrate tributarie

390.073

423.486

di cui:

 

 

IRPEF (IRE)

143.419

159.952

IRES (ex IRPEG)

37.512

44.185

ILOR

165

85

Imposte sostitutive

13.311

13.571

Ritenute a titolo di imposta definitiva

948

1.297

IVA, di cui:

115.854

123.336

-         scambi interni ed intracomunitari

102.590

107.374

-         importazione

13.264

15.962

Altri introiti diretti

2.284

2.676

Condoni e sanatorie, di cui

1.782

65

-         condoni e sanatorie su tributi diretti

1.442

62

-         condoni e sanatorie su tributi indiretti

340

3

Lotto, lotterie e giuochi

12.177

11.615

Accisa e imposta erariale di consumo su:

29.012

29.475

-         oli minerali

22.701

22.443

-         altri prodotti

6.311

7.032

Imposte generi di monopolio

9.814

9.782

Imposte sugli affari

1.430

2.243

Altri tributi indiretti

22.365

25.204

Titolo II ‑ Entrate extra‑tributarie

28.939

25.022

Titolo III – Alienaz. e ammortamento beni patrimoniali e riscoss. Crediti

1.874

1.875

TOTALE ENTRATE FINALI

420.885

450.383

 

 


Considerando, invece, le entrate al netto dei rimborsi IVA (2 miliardi) e della regolazione debitoria per l’acconto ai concessionari (67 milioni), e contabilizzando anche le variazioni al disegno di legge di assestamento per il 2006 come approvato dalla Camera dei deputati (A.S. 1060), il quadro generale di raffronto viene a determinarsi nella seguente misura:

 

 

Bilancio di previsione 2006

Assestato emendato
2006

B.L.V.
2007

Entrate tributarie

363.708

373.566

396.555

Entrate extratributarie

28.730

25.939

25.022

Entrate per alienazione e ammort. beni patrimoniali

1.874

1.874

1.875

Entrate finali

394.311

401.379

423.453

 

Si ricorda che l’emendamento approvato al disegno di legge di assestamento da parte della Camera dei deputati prevede maggiori entrate tributarie per 7.858 milioni ed una riduzione delle entrate extratributarie per 3 miliardi.

 

Conseguentemente, al netto dei rimborsi IVA e della regolazione debitoria, il bilancio a legislazione vigente per il 2007 indica, rispetto al dato assestato emendato, un incremento di circa 23 miliardi delle entrate tributarie, a fronte di una riduzione di quelle extratributarie per 917 milioni, con un saldo finale positivo di 22 miliardi.

Analisi dei residui

Per quanto concerne i residui, nella relazione viene segnalato che la valutazione della loro consistenza presunta si fonda su considerazioni diverse per il comparto tributario e quello non tributario, in relazione alla differente natura dei residui provenienti da precedenti esercizi e alle circostanze che ne possono determinare lo smaltimento o l’accrescimento.

 


La seguente tabella rappresenta la consistenza presunta dei residui al 1° gennaio 2007, posta a raffronto con quelle iniziale e definitiva accertate al 1° gennaio 2006.

 

valori in milioni di euro

 

Residui presunti
1/1/2006

Residui accertati 1/1/2006

Residui presunti 1/1/2007

Entrate tributarie

72.574

79.343

90.980

Entrate extra-tributarie

54.947

71.871

74.194

Alienazione e amm. di beni patrimoniali

33

34

34

TOTALE

127.554

151.248

646.518

 

Bilancio pluriennale

A titolo informativo, di seguito si espone un quadro sintetico delle previsioni di competenza delle entrate per il triennio 2007-2009, formulate sulla base dei criteri illustrati nel quadro generale riassuntivo (A.C. 1747).

 

Bilancio triennale 2007-2009 a legislazione vigente

valori in milioni di euro

 

2007

2008

2009

Entrate tributarie

423.486

435.846

447.801

Entrate extra-tributarie

25.022

25.414

25.983

Alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti

1.875

1.875

875

TOTALE

450.383

463.136

474.659

 

Gli effetti della manovra per il 2007

 

L’Allegato 7 al disegno di legge finanziaria per il 2007[1] (A.C. 1746) illustra gli effetti finanziari sul bilancio dello Stato dell’articolato del disegno di legge finanziaria, e quest’anno, anche del collegato decreto-legge n. 262 del 2006.

 

Le disposizioni contenute nel decreto-legge n. 262 determinerebbero maggiori entrate per 6.729 milioni nel 2007, per 6.846 milioni nel 2008 e per 6.834 milioni nel 2009 in termini di saldo netto da finanziare.

Trasferendo tali effetti sull’indebitamento netto delle P.A. le maggiori entrate sono indicate in 4.010 milioni per il 2007, in 3.680 milioni per il 2008 e in 3.947 milioni per il 2009.

 

In particolare, relativamente al saldo netto da finanziare, nell’anno 2007 si determinerebbero maggiori entrate per 4.391 milioni a seguito delle attività di accertamento e contrasto all’evasione e all’elusione fiscale, per 1.523 milioni in relazione alle disposizioni di recupero della base imponibile, per 130 milioni dall’aggiornamento del catasto dei terreni, per 241 milioni dalle disposizioni in materia di imposte ipotecaria, catastale e di registro relativamente alle successioni e donazioni.

 

Per quanto riguarda il disegno di legge finanziaria sono indicate maggiori entrate per 4.303 milioni nel 2007, per 4.021 milioni nel 2008 e per 5.479 milioni nel 2009 in termini di saldo netto da finanziare, a fronte di minori entrate per 979 milioni nel 2007, per 1.260 milioni nel 2008 e per 858 milioni nel 2009. Conseguentemente, dal lato delle entrate, si determinerebbe un effetto positivo pari 3.323 milioni nel 2007, a 2.761 milioni nel 2008 e a 4.613 milioni nel 2009.

 

In termini di indebitamento della P.A. l’effetto complessivo del disegno di legge finanziaria per il 2007 dovrebbe generare complessivamente maggiori entrate per 11.558 milioni nel 2007, per 9.243 milioni nel 2008 e per 10.869 milioni nel 2009.

 

La considerevole differenza tra le maggiori entrate del saldo netto da finanziare e quelle relative all’indebitamento nette della P.A., pari a 12.928 milioni (4.303 milioni a fronte di 17.241 milioni), è imputabile alle entrate non fiscali relative al Fondo per l’erogazione del TFR di cui articolo 84 (per 6.000 milioni) e all’incremento delle aliquote pensionistiche di alcune categorie disposte dall’articolo 85 (per complessivi 4.720 milioni), i cui effetti si determinano solo sull’indebitamento. La variazione in aumento di 12.928 milioni viene compensata dalle minori entrate, che in termini di saldo netto ammontano per il 2007 a 979,8 milioni a fronte di un minor gettito dal lato dell’indebitamento per 5.683,7 milioni.

 


2.Stato di previsione del Ministero dell’economia
e delle finanze - Tabella 2
(parte di competenza della Commissione finanze)

Sintesi del quadro generale

La Tabella 2 riguarda lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, nel quale sono confluiti gli ex stati di previsione del Ministero delle finanze e del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.

La soppressione del Ministero delle finanze ha determinato l’unificazione del centro di responsabilità “Gabinetto” con quello dell’ex Ministero del tesoro, nonché l’istituzione dei centri di responsabilità “Politiche fiscali” e “Guardia di finanza”.

 

La nuova struttura del Ministero dell’economia e delle finanze, nel bilancio 2007, è articolata in 8 centri di responsabilità, così definiti:

-        Gabinetto e uffici di diretta collaborazione all’opera del Ministro;

-        Amministrazione generale del personale e dei servizi;

-        Tesoro;

-        Ragioneria generale dello Stato;

-        Politiche fiscali;

-        Guardia di finanza;

-        Avvocatura generale dello Stato;

-        Servizio per la gestione spese residuali.

 

Per effetto della nuova articolazione della struttura di Governo definita dal D.L. n. 181 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 233 del 2006, il centro di responsabilità “Politiche di sviluppo e di coesione” è stato trasferito alle competenze del nuovo Ministero dello sviluppo economico (già Ministero delle attività produttive). Conseguentemente l’ammontare degli stanziamenti complessivi del Ministero dell’economia e delle finanze nel bilancio a legislazione vigente per il 2007 (A.C. 1747) risulta inferiore di 161 milioni rispetto al dato assestato per il 2006.

Le previsioni iniziali contenute nel bilancio per il 2007

Il bilancio a legislazione vigente per il 2007 prevede per lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze spese correnti pari a 253,6 miliardi in competenza e a 263,6 miliardi di autorizzazioni di cassa. La spesa in conto capitale viene indicata in 8,1 miliardi in competenza e in 9,6 miliardi in cassa. Il rimborso passività finanziarie ammonta a 189 miliardi in competenza e in cassa.

Le risorse complessive sono pari a 450,7 miliardi in competenza e a 462,3 miliardi per le autorizzazioni di cassa.

 

Nella successiva tavola sono posti a raffronto i dati (competenza) relativi al bilancio di previsione 2006, al dato assestato 2006 e al bilancio a legislazione vigente per il 2007.

 

valori in milioni di euro

 

Bilancio 2006

Assestam. 2006

BLV
2007

Spese correnti

253.737

254.148

253.579

Spese c/capitale

17.783

17.737

8.082

Rimborso prestiti

188.702

188.774

189.045

TOTALE

460.222

460.659

450.706

 


L’evoluzione delle risorse (competenza) destinate ai diversi centri di responsabilità del Ministero dell’economia e delle finanze viene riportata nella tavola seguente:

valori in milioni di euro

 

Bilancio 2006

Assestam. 2006

BLV
2007

Gabinetto del Ministro

78

65

68

Amministrazione generale

2.477

3.173

2.340

Tesoro

291.446

292.011

293.949

Ragioneria generale dello Stato

116.868

115.920

104.164

Politiche di sviluppo e di coesione

140

161

soppresso

Politiche fiscali

45.044

45.351

45.888

Guardia di finanza

3.417

3.404

3.521

Avvocatura generale dello Stato

113

138

114

Gestione spese residuali

639

436

662

TOTALE

460.222

460.659

450.706

Analisi per centri di responsabilità e UPB dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (per la parte di competenza della Commissione finanze)

Centro di responsabilità 6 – Politiche fiscali

Rispetto al dato assestato 2006, il centro di responsabilità 6 (Politiche fiscali) registra un incremento della spesa, in termini di competenza, pari a 537 milioni, passando da 45.351 milioni delle previsioni assestate 2006 a 45.388 milioni delle previsioni 2007, come determinate dal bilancio a legislazione vigente.

Ad un incremento delle spese correnti di 2.151 milioni (+5%), si contrappone una riduzione delle spese in conto capitale per 1.615 milioni, passando da 1.968 milioni del dato assestato 2006 a 353 milioni al dato a legislazione vigente per il 2007. La variazione è imputabile al venir meno delle risorse provenienti dal Fondo per le aree sottoutilizzate destinate al credito di imposta per investimenti e ai nuovi occupati nelle aree svantaggiate. Alla dotazione dell’UPB 6.2.3.12 e relativi capitoli si provvederà in corso d’anno attraverso la ripartizione del predetto Fondo sulla base delle apposite delibere del CIPE.

 


Le variazioni della spesa in esame vengono riportate in maggior dettaglio nella seguente tabella.

valori in milioni di euro

 

Bilancio 2006

Assestam. 2006

BLV
2007

6.1.1 - Spese di funzionamento

962

999

831

6.1.2 – Interventi

41.123

41.128

43.465

6.1.5 – Oneri comuni

197

213

196

6.1.6 – Trattamento di quiescenza

72

72

72

6.1.7 – Oneri del debito pubblico

970

970

970

6.1 Totale spese correnti

43.324

43.383

45.535

6.2.3 – Investimenti

1.721

1.968

353

6.2 Totale spese in conto capitale

1.721

1.968

353

6 – TOTALE POLITICHE FISCALI

45.044

45.351

45.888

 

 

 

Centro di responsabilità 7 – Guardia di Finanza

 

Rispetto al dato assestato 2006, il centro di responsabilità 7 (Guardia di Finanza) registra un incremento della spesa, in termini di competenza, pari a 117 milioni, passando da 3.217 milioni delle previsioni assestate 2006 a 3.334 milioni delle previsioni 2007, come determinate dal bilancio a legislazione vigente.

 

Le variazioni della spesa in esame vengono riportate in maggior dettaglio nella seguente tabella.

 

valori in milioni di euro

 

Bilancio 2006

Assestam. 2006

BLV
2007

7.1.1 – Spese di funzionamento

3.205

3.217

3.334

7.1.6 – Trattamento di quiescenza

84

58

58

7.1 Totale spese correnti

3.288

3.276

3.393

7.2.3 – Investimenti

128

128

128

7.2 Totale spese in conto capitale

128

128

128

7 – GUARDIA DI FINANZA

3.417

3.404

3.521

 

 


3.Stato di previsione dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato - Annesso alla Tabella 2

Lo stato di previsione dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ìndica per il 2007 una riduzione delle entrate e delle spese pari a 731,8 milioni rispetto al dato assestato 2006.

 

Il raffronto fra le previsioni per l’anno 2007 e le previsioni assestate 2006 si presenta come segue:

 

(dati in milioni di euro)

 

Prev. Ass. 2006

Variazioni

Previsioni 2007

ENTRATE

 

 

 

Unità previsionali di parte corrente

1.117,5

+67,1

1.184,6

Unità previsionali di parte capitale

13,0

-3,0

10,0

Accensione prestiti

-

-

-

Gestioni speciali ed autonome

11.292,0

-795,9

10.496,1

Totale Entrate

12.422,5

-731,8

11.690,7

SPESE

 

 

 

Unità previsionali di parte corrente

1.079,4

+69,1

1.148,5

Unità previsionali di parte capitale

51,1

-,50

46,1

Rimborso prestiti

-

-

--

Gestioni speciali ed autonome

11.292

-795,9

10.496

Totale Spese

12.422,5

-731,8

11.690,7

 

 

Quanto ai residui attivi si stima una consistenza al 1° gennaio 2007 di 512,- milioni, di cui 133 per la parte corrente. La consistenza dei residui passivi presunti è valutata in 1.238,9 milioni di euro.

 


PARTE III
Il disegno di legge finanziaria per il 2007


Articolo 3
(Imposta sui redditi delle persone fisiche)

 


1. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) all'articolo 3, relativo alla base imponibile, al comma 1, le parole: «nonché delle deduzioni effettivamente spettanti ai sensi degli articoli 11 e 12» sono soppresse;

     b) l'articolo 11 è sostituito dal seguente:

«Art. 11. - (Determinazione dell'imposta). - 1. L'imposta lorda è determinata applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili indicati nell'articolo 10, le seguenti aliquote per scaglioni di reddito:

     a) fino a 15.000 euro, 23 per cento;

     b) oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 27 per cento;

     c) oltre 28.000 euro e fino a 55.000 euro, 38 per cento;

     d) oltre 55.000 euro e fino a 75.000 euro, 41 per cento;

     e) oltre 75.000 euro, 43 per cento.

2. L'imposta netta è determinata operando sull'imposta lorda, fino alla concorrenza del suo ammontare, le detrazioni previste negli articoli 12, 13, 15 e 16 nonché in altre disposizioni di legge.

3. Dall'imposta netta si detrae l'ammontare dei crediti d'imposta spettanti al contribuente a norma dell'articolo 165. Se l'ammontare dei crediti d'imposta è superiore a quello dell'imposta netta il contribuente ha diritto, a sua scelta, di computare l'eccedenza in diminuzione dell'imposta relativa al periodo d'imposta successivo o di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi»;

     c) l'articolo 12 è sostituito dal seguente:

«Art. 12. - (Detrazioni per carichi di famiglia). - 1. Dall'imposta lorda si detraggono per carichi di famiglia i seguenti importi:

     a) 800 euro per il coniuge non legalmente ed effettivamente separato. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 80.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 80.000 euro;

     b) 800 euro per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati. La detrazione è aumentata a 900 euro per ciascun figlio di età inferiore a tre anni. Le predette detrazioni sono aumentate di un importo pari a 70 euro per ogni figlio portatore di handicap ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Per i contribuenti con più di tre figli a carico la detrazione è aumentata di 200 euro per ciascun figlio a partire dal primo. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 95.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 95.000 euro; per ogni figlio successivo al primo l'importo di 95.000 euro è aumentato di 15.000 euro. La detrazione è ripartita nella misura del 50 per cento tra i genitori. In caso di coniuge fiscalmente a carico dell'altro, la detrazione compete a quest'ultimo per l'intero importo;

     c) 750 euro, da ripartire pro quota tra coloro che hanno diritto alla detrazione, per ogni altra persona indicata nell'articolo 433 del codice civile che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell'autorità giudiziaria. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 80.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 80.000 euro.

2. La detrazione di cui al comma 1 spetta a condizione che le persone alle quali si riferisce possiedano un reddito complessivo, computando anche le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica, non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili.

3. Le detrazioni per carichi di famiglia sono rapportate a mese e competono dal mese in cui si sono verificate a quello in cui sono cessate le condizioni richieste.

4. Se i rapporti di cui al comma 1 sono pari a zero, minori di zero o uguali a 1, le detrazioni non competono; negli altri casi, il risultato dei predetti rapporti si assume nelle prime quattro cifre decimali»;

     d) l'articolo 13 è sostituito dal seguente:

«Art. 13. - (Altre detrazioni).- 1. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono uno o più redditi di cui agli articoli 49, con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a), e 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l), spetta una detrazione dall'imposta lorda, rapportata al periodo di lavoro nell'anno, pari a:

     a) 1.840 euro se il reddito complessivo non supera 8.000 euro. L'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro;

     b) 1.338 euro, aumentata del prodotto tra 502 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a 8.000 euro ma non a 15.000 euro;

     c) 1.338 euro se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 40.000 euro.

2. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono uno o più redditi di pensione di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a), spetta una detrazione dall'imposta lorda, non cumulabile con quella di cui al comma 1, rapportata al periodo di pensione nell'anno, pari a:

     a) 1.725 euro se il reddito complessivo non supera 7.500 euro. L'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro;

     b) 1.255 euro, aumentata del prodotto tra 470 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.500 euro, se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a 7.500 euro ma non a 15.000 euro;

     c) 1.255 euro se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 40.000 euro.

3. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono uno o più redditi di cui agli articoli 50, comma 1, lettere e), f), g), h) e i), 53, 55, 66 e 67, comma 1, lettere i) e l), spetta una detrazione dall'imposta lorda, non cumulabile con quelle previste nei commi 1 e 2, pari a:

     a) 1.104 euro se il reddito complessivo non supera 4.800 euro;

     b) 1.104 euro se il reddito complessivo è superiore a 4.800 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 50.200 euro.

4. Se il risultato dei rapporti indicati nei commi 1, 2 e 3 è maggiore di zero, lo stesso si assume nelle prime quattro cifre decimali»;

     e) all'articolo 24 il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Dall'imposta lorda si scomputano le detrazioni di cui all'articolo 13 nonché quelle di cui all'articolo 15, comma 1, lettere a), b), g), h), h-bis) e i). Le detrazioni per carichi di famiglia non competono».

2. All'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al comma 2, lettera a), primo periodo, le parole da: «al netto delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12, commi 1 e 2, del medesimo testo unico, rapportate al periodo stesso» sono sostituite dalle seguenti: «ed effettuando le detrazioni previste negli articoli 12 e 13 del citato testo unico, rapportate al periodo stesso» e, al secondo periodo, le parole: «Le deduzioni di cui all'articolo 12, commi 1 e 2» sono sostituite dalle seguenti: «Le detrazioni di cui agli articoli 12 e 13»;

     b) al comma 3, primo periodo, le parole: «delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12, commi 1 e 2» sono sostituite dalle seguenti: «delle detrazioni eventualmente spettanti a norma degli articoli 12 e 13».

3. All'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, il comma 350 è abrogato.

4. I trasferimenti erariali in favore delle regioni e degli enti locali sono ridotti in misura pari al maggior gettito loro derivante dalle disposizioni del presente articolo, secondo le modalità indicate nell'articolo 20, comma 23, da definire con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, di seguito denominata «Conferenza unificata».


 

 

L’articolo 3 riforma la disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) a decorrere dal 1° gennaio 2007.

Gli interventi contenuti nel presente articolo riguardano la rideterminazione degli scaglioni di reddito e delle relative aliquote di imposta (comma 1, lettera b)); la soppressione della deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione (c.d. no tax area) e della deduzione per oneri di famiglia (compresa la deduzione per gli addetti all’assistenza personale, c.d. badanti); l’introduzione delle detrazioni per carichi di famiglia [comma 1, lettera c)] e delle detrazioni per alcune categorie di redditi [comma 1, lettera d)]; la determinazione dell’imposta dovuta dai soggetti non residenti [comma 1, lettera e)]; la soppressione del contributo di solidarietà del 4 per cento (comma 2); la previsione della riduzione dei trasferimenti erariali in favore delle regioni e degli enti locali (comma 4).

Disposizioni di coordinamento normativo sono infine contenute nella lettera a) del comma 1 (determinazione del reddito complessivo) e nel comma 2 (adempimenti del sostituto di imposta).

Si segnala infine che l’articolo in commento non contiene una disposizione analoga alla clausola di salvaguardia, mediante la quale, nella scorsa legislatura, era consentito ai contribuenti, per i quali, dall’introduzione di nuove disposizioni, fosse derivato un aggravio della tassazione, di continuare ad applicare, per un certo periodo, il regime previgente[2].

 

Secondo la relazione tecnica allegata al presente disegno di legge, gli effetti di cassa derivanti dall’articolo 3, comprensivi degli effetti indotti sulla tassazione del trattamento di fine rapporto, ammontano a:

-          433 milioni di euro per il 2007;

-          1.031 milioni di euro per il 2008;

-          972 milioni di euro per il 2009.

 

Si ricorda infine che la rideterminazione degli importi dell’assegno al nucleo famigliare, di cui all’articolo 4 del presente disegno di legge, dovrà essere attuata, con un successivo decreto del Ministro per le politiche della famiglia, in coerenza con la riforma dell’IRPEF contenuta nel presente articolo 3.

Base imponibile

L’articolo 3, comma 1, lettera a), novella l’articolo 3, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, sopprimendo il riferimento, ai fini della determinazione della base imponibile IRPEF, alle deduzioni di cui all’articolo 11 (deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione, c.d. no-tax area) e all’articolo 12 (deduzione per oneri di famiglia) del TUIR, le quali sono soppresse dall’articolo 3 in esame.

Modifica delle aliquote e degli scaglioni di reddito

L’articolo 3, comma 1, lettera b), che sostituisce l’articolo 11 del TUIR – introducendovi la materia attualmente contenuta nell’articolo 13[3]modifica gli scaglioni e le aliquote dell'imposta sui redditi delle persone fisiche che passano da tre (oltre il contributo di solidarietà, per il quale si veda infra) a cinque secondo lo schema seguente:

 

CLASSI DI REDDITO

(in euro)

Aliquote

 

fino a

15.000

23%

da 15.000

a 28.000

27%

da 28.000

a 55.000

38%

da 55.000

a 75.000

41%

oltre

75.000

43%

 


Gli scaglioni e le aliquote IRPEF vigenti a decorrere dal 1° gennaio 2005[4] sono invece i seguenti:

 

CLASSI DI REDDITO

(in euro)

Aliquote

fino a 26.000

23%

da 26.000 a 33.500

33%

oltre 33.500 (*)

39%

 

(*) I redditi superiori a 100.000 euro sono inoltre gravati attualmente dal contributo di solidarietà nella misura del 4 per cento (su cui vedi infra), per la parte di reddito che eccede tale importo.

 

Nella tabella sottostante sono poste a confronto le aliquote vigenti (compreso il contributo di solidarietà) con quelle proposte dal disegno di legge in esame:

 

CLASSI DI REDDITO (in euro)

Aliquote vigenti

Aliquote proposte

fino a 15.000

23%

23%

da 15.000 a 26.000

27%

da 26.000 a 28.000

33%

da 28.000 a 33.500

38%

da 33.500 a 55.000

 

39%

da 55.000 a 75.000

41%

da 75.000 a 100.000

43%

oltre 100.000

43%

 

 

Oltre alla sopra illustrata riforma degli scaglioni e dell’aliquota dell’imposta, il nuovo articolo 11 del TUIR si differenzia rispetto al vigente articolo 13 del medesimo TUIR per i seguenti aspetti:

§      al comma 1 del nuovo articolo 11 viene soppresso il riferimento alle deduzioni previste dagli articoli 11 (deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione, c.d. no-tax area) e 12 (deduzioni per oneri di famiglia) del TUIR, che vengono abrogate dall’articolo 3 in esame;

 

Mediante la deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione, si riconosce l’esenzione dall’IRPEF in favore di una quota di reddito di importo pari alla deduzione (c.d. no-tax area). L’importo base della deduzione è di 3.000 euro, con incrementi differenziati[5] in relazione alla natura dei redditi percepiti dal contribuente. La deduzione spetta a condizione che il reddito complessivo del soggetto non superi determinati limiti e, all’interno di tali limiti, spetta in misura decrescente al crescere del reddito[6];

§      viene meno la disposizione contenuta nel vigente comma 1-bis dell’articolo 13 del TUIR, il quale prevede l’esenzione dall’IRPEF per i soggetti alla formazione del cui reddito complessivo concorrono soltanto redditi di pensione non superiori a 7.500 euro, redditi di terreni per un importo non superiore a 185,92 euro e il reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze[7];

§      il comma 2 del nuovo articolo 11 prevede che l’imposta netta si ottiene detraendo dall’imposta lorda, oltre agli importi indicati agli articoli 15 (detrazioni per oneri) e 16 (detrazioni per canoni di locazione) del TUIR, anche le nuove detrazioni previste dagli articoli 12 (detrazioni per carichi di famiglia) e 13 (altre detrazioni) del TUIR (per le quali v. infra).

Detrazioni per carichi di famiglia

L’articolo 3, comma 1, lettera c), che novella l’articolo 12 del TUIR, sostituisce le deduzioni per oneri di famiglia[8], con detrazioni per carichi di famiglia.

Si ricorda innanzitutto che per deduzioni s’intendono i valori che si possono sottrarre dal reddito complessivo, con un beneficio rapportato all'aliquota marginale raggiunta dal contribuente. Queste operano pertanto in modo diverso rispetto alle detrazioni, che invece abbattono l'imposta da pagare.

Le deduzioni per oneri di famiglia attualmente vigenti sono le seguenti:

a)    3.200 euro per il coniuge non legalmente ed effettivamente separato;

b)    2.900 euro per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati, nonché per ogni altra persona indicata nell’articolo 433 del codice civile (persone obbligate agli alimenti) convivente con il contribuente o percipiente assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria. Tale somma deve essere ripartita tra coloro che hanno diritto dalla deduzione;

c)    3.450 euro, per ciascun figlio di età inferiore a tre anni, in alternativa alla deduzione di cui alla precedente lettera a);

d)    3.700 euro, per ogni figlio portatore di handicap, ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104;

e)    3.200 euro, per il primo figlio, se l’altro genitore manca o non ha riconosciuto i figli naturali e il contribuente non è coniugato o se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato, ovvero se vi sono figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e questi non è coniugato o, se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato.

È infine prevista una deduzione, di importo massimo pari a 1.820 euro, per le spese documentate sostenute dal contribuente, in proprio favore o nell’interesse delle persone indicate nell'articolo 433 del codice civile, per gli addetti alla assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana.

Il vigente articolo 12 del TUIR prevede un meccanismo in base al quale si determina, in misura decrescente al crescere del reddito, l’importo delle deduzioni sopra indicate effettivamente spettante al contribuente[9].

 

Le nuove detrazioni per carichi di famiglia sono le seguenti:

a)      800 euro per il coniuge non legalmente ed effettivamente separato.

La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 80.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 80.000 euro[10];

b)      800 euro per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati, di età superiore a tre anni.

L’importo è aumentato a 900 euro per ciascun figlio di età inferiore a tre anni.

Per i contribuenti con più di tre figli a carico la detrazione è aumentata di 200 euro per ciascun figlio a partire dal primo.

L’importo base della detrazione è aumentato di 70 euro per ogni figlio portatore di handicap.

La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 95.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 95.000 euro; per ogni figlio successivo al primo l'importo di 95.000 euro è aumentato di 15.000 euro.

La detrazione è ripartita nella misura del 50 per cento tra i genitori[11]. In caso di coniuge fiscalmente a carico dell'altro, la detrazione compete a quest'ultimo per l'intero importo;

c)      750 euro, da ripartire pro quota tra coloro che hanno diritto alla detrazione, per ogni altra persona indicata nell'articolo 433 del codice civile[12](persone obbligate agli alimenti) che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell'autorità giudiziaria.

La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 80.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 80.000 euro.

 

Il comma 2 del nuovo articolo 12 del TUIR conferma che le detrazioni sopra indicate, come le precedenti deduzioni, spettano a condizione che le persone alle quali si riferiscono non possiedano un reddito complessivo superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. Anche il comma 3 del nuovo articolo 12 del TUIR riprende una previsione già stabilita per le precedenti deduzioni: le detrazioni sono rapportate a mese e competono dal mese in cui si sono verificate al mese in cui sono cessate le condizioni richieste.

Detrazioni per alcune categorie di redditi

L’articolo 3, comma 1, lettera d), recante il nuovo articolo 13 del TUIR, reintroduce le detrazioni differenziate in relazione alle diverse categorie di redditi.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 349, della legge n. 311 del 2004 ha eliminato le detrazioni spettanti in base alla tipologia di reddito posseduta e secondo prestabilite fasce di reddito complessivo, per redditi di lavoro dipendente, di pensione, di lavoro autonomo e d'impresa dei soggetti ammessi al regime di contabilità semplificata. Tale sistema di detrazioni è stato sostituito dalla deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione (c.d. no tax area, prevista dal vigente articolo 11 del TUIR, del quale viene ora proposta l’abrogazione), i cui importi sono modulati in relazione alle differenti categorie di reddito.

 

Le detrazioni per i redditi di lavoro dipendente, esclusi i redditi di pensione, e assimilati[13], rapportate al periodo di lavoro nell’anno, sono le seguenti (comma 1 del nuovo articolo 13 del TUIR):

a)   1.840 euro se il reddito complessivo non supera 8.000 euro. L'ammontare della detrazione effettivamente spettante, in relazione ai giorni di lavoro svolti durante l’anno, non può essere inferiore a 690 euro;

b)   1.338 euro, ai quali si aggiunge un importo pari al prodotto tra 502 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a 8.000 euro ma non a 15.000 euro;

c)   1.338 euro se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 40.000 euro[14].

 

Le detrazioni per i redditi di pensione, non cumulabili con quelle per i redditi di lavoro dipendente, rapportate al periodo di pensione nell’anno, sono le seguenti (comma 2 del nuovo articolo 13 del TUIR):

a)   1.725 euro se il reddito complessivo non supera 7.500 euro. L'ammontare della detrazione effettivamente spettante, in relazione al periodo di pensione goduto nell’anno, non può essere inferiore a 690 euro;

b)   1.255 euro, ai quali si aggiunge un importo pari al prodotto tra 470 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.500 euro, se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a 7.500 euro ma non a 15.000 euro;

c)   1.255 euro se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 40.000 euro.

 

Le detrazioni per i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, per i quali non si applicano le detrazioni previste, per questo tipo di lavoro, dal comma 1 del nuovo articolo 13 (si veda la relativa nota), per i redditi di lavoro autonomo, per i redditi d’impresa, comprese le imprese minori, per i redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente e per i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere sono quelle appresso indicate (comma 3 del nuovo articolo 13 del TUIR). Tali detrazioni non sono cumulabili con quelle di cui ai commi 1 e 2:

a)      1.104 euro se il reddito complessivo non supera 4.800 euro;

b)      1.104 euro se il reddito complessivo è superiore a 4.800 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 50.200 euro.

Imposta dovuta dai non residenti

La lettera e) del comma 1 sostituisce il comma 3 dell’articolo 24 del TUIR, riconoscendo, in favore dei soggetti non residenti – oltre ad alcune detrazioni per oneri[15], già previste nell’attuale formulazione del citato articolo 24 del TUIR – anche le detrazioni differenziate per alcune categorie di redditi, secondo quanto previsto dal nuovo articolo 13 del TUIR (introdotto dalla lettera d) del presente comma 1).

Si segnala che in materia si sono recentemente registrati due interventi:

§       l’articolo 36, comma 2, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 258, il quale ha escluso la possibilità di applicare la deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione (vigente articolo 11 del TUIR) e la deduzione per oneri di famiglia (vigente articolo 12 del TUIR) ai soggetti non residenti;

§       l’articolo 3, comma 7, del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262 (in corso di conversione, A.C. 1750), che ha sospeso l’efficacia della disposizione sopra citata per l’anno 2006.

Adempimenti dei sostituti di imposta

Il comma 2 dell’articolo 3 modifica l’articolo 23 del D.P.R. 28 settembre 1973, n. 600, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, relativo alle ritenute sui redditi di lavoro dipendente, allo scopo di coordinare il citato articolo con le modifiche apportate al TUIR dal comma 1 del presente articolo 3.

Il sostituto d’imposta, nell’effettuare le ritenute ai fini delle imposte sui redditi, in luogo delle deduzioni previste dagli attuali articoli 11 (deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione) e 12, commi 1 e 2 (deduzioni per oneri di famiglia, con esclusione della deduzione per gli addetti all’assistenza personale), del TUIR, dovrà tener conto delle detrazioni stabilite dal nuovo testo degli articoli 12 (detrazioni per carichi di famiglia) e 13 (detrazioni differenziate per alcune categorie di redditi) del medesimo TUIR, modificati dal presente articolo 3. Analoga sostituzione è operata in relazione alle dichiarazioni che il lavoratore deve fare in ordine alla spettanza delle deduzioni/detrazioni (lettera a) del comma 2).

Il sostituto di imposta dovrà poi tener conto delle nuove detrazioni sopra indicate, in luogo delle precedenti deduzioni, in sede di conguaglio relativo all’anno precedente o, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, alla data di cessazione, tra le ritenute operate e l’imposte effettivamente dovuta (lettera b) del comma 2).

Abrogazione del contributo di solidarietà

Il comma 3 dell’articolo 3 in esame abroga l’articolo 1, comma 350, della citata legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), relativo al contributo di solidarietà. Si tratta di un contributo, pari al 4 per cento e gravante sulla parte di reddito imponibile eccedente l’importo di 100.000 euro, rispetto al quale si prevede l'applicazione delle disposizioni in materia di imposte sui redditi ai fini della sua dichiarazione, versamento, accertamento, riscossione e contenzioso. Tale contributo di solidarietà sembrerebbe configurarsi attualmente come una sorta di quarta aliquota del 43 per cento, applicabile alla quota di reddito superiore a 100.000 euro.

Riduzione dei trasferimenti erariali in favore di regioni e enti locali

Il comma 4 dell’articolo 3 rinvia ad un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 della legge n. 281 del 1997 (Stato-città ed autonomie locali e Stato-regioni), per la riduzione dei trasferimenti erariali in favore delle regioni e degli enti locali in conseguenza del maggior gettito derivante a detti soggetti dall’applicazione delle disposizioni del presente articolo. Per l’individuazione delle modalità di riduzione dei trasferimenti statali, il presente comma 4 rinvia all’articolo 20, comma 23, del presente disegno di legge (si veda la relativa scheda di lettura).

 

La previsione di un aumento del entrate delle regioni e degli enti locali si basa sulla considerazione che le addizionali IRPEF spettanti a detti soggetti sono calcolate sul reddito complessivo del contribuente, al netto degli oneri deducibili (articolo 50 del D.Lgs. n. 446 del 1997 e articolo 1 del D.Lgs. n. 360 del 1998). Se questo reddito viene ridotto per l’applicazione delle deduzioni (che, come sopra indicato, operano sul reddito), anche l’importo spettante alle regioni e agli locali subisce una riduzione. Le detrazioni invece si applicano sull’imposta lorda del contribuente e pertanto hanno effetto esclusivamente ai fini dell’IRPEF di competenza statale.

 

La relazione tecnica allegata al presente disegno di legge stima un incremento del gettito dell’addizionale regionale all’IRPEF nella misura di 325 milioni di euro annui, e un incremento del gettito dell’addizionale comunale all’IRPEF nella misura di 81 milioni di euro annui.


Articolo 5, commi 1-15
(Accertamento e contrasto dell’evasione - Studi di settore)

 


1. Dopo l'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, è aggiunto il seguente:

«Art. 10-bis - (Modalità di revisione ed aggiornamento degli studi di settore). - 1. Gli studi di settore previsti all'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni, sono soggetti a revisione, di norma, ogni tre anni dalla data di entrata in vigore dello studio di settore ovvero da quella dell'ultima revisione, sentito il parere della commissione di esperti di cui all'articolo 10, comma 7. Nella fase di revisione degli studi di settore si tiene anche conto dei dati e delle statistiche ufficiali, quali quelli di contabilità nazionale, al fine di mantenere, nel medio periodo, la rappresentatività degli stessi rispetto alla realtà economica cui si riferiscono. La revisione degli studi di settore è programmata con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate da emanare entro il mese di febbraio di ciascun anno.

2. Ai fini dell'elaborazione e della revisione degli studi di settore si tiene anche conto di valori di coerenza, risultanti da specifici indicatori, rispetto a comportamenti considerati normali per il relativo settore economico».

2. Fino alla elaborazione e revisione degli studi di settore previsti dall'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni, che tengono conto degli indicatori di coerenza di cui al comma 2 dell'articolo 10-bis della legge 8 maggio 1998, n. 146, introdotto dal comma 1 del presente articolo, con effetto dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2006, ai sensi dell'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, si tiene altresì conto di specifici indicatori di normalità economica, idonei alla individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi fondatamente attribuibili al contribuente in relazione alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività svolta. Ai fini della relativa approvazione non si applica la disposizione di cui all'articolo 10, comma 7, secondo periodo, della legge 8 maggio 1998, n. 146.

3. Il comma 399 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è abrogato.

4. Il comma 4 dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«4. La disposizione del comma 1 del presente articolo non si applica nei confronti dei contribuenti:

     a) che hanno dichiarato ricavi di cui all'articolo 85, comma 1, esclusi quelli di cui alle lettere c), d) ed e), o compensi di cui all'articolo 54, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, di ammontare superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell'economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale. Tale limite non può, comunque, essere superiore a 7,5 milioni di euro;

     b) che hanno iniziato o cessato l'attività nel periodo d'imposta. La disposizione di cui al comma 1 si applica comunque in caso di cessazione e inizio dell'attività, da parte dello stesso soggetto, entro sei mesi dalla data di cessazione, nonché quando l'attività costituisce mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti;

     c) che si trovano in un periodo di non normale svolgimento dell'attività».

5. Le disposizioni di cui al comma 4 dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, come modificate dal comma 4 del presente articolo, hanno effetto a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data del 1o gennaio 2007, ad esclusione di quella prevista alla lettera b) dello stesso comma che hanno effetto dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2006.

6. Nei confronti dei contribuenti titolari di reddito d'impresa o di lavoro autonomo, per i quali non si rendono applicabili gli studi di settore, sono individuati specifici indicatori di normalità economica, idonei a rilevare la presenza di ricavi o compensi non dichiarati ovvero di rapporti di lavoro irregolare. Ai medesimi fini, nelle ipotesi di cessazione dell'attività, di liquidazione ordinaria ovvero di non normale svolgimento dell'attività, può altresì essere richiesta la compilazione del modello, allegato alla dichiarazione, previsto per i soggetti cui si applicano gli studi di settore.

7. Per i soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, con riferimento al primo periodo d'imposta di esercizio dell'attività, sono definiti appositi indicatori di coerenza per la individuazione dei requisiti minimi di continuità della stessa, tenuto conto delle caratteristiche e delle modalità di svolgimento della attività medesima.

8. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro il 28 febbraio 2007, sono approvati gli indicatori di cui al comma 7, anche per settori economicamente omogenei, da applicare a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2006.

9. Sulla base di appositi criteri selettivi è programmata una specifica attività di controllo nei confronti dei soggetti che risultano incoerenti per effetto dell'applicazione degli indicatori di cui al comma 7.

10. All'articolo 10, comma 1, della legge 8 maggio 1998, n. 146, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) le parole: «con periodo d'imposta pari a dodici mesi e» sono soppresse;

     b) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «qualora l'ammontare dei ricavi o compensi dichiarati risulta inferiore all'ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi stessi».

11. Le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, come modificate dal comma 10 del presente articolo, limitatamente alla lettera a), hanno effetto a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 1o gennaio 2007.

12. All'articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. La misura della sanzione minima e massima di cui al comma 2 è elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa, infedele o inesatta indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. La presente disposizione non si applica se il maggior reddito d'impresa ovvero di arte o professione, accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non è superiore al 10 per cento del reddito d'impresa dichiarato».

13. All'articolo 5 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, dopo il comma 4 è inserito il seguente:

«4-bis. La misura della sanzione minima e massima di cui al comma 4 è elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa, infedele o inesatta indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. La presente disposizione non si applica se la maggiore imposta accertata o la minore imposta detraibile o rimborsabile, a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non è superiore al 10 per cento di quella dichiarata».

14. All'articolo 32 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. La misura della sanzione minima e massima di cui al comma 2 è elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa, infedele o inesatta indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. La presente disposizione non si applica se il maggior imponibile, accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non è superiore al 10 per cento di quello dichiarato».

15. Al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, dopo l'articolo 8 è inserito il seguente:

«Art. 8-bis - (Violazioni relative al contenuto degli allegati alla dichiarazione rilevanti per l'applicazione degli studi di settore) - 1. In aggiunta alla sanzione prevista all'articolo 1, comma 2, e all'articolo 5, comma 4, nelle ipotesi di omessa, infedele o inesatta indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, si applica la sanzione amministrativa da euro cinquecento a euro millecinquecento».


 

 

Il comma 1 dell’articolo 5 disciplina le modalità di revisione e di aggiornamento degli studi di settore, introducendo apposite disposizioni in un nuovo articolo 10-bis inserito nella legge 8 maggio 1998, n. 146.

 

La legge 8 maggio 1998, n. 146, contiene un complesso di disposizioni per la semplificazione e la razionalizzazione del sistema tributario e per il funzionamento dell'Amministrazione finanziaria, nonché disposizioni varie di carattere finanziario. In particolare, l’articolo 10 regola le modalità di utilizzazione degli studi di settore in sede di accertamento.

 

Gli studi di settore, introdotti dall’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, sono strumenti diretti a facilitare la ricostruzione induttiva dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo attraverso la determinazione di funzioni di ricavo e compenso per gruppi omogenei di contribuenti operanti nello stesso settore di attività.

Ciascuno studio di settore risulta, in particolare, costituito da tante funzioni di ricavo e di compenso quanti sono i gruppi omogenei di contribuenti nei quali sono stati suddivisi tutti coloro che operano nello stesso settore di attività. La derivazione della funzione di ricavo prende le mosse dall’elaborazione di un’ampia struttura informativa attinente ai dati contabili ed extracontabili dei contribuenti, pervenendo alla determinazione di indici statistici specifici per ogni categoria economica, ai quali è possibile ragguagliare la situazione del singolo contribuente.

Gli studi di settore sono approvati con decreti ministeriali e sono soggetti a revisione periodica.

In particolare, tale revisione è stata prevista dapprima dall’articolo 23, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, con finalità di controllo delle tendenze inflative rilevate in occasione del passaggio alla nuova moneta dell’euro, per i settori in cui si fossero manifestate o fossero in atto abnormi dinamiche di aumento dei prezzi. Per altro, tale operazione non risulta essere stata condotta a termine; il controllo dei prezzi nella filiera agroalimentare da parte della Guardia di finanza è stato quindi nuovamente disposto dall’articolo 2 del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231.

Finalità più propriamente tributarie riveste invece la revisione quadriennale disposta in via generale per i medesimi studi dall’articolo 1, commi da 399 a 401, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), la quale, ai commi da 407 a 411, ne ha altresì disciplinato l’impiego a fine di accertamento. Tale possibilità è estesa, nei riguardi dei soggetti che esercitano attività d’impresa in regime di contabilità ordinaria, nonché degli esercenti arti o professioni, anche al caso in cui emergano, nel periodo d’imposta da accertare, significative situazioni di incoerenza rispetto agli indici di natura economica, finanziaria o patrimoniale stabiliti con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. La possibilità di adeguamento alle risultanze degli studi di settore senza sanzioni e interessi, nel primo anno di applicazione, è stata altresì estesa ai periodi precedenti e riferita anche all’imposta regionale sulle attività produttive. In questo caso dev’essere tuttavia versata una maggiorazione del 3 per cento calcolata sulla differenza tra ricavi e compensi derivanti dall’applicazione degli studi e quelle annotati nelle scritture contabili, quando tale differenza sia superiore al 10 per cento.

 

Il nuovo articolo 10-bis della legge n. 146 del 1998, aggiunto dal presente comma, stabilisce, al comma 1, che gli studi di settore sono soggetti a revisione, di norma, ogni tre anni dalla data di entrata in vigore dello studio di settore stesso ovvero della sua ultima revisione, sentito il parere della commissione di esperti prevista dall'articolo 10, comma 7.

 

Trattasi di commissione istituita con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, formata da esperti dallo stesso designati, tenendo anche conto delle segnalazioni delle organizzazioni economiche di categoria e degli ordini professionali. Spetta ad essa esprimere parere, prima dell'approvazione e della pubblicazione dei singoli studi, circa la loro idoneità a rappresentare la realtà cui si riferiscono. L'attività consultiva è svolta dai componenti a titolo gratuito.

 

La disposizione prescrive altresì che nella revisione si tenga conto anche dei dati e delle statistiche ufficiali, quali quelli di contabilità nazionale, al fine di mantenere, nel medio periodo, la rappresentatività degli studi di settore rispetto alla realtà economica cui si riferiscono.

La revisione è programmata con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro il mese di febbraio di ciascun anno: sembra quindi che entro tale termine debbano essere individuati (in base alle previste scadenze triennali) gli studi di settore da sottoporre a revisione nel corso dell’anno.

Il comma 2 della novella aggiunge che per l'elaborazione e la revisione degli studi di settore deve anche tenersi conto di valori di coerenza, risultanti da specifici indicatori, rispetto a comportamenti considerati normali per il relativo settore economico.

 

Nell’applicazione degli studi di settore a fine di accertamento, l’analisi della coerenza – sulla base di indici (ad es.: produttività per addetto, rotazione di magazzino) determinati in relazione alle singole aree economiche – costituisce una fase fondamentale per individuare anomalie nei dati comunicati dal contribuente, anche in presenza di ricavi dichiarati congrui rispetto agli importi presunti in base al pertinente studio di settore. Gli indici di coerenza fanno riferimento a comportamenti ritenuto “normali” nel settore economico considerato. Lo scostamento rispetto ad essi consente di riconoscere elementi critici, ad esempio in relazione all’impiego di personale irregolare, a situazioni anomale di magazzino o di area acquisti ovvero a irregolarità di natura contabile.

 

La relazione tecnica stima i seguenti effetti finanziari (in termini di cassa, in milioni di euro):

 

 

2007

2008

2009

per la revisione triennale degli studi

-

+626

+1.150

per la generalizzazione degli indicatori di coerenza

+2.598

+1.762

+1.762

per l’introduzione dell’analisi di coerenza specifica per singolo studio di settore

-

+866

+1.453

 

Il comma 2 del presente articolo 5 dispone, in via transitoria, che fino all’elaborazione e revisione degli studi di settore, mediante l’impiego degli indicatori di coerenza previsti dal comma 2 dell'articolo 10-bis della legge n. 146 del 1998 (introdotto dal comma 1 del presente articolo: v. supra), per l’applicazione degli studi esistenti si tenga anche conto di specifici indicatori di normalità economica, idonei all’individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi fondatamente attribuibili al contribuente in relazione alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività da esso svolta. Questi indicatori sono approvati senza il parere della commissione di esperti, altrimenti previsto dal già citato articolo 10, comma 7, secondo periodo, della legge n. 146 del 1998.

L’applicazione degli indicatori ha effetto dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2006 ai sensi dell'articolo 1 (precisamente, comma 1) del regolamento recante disposizioni concernenti i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195.

 

L’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 195 del 1999, al comma 1, stabilisce che le disposizioni dell'articolo 10, commi da 1 a 6, della legge n. 146 del 1998, relative all’applicazione degli studi a fine di accertamento, si applicano a partire dagli accertamenti relativi al periodo d'imposta nel quale entrano in vigore gli studi di settore, anche nel caso in cui gli studi medesimi siano pubblicati nella Gazzetta ufficiale entro il 31 marzo del periodo d'imposta successivo a quello di entrata in vigore.

Il comma 2 stabilisce invece che si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di entrata in vigore degli studi le disposizioni dell'articolo 10, comma 8, della citata legge n. 146 del 1998 (che consente di stabilire, con i decreti di approvazione degli studi, criteri e modalità di annotazione separata dei componenti negativi e positivi di reddito rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi stessi nei confronti dei soggetti che esercitano più attività).

 

Il comma 3, in conseguenza della nuova disciplina della revisione triennale degli studi di settore, introdotta dal comma 1, dispone l’abrogazione del comma 399 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), il quale ne disciplinava la revisione quadriennale.

 

Il comma 399 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 stabilisce che gli studi di settore sono soggetti a revisione, di norma, ogni quattro anni dalla data dell’entrata in vigore o dell'ultima revisione, al fine di mantenerne la rappresentatività rispetto alla realtà economica cui si riferiscono. La revisione può essere disposta anche prima del suddetto termine, tenuto anche conto di dati e informazioni ufficiali quali i dati di contabilità nazionale, sentito il parere della commissione di esperti. La revisione è programmata con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro il mese di febbraio di ciascun anno.

 

Il comma 4 del presente articolo 5 ridefinisce le fattispecie alle quali non si applicano gli studi di settore, sostituendo il comma 4 dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, che attualmente le disciplina.

La nuova formulazione adegua i riferimenti al testo unico delle imposte sui redditi, in conseguenza delle modificazioni apportate (anche alla numerazione degli articoli) dal decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, innalza da lire 10 miliardi (pari a euro 5.164.568,99) a euro 7,5 milioni il limite massimo di ricavi e compensi, oltre il quale non trovano applicazioni gli studi, e dispone l’applicabilità degli studi a fine di accertamento in caso di inizio dell'attività da parte lo stesso soggetto entro sei mesi dalla cessazione della precedente, nonché quando l'attività costituisca mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti.


 

Testo vigente

Nuova formulazione

 

 

4. Le disposizioni del comma 1 del presente articolo non si applicano nei confronti dei contribuenti che hanno dichiarato ricavi di cui all'articolo 53, comma 1, esclusi quelli di cui alla lettera c), o compensi di cui all'articolo 50, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, di ammontare superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto di approvazione del Ministro delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta ufficiale. Tale limite non può, comunque, essere superiore a 10 miliardi di lire. Le citate disposizioni non si applicano, altresì, ai contribuenti che hanno iniziato o cessato l'attività nel periodo d'imposta ovvero che non si trovano in un periodo di normalesvolgimento dell'attività.

4. La disposizione del comma 1 del presente articolo non si applica nei confronti dei contribuenti:

a) che hanno dichiarato ricavi di cui all'articolo 85, comma 1, esclusi quelli di cui alle lettere c), d) ed e), o compensi di cui all'articolo 54, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, di ammontare superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell'economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta ufficiale. Tale limite non può, comunque, essere superiore a 7,5 milioni di euro;

b) che hanno iniziato o cessato l'attività nel periodo d'imposta. La disposizione di cui al comma 1 si applica comunque in caso di cessazione e inizio dell'attività, da parte dello stesso soggetto, entro sei mesi dalla data di cessazione, nonché quando l'attività costituisce mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti;

c) che si trovano in un periodo di non normale svolgimento dell'attività.

 

Rispetto alla formulazione della lettera a), si osserva che il richiamo dell’articolo 54 del testo unico delle imposte sui redditi è equivalente a quello all’articolo 50, contenuto nel testo vigente (riferito alla numerazione degli articoli antecedente il decreto legislativo n. 344 del 2003).

 

Il comma 1 dell’articolo 54 del TUIR stabilisce che il reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l'ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell'esercizio dell'arte o della professione, salvo quanto stabilito nei successivi commi. I compensi sono computati al netto dei contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde.

 

Il riferimento all’articolo 85 (corrispondente al vecchio articolo 53), comma 1, lettera c), del medesimo testo unico è integrato dall’aggiunta delle lettere d) ede), di nuova introduzione, che disciplinano affini tipologie di ricavo, alle quali è dunque estesa l’esclusione, e che quindi non concorrono al raggiungimento del limite per l’applicabilità degli studi di settore.

 

L’articolo 85, comma 1, del TUIR definisce la nozione di ricavo.

La lettera c) riguarda i corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni, anche non rappresentate da titoli, al capitale di società e altri enti, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diverse da quelle cui si applica l'esenzione prevista dall'articolo 87 (Plusvalenze esenti), anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa.

La lettera d) si riferisce ai corrispettivi delle cessioni di strumenti finanziari similari alle azioni ai sensi dell'articolo 44 emessi da società e altri enti, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diversi da quelli cui si applica l'esenzione prevista dall'articolo 87, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa.

La lettera e) riguarda, infine, i corrispettivi delle cessioni di obbligazioni e di altri titoli in serie o di massa, diversi da quelli indicati alla lettere c) e d), che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa.

 

La precisazione inserita nella lettera b) estende le possibilità di applicazione degli studi di settore nell’ipotesi di cessazione dell’attività (che costituisce di regola causa ostativa alla loro applicabilità a fini di accertamento), specificando che gli studi si applicano:

1)      quando l'attività costituisce mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti;

2)      quando lo stesso soggetto che ha cessato l’attività la riprenda entro sei mesi dalla data di cessazione.

Rispetto a questa seconda ipotesi, sembra doversi concludere – in ragione delle caratteristiche dello strumento – che l’applicabilità del pertinente studio resti subordinata alla circostanza che la nuova attività sia riferibile al medesimo settore economico dell’attività cessata. Sarebbe per altro opportuno un chiarimento a questo riguardo.

 

La relazione tecnica annette alle disposizioni concernenti il limite di applicabilità degli studi di settore e la ridefinizione delle cause di esclusione effetti finanziari stimati in un maggior gettito (in termini di cassa) di 332 milioni di euro per l’anno 2007 e di 278 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009.

 

Il comma 5 dispone circa l’applicazione delle nuove norme introdotte dal precedente comma 4, stabilendo che esse abbiano effetto dal periodo d'imposta in corso alla data del 1° gennaio 2007, ad esclusione di quella indicata alla lettera b), che hanno [recte: ha] effetto dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2006.

Viene così anticipata con effetti di retroattività – in tacita deroga al disposto dell’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente) – l’efficacia della nuova regola (che non sembra avere natura interpretativa) circa l’applicabilità degli studi di settore in caso di cessazione e successivo inizio di attività da parte del medesimo soggetto o di mera prosecuzione dell’attività altrui.

 

L’articolo 3 della legge n. 212 del 2000 stabilisce che – salvo il caso delle norme di interpretazione autentica, le norme tributarie non hanno effetto retroattivo, e che, relativamente ai tributi periodici, le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.

 

Il comma 6, allo scopo di orientare le attività di controllo nei confronti dei contribuenti titolari di reddito d'impresa o di lavoro autonomo cui non sono applicabili gli studi di settore, prevede la determinazione di specifici indicatori di normalità economica, idonei a rilevare la presenza di ricavi o compensi non dichiarati ovvero di rapporti di lavoro irregolare.

Ai medesimi fini, nelle ipotesi di cessazione dell'attività, di liquidazione ordinaria ovvero di non normale svolgimento dell'attività (che costituiscono ordinariamente causa di esclusione dell’applicabilità degli studi), si stabilisce che possa venire richiesta la compilazione del modello, allegato alla dichiarazione, previsto per i soggetti cui si applicano gli studi di settore. Si tratta del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, da allegarsi alla dichiarazione dei redditi.

 

Il comma 7 prescrive altresì la determinazione di appositi indicatori di coerenza per l’individuazione dei requisiti minimi di continuità dell’attività, con riferimento al primo periodo d’imposta in cui essa viene esercitata, relativamente ai soggetti indicati all'articolo 73, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (società di capitali, società cooperative, società di mutua assicurazione), esclusi dall’applicazione degli studi di settore. Tali indicatori sono definiti tenendo conto delle caratteristiche e delle modalità di svolgimento dell’attività medesima.

La relazione governativa ìndica a questo riguardo l’esistenza di “una quota significativa di società di capitali (15-20%) che risultano fiscalmente inattive dopo periodi brevissimi (anche meno di un anno) dall’inizio dell’attività”, rilevando che “queste società dichiarano sovente livelli di ricavi relativamente inferiori rispetto a quelli medi dichiarati dalle società appartenenti a settori economicamente omogenei che iniziano l’attività e la proseguono per periodi più lunghi”. La stessa relazione chiarisce che gli indici di coerenza dovranno essere definiti partendo dagli analoghi indicatori degli studi di settore, con gli adeguamenti necessari per tener conto dei fenomeni specifici rilevati nell’analisi della particolare fattispecie.

Il comma 8 rimette l’approvazione dei predetti indicatori a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanarsi entro il 28 febbraio 2007. Tali indicatori potranno essere elaborati anche per settori economicamente omogenei, e dovranno trovare applicazione a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2006 (quindi con efficacia retroattiva).

 

Dalla formulazione del testo non risulta chiaramente la natura (ordinatoria o perentoria) del termine previsto per l’approvazione. Nella prima ipotesi, sarebbe altresì opportuno chiarire se, qualora l’approvazione intervenga dopo tale termine, ne rimanga ferma l’applicabilità al periodo d’imposta 2006.

 

La relazione tecnica annette alle disposizioni concernenti l’introduzione di indicatori di normalità economica per i contribuenti non soggetti all’applicazione degli studi di settore (comprese le società di capitali) effetti finanziari stimati in un maggior gettito (in termini di cassa) di 358 milioni di euro per l’anno 2007 e di 221 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009.

 

Il comma 9 prescrive che venga programmata, sulla base di appositi criteri selettivi, una specifica attività di controllo nei confronti dei soggetti che risultano incoerenti per effetto dell'applicazione degli indicatori introdotti a norma del comma 7.

 

Il comma 10 modifica le condizioni di applicabilità degli studi di settore a fini di accertamento, definite dall'articolo 10, comma 1, della legge 8 maggio 1998, n. 146.

In particolare, con la lettera a) è soppressa la condizione per cui il contribuente deve avere un periodo d'imposta pari a dodici mesi; la lettera b) specifica invece che gli studi sono impiegati qualora l'ammontare dei ricavi o compensi dichiarati risulta [recte: risulti] inferiore all'ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi stessi. Secondo quanto rilevato dalla relazione governativa, l’applicazione a contribuenti con periodo d’imposta inferiore a dodici mesi richiederà un affinamento del modello statistico-matematico.

 

La stessa relazione rileva che la previsione di applicabilità ai soli contribuenti le cui dichiarazioni non risultino coerenti con gli studi è resa opportuna da ragioni di coordinamento con l’abrogazione del comma 2 dello stesso articolo 10 (che conteneva analoga clausola relativamente agli esercenti attività d'impresa in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, e degli esercenti arti e professioni), operata dall'articolo 37, comma 2, lettera a), del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

Rimangono ferme le cause di esclusione stabilite dal comma 4 dello stesso articolo 10, così come sostituito dal comma 4 del presente articolo (v. supra).

 

La relazione tecnica, a fine di cautela, non stima il maggior gettito che potrà derivare dalla presente disposizione.

 

Il comma 11 dispone che le modificazioni operate dal precedente comma 10, limitatamente a quanto stabilito dalla lettera a) relativamente ai contribuenti con periodo d’imposta inferiore a dodici mesi, hanno effetto a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2007. La disposizione è motivata nella relazione governativa con la necessità di adeguare il modello statistico-matematico a questa nuova applicazione.

 

Si osserva che, l’entrata in vigore della presente legge essendo prevista dall’articolo 217 nel 1° gennaio 2007, e non trattandosi nel caso di specie di norme sostanziali relative a un tributo periodico (che avrebbero effetto dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data della sua entrata in vigore, a norma dell’articolo 3 della legge n. 212 del 2000), non appare chiaro il significato della limitazione alla sola lettera a) del comma 10.

 

I commi 12, 13 e 14 prevedono – in termini sostanzialmente identici per le imposte sui redditi, l’IVA e l’IRAP – l’incremento della sanzione amministrativa pecuniaria nei casi di omessa, infedele o inesatta indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, qualora il maggior reddito d’impresa, d’arte o professione accertato ecceda di oltre il 10 per cento quello dichiarato.

A questo fine:

a)      il comma 12 integra con un nuovo comma 2-bis l'articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi). L’articolo trova applicazione con riferimento alle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi;

Il nuovo comma 2-bis prevede che la misura della sanzione minima e massima indicata al comma 2 (ossia la sanzione dal cento al duecento per cento della maggior imposta o della differenza del credito, stabilita per la dichiarazione di reddito imponibile inferiore a quello accertato o comunque di imposta inferiore a quella dovuta o credito superiore a quello spettante, nonché per esposizione di indebite detrazioni d'imposta o indebite deduzioni dall'imponibile) è elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa, infedele o inesatta indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. L’incremento non si applica se il maggior reddito d'impresa ovvero di arte o professione, accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non è superiore al 10 per cento del reddito d'impresa dichiarato»;

b)      il comma 13 aggiunge, nell'articolo 5 del medesimo decreto legislativo n. 471 del 1997, un nuovo comma 4-bis, da applicarsi alle dichiarazioni relative all’imposta sul valore aggiunto (IVA);

Anche in questo caso la misura della sanzione minima e massima prevista dal comma 4 (rispettivamente, cento e duecento per cento della differenza in caso di dichiarazione di imposta sul valore aggiunto inferiore al dovuto o eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quanto spettante) è elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa, infedele o inesatta indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. L’incremento non si applica se la maggiore imposta accertata o la minore imposta detraibile o rimborsabile, a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non è superiore al 10 per cento di quella dichiarata.

 

Si osserva a questo proposito che il comma 4, qui richiamato, oltre alla fattispecie descritta, disciplina, nel secondo periodo, le violazioni riguardanti la dichiarazione periodica, alle quali dichiara applicabile la diversa sanzione indicata nel comma 3 (sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni). Per evitare dubbi interpretativi, sarebbe opportuno specificare a quale dei due periodi debba intendersi operato il rinvio.

 

c)      il comma 14 aggiunge, nell'articolo 32 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, un nuovo comma 2-bis, da applicarsi alle dichiarazioni relative all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

Anche in questo caso la misura della sanzione minima e massima prevista dal comma 2 (rispettivamente, una e due volte l’ammontare della maggiore imposta dovuta in caso di dichiarazione di imponibile inferiore a quello accertato o imposta inferiore al dovuto) è elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa, infedele o inesatta indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. L’incremento non si applica se la maggiore imposta accertata o la minore imposta detraibile o rimborsabile, a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non è superiore al 10 per cento di quella dichiarata.

 

In aggiunta alle sanzioni introdotte dai commi precedenti, il comma 15 prevede una sanzione amministrativa pecuniaria, in misura fissa determinata nel minimo e nel massimo, per colpire le medesime violazioni relative al contenuto degli allegati alla dichiarazione rilevanti per l'applicazione degli studi di settore. Nel già citato decreto legislativo n. 471 del 1997, dopo l'articolo 8, è a questo fine inserito il nuovo articolo 8-bis.

Esso, in aggiunta alla sanzione prevista dall'articolo 1, comma 2, e dall'articolo 5, comma 4, commina la sanzione amministrativa da euro cinquecento a euro millecinquecento nelle ipotesi di omessa, infedele o inesatta indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti.

 

La relazione governativa osserva che la previsione di una sanzione aggiuntiva, specificamente riferita alla violazione, rivestirebbe particolare efficacia, in quanto “applicabile indipendentemente dall’esperibilità dell’azione di accertamento, e pertanto anche a seguito di specifici accessi atti a rilevare la veridicità dei dati e delle informazioni forniti dal contribuente con i modelli annuali”.

 

Si osserva a questo riguardo che la previsione (nel presente comma 15) di una sanzione specifica per “violazioni relative al contenuto degli allegati alla dichiarazione [nel testo della norma denominati modelli] rilevanti per l'applicazione degli studi di settore” può indurre dubbi circa la sua relazione con le sanzioni introdotte dai precedenti commi da 12 a 14. Poiché infatti questi ultimi dispongono l’incremento di sanzioni riferite a fattispecie diverse e determinate (dichiarazioni inferiori al dovuto, esposizione di deduzioni o detrazioni non spettanti etc.), nell’ipotesi in cui ricorrano contestualmente le violazioni relative al contenuto dei modelli, non sembrerebbero applicabili separatamente per queste sole violazioni. I riferimenti operati nella novella del presente comma 15 all’ “articolo 1, comma 2” (invece che 2-bis) e all’ “articolo 5, comma 4” (invece che 4-bis) sembrerebbero confermare quest’interpretazione. Verrebbe meno, pertanto, il carattere “aggiuntivo” della sanzione prevista dal presente comma 15, ove dovesse intendersi come sanzione da cumularsi con la precedente (fra l’altro, ciò comporterebbe l’assoggettamento della medesima condotta a due sanzioni di eguale natura).

Si segnala altresì, in relazione al medesimo comma 15, che la previsione di una sanzione da applicarsi “in aggiunta alla sanzione prevista all’articolo 1, comma 2, e all’articolo 5, comma 4” indurrebbe a ritenere che tale sanzione possa essere irrogata soltanto ove la condotta qui individuata sia stata realizzata unitamente alle violazioni contemplate nei due articoli citati. Infine, il mancato richiamo dell’articolo 32, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 446 del 1997 (introdotto dal comma 14) parrebbe escludere l’applicabilità della sanzione in relazione agli allegati alle dichiarazioni IRAP.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Lotta all’evasione fiscale

Il 31 maggio 2006 la Commissione ha adottato una comunicazione sulla necessità di sviluppare una strategia coordinata al fine di migliorare la lotta alle frodi fiscali (COM(2006)254).

La comunicazione, sottolineando la carenza di stime sull’ammontare delle imposte non percepite a causa della frode fiscale, mira a facilitare la cooperazione tra gli Stati membri per garantire il funzionamento regolare del mercato interno e la tutela degli interessi finanziari della Comunità e punta a lanciare un dibattito tra le parti interessate nel quadro di una strategia antifrode a livello europeo.

Il documento pone in rilievo alcuni elementi di criticità relativi alla situazione attuale:

-        in relazione alla frode dell’IVA, sottolinea lo scarso utilizzo da parte degli Stati membri degli strumenti offerti dal Reg. (CE) n. 1798/2003 in tema di cooperazione amministrativa in materia di IVA;

-        in materia di accise, si richiama l’eventualità di dovere adottare ulteriori misure, rispetto a quelle previste dalla disciplina vigente, soprattutto a fronte di ulteriori fenomeni di frode, quali il contrabbando e la contraffazione di alcool e tabacco;

-        si evidenziano alcuni problemi di funzionamento nel campo della cooperazione amministrativa tra gli Stati membri (linguistici, di mancanza di risorse umane, ecc.);

-        si rileva lo scarso utilizzo da parte degli Stati membri delle strutture di sostegno e di assistenza operativa a livello comunitario, in particolare delle risorse dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) che agisce come piattaforma di servizi per le unità operative degli Stati membri;

-        si richiama l’attenzione sull’esigenza del rafforzamento della legislazione in materia di assistenza alla riscossione per migliorare il recupero delle tasse non versate allo Stato.

La Commissione individua tra i punti deboli del sistema attuale la tassazione delle vendite a distanza, dei mezzi di trasporto nuovi e d’occasione. Ricorda poi che alcuni Stati membri si sono dimostrati favorevoli ad estendere l’utilizzo del meccanismo dell’autoliquidazione che in taluni settori, come quello della costruzione, si è dimostrato efficace. Parallelamente a tale meccanismo occorrerebbe ampliare gli obblighi di dichiarazione supplementari rispetto a quelli attuali per evitare nuovi rischi di frode, fermo restando che la semplificazione del quadro fiscale è un elemento chiave della politica fiscale, iscritta nel quadro più ampio della strategia di Lisbona.

 

Il documento tratta poi la necessità di una maggiore cooperazione con i paesi terzi e le possibilità di modifica del sistema comune dell’IVA e dell’accise.

 

Il 7 giugno 2006 il Consiglio ECOFIN ha adottato conclusioni sulla citata comunicazione preannunciando di volere :

-        esaminare tutte le questioni sollevate dalla comunicazione in materia di frode, comprese le eventuali modifiche giuridiche al sistema IVA;

-        proseguire più specificamente con l'ausilio della Commissione l'analisi del ricorso all'inversione contabile come meccanismo per affrontare la frode in materia di IVA;

-        tornare sull'argomento per l'ultima sessione nel 2006 al fine di poter orientare gli ulteriori lavori della Commissione.

La Presidenza di turno finlandese ha poi chiesto alla Commissione di presentare al più presto una proposta di direttiva che consenta agli Stati membri di optare per l'applicazione di un meccanismo di inversione contabile per le cessioni interne tra imprese quando l'importo della fattura supera i 5.000 euro.


Articolo 5, commi 16-19 e 36-37
(Disposizioni per il contrasto dell’evasione
nell’applicazione di agevolazioni fiscali)

 


16. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) all'articolo 10, comma 1, lettera b), dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Ai fini della deduzione la spesa sanitaria relativa all'acquisto di medicinali deve essere certificata da fattura o da scontrino fiscale contenente la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e l'indicazione del codice fiscale del destinatario»;

     b) all'articolo 15, comma 1, lettera c), dopo il secondo periodo, è inserito il seguente: «Ai fini della detrazione la spesa sanitaria relativa all'acquisto di medicinali deve essere certificata da fattura o da scontrino fiscale contenente la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e l'indicazione del codice fiscale del destinatario».

17. I commi 7 e 8 dell'articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, sono abrogati.

18. Le agevolazioni tributarie e di altra natura relative agli autoveicoli utilizzati per la locomozione dei soggetti di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, con ridotte o impedite capacità motorie, sono riconosciute a condizione che gli autoveicoli siano utilizzati in via esclusiva o prevalente a beneficio dei predetti soggetti.

19. In caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito delle autovetture per le quali l'acquirente ha usufruito dei benefici fiscali prima del decorso del termine di due anni dall'acquisto, è dovuta la differenza fra l'imposta dovuta in assenza di agevolazioni e quella risultante dall'applicazione delle agevolazioni stesse. La disposizione non si applica per i disabili che, in seguito a mutate necessità dovute al proprio handicap, cedano il proprio veicolo per acquistarne un altro su cui realizzare nuovi e diversi adattamenti.

(omissis)

36. I soggetti di cui all'articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, che deducono dal reddito complessivo somme per assegni periodici corrisposti al coniuge di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 10 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, devono indicare nella dichiarazione annuale il codice fiscale del soggetto beneficiario delle somme.

37. All'articolo 78 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, dopo il comma 25 sono inseriti i seguenti:

«25-bis. Ai fini dei controlli sugli oneri detraibili di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 15 del testo unico sulle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, gli enti e le casse aventi esclusivamente fine assistenziale devono comunicare in via telematica all'Anagrafe tributaria gli elenchi dei soggetti ai quali sono state rimborsate spese sanitarie per effetto dei contributi versati di cui alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 51 del citato testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

25-ter. Il contenuto, i termini e le modalità delle trasmissioni sono definiti con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate».


 

 

Il comma 16 dell’articolo 5 limita la deducibilità o detraibilità delle spese sanitarie per acquisto di medicinali, agli effetti dell’imposta sui redditi delle persone fisiche, subordinandola alla loro certificazione mediante fattura o scontrino fiscale contenente la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e l'indicazione del codice fiscale del destinatario.

In particolare, la lettera a) introduce tale condizione relativamente alle spese sanitarie sostenute per l’acquisto di medicinali dai soggetti affetti da grave e permanente invalidità o menomazione.

A questo fine, viene inserito un nuovo periodo nell’articolo 10, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

 

L’articolo 10, comma 1, lettera b), del TUIR, nel testo vigente, consente di dedurre dal reddito complessivo, agli effetti dell’IRPEF, le spese mediche e quelle di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione, sostenute dai soggetti indicati nell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione). Si considerano rimaste a carico del contribuente anche le spese rimborsate per effetto di contributi o di premi di assicurazione da lui versati e per i quali non spetta la detrazione d'imposta o che non sono deducibili dal suo reddito complessivo né dai redditi che concorrono a formarlo; si considerano, altresì, rimaste a carico del contribuente le spese rimborsate per effetto di contributi o premi che, pur essendo versati da altri, concorrono a formare il suo reddito

 

La lettera b) introduce la medesima clausola – relativa alle spese per medicinali – nell’articolo 15, comma 1, lettera c), del medesimo testo unico, che disciplina la detrazione consentita a tutti i contribuenti per le spese sanitarie.

 

L’articolo 15, comma 1, lettera c), del TUIR consente di detrarre dall’imposta lorda le spese sanitarie, nella misura del 19 per cento e limitatamente alla parte eccedente lire 250 mila (pari a euro 129,11). Dette spese sono costituite esclusivamente dalle spese mediche e di assistenza specifica (diverse da quelle riferite alle invalidità e menomazioni sopra richiamate), e dalle spese chirurgiche, per prestazioni specialistiche e per protesi dentarie e sanitarie in genere. Disposizioni speciali riguardano le spese riguardanti i mezzi (compresi i veicoli) necessari all'accompagnamento, alla deambulazione, alla locomozione e al sollevamento e per sussidi tecnici e informatici rivolti a facilitare l'autosufficienza e le possibilità di integrazione degli invalidi. Anche in questo caso, si considerano rimaste a carico del contribuente anche le spese rimborsate per effetto di contributi o premi di assicurazione da lui versati e per i quali non spetta la detrazione d'imposta o che non sono deducibili dal suo reddito complessivo né dai redditi che concorrono a formarlo. Si considerano, altresì, rimaste a carico del contribuente le spese rimborsate per effetto di contributi o premi che, pur essendo versati da altri, concorrono a formare il suo reddito, salvo che il datore di lavoro ne abbia riconosciuto la detrazione in sede di ritenuta.

 

La relazione tecnica annette alle presenti disposizioni effetti finanziari stimati (in termini di cassa) in un maggior gettito di 113,5 milioni di euro per l’anno 2008 e in 65 milioni di euro per l’anno 2009.

 

Il comma 17 rende nuovamente indetraibile, agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, l’imposta assolta per operazioni inerenti e connesse all’organizzazione e all’esercizio del lotto, delle lotterie, dei concorsi pronostici e delle scommesse, nonché per le prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione a queste connesse.

Sono abrogati, a questo fine, i commi 7 e 8 dell'articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

 

Il comma 7 dell’articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge n. 203 del 2005 ha inserito nel comma 3 dell’articolo 19 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, concernente l’imposta sul valore aggiunto, l’ulteriore lettera e-bis), la quale comprende le operazioni relative all’esercizio, prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione su lotto, lotterie, concorsi pronostici e scommesse tra quelle cui non si applica l’indetraibilità prevista per le operazioni esenti inerenti e connesse all’organizzazione e all’esercizio delle attività indicate all’articolo 10, n. 6) e 7), del medesimo D.P.R.

Ha altresì aggiunto nel comma 5 dello stesso articolo 19 un’ulteriore disposizione, che esclude, per le stesse operazioni, l’applicazione della disciplina del cosiddetto pro rata di detraibilità dell'imposta sugli acquisti di beni e servizi strumentali alle operazioni esenti.

Il comma 8subordina l’efficacia di queste disposizioni alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea.

I numeri 6) e 7) del citato articolo 10 (esenzione IVA) del D.P.R. n. 633 del 1972 riguardano le operazioni relative all'esercizio del lotto, delle lotterie nazionali, dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici riservati allo Stato e al CONI e all’UNIRE, nonché quelle relative all'esercizio dei totalizzatori e delle scommesse, ivi comprese le operazioni relative alla raccolta delle giocate (numero 6) e le operazioni relative all'esercizio delle scommesse in occasione di gare, corse, giuochi, concorsi e competizioni di ogni genere, diverse da quelle indicate al numero precedente, nonché quelle relative all'esercizio del giuoco nelle case da giuoco autorizzate e alle operazioni di sorte locali autorizzate (numero 7).

 

La relazione tecnica annette alla presente disposizione effetti finanziari stimati in un maggior gettito pari a 60 milioni di euro annui. La stima è conforme alla perdita di gettito indicata precedentemente in relazione all’articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge n. 203 del 2005, che aveva introdotto la disposizione abrogata.

 

Si osserva, con riferimento alla formulazione del presente comma, che sarebbe stato più corretto abrogare direttamente le disposizioni contenute nel D.P.R. n. 633 del 1972, invece che i commi 7 e 8 dell’articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge n. 203 del 2005 che le hanno inserite mediante novella. Per altro, l’applicazione di tali disposizioni è soggetta a condizione sospensiva in attesa dell’approvazione della Commissione europea.

 

Il comma 18 subordina il riconoscimento delle agevolazioni tributarie e di altra natura relative agli autoveicoli utilizzati per la locomozione dei soggetti affetti da minorazione (identificati mediante il richiamo all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104)[16], con ridotte o impedite capacità motorie, alla condizione che gli autoveicoli siano utilizzati in via esclusiva o prevalente a beneficio dei predetti soggetti.

 

Tra le agevolazioni fiscali concesse agli invalidi (ovvero alle persone cui essi risultano fiscalmente a carico) per l’acquisto di autoveicoli, si richiamano:

-        la detrazione d’imposta, nella misura del 19 per cento delle spese sostenute per l’acquisto di mezzi necessari alla locomozione dei soggetti portatori di handicap, prevista agli effetti dell’imposta sui redditi delle persone fisiche dall’articolo 15, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. La detrazione d’imposta spetta integralmente – cioè senza applicazione della franchigia di euro 129,11 normalmente prevista per la detrazione delle spese mediche – una sola volta in un periodo di quattro anni;

-        l’applicazione dell’aliquota IVA del 4 per cento sull'acquisto di veicoli adattati all’uso degli invalidi (concessa agli invalidi dall’articolo 1 della legge 9 aprile 1986, n. 97, ed estesa ai soggetti definiti dall’articolo 3 della citata legge n. 104 del 1992 – legge quadro sull’handicap – dall’articolo 8, comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n. 449). L’agevolazione è riconosciuta una sola volta nel corso del quadriennio, salvo il caso in cui il veicolo precedente sia stato cancellato dal pubblico registro automobilistico. L'IVA agevolata si applica attualmente ai soli motoveicoli e autoveicoli, nuovi o usati, con limiti di cilindrata: fino a 2.000 centimetri cubici, se con motore a benzina, e fino a 2.800 centimetri cubici, se con motore diesel;

-        l’esenzione dal pagamento dell’imposta erariale di trascrizione, dell'addizionale provinciale all'imposta erariale di trascrizione e dell'imposta di registro per gli atti di natura traslativa o dichiarativa (cioè i passaggi di proprietà) aventi per oggetto i suddetti veicoli (articolo 8, comma 4, della citata legge n. 449 del 1997). A seguito della soppressione dell’imposta erariale di trascrizione e dell'addizionale provinciale, l’agevolazione deve riferirsi all’imposta provinciale di trascrizione, istituita dall’articolo 56 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446;

-        l’esenzione dal pagamento della tassa automobilistica per i suddetti motoveicoli e autoveicoli (articolo 8, comma 7, della medesima legge n. 449 del 1997).

 

Il comma 19 dispone che, in caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito delle autovetture per le quali l'acquirente ha usufruito dei benefìci fiscali prima del decorso del termine di due anni dall'acquisto, è dovuta la differenza fra l'imposta dovuta in assenza di agevolazioni e quella risultante dall'applicazione delle agevolazioni stesse.

Questa disposizione non si applica per gli invalidi nel caso in cui, a seguito a mutate necessità dovute alla minorazione da cui sono affetti, cedano il proprio veicolo per acquistarne un altro su cui realizzare nuovi e diversi adattamenti.

 

La norma sembra doversi riferire alle agevolazioni previste per i veicoli destinati ai soggetti affetti da invalidità o menomazioni, in connessione con quanto disposto dal precedente comma 18 e secondo le indicazioni della relazione governativa. Tuttavia, stante la sua formulazione in termini generali, per prevenire dubbi interpretativi, sarebbe opportuna una precisazione a tale riguardo.

 

Il già citato articolo 15, comma 1, lettera c), del TUIR prevede attualmente che la detrazione ammessa per i veicoli destinati ai soggetti con capacità motorie ridotte spetti per un solo veicolo e sull’importo massimo di euro 18.075,99 entro un periodo di quattro anni.

La reiterazione del beneficio, per acquisti effettuati entro il periodo predetto, è possibile soltanto ove il primo veicolo per il quale sia stata utilizzata la detrazione venga cancellato dal pubblico registro automobilistico. Qualora il veicolo sia stato rubato e non ritrovato, la detrazione spetta nuovamente anche entro il quadriennio, nel medesimo limite di spesa massima, detrattone l'eventuale rimborso assicurativo.

 

Potrebbe essere opportuno coordinare il termine biennale, previsto dalla presente disposizione, quello quadriennale, previsto per la fruizione dell’agevolazione agli effetti dell’IRPEF.

 

La relazione tecnica annette alle disposizioni dei commi 18 e 19 effetti finanziari stimati in un maggior gettito (in termini di cassa) di 26,7 milioni di euro per il 2006, 75,4 milioni di euro per il 2007 e 56,5 milioni di euro per il 2009.

 

Il comma 36 dispone che i soggetti passivi dell’imposta sui redditi delle persone fisiche (individuati mediante riferimento all'articolo 2 del TUIR), i quali deducono dal reddito complessivo somme per assegni periodici corrisposti al coniuge (secondo quanto previsto dalla lettera c) del comma 1 dell'articolo 10 del medesimo TUIR), devono indicare nella dichiarazione annuale il codice fiscale del soggetto beneficiario delle somme.

 

L’articolo 10, comma 1, lettera c), del TUIR ammette la deduzione degli assegni periodici corrisposti al coniuge – ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli – in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria.

 

Il comma 37, anche in connessione con le disposizioni introdotte dal precedente comma 16, lettera b), impone agli enti e alle casse aventi esclusivamente fine assistenziale di comunicare in via telematica all'anagrafe tributaria gli elenchi dei soggetti ai quali sono state rimborsate spese sanitarie per effetto di contributi che non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente.

A quest’effetto, nell'articolo 78 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, sono inseriti due nuovi commi. Il primo (comma 25-bis) dispone tale comunicazione, espressamente volta ad agevolare i controlli sugli oneri detraibili previsti dalla lettera c) del comma 1 dell'articolo 15 del TUIR.

 

La lettera c) del comma 1 dell'articolo 15 del TUIR stabilisce infatti che si considerano rimaste a carico del contribuente – agli effetti della detrazione ammessa – anche le spese rimborsate

1) per effetto di contributi o premi di assicurazione da lui versati e per i quali non spetta la detrazione d'imposta o che non sono deducibili dal suo reddito complessivo né dai redditi che concorrono a formarlo;

2) per effetto di contributi o premi che, pur essendo versati da altri, concorrono a formare il suo reddito, salvo che il datore di lavoro ne abbia riconosciuto la detrazione in sede di ritenuta. Questa fattispecie si verifica, in particolare, per i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, che, entro il limite ammesso, non concorrono a formare il reddito a norma dell’articolo 51, comma 2, lettera a), del medesimo TUIR.

Il nuovo comma 25-ter rimette invece la fissazione del contenuto, dei termini e delle modalità delle trasmissioni a provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.

 

Si osserva che la disposizione avrebbe potuto trovare opportuna collocazione nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605, recante disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 29 ottobre 2004 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte (COM(2004)728) relativo alla semplificazione e all’ammodernamento del sistema IVA, che comprende:

-        una proposta di modifica della direttiva 77/388/CEE (“Sesta direttiva IVA”) con lo scopo di semplificare gli obblighi IVA;

-        una proposta di direttiva che disciplina il rimborso dell’IVA, già previsto dalla direttiva 777/388/CEE, per i soggetti di imposta che risiedono in un altro Stato membro;

-        una proposta di modifica del regolamento (CE) 1798/2003, allo scopo di introdurre modalità cooperazione tra le amministrazioni finanziarie nazionali coerenti con l’introduzione dello sportello unico e con le modifiche al sistema di rimborso IVA.

Il pacchetto di proposte è stato esaminato dal Parlamento europeo in lettura unica il 7 settembre 2005. Il 7 giugno 2006 il Consiglio, nell’ambito della procedura di consultazione, ha deciso la continuazione dei lavori sugli altri elementi del pacchetto di misure IVA, allo scopo di giungere ad un accordo globale entro la fine dell'anno.

 

Lo scopo principale del pacchetto di proposte è quello di alleggerire l’onere amministrativo a carico dei soggetti che, in ragione della propria attività economica, devono assolvere obblighi IVA in un Paese diverso da quello nel quale risiedono. A tal fine, tra l’altro, la Commissione prende in esame le spese per le quali non è possibile ottenere una detrazione totale dell’IVA, con l’obiettivo di ravvicinare le normative nazionali, che in proposito divergono notevolmente.

Secondo la Commissione si potrebbe prevederel’indetraibilità dell’imposta soltanto per:

a)       spese di divertimento o di rappresentanza;

b)       spese relative a viaggi, alloggio, alimenti e bevande, diverse da quelle sostenute dal soggetto passivo nell'esercizio della sua attività per fornire a titolo oneroso prestazioni di viaggio, alloggio, alimenti e bevande;

c)       spese relative ai veicoli stradali a motore, ad eccezione dei veicoli che il soggetto passivo detiene a titolo di scorte mercantili e dei veicoli da lui messi in vendita nell'esercizio della sua attività, nonché dei veicoli usati come taxi, destinati alla scuola guida o ad essere dati a noleggio o in leasing;

d)       spese relative a imbarcazioni o aeromobili esclusi quelli destinati unicamente al trasporto commerciale di persone o beni.

Il 7 novembre 2006 è previsto l’accordo politico del Consiglio sull’atto finale.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 16 marzo 2005 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[17] in relazione al trattamento IVA applicato in Italia all’IVA detraibile assolta dai soggetti passivi non stabiliti nel territorio italiano prima della loro registrazione in Italia ai fini IVA.

La lettera richiama i principi ribaditi dalla Corte di giustizia delle Comunità europee (sentenza Rompelman del 14 febbraio 1985) in base ai quali il diritto alla detrazione è un diritto fondamentale del soggetto passivo che quest’ultimo può esercitare sin dalle prime operazioni effettuate. Secondo la Corte uno Stato membro non può nemmeno limitare il periodo entro il quale le eventuali operazioni preliminari danno diritto alla detrazione.

La Commissione in particolare ritiene che il trattamento applicato all’IVA a monte in base alla legislazione italiana, assolta prima dell’espletamento di tutte le formalità amministrative relative alla nomina del rappresentante fiscale, risulta incompatibile con le disposizioni del Trattato CE contenute:

-        nell’articolo 49 (divieto di restrizioni alla libera prestazione di servizi);

-        nell’articolo 90 (divieto per qualunque Stato di applicare a prodotti di altri Stati membri imposizioni interne superiori a quelle applicate ai prodotti similari nazionali; divieto di applicazione ai prodotti di altri Stati membri di imposizioni interne tese a proteggere indirettamente altre produzioni);

-        nonché contenute:

-        nella sesta direttiva IVA (Dir. 77/388/CE, sulla base imponibile uniforme) che regola, in particolare, il diritto alla detrazione (art. 17) e gli obblighi dei contribuenti in regime interno (art. 22).


Articolo 5, commi 20-24
(Contrasto dell'evasione – Compensi per attività sanitarie)

 


20. La riscossione dei compensi dovuti per attività di lavoro autonomo mediche e paramediche svolte nell'ambito delle strutture sanitarie private è effettuata in modo unitario dalle stesse strutture sanitarie, le quali provvedono a:

     a) incassare il compenso in nome e per conto del prestatore di lavoro autonomo e a riversarlo contestualmente al medesimo;

     b) registrare nelle scritture contabili obbligatorie, ovvero in apposito registro, il compenso incassato per ciascuna prestazione di lavoro autonomo resa nell'ambito della struttura.

21. Le strutture sanitarie di cui al comma 20 comunicano telematicamente all'Agenzia delle entrate l'ammontare dei compensi complessivamente riscossi per ciascun percipiente.

22. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate sono definiti i termini e le modalità per la comunicazione prevista dal comma 21 nonché ogni altra disposizione utile ai fini dell'attuazione dei commi 20 e 21.

23. Le disposizioni di cui ai commi da 20 a 22 si applicano a decorrere dal 1o marzo 2007.

24. Per le violazioni delle disposizioni di cui ai commi 20 e 21 si applicano rispettivamente gli articoli 9 e 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e successive modificazioni. Restano fermi in capo ai singoli prestatori di lavoro autonomo tutti gli obblighi formali e sostanziali previsti per lo svolgimento dell'attività.


 

 

I commi da 20 a 24 introducono disposizioni volte ad agevolare le funzioni di controllo in relazione alle attività di lavoro autonomo di carattere medico e sanitario svolte in strutture sanitarie private.

In particolare, il comma 20 stabilisce che i compensi dovuti per le attività di lavoro autonomo mediche e paramediche svolte nell'ambito di tali strutture sono riscossi unitariamente dalle stesse strutture sanitarie, le quali provvedono a incassare il compenso, in nome e per conto del prestatore di lavoro autonomo, contestualmente riversandolo al medesimo, e a registrare il compenso riscosso per ciascuna prestazione nelle scritture contabili obbligatorie, ovvero in apposito registro.

A norma del comma 21, le stesse strutture sanitarie comunicano in via telematica all'Agenzia delle entrate l'ammontare dei compensi complessivamente riscossi per ciascun percipiente.

Il comma 22 rimette a provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate la definizione dei termini e delle modalità per la comunicazione telematica, nonché delle altre disposizioni attuative dei commi 20 e 21.

Infine, a norma del comma 23, l’applicazione di queste disposizioni decorre dal 1° marzo 2007.

Si ricorda che il terzo comma dell’articolo 19 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (recentemente introdotto, unitamente al successivo, dal comma 12 dell’articolo 35 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006) impongono agli esercenti arti o professioni – anche in forma associata – di tenere uno o più conti correnti bancari o postali, in cui debbono far affluire le somme riscosse nell’esercizio dell’attività ed effettuare i prelevamenti per il pagamento delle spese.

Il quarto comma stabilisce inoltre che i compensi in denaro per l’esercizio di arti e professioni vengano riscossi esclusivamente attraverso assegni non trasferibili, bonifici, oppure altre modalità di pagamento bancario o postale, nonché mediante sistemi di pagamento elettronico. La disposizione non si applica quando il pagamento consista in un importo unitario inferiore a 100 euro.

Il comma 12-bisdello stesso articolo 35 del decreto-legge n. 223 del 2006 ha stabilito che quest’ultima norma abbia applicazione graduale: il limite è infatti stabilito in:

1.000 euro, fino al 30 giugno 2007;

500 euro dal 1° luglio 2007 fino al 30 giugno 2008,

100 euro dal 1° luglio 2008.

 

Il comma 24 stabilisce le sanzioni applicabili per la violazione delle disposizioni dei commi 20 e 21.

Per la violazione dell’obbligo d’incasso o la mancata registrazione dei compensi si applica l’articolo 9 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 riguardante le violazioni degli obblighi relativi alla contabilità in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto, che in particolare commina la sanzione amministrativa da lire due milioni a lire quindici milioni (pari rispettivamente a euro 1032,91 ed euro 7746,85) a chi non tiene o non conserva secondo le prescrizioni le scritture contabili, e gli altri libri, documenti e registri prescritti dalle leggi tributarie.

Per la mancata trasmissione telematica si applica invece l’articolo 11 del medesimo decreto legislativo n. 471 del 1997, che sanziona fra l’altro l’omissione di ogni comunicazione prescritta dalla legge tributaria, comminando sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni (pari rispettivamente a euro 258,23 ed euro 2.065,83).

Restano fermi a carico dei singoli prestatori di lavoro autonomo tutti gli obblighi formali e sostanziali previsti per lo svolgimento dell'attività.

 

La relazione tecnica, atteso il carattere procedurale delle disposizioni, rinunzia prudenzialmente a stimare il maggior gettito che potrebbe conseguirne.


Articolo 5, comma 25
(Ritenute sui corrispettivi dovuti dal condominio all’appaltatore)

 


25. Dopo l'articolo 25-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

«Art. 25-ter - (Ritenute sui corrispettivi dovuti dal condominio all'appaltatore). - 1. Il condominio quale sostituto di imposta opera all'atto del pagamento una ritenuta del 10 per cento a titolo di acconto dell'imposta sul reddito dovuta dal percipiente, con obbligo di rivalsa, sui corrispettivi dovuti per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi, anche se rese a terzi o nell'interesse di terzi, effettuate nell'esercizio di impresa.

2. La ritenuta di cui al comma 1 è operata anche se i corrispettivi sono qualificabili come redditi diversi ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera i), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917».


 

 

Il comma 25 dell’articolo 5 estende l’obbligo di operare la ritenuta d’acconto, nella misura del 10 per cento, ai corrispettivi dovuti dal condominio per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi, anche se rese a terzi o nell'interesse di terzi, effettuate dall’appaltatore nell'esercizio di impresa.

 

Il condominio è già qualificato come sostituto d’imposta, con l’obbligo di operare la ritenuta d’acconto sulle somme e valori da esso corrisposti, in particolare per le prestazioni che diano luogo a redditi da lavoro dipendente o assimilati, ovvero a redditi di lavoro autonomo, escluse in questo caso le prestazioni effettuate nell’esercizio di imprese (articoli 23, 24 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi). Per i redditi da lavoro dipendente, la ritenuta è operata secondo le aliquote vigenti per l’imposta sui redditi delle persone fisiche; per i redditi assimilati e quelli di lavoro autonomo, la misura della ritenuta è stabilita nella misura del 20 per cento.

A fini di accertamento, l’articolo 32, primo comma, numero 8-ter), dello stesso decreto consente agli uffici finanziari di richiedere agli amministratori di condominio negli edifici dati, notizie e documenti relativi alla gestione condominiale.

L’articolo 7, nono comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, obbliga gli amministratori di condominio negli edifici a comunicare annualmente all'anagrafe tributaria l'ammontare dei beni e servizi acquistati dal condominio e i dati identificativi dei relativi fornitori.

 

La presente disposizione inserisce nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, un nuovo articolo 25-ter, a norma del quale il condominio, all'atto del pagamento dei corrispettivi dovuti per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi, anche se rese a terzi o nell'interesse di terzi, effettuate nell'esercizio di impresa, è tenuto a operare, quale sostituto d’imposta e con obbligo di rivalsa, una ritenuta del 10 per cento a titolo di acconto dell'imposta sul reddito dovuta dal percipiente.

La ritenuta è operata anche se i corrispettivi sono qualificabili come redditi diversi ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera i), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

 

L’articolo 67, comma 1, lettera i), del TUIR qualifica come redditi diversi i redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente, se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente.

 

La presente disposizione determina un aumento di gettito esclusivamente in termini di cassa, mediante il meccanismo degli acconti e dei saldi, che la relazione tecnica stima in 110 milioni di euro per l’anno 2007, mentre per la medesima ragione è indicata per l’anno 2008 una diminuzione (sempre in termini di cassa) di 43 milioni di euro.


Articolo 5, commi 26 e 27
(Contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale – Disposizioni in materia di IVA)

 


26. All'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) il sesto comma è sostituito dal seguente:

«Le disposizioni di cui al quinto comma si applicano anche:

     a) alle prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l'attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell'appaltatore principale o di un altro subappaltatore;

     b) alle cessioni di apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazioni soggette alla tassa sulle concessioni governative di cui all'articolo 21 della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, come sostituita, da ultimo, dal decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1995, nonché dei loro componenti ed accessori;

     c) alle cessioni di personal computer e dei loro componenti ed accessori;

     d) alle cessioni di materiali e prodotti lapidei, direttamente provenienti da cave e miniere»;

     b) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Le disposizioni di cui al quinto comma si applicano alle ulteriori operazioni individuate dal Ministro dell'economia e delle finanze, con propri decreti, in base alla direttiva 2006/69/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006, ovvero individuate con decreto emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nelle ipotesi in cui necessita la preventiva autorizzazione comunitaria prevista dalla direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977».

27. Le disposizioni di cui alle lettere b), c) e d) del sesto comma dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, come modificato dal comma 26 del presente articolo, si applicano alle cessioni effettuate successivamente alla data di autorizzazione della misura ai sensi dell'articolo 27 della direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977.


 

 

Il comma 26 dell’articolo 5 estende l’ambito di applicabilità del metodo della tassazione inversa (reverse charge) agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto.

È modificato a questo fine l’articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, il quale individua i soggetti passivi dell’imposta.

In particolare, la lettera a) del presente comma 26 sostituisce il sesto comma del medesimo articolo 17 (aggiunto dall'articolo 35, comma 5, del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006). La nuova formulazione proposta stabilisce che l’applicazione delle modalità di fatturazione e di pagamento dell’imposta previste nel quinto comma del medesimo articolo 17[18] si applicano:

a)      alle prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili, oppure nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore;

Si tratta della fattispecie prevista nel vigente sesto comma, la cui introduzione era stata motivata nella relazione governativa al decreto-legge n. 223 del 2006 (A.S. 741), come misura volta a “contrastare fenomeni fraudolenti consistenti nella creazione di piccole imprese che realizzano lavori edilizi nel quadro di opere complesse, fatturano regolarmente le prestazioni con l’applicazione dell’IVA, ma poi omettono di versare il tributo, che lucrano illecitamente, per poi sparire, salvo ricostituirsi in forme analoghe”.

b)      alle cessioni di apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazioni soggette alla tassa sulle concessioni governative di cui all'articolo 21 della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641[19], nonché dei loro componenti e accessori;

c)      alle cessioni di elaboratori elettronici (personal computer) e dei loro componenti e accessori;

d)      alle cessioni di materiali e prodotti lapidei, direttamente provenienti da cave e miniere.

 

Di conseguenza, il destinatario della cessione o prestazione viene ad essere tenuto al pagamento dell'imposta, se soggetto passivo d'imposta nel territorio dello Stato. La fattura, emessa dal cedente o dal subappaltatore senza addebito d'imposta, con l'osservanza delle disposizioni degli articoli 21 e seguenti del medesimo decreto e con l'indicazione della norma qui contemplata, deve essere integrata dal destinatario con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta e deve essere annotata nel registro delle fatture o dei corrispettivi (previsti rispettivamente dagli articoli 23 o 24) entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese. Lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro dei beni e servizi acquistati (previsto dall'articolo 25).

 

Secondo le norme vigenti, questa forma di imposizione si applica anche alle cessioni di oro da investimento (legge 17 gennaio 2000, n. 7) e agli apporti di beni immobili ai fondi d'investimento immobiliare chiusi (articolo 8, comma 1-bis, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410).

 

La lettera b) dello stesso comma 26 aggiunge nel medesimo articolo 17 del D.P.R. n. 633 del 1972 un nuovo comma, a tenore del quale il metodo di tassazione inversa si applica alle ulteriori operazioni individuate dal Ministro dell'economia e delle finanze:

-       con propri decreti, in base alla direttiva 2006/69/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006;

La direttiva 2006/69/CE del Consiglio modifica la direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda talune misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta sul valore aggiunto e di contribuire a contrastare la frode o l'evasione fiscale.

In particolare, l’articolo 1, primo paragrafo, numero 7), modifica l’articolo 21, paragrafo 2, della direttiva 77/388/CEE, nella versione figurante nell’articolo 28 octies della stessa autorizzando gli Stati membri a stabilire che, per le sottoindicate operazioni, il debitore dell’imposta sia il soggetto passivo nei cui confronti esse sono effettuate:

i.         prestazioni di servizi di costruzione, inclusi i servizi di riparazione, pulizia, manutenzione, modifica e demolizione relative a beni immobili nonché la consegna di lavori immobiliari, considerata cessione di beni ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 5;

ii.       messa a disposizione di personale per l’esecuzione delle attività di cui al punto i);

iii.      cessioni di taluni beni immobili (fabbricati diversi dai fabbricati nuovi, e fondi non edificati), qualora il cedente abbia optato per l’imposizione dell'operazione;

iv.      cessioni di materiali di recupero, di materiali di recupero non riutilizzabili in quanto tali, di avanzi, di materiali di scarto industriali e non industriali, di materiali di scarto riciclabili nonché di materiali di scarto parzialmente lavorati, e determinate cessioni di beni e prestazioni di servizi figuranti nell’allegato M;

v.        cessioni di beni dati in garanzia da un soggetto passivo ad un altro soggetto passivo in esecuzione di questa garanzia;

vi.      cessioni di beni successive alla cessione del diritto di riserva di proprietà ad un cessionario che esercita tale diritto;

vii.     cessione di beni immobili in una vendita giudiziale al pubblico incanto da parte di un debitore giudiziario.

Gli Stati membri possono specificare le cessioni di beni e le prestazioni di servizi contemplati e le categorie di prestatori, cedenti o destinatari cui queste misure possono applicarsi. Essi possono altresì limitare l’applicazione delle misure ad alcune delle cessioni di beni o prestazioni di servizi figuranti nell’allegato M. Delle disposizioni nazionali adottate deve essere informato il comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto.

-       con decreto emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (ossia con regolamento ministeriale), nelle ipotesi in cui necessita la preventiva autorizzazione comunitaria prevista dalla direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977.

L’articolo 27, paragrafo 1, della direttiva 77/388/CEE, prevede che il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ciascuno Stato membro ad introdurre o a prorogare misure particolari di deroga alla predetta direttiva, al fine di semplificare la procedura di riscossione dell'imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali.

 

Il comma 27 stabilisce che le disposizioni delle lettere b), c) e d) del sesto comma dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, come modificato dal precedente comma 26 (v. supra), si applicano alle cessioni effettuate successivamente alla data di autorizzazione della misura da parte del Consiglio dell’Unione europea, ai sensi dell'articolo 27 della direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977.

 

È pertanto differita, in attesa dell’autorizzazione europea, l’applicazione del metodo di tassazione inversa alle cessioni di telefoni portatili, elaboratori elettronici, materiali lapidei.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Nell’ambito del pacchetto di proposte (COM(2004)728), presentato il 29 ottobre 2004, relativo alla semplificazione e all’ammodernamento del sistema IVA (richiamato nella scheda relativa al comma 17 dell’articolo 5) è prevista un’estensione del meccanismo dell’inversione contabile (c.d. reverse charge).

Tale meccanismo (in base al quale l’imposta deve essere assolta dal cliente, se soggetto IVA nello Stato in cui avviene la transazione, anziché dal prestatore del servizio o dal cedente e quindi rende l’acquirente debitore dell’imposta), per le operazioni che coinvolgono imprese soggette ad IVA nello Stato membro in cui ha sede l’acquirente, fa sì che l’imposizione avvenga nel luogo di consumo, senza che il fornitore sia soggetto a obblighi fiscali in tale paese. La proposta della Commissione tende ad estendere questo meccanismo, già obbligatorio per alcune operazioni, a vari altri casi.

 

Il 20 luglio 2005 la Commissione ha presentato una proposta modificata di direttiva sul luogo delle prestazioni di servizi (COM(2005)334). La proposta originaria (COM(2003)822) riguardava soltanto i soggetti passivi mentre la proposta modificata concerne anche i soggetti non passivi, e stabilisce che il luogo di tassazione è quello di destinazione del servizio anziché, come previsto attualmente, quello del prestatore.

La proposta, che segue la procedura di consultazione, è stata esaminata il 16 maggio 2006 dal Parlamento europeo che ha proposto alcuni emendamenti. Il Consiglio ha esaminato la proposta il 7 giugno 2006, decidendo di continuare i lavori allo scopo di giungere ad un accordo politico sull’atto finale nella riunione del 7 novembre prossimo.


Articolo 5, comma 28
(Obbligo di richiesta della registrazione da parte degli agenti immobiliari)

 


28. Al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) all'articolo 10, comma 1, dopo la lettera d) è inserita la seguente:

«d-bis) gli agenti di affari in mediazione iscritti nella sezione degli agenti immobiliari del ruolo di cui all'articolo 2 della legge 3 febbraio 1989, n. 39, per le scritture private non autenticate di natura negoziale stipulate a seguito della loro attività per la conclusione degli affari»;

     b) all'articolo 57, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Gli agenti immobiliari di cui all'articolo 10, comma 1, lettera d-bis,) sono solidalmente tenuti al pagamento dell'imposta per le scritture private non autenticate di natura negoziale stipulate a seguito della loro attività per la conclusione degli affari».


 

 

Il comma 28 dell’articolo 5 estende agli agenti immobiliari, per le scritture private non autenticate di natura negoziale stipulate a seguito della loro attività per la conclusione degli affari, l’obbligo di chiedere la registrazione e l’obbligazione al pagamento dell’imposta di registro, solidalmente con le parti contraenti.

A questo fine è integrato il dettato degli articoli 10 e 57 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.

La lettera a) modifica l'articolo 10, che individua i soggetti obbligati a chiedere la registrazione.

 

I soggetti obbligati sono attualmente:

a) le parti contraenti per le scritture private non autenticate, per i contratti verbali e per gli atti pubblici e privati formati all'estero, nonché i rappresentanti delle società o enti esteri, ovvero uno dei soggetti che rispondono delle obbligazioni della società o ente, per le operazioni delle rispettive società o enti;

b) i pubblici ufficiali (notai, ufficiali giudiziari, segretari o delegati della pubblica amministrazione etc.) per gli atti da essi redatti, ricevuti o autenticati;

c) i cancellieri e i segretari per le sentenze, i decreti e gli altri atti degli organi giurisdizionali alla cui formazione hanno partecipato nell'esercizio delle loro funzioni;

d) gli impiegati dell'amministrazione finanziaria e gli appartenenti al Corpo della Guardia di finanza per gli atti da registrare d'ufficio in mancanza di richiesta da parte degli altri soggetti obbligati.

 

A questi soggetti vengono quindi aggiunti con la nuova lettera d-bis) gli agenti di affari in mediazione iscritti nella sezione degli agenti immobiliari del ruolo di cui all'articolo 2 della legge 3 febbraio 1989, n. 39, per le scritture private non autenticate di natura negoziale stipulate a seguito della loro attività per la conclusione degli affari.

 

La lettera b) modifica l'articolo 57, che individua i soggetti obbligati al pagamento dell’imposta di registro, introducendo un nuovo comma 1-bis, a norma del quale gli agenti immobiliari suddetti sono solidalmente tenuti al pagamento dell'imposta per le medesime scritture private.


Articolo 5, commi 29 e 30
(Contrasto del giuoco irregolare e illegale)

 


29. In coerenza ai principi recati dall'articolo 38 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ed al fine di contrastare la diffusione del gioco irregolare ed illegale, l'evasione e l'elusione fiscale nel settore del gioco, nonché di assicurare l'ordine pubblico e la tutela del giocatore, con uno o più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sono stabilite le modalità per procedere alla rimozione dell'offerta, attraverso le reti telematiche o di telecomunicazione, di giochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro in difetto di concessione, autorizzazione, licenza od altro titolo autorizzatorio o abilitativo o, comunque, in violazione delle norme di legge o di regolamento o delle prescrizioni definite dalla stessa Amministrazione. I provvedimenti di cui al presente comma sono adottati nel rispetto degli obblighi comunitari.

30. Dalla data di entrata in vigore del primo provvedimento emesso ai sensi del comma 29, i commi da 535 a 538 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono abrogati.


 

 

Il comma 29 dell’articolo 5 dispone che con provvedimenti dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nel rispetto degli obblighi comunitari, siano stabilite le modalità per impedire l’offerta non autorizzata di giuochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro o, comunque, in violazione delle norme di legge o di regolamento o delle prescrizioni definite dalla stessa Amministrazione, effettuata mediante reti telematiche o di telecomunicazione.

 

A questo fine, la disposizione richiama i princìpi recati dall'articolo 38 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, nonché la finalità di contrastare la diffusione del giuoco irregolare e illegale, l'evasione e l'elusione fiscale nel settore del giuoco, nonché di assicurare l'ordine pubblico e la tutela del giocatore.

 

L'articolo 38 del decreto-legge n. 223 del 2006 prevede fra l’altro che vengano disciplinati, tramite regolamenti da emanarsi entro il 31 dicembre 2006, ai sensi dell'art. 16, comma 1, della sopra citata legge n. 133 del 1999:

-        le scommesse a distanza a quota fissa con modalità di interazione diretta tra i singoli giocatori (scommesse cosiddette peer to peer); tale tipo di giuoco consente ai giocatori di scommettere gli uni contro gli altri su un determinato evento senza più un banco tradizionale;

-        i giuochi di abilità on-line (skill games) con vincita in denaro, nei quali l'abilità dei giocatori prevale, rispetto al risultato, sull'elemento aleatorio. Per questo tipo di giuochi è prevista un'aliquota d'imposta pari al 3 per cento della somma giocata;

-        le caratteristiche dei "negozi" specializzati nella vendita del giuoco, ovvero:

-        agenzie di scommessa;

-        sale pubbliche da gioco;

-        sale destinate al gioco del Bingo (D.M. 31 gennaio 2000).

Il comma 2 prevede il riordino dell'attuale sistema distributivo dei giuochi a base sportiva con la costituzione di una rete strutturata di punti vendita e a tal fine novella il comma 287 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311 del 2004).

 

Si dispone quindi che, con uno o più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, vengano stabilite le modalità per procedere alla rimozione dell'offerta, attraverso le reti telematiche o di telecomunicazione, di giuochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro mancanti di concessione, autorizzazione, licenza o altro titolo autorizzatorio o abilitativo o, comunque, in violazione delle norme di legge o di regolamento o delle prescrizioni definite dalla stessa Amministrazione. Si specifica che tali provvedimenti debbono rispettare gli obblighi comunitari.

La disposizione sembra intesa a ovviare a obiezioni circa la compatibilità delle norme, adottate in precedenza (v. infra, nella presente scheda, nonché, in calce a questa, il paragrafo: Procedure di contenzioso in sede comunitaria), con i princìpi comunitari in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.

 

Secondo consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, le restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi devono, in primo luogo, essere giustificate da motivi imperativi d’interesse generale; in secondo luogo, devono essere idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e, in terzo luogo, non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo. In ogni caso, devono essere applicate in modo non discriminatorio.

Nelle sentenze 24 marzo 1994 (causa C-275/92, Schindler), 21 settembre 1999 (causa C-124/97, Läärä e altri) e 21 ottobre 1999 (causa C-67/98, Zenatti), la Corte di giustizia ha ammesso che le restrizioni alle attività di giuoco possono essere giustificate da motivi imperativi d’interesse generale, quali la tutela del consumatore e la prevenzione della frode e dell'incitazione dei cittadini ad una spesa eccessiva collegata al giuoco, rilevando tuttavia come le restrizioni fondate su tali motivi e sulla necessità di prevenire turbative all'ordine sociale debbano essere idonee a garantire la realizzazione dei detti obiettivi, nel senso che tali restrizioni debbono contribuire a limitare le attività di scommessa in modo coerente e sistematico.

Più recentemente, nella sentenza 6 novembre 2003 (causa C-243/01, Gambelli e altri), la stessa Corte ha concluso che “una normativa nazionale contenente divieti – penalmente sanzionati – di svolgere attività di raccolta, accettazione, prenotazione e trasmissione di proposte di scommessa, relative, in particolare, a eventi sportivi, in assenza di concessione o autorizzazione rilasciata dallo Stato membro interessato, costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi previste, rispettivamente, agli articoli 43 CE e 49 CE”, statuendo che “spetta al giudice del rinvio verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità di applicazione, risponda realmente ad obiettivi tali da giustificarla e se le restrizioni che essa impone non risultino sproporzionate rispetto a tali obiettivi”. Agli effetti di tale verifica, la Corte ha enunziato alcuni criteri, osservando fra l’altro:

1)       che, “laddove le autorità di uno Stato membro inducano ed incoraggino i consumatori a partecipare alle lotterie, ai giuochi d'azzardo o alle scommesse affinché il pubblico erario ne benefici sul piano finanziario, le autorità di tale Stato non possono invocare l'ordine pubblico sociale con riguardo alla necessità di ridurre le occasioni di giuoco per giustificare provvedimenti come quelli oggetto della causa principale” (n. 69);

2)       che le restrizioni imposte in materia di bandi di gara per le concessioni relative alla gestione di scommesse su eventi sportivi “devono essere indistintamente applicabili, vale a dire con le stesse modalità e con gli stessi criteri agli operatori” stabiliti in qualunque Stato membro (n. 70), in particolare prevedendo requisiti di partecipazione che non siano fissati in termini tali da poter essere soddisfatti, in pratica, più facilmente dagli operatori nazionali che non da quelli stranieri (n. 71);

3)       che le restrizioni imposte non debbono eccedere quanto necessario per conseguire l'obiettivo perseguito (n. 72).

 

In relazione a ciò, il comma 30 dispone che dalla data di entrata in vigore del primo provvedimento emesso ai sensi del comma 29, rimangano abrogati i commi da 535 a 538 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

 

Il comma 535 della legge n. 266 del 2005 stabilisce che il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) segnali ai fornitori di connettività alla rete internet, ovvero ai gestori di altre reti telematiche o di telecomunicazione o agli operatori che mediante esse forniscono servizi telematici, i casi di offerta, attraverso dette reti, di giuochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro che siano illegali, mancando delle concessioni, autorizzazioni, licenze o altri titoli previsti dalla legge. Qualora il fatto costituisca reato, permangono naturalmente i poteri dell'autorità giudiziaria.

Ai sensi del comma 536, i destinatari delle segnalazioni sono obbligati ad adottare misure tecniche, che verranno stabilite con uno o più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS, atte a impedire l'utilizzazione delle reti di cui sono gestori, o in relazione alle quali forniscono servizi, per lo svolgimento di giuochi, scommesse o concorsi pronostici illeciti.

In caso di violazione dell'obbligo suddetto, è prevista dal comma 537 una sanzione amministrative pecuniaria da 30.000 a 180.000 euro per ogni violazione accertata. L'autorità competente è l'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato.

Per l'applicazione delle disposizioni testé esaminate, il comma 538 prescrive la collaborazione tra il Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS, la Polizia postale e delle telecomunicazioni e il Corpo della Guardia di finanza. Quest'ultimo si avvale dei poteri ad esso riconosciuti ai sensi del D.Lgs. n. 68 del 2001 (Adeguamento dei compiti del Corpo della Guardia di finanza, a norma dell'articolo 4 della legge 31 marzo 2000, n. 78). Tale cooperazione avverrà secondo i criteri e le modalità individuati dall'AAMS d'intesa con il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno.

Le disposizioni per l’applicazione delle norme testé illustrate sono state emanate dal direttore dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato con provvedimento del 7 febbraio 2006 (Rimozione dei casi di offerta in assenza di autorizzazione, attraverso rete telematica, di giochi, lotterie, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro), pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 36 del 13 febbraio 2006.

L’articolo 1 individua le finalità e reca le definizioni rilevanti per l’applicazione del provvedimento, fra cui quella di “fornitore di servizi di rete”, distinguendo a questo riguardo tra il fornitore di connettività (access provider: ogni soggetto che consente all'utente l'allacciamento alla rete internet ovvero ad altre reti telematiche o di telecomunicazione o agli operatori che in relazione ad esse forniscono servizi telematici o di telecomunicazione, anche concedendo al cliente uno spazio, da gestire autonomamente, sul disco fisso del proprio elaboratore), il fornitore di servizi di providing (service provider: ogni soggetto che, una volta avvenuto l'accesso alla rete internet ovvero ad altre reti telematiche o di telecomunicazione, consente all'utente di compiere determinate operazioni, quali l'utilizzo della posta elettronica, la suddivisione e catalogazione delle informazioni, il loro invio a soggetti determinati, etc.) e il fornitore di contenuti, (content provider: ogni operatore che mette a disposizione del pubblico informazioni e opere di qualsiasi genere caricandole sulle memorie del proprio server e collegando tale server alla rete internet ovvero ad altre reti telematiche o di telecomunicazione, nonché colui che si obbliga a gestire e ad organizzare le pagine «web» immesse in rete dal proprio cliente).

L’articolo 2 prevede che l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato comunichi ai fornitori di servizi di rete l'elenco degli operatori non autorizzati stabilendo i termini entro i quali essi sono tenuti a interrompere la prestazione dei propri servizi nei riguardi di questi ultimi. L’elenco degli operatori non autorizzati è pubblicato anche nel sito della predetta Amministrazione (www.aams.it).

L’articolo 3 disciplina la responsabilità dei fornitori di servizi di rete per le informazioni fornite mediante i loro servizi dagli operatori non autorizzati, nel caso in cui non interrompano la prestazione del servizio nei termini prescritti dall’Amministrazione.

L’articolo 4 esclude l'obbligo generale di sorveglianza e di ricerca da parte dei fornitori dei servizi di rete circa la presenza di attività di giuoco non autorizzate.

Il fornitore è comunque tenuto a informare tempestivamente l’Amministrazione qualora venga a conoscenza di attività o informazioni riguardanti attività di giuoco esercitate da un operatore non autorizzato, destinatario di suoi servizi, e a fornire tempestivamente le informazioni in suo possesso per l'identificazione, anche a fine preventivo. Il fornitore è altresì civilmente responsabile nei confronti di terzi per il contenuto dei servizi offerti nel caso in cui non abbia eseguito la prescritta interruzione dei servizi o se, avendo avuto conoscenza del carattere illecito o pregiudizievole di un servizio, non abbia provveduto ad informarne l’Amministrazione.

L’articolo 5 commina la sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 a 180.000 euro per ciascuna violazione delle disposizioni relative all’interruzione della prestazione dei servizi di rete, ferma restando l'eventuale responsabilità penale dei fornitori.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 28 giugno 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[20]per violazione del diritto comunitario.

La Commissione ritiene che le autorità italiane hanno adottato senza previa notifica le disposizioni della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) e il decreto 7 febbraio 2006 (prot. n. 2006/4249/giochi/UD) che impongono ai fornitori di servizi rete italiani l’obbligo di oscurare i siti internet che offrono servizi di scommesse on-line e i cui operatori non sono in possesso delle autorizzazioni italiane richieste.

Pertanto, secondo la Commissione, l’Italia avrebbe violato gli obblighi imposti dall’articolo 8 della direttiva 98/34/CE come modificata dalla direttiva 98/48/CE che prevede una procedura di informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione.


Articolo 5, commi 31-33
(Trasmissione di dati doganali e fiscali alle regioni e agli enti locali)

 


31. Entro il 31 gennaio di ciascun anno sono trasmessi alle regioni i dati relativi all'import/export del sistema doganale; entro il medesimo termine sono trasmessi alle regioni, alle province autonome e ai comuni i dati delle dichiarazioni dei redditi presentate nell'anno precedente dai contribuenti residenti.

32. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, emanato d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le modalità tecniche di trasmissione in via telematica dei dati delle dichiarazioni nel rispetto delle disposizioni e nel quadro delle regole tecniche di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni.

33. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane sono stabilite le modalità tecniche di trasmissione in via telematica dei dati dell'import/export alle regioni.


 

 

Il comma 31 dell’articolo 5 dispone che entro il 31 gennaio di ciascun anno sono trasmessi alle regioni i dati relativi alle importazioni e alle esportazioni, riferiti al sistema doganale.

Entro il medesimo termine sono trasmessi alle regioni, alle province autonome e ai comuni i dati delle dichiarazioni dei redditi presentate nell'anno precedente dai contribuenti in essi residenti.

 

La disposizione sembra intesa a favorire la partecipazione delle regioni e degli enti locali alle attività di accertamento, secondo quanto previsto – relativamente ai comuni, anche dall’articolo 1 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

 

Il comma 1 dell’articolo 1 del decreto-legge n. 203 del 2005 attribuisce ai comuni intervenuti nell’accertamento fiscale il 30 per cento delle maggiori somme, relative a tributi statali, riscosse a seguito degli accertamenti cui abbia contribuito l’intervento del comune interessato.

Il comma 2 prevede misure amministrative intese ad agevolare la partecipazione dei comuni all’attività di accertamento.

La determinazione delle modalità tecniche per l’accesso alle banche dati e per la trasmissione ai comuni, anche in via telematica, di copia delle dichiarazioni relative ai contribuenti in essi residenti è rimessa a provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanarsi entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, d’intesa con la Conferenza Stato-città e autonomie locali.

Lo stesso provvedimento dovrà determinare le forme per la partecipazione dei comuni all’accertamento fiscale anche attraverso società ed enti partecipati dai comuni stessi e comunque da essi incaricati delle attività di supporto ai controlli fiscali sui tributi comunali.

Con il medesimo provvedimento saranno infine individuate le ulteriori materie per le quali i comuni partecipano all’accertamento fiscale; in relazione a quest’aspetto è previsto che il provvedimento sia adottato d’intesa con il Direttore dell’Agenzia del territorio, per i tributi di competenza di questa, e possa prevedere anche un’applicazione graduale in relazione ai diversi tributi.

 

Le forme di partecipazione dei comuni all’accertamento delle imposte sui redditi delle persone fisiche sono previste dal decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

 

A questo fine, l’articolo 44 prescrive ai centri di servizio di trasmettere ai comuni di domicilio fiscale dei soggetti passivi le copie delle dichiarazioni dei redditi presentate dalle persone fisiche e agli uffici delle imposte di trasmettere ai medesimi comuni le proprie proposte di accertamento in rettifica o d’ufficio (con le successive integrazione e modificazioni) relative a persone fisiche[21].

Il comune di domicilio fiscale del contribuente, avvalendosi della collaborazione del consiglio tributario se istituito, può segnalare all'ufficio delle imposte dirette qualsiasi integrazione degli elementi contenuti nelle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche, e indicare – anche nel caso di omissione della dichiarazione – dati, fatti ed elementi rilevanti con la loro idonea documentazione. A tal fine il comune può prendere visione presso gli uffici delle imposte degli allegati alle dichiarazioni già trasmessegli in copia dall'ufficio stesso.

In relazione alle proposte di accertamento, il comune può inoltre proporre l'aumento degli imponibili, fornendone idonea documentazione.

Per questi adempimenti, il comune può chiedere dati e notizie alle amministrazioni ed enti pubblici, che debbono rispondere gratuitamente.

Le proposte di aumento non condivise dall'ufficio delle imposte devono essere trasmesse a cura dello stesso, con le proprie deduzioni, all'apposita commissione operante presso ciascun ufficio, la quale determina gli imponibili da accertare[22].

 

L’articolo 51 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, consente ai comuni di indicare all'ufficio del registro elementi per la valutazione di beni immobili o diritti reali immobiliari, ai fini dell'eventuale rettifica del valore dichiarato.

Il decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605 (Disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti), all’articolo 9, facoltizza i comuni a segnalare all'anagrafe tributaria dati e notizie, desunti da fatti certi, indicativi di capacità contributiva delle persone fisiche che risiedono nei rispettivi territori, vi possiedono beni o vi svolgono attività economica, nonché dati e notizie relativi ai soggetti, diversi dalle persone fisiche residenti, operanti o aventi beni nei rispettivi territori.

Non risulta essere stato emanato il decreto del Ministro per le finanze che avrebbe dovuto disciplinare le modalità e i termini delle segnalazioni.

 

Per quanto riguarda il concorso delle regioni, l’articolo 10 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, ha stabilito che le regioni a statuto ordinario partecipano all'attività di accertamento relativa ai tributi erariali, rimettendo a decreto del Ministro delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, la determinazione delle modalità attuative, da stabilirsi in analogia con quanto previsto dal citato articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973[23].

Anche in questo caso, il previsto decreto non risulta essere stato emanato.

Il comma 32 dispone che con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, emanato d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le modalità tecniche di trasmissione in via telematica dei dati delle dichiarazioni, nel rispetto delle disposizioni e nel quadro delle regole tecniche indicate dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale).

 

Il comma 33 rimette invece a provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane la fissazione delle modalità tecniche di trasmissione in via telematica dei dati relativi a importazioni ed esportazioni alle regioni.


Articolo 5, comma 35
(Comunicazione degli esiti della liquidazione delle dichiarazioni)

 


35. Al decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, l'articolo 2-bis è sostituito dal seguente:

«Art. 2-bis. - (Comunicazione degli esiti della liquidazione delle dichiarazioni) - 1. A partire dalle dichiarazioni presentate dal 1o gennaio 2006, l'invito previsto dall'articolo 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212, è effettuato:

     a) con mezzi telematici ai soggetti di cui all'articolo 3, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, che portano a conoscenza dei contribuenti interessati, tempestivamente e comunque nei termini di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e successive modificazioni, gli esiti della liquidazione delle dichiarazioni contenuti nell'invito;

     b) mediante raccomandata in ogni altro caso.

2. Il termine di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e successive modificazioni, decorre dal sessantesimo giorno successivo a quello di trasmissione telematica dell'invito di cui alla lettera a) del comma 1 del presente articolo.

3. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate sono definiti il contenuto e la modalità della risposta telematica».


 

 

Il comma 35 dell’articolo 5 ridisciplina le modalità per l’invio – in forma telematica o mediante raccomandata – dell’invito al contribuente a fornire chiarimenti o a produrre documenti in esito all’attività di liquidazione dei tributi risultanti da dichiarazioni.

 

Si tratta dell'invito previsto dall'articolo 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212, a norma del quale, nel caso di tributi per i quali il contribuente è tenuto al versamento diretto, prima di procedere all’iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l'amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo, comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta. Lo stesso obbligo sussiste anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minore rimborso d’imposta rispetto a quello richiesto. Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione di queste disposizioni.

La procedura per l’invio è stata determinata dall’articolo 2-bis del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, il quale ha disposto che, a partire dalle dichiarazioni presentate dal 1° gennaio 2006, l'invito suddetto sia effettuato:

a)       con mezzi telematici qualora la dichiarazione sia stata trasmessa mediante uno dei soggetti intermediari indicati nell’articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322: in questo caso l’intermediario, se previsto nell'incarico di trasmissione, informa i contribuenti interessati circa gli esiti della liquidazione delle dichiarazioni contenuti nell'invito, tempestivamente e comunque nel termine stabilito dall'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462 (trenta giorni);

b)      mediante raccomandata con avviso di ricevimento in ogni altro caso.

Il comma 2 dello stesso articolo ha disposto che il predetto termine di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 462 del 1997 decorre dal sessantesimo giorno successivo a quello della trasmissione telematica dell'invito.

 

Si ricorda che l’obbligo, per l’amministrazione finanziaria, di comunicare gli esiti dei controlli automatici delle dichiarazioni è contenuto anche nell’articolo 36-bis, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, per quanto riguarda le imposte dirette, e nell’articolo 54-bis, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, in materia di IVA. Inoltre, l’articolo 36-bis, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973 prevede l’obbligo di inviare la comunicazione anche relativamente agli esiti del controllo formale in materia di imposte dirette.

L’articolo 1, comma 412, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, secondo cui l'Agenzia delle entrate comunica mediante raccomandata con avviso di ricevimento ai contribuenti l'esito dell'attività di liquidazione, effettuata ai sensi dell'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (liquidazione delle imposte, dovute in base a dichiarazioni, mediante procedure automatizzate), relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata;

 

Il presente comma 35 sostituisce il citato articolo 2-bis del decreto-legge n. 203 del 2005.

Le differenze, rispetto alla vigente formulazione sopra riferita, attengono ai seguenti aspetti:

a)      nel caso di invio con mezzi telematici, l’intermediario è comunque tenuto a informare i contribuenti interessati, indipendentemente dall’esistenza di espressa convenzione in tal senso contenuta nell’incarico di trasmissione;

b)      nei casi di invio mediante raccomandata non è più richiesto l’avviso di ricevimento.

L’avviso di ricevimento consente al mittente di ricevere (mediante cartolina firmata dal destinatario o da chi ha effettuato il ritiro) la conferma dell'avvenuta consegna della spedizione a destinazione. Il costo del servizio è attualmente di centesimi 60 per l'Italia e di centesimi 65 per l'estero.

c)      viene aggiunto un comma 3, in base al quale la definizione del contenuto e della modalità della risposta telematica è rimessa a provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.


Articolo 6, commi 1-4
(Disposizioni di recupero della base imponibile IRES)

 


1. All'articolo 93 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, il comma 5 è abrogato. La disposizione del periodo precedente si applica alle opere, forniture e servizi di durata ultrannuale la cui esecuzione ha inizio a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2006.

2. All'articolo 107, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, al terzo periodo, le parole: «nell'esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quinto», sono sostituite dalle seguenti: «in quote costanti nell'esercizio stesso e nei cinque successivi».

3. All'articolo 84, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo il primo periodo sono inseriti i seguenti: «Per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione totale o parziale del reddito la perdita riportabile è diminuita in misura proporzionalmente corrispondente alla quota di esenzione applicabile in presenza di un reddito imponibile. Per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell'utile la perdita è riportabile per l'ammontare che eccede l'utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti».

4. Le disposizioni dell'articolo 84, comma 1, secondo e terzo periodo, introdotti dal comma 3 del presente articolo, si applicano ai redditi prodotti e agli utili realizzati a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006.


 

 

I commi da 1 a 4 dell’articolo 6 modificano disposizioni del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, relativi alla determinazione della base imponibile delle società e degli enti commerciali residenti ai fini dell’applicazione dell’imposta sul reddito delle società (IRES).

Opere, forniture e servizi di durata ultrannuale

Il comma 1 dell’articolo 6, che abroga l’articolo 93, comma 5, del TUIR, stabilisce che le rimanenze finali delle opere, forniture e servizi di durata ultrannuale vadano in ogni caso computate in proporzione ai corrispettivi pattuiti.

 

L’articolo 93 del TUIR disciplina la valutazione, ai fini delle imposte sui redditi, delle rimanenze finali delle opere, delle forniture e dei servizi di durata ultrannuale, stabilendo che esse vadano computate in base ai corrispettivi pattuiti[24]. Il comma 5 del citato articolo 93 consente però all’ufficio locale dell’Agenzia delle entrate di autorizzare le imprese, che contabilizzano le rimanenze a costi specifici e imputano i corrispettivi interamente nell’esercizio di ultimazione dell’opera, a utilizzare questo criterio anche ai fini della determinazione del reddito.

 

La disposizione in commento si applica alle opere, forniture e servizi di durata ultrannuale la cui esecuzione ha inizio a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2006.

La relazione illustrativa al disegno di legge in esame osserva che l’abrogazione del comma 5 dell’articolo 93 del TUIR “si rende necessaria in considerazione delle difficoltà operative incontrate dagli Uffici nell’enucleare i presupposti dell’autorizzazione e per allineare il trattamento fiscale dei lavori in questione alla rappresentazione in bilancio imposta per gli stessi IAS”.

 

La relazione tecnica valuta nella seguente misura le variazioni di gettito annue conseguenti all’abrogazione dell’articolo 93, comma 5, del TUIR:

-       per il 2007: 34,1 milioni di euro per competenza e nessun effetto per cassa;

-       per il 2008: 5 milioni di euro per competenza e 60,3 milioni di euro per cassa;

-       per il 2009: 5 milioni di euro per competenza e -16,9 milioni di euro per cassa;

-       per il 2010: si prevedono effetti di cassa per 5 milioni di euro.

Spese sostenute da concessionarie e subconcessionarie di opere pubbliche

Il comma 2 dell’articolo 6, che novella l’articolo 107, comma 2, del TUIR, modifica le modalità di deduzione delle spese sostenute da imprese concessionarie della costruzione e dell'esercizio di opere pubbliche e da imprese subconcessionarie di queste, per il ripristino o la sostituzione dei beni gratuitamente devolvibili allo scadere della concessione e per la manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione di tali beni.

 

L’articolo 107 del TUIR consente la deducibilità dal reddito di impresa di alcuni tipi di accantonamento. In particolare il comma 2 del citato articolo 107 disciplina gli accantonamenti effettuati dalle imprese concessionarie della costruzione e dell'esercizio di opere pubbliche e le imprese subconcessionarie di queste per far fronte alle spese di ripristino o di sostituzione dei beni gratuitamente devolvibili allo scadere della concessione e alle spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione di tali beni. Tali accantonamenti, che non sono alternativi all’ammortamento, sono deducibili, entro i limiti previsti. Se le spese effettivamente sostenute in un esercizio per le finalità sopra indicate sono superiori al fondo di accantonamento, l’eccedenza è deducibile in un periodo massimo di quattro esercizi, a partire da quello nel quale si è verificata l’eccedenza.

 

Per effetto delle modifiche introdotte dal comma 2 in esame, l’ammontare delle spese effettivamente sostenute in eccedenza rispetto al fondo di accantonamento è ora deducibile in quote costanti in sei esercizi (l’esercizio nel quale si è verificata l’eccedenza e i cinque successivi).

 

La relazione tecnica non ascrive alla norma in commento alcuna stima in termini di recupero di gettito.

Riporto delle perdite per i soggetti esenti

Il comma 3 dell’articolo 6, che introduce due nuovi periodi nell’articolo 84, comma 1, del TUIR, limita la possibilità di riporto delle perdite, in diminuzione del reddito di periodi di imposta successivi, per i soggetti che fruiscono di regimi di esenzione totale o parziale del reddito o degli utili.

 

L’articolo 84 del TUIR prevede che la perdita di un periodo d'imposta può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l'intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi. La perdita è diminuita dei proventi esenti dall'imposta, diversi dalle plusvalenze esenti di cui all'articolo 87 del TUIR.

 

Per effetto delle modifiche introdotte dal comma 3 in esame le perdite riportabili, realizzate dai soggetti che fruiscono di un regime di esenzione totale o parziale del reddito[25], sono diminuite in misura proporzionalmente corrispondente alla quota di esenzione che sarebbe applicabile in presenza di un reddito imponibile (nuovo secondo periodo dell’articolo 84, comma 1, del TUIR). Le perdite realizzate dai soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell'utile[26] sono riportabili per l'ammontare che eccede l'utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti (nuovo terzo periodo dell’articolo 84, comma 1, del TUIR).

 

La disposizione in commento si applica ai redditi prodotti e agli utili realizzati a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2006 (comma 4 dell’articolo 6).

 

La relazione illustrativa osserva che la modifica normativa in esame “consente di creare una simmetria tra imponibilità del risultato positivo (utile) e deducibilità del risultato negativo (perdita) nonché di incrementare la base imponibile.”

La relazione tecnica valuta nella seguente misura le variazioni di gettito di cassa conseguenti alla novella all’articolo 84 del TUIR:

-       per il 2007: nessuna variazione;

-       per il 2008: nessuna variazione;

-       per il 2009: 11,6 milioni di euro;

-       per il 2010: 6,6 milioni di euro.


Articolo 6, comma 5
(Modalità di pagamento dell’imposta di bollo)

 


5. L'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, è sostituito dal seguente:

«Art. 3. - (Modi di pagamento). 1. L'imposta di bollo si corrisponde secondo le indicazioni della tariffa allegata:

     a) mediante pagamento dell'imposta ad intermediario convenzionato con l'Agenzia delle entrate, il quale rilascia, con modalità telematiche, apposito contrassegno;

     b) in modo virtuale, mediante pagamento dell'imposta all'ufficio dell'Agenzia delle entrate o ad altri uffici autorizzati o mediante versamento in conto corrente postale.

2. Le frazioni degli importi dell'imposta di bollo dovuta in misura proporzionale sono arrotondate ad euro 0,10 per difetto o per eccesso a seconda che si tratti rispettivamente di frazioni fino ad euro 0,05 o superiori ad euro 0,05.

3. In ogni caso l'imposta è dovuta nella misura minima di euro 1,00, ad eccezione delle cambiali e dei vaglia cambiari di cui, rispettivamente, all'articolo 6, n. 1, lettere a) e b), e n. 2, della tariffa - Allegato A annessa al presente decreto, come modificata dalla tariffa allegata al decreto del Ministro delle finanze 20 agosto 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 21 agosto 1992 n. 196, per i quali l'imposta minima è stabilita in euro 0,50.».


 

 

Il comma 5 dell’articolo 6 sostituisce integralmente l’articolo 3 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, concernente i modi di pagamento, l’arrotondamento e la misura minima dell’imposta di bollo.

Dal confronto tra la norma vigente e quella proposta si rilevano le seguenti modifiche:

§      l’imposta di bollo non potrà più essere corrisposta mediante l’impiego dell’apposita carta filigranata e bollata e mediante marche da bollo, visto per bollo o bollo a punzone;

§      gli uffici dell’Agenzia delle entrate sostituiranno gli uffici del registro per il pagamento dell’imposta in modo virtuale;

§      per l’imposta dovuta in misura proporzionale, l’arrotondamento sarà effettuato a 0,10 euro (anziché 100 lire) per difetto o per eccesso, a seconda che si tratti rispettivamente di frazioni fino ad euro 0,05 (anziché 50 lire) o superiori ad euro 0,05 (anziché 50 lire);

§      l’imposta sarà dovuta nella misura minima di euro 1 (anziché 100 lire), ad eccezione delle cambiali e dei vaglia cambiari, per i quali l’imposta minima è stabilita in euro 0,50 (anziché 500 lire);

§      non sarà più consentito all’intendenza di finanza di autorizzare singoli uffici statali a riscuotere l'imposta per le domande presentate agli uffici stessi e per gli atti e documenti da essi formati.

 

La relazione tecnica osserva che gli interventi relativi all’arrotondamento, data la compensazione tra gli importi stessi da arrotondare, non comporteranno alcun effetto erariale. Per la fissazione di una più elevata misura minima stima un recupero di gettito di modesta entità e di problematica valutazione.

 

La relazione governativa osserva che la cessazione dell’utilizzo dei valori bollati consentirà “una notevole riduzione dei costi di produzione degli attuali valori bollati in cartaceo, dei costi di distribuzione, attualmente effettuata dalla società Poste italiane SpA su tutto il territorio nazionale”.


Articolo 6, commi 6-10
(Regime tributario degli apparecchi da intrattenimento)

 


6. All'articolo 39, comma 13, primo periodo, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dopo le parole: «somme giocate», sono inserite le seguenti: «, dovuto dal soggetto al quale l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ha rilasciato il nulla osta di cui all'articolo 38, comma 5, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni. A decorrere dal 26 luglio 2004 il soggetto passivo d'imposta è identificato nell'ambito dei concessionari individuati ai sensi dell'articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, ove in possesso di tale nulla osta rilasciato dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. I titolari di nulla osta rilasciati antecedentemente al 26 luglio 2004 sono soggetti passivi d'imposta fino alla data di rilascio dei nulla osta sostitutivi a favore dei concessionari di rete o fino alla data della revoca del nulla osta stesso».

7. All'articolo 39 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, il comma 13-bis è sostituito dal seguente:

«13-bis. Il prelievo erariale unico è assolto dai soggetti passivi d'imposta, con riferimento a ciascun anno solare, mediante versamenti periodici relativi ai singoli periodi contabili e mediante un versamento annuale a saldo. Con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono individuati:

     a) i periodi contabili in cui è suddiviso l'anno solare;

     b) le modalità di calcolo del prelievo erariale unico dovuto per ciascun periodo contabile e per ciascun anno solare;

     c) i termini e le modalità con cui i soggetti passivi d'imposta effettuano i versamenti periodici e il versamento annuale a saldo;

     d) le modalità per l'utilizzo in compensazione del credito derivante dall'eventuale eccedenza dei versamenti periodici rispetto al prelievo erariale unico dovuto per l'intero anno solare;

     e) i termini e le modalità con cui i concessionari di rete, individuati ai sensi dell'articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, comunicano, tramite la rete telematica prevista dallo stesso comma 4 dell'articolo 14-bis, i dati relativi alle somme giocate nonché gli altri dati relativi agli apparecchi da intrattenimento di cui all'articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, da utilizzare per la determinazione del prelievo erariale unico dovuto;

     f) le modalità con cui l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato può concedere su istanza dei soggetti passivi d'imposta la rateizzazione delle somme dovute nelle ipotesi in cui questi ultimi si trovino in temporanea situazione di difficoltà».

8. Fino alla emanazione dei provvedimenti indicati nel comma 13-bis dell'articolo 39 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, come sostituito dal comma 7 del presente articolo, il prelievo erariale unico è assolto dai soggetti passivi d'imposta con le modalità e nei termini stabiliti nei decreti del direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato 8 aprile 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 86 del 13 aprile 2004, e 14 luglio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 26 luglio 2004, e successive modificazioni.

9. Dopo l'articolo 39 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono inseriti i seguenti:

«Art. 39-bis. - (Liquidazione del prelievo erariale unico e controllo dei versamenti). - 1. Per gli apparecchi previsti all'articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, avvalendosi di procedure automatizzate, procede, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello per il quale è dovuto il prelievo erariale unico, alla liquidazione dell'imposta dovuta per i periodi contabili e per l'anno solare sulla base dei dati correttamente trasmessi dai concessionari in applicazione dell'articolo 39, comma 13-bis, lettera e), ed al controllo della tempestività e della rispondenza rispetto al prelievo erariale unico dovuto dei versamenti effettuati dai concessionari stessi.

2. Nel caso in cui risultino omessi, carenti o intempestivi i versamenti dovuti, l'esito del controllo automatizzato è comunicato al concessionario di rete per evitare la reiterazione di errori. Il concessionario di rete che rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nel controllo dei versamenti, può fornire i chiarimenti necessari all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.

3. Con decreti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono definite le modalità di effettuazione della liquidazione del prelievo erariale unico e del controllo dei relativi versamenti, di cui al comma 1.

Art. 39-ter. - (Riscossione delle somme dovute a titolo di prelievo erariale unico a seguito dei controlli automatici). - 1. Le somme che, a seguito dei controlli automatici effettuati ai sensi del comma 1 dell'articolo 39-bis, risultano dovute a titolo di prelievo erariale unico, nonché di interessi e di sanzioni per ritardato od omesso versamento, sono iscritte direttamente nei ruoli, resi esecutivi a titolo definitivo nel termine di decadenza fissato al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello per il quale è dovuto il prelievo erariale unico. Per la determinazione del contenuto del ruolo, delle procedure, delle modalità della sua formazione e dei tempi di consegna, si applica il regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 3 settembre 1999, n. 321.

2. Le cartelle di pagamento recanti i ruoli di cui al comma 1 sono notificate, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello per il quale è dovuto il prelievo erariale unico.

3. L'iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il concessionario di rete provvede a pagare, con le modalità indicate nell' articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, le somme dovute entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dal comma 2 dell'articolo 39-bis ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione, in sede di autotutela, delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dallo stesso concessionario di rete. In questi casi, l'ammontare della sanzione amministrativa per tardivo od omesso versamento è ridotto ad un sesto e gli interessi sono dovuti fino all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione.

4. Qualora il concessionario di rete non provveda a pagare, entro i termini di scadenza, i ruoli di cui al comma 1, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato procede alla riscossione delle somme dovute anche tramite escussione delle garanzie presentate dal concessionario di rete ai sensi della convenzione di concessione. In tal caso l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato comunica al concessionario della riscossione l'importo del credito per imposta, sanzioni e interessi che è stato estinto tramite l'escussione delle garanzie e il concessionario della riscossione procede alla riscossione coattiva dell'eventuale credito residuo secondo le disposizioni di cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni.

Art. 39-quater. - (Accertamento e controlli in materia di prelievo erariale unico). - 1. Gli uffici dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato nell'adempimento dei loro compiti si avvalgono delle attribuzioni e dei poteri indicati nell'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. Per l'esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche si applicano le disposizioni dell'articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.

2. Il prelievo erariale unico è dovuto anche sulle somme giocate tramite apparecchi e congegni che erogano vincite in denaro o le cui caratteristiche consentono il gioco d'azzardo, privi del nulla osta di cui all'articolo 38, comma 5, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, nonché tramite apparecchi e congegni muniti del nulla osta di cui al predetto articolo 38, comma 5, il cui esercizio sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo. Per gli apparecchi e congegni privi del nulla osta il prelievo erariale unico, gli interessi e le sanzioni amministrative sono dovuti dal soggetto che ha provveduto alla loro installazione. È responsabile in solido per le somme dovute a titolo di prelievo erariale unico, interessi e sanzioni amministrative il possessore dei locali in cui sono installati gli apparecchi e congegni privi del nulla osta. Per gli apparecchi e congegni muniti del nulla osta di cui all'articolo 38, comma 5, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, il cui esercizio sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo, il maggiore prelievo erariale unico accertato rispetto a quello calcolato sulla base dei dati di funzionamento trasmessi tramite la rete telematica prevista dal comma 4 dell'articolo 14-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, gli interessi e le sanzioni amministrative sono dovuti dai soggetti che hanno commesso l'illecito o, nel caso in cui non sia possibile la loro identificazione, dal concessionario di rete a cui è stato rilasciato il nulla osta. Sono responsabili in solido per le somme dovute a titolo di prelievo erariale unico, interessi e sanzioni amministrative relativi agli apparecchi e congegni di cui al quarto periodo, il soggetto che ha provveduto alla loro installazione, il possessore dei locali in cui sono installati e il concessionario di rete titolare del relativo nulla osta, qualora non siano già debitori di tali somme a titolo principale.

3. Gli uffici dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato procedono all'accertamento della base imponibile e del prelievo erariale unico dovuto per gli apparecchi e congegni di cui al comma 2 mediante la lettura dei dati relativi alle somme giocate memorizzati dagli stessi apparecchi e congegni. In presenza di apparecchi e congegni per i quali i dati relativi alle somme giocate non siano memorizzati o leggibili, risultino memorizzati in modo non corretto o siano stati alterati, gli uffici dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato determinano induttivamente l'ammontare delle somme giocate sulla base dell'importo forfetario giornaliero definito con decreti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

4. Gli avvisi relativi agli accertamenti di cui ai commi 2 e 3 sono notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui sono state giocate, tramite gli apparecchi e congegni indicati negli stessi commi 2 e 3, le somme su cui è calcolato il prelievo erariale unico.

Art. 39-quinquies. - (Sanzioni in materia di prelievo erariale unico). - 1. La sanzione prevista nell'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e successive modificazioni, si applica anche alle violazioni, indicate nello stesso comma 1, relative al prelievo erariale unico.

2. Nelle ipotesi di apparecchi che erogano vincite in denaro o le cui caratteristiche consentono il gioco d'azzardo, privi del nulla osta di cui all'articolo 38, comma 5, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, e nelle ipotesi di apparecchi e congegni muniti del nulla osta di cui al predetto articolo 38, comma 5, il cui esercizio sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo, si applica la sanzione amministrativa dal 120 al 240 per cento dell'ammontare del prelievo erariale unico dovuto, con un minimo di euro mille.

3. Se sono omesse o sono effettuate con dati incompleti o non veritieri le comunicazioni cui sono tenuti i concessionari di rete ai sensi del comma 13-bis, lettera e), dell'articolo 39 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, si applica la sanzione amministrativa da euro cinquecento ad euro ottomila.

Art. 39-sexies. - (Responsabilità solidale dei terzi incaricati della raccolta delle somme giocate). - 1. I terzi incaricati della raccolta di cui all'articolo 1, comma 533, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono solidalmente responsabili con i concessionari di rete per il versamento del prelievo erariale unico dovuto con riferimento alle somme giocate che i suddetti terzi hanno raccolto, nonché per i relativi interessi e sanzioni.

2. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono definite le modalità di accertamento e di contestazione della responsabilità solidale di cui al comma 1.

Art. 39-septies. - (Disposizioni transitorie). - 1. Per le somme che, a seguito dei controlli automatici effettuati ai sensi del comma 1 dell'articolo 39-bis, risultano dovute per gli anni 2004 e 2005 a titolo di prelievo erariale unico, nonché di interessi e di sanzioni, i termini di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 39-ter, previsti a pena di decadenza per rendere esecutivi i ruoli e per la notifica delle relative cartelle di pagamento, sono rispettivamente fissati al 31 dicembre 2009 e al 31 dicembre 2010.

2. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono definiti i dati relativi alle annualità di cui al comma 1 che i concessionari di rete devono comunicare all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nonché i relativi termini e modalità di trasmissione».

10. I termini di cui all'articolo 14-quater, commi 1 e 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, sono fissati, rispettivamente, al 31 dicembre 2008 e al 31 dicembre 2009 per l'anno 2004 e al 31 dicembre 2009 e al 31 dicembre 2010 per l'anno 2005.


 

 

I commi da 6 a 10 dell’articolo 6 intervengono sul regime tributario degli apparecchi da intrattenimento.

 

Il comma 6 provvede ad individuare il soggetto passivo d’imposta relativamente alle somme giocate sugli apparecchi e congegni da intrattenimento collegati in rete.

Integrando il comma 13 dell’articolo 39 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003, la norma stabilisce che il prelievo erariale, fissato nella misura del 13,5% delle somme giocate, che si applica agli apparecchi e congegni di cui all’articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, collegati in rete, è dovuto dal soggetto al quale l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ha rilasciato il nulla osta previsto dall'articolo 38, comma 5, della legge n. 388 del 2000.

In particolare, è fatto riferimento alla data del 26 luglio 2004, giorno, a decorrere dal quale i nulla osta di messa in esercizio sono rilasciati esclusivamente ai concessionari.

Pertanto, a decorrere dal 26 luglio 2004 i soggetti passivi d'imposta sono identificati nei concessionari per la gestione telematica degli apparecchi, individuati ai sensi dell'articolo 14-bis, comma 4, del D.P.R. n. 640 del 1972, ove in possesso di tale nulla osta rilasciato dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

I titolari di nulla osta rilasciati antecedentemente al 26 luglio 2004 sono soggetti passivi d'imposta fino alla data di rilascio dei nulla osta sostitutivi a favore dei concessionari di rete o fino alla data della revoca del nulla osta stesso.

 

Il comma 7 sostituisce il comma 13-bis del citato articolo 39.

 

Il testo vigente del comma 13-bis prevede che, con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, siano definiti termini e modalità di assolvimento del prelievo erariale unico relativo agli apparecchi da intrattenimento previsti dall'articolo 110, comma 6, del TULPS (R.D. n. 773/1931).

 

Il nuovo testo del comma 13-bis definisce i contenuti della disciplina tributaria del prelievo unico erariale (PREU), specificando che esso è assolto dai soggetti passivi d'imposta, con riferimento a ciascun anno solare, mediante versamenti periodici relativi ai singoli periodi contabili e mediante un versamento annuale a saldo. Con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono individuati:

a)      i periodi contabili in cui è suddiviso l'anno solare;

b)      le modalità di calcolo del prelievo erariale unico dovuto per ciascun periodo contabile e per ciascun anno solare;

c)      i termini e le modalità con cui i soggetti passivi d'imposta effettuano i versamenti periodici e il versamento annuale a saldo;

d)      le modalità per l'utilizzo in compensazione del credito derivante dall'eventuale eccedenza dei versamenti periodici rispetto al prelievo erariale unico dovuto per l'intero anno solare;

e)      i termini e le modalità con cui i concessionari di rete comunicano, tramite la rete telematica i dati relativi alle somme giocate nonché gli altri dati relativi agli apparecchi da intrattenimento da utilizzare per la determinazione del prelievo erariale unico dovuto;

f)        le modalità con cui l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato può concedere su istanza dei soggetti passivi d'imposta la rateizzazione delle somme dovute nelle ipotesi in cui questi ultimi si trovino in temporanea situazione di difficoltà.

 

Il comma 8 reca una disposizione transitoria sulle modalità di versamento del PREU sino all’emanazione dei provvedimenti indicati nel precedente comma, disponendo che il prelievo erariale unico è assolto dai soggetti passivi d'imposta con le modalità e nei termini stabiliti nei decreti del direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato 8 aprile 2004 (G.U. n. 86 del 13 aprile 2004) e 14 luglio 2004 (G.U. n. 173 del 26 luglio 2004), e successive modificazioni.

 

Il comma 9 introduce sei nuovi articoli nel decreto-legge n. 269 del 2003.

Il nuovo articolo 39-bis disciplina la liquidazione del prelievo erariale unico e il controllo dei versamenti, stabilendo che l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, avvalendosi di procedure automatizzate, procede, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello per il quale è dovuto il prelievo erariale unico, alla liquidazione dell'imposta dovuta per i periodi contabili e per l'anno solare sulla base dei dati correttamente trasmessi dai concessionari e al controllo della tempestività e della corrispondenza dei versamenti effettuati dai concessionari stessi rispetto al prelievo erariale unico dovuto.

Qualora i versamenti dovuti risultino omessi, carenti o intempestivi, l'esito del controllo automatizzato è comunicato al concessionario di rete per evitare la reiterazione di errori: questo può fornire i chiarimenti necessari all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. Infine è rimessa a decreti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato la definizione delle modalità di effettuazione della liquidazione del prelievo erariale unico e del controllo dei relativi versamenti.

 

Il nuovo articolo 39-ter disciplina la riscossione delle somme dovute a titolo di prelievo erariale unico a seguito dei controlli automatici, specificando che esse, unitamente agli interessi e sanzioni per ritardato od omesso versamento, sono iscritte direttamente nei ruoli, resi esecutivi a titolo definitivo nel termine di decadenza fissato al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello per il quale è dovuto il prelievo erariale unico.

Qualora il concessionario di rete non provveda a pagare, entro i termini di scadenza, i ruoli, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato procede alla riscossione delle somme dovute anche tramite escussione delle garanzie presentate dal concessionario di rete ai sensi della convenzione di concessione.

Si dispone, peraltro, che l'iscrizione a ruolo non sia eseguita, in tutto o in parte, se il concessionario di rete provvede a pagare le somme dovute, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione, in sede di autotutela, delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dallo stesso concessionario di rete. In questi casi, l'ammontare della sanzione amministrativa per tardivo od omesso versamento è ridotto ad un sesto e gli interessi sono dovuti fino all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione

 

Il nuovo articolo 39-quater disciplina gli accertamenti e i controlli in materia di prelievo erariale unico. In particolare vengono attributi agli uffici dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato i poteri previsti in materia di accertamento dell’IVA, indicati nell'articolo 51 del D.P.R. n. 633 del 1972, e di accesso, ispezione e verifica di cui al successivo articolo 52.

La disposizione specifica, inoltre, che il prelievo erariale unico è dovuto anche sulle somme giocate tramite apparecchi e congegni che erogano vincite in denaro o le cui caratteristiche consentono il gioco d'azzardo, privi del nulla osta, nonché tramite apparecchi e congegni muniti del nulla osta, il cui esercizio sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo.

Per gli apparecchi e congegni privi del nulla osta il prelievo erariale unico, gli interessi e le sanzioni amministrative sono dovuti dal soggetto che ha provveduto alla loro installazione. È responsabile in solido per le somme dovute a titolo di prelievo erariale unico, interessi e sanzioni amministrative il possessore dei locali in cui sono installati gli apparecchi e congegni privi del nulla osta.

Per gli apparecchi e congegni muniti del nulla osta, il cui esercizio sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo, il maggiore prelievo erariale unico accertato rispetto a quello calcolato sulla base dei dati di funzionamento trasmessi tramite la rete telematica, gli interessi e le sanzioni amministrative sono dovuti dai soggetti che hanno commesso l'illecito o, nel caso in cui non sia possibile la loro identificazione, dal concessionario di rete a cui è stato rilasciato il nulla osta.

Sono responsabili in solido per le somme dovute a titolo di prelievo erariale unico, interessi e sanzioni amministrative relativi agli apparecchi e congegni di cui al quarto periodo, il soggetto che ha provveduto alla loro installazione, il possessore dei locali in cui sono installati e il concessionario di rete titolare del relativo nulla osta, qualora non siano già debitori di tali somme a titolo principale.

Gli uffici dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato procedono all'accertamento della base imponibile e del prelievo erariale unico dovuto per gli apparecchi e congegni mediante la lettura dei dati relativi alle somme giocate memorizzati dagli stessi apparecchi e congegni.

In presenza di apparecchi e congegni per i quali i dati relativi alle somme giocate non siano memorizzati o leggibili, risultino memorizzati in modo non corretto o siano stati alterati, gli uffici dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato determinano induttivamente l'ammontare delle somme giocate sulla base dell'importo forfetario giornaliero definito con decreti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

Gli avvisi relativi agli accertamenti sono notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui sono state giocate le somme su cui è calcolato il prelievo erariale unico.

 

Il nuovo articolo 39-quinquies determinale sanzioni in materia di prelievo erariale unico. In particolare prevede la sanzione amministrativa da euro 258,23 a euro 2.065,83 (da cinquecentomila a quattro milioni di lire) prevista dall’articolo 11, comma 1, del D.Lgs n. 471 del 1997, per i casi di omissione di comunicazioni prescritte dalla legge tributaria, mancata restituzione dei questionari inviati al contribuente o a terzi o loro restituzione con risposte incomplete o non veritiere; inottemperanza all'invito a comparire e a qualsiasi altra richiesta fatta dagli uffici o dalla Guardia di finanza.

Nelle ipotesi di apparecchi che erogano vincite in denaro o le cui caratteristiche consentono il giuoco d'azzardo, privi del nulla osta, e nelle ipotesi di apparecchi e congegni muniti del nulla osta, il cui esercizio sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo, si applica la sanzione amministrativa dal 120 al 240 per cento dell'ammontare del prelievo erariale unico dovuto, con un minimo di euro mille.

Infine è prevista la sanzione amministrativa da euro 500 ad euro 8.000 per omissione o incompletezza o falsità le comunicazioni tramite la rete telematica cui sono tenuti i concessionari di rete ai sensi del comma 13-bis, lettera e), dell'articolo 39 precedentemente illustrato.

 

Il nuovo articolo 39-sexies stabilisce la responsabilità dei terzi incaricati della raccolta delle somme giocate, in solido con i concessionari di rete, per il versamento del prelievo erariale unico dovuto con riferimento alle somme giocate che i suddetti terzi hanno raccolto, nonché per i relativi interessi e sanzioni. Rinvia ad un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, la definizione delle modalità di accertamento e di contestazione della responsabilità solidale.

 

Il nuovo articolo 39-septies reca una disposizione transitoria relativamente alle somme che, a seguito dei controlli automatici effettuati, risultano dovute per gli anni 2004 e 2005 a titolo di prelievo erariale unico, nonché di interessi e di sanzioni, fissando i termini, previsti a pena di decadenza per rendere esecutivi i ruoli e per la notifica delle relative cartelle di pagamento, rispettivamente, al 31 dicembre 2009 e al 31 dicembre 2010.

 

Infine il comma 10 del presente articolo 6 dispone, relativamente alle somme che risultano dovute a seguito di controlli automatici effettuati per l’imposta sugli apparecchi da intrattenimento, la ridefinizione dei termini per rendere esecutivi i ruoli a titolo definitivo (D.P.R. n. 640 del 1972, art. 14-quater, comma 1) e per notificare le cartelle di pagamento recanti i ruoli stessi (D.P.R. n. 640 del 1972, art. 14-quater, comma 2), fissandoli rispettivamente al 31 dicembre 2008 e al 31 dicembre 2009 per l'anno 2004 e al 31 dicembre 2009 e al 31 dicembre 2010 per l'anno 2005.


Articolo 6, comma 11
(Accise sui tabacchi lavorati)

 


11. All'articolo 1, comma 485, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, le parole: «e a 1.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2006» sono sostituite dalle seguenti: «, a 1.000 milioni di euro per l'anno 2006 ed a 1.100 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2007».


 

 

Il comma 11 dell’articolo 6 concede la possibilità di aumentare, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, l’aliquota di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati in misura tale da assicurare, a decorrere dal 2007, un maggior gettito complessivo pari a 1.100 milioni di euro annui (con un aumento di 100 milioni rispetto all’incremento di gettito già disposto per l’anno 2006).

 

Nel determinare l'aumento dell'aliquota sarà necessario tenere conto anche dei provvedimenti di variazione delle tariffe dei prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati, eventualmente intervenuti ai sensi dell'articolo 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825, recante norme in tema di regime di imposizione fiscale sui prodotti oggetto di monopolio di Stato.

 

Il citato articolo 2 della legge n. 825 del 1965 prevede che l’inserimento di ciascun prodotto soggetto a monopolio fiscale nelle tariffe, contenute nelle diverse tabelle allegate alla stessa legge n. 825 del 1965, è disposto con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. I prezzi di vendita al pubblico e le relative variazioni sono stabiliti in conformità a quelli richiesti dai fabbricanti e dagli importatori. Le richieste per l’inserimento in tariffa presentate dagli interessati devono essere corredate, in relazione ai volumi di vendita di ciascun prodotto, da una scheda rappresentativa degli effetti economico-finanziari conseguenti alla variazione proposta.

 

Si ricorda che attualmente, in virtù dell’articolo 28, comma 1, lettera a), del D.L. 30 agosto 1993, n. 331 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427), e successive modifiche e integrazioni, le aliquote di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati sono stabilite nelle seguenti misure:

a)       sigarette....................................... 58,50%;

b)       sigari e sigaretti............................ 23%;

c)       tabacco da fumo........................... 56%;

d)       tabacco da masticare.................... 24,78%;

e)       tabacco da fiuto............................ 24,78%.

 

Si segnala inoltre che l’articolo 21, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003), aveva attribuito al Ministro dell’economia e delle finanze il potere di disporre, con propri decreti, l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sole sigarette, prevista dal citato articolo 28, comma 1, lett. a), dell’articolo 28 del D.L. n. 331 del 1993. Tale potere avrebbe dovuto essere esercitato entro il 30 aprile 2003 e, ai sensi del successivo comma 9 dello stesso articolo 21, avrebbe dovuto assicurare maggiori entrate in misura non inferiore a 435 milioni di euro a decorrere dall’anno 2003.

Successivamente l’articolo 39, comma 4, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha riaperto il termine per l’esercizio del suddetto potere, consentendo l’emanazione dei decreti entro il 31 dicembre 2003.

In materia è poi intervenuto l’articolo 1, commi 7 e 8, del D.L. 10 dicembre 2003, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 febbraio 2004, n. 31, che ha sospeso il potere di disporre l’aumento dell’aliquota in oggetto per l’anno 2003 e ha nel contempo prorogato il potere stesso al 31 dicembre 2004. Lo stesso articolo ha inoltre stabilito che il potere di emanare i decreti con i quali è disposto l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sigarette rientra nell’attività gestionale di cui all’articolo 4 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (testo unico sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche)[27]. In tal modo è stato attribuito all’autorità amministrativa di settore, ovvero al direttore dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, il potere che in precedenza spettava al Ministro dell’economia e delle finanze.

Si ricorda poi che l’articolo 2, comma 62, della legge 24 dicembre 2003, n. 350,(legge finanziaria per il 2004) ha stabilito che i decreti con i quali, ai sensi dell’articolo 21, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e modifiche e integrazioni, può essere disposto l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sigarette devono assicurare, a decorrere dal 2004, ulteriori maggiori entrate annue per 650 milioni di euro. In attuazione di questa norma è stato emanato il D.M. 15 ottobre 2004 (pubblicato nella G.U. n. 262 dell’8 novembre 2004) con il quale è stata aumentata l’aliquota di base della tassazione delle sigarette dal 58 per cento al 58,50 per cento

L’articolo 1, comma 485, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), modificato dalla disposizione qui illustrata, ha previsto che, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, avrebbe potuto essere aumentata l’aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati, al fine di assicurare un maggior gettito complessivo nella misura di 500 milioni di euro per l’anno 2005 e di 1.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006. In attuazione di questa norma è stato emanato il decreto direttoriale 25 ottobre 2005 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 255 del 2 novembre 2005), con il quale è stata aumentata l’aliquota di base della tassazione del tabacco da fumo dal 54 per cento al 56 per cento.

Da ultimo l’articolo 1, comma 551, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006), ha previsto che, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, avrebbe potuto essere aumentata l’aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati in misura tale da assicurare il mantenimento del gettito per l’anno 2006 e per gli anni successivi.


Articolo 6, commi 12-20
(Versamento dell’imposta comunale sugli immobili)

 


12. Nel quadro delle dichiarazioni dei redditi relativo ai fabbricati sono specificati, per ogni immobile, oltre all'indirizzo, l'identificativo dell'immobile stesso costituito dal codice del comune, il foglio, la sezione, la particella e il subalterno.

13. La dichiarazione dei redditi contiene tutte le indicazioni utili ai fini del trattamento dell'imposta comunale sugli immobili. Con decreto del capo del Dipartimento per le politiche fiscali, di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono definiti gli elementi, i termini e le modalità per l'attuazione delle disposizioni di cui al primo periodo.

14. L'imposta comunale sugli immobili dovuta dai soggetti che si avvalgono dell'assistenza fiscale prevista dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164, è liquidata e versata dal sostituto d'imposta, direttamente o sulla base degli appositi modelli trasmessi dagli intermediari fiscali. I contribuenti, che presentano la dichiarazione di cui al comma 13 senza avvalersi dell'assistenza fiscale, indicano i dati relativi all'imposta comunale sugli immobili nella medesima dichiarazione.

15. L'imposta comunale sugli immobili dovuta può essere compensata con crediti di altra natura, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni.

16. I contribuenti che, secondo le disposizioni normative vigenti, non presentano la dichiarazione, ma possiedono redditi derivanti da proprietà immobiliari, compilano il modello di versamento di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni.

17. Le somme riscosse, una volta ripartite dalla struttura di gestione di cui all'articolo 22 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, sono accreditate dalla Banca d'Italia presso ciascuna tesoreria comunale.

18. Con decreto del capo del Dipartimento per le politiche fiscali, di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono definite le modalità di trasmissione telematica ai comuni dei dati relativi ai versamenti e agli immobili.

19. Le disposizioni di cui ai commi da 13 a 18 si applicano alle dichiarazioni che saranno presentate nell'anno 2008.

20. Nelle dichiarazioni presentate nell'anno 2007 per ogni fabbricato deve essere indicato l'importo dell'imposta comunale sugli immobili dovuta per l'anno in corso.


 

 

I commi da 12 a 20 dell’articolo 6 dettano disposizioni dirette a contrastare l’evasione fiscale, relativa all’imposta comunale sugli immobili (ICI). A tale scopo è stabilito che i dati necessari per la liquidazione dell’imposta siano contenuti nella dichiarazione dei redditi; che il versamento della stessa sia effettuato, a seconda delle circostanze, da parte del sostituto d’imposta o mediante il modello di versamento unitario F24, avvalendosi della possibilità di compensazione prevista per questa forma di versamento. È prevista inoltre la trasmissione telematica ai comuni dei dati relativi ai versamenti e agli immobili, secondo modalità che verranno definite da un successivo decreto del capo del Dipartimento per le politiche fiscali.

 

A norma del comma 12, nella dichiarazione dei redditi, nel quadro relativo ai redditi dei fabbricati, debbono essere indicati, per ciascun fabbricato, oltre all'indirizzo, i relativi dati catastali (codice del comune, foglio, sezione, particella e subalterno). La stessa dichiarazione deve contenere tutte le indicazioni utili ai fini del trattamento dell'imposta comunale sugli immobili (ICI), secondo quanto verrà definito da un apposito decreto del capo del Dipartimento per le politiche fiscali, di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali (comma 13 e secondo periodo del comma 14).

 

Inoltre, in considerazione della circostanza che le disposizioni dei commi da 13 a 18 si applicano alle dichiarazioni che saranno presentate nell'anno 2008 (rectius: a decorrere dall’anno 2008), nelle dichiarazioni presentate nell’anno 2007 dev’essere indicato l'importo dell'imposta comunale sugli immobili dovuta per l'anno in corso (comma 20).

 

I commi 14 e 16 prevedono che l’imposta comunale sugli immobili dovrà essere versata con le seguenti modalità:

§      versamento da parte del sostituto d’imposta, direttamente o sulla base degli appositi modelli trasmessi dagli intermediari fiscali, per quanto riguarda l’imposta dovuta dai contribuenti che si avvalgono dell’assistenza fiscale. La disposizione sembra prevedere che sia lo stesso sostituto d’imposta a liquidare l’imposta (comma 14);

§      versamento mediante i modelli di versamento unitario F24 da parte dei soggetti che non presentano la dichiarazione dei redditi, ma posseggono redditi derivanti da proprietà immobiliari (comma 16).

Nulla è disposto in relazione alle modalità di versamento dell’imposta da parte dei soggetti che presentano la dichiarazione dei redditi senza avvalersi dell’assistenza fiscale.

 

Si ritiene opportuno ricordare che in materia di imposta comunale sugli immobili, già l’articolo 37, comma 55, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha previsto che l'imposta comunale sugli immobili potesse essere liquidata in sede di dichiarazione dei redditi e versata mediante il versamento unitario, disciplinato dall’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate dovranno essere definiti i termini e le modalità per l'attuazione della citata disposizione.

 

Il comma 15 prevede che l’imposta comunale sugli immobili può essere compensata con i crediti di altra natura, ai sensi dell'articolo 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, il quale disciplina il versamento unitario con il modello F24.

 

Le somme riscosse, una volta ripartite dalla struttura di gestione prevista dall'articolo 22 del citato D.Lgs. n. 241 del 1997, sono accreditate dalla Banca d'Italia presso ciascuna tesoreria comunale (comma 17).

 

L’articolo 22 del decreto legislativo n. 241 del 1997 prevede che, entro il primo giorno lavorativo successivo a quello di versamento delle somme da parte delle banche e di ricevimento dei relativi dati riepilogativi, un'apposita struttura di gestione attribuisce agli enti destinatari le somme a ciascuno di essi spettanti, tenendo conto dell'eventuale compensazione eseguita dai contribuenti.

 

Con decreto del capo del Dipartimento per le politiche fiscali, di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, dovranno essere definite le modalità di trasmissione telematica ai comuni dei dati relativi ai versamenti e agli immobili (comma 18).

 

La relazione tecnica stima che le disposizioni in commento avranno i seguenti effetti di cassa:

§         360 milioni di euro per il 2007;

§         220 milioni di euro per il 2008;

§         220 milioni di euro per il 2009.


Articolo 7
(Variazione dell'aliquota di compartecipazione dell'addizionale comunale all'IRPEF)

 


1. All'articolo 1 del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, concernente «Istituzione di una addizionale comunale all'IRPEF, a norma dell'articolo 48, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, come modificato dall'articolo 1, comma 10, della legge 16 giugno 1998, n. 191», sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) il comma 3 è sostituito dal seguente:

     «3. I comuni, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, possono disporre la variazione dell'aliquota di compartecipazione dell'addizionale di cui al comma 2 con deliberazione da pubblicare nel sito individuato con decreto 31 maggio 2002 del capo del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 130 del 5 giugno 2002. L'efficacia della deliberazione decorre dalla data di pubblicazione nel predetto sito informatico. La variazione dell'aliquota di compartecipazione dell'addizionale non può eccedere complessivamente 0,8 punti percentuali. La deliberazione può essere adottata dai comuni anche in mancanza dei decreti di cui al comma 2»;

     b) al comma 4:

     1) le parole: «dei crediti di cui agli articoli 14 e 15» sono sostituite dalle seguenti: «del credito di cui all'articolo 165»;

     2) sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «L'addizionale è dovuta alla provincia e al comune nel quale il contribuente ha il domicilio fiscale alla data del 1o gennaio dell'anno cui si riferisce l'addizionale stessa, per le parti spettanti. Il versamento dell'addizionale medesima è effettuato in acconto e a saldo unitamente al saldo dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. L'acconto è stabilito nella misura del 30 per cento dell'addizionale ottenuta applicando le aliquote di cui ai commi 2 e 3 al reddito imponibile dell'anno precedente determinato ai sensi del primo periodo del presente comma. Ai fini della determinazione dell'acconto, l'aliquota di cui al comma 3 è assunta nella misura deliberata per l'anno di riferimento qualora la pubblicazione della delibera sia effettuata non oltre il 20 gennaio del medesimo anno ovvero nella misura vigente nell'anno precedente in caso di pubblicazione successiva al predetto termine»;

     c) il comma 5 è sostituito dal seguente:

     «5. Relativamente ai redditi di lavoro dipendente e ai redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui agli articoli 49 e 50 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, l'acconto dell'addizionale dovuta è determinato dai sostituti d'imposta di cui agli articoli 23 e 29 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e il relativo importo è trattenuto in un numero massimo di nove rate mensili, effettuate a partire dal mese di marzo. Il saldo dell'addizionale dovuta è determinato all'atto delle operazioni di conguaglio e il relativo importo è trattenuto in un numero massimo di undici rate, a partire dal periodo di paga successivo a quello in cui le stesse sono effettuate e non oltre quello relativamente al quale le ritenute sono versate nel mese di dicembre. In caso di cessazione del rapporto di lavoro l'addizionale residua dovuta è prelevata in unica soluzione. L'importo da trattenere e quello trattenuto sono indicati nella certificazione unica dei redditi di lavoro dipendente e assimilati di cui all'articolo 4, comma 6-ter, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni»;

     d) il comma 6 è abrogato.

2. All'articolo 1, comma 51, primo periodo, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, le parole: «e 2007» sono soppresse.


 

 

L’articolo 7 modifica l’aliquota di compartecipazione dell’addizionale comunale all’IRPEF istituita con il decreto legislativo n. 360 del 1998.

L’addizionale comunale all’IRPEF

L’addizionale comunale all’IRPEF, istituita dal decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, è composta di un’aliquota divisa in due parti: un’aliquota base di compartecipazione, fissata con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze in misura uguale per tutti i comuni, con corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali; un’ulteriore aliquota, facoltativa e variabile, in quanto la sua applicazione è rimessa a ciascun comune, che ne determina la misura nei limiti individuati dalla legge di un massimo di 0,5 punti percentuali, con un incremento annuo non superiore a 0,2 punti percentuali. La legge 13 maggio 1999, n. 133, ha poi previsto che l’addizionale all’IRPEF riguardi non solo i comuni, ma anche le province, stabilendo che l’aliquota base di compartecipazione comprenda, indicandole distintamente, oltre che l’addizionale comunale, anche quella provinciale. Non essendo stato adottato il decreto del Ministro dell’economia chiamato a definire la “parte fissa”, dell’aliquota, l’articolo 67 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001) ha previsto, esclusivamente per l’anno 2002, a favore dei comuni delle regioni a statuto ordinario una compartecipazione al gettito dell’IRPEF in una misura parti al 4,5 per cento di quanto riscosso.

Le misure legislative adottate nella XIV legislatura in materia di addizionali comunale e provinciale all’IRPEF hanno in primo luogo riguardato la reiterazione e l’integrazione del regime transitorio previsto dall’articolo 67 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, per quel che concerne la compartecipazione al gettito IRPEF. In secondo luogo, alcune disposizioni hanno previsto la sospensione degli effetti degli aumenti deliberati dai comuni dell’altra parte dell’aliquota, facoltativa e variabile, la cui applicazione è rimessa a ciascun comune .

In particolare, per quanto attiene al primo aspetto:

§      l’articolo 25, comma 5, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002) ha esteso anche all’anno 2003 la compartecipazione al gettito dell’IRPEF inizialmente prevista dall’articolo 67 della legge n. 388 del 2000 per il solo anno 2002;

§      l’articolo 31, comma 8, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) ha aumentato la compartecipazione, per l’anno 2003, dal 4,5 per cento al 6,5 per cento; la medesima disposizione ha altresì istituito, per lo stesso anno 2003, una compartecipazione al gettito dell’IRPEF anche per le province, nella misura dell’1 per cento, in tutto analoga a quella già attuata per i comuni;

La compartecipazione dei comuni e delle province al gettito dell’IRPEF è stata poi confermata per gli anni 2004, 2005 e 2006 (rispettivamente legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 2, co. 18; legge 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, co. 65; legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, co. 152).

Con riferimento alla sospensione degli aumenti dell’addizionale, si ricorda che:

§      l’articolo 3, comma 1, della legge n. 289 del 2002 ha disposto, tra le altre cose, la sospensione degli aumenti dell’addizionale comunale all’IRPEF deliberati dopo il 29 settembre 2002 fino a quando non fosse intervenuto un accordo in sede di Conferenza unificata tra Stato regioni ed enti locali sui meccanismi strutturali del federalismo fiscale;

§      l’articolo 1, comma 51, della legge n. 311 del 2004 ha prorogato il blocco fino al 31 dicembre 2006. La disposizione prevede comunque, per i comuni che non se ne siano avvalsi in precedenza di aumentare l’aliquota dell’addizionale all’IRPEF per il triennio 2005-2007. Gli effetti di tali aumenti rimarranno comunque sospesi, in forza della disposizione, fino al 31 dicembre 2006.

L’articolo 7 del disegno di legge finanziaria

La lettera a) del comma 1 consente ai comuni di variare l’aliquota facoltativa e variabile dell’addizionale IRPEF nella misura massima di 0,8 punti percentuali, anziché, come previsto dal decreto legislativo n. 360 del 1998, nella misura massima di 0,5 punti percentuali con un incremento annuo dello 0,2 per cento.

 

Vengono inoltre aggiornate le previsioni normative in ordine alla procedura di adozione della variazione dell’aliquota. Si prevede infatti che la variazione debba essere decisa con regolamento comunale (nel testo attualmente vigente invece non si precisa il tipo di atto con il quale adottare l’aumento) con deliberazione da pubblicare nel sito internet individuato con il decreto 31 maggio 2002 del capo del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell’economia, vale a dire il sito www.finanze.it a cura dell'Ufficio federalismo fiscale del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze (nel testo attualmente vigente si prevede che la deliberazione dell’aumento venga pubblicata su un sito individuato con decreto del Ministro dell’economia, emanato di concerto con il Ministro della giustizia).

 

Il numero 1) della lettera b) del comma 1 aggiorna il riferimento al testo unico sulle imposte sui redditi (TUIR) contenuto nel comma 4 dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 360 del 1998 alla nuova numerazione del testo unico successiva all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 344 del 2003 istitutivo delll’IRES (il decreto legislativo provvedeva infatti anche ad una rinumerazione del testo unico) e alle modifiche normative intervenute. La disposizione prevede che l’addizionale sia dovuta se per lo stesso anno risulta dovuta l’imposta sul reddito delle persone fisiche, al netto delle detrazioni per essa riconosciute e dei crediti d’imposta per redditi prodotti all’estero, ai sensi dell’articolo 165 (e non più degli articoli 14 e 15) del TUIR. Si tratta di una modifica formale in quanto l’articolo 15 corrisponde, nella vecchia numerazione del TUIR, all’articolo 165, mentre l’articolo 14, che prevedeva un credito di imposta sugli utili distribuiti da società ed enti è stato abrogato dal decreto legislativo n. 344 del 2003.

 

Il numero 2) della lettera b) del comma 1 prevede che l’addizionale sia dovuta alla provincia e al comune nel quale il contribuente ha il domicilio fiscale alla data del 1° gennaio dell’anno cui si riferisce l’addizionale.

 

In proposito il comma 6 dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 360 del 1998 prevedeva invece che l’addizionale fosse dovuta alla provincia e al comune nel quale il contribuente ha il domicilio fiscale alla data del 31 dicembre dell’anno cui si riferisce l’addizionale. Tale disposizione è abrogata dalla lettera d) del comma 1.

 

Si prevede inoltre che il versamento sia effettuato in acconto e a saldo, con un acconto stabilito nella misura del 30 per cento dell’importo ottenuto applicando l’aliquota all’imponibile IRPEF dell’anno precedente. L’aliquota da applicare è quella dell’anno di riferimento se la delibera è stata pubblicata non oltre il 20 gennaio del medesimo anno; in caso contrario si utilizza l’aliquota dell’anno precedente.

 

In proposito, il decreto del Ministro dell’economia del 20 dicembre 1999, che attualmente disciplina la materia, prevede invece che l’addizionale determinata dal sostituto d'imposta all'atto di effettuazione delle operazioni di conguaglio è trattenuta dallo stesso in tre rate uguali a partire dal periodo di paga successivo a quello in cui le operazioni di conguaglio sono state effettuate o, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, in unica soluzione nel periodo di paga in cui sono state svolte le dette operazioni; gli importi trattenuti vanno versati entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui gli importi sono stati trattenuti. Si effettua un versamento unico anche se l'addizionale è riferita a sostituiti di imposta domiciliati in comuni diversi. L'addizionale dovuta in autotassazione (e cioè pagata direttamente dai contribuenti) è versata entro il termine di pagamento a saldo dell'imposta sul reddito delle persone fisiche risultante dalla dichiarazione dei redditi.

 

Anche la lettera c) del comma 1 interviene sulle modalità di pagamento dell’addizionale prevedendo che per i redditi da lavoro dipendente la stessa sia determinata dal sostituito d’imposta e l’importo sia trattenuto in un numero massimo di nove rate mensili, effettuate in nove rate mensili, a partire dal mese di marzo. Il saldo dell’addizionale dovuta è invece determinato all’atto delle operazioni di conguaglio e il relativo importo è trattenuto in un numero massimo di undici rate, a partire dal periodo di paga successivo a quello in cui le stesse sono effettuate e non oltre quello relativamente al quale le ritenute sono versate nel mese di dicembre. In caso di cessazione del rapporto di lavoro l'addizionale residua dovuta è prelevata in unica soluzione.

 

Conseguentemente alle disposizioni introdotte dal comma 1, al comma 2 viene abrogato il riferimento all’anno 2007 contenuto nell’articolo 1, comma 51, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005). La norma consente di variare per gli anni 2005, 2006 e 2007 l’aliquota dell’addizionale ai soli comuni che non si siano avvalsi in passato di tale facoltà.

 

Come già si è detto (cfr. supra), gli aumenti eventualmente deliberati dai comuni non avevano comunque effetto in forza del blocco previsto fino al 31 dicembre 2006.

 

La disposizione in commento fa venire meno la condizione limitativa della facoltà di aumentare l’aliquota dell’addizionale prevista dall’articolo 1, comma 51, della legge n. 311 del 2004.

 

Si osserva infine che il disegno di legge finanziaria non conferma, per l’anno 2007, il blocco degli aumenti dell’addizionale comunale IRPEF.

 

La relazione tecnica rileva che dall’introduzione dell’acconto del 30 per cento dell’addizionale comunale deriverà un aumento del gettito in termini di cassa di 500 milioni di euro per l’anno 2007.

 


Articolo 8
(Imposta di scopo per la realizzazione di opere pubbliche)

 


1. A decorrere dal 1o gennaio 2007, i comuni possono deliberare, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, l'istituzione di un'imposta di scopo destinata esclusivamente alla parziale copertura delle spese per la realizzazione di opere pubbliche individuate dai comuni nello stesso regolamento tra quelle indicate nel comma 5 del presente articolo.

2. Il regolamento che istituisce l'imposta determina:

     a) l'opera pubblica da realizzare;

     b) l'ammontare della spesa da finanziare;

     c) l'aliquota di imposta;

     d) le modalità di versamento degli importi dovuti.

3. L'imposta è dovuta, in relazione alla stessa opera pubblica, per un periodo massimo di cinque anni ed è determinata applicando alla base imponibile dell'imposta comunale sugli immobili di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, un'aliquota nella misura massima dello 0,5 per mille.

4. Per la disciplina dell'imposta si applicano le disposizioni vigenti in materia di imposta comunale sugli immobili.

5. L'imposta può essere istituita per le seguenti opere pubbliche:

     a) opere per il trasporto pubblico urbano;

     b) opere viarie, con l'esclusione della manutenzione straordinaria ed ordinaria delle opere esistenti;

     c) opere particolarmente significative di arredo urbano e di maggior decoro dei luoghi;

     d) opere di risistemazione di aree dedicate a parchi e giardini;

     e) opere di realizzazione di parcheggi pubblici.

6. Il gettito complessivo dell'imposta non può essere superiore al trenta per cento dell'ammontare della spesa dell'opera pubblica da realizzare.

7. Nel caso di mancato inizio dell'opera pubblica entro due anni dalla data prevista dal progetto esecutivo i contribuenti possono chiedere il rimborso degli importi versati entro il termine di cinque anni dal giorno del pagamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione.


 

 

L’articolo 8 prevede la possibilità per i comuni di istituire con regolamento un’imposta di scopo per finanziare la realizzazione di opere pubbliche.

 

Con il termine di “imposta di scopo” si intende una forma di imposizione che trova la sua giustificazione nel collegamento tra imposizione e destinazione del gettito. L’imposta di scopo costituisce quindi una deroga al principio dell’unità del bilancio, in base al quale nel bilancio la corrispondenza tra entrate e spese deve essere garantita a livello globale, non essendo possibile stabilire una specifica correlazione tra una singola entrata ed una singola spesa.

 

In particolare, il comma 1 rimette ad un regolamento comunale, emanato ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, l’istituzione dell’imposta che deve essere destinata esclusivamente alla copertura (per una percentuale che il comma 6 stabilisce come non superiore al 30 per cento) della realizzazione di specifiche opere pubbliche, rientranti nelle tipologie individuate dal comma 5 dell’articolo.

 

In proposito, si ricorda che l’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997 prevede che le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti.

 

Il comma 5 individua le seguenti tipologie di opere pubbliche per le quali può essere istituita l’imposta di scopo:

a)      opere per il trasporto pubblico urbano;

b)      opere viarie, con esclusione della manutenzione straordinaria ed ordinaria delle opere esistenti;

c)      opere particolarmente significative di arredo urbano e di maggior decoro dei luoghi;

d)      opere di risistemazione di parchi e giardini;

e)      opere di realizzazione di parcheggi pubblici.

 

Il comma 2 prevede inoltre che il regolamento comunale istitutivo dell’imposta indichi:

a)      l’opera pubblica da realizzare;

b)      l’ammontare della spesa da finanziare;

c)      l’aliquota di imposta (sul punto cfr. però il comma 3);

d)      le modalità di versamento degli importi dovuti.

 

I commi 3 e 4 collegano la base imponibile e la disciplina dell’imposta di scopo a quelle previste per l’imposta comunale sugli immobili (ICI).

In particolare, il comma 3 prevede che l’imposta sia calcolata applicando alla base imponibile dell’ICI un’aliquota che il Comune può individuare fino alla misura massima dello 0,5 per mille.

Il comma 5 prevede inoltre l’applicazione all’imposta di scopo delle disposizioni in materia di ICI.

 

In proposito, si ricorda che il presupposto dell’imposta comunale sugli immobili, istituita con il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è il possesso di fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli siti nel territorio dello Stato destinato a qualsiasi uso; soggetti passivi dell’imposta sono i proprietari o i titolari di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione); la base imponibile è costituita dal valore degli immobili (il valore dei fabbricati è determinato dal prodotto tra le rendite catastali e appositi moltiplicatori diversificati per gruppi catastali; il valore delle aree fabbricabili è quello di mercato al 1° gennaio di ciascun periodo di imposta; il valore dei terreni agricoli è il risultato del prodotto tra il reddito dominicale e un moltiplicatore pari a 75); l’aliquota dell’imposta è determinata dal Comune, ciascun anno per l’anno successivo, e deve essere definita in misura compresa tra il 4 e il 7 per mille; in assenza di delibera del Comune si applica il 4 per mille.

 

Il comma 7 prevede infine che, in caso di mancato inizio dell’opera pubblica entro due anni dalla data prevista dal progetto esecutivo i contribuenti possono chiedere il rimborso degli importi versati entro il termine di cinque anni dal giorno del pagamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione.

 


Articolo 9
(Contributo comunale di ingresso e di soggiorno)

 


1. A decorrere dal 1o gennaio 2007 i comuni, con apposito regolamento adottato ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, possono deliberare l'istituzione di un contributo di soggiorno, operante anche per periodi limitati dell'anno, destinato ad interventi di manutenzione urbana ed alla valorizzazione dei centri storici.

2. Il contributo è dovuto dai soggetti non residenti che prendono alloggio, in via temporanea, in strutture alberghiere, campeggi, villaggi turistici, alloggi agro-turistici ed in altri similari strutture ricettive situate nel territorio comunale.

3. Sono esenti dal contributo i soggetti che alloggiano nelle strutture destinate al turismo giovanile ed in quelle espressamente previste dal regolamento comunale.

4. Il contributo è stabilito entro la misura massima di cinque euro per notte.

5. Il regolamento che istituisce il contributo determina:

     a) le misure del contributo, stabilite in rapporto alla categoria delle singole strutture ricettive;

     b) le eventuali riduzioni ed esenzioni, determinate in relazione alla categoria ed all'ubicazione della struttura ricettiva, alla durata del soggiorno, alle caratteristiche socio-economiche dei soggetti passivi avendo riguardo, tra l'altro, alla numerosità del nucleo familiare, all'età ed alle finalità del soggiorno;

     c) l'eventuale periodo infrannuale di applicazione del contributo;

     d) i termini e le modalità di presentazione della dichiarazione e del pagamento del tributo.

6. I gestori delle strutture ricettive di cui al comma 2 provvedono al versamento del contributo, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, e presentano al comune la relativa dichiarazione, nel rispetto dei termini e delle modalità stabilite dal regolamento comunale.

7. Gli avvisi di accertamento per l'omessa o infedele presentazione della dichiarazione e per l'omesso, ritardato o parziale versamento del contributo devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione od il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati.

8. Per l'omessa o infedele presentazione della dichiarazione si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento dell'importo dovuto; per l'omesso, ritardato o parziale versamento del contributo si applica la sanzione amministrativa di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e successive modificazioni. L'irrogazione delle sanzioni avviene secondo le disposizioni di cui agli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni.


 

 

L’articolo 9 consente ai comuni di istituire, con un regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, un contributo di soggiorno (comma 1).

 

In proposito, si ricorda che l’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997 prevede che le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti.

 

Anche se la disposizione individua la finalità del tributo in interventi di manutenzione urbana e di valorizzazione dei centri storici, esso non si configura comunque per le sue caratteristiche, di seguito esposte, come un’imposta di scopo.

 

Il contributo è dovuto (comma 2) dai soggetti non residenti che alloggino in strutture alberghiere, campeggi, villaggi turistici ed agriturismi; sono esenti i soggetti che alloggiano in strutture dedicate al turismo giovanile. Il regolamento comunale può inoltre prevedere ulteriori forme di esenzione (comma 3). Il comma 4 fissa nella misura massima di cinque euro per notte la misura del contributo; la misura esatta del tributo, insieme alle eventuali forme di esenzione sono individuate dal comma 5, così come i termini e le modalità di dichiarazione e di pagamento. Il regolamento può pure stabilire che il contributo sia dovuto unicamente in un determinato periodo dell’anno.

 

Il comma 6 stabilisce che il contributo sia versato dai gestori delle strutture ricettive, i quali poi si rivarranno sui loro clienti, soggetti passivi dell’imposta.

 

Il comma 7 fissa nel quinto anno successivo il termine per l’emissione di avvisi di accertamento per la mancata o ritardata dichiarazione ovvero il mancato o ritardato pagamento del contributo. In altre parole, ritardi o omissioni nelle dichiarazioni o nei pagamenti possono essere contestate dall’amministrazione pubblica solo entro il quinto anno successivo.

 

Il comma 8 individua le sanzioni per l’omessa o infedele presentazione della dichiarazione ovvero per l’omesso o ritardato o parziale versamento del contributo. In particolare, per l’omessa o infedele presentazione della dichiarazione si prevede una sanzione dal cento al duecento per cento dell’importo. Per l’omesso pagamento si applica invece la sanzione dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997.

 

L’articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997 prevede che chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l'ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato

 

Le sanzioni sono irrogate secondo le disposizioni degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo n. 472 del 1997.

 

L’articolo 16 del decreto legislativo n. 472 del 1997 prevede che all’irrogazione delle sanzioni amministrative provveda l’ente compente all’accertamento del tributo (nel caso della disposizione in commento il comune); disciplinando la procedura per la contestazione da parte dell’ente dell’omesso o ritardato pagamento.

 

L’articolo 17 del decreto legislativo n. 472 del 1997 disciplina invece i casi in cui risulta possibile procedere all’irrogazione immediata della sanzione.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Strategia sull’ambiente urbano

L’11 gennaio 2006 la Commissione ha presentato la strategia tematica sull’ambiente urbano (COM(2005)718) destinata ad aiutare gli Stati membri e le autorità locali e regionali a migliorare l’efficienza ambientale delle città europee. La strategia per l’ambiente urbano è una delle sette strategie previste dal sesto programma d’azione in materia di ambiente. Il suo obiettivo è favorire una migliore attuazione a livello locale delle politiche e della legislazione comunitaria in materia ambientale, attraverso lo scambio di esperienze e buone pratiche tra le autorità locali.

Il 27 giugno 2006 il Consiglio ha adottato conclusioni sulla strategia in cui, tra l’altro:

-        chiede agli Stati membri sia d’intensificare gli sforzi per fare in modo che le città, con le loro politiche possano raggiungere una elevata qualità urbana a livello ambientale e sanitario, sia di tenere presenti le possibilità offerte dai quadri strategici nazionali di riferimento (collegati alla politica di coesione) per affrontare i problemi dell’ambiente urbano, come pure le opportunità nell’ambito del regolamento e dei fondi LIFE+[28];

-        incoraggia la Commissione a fornire orientamenti su come gli Stati membri possano utilizzare tali fondi per integrare il rinnovamento urbano nei loro piani nazionali, tra cui segnatamente meccanismi innovativi e flessibili per il finanziamento del rinnovamento urbano;

-        invita l’Unione europea, gli Stati membri e le loro città, nell’ambito delle rispettive competenze, a migliorare la qualità della vita nelle città e nelle aree urbane attraverso la promozione e l’attuazione della gestione ambientale integrata.

Il 26 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla strategia tematica sull’ambiente urbano nella quale sottolinea l’importanza delle problematiche relative alla sostenibilità della gestione urbana, del trasporto urbano, dell’urbanistica, della costruzione urbana. Rileva inoltre la necessità di garantire un adeguato finanziamento comunitario, segnatamente grazie a programmi e stanziamenti specifici.

Politica di coesione

Sugli orientamenti strategici per la coesione si veda la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 105.

Il 13 luglio 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione “La politica di coesione e le città: il contributo delle città e delle agglomerazioni alla crescita e all’occupazione nelle regioni” (COM(2006)385.

Il documento, rivolto alle autorità nazionali, regionali e locali, vuole essere uno strumento di aiuto nella preparazione del nuovo ciclo di programmi relativi alla politica di coesione. Nel documento vengono suggerite azioni rivolte a rendere le città più attraenti, a creare reti di comuni, a rafforzare il ruolo di polo di crescita, a favorire lo spirito d’impresa, l’innovazione e l’economia della conoscenza, a sostenere le PMI, a ridurre le disparità tra quartieri e gruppi sociali, e a lottare infine contro la delinquenza.

 


Articolo 10
(Disposizioni in materia di imposte provinciali e comunali)

 


1. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite, sentite l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e l'Unione delle province italiane (UPI), le modalità ed i termini di trasmissione, agli enti locali interessati che ne fanno richiesta, dei dati inerenti l'addizionale comunale e provinciale sull'imposta sull'energia elettrica di cui all'articolo 6 del decreto-legge 28 novembre 1988, n. 511, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1989, n. 20, e successive modificazioni, desumibili dalla dichiarazione di consumo di cui all'articolo 55 del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, presentata dai soggetti tenuti a detto adempimento, nonché le informazioni inerenti le procedure di liquidazione e di accertamento delle suddette addizionali.

2. Al comma 2 dell'articolo 56 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, la parola: «venti» è sostituita dalla seguente: «trenta».


 

 

Il comma 1 dell’articolo 10 prevede la possibilità di trasmettere agli enti locali interessati i dati inerenti l’addizionale comunale e provinciale sull’imposta sull’energia elettrica.

 

L’addizionale comunale e provinciale sull’energia elettrica è prevista dall’articolo 6 del decreto-legge n. 511 del 1988, il quale prevedeva che per ogni kWh di consumo di energia elettrica venisse istituita una addizionale nelle seguenti misure:

a)       lire 36 in favore dei comuni per qualsiasi uso nelle abitazioni, con esclusione delle seconde case, e con esclusione delle forniture, con potenza impegnata fino a 3 kW, effettuate nelle abitazioni di residenza anagrafica degli utenti limitatamente ai primi due scaglioni mensili di consumo quali risultano fissati nelle tariffe vigenti;

b)       lire 39,5 in favore dei comuni, per qualsiasi uso nelle seconde case;

c)       lire 18 in favore delle province per qualsiasi uso in locale e luoghi diversi dalle abitazioni, per tutte le utenze, fino al limite massimo di 200.000 kWh di consumo al mese.

Le province hanno facoltà di incrementare detta misura fino a 22 lire per kWh. Le province devono deliberare la misura dell'addizionale entro i termini di approvazione del bilancio di previsione e notificare entro dieci giorni dalla data di esecutività copia autentica della deliberazione all'ente che provvede alla riscossione per gli adempimenti di competenza.

L’articolo 2, comma 39, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) è intervenuto sulle addizionali comunale e provinciale sull’energia elettrica, estendendone l’applicazione anche d’acconto non solo alle imprese distributrici, compresi i grossisti, ma anche alle imprese produttrici.

 

In particolare, i comuni potranno accedere:

a)      alle dichiarazioni di consumo

in base al comma 5 dell’articolo 55 del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione, emanato con decreto legislativo n. 504 del 1995, la dichiarazione di consumo, oltre alle indicazioni occorrenti per l'individuazione della ditta (denominazione, sede, ubicazione dell'officina, codice fiscale e numero della partita I.V.A.), deve contenere tutti gli elementi necessari per l'accertamento del debito d'imposta.

b)      le informazioni sulle procedure di liquidazione e di accertamento delle addizionali.

 

L’accesso alle informazioni è disciplinato con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane, sentita l’ANCI e l’Unione delle province italiane, entro due mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria.

 

Il comma 2 eleva dal venti al quaranta per cento la misura massima entro la quale le province possono, ai sensi dell’articolo 56, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, aumentare le tariffe per il pagamento dell’imposta provinciale di trascrizione rispetto alla base predeterminata dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze secondo quanto previsto dall’articolo 56, comma 11 del decreto legislativo n. 446 del 1997.

 

In base all’articolo 56 del decreto legislativo n. 446 del 1997, le province possono con regolamento istituire l’imposta provinciale sulle formalità di trascrizione, iscrizione e annotazione dei veicoli richieste al pubblico registro automobilistico, avente competenza nel proprio territorio. L’imposta è dovuta per ciascun veicolo al momento della richiesta della formalità. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze è stabilita la misura dell’imposta provinciale di trascrizione per tipo e potenza dei veicoli.

 


Articolo 11, commi 1-18
(Disposizioni in materia di semplificazione e «manutenzione» della base imponibile)

 


1. Per la notifica degli atti di accertamento dei tributi locali e di quelli afferenti le procedure esecutive di cui al testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, e successive modificazioni, nonché degli atti di invito al pagamento delle entrate extratributarie dei comuni e delle province, ferme restando le disposizioni vigenti, il dirigente dell'ufficio competente, con provvedimento formale, può nominare uno o più messi notificatori.

2. I messi notificatori possono essere nominati tra i dipendenti dell'amministrazione comunale o provinciale, tra i dipendenti dei soggetti ai quali l'ente locale ha affidato, anche disgiuntamente, la liquidazione, l'accertamento e la riscossione dei tributi e delle altre entrate ai sensi dell'articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, nonché tra soggetti che, per qualifica professionale, esperienza, capacità ed affidabilità, forniscono idonea garanzia del corretto svolgimento delle funzioni assegnate, previa, in ogni caso, la partecipazione ad apposito corso di formazione e qualificazione, organizzato a cura dell'ente locale, ed il superamento di un esame di idoneità.

3. Il messo notificatore esercita le sue funzioni nel territorio dell'ente locale che lo ha nominato, sulla base della direzione e del coordinamento diretto dell'ente ovvero degli affidatari del servizio di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e delle altre entrate ai sensi dell'articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni. Il messo notificatore non può farsi sostituire né rappresentare da altri soggetti.

4. Gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all'accertamento d'ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d'ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati. Entro gli stessi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni amministrative tributarie, a norma degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni.

5. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d'ufficio devono essere motivati in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che li hanno determinati; se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama, salvo che quest'ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. Gli avvisi devono contenere, altresì, l'indicazione dell'ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all'atto notificato, del responsabile del procedimento, dell'organo o dell'autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell'atto in sede di autotutela, delle modalità, del termine e dell'organo giurisdizionale cui è possibile ricorrere, nonché il termine di sessanta giorni entro cui effettuare il relativo pagamento. Gli avvisi sono sottoscritti dal funzionario designato dall'ente locale per la gestione del tributo.

6. Nel caso di riscossione coattiva dei tributi locali il relativo titolo esecutivo deve essere notificato al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo.

7. Il rimborso delle somme versate e non dovute deve essere richiesto dal contribuente entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione; l'ente locale provvede ad effettuare il rimborso entro novanta giorni dalla data di presentazione dell'istanza.

8. La misura annua degli interessi è determinata, da ciascun ente impositore, nei limiti di tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse legale. Gli interessi sono calcolati con maturazione giorno per giorno con decorrenza dal giorno in cui sono divenuti esigibili. Interessi nella stessa misura spettano al contribuente per le somme ad esso dovute a decorrere dalla data dell'eseguito versamento.

9. Il pagamento dei tributi locali deve essere effettuato con arrotondamento all'euro per difetto se la frazione è inferiore a 49 centesimi, ovvero per eccesso se superiore a detto importo.

10. Gli enti locali disciplinano le modalità con le quali i contribuenti possono compensare le somme a credito con quelle dovute al comune a titolo di tributi locali.

11. Gli enti locali, nel rispetto dei principi posti dall'articolo 25 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, stabiliscono per ciascun tributo di propria competenza gli importi fino a concorrenza dei quali i versamenti non sono dovuti o non sono effettuati i rimborsi.

12. Gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione. Dette deliberazioni anche se approvate successivamente all'inizio dell'esercizio purché entro il termine innanzi indicato, hanno effetto dal 1o gennaio dell'anno di riferimento; in caso di mancata approvazione entro il suddetto termine le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno.

13. Ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario ed in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione, gli enti locali e regionali comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi al gettito delle entrate tributarie e patrimoniali, di rispettiva competenza. Per l'inosservanza di detti adempimenti si applicano le disposizioni di cui all'articolo 161, comma 3, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze sono stabiliti il sistema di comunicazione, le modalità ed i termini per l'effettuazione della trasmissione dei dati.

14. Le norme di cui ai commi da 4 a 13 si applicano anche ai rapporti di imposta pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge.

15. Al decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al comma 5 dell'articolo 9, le parole da: «il relativo ruolo» fino a: «periodo di sospensione» sono soppresse;

     b) sono abrogati: il comma 6 dell'articolo 9; l'articolo 10; il comma 4 dell'articolo 23; l'articolo 51, ad eccezione del comma 5; il comma 4 dell'articolo 53; l'articolo 71, ad eccezione del comma 4; l'articolo 75; il comma 5 dell'articolo 76.

16. Al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) il comma 4 dell'articolo 5 è abrogato;

     b) al comma 2 dell'articolo 8, dopo le parole: «adibita ad abitazione principale del soggetto passivo» sono aggiunte le seguenti: «, intendendosi per tale, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica»;

     c) all'articolo 10, il comma 6 è sostituito dal seguente:

«6. Per gli immobili compresi nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa il curatore o il commissario liquidatore, entro novanta giorni dalla data della loro nomina, devono presentare al comune di ubicazione degli immobili una dichiarazione attestante l'avvio della procedura. Detti soggetti sono, altresì, tenuti al versamento dell'imposta dovuta per il periodo di durata dell'intera procedura concorsuale entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili.»;

     d) i commi 1, 2, 2-bis e 6 dell'articolo 11 sono abrogati;

     e) all'articolo 12, comma 1, le parole: «90 giorni» sono sostituite dalle seguenti: «60 giorni» e le parole da: «; il ruolo deve essere formato» fino alla fine del comma sono soppresse;

     f) l'articolo 13 è abrogato;

     g) il comma 6 dell'articolo 14 è abrogato.

17. Al comma 53 dell'articolo 37 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Resta fermo l'obbligo di presentazione della dichiarazione nei casi in cui gli elementi rilevanti ai fini dell'imposta dipendano da atti per i quali non sono applicabili le procedure telematiche previste dall'articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 463, concernente la disciplina del modello unico informatico».

18. Le lettere l) e n) del comma 1 e i commi 2 e 3 dell'articolo 59 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sono abrogati.


 

 

I commi da 1 a 3 dell’articolo 11 intervengono in materia di poteri di accertamento degli enti locali e prevedono la possibilità per i dirigenti degli uffici competenti di tali enti di nominare uno o più messi notificatori. Tali messi potranno provvedere alla notifica:

-        degli atti di accertamento dei tributi locali;

-        di quelli riguardanti le procedure coattive per la riscossione delle entrate patrimoniali, e dei proventi di servizi pubblici previste dal regio decreto n. 639 del 1910;

-        degli atti di invito al pagamento delle entrate extratributarie dei comuni e delle province.

 

Il comma 2 individua i requisiti soggettivi per la nomina a messo notificatore:

tali soggetti possono essere nominati:

-        tra i dipendenti dell’amministrazione comunale o provinciale;

-        tra i dipendenti dei concessionari del servizio di riscossione comunale.

 

La possibilità di affidare a terzi, anche disgiuntamente, la liquidazione, l'accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le altre entrate, è prevista dall’articolo 52, comma 5, lettera b) del decreto legislativo n. 446 del 1997 che la norma richiama. In proposito, si ricorda tuttavia l’intervenuta riforma del sistema nazionale della riscossione (prevista dall’articolo 3 del decreto-legge n. 203 del 2005) che ha affidato il servizio nazionale della riscossione ad una società a capitale prevalentemente pubblico, la “Riscossione SpA” e alle società da questa partecipate.

 

-        tra soggetti che, per qualifica professionale, esperienza e affidabilità, forniscono idonea garanzia del corretto svolgimento delle funzioni assegnate.

 

Il comma 3 prevede che il messo eserciti le sue funzioni nel territorio dell’ente locale che lo ha nominato e che non possa farsi sostituire né rappresentare da altri soggetti.

 

I commi da 4 a 13 recano disposizioni in materia di autonomia impositiva degli enti locali, individuando su molti aspetti (accertamento, sanzioni, riscossione, possibilità di effettuare compensazioni) una normativa di carattere generale in luogo delle disposizioni specifiche dettate per i diversi tributi (imposta comunale sulla pubblicità, imposta sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, imposta comunale sugli immobili).

 

I commi da 4 a 9 dell’articolo 11 recano varie disposizioni in materia di accertamento e di riscossione dei tributi propri degli enti locali. In particolare:

-        si consente agli enti locali di procedere alla rettifica delle dichiarazioni in complete o infedeli, nonché all’accertamento di ufficio (comma 4);

-        si prevede l’applicazione degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo n. 472 del 1997 per l’irrogazione delle sanzioni (comma 4).

L’articolo 16 del decreto legislativo n. 472 del 1997 prevede che all’irrogazione delle sanzioni amministrative provveda l’ente compente all’accertamento del tributo; disciplinando la procedura per la contestazione da parte dell’ente dell’omesso o ritardato pagamento.

L’articolo 17 del decreto legislativo n. 472 del 1997 disciplina invece i casi in cui risulta possibile procedere all’irrogazione immediata della sanzione.

-        si descrivono le caratteristiche degli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio (comma 5);

-        si stabilisce al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo il termine per la notifica del provvedimento di esecuzione (comma 6);

-        si stabilisce in cinque anni dal giorno del versamento il termine per la richiesta da parte dei contribuenti delle somme versate e non dovute (comma 7);

-        si stabilisce in novanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza il termine per il rimborso da parte dell’ente locale (comma 7);

-        si fissa in tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse legale la misura annua degli interessi (comma 8);

-        si prevede che il pagamento dei tributi locali sia effettuato con arrotondamento all’unità per difetto se la frazione è inferiore a 49 centesimi o per eccesso se risulta superiore a tale importo (comma 9);

 

I commi da 10 a 13 dell’articolo 11 recano alcune disposizioni di carattere generale in ordine all’autonomia impositiva degli enti locali.

In particolare si prevede:

-        la possibilità per gli enti locali di disciplinare le modalità con le quali compensare debiti e crediti di imposta, in analogia a quanto previsto dalla legislazione statale all’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 (comma 10);

-        la possibilità per gli enti locali di stabilire i limiti quantitativi per gli esoneri dalle imposte o dai relativi rimborsi, nel rispetto dell’articolo 25 della legge n. 289 del 2002, il quale rimette ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di dettare disposizioni relative alla disciplina del pagamento e della riscossione di crediti di modesto ammontare e di qualsiasi natura, anche tributaria, applicabile a tutte le amministrazioni pubbliche (comma 11);

-        l’obbligo per gli enti locali di deliberare le tariffe e le aliquote sui tributi di propria competenza entro la data fissata dalle norme statali per la deliberazione dei bilanci di competenza, con effetto comunque dal 1° gennaio dell’anno di riferimento (comma 12);

La legislazione vigente individua nel 31 dicembre dell’anno precedente il termine per la presentazione del bilancio di previsione. Tale termine è stato tuttavia in passato in più occasioni prorogato al 31 marzo o anche al 31 maggio del medesimo anno a cui il bilancio si riferisce.

 

-        l’obbligo di comunicare al Ministero dell’economia, ai fini del coordinamento della finanza pubblica[29] i dati relativi al gettito delle entrate tributarie (comma 13).

In caso di inosservanza dell’obbligo si prevede l’applicazione dell’articolo 161, comma 3, del testo unico sugli enti locali emanato con decreto legislativo n. 267 del 2000, il quale dispone la sospensione dell'ultima rata dei trasferimenti erariali a valere del fondo ordinario in caso di mancata redazione dell’apposita certificazione sui principali dati di bilancio e del rendiconto.

 

Il comma 14 dispone in via generale che le norme di cui ai commi da 4 a 13 si applicano anche ai rapporti di imposta pendenti alla data di entrata in vigore della legge.

 

Il comma 15 abroga una serie di disposizioni relative all’imposta comunale sulla pubblicità e le affissioni, alla tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche e alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani in materia di riscossione, accertamento, rimborsi, sanzioni ed interessi, di cui al decreto legislativo n. 507 del 1993, che risultano superate dalle disposizioni di cui ai commi da 4 a 13.

 

Con riferimento alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani si ricorda che i decreto legislativo n. 22 del 1997 (c.d. decreto Ronchi) prevedeva la soppressione della tassa e l’istituzione di una tariffa a copertura della gestione dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani a decorrere dal 1° gennaio 1999. Tale termine è stato tuttavia più volte prorogato e si sono introdotti termini differenziati in ragione della popolazione e del grado di copertura dei costi del servizio registrato nel 1999. Attualmente per i comuni che raggiungessero nel 1999 un grado di copertura del servizio superiore all’85 per cento ovvero compreso tra il 55 e l’85 per cento è stato previsto un periodo transitorio di sette anni a decorrere dal termine originario del 1° gennaio 1999 per l’adozione della tariffa (cfr. infra scheda sui commi 28-29 dell’articolo 11).

 

Il comma 16, oltre ad abrogare, alle lettere d), e), f) e g), le disposizioni in materia di accertamento, riscossione e sanzioni dell’imposta comunale sugli immobili (ICI), che risultano superate dalle disposizioni di cui ai commi da 4 a 13, modifica anche altri aspetti di tale tributo.

In particolare, la lettera a) abroga il comma 4 dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 504 del 1992, che individua una specifica disciplina in materia di imposizione dell’ICI per i fabbricati non iscritti in catasto nonché per i fabbricati per i quali sono proposte variazioni permanenti (per tali immobili le disposizioni richiamate prevedono infatti che il valore sia determinato con riferimento alla rendita dei fabbricati similari già iscritti). In proposito la relazione illustrativa precisa che si è inteso abbandonare il concetto oramai superato di “rendita similare”.

La lettera b) precisa che, ai fini della detrazione ICI spettante per l’abitazione principale, si intende per “abitazione principale” quella di residenza anagrafica.

La lettera c) prevede che nei procedimenti di fallimento o liquidazione coatta il curatore o il commissario liquidatore devono presentare al comune di ubicazione degli immobili una dichiarazione attestante l’avvio della procedura. Essi sono inoltre tenuti al versamento dell’imposta per il periodo di durata della procedura di fallimento entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili. In proposito la relazione illustrativa afferma che la finalità della norma è individuata nell’opportunità di assicurare al comune la conoscenza dell’avvio della procedura di fallimento.

 

Il comma 17 integra le disposizioni dell’articolo 37, comma 53, del decreto-legge n. 223 del 2006, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, convertito con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, che sopprimevano l’obbligo di dichiarazione degli immobili di proprietà ai fini dell’imposizione dell’ICI[30], rinviando tuttavia la soppressione all’operatività del sistema di circolazione dei dati catastali dell’Agenzia del territorio.

La disposizione in commento prevede ora che l’obbligo di dichiarazione dell’ICI permanga comunque per gli elementi rilevanti per i quali non siano applicabili le procedure telematiche degli atti relativi a diritti sugli immobili, alla trascrizione, all'iscrizione e all'annotazione nei registri immobiliari, nonché alla voltura catastale, previste dall’articolo 3-bis del decreto legislativo n. 463 del 1997.

 

La disposizione del comma 18 abroga le lettere l) e n) del comma 1 nonché i commi 2 e 3 dell'articolo 59 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446[31].

L’articolo 59, comma 1, del decreto legislative n. 446 del 1997, reca disposizioni relative alla potestà regolamentare in materia di imposta comunale sugli immobili. Esso prevede che con regolamento, i comuni possono:

-        in base alla lettera l) semplificare e razionalizzare il procedimento di accertamento anche al fine di ridurre gli adempimenti dei contribuenti e potenziare l'attività di controllo sostanziale, secondo i seguenti criteri direttivi;

-        in base alla lettera n) razionalizzare le modalità di esecuzione dei versamenti, sia in autotassazione che a seguito di accertamenti, prevedendo, in aggiunta o in sostituzione del pagamento tramite il concessionario della riscossione, il versamento sul conto corrente postale intestato alla tesoreria del comune e quello direttamente presso la tesoreria medesima, nonché il pagamento tramite sistema bancario.

I successivi commi 2 e 3, anch’essi abrogati dalla presente disposizione, prevedono rispettivamente:

a)       il comma 2 che se sono adottate norme regolamentari nella materia di cui alla lettera l) del comma 1, nel territorio del comune non operano, per gli anni di vigenza del regolamento, le disposizioni di cui agli articoli 10, commi 4 e 5, primo periodo, 11, commi 1 e 2, 14, comma 2, e 16, comma 1, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504.

Si tratta delle seguenti disposizioni:

-        gli articoli 10, commi 4 e 5, primo periodo, disciplinano le modalità di dichiarazione dell’ICI;

-        l’articolo 11, commi 1 e 2;

-        14, comma 2;

-        16, comma 1;

b)       il comma 3 che nelle disposizioni regolamentari di cui alla lettera l) del comma 1 può essere stabilita per anni pregressi la eliminazione delle operazioni di liquidazione sulla base delle dichiarazioni ovvero la loro effettuazione secondo criteri selettivi.


Articolo 11, commi 19-23
(Installazioni pubblicitarie ed affissioni abusive)

 


19. All'articolo 62, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, le parole da: «in modo che detta tariffa» fino alla fine del periodo sono soppresse.

20. Il comma 1 dell'articolo 7-octies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, è abrogato.

21. Al fine di contrastare il fenomeno delle affissioni abusive, sono abrogate le seguenti disposizioni:

     a) il comma 2-bis dell'articolo 6, il comma 1-bis dell'articolo 20, l'articolo 20-bis, il comma 4-bis dell'articolo 23 e il comma 5-ter dell'articolo 24 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, e successive modificazioni;

     b) il comma 13-quinquies dell'articolo 23 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;

     c) il terzo comma dell'articolo 6 ed il quarto comma dell'articolo 8 della legge 4 aprile 1956, n. 212, e successive modificazioni.

22. All'articolo 15 della legge 10 dicembre 1993, n. 515, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al comma 3, le parole da: «sono a carico» fino a «del committente» sono sostituite dalle seguenti: «sono a carico, in solido, dell'esecutore materiale e del committente responsabile»;

     b) al comma 19, il terzo periodo è soppresso.

23. Sono fatti salvi gli effetti prodotti dall'articolo 20-bis, comma 2, del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507.


Misura della tariffa del canone per l’installazione di mezzi pubblicitari (CIMP)

I commi 19 e 20 intervengono in materia di canone per l’installazione di mezzi pubblicitari (CIMP).

Con la disposizione del comma 19 dell’articolo 11 viene soppressa parzialmente la disposizione dell'articolo 62, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, nella parte che limita la misura della tariffa del CIMP al 25 per cento in più rispetto alle tariffe dell’imposta sulla pubblicità

 

L’articolo 62 del decreto legislativo n. 446 del 1997[32], disciplina il Canone per l'installazione di mezzi pubblicitari (CIMP).

Si tratta di un canone che i comuni possono adottare sottoponendo le iniziative pubblicitarie che incidono sull'arredo urbano o sull'ambiente ad un regime autorizzatorio e assoggettandole al pagamento di un canone in base a tariffa. Tale istituzione è possibile qualora, con regolamento[33] adottato a norma dell'articolo 52, venga esclusa l'applicazione nel territorio del comune, dell'imposta comunale sulla pubblicità di cui al capo I del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507.

Il regolamento comunale deve, in base al comma 2:

a)       individuare la tipologia dei mezzi di effettuazione della pubblicità esterna che incidono sull’arredo urbano o sull’ambiente;

b)       prevedere le procedure per il rilascio e per il rinnovo dell’autorizzazione;

c)       indicare le modalità d’impiego dei mezzi pubblicitari nonché le modalità e i termini di pagamento del canone;

d)       determinare la tariffa con criteri di ragionevolezza e gradualità tenendo conto della popolazione residente, della rilevanza dei flussi turistici presenti nel comune, delle caratteristiche urbanistiche delle diverse zone del territorio comunale e dell’impatto ambientale, in modo che la tariffa stessa, comprensiva dell’eventuale uso di aree comunali, non ecceda di oltre il 25 per cento le corrispondenti tariffe stabilite ai sensi del decreto legislativo n. 507 del 1993 per l’imposta comunale sulla pubblicità e deliberate dall’amministrazione comunale nell’anno solare antecedente l’adozione della delibera di sostituzione dell’imposta comunale sulla pubblicità con il canone;

e)       equiparare, ai soli fini del pagamento del canone, i mezzi pubblicitari installati senza la preventiva autorizzazione a quelli autorizzati, e prevedere sanzioni amministrative pecuniarie per l’installazione dei mezzi pubblicitari non autorizzati, determinandole in misura non inferiore all’importo della relativa tariffa, né superiore al doppio della stessa tariffa;

f)         determinare la tariffa per i mezzi pubblicitari installati su beni privati in misura inferiore di almeno un terzo rispetto agli analoghi mezzi pubblicitari installati su beni pubblici.

Il regolamento può anche prevedere, con carattere di generalità, divieti, limitazioni e agevolazioni.

 

Le prescrizioni contenute nella lettera d) del comma 2 sono oggetto di modifica ad opera del comma 19 in commento, che sopprime le parole da: «in modo che detta tariffa» fino alla fine del periodo.

Si tratta della parte della lettera d), che prevede che: “la tariffa, comprensiva dell'eventuale uso di aree comunali, non ecceda di oltre il 25 per cento le tariffe stabilite ai sensi del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, per l'imposta comunale sulla pubblicità in relazione all'esposizione di cui alla lettera a) e deliberate dall'amministrazione comunale nell'anno solare antecedente l'adozione della delibera di sostituzione dell'imposta comunale sulla pubblicità con il canone”

 

La relazione governativa al provvedimento evidenzia che il fine della norma è quello di eliminare un limite che è piuttosto stringente per l’autonomia regolamentare degli enti locali.

Si segnala peraltro che la relazione governativanel commentare la disposizione in esame fa erroneamente riferimento al comma 18 dell’articolo 11.

 

Il successivo comma 20 dell’articolo 11, abrogail comma 1 dell'articolo 7-octies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43.

 

L’articolo 7-octies consente in particolare ai comuni di rideterminare, ove occorra, la misura del canone secondo le disposizioni del descritto articolo 62 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e nel rispetto di quanto previsto dalla lettera d) del comma 2 del medesimo articolo.

La rideterminazione è disposta con deliberazione del comune. In forza del rinvio all’articolo 62 del decreto legislativo n. 446 del 1997, deve ritenersi che la deliberazione, modificativa del regolamento comunale che stabilisce la tariffa, sia soggetta alla disciplina per il medesimo prevista (competenza, termini, comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze e notizia nella Gazzetta ufficiale).

In deroga all’articolo 52, comma 2, del citato D.Lgs. n. 446 del 1997 (il quale prevede che i regolamenti che disciplinano le entrate dei comuni, deliberati entro il termine previsto per l’approvazione del bilancio, non abbiano effetto prima del 1° gennaio dell’anno successivo), è stabilito che l’eventuale rideterminazione del canone per l’anno 2005 sia adottata entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

E’ previsto che a decorrere dall’esercizio 2006, la rideterminazione terrà conto della rivalutazione annuale sulla base dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati rilevato dall’ISTAT.

 

Sostanzialmente, l’effetto della disposizione in commento dovrebbe essere quello di svincolare la rideterminazione del canone dagli indici dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati rilevato dall’ISTAT.

Norme in materia di affissioni abusive

I commi da 21 a 23 abrogano o modificano una serie di disposizioni per contrastare il fenomeno delle affissioni abusive.

Il comma 21 abroga alcune disposizioni in materia di imposta di pubblicità, contenute nel del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507. Si tratta delle seguenti:

-        il comma 2-bis dell'articolo 6, che dispone la non applicazione dell'imposta sulla pubblicità per i soggetti che usufruiscono della riduzione al 50 per cento del diritto sulle pubbliche affissioni;

-        il comma 1-bis dell'articolo 20, che prevede l’applicazione della riduzione al 50% del diritto sulle pubbliche affissioni per le persone fisiche che non intendono affiggere manifesti negli spazi riservati di cui dall'articolo 20-bis

-        l'articolo 20-bis,che obbliga i comuni a riservare il 10 per cento degli spazi totali per l'affissione dei manifesti ai soggetti di cui all'articolo 20 (Stato, comitati, associazioni, fondazioni ed ogni altro ente che non abbia scopo di lucro; manifesti relativi ad attività politiche, sindacali e di categoria, culturali, sportive, filantropiche e religiose da chiunque realizzate, con il patrocinio o la partecipazione degli enti pubblici territoriali; manifesti relativi a festeggiamenti patriottici, religiosi, a spettacoli viaggianti e di beneficenza; annunci mortuari);

-        il comma 4-bis dell'articolo 23, che in materia di sanzioni dispone che se il manifesto riguarda l'attività di soggetti elencati nell'articolo 20, il responsabile è esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell'atto d'affissione e che non sussiste responsabilità solidale;

-        il comma 5-ter dell'articolo 24; che in materia si sanzioni amministrative prevede che se il manifesto riguarda l'attività di soggetti elencati nell'articolo 20, il responsabile è esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell'atto di affissione. Non sussiste responsabilità solidale

 

Viene inoltre abrogato dalla lettera b) del comma 21 il comma 13-quinquies dell'articolo 23 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Si tratta della norma che prevede che se il manifesto riguarda l'attività di soggetti elencati nell'articolo 20 sopra citato, il responsabile sia esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell'atto di affissione. Non sussiste anche in questo caso responsabilità solidale

Infine, la lettera c) del comma 21 abroga il terzo comma dell'articolo 6 ed il quarto comma dell'articolo 8 della legge 4 aprile 1956, n. 212, recante “Norme per la disciplina della propaganda elettorale”. Si tratta delle seguenti norme che prevedono che:

-        nel caso di sottrazione o distruzione di stampati, giornali murali od altri, o manifesti di propaganda elettorale sia responsabile esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell'atto di affissione e che non sussista responsabilità solidale

-        sia responsabile esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell'atto di affissione e che non sussista responsabilità solidale nel caso di violazione del divieto di effettuare propaganda elettorale luminosa o figurativa dal trentesimo giorno precedente la data fissata per le elezioni.

 

Il comma 22 dell’articolo 11 apporta modifiche all'articolo 15 della legge 10 dicembre 1993, n. 515, recante “Disciplina delle campagne elettorali per l'elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica”:

L’articolo 15 contiene l’elencazione delle sanzioni e prevede al comma 3, che le spese sostenute dal comune per la rimozione della propaganda abusiva nelle forme di scritte o affissioni murali e di volantinaggio sono a carico esclusivamente dell'esecutore materiale e che non sussiste responsabilità solidale neppure del committente

Con la modifica della lettera a) del comma 22, le parole da: «sono a carico» fino a «del committente» sono sostituite dalle seguenti: «sono a carico, in solido, dell'esecutore materiale e del committente responsabile».

 

La modifica della lettera b) del comma 22 sopprime, al comma 19, il terzo periodo. Si tratta della disposizione in base alla quale per l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo si applicano le disposizioni generali contenute nelle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, salvo quanto diversamente disposto. Non si applica l'articolo 16 della medesima legge n. 689 del 1981. La responsabilità in materia di manifesti è personale e non sussiste responsabilità neppure del committente

 

Il comma 23 fa salvi gli effetti prodotti dall'articolo 20-bis, comma 2, del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, abrogato dal comma 21 dell’articolo 11 in commento.

Si tratta della norma in materia di spazi riservati che dispone che le violazioni ripetute e continuate delle norme in materia d'affissioni e pubblicità commesse fino all'entrata in vigore della disposizione stessa, mediante affissioni di manifesti politici ovvero di striscioni e mezzi similari possono essere definite in qualunque ordine e grado di giudizio nonché in sede di riscossione delle somme eventualmente iscritte a titolo sanzionatorio, mediante il versamento, a carico del committente responsabile, di una imposta pari, per il complesso delle violazioni commesse e ripetute a 100 euro per anno e per provincia.

Tale versamento deve essere effettuato a favore della tesoreria del comune competente o della provincia qualora le violazioni siano state compiute in più di un comune della stessa provincia; in tal caso la provincia provvede al ristoro, proporzionato al valore delle violazioni accertate, ai comuni interessati, ai quali compete l'obbligo di inoltrare alla provincia la relativa richiesta entro il 30 settembre 2005. In caso di mancata richiesta da parte dei comuni, la provincia destinerà le entrate al settore ecologia. La definizione di cui al presente comma non dà luogo ad alcun diritto al rimborso di somme eventualmente già riscosse a titolo di sanzioni per le predette violazioni. Il termine per il versamento è fissato, a pena di decadenza dal beneficio di cui al presente comma, al 31 maggio 2005. Non si applicano le disposizioni dell'articolo 15, commi 2 e 3, della legge 10 dicembre 1993, n. 515

 

In proposito la relazione illustrativa afferma che la finalità delle disposizioni di cui ai commi da 19 a 23 deve essere individuata nell’opportunità di ripristinare il principio di responsabilità per affissioni abusive sia al committente la pubblicità e sia al detentore del mezzo pubblicitario.


Articolo 11, commi 24-27
(Poteri di accertamento e contestazione immediata)

 


24. I comuni e le province, con provvedimento adottato dal dirigente dell'ufficio competente, possono conferire i poteri di accertamento, di contestazione immediata, nonché di redazione e di sottoscrizione del processo verbale di accertamento per le violazioni relative alle proprie entrate e per quelle che si verificano sul proprio territorio, a dipendenti dell'ente locale o dei soggetti affidatari, anche in maniera disgiunta, delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e di riscossione delle altre entrate, iscritti all'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni. Si applicano le disposizioni dell'articolo 68, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, relative all'efficacia del verbale di accertamento.

25. I poteri di cui al comma 24 non includono, comunque, la contestazione delle violazioni delle disposizioni del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. La procedura sanzionatoria amministrativa è di competenza degli uffici degli enti locali.

26. Le funzioni di cui al comma 24 sono conferite ai dipendenti degli enti locali e dei soggetti affidatari che siano in possesso almeno di titolo di studio di scuola media superiore di secondo grado, previa frequenza di un apposito corso di preparazione e qualificazione, organizzato a cura dell'ente locale stesso, ed il superamento di un esame di idoneità.

27. I soggetti prescelti non devono avere precedenti e pendenze penali in corso né essere sottoposti a misure di prevenzione disposte dall'autorità giudiziaria, ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, salvi gli effetti della riabilitazione.


 

 

I commi da 24 a 27 dell’articolo 11 consentono il conferimento di poteri di accertamento, di contestazione immediata e di redazione e sottoscrizione del processo verbale di accertamento di alcune violazioni in materia tributaria ai dipendenti degli enti locali e dei soggetti privati, iscritti all’albo di cui all’articolo 53 del D.Lgs. n. 446 del 1997, abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni.

 

Il conferimento dei suddetti poteri è disposto con provvedimento adottato dal dirigente dell'ufficio competente e si riferisce alle violazioni delle entrate dell’ente locale e alle violazioni che si verificano sul territorio dell’ente locale. Mediante rinvio all’articolo 68, comma 1, della legge n. 488 del 1999, si chiarisce che il conferimento delle funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni comprende i poteri di contestazione immediata nonché di redazione e sottoscrizione del verbale di accertamento con l'efficacia prevista per gli atti pubblici dagli articoli 2699 e 2700 del codice civile (comma 24).

 

Non si ritiene ben individuato l’àmbito di intervento dei soggetti ai quali vengono conferiti i poteri in esame. In particolare appare poco chiara l’espressione “poteri di accertamento … per quelle (violazioni) che si verificano sul proprio territorio”. La relazione illustrativa indica che lo scopo della norma è quello di “attribuire ad un soggetto diverso dal Corpo di polizia municipale, …, anche i compiti di lotta al crescente fenomeno dell’abusivismo delle esposizioni pubblicitarie e dell’occupazione del suolo pubblico”.

 

Il comma 25 prevede che tra i poteri conferiti ai sensi delle disposizioni in commento non rientra la contestazione delle violazioni al codice della strada (D.Lgs. n. 285 del 1992) e che la procedura sanzionatoria amministrativa è di competenza degli uffici degli enti locali.

Per quanto riguarda i requisiti dei soggetti ai quali vengono conferite le funzioni in esame, si prevede che tali soggetti:

§      siano in possesso di titolo di studio di scuola media superiore di secondo grado;

§      abbiano frequentato un apposito corso di preparazione e qualificazione, organizzato dall’ente locale;

§      abbiano superato un esame di idoneità;

§      non abbiano precedenti e pendenze penali in corso e non siano sottoposti a misure di prevenzione disposte dall’autorità giudiziaria[34], salvi gli effetti della riabilitazione (commi 26 e 27).

 

 


Articolo 11, commi 28-29
(Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani)

 


28. I criteri indicati nel secondo e nel terzo periodo del comma 3 dell'articolo 70 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, in materia di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, sono applicabili anche ai fini della determinazione delle superfici per il calcolo della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani di cui all'allegato 1, punto 4, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158.

29. Nelle more della completa attuazione delle disposizioni recate dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152:

     a) il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato in ciascun comune per l'anno 2006 resta invariato anche per l'anno 2007;

     b) in materia di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, continuano ad applicarsi le disposizioni degli articoli 18, comma 2, lettera d), e dell'articolo 57, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.


 

 

I commi 28 e 29 dell’articolo 11 dettano disposizioni in materia di tariffa per la gestione dei rifiuti urbani e di tassa per la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

 

Le misure adottate nella XIII legislatura relativamente alla tassa per la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU)[35] si sono innestate sulla disciplina dettata dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (c.d. decreto Ronchi), che prevedeva la soppressione della tassa e l'istituzione di una tariffa a copertura dei costi di gestione dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, a decorrere dal 1° gennaio 1999. Tale termine, dopo un primo differimento al 1° gennaio 2000 (articolo 31, comma 7, della legge 23 dicembre 1998, n. 448), è stato ulteriormente modificato dall’articolo 33 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria per il 2000). In particolare, la disposizione ha previsto che i comuni debbano adottare la tariffa entro termini diversificati in ragione della popolazione o del grado di copertura dei costi del servizio registrato nel 1999[36]. Nel corso della XIV legislatura tali termini sono stati reiteratamente prorogati, da ultimo dall’articolo 1, comma 134, della legge 23 dicembre 2005 n. 266 (legge finanziaria per il 2006), che ha elevato a sette anni il termine per l’adozione della tariffa da parte dei comuni che raggiungessero nel 1999 un grado di copertura dei costi superiore all'85 per cento; il termine è stato parimenti elevato a sette anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi tra il 55 e l’85 per cento.

La disciplina della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani è ora contenuta nell’articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), che riproduce sostanzialmente le disposizioni dell’abrogato articolo 49 del decreto legislativo n. 22 del 1997, sopra citato.

 

Il comma 28 prevede che i criteri di cui al secondo e nel terzo periodo del comma 3 dell'articolo 70 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, dettati in materia di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, siano applicabili anche per il calcolo della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani.

 

I citati periodi dell’articolo 70, comma 3, del D.Lgs. n. 507 del 1993 prevedono che, a decorrere dal 1° gennaio 2005, per le unità immobiliari di proprietà privata a destinazione ordinaria censite nel catasto edilizio urbano, la superficie di riferimento per la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani non può in ogni caso essere inferiore all'80 per cento della superficie catastale; per gli immobili già denunciati, i comuni modificano d'ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superfici che risultano inferiori alla predetta percentuale a seguito di incrocio dei dati comunali, con quelli dell'Agenzia del territorio. Nel caso in cui manchino, negli atti catastali, gli elementi necessari per effettuare la determinazione della superficie catastale, i soggetti privati intestatari catastali, provvedono, a richiesta del comune, a presentare all'ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio la planimetria catastale del relativo immobile, per l'eventuale conseguente modifica, presso il comune, della consistenza di riferimento.

 

La relazione governativa osserva che il legislatore, nell’introdurre, con l’articolo 1, comma 340, della legge n. 311 del 2004, la disposizione di cui ora si estende l’applicazione, “non ha tenuto conto della circostanza che un congruo numero di comuni ha già introdotto in via sperimentale la tariffa per la gestione dei rifiuti di cui all’articolo 49 del D.Lgs. n. 22 del 1997”. Grazie alla norma in commento si renderebbe quindi possibile “armonizzare il criterio di calcolo della superficie per le diverse forme di prelievo, non sussistendo alcuna particolare ragione atta a giustificare un differente metodo di determinazione.”

 

Il comma 29 dell’articolo 11 prevede che, in attesa dell’attuazione della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, di cui al sopra citato articolo 238 del D.Lgs. n. 152 del 2006:

§      per l’anno 2007 resti invariato in ciascun comune il regime di prelievo per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato per l’anno 2006,

§      in materia di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, continuino ad applicarsi le disposizioni degli articoli 18, comma 2, lettera d), e 57, comma 1, del D.Lgs. n. 22 del 1997.

Il citato articolo 18, comma 2, lettera d), stabilisce che è di competenza dello Stato la determinazione dei criteri qualitativi e quantitativi per l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani.

Il citato articolo 57, comma 1, prevede che le norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti restano in vigore sino all'adozione delle specifiche norme adottate in attuazione dello stesso decreto legislativo. A tal fine ogni riferimento ai rifiuti tossici e nocivi si deve intendere riferito ai rifiuti pericolosi.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Nel quadro del sesto programma d’azione per l’ambiente, il 21 dicembre 2005 la Commissione ha presentato la strategia per la prevenzione e il riciclo di rifiuti, che si compone di una comunicazione e di una proposta di direttiva per modernizzare la direttiva quadro sui rifiuti 75/442/CEE.

La strategia individua un obiettivo a lungo termine che mira a fare dell’Europa una società che ricicla, che cerca di contenere la produzione di rifiuti e che trasforma in risorsa i rifiuti che non possono essere evitati. L’attenzione è focalizzata sul concetto di ciclo di vita[37] nella politica di gestione dei rifiuti. La strategia prevede l’obbligo per gli Stati membri di predisporre programmi nazionali per la prevenzione dei rifiuti.

Il Consiglio ambiente del 27 giugno 2006 ha approvato conclusioni sulla strategia tematica con quali accoglie favorevolmente la strategia della Commissione. La proposta di direttiva verrà esaminata secondo la procedura di codecisione.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 23 giugno 2005 la Commissione ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia[38] ritenendo che la normativa nazionale di recepimento violi la direttiva 75/442/CEE sui rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE.

In particolare, la Commissione sostiene che l’articolo 14 del decreto legge n. 138 dell’8 luglio 2002 (convertito in legge n. 178 dell’8 agosto 2002) sia in contrasto con gli obblighi derivanti dall’articolo 1(a) della direttiva citata, poiché prevede che siano esclusi dall’ambito di applicazione del decreto legislativo n. 22 del 1997 (che ha recepito la direttiva 75/442/CEE come modificata):

-        sostanze o oggetti destinati alle operazioni di smaltimento o recupero di rifiuti non esplicitamente elencate agli allegati B e C del decreto legislativo n. 22/97;

-        beni, sostanze o materiali residuali di produzione o di consumo, qualora gli stessi possano essere e siano riutilizzati in un ciclo produttivo o di consumo, a condizione che non sia effettuato alcun intervento preventivo di trattamento e che gli stessi non rechino pregiudizio all’ambiente, oppure, anche qualora venga effettuato un intervento preventivo di trattamento, quando quest’ultimo non configuri un’operazione di recupero fra quelle elencate all’allegato C del decreto legislativo n. 22/97.

La Commissione è del parere che una siffatta esclusione costituisca un'indebita restrizione della nozione di rifiuto, e quindi dell'ambito d'applicazione della normativa italiana sulla gestione dei rifiuti. Di fatto, l'interpretazione prospettata dal legislatore italiano avrebbe per effetto una limitazione dell'applicazione delle disposizioni della direttiva alle sole fattispecie identificate dalla normativa italiana, escludendone altre non prevedibili a priori che potrebbero invece esservi assoggettate ed in relazione alle quali un'interpretazione estensiva della nozione di rifiuto si renderebbe necessaria. Ciò secondo la Commissione si pone in contrasto colle disposizioni della direttiva, che non possono essere derogate da una norma di diritto interno.

Si segnala per altro che il citato articolo 14 del decreto legge n. 138 dell’8 luglio 2002 (convertito in legge n. 178 dell’8 agosto 2002) è stato abrogato dall’articolo 264 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

 

Il 28 giugno 2006 la Commissione ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia[39] per violazione del diritto comunitario con riferimento alla deroga alle disposizioni sulla gestione dei rifiuti di cui all’allegato I della direttiva 75/442/CEE, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE.

Secondo la Commissione l’Italia è venuta meno agli obblighi previsti dalla direttiva 75/442, come modificata dalla direttiva 91/156 in quanto:

-        ai sensi delle disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 25 a 27 e comma 29, della legge 308 del 15 dicembre 2004, alcune sostanze o oggetti, che ai sensi della direttiva 75/442 sono da considerarsi rifiuti, vengono sottratti all’ambito della legislazione italiana sui rifiuti;

-        sono state adottate disposizioni volte a restringere l’ambito di applicazione della direttiva 75/442 in Italia, con riferimento alla definizione di rifiuto di cui all’articolo 1, lettera a) della medesima direttiva.

Secondo la Commissione, dall’invio del parere motivato nel dicembre 2005, l'Italia non ha ancora conformato la sua normativa alla legislazione dell'UE. Al contrario, il decreto legislativo n. 152 del 2006, recante norme in materia ambientale, ha riconfermato tale normativa, ed è per questo che la Commissione ha deciso di deferire il caso alla Corte di giustizia.

L’8 febbraio 2006 la Commissione ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia[40] per la mancata presentazione dei piani di gestione dei rifiuti previsti dalle direttive 75/442/CEE e 91/689/CEE per la provincia di Rimini e per la provincia autonoma di Bolzano nonché per le regioni Friuli Venezia Giulia, Lazio e Puglia.

 


Articolo 12
(Compartecipazione comunale all'IRPEF)

 


1. In attesa del riassetto organico del sistema di finanziamento delle amministrazioni locali in attuazione del federalismo fiscale di cui al titolo V della parte seconda della Costituzione, è istituita, in favore dei comuni, una compartecipazione del 2 per cento al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. La compartecipazione sull'imposta è efficace a decorrere dal 1o gennaio 2008 con corrispondente riduzione annua costante, di pari ammontare, a decorrere dalla stessa data, del complesso dei trasferimenti operati a valere sul fondo ordinario di cui all'articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. L'aliquota di compartecipazione è applicata al gettito del penultimo anno precedente l'esercizio di riferimento.

2. Dall'anno 2008, per ciascun comune è operata e consolidata una riduzione dei trasferimenti ordinari in misura proporzionale alla riduzione complessiva, di cui al comma 1, operata sul fondo ordinario, ed è attribuita una quota di compartecipazione in eguale misura, tale da garantire l'invarianza delle risorse.

3. A decorrere dall'esercizio finanziario 2009, l' incremento del gettito compartecipato, rispetto all'anno 2008, derivante dalla dinamica dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, è ripartito fra i singoli comuni secondo criteri definiti con decreto emanato dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, previa intesa da realizzare in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali. I criteri di riparto dovranno tenere primariamente conto di finalità perequative e dell'esigenza di promuovere lo sviluppo economico.

4. Per i comuni delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, all'attuazione del presente articolo si provvede in conformità alle disposizioni contenute nei rispettivi statuti, anche al fine della regolazione dei rapporti finanziari tra Stato, regioni, province e comuni.


 

 

L’articolo 12 istituisce una compartecipazione comunale all’IRPEF, da ripartire tra i comuni a fini di perequazione e di promozione dello sviluppo economico.

 

Sulle attuali forme di compartecipazione dei comuni all’IRPEF cfr. supra scheda articolo 7.

 

Il comma 1 dell’articolo 12 individua nel due per cento l’aliquota della compartecipazione e stabilisce che questa sia prevista a decorrere dal 1° gennaio 2008. In conseguenza della compartecipazione si prevede una riduzione corrispondente dei trasferimenti erariali operati a valere del fondo ordinario previsto dall’articolo 34, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 504 del 1992.

Si prevede inoltre che l’importo complessivo della compartecipazione da attribuire ai comuni venga calcolato applicando l’aliquota al gettito del penultimo anno precedente l’esercizio di riferimento.

 

I commi 2 e 3 definiscono le modalità con le quali il gettito derivante dalla compartecipazione verrà distribuito dai comuni.

Il comma 2 prevede in primo luogo che dall’anno 2008 nei confronti di ciascun comune venga operata una riduzione dei trasferimenti erariali proporzionale a quella operata a livello nazionale, e quindi attribuita in misura uguale una quota della compartecipazione all’IRPEF, in modo da garantire l’invarianza delle risorse.

 

Si deve ritenere che la ripartizione proporzionale tra i vari comuni della riduzione dei trasferimenti erariali debba avvenire assumendo come criterio quello della capacità fiscale dei residenti nel territorio comunale.

 

Il comma 3 prevede che a decorrere dal 2009 l’incremento del gettito di compartecipazione dovuto all’incremento dell’IRPEF sia ripartito tra i comuni secondo criteri definiti con decreto del Ministro dell’interno, tenendo primariamente conto di finalità perequative e dell’esigenza di promuovere lo sviluppo economico.

Il decreto del Ministro dell’interno dovrà essere emanato di concerto con il Ministro dell’economia e il Ministro degli affari regionali, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città.

 

Sembra pertanto evincersi che la ripartizione tra i comuni della compartecipazione IRPEF avverrà per una quota fissa (pari al gettito di compartecipazione del 2008) in modo proporzionale alla capacità fiscale della popolazione residente e per una quota variabile sulla base dell’incremento del gettito IRPEF rispetto all’anno 2008 secondo finalità perequative e con le modalità che saranno stabilite dal decreto del Ministro dell’interno. In proposito, si rileva comunque l’opportunità di una più chiara formulazione della norma.

 

Si prevede infine, al comma 4, una clausola di salvaguardia dell’autonomia riconosciuta alle regioni a Statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano.

 


Articolo 13
(Modifiche al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112)

 


1. Al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al comma 1 dell'articolo 65:

1) la lettera d) è sostituita dalla seguente:

     «d) alla tenuta dei registri immobiliari, con esecuzione delle formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione, nonché di visure e certificati ipotecari»;

2) la lettera h) è sostituita dalla seguente:

     «h) alla gestione unitaria e certificata della base dei dati catastali e dei flussi di aggiornamento delle informazioni di cui alla lettera g), assicurando il coordinamento operativo per la loro utilizzazione a fini istituzionali attraverso il sistema pubblico di connettività e garantendo l'accesso ai dati a tutti i soggetti interessati»;

     b) la lettera a) del comma 1 dell'articolo 66 è sostituita dalla seguente:

     «a) alla utilizzazione ed all'aggiornamento degli atti catastali, partecipando al processo di determinazione degli estimi catastali fermo restando quanto previsto dall'articolo 65, comma 1, lettera h)».


 

 

L’articolo 13 modifica alcune norme del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112[41]relative al decentramento delle funzioni catastali ai comuni, chiarendo la ripartizione di competenze tra Stato ed enti locali per le funzioni relative agli atti catastali.

In particolare vengono modificati gli articoli 65 e 66 di tale decreto legislativo, che elencano rispettivamente le funzioni mantenute allo Stato e quelle conferite agli enti locali.

 

L’articolo 66, comma 1, lett. a), attribuisce ai comuni le funzioni di conservazione, utilizzazione e aggiornamento degli atti del catasto terreni e del catasto edilizio urbano, nonché la revisione degli estimi e del classamento.

Correlativamente, l’articolo 65, lettera h), dispone che allo Stato rimanga la gestione unitaria e certificata dei flussi di aggiornamento delle informazioni e il loro coordinamento operativo attraverso la rete unitaria delle pubbliche amministrazioni, consentendo l’accesso dei soggetti interessati ai dati.

 

Con la modifica recata dal comma 1, lettera b), dell’articolo 13, viene novellato il suddetto articolo 66, nel senso di eliminare dalle competenze dei comuni quella riguardante la conservazione degli atti del catasto terreni.

Ai comuni rimangono pertanto le funzioni di utilizzazione e aggiornamento degli atti catastali, cioè la possibilità di utilizzare le banche dati catastali.

Per quanto riguarda la revisione degli estimi e del classamento, in precedenza attribuita ai comuni, la nuova formulazione chiarisce anche che i comuni partecipano al solo processo di determinazione degli estimi, ed elimina il riferimento alle funzioni relative al classamento.

La relazione governativa al provvedimento chiarisce a tale proposito che la partecipazione al processo di determinazione degli estimi catastali include sia la funzione di attribuzione specifica alla singola unità, sia l’intervento in relazione ad eventuali future revisioni.

 

L’articolo 61 del regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1949, n. 1142, definisce il classamento come l’operazione consistente “nel riscontrare sopraluogo per ogni singola unità immobiliare la destinazione ordinaria e le caratteristiche influenti sul reddito e nel collocare l'unità stessa in quella tra le categorie e classi prestabilite per la zona censuaria (...) che, fatti gli opportuni confronti con le unità tipo, presenta destinazione e caratteristiche conformi od analoghe”, disponendo che le unità immobiliari urbane devono essere classate in base alla destinazione ordinaria e alle caratteristiche che hanno all'atto del classamento.

Il classamento delle unità immobiliari e le relative operazioni, con attribuzione o variazione di rendita catastale, competono esclusivamente all'Agenzia del Territorio, come ribadito anche dalla legge 311 del 30 dicembre 2004, finanziaria 2005 (articolo 1, commi 335 e seguenti). Anche la Corte costituzionale nella sentenza 37 del 26 gennaio 2004 ha stabilito esplicitamente che il sistema catastale, compresi i criteri e le procedure per la determinazione delle relative rendite per i fabbricati iscritti o iscrivibili in catasto, "è e resta tuttora di competenza del legislatore statale".

Si ricorda altresì che la questione del trasferimento delle funzioni catastali ai comuni è stata oggetto nella scorsa legislatura di due risoluzioni presso la Commissione VI (Finanze)[42], il cui iter non si è peraltro concluso, e di un’audizione informale del direttore dell’Agenzia del territorio, svolta il 14 luglio 2005.

 

Nel successivo articolo 14 del disegno di legge finanziaria sono definite le modalità di esercizio delle funzioni catastali che spettano agli enti locali (cfr. la relativa scheda).

 

Il comma 1, lett. a), n. 1, del presente articolo 13, apporta invece modifiche all’articolo 65, comma 1 del decreto legislativo n. 112 del 1998, nel quale sono elencate le funzioni mantenute dallo Stato. In particolare viene modificata la lettera d), che affidava allo Stato la tenuta dei registri immobiliari, con l’esecuzione delle formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione di visure ipotecarie.

In base alla norma novellata, allo Stato si confermano affidate le funzioni di tenuta dei registri immobiliari, con esecuzione delle formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione, nonché di visure. Viene peraltro aggiunta, come funzione spettante allo Stato, la gestione dei certificati ipotecari.

Una seconda modifica all’articolo 65 del decreto legislativo n. 112 del 1998, riguarda la riformulazione della lettera h), operata dal comma 1, lettera a), n. 2, del presente articolo.

La norma vigente prevede che allo Stato spetti la gestione unitaria e certificata dei flussi di aggiornamento delle informazioni, assicurando il coordinamento operativo per la loro utilizzazione attraverso la rete unitaria delle pubbliche amministrazioni e consentendo l'accesso ai dati ai soggetti interessati.

La norma novellata aggiorna tale formulazione, come spiega la relazione governativa al provvedimento, per renderla coerente con le modifiche intervenute in questi anni, tra cui il Codice della pubblica amministrazione digitale.

La norma novellata dispone che allo Stato spetti la gestione unitaria e certificata della base dei dati catastali e dei flussi di aggiornamento delle informazioni, assicurando il coordinamento operativo per la loro utilizzazione a fini istituzionali attraverso il Sistema pubblico di connettività (SPC), e garantendo l'accesso ai dati a tutti i soggetti interessati.

 

Si ricorda a tale proposito che il decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 42 , recante “Istituzione del sistema pubblico di connettività e della rete internazionale della pubblica amministrazione, a norma dell'articolo 10, della legge 29 luglio 2003, n. 229”, è intervenuto nel campo del coordinamento informativo ed informatico dei dati delle pubbliche amministrazioni sostituendo la preesistente Rete unitaria della pubblica amministrazione (RUPA), istituita ai sensi dell’art. 15, comma 1, della legge n. 59 del 1997.

Il nuovo sistema, denominato Sistema pubblico di connettività e cooperazione (SPC), è ritenuto maggiormente idoneo a garantire l’interoperabilità e la cooperazione applicativa tra i sistemi informativi delle diverse amministrazioni pubbliche, centrali e locali, consentendo a queste di utilizzare i servizi telematici per elaborare ed erogare i propri servizi direttamente ai cittadini e alle imprese.

II successivo decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 159, recante il “Codice dell'amministrazione digitale, ha recentemente abrogato il precedente decreto legislativo n. 42 del 2005, facendone confluire i contenuti nello stesso Codice.

La riforma del catasto

A proposito della conservazione, utilizzazione e l'aggiornamento degli atti del catasto terreni e del catasto edilizio urbano l'articolo 9, commi 1 e 2 del decreto-legge n. 557 del 1993, convertito dalla legge n. 133 del 1994, ha previsto il censimento, da parte del Ministero delle finanze, di tutti i fabbricati e la loro iscrizione nel catasto edilizio urbano, con la nuova denominazione di "catasto fabbricati". In attuazione di tale disposizione è stato emanato il decreto del Ministro delle finanze 2 gennaio 1998, n. 28 recante il regolamento per la costituzione del catasto fabbricati e per le modalità di produzione ed adeguamento della nuova cartografia catastale, il quale ha disposto la formazione del catasto dei fabbricati, affidando transitoriamente al dipartimento del territorio del Ministero delle finanze, la sua conservazione in base alla legge istituiva del "nuovo catasto edilizio urbano" (R.D.L. n. 652 del 1939, conv. dalla L. n. 1249 del 1939), e l'aggiornamento eseguito dagli uffici o affidato in appalto.

Per quanto riguarda la revisione degli estimi e del classamento, la materia era stata delegificata con l'articolo 3, commi 154 e 156 della legge n. 662 del 1996 (provvedimento collegato 1997), il quale aveva disposto un complessivo riordino in materia catastale da attuarsi con l'emanazione di regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 2 della legge n. 400 del 1988, per:

a)  la revisione generale delle zone censuarie e delle tariffe d'estimo;

b)  la qualificazione, classificazione ed il classamento degli immobili;

c)  la revisione delle commissioni censuarie;

d)  la revisione dei criteri di accatastamento dei fabbricati rurali.

 

Nel complessivo disegno di riforma vi erano tre elementi essenziali: in primo luogo, la partecipazione diretta dei comuni, a cui spettava il potere di definizione delle microzone; in secondo luogo, l’adozione di criteri di tipo parametrale e, infine, l’utilizzazione di tecnologie informatiche e telematiche, allo scopo di razionalizzare la tassazione del mercato immobiliare e di assicurare una concreta trasparenza nella definizione dei valori.

In attuazione della delega sono stati emanati, due regolamenti: il D.P.R. n. 138 del 1998, recante le norme per la revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d’estimo delle unità immobiliari urbane e dei relativi criteri, nonché delle commissioni censuarie, e il D.P.R. n. 139 del 1998, recante norme per la revisione dei criteri di accatastamento dei fabbricati rurali. Con il D.P.R. n. 138del 1998 si è perseguito in particolare l’obiettivo di imprimere una accelerazione alle operazioni da tempo avviate sia da parte degli uffici periferici del Dipartimento del Territorio (poi Agenzia del territorio, in seguito alla riforma del Ministero delle finanze), sia da parte dei comuni.

Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2000 sono state individuate le risorse per il trasferimento ai comuni delle funzioni in materia di catasto. In particolare, secondo quanto convenuto nell’accordo del 1° giugno 2000 in sede di Conferenza unificata, si è concordato il passaggio delle funzioni in maniera graduale, in considerazione dell’importanza del servizio del catasto nel processo di acquisizione delle entrate e della necessità di armonizzare il trasferimento delle risorse con la costituzione della citata Agenzia del territorio.

Il D.P.C.M. 22 luglio 2004 ha successivamente modificato il comma 1 dell'articolo 6 del D.P.C.M. 19 dicembre 2000 portando da tre a cinque anni i termini per individuare le risorse finanziarie, umane, strumenti e organizzative da trasferire ai Comuni per l'esercizio delle funzioni in materia di catasto. Il termine per il trasferimento delle funzioni catastali ai comuni previsto è stato pertanto, in base a tale decreto, differito fino al 26 febbraio 2006.

L’articolo 1, comma 3 del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito dalla legge 11 marzo 2006, n. 81ha recentemente previstonorme per la semplificazione dei servizi catastali. Il comma 3, in particolare ha rimesso a un provvedimento interdirigenziale dei direttori delle Agenzie delle entrate e del territorio, di concerto con il Ministero della giustizia, la fissazione dei termini e delle modalità per la progressiva estensione delle procedure telematiche, disciplinate dall’articolo 3-bis del decreto legislativo n. 463 del 1997[43], a tutti i soggetti e a tutti gli atti. Tra gli atti ai quali dovranno essere estese le procedure telematiche, sono inclusi la registrazione di atti e denunce, la presentazione di dichiarazioni di successione, le trascrizioni, iscrizioni ed annotazioni nei registri immobiliari e le volture immobiliari, da qualunque titolo derivanti.

L’articolo 3-bis del decreto legislativo n. 463 del 1997 stabiliva che alla registrazione di atti relativi a diritti sugli immobili, alla trascrizione, all'iscrizione e all'annotazione nei registri immobiliari, nonché alla voltura catastale, si provvedesse, a decorrere dal 30 giugno 2000, con procedure telematiche. Era prevista l’emanazione di un decreto del Ministero delle finanze, di concerto con il Ministero della giustizia, per la progressiva attivazione del servizio, anche limitatamente a determinati soggetti, a specifiche aree geografiche, e a particolari tipologie di atti, nonché l'eventuale attribuzione di un codice unico immobiliare.

Il comma 2 disponeva inoltre che le richieste di registrazione, le note di trascrizione e di iscrizione nonché le domande di annotazione e di voltura catastale, relative agli atti per i quali fosse attivata la procedura telematica, venissero presentate su un modello unico informatico da trasmettere per via telematica unitamente a tutta la documentazione necessaria. In attuazione di tale disposizione è stato emanato il decreto interdirigenziale 13 dicembre 2000[44], con cui è stato approvato il modello unico informatico e sono state disciplinate le modalità tecniche necessarie per la trasmissione dei dati per gli adempimenti in materia di atti immobiliari. Con successivi provvedimenti interdirigenziali del 1° agosto 2002, del 18 aprile 2003 e del 9 giugno 2004 sono state disposte la progressiva estensione del regime di obbligatorietà a tutti i distretti notarili relativamente agli atti di compravendita di immobili (registrazione, trascrizione e voltura) e l’estensione del regime di facoltatività del modello unico informatico ad ulteriori tipologie di atti.

Si ricorda infine che l’articolo 34-quinquies del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, ha introdotto in via transitoria (sino all'attivazione del modello unico per l'edilizia previsto dallo stesso decreto-legge), una procedura di controllo delle dichiarazioni catastali presentate presso l’Agenzia del territorio, effettuata con la collaborazione dei comuni.

Si prevede a questo riguardo che l’Agenzia del territorio trasmetta ai comuni per via telematica tutte le dichiarazioni catastali di variazione[45] e di nuova costruzione presentate presso i suoi uffici, a decorrere dal 1° gennaio 2006. Ricevute le dichiarazioni, i comuni dovranno verificare la coerenza di quanto dichiarato nei suddetti atti con le informazioni disponibili, sulla base degli atti in loro possesso (non viene pertanto richiesto ai comuni di ispezionare l’immobile). Eventuali incoerenze riscontrate dai comuni dovranno essere segnalate all’Agenzia del territorio, la quale provvederà agli adempimenti di propria competenza.

Le procedure attuative di tale norma, la tipologia e i termini per la trasmissione telematica dei dati ai comuni e per la segnalazione delle incongruenze all’Agenzia del Territorio, nonché le modalità d’interscambio tra questi soggetti saranno disciplinate con decreto del Direttore dell’Agenzia del territorio, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.


Articolo 14
(Modalità di esercizio delle funzioni catastali conferite agli enti locali)

 


1. A decorrere dal 1o novembre 2007 i comuni capoluogo di provincia esercitano direttamente per il territorio di competenza, eventualmente anche in forma associata con comuni della provincia, le funzioni catastali attribuite ai sensi dell'articolo 66 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, come modificato dall'articolo 13 della presente legge, salva la facoltà di convenzionamento di cui al comma 3 del presente articolo per le funzioni ivi elencate.

2. I comuni non capoluogo di provincia, a decorrere dallo stesso termine, esercitano direttamente, anche in forma associata o attraverso le comunità montane, i servizi di consultazione delle banche dati catastali per il territorio di competenza, nonché il controllo degli atti di aggiornamento catastale, messi a disposizione dall'Agenzia del territorio, con segnalazione alla stessa delle incoerenze.

3. Le funzioni di accettazione e pretrattazione degli atti di aggiornamento catastale sono esercitate, anche in forma associata con altri comuni, oppure a cura dell'Agenzia del territorio, sulla base di apposite convenzioni da stipulare senza oneri per i comuni e le comunità montane.

4. L'Agenzia del territorio, con provvedimento del Direttore, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, nel rispetto delle disposizioni e nel quadro delle regole tecniche di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, predispone entro il 1o ottobre 2007 specifiche modalità d'interscambio in grado di garantire l'accessibilità e la interoperabilità applicativa delle banche dati, unitamente ai criteri per la gestione della banca dati catastale. Le modalità d'interscambio devono assicurare la piena cooperazione applicativa tra gli enti interessati e l'unitarietà del servizio su tutto il territorio nazionale nell' ambito del sistema pubblico di connettività.

5. L'Agenzia del territorio salvaguarda il contestuale mantenimento degli attuali livelli di servizio all'utenza in tutte le fasi del processo, garantendo in ogni caso su tutto il territorio nazionale la circolazione e la fruizione dei dati catastali; fornisce inoltre assistenza e supporto ai comuni nelle attività di specifica formazione del personale comunale.

6. Con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro il 30 giugno 2007, sono rideterminate le risorse umane, strumentali e finanziarie, inclusa quota parte dei tributi speciali catastali, da trasferire agli enti locali che esercitano le funzioni catastali. L'assegnazione di personale potrà aver luogo anche mediante distacco. Con gli stessi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri sono, altresì, stabilite le procedure di attuazione, gli ambiti territoriali di competenza, i termini di comunicazione da parte dei comuni o loro associazioni dell' avvio della gestione delle funzioni catastali. L'attuazione del presente comma non deve comportare maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

7. Al fine di compiere un costante monitoraggio del processo di attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo l'Agenzia del territorio, con la collaborazione dei comuni, elabora annualmente l'esito della attività realizzata, dandone informazione al Ministro dell'economia e delle finanze.


 

 

L’articolo 14 definisce le modalità di esercizio delle funzioni catastali che spettano agli enti locali, in relazione alle modifiche alla ripartizione delle competenze tra Stato ed enti locali disposte dal precedente articolo 13 (v. la relativa scheda).

In base al comma 1 dell’articolo 14, i comuni capoluogo di provincia, a decorrere dal 1o novembre 2007, esercitano direttamente per il territorio di competenza, eventualmente anche in forma associata con comuni della provincia, le funzioni catastali loro attribuite ai sensi dell'articolo 66 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, come modificato dall'articolo 13 del presente disegno di legge finanziaria. Si tratta delle funzioni di utilizzazione e aggiornamento degli atti catastali. La conservazione delle banche dati catastali è invece di competenza dell’Agenzia del territorio.

 

Si ricorda infatti che il classamento delle unità immobiliari e le relative operazioni, con attribuzione o variazione di rendita catastale, competono esclusivamente all'Agenzia del Territorio, come ribadito anche dall’articolo 1, commi 335 e seguenti, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005). Anche la Corte costituzionale nella sentenza 26 gennaio 2004, n. 37, ha stabilito esplicitamente che il sistema catastale, compresi i criteri e le procedure per la determinazione delle relative rendite per i fabbricati iscritti o iscrivibili in catasto, "è e resta tuttora di competenza del legislatore statale".

 

In base alla norma del comma 1, la gestione degli atti è possibileanche in forma associata tra capoluoghi ed è altresì fatta salva la facoltà di stipulare convenzioni con l’Agenzia del territorio per le funzioni elencate nel successivo comma 3, cioè quelle più complesse di accettazione e pretrattazione degli atti di aggiornamento catastale.

La relazione governativa al provvedimento evidenzia che tali disposizioni sono necessarie per rendere concretamente attuabili l’avvio e la realizzazione dell’esercizio delle funzioni catastali conferite agli enti locali.

Il comma 2 dell’articolo 14 reca invece disposizioni applicabili ai comuni non capoluogo di provincia. Anche per questi, a decorrere dal 1° novembre 2007 è previsto l’esercizio diretto, anche in forma associata o attraverso le comunità montane, dei servizi di consultazione delle banche dati catastali per il territorio di competenza. È previsto inoltre il controllo degli atti di aggiornamento catastale, messi a disposizione dall'Agenzia del territorio, con segnalazione alla stessa delle eventuali incoerenze.

 

La disposizione del comma 3 riguarda invece le più complesse funzioni di accettazione e pretrattazione degli atti di aggiornamento catastale da parte dei comuni non capoluogo. Per l’esercizio di tali funzioni non si fissa un termine specifico, prevedendosi la possibilità di esercitarle anche in forma associata con altri comuni, oppure sulla base di apposite convenzioni da stipulare con l'Agenzia del territorio, ma senza oneri per i comuni e le comunità montane.

 

L’attribuzione di tale funzione ai comuni è prevista dall’articolo 34-quinquies del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, che ha introdotto in via transitoria (sino all'attivazione del modello unico per l'edilizia previsto dallo stesso decreto-legge), una procedura di controllo delle dichiarazioni catastali presentate presso l’Agenzia del territorio, effettuata proprio con la collaborazione dei comuni.

Si prevede a questo riguardo che l’Agenzia del territorio trasmetta ai comuni per via telematica tutte le dichiarazioni catastali di variazione e di nuova costruzione presentate presso i suoi uffici, a decorrere dal 1° gennaio 2006. Ricevute le dichiarazioni, i comuni dovranno verificare la coerenza di quanto dichiarato nei suddetti atti con le informazioni disponibili, sulla base degli atti in loro possesso (non viene pertanto richiesto ai comuni di ispezionare l’immobile). Eventuali incoerenze riscontrate dai comuni dovranno essere segnalate all’Agenzia del territorio, la quale provvederà agli adempimenti di propria competenza.

Le procedure attuative di tale norma, la tipologia e i termini per la trasmissione telematica dei dati ai comuni e per la segnalazione delle incongruenze all’Agenzia del Territorio, nonché le modalità d’interscambio tra questi soggetti avrebbero dovuto essere disciplinate con decreto del Direttore dell’Agenzia del territorio, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (quindi entro il 10 giugno 2006).

 

Il comma 4 rinvia ad un apposito provvedimento del Direttore dell'Agenzia del territorio, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, nel rispetto delle disposizioni e nel quadro delle regole tecniche del Codice dell’amministrazione digitale[46], la predisposizione, entro il 1o ottobre 2007, di specifiche modalità d'interscambio in grado di garantire l'accessibilità e la interoperabilità applicativa delle banche dati, unitamente ai criteri per la gestione della banca dati catastale.

Le modalità d'interscambio devono assicurare la piena cooperazione applicativa tra gli enti interessati e l'unitarietà del servizio su tutto il territorio nazionale nell' ambito del sistema pubblico di connettività.

 

In base alla condizione posta nel comma 5, l'Agenzia del territorio è tenuta a salvaguardare il contestuale mantenimento degli attuali livelli di servizio all'utenza in tutte le fasi del processo, garantendo in ogni caso su tutto il territorio nazionale la circolazione e la fruizione dei dati catastali. L’Agenzia deve inoltre fornire assistenza e supporto ai comuni nelle attività di specifica formazione del personale comunale.

 

Il comma 6 rinvia ad appositi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro il 30 giugno 2007, la rideterminazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie, inclusa la quota parte dei tributi speciali catastali, da trasferire agli enti locali che esercitano le funzioni catastali.

È previsto che l'assegnazione di personale possa aver luogo anche mediante distacco.

Con gli stessi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri dovranno poi essere altresì stabilite le procedure di attuazione, gli ambiti territoriali di competenza, i termini di comunicazione da parte dei comuni o loro associazioni dell'avvio della gestione delle funzioni catastali.

L'attuazione del presente comma non dovrà inoltre comportare maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

In base al comma 7, infine, l'Agenzia del territorio, con la collaborazione dei comuni, deve rendere un’informativa annuale al Ministro dell'economia e delle finanze sull’esito dell’attività realizzata. Tale informativa dovrebbe consentire un costante controllo del processo di attuazione delle disposizioni del presente articolo.


Articolo 15
(Disposizioni in materia di immobili)

 


1. Al comma 2, lettera a), dell'articolo 2-undecies della legge 31 maggio 1965, n. 575, dopo le parole: «protezione civile» sono aggiunte le seguenti: «e, ove idonei, anche per altri usi governativi o pubblici connessi allo svolgimento delle attività istituzionali di amministrazioni statali, agenzie fiscali, università statali, enti pubblici e istituzioni culturali di rilevante interesse,».

2. La lettera b) del comma 2 dell'articolo 2-undecies della legge 31 maggio 1965, n. 575, è sostituita dalla seguente:

     «b) trasferiti per finalità istituzionali o sociali, in via prioritaria, al patrimonio del comune ove l'immobile è sito, ovvero al patrimonio della provincia o della regione. Gli enti territoriali possono amministrare direttamente il bene o assegnarlo in concessione a titolo gratuito a comunità, ad enti, ad organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e successive modificazioni, a cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, o a comunità terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti di cui al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti o sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, nonché alle associazioni ambientaliste riconosciute ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni. Se entro un anno dal trasferimento l'ente territoriale non ha provveduto alla destinazione del bene, il prefetto nomina un commissario con poteri sostitutivi».

3. All'articolo 2, comma 1, della legge 2 aprile 2001, n. 136, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Entro la data del 30 giugno 2007, con regolamento da adottare con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono individuati i criteri, le modalità e i termini del trasferimento in favore delle università statali di cui al presente comma».

4. Al fine di razionalizzare gli spazi complessivi per l'utilizzo degli immobili in uso governativo e di ridurre la spesa relativa agli immobili condotti in locazione dallo Stato, il Ministro dell'economia e delle finanze, con l'atto di indirizzo di cui all'articolo 59 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, relativo all'Agenzia del demanio, determina gli obiettivi annuali di razionalizzazione degli spazi e di riduzione della spesa da parte delle amministrazioni centrali e periferiche, usuarie e conduttrici, anche differenziandoli per ambiti territoriali e per patrimonio utilizzato.

5. Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un Fondo unico nel quale confluiscono le poste corrispondenti al costo d'uso degli immobili in uso governativo e dal quale vengono ripartite le quote di costo da imputare a ciascuna amministrazione.

6. Il costo d'uso dei singoli immobili in uso alle amministrazioni è commisurato ai valori correnti di mercato secondo i parametri di comune commercio forniti dall'Osservatorio del mercato immobiliare, praticati nella zona per analoghe attività.

7. Gli obiettivi di cui al comma 4 possono essere conseguiti da parte delle amministrazioni centrali e periferiche, usuarie e conduttrici, sia attraverso la riduzione del costo d'uso di cui al comma 5 derivante dalla razionalizzazione degli spazi, sia attraverso la riduzione della spesa corrente per le locazioni passive, ovvero con la combinazione delle due misure.

8. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare sono stabiliti i criteri, le modalità e i termini per la razionalizzazione e la riduzione degli oneri, nonché i contenuti e le modalità di trasmissione delle informazioni da parte delle amministrazioni usuarie e conduttrici all'Agenzia del demanio, la quale, in base agli obiettivi contenuti nell'atto di indirizzo di cui al comma 4, definisce annualmente le relative modalità attuative, comunican
dole alle predette amministrazioni.

9. Dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 8, sono abrogati il comma 9 dell'articolo 55 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, gli articoli 24 e 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, nonché il comma 4 dell'articolo 62 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

10. Al fine di favorire la razionaliz
zazione e la valorizzazione dell'impiego dei beni immobili dello Stato, nonché al fine di completare lo sviluppo del sistema informativo sui beni immobili del demanio e del patrimonio di cui all'articolo 65 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, l'Agenzia del demanio, ferme restando le competenze del Ministero per i beni e le attività culturali, individua i beni di proprietà dello Stato per i quali si rende necessario l'accertamento di conformità delle destinazioni d'uso esistenti per funzioni di interesse statale, oppure una dichiarazione di legittimità per le costruzioni eseguite, ovvero realizzate in tutto o in parte in difformità dal provvedimento di localizzazione. Tale elenco è inviato al Ministero delle infrastrutture.

11. Il Ministero delle infrastrutture trasmette l'elenco di cui al comma 10 alla regione o alle regioni competenti, che provvedono, entro il termine di cui all'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383, alle verifiche di conformità e di compatibilità urbanistica con i comuni interessati. In caso di presenza di vincoli l'elenco è trasmesso contestualmente alle amministrazioni competenti alle tutele differenziate, le quali esprimono il proprio parere entro il termine predetto. Nel caso di espressione positiva da parte dei soggetti predetti, il Ministero delle infrastrutture emette un'attestazione di conformità alle prescrizioni urbanistico-edilizie la quale, qualora riguardi situazioni di locazione passiva, ha valore solo transitorio e obbliga, una volta terminato il periodo di locazione, al ripristino della destinazione d'uso preesistente, previa comunicazione all'amministrazione comunale ed alle eventuali altre amministrazioni competenti in materia di tutela differenziata.

12. In caso di espressione negativa, ovvero in caso di mancata risposta da parte della regione, oppure delle autorità preposte alla tutela entro i termini di cui al comma 11, è convocata una conferenza dei servizi anche per ambiti comunali complessivi o per uno o più immobili, in base a quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383.

13. Per le esigenze connesse alla gestione delle attività di liquidazione delle aziende confiscate ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, in deroga alle vigenti disposizioni di legge, fermi restando i principi generali dell'ordinamento giuridico contabile, l'Agenzia del demanio può conferire apposito incarico a società a totale o prevalente capitale pubblico. I rapporti con l'Agenzia del demanio sono disciplinati con apposita convenzione che definisce le modalità di svolgimento dell'attività affidata ed ogni aspetto relativo alla rendicontazione e al controllo.

14. Laddove disposizioni normative stabiliscano l'assegnazione gratuita ovvero l'attribuzione ad amministrazioni pubbliche, enti e società a totale partecipazione pubblica diretta o indiretta, di beni immobili di proprietà dello Stato per consentire il perseguimento delle finalità istituzionali ovvero strumentali alle attività svolte, la funzionalità dei beni allo scopo dell'assegnazione o attribuzione è da intendersi concreta, attuale, strettamente connessa e necessaria al funzionamento del servizio e all'esercizio delle funzioni attribuite, nonché al loro proseguimento.

15. È attribuita all'Agenzia del demanio la verifica, con il supporto dei soggetti interessati, della sussistenza dei suddetti requisiti all'atto dell'assegnazione o attribuzione e successivamente l'accertamento periodico della permanenza di tali condizioni o della suscettibilità del bene a rientrare in tutto o in parte nella disponibilità dello Stato, e per esso dell'Agenzia del demanio, così come stabilito dalle norme vigenti. A tal fine l'Agenzia del demanio esercita la vigilanza e il controllo secondo le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 luglio 1998, n. 367.

16. Per i beni immobili statali assegnati in uso gratuito alle amministrazioni pubbliche è vietata la dismissione temporanea. I beni immobili per i quali, prima della data di entrata in vigore della presente legge, sia stata operata la dismissione temporanea si intendono dismessi definitivamente per rientrare nella disponibilità del Ministero dell'economia e delle finanze e per esso dell'Agenzia del demanio.

17. Il comma 109 dell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che i requisiti necessari per essere ammessi alle garanzie di cui alle lettere a) e b) del citato comma debbono sussistere in capo agli aventi diritto al momento del ricevimento della proposta di vendita da parte dell'amministrazione alienante, ovvero alla data stabilita, con propri atti, dalla medesima amministrazione in funzione dei piani di dismissione programmati.

18. Dopo il comma 3 dell'articolo 214-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

     «3-bis. Tutte le trascrizioni ed annotazioni nei pubblici registri relative agli atti posti in essere in attuazione delle operazioni previste dal presente articolo e dagli articoli 213 e 214 sono esenti, per le amministrazioni dello Stato, da qualsiasi tributo ed emolumento».


 

 

L’articolo 15 contiene una serie di disposizioni eterogenee riguardanti beni immobili e beni mobili registrati.

 

I commi 1 e 2 dell’articolo 15 ampliano le ipotesi di utilizzo degli immobili confiscati alle persone indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso.

La relazione tecnica stima che dai commi 1 e 2 possano derivare risparmi per:

§         12,2 milioni di euro per il 2007;

§         29,7 milioni di euro per il 2008;

§         57,7 milioni di euro per il 2009.

 

La legge 31 maggio 1965, n. 575, recante “Disposizioni contro la mafia” prevede il potenziamento della lotta al crimine organizzato mediante l’utilizzo delle cosiddette misure di prevenzione patrimoniali (sequestro e confisca). Tali misure differiscono dalle pene in senso stretto e dalle misure di sicurezza in quanto sono irrogate indipendentemente dalla previa commissione di un fatto costituente reato (ante delictum) per contenere la pericolosità sociale di determinate categorie di soggetti (in questo caso, i sospettati di appartenenza alla mafia e ad altre organizzazioni criminali).

L’articolo 2-ter della legge n. 575 del 1965 prevede che, nel corso del procedimento di applicazione di una delle misure di prevenzione personale previste dalla legge n. 1423 del 1956 (sorveglianza speciale, divieto o obbligo di soggiorno), il tribunale possa procedere al sequestro di beni del sospettato quando il loro valore risulta sproporzionato al reddito dichiarato o all'attività economica svolta ovvero quando, sulla base di sufficienti indizi, si ha motivo di ritenere che gli stessi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego. Con l’adozione della misura di prevenzione personale, la confisca di prevenzione è disposta dallo stesso tribunale, contestualmente all’adozione della misura di prevenzione personale, o anche successivamente all’adozione della medesima purché non ne sia ancora cessata l’esecuzione, nel caso in cui non venga dimostrata la legittima provenienza dei beni sequestrati.

L’articolo 2-undecies della legge individua la procedura mediante la quale sono devolute allo Stato, da parte dell’amministratore nominato dal tribunale, le somme oggetto di confisca, nonché la procedura di destinazione dei beni immobili confiscati.

 

Il comma 1 dell’articolo 15, che novella l’articolo 2-undecies, comma 2, lettera a), della legge 31 maggio 1965, n. 575, prevede che i beni immobili confiscati ai sensi della stessa legge possono essere mantenuti al patrimonio dello Stato e utilizzati, oltre che per finalità di giustizia, ordine pubblico e protezione civile, anche,qualora siano idonei, per altri usi governativi o pubblici connessi allo svolgimento delle attività istituzionali di amministrazioni statali, agenzie fiscali, università statali, enti pubblici e istituzioni culturali di rilevante interesse. Resta ferma la possibilità di vendere gli immobili confiscati per il risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso.

 

Il comma 2 dell’articolo 15 novella l’articolo 2-undecies, comma 2, lettera b), della citata legge n. 575 del 1965, prevedendo che, in alternativa alla destinazione di cui al comma precedente, gli stessi immobili possono essere trasferiti, per finalità istituzionali o sociali, in via prioritaria al patrimonio del comune (come prevedeva già la versione originaria della norma) oppure anche (come previsto dalla presente disposizione) al patrimonio della provincia o della regione. Gli enti territoriali possono amministrare direttamente il bene o assegnarlo in concessione a titolo gratuito ai soggetti espressamente indicati; rispetto all’elenco contenuto nella versione originaria della norma, sono ora aggiunte le associazioni ambientaliste, di cui all’articolo 13 della legge n. 349 del 1986.

 

Il comma 3 dell’articolo 15, che integra l’articolo 2, comma 1, della legge 2 aprile 2001, n. 136, prevede che entro il 30 giugno 2007 dovrà essere emanato un regolamento, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca, per l’individuazione dei criteri, delle modalità e dei termini di trasferimento, a titolo gratuito, in favore delle università statali dei beni appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato e concessi in uso a tali università per le proprie necessità istituzionali.

La relazione tecnica stima che dal comma 3 possano derivare risparmi per:

§         2 milioni di euro per il 2007;

§         4 milioni di euro per il 2008;

§         6 milioni di euro per il 2009.

 

L’articolo, comma 1, della legge n. 136 del 2001[47] ha disposto che i beni immobili concessi in uso a università statali per le proprie necessità istituzionali siano trasferiti a titolo gratuito a queste ultime, anche ai fini dell’eventuale attuazione di progetti di valorizzazione. Secondo la relazione governativa, la previsione di un regolamento di esecuzione consegue alla necessità di fissare modalità e tempi certi per il citato passaggio.

 

I commi da 4 a 9 disciplinano procedure dirette a favorire il contenimento e la razionalizzazione sistematica degli spazi in uso alle amministrazioni dello Stato, anche per ridurre la spesa complessiva dell’uso degli immobili, compresi gli oneri per le locazioni passive.

La relazione tecnica prevede che dai commi da 4 a 9 possano derivare risparmi per:

§         17,5 milioni di euro per il 2007;

§         42 milioni di euro per il 2008;

§         70 milioni di euro per il 2009.

 

Il Ministro dell'economia e delle finanze, con l'atto di indirizzo relativo all'Agenzia del demanio, determina, con riferimento immobili in uso governativo e condotti in locazione dallo Stato, gli obiettivi annuali di razionalizzazione degli spazi e di riduzione della spesa da parte delle amministrazioni centrali e periferiche, usuarie e conduttrici, anche differenziandoli per ambiti territoriali e per patrimonio utilizzato (comma 4).

 

Tali obiettivi possono essere conseguiti da parte delle amministrazioni centrali e periferiche, usuarie e conduttrici, sia attraverso la riduzione del costo d'uso, derivante dalla razionalizzazione degli spazi, sia attraverso la riduzione della spesa corrente per le locazioni passive, ovvero con la combinazione delle due misure (comma 7).

Il comma 5 prevede l’istituzione di un Fondo unico, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. In tale fondo confluiscono le poste corrispondenti al costo d'uso degli immobili in uso governativo e da tale fondo vengono ripartite le quote di costo da imputare a ciascuna amministrazione.

Il costo d'uso dei singoli immobili in uso alle amministrazioni è commisurato ai valori correnti di mercato, secondo parametri forniti dall'Osservatorio del mercato immobiliare, praticati nella zona per analoghe attività (comma 6).

Il comma 8 demanda a un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze la fissazione dei criteri, delle modalità e dei termini per la razionalizzazione e la riduzione degli oneri, nonché i contenuti e le modalità di trasmissione delle informazioni da parte delle amministrazioni usuarie e conduttrici all'Agenzia del demanio, la quale, in base agli obiettivi contenuti nell'atto di indirizzo di cui al comma 4, definisce annualmente le relative modalità attuative, comunicandole alle predette amministrazioni.

Il comma 9 dispone – con decorrenza dalla data di entrata in vigore del decreto previsto dal comma 8 – l’abrogazione delle seguenti disposizioni:

§      articolo 55, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (provvedimento collegato alla legge finanziaria per il 1998);

Il citato comma prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri adotti misure finalizzate a ridurre gradualmente l'utilizzo di immobili presi in locazione da privati da parte delle pubbliche amministrazioni. Le predette amministrazioni rinegoziano i contratti di fitto locali attualmente in essere con privati, con l'obiettivo di contenere la relativa spesa almeno nella misura del 10 per cento rispetto al canone di locazione vigente.

§      articoli 24 e 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria per il 2000);

Il citato articolo 24 prevede che il Ministro del tesoro adotti con proprio decreto misure finalizzate a ridurre gradualmente, almeno del 3 per cento nel corso dell'anno 2000 e almeno del 5 per cento per ciascuno degli anni 2001 e 2002, l'ammontare dei metri quadri degli immobili utilizzati dall'insieme delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato e l’importo delle spese di manutenzione degli immobili in uso alle stesse amministrazioni.

Il citato articolo 26, relativo all’acquisto di beni e servizi, prevede che il Ministero del tesoro stipuli convenzioni con le quali l'impresa prescelta si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura di beni e servizi deliberati dalle amministrazioni dello Stato anche con il ricorso alla locazione finanziaria. I contratti conclusi con l'accettazione di tali ordinativi non sono sottoposti al parere di congruità economica.

§      articolo 62, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001).

La citata norma prevede che per la stipula dei contratti di locazione sottoscritti in attuazione di piani di razionalizzazione, disciplinati dai precedenti commi dello stesso articolo, non sono richiesti il parere di congruità del canone di locazione, né la previa attestazione dell'inesistenza di immobili demaniali e il nulla osta alla spesa.

 

Le disposizioni di cui ai commi da 10 a 12, secondo quanto si legge nella relazione illustrativa, sono dirette a risolvere le questioni derivanti dal “disallineamento” tra l’uso effettivo e la destinazione d’uso consentita dagli strumenti urbanistici degli immobili utilizzati per funzioni di interesse statale, sia di proprietà dello Stato, che in locazione passiva. Per far fronte a queste problematiche, si propone un procedimento di consolidamento della legittimità delle opere e delle destinazioni d’uso esistenti.

La relazione tecnica prevede il seguente ritorno economico in conseguenza dall’applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 10 a 12:

§         0,5 milioni di euro per il 2007;

§         0,5 milioni di euro per il 2008;

§         0,5 milioni di euro per il 2009.

 

Il comma 10 stabilisce che l'Agenzia del demanio, anche al fine di completare lo sviluppo del sistema informativo sui beni immobili del demanio e del patrimonio[48], ferme restando le competenze per il Ministero per i beni e le attività culturali, debba individuare i beni di proprietà dello Stato per i quali si rendono necessari:

-       l'accertamento di conformità delle destinazioni d'uso esistenti per funzioni di interesse statale;

-       la dichiarazione di legittimità per le costruzioni eseguite;

-       la dichiarazione di legittimità per le costruzioni realizzate in tutto o in parte in difformità dal provvedimento di localizzazione[49].

L’elenco è inviato al Ministero delle infrastrutture.

Il Ministero delle infrastrutture, a sua volta, trasmette l'elenco alla regione o alle regioni competenti, che provvedono alle verifiche di conformità e di compatibilità urbanistica con i comuni interessati, entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di presenza di vincoli l'elenco è trasmesso contestualmente alle amministrazioni rispettivamente competenti, le quali esprimono il proprio parere entro il termine predetto. Nel caso di espressione favorevole da parte delle suddette amministrazioni, il Ministero delle infrastrutture emette un'attestazione di conformità alle prescrizioni urbanistico-edilizie la quale, qualora riguardi situazioni di locazione passiva, ha valore solo transitorio e obbliga, una volta terminato il periodo di locazione, al ripristino della destinazione d'uso preesistente (comma 11).

In caso di espressione contraria, ovvero in caso di mancata risposta da parte della regione, oppure delle autorità preposte alla tutela entro i prescritti termini, è convocata una conferenza dei servizi anche per ambiti comunali complessivi o per uno o più immobili, come previsto dal D.P.R. n. 383 del 1994 (comma 12).

L’articolo 3 del citato D.P.R. n. 383 del 1994 stabilisce che, qualora l'accertamento di conformità abbia dato esito negativo, oppure l'intesa tra lo Stato e la regione interessata non si perfezioni entro il termine stabilito, viene convocata una conferenza di servizi. La conferenza valuta i progetti definitivi relativi alle opere e si esprime entro sessanta giorni dalla convocazione, apportando ad essi, ove occorra, le opportune modifiche, senza che ciò comporti la necessità di ulteriori deliberazioni del soggetto proponente. L'approvazione dei progetti all'unanimità sostituisce ad ogni effetto gli atti di intesa, i pareri, le concessioni, anche edilizie, le autorizzazioni, le approvazioni, i nulla osta, previsti da leggi statali e regionali.

 

Il comma 13 prevede che l’Agenzia del demanio possa conferire incarichi a società a totale o prevalente capitale pubblico per la gestione delle attività di liquidazione delle aziende confiscate alle persone indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, ai sensi della citata legge n. 575 del 1965. I rapporti con l'Agenzia del demanio sono disciplinati con apposita convenzione che definisce le modalità di svolgimento dell'attività affidata ed ogni aspetto relativo alla rendicontazione e al controllo.

La relazione tecnica stima nei seguenti termini il ritorno economico dell’iniziativa di cui al comma 13:

§         0,4 milioni di euro per il 2007;

§         0,6 milioni di euro per il 2008;

§         0,6 milioni di euro per il 2009.

 

I commi da 14 a 16, come si legge nella relazione governativa, sono volti a definire una complessa problematica connessa all’attuazione di leggi che contemplano l’assegnazione gratuita o l’attribuzione ad amministrazioni pubbliche, enti, società a totale partecipazione pubblica diretta o indiretta, di beni immobili di proprietà dello Stato, per consentire il perseguimento delle finalità svolte dall’amministrazione ricevente ovvero strumentali all’attività da questa svolta. Le criticità si riferiscono all’esatta individuazione del concetto di strumentalità e all’individuazione del soggetto preposto all’accertamento del suddetto requisito e della sua permanenza nel tempo.

Il comma 14 individua il concetto di strumentalità, stabilendo che la funzionalità dei beni allo scopo dell'assegnazione o attribuzione è da intendersi concreta, attuale, strettamente connessa e necessaria al funzionamento del servizio e all'esercizio delle funzioni attribuite, nonché al loro proseguimento.

Il comma 15 attribuisce all'Agenzia del demanio la verifica, con il supporto dei soggetti interessati, della sussistenza dei suddetti requisiti all'atto dell'assegnazione o attribuzione e successivamente l'accertamento periodico della permanenza di tali condizioni o della suscettibilità del bene a rientrare in tutto o in parte nella disponibilità dello Stato, e per esso dell'Agenzia del demanio, così come stabilito dalle norme vigenti. L’Agenzia del demanio esercita le proprie funzioni in materia nel rispetto del D.P.R. 13 luglio 1998, n. 367, “Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento di presa in consegna di immobili e compiti di sorveglianza sugli immobili demaniali“.

Il comma 16 vieta la dismissione temporanea degli immobili statali, assegnati in uso gratuito alle amministrazioni pubbliche. Gli immobili, per i quali, prima della data di entrata in vigore del presente disegno di legge, sia stata operata la dismissione temporanea, si intendono dismessi definitivamente per rientrare nella disponibilità del Ministero dell'economia e delle finanze e per esso dell'Agenzia del demanio.

 

La relazione tecnica prevede, per i commi da 14 a 16, il seguente ritorno economico:

§         0,8 milioni di euro per il 2007;

§         0,8 milioni di euro per il 2008;

§         0,8 milioni di euro per il 2009.

 

Il comma 17 incide sulla disciplina relativa alla dismissione del patrimonio immobiliare da parte delle amministrazioni non rientranti nella disciplina sull’edilizia residenziale pubblica, da parte della Concessionaria servizi assicurativi pubblici (CONSAP S.p.a), e delle società derivanti da processi di privatizzazione in cui, direttamente o indirettamente, la partecipazione pubblica è uguale o superiore al 30 per cento del capitale azionario (azioni ordinarie).

Il comma 17, in particolare, reca una norma interpretativa autentica dell’art. 3, comma 109 della legge n. 662 del 1996, in virtù della quale il requisito di inquilino necessario per essere ammesso a godere delle garanzie di prelazione per l’acquisto e per il rinnovo del contratto di locazione, previste dallo stesso comma 109 (lett. a) e b)), debbono sussistere in capo agli aventi diritto al momento del ricevimento da parte della amministrazione alienante della proposta di vendita, ovvero alla data da essa stabilita con propri atti in funzione dei piani di dismissione programmati:

In particolare, si ricorda che l’art. 3, comma 109 della legge n. 662 del 1996 garantisce:

§       nel caso di vendita frazionata e in blocco, anche a cooperative di abitazione di cui siano soci gli inquilini, il diritto di prelazione ai titolari dei contratti di locazione in corso ovvero di contratti scaduti e non ancora rinnovati purché si trovino nella detenzione dell'immobile, e ai loro familiari conviventi, sempre che siano in regola con i pagamenti al momento della presentazione della domanda di acquisto (lettera a));

§       il rinnovo del contratto di locazione, secondo le norme vigenti, agli inquilini titolari di reddito familiare complessivo inferiore ai limiti di decadenza previsti per la permanenza negli alloggi di edilizia popolare. Per famiglie di conduttori composte da ultrasessantacinquenni o con componenti portatori di handicap, tale limite è aumentato del venti per cento (lettera b)).

 

La relazione tecnica prevede che il comma 17 comporti i seguenti risparmi:

§         0,3 milioni di euro per il 2007;

§         0,5 milioni di euro per il 2008;

§         0,8 milioni di euro per il 2009.

 

Il comma 18, novellando l'articolo 214-bis del Codice della strada (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285), esenta le amministrazioni dello Stato da qualsiasi tributo ed emolumento per le trascrizioni e annotazioni nei pubblici registri relative ai passaggi di proprietà conseguenti alle misure di sequestro e confisca o fermo amministrativo, operate dagli organi di polizia a seguito di violazioni del codice della strada, ai sensi degli articoli 213, 214 e 214-bis del Codice della strada.

La relazione tecnica prevede i seguenti risparmi di spesa per il Bilancio dello Stato, in conseguenza all’approvazione del comma 18:

§         1,8 milioni di euro per il 2007;

§         1,8 milioni di euro per il 2008;

§         1,8 milioni di euro per il 2009.


Articolo 16
(Disposizioni in materia di demanio marittimo e di altri beni pubblici)

 


1. Il comma 1 dell'articolo 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, è sostituito dal seguente:

«1. I canoni annui per concessioni rilasciate o rinnovate con finalità turistico ricreative di aree, pertinenze demaniali marittime e specchi acquei per i quali si applicano le disposizioni relative alle utilizzazioni del demanio marittimo sono determinati nel rispetto dei seguenti criteri:

     a) classificazione, a decorrere dal 1o gennaio 2007, delle aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei nelle seguenti categorie:

     1) categoria A: aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazioni ad uso pubblico ad alta valenza turistica;

     2) categoria B: aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazione ad uso pubblico a normale valenza turistica. L'accertamento dei requisiti di alta e normale valenza turistica è riservato alle regioni competenti per territorio con proprio provvedimento. Nelle more dell'emanazione di detto provvedimento la categoria di riferimento è da intendersi la B. Una quota percentuale pari al 10 per cento delle maggiori entrate annue rispetto alle previsioni di bilancio derivanti dall'utilizzo delle aree, pertinenze e specchi acquei inseriti nella categoria A è devoluta alle regioni competenti per territorio;

     b) misura del canone annuo determinata come segue:

     1) per le concessioni demaniali marittime aventi ad oggetto aree e specchi acquei, per gli anni 2004, 2005 e 2006 si applicano le misure unitarie vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge e non operano le disposizioni maggiorative di cui ai commi 21, 22 e 23 dell'articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326; a decorrere dal 1o gennaio 2007, si applicano i seguenti importi aggiornati degli indici ISTAT maturati alla stessa data:

1.1) area scoperta: euro 1,86 al metro quadrato per la categoria A; euro 0,93 al metro quadrato per la categoria B;

1.2) area occupata con impianti di facile rimozione: euro 3,10 al metro quadro per la categoria A; euro 1,55 al metro quadro per la categoria B;

1.3) area occupata con impianti di difficile rimozione: euro 4,13 al metro quadrato per la categoria A; euro 2,65 al metro quadrato per la categoria B;

1.4) euro 0,72 per ogni metro quadrato di mare territoriale per specchi acquei o delimitati da opere che riguardano i porti così come definite dall'articolo 5 del testo unico di cui al regio decreto 2 aprile 1885, n. 3095, e comunque entro 100 metri dalla costa;

1.5) euro 0,52 per gli specchi acquei compresi tra 100 e 300 metri dalla costa;

1.6) euro 0,41 per gli specchi acquei oltre 300 metri dalla costa;

1.7) euro 0,21 per gli specchi acquei utilizzati per il posizionamento di campi boa per l'ancoraggio delle navi al di fuori degli specchi acquei di cui al numero 1.3);

     2) per le concessioni comprensive di pertinenze demaniali marittime si applicano, a decorrere dal 1o gennaio 2007, i seguenti criteri:

2.1) per le pertinenze destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi, il canone è determinato moltiplicando la superficie complessiva del manufatto per la media dei valori mensili unitari minimi e massimi indicati dall'Osservatorio del mercato immobiliare per la zona di riferimento. L'importo ottenuto è moltiplicato per un coefficiente pari a 6,5. Il canone annuo così determinato è ulteriormente ridotto delle seguenti percentuali, da applicare per scaglioni progressivi di superficie del manufatto: fino a 200 metri quadrati, 0 per cento; oltre 200 metri quadrati e fino a 500 metri quadrati, 20 per cento; oltre 500 metri quadrati e fino a 1.000 metri quadrati, 40 per cento; oltre 1.000 metri quadrati, 60 per cento. Qualora i valori dell'Osservatorio del mercato immobiliare non siano disponibili, si fa riferimento a quelli del più vicino comune costiero rispetto al manufatto nell'ambito territoriale della medesima regione;

2.2) per le aree ricomprese nella concessione, per gli anni 2004, 2005 e 2006 si applicano le misure vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge e non operano le disposizioni maggiorative di cui ai commi 21, 22 e 23 dell'articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326; a decorrere dal 1o gennaio 2007, si applicano quelle di cui alla lettera b), numero 1);

     c) riduzione dei canoni di cui alla lettera b) nella misura del 50 per cento:

     1) in presenza di eventi dannosi di eccezionale gravità che comportino una minore utilizzazione dei beni oggetto della concessione, previo accertamento da parte delle competenti autorità marittime di zona;

     2) nel caso di concessioni demaniali marittime assentite alle società sportive dilettantistiche senza scopo di lucro affiliate alle Federazioni sportive nazionali con l'esclusione dei manufatti pertinenziali adibiti ad attività commerciali;

     d) riduzione dei canoni di cui alla lettera b) nella misura del 90 per cento per le concessioni indicate al secondo comma dell'articolo 39 del codice della navigazione e all'articolo 37 del regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328;

     e) obbligo per i titolari delle concessioni di consentire il transito gratuito all'arenile;

     f) riduzione, per le imprese turistico-ricettive all'aria aperta, dei valori inerenti le superfici del 25 per cento».

2. Il comma 3 dell'articolo 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, è sostituito dal seguente:

«3. Le misure dei canoni di cui al comma 1, lettera b), del presente articolo si applicano, a decorrere dal 1o gennaio 2007, anche alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto».

3. All'articolo 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«4-bis. Ferme restando le disposizioni di cui al precedente articolo 01, comma 2, della presente decreto, le concessioni di cui al presente articolo possono avere durata superiore a sei anni e comunque non superiore a cinquanta anni in ragione dell'entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare».

4. All'articolo 5 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«1-bis. Le somme per canoni relative a concessioni demaniali marittime aventi finalità turistico ricreative versate in eccedenza rispetto a quelle dovute a decorrere dal 1o gennaio 2004 ai sensi dell'articolo 03, comma 1, sono compensate con quelle da versare allo stesso titolo, in base alla medesima disposizione».

5. I commi 21, 22 e 23 dell'articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e il comma 4 dell'articolo 10 della legge 17 dicembre 1997, n. 449, sono abrogati.

6. Le disposizioni di cui all'articolo 8 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, e successive modificazioni, si interpretano nel senso che le utilizzazioni ivi contemplate fanno riferimento alla mera occupazione di beni demaniali marittimi e relative pertinenze. Qualora, invece, l'occupazione consista nella realizzazione sui beni demaniali marittimi di opere inamovibili in difetto assoluto di titolo abilitativo o in presenza di titolo abilitativo che per il suo contenuto è incompatibile con la destinazione e disciplina del bene demaniale, l'indennizzo dovuto è commisurato ai valori di mercato, ferma restando l'applicazione delle misure sanzionatorie vigenti, ivi compreso il ripristino dello stato dei luoghi.

7. Dopo l'articolo 693 del codice della navigazione è inserito il seguente:

«Art. 693-bis. - (Destinazione dei beni demaniali non strumentali al servizio della navigazione aerea). - I beni demaniali non strumentalmente destinati al servizio della navigazione aerea sono gestiti dall'Agenzia del demanio in base alla normativa vigente, garantendo un uso compatibile con l'ambito aeroportuale in cui si collocano.

Si considerano non strumentali i beni non connessi in modo diretto, attuale e necessario al servizio di gestione aeroportuale.

Gli introiti derivanti dalla gestione dei beni di cui al primo comma del presente articolo, determinati sulla base dei valori di mercato, affluiscono all'erario».

8. Dopo l'articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, è inserito il seguente:

«Art. 3-bis. - (Valorizzazione e utilizzazione a fini economici dei beni immobili tramite concessione o locazione). - 1. I beni immobili di proprietà dello Stato individuati ai sensi dell'articolo 1 possono essere concessi o locati a privati, a titolo oneroso, per un periodo non superiore a cinquanta anni, ai fini della riqualificazione e riconversione dei medesimi beni tramite interventi di recupero, restauro, ristrutturazione anche con l'introduzione di nuove destinazioni d'uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o attività di servizio per i cittadini, ferme restando le disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni.

2. Il Ministero dell'economia e delle finanze può convocare una o più conferenze di servizi o promuovere accordi di programma per sottoporre all'approvazione iniziative per la valorizzazione degli immobili di cui al presente articolo.

3. Agli enti territoriali interessati dal procedimento di cui al comma 2 è riconosciuta una somma non inferiore al 50 per cento e non superiore al 100 per cento del contributo di costruzione dovuto ai sensi dell'articolo 16 del testo unico di cui al decreto Presidente della Repubblica 30 giugno 2001, n. 380, per l'esecuzione delle opere necessarie alla riqualificazione e riconversione. Tale importo è corrisposto dal concessionario all'atto del rilascio o dell'efficacia del titolo abilitativo edilizio.

4. Le concessioni e le locazioni di cui al presente articolo sono assegnate con procedure ad evidenza pubblica, per un periodo di tempo commisurato al raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa e comunque non eccedente i cinquanta anni.

5. I criteri di assegnazione e le condizioni delle concessioni o delle locazioni di cui al presente articolo sono contenuti nei bandi predisposti dall'Agenzia del demanio, prevedendo, in particolare, nel caso di revoca della concessione o di recesso dal contratto di locazione il riconoscimento all'affidatario di un indennizzo valutato sulla base del piano economico-finanziario.

6. Per il perseguimento delle finalità di valorizzazione e utilizzazione a fini economici dei beni di cui al presente articolo, i beni medesimi possono essere affidati a terzi ai sensi dell'articolo 143 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in quanto compatibile».

9. Allo scopo di devolvere allo Stato i beni vacanti o derivanti da eredità giacenti, il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'interno ed il Ministro dell'economia e delle finanze, determina con decreto da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i criteri per l'acquisizione dei dati e delle informazioni rilevanti per individuare i beni giacenti o vacanti nel territorio dello Stato. Al possesso esercitato sugli immobili vacanti o derivanti da eredità giacenti si applica la disposizione dell'articolo 1163 del codice civile sino a quando il terzo esercente attività corrispondente al diritto di proprietà o ad altro diritto reale non notifichi all'Agenzia del demanio di essere in possesso del bene vacante o derivante da eredità giacenti. Nella comunicazione inoltrata all'Agenzia del demanio gli immobili sui quali è esercitato il possesso corrispondente al diritto di proprietà o ad altro diritto reale deve essere identificato descrivendone la consistenza mediante la indicazione dei dati catastali.

10. Stralciato.

11. Stralciato.

12. Stralciato.

13. Stralciato.

14. Stralciato.

15. All'articolo 14 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 settembre 2005, n. 296, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

«2-bis. Per i soggetti di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 11 del presente regolamento, qualora ricorrano le condizioni di cui al comma 2, secondo periodo del presente articolo, la durata delle concessioni o locazioni può essere stabilita in anni cinquanta».


 

 

L’articolo 16 reca, ai commi da 1 a 6, una riforma del sistema di determinazione dei canoni annui per concessioni demaniali marittime rilasciati con finalità turistico ricreative.

I canoni demaniali marittimi

La materia relativa alle concessioni demaniali marittime è disciplinata in via generale dagli articoli da 36 a 52 del codice della navigazione, con il relativo regolamento di esecuzione.

 

Il decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, ha articolato la misura dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime aventi finalità turistico-ricreative in relazione alla classificazione delle aree, che sono suddivise in tre categorie (A, B e C) in base alla diversa valenza turistica, e ha demandato alle regioni la loro collocazione all'interno di tali categorie.

Lo stesso decreto-legge ha quindi fissato per ogni categoria la misura base del canone e ha stabilito, all’articolo 03, che i canoni annui sono determinati, a decorrere dal 1° gennaio 1994, con decreto del Ministro della marina mercantile, emanato sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto dei criteri direttivi fissati dal comma 1 del medesimo articolo 03. Il regolamento per la determinazione dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime per le finalità turistico-ricreative è stato quindi approvato con D.M. 5 agosto 1998, n. 342.

L’articolo 04 del medesimo decreto-legge ha stabilito altresì che detti canoni annui siano aggiornati annualmente, con decreto del Ministro della marina mercantile, sulla base della media degli indici determinati dall'ISTAT per i prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati e per i corrispondenti valori per il mercato all'ingrosso.

 

Si ricorda che l’articolo 105 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ha conferito alle regioni e agli enti locali numerose funzioni già spettanti all’amministrazione dei trasporti e della navigazione, con eccezione – fra l’altro – di quelle attribuite alle autorità portuali. In particolare, il comma 2, lettera l), ha conferito alle regioni le funzioni relative al rilascio di concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia. Tale conferimento non opera nei porti finalizzati alla difesa militare e alla sicurezza dello Stato, nei porti di rilevanza economica internazionale e nazionale, nonché nelle aree di preminente interesse nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 136 del 12 giugno 1996, e successive modificazioni.

Le funzioni amministrative sul litorale marittimo, sulle aree demaniali immediatamente prospicienti e sulle aree del demanio lacuale e fluviale, quando l’utilizzazione prevista abbia finalità turistiche e ricreative, erano già state delegate alle regioni dall’articolo 59 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. L’articolo 8 del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 535, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 647, aveva consentito alle amministrazioni regionali di avvalersi delle capitanerie di porto e degli uffici da esse dipendenti in conformità ad apposita convenzione gratuita stipulata con il Ministro dei trasporti e della navigazione, prevedendo che tali uffici esercitassero le funzioni in materia di demanio marittimo destinato ad uso turistico-ricreativo in relazione funzionale con l'amministrazione regionale.

 

Il comma 22 dell’articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha disposto che dal 1° gennaio 2004 i suddetti canoni per la concessione ad uso turistico-ricreativo fossero rideterminati nella misura prevista dalle tabelle allegate al decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 5 agosto 1998, n. 342, rivalutate del 300 per cento.

L'articolo 2, comma 53, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) ha poi sostituito il testé illustrato comma 22, stabilendo che con decreto interministeriale, da emanare entro il 30 giugno 2004, venissero assicurate maggiori entrate non inferiori a 140 milioni di euro, a decorrere dal 1° gennaio 2004; qualora il decreto non fosse stato adottato entro il predetto termine, i canoni per la concessione d'uso avrebbero dovuto essere rideterminati, con effetto dal 1° gennaio 2004, con la suddetta rivalutazione del 300 per cento.

 

Con successivi provvedimenti[50], il termine del 30 giugno 2004 per l’adeguamento dei canoni demaniali marittimi è stato differito, da ultimo al 31 dicembre 2006 dal decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (in corso di conversione: A.C. 1750).

 

Si è invece proceduto all’ordinario aggiornamento dei medesimi canoni, secondo quanto disposto dal richiamato articolo 04 del decreto-legge n. 400 del 1993. La misura di essi è stata da ultimo stabilita, per il 2006, con il decreto del direttore generale per le infrastrutture della navigazione marittima e interna 28 novembre 2005 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2006). Il decreto ha disposto che le misure unitarie dei canoni annui relativi alle concessioni demaniali marittime sono aggiornate, per l’anno 2006, applicando un aumento del 2,85 per cento alle misure unitarie dei canoni determinati per l’anno 2005.

La riforma prevista dall’articolo 16 del disegno di legge finanziaria

Il comma 1, lettera a), della disposizione in commento, sostituendo il comma 1 dell’articolo 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, prevede una nuova articolazione delle aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei in due categorie (A e B) anziché nelle quattro (A, B, C e D) attualmente previste.

Nella tabella sottostante è riportato il confronto tra la ripartizione attualmente vigente e quella prevista dall’articolo in commento.

 

 

D.L. 400/1993

Art. 16

Categoria A

aree, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazioni ad uso pubblico ad alta valenza turistica

aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazioni ad uso pubblico ad alta valenza turistica

Categoria B

aree, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazioni ad uso pubblico a normale valenza turistica

aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazione ad uso pubblico a normale valenza turistica

Categoria C

aree, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazioni ad uso pubblico a minore valenza turistica

 

Categoria D

pertinenze demaniali marittime di cui all’articolo 29 del codice della navigazione

Questa categoria non è stata considerata nei provvedimenti di determinazione della misura dei canoni di concessione.

 

 

La lettera b)del comma 1 interviene invece sulla misura del canone annuo prevedendo che per gli anni 2004, 2005 e 2006 si applichino le misure unitarie previgenti e non trovi pertanto applicazione la prevista maggiorazione prevista dall’articolo 32, comma 22, del decreto-legge n. 269 del 2003, più volte differita, che quindi non avrà attuazione.

Conseguentemente, il successivo comma 5 abroga le disposizioni dei commi 21, 22 e 23 dell’articolo 32 del decreto-legge n. 269 del 2003 che, come già si è ricordato, disponevano in ordine alla rideterminazione dei canoni demaniali marittimi

 

In proposito, si rileva che il bilancio di previsione per il 2006, a differenza di quanto avvenuto negli anni precedenti, scontava gli effetti derivanti dall’aumento dei canoni demaniali marittimi disposto dal decreto-legge n. 269 del 2003. Infatti, come affermato dal rappresentante del Governo nel corso dell’esame in sede consultiva del decreto-legge n. 206 del 2006[51], nel capitolo 2612 dello stato di previsione dell’entrata, dai proventi dei canoni demaniali marittimi risulta atteso un gettito pari a 210 milioni di euro, di cui 140 da attribuire all’applicazione delle disposizioni del decreto-legge n. 269 del 2003. Tale previsione di gettito è stata confermata nel disegno di legge di assestamento per il 2006, approvato in prima lettura dalla Camera (A.C. 1254).

 

Si prevede quindi che a decorrere dal 1° gennaio 2007 si applichino i nuovi importi, aggiornati in base agli indici ISTAT maturati alla stessa data. La norma individua quindi la nuova misura dei canoni (per i cui importi v. supra, il testo dell’articolo premesso alla presente scheda).

 

Il comma 2 sostituisce il comma 3 dell’articolo 03 del decreto-legge n. 400 del 1993, prevedendo che le misure dei canoni demaniali marittime, come ridefinite dal comma 1, si applichino anche, a decorrere dal 1° gennaio 2007, alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto.

 

Nel testo attualmente vigente il comma 3 dell’articolo 03 interviene su materia diversa, prevedendo che l’accertamento dei requisiti di alta, normale e minore valenza turistica, in relazione alle specifiche aree richieste in concessione ovvero in relazione a concessioni in essere, è riservato all'autorità competente.

 

Il comma 3 aggiunge invece un comma 4-bis al citato articolo 03, prevedendo che, ferme restando le disposizioni del comma 2 dell’articolo 01, le concessioni demaniali marittime possono avere una durata compresa tra sei e cinquanta anni in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare.

 

Il citato comma 2 dell’articolo 01 prevede che le concessioni demaniali marittime, indipendentemente dalla natura o dal tipo degli impianti previsti per lo svolgimento delle attività, hanno durata di sei anni. Alla scadenza si rinnovano automaticamente per altri sei anni e così successivamente ad ogni scadenza, fatto salvo il secondo comma dell'articolo 42 del codice della navigazione.

 

Il comma 4 prevede, mediante una novella all’articolo 5 del decreto-legge n. 400 del 1993, che le somme per canoni demaniali marittimi versate in eccedenza rispetto a quelle dovute a decorrere dal 1° gennaio 2004 sono compensate con quelle da versare allo stesso titolo.

 

Il comma 6 reca una norma di interpretazione autentica dell’articolo 8 del decreto-legge n. 400 del 1993.

 

Tale norma prevede che, a decorrere dal 1990, gli indennizzi dovuti per le utilizzazioni senza titolo di beni demaniali marittimi, di zone del mare territoriale e delle pertinenze del demanio marittimo, ovvero per utilizzazioni difformi dal titolo concessorio, sono determinati in misura pari a quella che sarebbe derivata dall'applicazione dei canoni come previsti dal decreto-legge n. 400 del 1993 (sul quale interviene la modifica del comma 1 dell’articolo in commento), maggiorata,rispettivamente, del duecento per cento e del cento per cento.

 

Al riguardo, la disposizione in commento precisa che l’indennizzo nella misura stabilita dall’articolo 8 è dovuto solo in caso di mera occupazione di beni demaniali marittimi e delle relative pertinenze. Se invece l’occupazione consiste nella realizzazione di opere inamovibili sui beni demaniali marittimi in difetto assoluto di titolo abilitativo (vale a dire abusive) o in presenza di un titolo abilitativo incompatibile con la destinazione e disciplina del bene demaniale, l’indennizzo deve essere commisurato ai valori di mercato e devono essere comunque applicate le misure sanzionatorie previste, compresa la demolizione degli edifici interessati.

 

I commi 7 e 8 prevedono misure di valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato.

 

In particolare, il comma 7, attraverso l’inserimento di un nuovo articolo 693-bis nel codice della navigazione (parte seconda – navigazione aerea), consente all’Agenzia del demanio di gestire, in coerenza con la normativa vigente, i beni demaniali non strumentalmente destinati al servizio della navigazione aerea (vale a dire non connessi in modo diretto, attuale e necessario al servizio di gestione aeroportuale), garantendo un uso compatibile con l’ambito aeroportuale in cui si collocano. Si prevede altresì che gli introiti derivanti dalla gestione di tali beni, determinati sulla base dei valori di mercato, affluiscano all’erario.

 

Il comma 8 inserisce invece un nuovo articolo 3-bis nel decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 410 del 2001.

 

Il decreto-legge n. 350 del 2001 contiene una serie di disposizioni in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico. In particolare, gli articoli da 1 a 3 del decreto-legge hanno introdotto una nuova procedura di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, la cartolarizzazione[52]

 

L’articolo 3-bis prevede la possibilità di concedere o locare a terzi i beni immobili individuati ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge.

 

L’articolo 1 del decreto-legge n. 351 del 2001 prevede che per procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, anche in funzione della formulazione del conto generale del patrimonio, di cui agli articoli 5, comma 2, della legge 3 aprile 1997, n. 94, e 14, comma 2, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, l'Agenzia del demanio, con propri decreti dirigenziali, individua, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso gli archivi e gli uffici pubblici, i singoli beni, distinguendo tra beni demaniali e beni facenti parte del patrimonio indisponibile e disponibile. Si prevede inoltre che l'Agenzia del demanio, con propri decreti dirigenziali, individui i beni degli enti pubblici non territoriali, i beni non strumentali in precedenza attribuiti a società a totale partecipazione pubblica, diretta o indiretta, riconosciuti di proprietà dello Stato, nonché i beni ubicati all'estero. L'individuazione dei beni degli enti pubblici e di quelli già attribuiti alle società suddette è effettuata anche sulla base di elenchi predisposti dagli stessi

 

La concessione e la locazione sono assentite a titolo oneroso per un periodo non superiore a cinquanta anni e risultano finalizzate alla riqualificazione e riconversione dei beni attraverso interventi di recupero, restauro e ristrutturazione anche con l’introduzione di nuove destinazioni d’uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o di servizio dei cittadini, nel rispetto delle previsioni del codice dei beni culturali e del paesaggio.

Viene definita, al comma 2 dell’articolo 3-bis, la procedura per l’attuazione di quanto disposto al comma 1, in particolare si prevede il ricorso ad una conferenza di servizi o alla promozione di accordi di programma con gli enti territoriali interessati. A tali enti è riconosciuta, in base al comma 3, una somma non inferiore al 50 per cento e non superiore al 100 per cento del contributo per l’esecuzione delle opere necessarie alla riqualificazione e riconversione che il concessionario dovrà corrispondere ai sensi dell’articolo 16 del D.P.R. 30 giugno 2001, n. 380.

 

Il D.P.R. n. 380 del 2001 reca il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. L’articolo 16 prevede che il rilascio del permesso di costruire comporti la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione

 

La disposizione di cui al comma 4 prevede che le concessioni e le locazioni siano assegnate con procedura ad evidenza pubblica, per un periodo tale da garantire il raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario e comunque non eccedente i cinquanta anni. A predisporre i bandi, in base al comma 5, è chiamata l’Agenzia del demanio; in particolare, in caso di revoca della concessione, dev’essere previsto il riconoscimento di un indennizzo all’affidatario

Infine, nel comma 6 del nuovo articolo 3-bis, si prevede la possibilità di affidare a terzi i beni medesimi, sulla base dell’articolo 143 del codice dei contratti pubblici relativi a servizi e forniture, emanato con il decreto legislativo n. 163 del 2006.

 

L’articolo 143 del codice dei contratti pubblici disciplina le concessioni di lavori pubblici, come strumento alternativo all’appalto. Si tratta sostanzialmente di un modello di “project financing” (vale a dire l’affidamento di un servizio ovvero della realizzazione di un’opera da parte di un’amministrazione pubblica ad un privato che viene remunerata attraverso la gestione che il privato medesimo compie dell’opera). In base all’articolo 143 del codice, le concessioni hanno, di regola, ad oggetto la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica. Qualora la stazione appaltante disponga del progetto definitivo ed esecutivo, ovvero del progetto definitivo, l’oggetto della concessione, quanto alle prestazioni progettuali, può essere circoscritto al completamento della progettazione, ovvero alla revisione della medesima, da parte del concessionario. La controprestazione a favore del concessionario consiste, di regola, unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati. Tuttavia, il soggetto concedente stabilisce in sede di gara anche un prezzo, qualora al concessionario venga imposto di praticare nei confronti degli utenti prezzi inferiori a quelli corrispondenti alla remunerazione degli investimenti e alla somma del costo del servizio e dell’ordinario utile di impresa, ovvero qualora sia necessario assicurare al concessionario il perseguimento dell’equilibrio economico - finanziario degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla qualità del servizio da prestare. Nella determinazione del prezzo si tiene conto della eventuale prestazione di beni e servizi da parte del concessionario allo stesso soggetto aggiudicatore, relativamente all'opera concessa, secondo le previsioni del bando di gara. Infine, si prevede che, a titolo di prezzo, le amministrazioni aggiudicatrici possono cedere in proprietà o in diritto di godimento beni immobili nella propria disponibilità, o allo scopo espropriati, la cui utilizzazione sia strumentale o connessa all’opera da affidare in concessione, nonché beni immobili che non assolvono più a funzioni di interesse pubblico. La concessione ha di regola durata non superiore a trenta anni.

 

In proposito, si osserva che andrebbe meglio definito (anche in relazione al comma 1, che contempla la concessione o la locazione) il rapporto tra la fattispecie di affidamento di beni del patrimonio immobiliare pubblico a privati, prevista dalla disposizione in commento, e l’istituto della concessione a terzi prevista in linea generale dall’articolo 143 del codice dei lavori pubblici.

 

Il comma 9 dell’articolo 16 rimette invece ad un decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’interno ed il Ministro dell’economia, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge l’individuazione dei criteri per l’acquisizione dei dati e delle informazioni per individuare i beni giacenti o vacanti nel territorio dello Stato, allo scopo di devolvere i beni medesimi allo Stato. Si prevede l’obbligo di comunicazione all’Agenzia del demanio da parte di chi eserciti su tali beni un possesso corrispondente al diritto di proprietà o ad altro diritto reale. Nella comunicazione il bene deve essere identificato mediante l’indicazione dei dati catastali. Fino a quando non venga effettuata tale comunicazione al bene si applica l’articolo 1163 del codice civile, e pertanto non decorrono i termini di usucapione.

 

L’articolo 1163 del codice civile prevede che il possesso acquistato in modo violento o clandestino non giova per l'usucapione se non dal momento in cui la violenza o la clandestinità è cessata.

 

Il comma 15 dell’articolo 16 eleva a cinquanta anni il termine massimo delle concessioni o locazioni del patrimonio immobile dello Stato nei riguardi di regioni, province e comuni. L’articolo 14, comma 1, del D.P.R. n. 296 del 2005, recante il regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione di beni immobili appartenenti allo Stato fissa tale termine in linea generale in sei anni, elevabile, in presenza di determinate condizioni a diciannove anni.

 

La relazione tecnica attribuisce alle misure di revisione dei canoni demaniali marittimi (comma 1) un effetto di maggiore entrata, per il triennio 2007-2009 di 153 milioni di euro nel 2007, di 158 milioni di euro nel 2008 e di 160 milioni di euro nel 2009; alle misure di utilizzo dei beni del demanio aeroportuale (comma 7) un effetto di maggiore entrata di 3 milioni di euro nel 2007, 9,5 milioni di euro nel 2008 e di 10 milioni di euro nel 2009 e alle misure di valorizzazione del patrimonio dello Stato (comma 8) un effetto di 1,4 milioni di euro nel 2007, di 4,1 milioni di euro nel 2008 e di 9,5 milioni di euro nel 2009.

 


Articolo 17
(Valorizzazione del patrimonio pubblico)

 


1. All'articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni, è aggiunto il seguente comma:

«15-bis. Per la valorizzazione di cui al comma 15, l'Agenzia del demanio può individuare, d'intesa con gli enti territoriali interessati, una pluralità di beni immobili pubblici per i quali è attivato un processo di valorizzazione unico, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale, che possa costituire, nell'ambito del contesto economico e sociale di riferimento, elemento di stimolo ed attrazione d'interventi di sviluppo locale. Per il finanziamento degli studi di fattibilità dei programmi facenti capo ai programmi unitari di valorizzazione dei beni demaniali per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali si provvede a valere sul capitolo relativo alle somme da attribuire all'Agenzia del demanio per l'acquisto dei beni immobili, per la manutenzione, la ristrutturazione, il risanamento e la valorizzazione dei beni del demanio e del patrimonio immobiliare statale, nonché per gli interventi sugli immobili confiscati alla criminalità organizzata. È elemento prioritario di individuazione, nell'ambito dei predetti programmi unitari, la suscettività di valorizzazione dei beni immobili pubblici mediante concessione d'uso o locazione, nonché l'allocazione di funzioni di interesse sociale, culturale, sportivo, ricreativo, per l'istruzione, la promozione delle attività di solidarietà e per il sostegno alle politiche per i giovani, nonché per le pari opportunità».

2. All'articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al comma 13-bis, le parole: «L'Agenzia del demanio, di concerto con la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa» sono sostituite dalle seguenti: «Il Ministero della difesa, con decreti da emanare d'intesa con l'Agenzia del demanio» e le parole: «da inserire in programmi di dismissione per le finalità di cui all'articolo 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni» sono sostituite dalle seguenti: «da consegnare all'Agenzia del demanio per essere inseriti in programmi di dismissione e valorizzazione ai sensi delle norme vigenti in materia»;

     b) al comma 13-ter, le parole da: «il Ministero» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «con decreti emanati ai sensi del comma 13-bis sono individuati: a) entro il 28 febbraio 2007, beni immobili, per un valore complessivo pari a 1.000 milioni di euro, da consegnare all'Agenzia del demanio entro il 30 giugno 2007; b) entro il 31 luglio 2007, beni immobili, per un valore complessivo pari a 1.000 milioni di euro, da consegnare all'Agenzia del demanio entro il 31 dicembre 2007»;

     c) al comma 13-ter, come da ultimo modificato dalla lettera b) del presente comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Con le modalità indicate nel primo periodo del presente comma e per le medesime finalità, nell'anno 2008 sono individuati, entro il 28 febbraio ed entro il 31 luglio, beni immobili per un valore pari a complessivi 2.000 milioni di euro»;

     d) i commi 13-quinquies e 13-sexies sono abrogati.

3. Il comma 482 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è abrogato.


 

 

Il comma 1 dell’articolo 17 disciplina, nell’àmbito delle procedure di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, programmi unitari di valorizzazione degli immobili pubblici per la promozione dello sviluppo locale.

Il comma in esame si riferisce agli immobili individuati dall’Agenzia del demanio, con propri decreti dirigenziali, ai sensi dell’articolo 1 del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 451. I beni così individuati sono stati sottoposti a procedure di cartolarizzazione tramite trasferimento a società veicolo appositamente costituite che hanno provveduto alla dismissione degli immobili stessi.

L’articolo 3, comma 15, del citato D.L. n. 351 del 2001, prevede che il Ministro dell'Economia e delle Finanze convoca una o più conferenze di servizi o promuovere accordi di programma per sottoporre all'approvazione iniziative per la valorizzazione degli immobili oggetto di individuazione da parte dell’Agenzia delle entrate. Lo stesso comma 15 rimette ai decreti del Ministro dell’economia di trasferimento alle società veicolo, la fissazione dei criteri per l'assegnazione agli enti territoriali interessati dal procedimento di una quota, non inferiore al 5 per cento e non superiore al 15 per cento, del ricavato attribuibile alla rivendita degli immobili valorizzati.

 

Il comma 1 dell’articolo 17 in esame, che inserisce un nuovo comma, il 15-bis, all’articolo 3 del D.L. n. 351 del 2001, prevede che, per la valorizzazione di cui al citato comma 15, l'Agenzia del demanio può individuare, d'intesa con gli enti territoriali interessati, una pluralità di beni immobili pubblici per i quali è attivato un processo di valorizzazione unico, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale, che possa costituire, nell'ambito del contesto economico e sociale di riferimento, elemento di stimolo ed attrazione di interventi di sviluppo locale.

Il secondo periodo del nuovo comma individua le risorse per il finanziamento degli studi di fattibilità necessari per la realizzazione dei programmi di valorizzazione, utilizzando le somme presenti sul capitolo relativo alle somme da attribuire all'Agenzia del demanio per l'acquisto dei beni immobili; per la manutenzione, la ristrutturazione, il risanamento e la valorizzazione dei beni del demanio e del patrimonio immobiliare statale; nonché per gli interventi sugli immobili confiscati alla criminalità organizzata.

Nella predisposizione dei programmi in commento dovrà essere valutata con priorità la possibilità di valorizzare gli immobili pubblici mediante concessione d'uso o locazione e l'allocazione di funzioni di interesse sociale, culturale, sportivo, ricreativo, per l'istruzione, la promozione delle attività di solidarietà e per il sostegno alle politiche per i giovani, nonché per le pari opportunità.

 

Secondo quanto si legge nella relazione illustrativa “La norma comporta ritorni di gestione delle concessioni d’uso finalizzate ad attività economiche; effetti indotti di natura sociale e territoriale; razionalizzare e ottimizzare i patrimoni pubblici presenti in un determinato contesto territoriale, attraverso operazioni di permuta, trasferimento, concessione d’uso, ecc.; fornire immobili pubblici, principalmente in concessione d’uso per lo sviluppo di attività economiche, coerenti con le strategie di programmazione economica comunitaria, nazionale e regionale.”

 

La relazione tecnica prevede un ritorno economico di:

§      4,6 milioni di euro per il 2007;

§      9,3 milioni di euro per il 2008;

§      14 milioni di euro per il 2009.

 

 

Il comma 2 introduce alcune modifiche all’articolo 27 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

In particolare, alla lettera a), mediante novella del comma 13-bis del citato articolo 27, si inverte la procedura di individuazione dei beni immobili in uso all’amministrazione della difesa non più utili ai fini istituzionali: tale attività compete ora direttamente al Ministero della Difesa, che vi provvede con decreti da emanarsi di intesa con l’Agenzia del demanio, e non più a quest’ultima di concerto con la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa stesso.

Inoltre, tali beni non sono più inseriti in programmi di dismissione per le finalità di cui all’articolo 3, comma 112, della legge n. 662 del 1996 (esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate), ma sono consegnati alla medesima Agenzia del demanio ai fini dell’inclusione in programmi di dismissione e valorizzazione previsti dalla legislazione vigente.

 

L’articolo 3, comma 112[53], della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica, ha previsto l’avvio di un programma di alienazione di immobili della Difesa, finalizzato alle esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate, dettandone le relative disposizioni procedurali e disponendo in primo luogo che gli immobili alienabili siano individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, sentiti i Ministri del tesoro e delle finanze[54].

Per quanto attiene alle procedure di dismissione il comma 112 dell’articolo 3 della legge n. 662 prevede quanto segue:

-        le alienazioni, permute, valutazioni e gestioni degli immobili possono essere effettuate previo conferimento di specifico incarico a società a prevalente capitale pubblico, avente particolare qualificazione professionale ed esperienza commerciale nel settore immobiliare (lettera a);

-        per l'utilizzazione, valorizzazione o eventuale permuta di beni che interessano gli enti locali si può procedere anche mediante accordi di programma ai sensi dell'articolo 27 della legge n. 142 del 1990[55] (lettera b);

-        alla determinazione del valore dei beni da alienare e da ricevere in permuta[56] provvede la società affidataria tenendo conto della incidenza delle valorizzazioni conseguenti alle eventuali modificazioni degli strumenti urbanistici rese necessarie dalla nuova utilizzazione. La valutazione è approvata dal Ministro della difesa a seguito di parere espresso da una commissione di congruità nominata con decreto del Ministro della difesa, composta da esponenti dei Ministeri della difesa, del tesoro, delle finanze, dei lavori pubblici e da un esperto in possesso di comprovata professionalità nel settore, su indicazione del Ministro della difesa, presieduta da un magistrato amministrativo o da un avvocato dello Stato (lettera c);

-        i contratti di trasferimento di ciascun bene sono approvati dal Ministro della difesa e l'approvazione può essere negata qualora il contenuto convenzionale risulti inadeguato rispetto alle esigenze della Difesa anche se sopraggiunte successivamente all'adozione del programma (lettera d);

-        ai fini delle permute e delle alienazioni degli immobili da dismettere, il Ministero della difesa comunica l’elenco di tali immobili al Ministero per i beni e le attività culturali che si pronuncia sulla eventuale sussistenza dell’interesse storico-artistico, individuando, in caso positivo, le singole parti degli immobili soggette a tutela. (lettera e). In merito a tale ultima previsione, va tuttavia segnalato che con l’articolo 16, comma 6, della legge 28 luglio 1999, n. 266, èstata estesa alle predette dismissioni l’applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 32 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in base alle quali i beni immobili di interesse storico e artistico dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni non sono alienabili salvo che nelle ipotesi previste con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge stessa. Il previsto regolamento è stato approvato con D.P.R. 7 settembre 2000, n. 283.

 

Le lettere b) e c) del comma 2 recano modifiche al comma 13-ter dell’articolo 27. Tale norma prevedeva che, nella fase di prima applicazione dei commi 13 e 13-bis del medesimo articolo, la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa, di concerto con l'Agenzia del demanio del Ministero dell’economia, individuasse beni immobili comunque in uso all'Amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, da dismettere e consegnare all’Agenzia medesima entro il 28 febbraio 2005[57].

Le disposizioni in commento stabiliscono ora il valore complessivo degli immobili da individuare ai fini della dismissione (2 miliardi di euro nel 2007 e 2 miliardi di euro nel 2008), determinando altresì scadenze temporali in corso d’anno entro cui procedere all’individuazione ed alla successiva consegna dei beni all’Agenzia del demanio.

 

La lettera d) del comma 2 dispone infine l’abrogazione esplicita dei commi 13-quinquies e 13-sexies del più volte citato articolo 27 del D.L. 269/2003.

 

Il comma 13-quinquies prevede che la Cassa depositi e prestiti, entro trenta giorni dalla data d’individuazione degli immobili di cui al comma 13-ter, concede anticipazioni finanziarie pari al valore degli immobili individuati, per un importo complessivo non inferiore a 954 milioni di euro e, comunque, non superiore a 1357 milioni di euro .

Il comma prosegue disponendo che le condizioni generali ed economiche delle anticipazioni sono stabilite in conformità con le condizioni praticate sui finanziamenti della gestione separata di cui all'articolo 5, comma 8, del medesimo D.L. n. 269 del 2003. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al rimborso delle somme anticipate e dei connessi oneri finanziari a valere sui proventi delle dismissioni degli immobili.

Le anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e prestiti sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Ministero della difesa su appositi fondi, relativi ai consumi intermedi ed agli investimenti fissi lordi. Tali fondi saranno ripartiti, nel corso della gestione, sui capitoli interessati, con decreto del Ministro della difesa. Del decreto dovrà essere data comunicazione, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, alle Commissioni parlamentari competenti ed alla Corte dei conti. Sull'obbligo di rimborso alla Cassa depositi e prestiti delle somme ricevute in anticipazione e dei relativi interessi può essere prevista, secondo criteri, condizioni e modalità da stabilire con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, la garanzia dello Stato. Tale garanzia è elencata nell'allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze[58].

Il comma 13-sexies stabilisce che, fermo restando quanto previsto dal comma precedente, una parte delle somme derivanti dalle procedure di valorizzazione e dismissione degli immobili della difesa, di cui ai commi 13 e 13-bis, sopra commentati, pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2005 al 2009, sia destinata all'ammodernamento ed alla ristrutturazione degli arsenali della Marina militare di Augusta, della Spezia e di Taranto. Inoltre, viene stanziata l’ulteriore somma di 30 milioni di euro per l’anno 2005, per il finanziamento di un programma di edilizia residenziale in favore del personale delle Forze armate dei ruoli dei sergenti e dei volontari in servizio permanente.

 

Il comma 3 abroga espressamente il comma 482 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

Il comma 482 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (finanziaria 2006), ha codificato un nuovo procedimento di alienazione, condotto direttamente dal Ministero della difesa – Direzione generale dei lavori e del demanio che, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze – Agenzia del demanio, individua con apposito decreto gli immobili militari da alienare. Tale programma di alienazione avviene secondo una procedura analoga a quella relativa alle alienazioni immobiliari disposte dall’articolo 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996 n. 662 (collegato per il 1997).

La disposizione compie un’inversione di tendenza rispetto a quanto previsto, anche se per la "prima applicazione", dall'articolo 1, comma 443, della legge n. 311/2204 (finanziaria 2005), che lasciava all’Agenzia del demanio il compito di procedere alla dismissione. Il comma 482 in commento prevede invece che le alienazioni, permute, valorizzazioni e gestioni dei beni, siano effettuate direttamente dal Ministero della difesa. Anche per tali alienazioni si applica il comma 5 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2006, che destina i "maggiori proventi", rispetto a quelli iscritti in bilancio a legislazione vigente, sembra doversi intendere, alla riduzione del debito.

Il nuovo procedimento di alienazione deroga alla legge 24 dicembre 1908, n. 783, recante “Unificazione dei sistemi di alienazione e di amministrazione dei beni immobili patrimoniali dello Stato”, ed al relativo regolamento di esecuzione, di cui al regio decreto 17 giugno 1909, n. 454, nonché alle norme della contabilità generale dello Stato, fermi restando i princìpi generali dell’ordinamento giuridico contabile. Nel corso del procedimento di alienazione, il Ministero ha la facoltà di avvalersi di società pubblica o a partecipazione pubblica, con particolare qualificazione professione ed esperienza commerciale nel settore immobiliare, per ricevere consulenza tecnica ed operativa.

La determinazione del prezzo d'asta è decretata dalla Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa. Peraltro, la dismissione può avvenire a trattativa privata, qualora il valore del bene sia determinato come inferiore a 400.000 €.

La valutazione dell'immobile è determinata previo parere di conformità da parte di un’apposita commissione, nominata dal Ministro. Essa è composta da esponenti del Ministero della difesa e di quello dell'economia, nonché da un esperto di comprovata professionalità nella materia. A presiedere la commissione è un magistrato amministrativo o un avvocato dello Stato.

Unita alla valutazione del bene è la determinazione di criteri per l'assegnazione agli enti territoriali interessati di una quota del ricavato. Tale quota è tra il 5 ed il 15 per cento del ricavato attribuibile alla vendita dell'immobile.

L'approvazione dei contratti di trasferimento di ciascun bene è attribuita al Ministero della difesa, che può negarla per sopraggiunte esigenze di carattere istituzionale.

 


Articolo 18
(Interventi di riduzione del cuneo e incentivi all'occupazione femminile nelle aree svantaggiate)

 


1. All'articolo 11 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al comma 1, la lettera a) è sostituita dalla seguente:

     «a) sono ammessi in deduzione:

     1) i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro;

     2) per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a) a e), escluse le banche, gli altri enti finanziari, le imprese di assicurazione e le imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell'energia, dell'acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento rifiuti, un importo pari a 5.000 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo di imposta;

     3) per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a) a e), escluse le banche, gli altri enti finanziari, le imprese di assicurazione e le imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell'energia, dell'acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento rifiuti, un importo fino a 10.000 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo di imposta nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia; tale deduzione è alternativa a quella di cui al numero 2), e può essere fruita nel rispetto dei limiti derivanti dall'applicazione della regola de minimis di cui al regolamento (CE) n. 69/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001;

     4) per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a) a e), escluse le banche, gli altri enti finanziari, le imprese di assicurazione e le imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell'energia, dell'acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento rifiuti, i contributi assistenziali e previdenziali relativi ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato;

     5) le spese relative agli apprendisti, ai disabili e le spese per il personale assunto con contratti di formazione lavoro, nonché, per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a) a e), i costi sostenuti per il personale addetto alla ricerca e sviluppo, ivi compresi quelli per il predetto personale sostenuti da consorzi tra imprese costituiti per la realizzazione di programmi comuni di ricerca e sviluppo, a condizione che l'attestazione di effettività degli stessi sia rilasciata dal presidente del collegio sindacale ovvero, in mancanza, da un revisore dei conti o da un professionista iscritto negli albi dei revisori dei conti, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali o dei consulenti del lavoro, nelle forme previste dall'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni, ovvero dal responsabile del centro di assistenza fiscale»;

     b) al comma 4-bis.1, dopo le parole: «pari a euro 2.000» sono inserite le seguenti: «, su base annua,» e le parole da: «; la deduzione» fino a: «di cui all'articolo 10, comma 2» sono soppresse;

     c) al comma 4-bis.2 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le deduzioni di cui ai commi 1, lettera a), numeri 2) e 3), e 4-bis.1 sono ragguagliate ai giorni di durata del rapporto di lavoro nel corso del periodo d'imposta nel caso di contratti di lavoro a tempo indeterminato e parziale, nei diversi tipi e modalità di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, e successive modificazioni, ivi compreso il lavoro a tempo parziale di tipo verticale e di tipo misto, sono ridotte in misura proporzionale; per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera e), le medesime deduzioni spettano solo in relazione ai dipendenti impiegati nell'esercizio di attività commerciali e, in caso di dipendenti impiegati anche nelle attività istituzionali, l'importo è ridotto in base al rapporto di cui all'articolo 10, comma 2»;

     d) al comma 4-ter, le parole: «la deduzione di cui ai commi 4-bis e 4-bis.1» sono sostituite dalle seguenti: «le deduzioni indicate nel presente articolo»;

     e) dopo il comma 4-quinquies sono aggiunti i seguenti:

«4-sexies. In caso di lavoratrici donne rientranti nella definizione di lavoratore svantaggiato di cui al regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, in materia di aiuti di Stato a favore dell'occupazione, in alternativa a quanto previsto dal comma 4-quinquies, l'importo deducibile è, rispettivamente, moltiplicato per sette e per cinque nelle suddette aree, ma in questo caso l'intera maggiorazione spetta nei limiti di intensità nonché alle condizioni previsti dal predetto regolamento sui regimi di aiuto a favore dell'assunzione di lavoratori svantaggiati.

4-septies. Per ciascun dipendente l'importo delle deduzioni ammesse dai precedenti commi non può comunque eccedere il limite massimo rappresentato dalla retribuzione e dagli altri oneri e spese a carico del datore di lavoro e l'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1, lettera a), numeri 2), 3) e 4), è alternativa alla fruizione delle disposizioni di cui ai commi 4-bis, 4-quater, 4-quinquies e 4-sexies».

2. Le deduzioni di cui all'articolo 11, comma 1, lettera a), numeri 2) e 4), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, come da ultimo modificato dal comma 1 del presente articolo, spettano, subordinatamente all'autorizzazione delle competenti autorità europee, a decorrere dal mese di febbraio 2007 nella misura del 50 per cento e per il loro intero ammontare a decorrere dal successivo mese di luglio, con conseguente ragguaglio ad anno di quella prevista dal citato numero 2).

3. La deduzione di cui all'articolo 11, comma 1, lettera a), numero 3), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, come da ultimo modificato dal comma 1 del presente articolo, spetta in misura ridotta alla metà a decorrere dal mese di febbraio 2007 e per l'intero ammontare a decorrere dal successivo mese di luglio, con conseguente ragguaglio ad anno.

4. Nella determinazione dell'acconto dell'imposta regionale sulle attività produttive relativa al periodo d'imposta in corso al 1o febbraio 2007, può assumersi, come imposta del periodo precedente, la minore imposta che si sarebbe determinata applicando in tale periodo le disposizioni dei commi 1, 2 e 3; agli stessi effetti, per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 1o febbraio 2007, può assumersi, come imposta del periodo precedente, la minore imposta che si sarebbe determinata applicando in tale periodo le disposizioni dei commi 1, 2 e 3; agli stessi effetti per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 1o marzo 2007, può assumersi, come imposta del periodo precedente, la minore imposta che si determinerebbe applicando le disposizioni del comma 1 senza tenere conto delle limitazioni previste dai commi 2 e 3.

5. Al fine di garantire alle regioni che sottoscrivono gli accordi di cui all'articolo 88, comma 1, lettera b), della presente legge, un ammontare di risorse equivalente a quello che deriverebbe dall'incremento automatico dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive, applicata alla base imponibile che si sarebbe determinata in assenza delle disposizioni introdotte dal presente articolo, è ad esse riconosciuto, con riferimento alle esigenze finanziarie degli esercizi 2007, 2008 e 2009, un trasferimento pari a 89,81 milioni di euro per l'anno 2007, a 179 milioni di euro per l'anno 2008 e a 191,94 milioni di euro per l'anno 2009. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, le somme di cui al periodo precedente sono ripartite in proporzione al minor gettito dell'imposta regionale sulle attività produttive di ciascuna regione.


 

 

L’articolo 18 introduce misure volte a favorire la competitività delle imprese, in particolare attraverso la riduzione del cosiddetto cuneo fiscale, operata intervenendo sulla disciplina dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) con la previsione di ulteriori deduzioni, con speciali disposizioni agevolative nel caso di lavoratori impiegati nelle regioni del Mezzogiorno e nel caso di impiego di donne lavoratrici.

 

Il comma 1 modifica i princìpi per la determinazione del valore della produzione netta agli effetti dell’IRAP, contenuti nell'articolo 11 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

La lettera a) sostituisce la lettera a) del comma 1 del predetto articolo 11. In base alla nuova formulazione, rimangono deducibili per tutti i soggetti passivi i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro, le spese relative agli apprendisti, ai disabili e le spese per il personale assunto con contratti di formazione lavoro, nonché, per tutti i soggetti passivi diversi dalle amministrazioni pubbliche e dalle amministrazioni degli organi costituzionali e delle regioni a statuto speciale [indicati mediante riferimento all'articolo 3, comma 1, lettere da a) ad e)], i costi sostenuti per il personale addetto alla ricerca e sviluppo, compresi quelli sostenuti da consorzi tra imprese costituiti per la realizzazione di programmi comuni di ricerca e sviluppo, a condizione che l’effettività degli stessi sia asseverata da uno dei soggetti indicati nella disposizione.

Sono inoltre previste le seguenti nuove fattispecie deducibili in favore dei soggetti passivi diversi dalle amministrazioni pubbliche sopra indicate, escluse le banche, gli altri enti finanziari, le imprese di assicurazione e le imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell'energia, dell'acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento dei rifiuti:

1)      un importo pari a 5.000 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo d’imposta, ovvero

2)      un importo fino a 10.000 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo d’imposta nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia: questa deduzione è alternativa a quella testé indicata, riferita ad ogni lavoratore, e può essere fruita nel rispetto dei limiti derivanti dall'applicazione della regola de minimis stabilita dal regolamento (CE) n. 69/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001 (la cui efficacia cesserà il 31 dicembre 2006: v. infra, Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE);

3)      i contributi assistenziali e previdenziali relativi ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato. La relazione governativa segnala che la presente deduzione ha carattere innovativo solo per i soggetti passivi che determinano la base imponibile con metodo analitico (imprese ed esercenti arti e professioni), in quanto, per i soggetti che determinano invece la base imponibile con il metodo retributivo (enti non commerciali, ex articolo 10 del decreto legislativo n. 446 del 1997), l’esclusione di tali oneri opera già a regime.

 

La lettera b) interviene invece sul comma 4-bis.1 del medesimo articolo 11.

 

Il vigente comma 4-bis.1 riconosce una deduzione dalla base imponibile, nella misura di euro 2.000 per ogni lavoratore dipendente impiegato nel periodo d'imposta fino a un massimo di cinque, ai soggetti passivi diversi dalle amministrazioni pubbliche sopra indicate, con componenti positivi che concorrono alla formazione del valore della produzione non superiori, nel periodo d'imposta, a euro 400.000; la deduzione è ragguagliata ai giorni di durata del rapporto di lavoro nel corso del periodo d'imposta e ridotta proporzionalmente nel caso di contratti di lavoro a tempo parziale. Limiti ulteriori riguardano gli enti non commerciali residenti e le società ed enti non residenti. Ai fini del computo del numero di lavoratori dipendenti per i quali spetta la deduzione non si tiene conto degli apprendisti, dei disabili e del personale assunto con contratti di formazione lavoro.

 

La presente disposizione precisa che la deduzione è accordata nella misura di euro 2.000 su base annua. Vengono inoltre espunte le disposizioni speciali riguardanti i rapporti di lavoro di durata inferiore al periodo d’imposta, i contratti di lavoro a tempo parziale nonché gli enti non commerciale e le società ed enti non residenti, per coordinamento con quanto è disposto nella successiva lettera c).

 

La lettera c) integra il comma 4-bis.2 dello stesso articolo 11, aggiungendo una disposizione sul calcolo delle deduzioni. In base alla nuova norma, le deduzioni previste al comma 1, lettera a), numeri 2) e 3) (nuove deduzioni per i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato impiegati) e al comma 4-bis.1 (deduzione per i soggetti con componenti positivi fino a euro 400.000):

a)      sono ragguagliate ai giorni di durata del rapporto di lavoro nel corso del periodo d'imposta;

b)      nel caso di contratti di lavoro a tempo indeterminato e parziale, nei diversi tipi e modalità previste all'articolo 1 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61 (Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES), compreso il lavoro a tempo parziale di tipo verticale e di tipo misto, sono ridotte in misura proporzionale;

c)      per gli enti non commerciali residenti e le società ed enti non residenti, spettano solo in relazione ai dipendenti impiegati nell'esercizio di attività commerciali; in caso di dipendenti impiegati promiscuamente anche nelle attività istituzionali, l'importo è ridotto in base al rapporto stabilito per la determinazione della base imponibile di tali enti dall'articolo 10, comma 2, dello stesso decreto legislativo n. 446 del 1997.

 

La lettera d) coordina la formulazione del comma 4-ter del medesimo articolo 11, prevedendo – per i soggetti la cui attività è esercitata nel territorio di più regioni – che le deduzioni previste dall’intero articolo 11 (e non più le sole deduzioni previste dai commi 4-bis e 4-bis.1) siano applicate sul valore della produzione netta prima della ripartizione dello stesso su base regionale.

 

La lettera e) introduce una disposizione agevolativa per le imprese che impiegano donne lavoratrici rientranti nella definizione di lavoratore svantaggiato posta dal regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, in materia di aiuti di Stato a favore dell'occupazione (la cui efficacia termina il 31 dicembre 2006: v. infra, Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE).

 

A norma dell’articolo 2, primo paragrafo, lettera f), di questo regolamento, rientra nella nozione di «lavoratore svantaggiato» qualsiasi persona appartenente ad una delle categorie ivi definite, che abbia difficoltà ad entrare, senza assistenza, nel mercato del lavoro: in particolare è considerata tale “qualsiasi donna di un'area geografica al livello NUTS II (v. infra) nella quale il tasso medio di disoccupazione superi il 100% della media comunitaria da almeno due anni civili e nella quale la disoccupazione femminile abbia superato il 150% del tasso di disoccupazione maschile dell'area considerata per almeno due dei tre anni civili precedenti”.

L’articolo 5 dello stesso regolamento ìndica le condizioni che debbono soddisfare i regimi di aiuti a favore dell'assunzione di lavoratori svantaggiati e disabili da parte delle imprese e qualsiasi aiuto accordabile nell'ambito di tali regimi.

L'intensità lorda di tutti gli aiuti relativi all'occupazione dei lavoratori svantaggiati o disabili di cui trattasi, calcolata in percentuale dei costi salariali su un periodo di un anno successivo all'assunzione, non deve superare il 50% per i lavoratori svantaggiati o il 60% per i lavoratori disabili.

Quando l'assunzione non rappresenta un incremento netto del numero di dipendenti dello stabilimento interessato, il posto o i posti occupati devono essersi resi vacanti a seguito di dimissioni volontarie, di pensionamento per raggiunti limiti d'età, di riduzione volontaria dell'orario di lavoro o di licenziamenti per giusta causa e non a seguito di licenziamenti per riduzione del personale; inoltre, fatto salvo il caso di licenziamento per giusta causa, al lavoratore o ai lavoratori deve essere garantita la continuità dell'impiego per almeno 12 mesi.

 

L’agevolazione prevista dal nuovo comma 4-sexies è configurata come aumento della deduzione per incrementi dell’occupazione relativamente alle aree svantaggiate, ed è alternativa alla quintuplicazione prevista per i nuovi occupati in tali aree dal comma 4-quinquies nei quattro periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2004.

 

Il comma 4-quinquiesprevede che, per i quattro periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2004, l'importo deducibile determinato ai sensi del comma 4-quater (entro 20.000 euro annui) è:

1) quintuplicato nelle aree ammissibili alla deroga prevista dall'articolo 87, paragrafo 3, lettera a), del Trattato che istituisce la Comunità europea (gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione), individuate dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2000-2006 e da quella che verrà approvata per il successivo periodo;

2) triplicato nelle aree ammissibili alla deroga prevista dall'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del medesimo Trattato (aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse), individuate come sopra.

Per quanto riguarda l'articolo 87, paragrafo 3, lettera a), del Trattato, la deroga si applica a regioni del livello II della NUTS con un prodotto interno lordo (PIL) pro capite calcolato in standard di potere d'acquisto inferiore al 75% della media UE. Si tratta, quindi, di regioni svantaggiate rispetto alla media europea.

L’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del Trattato copre invece gli aiuti destinati ad altri tipi di aree in difficoltà che risultano svantaggiate rispetto alla media nazionale. L'elenco delle zone del livello III della NUTS che possono beneficiare di tale deroga è stabilito dalla Commissione su proposta degli Stati membri i quali possono giustificare tale proposta in base a criteri nazionali.

 

I territori saranno individuati nella Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013.

Con l’approvazione, da parte della Commissione dell’Unione europea, degli “Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale” (pubblicati sulla GUCE C54 del 4 marzo 2006), sono stati definiti i criteri per la predisposizione da parte dei singoli Stati della Carta di aiuti a finalità regionale, che dovrà essere notificata entro il 2006 alla Commissione.

Gli Orientamenti hanno stabilito che potranno beneficiare degli aiuti a finalità regionale quelle regioni in cui il PIL pro-capite non supera il 75% della media dell’Unione.

Per quanto riguarda l’Italia sono ricomprese nell’Allegato V degli Orientamenti le regioni Calabria (67,93), Campania (71,78), Sicilia (71,98) e Puglia (72,49), mentre la Basilicata (77,54) rientra in un regime particolare per via del c.d. “effetto statistico” (regioni in cui PIL pro-capite risulta inferiore nell’Europa a 15, ma superiore nell’Europa a 25). Tali regioni beneficeranno di un regime transitorio sino al 31 dicembre 2010.

I nuovi “Orientamenti” determinano, altresì, una riduzione dell’intensità di aiuto, che è pari al 30% in ESL (equivalente sovvenzione lorda) per le regioni con il PIL pro-capite inferiore al 75% della media UE, al 40% per le regioni con il PIL inferiore al 60% UE e al 50% per le regioni con il PIL inferiore al 45% della media UE.

 

Nella nuova ipotesi, l'importo deducibile è, rispettivamente, moltiplicato per sette e per cinque nelle suddette aree, ma in questo caso l'intera maggiorazione spetta nei limiti di intensità e alle condizioni previsti dal predetto regolamento sui regimi di aiuto a favore dell'assunzione di lavoratori svantaggiati.

 

Il nuovo comma 4-septies dispone comunque che per ciascun dipendente l'importo delle deduzioni ammesse nell’intero articolo non può comunque eccedere il limite massimo rappresentato dalla retribuzione e dagli altri oneri e spese a carico del datore di lavoro; inoltre, l'applicazione delle nuove deduzioni introdotte nel comma 1, lettera a), ai numeri 2), 3) e 4), è alternativa alla fruizione delle disposizioni previste dai commi 4-bis per le piccole imprese e 4-quater, 4-quinquies e 4-sexies in materia di deduzioni per nuovi occupati.

 

La relazione tecnica stima le conseguenze finanziarie delle disposizioni proposte in una diminuzione di gettito dell’IRAP pari, in termini di competenza, a 2,88 miliardi di euro per il 2007, a 4,68 miliardi di euro per il 2008 e a 4,80 miliardi di euro per il 2009. In termini di cassa, la diminuzione di entrata è stimata in 2,45 miliardi per il 2007, 4,41 miliardi per il 2008 e 4,68 miliardi per il 2009.

 

Il comma 2 subordina l’applicabilità delle nuove deduzioni introdotte dalla lettera a), limitatamente ai numeri 2) e 4), all'autorizzazione delle competenti autorità europee; ove questa sia concessa, le agevolazioni decorreranno dal mese di febbraio 2007 nella misura della metà, e per il loro intero ammontare dal successivo mese di luglio, conseguentemente ragguagliandosi ad anno la deduzione prevista dal citato numero 2).

 

Il comma 3 stabilisce che la deduzione introdotta dalla lettera a), numero 3), spetta in misura ridotta alla metà a decorrere dal mese di febbraio 2007, e per l'intero ammontare a decorrere dal successivo mese di luglio, con conseguente ragguaglio ad anno.

 

Il comma 4 disciplina la determinazione dell'acconto dell'imposta regionale sulle attività produttive relativa al periodo d'imposta in corso al 1° febbraio 2007 (data di inizio di alcune agevolazioni, a norma dei precedenti commi 2 e 3. A questo fine potrà assumersi, come imposta del periodo precedente, la minore imposta che si sarebbe determinata applicando in tale periodo le disposizioni dei commi 1, 2 e 3. Agli stessi effetti, per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 1° febbraio 2007, potrà assumersi, come imposta del periodo precedente, la minore imposta che si sarebbe determinata applicando in tale periodo le disposizioni dei commi 1, 2 e 3, e per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 1° marzo 2007, può assumersi, come imposta del periodo precedente, la minore imposta che si determinerebbe applicando le disposizioni del comma 1 senza tenere conto delle limitazioni previste dai commi 2 e 3.

 

Il comma 5 stabilisce che, al fine di garantire alle regioni che sottoscrivono gli accordi di rientro dai disavanzi per la spesa sanitaria, previsti dall'articolo 88, comma 1, lettera b), del presente disegno di legge (v. la scheda corrispondente), un ammontare di risorse equivalente a quello che deriverebbe dall'incremento automatico dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive, applicata alla base imponibile che si sarebbe determinata in assenza delle disposizioni introdotte dal presente articolo, è ad esse riconosciuto, con riferimento alle esigenze finanziarie degli esercizi 2007, 2008 e 2009, un trasferimento pari a 89,81 milioni di euro per l'anno 2007, a 179 milioni di euro per l'anno 2008 e a 191,94 milioni di euro per l'anno 2009. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, le predette somme sono ripartite in proporzione al minor gettito dell'imposta regionale sulle attività produttive di ciascuna regione.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Riforma degli aiuti “de minimis”

Il 20 settembre 2006 la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica su un progetto di regolamento volto a modificare e a sostituire il regolamento (CE) n. 69/2001 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di importanza minore (“de minimis”), che giungerà a scadenza il 31 dicembre 2006. Il nuovo regolamento sarà valido dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013. La Commissione invita le parti interessate a comunicare le proprie osservazioni sul progetto sottoposto a consultazione entro il 20 ottobre 2006.

L’iniziativa della Commissione si iscrive nell’ambito del piano d’azioneAiuti di Stato meno numerosi e più mirati: itinerari di riforma degli aiuti di Stato 2005-2009 (COM(2005)107) presentato dalla Commissione il 7 giugno 2005 allo scopo di razionalizzare e di semplificare le procedure in materia di aiuti di Stato.

Il progetto di regolamento propone di innalzare la soglia degli aiuti “de minimis” concessi nell’arco di 3 esercizi finanziari ad una stessa impresa da 100.000 (come previsto nel regolamento (CE) n. 69/2001) a 200.000 euroal fine di tenere conto dell’andamento dell’inflazione e del PIL nell’UE fino al 2006 e dei probabili sviluppi durante il periodo di validità del regolamento (CE) n. 69/2001. Tale massimale si applica a prescindere dalla forma dell’aiuto de minimis o dall’obiettivo perseguito e a prescindere dal fatto che l’aiuto concesso dallo Stato membro sia finanziato interamente o parzialmente con risorse di origine comunitaria. Gli aiuti de minimis non possono essere cumulati con aiuti statali relativamente allo stesso progetto.

Le nuove disposizioni dovrebbero applicarsi, a certe condizioni, anche agli aiuti concessi prima della loro entrata in vigore, compresi i settori esclusi dal campo di applicazione del regolamento (CE) n. 69/21 quali i trasporti e la commercializzazione e trasformazione di prodotti agricoli. Esse, inoltre, si applicheranno soltanto agli aiuti trasparenti ovvero agli aiuti il cui importo preciso potrà essere determinato in anticipo, senza effettuare un’analisi del rischio.

La Commissione propone di escludere dal campo di applicazione degli aiuti de minimis alcuni settori in quanto già disciplinati da norme specifiche.

Di conseguenza, in base al nuovo progetto, sarebbero esclusi dal campo di applicazione del futuro regolamento:

-        gli aiuti concessi ad imprese per attività nel settore del trasporto stradale[59];

-        gli aiuti concessi ad imprese per attività nel settore della pesca e dell’acquacoltura che rientrano nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 104/2000;

-        gli aiuti concessi ad imprese per attività nel settore della produzione primaria dei prodotti agricoli di cui all’allegato I del Trattato;

-        gli aiuti concessi alle imprese per attività nella trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli elencati nell’allegato I del Trattato solo nei casi seguenti: quando l’importo dell’aiuto è fissato in base al prezzo o al quantitativo di tali prodotti acquistati da produttori primari o immessi sul mercato dalle imprese interessate o quando l’aiuto è subordinato al fatto di venire parzialmente o interamente trasferito ai produttori primari. Tale categoria di aiuti, di conseguenza, non dovrebbe più essere soggetta al regolamento (CE) n. 1860/2004 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti de minimis nel settore dell’agricoltura e della pesca;

-        gli aiuti ad attività connesse all’esportazione verso paesi terzi o Stati membri. La Commissione precisa che non costituiscono di norma aiuti all’esportazione gli aiuti inerenti ai costi di partecipazione a fiere commerciali né quelli relativi a studi o servizi di consulenza necessari per il lancio di prodotti nuovi e o esistenti su un nuovo mercato;

-        gli aiuti condizionati all’impiego preferenziale di prodotti interni rispetto ai prodotti di importazione;

-        gli aiuti ad imprese attive nel settore carbonifero ai sensi del regolamento (CE) n. 1407/2002.

 

Infine, il nuovo progetto di modifica fornisce indicazioni precise in materia di prestiti, conferimenti di capitale, capitale di rischio e garanzie.

Esso stabilisce, in particolare, che:

-        gli aiuti concessi sotto forma di prestiti sono trattati come aiuti de minimis trasparenti se il beneficiario non è un’impresa in difficoltà e l’equivalente sovvenzione lordo è calcolato sulla base dei tassi di interesse praticati sul mercato al momento della concessione e se il prestito è assistito dalle normali garanzie;

-        gli aiuti concessi sotto forma di conferimenti di capitale non sono considerati come aiuti de minimis trasparenti a meno che l’importo totale dell’apporto pubblico sia inferiore alla soglia de minimis;

-        gli aiuti concessi sotto forma di misure a favore del capitale di rischio non sono considerati aiuti de minimis trasparenti a meno che il regime relativo al capitale di rischio interessato non preveda apporti di capitali pubblici per un importo non superiore alla soglia de minimis per ogni impresa destinataria;

-        gli aiuti individuali nel quadro di un regime di garanzia a piccole e medie imprese che non sono imprese in difficoltà sono trattati come aiuti de minimis trasparenti se il prestito totale che sottende la garanzia individuale fornita nell’ambito di tale regime non supera 1.700.000 euro per impresa beneficiaria e la garanzia non supera l’80% del prestito. Nelle intenzioni della Commissione, questo dovrebbe consentire agli Stati membri di prevedere regimi di garanzia a favore delle PMI senza eccessivi oneri burocratici e assicurando la certezza del diritto. Sotto questo profilo il nuovo regolamento integrerà gli orientamenti sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti in capitale di rischio nelle piccole e medie imprese pubblicati dalla Commissione il 19 luglio 2006.

Aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione

L’8 settembre 2006 la Commissione ha avviato una consultazione pubblica su un documento di lavoro in vista della revisione degli aiuti di Stato a favore della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione (RSI). La Commissione invita le parti interessate a presentare le proprie osservazioni entro il 13 ottobre 2006.

Considerato che nel contesto della strategia di Lisbona il livello attuale di ricerca, sviluppo e innovazione è insufficiente per l’economia europea, la Commissione sottolinea la necessità di modernizzare e potenziare le attuali regole in materia di aiuti di Stato in questo settore al fine di garantire una maggiore crescita nell’UE.

A tal fine la Commissione intende, in particolare, estendere le attuali possibilità di aiuto a favore della ricerca e dello sviluppo a nuove azioni a sostegno dell’innovazione considerata non in senso astratto, ma legata ad attività concrete, volte espressamente a rimediare a fallimenti del mercato che ostacolano l’innovazione e per le quali i benefici derivanti dagli aiuti di Stato possono controbilanciare eventuali distorsioni della concorrenza e del commercio.

La Commissione, inoltre, intende promuovere una migliore amministrazione degli aiuti di Stato concessi in questo settore, aumentando l’ambito delle esenzioni per categoria, attualmente limitate agli aiuti alle PMI. A tal fine le misure di aiuto alle RSI meno problematiche saranno oggetto di un futuro regolamento generale sulle esenzioni per categoria. La Commissione precisa, infine, che non saranno autorizzate le misure di aiuto che escludono la possibilità di sfruttare i risultati della RSI in altri Stati membri.

Per quanto riguarda il campo di applicazione della nuova disciplina proposta dalla Commissione, essa si applicherà agli aiuti di Stato alle RSI in campo ambientale, viste le numerose sinergie da sfruttare tra l’innovazione finalizzata alla qualità e al rendimento e quella volta ad ottimizzare l’uso dell’energia, la gestione dei rifiuti e la sicurezza. Inoltre gli aiuti a favore dell’occupazione e della formazione dei ricercatori continueranno ad essere disciplinati dagli specifici strumenti sugli aiuti di Stato a favore dell’occupazione e della formazione, ovvero dal regolamento (CE) n. 68/2001, relativo agli aiuti destinati alla formazione, e dal regolamento (CE) n. 2204/2002, relativo agli aiuti a favore dell’occupazione. Sono, infine, esclusi dal campo di applicazione della disciplina gli aiuti per la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo a favore delle imprese in difficoltà in conformità degli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà.

In considerazione del maggiore rischio che determinate misure possano provocare distorsioni della concorrenza e degli scambi, la Commissione intende procedere ad una valutazione dettagliata della compatibilità di una misura di aiuto con il mercato comune in base ad un test comparativo articolato in tre fasi: le prime due concernenti gli effetti positivi della misura ai fini del conseguimento di un obiettivo di comune interesse e la terza gli effetti potenzialmente negativi di distorsione degli scambi e della concorrenza nonché il saldo tra effetti positivi e negativi. La valutazione dettagliata riguarderà, in particolare, le misure che rientrano nel campo di applicazione di un regolamento di esenzione per categoria e, per quanto riguarda le misure che rientrano nel campo di applicazione della nuova disciplina proposta, gli aiuti a progetti e studi di fattibilità, gli aiuti all’innovazione del processo e o dell’organizzazione in attività relative a servizi e gli aiuti ai poli di innovazione a condizione che, per tutte le fattispecie contemplate, l’importo dell’aiuto superi i 5 milioni di euro.

La nuova disciplina dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2007 fino al 31 dicembre 2013. La Commissione applicherà la disciplina a tutti i progetti di aiuto notificati sui quali deve rendere una decisione dopo la sua pubblicazione anche nel caso in cui i progetti siano stati notificati prima della pubblicazione. La nuova disciplina prevede, infine, una serie di obblighi a carico degli Stati membri i quali sono tenuti a:

-        esprimere il loro accordo incondizionato alle misure proposte entro 2 mesi dalla data di pubblicazione della presente disciplina. In caso contrario la Commissione riterrà che lo Stato membro non concorda con le misure proposte;

-        adattare alla nuova disciplina i vecchi regimi entro 12 mesi dalla sua entrata in vigore e presentare relazioni annuali relative a misure di aiuto a favore della RSI.

Revisione del regolamento (CE) n. 2204/2002/CE

Il 25 agosto 2006 si è conclusa una consultazione pubblica su un progetto di regolamento finalizzato ad estendere di un anno, fino al 31 dicembre 2007, il periodo di validità del regolamento (CE) n. 2204/2002 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell’occupazione.


Articolo 19
(Credito d'imposta per nuovi investimenti nelle aree svantaggiate)

 


1. Alle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali nuovi indicati nel comma 3, destinati a strutture produttive ubicate nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato istitutivo della Comunità europea, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006 e fino alla chiusura del periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2013, è attribuito un credito d'imposta secondo le modalità di cui ai commi da 2 a 9.

2. Il credito d'imposta è riconosciuto nella misura massima consentita in applicazione delle intensità di aiuto previste dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013 e non è cumulabile con il sostegno de minimis né con altri aiuti di Stato che abbiano ad oggetto i medesimi costi ammissibili.

3. Ai fini del comma 1, si considerano agevolabili le acquisizioni, anche mediante contratti di locazione finanziaria, di:

     a) macchinari, impianti, diversi da quelli infissi al suolo, ed attrezzature varie, classificabili nell'attivo dello stato patrimoniale di cui al primo comma, voci B.II.2 e B.II.3, dell'articolo 2424 del codice civile, destinati a strutture produttive già esistenti o che vengono impiantate nelle aree territoriali di cui al comma 1;

     b) programmi informatici commisurati alle esigenze produttive e gestionali dell'impresa, limitatamente alle piccole e medie imprese;

     c) brevetti concernenti nuove tecnologie di prodotti e processi produttivi, per la parte in cui sono utilizzati per l'attività svolta nell'unità produttiva; per le grandi imprese, come definite ai sensi della normativa comunitaria, gli investimenti in tali beni sono agevolabili nel limite del 50 per cento del complesso degli investimenti agevolati per il medesimo periodo d'imposta.

4. Il credito d'imposta è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni indicati nel comma 3 eccedente gli ammortamenti dedotti nel periodo d'imposta, relativi alle medesime categorie dei beni d'investimento della stessa struttura produttiva, ad esclusione degli ammortamenti dei beni che formano oggetto dell'investimento agevolato effettuati nel periodo d'imposta della loro entrata in funzione. Per gli investimenti effettuati mediante contratti di locazione finanziaria, si assume il costo sostenuto dal locatore per l'acquisto dei beni; detto costo non comprende le spese di manutenzione.

5. L'agevolazione di cui al comma 1 non si applica ai soggetti che operano nei settori dell'industria siderurgica, delle fibre sintetiche, come definiti rispettivamente agli allegati I e II agli Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europa n. C 54 del 4 marzo 2006, nonché ai settori della pesca, dell'industria carbonifera, creditizio, finanziario e assicurativo. Il credito d'imposta a favore di imprese o attività che riguardano prodotti o appartengono ai settori soggetti a discipline comunitarie specifiche, ivi inclusa la disciplina multisettoriale dei grandi progetti, è riconosciuto nel rispetto delle condizioni sostanziali e procedurali definite dalle predette discipline dell'Unione europea e previa autorizzazione, ove prescritta, della Commissione europea.

6. Il credito d'imposta è determinato con riguardo ai nuovi investimenti eseguiti in ciascun periodo d'imposta e deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi. Esso non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 96 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ed è utilizzabile ai fini dei versamenti delle imposte sui redditi; l'eventuale eccedenza è utilizzabile in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, a decorrere dal sesto mese successivo al termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta con riferimento al quale il credito è concesso.

7. Se i beni oggetto dell'agevolazione non entrano in funzione entro il secondo periodo d'imposta successivo a quello della loro acquisizione o ultimazione, il credito d'imposta è rideterminato escludendo dagli investimenti agevolati il costo dei beni non entrati in funzione. Se entro il quinto periodo d'imposta successivo a quello nel quale sono entrati in funzione i beni sono dismessi, ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ovvero destinati a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all'agevolazione, il credito d'imposta è rideterminato escludendo dagli investimenti agevolati il costo dei beni anzidetti; se nel periodo di imposta in cui si verifica una delle predette ipotesi vengono acquisiti beni della stessa categoria di quelli agevolati, il credito d'imposta è rideterminato escludendo il costo non ammortizzato degli investimenti agevolati per la parte che eccede i costi delle nuove acquisizioni. Per i beni acquisiti in locazione finanziaria le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche se non viene esercitato il riscatto. Il credito d'imposta indebitamente utilizzato che deriva dall'applicazione del presente comma è versato entro il termine per il versamento a saldo dell'imposta sui redditi dovuta per il periodo d'imposta in cui si verificano le ipotesi ivi indicate.

8. Con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sono emanate le disposizioni per l'effettuazione delle verifiche necessarie a garantire la corretta applicazione delle presenti disposizioni. Tali verifiche, da effettuarsi dopo almeno dodici mesi dall'attribuzione del credito di imposta, sono, altresì, finalizzate alla valutazione della qualità degli investimenti effettuati, anche al fine di valutare l'opportunità di effettuare un riequilibrio con altri strumenti aventi analoga finalità.

9. L'efficacia del presente articolo è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, all'autorizzazione della Commissione europea.


 

 

L’articolo 19 introduce un regime agevolativo, nella forma del credito di imposta, per le imprese che effettuano investimenti attraverso l'acquisizione di nuovi beni strumentali nelle “aree svantaggiate” del Mezzogiorno.

La disposizione sostituisce, con alcune differenze sostanziali e procedurali, la precedente disciplina prevista dall’articolo 8 della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001) per favorire gli investimenti nelle aree depresse, che, peraltro, verrà a scadenza il 31 dicembre 2006.

 

Nella XIV legislatura la disciplina sul credito d’imposta per gli investimenti nelle aree svantaggiate è stata oggetto di interventi legislativi volti a garantire che l’attuazione della normativa risultasse in linea con le previsioni di spesa effettuate.

In particolare, con un primo intervento (D.L. n. 138 del 2002) l’accesso al beneficio è stato subordinato alla preventiva autorizzazione da parte dell’Agenzia delle entrate, al fine di attribuire all’amministrazione la possibilità di monitorare il grado di utilizzo del credito medesimo. Peraltro, questa previsione si è tradotta in una massiccia prenotazione di risorse da parte delle imprese interessate, che di fatto ha immobilizzato per intero le disponibilità stanziate.

Con un secondo intervento (legge finanziaria per il 2003, art. 62) sono stati stabiliti alcuni vincoli all’utilizzazione del credito maturato attraverso la fissazione di un tempo massimo, decorrente dalla presentazione dell’istanza, per l’esecuzione dell’investimento e per il godimento del relativo beneficio fiscale. Si è, inoltre, previsto uno scaglionamento annuale per la sua fruizione e una penalizzazione - consistente nella perdita del diritto al contributo e nel divieto per dodici mesi di presentazione di una nuova istanza – in caso di mancato rispetto dei vincoli temporali assegnati. Infine, è stato introdotto l’onere, per i beneficiari, di comunicare all’amministrazione, in sede di istanza, i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati, dei contributi fruiti e di quelli ancora da utilizzare.

Le aree (comma 1)

Gli investimenti devono essere effettuati in strutture produttive ubicate nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato istitutivo della Comunità europea.

 

Si tratta dei territori che saranno individuati nella Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013.

Con l’approvazione da parte della Commissione dell’Unione europea degli “Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale” (pubblicati nella GUCE C54 del 4 marzo 2006), sono stati definiti i criteri per la predisposizione da parte dei singoli Stati della Carta di aiuti a finalità regionale, che dovrà essere notificata entro il 2006 alla Commissione.

Gli Orientamenti hanno stabilito che potranno beneficiare degli aiuti a finalità regionale quelle regioni in cui il PIL pro-capite non supera il 75% della media dell’Unione.

Per quanto riguarda l’Italia sono ricomprese nell’Allegato V degli Orientamenti le regioni Calabria (67,93), Campania (71,78), Sicilia (71,98) e Puglia (72,49), mentre la Basilicata (77,54) rientra in un regime particolare per via del c.d. “effetto statistico” (regioni in cui PIL pro-capite risulta inferiore nell’Europa a 15, ma superiore nell’Europa a 25). Tali regioni beneficeranno di un regime transitorio sino al 31 dicembre 2010.

I nuovi “Orientamenti” determinano, altresì, una riduzione dell’intensità di aiuto, che è pari al 30% in ESL (equivalente sovvenzione lorda) per le regioni con il PIL pro-capite inferiore al 75% della media UE, al 40% per le regioni con il PIL inferiore al 60% UE e al 50% per le regioni con il PIL inferiore al 45% della media UE.

Gli investimenti (comma 3)

Sono considerano agevolabili le acquisizioni, anche mediante contratti di locazione finanziaria, di:

a)      macchinari, impianti, diversi da quelli infissi al suolo, e attrezzature varie, destinati a strutture produttive già esistenti o che vengono impiantate nelle aree territoriali indicate;

b)      programmi informatici commisurati alle esigenze produttive e gestionali dell'impresa, limitatamente alle piccole e medie imprese;

c)      brevetti concernenti nuove tecnologie di prodotti e processi produttivi, per la parte in cui sono utilizzati per l'attività svolta nell'unità produttiva; per le grandi imprese, come definite ai sensi della normativa comunitaria, gli investimenti in tali beni sono agevolabili nel limite del 50 per cento del complesso degli investimenti agevolati per il medesimo periodo d'imposta.

Le agevolazioni (comma 2)

Per tali investimenti, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006 e fino alla chiusura del periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2013, è attribuito un credito d'imposta nella misura massima consentita in applicazione delle intensità di aiuto previste dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013 e non è cumulabile con il sostegno de minimis[60] né con altri aiuti di Stato che abbiano ad oggetto i medesimi costi ammissibili.

Esclusioni (comma 5)

Sono esclusi i soggetti che operano nei settori dell'industria siderurgica, delle fibre sintetiche, della pesca, dell'industria carbonifera, creditizio, finanziario e assicurativo.

Il credito d'imposta a favore di imprese o attività che riguardano prodotti o appartengono ai settori soggetti a discipline comunitarie specifiche, ivi inclusa la disciplina multisettoriale dei grandi progetti, è riconosciuto nel rispetto delle condizioni sostanziali e procedurali definite dalle predette discipline dell'Unione europea e previa autorizzazione, ove prescritta, della Commissione europea.

Misura e utilizzazione del credito d’imposta (commi 4 e 6-9)

Il comma 4 specifica le modalità di determinazione del credito d'imposta, commisurato alla quota del costo dei beni acquistati, eccedente gli ammortamenti dedotti nel periodo d’imposta relativamente alle medesime categorie di beni d’investimento della stessa struttura produttiva (esclusi agli ammortamenti dei beni acquistati con l’agevolazione, nel solo periodo d’imposta in cui entrano in funzione). Per i beni in locazione finanziaria, si considera il costo sostenuto dal locatore per il loro acquisto, escluse le spese di manutenzione.

 

Il comma 6 stabilisce cheil credito d'imposta è determinato con riguardo ai nuovi investimenti eseguiti in ciascun periodo d'imposta, e deve essere utilizzato immediatamente in compensazione in sede di dichiarazione dei redditi.

Il credito di imposta non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile ai fini IRAP, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 96 (deduzione degli interessi passivi) e 109, comma 5 (determinazione del reddito di impresa) del testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917 del 1986).

L'eventuale eccedenza è utilizzabile in compensazione, a decorrere dal sesto mese successivo al termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta con riferimento al quale il credito è concesso.

 

Il comma 7 disciplina i casi in cui si provvede alla rideterminazione del credito d’imposta per ritardata ultimazione, dismissione, cessione, diversa destinazione dei beni.

 

Il comma 8 rinvia a uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, per l’emanazione delle disposizioni per l'effettuazione delle verifiche necessarie a garantire la corretta applicazione delle presenti disposizioni. Tali verifiche, da effettuarsi dopo almeno dodici mesi dall'attribuzione del credito di imposta, sono, altresì, finalizzate alla valutazione della qualità degli investimenti effettuati, anche al fine di valutare l'opportunità di effettuare un riequilibrio con altri strumenti aventi analoga finalità.

 

Il comma 9 subordina l'efficacia delle disposizioni in oggetto all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Aiuti di Stato

Il 3 luglio 2006 si è conclusa una consultazione pubblica su un progetto di regolamento relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di Stato a finalità regionale agli investimenti. La Commissione intende adottare il regolamento entro la fine dell’anno al fine di consentirne l’entrata in vigore a partire dal 1° gennaio 2007.

La Commissione sottolinea l’importanza degli aiuti di Stato a finalità regionale agli investimenti al fine di favorire lo sviluppo delle regioni più svantaggiate, tramite la concessione di un sostegno agli investimenti e alla creazione di posti di lavoro. Essi sono destinati, in particolare, a promuovere l’ampliamento, la razionalizzazione, l’ammodernamento e la diversificazione delle attività delle imprese ubicate nelle regioni più sfavorite, in particolare incoraggiando le imprese a insediarvi nuovi stabilimenti.

Per quanto riguarda il campo di applicazione del regolamento proposto, la Commissione precisa che esso comprenderà esclusivamente i regimi di aiuto trasparenti ovvero gli aiuti per i quali è possibile calcolare esattamente l’equivalente sovvenzione lordo come percentuale della spesa ammissibile ex ante, senza dover effettuare una valutazione di rischio. Esso, inoltre, sarà applicabile agli aiuti ad hoc, ovvero agli aiuti individuali che non sono concessi in base ad un regime di aiuti, soltanto nel caso in cui essisiano utilizzati per integrare aiuti concessi sulla base di un regime trasparente di aiuti a finalità regionale agli investimenti, con un limite massimo per la componente ad hoc del 50% degli aiuti totali da concedere per l’investimento.

Saranno esclusi dal campo di applicazione del regolamento determinati settori disciplinati da norme specifiche: l’industria carbonifera e siderurgica, le fibre sintetiche, la costruzione navale, la pesca e l’acquacoltura, le attività economiche nel ramo manifatturiero o dei servizi. I regimi di aiuti a finalità regionale destinati ad attività turistiche non sono, invece, considerati come destinati a settori specifici e sono pertanto soggetti alla disciplina del regolamento proposto.

Relativamente al settore agricolo, il regolamento proposto non si applicherà alle attività connesse con la produzione primaria (agricoltura e allevamento) dei prodotti di cui all’allegato I del Trattato CE. Si applicherà, invece, alla trasformazione e alla commercializzazione dei prodotti agricoli ad eccezione di quei prodotti che imitano o sostituiscono latte e prodotti lattiero-caseari di cui all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 1898/87 relativo alla protezione della denominazione del latte e dei prodotti lattiero-caseari all’atto della loro commercializzazione.

Il regolamento proposto, infine, non si applicherà agli aiuti a favore di attività connesse all’esportazione, fra cui gli aiuti subordinati all’impiego preferenziale di prodotti interni rispetto ai prodotti d’importazione o agli aiuti destinati alla creazione di una rete di distribuzione in altri Stati membri.

La Commissione precisa che le nuove disposizioni lasciano impregiudicato l’obbligo degli Stati membri di notificare la concessione di aiuti individuali in conformità degli obblighi assunti in relazione ad altri strumenti di aiuti di Stato, ed in particolare per quanto riguarda gli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà.

Richiamandosi all’articolo 87, paragrafo 3, del Trattato, in base al quale gli aiuti non devono, in genere, avere come unico effetto la riduzione dei costi sostenuti da un’impresa e devono essere proporzionati agli svantaggi da superare per conseguire i benefici socioeconomici auspicati nell’interesse comunitario, la Commissione ritiene opportuno limitare il campo di applicazione del futuro regolamento agli aiuti a finalità regionale concessi in relazione ad investimenti iniziali. Gli aiuti diversi dagli aiuti all’investimento nonché gli aiuti relativi al funzionamento e gli aiuti ai servizi di consulenza a favore delle piccole imprese di nuova costituzione resteranno pertanto soggetti all’obbligo di notifica di cui all’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato. La Commissione precisa, inoltre, che l’esenzione prevista dal nuovo regolamento non deve essere applicata agli aiuti cumulati con altri aiuti di Stato, inclusi quelli concessi da amministrazioni nazionali, regionali o locali, o con misure di sostegno comunitarie, oppure cumulati con altri finanziamenti comunitari o nazionali, relativamente agli stessi costi ammissibili o allo stesso progetto di investimento, quando l’importo degli aiuti cumulati superi i massimali fissati dal regolamento proposto.

Il nuovo regolamento si applicherà ai regimi di aiuto che entreranno in vigore o a cui verrà data esecuzione dopo il 31 dicembre 2006. Esso rimarrà in vigore fino a quando verrà sostituito da un nuovo regolamento o, al più tardi, fino al 31 dicembre 2013. Alla scadenza del periodo di validità del regolamento proposto, i regimi esentati continueranno a beneficiare dell’esenzione fino alla data di scadenza delle carte degli aiuti a finalità regionale in vigore.

Il regolamento proposto stabilisce, infine, l’obbligo per gli Stati membri di conservare per un periodo di 10 anni registrazioni dettagliate dei regimi di aiuti esentati in virtù del presente regolamento e degli aiuti individuali concessi in applicazione di tali regimi e di presentare relazioni annuali sull’applicazione del regolamento.

 

Per la riforma degli aiuti de minimis si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 18.

 

Per gli orientamenti alla coesione si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 105.


Articolo 20, commi 1-5
(Incentivi fiscali alla ricerca)

 


1. A decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006 e fino alla chiusura del periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2009, alle imprese è attribuito un credito d'imposta nella misura del 10 per cento dei costi sostenuti per attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo, in conformità alla vigente disciplina comunitaria degli aiuti di Stato in materia, secondo le modalità dei commi successivi. La misura del 10 per cento è elevata al 15 per cento qualora i costi di ricerca e sviluppo siano riferiti a contratti stipulati con università ed enti pubblici di ricerca.

2. Ai fini della determinazione del credito d'imposta i costi non possono, in ogni caso, superare l'importo di 15 milioni di euro per ciascun periodo d'imposta.

3. Il credito d'imposta deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi. Esso non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 96 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ed è utilizzabile ai fini dei versamenti delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive dovute per il periodo d'imposta in cui le spese di cui al comma 1 sono state sostenute; l'eventuale eccedenza è utilizzabile in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, a decorrere dal mese successivo al termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta con riferimento al quale il credito è concesso.

4. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono individuati gli obblighi di comunicazione a carico delle imprese per quanto attiene alla definizione delle attività di ricerca e sviluppo agevolabili e le modalità di verifica ed accertamento della effettività delle spese sostenute e coerenza delle stesse con la disciplina comunitaria di cui al comma 1.

5. L'efficacia del presente articolo è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, all'autorizzazione della Commissione europea.


 

 

I commi da 1 a 5 dell’articolo 20 concedono un credito d’imposta per gli investimenti e i costi sostenuti dalle imprese per la ricerca e l’innovazione.

 

Il credito d’imposta, in base al comma 1, è concesso alle imprese per tre anni, a decorrere dal periodo d'imposta 2007 e fino al periodo d'imposta 2009, nella misura del 10 per cento dei costi sostenuti per attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo.

 

Per quanto riguarda le definizioni di “ricerca industriale” e “attività di sviluppo precompetitivo”, queste sono mutuate dalla disciplina generale comunitaria degli aiuti di Stato alla ricerca e allo sviluppo, contenuta nella Comunicazione della Commissione 17 febbraio 1996Disciplina comunitaria per gli aiuti di Stato alla ricerca e sviluppo[61], chesi applica fino al 31 dicembre 2006per tutti gli aiuti alla ricerca e sviluppo, diversi da quelli effettuati dalle PMI (v. infra).

Si segnala, a tale proposito, che la Commissione europea ha avviato, l’8 settembre 2006, una consultazione pubblica in vista della revisione degli aiuti di Stato a favore della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione (RSI) (cfr. la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 18).

 

Per ricerca industriale si intende la ricerca mirante ad acquisire nuove conoscenze, utili per mettere a punto nuovi prodotti, processi produttivi o servizi o migliorare prodotti, processi produttivi o servizi esistenti.

Per attività di sviluppo precompetitiva si intende la concretizzazione dei risultati della ricerca industriale in un piano, un progetto o un disegno per prodotti, processi produttivi o servizi (ad esempio: creazione di un primo prototipo, progetti di dimostrazione iniziale o progetti pilota, ecc.).

Diversa è invece la nozione di ricerca fondamentale: si tratta di un'attività che mira all'ampliamento delle conoscenze scientifiche e tecniche non connesse ad obiettivi industriali o commerciali e che come tale è considerata sempre compatibile con le regole di concorrenza, e non è oggetto disciplina relativa agli aiuti di Stato.

 

La misura dell’agevolazione concessa dal comma 1 dell’articolo 20 è poi elevata al 15 per cento qualora i costi di ricerca e sviluppo siano riferiti a contratti stipulati con università ed enti pubblici di ricerca.

In base al comma 1, risultano pertanto agevolati gli investimenti per la ricerca industriale e lo sviluppo precompetitivo effettuati sia “intra muros” cioè all’interno dell’impresa stessa, che quelli “extra muros” cioè i finanziamenti destinati a soggetti esterni all’azienda. L’agevolazione è concessa a tutti i tipi di imprese, senza distinzione alcuna: si applica quindi sia per le piccole e medie imprese (PMI) che per le grandi imprese e a prescindere dal settore di operatività dell’impresa stessa.

Nella relazione governativa si evidenzia, a tale proposito, che gli investimenti in ricerca e sviluppo delle imprese risultano, in base ai dati ISTAT, concentrati su poche grandi imprese: il 47,2% dei costi è infatti sostenuto dalle prime 30 imprese italiane.

 

Il comma 2 dell’articolo 20 fissa peraltro un limite massimo di importo su cui applicare il credito d’imposta, prevedendo che i costi su cui calcolare il credito non possano, in ogni caso, superare l'importo di 15 milioni di euro per ciascun periodo d'imposta.

 

La relazione tecnica stima un onere per la concessione del credito d’imposta, pari a circa 446 milioni di euro per l’anno 2007.

 

L'efficacia dell’agevolazione concessa è peraltro subordinata, come prevede anche espressamente il comma 5, all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea. La concessione del credito andrà pertanto notificata in tempo utile alla Commissione europea, che ne valuterà la compatibilità con la vigente disciplina comunitaria degli aiuti di Stato.

 

Si segnala che la formulazione letterale del comma 5 subordina all’autorizzazione della Commissione europea l’efficacia di tutte le norme del presente articolo, anziché, come parrebbe doversi intendere, di quelle dei soli commi da 1 a 5.

 

Per quanto riguarda le regole applicabili agli aiuti di stato, si ricorda che il Trattato che istituisce la Comunità europea, che prevede tra i suoi obiettivi il rafforzamento della competitività dell'industria comunitaria, vieta, di conseguenza, gli aiuti di Stato alle imprese, in quanto distorsivi del principio della libera concorrenza, tranne i casi esplicitamente indicati.

In particolare, ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del Trattato sono ritenuti "incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza".

Rispetto a tale divieto generale posto dall’articolo 87, sono tuttavia ammesse alcune deroghe di pieno diritto (paragrafo 2) ovvero deroghe eventuali (paragrafo 3). Tra queste ultime vi sono gli aiuti di Stato in ricerca e sviluppo in quanto destinati "a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo" (lettera b)) e "ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche" ( lettera c).

Le disposizioni che istituiscono regimi di aiuto devono essere comunicate in tempo utile alla Commissione, che ne valuta la compatibilità con il Trattato (art. 88, par. 3).

L’attuazione di tale disciplina ha portato a definire precise condizioni di ammissibilità, tra l’altro, per gli aiuti c.d. orizzontali (che interessano cioè tutti i settori in relazione a particolari obiettivi meritevoli di tutela). Nel regolamento 98/994/CEdel 7 maggio 1998, il Consiglio ha infatti stabilito che la Commissione può adottare norme di deroga per gli aiuti destinati a specifici obiettivi che interessano tutti i settori economici (tra questi rientrano quelli per le piccole e medie imprese, per la ricerca e allo sviluppo, per la tutela dell’ambiente per l’occupazione e la formazione), nonché per quelli che non superino determinati importi (c.d. aiuti de minimis).

Il rispetto di tali norme esenta dall’obbligo di comunicare i regimi di aiuto alla Commissione, e quindi ne assicura l’ammissibilità.

Su queste basi, la Commissione ha adottato tre regolamenti, rispettivamente, il Regolamento (CE) n. 68/2001 sugli aiuti destinati alla formazione, il Regolamento (Ce) n. 69/2001 sugli aiuti de minimis e il Regolamento (CE) n. 70/2001 sugli aiuti destinati alle PMI, modificato da ultimo dal Regolamento (CE) n. 364/2004, che ne estende l’applicazione agli aiuti alla ricerca e sviluppo[62].

In base a tale ultimo regolamento, gli aiuti alla ricerca e allo sviluppo per le PMI, sono esentati dalla notificazione preventiva se l'intensità dell'aiuto, calcolato sulla base dei costi ammissibili del progetto, non supera:

§         il 100% per la ricerca fondamentale;

§         il 60% (75% massimo se sussistono condizioni particolari) per la ricerca industriale;

§         il 35% (50% massimo se sussistono condizioni particolari) per attività di sviluppo precompetitivo.

La disciplinadel regolamento – che peraltro introduce un massimale del totale dei costi ammissibili all’aiuto (25 milioni di euro e 40 milioni di euro nel caso di progetti Eureka ) oltre il quale esso è comunque vietato – non si applica a una serie di settori per i quali sono dettate normative speciali (carbosiderurgico, costruzioni navali, fibre sintetiche, industria automobilistica, trasporti, pesca, prodotti agricoli).

 

Nel comma 3 del presente articolo 20 sono indicate le modalità applicative per fruire del credito. Il credito d'imposta deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi ma esso:

§      non concorre alla formazione del reddito;

§      non concorre alla formazione della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

 

Il credito d’imposta non rileva inoltre ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 96 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, né rispetto ai criteri di inerenza delle spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo testo unico.

 

L’articolo 96 del TUIR disciplina la percentuale di deducibilità degli interessi passivi dal reddito d’impresa. Tale quota è pari al rapporto tra i ricavi e gli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

L’articolo 109, comma 5, del TUIR prevede che le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, siano deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2, e 3 dell'articolo 96.

 

Il credito d’imposta è altresì utilizzabile, in base al comma 3, per ridurre i versamenti delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), dovute per il periodo d'imposta in cui le spese sono state sostenute.

L'eventuale eccedenza è utilizzabile in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241[63], a decorrere dal mese successivo al termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta con riferimento al quale il credito è concesso.

 

Si ricorda che in base all’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal 1° gennaio 2001 il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, è fissato in 1 miliardo di lire (pari a euro 516.456,90) per ciascun anno solare.

 

Il comma 4 rinvia ad un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, l’individuazione degli obblighi di comunicazione a carico delle imprese per quanto attiene alla definizione delle attività di ricerca e sviluppo agevolabili e le modalità di verifica ed accertamento della effettività delle spese sostenute e coerenza delle stesse con la disciplina comunitaria di cui al comma 1.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Per gli aiuti di Stato relativi alla ricerca e all’innovazione, si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 18.


Articolo 20, commi 6 e 7
(Agevolazioni fiscali per le imprese di produzione musicale)

 


6. Le piccole e medie imprese di produzioni musicali possono beneficiare di un credito d'imposta a titolo di spesa di produzione, di sviluppo, di digitalizzazione e di promozione di registrazioni fonografiche o videografiche musicali per opere prime o seconde di artisti emergenti.

7. Possono accedere al credito d'imposta di cui al comma 6, fermo restando il rispetto dei limiti della regola de minimis di cui al regolamento (CE) n. 69/ 2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, solo le imprese che abbiano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiore a 15 milioni di euro e che non siano possedute, direttamente o indirettamente, da un editore di servizi radiotelevisivi.


 

 

Il comma 6 dell’articolo 20 concede alle piccole e medie imprese di produzioni musicali di beneficiare di un credito d'imposta per le spese di produzione, di sviluppo, di digitalizzazione e di promozione di registrazioni fonografiche o videografiche musicali per opere prime o seconde di artisti emergenti.

 

Si segnala che la misura del credito d’imposta non è definita nel testo del comma 6, mentre nella relazione governativa al provvedimento si specifica che il limite massimo del credito è stabilito in 100.000 euro per un triennio.

La relazione tecnica al provvedimento non contiene inoltre alcuna indicazione rispetto alla copertura finanziaria della disposizione in esame.

 

Il comma 7 limita l’accesso all’agevolazione disposta dal comma 6 alle sole imprese che abbiano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiore a 15 milioni di euro e che non siano possedute, direttamente o indirettamente, da un editore di servizi radiotelevisivi.

 

La norma dispone inoltre che sia necessario il rispetto dei limiti della regola de minimis di cui al regolamento (CE) n. 69/ 2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, evidentemente per rendere compatibile tale aiuto con le disposizioni comunitarie in materia di aiuti di stato, le quali prevedono – tra l’altro - che il rispetto di tali norme esenta dall’obbligo di comunicare i regimi di aiuto alla Commissione, e quindi ne assicura l’ammissibilità.

A tale proposito si ricorda che il regolamento (CE) n. 69/2001, giungerà a scadenza il 31 dicembre 2006. Esso è pertanto in corso di modifica in sede europea (cfr. la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 18), e il nuovo regolamento che lo sostituirà dovrebbe applicarsi dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013.

 

Si ricorda che il Trattato che istituisce la Comunità europea vieta gli aiuti di Stato alle imprese, in quanto distorsivi del principio della libera concorrenza, tranne i casi esplicitamente indicati. Le disposizioni che istituiscono regimi di aiuto devono essere comunicate alla Commissione, che ne valuta la compatibilità con il Trattato (art. 88).

L’attuazione di tale disciplina ha portato a definire precise condizioni di ammissibilità, oltre che per particolari settori (siderurgia, costruzioni navali, industria automobilistica, ecc.), per gli aiuti a carattere regionale e per quelli c.d. orizzontali (che interessano cioè tutti i settori in relazione a particolari obiettivi meritevoli di tutela).

In particolare per gli aiuti orizzontali, nel regolamento 98/994/CEdel 7 maggio 1998, il Consiglio ha stabilito che la Commissione può adottare norme di deroga per gli aiuti destinati a specifici obiettivi che interessano tutti i settori economici (piccole e medie imprese, ricerca e allo sviluppo, tutela dell’ambiente, occupazione e formazione), nonché per quelli che non superino determinati importi (c.d. aiuti de minimis).

Su queste basi, la Commissione ha adottato tre regolamenti, rispettivamente, il Regolamento (CE) n. 68/2001 sugli aiuti destinati alla formazione, il Regolamento (Ce) n. 69/2001 sugli aiuti de minimis e il Regolamento (CE) n. 70/2001 sugli aiuti destinati alle PMI.

Quanto alle misure di aiuto di importanza minore, rientranti nel c.d. de minimis, va segnalato che essi sono attivabili su tutto il territorio nazionale, e con riferimento non solo alle PMI ma anche alle grandi imprese. Si tratta di aiuti che, in quanto particolarmente esigui, non hanno un impatto sensibile sulla concorrenza tra gli Stati membri, e possono quindi essere adottati in deroga al divieto e alle procedure di informazione previsti dal Trattato.

Tale categoria di aiuti, originariamente definita nella comunicazione della Commissione 92/C 213/02, è stata poi modificata con la comunicazione della Commissione 96/C 68/06(pubblicata in GUCE C 68 del 6 marzo 1996) e, da ultimo, dal Regolamento (CE) n. 69/2001 (GUCE L 10 del 13/1/2001), che resta in vigore fino al 31 dicembre 2006.

Nella categoria de minimis rientrano gli aiuti che non superano complessivamente la soglia di 100.000 euro nell'arco di 3 anni[64]. Il limite riguarda qualsiasi aiuto pubblico accordato a tale titolo, e tutte le categorie di aiuti, indipendentemente dalla loro forma o obiettivo.

Non sono ammessi aiuti de minimis a favore di attività connesse all’esportazione[65]; sono inoltre esclusi dall’applicazione della disciplina del de minimis alcuni settori sottoposti a normative specifiche (settore dei trasporti, dell'agricoltura e della pesca[66]).

Ulteriori specificazioni sono recate dal Regolamento CE n. 69/2001 in ordine alle modalità di calcolo della sovvenzione e alle misure che gli Stati devono adottare per rendere possibile il controllo della Commissione.

A tale proposito il regolamento prevede che gli Stati provvedano alla registrazione e alla raccolta di tutte le informazioni concernenti l’applicazione delle disposizioni contenute nel regolamento. Le registrazioni relative ad un singolo aiuto sono conservate per dieci anni dalla data di concessione; in caso di un regime di aiuti della durata di dieci anni, il periodo di conservazione (sempre di dieci anni) decorre dalla data di concessione dell’ultimo aiuto. Qualora la Commissione ne faccia richiesta scritta, lo Stato interessato è tenuto alla trasmissione di tutte le informazioni ritenute necessarie entro il termine di venti giorni lavorativi ovvero entro un termine più lungo se fissato nella richiesta stessa.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Per la riforma degli aiuti “de minimis”, si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 18.


Articolo 20, commi 8-9
(Agevolazioni fiscali ai docenti per l’acquisto di un elaboratore elettronico)

 


8. Per l'anno 2007, ai docenti delle scuole pubbliche di ogni ordine e grado, anche non di ruolo con incarico annuale, nonché al personale docente presso le università statali spetta una detrazione dall'imposta lorda e fino a capienza della stessa nella misura del 19 per cento delle spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico, fino ad un importo massimo delle stesse di 1.000 euro, per l'acquisto di un personal computer nuovo di fabbrica.

9. Con decreto di natura non regolamentare, adottato dal Ministro della pubblica istruzione di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'università e della ricerca, sono stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al comma 8.


 

 

Le disposizioni contenute nei commi 8 e 9 dell’articolo 20 concedono ai docenti delle scuole pubbliche e delle università statali un’agevolazione fiscale per l’acquisto di un elaboratore elettronico (personal computer) nuovo.

 

L’agevolazione, in base al comma 8 è concessa, per il solo anno 2007, per l'acquisto di un elaboratore elettronico nuovo di fabbrica a tutti i docenti delle scuole pubbliche di ogni ordine e grado, anche non di ruolo con incarico annuale, nonché al personale docente presso le università statali.

L’agevolazione consiste in una detrazione d'imposta, nella misura del 19 per cento delle spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico per l’acquisto, fino ad un importo massimo della spesa pari a 1.000 euro.

Viene pertanto concessa una detrazione dall’imposta lorda che può arrivare al massimo a 190 euro, riferita all’acquisto di un solo elaboratore elettronico.

 

La detrazione è concessa – come del resto prevede la normativa vigente, all’articolo 13, comma 2 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), per tutte le altre detrazioni d’imposta – solo nei limiti di capienza dell’imposta lorda. Ciò significa che non sarà possibile usufruire della detrazione qualora il contribuente risulti a credito nella dichiarazione dei redditi, e che comunque sia possibile fruirne solo nei limiti dell’imposta lorda dovuta.

 

Il comma 9 rinvia la definizione delle modalità di attuazione di questa disposizione ad un decreto di natura non regolamentare, adottato dal Ministro della pubblica istruzione di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'università e della ricerca.

 

La relazione tecnica stima in conseguenza di questa misura una riduzione di gettito pari a 78 milioni di euro per il 2007.

 

Un’agevolazione riferita al medesimo oggetto era stata concessa dall’articolo 4, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, in base al quale, nel corso dell'anno 2004, i docenti delle scuole pubbliche e delle università statali potevano acquistare un elaboratore portatile da utilizzare nella didattica, usufruendo di riduzione di costo e di rateizzazione, in base ad apposita indagine di mercato esperita dalla Concessionaria servizi informatici pubblici (CONSIP) Spa. L’attuazione è stata disciplinata con il decreto dei Ministri per l'innovazione e le tecnologie, dell'economia e delle finanze e dell'istruzione, dell'università e della ricerca 3 giugno 2004 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 164 del 15 luglio 2004). I benefìci sono stati poi prorogati al 2005 dall'articolo 1, comma 206, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, il cui comma 207 li ha altresì estesi al personale dirigente e non docente.


Articolo 20, commi 10-13
(Disposizioni agevolative in materia di IVA e imposta sulla pubblicità)

 


10. All'articolo 19-bis.1, comma 1, lettera e), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le parole: «, a somministrazioni di alimenti e bevande, con esclusione» sono sostituite dalle seguenti: «e a somministrazioni di alimenti e bevande, con esclusione di quelle inerenti alla partecipazione a convegni, congressi e simili, erogate nei giorni di svolgimento degli stessi,».

11. Per l'anno 2007 le detrazioni di cui al comma 10 spettano nella misura del 50 per cento.

12. Al comma 1-bis dell'articolo 17 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, dopo le parole: «fino a 5 metri quadrati» sono inserite le seguenti: «; l'imposta è dovuta per la sola superficie eccedente i 5 metri quadrati».

13. All'articolo 10, primo comma, numero 27-ter), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, dopo la parola: «devianza,» sono inserite le seguenti: «di persone migranti, senza fissa dimora, richiedenti asilo, di persone detenute, di donne vittime di tratta a scopo sessuale e lavorativo».


Detraibilità dell’IVA sulle prestazioni alberghiere e le somministrazioni di alimenti e bevande

Le disposizioni dei commi 10 e 11 dell’articolo 20 consentono la detraibilità dell’IVA relativa alla prestazioni alberghiere e alla somministrazione di alimenti e bevande, in occasione di partecipazione a convegni, congressi ed eventi similari.

 

In base alla normativa vigente, contenuta nell'articolo 19-bis.1, comma 1, lettera e), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633[67], non è ammessa in detrazione ai fini IVA l'imposta relativa a:

-        prestazioni alberghiere;

-        somministrazioni di alimenti e bevande, con esclusione delle somministrazioni effettuate nei confronti dei datori di lavoro nei locali dell'impresa o in locali adibiti a mensa scolastica, aziendale o interaziendale e delle somministrazioni commesse da imprese che forniscono servizi sostitutivi di mense aziendali;

-        prestazioni di trasporto di persone;

-        transito stradale delle autovetture e autoveicoli i cui all'articolo 54, lettere a) e c), del codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285).

La detrazione è invece ammessa qualora tali fattispecie formino oggetto dell'attività propria dell'impresa.

 

In materia di detraibilità dell’IVA, l’articolo 17, paragrafo 2, della direttiva 77/388/CEE (c.d. sesta direttiva IVA) afferma il principio del diritto a detrazione integrale dell'IVA versata a monte da un soggetto passivo nel quadro della sua attività soggetta a imposta. Il paragrafo 7 consente agli Stati membri di escludere o di limitare il diritto alla detrazione su taluni beni purché sussistano "motivi congiunturali" che giustificano tale misura, fatta salva la consultazione con il comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto (il c.d. “Comitato IVA”) istituito dall’articolo 29 della medesima direttiva.

Recentemente la Corte di giustizia delle Comunità europee, con una sentenza in data 14 settembre 2006, relativa alla causa C. 228/05, ha dichiarato incompatibili con l’ordinamento comunitario le disposizioni presenti nell’ordinamento italiano in materia di limitazioni alla detraibilità dell’IVA versata in relazione alle spese per ciclomotori, motocicli, autovetture e autoveicoli aziendali. Si tratta di una delle ipotesi di indetraibilità assoluta elencate nell’articolo 19-bis 1 del D.P.R. n. 633 del 1972, in particolare dell’ipotesi contenuta nella lettera c) del comma 1 dell’articolo 19-bis 1.

 

Il comma 10, modificando parzialmente la lettera e) dell’articolo 19-bis 1, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972 (recante la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto), esclude dal previgente regime di indetraibilità le prestazioni alberghiere e le somministrazioni di alimenti e bevande, qualora tali spese siano inerenti alla partecipazione a convegni, congressi e simili, e sianoerogate nei giorni del loro svolgimento.

L’indetraibilità permane pertanto per le prestazioni alberghiere e le somministrazioni di alimenti e bevande che non siano effettuate in occasione dei citati eventi.

 

Si ricorda che il regime di indetraibilità delle prestazioni alberghiere è stato oggetto di una risoluzione (Romoli ed altri n. 7-00742), approvata dalla Commissione VI (Finanze) il 19 gennaio 2006[68].

 

Il comma 11 limita l’entità dell’agevolazione per l’anno 2007, stabilendo che per tale anno le suddette detrazioni spettino nella misura del 50 per cento.

 

Con riguardo al comma 10, la relazione tecnica al provvedimento stima una riduzione annua di gettito pari a 74 milioni di euro, limitata per l’esercizio 2007 a 37 milioni di euro.

Imposta comunale sulla pubblicità

Il comma 12 dell’articolo 20 interviene sulle fattispecie esenti dall’imposta comunale sulla pubblicità, modificando il comma 1-bis dell'articolo 17 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507[69].

In tale articolo 17 è contenuta l’elencazione delle operazioni esenti dall’imposta. In particolare il comma 1-bis prevede che l'imposta non sia dovuta per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l'attività cui si riferiscono.

L’esenzione è attualmente prevista solo per insegne con superficie complessiva fino a 5 metri quadrati.

In base alla modifica apportata dal presente comma 12, viene aggiunta a tale previsione la specificazione che l'imposta è dovuta per la sola superficie eccedente i 5 metri quadrati.

La disposizione del comma 12 intende pertanto confermare l’esenzione dall’imposta per le insegne di superficie fino a cinque metri, mentre introduce per quelle di superficie superiore a cinque metri quadrati una franchigia in base alla quale l’imposta si pagherà solo sulla parte eccedente i cinque metri e non sull’intera superficie, come previsto dalla norma vigente.

 

Resta invariata la facoltà dei comuni di disporre l'esenzione dal pagamento dell'imposta per le insegne di esercizio anche di superficie complessiva superiore a tale limite, secondo quanto previsto dallo stesso comma 1-bis dell’articolo 17.

 

La relazione tecnica al provvedimento in esame non ìndica oneri derivanti a carico del bilancio dello Stato dalla disposizione del comma 12.

Esenzione IVA per le prestazioni socio-sanitarie rese a persone svantaggiate

Il comma 13 dell’articolo 20 dispone l’esenzione dall’IVA per le prestazioni di assistenza a persone svantaggiate.

La norma modifica l'articolo 10, comma 1, numero 27-ter), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, che elenca le operazioni esenti dall’IVA.

 

Tra le operazioni esenti dall’IVA sono ricomprese, al numero 27-ter) dell’articolo 10, le prestazioni socio-sanitarie, di assistenza domiciliare o ambulatoriale, in comunità e simili, rese da organismi di diritto pubblico, da istituzioni sanitarie riconosciute che erogano assistenza pubblica, previste all'articolo 41 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, o da enti aventi finalità di assistenza sociale e da ONLUS, in favore di:

-        anziani e inabili adulti;

-        tossicodipendenti e malati di AIDS;

-        handicappati psicofisici;

-        minori anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza.

 

Con la modifica recata dal presente comma 13, il numero 27-ter dell’articolo 10, comma 1, viene modificando aggiungendo l’esenzione anche per le prestazioni socio-sanitarie rese ai seguenti soggetti:

-       persone migranti, senza fissa dimora;

-       richiedenti asilo;

-       persone detenute;

-       donne vittime di tratta a scopo sessuale e lavorativo.

 

Le suddette prestazioni socio-sanitarie, di assistenza domiciliare o ambulatoriale saranno pertanto esenti, a condizione che siano rese da uno dei seguenti soggetti:

-        organismi di diritto pubblico;

-        istituzioni sanitarie riconosciute che erogano assistenza pubblica, previste all'articolo 41 della legge 23 dicembre 1978, n. 833[70];

-        enti aventi finalità di assistenza sociale;

-        ONLUS[71].

 

Qualora le prestazioni socio-sanitarie siano invece erogate da altri soggetti, esse sono soggette all’aliquota ordinaria del 20 per cento, salvo alcuni casi specifici di riduzione dell’aliquota.

 

Si ricorda a tale proposito che l’articolo 1, comma 467 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) ha assoggettato all'aliquota IVA ridotta del 4 per cento una serie di prestazioni socio-assistenziali effettuate da parte di cooperative e loro consorzi in favore di:

-          anziani;

-          inabili adulti,

-          tossicodipendenti,

-          malati di AIDS;

-          handicappati psicofisici;

-          minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza.

L’assoggettamento delle prestazioni sopra indicate all’IVA nella misura del 4 per cento, a differenza di quanto avviene per le operazioni esenti, consente alle cooperative ed i loro consorzi, di detrarre l’IVA pagata sugli acquisti

Si ricorda infatti che le operazioni attive esenti dall’IVA danno luogo alla indetraibilità dell'imposta afferente i beni e i servizi acquistati ed utilizzati per la loro effettuazione. Nell'ambito delle operazioni detassate, le attività esenti da imposta ai sensi dell'art. 10 del DPR n. 633 del 1972 danno luogo all'applicazione alternata di due metodi diversi di calcolo dell'imposta indetraibile. Il primo, così detto pro rata percentuale, determina una quota di indetraibilità dell'IVA passiva sulla base di un rapporto matematico, con il secondo, cosiddetto pro rata fisico, la quota di indetraibilità viene misurata, appunto fisicamente, sulla base della destinazione effettiva dell'acquisto alla effettuazione dell'operazione esente.

 

La relazione tecnica al provvedimento annette alla disposizione del comma 13 una perdita di gettito, di entità non rilevante, stimata prudenzialmente in 1 milione di euro.


Articolo 20, commi 14-18
(Imposte relative a fondi pensione, fondi d’investimento ed emittenti residenti nell’Unione europea e nello Spazio economico europeo)

 


14. Nell'articolo 10, comma 1, lettera e-bis), primo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, dopo le parole: «previste dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124» sono aggiunte le seguenti: «, nonché quelli versati alle forme pensionistiche complementari istituite negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239».

15. Il comma 2 dell'articolo 21 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, è sostituito dal seguente:

«2. La lettera e-bis) del comma 1 dell'articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è sostituita dalla seguente:

     "e-bis) i contributi versati alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, alle condizioni e nei limiti previsti dall'articolo 8 del medesimo decreto. Alle medesime condizioni ed entro gli stessi limiti sono deducibili i contributi versati alle forme pensionistiche complementari istituite negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239"».

16. All'articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77, sull'istituzione e disciplina dei fondi comuni d'investimento mobiliare, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) nel primo periodo del comma 1, le parole: «situati negli Stati membri dell'Unione europea, conformi alle direttive comunitarie e le cui quote sono collocate nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 10-bis,» sono sostituite dalle seguenti: «conformi alle direttive comunitarie situati negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, e le cui quote sono collocate nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 42 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58,»;

     b) al comma 9, le parole: «situati negli Stati membri della Comunità economica europea e conformi alle direttive comunitarie» sono sostituite dalle seguenti: «conformi alle direttive comunitarie situati negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239».

17. Il terzo periodo del comma 1 dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, è sostituito dal seguente: «Tuttavia, se i titoli indicati nel precedente periodo sono emessi da società od enti, diversi dalle banche, il cui capitale è rappresentato da azioni non negoziate in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, ovvero da quote, l'aliquota del 12,50 per cento si applica a condizione che, al momento di emissione, il tasso di rendimento effettivo non sia superiore: a) al doppio del tasso ufficiale di riferimento, per le obbligazioni ed i titoli similari negoziati in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, o collegati mediante offerta al pubblico ai sensi della disciplina vigente al momento di emissione; b) al tasso ufficiale di riferimento aumentato di due terzi, per le obbligazioni e titoli similari diversi dai precedenti».

18. All'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, e successive modificazioni, le parole: «in mercati regolamentati italiani» sono sostituite dalle seguenti: «in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni.


 

 

Il comma 14 dell’articolo 20 estende la deducibilità dal reddito, ai fini delle imposte sui redditi, per i contributi versati alle forme pensionistiche complementari e i contributi e premi versati alle forme pensionistiche individuali, attualmente prevista[72] solo nel caso dei soggetti istituiti ai sensi della legislazione italiana (decreto legislativo n. 124 del 1993), anche a quelli versati alle forme pensionistiche complementari istituite negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo[73], che rientrino nella lista dei paesi con i quali risulta possibile attuare lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni prevista dall’articolo 11, comma 4, lettera c) del decreto legislativo n. 239 del 2004 (la lista è contenuta nel decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996).

 

Si tratta della c.d “white list”, vale a dire la lista dei paesi non ricompresi nella “black list” degli Stati a regime fiscale privilegiato, con i quali non risulta possibile stipulare convenzioni per evitare le doppie imposizioni.

 

La relazione governativa precisa, al riguardo, che la presente disposizione trae origine dalla necessità di allineare la normativa interna a quella comunitaria, ponendo così fine al contenzioso in essere presso la Corte di giustizia della Comunità europea (cfr. infra, sezione: Documenti all’esame dell’Unione europea).

 

Il comma 15, attraverso la modifica dell’articolo 21 del decreto legislativo 5 dicembre 2005 n. 252, recante la disciplina delle forme pensionistiche complementari, prevede la sostituzione dell’articolo 10, comma 1, lettera e-bis) del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) DPR n. 917 del 1986, che stabilisce la deducibilità per i contributi versati alle forme pensionistiche complementari. Viene in particolare adeguata la formulazione, sostituendo il richiamo al decreto legislativo n. 252 del 2005 in luogo di quello al decreto legislativo n. 124 del 1993, attualmente citato.

 

Si ricorda che l’articolo 21, comma 8, del decreto legislativo n. 252 del 2005 dispone l’abrogazione del decreto legislativo n. 124 del 1993. L’articolo 23 del medesimo decreto legislativo prevede che tale disposizione entri in vigore dal 1° gennaio 2008. Sul punto interviene ora l’articolo 84 del disegno di legge finanziaria che anticipa l’entrata in vigore della disposizione (insieme a quella dell’intero decreto legislativo n. 252 del 2005) al 1° gennaio 2007 (cfr. scheda relativa).

L’articolo 21, comma 2, già provvede alla sostituzione dell’articolo 10, comma 1, lettera e-bis), del TUIR,prevedendo che la deducibilità dalle imposte sui redditi spetti per i contributi versati alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo n. 252 del 2005 alle condizioni e nei limiti stabiliti dall’articolo 8 del medesimo decreto.

 

L’articolo 8 del decreto legislativo n. 252 del 2005 individua le modalità di finanziamento delle forme pensionistiche complementari mediante la contribuzione dei lavoratori e del datore di lavoro e mediante il conferimento del maturando trattamento di fine rapporto (TFR).

 

La disposizione qui illustrata, invece, oltre a ribadire la deducibilità dal reddito per i contributi versati alle forme pensionistiche complementari, di cui al decreto legislativo n. 252 del 2005, alle condizioni e nei limiti stabiliti dall’articolo 8 del medesimo decreto, consente, alle medesime condizioni, di dedurre anche i contributi versati alle forme pensionistiche complementari istituite negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo, che rientrino nella lista dei paesi con i quali risulta possibile attuare lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni prevista dall’articolo 11, comma 4, lettera c) del decreto legislativo n. 239 del 2004 (la lista è contenuta nel già citato decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996).

 

La disposizione modifica la norma vigente (comma 14) e sostituisce la novella contenuta nell’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo n. 252 del 2005 (comma 15), destinata ad entrare in vigore contestualmente con l’entrata in vigore dell’intero decreto legislativo di riforma della previdenza complementare. Poiché per altro l’articolo 84, comma 1, del presente disegno di legge anticipa al 1° gennaio 2007 tale entrata in vigore, la disposizione del comma 14 non sembra suscettibile di produrre effetto.

 

Analogo riferimento agli Stati aderenti allo Spazio economico europeo rientranti nella “white list” è introdotto dal comma 16, che interviene sulle disposizioni tributarie sui proventi delle quote di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero, di cui all’articolo 10-ter della legge n. 77 del 1983, con la quale venne stabilita la prima disciplina dei fondi di investimento mobiliare in Italia.

 

La legge n. 77 del 1983, fatta eccezione per l’articolo 10-ter e per l’articolo 9, è stata abrogata dall’articolo 214 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (c.d testo unico della finanza - TUF).

 

In particolare, alla lettera a) viene integrata la disposizione del comma 1 di tale articolo, la quale, nel testo attualmente vigente, prevede che venga operata una ritenuta del 12,50 per cento sui redditi di capitale derivanti dalla gestione, nell’interesse collettivo di pluralità di soggetti, di masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi o provenienti dai relativi investimenti[74], effettuata da organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (quali i fondi di investimento) situati negli Stati membri dell’Unione europea, conformi alle direttive comunitarie e le cui quote sono collocate nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 10-bis della legge n. 77 del 1983.

 

L’articolo 10-bis della legge n. 77 del 1983 disciplinava la collocazione in Italia di quote degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari aventi sede in uno degli Stati della Comunità economica europea. L’articolo è stato abrogato dall’articolo 214 del TUF(cfr. supra) e la materia è ora disciplinata dall’articolo 42 del TUF medesimo.

 

La presente disposizione interviene sull’individuazione dei soggetti ai quali si applica la ritenuta del 12,50 per cento, prevedendo che vi siano inclusi non solo gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari situati negli Stati membri dell’Unione europea, attualmente previsti, ma anche quelli situati negli Stati aderenti allo Spazio economico europeo e inclusi nella cosiddetta “white list” (cfr. supra, comma 14). Si prevede inoltre la sostituzione del riferimento all’articolo 10-bis della legge n. 77 del 1983, ora abrogato, con quello all’articolo 42 del TUF, che disciplina la medesima materia.

 

La lettera b)del comma 16 prevede poi che anche l’applicazione del comma 9 dell’articolo 10-ter, il quale attualmente consente agli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero negli Stati membri della Comunità europea di avvalersi delle convenzioni stipulate dalla Repubblica italiana per evitare le doppie imposizioni, venga estesa agli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo e inclusi nella “white list” (cfr. supra, comma 14).

 

Analogo riferimento agli Stati aderenti nello Spazio economico europeo ed inclusi nella “white list” viene introdotto dal comma 17, nella disciplina delle ritenute sugli interessi e sui redditi di capitale prevista dall’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

 

In base a tale articolo, l’aliquota del 12,50 per cento per la ritenuta sugli interessi su obbligazioni e titoli con scadenza non inferiore a diciotto mesi si applica ai titoli emessi da società diverse dalla banche, il cui capitale è rappresentato da azioni non negoziate nei mercati regolamentati italiani, solo se il tasso di rendimento effettivo:

non risulta superiore al doppio del tasso ufficiale di sconto per obbligazioni e titoli con scadenza non inferiore a diciotto mesi negoziati in mercati regolamentati nell’Unione europea o collocati mediante offerta al pubblico

non risulta superiore al tasso ufficiale di sconto aumentato di due terzi per obbligazioni e titoli con scadenza non inferiore a diciotto mesi non negoziati in mercati regolamentati dell’Unione europea.

Se non sono rispettate queste condizioni, l’aliquota applicata risulta del 27 per cento.

 

Il presente comma 17 sostituisce il riferimento alle azioni non negoziate nei mercati regolamentati italiani ovvero non negoziate in mercati regolamentati dell’Unione europea con quello alle azioni non negoziate in mercati regolamentati degli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella “white list” (cfr. supra comma 14). La negoziazione in mercati di Stati aderenti allo stesso Accordo sullo spazio economico europeo viene inoltre integrata nella determinazione delle condizioni cui è subordinata l’applicazione dell’aliquota del 12,50 per cento.

Si prevede cioè che agli interessi su obbligazioni e titoli emessi da società diverse dalle banche, il cui capitale è rappresentato da azioni non negoziate in mercati regolamentati dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella “white list”, si applichi l’aliquota del 12,50 per cento, se il tasso di rendimento effettivo:

a)      non risulta superiore al doppio del tasso ufficiale di sconto, per obbligazioni e titoli con scadenza non inferiore a diciotto mesi, negoziati in mercati regolamentati dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella “white list” o collocati mediante offerta al pubblico;

b)      non risulta superiore al tasso ufficiale di sconto aumentato di due terzi, per obbligazioni e titoli con scadenza non inferiore a diciotto mesi non negoziati in mercati regolamentati dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella “white list”.

Se non sono rispettate queste condizioni, l’aliquota applicata risulta del 27 per cento.

 

Il comma 18, con finalità di coordinamento con la disposizione del comma 17, sostituisce, nell’articolo 1, comma 1 del decreto legislativo n. 239 del 1996, il riferimento ai mercati regolamentati italiani con quello ai mercati regolamentati degli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati membri aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella “white list” (cfr. supra, comma 14).

 

L’articolo 1, comma 1 del decreto legislativo n. 239 del 1996, nel testo attualmente vigente, prevede che la ritenuta alla fonte del 12,50 per cento non si applichi agli interessi su obbligazioni e titoli emessi da società il cui capitale sia costituito da azioni emesse in mercati regolamentati italiani.

 

Secondo la relazione tecnica, dalle disposizioni dei commi da 14 a 17 dell’articolo 20 deriva, con riferimento al triennio 2007-2009, una perdita di gettito stimata (in termini di cassa) in un milione di euro per il 2007, sedici milioni di euro per il 2008 e 9,5 milioni di euro per il 2009.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 28 giugno 2006 la Commissione ha deciso di proporre ricorso alla Corte di giustizia nell’ambito della procedura di infrazione[75] relativa alla disciplina fiscale dei contributi ai fondi previdenziali e assicurativi (segnatamente di cui al D.Lgs. n. 124/93 recante “Disciplina delle forme pensionistiche complementari”, al D.Lgs. n. 47/2000 “Riforma della disciplina fiscale della previdenza complementare”, e al D.P.R. n. 917/86 recante il testo unico delle imposte sui redditi - TUIR).

Secondo la Commissione la disciplina italiana sopra richiamata presenterebbe profili di discriminazione nei confronti dei fondi e delle imprese assicuratrici stabiliti all’estero[76]. Le norme in questione comporterebbero, infatti, la limitazione della deducibilità ai soli contributi versati ai fondi pensione italiani (ovvero quelli costituiti in conformità alle disposizioni del codice civile italiano e, se del caso, riconosciuti dalle autorità amministrative nazionali), con l’esclusione di quelli versati a fondi pensione aventi sede all’estero.

Ciò, secondo la Commissione, dissuaderebbe gli interessati ad affiliarsi alle imprese e fondi di previdenza stabiliti in altri Stati membri e disincentiverebbe questi ultimi a offrire i propri servizi previdenziali in Italia. Si configurerebbe, pertanto, la violazione del principio di libera prestazione dei servizi, sancito dall’art. 49 del Trattato istitutivo della Comunità europea. Per altro, la normativa italiana costituirebbe una violazione anche della libertà di circolazione dei lavoratori dipendenti (art. 39 TCE) e della libertà di stabilimento di quelli autonomi (art. 43). Infatti, coloro che, avendo esercitato un’attività professionale in un altro Stato membro ed essendo iscritti ad un regime di previdenza complementare in tale Stato, si trasferiscano per lavoro in Italia, non sarebbero ammessi a beneficiare dello stesso trattamento fiscale riconosciuto ai contributi versati ai fondi italiani. Infine, nella misura in cui i trasferimenti effettuati dai lavoratori ai fondi pensione rappresentano movimenti di capitale, l’esclusione del beneficio della deducibilità per i versamenti ai fondi pensione stranieri costituirebbe una violazione del principio di libera circolazione dei capitali, sancito dall’art. 56 del TCE.


Articolo 20, comma 19
(Agevolazione per titolari di diritti di sfruttamento delle opere dell’ingegno)

 


19. All'articolo 54, comma 8, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, dopo le parole: «ridotto del 25 per cento a titolo di deduzione forfettaria delle spese» sono inserite le seguenti: « , ovvero del 40 per cento se i relativi compensi sono percepiti da soggetti di età inferiore a 35 anni».


 

 

Il comma 19 dell’articolo 20, attraverso una modifica dell’articolo 54 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, eleva, per i soggetti di età inferiore a 35 anni la deduzione forfetaria delle spese ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo derivante dall’utilizzazione economica, da parte dell'autore o inventore, di opere dell'ingegno e di brevetti industriali e di processi, dal 25 per cento attualmente previsto in via generale per tutti, al 40 per cento.

 

La relazione tecnica attribuisce alla norma, per il triennio 2007-2009, un effetto di perdita di gettito in termini di cassa di 5,45 milioni di euro per l’anno 2008 e di 3,15 milioni di euro per l’anno 2009.


Articolo 20, comma 20
(Detraibilità delle spese sportive dei minori e dei canoni di locazione degli studenti universitari fuori sede)

 


20. All'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al comma 1, dopo la lettera i-quater) sono aggiunte le seguenti:

     «i-quinquies) le spese, per un importo non superiore a 210 euro, sostenute per l'iscrizione annuale e l'abbonamento, per i ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni, ad associazioni sportive, palestre, piscine ed altre strutture ed impianti sportivi destinati alla pratica sportiva dilettantistica rispondenti alle caratteristiche individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, o Ministro delegato, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, e le attività sportive;

     i-sexies) i canoni di locazione derivanti dai contratti di locazione di natura transitoria stipulati o rinnovati ai sensi dell'articolo 5, commi 2 e 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, e successive modificazioni, dagli studenti iscritti ad un corso di laurea presso una università ubicata in un comune diverso da quello di residenza, distante da quest'ultimo almeno 100 chilometri e comunque in una provincia diversa, per unità immobiliari situate nello stesso comune in cui ha sede l'università o in comuni limitrofi, per un importo non superiore a 2.633 euro»;

     b) al comma 2, le parole: «e) e f)» sono sostituite dalle seguenti: «e), f), i-quinquies) ed i-sexies)».


 

 

Il comma 20 dell’articolo 20, inserendo nell’articolo 15, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917 del 1986) le lettere i-quinquies e i-sexies, concede la detrazione del 19 per cento dall'imposta lorda per i seguenti oneri sostenuti dal contribuente, se non deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo:

1)      lettera i-quinquies):spese sostenute per l'iscrizione annuale e l'abbonamento ad associazioni sportive, palestre, piscine e altre strutture e impianti sportivi destinati alla pratica sportiva dilettantistica, per i ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni.

La detrazione è fissata in un importo non superiore a 210 euro annui;

Un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, o del Ministro delegato per le politiche giovanili e le attività sportive, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, provvederà ad individuare le caratteristiche delle associazioni sportive, palestre, piscine e altre strutture e impianti sportivi destinati alla pratica sportiva dilettantistica, che dovranno, peraltro, provvedere alla consegna del relativo documento fiscale da portare in detrazione.

Si segnala che la formulazione del testo fa riferimento ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, o Ministro delegato, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, e le attività sportive (anziché Ministro delegato per le politiche giovanili e le attività sportive).

2)      lettera i-sexies): canoni di locazione derivanti dai contratti di locazione di natura transitoria stipulati o rinnovati, ai sensi dell'articolo 5, commi 2 e 3, della legge n. 431 del 1998, dagli studenti universitari fuori sede per unità immobiliari situate nello stesso comune in cui ha sede l'università o in comuni limitrofi.

La disposizione richiede che la facoltà universitaria sia ubicata in un comune diverso da quello di residenza, il quale disti da quest'ultimo almeno 100 chilometri e sia comunque situato in una provincia diversa.

La detrazione è fissata per un importo non superiore a 2.633 euro annui.


Articolo 20, comma 21
(Imposta sui premi delle assicurazioni di veicoli e natanti)

 


21. All'articolo 1-bis, comma 1, della legge 29 ottobre 1961, n. 1216, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Tale misura si applica anche alle assicurazioni di altri rischi inerenti al veicolo o al natante o ai danni causati dalla loro circolazione».


 

 

Il comma 21 dell’articolo 20 modifica la legge 29 ottobre 1961, n. 1216, recante “Nuove disposizioni tributarie in materia di assicurazioni private e di contratti vitalizi.

In particolare la disposizione sostituisce il secondo periodo del comma 1 dell’articolo 1-bis, che era stato introdotto dall’articolo 353 del codice delle assicurazioni private, emanato con D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209. Ai sensi dell'articolo 355 dello stesso decreto legislativo, il codice delle assicurazioni è entrato in vigore il 1° gennaio 2006.

 

Il comma 1 del citato articolo 1-bis della legge n. 1216 del 1961 fissa nella misura del 12,5 per cento l’aliquota dell’imposta sui premi delle assicurazioni obbligatorie della responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti.

Al secondo periodo, esso prevede inoltre che tale misura (12,5 per cento) resti ferma anche nel caso in cui con lo stesso contratto relativo all’assicurazione della responsabilità civile siano assicurati anche altri rischi inerenti al veicolo o al natante o ai danni causati dalla loro circolazione.

 

Precedentemente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 209 del 2005 (il quale, come si è detto, ha introdotto l’articolo 1-bis della legge n. 1216 del 1961), l’imposta era già fissata nella suddetta misura del 12,5 per cento sia per l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione di veicoli e natanti, sia per l’assicurazione globale per i danni causati dalla loro circolazione e per altri rischi inerenti agli stessi.

 

Sulla materia è intervenuto l’articolo 24 del D.L. n. 273 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 51 del 2006, che ha differito di un anno (1° gennaio 2007) l’efficacia del secondo periodo del comma 1 dell’articolo 1-bis della legge n. 1216 del 1961, introdotto dal citato articolo 353, comma 1, del codice delle assicurazioni. Constatato che la nuova disposizione modificava il regime fiscale previgente (per altro risultante dall’abrogazione implicita di norme risalenti addietro nel tempo) introducendo un regime suscettibile di censure sul piano della tutela della concorrenza, la sospensione venne adottata al dichiarato fine di consentire “entro tale periodo, la correzione, con apposita modifica del Codice delle assicurazioni private, (...) delle riferite contraddizioni e, quindi, a lasciare inalterato il regime finora vigente”.

 

Il presente comma 21 sostituendo il richiamato secondo periodo del comma 1 dell’articolo 1-bis, stabilisce che l’imposta si applichi nella stessa misura indicata nel primo periodo (ossia con l’aliquota del 12,5 per cento) anche alle assicurazioni di altri rischi inerenti al veicolo o al natante o ai danni causati dalla loro circolazione, senza, pertanto, essere legata direttamente al contratto RCAuto.

 

La relazione governativa sottolinea che la disposizione “pone rimedio alla ingiustificata diversità di trattamento fiscale che si determinerebbe nei confronti degli assicurati che stipulano separatamente le assicurazioni per la copertura dei rischi derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, inducendoli a stipulare con lo stesso contratto sia la garanzia RC Auto o natanti, sia le garanzie accessorie.”

 

Si ricorda che con il provvedimento n. 8546 del 28 luglio 2000, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha richiamato le imprese di assicurazione affinché evitino pratiche commerciali tendenti a concedere coperture assicurative per i rischi inerenti ai veicoli solo se in abbinamento a polizze di responsabilità civile auto, impedendo, di fatto, al consumatore di poter beneficiare di condizioni migliori presso un’altra impresa.


Articolo 20, commi 22-23
(Tasse automobilistiche)

 


22. A decorrere dai pagamenti successivi al 1o gennaio 2007, la tabella di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto del Ministro delle finanze 27 dicembre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 31 dicembre 1997, è sostituita dalla Tabella 2 annessa alla presente legge.

23. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, sono effettuate le regolazioni finanziarie delle maggiori entrate nette derivanti dall'attuazione delle norme del presente articolo e sono definiti i criteri e le modalità per la corrispondente riduzione dei trasferimenti dello Stato alle regioni e alle province autonome.


 

 

Il comma 22 sostituisce la tariffa delle tasse automobilistiche stabilita dalla tabella allegata al decreto interministeriale del 27 dicembre 1997, con la tabella 2 allegata al disegno di legge finanziaria per il 2007. Come riportato nella relazione governativa, la disposizione è volta “ad adeguare l’importo del bollo auto alle caratteristiche di talune tipologie di veicoli, che, per le loro dotazioni, si dimostrano indicativi di una spiccata capacità contributiva, tenendo conto altresì di una esigenza di salvaguardia dell’impatto ambientale.”

 

In particolare l’aumento rispetto alla precedente tassazione è stato formulato in modo da colpire gli autoveicoli maggiormente inquinanti, come risulta dalle successive tabelle:

 

D.M. 27 dicembre 1997

Tipo del veicolo

Valore annuo del KW
espresso in euro

Valore annuo del CV
espresso in euro 1CV=0,736 KW

Per pagamenti per l’intero anno solare

Per pagamenti frazionati

Per pagamenti per l’intero anno solare

Per pagamenti frazionati

1. Autovetture e autoveicoli per il trasporto promiscuo

2,58

2,66

1,90

1,96

2. Autovetture e autoveicoli per trasporto promiscuo con alimentazione a gasolio sprovvisti delle caratte­ristiche tecniche di cui all’art. 65, co. 5, D.L. 331/1993, conv. dalla L. 427/1993.

In aggiunta a quello di cui al punto 1.

6,63

6,63

4,88

4,88

3. Autobus

2,94

3,03

2,16

2,23

4. Autoveicoli speciali

0,43

0,44

0,32

0,33

 

 

D.d.l. finanziaria 2007 (A.C. 1746)

Tipo del veicolo

Valore annuo del KW
espresso in euro

Valore annuo del CV
espresso in euro 1CV=0,736 KW

Per pagamenti per l’intero anno solare

Per pagamenti frazionati

Per pagamenti per l’intero anno solare

Per pagamenti frazionati

1. Autovetture e autoveicoli per il trasporto promiscuo con le seguenti caratte­ristiche:

 

 

 

 

a) Euro 0

3,00

3,09

2,21

2,28

b) Euro 1

2,90

2,99

2,13

2,20

c) Euro 2

2,80

2,89

2,06

2,12

d) Euro 3

2,70

2,78

1,99

2,05

e) Euro 4 e 5

2,58

2,66

1,90

1,96

2. Autovetture e autoveicoli per trasporto promiscuo di peso complessivo superiore a 2600 kg, con esclusione di quelli aventi un numero di posti uguale o maggiore a 8.

In aggiunta a quello di cui al punto 1.

2,00

2,06

1,47

1,47

3. Autovetture e autoveicoli per trasporto promiscuo con alimentazione a gasolio sprovvisti delle caratte­ristiche tecniche di cui all’art. 65, co. 5, D.L. 331/1993, conv. dalla L. 427/1993.

Tale importo è dovuto in aggiunta a quello di cui al punto 1 e, ove ne ricorrano le condizioni, a quello di cui al punto 2.

6,63

6,84

4,88

5,03

4. Autobus

2,94

3,03

2,16

2,23

5. Autoveicoli speciali

0,43

0,44

0,32

0,33

 

In sostanza, la tabella allegata al comma 22 lascia inalterata la tariffa delle tasse automobilistiche per gli autobus, i veicoli speciali e le vetture euro 4 ed euro 5, mentre determina un aumento della tariffa, in misura progressiva rispetto all’anzianità del veicolo (vetture da euro 0 a euro 3).

 

La classificazione degli autoveicoli in euro 0, euro 1, euro 2, euro 3, euro 4 ed euro 5 indica il rispetto da parte degli autoveicoli delle direttive della Comunità europea successivamente emanate sull’emissione di inquinanti da parte dei veicoli.

 

Nella nuova tariffa viene inserita un’altra categoria di autoveicoli (nuovo punto 2), relativa alle autovetture e autoveicoli per trasporto promiscuo di peso complessivo superiore a 2600 kg, con esclusione di quelli aventi un numero di posti uguale o superiore a 8 (questa categoria tende a ricomprendere i veicoli comunemente denominati sport utility vehicle - SUV).

Per tale categoria la tariffa riportata si applica in aggiunta a quella che risulta dalla pertinente categoria del veicolo (euro).

 

Si ricorda, inoltre, che il comma 1 dell’articolo 7 del D.L. n. 262 del 2006 (in corso di esame - A.C. 1750) concede l’esenzione per due anni dal pagamento delle tasse automobilistiche per coloro che sostituiscano un autoveicolo “euro 0” o “euro 1” acquistandone uno “euro 4” o “euro 5” (l’esenzione aumenta a tre anni in presenza di determinati requisiti).

 

Il comma 23 stabilisce che con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria per il 2007, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sono effettuate le regolazioni finanziarie delle maggiori entrate nette derivanti dall'attuazione delle norme del precedente comma[77] e sono definiti i criteri e le modalità per la corrispondente riduzione dei trasferimenti dello Stato alle regioni e alle province autonome.

 

In proposito, si ricorda che le regioni a statuto ordinario sono titolari del gettito della tassa automobilistica a decorrere dal 1° gennaio 1993, come disposto dagli articoli 23-27 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, emanato in attuazione della delega al Governo conferita dall’art. 4 della legge 421/1992. La tassa automobilistica regionale assorbe l’intera tassa automobilistica prevista dal D.P.R. n. 39 del 1953, recante il testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche.

Le regioni possono determinare con propria legge, entro il 10 novembre di ogni anno, gli importi delle tasse automobilistiche nella misura compresa tra il 90 e il 110 per cento degli importi vigenti nell’anno precedente. A decorrere dal 1° gennaio 1999, inoltre, il comma 10 dell’articolo 17 della legge n. 449 del 1997 ha previsto l'attribuzione alle regioni a statuto ordinario delle competenze in materia di accertamento, riscossione, recupero, applicazione delle sanzioni, rimborsi e contenzioso relativamente alle tasse automobilistiche non erariali, con le modalità stabilite dal successivo decreto del Ministero delle finanze 18 novembre 1998, n. 462.

Successivamente la legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003) è intervenuta per sanare il contenzioso costituzionale sorto tra Governo e regioni sulle competenze regionali in materia di tributi, in particolare IRAP e tassa automobilistica. Le regioni Piemonte, Veneto, Campania, infatti, avevano disposto con proprie leggi, tra l’altro, la proroga dei termini (dal 31 dicembre 2002 al 31 dicembre 2003) per il recupero della tassa automobilistica dovuta per l’anno 1999. Queste disposizioni erano state impugnate dal Governo innanzi alla Corte costituzionale, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni stesse con le sentenze, rispettivamente, n. 296 e 297 del 22-26 settembre 2003 e n. 311 del 2-15 ottobre 2003[78].

Le disposizioni recate dai commi 22 e 23 dell’articolo 2 della legge n. 350 del 2003 prevedono sostanzialmente una sanatoria, nelle more del completamento dei lavori dell’Alta Commissione di studio per il federalismo fiscaleper le disposizioni adottate dalle regioni in materia di tassa automobilistica e di IRAP, in difformità dai poteri attribuiti in materia dalla normativa statale. In particolare in tali regioni l’applicazione delle sopra citate imposte opera, fino al periodo d’imposta decorrente dal 1° gennaio 2007, secondo le disposizioni regionali e nazionali (per i profili su cui non incidono le prime), e che – entro la stessa data – le suddette regioni sono tenute a rendere conformi alla normativa statale le disposizioni adottate relativamente alla tassa automobilistica.

La legge finanziaria per il 2005 (L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 61) ha confermato la sanatoria per le disposizioni delle leggi regionali in materia di tassa automobilistica e IRAP emanate in violazione dei limiti della loro potestà legislativa, estendendola anche alle leggi regionali non sottoposte al giudizio della Corte e promulgate prima del 1° gennaio 2005.

 

Si ricorda infine che, nelle regioni a statuto ordinario, la tassa automobilistica costituisce uno dei cinque tributi (insieme a IRAP, addizionale IRPEF, accisa sulla benzina, addizionale all'imposta erariale sul gas metano) che formano la quota preponderante del gettito regionale.

Nel territorio delle regioni a statuto speciale la tassa è rimasta un tributo erariale. Ad eccezione del Friuli-Venezia Giulia e della Sardegna, le regioni a statuto speciale ricevono una compartecipazione della tassa erariale (la Sicilia i 10/10, la Valle d’Aosta i 9/10). Nelle province autonome di Trento e di Bolzano, invece, la compartecipazione alla tassa erariale è stata sostituita dalla tassa automobilistica provinciale istituita con legge da ciascuna provincia a decorrere dal 1° gennaio 1999, ai sensi dell’articolo 3 del D.Lgs. 16 marzo 1992, n. 268[79]. Anche le due province autonome, come le regioni a statuto ordinario, possono introdurre variazioni tariffarie nei limiti di quanto disposto dalla legislazione statale.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva in materia di tasse sulle autovetture (COM(2005)261).

La proposta stabilisce talune norme per il calcolo delle tasse sulle autovetture in base alle loro emissioni di biossido di carbonio, prevede l'abolizione delle tasse di immatricolazione e, in determinati casi, di un sistema per il loro rimborso.

Secondo la Commissione, la proposta risponde ad una duplice esigenza:

-        migliorare il funzionamento del mercato interno (attualmente vi sono 25 diversi regimi impositivi per le autovetture), eliminando gli ostacoli fiscali quali la doppia imposizione, il doppio pagamento della tassa di immatricolazione, le procedure amministrative;

-        attuare la strategia comunitaria per ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture. La proposta non prevede l'introduzione di nuove tasse relative alle autovetture, ma mira soltanto alla ristrutturazione di quelle vigenti senza obbligare gli Stati membri che non le applicano ad introdurle.

La proposta, che segue la procedura di consultazione, è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo che l’ha esaminata il 5 settembre 2006.

 

In una risoluzione sulla quota delle energie rinnovabili nell’UE adottata il 29 settembre 2005 il Parlamento europeo chiede agli Stati membri di applicare gli incentivi fiscali previsti dalla direttiva 2003/96/CE che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità al fine di ridurre le emissioni inquinanti del settore dei trasporti.


Articolo 22
(Agevolazioni tributarie per la riqualificazione energetica degli edifici)

 


1. Per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2007, relative ad interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti, che conseguono un valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per la climatizzazione invernale inferiore di almeno il 20 per cento rispetto ai valori riportati nell'allegato C, numero 1), tabella 1, annesso al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, spetta una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 100.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di pari importo.

2. Per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2007, relative ad interventi su edifici esistenti, parti di edifici esistenti o unità immobiliari, riguardanti strutture opache verticali, strutture opache orizzontali (coperture e pavimenti), finestre comprensive di infissi, spetta una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 60.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di pari importo, a condizione che siano rispettati i requisiti di trasmittanza termica U, espressa in W/m2K, della Tabella 3 allegata alla presente legge.

3. Per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2007, relative all'installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici, industriali e per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università, spetta una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 60.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di pari importo.

4. Per le spese documentate sostenute entro il 31 dicembre 2007 per interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione, spetta una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 30.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di pari importo.

5. La detrazione fiscale di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 è concessa con le modalità di cui all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e alle relative norme di attuazione previste dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 18 febbraio 1998, n. 41, e successive modificazioni, attuative delle disposizioni in argomento, sempreché siano rispettate le seguenti ulteriori condizioni:

     a) la rispondenza dell'intervento ai previsti requisiti è asseverata da un tecnico abilitato, che risponde civilmente e penalmente dell'asseverazione;

     b) il contribuente acquisisce la certificazione energetica dell'edificio, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, qualora introdotta dalla regione o dall'ente locale, ovvero, negli altri casi, un «attestato di qualificazione energetica», predisposto ed asseverato da un professionista abilitato, nel quale sono riportati i fabbisogni di energia primaria di calcolo, o dell'unità immobiliare ed i corrispondenti valori massimi ammissibili fissati dalla normativa in vigore per il caso specifico o, ove non siano fissati tali limiti, per un identico edificio di nuova costruzione. L'attestato di qualificazione energetica comprende anche l'indicazione di possibili interventi migliorativi delle prestazioni energetiche dell'edificio o dell'unità immobiliare, a seguito della loro eventuale realizzazione. Le spese per la certificazione energetica, ovvero per l'attestato di qualificazione energetica, rientrano negli importi detraibili.

6. Ai fini di quanto disposto dal presente articolo si applicano le definizioni di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro il 28 febbraio 2007, sono dettate le disposizioni attuative di quanto disposto ai commi 1, 2, 3 e 4.


 

 

L’articolo 22 prevede alcune agevolazioni fiscali, sotto forma di detrazione dall’imposta lorda, per interventi di adeguamento degli edifici volti a garantire migliori risultati in termini di risparmio energetico (riduzione perdite di energia attraverso pareti, pavimenti, solai e finestre, promozione del solare termico, promozione di nuovi edifici a elevati standard energetici).

 

In particolare, il comma 1 prevede una detrazione dall’imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino ad un valore massimo di 100.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per interventi di riqualificazione energetica volti a garantire il conseguimento di specifici obiettivi di risparmio energetico. Si prevede infatti che gli interventi debbano conseguire un valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per la climatizzazione invernale (vale a dire il valore di consumo di energia per riscaldamento invernale) inferiore di almeno il 20 per cento rispetto ai valori massimi consentiti nell’allegato C, numero 1), tabella 1, annesso al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192.

 

Il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, ha attuato la direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia. Il decreto legislativo è diretto alla promozione del miglioramento della prestazione energetica degli edifici, anche al fine di favorire lo sviluppo e la valorizzazione delle fonti rinnovabili, nonché la diversificazione energetica, contribuendo in tal modo al conseguimento degli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas a effetto serra posti dal Protocollo di Kyoto, nonché alla promozione della competitività dei comparti più avanzati, attraverso lo sviluppo tecnologico. Tra i precedenti interventi legislativi in materia si ricordano la legge 30 aprile 1976, n. 373, recante “Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici”, con la quale si è inteso regolare le caratteristiche di prestazione dei componenti, l’installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici per il riscaldamento degli ambienti e per la produzione di acqua calda per usi igienici e sanitari negli edifici pubblici o privati, nonché le caratteristiche di isolamento termico degli edifici da costruire o ristrutturare, nei quali sia prevista l'installazione di un impianto termico di riscaldamento degli ambienti; la legge 9 gennaio 1991, n. 10, le cui disposizioni sono state dirette a favorire ed incentivare, tra l’altro, l'uso razionale dell'energia, lo sviluppo delle fonti rinnovabili e la riduzione dei consumi specifici di energia nei processi produttivi.

La tabella citata, di seguito riportata, individua i valori limite consentiti per il consumo annuo di energia per il riscaldamento nei mesi invernali (espressi in KWH) per metro quadrato di superficie utile dell’edificio espresso.

 

Valori limite per il fabbisogno annuo di energia primaria per la climatizzazione invernale per metro quadrato di superficie utile dell’edificio espresso in kWh/m2 anno

Rapporto di forma dell’edificio

Zona climatica

 

A

B

C

D

E

F

S/v

fino a
600
GG

a
601
GG

a
900
GG

a
901
GG

a
1400
GG

a
1401
GG

a
2100
GG

a
2101
GG

a
3000
GG

oltre
3000
GG

<0,2

10

10

15

15

25

25

40

40

55

55

>0,9

45

45

60

60

85

85

110

110

145

145

I valori limite riportati in tabella 1 sono espressi in funzione della zona climatica, così come individuata all’articolo 2 del decreto del Presidente ella Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e del rapporto di forma dell’edificio S/V, dove:

a)   S, espressa in metri quadri, è la superficie che delimita verso l’esterno (ovvero verso ambienti non dotati di impianto di riscaldamento) il volume riscaldato V;

b)   V e il volume lordo, espresso in metri cubi, delle parti di edificio riscaldate, definito dalle superfici che lo delimitano.

Per valori di S/V compresi nell’intervallo 0,2-0,9 e, analogamente, per gradi giorno (GG) intermedi ai limiti delle zone climatiche riportati in tabella si procede mediante interpolazione lineare.

 

La detrazione spetta (in considerazione della disposizione dell’articolo 217 che stabilisce, come è d’uso, l’entrata in vigore della legge a partire dal 1° gennaio 2007) per un anno, ossia per le spese documentate sostenute entro il 31 dicembre 2007.

 

Il comma 2 stabilisce una detrazione d’imposta, per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute e fino ad un valore massimo di 60.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per l’installazione, su edifici esistenti, parti di edifici o unità immobiliari, di strutture opache verticali (pareti), strutture opache orizzontali (pavimenti e coperture), finestre comprensive di infissi, a condizione che tali strutture siano rispondenti a requisiti di trasmittanza termica U espressa in W/mqK (e quindi idonee a conseguire determinati livelli di risparmio energetico) indicati nella tabella 3 allegata al disegno di legge finanziaria e di seguito riportata.


 

Zona climatica

Strutture opache verticali

Strutture opache orizzontali

Finestre comprensive di infissi

 

 

Pavimenti

Copertura

 

A

0,72

0,42

0,74

5,0

B

0,54

0,42

0,55

3,6

C

0,46

0,42

0,49

3,0

D

0,40

0,35

0,41

2,8

E

0,37

0,32

0,38

2,5

F

0,35

0,31

0,36

2,2

 

 

Anche in questo caso la detrazione spetta per un anno, vale a dire per le spese documentate sostenute entro il 31 dicembre 2007.

 

Il comma 3 stabilisce una detrazione d’imposta, per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute fino ad un valore massimo di 60.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per le spese relative all’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici e industriali, nonché per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università.

Anche in questo caso la detrazione spetta per un anno, vale a dire per le spese documentate sostenute entro il 31 dicembre 2007.

 

Il comma 4 prevede una detrazione d’imposta per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute e fino ad un valore massimo di 30.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per le spese sostenute per interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione.

Anche in questo caso la detrazione spetta per un anno, vale a dire per le spese documentate sostenute entro il 31 dicembre 2007.

 

Il comma 5 individua le condizioni per fruire delle detrazioni previste dai sopra descritti commi da 1 a 4. In primo luogo, si prevede l’applicazione dei criteri generali individuati per usufruire delle detrazioni d’imposta per la ristrutturazione del patrimonio edilizio dall’articolo 1 della legge n. 449 del 1997 e dalle relative norme di attuazione, contenute nel regolamento del Ministro delle finanze 18 febbraio 1998 n. 41.

 

L’articolo 1 della legge n. 449 del 1997 stabilisce un regime di detrazioni d’imposta per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio. Il comma 3, oltre a rimettere ad un decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, la determinazione delle modalità di attuazione e delle procedure di controllo, prevede che in tali procedure siano coinvolte le banche e la società Poste italiane SpA, in funzione del contenimento dell’evasione fiscale e contributiva, ovvero mediante l’intervento delle aziende unità sanitarie locali in funzione dell’osservanza delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro e sui cantieri, prevedendo, in caso di violazione di tali norme, la decadenza dal diritto alla detrazione. Le detrazioni sono ammesse per edifici censiti all’ufficio del catasto o di cui sia stato richiesto l’accatastamento e relativamente ai quali risulti pagata l’imposta comunale sugli immobili (ICI) per gli anni a decorrere dal 1997, se dovuta.

 

Tra le ulteriori modalità individuate daI regolamento del Ministro delle finanze 18 febbraio 1998 n. 41, si segnalano gli obblighi, a pena di decadenza del diritto alla detrazione:

-        di trasmissione della comunicazione della data in cui avranno inizio i lavori, prima dell’inizio dei lavori stessi, all’Ufficio delle entrate, mediante raccomandata, unitamente ai dati catastali dell’immobile e alle ricevute di pagamento dell’ICI relative agli anni a decorrere dal 1997;

-        di comunicazione preventiva all’azienda sanitaria locale territorialmente competente della data di inizio dei lavori;

-        di esecuzione del pagamento mediante bonifico bancario dal quale risultino la causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario della detrazione e il numero di partita IVA ovvero il codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato;

-        di conservazione ed esibizione, su richiesta degli uffici finanziari, delle fatture o ricevute fiscali comprovanti le spese effettivamente sostenute;

-        di trasmissione, per i lavori superiori all’importo di 51.645,69 euro (100 milioni di lire), di una dichiarazione di esecuzione dei lavori sottoscritta da un soggetto iscritto negli albi degli ingegneri, architetti e geometri ovvero da altro soggetto abilitato all’esecuzione degli stessi.

Il regolamento prevede inoltre che le banche presso le quali sono disposti i bonifici trasmettano all’Agenzia delle entrate in via telematica e con le modalità ed entro il termine individuato da un provvedimento dell’Agenzia delle entrate, i dati identificativi del mittente, dei beneficiari della detrazione e dei destinatari dei pagamenti.

 

Il comma 5 stabilisce poi le seguenti ulteriori condizioni per fruire delle detrazioni:

a)      l’asseverazione della rispondenza dell’intervento ai previsti requisiti da parte di un tecnico abilitato, che ne risponde civilmente e penalmente;

b)      l’acquisizione da parte del contribuente della certificazione energetica dell’edificio, se prevista dalla regione o dall’ente locale in base all’articolo 6 del già citato decreto legislativo n. 192 del 2005.

 

L’attestato di certificazione energetica è previsto per tutti gli edifici di nuova costruzione e per quelli sia intervenuta una ristrutturazione integrale degli elementi edilizi costituenti l’involucro di edifici esistenti ovvero la demolizione e ricostruzione in manutenzione straordinaria di edifici esistenti di superficie utile superiore a 1000 metri quadrati. L’attestato ha una validità temporale di dieci anni.

 

Qualora la certificazione energetica non sia prevista, il contribuente deve acquisire un “attestato di qualificazione energetica” predisposto e asseverato da un professionista abilitato, nel quale sono riportati i fabbisogni di energia primaria di calcolo o dell’unità immobiliare e i corrispondenti valori massimi ammissibili fissati dalla normativa ovvero, nel caso in cui tali limiti non siano stati fissati, quelli fissati per un identico edificio di nuova costruzione. L’attestato di qualificazione comprende anche l’indicazione di possibili interventi migliorativi.

Anche le spese per la certificazione possono rientrare negli importi detraibili ai sensi dei commi da 1 a 4.

 

In proposito, si rileva che in base all’articolo 6 del decreto legislativo n. 192 del 2005 la certificazione energetica dell’edificio sembra essere obbligatoriamente prevista, per gli edifici nuovi o integralmente ristrutturati, laddove la disposizione in commento sembra prefigurare per le regioni e gli enti locali la facoltà di introdurre obbligo in tal senso.

 

Il comma 6 rinvia, per quanto concerne le definizioni dell’articolo in commento, a quelle fornite dal citato del decreto legislativo n. 192 del 2005. L’individuazione delle modalità attuative dell’articolo è inoltre rinviata ad un decreto del Ministro dell’economia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro il 28 febbraio 2007.

 

La relazione tecnica prevede che dalla norma possa derivare una perdita di gettito di 6,5 milioni di euro per il 2007, di 71 milioni per il 2008 e di 44 milioni per il 2009.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 22 giugno 2005 la Commissione europea ha presentato il Libro verde sull’efficienza energeticaFare di più con meno” (COM(2005)265) inteso ad individuare gli ostacoli che si frappongono al miglioramento dell’efficienza energetica nell’Unione europea, e a proporre una serie di azioni da intraprendere a vari livelli (internazionale, comunitario, nazionale, regionale e locale), coinvolgendo anche i settori dell’industria e dei trasporti.

Il Libro verde è volto ad avviare il dibattito sull’obiettivo di ridurre del 20%, entro il 2020, il consumo energetico dell'Unione europea, mantenendo il migliore rapporto possibile tra costi sostenuti ed efficienza conseguita.

Tale obiettivo può essere raggiunto, secondo la Commissione, attraverso un migliore sfruttamento dell'energia grazie a tecnologie che comportano una maggiore efficienza energetica, ma anche sensibilizzando i consumatori ad integrare l'efficienza energetica nei loro comportamenti quotidiani.

La Commissione raccomanda inoltre di agire adottando misure d’intervento, a livello comunitario, in numerosi settori tra i quali l’edilizia. In particolare, la Commissione intende presentare proposte volte al rafforzamento della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico nell’edilizia,anche attraverso l’estensione del suo campo di applicazione a tutte le ristrutturazioni di edifici[80].

Secondo la Commissione un'altra modifica della direttiva potrebbe risultare necessaria per rendere vincolanti, qualora gli Stati membri non le applicassero su base volontaria, le circa 30 norme tecniche elaborate dalla Commissione al fine di fornire agli stessi Stati membri gli strumenti necessari per lo sviluppo di una metodologia integrata di calcolo della prestazione energetica degli edifici.

 

Il Consiglio ha adottato conclusioni favorevoli sul Libro verde della Commissione nel corso della seduta del 1° dicembre 2005, mentre il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sul documento il 1° giugno 2006.

In particolare, il Parlamento europeo sottolinea la necessità di ampliare il campo di applicazione della direttiva 2002/91/CE in modo da comprendere le operazioni importanti di rimodernamento di edifici di ogni dimensione e da fornire un finanziamento adeguato per accelerare il rimodernamento degli edifici dotati del più elevato potenziale di risparmio. Il Parlamento inoltre valuta positivamente l'attenzione riservata alle società di servizi energetici (ESCO - Energy Service Company) nel Libro verde, società in grado di stipulare contratti che prevedono l'esecuzione di opere di trasformazione in edifici esistenti, finalizzate a garantire una percentuale di risparmio sulle spese energetiche. L'importo risparmiato, grazie alla diminuzione delle spese energetiche, sarà utilizzato per saldare il contratto. Sarà possibile quindi ottenere un risparmio energetico permanente senza la necessità di finanziamenti supplementari.


Articolo 23
(Misure di sostegno per la promozione di nuova edilizia ad alta efficienza energetica)

 

 


1. Gli interventi di realizzazione di nuovi edifici o nuovi complessi di edifici, di volumetria complessiva superiore a 10.000 metri cubi, con data di inizio lavori entro il 31 dicembre 2007 e termine entro i tre anni successivi, che conseguono un valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per metro quadrato di superficie utile dell'edificio inferiore di almeno il 50 per cento rispetto ai valori riportati nell'allegato C, numero 1), tabella 1, annesso al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, nonché del fabbisogno di energia per il condizionamento estivo e l'illuminazione, hanno diritto a un contributo pari al 55 per cento degli extra costi sostenuti per conseguire il predetto valore limite di fabbisogno di energia, incluse le maggiori spese di progettazione.

2. Per l'attuazione del comma 1, è costituito un Fondo di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sono fissate le condizioni e le modalità per l'accesso e l'erogazione dell'incentivo, nonché i valori limite relativi al fabbisogno di energia per il condizionamento estivo e l'illuminazione.


 

 

 

L'articolo 23 prevede disposizioni volte ad assicurare la promozione di nuova edilizia a rilevante risparmio energetico.

 

 

A tal fine il comma 1 prevede il diritto ad un contributo per la realizzazione di nuovi edifici o nuovi complessi di edifici che rispettino particolari parametri di efficienza energetica.

 

 

In particolare:

 

§      gli edifici devono avere volume complessivo superiore a 10.000 metri cubi;

§      i lavori devono avere inizio entro il 31 dicembre 2007 e termine entro i tre anni successivi;

§      il valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per metro quadrato di superficie utile dell'edificio deve essere inferiore di almeno il 50 per cento rispetto ai valori riportati nell'allegato C, numero 1), tabella 1[81], annesso al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192[82];

§      il fabbisogno di energia per il condizionamento estivo e l'illuminazione deve rientrare nei valori limite definiti da un successivo decreto[83] del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.

 

Il contributo previsto dalla norma è pari al 55 per cento dei maggiori costi sostenuti per conseguire il predetto valore limite di fabbisogno di energia, incluse le maggiori spese di progettazione.

 

Il comma 2 dispone a tal fine la costituzione di un Fondo di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009. Le condizioni e le modalità per l'accesso e l'erogazione dell'incentivo saranno fissate successivamente con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, unitamente ai valori limite precedentemente citati.

 

In relazione alla materia su cui verte il presente articolo, si segnala che nel corso del 2005 è stato emanato un importante provvedimento volto ad incentivare il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici: il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, di attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia[84].

Tra le principali disposizioni introdotte dal citato decreto, conformemente alle previsioni della direttiva, vi è l’introduzione (art. 6) di un sistema di certificazione energetica per gli edifici di nuova costruzione nonché per le ristrutturazioni di edifici esistenti di superficie utile superiore a 1.000 metri quadrati.

Tale certificazione, in verità, era già prevista dalla legge n. 10 del 1991, ma non è stata mai attuata per le difficoltà dei comuni di svolgere un adeguato controllo. Secondo alcuni osservatori, le nuove norme recate dal D.Lgs. n. 192 del 2005 potrebbero rivelarsi efficaci in quanto “può darsi, anzi è probabile, che i controlli da parte dei comuni continuino ad essere carenti. Ma entra in scena un nuovo controllore severissimo: l’utente”[85].

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 22.


Articolo 24
(Contributi per apparecchi domestici e motori industriali
ad alta efficienza)

 


1. Per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2007, per la sostituzione di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni con analoghi apparecchi di classe energetica non inferiore ad A+ spetta una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 20 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 200 euro per ciascun apparecchio, in un'unica rata.

2. Per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2007, per l'acquisto e l'installazione di motori ad elevata efficienza di potenza elettrica compresa tra 5 e 90 kW, nonché per la sostituzione di motori esistenti con motori ad elevata efficienza di potenza elettrica compresa tra 5 e 90 kW spetta una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 20 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 1.500 euro per motore, in un'unica rata.

3. Per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2007, per l'acquisto e l'installazione di variatori di velocità (inverter) su impianti con potenza elettrica compresa tra 7,5 e 90 kW spetta una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 20 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 1.500 euro per intervento, in un'unica rata.

4. Entro il 28 febbraio 2007 con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definite le caratteristiche cui devono rispondere i motori ad elevata efficienza e i variatori di velocità (inverter) di cui ai commi 2 e 3, i tetti di spesa massima in funzione della potenza dei motori e dei variatori di velocità (inverter) di cui ai medesimi commi, nonché le modalità per l'applicazione di quanto disposto ai commi 1, 2 e 3 e per la verifica del rispetto delle disposizioni in materia di ritiro delle apparecchiature sostituite.


 

 

L’articolo 24 dispone l’erogazione di contributi, sotto forma di detrazione d’imposta, per l’acquisto di apparecchi domestici e l’acquisto e la sostituzione di motori industriali, che avvengano entro il 31 dicembre 2007.

 

In particolare, il comma 1 prevede una detrazione dall’imposta lorda, per una quota pari al 20 per cento degli importi effettivamente pagati dal contribuente e fino ad un massimo di 200 euro per ciascun apparecchio, per le spese documentate e sostenute entro il 31 dicembre 2007 per la sostituzione di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni con analoghi apparecchi di classe energetica non inferiore ad A+. La detrazione spetta in un’unica rata.

 

Si segnala che la direttiva 94/2/CE – recepita nel nostro ordinamento con il D.M. 2 aprile 1998 (“Modalità di applicazione della etichettatura energetica a frigoriferi domestici, congelatori e relative combinazioni”), successivamente modificato dal D.M. 7 ottobre 1998 (“Modalità di applicazione della etichettatura energetica a lavatrici, asciugabiancheria e lavasciuga ad uso domestico”) – è stata successivamente novellata dalla direttiva 2003/66 che, per gli elettrodomestici del freddo, ha aggiunto due nuove classi di efficienza energetica - denominate A+ e A++ - alle sette attualmente previste che vanno da A (efficienza massima) a G (efficienza minima) (Si ricorda che i prodotti definiti energeticamente efficienti ricadono nelle classi A e B).

La Commissione Europea, infatti, rilevando il successo ottenuto dal regime di etichettatura introdotto dalla citata direttiva 94/2/CE che, nel quadriennio dal 1996 al 2000, ha provocato un aumento degli indici di efficienza dei nuovi frigoriferi e congelatori superiore al 30% e rilevando, altresì, che nel 2000 il 20% delle apparecchiature refrigeranti vendute apparteneva alla classe più efficiente (A), con percentuali superiori al 50% in alcuni paesi, ha ritenuto necessario introdurre le due classi addizionali A+ e A++, nell’attesa di una revisione complessiva delle classi di etichettatura energetica (i frigoriferi e congelatori che consumano di più sono classificati «F» e «G»).l

La direttiva 2003/66 è stata recepita con D.M. 21 settembre 2005.

 

Il comma 2 prevede una detrazione, sempre per una quota al 20 per cento, ma fino ad un valore massimo di 1.500 euro per motore, per l’acquisto e l’installazione di motori ad elevata efficienza di potenza elettrica compresa tra 5 e 90 KW e per la sostituzione di motori esistenti con motori ad elevata efficienza di potenza elettrica compresa tra 5 e 90 KW. Anche in questo caso la detrazione spetta in un’unica rata. La detrazione spetta per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2007.

 

Il comma 3 stabilisce una detrazione, per una quota pari al 20 per cento degli importi e fino ad un massimo della detrazione di 1.500 euro per intervento, per l’acquisto e l’installazione di variatori di velocità su impianti con potenza elettrica compresa tra 7,5 e 90 KW. La detrazione spetta, in un’unica rata, per le spese documentate e sostenute entro il 31 dicembre 2007.

 

Il comma 4 affida ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia, la definizione delle caratteristiche cui devono rispondere i motori ad elevata efficienza ed i variatori di velocità di cui ai commi 2 e 3.

 

La relazione tecnica attribuisce alla misura agevolativa di cui al comma 1 un effetto di perdita di gettito di cassa di 96 milioni di euro per il 2008 e di aumento di gettito di 41 milioni di euro per il 2009.

Inoltre, alle misure agevolative di cui ai commi 2 e 3 viene attribuito un effetto di perdita di gettito di cassa di 58 milioni per il 2008 ed di aumento di gettito di cassa di 24 milioni per il 2009.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 22 giugno 2005 la Commissione europea ha presentato il Libro verde sull’efficienza energeticaFare di più con meno” (COM(2005)265).

(Per gli aspetti generali del Libro verde si veda la schedaDocumenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 22).

La Commissione raccomanda, tra l’altro, di agire adottando misure d’intervento, a livello comunitario, in numerosi settori tra i quali gli elettrodomestici. In particolare la Commissione intende aumentare il numero di elettrodomestici per i quali è prevista l’etichettatura[86] con lo scopo di informare i consumatori sulle loro prestazioni energetiche. A tal fine essa intende unire alle misure di informazione al consumatore, norme di armonizzazione minima ed accordi volontari. Si ricorda, al riguardo, il nuovo approccio proposto dalla recente direttiva 2005/32/CE relativa all'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia: tale direttiva prevede, tra l’altro, di applicare i requisiti di efficienza energetica, evitando ripercussioni negative su altri aspetti ambientali o altre fasi della vita del prodotto.

 

Quanto all’industria, il Libro verde della Commissione, pur ricordando i progressi compiuti dal settore industriale in materia di efficienza energetica, sottolinea la necessità di migliorare i risultati già raggiunti, prevedendo, se necessario, adeguati incentivi economici.

Per quanto riguarda le iniziative volte a migliorare l’efficienza energetica del settore industriale, la Commissione segnala che, nell’ambito della direttiva 91/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento, è in fase di preparazione un BREF (Best available technology Reference Documents) volto a raccogliere informazioni utili per elaborare le migliori pratiche applicabili ai sistemi energetici utilizzati in numerose tecniche industriali. Sono stati, inoltre, conclusi accordi volontari in alcuni settori industriali al fine di rafforzare le misure di efficienza energetica.

Il Consiglio ha adottato conclusioni favorevoli al Libro verde della Commissione nel corso della seduta del 1° dicembre 2005, mentre il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sul Libro verde sull’efficienza energetica il 1° giugno 2006.

In particolare il Parlamento europeo ritiene auspicabile rendere più interessante per i consumatori l'acquisto di elettrodomestici di classe "A" (ossia quelli a minor consumo energetico), per esempio attraverso agevolazioni fiscali nei singoli Stati membri o tramite una riduzione dell'IVA a livello comunitario.


Articolo 25
(Interventi sulla fiscalità energetica per finalità sociali e misure per favorire l'insediamento sul territorio di infrastrutture energetiche)

 


1. Il maggiore gettito fiscale derivante dall'incidenza dell'imposta sul valore aggiunto sui prezzi di carburanti e combustibili di origine petrolifera, in relazione ad aumenti del prezzo internazionale del petrolio greggio, rispetto al valore di riferimento previsto nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2007-2011, è destinato, nel limite di 100 milioni di euro annui, alla costituzione di un apposito fondo da utilizzare a copertura di misure di compensazione a favore di regioni ed enti locali interessati dalla realizzazione di nuove infrastrutture energetiche di rilevanza nazionale ai sensi di quanto previsto al comma 2 e di interventi di riduzione dei costi della fornitura energetica per finalità sociali.

2. In attuazione di appositi accordi da stipulare tra il Governo e le singole regioni e gli enti locali interessati dalla realizzazione di nuove infrastrutture di trasporto di energia, di coltivazione di idrocarburi, di stoccaggio di gas naturale o di importazione di energia elettrica o gas naturale che, ai fini del presente articolo, abbiano rilevanza nazionale ai fini della sicurezza degli approvvigionamenti energetici, con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per gli affari regionali e le autonomie locali, le risorse del fondo di cui al comma 1 possono essere destinate al finanziamento di interventi di carattere sociale da parte dei comuni a favore dei residenti nei territori interessati, anche ai fini della riduzione dei costi delle forniture di energia per usi civili, con esclusione dei tributi erariali.

3. Nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico è istituito il fondo di cui al comma 1 che, per il triennio 2007-2009, ha una dotazione iniziale di 50 milioni di euro annui.

4. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le condizioni, le modalità e i termini per l'utilizzo della dotazione del fondo di cui al comma 1.

5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

L'articolo 25 contiene disposizioni in materia di fiscalità energetica per finalità sociali e misure per favorire l'insediamento di infrastrutture energetiche sul territorio.

 

Si segnala che l'articolo in esame riproduce in maniera pressoché identica il contenuto degli articoli 3 e 4 del disegno di legge A.S. 691, contenente la delega al Governo per completare la liberalizzazione dei settori dell' energia elettrica e del gas naturale e per il rilancio del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili, in attuazione delle direttive comunitarie 2003/54/CE, 2003/55/CE e 2004/67/CE.

Tale provvedimento è attualmente all'esame della Commissione 10a (Industria) del Senato, in sede referente[87].

 

In particolare il comma 1 destina ad un apposito fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, nel limite massimo di 100 milioni di euro annui, il maggior gettito fiscale derivante dall'incidenza dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) sui prezzi dei carburanti e combustibili di origine petrolifera, dovuto ad aumenti dei prezzi del petrolio greggio, rispetto al valore di riferimento previsto dal documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2007-2011.

 

Nella relazione governativa che accompagna il presente disegno di legge si segnala che il citato documento di programmazione economica e finanziaria imposta le previsioni di gettito sulla base di un prezzo di 71 dollari per barile di petrolio greggio. Nella citata relazione si segnala, inoltre, come la misura adottata dal presente articolo (istituzione del Fondo presso il Ministero dello sviluppo economico) sia stata fortemente richiesta dai consumatori, che lamentano come in un periodo di prezzi dei prodotti petroliferi in crescita, la fiscalità generale tragga “vantaggio” dalla situazione per effetto dell’incidenza percentuale dell’imposta sul valore aggiunto sulla componente di prezzo costituita dal costo industriale (che ovviamente cresce al crescere de prezzi della materia prima sui mercati internazionali) comprensivo di accisa.

 

Ai sensi del comma 2, con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i ministri dell'economia e delle finanze e per gli affari regionali e le autonomie locali, le risorse del fondo previsto dal comma 1 possono essere destinate al finanziamento di interventi di carattere socialeda parte dei comuni a favore dei cittadini residenti nei territori interessati dalla realizzazione di nuove infrastrutture energetiche, anche ai fini della riduzione dei costi delle forniture di energia per usi civili, con esclusione dei tributi erariali.

Tali decreti sono adottati in attuazione di appositi accordi da stipulare tra il Governo e le singole regioni e gli enti locali interessati dalla realizzazione di nuove infrastrutture di trasporto di energia, di coltivazione di idrocarburi, di stoccaggio di gas naturale o di importazione di energia elettrica o gas naturale che abbiano rilevanza nazionale ai fini della sicurezza degli approvvigionamenti energetici.

 

In relazione alla formulazione di questo comma si osserva che l'espressione "nuove infrastrutture (...) che (...) abbiano rilevanza nazionale ai fini della sicurezza degli approvvigionamenti energetici" appare eccessivamente generica: sembrerebbe opportuno fornire indicazioni più precise sulle modalità di individuazione di tali infrastrutture.

 

Si ricorda che la legge 21 dicembre 2001, n. 443 (c.d. legge obiettivo)[88] prevede che il Governo individui "le infrastrutture (...) di preminente interesse nazionale". Nell'individuare le suddette infrastrutture il Governo procede secondo finalità, tra l'altro, di garanzia della sicurezza strategica e di contenimento dei costi dell'approvvigionamento energetico del Paese. L'individuazione è operata nel Documento di programmazione economico-finanziaria, a mezzo di un programma predisposto dal Ministro delle infrastrutture, d'intesa con i Ministri competenti e le regioni o province autonome interessate e inserito, previo parere del CIPE e previa intesa della Conferenza unificata Stato-regioni e Stato-città ed autonomie locali.

A tal proposito, il primo programma delle infrastrutture strategiche è stato approvato con la delibera CIPE 21 dicembre 2001, n. 121/20016[89]. Nell'allegato4 della deliberazione sono indicate le infrastrutture strategiche nel settore del gas e degli idrocarburi e sono richiamati gli interventi di rilevanza strategica nel settore elettrico previsti nel "Programma triennale di Sviluppo della Rete di Trasmissione Nazionale", deliberato dal GRTN il 24 gennaio 2001.

Si deve aggiungere che la legge obiettivo è stata oggetto della sentenza n. 303 della Corte costituzionale che ne ha dichiarato la legittimità costituzionale, salvo alcune previsioni. In questa sentenza la Corte chiarisce che la Costituzione impone un'intesa tra Stato e regioni nella predisposizione di un programma di infrastrutture che può coinvolgere anche potestà legislative concorrenti. Dopo aver precisato la necessità dell'intesa, la Corte afferma che "non è rilevante se essa preceda l'individuazione delle infrastrutture ovvero sia successiva ad una unilaterale attività del Governo. Se dunque tale attività sia stata già posta in essere, essa non vincola la Regione fin quando l'intesa non venga raggiunta".

 

Potrebbe essere meritevole di approfondimento l’eventuale rapporto fra le infrastrutture di preminente interesse nazionale di cui alla legge obiettivo e le nuove infrastrutture di cui al presente comma.

 

Il comma 3 precisa che il Fondo previsto dal precedente comma 1 è istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. Per il triennio 2007-2009 si dispone che esso abbia una dotazione di 50 milioni di euro annui.

La definizione di condizioni, modalità e termini di utilizzo del suddetto fondo è demandata ad un decreto del Ministro dell’economia, per la cui adozione, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, è fissato il termine ultimo di tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge (comma 4).

Il comma 5 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le variazioni di bilancio conseguenti al dettato dei precedenti commi.


Articolo 26
(Biocarburanti)

 


1. L'articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128, è sostituito dal seguente:

«Art. 3. - (Obiettivi indicativi nazionali). - 1. Sono fissati i seguenti obiettivi indicativi nazionali, calcolati sulla base del tenore energetico, di immissione in consumo di biocarburanti e altri carburanti rinnovabili, espressi come percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti immessi al consumo nel mercato nazionale:

     a) entro il 31 dicembre 2005: 1,0 per cento;

     b) entro il 31 dicembre 2008: 2,5 per cento;

     c) entro il 31 dicembre 2010: 5,0 per cento».

2. L'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, è sostituito dal seguente:

«Art. 2-quater. - (Interventi nel settore agroenergetico). - 1. A decorrere dal 1o gennaio 2007 i soggetti che immettono in consumo benzina e gasolio per autotrazione prodotti a partire da fonti primarie non rinnovabili hanno l'obbligo di immettere in consumo, nell'anno successivo, una quota minima di biocarburanti e di altri carburanti rinnovabili indicati al comma 4, con le modalità di cui al comma 3. I medesimi soggetti possono assolvere al predetto obbligo anche acquistando, in tutto o in parte, l'equivalente quota o i relativi diritti da altri soggetti.

2. La quota minima di cui al comma 1, calcolata sulla base del tenore energetico, è inizialmente fissata al 2,5 per cento di tutto il carburante benzina e gasolio immesso in consumo nell'anno precedente. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, la quota minima di cui al comma 1 può essere incrementata per gli anni successivi al 2007.

3. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono dettati i criteri, le condizioni e le modalità per l'attuazione dell'obbligo di cui al comma 1, secondo obiettivi di sviluppo di filiere agroenergetiche, con priorità per progetti pluriennali ad elevata intensità occupazionale e maggiori benefìci ambientali, ivi inclusi quelli connessi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra lungo l'intera filiera agroenergetica, nonché modalità di verifica del rispetto dell'obbligo e relative sanzioni.

4. I biocarburanti e gli altri carburanti rinnovabili da immettere in consumo ai sensi del presente articolo sono il biodiesel, il bioetanolo, l'ETBE e il bioidrogeno».

3. Ai fini del rispetto degli obiettivi indicativi nazionali di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, concorre il contingente di biocarburanti immessi in consumo ai sensi del comma 6 dell'articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come da ultimo modificato dal presente comma. All'articolo 21 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 504 del 1995, i commi 6, 6.1 e 6.2 sono sostituiti dai seguenti:

«6. Le disposizioni del comma 2 si applicano anche al biodiesel (codice NC 3824 90 99) usato come carburante, come combustibile, come additivo, ovvero per accrescere il volume finale dei carburanti e dei combustibili. La fabbricazione o la miscelazione con oli minerali del biodiesel è effettuata in regime di deposito fiscale. Nell'ambito di un programma pluriennale, a decorrere dal 1o gennaio 2007 e fino al 31 dicembre 2010, il biodiesel, destinato alla miscelazione con gasolio per autotrazione, è sottoposto ad una accisa, determinata come percentuale dell'accisa sul gasolio per autotrazione, crescente negli anni e nei limiti di un contingente annuo crescente in misura corrispondente all'aumento dell'accisa. Per il primo anno, l'accisa è fissata al 20 per cento della corrispondente accisa sul gasolio per autotrazione, nel limite di un contingente annuo di 250.000 tonnellate. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono determinati i requisiti che gli operatori e i rispettivi impianti di produzione, nazionali e comunitari, devono possedere per partecipare al programma pluriennale, nonché le caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova, le percentuali di miscelazione consentite, i criteri e le priorità ai fini dell'assegnazione dei quantitativi agevolati agli operatori, tenendo in particolare conto dell'intensità di occupazione generata e dei benefìci ambientali, ivi inclusi quelli connessi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, lungo l'intera filiera agroenergetica. Con lo stesso decreto sono stabilite le garanzie che i soggetti che partecipano al programma devono fornire ai fini dell'effettiva immissione in consumo delle quantità assegnate. Le presenti disposizioni trovano applicazione dal 1o gennaio 2007 e comunque solo previo espletamento della procedura di autorizzazione da parte della Commissione europea. Nelle more dell'entrata in vigore del suddetto decreto trovano applicazione, in quanto compatibili e comunque per il solo anno 2007, le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 25 luglio 2003, n. 256.

6.1. Per ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i quantitativi del contingente che risultassero, al termine di ciascun anno, non immessi in consumo, sono ripartiti tra gli operatori propor­zionalmente alle quote loro assegnate per l'anno in questione, purché siano immessi in consumo entro il successivo 30 giugno. In caso di rinuncia, totale o parziale, delle quote risultanti dalla predetta ripartizione da parte di un beneficiario, le stesse sono ridistribuite, proporzionalmente alle relative assegnazioni, fra gli altri beneficiari.

6.2. Entro il 1o marzo di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i Ministeri dello sviluppo economico e delle politiche agricole alimentari e forestali comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze i costi industriali medi del gasolio, del biodiesel e delle materie prime necessarie alla sua produzione, rilevati nell'anno solare precedente. Sulla base delle suddette rilevazioni, al fine di evitare la sovracompensazione dei costi addizionali legati alla produzione, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro il 30 aprile di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, è rideterminata la misura dell'agevolazione di cui al medesimo comma 6».

4. Per l'anno 2007, il contingente di biodiesel di cui al comma 3 è incrementato in relazione alle risorse finanziarie disponibili ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto del Ministro delle attività produttive 28 ottobre 2005 e, nei limiti di tali risorse, può essere destinato anche ad uso combustione. Alle minori entrate per l'anno 2007 si provvede mediante corrispondente versamento all'entrata a valere sulle disponibilità del Fondo per le iniziative a vantaggio dei consumatori di cui all'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per un importo complessivo pari a 16.726.523 euro.

5. Gli importi annui previsti dall'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, eventualmente non utilizzati nell'anno 2006, sono destinati all'incremento del contingente di cui al comma 3 per gli anni 2007-2010.

6. In caso di mancato impiego del contingente di cui al comma 3, le corrispondenti maggiori entrate per lo Stato possono essere destinate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, per le finalità di sostegno ai biocarburanti, tra cui il bioetanolo, di cui all'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.


 

 

L’articolo 26 modifica una serie di disposizioni relative all’immissione in consumo e alla tassazione dei biocarburanti.

 

Il comma 1 modifica l'articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128, che ha fissato gli obiettivi indicativi nazionali relativi all’immissione in consumo di biocarburanti e altri carburanti rinnovabili[90].

Tali obiettivi erano fissati nei seguenti termini:

a)      entro il 31 dicembre 2005: 1 per cento;

b)      entro il 31 dicembre 2010: 2,5 per cento

Gli obiettivi fissati in sede comunitaria con la direttiva 2003/30/CE, cui il decreto legislativo n. 128 del 2005 intendeva dare attuazione, sono differenti, essendo pari al 2% per il 2005 e al 5,75% per il 2010. I diversi limiti introdotti nella legislazione italiana hanno pertanto dato luogo all’apertura di una serie di procedure d’infrazione contro l’Italia da parte della Commissione europea (v. infra).

Con la modifica del comma 1, gli obiettivi di immissione in consumo di biocarburanti vengono modificati, anche per cercare di risolvere il contenzioso comunitario, mantenendo l’obiettivo del 2,5%, ma anticipandolo al 31 dicembre 2008 e prevedendone l’ulteriore innalzamento al 5% per la data del 31 dicembre 2010. Le nuove soglie risultano pertanto così fissate:

a)      entro il 31 dicembre 2005: 1 per cento;

b)      entro il 31 dicembre 2008: 2,5 per cento;

c)      entro il 31 dicembre 2010: 5,0 per cento».

Si ricorda che gli obiettivi vengono calcolati sulla base del tenore energetico ed espressi come percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti immessi al consumo nel mercato nazionale

 

Il comma 2 dell’articolo 26 sostituisce integralmente l'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2[91], contenente disposizioni per promuovere la produzione e il consumo di biomasse e biocarburanti di origine agricola.

 

A tale proposito occorre preliminarmente segnalare che l’articolo 2-quater del decreto legge n. 2 del 2006, che il comma 2 dell’articolo 26 in esame intende sostituire, è oggetto di una serie di modifiche puntuali ad opera dell’articolo 156, comma 4, del presente disegno di legge finanziaria (cfr. la relativa scheda), le quali non sembrano coordinarsi, nei contenuti, con la nuova formulazione dell’articolo 2-quater disposta dal comma 2 del presente articolo 26.

 

In base alla sostituzione dell’articolo 2-quater operata dal comma 2,a decorrere dal 1o gennaio 2007 i soggetti che immettono in consumo benzina e gasolio per autotrazione prodotti a partire da fonti primarie non rinnovabili hanno l'obbligo di immettere in consumo, nell'anno successivo, una quota minima di biocarburanti.

Si tratta dei biocarburanti e degli altri carburanti rinnovabili indicati al comma 4 del nuovo testo dell’articolo 2-quater, cioè del biodiesel, del bioetanolo, dell’ETBE e del bioidrogeno.

Le modalità di immissione sono definite nel successivo comma 3, del novellato articolo 2-quater, il quale rinvia ad un apposito decreto la fissazione dei criteri, delle condizioni e delle modalità per l'attuazione di tale obbligo, secondo obiettivi di sviluppo di filiere agroenergetiche, dando priorità per progetti pluriennali ad elevata intensità occupazionale e maggiori benefìci ambientali, ivi inclusi quelli connessi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra lungo l'intera filiera agroenergetica. Il decreto recherà anche le modalità di verifica del rispetto dell'obbligo e le relative sanzioni.

Il decreto dovrà essere emanato dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

 

A tale proposito si segnala che la formulazione letterale del nuovo comma 3 dell’articolo 2-quater fa riferimento, per il termine di emanazione del decreto ministeriale, alla data di entrata in vigore “della presente legge”, anziché – come dovrebbe essere trattandosi di novella che accede a un testo già in vigore – a quella di entrata in vigore “della presente disposizione”.

 

Per assolvere all’obbligo di immissione in consumo dei biocarburanti, i soggetti sopra indicati possono anche acquistare, in tutto o in parte, l'equivalente quota di immissione o i relativi diritti da altri soggetti.

 

Il comma 2 dell’articolo 2-quater, nel testo novellato prevede che la quota minima di immissione, calcolata sulla base del tenore energetico, sia inizialmente fissata al 2,5 per cento di tutto il carburante benzina e gasolio immesso in consumo nell'anno precedente.

Tale quota minima può essere incrementata per gli anni successivi al 2007 con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.

 

Si ricorda che l’articolo 2-quater del decreto legge n. 2 del 2006 conteneva le seguenti disposizioni:

Il comma 1 incentivava la produzione e la commercializzazione del bioetanolo, al fine del conseguimento degli obiettivi indicativi nazionali previsti dalla normativa comunitaria.

I commi da 2 a 5 introducevano l’obbligo per i produttori di carburanti diesel e di benzina, a decorrere dal 1° luglio 2006, di immettere in consumo biocarburanti di origine agricola, nell’ambito di un’intesa di filiera, di un contratto quadro o di un contratto di programma agroenergetico (la cui disciplina era rimessa al CIPE), in una misura, crescente di un punto percentuale annuo fino al 2010, pari all’1% dei carburanti immessi al consumo nell’anno precedente.

I commi 6 e 7 prevedevano che la stipula di un contratto di coltivazione e di fornitura o di un contratto di programma agroenergetico costituisse titolo preferenziale nei bandi pubblici e nei contratti di fornitura che avessero ad oggetto i biocarburanti e che le pubbliche amministrazioni stipulassero contratti o accordi di programma per promuovere la produzione e la ricerca nel settore dei biocarburanti.

Il comma 8 equiparava il biogas[92] al gas naturale, agli effetti delle accise., comportandone l’esclusione dall’assoggettamento ad accisa.

Il comma 9 era volto ad assicurare che l’elettricità prodotta da biomasse o da biogas, oggetto di intese di filiera o di contratti quadro o contratti di programma agroenergetici che fossero stipulati in base alle norme dello stesso decreto, venisse immessa in rete godendo della precedenza, così come previsto in generale per l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs 79/99 .

Il comma 10 prevedeva che gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di carburanti di origine agricola garantissero la tracciabilità e la rintracciabilità del biocarburante utilizzato.

Il comma 11 novellando l’articolo 1, comma 423, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), faceva rientrare nell’ambito del reddito agrario, con il conseguente trattamento fiscale agevolato, anche l’attività svolta dalle aziende agricole dirette alla produzione e alla cessione di energia calorica (e non solo elettrica) e mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili fotovoltaiche (e non solo agroforestali), qualificandola come attività connessa all’attività agricola

 

Si segnala che tale ultimo comma 11 del vecchio testo dell’articolo 2-quater, contenente il trattamento fiscale agevolato per le imprese agricole di produzione di energia, non viene più riprodotto nel testo come novellato dell’articolo 26, comma 2, in esame. Questo mal si coordina con la disposizione contenuta nel comma 5 dell’articolo 156 del disegno di legge finanziaria in commento, con la quale si modifica proprio il comma 423 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005, nel senso di ampliare la platea di soggetti tassati in base al reddito agrario estendendola alle aziende agricole dirette alla produzione di biocarburanti.

 

Il comma 3 del presente articolo 26 prevede che il contingente di biocarburanti immessi in consumo ai sensi del comma 6 dell'articolo 21 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (testo unico delle imposte sulla produzione e i consumi), concorra al rispetto degli obiettivi indicativi nazionali di immissione in consumo di biocarburanti di cui al novellato articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128.

Lo stesso comma 3 provvede a sostituire i commi 6, 6.1 e 6.2 dell’articolo 21 del testo unico sulle accise, relativi all’applicazione delle accise sugli olî minerali, e recanti in particolare l’esenzione dalle accise per il biodiesel, nei limiti di un contingente di 200.000 tonnellate annue. L’esenzione era concessa nell’ambito di un programma pluriennale di sei anni (dal 2005 al 2010), finalizzato a promuoverne l’utilizzo.

La disposizione novellata elimina l’esenzione dall’accisa per il biodiesel, sostituendola con un’accisa da applicare, per l’anno 2007, con aliquota pari al 20% della corrispondente accisa applicata sul gasolio per autotrazione, enel limite di un contingente annuo di 250.000 tonnellate.

 

A tale proposito si segnala che lo stesso articolo 21, comma 6, del testo unico delle accise è oggetto di puntuali modifiche ad opera dell’articolo 156, comma 1, del presente disegno di legge finanziaria (cfr. la relativa scheda), che non si coordinano con la sostituzione del comma 6 qui operata.

 

L’accisa agevolata si applica sul biodiesel destinato alla miscelazione con gasolio per autotrazione.

Si ricorda che il gasolio usato come carburante sconta attualmente un’accisa di 413 euro per mille litri. Il 20% di tale accisa è pari ad 86,2 euro per mille litri.

 

La modifica viene inquadrata nell’ambito di un programma pluriennale che, a decorrere dal 1° gennaio 2007 e fino al 31 dicembre 2010, prevede l’applicazione di una accisa crescente negli anni, ma applicata nei limiti di un contingente annuo crescente in misura corrispondente all'aumento dell'accisa.

 

Con decreto interministeriale (del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali), saranno determinati i requisiti che gli operatori e i rispettivi impianti di produzione, nazionali e comunitari, devono possedere per partecipare al programma pluriennale, nonché le caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova, le percentuali di miscelazione consentite, i criteri e le priorità ai fini dell'assegnazione dei quantitativi agevolati agli operatori, Si terrà in particolare conto dell'intensità di occupazione generata e dei benefìci ambientali, ivi inclusi quelli connessi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, lungo l'intera filiera agroenergetica.

Il decreto dovrà essere emanato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e con lo stesso decreto saranno stabilite le garanzie che i soggetti che partecipano al programma devono fornire ai fini dell'effettiva immissione in consumo delle quantità assegnate.

Come previsto dal comma 6 dell’articolo 21, nel testo novellato, la concessione di un’aliquota d’accisa agevolata sul biodiesel dovrà essere sottoposta ad autorizzazione da parte della Commissione europea.

Nelle more dell'entrata in vigore del suddetto decreto trovano applicazione, in quanto compatibili e comunque per il solo anno 2007, le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 25 luglio 2003, n. 256. Si tratta del Regolamento concernente le modalità di applicazione dell'accisa agevolata sul biodiesel.

 

La novella apportata ai successivi commi 6.1 e 6.2 dell’articolo 21 conferma il testo previgente, con la sola modifica dei termini temporali per la comunicazione, da parte del ministero, rispettivamente dei costi industriali medi del gasolio e della misura dell’agevolazione sul biodiesel.

Il nuovo comma 6.2 (nel testo previgente corrispondeva al comma 6.1) dispone che:

§      entro il 1° settembre (anziché entro il 1° marzo di ogni anno di validità del programma pluriennale) i Ministeri dello sviluppo economico e delle politiche agricole alimentari e forestali comunichino al Ministero dell'economia e delle finanze i costi industriali medi del gasolio, del biodiesel e delle materie prime necessarie alla sua produzione, rilevati nell'anno solare precedente;

§      sulla base delle suddette rilevazioni, sia rideterminata la misura dell'agevolazione con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro il 30 aprile di ogni anno (anziché entro il 30 ottobre) di validità del programma. La rideterminazione è finalizzata ad evitare la sovracompensazione dei costi addizionali legati alla produzione.

 

Il comma 6.1, nel testo novellato, corrisponde nel contenuto al previgente comma 6.2 e prevede che per ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i quantitativi del contingente che risultino, al termine di ciascun anno, non immessi in consumo, siano ripartiti tra gli operatori proporzionalmente alle quote loro assegnate per l'anno in questione, purché siano immessi in consumo entro il successivo 30 giugno. In caso di rinunzia, totale o parziale, da parte di un beneficiario alle quote risultanti dalla predetta ripartizione, le stesse vengono ridistribuite, proporzionalmente alle relative assegnazioni, fra gli altri beneficiari.

 

Il comma 4 dell’articolo 26 dispone che, per l'anno 2007, il contingente di biodiesel che fruisce dell’aliquota d’accisa agevolata (di cui al comma 3) possa essere incrementato in relazione alle risorse finanziarie disponibili ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto del Ministro delle attività produttive 28 ottobre 2005 e, nei limiti di tali risorse, possa essere destinato anche ad uso di combustione.

Alle minori entrate per l'anno 2007 si provvede mediante corrispondente versamento all'entrata di un importo complessivo pari a 16.726.523 euro, a carico delle disponibilità del Fondo per le iniziative a vantaggio dei consumatori, di cui all'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. Si tratta delle entrate derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, le quali sono destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori.

 

In base al comma 5, gli importi annui previsti dall'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico delle accise, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, eventualmente non utilizzati nell'anno 2006, sono destinati all'incremento del contingente di cui al comma 3 per gli anni 2007-2010.

 

Il comma 6-ter dell’articolo 21 prevede che con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, il Ministro dell'ambiente ed il Ministro delle politiche agricole e forestali sono fissati, entro il limite complessivo di spesa di 73 milioni di euro annui, comprensivo dell'imposta sul valore aggiunto, i criteri di ripartizione dell'agevolazione tra le varie tipologie e tra gli operatori, le caratteristiche tecniche dei prodotti singoli e delle relative miscele ai fini dell'impiego nella carburazione, nonché le modalità di verifica della loro idoneità ad abbattere i principali agenti dinamici, valutata sull'intero ciclo di vita

 

Il comma 6 regola il caso di mancato impiego del contingente di cui al comma 3, stabilendo che le corrispondenti maggiori entrate per lo Stato possono essere destinate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, per le finalità di sostegno ai biocarburanti, tra cui il bioetanolo, di cui all'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

 

Nella relazione tecnica al provvedimento si stima una sostanziale invarianza di gettito per le disposizioni complessivamente contenute nell’articolo 26.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Biocarburanti

L’8 febbraio 2006 la Commissione europea ha presentato la comunicazione “una strategia dell’UE per i biocarburanti” (COM(2006)34), che prevede un ampio ventaglio di proposte, al fine di incentivare la produzione di combustibili da materie prime agricole. La Commissione intende sostenere un maggior impiego dei biocarburanti, ritenendo che in tal modo si possa ridurre la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di combustibili fossili, abbattere le emissioni di gas serra, dare nuovi sbocchi allo sviluppo rurale e aprire nuove opportunità economiche in vari paesi in via di sviluppo.

Il documento, che costituisce una integrazione del piano d’azione per la biomassa[93], individua tre finalità precise:

-        promuovere i biocarburanti nell’UE e nei paesi in via di sviluppo, e garantire che la loro produzione e utilizzo siano compatibili con l’ambiente;

-        avviare i preparativi per un utilizzo su vasta scala dei biocarburanti migliorandone la competitività in termini di costi e aumentando le attività di ricerca sui biocarburanti “di seconda generazione”;

-        sostenere i paesi in via di sviluppo, compresi quelli interessati dalla riforma del regime dello zucchero, nei quali la produzione di biocarburanti potrebbe promuovere una crescita economica sostenibile.

La strategia descrive sette direttrici politiche principali nell’ambito delle quali sono raggruppate le misure che la Commissione intende adottare per incentivare la produzione e l’utilizzo dei biocarburanti. Tra tali misure:

-        presentare una relazione, nel corso del 2006, con cui affrontare il tema dell’eventuale riesame della direttiva sui biocarburanti (dir. 2003/30/CE), nella quale approfondire vari aspetti, tra cui quello della definizione degli obiettivi nazionali per la quota di mercato rappresentata dai biocarburanti, l’applicazione di obblighi in materia di biocarburanti e la garanzia della sostenibilità della produzione;

-        incentivare gli Stati membri a concedere un trattamento favorevole ai biocarburanti di “seconda generazione”, nell’ambito degli obblighi in materia di biocarburanti;

-        istituire un quadro di incentivi legati alla prestazione ambientale dei singoli carburanti e combustibili;

-        invitare il Consiglio e il Parlamento europeo ad approvare rapidamente la proposta legislativa intesa a promuovere l’acquisto pubblico di veicoli puliti ed efficienti[94], compresi quelli che utilizzano miscele con percentuali elevate di biocarburanti.

La comunicazione è stata esaminata dal Parlamento europeo il 23 marzo 2006 e dal Consiglio l’8 e il 27 giugno 2006.

Tasse sulle autovetture

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva in materia di tasse sulle autovetture (COM(2005)261).

La proposta stabilisce talune norme per il calcolo delle tasse sulle autovetture in base alle loro emissioni di biossido di carbonio, prevede l'abolizione delle tasse di immatricolazione e, in determinati casi, di un sistema per il loro rimborso.

Si veda la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 20, comma 20.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 3 febbraio 2006 la Commissione ha presentato ricorso alla Corte di giustizia contro l’Italia[95] alla quale si contesta la mancata presentazione, entro il 1° luglio 2004, della relazione nazionale annuale sulla promozione dei biocarburanti,: in tal modo l’Italia è venuta meno agli obblighi imposti dall’art. 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/30/CE sulla promozione dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti.

Il 28 giugno 2006 la Commissione europea ha approvato un pacchetto di procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia, per non aver recepito in modo adeguato le direttive comunitarie nel settore dell'energia. In particolare ha deciso:

§       il ricorso davanti alla Corte di Giustizia delle Comunità europee per la mancata presentazione della relazione annuale per il 2005 sull’utilizzo dei biocarburanti prevista dalla direttiva 2003/30/CE, il cui termine scadeva il 1° luglio 2005. La Commissione aveva inviato un parere motivato il 4 aprile 2006;[96]

§       l’invio di un parere motivato per non aver spiegato adeguatamente la decisione di fissare obiettivi per i biocarburanti sensibilmente inferiori al valore di riferimento del 2% stabilito per il 2005 dalla stessa direttiva 2003/30/CE[97].

 


Articolo 27
(Modifiche al regime IVA sulla fornitura di energia termica)

 


1. Il punto 122) della tabella A, parte terza, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, è sostituito dal seguente:

«122) prestazioni di servizi e forniture di apparecchiature e materiali relativi alla fornitura di energia termica per uso domestico attraverso reti pubbliche di teleriscaldamento o nell'ambito del contratto servizio energia, come definito nel decreto interministeriale di cui all'articolo 11, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e successive modificazioni; sono incluse le forniture di energia prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento; alle forniture di energia da altre fonti, sotto qualsiasi forma, si applica l'aliquota ordinaria».


 

 

L’articolo 27 modifica la determinazione delle prestazioni di fornitura di energia termica assoggettate all’aliquota IVA agevolata del 10 per cento.

Viene sostituito a quest’effetto il punto 122) della tabella A, parte terza, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

 

La formulazione vigente designa le “prestazioni di servizi relativi alla fornitura e distribuzione di calore-energia per uso domestico”.

 

La nuova formulazione proposta specifica che l’aliquota agevolata si applica alle prestazioni di servizi e alle forniture di apparecchiature e materiali relativi alla fornitura di energia termica per uso domestico attraverso reti pubbliche di teleriscaldamento o nell'ambito del contratto servizio energia, come definito nel decreto interministeriale previsto dall'articolo 11, comma 1, del regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412. Sono incluse le forniture di energia prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento; alle forniture di energia da altre fonti, sotto qualsiasi forma, si applica l'aliquota ordinaria.

 

Il regolamento recante norme per la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia, approvato con D.P.R. 26 agosto 1993, n. 412, all’articolo 11, comma 1, prevede l’emanazione di un decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato (ora dello sviluppo economico), di concerto con il Ministro delle finanze (ora dell’economia e delle finanze), per la disciplina del contratto servizio energia.

Ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera p), dello stesso regolamento, per «contratto servizio energia» s’intende l'atto contrattuale che disciplina l'erogazione dei beni e servizi necessari a mantenere le condizioni di comfort negli edifici nel rispetto delle vigenti leggi in materia di uso razionale dell'energia, di sicurezza e di salvaguardia dell'ambiente, provvedendo nel contempo al miglioramento del processo di trasformazione e di utilizzo dell'energia.

La nozione di contratto servizio energia è stata specificata nella circolare del Ministero delle finanze n. 273/E-III-7-170395 del 23 novembre 1998, che ha ribadito l’applicabilità dell’aliquota IVA agevolata del 10 per cento.

 


Articolo 28
(Modifiche in tema di riutilizzazione commerciale
di dati ipotecari e catastali)

 


1. Il secondo periodo del comma 369 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è soppresso.

2. I commi 370, 371 e 372 dell'articolo 1 della legge della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono sostituiti dai seguenti:

«370. I documenti, i dati e le informazioni catastali ed ipotecarie sono riutilizzabili commercialmente, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, soltanto da parte di soggetti autorizzati dall'Agenzia del territorio mediante stipula di apposita convenzione; per l'acquisizione originaria di documenti, dati ed informazioni ipotecarie e catastali, i riutilizzatori commerciali autorizzati devono corrispondere i tributi previsti maggiorati nella misura del 20 per cento. La predetta percentuale di aumento non si applica per la fornitura di quei servizi telematici riservati ai riutilizzatori commerciali autorizzati. La percentuale di aumento può comunque essere rideterminata annualmente con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, anche tenendo conto dei costi complessivi di raccolta, produzione e diffusione di dati e documenti sostenuti dall'Agenzia del territorio, maggiorati di un adeguato rendimento degli investimenti e dell'andamento delle relative riscossioni. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono individuate le categorie di ulteriori servizi telematici che possono essere forniti dall'Agenzia del territorio esclusivamente ai riutilizzatori commerciali autorizzati a fronte del pagamento di un corrispettivo da determinare con lo stesso decreto.

371. Per ciascun atto di riutilizzazione commerciale non consentito sono dovuti i tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie nella misura prevista per l'acquisizione, anche telematica, dei documenti, dei dati o delle informazioni catastali o ipotecari direttamente dagli uffici dell'Agenzia del territorio.

372. Chi pone in essere atti di riutilizzazione commerciale non consentiti, oltre a dover corrispondere i tributi di cui al comma 371, è soggetto altresì ad una sanzione amministrativa tributaria di ammontare compreso fra il triplo ed il quintuplo dei tributi speciali e delle tasse dovuti ai sensi del comma 370. Si applicano le disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni».


 

 

L’articolo 28 modifica la disciplina introdotta dalla legge finanziaria per il 2005 in relazione alle condizioni di riutilizzazione commerciale di dati ipotecari e catastali.

 

I commi da 367 a 373 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 recano norme relative al divieto di riutilizzazione commerciale di documenti detenuti dall'Agenzia del territorio.

In particolare, il comma 367 prevede il divieto di riutilizzazione commerciale di documenti, dati e informazioni catastali e ipotecari acquisiti in via diretta o mediata, anche per via telematica, dagli archivi catastali e dai pubblici registri catastali tenuti dall'Agenzia del territorio.

Il comma 368 definisce la nozione di riutilizzazione commerciale.In particolare, si ha riutilizzazione commerciale quando i documenti sopra specificati sono comunque forniti a terzi, anche in copia e anche quando i documenti stessi siano rielaborati nella forma o nei contenuti, dai soggetti che li hanno acquisiti. Non si avrà invece riutilizzazione commerciale, ai sensi del comma 369, quando i dati o i documenti saranno forniti al solo soggetto per conto del quale gli stessi siano stati acquisiti, a meno che il corrispettivo previsto per la fornitura risulti inferiore all'ammontare dei tributi dovuti agli uffici dell'Agenzia del territorio per l'acquisizione dei documenti.

Ai sensi del comma 370, per ogni atto di riutilizzazione commerciale sono comunque dovuti i tributi speciali ipotecari e le tasse catastali.

Il comma 371 prevede la possibilità di stipulare specifiche convenzioni con l'Agenzia del territorio, che disciplinino modalità e termini della raccolta, della conservazione, della elaborazione dei dati, nonché il limite di riutilizzo consentito. Tali convenzioni possono regolare l'attività di riutilizzo commerciale dei documenti a fronte del pagamento dei tributi previsti anche ai sensi del comma 370.

Il comma 372 stabilisce che la sanzione amministrativa tributaria prevista per chi pone in essere atti di riutilizzazione commerciale ammonta ad una cifra compresa tra il triplo e il quintuplo dei tributi speciali e delle tasse dovute ai sensi del comma 370. Si applicano le disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie recate dal decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

Il comma 373 demanda l'accertamento delle violazioni alla Guardia di finanza, che si avvale della collaborazione dell'Agenzia del territorio. A tal fine la Guardia di finanza opera con i poteri previsti dall'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, recante "Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi".

Al fine di assicurare l'effettività dell'azione di contrasto alla riutilizzazione commerciale viene avviato dalla Scuola superiore di economia e finanze un programma straordinario di qualificazione e formazione, di carattere continuo e specialistico, del personale dell’amministrazione finanziaria e delle agenzie fiscali addetto a tali attività di accertamento. Le risorse destinate alla realizzazione del programma sono reperite a valere sulle maggiori entrate derivanti dall'attuazione dei commi in commento e comunque nei limiti di spesa di 5 milioni di euro. L’avvio del programma è previsto entro il 30 aprile 2005. A tale programma di formazione e qualificazione può partecipare, su base convenzionale, anche personale proveniente da enti locali o altri enti pubblici.

 

Il comma 1 del presente articolo abroga il secondo periodo del comma 369 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, secondo cui anche nel caso di fornitura dei dati a un solo soggetto si presume la riutilizzazione commerciale, salva prova contraria, quando il corrispettivo previsto, o comunque versato, per la fornitura, risulta inferiore all'ammontare dei tributi dovuti per la loro acquisizione.

 

Il comma 2 sostituisce i commi 370, 371 e 372 dello stesso articolo 1 della legge n. 311 del 2004.

La nuova disciplina prevede che i documenti, i dati e le informazioni catastali e ipotecarie sono riutilizzabili commercialmente, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, soltanto da parte di soggetti autorizzati dall'Agenzia del territorio mediante stipula di apposita convenzione.

Per l'acquisizione originaria di documenti, dati e informazioni ipotecarie e catastali, i riutilizzatori commerciali autorizzati devono corrispondere i tributi previsti, maggiorati nella misura del 20 per cento. L’aumento non si applica ai servizi telematici riservati ai riutilizzatori medesimi.

La percentuale di aumento può comunque essere rideterminata annualmente con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, anche tenendo conto dei costi complessivi di raccolta, produzione e diffusione di dati e documenti sostenuti dall'Agenzia del territorio, maggiorati di un adeguato rendimento degli investimenti e dell'andamento delle relative riscossioni. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono altresì individuate le categorie di ulteriori servizi telematici che possono essere forniti, verso corrispettivo, dall'Agenzia del territorio esclusivamente ai riutilizzatori commerciali autorizzati.

Per ciascun atto di riutilizzazione commerciale non consentito sono dovuti i tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie nella misura prevista per l'acquisizione, anche telematica, dei documenti, dei dati o delle informazioni catastali o ipotecari direttamente dagli uffici dell'Agenzia del territorio.

Oltre a ciò, a carico di chi pone in essere atti di riutilizzazione commerciale non consentiti è comminata la sanzione amministrativa tributaria di ammontare compreso fra il triplo e il quintuplo dei tributi speciali e delle tasse dovuti ai sensi del comma 370.

 

Il richiamo del comma 370 sembrerebbe riferirsi ai tributi previsti per l’acquisizione originaria dei documenti da parte dei riutilizzatori commerciali, che sono aumentati del 20 per cento rispetto alla misura ordinaria.

 

Si applicano le disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie).


Articolo 29
(Ristrutturazioni edilizie)

 


1. Sono prorogate per l'anno 2007, per una quota pari al 36 per cento delle spese sostenute, nel limite di 48.000 euro per unità immobiliare, ferme restando le altre condizioni ivi previste, le agevolazioni tributarie in materia di recupero del patrimonio edilizio relative:

     a) agli interventi di cui all'articolo 2, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, per le spese sostenute dal 1o gennaio 2007 al 31 dicembre 2007;

     b) alle prestazioni di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), della legge 23 dicembre 1999, n. 488, fatturate dal 1o gennaio 2007.

2. Le agevolazioni di cui al comma 1 spettano a condizione che il costo della relativa manodopera sia evidenziato in fattura.


 

 

L’articolo 29 proroga per il 2007 le agevolazioni fiscali previste in tema di ristrutturazioni edilizie, facendo riferimento all’articolo 2, comma 5, della legge n. 289 del 2002 e all’articolo 7, comma 1, lettera b) della legge n. 488 del 1999.

 

Detrazione dall’imposta sui redditi delle persone fisiche

L’articolo 2, comma 5, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) ha prorogato, per le spese sostenute dal 1° gennaio 2003 al 30 settembre 2003, la detrazione d’imposta ai fini IRPEF per gli interventi di ristrutturazioni edilizie di cui all’articolo 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (provvedimento collegato alla legge finanziaria per il 1998), modificandone in parte la disciplina[98].

 

La vigente regolamentazione della materia prevede che gli interventi per i quali è ammessa la detrazione sono quelli indicati ai commi 1 e 1-bis del citato articolo 1 della legge n. 449 del 1997, e quelli volti alla bonifica dall’amianto, realizzati su unità immobiliari residenziali e relative pertinenze.

L’importo massimo delle spese ammesse a fruire della detrazione è stato fissato dalla legge n. 289 del 2002 in 48.000 euro[99], mentre la percentuale delle suddette spese ammesse in detrazione è stata indicata in misura diversa negli anni (36 o 41 per cento) a seconda della possibilità di beneficiare anche dell’agevolazione IVA in misura ridotta (cfr. infra).

La detrazione deve essere ripartita in dieci quote annuali di pari importo. Se le spese sono state sostenute da soggetti, proprietari o titolari di un diritto reale sull'immobile, di età non inferiore a 75 e a 80 anni, la detrazione può essere ripartita, rispettivamente, in cinque e tre quote annuali costanti di pari importo.

In caso di trasferimento dell’unità immobiliare oggetto degli interventi in questione per atto inter vivos, spettano alla persona fisica acquirente dell’unità immobiliare esclusivamente le detrazioni non utilizzate in tutto o in parte dal venditore. In caso di decesso dell’avente diritto, la fruizione del beneficio fiscale si trasmette, per intero, esclusivamente all’erede, purché questo conservi la detenzione materiale e diretta del bene.

L’articolo 35, comma 19, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, mediante inserimento di un nuovo comma 121-bis nell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, dopo il comma 121 (recante la proroga dell’agevolazione per l’anno 2006), ha introdotto l’ulteriore condizione che il costo della relativa manodopera sia separatamente indicato nella fattura.

 

L’articolo 29, comma 1, lettera a), proroga quest’agevolazione per l’intero anno 2007.

La stessa disposizione, nell’alinea, ribadisce che, anche per l’anno 2007, il limite di fruizione è stabilito in 48.000 euro per unità immobiliare, e determina la percentuale ammessa in detrazione nella misura del 36 per cento.

 

Si segnala che la collocazione di questi limiti nell’alinea sembrerebbe comportarne l’applicazione nelle fattispecie contemplate sia nella lettera a), sia nella lettera b), estendendone quindi l’efficacia anche all’agevolazione in materia di aliquota IVA.

 

IVA ridotta

L’articolo 7, comma 1, lettera b) della legge n. 488 del 1999 (legge finanziaria per il 2000) ha previsto un regime IVA agevolato per le ristrutturazioni edilizie, stabilendo l’aliquota del 10 per cento, anziché del 20 per cento.

Tale agevolazione, è stata più volte prorogata: da ultimo per gli anni 2004 e 2005, relativamente alle prestazioni fatturate dal 1° gennaio 2004, dal comma 1 dell’articolo 23-bis del D.L. n. 355 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 47 del 2004, alla lettera c).

La legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266 del 2005) non ha potuto concedere ulteriormente tale regime IVA ridotto, in quanto al 31 dicembre 2005 non era stato ancora prorogato il regime comunitario concernente l’IVA ridotta per i servizi ad alta intensità di lavoro. A compensazione la legge finanziaria per il 2006 ha elevato la misura della detrazione al 41 per cento, anziché al 36 per cento previsto per il periodo precedente.

Con la direttiva 2006/18/CE del 14 febbraio 2006, il Consiglio dell’Unione europea ha prorogato tale regime agevolato sino al 31 dicembre 2010.

Conseguentemente l’articolo 35, comma 35-ter, del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, ha ripristinato l’IVA ridotta per le prestazioni fatturate dal 1° ottobre al 31 dicembre 2006. Il successivo comma 35-quater ha ridotto dal 41 al 36 per cento la quota di detraibilità, agli effetti dell’IRPEF, delle spese sostenute per il recupero del patrimonio edilizi, riferendo altresì all’abitazione interessata il limite di 48.000 euro.

 

L’articolo 29, comma 1, lettera b), conferma, per l’anno 2007, il regime IVA agevolato per le ristrutturazioni edilizie per le richiamate prestazioni fatturate dal 1o gennaio 2007.

 

Il secondo comma dell’articolo 29 specifica che per beneficiare delle agevolazioni precedentemente illustrate, il costo della relativa manodopera deve essere separatamente indicato nella fattura.

Analoga disposizione era prevista nell’articolo 35, comma 35-quater, del citato D.L. n. 223 del 2006.


Articolo 30, comma 1
(Proroga di agevolazioni IRAP nel settore agricolo e della pesca)

 


1. All'articolo 45, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, le parole da: «per i sette periodi d'imposta successivi» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «per gli otto periodi d'imposta successivi l'aliquota è stabilita nella misura dell'1,9 per cento; per il periodo d'imposta in corso al 1o gennaio 2007 l'aliquota è stabilita nella misura del 3,75 per cento».


 

 

Il comma 1 dell’articolo 30, modificando l’articolo 45, comma 1, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, fissa anche per il 2006 all’1,9 per cento, anziché al 3,75 per cento, l’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP),relativamente ai soggetti operanti nel settore agricolo e della pesca.

La medesima disposizione stabilisce inoltre che, per il periodo d’imposta 2007, l’aliquota è pari al 3,75 per cento.

 

Occorre ricordare, in proposito, che l’articolo 3 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, istitutivo dell’IRAP, include tra i soggetti passivi i produttori agricoli titolari di reddito agrario, ai sensi dell’articolo 32 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Sono tuttavia esclusi dall’imposta i produttori agricoli con un volume d’affari annuo non superiore a 2.582,28 euro (5 milioni di lire) – ovvero a 7.746,85 euro (15 milioni di lire) se operano in comuni montani – i quali sono anche esonerati dagli adempimenti IVA.

Il comma 1 dell’articolo 45 del medesimo D.Lgs. n. 446 del 1997 aveva previsto, per il settore qui considerato, un’aliquota IRAP del 2,5 per cento per il 1998 (primo anno di entrata in vigore dell’imposta) e aliquote crescenti per il successivo triennio. Tuttavia, disposizioni successive[100] sono intervenute di anno in anno sulla misura dell’aliquota, in modo tale che la stessa è stata sempre applicata, sin dal 1998, nella misura dell’1,9 per cento, rinviandosi agli anni successivi l’entrata in vigore di aliquote superiori.

 


Articolo 30, comma 2
(Proroga di agevolazioni fiscali e previdenziali per imprese che esercitano la pesca costiera e nelle acque interne e lagunari)

 

2. Per l'anno 2007 sono prorogate le disposizioni di cui all'articolo 11 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

 

 

Il comma 2 dell’articolo 30 proroga, per l'anno 2007, le agevolazioni di carattere fiscale e previdenziale previste in favore delle imprese che esercitano la pesca costiera, nonché delle imprese che esercitano la pesca nelle acque interne e lagunari, dall'articolo 11 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001), già prorogate per l'anno 2005 dall'articolo 1, comma 510, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005) e per l’anno 2006 dall’articolo 1, comma 119, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006)[101].

 

Il citato articolo 11 della legge n. 388 del 2000 ha esteso, per gli anni 2001-2003, nel limite del 70 per cento, i benefìci fiscali e previdenziali previsti dagli articoli 4 e 6 del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30, alle imprese che esercitano la pesca costiera, nonché alle imprese che esercitano la pesca nelle acque interne e lagunari.

 

L’articolo 4 del citato D.L. n. 457 del 1997, come successivamente modificato e integrato, prevede:

-        la concessione di un credito d'imposta a favore dei soggetti che svolgono attività produttiva di reddito derivante dall'utilizzazione di navi iscritte nel Registro internazionale[102]. Il credito d'imposta è attribuito in misura corrispondente all'IRPEF dovuta sulle retribuzioni e sui compensi – rispettivamente per lavoro dipendente e autonomo – corrisposti ai marittimi che operano a bordo delle navi iscritte nel registro stesso. Il beneficio in esame vale ai fini del versamento delle ritenute alla fonte relative ai redditi suddetti e non concorre alla formazione del reddito imponibile dell'impresa. Il credito d'imposta è riconosciuto anche ai soggetti che, in base a rapporti contrattuali con l'armatore, esercitano a bordo di navi da crociera attività commerciali complementari, accessorie o comunque relative alla prestazione principale;

-        un abbattimento nella misura dell’80 per cento – ai fini delle imposte sui redditi e a partire dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 1998 – del reddito derivante dall'utilizzo delle navi iscritte nel Registro internazionale. Anche tale agevolazione è stata estesa al reddito derivante dall'esercizio a bordo di navi da crociera delle attività ricordate al precedente punto, anche se svolte da terzi in base a rapporti contrattuali con l'armatore.

In sostanza, con riferimento alle imprese che esercitano la pesca costiera e la pesca nelle acque interne e lagunari (oggetto del comma in esame), l’estensione del beneficio concesso dal sopra illustrato articolo 4 determina, secondo quanto specificato dalla circolare dell’Agenzia delle entrate 3 gennaio 2001, n. 1, al paragrafo 1.8:

-        la concessione alle imprese stesse di un credito d’imposta in misura corrispondente al 70 per cento dell’IRPEF dovuta sulle retribuzioni di lavoro dipendente e di lavoro autonomo corrisposte al personale di bordo imbarcato;

-        l’imponibilità del reddito derivante dall’esercizio della pesca, ai fini delle imposte sui redditi, nella misura del 44 per cento.

 

L'articolo 6 del medesimo D.L. n. 457 del 1997, come successivamente modificato e integrato, prevede, a decorrere dal 1° gennaio 1998, l'esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali relativi al personale imbarcato sulle navi iscritte nel Registro internazionale. Il beneficio concerne anche le quote a carico dei lavoratori.

 

Anche il beneficio relativo all’esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali è stato esteso dall’articolo 11 della legge n. 388 del 2000 alle imprese che esercitano la pesca costiera e la pesca nelle acque interne e lagunari nel limite del 70 per cento: per questi soggetti l’esonero contributivo non è quindi totale, ma opera soltanto in tale misura.

 

Nella relazione tecnica allegata al disegno di legge (A.C. 1746) l’effetto di queste misure viene stimato, in termini di competenza per l’anno 2007, in 14,5 milioni. di euro riferito ai redditi esclusi dalla tassazione, in 14,3 milioni di euro per il credito d’imposta e in 39,8 milioni di euro per l’esonero contributivo.

L’effetto in termini di cassa è stimato quindi in una perdita di gettito di 45,8 milioni di euro per il 2007, e di 33,7 milioni di euro per il 2008 e in un maggior gettito (acconto IRE/IRES 2007) di 10,9 milioni di euro per il 2009.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 9 marzo 2006, la Commissione ha presentato una comunicazione relativa al miglioramento della situazione economica dell’industria della pesca (COM(2006)103). Nel documento vengono identificate le cause delle difficoltà economiche del settore aggravate dalla impennata dei costi operativi conseguenti all’aumento dei prezzi del carburante. Vengono altresì individuate una serie di misure e iniziative a lungo termine.

La proposta è stata esaminata dal Parlamento europeo il 28 settembre 2006 che, nella risoluzione approvata, sollecita la Commissione a riconoscere la specificità della piccola pesca costiera e della pesca artigianale nell'ambito della politica comune della pesca e ad analizzare in che misura gli attuali strumenti siano adeguati per rispondere alle esigenze del settore, adattandoli di conseguenza; sollecita inoltre la Commissione a presentare una proposta volta a istituire un programma comunitario di sostegno alla piccola pesca costiera e alla pesca artigianale, che aiuti a coordinare le azioni e canalizzi i finanziamenti di altri strumenti esistenti per rispondere ai problemi specifici di questo segmento del settore

Il Consiglio ha iniziato la discussione della comunicazione il 25 aprile 2006.

 

Il 22 giugno 2006 la Commissione ha presentato un progetto di regolamento sugli aiuti de minimis al settore della pesca. Per aiuti de minimis si intendono gli aiuti di Stato considerati tali da non provocare distorsioni della concorrenza. Il progetto innalza a 30.000 euro (dagli attuali 3.000 euro) il massimale degli aiuti de minimis che ciascun beneficiario potrà ricevere in un triennio fiscale, a condizione che tale massimale corrisponda a meno del 2,5% della produzione annuale del settore a livello nazionale. Inoltre, gli aiuti non potranno essere utilizzati per acquistare o costruire nuovi imbarcazioni o per aumentare la capacità della flotta.

 

Il 4 ottobre 2006 la Commissione ha adottato una decisione relativa alla ripartizione tra Stati membri delle risorse del Fondo europeo per la pesca (FEP) per il periodo 2007-2013. All’Italia sono assegnati 376.594.654 euro .


Articolo 30, comma 3
(Proroga di agevolazioni fiscali per la formazione
e l'arrotondamento della proprietà contadina)

 


3. Il termine del 31 dicembre 2006, di cui al comma 120 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, concernente le agevolazioni tributarie per la formazione e l'arrotondamento della proprietà contadina, è prorogato al 31 dicembre 2007.


 

 

Il comma 3 dell’articolo 30 proroga al 31 dicembre 2007 il termine per le agevolazioni fiscali previste per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina, già prorogate, da ultimo, al 31 dicembre 2006 dall’articolo 1, comma 120, della legge 23 dicembre 2005, n. 366 (legge finanziaria per il 2006)[103].

Le citate agevolazioni fiscali sono state disposte dalla legge 6 agosto 1954, n. 604, e successive modifiche e integrazioni, e consistono nell’esenzione dall’imposta di bollo e nella riduzione delle imposte ipotecarie e di registro applicabili agli atti (di compravendita, permuta, affitto, concessione in enfiteusi, etc.) posti in essere per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina. Le suddette agevolazioni sono applicabili quando:

1)      l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta sia persona che dedica abitualmente la propria attività manuale alla lavorazione della terra;

2)      il fondo oggetto dell’atto sia idoneo alla formazione o all'arrotondamento della piccola proprietà contadina e, in ogni caso, in aggiunta a eventuali altri fondi posseduti a titolo di proprietà o enfiteusi dall'acquirente o comunque dagli appartenenti al suo nucleo familiare, non ecceda di oltre un decimo la superficie corrispondente alla capacità lavorativa dei membri contadini del nucleo familiare stesso;

3)      l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta, nel biennio precedente all'atto di acquisto o della concessione in enfiteusi, non abbia venduto altri fondi rustici oppure abbia venduto appezzamenti di terreno la cui superficie complessiva non sia superiore ad un ettaro.

Il trattamento tributario agevolato, tenendo anche conto delle modifiche introdotte dall’articolo 7 del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, si può così riassumere:

§      l'imposta di registro è dovuta nella misura fissa di 168 euro (mentre l'aliquota ordinaria è pari al 15 per cento del valore dichiarato nell'atto, oppure è ridotta all'8 per cento in caso di acquisto da parte di un imprenditore agricolo a titolo principale);

§      l'imposta catastale è dovuta nella misura ordinaria dell'1 per cento del prezzo dichiarato nell’atto;

§      l'imposta ipotecaria è dovuta nella misura fissa di 168 euro (l'aliquota ordinaria è pari al 2 per cento del valore);

§      il contratto è esente da imposta di bollo.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 152.

 


Articolo 30, comma 4
(Proroga della deduzione forfetaria per gli esercenti impianti
di distribuzione di carburante)

 


4. Le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 21 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in materia di deduzione forfetaria in favore degli esercenti impianti di distribuzione di carburante, si applicano per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007.


 

 

Il comma 4 dell’articolo 30 proroga, per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007, l'applicazione della riduzione, a titolo di deduzione forfetaria, del reddito d’impresa prevista in favore degli esercenti impianti di distribuzione di carburante.

 

Per la ristrutturazione delle reti distributive di carburante, l’articolo 21 della legge n. 448 del 1998, al comma 1, dispone la riduzione, a titolo di deduzione forfetaria, del reddito d’impresa degli esercenti impianti di distribuzione di carburante, per un importo pari alle seguenti percentuali dell'ammontare lordo dei ricavi indicati all'articolo 85 (ex articolo 53), comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. n. 917 del 1996 (ossia dei corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa):

a)      1,1 % dei ricavi fino a lire 2 miliardi di lire;

b)      0,6 % dei ricavi oltre lire 2 miliardi e fino a lire 4 miliardi di lire;

c)      0,4 % dei ricavi oltre lire 4 miliardi di lire.

 

Il successivo comma 2 dell’articolo 21 limitava l’applicazione della deduzione forfetaria indicata al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 1998 e ai due periodi successivi. L’articolo 6, comma 3, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001) ha prorogato l’applicazione di tali disposizioni per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2001 e per i due successivi. È poi intervenuto l'articolo 2, comma 56, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), che ne ha ulteriormente prorogato l'applicazione al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2004 e al successivo, nel limite massimo di spesa di 21 milioni di euro. Da ultimo l’articolo 1, comma 129, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) ne ha ulteriormente prorogato l'applicazione al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2006, senza tuttavia indicare un limite massimo di spesa).

 


Articolo 30, commi 5 e 6
(Proroga di agevolazioni in materia di accise per prodotti energetici)

 


5. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre 2007, si applicano:

     a) le disposizioni in materia di riduzione di aliquote di accisa sulle emulsioni stabilizzate, di cui all'articolo 24, comma 1, lettera d), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nonché la disposizione contenuta nell'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 16, e, per il medesimo periodo, l'aliquota di cui al numero 1) della predetta lettera d) è stabilita in euro 256,70 per mille litri;

     b) le disposizioni in materia di aliquota di accisa sul gas metano per combustione per uso industriale, di cui all'articolo 4 del decreto-legge 1o ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;

     c) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio e sul GPL impiegati nelle zone montane e in altri specifici territori nazionali, di cui all'articolo 5 del decreto-legge 1o ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;

     d) le disposizioni in materia di agevolazione per le reti di teleriscaldamento alimentate con biomassa ovvero con energia geotermica, di cui all'articolo 6 del decreto-legge 1o ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;

     e) le disposizioni in materia di aliquote di accisa sul gas metano per combustione per usi civili, di cui all'articolo 27, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388;

     f) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio e sul GPL impiegati nelle frazioni parzialmente non metanizzate di comuni ricadenti nella zona climatica E, di cui all'articolo 13, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448;

     g) le disposizioni in materia di accisa concernenti il regime agevolato per il gasolio per autotrazione destinato al fabbisogno della provincia di Trieste e dei comuni della provincia di Udine, di cui all'articolo 21, comma 6, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni;

     h) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio utilizzato nelle coltivazioni sotto serra, di cui all'articolo 2, comma 4, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

6. L'efficacia delle disposizioni di cui al comma 5, lettera a), è subordinata alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.


 

 

Il comma 5 dell’articolo 30dispone la proroga di alcune agevolazioni in materia di accise applicabili a determinati prodotti energetici, dalla data di entrata in vigore della presente legge finanziaria fino al 31 dicembre 2007.

Riduzione dell’accisa sulle emulsioni

La lettera a) del comma 5 prevede il rinnovo della riduzione delle aliquote di accisa:

§      sulle emulsioni stabilizzate di olî da gas ovvero di olio combustibile denso con acqua, contenuta in misura variabile dal 12 al 15% in peso, idonee all’impiego nella carburazione e nella combustione, prevista dall’articolo 24, comma 1, lettera d), della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001) e più volte prorogata[104];

§      sulle medesime emulsioni stabilizzate autoprodotte e utilizzate, dai medesimi soggetti, per usi di trazione e di combustione, e limitatamente ai quantitativi necessari al fabbisogno dei soggetti stessi, ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 1 del decreto-legge n. 452 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 16 del 2002[105].

 

La lettera d) del comma 1, del citato articolo 24 della legge n. 388 del 2000 ìndica i seguenti prodotti e le relative aliquote:

1)    emulsione con olî da gas usata come carburante: 474.693 lire (245,16 euro) per mille litri;

2)    emulsione con olî da gas usata come combustibile per riscaldamento: 474.693 lire (245,16 euro) per mille litri;

3)    emulsione con olio combustibile denso usata come combustibile per riscaldamento:

3.1)   con olio combustibile ATZ: 192.308 lire (99.32 euro) per mille chilogrammi;

3.2)   con olio combustibile BTZ: 57.154 lire (29,52 euro) per mille chilogrammi;

4)    emulsione con olio combustibile denso per uso industriale:

4.1)   con olio combustibile ATZ: 80.717 lire (41,69 euro) per mille chilogrammi;

4.2)   con olio combustibile BTZ: 40.359 lire (20,84 euro) per mille chilogrammi.

 

La lettera a) del comma 5, oltre a prorogare al 31 dicembre 2007 il regime agevolativo per tali prodotti, fissa per l’anno 2007 l’accisa per le emulsioni stabilizzate di olî da gas usate come carburante nella misura di 256,70 euro per mille litri. Tale misura corrisponde a quella fissata per l’anno 2006 dall’articolo 1, comma 115, lettera a), della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006).

L’accisa per le citate emulsioni stabilizzate autoprodotte resta, invece, fissata nella misura originaria di 245,16 euro (474.693 lire) per mille litri.

 

Il comma 6 dell’articolo 30 qui illustrato subordina l'efficacia delle disposizione della presente lettera a) alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.

 

L’agevolazione era stata autorizzata dalle disposizioni comunitarie, da ultimo contenute nella direttiva 2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003 che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità.

L’articolo 2 della direttiva 2003/96/CE individua, fra l’altro, i prodotti energetici e l’elettricità ai quali applicare i livelli minimi di tassazione stabiliti nella direttiva stessa.

Per "livello di tassazione", ai sensi dell’articolo 4, s’intende l'onere fiscale complessivo derivante dal cumulo di tutte le imposte indirette (eccetto l'IVA), calcolate direttamente o indirettamente sulla quantità di prodotti energetici e di elettricità, all'atto dell'immissione in consumo.

In talune circostanze o in determinate condizioni di natura strutturale è consentita l'applicazione di aliquote differenziate nazionali di tassazione per uno stesso prodotto, purché siano rispettati i livelli minimi comunitari di tassazione e le norme in materia di mercato interno e di concorrenza (articolo 5).

L’articolo 7 stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2004 e dal 1° gennaio 2010 i livelli minimi di tassazione da applicare ai carburanti per motori sono quelli fissati nell'allegato I, tabella A.

L’articolo 18, in deroga alle disposizioni della direttiva stessa, autorizza gli Stati membri a continuare ad applicare le riduzioni nei livelli di tassazione o le esenzioni fissate nell'allegato II per ogni singolo Stato.

Previo esame da parte del Consiglio in base a una proposta della Commissione, l'autorizzazione scade il 31 dicembre 2006 o alla data specificata nell'allegato II.

Per quanto riguarda l’Italia, l’allegato II, al punto 8, tra le riduzioni delle aliquote di imposizione ed esenzioni dall'imposizione, prevede l’applicazione di un’aliquota ridotta di accisa alle emulsioni acqua/gasolio e acqua/olio combustibile pesante a decorrere dal 1° ottobre 2000 e fino al 31 dicembre 2005, a condizione che tali aliquote differenziate siano conformi agli obblighi stabiliti dalla direttiva medesima, in particolare alle aliquote minime di accisa.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 1746) indica, per il rinnovo di tali agevolazioni, un costo stimabile in 8,9 milioni di euro per il 2007.

Riduzione dell’accisa sul gas metano

La lettera b)del comma 5 ripropone per l’anno 2007 le disposizioni in materia di riduzione dell'accisa sul gas metano, nella misura del 40 per cento, per gli utilizzatori industriali, termoelettrici esclusi, con consumi superiori a 1.200.000 metri cubi annui.

 

Anche tale misura agevolativa, introdotta originariamente dall’articolo 24, comma 5, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001), con scadenza al 30 giugno 2001, è stata oggetto di successive proroghe e precisamente:

-       al 30 settembre 2001, ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 246 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 330 del 2001;

-       al 31 dicembre 2001, ai sensi dell’articolo 4 del D.L. n. 356 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418 del 2001;

-       al 30 giugno 2002, ai sensi dell'articolo 2 del D.L. n. 452 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 16 del 2002;

-       al 31 dicembre 2002, ai sensi dell'articolo 1 del D.L. n. 138 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 178 del 2002,

-       al 30 giugno 2003, ai sensi dell'articolo 21, comma 2, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003);

-       dal 2 ottobre 2003 al 31 dicembre 2004, ai sensi dell’artico 17 del D.L. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003;

-       al 31 dicembre 2005, ai sensi dell'articolo 1, comma 511, lettera b), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005)

-       al 31 dicembre 2006, ai sensi dell’articolo 1, comma 115, lettera b), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).

Si ricorda inoltre che il comma 4 dell'articolo 8 della legge n. 448 del 1998, concernente la cosiddetta carbon tax, aveva stabilito la misura delle accise sugli olî minerali da applicarsi a decorrere dal 1° gennaio 2005. In attuazione del medesimo articolo, la misura delle aliquote doveva essere accresciuta per il graduale raggiungimento dei livelli ivi previsti. L’aliquota di accisa per il gas metano usato per combustione per usi industriali era stata pertanto fissata in 0,012 euro (lire 24,2) per metro cubo dal D.P.C.M. 15 gennaio 1999, n. 287. Il comma 514 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) ha peraltro abrogato il comma 4 del predetto articolo 8.

In base alla disposizione in esame, la misura dell’aliquota è pari a 0,007 euro (14,52 lire) al metro cubo anziché a 0,012 euro (lire 24,2).

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 1746) indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile in 88,76 milioni di euro per il 2007.

Agevolazione a favore dei soggetti che utilizzano il gasolio e il GPL per uso di riscaldamento in particolari zone geografiche

La lettera c)del comma 5 dispone l’ulteriore proroga, sino al 31 dicembre 2007, dell’incremento dell’agevolazione a favore dei soggetti che utilizzano il gasolio e il GPL per uso di riscaldamento nelle zone geografiche individuate dall’articolo 8, comma 10, lettera c), della legge n. 448 del 1998.

 

La richiamata agevolazione si sostanzia in un’ulteriore riduzione del costo del gasolio da riscaldamento ovvero del costo del GPL[106].

Infatti, alla riduzione di costo introdotta dall’articolo 1 del D.P.R. n. 361 del 1999 (0,103 euro per litro di gasolio e 0,133 euro per chilogrammo di GPL, corrispondenti a 200 lire), è stata aggiunta un’altra agevolazione dall’articolo 4 del D.L. n. 268 del 2000, convertito dalla legge n. 354 del 2000. Tale beneficio consiste in una ulteriore riduzione del costo pari a 0,026 euro (50 lire) per ciascun litro di gasolio e per ciascun chilogrammo di GPL, limitatamente al periodo 3 ottobre-31 dicembre 2000.

 

L’agevolazione è stata successivamente prorogata:

-       al 30 giugno 2001, ai sensi dell’articolo 27 della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001);

-       al 30 settembre 2001, ai sensi dell’articolo 1, comma 9, del D.L. n. 246 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 330 del 2001;

-       al 31 dicembre 2001, ai sensi dell’articolo 5 del D.L. n. 356 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418 del 2001;

-       al 30 giugno 2002, ai sensi dell’articolo 3 del D.L. n. 452 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 16 del 2002;

-       al 31 dicembre 2002, ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 138 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 178 del 2002;

-       al 30 giugno 2003, ai sensi dell’articolo 21, comma 3, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003);

-       al 31 dicembre 2003, ai sensi dell’articolo 17-bis, comma 1, del D.L. n. 147 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 200 del 2003;

-       al 31 dicembre 2004, ai sensi dell’articolo 2, comma 12, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004);

-       al 31 dicembre 2005, ai sensi dell’articolo 1, comma 511, lettera c), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005);

-       al 31 dicembre 2006, ai sensi dell’articolo 1, comma 115, lettera c), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).

 

Per effetto della disposizione qui illustrata, sino al 31 dicembre 2007 troverà applicazione l’ulteriore riduzione pari a 0,026 euro (50 lire) per ogni litro di gasolio usato come combustibile per riscaldamento e per ogni chilogrammo di GPL.

L’agevolazione totale consiste, pertanto, in una riduzione complessiva pari a 0,129 euro (lire 250) per litro di gasolio usato come combustibile (rispetto all’accisa ordinaria di 0,403 euro[107]) e a 0,159 euro (lire 308) per chilogrammo di GPL (rispetto all’accisa ordinaria di 0,190 euro[108]).

 

Il suddetto beneficio, che non è cumulabile con altre agevolazioni in materia di accise, è applicabile ai quantitativi dei predetti combustibili impiegati nei comuni, o nelle frazioni dei comuni:

-       ricadenti nella zona climatica F di cui al D.P.R. n. 412 del 1993; vale a dire che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 3.000, ai sensi del medesimo D.P.R. n. 412[109];

-       facenti parte di province nelle quali oltre il 70% dei comuni ricade nella zona climatica F;

-       della regione Sardegna e delle isole minori, per i quali viene esteso anche ai gas di petrolio liquefatti confezionati in bombole;

-       non metanizzati ricadenti nella zona climatica E[110], di cui al citato D.P.R. n. 412 del 1993, e individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle attività produttive. Il suddetto beneficio è applicabile altresì ai quantitativi dei predetti combustibili impiegati nelle frazioni non metanizzate dei comuni ricadenti nella zona climatica E, di cui al predetto D.P.R. n. 412 del 1993, esclusi dall'elenco redatto con il medesimo decreto del Ministro delle finanze, e individuate annualmente con delibera di consiglio dagli enti locali interessati[111].

 

Per conseguenza, i soggetti residenti in tali zone pagheranno un’accisa di 0,274 euro per litro per il gasolio da riscaldamento e 0,031 euro per chilogrammo di GPL.

 

Si ricorda che con la decisione 2001/224/CE del Consiglio, l’Italia è stata autorizzata, in deroga alle disposizioni della direttiva 92/82/CEE, ad applicare, sino al 31 dicembre 2006, in talune zone geografiche particolarmente svantaggiate, aliquote ridotte di accisa sul gasolio domestico per riscaldamento e sul GPL usato come combustibile per il riscaldamento e distribuito dalle reti locali, a condizione che tali aliquote siano conformi alle aliquote minime di accisa di cui agli articoli 5 e 7 della direttiva 92/82/CEE. In base a tali disposizioni, l'aliquota minima dell'accisa sul gasolio per riscaldamento e sul GPL per riscaldamento è fissata, rispettivamente, in 18 euro per 1.000 litri e in 0 euro per 1.000 litri.

 

La direttiva 2003/96/CE del Consiglio, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità, ha disposto l’abrogazione, con effetto dal 31 dicembre 2003, della citata direttiva 92/82/CEE.

Peraltro, in base all’articolo 18 e all’allegato II alla direttiva 2003/96/CE, resta ferma la possibilità per l’Italia di applicare, sino al 31 dicembre 2006, l’aliquota ridotta sul gasolio per riscaldamento e sul GPL per riscaldamento, sempre a condizione che tali aliquote siano conformi alle aliquote minime di accisa previste dalla stessa direttiva.

Ai sensi all’articolo 9 della direttiva 2003/96/CE e dell'allegato I alla medesima direttiva, a decorrere dal 1° gennaio 2004 l'aliquota minima dell'accisa, rispettivamente, sul gasolio per riscaldamento e sul GPL per riscaldamento è fissata a 21 euro per 1000 litri e a 0 euro per 1000 litri.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 1746) indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile in 51,88 milioni di euro per il 2007.

Reti di teleriscaldamento alimentate da biomassa o con energia geotermica

La lettera d) del comma 5 rinnova sino al 31 dicembre 2007 le disposizioni in materia di agevolazione per il calore fornito dalle reti di teleriscaldamento alimentate da biomassa ovvero con energia geotermica.

In particolare, si dispone l'applicazione dell’aumento di 0,015 euro (30 lire), per ogni chilowattora di calore fornito, della misura del credito d’imposta previsto a favore dei soggetti che utilizzano, quale fonte di energia alternativa, le reti di riscaldamento alimentate con biomasse o con energia geotermica, di cui all’articolo 8, comma 10, lettera f), della legge n. 448 del 1998.

 

Si ricorda che il comma 10 dell’articolo 8 della legge n. 448 del 1998 ha disposto circa la destinazione delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni sulla cosiddetta carbon tax, individuando, in particolare, alcune agevolazioni fiscali compensative. Tra le finalità ammesse a tali agevolazioni, la lettera f) prevede l’adozione di incentivi (nei confronti dei produttori) per la riduzione delle emissioni inquinanti, per l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili, nonché per la gestione di reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa quale fonte energetica nei comuni ricadenti nelle zone climatiche E ed F, con la concessione di un'agevolazione fiscale con credito d'imposta pari a lire 20 per ogni chilowattora di calore fornito, da traslare sul prezzo di cessione all'utente. Successivamente, l’articolo 60 della legge n. 342 del 2000 (c.d. collegato fiscale) ha stabilito che la richiamata agevolazione sia usufruibile anche dagli impianti e dalle reti di teleriscaldamento alimentati da energia geotermica.

Con l’articolo 4, comma 4-bis, del D.L. n. 268 del 2000, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 354 del 2000, è stato disposto, per il periodo 3 ottobre - 31 dicembre 2000, un aumento dell’ammontare del credito d’imposta di cui al citato articolo 8, comma 10, lettera f), della legge n. 448 del 1998, nella misura di 30 lire (0,15 euro) per ogni chilowattora di calore fornito. Tale agevolazione è stata successivamente prorogata:

-       al 30 giugno 2001, dall’articolo 27, comma 5, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001);

-       al 30 settembre 2001, dall’articolo 1, comma 10, del D.L. n. 246 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 330 del 2001;

-       al 31 dicembre 2001, dall’articolo 6 del D.L. n. 356 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418 del 2001;

-       al 30 giugno 2002, dall’articolo 4 del D.L. n. 452 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 16 del 2002;

-       al 31 dicembre 2002, dall’articolo 1 del D.L. n. 138 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 178 del 2002;

-       al 30 giugno 2003, ai sensi dell’articolo 21, comma 4, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003);

-       al 31 dicembre 2004, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, del D.L. n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003;

-       al 31 dicembre 2005, ai sensi dell’articolo 1, comma 511, lettera d), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005);

-       al 31 dicembre 2006, ai sensi dell’articolo 1, comma 115, lettera d), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).

 

Si ricorda infine che l’articolo 29 della legge n. 388 del 2000 ha previsto, a partire dal 1° gennaio 2001, la concessione di un contributo, corrisposto nella forma del credito d’imposta, pari a lire 40.000 per ogni chilowattora di potenza impegnata, a favore degli utenti che si collegano ad una rete di teleriscaldamento alimentata dall'energia geotermica o da biomassa. Ciò comporta una riduzione dei costi di allacciamento alla rete, di cui beneficiano i nuovi utenti che si collegano a tali reti, nonché gli utenti che aumentano la potenza impegnata.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 1746) trattandosi di un credito d’imposta, indica, per il rinnovo di tale agevolazione, una perdita di gettito in termini di cassa pari a 8,7 milioni di euro per il 2007 e a 12,8 milioni di euro per il 2008.

Agevolazioni in materia di accisa sul gas metano per usi civili

La lettera e) del comma 5 prevede il rinnovo di agevolazioni in materia di accisa sul gas metano per usi civili. In particolare, il comma in esame dispone che sia applicata fino al 31 dicembre 2007 la riduzione dell’aliquota d’accisa per i consumi di gas metano disposta, per gli anni 2001 e 2002, dall’articolo 27, comma 4, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001).

L’agevolazione consiste nell’applicazione dell’aliquota nella misura di 0,0407 euro (78,79 lire) per metro cubo, per il gas metano utilizzato per uso riscaldamento individuale a tariffa T2 fino a 250 metri cubi annui (rispetto ad un’aliquota ordinaria[112] di 0,079 euro, pari a 152,68 lire) e ad euro 0,1351 (lire 261,68) per metro cubo per il gas metano utilizzato per gli altri usi civili (rispetto ad un’aliquota ordinaria di 0,173 euro, pari a 335,57 lire).

 

Si ricorda che la presente agevolazione, introdotta dal sopra citato articolo 27 della legge n. 388 del 2000, per gli anni 2001 e 2002, è stata prorogata:

-       al 30 giugno 2003, dall’articolo 21, comma 5, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003);

-       dal 2 ottobre 2003[113]al 31 dicembre 2004, dall’articolo 25, del D.L. n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003;

-       al 31 dicembre 2005, dall’articolo 1, comma 511, lettera e), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005);

-       al 31 dIcembre 2006, ai sensi dell’articolo 1, comma 115, lettera e), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).

 

Si ricorda che la riduzione di cui alla lettera in esame opera per i consumi di gas metano per combustione per usi civili, nelle province nelle quali oltre il 70% dei comuni ricada nella zona climatica F, di cui alla lettera c) del comma 10 dell’articolo 8 della legge n. 448 del 1998 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999).

 

Ricadono nella zona climatica F, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, i comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 3.000, ai sensi del suddetto D.P.R. n. 412[114].

La nota dell’Agenzia delle dogane n. 4857/V/AGT del 30 dicembre 2005 specifica le aree interessate nei territori delle province di Aosta, Belluno, Bolzano, Trento e Sondrio.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 1746) indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile, per il 2007, in 18,39 milioni di euro in termini di accise e di 20,85 milioni di euro, se si considera anche l’effetto sull’imposta sul valore aggiunto.

Riduzione di costo per il gasolio e il GPL da riscaldamento

La lettera f) del comma 5 proroga sino al 31 dicembre 2007 l’estensione della riduzione di costo del gasolio e del GPL, usati come combustibile per riscaldamento, alle frazioni parzialmente non metanizzate di comuni facenti parte della fascia climatica E[115].

L’agevolazione si applica con riferimento alle parti di territorio comunale individuate con apposita delibera del consiglio comunale, ancorché la frazione non metanizzata sia ubicata nella sede municipale.

La riduzione di costo, pari complessivamente a 0,129 euro (lire 250) per litro di gasolio usato come combustibile e a 0,159 euro (lire 308) per chilogrammo di GPL, è prevista dall’articolo 8, comma 10, lettera c), della legge n. 448 del 1998, anch’essa prorogata al 31 dicembre 2007 dalla precedente lettera c) del presente comma (alla cui illustrazione si rinvia).

 

Il comma 2 dell’articolo 13 della legge n. 448 del 2001, che ha introdotto l’agevolazione, era stato adottato in riferimento alle norme di carattere interpretativo di cui all’articolo 4, commi 2 e 3, del D.L. n. 268 del 2000, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 354 del 2000, al fine di precisare il significato da attribuire alla locuzione “frazione di comune”, di cui alla citata lettera c) del comma 10 dell’articolo 8 della legge n. 448 del 1998.

Infatti, il comma 2 dell’articolo 4 del citato D.L. n. 268 precisa che per "frazioni di comuni" si intendono le porzioni edificate di cui all'articolo 2, comma 4, del D.P.R. n. 412 del 1993[116], ubicate a qualsiasi quota, “al di fuori del centro abitato ove ha sede la casa comunale”, comprese le aree su cui insistono case sparse.

Il successivo comma 3 del richiamato articolo 4 del D.L. n. 268 specifica, inoltre, che il riferimento alle frazioni non metanizzate dei comuni ricadenti nella zona climatica E si intende limitato alle sole frazioni non metanizzate della zona climatica E, appartenenti ai comuni metanizzati che ricadono anch'essi nella zona climatica E.

Con il comma 2 dell’articolo 13 della legge n. 448 del 2001, superando il dettato delle richiamate norme interpretative del citato D.L. n. 268 del 2000, la riduzione di costo è stata estesa anche alle frazioni solo parzialmente non metanizzate, compreso il caso in cui nelle medesime sia ubicata la casa comunale.

 

Con riferimento alla validità temporale dell’agevolazione in esame si ricorda che essa è stata introdotta dall’articolo 13, comma 2, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002) limitatamente agli anni 2002 e 2003, ed è stata successivamente prorogata:

§       al 31 dicembre 2004, dall’articolo 2, comma 13, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004);

§       al 31 dicembre 2005, dall’articolo 1, comma 511, lettera f), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005);

§      al 31 dIcembre 2006, ai sensi dell’articolo 1, comma 115, lettera f), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 1746) indica, per il rinnovo della presente agevolazione, un costo stimabile, per il 2007, in 15,94 milioni di euro in termini di accise e di 18,08 milioni di euro, se si considera anche l’effetto sull’imposta sul valore aggiunto.

Regime agevolato per il gasolio destinato al fabbisogno della provincia di Trieste e dei comuni della provincia di Udine

La lettera g) del comma 5 proroga al 31 dicembre 2007 il regime agevolato di cui all’articolo 7, comma 1-ter, del D.L. n. 417 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 66 del 1992, concernente il gasolio destinato al fabbisogno della provincia di Trieste e dei comuni della provincia di Udine individuati dal D.M. 30 luglio 1993[117].

 

Ai sensi del comma 1-ter dell’articolo 7 del D.L. n. 417 del 1991, il regime agevolato previsto per la benzina dall'articolo 7, comma 4, del D.L. n. 534 del 1987, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 47 del 1988, a favore della zona franca di Gorizia e della provincia di Trieste, è stato esteso al gasolio, limitatamente al suo uso per autotrazione (n. 14 della tabella A allegata alla legge n. 700 del 1975, modificativa della legge n. 1438 del 1948, istitutiva del regime agevolativo per la zona di Gorizia), destinato al fabbisogno locale della provincia di Trieste e di comuni della provincia di Udine, così come individuati dal citato decreto ministeriale.

Per questi ultimi, il quantitativo di detto prodotto è pari al 40% di quello indicato al n. 14 della citata tabella A; per la provincia di Trieste il quantitativo dello stesso prodotto è pari all'80% del contingente indicato al n. 14 della medesima tabella A.

L’articolo 21, comma 6, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003), prorogato dalla disposizione in esame, ha modificato il limite massimo di quantità di gasolio che può essere oggetto dell’agevolazione in parola, fissandolo in 23 milioni di litri per la provincia di Trieste e 5 milioni per la provincia di Udine.

 

Si segnala che la riduzione delle aliquote di accisa sugli olî minerali consumati nelle province di Udine e Trieste è espressamente consentita dal richiamato allegato II, punto 8, alla direttiva 2003/96/CE. A norma dell’articolo 18, paragrafo 1, della stessa direttiva, l’autorizzazione è concessa previo esame da parte del Consiglio in base a una proposta della Commissione e scade il 31 dicembre 2006.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 1746) indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile, per il 2006, in 11,56 milioni di euro in termini di accise e di 13,27 milioni di euro, se si considera anche l’effetto sull’imposta sul valore aggiunto.

Gasolio utilizzato per le coltivazioni sotto serra

La lettera h) del comma 5 proroga, per l’anno 2007, l’esenzione da accisa in favore del gasolio usato per le coltivazioni sotto serra.

L’agevolazione è stata introdotta nella sostanza dall’articolo 5, comma 5, del D.L. 30 settembre 2000, n. 268, convertito dalla legge 23 novembre 2000, n. 354, relativamente al periodo 3 ottobre 2000-31 dicembre 2000. Tale articolo 5 prevedeva l’applicazione, per il gasolio usato nelle coltivazioni sotto serra, di un’aliquota di accisa pari allo 0%[118] di quella applicata sul gasolio usato come carburante. Con successivi provvedimenti è stata invece disposta l’esenzione da accisa. In particolare l’articolo 24, comma 3, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001) ha disposto l’applicazione di tale agevolazione per il primo semestre 2001. Tale previsione è stata successivamente prorogata:

-       al 30 settembre 2001, dall’articolo 1, comma 3, del D.L. n. 246 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 330 del 2001;

-       al 31 dicembre 2001, dall’articolo 3 del D.L. n. 356 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418 del 2001;

-       al 31 dicembre 2002, dall’articolo 13, comma 3, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002);

-       al 31 dicembre 2003, dall’articolo 19, comma 4, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003);

-       al 31 dicembre 2004, dall’articolo 2, comma 4, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004);

-       al 31 dicembre 2005, dall’articolo 1, comma 511, lettera h), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005);

-       al 31 dIcembre 2006, ai sensi dell’articolo 1, comma 115, lettera h), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).

 

Il comma 4dell’articolo 2 della citata legge n. 350 del 2003, rinvia, per le modalità applicative, alle disposizioni del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 14 dicembre 2001, n. 454, adottato, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, ai sensi dell’articolo 1, comma 4, del D.L. n. 21 del 2000, convertito dalla legge n. 92 del 2000.

Il suddetto decreto ministeriale 14 dicembre 2001, n. 454, reca il regolamento concernente le modalità di gestione dell'agevolazione fiscale per gli olî minerali impiegati nei lavori agricoli e orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica.

In particolare, l’articolo 2, comma 3, stabilisce che per usufruire delle agevolazioni, entro il 30 giugno di ciascun anno, i soggetti interessati devono presentare un’apposita richiesta, anche per il tramite delle organizzazioni di categoria, all'ufficio, incaricato dalla regione o dalle province autonome, del servizio relativo all'impiego di carburanti agevolati per l'agricoltura, competente in base all'ubicazione dei terreni. L'ufficio controlla la regolarità delle richieste effettuando, anche con l'ausilio di collegamenti telematici, gli eventuali accertamenti sui dati esposti, e determina, per ciascun soggetto beneficiario, i quantitativi complessivi dei prodotti da ammettere all'impiego agevolato per i lavori da svolgere nell'anno solare.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 1746) indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile, in 27,49 milioni di euro per il 2006, determinato per 22,91 milioni quale minore introito accise e 4,58 milioni quale minore introito IVA.

 

La Commissione europea, con lettera in data 18 febbraio 2004 (pubblicata sulla GUCE C n. 69 del 19 marzo 2004), ha comunicato all’Italia la propria decisione di avviare il procedimento di cui all’articolo 88, paragrafo 2 del Trattato CE nei confronti dell’aiuto di Stato previsto dall’articolo 5, comma 5, del D.L. 30 settembre 2000, n. 268 (Aiuto C 6/04 – ex NN70/01). In data 19 gennaio 2005, la Commissione europea ha deciso di aprire una procedura di esame, ai sensi delle disposizioni sugli aiuti di Stato, circa le riduzioni delle accise sui carburanti utilizzati per il riscaldamento delle serre in Italia.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 30 giugno 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione dal titolo Riesame delle deroghe di cui agli allegati II e III della direttiva 2003/96/CE che ristruttura il quadro comunitario in materia di energia elettrica ed elettricità che scadono entro la fine del 2006 (COM(2006)342).

La Commissione ricorda che gli allegati II e III della citata direttiva contengono deroghe che autorizzano gli Stati membri ad applicare aliquote d’imposta ridotte o esenzioni dall'imposizione dei prodotti energetici per vari prodotti e fini. Alcune deroghe sono già scadute e altre scadranno il 31 dicembre 2006.

Secondo la Commissione, per le deroghe corrispondenti a obiettivi non presi in considerazione dalle disposizioni generali della direttiva, la comunicazione costituisce uno degli elementi del contesto nel quale gli Stati membri dovrebbero valutare la loro posizione, in vista dello scadere delle deroghe. Se i singoli Stati membri dovessero ritenere di avere ancora bisogno di una deroga dalla direttiva per considerazioni politiche specifiche, possono presentare una richiesta alla Commissione a norma dell'articolo 19 della direttiva. Tali richieste saranno valutate in base ai loro meriti, tenendo conto in particolare del corretto funzionamento del mercato interno, della necessità di garantire una concorrenza leale e delle politiche comunitarie in materia di ambiente, sanità, energia e trasporti.

Inoltre, la Commissione rammenta che tutte le misure fiscali che potrebbero costituire un aiuto di Stato devono esserle preventivamente notificate al fine di essere valutate ai sensi delle norme sugli aiuti di Stato.

La comunicazione è stata trasmessa al Consiglio.

 


Articolo 30, comma 7
(Compensazione dei contributi al Servizio sanitario nazionale per gli autotrasportatori)

 

7. Le disposizioni dell'articolo 1, comma 103, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nei limiti di spesa ivi indicati, si applicano anche alle somme versate nel periodo d'imposta 2006 ai fini della compensazione dei versamenti effettuati dal 1o gennaio 2007 al 31 dicembre 2007.

 

 

Il comma 7 dell’articolo 30 estende all’anno 2007 i benefìci previsti dall’articolo 1, comma 103, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266 del 2005), disponendo che le somme versate nel periodo d’imposta 2006 a titolo di contributo al Servizio sanitario nazionale sui premi di assicurazione per la responsabilità civile per i danni derivanti dalla circolazione di veicoli a motore adibiti a trasporto merci, fino alla concorrenza di 300 euro per ciascun veicolo, possono essere utilizzate in compensazione dei versamenti effettuati dal 1º gennaio 2007 al 31 dicembre 2007, nel limite di spesa di 75 milioni di euro.

 

Per quanto riguarda i veicoli in oggetto, il richiamato comma 103 fa riferimento ai premi assicurativi sulla responsabilità civile per la circolazione dei veicoli a motore adibiti al trasporto di merci, di massa complessiva a pieno carico non inferiore a 11,5 tonnellate, omologati ai sensi della direttiva 91/542/CEE, riga B[119].

 

Il contributo sui premi delle assicurazioni dei veicoli e dei natanti – già previsto dall’articolo 11-bis della legge 24 dicembre 1969, n. 990, introdotto dall'articolo 126 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 175 – è ora disciplinato dall’articolo 334 del codice delle assicurazioni private, emanato con decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.

Esso prevede che sui premi delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti si applichi un contributo, sostitutivo delle azioni spettanti alle regioni e agli altri enti che erogano prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale, nei confronti dell'impresa di assicurazione, del responsabile del sinistro o dell'impresa designata, per il rimborso delle prestazioni erogate ai danneggiati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti.

Il contributo si applica, con l’aliquota del 10,5 per cento (stabilita dall’articolo 38 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, in luogo della precedente aliquota del 6,5 per cento), sui premi incassati e deve essere distintamente indicato in polizza e nelle quietanze. L'impresa di assicurazione ha diritto di rivalersi nei confronti del contraente per l'importo del contributo.

Per l'individuazione e la denunzia dei premi soggetti al contributo, per la riscossione e per le relative sanzioni si applica la legge 29 ottobre 1961, n. 1216, e successive modificazioni.

 

Per quanto riguarda il meccanismo della compensazione, larticolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, disciplina il versamento unitario delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali. Esso consente la compensazione dei crediti dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

L’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ha stabilito in lire 1 miliardo per ciascun anno solare il limite massimo dei crediti d’imposta e dei contributi compensabili ai sensi del predetto articolo 17, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale.

 

La quota utilizzata in compensazione non concorre alla formazione del reddito d’impresa ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive.

 

Il Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base delle indicazioni fornite a consuntivo dall’Agenzia delle entrate, riversa sulla contabilità speciale 1778 «Fondi di bilancio» le somme necessarie a ripianare le anticipazioni sostenute a seguito delle compensazioni effettuate ai sensi del presente comma 103.


Articolo 30, comma 8
(Deduzioni forfetarie delle spese non documentate per i trasporti effettuati personalmente nel territorio comunale)

 

8. Le disposizioni del comma 106 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nei limiti di spesa ivi indicati, sono prorogate al periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2006.

 

 

Il comma 8 dell’articolo 30, prorogando al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2006 le disposizioni contenute all’articolo 1, comma 106, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266 del 2005), dispone che la deduzione forfetaria di spese non documentate consentita dall’articolo 66, comma 5, primo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, spetta anche per i trasporti personalmente effettuati dall’imprenditore all’interno del comune in cui ha sede l’impresa, per un importo pari al 35 per cento di quello spettante per i medesimi trasporti nell’ambito della regione o delle regioni confinanti (ossia nella misura di euro 2,7125).

 

L’articolo 1, comma 106, della legge n. 266 del 2005 consentiva tale deduzione forfetaria limitatamente al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2005.

L’articolo 66 del TUIR disciplina la determinazione del reddito d’impresa dei soggetti ammessi al regime di contabilità semplificata[120], quando non abbiano optato per il regime ordinario.

Il comma 5 prevede speciali deduzioni forfetarie in favore dei medesimi soggetti, qualora si tratti di imprese autorizzate all'autotrasporto di merci per conto di terzi. In particolare, il primo periodo dispone che il reddito determinato a norma dei commi precedenti sia ridotto, a titolo di deduzione forfetaria di spese non documentate, nelle misure:

a)      di euro 7,75 per i trasporti personalmente effettuati dall'imprenditore oltre il comune in cui ha sede l'impresa ma nell'ambito della regione o delle regioni confinanti;

b)      di euro 15,49 per i medesimi trasporti effettuati oltre tale ambito[121].


Articolo 30, comma 9
(Proroga dell’esenzione IRPEF per i redditi di lavoro dipendente prestato all’estero in zone di frontiera)

 

9. All'articolo 2, comma 11, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, le parole: «Per gli anni 2003, 2004, 2005 e 2006» sono sostituite dalle seguenti: «Per gli anni 2003, 2004, 2005, 2006 e 2007».

 

 

Il comma 9 dell’articolo 30 modifica il comma 11 dell’articolo 2 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003), al fine di estendere anche al 2007 i benefìci fiscali relativi ai redditi di lavoro dipendente conseguiti dai lavoratori frontalieri.

 

Il comma 11 del richiamato articolo 2 della legge n. 289 del 2002 ha disposto l'esenzione dall’IRPEF per una quota (fino a euro 8.000) dei redditi derivanti da lavoro dipendente prestato all’estero in zone di frontiera. Concorre infatti a formare la base imponibile la quota dei richiamati redditi eccedente gli 8.000 euro.

Il predetto beneficio spetta ai redditi di lavoro dipendente prestato, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, all’estero in zone di frontiera e in altri Paesi limitrofi da soggetti residenti nel territorio dello Stato[122].

 

L’esenzione, prevista dalla legge n. 289 del 2002 limitatamente al 2003, è stata prorogata per il 2004 dall’articolo 2, comma 12, lettera a), della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), per il 2005 dall’articolo 1, comma 504, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) e per il 2006 dall’articolo 1, comma 122, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).

La circolare dell’Agenzia delle entrate 15 gennaio 2003, n. 2, ribadendo, tra l’altro, quanto già contenuto nella circolare della medesima Agenzia 3 gennaio 2001, n. 1, esplicativa della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001), ha precisato che la disposizione in esame si riferisce ai soli redditi percepiti dai lavoratori dipendenti che sono residenti in Italia e quotidianamente si recano all’estero in zone di frontiera (quali ad esempio, Francia, Austria, Repubblica di San Marino, Stato della Città del Vaticano) o in paesi limitrofi (quali ad esempio il Principato di Monaco) per svolgere la prestazione di lavoro.

Non rientrano, invece, nella previsione dell’articolo 2, comma 11, le ipotesi di lavoratori dipendenti, anch’essi residenti in Italia, che, in forza di uno specifico contratto che preveda l’esecuzione della prestazione all’estero in via esclusiva e continuativa, soggiornano all’estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di dodici mesi. A tali lavoratori si applica, invece, il regime di tassazione previsto dal comma 8-bis dell'articolo 51 (già articolo 48), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dall’articolo 36 della legge 21 novembre 2000, n. 342[123].

 

La relazione tecnica al disegno di legge (A.C. 1746) stima una perdita di gettito nel 2007, in termini di competenza, pari a 27 milioni di euro.


Articolo 30, comma 10
(Limite di deducibilità dei contributi di assistenza sanitaria
dal reddito di lavoro dipendente)

 


10. Per l'anno 2007, il limite di non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente, relativamente ai contributi di assistenza sanitaria, di cui all'articolo 51, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è fissato in euro 3.615,20.


 

 

Il comma 10 dell’articolo 30 fissa in 3.615,20 euro (equivalenti a circa 7 milioni di lire) il limite entro il quale possono essere dedotti dal reddito di lavoro dipendente i contributi di assistenza sanitariaversati dal datore di lavoro o dal lavoratore a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale, in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale.

 

L’articolo 51 (ex articolo 48) del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, al comma 2, lettera a), fissa tale limite a 7 milioni di lire (3.615,20 euro) fino all'anno 2002; esso sarebbe poi dovuto diminuire a 6 milioni di lire (3.098,74 euro) per l'anno 2003, decrescendo ulteriormente negli anni successivi, in ragione di 500.000 lire (258,23 euro) annue, fino all’importo di 3,5 milioni di lire (1.807,60 euro).

Per il 2007 l’importo sarebbe pertanto determinato in 4 milioni di lire (2.065,82 euro).

 

Il comma 118 dell’articolo 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) aveva già fissato tale limite in euro 3.615,20 per il 2003 e per il 2004, evitando l’applicazione del limite più basso previsto a regime dall’articolo 51 del TUIR. Lo stesso intervento, relativamente all’anno 2005, è stato realizzato con l’articolo 1, comma 505, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005) e relativamente all’anno 2006 dall’articolo 1, comma 123, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006).

 

Si ricorda infine che la suddetta lettera a) prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2003, l'importo deducibile, fermi restando i limiti summenzionati, sia pari alla differenza tra un valore base di lire 6.500.000 (pari a 3.356,97 euro) e la misura dei contributi versati ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale [contributi, questi ultimi, deducibili ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera e-ter), del medesimo testo unico, entro un limite pari a lire 3.000.000 (1.549,37 euro) per gli anni 2003 e 2004; lire 3.500.000 (1.807,60 euro) per gli anni 2005 e 2006 e a lire 4.000.000 (2.065,83 euro) a decorrere dal 2007][124].

 

La relazione tecnica al disegno di legge (A.C. 1746) indica una perdita di gettito in termini di competenza per il 2007 pari a 10,3 milioni di euro.


Articolo 30, comma 11
(Detraibilità delle spese sostenute per la frequenza di asili nido)

 

11. Le disposizioni dell'articolo 1, comma 335, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, si applicano anche relativamente al periodo d'imposta 2006.

 

 

Il comma 11 dell’articolo 30 estende al periodo d'imposta 2006 la detrazione d’imposta del 19 per cento per le spese documentate sostenute dai genitori per il pagamento delle rette degli asili nido, disposta per il solo 2005 dall’articolo 1, comma 335, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266 del 2005).

 

La detrazione, da effettuarsi in base all’articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, era limitata dal richiamato comma 335 al periodo d’imposta 2005.

La norma prevede un limite massimo di spesa di 632 euro annui per ciascun figlio che frequenti l’asilo nido. Pertanto, l’importo massimo della detrazione risulta di euro 120,08.

 

Sia gli oneri deducibili, sia le detrazioni d’imposta hanno la funzione di ridurre il carico fiscale gravante sul soggetto.

In particolare, gli oneri deducibili, indicati dall’articolo 10 del TUIR, sono rappresentati da alcune fattispecie non aventi un denominatore comune (vi sono, infatti, ricomprese determinate spese mediche, i contributi previdenziali e assistenziali, gli assegni di mantenimento), le quali possono essere portate in diminuzione dal reddito complessivo del soggetto, operando sulla base imponibile dell’imposta.

Le detrazioni d’imposta, disciplinate dall’articolo 15 del TUIR, operano invece una decurtazione dell’imposta lorda, tenendo conto, entro misure prefissate, di oneri sostenuti dal soggetto passivo per il suo stesso mantenimento, ovvero di determinati oneri gravanti su particolari fonti produttive di reddito, nonché di erogazioni liberali effettuate a favore di particolari soggetti per determinate finalità.

L’articolo 15 del TUIR individua gli oneri detraibili dall'imposta lorda nella misura del 19 per cento, qualora gli stessi non siano già deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo.

 

Come è ricordato nella circolare dell’Agenzia delle entrate n. 6/E del 13 febbraio 2006, par. 2.1, per la nozione di asilo nido deve farsi riferimento all'articolo 70 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, secondo cui costituiscono asili nido le strutture dirette a garantire la formazione e la socializzazione delle bambine e dei bambini di età compresa tra i tre mesi e i tre anni e a sostenere le famiglie e i genitori. Poiché il presente comma 335 non contiene alcuna precisazione riguardo alle caratteristiche tipologiche dell'asilo, è possibile fruire del beneficio fiscale in relazione alle somme versate a qualsiasi asilo nido, sia pubblico che privato.

Secondo quanto precisato dall’Agenzia, “la detrazione, in aderenza al principio di cassa, compete in relazione alle spese sostenute nel periodo d'imposta 2005, a prescindere dall'anno scolastico cui si riferiscono”. Essa “va divisa tra i genitori sulla base dell'onere da ciascuno sostenuto. Qualora il documento di spesa sia intestato al bimbo, o ad uno solo dei coniugi, è comunque possibile specificare, tramite annotazione sullo stesso, le percentuali di spesa imputabili a ciascuno degli aventi diritto”. Le spese detraibili debbono essere documentate e sostenute secondo i princìpi generali validi in tema di detrazione: la documentazione dell'avvenuto pagamento può essere costituita da fattura, bollettino bancario o postale, ricevuta o quietanza di pagamento.


Articolo 34
(Revisione dell'assetto organizzativo del Ministero dell'economia e delle finanze)

 


1. Ai fini di quanto previsto dall'articolo 32, l'articolazione periferica del Ministero dell'economia e delle finanze è ridefinita su base regionale e, ove se ne ravvisi l'opportunità, interregionale e interprovin­ciale in numero complessivo comunque non superiore a 50 sedi per ciascuna delle strutture di cui al comma 3, in relazione alle esigenze di conseguimento di economie di gestione e del miglioramento dei servizi resi all'utenza.

2. Con le modalità, i tempi e i criteri previsti dall'articolo 32 si provvede:

     a) al riordino dell'articolazione periferica del Ministero dell'economia e delle finanze e alla soppressione dei Dipartimenti provinciali del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, nonché delle Ragionerie provinciali dello Stato e delle Direzioni provinciali dei servizi vari;

     b) alla ridefinizione delle competenze e delle strutture dei Dipartimenti centrali.

3. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 32, comma 1, gli uffici di cui al comma 2, lettera a), del presente articolo assumono le seguenti denominazioni: «Direzioni territoriali dell'economia e delle finanze» e «Ragionerie territoriali dello Stato».

4. Previa stipula di apposite convenzioni, gli uffici territoriali dell'economia e delle finanze possono delegare alle aziende sanitarie locali lo svolgimento, in tutto o in parte, delle residue funzioni attribuite alle commissioni mediche di verifica.


 

 

L’articolo 34 dispone la ridefinizione dell’articolazione periferica del Ministero dell’economia e finanze su base regionale e, qualora se ne ravvisi l’opportunità, interregionale e interprovinciale.

 Il numero complessivo di sedi per ciascuna delle articolazioni territoriali del Ministero stesso non dovrà essere superiore a 50, ai fini del conseguimento di economie gestionali e di miglioramento dei servizi resi all’utenza (comma 1).

La ridefinizione delle articolazioni periferiche del Ministero dell’economia e finanze in tale articolo prevista, costituisce un specificazione del processo di riorganizzazione dei ministeri delineato nell’articolo 32 (cfr. la relativa scheda di lettura)

 

Con le modalità, i tempi ed i criteri indicati nell’articolo 32 dovrà provvedersi al riordino dell’articolazione periferica del Ministero dell’economia e finanze e alla contestuale soppressione dei Dipartimenti provinciali del tesoro, bilancio e programmazione economica, nonché delle Ragionerie provinciali dello Stato e delle Direzioni provinciali dei servizi vari. Gli uffici facenti capo a tali strutture assumeranno, a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento generale di riorganizzazione, di cui all’articolo 32, comma 1, del disegno di legge in commento, il nome di “Direzioni territoriali dell’Economia e delle Finanze” e “Ragionerie territoriali dello Stato” (comma 2, lett. a) e comma 3);

 

L’art. 10 del D.P.R. 20 febbraio 1998, n. 38, “Regolamento recante le attribuzioni dei Dipartimenti del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, nonché disposizioni in materia di organizzazione e di personale, a norma dell'articolo 7, comma 3, della L. 3 aprile 1997, n. 94 ” disciplina compiti e funzioni dei Dipartimenti provinciali del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, prevedendo che essi svolgano, in sede locale, i servizi di competenza del Ministero, con riferimento anche ai fondi di provenienza comunitaria (comma 1) [125].

I dipartimenti provinciali si articolano in:

a)       ragionerie provinciali dello Stato, che svolgono, nei confronti degli organi decentrati delle amministrazioni dello Stato, le funzioni attribuite agli uffici centrali del bilancio presso i Ministeri[126];

b)       uffici, servizi, osservatori, commissioni provinciali e altre strutture destinate, in particolare, all'erogazione dei servizi relativi alle pensioni di guerra ed assegni vari a particolari categorie, con le funzioni tecniche ed amministrative connesse; e servizi relativi all'erogazione di trattamenti economici a carico del bilancio dello Stato, ovvero, mediante convenzione, all'erogazione di trattamenti economici a carico di altre amministrazioni pubbliche; nonché, ove necessario, di altri compiti dei Dipartimenti del Ministero.

I Dipartimenti provinciali sono organicamente inseriti nel Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi del tesoro e dipendono funzionalmente dai Dipartimenti centrali cui afferiscono i compiti e i servizi svolti in sede locale. Le ragionerie provinciali nello svolgimento dei compiti riguardanti la gestione del bilancio e il rendiconto generale dello Stato, rispondono direttamente ed operativamente al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, nell'ambito della necessaria integrazione tecnica, giuridica e funzionale dei relativi processi e delle responsabilità che vi sono unitariamente connesse.

 

Si vedano anche le disposizioni generali contenute nell’articolo 32 circa la revisione dell’organizzazione dei Ministeri.


Articolo 52
(Assicurazione contro i rischi da calamità naturali)

 


1. All'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al comma 202, primo periodo, dopo la parola: «fabbricati» è aggiunta la seguente: «privati»;

     b) dopo il comma 202 è inserito il seguente:

«202-bis. Per l'attuazione del sistema assicurativo di cui al comma 202 ed al fine di garantire adeguati, tempestivi ed uniformi livelli di soddisfacimento delle esigenze di riparazione o ricostruzione di beni immobili privati destinati ad uso abitativo, danneggiati o distrutti da calamità naturali, le polizze assicurative contro qualsiasi tipo di danno a fabbricati di proprietà di privati stipulate successivamente alla data di entrata in vigore del regolamento previsto dal presente comma, ricomprendono anche i rischi derivanti da calamità naturali. Con regolamento emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti la Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), sono disciplinate le modalità e i termini di attuazione del presente comma, nonché le modalità e i termini della estensione della citata copertura assicurativa, entro il 31 dicembre 2007, a tutte le polizze in vigore alla medesima data».


 

 

L’articolo 52 novella le disposizioni recate dall’articolo 1, comma 202, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, relative all’assicurazione contro i rischi da calamità naturali, integrandole nel seguente modo:

a)      viene precisato che la norma recata dal citato comma 202, finalizzata a consentire l’avvio di un regime assicurativo volontario per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati a qualunque uso destinati, riguarda i soli fabbricati privati.

Si ricorda che l’art. 1, comma 202, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005) ha previsto l’istituzione di un Fondo di garanzia (gestito da Consap S.p.A.), con una dotazione di 50 milioni di euro per l’anno 2005, finalizzato ad avviare un regime assicurativo volontario per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati a qualunque uso destinati, attraverso la sottoscrizione di una quota parte del capitale sociale di una costituenda Compagnia di riassicurazioni finalizzata ad aumentare le capacità riassicurative del mercato.

L’ipotesi di creare un sistema di assicurazione privata contro il rischio da calamità naturali era stato oggetto, in precedenza, di numerosi interventi e iniziative parlamentari, soprattutto al fine di ridurre gli oneri a carico del bilancio dello Stato che, in Italia, sono mediamente dell’ordine di 3,5 miliardi di euro l’anno[127].

Lo stesso comma 202 prevedeva l’emanazione di un regolamento recante disposizioni di attuazione, tra cui soprattutto quelle relative alla disciplina del Fondo e alla costituzione della citata Compagnia di riassicurazione. Tali norme tuttavia non sono ancora state emanate.

b)      viene inserito un nuovo comma 202-bis, finalizzato ad estendere la copertura assicurativa dei rischi derivanti da calamità naturali alle polizze assicurative contro qualsiasi tipo di danno ai fabbricati di proprietà di privati.

Tale regolamento, da emanarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, è volto a disciplinare le modalità e i termini per:

-       l’inclusione dei rischi derivanti da calamità naturali nelle polizze assicurative contro qualsiasi tipo di danno a fabbricati di proprietà di privati stipulate successivamente alla data di entrata in vigore del citato regolamento;

-       l’estensione della copertura assicurativa dei rischi derivanti da calamità naturali, entro il 31 dicembre 2007, a tutte le polizze in vigore alla medesima data.

 

Si nota, in proposito, che la lettera b) sembra di fatto riproporre, ampliandolo, l’obiettivo previsto dall’articolo 46 del disegno di legge finanziaria per il 2004 (A.C. n. 4489 della XIV legislatura), il cui comma 1, alla lettera a), prevedeva l’ “estensione obbligatoria della copertura assicurativa del rischio calamità naturali nelle nuove polizze che garantiscono i fabbricati privati contro l'incendio, nonché graduale estensione dell'obbligo assicurativo del medesimo rischio alle polizze incendio già in atto”.

Tale norma fu soppressa nel corso dell’esame parlamentare anche in seguito alla segnalazione che il 20 novembre 2003 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato trasmise, ai sensi dell'articolo 22 della legge n. 287 del 1990, ai Presidenti del Senato e della Camera, al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri dell'economia e delle finanze, dell'interno e delle attività produttive, in merito alle disposizioni contenute nel citato articolo 46[128].

 

L'Autorità rilevava, infatti, che le disposizioni sarebbero state suscettibili di compromettere l'esplicarsi della concorrenza a danno dei consumatori e del benessere complessivo. In particolare, nella segnalazione, si evidenziava che il collegamento della copertura contro i danni causati agli edifici dagli incendi con quelli derivanti da calamità naturale avrebbe potuto vanificare l'obiettivo perseguito di garantire a tutti la copertura assicurativa, in quanto i destinatari dell'obbligo assicurativo sarebbero stati selezionati sulla base di un criterio occasionale e estraneo all'effettiva esposizione al rischio di catastrofi naturali. Inoltre, l’abbinamento obbligatorio tra l’assicurazione contro gli incendi e quella contro le catastrofi naturali, non essendo imposto da alcuna ragione tecnica, in quanto il verificarsi di un evento non implica di regola il verificarsi dell'altro, avrebbe prodotto effetti anticoncorrenziali, espressamente vietati dalla disciplina comunitaria in materia di concorrenza. L’autorità, inoltre, argomentava dal fatto che l'imposizione dell’obbligo assicurativo per le calamità naturali avrebbe contribuito ad irrigidire la domanda dei consumatori, che sarebbero stati indotti ad accettare le condizioni praticate dalle imprese, anche se particolarmente gravose e, infine, che alle imprese non sarebbe stata consentita l'offerta di servizi differenziati secondo le necessità degli utenti e ciò avrebbe prodotto il rischio di omogeneizzazione dell'offerta dei servizi assicurativi contro le calamità naturali.

Ulteriori elementi di criticità erano stati sollevati dalla stessa autorità nel 1999[129]in merito ad una proposta di legge che aveva gli stessi obiettivi ripresi in seguito dal citato articolo 46 dell’A.C. 4489. L’Autorità aveva osservato, già allora, che “la copertura assicurativa degli abitanti di aree particolarmente esposte a rischio implica che gli abitanti in aree meno rischiose corrispondano premi superiori a quelli che si determinerebbero in un libero mercato. Il funzionamento di un siffatto meccanismo mutualistico presuppone che i premi confluiscano ad una medesima impresa, la quale sarà in tal modo in grado di percepire nel complesso risorse idonee a garantire il servizio. Al riguardo si osserva che, di regola, siffatti sistemi ispirati ad elevata solidarietà vengono gestiti da imprese in monopolio o attraverso la costituzione di appositi fondi, che soli possono permettere l'operatività dei necessari meccanismi di sussidio incrociato. In assenza di queste soluzioni, comunque limitative della concorrenza, le imprese tenderebbero a selezionare il rischio e a competere unicamente per la copertura assicurativa dei soggetti con rischio ridotto, lasciando privi di copertura cittadini che la normativa vuole tutelare. L'insieme di tali circostanze induce a ritenere che una copertura assicurativa generale contro le calamità naturali comporta rilevanti ed inevitabili limitazioni alle regole della concorrenza”.

Circa l’estensione della copertura assicurativa alle polizze incendio l’Autorità osservava che “la scelta di introdurre un obbligo di assicurazione sotto forma di garanzia accessoria ad una polizza facoltativa, quale la polizza incendio, potrebbe vanificare l'obiettivo perseguito. In questo caso, infatti, i destinatari dell'obbligo assicurativo vengono selezionati sulla base di un criterio del tutto estraneo alla effettiva esposizione al rischio: solo i soggetti che volontariamente hanno stipulato o stipuleranno una polizza incendio sarebbero infatti tenuti ad acquistare anche una copertura assicurativa contro le calamità naturali. In concreto, si deve considerare che gli unici soggetti per cui ad oggi si riscontra un obbligo di assicurazione contro l'incendio sono coloro che hanno contratto un mutuo ipotecario e che pertanto l'unico risultato sicuro della norma in esame è quello di imporre a questi soggetti un ulteriore obbligo assicurativo. Analogamente si può ritenere che la norma indurrà l'assicurazione di una parte rilevante degli immobili in condominio, per i quali, pur non esistendo uno specifico obbligo assicurativo, è assai diffuso il ricorso a polizze "globale fabbricati", che coprono, tra gli altri, anche il rischio incendio. In una tale situazione, risulterebbero maggiormente assoggettati all'obbligo assicurativo edifici in larga misura situati in aree metropolitane, ovvero in zone a più ridotto rischio di calamità naturale”.

 

Si segnala, infine, che nel corso dell’indagine conoscitiva sui rapporti tra il sistema delle imprese, i mercati finanziari e la tutela del risparmio, svolta dalle Commissioni riunite VI e X della Camera congiuntamente con le Commissioni riunite 6a e 10 a del Senato, nella seduta del 17 febbraio 2004, il presidente dell’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA), interrogato incidentalmente sull’ipotizzata previsione dell’assicurazione contro i danni da calamità naturali, ha espresso l’opinione che essa, ove adottata, dovrebbe avere estensione generale, per consentire l’esplicarsi del criterio di mutualità che solo può permettere la ripartizione del rischio su base assicurativa. Il presidente dell’ANIA ha ipotizzato un costo annuo variabile tra 70 e 100 euro per persona in relazione a un’abitazione del valore di 100 mila euro. Ha per altro espresso l’avviso che, in caso di catastrofi di grave intensità, non sia possibile evitare l’intervento diretto dello Stato come “assicuratore finale”.

 

 


Articolo 74, commi 16-17
(Sanzioni per le violazioni del Patto di stabilità
interno per gli enti locali)

 


16. Decorso inutilmente il termine del 30 giugno:

     a) nei comuni interessati, con riferimento al periodo di imposta in corso, i contribuenti tenuti al versamento dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche calcolano l'imposta maggiorando l'aliquota vigente nei comuni stessi dello 0,3 per cento;

     b) nelle province interessate, con riferimento al periodo di imposta in corso, l'imposta provinciale di trascrizione, per i pagamenti effettuati a decorrere dal 1o luglio, è calcolata applicando un aumento del 5 per cento sulla tariffa vigente nelle province stesse.

17. Scaduto il termine del 30 giugno i provvedimenti del commissario ad acta non possono avere ad oggetto i tributi di cui al comma 16.


 

 

Le disposizioni in commento prevedono, nell’ambito delle misure sanzionatorie per la violazione del patto di stabilità interno, un meccanismo di automatismo fiscale (incremento delle aliquote dell’addizionale comunale all’IRPEF e dell’imposta provinciale di trascrizione), che si attiva qualora l’ente, a seguito della diffida del Presidente del Consiglio dei Ministri, non adotti autonomamente le necessarie misure per il riassorbimento dello scostamento.

Infatti, In caso di mancato raggiungimento da parte degli enti locali dell’obiettivo annuale posto dal patto, accertato con la certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale e dal responsabile del servizio finanziario, che gli enti soggetti al patto devono inviare al Ministero dell'economia entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, il comma 15 dell’articolo 74 prevede l’intervento del Presidente del consiglio dei Ministri che, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (c.d. legge La Loggia), diffida gli enti locali ad adottare i necessari provvedimenti entro il 31 maggio dell'anno successivo a quello di riferimento (comma 15).

Il procedimento di riconduzione dei conti dell’ente entro i limiti stabiliti dal patto si esplica secondo le seguenti fasi:

 

1.      l’ente è tenuto a comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Statoi provvedimenti che intende adottare per riportare i conti in linea con gli obiettivi del patto di stabilità interno, entro la data indicata del 31 maggio, con le modalità che saranno definite dal decreto, di cui al comma 7, relativo alle procedure di monitoraggio.

 

2.      Qualora l’ente diffidato non adempia nei termini indicati, il sindaco o il presidente della provincia, in qualità di commissari ad acta, adottano entro il 30 giugno i necessari provvedimenti, che devono essere comunicati al Ministero dell’economia e finanze, entro la medesima data, con le modalità indicate dal decreto di cui al comma 7.

Ai sensi del comma 17, scaduto il termine del 30 giugno al commissario ad acta è fatto divieto di adottare misure che comprendano l’aumento delle aliquote dei tributi comunali e provinciali, indicati dal comma 16.

Allo scopo di assicurare al contribuente l'informazione necessaria per il corretto adempimento degli obblighi tributari, il comma 15 prevede inoltre che il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato cura la pubblicazione, sul sito informatico, degli elenchi contenenti gli enti locali che non hanno rispettato il patto di stabilità interno, di quelli che hanno adottato opportuni provvedimenti nonché di quelli per i quali i commissari ad acta non hanno inviato la prescritta comunicazione.

Questi elenchi devono consentire al contribuente la conoscenza di provvedimenti correttivi o sanzionatori che prescrivono l’innalzamento delle aliquote di tributi cui essi sono soggetti.

 

3.      Decorso inutilmente anche il termine del 30 giugno si attiva, automaticamente, la fase sanzionatoria vera e propriacostituita dall’aumento diretto (ex lege) delle aliquote dell’addizionale comunale all’IRPEF e dell’imposta provinciale di trascrizione.

Più precisamente:

a)  nei comuni interessati, con riferimento al periodo di imposta in corso, i contribuenti tenuti al versamento dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche calcolano l'imposta maggiorando l'aliquota vigente nei comuni stessi dello 0,3 per cento[130].

Si segnala che l’addizionale comunale all’IRPEF è ridisciplinata dall’articolo 7 del disegno di legge in esame (cfr. la relativa scheda di lettura)

b)  nelle province interessate, con riferimento al periodo di imposta in corso, l'imposta provinciale di trascrizione, per i pagamenti effettuati a decorrere dal 1° luglio, è calcolata applicando un aumento del 5 per cento sulla tariffa vigente nelle province stesse

 

L’articolo 56 del D.Lgs. n. 446 del 1997 ha consentito alle province di istituire, a decorrere dal 1° gennaio 1999, un’imposta provinciale di trascrizione, iscrizione e annotazione dei veicoli al pubblico registro automobilistico, destinata a sostituire l'imposta erariale di trascrizione, iscrizione e annotazione dei veicoli al pubblico registro automobilistico (IET) e l'addizionale provinciale alla suddetta imposta (APIET).

Le tariffe, determinate con decreto ministeriale n. 435 del 1998, possono essere aumentate dalle province fino al 20. Sul punto interviene l’articolo 10, comma 2, del disegno di legge finanziaria che prevede l’innalzamento di tale percentuale fino al 40 per cento. L’IPT viene applicata in misura fissa (150,81 euro + eventuale maggiorazione provinciale) per gli atti di vendita soggetti ad IVA qualunque sia la potenza del veicolo e per gli atti di vendita relativi a veicoli con potenza inferiore a 53 Kilowatt. L’IPT viene, invece, applicata in misura proporzionale per gli atti di vendita non soggetti ad IVA (ad esempio compravendita fra privati) relativi a veicoli con potenza superiore a 53 Kilowatt (es. per autovetture e autoveicoli 3,51 euro per ogni Kw + eventuale maggiorazione provinciale).

 

 


Articolo 108
(Interventi per i consorzi e le cooperative di garanzia collettiva fidi)

 


1. All'articolo 24, comma 4, lettera a), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, dopo la parola: «controgaranzie» sono inserite le seguenti: «e cogaranzie».

2. Per le finalità previste dall'articolo 24, comma 4, lettera a), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, come modificato dal comma 1 del presente articolo, è attribuito un contributo di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.

3. Le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 33, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, si applicano anche alle società finanziarie di cui all'articolo 24 del citato decreto legislativo n. 114 del 1998, come da ultimo modificato dal presente articolo.


 

 

L’articolo 108 modifica la disciplina delle società finanziarie che possono essere costituite, per finalità di sostegno al turismo ed al commercio, dai confidi, ai sensi dell’articolo 24 del decreto legislativo n. 114 del 1998.

 

I Confidi, nati alla fine degli anni '50 per iniziativa dell'imprenditoria privata, costituiscono un importante strumento per favorire l’accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese.

Si tratta di organismi di garanzia mutualistica a favore delle piccole e medie imprese, la cui funzione principale è quella, sostanzialmente, di correggere lo storico svantaggio di uno squilibrato rapporto con il sistema bancario fornendo alla banca le garanzie accessorie ed agevolandola in quei fondamentali e delicati compiti che sono la preselezione ed il monitoraggio della propria clientela.

Ai sensi dell'articolo 29 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, si considerano consorzi e cooperative di garanzia collettiva dei fidi (Confidi) i consorzi, le società consortili e le cooperative che abbiano come scopi sociali:

1) attività di prestazione di garanzie collettive al fine di favorire la concessione di finanziamenti da parte di aziende e istituti di credito, di società di leasing, di società di cessione di crediti d’imprese e di enti parabancari alle piccole imprese associate;

2) attività di informazione, consulenza, assistenza alle imprese consorziate per il reperimento e il migliore utilizzo delle fonti finanziarie, nonché le prestazioni dei servizi per migliorare la gestione finanziaria delle stesse imprese.

I Confidi, quindi, si configurano come organismi finalizzati ad agevolare l'accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese, offrendo alle banche delle garanzie che in genere coprono il 50 per cento dell'entità del prestito erogato.

Ai sensi dell'articolo 155, comma 4, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB), emanato con D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385, i consorzi di garanzia collettiva dei fidi, di I e II grado, anche costituiti sotto forma di società cooperativa o consortile, ed esercenti le suddette attività, sono iscritti in un'apposita sezione dell'elenco generale degli intermediari previsto dall'articolo 106, comma 1, del medesimo testo unico.

Sulla materia è quindi intervenuto l’articolo 24 del decreto legislativo 31 marzo 1998 (recante la riforma della disciplina relativa al settore del commercio) che ha previsto che i confidi possano costituire società finanziarie per lo sviluppo delle imprese operanti nel commercio, nel turismo e nei servizi.

L’articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, disciplina l’attività di garanzia collettiva dei fidi, con la finalità di favorire l’accesso al credito delle piccole e medie imprese attraverso il rafforzamento patrimoniale e la crescita dimensionale dei Confidi. In particolare:

§      viene previsto il rafforzamento patrimoniale dei Confidi, in termini sia di requisiti patrimoniali minimi, sia di incentivazione alle fusioni e aggregazioni;

§      viene prevista una complessiva riforma del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese [legge 23 dicembre 1996, n. 662, articolo 2, comma 100, comma 1, lettera a)] al fine di creare un sistema nazionale di garanzia articolato su due livelli: un primo livello (garanzia diretta) riservato ai Confidi e agli altri garanti che operano sul territorio, un secondo livello (controgaranzia) affidato al Fondo;

§      viene favorita l'evoluzione dei Confidi consentendo, nel rispetto dei princìpi del vigente ordinamento bancario e creditizio, l'utilizzazione dei modelli di banca di credito cooperativo o di intermediario finanziario iscritto nell'elenco speciale previsto dall'articolo 107 del TUB. A tal fine, viene prevista la possibilità che l'attività di garanzia collettiva dei fidi venga svolta anche da banche, secondo il modello delle banche cooperative;

§      ai fini dell'evoluzione dei Confidi verso il modello di intermediario finanziario iscritto nell'elenco speciale previsto dall'articolo 107 del TUB, vengono disciplinate due categorie di Confidi:

Confidi "minori", iscritti in un'apposita sezione dell'articolo 106 e la cui operatività resterebbe sostanzialmente limitata a quella attuale (garanzia collettiva dei fidi);

intermediari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del testo unico, che possono esercitare, prevalentemente in favore dei soci, oltre alla garanzia collettiva dei fidi (che rimarrebbe comunque l'attività prevalente) anche alcune attività di garanzia nei confronti dello Stato e di gestione di fondi pubblici di agevolazione.

L’articolo 1, comma 368, lettera c), numero 5), della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), ha poi stabilito, al fine di favorire l'accesso al credito e il finanziamento dei distretti produttivi e delle imprese che ne fanno parte, che il Ministro dell'economia e delle finanze adotta o propone le misure occorrenti per assicurare il riconoscimento della garanzia prestata dai Confidi quale strumento di attenuazione del rischio di credito ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali degli enti creditizi, in vista del recepimento del Nuovo accordo di Basilea, nonché per favorire il rafforzamento patrimoniale dei Confidi e la loro operatività.

 

In particolare, il comma 1 dell’articolo 108 prevede, mediante una novella all’articolo 24 del decreto legislativo n. 114 del 1998, che il Ministero dello sviluppo economico possa disporre il finanziamento delle società finanziarie costituite dai confidi per lo sviluppo delle imprese operanti nel commercio, nel turismo e nei servizi, ai sensi dell’articolo 24 del decreto legislativo n. 114 del 1998, per le attività destinate non solo all’incremento di fondi di garanzia interconsortili gestiti da tali società e destinati alla prestazione di controgaranzie a favore dei confidi, come attualmente previsto all’articolo 24, comma 4, lettera a), ma anche per l’incremento dei fondi, sempre costituiti dalle medesime società, e destinati alla prestazione di cogaranzie a favore dei confidi medesimi.

 

L’articolo 24 del decreto legislativo n. 114 del 1998 prevede infatti che i consorzi e le cooperative di garanzia collettiva fidi possano costituire società finanziarie con la finalità di sviluppare le imprese operanti nel commercio, nel turismo e nei servizi. Tali società devono essere ispirate a principi di mutualità, devono essere costituite da almeno 30 confidi, distribuiti sull’intero territorio nazionale e devono essere iscritte in un apposito elenco tenuto dal Ministro del tesoro, secondo i principi stabiliti dal TUB. Le società finanziarie possono ricevere finanziamenti dal Ministero dello sviluppo economico, oltre che per la finalità sopra ricordata anche per la promozione di interventi necessari al miglioramento dell’efficienza ed efficacia operativa dei soggetti costituenti; per la promozione di interventi destinati a favorire le fusioni tra confidi e per la realizzazione di servizi di progettazione e assistenza tecnica agli operatori del settore, anche mediante la costituzione di società partecipate dalle società finanziarie.

 

Usualmente, con l’attività di prestazione di controgaranzie si intende la garanzia prestata a favore di altri soggetti, come i confidi, abilitati alla prestazione di garanzie, mentre il termine “cogaranzia” indica la garanzia prestata direttamente a favore di banche o altri intermediari congiuntamente ad altri soggetti abilitati a prestare garanzie.

 

Il comma 2 destina uno stanziamento di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 al finanziamento da parte del Ministero dello sviluppo economico all’attività di incremento dei fondi di garanzie interconsortili per la prestazione di controgaranzie e di cogaranzie ai confidi che viene svolta dalle società finanziarie previste dall’articolo 24 del decreto legislativo n. 114 del 1998 (cfr. supra comma 1).

 

Il comma 3 prevede l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 13, comma 33, del decreto-legge n. 269 del 2003 anche alle società finanziarie previste dall’articolo 24 del decreto legislativo n. 114 del 1998.

 

Il comma 33 dell’articolo 13 del decreto-legge n. 269 del 2003 prevede che le banche di garanzia collettiva dei fidi (vale a dire le banche che esercitano tale attività in via prevalente e possono costituirsi in forma di società cooperativa a responsabilità limitata) e i confidi possono, in occasione di trasformazioni o fusioni, imputare al fondo consortile o al capitale sociale i fondi rischi e gli altri fondi o riserve patrimoniali costituiti da contributi dello Stato, delle Regioni e di altri enti pubblici senza con questo derogare agli obblighi di destinazione previsti.

 


Articolo 109
(Fondo di garanzia fidi)

 


1. All'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) i commi 25, 26, 27 e 61-ter sono abrogati;

     b) al comma 1 è soppresso il secondo periodo;

     c) al comma 23, secondo periodo, le parole: «ai Fondi di garanzia indicati dai commi 25 e 28» sono sostituite dalle seguenti: «al Fondo di garanzia di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662»;

     d) al comma 24, le parole: «ai Fondi di garanzia previsti dai commi 25 e 28» sono sostituite dalle seguenti: «al Fondo di garanzia di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662».


 

 

L’articolo 109 reca alcune modifiche alla riforma del sistema dei confidi operata con l’articolo 13 del decreto-legge n. 269 del 2003, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici, convertito in legge con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003 n. 326.

 

Sull’attività dei confidi cfr. supra scheda sull’articolo 108.

 

Il comma 1, lettera a)sopprime la riforma del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (PMI) prevista dai commi da 25 a 27 dell’articolo 13 del decreto-legge n. 269 del 2003.

Si ricorda che il fondo era costituito presso il Mediocredito centrale SpA[131] in base alla previsione dell’articolo 2, comma 100, lettera a) della legge n. 662 del 1996. Le disposizioni sopra richiamate del decreto legge n. 269 del 2003 prevedevano il conferimento del fondo ad una società per azioni e disciplinavano l’attività di tali società.

In particolare, il comma 25 prevedeva il conferimento del Fondo in una società per azioni costituita con atto unilaterale dallo Stato ed avente per oggetto esclusivo la sua gestione. (Il capitale sociale iniziale della società per azioni doveva essere determinato con decreto del ministro delle Attività produttive di concerto con il ministro dell'Economia e delle finanze e con il Ministro delle politiche agricole e forestali). Si prevedeva altresì che le operazioni di garanzia effettuate dalla società per azioni in oggetto beneficiassero della garanzia dello Stato nei limiti delle risorse finanziarie attribuite.

Il comma 26, prevedeva che l’intervento della società fosse destinato, in via prioritaria all'effettuazione di operazioni di controgaranzia delle garanzie, cogaranzie e controgaranzie prestate dai soci della società stessa.

Il comma 27 riservava ad un decreto del Ministro delle attività produttive, emanato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il compito di disciplinare le regole di funzionamento del Fondo di garanzia ex Mediocredito centrale e le caratteristiche delle garanzie dallo stesso prestate.

Conseguentemente, il comma 1, lettera a) prevede la soppressione del comma 61-ter del decreto-legge n. 269 del 2003 che stabiliva che in via transitoria, fino alla data di insediamento degli organi della società per azioni cui doveva essere conferito il Fondo di garanzia per le PMI, si continuassero ad applicare le disposizioni previgenti riguardanti il fondo.

 

Anche le disposizioni di cui alle lettere c) e d) del comma 1 risultano conseguenti alla soppressione della previsione, di cui al comma 25 dell’articolo 13 del decreto-legge n. 269 del 2003, della costituzione di una società per azioni cui conferire il Fondo di garanzia per le PMI.

Le lettere c) e d) prevedono infatti la sostituzione del riferimento, al comma 23 del medesimo articolo 13 del decreto-legge n. 269 del 2003, ai fondi di cui ai commi 25 e 28 con il riferimento al fondo di garanzia per le PMI di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a) della legge n. 662 del 1996.

Il comma 25 dell’articolo 13 prevedeva, come più volte ricordato, il conferimento ad una società per azioni del fondo di garanzia per le PMI; il comma 28, invece, estendeva, sostanzialmente, anche al Fondo di garanzia dell'Artigiancassa[132] (legge n. 662/1996, art. 2, co. 100, lettera b) il medesimo meccanismo “di secondo livello” (vale a dire con funzione di prestazione di controgaranzie[133]) di intervento. Si prevedeva, infatti che l'intervento di tale fondo venisse riservato alle operazioni di controgaranzia dei confidi nonché alle operazioni di cogaranzia di medesimi, anch'esso escutibile per intero e a prima richiesta. Il comma 28 è stato successivamente abrogato dal comma 7 dell’articolo 11 del decreto-legge 14 marzo 2005 n. 35, recante disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80[134].

Il comma 23 dell’articolo 13 prevedeva invece che a tali fondi venissero destinate le somme derivanti dai versamenti effettuati al Ministero dell’economia dai confidi non aderenti a un fondo di garanzia interconsortile. La medesima disposizione imponeva infatti a tali confidi di versare lo 0,5 per mille delle garanzie concesse dell’anno (il comma 24 prevedeva conseguentemente che le somme versate non concorressero alla formazione del reddito dei fondi destinatarie potessero essere ammesse in deduzione dal reddito dei confidi).

La disposizione in commento prevede quindi che tali versamenti siano devoluti al fondo di garanzia per le PMI.

 

Il comma 1, lettera b) prevede infine la soppressione del secondo periodo del comma 1 dell’articolo 109, il quale prevedeva, con una norma di difficile interpretazione, che, in sede di prima applicazione e fino alla chiusura del terzo esercizio, il consiglio di amministrazione fosse composto dai soggetti indicati all’articolo 3 della legge 14 ottobre 1964, n. 1064, recante l’istituzione del fondo centrale di garanzia presso Artigiancassa.

 

L’articolo 3 della legge n. 1068 dispone che il fondo centrale di garanzia istituito presso l’Artigiancassa è amministrato da un comitato composto: dal presidente, dal vice presidente del consiglio di amministrazione di Artigiancassa, dal direttore generale, da un rappresentante del Ministero del tesoro, da un rappresentante del Ministero dell'industria e da due membri del consiglio generale di Artgiancassa nominati in rappresentanza delle categorie artigiane.

 

La difficoltà di interpretare la norma deriva dal fatto che la disposizione era inserita nel comma 1 dell’articolo 13, il quale recava le definizioni dei termini (come confidi) più ricorrenti nell’articolo. Non risultava pertanto chiaro al consiglio di amministrazione di quale ente ci si riferisse.


Articolo 154
(Norme per l'internazionalizzazione del sistema agroalimentare)

 


1. Dalla base imponibile del reddito di impresa è escluso il 25 per cento del valore degli investimenti in attività di promozione pubblicitaria realizzati da imprese agroalimentari in mercati esteri nel periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e nei due periodi di imposta successivi, in eccedenza rispetto alla media degli analoghi investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedenti.

2. La misura di cui al comma 1 dell'esclusione del valore è elevata al 35 per cento degli investimenti di promozione pubblicitaria realizzati sui mercati esteri da consorzi o raggruppamenti di imprese agroalimentari, operanti in uno o più settori merceologici, e al 50 per cento del valore degli investimenti di promozione pubblicitaria all'estero riguardanti prodotti a indicazione geografica, o comunque prodotti agroalimentari oggetto di intese di filiera o contratti quadro in attuazione degli articoli 11, 12 e 13 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102.

3. Il beneficio fiscale di cui ai commi 1 e 2 si applica anche alle imprese in attività alla data di entrata in vigore della presente legge, anche se con un'attività di impresa o di lavoro autonomo inferiore a tre anni. Per tali imprese la media degli investimenti da considerare è quella risultante dagli investimenti effettuati nei periodi di imposta precedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge o a quello successivo.

4. L'attestazione di effettività delle spese sostenute è rilasciata dal presidente del collegio sindacale ovvero, in mancanza, da un revisore dei conti o da un professionista iscritto all'albo dei revisori dei conti, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali o a quello dei consulenti del lavoro, nelle forme previste dall'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni, ovvero del responsabile del centro di assistenza fiscale.

5. Le modalità di applicazione dell'incentivo fiscale sono, per quanto non previsto dal presente articolo, le stesse disposte dall'articolo 3 del decreto-legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n. 489.


 

 

L’articolo 154 è volto a promuovere l’internazionalizzazione delle imprese agroalimentari, introducendo benefìci fiscali per gli investimenti in attività di promozione pubblicitaria realizzati all’estero.

 

A tale fine, il comma 1 esclude dalla base imponibile del reddito di impresa il 25 per cento del valore degli investimenti in attività di promozione pubblicitaria realizzati da imprese agroalimentari in mercati esteri.

 

La norma si applica per tre periodi d’imposta, a partire da quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge finanziaria e per i due successivi, ma a condizione che tali investimenti eccedano la media degli analoghi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti.

 

In base al comma 2, l’agevolazione è elevata rispettivamente:

§      al 35 per cento per gli investimenti di promozione pubblicitaria realizzati sui mercati esteri da consorzi o raggruppamenti di imprese agroalimentari, operanti in uno o più settori merceologici;

§      al 50 per cento per gli investimenti di promozione pubblicitaria all'estero riguardanti prodotti a indicazione geografica, o comunque prodotti agroalimentari oggetto di intese di filiera o contratti quadro in attuazione degli articoli 11, 12 e 13 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102.

 

Gli articoli 11, 12 e 13 del decreto legislativo n. 102 del 2005 hanno introdotto nuove misure per l’integrazione e l’organizzazione delle filiere agroalimentari. L’intesa di filiera (che sostanzialmente sostituisce i vecchi accordi interprofessionali) costituisce il quadro di riferimento di una catena “pattizia” che, attraverso passaggi successivi e conseguenti, si sviluppa attraverso contratti quadro, contratti-tipo e contratti di conferimento tra singoli agricoltori e primi acquirenti. Le intese di filiera sono volte a definire azioni per migliorare la conoscenza e la trasparenza della produzione e del mercato e il coordinamento dell'immissione dei prodotti sul mercato; a definire modelli contrattuali compatibili con la normativa comunitaria da utilizzare nella stipula dei contratti di coltivazione, allevamento e fornitura; ad individuare modalità di valorizzazione e tutela delle denominazioni di origine, indicazioni geografiche e marchi di qualità, nonché criteri per la valorizzazione del legame delle produzioni al territorio di provenienza; a delineare azioni volte a perseguire condizioni di equilibrio e stabilità del mercato attraverso informazioni e ricerche per l'orientamento della produzione agricola alla domanda e alle esigenze dei consumatori, nonché metodi di produzione rispettosi dell'ambiente. Le intese di filiera possono essere stipulate, nell’ambito del Tavolo agroalimentare, dagli organismi maggiormente rappresentativi a livello nazionale dei settori della produzione, trasformazione, commercio e distribuzione dei prodotti agricoli, nonché dalle organizzazioni interprofessionali riconosciute. Nella cornice definita dalle intese di filiera si inseriscono i contratti-quadro, sottoscritti dai rappresentanti delle organizzazioni dei produttori (OP) e delle imprese di trasformazione, distribuzione e commercializzazione dei prodotti agricoli in relazione a singoli prodotti ed aree geografiche. I contratti-quadro perseguono gli obiettivi di sviluppare gli sbocchi commerciali sui mercati interno ed estero, orientare la produzione agricola per farla corrispondere alla domanda, al fine di perseguire condizioni di equilibrio e stabilità del mercato, garantire la sicurezza degli approvvigionamenti, migliorare la qualità dei prodotti, con particolare riguardo alle diverse vocazioni colturali e territoriali e alla tutela dell'ambiente, ridurre le fluttuazioni dei prezzi e prevedere criteri di adattamento della produzione all’evoluzione del mercato. La stipula di un contratto-quadro obbliga gli acquirenti a rifornirsi del prodotto tramite un contratto di coltivazione, allevamento e fornitura che rispetti i contenuti del contratto quadro e che trova applicazione anche nei confronti degli imprenditori agricoli non aderenti alle organizzazioni stipulanti.

 

In base al comma 3, il beneficio fiscale di cui ai commi 1 e 2 si applica anche alle imprese in attività alla data di entrata in vigore della presente legge, ma con un'attività di impresa o di lavoro autonomo inferiore a tre anni. In questo caso per poter applicare il beneficio fiscale, la media degli investimenti da considerare è quella risultante dagli investimenti effettuati nei periodi di imposta precedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge o a quello successivo.

 

Il comma 4 prevede, per poter usufruire del beneficio fiscale, di un'attestazione di effettività delle spese sostenute, che può essere rilasciata dal presidente del collegio sindacalo o, in mancanza, da uno dei seguenti soggetti:

§      un revisore dei conti;

§      un professionista iscritto all'albo dei revisori dei conti, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali o a quello dei consulenti del lavoro, nelle forme previste dall'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni;

§      il responsabile del centro di assistenza fiscale.

 

Il comma 5 rinvia, per le modalità di applicazione dell'incentivo fiscale, per quanto non previsto dal presente articolo, alle disposizioni dell'articolo 3 del decreto-legge 10 giugno 1994, n. 357[135], convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n. 489.

 

Si tratta della norma che ha consentito per gli anni 1994 e 1995 la detassazione del reddito d’impresa reinvestito, escludendo dall'imposizione il 50 per cento del volume degli investimenti realizzati per due periodi d’imposta in eccedenza rispetto alla media degli investimenti realizzati nei cinque periodi d'imposta precedenti. Dall’agevolazione erano escluse le banche e le imprese di assicurazione, e si applicava per due periodi d'imposta. L'ammontare degli investimenti doveva essere assunto al netto delle cessioni di beni strumentali effettuate nel medesimo periodo d'imposta.

Per investimento si intendeva la realizzazione nel territorio dello Stato di nuovi impianti, il completamento di opere sospese, l'ampliamento, la riattivazione, l'ammodernamento di impianti esistenti e l'acquisto di beni strumentali nuovi anche mediante contratti di locazione finanziaria. L'investimento immobiliare era limitato ai beni strumentali per natura.

 

Ai sensi dell’articolo 155, comma 4, del disegno di legge in esame, l’efficacia delle disposizioni introdottedal presente articolo 154 è sospesa fino all’emanazione di un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze diretto a contenere l’onere (comprensivo delle risorse da destinare alle misure di cui all’articolo 155) entro un milione di euro.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 152.


Articolo 155
(Sviluppo della forma societaria in agricoltura)

 


1. Le società di persone e le società a responsabilità limitata, che rivestono la qualifica di società agricola ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, come da ultimo modificato dal comma 3 del presente articolo, possono optare per l'imposizione dei redditi ai sensi dell'articolo 32 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

2. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sono dettate le modalità applicative del comma 1.

3. All'articolo 2, comma 4-bis, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, è soppresso il secondo periodo.

4. L'efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 154 e al presente articolo resta subordinata all'emanazione di un apposito regolamento da adottare con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze diretto a contenere il relativo onere nel limite di 1 milione di euro annui.


 

 

L’articolo 155 è volto a favorire lo sviluppo della forma societaria in agricoltura, consentendo alle società di persone e alle società a responsabilità limitata, che siano società agricole, di optare per l’applicazione di un regime fiscale più favorevole, cioè di essere tassate in base al reddito catastale agrario, disciplinato dall’articolo 32 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)[136].

L’opzione è possibile, in base al comma 1, per tutte le società di persone e le società a responsabilità limitata, che rivestano la qualifica di società agricola, a prescindere dalle caratteristiche dei soci o degli amministratori di tali società.

 

Le società agricole sono disciplinate dall'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99[137]. Si tratta delle società aventi come oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all' articolo 2135 del codice civile. La denominazione di “società agricola” deve risultare nella ragione sociale o nella denominazione sociale delle società. La definizione di imprenditore agricolo è contenuta nell’articolo 2135 del codice civile, così come modificato dalla cosiddetta “legge di orientamento” (D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228). Sulla base di tali disposizioni, l'imprenditore agricolo è colui che esercita un'attività diretta:

§      alla coltivazione del fondo;

§      alla silvicoltura;

§      all'allevamento del bestiame;

§      all'esercizio di attività connesse alle precedenti.

 

Alle società agricole qualificate come imprenditori agricoli professionali (IAP)[138] si applicano attualmentele agevolazioni creditizie e quelle tributarie, ai fini delle imposte indirette, previste per i coltivatori diretti. Le medesime agevolazioni sono riconosciute anche alle società agricole di persone in cui almeno un socio sia coltivatore diretto e alle società agricole di capitali e cooperative in cui almeno un socio sia coltivatore diretto.

Nel caso in cui trattasi di società composte, almeno per metà, da soci che siano coltivatori diretti, si è prevista, inoltre, l’estensione alle società del diritto di prelazione e di riscatto di fondi riconosciuti, dalla normativa vigente, a favore di coltivatori diretti, mezzadri, coloni e compartecipanti in caso di trasferimento a titolo oneroso o di concessione in enfiteusi dei fondi medesimi

Si ricorda che si considerano coltivatori diretti le persone fisiche iscritte negli appositi elenchi comunali tenuti dall’INPS, e soggette al versamento dei contributi obbligatori per invalidità, vecchiaia e malattia.

Per quanto riguarda il regime fiscale agevolato applicabile ai coltivatori diretti, questo è definito in varie norme, tra cui principalmente la legge n. 604 del 1954 relativa alla piccola proprietà contadina[139]. La legge stabilisce un particolare regime di favore sui trasferimenti dei terreni agricoli, disponendo l'applicazione dell'imposta di registro e di quella ipotecaria in misura fissa, mentre l'imposta catastale è pari all' 1 per cento.

Si segnala che le modalità di applicazione di tali agevolazioni agli IAP sono state anche oggetto di un’interrogazione a risposta immediata presso la Commissione VI (Finanze), svolta il 7 febbraio 2006[140].

Per i coltivatori diretti è altresì prevista un’agevolazione ai fini dell’ICI. Per i terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli iscritti negli elenchi previdenziali, il versamento dell'imposta avviene limitatamente alla parte di valore della base imponibile eccedente 25.822,84 euro e con le seguenti riduzioni:

§      del 70 per cento dell'imposta gravante sulla parte di valore eccedente i predetti 25.822,84 euro e fino a 61.974, 83 euro;

§      del 50 per cento di quella gravante sulla parte di valore eccedente 61.974, 83 euro e fino a 103.291, 38 euro;

§      del 25 per cento di quella gravante sulla parte di valore eccedente 103.291,38 euro e fino a 129.114, 22 euro.

 

In base alla modifica del comma 1 dell’articolo 155 in commento, le agevolazioni fiscali, consistenti nella tassazione su base catastale costituita dal reddito agrario, sono possibili pertanto per tutte le società agricole aventi forma societaria di società a responsabilità limitata o di società di persone, a prescindere della qualifica di coltivatore diretto di uno dei soci, come invece richiesto per fruire delle agevolazioni fiscali vigenti.

Inoltre l’agevolazione del comma 1 è concessa, evidentemente, ai fini delle imposte sui redditi, mentre l’agevolazione attualmente prevista dall’articolo 2, commi 4 e 4-bis del decreto legislativo n. 99 del 2004 vale ai fini delle imposte indirette. Tale ultima agevolazione comunque permane e ad essa si aggiunge quella disposta dal comma 1 in esame, che ha peraltro un ambito di applicazione più vasto.

 

Per quanto riguarda l'imposizione diretta sui redditi agrari, essa è disciplinata dall'articolo 32 del TUIR. In base a tale norma il reddito agrario è costituito dalla parte di reddito fondiario imputabile al capitale d’esercizio ed al lavoro di organizzazione impiegati nell’esercizio di attività agricole sul terreno, nei limiti della potenzialità del terreno stesso. A differenza del reddito dominicale, costituito dalla parte di reddito dei terreni che viene imputata al proprietario del terreno ovvero al soggetto che possiede un diritto reale su di essi, il reddito agrario è quindi quello, determinato catastalmente, che va imputato al soggetto che esercita l'impresa agricola, ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile.

Il reddito agrario esprime pertanto la redditività media derivante dall'esercizio di attività agricole nei limiti della potenzialità del terreno e viene determinato mediante l'applicazione di tariffe d'estimo stabilite dalla legge catastale per ciascuna coltivazione. Si ricorda che il reddito delle attività agricole svolte da società di persone e di capitali e da enti commerciali viene invecedeterminato secondo le ordinarie regole del reddito di impresa (articolo 55, comma 2, lettera b), del TUIR).

 

In base al comma 2 dell’articolo 155, le modalità applicative della norma saranno disposte con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.

 

Il comma 3 dell’articolo 155, abroga il secondo periodo dell’articolo 2, comma 4-bis del decreto legislativo n. 99 del 2004, cioè la norma in base alla quale, in ogni caso le agevolazioni, se richieste dalla società, non potevano essere riconosciute anche al coltivatore diretto socio o amministratore.

In seguito a tale abrogazione quindi, le agevolazioni fiscali ai fini delle imposte indirette e quelle creditizie previste dal comma 4 saranno fruibili sia in capo ai coltivatori diretti che alle società agricole di persone, ovvero di capitali o cooperative, di cui essi siano rispettivamente soci o amministratori.

 

Si ricorda che le società agricole di persone, di capitali e cooperative con almeno un socio (o un amministratore) coltivatore diretto, decadono dal diritto alle agevolazioni qualora perdano i requisiti richiesti per l’ottenimento delle agevolazioni stesse nei 5 anni successivi alla data del riconoscimento delle agevolazioni.

Si tratta sempre delle agevolazioni di cui al comma 4 dell’articolo 2, cioè quelle creditizie e fiscali in materia di imposizione indiretta.

 

Il comma 4 dell’articolo 155, sospende l’efficacia delle disposizioni introdotte dall’articolo in commento fino all’emanazione di un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze diretto a contenere l’onere (comprensivo delle risorse da destinare alle misure di cui all’articolo 154) entro un milione di euro.


Articolo 156
(Norme in materia di bioenergie)

 


1. Al comma 6 dell'articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come da ultimo modificato dal comma 421 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al terzo periodo le parole: «un contingente annuo di 200.000 tonnellate», sono sostituite dalle seguenti: «un contingente di 250.000 tonnellate, da utilizzare su autorizzazione del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, assegnandolo in base a criteri che in via prioritaria tengono conto della quantità di prodotto proveniente da intese di filiera, da contratti quadro o contratti di programma agroenergetico, nonché dell'occupazione diretta ed indiretta coinvolta, definiti con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dello sviluppo economico»;

     b) il quinto periodo è sostituito dal seguente: «Le quote di biodiesel non utilizzate nell'anno 2006 sono aggiunte al contingente di 250.000 tonnellate previsto per l'anno 2007, allo stesso contingente è aggiunto anche il quantitativo derivante dall'applicazione delle sanzioni irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato».

2. Per l'anno 2007, il decreto previsto dal comma 6 dell'articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come da ultimo modificato dal presente articolo, è adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Nelle more della sua adozione, l'Agenzia delle dogane, tenendo conto dei criteri prioritari di cui al terzo periodo del medesimo comma 6 dell'articolo 21, attribuisce in via provvisoria quote fino ad un massimo mensile di 15.000 tonnellate.

3. Il comma 422 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è sostituito dal seguente:

«422. L'importo previsto dall'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, non utilizzato negli anni 2005 e 2006, è destinato alla costituzione di un apposito Fondo per la promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche, anche attraverso l'istituzione di certificati per l'incentivazione, la produzione e l'utilizzo di biocombustibili da trazione, destinando l'importo di 15 milioni di euro a programmi di ricerca e sperimentazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nel campo bioenergetico».

4. All'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al comma 1 è aggiunto il seguente periodo: «Per gli esercizi 2008, 2009 e 2010, è stanziato un importo annuo di 73 milioni di euro»;

     b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Dal 1o aprile 2007 i produttori di carburanti diesel e di benzina sono obbligati ad immettere al consumo biocarburanti di origine agricola in misura dell'1 per cento dei carburanti diesel e della benzina immessi al consumo nell'anno precedente. Tale percentuale, espressa in potere calorifico inferiore, è incrementata annualmente di 1 punto percentuale dal 1o gennaio 2008 fino all'anno 2012»;

     c) il comma 3 è sostituito dal seguente:

     «3. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro il 31 marzo 2007, sono stabilite le modalità per l'invio da parte dei produttori di carburanti diesel e di benzina, con autocertificazione dei dati relativi all'immissione al consumo di biocarburante di origine agricola, riferiti all'anno in corso ed all'anno precedente. Con detto decreto sono altresì stabilite le misure e le sanzioni per il mancato rispetto dell'obbligo previsto dal comma 2. Gli importi derivanti dalla comminazione delle eventuali sanzioni sono versati al fondo di cui al comma 422 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, per essere riassegnati quale maggiorazione del quantitativo di biodiesel che annualmente può godere della riduzione dell'accisa o in aumento allo stanziamento previsto per l'incentivazione del consumo di bioetanolo»;

     d) al comma 5, le parole: «entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 31 marzo 2007».

5. Al comma 423 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, dopo le parole: «agroforestali e fotovoltaiche», sono inserite le seguenti: «nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali dell'impresa e di materie plastiche da prodotti agricoli».


 

 

L’articolo 156 detta norme volte a promuovere le bioenergie.

In particolare, la disposizione interviene sul contingente annuo di biodiesel esente da accisa (commi 1 e 2), sulla promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche e sulla sperimentazione e ricerca nel campo bioenergetico (comma 3), sull’immissione in consumo di biocarburanti di origine agricola (comma 4), sui carburanti ottenuti da produzioni vegetali e sulle materie plastiche ottenute da prodotti agricoli (comma 5).

 

Il commi 1 e 2 intervengono sull’articolo 21, comma 6, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi, emanato con decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, riguardante l’accisa sul biodiesel.

 

Si segnala a tale proposito che sullo stesso oggetto interviene l’articolo 26 del presente disegno di legge finanziaria (cfr. la relativa scheda), sostituendo integralmente il comma 6 dell’articolo 21 del decreto legislativo n. 504 del 1995, che qui viene invece puntualmente modificato, e sostituendo, tra l’altro, l’esenzione dall’accisa sul biodisel con una tassazione del 20% su un contingente annuo di 250.000 tonnellate .

 

Le modificazioni apportate dai commi 1 e 2 dell’articolo 156 comportano:

a)      l’innalzamento del contingente annuo di biodiesel esentato da accisa da 200.000 a 250.000 tonnellate;

b)      la necessità dell’autorizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per l’utilizzazione dell’intero contingente (e non solo nel limite di 20.000 tonnellate, come attualmente previsto);

c)      la rideterminazione dei criteri di assegnazione del contingente, la cui definizione è rimessa a un successivo decreto ministeriale, da adottare entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore delle legge (nelle more dell’adozione del decreto l’Agenzia delle dogane può attribuire quote provvisorie fino ad un massimo mensile di 15.000 tonnellate);

d)      l’utilizzazione delle quote di biodiesel non utilizzate nel 2006 e del quantitativo derivante dall’applicazione delle sanzioni irrogate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ai fini dell’incremento del contingente per il 2007.

 

Si fa presente che la portata della novella proposta al comma 1 appare di incerta definizione, in quanto essa non risulta correttamente coordinata con il testo che è oggetto di modifica. Inoltre, potrebbe essere opportuno specificare a quali sanzioni dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato s‘intenda fare riferimento.

Si fa presente, inoltre, che la norma appare produttiva di oneri privi di copertura finanziaria (nella relazione illustrativa si afferma che l’aumento del contingente viene consentito dalla riduzione “dell’accisa dal 100% al 70%, da operare attraverso il previsto decreto ministeriale”; si osserva, tuttavia, che nel testo normativo non viene fatta alcuna menzione di tale circostanza).

 

L’articolo 21, comma 6, del decreto legislativo n. 504 del 1995 ("Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative")[141], nel disciplinare i prodotti sottoposti ad accisa, prevede, nell’ambito di uno specifico programma, un’esenzione dall’accisa per il biodiesel puro o miscelato con olî minerali a decorrere dal 1° gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2010, nei limiti di un contingente annuo di 200.000 tonnellate. L’esenzione si applica al prodotto utilizzato sia come carburante, sia come combustibile, come additivo, oppure anche solo per accrescere il volume finale dei carburanti o dei combustibili.

Il biodiesel, ottenuto da olî vegetali di colza, soia o girasole, è un carburante particolarmente versatile e di impiego immediato. Può essere utilizzato subito come sostituto del gasolio, puro o in miscela con quest’ultimo, come carburante nel settore dei trasporti e come combustibile per il riscaldamento senza modificare motori o caldaie.

Il biodiesel è definito dalle specifiche internazionali CEN con la sigla FAME (Fatty Acid Methyl Esters) con le due differenti caratteristiche di combustibile per uso trazione (prEN14214-UNI10946) e riscaldamento (prEN14213-UNI10947).

La produzione italiana di biodiesel, in costante aumento, dovrebbe raggiungere nel breve termine, secondo le valutazioni dell’Associazione italiana produttori biodiesel, le 300.000 tonnellate annue, a fronte di una produzione europea di circa un milione di tonnellate annue.

In particolare nel programma nazionale sui biocombustibili (Probio), approvato con la del CIPE n. 27/2000 in attuazione dell’art. 3 della legge n. 423 del 1998, si precisa che il termine «biocombustibili» individua, nella sua accezione più ampia, l'insieme di quelle biomasse o prodotti derivanti dalle biomasse che presentano caratteristiche fisico-chimiche tali da renderli utilizzabili in processi di combustione od altra trasformazione termochimica.

I biocombustibili, in funzione del loro stato, possono essere classificati in: solidi (legno, paglie, pallets, etc.), liquidi (olî vegetali, alcoli, eteri, esteri, etc.), gassosi (biogas da digestione anaerobica etc.). Un ulteriore metodo di classificazione divide i biocombustibili in biomasse tal quali (ad es. paglia) e in combustibili derivanti da una qualche trasformazione di biomasse tal quali (ad es. pallets).

Per biomassa, infine, in base al D.Lgs. n. 128 del 2005[142], deve intendersi la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura, comprendente sostanze vegetali e animali, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.

 

Il comma 3 sostituisce il comma 422 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), prevedendo che le risorse destinate al Progetto sperimentale “bioetanolo”, non utilizzate negli anni 2005 e 2006, siano destinate:

§      alla costituzione di un apposito fondo per la promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche, anche attraverso l'istituzione di certificati per incentivare la produzione e l'utilizzo di biocombustibili da trazione, da utilizzare secondo le linee di indirizzo definite dalla Commissione biocombustibili.

§      fino a 15 milioni di euro, per programmi di sperimentazione e ricerca del Ministero delle politiche agricole e forestali nel campo bioenergetico.

 

Si osserva che la disposizione in esame non appare conforme alla vigente disciplina contabile, in quanto prevede per il 2007 l’utilizzo di risorse stanziate per il 2005 e il 2006 e introduce dunque una deroga rilevante al principio di annualità del bilancio.

 

Il comma 422 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005, attualmente vigente, prevede che le risorse destinate al Progetto sperimentale «bioetanolo» non utilizzate nel 2005 siano destinate per l'anno 2006:

§      fino a 21 milioni di euro, per l’aumento fino a 20.000 tonnellate del contingente di cui al comma 421 (contingente annuo di biodiesel, puro o miscelato con olî minerali, esentato dall'accisa nell'ambito di un programma della durata di sei anni, dal 1° gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2010, fino alla quantità di 200.000 tonnellate);

§      fino a 5 milioni di euro, per programmi di sperimentazione e ricerca del Ministero delle politiche agricole e forestali nel campo bioenergetico;

§      per il restante importo, alla costituzione di un apposito fondo per la promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche, anche attraverso l'istituzione di certificati per incentivare la produzione e l'utilizzo di biocombustibili da trazione, da utilizzare secondo le linee di indirizzo definite dalla Commissione biocombustibili.

 

Il Progetto sperimentale “bioetanolo” è stato previsto dall’articolo 22 della legge n. 388 del 2000, il quale ha disposto una riduzione dell’imposta gravante su alcuni prodotti petroliferi (bioetanolo derivato da prodotti di origine agricola, etere etilterbutilitico derivato da alcole di origine agricola, additivi e riformulati prodotti da biomasse) al fine di incrementare l’utilizzo di fonti energetiche a basso impatto ambientale. Da ultimo, l’articolo 1, comma 520 della legge 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), ha differito dal 1° gennaio 2003 al 1° gennaio 2005 la decorrenza dell’inizio del progetto, disponendo per esso uno stanziamento di 73 milioni di euro annui.

 

In merito ai certificati di cui la norma fa menzione, sembra doversi far riferimento ai certificati verdi che costituiscono il nuovo strumento di incentivazionedell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili, definito dall’art. 11 del il decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999. Tale decreto legislativo, con il quale è stato previsto il superamento del vecchio criterio di incentivazione tariffaria noto come Cip6, ha recepito la direttiva 96/92/CE sul mercato interno dell’energia elettrica, ed è stato perfezionato con i successivi decreti ministeriali 11 novembre 1999 e 18 marzo 2002. Il nuovo criterio adottato per l’incentivazione delle fonti rinnovabili consiste nell’obbligo, a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. Tale quota, inizialmente fissata nel 2% di quanto prodotto o importato dell’anno precedente, è incrementata annualmente dello 0,35%, per gli anni dal 2004 al 2006. L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete, godendo della precedenza nel dispacciamento. In aggiunta, il GRTN rilascia al produttore, su richiesta e previo riconoscimento all’impianto della qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili (qualifica IAFR), i certificati verdi (CV), titoli comprovanti la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, che costituiscono lo strumento con il quale i soggetti sottoposti all’obbligo della quota minima devono dimostrare di avervi adempiuto. Per i soggetti che non rispettano all’obbligo, la cui verifica di adempienza è affidata al GRTN, il decreto ministeriale 11 novembre 1999 stabilisce sanzioni consistenti nella limitazione dell’accesso al mercato complessivo dell’energia elettrica. I certificati verdi sono commerciabili in un mercato parallelo svincolato da quello dell’elettricità, attraverso la piattaforma di negoziazione (borsa dei CV) organizzata presso la società Gestore del Mercato (GME), oppure mediante contratti bilaterali. L’avvio della borsa dei certificati verdi è stato sancito dal decreto ministeriale 14 marzo 2003. Nel mercato dei certificati verdi la domanda è formulata dai produttori ed importatori soggetti all’obbligo della quota minima; mentre l'offertaè rappresentata dai Certificati Verdi emessi a favore di impianti privati che hanno ottenuto la qualificazione IAFR dal Gestore della rete, così come dai Certificati Verdi che il GRTN stesso emette a proprio favore a fronte dell’energia prodotta dagli impianti Cip 6.

 

Il comma 4 dell’articolo 156 modifica in più parti l’articolo 2-quater del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 2, concernente lo sviluppo della filiera agroenergetica e l’immissione in consumo di biocarburanti di origine agricola.

 

Si segnala a tale proposito che lo stesso articolo 2-quater è oggetto di integrale sostituzione ad opera dell’articolo 26, comma 2 del presente disegno di legge finanziaria (cfr. la relativa scheda) e che tale novella non si coordina con le modifiche qui apportate dal comma 4..

 

In particolare, per effetto delle modifiche del comma 4:

§      viene rinviato dal 1° luglio 2006 al 1° aprile 2007 l’obbligo per i produttori di carburanti diesel e di benzina di immettere al consumo biocarburanti di origine agricola,in una misura pari all’1% dei carburanti immessi al consumo nell’anno precedente (misura crescente di un punto percentuale annuo dal 1° gennaio 2008 al 2012) e non viene più imposto che i biocarburanti in questione debbano essere oggetto di un’intesa di filiera, di un contratto-quadro o di un contratto di programma agroenergetico (lettera b));

§      viene previsto uno stanziamento di 73 milioni di euro annui.

§      viene rinviato al 31 marzo 2007 il termine per l’adozione del decreto ministeriale chiamato a definire le modalità per l’invio (da parte dei produttori di carburanti diesel e benzina) dei dati di immissione al consumo di biocarburanti di origine agricola, nonché le sanzioni per il mancato rispetto dell’obbligo, prevedendo, altresì, che gli importi derivanti dalle sanzioni comminate sono riassegnati quale maggiorazione del contingente di biodiesel esente da accisa ai sensi del comma 422 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006)[143];

§      viene rinviata al 31 marzo 2007 la delibera della disciplina dei contratti di programma agroenergetici da parte del CIPE[144];

 

L’articolo 2-quater del decreto-legge n. 2 del 2006, nel quadro degli obiettivi indicativi nazionali stabiliti sulla base della normativa comunitaria, ha introdotto l’obbligo per i produttori di carburanti diesel e di benzina, a decorrere dal 1° luglio 2006, di immettere al consumo biocarburanti di origine agricola, nell’ambito di un’intesa di filiera, di un contratto quadro o di un contratto di programma agroenergetico (la cui disciplina è rimessa al CIPE), in una misura, crescente di un punto percentuale annuo fino al 2010, pari all’1% dei carburanti immessi al consumo nell’anno precedente.

 

Il comma 5 integra il comma 423 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) al fine di far rientrare nell’ambito del reddito agrario, con il conseguente trattamento fiscale agevolato, nonché di qualificarla come attività connessa all’attività agricola, anche l’attività svolta dalle aziende diretta alla produzione di carburanti ottenuti da produzioni vegetali dell’impresa e di materie plastiche da prodotti agricoli.

 

Il comma 423 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 ha ricondotto nell’ambito del reddito agrario, con il conseguente trattamento fiscale agevolato effettuato su base catastale, l’attività svolta dalle aziende agricole diretta alla produzione e alla cessione di energia elettrica mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili agroforestali, qualificandola come attività connessa all’attività agricola. L’articolo 2-quater, comma 11, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, ha modificato la disposizione ricomprendendovi anche la produzione e cessione di energia calorica e riferendola anche alle attività svolte mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili fotovoltaiche.

 

Per l’individuazione della figura soggettiva dell’imprenditore agricolo, va richiamato l’art. 2135 c.c., recentemente modificato dall’art. 1, comma 1 del decreto legislativo n. 228 del 2001 (cosiddetta “legge di orientamento”), in base al quale è tale chiunque eserciti una delle seguenti attività:

-       coltivazione del fondo;

-       silvicoltura;

-       allevamento di animali;

-       attività connesse alle precedenti.

Per coltivazione del fondo, silvicoltura, o allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico, o di una fase necessaria al ciclo stesso, che utilizzino o possano utilizzare il fondo, il bosco, o le acque dolci, salmastre o marine.

Per “attività connesse” si intendono le attività, svolte dallo stesso imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti, che l’imprenditore abbia ottenuto in prevalenza dalla coltivazione del fondo o del bosco, o dall'allevamento di animali. Sono parimenti “attività connesse” anche quelle dirette alla fornitura di beni o servizi, che siano svolte con il prevalente utilizzo di attrezzature o risorse aziendali normalmente impiegate nell'attività agricola; rientrano pertanto fra le attività connesse anche le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità (es. agriturismo).

Infine, si considerano imprenditori agricoli anche le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi, quando utilizzino, per lo svolgimento delle attività sopra illustrate, prevalentemente prodotti dei soci, oppure ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico (comma 2).

 

In merito alla definizione di reddito agrario va richiamato l’articolo 32 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR, che stabilisce che il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell'esercizio di attività agricole su di esso.

Il reddito agrario è determinato catastalmente applicando le tariffe d’estimo fissate nella legge catastale e sottoposte a revisione periodica.

Ai fini dell’applicazione del citato articolo 32 del TUIR sono considerate attività agricole (comma 2):

a)       le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura;

b)      l'allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno[145] e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste;

c)       le attività di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali[146].

Qualora le attività di cui alle sopra indicate lettere b) e c) superino i limiti stabiliti, la parte di reddito imputabile all’attività eccedente è da considerarsi reddito d’impresa e la sua determinazione segue le relative regole (articolo 56-bis del TUIR).

Qualora le attività agricole, indipendentemente dal fatto che rientrino o meno nei limiti stabiliti dalle lettere b) e c), siano esercitate da società in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché da stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti, esercenti attività di impresa, il reddito conseguito da questi soggetti si considera sempre reddito di impresa ed è pertanto determinato secondo la relativa disciplina (articolo 55, comma 2, lettera b), del TUIR).

 

Per quanto concerne i biocombustibili si rinvia al commento dei precedenti commi 1 e 2 dell’articolo in esame.

 

La circolare dell’Agenzia delle entrate n. 6/E del 13 febbraio 2006, al par. 9.2, relativo alla produzione di energia elettrica ed alle attività agricole connesse, osserva che l’articolo 1, comma 123 della legge finanziaria 2006 “fa inequivocabilmente rientrare i relativi redditi fra i redditi agrari stimati catastalmente. Con la norma in questione il legislatore ha ritenuto di assoggettare i redditi relativi alle attività di produzione di energia elettrica al regime dei redditi agrari, superando, limitatamente a questa tipologia di attività, le disposizioni generali relative alla tassazione dei redditi ottenuti dalle attività di fornitura di beni sopra citate”, i quali – in quanto attività di fornitura di beni o di fornitura di servizi – sarebbero ex se rispettivamente soggetti alla disciplina dei redditi d'impresa:

-       determinati analiticamente ai sensi dell'articolo 56 del TUIR;

-       assoggettabili al regime forfetario di cui all'articolo 56-bis, comma 3, del medesimo TUIR.

Il successivo par. 9.3 della medesima circolare precisa che l’agevolazione non può intendersi estesa al regime delle predette attività agli effetti dell’IVA, e che pertanto non sia ad esse applicabile il regime speciale previsto per i produttori agricoli dall’articolo 34-bis del D.P.R. n. 633 del 1972, tale estensione risultando fra l’altro preclusa dalla vigente disciplina comunitaria.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Esenzioni e riduzioni di accisa

Il bioetanolo, il biodiesel ed altri carburanti sono ricompresi nell’allegato II della direttiva 2003/96/CE che elenca una serie di esenzioni o riduzioni delle aliquote di accisa sui prodotti energetici.

Il 30 giugno 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione dal titolo Riesame delle deroghe di cui agli allegati II e III della direttiva 2003/96/CE che scadono entro la fine del 2006 (COM(2006)342).

Per il contenuto vedi la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 30, comma 5.

Biocarburanti

(Vedi scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 26.)

Piano di azione per la biomassa

Il 7 dicembre 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione riguardante l’istituzione di un piano di azione nel settore della biomassa (COM(2005)628).

La Commissione individua nella biomassa una delle possibili opzioni per contribuire al perseguimento di obiettivi generali di politica energetica, quali la riduzione della dipendenza dalle importazioni di energia e la limitazione delle emissioni inquinanti. Il piano di azione intende individuare un insieme di misure, anche di carattere normativo, da attuare a partire dal 2006 e volte ad aumentare la domanda di biomassa, a rafforzare l'offerta, a rimuovere gli ostacoli tecnici e a sviluppare la ricerca, al fine di promuovere l’impiego della biomassa in tre settori prioritari di intervento: il riscaldamento, l’elettricità e i trasporti.

 

Il Consiglio, nella riunione dell’8 e 9 giugno 2006, ha approvato conclusioni in relazione al piano d’azione sulla biomassa.

In particolare, il Consiglio ha accolto con favore le comunicazioni della Commissione relative al piano d’azione sulla biomassa e alla strategia dell’UE per i biocarburanti, e ha invitato la Commissione stessa a considerare prioritarie alcune questioni quali, tra l’altro, la ricerca sulla biomassa e in particolare quella sui biocarburanti di seconda generazione, la creazione di mercati per la biomassa funzionanti trasparenti e aperti, la promozione di campagne di informazione, l’adozione di norme tecniche per i biocarburanti nonché la revisione della direttiva sulla qualità dei carburanti.

Energie rinnovabili

Il 29 settembre 2005 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla quota delle energie rinnovabili nell’Unione europea.

Il Parlamento europeo, in particolare, ha sollecitato il ricorso ai Fondi strutturali per promuovere l’utilizzo della biomassa ed ha esortato gli Stati membri a fare in modo che la politica fiscale nazionale non sia d’ostacolo per lo sviluppo della biomassa, ritenendo che gli incentivi sotto forma di tagli fiscali possano contribuire alla promozione delle energie rinnovabili. Il Parlamento europeo ha auspicato inoltre che nel lungo termine venga sviluppato un sistema europeo di incentivi armonizzato che favorisca un uso efficiente delle fonti energetiche rinnovabili e che preveda periodi di transizione sufficienti per i regimi di aiuto nazionali.

L’8 marzo 2006 la Commissione europea ha presentato il Libro verde “Una strategia europea per un’energia sostenibile, competitiva e sicura” (COM(2006)105), inteso ad illustrare le nuove realtà con le quali l’Europa deve confrontarsi nel settore energetico nonché a delineare gli argomenti di dibattito e le opzioni che potrebbero costituire la base di una politica energetica europea più integrata attraverso l’individuazione di tre obiettivi fondamentali per una strategia europea in campo energetico: la sostenibilità, la competitività e la sicurezza dell’approvvigionamento.

La Commissione propone, tra l’altro, di incrementare l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, ricordando che la produzione di energia rinnovabile deve essere sostenuta da apposite politiche settoriali atte, in particolare, a stimolare una maggiore competitività di tali fonti energetiche nel pieno rispetto delle norme in materia di concorrenza. La Commissione prospetta la presentazione di una Road Map dell’energia rinnovabile che sia in grado di affrontare le questioni principali per una efficace politica dell’UE in materia di energia rinnovabile.

Sul Libro verde si è svolta un’ampia consultazione pubblica che si è conclusa il 24 settembre 2006.

 

Il Consiglio europeo del 23-24 marzo 2006 ha dedicato un apposito paragrafo delle conclusioni ad una politica energetica per l’Europa, nelle quali accoglie favorevolmente il Libro verde della Commissione e delinea una serie di azioni che potrebbero contribuire al conseguimento dei tre obiettivi indicati dal Libro verde tra cui l’attuazione del piano d’azione per la biomassa.

Efficienza energetica

Il 22 giugno 2005 la Commissione europea ha presentato il Libro verde sull’efficienza energeticaFare di più con meno” (COM(2005)265).

(Per gli aspetti generali del Libro verde si veda la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 22).

La Commissione ritiene, tra l’altro, che l’imposizione fiscale sui prodotti energetici, sotto forma di diritti, rientra tra le competenze dell’Unione e che tale strumento possa essere utilizzato per progredire verso l’armonizzazione dei regimi fiscali, ad esempio a favore dei veicoli che utilizzano combustibili più puliti e con migliori prestazioni sotto il profilo energetico.

Revisione del regime di aiuto a favore delle colture energetiche

Il 22 settembre 2006 la Commissione europea ha presentato una relazione sulla revisione del regime a favore delle colture energetiche unitamente ad una proposta di regolamento intesa a modificare e rettificare il regolamento (CE) n. 1782/2003, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell’ambito della politica agricola comune, e a modificare il regolamento (CE) n. 1698/2005 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (COM(2006)500).

La Commissione propone, a partire dal 2007, di estendere il regime di aiuto alle colture energetiche ai nuovi Stati membri dell'UE e di autorizzare il versamento di un aiuto nazionale per agevolare l'avvio della produzione di colture pluriennali destinate alla produzione di biomassa.

La proposta è stata adottata dopo la presentazione da parte della Commissione, nel febbraio scorso, della “strategia” comunitaria volta a sviluppare la produzione di biocarburanti (vedi scheda art. 26). L'importo dell'aiuto alle colture energetiche, che mira ad incitare gli agricoltori a produrre le materie prime che permettono di fabbricare biocarburanti raggiunge i 45 euro/ha per un'area coltivata massima garantita di 1,5 milioni di ettari.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

In relazione al recepimento della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, la Commissione europea ha avviato, nei confronti dell’Italia, tre procedure di infrazione.

 

Con lettera di messa in mora[147] del 13 dicembre 2005, la Commissione ha contestato all’Italia che l’articolo 17 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, di attuazione della direttiva 2001/77/CE, configurerebbe la possibilità di sostegno a fonti energetiche non definite come rinnovabili dalla direttiva stessa[148].

 

Il 28 giugno 2006 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[149]con cui contesta le diverse procedure messe in atto a livello regionale e comunale per il rilascio di permessi di costruzione e gestione degli impianti di energia idroelettrica, in particolare nelle province autonome di Trento e di Bolzano. Tali sistemi autorizzatori non sono ritenuti dalla Commissione conformi alle disposizioni relative alle procedure amministrative di cui all’articolo 6 della direttiva 2001/77/CE.

 

Il 4 aprile 2006 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora,[150] nella quale rileva che le misure messe in atto dall’Italia per conformarsi alle disposizioni della direttiva 2001/77/CE (decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387) rappresentano un mero recepimento formale della direttiva, per la cui concreta attuazione sarebbe necessaria l’introduzione di specifiche norme. La Commissione, inoltre, pone in evidenza che alcuni degli atti normativi di cui il D.Lgs n. 387 del 2003 prevedeva l’emanazione, non sono stati adottati secondo le scadenze previste dal decreto.

 


Articolo 184
(Agenzie fiscali)

 


1. Al comma 74 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, le parole: «Agenzia delle entrate: 0,71 per cento», «Agenzia del territorio: 0,13 per cento» e «Agenzia delle dogane: 0,15 per cento» sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «Agenzia delle entrate: 0,7201 per cento», «Agenzia del territorio: 0,1592 per cento» e «Agenzia delle dogane: 0,1668 per cento».


 

 

L’articolo 184, modificando il comma 74 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2006, interviene sulla determinazione dei parametri per la formazione delle dotazioni finanziarie delle Agenzie fiscali (tranne l’Agenzia del demanio).

 

La legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), all’articolo 1, commi da 72 a 77, ha introdotto nuovi criteri e modalità per il finanziamento delle Agenzie delle entrate, delle dogane, del territorio. Dalle previsioni di cui ai commi 73-75 e 77 è esplicitamente esclusa l'Agenzia del demanio (in quanto trasformato in ente pubblico economico dal decreto legislativo n. n. 173 del 2003), il cui finanziamento continua ad essere determinato dalla tabella C della legge finanziaria.

Il comma 74 stabilisce i nuovi criteri per la determinazione, a decorrere dal 2007, delle dotazioni spettanti alle Agenzie fiscali interessate dal provvedimento.

Tali dotazioni sono calcolate a partire dalla media di alcuni incassi del bilancio dello Stato (entrata) nell'ultimo triennio per il quale sono stati approvati i consuntivi. Su tale importo viene calcolata la quota percentuale da attribuire a ciascuna Agenzia nella seguente misura:

§       0,71 % per l'Agenzia delle entrate;

§       0,13 % per l'Agenzia del territorio;

§       0,15 % per l'Agenzia delle dogane.

La dotazione non dovrà comunque essere superiore a quella dell'anno precedente, incrementata del 5 per cento.

Il calcolo degli incassi viene operato sulle unità previsionali di base indicate nell'elenco 4, allegato alla presente legge, come risultanti dal rendiconto generale delle Amministrazioni dello Stato.

L’elenco comprende tutte le entrate tributarie, ad eccezione delle unità previsionali di base relative ai condoni, e ìndica sia le entrate derivanti dalla gestione ordinaria, sia quelle derivanti dall'attività di accertamento e controllo.

Per quanto riguarda le entrate extratributarie, l'elenco allegato considera i seguenti capitoli (U.P.B. 1.2.5):

§       3210 (Interessi relativi alla riscossione delle imposte dirette);

§       3312 (Sanzioni relative alla riscossione delle imposte dirette);

§       3313 (Sanzioni relative alla riscossione delle imposte indirette);

§       3314 (Sanzioni amministrative, dovute dai trasgressori in materia di accise e imposte di consumo);

§       3315 (Indennità e interessi di mora concernenti le imposte sui consumi e le dogane);

§       3316 (Indennità e interessi di mora concernenti le entrate dei Monopoli).

 

Il successivo comma 77 consente di modificare le percentuali di incremento fissate dal precedente comma 74, oppure di modificare l'allegato elenco 4 che determina le voci da considerare. Alla modificazione si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanarsi entro il mese di luglio dell'anno precedente a quello cui dovranno applicarsi i nuovi parametri.

Tali variazioni possono essere stabilite tenendo in considerazione gli incassi rilevati, sulle unità previsionali di base indicate nel suddetto elenco, nell'ultimo esercizio e la verifica dei risultati conseguiti nell’esercizio precedente in attuazione delle convenzioni stipulate tra l'Agenzia e il Ministro dell'economia e finanze.

 

L’articolo 184 in esame ridetermina in aumento i parametri delle dotazioni delle Agenzie fiscali nella misura illustrata nella successiva tavola:

 

 

Fin. 2006

D.d.l. Fin. 2007

Agenzia delle entrate

0,71%

0,7201%

Agenzia del territorio

0,13%

0,1592%

Agenzia delle dogane

0,15%

0,1668%

 


Articolo 211
(Razionalizzazione del patrimonio immobiliare ubicato all'estero)

 


1. Il Ministero degli affari esteri si avvale dell'Agenzia del demanio per la elaborazione, entro il 30 luglio 2007, di un Piano di razionalizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato ubicato all'estero, procedendo alla relativa ricognizione, stima, nonché, previa analisi comparativa di costi e benefìci, alla individuazione dei cespiti per i quali proporre la dismissione.

2. Con proprio decreto il Ministro degli affari esteri, sulla base del Piano, individua gli immobili da dismettere, anche per il tramite dell'Agenzia del demanio.

3. Con decreto del Ministro delle economia e delle finanze che ne verifica la compatibilità con gli obiettivi indicati nell'aggiornamento del programma di stabilità e crescita presentato all'Unione europea, una quota non inferiore al 30 per cento dei proventi derivanti dalle operazioni di dismissione cui al comma 2, può essere destinata al rifinanziamento della legge 31 dicembre 1998, n. 477, per la ristrutturazione, il restauro e la manutenzione straordinaria degli immobili ubicati all'estero.


 

 

L’articolo 211 prevede, al comma 1, che il Ministero degli esteri, avvalendosi dell’Agenzia del demanio, definisca, entro il 30 luglio 2007, un piano di razionalizzazione del patrimonio immobiliare appartenente allo Stato e situato all’estero, al fine di verificare, mediante analisi comparativa di costi e benefici, gli immobili che possano essere proposti per la dismissione.

Il comma 2 dispone che il Ministero degli esteri, con proprio successivo decreto, individui, anche con la collaborazione dell’Agenzia del Demanio, gli immobili da destinarsi alla dismissione.

Con il comma 3 si prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze possa destinare con proprio decreto una quota non inferiore al 30% dei proventi derivanti dalle operazioni di dismissione al rifinanziamento della legge 31 dicembre 1998, n. 477, per la ristrutturazione, il restauro e la manutenzione straordinaria degli immobili ubicati all'estero. Tale destinazione viene peraltro vincolata alla compatibilità con gli obiettivi indicati nell’aggiornamento del programma di stabilità e crescita presentato all'Unione europea.

 

Va segnalato che una ricognizione dei beni immobili di proprietà dello Stato e di enti pubblici, compresi quelli ubicati all’estero, è stata disposta dall’art. 1 del decreto legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito con legge 23 novembre 2001, n. 410 - a tale norma ha poi dato attuazione un decreto dell’Agenzia del Demanio del 1° luglio 2002.

Per quanto riguarda la destinazione dei proventi del programma di dismissione, occorre ricordare che la legge n. 477/1998 ha disposto un’autorizzazione di spesa per complessivi 150 miliardi, per gli anni dal 1998 al 2004, finalizzata ad acquisto, ristrutturazione, restauro, manutenzione straordinaria e costruzione di immobili adibiti o da adibire a sedi diplomatiche ed uffici consolari e ad alloggi per il personale.

Si rammenta inoltre che, ai sensi dell’art. 79 del DPR 5 gennaio 1967, n. 18, compete alla Direzione generale del personale del MAE di provvedere in merito all’acquisto, alla manutenzione e alla locazione degli immobili all’estero destinati a uffici o residenze necessari all’attività dell’Amministrazione. La stessa direzione del personale tiene il registro degli immobili demaniali all’estero in uso all’Amministrazione.

 


Appendice


La disciplina contabile: il bilancio dello Stato

Il bilancio dello Stato è il documento con il quale viene regolata la gestione finanziaria delle amministrazioni dello Stato, attraverso l’indicazione delle entrate e delle spese.

 

Ai sensi dell’articolo 81, comma primo, della Costituzione, l’iniziativa relativa alla presentazione in Parlamento del bilancio dello Stato è riservata al Governo. Il Parlamento approva il bilancio con legge.

L’articolo 81, comma terzo, della Costituzione dispone inoltre che “con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese”.

In base a tale disposizione costituzionale si è ritenuto che con la legge di approvazione del bilancio non si possa modificare la normativa sostanziale su cui si fonda l’acquisizione delle entrate e l’erogazione delle spese. Il bilancio pertanto quantifica le previsioni di entrata e di spesa in base alla disciplina vigente al momento in cui viene predisposto.

 

Sono invece determinate direttamente in sede di bilancio le spese di carattere discrezionale, vale a dire le spese, per lo più connesse all’operatività delle amministrazioni, la cui quantificazione non è riconducibile a disposizioni di legge e che comunque non sono giuridicamente obbligatorie.

 

Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente, presentato dal Governo entro il 30 settembre di ogni anno, è costituito :

§      da un unico stato di previsione dell’entrata, nel quale sono registrate le entrate di competenza di tutti i Ministeri (principalmente del Ministero dell’economia e delle finanze, ma anche degli altri Ministeri);

§      dagli stati di previsione della spesa, relativi ai singoli Ministeri con portafoglio[151];

§      dal quadro generale riassuntivo.

Il disegno di legge di bilancio viene esaminato congiuntamente al disegno di legge finanziaria nell’ambito della c.d. sessione di bilancio.

 

A seguito della riforma della struttura del bilancio dello Stato effettuata nel 1997 (legge n. 94/1997 e decreto legislativo n. 279/1997), all’interno di ciascuno stato di previsione, le voci contabili in rapporto alle quali sono indicate le previsioni di entrata e di spesa, in termini di competenza e di cassa, sono rappresentate dalle unità previsionali di base, che costituiscono l’unità elementare ai fini dell’approvazione parlamentare.

 

L’approvazione del bilancio con legge ha l’effetto giuridico di autorizzare l’amministrazione a percepire le entrate ed effettuare le spese iscritte in bilancio.

Le previsioni relative all’entrata hanno carattere estimativo: le amministrazioni dello Stato hanno comunque facoltà di accertare tutte le entrate per le quali, nel corso dell’esercizio, lo Stato acquisisca un credito e di incassare tutte le entrate versate presso la Tesoreria dello Stato.

L’approvazione delle previsioni di spesa ha invece carattere giuridicamente vincolante: le previsioni di spesa iscritte in bilancio costituiscono, infatti, il limite massimo entro il quale le amministrazioni dello Stato sono autorizzate ad assumere impegni di spesa (autorizzazioni di competenza) e ad effettuare pagamenti (autorizzazioni di cassa).

Bilancio di competenza e di cassa

Per ciascuna unità previsionale di base viene indicata la previsione di competenza e quella di cassa.

il bilancio dello Stato, pertanto, è un bilancio misto, vale a dire un bilancio redatto sia in termini di competenza che in termini di cassa.

Le dotazioni di competenza quantificano l’entità prevista delle entrate che le amministrazioni statali acquisiranno il diritto di percepire (entrate che si prevede di accertare) e l’entità prevista delle spese che le amministrazioni statali assumeranno l’obbligo di effettuare (spese che si prevede di impegnare).

Le dotazioni di cassa quantificano l’entità prevista delle entrate che saranno incassate (vale a dire versate in Tesoreria) e delle spese che saranno pagate (erogate dalla Tesoreria).

La competenza, pertanto, tiene conto del momento in cui sorge il titolo giuridico dal quale deriva l’entrata o la spesa; la cassa, invece, si riferisce al compimento, di fatto, delle operazioni di incasso e di pagamento.

 

Le previsioni di cassa sono determinate assumendo come limite massimo, per quanto concerne l’entrata, la massa acquisibile, e per quanto concerne la spesa, la massa spendibile.

La massa acquisibile e spendibile è data dalla somma della consistenza dei residui (rispettivamente attivi e passivi) e della dotazione di competenza.

 

Si definiscono residui attivi le entrate le entrate accertate, ma non incassate, vale a dire le entrate per le quali ha avuto luogo l’accertamento, ma, entro il termine dell’esercizio finanziario, non è stato effettuato il versamento in Tesoreria.

Si definiscono residui passivi le spese che sono state impegnate, ma non sono state pagate, perché non si è concluso entro la fine dell’esercizio il relativo procedimento di spesa.

In deroga al principio generale per il quale le somme stanziate che alla fine dell’esercizio non siano state impegnate costituiscono economie di bilancio, può essere autorizzata la conservazione in bilancio anche di somme non impegnate. Più precisamente, per gli stanziamenti relativi a spese in conto capitale è autorizzata, ai sensi dell’articolo 36, comma 2, del R.D. n. 2440/1923, la conservazione in bilancio anche se, entro la fine dell’esercizio finanziario, non siano stati impegnati (residui di stanziamento o residui impropri).

 

Sono oggetto di approvazione parlamentare soltanto le previsioni di competenza e di cassa.

Per quanto riguarda i residui, che sono indicati a fini conoscitivi, la quantificazione nel disegno di legge di bilancio è effettuata in via presuntiva. L’esatto ammontare dei residui al 1° gennaio dell’anno di riferimento sarà determinato in sede di rendiconto relativo all’esercizio precedente.

La classificazione delle entrate e delle spese

Gli stanziamenti, sia di entrata che di spesa, sono classificati secondo i criteri dettati dall’art. 4, comma 1, della legge n. 94/1997.

 

In particolare, le entrate sono classificate per:

§      Centri di responsabilità amministrativa, che indicano le strutture amministrative cui compete la gestione;

§      Titoli, che sono individuati in numero di quattro. Titolo I: entrate tributarie; Titolo II: entrate extra-tributarie; Titolo III: entrate derivanti da alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti; Titolo IV: entrate derivanti da accensione di prestiti. I primi tre titoli rappresentano le entrate finali;

§      Unità previsionali di base, che costituiscono oggetto di approvazione parlamentare e, pertanto, possono essere oggetto di emendamento nel corso dell’esame parlamentare;

§      Capitoli, che rappresentano una ripartizione delle unità previsionali di base ai fini della gestione e della rendicontazione.

 

Le spese sono classificate per:

§      Centri di responsabilità amministrativa, che indicano le strutture amministrative cui compete la gestione, e specificamente l’assunzione degli impegni di spesa e l’emissione dei titoli di pagamento;

§      Titoli, che sono individuati in numero di tre. Titolo I: spese correnti; Titolo II: spese in conto capitale; Titolo III: rimborso di passività finanziarie. I primi due titoli rappresentano le spese finali;

§      Unità previsionali di base che costituiscono oggetto di approvazione parlamentare e, pertanto, possono essere oggetto di emendamento nel corso dell’esame parlamentare;

§      Capitoli, che rappresentano un’ulteriore ripartizione delle unità revisionali di base, effettuata tenendo conto dell’oggetto, del contenuto economico e funzionale, del carattere obbligatorio o discrezionale della spesa.

Le unità previsionali di base

Le unità previsionali di base (UPB) rappresentano le voci fondamentali della struttura del bilancio dello Stato, come delineata dalla legge di riforma n. 94/1997 e dal conseguente decreto legislativo n. 279/1997, in quanto costituiscono l’oggetto dell’approvazione parlamentare.

Ai sensi dell’art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 279/97, la determinazione delle UPB deve assicurare la rispondenza della gestione finanziaria agli obiettivi posti all'azione amministrativa dello Stato

A tal fine, le unità previsionali di base sono articolate per centri di responsabilità amministrativa, che corrispondono alle strutture dell’amministrazione chiamate a gestire le risorse finanziarie.

All’interno di ciascun stato di previsione, le UPB della spesa sono ripartite, in primo luogo per centri di responsabilità amministrativa e, in secondo luogo, per titoli (spesa corrente, spesa in conto capitale, rimborso di passività finanziarie).

 

Al terzo livello, le UPB di spesa corrente sono distinte in:

§      spese di funzionamento;

§      spese per interventi;

§      spese per trattamenti di quiescenza e altri trattamenti integrativi o sostitutivi di questi ultimi;

§      spese per oneri del debito pubblico;

§      spese per oneri comuni.

Per la spesa in conto capitale, le UPB sono articolate in:

§      spese di investimento;

§      spese per oneri comuni;

§      altre spese.

 

Per ogni unità previsionale di base sono indicati:

a)      l'ammontare presunto dei residui attivi o passivi alla chiusura dell'esercizio precedente a quello cui il bilancio si riferisce;

b)      l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare e delle spese che si prevede di impegnare nell'anno cui il bilancio si riferisce (competenza);

c)      l'ammontare delle entrate che si prevede di incassare e delle spese che si prevede di pagare nell'anno cui il bilancio si riferisce (cassa), che si riferiscono in modo indistinto sia alle operazioni in conto competenza che a quelle in conto residui.

 

La ripartizione in capitoli delle unità previsionali di base viene esposta, a scopo esclusivamente conoscitivo, nelle tabelle allegate al disegno di legge di bilancio, concernenti lo stato di previsione dell’entrata e ciascun stato di previsione della spesa.

I capitoli costituiscono le unità elementari ai fini della gestione e della rendicontazione.

La ripartizione delle unità previsionali di base in capitoli viene effettuata successivamente all’approvazione e alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di bilancio, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

La classificazione funzionale e la classificazione economica

Per rendere più significativa la lettura del bilancio, la legge 468/1978 e successive modificazioni prevede che, in appositi allegati (contenuti, a livello generale, nel quadro generale riassuntivo, e, in modo più dettagliato, negli stati di previsione del disegno di legge presentato dal Governo) gli stanziamenti di spesa siano ripartiti secondo l’analisi funzionale e secondo l’analisi economica.

Queste ripartizioni, pur non essendo oggetto di votazione in Parlamento, hanno un rilevante valore conoscitivo.

In primo luogo la riforma del bilancio ha previsto la classificazione degli stanziamenti di spesa per funzioni-obiettivo (analisi funzionale), con l’intento di evidenziare la ripartizione delle risorse tra le diverse finalità della spesa, ovvero tra le diverse politiche di settore che si intendono attuare.

Oltre all’analisi funzionale, è prevista la classificazione per categorie (analisi economica), che mira ad evidenziare l’effetto che le spese di bilancio hanno sul sistema economico nazionale. Per questo, con la riforma del bilancio, si è previsto che le categorie economiche siano definite in conformità con gli schemi di classificazione del sistema di contabilità nazionale, che è identico per tutti i paesi membri della Comunità europea.

Anche per le entrate viene esposta una classificazione per categorie, che tuttavia non è ancora stata riformulata in base ai criteri della contabilità nazionale, ma fa riferimento, piuttosto, alla natura dei proventi.


La disciplina contabile: la legge finanziaria

La legge finanziaria costituisce lo strumento attraverso il quale viene modificata la legislazione vigente al fine di conseguire gli obiettivi finanziari stabiliti nel DPEF e nell’eventuale Nota di aggiornamento, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari.

A tal fine gli effetti, in termini di entrata e di spesa, delle disposizioni contenute nella legge finanziaria, una volta che quest’ultima è stata approvata da ciascun ramo del Parlamento, sono recepiti nel bilancio dello Stato per effetto dell’approvazione della Nota di variazioni. Attraverso la Nota di variazioni, infatti, le previsioni del bilancio dello Stato, che viene presentato in Parlamento in base alla legislazione vigente, sono modificate per tenere conto degli effetti delle norme contenute nella legge finanziaria.

La legge finanziaria risulta pertanto lo strumento di attuazione della manovra di finanza pubblica, vale a dire del complesso di interventi per mezzo dei quali viene operata una correzione degli andamenti tendenziali (gli andamenti a legislazione vigente) del bilancio dello Stato e della finanza pubblica, in modo da adeguarli al perseguimento degli obiettivi programmati.

 

Il contenuto della legge finanziaria è stabilito dall’articolo 11 della legge della legge n. 468/1978, e successive modificazioni.

 

In base al citato articolo (comma 3), possono essere contenute nell’articolato della legge finanziaria le seguenti disposizioni:

§      il livello massimo di saldo netto da finanziare, in termini di competenza, e di ricorso al mercato finanziario, vale a dire il tetto massimo del nuovo indebitamento aggiuntivo consentito in ciascuno degli anni del periodo considerato nel bilancio pluriennale (lett. a); con riferimento al livello massimo di saldo netto da finanziare, sono distintamente indicate le eventuali regolazioni debitorie pregresse;

§      le variazioni delle aliquote, delle detrazioni e degli scaglioni e le altre misure che incidono sulla determinazione quantitativa della prestazione, relativamente ad imposte indirette, tasse, canoni, tariffe e contributi in vigore, con effetto, di norma, dal 1° gennaio dell'anno cui essa si riferisce, nonché le correzioni delle imposte conseguenti all'andamento dell'inflazione (lett. b);

§      l'importo complessivo massimo destinato, per ciascun anno, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale dipendente da pubbliche amministrazioni non compreso nel regime contrattuale (lett. h);

§      altre regolazioni meramente quantitative rinviate alla finanziaria da norme vigenti (lett. i);

§      norme che comportino aumenti di entrata o riduzioni di spesa, escluse quelle a carattere ordinamentale o organizzatorio, a meno che si caratterizzino per un rilevante contenuto di miglioramento dei saldi (lett. i-bis, introdotta dal comma 17 dell'art. 2 della legge n. 208/1999);

§      norme che comportino aumenti di spesa o riduzioni di entrata, il cui contenuto sia finalizzato direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia, con esclusione di interventi di carattere localistico o microsettoriale (lett. i-ter, introdotta dal comma 17 dell'art. 2 della legge n. 208/1999);

Fin dalla prima applicazione delle innovazioni introdotte con la legge n. 208/1999, la possibilità di inserire nella legge finanziaria interventi espansivi a sostegno dell’economia è stata interpretata, in sede parlamentare, nel senso che tali interventi possono essere finalizzati anche al sostegno del reddito.

§      norme recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi dalla cui attuazione siano derivati oneri maggiori rispetto a quelli previsti (lettera i-quater, introdotta dal comma 01, lett. a), dell'art. 1 del D.L. n. 194/2002 come modificato dalla legge di conversione n. 246/2002).

Di conseguenza, ai sensi del comma 01, lett. b), dell'art. 1 del D.L. n. 194/2002, come modificato dalla relativa legge di conversione, in allegato alla legge finanziaria sono indicati i provvedimenti legislativi adottati ai sensi dell’art. 11-ter, comma 7, della L. n. 468/1978, per correggere gli effetti finanziari di leggi che abbiano registrato oneri superiori a quelli previsti, e le misure correttive inserite a tal fine nella legge finanziaria medesima.

 

Nelle Tabelle approvate con la legge finanziaria sono disposti:

§      gli importi dei fondi speciali destinati al finanziamento di provvedimenti che si prevede saranno approvati nel corso d'anno (lett. g). I fondi speciali sono indicati per Ministeri in due distinte tabelle, una per la parte corrente e l'altra per quella in conto capitale (rispettivamente, Tabelle A e B).

La legge n. 468/1978 ha inoltre previsto l'introduzione nei fondi speciali di accantonamenti di segno negativo, relativi cioè a provvedimenti di risparmio di spesa o di aumento di entrata, il cui perfezionamento in corso di anno condiziona per pari ammontare la successiva approvazione di provvedimenti collegati ad accantonamenti positivi;

§      la determinazione per ciascun anno del finanziamento da iscrivere in bilancio per le leggi di spesa permanenti la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria, sia che si tratti di spese di parte corrente che di spese in conto capitale (Tabella C – lett. d), come modificata dal comma 15 dell'art. 2 della legge n. 208/1999).

Le leggi di spesa quantificate nella Tabella C sono, in gran parte, riferite a trasferimenti di risorse per il funzionamento di enti, organi, autorità amministrative indipendenti e Agenzie di settore, leggi di spesa relative al finanziamento di alcuni fondi (Università, Osservatori, Protezione civile);

§      il rifinanziamento, per un solo anno, di interventi di conto capitale per i quali nell'ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza, nonché il rifinanziamento, per uno o più degli anni considerati nel bilancio pluriennale, di norme vigenti che prevedono interventi di particolare rilievo definiti di "sostegno dell'economia", classificati tra le spese in conto capitale. Mentre il finanziamento annuale può essere autonomamente disposto al momento della predisposizione dalla legge finanziaria, il rifinanziamento pluriennale deve essere previsto dalla legge sostanziale, (Tabella D – lett. f), modificata dal comma 16 dell'art. 2 della legge n. 208);

§      la riduzione per ciascun anno di autorizzazioni legislative di spese: il cosiddetto "definanziamento" (Tabella E – lett. e);

§      la determinazione (le c.d. “rimodulazioni”), per le leggi di spesa a carattere pluriennale, ripartite per settori di intervento, delle quote destinate a gravare su ciascuno degli anni considerati (Tabella F – lett. c) dell'art. 11, comma 3).


GLOSSARIO
DEI PRINCIPALI TERMINI MACROECONOMICI E DI FINANZA PUBBLICA

 

 

Accensione di prestiti

Ammontare delle operazioni di indebitamento a medio e lungo termine (debito patrimoniale), con esclusione di quelle di durata inferiore all’anno (debito fluttuante). In sede previsionale, nel bilancio dello Stato, l’accensione di prestiti coincide con il ricorso al mercato [®].

 

Amministrazioni pubbliche

Nell’ambito del sistema di contabilità nazionale, complesso delle unità istituzionali la cui funzione principale consiste nella produzione di beni e servizi non destinabili alla vendita ovvero nella redistribuzione del reddito e della ricchezza del paese; le risorse principali sono costituite da versamenti obbligatori effettuati direttamente o indirettamente da unità appartenenti ad altri settori.

Il settore delle amministrazioni pubbliche è composto di tre sottosettori:

1) amministrazioni centrali, che comprendono i ministeri, la Presidenza del Consiglio, gli organi costituzionali (Camera, Senato, Presidenza della Repubblica, Corte costituzionale) e quelli a rilevanza costituzionale (Corte dei Conti, CSM, CNEL) e gli enti centrali con competenza su tutto il territorio del paese (quali ANAS, CONI, CNR, ISTAT, Autorità amministrative indipendenti...);

2) amministrazioni locali, che comprendono gli enti la cui competenza è limitata ad una parte del territorio nazionale (quali regioni, province, comuni, ASL, Aziende ospedaliere, IRCCS, camere di commercio, università, autorità portuali…)

3) enti di previdenza e assistenza.

Le pubbliche amministrazioni costituiscono il settore di contabilità nazionale preso a riferimento in ambito europeo per la definizione dei parametri di finanza pubblica previsti dal Trattato di Maastricht.

Le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato [®]sono individuate annualmente in un elenco pubblicato dall’ISTAT. L'elenco è stato da ultimo aggiornato dall’ISTAT con Comunicato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 28 luglio 2006, n. 174. La compilazione di tale elenco risponde a norme classificatorie e definitorie proprie del sistema statistico nazionale e comunitario. Secondo il SEC95 (Sistema europeo dei Conti) [®], ogni unità istituzionale viene classificata nel settore delle pubbliche amministrazioni sulla base di criteri di natura prevalentemente economica, indipendentemente dal regime giuridico che la governa.

 

Avanzo (complessivo, corrente, primario)

 

® “Saldo complessivo”, “Saldo corrente”, “Saldo primario”.

 

Capitolo

Voce contabile individuata nell’ambito di ciascuna unità previsionale di base [®], rilevante ai soli fini della gestione e della rendicontazione. I capitoli non sono oggetto di approvazione parlamentare.

L’articolazione delle U.P.B. in capitoli - in relazione allo specifico oggetto per l’entrata e secondo il contenuto economico e funzionale della spesa – è effettuata, annualmente, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, adottato contestualmente all’entrata in vigore della legge di approvazione del bilancio.

 

Cassa (bilancio di)

Bilancio nel quale le previsioni di entrata si riferiscono agli incassi e le previsioni di spesa ai pagamenti [® “Entrata (procedimento contabile)”, “Spesa (procedimento contabi­le)”].

Il bilancio annuale di previsione dello Stato viene redatto sia in termini di cassa che in termini di competenza [®].

 

Centro di costo

Unità organizzativa cui è assegnata la responsabilità di gestire risorse che generano costi. E’ la struttura in riferimento alla quale sono effettuate le rilevazioni della contabilità economica per centri di costo [®].

 

Centro di responsabilità amministrativa

Ufficio di livello dirigenziale generale cui sono attribuite, nell’ambito di ciascuno stato di previsione, le risorse finanziarie individuate da un insieme di unità previsionali di base [®] deliberate dal Parlamento. I centri di responsabi­lità amministrativa sono individuati in modo da assicurare il costante adeguamento della struttura del bilancio dello Stato all’organizzazione dell’Amministrazione statale.

 

Classificazione economica

Aggregazione delle spese e delle entrate secondo la loro natura economica, articolata in categorie.

Le principali categorie della tradizionale classificazione economica delle entrate del bilancio dello Stato sono: Imposte sul patrimonio e sul reddito, Tasse e imposte sugli affari, Imposte sulla produzione, consumi e dogane, Monopoli, Lotto, lotterie ed altre attività di giuoco, Proventi dei beni dello Stato, dei servizi pubblici minori e speciali, Interessi su anticipazioni e crediti vari del tesoro.

La classificazione economica delle spese finali del bilancio dello Stato è stata rielaborata secondo i criteri di contabilità nazionale previsti dal SEC95 [®]; le principali voci sono: Redditi da lavoro dipendente [®], Consumi intermedi [®], Trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche, a famiglie e istituzioni sociali private, a imprese, Interessi passivi e redditi da capitale, Investimenti fissi lordi [®] e acquisti di terreni, Contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche e a imprese, Acquisizioni di attività finanziarie.

 

Classificazione funzionale

Aggregazione delle spese in base alle finalità cui sono destinate, articolata in funzioni-obiettivo [®].

 

Competenza (bilancio di)

 

Bilancio in cui vengono iscritte, relativamente al periodo considerato, le entrate sulla base degli accertamenti e le spese sulla base degli impegni [® “Entrata (procedimento contabile)” e “Spesa (procedimento contabile)”].

Il bilancio annuale di previsione viene redatto sia in termini di competenza (giuridica) che in termini di cassa [®].

 

Consumi intermedi

Corrispondono al valore dei beni e dei servizi consumati quali input nel processo di produzione nelle attività delle pubbliche amministrazioni, con esclusione del capitale fisso (il cui consumo è registrato come ammortamento). I beni e i servizi possono essere trasformati oppure esauriti nel processo produttivo.

 

Contabilità economica per centri di costo

Secondo quanto disposto dalla legge n. 94/1997, a partire dal 2000, per le Amministrazioni dello Stato è stato introdotto un sistema di contabilità analitica per centri di costo, volta ad individuare i costi di gestione di ciascuna organizzazione, cioè il valore dei fattori produttivi impiegati per la produzione di determinati beni o l’erogazione di determinati servizi. Il sistema di contabilità economica analitica si articola in centri di costo [®], servizi (che rappresentano le attività svolte dai singoli centri di costo) e piano dei conti (che rappresenta lo strumento, articolato su più livelli, mediante il quale viene effettuata la rilevazione economica dei costi).

 

Conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni

Conto che espone le entrate e le spese del settore isti­tuzionale delle amministrazioni pubbliche [®], nell’ambito del sistema di contabilità nazionale. Esso viene predisposto in termini di competenza economica.

Nel conto economico consolidato delle P.A. sono registrate solo le operazioni finali in grado di incidere sulla situazione economica o patrimoniale degli altri soggetti istituzionali, mentre sono escluse tutte le operazioni finanziarie con le quali ad una passività di un settore corrisponde una attività di un altro (concessione di mutui, partecipazioni e conferimenti, riscossione di crediti).

Il conto consolidato delle P.A. è il quadro contabile di riferimento per la programmazione degli obiettivi di finanza pubblica, sia a livello comunitario (negli aggiornamenti annuali del programma di stabilità) sia a livello nazionale (nel documento di programmazione economico-finanziaria).

 

Conto riassuntivo del Tesoro

Documento che, pubblicato mensilmente in Gazzetta ufficiale, dà conto di tutte le operazioni di tesoreria [®] (incassi e pagamenti in termini di competenza e residui; debiti e crediti di tesoreria). Per ciascun periodo di riferimento evidenzia: il risparmio pubblico [®], il saldo da finanziare [®], il disavanzo complessivo [® saldo complessivo] e la situazione del Tesoro.

 

Debito delle amministrazioni pubbliche (debito pubblico)

 

E’ l’insieme delle passività finanziarie del settore delle amministrazioni pubbliche; è consolidato tra e nei sottosettori, ossia esclude le passività incluse nell’attivo degli enti appartenenti allo stesso settore.

L’aggregato include i seguenti strumenti finanziari:

a) le monete e i depositi; questi comprendono le monete in circolazione, i depositi presso la tesoreria statale intestati a soggetti non appartenenti al settore delle amministrazioni pubbliche e la raccolta postale inclusa nel passivo di queste ultime;

b) i titoli diversi dalle azioni (esclusi gli strumenti finanziari derivati) emessi dallo Stato e dalle amministrazioni locali;

c) i prestiti erogati in favore di enti appartenenti alle Amministrazioni pubbliche o il cui onere di rimborso sia a carico di queste ultime.

Il debito delle amministrazioni pubbliche è calcolato dalla Banca d’Italia in coerenza con i criteri definiti dall’Unione europea.

 

Disavanzo (deficit)

 

Saldo negativo dei conti di finanza pubblica. Se riferito a conti economici corrisponde all’indebitamento netto [®]; se riferito a conti finanziari coincide con il fabbisogno [®].

In base ai parametri definiti in sede europea, per disavanzo si intende l’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni [®].

 

Disavanzo (complessivo, corrente, primario)

 

® “Saldo complessivo”, “Saldo corrente”, “Saldo primario”.

 

Entrata

(procedimento contabile)

 

Come disposto dal regolamento di contabilità generale, le entrate dello Stato sono costituite da tutti i redditi, proventi e crediti di qualsiasi natura, che lo Stato ha il diritto di riscuotere in virtù di leggi, regolamenti o altro titolo.

Il procedimento contabile di entrata si articola in tre fasi:

1) accertamento: fase in cui sorge per lo Stato il diritto a percepire una determinata somma attraverso l’iden­tificazione della ragione del credito e la persona che ne è debitrice; 2) riscossione: fase che consiste nell’esigere dal debitore la somma dovuta allo Stato; 3) versamento: fase in cui le somme riscosse sono versate nella tesoreria dello Stato.

 

Entrate complessive

Costituiscono la somma totale delle entrate.

Nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni [®], corrispondono alla somma delle entrate correnti [®]e delle entrate in conto capitale[®].

Nel bilancio dello Stato corrispondono alla somma dei quattro titoli delle entrate: Titolo I – “entrate tributarie”, Titolo II – “entrate extratributarie” (che insieme costituiscono le entrate correnti), Titolo III – “alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti” (entrate in conto capitale) e Titolo IV – .”accensione di prestiti” [®].

 

Entrate correnti

Nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni [®], sono costituite principalmente da entrate tributarie (imposte dirette e indirette [®]) e dai contributi sociali (effettivi e figurativi) [®].

Nel bilancio dello Stato, corrispondono ai primi due titoli delle entrate: Titolo I – “entrate tributarie”, in cui rientrano le entrate di natura fiscale (IRPEF, IRPEG, IRAP, IVA ecc.) e Titolo II – “entrate extratributarie” nel quale sono considerati tutti i proventi diversi da quelli di carattere fiscale, che non incidono sul patrimonio.

 

Entrate in conto capitale

Nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni [®], sono le entrate derivanti da imposte in conto capitale [®], da cofinanziamenti dell’Unione europea e da trasferimenti in conto capitale delle imprese e delle famiglie.

Nel bilancio dello Stato, corrispondono al Titolo III delle entrate – “alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti”.

 

Entrate finali

Nel bilancio dello Stato, sommatoria dei primi tre titoli delle entrate: Titolo I – “entrate tributarie”, Titolo II – “entrate extratributarie” (che insieme costituiscono le entrate correnti) e Titolo III – “alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti” (entrate in conto capitale).

Esse rappresentano le risorse definitivamente acquisite al bilancio per il raggiungimento dei fini istituzionali, con esclusione delle entrate derivanti dall’accensione di prestiti [®].

 

Fabbisogno

Risultato differenziale relativo ai conti di cassa, che evidenzia l’eccedenza dei pagamenti rispetto agli incassi con riferimento al complesso delle operazioni di parte corrente, in conto capitale e finanziarie. Quando gli incassi superano le erogazioni si ha la cd. “disponibilità”.

Il fabbisogno è un dato monetario, in quanto costituisce il quantitativo di risorse monetarie e finanziarie necessarie a colmare lo squilibrio tra i flussi di entrate e di spese dello Stato o di aggregati più vasti.

Nella Relazione trimestrale di cassa, esso viene calcolato con riferimento al settore statale [®] e al settore pubblico [®].

 

Fabbisogno complessivo

 

E’ il fabbisogno [®] aumentato delle regolazioni debitorie pregresse [®] effettuate (o da effettuare) in contanti nei confronti dei soggetti esterni al settore cui si riferisce il conto e diminuito dei crediti maturati a fine periodo da parte dei fornitori.

 

Fabbisogno primario

E’ il fabbisogno [®] calcolato al netto delle uscite per interessi passivi.

 

Fondi speciali

 

Somme, iscritte su apposite unità previsionali di base (una di parte corrente e una in conto capitale) dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, destinate alla copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati dal Parlamento negli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale. L’ammontare del fondo speciale di parte corrente e del fondo speciale di conto capitale è determinato, rispettivamente, dalla tabella A e dalla tabella B della legge finanziaria. Le tabelle A e B indicano altresì gli accantonamenti relativi ai singoli Ministeri nei quali ciascun fondo è ripartito. Le quote del fondo speciale di parte corrente e, se non corrispondono a progetti di legge già approvati da un ramo del Parlamento, di quello in conto capitale non utilizzate entro l’anno cui si riferiscono costituiscono economie di bilancio.

 

Funzioni obiettivo

Voci della classificazione funzionale [®] individuate con riguardo all’esigenza di definire le politiche pubbliche di settore. La classificazione per funzioni obiettivo è articolata su quattro livelli, di cui i primi tre sono tratti dalla classificazione standard adottata in sede europea (COFOG-SEC95), mentre il quarto livello, determinato in sede nazionale, indica gli obiettivi perseguiti da ciascuna amministrazione. Il primo livello (divisioni) rappresenta i fini primari perseguiti dalle Amministrazioni; il secondo (gruppi) esprime le specifiche aree di intervento delle politiche pubbliche; il terzo (classi) identifica i comparti di attività in cui si articolano le aree di intervento del livello precedente; il quarto livello (missioni istituzionali) rappresenta gli obiettivi perseguiti da ciascuna Amministrazione.

Le funzioni-obiettivo di primo livello sono 10: Servizi generali delle pubbliche amministrazioni; Difesa, Ordine pubblico e sicurezza, Affari economici, Protezione dell’ambiente, Abitazioni e assetto territoriale, Sanità, Attività ricreative, culturali e di culto, Istruzione, Protezione sociale.

 

Imposte in conto capitale

Sono le imposte percepite a intervalli irregolari, e solo saltuariamente, sul valore delle attività o del patrimonio netto o sul valore dei beni trasferiti per effetto di lasciti, donazioni o altri trasferimenti.

Comprendono:

a) le imposte sui trasferimenti in conto capitale, quali le imposte sulle successioni e sulle donazioni, con esclusione delle imposte sulle vendite di beni (che non costituiscono trasferimenti);

b) le imposte straordinarie sulle attività o sul patrimonio netto (quali i condoni).

 


Indebitamento netto

 

Nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni [®], è il saldo conclusivo risultante dalla differenza tra le spese complessive [®] e le entrate complessive [®]; se le entrate superano le spese, si ha “accreditamento netto”. Quando si indica genericamente l’indebitamento netto, si intende fare riferimento a questo saldo, che è il parametro di riferimento per il rispetto dei vincoli sul disavanzo (o deficit) previsti a livello europeo.

Analogamente, nel bilancio dello Stato si definisce indebitamento (o accrescimento) netto il saldo risultante dalla differenza tra le entrate complessive [®] e le spese complessive [®], escluse le operazioni finanziarie (partecipazioni azionarie e conferimenti, concessione e riscossione di crediti e accensione e rimborso di prestiti).

 

Indebitamento netto strutturale

È l’indebitamento netto (riferito al conto economico consolidato della pubbliche amministrazioni) [®] depurato degli effetti del ciclo economico. Con lo stesso termine può peraltro intendersi l’indebitamento netto depurato degli effetti del ciclo economico e al netto delle misure una tantum.

 

Inflazione

L'inflazione al consumo è un processo di aumento del livello generale dei prezzi dell'insieme dei beni e servizi destinati al consumo delle famiglie. Generalmente, si misura attraverso la costruzione di un indice dei prezzi al consumo, cioè uno strumento statistico che misura le variazioni nel tempo dei prezzi di un insieme di beni e servizi, chiamato paniere, rappresentativo dei consumi delle famiglie in uno specifico anno.

L'ISTAT produce tre diversi indici dei prezzi al consumo:

§       l’indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale (NIC), che misura l'inflazione a livello dell'intero sistema economico italiano.

§       l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), si riferisce ai consumi dell'insieme delle famiglie che fanno capo a un lavoratore dipendente (non agricolo). E' l'indice usato per adeguare periodicamente i valori monetari (ad esempio gli affitti o gli assegni dovuti al coniuge separato);

§       l'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA), sviluppato per assicurare una misura dell'inflazione comparabile a livello europeo. Prende a riferimento l'intera collettività nazionale, ma si differenzia dagli altri due indici perché il paniere esclude, sulla base di un accordo comunitario, le lotterie, il lotto, i concorsi pronostici e i servizi relativi alle assicurazioni sulla vita. A differenza degli altri due indici, inoltre considera non il prezzo pieno di vendita ma prezzo effettivamente pagato dal consumatore (ad esempio, nel caso dei medicinali, mentre per gli indici nazionali viene considerato il prezzo pieno del prodotto, per quello armonizzato europeo il prezzo di riferimento è rappresentato dalla quota effettivamente a carico del consumatore, cioè il ticket); l’indice armonizzato europeo tiene inoltre conto delle riduzioni temporanee di prezzo (saldi e promozioni).

L’indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale e l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati sono calcolati anche al netto dei tabacchi.

 

Inflazione programmata

Rappresenta il tasso di inflazione fissato nel Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) come valore di riferimento per l’anno successivo. Tale tasso viene rapportato all’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, esclusi i tabacchi [® “Inflazione”]. Il tasso di inflazione programmata rappresenta il parametro di riferimento per la definizione degli aumenti salariali nella contrattazione nazionale.

 

Investimenti fissi lordi

Sono costituti dalle acquisizioni, al netto delle cessioni, di capitale fisso effettuate dai produttori residenti (cui si aggiungono gli incrementi di valore dei beni materiali non prodotti). Il capitale fisso consiste di beni materiali e immateriali prodotti destinati a essere utilizzati nei processi produttivi per un periodo superiore a un anno.

Sono fissi in quanto non comprendono le variazioni delle scorte e degli oggetti di valore.

Sono lordi in quanto includono gli ammortamenti.

 

Perenzione amministrativa

Eliminazione dalla contabilità finanziaria dei residui passivi [®] per i quali non siano state effettuate le relative operazioni di pagamento.

I residui passivi relativi a spese correnti si intendono perenti decorsi due esercizi finanziari successivi a quello della loro iscrizione in bilancio (con l’eccezione dei residui relativi a spese per lavori, forniture e servizi, che si intendono perenti decorsi tre esercizi finanziari). I residui passivi relativi alle spese in conto capitale possono essere mantenuti in bilancio non oltre il settimo esercizio finanziario successivo alla prima iscrizione.

 

PIL – Prodotto interno lordo

(nominale e reale)

Corrisponde alla produzione totale di beni e servizi dell’economia, diminuita dei consumi intermedi [®] e aumentata dell’IVA [®] e delle imposte indirette [®] sulle importazioni [®]. È altresì pari alla somma dei valori aggiunti delle varie branche di attività economica, aumentata delle imposte sui prodotti (incluse l’IVA e le imposte sulle importazioni), al netto dei contributi ai prodotti e dei servizi di intermediazione finanziaria indirettamente misurati (SIFIM).

Quando gli importi sono espressi in termini di valori correnti ci si riferisce al PIL ai prezzi di mercato o PIL nominale.

Per determinare il PIL reale, al fine di disporre di un indicatore sulla crescita dell’economia depurato dall’inflazione, è necessario fare riferimento al PIL a prezzi costanti o, in base alla nuova metodologia adottata dall’ISTAT nel marzo 2006, al PIL calcolato sulla base degli indici a catena.

 

Prestazioni sociali

Sono trasferimenti correnti, in denaro o in natura, finalizzati a sollevare queste ultime dagli oneri derivanti da determinati rischi o bisogni (quali malattia, vecchiaia, morte, invalidità, disoccupazione…).

Comprendono trasferimenti correnti e forfettari dei sistemi privati di assicurazione sociale con o senza costituzione di riserve e i trasferimenti correnti da amministrazioni pubbliche e istituzioni senza scopo di lucro, al servizio delle famiglie non subordinati al pagamento di contributi (assistenza).

 

Redditi da lavoro dipendente

Secondo il SEC95 [®], corrispondono al costo sostenuto dai datori di lavoro a titolo di remunerazione dell'attività prestata alle proprie dipendenze dai lavoratori sia manuali che intellettuali. Sono composti dalle retribuzioni lorde e dai contributi sociali effettivi e/o figurativi [®].

 

Regolazioni contabili

 

Definizione contabile di partite debitorie e creditorie tra lo Stato e gli altri soggetti giuridici con iscrizione del relativo importo nei rispettivi bilanci.

Regolazioni debitorie pregresse

 

Operazioni con cui lo Stato regola in contanti o in titoli la posizione debitoria propria o di un altro soggetto pubblico, relativa a transazioni effettuale in esercizi precedenti.

 

Residui (propri)

 

Si distinguono in residui attivi, che corrispondono a entrate accertate ma non ancora riscosse o versate e residui passivi, che corrispondono a spese impegnate ma non ancora pagate [® “Entrate (procedimento contabile)” e “Spesa (procedimento contabile)”].

I residui vengono accertati al momento della chiusura dell’anno finanziario ed iscritti nel Rendiconto generale; essi vengono mantenuti nella contabilità degli esercizi successivi fino a quando non siano effettuale le relative operazioni di incasso o pagamento oppure, nel caso dei residui passivi, siano eliminati per perenzione [®].

I residui attivi, che rappresentano dei credito vantati dallo Stato, vengono classificati in funzione della loro esigibilità: quelli considerati assolutamente inesigibili vengono eliminati dalle scritture contabili con decreto ministeriale.

 

Residui di stanziamento

(impropri)

Stanziamenti di bilancio relativi a spese per i quali è autorizzata la conservazione in bilancio anche se, entro la fine dell’esercizio finanziario, non hanno dato luogo all’assunzione di impegni verso terzi (per questo differiscono dai residui propri).

In via generale i residui di stanziamento relativi a spese in conto capitale possono essere mantenuti in bilancio fino all’esercizio finanziario successivo alla prima iscrizione; se iscritti in forza di disposizioni legislative entrate in vigore nell’ultimo quadrimestre, possono essere mantenuti in bilancio fino al secondo esercizio finanziario successivo alla prima iscrizione. La conservazione in bilancio dei residui di stanziamento è subordinata alla ricognizione da parte del Ministe­ro dell’economia e delle finanze dello stato di attuazione dei programmi per i quali le somme sono state stanziate.

 

Ricorso al mercato

 

Con riferimento al bilancio dello Stato, risultato differenziale tra le entrate finali [®] e le spese complessive [®].

Esso esprime l’entità dell’indebitamento a medio e a lungo termine relativo all’anno di riferimento. In sede previsionale il limite del ricorso al mercato è fissato dalla legge finanziaria.

 

Risparmio pubblico

 

Con riferimento al bilancio dello Stato, è il saldo corrente [®], risultante dalla differenza tra il totale dei primi due titoli delle entrate (entrate tributarie+entrate extratribu­tarie=entrate correnti [®]) e il primo titolo della spesa (spese correnti [®]).

 

Saldo complessivo

Saldo (avanzo o disavanzo) risultante dalla differenza tra le entrate complessive [®]e le spese complessive [®].

Saldo corrente

Saldo (avanzo o disavanzo) risultante dalla differenza tra le entrate correnti [®] e le spese correnti [®].

 

Saldo finale

Nel bilancio dello Stato, saldo (avanzo o disavanzo) risultante dalla differenza tra le entrate finali [®] e le spese finale [®].

 

Saldo in conto capitale

Saldo (avanzo o disavanzo) risultante dalla differenza tra le entrate in conto capitale [®] e le spese in conto capitale [®].

 

Saldo netto da finanziare

 

Nel bilancio dello Stato, risultato differenziale tra le entrate finali [®] e le spese finali [®]; sono dunque escluse operazioni di accensione e rimborso prestiti.

Il limite massimo del saldo netto da finanziare in termini di competenza è indicato nel DPEF e, quindi, fissato normativamente nella legge finanziaria, per ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale.

Se le entrate superano le spese si parla di “saldo netto da impiegare”

 

Saldo primario

Saldo (avanzo o disavanzo) risultante dalla differenza tra le entrate complessive [®] e le spese complessive [®], al netto della spesa per interessi passivi.

 

SEC 95
(Sistema europeo dei conti nazionali e regionali)

Sistema armonizzato di contabilità nazionale, che permette una descrizione quantitativa completa e comparabile della situazione economica dei paesi membri dell'Unione europea (UE), attraverso un sistema integrato di conti di flussi e di conti patrimoniali definiti per l'intera economia e per raggruppamenti di operatori economici (settori istituzionali). I settori istituzionali individuati sono cinque: società non finanziarie; società finanziarie; amministrazioni pubbliche; famiglie; istituzioni sociali private. In rapporto all’Unione economica e monetaria assume specifico rilievo il settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche [®].

Per la registrazione delle operazioni viene adottato il criterio della competenza economica [®]. Il SEC95 è stato approvato con regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996.

 

Settore pubblico

 

Aggregato costituito dal settore statale [®], dagli altri enti delle amministrazioni centrali, dalle amministrazioni locali e dagli enti di previdenza.

Gli enti minori centrali, locali e previdenziali non corrispondono esattamente a quelli inclusi dall’ISTAT nelle amministrazioni pubbliche.

 

Settore statale

 

Aggregato costituito dalla gestione del bilancio dello Stato, dalla gestione di tesoreria (quest’ultima ricomprende principalmente le operazione dei bilanci delle ex aziende autonome).

In sostanza, tale settore è costituito dagli enti che imputano direttamente le loro operazioni di cassa sulla tesoreria statale.

 

Spesa (procedimento contabile)

 

Come disposto dal regolamento generale di contabilità, sono spese dello Stato quelle alle quali si deve provvedere a carico dell’erario a norma di legge, decreti, regolamenti o altri atti di qualsiasi specie e quelle, in genere, necessarie per il funzionamento dei servizi pubblici che dipendono dalle amministrazioni dello Stato.

Il procedimento contabile della spesa si articola in quattro fasi:

1) impegno: atto con cui nell’ambito di uno stanziamento di bilancio, una determinata somma viene destinata in modo specifico ad un provvedimento di spesa; l’impegno ha l’effetto di costituire un vincolo per la somma impegnata, che non potrà essere utilizzata per destinazioni diverse; 2) liquidazione: fase in cui viene determinata la persona del creditore e l’ammontare del debito; 3) ordinazione: fase in cui si dà ordine alla tesoreria o agli altri organi competenti di pagare la somma in precedenza liquidata; 4) pagamento: fase in cui gli agenti pagatori o la tesoreria adempiono materialmente all’obbligazione.

 

Spese complessive

Costituiscono la somma totale delle spese.

Nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni [®], corrispondono alla somma delle spese correnti [®]e delle spese in conto capitale[®].

Nel bilancio dello Stato corrispondono alla somma dei tre titoli delle spese: Titolo I – Spese correnti [®], Titolo II – Spese in conto capitale (che insieme costituiscono le spese finali) [®], Titolo III – Rimborso prestiti.

 

Spese correnti

Spese destinate alla produzione ed al funzionamento dei vari servizi statali, nonché alla redistribuzione dei redditi per fini non direttamente produttivi.

Nel conto consolidato delle pubbliche amministrazioni, le spese correnti sono costituite principalmente da spese per: redditi da lavoro dipendente [®], consumi intermedi [®], prestazioni sociali in denaro [®] e interessi passivi.

Fra le ulteriori spese correnti, si ricordano: le prestazioni sociali in natura [®], gli ammortamenti [®], le imposte indirette [®], i contributi alla produzione, gli aiuti internazionali e gli ulteriori trasferimenti correnti (all’UE, alle istituzioni sociali private, alle famiglie e alle imprese).

Nel bilancio dello Stato, sono individuate dal secondo numero delle unità previsionali di base [®], che corrisponde a “1”.

Spese finali

Nel bilancio dello Stato, sommatoria dei primi due titoli delle spese: Titolo I – Spese correnti [®] e Titolo II – Spese in conto capitale [®].

Rappresentano le somme necessarie per le amministrazioni statali per perseguire i propri scopi o fini istituzionali. Dalle spese finali sono quelle escluse relative al rimborso di prestiti (titolo III della spesa), definite “spese strumentali”.

 

Spese in conto capitale

Spese che incidono, direttamente o indirettamente, sulla formazione del capitale.

Nel conto consolidato delle pubbliche amministrazioni le spese correnti sono costituite principalmente sono costituite principalmente da spese per investimenti fissi lordi [®]. Fra le ulteriori spese in conto capitale si ricordano i contributi agli investimenti (soprattutto in favore di imprese) e altri trasferimenti in conto capitale (anch’essi soprattutto in favore di imprese).

Nel bilancio dello Stato, sono individuate dal secondo numero delle unità previsionali di base [®], che corrisponde a “2”.

Titoli di Stato

Titoli obbligazionari del Tesoro. Comprendono i prestiti emessi sui mercati esteri, e le seguenti tipologie di titoli emessi sul mercato interno: BOT (Buoni ordinari del Tesoro, privi di cedole, emessi con scadenza variabile da 1 a 12 mesi), BTP (Buoni del Tesoro poliennali a tasso fisso con cedola semestrale, emessi con durata compresa tra i 2 e i 30 anni; dal 2003 sono emessi anche BTP indicizzati all’inflazione) e alcune tipologie di certificati del Tesoro (Titoli obbligazionari emessi dal Tesoro).

 

Unità previsionale di base

 

Unità fondamentale della struttura del bilancio dello Stato, come determinata dalla riforma introdotta dalla legge n. 94/1997.

Le UPB formano oggetto di approvazione parlamentare.

Le UPB di spesa sono classificate per centri di responsabilità amministrativa [®] e sono determinate con riferimento ad aree omogenee di attività in cui si articolano le competenze istituzionali di ciascun ministero.

In particolare , le UPB di spesa sono contrassegnate da 4 numeri; il primo numero indica il centro di responsabilità amministrativa, il secondo il titolo della spesa (1=spesa corrente; 2=spesa in conto capitale).

 

 



[1]     Nella versione aggiornata consegnata alla Commissione bilancio il 10 ottobre 2006

[2]     Si vedano le seguenti norme:

-        articolo 2 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003);

-        articolo 2, comma 12, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004);

-        articolo 1, comma 352, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005).

[3]     La rinumerazione degli articoli del TUIR discende da considerazioni di ordine logico: l’applicazione delle deduzioni è un’operazione che precede la determinazione dell’imposta, mentre l’applicazione delle detrazioni è un operazione successiva a quest’ultima.

[4]     L’ultimo intervento in materia è contenuto nell’articolo 1, commi da 349 a 353, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

[5]     È previsto un incremento dell’importo della deduzione pari a:

-        4.500 euro se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi di lavoro dipendente o assimilati (esclusi i redditi da pensione);

-        4.000 euro se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi da pensione e assegni equiparati;

-        1.500 euro se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi di lavoro autonomo o di impresa minore.

Gli incrementi sopra riportati non sono cumulabili tra loro.

[6]     La deduzione spetta in ragione del rapporto tra l’importo di 26.000 euro, aumentato degli oneri deducibili e diminuito del reddito complessivo, e un importo di 26.000 euro. Essa può essere usufruita per intero ovvero in parte, a seconda del risultato di tale rapporto. In particolare:

-        se il rapporto è uguale o maggiore di uno, la deduzione compete per l’intero ammontare;

-        se il rapporto è uguale ad un numero compreso tra zero e uno, la deduzione spetterà in proporzione al risultato ottenuto:

-        se il rapporto è zero o minore, la deduzione non spetta.

[7]     Il citato comma 1-bis dell’articolo 13 del TUIR concede agevolazioni di minore portata ai titolari di redditi di pensione di importo compreso tra 7.500 e 7.800 euro (ferme le altre condizioni).

[8]     Le deduzioni per oneri di famiglia sono state introdotte dall’articolo 1, comma 349, lettera b), della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), in luogo delle precedenti detrazioni.

[9]     Le deduzioni spettano per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare di 78.000 euro, a cui occorre aggiungere l'importo delle deduzioni e degli oneri deducibili, e quindi sottrarre il reddito complessivo, e l’importo di 78.000 euro. Se il rapporto è maggiore o uguale a 1, la deduzione compete per intero; se il rapporto è pari a zero o minore, la deduzione non compete; se il rapporto è compreso tra zero ed 1, la deduzione spetta in misura proporzionale a tale rapporto.

[10]    Se il rapporto è pari a zero (ovvero quando il reddito complessivo è pari a 80.000 euro), minore di zero (ovvero quando il reddito complessivo è superiore a 80.000 euro) o pari a uno (ovvero quando il reddito complessivo è pari a zero) la detrazione non spetta. Pertanto la detrazione spetta esclusivamente quando il rapporto è un numero maggiore di zero e minore di uno, ovvero il reddito complessivo è compreso tra 1 euro e 79.999 euro.

      Lo stesso meccanismo di calcolo si applica alle altre detrazioni di cui al nuovo articolo 12 del TUIR, anche se varia l’importo di base (comma 4 del nuovo articolo 12 del TUIR).

[11]    La deduzione attualmente vigente può essere ripartita fra i soggetti che vi hanno diritto, nella misura da essi scelta: ciò consente ai contribuenti di adottare la proporzione più conveniente in ragione del livello di reddito di ciascuno.

[12]    L'articolo 433 del codice civile prevede che all'obbligo di prestare gli alimenti siano tenuti nell'ordine:

1)       il coniuge;

2)       i figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi anche naturali;

3)       i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, anche naturali; gli adottanti;

4)       i generi e le nuore;

5)       il suocero e la suocera;

6)       i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.

[13]    Tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente sono espressamente esclusi dall’applicazione del comma 1 in esame:

-        i compensi per l'attività libero professionale intramuraria del personale medico;

-        le indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per l'esercizio di pubbliche funzioni, nonché i compensi corrisposti ai membri delle commissioni tributarie, ai giudici di pace e agli esperti del tribunale di sorveglianza, ad esclusione di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato;

-        le indennità percepite dai membri del Parlamento nazionale e del Parlamento europeo e le indennità, comunque denominate, percepite per le cariche elettive e per le funzioni delle regioni, degli enti locali e della Corte Costituzionale, nonché i conseguenti assegni vitalizi percepiti in dipendenza dalla cessazione delle suddette cariche elettive e funzioni e l'assegno del Presidente della Repubblica;

-        le rendite vitalizie e le rendite a tempo determinato, costituite a titolo oneroso, diverse da quelle aventi funzione previdenziale;

-        gli altri assegni periodici, comunque denominati, alla cui produzione non concorrono attualmente né capitale né lavoro.

[14]    La detrazione spetta se il risultato del rapporto è maggiore di zero (comma 4 del nuovo articolo 13 del TUIR,applicabile anche alle fattispecie disciplinate dai successivi commi 2 e 3 dello stesso articolo), ovvero se il reddito complessivo è pari, al massimo, a 54.999 euro. La detrazione spetta per intero se il rapporto è pari a uno (ovvero quando il reddito complessivo è pari a 15.000 euro). In tutte le ipotesi intermedie la detrazione sarà decrescente al crescere del reddito complessivo.

[15]    Le detrazioni di cui all’articolo 15 del TUIR che sono riconosciute anche ai soggetti non residenti sono quelle relative ai seguenti oneri:

-        interessi passivi, oneri accessori e quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione, pagati in dipendenza di prestiti o mutui agrari di ogni specie;

-        interessi passivi, oneri accessori e quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione, pagati in dipendenza mutui garantiti da ipoteca su immobili contratti per l'acquisto dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un anno dall'acquisto stesso;

-        spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate, nella misura effettivamente rimasta a carico;

-        erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di comitati organizzatori appositamente istituiti, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, che svolgono o promuovono attività di studio, di ricerca e di documentazione di rilevante valore culturale e artistico o che organizzano e realizzano attività culturali;

-        il costo specifico o, in mancanza, il valore normale dei beni ceduti gratuitamente, in base ad apposita convenzione, ai soggetti e per le attività di cui al punto precedente;

-        erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato, a favore di enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute che senza scopo di lucro svolgono esclusivamente attività nello spettacolo, effettuate per la realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il potenziamento delle strutture esistenti, nonché per la produzione nei vari settori dello spettacolo.

[16]    La disposizione designa i soggetti con minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.

[17]    Procedura di infrazione 2002/5450.

[18]    In cui si prevede che, per le cessioni imponibili di oro da investimento, di materiale d’oro e di prodotti semilavorati, al pagamento dell’imposta sia tenuto il cessionario, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato (in deroga alla regola generale fissata nel comma 1 dell’articolo 17, che individua come soggetti passivi dell’Iva coloro che effettuano le cessioni di beni o le prestazioni di servizi).

[19]   Sostituita, da ultimo, dal decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1995.

[20]    Procedura di infrazione 2006/4379

[21]    La giurisprudenza tributaria ha comunque chiarito che la mancata trasmissione non costituisce motivo di nullità dell’accertamento (da ultimo Comm. trib. centr., Sez. XII, dec. 8 ottobre-11 dicembre 1997, n. 6235).

[22]    Disciplina analoga era prevista dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, per la partecipazione dei comuni all’accertamento dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili (INIVIM).

[23]    Le leggi 26 novembre 1981, n. 690, 13 aprile 1983, n. 122, 6 agosto 1984, n. 457, e il decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, disciplinano la collaborazione agli accertamenti tributari da parte, rispettivamente, delle regioni Valle d'Aosta, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige.

[24]    In sostanza si quantifica la quota dei corrispettivi “maturati” al termine dell’esercizio in proporzione allo stato di avanzamento dei lavori. Eventuali acconti percepiti dall’imprenditore non costituiscono ricavi, ma determinano solo un credito verso il committente.

[25]    Si tratta in particolare, come segnalato dalla relazione tecnica, “dell’80 per cento del reddito derivante dalla utilizzazione di navi iscritte nel registro internazionale (tenuto peraltro conto della “tonnage tax”) e del 56 per cento del reddito delle imprese esercenti la pesca mediterranea, costiera e interna”.

[26]    I soggetti ai quali si applica la previsione sono, secondo quando indicato nella relazione tecnica, “le cooperative a mutualità prevalente, in considerazione del fatto che una quota dell’utile civilistico (ex art. 12 L. n. 904/77) può essere imputata a riserva indivisibile in esenzione di imposta e che una altra quota è destinata – in sospensione di imposta – a riserva obbligatoria.”

[27]    Il citato articolo 4 del D.Lgs. n. 165 del 2001 distingue infatti le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, attribuite agli organi di governo, dalla gestione finanziaria, tecnica e amministrativa e dall’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, che spettano ai dirigenti.

[28]    Il 29 settembre 2004 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento relativa ad un nuovo strumento finanziario per l’ambiente (LIFE+) (COM(2004)621), inteso a riunire gran parte degli attuali programmi finanziari destinati all’ambiente, al fine di migliorarne l’efficienza. Il 27 giugno 2006, il Consiglio ha adottato, secondo la procedura di codecisione, una posizione comune sulla proposta che verrà esaminata in seconda lettura dal Parlamento europeo, nella sessione del 23 ottobre 2006.

[29]    La disposizione richiama anche l’articolo 117, comma secondo, lettera r) della Costituzione che affida alla competenza esclusiva dello Stato il coordinamento informativo statistico ed informatico dei dati dell’amministrazione statale.

[30]    Tale dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi purché non si verifichino modificazioni dei dati e degli elementi dichiarati: in sostanza la dichiarazione viene presentata solo in occasione dell’acquisto di immobili.

[31]   Recante “Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali”.

[32]   Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’IRPEF e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali

[33]    L’esercizio della potestà regolamentare generale delle province e dei comuni relativamente alle loro entrate è disciplinato dall’articolo 52 del medesimo decreto legislativo n. 446 del 1997. Esso stabilisce che le province e i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, ad eccezione di ciò che attiene all’individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti. I regolamenti sono approvati con deliberazione del comune o della provincia non oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione e non hanno effetto prima del 1° gennaio dell’anno successivo. I regolamenti sulle entrate tributarie sono comunicati al Ministero delle finanze, unitamente alla relativa delibera comunale o provinciale, entro trenta giorni dalla data in cui sono divenuti esecutivi, e sono resi pubblici mediante avviso nella Gazzetta ufficiale. Nelle province autonome di Trento e di Bolzano, i regolamenti sono adottati in conformità alle disposizioni dello statuto e delle relative norme di attuazione. Il Ministero delle finanze può impugnare i regolamenti sulle entrate tributarie, per vizi di legittimità, avanti gli organi di giustizia amministrativa. Sono infine stabiliti criteri cui i regolamenti debbono attenersi nel disciplinare l’accertamento e la riscossione dei tributi e delle altre entrate.

[34]    La norma richiama la legge 27 dicembre 1956, n. 1423, recante “Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità” e la legge 31 maggio 1965, n. 575, recante “Disposizioni contro la mafia”.

[35]    La TARSU è disciplinata dal decreto legislativo 15 novembre 1993 n. 507 (Capo III, articoli 58-81), e successive modificazioni. La tassa è dovuta per il servizio di smaltimento, raccolta, cernita, trasporto, trattamento, ammasso, deposito e discarica sul suolo e nel suolo dei rifiuti solidi urbani interni, e dei rifiuti ad essi equiparati, effettuato nell'ambito di tutto il territorio comunale. Il soggetto passivo obbligato alla corresponsione della tassa è colui che occupa oppure detiene i locali o le aree scoperte interessate al tributo.

[36]    I termini temporali previsti sono quelli indicati dall’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica del 27 aprile 1999, n. 158, per quel che concerne il periodo transitorio entro il quale gli enti locali sono tenuti a raggiungere la piena copertura dei costi attraverso la tariffa. In particolare: a)     tre anni per i comuni che abbiano raggiunto nell'anno 1999 un grado di copertura dei costi superiore all'85%; b)       cinque anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi tra il 55 e l'85%; c)      otto anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi inferiore al 55%; d)      otto anni per i comuni che abbiano un numero di abitanti fino a 5000, qualunque sia il grado di copertura dei costi raggiunto nel 1999.

[37]    La comunicazione sottolinea che va tenuto in considerazione, da un punto di vista ambientale, l’intero ciclo vitale delle risorse, essendo ormai riconosciuto che l’impatto ambientale di molte risorse è spesso connesso alla fase del loro utilizzo e non soltanto alla fase iniziale e finale del loro ciclo di vita.

[38]    Procedura n. 2002/2213, causa C-263/05.

[39]    Procedura d’infrazione n. 2005/4051.

[40]    Procedura n. 2002/2284.

[41]   Recante Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59.

[42]   Si tratta della Risoluzione 7-00629 (Pepe, Patria), presentata il 19/5/2005 e non discussa, che impegnava il Governo a verificare l'opportunità di mantenere, anche mediante iniziative di carattere normativo, all'amministrazione centrale i compiti relativi alla revisione degli estimi ed al classamento degli immobili, al fine di assicurare la necessaria uniformità sul territorio nazionale nella determinazione delle rendite catastali e di evitare di concentrare in capo ad un unico soggetto, per quanto riguarda l'imposta comunale sugli immobili, la determinazione della base imponibile e della relativa aliquota d'imposta e della Risoluzione 7-00511 (Grandi- Benvenuto) presentata il 22/11/2004 e discussa, ma non conclusa.

[43]    Decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 463, recante “Semplificazione in materia di versamenti unitari per tributi determinati dagli enti impositori e di adempimenti connessi agli uffici del registro, a norma dell'articolo 3, comma 134, lettere f) e g), della legge 23 dicembre 1996, n. 662”. L’articolo 3-bis è stato aggiunto dall'articolo 1 del D.Lgs. 18 gennaio 2000, n. 9.

[44]   Pubblicato nella Gazzetta ufficiale. n. 297 del 12 dicembre 2001.

[45]    Si ricorda che le dichiarazioni di variazione possono riguardare la persona del proprietario o del possessore dei beni nonché la persona che gode di diritti reali sui beni stessi, ovvero lo stato dei beni, per quanto riguarda la consistenza e l'attribuzione della categoria e della classe catastale.

[46]   Si tratta del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

[47]    L. 2 aprile 2001, n. 136 Disposizioni in materia di sviluppo, valorizzazione ed utilizzo del patrimonio immobiliare dello Stato, nonché altre disposizioni in materia di immobili pubblici

[48]    Lo sviluppo di tale sistema informativo rientra tra le funzioni attribuite all’Agenzia del demanio dall’articolo 65 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300.

[49]    Il Regolamento recante disciplina dei procedimenti di localizzazione delle opere di interesse statale è contenuto nel D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383.

[50]   Articolo 5, comma 2-quinquies, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191; articolo 16 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 306; articolo 14-quinquies del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 agosto 2005, n. 168; articolo 3-ter del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248; articolo 2 del decreto-legge 7 giugno 2006, n. 206, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 234.

[51]   Seduta del 14 giugno 2006.

[52]   Per cartolarizzazione si intende una tecnica finanziaria mediante la quale attività non facilmente negoziabili, quali gli immobili di proprietà pubblica, in strumenti finanziari più facilmente collocabili sul mercato.

[53]    La legge 23 dicembre 1997, n. 449, collegata alla manovra finanziaria per il 1998, all'articolo 17, comma 36, ha introdotto una norma interpretativa del citato comma 112 dell'articolo 3 della legge n. 662 del 1996, secondo la quale sono fatti salvi gli effetti delle procedure negoziali che erano in corso tra il Ministero della difesa ed altre pubbliche amministrazioni, alla data di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto dallo stesso comma 112 (emanato in data 11 agosto 1997) e finalizzate al trasferimento di beni immobili già destinati ad uso pubblico dai piani regolatori generali.

[54]    In applicazione di tale disposizione è stato adottato il D.P.C.M 11 agosto 1997, recante "Individuazione di beni immobili nella disponibilità del Ministero della difesa da inserire nel programma di dismissioni previsto dall'articolo 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662". Il decreto contiene un elenco di 302 beni immobili potenzialmente dismissibili, divisi a seconda della regione in cui essi sono collocati. In nota a ciascun immobile, è riportata l’indicazione dell’attuale uso del bene stesso. In data 12 settembre 2000, è stato poi emanato un nuovo D.P.C.M., contenente un ulteriore elenco di nuovi beni immobili nella disponibilità del Ministero della difesa da dismettere. Successivamente è stato emanato il D.P.C.M. 21 gennaio 2002 che ha provveduto ad espungere dall’elenco degli immobili già individuati 10 di essi, in relazione ad “una aggiornata valutazione delle esigenze strutturali ed infrastrutturali delle Forze armate”. Quindi, con D.P.C.M. 20 ottobre 2003, è stato espunto l'immobile militare denominato Caserma «Palmanova» (aliquota) di Viterbo. Poi, con il D.P.C.M. 20 novembre 2003, è stata espunta la caserma «De Amicis», e concessa in comodato, senza oneri per la finanza pubblica, alla Curia provinciale dei Frati minori d'Abruzzo «San Bernardino da Siena» in L'Aquila. Infine, con D.P.C.M. 27 febbraio 2004, è stato espunto un ulteriore immobile, denominato caserma “Papa”.

[55]    La legge n. 142/1990 è stata abrogata dall’articolo 274 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Si veda ora, per gli accordi di programma, l'articolo 34 di tale decreto. Riguardo agli accordi di programma relativi alla dismissione dei beni immobili dell'amministrazione della difesa, l’articolo 16, comma 5, della legge 28 luglio 1999, n. 266, c.d. “collegato ordinamentale”, ha disposto che, nell’ambito dei predetti accordi, possa essere previsto il riconoscimento in favore degli enti locali di una quota non superiore al 20 per cento del maggior valore degli immobili determinato per effetto delle valorizzazioni assentite, utilizzabile a “scomputo” del prezzo di acquisto di altri immobili inclusi negli accordi stessi, ovvero per finalità di manutenzione e riqualificazione urbana.

[56]    L’estensione dell'ambito di applicazione della procedura per la determinazione del valore dei beni sia alle vendite che alle permute è stata fatta dall’articolo 43, comma 11, della legge n. 388/2000, che viene diffusamente commentata più avanti.

[57]    Il comma è stato modificato dall'articolo 11-quinquies del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

[58]    Anche questo comma è stato modificato dall'articolo 3 del D.L. n. 106/2005, come modificato dalla relativa legge di conversione.

[59]      La Commissione precisa che l’esclusione del trasporto stradale dall’ambito di applicazione del regolamento proposto non mette in discussione il suo atteggiamento favorevole nei confronti degli aiuti di Stato per l’acquisto di veicoli più puliti ed ecocompatibili.

[60]   Con regolamento n. 69/2001 la Commissione europea ha fissato l'importo complessivo degli aiuti de minimis accordabili ad una impresa entro la soglia dei 100.000 euro su un periodo di tre anni.

[61]    Tale Comunicazione è stata poi modificata dalla Comunicazione della Commissione che modifica la disciplina comunitaria per gli aiuti di Stato alla ricerca e sviluppo (Gazzetta ufficiale C 48 del 13.2.1998) e dalla Comunicazione della Commissione concernente la proroga della disciplina comunitaria per gli aiuti di Stato alla ricerca ed allo sviluppo (Gazzetta ufficiale C 111 dell'8.5.2002).

[62]    Regolamento (CE) n. 364/2004 della Commissione del 25 febbraio 2004 recante modifica del regolamento (CE) n. 70/2001 per quanto concerne l'estensione del suo campo d'applicazione agli aiuti alla ricerca e sviluppo.

[63]    Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.

[64]    Qualora gli aiuti vengano erogati in forma diversa dalla sovvenzione diretta in denaro, essi devono essere convertiti, ai fini della commisurazione dei limite, in termini di equivalente sovvenzione lordo.

[65]    Si intendono per aiuti all'esportazione quelli direttamente legati alle quantità esportate, alla costituzione e al funzionamento di una rete di distribuzione o alle spese correnti connesse all'attività di esportazione.

[66]    A tale proposito, si ricorda che la precedente disciplina escludeva gli aiuti de minimis anche per i settori carbosiderurgico e della costruzione navale.

[67]    Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto.

[68]    Nella risoluzione si impegnava il Governo ad assumere tutte le necessarie iniziative, anche di carattere normativo, volte a precisare quanto chiarito nella risoluzione dell'Agenzia delle Entrate, Direzione centrale normativa e contenzioso, 4 giugno 2002, n. 168/E relativamente all’applicazione dell'articolo 19-bis 1, comma 1, lettera e), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, a proposito dell'indetraibilità dell'IVA per le prestazioni alberghiere, per le somministrazioni di alimenti e bevande. In particolare il dubbio interpretativo era se potesse considerasi oggetto dell'attività «propria» dell'impresa, e quindi se potesse essere detraibile l’IVA, l’ipotesi di servizi alberghieri e di ristorazione, acquistati dall'organizzatore di eventi per essere inglobati nel pacchetto ceduto ai propri clienti.

[69]    Revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell'art. 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale.

[70]    Legge recante l’“Istituzione del servizio sanitario nazionale”

[71]    Le ONLUS (organizzazioni non lucrative di utilità sociale), sono definite e disciplinate nel decreto legislativo n. 460 del 1997.

[72]    Dall’articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

[73]    L’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) è stato firmato nel maggio 1992 tra gli Stati allora membri della Comunità economica europea e gli Stati membri dell’Area europea di libero scambio (EFTA: all’epoca Austria, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svizzera e Svezia. A seguito dell'esito negativo di un referendum tenutosi nel dicembre 1992, tuttavia, la Svizzera non ha ratificato l'accordo; si ricorda inoltre che successivamente alla firma dell’accordo, nel 1995, Austria, Finlandia e Svezia sono entrate a far parte della Comunità europea). Lo scopo del SEE è la creazione di un mercato unico che copra non solo la Comunità europea, ma anche i paesi dell'Area Europea di Libero Scambio. Nel maggio 1995 anche il Liechtenstein è entrato a far parte del SEE.

[74]    Vale a dire quelli di cui all’articolo 44 (in precedenza 41), comma 1, lettera g) del TUIR.

[75]    Procedura 2002/2291.

[76]    Da notizie di stampa, risulta che la Commissione ha avviato procedure di infrazione in materia di tassazione della previdenza nei confronti di altri sette Paesi dell’UE: Belgio, Danimarca, Irlanda, Francia, Portogallo, Spagna e Regno Unito.

[77]   La formulazione del testo del comma 23 fa riferimento alle disposizioni del “presente articolo”, anche se, tra le disposizioni contenute all’articolo 20 in esame, solo il comma 22 sembrerebbe avere un impatto finanziario sui rapporti Stato-regioni.

[78]   La Corte costituzionale sostiene che, attualmente – ovvero senza che ci sia stata una effettiva attuazione dell’art. 119 della Costituzione, la disciplina sostanziale dell'IRAP e della tassa automobilistica non è divenuta oggetto di legislazione concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, ma rientra nella esclusiva competenza dello Stato in materia di tributi erariali, secondo quanto previsto dall'art. 117, secondo comma, lettera e). La definizione di tributo proprio, in questi casi, è riferibile esclusivamente alla titolarità del gettito.

[79]   L’art. 3 del D.Lgs. 16/3/1992, n. 268 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale) dispone infatti che “la regione e le province possono (…) istituire nelle materie di rispettiva competenza tributi e contributi corrispondenti a quelli di competenza delle regioni a statuto ordinario e delle province di diritto comune in armonia con i principi stabiliti dalle leggi che li disciplinano”. La tassa è stata istituita in entrambe le province a decorrere dal 1° gennaio 1999. Da tale data nel territorio delle due province autonome non è stata più applicata la compartecipazione della tassa automobilistica erariale ex DPR 39/1953 (precedentemente fissata nei 9/10).La Giunta può introdurre variazioni tariffarie nei limiti di quanto disposto dalla legislazione statale entro il 31 ottobre di ciascun anno per i pagamenti dell’anno successivo. Altrimenti continua ad applicarsi il tariffario unico nazionale di cui all’art. 17 comma 16 L. 449/1997.

[80]    L’art. 6 della direttiva 2202/91/CE attualmente prevede un limite di 1000 mq di metratura totale, al di sotto del quale non è previsto l’obbligo di migliorare il rendimento energetico in occasione di ristrutturazioni importanti.

[81]    Tabella 1. Valori limite per il fabbisogno annuo di energia primaria per la climatizzazione invernale per metro quadrato di superficie utile dell'edificio espresso in kWh/m2 anno

Rapporto di forma dell’edificio

Zona climatica 

A

B

C

D

E

F

S/V 

fino a 

oltre 

 

600 GG

601 GG

900 GG

901 GG

1400 GG

1401 GG

2100 GG

2101 GG

3000 GG

3000 GG

≤0,2 

10

10

15

15

25

25

40

40

55

55

0,9 

45

45

60

60

85

85

110

110

145

145

      I valori limite riportati in tabella 1 sono espressi in funzione della zona climatica, così come individuata all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e del rapporto di forma dell'edificio S/V, dove:

a)       S, espressa in metri quadrati, è la superficie che delimita verso l'esterno (ovvero verso ambienti non dotati di impianto di riscaldamento) il volume riscaldato V;

b)       V è il volume lordo, espresso in metri cubi, delle parti di edificio riscaldate, definito dalle superfici che lo delimitano.

[82]    Si ricorda che il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, recante Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia”(GU n. 222 del 23 settembre 2005, SO n. 158), emanato sulla base della delega conferita dalla legge 31 ottobre 2003, n. 306, è diretto alla promozione del miglioramento della prestazione energetica degli edifici, anche al fine di favorire lo sviluppo e la valorizzazione delle fonti rinnovabili, nonché la diversificazione energetica, contribuendo in tal modo al conseguimento degli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas a effetto serra posti dal Protocollo di Kyoto. Tale decreto, composto da 17 articoli e 10 allegati tecnici che ne costituiscono parte integrante, disciplina – fra l’altro - la metodologia per il calcolo delle prestazioni energetiche integrate degli edifici, l'applicazione di requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche degli edifici, e i criteri generali per la certificazione energetica degli edifici.

[83]    Come precisato al comma 2.

[84]    Per un commento si veda l’articolo intitolato D.Lgs. n. 192/2005: luci ed ombre sul recepimento della direttiva n. 2002/91/CE, a cura del Comitato termotecnico italiano, in “Ambiente e sicurezza” del 20 dicembre 2005.

[85]    S. Colombo, F. Giola, F. Soma, Il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, pubblicato all’indirizzo internet www.edilclima.it/download/p2000/2029art1.pdf.

[86]    La normativa comunitaria vigente in materia di etichettatura degli elettrodomestici comprende la direttiva 92/75/CE, concernente l'indicazione del consumo di energia e di altre risorse degli apparecchi domestici mediante l'etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti, e le successive modifiche volte a stabilire disposizioni in materia di etichettatura riguardante il consumo di energia di singoli elettrodomestici (direttiva 2003/66/CE per i frigoriferi e i congelatori; direttiva 2002/40/CE per i forni elettrici ad uso domestico; direttiva 2002/31/CE per i condizionatori; direttiva 1999/9/CE per le lavastoviglie ad uso domestico; direttiva 98/11/CE per le lampade ad uso domestico; direttiva 96/60/CE per le lavasciuga biancheria domestiche; direttiva 95/13/CE per le asciugabiancheria ad uso domestico; direttiva 95/12/CE per le lavatrici ad uso domestico; regolamento (CE) n. 2422/2001 per le apparecchiature da ufficio).

[87]   A.S. 691 (Interventi sulla fiscalità energetica), art. 3, comma 1: Con le modalità definite dalla legge finanziaria, il maggiore gettito fiscale derivante dall’incidenza dell’imposta sul valore aggiunto, in relazione ad aumenti dei prezzi internazionali del petrolio greggio, può essere destinato, compatibilmente con gli obiettivi previsti dal Programma di stabilità e nel limite di 100 milioni di euro annui, ad un apposito fondo da utilizzare prioritariamente a copertura delle misure di cui all’articolo 4 e, nei limiti delle residue disponibilità, ad interventi di riduzione dei costi della fornitura energetica per finalità sociali, nonché per l’attuazione delle misure di cui all’articolo 2, comma 2, lettere e) e g). 2. Il fondo di cui al comma 1 è istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico e, per il triennio 2006, 2007 e 2008, ha una dotazione di 50 milioni di euro annui. 3. Agli oneri recati dalla presente legge, pari a 50 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, si provvede: a) quanto a 5 milioni di euro annui mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, al fini del bilancio triennale 2006-2008, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando, per gli anni 2006 e 2007, l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, e per l’anno 2008 l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri; b) quanto a 45 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell’ambito dell’unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero medesimo. 4. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

      Art. 4. A.S. 691 (Misure per favorire l’insediamento sul territorio di infrastrutture energetiche).

      1. In attuazione di appositi accordi da stipulare tra il Governo e le singole regioni e gli enti locali interessati dalla realizzazione di nuove infrastrutture di trasporto di energia, di coltivazione di idrocarburi, di stoccaggio di gas naturale o di importazione di energia elettrica o gas naturale, che ai fini del presente articolo abbiano rilevanza nazionale ai fini della sicurezza degli approvvigionamenti energetici, con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e per gli affari regionali e le autonomie locali, le risorse del fondo di cui all’articolo 3 possono essere destinate al finanziamento di interventi di carattere sociale da parte dei comuni a favore dei residenti nei territori interessati, anche ai fini della riduzione dei costi delle forniture di energia per usi civili, con esclusione dei tributi erariali. 2. Le previsioni del presente articolo non comportano maggiori oneri o minori entrate per la finanza pubblica.

[88]   Recante “Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive”. In attuazione della delega di cui alla legge 443/2001 è stato adottato il D.Lgs. 20 agosto 2003, n. 190. Tale decreto è stato poi abrogato dal D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.

[89]   La delibera è stata in seguito modificata dalla delibera CIPE 14 marzo 2003, n. 10/2003 (Gazz. Uff. 14 luglio 2003, n. 161, S.O.), e dalla delibera CIPE 29 aprile 2004, n. 9/2004 (Gazz. Uff. 16 luglio 2004, n. 165). Con delibera CIPE 25 luglio 2003, n. 63/2003 (Gazz. Uff. 24 ottobre 2003, n. 248), sono state rideterminate le quote dei limiti di impegno stabilite in precedenza.

[90]   La finalità di tale decreto (art. 1) è quella di promuovere l'utilizzazione di biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili in sostituzione di carburante diesel o di benzina nei trasporti, al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi nazionali in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e di sicurezza dell'approvvigionamento di fonti di energia rispettando l'ambiente, e di promozione delle fonti di energia rinnovabili.

[91]   Decreto-legge convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, il cui articolo 26 reca “Interventi nel settore agroenergetico”.

[92]    Il biogas carburante, secondo la definizione contenuta nell’allegato I al D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 128, recante Attuazione della direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell'uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti, è il gas combustibile ricavato dalla biomassa ovvero dalla parte biodegradabile dei rifiuti, che può essere trattato in un impianto di purificazione così da ottenere una qualità analoga a quella del gas naturale, al fine di essere usato come biocarburante o gas di legna.

[93]    Il 7 dicembre 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2005)0628)riguardante l’istituzione di un piano di azione nel settore della biomassa (COM(2005)628) con il quale la Commissione intende individuare un insieme di misure, anche di carattere normativo, da attuare a partire dal 2006 e volte ad aumentare la domanda di biomassa, rafforzare l'offerta, rimuovere gli ostacoli tecnici e sviluppare la ricerca (per un’illustrazione sui contenuti generali del piano, si veda la scheda Documenti all’esame dell’Unione europea, all’art. 156).

[94]    La proposta (COM(2005)634), presentata il 21 dicembre 2005 dalla Commissione, ha come obiettivo quello di ridurre le emissioni inquinanti prodotte dal settore dei trasporti e contribuire a creare un mercato per i veicoli puliti (per un’illustrazione sui contenuti generali della direttiva, si veda la scheda Documenti all’esame dell’Unione europea, all’art. 156 e all’art. 160)

[95]    Proc. n. 2004/2296 – causa C-61/06.

[96]    Proc. n. 2005/2371.

[97]    Proc. n. 2005/2384.

[98]    Per quanto riguarda la validità temporale delle disposizioni riguardanti la detrazione delle spese per il recupero del patrimonio edilizio, si ricorda che:

-        l’articolo 1 della legge n. 449 del 1997 si riferisce alle spese sostenute negli anni 1998 e 1999;

-        l’articolo 6, comma 15, della legge n. 488 del 1999 (legge finanziaria per il 2000) si riferisce alle spese sostenute nell’anno 2000;

-        l’articolo 2, comma 2, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001) si riferisce alle spese sostenute nell’anno 2001;

-        l’articolo 9, comma 1, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002) si riferisce alle spese sostenute nell’anno 2002;

-        il citato articolo 2, comma 5, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) si riferisce alle spese sostenute dal 1° gennaio al 30 settembre 2003;

-        l’articolo 1-bis, del D.L. n. 147 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 200 del 2003 si riferisce alle spese sostenute dal 1° ottobre al 31 dicembre 2003;

-        l’articolo 2, comma 15, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), relativo alle spese sostenute nell’anno 2004, è stato successivamente abrogato dal sottoindicato articolo 23-bis, comma 2, del D.L. n. 355 del 2003;

-        l’articolo 23-bis, comma 1, lettera a), del D.L. n. 355 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 47 del 2004, si riferisce alle spese sostenute dal 1° gennaio 2004 al 31 dicembre 2005;

-        l’articolo 1, comma 121, lettera a), della legge n. 266 del 2005 si riferisce alle spese sostenute dal 1° gennaio al 31 dicembre 2006.

[99]    Concorrono a formare il suddetto importo le spese per gli interventi realizzati in più anni (a partire dal 1998), quando gli interventi più recenti costituiscono mera prosecuzione di interventi precedenti.

[100]  Le disposizioni che hanno modificato l’art. 45, co. 1, del D.Lgs. n. 446 del 1997 sono:

-        art. 4, co. 1, del D.Lgs. n. 422 del 1998;

-        art. 6, co. 17, della legge n. 488 del 1999 (finanziaria 2000);

-        art. 6, co. 12, della legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001);

-        art. 7, co. 9, della legge n. 448 del 2001 (finanziaria 2002);

-        art. 19, co. 1, della legge n. 289 del 2002 (finanziaria 2003);

-        art. 2, co. 1, della legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004);

-        art. 1, co. 509, della legge n. 311 del 2004 (finanziaria 2005);

-        art. 1, co. 118, della legge n. 266 del 2005 (finanziaria 2006).

[101]  In precedenza le suddette disposizioni erano state prorogate dall’articolo 2, comma 5, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004).

[102]  Il registro delle navi adibite alla navigazione internazionale (Registro internazionale) è stato istituito dall’articolo 1 del medesimo D.L. n. 457 del 1997. Vi sono iscritte, a seguito di specifica autorizzazione del Ministero dei trasporti e della navigazione (ora delle infrastrutture e dei trasporti), le navi adibite esclusivamente a traffici commerciali internazionali. È diviso in tre sezioni nelle quali sono iscritte rispettivamente:

a)       le navi che appartengono a soggetti italiani o di altri Paesi dell'Unione europea;

b)      le navi che appartengono a soggetti non comunitari;

c)       le navi che appartengono a soggetti non comunitari, in regime di sospensione da un registro straniero non comunitario, a seguito di locazione a scafo nudo a soggetti giuridici italiani o di altri Paesi dell'Unione europea.

      Non possono comunque esservi iscritte le navi da guerra, le navi di Stato in servizio non commerciale, le navi da pesca e le unità da diporto.

[103]  Le precedenti proroghe sono state operate dalle seguenti disposizioni normative:

-        art. 26, co. 3, della legge n. 590 del 1965: proroga al 30 giugno 1983;

-        art. 25 del D.L. n. 463 del 1983 (convertito dalla legge n. 638 del 1983): proroga al 30 giugno 1988;

-        art. 1 della legge n. 349 del 1988: proroga al 31 dicembre 1991;

-        art. 70, co. 3, della legge n. 413 del 1991: proroga al 31 dicembre 1993;

-        art. 2, co. 2, del D.L. n. 542 del 1996, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 649 del 1996: proroga al 31 dicembre 1997;

-        art. 4, co. 14, della legge n. 449 del 1997 (collegato 1998): proroga al 31 dicembre 1999;

-        art. 10, co. 3, della legge n. 488 del 1999 (finanziaria 2000): proroga al 31 dicembre 2001;

-        art. 52, co. 22, della legge n. 448 del 2001 (finanziaria 2002): proroga al 31 dicembre 2003;

-        art. 2, co. 3, delle legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004): proroga al 31 dicembre 2004;

-        art 1, co. 571, della legge n. 311 del 2004 (finanziaria 2005: proroga al 31 dicembre 2005.

[104]  La suddetta disposizione è stata prorogata.

-        al 30 settembre 2001 dall’articolo 1 del D.L. n. 246 del 2001, convertito dalla legge n. 330 del 2001;

-        al 31 dicembre 2001 dal D.L. n. 356 del 2001, convertito dalla legge n. 418 del 2001;

-        al 30 giugno 2002, dal D.L. n. 452 del 2001, convertito dalla legge n. 16 del 2002;

-        al 31 dicembre 2002, dal D.L. n. 138 del 2002, convertito dalla legge n. 178 del 2002;

-        al 30 giugno 2003 dall’articolo 21 della legge n. 289 del 2002 (finanziaria 2003);

-        al 31 dicembre 2004 dall’articolo 17 del D.L. n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003;

-        al 31 dicembre 2005 dall’articolo 1, comma 511, lettera a), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005).

-        al 31 dicembre 2006 dall’articolo 1, comma 115, lettera a), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006).

[105]  In particolare, ai sensi del citato comma 1-bis e del successivo comma 1-ter, i soggetti interessati possono usufruire delle richiamate agevolazioni a condizione che:

-        tali emulsioni abbiano le caratteristiche tecniche indicate nel decreto del Ministero delle finanze 20 marzo 2000, emanato in attuazione dell’articolo 12, comma 3, della legge n. 488 del 1999, contenente le caratteristiche tecniche delle emulsioni di olio da gas e olio combustibile denso con acqua destinate alla trazione e alla combustione;

-        il fabbisogno annuo dei soggetti utilizzatori di cui al precedente comma 1-bis ecceda il quantitativo di litri 100.000 per le emulsioni di olî da gas con acqua, e di chilogrammi 100.000 per le emulsioni di olio combustibile denso con acqua.

      Quanto alle modalità per l’autoproduzione, nonché all’impiego e al controllo delle emulsioni in oggetto, il successivo comma 1-quater rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, che non risulta allo stato emanato.

      L’accisa agevolata, introdotta dall’articolo 1, comma 1-bis, del D.L. n. 452 del 2001, convertito dalla legge n. 16 del 2002, è stata prorogata:

-        al 31 dicembre 2002, dal D.L. n. 138 del 2002, convertito dalla legge n. 178 del 2002;

-        al 30 giugno 2003 dall’articolo 21 della legge n. 289 del 2002 (finanziaria 2003);

-        al 31 dicembre 2004 dall’articolo 17 del D.L. n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003;

-        al 31 dicembre 2005 dall’articolo 1, comma 511, lettera a), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005);

-        al 31 dicembre 2006 dall’articolo 1, comma 115, lettera a), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006).

[106]  Si ricorda che il comma 10 del richiamato articolo 8 della legge n. 448 del 1998 dispone l’utilizzo di parte dei maggiori proventi che dovrebbero derivare dalla c.d. carbon tax per la concessione di misure compensative degli aumenti delle accise, dirette tra l’altro a consentire, a decorrere dal 1999, una riduzione del costo del gasolio da riscaldamento non inferiore a lire 200 per ogni litro ed una riduzione del costo del GPL da riscaldamento corrispondente al contenuto di energia del gasolio medesimo.

[107]  L’accisa ordinaria è quella prevista dal D.P.C.M. 15 gennaio 1999 (G.U. 15 gennaio 1999, n. 11).

[108]  Si veda la nota precedente.

[109]  Per “gradi-giorno” di una località si intende la somma, estesa a tutti i giorni di un periodo annuale convenzionale di riscaldamento, delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura dell’ambiente, convenzionalmente fissata a 20° C, e la temperatura media esterna giornaliera; l’unità di misura utilizzata è il grado-giorno (GG).

[110]  Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del citato D.P.R. 412 del 1993 sono compresi nella zona E i comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 2.100 e non superiore a 3.000.

[111]  Con la determinazione del direttore dell’Agenzia delle Dogane del 23 gennaio 2001 sono state approvate le istruzioni per l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 8, comma 10, lettera c), della legge n. 448 del 1998, come sostituito dall’articolo 12, comma 4, della legge n. 488 del 1999. Si ricorda, inoltre, che il comma 2 dell'articolo 17-bis del D.L. n. 147 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 200 del 2003 ha stabilito che la disposizione contenuta nel numero 4) della lettera c) del comma 10 dell'articolo 8 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, "si interpreta nel senso che l'ente locale adotta una nuova delibera di consiglio solo se è mutata la situazione di non metanizzazione della frazione".

[112]  Le aliquote ordinarie riportate nel testo sono quelle previste dal D.P.C.M. 15 gennaio 1999 (G.U. 15 gennaio 1999, n. 11).

[113]  Per il periodo 1° luglio 2003 – 1° ottobre 2003 l’agevolazione non è stata operante.

[114]  Per “gradi-giorno” di una località si intende la somma, estesa a tutti i giorni di un periodo annuale convenzionale di riscaldamento, delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura dell’ambiente, convenzionalmente fissata a 20° C, e la temperatura media esterna giornaliera; l’unità di misura utilizzata è il grado-giorno (GG).

[115]  Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del citato D.P.R. n. 412 del 1993 sono compresi nella zona E i comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 2.100 e non superiore a 3.000.

[116]  Si ricorda che l'articolo 2, comma 4, del D.P.R. n. 412 del 1993, stabilisce che i comuni aventi porzioni edificate del proprio territorio a quota superiore rispetto alla quota della casa comunale (quota indicata nell'allegato A del medesimo D.P.R. n. 412), qualora detta circostanza, per effetto della rettifica dei gradi-giorno, comporti variazioni della zona climatica, possono, mediante provvedimento del Sindaco, attribuire esclusivamente a dette porzioni del territorio una zona climatica differente da quella indicata in allegato A. Il provvedimento deve essere notificato al Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato e all'ENEA e diventa operativo qualora entro 90 giorni dalla notifica di cui sopra non pervenga un provvedimento di diniego ovvero un provvedimento interruttivo del decorso del termine da parte del Ministero dell'Industria. Una volta operativo il provvedimento viene reso noto dal Sindaco agli abitanti mediante pubblici avvisi e comunicato per conoscenza alla regione ed alla provincia di appartenenza.

[117]  L’agevolazione in argomento aveva una scadenza inizialmente fissata al 31 dicembre 1994 (articolo 1, comma 1-quater, del citato D.L. n. 417 del 1991). Tale scadenza è stata successivamente prorogata al 31 dicembre 1998, dall’articolo 1, comma 22, del D.L. n. 250 del 1995, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 349 del 1995. L’agevolazione è stata poi ripristinata, dopo un periodo di intervallo, dall’articolo 24, comma 2, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001) limitatamente all’anno 2001. Le successive proroghe sono state disposte:

-        dall’articolo 13, comma 1, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002): al 31 dicembre 2002;

-        dall’articolo 21, comma 6, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003): al 31 dicembre 2003;

-        dall’articolo 2, comma 12, lettera e), della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004): al 31 dicembre 2004;

-        dall’articolo 1, comma 511, lettera e), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005): al 31 dicembre 2005;

-        dall’articolo 1, comma 115, lettera g), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006): al 31 dicembre 2006.

[118]  La versione originaria del sopra citato articolo 5, comma 5, del D.L. n. 268 del 2000 prevedeva l’applicazione dell’accisa nella misura del 5% dell’aliquota del gasolio utilizzato come carburante. La misura dello 0% è stata introdotta dalla legge di conversione n. 354 del 2000.

[119]  Recepita con decreto del Ministro dell’ambiente 23 marzo 1992, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale n. 77 del 1º aprile 1992.

[120]Il decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), al titolo II, individua i soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili e gli obblighi relativi, prevedendo la facoltà di contabilità semplificata in favore delle imprese minori (società di persone ed equiparate e persone fisiche esercenti imprese commerciali con redditi annui non eccedenti lire seicento milioni per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi, ovvero lire un miliardo per le imprese aventi per oggetto altre attività) e di altri soggetti.

[121]Sotto l’imperio delle disposizioni precedentemente contenute nell’articolo 79, comma 8, del TUIR la circolare del 29 settembre 1984, n. 31/9/1123, della Direzione generale delle imposte dirette ha precisato come la deduzione spetti una sola volta per ogni giorno di effettuazione del trasporto indipendentemente dal numero di viaggi effettuati nello stesso giorno e a condizione che questi ultimi vengano effettuati personalmente dal titolare dell'autorizzazione. Con riferimento all'ambito soggettivo di applicazione della disposizione, la circolare n. 129/E-139470 del 27 giugno 2000 della Direzione AA.GG. e cont. trib ha ritenuto che essa sia riferita alle imprese minori ammesse alla tenuta della contabilità separata anche nel caso in cui abbiano optato per il regime ordinario, sempreché i titolari siano intestatari di autorizzazione all'autotrasporto di merci per conto di terzi, e alle imprese familiari esonerate dalla tenuta della contabilità ordinaria, a condizione che i trasporti siano effettuati personalmente dal titolare dell'impresa quale intestatario della relativa autorizzazione. La stessa circolare ricordava come l'articolo 13, comma 4, del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90, avesse stabilito che la deduzione competeva anche alle società in nome collettivo e in accomandita semplice, relativamente ai trasporti effettuati personalmente dai soci, nonché alle imprese che hanno optato per la contabilità ordinaria e alle società di cui all'articolo 5 del TUIR, restando escluse le società di capitali di qualsiasi tipo cui non erano applicabili le disposizioni dell'articolo 79 (ora 66) del TUIR.

[122]  In precedenza l’articolo 3, comma 2, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001) aveva disposto la totale esclusione dei redditi in argomento dalla base imponibile fiscale, per gli anni 2001 e 2002.

[123]  Il comma 8-bis dell’articolo 51 del TUIR definisce specifiche modalità per la determinazione del reddito da lavoro dipendente prestato all’estero in via continuativa qualora, nell’arco di dodici mesi, la permanenza all’estero sia protratta per un periodo superiore a 183 giorni. In tal caso, il reddito imponibile viene determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con decreto interministeriale, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del D.L. n. 317 del 1987, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 398 del 1987, che disciplina le modalità di calcolo dei contributi per i regimi assicurativi dei lavoratori italiani operanti all'estero.

[124]  Tale deducibilità è subordinata alla condizione che i fondi medesimi siano stati istituiti o adeguati ai sensi dell'art. 9 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.

[125]  Si ricorda sinteticamente che nell’ambito della riforma dell’organizzazione del Governo, con decorrenza dall’inizio della XIV legislatura, è stata prevista l’istituzione del Ministero dell’economia e delle finanze, con la contestuale soppressione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e del Ministero delle finanze. In particolare, l’articolo 23 del D.Lgs. n. 300 enunzia le attribuzioni del nuovo Ministero, mentre il successivo articolo 24 ne ripartisce la competenza in cinque aree funzionali. La determinazione delle competenze e la loro ripartizione nelle aree funzionali è stata successivamente integrata e modificata dal decreto legislativo 3 luglio 2003, n. 173, emanato in attuazione della legge n. 137 del 2002. Presso il Ministero, in corrispondenza con suddette le aree funzionali, operano attualmente i seguenti dipartimenti : Dipartimento del tesoro;Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato;Dipartimento per le politiche fiscali; Dipartimento dell’amministrazione generale del personale e dei servizi. Si ricorda infine che il decreto-legge n. 181/2006, in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, ha recentemente trasferito le funzioni del Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione dal Ministero dell’economia e delle finanze al Ministero per lo sviluppo economico.

      L’organizzazione del Ministero è stata definita con i seguenti regolamenti di delegificazione: D.P.R. 20 febbraio 1998, n. 38; D.P.R. 28 aprile 1998, n. 154; D.P.R. 22 marzo 2001, n. 147; D.P.R. 26 marzo 2001, n. 107; D.P.R. 1° agosto 2002, n. 202.

[126]  Ai sensi dell’art. 9 del D. P. R n. 38 del 1998, gli uffici centrali del bilancio operano alle dipendenze del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Essi sono istituiti presso tutte le amministrazioni centrali (ministeri) e presso alcune Direzioni generali dei Ministeri. Svolgono il compito di tenere le scritture concernenti la gestione delle relative amministrazioni e controllare la regolarità dei singoli atti di spesa posti in essere dalle amministrazioni medesime.

[127]  Fonte: Il Sole 24 ore del 3 ottobre 2004.

[128]  Segnalazione AS 270, disponibile all’indirizzo internet:

      www.agcm.it/agcm_ita/DSAP/SEGNALA.NSF/fbd37caf950c2cf6c12564b3005194de/bc73841f1e3d0c4bc1256deb0052ef11?OpenDocument.

[129]  Segnalazione AS 168, disponibile all’indirizzo internet:

      www.agcm.it/agcm_ita/DSAP/SEGNALA.NSF/fbd37caf950c2cf6c12564b3005194de/10606f8b108d3cb9c12567610034d53e?OpenDocument.

[130]L'addizionale comunale all’IRPEFè stata istituita dall’articolo 1 del D.Lgs. n. 360 del 1998. L’aliquota dell’addizionale è distinta in due parti, la prima delle quali è rappresentata da un’aliquota di compartecipazione, fissata annualmente con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze in misura uguale per tutti i comuni, con corrispondente riduzione delle aliquote erariali di IRPEF. Tale aliquota, peraltro, non ha finora ricevuto attuazione.

La seconda parte consiste, invece, in un’ulteriore aliquota, facoltativa e variabile, in quanto la sua applicazione è rimessa a ciascun comune, che ne determina la misura nei limiti fissati dalla legge. In particolare, ai sensi del richiamato articolo 1, l’ente locale poteva deliberare incrementi annui non superiori a 0,2 punti percentuali, e la misura dell’aliquota non poteva, in ogni caso, essere superiore allo 0,5%. La disciplina introdotta dall’articolo 7 del disegno di legge finanziaria in esame pone il limite massimo allo 0,8%.

[131]  Il Mediocredito centrale è una banca specializzata in credito industriale.

[132]  L’Artigiancassa è la banca di finanziamento del settore artigiano.

[133]  E cioè di garanzie su garanzie già prestate dai confidi.

[134]  Con la medesima disposizione veniva inoltre introdotto all’articolo 13 citato un nuovo comma 61-quater, il quale dispone che, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (cioè dal 17 marzo 2005), il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, deve dettare con decreto la disciplina riguardante le caratteristiche delle garanzie dirette, delle controgaranzie e cogaranzie prestate a prima richiesta dal Fondo di garanzia per le imprese artigiane sopra ricordato. Il decreto ministeriale doveva essere finalizzato ad adeguare le caratteristiche delle garanzie dirette, controgaranzie e cogaranzie prestate dal fondo a quanto previsto dall’Accordo di Basilea sui requisiti minimi di capitale per le banche.

[135]Recante “Disposizioni tributarie urgenti per accelerare la ripresa dell'economia e dell'occupazione, nonché per ridurre gli adempimenti a carico del contribuente”.

[136]Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

[137]Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38.

[138]  La nuova figura dell’imprenditore agricolo professionale (IAP), che sostituisce quella di imprenditore agricolo a titolo principale (IATP) introdotta dal decreto legislativo n. 228 del 2001 (adeguando in questo modo l’ordinamento interno alla nuova disciplina comunitaria in materia, definita dal regolamento CE n. 1257/1999), viene riconosciuta a chi, in possesso di specifiche conoscenze e competenze professionali, dedichi alle attività agricole almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e ricavi da tali attività almeno il 50% del proprio reddito globale. Per i soggetti che operino nelle zone svantaggiate (come definite dalla normativa comunitaria) i requisiti suddetti sono ridotti al 25%. La qualifica di IAP può essere riconosciuta, a condizione che almeno un socio sia in possesso di tale qualifica, anche alle società che abbiano come unico oggetto sociale l’esercizio di attività agricole. Rispetto alla vecchia figura di IATP, con la nuova qualifica si è operato un “bilanciamento” tra la professionalità (intesa come appartenenza al mondo agricolo), per la quale si sono attenuati i parametri percentuali di tempo di lavoro e reddito ricavato, e la valorizzazione della specifica “sapienza tecnica” richiesta per lo svolgimento di un’attività agricola moderna, attenta alla qualità dei prodotti e al rispetto dell’ambiente. La competenza relativa all’accertamento del possesso dei requisiti richiesti ai fini del riconoscimento della qualifica di imprenditore agricolo professionale (IAP) spetta alle regioni.

[139]Modificazioni alle norme relative alle agevolazioni tributarie a favore della piccola proprietà contadina.

[140]Interrogazione a firma Leo Maurizio n. 5-05145.

[141]  Il presente comma 6, già modificato dall'art. 2, L. 18 febbraio 1999, n. 28 e sostituito dall'art. 21, L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal 1° luglio 2001, è stato sostituito, con gli attuali commi 6, 6.1 e 6.2, dal comma 521 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311 è stato da ultimo modificato dal comma 421 dell'art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266. In attuazione del presente comma 6 è stato adottato il D.M. 25 luglio 2003, n. 256. Con Comunicato 23 luglio 2005 (Gazz. Uff. 23 luglio 2005, n. 170) e con Comunicato 24 novembre 2005 (Gazz. Uff. 24 novembre 2005, n. 274) è stata disposta l'assegnazione delle quote di contingente nell'ambito del programma agevolativo 1° gennaio 2005-31 dicembre 2010.

[142]  Decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128 Attuazione della direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell’uso di biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti.

[143]  Del comma 422 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2006 si è detto nella scheda di commento al comma 3 dell’articolo in esame.

[144]  Ai sensi dell’articolo 2-quater, comma 5, del decreto-legge n. 2 del 2006 il CIPE, sentita la sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, su proposta del Ministro delle attività produttive e del Ministro delle politiche agricole e forestali, delibera la disciplina dei contratti di programma agroenergetici, individuando l'amministrazione competente per la loro stipula. I contratti di programma agroenergetici hanno rilevanza territoriale nazionale e sono finalizzati alla creazione di occupazione aggiuntiva, anche mediante l'attivazione di nuovi impianti. È assicurata priorità nella stipula dei predetti contratti ai soggetti che riconoscono agli imprenditori agricoli una quota dell'utile conseguito in proporzione ai conferimenti della materia prima agricola.

[145]  Il successivo comma 3 dello stesso art. 32 dispone che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, è stabilito, per ciascuna specie animale, il numero dei capi che rientra nei limiti di cui alla lett. b) del comma 2, tenuto conto della potenzialità produttiva dei terreni e delle unità foraggiere occorrenti a seconda della specie allevata.

[146]  I beni prodotti e le attività agricole di cui alla lettera c) sono individuati ogni due anni con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali.

[147]  Procedura d’infrazione n. 2004/4336.

[148]  A norma dell’articolo 17 del D.Lgs 29 dicembre 2003, n. 387 “sono ammessi a beneficiare del regime riservato alle fonti energetiche rinnovabili i rifiuti, ivi compresa, anche tramite il ricorso a misure promozionali, la frazione non biodegradabile ed i combustibili derivati dai rifiuti”.

[149]  Procedura d’infrazione n. 2004/5061.

[150]  Procedura d’infrazione n. 2005/4669.

[151]  A seguito della riforma del Governo introdotta con il decreto legislativo n. 300/1999 e con il successivo D.L. n. 217/2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 317/2001, si è proceduto all’accorpamento di alcuni stati di previsione della spesa, passati, infatti, dai precedenti 18 agli attuali 14.