Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Titolo: Bilancio e finanziaria 2008. A.C. 3256 e A.C. 3257. Commissione Finanze
Riferimenti:
AC n. 3256/XV   AC n. 3257/XV
Serie: Progetti di legge    Numero: 291    Progressivo: 6
Data: 20/11/2007
Organi della Camera: VI-Finanze


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

Bilancio e finanziaria 2008

A.C. 3256 e A.C. 3257

Commissione Finanze

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 291/6

 

 

20 novembre 2007


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Finanze

 

SIWEB

 

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File: FI0187.doc

 


INDICE

PARTE I – Gli obiettivi di finanza pubblica

1. Le previsioni macroeconomiche. 3

2. Gli obiettivi di finanza pubblica per il 2008. 9

PARTE II – La manovra di finanza pubblica per il 2008

1. L’articolazione della manovra. 17

2. Il contenuto della manovra. 19

3. La disciplina contabile: la legge finanziaria. 26

PARTE III – Il disegno di legge di bilancio per il 2008

1. La disciplina contabile: il Bilancio dello Stato. 31

§      1.1 Funzioni e struttura del Bilancio. 31

§      1.2 La ripresa del processo di riforma del Bilancio dello Stato. 33

§      1.3 La nuova classificazione del Bilancio dello Stato. 36

2. Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente. 53

§      2.1 Il quadro generale riassuntivo. 53

§      2.2 Le variazioni rispetto alle previsioni 2007. 54

§      2.3 Il bilancio di cassa. 57

3. Emendamenti al disegno di legge di bilancio a legislazione vigente approvati dal Senato  58

4. Il bilancio per il 2008 come modificato dalle Note di variazioni approvate dal Senato  60

5. Stato di previsione dell’entrata - Tabella 1. 61

6. Stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze - Tabella 2  65

7. L’evoluzione della spesa nel bilancio dello Stato per il 2006-2008 – Tavole allegate  67

Tavola I – Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato. 68


Tavola II – Evoluzione della spesa finale per categorie ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato. 69

Tavola III – Le spese complessive per funzioni-obiettivo ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato. 70

Tavola IV – Andamento delle U.P.B. (III livello) ed incidenza percentuale sulle spese finali del bilancio dello Stato. 71

Tavola V – Andamento delle Missioni ed incidenza percentuale sulle spese complessive del bilancio dello Stato. 72

Tavola VI – Andamento delle entrate finali per categorie ed incidenza percentuale  74

Tavola VII – Andamento delle entrate tributarie anni 2006/2007. 76

Tavola VII-bis– Andamento delle entrate tributarie – anno 2008. 77

PARTE IV Il disegno di legge finanziaria per il 2008

§      Articolo 2, commi 1-3 (Detrazione ICI prima casa)81

§      Articolo 2, commi 4-5 (Detrazione per canoni di locazione)85

§      Articolo 2, commi 6-7 (Assegno di mantenimento)89

§      Articolo 2, commi 8-9 (Esenzione IRPEF per redditi fondiari)91

§      Articolo 2, commi 10-11 (Detrazioni per carichi di famiglia e altre detrazioni)92

§      Articolo 2, commi 12-14 (Proroga al 2008-2010 della detrazione per le ristrutturazioni immobiliari)96

§      Articolo 2, commi 15-18 (Proroga al 2010 delle agevolazioni per la riqualificazione energetica degli edifici)99

§      Articolo 2, commi 19-22 (Aliquote ridotte per atti di trasferimento di immobili in aree di edilizia residenziale)109

§      Articolo 2, commi 23-24 (Compensazioni orizzontali per lavoro autonomo e imprese in contabilità semplificata)112

§      Articolo 2, comma 25 (Esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni relativamente ai trasferimenti di aziende o rami di esse, nel caso in cui il beneficiario del trasferimento sia il coniuge)114

§      Articolo 3, commi 1-2 (Modifiche alle regole di determinazione del reddito d’impresa, decorrenza e periodo transitorio)116

§      Articolo 3, comma 3 (Deducibilità degli interessi passivi relativi a finanziamenti contratti per l’acquisizione degli immobili non strumentali)138

§      Articolo 3, comma 4 (Opzione per l’esclusione dei beni strumentali dal patrimonio dell’impresa individuale)139

§      Articolo 3, commi 5-6 (Utili distribuiti da soggetti IRES, plusvalenze e dividendi)141

§      Articolo 3, commi 7-9 (Opzione per la tassazione separata del reddito d’impresa e dei redditi da partecipazione in società di persone)143

§      Articolo 3, commi 10-12 (Trasformazione dell’IRAP in tributo proprio regionale)149

§      Articolo 3, commi 13-14 (Trattamento fiscale di operazioni straordinarie, fusioni, scissioni e conferimenti, e imposta sostitutiva)152

§      Articolo 3, comma 15 (Imposta opzionale sostitutiva di IRPEF, IRES e IRAP sulle deduzioni extracontabili)157

§      Articolo 3, comma 16 (Imposta opzionale sostitutiva sulle differenze da disallineamento)159

§      Articolo 3, commi 17-19 (Revisione dei criteri di determinazione della base imponibile IRAP)161

§      Articolo 3, comma 20 (Modifica all’utilizzo dei crediti d’imposta a favore di società ed enti)174

§      Articolo 3, commi 21-24 (Limiti all’utilizzo dei crediti d’imposta per le imprese ubicate nelle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise)177

§      Articolo 3, commi 25-26 (IVA di gruppo)181

§      Articolo 3, comma 27 (Proroga termini completamento investimenti nelle aree svantaggiate)183

§      Articolo 3, comma 28 (Aumento agevolazione per gli investimenti in ricerca e sviluppo)185

§      Articolo 3, commi 29-31 (Disciplina dei dividendi in uscita)189

§      Articolo 3, commi 32-38 (Credito d’imposta per la crescita dimensionale delle aggregazioni professionali)193

§      Articolo 3, commi 39-40 (Regime ordinario IVA per agenzie viaggi e turismo)197

§      Articolo 3, commi 41-42 (Interpretazione della norma sull’ammortamento degli immobili strumentali)200

§      Articolo 3, commi 43-50 (Disposizioni antielusive per i paradisi fiscali: white list)202


§      Articolo 3, comma 51 (Riapertura termini per rideterminazione dei valori di acquisto  delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati  e dei terreni edificabili e con destinazione agricola)214

§      Articolo 4, commi 1-21 (Regime fiscale semplificato per i contribuenti minimi)217

§      Articolo 4, comma 22 (Modalità di esecuzione della sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività in caso di mancata emissione di ricevuta o scontrino fiscale)235

§      Articolo 4, comma 23 (Pagamento diritti doganali con bonifico)237

§      Articolo 4, comma 24 (Proroga per le trasmissioni telematiche gestite dal Ministero dell’economia e finanze)238

§      Articolo 4, commi 25-27 (Dichiarazione annuale dei sostituti d’imposta)239

§      Articolo 4, commi 28-31 (Autorizzazione ai Confidi a prestare garanzie e fideiussioni nei confronti dello Stato)242

§      Articolo 4, commi 32-33 (Disciplina antielusiva delle società di comodo)245

§      Articolo 4, comma 34 (Erogazioni liberali alle ONLUS)252

§      Articolo 6 (Finanziamenti delle società finanziarie per lo sviluppo delle imprese operanti nel commercio, nel turismo e nei servizi. Disposizioni in materia di confidi)255

§      Articolo 8 (Disposizioni in materia di accertamento e riscossione)261

§      Articolo 9, comma 1 (Proroga disposizioni regionali in materia di tasse automobilistiche e IRAP)264

§      Articolo 9, comma 2 (Proroga agevolazione fiscale agli esercenti impianti di distribuzione di carburante)267

§      Articolo 9, comma 3 (Utilizzo in compensazione dei versamenti al SSN sui premi RC auto)268

§      Articolo 9, comma 4 (Proroga deduzione forfetaria spese non documentate per imprese di autotrasporto )270

§      Articolo 9, comma 5 (Proroga aliquota IRAP agevolata nel settore agricolo e della pesca)272

§      Articolo 9, comma 6 (Proroga agevolazioni fiscali e previdenziali alle imprese di pesca costiera)274

§      Articolo 9, comma 7 (Proroga agevolazioni tributarie per la proprietà contadina)276

§      Articolo 9, comma 8 (Proroga esenzione dall’accisa sul gasolio utilizzato nelle serre)278

§      Articolo 9, comma 9 (Reddito agrario della coltivazione di prodotti vegetali per conto terzi)281

§      Articolo 9, commi 10-11 (Determinazione forfetaria del reddito per gli imprenditori agricoli)283

§      Articolo 9, comma 12 (Comunicazione trimestrale delle operazioni effettuate per i produttori agricoli in regime di esonero dagli adempimenti IVA)286

§      Articolo 9, commi 13-17 (Modifica agevolazioni accise su oli minerali e gas usati dalle Forze armate e sui carburanti impiegati da taxi e ambulanze)289

§      Articolo 9, commi 18-23 (Riduzione accise e compartecipazione al gettito erariale nella regione Friuli Venezia Giulia)294

§      Articolo 9, commi 24-25 (Soppressione dell’esenzione dalle accise per i combustibili nella zona franca di Gorizia)298

§      Articolo 9, commi 26-29 (Abrogazione del regime di esenzione per la benzina e il gasolio nelle zone franche di Trieste e Udine)301

§      Articolo 9, commi 30-31 (Deducibilità contributi versati a casse sanitarie)303

§      Articolo 9, comma 32 (Assegni per i nuclei familiari con disabili)306

§      Articolo 9, comma 33 (Detrazioni d’imposta per rette asili nido)310

§      Articolo 9, comma 34 (Detrazioni d’imposta per interessi passivi sui mutui)312

§      Articolo 9, comma 35 (Esenzione dalla tassa di concessioni governative sui telefonini intestati ai non udenti)314

§      Articolo 9, comma 36 (Franchigia per i redditi di lavoro dipendente prestati all’estero in zone di frontiera)316

§      Articolo 9, comma 37 (Riduzione dell’imposta di bollo sulla presentazione degli atti delle imprese individuali)318

§      Articolo 9, comma 38 (Inclusione delle attività di formazione e di studio connesse alla riforma del catasto nel programma straordinario di formazione della Scuola superiore dell'economia e delle finanze)320

§      Articolo 9, commi 39-40 (Detrazioni d’imposta per spese di formazione dei docenti delle scuole e per i canoni di locazione studenti fuori sede)322

§      Articolo 9, commi 41-46 (Utilizzo della fatturazione elettronica nei rapporti con le Amministrazioni dello Stato).324

§      Articolo 9, commi 47-48 (Rimborsi e compensazioni di crediti IVA infrannuali)330

§      Articolo 9, comma 49 (Ritenute sui redditi di lavoro dipendente)332

§      Articolo 9, comma 50 (Indicazione del codice fiscale nei contratti di telefonia, fissa, mobile e satellitare)334

§      Articolo 9, comma 51 (Limite minimo per rimborso imposte inferiori a dodici euro)337

§      Articolo 9, commi 52-53 (Applicazione del meccanismo del “reverse charge” IVA per le cessioni di fabbricati strumentali)339

§      Articolo 9, comma 54 (Affidamento a terzi del servizio di riscossione tributi di comuni e province)343

§      Articolo 9, commi 55-56 (Riparametrazione aliquote IRAP variate dalle regioni)348

§      Articolo 9, commi 57-61 (Credito d’imposta per le spese sostenute dai rivenditori di generi di monopolio per l’acquisto di impianti e attrezzature di sicurezza)351

§      Articolo 9, comma 62 (Aliquota ridotta IRAP per le cooperative di servizi del settore selvicolturale)353

§      Articolo 9, comma 63 (Agevolazioni fiscali sul gasolio e sul GPL per riscaldamento impiegati in zone montane)354

§      Articolo 9, commi 70-73 (Attribuzione alle regioni ed alle province di Trento e Bolzano dell’incremento delle riscossioni IVA e accise negli interporti)359

§      Articolo 9, comma 74 (Aumento del compenso che i concessionari della riscossione devono versare alla Fondazione IFEL)362

§      Articolo 9, comma 75 (Onere della prova per l’Agenzia delle entrate relativamente agli studi di settore)365

§      Articolo 9, comma 76 (Attività estimali eseguite dall’Agenzia del demanio)367

§      Articolo 9, comma 77 (Contributo della Guardia di finanza per il miglioramento e la sicurezza delle comunicazioni e delle dotazioni informatiche)369

§      Articolo 9, commi 78-80 (Definizione dei gruppi di acquisto solidale e disciplina IVA)370

§      Articolo 9, comma 81 (Sanzioni per le violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale e lo scontrino fiscale)373

§      Articolo 10 (Trasporto pubblico locale)375

§      Articolo 12 (Incentivazioni fiscali per il cinema)386

§      Articolo 13 (Attribuzione di funzioni alla Agenzia delle entrate e dichiarazione sostitutiva unica)400


§      Articolo 14, commi 1-3, 10-12 (Assunzioni di personale per il potenziamento dell’attività dell’amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali)407

§      Articolo 14, commi 5-9 (Disposizioni in materia di potenziamento dell’attività di accertamento, ispettive e di controllo dell’Amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali, nonché di accelerazione del processo tributario)414

§      Articolo 15 (Gestione del credito riferito alle spese e alle pene pecuniarie di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002)420

§      Articolo 20 (Norme per limitare i rischi degli strumenti finanziari sottoscritti dagli enti territoriali)424

§      Articolo 59 (Comitato nazionale italiano per il microcredito)437

§      Articolo 61, commi 12-13 (Tonnage tax)441

§      Articolo 61, commi 14-16 (Ammortamento di alcuni beni mobili registrati)443

§      Articolo 121 (Incentivi all’occupazione (credito di imposta))446

§      Articolo 124 (Contrasto all’esclusione sociale negli spazi urbani)455

§      Articolo 127 (Costituzione del Polo finanziario e del Polo giudiziario a Bolzano)462

§      Articolo 135 (Riduzione del costo degli immobili  in uso alle Amministrazioni statali)463

 

 


PARTE I
Gli obiettivi di finanza pubblica

 


1. Le previsioni macroeconomiche

Le previsioni macroeconomiche contenute nel DPEF 2008-2011, presentato nel giugno scorso, sono state riviste nella Nota di aggiornamento al DPEF 2008-2011, presentata in data 1 ottobre.

 

Per quanto concerne la crescita, la Nota di aggiornamento rivede al ribasso la stima di crescita del PIL reale per il 2008, indicandola all’1,5 per cento, rispetto ad una previsione del 1,9 per cento indicata nel DPEF di giugno.

Anche le previsioni relative al 2009 e 2010 vengono riviste al ribasso dello 0,1 per cento (1,6 e 1,7 per cento rispettivamente, a fronte di 1,7 e 1,8 stimati a giugno), mentre viene confermata la previsione relativa al 2011 (pari all'1,8 per cento).

Tali revisioni sono in gran parte ascrivibili alle persistenti incertezze in ordine all’ampiezza e alla durata degli effetti delle forti turbolenze sui mercati finanziari internazionali indotte dalla recente crisi dei mutui sub-prime statunitensi e, più in generale, alle conseguenze del rallentamento statunitense sull’economia mondiale e, di riflesso, su quella italiana.

 

Per ciò che riguarda le previsioni degli organi internazionali, la stima dicrescita del PIL indicata dal Governo per il 2008 risulta sostanzialmente in linea con quella formulata dai principali organismi internazionali.

 

Prodotto interno lordo 2008

Confronti internazionali

(variazioni % a prezzi costanti)

 

Commissione UE

OCSE

FMI

Italia

1,4

1,7

1,3

Francia

2,0

2,2

2,0

Spagna

3,0

2,7

2,7

Germania

2,1

2,2

2,0

Area euro

2,2

2,3

2,1

Regno unito

2,2

2,5

2,3

Ue – 27

2,4

-

-

Usa

1,7

2,5

1,9

Giappone

1,9

2,1

1,7

Fonte:Commissione UE: Autumn economic outlook 2007; OCSE: Economic outolook for OECD countries, an interim assessment (settembre 07); FMI: World Economic Outlook (ottobre 2007).

 


Per quanto concerne le previsioni relative alle principali grandezze macroeconomiche, nel 2008 il buon andamento del reddito disponibile e il previsto rinnovo dei contratti di lavoro nel settore pubblico e privato sosterranno i consumi delle famiglie, che si attestano su una variazione costante dell’1,8 per cento per tutto l’arco di previsione 2008-2011, anche grazie al consolidamento dei livelli occupazionali.

 

Per quanto riguarda gli investimenti, è previsto un rallentamento costante della componente relativa alle costruzioni, a causa della fine del ciclo espansivo del settore nell’ultimo decennio, segnalata anche dalla tendenziale riduzione della concessione di mutui alle famiglie da parte delle banche.

Analoga flessione è prevista in relazione all’acquisto dei macchinari e attrezzature che tuttavia non dovrebbe spingersi oltre il 2008. Dopo tale anno, infatti, è prevista una ripresa delle variazioni in aumento di tale voce.

 

Dal lato del mercato estero, il graduale recupero di quote del mercato internazionale da parte della produzione nazionale sosterrà le esportazioni che sono previste in lieve aumento.

Anche per le importazioni vi sarà un incremento durante tutto l’arco 2008-2011, ma il consolidamento della moneta unica su ragioni di scambio bilaterali più elevate rispetto al passato, consentirà una riduzione del deficit corrente della bilancia dei pagamenti rispetto al PIL, che si attesterà su livelli negativi comunque piuttosto bassi.

 

Il costo del lavoro per unità di prodotto subirà una temporanea accelerazione nel 2008 (+3,4%) per il rinnovo dei contratti scaduti del pubblico impiego e di parte del settore privato. Nell’arco previsivo, tuttavia, è previsto un progressivo rallentamento dovuto ad una riduzione della dinamica incrementale delle retribuzioni.

L’inflazione al consumo è prevista attestarsi in media al di sotto del 2 per cento lungo tutto il periodo 2008-2011.

 


Nella tavola seguente sono esposte le previsioni relative alle principali grandezze macroeconomiche per gli anni 2008 e successivi.

 

Quadro macroeconomico programmatico

(variazioni % e contributi alla crescita del PIL)

 

2007

2008

2009

2010

2011

PIL

1,9

1,5

1,6

1,7

1,8

Importazioni

1,8

2,5

3,1

3,3

3,4

Domanda nazionale(*)

2,0

1,4

1,5

1,6

1,6

-spesa delle famiglie

2,0

1,8

1,8

1,8

1,8

-spesa delle P.A. e delle I.S.P.

1,6

0,3

0,0

0,0

0,0

Investimenti fissi lordi

2,4

1,6

1,8

2,1

2,3

Variazioni delle scorte(*)

-0,1

0,0

0,0

0,0

0,0

Esportazioni

2,0

2,8

3,5

3,8

4,1

Esportazioni nette (*)

0,0

0,1

0,1

0,1

0,1

(*) Contributo % relativo alla crescita del PIL.

 

 

LE PREVISIONI ECONOMICHE D’AUTUNNO DELLA COMMISSIONE EUROPEA[1]

L’economia dell’Unione Europea - Rallentamento della crescita, ma prospettive solide nonostante le difficoltà dell’economia statunitense

In base alle previsioni economiche d'autunno della Commissione UE la crescita dell'economia dell'Unione europea dovrebbe rallentare dal 2,9% nel 2007 al 2,4% sia nel 2008 che nel 2009 (e, nell'area dell'euro, dal 2,6% nel 2007 al 2,2% nel 2008 e al 2,1% nel 2009). Tuttavia, grazie ad un quadro mondiale tuttora favorevole e a fondamentali solidi, la revisione al ribasso rispetto alle previsioni di primavera è limitata a 0,3 punti percentuali nel 2008 per entrambe le aree rispetto a sei mesi fa.

Dopo una crescita solida nel primo semestre del 2007, il rallentamento nella seconda parte dell'anno è spiegato parzialmente dall'impatto delle turbolenze nei mercati finanziari, per quanto la fase ascendente del ciclo potrebbe essersi già conclusa prima dell'inizio di tali turbolenze questa estate. Secondo lo scenario previsivo centrale della Commissione le tensioni finanziarie si esauriranno gradualmente. Nel frattempo esse hanno chiaramente ridotto la propensione al rischio degli investitori e hanno determinato un inasprimento delle condizioni di finanziamento. Finora gli investimenti si sono dimostrati dinamici, ma in questa fase del ciclo dovrebbero attenuarsi, non da ultimo a causa del forte rallentamento nel settore della costruzione verificatosi in alcuni Stati membri. Il consumo privato ha registrato una ripresa e sta diventando il motore principale della crescita grazie a prospettive favorevoli in materia di occupazione, purché la fiducia dei consumatori resti buona.

Sul lato esterno, la crescita della UE continua ad essere sostenuta dalle prospettive favorevoli dell'economia mondiale, specialmente delle economie emergenti, che compensano ampiamente il rallentamento negli USA. Pertanto, secondo la Commissione, l'economia della UE crescerà in linea con il proprio potenziale nei due anni oggetto di previsione. Tuttavia l'inflazione dovrebbe salire al 2,4% nell'area dell'euro nei prossimi trimestri a causa dei prezzi più elevati dei prodotti di base, per poi riscendere a circa il 2% la prossima estate.

Disoccupazione ancora in calo

Una crescita vigorosa dell'occupazione, pari a circa l'1,5% sia nella UE che nell'area dell'euro, dovrebbe aver portato alla creazione di 3,6 milioni di nuovi posti di lavoro quest'anno nella UE (2,3 milioni nell'area dell'euro). Questo miglioramento ha riguardato un gran numero di settori, tipi di contratti di lavoro e Stati membri. In futuro la crescita dell'occupazione dovrebbe decelerare a circa l'1% in media nel 2008-2009 sia nella UE che nell'area dell'euro, di pari passo con la maturazione del ciclo economico. Ciononostante, dovrebbero essere creati 4,5 milioni di nuovi posti di lavoro nella UE nel 2008-2009 (3,2 milioni nell'area dell'euro), il che dovrebbe portare il tasso di occupazione globale ad oltre il 66% entro il 2009. Il tasso di disoccupazione dovrebbe ammontare al 6,6% nella UE e al 7,1% nell'area dell'euro entro il 2009, livelli mai registrati negli ultimi quindici anni.

Le carenze di manodopera stanno diventando più comuni e pertanto i salari dovrebbero crescere un pò più rapidamente nel periodo oggetto delle previsioni, in particolare nel 2008, quando l'andamento rifletterà in parte misure una tantum e di recupero rispetto agli anni precedenti caratterizzati da moderazione salariale. Ma la crescita sostenuta della produttività del lavoro dovrebbe limitare l'aumento dei costi unitari del lavoro e contribuire a contenere le pressioni inflazionistiche.

I rischi di un peggioramento

I principali rischi di un peggioramento delle prospettive di crescita sono collegati ad eventi verificatisi nei mercati finanziari e alla possibilità di un rallentamento più marcato o più protratto del previsto negli USA. In alcuni segmenti dei mercati finanziari continuano a registrarsi disfunzioni e non si può escludere un periodo più lungo di incertezza, il che influenzerebbe più gravemente del previsto le condizioni del credito e di conseguenza i mercati immobiliari. D'altro canto, il mercato del lavoro potrebbe registrare risultati migliori del previsto, il che rafforzerebbe i redditi da lavoro e la fiducia dei consumatori. Per quanto riguarda l'inflazione, ulteriori aumenti del prezzo del petrolio e incrementi dei prezzi degli alimentari e delle materie prime determinano rischi di un'inflazione più elevata rispetto alle previsioni dello scenario di base.

Le previsioni per l’economia italiana - La crescita prosegue, ma rimane al di sotto dell’area Euro

A seguito della debole crescita del PIL reale durante la prima metà dell’anno, le previsioni generali di crescita economica per il 2007 si attestano sull’1,9%, in linea con le previsioni della primavera e con il potenziale di crescita dell’economia. Rafforzati da uno sviluppo favorevole dell’occupazione e dagli incentivi fiscali per l’acquisto di beni durevoli, i consumi privati sono stati i principali veicoli della crescita del PIL nella prima metà dell’anno.

La domanda interna continuerà a svolgere il ruolo di principale contributo alla crescita durante l’anno, grazie anche all’atteso aumento degli investimenti. Per quanto concerne l’evoluzione del settore estero, se da un lato le esportazioni di beni hanno registrato un forte aumento in termini di valore, dall’altro l’Italia sta continuando ad accumulare perdite significative di quote di mercato in termini di volume. Comunque, tenendo conto delle moderate dinamiche di importazione - in particolare di beni energetici - si prevede che le esportazioni nette apporteranno un contributo lievemente positivo alla crescita del PIL nel 2007, sebbene il settore dei servizi, incluso quello turistico, abbia spinto nella direzione opposta. Le previsioni per l’inflazione per il 2007 sono dell’1,9 per cento, in diminuzione rispetto al 2,2 per cento del 2006, grazie anche ad un più basso contributo dei prezzi dell’energia e ad alcune delle misure di liberalizzazione adottate sinora, in particolare nel settore delle telecomunicazioni.

Le prospettive per il 2008 ed il 2009

L’impatto della crescita all’inizio del 2008 sarà considerevolmente più basso di quanto previsto nel 2007.

Nel contesto di un ambiente internazionale ancora favorevole, sebbene lievemente meno dinamico e più incerto, la previsione complessiva di crescita economica nel 2008 è del 1,4%, ossia 0,3 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni della primavera 2007 (a fronte di una previsione del Governo nella Nota di aggiornamento al DPEF pari all’1,5 per cento, rivista al ribasso di 4 decimi di punto rispetto alla previsione del DPEF per tenere conto degli effetti della turbolenze nei mercati finanziari statunitensi dovute alla crisi dei mutui sub-prime).

Per il 2009, la crescita del PIL reale si prevede convergente rispetto al potenziale, all’1,6%, in linea con le previsioni del Governo.

Grazie all’atteso aumento del reddito reale disponibile, i consumi privati continueranno a rappresentare il maggior fattore trainante del PIL in entrambi gli anni, sebbene si preveda una decelerazione nel 2008, sulla scorta di un atteso aumento nel tasso di risparmio. La spesa per investimenti si prevede in decelerazione, a causa delle condizioni finanziarie meno favorevoli, nonché a causa di investimenti pubblici meno massicci. In particolare, nel 2008 gli investimenti in costruzioni residenziali subiranno un rallentamento rispetto agli alti tassi di crescita registrati nel biennio 2005-2007.

L’utilizzazione, attualmente elevata, della capacità produttiva, comporterà che la componente delle attrezzature continuerà a crescere nel 2008, sebbene ad un passo più moderato; si prevede una lieve accelerazione nel 2009. Data la domanda esterna ancora favorevole e l’attuale ristrutturazione nel settore manifatturiero, si prevede che la crescita delle esportazioni rimanga ampiamente stabile nel 2008 ed acceleri nel 2009, con un più alto contributo da parte dei servizi. Dall’altro lato, si prevede che la crescita delle importazioni si assesti su un sentiero coerente ai livelli storici, anche trainato dall’apprezzamento del tasso di cambio. Il risultato è un contributo lievemente negativo alla crescita economica da parte delle esportazioni nette nel 2008 e nel 2009 (a fronte di un contributo positivo dello 0, 1 per cento indicato dal Governo nella Relazione previsionale e programmatica per il 2008). In questo scenario, l’Italia continuerà a perdere quote di mercato in termini di volume.

Mercato del lavoro, costi e prezzi

Nel 2007 la crescita dell’occupazione rallenterà, dopo il forte aumento registrato nel 2006. Tuttavia, la diminuzione del tasso di disoccupazione rimarrà sostanziale. Assieme ad una limitata ripresa del tasso di crescita della forza lavoro, si prevede che il tasso di disoccupazione continui a scendere sia nel 2008 che nel 2009. Dopo il significativo aumento nel 2007, si prevede una decelerazione della produttività del lavoro durante il 2008, e un lieve recupero nel 2009. Nel settore manifatturiero si prevede un rallentamento della crescita della produttività già nel 2007, dopo i risultati sostenuti registrati nel 2006. Una crescita dinamica del costo per unità di lavoro, assieme all’aumento dei prezzi dei generi alimentari e del petrolio, spingeranno lievemente verso l’alto il tasso di inflazione (al 2% nel 2008). Ci si aspetta peraltro una nuova decelerazione per l’anno successivo, all’1,9%, dal momento che le pressioni inflazionistiche saranno contenute.


2. Gli obiettivi di finanza pubblica per il 2008

La Nota di aggiornamento al DPEF 2008-2011, approvata con risoluzione dalla Camera nella seduta del 4 ottobre 2007, ha rivisto le stime dei saldi di finanza pubblica, tenendo conto sia della più recente evoluzione delle entrate e delle spese, sia degli effetti delle misure adottate con il decreto legge collegato alla manovra n. 159/07 sull’andamento tendenziale dei conti pubblici.

 

La stima dell’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche per l’anno in corso è stata pertanto rideterminata al 2,4 per cento del PIL, a fronte del 2,5 per cento indicato nel DPEF di giugno e contenuto nell’aggiornamento annuale del Programma di stabilità (dicembre 2006)[2].

 

Il quadro tendenziale di finanza pubblica, registrando la favorevole dinamica dei conti pubblici, prospetta, per il 2008, un indebitamento netto pari all’1,8 per cento del PIL, con un miglioramento rispetto alla previsione indicata nel DPEF di 0,4 punti percentuali di PIL.

 

Sulla base degli andamenti tendenziali delle entrate e delle spese, l’indebitamento netto continuerebbe a diminuire negli anni successivi al 2008 (di 0,2 punti percentuali nel 2009, di 0,4 punti nel 2010 e di 0,2 punti nel 2011), fino a giungere all’1 per cento nel 2011 (contro l’1,3 per cento indicato dal DPEF).

 

A fronte del miglioramento degli andamenti tendenziali, la Nota di aggiornamento conferma sostanzialmente il quadro programmatico di finanza pubblica per gli anni 2008 e seguenti indicato nel DPEF di giugno.

Per il 2008, si mantienepertanto l’obiettivo di indebitamento netto del conto economico delle amministrazioni pubbliche fissato al 2,2 per cento dal DPEF[3].

Sono altresì confermate le stime contenute nel DPEF inerenti la spesa per interessi (4, 9 per cento) e dell’indebitamento netto corretto per il ciclo (2,1 per cento), nonché il percorso di crescita dell’avanzo primario, che nel 2008 dovrebbe attestarsi al 2,6 per cento del PIL.

Il rapporto debito-PIL dovrebbe attestarsi al 103,5 per cento[4].

Sempre per il 2008, le stime fornite dalla Nota prevedono il mantenimento al medesimo livello raggiunto nell’anno in corso della pressione fiscale (43 per cento del PIL), mentre la spesa corrente primaria si dovrebbe attestare al 40 per cento del PIL, con un aumento di due decimi di punto percentuale rispetto al 2007 (39,8 per cento del PIL)

 

Saldi di finanza pubblica per il 2008

(Valori in % del PIL)

 

 

Nota di aggiornamento

Indebitamento netto

- 2,2

Tendenziale

- 1,8

Avanzo primario

2,6

Tendenziale

3,0

Interessi

 4,9

Indebitamento netto corretto*

- 2,1

Debito Pubblico

Tendenziale

103,5

103,1

*     Per il ciclo e al netto delle misure una tantum

 

Per gli anni successivi al 2008, si prevede un indebitamento netto programmatico dell’1,5 per cento del PIL nel 2009 e dello 0,7 per cento del PIL nel 2010, fino ad arrivare al pareggio di bilancio nel 2011.

L’avanzo primario dovrebbe aumentare progressivamente fino a raggiungere il 4,9 per cento nel 2011, mentre il rapporto debito-PIL dovrebbe risultare pari al 101, 5 per cento nel 2009, al 98,5 per cento nel 2010, e al 95,1 per cento nel 2011.

Ai fini del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica negli anni 2009-2011 occorrerà pertanto una manovra correttiva annua di almeno lo 0,4 per cento del PIL.

Tali risorse, sulla base delle indicazioni programmatiche del Governo, dovranno essere reperite senza aggravi della pressione fiscale, ma agendo sul fronte della spesa, in continuità con le azioni intraprese nell’anno in corso ai fini dell’attuazione di un programma di riqualificazione della spesa pubblica.

Coerentemente a tale impostazione, è previsto che la pressione fiscale diminuisca dal 42,8 per cento del PIL nel 2009 al 42,5 per cento nel 2011; analogamente, la spesa corrente primaria dovrebbe passare dal 39, 3 per cento del PIL nel 2009 al 38,6 per cento nel 2011.


LE PREVISIONI ECONOMICHE D’AUTUNNO DELLA COMMISSIONE EUROPEA[5]

 

In base alle previsioni economiche d'autunno della Commissione UE, si prevede che a seguito sia di entrate inattese che degli sforzi di risanamento, il disavanzo di bilancio per il 2007 sia nella UE che nell'area dell'euro scenda al livello più basso da molti anni a questa parte, facendo registrare una media dell'1,1% del PIL nella UE e dello 0,8% del PIL nell'area dell'euro.

Anche il disavanzo strutturale dovrebbe migliorare quest'anno, seppure in misura inferiore, ma successivamente il risanamento finanziario si interromperà.

 In particolare,. un peggioramento è previsto nel 2008 in taluni Paesi, a causa del rallentamento della crescita economica e dell'uso delle entrate impreviste per spese aggiuntive in taluni Paesi.

Il disavanzo globale per il 2008 dovrebbe salire all'1,2% del PIL nella UE e allo 0,9% nell'area dell'euro, per poi stabilizzarsi nel 2009, in caso di politiche invariate. In termini strutturali, anche il risanamento finanziario dovrebbe interrompersi nel 2008 e nel 2009.

Il debito pubblico è su un sentiero di discesa e dovrebbe calare al 63,4% del PIL nell'area dell'euro entro il 2009 e scendere al di sotto del 60% nella UE già nel 2007.

La Finanza pubblica italiana

Per quanto concerne l’Italia, per il 2007 si prevede che l’indebitamento netto si attesti al -2,3 per cento del PIL ( a fronte del -2,4 per cento indicato dal Governo nella Nota di aggiornamento al DPEF).

Il miglioramento rispetto al 4,4 per cento registrato nel 2006 riflette i sostenuti introiti e gli effetti delle misure una tantum, che si innalzano da un valore negativo dell’1,2 per cento del PIL nel 2006, ad un valore positivo dello 0,2 per cento del PIL (tasse sulla rivalutazione delle partecipazioni societarie e ricavi derivanti dalla vendita del patrimonio). Un’apprezzabile parte di questo miglioramento è dovuta alle nuove misure che compensano la perdita del gettito IVA legato alla decisione della Corte Europea di Giustizia relativamente al regime italiano dell’IVA per le auto aziendali, ufficialmente stimato a più dello 0,3 per cento del PIL.

L’avanzo primario è previsto attestarsi al 2,5 per cento del PIL durante il 2007.

Il rapporto entrate/ PIL - al netto delle misure una tantum - aumenterà di oltre l’1 per cento. Circa un terzo di questo aumento deriva dal trasferimento di parte dei flussi del TFR dalle imprese al sistema nazionale di previdenza (INPS), misura che porta risorse ulteriori nel breve termine, ma che non migliora la sostenibilità della finanza pubblica.

Il resto può essere ascritto a varie misure adottate nel 2006 per l’ampliamento della base imponibile, così come ad un gettito eccezionalmente positivo derivante dalla tassazione dei redditi d’impresa.

Per ciò che riguarda la spesa, si prevede un lieve aumento della quota del PIL relativa alla spesa per interessi.

Due pacchetti di misure adottate durante l’anno aventi l’effetto di aumentare il deficit (ci si riferisce ai Decreti Legge n. 81 e n. 159 del 2007), hanno lasciato presagire spese ulteriori, ufficialmente stimate come corrispondenti allo 0,9 per cento del PIL. Come risultato di queste misure, la spesa primaria corrente in termini reali è prevista in aumento del 2,3 per cento rispetto al 2006, al di sopra della crescita potenziale del prodotto.

Si prevede inoltre un aumento ancora maggiore degli investimenti pubblici, ancorché non pari a quanto previsto nelle proiezioni ufficiali, data la caduta registrata nel primo semestre. Ciò spiega le previsioni relative al deficit, inferiori di 0,1 punti percentuali, da parte dei servizi della Commissione. L’esito della spesa potrebbe peraltro essere più basso, se vi sono ritardi nei flussi di cassa, in particolare a livello locale, negli ultimi mesi dell’anno.

Il deficit strutturale - calcolato tenendo conto degli aggiustamenti del ciclo economico, al netto delle misure temporanee ed una tantum - si prevede che sia più basso, rispetto al 2006, di quasi lo 0,75 per cento del PIL.

Nel biennio 2006-2007, l’aggiustamento strutturale generale sarà vicino al 2 per cento del PIL.

Per il 2008, il Governo ha confermato l’obiettivo di un rapporto deficit / PIL del 2,2 per cento, con una crescita del PIL reale all’1,5 per cento.

Partendo da una proiezione di base di un rapporto deficit/PIL dell’1,8 per cento a legislazione invariata, il disegno di legge finanziaria adottato il 29 settembre ha un impatto sulla crescita del deficit di 0,4 punti percentuali. Il medesimo disegno di legge prevede una riorganizzazione della spesa, così come ulteriori spese correnti ed alcuni tagli alle tasse.

Il finanziamento degli accordi salariali del settore pubblico per il biennio 2006-2007 assorbe almeno tre quarti della spesa addizionale netta.

Nelle proiezioni ufficiali, il costo dei salari aumenta di circa il 7 per cento nel 2008 (9 per cento nel periodo 2007-2008).

I tagli fiscali sono principalmente legati alla deducibilità degli affitti ed alla diminuzione dei tributi locali sugli immobili. Il disegno di legge finanziaria prevede inoltre una riduzione delle aliquote IRES e IRAP.

I servizi della Commissione prevedono un deficit attestato al 2,3 per cento del PIL per il 2008 (a fronte di una previsione del 2,2 per cento indicata dal Governo nella Nota di aggiornamento al DPEF). Da un lato, la stima dell’impatto del disegno di legge finanziaria per il 2008 è in linea con la stima ufficiale; dall’altro lato, le proiezioni di base sulla spesa primaria della Commissione sono lievemente più caute, stante l’assenza di misure convincenti per il contenimento della spesa e tenendo conto che alcune spese potrebbero slittare dal 2007 al 2008.

L’avanzo primario è previsto come sostanzialmente invariato.

Ci si attende che la spesa per interessi, rispetto al PIL, cresca ulteriormente dello 0,1 per cento. Non si prevedono miglioramenti nell’assetto strutturale del bilancio (le imposte sostitutive sulla rivalutazione delle partecipazioni societarie e i proventi derivanti dalla vendita del patrimonio dovrebbero ridurre il deficit dello 0,1 per cento del PIL).

La Commissione sottolinea quindi come vi siano rischi sia per la parte positiva, sia per la parte negativa legata alla previsioni sul deficit per l’anno 2008.

Da un lato, è possibile un miglior effetto di trascinamento del 2007, dati i risultati positivi di budget nella prima metà dell’anno e gli sviluppi favorevoli nel fabbisogno del settore statale fino a ottobre. Dall’altro lato, gli scostamenti previsionali simili a quelli registrati nel 2007 potrebbero condurre ad un deficit più alto. Inoltre, l’esito dei cambiamenti sostanziali nella tassazione delle imprese è soggetto a incertezza significativa su entrambi i fronti.

Basandosi sull’usuale assunto dell’invarianza delle politiche, si prevede poi che il deficit nel 2009 rimanga invariato rispetto al livello previsto nel 2008 (2,3 per cento del PIL). Inoltre, anche a causa di una sostanziosa crescita del PIL nominale, si prevede che il debito pubblico diminuisca dal 106,8 per cento nel 2006 al 104,3 per cento nel 2007(a fronte di una previsione del 105 per cento indicata dal Governo nella Nota di aggiornamento al DPEF). Si prevede poi una diminuzione al 102,9 nel 2008 (a fronte del 103,5 per cento indicato dal Governo nella Nota di aggiornamento al DPEF) e, basandosi su uno scenario a politiche invariate, un’ulteriore lieve diminuzione nel 2009.


PARTE II
La manovra di finanza pubblica


1. L’articolazione della manovra

La manovra di finanza pubblica varata nel Consiglio dei Ministri del 28 settembre è composta da un decreto-legge collegato (n. 159 del 2007), avente impatto principalmente sull'esercizio 2007, dal disegno di legge recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 e il bilancio pluriennale per il triennio 2008-2011 (AC 3257), dal disegno di legge finanziaria per il 2008 (AC 3256), e da una serie di provvedimenti collegati elencati nella Nota di aggiornamento al DPEF.

 

In particolare, i disegni di legge collegati, alcuni già trasmessi al Parlamento ed altri in corso di preparazione[6], riguardano:

 

§      l’attuazione dell’Accordo su previdenza, lavoro e competitività del 23 luglio scorso tra Governo e parti sociali, cd. Protocollo Welfare(AC 3178);

§      i costi della politica e la razionalizzazione della P.A.;

§      il sostegno ai non autosufficienti, le politiche sociali e la famiglia;

§      la razionalizzazione e l’ammodernamento del sistema sanitario nazionale;

§      le infrastrutture, l’ambiente, l’assetto e la mobilità sul territorio.

 

Nell'audizione del 4 ottobre presso le Commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato il Ministro dell'economia ha precisato che la manovra annuale di finanza pubblica si articola su 4 anni, poiché, oltre a riguardare - come di norma - il triennio futuro (2008-1011), interviene ancora una volta sul 2007, con il decreto-legge n. 159 del 2007.

Tale legame del decreto-legge n. 159 del 2007 con la manovra di finanza pubblica è reso evidente dalla circostanza secondo la quale tale provvedimento anticipa alcuni degli interventi che il DPEF 2008-2011 inseriva nella cosiddetta "Tassonomia delle spese eventuali", relative ad impegni sottoscritti e alle prassi consolidate. Si tratta in particolare di una quota degli oneri del contratto del pubblico impiego, di stanziamenti per la cooperazione internazionale e per gli investimenti di Ferrovie ed ANAS.

 

Il decreto-legge n. 159 del 2007, approvato contestualmente alla manovra di bilancio per il 2008 e attualmente in corso d’esame da parte del Parlamento, reca interventi che operano quasi esclusivamente nel 2007, con effetti onerosi pari a oltre 8400 milioni di euro, coperti, quanto a 5.978 milioni di euro a valere sulle maggiori entrate tributarie nette rispetto alle previsioni registrate nel disegno di legge di assestamento del Bilancio dello Stato, quanto 1.320 milioni di euro mediante utilizzo della riduzione dell’autorizzazione di spesa concernente il contributo al bilancio comunitario, anch’essa già iscritta (per un importo pari a 1300 milioni di euro) nell’assestamento 2007, e quanto 1.100 milioni di euro mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa del Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all’articolo 61, comma 1, della legge n. 289 del 2002.

I principali interventi introdotti dal decreto riguardano, per la spesa corrente, le misure una tantum a favore dei soggetti c.d. incapienti per un importo complessivo di 1.900 milioni di euro, le risorse per il pubblico impiego e la cooperazione internazionale, nonché le risorse per l'istruzione. Le maggiori spese in conto capitale riguardano le risorse a favore dell'edilizia residenziale pubblica, le spese per l'ambiente e le risorse per opere pubbliche e trasporti (investimenti Anas e Ferrovie).


2. Il contenuto della manovra

 

Diversamente dalle manovre adottate negli ultimi anni[7], la manovra finanziaria per il 2008 non ha la funzione di ricondurre il disavanzo tendenziale, vale a dire il disavanzo che si produrrebbe sulla base della legislazione vigente qualora non intervenissero ulteriori provvedimenti, ai valori programmatici.

 

Il Governo ha infatti confermato l’obiettivo di indebitamento netto del conto economico delle amministrazioni pubbliche indicato dal DPEF al -2,2 per cento del PIL per il 2008, destinando le maggiori risorse resesi disponibili dal favorevole andamento del quadro tendenziale dei conti pubblici e, segnatamente, delle entrate tributarie, al finanziamento di nuovi interventi oggetto dalla manovra contenuta nel disegno di legge finanziaria, la quale, rispetto al quadro tendenziale, reca un effetto espansivo di circa 0,4 punti di PIL nel 2008, 0,3 nel 2009 e nel 2010 e di 0,2 nel 2011.

 

La manovra finanziaria comporta pertanto un aumento dell'indebitamento netto per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 rispetto alle previsioni a legislazione vigente.

 

Nel 2008, a seguito delle modifiche apportate dal Senato all’articolato e alle tabelle del disegno di legge finanziaria, l'aumento dell'indebitamento netto, pari a circa 6.421 milioni di euro, deriva da una riduzione netta delle entrate di circa 2.345 milioni di euro e da un aumento complessivo delle spese pari a circa 4.076 milioni di euro[8].

 


La tabella seguente riepiloga gli effetti complessivi in termini di indebitamento netto per il triennio 2008-2010, disaggregandoli in termini di variazione netta delle entrate (composta dal saldo delle minori e maggiori entrate) e delle spese (anch'esse espresse come saldo delle maggiori e minori spese).

 

Effetti sul conto economico delle Amministrazioni Pubbliche

(mln euro)

2008

2009

2010

Maggiori entrate

707

733

1.160

Minori entrate

3.052

4.568

3.532

Riduzione Netta Entrate

2.345

3.835

2.372

Maggiori spese (articolato + tabelle)

9.767

6.860

8.973

Minori Spese

5.691

5.911

5.997

Aumento Netto Spese

4.076

949

2.976

Aumento dell'Indebitamento netto

6.421

4.785

5.348

 

Negli anni successivi, il peggioramento dell'indebitamento netto è inferiore a quello che si prevede nel 2008, risultando pari a circa 4.785 milioni di euro per il 2009 e a 5.348 milioni di euro per il 2010.

 

Tale andamento appare riconducibile ad una serie di fattori.

Gli effetti sul saldo derivanti dalla componente dal lato delle entrate rimangono significativi in ciascuno degli esercizi, con variazioni da un esercizio all'altro dovute principalmente ai meccanismi di saldo-acconto degli interventi operati sulle imposte.

Decrescente risulta invece il contributo netto delle spese. La variabilità del contributo delle maggiori spese è ascrivibile, tra l’altro, alle spese di attuazione del Protocollo Welfare (che mostrano un andamento crescente, nel 2010 pari a 2.750 milioni di euro, a fronte della stima per il 2008 di 1.278 milioni di euro). Il contributo crescente delle minori spese nel triennio dipende principalmente dalla valutazione dei risparmi connessi con la razionalizzazione della spesa delle Pubbliche amministrazioni, soprattutto in relazione alla riduzione dei consumi intermedi.

La riduzione di gettito è ascrivibile principalmente agli effetti degli interventi di natura tributaria sulle famiglie (casa e affitti), mentre l'incremento dal lato della spesa dipende in larga misura da interventi di parte corrente, tra cui, in particolare, le misure in materia di pubblico impiego e le risorse per l'attuazione del Protocollo Welfare, che costituiscono la gran parte delle maggiori spese correnti. La maggiore spesa in conto capitale vede rifinanziamenti nella parte tabellare del disegno di legge finanziaria. I risparmi di spesa riguardano in gran parte le misure di parte capitale e sono ascrivibili per oltre 1500 milioni di euro alla modifica del termine di perenzione dei residui passivi relativi a spese in conto capitale, cui si aggiungono ulteriori interventi di razionalizzazione della spesa di parte corrente, tra i quali una ulteriore riduzione dei consumi intermedi.

Nel complesso, nel 2008 le spese in conto capitale con le misure riportate nell'articolato diminuiscono di 2.554 milioni, in quanto le maggiori spese, pari a 1.337 milioni, risultano inferiori alle misure di contenimento valutate in circa 3.891 milioni.

 

Rispetto al testo del disegno di legge finanziaria presentato al Senato, le modifiche ivi apportate hanno determinato una riduzione della variazione netta delle entrate, che, per il 2008, sono passate da -2.606 milioni di euro a – 2.345 milioni di euro, a fronte della quale si è registrato un aumento netto delle spese per un importo pari a 261 milioni di euro.

 

La tabella seguente espone il confronto degli effetti in termini di indebitamento netto per l’anno 2008 tra il testo del disegno di legge finanziaria presentato dal Governo e quello approvato dal Senato.

 

Effetti sul conto economico delle Amministrazioni Pubbliche

(mln euro)

2008 AS1817

2008 AC3256

Differenza

Maggiori entrate

262

707

445

Minori entrate

2.867

3.052

185

Riduzione Netta Entrate

2.606

2.345

-261

Maggiori spese (articolato + tabelle)

8.557

9.767

1.210

Minori Spese

4.742

5.691

949

Aumento Netto Spese

3.815

4.076

261

Aumento dell'Indebitamento netto

6.421

6.421

0

 

 

Per quanto concerne il contenuto, si osserva, preliminarmente, come la manovra finanziaria per il 2008 si collochi nella nuova cornice generale della decisione di bilancio, caratterizzata dalla nuova classificazione in Missioni (34) e Programmi (167) del Bilancio dello Stato[9].

 

La riclassificazione del Bilancio dello Stato per Missioni e Programmi si è infatti riverberata anche nella struttura del disegno di legge finanziaria per il 2008.

 

La direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 luglio 2007, sopperendo alla mancanza di una procedura formalizzata comune a tutte le Amministrazioni, ha infatti introdotto delle linee guida per le Amministrazioni che hanno consentito una più ordinata e organica predisposizione delle proposte di variazione della legislazione vigente da introdurre nel disegno di legge finanziaria. Conseguentemente, già durante il processo di formazione del disegno di legge finanziaria, le singole proposte provenienti dai Dicasteri sono state strutturate seguendo la classificazione in Missioni e Programmi. Ai sensi della suddetta circolare le proposte di variazione dovevano infatti contenere: a) la definizione di priorità, con l’indicazione delle ragioni delle variazioni ed il grado di priorità rispetto alle altre proposte; b) la redistribuzione delle risorse già in gestione dell’Amministrazione sulla base della legislazione vigente piuttosto che ad un aumento; di conseguenza, le proposte dovevano includere le possibili abrogazioni di normativa vigente per liberare risorse al fine di potenziare i Programmi ritenuti prioritari; c) gli obiettivi da perseguire, anche al fine della realizzazione della c.d. spending review, ossia del piano di analisi e valutazione della spesa pubblica avviato dal Governo.

 

Le Missioni - ossia le funzioni principali e i grandi obiettivi strategici perseguiti con la spesa pubblica - che interessano il disegno di legge finanziaria per il 2008 sono pari a 29 su un totale di 34 previste dalla nuova classificazione del Bilancio.

Le disposizioni relative a tali Missioni sono inserite al Titolo III, “Interventi sulle Missioni”, Capi I – XXVIII del provvedimento.

 

La tabella che segue reca l’elenco delle Missioni cui sono ascritti effetti di spesa nell’articolato e nelle tabelle del disegno di legge finanziaria secondo l’allegato 7 riferito al testo presentato al Senato e il corrispondente peso percentuale in termini di saldo netto da finanziare[10].

 

Anno
2008

Missioni

Saldo netto da finanziare

Quota parte
%
sul totale delle spese ripartite per Missione

3

Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali

10.935,9

44,3

33

Fondi da ripartire

4.024,1

16,3

4

L'Italia in Europa e nel Mondo

3.493,7

14,1

25

Politiche previdenziali

1.631,4

6,6

28

Sviluppo e riequilibrio territoriale

1.150,0

4,7

11

Competitività e sviluppo delle imprese

1.067,3

4,3

26

Politiche del lavoro

880,0

3,6

13

Diritto alla mobilità

625,4

2,5

23

Istruzione universitaria

550,0

2,2

1

Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e PCM

134,0

0,5

14

Infrastrutture pubbliche e logistica

125,0

0,5

17

Ricerca ed innovazione

84,3

0,3

15

Comunicazioni

80,0

0,3

9

Agricoltura-politiche agroalimentari e pesca

74,7

0,3

29

Politiche economico-finanziarie e di bilancio

74,1

0,3

8

Soccorso civile

68,6

0,3

24

Diritti sociali e solidarietà sociale

58,8

0,2

27

Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti

51,5

0,2

30

Giovani e sport

51,0

0,2

18

Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente

50,0

0,2

21

Tutela e valorizzazione dei beni culturali

35,4

0,1

5

Difesa e sicurezza del territorio

30,0

0,1

16

Commercio internazionale ed internazionalizzazione sistema produttivo

30,0

0,1

7

Ordine pubblico e sicurezza

24,3

0,1

31

Turismo

0,0

0,0

22

Istruzione scolastica

-20,0

-0,1

varie*

Misure di razionalizzazione della spesa che interessano più missioni/programmi

-604,0

-2,4

 

Totale

24.705,4

100,0

 

Sulla base di tali dati si evince come rimangano esclusi dalla ripartizione per Missione gli articoli iniziali del disegno di legge, relativi alle disposizioni di cui al Titolo I e II in materia di risultati differenziali e di entrata (da 1 a 15), nonché gli articoli finali, relativi alle disposizioni in materia di contenimento e razionalizzazione delle spese valide per tutte le Missioni (da 137 a 144) ed in materia di pubblico impiego (da 145 a 149), poiché non imputabili distintamente ad alcuna specifica Missione.

Per quanto attiene agli interventi sulle Missioni recati dal disegno di legge finanziaria presentato dal Governo, si osserva come, sul versante delle spesa, gli effetti più rilevanti in termini di saldo netto da finanziare siano ascrivibili alle Missioni 3 (Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali[11]), 33 (Fondi da ripartire) e 4 (L’Italia in Europa e nel mondo). Di particolare rilievo in termini di impatto quantitativo sono inoltre le diverse misure di riduzione/razionalizzazione della spesa che interessano più Missioni/Programmi (per un approfondimento in ordine alla riclassificazione del Bilancio dello Stato si rinvia alla Parte III del presente dossier).

 

Sempre in ordine al contenuto del disegno di legge finanziaria, esso reca, sul versante del reperimento delle risorse, una serie di misure di razionalizzazione e riqualificazione della spesa, tra le quali si segnalano:

 

§      le minori spese in conto capitale ascrivibili alla previsione di riduzione del termine di perenzione dei residui propri di conto capitale, che viene portato da sette a tre anni (art. 142);

§      le minori spese correnti ascrivibili al taglio lineare delle spese per consumi intermedi non aventi carattere obbligatorio (art. 126), nonché la limitazione delle iscrizioni di stanziamenti negli stati di previsione dei Ministeri per il 50 per cento dei versamenti riassegnabili all’entrata (art. 131).

§      le misure finalizzate alla riduzione dei costi della politica, quali la non applicazione dell’adeguamento annuale all’indennità parlamentare (art. 16), la riduzione dei contributi relativi alle comunità montane oggetto di soppressione (art. 25), e la riduzione degli stanziamenti relativi al rimborso delle spese elettorali (art. 67, co. 1);

§      le minori spese in conto capitale derivanti dalla limitazione: degli investimenti degli enti previdenziali pubblici nella misura del 7 per cento dei fondi disponibili (art. 106); delle spese annue di manutenzione straordinaria degli immobili utilizzati dalle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, nonché delle spese di manutenzione straordinaria degli immobili utilizzati da enti pubblici (art. 131);

§      le minori spese correnti derivanti dalle misure volte alla riduzione del costo degli immobili in uso alle Amministrazioni statali, da attuarsi attraverso un piano di razionalizzazione degli spazi (art. 135).

 

Tra le misure di razionalizzazione della spesa, si segnalano, inoltre: le disposizioni di contenimento dei costi delle amministrazioni pubbliche concernenti la cilindrata massima delle autovetture di servizio, la riduzione delle spese postali e telefoniche, la razionalizzazione dell’uso delle dotazioni strumentali e informatiche e dei beni immobili (art. 128); le disposizioni in materia di riduzione dei componenti degli organi societari delle società in mano pubblica e pubblicità delle consulenze delle amministrazioni pubbliche (art. 137), nonché le misure in materia di limiti alle retribuzioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (art. 144).

 

Per quanto concerne l’utilizzo delle risorse, tra le disposizioni recanti minori entrate, la quota preponderante è rappresentata degli interventi di carattere tributario in favore delle famiglie e, segnatamente, dalle misure agevolative riguardanti l’abitazione principale, tra le quali la detrazione ICI in favore dei proprietari e quelle Ire in favore degli affittuari, che determinano effetti, in termini di indebitamento netto, per circa 2,2 miliardi di euro.

 

Con riguardo agli interventi in favore delle famiglie, si rammenta che il decreto legge n. 159/2007 collegato alla manovra di finanza pubblica prevede per l’anno in corso l’istituzione di un fondo con una dotazione pari a 1,9 miliardi di euro, destinata all’attribuzione ai soggetti incapienti ed ai relativi familiari fiscalmente a carico di una somma forfetaria a titolo di rimborso di parte delle maggiori entrate affluite all’erario .

 

Gli interventi inerenti il prelievo sulle imprese appaiono invece caratterizzati da molteplici misure che, a fronte di riduzioni di aliquota (IRES e IRAP), determinano un ampliamento delle basi imponibili, realizzando nel contempo una semplificazione e razionalizzazione del prelievo medesimo.

In materia di pubblico impiego le maggiori spese sono ascrivibili in prevalenza all’integrazione degli stanziamenti per i rinnovi contrattuali del biennio 2006-2007 con riferimento ai protocolli siglati dal Governo con le organizzazioni sindacali nell’aprile e nel maggio 2007; le misure adottate in materia recano complessivamente, in termini di indebitamento netto, maggiori oneri pari ad oltre 2 miliardi di euro per il 2008.

Tra le disposizioni in materia di previdenza e assistenza, il peso preponderante è rappresentato dal finanziamento del Protocollo sul Welfare del 23 luglio 2007, la cui attuazione è rinviata al disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica attualmente all’esame della Camera (AC 3178). Si segnalano, inoltre, le misure nel settore degli ammortizzatori sociali le quali, peraltro, essendo finanziate a valere sul Fondo per l’occupazione, non hanno autonoma incidenza sui saldi.

In materia di sanità, si segnalano le disposizioni che, in attuazione di quanto previsto dai Piani di rientro del disavanzo sottoscritti da alcuni regione, autorizzano lo Stato ad effettuare un’anticipazione a Lazio, Campania, Molise e Sicilia, nel limite massimo di 9.100 milioni di euro, finalizzata all’estinzione anticipata dei debiti sanitari cumulati fino al 31 dicembre 2005 (art. 29).

In materia di enti locali, si segnala, infine, la modifica dei criteri contabili del patto di stabilità interno, finalizzata, tra l’altro, ad agevolare l’utilizzo degli avanzi di amministrazione per il finanziamento della spesa in conto capitale.


3. La disciplina contabile: la legge finanziaria

La legge finanziaria costituisce lo strumento attraverso il quale viene modificata la legislazione vigente al fine di conseguire gli obiettivi finanziari stabiliti nel DPEF e nell’eventuale Nota di aggiornamento, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari.

A tal fine gli effetti, in termini di entrata e di spesa, delle disposizioni contenute nella legge finanziaria, una volta che quest’ultima è stata approvata da ciascun ramo del Parlamento, sono recepiti nel bilancio dello Stato per effetto dell’approvazione della Nota di variazioni. Attraverso la Nota di variazioni, infatti, le previsioni del bilancio dello Stato, che viene presentato in Parlamento in base alla legislazione vigente, sono modificate per tenere conto degli effetti delle norme contenute nella legge finanziaria.

La legge finanziaria risulta pertanto lo strumento di attuazione della manovra di finanza pubblica, vale a dire del complesso di interventi per mezzo dei quali viene operata una correzione degli andamenti tendenziali (gli andamenti a legislazione vigente) del bilancio dello Stato e della finanza pubblica, in modo da adeguarli al perseguimento degli obiettivi programmati.

 

Il contenuto della legge finanziaria è stabilito dall’articolo 11 della legge della legge n. 468/1978, e successive modificazioni.

In base al citato articolo (comma 3), possono essere contenute nell’articolato della legge finanziaria le seguenti disposizioni:

 

§      il livello massimo di saldo netto da finanziare, in termini di competenza, e di ricorso al mercato finanziario, vale a dire il tetto massimo del nuovo indebitamento aggiuntivo consentito in ciascuno degli anni del periodo considerato nel bilancio pluriennale (lett. a); con riferimento al livello massimo di saldo netto da finanziare, sono distintamente indicate le eventuali regolazioni debitorie pregresse;

§      le variazioni delle aliquote, delle detrazioni e degli scaglioni e le altre misure che incidono sulla determinazione quantitativa della prestazione, relativamente ad imposte indirette, tasse, canoni, tariffe e contributi in vigore, con effetto, di norma, dal 1° gennaio dell'anno cui essa si riferisce, nonché le correzioni delle imposte conseguenti all'andamento dell'inflazione (lett. b);

§      l'importo complessivo massimo destinato, per ciascun anno, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale dipendente da pubbliche amministrazioni non compreso nel regime contrattuale (lett. h);

§      altre regolazioni meramente quantitative rinviate alla finanziaria da norme vigenti (lett. i);

§      norme che comportino aumenti di entrata o riduzioni di spesa, escluse quelle a carattere ordinamentale o organizzatorio, a meno che si caratterizzino per un rilevante contenuto di miglioramento dei saldi (lett. i-bis, introdotta dal comma 17 dell'art. 2 della legge n. 208/1999);

§      norme che comportino aumenti di spesa o riduzioni di entrata, il cui contenuto sia finalizzato direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia, con esclusione di interventi di carattere localistico o microsettoriale (lett. i-ter, introdotta dal comma 17 dell'art. 2 della legge n. 208/1999);

Fin dalla prima applicazione delle innovazioni introdotte con la legge n. 208/1999, la possibilità di inserire nella legge finanziaria interventi espansivi a sostegno dell’economia è stata interpretata, in sede parlamentare, nel senso che tali interventi possono essere finalizzati anche al sostegno del reddito.

§      norme recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi dalla cui attuazione siano derivati oneri maggiori rispetto a quelli previsti (lettera i-quater, introdotta dal comma 01, lett. a), dell'art. 1 del D.L. n. 194/2002 come modificato dalla legge di conversione n. 246/2002).

Di conseguenza, ai sensi del comma 01, lett. b), dell'art. 1 del D.L. n. 194/2002, come modificato dalla relativa legge di conversione, in allegato alla legge finanziaria sono indicati i provvedimenti legislativi adottati ai sensi dell’art. 11-ter, comma 7, della L. n. 468/1978, per correggere gli effetti finanziari di leggi che abbiano registrato oneri superiori a quelli previsti, e le misure correttive inserite a tal fine nella legge finanziaria medesima.

 

Nelle Tabelle approvate con la legge finanziaria sono disposti:

§      gli importi dei fondi speciali destinati al finanziamento di provvedimenti che si prevede saranno approvati nel corso d'anno (lett. g). I fondi speciali sono indicati per Ministeri in due distinte tabelle, una per la parte corrente e l'altra per quella in conto capitale (rispettivamente, Tabelle A e B).

La legge n. 468/1978 ha inoltre previsto l'introduzione nei fondi speciali di accantonamenti di segno negativo, relativi cioè a provvedimenti di risparmio di spesa o di aumento di entrata, il cui perfezionamento in corso di anno condiziona per pari ammontare la successiva approvazione di provvedimenti collegati ad accantonamenti positivi;

§      la determinazione per ciascun anno del finanziamento da iscrivere in bilancio per le leggi di spesa permanenti la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria, sia che si tratti di spese di parte corrente che di spese in conto capitale (Tabella C – lett. d), come modificata dal comma 15 dell'art. 2 della legge n. 208/1999).

Le leggi di spesa quantificate nella Tabella C sono, in gran parte, riferite a trasferimenti di risorse per il funzionamento di enti, organi, autorità amministrative indipendenti e Agenzie di settore, leggi di spesa relative al finanziamento di alcuni fondi (Università, Osservatori, Protezione civile);

§      il rifinanziamento, per un solo anno, di interventi di conto capitale per i quali nell'ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza, nonché il rifinanziamento, per uno o più degli anni considerati nel bilancio pluriennale, di norme vigenti che prevedono interventi di particolare rilievo definiti di "sostegno dell'economia", classificati tra le spese in conto capitale. Mentre il finanziamento annuale può essere autonomamente disposto al momento della predisposizione dalla legge finanziaria, il rifinanziamento pluriennale deve essere previsto dalla legge sostanziale, (Tabella D – lett. f), modificata dal comma 16 dell'art. 2 della legge n. 208);

§      la riduzione per ciascun anno di autorizzazioni legislative di spese: il cosiddetto "definanziamento" (Tabella E – lett. e);

§      la determinazione (le c.d. “rimodulazioni”), per le leggi di spesa a carattere pluriennale, ripartite per settori di intervento, delle quote destinate a gravare su ciascuno degli anni considerati (Tabella F – lett. c) dell'art. 11, comma 3).


 

PARTE III
Il disegno di legge di Bilancio per il 200
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1. La disciplina contabile: il Bilancio dello Stato

1.1 Funzioni e struttura del Bilancio

Il Bilancio dello Stato è il documento con il quale viene regolata la gestione finanziaria delle amministrazioni dello Stato, attraverso l’indicazione delle entrate e delle spese.

 

Ai sensi dell’articolo 81, comma primo, della Costituzione, l’iniziativa relativa alla presentazione in Parlamento del bilancio dello Stato è riservata al Governo. Il Parlamento approva il Bilancio con legge.

L’articolo 81, comma terzo, della Costituzione dispone inoltre che “con la legge di approvazione del Bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese”.

In base a tale disposizione costituzionale si è ritenuto che con la legge di approvazione del bilancio non si possa modificare la normativa sostanziale su cui si fonda l’acquisizione delle entrate e l’erogazione delle spese. Il Bilancio pertanto quantifica le previsioni di entrata e di spesa in base alla disciplina vigente al momento in cui viene predisposto.

 

Sono invece determinate direttamente in sede di bilancio le spese di carattere discrezionale, vale a dire le spese, per lo più connesse all’operatività delle amministrazioni, la cui quantificazione non è riconducibile a disposizioni di legge e che comunque non sono giuridicamente obbligatorie.

 

Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente, presentato dal Governo entro il 30 settembre di ogni anno, è costituito :

 

§      da un unico stato di previsione dell’entrata, nel quale sono registrate le entrate di competenza di tutti i Ministeri (principalmente del Ministero dell’economia e delle finanze, ma anche degli altri Ministeri);

§      dagli stati di previsione della spesa, relativi ai singoli Ministeri con portafoglio;

§      dal quadro generale riassuntivo.

 

Il disegno di legge di bilancio viene esaminato congiuntamente al disegno di legge finanziaria nell’ambito della c.d. sessione di bilancio.

 

A seguito della riforma della struttura del bilancio dello Stato effettuata nel 1997 (legge n. 94/1997 e decreto legislativo n. 279/1997), all’interno di ciascuno stato di previsione, le voci contabili in rapporto alle quali sono indicate le previsioni di entrata e di spesa, in termini di competenza e di cassa, sono rappresentate dalle unità previsionali di base, che costituiscono l’unità elementare ai fini dell’approvazione parlamentare.

 

Le unità previsionali di base (UPB) rappresentano le voci fondamentali della struttura del bilancio dello Stato, in quanto costituiscono l’oggetto dell’approvazione parlamentare: esse sono individuate dai singoli disegni di legge di bilancio, con i quali si provvede, di volta in volta, alle eventuali modifiche o integrazioni rispetto alla classificazione dell'anno precedente.

Fino al bilancio 2007, le unità previsionali di base hanno seguito la classificazione delineata dall’articolo 4 della legge di riforma n. 94/97.

In particolare, negli stati di previsione relativi alla spesa, le unità previsionali di base sono articolate, al primo livello, per centri di responsabilità amministrativa, che attualmente corrispondono alle direzioni generali dei singoli dicasteri competenti a gestire le risorse finanziarie assegnate. Al secondo livello, sono articolate sulla base del titolo della spesa (corrente, in conto capitale o rimborso di passività finanziarie). Al terzo livello, le unità previsionali di base sono distinte in base alla tipologia di spesa. Per la spesa corrente le tipologie sono: funzionamento; interventi; trattamenti di quiescenza e altri trattamenti integrativi o sostitutivi di questi ultimi; oneri del debito pubblico; oneri comuni. Per la spesa in conto capitale, le unità previsionali di base sono articolate in: investimenti, oneri comuni; altre spese. Le unità previsionali di base presentano un ulteriore ripartizione (quarto livello), che si riferisce alla specifica destinazione dello stanziamento .Quando ci si riferisce genericamente alle “unità previsionali di base” si intende far riferimento alle unità di quarto livello. Le unità previsionali di base di quarto livello sono quelle che, sino al bilancio 2007, sono state oggetto di emendamenti nel corso dell’esame parlamentare, limitatamente alla parte discrezionale.

Per ogni unità previsionale di base sono indicati:

a)  l'ammontare presunto dei residui attivi o passivi alla chiusura dell'esercizio precedente a quello cui il bilancio si riferisce;

b)  l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare e delle spese che si prevede di impegnare nell'anno cui il bilancio si riferisce (competenza);

c)  l'ammontare delle entrate che si prevede di incassare e delle spese che si prevede di pagare nell'anno cui il bilancio si riferisce (cassa), che si riferiscono in modo indistinto sia alle operazioni in conto competenza che a quelle in conto residui.

La ripartizione in capitoli delle unità previsionali di base viene esposta, a scopo esclusivamente conoscitivo, nelle tabelle allegate al disegno di legge di bilancio, concernenti lo stato di previsione dell’entrata e ciascun stato di previsione della spesa. I capitoli costituiscono le unità elementari ai fini della gestione e della rendicontazione.

Nel quadro generale riassuntivo sono esposti i seguenti saldi:

-        il risultato differenziale tra il totale delle entrate tributarie ed extratributarie e il totale delle spese correnti (risparmio pubblico, che corrisponde al saldo corrente);

-        il risultato differenziale tra tutte le entrate e le spese, ad esclusione delle operazioni finanziarie relative alle partecipazioni azionarie, ai conferimenti, alla concessione e riscossione di crediti e all’accensione e rimborso di prestiti (indebitamento o accreditamento netto);

-        il risultato differenziale tra il totale delle entrate finali ed il totale delle spese finali, vale a dire il totale delle entrate con esclusione delle entrate relative alle operazioni di accensione di prestiti e il totale delle spese con esclusione delle spese relative a rimborso di prestiti (saldo netto da finanziare);

-        il risultato differenziale fra il totale delle entrate finali e il totale delle spese (ricorso al mercato).

In appositi allegati (contenuti, a livello generale, nel quadro generale riassuntivo, e, in modo più dettagliato, negli stati di previsione del disegno di legge presentato dal Governo) gli stanziamenti di spesa sono ripartiti secondo l’analisi funzionale e secondo l’analisi economica. Queste ripartizioni non sono oggetto di votazione in Parlamento ed hanno un valore meramente conoscitivo

 

L’approvazione del Bilancio con legge ha l’effetto giuridico di autorizzare l’amministrazione a percepire le entrate ed effettuare le spese ivi iscritte.

Le previsioni relative all’entrata hanno carattere estimativo: le amministrazioni dello Stato hanno comunque facoltà di accertare tutte le entrate per le quali, nel corso dell’esercizio, lo Stato acquisisca un credito e di incassare tutte le entrate versate presso la Tesoreria dello Stato.

L’approvazione delle previsioni di spesa ha invece carattere giuridicamente vincolante: le previsioni di spesa iscritte in Bilancio costituiscono, infatti, il limite massimo entro il quale le amministrazioni dello Stato sono autorizzate ad assumere impegni di spesa (autorizzazioni di competenza) e ad effettuare pagamenti (autorizzazioni di cassa).

1.2 La ripresa del processo di riforma del Bilancio dello Stato

Nel corso del 2007 è stato svolto un ampio dibattito[12] che è sfociato nell’avvio di un processo di riforma degli strumenti e delle procedure di finanza pubblica, che ha investito vari aspetti della problematica, dal potenziamento degli strumenti per il monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica, alla modifica delle modalità con le quali si predispongono le manovre di Bilancio, sino alla riclassificazione del Bilancio dello Stato, anche in funzione di un vasto programma di analisi, valutazione e riqualificazione della spesa pubblica (cd. spending review).

 

In tale ambito, la Legge finanziaria per il 2007[13] ha predisposto una serie di strumenti finalizzati ad avviare una riforma dei bilanci pubblici, a potenziare il monitoraggio sugli andamenti di finanza pubblica e a consentire il controllo della spesa pubblica, quali:

-        la Commissione tecnica per la finanza pubblica[14] (CTFP), cui sono stati assegnati compiti di studio e analisi, al fine di formulare proposte per accelerare il processo di armonizzazione e di coordinamento della finanza pubblica e di riforma dei bilanci delle amministrazioni pubbliche; con specifico riferimento al Bilancio dello Stato, alla Commissione è stato assegnato il compito di disegnare una diversa classificazione della spesa, anche mediante ridefinizione delle unità elementari ai fini dell'approvazione parlamentare, finalizzata al miglioramento della scelta allocativa e ad una efficiente gestione delle risorse, rafforzando i processi di misurazione delle attività pubbliche e la responsabilizzazione delle competenti amministrazioni;

-        un apposito Servizio studi nell’ambito del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, con finalità di raccordo alla Commissione tecnica (comma 476);

-        il rafforzamento delle attività e degli strumenti di analisi e monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica già esistenti, anche con il potenziamento ed il collegamento fra loro delle strutture di supporto del Parlamento (comma 481);

-        un programma straordinario di analisi e valutazione della spesa delle amministrazioni centrali (cd. spending review), affidato al Ministro dell'economia,volto a riesaminare in modo sistematico l’insieme dei Programmi di spesa in atto e valutando la loro corrispondenza agli obiettivi originari ed alle nuove priorità nell’azione di Governo, al fine di migliorare l’efficienza organizzativa e la qualità dei servizi offerti dallo Stato.

Ulteriori passi verso la riforma del Bilancio e un processo sistematico di analisi e valutazione della spesa sono stati:

-        la presentazione da parte del Ministro dell’economia al Consiglio dei Ministri e alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato degli “Orientamenti del MEF in materia di struttura del Bilancio e valutazione della spesa” (Gennaio 2007);

-        l’indicazione da parte del Presidente del Consiglio dei Dicasteri che avvieranno la spending review: Giustizia, Interni, Istruzione, Infrastrutture e Trasporti, (Aprile 2007);

-        la pubblicazione della Circolare del MEF per la predisposizione del Bilancio per l’anno 2008, recante una prima ipotesi di riclassificazione del Bilancio dello Stato (7 Giugno 2007) e della Direttiva del Presidente del Consiglio recante le modalità per la presentazione della legge finanziaria[15](3 agosto 2007);

-        la presentazione di un prima relazione sui risultati del programma di analisi e valutazione della spesa e sulle conseguenti iniziative di intervento: “Libro verde sulla spesa pubblica” (6 settembre 2007);

-        la presentazione del disegno di legge di bilancio per l’anno 2008 riclassificato per Missioni e Programmi (cfr.oltre).

 

Per quanto attiene al dibattito svoltosi sul versante parlamentare, si ricorda che in data 13 febbraio 2007, che le Commissioni Bilancio della Camera e del Senato hanno deliberato lo svolgimento di un'indagine conoscitiva congiunta sulle linee di riforma degli strumenti e delle procedure di Bilancio[16].

Le due Commissioni Bilancio della Camera e del Senato, nella riunioni, rispettivamente, del 9 e 10 maggio 2007, hanno costituito, ciascuna al proprio interno, un Comitato permanente per il monitoraggio della finanza pubblica - composto in modo paritetico da rappresentanti dei gruppi di maggioranza e dei gruppi di opposizione e presieduto dal Presidente della Commissione - chiamato a svolgere un'attività conoscitiva avente per oggetto le caratteristiche della spesa pubblica, le dinamiche che regolano il suo andamento, i fattori che ne rendono difficile, in base alla vigente normativa, il contenimento, e l'individuazione dei possibili rimedi ai fini di una più efficace allocazione delle risorse disponibili.

 

Per quanto concerne il Bilancio dello Stato, il dibattito che ha condotto alla riclassificazione del Bilancio in Missioni e Programmi (cfr.oltre) è scaturito dalla considerazione che la struttura attuale del Bilancio – fondata sulle unità previsionali di base articolate, al primo livello, in Centri di responsabilità amministrativa - non consente ancora una chiara identificazione delle “azioni” svolte attraverso l’utilizzo delle risorse pubbliche.

Fino al 2007 il Bilancio è stato infatti strutturato sulla base dell’organizzazione delle Amministrazioni (chi gestisce le risorse) e non anche sulle funzioni (cosa viene realizzato con le risorse disponibili).

Si è pertanto ritenuto che ciò renda complesso il monitoraggio e la valutazione delle politiche pubbliche, non agevolando la definizione delle priorità dell’azione politica ed amministrativa.

Conseguentemente,si è provveduto ad innovare la struttura del Bilancio ponendo al centro dell’attenzione i criteri di allocazione dell’insieme delle risorse pubbliche e le loro modalità di utilizzo, anche al fine di superare la tradizionale logica "incrementale", in base alla quale è invalsa la tendenza a rifinanziare le politiche di spesa in essere senza valutarne attentamente la qualità e l’efficienza in relazione agli obiettivi che si intendono conseguire.

La nuova classificazione del Bilancio, rendendo più evidente il legame tra risorse stanziate e azioni perseguite econsentendoper tale via una più agevole misurazione e verifica degli obiettivi raggiunti, appare, del resto, strettamente funzionale al processo di valutazione e riqualificazione della spesa (cd. spending review)avviato dal Governo al fine di riesaminare in modo sistematico l’efficienza e l’efficacia dell'insieme dei Programmi di spesa in atto.

1.3 La nuova classificazione del Bilancio dello Stato

In coerenza con il dibattito sviluppatosi e con agli impegni assunti in sede parlamentare, il Governo ha inteso dare una ulteriore spinta alla riforma del bilancio del 1997, procedendo, ai fini della predisposizione del Bilancio di previsione a legislazione vigente per il prossimo anno e per il triennio 2008-2010, ad una profonda revisione in senso funzionale del sistema di classificazione del Bilancio dello Stato, volta a chiarire meglio la relazione fra l’insieme complessivo delle risorse disponibili e le specifiche finalità pubbliche perseguite.

 

La revisione operata è avvenuta a legislazione vigente.

Al riguardo, la relazione al disegno di legge di Bilancio per il 20008[17], sottolinea come la nuova struttura del Bilancio si basi sempre sulla legge n. 468 del 1978, come modificata dalla legge di riforma n. 94 del 1997; nel riprendere il processo di riforma si capovolge tuttavia l'impostazione precedente, in quanto si passa da uno schema basato sulle Amministrazioni e le sottostanti unità organizzative (Centri di responsabilità che gestiscono le risorse), ad una struttura che pone al centro le funzioni da svolgere, individuando le grandi finalità perseguite nel lungo periodo con la spesa pubblica (le Missioni), e come esse si realizzano concretamente attraverso uno o più Programmi di spesa (cfr.oltre).

 

Si ricorda che la normativa vigente (articolo 4, comma 2, lettera b), della legge di riforma n. 94 del 1997), prevede che le “funzioni-obiettivo siano individuate con riguardo all’esigenza di definire le politiche pubbliche di settore e di misurare il prodotto della attività amministrativa, ove possibile anche in termini di servizi finali resi ai cittadini”. In linea con tali prescrizioni, nell’ambito del bilancio annuale, sino ad oggi, è stata applicata una classificazione funzionale della spesa, basata per i primi tre livelli (Divisioni, Gruppi, Classi) sulla classificazione COFOG (classification of functions of government - classificazione delle funzioni di Governo, previste dal SEC 95 elaborata in sede OCSE) e per il quarto livello sulle Missioni istituzionali, espressive delle realtà funzionali della spesa pubblica del nostro Paese. La suddivisione percentuale degli stanziamenti di spesa per funzioni obiettivo ha avuto, fino ad ora, un significato solo conoscitivo ed informativo, rivelandosi, ad avviso del Governo[18], insoddisfacente ed inadeguata, stante la sua scarsa capacità di raccordo con il bilancio decisionale votato dal Parlamento e la scarsa significatività nel rappresentare le peculiarità della spesa pubblica italiana. Tale classificazione, inoltre, sviluppandosi strutturalmente in modo trasversale tra i vari Ministeri, non risulta, sempre ad avviso del Governo, idonea a costituire la base per un diverso sistema gestionale diretto alla responsabilizzazione dei dirigenti.

 

La riclassificazione è stata attuata all’interno della struttura attuale del Bilancio dello Stato, il quale, ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 468 del 1978, si articola in stati di previsione, corrispondenti, per quanto riguarda la spesa, ai Ministeri.

 

Per quanto concerne gli stati di previsione della spesa, la riorganizzazione operata si fonda su una classificazione delle risorse finanziarie secondo due livelli di aggregazione: 34Missioni, a loro volta articolate in 167 “Programmi.

 

Si segnala, peraltro, che nella relazione di accompagnamento al disegno di legge di Bilancio presentato al Senato (A.S. 1818), si fa riferimento a 168 programmi, ma in realtà, secondo quanto riportato nell’allegato al medesimo disegno di legge “Riepilogo Missione/Programma”, i Programmi ivi effettivamente contemplati sono 167.

Le Missioni

Le Missioni rappresentano le funzioni principali e gli obiettivi strategici perseguiti con la spesa pubblica. Sono quindi una rappresentazione politico-istituzionale del Bilancio, volta a rendere più trasparenti i grandi aggregati di spesa e a meglio comunicare le direttrici principali dell’azione amministrativa delle singole Amministrazioni.

 

L’articolazione delle Missioni sottende una visione dello Stato che non svolge solo le funzioni fondamentali - quali, ad esempio, l'amministrazione della difesa (Missione 5), e della la giustizia (Missione 6), la tutela della salute (Missione 20) e la promozione dell’istruzione scolastica (Missione 22) - ma espleta anche compiti di tutela di particolari categorie sociali e di redistribuzione delle risorse, tutelando, ad esempio, i diritti sociali e la famiglia (Missione 24) e i giovani e lo sport (Missione 30), ovvero interessi collettivi, come lo sviluppo sostenibile e la tutela del territorio e dell’ambiente (Missione 18).

 

Le Missioni non corrispondono alla ripartizione degli stati di previsione, nel senso che vi sono numerosi Ministeri che partecipano a più di una Missione istituzionale e che vi sono Missioni istituzionali affidate alla responsabilità di più Ministeri. Esse possono essere pertanto ministeriali o trasversali a più Dicasteri (interministeriali), a seconda dell’attuale ripartizione di funzioni, superando, come accennato, l’approccio tradizionale che articola la spesa pubblica secondo l’organizzazione amministrativa del Governo.

 

Le Missioni possono essere ricondotte ad un concetto di "risorse di settore", ove la Missione circoscrive l'insieme di risorse disponibili per quella specifica funzione, e può dunque essere utilizzata nell'ambito del dibattito parlamentare per organizzare la discussione della sessione di Bilancio.

 

Rispetto alla classificazione funzionale della spesa applicata sino al Bilancio 2007, basata per i primi tre livelli sulla classificazione COFOG (classification of functions of government) - ossia sulla classificazione delle funzioni di Governo previste dal SEC/95 ed elaborata in sede OCSE - e per il quarto livello sulle Missioni istituzionali, espressive delle realtà funzionali del nostro Paese, il nuovo concetto di missione, introdotto per il Bilancio 2008, si avvicina al primo livello della classificazione COFOG (Divisioni), avente lo scopo di confrontare macroaggregati e consentire una rappresentazione sintetica della spesa pubblica. Di converso, se ne allontana per la maggiore capacità esplicativa, considerato che la classificazione in Missioni in oggetto ha ricondotto a funzioni primarie dello Stato italiano attività che, nella classificazione COFOG, vengono considerate al secondo (Gruppi) o al terzo (Classi) livello; nel contempo, non fa riferimento ad alcune funzioni di primo livello COFOG che hanno scarsa capacità esplicativa ( come, ad esempio, gli "Affari economici").

 

La nuova struttura prevede inoltre due Missioni trasversali, presenti in tutti i Ministeri: "Fonde da ripartire" e "Servizi istituzionali e generali".

La Missione "Fondi da ripartire" raccoglie alcuni fondi di riserva e speciali, che non hanno, in sede di predisposizione della legge di Bilancio di previsione, una collocazione specifica, ma la cui attribuzione è demandata ad atti e provvedimenti successivi adottati in corso di gestione.

La seconda - "Servizi istituzionali e generali" - raggruppa le spese di funzionamento dell'apparato amministrativo, le quali sono trasversali a più finalità e non attribuibili puntualmente alle singole Missioni. Rientrano, in particolare, in tale categoria le spese per "l'indirizzo politico" e per "gli affari generali".

 

Si segnala, in proposito, come durante il dibattito parlamentare svoltosi in ordine alla riforma degli strumenti e delle procedure di Bilancio, sia stato sottolineato come le due Missioni di carattere generale e trasversale che interessano gli stati di previsione di tutti i Ministeri tolgano in parte significatività alla costruzione dei Programmi, e che pertanto potrebbe in prospettiva valutarsi l’opportunità di ripartire le relative risorse nell’ambito dei singoli Programmi. Nella audizione dinanzi alle Commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato del 9 ottobre 2007, la Commissione tecnica per la finanza pubblica, nel riassumere le criticità del Bilancio riclassificato, ha inoltre sottolineato, tra l’altro, limpossibilità di rapportare direttamente alle Missioni alcune norme di carattere trasversale (come quelle, ad esempio, inerenti il pubblico impiego e i consumi intermedi).

 

Ciascuna Missione è di norma suddivisa in più Programmi[19], ma non mancano Missioni (Missione n. 25 – Politiche previdenziali – Missione n. 31 - Turismo) che consistono in un unico Programma (cfr.oltre).

 

Come accennato, la riclassificazione del Bilancio consente di identificare chiaramente lo stock delle risorse disponibili[20] a legislazione vigente per ciascuna della 34 grandi finalità istituzionali perseguite con la spesa pubblica, offendo pertanto un quadro più ampio e completo di quello offerto dalla legge finanziaria, che si limita invece a definire soltanto le risorse incrementali al margine per il prossimo anno[21].

 

A tale proposito, analizzando la quota delle risorse disponibili per il 2008 per ognuna delle 34 Missioni rispetto al totale del Bilancio dello Stato, così come rideterminate dalla II Nota di Variazione approvata dal Senato - che ha trasferito nel bilancio a legislazione vigente gli effetti del disegno di legge finanziaria e degli emendamenti al disegno di legge di bilancio approvati dal Senato - emerge come le percentuali maggiori delle risorse siano destinate a:

§      le relazioni finanziarie con le autonomie locali (Missione 3 – Relazioni autonomie territoriali - 23,55 per cento );

§      gli interessi per il servizio del debito (Missione 34 – Debito pubblico - 16,33 per cento)[22];

§      i trasferimenti agli enti previdenziali per la previdenza obbligatoria e complementare (Missione 25– Politiche previdenziali- 14,31 per cento).

 

Il 10,51 per cento della spesa complessiva è poi destinato alle missioni relative all’istruzione scolastica e universitaria (Missione 22 – Istruzione scolastica – e 23 – Istruzione universitaria), il 5,68 per cento alle relazioni internazionali e alla cooperazione ( Missione 4 – L’Italia in Europa e nel mondo) e il 5,06 per cento è riferito ai diritti sociali e alla solidarietà sociale (Missione 24).

A fronte dell’entità delle risorse destinate alle suddette finalità istituzionali, si segnalano, a titolo esemplificativo, le risorse destinate alla ricerca e all’innovazione (Missione 17- 0,85 per cento); alle politiche del lavoro (Missione 26 - 0,76 per cento) e all’energia e diversificazione delle fonti energetiche (Missione 10 - 0,01 per cento).

 

La tabella che segue mostra l’ammontare complessivo e in quota percentuale delle risorse disponibili per ciascuna delle 34 Missioni iscritte nel Bilancio 2008, comprensive delle variazioni apportate dalla II Nota di variazione approvata dal Senato[23].

 

Numero Missione

Missioni

Stanziamenti BLV + II Nota Var.
(mln. di euro)

%
sul totale
BLV+II Nota Var.

3

Relazioni autonomie territoriali

112.792

23,55

34

Debito pubblico*

78.231

16,33

25

Politiche previdenziali

68.559

14,31

22

Istruzione scolastica

41.583

8,68

4

L'Italia in Europa e nel mondo

27.205

5,68

24

Diritti sociali e solidarietà sociale

24.234

5,06

33

Fondi da ripartire

19.961

4,17

5

Difesa e sicurezza del territorio

19.008

3,97

13

Diritto alla mobilità

10.514

2,19

7

Ordine pubblico e sicurezza

9.321

1,95

29

Politiche finanziarie e di bilancio**

8.920

1,86

23

Istruzione universitaria

8.760

1,83

6

Giustizia

7.268

1,52

28

Sviluppo e riequilibrio territoriale

5.489

1,15

11

Competitività e sviluppo imprese

4.433

0,93

17

Ricerca ed innovazione

4.060

0,85

14

Infrastrutture pubbliche e logistica

3.914

0,82

8

Soccorso civile

3.755

0,78

26

Politiche per il lavoro

3.624

0,76

1

Organi costituzionali

3.334

0,70

32

Servizi generali amministrazioni

2.830

0,59

18

Sviluppo sostenibile

1.665

0,35

21

Tutela beni culturali

1.633

0,34

27

Immigrazione

1.486

0,31

9

Agricoltura e pesca

1.364

0,28

15

Comunicazioni

1.354

0,28

19

Casa e assetto urbanistico

1.060

0,22

30

Giovani e sport

958

0,20

20

Tutela della salute***

881

0,18

2

Amm.ne generale territorio

352

0,07

16

Commercio internazionale

268

0,06

31

Turismo

113

0,02

10

Energia e fonti energetiche

59

0,01

12

Regolazione dei mercati

16

0,00

TOTALE

479.004

100,00

 

(*)    La Missione “Debito pubblico” rappresenta il valore cumulato del debito lordo consolidato dello Stato; essa si articola nei Programmi “Oneri per il servizio del debito statale”(interessi passivi) e “Rimborsi del debito statale” (rimborso di prestiti). Il dato indicato nella tabella si riferisce alla Missione al netto dei rimborsi del debito statale.

(**) Al netto delle regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi d’imposta.

(***) La voce non include le risorse delle regioni.

 

 

I Programmi

Ogni Missione si realizza concretamente attraverso uno o più Programmi.

 

I 167 Programmi individuati rappresentano “aggregati omogenei di attività svolte all’interno di ogni singolo Ministero, per perseguire obiettivi ben definiti nell’ambito delle finalità istituzionali, riconosciute al Dicastero competente”.

Essi sono prevalentemente di competenza di un unico Ministero, anche se non mancano Programmi condivisi tra più Amministrazioni[24].

 

Tra i Programmi, sono condivisi tra più Amministrazioni: Indirizzo politico; Servizi e affari generali per le Amministrazioni di competenza; Fondi da assegnare; Prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento; Sviluppo sostenibile; Tutela e conservazione della fauna, della flora e salvaguardia della biodiversità; Vigilanza, prevenzione e repressione in ambito ambientale; Previdenza obbligatoria e complementare, sicurezza sociale, trasferimenti agli enti ed organismi interessati; Rapporti con le confessioni religiose; Oneri per il servizio del debito statale; Rimborsi del debito statale.

 

Il Programma trova la sua base normativa nell’art. 2, comma 2, della legge 468/78, come modificato dalla legge n. 94/97, e rappresenta il fulcro della nuova classificazione proposta, in quanto, ad avviso del Governo, costituisce un livello di aggregazione sufficientemente dettagliato da consentire all’organo politico di poter scegliere chiaramente l'impiego delle risorse tra scopi alternativi.

 

I nuovi Programmi derivano sostanzialmente dall'aggregazione delle attuali Missioni istituzionali (4° livello funzionale successivo ai tre livelli della classificazione COFOG), in modo da identificare aggregati più ampi e significativi rispetto a quelli esistenti.

I Programmi indicano quanto più possibile i risultati da perseguire in termini di impatto dell’azione pubblica sui cittadini e nel territorio (outcome). Nel concreto, alcuni Programmi hanno carattere strumentale, indicano cioè input dell’Amministrazione statale per perseguire le sue finalità, o evidenziano prodotti o servizi finali dell’azione dello Stato (output)

 

Per ogni Ministero esistono due Programmi trasversali, dove vengono allocate le “spese indirette”, non attribuibili ex ante ai Programmi, e le spese di "indirizzo politico", collegati entrambi alla corrispondente Missione "Servizi istituzionali e generali", sopra richiamata.

 

Ciascun Programma si estrinseca in un insieme di sottostanti "attività" che ogni Amministrazione pone in essere per il raggiungimento delle proprie finalità.

I Programmi sono pertanto frazionati in “Macroaggregati”, i quali evidenziano le diverse tipologie di spesa attribuite a ciascun Programma e costituiscono le unità fondamentali di voto nell’esame parlamentare del disegno di legge di Bilancio, corrispondenti alle voci dell’attuale terzo livello delle unità previsionali di base, previsto dall’articolo 1, comma 4, del decreto legislativo n. 279/1997.

 

I Macroaggregati evidenziano le risorse attribuite e gestite dal Centro di responsabilità; i Centri di responsabilità vengono pertanto collocati al di sotto dei Macroaggregati, per consentire l'evidenziazione degli stanziamenti di Missioni, Programmi e unità previsionali di base, assegnati agli stessi Centri di responsabilità, secondo le schema seguente:

 

§      Missioni

§      Programmi

§      Macroaggregati (unità di voto parlamentare)

Per la Spesa corrente

-       1. Funzionamento

-       2. Interventi

-       3. Oneri comuni

-       4. Trattamenti di quiescenza, integrativi e sostitutivi

-       5. Oneri del debito pubblico

Per la Spesa in conto capitale

-       6. Investimenti

-       7. Altre spese in c/capitale

-       8. Oneri comuni

Rimborso di prestiti

-       9. Rimborso del debito pubblico

 

Centro di responsabilità amministrativa

 

In pratica, nel Bilancio predisposto per la decisione parlamentare, ogni Ministero ha in evidenza, in via progressiva, le “Missioni” sulle quali è coinvolto, i “Programmi” di competenza specifica, con riferimento ai Macroaggregati di spesa e, nell’ambito di questi ultimi, i Centri di responsabilità interessati.

Nell'allegato tecnico al Bilancio, il quale è comprensivo anche dei capitoli sottostanti a ciascun Centro di responsabilità amministrativa, la struttura contabile, per ogni stato di previsione della spesa, alla luce della nuova classificazione, è la seguente:

§      Primo livello di aggregazione:

-       34 Missioni

§      Secondo livello di aggregazione:

-       167 Programmi

          Terzo livello di aggregazione:

-       Macroaggregati (unità previsionale di base – unità di voto parlamentare), di cui 8 per i tre titoli della spesa - di cui 5 per la spesa corrente e 3 per la spesa in conto capitale – ed uno per il rimborso di prestiti.

          Quarto livello di aggregazione:

-       Centri di responsabilità amministrativa

·       Capitoli

 

A seguito della riclassificazione, le unità di voto per il 2008 presentano una sensibile riduzione rispetto alle unità di voto 2007, passando da 1.716 per il 2007, a 714 per il 2008, con una diminuzione del 60 per cento circa.

 


La tabella che segue evidenzia la variazione delle unità di voto del nuovo Bilancio di previsione 2008 rispetto all’anno precedente[25]:

 

Bilancio per unità previsionali di base

Amministrazioni

Unità di voto 2007

Unità di voto 2008

Entrate

164

60

Economia e Finanze

295

115

Sviluppo economico

84

46

Lavoro e previdenza sociale

60

26

Giustizia

39

16

Affari esteri

85

26

Pubblica istruzione

201

44

Interno

67

47

Ambiente, tutela territorio e mare

61

30

Infrastrutture

67

31

Comunicazioni

54

20

Difesa

81

26

Politiche agricole e forestali

59

34

Beni e attività culturali

108

34

Salute

55

25

Trasporti

65

40

Università e ricerca

34

30

Solidarietà sociale

37

26

Commercio internazionale

40

14

Aziende

 

 

Monopoli di Stato

19

7

Archivi notarili

15

7

Istituto agronomico oltremare

10

5

Fondo edifici di culto

16

5

Totale

1.716

714

 

Tale riduzione è ascrivibile al fatto che le poste 2008 da sottoporre al voto delle Camere sono, come detto, i Macroaggregati, ossia le unità previsionali di base al III livello (spese di funzionamento, spese per interventi, spese di investimento, ecc.) mentre, fino alla redazione del Bilancio di previsione 2007, le unità di voto erano rappresentate dalle unità previsionali di base al IV livello, determinate con riferimento ad aree omogenee di attività, anche a carattere strumentale, scaturenti dall'articolazione delle competenze istituzionali di ciascun Ministero[26].

 

Ciascun Macroaggregato è a sua volta suddiviso in tre voci corrispondenti alla fonte normativa della previsione di Bilancio.

 

Sono in particolare evidenziate:

 

§      la quota della dotazione finanziaria corrispondente a spese predeterminate per legge (c.d. fattori legislativi), vale a dire spese obbligatorie a carattere rigido previste da disposizioni normative che quantificano specificamente lo stanziamento da iscrivere in Bilancio. Questa quota non può essere modificata né in aumento né in riduzione durante l’esame parlamentare, ma solo con altra legge sostanziale. Con riferimento ad essa viene fornito l’elenco delle autorizzazioni legislative sottostanti, con l’indicazione anche dell’apporto finanziario recato da ciascuna di esse;

§      la quota della dotazione finanziaria corrispondente ad oneri inderogabili, vale a dire spese obbligatorie previste da disposizioni normative che tuttavia non quantificano specificamente lo stanziamento da iscrivere in Bilancio, il quale è determinato in base all’effettivo fabbisogno; sono quindi spese vincolate a particolari meccanismi che regolano la loro evoluzione e che possono essere determinati sia dalle leggi che da altri atti normativi. Si tratta, in sostanza, di spese obbligatorie o aventi natura obbligatoria la cui quota iscritta in bilancio può essere modificata solo in caso di necessità di adeguamento al fabbisogno;

§      la quota della dotazione finanziaria corrispondente a spese discrezionali, che rappresentano stanziamenti non prefissati legislativamente che trovano copertura nell'equilibrio complessivo della legge di bilancio individuato in coerenza con i vincoli di finanza pubblica. Si tratta delle spese di funzionamento dei Ministeri, che vengono quantificate tenendo conto delle necessità segnalate dalle Amministrazioni, in funzione dei programmi di spesa da perseguire. Tale quota può essere modificata in sede parlamentare; nella voce spese discrezionali è tuttavia precisata la quota che corrisponde alle spese vincolate, ossia le spese derivanti da obbligazioni giuridiche perfezionate, che pur essendo di natura discrezionale sono relative ad impegni giuridici assunti dall’amministrazione i quali devono in ogni caso essere adempiuti (es. canoni di locazione di immobili). La quota “vincolata” ai contratti in essere, qualificata spesa avente natura obbligatoria, non può essere ridotta senza determinare l’insorgere di un debito a carico dell’Amministrazione, con il conseguente contenzioso.

 

La ripartizione delle spese negli allegati riferiti a ciascun Macroaggregato in spese discrezionali, oneri inderogabili e spese predeterminate per legge e, segnatamente, la specifica indicazione nell’ambito delle spese predeterminate per legge delle singole disposizioni autorizzative introducono significativi elementi di trasparenza del Bilancio, rendendo più agevole il raccordo tra le disposizioni legislative di spesa e i corrispondenti stanziamenti di Bilancio.

 

La tabella 3, allegata al disegno di legge di Bilancio presentato al Senato (A.S. 1818), rappresenta l'analisi gli oneri giuridicamente obbligatori per Missioni[27], attestando l'incidenza delle spese legislativamente vincolate sul totale delle spese finali.

In particolare, gli stanziamenti di competenza per l'anno finanziario 2008, direttamente ovvero indirettamente stabiliti dalla legge, risultano pari a 437.442 milioni di euro su un totale di spese finali pari a 466.909 milioni di euro, con una incidenza del 93,76 per cento, definiti nell'ambito delle spese correnti e in conto capitale.

 

A tale ultimo proposito, si segnala che nella relazione all’Aula del Senato sul disegno di legge di bilancio (A.S. 1817 A), si sottolinei come le indicazioni della suddetta tabella 3 concernente l’analisi degli oneri giuridicamente obbligatori per missioni destino molte perplessità, posto che se è prevedibile che la spesa corrente giuridicamente vincolante si aggiri intorno a percentuali comprese tra un minimo del 79,37 per cento ed un massimo del 100 per cento, non appare altrettanto plausibile che l’80-90 per cento della spesa in conto capitale sia vincolata, con l’eccezione vistosa delle Missioni 5 (difesa e sicurezza del territorio) e 20 (tutela della salute). In tale sede si è inoltre rilevato come un tale livello di rigidità del bilancio non consenta alcuna revisione della spesa né alcuna politica redistributiva.

 

Come accennato, al di sotto dei Macroaggregati si collocano i Centri di responsabilità amministrativa.

 

L’articolazione del Bilancio per Centri di responsabilità è prevista dalla vigente legislazione la quale, all’articolo 2, comma 2, della legge n. 468 del 1978 prevede l’articolazione per “centri di responsabilità amministrativa, cui è affidata la relativa gestione”. Il principio è confermato dall’articolo 1 del D.Lgs. n. 297 del 1997, il quale prevede che le unità previsionali di base costituiscono “l’insieme organico delle risorse finanziarie affidate alla gestione di un unico centro di responsabilità amministrativa”.

 

Nell’ambito della riclassificazione operata, i Programmi sono stati definiti con riferimento alle attività effettivamente svolte, non alle strutture attualmente esistenti all’interno dei Ministeri; vi sono pertanto casi nei quali più Centri di responsabilità partecipano ad un singolo Programmaattraverso lo svolgimento di specifiche attività che concorrono, in sostanza, al raggiungimento di obiettivi rientranti in uno stesso Programma[28].

 

Al riguardo, si segnala che nella audizione dinanzi alle Commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato del 9 ottobre 2007, la Commissione tecnica per la finanza pubblica, nelriassumere le criticità del Bilancio riclassificato, ha, tra l’altro, sottolineato:

§      l’insufficiente coerenza tra le strutture del Bilancio (i Programmi) e l’organizzazione amministrativa ( i Centri di responsabilità);

§      l’eccessiva frammentazione dei Programmi tra più Centri di responsabilità;

l’eccessiva eterogeneità delle dimensioni dei Programmi.

 

I Centri di responsabilità sono peraltro esposti a fini meramente conoscitivi, poiché, come precisato, l’unità elementare di voto è quella dei Macroaggregati.

 

La costruzione delle Missioni e dei Programmi risulta condizionata dall’attuale ripartizione di competenze nell’ambito delle strutture amministrative, per comprensibili esigenze di continuità gestionale. Ciò implica che il criterio di omogeneità funzionale che dovrebbe presiedere alla definizione delle Missioni e dei Programmi è stato rispettato solo parzialmente. Permane infatti l’asimmetria fra Bilancio “politico” (quello oggetto di approvazione parlamentare) e Bilancio “gestionale” (quello che guida la concreta gestione delle risorse da parte delle amministrazioni), la quale potrà essere completamente superata quando alla riclassificazione in senso funzionale corrisponderà la complessiva riforma delle strutture amministrative, che dovrebbe determinare, nella logica riformatrice del Governo, una completa corrispondenza fra Programmi d’azione inseriti nel Bilancio e Centri di responsabilità affidati alla gestione di un unico dirigente. La riclassificazione operata offre, in tal senso, a tutte le Amministrazioni centrali, l'opportunità di reimpostare la propria organizzazione, rivedendo strutture, responsabilità e attività svolte, identificando nel contempo le possibili sinergie, duplicazioni o sovrapposizioni di attività tra i diversi Centri di responsabilità amministrativa e Ministeri.

 

Nelle more del completamento del processo di riforma il disegno di legge di Bilancio per il 2008 ha peraltro introdotto talune disposizioni volte ad accrescere sensibilmente la flessibilità gestionale del Bilancio.

 

Si tratta di una esigenza emersa con forza negli ultimi anni, stante la rigidità dell’attuale Bilancio - che è il risultato di centinaia di leggi che si sono stratificate nel tempo e che spesso definiscono minuziosamente le modalità di impiego delle risorse (attivando migliaia di diversi capitoli di spesa) – che in quanto tale non incentiva un uso efficiente delle risorse, posto che quelle eventualmente risparmiate non possono essere utilizzate facilmente in altri impieghi se non con modifiche normative difficili da conseguire.

La tendenza, recentemente manifestatasi, a concedere ai Ministeri di spesa una maggiore flessibilità nella gestione delle risorse si colloca peraltro nell’ambito della speculare tendenza a introdurre meccanismi di contenimento generalizzato della spesa, per la cui sostenibilità è apparsa necessaria la previsione di una maggiore flessibilità gestionale.

Per quanto concerne le norme di flessibilità contenute nel disegno di legge di bilancio per il 2008, si segnala, in particolare, l’articolo 22, comma 22, il quale dispone che, ai fini di assicurare alle Amministrazioni la necessaria flessibilità nella gestione delle risorse a seguito della ristrutturazione del Bilancio, il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente, è autorizzato ad effettuare con propri decreti - da comunicare alle Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti per la registrazione - variazioni compensative tra capitoli della medesima unità previsionale di base di parte corrente «funzionamento, interventi, oneri comuni, oneri del debito pubblico» e di conto capitale «investimenti e oneri comuni», che sono stati frazionati per la loro allocazione sui diversi programmi dello stesso stato di previsione. Inoltre, ai sensi del successivo comma 23, i Ministri competenti, nell’ambito dei programmi concernenti i propri stati di previsione, sono inoltre autorizzati ad effettuare, con propri decreti da comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze, anche con evidenze informatiche, eventuali variazioni compensative per la stessa categoria economica tra i capitoli di spese discrezionali relativi ai programmi medesimi, allocati nei diversi centri di responsabilità amministrativa. Tali variazioni non devono peraltro comportare alterazioni dei saldi di indebitamento netto e fabbisogno[29].


La struttura del Bilancio decisionale

Come accennato, a seguito della nuova classificazione del Bilancio, in ciascun stato di previsione si prevede una esposizione che, attraverso le Missioni, i Programmi, i Macroaggregati - cui si aggiungono le analisi che si ritrovano nella parte illustrativa e tecnica del Bilancio, costituita dagli allegati a ciascuno stato di previsione - consente di identificare chiaramente le funzioni e gli obiettivi generali che lo Stato si prefigge di conseguire con la spesa pubblica.

La struttura del documento di Bilancio per la decisione non si discosta dall’impostazione adottata degli anni precedenti.

Il documento, infatti, si articola nelle consuete 19 tabelle (gli stati di previsione): la prima riguarda l’Entrata, le seguenti, dalla n. 2 alla n. 19, i singoli stati di previsione della spesa dei Ministeri.

Esso contiene inoltre l’insieme di “elenchi”, “riassunti”, “riepiloghi” e “tavole” che tendono a migliorare la lettura dei dati e, nel contempo, a fornire più immediatezza alla comprensione delle grandi cifre del bilancio.

Per quanto concerne gli allegati tecnici al disegno di legge di bilancio, essi sono costituiti dalle tabelle relative agli stati di previsione di ciascun Ministero.

La parte iniziale delle predette tabelle è rappresentata dalla Nota preliminare, che ha la funzione di illustrare i criteri utilizzati per la formulazione delle previsioni di spesa in coerenza con i criteri ed i parametri indicati nel DPEF[30].

Le Note preliminari si inseriscono pertanto nel quadro della definizione sia delle finalità da perseguire che delle risorse dirette a realizzarle, al fine di valorizzare l’allocazione delle risorse finanziarie pubbliche verso i risultati da raggiungere.

Nelle Note sono indicate, da parte di ciascun Ministro, le priorità – in coerenza con le scelte di politica economica definite sulla base dello scenario macroeconomico, finanziario ed istituzionale della vigente legislazione di settore - delle iniziative legislative in itinere o in progetto, e individuati gli obiettivi che le Amministrazioni intendono conseguire con riferimento ai propri Programmi, nonché gli indicatori di efficienza ed efficacia che si intendono utilizzare per valutare i risultati.

Gli obiettivi, definiti da ciascun Ministro su proposta dei Centri di responsabilità amministrativa, devono rappresentare le politiche pubbliche di settore di interesse del Ministero, coerenti con le priorità politiche scaturenti dai Programmi dell’amministrazione.

Per quanto concerne la struttura contabile dell’allegato tecnico di ciascun stato di previsione, essa indica, disaggregati per capitolo, i contenuti di ciascuna unità previsionale di base (Macroaggregato) e il carattere giuridicamente obbligatorio e/o discrezionale della relativa spesa.

Tramite i capitoli, individuati nell’ambito di ciascun Centro di responsabilità amministrativa, si ha il collegamento con la classificazione economica e funzionale COFOG, al terzo livello (Divisioni – Gruppi – Classi), cui si procede attraverso l’indicazione percentuale sottostante a ciascun capitolo di spesa in relazione alle finalità perseguite con le rispettive somme stanziate.

La struttura contabile, per ogni stato di previsione, ricalca quella già illustrata, secondo la sequenza: Missioni → Programmi → Macroaggregati → Centri di responsabilità amministrativa → Capitoli.

Lo stato di previsione di ogni Ministero presenta, inoltre, una scheda di analisiUnità previsionale di base – Macroaggregatoper ciascun Programma. Tale scheda fornisce specifiche informazioni contabili, rilevanti dal punto di vista conoscitivo, concernenti gli stanziamenti ivi previsti.

 

La scheda è così strutturata:

§      Indicazione della Missione del Ministero;

§      Indicazione del Programma, con la descrizione delle attività sottostanti;

§      Dettaglio contabile delle Unità previsionali di base, con la distinzione, al loro interno, della tipologia di spesa, a seconda che si tratti di: spese discrezionali, oneri inderogabili, spese predeterminate per legge o fattore legislativo.

 

Relativamente alle spese discrezionali viene riportata la quota vincolata (indicata con asterisco), cioè connessa a obbligazioni giuridicamente perfezionate, che impegnano quota parte dello stanziamento e lo rendono non assoggettabile a riduzioni senza causare l’insorgenza di nuovi debiti. Gli stanziamenti previsti, vengono distinti, a loro volta, per competenza, cassa e residui.

Nell’ambito dei fattori legislativi, vengono, infine, indicate le norme autorizzative su cui si fondano le previsioni di spesa, con il relativo importo. Come accennato, tale indicazione costituisce una innovazione rispetto agli anni precedenti, nell’ottica del perseguimento di una maggiore trasparenza sulla metodologia di costruzione del bilancio di previsione a legislazione vigente.

 

Il Bilancio gestionale

Nell’ambito della riclassificazione operata il collegamento con il Bilancio gestionale è assicurato mediante la ripartizione dei capitoli per Missioni e Programmi.

La legge di Bilancio, definitivamente approvata, sarà infatti accompagnata, conte di consueto, dal cosiddetto "Bilancio per capitoli", pubblicato con apposito Decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze a norma dell'art. 1, comma 2, L. 94/1997.

La funzione che viene di fatto riconosciuta a tale Bilancio gestionale è quella di fornire lo strumento contabile, a disposizione del titolare del Centro di responsabilità amministrativa, per la gestione e la rendicontazione delle risorse finanziarie attribuite.

Il Bilancio gestionale continuerà ad essere strutturato per Centri di responsabilità e, nell’ambito degli stessi, per Missioni, Programmi, macroaggregati e capitoli, a loro volta disaggregati in ulteriori entità contabili, costituite dai piani gestionali.

Il c.d. “il Bilancio per capitoli" assumerà quindi la seguente struttura gestionale:

 

§      Missioni

§      Programmi

§      Macroaggregati

§      Centro di responsabilità amministrativa

§      Capitoli

     Piani gestionali.

 

Nel caso in cui più Centri di responsabilità concorrano al medesimo Programma occorrerà peraltro un coordinamento all’interno dei singoli Ministeri. Sul punto, la citata circolare del MEF del 5 giugno 2007, sottolinea l’opportunità di una visione unitaria delle risorse relative ad ogni singolo programma, l’istituzione della figura del “coordinatore di programma”.

Lo stato di previsione dell’entrata

Nel quadro della riclassificazione del Bilancio dello Stato sopra descritta, riferita in particolare al versante della spesa, si é operata anche la revisione dello stato di previsione dell'entrata, al fine di armonizzarlo alla nuova struttura, migliorando nel contempo il livello qualitativo delle informazioni fornite dal documento.

Nell'occasione, si è operato un avvicinamento della classificazione ai principi posti alla base dei criteri SEC 95, rispettando peraltro le peculiarità connesse all'inquadramento nell'ambito del Bilancio dello Stato.

La nuova classificazione dell'entrata è articolata su quattro livelli di aggregazione.

Nel primo livello si ha una suddivisione per i quattro titoli:

1)   entrate tributarie;

2)   entrate extra tributarie;

3)   entrate derivanti da alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e dalla riscossione di crediti;

4)   entrate derivanti dall'accensione di prestiti.


Al secondo livello è stata introdotta la distinzione tra entrate ricorrenti ed entrate non ricorrenti, di particolare rilevanza per la finanza pubblica ai fini della valutazione, per il rispetto del Patto di Stabilità e crescita, dei conti pubblici (in particolare dell’indebitamento strutturale, al netto del ciclo e delle una tantum) da parte dei competenti organismi comunitari.

 

Nel terzo livello è evidenziata la tipologia dell'entrata: per le tributarie, le voci sono costituite dai tributi più importanti (IRE, IRES, IVA), ovvero raggruppamenti di tributi aventi caratteristiche analoghe (ad esempio, imposte sostitutive, imposte sui generi di monopolio, ecc.); per i restanti titoli, è indicata la tipologia del provento per aggregati più o meno ampi (ad esempio, proventi speciali, redditi da capitale, entrate derivanti da servizi resi dall' amministrazione statale, ecc.).

 

Per il quarto livello, nelle entrate tributarie si distinguono gli introiti relativi ai singoli tributi in " entrate derivanti dall'attività ordinaria di gestione" ed "entrate derivanti dall'attività di accertamento e controllo", come già previsto nella struttura in essere nel Bilancio di previsione 2007. La suddivisione in parola consente di individuare, tra le entrate relative ad un determinato tributo o aggregato di tributi, la quota che si riferisce ai versamenti effettuati spontaneamente dai contribuenti dalla quota correlata all'attività di accertamento e controllo svolta dagli uffici finanziari, finalizzata alla lotta all'evasione. Nei restanti titoli, al quarto livello, che rappresenta le poste da sottoporre al voto delle Camere, vengono indicate le voci di dettaglio dei proventi che rientrano nelle tipologie di introiti individuate al terzo livello. Si riporta di seguito lo schema sintetico.

 

ENTRATE

§      Titoli I livello:

-       Tributarie

-       Extra Tributarie

-       Alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e riscossione crediti

-       Accensione prestiti

§      Natura II livello:

-       Entrate ricorrenti

-       Entrate non ricorrenti

§      Unità di III livello

-       Tipologia dell'entrata

§      Unità di IV livello (unità di voto parlamentare)

-       Attività/Proventi

Come sopra accennato, si ricorda che a seguito della riclassificazione, le unità di voto inerenti l’entrata sono passate da 164 nel 2007 a 60.


2. Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente

2.1 Il quadro generale riassuntivo

 

Il quadro generale riassuntivo del bilancio di previsione per il 2008 a legislazione vigente (A.S. 1818) evidenzia i seguenti importi:

 

BLV 2008 (A.S. 1818)
al netto delle regolazioni contabili e debitorie
valori in milioni di euro

 

Competenza

Cassa

(1)Entrate finali
     - di cui entrate tributarie

458.234
427.376

431.966
408.100

(2)Spese finali

466.909

488.328

(3=1-2) Saldo netto da finanziare

8.675

56.362

 

Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2008, in termini di competenza e al netto delle regolazioni contabili e debitorie e dei rimborsi IVA, prevede entrate finali per 458.234 milioni e spese finali per 466.909 milioni di euro.

Il saldo netto da finanziare, corrispondente alla differenza tra le entrate finali e le spese finali, risulta, in termini di competenza e al netto delle regolazioni debitorie e contabili e dei rimborsi IVA, pari a 8.675 milioni di euro.

 

Per quanto riguarda il bilancio di cassa, il saldo netto da finanziare risulta pari a 56.362 milioni di euro.

 

Al lordo delle regolazioni contabili e debitorie, il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2008 (A.S. 1818) prevede:

 

BLV 2008 (A.S. 1818)
al lordo delle regolazioni contabili e debitorie
valori in milioni di euro

 

Competenza

Cassa

(1)Entrate finali
     - di cui entrate tributarie

491.244
460.386

464.975
441.110

(2)Spese finali

508.969

530.402

(3=1-2) Saldo netto da finanziare

17.725

65.426

 

Le regolazioni contabili e debitorie e i rimborsi IVA iscritti nel bilancio a legislazione vigente per il 2008 ammontano, per quanto concerne le entrate, a 33.010 milioni di euro e, per quanto concerne le spese, a 42.060 milioni di euro.

2.2 Le variazioni rispetto alle previsioni 2007

Nella successiva Tavola sono posti a raffronto, in termini di competenza, per quanto concerne le entrate finali, le spese finale e i saldi di bilancio, le previsioni iniziali del bilancio per il 2007, le previsioni contenute nel disegno di legge di assestamento, come presentato dal Governo (A.S. 1679) e come modificato dal D.L. n. 81/2007[31] e le previsioni del bilancio a legislazione vigente per il 2008 (A.S. 1818).

Il raffronto è effettuato con i dati al netto delle regolazioni debitorie e contabili.

(Valori in milioni di euro)

 

Bilancio di previsione 2007

Assestato
2007

Assestato
2007
+
 DL 81/2007

B.L.V.
2008

Entrate finali

432.304

439.882

440.301

458.234

Tributarie

404.669

412.072

412.492

427.376

Extratributarie

25.497

25.671

25.670

28.604

Entrate per alienazione e ammort. beni patrimoniali

2.139

2.139

2.139

2.254

Spese finali

455.277

458.689

463.083

466.909

Spese correnti

414.558

417.643

420.410

421.860

- Spese correnti al netto interessi

340.508

342.228

344.988

343.249

- Interessi

74.050

75.415

75.422

78.611

Spese conto capitale

40.719

41.045

42.673

45.049

Rimborso prestiti

189.099

191.194

191.194

198.212

Spese Complessive

644.376

649.882

654.277

665.121

Saldo netto da finanziare

22.972

18.807

22.781

8.675

Risparmio pubblico

15.607

20.100

17.752

34.120

Avanzo primario

51.078

56.609

52.640

69.937

Ricorso al mercato (*)

224.591

212.310

223.285

215.937

(*)  Il ricorso al mercato è calcolato al lordo delle regolazioni debitorie e contabili.

 

Le previsioni del bilancio a legislazione vigente per il 2008 registrano una sostanziale riduzione del saldo netto da finanziare rispetto al disegno di legge di assestamento per il 2007, nell’importo di 14,1 miliardi di euro, passando dai 22,8 miliardi dell’assestato 2007, come integrato dal citato D.L. n. 81, agli 8,7 miliardi del BLV 2008.

 

Il bilancio a legislazione vigente per il 2008 evidenzia, rispetto al bilancio assestato 2007 come modificato dal D.L. n. 81/2007, un incremento sia delle entrate finali, di circa 18 miliardi, che delle spese finali di circa 3,8 miliardi di euro.

In particolare, per le entrate finali, l’incremento rispetto alle previsioni assestate per il 2007, è per la gran parte determinato dall’incremento di circa 14,9 miliardi di euro delle entrate tributarie e di 2,9 miliardi delle entrate extratributarie.

 

Riguardo alle spese finali iscritte nel bilancio a legislazione vigente per il 2008, quelle di parte corrente registrano, rispetto al bilancio assestato 2007, un incremento di 1,4 miliardi di euro e quelle in conto capitale di circa 2,4 miliardi.

Nell’ambito delle spese correnti, il bilancio a legislazione vigente per il 2008 evidenzia, rispetto al bilancio assestato 2007, un incremento della spesa per interessi di 3,2 miliardi di euro.

 

 

La tavola seguente illustra la ripartizione delle spese finali del bilancio dello Stato, ripartite per categorie, secondo la classificazione economica, al netto delle regolazioni debitorie e contabili, evidenziando il raffronto tra il dato assestato 2007 e il dato a legislazione vigente per il 2008 e indicandone anche la variazione percentuale.

 

SPESE FINALI DEL BILANCIO DELLO STATO
(competenza- valori in milioni di euro)

CATEGORIE

ASS. 2007
+
DL 81/2007

BLV 2008

Var. %

Redditi da lavoro dipendente

85.962

86.864

1,0

Consumi intermedi

10.781

9.917

-9,9

Imposte pagate sulla produzione

4.485

4.529

1,0

Trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche

191.588

193.012

0,7

Trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private

4.105

3.895

-5,1

Trasferimenti correnti a imprese

5.952

4.564

-23,3

Trasferimenti all'estero

2.215

1.682

-24,1

Risorse proprie CEE

17.400

15.800

-9,2

Interessi passivi e redditi da capitale

75.422

78.612

4,2

Poste correttive e compensative

14.983

14.054

-6,2

Ammortamenti

841

847

0,7

Altre uscite correnti

6.675

8.285

24,1

Totale Spese Correnti

420.410

421.860

0,3

Investimenti fissi lordi e acquisti di terreni

5.758

6.070

5,4

Contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche

18.004

20.407

13,3

Contributi agli investimenti ad imprese

8.840

8.863

0,3

Contributi agli investimenti a famiglie e istituzioni sociali private

91

68

-25,3

Contributi agli investimenti a estero

354

175

-50,6

Altri trasferimenti in conto capitale

8.830

9.115

3,2

Acquisizioni di attività finanziarie

797

350

-56,1

Totale spese Conto Capitale

42.674

45.049

5,6

Totale Spese Finali

463.084

466.909

0,8

 

Le spese di parte corrente

Come si rileva nella relazione illustrativa del disegno di legge (A.S 1818), che analizza il raffronto tra i dati a legislazione vigente 2008 e quelli del disegno di legge di assestamento 2007, integrato dal D.L. n. 81, si rileva un incremento delle spese correnti rispetto al 2007 pari a 1.450 milioni di euro.

 

La variazione delle spese correnti ha riguardato i seguenti comparti:

-       redditi da lavoro dipendente (+902 milioni);

-       trasferimenti ad amministrazioni pubbliche (1.424 milioni), in particolare dei trasferimenti alle amministrazioni locali (+882 milioni) quale risultante dei maggiori trasferimenti alle regioni per 2.305 milioni e dei minori trasferimenti ai comuni per 2.225 milioni;

-       trasferimenti ad enti di previdenza (+1.153 milioni);

-       interessi (+3.189 milioni) dovuti all’andamenti dei tassi.

 

Presentano invece una riduzione, rispetto al 2007, i seguenti comparti di spesa:

-       trasferimenti ad imprese (-1.388 milioni);

-       consumi intermedi (-1.064 milioni);

-       finanziamento al bilancio dell'Unione Europea (-1.600 euro).

 

Le spese in conto capitale

Le previsioni per il 2008 evidenziano complessivamente un incremento pari a 2.374 milioni di euro della spesa in conto capitale, che passa dai 42,7 miliardi dell’assestamento 2007 ai 45 miliardi del bilancio a legislazione vigente 2008.

 

2.3 Il bilancio di cassa

 

 

Residui
presunti
31/12/07

Competenza 2008

Massa acquisibile/
spendibile

Cassa 2008

Coeff.
%

 

1

2

3 (1+2)

4

5= 4/3

Entrate finali
di cui:

155.653

458.234

613.887

431.966

70,4

- Tributarie

88.820

427.376

516.196

408.100

79,1

- Extratributarie

66.786

28.604

95.390

21.612

22,7

- Entrate per alienazione e ammort. beni patrimoniali

47

2.254

2.301

2.254

97,9

 

Spese finali
di cui:

78.166

467.909

545.074

488.328

89,6

Spese correnti al netto interessi

29.464

343.248

372.713

359.639

96,5

Interessi

583

78.612

79.194

78.654

99,3

Totale Spese correnti

30.047

421.860

451.907

438.293

97,0

Spese conto capitale

48.119

45.049

93.167

50.035

53,7

 

Il bilancio di cassa per l'anno 2008 reca, al netto di regolazioni debitorie e contabili, previsioni di incassi e pagamenti pari, rispettivamente, a 432 miliardi e 488 miliardi di euro.

La massa acquisibile e la massa spendibile (risultante dalla somma dei residui presunti al 31 dicembre 2007 e la previsione di competenza BLV 2008) vengono indicate, rispettivamente, in 613,9 miliardi e 545 miliardi.

I coefficienti di realizzazione espressi dal raffronto dei flussi di cassa previsti con i corrispondenti potenziali risultano pari al 70,4 per cento per le entrate finali ed al 89,6 per cento per le spese finali.


3. Emendamenti al disegno di legge di bilancio a legislazione vigente approvati dal Senato

 

Di seguito si riportano le variazioni risultanti dagli emendamenti al disegno di legge di bilancio approvati dalla 5a Commissione del Senato.

L’Assemblea non ha apportato alcuna variazione.

 

(dati in euro)

Tab. 2 - Economia e finanze

Emendamento

UPB

Missione/Centro di responsabilità /Denominazione UPB

Competenza

2.Tab. 2.12-5

1.3.1

Politiche economico-finanziarie e di bilancio (29) - Guardia di finanza - Funzionamento

+89.698

2.Tab. 2.12-5

5.1.1

Ordine pubblico e sicurezza (7)- Guardia di finanza - Funzionamento

+50.346

2.Tab. 2.12-5

25.2.3

Fondi da ripartire (34) – Ragioneria generale dello Stato – Oneri comuni di parte corrente

-140.044

 

 

Conseguentemente introduce il comma 22 all’articolo 2 del d.d.l di bilancio fissando in 50 unità il numero massimo di ufficiali ausiliari del Corpo della Guardia di finanza da mantenere in servizio nel 2008.

 

2.Tab. 2.20-5

3.1.1

Italia nell’Europa e nel Mondo (4) - Ragioneria generale dello Stato – Funzionamento

-120.000

2.Tab. 2.24-5

24.1.1

Servizi generali per le amministrazioni pubbliche (32) – Dipartimento amministrazione generale del personale e dei servizi del Tesoro – Funzionamento

-10.000.000

2.Tab. 11.10-5

1.2.1

Politiche economico-finanziarie e di bilancio (29) - Ragioneria generale dello Stato – Funzionamento

-1.000.000

 

 

Tab. 8 - Interno

Emendamento

UPB

Missione/Centro di responsabilità /Denominazione UPB

Competenza

2.Tab. 2.24-5

3.2.1

Ordine pubblico e sicurezza (7) – Dipartimento della pubblica sicurezza - Funzionamento

+10.000.000

 


 

Tab. 11 Comunicazioni

Emendamento

UPB

Missione/Centro di responsabilità /Denominazione UPB

Competenza

2.Tab. 11.9-5

4.1.1

Servizi generali per le amministrazioni pubbliche (32) – Gabinetto del Ministro - Funzionamento

-100.000

 

 

Tab. - 15 Salute

Emendamento

UPB

Missione/Centro di responsabilità /Denominazione UPB

Competenza

2.Tab. 11.10-5

1.4.1

Tutela della salute (20) – Dipartimento dell’innovazione - Funzionamento

+1.000.000

 

 

Tab. 17 - Università e ricerca

Emendamento

UPB

Missione/Centro di responsabilità /Denominazione UPB

Competenza

2.Tab. 2.20-5

2.2.1

Ricerca e innovazione (17) Ricerca di base – Dipartimento per l’università - Funzionamento

+120.000

2.Tab. 11.9-5

2.1.1

Ricerca e innovazione (17) Ricerca applicata – Dipartimento per l’università - Funzionamento

+100.000


4. Il bilancio per il 2008 come modificato dalle Note di variazioni approvate dal Senato

Il Governo ha presentato nel corso dell’esame al Senato due Note di variazioni:

§      la I Nota di variazioni (A.S. 1818-bis) provvede a trasporre nel bilancio a legislazione vigente per il 2008 gli effetti contabili del D.L. n. 159/2007, recante “Interventi urgenti in materia economico-finanziaria per lo sviluppo e l’equità sociale”, dichiarato collegato alla manovra di finanza pubblica per il 2008. Tali effetti interessano gli stati di previsione dell’entrata (Tabella 1), del Ministero dell’economia e delle finanze (Tabella 2), dello sviluppo economico (Tabella 3) del Ministero del lavoro e della previdenza sociale (Tabella 4), del Ministero dell’interno (Tabella 8); del Ministero dell’ambiente (Tabella 9);

§      la II Nota di variazioni (A.S. 1818-ter) trasferisce nel bilancio a legislazione vigente come modificato dalla I Nota gli effetti del disegno di legge finanziaria come approvato dal Senato e degli emendamenti approvati dal Senato direttamente al disegno di legge di bilancio.

 

Conseguentemente, il bilancio a legislazione vigente 2008, come integrato dalle due Note di variazioni, al lordo delle regolazioni debitorie e dei rimborsi IVA, viene ad essere così determinato:

(competenza – milioni di euro)

 

BLV 2008

I Nota

Differenza I Nota/BLV

II Nota

Differenza
II Nota/I Nota

Differenza
II Nota/BL
V

Entrate finali

491.244

491.289

45

491.471

182

227

Tributarie

460.386

460.414

28

459.706

-708

-680

Extratributarie

28.604

28.621

17

29.511

890

907

Entrate per alienazione e ammort. beni patrimoniali

2.254

2.254

-

2.254

-

-

Spese finali

508.969

508.995

26

535.185

26.190

26.216

Spese correnti

458.220

458.251

31

468.251

10.000

10.031

- Spese correnti al netto interessi

379.608

 

1

 

2

3

- Interessi

78.612

78.612

-

78.616

4

4

Spese conto capitale

50.749

50.744

-5

66.933

16.189

16.184

Rimborso prestiti

198.212

198.212

-

198.212

-

-

Spese complessive

707.181

707.207

26

733.397

26.190

26.216

Saldo netto da finanziare

17.725

17.705

-20

43.714

26.009

25.989

Risparmio pubblico

30.770

30.785

15

20.965

-9.820

-9.805

 


5. Stato di previsione dell’entrata - Tabella 1

Sintesi del quadro generale

Lo stato di previsione dell’entrata è predisposto secondo l’impostazione delineata dalla legge 3 aprile 1997, n. 94, recante modifiche alla legge 5 agosto 1978, n. 468, in materia di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio.

In corrispondenza di ciascuna unità previsionale di base (UPB) viene indicata, tra parentesi, la codifica corrispondente alla classificazione economica delle entrate secondo i criteri adottati in contabilità nazionale per i conti del settore della pubblica amministrazione. Negli allegati 2 e 3 sono indicati, per ciascun aggregato della citata classificazione economica, rispettivamente l’ammontare degli introiti allo stesso riferiti e il numero dei capitoli che vi trovano collocazione.

 

Si ricorda che, in base alla classificazione economica, le spese e le entrate vengono articolate in categorie. Le principali categorie delle entrate del bilancio dello Stato sono: imposte sul patrimonio e sul reddito, tasse e imposte sugli affari, imposte sulla produzione, consumi e dogane, monopoli, lotto, lotterie e altre attività di giuoco, proventi dei beni dello Stato, dei servizi pubblici minori e speciali, interessi su anticipazioni e crediti vari del Tesoro.

La classificazione economica delle spese finali del bilancio dello Stato è stata rielaborata secondo i criteri di contabilità nazionale previsti dal SEC95; le principali voci sono: redditi da lavoro dipendente, consumi intermedi, trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche, a famiglie e istituzioni sociali private, a imprese, interessi passivi e redditi da capitale, investimenti fissi lordi e acquisti di terreni, contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche e a imprese, acquisizioni di attività finanziarie.

 

Nel quadro della reimpostazione del bilancio dello Stato in base al criterio degli obiettivi e missioni, valido in particolare per la spesa, è stata operata una revisione anche dello stato di previsione dell’entrata, allo scopo di armonizzarlo alla nuova struttura della spesa, nonché a corrispondere all’esigenza di migliorare il livello qualitativo delle informazioni fornite dal documento.

Nell’occasione, si è operato un avvicinamento della classificazione ai principi posti alla base dei criteri SEC 95, rispettando, però, nel contempo, le peculiarità connesse all’inquadramento nell’ambito del bilancio dello Stato.

La nuova classificazione dell’entrata è articolata su quattro livelli di aggregazione.

Nel primo livello si ha una suddivisione per i seguenti quattro titoli:

1) Tributarie;

2) Extra-tributarie;

3) Alienazione e ammortamento dei beni patrimoniali e riscossione di crediti;

4) Accensione di prestiti.

Al secondo livello è stata introdotta la distinzione tra entrate ricorrenti ed entrate non ricorrenti.

Nel terzo livello è evidenziata la tipologia dell’entrata: per le tributarie, le voci sono costituite dai tributi più importanti ovvero raggruppamenti di tributi aventi caratteristiche analoghe; per i restanti titoli, è indicata la tipologia del provento per aggregati più o meno ampi, a seconda dell’esigenza conoscitiva.

Per quanto riguarda il quarto livello, nelle entrate tributarie distingue gli introiti relativi alle unità relative ai singoli tributi in entrate derivanti dall’attività ordinaria di gestione ed entrate derivanti dall’attività di accertamento e controllo, come peraltro è già previsto nella struttura in permette di individuare, tra le entrate relative ad un determinato tributo o aggregato di tributi, la quota che si riferisce ai versamenti effettuati spontaneamente dai contribuenti dalla quota correlata all’attività di accertamento e controllo svolta dagli uffici finanziari, finalizzata alla lotta all’evasione. Nei restanti titoli, al quarto livello vengono indicate le voci di dettaglio dei proventi che rientrano nelle tipologie di introiti individuate al terzo livello.

 

Per quanto concerne le entrate tributarie, le UPB sono ulteriormente distinte a seconda che il gettito derivi dalla gestione ordinaria dei tributi ovvero dall’attività di accertamento e di controllo degli uffici finanziari.

 

 

Nel disegno di legge di bilancio a legislazione vigente (A.C. 3257) le entrate finali previste per il 2008, al lordo dei rimborsi IVA e delle regolazioni contabili, ammontano a 491.243 milioni di euro, così ripartiti:

-        460,4 miliardi per entrate tributarie;

-        28,6 miliardi per entrate extra-tributarie;

-        2,3 miliardi per alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e riscossione crediti.

 

Gli effetti della manovra finanziaria per il 2008 sul bilancio dello Stato (decreto-legge n. 159 e disegno di legge finanziaria, come approvati dal Senato) sono stati evidenziati dalle due Note di variazioni.

Si riscontra una riduzione delle entrate tributarie (da 460,4 miliardi della legislazione vigente a 459,7 miliardi) a fronte di un aumento delle entrate extratributarie (da 28,6 miliardi a 29,5 miliardi). Complessivamente le entrate finali si attestano, dopo la Seconda Nota di variazioni a 491,5 miliardi, con un incremento di 237 milioni rispetto al data a legislazione vigente.


 

 

ENTRATE FINALI PER CATEGORIE

BLV

%

I Nota

%

II Nota

%

 

 

 

 

 

 

 

I - IMPOSTE SUL PATRIMONIO E SUL REDDITO

246.460

50,2

246.460

50,2

245.504

50,0

II - TASSE E IMPOSTE SUGLI AFFARI

163.037

33,2

163.037

33,2

162.992

33,2

III IMPOSTE SULLA PRODUZIONE, CONSUMI E DOGANE

28.544

5,8

28.572

5,8

28.684

5,8

IV - MONOPOLI

10.203

2,1

10.203

2,1

10.383

2,1

V - LOTTO, LOTTERIE ED ALTRE ATTIVITÀ DI GIUOCO

12.142

2,5

12.142

2,5

12.142

2,5

TOTALE ENTRATE TRIBUTARIE

460.386

93,7

460.414

93,7

459.705

93,5

VI - PROVENTI SPECIALI

671

0,1

671

0,1

671

0,1

VII - PROVENTI DEI SERVIZI PUBBLICI MINORI

4.796

1,0

4.814

1,0

5.254

1,1

VIII – PROVENTI DEI BENI DELLO STATO

874

0,2

874

0,2

874

0,2

IX - PRODOTTI NETTI DI AZIENDE AUTONOME E UTILI DI GESTIONE

3.690

0,8

3.690

0,8

3.690

0,8

X - INTERESSI SU ANTICIPAZIONI E CREDITI VARI DEL TESORO

4.745

1,0

4.745

1,0

4.745

1,0

XI - RECUPERI, RIMBORSI E CONTRIBUTI

11.164

2,3

11.164

2,3

11.614

2,4

XII - PARTITE CHE SI COMPENSANO NELLA SPESA

2.664

0,5

2.664

0,5

2.664

0,5

TOTALE ENTRATE EXTRATRIBUTARIE

28.604

5,8

28.622

5,8

29.512

6,0

XIII - VENDITA DI BENI ED AFFRANCAZIONE DI CANONI

1.380

0,3

1.380

0,3

1.380

0,3

XIV - AMMORTAMENTO DI BENI PATRIMONIALI

847

0,2

847

0,2

847

0,2

XV - RIMBORSO DI ANTICIPAZIONI E CREDITI VARI DEL TESORO

26

0,0

26

0,0

26

0,0

TOTALE ALIENAZIONE ED AMMORTA-MENTO DI BENI PATRIMONIALI E RISCOSSIONE CREDITI

2.253

0,5

2.253

0,5

2.253

0,5

TOTALE ENTRATE FINALI

491.243

100,0

491.289

100,0

491.470

100,0

 

 


La seguente tabellaeffettua una analisi della previsione di competenza delle entrate finali per l’anno 2008, al lordo dei rimborsi IVA e delle regolazioni contabili, per tipologia di entrate, come indicata nel BLV 2008 a raffronto con le Note di variazioni

 

 

2008

BLV

%

I Nota

%

II Nota

%

ENTRATE TRIBUTARIE

460.386

 

460.414

 

459.705

 

di cui:

 

 

 

 

 

 

Entrate ricorrenti:

459.158

99,7

459.186

99,7

458.477

99,7

IRE

170.613

37,1

170.613

37,1

170.613

37,1

IRES

55.668

12,1

55.668

12,1

54.921

11,9

Sostituitive

15.719

3,4

15.719

3,4

14.052

3,1

Altre imposte dirette

3.360

0,7

3.360

0,7

3.974

0,9

IVA

133.292

29,0

133.292

29,0

133.351

29,0

Registro, bollo e sostitutiva

13.040

2,8

13.040

2,8

13.197

2,9

Accisa e imposta erariale sugli oli minerali

21.605

4,7

21.633

4,7

21.633

4,7

Accisa e imposta minerale su altri prodotti

6.856

1,5

6.856

1,5

6.714

1,5

Imposte sui generi di monopolio

10.194

2,2

10.194

2,2

10.302

2,2

Lotto

6.082

1,3

6.082

1,3

6.086

1,3

Imposte gravanti sui giochi

2.424

0,5

2.424

0,5

2.604

0,6

Lotterie ed altri giochi

3.636

0,8

3.636

0,8

3.636

0,8

Altre imposte indirette

16.669

3,6

16.669

3,6

16.669

3,6

Entrate non ricorrenti:

1.228

0,3

1.228

0,3

1.228

0,3

Sostitutive

1.066

0,2

1.066

0,2

1.006

0,2

Altre imposte dirette

-

0,0

-

0,0

38

0,0

Condoni dirette

34

0,0

34

0,0

72

0,0

Altre imposte indirette

127

0,0

127

0,0

127

0,0

Condoni indirette

1

0,0

1

0,0

1

0,0

 


6. Stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze - Tabella 2

Parte di competenza della Commissione finanze

 

La parte di competenza della VI Commissione Finanze relativamente allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze riguarda i due centri di responsabilità del Dipartimento per le politiche fiscali (C.R. n. 6) e della Guardia di finanza (C.R. 7).

 

La nuova esposizione del bilancio dello Stato per missioni e programmi rende assai complessa l’identificazione dell’ammontare delle risorse gestite da ciascun centro di responsabilità. Soltanto in una tavola riepilogativa presente nel bilancio a legislazione vigente è possibile dedurne l’importo. Tale tavola non è tuttavia presente nelle Note di variazioni.

Dati in milioni di euro

Dipartimento per le politiche fiscali

 

 

Missione

BLV

II Nota

Politiche economico-finanziarie e di bilancio

57.633,6

57.690,6

Competitività delle imprese

1.312,4

1.488,2

Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti

1.067,5

1.067,5

Servizi istituzionali e generali delle A.P.

30,6

30,6

Fondi da ripartire

8,4

8,4

TOTALE

60.052,5

60.285,3

 

 

Dati in milioni di euro

Guardia di finanza

 

 

Missione

BLV

II Nota

Politiche economico-finanziarie e di bilancio

2.290,5

2.286,5

Ordine pubblico e sicurezza

1.270,6

1.261,6

Politiche previdenziali

48,8

48,8

TOTALE

3.609,9

3.596,9

 

 

 


7. L’evoluzione della spesa nel bilancio dello Stato
per il 2006-2008
– Tavole allegate

 

 

 

 

Tavola I       Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola II      Evoluzione della spesa finale per categorie e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola III     Le spese complessive per funzioni-obiettivo e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola IV    Andamento della spesa finale delle unità previsionali di base (III livello) e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola V     Andamento delle Missioni ed incidenza percentuale sulle spese complessive del bilancio dello Stato

Tavola VI    Andamento delle entrate finali per categorie ed incidenza percentuale

Tavola VII    Andamento delle entrate tributarie anni 2006/2007

Tavola VII-bis  Andamento delle entrate tributarie – anno 2008

 

Tutti i dati delle spese sono al lordo dei rimborsi IVA e delle regolazioni debitorie.

 

 

I dati del disegno di legge di assestamento 2007 sono riferiti al testo approvato dal Senato (A.C. 3170).

 


Tavola I – Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

Rendiconto 2006

2007

2008

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato
(*)

%

BLV

%

I Nota

%

II Nota

%

ECONOMIA E FINANZE

274.247

260.673

55,8

290.308

58,5

303.359

59,6

303.382

59,6

321.279

60,0

SVILUPPO ECONOMICO

3.439

3.402

0,7

6.451

1,3

6.630

1,3

6.625

1,3

8.788

1,6

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

72.866

72.103

15,4

56.855

11,5

58.800

11,6

58.806

11,6

61.667

11,5

GIUSTIZIA

8.155

7.983

1,7

7.816

1,6

7.608

1,5

7.608

1,5

7.565

1,4

AFFARI ESTERI

2.283

2.129

0,5

2.455

0,5

2.223

0,4

2.222

0,4

2.545

0,5

ISTRUZIONE

53.841

57.046

12,2

42.396

8,5

42.468

8,3

42.468

8,3

42.425

7,9

INTERNO

28.311

27.971

6,0

25.204

5,1

24.373

4,8

24.376

4,8

25.013

4,7

AMBIENTE E TUTELA MARE

1.199

1.187

0,3

1.428

0,3

1.514

0,3

1.514

0,3

1.596

0,3

INFRASTRUTTURE

8.040

7.885

1,7

4.106

0,8

4.027

0,8

4.027

0,8

4.159

0,8

COMUNICAZIONI

271

259

0,1

328

0,1

322

0,1

322

0,1

351

0,1

DIFESA

20.533

20.398

4,4

21.487

4,3

20.928

4,1

20.928

4,1

21.118

3,9

POLITICHE AGRICOLE

1.715

1.645

0,4

1.728

0,3

1.747

0,3

1.747

0,3

1.700

0,3

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

2.210

2.152

0,5

1.985

0,4

1.913

0,4

1.913

0,4

2.009

0,4

SALUTE

1.576

1.568

0,3

1.348

0,3

1.355

0,3

1.355

0,3

1.557

0,3

TRASPORTI

3

2

0,0

3.948

0,8

3.654

0,7

3.654

0,7

4.471

0,8

UNIVERSITA' E RICERCA

690

688

0,1

11.102

2,2

10.724

2,1

10.724

2,1

11.398

2,1

SOLIDARIETA' SOCIALE

 

 

 

17.282

3,5

17.079

3,4

17.079

3,4

17.267

3,2

COMMERCIO INTERNAZIONALE

2

2

0,0

262

0,1

245

0,0

245

0,0

279

0,1

TOTALE SPESE FINALI

479.381

467.093

100

496.489

100

508.969

100

508.995

100

535.185

100


 

Tavola II – Evoluzione della spesa finale per categorie ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

Rendiconto 2006

2007

2008

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

I Nota

%

II Nota

%

Redditi da lavoro dipendente

85.642

88.213

18,9

85.720

17,3

86.863

17,1

86.864

17,1

88.972

16,6

Consumi intermedi

12.593

12.163

2,6

10.813

2,2

9.916

1,9

9.916

1,9

9.882

1,8

Imposte pagate sulla produzione

4.667

4.844

1,0

4.488

0,9

4.529

0,9

4.529

0,9

4.525

0,8

Trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche

183.939

182.512

39,1

191.079

38,5

193.012

37,9

193.014

37,9

199.456

37,3

Trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private

4.920

4.668

1,0

4.075

0,8

3.896

0,8

3.898

0,8

4.101

0,8

Trasferimenti correnti a imprese

4.739

4.598

1,0

5.730

1,2

4.564

0,9

4.564

0,9

4.202

0,8

Trasferimenti all'estero

1.739

1.576

0,3

1.945

0,4

1.682

0,3

1.682

0,3

1.938

0,4

Risorse proprie cee

15.850

14.577

3,1

16.100

3,2

15.800

3,1

15.800

3,1

15.800

3,0

Interessi passivi e redditi da capitale

75.695

70.801

15,2

75.415

15,2

78.612

15,4

78.612

15,4

78.616

14,7

Poste correttive e compensative

46.750

43.274

9,3

44.428

8,9

50.214

9,9

50.214

9,9

50.232

9,4

Ammortamenti

840,0

163,0

0,0

841

0,2

847

0,2

847

0,2

847

0,2

Altre uscite correnti

2.184

751

0,2

6.105

1,2

8.285

1,6

8.311

1,6

9.680

1,8

Totale spese correnti

439.558

428.140

91,7

446.739

90,0

458.220

90,0

458.251

90,0

468.251

87,5

Investimenti fissi lordi e acquisti di terreni

4.196

4.138

0,9

5.759

1,2

6.070

1,2

6.071

1,2

6.270

1,2

Contributi investimenti ad amministrazioni pubbliche

14.817

14.769

3,2

17.501

3,5

20.407

4,0

20.407

4,0

24.780

4,6

Contributi agli investimenti ad imprese

10.223

10.107

2,2

8.140

1,6

8.863

1,7

8.863

1,7

10.357

1,9

Contributi agli investimenti a famiglie e istituzioni sociali private

130

130

0,0

91

0,0

68

0,0

68

0,0

110

0,0

Contributi agli investimenti a estero

399

399

0,1

354

0,1

175

0,0

175

0,0

215

0,0

Altri trasferimenti in conto capitale

9.190

8.626

1,8

17.535

3,5

14.816

2,9

14.810

2,9

15.681

2,9

Acquisizioni di attività finanziarie7

868

784

0,2

370

0,1

350

0,1

350

0,1

9.520

1,8

Totale spese conto capitale

39.823

38.953

8,3

49.750

10,0

50.749

10,0

50.744

10,0

66.933

12,5

Totale spese finali

479.381

467.093

100

496.489

100

508.969

100

508.995

100

535.185

100


 

Tavola III – Le spese complessive per funzioni-obiettivo ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

 

Rendiconto 2006

2007

2008

 

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

II Nota

%

1 -Servizi generali delle pubbliche amministrazioni

234.367

225.326

48,2

445.383

64,8

465.195

65,8

481.600

65,7

2 –     Difesa

19.291

19.319

4,1

19.679

2,9

18.564

2,6

18.514

2,5

3 -Ordine pubblico e sicurezza

23.717

23.437

5,0

20.977

3,1

21.003

3,0

20.981

2,9

4 -Affari economici

50.450

48.272

10,3

55.138

8,0

56.430

8,0

62.600

8,5

5 -Protezione dell'ambiente

1.866

1.833

0,4

1.557

0,2

1.406

0,2

1.988

0,3

6 -Abitazioni e assetto territoriale

1.973

1.891

0,4

1.608

0,2

1.522

0,2

1.529

0,2

7 -Sanità

11.910

11.706

2,5

13.064

1,9

10.928

1,5

11.936

1,6

8 -Attività ricreative, culturali e di culto

12.798

9.832

2,1

10.289

1,5

9.927

1,4

10.033

1,4

9 –     Istruzione

52.651

55.848

12,0

50.517

7,3

50.218

7,1

51.213

7,0

10- Protezione sociale

70.360

69.629

14,9

69.472

10,1

71.988

10,2

73.003

10,0

Spese complessive

479.383

467.093

100

687.684

100

707.181

100

733.397

100


 

Tavola IV – Andamento delle U.P.B. (III livello) ed incidenza percentuale sulle spese finali del bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

Rendiconto 2006

2007

2008

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

I Nota

%

II Nota

%

Funzionamento

87.774

90.325

19,3

83.173

16,8

81.708

16,1

81.708

16,1

81.366

15,2

Interventi

257.142

250.540

53,6

259.770

52,3

263.611

51,8

263.614

51,8

273.090

51,0

Oneri comuni

17.330

14.856

3,2

26.688

5,4

33.687

6,6

33.715

6,6

34.578

6,5

Trattamenti di quiescenza

1.164

1.187

0,3

1.104

0,2

soppresso

 

 

-

-

-

Oneri del debito pubblico

76.147

71.232

15,3

76.005

15,3

79.214

15,6

79.214

15,6

79.218

14,8

Totale spese correnti

439.557

428.140

91,7

446.740

90,0

458.220

90,0

458.251

90,0

468.252

87,5

Investimenti

36.509

36.098

7,7

37.014

7,5

46.973

9,2

46.968

9,2

63.425

11,9

Altre spese in conto capitale

492

413

0,1

122

0,0

122

0,0

122

0,0

122

0,0

Oneri comuni

2.823

2.444

0,5

12.613

2,5

3.654

0,7

3.654

0,7

3.386

0,6

Totale conto capitale

39.824

38.955

8,3

49.749

10,0

50.749

10,0

50.744

10,0

66.933

12,5

Totale spese finali

479.381

467.095

100

496.489

100

508.969

100

508.995

100

535.185

100


Tavola V – Andamento delle Missioni ed incidenza percentuale sulle spese complessive del bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

2008

MISSIONI

BLV

%

I Nota

%

II Nota

%

Differenza

1 - Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del Consiglio

3.233

0,5

3.233

0,5

3.334

0,5

101

2 - Amministrazione generale

353

0,0

353

0,0

352

0,0

-1

3 - Relazioni finanziarie autonomie territoriali

100.023

14,1

100.023

14,1

112.792

15,4

12.769

4 - L'Italia in Europa e nel mondo

24.048

3,4

24.048

3,4

27.205

3,7

3.157

5 - Difesa e sicurezza del territorio

19.172

2,7

19.172

2,7

19.008

2,6

-164

6 – Giustizia

7.275

1,0

7.275

1,0

7.268

1,0

-7

7 - Ordine pubblico e sicurezza

9.422

1,3

9.425

1,3

9.321

1,3

-101

8 - Soccorso civile

3.710

0,5

3.710

0,5

3.755

0,5

45

9 - Agricoltura e pesca

1.255

0,2

1.255

0,2

1.364

0,2

109

10 - Energia e fonti energetiche

59

0,0

59

0,0

59

0,0

-

11 - Competitività e sviluppo imprese

5.574

0,8

5.574

0,8

4.433

0,6

-1.141

12 - Regolazione dei mercati

16

0,0

16

0,0

16

0,0

-

13 - Diritto alla mobilità

7.960

1,1

7.960

1,1

10.514

1,4

2.554

14 - Infrastrutture pubbliche e logistica

3.778

0,5

3.778

0,5

3.914

0,5

136

 15- Comunicazioni

896

0,1

896

0,1

1.354

0,2

458

16 - Commercio internazionale

234

0,0

234

0,0

268

0,0

34

17 - Ricerca ed innovazione

3.968

0,6

3.968

0,6

4.060

0,6

92

18 - Sviluppo sostenibile

1.017

0,1

1.017

0,1

1.665

0,2

648

19 - Casa e assetto urbanistico

1.060

0,1

1.060

0,1

1.060

0,1

-

20 - Tutela della salute

702

0,1

702

0,1

881

0,1

179

21 - Tutela beni culturali

1.380

0,2

1.380

0,2

1.633

0,2

253

22 - Istruzione scolastica

41.609

5,9

41.609

5,9

41.583

5,7

-26

23 - Istruzione universitaria

8.168

1,2

8.168

1,2

8.760

1,2

592

24 - Diritti sociali e solidarietà sociale

24.046

3,4

24.046

3,4

24.234

3,3

188

25 - Politiche previdenziali

66.903

9,5

66.908

9,5

68.559

9,3

1.656

26 - Politiche per il lavoro

2.701

0,4

2.701

0,4

3.624

0,5

923

27 – Immigrazione

1.427

0,2

1.427

0,2

1.486

0,2

59

28 - Sviluppo e riequilibrio territoriale

4.545

0,6

4.539

0,6

5.489

0,7

944

29 - Politiche finanziarie e di bilancio

65.007

9,2

65.004

9,2

65.125

8,9

118

30 - Giovani e sport

902

0,1

902

0,1

958

0,1

56

31 - Turismo

113

0,0

113

0,0

113

0,0

-

32 - Servizi generali amministrazioni

2.920

0,4

2.920

0,4

2.830

0,4

-90

33 - Fondi da ripartire

17.286

2,4

17.312

2,4

19.961

2,7

2.675

34 - Debito pubblico

276.417

39,1

276.417

39,1

276.421

37,7

4

TOTALE

707.181

100,0

707.207

100,0

733.397

100,0

26.216


Tavola VI – Andamento delle entrate finali per categorie ed incidenza percentuale

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

ENTRATE FINALI PER CATEGORIE

REND. 2006

Ass. Em. 2007

%

BLV

%

I Nota

%

II Nota

%

 

Prev. Def.

 Consunt.

%

 

 

 

 

 

 

 

 

I - IMPOSTE SUL PATRIMONIO E SUL REDDITO

208.648

222.658

46,4

 

 

246.460

50,2

246.460

50,2

245.504

50,0

II - TASSE E IMPOSTE SUGLI AFFARI

144.491

156.305

32,6

 

 

163.037

33,2

163.037

33,2

162.992

33,2

III IMPOSTE SULLA PRODUZIONE, CONSUMI E DOGANE

29.108

29.676

6,2

 

 

28.544

5,8

28.572

5,8

28.684

5,8

IV - MONOPOLI

9.183

9.943

2,1

 

 

10.203

2,1

10.203

2,1

10.383

2,1

V - LOTTO, LOTTERIE ED ALTRE ATTIVITÀ DI GIUOCO

10.917

10.781

2,2

 

 

12.142

2,5

12.142

2,5

12.142

2,5

TOTALE ENTRATE TRIBUTARIE

402.347

429.363

89,4

445.005

93,4

460.386

93,7

460.414

93,7

459.705

93,5

VI - PROVENTI SPECIALI

608

772

0,2

 

 

671

0,1

671

0,1

671

0,1

VII - PROVENTI DEI SERVIZI PUBBLICI MINORI

5.408

7.267

1,5

 

 

4.796

1,0

4.814

1,0

5.254

1,1

VIII – PROVENTI DEI BENI DELLO STATO

392

293

0,1

 

 

874

0,2

874

0,2

874

0,2

IX - PRODOTTI NETTI DI AZIENDE AUTONOME E UTILI DI GESTIONE

4.075

4.109

0,9

 

 

3.690

0,8

3.690

0,8

3.690

0,8

X - INTERESSI SU ANTICIPAZIONI E CREDITI VARI DEL TESORO

5.134

7.912

1,6

 

 

4.745

1,0

4.745

1,0

4.745

1,0

XI - RECUPERI, RIMBORSI E CONTRIBUTI

11.071

26.032

5,4

 

 

11.164

2,3

11.164

2,3

11.614

2,4

XII - PARTITE CHE SI COMPENSANO NELLA SPESA

2.011

2.374

0,5

 

 

2.664

0,5

2.664

0,5

2.664

0,5

TOTALE ENTRATE EXTRATRIBUTARIE

28.699

48.759

10,2

25.671

5,4

28.604

5,8

28.622

5,8

29.512

6,0

XIII - VENDITA DI BENI ED AFFRANCAZIONE DI CANONI

1.025

223

0,0

 

 

1.380

0,3

1.380

0,3

1.380

0,3

XIV - AMMORTAMENTO DI BENI PATRIMONIALI

840

163

0,0

 

 

847

0,2

847

0,2

847

0,2

XV - RIMBORSO DI ANTICIPAZIONI E CREDITI VARI DEL TESORO

1.467

1.535

0,3

 

 

26

0,0

26

0,0

26

0,0

TOTALE ALIENAZIONE ED AMMORTA-MENTO DI BENI PATRIMONIALI E RISCOSSIONE CREDITI

3.332

1.921

0,4

5.639

1,2

2.253

0,5

2.253

0,5

2.253

0,5

TOTALE ENTRATE FINALI

434.378

480.043

100,0

476.315

100,0

491.243

100,0

491.289

100,0

491.470

100,0

 

 


Tavola VII – Andamento delle entrate tributarie anni 2006/2007

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

 

REND. 2006

Ass. Em. 2007

%

 

Prev. Def.

Consuntivo

%

 

 

ENTRATE TRIBUTARIE

 402.347

 429.363

100

 445.005

100

di cui:

 

 

 

 

 

IRE (ex IRPEF)

 147.292

 155.344

36,2

 160.425

36,1

IRES (ex IRPEG)

 40.492

 43.556

10,1

 54.393

12,2

ILOR

 165

 339

0,1

 85

0,0

IMPOSTE SOSTITUTIVE

 16.205

 19.104

4,4

 16.188

3,6

RITENUTE A TITOLO DI IMPOSTA DEFINITIVA

 1.148

 1.398

0,3

 1.125

0,3

IVA, di cui

 

 

 

 

 

- - SCAMBI INTERNI ED INTRACOMUNITARI

 104.671

 115.063

26,8

 116.848

26,3

-- IMPORTAZIONE

 14.412

 14.449

3,4

 14.290

3,2

ALTRI INTROITI DIRETTI

 1.904

 2.736

0,6

 2.095

0,5

CONDONI E SANATORIE, di cui:

 

 

 

 

0,0

SU TRIBUTI DIRETTI

 1.442

 180

0,0

 63

0,0

SU TRIBUTI INDIRETTI

 340

 98

0,0

 1

0,0

LOTTO, LOTTERIE E GIUOCHI

 10.917

 10.781

2,5

 12.115

2,7

ACCISA E IMPOSTA ERARIALE DI CONSUMO su:

 

 

 

 

 

- OLII MINERALI

 22.390

 22.219

5,2

 21.601

4,9

- ALTRI PRODOTTI

 6.637

 7.254

1,7

 6.690

1,5

IMPOSTE SUI GENERI DI MONOPOLIO

 9.181

 9.940

2,3

 10.200

2,3

IMPOSTE SUGLI AFFARI

 1.431

 2.122

0,5

 2.798

0,6

ALTRI TRIBUTI INDIRETTI

 23.720

 24.780

5,8

 26.088

5,9


 

Tavola VII-bis– Andamento delle entrate tributarie – anno 2008

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

Ddl Ass. 2007

 

BLV

%

I Nota

%

II Nota

%

ENTRATE TRIBUTARIE

439.082

 

460.386

 

460.414

 

459.705

 

di cui:

 

 

 

 

 

 

 

 

Entrate ricorrenti:

437.967

99,7

459.158

99,7

459.186

99,7

458.477

99,7

IRE

164.665

37,5

170.613

37,1

170.613

37,1

170.613

37,1

IRES

48.104

11,0

55.668

12,1

55.668

12,1

54.921

11,9

Sostituitive

12.968

3,0

15.719

3,4

15.719

3,4

14.052

3,1

Altre imposte dirette

4.361

1,0

3.360

0,7

3.360

0,7

3.974

0,9

IVA

128.406

29,2

133.292

29,0

133.292

29,0

133.351

29,0

Registro, bollo e sostitutiva

12.595

2,9

13.040

2,8

13.040

2,8

13.197

2,9

Accisa e imposta erariale sugli oli minerali

22.420

5,1

21.605

4,7

21.633

4,7

21.633

4,7

Accisa e imposta minerale su altri prodotti

6.799

1,5

6.856

1,5

6.856

1,5

6.714

1,5

Imposte sui generi di monopolio

9.804

2,2

10.194

2,2

10.194

2,2

10.302

2,2

Lotto

7.064

1,6

6.082

1,3

6.082

1,3

6.086

1,3

Imposte gravanti sui giochi

2.587

0,6

2.424

0,5

2.424

0,5

2.604

0,6

Lotterie ed altri giochi

2.464

0,6

3.636

0,8

3.636

0,8

3.636

0,8

Altre imposte indirette

17.730

4,0

16.669

3,6

16.669

3,6

16.669

3,6

Entrate non ricorrenti:

1.115

0,3

1.228

0,3

1.228

0,3

1.228

0,3

Sostitutive

1.023

0,2

1.066

0,2

1.066

0,2

1.006

0,2

Altre imposte dirette

-

0,0

-

0,0

-

0,0

38

0,0

Condoni dirette

26

0,0

34

0,0

34

0,0

72

0,0

Altre imposte indirette

65

0,0

127

0,0

127

0,0

127

0,0

Condoni indirette

1

0,0

1

0,0

1

0,0

1

0,0

 


PARTE IV
Il disegno di legge finanziaria per il 200
8


Articolo 2, commi 1-3
(Detrazione ICI prima casa)

 


1. All'articolo 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:

«2-bis. Dall'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo si detrae un ulteriore importo pari all'1,33 per mille della base imponibile di cui all'articolo 5. L'ulteriore detrazione, comunque non superiore a 200 euro, viene fruita fino a concorrenza del suo ammontare ed è rapportata al periodo dell'anno durante il quale si protrae la destinazione di abitazione principale. Se l'unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.

2-ter. L'ulteriore detrazione di cui al comma 2-bis si applica a tutte le abitazioni ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9».

2. La minore imposta che deriva dall'applicazione del comma 1 è rimbor­sata, con oneri a carico del bilancio dello Stato, ai singoli comuni. Il trasferimento compensativo è erogato per una quota pari al 50 per cento dell'ammontare ricono­sciuto in via previsionale a ciascun comune entro e non oltre il 16 giugno e per il restante 50 per cento entro e non oltre il 16 dicembre dell'anno di applicazione del beneficio. Gli eventuali conguagli sono effettuati entro il 31 maggio dell'anno successivo. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministeri dell'interno e per gli affari regionali e le autonomie locali, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità con le quali possono essere determinati conguagli sulle somme trasferite per effetto del presente comma.

3. In relazione alle competenze attribuite alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano in materia di finanza locale, i rimborsi di cui al comma 2 sono disposti a favore dei citati enti, che provvedono all'attribuzione delle quote dovute ai comuni compresi nei rispettivi territori, nel rispetto degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione.


 

 

I commi da 1 a 3 dell’articolo 2, modificati nel corso dell’esame del provvedimento presso la Commissione bilancio del Senato,recano disposizioni in materia di imposta comunale sugli immobili (ICI) introducendo una ulteriore detrazione per gli immobili adibiti ad abitazione principale[32].

 

L’Imposta Comunale sugli Immobili, disciplinata dal D.Lgs. n. 504/1992 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), è un’imposta reale con gettito destinato ai Comuni.

Il presupposto dell’imposta è dato dal possesso di fabbricati, aree fabbricabili o terreni agricoli siti nel territorio dello Stato, qualunque sia la loro destinazione.

Soggetti passivi del tributo sono il proprietario dell’immobile, oppure il titolare del diritto reale di usufrutto, uso o abitazione sullo stesso, anche se non residenti nel territorio dello Stato o se non vi hanno sede legale o amministrativa o non vi esercitano l’attività.

L’imposta si calcola applicando all’imponibile un’aliquota variabile dal 4 a al 7 per mille, la cui fissazione è rimessa ad una deliberazione del comune da adottarsi entro il 31 ottobre di ogni anno, con effetto per l’anno successivo. Se la delibera non viene adottata, si applica ipso iure l’aliquota del 4 per mille.

 

Il comma 1, introducendo i commi 2-bis e 2-ter all’articolo 8 del D.Lgs. n. 504/1992, prevede l’applicazione di una ulteriore detrazione ai fini ICI per l’imposta dovuta sulla c.d. “prima casa”.

 

L’articolo 8, comma 2, del citato D.Lgs. n. 504/1992 fissa una detrazione ordinaria ai fini ICI di importo annuo pari a 103,29 euro sugli immobili dovuta per l’abitazione principale. La misura del beneficio, che può essere portato in detrazione fino a concorrenza del suo ammontare, deve essere rapportato al periodo dell'anno durante il quale si protrae l’utilizzo dell’immobile come prima casa. Inoltre, se l'unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.

A decorrere dall'anno di imposta 1997, l’importo ordinario della detrazione, fissato al comma 2, può essere ulteriormente incrementato con delibera comunale. In particolare, il comma 3 del medesimo articolo 8 stabilisce che l'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo può essere ridotta fino al 50 per cento ovvero, in alternativa, la detrazione ordinaria pari a 103, 29 euro, di cui al comma 2, del presente articolo, può essere elevato, fino a 258,23 euro, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio.

Il successivo comma 4 estende l’applicazione dei benefici previsti dall’articolo 8 in esame alle unità immobiliari, appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonché agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari.

 

Ai sensi del nuovo comma 2-bis, l’ammontare dell’ulteriore detrazione è fissata in misura pari all’1,33 per mille della base imponibile e comunque di importo non superiore a 200 euro su base annua.

 

Ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. n. 504 del 1992, la base imponibile dell’ICI è data dal valore degli immobili gravati da tale imposta. Tale valore è determinato applicando i coefficienti fissati dalla norma alla rendita catastale incrementata del 5%. In particolare:

-        per i fabbricati, il coefficiente è pari a 100, se si tratta di abitazioni, alloggi collettivi e fabbricati a destinazione varia; è pari a 50, se si tratta di uffici e studi privati e altri fabbricati a destinazione speciale; è pari a 34, se si tratta di negozi e botteghe;

-        per le aree fabbricabili, dal valore commerciale dell’immobile al 1° gennaio dell’anno di imposizione;

-        per i terreni agricoli la misura del coefficiente è pari a 75 e deve essere applicato al reddito dominicale iscritto in catasto, aumentato del 25 per cento.

 

L’ulteriore detrazione sarà fruita fino a concorrenza del suo ammontare e dovrà essere rapportata al periodo dell’anno durante il quale si protrae la destinazione ad abitazione principale.

Qualora l’unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetterà a ciascuno di essi, in proporzione alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.

 

Il nuovo comma 2-ter dell’art. 8 del D.Lgs. n. 504 del 1992, recante disposizioni in materia di esclusione dal beneficio è stato modificato nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio del Senato.

In particolare, rispetto al testo originario che escludeva dal beneficio i soggetti con un reddito complessivo IRPEF superiore a 50.000 euro, il testo approvato dal Senato dispone la non applicazione dell’ulteriore detrazione di cui al comma 2-bis con riferimento all’imposta dovuta sugli immobili rientranti nelle categorie catastali A01, A08 e A09, ossia, rispettivamente, gli immobili signorili, le ville e i castelli.

 

Il comma 2, modificato dalla Commissione bilancio del Senato, prevede che la minore imposta derivante dalle maggiori detrazioni ICI sopra esaminate sia rimborsata ai singoli comuni, con oneri a carico del bilancio dello Stato.

Tale trasferimento compensativo per minor gettito ICI è erogato, per una quota pari al 50 per cento dell’ammontare riconosciuto in via previsionale a ciascun comune, entro e non oltre il 16 giugno e, per il restante 50 per cento, entro e non oltre il 16 dicembre dell’anno di applicazione del beneficio. Si dispone inoltre che gli eventuali conguagli siano effettuati entro il 31 maggio dell’anno successivo.

La previsione delle modalità di determinazione dei conguagli sulle somme trasferite in via compensativa è demandata ad un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministeri dell’interno e degli Affari regionali e delle autonomie locali, d’intesa con la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, da emanarsi entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Si rammenta che – in base all’art. 10, co. 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992 – i soggetti tenuti al pagamento dell’ICI devono effettuare il versamento dell’imposta complessivamente dovuta al comune per l’anno in corso in due rate delle quali la prima, entro il 16 giugno, pari al 50 per cento dell’imposta dovuta calcolata sulla base dell’aliquota e delle detrazioni dei dodici mesi dell’anno precedente. La seconda rata deve essere versata dal 1° al 16 dicembre, a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno, con eventuale conguaglio sulla prima rata versata[33]. Il contribuente ha comunque facoltà di provvedere al versamento dell’imposta complessivamente dovuta in un’unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno.

 

Il comma 3, inserito durante l’esame in Commissione bilancio del Senato, dispone che, per quanto riguarda le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano, i rimborsi di cui al comma 2 finalizzati a compensare il minor gettito ICI vengano erogati a favore di questi ultimi enti, che provvederanno all’attribuzione delle quote dovute ai comuni compresi nei rispettivi territori, nel rispetto degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione.

Si ricorda infatti che le regioni a statuto speciale e province autonome di Trento e Bolzano hanno competenza primaria in materia di ordinamento e finanza degli enti locali.


Articolo 2, commi 4-5
(Detrazione per canoni di locazione)

 


4. All'articolo 16 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1 è premesso il seguente:

«01. Ai soggetti titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale, stipulati o rinnovati ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431, spetta una detrazione complessivamente pari a:

a) euro 300, se il reddito complessivo non supera euro 15.493,71;

b) euro 150, se il reddito complessivo supera euro 15.493,71 ma non euro 30.987,41»;

b) al comma 1, le parole: «, rapportata al periodo dell'anno durante il quale sussiste tale destinazione, nei seguenti importi:» sono sostituite dalle seguenti: «complessivamente pari a:»;

c) al comma 1-bis, alinea, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) le parole: «A favore dei» sono sostituite dalla seguente: «Ai»;

2) le parole: «qualunque tipo di contratto» sono sostituite dalla seguente: «contratti»;

3) le parole: «, rapportata al periodo dell'anno durante il quale sussiste tale destinazione, nei seguenti importi:» sono sostituite dalle seguenti: «comples­sivamente pari a:»;

d) dopo il comma 1-bis sono aggiunti i seguenti:

«1-ter. Ai giovani di età compresa fra i 20 e i 30 anni, che stipulano un contratto di locazione ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431, per l'unità immobiliare da destinare a propria abitazione principale, sempre che la stessa sia diversa dall'abitazione principale dei genitori o di coloro cui sono affidati dagli organi competenti ai sensi di legge, spetta per i primi tre anni la detrazione di cui al comma 1-bis, lettera a), alle condizioni ivi previste.

1-quater. Le detrazioni di cui ai commi da 01 a 1-ter, da ripartire tra gli aventi diritto, non sono tra loro cumulabili e il contribuente ha diritto, a sua scelta, di fruire della detrazione più favorevole.

1-quinquies. Le detrazioni di cui ai commi da 01 a 1-ter sono rapportate al periodo dell'anno durante il quale l'unità immobiliare locata è adibita ad abitazione principale. Per abitazione principale si intende quella nella quale il soggetto titolare del contratto di locazione o i suoi familiari dimorano abitualmente.

1-sexies. Qualora la detrazione spettante sia di ammontare superiore all'imposta lorda diminuita, nell'ordine, delle detrazioni di cui agli articoli 12 e 13, è riconosciuto un ammontare pari alla quota di detrazione che non ha trovato capienza nella predetta imposta. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità per l'attribuzione del predetto ammontare».

5. Le disposizioni di cui all'articolo 16 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal comma 4 del presente articolo, producono effetti a decorrere dal periodo di imposta 2007.


 

 

I commi 4 e 5 dell’articolo 2 modificano le disposizioni in materia di detrazioni fiscali per canoni di locazioni di cui all’articolo 16 del DPR n. 917 del 1986[34] ampliando l’ambito di applicazione del beneficio.

In linea generale le norme, che ai sensi del comma 5 entrano in vigore dal periodo d’imposta 2007, introducono:

-        una detrazione per i contratti stipulati o rinnovati ai sensi della legge n. 431/1998, che si aggiunge a quella vigente prevista per i soli contratti stipulati o rinnovati in base ad appositi accordi definiti in sede locale (comma 4, lettera a));

-        una detrazione fiscale per i contratti di locazione stipulati ai sensi della legge n. 431/1998 da giovani di età compresa fra i 20 e i 30 anni (comma 4, lettera d));

-        l’attribuzione di una somma corrispondente all’importo della detrazione non fruita dai soggetti c.d. incapienti (comma 4, lettera d))

 

L’articolo 16 del TUIR prevede, al comma 1, una detrazione fiscale IRPEF in favore dei soggetti titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale degli stessi, stipulati o rinnovati a norma degli articoli 2, comma 3, e 4, commi 2 e 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431[35]. La misura annua della detrazione, da rapportare al periodo dell'anno durante il quale sussiste tale destinazione, è determinata in misura pari a:

a)    495,80 euro, se il reddito complessivo non supera 15.493,71 euro;

b)    247,90 euro, se il reddito complessivo supera 15.493,71 euro ma non 30.987,41 euro.

Il successivo comma 1-bis, prevede una detrazione in favore dei lavoratori dipendenti che hanno trasferito o trasferiscono la propria residenza nel comune di lavoro o in uno di quelli limitrofi nei tre anni antecedenti quello di richiesta della detrazione, e siano titolari di qualunque tipo di contratto di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale degli stessi e situate nel nuovo comune di residenza, a non meno di 100 chilometri di distanza dal precedente e comunque al di fuori della propria regione. La misura annua della detrazione, fruibile per i primi tre anni e da rapportare al periodo dell'anno durante il quale sussiste tale destinazione, nei seguenti importi:

a)    991,60 euro, se il reddito complessivo non supera 15.493,71 euro;

b)    495,80 euro, se il reddito complessivo supera 15.493,71 euro ma non 30.987,41 euro.

 

La lettera a) del comma 4 inserisce il comma 01 all’articolo 16 TUIR prevedendo una detrazione fiscale in favore dei soggetti titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale, stipulati o rinnovati ai sensi della legge n. 431 del 1998.

La misura della detrazione è pari a

a)   300 euro, se il reddito complessivo non supera i 15.493,71 euro;

b)   150 euro, se il reddito complessivo supera euro 15.493,71, ma non euro 30.987,41.

 

La norma, in sostanza, non interessa i titolari di contratti di locazione basati su accordi definiti in sede locale i quali continueranno a beneficiare della detrazione già prevista, in misura superiore, dal comma 1 dell’articolo 16 del TUIR, mentre estende il beneficio ai titolari degli altri contratti di locazione stipulati ai sensi della legge n. 431 del 1998.

 

La lettera d) del comma 4 inserisce nell’articolo 16 del TUIR i nuovi commi da 1-ter a 1-sexies.

Il comma 1-ter estende l’applicazione della detrazione prevista dal comma 1-bis, lettera a) dell’articolo 16 del TUIR ai contratti di locazione stipulati ai sensi della legge n. 431 del 1998 da giovani di età compresa fra i 20 e i 30 anni.

La detrazione spetta per i primi tre anni, purché l’immobile risulti abitazione principale del giovane e sia diversa dall’abitazione principale dei genitori o degli affidatari.

 

Non appare chiaro se il beneficio fiscale interessi anche i contratti già stipulato alla data di entrata in vigore della disposizione. In caso affermativo, peraltro, andrebbe precisato se l triennio da considerare decorre dalla data di stipula del contratto o dalla data di entrata in vigore della norma in commento.

 

La lettera d) del comma 4, inoltre, stabilisce che le nuove detrazioni, di cui ai commi da 01 a 1-ter dell’articolo 16 del TUIR come introdotte dalla medesima lettera d):

§      non sono cumulabili tra loro, né sono cumulabili con le altre detrazioni previste dall’articolo 16 del TUIR. Il contribuente ha diritto, a sua scelta, di fruire della detrazione più favorevole (comma 1-quater);

§      sono stabilite su base annua e con riferimento al singolo contratto. Pertanto, la misura del beneficio è da ripartire tra gli aventi diritto (comma 1-quater) ed è da rapportare al periodo dell’anno durante il quale l’unità immobiliare locata è adibita ad abitazione principale. La norma precisa che per abitazione principale si intende quella in cui il soggetto titolare del contratto di locazione e i suoi familiari dimorano abitualmente (comma 1-quinquies).

Le modifiche introdotte, rispettivamente, dalla lettera b) e dalla lettera c) del comma 4 in esame hanno la finalità di coordinare i criteri generali di ripartizione della detrazione (tra gli aventi diritto e in base al periodo spettante) già previsti, a normativa vigente nel comma 1 e nel comma 1-bis dell’articolo 16 del TUIR;

§      in caso di c.d. incapienza è disposta l’attribuzione di una somma pari alla quota di detrazione che non ha trovato capienza nella suddetta imposta. L’incapienza si verifica qualora la detrazione spettante sia di ammontare superiore all’imposta lorda diminuita delle detrazioni per carichi di famiglia (art. 12 TUIR) e delle detrazioni concernenti alcune tipologie reddituali (art. 13 TUIR). Le modalità di attribuzione verranno determinate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (comma 1-sexies);

§      entrano in vigore a decorrere dal periodo d’imposta 2007 (comma 5).

 

Non è previsto il termine di emanazione del decreto di cui al comma 1-sexies dell’articolo 16 del TUIR come introdotto dal comma 4 in esame.

La norma sembra includere tra i soggetti aventi diritto al rimborso perché incapienti, anche i titolari di contratti di locazione cui spetta la detrazione ai sensi del vigente articolo 16 del TUIR.


Articolo 2, commi 6-7
(Assegno di mantenimento)

 


6. All'articolo 13 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 5, alinea, dopo le parole: «lettere e), f), g), h) e i),» sono inserite le seguenti: «ad esclusione di quelli derivanti dagli assegni periodici indicati nell'articolo 10, comma 1, lettera c), fra gli oneri deducibili,»;

b) dopo il comma 5 è inserito il seguente:

«5-bis. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi derivanti dagli assegni periodici indicati fra gli oneri deducibili nell'articolo 10, comma 1, lettera c), spetta una detrazione dall'imposta lorda, non cumulabile con quelle previste dai commi 1, 2, 3, 4 e 5, in misura pari a quelle di cui al comma 3, non rapportate ad alcun periodo nell'anno».

7. Le disposizioni di cui al comma 6 si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007.


 

 

I commi 6 e 7 dell’articolo 2 recano modifiche alla disciplina fiscale sugli assegni di mantenimento aumentando la misura delle detrazioni IRPEF in favore dei soggetti che percepiscono assegni periodici dal coniuge in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, con esclusione di quelli relativi al mantenimento dei figli.

In particolare, il comma 6 modifica l’articolo 13 del DPR n. 917 del 1986[36] e il comma 7 dispone che le modifiche introdotte entrano in vigore dal periodo d’imposta 2007.

 

La disciplina fiscale vigente, in materia di assegni periodici corrisposti al coniuge, con esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, prevede:

-        l’iscrizione dei citati assegni tra gli oneri deducibili del soggetto che li corrisponde (articolo 10, comma 1, lettera c) del TUIR);

-        l’inclusione nel reddito complessivo del soggetto che li percepisce. In particolare, gli assegni sono considerati redditi assimilati al lavoro dipendente (articolo 50, comma 1, lettera i) del TUIR);

-        la detrazione fiscale, nella misura prevista dall’articolo 13, comma 5, del TUIR spettante al soggetto che percepisce tali assegni.

L’articolo 13 del TUIR reca la disciplina delle detrazioni IRPEF differenziate per categorie di redditi (lavoro dipendente, pensione, assimilati a lavoro dipendente, lavoro autonomo o impresa), per età del contribuente e per scaglioni di reddito.

In particolare, il comma 5 stabilisce gli importi delle detrazioni, non cumulabili con quelle previste nei commi da 1 a 4 del medesimo articolo, spettanti qualora alla formazione del reddito complessivo concorrano, tra gli altri, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, per i quali non si applicano le detrazioni previste per i redditi di lavoro dipendente. La misura della detrazione è pari a:

a)    1.104 euro se il reddito complessivo non supera 4.800 euro;

b)    1.104 euro se il reddito complessivo è superiore a 4.800 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 50.200 euro.

 

Le modifiche introdotte dalle lettere a) e b) del comma 5 sono dirette a modificare la misura della detrazione fiscale fruibile dai soggetti che percepiscono assegni periodici corrisposti dal coniuge, con esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli. In particolare:

-        la lettera a) esclude la fruizione della detrazione spettante per redditi assimilati a lavoro dipendente, di cui al comma 5 dell’articolo 13 del TUIR;

-        la lettera b), introducendo un comma 5-bis all’articolo 13 del TUIR, attribuisce ai percettori dell’assegno una misura della detrazione più elevata, corrispondente a quella prevista per i redditi di pensione, di cui all’articolo 13, comma 3, del TUIR. Il medesimo comma 5-bis, inoltre, stabilisce che la misura della detrazione spettante non deve essere rapportata ad anno, ma spetta, in ogni caso, in misura intera e che la detrazione introdotta non è cumulabile con quelle previste dai commi 1, 2, 3 e 4 del medesimo articolo 13.

 

Le misure delle detrazioni fiscali spettanti qualora alla formazione del reddito complessivo concorrano redditi di pensione sono, ai sensi del comma 3 dell’articolo 13:

a)    1.725 euro se il reddito complessivo non supera 7.500 euro.;

b)    1.255 euro, ai quali si aggiunge un importo pari al prodotto tra 470 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.500 euro, se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a 7.500 euro ma non a 15.000 euro;

c)    1.255 euro se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 40.000 euro.


Articolo 2, commi 8-9
(Esenzione IRPEF per redditi fondiari)

 


8. All'articolo 11 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono soltanto redditi fondiari di cui all'articolo 25 di importo complessivo non superiore a 500 euro, l'imposta non è dovuta».

9. La disposizione di cui al comma 8 si applica a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007.


 

 

I commi 8 e 9 dell’articolo 2 introducono misure agevolative in favore dei soggetti percettori di reddito fondiario come definito dall’articolo 25 del DPR n. 917 del 1986[37].

In particolare, il comma 8 modifica l’articolo 11 del TUIR e il comma 9 dispone che le modifiche introdotte entrano in vigore a decorrere dal periodo d’imposta 2007.

 

Ai sensi dell’articolo 25 del TUIR, sono redditi fondiari quelli inerenti ai terreni e ai fabbricati situati nel territorio dello Stato che sono o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto dei terreni o nel catasto edilizio urbano (comma 1).

I redditi fondiari si distinguono in redditi dominicali dei terreni, redditi agrari e redditi dei fabbricati (comma 2).

In base alla normativa vigente, relativamente ai redditi fondiari sono previste le seguenti esenzioni:

-        redditi dei terreni di importo complessivo non superiore a 185,92 euro (articolo 11, comma 2, del TUIR) se alla formazione del reddito complessivo concorrono solo redditi di pensione non superiori a 7.500 euro e redditi di fabbricati relativi ad abitazione principale e sue pertinenze;

-        redditi dei fabbricati derivanti dal possesso dell’abitazione principale e sue pertinenze (articolo 10, comma 3-bis del TUIR).

 

Il comma 8, inserendo il comma 2-bis all’articolo 11 del TUIR, prevede che qualora alla formazione del reddito complessivo concorrano solo redditi fondiari di cui all’articolo 25 del TUIR di importo non superiore a 500 euro, l’imposta non è dovuta.


Articolo 2, commi 10-11
(Detrazioni per carichi di famiglia e altre detrazioni)

 


10. Al citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 12, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:

«4-bis. Ai fini del comma 1 il reddito complessivo è assunto al netto del reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e di quello delle relative pertinenze di cui all'articolo 10, comma 3-bis»;

b) all'articolo 13, dopo il comma 6 è aggiunto il seguente:

«6-bis. Ai fini del presente articolo il reddito complessivo è assunto al netto del reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e di quello delle relative pertinenze di cui all'articolo 10, comma 3-bis».

11. Le disposizioni di cui al comma 10 si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007.


 

 

I commi 10 e 11 dell’articolo 2 recano disposizioni fiscali in favore dei contribuenti che dichiarano il reddito dell’abitazione principale e delle sue pertinenze. Si stabilisce, infatti, che ai fini della determinazione dell’importo delle detrazioni per carichi di famiglia e delle detrazioni per categorie di reddito di cui, rispettivamente, agli articoli 12 e 13 del DPR n. 917 del 1986[38] non rileva il reddito dell’abitazione principale e delle relative pertinenze rilevi.

In particolare, il comma 10 modifica gli articoli 12 e 13 del TUIR e il comma 11 dispone che le modifiche introdotte entrano in vigore a decorrere dal periodo d’imposta 2007.

 

Gli importi delle detrazioni fiscali stabiliti dagli articoli 12 e 13 del TUIR - rispettivamente, per familiari a carico e per tipologia di reddito dichiarato – sono determinati in misura decrescente al crescere degli scaglioni di reddito complessivo. Inoltre, al fine di garantire la proporzionalità inversa tra redditi dichiarati e misura del beneficio anche all’interno di ciascuno scaglione di reddito, le norme stabiliscono che la detrazione effettivamente fruibile, è determinata in base ad una formula matematica che prevede l’utilizzo del reddito complessivo quale elemento che garantisce la predetta proporzionalità inversa.

 

La lettera a) del comma 10 inserisce nell’articolo 12 TUIR il nuovo comma 4-bis, in base al quale, per la determinazione della detrazione fiscale effettivamente fruibile di cui al comma 1, in luogo del “reddito complessivo” deve essere utilizzato “il reddito complessivo al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e di quello delle relative pertinenze, di cui all’articolo 10, comma 3- bis”.

 

Il comma 1 dell’articolo 12 stabilisce, tra l’altro, le seguenti misure delle detrazioni per carichi di famiglia:

a)    per il coniuge non legalmente ed effettivamente separato:

1)    800 euro, diminuiti del prodotto tra 110 euro e l'importo corrispondente al rapporto fra reddito complessivo e 15.000 euro, se il reddito complessivo non supera 15.000 euro;

2)    690 euro, se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 40.000 euro;

3)    690 euro, se il reddito complessivo è superiore a 40.000 euro ma non a 80.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 80.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 40.000 euro;

b)    la detrazione spettante ai sensi della lettera a) è aumentata di un importo pari a:

1)    10 euro, se il reddito complessivo è superiore a 29.000 euro ma non a 29.200 euro;

2)    20 euro, se il reddito complessivo è superiore a 29.200 euro ma non a 34.700 euro;

3)    30 euro, se il reddito complessivo è superiore a 34.700 euro ma non a 35.000 euro;

4)    20 euro, se il reddito complessivo è superiore a 35.000 euro ma non a 35.100 euro;

5)    10 euro, se il reddito complessivo è superiore a 35.100 euro ma non a 35.200 euro;

c)    800 euro per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati. La detrazione è aumentata a 900 euro per ciascun figlio di età inferiore a tre anni. Le predette detrazioni sono aumentate di un importo pari a 220 euro per ogni figlio portatore di handicap ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Per i contribuenti con più di tre figli a carico la detrazione è aumentata di 200 euro per ciascun figlio a partire dal primo. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 95.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 95.000 euro. In presenza di più figli, l'importo di 95.000 euro è aumentato per tutti di 15.000 euro per ogni figlio successivo al primo.

d)    750 euro, da ripartire pro quota tra coloro che hanno diritto alla detrazione, per ogni altra persona indicata nell'articolo 433 del codice civile che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell'autorità giudiziaria. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 80.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 80.000 euro.

 

La relazione illustrativa del Governo ricorda che “resta fermo che il limite di reddito complessivo per individuare i familiari a carico, stabilito dall’articolo 12, comma 2, TUIR, resta determinato al lordo del reddito dell’abitazione principale e delle relative pertinenze, posto che il comma 4-bis di cui si propone l’inserimento fa riferimento solo al comma 1 del medesimo articolo 12”.

 

Ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del TUIR le detrazioni per carichi di famiglia spettano a condizione che le persone alle quali si riferiscono non possiedano un reddito complessivo superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili.

 

La lettera b) del comma 10 dispone l’inserimento nell’articolo 13 TUIR del nuovo comma 6-bis, in base al quale, ai fini del presente articolo, il reddito complessivo è assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e di quello delle relative pertinenze di cui al sopra illustrato articolo 10, comma 3-bis, del TUIR.

 

Ai sensi dell’articolo 13 TUIR, le detrazioni per i redditi di lavoro dipendente, esclusi i redditi di pensione e assimilati, rapportate al periodo di lavoro nell’anno, sono (comma 1):

a)    1.840 euro se il reddito complessivo non supera 8.000 euro. L'ammontare della detrazione effettivamente spettante, in relazione ai giorni di lavoro svolti durante l’anno, non può essere inferiore a 690 euro. Per i rapporti di lavoro dipendente a tempo determinato, la rideterminazione della sopra indicata detrazione in rapporto al periodo di lavoro dell’anno non può ridurre la detrazione stessa ad un importo inferiore a 1.380 euro;

b)    1.338 euro, ai quali si aggiunge un importo pari al prodotto tra 502 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a 8.000 euro ma non a 15.000 euro;

c)    1.338 euro se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 40.000 euro .

La detrazione effettivamente spettante è poi aumentata, per i percettori di reddito complessivo compreso tra 23.001 e 28.000 euro, di un importo variabile tra 10 e 40 euro (comma 2).

Le detrazioni per i redditi di pensione, non cumulabili con quelle per i redditi di lavoro dipendente, rapportate al periodo di pensione nell’anno, sono le seguenti (comma 3):

a)    1.725 euro se il reddito complessivo non supera 7.500 euro. L'ammontare della detrazione effettivamente spettante, in relazione al periodo di pensione goduto nell’anno, non può essere inferiore a 690 euro;

b)    1.255 euro, ai quali si aggiunge un importo pari al prodotto tra 470 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.500 euro, se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a 7.500 euro ma non a 15.000 euro;

c)    1.255 euro se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 40.000 euro.

Il comma 4 dell’articolo 13 del TUIR riconosce detrazioni di maggiore importo per i pensionati aventi almeno 75 anni di età.

Più precisamente, qualora alla formazione del reddito complessivo dei soggetti di età non inferiore a 75 anni concorrano uno o più redditi di pensione, spetta a questi ultimi una detrazione d’imposta in luogo di quella di cui al precedente comma 3 (detrazioni per i redditi di pensione) e non cumulabile con quella prevista dal comma 1 per i redditi di lavoro dipendente.

Tale detrazione ammonta a:

a)    1.783 euro, se il reddito complessivo non supera 7.750 euro. L’ammontare della detrazione effettivamente spettante, in relazione al periodo di pensione goduto nell’anno, deve essere comunque non inferiore a 713 euro;

b)    1.297 euro, aumentati del prodotto tra 486 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.250 euro, qualora l’ammontare del reddito complessivo sia compreso tra 7.751 e 15.000 euro;

c)    1.297 euro, se il reddito complessivo è compreso tra 15.001 e 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 40.000 euro.

Le detrazioni per i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, per i quali non si applicano le detrazioni previste, per questo tipo di lavoro, dal comma 1 del nuovo articolo 13, per i redditi di lavoro autonomo, per i redditi d’impresa, comprese le imprese minori, per i redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente e per i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere sono quelle appresso indicate (comma 5 dell’articolo 13 del TUIR). Tali detrazioni non sono cumulabili con quelle di cui ai precedenti commi da 1 a 4:

a)    1.104 euro se il reddito complessivo non supera 4.800 euro;

b)    1.104 euro se il reddito complessivo è superiore a 4.800 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 50.200 euro.

 

In merito alla formulazione della norma, sarebbe opportuno intervenire attraverso una novella delle norme modificate, piuttosto che con l’inserimento di commi aggiuntivi.


Articolo 2, commi 12-14
(Proroga al 2008-2010 della detrazione
per le ristrutturazioni immobiliari)

 


12. Sono prorogate per gli anni 2008, 2009 e 2010, per una quota pari al 36 per cento delle spese sostenute, nei limiti di 48.000 euro per unità immobiliare, ferme restando le altre condizioni ivi previste, le agevolazioni tributarie in materia di recupero del patrimonio edilizio relative:

a) agli interventi di cui all'articolo 2, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, per le spese sostenute dal 1o gennaio 2008 al 31 dicembre 2010;

b) agli interventi di cui all'articolo 9, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, nel testo vigente al 31 dicembre 2003, eseguiti dal 1o gennaio 2008 al 31 dicembre 2010 dai soggetti ivi indicati che provvedano alla successiva alienazione o assegnazione dell'immobile entro il 30 giugno 2011.

13. È prorogata per gli anni 2008, 2009 e 2010, nella misura e alle condizioni ivi previste, l'agevolazione tributaria in materia di recupero del patrimonio edilizio relativa alle prestazioni di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), della legge 23 dicembre 1999, n. 488, fatturate dal 1o gennaio 2008.

14. Le agevolazioni fiscali di cui al comma 12 spettano a condizione che il costo della relativa manodopera sia evidenziato in fattura.


 

 

I commi da 12 a 14 dell’articolo 2 prorogano per gli anni 2008, 2009 e 2010 le agevolazioni fiscali in materia di ristrutturazioni edilizie.

In particolare, i commi 12 e 14 prorogano le disposizioni in materia di detrazione IRPEF e il comma 13 proroga l’applicazione dell’aliquota agevolata IVA.

 

Il comma 12 dispone la proroga della detrazione IRPEF che viene fissata in misura pari al 36 per cento delle spese di ristrutturazione sostenute e comunque per un importo non superiore a 48.000 euro per ciascuna unità immobiliare.

Ai sensi del comma 14, la detrazione fiscale di cui al comma 12 spetta se risulta evidenziato in fattura il costo della relativa manodopera.

Rimangono, invece, confermate le altre condizioni previste per le medesime agevolazioni relative alle spese sostenute fino al 2007.

Gli interventi oggetto della proroga di cui al comma 12 sono:

a)   gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, di cui all’articolo 2, comma 5, della legge n. 289 del 2002 (finanziaria 2003), e successive modificazioni, relativamente alle spese sostenute dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2010;

Per effetto di un rinvio normativo, tali interventi sono analiticamente elencati nell’art. 1 (“Disposizioni tributarie concernenti interventi di recupero del patrimonio edilizio”) della legge n. 449 del 1997 (“Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica”).

b)   agli interventi di cui all’articolo 9, comma 2, della legge n. 448 del 2001 (finanziaria 2002), nel testo vigente al 31 dicembre 2003, purché eseguiti dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2010 dai soggetti ivi indicati, che provvedano alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile entro il 30 giugno 2011.

La relazione illustrativa del Governo precisa che la fattispecie in esame si applica a interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione, riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie che, successivamente, abbiano provveduto alla vendita o all’assegnazione degli immobili stessi.

 

Il comma 13 dispone la proroga per gli anni 2008, 2009 e 2010, nella misura e alle condizioni ivi previste, dell’agevolazione tributaria in materia di recupero del patrimonio edilizio relativa alle prestazioni di cui all’art. 7, comma 1, lettera b), della legge n. 488 del 1999 (finanziaria 2000) fatturate dal 1° gennaio 2008.

L’agevolazione consiste nell’applicazione dell’aliquota IVA ridotta (aliquota al 10 per cento in luogo dell’aliquota ordinaria del 20 per cento), per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio realizzati su fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata ed in particolare:

a)   interventi di manutenzione ordinaria, ossia quelli che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti;

b)   interventi di manutenzione straordinaria, ossia le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso;

c)   interventi di restauro e di risanamento conservativo, ossia quelli rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;

d)   interventi di ristrutturazione edilizia, ossia quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistemativo di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, la eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti.

 

La relazione illustrativa del Governo sottolinea che la proroga concessa dal comma 13 in commento “è motivata dalla circostanza che la direttiva del Consiglio 2006/18/CE del 14 febbraio 2006 consente agli Stati membri di prorogare, fino al 31 dicembre 2010, l’esperimento delle aliquote ridotte per i servizi ad alta intensità di lavoro”.

 

Si segnala che ai fini della proroga dell’aliquota agevolata IVA non è richiesta, diversamente dalla proroga della detrazione IRPEF, l’evidenziazione in fattura del costo della manodopera.


Articolo 2, commi 15-18
(Proroga al 2010 delle agevolazioni
per la riqualificazione energetica degli edifici)

 


15. Le disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 344 a 347, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si applicano, nella misura e alle condizioni ivi previste, anche alle spese sostenute entro il 31 dicembre 2010.

16. Le disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 344 a 347, nonché commi 353, 358 e 359, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono applicate secondo quanto disposto dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 febbraio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 2007, recante disposizioni in materia di detrazioni per le spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente. Sono corrispondentemente ridotte le assegnazioni per il 2007 disposte dal CIPE a favore degli interventi di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

17. La tabella 3 allegata alla legge 27 dicembre 2006, n. 296, è sostituita, con efficacia dal 1o gennaio 2007, dalla seguente:


«Tabella 3

(Art. 1, comma 345)

 

Zona climat.

Strutture opache verticali

Strutture opache orizzontali
Coperture pavimenti

Finestre comprensive di infissi

A

0,72

0,42

0,74

5,0

B

0,54

0,42

0,55

3,6

C

0,46

0,42

0,49

3,0

D

0,40

0,35

0,41

2,8

E

0,37

0,32

0,38

2,5

F

0,35

0,31

0,36

2,2

 


18. Ai fini di quanto disposto al comma 15:

a) i valori limite di fabbisogno di energia primaria annuo per la climatizzazione invernale ai fini dell'applicazione del comma 344 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e i valori di trasmittanza termica ai fini dell'applicazione del comma 345 del medesimo articolo 1 sono definiti con decreto del Ministro dello sviluppo economico entro il 28 febbraio 2008;

b) per tutti gli interventi la detrazione può essere ripartita in un numero di quote annuali di pari importo non inferiore a tre e non superiore a dieci, a scelta irrevocabile del contribuente, operata all'atto della prima detrazione;

c) per gli interventi di cui al comma 345 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, limitatamente alla sostituzione di finestre comprensive di infissi in singole unità immobiliari, e al comma 346 del medesimo articolo 1, non è richiesta la documentazione di cui all'articolo 1, comma 348, lettera b), della medesima legge 27 dicembre 2006, n. 296.


 

 

I commi da 15 a 18 dell’articolo 2 intervengono sulle disposizioni recanti agevolazioni fiscali in materia di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio introdotte, per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2007, dai commi da 344 a 347 dell'articolo unico della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006).

I commi da 16 a 18 sono stati inseriti nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio del Senato.

 

Il comma 344 dell'articolo unico della legge 296/2006 ha previsto una detrazione dall’imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino ad un valore massimo di 100.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per interventi di riqualificazione energetica volti a garantire il conseguimento di specifici obiettivi di risparmio energetico. Si prevede infatti che gli interventi debbano conseguire un valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per la climatizzazione invernale (vale a dire il valore di consumo di energia per riscaldamento invernale) inferiore di almeno il 20 per cento rispetto ai valori massimi consentiti nell’allegato C, numero 1), tabella 1, annesso al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192[39] emanato in attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia.


La tabella citata, di seguito riportata, individua i valori limite consentiti per il consumo annuo di energia per il riscaldamento nei mesi invernali (espressi in KWH) per metro quadrato di superficie utile dell’edificio espresso.

 

Rapporto di forma dell’edificio

Zona climatica

 

A

B

C

D

E

F

S/V

fino a
600
GG

a
601
GG

a
900
GG

a
901
GG

a
1400
GG

a
1401
GG

A
2100
GG

a
2101
GG

a
3000
GG

oltre
3000
GG

Valori limite vigenti

<0,2

10

10

15

15

25

25

40

40

55

55

>0,9

45

45

60

60

85

85

110

110

145

145

valori limite applicabili dal 1° gennaio 2008

<0,2

9,5

9,5

14

14

23

23

37

37

52

52

>0,9

41

41

55

55

78

78

100

100

133

133

valori limite applicabili dal 1° gennaio 2010

<0,2

8,5

8,5

12,8

12,8

21,3

21,3

34

34

46,8

46,8

>0,9

36

36

48

48

68

68

88

88

116

116

 

I valori limite riportati in tabella sono espressi in funzione della zona climatica, così come individuata all’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e del rapporto di forma dell’edificio S/V, dove:

a)    S, espressa in metri quadri, è la superficie che delimita verso l’esterno (ovvero verso ambienti non dotati di impianto di riscaldamento) il volume riscaldato V;

b)    V e il volume lordo, espresso in metri cubi, delle parti di edificio riscaldate, definito dalle superfici che lo delimitano.

Per valori di S/V compresi nell’intervallo 0,2-0,9 e, analogamente, per gradi giorno (GG) intermedi ai limiti delle zone climatiche riportati in tabella si procede mediante interpolazione lineare.

 

Il comma 345 stabilisce una detrazione d’imposta, per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute e fino ad un valore massimo di 60.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per l’installazione, su edifici esistenti, parti di edifici o unità immobiliari, di strutture opache verticali (pareti), strutture opache orizzontali (pavimenti e coperture), finestre comprensive di infissi, a condizione che tali strutture siano rispondenti a requisiti di trasmittanza termica U espressa in W/mqK (e quindi idonee a conseguire determinati livelli di risparmio energetico) indicati nella tabella seguente, come modificata dal comma 17 dell’articolo 2 del disegno di legge finanziaria.

 

Zona climatica

Strutture opache verticali

Strutture opache orizzontali

Finestre comprensive di infissi

 

 

Pavimenti

Copertura

 

A

0,72

0,42

0,74

5,0

B

0,54

0,42

0,55

3,6

C

0,46

0,42

0,49

3,0

D

0,40

0,35

0,41

2,8

E

0,37

0,32

0,38

2,5

F

0,35

0,31

0,36

2,2

 

Il comma 346 stabilisce una detrazione d’imposta, per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute fino ad un valore massimo di 60.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per le spese relative all’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici e industriali, nonché per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università.

 

Il comma 347 prevede una detrazione d’imposta per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute e fino ad un valore massimo di 30.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per le spese sostenute per interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione.

 

Il comma 348 ha stabilito, inoltre, le seguenti ulteriori condizioni per fruire delle detrazioni:

a)    l’asseverazione della rispondenza dell’intervento ai previsti requisiti da parte di un tecnico abilitato, che ne risponde civilmente e penalmente;

b)    l’acquisizione da parte del contribuente della certificazione energetica dell’edificio, se prevista dalla regione o dall’ente locale in base all’articolo 6 del già citato decreto legislativo n. 192 del 2005.

L’attestato di certificazione energetica è previsto per tutti gli edifici di nuova costruzione e per quelli sia intervenuta una ristrutturazione integrale degli elementi edilizi costituenti l’involucro di edifici esistenti ovvero la demolizione e ricostruzione in manutenzione straordinaria di edifici esistenti di superficie utile superiore a 1000 metri quadrati. L’attestato ha una validità temporale di dieci anni.

Qualora la certificazione energetica non sia prevista, il contribuente deve acquisire un “attestato di qualificazione energetica” predisposto e asseverato da un professionista abilitato, nel quale sono riportati i fabbisogni di energia primaria di calcolo o dell’unità immobiliare e i corrispondenti valori massimi ammissibili fissati dalla normativa ovvero, nel caso in cui tali limiti non siano stati fissati, quelli fissati per un identico edificio di nuova costruzione. L’attestato di qualificazione comprende anche l’indicazione di possibili interventi migliorativi.

Anche le spese per la certificazione possono rientrare negli importi detraibili.

 

Il comma 349 rinvia, in merito alle definizioni rilevanti ai fini dell'applicazione dei commi in commento, a quelle fornite dal citato del decreto legislativo n. 192 del 2005.

L’individuazione delle modalità attuative dell’articolo è inoltre rinviata ad un decreto del Ministro dell’economia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, che è stato emanato il 19 febbraio 2007 (in G.U. n. 47 del 26 febbraio 2007).

Tra l'altro l'articolo 10 del decreto dispone che la detrazione prevista dalle norme in esame non è cumulabile con le altre agevolazioni concesse per i medesimi interventi (le agevolazioni per ristrutturazioni edilizie previste ai sensi della legge 449/1997 ) mentre è compatibile con gli incentivi previsti in materia di risparmio energetico.

L'Agenzia delle Entrate ha emanato al riguardo la circolare interpretativa 31 maggio 2007 n. 36.

 

Il comma 15 proroga dal 31 dicembre 2007 al 31 dicembre 2010 il termine entro il quale devono essere sostenute e documentate le spese di seguito indicate al fine della fruizione della detrazione fiscale del 55%. Si tratta di:

-        spese per la riqualificazione energetica (comma 344 della finanziaria 2007);

-        spese per interventi su strutture opache verticali, orizzontali e finestre (comma 345 della finanziaria 2007);

-        spese per l'installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda (comma 346 della finanziaria 2007);

-        spese per la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale (comma 347 della finanziaria 2007).

 

Il comma 18 reca alcune precisazioni con riferimento alla proroga delle agevolazioni tributarie per la riqualificazione energetica degli edifici disposta dal comma 15 dell'articolo in esame.

In particolare, la lettera a) stabilisce che i valori limite di fabbisogno di energia primaria annuo per la climatizzazione invernale ai fini dell’applicazione del comma 344 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e i valori di trasmittanza termica ai fini dell’applicazione del comma 345 del medesimo articolo 1 sono definiti con decreto del Ministro dello sviluppo economico entro il 28 febbraio 2008.

La lettera b) prevede la possibilità di ripartire la detrazione per tutti gli interventi in un numero di quote annuali di pari importo non inferiore a tre e non superiore a dieci, a scelta irrevocabile del contribuente, operata all’atto della prima detrazione.

La lettera c) specifica che non è richiesta l’acquisizione da parte del contribuente della certificazione energetica dell’edificio (articolo 1, comma 348, lettera b), della legge 296/2006) per:

-        gli interventi su strutture opache verticali, orizzontali e finestre (comma 345 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296), limitatamente alla sostituzione di finestre comprensive di infissi in singole unità immobiliari;

-        l'installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda (comma 346 del medesimo articolo 1).

 

Il primo periodo del comma 16 dispone il rinvio, relativamente alle modalità di applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 344 a 347 nonché 353, 358 e 359 della legge finanziaria 2007, al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 febbraio 2007, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 47 del 26 febbraio 2007, recante disposizioni in materia di detrazioni per le spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente.

 

I commi 353, 358 e 359 della finanziaria 2007 recano agevolazioni fiscali dirette a incentivare acquisti per l’incremento dell’efficienza energetica. Le norme introducono una detrazione fiscale per le spese, effettuati entro il 31 dicembre 2007, relative a:

-        sostituzione di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni con analoghi apparecchi di classe energetica non inferiore ad A+ (comma 353). La detrazione è pari al 20% delle spese e comunque per un importo non superiore a 200 euro per ciascun apparecchio;

-        acquisto e installazione di motori ad elevata efficienza di potenza elettrica compresa tra 5 e 90 KW e per la sostituzione di motori esistenti con motori ad elevata efficienza di potenza elettrica compresa tra 5 e 90 KW (comma 358). La misura della detrazione è pari al 20% della spesa e comunque per un importo massimo di 1.500 euro per motore;

-        acquisto e installazione di variatori di velocità su impianti con potenza elettrica compresa tra 7,5 e 90 KW (comma 359). La detrazione è pari al 20% della spesa e comunque per un importo non superiore a 1.500 euro per intervento.

Ai sensi del comma 360, la definizione delle caratteristiche cui devono rispondere i motori ad elevata efficienza ed i variatori di velocità di cui ai commi 358 e 359 e le modalità applicative delle relative disposizioni sono rinviate ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia.

 

Il decreto cui fa riferimento la norma in esame corrisponde, in particolare, ad un decreto interministeriale del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico emanato in attuazione del comma 349 della finanziaria 2007 e contenente modalità applicative relativamente ai commi da 344 a 348 della finanziaria 2007.

In data 19 febbraio 2007, oltre al decreto richiamato dalla norma, è stato emanato anche un altro decreto interministeriale, in particolare un decretodel Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, recante “Disposizioni in materia di detrazioni per le spese sostenute per l'acquisto e l'installazione di motori ad elevata efficienza e variatori di velocità (inverter), di cui all'articolo 1, commi 358 e 359, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.”

 

Non appaiono evidenti gli effetti dell'applicazione del D.M. recante disposizioni in materia di detrazioni per le spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente ai commi 353, 358 e 359 della legge finanziaria 2007. Infatti tali disposizioni prevedevano agevolazioni tributarie per apparecchi domestici, motori industriali e variatori di velocità e hanno ricevuto attuazione con un altro D.M. (si veda sopra). Peraltro, durante l'esame in Commissione Bilancio, il governo ha presentato una relazione tecnica sull'emendamento che ha introdotto la disposizione in esame. Tale relazione afferma che " l'emendamento semplifica le modalità applicative ... pertanto, essendo procedurale, non comporta effetti di gettito".

 

Il secondo periodo del comma 16 prevede una corrispondente riduzione delle assegnazioni per il 2007 disposte dal CIPE a favore delle imprese previste nell’ambito dell’intervento ordinario nelle aree sottoutilizzate del territorio nazionale di cui alla legge 19 dicembre 1992, n. 488 a valere sul fondo per le aree sottoutilizzate. Si autorizza, infine, il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare con proprio decreto le necessarie variazioni di bilancio.

 

La disposizione in esame non appare chiara.

L’utilizzo del termine “corrispondentemente ridotte” ed il richiamo ad un decreto ministeriale di variazioni di bilancio, sembrerebbe indicare che l’applicazione all’articolo 1, commi 353, 358 e 359, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 febbraio 2007 reca un onere, il cui ammontare tuttavia non viene indicato.

Per quanto riguarda le risorse della legge n. 488 del 1992 per le agevolazioni alle attività produttive, si ricorda che esse sono assegnate dal CIPE in sede di riparto del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), per essere poi trasferite all’apposito piano di gestione del Fondo unico incentivi alle imprese, ora confluito, ai sensi dell’articolo 1, comma 841, della legge finanziaria per il 2007 nel Fondo per la competitività e lo sviluppo. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico 11 luglio 2007, con il quale si è provveduto alla ripartizione delle risorse del Fondo per il 2007 non risultano essere assegnate risorse alla legge n. 488 (il decreto ha confermato, per quanto riguarda le aree sottoutilizzate l’assegnazione di 135 milioni per il 2007 per gli interventi della programmazione negoziata (contratti di programma).

Si ricorda, infine, che per quanto riguarda il FAS, il CIPE non ha ancora provveduto al riparto delle risorse aggiuntive 2007-2009[40]..

 

Il comma 17 sostituisce la tabella 3 allegata alla legge finanziaria 2007 con efficacia retroattiva dal 1° gennaio 2007. La nuova tabella proposta, di seguito indicata, inverte i valori per i pavimenti e la copertura nell’ambito delle strutture opache orizzontali. La modifica è effettuata per correggere un errore materiale.

 

La nuova tabella 3 vigente è la seguente:

 

Zona climatica

Strutture opache verticali

Strutture opache orizzontali

Finestre comprensive di infissi

 

 

Copertura

Pavimenti

 

A

0,72

0,42

0,74

5,0

B

0,54

0,42

0,55

3,6

C

0,46

0,42

0,49

3,0

D

0,40

0,35

0,41

2,8

E

0,37

0,32

0,38

2,5

F

0,35

0,31

0,36

2,2

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il piano d’azione in materia di politica energetica europea per il periodo 2007-2009, approvato dal Consiglio europeo dell’8-9 marzo 2007 (per maggiori informazioni sugli obiettivi del Piano d’azione si veda la scheda relativa all’articolo 30) fa proprie, tra l’altro, le priorità individuate dal piano d’azione sull’efficienza energetica(COM(2006)545), presentato dalla Commissione il 19 ottobre 2006.

In particolare, il Consiglio europeo invita a perseguire l’obiettivo di risparmiare il 20 % del consumo primario di energia nell’Unione europea, entro il 2020, attraverso interventi nei settori delle apparecchiature e degli elettrodomestici, dell’edilizia, dei trasporti, della produzione e trasporto di energia nonché attraverso la promozione di accordi internazionali che l’UE potrebbe proporre già nel corso del 2007.

Per ciò che concerne il settore dell’edilizia il piano d’azione sull’efficienza energetica propone di realizzare, nei prossimi sei anni[41], una serie azioni prioritarie, anche a carattere normativo, finalizzate all'efficienza energetica e all'efficacia economica.

Il piano d'azione include, tra l’altro, misure mirate di tipo settoriale e orizzontale che, in primo luogo, intendono fissare requisiti di efficienza in materia di energia dinamica, rendendo un ampia gamma di prodotti più efficienti sotto il profilo energetico, sviluppando servizi per l’effecienza energetica negli usi finali e rendendo gli edifici più efficienti sotto il profilo energetico.

In questo contesto, nel settore edilizio il piano propone:

-        la definizione di requisiti minimi di efficienza per edifici nuovi o ristrutturati;

-        la messa a punto, entro la fine del 2008, di una strategia per gli edifici a bassissimo consumo di energia, o case passive[42], con l’obiettivo di rendere molto più diffusi questi edifici entro il 2015;

-        l’ampliamento del campo d’applicazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico nell’edilizia[43], estendendola a tutte le ristrutturazioni di edifici[44], a partire dal 2009.

I progressi del piano d’azione saranno valutati sia nel quadro del periodico riesame strategico della politica energetica dell'UE, previsto dal Libro verde sull’energia, sia nell’ambito di una revisione di medio termine che, nel 2009, dovrebbe avvalersi, tra l'altro, dei piani nazionali d'azione per l'efficienza energeticaprevisti dalla direttiva 2006/32/CE sull’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 12 ottobre 2006 la Commissione europea ha avviato una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia[45], mediante l’invio di una lettera di messa in mora, per non aver correttamente recepito nel proprio ordinamento le disposizioni contenute nella direttiva 2002/91/CE, relativa al rendimento energetico in edilizia. Il termine di recepimento della direttiva scadeva il 4 gennaio 2006. La direttiva figurava nell’allegato A della Legge comunitaria 2003[46].

La Commissione rileva che il D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 192 di “attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico in edilizia”, costituisce un quadro generale di riferimento la cui concreta attuazione è demandata a specifiche norme successive quali decreti, linee guida e relazioni, da approvare entro termini compresi tra 120 e 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo stesso. La Commissione contesta all’Italia di non aver proceduto all’adozione di tali provvedimenti o, in ogni caso, di non averli notificati alla Commissione.

Per altro, a seguito dell’adozione del D.Lgs. 29 dicembre 2006, n. 311 - contenente disposizioni correttive ed integrative al citato D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 192, espressamente apportate anche al fine di meglio conformare le disposizioni contenute nel predetto decreto legislativo alla direttiva 2002/91/CE – la procedura risulta provvisoriamente archiviata.


Articolo 2, commi 19-22
(Aliquote ridotte per atti di trasferimento di immobili
in aree di edilizia residenziale)

 


19. Nel testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, all'articolo 1 della Tariffa, parte I, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Se il trasferimento ha per oggetto immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati diretti all'attuazione dei programmi di edilizia residenziale comunque denominati, a condizione che l'intervento cui è finalizzato il trasferimento venga completato entro cinque anni dalla stipula dell'atto: 1 per cento».

20. All'articolo 1-bis della Tariffa annessa al testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero che importano il trasferimento di proprietà, la costituzione o il trasferimento di diritti immobiliari attinenti ad immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati diretti all'attuazione dei programmi di edilizia residenziale comunque denominati».

21. All'articolo 36 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e successive modificazioni, il comma 15 è abrogato.

22. Le disposizioni di cui ai commi 19, 20 e 21 si applicano agli atti pubblici formati, agli atti giudiziari pubblicati o emanati, alle scritture private autenticate poste in essere a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, nonché alle scritture private non autenticate presentate per la registrazione a decorrere dalla stessa data.


 

 

I commi da 19 a 22 dell’articolo 2 modificano il regime di fiscalità indiretta relativa agli atti di trasferimento di immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati.

 

L’articolo 33, comma 3, della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001) dispone che ai trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, regolarmente approvati ai sensi della normativa statale o regionale, sono soggetti all'imposta di registro dell'1% e alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, a condizione che l'utilizzazione edificatoria dell'area avvenga entro cinque anni dal trasferimento.

L’articolo 36, comma 15, del decreto legge n. 223/2006, come modificato in sede di conversione, dispone l’abrogazione del citato comma 3 il quale, tuttavia continua ad applicarsi “per i trasferimenti di immobili in piani urbanistici particolareggiati, diretti all'attuazione dei programmi prevalentemente di edilizia residenziale convenzionata, comunque denominati, realizzati in accordo con le amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione”.

 

La norma introduce un nuovo regime di imposizione indiretta per tali trasferimenti fissando l’imposta di registro in misura pari all’1%, imposta ipotecaria in misura pari al 3% e imposta catastale in misura all’1%.

 

In particolare, il comma 19, inserendo un periodo all’articolo 1 della Tariffa, parte prima, del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro[47], dispone l’applicazione dell’imposta di registro con aliquota all’1 per cento relativamente agli atti di trasferimento di immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati diretti all’attuazione dei programmi di edilizia residenziale comunque denominati, a condizione che l’intervento cui è finalizzato il trasferimento venga completato entro cinque anni dalla stipula dell’atto.

 

L’articolo 1 della Tariffa, parte prima, del DPR n. 131/1986 contiene un elenco di trasferimenti di beni immobili, distinti per tipologia di bene e per natura dei soggetti contraenti, individuano per ciascuna fattispecie la misura dell’imposta di registro da applicare. In particolare, per il trasferimento di diritti reali su immobili, di fabbricati e di terreni agricoli le aliquote ordinarie previste sono pari a, rispettivamente, 8%, 7% e 15%. La norma prevede, poi, alcune aliquote agevolate che riguardano: il trasferimento di immobili di particolare interesse storico, artistico e archeologico (3%); il trasferimento di abitazioni non di lusso[48] (3%); il trasferimento di fabbricati esenti da IVA in favore di imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell'attività esercitata la rivendita di beni immobili, a condizione che nell'atto l'acquirente dichiari che intende trasferirli entro tre anni[49] (1%). Infine, è prevista l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa (168 euro) relativamente a: trasferimenti in favore dello Stato, enti pubblici territoriali o consorzi costituiti esclusivamente fra gli stessi ovvero a favore di comunità montane, trasferimento di beni immobili situati all’estero o diritti reali sugli stessi, trasferimenti in favore di ONLUS e di istituzioni riordinate in aziende di aziende di servizi[50]

 

Rispetto alla normativa vigente, l’applicazione dell’imposta di registro in misura pari all’1%:

§      viene estesa a quelli destinati all’edilizia residenziale, non essendo più richiesto il requisito della convenzione;

§      viene introdotta la condizione in base alla quale l’intervento cui è finalizzato il trasferimento sia completato entro cinque anni dalla stipula dell’atto.

 

Il comma 20 modifica l’articolo 1-bis della Tariffa annessa al Testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecarie e catastali[51], prevedendo l’applicazione dell’imposta ipotecaria, con aliquota al 3 per cento, per la trascrizione di atti o sentenze che importano il trasferimento di proprietà o la costituzione o il trasferimento di diritti immobiliari attinenti ad immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati diretti all’attuazione dei programmi di edilizia residenziale comunque denominati.

Rispetto alla normativa vigente:

§      alle trascrizioni relative agli immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati di edilizia residenziale convenzionata si applicherebbe, in luogo dell’imposta in misura fissa (di cui all’articolo 36, comma 15 del DL n. 223/2006, abrogato dal comma 21 dell’articolo in esame), l’aliquota del 3%;

§      le trascrizioni relative agli immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati di edilizia residenziale non convenzionata sarebbero soggette all’aliquota ridotta del 3%.

 

Il comma 21 prevede, a fini di coordinamento, l’abrogazione del citato comma 15 dell’articolo 36 del decreto legge n. 223/2006 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248/2006.

L’articolo 36, comma 15, del decreto legge n. 223 del 2006 ha abrogato l’articolo 33, comma 3 della legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001), con la sola eccezione dei trasferimenti di immobili siti in piani particolareggiati diretti all’attuazione di programmi prevalentemente di edilizia residenziale convenzionata. Il regime agevolato introdotto con la legge finanziaria 2001 prevede l’applicazione dell’imposta di registro in misura pari all’1% e delle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa pari a 168 euro ciascuna.

Sarebbe opportuna una conferma in merito all’effettiva disapplicazione, in generale, del regime agevolato disposto dall’articolo 33, comma 3, della legge n. 388 del 2000. Ciò in quanto l’abrogazione di una norma che reca abrogazione di un’altra disposizione non comporta, in ogni caso, la rivivescenza della prima norma soppressa.


Articolo 2, commi 23-24
(Compensazioni orizzontali per lavoro autonomo
e imprese in contabilità semplificata)

 


23. L'articolo 8 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è sostituito dal seguente:

«Art. 8. - (Determinazione del reddito complessivo). - 1. Il reddito complessivo si determina sommando i redditi di ogni categoria che concorrono a formarlo e sottraendo le perdite derivanti dall'esercizio di imprese commerciali di cui all'articolo 66 e quelle derivanti dall'esercizio di arti e professioni. Non concorrono a formare il reddito complessivo dei percipienti i compensi non ammessi in deduzione ai sensi dell'articolo 60.

2. Le perdite delle società in nome collettivo ed in accomandita semplice di cui all'articolo 5, nonché quelle delle società semplici e delle associazioni di cui allo stesso articolo derivanti dall'esercizio di arti e professioni, si sottraggono per ciascun socio o associato nella proporzione stabilita dall'articolo 5. Per le perdite della società in accomandita semplice che eccedono l'ammontare del capitale sociale la presente disposizione si applica nei soli confronti dei soci accomandatari.

3. Le perdite derivanti dall'esercizio di imprese commerciali e quelle derivanti dalla partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice sono computate in diminuzione dai relativi redditi conseguiti nei periodi di imposta e per la differenza nei successivi, ma non oltre il quinto, per l'intero importo che trova capienza in essi. La presente disposizione non si applica per le perdite determinate a norma dell'articolo 66. Si applicano le disposizioni dell'articolo 84, comma 2, e, limitatamente alle società in nome collettivo ed in accomandita semplice, quelle di cui al comma 3 del medesimo articolo 84».

24. Le disposizioni di cui al comma 23 hanno effetto con decorrenza dal periodo d'imposta in corso al 1o gennaio 2008.


 

 

Il comma 23 dell’articolo 2, sostituendo l’articolo 8 del DPR n. 917 del 1986[52], reca disposizioni dirette ad introdurre, ai fini della determinazione del reddito complessivo IRPEF, la facoltà di portare in deduzione anche da redditi di natura diversa le perdite relative alle attività di impresa commerciale in contabilità semplificata o attività di lavoro autonomo realizzate dal contribuente nel medesimo periodo d’imposta (c.d. compensazione orizzontale).

Ai sensi del comma 24, la novella di cui al sopra illustrato comma 23 sarà efficace a decorrere dal periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2008.

 

La nuova formulazione proposta ripristina, a decorrere dal 2008, il testo vigente fino al 31 dicembre 2005.

 

Infatti, a seguito delle modifiche introdotte dall’articolo 36, comma 27, del decreto D.L. n. 223/2006 (c.d. decreto Bersani-Visco), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006[53], a decorrere dal 1° gennaio 2006, le perdite relativa all’attività di impresa in contabilità semplificata o all’attività di lavoro autonomo possono essere utilizzate in compensazione nel medesimo periodo d’imposta, esclusivamente in presenza di altri redditi della stessa natura. E’ prevista, in ogni caso, la possibilità di riportare negli anni successivi le perdite non dedotte, le quali potranno essere detratte dal reddito della stessa natura realizzato negli esercizi successivi, ma non oltre il quinto.

Nella versione precedente, fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2005 era consentito sottrarre le perdite d’impresa e di lavoro autonomo dai redditi anche di diversa natura (c.d. compensazione orizzontale).

L’articolo 8, comma 1, del TUIR dispone che il reddito complessivo si determina sommando i redditi di ogni categoria che concorrono a formarlo. Non concorrono a formare il reddito complessivo compensi non ammessi in deduzione ai sensi dell'articolo 60 del TUIR[54].

Ai sensi del comma 2, sono imputate ai soci in proporzione alle quote di partecipazione le perdite delle società in nome collettivo, delle società in accomandita semplice, delle società semplici e delle associazioni di cui all’articolo 5 del TUIR derivanti dall’esercizio di arti e professioni. Se le perdite della società in accomandita semplice sono superiori al capitale sociale, la quota eccedente è imputata ai soli soci accomandatari.

Il comma 3 dispone che le perdite derivanti dall'esercizio di imprese commerciali e quelle derivanti dalla partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché quelle derivanti dall'esercizio di arti e professioni, anche esercitate attraverso società semplici e associazioni di cui all'articolo 5 sono computate in diminuzione dai relativi redditi conseguiti nei periodi d’imposta e, per la differenza, nei successivi, ma non oltre il quinto, per l'intero importo che trova capienza in essi. Si applicano le disposizioni del comma 2 dell'articolo 84 del medesimo testo unico e, limitatamente alle società in nome collettivo e in accomandita semplice, quelle del comma 3 dell'articolo 84.


Articolo 2, comma 25
(Esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni relativamente ai trasferimenti di aziende o rami di esse, nel caso in cui il beneficiario del trasferimento sia il coniuge)

 

25. All'articolo 3, comma 4-ter, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, dopo le parole: «a favore dei discendenti» sono inserite le seguenti: «e del coniuge».

 

 

Il comma 25 dell’articolo 2, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio del Senato, reca disposizioni dirette ad estendere al coniuge il regime di esenzione dall’imposta di successione e donazione relativamente ai trasferimenti, a causa di morte o a titolo gratuito fra vivi, di aziende o rami di esse, di azioni, di quote di società di persone o di capitali.

La norma interviene modificando l’articolo 3, comma 4-ter, decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346[55] ai sensi del quale non sono soggetti all’imposta sulle successioni e donazioni i trasferimenti sopra indicati, effettuati in favore dei discendenti, anche tramite i patti di famiglia[56] di cui agli articoli 768-bis e seguenti del codice civile.

 

Il comma 4-ter dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 346/1990 dispone, in merito alla sopra indicata esenzione, che nel caso di quote sociali e azioni di società di capitali, società cooperative e società di mutua assicurazione residenti in Italia, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo della società, ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, numero 1), del codice civile[57].

A questo proposito, l’Agenzia delle entrate, nella circolare n. 11/E del 16 febbraio 2007, ha chiarito (punto 12.1) che, qualora la partecipazione di controllo posseduta dal dante causa sia frazionata tra più discendenti, l’agevolazione in commento spetta esclusivamente per l’attribuzione che consenta l’acquisizione o l’integrazione del controllo. L’agevolazione spetta sempre per il trasferimento della partecipazione di controllo a favore di più discendenti in comproprietà.

Condizione per fruire dell’esenzione è che i beneficiari proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo della società per almeno cinque anni dalla data del trasferimento, assumendo impegno in tal senso contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione.

Il mancato rispetto di questa condizione comporta la decadenza dal beneficio, il pagamento dell’imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa pecuniaria per ritardati od omessi versamenti[58] oltre agli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l’imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata.

Non è espressamente disciplinata l’ipotesi in cui l’inosservanza della condizione (cessazione dell’attività dell’impresa, perdita del controllo) derivi da fatto non imputabile alla volontà del beneficiario dell’esenzione. L’articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, stabilisce per altro, relativamente alle sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, che non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore


Articolo 3, commi 1-2
(Modifiche alle regole di determinazione del reddito d’impresa, decorrenza e periodo transitorio)

 


1. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 56, comma 2, le parole: «non dedotti ai sensi degli articoli 96 e 109, commi 5 e 6» sono sostituite dalle seguenti: «non dedotti ai sensi degli articoli 61 e 109, comma 5»;

b) l'articolo 61 è sostituito dal seguente:

«Art. 61. - (Interessi passivi) - 1. Gli interessi passivi inerenti l'esercizio d'impresa sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

2. La parte di interessi passivi non deducibile ai sensi del comma 1 non dà diritto alla detrazione dall'imposta prevista alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 15»;

c) gli articoli 62 e 63 sono abrogati;

d) all'articolo 66, comma 3, la parola: «96,» è soppressa;

e) all'articolo 77, comma 1, le parole: «33 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «27,5 per cento»;

f) all'articolo 83, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In caso di attività che fruiscono di regimi di parziale o totale detassazione del reddito, le relative perdite fiscali assumono rilevanza nella stessa misura in cui assumerebbero rilevanza i risultati positivi»;

g) all'articolo 84, comma 1:

1) il secondo periodo è soppresso;

2) al quarto periodo, le parole: «non dedotti ai sensi degli articoli 96 e 109, commi 5 e 6» sono sostituite dalle seguenti: «non dedotti ai sensi dell'articolo 109, comma 5»;

h) all'articolo 87, comma 1, alinea, le parole: «del 91 per cento, e dell'84 per cento a decorrere dal 2007» sono sostituite dalle seguenti: «del 95 per cento»;

i) l'articolo 96 è sostituito dal seguente:

«Art. 96. - (Interessi passivi) - 1. Gli interessi passivi e gli oneri assimilati, diversi da quelli compresi nel costo dei beni ai sensi del comma 1, lettera b), dell'articolo 110, sono deducibili in ciascun periodo d'imposta fino a concorrenza degli interessi attivi e proventi assimilati. L'eccedenza è deducibile nel limite del 30 per cento del risultato operativo lordo della gestione caratteristica.

2. Per risultato operativo lordo si intende la differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell'articolo 2425 del codice civile, con esclusione delle voci di cui al numero 10), lettere a) e b), e dei canoni di locazione finanziaria di beni strumentali, così come risultanti dal conto economico dell'e­serci­zio; per i soggetti che redigono il bilancio in base ai princìpi contabili internazionali si assumono le voci di conto economico corrispondenti.

3. Ai fini del presente articolo, assumono rilevanza gli interessi passivi e gli interessi attivi, nonché gli oneri e i proventi assimilati, derivanti da contratti di mutuo, da contratti di locazione finanziaria, dall'emissione di obbligazioni e titoli similari e da ogni altro rapporto avente causa finanziaria, con esclusione degli interessi impliciti derivanti da debiti di natura commerciale e inclusione, tra gli attivi, di quelli derivanti da crediti della stessa natura. Nei confronti dei soggetti operanti con la pubblica amministrazione, si considerano interessi attivi rilevanti ai soli effetti del presente articolo anche quelli virtuali, calcolati al tasso ufficiale di riferimento aumentato di un punto, ricollegabili al ritardato pagamento dei corrispettivi.

4. Gli interessi passivi e gli oneri assimilati indeducibili in un determinato periodo d'imposta sono dedotti dal reddito dei successivi periodi d'imposta, ma non oltre il quinto, se e nei limiti in cui, in tali periodi, l'importo degli interessi passivi e degli oneri assimilati di competenza, eccedenti gli interessi attivi e i proventi assimilati, sia inferiore al 30 per cento del risultato operativo lordo di competenza. Presentando apposito interpello all'Agen­zia delle entrate, ai sensi dell'articolo 37-bis, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, l'impresa può richiedere la disapplicazione totale o parziale del limite quinquennale al riporto in avanti, dimostrando che l'indebitamento dipende da piani di riorganizzazione aziendale avviati o da avviare o dall'acquisizione di aziende prevalentemente con capitale di debito o dall'avvio di nuove iniziative economiche ovvero da altri elementi che renderebbero particolarmente oneroso procedere ad una ristrutturazione o rinegoziazione dei finanziamenti contratti; in deroga al comma 1 dell'articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, l'Agenzia delle entrate risponde entro il termine di sessanta giorni. La decorrenza del termine di sessanta giorni non si interrompe nel caso di richieste istruttorie avanzate dall'Agenzia delle entrate.

5. Le disposizioni dei commi precedenti non si applicano alle banche e agli altri soggetti finanziari indicati nell'articolo l del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, con l'eccezione delle società che esercitano in via esclusiva o prevalente l'attività di assunzione di partecipazioni in società esercenti attività diversa da quelle creditizia o finanziaria, alle imprese di assicurazione nonché alle società capo­gruppo di gruppi bancari e assicurativi.

6. Resta ferma l'applicazione prioritaria delle regole di indeducibilità assoluta previste dall'articolo 90, comma 2, e dai commi 7 e 10 dell'articolo 110 del presente testo unico, dall'articolo 3, comma 115, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, in materia di interessi su titoli obbligazionari, e dall'articolo 1, comma 465, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, in materia di interessi sui prestiti dei soci delle società cooperative.

7. In caso di partecipazione al consolidato nazionale di cui alla sezione II del presente capo, l'eventuale eccedenza di interessi passivi ed oneri assimilati indeducibili generatasi in capo a un soggetto può essere portata in abbatti­mento del reddito complessivo di gruppo se e nei limiti in cui altri soggetti partecipanti al consolidato presentino, per lo stesso periodo d'imposta, un risultato operativo lordo capiente non integralmente sfruttato per la deduzione. Tale regola si applica anche alle eccedenze oggetto di riporto in avanti, con esclusione di quelle generatesi anteriormente all'ingresso nel consolidato nazionale»;

l) gli articoli 97 e 98 sono abrogati;

m) all'articolo 101, il comma 6 è sostituito dal seguente:

«6. Le perdite attribuite per trasparenza dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice sono utilizzabili solo in abbattimento degli utili attribuiti per trasparenza nei successivi cinque periodi d'imposta dalla stessa società che ha generato le perdite»;

n) all'articolo 102:

1) il comma 3 è abrogato;

2) il comma 7 è sostituito dal seguente:

«7. Per i beni concessi in locazione finanziaria l'impresa concedente che imputa a conto economico i relativi canoni deduce quote di ammortamento determi­nate in ciascun esercizio nella misura risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario. Per l'impresa utilizzatrice che imputa a conto economico i canoni di locazione finanziaria, la deduzione è ammessa a condizione che la durata del contratto non sia inferiore ai due terzi del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del comma 2, in relazione all'attività esercitata dall'impresa stessa; in caso di beni immobili, qualora l'applicazione della regola di cui al periodo precedente determini un risultato inferiore a undici anni ovvero superiore a diciotto anni, la deduzione è ammessa se la durata del contratto non è, rispettivamente, inferiore a undici anni ovvero pari almeno a diciotto anni. Per i beni di cui all'articolo 164, comma 1, lettera b), la deducibilità dei canoni di locazione finanziaria è ammessa a condizione che la durata del contratto non sia inferiore al periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del comma 2. La quota di interessi impliciti desunta dal contratto è soggetta alle regole dell'articolo 96»;

o) all'articolo 102-bis, il comma 4 è abrogato;

p) all'articolo 108, comma 2, i periodi dal secondo al quarto sono sostituiti dai seguenti: «Le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo d'imposta di sostenimento se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse, del volume dei ricavi dell'attività caratteristica dell'impresa e dell'attività internazionale dell'impresa. Tra le spese qualificabili come spese di rappresentanza e sottoposte ai limiti di inerenza e congruità previsti dal predetto decreto, possono essere contemplate anche le perdite fiscali di società sportive professionistiche controllate, oggetto di consolidamento ai sensi delle sezioni II e III del presente capo. Sono comunque deducibili le spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a euro 50»;

q) all'articolo 109:

1) al comma 4, lettera b), le parole da: «Gli ammortamenti dei beni materiali» fino a: «, che hanno concorso alla formazione del reddito.», sono soppresse;

2) al comma 5, secondo periodo, le parole: «per la parte corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 96» sono sostituite dalle seguenti: «per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi»;

3) il comma 6 è abrogato;

r) all'articolo 119, comma 1, lettera d), la parola: «ventesimo» è sostituita dalla seguente: «sedicesimo»;

s) l'articolo 122 è sostituito dal seguente:

«Art. 122. - (Obblighi della società o ente controllante) - 1. La società o ente controllante presenta la dichiarazione dei redditi del consolidato, calcolando il reddito complessivo globale risultante dalla somma algebrica dei redditi complessivi netti dichiarati da ciascuna delle società partecipanti al regime del consolidato e procedendo alla liquidazione dell'imposta di gruppo secondo le disposizioni attuative contenute nel decreto ministeriale di cui all'articolo 129 e in quello di approvazione del modello annuale di dichiarazione dei redditi»;

t) all'articolo 134, comma 1, la lettera a) è abrogata;

u) gli articoli 123 e 135 sono abrogati;

v) dopo l'articolo 139 è inserito il seguente:

«Art. 139-bis. - (Recupero delle perdite compensate) - 1. Nell'ipotesi di interruzione o di mancato rinnovo del consolidato mondiale, i dividendi o le plusvalenze derivanti dal possesso o dal realizzo delle partecipazioni nelle società consolidate, percepiti o realizzate dall'ente o società consolidante dal periodo d'imposta successivo all'ultimo periodo di consolidamento, per la parte esclusa o esente in base alle ordinarie regole, concorrono a formare il reddito, fino a concorrenza della differenza tra le perdite della società estera che si considerano dedotte e i redditi della stessa società inclusi nel consolidato. La stessa regola si applica durante il periodo di consolidamento in caso di riduzione della percentuale di possesso senza il venir meno del rapporto di controllo.

2. Con il decreto di cui all'articolo 142 sono stabilite le disposizioni attuative del comma 1, anche per il coordinamento con gli articoli 137 e 138»;

z) all'articolo 172, comma 7, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le disposizioni del presente comma si applicano anche agli interessi indeducibili oggetto di riporto in avanti di cui al comma 4 dell'articolo 96».

2. Le disposizioni di cui al comma 1, lettere a), b), c), d), e), g), numero 2), l), m), o), p), q), numeri 2) e 3), e z), si applicano a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007. Le disposizioni di cui al comma 1, lettera i), si applicano dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e, per i primi tre periodi d'imposta di applicazione della nuova disciplina degli interessi passivi, il limite del riporto in avanti dell'eccedenza non dedotta è esteso dal quinto al decimo periodo successivo a quello di competenza. Le disposizioni di cui al comma 1, lettere f) e g), numero 1), si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007. La disposizione di cui al comma 1, lettera h), ha effetto per le plusvalenze realizzate a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007; resta ferma l'esenzione in misura pari all'84 per cento per le plusvalenze realizzate dalla predetta data fino a concorrenza delle svalutazioni dedotte ai fini fiscali nei periodi d'imposta anteriori a quello in corso al 1o gennaio 2004. La disposizione di cui al comma 1, lettera n), numero 1), si applica a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e la disposizione di cui al numero 2) della stessa lettera n), concernente la durata minima dei contratti di locazione finanziaria, si applica a decorrere dai contratti stipulati a partire dal 1o gennaio 2008. In attesa della revisione generale dei coefficienti di ammortamento tabellare, per i soggetti diversi da quelli indicati nell'articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, continuano ad applicarsi, per i beni entrati in funzione entro il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007, le disposizioni dell'articolo 102, comma 3, secondo periodo, del medesimo testo unico nel testo previgente alle modifiche apportate dalla presente legge. La disposizione di cui al comma 1, lettera q), numero 1), ha effetto dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, ferma restando l'applicazione in via transitoria delle disposizioni dell'articolo 109, comma 4, lettera b), terzo, quarto e quinto periodo, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, nel testo previgente alle modifiche apportate dalla presente legge, per il recupero delle eccedenze risultanti alla fine del periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007. Il contribuente ha tuttavia la facoltà di eliminare il vincolo di disponibilità gravante sulle riserve in sospensione, ma senza alcun effetto sui valori fiscali dei beni e degli altri elementi, assoggettandole in tutto o in parte a imposta sostitutiva con aliquota dell'uno per cento; l'imposta sostitutiva deve essere versata in unica soluzione entro il termine di versamento dell'imposta sul reddito relativa al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007. Gli ammortamenti, gli accantonamenti e le altre rettifiche di valore imputati al conto economico a partire dall'esercizio dal quale, in conseguenza della modifica recata dal comma 1, lettera q), numero 1), decorre l'eliminazione delle deduzioni extracon­tabili, possono essere disconosciuti dall'Amministrazione finanziaria se non coerenti con i comportamenti contabili sistematicamente adottati nei precedenti esercizi, salva la possibilità per l'impresa di dimostrare la giustificazione economica di detti componenti in base a corretti princìpi contabili. La eliminazione della rettifica di consolidamento concernente la quota imponibile dei dividendi distribuiti dalle società controllate, conseguente alle modifiche recate dalle lettere s) e t) del comma 1, ha effetto dalle delibere di distribuzione adottate a partire dal 1o settembre 2007, esclusa la delibera riguardante la distribuzione dell'utile relativo all'esercizio anteriore a quello in corso al 31 dicembre 2007. L'eliminazione delle rettifiche di consolidamento concernenti il regime di neutralità per i trasferimenti infragruppo, conseguente alle modifiche recate dalla lettera u) del comma 1, si applica ai trasferimenti effettuati a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2007. Resta ferma l'applicazione degli articoli 124, comma 1, 125, comma 1, e 138, comma 1, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986.


 

 

L’articolo 3, modificato nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio del Senato, modifica la disciplina di determinazione del reddito d’impresa nonché il regime di tassazione diretta per le società (IRES e IRAP) prevedendo:

1)   modifiche ai criteri di deducibilità degli oneri diretti ad ampliare la base imponibile con riferimento al reddito d’impresa sia per quanto riguarda i soggetti IRPEF, sia per quanto riguarda i soggetti IRES;

2)   armonizzazione del risultato economico ai fini del bilancio civile con il reddito imponibile ai fini fiscali;

3)   riduzione dell’aliquota IRES che viene ridotta dal 33% al 27,5%;

4)   riduzione dell’aliquota IRAP ordinaria che viene ridotta dal 4,25% al 3,9%.

La relazione illustrativa afferma che le modifiche sono finalizzate, in primo luogo, all’allineamento con le tendenze dei maggiori paesi europei e anche con le raccomandazioni della Commissione Europea.

Inoltre, la relazione precisa che la riforma proposta persegue anche altre finalità quali quelle della semplificazione, razionalizzazione e trasparenza del prelievo fiscale. Infatti la “complessità della disciplina sul reddito d’impresa, oltre a generare, soprattutto per le imprese di grandi dimensioni, maggiori costi di procedure e adempimenti e, per il fisco, maggiori difficoltà in sede di accertamento, rende molto difficoltoso stabilire l’effettivo carico tributario gravante sulle imprese. Ciò comporta per gli investitori l’impossibilità di operare immediati raffronti con gli altri sistemi di tassazione”.

 

Si segnala che alcune modifiche concernente la deducibilità di oneri ai fini della determinazione del reddito d’impresa interessano, oltre alle società, anche i soggetti IRPEF che esercitano attività d’impresa. Tali soggetti possono alla luce delle novità recate dal comma 4 dell’articolo 3 del provvedimento in esame accedere, in presenza di determinati requisiti e osservando alcune condizioni, ad un regime di tassazione del reddito d’impresa con aliquota uguale a quella IRES. Per i soggetti che non possono fruire di tale regime o non ne hanno convenienza la norma sembrerebbe comportare, rispetto al regime vigente, un aggravio dell’imposizione fiscale.

 

Il comma 1 dell’articolo 3 interviene sulla disciplina fiscale in materia di determinazione del reddito d’impresa contenuta nel DPR n. 917 del 1986[59] modificando sia le norme contenute nel Titolo I (Imposta sul reddito delle persone fisiche – IRPEF) sia le norme contenute nel Titolo II (Imposta sul reddito delle società – IRES).

Aliquota IRES

La disposizione contenuta nella lettera e) del comma 1, modificando l’articolo 77 del TUIR, riduce l’aliquota IRES dal 33% al 27,5%.

La nuova aliquota, ai sensi del comma 2, entra in vigore a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

Regime fiscale degli interessi passivi

La norma interviene apportando rilevanti modifiche alla disciplina concernente la deducibilità degli interessi passivi.

La nuova disciplina, ai sensi del comma 2, entra in vigore a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

La normativa vigente dispone dei limiti alla deducibilità degli interessi passivi ai fini della determinazione del reddito d’impresa sia nel Titolo I (Imposta sul reddito delle persone fisiche)[60] sia nel Titolo II (imposta sul reddito delle società). Con riferimento a quest’ultimo, si segnala:

-        contrasto all'utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione (c.d. thin capitalization). A tal fine con l’articolo 98 del TUIR si stabilisce un limite alla deducibilità degli interessi passivi sui finanziamenti. In linea generale, la indeducibilità opera quando l’ammontare medio dei finanziamenti è superiore agli apporti di capitale da parte dei soci. La norma intende evitare che le società, qualora necessitino di risorse finanziarie, si indebitino in eccesso traendo vantaggi sia da un punto di vista fiscale (per la deducibilità degli interessi passivi) sia in termini di rischio (in quanto non incrementano il capitale sociale, ossia il capitale soggetto al rischio d’impresa);

-        pro-rata patrimoniale, che prevede un ulteriore limite alla deducibilità degli interessi da applicare qualora l'impresa possieda delle partecipazioni esenti iscritte in bilancio ad un valore superiore a quello del proprio patrimonio netto contabile, risultante dal medesimo bilancio. In questo caso, l’articolo 97 del TUIR stabilisce che gli interessi passivi, ai quali è già stata applicata la thin capitalization di cui all’articolo 98, sono indeducibili per la quota corrispondente al rapporto tra l’eccedenza delle partecipazioni esenti rispetto al patrimonio netto e il valore corrispondente alla differenza tra il totale attivo dedotto del patrimonio netto e del valore dei debiti commerciali;

-        pro-rata generale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 96 del TUIR. In particolare, il comma 1 dell’articolo 96 dispone che la quota di interessi passivi che residua dopo l'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 97 e 98 è deducibile per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e degli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. Il comma 2 dell’articolo 96 individua le fattispecie di componenti positive che non rilevano o che rilevano in misura parziale per la determinazione del rapporto di cui al comma 1. Ai sensi del comma 3, qualora la società abbia riscosso interessi o altri proventi esenti relativi a obbligazioni pubbliche o private acquisite dopo il 28 novembre 1984, gli interessi passivi non sono ammessi in deduzione fino a concorrenza dell'ammontare complessivo degli interessi o proventi esenti.

 

La lettera i) del comma 1 sostituisce interamente l’articolo 96 del TUIR sopra richiamato, introducendo una nuova disciplina relativa alla deducibilità degli interessi passivi.

La nuova disciplina sostituisce anche le disposizioni contenute negli articoli 97 e 98 del TUIR i quali, infatti, sono abrogati dalla successiva lettera l).

La nuova disciplina, ai sensi del comma 2, entra in vigore a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

Il nuovo articolo 96 dispone:

-        gli interessi passivi e gli oneri assimilati sono deducibili, in ciascun periodo di imposta, fino a concorrenza degli interessi attivi e dei proventi assimilati realizzati nel medesimo periodo d’imposta (comma 1);

-        l’eventuale eccedenza negativa è deducibile nel limite del 30 per cento del risultato operativo lordo della gestione caratteristica (comma 1). Il risultato operativo lordo è dato dalla differenza tra il valore e i costi della produzione, come risultanti dal conto economico di esercizio, escluse le quote di ammortamento delle immobilizzazioni immateriali e materiali e i canoni leasing relativi a beni strumentali (comma 2);

-        ai fini dell’articolo in esame, assumono rilevanza gli interessi passivi e gli interessi attivi, nonché gli oneri e i proventi assimilati, aventi natura finanziaria mentre sono esclusi quelli aventi natura commerciale (comma 3)[61].

-        In particolare, la norma si riferisce ai contratti di mutuo, ai contratti leasing, ai prestiti obbligazionari o emissione di titoli similari e ad ogni altro rapporto avente causa finanziaria.

-        in deroga a quanto indicato nel punto precedente, per i soggetti che vantano crediti commerciali nei confronti della pubblica amministrazione, sono considerati interessi attivi, rilevanti ai fini della deducibilità degli interessi passivi, anche quelli virtuali, calcolati al tasso ufficiale di riferimento aumentato di un punto, purché connessi al ritardato pagamento dei corrispettivi (comma 3). La relazione illustrativa evidenzia come tale modifica abbia lo scopo di risolvere il problema delle imprese abitualmente operanti con le pubbliche amministrazioni e che, quindi, si trovano spesso esposte al problema dei ritardati pagamenti e della conseguente esigenza di ricorrere al debito;

-        le eccedenze di interessi passivi indeducibili in un determinato periodo di imposta possono essere dedotte dal reddito dei successivi periodi di imposta, ma non oltre il quinto (c.d. riporto in avanti), qualora, negli esercizi successivi, il risultato operativo sia capiente. In altre parole, il riporto in avanti trova applicazione solo se e nei limiti in cui, negli esercizi successivi l’eventuale eccedenza dei componenti negativi rispetto a quelli positivi sia inferiore al 30 per cento del risultato operativo lordo di competenza (comma 4). Ai sensi del comma 2 per i primi tre periodi d’imposta di applicazione della nuova disciplina, il riporto in avanti è esteso dal quinto al decimo periodo successivo a quello di competenza;

-        le imprese hanno la facoltà di richiedere, tramite interpello presentato all’Agenzia delle entrate ai sensi dell’art. 37-bis, comma 8, del D.P.R. n. 600 del 1973, la disapplicazione, totale o parziale, del limite temporale al riporto degli interessi passivi eccedenti la quota deducibile in ciascun periodo di imposta (limite quinquennale, ampliato a dieci anni nei primi tre periodi di imposta di applicazione della nuova disciplina). La disapplicazione è subordinata alla dimostrazione che l’indebitamento dipende da piani di riorganizzazione aziendale avviati o da avviare o dall’acquisizione di aziende prevalentemente con capitale di debito o dall’avvio di nuove iniziative economiche oppure da altri elementi che renderebbero particolarmente oneroso procedere ad una ristrutturazione o rinegoziazione dei finanziamenti contratti. L’Agenzia delle entrate, in deroga all’articolo 11, comma 1, dello Statuto del contribuente, è tenuta a rispondere entro sessanta giorni dalla presentazione dell’interpello (comma 4);

-        sono esclusi dall’ambito di applicazione della disciplina in esame le banche e gli altri soggetti finanziari indicati nell’articolo 1 del D.Lgs. n. 87/1992[62], le imprese di assicurazione e le società capogruppo di gruppi bancari e assicurativi (comma 5);

-        sono incluse nell’ambito soggettivo le società che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in società esercenti attività diversa da quelle creditizia o finanziaria (c.d. holding industriali) (comma 5);

-        restano ferme, in ogni caso, le regole generali di indeducibilità disposte dall’articolo 90, comma 2 (relativamente agli immobili non strumentali), dall’articolo 110, comma 7 (relativamente alle operazioni con imprese residenti in paesi esteri con i quali sono stati stipulate convenzioni contro le doppie imposizioni), dall’articolo 110, comma 10 (relativamente ad operazioni con imprese residenti in paesi aventi regime fiscale privilegiato), dall’articolo 3, comma 115 della legge n. 549/1995[63] (tasso di rendimento effettivo su obbligazioni e titoli similari emessi da soggetti non residenti superiore ai limiti fissati al DPR n. 600/1973, articolo 26, comma 1) e dall’articolo 1, comma 465 della legge n. 311/2004[64] (interessi sui prestiti delle società cooperative) (comma 6);

-        In merito alla indeducibilità relativa agli immobili non strumentali, si rinvia a quanto disposto dal comma 3 dell’articolo in esame il quale, recando norma di interpretazione autentica, afferma che gli interessi passivi corrisposti su finanziamenti per l’acquisto di immobili non strumentali non sono compresi fra i componenti negativi indeducibili di cui al comma 2 dell’articolo 90.

-        in caso di partecipazione al consolidato nazionale, l’eventuale eccedenza di interessi passivi ed oneri assimilati indeducibili generatasi in capo a un soggetto può essere portata in abbattimento del reddito complessivo di gruppo, se e nei limiti in cui altri soggetti partecipanti al consolidato presentino, per lo stesso periodo d’imposta, un risultato operativo lordo capiente non integralmente sfruttato per la deduzione. Tale regola si applica anche alle eccedenze oggetto di riporto in avanti, con esclusione di quelle generatesi anteriormente all’ingresso nel consolidato nazionale (comma 7).

 

La nuova disciplina sugli interessi passivi incide in modo peggiorativo sulle situazioni delle imprese che hanno già effettuato investimenti reperendo risorse attraverso l’indebitamento di lungo periodo. Ciò in quanto in sede di pianificazione degli investimenti, un ruolo rilevante assume il beneficio fiscale atteso dalla deducibilità degli interessi passivi.

 

La lettera b) del comma 1 sostituisce l’articolo 61 del TUIR, recante la disciplina degli interessi passivi per i soggetti IRPEF. La nuova disciplina sostituisce anche le disposizioni contenute negli articoli 62 e 63 del TUIR i quali, pertanto, sono abrogati dalla successiva lettera c).

La nuova disciplina, ai sensi del comma 2, entra in vigore a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

 

Prima di esaminare il contenuto degli articoli 61, 62 e 63 del TUIR, si ricorda che ai sensi dell’articolo 56, comma 1, del TUIR, il reddito d’impresa ai fini IRPEF è determinato, ove non diversamente disposto, secondo le disposizioni della sezione I del capo II del titolo II (Determinazione della base imponibile delle società e degli enti commerciali residenti).

Ai sensi dell’articolo 61 gli interessi passivi pagati dall’imprenditore devono essere computati nella determinazione del reddito d’impresa e non danno diritto alla detrazione dall'imposta prevista alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 15[65].

Inoltre, analogamente alle disposizioni per i soggetti IRES, gli articoli 62 e 63 recano la disciplina il pro-rata patrimoniale e il contrasto all’utilizzo della sottocapitalizzazione delle imprese (c.d. thin capitalization) per i soggetti IRPEF.

Il nuovo articolo 61 introduce, al comma 1, la parziale deducibilità degli interessi passivi inerenti l’esercizio di impresa.

In particolare, si prevede che tali oneri sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra la somma dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa e dei ricavi che non vi concorrono perché esclusi e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. In altre parole, la quota indeducibile degli interessi passivi è proporzionale alla quota dei ricavi e proventi esenti rispetto al totale dei ricavi e proventi.

 

Il comma 2 del nuovo articolo 61 dispone che la parte di interessi passivi non deducibili ai sensi del comma 1 non dà diritto alla detrazione dall’imposta prevista alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 15.

Rispetto alla normativa vigente, la indetraibilità degli interessi passivi è disposta con riferimento alla quota non deducibile ai sensi del comma 1. Pertanto, limitatamente alla quota deducibile la norma consente al contribuente di iscrivere gli interessi passivi tra gli oneri detraibili in misura pari al 19 per cento.

 

La lettera d) del comma 1, inserita dalla Commissione bilancio del Senato, espunge dall’articolo 66, comma 3, TUIR il rinvio all’articolo 96 del TUIR.

Con tale modifica, il nuovo regime di deducibilità degli interessi passivi, di cui al riformulato articolo 96 del TUIR, non si applica alle imprese minori.

La nuova disciplina, ai sensi del comma 2, entra in vigore a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

 

La lettera z) del comma 1, aggiungendo un periodo al comma 7 dell’articolo 172 del TUIR, estende agli interessi passivi portati in avanti, perché indeducibili nell’esercizio di riferimento, lo stesso trattamento limitativo delle perdite nell’ambito delle operazioni di fusione o scissione.

La nuova disciplina, ai sensi del comma 2, entra in vigore a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

Il comma 7 dell’articolo 172 del TUIR reca disposizioni antielusive in materia di fusioni e scissioni societarie. In particolare, si dispone che le perdite delle società che partecipano alla fusione possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante per un ammontare non superiore al rispettivo patrimonio netto quale risulta dall'ultimo bilancio ovvero, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di cui all'articolo 2501-quater del codice civile.

La relazione illustrativa sottolinea come tale previsione abbia una funzione antielusiva, al fine di evitare che le operazioni societarie straordinarie siano fatte con lo scopo di “subentrare nel diritto della deduzione a titolo di interessi portati a nuovo”.

Non appare chiaro quale sia l’applicazione della norma nell’ipotesi in cui in capo alla stessa società partecipante alla fusione siano attribuite sia perdite d’esercizio che interessi oggetto di riporto in avanti.

 

In materia di regime fiscale degli interessi passivi, il comma 1 in esame reca, infine, disposizioni di coordinamento tra la normativa vigente e le modifiche introdotte.

In particolare, la lettera a) del comma 1 modifica l’articolo 56, comma 2 del TUIR concernente la determinazione delle perdite d’impresa che possono essere portate in deduzione ai fini della determinazione del reddito complessivo.

La nuova disciplina, ai sensi del comma 2, entra in vigore a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

Ai sensi del comma 2 dell’articolo 56 la perdita d’impresa, “al netto dei proventi esenti dall’imposta per la parte del loro ammontare che eccede i componenti negativi non dedotti ai sensi degli articoli 96 e 109, commi 5 e 6 è computata in deduzione del reddito complessivo”.

La modifica è diretta ad includere nel comma 2 dell’articolo 56 il riferimento all’articolo 61 del TUIR al fine di coordinarsi con le modifiche introdotte dalla lettera b) del comma 1 in esame nonché ad espungere i rinvii all’articolo 96 e all’articolo 109, comma 6 del TUIR al fine di coordinarsi con le modifiche introdotte dalla lettera i) del comma 1 in esame.

L’articolo 109 del TUIR reca disposizioni concernenti “Norme generali sui componenti del reddito d'impresa”. In particolare, il comma 6 dispone che qualora nell'esercizio siano stati conseguiti gli interessi e i proventi di cui al comma 3 dell'articolo 96 che eccedono l'ammontare degli interessi passivi, fino a concorrenza di tale eccedenza non sono deducibili le spese e gli altri componenti negativi di cui al secondo periodo del precedente comma e, ai fini del rapporto previsto dal predetto articolo 96, non si tiene conto di un ammontare corrispondente a quello non ammesso in deduzione.

 

La lettera g), numero 2) del comma 1 modifica il comma 1 dell’articolo 84 del TUIR espungendo i rinvii all’articolo 96 e all’articolo 109, comma 6 del TUIR al fine di coordinarsi con le modifiche introdotte dalla lettera i) del comma 1 in esame.

La nuova disciplina, ai sensi del comma 2, entra in vigore a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

Regime delle perdite

La lettera f) del comma 1 inserisce un nuovo periodo al comma 1 dell’articolo 83 del TUIR recante disposizioni in materia di determinazione del reddito complessivo.

La nuova disciplina, ai sensi del comma 2, entra in vigore a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007.

L’articolo 83 dispone che, ai fini della determinazione dell’imponibile IRES, è necessario apportare all’utile risultante dal bilancio civile le variazioni in base ai criteri di imputazione e deducibilità di natura fiscale.

Con la novella in commento, si specifica che, in caso di attività che fruiscono di regimi di parziale o totale detassazione del reddito, le relative perdite fiscali assumono rilevanza nella stessa misura in cui assumerebbero rilevanza i risultati positivi.

In merito alla data in entrata in vigore della disciplina in commento, si segnala che la disposizione introduce una deroga al principio della irretroattività delle norme tributarie sancito dall’articolo 3 della legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente).

 

La lettera g), numero 1, del comma 1 interviene sull’articolo 84 del TUIR, recante la disciplina del riporto delle perdite, disponendo la soppressione del secondo periodo del comma 1, coordinandosi con quanto disposto dalla lettera f) del comma 1.

La nuova disciplina, ai sensi del comma 2, entra in vigore a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007.

Ai sensi del comma 1 dell’articolo 84, la perdita di un periodo d’imposta, determinata con le stesse norme valevoli per la determinazione del reddito, può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi (primo periodo). Il secondo periodo del comma 1 stabilisce che per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione totale o parziale del reddito la perdita riportabile è diminuita in misura proporzionalmente corrispondente alla quota di esenzione applicabile in presenza di un reddito imponibile. Nei periodi successivi, si stabilisce che per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell’utile la perdita è riportabile per l’ammontare che eccede l’utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti. La perdita è diminuita dei proventi esenti dall’imposta diversi da quelli di cui all'articolo 87, per la parte del loro ammontare che eccede i componenti negativi non dedotti ai sensi degli articoli 96 e 109, commi 5 e 6. Detta differenza potrà tuttavia essere computata in diminuzione del reddito complessivo in misura tale che l’imposta corrispondente al reddito imponibile risulti compensata da eventuali crediti di imposta, ritenute alla fonte a titolo di acconto, versamenti in acconto, e dalle eccedenze di cui all’articolo 80.

 

Si ricorda che tale periodo – di cui si propone ora l’abrogazione – era stato inserito dal comma 72 dell’articolo 1 della finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) che ne aveva previsto la decorrenza dal periodo di imposta 2007. Considerato che – in base al comma 2 del presente articolo 2 – le disposizioni di cui al comma 1, lettera g), n. 1, si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007, ne consegue come il suddetto secondo periodo dell’art. 84, co. 1, TUIR, rimanga del tutto privo di effetti pratici.

In merito alla data in entrata in vigore della disciplina in commento, si segnala che la disposizione introduce una deroga al principio della irretroattività delle norme tributarie sancito dall’articolo 3 della legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente).

 

La lettera m) del comma 1, introdotta dalla Commissione bilancio del Senato, sostituisce l’intero comma 6 dell’articolo 101 TUIR, stabilendo che le perdite attribuite per trasparenza da società in nome collettivo e in accomandita semplice a società di capitali siano utilizzabili solo in abbattimento degli utili attribuiti per trasparenza nei successivi cinque periodi di imposta dalla stessa società che ha generato le perdite.

La nuova disciplina, ai sensi del comma 2, entra in vigore a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

La relazione illustrativa rileva come tale modifica sia volta a prevenire comportamenti elusivi da parte di società di capitali tesi a concentrare su società di persone partecipate il sostenimento di interessi passivi, così da sottrarli alla disciplina del nuovo articolo 96 TUIR e da dedurli sottoforma di perdita attribuita per trasparenza.

Regime degli ammortamenti

La lettera n) del comma 1 modifica l’articolo 102 del TUIR recante le modalità di ammortamento dei beni materiali.

 

L’articolo 102 del TUIR dispone, in linea generale, che la quota ordinaria di ammortamento[66] deducibile ai fini fiscali deve essere di ammontare non superiore a quella risultante dall'applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, ridotti alla metà per il primo esercizio. I coefficienti sono stabiliti per categorie di beni omogenei in base al normale periodo di deperimento e consumo nei vari settori produttivi.

 

Il numero 1) della lettera n) abroga il comma 3 dell’articolo 102, che prevede la possibilità di elevare, per alcune categorie di beni, la misura massima di deducibilità delle quote di ammortamento (c.d. ammortamento accelerato e ammortamento anticipato).

Il comma 3 dell’articolo 102 del TUIR disciplina l’ammortamento accelerato e l’ammortamento anticipato. L’ammortamento accelerato è consentito qualora si verifichi una più intensa utilizzazione del bene rispetto a quella normale del settore; in tal caso la misura massima di ammortamento, determinata ai sensi del comma 2, può essere superata in proporzione all’effettivo maggiore utilizzo del bene. L’ammortamento anticipato, invece, consente di aumentare la quota ordinaria di ammortamento fino a due volte nell'esercizio in cui i beni sono entrati in funzione e nei due successivi.

La nuova disciplina, ai sensi del comma 2, entra in vigore a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

Il comma 2, inoltre, dispone che, in attesa della revisione dei coefficienti di ammortamento tabellare, per le imprese diverse da quelle rientranti tra i soggetti passivi IRES continui ad applicarsi, per i beni entrati in funzione entro il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007, la norma sugli ammortamenti anticipati di cui all’articolo 102, comma 3, secondo periodo del TUIR, nella versione previgente le modifiche apportate dal presente comma.

 

Il numero 2) della lettera n) sostituisce il comma 7 dell’articolo 102, recante le modalità di ammortamento dei beni concessi in locazione finanziaria (c.d. leasing finanziario).

La nuova disciplina, ai sensi del comma 2, si applica ai contratti di locazione finanziaria stipulati a partire dal 1° gennaio 2008.

In materia di ammortamento dei beni in leasing il comma 7 dell’articolo 102 dispone che la società che concede i beni in locazione, iscrive tra i componenti positivi i canoni di locazione e deduce annualmente quote di ammortamento ordinario essendo esclusa la possibilità di effettuare ammortamento anticipato.

Il soggetto utilizzatore del bene può dedurre i canoni di locazione in presenza delle seguenti condizioni:

-        per i beni mobili, il contratto leasing deve avere una durata non inferiore alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente ordinario di ammortamento;

-        per i beni immobili, oltre al requisito indicato nel punto precedente, la durata del contratto non deve essere, in ogni caso, inferiore a 8 anni e superiore a 15 anni;

-        per veicoli aziendali, il contratto leasing deve avere una durata non inferiore al periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente ordinario di ammortamento.

Con le modifiche introdotte dal nuovo comma 7, per quanto concerne le imprese utilizzatrici :

§      per i beni mobili, ai fini della deducibilità dei canoni leasing, la durata minima del contratto viene elevata dalla metà ai due terzi del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente ordinario di ammortamento;

§      per i beni immobili, la durata del contratto, fermo restando il requisito di cui al punto precedente, non deve essere, in ogni caso, inferiore a 11 anni (in luogo di otto) e non superiore a 18 anni (in luogo di 15);

§      per i veicoli aziendali, viene riproposta la normativa vigente, che prevede, ai fini della deducibilità dei canoni, una durata del contratto leasing non inferiore al periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente ordinario;

§      per tutti i tipi di contrattisi dispone che la quota di interessi impliciti è soggetta alle limitazioni in materia di deducibilità degli interessi passivi di cui all’articolo 96 (modificato dalla lettera i) del comma in esame).

Per quanto concerne le società concedenti, il nuovo comma 7 non ripropone il divieto di ammortamento anticipato. La modifica è da collegare all’abrogazione del comma 3 del medesimo articolo 102 disposta dal punto 1 della lettera n) ed ha pertanto natura di coordinamento formale.

 

La lettera o) del comma 1, abrogando il comma 4 dell’articolo 102-bis (“Ammortamento dei beni materiali strumentali per l’esercizio di alcune attività regolate”), sopprime il divieto di ogni ulteriore deduzione per ammortamento anticipato o per una più intensa utilizzazione dei beni rispetto a quella normale del settore. La norma dispone il coordinamento con le modifiche introdotte dalla lettera n).

La nuova disciplina, ai sensi del comma 2, entra in vigore a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

 

La lettera p) del comma 1, modificando il comma 2 dell’articolo 108 del TUIR, interviene sulla disciplina fiscale relativa alle spese di rappresentanza.

La nuova disciplina, ai sensi del comma 2, entra in vigore a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

Il comma 2 dell’articolo 108 del TUIR reca disposizioni, nella parte modificata, relativa alla deducibilità delle spese di rappresentanza. In particolare, tali spese sono deducibili, nella misura di un terzo del loro ammontare, per quote costanti nell'esercizio in cui sono state sostenute e nei quattro successivi. Si considerano spese di rappresentanza anche quelle sostenute per i beni distribuiti gratuitamente, anche se recano emblemi, denominazioni o altri riferimenti atti a distinguerli come prodotti dell'impresa, e i contributi erogati per l'organizzazione di convegni e simili. Le predette limitazioni non si applicano ove le spese di rappresentanza siano riferite a beni di cui al periodo precedente di valore unitario non eccedente euro 25,82.

 

In base alla modifica introdotta le spese di rappresentanza:

§      sono deducibili interamente nell’esercizio in cui vengono sostenute, se rispondenti a requisiti di inerenza e congruità da fissare con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, anche sulla base della natura e della destinazione delle spese medesime, nonché del volume dei ricavi dell’attività caratteristica dell’impresa e dell’attività internazionale dell’impresa.

Non risulta individuato il termine per l’emanazione del decreto;

§      possono essere incluse tra le spese di rappresentanza, se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità, le perdite fiscali di società sportive professionistiche controllate, oggetto di consolidamento.

La disposizione, assimilando le perdite delle società sportive professionistiche controllate alle spese di rappresentanza, introduce una deroga alla disciplina generale delle perdite fiscali;

§      se relative a beni distribuiti gratuitamente (omaggi) rimangono interamente deducibili nell’anno se il valore unitario è inferiore a 50 euro. Rispetto alla normativa vigente, pertanto, viene aumentato il limite da 25,82 a 50 euro.

Deduzioni extra-contabili e svincolo di riserve in sospensione d’imposta

La lettera q) del comma 1 modifica la disciplina contenuta nell’articolo 109 del TUIR recante “Norme generali sui componenti del reddito d’impresa”, intervenendo sui commi 4, 5 e 6.

La relazione illustrativa afferma che le modifiche recate dalla lettera q) comportano che, a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, non saranno più ammesse deduzioni extracontabili a titolo di ammortamenti, altre rettifiche di valore e accantonamenti, ferma restando la deducibilità dei costi imputati al conto economico, pur sempre entro i limiti massimi ammessi dalla norma fiscale.

Pertanto, l’innovazione in commento consiste nell’eliminazione del meccanismo delle deduzioni extracontabili indicato nel quadro EC (prospetto per la deduzione extracontabile dei componenti negativi) per ammortamenti, accantonamenti e altri costi.

 

Si ricorda infatti che la riforma dell’IRES (D.Lgs. n. 344 del 2003) ha introdotto la possibilità di operare, relativamente agli ammortamenti, svalutazioni e accantonamenti delle deduzioni extracontabili.

Tale possibilità era stata indotta dalla scelta, operata con la riforma del diritto societario (D.Lgs. n. 6 del 2003), di eliminare il fenomeno del c.d. inquinamento fiscale del bilancio, causato dalla possibilità di far concorrere al risultato di esercizio rettifiche di valore e accantonamenti per rischi e oneri operati per ragioni esclusivamente fiscali, ma privi, del tutto o in parte, di giustificazione secondo corretti principi contabili.

La lettera q), numero 1), abroga parzialmente l’articolo 109, comma 4, lettera b) del TUIR riducendo i margini di ricorso alle deduzioni c.d. extracontabili le quali erano state introdotte in conformità al principio del c.d. disinquinamento del bilancio.

Ai sensi del comma 4 dell’articolo 109, la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi è ammessa solo se risultano imputati nel conto economico. In deroga a tale principio, sono deducibili, anche se non contabilizzati:

a)    quelli imputati al conto economico di un esercizio precedente e non dedotti fiscalmente in conformità a norme fiscali;

b)    quelli deducibili per disposizione di legge. Relativamente ad alcune voci di costo (ammortamenti dei beni materiali e immateriali, altre rettifiche di valore, accantonamenti, spese relative a studi e ricerche di sviluppo, differenze tra i canoni leasing e la somma degli ammortamenti dei beni acquisiti in locazione finanziaria e degli interessi passivi che ne derivano) si ammette la deducibilità, anche in assenza di imputazione al conto economico, se in un apposito prospetto della dichiarazione dei redditi (quadro EC) risultano evidenziati l’importo complessivo, il valore civile e quello fiscali dei beni nonché i fondi di ammortamento. In caso di distribuzione, le riserve di patrimonio netto e gli utili d'esercizio, anche se conseguiti successivamente al periodo d'imposta cui si riferisce la deduzione, concorrono a formare il reddito se e nella misura in cui l'ammontare delle restanti riserve di patrimonio netto e dei restanti utili portati a nuovo risulti inferiore all'eccedenza degli ammortamenti, delle rettifiche di valore e degli accantonamenti dedotti rispetto a quelli imputati a conto economico, al netto del fondo imposte differite correlato agli importi dedotti. La parte delle riserve e degli utili di esercizio distribuiti che concorre a formare il reddito ai sensi del precedente periodo è aumentata delle imposte differite ad essa corrispondenti. L'ammontare dell'eccedenza è ridotto degli ammortamenti, delle plusvalenze o minusvalenze, delle rettifiche di valore relativi agli stessi beni e degli accantonamenti, nonché delle riserve di patrimonio netto e degli utili d'esercizio distribuiti, che hanno concorso alla formazione del reddito. Le spese e gli oneri specificamente afferenti i ricavi e gli altri proventi, che pur non risultando imputati al conto economico concorrono a formare il reddito, sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi.

La nuova disciplina, ai sensi del comma 2, entra in vigore a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007. Tuttavia, per il recupero delle eccedenze risultanti alla fine del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007 è ammessa l’applicazione, in via transitoria, delle disposizioni dell’articolo 109, comma 4, lettera b), terzo, quarto e quinto periodo del TUIR.

Con particolare riferimento alle riserve in sospensione d’imposta, il comma 2, dispone la facoltà per il contribuente, di eliminare il vincolo di disponibilità, che non ne consente la distribuzione, attraverso il pagamento di una imposta sostitutiva fissata in misura pari all’1% da versare entro il termine di scadenza per il pagamento dell’imposta sul reddito relativa al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007.

Con un’integrazione all’articolo 3, comma 2, apportata dalla Commissione bilancio del Senato, si prevede che gli ammortamenti, gli accantonamenti e le altre rettifiche di valore, imputati al conto economico a partire dall’esercizio dal quale, in conseguenza della modifica recata dalla sopra illustrata lettera q), numero 1) del comma 1, decorre l’eliminazione delle deduzioni extracontabili, possano essere disconosciuti dall’Amministrazione finanziaria, qualora non risultino coerenti con i comportamenti contabili sistematicamente adottati nei precedenti esercizi, fatta salva la possibilità per l’impresa di dimostrare la giustificazione economica di detti componenti in base a corretti principi contabili.

La relazione illustrativa sottolinea come l’integrazione suddetta sia finalizzata “a ostacolare comportamenti elusivi e in contrasto con la regola della continuità dei criteri contabili adottati (…). La modifica, peraltro, assume anche portata di tutela della consistenza e veridicità del bilancio civilistico, essendo chiaramente volta a scoraggiare comportamenti anomali forieri di nuovi inquinamenti del risultato economico”.

 

Al riguardo si segnala come il successivo comma 15 dell’articolo in esame contenga disposizioni relative alla possibilità di riallineare i valori fiscali e civili corrispondenti alla deduzioni extracontabili, con versamento di un’imposta sostitutiva con aliquota del 18 per cento.

 

Si segnala che la norma non indica in luogo di quali imposte deve essere corrisposta l’imposta sostitutiva. Tuttavia, tenuto conto ai sensi del comma 18 dell’articolo 3 del provvedimento in esame, la ripresa a tassazione ai fini IRAP dei costi dedotti fiscalmente in via extracontabile, comporta lo svincolo delle riserve in sospensione d’imposta indicate nel prospetto limitatamente alla quota IRAP, si ritiene che l’imposta introdotta in misura pari all’1% si intenda quale imposta sostitutiva dell’IRES.

 

La lettera q), numero 2), introduce modifiche al comma 5 dell’articolo 109 al fine di coordinare le disposizioni in esso contenute con le modifiche alla disciplina della deducibilità degli interessi passivi introdotta al comma in esame.

La nuova disciplina, ai sensi del comma 2, entra in vigore a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

Il comma 5 dell’articolo 109 del TUIR dispone, in base al principio di inerenza, che i componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Qualora tali componenti siano riferibili indistintamente ad attività computabili e ad attività non computabili in quanto esenti, sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2, e 3 dell'articolo 96. Le plusvalenze di cui all'articolo 87, non rilevano ai fini dell'applicazione del periodo precedente.

In particolare, per quanto riguarda la determinazione della quota indeducibile dei costi parzialmente imputabili ad attività esenti, si sostituisce il rinvio al rapporto di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 96 (sostituito dalla lettera i) del comma in esame) con un nuovo meccanismo basato sul rapporto tra ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

Per un’analoga ragione, la lettera q), numero 3), abroga il comma 6 dell’articolo 109 TUIR.

La nuova disciplina, ai sensi del comma 2, entra in vigore a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

Plusvalenza esenti

La lettera h) del comma 1 modifica il comma 1 dell’articolo 87 del TUIR, recante il principio della c.d. participation exemption o pex.

Ai sensi del comma 2, la modifica introdotta produce effetto per le plusvalenze realizzate a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007. Inoltre, resta ferma l’esenzione in misura pari all’84 per cento per le plusvalenze realizzate dalla predetta data fino a concorrenza delle svalutazioni dedotte ai fini fiscali nei periodi di imposta anteriori a quello in corso al 1° gennaio 2004 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 344 del 2003, recante la riforma dell’IRES).

 

L’articolo 87 del TUIR consente, a determinate condizioni, di considerare esenti, ai fini fiscali, le plusvalenze di cui all’articolo 86, relative alle partecipazioni in società, con o senza personalità giuridica, residenti o non residenti, fatta eccezione per quelle in società semplici o enti ad esse equiparate.

La misura dell’esenzione è fissata nel 91 per cento dell’ammontare della plusvalenza e, a decorrere dal 2007, nell’84 per cento.

 

Con la modifica in commento, l’esenzione viene elevata al 95 per cento, con conseguente riduzione della quota di tassazione dal 16 al 5 per cento.

Consolidato nazionale e mondiale

Le disposizioni recate dalle lettere da r) a v), comma 1, riguardano la materia del consolidato fiscale IRES nazionale e mondiale.

 

Il consolidato nazionale e il consolidato mondiale sono stati introdotti con la riforma del sistema fiscale delle società (D.Lgs. n. 344 del 2003) al fine di prevedere il c.d. consolidamento degli imponibili. E’ infatti prevista la dichiarazione di un’unica base imponibile nella quale vengono sommati algebricamente i redditi delle imprese appartenenti al gruppo, con conseguente compensazione tra redditi e perdite fiscali di gruppo. Il consolidato nazionale disciplina i gruppi di imprese costituiti da società residenti, mentre il consolidato mondiale, interessa i gruppi cui appartengono anche le società non residenti.

Il consolidato nazionale consente la determinazione in capo alla controllante di un’unica base imponibile di gruppo: dunque, la controllante, in sede di dichiarazione dei redditi, provvede ad aggregare il proprio imponibile e gli imponibili delle società controllate, compensandoli integralmente e indipendentemente dalla percentuale di possesso e determinando così un reddito complessivo globale . La sua disciplina è contenuta negli artt. 117-129 del TUIR ed è integrata dal D.M. 9 giugno 2004. Si tratta di un regime opzionale: l’opzione ha la durata di tre esercizi ed è irrevocabile.

Nel consolidato mondiale (artt. 130-142 TUIR), la tassazione di gruppo può essere estesa anche a società non residenti. Alla società controllante in Italia vengono imputati per trasparenza i redditi e le perdite delle controllate estere in proporzione alla quota di partecipazione complessiva: redditi e perdite delle controllate estere devono essere ricalcolati in base alle norme tributarie nazionali. Nel consolidato mondiale l’opzione è vincolante per almeno cinque esercizi della controllante (non per tre, come per il consolidato nazionale) ed eventuali rinnovi sono validi per altri tre esercizi.

 

Le modifiche introdotte sono in parte conseguenti alle sopra illustrate innovazioni in tema di deducibilità degli interessi passivi e, in parte di natura autonoma.

La ratio dell’intervento muove dalla considerazione che l’accesso al regime di consolidamento rappresenta un beneficio in sé e che, dunque, non siano necessari ulteriori benefici per incentivare l’applicazione di una disciplina già di per sé agevolativa: pertanto, si dispone l’eliminazione del beneficio sui dividendi, del beneficio sul pro-rata patrimoniale, e del beneficio sulla neutralità del trasferimento intra-gruppo di singoli beni.

 

La lettera r) del comma 1 modifica l’articolo 119, comma 1, lettera d), TUIR, abbreviando il termine entro il quale va comunicato all’Agenzia delle entrate l’esercizio congiunto dell’opzione per la tassazione di gruppo in sede di consolidato nazionale.

La relazione illustrativa rileva come la suddetta modifica sia volta ad allineare la data di scadenza del versamento dell’IRES con quella di esercizio dell’opzione per la tassazione di gruppo.

 

La lettera s) del comma 1 sostituisce l’articolo 122 del TUIR, prevedendo che la società o ente controllante debba presentare la dichiarazione dei redditi del consolidato, calcolando il reddito complessivo globale risultante dalla somma algebrica dei redditi complessivi netti dichiarati da ciascuna delle società partecipanti al regime del consolidato e procedendo alla liquidazione dell’imposta di gruppo, secondo le disposizioni attuative contenute nel decreto ministeriale di cui all’articolo 129 e in quello di approvazione del modello annuale di dichiarazione dei redditi.

 

Come sottolineato dalla relazione illustrativa, ne consegue che la società o ente controllante non potrà più apportare alla somma algebrica dei redditi del consolidato nazionale le rettifiche di consolidamento di cui all’articolo 122 vigente, derivanti dai predetti benefici del consolidato ora soppressi.

 

La lettera t) del comma 1, abrogando l’articolo 134, comma 1, lettera a) del TUIR, sopprime, nell’ambito del consolidato mondiale ed in sede di calcolo del reddito imponibile di ciascuna controllata estera, il beneficio consistente nell’esclusione della quota imponibile del dividendo distribuito da società incluse nella tassazione di gruppo, anche se proveniente da utili di esercizi precedenti a quello di inizio dell’opzione per la tassazione secondo il meccanismo del consolidato mondiale.

 

La lettera u) del comma 1 abroga gli articoli 123 e 135 TUIR riguardanti, rispettivamente, i trasferimenti infragruppo nel consolidato nazionale e in quello mondiale.

Tali abrogazioni sono consequenziali alla soppressione del beneficio dei trasferimenti infragruppo in neutralità di singoli beni.

 

La lettera v) del comma 1 inserisce nel TUIR il nuovo articolo 139-bis, che disciplina nel dettaglio il trattamento fiscale dei dividendi e delle plusvalenze derivanti dal possesso o dal realizzo delle partecipazioni nelle società consolidate, nell’ipotesi di interruzione o mancato rinnovo del consolidato mondiale.

 

Ai sensi del comma 2, l’eliminazione della rettifica di consolidamento concernente la quota imponibile dei dividendi distribuiti dalle società controllate, conseguente alle modifiche recate dalle lettere s) ed t) del comma 1, ha effetto dalle delibere di distribuzione adottate a partire dal 1° settembre 2007, esclusa la delibera riguardante la distribuzione dell’utile relativo all’esercizio anteriore a quello in corso al 31 dicembre 2007.

Altresì, l’eliminazione delle rettifiche di consolidamento concernenti il regime di neutralità per i trasferimenti infragruppo, conseguente alle modifiche recate dalla lettera u) del comma 1, si applica ai trasferimenti effettuati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2007.

Rimane ferma l’applicazione degli articoli 124, comma 1, 125, comma 1 e 138, comma 1 del TUIR.

Trattasi delle disposizioni in merito alla rideterminazione del reddito della società o ente controllante nei casi di interruzione della tassazione di gruppo prima del compimento del triennio o di mancato rinnovo dell’opzione; è previsto, infatti, che la rideterminazione per il recupero dei benefici utilizzati permanga, in via transitoria, anche dopo l’eliminazione dei benefici stessi.


Articolo 3, comma 3
(Deducibilità degli interessi passivi relativi a finanziamenti contratti per l’acquisizione degli immobili non strumentali)

 

3. Tra le spese e gli altri componenti negativi indeducibili di cui al comma 2 dell'articolo 90 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non si comprendono gli interessi passivi relativi a finanziamenti contratti per l'acquisizione degli immobili indicati al comma 1 dello stesso articolo 90. La disposizione del periodo precedente costituisce norma di interpretazione autentica.

 

 

Il comma 3 dell’articolo 3, inserito dalla Commissione bilancio del Senato, reca una norma di interpretazione autentica dell’articolo 90, comma 1 del TUIR finalizzata a precisare il trattamento fiscale degli interessi passivi sostenuti per l’acquisizione di immobili non rientranti tra i beni strumentali per l’esercizio dell’impresa né tra i beni alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa.

Viene chiarito che i predetti interessi sono deducibili se relativi all’acquisto di beni non strumentali in quanto non rientrano tra le spese e gli altri componenti negativi indeducibili ai sensi dell’articolo 90, comma 2, TUIR, mentre sono indeducibili, in quanto rientrano nell’ambito dell’articolo 90, comma 2 del TUIR, gli interessi di finanziamento relativi alla gestione di detti immobili.

 

In proposito si rinvia alla norma contenuta nel comma 6 dell’articolo 96 del TUIR come riformulato dall’articolo 3, comma 1, lettera 1) del provvedimento in esame.


Articolo 3, comma 4
(Opzione per l’esclusione dei beni strumentali dal patrimonio dell’impresa individuale)

 


4. Gli interessi passivi e gli oneri assimilati indeducibili in un determinato periodo d'imposta sono dedotti dal reddito dei successivi periodi d'imposta, ma non oltre il quinto, se e nei limiti in cui, in tali periodi, l'importo degli interessi passivi e degli oneri assimilati di competenza, eccedenti gli interessi attivi e i proventi assimilati, sia inferiore al 30 per cento del risultato operativo lordo di competenza. Presentando apposito interpello all'Agenzia delle entrate, ai sensi dell'articolo 37-bis, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, l'impresa può richiedere la disapplicazione totale o parziale del limite quinquennale al riporto in avanti, dimostrando che l'indebitamento dipende da piani di riorganizzazione aziendale avviati o da avviare o dall'acquisizione di aziende prevalentemente con capitale di debito o dall'avvio di nuove iniziative economiche ovvero da altri elementi che renderebbero particolarmente oneroso procedere ad una ristrutturazione o rinegoziazione dei finanziamenti contratti; in deroga al comma 1 dell'articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, l'Agenzia delle entrate risponde entro il termine di sessanta giorni. La decorrenza del termine di sessanta giorni non si interrompe nel caso di richieste istruttorie avanzate dall'Agenzia delle entrate.


 

 

Il comma 4 dell’articolo 3, inserito nel d.d.l. dal Senato,dispone chel’imprenditore individuale che, alla data del 30 novembre 2007, utilizza beni immobili strumentali di cui all’articolo 43, comma 2, primo periodo del TUIR[67], può, entro il 30 aprile 2008, optare per l’esclusione dei beni stessi dal patrimonio dell’impresa, con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2008, mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, dell’IRAP e dell’IVA.

 

L’imposta sostitutiva è pari al dieci per cento della differenza tra il valore normale di tali beni ed il relativo valore fiscalmente riconosciuto.

Relativamente agli immobili la cui cessione è soggetta all’IVA, la misura dell’imposta sostitutiva è aumentata di un importo pari al trenta per cento dell’IVA applicabile al valore normale dell’immobile, calcolata secondo l’aliquota propria del bene in questione.

Il valore normale degli immobili è quello risultante dall’applicazione dei moltiplicatori stabiliti dalle singole leggi di imposta per il calcolo delle rendite catastali, ovvero di quelli stabiliti ai sensi dell’articolo 12 del d.l. n. 70 del 1988[68], convertito, con modificazioni, dalla legge n. 154 del 1998, concernente la procedura per l’attribuzione della rendita catastale.

L’imprenditore che si avvale delle disposizioni sopra illustrate è tenuto a versare il 40 per cento dell’imposta sostitutiva entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in corso alla data del 1° gennaio 2007 e la restante parte in due rate di pari importo, entro il 16 dicembre 2008 e il 16 marzo 2009, secondo i criteri di cui al D.Lgs. n. 241 del 1997[69].

 

Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti interessi nella misura del 3 per cento annuo, da versare contestualmente al versamento di ciascuna rata.

Per la riscossione, i rimborsi e il contenzioso, si applica la disciplina prevista per le imposte sui redditi[70].

 

La materia del regime fiscale dei beni immobili strumentali delle imprese individuali è stata nel recente passato già oggetto di interventi. La legge finanziaria per il 2002 (n. 448 del 2001) aveva previsto un analogo regime all’articolo 3, commi da 4 a6. L'agevolazione, era stata inoltre già prevista dall’articolo 58 della legge n. 413/1991, e dall'articolo 30 della legge n. 449/97, poi prorogata dalla legge n. 133 del 1999 (collegato fiscale 1999).


Articolo 3, commi 5-6
(Utili distribuiti da soggetti IRES, plusvalenze e dividendi)

 


5. Al fine di garantire l'invarianza del livello di tassazione dei dividendi e delle plusvalenze, in relazione alla riduzione dell'aliquota dell'imposta sul reddito delle società disposta dal comma 1 del presente articolo, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono proporzionalmente rideterminate le percentuali di cui agli articoli 47, comma 1, 58, comma 2, 59 e 68, comma 3, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

6. Con il medesimo decreto di cui al comma 5 sono altresì determinate la normativa transitoria e le relative decorrenze.


 

I commi 5 e 6 dell’articolo 3 recano disposizioni dirette a ridurre la tassazione sui dividendi e sulle plusvalenze da partecipazione al fine di assicurare che la riduzione dell’aliquota IRES sui redditi prodotti in capo alla società, comporti, conseguentemente, una riduzione della tassazione in capo al socio.

L’articolo 3, lettera e) del comma 1, del provvedimento in esame dispone, che a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, la riduzione dell’aliquota IRES dal 33 al 27,5 per cento.

A tal fine, il comma 5 rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze le rideterminazione proporzionale delle percentuali di cui agli articoli 47, comma 1, 58, comma 2, 59 e 68, comma 3, del TUIR.

 

La norma non prevede il termine per l’emanazione del decreto ministeriale.

 

Ai sensi del citato articolo 47, comma 1, gli utili distribuiti in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione dalle società o dagli enti indicati nell’articolo 73 (ossia i soggetti passivi IRES), anche in occasione della liquidazione, concorrono alla formazione del reddito imponibile complessivo limitatamente al 40 per cento del loro ammontare.

Ai sensi del citato articolo 58, comma 2, le plusvalenze di cui all'articolo 87 (ossia quelle incluse nel regime di participation exemption o pex) non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto esenti limitatamente al 60 per cento del loro ammontare.

Ai sensi del citato articolo 59, gli utili relativi alla partecipazione al capitale o al patrimonio delle società e degli enti di cui all'articolo 73 (i soggetti passivi IRES), nonché quelli relativi ai titoli e agli strumenti finanziari di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a) (ossia i titoli similari alle azioni), e le remunerazioni relative ai contratti di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b) (ossia i contratti di associazione in partecipazione e contratti di cointeressenza agli utili di un’impresa), concorrono alla formazione del reddito complessivo, nella misura del 40 per cento del loro ammontare, nell'esercizio in cui sono percepiti.

Ai sensi del citato articolo 68, comma 3, le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate (diverse da quelle realizzate mediante la cessione dei contratti stipulati con associati non residenti, che non siano similari ad azioni), per il 40 per cento del loro ammontare, sono sommate algebricamente alla corrispondente quota delle relative minusvalenze; se le minusvalenze sono superiori alle plusvalenze l'eccedenza è riportata in deduzione, fino a concorrenza del 40 per cento dell'ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale le minusvalenze sono state realizzate.

 

La relazione illustrativa evidenzia come non sia previsto alcun adeguamento per il trattamento dei dividendi nazionali pertinenti a partecipazioni non qualificate non detenute nell’esercizio di impresa e per le corrispondenti plusvalenze.

Si tratta, in particolare, dei dividendi relativamente ai quali, in luogo della tassazione ordinaria, si applica l’imposta sostitutiva in misura pari al 12,50%.

L’adeguamento riguarderà, invece, i dividendi e le plusvalenze pertinenti a partecipazioni qualificate detenute da soggetti IRPEF privati e, in generale, tutti i dividendi e le plusvalenze pertinenti a partecipazioni detenute nell’esercizio di impresa.

 

Ai sensi del comma 6, la normativa transitoria e le decorrenze sono determinate con il medesimo decreto ministeriale di cui al comma 5.

 

Le nuove aliquote dovrebbero, coerentemente con la riduzione dell’aliquota IRES, entrare in vigore nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

 


Articolo 3, commi 7-9
(Opzione per la tassazione separata del reddito d’impresa e dei redditi da partecipazione in società di persone)

 


7. In caso di partecipazione al consolidato nazionale di cui alla sezione II del presente capo, l'eventuale eccedenza di interessi passivi ed oneri assimilati indeducibili generatasi in capo a un soggetto può essere portata in abbattimento del reddito complessivo di gruppo se e nei limiti in cui altri soggetti partecipanti al consolidato presentino, per lo stesso periodo d'imposta, un risultato operativo lordo capiente non integralmente sfruttato per la deduzione. Tale regola si applica anche alle eccedenze oggetto di riporto in avanti, con esclusione di quelle generatesi anteriormente all'ingresso nel consolidato nazionale»;

l) gli articoli 97 e 98 sono abrogati;

m) all'articolo 101, il comma 6 è sostituito dal seguente:

«6. Le perdite attribuite per trasparenza dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice sono utilizzabili solo in abbattimento degli utili attribuiti per trasparenza nei successivi cinque periodi d'imposta dalla stessa società che ha generato le perdite»;

n) all'articolo 102:

1) il comma 3 è abrogato;

2) il comma 7 è sostituito dal seguente:

«7. Per i beni concessi in locazione finanziaria l'impresa concedente che imputa a conto economico i relativi canoni deduce quote di ammortamento determinate in ciascun esercizio nella misura risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario. Per l'impresa utilizzatrice che imputa a conto economico i canoni di locazione finanziaria, la deduzione è ammessa a condizione che la durata del contratto non sia inferiore ai due terzi del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del comma 2, in relazione all'attività esercitata dall'impresa stessa; in caso di beni immobili, qualora l'applicazione della regola di cui al periodo precedente determini un risultato inferiore a undici anni ovvero superiore a diciotto anni, la deduzione è ammessa se la durata del contratto non è, rispettivamente, inferiore a undici anni ovvero pari almeno a diciotto anni. Per i beni di cui all'articolo 164, comma 1, lettera b), la deducibilità dei canoni di locazione finanziaria è ammessa a condizione che la durata del contratto non sia inferiore al periodo di ammortamento corrispondente al coef­ficiente stabilito a norma del comma 2. La quota di interessi impliciti desunta dal contratto è soggetta alle regole dell'articolo 96»;

o) all'articolo 102-bis, il comma 4 è abrogato;

p) all'articolo 108, comma 2, i periodi dal secondo al quarto sono sostituiti dai seguenti: «Le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo d'imposta di sostenimento se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse, del volume dei ricavi dell'attività caratteristica dell'impresa e dell'attività internazionale dell'impresa. Tra le spese qualificabili come spese di rappresentanza e sottoposte ai limiti di inerenza e congruità previsti dal predetto decreto, possono essere contemplate anche le perdite fiscali di società sportive professionistiche controllate, oggetto di consolidamento ai sensi delle sezioni II e III del presente capo. Sono comunque deducibili le spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a euro 50»;

q) all'articolo 109:

1) al comma 4, lettera b), le parole da: «Gli ammortamenti dei beni materiali» fino a: «, che hanno concorso alla formazione del reddito.», sono soppresse;

2) al comma 5, secondo periodo, le parole: «per la parte corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 96» sono sostituite dalle seguenti: «per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi»;

3) il comma 6 è abrogato;

r) all'articolo 119, comma 1, lettera d), la parola: «ventesimo» è sostituita dalla seguente: «sedicesimo»;

s) l'articolo 122 è sostituito dal seguente:

«Art. 122. - (Obblighi della società o ente controllante) - 1. La società o ente controllante presenta la dichiarazione dei redditi del consolidato, calcolando il reddito complessivo globale risultante dalla somma algebrica dei redditi complessivi netti dichiarati da ciascuna delle società partecipanti al regime del consolidato e procedendo alla liquidazione dell'imposta di gruppo secondo le disposizioni attuative contenute nel decreto ministeriale di cui all'articolo 129 e in quello di approvazione del modello annuale di dichiarazione dei redditi»;

t) all'articolo 134, comma 1, la lettera a) è abrogata;

u) gli articoli 123 e 135 sono abrogati;

v) dopo l'articolo 139 è inserito il seguente:

«Art. 139-bis. - (Recupero delle perdite compensate) - 1. Nell'ipotesi di interruzione o di mancato rinnovo del consolidato mondiale, i dividendi o le plusvalenze derivanti dal possesso o dal realizzo delle partecipazioni nelle società consolidate, percepiti o realizzate dall'ente o società consolidante dal periodo d'imposta successivo all'ultimo periodo di consolidamento, per la parte esclusa o esente in base alle ordinarie regole, concorrono a formare il reddito, fino a concorrenza della differenza tra le perdite della società estera che si considerano dedotte e i redditi della stessa società inclusi nel consolidato. La stessa regola si applica durante il periodo di consolidamento in caso di riduzione della percentuale di possesso senza il venir meno del rapporto di controllo.

2. Con il decreto di cui all'articolo 142 sono stabilite le disposizioni attuative del comma 1, anche per il coordinamento con gli articoli 137 e 138»;

z) all'articolo 172, comma 7, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le disposizioni del presente comma si applicano anche agli interessi indeducibili oggetto di riporto in avanti di cui al comma 4 dell'articolo 96».

2. Le disposizioni di cui al comma 1, lettere a), b), c), d), e), g), numero 2), l), m), o), p), q), numeri 2) e 3), e z), si applicano a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007. Le disposizioni di cui al comma 1, lettera i), si applicano dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e, per i primi tre periodi d'imposta di applicazione della nuova disciplina degli interessi passivi, il limite del riporto in avanti dell'eccedenza non dedotta è esteso dal quinto al decimo periodo successivo a quello di competenza. Le disposizioni di cui al comma 1, lettere f) e g), numero 1), si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007. La disposizione di cui al comma 1, lettera h), ha effetto per le plusvalenze realizzate a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007; resta ferma l'esenzione in misura pari all'84 per cento per le plusvalenze realizzate dalla predetta data fino a concorrenza delle svalutazioni dedotte ai fini fiscali nei periodi d'imposta anteriori a quello in corso al 1o gennaio 2004. La disposizione di cui al comma 1, lettera n), numero 1), si applica a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e la disposizione di cui al numero 2) della stessa lettera n), concernente la durata minima dei contratti di locazione finanziaria, si applica a decorrere dai contratti stipulati a partire dal 1o gennaio 2008. In attesa della revisione generale dei coefficienti di ammortamento tabellare, per i soggetti diversi da quelli indicati nell'articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, continuano ad applicarsi, per i beni entrati in funzione entro il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007, le disposizioni dell'articolo 102, comma 3, secondo periodo, del medesimo testo unico nel testo previgente alle modifiche apportate dalla presente legge. La disposizione di cui al comma 1, lettera q), numero 1), ha effetto dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, ferma restando l'applicazione in via transitoria delle disposizioni dell'articolo 109, comma 4, lettera b), terzo, quarto e quinto periodo, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, nel testo previgente alle modifiche apportate dalla presente legge, per il recupero delle eccedenze risultanti alla fine del periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007. Il contribuente ha tuttavia la facoltà di eliminare il vincolo di disponibilità gravante sulle riserve in sospensione, ma senza alcun effetto sui valori fiscali dei beni e degli altri elementi, assoggettandole in tutto o in parte a imposta sostitutiva con aliquota dell'uno per cento; l'imposta sostitutiva deve essere versata in unica soluzione entro il termine di versamento dell'imposta sul reddito relativa al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007. Gli ammortamenti, gli accantonamenti e le altre rettifiche di valore imputati al conto economico a partire dall'esercizio dal quale, in conseguenza della modifica recata dal comma 1, lettera q), numero 1), decorre l'eliminazione delle deduzioni extra­contabili, possono essere disconosciuti dall'Amministrazione finanziaria se non coerenti con i comportamenti contabili sistematicamente adottati nei precedenti esercizi, salva la possibilità per l'impresa di dimostrare la giustificazione economica di detti componenti in base a corretti princìpi contabili. La eliminazione della rettifica di consolidamento concernente la quota imponibile dei dividendi distribuiti dalle società controllate, conseguente alle modifiche recate dalle lettere s) e t) del comma 1, ha effetto dalle delibere di distribuzione adottate a partire dal 1o settembre 2007, esclusa la delibera riguardante la distribuzione dell'utile relativo all'esercizio anteriore a quello in corso al 31 dicembre 2007. L'eliminazione delle rettifiche di consolidamento concernenti il regime di neutralità per i trasferimenti infragruppo, conseguente alle modifiche recate dalla lettera u) del comma 1, si applica ai trasferimenti effettuati a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2007. Resta ferma l'applicazione degli articoli 124, comma 1, 125, comma 1, e 138, comma 1, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986.

3. Tra le spese e gli altri componenti negativi indeducibili di cui al comma 2 dell'articolo 90 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non si comprendono gli interessi passivi relativi a finanziamenti contratti per l'acquisizione degli immobili indicati al comma 1 dello stesso articolo 90. La disposizione del periodo precedente costituisce norma di interpretazione autentica.

4. L'imprenditore individuale che alla data del 30 novembre 2007 utilizza beni immobili strumentali di cui all'articolo 43, comma 2, primo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, può, entro il 30 aprile 2008, optare per l'esclusione dei beni stessi dal patrimonio dell'impresa, con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 1o gennaio 2008, mediante il pagamento di una imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta regionale sulle attività produttive e dell'imposta sul valore aggiunto, nella misura del 10 per cento della differenza tra il valore normale di tali beni ed il relativo valore fiscalmente riconosciuto. Per gli immobili la cui cessione è soggetta all'imposta sul valore aggiunto, l'imposta sostitutiva è aumentata di un importo pari al 30 per cento dell'imposta sul valore aggiunto applicabile al valore normale con l'aliquota propria del bene. Per gli immobili, il valore normale è quello risultante dall'applicazione dei moltiplicatori stabiliti dalle singole leggi di imposta alla rendita catastale ovvero a quella stabilita ai sensi dell'articolo 12 del decreto-legge 14 marzo 1988, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 154, concernente la procedura per l'attribuzione della rendita catastale. L'imprenditore che si avvale delle disposizioni di cui ai periodi precedenti deve versare il 40 per cento dell'imposta sostitutiva entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta in corso alla data del 1o gennaio 2007 e la restante parte in due rate di pari importo entro il 16 dicembre 2008 e il 16 marzo 2009, con i criteri di cui al decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Sull'importo delle rate successive alla prima sono dovuti interessi nella misura del 3 per cento annuo, da versare contestualmente al versamento di ciascuna rata. Per la riscossione, i rimborsi ed il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.

5. Al fine di garantire l'invarianza del livello di tassazione dei dividendi e delle plusvalenze, in relazione alla riduzione dell'aliquota dell'imposta sul reddito delle società disposta dal comma 1 del presente articolo, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono proporzionalmente rideterminate le percentuali di cui agli articoli 47, comma 1, 58, comma 2, 59 e 68, comma 3, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

6. Con il medesimo decreto di cui al comma 5 sono altresì determinate la normativa transitoria e le relative decorrenze.

7. A decorrere dal periodo d'imposta 2008, le persone fisiche titolari di redditi d'impresa e di redditi da partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato possono optare per l'assoggettamento di tali redditi a tassazione separata con l'aliquota del 27,5 per cento, a condizione che i redditi prodotti ovvero imputati per trasparenza non siano prelevati o distribuiti. In caso di successivo prelievo o distribuzione, i redditi soggetti a tassazione separata concorrono a formare il reddito complessivo imponibile e l'imposta già versata si scomputa dall'imposta corrispondente ai redditi prelevati o distribuiti.

8. L'opzione prevista dal comma 7 non è esercitabile se le imprese o le società sono in contabilità semplificata. In apposito prospetto della dichiarazione dei redditi deve essere data indicazione del patrimonio netto formato con gli utili non distribuiti dei periodi d'imposta nei quali è applicato il regime di cui al comma 7 e le altre componenti del patrimonio netto. Le somme trasferite dal patrimonio dell'impre­sa a quello personale dell'imprenditore o dei soci, al netto delle somme versate nello stesso periodo d'imposta, costituiscono prelievi degli utili dell'esercizio in corso e, per l'eccedenza, di quelli degli esercizi precedenti. L'importo che supera il patrimonio si considera prelievo degli utili dei periodi d'imposta successivi, da assoggettare a tassazione in tali periodi. In caso di revoca dell'opzione, si considerano prelevati o distribuiti gli utili ancora esisten­ti al termine dell'ultimo periodo d'imposta di applicazione del regime opzionale.

9. Con decreto del Ministro dell'eco­nomia e delle finanze sono dettate le disposizioni attuative del regime di cui ai commi 7 e 8, con particolare riferimento, tra l'altro, ai termini e alle modalità dell'opzione, al regime di imputazione delle perdite, al trattamento delle riserve di utili, al versamento dell'imposta e al coordinamento con le altre disposizioni del testo unico delle imposte sui redditi e in materia di accertamento.


 

 

I commi da 7 a 9 dell’articolo 3 modificano il regime fiscale dei redditi di impresa percepiti da soggetti IRPEF (imprenditori individuali, società in nome collettivo, società in accomandita semplice[71]). Obiettivo della norma è introdurre il principio della neutralità della tassazione dei redditi di impresa rispetto alla forma organizzativa delle imprese, favorendo al contempo i processi di capitalizzazione delle imprese soggette all’’IRPEF.

 

Il comma 7 stabilisce che - a decorrere dal periodo d’imposta 2008 - le persone fisiche titolari di redditi d’impresa e di redditi da partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato – possano optare per l’assoggettamento di tali redditi a tassazione separata con l’aliquota del 27,5 per cento, a condizione che i redditi prodotti ovvero imputati per trasparenza non siano prelevati o distribuiti.

 

In base all’articolo 55, comma 1, del TUIR, costituiscono redditi d’impresa quelli derivanti dall’esercizio di imprese commerciali. Per esercizio di imprese commerciali si intende l’esercizio, per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell’art. 2195 c.c.[72], e delle attività indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell’art. 32[73] del TUIR, che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma d’impresa.

In base all’art. 55, comma 2, sono inoltre considerati redditi d'impresa:

a)    i redditi derivanti dall’esercizio di attività organizzate in forma d’impresa dirette alla prestazione di servizi non rientranti nell’art. 2195 c.c.;

b)    i redditi derivanti dall’attività di sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne

c)    i redditi dei terreni, per la parte derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 32, pur se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino alle società in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché alle stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività di impresa.

 

Tale disciplina agevolativa è comunque subordinata al mantenimento all’interno dell’impresa del reddito prodotto. Si prevede infatti che – in caso di successivo prelievo o distribuzione - i redditi soggetti a tassazione separata concorrono a formare il reddito complessivo imponibile e l’imposta già versata si scomputa dall’imposta corrispondente ai redditi prelevati o distribuiti.

 

A tal fine sarebbe opportuno che la norma chiarisca se, in caso di successivo prelievo o distribuzione di utili, l’assoggettamento a tassazione IRPEF ordinaria riguardi l’intero reddito di impresa ovvero solamente una quota di reddito corrispondente al patrimonio prelevato o agli utili distribuiti.

 

Al fine di rendere concretamente possibile la verifica sul rispetto di tale condizione il successivo comma 8 dispone che l’opzione di cui al comma 7 non sia esercitabile se le imprese o le società sono in contabilità semplificata[74]. Tale condizione appare motivata dalla circostanza che solo la contabilità ordinaria consente di monitorare l variazioni del patrimonio dell’impresa.

 

E’ inoltre stabilito che – in un apposito prospetto della dichiarazione dei redditi – debba indicarsi il patrimonio netto formato con gli utili non distribuiti dei periodi d’imposta nei quali è applicato il regime di cui al comma 1 e le altre componenti del patrimonio netto.

E’ altresì, previsto, con una formulazione che sembra configurare delle presunzioni assolute, che:

-       le somme trasferite dal patrimonio dell’impresa a quello personale dell’imprenditore o dei soci, al netto delle somme versate nello stesso periodo d'imposta, sono considerate prelievi degli utili dell'esercizio in corso e, per l'eccedenza, di quelli degli esercizi precedenti;

-       l’importo che supera il patrimonio si considera prelievo degli utili dei periodi d'imposta successivi, da assoggettare a tassazione in tali periodi;

-       in caso di revoca dell’opzione, si considerano prelevati o distribuiti gli utili ancora esistenti al termine dell'ultimo periodo d'imposta di applicazione del regime opzionale.

 

Il comma 9 rimette ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la determinazione delle disposizioni attuative del regime di cui ai commi 7 e 8, con particolare riferimento, tra l’altro, ai termini e alle modalità dell’opzione, al regime d’imputazione delle perdite, al trattamento delle riserve di utili, al versamento dell’imposta e al coordinamento con le altre disposizioni del testo unico delle imposte sui redditi e in materia di accertamento.


Articolo 3, commi 10-12
(Trasformazione dell’IRAP in tributo proprio regionale)

 


10. In attesa della completa attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, con particolare riferimento alla individuazione delle regole fondamentali per assicurare il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario di livello substatuale, l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) assume la natura di tributo proprio della regione e, a decorrere dal 1o gennaio 2009, è istituita con legge regionale. Al fine di assicurare il rispetto delle regole derivanti dall'applicazione del patto di stabilità e crescita adottato dall'Unione europea e di garantire il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica fissati a livello europeo, evitando interferenze tra le scelte di bilancio delle regioni e quelle dello Stato, resta comunque ferma l'indeducibilità dell'IRAP dalle imposte statali. Le regioni non possono modificare le basi imponibili; nei limiti stabiliti dalle leggi statali, possono modificare l'aliquota, le detrazioni e le deduzioni, nonché introdurre speciali agevolazioni. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono all'attuazione del presente comma in conformità all'articolo 3, commi 158 e 159, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

11. Con accordo concluso a norma dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è approvato lo schema di regolamento-tipo regionale recante la disciplina della liquidazione, dell'accertamento e della riscossione dell'IRAP istituita con legge regionale. Nell'ambito del regolamento di cui al periodo precedente sono individuate le norme derogabili dalle regioni; in ogni caso il regolamento, al fine di evitare incrementi di costi, stabilisce che le funzioni di liquidazione, accertamento e riscossione sono affidate all'Agenzia delle entrate.

12. Fino alla emanazione dei regola­menti regionali conformi al regolamento-tipo di cui al comma 11, lo svolgimento delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dell'IRAP, nei territori delle singole regioni, prosegue nelle forme e nei modi previsti dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore della presente legge.


 

 

I commi da 10 a 12 dell’articolo 3, inseriti nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio del Senato, recano disposizioni dirette ad attribuire all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) la natura di tributo proprio della regione.

 

L’IRAP, istituita con D.Lgs. n. 446 del 1997, è un’imposta gravante sulle attività produttive esercitate nel territorio di ogni regione e, ai sensi dell’articolo 15, il gettito è attribuito alle regioni nel cui territorio è realizzato il valore della produzione netta.

L’aliquota ordinaria IRAP per i titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo è fissata in misura pari al 4,25%; tuttavia, a decorrere dal terzo anno successivo a quello di emanazione del decreto legislativo, le regioni possono variare la predetta aliquota ordinaria fino ad un massimo di un punto percentuale (articolo 16).

Sono soggetti passivi d’imposta anche le Amministrazioni pubbliche, le amministrazioni della Camera dei Deputati, del Senato, della Corte Costituzionale, della Presidenza della Repubblica e gli organi legislativi delle regioni a statuto speciale. Per tali soggetti, la base imponibile è rapportata al costo del lavoro dipendente e l’aliquota è fissata in misura pari all’8,5%.

 

Per un’analisi più approfondita della normativa vigente in materia di IRAP si rinvia alla scheda relativa ai commi da 17 a 19 dell’articolo 3 del provvedimento in esame che riformano la base imponibile IRAP e riducono la relativa aliquota, portandola dall’attuale 4,25 al 3,9 per cento.

 

Il comma 10 reca una norma transitoria secondo cui, in attesa della completa attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) assume la natura di tributo proprio della regione e a decorrere dal 1º gennaio 2009 è istituita con legge regionale.

L’articolo 119 della Costituzione, nella versione modificata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, attribuisce alle regioni e agli enti locali autonomia finanziaria di entrata e di spesa (comma 1). Altresì (comma 2), si prevede che regioni ed enti locali possano stabilire ed applicare tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.

L’attribuzione della natura di tributo regionale deve essere effettuata assicurando il rispetto del Patto di stabilità interno e, in ambito europeo, dovrà essere garantito il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica fissati dall’Unione europea. A tal fine, il comma in esame prevede la conferma di alcuni principi contenuti nel decreto legislativo n. 446/1997 ed in particolare dispone che le regioni:

1)   dovranno confermare l’indeducibilità dell’IRAP per la determinazione della base imponibile fiscale statale;

2)   non possono modificare le disposizioni concernenti ladeterminazione della base imponibile;

3)   possono modificare gli altri parametri, quali l’aliquota, le detrazioni d’imposta e le deduzioni dall’imponibile nonché di introdurre speciali agevolazioni, nei limiti stabiliti dalle leggi statali.

Si dispone, infine, riproponendo l’articolo 24, comma 2, del D.Lgs. n. 446/1997, che le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono all’attuazione del comma in esame in conformità all’articolo 3, commi 158 e 159, della legge 23 dicembre 1996, n. 662[75].

I commi 158 e 159 della legge n. 662 del 1996 stabiliscono che le regioni ad autonomia speciale provvedano con propria legge, nel rispetto dei rispettivi statuti, a dare attuazione ai decreti di cui ai commi da 143 a 149 della medesima legge 662 (commi che si riferiscono, a loro volta, ad una serie di decreti legislativi delegati, adottati dal Governo, contenenti disposizioni in materia di accertamento, di riscossione, di sanzioni, di contenzioso e di ordinamento e funzionamento dell'amministrazione finanziaria dello Stato, delle regioni, delle province autonome e degli enti locali, al fine di riformare il sistema tributario).

 

Il comma 11 stabilisce che, con accordo concluso a norma dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, venga approvato lo schema di regolamento-tipo regionale recante la disciplina della liquidazione, dell’accertamento e della riscossione dell’IRAP istituita con legge regionale.

Nell’ambito del regolamento di cui al periodo precedente sono individuate le norme derogabili dalle Regioni.

In ogni caso, al fine di evitare incrementi di costi, il regolamento dovrà obbligatoriamente affidare all’Agenzia delle entrate le funzioni di liquidazione, accertamento e riscossione dell’IRAP.

 

L’articolo 4 del D.Lgs. n. 281 del 1997 stabilisce, al comma 1, che Governo, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione e nel perseguimento di obiettivi di funzionalità, economicità ed efficacia dell'azione amministrativa, possano concludere, in sede di Conferenza Stato-regioni, accordi, al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere attività di interesse comune.

Il comma 2 prevede che i suddetti accordi si perfezionino con l'espressione dell'assenso del Governo e dei Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Il comma 12 contiene una norma transitoria in base alla quale - fino all’emanazione dei regolamenti regionali conformi al regolamento-tipo di cui al comma precedente - lo svolgimento delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dell’IRAP, nei territori delle singole regioni, prosegue nelle forme e nei modi previsti dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore della presente legge (cioè al 1° gennaio 2008).


Articolo 3, commi 13-14
(Trattamento fiscale di operazioni straordinarie, fusioni, scissioni e conferimenti, e imposta sostitutiva)

 


13. Al fine di razionalizzare la disciplina delle operazioni di riorganizzazione aziendale, al citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 172, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«10-bis. Il regime dell'imposta sostitutiva di cui al comma 2-ter dell'articolo 176 può essere applicato, con le modalità, le condizioni e i termini ivi stabiliti, anche dalla società incorporante o risultante dalla fusione per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio a seguito di tali operazioni»;

b) all'articolo 173, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«15-bis. Il regime dell'imposta sostitutiva di cui al comma 2-ter dell'articolo 176 può essere applicato, con le modalità, le condizioni e i termini ivi stabiliti, anche dalla società beneficiaria dell'operazione di scissione per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio a seguito di tali operazioni»;

c) all'articolo 175:

1) al comma 1, le parole: «di aziende e» e le parole: «all'azienda o» sono soppresse;

2) i commi 3 e 4 sono abrogati;

3) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Conferimenti di partecipazioni di controllo o di collegamento»;

d) all'articolo 176:

1) al comma 1, le parole: «a condizione che il soggetto conferitario rientri fra quelli di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a) e b)» sono soppresse;

2) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche se il conferente o il conferitario è un soggetto non residente, qualora il conferimento abbia ad oggetto aziende situate nel territorio dello Stato»;

3) dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:

«2-bis. In caso di conferimento dell'uni­ca azienda dell'imprenditore individuale, la successiva cessione delle partecipazioni ricevute a seguito del conferimento è disciplinata dagli articoli 67, comma 1, lettera c), e 68, assumendo come costo delle stesse l'ultimo valore fiscale dell'azienda conferita.

2-ter. In luogo dell'applicazione delle disposizioni dei commi 1, 2 e 2-bis, la società conferitaria può optare, nella dichiarazione dei redditi relativa all'esercizio nel corso del quale è stata posta in essere l'operazione o, al più tardi, in quella del periodo d'imposta successivo, per l'applicazione, in tutto o in parte, sui maggiori valori attribuiti in bilancio agli elementi dell'attivo costituenti immobiliz­zazioni materiali e immateriali relativi all'azienda ricevuta, di un'imposta sostitu­tiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle società e dell'imposta regionale sulle attività produttive, con aliquota del 18 per cento. I maggiori valori assoggettati a imposta sostitutiva si considerano riconosciuti ai fini dell'ammortamento a partire dal periodo d'imposta nel corso del quale è esercitata l'opzione; in caso di realizzo dei beni anteriormente al secondo periodo d'imposta successivo a quello dell'opzione, il costo fiscale è ridotto dei maggiori valori assoggettati a imposta sostitutiva e dell'eventuale maggior am­mortamento dedotto e l'imposta sostitutiva versata è scomputata dall'imposta sui redditi ai sensi degli articoli 22 e 79»;

4) al comma 3, le parole: «il regime di continuità dei valori fiscali riconosciuti» sono sostituite dalle seguenti: «i regimi di continuità dei valori fiscali riconosciuti o di imposizione sostitutiva» e le parole: «totale» e «parziale» sono soppresse;

5) al comma 5, sono premesse le seguenti parole: «Nelle ipotesi di cui ai commi 1, 2 e 2-bis,»;

6) il comma 6 è abrogato.

14. Le disposizioni di cui al comma 13 si applicano alle operazioni effettuate a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007. La disciplina dell'imposta sostitutiva introdotta dal comma 13, lettera d), numero 3), può essere richiesta anche per ottenere il riallineamento dei valori fiscali ai maggiori valori di bilancio iscritti in occasione di operazioni effettuate entro il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007, nei limiti dei disallineamenti ancora esistenti alla chiusura di detto periodo o del periodo successivo. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze sono adottate le disposizioni attuative per l'esercizio e gli effetti dell'opzione, per l'accertamento e la riscossione dell'im­posta sostitutiva e per il coordinamento con le disposizioni recate dai commi da 242 a 249 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in materia di agevolazioni alle operazioni di aggre­gazioni aziendali. In caso di applicazione parziale dell'imposta sostitutiva, l'esercizio dell'opzione può essere subordinato al rispetto di limiti minimi.


 

 

I commi 13 e 14 modificano il regime fiscale delle operazioni straordinarie (fusioni, scissioni, conferimenti di aziende).

 

Attraverso una serie di novelle agli articoli 172, 173, 175 e 176 del Testo unico delle imposte sui redditi-TUIR (emanato con D.P.R. n. 917 del 1986), si prevede che in alternativa al regime di neutralità fiscale che attualmente caratterizza il trattamento ai fini fiscali di tali operazioni sia possibile optare per l’applicazione, in tutto o in parte, sui maggiori valori attribuiti in bilancio agli elementi dell’attivo costituenti immobilizzazioni materiali e immateriali, di un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive, con aliquota del 18 per cento.

 

Tale opzione potrà essere compiuta in caso di operazione di fusione (nuovo articolo 172) dalla società incorporante ovvero da quella risultante dalla fusione, in caso di operazione di scissione (nuovo articolo 173) dalla società beneficiaria della medesima.

 

Analogo regime viene previsto anche in caso di operazione di conferimento di aziende (nuovo articolo 176) ed in tal caso l’opzione dovrà essere effettuata da parte della società conferitaria.

Viceversa le operazioni di conferimento di partecipazioni di controllo o di collegamento, in virtù delle novelle apportate all’articolo 175, rimangono assoggettate al vigente regime, secondo il quale il valore di realizzo è quello ricevuto dal soggetto conferente ovvero, se superiore, quello iscritto a bilancio dal conferita rio..

L’opzione deve essere compiuta nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio nel corso del quale è stata posta in essere l’operazione o, al più tardi, in quella del periodo d’imposta successivo.

 

Con riferimento al conferimento di aziende, si modifica anche la disciplina relativa ai requisiti soggettivi, precisando che il regime si applica non solo qualora il soggetto conferente sia una società per azioni, una società a responsabilità limitata, una società cooperativa o comunque un ente pubblico o privato avente ad oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, (articolo 73, comma 1, lettere a) e b)). Nella nuova formulazione dell’articolo 176, rientrano anche gli altri soggetti, ed in particolare, società di persone e imprenditori individuali.

 

A fronte dell’imposta sostitutiva, il nuovo comma 2-ter dell’articolo 176 prevede che i maggiori valori assoggettati ad imposta sostitutiva siano riconosciuti ai fini dell’ammortamento a partire dal periodo di imposta successivo a quello dell’opzione.

Tale beneficio fiscale viene però condizionato ad un periodo minimo di possesso post-affrancamento. In caso di realizzo dei suddetti beni anteriormente al secondo periodo di imposta successivo all’opzione, il costo fiscale è infatti ridotto dei maggiori valori assoggettati all’imposta sostitutiva, al netto dell’eventuale maggiore ammortamento dedotto. L’imposta sostitutiva versata è dedotta dall’imposta sui redditi.

 

Ai sensi del comma 14, le disposizioni del comma 13 si applicano alle operazioni effettuate a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

E’ comunque previsto che si possa optare per l’imposta sostitutiva anche per ottenere il riallineamento dei valori fiscali ai maggiori valori di bilancio iscritti in occasione di operazioni effettuate entro il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007, nei limiti dei disallineamenti ancora esistenti alla chiusura di detto periodo o del periodo successivo.

 

Si rimette ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze l’adozione di disposizioni attuative per l’esercizio e gli effetti dell’opzione, per l’accertamento e la riscossione dell’imposta sostitutiva. In sede di disposizioni di attuazione potrà in particolare essere previsto che, in caso di applicazione parziale dell’imposta sostitutiva, l’esercizio dell’opzione sia subordinato al rispetto di limiti minimi.

 

Il medesimo regolamento dovrà anche dettare disposizioni per il coordinamento con le disposizioni recate dai commi da 242 a 249, dell’articolo 1della legge finanziaria per il 2007, in materia di agevolazioni alle operazioni di aggregazioni aziendali.

 

I suddetti commi da 242 a 249 contenevano alcune disposizioni agevolative per le operazioni di aggregazione aziendale effettuate negli anni 2007 e 2008, nel limite di cinque milioni di euro. Dette disposizioni, al fine di favorire la crescita dimensionale delle imprese contengono, infatti, una deroga temporanea (2 anni), limitata (fino ad un massimo di 5 milioni di euro) e condizionata (ad operazioni poste in essere da imprese operative e fra loro indipendenti), al principio di neutralità fiscale, senza prevedere al contempo un’imposta sostituiva .

 

Il comma 242 stabilisce che per le società per azioni, le società in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato, che risultino da operazioni di aggregazione aziendale realizzate attraverso fusione o scissione, effettuate negli anni 2007 e 2008, si considera riconosciuto, ai fini fiscali, il valore di avviamento e quello attribuito ai beni strumentali materiali e immateriali, per effetto della imputazione in bilancio del disavanzo da concambio, per un ammontare complessivo non eccedente l'importo di 5 milioni di euro.

 

Ai sensi del comma 243, nel caso di operazioni di conferimento di azienda effettuate tra soggetti residenti nel territorio dello Stato nell'esercizio di imprese commerciali, nei medesimi anni 2007 e 2008, si considerano riconosciuti, ai fini fiscali, i maggiori valori iscritti dal soggetto conferitario a titolo di avviamento o beni strumentali materiali e immateriali, per un ammontare complessivo non eccedente l'importo di 5 milioni di euro.

 

I commi 244 e 245 chiariscono le condizioni e l'ambito di applicazione delle disposizioni recate dai commi 242 e 243.

Esse si applicano qualora alle operazioni di aggregazione aziendale partecipino:

-        esclusivamente imprese operative da almeno due anni;

-        imprese che si trovino o si siano trovate ininterrottamente, nei due anni precedenti l'operazione, nelle condizioni che consentono il riconoscimento fiscale di cui ai commi 242 e 243.

Al contrario, esse non si applicano qualora le imprese che partecipano alle predette operazioni:

-        facciano parte dello stesso gruppo societario;

-        siano legate tra loro da un rapporto di partecipazione, ovvero

-        siano controllate anche indirettamente dallo stesso soggetto ai sensi dell'art. 2359 c.c.

Il comma 246 subordina l'applicazione delle disposizioni di cui ai commi precedenti alla presentazione all'Agenzia delle entrate di una istanza preventiva di interpello, ai sensi dell'art. 11 dello Statuto dei diritti del contribuente[76], al fine di dimostrare la sussistenza dei requisiti previsti.

Ai sensi del comma 247, per la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni e il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.

Il comma 248 contempla infine le ipotesi di decadenza dall'agevolazione. Si tratta del caso in cui, nei primi quattro periodi d'imposta dalla effettuazione dell'operazione, la società risultante dall'aggregazione:

-        ponga in essere ulteriori operazioni straordinarie, di cui al Titolo III, capi III e IV del testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917;

-        ovvero ceda i beni iscritti o rivalutati ai sensi del presente articolo.

Il successivo comma 249 prevede che nella dichiarazione dei redditi del periodo d'imposta in cui si verifica la decadenza, la società è tenuta a liquidare e versare l'IRES e l'IRAP dovute sul maggior reddito, relativo anche ai periodi di imposta precedenti, determinato senza tenere conto dei maggiori valori riconosciuti fiscalmente ai sensi dei commi 242 e 243.

Inoltre, sulle maggiori imposte liquidate non sono dovute sanzioni e interessi.

 

L’ambito di applicazione delle nuove disposizioni in materia di riorganizzazione societaria dettate dai commi 13 e 14 in esame e di quelle agevolative contenute nella finanziaria del 2007 è diverso, in primo luogo dal punto di vista temporale, poiché, mentre la scorsa finanziaria prevedeva un’agevolazione limitata alle operazione poste in essere nel 2007 e nel 2008 i commi 13 e 14 dell’articolo 3 contengono una nuova disciplina regime. Diverse sono anche le fattispecie cui si applica o i due regimi: quello recato dai commi 13 e 14 è generale mentre quello della finanziaria 2007 era ristretto da limiti quantitativi e qualitativi.

 

Al riguardo si osserva che la norma non chiarisce in quale direzione dovrà essere effettuato il coordinamento fra le due disposizioni. In particolare non si chiarisce se il nuovo regime potrà riguardare le operazioni poste in essere nel 2007 e nel 2008 solo nella misura in cui queste non rientrino nel regime di maggior favore di cui alla finanziaria 2007.


Articolo 3, comma 15
(Imposta opzionale sostitutiva di IRPEF, IRES e IRAP
sulle deduzioni extracontabili)

 


15. L'eccedenza dedotta ai sensi dell'articolo 109, comma 4, lettera b), del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nel testo previgente alle modifiche recate dalla presente legge, può essere recuperata a tassazione mediante opzione per l'applicazione di un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle società e dell'imposta regionale sulle attività produttive, con aliquota del 18 per cento. L'applicazione dell'imposta sostitutiva può essere anche parziale e, in tal caso, deve essere richiesta per classi omogenee di deduzioni extracontabili. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze sono adottate le disposizioni attuative per la definizione delle modalità, dei termini e degli effetti dell'esercizio dell'opzione. Si applicano le disposizioni del comma 2-ter, secondo periodo, dell'articolo 176 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986.


 

 

Il comma 15 dell’articolo 3interviene sul regime fiscale delle c.d. deduzioni extracontabli, ovvero delle componenti negative del reddito che non rientrano nel conto economico e pertanto non sono in via generale deducibili ma delle quali è ammessa la deduzione alle particolari condizioni fissate dall’articolo 109, comma 4, lettera b), del TUIR.

 

Tale figura si è resa necessaria in relazione alla riforma del diritto societario, di cui alla legge n. 366 del 2001, che ha fra l’altro previsto l’abrogazione delle disposizioni che determinavano interferenze della disciplina fiscale sul bilancio civilistico. In via generale pertanto il TUIR dispone che possano essere considerate come componenti negative unicamente le poste presente nel bilancio della società. Peraltro il suddetto articolo 109, comma 4, lettera b), prevede alcuni casi nei quali si può usufruire di deduzioni di componenti negative non presenti nel bilancio (perciò extracontabili).

Va sottolineato come la suddetta disposizione oltre a disciplinare i requisiti oggettivi delle deduzioni extracontabili, fissa l’importante principio per cui le deduzioni sono in regime di sospensione di imposta, ovvero generino un vincolo fiscale di importo corrispondente sugli utili d’esercizio e le riserve di patrimonio netto presenti e future.

 

La disposizione in oggetto innova il regime delle deduzioni fiscali extracontabili prevedendo che le stesse possano essere recuperate a tassazione mediante opzione per l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive, con aliquota del 18 per cento. L’applicazione dell’imposta sostitutiva può essere anche parziale e, in tal caso, deve essere richiesta per classi omogenee di deduzioni extracontabili.

Si rimette ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’Economia e delle finanze l’adozione delle disposizioni attuative per la definizione delle modalità, dei termini e degli effetti dell’esercizio dell’opzione.

E’ infine prevista l’applicazione del comma 2-ter, secondo periodo, dell’articolo 176 TUIR, come modificato dal sopra illustrato comma 13.

In proposito si ricorda come la disposizione di cui al precedente comma 2 dell’articolo 3, ha previsto la possibilità di eliminare il vincolo gravante sulla riserva in sospensione di imposta derivante dalle deduzioni extracontabili, con conseguente possibilità di distribuzione di utili, mediante corresponsione di un’imposta sostitutiva con aliquota dell’1 per cento.

La relazione tecnica, riferita al testo del d.d.l. presentato dal Governo quantifica gli effetti di maggior gettito delle disposizioni dei commi 13-15 secondo la tabella seguente:

 

2008

2009

2010

507

702

883

 


Articolo 3, comma 16
(Imposta opzionale sostitutiva sulle differenze da disallineamento)

 


16. L'ammontare delle differenze tra valori civili e valori fiscali degli elementi patrimoniali delle società aderenti al consolidato fiscale, risultanti dal bilancio relativo all'esercizio precedente a quello di esercizio dell'opzione per l'adesione al consolidato o di rinnovo dell'opzione stessa, da riallineare ai sensi degli articoli 128 e 141 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, al netto delle rettifiche già operate, può essere assoggettato ad un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle società e dell'imposta regionale sulle attività produttive nella misura del 7 per cento. La disposizione del periodo precedente si applica anche per le differenze da riallineare ai sensi dell'articolo 115 del predetto testo unico. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'econo­mia e delle finanze sono adottate le relative disposizioni attuative.


 

 

Il comma 16 stabilisce che l’ammontare delle differenze (c.d. disallineamento) tra valori civili e valori fiscali degli elementi patrimoniali delle società aderenti al consolidato fiscale, risultanti dal bilancio relativo all’esercizio precedente a quello di esercizio dell’opzione per l’adesione al consolidato[77] o di rinnovo dell’opzione stessa, da riallineare ai sensi degli articoli 128 e 141 del TUIR, al netto delle rettifiche già operate, possa essere assoggettato ad un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive, con aliquota al 7 per cento.

Tale previsione è applicabile anche alle differenze da riallineare ai sensi dell’articolo 115 TUIR.

La relazione illustrativa al d.d.l. collega l’intervento alle difficoltà di applicazione e di interpretazione del regime dei riallineamenti dei valori civili e di quelli fiscali di cui agli articoli 128 e 141 del TUIR. Difficoltà che “in molti casi costituisce un serio ostacolo alla fruizione dell’imposizione consolidata di gruppo”.

Le disposizioni di attuazione del presente comma verranno adottate con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’Economia e delle finanze.

 

Gli effetti di gettito del comma 16, derivanti dall’imposta sostitutiva e dai minori introiti IRES connessi ai maggiori ammortamenti, sono - secondo la relazione tecnica al d.d.l. presentato dal Governo - i seguenti:

 

 

2008

2009

2010

Imposta sostitutiva

527

820

899

Minore IRES per ammortamenti

 

 

-733

TOTALE

527

820

166

 

 


Articolo 3, commi 17-19
(Revisione dei criteri di determinazione della base imponibile IRAP)

 


17. Al fine di semplificare le regole di determinazione della base imponibile del­l'imposta regionale sulle attività produttive e di separarne la disciplina applicativa e dichiarativa da quella concernente le imposte sul reddito, al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 5 è sostituito dal seguente:

«Art. 5. - (Determinazione del valore della produzione netta delle società di capitali e degli enti commerciali) - 1. Per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), non esercenti le attività di cui agli articoli 6 e 7, la base imponibile è determinata dalla differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell'articolo 2425 del codice civile, con esclusione delle voci di cui ai numeri 9), 10), lettere c) e d), 12) e 13), così come risultanti dal conto economico dell'eser­cizio.

2. Per i soggetti che redigono il bilancio in base ai princìpi contabili internazionali, la base imponibile è determinata assumendo le voci del valore e dei costi della produzione corrispondenti a quelle indicate nel comma 1.

3. Tra i componenti negativi non si considerano comunque in deduzione: le spese per il personale dipendente e assimilato classificate in voci diverse dalla citata voce di cui alla lettera B), numero 9), nonché i costi, i compensi e gli utili indicati nel comma 1, lettera b), numeri da 2) a 5), dell'articolo 11 del presente decreto; la quota interessi dei canoni di locazione finanziaria, desunta dal contratto; le perdite su crediti; l'imposta comunale sugli immobili di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. I contributi erogati in base a norma di legge concorrono comunque alla formazione del valore della produzione, fatta eccezione per quelli correlati a costi indeducibili.

4. I componenti positivi e negativi classificabili in voci del conto economico diverse da quelle indicate al comma 1 concorrono alla formazione della base imponibile se correlati a componenti rilevanti della base imponibile di periodi d'imposta precedenti o successivi.

5. Indipendentemente dalla effettiva collocazione nel conto economico, i com­ponenti positivi e negativi del valore della produzione sono accertati secondo i criteri di corretta qualificazione, imputazione temporale e classificazione previsti dai princìpi contabili adottati dall'impresa»;

b) dopo l'articolo 5 è inserito il seguente:

«Art. 5-bis. - (Determinazione del valore della produzione netta delle società di persone e delle imprese individuali) - 1. Per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), la base imponibile è determinata dalla differenza tra l'ammontare dei ricavi di cui all'articolo 85, comma 1, lettere a), b), f) e g), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e delle variazioni delle rimanenze finali di cui agli articoli 92 e 93 del medesimo testo unico, e l'ammontare dei costi delle materie prime, sussidiarie e di consumo, delle merci, dei servizi, dell'am­mortamento e dei canoni di locazione anche finanziaria dei beni strumentali materiali e immateriali. Non sono dedu­cibili: le spese per il personale dipendente e assimilato; i costi, i compensi e gli utili indicati nel comma 1, lettera b), numeri da 2) a 5), dell'articolo 11 del presente decreto; la quota interessi dei canoni di locazione finanziaria, desunta dal contratto; le perdite su crediti; l'imposta comunale sugli immobili di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. I contributi erogati in base a norma di legge concorrono comunque alla formazione del valore della produzione, fatta eccezione per quelli correlati a costi indeducibili. I componenti rilevanti si assumono secondo le regole di qualificazione, imputazione temporale e classificazione valevoli per la determinazione del reddito d'impresa ai fini dell'imposta personale»;

c) l'articolo 6 è sostituito dal seguente:

«Art. 6. - (Determinazione del valore della produzione netta delle banche e di altri enti e società finanziari). - 1. Per le banche e gli altri enti e società finanziari indicati nell'articolo l del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, e successive modificazioni, salvo quanto previsto nei successivi commi, la base imponibile è determinata dalla somma algebrica delle seguenti voci del conto economico redatto in conformità agli schemi risultanti dai provvedimenti emessi ai sensi dell'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38:

a) margine d'intermediazione ridotto del 50 per cento dei dividendi;

b) ammortamenti dei beni materiali e immateriali ad uso funzionale per un importo pari al 90 per cento;

c) altre spese amministrative per un importo pari al 90 per cento.

2. Per le società di intermediazione mobiliare e gli intermediari, diversi dalle banche, abilitati allo svolgimento dei servizi di investimento indicati nell'articolo 1 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, iscritti nell'albo previsto dall'articolo 20 dello stesso decreto, assume rilievo la differenza tra la somma degli interessi attivi e proventi assimilati relativi alle operazioni di riporto e di pronti contro termine e le commissioni attive riferite ai servizi prestati dall'intermediario e la somma degli interessi passivi e oneri assimilati relativi alle operazioni di riporto e di pronti contro termine e le commissioni passive riferite ai servizi prestati dall'intermediario.

3. Per le società di gestione dei fondi comuni di investimento, di cui alle leggi 23 marzo 1983, n. 77, e 14 agosto 1993, n. 344, e al decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 84, si assume la differenza tra le commissioni attive e passive.

4. Per le società di investimento a capitale variabile, si assume la differenza tra le commissioni di sottoscrizione e le commissioni passive dovute a soggetti collocatori.

5. Per i soggetti indicati nei commi 2, 3 e 4, si deducono i componenti negativi di cui alle lettere b) e c) del comma 1 nella misura ivi indicata.

6. I componenti positivi e negativi si assumono così come risultanti dal conto economico dell'esercizio redatto secondo i criteri contenuti nei provvedimenti della Banca d'Italia 22 dicembre 2005 e 14 febbraio 2006, adottati ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, e pubblicati rispettivamente nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 11 del 14 gennaio 2006 e n. 58 del 10 marzo 2006. Si applica il comma 5 dell'articolo 4.

7. Per la Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei cambi, per i quali assumono rilevanza i bilanci compilati in conformità ai criteri di rilevazione e di redazione adottati dalla Banca centrale europea ai sensi dello Statuto del Sistema europeo di banche centrali (SEBC) e alle raccomandazioni dalla stessa formulate in materia, la base imponibile è determinata dalla somma algebrica delle seguenti componenti:

a) interessi netti;

b) risultato netto da commissioni, provvigioni e tariffe;

c) costi per servizi di produzione di banconote;

d) risultato netto della redistribuzione del reddito monetario;

e) ammortamenti delle immobilizzazioni materiali e immateriali, nella misura del 90 per cento;

f) spese di amministrazione, nella misura del 90 per cento.

8. Per i soggetti indicati nei commi precedenti non è comunque ammessa la deduzione: dei costi, dei compensi e degli utili indicati nel comma 1, lettera b), numeri da 2) a 5), dell'articolo 11; della quota interessi dei canoni di locazione finan­ziaria, desunta dal contratto; dell'imposta comunale sugli immobili di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. I contributi erogati in base a norma di legge concorrono comunque alla formazione del valore della produzione, fatta eccezione per quelli correlati a costi indeducibili.

9. Per le società la cui attività consiste, in via esclusiva o prevalente, nella assun­zione di partecipazioni in società esercenti attività diversa da quella creditizia o finanziaria, per le quali sussista l'obbligo dell'iscrizione, ai sensi dell'articolo 113 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, nell'apposita sezione dell'elenco generale dei soggetti operanti nel settore finanziario, la base imponibile è determinata aggiungendo al risultato derivante dall'applicazione dell'ar­ticolo 5 la differenza tra gli interessi attivi e proventi assimilati e gli interessi passivi e oneri assimilati»;

d) l'articolo 7 è sostituito dal seguente:

«Art. 7. - (Determinazione del valore della produzione netta delle imprese di assicurazione) - 1. Per le imprese di assicurazione, la base imponibile è determinata apportando alla somma dei risultati del conto tecnico dei rami danni (voce 29) e del conto tecnico dei rami vita (voce 80) del conto economico le seguenti variazioni:

a) gli ammortamenti dei beni strumentali, ovunque classificati, e le altre spese di amministrazione (voci 24 e 70), sono deducibili nella misura del 90 per cento;

b) i dividendi (voce 33) sono assunti nella misura del 50 per cento.

2. Dalla base imponibile non sono comunque ammessi in deduzione: le spese per il personale dipendente e assimilato ovunque classificate nonché i costi, i compensi e gli utili indicati nel comma 1, lettera b), numeri da 2) a 5), dell'articolo 11; le svalutazioni, le perdite e le riprese di valore dei crediti; la quota interessi dei canoni di locazione finan­ziaria, desunta dal contratto; l'imposta comunale sugli immobili di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.

3. I contributi erogati in base a norma di legge concorrono comunque alla forma­zione del valore della produzione, fatta eccezione per quelli correlati a costi indeducibili.

4. I componenti positivi e negativi si assumono così come risultanti dal conto economico dell'esercizio redatto in conformità ai criteri contenuti nel decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 173, e alle istruzioni impartite dall'ISVAP con il provvedimento n. 735 del 1o dicembre 1997, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 289 del 12 dicembre 1997»;

e) all'articolo 8, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I compensi, i costi e gli altri componenti si assumono così come rilevanti ai fini della dichia­razione dei redditi»;

f) all'articolo 11:

1) al comma 1, lettera a), numeri 2) e 3), le parole: «pari a 5.000» e «fino a 10.000» sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «pari a 4.600» e «fino a 9.200»;

2) al comma 1, lettera b), i numeri 1) e 6) sono abrogati e al numero 2) le parole: «di cui all'articolo 81» sono sostituite dalle seguenti: «nonché i compiti attribuiti per obblighi di fare, non fare o permettere, di cui all'articolo 67»;

3) i commi 2, 3 e 4 sono abrogati;

4) al comma 4-bis, le parole: «euro 8.000», «euro 6.000», «euro 4.000» e «euro 2.000» sono sostituite, rispettiva­mente, dalle seguenti: «euro 7.350», «euro 5.500», «euro 3.700» e «euro 1.850»;

5) al comma 4-bis1, le parole: «pari a euro 2.000» sono sostituite dalle seguenti: «pari a euro 1.850»;

g) l'articolo 11-bis è abrogato;

h) all'articolo 16, comma 1, le parole: «l'aliquota del 4,25 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «l'aliquota del 3,9 per cento».

18. Le disposizioni di cui al comma 17 si applicano a decorrere dal periodo d'im­posta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007. L'ammontare complessivo dei componenti negativi dedotti dalla base imponibile IRAP fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007 previa indicazione nell'apposito prospetto di cui all'articolo 109, comma 4, lettera b), del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è recuperato a tassazione in sei quote costanti a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla suddetta data del 31 dicembre 2007; in corrispondenza di tale recupero, si determina lo svincolo, per la quota IRAP, delle riserve in sospensione indicate nel suddetto prospetto. Per le quote residue dei componenti negativi la cui deduzione sia stata rinviata in applicazione della precedente disciplina dell'IRAP continuano ad applicarsi le regole precedenti, ad eccezione delle quote residue derivanti dall'applicazione del comma 3 dell'articolo 111 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, il cui ammontare complessivo è deducibile in sei quote costanti a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla suddetta data del 31 dicembre 2007. Resta fermo il concorso alla formazione della base imponibile delle quote residue delle plusvalenze o delle altre componenti positive conseguite fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007 e la cui tassazione sia stata rateizzata in applicazione della precedente disciplina.

19. Ferma restando la disciplina ordinaria in materia di accertamento e di riscossione prevista dal decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, la dichia­razione annuale dell'imposta regionale sulle attività produttive non deve essere più presentata in forma unificata e deve essere presentata direttamente alla regione o alla provincia autonoma di domicilio fiscale del soggetto passivo. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro il 31 marzo 2008, sono stabiliti i nuovi termini e le modalità di presentazione della dichiarazione IRAP e sono dettate le opportune disposizioni di coordinamento.


 

 

I commi da 17 a 19 modificano la disciplina relativa all’Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) contenuta nel decreto legislativo n. 446 del 1997 intervenendo sia sulle modalità di determinazione della base imponibile sia sull’aliquota ordinaria d’imposta.

 

La relazione illustrativa predisposta dal Governo afferma che le modifiche sono dirette ad avvicinare la struttura dell’IRAP ai criteri di contabilità nazionale utilizzati per il calcolo del valore della produzione e del valore aggiunto nei vari settori economici e che, a seguito della riforma, la base imponibile IRAP deriverà per intero dai dati di bilancio.

In base alla normativa vigente, infatti, la determinazione della base imponibile IRAP non è allineata alla disciplina fiscale relativa alla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte dirette. Ciò comporta, per il contribuente, un aggravio degli adempimenti in quanto la contabilità deve seguire un “doppio binario” finalizzato, appunto, alla determinazione dei due imponibili fiscali.

La revisione, inoltre, va inquadrata nel processo di progressiva trasformazione dell’imposta da tributo di natura erariale a tributo proprio delle regioni e delle province autonome, come previsto dai commi 10-12 dell’articolo 3 del provvedimento in esame e alla cui scheda si rinvia.

 

La disciplina generale dell’IRAP è contenuta nel decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (articoli 1-45).

L’imposta ha carattere reale ed il presupposto dell’imposta è individuato nell’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata volta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.

Soggetti passivi dell’imposta sono le società di capitali; le società cooperative; le società di mutua assicurazione; gli enti commerciali pubblici e privati; le società di persone, le persone fisiche, che esercitino attività commerciali ovvero arti o professioni; i produttori agricoli, purché abbiano un volume di affari annuo superiore a 2.582,28 euro, ovvero a 7.746,85 euro qualora operino in comuni montani con meno di mille abitanti (oppure in centri abitati con meno di cinquecento abitanti compresi in comuni montani).

L’imposta è altresì dovuta dalle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, nonché dalle amministrazioni della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, della Corte costituzionale, della Presidenza della Repubblica e dagli organi legislativi delle regioni a statuto speciale.

La base imponibile dell’imposta coincide, per i soggetti che esercitano attività d’impresa, con il valore della produzione netta, derivante dall’attività svolta nel territorio della regione. Per i soggetti che non svolgono attività commerciale o di lavoro autonomo, l’imponibile è determinato sulla base del costo del lavoro del personale dipendente e assimilato.

Ai sensi dell’articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 446, l’IRAP è determinata applicando al valore della produzione netta determinato con riferimento ai soggetti che realizzano attività commerciali l’aliquota ordinaria del 4,25%; per gli altri soggetti, quali le amministrazioni pubbliche, l’aliquota ordinaria è fissata nella misura dell’8,5%. A norma del successivo comma 3, a decorrere dal terzo anno successivo a quello di emanazione del decreto legislativo in questione (ossia a partire dal 2000), le regioni possono variare, in aumento o in diminuzione, l’aliquota di cui al comma 1 fino ad un massimo di un punto percentuale. La variazione può essere differenziata per settori di attività e per categorie di soggetti passivi.

 

Il comma 17, interviene sulla disciplina IRAP di cui al decreto legislativo n. 446 del 1997, modificando sia le modalità di determinazione della base imponibile sia la misura dell’aliquota ordinaria.

La norma in esame precisa che le modifiche introdotte sono dirette a semplificare le regole di determinazione della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive nonché a separarne la disciplina applicativa e dichiarativa da quella concernente le imposte sul reddito.

 

In linea generale, le modifiche introdotte dal comma 17, esaminate di seguito in dettaglio, sono dirette a:

-       modificare, sostituendole e integrandole, le disposizioni in materia di determinazione del valore delle produzione netta delle società ed enti commerciali (nuovo articolo 5 come sostituito dalla lettera a) del comma in esame), delle imprese individuali (nuovo articolo 5-bis come introdotto dalla lettera b) del comma in esame), delle banche ed altre società finanziarie (nuovo articolo 6 come sostituito dalla lettera c) del comma in esame), delle imprese di assicurazione (nuovo articolo 7 come sostituito dalla lettera d) del comma in esame) e degli esercenti arti e professioni (articolo 8 modificato dalla lettera e) del comma in esame);

-       modifica delle disposizioni comuni per la determinazione della base imponibile IRAP, tra le quali rientrano anche le deduzioni forfetarie e le deduzioni per i lavoratori dipendenti (articoli 11 modificato dalla lettera f) del comma in esame);

-       soppressione dell’articolo 11-bis concernente disposizioni di raccordo con la normativa contenuta nel DPR n. 917/1986[78] (lettera g) del comma in esame);

-       riduzione dell’aliquota ordinaria IRAP (lettera h) del comma in esame).

 

Le lettere a) e b) del comma 17 modificano le disposizioni contenute nell’articolo 5 del decreto legislativo n. 446/1997 attraverso la sostituzione del citato articolo 5 (limitatamente alle società e agli enti commerciali) e l’introduzione di un articolo 5-bis (relativo alle imprese individuali).

L’articolo 5 del D.Lgs. n. 446/1997 reca disposizioni concernenti la determinazione della base imponibile IRAP per i soggetti indicati nell'articolo 3, comma 1, lettere a) e b) del medesimo decreto che esercitano attività diversa da quella bancaria, finanziaria e assicurativa. Per tali soggetti, la base imponibile è determinata dalla differenza tra la somma delle voci classificabili nel valore della produzione di cui al primo comma, lettera A), dell'articolo 2425 del codice civile e la somma di quelle classificabili nei costi della produzione di cui alla lettera B) del medesimo comma, ad esclusione delle perdite su crediti e delle spese per il personale dipendente[79]. In virtù del citato rinvio, i componenti positivi ai fini IRAP sono dati dai ricavi delle vendite e delle prestazioni, le variazioni positive delle rimanenze ed altri eventuali ricavi; mentre i componenti negativi sono rappresentati dai costi per acquisti di merci e servizi, dai costi per godimento di beni di terzi, dagli ammortamenti, svalutazioni e accantonamenti per rischi, altri oneri diversi da quelli espressamente esclusi.

 

Il nuovo articolo 5 disciplina il regime IRAP per le società commerciali e gli enti commerciali e rinvia al nuovo articolo 5-bis la disciplina per le imprese individuali e per le società di persone esercenti attività commerciale.

Il comma 1 del nuovo articolo 5 dispone che il valore di produzione netta è dato dalla differenza tra il valore di produzione, determinato ai sensi della lettera A) dell’articolo 2425 del codice civile, e i costi di produzione, individuati ai sensi della lettera B) del medesimo articolo 2425 con esclusione dei numeri 9, 10 lettere c) e d), 12 e 13. In sostanza, ai fini IRAP non si includono tra i costi di produzione, rispetto alle disposizioni del codice civile, le svalutazione delle immobilizzazione, diverse dagli ammortamenti che rimangono deducibili, le svalutazione delle disponibilità liquide, gli accantonamenti per rischi, gli altri accantonamenti.

Il comma 3 del nuovo articolo 5 conferma che i contributi erogati in base a norma di legge, ad esclusione di quelli correlati a costi indeducibili, concorrono alla formazione della base imponibile. Inoltre, indipendentemente dalla loro classificazione in bilancio, non sono deducibili:

-        le spese per il personale dipendente e assimilato (già indeducibili a normativa vigente). Restano, in ogni caso, deducibili ai sensi e nei limiti previsti dall’articolo 11, comma 1, lettera a) punti numero 1, 4 e 5 del decreto legislativo n. 446/1997 alcune voci di costo del personale tre le quali i contributi INAIL, spese per apprendisti, alcune assunzioni a tempo determinato;

-        i costi e i compensi relativi a collaborazioni occasionali o continuative[80] (già indeducibili a normativa vigente);

-        gli utili spettanti agli associati in partecipazione (già indeducibili a normativa vigente);

-        la quota di interessi dei canoni leasing che, a differenza di quanto previsto a normativa vigente, dovrà essere desunta dal contratto di locazione finanziaria stipulato ;

-        le perdite su crediti (già indeducibili a normativa vigente);

-        l’imposta comunale sugli immobili la quale è, a normativa vigente, deducibile ai fini IRAP.

 

La relazione tecnica allegata al ddl originario afferma che “per i soggetti appartenenti al settore industriale, commerciale e dei servizi, la nuova determinazione del valore della produzione risente, principalmente, della eliminazione delle deduzioni extracontabili”.

Infatti, le nuove norme non prevedono la possibilità di portare in deduzione alcuni costi ai soli fini fiscali. In proposito, peraltro, si rinvia a quanto disposto dal comma 18 dell’articolo 3 del provvedimento in esame ai sensi del quale sono recuperate a tassazione le deduzioni extracontabili operate fino al 31 dicembre 2007.

 

Ai sensi dell’articolo 5-bis, la base imponibile per le imprese individuali, che a normativa vigente coincide con quella delle società commerciali, è determinata facendo riferimento alle voci di conto economico contenute nel TUIR e non in quelle indicate nel codice civile.

In particolare, concorrono alla formazione della base imponibile ai fini IRAP i ricavi di vendita di merci, materie prime, semilavorati e servizi, le variazioni positive delle rimanenze, le indennità conseguite a titolo di risarcimento, i contributi spettanti sotto qualsiasi denominazione in base a contratto, nonché i contributi erogati in base a norma di legge, ad esclusione di quelli correlati a costi indeducibili.

Sono deducibili ai fini IRAP i costi di acquisto di merci, materie prime e sussidiarie, di servizi, ammortamenti e canoni di locazione di beni strumentali (al netto degli interessi).

Non sono deducibili ai fini IRAP le spese per il personale dipendente e assimilato, i costi e i compensi relativi a collaborazioni occasionali o continuative[81], gli utili spettanti agli associati in partecipazione, la quota di interessi dei canoni leasing, le perdite su crediti e l’imposta comunale sugli immobili.

Analogamente alle modifiche introdotte per le società di capitali, viene modificata la disciplina sulla deducibilità degli interessi sul leasing, che devono essere desunti dal contratto, e diviene indeducibile l’ICI pagata dal contribuente.

 

La lettera c) del comma 17 sostituisce l’articolo 6 del decreto legislativo n. 446 del 1997, recante i criteri di determinazione del valore della produzione netta delle banche e di altri enti e società finanziarie.

Il nuovo valore della produzione netta è determinato, tendenzialmente, dal margine di intermediazione ridotto del 50 per cento dei dividendi complessivi; è prevista, altresì, la deduzione del 90 per cento dei consumi intermedi rappresentati dagli ammortamenti dei beni materiali e immateriali e delle altre spese amministrative.

Con un emendamento approvato dalla Commissione bilancio del Senato, viene eliminato un errore materiale contenuto nel nuovo articolo 6, comma 7, del D.Lgs. n. 446 del 1997, che riscrive le regole di determinazione della base imponibile IRAP della Banca d’Italia e dell’Ufficio italiano dei cambi: per la precisione, viene espunto, dall’elenco dei componenti che concorrono a formare la predetta base imponibile, il riferimento agli interessi attivi.

 

La lettera d) del comma 17 sostituisce l’articolo 7, recante i criteri di determinazione del valore della produzione netta delle imprese di assicurazione.

La base imponibile IRAP è determinata apportando alla somma dei risultati del conto tecnico dei rami danni e del conto tecnico dei rami vita del conto economico alcune variazioni specificatamente indicate. Gli ammortamenti sono deducibili nel limite del 90 per cento.

 

La lettera e) del comma 17 integra l’articolo 8 del D.Lgs. n. 446, recante i criteri di determinazione del valore della produzione netta delle persone fisiche e delle società semplici ed equiparate esercenti arti e professioni.

Per tali soggetti si prevede che la base imponibile IRAP derivi dalla differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti e l’ammontare dei costi sostenuti inerenti all’attività esercitata, compreso l’ammortamento dei beni materiali e immateriali, esclusi gli interessi passivi e le spese per il personale dipendente.

Con la modifica in commento, si precisa che i compensi, i costi e gli altri componenti si assumono così come rilevanti ai fini della dichiarazione dei redditi.

 

La lettera f) del comma 17 modifica l’articolo 11 del decreto legislativo n. 446 del 1997 recante “disposizioni comuni per la determinazione del valore della produzione netta”.

 

L’articolo 11, comma 1, lettera a), è stato recentemente modificato dall’articolo 15-bis, comma 1, del decreto legge n. 81 del 2007, al fine di recepire le raccomandazioni della Commissione europea volte ad evitare che la riduzione del cuneo fiscale e contributivo si configurasse quale aiuto di Stato.

Pertanto, è stata estesa alle banche, ad altri enti finanziari e imprese di assicurazione la possibilità di dedurre dalla base imponibile IRAP un importo pari a 5.000 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo di imposta, nonché i contributi assistenziali e previdenziali relativi ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato.

 

Il numero 1 della lettera f), modificando il comma 1, lettera a) dell’articolo 11, riduce le deduzioni forfetarie spettanti per ciascun lavoratore dipendente impiegato a tempo indeterminato.

Ai sensi del comma 1, lettera a) dell’articolo 11, il beneficio spetta a tutti i soggetti IRAP, con esclusione delle imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dei servizi pubblici[82], delle Amministrazioni pubbliche, delle amministrazioni della Camera dei Deputati, del Senato, della Corte Costituzionale, della Presidenza della Repubblica e degli organi legislativi delle regioni a statuto speciale.

La deduzione è fissata in misura pari a 5.000 euro, su base annua, per ciascun lavoratore dipendente impiegato a tempo indeterminato. Tale deduzione è elevata a 10.000 euro per le imprese, escluse le banche, enti finanziari e assicurazioni, se i lavoratori sono impiegati nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna.

 

In particolare, viene ridotta da 5.000 a 4.600 euro la deduzione per ciascun lavoratore dipendente, e da 10.000 a 9.200 euro la deduzione, alternativa alla precedente, per i lavoratori impiegati nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna.

 

Il numero 2 della lettera f), intervenendo sul comma 1, lettera b) dell’articolo 11, reca norme di coordinamento con le modifiche introdotte dalle lettere da a) ad e) del comma 17 in esame. Si tratta, in particolare, della indeducibilità di alcune voci di costo del personale, degli interessi passivi inclusi nei canoni leasing, e dei compensi corrisposti per obblighi di fare, non fare o permettere di cui alla lettera l) del comma 1 dell’articolo 67 del D.Lgs. 446/1997.

 

Il numero 3 della lettera f), abrogando i commi 2, 3 e 4 dell’articolo 11, reca norme di coordinamento con le modifiche introdotte dalle lettere da a) ad e) del comma 17 in esame.

Il comma 2 dell’articolo 11 del D.Lgs. n. 446/1997 dispone la deducibilità dei costi sostenuti per l’acquisizione di beni e servizi destinati alla generalità o a categorie dei dipendenti e dei collaboratori (c.d. fringe benefits).

Ai sensi del comma 3 dell’articolo 11 concorrono alla formazione della base imponibile IRAP i proventi e gli oneri classificabili fra le voci diverse da quelle espressamente indicati negli articoli 5, 6 e 7 del medesimo decreto n. 446, se correlati a componenti di reddito inclusi nella determinazione della base imponibile in anni precedenti. In ogni caso, concorrono alla formazione dell’imponibile IRAP le plusvalenze e le minusvalenze relative a beni strumentali non derivanti da operazioni di trasferimento di azienda, e i contributi erogati a norma di legge con esclusione di quelli correlati a componenti negativi non ammessi in deduzione.

Il comma 4 dispone che ai fini della individuazione dei componenti positivi e negativi, si tiene conto della loro corretta classificazione, indipendentemente dalla collocazione nel conto economico effettuata dal contribuente.

 

Il numero 4 della lettera f), modificando il comma 4-bis dell’articolo 11 del D.Lgs. n. 446/1997, riduce l’importo delle deduzioni forfetarie stabilite in funzione degli scaglioni di valore imponibile dichiarato. La modifica proposta è evidenziata nella seguente tabella.

Base imponibile

Deduzione vigente

Deduzione proposta

Fino a 180.790 euro

8.000

7.350

Da 180.790 a 180.840 euro

6.000

5.500

Da 180.840 a 180.920 euro

4.000

3.700

Da 180.920 a 181.000 euro

2.000

1.850

 

Il numero 5 della lettera f), modificando il comma 4-bis.1 dell’articolo 11, riduce l’importo della deduzione spettante per ciascun lavoratore dipendente impiegato fino ad un massimo di cinque.

Ai sensi del comma 4-bis.1 dell’articolo 11, il beneficio spetta a tutti i soggetti IRAP, con esclusione delle Amministrazioni pubbliche, delle amministrazioni della Camera dei Deputati, del Senato, della Corte Costituzionale, della Presidenza della Repubblica e degli organi legislativi delle regioni a statuto speciale.

La deduzione, ai sensi del comma 4-septies dell’articolo 11, è alternativa a quella spettante ai sensi della medesima lettera a) del comma 1 (modificata dal numero 1) della lettera f) in esame).

In particolare, la misura della deduzione per ciascun lavoratore dipendente viene ridotta da 2.000 euro a 1.850 euro su base annua.

 

La lettera g), abrogando l’articolo 11-bis, reca norme di coordinamento con le modifiche dei criteri di determinazione della base imponibile IRAP, recate dalle lettere da a) ad e).

 

La lettera h), modificando l’articolo 16, comma 1, dispone la riduzione dell’aliquota ordinaria IRAP dal 4,25% al 3,9%.

Resta ferma la previsione di cui al comma 2 dell’articolo 16, che fissa all’8,5 per cento l’aliquota IRAP applicata al valore prodotto nell’esercizio di attività non commerciali svolte dalle amministrazioni pubbliche indicate nell’art. 1, comma 2, del Testo unico del pubblico impiego (D.Lgs. n. 165 del 2001), nonché dalle amministrazioni della Camera dei Deputati, del Senato, della Corte costituzionale, della Presidenza della Repubblica e dagli organi legislativi delle regioni a statuto speciale.

 

Il comma 18 stabilisce che le disposizioni recate dal sopra illustrato comma 17 si applichino a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

 

Il medesimo comma 18, inoltre, individua una specifica disciplina relativa ai componenti negativi indicati nel prospetto allegato alla dichiarazione dei redditi.

In particolare, si dispone il recupero a tassazione dei componenti negativi indicati nel prospetto delle deduzioni extracontabili allegato alla dichiarazione dei redditi (quadro EC) e dedotti dalla base imponibile IRAP fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007.

Tale prospetto è stato introdotto con la riforma dell’imposta sulle società (D.Lgs. n. 344 del 2003) con la finalità di indicare separatamente le voci di costo rilevanti ai soli fini fiscali e non anche ai fini del bilancio civilistico (c.d. disinquinamento del bilancio)[83]. In particolare, ai sensi dell’articolo 109, comma 4, lettera b) del TUIR tali voci sono rappresentate dagli ammortamenti, dalle altre rettifiche di valore, dagli accantonamenti, dalle spese relative a studi e ricerche di sviluppo e dalle eccedenze relative ai canoni di leasing finanziario (differenza tra canoni dedotti, ammortamenti dei beni acquisiti in locazione finanziaria e interessi passivi corrisposti sui canoni leasing).

I valori dedotti extracontabilmente rilevano ai fini della distribuzione ai soci di riserve preesistenti o di utili di esercizio. Infatti, il terzo periodo della citata lettera b) del comma 4 dispone che la distribuzione delle predette riserve non produce effetti ai fini fiscali se l’ammontare delle riserve distribuite non è superiore ai valori dedotti extracontabilmente. Se, invece, si verifica tale ipotesi, l’eccedenza distribuita, aumentata delle relative imposte differite, concorre a formare il reddito imponibile con conseguente riassorbimento dell’eccedenza di componenti negativi dedotti extracontabilmente.

Il recupero a tassazione è previsto in sei quote annue costanti a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2007.

Corrispondentemente, sono svincolate le riserve in sospensione d’imposta indicate nel prospetto limitatamente alla quota IRAP. In altre parole, la distribuzione delle predette riserve, qualora superi i limiti per l’assoggettamento a tassazione, comporta il pagamento della sola IRES in quanto l’IRAP risulta già corrisposta.

In proposito si segnala che il comma 2 dell’articolo 3 del provvedimento in esame modifica la disciplina contenuta nell’articolo 109, comma 4, lettera b) del TUIR (alla cui scheda si rinvia). Il medesimo comma, tra l’altro, introduce la facoltà di svincolare le riserve in sospensione d’imposta attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva fissata in misura pari all’1% senza indicare quali sono le imposte in luogo delle quali dovrebbe essere versata la predetta imposta sostitutiva.

 

Relativamente alle quote di componenti negativi la cui deduzione ai fini IRAP è rinviata in applicazione della normativa vigente fino al 31 dicembre 2007 continua ad applicarsi la precedente disciplina.

Tale deroga non si applica alla variazione della riserva sinistri, di cui all’articolo 111, comma 3 del TUIR, operata dalle imprese di assicurazioni la quale è deducibile in sei quote costanti a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2007.

L’articolo 111, comma 3, del TUIR dispone che la variazione della riserva sinistri ramo danni, per la parte riferibile alla componente di lungo periodo, è deducibile nell’esercizio in misura pari al 60% dell’importo iscritto in bilancio e l’eccedenza in nove quote costanti a partire dall’esercizio successivo.

 

Il comma 19 prevede che, ferma restando la disciplina ordinaria in materia di accertamento e di riscossione prevista dal D.Lgs. n. 446 del 1997, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, la dichiarazione annuale dell’IRAP non dovrà più essere presentata in forma unificata.

 

Si ricorda che la dichiarazione unificata è la dichiarazione tributaria redatta su modello UNICO, che consente di assolvere contemporaneamente agli obblighi di dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi, dell’IVA e dei sostituti di imposta.

L’obbligo di avvalersi di UNICO riguarda i contribuenti, con periodo di imposta coincidente con l’anno solare, tenuti ad effettuare almeno due dichiarazioni tra quelle dei redditi, dell’IVA e dell’IRAP.

 

In particolare, la dichiarazione annuale IRAP dovrà essere presentata direttamente alla regione o alla provincia autonoma in cui il soggetto passivo ha il domicilio fiscale .

I nuovi termini e le modalità di presentazione della dichiarazione IRAP verranno stabiliti con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro il 31 marzo 2008, che detterà anche le opportune disposizioni di coordinamento.


Articolo 3, comma 20
(Modifica all’utilizzo dei crediti d’imposta a favore di società ed enti)

 


20. A partire dal 1o gennaio 2008, anche in deroga alle disposizioni previste dalle singole leggi istitutive, i crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi possono essere utilizzati nel limite annuale di 250.000 euro. L'ammontare eccedente è riportato in avanti anche oltre il limite temporale eventualmente previsto dalle singole leggi istitutive ed è comunque compensabile per l'intero importo residuo a partire dal terzo anno successivo a quello in cui si genera l'eccedenza. Il tetto previsto dal presente comma non si applica alle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 280, della legge 27 dicembre 2006, n. 296; il tetto previsto dal presente comma non si applica alle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 271, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, a partire dalla data del 1o gennaio 2010.


 

 

Il comma 20 modifica i criteri di utilizzo dei crediti di imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, introducendo un limite annuale di 250.000 euro alla possibilità di portare in compensazione[84] tali crediti.

La norma si applica a partire dal 1° gennaio 2008, anche in deroga alle disposizioni previste dalle singole leggi istitutive.

In base al tenore letterale della norma, il limite è pertanto applicabile già a partire dalla prossime dichiarazioni dei redditi 2008, relative al periodo d’imposta 2007.

Il comma 20 prevede inoltre che l’eventuale credito eccedente tale limite possa essere riportato in avanti anche oltre il limite temporale eventualmente stabilito in tali leggi istitutive e che sia comunque compensabile per l’intero importo residuo, a partire dal terzo anno successivo a quello in cui si è generata.

Generalmente, il credito d’imposta può essere utilizzato in compensazione o in via principale, direttamente con i versamenti per le imposte sui redditi (IRES, IRPEF e relative addizionali), ovvero, solo per l’eventuale eccedenza, con gli importi a debito di altre imposte e contributi, anche se le modalità specifiche sono regolate dalle diverse leggi istitutive delle agevolazioni in questione.

Ricordiamo che per le società di persone sono attualmente vigenti più di 20 tipologie di crediti d’imposta, mentre per le società di capitali questi sono più di 30. Il limite di 250.000 euro dovrebbe applicarsi, anche se la disposizione non lo specifica, al totale dei crediti.

I soggetti interessati all’applicazione di tale disposizione sono tutti i soggetti che presentano la dichiarazione dei redditi contenente il quadro RU (società di persone, società di capitali ed enti non commerciali) e che usufruiscono di crediti d’imposta, concessi da numerose norme istitutive, con le due sole esclusioni di seguito illustrate.

Nel corso dell’esame al Senato, il comma 20 è stato infatti modificato, con l’aggiunta di un periodo che esclude dall’applicazione del limite dei 250.000euro due tipologie di crediti d’imposta. Si tratta delle seguenti ipotesi, disciplinate dall’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006):

§      il credito d’imposta (di cui al comma 280), concesso alle imprese per le spese per investimenti in attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo;

§      il credito d’imposta (di cui al comma 271), relativo all’acquisizione di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nelle aree sottoutilizzate del Mezzogiorno. Tale seconda deroga opera solo a partire dal 2010.

 

Si ricorda che il comma 280 della legge finanziaria 2007 ha previsto la concessione di un credito d’imposta per il periodo dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2009, calcolato nella misura del 10 per cento dei costi sostenuti per attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo[85], elevata al 15 per cento qualora i costi di ricerca e sviluppo siano riferiti a contratti stipulati con università ed enti pubblici di ricerca.

Si segnala che il comma 28, articolo 3, del presente disegno di legge finanziaria prevede una modifica alla disciplina di tale credito d’imposta (cfr. la relativa scheda di lettura).

Il comma 271 ha invece concesso un credito per l’acquisizione di beni strumentali, si prevede che a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006 e fino alla chiusura del periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2013, sia attribuito un credito d'imposta nella misura massima consentita in applicazione delle intensità di aiuto previste dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013, non cumulabile con il sostegno de minimis[86] né con altri aiuti di Stato che abbiano ad oggetto i medesimi costi ammissibili. L’agevolazione ha carattere automatico e pertanto non è richiesta la preventiva autorizzazione da parte dell’Agenzia delle entrate.

Ai sensi del comma 271 il credito di imposta è concesso alle imprese che effettuano investimenti attraverso l'acquisizione di beni nuovi nelle “aree svantaggiate”del Mezzogiorno. Si tratta di investimenti per le acquisizioni, ivi comprese quelle in leasing, di beni strumentali non usati[87], destinati a strutture produttive già esistenti o di nuova costituzione, ubicate nelle aree svantaggiate, individuate dalla Carta italiana degli aiuti per il periodo 2000-2006[88].

 Si ricorda che tali aree sono rappresentate dalle zone ammissibili alle deroghe previste all’articolo 87, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, alle seguenti lettere:

§      lettere a), in base alla quale possono beneficiare degli aiuti a finalità regionale quelle regioni in cui il PIL pro-capite non supera il 75% della media dell’Unione europea a 25 paesi. Per quanto riguarda l’Italia, sono ammesse le regioni Calabria, Campania, Sicilia e Puglia, mentre la Basilicata rientra in un regime particolare[89] a motivo del c.d. “effetto statistico” (regioni in cui il PIL pro-capite risulta inferiore alla media calcolata relativamente all’Europa a 15, ma superiore a quella riferita all’Europa a 25);

§      lettere a), in base alla quale le aree ammesse alla deroga risultano comunque “sfavorite” rispetto alla media nazionale. Si tratta prevalentemente di circoscrizioni comunali e pertanto sono singolarmente individuate nell’aggiornamento della Carta degli aiuti italiana 2007-2013.


Articolo 3, commi 21-24
(Limiti all’utilizzo dei crediti d’imposta per le imprese ubicate nelle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise)

 


21. Nei limiti dello stanziamento di cui al comma 23, le disposizioni del comma 20, primo e secondo periodo, con particolare riferimento alle imprese impe­gnate in processi di ricerca e sviluppo, non si applicano alle imprese ubicate nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato istitutivo della Comunità europea, con un fatturato annuo non su­periore a euro 5.000.000:

a) che beneficiano delle disposizioni di cui ai commi da 242 e 249 della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

b) le cui azioni sono ammesse alla quotazione in un mercato regolamentato a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 1o gennaio 2007.

22. L'applicazione delle disposizioni di cui al comma 21, con particolare riferimento alle imprese impegnate in processi di ricerca e sviluppo, è subordinata alla presentazione all'Agenzia delle entrate di una istanza preventiva ai sensi dell'articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, al fine di dimostrare la sussistenza dei requisiti previsti dal comma 21.

23. Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, è istituito un Fondo destinato alle finalità di cui al comma 21, con dotazione nel limite di 10 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2008. Con decreto del Ministro dell'econo­mia e delle finanze sono emanate le disposizioni di applicazione dei commi 21 e 22, anche al fine di stabilire le procedure per assicurare il rispetto del limite di stanziamento di cui al primo periodo.

24. L'efficacia delle disposizioni dei commi da 21 a 23 è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, all'autorizzazione della Commissione europea.


 

 

I commi da 21 a 24, aggiunti al Senato durante l’esame in Assemblea, dispongono una deroga al limite annuale di 250.000 euro ai fini della compensazione tributaria previsto per l’utilizzo dei crediti d’imposta ai sensi del precedente comma 20,per le imprese situate nelle aree svantaggiate ai sensi della normativa comunitaria aventi determinati requisiti.

 

Il comma 21 prevede, in particolare, che il suddetto limite non si applichi, nei limiti dello stanziamento di cui al comma 23, alle imprese:

§      impegnate in processi di ricerca e sviluppo;

§      che presentino un fatturato annuo non superiore a 5 milioni di euro;

§      che risultino ubicate nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste per gli aiuti di stato a finalità regionale[90].

Sono pertanto escluse talune aree del Centro-nord, ancorché rientrino tra le circoscrizioni comunali elencate nell’aggiornamento della Carta italiana degli aiuti a finalità regionale 2007-2013.

§      che siano beneficiarie delle disposizioni agevolative in materia di processi di aggregazione aziendale di cui ai commi 242 e 249 della legge finanziaria per il 2007 (lett. a));

Si ricorda che il citato comma 242 della citata legge finanziaria per il 2007(legge n. 296 del 2006) stabilisce che per le società per azioni, le società in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato, che risultino da operazioni di aggregazione aziendale realizzate attraverso fusione o scissione, effettuate negli anni 2007 e 2008, si considera riconosciuto, ai fini fiscali, il valore di avviamento e quello attribuito ai beni strumentali materiali e immateriali, per effetto della imputazione in bilancio del disavanzo da concambio, per un ammontare complessivo non superiore all’importo di 5 milioni di euro. Nei casi di decadenza dal diritto del riconoscimento dei predetti valori, disciplinati dal comma 248 della medesima legge finanziaria[91], il successivo comma 249 prevede che nella dichiarazione dei redditi del periodo d'imposta in cui si verifica tale decadenza, la società è tenuta a liquidare e versare l'IRES e l'IRAP dovute sul maggior reddito, relativo anche ai periodi di imposta precedenti, determinato senza tenere conto dei maggiori valori riconosciuti fiscalmente, senza applicazionedi sanzioni e interessi.

§      le cui azioni, dal 2007, siano quotate in un mercato regolamentato (lett. b)).

 

Ai sensi del comma 22, l’applicazione della deroga di cui sopra, con particolare riferimento alle imprese impegnate in processi di ricerca e sviluppo, è subordinata alla presentazione di un’istanza preventiva all’Agenzia delle entrate, volta a dimostrare la sussistenza dei requisiti di cui al comma 21[92].

 

Per le finalità di cui ai commi precedenti, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, è istituito un apposito Fondo con una dotazione nel limite di 10 milioni di euro a decorrere dal 2008. Le modalità di applicazione delle disposizioni in esame sono demandate ad apposito decreto del Ministro dell’economia e finanze, il quale stabilisce anche le procedure volte ad assicurare il rispetto del limite dello stanziamento del predetto fondo (comma 23).

 

Il comma 24 dispone, infine, che l’efficacia delle disposizioni in esame sia subordinata all’autorizzazione della Commissione europea.

 

Il Trattato istitutivo della Comunità europea prevede infatti una procedura – prescritta all’articolo 88, paragrafo 3 – secondo la quale alla Commissione devono essere comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare gli aiuti. In ogni caso, lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale da parte della Commissione europea. Si ricorda in particolare che, la Commissione ha adottato in data 17 febbraio 1996 una Comunicazione concernente gli aiuti specifici per la ricerca e lo sviluppo, secondo la quale tali aiuti possono essere favoriti poiché finanziano progetti relativamente distanti dal mercato e quindi le probabilità di distorsioni della concorrenza e degli scambi comunitari sono minori; inoltre essi possono dare un rinnovato slancio all'economia, alla crescita dell'occupazione ed al rafforzamento della competitività dell'industria europea. La stessa Comunicazione, facendo riferimento alla prossimità che i progetti di ricerca e sviluppo possono avere rispetto al mercato, distingue i vari tipi di aiuti di Stato riferiti alla ricerca e sviluppo, nei seguenti:

-        aiuti alla ricerca fondamentale, volti all'ampliamento delle conoscenze scientifiche e tecniche non connesse ad obiettivi industriali o commerciali;

-        aiuti alla ricerca industriale, volti all’acquisizione di nuove conoscenze per nuovi prodotti, processi produttivi o servizi o per migliorare prodotti, processi produttivi o servizi esistenti;

-        attività di sviluppo precompetitiva, volto alla concretizzazione dei risultati della ricerca industriale in un piano, un progetto o un disegno per prodotti, processi produttivi o servizi (ad esempio: creazione di un primo prototipo, progetti di dimostrazione iniziale o progetti pilota, ecc.).

Successivamente, il Regolamento (CE) n. 364/2004[93] ha previsto, in relazione agli aiuti alla ricerca e allo sviluppo per le PMI, l’esenzione dalla notificazione preventiva se l'intensità dell'aiuto, calcolato sulla base dei costi ammissibili del progetto, non supera:

-        il 100% per la ricerca fondamentale;

-        il 60% (75% massimo se sussistono condizioni particolari) per la ricerca industriale;

-        il 35% (50% massimo se sussistono condizioni particolari) per attività di sviluppo precompetitivo.


Articolo 3, commi 25-26
(IVA di gruppo)

 


25. All'articolo 73, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo il primo periodo sono inseriti i seguenti: «Agli effetti delle dichiarazioni e dei versamenti di cui al precedente periodo non si tiene conto delle eccedenze detraibili, risultanti dalle dichiarazioni annuali relative al periodo d'imposta precedente, degli enti e società diversi da quelli per i quali anche in tale periodo d'imposta l'ente o società controllante si è avvalso della facoltà di cui al presente comma. Alle eccedenze detraibili degli enti e delle società per i quali trova applicazione la disposizione di cui al precedente periodo si applicano le disposizioni di cui all'articolo 30».

26. La disposizione di cui al comma 25 si applica a partire dalla liquidazione IVA di gruppo relativa all'anno 2008.


 

 

I commi 25 e 26 dell’articolo 3 introducono un limite temporale iniziale all’applicazione della disciplina dell’IVA di gruppo, con finalità antielusive.

 

L’articolo 3, comma 25, novella l’ultimo comma dell’articolo 73 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, recante “Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto”.

In base al menzionato articolo 73, ultimo comma, il Ministro dell’economia e delle finanze può disporre con propri decreti, stabilendo le relative modalità, che le dichiarazioni IVA delle società controllate siano presentate dall’ente o società controllante all’ufficio del proprio domicilio fiscale e che i versamenti IVA siano fatti all'ufficio stesso per l'ammontare complessivamente dovuto dall'ente o società controllante e dalle società controllate, al netto delle eccedenze detraibili. Le dichiarazioni, sottoscritte anche dall'ente o società controllante, devono essere presentate anche agli uffici del domicilio fiscale delle società controllate, fermi restando gli altri obblighi e le responsabilità delle società stesse.

Si considera controllata la società le cui azioni o quote sono possedute dall'altra per oltre la metà fin dall'inizio dell'anno solare precedente a quello in cui ci avvale della facoltà di cui al citato articolo 73.

Ai sensi dell’articolo 3 del decreto attuativo 13 dicembre 1979, la dichiarazione di volersi avvalere del regime in esame deve essere presentata dalla società o dall’ente controllante ed ha effetto per l'anno in cui è stata presentata.

 

La novella in esame introduce all’art. 73, ultimo comma, un ulteriore periodo, in base al quale - agli effetti delle dichiarazioni e dei versamenti sopra citati – non rilevano le eccedenze detraibili, risultanti dalle dichiarazioni annuali relative al periodo d’imposta precedente, degli enti e società diversi da quelli per i quali, in detto periodo d’imposta, l’ente o società controllante si è avvalso della facoltà di cui al presente comma. In sostanza la compensazione sarà possibile esclusivamente per le eccedenze detraibili che si formano negli anni per i quali trova applicazione il regime dell’IVA di gruppo.

E’ previsto altresì che alle eccedenze detraibili degli enti e delle società per le quali, ai sensi del comma in esame, non si applica il regime dell’IVA di gruppo, si applichi il regime ordinario di cui all’articolo 30 del D.P.R. n. 633 del 1972.

Il citato articolo 30 stabilisce che le eccedenze IVA risultanti dalla dichiarazione annuale sono computate in detrazione nell'anno successivo. Lo stesso articolo individua specifiche fattispecie nelle quali il contribuente, in relazione alla tipologia delle operazioni effettuate, ha diritto a chiedere il rimborso dell’eccedenza. Tale diritto spetta inoltre al contribuente che, nei due anni precedenti, ha presentato dichiarazioni dalle quali risultano eccedenze detraibili.

 

La relazione illustrativa del Governo al disegno di legge in esame sottolinea come la vigente normativa sulla liquidazione IVA di gruppo consenta ai soggetti del gruppo in posizione debitoria IVA di ottenere un rimborso accelerato, per la parte corrispondente alle eccedenze dei soggetti di gruppo in posizione debitoria, rimborso liquidato direttamente da tali ultimi soggetti. Tuttavia, l’istituto – per come è attualmente configurato – può prestarsi a pratiche elusive, nei casi in cui soggetti in forte posizione creditoria siano acquistati al mero fine di utilizzare – per compensare eccedenze debitorie del soggetto acquirente e delle società allo stesso collegate – le eccedenze detraibili emergenti dalle dichiarazioni annuali degli stessi.

La novella introdotta è finalizzata a rimediare a tale eventualità, prevedendo che i crediti emergenti dalla dichiarazione degli enti e delle società partecipanti alla procedura di liquidazione di gruppo relativa all’anno antecedente quello di partecipazione alla procedura stessa, non possano confluire nei calcoli compensativi, trovando per gli stessi applicazione gli ordinari criteri previsti dall’articolo 30 del D.P.R. n. 633 del 1972.

In concreto, l’ente o la società controllante potrà far confluire nei calcoli compensativi relativi ad un dato anno l’eccedenza detraibile di gruppo risultante dalla liquidazione di gruppo dallo stesso ente o società gestita come controllante nell’anno precedente; mentre non potrà far confluire nei calcoli compensativi relativi ad un dato anno né l’eccedenza di credito emergente dalle dichiarazioni relative all’anno precedente di società che partecipano per la prima volta alla liquidazione di gruppo, né l’eccedenza detraibile di gruppo risultante dalla liquidazione di gruppo gestita da un altro ente o società come controllante nell’anno precedente.

 

Il comma 26 prevede che la modifica recata dal comma 25 trovi applicazione a partire dalla liquidazione IVA di gruppo relativa all’anno 2008.

 

Articolo 3, comma 27
(Proroga termini completamento investimenti
nelle aree svantaggiate)

 


27. Il comma 4-bis dell'articolo 4 del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17, è abrogato. In relazione a quanto previsto dal primo periodo del presente comma ed in considerazione dell'effettivo utilizzo dei crediti d'imposta previsti dagli articoli 7 e 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, le risorse finanziarie a tale fine preordinate, esistenti presso la contabilità speciale 1778 - Fondi di bilancio, sono ridotte di 1.500 milioni di euro. Le predette risorse sono versate al bilancio dello Stato nella misura di 450 milioni per l'anno 2008 e 525 milioni per ciascuno degli anni 2009 e 2010.


 

 

Il comma 27 abroga il comma 4-bis, articolo 4, del decreto-legge n. 300 del 2006[94] che prevede la proroga, al 31 dicembre 2007 e al 31 dicembre 2008, dei termini per il completamento degli investimenti per i soggetti beneficiari del corrispondente credito d’imposta rispettivamente per gli anni 2005 e 2006. Tale credito d’imposta attiene all’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate[95], ai sensi dell’articolo 8, comma 1, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001).

 

Si ricorda che le disposizioni del citato articolo 8 della legge finanziaria per il 2001 attribuivano un credito di imposta (nei limiti massimi di spesa pari a 870 milioni di euro per il 2002, 1.725 milioni per il 2003, 1.740 milioni per il 2004, 1.511 milioni euro per il 2005, 1.250 milioni di euro per il 2006, 700 milioni di euro per il 2007 e 300 milioni di euro per il 2008), alle imprese in aree svantaggiate ammissibili alle deroghe previste dai trattati comunitari per gli aiuti a finalità regionale, che operano nei settori delle attività estrattive e manifatturiere, dei servizi, del turismo, del commercio, delle costruzioni, della produzione e distribuzione di energia elettrica, vapore ed acqua calda, della pesca e dell'acquacoltura, della trasformazione dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura[96]. Pertanto, per effetto della suddetta abrogazione, non possono più fruire del credito di imposta le imprese che, pur avendo ottenuto il riconoscimento del credito di imposta nell’anno 2005 ovvero nel 2006, si accingono a completare gli investimenti rispettivamente entro il 2007 e il 2008.

 

La norma precisa inoltre che, a seguito della predetta abrogazione e in considerazione dell’effettivo utilizzo dei crediti d’imposta previsti all’articolo articolo 8 (vedi sopra) e all’articolo 7 della citata legge finanziaria per il 2001, le somme che si rendono disponibili – nell’ambito delle risorse accreditate presso la contabilità speciale n. 1778 “Fondi di bilancio” – sono pari 1.500 milioni di euro.

Tali somme vengono riversate all’entrata del bilancio dello Stato nella misura di 450 milioni di euro per il 2008 e di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010.

 

Si ricorda che l’articolo 7 della citata legge finanziaria per il 2001 concede un credito di imposta ai datori di lavoro che assumono nuovo personale con contratto a tempo indeterminato, nel periodo compreso tra il 1° ottobre 2000 e il 31 dicembre 2003, ad effettivo incremento della base occupazionale.

Si segnala che, anche in base a quanto riportato nella relazione tecnica all’articolo in esame, gli effetti di minore spesa relativi ai crediti d’imposta in esame, sono contabilizzati non tra le entrate tributarie, ma tra i contributi agli investimenti alle imprese, sul conto economico della P.A. Gli importi sono quantificati in relazione alle risorse che sono state liberate a seguito del mancato riconoscimento del diritto al credito d’imposta.


Articolo 3, comma 28
(Aumento agevolazione per gli investimenti in ricerca e sviluppo)

 

28. All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 280, secondo periodo, la parola: «15» è sostituita dalla seguente: «40»;

b) al comma 281, la parola: «15» è sostituita dalla seguente: «50»;

c) il comma 284 è abrogato.

 

 

Il comma 28 dispone, alla lettera a), l’incremento dal 15 al 40 per cento della misura del credito di imposta previsto dal comma 280 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) a favore delle imprese che effettuano investimenti in ricerca e sviluppo mediante contratti stipulati con università ed enti pubblici di ricerca.

 

Si ricorda che i commi da 280 a 284 della predetta legge finanziaria per il 2007 hannodisposto la concessione di un credito d’imposta per gli investimenti ed i costi sostenuti dalle imprese per la ricerca e l’innovazione. In particolare, il comma 280 novellato dalla disposizione in esame, ha previsto che tale credito d’imposta sia concesso per tre anni, a decorrere dal periodo d'imposta 2007 e fino al periodo d'imposta 2009, nella misura del 10 per cento dei costi sostenuti per attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo[97]. Tale misura è incrementata al 15 per cento nel caso che tali costi siano sostenuti dalle imprese a seguito di contratti stipulati con università ed enti pubblici di ricerca.

 

Si segnala che il comma 20, articolo 3, del disegno di legge in esame, dispone che per il credito d’imposta previsto dal citato comma 280 della legge finanziaria per il 2007 sia applicata una deroga alla previsione, contenuta nel medesimo comma, del limite di 250.000 euro per la compensazione del credito medesimo con altri tributi. Per una disamina delle norme che disciplinano l’introduzione di tale limite, si rinvia alla relativa scheda di lettura.

 

Alla lettera b), si prevede altresì una novella al comma 281 della predetta legge finanziaria per il 2007, innalzando il tetto massimo dei costi su cui applicare il calcolo del credito d’imposta, da un importo di 15 milioni a 50 milioni di euro.

Il comma 281 infatti aveva fissato un limite massimo di importo su cui applicare il credito d’imposta, prevedendo che i costi su cui calcolare il credito non possano, in ogni caso, superare l'importo di 15 milioni di euro per ciascun periodo d'imposta.

 

Alla lettera c) si dispone, infine, l’abrogazione del comma 284, che subordinava all’autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, la concessione del credito d’imposta in esame[98].

 

L'art. 88, par. 3, del Trattato CE prevede che siano comunicati alla Commissione, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. In attesa della decisione finale, non si può dare comunque esecuzione alle misure agevolative. Tale obbligo di notifica rappresenta il c.d. obbligo di standstill e determina la possibilità di ricorso al giudice nazionale da parte delle imprese concorrenti destinatarie dell’aiuto.

Alla Commissione europea spetta l'esercizio del potere di controllo sulle misure agevolative concesse dallo Stato ai soggetti che svolgono attività d’impresa[99]. L’attuazione della disciplina in materia di aiuti di Stato ha peraltro portato a definire precise condizioni di ammissibilità, per gli aiuti c.d. orizzontali (che interessano cioè tutti i settori in relazione a particolari obiettivi meritevoli di tutela).

Con il Regolamento 98/994/CE del 7 maggio 1998, il Consiglio ha infatti stabilito che la Commissione può adottare norme di deroga per gli aiuti destinati a specifici obiettivi che interessano tutti i settori economici (tra questi rientrano quelli per le piccole e medie imprese, per la ricerca e allo sviluppo, per la tutela dell’ambiente e per l’occupazione e la formazione), nonché per quelli che non superino determinati importi (c.d. aiuti de minimis). Il rispetto di tali norme esenta dall’obbligo di comunicare i regimi di aiuto alla Commissione, e quindi ne assicura l’ammissibilità.

Su queste basi, la Commissione ha adottato tre regolamenti, rispettivamente, il Regolamento (CE) n. 68/2001 sugli aiuti destinati alla formazione, il Regolamento (Ce) n. 69/2001 sugli aiuti de minimis e il Regolamento (CE) n. 70/2001 sugli aiuti destinati alle PMI, modificato da ultimo dal Regolamento (CE) n. 364/2004, che ne estende l’applicazione agli aiuti alla ricerca e sviluppo[100].

In base a tale ultimo regolamento, gli aiuti alla ricerca e allo sviluppo per le PMI, sono esentati dalla notificazione preventiva se l'intensità dell'aiuto, calcolato sulla base dei costi ammissibili del progetto, non supera:

-        il 100% per la ricerca fondamentale;

-        il 60% (75% massimo se sussistono condizioni particolari) per la ricerca industriale;

-        il 35% (50% massimo se sussistono condizioni particolari) per attività di sviluppo precompetitivo.

La disciplina del regolamento – che peraltro introduce un massimale del totale dei costi ammissibili all’aiuto (25 milioni di euro e 40 milioni di euro nel caso di progetti Eureka) oltre il quale esso è comunque vietato – non si applica a una serie di settori per i quali sono dettate normative speciali (carbosiderurgico, costruzioni navali, fibre sintetiche, industria automobilistica, trasporti, pesca, prodotti agricoli).

 

Al riguardo appare opportuno che il Governo confermi se l’abrogazione del suddetto comma 284 derivi dalla circostanza che gli aiuti in oggetto ricadano nella disciplina dei c.d. aiuti orizzontali, nonché chiarisca se la disposizione contenuta alla lettera b) del comma in esame, la quale incrementa a 50 milioni di euro il tetto dei costi ammissibili ai fini della misura agevolativa, rientri nel limite dei costi ammissibili all’aiuto prescritto dal Regolamento (CE) n. 364/2004, in materia di applicazione agli aiuti alla ricerca e sviluppo.

 

Per completezza, si ricorda che al comma 282 della predette legge finanziaria per il 2007 sono indicate le modalità applicative per fruire del credito d’imposta a favore delle imprese che effettuano investimenti in ricerca e sviluppo.

Esso deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi, ma non concorre alla formazione del reddito, né alla formazione della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). Il credito d’imposta non rileva inoltre ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 96 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), né rispetto ai criteri di inerenza delle spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo Testo unico.

Il credito d’imposta è altresì utilizzabile per ridurre i versamenti delle imposte sui redditi e dell'IRAP, dovuti per il periodo d'imposta in cui le spese sono state sostenute. Inoltre, l'eventuale eccedenza è utilizzabile in compensazione[101], a decorrere dal mese successivo al termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta con riferimento al quale il credito è concesso.

Il comma 283 rinvia ad un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, l’individuazione degli obblighi di comunicazione a carico delle imprese per quanto attiene alla definizione delle attività di ricerca e sviluppo agevolabili e le modalità di verifica ed accertamento della effettività delle spese sostenute e coerenza delle stesse con la disciplina comunitaria.

Si segnala che, alla presente data, il predetto decreto del Ministro dello sviluppo economico è ancora in fase di istruttoria e pertanto non risulta ancora emanato.

 

In relazione al comma 28 dell’articolo 3, appare opportuno che il Governo confermi se l’abrogazione del comma 284 della legge finanziaria 2007 derivi dalla circostanza che gli aiuti in oggetto ricadano nella disciplina dei c.d. aiuti orizzontali, nonché chiarisca se la disposizione contenuta alla lettera b) del comma, la quale incrementa a 50 milioni di euro il tetto dei costi ammissibili ai fini della misura agevolativa, rientri nel limite dei costi ammissibili all’aiuto prescritto dal Regolamento (CE) n. 364/2004, in materia di applicazione agli aiuti alla ricerca e sviluppo.


Articolo 3, commi 29-31
(Disciplina dei dividendi in uscita)

 


29. In attuazione del parere motivato della Commissione delle Comunità europee n. C(2006)2544 del 28 giugno 2006, al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sono apportate le seguenti modifiche:

a) all'articolo 27:

1) al comma 3, primo periodo, dopo le parole: «soggetti non residenti nel territorio dello Stato» sono inserite le seguenti: «diversi dalle società ed enti indicati nel comma 3-ter,»;

2) al comma 3, terzo periodo, dopo le parole: «azionisti di risparmio» sono inserite le seguenti: «e dalle società ed enti indicati nel comma 3-ter»;

3) al comma 3-bis, primo periodo, le parole: «di cui al comma 3» sono sostituite dalle seguenti: «di cui ai commi 3 e 3-ter»;

4) dopo il comma 3-bis è inserito il seguente:

«3-ter. La ritenuta è operata a titolo di imposta e con l'aliquota dell'1,375 per cento sugli utili corrisposti alle società e agli enti soggetti ad un'imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed ivi residenti, in relazione alle partecipazioni, agli strumenti finanziari di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), del predetto testo unico e ai contratti di associazione in partecipazione di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b), del medesimo testo unico, non relativi a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato»;

b) all'articolo 27-bis, commi 1, alinea, e 3, le parole: «al terzo comma» sono sostituite dalle seguenti: «ai commi 3, 3-bis e 3-ter»;

c) all'articolo 27-ter, comma 1, le parole: «commi 1 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «commi 1, 3 e 3-ter».

30. Le disposizioni di cui al comma 29 si applicano agli utili formatisi a partire dall'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007. A tal fine, le società ed enti che distribuiscono i dividendi indicano in dichiarazione gli ammontari degli utili o delle riserve di utili formatisi a partire dall'esercizio di cui al periodo precedente e di quelli formati in altri esercizi.

31. Fino all'emanazione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 168-bis del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dal comma 43, lettera n), del presente articolo, ai fini dell'applicazione delle disposizioni del comma 3-ter dell'articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dal comma 29, lettera a), numero 4), del presente articolo, gli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo sono quelli inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239.


 

 

Il comma 29 apporta modifiche alla disciplina dei dividendi “in uscita”.

 

Il trattamento fiscale degli utili da partecipazione societaria (e dei redditi ad essi assimilati) è contenuta nell’articolo 89 del TUIR, il quale – al comma 2 -prevede in via generale che tali redditi se percepiti da soggetti IRES siano esclusi dalla formazione del reddito del soggetto ricevente per il 95 per cento del loro ammontare

L’articolo 27, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973[102], dispone invece che gli utili corrisposti a soggetti residenti in relazione a partecipazioni societarie non qualificate siano soggette ad una ritenuta a titolo di imposta nella misura del 12,50 per cento.

Per quanto concerne, invece, gli utili percepiti da soggetti non residenti l’art. 27, comma 3, del medesimo D.P.R. prevede che i dividendi corrisposti ai soggetti non residenti nel territorio dello Stato, in relazione a partecipazioni non riguardanti stabili organizzazioni, siano tassati mediante l’applicazione di una ritenuta alla fonte del 27 per cento. La ritenuta è effettuata a prescindere dal fatto che si tratti di utili derivanti da partecipazioni qualificate[103] o meno e indipendentemente dalla circostanza che il percettore non residente sia una persona fisica o una società.

Una disciplina di maggior favore è prevista dall’art 27 bis del TUIR, il quale ha recepito le indicazioni al riguardo contenute nella direttiva c.d. società madri e figlie (modificata da ultimo con la direttiva 2003/123/CE, recepita con il decreto legislativo n. 49 de 2007).Le società rientranti in tali fattispecie possono, ai sensi dell’art. 27 bis citato, chiedere il rimborso della ritenuta subita.

 

Tale regime ha comportato l’apertura, da parte della Commissione europea, di una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano, a seguito della quale è stato emesso il parere motivato C(2006) 2544 del 28 giugno 2006.

La suddetta procedura è motivata dalla presunta incompatibilità del regime fiscale dei dividendi con i principi relativi alla libera circolazione dei capitali e alla libertà di stabilimento, dal momento che la normativa vigente prevede una tassazione più onerosa dei dividendi corrisposti da società italiane a società residenti in altri Stati membri, o in Paesi aderenti allo Spazio Economico europeo[104], rispetto a quella applicata ai dividendi intersocietari domestici.

 

Al fine di recepire il parere della Commissione, il comma 29, lettera a), numero 4), inserisce nell’articolo 27 (“Ritenuta sui dividendi”) del D.P.R. n. 600 del 1973, il nuovo comma 3-ter, con cui è stabilito che - ai dividendi corrisposti alle società e agli enti soggetti ad un’imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell’Unione Europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che garantiscono un effettivo scambio di informazioni, e ivi residenti (c.d. White list) – si applica una ritenuta a titolo di imposta con aliquota dell’1,375 per cento. Tale percentuale è finalizzata ad omogeneizzare il trattamento fra soggetti residenti e non, e deriva dall’applicazione della percentuale di esclusione dalla formazione del reddito residenti (95%) all’aliquota generale dell’IRES (27,5%)

 

Le modifiche apportate dal comma 29, lettere b) e c), agli articoli 27-bis (“Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti”) e 27-ter (“Azioni in deposito accentrato presso la Monte Titoli S.p.A”) derivano da esigenze di coordinamento con il nuovo dettato dell’articolo 27.

Il comma 30 prevede che le disposizioni del comma 25 si applichino agli utili formatisi a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

Ne consegue che – per la distribuzioni degli utili formatisi in precedenti esercizi – continui ad applicarsi la ritenuta alla fonte con aliquota del 27 per cento.

A tal fine, è previsto che le società ed enti che distribuiscono i dividendi indichino in dichiarazione l’ammontare degli utili, o delle riserve di utili, formatisi a partire dall’esercizio di cui al periodo precedente e quelli formatisi in altri esercizi.

 

Il comma 31 reca una clausola transitoria secondo cui, ai fini dell’applicazione del nuovo comma 3-ter dell’art. 27 del d.P.R. n. 600 del 1973, fino all’emanazione del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da adottarsi ai sensi del nuovo art. 168-bis TUIR, introdotto dal comma dell’articolo in essame, (c.d. White List), gli Stati dello Spazio economico europeo che assicurano un effettivo scambio di informazioni sono quelli inclusi nella lista del decreto del Ministro delle finanze del 4 settembre 1996, emanato in attuazione dell’articolo 11, comma 4, lettera c), del D.Lgs. n. 239 del 1996[105].

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 22 gennaio 2007 la Commissione europea ha deciso di presentare ricorso contro l’Italia innanzi alla Corte di Giustizia[106]assumendo che ilregime di imposizione dei dividendi pagati a società estere (c.d. dividendi in uscita)non sarebbe compatibilecon i principi di libertà di stabilimento e di libera circolazione di capitali.

In particolare, la Commissione contesta all’Italia di tassare i pagamenti di dividendi in uscita pagati dalle società stabilite nel territorio nazionale a società stabilite in altri Stati membri della Comunità europea o in Paesi aderenti allo Spazio Economico europeo[107] più pesantemente di quelli destinati a società nazionali (c.d. dividendi interni).

I rilievi della Commissione europea concernono la disposizione di cui all’art. 27, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, in base al quale i dividendi corrisposti ai soli soggetti non residenti nel territorio dello Stato, in relazione a partecipazioni non riguardanti stabili organizzazioni, sono tassati mediante l’applicazione di una ritenuta alla fonte del 27 per cento. La ritenuta è effettuata a prescindere dal fatto che si tratti di utili derivanti da partecipazioni qualificate o meno e indipendentemente dalla circostanza che il percettore non residente sia una persona fisica o una società.

Secondo la Commissione le previsioni in questione sarebbero contrarie agli articoli 56 Trattato e 31 e 40 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo in quanto restringerebbero sia la libera circolazione dei capitali che la libertà di stabilimento.

La Commissione ricorda, al riguardo, che la Corte di giustizia ha più volte ribadito, da ultimo nella sentenza Denkavit del 14 dicembre 2006 (causa C-170/05) il principio per cui gli Stati membri non possono tassare i dividendi pagati alle società di altri Stati membri in modo più gravoso dei dividendi pagati alle società nazionali.

Si segnala che sempre il 22 gennaio 2007 la Commissione ha deciso, sulla base di analoghe contestazioni, di presentare ricorso alla Corte di Giustizia contro Belgio, Spagna, Paesi Bassi e Portogallo per regimi di tassazione discriminatoria dei dividendi in uscita previsti dalle rispettive legislazioni.


Articolo 3, commi 32-38
(Credito d’imposta per la crescita dimensionale
delle aggregazioni professionali)

 


32. Al fine di favorire la crescita dimensionale delle aggregazioni profes­sionali, funzionale al miglioramento della qualità dei servizi forniti alla collettività e dell'organizzazione del lavoro, agli studi professionali associati o alle altre entità giuridiche, anche in forma societaria, risultanti dall'aggregazione di almeno quattro ma non più di dieci professionisti, è attribuito un credito d'imposta di importo pari al 15 per cento dei costi sostenuti per l'acquisizione, anche mediante locazione finanziaria, dei beni indicati al comma 35, nonché per l'ammodernamento, ristruttu­razione e manutenzione degli immobili utilizzati, che per le loro caratteristiche sono imputabili ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono.

33. Il credito d'imposta spetta, con riferimento alle operazioni di aggregazione effettuate nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2008 e il 31 dicembre 2010, per i costi sostenuti a partire dalla data in cui l'operazione di aggregazione risulta effettuata e nei successivi dodici mesi.

34. L'agevolazione di cui al comma 32, spettante a condizione che tutti i soggetti partecipanti alle operazioni di aggre­gazione esercitino l'attività professionale esclusivamente all'interno della struttura risultante dall'aggregazione, non si applica a quelle strutture che in forma associata si limitano ad eseguire attività meramente strumentali per l'esercizio dell'attività professionale.

35. Il credito d'imposta è commisurato all'ammontare complessivo dei costi sostenuti per l'acquisizione di:

a) beni mobili ed arredi specifici, attrezzature informatiche, macchine d'uffi­cio, impianti ed attrezzature varie;

b) programmi informatici e brevetti concernenti nuove tecnologie di servizi.

36. Il credito d'imposta, indicato nella relativa dichiarazione dei redditi, è utilizzabile in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni.

37. Con decreto del Ministro dell'eco­nomia e delle finanze, da emanare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro della giustizia, sono determinate le modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 32 a 36 e sono stabilite le procedure di monitoraggio e di controllo, nonché spe­cifiche cause di revoca, totale o parziale, del credito d'imposta e di applicazione delle sanzioni, anche nei casi in cui, nei tre anni successivi all'aggregazione, il numero dei professionisti associati si riduca in modo significativo rispetto a quello esistente dopo l'aggregazione.

38. L'efficacia delle disposizioni di cui ai commi da 32 a 37 è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato che istituisce la Comunità europea, all'autorizzazione della Commissione europea.


 

 

I commi da 32 a 38 dell’articolo 3 in esame introducono una misura agevolativa al fine di favorire la crescita dimensionale delle aggregazioni professionali.

 

Il comma 32 – al fine di favorire la crescita dimensionale delle aggregazioni professionali, funzionale al miglioramento della qualità dei servizi forniti alla collettività e dell’organizzazione del lavoro – riconosce agli studi professionali associati o alle altre entità giuridiche, anche in forma societaria, risultanti dall’aggregazione di almeno quattro, ma non più di dieci professionisti, un credito d’imposta di importo pari al 15 per cento dei costi sostenuti per l’acquisizione, anche mediante locazione finanziaria , dei beni indicati al comma 35, nonché per l’ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione degli immobili utilizzati, che per le loro caratteristiche sono imputabili ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono.

 

La relazione illustrativa sottolinea come i limiti indicati nel comma 32 trovino una giustificazione nella considerazione “che si è voluto attribuire allo studio rappresentato da quattro associati il livello minimo per essere considerato sufficientemente competitivo, mentre quello risultante da più di dieci associati si è ritenuto rappresentare di per sé un livello tale da non necessitare di alcuna agevolazione”.

 

In base al comma 33, il credito d’imposta spetta con riferimento alle operazioni di aggregazione effettuate nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2008 e il 31 dicembre 2010, per i costi sostenuti a partire dalla data in cui l’operazione di aggregazione risulta effettuata e nei successivi dodici mesi.

 

Il comma 34 prevede che l’agevolazione di cui al comma 32 spetti a condizione che tutti i soggetti partecipanti alle operazioni di aggregazione esercitino l’attività professionale esclusivamente all’interno della struttura risultante dall’aggregazione.

La medesima agevolazione non trova applicazione per quelle strutture che, in forma associata, si limitano ad eseguire attività meramente strumentali all’esercizio dell’attività professionale.

 

Ai sensi del comma 35, il credito d’imposta è commisurato all’ammontare complessivo dei costi sostenuti per l’acquisizione di:

a)   beni mobili ed arredi specifici, attrezzature informatiche, macchine d’ufficio, impianti ed attrezzature varie;

b)   programmi informatici e brevetti concernenti nuove tecnologie di servizi.

 

Il comma 36 stabilisce che il credito d’imposta, indicato nella relativa dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta nel quale sono stati sostenuti i costi agevolati, è utilizzabile in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997 n. 241.

 

Ai sensi del comma 1 del citato articolo 17, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche dei redditi. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

 

Il comma 37 rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro della giustizia, la definizione delle modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 32 a 38.

Con il medesimo decreto sono definite, altresì, le procedure di monitoraggio e di controllo, nonché le specifiche cause di revoca, totale o parziale, del credito d’imposta e di applicazione delle sanzioni, anche nei casi in cui, nei tre anni successivi all’aggregazione, il numero dei professionisti associati si riduca in modo significativo rispetto a quello esistente dopo l’aggregazione.

 

Il comma 38 subordina l’efficacia delle previsioni di cui ai sopra illustrati commi da 28 a 33 all’autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato CE.

Infatti – rileva la relazione illustrativa – benché la misura agevolativa sia strutturata come misura di “carattere generale”, l’eventuale diversa configurabilità come “aiuto di Stato”, ai sensi dell’articolo 87 del Trattato CE, comporterebbe il necessario esame da parte dell’Esecutivo comunitario e il conseguente obbligo – in capo allo Stato italiano – di non dare attuazione all’agevolazione, in attesa dell’autorizzazione prevista.

 

Per quanto riguarda le regole applicabili agli aiuti di stato, si ricorda che il Trattato che istituisce la Comunità europea, che prevede tra i suoi obiettivi il rafforzamento della competitività dell'industria comunitaria, vieta, di conseguenza, gli aiuti di Stato alle imprese, in quanto distorsivi del principio della libera concorrenza, tranne in casi esplicitamente indicati.

In particolare, ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del Trattato, sono ritenuti “incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”.

Rispetto a tale divieto generale posto dall’articolo 87, sono tuttavia ammesse alcune deroghe di pieno diritto (paragrafo 2) ovvero deroghe eventuali (paragrafo 3). Tra queste ultime, vi sono gli aiuti di Stato in ricerca e sviluppo in quanto destinati "a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo" (lettera b)) e "ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche" ( lettera c)).

Le disposizioni che istituiscono regimi di aiuto devono essere comunicate in tempo utile alla Commissione, che ne valuta la compatibilità con il Trattato (art. 88, par. 3).

L’attuazione di tale disciplina ha portato a definire precise condizioni di ammissibilità, tra l’altro, per gli aiuti c.d. orizzontali (che interessano cioè tutti i settori in relazione a particolari obiettivi meritevoli di tutela). Nel regolamento 98/994/CE del 7 maggio 1998, il Consiglio ha infatti stabilito che la Commissione può adottare norme di deroga per gli aiuti destinati a specifici obiettivi che interessano tutti i settori economici (tra questi rientrano quelli per le piccole e medie imprese, per la ricerca e allo sviluppo, per la tutela dell’ambiente per l’occupazione e la formazione), nonché per quelli che non superino determinati importi (c.d. aiuti de minimis).

Il rispetto di tali norme esenta dall’obbligo di comunicare i regimi di aiuto alla Commissione, e quindi ne assicura l’ammissibilità.

Su queste basi, la Commissione ha adottato tre regolamenti, rispettivamente, il Regolamento (CE) n. 68/2001 sugli aiuti destinati alla formazione, il Regolamento (Ce) n. 69/2001 sugli aiuti de minimis e il Regolamento (CE) n. 70/2001 sugli aiuti destinati alle PMI, modificato da ultimo dal Regolamento (CE) n. 364/2004, che ne estende l’applicazione agli aiuti alla ricerca e sviluppo[108].

In base a tale ultimo regolamento, gli aiuti alla ricerca e allo sviluppo per le PMI, sono esentati dalla notificazione preventiva se l'intensità dell'aiuto, calcolato sulla base dei costi ammissibili del progetto, non supera:

-        il 100% per la ricerca fondamentale;

-        il 60% (75% massimo se sussistono condizioni particolari) per la ricerca industriale;

-        il 35% (50% massimo se sussistono condizioni particolari) per attività di sviluppo precompetitivo.

La disciplina del regolamento – che peraltro introduce un massimale del totale dei costi ammissibili all’aiuto (25 milioni di euro e 40 milioni di euro nel caso di progetti Eureka ) oltre il quale esso è comunque vietato – non si applica a una serie di settori per i quali sono dettate normative speciali (carbosiderurgico, costruzioni navali, fibre sintetiche, industria automobilistica, trasporti, pesca, prodotti agricoli).


Articolo 3, commi 39-40
(Regime ordinario IVA per agenzie viaggi e turismo)

 


39. All'articolo 74-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo il comma 8 è inserito il seguente:

«8-bis. Le agenzie di viaggi e turismo possono, per le prestazioni di organizzazione di convegni, congressi e simili, applicare il regime ordinario dell'imposta. In tali casi le agenzie di viaggi e turismo possono detrarre l'imposta dovuta o versata per i servizi da esse acquistati dai loro fornitori, se si tratta di operazioni effettuate a diretto vantaggio del cliente. Il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui diventa esigibile l'imposta per la prestazione in relazione alla quale le agenzie di viaggi e turismo optano per il regime ordinario dell'imposta. Qualora applichino sia il regime ordinario dell'imposta che il regime speciale d'imposizione sul margine, le agenzie di viaggi e turismo devono registrare separatamente nella propria contabilità le operazioni che rientrano in ciascuno di tali regimi».

40. L'efficacia della disposizione di cui al comma 39 è subordinata alla concessione di una deroga, ai sensi e alle condizioni dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, da parte dei competenti organi comunitari.


 

 

Il comma 39 dell’articolo 3, modificato nel corso dell’esame presso il Senato, inserisce nell’articolo 74-ter (Disposizioni per le agenzie di viaggio e turismo) del D.P.R. n. 633 del 1972[109], il nuovo comma 8-bis, con cui è stabilito che le agenzie di viaggi e turismo, per le prestazioni di organizzazione di convegni, congressi e simili, possono applicare il regime ordinario dell’imposta sul valore aggiunto.

 

Il citato articolo 74-ter assoggetta le agenzie di viaggi e turismo a un regime speciale IVA che prevede il calcolo dell’imposta secondo il metodo “base da base” (anziché con il sistema ordinario “imposta da imposta”): la base imponibile dell’imposta è calcolata, infatti, come differenza tra il valore dei corrispettivi e il valore dei costi al lordo dell’imposta. Sulla base imponibile (che viene anche definita margine commerciale) viene poi calcolata l’IVA dovuta, applicando l’aliquota ordinaria. A questo regime speciale, che si applica in via generale alle operazioni in cui l’agenzia di viaggio e turismo opera come soggetto in proprio (anche nel caso di rivendita di servizi, cioè nel caso in cui i servizi venduti dall’agenzia di viaggio al cliente sono organizzati da terzi soggetti), si affianca anche il regime IVA ordinario (che prevede il calcolo dell’IVA da versare come differenza tra IVA a debito e IVA a credito) per tutte quelle operazioni in cui l’agenzia di viaggio e turismo agisce come semplice intermediario di pacchetti e/o servizi turistici o quando acquista in nome proprio e per conto di clienti i servizi in discorso. Da tenere presente che il regime speciale crea una posizione di debito IVA per le agenzie in questione nel caso di corrispettivi superiori ai costi; nel caso opposto, si origina un credito di costo che può essere utilizzato nella liquidazione successiva, ma che di per sé non origina titolo per richiesta di rimborso, atteso che il credito di costo non configura posizione di credito d’imposta a fini IVA.

 

E’ importante sottolineare che le fatture emesse per le operazioni effettuate nell’ambito del sopra illustrato regime speciale non contengono la separata indicazione dell’imposta (articolo 74-ter cit., comma 7), impedendo il tal modo ai clienti delle agenzie di viaggi e turismo di detrarre l’imposta pagata.

Si ricorda inoltre che la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), all’articolo 1, comma 304, ha consentito la detraibilità dell’IVA relativa alle prestazioni alberghiere e alla somministrazione di alimenti e bevande,effettuate in occasione di partecipazione a convegni, congressi ed eventi similari, ma che tale possibilità non è stata di fatto operante per i soggetti che si rivolgono, per l’organizzazione dei convegni e dei congressi, a agenzie di viaggi e turismo operanti con il regime speciale.

 

La disposizione in esame è diretta a superare questo ostacolo alla detraibilità dell’IVA pagata per la partecipazione a convegni e congressi, consentendo alle agenzie di viaggi e turismo di applicare il regime ordinario dell'imposta per le prestazioni di organizzazione di convegni, congressi e simili, effettuate a diretto vantaggio del cliente.

Le agenzie di viaggi e turismo potranno in tal caso detrarre l'imposta dovuta o versata per i servizi da esse acquistati dai loro fornitori. Il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui diventa esigibile l'imposta per la prestazione, in relazione alla quale le agenzie di viaggi e turismo optano per il regime ordinario dell'imposta.

Si prevede infine che le agenzie di viaggi e turismo, che applicano sia il regime ordinario che il regime speciale di cui all’articolo 74-ter, devono registrare separatamente nella propria contabilità le operazioni che rientrano in ciascuno di tali regimi.

 

Il comma 40 subordina l’efficacia della disposizione di cui al comma 39 alla concessione di una deroga, ai sensi e alle condizioni dell’articolo 395 della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio d’Europa del 28 novembre 2006[110], da parte dei competenti organi comunitari.

 

L’articolo 395 della citata Direttiva prevede che il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione, possa autorizzare ogni Stato membro ad introdurre misure speciali di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta o di evitare talune evasioni o elusioni fiscali. Le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta non devono influire, se non in misura trascurabile, sull'importo complessivo delle entrate fiscali dello Stato membro riscosso allo stadio del consumo finale.

L’autorizzazione si rende necessaria, dal momento che lo speciale regime IVA per le agenzie di viaggi è previsto dagli artt. 306 e seguenti della Direttiva in questione.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 26 marzo 2007 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora per violazione del diritto comunitario, relativamente agli articoli 306-310 della direttiva 2006/112/CE, concernenti il regime speciale IVA delle agenzie di viaggio.

In particolare, in base all’articolo 74-ter del D.P.R. n. 633 del 1972, “le operazioni effettuate dalle agenzie di viaggio per l’organizzazione di pacchetti turistici costituiti da viaggi, vacanze, circuiti tutto compreso e connessi servizi, verso il pagamento di un corrispettivo globale sono considerate come una prestazione di servizi unica”. Tali disposizioni si applicano anche quando le prestazioni siano rese dalle agenzie tramite mandatari e non si applicano alle agenzie di viaggio che agiscono per nome e per conto dei clienti.

La Commissione ritiene che, per l’interpretazione data dall’Italia a tale norma, l’applicazione del regime speciale è prevista non solo quando le agenzie di viaggio vendono il servizio al viaggiatore, ma anche quando lo vendono a un soggetto diverso dal viaggiatore (ad esempio, nel caso in cui il servizio venga venduto da un’agenzia di viaggi ad un soggetto passivo che, a sua volta, rivendesse i servizi di viaggio secondo la Commissione la normativa italiana in questione non limitando esplicitamente l’applicazione del regime speciale ai servizi forniti al consumatore finale, cioè al viaggiatore, contrasterebbe con le disposizioni della direttiva 2006/112 sopra richiamate).


Articolo 3, commi 41-42
(Interpretazione della norma sull’ammortamento
degli immobili strumentali)

 


41. La disposizione contenuta nel terzo periodo del comma 8 dell'articolo 36 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che per ciascun immobile strumentale le quote di ammortamento dedotte nei periodi di imposta precedenti al periodo di imposta in corso al 4 luglio 2006 calcolate sul costo complessivo sono riferite proporzionalmente al costo dell'area e al costo del fabbricato.

42. Sono fatti salvi gli effetti prodotti dall'applicazione delle norme, oggetto di mancata conversione, di cui all'articolo 1 del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 118.


 

 

I commi 41 e 42 dell’articolo 3 intervengono sulla disciplina relativa agli ammortamenti dei terreni su cui sono ubicati fabbricati strumentali, introdotta dal decreto legge n. 223 del 2006[111].

 

L’articolo 36, comma 7, del decreto legge n. 223 del 2006, ha modificato la disciplina relativa all’ammortamento del costo dei terreni sui quali sono ubicati fabbricati strumentali introducendo la indeducibilità del costo dei terreni e quindi l’obbligo di distinguere la quota del costo complessivo riferita al terreno e quella riferita al fabbricato. Tale disposizione si applica, ai sensi del comma comma 7-bis del medesimo articolo 36 anche ai fabbricati in leasing.

Ai fini della determinazione del valore del terreno è necessario risalire, in primo luogo, all’atto di acquisto in modo da individuare i singoli costi nel caso in cui si sia proceduto alla stipula di due distinti contratti ovvero nel caso in cui nell’unico atto di acquisto risulta indicato, oltre al valore complessivo, anche il costo del terreno e quello del fabbricato.

In assenza dei suddetti elementi, il costo da attribuire al fabbricato è pari, ai sensi dei commi 7 e 8, al maggior valore tra quello delle aree esposto nell’ultimo bilancio approvato prima della data di entrata in vigore della disposizione e quello corrispondente al 20% del costo complessivo, come risultante dall’ultimo bilancio, al netto dei costi incrementativi capitalizzati e delle rivalutazioni effettuate. Se il fabbricato ha natura industriale (ossia destinati alla produzione o trasformazione di beni), la predetta percentuale viene elevata al 30%.

Il terzo periodo del comma 8 precisa che il valore residuo di ciascun fabbricato (da ammortizzare) è determinato detraendo dal costo di acquisto individuato ai sensi dei commi 7 e 7-bis le quote di ammortamento dedotte nei periodi d’imposta precedenti e calcolate sul costo complessivo. In altre parole, gli ammortamenti dedotti in precedenza concorrono interamente alla riduzione del residuo ammortizzabile del costo del fabbricato.

 

Il comma 41 dell’articolo 3 reca l’interpretazione autentica del terzo periodo, comma 8, dell’articolo 36 del decreto-legge n. 223 del 2006 concernente le modalità di imputazione delle quote di ammortamento già dedotte e calcolate sul costo complessivo del fabbricato e del terreno sul quale lo stesso è ubicato.

In particolare, il citato terzo periodo del comma 8, va interpretato nel senso che, per ciascun immobile strumentale, le quote di ammortamento dedotte nei periodi di imposta precedenti al periodo di imposta in corso al 4 luglio 2006 (dunque, sino a tutto il periodo di imposta 2005) calcolate sul costo complessivo, sono riferite proporzionalmente al costo dell’area e al costo del fabbricato.

Si segnala che la norma riproduce la disposizione contenuta nel decreto legge n. 118 del 2007, non convertito. Infatti, l’articolo 1 recava una norma interpretativa diretta ad introdurre una ripartizione proporzionale tra costo del fabbricato e costo del terreno degli ammortamenti effettuati.

 

Il comma 42, inserito dalla Commissione bilancio del Senato, fa salvi gli effetti prodotti dall’applicazione delle norme, oggetto di mancata conversione, di cui al citato articolo 1 del decreto-legge n. 118 del 2007.

Il citato decreto legge è entrato in vigore il 4 agosto 2007 ed è decaduto, trascorsi 60 giorni, per mancata conversione in legge.

 

Tale comma è attuativo dell’articolo 77, comma 3, ultimo periodo, della Costituzione, secondo cui le Camere possono regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base di decreti non convertiti.


Articolo 3, commi 43-50
(Disposizioni antielusive per i paradisi fiscali: white list)

 


43. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2, il comma 2-bis è sostituito dal seguente:

«2-bis. Si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro degli affari esteri, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale»;

b) all'articolo 10, comma 1, lettera e-bis), secondo periodo, le parole: «e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239» sono sostituite dalle seguenti: «e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis;»;

c) all'articolo 47, comma 4, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Nonostante quanto previsto dai commi precedenti, concorrono integralmente alla formazione del reddito imponibile gli utili provenienti da società residenti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, salvo i casi in cui gli stessi non siano già stati imputati al socio ai sensi del comma 1 dell'articolo 167 e dell'articolo 168 o se ivi residenti sia avvenuta dimostrazione, a seguito dell'esercizio dell'interpello secon­do le modalità del comma 5, lettera b), dello stesso articolo 167, del rispetto delle condizioni indicate nella lettera c) del comma 1 dell'articolo 87»;

d) all'articolo 68, comma 4, nel primo periodo, le parole: «Paesi o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze adottato ai sensi dell'articolo 167, comma 4» sono sostituite dalle seguenti: «Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis»;

e) all'articolo 73:

1) al comma 3, secondo periodo, le parole: «istituiti in Paesi diversi da quelli indicati nel decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni,» sono sostituite dalle seguenti: «istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis,»;

2) al comma 3, terzo periodo, le parole: «istituiti in uno Stato diverso da quelli indicati nel citato decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996,» sono sostituite dalle seguenti: «istituiti in uno Stato diverso da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis,»;

f) all'articolo 87, comma 1, la lettera c) è sostituita dalla seguente:

«c) residenza fiscale della società partecipata in uno Stato o territorio di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, o, alternativamente, l'avvenuta dimo­strazione, a seguito dell'esercizio dell'inter­pello secondo le modalità di cui al comma 5, lettera b), dell'articolo 167, che dalle partecipazioni non sia stato conseguito, sin dall'inizio del periodo di possesso, l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori diversi da quelli individuati nel medesimo decreto di cui all'articolo 168-bis»;

g) all'articolo 89, comma 3, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Qualora si verifichi la condizione di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo, l'esclusione di cui al comma 2 si applica agli utili provenienti dai soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera d), e alle remunerazioni derivanti da contratti di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b), stipulati con tali soggetti residenti negli Stati o territori di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, o, se ivi non residenti, relativamente ai quali, a seguito dell'esercizio dell'interpello secondo le modalità del comma 5, lettera b), dell'articolo 167, siano rispettate le condizioni di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 87»;

h) all'articolo 110:

1) il comma 10 è sostituito dal seguente:

«10. Non sono ammessi in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ovvero localizzate in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis»;

2) al comma 12-bis, le parole: «Stati o territori non appartenenti all'Unione euro­pea aventi regimi fiscali privilegiati» sono sostituite dalle seguenti: «Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis»;

i) all'articolo 132, comma 4, secondo periodo, le parole: «residenti in uno Stato o territori diversi da quelli a regime fiscale privilegiato di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 167, comma 4» sono sostituite dalle seguenti: «residenti negli Stati o territori di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis»;

l) all'articolo 167:

1) al comma 1, primo periodo, le parole: «Stati o territori con regime fiscale privilegiato» sono sostituite dalle seguenti: «Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis»;

2) al comma 1, secondo periodo, le parole: «assoggettati ai predetti regimi fiscali privilegiati» sono sostituite dalle seguenti: «situate in Stati o territori diversi da quelli di cui al citato decreto»;

3) il comma 4 è abrogato;

4) al comma 5, lettera b), le parole: «dalle partecipazioni non consegue l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati di cui al comma 4» sono sostituite dalle seguenti: «dalle partecipa­zioni non consegue l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis»;

m) all'articolo 168:

1) al comma 1, primo periodo, le parole: «Stati o territori con regime fiscale privilegiato» sono sostituite dalle seguenti: «Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis»;

2) al comma 1, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «La norma di cui al presente comma non si applica per le partecipazioni in soggetti residenti negli Stati o territori di cui al citato decreto relativamente ai redditi derivanti da loro stabili organizzazioni situate in Stati o territori diversi da quelli di cui al medesimo decreto»;

n) dopo l'articolo 168 è inserito il seguente:

«Art. 168-bis. - (Paesi e territori che consentono un effettivo scambio di informazione) - 1. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro degli affari esteri, sono individuati gli Stati e territori che consentono un effettivo scambio di informazione».

44. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 26:

1) nel comma 1, il terzo periodo è sostituito dal seguente: «Tuttavia, se i titoli indicati nel precedente periodo sono emessi da società o enti, diversi dalle banche, il cui capitale è rappresentato da azioni non negoziate in mercati regolamen­tati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero da quote, l'aliquota del 12,50 per cento si applica a condizione che, al momento di emissione, il tasso di rendimento effettivo non sia superiore: a) al doppio del tasso ufficiale di riferimento, per le obbligazioni ed i titoli similari negoziati in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al citato decreto, o collocati mediante offerta al pubblico ai sensi della disciplina vigente al momento di emissione; b) al tasso ufficiale di riferimento aumentato di due terzi, per le obbligazioni e i titoli similari diversi dai precedenti»;

2) al comma 5, il terzo periodo è sostituito dal seguente: «L'aliquota della ritenuta è stabilita al 27 per cento se i percipienti sono residenti negli Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917»;

b) all'articolo 26-bis:

1) al comma 1, la lettera a) è sostituita dalla seguente:

«a) soggetti residenti in Stati o territori di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;»;

2) al comma 1, dopo la lettera a) sono aggiunte le seguenti:

«a-bis) enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;

a-ter) investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, costituiti in Stati o territori di cui al decreto indicato nella lettera a);

a-quater) banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato»;

c) all'articolo 27, comma 4, lettera b), le parole: «sull'intero importo delle remu­nerazioni corrisposte, in relazione a partecipazioni, titoli, strumenti finanziari e contratti non relativi all'impresa ai sensi dell'articolo 65, da società ed enti residenti in Paesi o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 167, comma 4, del citato testo unico» sono sostituite dalle seguenti: «sull'intero importo delle remunerazioni corrisposte, in relazione a partecipazioni, titoli, strumenti finanziari e contratti non relativi all'impresa ai sensi dell'articolo 65, da società ed enti residenti negli Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del citato testo unico»;

d) all'articolo 37-bis, comma 3, lettera f-quater), le parole: «in uno degli Stati o nei territori a regime fiscale privilegiato, individuati ai sensi dell'articolo 167, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917» sono sostituite dalle seguenti: «in uno Stato o territorio diverso da quelli di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917».

45. All'articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, primo periodo, le parole: «e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239,» sono sostituite dalle seguenti: «e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,»;

b) al comma 9, le parole: «e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239,» sono sostituite dalle seguenti: «e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,».

46. Al decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 5, comma 5, la lettera a) è sostituita dalla seguente:

«a) soggetti residenti in Stati o territori di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917»;

b) all'articolo 5, comma 5, dopo la lettera a) sono aggiunte le seguenti:

«a-bis) enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;

a-ter) investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, costituiti in Stati o territori di cui al decreto indicato nella lettera a);

a-quater) banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato»;

c) all'articolo 9, il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano nei confronti di:

a) soggetti residenti in Stati o territori di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

b) enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;

c) investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, costituiti in Stati o territori di cui al decreto indicato nella lettera a);

d) banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato».

47. Al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2, comma 5, secondo periodo, le parole: «effettuati da soggetti non residenti, esclusi i soggetti residenti negli Stati o nei territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati dal decreto del Ministro delle finanze in data 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999» sono sostituite dalle seguenti: «effettuati da soggetti residenti in Stati o territori individuati dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze previsto dall'articolo 2, comma 2-bis, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917»;

b) all'articolo 7, il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Non sono assoggettati ad imposizione i proventi di cui al comma 1 percepiti da:

a) soggetti residenti in Stati o territori di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

b) enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;

c) investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, costituiti in Stati o territori di cui al decreto indicato nella lettera a);

d) banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato».

48. Le disposizioni di cui ai commi da 43 a 47 si applicano, salvo quanto previsto dal comma 49, a decorrere dal periodo di imposta che inizia successivamente alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministro dell'eco­nomia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917; fino al periodo d'imposta precedente continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti al 31 dicembre 2007.

49. La disposizione di cui al comma 43, lettera a), si applica a partire dal periodo di imposta successivo a quello di pub­blicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto ivi previsto; fino al periodo d'imposta precedente continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti al 31 dicembre 2007.

50. Nel decreto di cui all'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dalla lettera n) del comma 43 del presente articolo, sono altresì inclusi, per un periodo di cinque anni dalla data di pubblicazione del medesimo nella Gazzetta Ufficiale, gli Stati o territori che, prima della data di entrata in vigore della presente legge, non sono elencati nel decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, nonché nei decreti del Ministero dell'economia e delle finanze 21 novembre 2001 e 23 gennaio 2002, pubblicati rispettivamente nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 23 novembre 2001 e n. 29 del 4 febbraio 2002. Sono altresì inclusi, per il medesimo periodo, nel decreto di cui al citato articolo 168-bis, gli Stati o territori di cui all'articolo 2 del citato decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 21 novembre 2001, limitatamente ai soggetti ivi indicati, nonché gli Stati o territori di cui all'articolo 3 del medesimo decreto, ad eccezione dei soggetti ivi indicati.


 

 

I commi da 43 a 50 dell’articolo 3, riformulano le disposizioni antielusive italiane sostituendo il vigente sistema incentrato sull’individuazione degli Stati aventi un regime fiscale privilegiato (c.d. "paradisi fiscali", come tali individuati in una serie di listeapprovate con decreto ministeriale) con un nuovo sistema incentrato sull’individuazione degli Stati aventi un regime fiscale conforme agli standard di legalità e trasparenza adottati dall’Unione europea (white list).

Il nuovo sistema è basato sulla futura emanazione, con decreto ministeriale, di due “white list che sostituiranno il sistema delle liste attualmente in vigore:

1)    La prima white list dovrà essere emanata ai fini dell’applicazione della presunzione di residenza fiscale in Italia per i soggetti IRPEF;

2)   la seconda white list, prevista dal nuovo articolo 168-bis che viene introdotto nel TUIR, costituirà l’elenco di riferimento per tutte le norme antielusive e relative ad operazioni di vario tipo relative sia apersone fisiche che ad imprese residenti che ad imprese situate fiscalmente in tali Paesi. Peraltro, si prevede espressamente che questa seconda white list, da emanare con un successivo DM, dovrà riprodurre il contenuto delle vigenti liste per almeno cinque anni successivi alla sua emanazione: pertanto, nella sostanza, la disciplina vigente continuerà ad applicarsi per almeno cinque anni successivamente all’emanazione del nuovo decreto.

 

L’ordinamento italiano vigente reca norme antielusive riguardanti varie tipologie di situazioni, connesse sia ai trasferimenti di residenza che alla collocazione fittizia della stessa in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato (Stati c.d. di black list), nonché ad operazioni intercorrenti tra imprese residenti e imprese situate fiscalmente in tali Paesi.

Si ricorda che l'art. 167, comma 4 del TUIR, stabilisce, in materia di imprese estere controllate, che devono essere considerati privilegiati i regimi fiscali di Stati o territori in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, della mancanza di un adeguato scambio di informazioni ovvero di altri criteri equivalenti.

Attualmente, sono vigenti varie liste di Stati, contenute nei seguenti decreti ministeriali, come successivamente modificati:

-        il D.M. 4 maggio 1999, ai fini della presunzione di residenza fiscale per le persone fisiche[112];

-        il D.M. 4 settembre 1996, recante l’elenco degli Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni[113] ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni sul reddito in vigore con la Repubblica italiana;

-        il D.M. 23 gennaio 2002, relativamente alle imprese, che prevede l’indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese domiciliate in Stati o territori aventi regime fiscale privilegiato[114];

-        il D.M. 21 novembre 2001, che contiene invece un elenco[115] di stati considerati non privilegiati ai fini dell’articolo 96-bis, comma 2-ter del TUIR[116].

 

Le disposizioni dei commi da 43 a 50 in commento sostituiscono il criterio della presenza di una tassazione in misura ridotta nei paesi stranieri quale elemento discriminante per l’inserimento del paese nella black list e prevedono, in sua sostituzione, l’emanazione di due white list, basate esclusivamente sul criterio dell’esistenza di un effettivo scambio di informazioni tra gli Stati, quale strumento principale di contrasto all’evasione ed elusione fiscale.

 

A tal fine vengono apportate numerose modifiche, sia sostanziali che di coordinamento, agli articoli del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, nonché ad altre leggi rilevanti in materia tributaria, quali il D.P.R. n. 600 del 1972 sull’accertamento delle imposte sui redditi, le norme fiscali speciali dettate per gli organismi di investimento collettivo e le norme sui finanziamenti raccolti dalle società a responsabilità limitata per lai cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato.

La prima modifica sostanziale è apportata dal comma 43, lettera a), che sostituisce innanzitutto il comma 2-bis dell’art. 2 del TUIR, stabilendo che la presunzione di residenza in Italia, salvo prova contraria, dei cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in altri Stati o territori, sia operativa qualora si tratti di Stati diversi da quelli individuati in una futura lista contenuta in un apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare di concerto con il Ministro degli affari esteri.

Si tratta pertanto della prima delle white list contemplate dal disegno di riforma.

Il comma 49 prevede che la norma del comma 43, lettera a) in questionetrovi applicazione a partire dal periodo di imposta successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’apposito decreto.

Nella norma del comma 43, lett. a) non viene peraltro indicato il termine per l’emanazione del decreto ministeriale.

 

La seconda modifica rilevante è quella apportata dalla lettera n) del comma 43, che inserisce nel TUIR il nuovo articolo 168-bis, in base al quale – con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro degli affari esteri - saranno individuati gli Stati o territori che consentono un effettivo scambio di informazione (seconda white list).

Anche in questo caso non si indica il termine per l’emanazione del decreto.

Peraltro, il successivo comma 48 stabilisce la decorrenza delle nuove disposizioni, di cui ai commi da 43 a 47, dal periodo di imposta successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto contenente la nuova white list prevista dal nuovo articolo 168-bis. Il comma 48 prevede inoltreche fino al periodo d’imposta precedente continuino ad applicarsi le disposizioni vigenti al 31 dicembre 2007.

Sempre con riguardo alla decorrenza della nuova disciplina, il comma 50, modificato al Senato, prevede che per un periodo transitorio di cinque anni, decorrente dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del nuovo decreto, saranno inclusi nel decreto sulla white list, di cui al nuovo articolo 168-bis TUIR, gli Stati che fino alla data di entrata in vigore della presente legge finanziaria non sono considerati a regime fiscale privilegiato e che sono elencati:

§      nel decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996;

§      nel decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001;

§      nel decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 23 gennaio 2002.

Saranno altresì inclusi nella nuova white list, per il medesimo periodo transitorio di cinque anni, gli Stati o territori di cui all’articolo 2 del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001 limitatamente ai soggetti ivi indicati, nonché gli Stati o territori di cui all’articolo 3 del medesimo decreto ad eccezione dei soggetti ivi indicati.

Pertanto, in base al comma 50, vengono fatti salvi gli elenchi di paesi attualmente vigenti, per un periodo di almeno cinque anni dall’emanazione del futuro decreto.

Si rileva che analoga previsione di salvaguardia del regime vigente non è contemplata per l’elenco di paesi che dovranno essere individuati nella white list da utilizzare per la presunzione di residenza dei soggetti IRPEF, di cui al comma 43 lettera a).

In base alla nuova disciplina del comma 43 lettera a) pertanto, la presunzione di residenza in un “paradiso fiscale”, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, scatterà non più qualora egli trasferisca la residenza in un paese ricompreso nella vigente “black list” di cui al D.M. 4 maggio 1999, bensì qualora il contribuente trasferisca la residenza in un paese che non sia contemplato tra quelli della futura “white list”. La mancata inclusione di un paese nella futura “white list” farebbe pertanto scattare l’inversione dell’onere della prova a sfavore del contribuente il quale avrebbe l’onere di provare di non aver posto in essere operazioni elusive, anziché essere l’amministrazione finanziaria a provare l’eventuale comportamento elusivo del contribuente.

Si ricorda che all'interno dell'Unione europea, i governi hanno competenza esclusiva per quanto riguarda i livelli dell’imposizione diretta, ovvero l’imposta sui redditi individuali e sugli utili societari, sempre che tali imposte siano compatibili con il mercato unico e con la libera circolazione dei capitali, ossia non ostacolino gli investimenti transfrontalieri. Qualora tuttavia il mercato unico, la libera circolazione dei capitali o i diritti dei singoli siano lesi dalle norme tributarie, la Commissione europea o i soggetti direttamente interessati possono adire la Corte di giustizia delle Comunità europee. Le imposte sulle persone fisiche e le relative aliquote sono pertanto di competenza dagli Stati membri, salvo l’eventuale intervento dell’UE per impedire discriminazioni o agevolazioni speciali per chi si avvale della possibilità di lavorare o investire in un altro paese.

 

Le lettere da b) a m) del comma 43 recano numerose modifiche di coordinamento alle disposizioni del TUIR, al fine di adeguarle con il nuovo elenco di Paesi inclusi nella white list previsto dal nuovo articolo 168-bis del TUIR. Si tratta dei seguenti istituti:

§      individuazione degli oneri deducibili ai fini del calcolo della base imponibile IRPEF (lettera b),che modifica l’art. 10, comma 1, lett. e-bis));

§      regime fiscale dei dividendi, ai fini della loro imputazione a reddito di capitale (lettera c)che modifica l’art. 47, comma 4);

§      regime fiscale delle plusvalenze, ai fini della loro imputazione a reddito di impresa (lettera d) che modifica l’art. 68, comma 4);

§      individuazione del paese di residenza dei trust e degli istituti di contenuto analogo, ai fini della loro sottoposizione all’IRES (lettera e) che modifica l’art. 73);

§      individuazione delle plusvalenze esenti, ai fini del calcolo della base imponibile IRES (lettera f) che modifica l’art. 87);

§      individuazione di dividendi e interessi, ai fini della loro esclusione dalla base imponibile IRES (lettera g) che modifica l’art. 89);

§      indeducibilità dalla base imponibile IRES di spese e altri componenti negativi e di spese per prestazioni di servizi resi da professionisti (lettera h) che modifica l’art. 110);

§      condizioni per l’esercizio dell’opzione di adesione al consolidato mondiale (lettera i));

§      imputazione a soggetti, residenti o meno, di redditi derivanti dal controllo o, comunque, da partecipazioni in imprese, enti o società (lettere l) e m)).

 

Le modifiche dei commi 43-40 in commento non incidono invece sulla “white list” predisposta in attuazione dell’articolo 11 del D.Lgs. n. 239 del 1996[117], ai soli fini dell’applicazione delle disposizioni del medesimo decreto legislativo, che elenca i Paesi e territori nei cui confronti è previsto il non assoggettamento a tassazione di alcuni redditi di capitale e che, in particolare, dispone un regime di esenzione per gli interessi ed altri proventi dei titoli di Stato e dei titoli obbligazionari e similari emessi da banche, Spa con azioni negoziate in mercati regolamentati italiani, enti pubblici economici trasformati in Spa in base a disposizioni di legge, enti territoriali (cfr. anche sub articolo 3, comma 27, del presente ddl finanziaria).

 

Il comma 44 modifica le relative disposizioni del D.P.R. n. 600 del 1973, relativo all’accertamento delle imposte, in quanto per alcune categorie di reddito - come i proventi derivanti da riporti e pronti contro termine su titoli e valute, i mutui di titoli garantiti e altri strumenti finanziari – vige un regime di esenzione nei confronti di soggetti residenti in Stati che consentono uno scambio di informazioni e che con la novella in esame vengono collegati alla white list di cui al nuovo art. 168-bis TUIR, anziché ala lista vigente.

In questo senso vanno interpretate le novelle di cui alla:

§      lettera a), che modifica l’art. 26 (Ritenute sugli interessi e sui redditi di capitale);

§      lettera b), che modifica l’art. 26-bis (Esenzione dalle imposte sui redditi per i non residenti);

§      lettera c), che modifica l’art. 27 (Ritenuta sui dividendi);

§      lettera d), che modifica l’art. 37-bis (Disposizioni antielusive).

 

Il comma 45 modifica l’articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77 contenente disposizioni tributarie sui proventi delle quote di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) di diritto estero, al fine di coordinare con la nuova white list il regime fiscale dei proventi derivanti dalla partecipazione a organismi di investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero.

 

Il comma 46 intende coordinare con la nuova white list il regime fiscale applicabile alle plusvalenze e ai redditi da capitale diversi, nonché il regime applicabile ai proventi erogati da organismi di investimento collettivo soggetti ad imposte sostitutive.

 

Il comma 47 coordina con la nuova white list il regime fiscale sugli interessi e altri proventi corrisposti in relazione ai finanziamenti raccolti dalle società a responsabilità limitata aventi ad oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato e di altri enti pubblici, nonché il regime fiscale dei proventi derivanti dalla partecipazione a fondi comuni di investimento immobiliari.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Lotta all’evasione fiscale

Il 31 maggio 2006 la Commissione ha adottato una comunicazione sulla necessità di sviluppare una strategia coordinata al fine di migliorare la lotta alle frodi fiscali (COM(2006)254).

La comunicazione, in particolare, sottolinea che, nel campo della cooperazione amministrativa tra gli Stati membri si evidenziano alcuni problemi di funzionamento: linguistici, mancanza di risorse umane e di conoscenza delle procedure di cooperazione a livello dei funzionari incaricati del controllo, ecc. Considerato che l'accesso rapido alle informazioni costituisce un fattore determinante per lottare contro la frode, secondo la Commissione occorre prevedere metodi più efficienti per lo scambio di informazioni, tenuto conto dei recenti progressi tecnologici e del livello delle apparecchiature di cui dispongono le imprese. A tal fine occorre considerare la possibilità di scambi automatici più frequenti e più dettagliati tra gli Stati membri o persino di accesso diretto a basi di dati nazionali. La necessaria modernizzazione del sistema VIES (Sistema di scambio di informazioni in materia di Iva) è l'occasione per realizzare alcuni di questi miglioramenti.

Sul documento il Consiglio ecofindel 5 giugno 2007 ha adottato conclusioni, in cui ha chiesto alla Commissione di presentare proposte legislative per migliorare l'efficacia di un'ampia serie di misure antifrode convenzionali, e di studiare misure antifrode di più ampia portata compresa la tassazione nello Stato membro di partenza.

Pacchetto IVA

Una delle proposte relative alla semplificazione e all’ammodernamento del sistema IVA (c.d. pacchetto IVA) (COM(2004)728), presentato dalla Commissione il 29 ottobre 2004, è volta a modificare il regolamento (CE) 1798/20031, allo scopo di introdurre modalità cooperazione tra le amministrazioni finanziarie nazionali coerenti con l’introduzione dello sportello unico e con le modifiche al sistema di rimborso IVA.

Il pacchetto di proposte è stato esaminato nell’ambito della procedura di consultazionedal Parlamento europeo il 7 settembre 2005, dal Consiglio il 5 giugno 2007. In tale data il Consiglio ECOFIN ha raggiunto un accordo politico in vista dell’adozione definitiva entro il 31 dicembre 2007 in modo tale che il pacchetto possa entrare in vigore al più tardi il 1º gennaio 2010. Il 25 ottobre 2007 la Presidenza ha presentato una versione consolidata delle proposte; nel Consiglio del 13 novembre 2007 non è stato raggiunto l’accordo previsto sul pacchetto di proposte a causa della posizione assunta dal Lussemburgo.

Programma Fiscalis 2013

Il 27 maggio 2006 la Commissione ha presentato una proposta di decisione che istituisce un programma comunitario per il miglioramento del funzionamento dei sistemi di imposizione nel mercato interno (Fiscalis 2013). Per raggiungere l’obiettivo generale del miglioramento del funzionamento del sistema occorre, secondo la Commissione, accrescere la cooperazione tra i paesi partecipanti, le loro amministrazioni e i loro funzionari.

I sistemi di comunicazione e di scambio di informazioni che gli Stati devono assicurare comprendono la rete comune di comunicazione/interfaccia comune di sistema (CCN/CSI), il sistema di scambio di informazioni sull’IVA (VIES), i sistemi relativi alle accise, il sistema di controllo informatico dei movimenti dei prodotti soggetti ad accisa (EMCS). Gli elementi comunitari dei sistemi di comunicazione e di scambio di informazioni sono l’hardware, il software e i collegamenti di rete, comuni a tutti i paesi partecipanti.

Gli elementi non comunitari dei sistemi di comunicazione e di scambio di informazioni comprendono le basi di dati nazionali che fanno parte di questi sistemi, i collegamenti di rete tra gli elementi comunitari e non comunitari, e il software e l’hardware che ciascun paese partecipante ritenga necessari per il pieno funzionamento di detti sistemi nella propria amministrazione.

La proposta, trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo, è stata esaminata da quest’ultimo il 20 giugno 2007 ed è in attesa di essere discussa dal Consiglio.


Articolo 3, comma 51
(Riapertura termini per rideterminazione dei valori di acquisto
delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati
e dei terreni edificabili e con destinazione agricola)

 


51. Al comma 2 dell'articolo 2 del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo periodo, le parole: «1o gennaio 2005» sono sostituite dalle seguenti: «1o gennaio 2008»;

b) al secondo periodo, le parole: «30 giugno 2006» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2008»;

c) al terzo periodo, le parole: «30 giugno 2006» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2008».


 

 

Il comma 51 dell’articolo 3, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, dispone la riapertura del termine, scaduto il 30 giugno 2006, per la rivalutazione di terreni e partecipazioni.

Il nuovo termine è fissato al 30 giugno 2008. Entro tale data:

-        devono essere pagate (integralmente o limitatamente alla prima rata) le imposte sostitutive ai fini della rideterminazione dei valori d’acquisto delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e dei terreni edificabili o con destinazione agricola, posseduti, come appresso indicato, alla data del 1° gennaio 2008;

-        devono essere effettuati la redazione e il giuramento della perizia di stima.

La disposizione in esame sposta inoltre dal 1° gennaio 2005 al 1° gennaio 2008 la data di riferimento per il possesso delle partecipazioni e dei terreni da rivalutare.

 

A tal fine, il comma in esame novella l’articolo 2, comma 2, del D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, il quale ha disposto la riapertura dei termini previsti dagli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002) riferiti, rispettivamente, al possesso delle partecipazioni e dei terreni, i cui valori d’acquisto possono essere rideterminati.

 

Il termine per effettuare il pagamento delle imposte e per la redazione e il giuramento della perizia di stima era stato da ultimo fissato nel 30 giugno 2006 dall'articolo 11-quaterdecies, comma 4, del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

 

Si ricorda che l’articolo 5 della legge n. 448 del 2001 ha previsto la possibilità di aggiornare il valore di acquisto delle partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati, possedute alla data del 1° gennaio 2002. I destinatari della disposizione sono:

a)    le persone fisiche, per le operazioni non rientranti nell’esercizio di attività commerciali;

b)    le società semplici e società e associazioni ad esse equiparate ai sensi dell’articolo 5 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante il testo unico delle imposte sui redditi (TUIR);

c)    i soggetti non residenti, per le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti in Italia che non siano riferibili a stabili organizzazioni.

Il valore aggiornato delle partecipazioni si determina assumendo il valore della frazione del patrimonio netto della partecipata quale risultante da una perizia giurata di stima redatta da soggetti iscritti all’albo dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, ovvero nell’elenco dei revisori contabili[118]. L’eventuale maggior valore (plusvalenza) è assoggettato ad un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, fissata nella misura del 4% per le partecipazioni qualificate ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c), del TUIR, e del 2% per quelle che, alla predetta data, non risultano qualificate ai sensi della lettera c-bis) dello stesso comma 1 dell’articolo 67.

Il versamento di tale imposta, che può essere suddiviso in non più di tre rate annuali di pari importo, doveva essere effettuato entro il 16 dicembre 2002. Le rate successive alla prima sono aumentate degli interessi nella misura del 3%.

Il valore così rivalutato viene assunto per la determinazione delle plusvalenze e minusvalenze nei casi di cessione delle citate partecipazioni.

 

L’articolo 7 della medesima legge n. 448 del 2001 consente l’adeguamento dei valori d’acquisto, ai quali deve essere riferita la determinazione delle plusvalenze e minusvalenze, per i terreni edificabili e per i terreni con destinazione agricola posseduti alla data del 1° gennaio 2002. In particolare, è previsto che agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze per i terreni in parola può essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore a tale data determinato sulla base di una perizia giurata di stima, cui si applica l’articolo 64 del codice di procedura civile, redatta da soggetti iscritti agli albi degli ingegneri, degli architetti, dei geometri, dei dottori agronomi, degli agrotecnici, dei periti agrari e dei periti industriali edili[119]. La rideterminazione è subordinata all’assoggettamento del predetto valore di stima ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 4% del valore così rideterminato. Ai fini del versamento si applicano le stesse modalità previste dall’articolo 5, sopra illustrato.

 

Il comma 2 dell’articolo 2 del D.L. n. 282 del 2002 ha stabilito l’applicazione delle disposizioni sopra richiamate anche per la determinazione dei valori di acquisto delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e dei terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data del 1° gennaio 2003. La medesima disposizione aveva fissato al 16 maggio 2003 la data entro la quale devono essere effettuati la redazione e il giuramento della perizia e stabilito che le imposte sostitutive potevano essere rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla medesima data.

L’articolo 39, comma 14-undecies, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha prorogato dal 16 maggio 2003 al 16 marzo 2004 la data a partire dalla quale possono essere pagate o rateizzate le imposte sostitutive ai fini della rideterminazione dei valori delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e dei terreni edificabili o con destinazione agricola posseduti alla data del 1° gennaio 2003, ed effettuati la redazione e il giuramento della perizia di stima.

Successivamente l’articolo 6-bis del D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47, ha prorogato dal 16 marzo 2004 al 30 settembre 2004 la data a partire dalla quale possono essere pagate o rateizzate le imposte sostitutive ed effettuati la redazione e il giuramento della perizia di stima[120]. La medesima disposizione ha spostato dal 1° gennaio 2003 al 1° luglio 2003 la data di riferimento per il possesso delle partecipazioni e dei terreni da rivalutare.

In seguito, l’articolo 1, comma 376, della legge n. 311 del 2004 ha prorogato dal 30 settembre 2004 al 30 giugno 2005 la data a partire dalla quale possono essere pagate o rateizzate le imposte sostitutive ed effettuati la redazione e il giuramento della perizia di stima. Non era stata invece modificata la data di riferimento (1° luglio 2003) per il possesso delle partecipazioni e dei terreni da rivalutare.

Infine il citato articolo 11-quaterdecies, comma 4, del D.L. n. 203 del 2005 ha prorogato dal 30 giugno 2005 al 30 giugno 2006 la data a partire dalla quale possono essere pagate o rateizzate le imposte sostitutive ed effettuati la redazione e il giuramento della perizia di stima. La medesima disposizione ha spostato dal 1° luglio 2003 al 1° gennaio 2005 la data di riferimento per il possesso delle partecipazioni e dei terreni da rivalutare.


Articolo 4, commi 1-21
(Regime fiscale semplificato per i contribuenti minimi)

 


1. Si considerano contribuenti minimi, e sono assoggettati al regime previsto dalle disposizioni dei commi da 1 a 21, le persone fisiche esercenti attività di im­presa, arti o professioni che, al contempo:

a) nell'anno solare precedente:

1) hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 30.000 euro;

2) non hanno effettuato cessioni all'esportazione;

3) non hanno sostenuto spese per lavoratori dipendenti o collaboratori di cui all'articolo 50, comma 1, lettere c) e c-bis), del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, anche assunti secondo la modalità riconducibile a un progetto, programma di lavoro o fase di esso, ai sensi degli articoli 61 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;

b) nel triennio solare precedente non hanno effettuato acquisti di beni strumentali, anche mediante contratti di appalto e di locazione, pure finanziaria, per un ammontare complessivo superiore a 15.000 euro.

2. Agli effetti del comma 1 le cessioni all'esportazione e gli acquisti di beni strumentali si considerano effettuati sulla base dei criteri di cui all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

3. Le persone fisiche che intraprendono l'esercizio di imprese, arti o professioni possono avvalersi del regime dei contribuenti minimi comunicando, nella dichiarazione di inizio di attività di cui all'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, di presumere la sussistenza dei requisiti di cui ai commi 1 e 4.

4. Non sono considerati contribuenti minimi:

a) le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini dell'imposta sul valore aggiunto;

b) i soggetti non residenti;

c) i soggetti che in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all'articolo 10, numero 8), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e di mezzi di trasporto nuovi di cui all'articolo 53, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;

d) gli esercenti attività d'impresa o arti e professioni in forma individuale che contestualmente partecipano a società di persone o associazioni di cui all'articolo 5 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero a società a responsabilità limitata di cui all'articolo 116 del medesimo testo unico.

5. I contribuenti minimi non addebitano l'imposta sul valore aggiunto a titolo di rivalsa e non hanno diritto alla detrazione dell'imposta sul valore aggiunto assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti anche intracomunitari e sulle importazioni. I medesimi contribuenti, per gli acquisti intracomunitari e per le altre operazioni per le quali risultano debitori dell'imposta, integrano la fattura con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta, che versano entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.

6. L'applicazione del regime di cui ai commi da 1 a 21 comporta la rettifica della detrazione di cui all'articolo 19-bis2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. La stessa rettifica si applica se il contribuente transita, anche per opzione, al regime ordinario dell'im­posta sul valore aggiunto. Il versamento è effettuato in un'unica soluzione, ovvero in cinque rate annuali di pari importo senza applicazione degli interessi. La prima o unica rata è versata entro il termine per il versamento a saldo dell'imposta sul valore aggiunto relativa all'anno precedente a quello di applicazione del regime dei contribuenti minimi; le successive rate sono versate entro il termine per il versamento a saldo dell'imposta sostitutiva di cui al comma 10 del presente articolo. Il debito può essere estinto anche mediante compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

7. Nella dichiarazione relativa all'ultimo anno in cui è applicata l'imposta sul valore aggiunto nei modi ordinari si tiene conto anche dell'imposta relativa alle operazioni indicate nell'ultimo comma dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repub­blica 26 ottobre 1972, n. 633, per le quali non si è ancora verificata l'esigibilità.

8. L'eccedenza detraibile emergente dalla dichiarazione, presentata dai con­tribuenti minimi, relativa all'ultimo anno in cui l'imposta sul valore aggiunto è applicata nei modi ordinari può essere chiesta a rimborso ai sensi dell'articolo 30, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ovvero può essere utilizzata in com­pensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

9. I contribuenti minimi non si considerano soggetti passivi dell'imposta regionale sulle attività produttive di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446. Il reddito di impresa o di lavoro autonomo è costituito dalla differenza tra l'ammontare dei ricavi o compensi percepiti nel periodo di imposta e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell'esercizio dell'attività di impresa o dell'arte o della professione; concorrono, altresì, alla formazione del reddito le plusvalenze e le minusvalenze dei beni relativi all'impresa o all'esercizio di arti o professioni. I contributi previdenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge si deducono dal reddito determinato ai sensi del presente comma.

10. Sul reddito determinato ai sensi del comma 9 si applica un'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali pari al 20 per cento. Nel caso di imprese familiari di cui all'articolo 5, comma 4, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, l'imposta sostitutiva, calcolata sul reddito al lordo delle quote assegnate al coniuge e ai collaboratori familiari, è dovuta dall'im­prenditore. Si applicano le disposizioni in materia di versamento dell'imposta sui redditi delle persone fisiche.

11. I componenti positivi e negativi di reddito riferiti a esercizi precedenti a quello da cui ha effetto il presente regime, la cui tassazione o deduzione è stata rinviata in conformità alle disposizioni del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 che consentono o dispongono il rinvio, parte­cipano per le quote residue alla formazione del reddito dell'esercizio precedente a quello di efficacia del predetto regime solo per l'importo della somma algebrica delle predette quote eccedente l'ammontare di 5.000 euro. In caso di importo non eccedente il predetto ammontare di 5.000 euro, le quote si considerano azzerate e non partecipano alla formazione del reddito del suddetto esercizio. In caso di importo negativo della somma algebrica lo stesso concorre integralmente alla formazione del predetto reddito.

12. Le perdite fiscali generatesi nei periodi d'imposta anteriori a quello da cui decorre il presente regime e quelle generatesi nel corso del predetto regime possono essere computate in diminuzione del reddito determinato ai sensi dei commi da 1 a 21 secondo le regole ordinarie stabilite dal testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

13. Ai fini delle imposte sui redditi, fermo restando l'obbligo di conservare, ai sensi dell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, i documenti ricevuti ed emessi, i contribuenti minimi sono esonerati dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili. La dichiarazione dei redditi è presentata nei termini e con le modalità definiti nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322. Ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, i contribuenti minimi sono esonerati dal versamento dell'imposta e da tutti gli altri obblighi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ad eccezione degli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali e di certificazione dei corrispettivi. I contribuenti minimi sono, altresì, esonerati dalla presentazione degli elenchi di cui all'articolo 8-bis, comma 4-bis, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni.

14. I soggetti che rientrano nel regime dei contribuenti minimi possono optare per l'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte sul reddito nei modi ordinari. L'opzione, valida per almeno un triennio, è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare suc­cessivamente alla scelta operata. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime normale, l'opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata. In deroga alle disposizioni del presente comma, l'opzione esercitata per il periodo d'imposta 2008 può essere revocata con effetto dal successivo periodo d'imposta; la revoca è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata.

15. Il regime dei contribuenti minimi cessa di avere applicazione dall'anno successivo a quello in cui viene meno una delle condizioni di cui al comma 1 ovvero si verifica una delle fattispecie indicate al comma 4. Il regime cessa di avere applicazione dall'anno stesso in cui i ricavi o i compensi percepiti superano il limite di cui al comma 1, lettera a), numero 1), di oltre il 50 per cento. In tal caso sarà dovuta l'imposta sul valore aggiunto relativa ai corrispettivi delle operazioni imponibili effettuate nell'intero anno solare, determinata mediante scorporo ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 per la frazione d'anno antecedente il superamento del predetto limite o la corresponsione dei predetti compensi, salvo il diritto alla detrazione dell'imposta sugli acquisti relativi al medesimo periodo. La cessazione dall'applicazione del regime dei contri­buenti minimi, a causa del superamento di oltre il 50 per cento del limite di cui al comma 1, lettera a), numero 1), comporta l'applicazione del regime ordinario per i successivi tre anni.

16. Nel caso di passaggio da un periodo di imposta soggetto al regime previsto dai commi da 1 a 21 a un periodo di imposta soggetto a regime ordinario, al fine di evitare salti o duplicazioni di imposizione, i ricavi, i compensi e le spese sostenute che, in base alle regole del regime di cui ai predetti commi, hanno già concorso a formare il reddito non assumono rilevanza nella determinazione del reddito dei periodi di imposta successivi ancorché di competenza di tali periodi; viceversa quelli che, ancorché di competenza del periodo soggetto al regime di cui ai citati commi, non hanno concorso a formare il reddito imponibile del periodo, assumono rilevanza nei periodi di imposta successivi nel corso dei quali si verificano i presupposti previsti dal regime di cui ai medesimi commi. Corrispondenti criteri si applicano per l'ipotesi inversa di passaggio dal regime ordinario di tassazione a quello previsto dai commi da 1 a 21. Con i provvedimenti di cui al comma 19 possono essere dettate disposizioni attuative del presente comma.

17. I contribuenti minimi sono esclusi dall'applicazione degli studi di settore di cui all'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.

18. Per l'accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso, si applicano, in quanto compatibili, le ordinarie disposizioni in materia di imposte dirette, imposta sul valore aggiunto e imposta regionale sulle attività produttive. In caso di infedele indicazione da parte dei contribuenti minimi dei dati attestanti i requisiti e le condizioni di cui ai commi 1 e 4 che determinano la cessazione del regime previsto dai commi da 1 a 21, le misure delle sanzioni minime e massime stabilite dal decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, sono aumentate del 10 per cento se il maggior reddito accertato supera del 10 per cento quello dichiarato. Il regime dei contribuenti minimi cessa di avere applicazione dall'anno successivo a quello in cui, a seguito di accertamento divenuto definitivo, viene meno una delle condizioni di cui al comma 1 ovvero si verifica una delle fattispecie indicate al comma 4. Il regime cessa di avere applicazione dall'anno stesso in cui l'accertamento è divenuto definitivo, nel caso in cui i ricavi o i compensi definitivamente accertati superino il limite di cui al comma 1, lettera a), numero 1), di oltre il 50 per cento. In tale ultimo caso operano le disposizioni di cui al terzo periodo del comma 15.

19. Con decreto del Ministro dell'eco­nomia e delle finanze sono dettate le disposizioni necessarie per l'attuazione dei commi precedenti. Con uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate sono stabilite le modalità applicative, anche in riferimento a eventuali modalità di presentazione della dichiarazione diverse da quelle previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.

20. Sono abrogati l'articolo 32-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l'articolo 14 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e l'articolo 3, commi da 165 a 170, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. I contribuenti che hanno esercitato l'opzione di cui all'articolo 32-bis, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, possono applicare le disposizioni di cui ai commi da 1 a 21 del presente articolo, per il periodo d'imposta 2008, anche se non è trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime normale previsto dalla predetta disposizione. In tal caso la revoca di cui all'ultimo periodo del predetto articolo 32-bis, comma 7, è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata e si applicano le disposizioni di cui al comma 6 del presente articolo.

21. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano a decorrere dal 1o gennaio 2008. Ai fini del calcolo dell'acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche dovuto per l'anno in cui avviene il passaggio dal regime ordinario di tassazione a quello previsto per i contribuenti minimi, non si tiene conto delle disposizioni di cui ai commi precedenti.


 

 

I commi da 1 a 21 dell’articolo 4 introducono un regime fiscale semplificato per i contribuenti cosiddetti minimi.

Il regime semplificato opera – per tali contribuenti – come un regime naturale, con la facoltà di optare per l’applicazione dell’IVA e delle imposte sul reddito nei modi ordinari.

I tratti peculiari del regime sono i seguenti:

1.      esclusione dei contribuenti minimi dalla soggettività passiva ai fini IRAP;

2.      applicazione – anche per le imprese – del criterio di cassa ai fini della determinazione del reddito;

3.      assoggettamento del reddito ad imposta sostitutiva;

4.      estensione dell’ambito applicativo del regime di franchigia IVA di cui all’articolo 32-bis del D.P.R. n. 633 del 1972 (Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto);

5.      esclusione dell’applicazione degli studi di settore;

6.      riduzione degli adempimenti contabili.

 

Nel dettaglio, ai sensi del comma 1, si considerano contribuenti minimi, e sono, pertanto, assoggettati al regime previsto dalle disposizioni dei commi fino al 21, le persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni che, al contempo:

a)      nell’anno solare precedente:

1)      hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 30.000 euro;

2)      non hanno effettuato cessioni all’esportazione;

3)      non hanno sostenuto spese per lavoratori dipendenti o collaboratori di cui all’articolo 50, comma 1, lettere c) e c-bis), del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) anche assunti secondo la modalità riconducibile a un progetto, programma di lavoro o fase di esso, ai sensi degli articoli 61 e seguenti del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30);

Il richiamato articolo 50, comma 1, lettere c) e c-bis) del TUIR fa riferimento a:

-        somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante;

-        somme e valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita.

I richiamati articoli 61 e seguenti del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 disciplinano le tipologie contrattuali di lavori a progetto e occasionali.

b)     nel triennio solare precedente non hanno effettuato acquisti di beni strumentali, anche mediante contratti di appalto e di locazione, pure finanziaria[121], per un ammontare complessivo superiore a 15.000 euro.

 

Il comma 2 stabilisce che - agli effetti del comma 1 - le cessioni all’esportazione e gli acquisti di beni strumentali si considerano effettuati sulla base dei criteri di cui all’articolo 6 (Effettuazione delle operazioni) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 in materia di IVA.

 

Ai sensi di quest’ultima disposizione, le cessioni di beni si considerano effettuate nel momento della stipulazione se riguardano beni immobili e nel momento della consegna o spedizione se riguardano beni mobili. Tuttavia le cessioni i cui effetti traslativi o costitutivi si producono posteriormente si considerano effettuate nel momento in cui si producono tali effetti e comunque, se riguardano beni mobili, dopo il decorso di un anno dalla consegna o spedizione (comma 1).

In deroga al precedente comma l'operazione si considera effettuata:

a)       per le cessioni di beni per atto della pubblica autorità e per le cessioni periodiche o continuative di beni in esecuzione di contratti di somministrazione, all'atto del pagamento del corrispettivo;

b)      per i passaggi dal committente al commissionario, di cui al n. 3) dell'art. 2, all'atto della vendita dei beni da parte del commissionario;

c)       per la destinazione al consumo personale o familiare dell'imprenditore e ad altre finalità estranee all'esercizio dell'impresa, di cui al n. 5) dell'art. 2, all'atto del prelievo dei beni;

d)       per le cessioni di beni inerenti a contratti estimatori, all'atto della rivendita a terzi ovvero, per i beni non restituiti, alla scadenza del termine convenuto tra le parti e comunque dopo il decorso di un anno dalla consegna o spedizione;

d-bis)   per le assegnazioni in proprietà di case di abitazione fatte ai soci da cooperative edilizie a proprietà divisa, alla data del rogito notarile (comma 2).

 

La relazione illustrativa specifica che – in presenza dei requisiti di accesso – il regime dei contribuenti minimi è quello naturale, per cui non si prevede un’opzione per entrare in tale regime.

 

In base al comma 3, le persone fisiche che intraprendono l’esercizio di imprese, arti o professioni possono avvalersi del regime dei contribuenti minimi comunicando, nella dichiarazione di inizio di attività di cui all’articolo 35 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, di presumere la sussistenza dei requisiti di cui ai commi 1 e 4 del presente articolo.

 

In base al comma 1 del predetto articolo 35, i soggetti che intraprendono l'esercizio di un'impresa, arte o professione nel territorio dello Stato, o vi istituiscono una stabile organizzazione, devono farne dichiarazione entro trenta giorni ad uno degli uffici locali dell'Agenzia delle entrate ovvero ad un ufficio provinciale dell'imposta sul valore aggiunto della medesima Agenzia; la dichiarazione è redatta, a pena di nullità, su modelli conformi a quelli approvati con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate. L'ufficio attribuisce al contribuente un numero di partita I.V.A. che resterà invariato anche nelle ipotesi di variazioni di domicilio fiscale fino al momento della cessazione dell'attività e che deve essere indicato nelle dichiarazioni, nella home-page dell'eventuale sito web e in ogni altro documento ove richiesto.

 

Il comma 4 reca un elenco tassativo di fattispecie per le quali risulta precluso l’accesso al regime semplificato dei contribuenti minimi.

Per la precisione, non sono considerati contribuenti minimi:

a)      le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini dell’imposta sul valore aggiunto;

I regimi speciali si caratterizzano per meccanismi di calcolo del IVA dovuta diversi dal regime ordinario. E’ il caso – a titolo esemplificativo – dei produttori agricoli; degli agriturismo; delle agenzie di viaggio e turismo; dell’editoria; dei giochi e intrattenimenti; del commercio di beni mobili usati, oggetti di arte e antiquariato e da collezione; del commercio di rottami.

b)     i soggetti non residenti nel territorio dello Stato;

c)      i soggetti che, in via esclusiva o prevalente, effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all’articolo 10, n. 8), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e di mezzi di trasporto nuovi di cui all’articolo 53, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;

Il richiamato articolo 10, n. 8), esenta dall’IVA le locazioni e gli affitti, relative cessioni, risoluzioni e proroghe, di terreni e aziende agricole, di aree diverse da quelle destinate a parcheggio di veicoli, per le quali gli strumenti urbanistici non prevedono la destinazione edificatoria, e di fabbricati, comprese le pertinenze, le scorte e in genere i beni mobili destinati durevolmente al servizio degli immobili locati e affittati, escluse le locazioni di fabbricati abitativi effettuate in attuazione di piani di edilizia abitativa convenzionata dalle imprese che li hanno costruiti o che hanno realizzato sugli stessi interventi di cui all'articolo 31, primo comma, lettere c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457, entro quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell'intervento e a condizione che il contratto abbia durata non inferiore a quattro anni, e le locazioni di fabbricati strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni effettuate nei confronti dei soggetti indicati alle lettere b) e c) del numero 8-ter) ovvero per le quali nel relativo atto il locatore abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione.

Il richiamato articolo 53, numero 1) – in combinato con l’articolo 38 – fa riferimento alle imbarcazioni di lunghezza superiore a 7,5 metri, agli aeromobili con peso totale al decollo superiore a 1.550 kg, e ai veicoli con motore di cilindrata superiore a 48 cc. o potenza superiore a 7,2 kW, destinati al trasporto di persone o cose, esclusi le imbarcazioni destinate all'esercizio di attività commerciali o della pesca o ad operazioni di salvataggio o di assistenza in mare e gli aeromobili di cui all'articolo 8-bis, primo comma, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633; i mezzi di trasporto non si considerano nuovi alla duplice condizione che abbiano percorso oltre seimila chilometri e la cessione sia effettuata decorso il termine di sei mesi dalla data del provvedimento di prima immatricolazione o di iscrizione in pubblici registri o di altri provvedimenti equipollenti, ovvero navigato per oltre cento ore, ovvero volato per oltre quaranta ore e la cessione sia effettuata decorso il termine di tre mesi dalla data del provvedimento di prima immatricolazione o di iscrizione in pubblici registri o di altri provvedimenti equipollenti.

d)     gli esercenti attività d’impresa o arti e professioni in forma individuale che contestualmente partecipano a società di persone o associazioni di cui all’articolo 5 del TUIR, ovvero a società a responsabilità limitata di cui all’articolo 116 del medesimo testo unico.

 

Ai sensi dell’articolo 5, commi 1 e 2, del TUIR, i redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili; le quote di partecipazione agli utili si presumono proporzionate al valore dei conferimenti dei soci se non risultano determinate diversamente dall'atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di costituzione o da altro atto pubblico o scrittura autenticata di data anteriore all'inizio del periodo di imposta; se il valore dei conferimenti non risulta determinato, le quote si presumono uguali.

 

Come previsto dal comma 5, i contribuenti minimi non addebitano l’IVA a titolo di rivalsa e non hanno diritto alla detrazione dell’IVA assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti anche intracomunitari e sulle importazioni.

 

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 18, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, il soggetto che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi imponibile deve addebitare la relativa imposta, a titolo di rivalsa, al cessionario o al committente.

 

I medesimi contribuenti, per gli acquisiti intracomunitari e per le altre operazioni per le quali risultano debitori dell’imposta, integrano la fattura con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta, che versano entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.

 

La relazione illustrativa sottolinea come il predetto comma 5 preveda per i contribuenti minimi un regime di franchigia ai fini IVA, analogo a quello dettato dall’articolo 32-bis del D.P.R. n. 633 del 1972, in base al quale i contribuenti persone fisiche esercenti attività commerciali, agricole e professionali che, nell'anno solare precedente, hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume di affari non superiore a 7.000 euro, e non hanno effettuato o prevedono di non effettuare cessioni all'esportazione, sono esonerati dal versamento dell'imposta e da tutti gli altri obblighi previsti dal presente decreto, ad eccezione degli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali e di certificazione e comunicazione telematica dei corrispettivi.

Nel dettaglio, si ricorda che il comma 15 dell’articolo 37 del d.l. n. 223 del 2006 ha introdotto un nuovo articolo 32-bis al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633[122], istituendo un regime di franchigia dall’imposta sul valore aggiunto (IVA) per determinati soggetti passivi marginali, come consentito dall’articolo 24 (“Regime particolare delle piccole imprese”) della sesta direttiva comunitaria sull’IVA[123].

Al regime di franchigia sono ammesse le persone fisiche esercenti attività commerciali, agricole e professionali che, nell’anno solare precedente, hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume di affari non superiore a 7.000 euro, e che non hanno effettuato (o prevedono di non effettuare) cessioni all’esportazione.

Tali soggetti sono esonerati dal versamento dell’IVA e da tutti gli altri obblighi previsti dal D.P.R. n. 633 del 1972, fatta eccezione per gli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali, nonché di certificazione e comunicazione telematica dei corrispettivi. Essi, ovviamente, non potranno addebitare l’imposta sulle operazioni effettuate a titolo di rivalsa, né potranno detrarre l’IVA pagata sugli acquisti e sulle importazioni.

Sono esclusi dal regime di franchigia i soggetti che si avvalgono di regimi speciali di determinazione dell’IVA e i non residenti. Sono altresì esclusi i soggetti che, in via esclusiva o prevalente, effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all’articolo 10, n. 8) del D.P.R. n. 633 del 1972[124], e di mezzi di trasporto nuovi di cui all’articolo 53, comma 1, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.

Ai soggetti destinatari del regime di franchigia è assegnato un numero speciale di partita IVA.

L’articolo 32-bis è ora abrogato dal comma 20 dell’articolo 5 in esame.

 

Si ricorda che la direttiva 2006/112/CE del Consiglio dell’Unione europea relativa al sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, all’articolo 285 stabilisce che gli Stati membri che non si sono avvalsi della facoltà di cui all’articolo 14 della Direttiva 67/228/CEE possono concedere una franchigia d’imposta ai soggetti passivi il cui volume d’affari annuo è al massimo pari alla somma di euro 5.000 o al suo controvalore in moneta nazionale.

 

Al riguardo, si segnala come la disposizione in esame non subordini l’entrata in vigore all’autorizzazione dei competenti organi dell’Unione europea e sarebbe pertanto opportuno che il Governo fornisca elementi in merito alla compatibilità della disposizione medesima con la disciplina comunitaria.

 

Il comma 6 dispone che l’applicazione del regime semplificato comporta la rettifica della detrazione di cui all’articolo 19-bis2, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di IVA. Il predetto articolo 19-bis2 prevede una vasta serie di ipotesi di rettifica, al fine di permettere l’esercizio del diritto della detrazione IVA, su beni e servizi acquistati, senza attendere il loro impiego effettivo.

La stessa rettifica si applica se il contribuente transita, anche per opzione, al regime ordinario dell’imposta sul valore aggiunto.

Il versamento è effettuato in un’unica soluzione, ovvero in cinque rate annuali di pari importo senza applicazione degli interessi. La prima o unica rata è versata entro il termine per il versamento a saldo dell’imposta sul valore aggiunto relativa all’anno precedente a quello di applicazione del regime dei contribuenti minimi; le successive rate sono versate entro il termine per il versamento a saldo dell’imposta sostitutiva di cui al successivo comma 10.

Il debito può essere estinto anche mediante compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni).

 

Ai sensi del comma 1 del richiamato articolo 17, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche dei redditi. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

 

Il comma 7 stabilisce che nella dichiarazione IVA relativa all’ultimo anno in cui è applicata l’imposta sul valore aggiunto nei modi ordinari, deve tenersi conto anche dell’imposta relativa alle operazioni indicate nell’ultimo comma dell’articolo 6 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per le quali non si è ancora verificata l’esigibilità.

 

Il richiamato articolo 6, ultimo comma, disciplina ipotesi di cessioni di beni e prestazioni di servizi per i quali l’esigibilità dell’IVA è regolata da una disciplina speciale.

Come specificato nella relazione illustrativa, l’applicazione del regime dei contribuenti minimi comporta, per il cedente o per il prestatore che si avvalga del regime dei contribuenti minimi, la rinuncia al differimento dell’esigibilità.

 

Il comma 8 prevede che l’eccedenza detraibile emergente dalla dichiarazione, presentata dai contribuenti minimi, relativa all’ultimo anno in cui l’IVA è applicata nei modi ordinari, possa essere chiesta a rimborso ai sensi dell’articolo 30, terzo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ovvero può essere utilizzata in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

 

Il richiamato articolo 50, comma 3, stabilisce i casi in cui il contribuente può chiedere, in tutto o in parte, il rimborso dell’eccedenza detraibile, se di importo superiore a 2.582,28 euro.

 

Secondo la previsione del comma 9, i contribuenti minimi non si considerano soggetti passivi dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali).

I commi da 17 a 19 dell’articolo 3 del presente provvedimento (si veda la relativa scheda) recano modifiche della base imponibile e dell’aliquota IRAP.

 

Ai fini della determinazione del reddito di impresa o di lavoro autonomo, è prevista l’applicazione del criterio di cassa. La relazione illustrativa sottolinea come questo aspetto costituisca un elemento innovativo per i titolari di reddito di impresa. Pertanto, il reddito di impresa o di lavoro autonomo è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei ricavi o compensi percepiti nel periodo di imposta e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività di impresa o dell’arte o della professione.

Concorrono inoltre alla formazione del reddito le plusvalenze e le minusvalenze dei beni relativi all’impresa o all’esercizio di arti o professioni.

I contributi previdenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge si deducono dal reddito determinato ai sensi del presente comma.

 

Il comma 10 prevede che sul reddito determinato in base al comma 9 sopra illustrato si applichi un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali, con aliquota al pari a 20 per cento. Nel caso di imprese familiari di cui all’articolo 5, comma 4, del TUIR, l’imposta sostitutiva, calcolata sul reddito al lordo delle quote assegnate al coniuge e ai collaboratori familiari, è dovuta dall’imprenditore.

 

Ai sensi del richiamato articolo 5, comma 4, del TUIR, i redditi delle imprese familiari di cui all’articolo 230-bis del codice civile, limitatamente al 49 per cento dell'ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell'imprenditore, sono imputati a ciascun familiare, che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell'impresa, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.

La presente disposizione si applica a condizione:

a)       che i familiari partecipanti all'impresa risultino nominativamente, con l'indicazione del rapporto di parentela o di affinità con l'imprenditore, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata anteriore all'inizio del periodo di imposta, recante la sottoscrizione dell'imprenditore e dei familiari partecipanti;

b)       che la dichiarazione dei redditi dell'imprenditore rechi l'indicazione delle quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari e l'attestazione che le quote stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell'impresa, in modo continuativo e prevalente, nel periodo di imposta;

c)       che ciascun familiare attesti, nella propria dichiarazione dei redditi, di aver prestato la sua attività di lavoro nell'impresa in modo continuativo e prevalente.

Ai sensi del comma 5 dell’art. 5 TUIR, si intendono, per familiari, ai fini delle imposte sui redditi, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.

 

Il versamento dell’imposta sostitutiva dovrà essere effettuato con le medesime modalità previste per il versamento dell’imposta sui redditi delle persone fisiche. Pertanto, si applicheranno le disposizioni vigenti in materia di acconto dell’imposta, compensazione e rateazione.

 

Il comma 11 chiarisce il trattamento dei componenti positivi e negativi che hanno avuto origine prima dell’ingresso nel regime dei contribuenti minimi e la cui tassazione o deduzione è stata rinviata negli esercizi di efficacia del regime semplificato.

E’ stabilito che i componenti positivi e negativi di reddito riferiti a esercizi precedenti a quello da cui ha effetto il regime semplificato - la cui tassazione o deduzione è stata rinviata in conformità alle disposizioni del citato testo unico delle imposte sui redditi che consentono o dispongono il rinvio - partecipino per le quote residue alla formazione del reddito dell’esercizio precedente a quello di efficacia del predetto regime, solo per l’importo della somma algebrica delle predette quote eccedente l’ammontare di 5.000 euro.

In caso di importo non eccedente il predetto ammontare di euro 5.000, le quote si considerano azzerate e non partecipano alla formazione del reddito del suddetto esercizio.

In caso di importo negativo della somma algebrica, lo stesso concorre integralmente alla formazione del predetto reddito (ossia – precisa la relazione illustrativa – la somma algebrica negativa è integralmente deducibile dal reddito).

 

Il comma 12 prevede che le perdite fiscali generatesi nei periodi d’imposta anteriori a quello da cui decorre il regime semplificato e quelle generatesi nel corso di tale regime possano essere computate in diminuzione del reddito determinato ai sensi dei commi da 1 a 21 secondo le regole ordinarie stabilite dal TUIR per il riporto delle perdite.

 

Relativamente agli adempimenti contabili, il comma 13 esonera i contribuenti minimi dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili, fermo restando l’obbligo di conservare, ai sensi dell’articolo 22 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), i documenti ricevuti ed emessi e di presentare la dichiarazione dei redditi nei termini e con le modalità di cui al d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 (Regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell'articolo 3, comma 136, della legge 23 dicembre 1996, n. 662).

 

Il richiamato articolo 22 disciplina le modalità di tenuta e conservazione delle scritture contabili.

 

Ai fini dell’adempimento degli obblighi IVA, i contribuenti minimi sono esonerati dal versamento dell’imposta e da tutti gli altri obblighi previsti dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ad eccezione degli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali e di certificazione dei corrispettivi.

I contribuenti minimi sono, altresì, esonerati dalla presentazione degli elenchi di cui all’articolo 8-bis, comma 4-bis, del citato D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322.

 

La predetta disposizione stabilisce che, entro sessanta giorni dal termine previsto per la presentazione della comunicazione dei dati IVA – da consegnare entro il mese di febbraio dell’anno successivo a quello di riferimento -, il contribuente presenta l'elenco dei soggetti nei cui confronti sono state emesse fatture nell'anno cui si riferisce la comunicazione, nonché, in relazione al medesimo periodo, l'elenco dei soggetti titolari di partita IVA da cui sono effettuati acquisti rilevanti ai fini dell'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto. Per ciascun soggetto sono indicati il codice fiscale e l'importo complessivo delle operazioni effettuate, al netto delle relative note di variazione, con la evidenziazione dell'imponibile, dell'imposta, nonché dell'importo delle operazioni non imponibili e di quelle esenti.

 

In base al comma 14, i soggetti che rientrano nel regime dei contribuenti minimi possono optare per l’applicazione dell’IVA e delle imposte sul reddito nei modi ordinari.

L’opzione, attivabile per almeno un triennio, deve essere comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata.

Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime normale, l’opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata.

Con un’integrazione apportata dall’emendamento governativo 4.6, approvato dalla Commissione bilancio del Senato, si è specificato che, in deroga alle norme di cui al presente comma 14, l’opzione esercitata per il periodo di imposta 2008 può essere revocata con effetto dal periodo di imposta successivo; la revoca è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata.

 

Il comma 15 prescrive che il regime dei contribuenti minimi cessa di avere applicazione dall’anno successivo a quello in cui viene meno una delle condizioni di cui al comma 1 ovvero si verifica una delle fattispecie indicate al comma 4.

Il regime cessa di avere applicazione dall’anno stesso in cui i ricavi o i compensi percepiti superano di oltre il 50 per cento il limite dei 30 mila euro annui.

In tal caso, sarà dovuta l’IVA relativa ai corrispettivi delle operazioni imponibili effettuate nell’intero anno solare, determinata mediante scorporo, ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 27 del D.P.R. n. 633 del 1972, per la frazione d’anno antecedente il superamento del predetto limite o la corresponsione dei predetti compensi, fatto salvo il diritto alla detrazione dell’imposta sugli acquisti relativi al medesimo periodo.

 

Ai sensi del richiamato articolo 27, per i commercianti al minuto e per gli altri contribuenti di cui all'articolo 22 l'importo da versare, o da riportare al mese successivo, è determinato sulla base dell'ammontare complessivo dell'imposta relativa ai corrispettivi delle operazioni imponibili registrate per il mese precedente, diminuiti di una percentuale pari al 3,85 per cento per quelle soggette all'aliquota del quattro per cento, all'8,25 per cento per quelle soggette all'aliquota del nove per cento, all'11,50 per cento per quelle soggette all'aliquota del tredici per cento, al 15,95 per cento per quelle soggette all'aliquota del diciannove per cento. In tutti i casi di importi comprensivi di imponibile e di imposta, la quota imponibile può essere ottenuta, in alternativa alla diminuzione delle percentuali sopra indicate, dividendo tali importi per 104 quando l'imposta è del quattro per cento, per 109 quando l'imposta è del nove per cento, per 113 quando l'imposta è del tredici per cento, per 119 quando l'imposta è del diciannove per cento, moltiplicando il quoziente per cento ed arrotondando il prodotto, per difetto o per eccesso, alla unità più prossima.

 

E’ previsto che la cessazione dall’applicazione del regime dei contribuenti minimi, a causa del superamento di oltre il 50 per cento del limite di 30 mila euro dei ricavi annuali, comporta l’applicazione del regime ordinario per i successivi tre anni.

 

Ai sensi del comma 16, nel caso di passaggio da un periodo di imposta soggetto a regime semplificato a un periodo di imposta soggetto a regime ordinario, al fine di evitare salti o duplicazioni di imposizione, i ricavi, i compensi e le spese sostenute che - ai sensi delle regole del regime semplificato - hanno già concorso a formare il reddito, non assumono rilevanza nella determinazione del reddito dei periodi imposta successivi, ancorché di competenza di tali periodi.

Viceversa, i ricavi, i compensi e le spese che - ancorché di competenza del periodo soggetto al regime semplificato - non hanno concorso a formare il reddito imponibile del periodo, assumono rilevanza nei periodi imposta successivi nel corso dei quali si verificano i presupposti previsti dal regime semplificato.

Analoghi criteri sono previsti nell’ipotesi inversa di passaggio dal regime ordinario di tassazione a quello semplificato di cui ai commi da 1 a 21 in commento.

Con i provvedimenti di cui al comma 20, possono essere dettate disposizioni attuative del presente comma 16.

 

Il comma 17 esclude i contribuenti minimi dall’applicazione degli studi di settore di cui all’articolo 62-bis del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331[125], convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.

 

Gli studi di settore sono strumenti diretti a facilitare la ricostruzione induttiva dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo, attraverso la determinazione di funzioni di ricavo e compenso per gruppi omogenei di contribuenti operanti nello stesso settore di attività.

Gli studi di settore sono approvati con decreti ministeriali e sono soggetti a revisione periodica.

Numerose norme di revisione della disciplina degli studi di settore sono contenute nei commi da 13 a 24 dell’art. 1 della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006).

Da ultimo, il comma 3-bis dell’art. 15 del D.L. n. 81 del 2007 ha definito la valenza probatoria degli indicatori di normalità economica - relativi agli studi di settore - di cui all’articolo 1, comma 14, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria per il 2007), ai fini dell’accertamento. Viene precisato che tali indicatori hanno valore di presunzione semplice; che i contribuenti che dichiarano ricavi o compensi inferiori a quelli che deriverebbero dall’applicazione degli indicatori non sono soggetti ad accertamenti automatici; che, in caso di accertamento, spetta all’ufficio motivare e fornire elementi di provaper gli scostamenti riscontrati.

Le presunzioni sono le conseguenze che la legge (presunzioni legali) o il giudice (presunzioni semplici) trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato. Le presunzioni semplici – per avere valenza probatoria – devono essere gravi, precise e concordanti.

 

Il comma 18 prevede che – per l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso nei confronti dei contribuenti minimi - si applicano, in quanto compatibili, le ordinarie disposizioni in materia di imposte dirette, imposta sul valore aggiunto e imposta regionale sulle attività produttive.

In caso di infedele indicazione, da parte dei contribuenti minimi, dei dati attestanti i requisiti e le condizioni di cui ai commi 1 e 4, che determinano la cessazione del regime semplificato, le misure delle sanzioni minime e massime stabilite dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, sono aumentate del 10 per cento, se il maggior reddito accertato supera del 10 per cento quello dichiarato.

Si dispone, inoltre, che il regime dei contribuenti minimi cessa di avere applicazione dall’anno successivo a quello in cui, a seguito di accertamento divenuto definitivo, viene meno una delle condizioni di cui al comma 1 ovvero si verifica una delle fattispecie indicate al comma 4.

Il regime cessa di avere applicazione dall’anno stesso in cui l’accertamento è divenuto definitivo, nel caso in cui i ricavi o i compensi definitivamente accertati superino di oltre il 50 per cento il tetto dei 30 mila euro annui.

In quest’ultimo caso, operano le disposizioni di cui al terzo periodo del comma 15, consistenti nell’applicazione del regime ordinario per i successivi tre anni.

 

Il comma 19 rimette ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze l’emanazione delle disposizioni di attuazione dei commi precedenti.

Con uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate saranno, invece, disposte le modalità applicative, anche in riferimento a eventuali modalità di presentazione della dichiarazione diverse da quelle previste dal D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322.

 

Il comma 20 abroga i regimi fiscali speciali previsti dall’art. 32-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, l’articolo 14 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e l’articolo 3, commi da 165 a 170 della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

 

L’art. 32-bis del D.P.R. n. 633 del 1972 reca la disciplina dei contribuenti minimi in franchigia, prevedendo che i contribuenti persone fisiche esercenti attività commerciali, agricole e professionali che, nell'anno solare precedente, abbiano realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedano di realizzare un volume di affari non superiore a 7.000 euro, e non abbiano effettuato o prevedano di non effettuare cessioni all'esportazione, sono esonerati dal versamento dell'IVA e da tutti gli altri obblighi previsti dal presente decreto, ad eccezione degli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali e di certificazione e comunicazione telematica dei corrispettivi.

 

L’art. 14 della legge n. 388 del 2000 disciplina nel dettaglio il regime fiscale per le attività marginali, di cui possono avvalersi i contribuenti, persone fisiche ed imprese familiari, per i quali si applicano gli studi di settore, a condizione che non abbiano conseguito, nel periodo di imposta precedente, ricavi o compensi superiori ai limiti stabiliti con appositi provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate.

 

L’articolo 3, commi da 165 a 170, della legge n. 662 del 1996 reca un regime particolarmente semplificato per alcuni contribuenti (persone fisiche) minori (c.d. regime supersemplificato).

Il regime in questione è riservato a quegli esercenti imprese, arti o professioni che, nell’anno solare precedente:

a) non abbiano realizzato un volume d'affari superiore a 15.493,71 euro per le attività di prestazioni di servizi e superiore a 25.822,84 euro negli altri casi;

b) non abbiano effettuato acquisti per un ammontare, al netto dell'imposta sul valore aggiunto, superiore a 18.075,99 euro se l'attività esercitata è la rivendita, ovvero a 10.329,14 euro negli altri casi;

c) non abbiano utilizzato beni strumentali di costo complessivo al netto degli ammortamenti superiore 25.822, 94 euro;

d) non abbiano corrisposto, a dipendenti o altri collaboratori stabili, compensi complessivi, tenendo conto anche dei contributi previdenziali ed assistenziali, superiori al 70 per cento del volume d'affari di cui alla lettera a).

 

Con un emendamento approvato dalla Commissione bilancio del Senato, è stato riformulato il secondo periodo del comma 20 che, nella versione iniziale, prevedeva rimanesse ferma, fino a scadenza, l’efficacia dell’opzione già esercitata ai sensi dell’articolo 32-bis, comma 7 (franchigia IVA) del d.P.R. n. 633 del 1972.

 

In base a quest’ultima disposizione, i soggetti che rientrano nel regime della franchigia IVA possono optare per l’applicazione dell’imposta nei modi ordinari. L’opzione, valida per almeno un triennio, è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime normale, l’opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata. La revoca è comunicata con le stesse modalità dell’opzione ed ha effetto dall'anno in corso.

 

Per effetto della riformulazione, è stabilito che i contribuenti che abbiano esercitato l’opzione per il regime IVA ordinario possano applicare le disposizioni di cui al presente articolo 4, limitatamente al periodo di imposta 2008, anche se non è trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime normale previsto dall’articolo 32-bis, comma 7.

In tal caso, la revoca dell’opzione per il regime IVA ordinario deve essere comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata e si prevede l’applicazione del comma 6 dell’articolo 4 in esame: con tale disposizione, è stabilito che la fruizione del regime semplificato comporta la rettifica della detrazione di cui all’articolo 19-bis2, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

 

Il predetto articolo 19-bis2 prevede una vasta serie di ipotesi di rettifica, al fine di permettere l’esercizio del diritto della detrazione IVA, su beni e servizi acquistati, senza attendere il loro impiego effettivo.

 

Ai sensi del comma 21, le disposizioni di cui a precedenti commi da 1 a 20 si applicheranno a decorrere dal 1° gennaio 2008.

Tuttavia i predetti commi non troveranno applicazione ai fini del calcolo dell’acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) dovuto per l’anno in cui avviene il passaggio dal regime ordinario di tassazione a quello semplificato per i contribuenti minimi.


Articolo 4, comma 22
(Modalità di esecuzione della sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività in caso di mancata emissione di ricevuta o scontrino fiscale)

 

22. All'articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, al comma 2-quater, le parole: «ovvero con altro mezzo idoneo a indicare il vincolo imposto a fini fiscali» sono soppresse.

 

 

L’articolo 4, comma 22, in esame esclude che l’esecuzione della sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività per effetto della violazione degli obblighi in materia di emissione della ricevuta o dello scontrino fiscale, nel corso di un quinquennio e per tre distinte violazioni, possa essere assicurata con mezzi diversi dall’apposizione del sigillo da parte dell’organo procedente e dalla sottoscrizione del personale incaricato.

 

A tali fini l’articolo 4, comma 22, in esame modifica il comma 2-quater dell’articolo 12 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, recante la riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell'articolo 3, comma 133, lettera q), della L. 23 dicembre 1996, n. 662.

Il richiamato articolo 12 reca disposizioni relative alle sanzioni accessorie in materia di imposte dirette ed imposta sul valore aggiunto.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo 12 stabilisce che quando è irrogata una sanzione amministrativa superiore a lire cento milioni e la sanzione edittale prevista per la più grave delle violazioni accertate non è inferiore nel minimo a ottanta milioni e nel massimo a centosessanta milioni di lire, si applica, secondo i casi, una delle sanzioni accessorie previste nel decreto legislativo recante i princìpi generali per le sanzioni amministrative in materia tributaria, per un periodo da uno a tre mesi. La durata delle sanzioni accessorie può essere elevata fino a sei mesi, se la sanzione irrogata è superiore a lire duecento milioni e la sanzione edittale prevista per la più grave violazione non è inferiore nel minimo a centosessanta milioni di lire.

Secondo il comma 2, qualora siano state contestate ai sensi dell’articolo 16 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, nel corso di un quinquennio, tre distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale, anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie in applicazione delle disposizioni del citato D.Lgs. n. 472 del 1997, è disposta la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività ovvero dell’esercizio dell’attività medesima per un periodo da tre giorni ad un mese. In deroga all’articolo 19, comma 7, del medesimo decreto legislativo n. 472 del 1997, il provvedimento di sospensione è immediatamente esecutivo. Se l’importo complessivo dei corrispettivi oggetto di contestazione eccede la somma di euro 50.000 la sospensione è disposta per un periodo da un mese a sei mesi.

Ai sensi del comma 2-bis, la sospensione di cui al comma 2 è disposta dalla direzione regionale dell’Agenzia delle entrate competente per territorio in relazione al domicilio fiscale del contribuente. Gli atti di sospensione devono essere notificati, a pena di decadenza, entro sei mesi da quando è stata contestata la terza violazione.

Secondo il comma 2-ter, l’esecuzione e la verifica dell’effettivo adempimento delle sospensioni di cui al comma 2 è effettuata dall’Agenzia delle entrate, ovvero dalla Guardia di finanza, ai sensi dell’articolo 63 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

 

Il comma 2-quater dell’articolo 12 prevede che l’esecuzione della sospensione di cui al comma 2 è assicurata con il sigillo dell’organo procedente e con le sottoscrizioni del personale incaricato ovvero con altro mezzo idoneo a indicare il vincolo imposto a fini fiscali.

 

L’articolo 4, comma 22, in esame sopprime ora, al sopra citato comma 4-quater, le parole: «ovvero con altro mezzo idoneo a indicare il vincolo imposto a fini fiscali».

Di conseguenza, la disposizione esclude che l’esecuzione della sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività per effetto della violazione degli obblighi in materia di emissione della ricevuta o dello scontrino fiscale, nel corso di un quinquennio e per tre distinte violazioni, possa essere assicurata con mezzi diversi dall’apposizione del sigillo da parte dell’organo procedente e dalla sottoscrizione del personale incaricato.

 

Si segnala che l’articolo 9, comma 81 del presente disegno di legge finanziaria interviene in materia, portando a quattro (anziché tre) il numero delle violazioni necessarie per la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività e prevedendo che tali violazioni debbano essere commesse in giorni diversi.


Articolo 4, comma 23
(Pagamento diritti doganali con bonifico)

 


23. Al fine di consentire la semplificazione degli adempimenti degli operatori doganali e la riduzione dei costi gestionali a carico dell'Amministrazione finanziaria, è consentito il pagamento o il deposito dei diritti doganali mediante bonifico bancario o postale. A tale fine è autorizzata l'apertura di un'apposita contabilità speciale, presso la Banca d'Italia, su cui far affluire le relative somme. Le modalità di riversamento all'Erario o agli altri enti beneficiari sono stabilite con successivo decreto del capo del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze.


 

 

L’articolo 4, comma 23, in esame introduce la possibilità di procedere al pagamento o al deposito dei diritti doganali mediante bonifico bancario o postale, al fine di consentire la semplificazione degli adempimenti degli operatori doganali e la riduzione dei costi gestionali a carico dell’Amministrazione finanziaria.

 

Ai sensi dell’articolo 34 del D.P.R. n. 43 del 1973, si considerano “diritti doganali” tutti quei diritti che la dogana è tenuta a riscuotere in forza di una legge, in relazione alle operazioni doganali.

Rientrano fra i diritti doganali i “diritti di confine” ossia: i dazi di importazione e quelli di esportazione, i prelievi e le altre imposizioni all'importazione o all'esportazione previsti dai regolamenti comunitari e dalle relative norme di applicazione ed inoltre, per quanto concerne le merci in importazione, i diritti di monopolio, le sovrimposte di confine ed ogni altra imposta o sovrimposta di consumo a favore dello Stato.

 

In base all’articolo 38, al pagamento dell'imposta doganale sono obbligati il proprietario della merce e, solidalmente, tutti coloro per conto dei quali la merce è stata importata od esportata.

Per il soddisfacimento dell'imposta, lo Stato, oltre ai privilegi stabiliti dalla legge, ha il diritto di ritenzione sulle merci che sono oggetto dell'imposta stessa.

Il diritto di ritenzione può essere esercitato anche per il soddisfacimento di ogni altro credito dello Stato inerente alle merci oggetto di operazioni doganali.

 

La disposizione autorizza a tal fine l’apertura di un’apposita contabilità speciale presso la Banca d’Italia, su cui far affluire le relative somme.

Con un successivo decreto del Capo del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell’economia e delle finanze verranno stabilite le modalità di riversamento all’erario o agli altri enti beneficiari delle somme predette.

Articolo 4, comma 24
(Proroga per le trasmissioni telematiche gestite dal Ministero dell’economia e finanze)

 

24. Ai fini delle trasmissioni telematiche gestite dal Ministero dell'economia e delle finanze, il termine di cui all'articolo 64, comma 3, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, è prorogato al 31 dicembre 2008.

 

 

L’articolo 4, comma 24, in esame dispone la proroga al 31 dicembre 2008 del termine previsto dall’articolo 64, comma 3, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al D.Lgs. n. 82 del 2005 (termine da fissarsi in data comunque non successiva al 31 dicembre 2007), ai fini delle trasmissioni telematiche gestite dal Ministero dell’economia e delle finanze.

Il richiamato articolo 64, comma 3, dispone infatti che – ferma restando la disciplina riguardante le trasmissioni telematiche gestite dal Ministero dell'economia e delle finanze e dalle agenzie fiscali - con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per l'innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e d'intesa con la Conferenza unificata Stato-città-autonomie locali, venga fissata la data, comunque non successiva al 31 dicembre 2007, a decorrere dalla quale non sarà più consentito l'accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni, con strumenti diversi dalla carta d'identità elettronica e dalla carta nazionale dei servizi.


Articolo 4, commi 25-27
(Dichiarazione annuale dei sostituti d’imposta)

 


25. Dopo l'articolo 44 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è inserito il seguente:

«Art. 44-bis. - (Semplificazione della dichiarazione annuale) - 1. Al fine di semplificare la dichiarazione annuale presentata dai sostituti d'imposta tenuti al rilascio della certificazione di cui all'articolo 4, commi 6-ter e 6-quater, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni, a partire dalle retribuzioni corrisposte con riferimento al mese di gennaio 2009, i soggetti di cui al comma 9 dell'articolo 44 comunicano mensilmente in via telematica, diret­tamente o tramite gli incaricati di cui all'articolo 3, commi 2-bis e 3, del citato decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, i dati retributivi e le informazioni necessarie per il calcolo delle ritenute fiscali e dei relativi conguagli, per il calcolo dei contributi, per l'implemen­tazione delle posizioni assicurative individuali e per l'erogazione delle pre­stazioni, mediante una dichiarazione mensile da presentare entro l'ultimo giorno del mese successivo a quello di riferimento».

26. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sono definite le modalità attuative della disposizione di cui al comma 25, nonché le modalità di condivisione dei dati tra l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), l'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'ammini­strazione pubblica (INPDAP) e l'Agenzia delle entrate.

27. Con il medesimo decreto di cui al comma 26 si provvede alla semplificazione e all'armonizzazione degli adempimenti di cui all'articolo 4 del citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, nel rispetto dei seguenti criteri:

a) trasmissione mensile dei flussi telematici unificati;

b) previsione di un unico canale telematico per la trasmissione dei dati;

c) possibilità di ampliamento delle nuove modalità di comunicazione dei dati fiscali e contributivi anche ad enti e casse previdenziali diversi da quelli previsti nel comma 9 dell'articolo 44 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.


 

 

L’articolo 4, comma 25, inserisce nel decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, il nuovo articolo 44-bis.

L’innovazione è finalizzata a semplificare la dichiarazione annuale presentata dai sostituti d’imposta tenuti al rilascio della certificazione di cui all’articolo 4, commi 6-ter e 6-quater, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, recante il regolamento sulle modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell'articolo 3, comma 136, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

 

In base a queste ultime disposizioni, i sostituti di imposta rilasciano un’apposita certificazione unica anche ai fini dei contributi dovuti all'Istituto nazionale per la previdenza sociale (I.N.P.S.) attestante l'ammontare complessivo delle dette somme e valori, l'ammontare delle ritenute operate, delle detrazioni di imposta effettuate e dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché gli altri dati stabiliti con il provvedimento amministrativo di approvazione dello schema di certificazione unica. La certificazione è unica anche ai fini dei contributi dovuti agli altri enti e casse previdenziali. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, emanato di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono stabilite le relative modalità di attuazione. La certificazione unica sostituisce quelle previste ai fini contributivi.

Le suddette certificazioni, sottoscritte anche mediante sistemi di elaborazione automatica, sono consegnate agli interessati entro il 28 febbraio dell'anno successivo a quello in cui le somme e i valori sono stati corrisposti ovvero entro dodici giorni dalla richiesta degli stessi in caso di interruzione del rapporto di lavoro.

 

Il nuovo articolo 44-bis come introdotto dall’articolo 4, comma 25, in esame dispone pertanto che - a partire dalle retribuzioni corrisposte con riferimento al mese di gennaio 2009 - i sostituti di imposta, già tenuti a rilasciare la certificazione unica attestante l’ammontare dei contributi previdenziali versati, dovranno comunicare, mensilmente e per via telematica, direttamente o tramite gli intermediari abilitati, i dati retributivi e le informazioni necessarie per il calcolo delle ritenute fiscali e dei relativi conguagli, per il calcolo dei contributi, per l’implementazione delle posizioni assicurative individuali e per l’erogazione delle prestazioni.

I sopra illustrati obblighi di comunicazione dovranno essere assolti mediante una dichiarazione mensile da presentare entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello di riferimento.

 

Il comma 26 dell’articolo 4 in esame rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, la definizione delle modalità attuative del suddetto comma 25, nonché le modalità di condivisione dei dati tra l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (I.N.P.S.), l’Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica (I.N.P.D.A.P.) e l’Agenzia delle entrate.

 

Il comma 27 dell’articolo 4 in esame rinvia al medesimo decreto di cui al comma 26 la semplificazione e l’armonizzazione degli adempimenti gravanti sui sostituti di imposta, nel rispetto dei seguenti criteri:

a)  trasmissione mensile dei flussi telematici unificati;

b) previsione di un unico canale telematico per la trasmissione dei dati;

La relazione illustrativa ricorda che, attualmente, i dati contributivi dell’INPDAP e dell’INPGI vengono trasmessi attraverso i canali telematici dell’Agenzia delle entrate, mentre quelli dell’INPS vengono gestiti direttamente dall’istituto previdenziale.

c)  possibilità di ampliamento delle nuove modalità di comunicazione dei dati fiscali e contributivi anche ad enti e casse previdenziali diversi dall’INPS e dall’INPDAP.


Articolo 4, commi 28-31
(Autorizzazione ai Confidi a prestare garanzie e fideiussioni nei confronti dello Stato)

 


28. All'articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, al primo comma, le parole: «iscritti nell'apposita sezione dell'elenco previsto dall'articolo 106 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, con le modalità e criteri di solvibilità stabiliti con decreto del Ministro delle finanze» sono sostituite dalle seguenti: «iscritti nell'elenco speciale previsto dall'articolo 107 del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385».

29. All'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, dopo le parole: «polizza fideiussoria o fideiussione bancaria» sono inserite le seguenti: «ovvero rilasciata dai confidi iscritti nell'elenco speciale previsto dall'articolo 107 del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385».

30. All'articolo 48, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, dopo le parole: «polizza fideiussoria o fideiussione bancaria» sono inserite le seguenti: «ovvero rilasciata dai confidi iscritti nell'elenco speciale previsto dall'articolo 107 del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385».

31. All'articolo 19, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dopo le parole: «polizza fidejussoria o fidejussione bancaria» sono aggiunte le seguenti: «ovvero rilasciata dai confidi iscritti nell'elenco speciale previsto dall'articolo 107 del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385».


 

 

I commi da 28 a 31 dell’articolo 4 in esame autorizzano i Consorzi di Garanzia fidi (Confidi), sottoposti alla vigilanza prudenziale di cui all’articolo 107 del D.Lgs. n. 385 del 1993 (testo unico bancario, TUB), a prestare garanzie e fideiussioni nei confronti dello Stato, ai fini specificamente fiscali.

 

Ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del decreto-legge n. 269 del 2003:

-          i “confidi” sono i consorzi con attività esterna, le società cooperative, le società consortili per azioni, a responsabilità limitata o cooperative, che svolgono l'attività di garanzia collettiva dei fidi;

-          per “attività di garanzia collettiva dei fidi”, si intende l'utilizzazione di risorse, provenienti in tutto o in parte dalle imprese consorziate o socie, per la prestazione mutualistica e imprenditoriale di garanzie volte a favorirne il finanziamento da parte delle banche e degli altri soggetti operanti nel settore finanziario;

-          per “confidi di secondo grado”, si intendono i consorzi con attività esterna, le società cooperative, le società consortili per azioni, a responsabilità limitata o cooperative, costituiti dai confidi ed eventualmente da imprese consorziate o socie di questi ultimi o da altre imprese.

Ai sensi del comma 12, il fondo consortile o il capitale sociale di un confidi non può essere inferiore a 100 mila euro, fermo restando per le società consortili l'ammontare minimo previsto dal codice civile per la società per azioni.

Ai sensi del comma 13, la quota di partecipazione di ciascuna impresa non può essere superiore al 20 per cento del fondo consortile o del capitale sociale, né inferiore a 250 euro.

In base al comma 14, il patrimonio netto dei confidi, comprensivo dei fondi rischi indisponibili, non può essere inferiore a 250 mila euro. Dell'ammontare minimo del patrimonio netto almeno un quinto è costituito da apporti dei consorziati o dei soci o da avanzi di gestione. Al fine del raggiungimento di tale ammontare minimo si considerano anche i fondi rischi costituiti mediante accantonamenti di conto economico per far fronte a previsioni di rischio sulle garanzie prestate.

Ai sensi dell’articolo 107, comma 1, del TUB, il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite la Banca d’Italia e la CONSOB, determina criteri oggettivi, riferibili all’attività svolta, alla dimensione e al rapporto tra indebitamento e patrimonio, in base ai quali sono individuati gli intermediari finanziari che si devono iscrivere in un elenco speciale tenuto dalla Banca d’Italia.

In base al comma 2 dell’articolo 107, la Banca d'Italia, in conformità alle deliberazioni del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), detta agli intermediari iscritti nell’elenco speciale disposizioni aventi ad oggetto l’adeguatezza patrimoniale e il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni, l’organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni, nonché l’informativa da rendere al pubblico sulle predette materie. La Banca d'Italia adotta, ove la situazione lo richieda, provvedimenti specifici nei confronti di singoli intermediari per le materie in precedenza indicate. Con riferimento a determinati tipi di attività la Banca d'Italia può inoltre dettare disposizioni volte ad assicurarne il regolare esercizio.

 

Il comma 28 dell’articolo 4 in esame modifica l’articolo 38-bis, comma 1, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, al fine di permettere ai confidi iscritti nell’elenco speciale di cui al sopra illustrato articolo 107 del TUB di concedere garanzie nei confronti dello Stato per i debiti delle piccole e medie imprese, nel caso della richiesta di rimborso IVA accelerato; tale facoltà viene, invece, soppressa per i Confidi iscritti nella sezione speciale dell’elenco di cui all’art. 106 TUB.

 

Secondo l’articolo 106, comma 1, TUB, l'esercizio nei confronti del pubblico delle attività di assunzione di partecipazioni, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi è riservato a intermediari finanziari iscritti in un apposito elenco tenuto dall’Ufficio italiano dei cambi (UIC).

 

Il comma 29 dell’articolo 4 in esame – modificando l’articolo 8, comma 2, del D.Lgs. n. 218 del 1997 - permette ai confidi iscritti nell’elenco speciale di cui al sopra illustrato articolo 107 del TUB di concedere garanzie per debiti nei confronti dello Stato, nell’ipotesi di rateazione da accertamento con adesione e acquiescenza nelle imposte sui redditi e nell’imposta sul valore aggiunto (IVA).

 

Il comma 30 dell’articolo 4 in esame – modificando l’articolo 48, comma 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992 - permette ai confidi iscritti nell’elenco speciale di cui al sopra illustrato articolo 107 del TUB di concedere garanzie per debiti nei confronti dello Stato, nell’ipotesi di rateazione da conciliazione giudiziale.

 

Il comma 31 dell’articolo 4 in esame – modificando l’articolo 19, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973 - permette ai confidi iscritti nell’elenco speciale di cui al sopra illustrato articolo 107 del TUB di concedere garanzie per debiti nei confronti dello Stato, nell’ipotesi di rateazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo ai fini della riscossione coatta delle imposte sul reddito.


Articolo 4, commi 32-33
(Disciplina antielusiva delle società di comodo)

 


32. All'articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 1, primo periodo, lettera b), dopo le parole: «la percentuale è ulteriormente ridotta al 4 per cento;» sono aggiunte le seguenti: «per tutti gli immobili situati in comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti la percentuale è dell'1 per cento»;

b) al comma 1, secondo periodo, numero 6), le parole: «non inferiore a 100» sono sostituite dalle seguenti: «non inferiore a 50»;

c) al comma 1, secondo periodo, sono aggiunti, in fine, i seguenti numeri:

«6-bis) alle società che nei due esercizi precedenti hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unità;

6-ter) alle società in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione giudiziaria, di liquidazione coatta ammini­strativa ed in concordato preventivo;

6-quater) alle società che presentano un ammontare complessivo del valore della produzione (raggruppamento A del conto economico) superiore al totale attivo dello stato patrimoniale;

6-quinquies) alle società partecipate da enti pubblici almeno nella misura del 20 per cento del capitale sociale;

6-sexies) alle società che risultano congrue e coerenti ai fini degli studi di settore»;

d) al comma 1, l'ultimo periodo è soppresso;

e) al comma 3, lettera b), dopo le parole: «la predetta percentuale è ridotta al 3 per cento;» sono aggiunte le seguenti: «per gli immobili classificati nella categoria catastale A/10, la predetta percentuale è ulteriormente ridotta al 4 per cento; per tutti gli immobili situati in comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti la percentuale è dello 0,9 per cento»;

f) dopo il comma 4-bis sono inseriti i seguenti:

«4-ter. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate possono essere individuate determinate situazioni ogget­tive, in presenza delle quali è consentito disapplicare le disposizioni del presente articolo, senza dover assolvere all'onere di presentare l'istanza di interpello di cui al comma 4-bis.

4-quater. I provvedimenti del direttore regionale dell'Agenzia delle entrate, adottati a seguito delle istanze di disapplicazione presentate ai sensi del comma 4-bis, sono comunicati mediante servizio postale, in plico raccomandato con avviso di ricevimento, ovvero a mezzo fax o posta elettronica».

33. Lo scioglimento ovvero la trasformazione in società semplice, di cui all'articolo 1, commi da 111 a 117, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, può essere eseguito, dalle società considerate non operative nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007, nonché da quelle che a tale data si trovano nel primo periodo di imposta, entro il quinto mese successivo alla chiusura del medesimo periodo di imposta. La condizione di iscrizione dei soci persone fisiche nel libro dei soci deve essere verificata alla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero entro trenta giorni dalla medesima data, in forza di un titolo di trasferimento avente data certa anteriore al 1o novembre 2007. Le aliquote delle imposte sostitutive di cui all'articolo 1, comma 112, primo e secondo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono fissate nella misura rispettivamente del 10 e del 5 per cento.


 

 

I commi 32 e 33 dell’articolo 4 in esame modificano la disciplina antielusiva delle società non operative (cosiddette società di comodo).

 

Per società non operative (ovvero “società di comodo”) si intendono quelle che non sono preposte a svolgere un’attività economica o commerciale, ma soltanto a gestire un patrimonio mobiliare o immobiliare. L’ordinamento tributario prevede una disciplina di contrasto di tali società, volta ad evitarne l’utilizzo a fini antielusivi.

 

A tal fine, il comma 32 in esame novella in più punti l’articolo 30 della legge n. 724 del 1994.

 

Il comma 1 dell’articolo 30 – articolo recentemente modificato dai commi 109 e 326 dell’articolo 1 (unico) della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007) - prevede che le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, si considerano, salvo prova contraria, non operativi se l’ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, è inferiore alla somma degli importi che risultano applicando una serie di percentuali:

a)      il 2 per cento al valore dei beni indicati nell’articolo 85, comma 1, lettera c) del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, (vale a dire i corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni, anche non rappresentate da titoli, al capitale di società ed enti assoggettati ad IRES), anche se costituiscono immobilizzazioni finanziarie, aumentato del valore dei crediti;

b)     il 6 per cento al valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e da beni indicati nell’articolo 8-bis, primo comma, lettera a), del D.P.R. n. 633 del 1972 (Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto), anche in locazione finanziaria (vale a dire le cessioni di navi destinate all’esercizio di attività commerciali o della pesca o ad operazioni di salvataggio o di assistenza in mare, ovvero alla demolizione, escluse le unità da diporto);

c)      il 15 per cento del valore delle altre immobilizzazioni, anche in locazione finanziaria.

 

Il comma 1 dell’articolo 30 è stato recentemente modificato dal comma 326 dell’articolo 1 (unico) della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007).

Con quest’ultima modifica, la percentuale relativa ai corrispettivi delle cessioni di azioni o strumenti finanziari similari, quote di partecipazione al capitale, cessioni di obbligazioni o altri titoli di soggetti IRES (di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 30), ossia il 2 per cento, è stata ridotta all’1 per cento per i beni situati in comuni con popolazione inferiore ai mille abitanti.

Inoltre, in forza della medesima modifica, sempre per i beni situati in comuni con popolazione inferiore ai mille abitanti, la percentuale relativa al valore delle altre immobilizzazioni (di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 30 della legge n. 724 del 1994), ossia il 15 per cento, è stata ridotta al 10 per cento.

 

Il comma 32, lettera a), modifica la sopra illustrata lettera b) dell’art. 30, comma 1, riducendo all’1 per cento la percentuale di determinazione dei ricavi in rapporto al valore degli immobili situati in comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti.

 

Secondo la relazione illustrativa, tale correzione si giustifica con il fatto che è ragionevole presumere che tali immobili generino proventi di importo esiguo.

 

Il comma 32, lettera b), abroga l’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 30.

Pertanto viene soppressa la correzione apportata dal sopra illustrato comma 326 dell’unico articolo della legge finanziaria 2007, che aveva ridotto, per i beni siti in comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, le percentuali di determinazione dei ricavi minimi da applicare alle partecipazioni, ai titoli, ai crediti e alle immobilizzazioni.

 

Il comma 32, lettera c), modifica il comma 1, secondo periodo, numero 6), dell’articolo 30, portando da 100 a 50 il numero minimo dei soci necessario ad esentare la società dall’applicazione delle percentuali dirimenti ai fini dell’individuazione delle società di comodo.

 

Come indicato nella relazione illustrativa, si ritiene che 50 soci siano già un numero sufficiente per poter escludere la società dalla normativa antielusiva.

 

Il comma 32, lettera d), amplia i casi di esenzione dalla normativa antielusiva di contrasto delle società di comodo. Si prevede, infatti, che essa non si applichi:

§      alle società che, nei due esercizi precedenti, hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unità;

§      alle società in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione giudiziaria, di liquidazione coatta amministrativa ed in concordato preventivo;

La relazione illustrativa sottolinea come le suddette fattispecie, essendo sotto il controllo dell’autorità giudiziaria, non possono prestarsi a manovre elusive.

§      alle società che presentano un ammontare complessivo del valore della produzione (raggruppamento A del conto economico) superiore al totale attivo dello stato patrimoniale ;

Come evidenziato dalla relazione illustrativa, le società che presentano assets molto redditizi possono esimersi dalla sottoposizione al test antielusivo.

§      alle società partecipate da enti pubblici almeno nella misura del 20 per cento del capitale sociale;

La relazione illustrativa sottolinea come la presenza di un “controllo” pubblico sia tale da escludere la natura di comodo della società.

§      alle società che risultano congrue e coerenti ai fini degli studi di settore.

 

Gli studi di settore – disciplinati dall’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331 , convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427 - sono strumenti diretti a facilitare la ricostruzione induttiva dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo, attraverso la determinazione di funzioni di ricavo e compenso per gruppi omogenei di contribuenti operanti nello stesso settore di attività.

Gli studi di settore sono approvati con decreti ministeriali e sono soggetti a revisione periodica.

Numerose norme di revisione della disciplina degli studi di settore sono contenute nei commi da 13 a 24 dell’art. 1 della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006).

Da ultimo, il comma 3-bis dell’art. 15 del D.L. n. 81 del 2007 ha definito la valenza probatoria degli indicatori di normalità economica - relativi agli studi di settore - di cui all’articolo 1, comma 14, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria per il 2007), ai fini dell’accertamento. Viene precisato che tali indicatori hanno valore di presunzione semplice ; che i contribuenti che dichiarano ricavi o compensi inferiori a quelli che deriverebbero dall’applicazione degli indicatori non sono soggetti ad accertamenti automatici; che, in caso di accertamento, spetta all’ufficio motivare e fornire elementi di prova per gli scostamenti riscontrati.

 

Il comma 32, lettera e), modifica il comma 3, lettera b), dell’articolo 30. Tale ultima disposizione stabilisce i criteri da utilizzare ai fini della determinazione del reddito minimo delle società ed enti non operativi.

Con la novella in esame, si riduce al 4 per cento (anziché al normale 4,75 per cento) la percentuale di determinazione del reddito minimo da applicare agli immobili classificati nella categoria catastale A/10 (ossia uffici e studi privati).

Altresì, la percentuale è fissata allo 0,9 per cento per tutti gli immobili situati in comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti.

 

Il comma 32, lettera f), inserisce nell’articolo 30 della legge n. 724 del 1994, i nuovi commi 4-ter e 4-quater, con i quali si rimette ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate l’eventuale individuazione di determinate situazioni oggettive che consentano ai contribuenti di disapplicare la normativa antielusiva contro le cosiddette società di comodo, senza necessità di presentare apposito interpello al direttore regionale dell’Agenzia delle entrate territorialmente competente.

 

La disposizione fa riferimento all’interpello speciale disapplicativo, previsto dall'articolo 37-bis, comma 8, del D.P.R. n. 600 del 1973: tale istituto è finalizzato alla disapplicazione di una qualunque norma tributaria diretta a limitare deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta e così via.

 

Viene altresì previsto che i provvedimenti del direttore regionale dell’Agenzia delle entrate, adottati a seguito delle istanze di disapplicazione della normativa antielusiva, siano comunicati mediante servizio postale, in plico raccomandato con avviso di ricevimento, ovvero a mezzo fax o posta elettronica.

Tali modalità di comunicazione sono motivate dalla relazione illustrativa con ragioni di economicità e speditezza del procedimento.

 

Il comma 33 riapre i termini della disciplina transitoria dettata per lo scioglimento ovvero la trasformazione in società semplice e l’assegnazione dei beni ai soci delle società considerate non operative.

Per incentivare lo scioglimento o la trasformazione delle società non operative che non abbiano provveduto entro il termine del 31 maggio 2007, si prevede una consistente riduzione delle imposte sostitutive previste dal comma 112 dell’unico articolo della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007).

Nel dettaglio, si dispone che lo scioglimento, ovvero la trasformazione in società semplice, di cui all’articolo 1, commi da 111 a 117, della legge n. 296 del 2006, possa essere eseguito, dalle società considerate non operative nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007, nonché da quelle che, a tale data, si trovano nel primo periodo di imposta, entro il quinto mese successivo alla chiusura del medesimo periodo di imposta.

La condizione di iscrizione dei soci persone fisiche nel libro dei soci deve essere verificata alla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero entro trenta giorni dalla medesima data, in forza di un titolo di trasferimento avente data certa anteriore al 1° novembre 2007.

Le aliquote delle imposte sostitutive di cui all’articolo 1, comma 112, primo e secondo periodo, della legge n. 296 del 2006 (v. infra), sono rideterminate nella misura rispettivamente del 10 e del 5 per cento (anziché del 25 e 10 per cento come previsto dal citato comma 112).

 

Il richiamato comma 111 dell’articolo unico della legge finanziaria 2007 prevede che le società considerate non operative nel periodo di imposta in corso alla data del 4 luglio 2006, nonché quelle che, a tale data, si trovavano nel primo periodo di imposta (vale a dire nel primo anno di attività) e che, entro il 31 maggio 2007, abbiano deliberato lo scioglimento ovvero la trasformazione in società semplice e abbiano richiesto la cancellazione dal registro delle imprese entro un anno dalla delibera di scioglimento o trasformazione, sono assoggettate alla disciplina in materia di cessioni e di assegnazioni ai soci di cui ai commi successivi, a condizione che tutti i soci siano persone fisiche e che risultino iscritti nel libro dei soci, ove previsto, alla data di entrata in vigore della medesima legge finanziaria 2007 (cioè il 1° gennaio 2007) ovvero che siano stati iscritti entro trenta giorni dalla medesima data, in forza di titolo di trasferimento avente data certa anteriore al 1º novembre 2006.

Il comma 112 prevede che sul reddito di impresa del periodo compreso tra l’inizio e la chiusura della liquidazione delle società che si avvalgono della facoltà di cui al comma 111, o, nel caso di trasformazione delle medesime società, sulla differenza tra il valore normale dei beni posseduti all’atto della trasformazione ed il loro valore fiscalmente riconosciuto, nonché sulle riserve e i fondi in sospensione di imposta, si applica un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) nella misura del 25 per cento; le perdite di esercizi precedenti non sono ammesse in deduzione.

Inoltre, per i saldi attivi di rivalutazione, l’imposta sostitutiva è stabilita nella misura del 10 per cento e non spetta il credito di imposta, previsto dalle rispettive leggi di rivalutazione, nell’ipotesi di attribuzione ai soci del saldo attivo di rivalutazione.

Il comma 113 prevede che, ai fini dell’applicazione dell’articolo 47, comma 7, del TUIR, riguardante la qualificazione come utili delle somme e dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso, di riduzione di capitale esuberante e di liquidazione, le somme o il valore normale dei beni assegnati ai soci sono diminuiti da parte della società degli importi assoggettati all’imposta sostitutiva sopra descritta, al netto dell’imposta sostitutiva stessa. Tali importi non costituiscono redditi per i soci. Inoltre, il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute dai soci delle società trasformate va aumentato della differenza assoggettata ad imposta sostitutiva.

Il comma 114 prevede che, ai fini delle imposte sui redditi, le cessioni a titolo oneroso e gli atti di assegnazione ai soci, anche di singoli beni, anche se di diversa natura, posti in essere dalle società poste in liquidazione successivamente alla delibera di scioglimento, si considerano effettuati ad un valore non inferiore al valore normale dei beni ceduti o assegnati.

Per gli immobili, su richiesta del contribuente e nel rispetto delle condizioni prescritte, il valore normale è quello risultante dall’applicazione dei moltiplicatori delle rendite catastali stabiliti dalle singole leggi di imposta ovvero il valore determinato ai sensi dell’articolo 12 del decreto-legge n. 70 del 1988, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 154 del 1988, riguardante la procedura per l’attribuzione della rendita catastale.

Il comma 115 prevede che l’applicazione della disciplina in materia di regime fiscale delle cessioni e assegnazioni ai soci da parte delle società poste in liquidazione sopra descritta deve essere richiesta, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi del periodo di imposta anteriore allo scioglimento o alla trasformazione, prevedendosi altresì che per il medesimo periodo di imposta, alle società che si avvalgono della predetta disciplina non si applicano le disposizioni dell’articolo 30 della menzionata legge n. 724 del 1994.

Il comma 116 prescrive che le assegnazioni ai soci sono soggette all’imposta di registro nella misura dell’1 per cento e non sono considerate cessioni ai fini IVA. Nel caso in cui le assegnazioni abbiano ad oggetto beni immobili, le imposte ipotecaria e catastale sono applicabili in misura fissa per ciascun tributo; in tali ipotesi, la base imponibile non può essere inferiore a quella risultante dall’applicazione dei moltiplicatori stabiliti dalle singole leggi di imposta alle rendite catastali ovvero a quella stabilita ai sensi dell’articolo 12 del decreto-legge n. 70 del 1988, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 154 del 1988, su richiesta del contribuente e nel rispetto delle condizioni prescritte.

Per le assegnazioni di beni la cui base imponibile non è determinabile con i predetti criteri, si applicano le disposizioni contenute negli articoli 50, 51 e 52 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, emanato con D.P.R. n. 131 del 1986.

Queste ultime disposizioni riguardano la determinazione della base imponibile di atti e operazioni concernenti società, enti, consorzi, associazioni e altre organizzazioni commerciali o agricole; i criteri per la determinazione del valore dei beni e diritti; la rettifica del valore degli immobili e delle aziende.

Si prevede che l’applicazione della disposizione in commento deve essere richiesta, a pena di decadenza, nell’atto di assegnazione ai soci.

Il comma 117 prevede che per la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.


Articolo 4, comma 34
(Erogazioni liberali alle ONLUS)

 


34. All'articolo 13 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. I beni non di lusso alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa, diversi da quelli di cui al comma 2, che presentino imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che pur non modificandone l'idoneità di utilizzo non ne consentono la commercializzazione o la vendita, rendendone necessaria l'esclusione dal mercato o la distruzione, qualora siano ceduti gratuitamente alle ONLUS, per un importo corrispondente al costo specifico sostenuto per la produzione o l'acquisto complessivamente non superiore al 5 per cento del reddito d'impresa dichiarato, non si considerano destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ai sensi dell'articolo 85, comma 2, del testo unico delle imposte dei redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. I predetti beni si considerano distrutti agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto».


 

 

Il comma 34 dell’articolo 4 in esame sostituisce il comma 3 dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 460 del 1997, modificando la disciplina della cessione di beni non di lusso alle ONLUS ai fini fiscali.

 

In materia, in base al vigente articolo 13, comma 3, i beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività d'impresa - diversi dalle derrate alimentari e dai prodotti farmaceutici, alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa -, qualora siano ceduti gratuitamente alle ONLUS, non si considerano destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ai sensi dell'articolo 85, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR). La cessione gratuita di tali beni, per importo corrispondente al costo specifico complessivamente non superiore a 2 milioni di lire, sostenuto per la produzione o l'acquisto, si considera erogazione liberale ai fini del limite di cui all’articolo 65, comma 2, lettera c-sexies), del predetto testo unico.

 

Il comma 3 dell’articolo 13, come modificato dal comma 34 in esame, attiene ai beni non di lusso alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa - diversi dalle derrate alimentari e dai prodotti farmaceutici, alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa - che presentino imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che, pur non modificandone l’idoneità del loro utilizzo, non ne consentono la commercializzazione o la vendita, rendendone necessaria l’esclusione dal mercato o la loro distruzione.

Si prevede che tali beni, qualora vengano ceduti gratuitamente alle ONLUS, per un importo corrispondente al costo specifico sostenuto per la produzione o l’acquisto complessivamente non superiore al cinque per cento del reddito d’impresa dichiarato, non si considerino destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, ai sensi dell’art. 85, comma 2, TUIR , per cui non concorrono alla formazione del reddito di impresa.

I predetti beni si considerano altresì distrutti agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), a cui, conseguentemente, non sono assoggettati.

 

Ai sensi dell’articolo 10, comma 1, del D.Lgs. n. 460 del 1997, sono organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) le associazioni, i comitati, le fondazioni, le società cooperative e gli altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, i cui statuti o atti costitutivi, redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, prevedono espressamente:

a)       lo svolgimento di attività in uno o più dei seguenti settori:

1)       assistenza sociale e socio-sanitaria;

2)       assistenza sanitaria;

3)       beneficenza;

4)       istruzione;

5)       formazione;

6)       sport dilettantistico;

7)       tutela, promozione e valorizzazione delle cose d'interesse artistico e storico di cui alla legge 1° giugno 1939, n. 1089 , ivi comprese le biblioteche e i beni di cui al D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409 ;

8)       tutela e valorizzazione della natura e dell'ambiente, con esclusione dell'attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi di cui all'articolo 7 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 ;

9)       promozione della cultura e dell'arte;

10)   tutela dei diritti civili;

11)   ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolta direttamente da fondazioni ovvero da esse affidata ad università, enti di ricerca ed altre fondazioni che la svolgono direttamente, in ambiti e secondo modalità da definire con apposito regolamento governativo emanato ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

b)       l'esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale;

c)       il divieto di svolgere attività diverse da quelle menzionate alla lettera a) ad eccezione di quelle ad esse direttamente connesse;

d)       il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'organizzazione, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge o siano effettuate a favore di altre ONLUS che per legge, statuto o regolamento fanno parte della medesima ed unitaria struttura;

e)       l'obbligo di impiegare gli utili o gli avanzi di gestione per la realizzazione delle attività istituzionali e di quelle ad esse direttamente connesse;

f)         l'obbligo di devolvere il patrimonio dell'organizzazione, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale o a fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo di cui all'articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 , salvo diversa destinazione imposta dalla legge;

g)       l'obbligo di redigere il bilancio o rendiconto annuale;

h)       disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione;

i)         l'uso, nella denominazione ed in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, della locuzione «organizzazione non lucrativa di utilità sociale» o dell'acronimo «ONLUS».


Articolo 6
(Finanziamenti delle società finanziarie per lo sviluppo delle imprese operanti nel commercio, nel turismo e nei servizi.
Disposizioni in materia di confidi)

 


1. All'articolo 1, comma 878, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I predetti contributi sono assegnati alle società finanziarie costituitesi a norma del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 30 marzo 2001, n. 400, ed operanti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, in ragione della medesima ripartizione percentuale dei fondi di garanzia interconsortili ottenuta in fase di prima attuazione del regolamento di cui al citato decreto 30 marzo 2001, n. 400».

2. Al fine di accelerare lo sviluppo delle cooperative e dei consorzi di garanzia collettiva fidi di cui all'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni, le banche di garanzia collettiva dei fidi ed i confidi possono imputare al fondo consortile, al capitale sociale o ad apposita riserva i fondi rischi e gli altri fondi o riserve patrimoniali costituiti da contributi dello Stato, delle regioni e di altri enti pubblici esistenti alla data del 30 giugno 2007. Tali risorse sono attribuite unitariamente al patrimonio a fini di vigilanza dei relativi confidi, senza vincoli di destinazione. Le eventuali azioni o quote corrispondenti costituiscono azioni o quote proprie delle banche o dei confidi e non attribuiscono alcun diritto patrimoniale o amministrativo né sono computate nel capitale sociale o nel fondo consortile ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell'assemblea. La relativa delibera, da assumere entro centottanta giorni dall'ap­provazione del bilancio, è di competenza dell'assemblea ordinaria.

3. All'articolo 13, comma 55, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni, dopo le parole: «consorziate e socie» sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «I contributi erogati da regioni o da altri enti pubblici per la costituzione e l'implementazione del fondo rischi, in quanto concessi per lo svolgimento della propria attività istituzionale, non ricadono nell'ambito di applicazione dell'articolo 47 del testo unico delle leggi in materia finanziaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385. La gestione di fondi pubblici finalizzati all'abbattimento dei tassi di interesse o al contenimento degli oneri finanziari può essere svolta, in connessione all'opera­tività tipica, dai soggetti iscritti nella sezione di cui all'articolo 155, comma 4, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, nei limiti della strumentalità all'oggetto sociale tipico a condizione che:

a) il contributo a valere sul fondo pubblico sia erogato esclusivamente a favore di imprese consorziate o socie ed in connessione a finanziamenti garantiti dal medesimo confidi;

b) il confidi svolga unicamente la funzione di mandatario all'incasso e al pagamento per conto dell'ente pubblico erogatore, che permane titolare esclusivo dei fondi, limitandosi ad accertare la sussistenza dei requisiti di legge per l'accesso all'agevolazione».


 

 

L’articolo 6 in esame pone disposizioni in materia di confidi, con riguardo al finanziamento pubblico, all’imputazione di contributi pubblici al patrimonio a fini di vigilanza, alla gestione di fondi pubblici di agevolazione.

Il comma 1 dell’articolo 6 in esame modifica l'articolo 1, comma 878, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007).

In materia di interventi per i consorzi e le cooperative di garanzia collettiva fidi, il comma 878 della legge finanziaria per il 2007) ha attribuito, per le finalità previste dall'articolo 24, comma 4, lettera a), del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, un contributo di 30 milioni di euro per l'anno 2007 e di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

Il richiamato articolo 24, comma 1, ha previsto che i consorzi e le cooperative di garanzia collettiva fidi di cui all'articolo 9, comma 9, del decreto-legge 1° ottobre 1982, n. 697, convertito dalla legge 29 novembre 1982, n. 887, possono costituire società finanziarie aventi per finalità lo sviluppo delle imprese operanti nel commercio, nel turismo e nei servizi.

Lo stesso articolo 4, al comma 4, lettera a), ha poi previsto che il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato può disporre il finanziamento delle società finanziarie per le attività destinate all'incremento di fondi di garanzia interconsortili gestiti dalle società e destinati alla prestazione di controgaranzie e cogaranzie a favore dei consorzi e delle cooperative di garanzia collettiva fidi partecipanti.

Il comma 1 dell’articolo 6 in esame aggiunge quindi ora al comma 878 della legge finanziaria per il 2007 un periodo a mente del quale il contributo di 30 milioni di euro per l'anno 2007 e il contributo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 sono assegnati alle società finanziarie costituitesi a norma del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato 30 marzo 2001, n. 400.

Le società devono essere operative alla data di entrata in vigore della disposizione in esame.

L’assegnazione dei contributi dovrà avvenire in ragione della medesima ripartizione percentuale dei fondi di garanzia interconsortili ottenuta in fase di prima attuazione del regolamento 30 marzo 2001, n. 400.

 

Il richiamato decreto ministeriale 30 marzo 2001, n. 400 reca il regolamento relativo ai criteri e le modalità per il finanziamento delle società finanziarie per lo sviluppo delle imprese operanti nel commercio, nel turismo e nei servizi.

 

Il comma 2 dell’articolo 6 in esame stabilisce che le banche di garanzia collettiva dei fidi e i confidi possono imputare al fondo consortile, al capitale sociale o ad apposita riserva i fondi rischi e gli altri fondi o riserve patrimoniali costituiti da contributi dello Stato, delle regioni e di altri enti pubblici esistenti alla data del 30 giugno 2007.

Ciò al fine di accelerare lo sviluppo delle cooperative e i consorzi di garanzia collettiva fidi di cui all'articolo 13 del D.Lgs. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

Le risorse indicate dal comma 2 sono attribuite unitariamente al patrimonio a fini di vigilanza dei relativi confidi, senza vincoli di destinazione.

Si chiarisce che le eventuali azioni o quote corrispondenti costituiscono azioni o quote proprie delle banche o dei confidi e non attribuiscono alcun diritto patrimoniale o amministrativo né sono computate nel capitale sociale o nel fondo consortile ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell'assemblea.

La relativa delibera, di competenza dell'assemblea ordinaria, deve assumersi entro 180 giorni dall'approvazione del bilancio.

La disposizione produce quindi la decadenza dei vincoli di destinazione dei fondi pubblici, ma – come essa precisa - esclusivamente ai fini della determinazione del patrimonio di vigilanza dei relativi confidi.

 

Con riguardo a tale materia, si ricorda che l’articolo 13 del decreto legge 30 settembre 2003 n. 269, in tema di disciplina dell'attività di garanzia collettiva dei fidi, aveva disposto al comma 33 una disciplina speciale per l'imputazione a riserve patrimoniali dei fondi rischi di origine pubblica.

 

Il comma 33 stabilisce infatti che le banche e i confidi indicati nei commi 29, 30, 31 e 32 dello stesso articolo 13 possono, anche in occasione delle trasformazioni e delle fusioni previste dai commi 38, 39, 40, 41, 42 e 43, imputare al fondo consortile o al capitale sociale i fondi rischi e gli altri fondi o riserve patrimoniali costituiti da contributi dello Stato, delle regioni e di altri enti pubblici senza che ciò comporti violazione dei vincoli di destinazione eventualmente sussistenti, che permangono, salvo quelli a carattere territoriale, con riferimento alla relativa parte del fondo consortile o del capitale sociale. Le azioni o quote corrispondenti costituiscono azioni o quote proprie delle banche o dei confidi e non attribuiscono alcun diritto patrimoniale o amministrativo né sono computate nel capitale sociale o nel fondo consortile ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell'assemblea.

Il richiamato comma 29 stabilisce che l'esercizio dell'attività bancaria in forma di società cooperativa a responsabilità limitata è consentito, ai sensi dell'articolo 28 del testo unico bancario, anche alle banche che, in base al proprio statuto, esercitano prevalentemente l'attività di garanzia collettiva dei fidi a favore dei soci. La denominazione di tali banche contiene le espressioni «confidi», «garanzia collettiva dei fidi» o entrambe.

Secondo il comma 30, alle banche di cui al comma 29 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nei commi da 5 a 11, da 19 a 28 del presente articolo e negli articoli da 33 a 37 del testo unico bancario.

Ai sensi del comma 31, la Banca d'Italia emana disposizioni attuative dei commi 29 e 30, tenuto conto delle specifiche caratteristiche operative delle banche di cui al comma 29.

 

Da ultimo, il comma 879 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) ha stabilito che le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 33, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, si applicano anche alle sopra illustrate società finanziarie di cui all'articolo 24 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, come da ultimo modificato dal comma 877 della stessa legge finanziaria per il 2007.

 

Il comma 3 dell’articolo 6 in esame integra il comma 55 dell’articolo 13 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, in materia di gestione di fondi pubblici di agevolazione da parte dei confidi.

La legge quadro n. 326 del 2003 sui confidi ha riservato, all’articolo 13, la gestione di fondi pubblici di incentivazione ai confidi iscritti nell’albo speciale degli intermediari finanziari previsto dall’articolo 107 del testo unico bancario di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993 (TUB), in sintonia con la riserva più generale per l’esercizio di tale attività favore delle banche prevista dal TUB.

La legge n. 326 del 2003 lasciava ai confidi iscritti soltanto nell’albo generale di cui all’articolo 106 del TUB un periodo di tre anni, poi prorogato, scaduto il quale avrebbero cessato di svolgere il servizio di "sportello agevolazioni" per conto delle amministrazioni locali.

Il comma 3 dell’articolo 6 in esame interviene per escludere l’attività di gestione di fondi pubblici di agevolazione dalla riserva a favore di banche e intermediari finanziari e confidi iscritti nell’albo di cui all’articolo 107 del TUB, consentendone l’esercizio anche agli altri tipi di confidi.

 

Nel dettaglio, si ricorda che il comma 55 dell’articolo 13 del d.l. n. 269 del 2003, come modificato dal comma 395 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, ha stabilito che i confidi che alla data di entrata in vigore del decreto gestiscono fondi pubblici di agevolazione possono continuare a gestirli fino a non oltre cinque anni dalla stessa data.

La disposizione ha inoltre stabilito che fino a tale termine i confidi possono prestare garanzie a favore dell'amministrazione finanziaria dello Stato al fine dell'esecuzione dei rimborsi di imposte alle imprese consorziate o socie.

 

Il comma 3 dell’articolo 6 in esame integra il disposto del comma 55 dell’articolo 13 sopra illustrato.

Innanzitutto, si prevede che i contributi erogati da Regioni o da altri enti pubblici per la costituzione e l'implementazione del fondo rischi, in quanto concessi per lo svolgimento della propria attività istituzionale non ricadono nell'ambito di applicazione dell'articolo 47 del D.Lgs. 1º settembre 1993, n. 385, recante il testo unico bancario (TUB), che pone una riserva di attività relativa ai finanziamenti agevolati e gestione di fondi pubblici a favore delle banche.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo 47 del TUB stabilisce che tutte le banche possono erogare finanziamenti o prestare servizi previsti dalle vigenti leggi di agevolazione, purché essi siano regolati da contratto con l'amministrazione pubblica competente e rientrino tra le attività che le banche possono svolgere in via ordinaria. Ai finanziamenti si applicano integralmente le disposizioni delle leggi di agevolazione, ivi comprese quelle relative alle misure fiscali e tariffarie e ai privilegi di procedura.

Ai sensi del comma 2, l'assegnazione e la gestione di fondi pubblici di agevolazione creditizia previsti dalle leggi vigenti e la prestazione di servizi a essi inerenti, sono disciplinate da contratti stipulati tra l'amministrazione pubblica competente e le banche da questa prescelte. I contratti indicano criteri e modalità idonei a superare il conflitto di interessi tra la gestione dei fondi e l'attività svolta per proprio conto dalle banche; a tal fine possono essere istituiti organi distinti preposti all'assunzione delle deliberazioni in materia agevolativa e separate contabilità. I contratti determinano altresì i compensi e i rimborsi spettanti alle banche.

Secondo il comma 3, i contratti indicati nel comma 2 possono prevedere che la banca alla quale è attribuita la gestione di un fondo pubblico di agevolazione è tenuta a stipulare a sua volta contratti con altre banche per disciplinare la concessione, a valere sul fondo, di contributi relativi a finanziamenti da queste erogati. Questi ultimi contratti sono approvati dall'amministrazione pubblica competente.

 

La disposizione recata dal comma 3 in esame autorizza poi i soggetti iscritti nella sezione di cui all’articolo 106 del TUB, come disposto dall’articolo 155, comma 4, dello stesso TUB, a esercitare l’attività di gestione di fondi pubblici finalizzati all'abbattimento dei tassi di interesse e/o al contenimento degli oneri finanziari.

 

Il richiamato articolo 155, comma 4, del TUB stabilisce che i confidi, anche di secondo grado, sono iscritti in un'apposita sezione dell'elenco previsto dall'articolo 106 dello stesso TUB. L'iscrizione nella sezione non abilita a effettuare le altre operazioni riservate agli intermediari finanziari iscritti nel citato elenco.

 

La disposizione stabilisce che tale attività può essere svolta in connessione all'operatività tipica e nei limiti della strumentalità all'oggetto sociale tipico.

Si pongono inoltre due condizioni per lo svolgimento dell’attività:

a) il contributo a valere sul fondo pubblico sia erogato esclusivamente a favore di imprese consorziate o socie ed in connessione a finanziamenti garantiti dal medesimo confidi;

b) il confidi svolga unicamente la funzione di mandatario all'incasso e al pagamento per conto dell'ente pubblico erogatore, che permane titolare esclusivo dei fondi, limitandosi ad accertare la sussistenza dei requisiti di legge per l'accesso all'agevolazione.


Articolo 8
(Disposizioni in materia di accertamento e riscossione)

 


1. Per le società titolari di concessioni in ambito provinciale del servizio nazionale di riscossione di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, le disposizioni previste dall'articolo 1, comma 426, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, si applicano, nei limiti previsti dallo stesso comma 426, anche nei confronti delle società titolari delle precedenti concessioni sub­provinciali, partecipanti, anche per incorporazione, al capitale sociale delle succedute nuove società.


 

 

L’articolo 8 in esame dispone che - per le società titolari di concessioni, in ambito provinciale, del servizio nazionale della riscossione di cui al D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112 - quanto previsto dall’articolo 1, comma 426, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, produca efficacia anche nei confronti delle società titolari delle precedenti concessioni subprovinciali partecipanti, anche per incorporazione, al capitale sociale delle succedute nuove società.

La disposizione comporta l’estensione soggettiva della sanatoria per gli illeciti amministrativi - derivanti dall’attività svolta fino al 30 giugno 2005 - commessi dai concessionari della riscossione nell’esercizio degli obblighi inerenti al rapporto concessorio.

 

L’articolo 1, commi 1-2, del D.Lgs. n. 112 del 1999 prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze organizzi il servizio nazionale della riscossione mediante ruolo articolato in ambiti territoriali affidati a concessionari di pubbliche funzioni. La concessione del servizio di riscossione mediante ruolo è affidata dal Ministero dell’economia e delle finanze a società per azioni con capitale, interamente versato, pari ad almeno 5 miliardi di lire, aventi come oggetto lo svolgimento di tale servizio, di compiti ad esso connessi o complementari indirizzati anche al supporto delle attività tributarie e di gestione patrimoniale degli enti creditori diversi dallo Stato, delle altre attività di riscossione ad essi attribuite dalla legge e che non siano state dichiarate decadute da precedenti concessioni del servizio stesso.

 

Il comma 426 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) dispone che il recupero delle somme dovute, per inadempimento, dal soggetto incaricato del servizio di intermediazione all’incasso ovvero dal garante di tale soggetto o del debitore di entrate riscosse ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 46 del 1999 (entrate riscosse mediante ruoli) debba essere egualmente effettuato mediante ruolo.

Per i concessionari del servizio nazionale della riscossione e per i commissari governativi delegati provvisoriamente alla riscossione, di cui al D.Lgs. n. 112 del 1999, si prevede quindi – per quanto qui rileva in particolare - la facoltà di sanare le responsabilità amministrative derivanti dall’attività svolta fino al 30 giugno 2005.

 

Per usufruire di tale sanatoria è richiesto il versamento di un importo pari a tre euro per ogni abitante residente nell’ambito territoriale dato in concessione a tali soggetti alla data del 1° gennaio 2004.

L’adesione alla sanatoria, le cui concrete modalità applicative sono state fissate nel decreto ministeriale 7 febbraio 2006, n. 112, non incide, comunque, sulle eventuali responsabilità penali.

Il pagamento dell’importo richiesto per la sanatoria, come sopra determinato, doveva essere effettuato in tre rate:

-        la prima, di importo pari al 40 per cento del totale, da versarsi entro il 30 giugno 2005;

-        la seconda, di importo pari al 30 per cento del totale, da versarsi entro il 30 giugno 2006;

-        la terza, di importo pari al 30 per cento del totale, da versarsi tra il 21 e il 31 dicembre 2006.

 

Il comma 426-bisdispone che, in caso di adesione alla sanatoria di cui al comma 426, le irregolarità compiute nell’esercizio dell’attività di riscossione non determinano il diniego del diritto al rimborso o del discarico per inesigibilità delle quote iscritte a ruolo o delle definizioni automatiche delle stesse.

Nel medesimo caso, fermi restando gli effetti delle stesse definizioni, le comunicazioni di inesigibilità relative ai ruoli consegnati entro il 30 settembre 2003 e ancora in carico alla data del 20 novembre 2004 potevano essere presentate entro il 30 settembre 2006.

 

Si ricorda che i commi 26-ter e 26-quater dell’articolo 35 del d.l. n. 223 del 2006 (c.d. decreto Bersani-Visco), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, recano disposizioni sulla sanatoria per i concessionari della riscossione.

Il comma 26-ter considera efficaci agli effetti della sanatoria delle somme dovute dai concessionari della riscossione per inadempimento i versamenti effettuati entro il 10 luglio 2006 (comprensivi degli interessi legali) a titolo di prima e di seconda rata. Tali somme avrebbero dovuto essere versate entro, rispettivamente, il 20 dicembre 2005 e il 30 giugno 2006.

Il comma 26-quater reca una norma d’interpretazione autentica, precisando che la sanatoria non produce effetti circa la responsabilità amministrativa delle società concessionarie della riscossione relativamente ai provvedimenti per i quali non era pendente ricorso alla data del 30 giugno 2005 o a falsità di atti definitivamente dichiarata in sede penale prima del 1° gennaio 2005.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Si veda il paragrafo Procedure di contenzioso relativo all’articolo 14.


Articolo 9, comma 1
(Proroga disposizioni regionali in materia
di tasse automobilistiche e IRAP)

 

1. All'articolo 2, comma 22, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, le parole: «1o gennaio 2007» sono sostituite dalle seguenti: «1o gennaio 2008».

 

 

L’articolo 9, comma 1 proroga per tutto il periodo d’imposta 2008 l’applicazione delle norme regionali in materia di tassa automobilistica e di IRAP emanate in modo non conforme ai poteri attribuiti alle regioni in materia dalla normativa statale.

L’applicazione era consentita fino al periodo d’imposta 2007.

 

La relazione illustrativa sottolinea come tale proroga si renda necessaria al fine di evitare che – per l’approssimarsi del termine finale del 31 dicembre 2007 – i contribuenti possano trovarsi in difficoltà, in ragione delle conseguenze derivanti dall’automatismo della cessazione degli effetti delle leggi regionali, soprattutto con riferimento alla tassa automobilistica.

 

Si ricorda che le tasse automobilistiche sono tributi imposti ai proprietari di autoveicoli iscritti nei pubblici registri ovvero a coloro che utilizzano veicoli non immatricolati.

La normativa, introdotta dal D.Lgs. n. 504 del 1992[126], ha assegnato alle regioni ad autonomia ordinaria la competenza ad introitare l’intero gettito del settore.

 

Le regioni a statuto ordinario sonoinfatti titolari del gettito della tassa automobilistica a decorrere dal 1° gennaio 1993, come disposto dagli articoli 23-27 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, emanato in attuazione della delega al Governo conferita dall’art. 4 della legge n. 421 del 1992. La tassa automobilistica regionale assorbe l’intera tassa automobilistica prevista dal D.P.R. n. 39 del 1953, recante il Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche.

Le regioni possono determinare con propria legge, entro il 10 novembre di ogni anno, gli importi delle tasse automobilistiche nella misura compresa tra il 90 e il 110 per cento degli importi vigenti nell’anno precedente. A decorrere dal 1° gennaio 1999, inoltre, il comma 10 dell’articolo 17 della legge n. 449 del 1997 ha previsto l'attribuzione alle regioni a statuto ordinario delle competenze in materia di accertamento, riscossione, recupero, applicazione delle sanzioni, rimborsi e contenzioso relativamente alle tasse automobilistiche non erariali, con le modalità stabilite dal successivo decreto del Ministero delle finanze 18 novembre 1998, n. 462.

Successivamente, la legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003) è intervenuta per sanare il contenzioso costituzionale sorto tra Governo e regioni sulle competenze regionali in materia di tributi, in particolare IRAP e tassa automobilistica. Le regioni Piemonte, Veneto, Campania, infatti, avevano disposto con proprie leggi, tra l’altro, la proroga dei termini (dal 31 dicembre 2002 al 31 dicembre 2003) per il recupero della tassa automobilistica dovuta per l’anno 1999. Queste disposizioni erano state impugnate dal Governo innanzi alla Corte costituzionale, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni stesse con le sentenze, rispettivamente, n. 296 e 297 del 22-26 settembre 2003 e n. 311 del 2-15 ottobre 2003[127].

Le disposizioni recate dai commi 22 e 23 dell’articolo 2 della legge n. 350 del 2003 hanno disposto sostanzialmente una sanatoria, nelle more del completamento dei lavori dell’Alta Commissione di studio per il federalismo fiscale,per le disposizioni adottate dalle regioni in materia di tassa automobilistica e di IRAP, in difformità dai poteri attribuiti in materia dalla normativa statale. In particolare in tali regioni l’applicazione delle sopra citate imposte opera, fino al periodo d’imposta 2007, secondo le disposizioni regionali e nazionali (per i profili su cui non incidono le prime), ed entro la stessa data le regioni avrebbero dovuto rendere conformi alla normativa statale le disposizioni adottate relativamente alla tassa automobilistica.

La legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311 del 2004, articolo 1, comma 61) ha confermato la sanatoria per le disposizioni delle leggi regionali in materia di tassa automobilistica e IRAP emanate in violazione dei limiti della loro potestà legislativa, estendendola anche alle leggi regionali non sottoposte al giudizio della Corte e promulgate prima del 1° gennaio 2005.

La legge finanziaria per il 2007, con l’articolo 1, comma 321 ha invece sostituitola tariffa delle tasse automobilistiche, stabilita dalla tabella allegata al decreto del Ministro delle finanze del 27 dicembre 1997, modificando i criteri di applicazione della tassa. Per effetto di questa modifica infatti, gli aumenti del bollo delle autovetture sono ora scaglionati non solo in base alle caratteristiche inquinanti dei veicoli (da Euro 0 a Euro 5), ma, con aumenti incrementali per ogni kw superiore a 100 kw di potenza, in relazione alla potenza dei veicoli. In altri termini, è stato introdotto un sistema a scaglioni per i kw, differenziato in funzione della classificazione del motore, che prevede l’applicazione di una maggiorazione del 50 per cento dell’imposta solo sui kw che superano i primi cento.

Lo stesso comma 321 ha poi disposto che gli incrementi percentuali delbollo auto approvati dalle Regioni o dalle Province autonome, prima dell’entrata in vigore della legge finanziaria 2007, vengano ricalcolati sulla base degli importi della nuova Tabella 2, con corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali in misura pari al maggior gettito derivante dai predetti incrementi.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva in materia di tasse sulle autovetture (COM(2005)261).

La proposta stabilisce talune norme per il calcolo delle tasse sulle autovetture in base alle loro emissioni di biossido di carbonio, prevede l'abolizione delle tasse di immatricolazione in un arco temporale di 10 anni e, in determinati casi, di un sistema per il loro rimborso.

Secondo la Commissione, la proposta risponde ad una duplice esigenza:

-        migliorare il funzionamento del mercato interno (attualmente vi sono 25 diversi regimi impositivi per le autovetture), eliminando gli ostacoli fiscali quali la doppia imposizione, il doppio pagamento della tassa di immatricolazione, le procedure amministrative;

-        attuare la strategia comunitaria per ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture. La proposta non prevede l'introduzione di nuove tasse relative alle autovetture, ma mira soltanto alla ristrutturazione di quelle vigenti senza obbligare gli Stati membri che non le applicano ad introdurle.

La proposta, che segue la procedura di consultazione, è stata trasmessa al Parlamento europeo, che l’ha esaminata il 5 settembre 2006, e al Consiglio che il 13 novembre 2007 ha avviato un dibattito durante il quale si è rilevata una discreta convergenza di vedute sulla necessità di adoperare misure fiscali idonee per scoraggiare e diminuire il danno ambientale, aiutando la riduzione delle emissioni di CO2.


Articolo 9, comma 2
(Proroga agevolazione fiscale agli esercenti impianti
di distribuzione di carburante)

 

2. Le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 21 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in materia di deduzione forfetaria in favore degli esercenti impianti di distribuzione di carburante, si applicano per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008.

 

 

L’articolo 9, comma 2 conferma, anche per il periodo d’imposta 2008, l’applicazione dell’agevolazione fiscale concessa agli esercenti di impianti di distribuzione di carburante.

Si tratta dell’agevolazione - inizialmente istituita dall’articolo 21 della legge n. 448 del 1998 per gli anni dal1998 al 2000 e successivamente prorogata[128] fino al 2007 - consistente in una deduzione forfetaria dei ricavi, indicati all'articolo 85, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. n. 917 del 1986 (ossia dei corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa), per gli esercenti impianti di distribuzione di carburante.

La riduzione forfetaria del reddito di impresa è pari alle seguenti percentuali dell'ammontare lordo dei ricavi:

a)      1,1 per cento dei ricavi fino a 1.032.913,80 euro;

b)      0,6 per cento dei ricavi oltre 1.032.913,80 euro e fino a 2.065.827,60 euro;

c)      0,4 per cento dei ricavi oltre 2.065.827,60 euro.

Si ricorda che si tratta di un’agevolazione concessa per la ristrutturazione delle reti distributive, prorogata da ultimo dalla legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 393 della legge n. 296 del 2006)

Si segnala che l'articolo 122, comma 1, lettera f) del presente disegno di legge prevede la proroga di tale agevolazione per gli anni 2008, 2009 e 2010 (si veda la relativa scheda). Appare pertanto necessario un coordinamento fra le due disposizioni.


Articolo 9, comma 3
(Utilizzo in compensazione dei versamenti al SSN sui premi RC auto)

 

3. Le disposizioni di cui al comma 103 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nei limiti di spesa ivi indicati, si applicano anche alle somme versate nel periodo d'imposta 2007 ai fini della compensazione dei versamenti effettuati dal 1o gennaio 2008 al 31 dicembre 2008.

 

 

L’articolo 9, comma 3 consente di utilizzare in compensazione dei versamenti, anche per le somme versate nel periodo d’imposta 2007 ed ai fini della compensazione dei versamenti effettuati dal 1º gennaio 2008 al 31 dicembre 2008, le somme versate a titolo di contributo al Servizio sanitario nazionale sui premi di assicurazione per la responsabilità civile

Tale facoltà è stata prevista dall’articolo 1, comma 103 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006), in relazione ai premi per i danni derivanti dalla circolazione di veicoli a motore adibiti a trasporto merci, di massa complessiva a pieno carico non inferiore a 11,5 tonnellate, fino alla concorrenza di 300 euro per ciascun veicolo e nel limite di spesa di 75 milioni di euro (limite indicato nel menzionato art. 1, co. 103, l. n. 266 del 2005).

La norma in commento prevede altresì che la quota utilizzata in compensazione non concorra alla formazione del reddito d'impresa ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione netta ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

 

Il comma 103 dell’art. 1 della finanziaria 2006 ha in particolare disposto che le somme versate nel periodo d'imposta 2005 a titolo di contributo al Servizio sanitario nazionale sui premi di assicurazione per la responsabilità civile per i danni derivanti dalla circolazione di veicoli a motore adibiti a trasporto merci, di massa complessiva a pieno carico non inferiore a 11,5 tonnellate, omologati ai sensi della direttiva 91/542/CEE, riga B, recepita con D.M. 23 marzo 1992 del Ministro dell'ambiente, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 77 del 1° aprile 1992, fino alla concorrenza di 300 euro per ciascun veicolo, potessero essere utilizzate in compensazione dei versamenti effettuati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2006, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241[129], nel limite di spesa di 75 milioni di euro.

La disposizione è stata poi prorogata dall'articolo 1, comma 103, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nei limiti di spesa ivi indicati, per le somme versate nel periodo d'imposta 2006 ai fini della compensazione dei versamenti effettuati dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2007.

 

Si ricorda che il contributo sui premi delle assicurazioni dei veicoli e dei natanti – già previsto dall’articolo 11-bis della legge 24 dicembre 1969, n. 990, introdotto dall'articolo 126 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 175 – è ora disciplinato dall’articolo 334 del codice delle assicurazioni private, emanato con decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.

Esso prevede che sui premi delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti si applichi un contributo, sostitutivo delle azioni spettanti alle regioni e agli altri enti che erogano prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale, nei confronti dell'impresa di assicurazione, del responsabile del sinistro o dell'impresa designata, per il rimborso delle prestazioni erogate ai danneggiati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti.

Il contributo si applica, con l’aliquota del 10,5 per cento (stabilita dall’articolo 38 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, in luogo della precedente aliquota del 6,5 per cento), sui premi incassati e deve essere distintamente indicato in polizza e nelle quietanze. L'impresa di assicurazione ha diritto di rivalersi nei confronti del contraente per l'importo del contributo.

Per l'individuazione e la denuncia dei premi soggetti al contributo, per la riscossione e per le relative sanzioni si applica la legge 29 ottobre 1961, n. 1216, e successive modificazioni.


Articolo 9, comma 4
(Proroga deduzione forfetaria spese non documentate per imprese di autotrasporto )

 

4. Le disposizioni di cui al comma 106 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nei limiti di spesa ivi indicati, sono prorogate al periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2007.

 

 

L’articolo 9, comma 4, proroga al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007 la possibilità, già concessa dall’art. 1, co. 106, della legge n. 266 del 2005 (finanziaria 2006), di dedurre forfetariamente le spese non documentate per i trasporti effettuati personalmente dall’imprenditore all’interno del comune.

Si tratta delle spese sostenute dalle imprese autorizzate all'autotrasporto di merci per conto di terzi, di cui all’art. 66, co. 5, primo periodo, del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)[130], sostenute per i trasporti effettuati personalmente dall’imprenditore all’interno del comune in cui ha sede l’impresa. La norma dell’art. 66 comma 5 consente infatti, a regime, la deduzione forfetaria delle sole spese per i trasporti effettuati dall’imprenditore oltre il comune in cui ha sede l'impresa, ma sempre nell’ambito della regione o delle regioni confinanti .

Con la disposizione in commento viene pertanto prorogata, anche per il periodo d’imposta 2007 la facoltà, già introdotta per il 2006 di dedurre forfetariamente per un importo pari al 35 per cento di quello spettante, ossia nella misura di euro 2,7125, le spese non documentate per i trasporti effettuati anche all’interno del comune.

Tale facoltà è esercitabile entro il limite di spesa di 120 milioni di euro (tetto già previsto dal citato art. 1, co. 106, l. n. 266 del 2005).

 

Si ricorda che l’articolo 66 del TUIR disciplina la determinazione del reddito d’impresa dei soggetti ammessi al regime di contabilità semplificata[131], quando non abbiano optato per il regime ordinario.

Il comma 5 in particolare, prevede speciali deduzioni forfetarie in favore dei medesimi soggetti, qualora si tratti di imprese autorizzate all'autotrasporto di merci per conto di terzi. In particolare, il primo periodo dispone che il reddito determinato a norma dei commi precedenti sia ridotto, a titolo di deduzione forfetaria di spese non documentate, nelle misure:

a)       di euro 7,75 per i trasporti personalmente effettuati dall'imprenditore oltre il comune in cui ha sede l'impresa ma nell'ambito della regione o delle regioni confinanti;

b)       di euro 15,49 per i medesimi trasporti effettuati oltre tale ambito[132].


Articolo 9, comma 5
(Proroga aliquota IRAP agevolata nel settore agricolo e della pesca)

 

5. All'articolo 45, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, le parole da: «per gli otto periodi d'imposta successivi» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «per i nove periodi d'imposta successivi l'aliquota è stabilita nella misura dell'1,9 per cento; per il periodo d'imposta in corso al 1o gennaio 2008 l'aliquota è stabilita nella misura del 3,75 per cento».

 

 

L’articolo 9, comma 5, modificando l’art. 45, co. 1, D.Lgs. n. 446 del 1997[133] - fissa, anche per l’anno d’imposta 2007, all’1,9 per cento, in luogo del 3,75 per cento, l’aliquota IRAP applicabile ai soggetti che operano nel settore agricolo e alle cooperative della piccola pesca e loro consorzi, riconfermando l’aliquota già applicata ai medesimi soggetti fino all’anno d’imposta 2006.

Il comma 1 dell’art. 45 del D.Lgs. n. 446 del 1997 è stato infatti prorogato di anno in anno dalle varie leggi finanziarie succedutesi e da ultimo dall’articolo 1, comma 390, della legge finanziaria 2007.

 

Per il periodo d’imposta 2008 l’aliquota viene invece fissata, dal comma 5 in commento,al 3,75 per cento.

 

Si segnala che l’art. 3, co. 17, lettera h), del presente disegno di legge finanziaria dispone la riduzione dell’aliquota normale IRAP dal 4,25 al 3,9 per cento, con decorrenza dal periodo d’imposta 2008.

 

Si ricorda che l’articolo 3 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, istitutivo dell’IRAP, include tra i soggetti passivi i produttori agricoli titolari di reddito agrario, ai sensi dell’articolo 32 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Sono tuttavia esclusi dall’imposta i produttori agricoli con un volume d’affari annuo non superiore a 7.000 euro, i quali si avvalgono del regime speciale IVA per i produttori agricoli previsto dall’articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sempreché non abbiano rinunciato all’esonero dagli adempimenti IVA.

Il comma 1 dell’articolo 45 del medesimo D.Lgs. n. 446 del 1997 aveva previsto, per il settore qui considerato, un’aliquota IRAP del 2,5 per cento per il 1998 (primo anno di entrata in vigore dell’imposta) e aliquote crescenti per il successivo triennio. Tuttavia, disposizioni successive[134] sono intervenute di anno in anno sulla misura dell’aliquota, in modo tale che la stessa è stata sempre applicata, sin dal 1998, nella misura dell’1,9 per cento, rinviandosi agli anni successivi l’entrata in vigore di aliquote superiori.


Articolo 9, comma 6
(Proroga agevolazioni fiscali e previdenziali
alle imprese di pesca costiera)

 

6. Per la salvaguardia dell'occupazione della gente di mare, i benefici di cui agli articoli 4 e 6 del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30, sono estesi, per l'anno 2008 e nel limite dell'80 per cento, alle imprese che esercitano la pesca costiera, nonché alle imprese che esercitano la pesca nelle acque interne e lagunari.

 

 

L’articolo 9, comma 6, proroga per l’anno 2008 le agevolazioni fiscali e previdenziali previste dall’articolo 11 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001).

Per quanto riguarda le agevolazioni fiscali si tratta della norma che aveva esteso alle imprese che esercitano la pesca costiera, nonché alle imprese che esercitano la pesca nelle acque interne e lagunari i seguenti benefici:

a)      la concessione di un credito d'imposta, in misura corrispondente al 70 per cento dell'IRPEF dovuta sulle retribuzioni e sui compensi per lavoro dipendente e autonomo, corrisposti ai marittimi che operano a bordo delle navi iscritte nel Registro internazionale;

b)      un abbattimento, nella misura del 56 per cento, del reddito derivante dall’esercizio della pesca, ai fini delle imposte sui redditi.

 

Si ricorda infatti che l’articolo 11 della legge n. 388 del 2000 ha previsto, per la salvaguardia dell'occupazione della gente di mare, che i benefici di cui agli articoli 4 e 6 del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30, fossero estesi, per gli anni 2001, 2002 e 2003 e nel limite del 70 per cento, alle imprese che esercitano la pesca costiera, nonché alle imprese che esercitano la pesca nelle acque interne e lagunari.

 

Per quanto riguarda le agevolazioni previdenziali, il comma 6 in commento proroga inoltre per l’anno 2008 il beneficio relativo all’esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, che l’articolo 11 della legge n. 388 del 2000 aveva esteso alle imprese che esercitano la pesca costiera e la pesca nelle acque interne e lagunari, sempre nel limite del 70 per cento. Per questi soggetti peraltro l’esonero contributivo non è pertanto totale, ma opera soltanto in tale misura.

La norma del comma 6 in commento proroga pertanto nuovamente le norme già prorogate in passato: per l'anno 2005, dall'articolo 1, comma 510, della l. n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), per l’anno 2006, dall’articolo 1, comma 119, della l. n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) e, per l’anno 2007, dall’art. 1, comma 391, della l. n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007).

I benefici degli articoli 4 e 6 del D.L. n. 457 del 1997 sono di seguito ricordati.

L’articolo 4, come successivamente modificato e integrato, prevede:

-        la concessione di un credito d'imposta a favore dei soggetti che svolgono attività produttiva di reddito derivante dall'utilizzazione di navi iscritte nel Registro internazionale[135]. Il credito d'imposta è attribuito in misura corrispondente all'IRPEF dovuta sulle retribuzioni e sui compensi – rispettivamente per lavoro dipendente e autonomo – corrisposti ai marittimi che operano a bordo delle navi iscritte nel registro stesso. Il beneficio vale ai fini del versamento delle ritenute alla fonte relative ai redditi suddetti e non concorre alla formazione del reddito imponibile dell'impresa. Il credito d'imposta è riconosciuto anche ai soggetti che, in base a rapporti contrattuali con l'armatore, esercitano a bordo di navi da crociera attività commerciali complementari, accessorie o comunque relative alla prestazione principale;

-        un abbattimento nella misura dell’80 per cento – ai fini delle imposte sui redditi e a partire dal periodo d'imposta 1998 – del reddito derivante dall'utilizzo delle navi iscritte nel Registro internazionale. Anche tale agevolazione è stata estesa al reddito derivante dall'esercizio a bordo di navi da crociera delle attività ricordate al precedente punto, anche se svolte da terzi in base a rapporti contrattuali con l'armatore.

 

L'articolo 6 del medesimo D.L. n. 457 del 1997, come successivamente modificato e integrato, ha poi previsto, a decorrere dal 1° gennaio 1998, l'esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali relativi al personale imbarcato sulle navi iscritte nel Registro internazionale. Il beneficio concerne anche le quote a carico dei lavoratori.


Articolo 9, comma 7
(Proroga agevolazioni tributarie per la proprietà contadina)

 

7. Il termine del 31 dicembre 2007, di cui al comma 392 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, concernente le agevolazioni tributarie per la formazione e l'arrotondamento della proprietà contadina, è prorogato al 31 dicembre 2008.

 

 

L’articolo 9, comma 7 proroga al 31 dicembre 2008 le agevolazioni tributarie per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina.

Si tratta delle agevolazioni disposte dalla legge 6 agosto 1954, n. 604 e già prorogate, da ultimo, al 31 dicembre 2007, dalla legge finanziaria 2007.

Le agevolazioni consistono, al verificarsi di talune condizioni, nell’esenzione dall’imposta di bollo e nella riduzione delle imposte ipotecarie e di registro applicabili agli atti di compravendita, permuta, affitto, concessione in enfiteusi, posti in essere per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina.

Si ricorda che le agevolazioni fiscali previste dalla legge 6 agosto 1954, n. 604, e successive modifiche e integrazioni, consistenti specificamente nell’esenzione dall’imposta di bollo e nella riduzione delle imposte ipotecarie e di registro applicabili agli atti (di compravendita, permuta, affitto, concessione in enfiteusi, etc.) posti in essere per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina, sono applicabili quando:

1)       l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta sia persona che dedica abitualmente la propria attività manuale alla lavorazione della terra;

2)       il fondo oggetto dell’atto sia idoneo alla formazione o all'arrotondamento della piccola proprietà contadina e, in ogni caso, in aggiunta a eventuali altri fondi posseduti a titolo di proprietà o enfiteusi dall'acquirente o comunque dagli appartenenti al suo nucleo familiare, non ecceda di oltre un decimo la superficie corrispondente alla capacità lavorativa dei membri contadini del nucleo familiare stesso;

3)       l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta, nel biennio precedente all'atto di acquisto o della concessione in enfiteusi, non abbia venduto altri fondi rustici oppure abbia venduto appezzamenti di terreno la cui superficie complessiva non sia superiore ad un ettaro.

Il trattamento tributario agevolato, tenendo anche conto delle modifiche introdotte dall’articolo 7 del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, si può così riassumere:

-        l'imposta di registro è dovuta nella misura fissa di 168 euro (mentre l'aliquota ordinaria è pari al 15 per cento del valore dichiarato nell'atto, oppure è ridotta all'8 per cento in caso di acquisto da parte di un imprenditore agricolo a titolo principale);

-        l'imposta catastale è dovuta nella misura ordinaria dell'1 per cento del prezzo dichiarato nell’atto;

-        l'imposta ipotecaria è dovuta nella misura fissa di 168 euro (l'aliquota ordinaria è pari al 2 per cento del valore);

-        il contratto è esente da imposta di bollo.


Articolo 9, comma 8
(Proroga esenzione dall’accisa sul gasolio utilizzato nelle serre)

 

8. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre 2008 si applicano le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio utilizzato nelle coltivazioni sotto serra, di cui all'articolo 2, comma 4, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

 

 

L’articolo 9, comma 8, proroga fino al 31 dicembre 2008, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge finanziaria, l’esenzione dall’accisa per il gasolio utilizzato per il riscaldamento nelle coltivazioni sotto serra, di cui all’articolo 2, comma 4, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004).

L’ agevolazione è stata inizialmente introdotta dall’articolo 5, comma 5, del d.-l. 30 settembre 2000, n. 268[136], convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2000, n. 354, relativamente al periodo 3 ottobre 2000 - 31 dicembre 2000.

Tale articolo 5 prevedeva l’applicazione, per il gasolio usato nelle coltivazioni sotto serra, di un’aliquota di accisa pari allo 0 per cento[137] di quella applicata sul gasolio usato come carburante.

Con successivi provvedimenti è stata, invece, disposta l’esenzione da accisa.

In particolare, l’articolo 24, comma 3, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001) ha disposto l’applicazione di tale agevolazione per il primo semestre 2001. Tale previsione è stata successivamente prorogata:

-        al 30 settembre 2001, dall’articolo 1, comma 3, del D.L. n. 246 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 330 del 2001;

-        al 31 dicembre 2001, dall’articolo 3 del D.L. n. 356 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418 del 2001;

-        al 31 dicembre 2002, dall’articolo 13, comma 3, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002);

-        al 31 dicembre 2003, dall’articolo 19, comma 4, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003);

-        al 31 dicembre 2004, dall’articolo 2, comma 4, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004);

-        al 31 dicembre 2005, dall’articolo 1, comma 511, lettera h), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005);

-        al 31 dicembre 2006, ai sensi dell’articolo 1, comma 115, lettera h), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006);

-        al 31 dicembre 2007 dall’articolo 1, comma 394, lettera h), della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007).

 

Si ricorda che l’articolo 24 del testo unico delle accise, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, disciplina gli impeghi agevolati dei prodotti energetici soggetti ad accisa disponendo che, ferme restando le disposizioni previste dall'art. 17 (agevolazioni per le Forze Armate) e le altre norme comunitarie relative al regime delle agevolazioni, i prodotti energetici sono ammessi ad esenzione o all'aliquota ridotta se destinati agli usi elencati nella tabella A allegata al testo unico stesso. In particolare il n. 5 della tabella A prevede l'esenzione o l'applicazione di aliquote ridotte di accisa per taluni oli minerali impiegati in lavori agricoli, orticoli in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica.

 

Il comma 4 dell’articolo 2 della legge n. 350 del 2003, rinvia, per le modalità applicative, alle disposizioni del decreto[138] del Ministro dell’economia e delle finanze 14 dicembre 2001, n. 454. Tale decreto reca il regolamento concernente le modalità di gestione dell'agevolazione fiscale per gli olî minerali impiegati nei lavori agricoli e orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica.

In particolare, l’articolo 2, comma 3, stabilisce che per usufruire delle agevolazioni, entro il 30 giugno di ciascun anno, i soggetti interessati devono presentare un’apposita richiesta, anche per il tramite delle organizzazioni di categoria, all'ufficio, incaricato dalla regione o dalle province autonome, del servizio relativo all'impiego di carburanti agevolati per l'agricoltura, competente in base all'ubicazione dei terreni. L'ufficio controlla la regolarità delle richieste effettuando, anche con l'ausilio di collegamenti telematici, gli eventuali accertamenti sui dati esposti, e determina, per ciascun soggetto beneficiario, i quantitativi complessivi dei prodotti da ammettere all'impiego agevolato per i lavori da svolgere nell'anno solare.

Con D.M. 26 febbraio 2002 sono stati determinati i consumi medi dei prodotti petroliferi impiegati in lavori agricoli, orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica ai fini dell'applicazione delle aliquote ridotte o dell'esenzione dall'accisa.

In particolare il decreto provvede a determinare i consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all'impiego agevolato in lavori agricoli, orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nelle coltivazioni sotto serra, intese queste ultime quali produzioni vegetali protette definiti dal parametro ettaro coltura, ovvero da altri parametri. Si prevede altresì che I consumi relativi alla silvicoltura, alle colture, agli allevamenti, alla prima trasformazione dei prodotti agricoli, agli impianti ed ai lavori non previsti nell'allegato 1 siano determinati per i singoli interventi da apposite tabelle approntate da ciascuna regione o provincia autonoma, tenendo conto, per quanto possibile, dei consumi stabiliti nell'allegato 1, comunicate al Ministero delle politiche agricole e forestali.

 

Si ricorda infine che il decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 26, recante “Attuazione della direttiva 2003/96/CE che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità” ed entrato in vigore dal 1° giugno 2007, ha modificato in più punti il testo unico delle accise (D.Lgs. n. 504 del 1995), per adeguarlo alle sopravvenute disposizioni comunitarie della direttiva 2003/96/CE[139].

L’articolo 8 di tale decreto legislativo n. 26 del 2007, reca proprio una norma sull’esenzione dall'accisa degli oli di origine vegetale per l'anno 2007 utilizzati nelle coltivazioni sotto serra, prevedendo espressamente che agli oli di origine vegetale utilizzati nelle coltivazioni sotto serra si applichi l'agevolazione di cui all'articolo 1, comma 394, lettera h) della legge 27 dicembre 2006, n. 296.


Articolo 9, comma 9
(Reddito agrario della coltivazione di prodotti vegetali per conto terzi)

 


9. All'articolo 33 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma: «2-bis. Sono considerate produttive di reddito agrario anche le attività di coltivazione di prodotti vegetali per conto terzi svolte nei limiti di cui all'articolo 32, comma 2, lettera b)». All'onere derivante dall'attuazione del presente comma, valutato in un milione di euro per l'anno 2009 ed in 600.000 euro a decorrere dal 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autoriz­zazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 3-ter, del decreto-legge 1o ottobre 2005, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2005, n. 244.


 

 

L’articolo 9, comma 9, aggiunge all’articolo 33 del testo unico delle imposte sui redditi un comma in base al quale sono considerate produttive di reddito agrario anche le attività di coltivazione di prodotti vegetali per conto terzi.

La condizione per fruire della norma è che tali coltivazioni siano svolte nel limite di cui all’art. 32, co. 2, lettera b), del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)[140].

La disposizione richiamata prevede che la superficie delle attività dirette alla produzione tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili, non ecceda il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste.

 

Si ricorda che in base all’art. 32, co. 1, del TUIR, il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività agricole su di esso. Tale reddito esprime pertanto la redditività media derivante dall’esercizio di attività agricole nei limiti della potenzialità del terreno.

Il comma 2, lettera b), include infatti tra le attività agricole l’allevamento di animali con mangimi ottenuti per almeno un quarto dal terreno e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste.

Ai sensi dell’art. 34, co. 1, TUIR, il reddito agrario è determinato mediante l’applicazione di tariffe d’estimo stabilite per ciascuna qualità e classe secondo le norme della legge catastale. La determinazione del reddito avviene pertanto su base forfetaria in base a tariffe stabilite dalla legge catastale per qualità e classe di coltura.

Si ricorda che fino all’entrata in vigore delle nuove tariffe d’estimo il reddito agrario deve essere rivalutato con l’applicazione di un coefficiente del 70 per cento.

 

L’ultimo periodo del comma 9 in commento reca la copertura finanziaria della disposizione prevedendo che l’onere, valutato in un milione di euro per il 2009 ed in 600.000 euro a decorrere dal 2010, venga coperto mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 5, comma 3-ter, del decreto-legge 10 ottobre 2005, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2005, n. 244, recante interventi urgenti nel settore avicolo.

Ai sensi del comma 2-bis del citato articolo 5, a decorrere dal 1° gennaio 2006, e fino al 31 ottobre 2006, a favore degli allevatori avicoli, delle imprese di macellazione e trasformazione di carne avicola nonché mangimistiche operanti nella filiera e degli esercenti attività di commercio all'ingrosso di carni avicole sono sospesi i termini relativi agli adempimenti e ai versamenti tributari, nonché il pagamento di ogni contributo o premio di previdenza e assistenza sociale, ivi compresa la quota a carico dei dipendenti, senza aggravio di sanzioni, interessi o altri oneri. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato. Sono altresì sospesi per il predetto periodo i pagamenti delle rate delle operazioni creditizie e di finanziamento, ivi comprese quelle poste in essere dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA).

In base al comma 3-ter, per l'attuazione del comma 3-bis è stata autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2006 e di 8 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2007.


Articolo 9, commi 10-11
(Determinazione forfetaria del reddito per gli imprenditori agricoli)

 


10. All'articolo 1, comma 1094, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «In tale ipotesi, le società possono optare per la determinazione del reddito applicando all'ammontare dei ricavi il coefficiente di redditività del 25 per cento».

11. All'articolo 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, fatta salva l'opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari, previa comunicazione all'ufficio secondo le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442».


 

 

Il comma 10 dell’articolo 9, introdotto in Commissione al Senato, modifica l’articolo 1, comma 1094, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), relativamente alla facoltà di determinazione forfetaria del reddito degli imprenditori agricoli.

La novella rende opzionale la norma del comma 1094 che ha disposto la determinazione del reddito imponibile di alcune tipologie di imprenditori agricoli, applicando all’ammontare dei ricavi il coefficiente di redditività del 25 per cento.

Si ricorda infatti che il comma 1094 della finanziaria 2007 ha introdotto una norma speciale per la tassazione di alcune categorie di soggetti che in presenza di determinati requisiti possono essere considerati imprenditori agricoli e pertanto tassati, anziché con le ordinarie regole del reddito d’impresa, con una imposizione forfetaria. Il reddito delle attività agricole svolte da società di persone e di capitali e da enti commerciali viene infatti determinato secondo le ordinarie regole del reddito di impresa in base agli articoli 55, comma 2, lettera b) e 56-bis del TUIR.

 

Il comma 1094 citato prevede in dettaglio che le società a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice si considerino imprenditori agricoli se provvedono esclusivamente alla trasformazione, manipolazione, conservazione, valorizzazione e commercializzazione dei prodotti agricoli ceduti dai soci.

La norma ha previsto obbligatoriamente per tali soggetti la determinazione del reddito in misura forfetaria, applicando all’ammontare dei ricavi un coefficiente di redditività del 25%.

La determinazione forfetaria del reddito mediante coefficienti è prevista invero per alcune attività agricole (manipolazione, conservazione, trasformazione e commercializzazione di taluni prodotti e fornitura di servizi) dall’articolo 56-bis, commi 2 e 3, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, il cui comma 4 esclude espressamente l’applicabilità delle disposizioni alle società di capitali nonché alle società in nome collettivo e in accomandita semplice.

Si ricorda che la definizione di imprenditore agricolo è contenuta nell’articolo 2135 del codice civile, così come modificato dalla cosiddetta “legge di orientamento” (D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228). Sulla base di tali disposizioni, l'imprenditore agricolo è colui che esercita un'attività diretta:

-        alla coltivazione del fondo;

-        alla silvicoltura;

-        all'allevamento del bestiame;

-        all'esercizio di attività connesse alle precedenti.

L’imposizione diretta sui redditi agrari è disciplinata dall'articolo 32 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. In base a tale norma il reddito agrario è costituito dalla parte di reddito fondiario imputabile al capitale d’esercizio ed al lavoro di organizzazione impiegati nell’esercizio di attività agricole sul terreno, nei limiti della potenzialità del terreno stesso. A differenza del reddito dominicale, costituito dalla parte di reddito dei terreni che viene imputata al proprietario del terreno ovvero al soggetto che possiede un diritto reale su di essi, il reddito agrario è quindi quello, determinato catastalmente, che va imputato al soggetto che esercita l'impresa agricola, ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile.

Il reddito agrario esprime pertanto la redditività media derivante dall'esercizio di attività agricole nei limiti della potenzialità del terreno e viene determinato mediante l'applicazione di tariffe d'estimo stabilite dalla legge catastale per ciascuna coltivazione.

 

Il comma 11 dell’articolo 9, introdotto in Commissione al Senato, modifica l’articolo 1, comma 423, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), facendo salva la possibilità di optare per il regime ordinario, anziché forfetario, di determinazione del reddito nel caso di produzione e cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili effettuata da imprenditori agricoli sul fondo coltivato.

 

Il vigente comma 423, come sostituito dall’articolo 1, comma 369, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), stabilisce infatti che, ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa, la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche, nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo coltivato effettuate dagli imprenditori agricoli costituiscono attività connesse ai sensi dell'art. 2135, terzo comma, del codice civile e si considerano pertanto produttive di reddito agrario (con il conseguente trattamento fiscale agevolato effettuato su base catastale).

 

Con la novella del comma 11 in esame, si fa salva pertanto anche in questo caso, come nel precedente comma 10, l’opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari, previa comunicazione all’ufficio secondo le modalità previste dal regolamento approvato con D.P.R. n. 442 del 1997[141].

L’articolo 1 del D.P.R. n. 442 del 1997 prevede che l'opzione e la revoca di regimi di determinazione dell'imposta o di regimi contabili si desumano da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili. La validità dell'opzione e della relativa revoca è subordinata unicamente alla sua concreta attuazione sin dall'inizio dell'anno o dell'attività. È comunque consentita la variazione dell'opzione e della revoca nel caso di modifica del relativo sistema in conseguenza di nuove disposizioni normative.

Per quanto riguarda la comunicazione l’articolo 2 prevede l’obbligo del contribuente di comunicare l'opzione di cui all'articolo 1 nella prima dichiarazione annuale IVA da presentare successivamente alla scelta operata. Nel caso di esonero dall'obbligo di presentazione della dichiarazione annuale, la scelta va comunicata con le stesse modalità ed i termini previsti per la presentazione della dichiarazione dei redditi utilizzando la specifica modulistica relativa alla dichiarazione annuale dell'imposta sul valore aggiunto.

In base all’articolo 3 l'opzione di cui all'articolo 1 vincola il contribuente alla sua concreta applicazione almeno per un triennio, e per un anno nel caso di regimi contabili. Restano salvi termini più ampi previsti da altre disposizioni normative concernenti la determinazione dell'imposta. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime prescelto l'opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata.


Articolo 9, comma 12
(Comunicazione trimestrale delle operazioni effettuate per i produttori agricoli in regime di esonero dagli adempimenti IVA)

 

12. All'articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, nel primo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e comunicare trimestralmente, anche in forma telematica, all'Agenzia delle entrate l'ammontare delle operazioni effettuate, secondo modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate».

 

 

Il comma 12 dell’articolo 9, introdotto in Commissione al Senato, modifica gli adempimenti cui sono tenuti i produttori agricoli in regime IVA di esonero dagli adempimenti contabile, disciplinato dall’articolo 34 comma 6 del D.P.R. n. 633 del 1972, recante Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, introducendo l’obbligo di comunicare trimestralmente, anche in forma telematica, all’Agenzia delle entrate, l’ammontare delle operazioni effettuate.

 

Si ricorda che il regime speciale per i produttori agricoli di cui all’articolo 34 del D.P.R. n. 633 del 1972 si distingue, rispetto a quello ordinario, essenzialmente per i diversi criteri di detrazione e di applicazione dell'imposta. La detrazione dell’imposta, infatti, è forfetizzata in misura pari all'importo che risulta applicando all'ammontare delle cessioni stesse le percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole. In sostanza, gli agricoltori non detraggono dall'IVA sulle vendite dei prodotti agricoli l’imposta effettivamente pagata per l'acquisto di beni e servizi, ma quella derivante dall'applicazione della percentuale di compensazione prevista per legge in base al tipo di attività o prodotto agricolo venduto.

Il comma 6 dell’articolo 34, modificato a partire dal 1° gennaio 2007 ad opera dell’articolo 2, comma 31 del D.L. n. 262 del 2006, convertito, con modificazioni, nella legge n. 286 del 2006, disciplina invece il nuovo regime Iva c.d. di esonero dagli adempimenti (che sostituisce a partire dalla suddetta data il precedente regime c.d. semplificato per i produttori agricoli) applicabile agli agricoltori che possiedano determinati requisiti e che consente un numero ridotto di adempimenti contabili. Tale regime si applica ai produttori agricoli che nell’anno solare precedente abbiano realizzato o, in caso di inizio attività, prevedano di realizzareun volume d'affari non superiore a settemila euro, costituito per almeno due terzi da cessioni di prodotti agricoli[142] e ittici di cui al comma 1. Il nuovo regime IVA di esonero dagli adempimenti contabili consiste nell’esonero dal versamento dell'imposta e da tutti gli obblighi documentali e contabili, compresa la dichiarazione annuale.

Gli unici obblighi che permangono per tali soggetti sono:

-        l'obbligo di numerare e conservare le fatture di acquisto e le bollette doganali a norma dell'articolo 39;

-        l’obbligo di emettere fattura per i cessionari e i committenti, se acquistano i beni o utilizzano i servizi nell'esercizio dell'impresa, con le modalità e nei termini di cui all'articolo 21, indicandovi la relativa imposta, determinata applicando le aliquote corrispondenti alle percentuali di compensazione;

-        l’obbligo di consegnare copia di tale fattura al produttore agricolo e registrarla separatamente a norma dell'articolo 25.

 

Il regime di esonero cessa di avere applicazione a partire dall'anno solare successivo a quello in cui e'stato superato il limite di 7.000 euro a condizione che non sia superato il limite di un terzo delle cessioni di altri beni.

I produttori agricoli hanno facoltà di non avvalersi delle disposizioni del regime di esonero e di optare per l’applicazione del regime Iva ordinario, ma in tale caso, l'opzione o la revoca valgono per tre anni e si esercitano con le modalità stabilite dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442, e successive modificazioni.

 

Si ricorda che per gli agricoltori esiste anche il regime Iva c.d. della franchigia”, previsto dal nuovo articolo 32-bis del D.P.R. n. 633 del 1972 ed introdotto dall’articolo 37, comma 15, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e applicabile anch’esso a partire dall’anno 2007.

Il regime della franchigia IVA, si applica a persone fisiche esercenti attività commerciali, agricole e professionali che, nell’anno solare precedente, abbiano realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedano di realizzare un volume di affari non superiore a 7.000 euro, e che non abbiano effettuato (o prevedono di non effettuare) cessioni all’esportazione.

Esso prevede che tali contribuenti siano esclusi dal campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto e che pertanto siano esonerati dagli obblighi di liquidazione e versamento dell’IVA sia periodici cheannuali e da tutti gli altri obblighi previsti dal D.P.R. n. 633 del 1972. Si tratta dei seguenti:

-        registrazione delle fatture emesse;

-        registrazione dei corrispettivi;

-        registrazione degli acquisti dichiarazione e comunicazione annuale;

-        compilazione ed invio del nuovo elenco clienti e fornitori;

-        tenuta e conservazione dei registri e documenti, fatta eccezione per le fatture di acquisto e le bollette doganali di importazione.

Essi, ovviamente, non potranno addebitare l’imposta sulle operazioni effettuate a titolo di rivalsa, né potranno detrarre l’IVA pagata sugli acquisti e sulle importazioni.

Permangono invece comunque per tali contribuenti minimi in franchigia i seguenti adempimenti:

-        gli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali;

-        l’obbligo di certificazione dei corrispettivi e della loro comunicazione telematica all’Agenzia delle entrate[143];

-        l’obbligo di integrare la fattura per gli acquisti intracomunitari e per le altre operazioni di cui risultano debitori di imposta (ad es. inversione contabile) con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta.

Con la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 28/E del 4 agosto 2006[144] sono state stabilite, come previsto dal comma 15 dell’articolo 32-bis, le prime procedure di attuazione di tale nuovo articolo e le modalità da osservare in caso di opzione per il regime ordinario.

 

Si segnala peraltro che l’articolo 4, commi da 1 a 21, del presente disegno di legge finanziaria apporta sostanziali modifiche al regime della franchigia Iva, sostituendolo con un nuovo regime fiscale semplificato per i contribuenti c.d. minimi avente un ambito di applicazione più ampio.

 

In base alla modifica apportata dall’articolo 9, comma 12 in commento i produttori agricoli che usufruiscono del nuovo regime di esonero IV A , pur essendo esentati dai sopra illustrati adempimenti contabili in materia di IVA, dovranno anch’essi, come i contribuenti minimi in franchigia, comunicare trimestralmente, anche in forma telematica, all’Agenzia delle entrate, l’ammontare delle operazioni effettuate, secondo modalità che saranno stabilite con un apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia medesima.


Articolo 9, commi 13-17
(Modifica agevolazioni accise su oli minerali e gas usati dalle Forze armate e sui carburanti impiegati da taxi e ambulanze)

 


13. Al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 17, comma 1, la lettera c) è sostituita dalla seguente:

«c) alle Forze armate di qualsiasi Stato che sia parte contraente del Trattato del Nord Atlantico, per gli usi consentiti, con esclusione delle Forze armate nazionali»;

b) alla tabella A, punto 12:

1) la voce: «benzina e benzina senza piombo: 40 per cento aliquota normale della benzina senza piombo» è sostituita dalla seguente: «benzina: euro 359,00 per 1.000 litri»;

2) nella voce «gasolio», le parole: «40 per cento aliquota normale» sono sostituite dalle seguenti: «euro 302,00 per 1.000 litri»;

c) alla tabella A, punto 13:

1) la voce: «benzina: 40 per cento aliquota normale;» è soppressa;

2) la voce: «benzina senza piombo: 40 per cento aliquota normale;» è sostituita dalla seguente: «benzina: 359,00 euro per 1.000 litri;»;

3) nella voce «gasolio» le parole: «40 per cento aliquota normale;» sono sostituite dalle seguenti: «euro 302,00 per 1.000 litri;»;

d) alla tabella A, dopo il punto 16, è aggiunto il seguente:

«16-bis. Prodotti energetici impiegati dalle Forze armate nazionali per gli usi consentiti:

Carburanti per motori:

Benzina euro 359,00 per 1.000 litri

Gasolio euro 302,00 per 1.000 litri

Gas di petrolio

liquefatto (GPL)esenzione

Gas naturale esenzione

Combustibili per riscaldamento:

Gasolio euro 21,00 per 1.000 litri

GPL zero

Gas naturale euro 11,66 per 1.000 metri cubi».

14. Al gas naturale impiegato dalle Forze armate nazionali come combustibile per riscaldamento, per il quale è applicata l'aliquota di accisa di cui al punto 16-bis della tabella A allegata al citato testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, non si applicano l'addizionale regionale all'accisa sul gas naturale usato come combustibile e l'imposta regionale sostitutiva per le utenze esenti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398, e successive modificazioni.

15. Nello stato di previsione del Ministero della difesa è istituito un fondo con lo stanziamento di euro 107.155.000 a decorrere dall'anno 2008, destinato al pagamento dell'accisa sui prodotti energetici impiegati dalle Forze armate nazionali diverse dal Corpo della Guardia di finanza, per gli usi consentiti. Con decreto del Ministro della difesa, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministro dell'economia e delle finanze tramite l'Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti, si provvede alla ripartizione del fondo tra le pertinenti unità previsionali di base dello stato di previsione del predetto Ministero.

16. Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un fondo con lo stanziamento di euro 7.845.000 a decorrere dall'anno 2008, destinato al pagamento dell'accisa sui prodotti energetici impiegati dal Corpo della Guardia di finanza per gli usi consentiti. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da comunicare, anche con evidenze informatiche, alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti, si provvede alla ripartizione del fondo tra le pertinenti unità previsionali di base dello stato di previsione del predetto Ministero.

17. All'onere derivante dai commi 15 e 16, pari ad euro 115.000.000 a decorrere dall'anno 2008, si provvede mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall'applicazione delle disposizioni di cui al comma 13, lettere a) e d).


 

 

L’articolo 9, comma 13 modifica una serie di agevolazioni ed esenzioni previstenel testo unico delle accise (D.Lgs. n. 504 del 1995) per renderle compatibili con le aliquote minime comunitarie di cui alla direttiva 2003/96/CE, del Consiglio del 27 ottobre 2003, che ha ristrutturato il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità.

In particolare la norma modifica delle agevolazioni relative all’accisa sugli oli minerali impiegati dalle Forze armate nazionali nonché quelle relative all’accisa sui carburanti impiegati dai taxi (e da altri veicoli equipollenti adibiti al servizio pubblico) e dalle ambulanze.

 

Si ricorda infatti che la direttiva 2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità, recepita con il decreto legislativo n. 26 del 2007, ha ristrutturato il quadro comunitario in materia di tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità; a tale scopo, è stata modificata la direttiva 92/12/CEE (relativa al regime giuridico generale, alla detenzione, alla circolazione e ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa); sono state, inoltre, abrogate le direttive 92/81/CEE (riguardante l’armonizzazione delle strutture delle accise sugli oli minerali) e 92/82/CEE (concernente il riavvicinamento delle aliquote di accisa sugli oli minerali).

L’articolo 5 della direttiva prevede che gli Stati membri possano applicare, sotto controllo fiscale, aliquote d'imposta differenziate, solamente a condizione che dette aliquote rispettino i livelli minimi di tassazione stabiliti nella direttiva stessa e che siano compatibili con il diritto comunitario, nei seguenti casi:

-    quando le aliquote differenziate sono direttamente connesse con la qualità del prodotto;

-    quando le aliquote differenziate dipendono dai livelli quantitativi del consumo di elettricità e dei prodotti energetici utilizzati per il riscaldamento;

-    per i seguenti usi: trasporti pubblici locali di passeggeri (compresi i taxi), raccolta di rifiuti, forze armate e pubblica amministrazione, disabili, ambulanze;

-    tra uso commerciale e non commerciale, per i prodotti energetici e l'elettricità.

Le aliquote minime comunitarie sono di euro 359,00 per 1000 litri di benzina e di euro 302,00 per 1 000 litri di gasolio se usati come carburanti per motori.

 

La prima modifica, di cui alle lettere a) e d) del comma 13 in commento elimina l’esenzione dall’accisa sugli oli minerali utilizzati dalle forze armate nazionali, mantenendo l’applicazione dell’esenzione per le sole forze armate degli Stati che siano parti contraente del Trattato del Nord Atlantico (NATO) e per gli usi consentiti.

Per le forze armate nazionali si prevede invece (lett. d) l’applicazione delle aliquote minime comunitarie che sono di euro 359,00 per 1000 litri per la benzina e di euro 302,00 per 1 000 litri per il gasolio usati come carburanti per motori, mentre per il GPL ed il gas naturale è prevista l’esenzione.

Per i combustibili da riscaldamento l’accisa è invece di 21 euro per mille litri di gasolio, di 11,66 euro per mille metri cubi di gas naturale mentre vi è l’esenzione per il GPL da riscaldamento;

 

La seconda modifica, di cui alla lettera b) del comma 13 riguarda la tassazione dei carburanti impiegati dai taxi, compresi i motoscafi che, in talune località, sostituiscono le vetture da piazza e quelli lacuali, adibiti al servizio pubblico da banchina per il trasporto di persone, per i quali il punto 12 della tabella A[145] allegata al D.P.R. n. 504 del 1995 prevede attualmente un’agevolazione consistente nell’applicazione di un’aliquota pari al 40 per cento di quella normale, sia per la benzina che per il gasolio.

Le aliquote vigenti sono pertanto di 225,6 euro per mille litri di benzina (mentre l’aliquota ordinaria è di 564 euro ) e di 169,2 euro per mille litri di gasolio (l’aliquota ordinaria è di 423 euro).

Con la modifica recata dalla lettera b) in commento tali aliquote vengono aumentate fino al livello delle aliquote minime comunitarie pari a:

§      359 euro per mille litri di benzina;

§      302 euro per mille litri di gasolio.

 

La terza modifica, apportata dalla lettera c)del comma 13, è analoga alla precedente e riguarda i carburanti impiegati dalle ambulanze.

Anche in questo caso si prevede l’applicazione dell’aliquota di accisa minima comunitaria di euro 359,00 per 1000 litri per la benzina e di euro 302,00 per 1.000 litri per il gasolio, eliminando la previgente agevolazione in base alla quale si pagava il 40 per cento dell’aliquota.

 

La tabella A allegata al D.P.R. n. 504 del 1995 prevede attualmente, al punto 13, per l’azionamento delle autoambulanze, destinate al trasporto degli ammalati e dei feriti di pertinenza dei vari enti di assistenza e di pronto soccorso, da determinare con provvedimento dell'amministrazione finanziaria, l’applicazione dell’aliquota agevolata pari al 40 per cento dell’aliquota normale sia per la benzina che per il gasolio. L’aliquota vigente per le ambulanze è pertanto, analogamente ai taxi, pari a 225,6 euro per mille litri di benzina ed a 169,2 euro per mille litri di gasolio.

Si ricorda che le agevolazioni previste per le autovetture da noleggio da piazza e per le autoambulanze sono concesse mediante crediti d'imposta da utilizzare in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero mediante buoni d'imposta. I crediti ed i buoni d'imposta non concorrono alla formazione del reddito imponibile e non vanno considerati ai fini del rapporto di cui all'articolo 63 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni

 

Si segnala che il contenuto del comma 13, lettere b) e c), è stato introdotto nell’articolo 39-ter del D.L. n. 159 del 2007, attualmente all’esame della Camera per la conversione in legge (A.C. 3194-A).

 

Il comma 14 prevede che al gas naturale impiegato dalle Forze armate nazionali come combustibile per riscaldamento, per il quale è prevista l’esenzione dall’aliquota di accisa, non si applichino l’addizionale regionale all’accisa sul gas naturale usato come combustibile e l’imposta regionale sostitutiva per le utenze esenti di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398, e successive modificazioni.

Si ricorda che il decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398, e successive modificazioni reca “l’istituzione e disciplina dell'addizionale regionale all'imposta erariale di trascrizione di cui alla legge 23 dicembre 1977, n. 952 e successive modificazioni, dell'addizionale regionale all'accisa sul gas naturale e per le utenze esenti, di un'imposta sostitutiva dell'addizionale, e previsione della facoltà delle regioni a statuto ordinario di istituire un'imposta regionale sulla benzina per autotrazione”.

Ai sensi dell’articolo 9 di tale decreto legislativo, è istituita una addizionale regionale all'accisa sul gas naturale usato nelle regioni a statuto ordinario come combustibile per impieghi diversi da quelli delle imprese industriali ed artigiane, nella misura che sarà determinata da ciascuna regione, con propria legge, entro i limiti minimo di lire 10 e massimo di lire 50 al metro cubo di gas erogato (comma 1). A carico delle utenze esenti è istituita una imposta regionale sostitutiva della addizionale di cui al comma 1 da determinarsi in misura pari all'importo della stessa (comma 2).

 

La relazione illustrativa specifica che tale previsione è funzionale al mantenimento dello status quo ante in relazione al pagamento di tali imposte.

 

Il comma 15 istituisce nello stato di previsione del Ministero della difesa, a decorrere dall’anno 2008, un fondo con lo stanziamento di euro 107.155.000, destinato al pagamento dell’accisa sui prodotti energetici impiegati dalle Forze armate nazionali diverse dal Corpo della Guardia di finanza.

La ripartizione del fondo tra le pertinenti unità previsionali di base dello stato di previsione del predetto ministero è rimessa ad un decreto del Ministro della difesa, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministro dell’economia e delle finanze tramite l’Ufficio Centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei Conti.

 

Il comma 16 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un fondo con lo stanziamento di euro 7.845.000 a decorrere dall’anno 2008, destinato al pagamento dell’accisa sui prodotti energetici impiegati dal Corpo della Guardia di finanza.

La ripartizione del fondo tra le pertinenti unità previsionali di base dello stato di previsione del medesimo Ministero è rimessa ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da comunicare, anche con evidenze informatiche, alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei Conti.

Il comma 17 prevede che all’onere derivante dai commi 15 e 16, pari ad euro 115 milioni a decorrere dall’anno 2008, si provveda mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall’applicazione delle sopra illustrate disposizioni di cui al comma 13, lettere a) e d).


Articolo 9, commi 18-23
(Riduzione accise e compartecipazione al gettito erariale nella regione Friuli Venezia Giulia)

 


18. A decorrere dal 1o gennaio 2008 il comma 16 dell'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e successive modificazioni, è abrogato.

19. A decorrere dal 1o gennaio 2009 il regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 16 dicembre 2004, n. 341, è abrogato.

20. All'articolo 49, primo comma, dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, di cui alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, e successive modificazioni, dopo il numero 7) è inserito il seguente:

«7-bis) il 29,75 per cento del gettito dell'accisa sulle benzine ed il 30,34 per cento del gettito dell'accisa sul gasolio consumati nella regione per uso autotrazione;».

21. L'efficacia della disposizione di cui al comma 20 decorre dal 1o gennaio 2008.

22. Per gli anni successivi al 2010, con cadenza annuale, mediante previsione nella legge finanziaria, è eventualmente rideterminata l'entità delle compartecipazioni al gettito dell'accisa sulle benzine e sul gasolio che competono alla regione Friuli-Venezia Giulia ai sensi dell'articolo 49, primo comma, numero 7-bis), della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, e successive modificazioni, al fine di garantire un effetto neutrale sui saldi di finanza pubblica e l'equilibrio finanziario nei rapporti tra lo Stato e la regione.

23. Al comma 15 dell'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e successive modificazioni, le parole: «e nell'ambito della quota dell'accisa a loro riservata» sono soppresse.


 

 

I commi da 18 a 23 dell’articolo 9 modificano il regime di riduzione dell’accisa e di compartecipazione al gettito erariale della stessa nella regione Friuli Venezia Giulia in relazione alla scadenza, avvenuta il 31 dicembre 2006 dell’autorizzazione comunitaria all’Italia per applicare una riduzione delle aliquote di accisa sulla benzina consumata nel territorio del Friuli-Venezia Giulia.

 

Il comma 18 prevede in particolare l’abrogazione, decorrere dal 1º gennaio 2008, del comma 16 dell’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549. Si tratta della norma che attribuiva alla regione Friuli Venezia Giulia, al fine di ridurre la concorrenzialità delle rivendite di carburanti negli Stati confinanti, una quota delle accise sulle benzine pari a 0,413 euro e dell'accisa sul gasolio per autotrazione pari a 0,26 euro per ogni litro venduto nel territorio della regione.

La Relazione governativa al presente disegno di legge finanziaria ricorda che lo Stato italiano ha potuto effettuare una differenziazione della tassazione sui medesimi carburanti nella regione Friuli-Venezia Giulia ai sensi di una deroga specifica recata nel punto 8 dell’Allegato III della direttiva 2003/96/CE, recante il nuovo quadro comunitario in materia di tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità, venuta a scadere il 31 dicembre 2006.

La direttiva 2003/96/CE prevede espressamente, all’articolo 18, alcune deroghe al divieto generale di riduzione dei livelli di tassazione, elencate nell’Allegato II. Queste deroghe, secondo quanto stabilito dallo stesso articolo, scadono il 31 dicembre 2006.

Tra le deroghe contenute nell’Allegato II quella riguardante il Friuli-Venezia Giulia consentiva una riduzione dell’aliquota dell’accisa sulla benzina consumata nel territorio della regione.

Pertanto, l’abrogazione di cui al presente comma 18 si rende necessaria per ripristinare la coerenza tra diritto nazionale e quadro normativo comunitario.

 

Nel dettaglio, il comma 16 dell’art. 3 che si intende abrogare attribuisce alla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, al fine di ridurre la concorrenzialità delle rivendite di carburanti negli Stati confinanti, di una quota delle accise sulle benzine pari a 0,413 euro e dell'accisa sul gasolio per autotrazione pari a 0,26 euro per ogni litro venduto nel territorio della regione.

Qualora le accise sui carburanti siano ridotte o inferiori a tali importi, anche per effetto di iniziative legislative regionali, è assegnata alla regione le quote di accisa di euro 0,413 per la benzina e di euro 0,26 per il gasolio per autotrazione diminuite della riduzione applicata sull'accisa stessa. Conseguentemente i trasferimenti statali a qualsiasi titolo spettanti alla regione Friuli-Venezia Giulia, ivi comprese le devoluzioni erariali in attuazione dello statuto, sono complessivamente ridotti, a piè di lista, dei minori introiti statali in dipendenza della presente norma, calcolati sulla base dei tributi incassati sulle benzine vendute nell'anno 1995 e sul gasolio per autotrazione venduto nell'anno 2001 nel territorio della regione.

Disposizioni di attuazione sono state emanate successivamente con il Decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze DM 16/12/2004, n. 341[146]. Secondo i criteri stabiliti nel Decreto sono stati ripartiti tra Stato e Regioni le maggiori entrate erariali derivanti dall’aumento di vendita dei carburanti, conseguente le riduzioni di prezzo degli stessi.

 

Conseguentemente all’abrogazione disposta dal precedente comma 18, il comma 19 abroga, a decorrere dal 1º gennaio 2009, il relativo regolamento adottato con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 16 dicembre 2004, n. 341, concernente disposizioni di attuazione della norma che assegnava alla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia la suddetta quota delle accise sulle benzine.

Tale abrogazione decorre dal 1° gennaio 2009 poiché – come segnalato dalla relazione illustrativa – nell’anno 2008 occorrerà determinare le quote di spettanza regionale maturate, nel precedente anno 2007, dalla regione Friuli-Venezia Giulia, ai sensi della predetta legge n. 549 del 1995.

 

A compensazione delle minori entrate della Regione, conseguenti la soppressione della compartecipazione in quota fissa, il comma 20 attribuisce alla regione il 29,75 per cento del gettito dell’accisa sulle benzine e il 30,34 per cento del gettito dell’accisa sul gasolio consumati nella regione per autotrazione.

A tal fine la norma in esame modifica lo statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia – adottato con legge costituzionale n. 1 del 1963 - inserendo il numero 7-bis) nell’art. 49, comma 1, dello statuto, che contiene l’elenco delle compartecipazioni alle entrate tributarie erariali riscosse nel territorio della Regione.

Si ricorda che le disposizioni finanziarie dello statuto (l. cost. n. 1 del 1963, Titolo IV), secondo quanto dispone l’articolo 63, quinto comma dello stesso, possono essere modificate con legge ordinaria sentita, in ogni caso, la regione.

Il comma 21 dispone l’efficacia della disposizione di cui al comma 20 a decorrere dal 1º gennaio 2008.

 

Il comma 22 prevede un meccanismo di revisione della compartecipazione di cui al sopra illustrato comma 20, al fine di garantire la continuità delle entrate erariali derivanti dall’applicazione dell’accisa sui suddetti carburanti.

La norma dispone pertanto che per gli anni successivi al 2010, mediante previsione nella legge finanziaria, possa essere eventualmente rideterminata l’entità delle compartecipazioni al gettito dell’accisa sulle benzine e sul gasolio che competono alla regione Friuli-Venezia Giulia, al fine di garantire un effetto neutrale sui saldi di finanza pubblica e l’equilibrio finanziario nei rapporti Stato-Regione.

 

Il comma 23, conseguentemente alle modifiche apportate dai commi da 20 a 22, modifica il comma 15 dell’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, sopprimendo l’inciso che fa riferimento testuale al fatto che vi sia una quota di accisa riservata alle regioni, nella norma che consente alle regioni, nonché alle province autonome di determinare, con propria legge una riduzione del prezzo alla pompa della benzina e del gasolio per autotrazione, per i soli cittadini residenti nella regione o nella provincia autonoma o in una parte di essa.

La disposizione modificata prevede attualmente che - fermi restando i vincoli derivanti dagli accordi internazionali e dalle normative dell'Unione europea, nonché dalle norme ad essi connesse - le regioni, nonché le province autonome, possono determinare, con propria legge e nell’ambito della quota dell’accisa a loro riservata, una riduzione del prezzo alla pompa della benzina e del gasolio per autotrazione, per i soli cittadini residenti nella regione o nella provincia autonoma o in una parte di essa.

 

Anche questa modifica, come la disciplina riguardante la regione Friuli-Venezia Giulia, è dettata dalla necessità di adeguare la normativa nazionale al diritto comunitario, in particolare alle disposizioni contenute nella già citata direttiva comunitaria 2003/96/CE, recepita, nell’ordinamento italiano, dal D.Lgs. n. 26 del 2007.

Il secondo comma dell’articolo 26 della direttiva stessa dispone infatti che, in relazione ai prodotti energetici, i provvedimenti di:

-        riduzione fiscale

-        esenzione fiscale

-        differenziazione delle aliquote

-        rimborso di imposta

possono essere configurabili come aiuti di Stato e vanno pertanto notificati alla Commissione. Non sono quindi consentiti provvedimenti generali di riduzioni di aliquote.

 

Resta da chiarire come possa avvenire la riduzione del prezzo della benzina, non potendo agire sulla accisa.


Articolo 9, commi 24-25
(Soppressione dell’esenzione dalle accise per i combustibili nella zona franca di Gorizia)

 


24. All'articolo 2, primo comma, della legge 1o dicembre 1948, n. 1438, recante disposizioni relative all'istituzione di una zona franca in una parte del territorio della provincia di Gorizia, al numero 7), le parole: «combustibili liquidi e» sono soppresse. Il potenziale valore globale delle agevolazioni di cui all'articolo 3, quarto comma, della legge 27 dicembre 1975, n. 700, relativo ai prodotti di cui alle tabelle A e B allegate alla medesima legge è ridotto di euro 50.123.520.

25. Entro il 30 aprile 2008, la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Gorizia provvede, ai sensi e con le modalità stabilite dall'articolo 3, quarto comma, della legge 27 dicembre 1975, n. 700, a modificare, coerentemente con quanto disposto al comma 24, le tabelle A e B allegate alla medesima legge vigenti alla data del 1o gennaio 2008. A decorrere dal 1o luglio 2008, in mancanza dell'emanazione del predetto provvedimento della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Gorizia, è comunque soppresso dalle tabelle A e B allegate alla predetta legge n. 700 del 1975, nella formulazione in vigore al 1o gennaio 2008, ogni riferimento a prodotti energetici che, in relazione all'uso cui sono destinati, risultino sottoposti ad accisa.


 

 

Il comma 24 dell’articolo 9, modifica la legge 10 dicembre 1948, n. 1438, recante disposizioni relative all’istituzione di una zona franca in una parte della provincia di Gorizia, sopprimendo il riferimento ai combustibili liquidi dall’elenco dei prodotti che possono essere immessi nel territorio della zona franca, per il fabbisogno locale, in esenzione dalle accise.

La disposizione si rende necessaria in relazione alla scadenza avvenuta il 31 dicembre 2006, dell’autorizzazione comunitaria all’Italia per l'applicazione di aliquote ridotte di accisa, in talune zone geografiche particolarmente svantaggiate, sul gasolio domestico per riscaldamento e sul GPL usato come combustibile per riscaldamento e distribuito dalle reti locali.

 

Si ricorda che la “zona franca” è una porzione del territorio statale – talora un comune, più spesso un’ampia parte di un intera provincia – che usufruisce di un regime fiscale particolare: le merci, infatti, possono liberamente entrare senza assolvere alcun dazio o tributo doganale, non per essere semplicemente depositate, bensì per essere consumate sul luogo.

Pertanto, le “zone franche” non rientrano nel territorio doganale dello Stato che le istituisce.

In Italia sono previste “zone franche” in Lombardia (Livigno), a Campione d’Italia (situata in territorio elvetico), a Gorizia e in alcune parti del Carso.

Ciascuno Stato, generalmente, istituisce autonomamente la propria “zona franca”; sono altresì possibili accordi internazionali tra Stati confinanti per la realizzazione di tali zone su aree di confine.

 

La norma del comma 24 in commento modifica in particolare l’articolo 2, comma 1, della citata l. n. 1438 del 1948.

Si tratta della disposizione consente l’immissione nel territorio della zona franca, per il fabbisogno locale, in esenzione dal diritto di licenza e dalle imposte di fabbricazione ed erariali di consumo, dei generi alimentari di prima necessità, nonché delle materie prime destinate ad essere lavorate nella zona franca medesima, e di una serie di prodotti, di seguito elencati, entro i limiti di contingenti annui fissati con decreto del Presidente della Repubblica:

1)       zucchero;

2)       caffè e surrogati di caffè;

3)       cacao;

4)       spiriti;

5)       birra;

6)       oli di semi alimentari;

7)       combustibili liquidi e lubrificanti;

8)       filati e tessuti di cotone, lana, raion e fiocco.

 

Il comma 24 stabilisce altresì che il potenziale valore globale delle agevolazioni di cui all’articolo 3, quarto comma, della legge 27 dicembre 1975, n. 700[147], relativo ai prodotti di cui alle tabelle A e B allegate alla medesima legge, sia ridotto di euro 50.123.520.

La tabella A comprende i contingenti introdotti attraverso la dogana di Gorizia e destinati al fabbisogno locale del territorio della provincia.

La tabella B, comprende i contingenti destinati agli stabilimenti industriali operanti nel territorio della provincia.

Il menzionato art. 3, quarto comma, prescrive che, con deliberazione della giunta della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Gorizia - integrata da 3 rappresentanti della amministrazione provinciale, di cui uno della minoranza, da 6 rappresentanti del comune di Gorizia, di cui 2 della minoranza, da 2 rappresentanti del comune di Savogna d'Isonzo, di cui uno della minoranza - i contingenti previsti dalle tabelle A e B allegate, potranno essere modificati, quantitativamente e qualitativamente, anche con variazioni tra le due tabelle, entro i limiti del potenziale valore globale delle agevolazioni dell'anno di proposta di variazione, fermo restando, come valore minimo garantito, quello delle corrispondenti, potenziali agevolazioni globali alla data del 1° gennaio 1986. La variazione avrà decorrenza dal 1° luglio e sarà fatta con i dati acquisiti al 1° gennaio precedente. La deliberazione è sottoposta all'approvazione del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro del tesoro, con il Ministro delle finanze e con il Ministro del commercio con l'estero, che si esprimono entro 60 giorni dalla ricezione della richiesta. Decorso inutilmente tale termine, la deliberazione si intende approvata.

 

Il comma 25 dispone che entro il 30 aprile 2008, la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Gorizia provveda a modificare, coerentemente con la novella apportata dal comma 24, le tabelle A e B allegate alla suddetta legge 27 dicembre 1975, n. 700, vigenti alla data del 1º gennaio 2008, in modo da eliminare ogni riferimento ai prodotti soggetti ad accisa.

La relazione illustrativa sottolinea che tale modifica è finalizzata a far sì che le suddette tabelle non contengano più riferimenti a prodotti sottoposti ad accisa (carburanti o combustibili per il riscaldamento), così da rendere il c.d. regime di zona franca della provincia di Gorizia coerente con la normativa comunitaria sulla tassazione dei prodotti energetici.

In mancanza dell’emanazione di tale provvedimento è comunque soppresso tale riferimento dalle tabelle A e B a decorrere dal 1º luglio 2008.


Articolo 9, commi 26-29
(Abrogazione del regime di esenzione per la benzina e il gasolio nelle zone franche di Trieste e Udine)

 


26. All'articolo 7 del decreto-legge 29 dicembre 1987, n. 534, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1988, n. 47, il comma 4 è abrogato.

27. L'articolo 6 del decreto-legge 22 novembre 1991, n. 369, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1992, n. 17, è abrogato.

28. All'articolo 7 del decreto-legge 30 dicembre 1991, n. 417, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1992, n. 66, i commi 1-ter, 1-quater e 1-quinquies sono abrogati.

29. L'articolo 8-bis del decreto-legge 22 novembre 1991, n. 369, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1992, n. 17, è abrogato.


 

 

L’articolo 9, comma 26 abroga il comma 4 dell’articolo 7 del decreto-legge 29 dicembre 1987, n. 534, convertito, con modificazioni dalla legge 29 febbraio 1988, n. 47, che aveva esteso il regime di esenzione previsto nei limiti di un contingente per le accise per la zona di Gorizia allasola benzina immessa nella provincia di Trieste ed in alcuni comuni della provincia di Udine.

La relazione illustrativa sottolinea come l’abrogazione proposta trovi giustificazione nella necessità di adeguare la normativa nazionale in materia di tassazione dei carburanti alle norme della direttiva comunitaria 2003/96/CE (recante il nuovo quadro comunitario in materia di tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità), recepita, nell’ordinamento italiano, dal D.Lgs. n. 26 del 2007.

 

Il comma 27 abroga, conseguentemente alla modifica di cui al precedente comma 26, l’articolo 6 del decreto-legge 22 novembre 1991, n. 369, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1992, n. 17. Si tratta della norma che aveva prorogato ed aumentato del venti per cento il contingente del regime di accisa agevolato sulla benzina per la provincia di Trieste ed i comuni della provincia di Udine.

 

Il comma 28 abroga i commi 1-ter, 1-quater e 1-quinquies dell’articolo 7, del decreto-legge 30 dicembre 1991, n. 417, convertito, con modificazioni dalla legge 6 febbraio 1992, n. 66, che avevano esteso l’agevolazione in questione al gasolio per autotrazione destinato al fabbisogno locale della provincia di Trieste e di alcuni comuni della provincia di Udine.

Tali commi, di cui si propone l’abrogazione, hanno sostanzialmente permesso di esentare dal pagamento delle accise contingenti determinati di gasolio per i consumi dei residenti nella provincia di Trieste e in alcuni comuni della provincia di Udine.

Anche tale abrogazione è finalizzata a conformare l’ordinamento interno alla scadenza – verificatasi il 31 dicembre 2006 – delle deroghe comunitarie contenute nella citata direttiva comunitaria 2003/96/CE (recante il nuovo quadro comunitario in materia di tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità).

 

Il comma 29 abroga infine l’articolo 8-bis del decreto-legge 22 novembre 1991, n. 369, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1992, n. 17, recante la norma che prevede che i contingenti agevolati di benzina e di gasolio siano quantificati in litri anziché in chilogrammi.

Si tratta di una norma di natura tecnica, inerente l’applicazione del regime della c.d. zona franca della provincia di Gorizia, che non risulta più necessaria in relazione alle modifiche apportate dai commi precedenti.

L’articolo 8-bis prevede in dettaglio che - a decorrere dal 1° gennaio 1992 - i contingenti di benzina e di gasolio previsti dalla tabella A allegata alla legge n. 700 del 1975[148], siano quantificati in litri anziché in chilogrammi applicando, nella trasformazione peso-volume, i coefficienti 0,733 per la benzina e 0,835 per il gasolio.


Articolo 9, commi 30-31
(Deducibilità contributi versati a casse sanitarie)

 


30. Al citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 10, comma 1, la lettera e-ter) è sostituita dalla seguente:

«e-ter) i contributi versati, fino ad un massimo di euro 3.615,20, ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale istituiti o adeguati ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, che erogano prestazioni negli ambiti di intervento stabiliti con decreto del Ministro della salute da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Ai fini del calcolo del predetto limite si tiene conto anche dei contributi di assistenza sanitaria versati ai sensi dell'articolo 51, comma 2, lettera a). Per i contributi versati nell'interesse delle persone indicate nell'articolo 12, che si trovino nelle condizioni ivi previste, la deduzione spetta per l'ammontare non dedotto dalle persone stesse, fermo restando l'importo complessivamente stabilito»;

b) all'articolo 51, comma 2, la lettera a) è sostituita dalla seguente:

«a) i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge; i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, che operino negli ambiti di intervento stabiliti con il decreto del Ministro della salute di cui all'articolo 10, comma 1, lettera e-ter), per un importo non superiore complessivamente ad euro 3.615,20. Ai fini del calcolo del predetto limite si tiene conto anche dei contributi di assistenza sanitaria versati ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera e-ter)».

31. All'articolo 78, comma 25-bis, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, dopo le parole: «fine assistenziale», sono inserite le seguenti: «e i fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale», e dopo le parole: «dell'articolo 51», sono inserite le seguenti: «e quelli di cui alla lettera e-ter) del comma 1 dell'articolo 10».


 

 

L’articolo 9, comma 30, modifica le disposizioni del TUIR che disciplinano la deducibilità dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), dei contributi versati a casse sanitarie.

I commi 30 e 31 razionalizzano il vigente quadro fiscale dettato dal testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, in relazione alle deduzioni previste per i versamenti di contributi a casse sanitarie, sia aumentando la misura massima della deduzione dal reddito dei contributi ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, disciplinata dall’articolo 10, comma 1, lettera e-ter), TUIR, che uniformandola nell’importo a quella prevista per i lavoratori dipendenti, disciplinata dall’articolo 51, comma 2, lettera a), TUIR, relativa ai contributi di assistenza sanitaria versati ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale.

Il comma 30, lettera a) prevede innanzitutto, tramite la modifica dell’articolo 10 del TUIR - nuova lettera e-ter) -, la deducibilità dei contributi versati da tutti i contribuenti persone fisiche, fino ad un massimo di euro 3.615,20 (in luogo del vigente limite di 2.066 euro), ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale che erogano prestazioni negli ambiti di intervento stabiliti con decreto del Ministro della salute, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

La norma prevede che ai fini del calcolo del limite si tenga conto anche dei contributi di assistenza sanitaria versati dai lavoratori dipendenti a casse previste da contratti collettivi o regolamenti aziendali.

E’ altresì stabilito che - per i contributi versati nell’interesse dei familiari a carico di cui all’art. 12 TUIR – la deduzione spetti per l’ammontare non dedotto dalle persone stesse, fermo restando l’importo complessivamente stabilito.

 

La lettera b) del comma 30 modifica poi l’articolo 51 del TUIR, elevando, dagli attuali 1.808 euro, a 3.615,20 euro il limite di non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente dei contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale.

Deve trattarsi di casse che operino negli ambiti di intervento stabiliti con l’emanando decreto del Ministro della salute, previsto dalla nuova lettera e-ter) dell’articolo 10 del TUIR..

Per effetto della novella in commento, non concorreranno pertanto a formare il reddito di lavoro dipendente:

-       i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge;

-       i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, che operino negli ambiti di intervento stabiliti con il decreto del Ministro della salute di cui all’articolo 10, comma 1, lettera e-ter), per un importo non superiore complessivamente ad euro 3.615,20. Ai fini del calcolo del predetto limite si tiene conto anche dei contributi di assistenza sanitaria versati ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera e-ter), del TUIR.

 

Il comma 31 modifica l’articolo 78, comma 25-bis, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, estendendo ai fondi integrativi del servizio sanitario nazionale l’obbligo, ivi previsto per gli enti e le casse aventi esclusivamente fine assistenziale, di comunicare in via telematica all'Anagrafe tributaria gli elenchi dei soggetti ai quali sono state rimborsate spese sanitarie.

Si tratta delle spese rimborsate per effetto dei contributi versati di cui alla sopra citata lettera a) del comma 2 dell'articolo 51 del citato testo unico, nonché per effetto dei contributi, di cui alla nuova lettera e-ter) del comma 1 dell’articolo 10, versati ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale.

Con la modifica in esame, l’obbligo di comunicazione all’anagrafe tributaria viene pertanto imposto anche ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale.

Altresì, viene ricompreso nell’oggetto della comunicazione anche il rimborso delle spese sanitarie per effetto dei contributi di cui alla lettera e-ter) del comma 1 dell’articolo 10 TUIR.

Si ricorda infatti che l’articolo 78, comma 25-bis, della legge 30 dicembre 1991, n. 413– introdotto dall’art. 1, comma 64 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) - impone agli enti e alle casse aventi esclusivamente fine assistenziale di comunicare in via telematica all'anagrafe tributaria gli elenchi dei soggetti ai quali sono state rimborsate spese sanitarie per effetto di contributi che non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente.


Articolo 9, comma 32
(Assegni per i nuclei familiari con disabili)

 


32. Nei limiti della maggiore spesa di 30 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008, i livelli di reddito e gli importi degli assegni per i nuclei familiari con almeno un componente inabile e per i nuclei orfanili sono rideterminati secondo criteri analoghi a quelli indicati all'articolo 1, comma 11, lettera a), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, con decreto interministeriale del Ministro delle politiche per la famiglia e del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale e con il Ministro dell'economia e delle finanze, anche con riferimento alla coerenza del sostegno dei redditi disponibili delle famiglie risultante dagli assegni per il nucleo familiare e dalle detrazioni ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.


 

 

Il comma 32 dell’articolo 9, introdotto durante l’esame al Senato, demanda ad un decreto del Ministro delle politiche per la famiglia e del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, emanato di concerto con il Ministro della solidarietà sociale e con il Ministro dell’economia e delle finanze, la rideterminazione, a decorrere dal 2008, nel limite di una maggiore spesa annua di 30 milioni di euro, della misura degli assegni per il nucleo familiare e dei relativi limiti massimi di reddito, volta all’elevamento dei medesimi, con riferimento ai nuclei familiari con almeno un componente inabile (totalmente) al lavoro ed ai nuclei familiari "orfanili" (in cui, cioè, siano deceduti entrambi i genitori).

La rideterminazione è attuata sulla base di criteri analoghi a quelli di cui alla Tabella 1 allegata all'art. 1, comma 11, lettera a), della L. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), anche con riferimento alla coerenza del sostegno dei redditi familiari disponibili risultante dall'istituto in esame degli assegni per il nucleo familiare e dalle detrazioni IRPEF.

 

Si ricorda che il citato comma 11 dispone una rideterminazione degli importi dell’assegno per il nucleo familiare e dei relativi limiti di reddito, di cui all’articolo 2 del D.L. 13 marzo 1988, n. 69[149], consentendo, inoltre, che con decreto interministeriale venga operata un'ulteriore rimodulazione. In particolare si prevede che:

-        i livelli di reddito e gli importi annuali dell'assegno per il nucleo familiare, con riferimento ai nuclei familiari con entrambi i genitori e almeno un figlio minore in cui non siano presenti componenti inabili nonché ai nuclei familiari con un solo genitore e almeno un figlio minore in cui non siano presenti componenti inabili, sono rideterminati secondo la Tabella 1 allegata alla legge in esame, a decorrere dal 1° gennaio 2007 (lettera a));

-        gli importi degli assegni per tutte le altre tipologie di nuclei con figli sono rivalutati del 15 per cento, sempre con decorrenza dal 1° gennaio 2007 (lettera b));

-        i livelli di reddito e gli importi degli assegni per i nuclei con figli di cui alle lettere a) e b) nonchéquelli per i nuclei familiari senza figli possono essere rimodulati ulteriormente con decreto interministeriale[150], secondo criteri analoghi a quelli adottati nella Tabella summenzionata, "anche con riferimento alla coerenza del sostegno dei redditi disponibili delle famiglie risultante dagli assegni per il nucleo familiare e dalle detrazioni a fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche" (lettera c));

-        nel caso di nuclei familiari con più di tre figli, o soggetti equiparati, di età inferiore a 26 anni compiuti, ai fini della determinazione dell’assegno, si prendono in considerazione, oltre ai figli minori, anche i figli che abbiano già compiuto diciotto anni, ma che non ne abbiano ancora compiuto ventuno, purché siano studenti o apprendisti (lettera d));

-        gli ordinari criteri di rivalutazione dei livelli di reddito e dell'importo dell'assegno (cfr. infra) non si applicano con riferimento al 2007 e trovano nuovamente applicazione a decorrere dal 2008 (lettera e)).

 

Si ricorda che riguardo l’applicazione dell’art. 1, comma 11 sopra richiamato si sono verificate disparità di trattamento per alcuni livelli di reddito, tale da determinare, a parità di reddito del nucleo familiare, un importo inferiore dell’assegno in nuclei con almeno un figlio minore e almeno un componente inabile. Su tale questione è intervenuto il D.M. 7 marzo 2007, recante “Modalità applicative dell'articolo 1, comma 11, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, in materia di assegni familiari” il quale ha stabilito che, dal momento che la norma della legge finanziaria aveva lo scopo di fornire una maggior tutela ai nuclei familiari più bisognosi, ivi compresi i nuclei in cui sono presenti componenti inabili, al fine di sanare tale situazione di disuguaglianza, l’importo dell’assegno per i nuclei con componenti inabili debba essere quantomeno pari a quello dei nuclei equivalenti senza componenti inabili. E’ poi intervenuta la circolare n. 88 del 18 maggio 2007 dell’INPS, che ha ridefinito le tabelle relative agli assegni.

 

Il decreto interministeriale previsto dal comma in esame deve essere emanato entro il 29 febbraio 2008.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 10 maggio 2007la Commissione ha presentato la comunicazionePromuovere la solidarietà tra le generazioni” (COM(2007)244), volta ad aiutare gli Stati membri ad affrontare la sfida demografica[151].

Per aiutare i cittadini europei a conciliare più efficacemente il lavoro e la famiglia, la comunicazione richiama l’attenzione su tre settori nei quali gli Stati membri, i partners sociali e la società civile, così come la UE, possono svolgere un ruolo incisivo:

-        sostegno finanziario per affrontare i costi di mantenimento di una famiglia;

-        servizi di assistenza di qualità, sia per i bambini, sia per gli anziani dipendenti;

-        tempo di lavoro flessibile, con orari di lavoro appropriati e facilitazioni in materia di congedo.

La comunicazione ritiene che incoraggiando una risposta più efficace ai bisogni della famiglia relativi alla cura dei bambini e delle persone dipendenti ed una ripartizione più equilibrata delle responsabilità familiari e domestiche, le politiche familiari nazionali rafforzeranno la solidarietà intergenerazionale. Pur ricordando che la competenza esclusiva in materia di politiche familiari spetta agli Stati membri, la Commissione sottolinea che l’Unione può apportare un suo contributo alla loro modernizzazione; attraverso l’accento posto sull’uguaglianza tra donne e uomini e, più in generale, sulle pari opportunità, la strategia di Lisbona costituisce una cornice adatta a sostenere questa evoluzione delle politiche familiari nazionali.

Parallelamente alla comunicazione, la Commissione intende costituire il gruppo di alto livello di esperti governativi sulle questioni demografiche, volto ad assistere la Commissione nella preparazione dei rapporti e dei forum biennali sulla demografia, nell’attività di analisi e di scambio di esperienze.

 

La Commissione osserva che nell’Unione europea la spesa per le prestazioni familiari e i servizi di custodia dei bambini risulta in media pari al 2,1% del PIL, ma può variare fra lo 0,7% e il 3,9% a seconda dei paesi, con livelli piuttosto bassi nei paesi dell’Europa meridionale, che tendono a ricorrere in misura maggiore alla solidarietà nell’ambito del nucleo familiare, e livelli più elevati nei paesi nordici e continentali.

Alleanza per la famiglia

La comunicazione della Commissione “Promuovere la solidarietà tra le generazioni”, sopra citata, accoglie favorevolmente l’iniziativa di una Alleanza europea per la famiglia, annunciata dal Consiglio europeo di primavera, che servirà da piattaforma per lo scambio di conoscenze e di esperienze.

In particolare, la Commissione precisa che l’Alleanza per la famiglia costituirà una piattaforma di scambi e di conoscenze sulle politiche favorevoli alle famiglie e sulle buone pratiche degli Stati membri, destinate a rispondere alle sfide poste dal cambiamento demografico. Per costituire questa piattaforma, la Commissione intende sviluppare, dal 2007, strumenti per sistematizzare lo scambio di buone pratiche e la ricerca. Inoltre, in tale contesto, la Commissione intende stimolare la cooperazione e il partenariato tra tutte le parti interessate per favorire una migliore conciliazione tra vita professionale, familiare e privata, ricorrendo a nuovi mezzi messi a disposizione dai fondi strutturali. Infine, in occasione del terzo forum demografico previsto per il 2010, la Commissione presenterà una relazione sulle realizzazioni portate a termine nel quadro dell’Alleanza.

Il Consiglio occupazione ha adottato, nella sessione del 30 e 31 maggio 2007, conclusioni sull’importanza delle politiche favorevoli alla famiglia in Europa e sulla creazione di un’Alleanza per la famiglia.

Le conclusioni esortano gli Stati membri, in particolare, a utilizzare le possibilità offerte dai fondi strutturali europei e da altri pertinenti strumenti europei di finanziamento per assicurare l’adeguato sostegno finanziario a alle iniziative locali, regionali o nazionali a favore della famiglia, quali l’organizzazione di forum e partenariati a livello nazionale, regionale o locale volti a promuovere l’occupazione tramite una migliore conciliazione tra vita lavorativa, familiare e privata, agevolando l’accesso all’assistenza all’infanzia e all’assistenza alle persone non autosufficienti e adeguando l’organizzazione del lavoro alle esigenze della famiglia.


Articolo 9, comma 33
(Detrazioni d’imposta per rette asili nido)

 

33. Le disposizioni dell'articolo 1, comma 335, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, si applicano anche al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007.

 

 

Il comma 33 dell’articolo 9, introdotto in Commissione al Senato, proroga al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007 la detrazione IRPEF del 19 per cento delle spese documentate sostenute dai genitori per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido, per un importo complessivamente non superiore a 632 euro annui per ogni figlio ospitato negli stessi asili.

Pertanto, l’importo massimo della detrazione risulta di euro 120,08.

 

Tale detrazione, inizialmente prevista dall’articolo 1, comma 335, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), era già stata prorogata al periodo di imposta 2006 dall’articolo 1 (unico), comma 400, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).

Si ricorda che sia gli oneri deducibili, sia le detrazioni d’imposta hanno la funzione di ridurre il carico fiscale gravante sul soggetto.

Le detrazioni d’imposta, disciplinate dall’articolo 15 del TUIR, operano in particolare una decurtazione dell’imposta lorda, tenendo conto, entro misure prefissate, di oneri sostenuti dal soggetto passivo per il suo stesso mantenimento, ovvero di determinati oneri gravanti su particolari fonti produttive di reddito, nonché di erogazioni liberali effettuate a favore di particolari soggetti per determinate finalità.

L’articolo 15 del TUIR individua gli oneri detraibili dall'imposta lorda nella misura del 19 per cento, qualora gli stessi non siano già deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo.

 

Come è ricordato nella circolare dell’Agenzia delle entrate n. 6/E del 13 febbraio 2006, par. 2.1, per la nozione di asilo nido deve farsi riferimento all'articolo 70 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, secondo cui costituiscono asili nido le strutture dirette a garantire la formazione e la socializzazione delle bambine e dei bambini di età compresa tra i tre mesi e i tre anni e a sostenere le famiglie e i genitori. E’ possibile fruire del beneficio fiscale in relazione alle somme versate a qualsiasi asilo nido, sia pubblico che privato.

Secondo quanto precisato dall’Agenzia, <<la detrazione, in aderenza al principio di cassa, compete in relazione alle spese sostenute nel periodo d'imposta 2005, a prescindere dall’anno scolastico cui si riferiscono>>. Essa <<va divisa tra i genitori sulla base dell'onere da ciascuno sostenuto. Qualora il documento di spesa sia intestato al bimbo, o ad uno solo dei coniugi, è comunque possibile specificare, tramite annotazione sullo stesso, le percentuali di spesa imputabili a ciascuno degli aventi diritto>>. Le spese detraibili debbono essere documentate e sostenute secondo i principi generali validi in tema di detrazione: la documentazione dell'avvenuto pagamento può essere costituita da fattura, bollettino bancario o postale, ricevuta o quietanza di pagamento.


Articolo 9, comma 34
(Detrazioni d’imposta per interessi passivi sui mutui)

 

34. All'articolo 15, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole: «7 milioni di lire», ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: «4.000 euro».

 

 

Il comma 34 dell’articolo 9, aggiunto in Commissione al Senato, modifica l’articolo 15, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

La disposizione eleva da 3.615,20 euro (sette milioni di lire) a 4.000 euro il limite di detraibilità degli oneri, dipendenti da mutui garantiti da ipoteca su immobili contratti per l’acquisto dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un anno dall’acquisto. Tali oneri sono detraibili al 19 per cento, pertanto l’imposta massima concretamente detraibile sarà di 760 euro annui.

 

In base al vigente art. 15, comma 1, lettera b), TUIR, dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 19 per cento dei seguenti oneri sostenuti dal contribuente, se non deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo:

(…)

b) gli interessi passivi, e relativi oneri accessori, nonché le quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro della Comunità europea ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti in dipendenza di mutui garantiti da ipoteca su immobili contratti per l'acquisto dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un anno dall'acquisto stesso, per un importo non superiore a 7 milioni di lire. L'acquisto della unità immobiliare deve essere effettuato nell'anno precedente o successivo alla data della stipulazione del contratto di mutuo. Non si tiene conto del suddetto periodo nel caso in cui l'originario contratto è estinto e ne viene stipulato uno nuovo di importo non superiore alla residua quota di capitale da rimborsare, maggiorata delle spese e degli oneri correlati. In caso di acquisto di unità immobiliare locata, la detrazione spetta a condizione che entro tre mesi dall'acquisto sia stato notificato al locatario l'atto di intimazione di licenza o di sfratto per finita locazione e che entro un anno dal rilascio l'unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale. Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente. La detrazione spetta non oltre il periodo d'imposta nel corso del quale è variata la dimora abituale; non si tiene conto delle variazioni dipendenti da trasferimenti per motivi di lavoro. Non si tiene conto, altresì, delle variazioni dipendenti da ricoveri permanenti in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l'unità immobiliare non risulti locata. Nel caso l'immobile acquistato sia oggetto di lavori di ristrutturazione edilizia, comprovata dalla relativa concessione edilizia o atto equivalente, la detrazione spetta a decorrere dalla data in cui l'unità immobiliare è adibita a dimora abituale, e comunque entro due anni dall'acquisto. In caso di contitolarità del contratto di mutuo o di più contratti di mutuo il limite di 7 milioni di lire è riferito all'ammontare complessivo degli interessi, oneri accessori e quote di rivalutazione sostenuti. La detrazione spetta, nello stesso limite complessivo e alle stesse condizioni, anche con riferimento alle somme corrisposte dagli assegnatari di alloggi di cooperative e dagli acquirenti di unità immobiliari di nuova costruzione, alla cooperativa o all'impresa costruttrice a titolo di rimborso degli interessi passivi, oneri accessori e quote di rivalutazione relativi ai mutui ipotecari contratti dalla stessa e ancora indivisi. Se il mutuo è intestato ad entrambi i coniugi, ciascuno di essi può fruire della detrazione unicamente per la propria quota di interessi; in caso di coniuge fiscalmente a carico dell'altro la detrazione spetta a quest'ultimo per entrambe le quote.


Articolo 9, comma 35
(Esenzione dalla tassa di concessioni governative sui telefonini intestati ai non udenti)

 

35. All'articolo 21, nota 3, della tariffa delle tasse sulle concessioni governative, di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 28 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1995, dopo le parole: «nonché a non vedenti» sono inserite le seguenti: «e a sordi».

 

 

Il nuovo comma 35 dell’articolo 9, introdotto in Commissione al Senato, estende l’esenzione dalla tassa di concessione governativa, attualmenteprevista per l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione (telefonini) da parte di invalidi a seguito di perdita anatomica o funzionale di entrambi gli arti inferiori nonché a non vedenti, anche ai sordi.

 

L’esenzione viene concessa modificando la tariffa 21, nota 3, del decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995 (Approvazione della nuova tariffa delle tasse sulle concessioni governative)[152], che prevede in dettaglio l’esenzione dalla tassa sulle concessioni nel caso di licenze o di documenti sostitutivi intestati ad invalidi a seguito di perdita anatomica o funzionale di entrambi gli arti inferiori nonché a non vedenti. L'invalidità deve essere attestata dalla competente unità sanitaria locale e la relativa certificazione prodotta al concessionario del servizio all'atto della stipulazione dell'abbonamento.

 

La tassa di concessione governativa sulle utenze dei telefonini è dovuta nella misura di 5,16 euro per le utenze residenziali e di 12,91 euro per le utenze affari, con riferimento al numero di mesi di utenza considerati in ciascuna bolletta, congiuntamente al canone di abbonamento.

Le modalità e i termini di versamento all'erario delle tasse riscosse dal concessionario del servizio sono stabiliti con decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni.

 

Si ricorda che in materia di tasse di concessione governativa, disciplinate dal D.P.R. n. 641 del 1972 e la cui tariffa è stata approvata con DM 28 dicembre 1995, è intervenuto il comma 300 della legge finanziaria per il 2005, modificato successivamente dall’articolo 7 del decreto-legge n. 7 del 2005, convertito dalla legge n. 43 del 2005. Tali norme hanno stabilito che gli importi in misura fissa dell’imposta di bollo e delle tasse di concessione governativa, diversi da quelli indicati negli allegati da 2-bis a 2-sexies della medesima legge finanziaria 2005 (i quali sono stati aggiornati nella legge finanziaria stessa), vengono aggiornati con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze i cui effetti decorrono dal 1° giugno 2005. Con DM 24 maggio 2005 è stato disposto l’aggiornamento dei suddetti importi in misura fissa.

Da tale aggiornamento sono stati esclusi gli importi, di cui alle lettere a) e b) dell'articolo 21, della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, e successive modificazioni, relativi agli apparecchi radiomobili, i quali sono invece aggiornati, tenuto conto anche dell’aumento dei prezzi al consumo quale risultante dagli indici ISTAT per le famiglie degli operai e degli impiegati, e dell’esigenza di semplificazione o di integrazioni innovative per servizi telematici a valore aggiunto, secondo quanto stabilito negli allegati da 2-bis a 2-sexies alla legge finanziaria stessa.

 

Si rileva che non è conforme alle regole sulla stesura tecnica dei testi normativi apportare con una fonte di rango legislativo una modifica frammentaria a una norma di rango inferiore.

 


Articolo 9, comma 36
(Franchigia per i redditi di lavoro dipendente prestati all’estero in zone di frontiera)

 

36. Per gli anni 2008, 2009 e 2010 i redditi derivanti da lavoro dipendente prestato, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, all'estero in zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi da soggetti residenti nel territorio dello Stato concorrono a formare il reddito complessivo per l'importo eccedente 8.000 euro.

 

 

L’articolo 9, comma 36, introdotto in Commissione al Senato,. prevede una franchigia di esenzione di 8.000 euro per i redditi di lavoro dipendente prestati all’estero in zone di frontiera.

L’agevolazione, che viene concessa per tre periodi d’imposta, 2008, 2009 e 2010, prevede specificamente che i redditi derivanti da lavoro dipendente prestato in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, all’estero in zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi da soggetti residenti nel territorio dello Stato, concorrano a formare il reddito complessivo per l’importo eccedente 8.000 euro.

Dal tenore letterale della norma si evincono alcune condizioni per fruire dell’agevolazione:

-          essere persone fisiche residenti in Italia;

-          prestare lavoro dipendente in via continuativa, quindi non occasionalmente, e come oggetto esclusivo del rapporto;

-          prestare tale lavoro in zone di frontiera o in paesi limitrofi (per la nozione di paesi limitrofi v. sub).

Si ricorda che la legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) al comma 398 dell’articolo 1 aveva riconfermato l’applicazione di un analogo beneficio che prorogava al 2007 i benefìci fiscali relativi ai redditi di lavoro dipendente conseguiti dai lavoratori frontalieri, già previsti in passato dal comma 11 dell’articolo 2 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003). Tale ultima norma infatti aveva disposto l'esenzione dall’IRPEF, per una quota fino a 8.000 euro, dei redditi derivanti da lavoro dipendente prestato all’estero in zone di frontiera.

Il predetto beneficio spettava per i redditi di lavoro dipendente prestati, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, all’estero in zone di frontiera e in altri Paesi limitrofi da soggetti residenti nel territorio dello Stato[153].

La franchigia, prevista dalla legge n. 289 del 2002 limitatamente al 2003, è stata poi prorogata per il 2004 dall’articolo 2, comma 12, lettera a), della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), per il 2005 dall’articolo 1, comma 504, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) e per il 2006 dall’articolo 1, comma 122, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).

Per quanto riguarda l’ambito di applicazione della norma si ricorda che la circolare dell’Agenzia delle entrate 15 gennaio 2003, n. 2, ribadendo, tra l’altro, quanto già contenuto nella circolare della medesima Agenzia 3 gennaio 2001, n. 1, esplicativa della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001), ha precisato che la disposizione in questione si riferisce ai soli redditi percepiti dai lavoratori dipendenti che sono residenti in Italia e quotidianamente si recano all’estero in zone di frontiera (quali ad esempio, Francia, Austria, Repubblica di San Marino, Stato della Città del Vaticano) o in paesi limitrofi (quali ad esempio il Principato di Monaco) per svolgere la prestazione di lavoro.

Non rientrano, invece, nella previsione dell’articolo 2, comma 11, le ipotesi di lavoratori dipendenti, anch’essi residenti in Italia, che, in forza di uno specifico contratto che preveda l’esecuzione della prestazione all’estero in via esclusiva e continuativa, soggiornano all’estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di dodici mesi. A tali lavoratori si applica, invece, il regime di tassazione speciale previsto dal comma 8-bis dell'articolo 51 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dall’articolo 36 della legge 21 novembre 2000, n. 342.

L’articolo 51, comma 8-bis del TUIR prevede che il reddito di lavoro dipendente, prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell'arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, sia determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398.


Articolo 9, comma 37
(Riduzione dell’imposta di bollo sulla presentazione degli atti delle imprese individuali)

 


37. All'articolo 1, comma 1-ter, lettera a), della tariffa dell'imposta di bollo, parte I, annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, come sostituita dal decreto del Ministro delle finanze 20 agosto 1992, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 196 del 21 agosto 1992, e come modificata, da ultimo, dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 22 febbraio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 2 marzo 2007, le parole: «euro 42,00» sono sostituite dalle seguenti: «euro 17,50».


 

 

L’articolo 9, comma 37, riduce da 42 euro a 17,50 euro la tariffa dell’imposta di bollo dovuta per la presentazione telematica di atti relativi ad imprese individuali.

 

L’articolo 9 del decreto-legge n. 7 del 2007[154], convertito, con modificazioni, dalla legge n. 40 del 2007, ha previsto modalità amministrative semplificate e telematiche per l’avvio dell’impresa, stabilendo, in particolare, che tutti gli adempimenti amministrativi previsti per l’iscrizione nel registro delle imprese ed ai fini previdenziali, assistenziali, fiscali e per l’ottenimento del codice fiscale e della partita IVA, siano sostituiti da una comunicazione unica, da presentare al registro delle imprese in via telematica o mediante le Camere di commercio.

Il comma 10 dell’articolo 9 prevede in particolare che al fine di incentivare l'utilizzo del mezzo telematico da parte delle imprese individuali, relativamente agli atti dello stesso articolo 9, la misura dell'imposta di bollo di cui all'articolo 1, comma 1-ter, della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, come sostituita dal decreto del Ministro delle finanze 20 agosto 1992, e successive modificazioni, sia rideterminata, garantendo comunque l'invarianza del gettito, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, da adottarsi entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

 

Il comma 37 in commento novella l’articolo 1, comma 1-ter, lettera a), della tariffa dell’imposta di bollo, parte prima, annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642[155], come sostituita dal decreto del Ministro delle finanze 20 agosto 1992[156], e come modificata, da ultimo, dal decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 22 febbraio 2007[157].

Per effetto della modifica in esame, l’imposta di bollo dovuta dalle imprese individuali per la comunicazione unica telematica viene fissata nella misura di 17,50 euro, in luogo dei vigenti 42 euro.

 

L’articolo 1, comma 1-ter della Tariffa parte prima ha ad oggetto le domande, le denunce e gli atti che le accompagnano, presentate all'ufficio del registro delle imprese ed inviate per via telematica ovvero presentate su supporto informatico ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59. Per questi atti, per ciascuna domanda,denuncia od atto è dovuta l’imposta nelle seguenti misure:

a) se presentate da ditte individuali: 42 euro;

b) se presentate da società di persone: 59 euro;

c) se presentate da società di capitali: 65 euro.

 

 

Si rileva che non è conforme alle regole sulla stesura tecnica dei testi normativi apportare con una fonte di rango legislativo una modifica frammentaria a una norma di rango inferiore.


Articolo 9, comma 38
(Inclusione delle attività di formazione e di studio connesse alla riforma del catasto nel programma straordinario di formazione della Scuola superiore dell'economia e delle finanze)

 

38. Tra le attività incluse nel programma straordinario di cui all'articolo 1, comma 373, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono comprese le attività di formazione e di studio connesse alla riforma del catasto nonché al conferimento ai comuni delle funzioni catastali.

 

 

L’articolo 9, comma 38, introdotto al Senato, prevede che tra le attività incluse nel programma straordinario di formazione della Scuola superiore dell'economia e delle finanze di cui all’articolo 1, comma 373 della legge finanziaria 2005, siano comprese le attività di formazione e di studio connesse alla riforma del catasto nonché al conferimento ai comuni delle funzioni catastali.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 373 della legge finanziaria 2005 (della legge 30 dicembre 2004, n. 311) dispone l’avvio, da parte della Scuola superiore dell’economia e delle finanze, di un programma straordinario di qualificazione continua e ricorrente e formazione mirata e specialistica del personale dell'amministrazione finanziaria e delle agenzie fiscali addetto all’attività di accertamento delle violazioni alle disposizioni dei commi da 367 a 375 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (questi ultimi commi vietano la riutilizzazione commerciale dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali ed ipotecari, che risultino acquisiti, anche per via telematica in via diretta o mediata, dagli archivi catastali o da pubblici registri immobiliari, tenuti dagli uffici dell'Agenzia del territori).

Si ricorda che il comma 194 dell’articolo 1 (unico) della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) ha modificato alcune norme del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112[158], relative al decentramento delle funzioni catastali ai comuni, chiarendo la ripartizione di competenze tra Stato ed enti locali per le funzioni relative agli atti catastali. In particolare, modificando gli articoli 65 e 66 di tale decreto legislativo, che elencano rispettivamente le funzioni conservate in capo allo Stato e quelle conferite agli enti locali.

E’ stata confermata l’attribuzione ai comuni delle funzioni di conservazione, utilizzazione e aggiornamento degli atti catastali, cioè la possibilità di utilizzare le banche dati catastali. Per quanto riguarda la revisione degli estimi e del classamento, in precedenza attribuita ai comuni, la nuova formulazione chiarisce anche che i comuni partecipano al solo processo di determinazione degli estimi, ed elimina il riferimento alle funzioni relative al classamento. Tali funzioni catastali potranno essere esercitate dai comuni anche in forma associata, o attraverso le comunità montane.

I commi da 195 a 200 dell’articolo 1 della legge n. 296 del 2006 (finanziaria per il 2007) recano poi le modalità di esercizio delle funzioni catastali spettanti agli enti locali.

Il comma 195 prevede in particolare che i comuni – a decorrere dal 1° novembre 2007 – esercitino direttamente le funzioni catastali ad essi attribuite dall’articolo 66 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, escludendo la possibilità di esercitare le funzioni catastali affidandole a società private, pubbliche o miste pubblico-private, al fine di evitare maggiori oneri per la finanza pubblica.

Il comma 197 ha poi attribuito ai comuni la facoltà di stipulare convenzioni non onerose con l’Agenzia del territorio, per l’esercizio di tutte o di parte delle funzioni catastali ad essi attribuite, specificando però che queste convenzioni hanno durata decennale e sono tacitamente rinnovabili. La stipula di tali convenzioni è possibile con la sola Agenzia del territorio. Con D.P.C.M,. su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sono determinati i requisiti e gli elementi necessari al convenzionamento ed al completo esercizio delle funzioni decentrate nonché i livelli di qualità che i comuni devono assicurare nell’esercizio diretto, i controlli e le conseguenti misure in caso di mancato raggiungimento dei livelli. In attuazione del comma 197, è stato emanato il D.P.C.M. 14 giugno 2007.

 


Articolo 9, commi 39-40
(Detrazioni d’imposta per spese di formazione dei docenti delle scuole e per i canoni di locazione studenti fuori sede)

 


39. Per l'anno 2008 ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado, anche non di ruolo con incarico annuale, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, spetta una detrazione dall'imposta lorda e fino a capienza della stessa nella misura del 19 per cento delle spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico, fino ad un importo massimo delle stesse di 500 euro, per l'autoaggiornamento e per la formazione.

40. Alla lettera i-sexies) del comma 1 dell'articolo 15 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo le parole: «e successive modificazioni,» sono inserite le seguenti: «i canoni relativi ai contratti di ospitalità, nonché agli atti di assegnazione in godimento o locazione, stipulati con enti per il diritto allo studio, università, collegi universitari legalmente riconosciuti, enti senza fine di lucro e cooperative,».


 

 

L’articolo 9, comma 39, concede per l’anno 2008 ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado, anche non di ruolo con incarico annuale, una detrazione d’imposta ai fini IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche), del 19 per cento delle spese per l’autoaggiornamento e per la formazione, applicabile sul limite massimo di spesa di 500 euro.

L’importo massimo della detrazione fruibile è pertanto di 95 euro.

 

Le spese devono essere documentate ed effettivamente rimaste a carico.

La detrazione spetta fino a capienza del debito di imposta lordo e fino ad un importo massimo di 500 euro di spesa.

 

 

Il comma 40 dell’articolo 9 concede agli studenti fuori sede una detrazione d’imposta sui i canoni di locazione relativi ai contratti di ospitalità, nonché agli atti di assegnazione in godimento o locazione, stipulati con gli Enti per il diritto allo studio, Università, Collegi universitari legalmente riconosciuti, enti senza fine di lucro e cooperative.

La detrazione massima fruibile è di 500 euro, pari al 19 per cento applicabile sul limite massimo di 2.633 euro.

Il comma 40 modifica a tal fine la lettera i-sexies) del comma 1 dell’articolo 15, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

Si tratta della disposizione – introdotta dal comma 319 dell’articolo 1 (unico) della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) – che ha concesso la detrazione del 19 per cento, ai fini IRPEF, dei canoni di locazione derivanti dai contratti di locazione stipulati o rinnovati, ai sensi della legge n. 431 del 1998[159], dagli studenti universitari fuori sede per unità immobiliari situate nello stesso comune in cui ha sede l'università o in comuni limitrofi.

La disposizione richiede che la facoltà universitaria sia ubicata in un comune diverso da quello di residenza, il quale disti da quest'ultimo almeno 100 chilometri e sia comunque situato in una provincia diversa.

L’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 11/E del 16 febbraio 2007, ha ribadito, al punto 2.3, che per poter beneficiare della detrazione è necessario che le due condizioni previste dalla norma (distanza di 100 chilometri tra il comune di residenza e quello sede dell’università e appartenenza dei due comuni a diverse province) siano contemporaneamente soddisfatte.

Poiché il limite massimo di spesa su cui applicare la detrazione del 19 per cento è fissato a 2.633 euro annui, la detrazione massima annua fruibile ammonta a 500 euro.

 

Con la novella del comma 40 in commento pertanto, la detrazione sopra illustrata viene estesa – alle medesime condizioni - ai canoni relativi ai contratti di ospitalità, nonché agli atti di assegnazione in godimento o locazione, stipulati con gli Enti per il diritto allo studio, Università, Collegi universitari legalmente riconosciuti, enti senza fine di lucro e cooperative.

 


Articolo 9, commi 41-46
(Utilizzo della fatturazione elettronica nei rapporti con le Amministrazioni dello Stato).

 


41. Al fine di semplificare il procedimento di fatturazione e registrazione delle operazioni imponibili, a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 45, l'emissione, la trasmissione, la conservazione e l'archiviazione delle fatture emesse nei rapporti con le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e con gli enti pubblici nazionali, anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili, deve essere effettuata esclusivamente in forma elettronica, con l'osservanza del decreto legislativo 20 febbraio 2004, n. 52, e del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

42. A decorrere dal termine di tre mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 45, le amministrazioni e gli enti di cui al comma 41 non possono accettare le fatture emesse o trasmesse in forma cartacea né possono procedere ad alcun pagamento, nemmeno parziale, sino all'invio in forma elettronica.

43. La trasmissione delle fatture elettroniche avviene attraverso il Sistema di interscambio istituito dal Ministero dell'economia e delle finanze e da questo gestito anche avvalendosi delle proprie strutture societarie.

44. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanare entro il 31 marzo 2008 è individuato il gestore del Sistema di interscambio e ne sono definite competenze e attribuzioni, ivi comprese quelle relative:

a) al presidio del processo di ricezione e successivo inoltro delle fatture elettroniche alle amministrazioni desti­natarie;

b) alla gestione dei dati in forma aggregata e dei flussi informativi anche ai fini della loro integrazione nei sistemi di monitoraggio della finanza pubblica.

45. Con decreto del Ministro dell'eco­nomia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, sono definite:

a) le regole di identificazione univoca degli uffici centrali e periferici delle amministrazioni destinatari della fatturazione;

b) le regole tecniche relative alle soluzioni informatiche da utilizzare per l'emissione e la trasmissione delle fatture elettroniche e le modalità di integrazione con il Sistema di interscambio;

c) le linee guida per l'adeguamento delle procedure interne delle ammini­strazioni interessate alla ricezione ed alla gestione delle fatture elettroniche;

d) le eventuali deroghe agli obblighi di cui al comma 41, limitatamente a deter­minate tipologie di approvvigionamenti;

e) la disciplina dell'utilizzo, tanto da parte degli operatori economici, quanto da parte delle amministrazioni interessate, di intermediari abilitati, ivi compresi i certificatori accreditati ai sensi dell'articolo 29 del codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, allo svolgimento delle attività informatiche necessarie all'assolvimento degli obblighi di cui ai commi da 41 a 45;

f) le eventuali misure di supporto, anche di natura economica, per le piccole e medie imprese;

g) la data a partire dalla quale decorrono gli obblighi di cui al comma 41 e i divieti di cui al comma 42, con possibilità di introdurre gradualmente il passaggio al sistema di trasmissione esclusiva in forma elettronica.

46. Le disposizioni dei commi da 41 a 45 costituiscono per le regioni princìpi fondamentali in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.


 

 

L’articolo 9, comma 41 è finalizzato ad introdurre l’obbligo di utilizzare la fattura elettronica per gli operatori che hanno relazioni con l’amministrazione statale e con gli enti pubblici.

La norma prevede, infatti, che l’emissione, la trasmissione, la conservazione e l’archiviazione delle fatture emesse nei rapporti con le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo e con gli enti pubblici nazionali, anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili, debba essere effettuata esclusivamente in forma elettronica.

 

La norma opererà peraltro a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento previsto dal successivo comma 45, per il quale non vengono peraltro fissati termini per l’emanazione.

A decorrere dall’entrata in vigore di tale regolamento di attuazione, pertanto, l’emissione, la trasmissione, la conservazione e l’archiviazione delle suddette fatture dovrà essere effettuata esclusivamente in forma elettronica, con l’osservanza del decreto legislativo 20 febbraio 2004, n. 52, recante “Attuazione della direttiva 2001/115/CE che semplifica ed armonizza le modalità di fatturazione in materia di IVA” e del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante il “Codice dell’amministrazione digitale”.

 

Per quanto riguarda il rinvio alle norme del D.Lgs. n. 52 del 2004, si ricorda che tale decreto ha introdotto una nuova disciplina sulla fatturazione dell’IVA sostituendo integralmente l’articolo 21 del D.P.R. n. 633 del 1972, recante “Istituzione e disciplina dell’Iva”. Tali nuove norme sono entrate in vigore[160] il 29 febbraio 2004.

Si ricorda che il nuovo articolo 21 del D.P.R. IVA detta le regole per l’emissione delle fatture prevedendo che per ciascuna operazione imponibile il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio emetta fattura direttamente, anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili, oppure, ferma restando la sua responsabilità, assicuri che la fattura sia emessa dal cessionario o dal committente, ovvero, per suo conto, da un terzo. L'emissione della fattura, che può essere cartacea o elettronica, se avviene da parte del cliente o del terzo residente in un Paese con il quale non esiste alcun strumento giuridico che disciplini la reciproca assistenza, è consentita a condizione che ne sia data preventiva comunicazione all'amministrazione finanziaria e purché il soggetto passivo nazionale abbia iniziato l'attività da almeno cinque anni e nei suoi confronti non siano stati notificati, nei cinque anni precedenti, atti impositivi o di contestazione di violazioni sostanziali in materia di imposta sul valore aggiunto. La norma rinvia poi ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate la determinazione delle modalità, dei contenuti e delle procedure telematiche della comunicazione. La fattura si ha per emessa all'atto della sua consegna o spedizione all'altra parte ovvero all'atto della sua trasmissione per via elettronica. L'art. 3, D.Lgs. 20 febbraio 2004, ha disposto che tale provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, fosse emanato entro sessanta giorni dalla data della sua entrata in vigore. Le modalità di trasmissione ed i contenuti della comunicazione telematica sono disciplinate dalProvvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate 9 dicembre 2004, il quale ha in particolare definito lo schema di dati e le modalità per la presentazione della comunicazione che deve essere trasmessa all'Agenzia delle entrate prima dell'emissione delle fatture da parte di soggetti terzi ed ha stabilito le modalità per l'invio delle successive variazioni, nonché della cessazione. L’emissione della fattura elettronica è consentita alle seguenti condizioni:

-        deve esservi un previo accordo con il destinatario;

-        l’autenticità e l’integrità del contenuto della fattura elettronica devono essere garantite mediante l’apposizione su ciascuna fattura o lotto di fatture, della firma elettronica qualificata dell’emittente o mediante sitemi EDI di trasmissione elettronica dei dati che garantiscano i requisiti di autenticità e integrità.

 

Dal punto di vista della formulazione del testo sarebbe più opportuno che il comma 41dell’articolo 9 rinviasse direttamente all’applicazione delle norme dell’articolo 21 del D.P.R. n. 633 del 1972,disciplinante l’IVA, anziché a quelle del D.Lgs. n. 52 del 2004, in quanto la disciplina sostanziale della fatturazione è contenuta in tale articolo.

 

Il comma 42 vieta alle amministrazioni dello Stato ed agli enti pubblici nazionali, a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento attuativo previsto dal comma 45, di accettare fatture emesse o trasmesse in forma cartacea o di procedere ad alcun pagamento, nemmeno parziale, sino all’invio in forma elettronica.

 

I commi 43 e 44 individuano le modalità di trasmissione delle fatture elettroniche che sarà filtrato, secondo quanto previsto dal comma 43, dal Sistema di interscambio istituito dal Ministero dell’economia e delle finanze e da questo gestito anche avvalendosi delle proprie strutture societarie.

Si tratta di strutture, secondo quanto indicato nella relazione governativa, quali il Sistema Pubblico di Connettività ed il servizio di Posta certificata.

Il comma 44 rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da emanare entro il 31 marzo 2008 l’individuazione del gestore del Sistema di interscambio e la definizione delle sue competenze e attribuzioni, tra cui quelle relative al presidio del processo di ricezione e successivo inoltro delle fatture elettroniche alle amministrazioni destinatarie ed alla gestione dei dati in forma aggregata e dei flussi informativi anche ai fini della loro integrazione nei sistemi di monitoraggio della finanza pubblica.

 

Il comma 45, modificato al Senato integrando la lettera e), rinvia invece ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare di concerto con il Ministro per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, l’attuazione delle nuove norme di fatturazione elettronica, prevedendo in particolare che in tale decreto siano contenute:

a)      regole di identificazione univoca degli uffici centrali e periferici delle amministrazioni destinatari della fatturazione elettronica;

b)      regole tecnico-informatiche per l’emissione e la trasmissione delle fatture elettroniche e le modalità di integrazione con il sistema di interscambio;

c)      linee guida per l’adeguamento delle procedure interne delle amministrazioni interessate;

d)      eventuali deroghe agli obblighi di fatturazione elettronica, limitatamente a determinate tipologie di approvvigionamenti;

e)      una disciplina dell’utilizzo, sia da parte delle amministrazioni interessate che da parte degli operatori economici, degli intermediari abilitati, ivi compresi, secondo un inciso introdotto al Senato, i “certificatori” accreditati ai sensi dell’articolo 29 del codice dell’amministrazione digitale, allo svolgimento delle attività informatiche necessarie all’assolvimento, degli obblighi in questione.

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera g), del codice dell’amministrazione digitale, i “certificatori” sono i soggetti che prestano servizi di certificazione delle firme elettroniche o che forniscono altri servizi connessi con queste ultime. L’articolo 29, comma 1, stabilisce in particolare che i “certificatori” che intendono conseguire il riconoscimento del possesso dei requisiti del livello più elevato, in termini di qualità e di sicurezza, debbano essere accreditati presso il CNIPA (Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione).

f)        Eventuali misure di supporto, anche di natura economica, per le piccole e medie imprese: le disposizioni dei commi in commento infatti potrebbero costituire un onere per le piccole e medie imprese che abbiano rapporti con le amministrazioni ed enti pubblici in questione;

g)      una data a decorrere dalla quale decorre l’obbligo di fatturazione elettronica, con la possibilità di introdurre gradualmente la riforma.

 

Il comma 46, introdotto al Senato, prevede infine che le disposizioni recate dai sopra illustrati commi da 41 a 45, in materia di fatturazione elettronica per le pubbliche amministrazioni, costituiscono principi fondamentali in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

Si ricorda che l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione prevede che nelle materie di legislazione concorrente spetti alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

Di conseguenza, in base al comma 46, le leggi regionali adottate in tale settore dovranno conformarsi alla nuova disciplina della fatturazione elettronica prevista dai commi da 41 a 45.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Le istituzioni dell’UE hanno avviato numerose iniziative intese alla semplificazione di procedure e adempimenti, sia con specifico riguardo al versante fiscale sia in riferimento alla digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche: per quanto attiene ai profili fiscali, la Commissione ha prospettato interventi in relazione alla cooperazione amministrativa e allo scambio di informazioni finalizzate alla lotta all’elusione fiscale (si veda in proposito il paragrafo Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativo all’articolo 3, co. 39-46).

Con riguardo alle iniziative per la digitalizzazione della P.A. si segnalano le seguenti iniziative:

Il 25 aprile 2006 la Commissione ha presentato il piano d'azione e-Government per l'iniziativa i2010: accelerare l'e-Government in Europa a vantaggio di tutti (COM(2006)173).

Il documento è stato trasmesso al Parlamento europeo e al Consiglio, che l’8 giugno 2006 ha adottato conclusioni in cui ha invitato gli Stati membri a intraprendere tutti gli sforzi necessari per promuovere le priorità politiche e il raggiungimento degli obiettivi relativi al piano d'azione e-Government al momento della concezione dei loro programmi nazionali di riforma.

Il 24 ottobre 2006 la Commissione ha adottato la comunicazione sulla valutazione dell’attuazione del programma quinquennale IDABC(Erogazione interoperabile di servizi paneuropei di governo elettronico alle amministrazioni pubbliche, alle imprese e ai cittadini) (COM(2006)611), avviato il 1° gennaio 2005 con decisione 2004/387/CE del 21 aprile 2004.

Obiettivo principale del programma è quello di individuare, sostenere e promuovere lo sviluppo e la creazione di servizi paneuropei di governo elettronico e delle connesse reti telematiche interoperabili:

La Commissione europea ha adottato il 24 gennaio 2007 una comunicazione relativa al programma d’azione per la riduzione degli oneri amministrativi nell’Unione europea (COM (2007)23).

Il Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007 ha sottolineato che la riduzione degli oneri amministrativi costituisce una misura importante per stimolare l'economia europea, specialmente attraverso il suo impatto sulle piccole e medie imprese e che occorre pertanto ridurre del 25% entro il 2012 gli oneri amministrativi derivanti dalla legislazione UE.


Articolo 9, commi 47-48
(Rimborsi e compensazioni di crediti IVA infrannuali)

 


47. All'articolo 8 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1999, n. 542, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel comma 2, dopo le parole: «ufficio competente» sono inserite le seguenti: «in via telematica»;

b) nel comma 3, primo periodo, dopo le parole: «ufficio competente,» sono inserite le seguenti: «in via telematica» e le parole: «una dichiarazione contenente i dati richiesti per» sono soppresse.

48. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono definite le modalità applicative ed il termine a decorrere dal quale le disposizioni introdotte dal comma 47 si intendono obbligatorie.


 

 

I commi 47 e 48 dell’articolo 9, introdotti in Commissione al Senato, modificano la procedura di gestione dei crediti IVA infrannuali, prevedendo la presentazione obbligatoriamente in forma telematica delle istanze di rimborso o di utilizzo in compensazione dei crediti suddetti.

A tal fine il comma 47, lettera a), integra l’articolo 8, comma 2, del D.P.R. 14 ottobre 1999, n. 542, recante il “Regolamento recante modificazioni alle disposizioni relative alla presentazione delle dichiarazioni dei redditi, dell'IRAP e dell'IVA”, prevedendo la trasmissione invia telematica dell’istanza di rimborso del credito infrannuale.

Resta ferma la disciplina vigente, secondo cui la presentazione dell’istanza deve essere effettuata presso l’ufficio competente, entro l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento.

Si ricorda che l’articolo 38-bis del D.P.R. n. 633 del 1972, recante “Istituzione e disciplina dell’Iva”, prevede che il contribuente possa ottenere il rimborso dell’Iva anche in relazione a periodi inferiori all'anno, purché tale credito sia superiore a 2.582,28 euro, prestando una serie di garanzie ed in particolari ipotesi, che sono indicate alle lettere a), b) ed e) del terzo comma dell'articolo 30, nonché alla lettera c) del medesimo terzo comma nel caso di acquisti ed importazioni di beni ammortizzabili per un ammontare superiore ai due terzi dell'ammontare complessivo degli acquisti e delle importazioni di beni e servizi imponibili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto.

 

Il comma 47, lettera b), modifica inoltre l’articolo 8, comma 3, del citato D.P.R. n. 542 del 1999 prevedendo che anche ai fini dell’accesso alla compensazione dei crediti IVA infrannuali sostitutiva della richiesta di rimborso, i contribuenti che ne abbiano diritto debbano presentare apposita istanza in via telematica all’ufficio competente, entro l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento.

Viene conseguentemente soppresso l’obbligo di accompagnare l’istanza con la dichiarazione contenente i dati richiesti per l’istanza di rimborso.

 

Complessivamente pertanto, in base alle modifiche del comma 47 in commento, sia i rimborsi dei crediti IVA infrannuali che le richieste di utilizzo in compensazione di tali crediti, dovranno essere richiesti obbligatoriamente attraverso presentazione di un’istanza in via telematica.

Si ricorda che il recupero infrannuale del credito Iva, che è ammesso per i primi tre trimestri dell’anno, può essere realizzato alternativamente presentando un’istanza di rimborso, ovvero utilizzando tale credito in compensazione con il modello F24.

La compensazione non può però eccedere l’ammontare del credito maturato nel trimestre di competenza ed è ammessa nel limite di 515.456,90 euro, come specificato nel Comunicato dell’Agenzia delle entrate del 20 luglio 2004, esplicativo dell’articolo 25, comma 2, del D.Lgs. n. 241 del 1997.

Tale limite non si applica invece qualora il credito infrannuale sia chiesto a rimborso.

Con il Provvedimento dell’Agenzia delle entrate 15 marzo 2007 è stato approvato, con le relative istruzioni e specifiche per l’invio telematico, il nuovo modello Iva TR, da utilizzare per la richiesta di rimborso o per l'utilizzo in compensazione del credito IVA trimestrale e comprendente anche il prospetto riepilogativo riservato all'ente o società controllante per la richiesta di rimborso o per l'utilizzo in compensazione del credito IVA trimestrale del gruppo.

Il modello TR può essere presentato alternativamente o direttamente all’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente, ovvero inviato tramite posta raccomandata all’Ufficio territorialmente competente, ovvero presentato in via telematica, sia direttamente che tramite un intermediario abilitato.

 

Il comma 48 rinvia infine ad un apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la definizione delle modalità applicative e del termine a decorrere dal quale si intendono obbligatorie le nuove disposizioni di cui al comma 47 sopra illustrato.

A tale proposito si rileva che la disposizione del comma 48 non indica il termine per l’emanazione del decreto ministeriale di attuazione.

 


Articolo 9, comma 49
(Ritenute sui redditi di lavoro dipendente)

 


49. All'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, lettera a), secondo periodo, dopo le parole: «se il percipiente dichiara» è inserita la seguente: «annualmente» e dopo le parole: «indica le condizioni di spettanza» sono inserite le seguenti: «, il codice fiscale dei soggetti per i quali si usufruisce delle detrazioni»;

b) al comma 2, lettera a), il terzo periodo è soppresso.


 

 

Il comma 49 dell’articolo 9, introdotto in Commissione al Senato, modifica l’articolo 23, comma 2, lettera a), del D.P.R. n. 600 del 1973, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, in materia di adempimenti per poter usufruire delle ritenute sui redditi da lavoro dipendente.

In particolare, vengono modificati, rendendoli più onerosi, gli adempimenti dei contribuenti necessari per poter usufruire, in sede di ritenute sui redditi di lavoro dipendente, delle detrazioni per carichi di famiglia (di cui all’articolo 12 del TUIR) e delle altre detrazioni differenziate, concesse per talune categorie di redditi (previste dall’articolo 13 del TUIR).

 

Si ricorda che l’articolo 23, comma 2 lettera a) del D.P.R. n. 600 del 1973 nella vigente versione – disciplina l’effettuazione della ritenuta sui redditi di lavoro dipendente da parte dei sostituti d’imposta.

Il sostituto d’imposta, nell’effettuare le ritenute ai fini delle imposte sui redditi, deve tener conto delle detrazioni stabilite dagli articoli 12 (detrazioni per carichi di famiglia) e 13 (detrazioni differenziate per alcune categorie di redditi) del TUIR. Le detrazioni di cui agli articoli 12 e 13 del testo unico sono attualmente riconosciute se il percipiente dichiara di avervi diritto, indica le condizioni di spettanza e si impegna a comunicare tempestivamente le eventuali variazioni. Tale dichiarazione ha effetto anche per i periodi di imposta successivi.

Il sostituto di imposta dovrà poi tener conto delle detrazioni sopra indicate in sede di calcolo degli emolumenti arretrati , nonché ai fini della determinazione del conguaglio relativo all’anno precedente o, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, alla data di cessazione, tra le ritenute operate e l’imposte effettivamente dovuta.

 

In base alla modifica del comma 49, lettera a) i contribuenti, per poter usufruire delle detrazioni per carichi di famiglia dovranno annualmente indicare di avervi diritto.

Si rileva come tale modifica determinerà presumibilmente un aumento degli adempimenti posti a carico sia dei lavoratori dipendenti che dei datori di lavoro, del quale sarebbe opportuno verificare la proporzionatezza con i benefici che ne possono derivare in termini di efficienza amministrativa.

 

La normativa oggi vigente invece, che viene abrogata dalla lettera b) del comma 49 in commento, consente di presentare tale dichiarazione una sola volta prevedendo che essa abbia effetto anche per i periodi d’imposta successivi.

Si ricorda che le detrazioni per carichi di famiglia di cui all’articolo 12 del TUIR spettano, con importi variabili a seconda del reddito complessivo del soggetto, per il coniuge a carico che non sia separato, per i figli a carico e per gli altri familiari[161] a carico conviventi. Sono considerati fiscalmente a carico coloro che non possiedono un reddito complessivo superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili.

Le detrazioni di cui all’articolo 13 del TUIR sono invece detrazioni differenziate per le varie tipologie di reddito, reintrodotte dalla legge finanziaria 2007 (art. 1, comma 6, lett. d)), dopo che erano state in precedenza abrogate dalla legge finanziaria 2005 e sostituite dalla c.d. “no tax area”. Si tratta di detrazioni per i redditi di lavoro dipendente e assimilati, di detrazioni per i redditi da pensioni, maggiorate di importo per i pensionati aventi almeno 75 anni di età, per i redditi di lavoro autonomo, per i redditi d’impresa, comprese le imprese minori, per i redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente e per i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere.

Una seconda modifica, anch’essa apportata dalla lettera a) del comma 49 in commento, prevede infine che, sempre per poter usufruire delle detrazioni sopra citate, il percipiente debba indicare il codice fiscale dei soggetti per i quali si usufruisce delle detrazioni.


Articolo 9, comma 50
(Indicazione del codice fiscale nei contratti di telefonia, fissa, mobile e satellitare)

 

50. All'articolo 6, primo comma, lettera g-ter), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, dopo le parole: «contratti di somministrazione di energia elettrica,» sono inserite le seguenti: «di servizi di telefonia, fissa, mobile e satellitare,».

 

 

Il comma 50 dell’articolo 9, introdotto in Commissione al Senato, modifica l’articolo 6, comma 1, lettera g-ter), del D.P.R. n. 605 del 1973, recante disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti, integrando in particolare l’elenco degli atti nei quali deve essere indicato il numero di codice fiscale.

La norma include i contratti di telefonia fissa, mobile e satellitare tra i contratti che devono recare l’indicazione del codice fiscale dell’utente.

 

In particolare, la lettera g-ter) dell’articolo 6 qui novellata prevede l’indicazione del codice fiscale nei contratti di assicurazione, ad esclusione di quelli relativi alla responsabilità civile ed alla assistenza e garanzie accessorie, relativamente ai soggetti contraenti, nonché nei contratti di somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici e del gas, relativamente agli utenti.

 

Tale lettera g-ter) è stata introdotta nell’articolo 6 ad opera dall'art. 31, D.L. 2 marzo 1989, n. 69, poi sostituita dall'art. 3, D.Lgs. 26 novembre 1991, n. 393 e da ultimo modificata dal comma 332 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005).

Si ricorda che secondo la disciplina vigente di cui all’articolo 6 del D.P.R. n. 605 del 1973, il numero di codice fiscale deve essere indicato nei seguenti atti:

a)       fatture e documenti equipollenti emessi ai sensi delle norme concernenti l'imposta sul valore aggiunto, relativamente all'emittente;

b)       richieste di registrazione degli atti da registrare in termine fisso o in caso d'uso, relativamente ai soggetti destinatari degli effetti giuridici immediati dell'atto, esclusi gli atti degli organi giurisdizionali e quelli elencati nella tabella allegata al decreto;

c)       comunicazioni allo schedario generale dei titoli azionari, relativamente alla società emittente, ai soggetti da cui provengono se diversi dalla società emittente, agli intestatari o cointestatari del titolo, nonché agli altri soggetti per cui tale indicazione è richiesta nel modello di comunicazione approvato con decreto del Ministro per le finanze;

d)       dichiarazioni dei redditi previste dalle norme concernenti l'imposta sul reddito delle persone fisiche, l'imposta sul reddito delle persone giuridiche (ora Imposta sui redditi delle società), comprese le dichiarazioni dei sostituti d'imposta e i certificati attestanti le ritenute alla fonte operate dagli stessi, relativamente ai soggetti da cui provengono ed agli altri soggetti in esse indicati o indicati in elenchi nominativi la cui allegazione è prescritta da leggi tributarie; richieste di attestazione della posizione tributaria dei contribuenti e relative certificazioni degli uffici finanziari, limitatamente alle persone che hanno redditi propri; distinte e bollettini di conto corrente postale per i versamenti diretti alle esattorie delle ritenute alla fonte e delle imposte sui redditi; bollettini di conto corrente postale per il pagamento delle imposte dirette iscritte a ruolo; atti di delega alle aziende di credito previsti per il pagamento dell’IRPEF; domande e note di voltura catastale; distinte e dichiarazioni di incasso da presentare ad enti delegati dal Ministero delle finanze all'accertamento e alla riscossione dei tributi; denunce di successione; note di trascrizione, iscrizione e annotazione, da presentare alle conservatorie dei registri immobiliari, con esclusione di quelle relative agli atti degli organi giurisdizionali;

e)       domande per autorizzazioni amministrative (specialità medicinali e simili, alimenti per la prima infanzia; esercizio di stabilimenti di acque minerali e di fabbriche di acque gassate o di bibite analcoliche; esercizio di stabilimenti termali o balneari; esercizio del commercio etc..;

e-bis) denunce di inizio attività presentate allo sportello unico comunale per l'edilizia, permessi di costruire e ogni altro atto di assenso comunque denominato in materia di attività edilizia rilasciato dai comuni;

f)         domande di iscrizione, variazione e cancellazione nei registri delle ditte e negli albi degli artigiani e professionali; domande di iscrizione e note di trascrizione di atti costitutivi, traslativi, od estintivi della proprietà o di altri diritti reali di godimento nonché dichiarazioni di armatore, concernenti navi, galleggianti e unità da diporto soggette a registrazione; domande di iscrizione di aeromobili nel Registro aeronautico nazionale, note di trascrizione di atti costitutivi, traslativi o estintivi della proprietà o di altri diritti reali di godimento sugli aeromobili soggetti ad iscrizione nel Registro aeronautico nazionale, nonché dichiarazioni di esercente di aeromobili soggette a registrazione;

g)       atti emessi da uffici pubblici riguardanti le concessioni, autorizzazioni e licenze indicate alla lettera e), relativamente ai soggetti beneficiari;

g-bis) mandati, ordini ed altri titoli di spesa emessi dalle amministrazioni dello Stato o da altri enti pubblici, in esecuzione di obbligazioni diverse da quelle concernenti le borse di studio o derivanti da rapporti di impiego o di lavoro subordinato, anche in quiescenza, relativamente al beneficiario della spesa, tranne quelle derivanti da vincite e premi del lotto, delle lotterie nazionali e dei giochi e concorsi;

g-ter) contratti di assicurazione, ad esclusione di quelli relativi alla responsabilità civile e all’assistenza e garanzie accessorie, relativamente ai soggetti contraenti; contratti di somministrazione di energia elettrica, relativamente agli utenti;

g-quater) ricorsi alle commissioni tributarie di ogni grado relativamente ai ricorrenti e ai rappresentanti in giudizio.

Si ricorda infine che tale articolo 6 conferisce al Ministro dell’economia e delle finanze la facoltà di aggiungere, con proprio decreto, al suddetto elenco, atti indicati alle lettere b) ed e), dai quali non risultino fatti o rapporti giuridici indicativi di capacità contributiva nonché di escludere atti, di cui alle lettere b) e d) , dai quali risultino fatti o rapporti giuridici indicativi di capacità contributiva.

Inoltre, nonché di individuare, mediante decreto da pubblicarsi nella Gazzetta ufficiale almeno novanta giorni prima della sua entrata in vigore, altre tipologie di atti nei quali dev’essere indicato il numero di codice fiscale.


Articolo 9, comma 51
(Limite minimo per rimborso imposte inferiori a dodici euro)

 


51. Al comma 137 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al primo periodo, dopo le parole: «non sono rimborsabili», sono inserite le seguenti: «, né utilizzabili in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni,»;

b) il terzo periodo è soppresso.


 

 

L’articolo 9, comma 51, introdotto in Commissione al Senato, modifica il comma 137 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006). Si tratta della norma che ha previsto, con decorrenza 2006, che le imposte o addizionali risultanti dalla dichiarazione dei redditi non siano dovute o, se il saldo è negativo, non siano rimborsabili se i relativi importi, con riferimento alla singola imposta o addizionale, non superano il limite di dodici euro. La disposizione si applica anche alle dichiarazioni presentate con il modello 730.

 

Per effetto della lettera a) del comma 51, non potranno essere portate in compensazione – ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997[162] – le imposte o addizionali risultanti dalla dichiarazione dei redditi se i relativi importi, con riferimento alla singola imposta o addizionale, sono inferiori a dodici euro.

 

Si ricorda che il comma 137 prevede, nella formulazione vigente, che a decorrere dal 1° gennaio 2006, le imposte o addizionali risultanti dalla dichiarazione dei redditi non sono dovute o, se il saldo è negativo, non sono rimborsabili se i relativi importi, con riferimento alla singola imposta o addizionale, non superano il limite di dodici euro. La disposizione si applica anche alle dichiarazioni presentate con il modello '730'. Ai soggetti che prestano assistenza fiscale o al sostituto d'imposta non è dovuto alcun compenso a carico del bilancio dello Stato per le dichiarazioni modello '730' dei contribuenti per i quali si rende applicabile una delle condizioni di esonero di cui all'articolo 1, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, salvo che dalla dichiarazione emerga un importo, dovuto o rimborsabile, superiore a dodici euro per ciascuna imposta o addizionale. L'articolo 2 della legge 18 aprile 1986, n. 121, è abrogato.

 

La lettera b) del comma 51 in commento abroga poi il terzo periodo del menzionato comma 137 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2006: viene pertanto soppressa la vigente previsione secondo cui, ai soggetti che prestano assistenza fiscale o al sostituto d’imposta, non è dovuto alcun compenso a carico del bilancio dello Stato per le dichiarazioni modello “730” dei contribuenti esonerati dall’obbligo di dichiarazione, salvo che dalla dichiarazione emerga un importo, dovuto o rimborsabile, superiore a dodici euro per ciascuna imposta o addizionale.

Si tratta precisamente dei contribuenti per i quali si rende applicabile una delle condizioni di esonero indicate all’articolo 1, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.

 

Si ricorda che a norma dell’articolo 1, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), sono esonerati dall'obbligo della dichiarazione dei redditi:

a)       le persone fisiche che non possiedono alcun reddito, sempre che non siano obbligate alla tenuta di scritture contabili;

b)      le persone fisiche non obbligate alla tenuta di scritture contabili che possiedono soltanto redditi esenti e redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta nonché redditi fondiari per un importo complessivo non superiore a lire 360.000 (185,92 euro), annui al lordo della deduzione per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale, prevista dall'articolo 10, comma 3-bis, del TUIR e pari all'ammontare della rendita catastale dell'unità immobiliare stessa;

c)       le persone fisiche non obbligate alla tenuta di scritture contabili che possiedono soltanto redditi esenti, redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta e il reddito fondiario dell'abitazione principale e sue pertinenze, purché di importo non superiore a quello della deduzione per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale prevista dall'articolo 10, comma 3-bis, del TUIR.

d)       le persone fisiche non obbligate alla tenuta di scritture contabili che possiedono soltanto redditi esenti, redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, reddito fondiario dell'abitazione principale e sue pertinenze purché di importo non superiore a quello della deduzione per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale di cui all'articolo 10, comma 3-bis, del TUIR, nonché altri redditi per i quali la differenza tra l'imposta lorda complessiva e l'ammontare spettante delle detrazioni di cui agli articoli 12 e 13 del citato testo unico, e le ritenute operate risulta non superiore a 10,33 euro.

Il sesto comma del medesimo articolo 1 specifica, per altro, che nelle ipotesi di esonero previste nel quarto comma il contribuente ha comunque facoltà di presentare la dichiarazione dei redditi.

 


Articolo 9, commi 52-53
(Applicazione del meccanismo del “reverse charge” IVA per le cessioni di fabbricati strumentali)

 


52. Nell'articolo 17, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo la lettera a), è inserita la seguente:

«a-bis) alle cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali imponibili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto;».

53. Fermo quanto già stabilito dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 25 maggio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 152 del 3 luglio 2007, la disposizione di cui al comma 52 si applica a partire dal 1o marzo 2008.


 

 

L’articolo 9, comma 52, introdotto in Commissione al Senato, integra l’articolo 17, sesto comma , del D.P.R. n. 633 del 1972[163], includendo le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali imponibili ai fini dell’IVA tra le operazioni rientranti nel regime dell’inversione contabile (c.d. reverse charge).

Nel regime di reverse charge, il destinatario della cessione o prestazione viene ad essere tenuto al pagamento dell'imposta, se soggetto passivo d'imposta nel territorio dello Stato. Pertanto, la fattura viene emessa dal cedente o dal subappaltatore senza addebito d'imposta, con l'osservanza delle disposizioni degli articoli 21 e seguenti del D.P.R. n. 633 del 1972 e deve essere integrata dal destinatario con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta. Il destinatario provvederà ad annotarla nel registro delle fatture o dei corrispettivi (previsti rispettivamente dagli articoli 23 o 24) entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese. Lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro dei beni e servizi acquistati (previsto dall'articolo 25).

Si ricorda che il regime dell’inversione contabile, originariamente previsto dall’articolo 17, quinto comma del D.P.R. IVA per le cessioni imponibili di oro industriale, argento e oro da investimento, è stato successivamente esteso[164], a partire dal 1° gennaio 2007, ad opera del D.L. n. 223 del 2006, ad una serie di ipotesi relative al settore dell’edilizia, in caso di subappalto.

La norma è stata poi, da ultimo, ulteriormente estesa dall’articolo 1, comma 44, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), ad altre ipotesi, elencate nel sesto comma dell’articolo 17 che ne ha ampliato l’ambito applicativo alle cessioni di:

-          telefonini e loro componenti;

-          personal computer e componenti e accessori;

-          materiali e prodotti lapidei direttamente provenienti da cave e miniere.

 

Come indicato nella circolare dell’Agenzia delle entrate n. 37/E del 29 dicembre 2006, il meccanismo del reverse charge non si applica alle prestazioni resa da soggetti che operano nel regime di franchigia per i contribuenti minimi, di cui all'articolo 32-bis del D.P.R. n. 633 del 1972, i quali sono esonerati dal versamento dell'imposta e dagli altri adempimenti[165] previsti dal suddetto D.P.R. n. 633 del 1972. Per le prestazioni di servizi effettuate in regime di franchigia, infatti, il committente non può assumere il ruolo di debitore d'imposta, dal momento che per tali operazioni l'imposta non deve essere versata. È previsto, tuttavia, l'obbligo di certificazione del corrispettivo, che dovrà essere adempiuto dal prestatore, senza recare l'addebito dell'imposta.

Tali considerazioni non valgono nei casi in cui il contribuente minimo dovesse assumere la veste di committente: in tali ipotesi la fattura emessa nei suoi confronti in regime di reverse charge, comporta l'obbligo di integrazione della fattura stessa e versamento dell'imposta.

Il comma 53 dell’articolo 9 in commento stabilisce la decorrenza della suddetta norma a partire dal 1° marzo 2008 disponendo che resti fermo quanto già stabilito dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 25 maggio 2007, recante Individuazione di una ulteriore operazione cui applicare il meccanismo del “reverse charge.

Tale D.M. ha stabilito, con decorrenza 1° ottobre 2007, che le disposizioni sul c.d. reverse charge si applichino anche alle cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali di cui all'art. 10, primo comma, n. 8-ter), lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, ossia quelle cessioni per le quali, nel relativo atto, il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione IVA.

Pertanto, con la novella del comma 52 in commento il meccanismo del c.d. reverse charge viene generalizzato a tutte le ipotesi di cessioni di fabbricati imponibili ai fini IVA, anche qualora l’imponibilità sia fissata dalla legge e non sia subordinata ad un’opzione esercitabile dal soggetto cedente.

Si ricorda infatti che il settimo comma dell’articolo 17 del D.P.R. IVA, recentemente introdotto dalla legge finanziaria 2007, prevede che il metodo di tassazione inversa si applichi anche ad ulteriori operazioni individuate dal Ministro dell'economia e delle finanze o con propri decreti, in base alla direttiva 2006/69/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006, ovvero con decreto emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (ossia con regolamento ministeriale), nelle ipotesi in cui necessita la preventiva autorizzazione comunitaria prevista dalla direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977.

Per quanto riguarda la disciplina comunitaria dell’IVA in materia, si ricorda che la nuova direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006 ha provveduto a rifondere, in un unico testo, tutta la disciplina Iva precedentemente contenuta in numerose direttive, tra cui la 77/388/CEE e la 2006/69/CE, che sono state conseguentemente abrogate e rifuse nella nuova direttiva 2006/112/CE, cui occorre pertanto fare riferimento.

L’articolo 395 della direttiva 2006/112/CE, prevede in particolare che il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione, possa autorizzare ciascuno Stato membro ad introdurre misure particolari di deroga alla predetta direttiva, al fine di semplificare la procedura di riscossione dell'imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali. La procedura deve essere completata, in ogni caso, entro otto mesi dal ricevimento della domanda da parte della Commissione europea.

Per quanto riguarda il meccanismo dell’inversione contabile Iva, la direttiva 2006/112/CE autorizza, con l’articolo 199, gli Stati membri a stabilire che, per una serie di operazioni ivi indicate, il debitore dell’imposta sia il soggetto passivo nei cui confronti esse sono effettuate. Pertantola direttiva autorizza l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile nelle seguenti ipotesi:

a)      prestazioni di servizi di costruzione, inclusi i servizi di riparazione, pulizia, manutenzione, modifica e demolizione relative a beni immobili nonché la consegna di lavori immobiliari, considerata cessione di beni ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 3;

b)      messa a disposizione di personale per l’esecuzione delle attività di cui alla lettera a);

c)      cessioni di taluni beni immobili (fabbricati diversi dai fabbricati nuovi, e fondi non edificati), qualora il cedente abbia optato per l’imposizione dell'operazione;

d)      cessioni di materiali di recupero, di materiali di recupero non riutilizzabili in quanto tali, di avanzi, di materiali di scarto industriali e non industriali, di materiali di scarto riciclabili nonché di materiali di scarto parzialmente lavorati, e determinate cessioni di beni e prestazioni di servizi figuranti nell’allegato VI (rottami ferrosi);

e)      cessioni di beni dati in garanzia da un soggetto passivo ad un altro soggetto passivo in esecuzione di questa garanzia;

f)        cessioni di beni successive alla cessione del diritto di riserva di proprietà ad un cessionario che esercita tale diritto;

g)      cessione di beni immobili in una vendita giudiziale al pubblico incanto da parte di un debitore giudiziario.

Gli Stati membri possono specificare le cessioni di beni e le prestazioni di servizi contemplati e le categorie di prestatori, cedenti o destinatari cui queste misure possono applicarsi. Essi possono altresì limitare l’applicazione delle misure ad alcune delle cessioni di beni o prestazioni di servizi figuranti nell’allegato VI.

Delle disposizioni nazionali adottate in applicazione di tale norma deve essere informato il comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto (Comitato IVA di cui all’art. 398 della direttiva).

 

Per le ipotesi che non rientrino in quelle sopra elencate occorre pertanto ottenere l’autorizzazione da parte della Commissione europea, in base all’articolo 395 della direttiva 2006/11/CE.


Articolo 9, comma 54
(Affidamento a terzi del servizio di riscossione tributi
di comuni e province)

 


54. All'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 5, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

«b) qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, l'accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate, le relative attività sono affidate, nel rispetto della normativa dell'Unione europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, a:

1) i soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53, comma 1;

2) gli operatori degli Stati membri stabiliti in un Paese dell'Unione europea che esercitano le menzionate attività, i quali devono presentare una certificazione rilasciata dalla competente autorità del loro Stato di stabilimento dalla quale deve risultare la sussistenza di requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana di settore;

3) la società a capitale interamente pubblico, di cui all'articolo 113, comma 5, lettera c), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, a condizione: che l'ente titolare del capitale sociale eserciti sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente che la controlla; che svolga la propria attività solo nell'ambito territoriale di pertinenza dell'ente che la controlla»;

b) il comma 6 è abrogato.


 

 

La disposizione recata dal comma 54 dell’articolo 5 in esame è diretta - come evidenziato dalla relazione illustrativa - ad evitare il proseguimento della procedura di infrazione comunitaria avviata dalla Commissione europea con il parere motivato del 27 giugno 2007.

Con le modifiche che verranno illustrate nel prosieguo, si esclude la possibilità di un affidamento diretto dei servizi di gestione delle entrate locali alle società miste a prevalente capitale pubblico locale e si consente ai prestatori che esercitano questo tipo di attività di poter partecipare alle gare di affidamento dei servizi in questione, senza dover preventivamente ottenere l’iscrizione nell’albo ministeriale, purché in possesso di una certificazione rilasciata dalla competente autorità di stabilimento, dalla quale risulti la sussistenza dei requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana di settore.

 

Il comma 54 dell’articolo 5 apporta alcune modifiche all’articolo 52 (Potestà regolamentare generale delle province e dei comuni)del D.Lgs. n. 446 del 1997[166].

 

La lettera a) del comma 54 sostituisce interamente la lettera b) del comma 5 del citato articolo 52.

 

Secondo il richiamato comma 1 dell’articolo 52 in questione - le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti.

 

La disposizione di cui si propone la sostituzione prevede – nella vigente versione – che i regolamenti comunali e provinciali sulle entrate tributarie siano informati al criterio per cui - qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, la liquidazione, l'accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le altre entrate - le relative attività devono essere affidate:

1)      mediante convenzione alle aziende speciali di cui all'articolo 22, comma 3, lettera c), della legge n. 142 del 1990, e, nel rispetto delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, alle società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale previste dall'articolo 22, comma 3, lettera e), della citata legge n. 142 del 1990, i cui soci privati siano prescelti tra i soggetti iscritti all'albo di cui all'articolo 53 oppure siano già costituite prima della data di entrata in vigore del decreto, concernente l'albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi, di cui al comma 3 del medesimo articolo 53;

In base al comma 3 dell’articolo 22 della legge n. 142 del 1990, i comuni e le province possono gestire i servizi pubblici nelle seguenti forme:

a)       in economia, quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio non sia opportuno costituire una istituzione o una azienda;

b)       in concessione a terzi, quando sussistano ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale;

c)       a mezzo di azienda speciale, anche per la gestione di più servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale;

d)       a mezzo di istituzione, per l'esercizio di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale;

e)       a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall'ente titolare del pubblico servizio, qualora sia opportuna in relazione alla natura o all'ambito territoriale del servizio la partecipazione di più soggetti pubblici o privati.

Si segnala che la legge n. 142 del 1990 è stata abrogata dall’articolo 274 del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali-TUEL (D.Lgs. n. 267 del 2000); pertanto, le modalità di gestione dei servizi pubblici locali trovano la loro disciplina negli artt. 112 e ss. del predetto Testo unico.

f)         nel rispetto delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, alle società miste, per la gestione presso altri comuni, ai concessionari di cui al D.P.R. n. 43 del 1988[167], a prescindere dagli ambiti territoriali per i quali sono titolari della concessione del servizio nazionale di riscossione, ai soggetti iscritti nell'albo di cui al predetto articolo 53, fatta salva la facoltà del rinnovo dei contratti fino alla revisione del sistema delle concessioni di cui al D.Lgs. n. 112 del 1999[168], previa verifica della sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse.

 

Per effetto della modifica in esame, si dispone che i regolamenti comunali e provinciali sulle entrate tributarie siano informati al criterio per cui - qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, l’accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le altre entrate (rispetto alla previsione originaria, è stato espunto il riferimento alla liquidazione) - le relative attività debbano essere affidate:

1)      ai soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53, comma 1, del D.Lgs. n. 446 del 1997;

L’articolo 53, comma 1, del D.Lgs. n. 446 del 1997 prevede che – presso il Ministero delle finanze (oggi dell’economia e delle finanze) – sia istituito l'albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni.

2)      agli operatori degli Stati membri stabiliti in un Paese dell’Unione europea che esercitano le menzionate attività, i quali devono presentare una certificazione rilasciata dalla competente autorità del loro Stato di stabilimento dalla quale deve risultare la sussistenza di requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana di settore;

3)      alla società a capitale interamente pubblico di cui al comma 5, lettera c), dell’articolo 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (TUEL), di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, a condizione che l’ente titolare del capitale sociale eserciti sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente che la controlla; che svolga la propria attività solo nell’ambito territoriale di pertinenza dell’ente che la controlla.

 

L’articolo 113, comma 5, del TUEL, dispone che l’erogazione di servizi pubblici locali di rilevanza economica debba avvenire secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell'Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio:

a)       a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;

b)       a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;

c)       a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano.

 

Il comma 54, lettera b), abroga il comma 6 dell’articolo 52 del D.Lgs. n. 446 del 1997.

Tale ultimo comma, come sottolineato nella relazione illustrativa, recando norme in ordine alle modalità di riscossione coattiva dei tributi e delle altre entrate degli enti locali, risulta ormai superfluo, perché in parte le norme richiamate non sono più in vigore (è il caso del D.P.R. n. 43 del 1988[169]) e in parte perché la disciplina è già richiamata in altri provvedimenti (come il D.P.R. n. 602 del 1973[170], il D.Lgs. n. 112 del 1999[171], il d.l. n. 209 del 2002[172], convertito, con modificazioni, dalla legge n. 265 del 2002).

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 27 giugno 2007la Commissione europea ha inviato un parere motivato[173] all’Italia ritenendo che la legislazione nazionale che disciplina le condizioni per l’esercizio delle attività di liquidazione, di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali non sia compatibile con le regole ed i principi del trattato CE in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi (articoli 43 e 49 del Trattato).

In particolare la Commissione ricorda che il decreto legislativo del 15 dicembre 1997, n. 446 (che, tra l’altro, riordina la disciplina dei tributi locali) riserva la prestazione dei servizi di accertamento e riscossione relative ai tributi in questione – nonché la possibilità di partecipare alle procedure concorsuali per l’affidamento di tali servizi – a determinate società pubbliche o società miste pubblico-private, istituite dalla legge italiana, ed anche a soggetti iscritti in un albo speciale. Il decreto ministeriale dell’11 settembre 2000, n. 289 ha successivamente stabilito quali condizioni debbano essere soddisfatte ai fini della predetta iscrizione. La Commissione ritiene che alcune condizioni prescritte per l’iscrizione all’albo siano discriminatorie e che – in ogni caso – l’obbligo di iscrizione in un albo abbia effetti restrittivi sulla libera prestazione dei servizi. La Commissione ritiene inoltre che le informazioni fornite dalle autorità italiane non hanno dimostrato che tali restrizioni sono giustificate da ragioni imperative di interesse pubblico.

Di conseguenza, la Commissione considera che le disposizioni sopra citate, riservando la possibilità di esercitare le attività di liquidazione, di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali ad alcuni soggetti di natura pubblica o mista e agli operatori iscritti all’albo, determinino una restrizione ingiustificata della libera prestazione dei servizi, in contrasto con gli articoli 43 e 49 del trattato CE.


Articolo 9, commi 55-56
(Riparametrazione aliquote IRAP variate dalle regioni)

 


55. Le aliquote dell'imposta regionale sulle attività produttive vigenti alla data del 1° gennaio 2008, qualora variate ai sensi dell'articolo 16, comma 3, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sono riparametrate sulla base di un coefficiente pari a 0,9176.

56. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede alle regolazioni debitorie necessarie ad assicurare alle regioni, per gli esercizi finanziari 2008, 2009 e 2010, il medesimo gettito che sarebbe stato percepito in base alla legislazione vigente alla data del 31 dicembre 2007, anche per tenere conto degli effetti finanziari derivanti dai commi da 10 a 12 dell'articolo 3 della presente legge.


 

 

Il comma 55, inserito dalla Commissione bilancio del Senato, prevede che le aliquote dell’IRAP vigenti alla data del 1° gennaio 2008, qualora variate ai sensi dell’articolo 16, comma 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997[174], debbano essere riparametrate sulla base di un coefficiente pari a 0,9176.

 

Ai sensi del comma 3 dell’articolo 16 del D.Lgs. 446/1997 (che ha istituito l’imposta) le regioni possono variare la aliquota base fissata dallo Stato fino a un massimo di un punto percentuale, nonché differenziare quella variazione per settori di attività e per categorie di soggetti passivi.

L’IRAP è l’imposta che le regioni hanno maggiormente utilizzato – e stanno utilizzando - come strumento di politica fiscale –, per quanto ciò sia possibile negli stretti limiti della legislazione statale. Si ricorda infatti che la legge finanziaria per il 2003 (art. 3, comma 1 lett. a) L. 289/2002) ha disposto il blocco dell’aumento della aliquota IRAP e dell’addizione regionale all’IRPEF a decorrere dal 30 settembre 2002, mantenendo però l’operatività delle misure approvate prima di quella data.

A partire dalla legge finanziaria 2005 sono stati tolti i vincoli all’aumento delle aliquote IRPEF e IRAP ma esclusivamente ai fini della copertura del disavanzo in materia sanitaria. L’aumento delle aliquote è inizialmente un provvedimento che può adottare la Regione a cui è stato accertato il disavanzo (art. 1, comma 174 L. 311/2004) e con la legge finanziaria per il 2006, diventa provvedimento automatico e obbligatorio (art. 1 comma 274 e ss. L. 266/2005). Da ultimo la legge finanziaria per il 2007 (art. 1 comma 796 L. 296/2006) conferma la disciplina e prevede, per le regioni che hanno predisposto piani di rientro del deficit sanitario, incrementi automatici delle aliquote nel caso in cui i risanamenti concordati nel piano non diano i risultati attesi.

Per quanto riguarda invece le riduzioni, quasi tutte le regioni applicano aliquote ridotte (principalmente 3,25%) per le ONLUS e le cooperative sociali e ci sono regioni in cui i esenzione totale). Sono inoltre molti i casi in cui la diversificazione dell’aliquota (diversamente ridotta rispetto l’aliquota ordinaria) è utilizzata per incentivare e/o sostenere settori produttivi, tipologie di imprese o aree territoriali. La riduzione maggiormente diffusa tra le tipologie di imprese è quella per le società di nuova costituzione (in alcuni casi si deve trattare specificatamente di imprenditoria giovanile e/o femminile) e si estende in genere ai primi tre anni di attività. In altri casi vengono agevolate le imprese insediate in piccoli comuni o in comuni montani.

 

La disposizione è da collegare con la riduzione dell’aliquota ordinaria IRAP che, ai sensi dell’articolo 3, comma 17, lettera h) del provvedimento in esame è ridotta dal 4,25% al 3,9%. Infatti, il parametro indicato dalla norma è il risultato del rapporto tra aliquota ordinaria introdotta a decorrere dal 2008 e aliquota ordinaria vigente fino al 31 dicembre 2007.

La finalità della norma è quella di evitare che le maggiorazioni di aliquota operate dalle regioni ai sensi dell’articolo 16 del D.Lgs. n. 446 del 1997 sterilizzino parte degli effetti della riduzione dell’aliquota ordinaria disposta con il provvedimento in esame.

Ad esempio, qualora una regione abbia deliberato una variazione in aumento di un punto percentuale (pertanto l’aliquota fino al 31 dicembre risulta pari a 5,25%), l’aliquota in vigore dal 2008 dovrà essere determinata aggiungendo all’aliquota ordinaria (3,9%) la maggiorazione riparametrizzata (0,9176%). In tal modo il rapporto tra aliquota maggiorata 2008 (4,8176%) e l’aliquota maggiorata 2007 (5,25%) rimane costante al valore del parametro fissato dalla norma.

 

In proposito si segnala che per alcune regione la maggiorazione dell’aliquota IRAP era stata imposta da legge statale[175] in quanto il relativo gettito è finalizzato al risanamento dei disavanzi in materia sanitaria.

 

Il comma 56 concerne le regolazioni debitorie da operare nei confronti delle regioni al fine di assicurare “il medesimo gettito che sarebbe stato percepito in base alla legislazione vigente alla data del 31 dicembre 2007, anche per tenere conto degli effetti finanziari derivanti dai commi da 10 a 12 dell'articolo 3 della presente legge”.

 

Le modifiche alla disciplina dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) apportate dal disegno di legge finanziaria in esame riguardano:

-          trasformazione dell’IRAP in tributo proprio della regione – in attesa della attuazione del federalismo fiscale, a decorrere dal 1 gennaio 2009; (articolo 3, commi 10-12);

-          modifica della disciplina riguardante la determinazione della base imponibile - principalmente la determinazione della produzione netta dei soggetti passivi e le deduzioni operabili (articolo 3 commi da 17 a 19);

-          modifica dell’aliquota ordinaria d’imposta - ridotta da 4,25 a 3,9 - a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 (articolo 3 commi da 17 a 19);

-          le aliquote regionali vigenti al 1° gennaio 2008 – modificate sulla base della normativa vigente – sono “riparametrate sulla base di un coefficiente pari a 0,9176” (articolo 5 comma 55)

 

Le modifiche apportate alla disciplina dell’IRAP comporteranno necessariamente variazioni di gettito per le regioni, che sono le destinatarie finali del tributo.

La norma ‘contabile’ in esame dispone che le conseguenti regolazioni debitorie siano disciplinate e determinate con un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi d’intesa con la Conferenza Stato-regioni. Le regolazioni devono far sì che per gli esercizi finanziari 2008, 2009 e 2010, alle regioni sia assicurato il medesimo gettito che sarebbe stato percepito in base alla legislazione vigente alla data del 31 dicembre 2007.

 

In merito alle regolazioni debitorie previste dal comma 56, andrebbe chiarito se il relativo ammontare debba riferirsi alle sole variazioni di gettito IRAP disposte dal comma 55 e dai commi da 10 a 12 dell’articolo 3 espressamente richiamati, ovvero a tutte le modifiche introdotte dal provvedimento in esame.

 


Articolo 9, commi 57-61
(Credito d’imposta per le spese sostenute dai rivenditori di generi di monopolio per l’acquisto di impianti e attrezzature di sicurezza)

 


57. Agli esercenti attività di rivendita di generi di monopolio, operanti in base a concessione amministrativa, per ciascuno dei periodi d'imposta 2008, 2009 e 2010, è concesso un credito d'imposta per le spese sostenute per l'acquisizione e l'installazione di impianti e attrezzature di sicurezza e per favorire la diffusione degli strumenti di pagamento con moneta elettronica, al fine di prevenire il compimento di atti illeciti ai loro danni.

58. Il credito d'imposta di cui al comma 57, determinato nella misura dell'80 per cento del costo sostenuto per i beni e servizi indicati al medesimo comma e, comunque, fino ad un importo massimo di 3.000 euro per ciascun beneficiario, in riferimento a ciascun periodo d'imposta, deve essere indicato, a pena di decadenza, nella relativa dichiarazione dei redditi. Esso può essere fatto valere in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, né del valore della produzione netta ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

59. La fruizione del credito d'imposta di cui al comma 57 spetta nel limite di spesa complessivo di 5 milioni di euro per ciascun anno, secondo l'ordine cronologico di invio delle relative istanze di richiesta.

60. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono fissate le modalità di attuazione dei commi da 57 a 59.

61. L'agevolazione di cui ai commi da 57 a 59, fermo restando il limite di cui al comma 58, può essere fruita esclusivamente nel rispetto dell'applicazione della regola de minimis di cui al regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato agli aiuti d'importanza minore (de minimis).


 

 

I commi da 57 a 61 dell’articolo in esame, inseriti durante l’esame in Commissione 5a al Senato,dispongono il riconoscimento di un credito di imposta per i titolari di tabaccherie, al fine di incentivare gli investimenti in sicurezza.

 

Il comma 57 prevedeche il credito d’imposta venga riconosciuto, per ciascuno dei periodi d’imposta 2008, 2009 e 2010, agli esercenti attività di rivendita di generi di monopolio, operanti in base a concessione amministrativa, che abbiano sostenuto spese per l’acquisizione e l’installazione di impianti e attrezzature di sicurezza e per favorire la diffusione di strumenti elettronici di pagamento, al fine di prevenire il compimento di atti illeciti ai loro danni.

 

Il comma 58 fissa il suddetto credito di imposta in misura pari all’80 per cento del costo sostenuto per i predetti beni e servizi e, in ogni caso, fino ad un importo massimo di 3.000 euro per ciascun beneficiario, in riferimento a ciascun periodo di imposta. Il credito di imposta deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi dei soggetti beneficiari.

Inoltre, si precisa che esso può essere utilizzato in compensazione con altri tributi secondo la normativa vigente[176], in sede di dichiarazione dei redditi, ma non concorre alla formazione del reddito d’impresa, né al valore della produzione ai fini del calcolo dell’IRAP. La norma chiarisce inoltre, in via interpretativa, che il beneficio non contribuisce alla formazione della misura che dà diritto alla corrispondente deducibilità di interessi passivi o altri componenti negativi di reddito, ai sensi della normativa tributaria vigente, ai fini IRES[177].

 

La norma fissa inoltre un limite di spesa complessivo delle minori entrate, pari a 5 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2008-2010 in cui il credito d’imposta può essere fatto valere in compensazione degli obblighi fiscali e contributivi, secondo l’ordine cronologico di invio delle richieste (comma 59).

La previsione delle modalità di attuazione delle predette disposizioni è demandata ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore delle presente legge.

 

Il comma 61 dispone che la misura agevolativa, fermo restando l’importo massimo di 3.000 euro per ciascun beneficiario, possa essere fruita esclusivamente nel rispetto dell’applicazione della regola “de minimis[178].

 

Si ricorda che la regola del “de minimis” è stata introdotta a seguito dell’emanazione del Regolamento 98/994/CE che ha conferito alla Commissione europea la facoltà di stabilire, mediante un regolamento, una soglia al di sotto della quale gli aiuti di Stato non rientrano più nel campo di applicazione dell'articolo 87, paragrafo 1, che sancisce l’incompatibilità degli aiuti di Stato con il mercato comune, salvo deroghe[179].

 Con il Regolamento 2001/69, la Commissione ha fissato tale soglia a 100.000 euro con riferimento ad un periodo di tre anni. Nel 2006, tale soglia è stata raddoppiata a 200.000 euro.

Pertanto, gli aiuti di Stato che non superano l’importo di 200.000 euro sono dispensati dalla procedura di cui all'articolo 88, paragrafo 3, che contempla l'obbligo di notificare gli aiuti di Stato alla Commissione europea, al fine di stabilirne la compatibilità con il mercato comune.


Articolo 9, comma 62
(Aliquota ridotta IRAP per le cooperative di servizi del settore selvicolturale)

 

62. Alle imprese di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, si applica l'articolo 45, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

 

 

Il comma 62 dell’articolo 9, inserito dalla Commissione bilancio del Senato, estende l’applicazione dell’aliquota agevolata IRAP di cui all’articolo 45, comma 1 del decreto legislativo n. 446/1997[180] alle imprese indicate nell’articolo 8 del D.Lgs. n. 227 del 2001[181]. Si tratta, in particolare, delle cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali.

 

Ai sensi dell’articolo 45, comma 1, del decreto legislativo n. 446/1997, per i soggetti operanti nel settore agricolo e per le cooperative della piccola pesca e loro consorzi si applica l’aliquota agevolata IRAP.

In particolare, la norma, nella versione vigente, dispone che “per il periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 1998 e per gli otto periodi d'imposta successivi l'aliquota è stabilita nella misura dell'1,9 per cento; per il periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2007 l'aliquota è stabilita nella misura del 3,75 per cento”.

Tuttavia, l’articolo 9, comma 5 del provvedimento in esame prevede la modifica del citato comma 1 dell’articolo 45 diretto ad applicare anche per il 2007 l’aliquota dell’1,9% e a prorogare al 2008 l’aliquota del 3,75%.

 

La norma, per come formulata, sembrerebbe prevedere l’applicazione dell’aliquota agevolata per i periodi d’imposta in corso dal 1998.

L’aliquota applicabile per l’anno 2007, in base al coordinato disposto con il comma 5 dell’articolo 9 del provvedimento in esame, risulta pari all’1,9%.


Articolo 9, comma 63
(Agevolazioni fiscali sul gasolio e sul GPL per riscaldamento
impiegati in zone montane)

 


63. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre 2008 si applicano le disposizioni fiscali sul gasolio e sul GPL impiegati in zone montane ed in altri specifici territori nazionali di cui all'articolo 5 del decreto-legge 1o ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418, nonché le disposizioni in materia di agevolazione per le reti di teleriscaldamento alimentate con biomassa ovvero con energia geotermica, di cui all'articolo 6 del medesimo decreto-legge.


 

 

L’articolo 9, comma 63, introdotto in Commissione al Senato, stabilisce che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge (ossia dal 1° gennaio 2008) e fino al 31 dicembre 2008, trovino applicazione le agevolazioni fiscali sul gasolio e sul GPL per riscaldamento impiegati in zone montane ed in altri specifici territori nazionali di cui all’articolo 5 del d.l. n. 356 del 2001[182], convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418 del 2001.

Con tale disposizione viene pertanto ulteriormente prorogato , sino al 31 dicembre 2008, l’incremento dell’agevolazione a favore dei soggetti che utilizzano il gasolio e il GPL per uso di riscaldamento nelle zone geografiche individuate dall’articolo 8, comma 10, lettera c), della legge n. 448 del 1998[183].

La richiamata agevolazione si sostanzia in un’ulteriore riduzione del costo del gasolio da riscaldamento ovvero del costo del GPL[184]. Infatti, alla riduzione di costo introdotta dall’articolo 1 del D.P.R. n. 361 del 1999 (0,103 euro per litro di gasolio e 0,133 euro per chilogrammo di GPL), è stata aggiunta un’altra agevolazione, ad opera dell’articolo 4 del D.L. n. 268 del 2000, convertito dalla legge n. 354 del 2000. Tale beneficio consiste in un’ulteriore riduzione del costo pari a 0,026 euro per ciascun litro di gasolio e per ciascun chilogrammo di GPL, limitatamente al periodo 3 ottobre-31 dicembre 2000. Tale agevolazione è stata più volte prorogata[185], da ultimo al 31 dicembre 2007, ai sensi dell’articolo 1, comma 394, lettera c), della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007:

 

Per effetto della disposizione del comma 63 pertanto, sino al 31 dicembre 2008 troverà applicazione l’ulteriore riduzione pari a 0,026 euro (50 lire) per ogni litro di gasolio usato come combustibile per riscaldamento e per ogni chilogrammo di GPL.

L’agevolazione totale consiste, pertanto, in una riduzione complessiva pari a 0,129 euro (lire 250) per litro di gasolio usato come combustibile (rispetto all’accisa ordinaria di 0,403 euro[186]) e a 0,159 euro (lire 308) per chilogrammo di GPL (rispetto all’accisa ordinaria di 0,190 euro[187]).

 

Il suddetto beneficio, che non è cumulabile con altre agevolazioni in materia di accise, è applicabile ai quantitativi dei predetti combustibili impiegati nei comuni, o nelle frazioni dei comuni:

-        ricadenti nella zona climatica F di cui al D.P.R. n. 412 del 1993; vale a dire che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 3.000, ai sensi del medesimo D.P.R. n. 412[188];

-        facenti parte di province nelle quali oltre il 70% dei comuni ricade nella zona climatica F;

-        della regione Sardegna e delle isole minori, per i quali viene esteso anche ai gas di petrolio liquefatti confezionati in bombole;

-        non metanizzati ricadenti nella zona climatica E[189], di cui al citato D.P.R. n. 412 del 1993, e individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle attività produttive. Il suddetto beneficio è applicabile altresì ai quantitativi dei predetti combustibili impiegati nelle frazioni non metanizzate dei comuni ricadenti nella zona climatica E, di cui al predetto D.P.R. n. 412 del 1993, esclusi dall'elenco redatto con il medesimo decreto del Ministro delle finanze, e individuate annualmente con delibera di consiglio dagli enti locali interessati[190].

 

Per conseguenza, i soggetti residenti in tali zone pagheranno un’accisa di 0,274 euro per litro per il gasolio da riscaldamento e 0,031 euro per chilogrammo di GPL.

 

Il medesimo comma 63 rinnova sino al 31 dicembre 2008 le disposizioni in materia di agevolazione per il calore fornito dalle reti di teleriscaldamento alimentate da biomassa ovvero con energia geotermica, di cui all’articolo 6 del citato d.-l. n. n. 356 del 2001[191], convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418 del 2001.

In particolare, si dispone l'applicazione dell’aumento di 0,015 euro (30 lire), per ogni chilowattora di calore fornito, della misura del credito d’imposta previsto a favore dei soggetti che utilizzano, quale fonte di energia alternativa, le reti di riscaldamento alimentate con biomasse o con energia geotermica, di cui all’articolo 8, comma 10, lettera f), della legge n. 448 del 1998[192].

 

Si ricorda anche che l’articolo 29 della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001) ha previsto, a partire dal 1° gennaio 2001, la concessione di un contributo, corrisposto nella forma del credito d’imposta, pari a lire 40.000 per ogni chilowattora di potenza impegnata, a favore degli utenti che si collegano ad una rete di teleriscaldamento alimentata dall'energia geotermica o da biomassa. Ciò comporta una riduzione dei costi di allacciamento alla rete, di cui beneficiano i nuovi utenti che si collegano a tali reti, nonché gli utenti che aumentano la potenza impegnata.

 

Circa la disciplina comunitaria in materia, si ricorda che il D.Lgs. 2 febbraio 2007, n. 26, di attuazione della direttiva 2003/96/CE, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità, ha apportato numerose modifiche al Testo Unico delle accise. Tale decreto legislativo è entrato in vigore il 1° giugno 2007.

La principale novità della direttiva 2003/96/CE è costituita dal fatto che essa amplia l’insieme dei prodotti energetici che rientrano nel regime comunitario di accisa e che pertanto gli Stati membri devono obbligatoriamente sottoporre ad accisa. Con la direttiva 2003/96/CE il regime di accisa viene applicato ad un insieme più esteso di prodotti, costituito dai cosiddetti prodotti energetici in senso ampio, cui si aggiunge altresì l’elettricità. La direttiva prevede (Allegato I) i livelli minimi di tassazione applicabili ai vari prodotti soggetti ad accisa e permette agli Stati membri di applicare, sotto controllo fiscale, aliquote d’imposta differenziate purché rispettino talune condizioni ed esenzioni e riduzioni delle aliquote purché non pregiudichino il corretto funzionamento del mercato interno, non comportino distorsioni della concorrenza e non siano inferiori al livello minimo stabilito nella direttiva. I livelli minimi di tassazione per il gasolio da riscaldamento sono indicati nell’allegato I, tabella C e sono di 21 euro per mille litri di gasolio , mentre è prevista aliquota zero per il GPL per riscaldamento.

Gli Stati membri possono inoltre applicare esenzioni o riduzioni parziali del livello di tassazione (art. 15) per (tra le altre ipotesi) l’elettricità generata da biomassa ed i prodotti energetici utilizzati per la generazione combinata di calore e energia.

L’articolo 18 della direttiva consente infine di continuare ad applicare le riduzioni nei livelli di tassazione o le esenzioni fissate nell’allegato II ai Paesi ivi indicati, fino al 31 dicembre 2006. Tra queste è ricompresa l’applicazione di aliquote ridotte in talune zone particolarmente svantaggiate dell’Italia, sul gasolio domestico da riscaldamento e sul GPL usato per riscaldamento, purché conformi ai livelli minimi di accisa

Inoltre (art. 19), il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare gli Stati membri ad applicare ulteriori esenzioni o riduzioni in base a considerazioni politiche specifiche.


Articolo 9, commi 70-73
(Attribuzione alle regioni ed alle province di Trento e Bolzano dell’incremento delle riscossioni IVA e accise negli interporti)

 


70. Per il finanziamento di investimenti per il potenziamento della rete infrastrutturale e dei servizi nei porti e nei collegamenti stradali e ferroviari nei porti è attribuito alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano l'incremento delle riscossioni dell'imposta sul valore aggiunto e delle accise relative alle operazioni nei porti e negli interporti.

71. La quota spettante ai sensi del comma 70 alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano è computata, a decorrere dall'anno 2008, a condizione che il gettito complessivo derivante dall'imposta sul valore aggiunto e dalle accise sia stato almeno pari a quanto previsto nella Relazione previsionale e programmatica, con riferimento all'incremento delle riscossioni nei porti e negli interporti di ciascuna regione rispetto all'ammontare dei medesimi tributi risultante dal consuntivo dell'anno precedente.

72. A tal fine è istituito, nello stato di previsione del Ministero dei trasporti, a decorrere dal 2008, un fondo per il finanziamento di interventi e di servizi nei porti e nei collegamenti stradali e ferroviari per i porti. Il fondo è alimentato dalle somme determinate ai sensi del comma 70 al netto di quanto attribuito allo specifico fondo dal decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e con il Ministro dell'economia e delle finanze, di attuazione dell'articolo 1, comma 990, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Il fondo è ripartito con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle infrastrutture, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, al netto della quota di gettito eventualmente già spettante alla regione o provincia autonoma a norma dei rispettivi statuti. A ciascuna regione spetta comunque l'80 per cento dell'incremento delle riscossioni nei porti nel territorio regionale.

73. Con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro delle infrastrutture, sono definite le modalità attuative della partecipazione alle riscossioni dei tributi erariali e del trasferimento del fondo, nonché i criteri per la destinazione delle risorse e per il monitoraggio degli interventi.


 

 

I commi da 70 a 73 dell’articolo 9 in esame aumentano le risorse a disposizione delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano per il finanziamento di investimenti finalizzati al potenziamento della rete infrastrutturale e dei servizi nei porti e nei collegamenti stradali e ferroviari nei porti. A tali soggetti viene infatti attribuito l’incremento delle riscossioni dell’IVA e delle accise nei porti e interporti di ciascuna regione, rispetto al consuntivo dell’anno precedente. E’ prevista la costituzione di un Fondo specifico dove confluiscono gli aumenti e che viene ripartito con decreto ministeriale, sentita la Conferenza Stato-regioni. L’80 % dell’incremento spetta comunque alla regione.

 

Si ricorda che le regioni, in relazione ai porti ed alle infrastrutture portuali, ai sensi dell’articolo 105 del D.Lgs. n. 112/1998 – recante conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 59/1997 - sono titolari delle funzioni di “programmazione, pianificazione, progettazione ed esecuzione degli interventi di costruzione, bonifica e manutenzione dei porti di rilievo regionale e interregionale delle opere edilizie a servizio dell'attività portuale”.

 

Il comma 71 dispone che la quota spettante, ai sensi del comma 70, alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, venga computata, a decorrere dall’anno 2008, a condizione che il gettito complessivo derivante dall’IVA e dalle accise sia stato almeno pari a quanto previsto nella Relazione previsionale e programmatica, con riferimento all’incremento delle riscossioni nei porti e negli interporti di ciascuna regione, rispetto all’ammontare dei medesimi tributi risultante dal consuntivo dell’anno precedente.

 

Il comma 72 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dei trasporti, un fondo per il finanziamento di interventi e di servizi nei porti e nei collegamenti stradali e ferroviari per i porti.

Il predetto fondo è alimentato dalle somme determinate ai sensi del comma 70, al netto di quanto attribuito allo specifico fondo dal decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e con il Ministro dell’economia e delle finanze, di attuazione dell’articolo 1, comma 990, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007).

 

Ai sensi del citato comma 990, al fine del completamento del processo di autonomia finanziaria delle autorità portuali, con decreto adottato di concerto tra il Ministero dei trasporti, il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero delle infrastrutture, è determinata, per i porti rientranti nelle circoscrizioni territoriali delle autorità portuali, la quota dei tributi diversi dalle tasse e diritti portuali da devolvere a ciascuna autorità portuale, al fine della realizzazione di opere e servizi previsti nei rispettivi piani regolatori portuali e piani operativi triennali con contestuale soppressione dei trasferimenti dello Stato a tal fine.

 

Il fondo in questione è ripartito con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle infrastrutture, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

Dalla quota destinata alla ripartizione, si deve scomputare la quota di gettito eventualmente già spettante alla regione o alla provincia autonoma a norma dei rispettivi statuti.

A ciascuna regione spetta, comunque, l’80 per cento dell’incremento delle riscossioni nei porti situati nel territorio regionale.

 

Il comma 73 rimette ad un decreto del Ministro dei trasporti, da adottarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro delle infrastrutture, la definizione delle modalità attuative della partecipazione alle riscossioni dei tributi erariali e del trasferimento del fondo, nonché i criteri per la destinazione delle risorse e per il monitoraggio degli interventi.


Articolo 9, comma 74
(Aumento del compenso che i concessionari della riscossione devono versare alla Fondazione IFEL)

 

74. Al comma 1 dell'articolo 3 del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 22 novembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 13 del 17 gennaio 2006, le parole: «dello 0,6 per mille» sono sostituite dalle seguenti: «dello 0,8 per mille».

 

 

Il comma 74 dell’articolo 5 in esame aggiorna l’importo che i concessionari del servizio nazionale della riscossione – in relazione all’attività di cui all’art. 10, comma 5, del D.Lgs. n. 504 del 1992[193]devono versare all’Istituto per la finanza e l’economia locale (IFEL).

 

Il citato articolo 10, comma 5, prevede che - con decreti del Ministro delle finanze, sentita l'Associazione nazionale dei comuni italiani - siano approvati i modelli della dichiarazione, anche congiunta o relativa ai beni indicati nell'articolo 1117, n. 2)[194] del codice civile, e sono determinati i dati e gli elementi che essa deve contenere, i documenti che devono essere eventualmente allegati e le modalità di presentazione, anche su supporti magnetici, nonché le procedure per la trasmissione ai comuni ed agli uffici dell'Amministrazione finanziaria degli elementi necessari per la liquidazione ed accertamento dell'imposta; per l'anno 1993 la dichiarazione deve essere inviata ai comuni tramite gli uffici dell'Amministrazione finanziaria. Con decreti del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno, del tesoro e delle poste e delle telecomunicazioni, sentita l'Associazione nazionale dei comuni italiani, sono approvati i modelli per il versamento al concessionario e sono stabilite le modalità di registrazione, nonché di trasmissione dei dati di riscossione, distintamente per ogni contribuente, ai comuni e al sistema informativo del Ministero delle finanze. Allo scopo di consentire la prosecuzione dei servizi finalizzati a fornire adeguati strumenti conoscitivi per una efficace azione accertativa dei comuni, nonché per agevolare i processi telematici di integrazione nella pubblica amministrazione ed assicurare il miglioramento dell'attività di informazione ai contribuenti, l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) organizza le relative attività strumentali.

 

Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze vengono disciplinate le modalità per l'effettuazione dei suddetti servizi, prevedendosi un contributo pari allo 0,6 per mille del gettito dell'imposta a carico dei soggetti che provvedono alla riscossione; con decreto del Ministro delle finanze sono stabiliti i termini e le modalità di trasmissione da parte dei predetti soggetti dei dati relativi alla riscossione.

 

La Fondazione IFEL- Istituto per la finanza e l’economia locale è stata costituita in data 16 marzo 2006, conformemente a quanto previsto dal comma 2-ter del decreto legge n. 7 del 2005[195], convertito, con modificazioni, dalla legge n. 43 del 2005, che ha attribuito all’ANCI l’obbligo di proseguire i servizi finalizzati a fornire adeguati strumenti conoscitivi per una efficace azione accertativa dei Comuni, nonché per agevolare i processi telematici di integrazione nella pubblica amministrazione ed assicurare il miglioramento dell’attività di informazione ai contribuenti.

 

Conformemente quanto previsto dal successivo decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 22 novembre 2005, l’IFEL succede in tutti i rapporti attivi e passivi del Consorzio ANCI-CNC per la fiscalità locale, costituito in data 22 febbraio 1994, sulla base del decreto legislativo 504 del 1992, con cui è stata istituita l'Imposta Comunale sugli Immobili.

Il Consorzio ANCI-CNC aveva attuato, in dieci anni di attività, nell'ambito dei propri compiti istituzionali, un complesso di servizi finalizzati alla formazione e gestione di anagrafi dei contribuenti tenuti al versamento dell'ICI, assicurando informazioni al Ministero dell'economia e delle finanze, in termini di dati, elaborazioni ed elementi utili per l'applicazione dell’ICI.

 

Con la disposizione in commento, viene modificato il comma 1 dell’articolo 3 del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 22 novembre 2005[196], elevando dallo 0,6 per mille allo 0,8 per mille del gettito ICI il contributo da versarsi all’IFEL da parte dei concessionari del servizio nazionale della riscossione.

 

Si rileva che non risulta conforme alle vigenti regole sulla redazione dei testi normativi l'introduzione, con legge, di una modifica frammentaria in una fonte non avente forza di legge.

 

Si ricorda che dal 1° ottobre 2006, l'attività di riscossione nazionale dei tributi è attribuita all'Agenzia delle Entrate, che la esercita per mezzo di Equitalia Spa.

In base al comma 7 dell'art. 3 del d.l. n. 203 del 2005[197], Equitalia - prima denominata Riscossione - ha concluso, al 29 settembre 2006, l'acquisto delle 37 Società Concessionarie, in misura non inferiore al 51% del capitale sociale delle stesse.

Equitalia – i cui soci sono l’Agenzia delle Entrate (51%) e l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (49%) - è presente su tutto il territorio nazionale, tranne la Sicilia.


Articolo 9, comma 75
(Onere della prova per l’Agenzia delle entrate
relativamente agli studi di settore)

 


75. All'articolo 1, comma 14, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dopo il primo periodo, sono inseriti i seguenti: «Ai fini dell'accertamento l'Agenzia delle entrate ha l'onere di motivare e fornire elementi di prova per avvalorare l'attribuzione dei maggiori ricavi o compensi derivanti dall'applicazione degli indicatori di normalità economica di cui al presente comma, approvati con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 20 marzo 2007, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 2006, e successive modificazioni, fino all'entrata in vigore dei nuovi studi di settore varati secondo le procedure, anche di concertazione con le categorie, della disciplina richiamata dal presente comma. In ogni caso i contribuenti che dichiarano ricavi o compensi inferiori a quelli previsti dagli indicatori di cui al presente comma non sono soggetti ad accertamenti automatici».


 

 

Il comma 75 dell’articolo 9 in esame pone in capo all’Agenzia delle entrate l'onere di motivare e fornire elementi di prova per avvalorare l'attribuzione dei maggiori ricavi o compensi che risultano dall'applicazione degli indicatori di normalità economica, fino all'entrata in vigore dei nuovi studi di settore.

 

A tal fine, la disposizione in esame inserisce all'articolo 1, comma 14, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), dopo il primo periodo, un ulteriore periodo a mente del quale, ai fini dell'accertamento, l'Agenzia delle entrate ha l'onere di motivare e fornire elementi di prova per avvalorare l'attribuzione dei maggiori ricavi o compensi derivanti dall'applicazione degli indicatori di normalità economica.

Gli indicatori di normalità economica qui richiamati sono stati approvati con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 20 marzo 2007, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 2007, e successive modificazioni. Gli specifici indicatori di normalità economica, così approvati, sono idonei all'individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi fondatamente attribuibili al contribuente in relazione alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività svolta.

 

Si rileva che, per un refuso, il testo della disposizione di cui al comma 75 in esame fa riferimento erroneamente alla Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 2006, piuttosto che alla Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 2007.

 

Secondo il richiamato comma 14 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007, fino alla elaborazione e revisione degli studi di settore previsti dall'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni, che tengono conto degli indicatori di coerenza di cui al comma 2 dell'articolo 10-bis della legge 8 maggio 1998, n. 146, introdotto dal comma 13, con effetto dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2006, ai sensi dell'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, si tiene altresì conto di specifici indicatori di normalità economica, di significativa rilevanza, idonei alla individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi fondatamente attribuibili al contribuente in relazione alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività svolta. Ai fini della relativa approvazione non si applica la disposizione di cui all'articolo 10, comma 7, secondo periodo, della legge 8 maggio 1998, n. 146. Si applicano le disposizioni di cui al comma 4-bis dell'articolo 10 della medesima legge.

 

L’applicazione degli indicatori di normalità economica e quindi della prevista disciplina in tema di onere di motivazione e della prova si avrà fino all'entrata in vigore dei nuovi studi di settore varati secondo le procedure, anche di concertazione con le categorie, della disciplina richiamata dallo stesso comma 75.

La disposizione in esame specifica che in ogni caso i contribuenti che dichiarano ricavi o compensi inferiori a quelli previsti dai richiamati indicatori non sono soggetti ad accertamenti automatici.

 


Articolo 9, comma 76
(Attività estimali eseguite dall’Agenzia del demanio)

 

76. Al comma 219 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «A tal fine, la lettera d) del predetto comma 109 si interpreta nel senso che le conseguenti attività estimali, incluse quelle già affidate all'Ufficio tecnico erariale, sono eseguite dall'Agenzia medesima».

 

 

Il comma 76 dell’articolo 5 in esamereca una disposizione di interpretazione autentica secondo cui le attività estimali del valore delle unità immobiliari del patrimonio dello Stato destinate all’alienazione devono essere eseguite dall’Agenzia del demanio, integrando a tal fine il comma 219 dell’articolo 1 (unico) della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007).

 

Il comma 219 stabilisce che le unità immobiliari, destinate ad uso abitativo, appartenenti al patrimonio dello Stato, e gestite dall’Agenzia del demanio, possono essere alienate dall’Agenzia stessa con le modalità di cui all’articolo 3, comma 109, della legge 23 dicembre 1996, n. 662[198].

 

Il comma 76, come detto, reca una disposizione di interpretazione autentica secondo cui le conseguenti attività estimali del valore delle unità immobiliare destinate all’alienazione devono essere eseguite dall’Agenzia del demanio.

All’Agenzia vengono attribuite anche le attività estimali già affidate all’Ufficio tecnico erariale.

La sopra illustrata interpretazione autentica è consequenziale alla soppressione dell’Ufficio Tecnico Erariale (UTE) disposta dalla legge n. 358 del 1991[199] e al successivo trasferimento all’Agenzia del territorio dei relativi compiti.

 

Il citato comma 109 dell’articolo 3 della legge n. 662 del 1996 disciplina le procedure di dismissione del patrimonio immobiliare delle amministrazioni pubbliche che non rispondono alla normativa prevista dalla legge n. 560 del 1993[200], della CONSAP (Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici) Spa, nonché delle società derivanti da processi di privatizzazione, nelle quali, direttamente o indirettamente, la partecipazione pubblica è uguale o superiore al 30 per cento del capitale espresso in azioni ordinarie.

La procedura di dismissione prevista dal comma 109 stabilisce che:

-        venga garantito, nel caso di vendita frazionata e in blocco, anche a cooperative di abitazione di cui siano soci gli inquilini, il diritto di prelazione ai titolari dei contratti di locazione in corso ovvero di contratti scaduti e non ancora rinnovati purché si trovino nella detenzione dell'immobile, e ai loro familiari conviventi, sempre che siano in regola con i pagamenti al momento della presentazione della domanda di acquisto;

-        venga garantito il rinnovo del contratto di locazione agli inquilini titolari di reddito familiare complessivo inferiore ai limiti di decadenza previsti per la permanenza negli alloggi di edilizia popolare. Il limite è elevato del venti per cento per particolari casi di disagio (anziani, portatori di handicap);

-        per la determinazione del prezzo di vendita si fa riferimento al prezzo di mercato di alloggi liberi diminuito del trenta per cento, fatta salva la possibilità, in caso di difforme valutazione, di ricorrere ad una stima dell'UTE;

-        i soggetti alienanti, sentite le organizzazioni sindacali degli inquilini, disciplinano le modalità di presentazione delle domande di acquisto per gli immobili posti in vendita e di accesso ad eventuali mutui agevolati;

-        il dieci per cento del ricavato della dismissione degli immobili appartenenti alle amministrazioni statali è versato su apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata.

 


Articolo 9, comma 77
(Contributo della Guardia di finanza per il miglioramento e la sicurezza delle comunicazioni e delle dotazioni informatiche)

 

77. Per il miglioramento e la sicurezza delle comunicazioni e delle dotazioni informatiche, a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente articolo nonché della presente legge, è autorizzato in favore del Corpo della Guardia di finanza un contributo di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

 

 

Il comma 77, aggiunto durante l’esame presso il Senato, autorizza a favore del Corpo della Guardia di finanza lo stanziamento di un contributo di due milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, al fine di migliorare e mettere in sicurezza il sistema di comunicazione e le dotazioni informatiche.

Tale contributo grava sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni dell’articolo 9, nonché della legge finanziaria nel suo complesso.

 

Le risorse sono allocate nella UPB 1.3.6 “Investimenti” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, cap. 7830 “Spese per lo sviluppo dei servizi automatizzati del sistema informativo”, ricompreso nella missione 1 “Politiche economico-finanziarie e di bilancio”, programma 1.3 “Prevenzione e repressione delle frodi e violazioni agli obblighi fiscali”, per il quale è prevista nel bilancio a legislazione vigente per il 2008 uno stanziamento di 4 milioni di euro.


Articolo 9, commi 78-80
(Definizione dei gruppi di acquisto solidale e disciplina IVA)

 


78. Sono definiti «gruppi di acquisto solidale» i soggetti associativi senza scopo di lucro costituiti al fine di svolgere attività di acquisto collettivo di beni e distribuzione dei medesimi, senza applicazione di alcun ricarico, esclusivamente agli aderenti, con finalità etiche, di solidarietà sociale e di sostenibilità ambientale, in diretta attuazione degli scopi istituzionali e con esclusione di attività di somministrazione e di vendita.

79. Le attività svolte dai soggetti di cui al comma 78, limitatamente a quelle rivolte verso gli aderenti, non si considerano commerciali ai fini dell'applicazione del regime di imposta di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 4, settimo comma, del medesimo decreto, e ai fini dell'applicazione del regime di imposta del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

80. All'onere derivante dalle disposizioni di cui ai commi 78 e 79, valutato in 200.000 euro a decorrere dall'anno 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 3-ter, del decreto-legge 1o ottobre 2005, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2005, n. 244.


 

 

Il comma 78 definisce i cd. G.A.S., gruppi di acquisto solidale, come soggetti associativi, senza scopo di lucro, costituiti al fine di svolgere attività di acquisto collettivo di beni e di distribuzione dei medesimi esclusivamente a favore degli aderenti, senza applicazione di alcun ricarico (ossia, presumibilmente, senza applicazione di margini di profitto tra la fase di acquisto e la fase di successiva distribuzione).

Come precisato dal comma in esame, tali associazioni agiscono con finalità etiche, di solidarietà sociale e di sostenibilità ambientale, in diretta attuazione degli scopi istituzionali e con esclusione di attività di somministrazione e di vendita a terzi.

 

Al riguardo, si osserva che, attualmente, in relazione alla forma giuridica dei gruppi in esame (G.A.S) si trovano prevalentemente associazioni riconosciute e non riconosciute, ma anche cooperative del settore ONLUS. Al riguardo, si ricorda, che l’art. 10 del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460 “Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale” definisce come ONLUS una categoria tributaria (tale qualifica attribuisce la possibilità di godere di agevolazioni fiscali) che può essere assunta da associazioni, comitati, fondazioni, società cooperative e altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, che perseguono con la loro attività l'esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale. Statuti o atti costitutivi delle ONLUS, redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, prevedono espressamente una serie di requisiti.

 

In relazione alla formulazione del comma 78, al fine di evitare possibili dubbi interpretativi, andrebbe valutata l’opportunità di meglio definire l’ambito soggettivo di applicazione della norma.

 

Il comma 79 precisa che le attività svolte dai gruppi di acquisto solidale, limitatamente a quelle rivolte esclusivamente agli aderenti, non si considerano di natura commerciale ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), fermi restando i requisiti di individuazione delle attività di natura non commerciale previsti dall’articolo 4, settimo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972[201] e ai fini delle imposte dirette.

 

L’articolo 4, settimo comma, del DPR n. 633/1972 stabilisce i requisiti necessari per la qualificazione come non commerciale di una determinata attività. In particolare, si dispone che nell’atto costitutivo o nello statuto redatto nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata debba essere previsto:

a)       divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge;

b)       obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;

c)       disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente ogni limitazione in funzione della temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione;

d)       obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;

e)       eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all'articolo 2532, secondo comma, del codice civile, sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti; è ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo, anteriore al 1° gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi dell'articolo 2532, ultimo comma, del codice civile e sempreché le stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale;

f)         intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa.

 

Le medesime attività, alle condizioni sopra indicate, non si considerano commerciali ai fini dell’applicazione del regime di imposta di cui al Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) approvato con D.P.R. n. 917 del 1986[202].

Secondo l’articolo 55, comma 1, del TUIR, i proventi derivanti da attività di natura commerciale concorrono alla formazione del reddito di impresa.

 

L’onere derivante dalle disposizioni di cui ai commi 78 e 79, valutato in 200.000 euro a decorrere dal 2008, è coperto (comma 80) mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’art. 5, comma 3-ter del D.L. 1° ottobre 2005, n. 202, convertito con modificazioni dalla legge 30 novembre 2005, n. 244, relativa alle agevolazioni fiscali e contributive per le imprese danneggiate dall’emergenza aviaria.


Articolo 9, comma 81
(Sanzioni per le violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale e lo scontrino fiscale)

 

81. All'articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, al comma 2, dopo le parole: «un quinquennio» la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «quattro» e dopo le parole: «lo scontrino fiscale» sono inserite le seguenti: «compiute in giorni diversi,».

 

 

L’articolo 9, comma 81, aggiunto in Commissione al Senato, modifica l’articolo 12, comma 2, del D.Lgs. n. 471 del 1997[203], relativamente alle sanzioni per gli esercizi commerciali per la mancata emissione della ricevute e dello scontrino fiscale.

 

Il comma 81 modifica in particolare la norma che commina la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività ovvero comunque dell’esercizio dell’attività medesima per un periodo da tre giorni ad un mese nei confronti di quegli esercizi commerciali a cui siano state contestate, nel corso di cinque anni, tre distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale.

Per effetto della modifica del comma 81 in commento, ai fini dell’irrogazione della sanzione accessoria della sospensione della licenza o dell’autorizzazione, sarà necessario che siano state contestate, nell’arco di un quinquennio, quattro (e non più tre) violazioni dell’obbligo di emissione della ricevuta o dello scontrino fiscale.

Inoltre, ai fini dell’irrogazione della predetta sanzione accessoria, le violazioni dovranno essere commesse in giorni diversi; pertanto, le eventuali violazioni plurime commesse nello stesso giorno si conteranno come una violazione unica.

 

Si ricorda che l’articolo 12, comma 2 del D.Lgs. n. 471 del 1997 è stato recentemente modificato dall’art. 1, comma 8, del D. L. n. 262 del 2006, recante disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria e convertito, con modificazioni, dalla legge n. 286 del 2006.

Oltre a modificare il sistema sanzionatorio per la mancata emissione dello scontrino e della ricevuta fiscale, le nuove norme hanno previsto che il provvedimento di sospensione sia immediatamente esecutivo, in deroga all’articolo 19, comma 7, del medesimo decreto legislativo n. 472 del 1997.

Qualora inoltrel’importo complessivo dei corrispettivi oggetto di contestazione ecceda la somma di euro 50.000 la sospensione viene disposta per un periodo più lungo, variabile da un mese a sei mesi.

La sospensione viene disposta dalla direzione regionale dell’Agenzia delle entrate competente per territorio in relazione al domicilio fiscale del contribuente. Gli atti di sospensione devono essere notificati, a pena di decadenza, entro sei mesi da quando è stata contestata la terza violazione.

Inoltre, l’esecuzione e la verifica dell’effettivo adempimento delle sospensioni è effettuata dall’Agenzia delle entrate, ovvero dalla Guardia di finanza e l’esecuzione della sospensione è assicurata con il sigillo dell’organo procedente e con le sottoscrizioni del personale incaricato, ovvero con altro mezzo idoneo a indicare il vincolo imposto a fini fiscali.

 

Si ricorda altresì che la disciplina generale relativa allo scontrino fiscale e alla ricevuta fiscale – rispettivamente istituiti dalla legge 26 gennaio 1983, n. 18, e dalla legge 10 maggio 1976, n. 249 – è contenuta nell'articolo 12 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, il quale ha disposto, con decorrenza dal 1° gennaio 1993, l'obbligo di certificare i corrispettivi derivanti da cessioni di beni o prestazioni di servizi per le quali non è obbligatoria l'emissione della fattura, se non a richiesta del cliente, mediante il rilascio, rispettivamente, dello scontrino fiscale o della ricevuta fiscale. Lo stesso articolo ha determinato le operazioni esenti dall’obbligo (consentendone l’integrazione con decreti ministeriali).

L’articolo 1, comma 431, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ha poi stabilito che per le imprese operanti nel settore della grande distribuzione, tenute alla trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri, tale trasmissione tenga luogo dell’obbligo di certificazione mediante ricevuta o scontrino fiscale.

 

Si segnala che l’articolo 4, comma 22, del presente ddl finanziaria modifica le modalità di esecuzione della sospensione della licenza o dell’autorizzazione in questione, escludendo che l’esecuzione della sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività possa essere assicurata con mezzi diversi dall’apposizione del sigillo da parte dell’organo procedente e dalla sottoscrizione del personale incaricato.


Articolo 10
(Trasporto pubblico locale)

 


1. Al fine di promuovere lo sviluppo del trasporto pubblico locale, nella prospettiva del processo di riforma del settore, è istituito, nello stato di previsione del Ministero dei trasporti, un fondo di 500 milioni di euro per l'anno 2008.

2. La disponibilità del fondo di cui al comma 1 è destinata per 220 milioni di euro all'adeguamento dei trasferimenti statali alle regioni al fine di garantire l'attuale livello dei servizi, ivi incluso il recupero dell'inflazione, per 150 milioni di euro per le finalità di cui al comma 1031 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e per 130 milioni di euro per il finanziamento dell'articolo 9 della legge 26 febbraio 1992, n. 211.

3. Le risorse per l'adeguamento dei trasferimenti statali alle regioni sono ripartite con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

4. Al Ministero dei trasporti è altresì destinata una quota pari a 4 milioni di euro a decorrere dal 2008 per la riattivazione, in via d'urgenza, dei lavori di realizzazione di sistemi innovativi di trasporto in ambito urbano, interrotti in relazione all'apertura di procedimenti tesi a riesaminare le procedure contrattuali da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee.

5. All'articolo 1, comma 1031, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dopo la lettera c) sono aggiunte le seguenti:

«c-bis) per l'acquisto di elicotteri destinati ad un servizio minimo di trasporto pubblico locale per garantire collegamenti con isole minori con le quali esiste un fenomeno di pendolarismo;

c-ter) all'acquisto dei veicoli di cui alle lettere a) e b) è riservato almeno il 50 per cento della dotazione del fondo».

6. Gli interventi finanziati, ai sensi e con le modalità della legge 26 febbraio 1992, n. 211, con le risorse di cui al comma 2, individuati con decreto del Ministro dei trasporti, sono destinati al completamento delle opere in corso di realizzazione in misura non superiore al 20 per cento. Il finanziamento di nuovi interventi è subordinato all'esistenza di parcheggi di interscambio, ovvero alla loro realizzazione, che può essere finanziata con le risorse di cui al comma 2.

7. Le modalità di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58, si applicano anche alle risorse di cui all'articolo 23, comma 1, del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47.

8. Ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2008 per l'acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale ed interregionale, spetta una detrazione dall'imposta lorda, fino alla concorrenza del suo ammontare, nella misura del 19 per cento per un importo delle spese stesse non superiore a 250 euro. La detrazione spetta sempreché le spese stesse non siano deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo. La detrazione spetta anche se la spesa è stata sostenuta nell'interesse delle persone indicate nell'articolo 12 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che si trovino nelle condizioni indicate nel comma 2 del medesimo articolo 12.


 

 

L’articolo 10, al comma 1, istituisce, nello stato di previsione del Ministero dei trasporti, un fondo per lo sviluppo del trasporto pubblico locale, con una dotazione di 500 milioni di euro per l'anno 2008. Il fondo è destinato a sostenere il processo di riforma del settore.

 

La riforma dei trasporti pubblici locali (TPL) è stata avviata dal D.Lgs. n. 422/1997, successivamente modificato ed integrato dal D.Lgs. 400/1999 e da ulteriori disposizioni. A tale revisione del settore il legislatore ha provveduto in occasione del riassetto generale dell’organizzazione amministrativa centrale, disposto dalla legge 15 marzo 1997, n. 59.

Il D.Lgs. 422/1997 ha disciplinato il conferimento alle regioni ed agli enti locali delle funzioni e dei compiti in materia di servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale ed ha fissato i criteri di organizzazione dei servizi medesimi.

Le funzioni delegate alle regioni riguardano l'intero comparto del servizio di trasporto, comprese le ferrovie di interesse regionale e locale. Le competenze conferite sono essenzialmente di carattere programmatorio, amministrativo e finanziario.

Al conferimento e all’attribuzione delle relative risorse si provvede, previo accordo di programma tra Ministero dei trasporti e regione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri interessati ed il Ministro del tesoro. E’ demandata ad apposite leggi regionali la puntuale individuazione delle funzioni conferite.

La regione è dunque individuata come unico soggetto regolatore di tutto il comparto. Ad essa è attribuita una doppia responsabilità, pianificatoria e finanziaria. In ossequio al principio di sussidiarietà, le regioni sono peraltro tenute a conferire a province, comuni ed enti locali le funzioni in materia di trasporto pubblico locale che non richiedano un unitario esercizio a livello regionale; gli enti locali godono peraltro di competenza residuale.

 

Il comma 2 ripartisce la disponibilità del fondo di cui al comma 1 destinando:

§       220 milioni di euro all’adeguamento dei trasferimenti statali alle regioni per garantire l’attuale livello dei servizi, ivi incluso il recupero dell’inflazione;

§       150 milioni di euro al fondo per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale, istituito dall’art. 1, comma 1031 della legge finanziaria 2007;

§       130 milioni di euro al finanziamento dei contributi alle operazioni di mutuo contratte, da enti locali e soggetti attuatori, per la realizzazione degli interventi contemplati dalla medesima legge in vista dello sviluppo, nelle aree urbane, dei sistemi di trasporto pubblico ed in particolare dei sistemi di trasporto rapido di massa e di tranvie veloci, contributi previsti dall’art. 9 della legge 26 febbraio 1992, n. 211.

Il comma 3 dispone che alla ripartizione dei 220 milioni di euro, destinati dal comma 2 all’adeguamento dei trasferimenti statali, si provvede con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e Province autonome.

 

Il comma 4 destina, a decorrere dal 2008, 4 milioni di euro al Ministero dei trasporti, affinché possano essere riattivati, in via d’urgenza, i lavori di realizzazione di sistemi innovativi di trasporto in ambito urbano, interrotti all’apertura di procedimenti tesi al riesame, da parte della Corte di giustizia europea, delle procedure contrattuali.

 

Il comma 5 integra l’articolo 1, comma 1031, della legge finanziaria 2007, disponendo che il fondo istituito per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale, sia finalizzato anche all’acquisto di elicotteri destinati a garantire collegamenti con isole minori interessate da fenomeni di pendolarismo.

 

L’articolo 1 comma 1031 della legge 296/2006 istituisce un fondo per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale, il cui ammontare è fissato in 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, finalizzato a:

-          realizzare una migliore correlazione tra lo sviluppo economico, assetto territoriale e organizzazione del trasporti;

-          favorire il riequilibrio modale degli spostamenti quotidiani attraverso il miglioramento del servizio offerto dal trasporto pubblico locale.

Il fondo è destinato, nella misura massima del 75 per cento, all’acquisto di:

a)       veicoli ferroviari per l’espletamento dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale non in concessione a F.S. S.p.a. e dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale in concessione a F.S. S.p.a., di cui, rispettivamente agli articoli 8 e 9 del D.Lgs. 422/1997;

b)       veicoli destinati a servizi su linee metropolitane, tranviarie e filoviarie;

c)       autobus a minor impatto ambientale o ad alimentazione non convenzionale.

 

Il medesimo comma stabilisce inoltre un vincolo di utilizzo delle risorse del fondo, riservandone almeno il 50 per cento all'acquisto dei veicoli di cui alle lettere a) e b).

 

Il comma 6 destina le risorse di cui al comma 2 (130 milioni di euro per il finanziamento dei contributi previsti dall’art. 9, legge 26 febbraio 1992, n. 211, alle operazioni di mutuo contratte da enti locali e soggetti attuatori per lo sviluppo, nelle aree urbane, dei sistemi di trasporto pubblico ed in particolare dei sistemi di trasporto rapido di massa e di tranvie veloci):

§       al completamento delle opere in corso di realizzazione, in misura non superiore al 20 per cento;

§       al finanziamento di nuovi interventi, subordinatamente all’esistenza di parcheggi di interscambio ovvero alla loro realizzazione, finanziabile con le medesime risorse.

 

Il comma 7 dispone che l'assegnazione delle risorse destinate al finanziamento del rinnovo del contratto di lavoro nel settore del trasporto pubblico locale dall’articolo 23, comma 1, del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355[204], avvenga secondo le modalità stabilite dall'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16[205], per la ripartizione di risorse destinate al rinnovo del primo biennio (anni 2004-2005) del contratto collettivo nazionale 2004-2007.

 

In applicazione dell'intesa sottoscritta presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri tra i rappresentanti delle associazioni datoriali ed i sindacati in data 18 novembre 2004, l’art. 1 comma 3 del D.L. 16 del 2005, ha previsto che le risorse stanziate dall’articolo 1, comma 2 (260 milioni di euro annui a decorrere dal 2005) per il finanziamento della spesa relativa al rinnovo del primo biennio (anni 2004-2005) del contratto collettivo nazionale 2004-2007 del trasporto pubblico locale, sono assegnate a regioni e province autonome con decreto del Ministro delle infrastrutture di concerto con il Ministro dell'economia, d'intesa con la Conferenza unificata Stato-regioni: la ripartizione è effettuata con riferimento alla consistenza del personale in servizio alla data del 30 novembre 2004 presso le aziende di trasporto pubblico locale. Le spese sostenute dagli enti territoriali per la corresponsione alle aziende di trasporto pubblico locale degli importi derivanti dal rinnovo del primo biennio (anni 2004-2005) del contratto collettivo nazionale sono escluse dal patto di stabilità interno.

L'articolo 1, comma 1231 della legge finanziaria 2007, ha novellato il comma 3 in esame, aggiungendo alle aziende di trasporto pubblico locale anche le aziende ferroviarie limitatamente a quelle che applicano il contratto autoferrotranvieri di cui all’articolo 23 del D.L. 24 dicembre 2003, n. 355 - alla data del 30 novembre 2004.

 

Il comma 8 contiene una disposizione di carattere fiscale, prevedendo che spetta una detrazione dall’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche, per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2008 per l’acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale ed interregionale, fino a concorrenza del suo ammontare, nella misura del 19 per cento e per un importo non superiore a 250 euro.

La detrazione spetta purché le medesime spese non siano deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo; la detrazione spetta anche se la spesa è stata sostenuta nell’interesse delle persone a carico (indicate nell’articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi DPR 917/1986) che si trovino nelle condizioni indicate nel comma 2 del medesimo articolo 12 – che abbiano cioè un reddito complessivo, computando anche le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica, non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili.

La relazione tecnica precisa che la legislazione vigente non prevede la detraibilità delle spese in oggetto e valuta un effetto di gettito negativo di 93 milioni di euro, in termini di competenza, per l'anno 2008 e, in termini di cassa, pari a -163 milioni di euro nel 2009 e +70 milioni di euro nel 2010.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Mobilità urbana sostenibile

Il 25 settembre 2007 la Commissione europea ha adottato un libro verde[206] dal titolo "Verso una nuova cultura della mobilità urbana" (COM(2007)551) con il quale avvia una consultazione pubblica, che si concluderà il 15 marzo 2008, al fine di individuare le misure intese a favorire una mobilità urbana sostenibile. Sulla base dei risultati della consultazione, essa intende elaborare, nell’autunno del 2008, un piano d'azione sulla mobilità urbana che contempli una serie di azioni da intraprendere a livello comunitario, nazionale, regionale e locale, con il coinvolgimento anche delle imprese e dei cittadini.

Il libro verde effettua un’analisi della situazione dell'ambiente e della mobilità urbana nell'UE, riconoscendo che si tratta di problemi di carattere locale, la cui soluzione richiede, tuttavia, un intervento a tutti i livelli; in tale contesto l’UE, in particolare, dovrebbe svolgere un ruolo di coordinamento, proponendo azioni in materia di scambio delle migliori prassi, definizione di norme comuni o armonizzazione, concessione di contributi finanziari, promozione della ricerca e semplificazione della legislazione.

L’obiettivo finale è quello di sviluppare una nuova mobilità urbana basata sull'ottimizzazione di tutte le modalità di trasporto e la promozione della co-modalità (vale a dire l’uso efficiente dei vari modi di trasporto singolarmente o in combinazione tra di loro) tra il trasporto pubblico e privato.

Sulla base delle suddette valutazioni, il libro verde individua una serie di misure riconducibili a cinque settori prioritari di intervento:

-        la riduzione della congestione mediante la promozione della co-modalità, il ricorso a modalità di trasporto alternative all'auto privata quali i mezzi pubblici, il car-sharing, migliori collegamenti tra i vari modi di trasporto, l'adozione di sistemi intelligenti per la gestione del traffico, l’aumento dei parcheggi ed una contestuale riduzione delle tariffe, la costruzione di nuove infrastrutture ed un migliore utilizzo di quelle già esistenti. Il documento suggerisce, inoltre, di valutare l’opportunità di istituire un sistema di “etichettatura” per le città pioniere nella lotta contro la congestione;

-        la riduzione dell'inquinamento al fine di contribuire al raggiungimento dell'obiettivo di ridurre entro il 2020 del 20%, rispetto al 1990,le emissioni di gas ad effetto serrae di portare a 120g/km le emissioni di CO2 entro il 2012. Secondo la Commissione, il conseguimento di tali obiettivi richiede una serie di interventi, anche mediante la concessione di incentivi fiscali, fra cui un maggiore ricorso a mezzi di trasportopubblici più rispettosi dell'ambiente, quali tram e metropolitane; la promozione delle attività di ricerca nel settore delle tecnologie pulite, del risparmio energetico e dei carburanti alternativi. Il libro verde ricorda, infine, che nell’ambito della politica in materia di aiuti di Stato la Commissione si è impegnata a prendere in considerazione i benefici per l’ambiente degli investimenti a favore dei trasporti puliti e la necessità di un trasferimento verso modalità di trasporto meno inquinanti;

-        la promozione di trasporti urbani intelligenti per garantire una gestione più efficiente della mobilità urbana, migliorando le informazioni relative al traffico. In questo contesto il libro verde suggerisce: di prendere in considerazione la possibilità di ricorrere ai sistemi di navigazione satellitare quali GALILEO[207] ai fini della gestione dei dati relativi al traffico e agli spostamenti; di applicare i sistemi di pedaggio intelligenti per garantire l'interoperabilità tra i vari modi di trasporto, tra le diverse zone di una stessa area urbana e tra diverse aree urbane, differenziando le tariffe in funzione del momento e del target; di sviluppare sistemi integrati che combinino una pianificazione intelligente degli itinerari, sistemi di aiuto ai conducenti, veicoli intelligenti ed interazioni fra le infrastrutture;

-        una migliore accessibilità ai trasporti urbani, soprattutto per alcune categorie di utenti, quali le persone a mobilità ridotta, i disabili, gli anziani ed i bambini, prendendo in considerazione anche l’opportunità di elaborare una carta europea dei diritti e degli obblighi degli utenti dei trasporti pubblici. Al fine di perseguire questo obiettivo il libro verde considera prioritario migliorare la qualità delle infrastrutture urbane e dei collegamenti sia all'interno delle città sia con le aree limitrofe, le stazioni, i porti e gli aeroporti, riflettendo anche sulla necessità di istituire corsie preferenziali per i trasporti pubblici;

-        il rafforzamento della sicurezza del trasporto urbano soprattutto al fine di tutelare gli utenti più vulnerabili della strada qualii ciclisti, i pedoni, le donne, i bambini e le persone anziane.

Il libro verde, inoltre, prospetta interventi sul fronte della formazione e dell’educazione al fine di rafforzare, tra l’altro, le competenze dei professionisti della mobilità urbana e sottolinea la necessità di migliorare le conoscenze e la raccolta di dati anche mediante la creazione di un osservatorio per la mobilità urbana.

Per quanto riguarda le risorse finanziarie necessarie per realizzare le priorità individuate, il libro verde ricorda che sono previsti cofinanziamenti a favore di interventi nel settore del trasporto urbano e del trasporto pubblico nell’ambito degli strumenti della politica di coesione per il periodo 2007-2013 (fondo europeo di sviluppo regionale e fondo di coesione) che dispongono complessivamente di una dotazione finanziaria pari a circa 8 miliardi di euro, a cui si aggiungono 9,5 miliardi destinati a progetti integrati di sviluppo urbano e rurale che possono comprendere anche investimenti nel settore dei trasporti. A tale contributo si aggiungono i prestiti erogati dalla Banca europea per gli investimenti (BEI), circa 2,5 miliardi di euro all’anno, destinati alla realizzazione di progetti nel settore del trasporto urbano. Il documento ricorda, inoltre, che il settimo programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico – istituito con la decisione n. 1982/2006/CE - sostiene attività nel settore della mobilità urbana, degli aspetti energetici dei trasporti, del trasporto urbano pulito e della mobilità sostenibile e che, nell’ambito di tale programma, è stata avviata l’iniziativa CIVITAS[208]. Il libro verde, infine, sottolinea la necessità che tutti gli attori, compresi gli utenti, e a tutti i livelli concorrano alla realizzazione delle misure in materia di mobilità urbana; fra le possibili misure intese a favorire il raggiungimento di questo obiettivo la Commissione annovera, tra l’altro, la promozione del partenariato pubblico-privato e l’utilizzo degli introiti derivanti dai parcheggi e dalla tariffazione stradale urbana per finanziare le misure in materia di trasporto urbano.

Le questioni connesse al trasporto urbano sono, inoltre, affrontate nell’ambito di una comunicazione del 22 giugno 2006dal titolo “Mantenere l’Europa in movimento: una mobilità sostenibile per il nostro continente” (COM(2006)314), intesa ad effettuare un esame intermedio delle misure contenute nel libro bianco sulla politica comune dei trasporti (COM(2001)370).

La Commissione traccia un quadro della situazione attuale nel settore del trasporto urbano dal quale risulta, tra l’altro, che i trasporti urbani producono il 40% delle emissioni globali di CO2 generate dal trasporto stradale e che tale modalità di trasporto è confrontata a notevoli problemi in termini di sicurezza e di congestione. In tale contesto sisottolinea l’importanza di assicurare un livello elevato di mobilità per i cittadini e le imprese in tutta l’UE, dissociandola tuttavia dalle conseguenze negative da essa prodotte quali la congestione, l’inquinamento e gli incidenti.

La comunicazionesottolinea che spetta alle singole città promuovere iniziative al fine di dare soluzione a questi problemi, e ricorda a tale proposito l’esperienza positiva di alcune città quali Atene, Londra e Stoccolma che hanno adottato politiche per una mobilità sostenibile basate essenzialmente sulla promozione di modalità di trasporto alternative al trasporto in auto. L’UE, dal canto suo, continua ad adoperarsi al fine di promuovere gli studi e lo scambio delle migliori prassi a livello comunitario in settori quali le infrastrutture di trasporto, la regolamentazione, la gestione della congestione e del traffico, i servizi pubblici di trasporto, la tassazione delle infrastrutture, la pianificazione urbana, la sicurezza, la protezione e la cooperazione con le regioni limitrofe. La Commissione ritiene, inoltre, che sia necessario valutare se esistono ostacoli alla politica in materia di trasporto urbano a livello comunitario ed individuare le situazioni in cui esiste un consenso favorevole allo sviluppo di soluzioni congiunte, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà.

Strategia tematica per l’ambiente urbano

L’11 gennaio 2006 la Commissione ha presentato la strategia tematica sull’ambiente urbano (COM(2005)718), destinata a migliorare l’efficienza ambientale delle città europee mediante una migliore attuazione a livello locale delle politiche e della legislazione comunitarie in materia ambientale. La strategia propone una serie di azioni tra cui l’adozione di orientamenti sulla gestione integrata dell’ambiente urbano e sull’elaborazione di piani per il trasporto urbano sostenibile, basati sull’esperienza acquisita dalle città, sui pareri degli esperti e sui risultati delle ricerche, al fine di favorire la piena attuazione della legislazione comunitaria.

Il 27 giugno 2006 il Consiglio ha adottato conclusioni sulla strategia sull’ambiente urbano, in cui tra l’altro: chiede agli Stati membri di intensificare gli sforzi per far sì che le città, con le loro politiche, possano raggiungere un'elevata qualità urbana a livello ambientale e sanitario, e di tenere presenti le possibilità offerte dai quadri strategici nazionali di riferimento (che dovranno essere definiti nell’ambito della politica di coesione, vedi infra) per affrontare i problemi dell'ambiente urbano, come pure le opportunità nell'ambito del regolamento e dei fondi LIFE+ (istituito dal regolamento (CE) n. 614/2007); incoraggia la Commissione a fornire orientamenti su come gli Stati membri possano utilizzare i fondi per integrare il rinnovamento urbano nei loro piani nazionali.

Il 26 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla strategia sull’ambiente urbano, la quale, fra l’altro, contiene raccomandazioni ed orientamenti specifici al fine di promuovere un trasporto urbano sostenibile. Nella risoluzione approvata il PE, in particolare:

-        insiste sul fatto che la Commissione, d’intesa con le autorità nazionali, debba incitare tutti gli agglomerati con popolazione superiore a 100.000 abitanti ad elaborare un piano di gestione urbana sostenibile (PGUS) e un piano di trasporti urbani sostenibili (PTUS). A tale proposito sottolinea la necessità che i PTUS siano utilizzati in modo flessibile al fine di tenere in debita considerazione le esigenze specifiche di ogni Stato membro e delle singole aree urbane nonché le necessità delle regioni interessate da vincoli specifici;

-        sottolinea che i PTUS dovrebbero contenere obiettivi concreti e quantificabili che possano essere presentati e controllati mediante un quadro di valutazione, anche al fine di migliorare la diffusione delle buone prassi tra gli Stati membri;

-        ritiene che i PTUS debbano comprendere strumenti attraverso i quali le autorità locali possano promuovere i trasporti pubblici e lo sviluppo di infrastrutture di trasporto pubblico, e diffondere informazioni sugli esempi da seguire, come l'introduzione di sistemi integrati di tariffe e biglietteria;

-        invita le amministrazioni comunali a fare sistematicamente riferimento a criteri di sostenibilità nei loro bandi di appalti pubblici e ad includere nei PGUS impegni in tal senso;

-        ritiene che l'utilizzazione di modi di trasporto e di tecnologie ecologici costituisca un fattore chiave per ottenere un ambiente urbano più pulito e sottolinea, a tale riguardo, la necessità di incentivare l’uso di autotreni e di autobus conformi alle norme comunitarie in materia di autoveicoli più ecologici, con particolare riferimento alla direttiva 2005/55/CE sull’emissione di inquinanti gassosi e di particolato. In tale contesto il PE intende prestare particolare attenzione alla proposta della Commissione per l'introduzione di mezzi di trasporto pubblici puliti e propone di assegnare alle agenzie locali che si occupano di efficienza energetica un settore di attività specifico che riguarda i trasporti urbani;

-        sostiene lo sviluppo dei trasporti pubblici che utilizzano fonti di energia sostenibili e sollecita la creazione di un equilibrio migliore tra trasporti individuali e collettivi nelle aree urbane;

-        sottolinea la necessità di promuovere un maggiore utilizzo dei trasporti pubblici e collettivi nelle aree urbane e di orientare i servizi di trasporto urbano in funzione dei requisiti della pianificazione spaziale, delle necessità dei cittadini e dei mutamenti demografici (anziani, disabili, ecc.);

-        chiede agli Stati membri di compiere sforzi, d'intesa con le amministrazioni locali, per far passare almeno il 5% di passeggeri/km dall'automobile privata a metodi di trasporto intraurbano sostenibili, come il trasporto pubblico, entro il periodo 2002-2012.

Politica di coesione 2007-2013

Gli aspetti urbani sono affrontati altresì nell’ambito della politica di coesione la cui disciplina è contenuta nei regolamenti relativi ai fondi strutturali nel periodo di programmazione 2007-2013[209]. I regolamenti stabiliscono, in particolare, la concentrazione degli interventi strutturali su tre nuovi obiettivi: convergenza, competitività ed occupazione regionale e cooperazione territoriale.

In questo nuovo quadro legislativo, il campo di intervento delle iniziative comunitarie relative al periodo 2000-2006, tra cui URBAN[210], sarà integrato nelle priorità dei suddetti nuovi obiettivi. In particolare il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), i cui interventi saranno concentrati sugli obiettivi “Competitività e occupazione regionale” e “Cooperazione territoriale”, riserverà una particolare attenzione alle specificità territoriali delle zone urbane, soprattutto quelle relative alle cittadine di medie dimensioni il cui ruolo nel promuovere lo sviluppo regionale sarà valorizzato mediante aiuti alla riqualificazione urbana.

Il 18 agosto 2006 il Consiglio ha adottato una decisione sugli orientamenti strategici comunitari in materia di coesione[211], che con riferimento alle zone urbane, prevedono interventi intesi a potenziare le infrastrutture di trasporto, segnatamente gli investimenti nei collegamenti secondari nell’ambito di una strategia regionale integrata per i trasporti e le comunicazioni nelle zone urbane e rurali, e nella promozione di reti di trasporto sostenibili dal punto di vista ambientale.Al fine di completare i suddetti orientamenti strategici, il 13 luglio 2006, la Commissione ha adottato la comunicazione “La politica di coesione e le città: il contributo delle città e degli agglomerati urbani alla crescita e all’occupazione all’interno delle regioni” (COM(2006)385). Il documento propone l’elaborazione di un approccio integrato che deve agire non soltanto a favore della crescita e dell’occupazione, ma anche perseguire obiettivi sociali ed ambientali. Tale approccio mira ad agire su alcuni aspetti specifici della dimensione urbana e, in particolare, a rafforzare l’attrattiva delle città, facendo leva, tra l’altro, su trasporti.

Il Quadro strategico nazionale dell’Italia 2007-2013, approvato dalla Commissione europea con decisione del 13 luglio 2007, prevede nell’ambito della priorità 6 “Reti e collegamenti per la mobilità”, l’obiettivo “Promuovere la mobilità urbana sostenibile e la logistica urbana” nonché l’obiettivo “Favorire la connessione delle aree produttive e dei sistemi urbani alle reti principali, le sinergie tra i territori e i nodi logistici e l’accessibilità delle aree periferiche: migliorare i servizi di trasporto a livello regionale e promuovere modalità sostenibili”.


Articolo 12
(Incentivazioni fiscali per il cinema)

 


1. Ai soggetti di cui all'articolo 73 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e ai titolari di reddito di impresa ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, non appartenenti al settore cinematografico ed audiovisivo, associati in partecipazione ai sensi dell'articolo 2549 del codice civile, è riconosciuto per gli anni 2008, 2009 e 2010 un credito d'imposta nella misura del 40 per cento, fino all'importo massimo di euro 1.000.000 per ciascun periodo d'imposta, dell'apporto in denaro effettuato per la produzione di opere cinematografiche riconosciute di nazionalità italiana ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28. Il beneficio si applica anche ai contratti di cui all'articolo 2554 del codice civile.

2. Le imprese di produzione cinematografica destinatarie degli apporti di cui al comma 1 hanno l'obbligo di utilizzare l'80 per cento di dette risorse nel territorio nazionale, impiegando mano d'opera e servizi italiani e privilegiando la formazione e l'apprendistato in tutti i settori tecnici di produzione.

3. Ai fini delle imposte sui redditi è riconosciuto un credito d'imposta:

a) per le imprese di produzione cinematografica, in misura pari al 15 per cento del costo complessivo di produzione di opere cinematografiche, riconosciute di nazionalità italiana ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, e, comunque, fino all'ammontare massimo annuo di euro 3.500.000 per ciascun periodo d'imposta, condizionato al sostenimento sul territorio italiano di spese di produzione per un ammontare complessivo non inferiore, per ciascuna produzione, all'80 per cento del credito d'imposta stesso;

b) per le imprese di distribuzione cinematografica, pari:

1) al 15 per cento delle spese complessivamente sostenute per la distribuzione nazionale di opere di nazionalità italiana riconosciute di interesse culturale ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, con un limite massimo annuo di euro 1.500.000 per ciascun periodo d'imposta;

2) al 10 per cento delle spese complessivamente sostenute per la distribuzione nazionale di opere di nazionalità italiana, espressione di lingua originale italiana, con un limite massimo annuo di euro 2.000.000 per ciascun periodo d'imposta;

3) al 20 per cento dell'apporto in denaro effettuato mediante i contratti di cui agli articoli 2549 e 2554 del codice civile, per la produzione di opere filmiche di nazionalità italiana riconosciute di interesse culturale ai sensi dell'articolo 7 del citato decreto legislativo n. 28 del 2004, con un limite massimo annuo di euro 1.000.000 per ciascun periodo d'imposta;

c) per le imprese di esercizio cinematografico, pari:

1) al 30 per cento delle spese complessivamente sostenute per 1'introduzione e acquisizione di impianti e apparecchiature destinate alla proiezione digitale, con un limite massimo annuo non eccedente, per ciascuno schermo, euro 50.000;

2) al 20 per cento dell'apporto in denaro effettuato mediante i contratti di cui agli articoli 2549 e 2554 del codice civile, per la produzione di opere cinematografiche di nazionalità italiana riconosciute di interesse culturale ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 28 del 2004, con un limite massimo annuo di euro 1.000.000 per ciascun periodo d'imposta.

4. Con riferimento alla medesima opera filmica, i benefici di cui al comma 3 non sono cumulabili a favore della stessa impresa ovvero di imprese che facciano parte dello stesso gruppo societario nonché di soggetti legati tra loro da un rapporto di partecipazione ovvero controllati anche indirettamente dallo stesso soggetto ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile.

5. I crediti d'imposta di cui ai commi 1 e 3 spettano per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e per i due periodi d'imposta successivi.

6. Gli apporti di cui ai commi 1 e 3, lettere b), numero 3), e c), numero 2), non possono, in ogni caso, superare complessivamente il limite del 49 per cento del costo di produzione della copia campione dell'opera filmica e la partecipazione complessiva agli utili degli associati non può superare il 70 per cento degli utili derivanti dall'opera filmica.

7. I crediti d'imposta di cui ai commi 1 e 3, lettere b), numero 3), e c), numero 2), possono essere fruiti a partire dalla data di rilascio del nulla osta di proiezione in pubblico del film di cui alla legge 21 aprile 1962, n. 161, e previa attestazione rilasciata dall'impresa di produzione cinematografica del rispetto delle condizioni richieste ai sensi dei commi 2 e 6. I suddetti crediti d'imposta non concorrono alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rilevano ai fini del rapporto di cui agli articoli 96 e 109, comma 5, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e sono utilizzabili esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

8. Gli apporti per la produzione e per la distribuzione di cui ai commi 1 e 3 sono considerati come risorse reperite dal produttore per completare il costo del film ai fini dell'assegnazione dei contributi di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, e successive modificazioni. In ogni caso, tali contributi non possono essere erogati per una quota percentuale che, cumulata con gli apporti di cui al presente articolo, superi l'80 per cento del costo complessivo rispettivamente afferente alle spese di produzione della copia campione e alle spese di distribuzione nazionale del film.

9. Le disposizioni applicative dei commi da 1 a 8 sono dettate con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il predetto decreto è adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico.

10. L'efficacia dei commi da 1 a 9 è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, all'autorizzazione della Commissione europea. Il Ministero per i beni e le attività culturali provvede a richiedere l'autorizzazione alla Commissione europea. Le agevolazioni possono essere fruite esclusivamente in relazione agli investimenti realizzati e alle spese sostenute successivamente alla data della decisione di autorizzazione della Commissione europea.

11. Alle imprese nazionali di produzione esecutiva e di post-produzione è riconosciuto un credito d'imposta, per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e per i due esercizi successivi, in relazione a film, o alle parti di film, girati sul territorio nazionale, utilizzando mano d'opera italiana, su commissione di produzioni estere, in misura pari al 25 per cento del costo di produzione della singola opera e comunque con un limite massimo, per ciascuna opera filmica, di euro 5.000.000.

12. Le disposizioni applicative del comma 11 sono dettate con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il predetto decreto è adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico.

13. Il credito d'imposta di cui al comma 11 non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 96 e 109, comma 5, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

14. Non concorrono a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte dirette gli utili dichiarati dalle imprese di produzione e di distribuzione cinematografica che li impiegano nella produzione o nella distribuzione dei film di cui all'articolo 2, commi 2, 4, 5 e 6, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, riconosciuti di nazionalità italiana ai sensi dell'articolo 5 del citato decreto legislativo ed espressione di lingua originale italiana. Tale beneficio è concesso solo alle imprese che tengono la contabilità ordinaria ai sensi degli articoli 13 e 18, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni.

15. Non concorrono a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte dirette, nel limite massimo del 30 per cento, gli utili dichiarati dalle imprese italiane operanti in settori diversi da quello cinematografico, le quali, da sole o per mezzo di accordi con società di produzione e di distribuzione cinematografica, li impiegano nella produzione o nella distribuzione dei film di cui all'articolo 2, commi 2, 4 e 5, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, riconosciuti di nazionalità italiana ai sensi dell'articolo 5 del citato decreto legislativo. Tale beneficio è concesso solo ai soggetti che tengono la contabilità ordinaria ai sensi degli articoli 13 e 18, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni.

16. Le disposizioni applicative dei commi 14 e 15 sono dettate con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il predetto decreto è adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico.

17. Le agevolazioni previste dai commi 14 e 15 sono usufruibili entro il limite di spesa di 5 milioni di euro per il 2008, 10 milioni di euro per il 2009 e 15 milioni di euro per il 2010.

18. Allo scopo di assicurare lo sviluppo e l'adeguamento tecnico e tecnologico delle sale cinematografiche e, di conseguenza, una sempre migliore fruizione del prodotto cinematografico sul territorio, al Fondo di cui all'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, e successive modificazioni, è assegnato un contributo straordinario di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010. Tale contributo, in deroga al comma 4 del medesimo articolo 12 del citato decreto legislativo, è finalizzato a favore degli interventi di cui al comma 3, lettera c), del citato articolo 12.

19. L'efficacia dei commi da 11 a 15 è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, all'autorizzazione della Commissione europea. Il Ministero per i beni e le attività culturali provvede a richiedere l'autorizzazione alla Commissione europea. L'agevolazione può essere fruita esclusivamente in relazione al costo sostenuto successivamente alla data della decisione di autorizzazione della Commissione europea.


 

 

Secondo la relazione illustrativa, l’articolo 12 (ex art. 7 nel testo del disegno di legge originario) è finalizzato a rilanciare l’industria cinematografica nazionale, in attesa della presentazione in Parlamento di un disegno di legge di sistemazione complessiva della materia. In particolare, i commi da 1 a 10 introducono meccanismi di incentivazione fiscale a favore degli investimenti nella filiera del cinema, tramite crediti di imposta, sia per le imprese esterne (c.d. tax credit esterno) che per le imprese interne alla filiera medesima (c.d. tax credit interno). I successivi commi da 11 a 14 sono tesi ad avviare, anche mediante agevolazioni fiscali, un meccanismo finalizzato ad attrarre sul territorio nazionale produzioni straniere di alto livello.

 

Si segnala che presso la VI Commissione (Finanze) della Camera dei deputati, è in discussione il ddl n. 2303 (Carlucci ed altri, recante Agevolazioni fiscali e contributi per il sostegno del settore cinematografico e dell'audiovisivo).

Altresì, presso la 6ª Commissione (Finanze e tesoro) del Senato sono in discussione i ddl nn. 1642 (Bordon ed altri, recante Interventi a sostegno del settore cinematografico e del settore audiovisivo) e 1659 (Negri, recante Incentivi fiscali per la promozione delle attività di produzione, coproduzione e distribuzione di opere cinematografiche sul territorio italiano).

 

Il comma 1 riconosce – a favore dei soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES) di cui all’art. 73 TUIR[212] e dei titolari di reddito di impresa ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), non appartenenti al settore cinematografico ed audiovisivo e associati in partecipazione ai sensidell’articolo 2549 del codice civile[213] – per gli anni 2008, 2009 e 2010, un credito d’imposta nella misura del 40 per cento dell’apporto in denaro effettuato per la produzione di opere cinematografiche riconosciute di nazionalità italiana ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28[214].

Tale beneficio si applica anche ai contratti di cointeressenza di cui all’articolo 2554 del codice civile[215].

Il credito di imposta è concesso fino all’importo massimo di un milione di euro per ciascun periodo d’imposta.

 

Si ricorda che l’art. 73, comma 1, del TUIR prevede che siano soggetti all'imposta sul reddito delle società:

a)       le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;

b)       gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

c)       gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

d)       le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato (comma 1). Il comma 2 stabilisce, tra l’altro, che tra gli enti diversi dalle società, di cui alle lettere b) e c) del comma 1, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto dell'imposta si verifica in modo unitario e autonomo.

Si ricorda, inoltre, che, ai sensi dell’art. 5, comma 4, del D.Lgs. n. 28 del 2004 è riconosciuta la nazionalità italiana ai film che presentano:

a)       le componenti di cui al comma 2, lettere a), b), c), f), n) e q) e cioè: regista italiano; autore del soggetto italiano o autori in maggioranza italiani; sceneggiatore italiano o sceneggiatori in maggioranza italiani; ripresa sonora diretta in lingua italiana; troupe italiana; effettuazione in Italia di almeno il 30 per cento della spesa complessiva del film, con riferimento alle componenti tecniche, nonché agli oneri sociali;

b)       almeno tre delle componenti di cui al comma 2, lettere d), e), g), h) e cioè: interpreti principali in maggioranza italiani; interpreti secondari per tre quarti italiani; autore della fotografia cinematografica italiano; montatore italiano;

c)       almeno due delle componenti di cui al comma 2, lettere i), l), m) e cioè: autore della musica italiano; scenografo italiano; costumista italiano;

d)       e almeno una delle componenti di cui al comma 2, lettere o) e p) e cioè: riprese ed uso di teatri di posa in Italia; utilizzo di industrie tecniche italiane.

 

Il comma 2 dispone che le imprese di produzione cinematografica destinatarie degli apporti di cui al comma 1 abbiano l’obbligo di utilizzare l’80 per cento di dette risorse nel territorio nazionale, impiegando mano d’opera e servizi italiani e privilegiando la formazione e l’apprendistato in tutti i settori tecnici di produzione (requisito della c.d. territorialità).

 

Il comma 3 prevede che - ai fini delle imposte sui redditi - venga riconosciuto un credito d’imposta:

a)      per le imprese di produzione cinematografica, in misura pari al 15 per cento del costo complessivo di produzione di opere cinematografiche, riconosciute di nazionalità italiana ai sensi dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 28/2004 (su cui, si cfr. supra) e, comunque, fino all’ammontare massimo annuo di euro 3.500.000 per ciascun periodo d’imposta, condizionato al sostenimento sul territorio italiano di spese di produzione per un ammontare complessivo non inferiore, per ciascuna produzione, all’80 per cento del credito d’imposta stesso;

b)     per le imprese di distribuzione cinematografica, pari:

1)      al 15 per cento delle spese complessivamente sostenute per la distribuzione nazionale di opere di nazionalità italiana riconosciute di interesse culturale, con un limite massimo annuo di euro 1.500.000 per ciascun periodo d’imposta;

2)      al 10 per cento delle spese complessivamente sostenute per la distribuzione nazionale di opere di nazionalità italiana, espressione di lingua originale italiana, con un limite massimo annuo di euro 2.000.000 per ciascun periodo d’imposta;

3)      al 20 per cento dell’apporto in denaro effettuato mediante i contratti di cui agli articoli 2549[216] e 2554[217] del codice civile (su cui, si cfr. supra), per la produzione di opere filmiche di nazionalità italiana riconosciute di interesse culturale, con un limite massimo annuo di euro 1.000.000 per ciascun periodo d’imposta;

L’art. 7, comma 2, del D.Lgs. n. 28/2004 stabilisce che per il riconoscimento dell'interesse culturale, i film devono presentare:

a)       le componenti di cui all'articolo 5, comma 2, lettere a), b), c), d), e), f), n), o), p) e q) e cioè: regista italiano; autore del soggetto italiano o autori in maggioranza italiani; sceneggiatore italiano o sceneggiatori in maggioranza italiani; interpreti principali in maggioranza italiani; interpreti secondari per tre quarti italiani; ripresa sonora diretta in lingua italiana; troupe italiana; riprese ed uso di teatri di posa in Italia; utilizzo di industrie tecniche italiane; effettuazione in Italia di almeno il trenta per cento della spesa complessiva del film, con riferimento alle componenti tecniche di cui alle lettere n), o), p), nonché agli oneri sociali,

b)       e almeno quattro delle componenti di cui all'articolo 5, comma 2, lettere g), h), i), l) e m) e cioè: autore della fotografia cinematografica italiano; montatore italiano; autore della musica italiano; scenografo italiano; costumista italiano.

c)      per le imprese di esercizio cinematografico, pari:

1)      al 30 per cento delle spese complessivamente sostenute per l’introduzione e acquisizione di impianti e apparecchiature destinate alla proiezione digitale, con un limite massimo annuo non eccedente, per ciascuno schermo, euro 50.000;

2)      al 20 per cento dell’apporto in denaro effettuato mediante i contratti di cui agli articoli 2549 e 2554 del codice civile (su cui, si cfr. supra), per la produzione di opere cinematografiche di nazionalità italiana riconosciute di interesse culturale con un limite massimo annuo di euro 1.000.000 per ciascun periodo d’imposta.

 

Il comma 4 stabilisce che - con riferimento alla medesima opera filmica - i benefici di cui al comma 3 sopra illustrato (ossia quelli riconosciuti alle imprese interne alla filiera del cinema) non sono cumulabili a favore della stessa impresa ovvero di imprese che facciano parte dello stesso gruppo societario, nonché di soggetti legati tra loro da un rapporto di partecipazione ovvero controllati anche indirettamente dallo stesso soggetto ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile[218].

 

Secondo il comma 5, i crediti d’imposta di cui ai commi 1 e 3 spettano per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e per i due periodi d’imposta successivi.

 

Il comma 6 prescrive che gli apporti di cui ai sopra illustrati commi 1 e 3, lettere b), numero 3), e c), numero 2), non possano, in ogni caso, superare complessivamente il limite del 49 per cento del costo di produzione della copia campione dell’opera filmica e che la partecipazione complessiva agli utili degli associati non possa superare il 70 per cento degli utili derivanti dall’opera filmica.

 

Il comma 7 prescrive che i crediti d’imposta di cui ai commi 1 e 3, lettere b), numero 3), e c), numero 2), possano essere fruiti a partire dalla data di rilascio del nulla osta di proiezione in pubblico del film di cui alla legge 21 aprile 1962, n. 161[219], e previa attestazione, rilasciata dall’impresa di produzione cinematografica, del rispetto delle condizioni richieste ai sensi dei commi 2 e 6.

 

Si ricorda che in base all’articolo 1 della legge n. 161 del 1962, la proiezione in pubblico dei film e l'esportazione all'estero di film nazionali sono soggette a nulla osta del Ministero del turismo e dello spettacolo (ora Ministero per i beni e le attività culturali).

 

I suddetti crediti di imposta non concorrono:

-        alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi;

-        alla formazione del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

Inoltre, essi non rilevano ai fini del rapporto di cui agli articoli 96 e 109, comma 5, del TUIR – ossia ai fini del calcolo degli interessi passivi deducibili dalla base imponibile IRES - e sono utilizzabili esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241[220].

 

Ai sensi dell’articolo 96 TUIR, la quota di interessi passivi che residua dopo l'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 97 e 98 è deducibile per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e degli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi (comma 1).

Il comma 2 prevede che ai fini del rapporto di cui al comma 1:

a)       non si tiene conto delle sopravvenienze attive accantonate a norma dell'articolo 88, dei proventi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva e dei saldi di rivalutazione monetaria che per disposizione di legge speciale non concorrono a formare il reddito;

b)      i ricavi derivanti da cessioni di titoli e di valute estere si computano per la sola parte che eccede i relativi costi e senza tenere conto delle rimanenze;

c)       le plusvalenze realizzate si computano per l'ammontare che a norma dell'articolo 86 concorre a formare il reddito dell'esercizio;

d)       le plusvalenze di cui all'articolo 87, si computano per il loro intero ammontare;

e)       gli interessi di provenienza estera ed i dividendi si computano per l'intero ammontare indipendentemente dal loro concorso alla formazione del reddito;

f)        i proventi immobiliari di cui all'articolo 90 si computano nella misura ivi stabilita;

g)       le rimanenze di cui agli articoli 92 e 93 si computano nei limiti degli incrementi formati nell'esercizio.

In base al comma 3, se nell'esercizio sono stati conseguiti interessi o altri proventi esenti da imposta derivanti da obbligazioni pubbliche o private sottoscritte, acquistate o ricevute in usufrutto o pegno a decorrere dal 28 novembre 1984 o da cedole acquistate separatamente dai titoli a decorrere dalla stessa data, gli interessi passivi non sono ammessi in deduzione fino a concorrenza dell'ammontare complessivo degli interessi o proventi esenti. Gli interessi passivi che eccedono tale ammontare sono deducibili a norma dei commi 1 e 2 ma senza tenere conto, ai fini del rapporto ivi previsto, dell'ammontare degli interessi e proventi esenti corrispondente a quello degli interessi passivi non ammessi in deduzione.

Ai sensi dell’articolo 109, comma 5, TUIR, le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2, e 3 dell'articolo 96.

Si ricorda che l’articolo 3, comma 1, lettera h), del presente disegno di legge, sostituisce integralmente l’articolo 96 del TUIR, mentre l’articolo 3, comma 1, lettera o), n. 2, modifica l’articolo 109, comma 5, del TUIR medesimo.

 

In base al comma 8, gli apporti per la produzione e per la distribuzione di cui ai commi 1 e 3 dell’articolo in commento sono considerati come risorse reperite dal produttore per completare il costo del film ai fini dell’assegnazione dei contributi di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, e successive modificazioni.

In ogni caso, tali contributi non possono essere erogati per una quota percentuale che, cumulata con gli apporti di cui alpresente articolo, superi l’80 per cento del costo complessivo rispettivamente afferente alle spese di produzione della copia campione e alle spese di distribuzione nazionale del film.

 

Sul punto, si ricorda che l’articolo 13 del D.Lgs. n. 28 del 2004[221] si riferisce ai contributi concessi per i lungometraggi riconosciuti di interesse culturale (comma 2), per i cortometraggi riconosciuti di interesse culturale (comma 3) e ai contributi corrisposti alle imprese di produzione per lo sviluppo di sceneggiature originali, di particolare rilievo culturale o sociale.

 

Il comma 9 rimette ad un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali - da adottarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro per lo sviluppo economico - la fissazione delle disposizioni applicative dei commi da 1 a 8.

 

Il comma 10 subordina l’efficacia dei commi da 1 a 9 all’autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea[222].

Tale autorizzazione deve essere richiesta alla Commissione europea dal Ministero per i beni e le attività culturali.

Si prevede che le agevolazioni possano essere fruite esclusivamente in relazione agli investimenti realizzati e alle spese sostenute successivamente alla data della decisione di autorizzazione della Commissione europea.

 

Il paragrafo 3 dell’art. 88 del Trattato che istituisce la Comunità europea stabilisce che alla Commissione siano comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti di Stato. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato comune, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. In tal caso si prevede che la Commissione, dopo aver intimato agli interessati di presentare le loro osservazioni, constati che un aiuto concesso da uno Stato, o mediante fondi statali, non è compatibile con il mercato comune oppure che tale aiuto è attuato in modo abusivo, decide che lo Stato interessato deve sopprimerlo o modificarlo nel termine da essa fissato. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale (obbligo c.d. di stand-still).

 

Il comma 11 riconosce alle imprese nazionali di produzione esecutiva e di post-produzione un credito d’imposta in relazione a film, o alle parti di film, girati sul territorio nazionale, utilizzando mano d’opera italiana, su commissione diproduzioni estere, in misura pari al 25 per cento del costo di produzione della singola opera e, comunque, con un limite massimo, per ciascuna opera filmica, di euro 5.000.000. Tali crediti spettano per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e per i due periodi d’imposta successivi.

 

Come evidenziato dalla relazione illustrativa, la finalità della disposizione in esame consiste nel favorire l’industria di produzione “esecutiva” nazionale, rendendo più conveniente, per le grandi produzioni estere, avvalersi dei servizi di produzione italiani, di manodopera nazionale e delle locations cinematografiche di cui il nostro Paese è ricco.

 

Il comma 12 rimette ad un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali - da adottarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro per lo sviluppo economico - la fissazione delle disposizioni applicative del sopra illustrato comma 11.

 

Il comma 13 stabilisce che il credito di imposta di cui al comma 11 non concorre:

-        alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi;

-        alla formazione del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

Altresì, esso non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 96 e 109, comma 5, del TUIR – ossia ai fini del calcolo degli interessi passivi deducibili dalla base imponibile IRES – ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

 

Valgono per il comma 13 le precisazioni svolte relativamente al comma 7 (si veda supra).

 

I commi 14, 15, 16 e 17, introdotti nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, dispongono ulteriori agevolazioni fiscali in favore della produzione e della distribuzione cinematografiche.

In particolare, il comma 14, stabilisce che gli utili dichiarati dalle imprese di produzione, di distribuzione cinematografica[223] non concorrono a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte dirette se sono impiegati nelle attività proprie delle suddette imprese per lungometraggi, film di animazione, di interesse culturale e d’essai[224]. L’agevolazione è concessa a condizione che il film da realizzare sia un film riconosciuto di nazionalità italiana, ai sensi dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 28 del 2004 (si v. supra).

Il presente beneficio è concesso esclusivamente alle imprese che tengono la contabilità ordinaria, ai sensi degli articoli 13 e 18, comma 6, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

 

I citati articoli del D.P.R. n. 600 del 1973 stabiliscono che i sottoindicati soggetti devono, o possono in seguito all’esercizio di apposita opzione, tenere la contabilità ordinaria:

a)       società soggette all'imposta sulle società - IRES;

b)      enti pubblici e privati, diversi dalle società, soggetti all'imposta sulle società - IRES, e trust, aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale;

c)       società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate;

d)       persone fisiche che esercitano imprese commerciali;

e)       persone fisiche che esercitano arti e professioni;

f)        società e associazioni fra artisti e professionisti;

g)       enti pubblici e privati, diversi dalle società, soggetti all'imposta sulle società - IRES, e trust, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale;

h)       sostituti di imposta;

i)         allevatori di animali che utilizzano mangimi ottenibili per meno di un quarto dal proprio terreno.

 

Il successivo comma 15concede un’agevolazione analoga alla precedente, ma limitata al 30 per cento degli utili, alle imprese italiane operanti in settori diversi da quello cinematografico che impiegano i propri utili, da sole o per mezzo di accordi con imprese del settore, in attività di produzione o di distribuzione relative agli stessi film di cui al comma 14 del presente articolo. Anche in questo caso il beneficio è riconosciuto esclusivamente ai soggetti che tengono la contabilità ordinaria.

 

Ai sensi del comma 16, con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro per lo sviluppo economico, entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge, sono adottate le disposizioni applicative delle agevolazioni di cui ai commi 14 e 15.

 

Il comma 17, fissa un limite di spesa per le agevolazioni di cui ai commi 14 e 15, pari a 5 milioni di euro per il 2008, 10 milioni per il 2009 e 15 milioni per il 2010.

 

Il comma 18 assegna un contributo straordinario di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2008-2010 al Fondo per la produzione, la distribuzione, l’esercizio e le industrie tecniche, di cui all’articolo 12 del D.Lgs. n. 28/2004, destinato alla realizzazione, al ripristinoe all’adeguamento tecnico e tecnologico delle sale cinematografiche in deroga al medesimo comma 4 dell’articolo 12.

 

Si ricorda che il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 28 - nel prevedere una nuova disciplina organica in materia di cinematografia - ha definito un nuovo sistema di sostegno pubblico al cinema, mediante l’istituzione (art. 12 del D.Lgs.) del Fondo per la produzione, la distribuzione, l’esercizio e le industrie tecniche, al quale affluiscono le risorse già esistenti, in particolare, nel Fondo di intervento, nel Fondo di sostegno e nel Fondo di garanzia, nonché la quota del cinema nell’ambito del Fondo unico dello spettacolo (FUS).

La gestione di tale Fondo è stata recentemente regolata dal D.M. 6 marzo 2006 che, in attuazione del comma 5 dell’articolo 12, ha definito le modalità tecniche di gestione e di erogazione dei finanziamenti e dei contributi, nonché le modalità di monitoraggio ed impiego dei finanziamenti concessi[225].

Ai sensi del comma 3 dell’articolo 12 le finalità del Fondo riguardano:

a)       finanziamento di investimenti per la produzione di opere filmiche;

b)       contributi a favore di imprese di distribuzione ed esportazione;

c)       contributi per la realizzazione, il ripristino e l'adeguamento di sale cinematografiche;

d)       contributi a favore delle industrie tecniche cinematografiche;

e)       contributi destinati ad ulteriori esigenze del settore delle attività cinematografiche, salvo diversa determinazione del Ministro con riferimento ad altri settori dello spettacolo.

Il Fondo è ripartito annualmente tra le suddette finalità con decreto ministeriale, sentita la Consulta territoriale per le attività cinematografiche (comma 4)[226].

Da ultimo, la legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) ha previsto, (articolo 1, comma 1140) che al Fondo sia assegnato un contributo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Tale contributo é finalizzato ad interventi di sostegno a istituzioni, grandi eventi di carattere culturale, nonché ad ulteriori esigenze del settore dello spettacolo; si dispone inoltre, in deroga al comma 4 del citato articolo 12, che gli interventi siano stabiliti annualmente con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali.

La medesima legge (articolo 1, comma 1151) ha introdotto all’articolo 12 del citato D.Lgs. n. 28 del 2004 alcune modifiche formali (volte a sostituire il termine “finanziamento” con il termine “sostegno” o “contributo”) ed ha sostituito l’articolo 13, rendendo lo Stato - secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa – “co-produttore” del film che ha finanziato[227].

Restano sostanzialmente invariate le norme concernenti la revoca dei contributi, i contributi alle imprese di produzione per lo sviluppo di sceneggiature originali, i premi di qualità.

 

Il comma 19 subordina l’efficacia dei commi da 11 a 15 all’autorizzazione della Commissione europea, ai sensi del sopra illustrato articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea[228] (si veda quanto segnalato sub comma 10).

Tale autorizzazione deve essere richiesta alla Commissione europea dal Ministero per i beni e le attività culturali.

Si prevede che l’agevolazione possa essere fruita esclusivamente in relazione al costo sostenuto successivamente alla data della decisione di autorizzazione della Commissione europea.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Si veda il paragrafo Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativo all’articolo 10.

 


Articolo 13
(Attribuzione di funzioni alla Agenzia delle entrate
e dichiarazione sostitutiva unica)

 


1. Al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 1, comma 3-bis, le parole: «dall'I.N.P.S.» sono sostituite dalle seguenti: «dall'Agenzia delle entrate»;

b) l'articolo 4 è sostituito dal seguente:

«Art. 4. - (Dichiarazione sostitutiva unica). - 1. Il richiedente la prestazione presenta un'unica dichiarazione sostitutiva, ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, di validità annuale, concernente le informazioni necessarie per la determinazione dell'indicatore della situazione economica equivalente di cui all'articolo 2, ancorché l'ente si avvalga della facoltà riconosciutagli dall'articolo 3, comma 2. È lasciata facoltà al cittadino di presentare, entro il periodo di validità della dichiarazione sostitutiva unica, una nuova dichiarazione, qualora intenda far rilevare i mutamenti delle condizioni familiari ed economiche ai fini del calcolo dell'indicatore della situazione economica equivalente del proprio nucleo familiare. Gli enti erogatori possono stabilire per le prestazioni da essi erogate la decorrenza degli effetti di tali nuove dichiarazioni.

2. La dichiarazione di cui al comma 1 è presentata ai comuni o ai centri di assistenza fiscale previsti dal decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, o direttamente all'amministrazione pubblica alla quale è richiesta la prima prestazione o alla sede dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) competente per territorio. Tali soggetti trasmettono telematicamente all'Agenzia delle entrate le relative informazioni.

3. È comunque consentita la presentazione all'Agenzia delle entrate, in via telematica, della dichiarazione sostitutiva unica direttamente a cura del soggetto richiedente la prestazione agevolata.

4. L'Agenzia delle entrate determina l'indicatore della situazione economica equivalente in relazione:

a) agli elementi in possesso del Sistema informativo dell'anagrafe tributaria;

b) ai dati autocertificati dal soggetto richiedente la prestazione agevolata.

5. In relazione ai dati autocertificati dal soggetto richiedente, l'Agenzia delle entrate, sulla base di appositi controlli automatici, individua altresì l'esistenza di omissioni, ovvero difformità degli stessi rispetto agli elementi conoscitivi in possesso del predetto Sistema informativo.

6. Gli esiti delle attività effettuate ai sensi dei commi 4 e 5 sono comunicati dall'Agenzia delle entrate, mediante procedura informatica, ai soggetti che hanno trasmesso le informazioni ai sensi del comma 2, ovvero direttamente al soggetto che ha presentato la dichiarazione sostitutiva unica ai sensi del comma 3, nonché in ogni caso all'INPS ai sensi dell'articolo 4-bis, comma 1.

7. Sulla base della comunicazione dell'Agenzia delle entrate, di cui al comma 6, i comuni, i centri di assistenza fiscale, l'INPS e le amministrazioni pubbliche ai quali è presentata la dichiarazione sostitutiva rilasciano un'attestazione, riportante l'indicatore della situazione economica equivalente, nonché il contenuto della dichiarazione e gli elementi informativi necessari per il calcolo. Analoga attestazione è rilasciata direttamente dall'Agenzia delle entrate nei casi di cui al comma 3. L'attestazione riporta anche le eventuali omissioni e difformità di cui al comma 5. La dichiarazione, munita dell'attestazione rilasciata, può essere utilizzata, nel periodo di validità, da ogni componente il nucleo familiare per l'accesso alle prestazioni agevolate di cui al presente decreto.

8. In presenza delle omissioni o difformità di cui al comma 5, il soggetto richiedente la prestazione può presentare una nuova dichiarazione sostitutiva unica, ovvero può comunque richiedere la prestazione mediante l'attestazione relativa alla dichiarazione presentata recante le omissioni o le difformità rilevate dall'Agenzia delle entrate. Tale dichiarazione è valida ai fini dell'erogazione della prestazione, fatto salvo il diritto degli enti erogatori di richiedere idonea documentazione atta a dimostrare la completezza e veridicità dei dati indicati nella dichiarazione. Gli enti erogatori eseguono, singolarmente o mediante un apposito servizio comune, tutti i controlli ulteriori necessari e provvedono ad ogni adempimento conseguente alla non veridicità dei dati dichiarati.

9. Ai fini dei successivi controlli relativi alla determinazione del patrimonio mobiliare gestito dagli operatori di cui all'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, l'Agenzia delle entrate, in presenza di specifiche omissioni o difformità rilevate ai sensi del comma 5, effettua, sulla base di criteri selettivi, apposite richieste di informazioni ai suddetti operatori, avvalendosi delle relative procedure automatizzate di colloquio.

10. Nell'ambito della programmazione dell'attività di accertamento della Guardia di finanza, una quota delle verifiche è riservata al controllo sostanziale della posizione reddituale e patrimoniale dei nuclei familiari dei soggetti beneficiari di prestazioni, secondo criteri selettivi.

11. I nominativi dei richiedenti nei cui confronti emergono divergenze nella consistenza del patrimonio mobiliare sono comunicati alla Guardia di finanza al fine di assicurare il coordinamento e l'efficacia dei controlli previsti dal comma 10.

12. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della solidarietà sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle politiche per la famiglia e il Ministro della salute, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono individuate le componenti autocertificate della dichiarazione, di cui al comma 4, lettera b), e le modalità attuative delle disposizioni di cui al presente articolo, nonché stabilite specifiche attività di sperimentazione da condurre in sede di prima applicazione.

13. Con apposita convenzione stipulata tra l'INPS e l'Agenzia delle entrate, nel rispetto delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono disciplinate le modalità per lo scambio delle informazioni necessarie all'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo»;

c) all'articolo 4-bis:

1) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. L'Agenzia delle entrate trasmette le necessarie informazioni al Sistema informativo dell'indicatore della situazione economica equivalente, gestito dall'Istituto nazionale della previdenza sociale ai sensi del presente comma»;

2) al comma 2, le parole: «comma 7» sono sostituite dalle seguenti: «comma 8»;

d) all'articolo 6:

1) al comma 2, le parole: «comma 3» e «comma 6» sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «comma 2» e «comma 12»;

2) al comma 3, le parole: «comma 7» sono sostituite dalle seguenti: «commi 8 e 9» e dopo le parole: «gli enti erogatori» sono inserite le seguenti: «, l'Agenzia delle entrate»;

3) al comma 4, primo e quarto periodo, le parole: «Istituto nazionale della previdenza sociale» sono sostituite dalle seguenti: «Agenzia delle entrate»;

4) al comma 5, ultimo periodo, dopo le parole: «dall'Istituto nazionale della previdenza sociale» sono inserite le seguenti: «, dall'Agenzia delle entrate».


 

 

L’articolo 13, inserito nel corso dell’esame del provvedimento presso la Commissione bilancio del Senato[229], interviene sulla disciplina relativa all’attestazione dell’Indicatore della Situazione Economia Equivalente (c.d. ISEE) trasferendo all’Agenzia delle entrate alcune delle funzioni attualmente svolte dall’INPS.

La norma, come indicato nella relazione tecnica allegata all’emendamento, ha la finalità di semplificare le procedure amministrative e razionalizzare i controlli al fine di ridurre la concessione di indebite prestazioni sociali erogate sulla base di autocertificazioni dei contribuenti non corrispondenti alla loro reale situazione familiare, economica e patrimoniale.

Le modifiche interessano, in particolare, gli articoli 1, 4, 4-bis e 6 del decreto legislativo n. 109 del 1998.

 

Il decreto legislativo n. 109/1998recante “Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della legge 27 dicembre 1997, n. 449” individua criteri unificati di valutazione della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni o servizi sociali o assistenziali non destinati alla generalità dei soggetti o comunque collegati nella misura o nel costo a determinate situazioni economiche (articolo 1). In particolare, il comma 3-bis, attribuisce alle autorità competenti in materia di regolazione dei servizi di pubblica utilità, la facoltà di utilizzare l'indicatore della situazione economica equivalente calcolato dall'I.N.P.S. per la eventuale definizione di condizioni agevolate di accesso ai servizi di rispettiva competenza.

Ai fini della determinazione dell’ISEE rilevano, ai sensi dell’articolo 2, la composizione del nucleo familiare, la somma dei redditi percepiti dal nucleo familiare e la situazione economica e patrimoniale del nucleo familiare.

Con riferimento a ciascuna prestazione sociale, l’ente erogatore può prevedere ulteriori requisiti necessari che comunque si aggiungono a quelli previsti per il rilascio dell’attestazione ISEE (articolo 3).

L’articolo 4 dispone che, ai fini del rilascio della dichiarazione ISEE, il soggetto richiedente deve presentare un’autocertificazione con l’indicazione dei dati necessari per la determinazione dell’indicatore. L’autocertificazione può essere presentata ai comuni, ai centri di assistenza fiscale, all’INPS o alle amministrazioni pubbliche i quali rilasciano un’attestazione contenente gli elementi informativi necessari per la determinazione dell’indicatore della situazione economica equivalente. Tale attestazione viene poi presentata dal contribuente all’ente erogatore il quale effettua dei controlli, singolarmente o mediante un apposito servizio comune, la veridicità della situazione familiare dichiarata e confrontano i dati reddituali e patrimoniali dichiarati dai soggetti con i dati in possesso del sistema informativo del Ministero dell’economia e delle finanze. L’INPS, in particolare, utilizza le informazioni di cui dispone nei propri archivi o in quelli delle amministrazioni collegate.

Ai sensi dell’articolo 4-bis, l’ente a cui è stata presentata la dichiarazione sostitutiva unica raccoglie le informazioni e le trasmette ad una apposita banca dati costituita e gestita dall’INPS. L’INPS calcola il valore ISEE e lo comunica ai componenti del nucleo familiare per il quale è stata presentata la dichiarazione di cui all'articolo 4 nonché agli enti erogatori di prestazioni sociali agevolate (comma 1). In base al comma 2, l’ente erogatore, qualora il richiedente la prestazione sociale agevolata o altro componente il suo nucleo familiare abbia già presentato la dichiarazione sostitutiva unica, richiede all’INPS l'indicatore della situazione economica equivalente. L'ente erogatore richiede all’INPS anche le informazioni analitiche contenute nella dichiarazione sostitutiva unica quando procede alle integrazioni e alle variazioni di cui all'articolo 3, ovvero effettua i controlli di cui all'articolo 4, comma 7, o quando costituisce e gestisce, nel rispetto delle vigenti disposizioni sulla tutela dei dati personali, una banca dati relativa agli utenti delle prestazioni da esso erogate. Secondo il comma 3, l’INPS rende disponibili le informazioni analitiche o l'indicatore della situazione economica equivalente relativi al nucleo familiare, agli enti utilizzatori della dichiarazione sostitutiva unica presso i quali il richiedente ha presentato specifica domanda.

L’articolo 5 dispone che l'INPS, le amministrazioni, gli enti erogatori e quelli responsabili delle attività di controllo delle dichiarazioni sostitutive dei richiedenti comunicano alla Commissione tecnica per la spesa pubblica le informazioni concernenti le modalità applicative, l'estensione e le caratteristiche dei beneficiari delle prestazioni. La commissione elabora annualmente un rapporto che viene trasmesso al Parlamento dal Ministro dell’economia e finanze.

Infine, l’articolo 6 reca disposizioni in materia di tutela dei dati personali con riferimento alle informazioni disponibili.

 

Il comma 1, lettera a), modifica l’articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 109 del 1998, sostituendo il riferimento all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (I.N.P.S.) con il riferimento all’Agenzia delle entrate.

Di conseguenza viene attribuito all’Agenzia delle entrate il compito, attualmente spettante all’I.N.P.S., di calcolare l’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE).

 

Il comma 1, lettera b), sostituisce interamente l’articolo 4 (Dichiarazione sostitutiva unica) del D.Lgs. n. 109 del 1998.

 

Il nuovo articolo 4 riproduce, al comma 1, le disposizioni contenute nel comma 1 del vigente articolo 4. In particolare, si prevede che il richiedente la prestazione debba presentare un’unica dichiarazione sostitutiva, a norma del D.P.R. n. 445 del 2000[230], efficace per un anno, concernente le informazioni necessarie per la determinazione dell’indicatore della situazione economica equivalente. E’ lasciata facoltà al cittadino di presentare, entro il periodo di validità della dichiarazione sostitutiva unica, una nuova dichiarazione, qualora intenda far rilevare i mutamenti delle condizioni familiari ed economiche e ai fini del calcolo dell’ISEE del proprio nucleo familiare; gli enti erogatori possono stabilire, per le prestazioni da essi erogate, la decorrenza degli effetti di tali nuove dichiarazioni.

Il nuovo comma 2, riproduce una parte delle disposizioni contenute nel comma 3 vigente relative all’obbligo di presentare la richiesta della dichiarazione unica sostitutiva ai comuni, ai centri di assistenza fiscale previsti dal D.Lgs. n. 241 del 1997[231], all’amministrazione pubblica alla quale è richiesta la prima prestazione o alla sede I.N.P.S. territorialmente competente. Inoltre, viene introdotto l’obbligo per i suddetti soggetti di trasmettere all’Agenzia delle entrate le relative informazioni in via telematica.

I successivi nuovi commi, dal comma 3 al comma 9, riguardano le ulteriori fasi della procedura ai fini del rilascio dell’attestazione ISEE ed in particolare si prevede:

-        la facoltà per il soggetto richiedente la prestazione agevolata di presentare direttamente, in via telematica, la richiesta dell’attestazione all’Agenzia delle entrate (comma 3);

-        l’obbligo per l’Agenzia delle entrate di utilizzare, ai fini del calcolo dell’ISEE, sia i dati autocertificati dal contribuente sia gli elementi in possesso del Sistema Informativo dell’Anagrafe tributaria[232] (comma 4);

-        l’obbligo per l’Agenzia delle entrate di verificare, sulla base di controlli automatici, l’esistenza di omissioni o difformità tra i dati dichiarati dal contribuente e gli elementi conoscitivi in possesso del Sistema informativo dell’Anagrafe tributaria (comma 5);

-        l’obbligo per l’Agenzia delle entrate di inviare ai soggetti che hanno trasmesso le informazioni di cui al sopra illustrato comma 2 (comuni, caf, amministrazioni pubbliche, sede INPS competente territorialmente), ovvero direttamente al soggetto che ha presentato richiesta ai sensi del comma 3, nonché, in ogni caso, all’I.N.P.S gli esiti delle attività effettuate ai sensi dei commi 4 e 5 (comma 6);

-        l’obbligo a carico dei soggetti di cui al comma 2 di rilasciare un’attestazione riportante l’ISEE calcolato dall’Agenzia delle entrate nonché il contenuto della dichiarazione e gli elementi informativi necessari per il calcolo. Il medesimo obbligo è previsto a carico dell’Agenzia delle entrate qualora il contribuente abbia presentato direttamente la richiesta ai sensi del comma 3 (comma 7);

-        la facoltà per il contribuente di presentare una nuova dichiarazione nel caso in cui l’Agenzia delle entrate abbia rilevato omissioni o difformità dei dati ovvero di richiedere la prestazione sulla base dell’ISEE determinato dall’Agenzia delle entrate utilizzando parzialmente i dati contenuti nell’autocertificazione (comma 8);

-        l’obbligo di avviare controlli relativamente al patrimonio mobiliare del richiedente in presenza di specifiche omissioni o difformità tra elementi disponibili e dati dichiarati. In particolare, l’Agenzia delle entrate presenta richieste di informazioni agli operatori finanziari di cui all’articolo 7, comma 6, del D.P.R. n. 605 del 1973[233] avvalendosi delle relative procedure automatizzate di colloquio (comma 9).

Il comma 10 stabilisce che, nell’ambito della programmazione dell’attività di accertamento della Guardia di finanza, una quota delle verifiche sia riservata al controllo sostanziale della posizione reddituale e patrimoniale dei nuclei familiari dei soggetti beneficiari di prestazioni, secondo criteri selettivi.

I nominativi dei richiedenti prestazioni nei cui riguardi emergono divergenze nella consistenza del patrimonio immobiliare devono essere comunicati, ai sensi del comma 11, alla Guardia di finanza, al fine di assicurare il coordinamento e l’efficacia dei controlli previsti dal comma 10 sopra illustrato.

Il comma 12 rimette ad un apposito D.P.C.M., da adottare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro della solidarietà sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il Ministro delle politiche per la famiglia e con il Ministro della salute – l’individuazione delle componenti autocertificate della dichiarazione di cui al comma 4, lettera b), sopra illustrato, la determinazione delle modalità attuative delle disposizioni di cui al presente articolo 4, nonché la statuizione delle specifiche attività di sperimentazione da condurre in sede di prima applicazione.

Il comma 13rimette ad un’apposita convenzione stipulata tra l’I.N.P.S. e l’Agenzia delle entrate, nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali di cui al D.Lgs. n. 196 del 2003[234], la disciplina delle modalità per lo scambio delle informazioni necessarie all’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo 4.

 

Il comma 1, lettera c), modifica l’articolo 4-bis (Sistema informativo dell'indicatore della situazione economica equivalente) del D.Lgs. n. 109 del 1998[235].

Il numero 1) sostituisce interamente il comma 1 dell’articolo 4-bis attribuendo all’Agenzia delle entrate, in luogo dell’ente erogatore della prestazione come attualmente previsto, il compito di trasmettere le necessarie informazioni al Sistema informativo dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) gestito dall’I.N.P.S.

Il numero 2) reca una modifica formale al comma 2 dell’articolo 4-bis, al fine di coordinarlo con l’articolo 4 del D.Lgs. n. 109, come sostituito dalla sopra illustrata lettera b).

 

Il comma 1, lettera d), modifica l’articolo 6 (Trattamento dei dati) del D.Lgs. n. 109 del 1998: si tratta di alcune modifiche formali volte a coordinare la disposizione con il testo del nuovo articolo 4 del D.Lgs. n. 109, introdotto dalla sopra illustrata lettera b).


Articolo 14, commi 1-3, 10-12
(Assunzioni di personale per il potenziamento dell’attività dell’amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali)

 


1. Entro il 15 gennaio 2008 l'Agenzia delle entrate definisce un piano di controlli che preveda obiettivi superiori a quelli precedentemente definiti, ai fini del contrasto all'evasione tributaria. Per raggiungere gli obiettivi del piano è autorizzata, anche in deroga ai limiti stabiliti dalle disposizioni vigenti, a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente articolo, la spesa di 27,8 milioni di euro per l'anno 2008, di 60,8 milioni di euro per l'anno 2009 e di 110,1 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010, per assunzioni di personale, anche di qualifica dirigenziale, da parte dell'Agenzia delle entrate. A tal fine l'Agenzia utilizza prioritariamente le graduatorie formate a seguito di procedure selettive già espletate e per le quali il limite di età anagrafica vigente per i contratti di formazione lavoro dei soggetti risultati idonei è riferito alla data di formazione della graduatoria stessa, ovvero ricorre alla mobilità, anche ai sensi dell'articolo 1, comma 536, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

2. Anche in deroga ai limiti stabiliti dalle disposizioni vigenti e al fine di potenziare le attività di accertamento, ispettive e di contrasto alle frodi, di soccorso pubblico, di ispettorato e di controllo di altre amministrazioni statali, nonché al fine di ridurre gli oneri derivanti dall'applicazione della legge 24 marzo 2001, n. 89, a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente articolo nonché della presente legge, è autorizzata la spesa per assunzioni di personale, anche di qualifica dirigenziale:

a) nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per 1 milione di euro per l'anno 2008, 8 milioni di euro per l'anno 2009 e 16 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010;

b) nell'amministrazione penitenziaria, per 1,5 milioni di euro per l'anno 2008, 5 milioni di euro per l'anno 2009 e 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010;

c) nel Corpo forestale dello Stato, che può avvalersi, per il reclutamento, della possibilità di utilizzare graduatorie formate a seguito di procedure selettive già espletate, per 1 milione di euro per l'anno 2008, 8 milioni di euro per l'anno 2009 e 16 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010;

d) nel ruolo degli Ispettori del lavoro, per 1 milione di euro per l'anno 2008, 8 milioni di euro per l'anno 2009 e 16 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010;

e) nell'Agenzia delle dogane, che utilizza prioritariamente le graduatorie formate a seguito di procedure selettive già espletate e per le quali il limite di età anagrafica vigente per i contratti di formazione lavoro dei soggetti risultati idonei è riferito alla data di formazione della graduatoria stessa, ovvero ricorre alla mobilità, anche ai sensi dell'articolo 1, comma 536, della legge n. 296 del 2006, per 4 milioni di euro per l'anno 2008, 16 milioni di euro per l'anno 2009 e 32 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010.

3. L'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), per far fronte ai propri compiti istituzionali ed alle esigenze connesse con la protezione civile, anche ai fini della stabilizzazione è autorizzata a bandire concorsi, per titoli ed esami, e a procedere all'assunzione di personale a tempo indeterminato nel limite della dotazione organica approvata con decreto del direttore generale n. 122 del 2005.

(omissis)

10. A valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente articolo, è autorizzata la spesa di 1,75 milioni di euro per l'anno 2008, di 4,5 milioni di euro per l'anno 2009 e di 6 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010 per l'assunzione di magistrati amministrativi, la spesa di 1,75 milioni di euro per l'anno 2008, di 6,5 milioni di euro per l'anno 2009 e di 8 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010 per l'assunzione di magistrati contabili e la spesa di 0,5 milioni di euro per l'anno 2008, di 1 milione di euro per l'anno 2009 e di 1,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010 per l'assunzione di avvocati e procuratori dello Stato.

11. Le amministrazioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 10 trasmettono annualmente al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ed alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica un rapporto informativo sulle assunzioni effettuate e sugli oneri sostenuti in relazione alle disposizioni di cui al presente articolo.

12. Il distacco del personale dall'Agenzia del territorio ai comuni in attuazione dell'articolo 1, comma 199, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è disposto con le modalità di cui all'articolo 30, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.


 

 

L’articolo 14, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, reca disposizioni volte a potenziare l’attività dell’amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali, soprattutto attraverso degli stanziamenti finalizzati all’assunzione di personale, nonché disposizioni in materia di processo tributario.

 

In particolare, il comma 1, nel disporre la definizione, da parte dell’Agenzia delle entrate, entro il 15 gennaio 2008, di un piano di controlli ai fini del contrasto all’evasione tributaria che preveda obiettivi superiori a quelli precedentemente definiti, prevede lo stanziamento di apposite risorse per assunzioni di personale finalizzate al raggiungimento degli obiettivi del piano.

Più specificamente, viene autorizzata, anche in deroga ai limiti stabiliti dalle disposizioni vigenti, a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni dell’articolo in esame, la spesa di 27,8 milioni di euro per il 2008, di 60,8 milioni di euro per il 2009 e di 110,1 milioni di euro annui a decorrere dal 2010, per assunzioni di personale, anche di qualifica dirigenziale, da parte dell’Agenzia delle entrate.

A tal fine, l’Agenzia utilizza prioritariamente le graduatorie formate a seguito di procedure selettive già espletate. Inoltre, la norma in esame sembrerebbe disporre (sarebbe tuttavia opportuna una formulazione più perspicua) che, nell’ambito delle procedure selettive già espletate relative a contratti di formazione e lavoro (CFL), il limite di età anagrafica vigente per i medesimi contratti, per i soggetti risultati idonei, è riferito alla data di formazione della graduatoria stessa (e non alla data di eventuale assunzione in base alla norma in esame).

La norma prevede un’altra modalità a cui l’Agenzia ricorre per l’effettuazione delle assunzioni in questione, cioè le procedure di mobilità, anche ai sensi dell’articolo 1, comma 536, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006).

 

Si osserva che non è chiaro se la mobilità sia utilizzabile per le assunzioni in alternativa all’utilizzo delle graduatorie relative alle procedure selettive già espletate, o se invece sia utilizzabile solamente in via subordinata.

Si osserva inoltre che andrebbe chiarito il riferimento all’articolo 1, comma 536, della legge finanziaria 2007.

Il richiamato comma 536 prevede una apposita procedura per l’autorizzazione delle assunzioni previste dai commi 523, 526, 528 e 530 della stessa L. 296 del 2006. In particolare, si dispone che tali assunzioni debbano essere autorizzate secondo le modalità di cui all’articolo 35, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001, sulla base di apposita richiesta delle amministrazioni corredata dalla illustrazione analitica delle cessazioni avvenute nell’anno precedente e dei corrispondenti oneri[236].

Lo stesso comma, inoltre, proroga al 31 dicembre 2008 il termine di validità delle graduatorie concorsuali, già prorogato dall’articolo 1, comma 100, della L. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), per le assunzioni di personale presso le amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni.

Il successivo comma 2 dispone una serie di stanziamenti volti ad assunzioni di personale, anche di qualifica dirigenziale, anche in deroga ai limiti stabiliti dalle disposizioni vigenti, al fine di potenziare le attività di accertamento, ispettive e di contrasto alle frodi, di soccorso pubblico, di ispettorato e di controllo di altre amministrazioni statali, nonché al fine di ridurre gli oneri derivanti dall’applicazione della L. 24 marzo 2001, n. 89[237].

Andrebbe valutato se sia effettivamente opportuno mantenere il riferimento alla finalità di ridurre gli oneri derivanti dall’applicazione della L 89 del 2001, dal momento che, rispetto al testo iniziale dell’articolo in esame introdotto dalla Commissione Bilancio del Senato, è stata soppressa la disposizione relativa all’assunzione del personale della giustizia amministrativa.

 

La richiamata L. 89 del 2001 ha inteso fornire risposta alla violazione del principio del tempo ragionevole del processo. La legge ha previsto non un risarcimento commisurato all'entità del danno ma “un'equa riparazione” In favore di chi ha subìto un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di una violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (ratificata con la legge 4 agosto 1955, n. 848), sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole del processo.

La legge delinea il nuovo procedimento necessario a far valere il diritto all'equa riparazione, il giudice competente (corte d’appello), le formalità per la presentazione della domanda. Il ricorso è proposto nei confronti del Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, del Ministro della difesa quando si tratta di procedimenti del giudice militare. Negli altri casi è proposto nei confronti del Ministro dell'economia e delle finanze.

Il decreto di accoglimento della domanda è comunicato anche al procuratore generale della Corte dei conti, ai fini dell'eventuale avvio del procedimento di responsabilità, nonché ai titolari dell'azione disciplinare dei dipendenti pubblici comunque interessati dal procedimento.

 

In particolare, si prevedono in proposito le seguenti autorizzazioni di spesa:

§       1 milione di euro per il 2008, 8 milioni di euro per il 2009 e 16 milioni di euro annui a decorrere dal 2010 per assunzioni nel Corpo nazionale dei Vigili del fuoco (comma 2, lettera a));

§       1,5 milioni di euro per il 2008, 5 milioni di euro per il 2009 e 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2010 per assunzioni nell’amministrazione penitenziaria (comma 2, lettera b));

§       1 milione di euro per il 2008, 8 milioni di euro per il 2009 e 16 milioni di euro annui a decorrere dal 2010 per assunzioni nel Corpo forestale dello Stato, che può avvalersi, per il reclutamento, della possibilità di utilizzare graduatorie formate a seguito di procedure selettive già espletate (comma 2, lettera c));

§       1 milione di euro per il 2008, 8 milioni di euro per il 2009 e 16 milioni di euro annui a decorrere dal 2010, per assunzioni nel ruolo degli Ispettori del lavoro (comma 1, lettera d));

§       4 milioni di euro per il 2008, 16 milioni di euro per il 2009 e 32 milioni di euro annui a decorrere dal 2010 per assunzioni nell’Agenzia delle dogane (comma 2, lettera e)), la quale utilizza prioritariamente le graduatorie formate a seguito di procedure selettive già espletate (si dispone al riguardo che il limite di età anagrafica vigente per i contratti di formazione e lavoro, per i soggetti risultati idonei, è riferito alla data di formazione della graduatoria stessa), ovvero ricorre alle procedure di mobilità, anche ai sensi dell’articolo 1, comma 536, della legge finanziaria per il 2007 (cfr. supra, le osservazioni riferite ad analoga disposizione contenuta nel comma 1).

 

Il comma 3 autorizza l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), per far fronte ai propri compiti istituzionali e alle esigenze connesse con la protezione civile, anche ai fini della stabilizzazione, a bandire concorsi, per titoli ed esami, e a procedere all’assunzione di personale a tempo indeterminato, nel limite della dotazione organica approvata con DG n. 122 del 2005.

 

L'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) è stata istituita con l’articolo 38 del decreto legislativo n. 300 del 1999, che ha disposto il trasferimento all’APAT delle attribuzioni dell’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente (ANPA) e dei Servizi tecnici nazionali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ad eccezione di quelle del Servizio sismico nazionale, assorbite dall’Agenzia per la protezione civile.

L'Agenzia svolge i compiti e le attività tecnico-scientifiche di interesse nazionale per la protezione dell'ambiente, per la tutela delle risorse idriche e della difesa del suolo, nonché le funzioni relative al coordinamento tecnico nei confronti delle Agenzie regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché degli altri organismi eventualmente costituiti per lo svolgimento di analoghe funzioni. Inoltre, nei settori di propria competenza, l'APAT svolge attività di collaborazione, consulenza, servizio e supporto alle altre pubbliche amministrazioni, definite con apposite convenzioni. Essa ha autonomia tecnico-scientifica e finanziaria, ed è sottoposta ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al controllo della Corte dei Conti.

L'APAT opera sulla base di un programma triennale, aggiornato annualmente, che determina obiettivi, priorità e risorse, in attuazione delle direttive del ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e, nei settori di propria competenza, l'APAT svolge attività di collaborazione, consulenza, servizio e supporto alle altre pubbliche Amministrazioni, definite con apposite convenzioni.

Per effetto dell’art. 1, comma 109, del decreto legge del 3 ottobre 2006 n. 262 , l’APAT si configura come persona giuridica di diritto pubblico ad ordinamento autonomo, con autonomia tecnico-scientifica, regolamentare, organizzativa, gestionale, patrimoniale finanziaria e contabile.

Attualmente, per garantire senza soluzioni di continuità il funzionamento dell'Agenzia, in attesa della costituzione degli organi di amministrazione e dell’adozione di un nuovo statuto (a tutt’oggi non ancora emanato), con il DPCM 19 ottobre 2006 si è provveduto alla nomina di un Commissario straordinario, con poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione.

Da ultimo si segnala che, presso la VIII Commissione (Ambiente), è in corso di esame la proposta di legge AC 1561 che si propone la riforma organica del sistema delle agenzie ambientali, attraverso sostanziali innovazioni all’attuale disciplina dell’organizzazione e del funzionamento, nonché delle funzioni delle medesime.

 

 

Il comma 10 autorizza, a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente articolo:

-        la spesa di 1,75 milioni di euro per l’anno 2008, di 4,5 milioni di euro per l’anno 2009 e di 6 milioni di euro a decorrere dall’anno 2010, per l’assunzione di magistrati amministrativi;

-        la spesa di 1,75 milioni di euro per l’anno 2008, di 6,5 milioni di euro per l’anno 2009 e di 8 milioni di euro a decorrere dall’anno 2010 per l’assunzione di magistrati contabili;

-        la spesa di 0,5 milioni di euro per l’anno 2008, di 1 milione di euro per l'anno 2009 e di 1,5 milioni di euro, a decorrere dall’anno 2010, per l’assunzione di avvocati e procuratori dello Stato.

 

 

Il comma 11 dispone l’obbligo, per le amministrazioni di cui ai precedenti commi 1, 2, 4 e 10, di trasmettere annualmente al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, un rapporto informativo sulle assunzioni effettuate e sugli oneri sostenuti in relazione alle disposizioni di cui al presente articolo.

 

Infine, il comma 12prevede che il distacco del personale dall’Agenzia del territorio ai comuni, in attuazione dell’articolo 1, comma 199, della L. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), è disposto con le modalità di cui all’articolo 30, comma 2, del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276[238].

 

I commi da 195 a 200 dell’articolo 1 della richiamata L. 296 del 2006 recano le modalità di esercizio delle funzioni catastali spettanti agli enti locali, in particolare prevedendo (comma 195) che i comuni – a decorrere dal 1° novembre 2007 – esercitino direttamente le funzioni catastali ad essi attribuite dall’articolo 66 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

In particolare, in base alla condizione posta nel richiamato comma 199, l’Agenzia del territorio è tenuta a salvaguardare il contestuale mantenimento degli attuali livelli di servizio all’utenza in tutte le fasi del processo, garantendo in ogni caso, su tutto il territorio nazionale, la circolazione e la fruizione dei dati catastali. L’Agenzia deve inoltre fornire assistenza e supporto ai comuni nelle attività di specifica formazione del personale comunale. Si prevede che l’assegnazione di personale (dall’Agenzia ai comuni) possa avere luogo anche attraverso, appunto, l’istituto del distacco.

 

In proposito, si ricorda che il richiamato articolo 30 del D.Lgs. 276 del 2003 ha disciplinato l’istituto del distacco, che si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa (comma 1).Inoltre, in caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore (comma 2).

Il distacco che comporti un mutamento di mansioni, ai sensi del comma 3, deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato. Quando comporti un trasferimento a una unità produttiva sita a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è adibito, il distacco può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.

Resta ferma, ai sensi del comma 4, la disciplina prevista dall'articolo 8, comma 3, del D:L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla L. 19 luglio 1993, n. 236[239].

Infine, il comma 4-bis prevede che qualora il distacco avvenga in violazione di quanto disposto dal comma 1, il lavoratore interessato può chiedere, mediante ricorso giudiziale, a norma dell'articolo 414 del codice di procedura civile, sulla forma della domanda per il ricorso, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo. In tale ipotesi si applica il disposto dell'articolo 27, comma 2[240].

 


Articolo 14, commi 5-9
(Disposizioni in materia di potenziamento dell’attività
di accertamento, ispettive e di controllo dell’Amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali, nonché di accelerazione del processo tributario)

 


5. A valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente articolo nonché della presente legge, per il mantenimento di un adeguato livello di efficienza ed efficacia nello svolgimento dei compiti istituzionali attribuiti al Corpo della Guardia di finanza, in particolare nella lotta all'evasione e all'elusione fiscale, all'economia sommersa ed alle frodi fiscali, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un fondo di parte corrente con una dotazione di 13 milioni di euro per l'anno 2008, 40 milioni di euro per l'anno 2009 e 80 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010 per le esigenze di funzionamento del Corpo della Guardia di finanza con particolare riguardo alle spese per prestazioni di lavoro straordinario, indennità di missione, acquisto di carburante per gli autoveicoli e manutenzione degli stessi. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da comunicare alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti, si provvede alla ripartizione del predetto fondo tra le unità previsionali di base del centro di responsabilità «Guardia di finanza» del medesimo stato di previsione.

6. Allo scopo di ridurre le spese a carico del bilancio dello Stato e di giungere ad una rapida definizione delle controversie pendenti presso la Commissione tributaria centrale, a decorrere dal 1o maggio 2008, il numero delle sezioni della predetta Commissione è ridotto a 21; le predette sezioni hanno sede presso ciascuna commissione tributaria regionale avente sede nel capoluogo di ogni regione e presso le commissioni tributarie di secondo grado di Trento e di Bolzano. A tali sezioni sono applicati i presidenti di sezione, i vice presidenti di sezione e i componenti delle commissioni tributarie regionali istituite nelle stesse sedi. Qualora un componente della Commissione tributaria centrale sia assegnato ad una sezione regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano ne assume la presidenza. Le funzioni di segreteria sono svolte dal personale di segreteria delle commissioni tributarie regionali e delle commissioni di secondo grado di Trento e di Bolzano. I presidenti di sezione ed i componenti della Commissione tributaria centrale, nonché il personale di segreteria, sono assegnati, anche in soprannumero rispetto a quanto previsto dall'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636, su domanda da presentare, rispettivamente, al Consiglio di presidenza della giustizia tributaria ed al Dipartimento per le politiche fiscali entro il 31 gennaio 2008, a una delle sezioni di cui al primo periodo.

7. I processi pendenti innanzi alla Commissione tributaria centrale alla data di insediamento delle sezioni di cui al comma 6, ad eccezione di quelli per i quali è stato già depositato il dispositivo, sono attribuiti alla sezione regionale nella cui circoscrizione aveva sede la commissione che ha emesso la decisione impugnata.

8. Con uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 31 marzo 2008, sono determinati il numero delle sezioni e gli organici di ciascuna commissione tributaria provinciale e regionale, tenuto conto delle rilevazioni statistiche del flusso medio dei processi relativi agli anni 2006 e 2007, effettuate ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, e sono stabilite le altre modalità per l'attuazione dei commi 6 e 7 del presente articolo; con uno dei predetti decreti sono inoltre indette le elezioni per il rinnovo del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. I componenti eletti a seguito delle predette elezioni si insediano il 30 novembre 2008; in pari data decadono i componenti in carica alla data di entrata in vigore della presente legge. A decorrere dalla data di insediamento dei nuovi componenti, il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria stabilisce, con propria delibera, i criteri di valutazione della professionalità dei giudici tributari nei concorsi interni; a decorrere dalla data di efficacia della predetta delibera cessano, nei concorsi interni, di avere effetto le tabelle E e F allegate al citato decreto legislativo n. 545 del 1992.

9. Per l'attuazione dei commi 6, 7 e 8, inclusa la rideterminazione dei compensi dei componenti delle commissioni tributarie, è autorizzata, a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente articolo nonché della presente legge, la spesa di 3 milioni di euro per l'anno 2008 e di 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2009. A decorrere dal 1o maggio 2008 i compensi dei presidenti di sezione e dei componenti della Commissione tributaria centrale sono determinati esclusivamente a norma dell'articolo 13 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, facendo riferimento ai compensi spettanti ai presidenti di sezione ed ai componenti delle commissioni tributarie regionali.


 

 

Il comma 5 – al fine del mantenimento di un adeguato livello di efficienza ed efficacia nello svolgimento dei compiti istituzionali attribuiti al Corpo della Guardia di finanza, in particolare nella lotta all’evasione e all’elusione fiscale, all’economia sommersa e alle frodi fiscali – istituisce, a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente articolo, nonché della presente legge, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, un fondo di parte corrente con una dotazione di 13 milioni di euro per l’anno 2008, 40 milioni di euro per l’anno 2009 e 80 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2010, per le esigenze di funzionamento del Corpo della Guardia di finanza, con particolare riguardo alle spese per prestazioni di lavoro straordinario, indennità di missione, acquisto di carburante per gli autoveicoli e manutenzione degli stessi.

La ripartizione del predetto fondo tra le unità previsionali di base del centro di responsabilità «Guardia di finanza» del medesimo stato di previsione è rimessa ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da comunicare alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

 

Il comma 6 riduce a 21 le sezioni della Commissione tributaria centrale, a decorrere dal 1° maggio 2008, al fine di diminuire le spese a carico del bilancio dello Stato e di giungere ad una rapida definizione delle controversie pendenti presso la suddetta Commissione.

Le predette sezioni sono incardinate presso ciascuna commissione tributaria regionale avente sede nel capoluogo di ogni regione e presso le commissioni tributarie di secondo grado di Trento e Bolzano.

A tali sezioni sono applicati i presidenti di sezione, i vice presidenti di sezione e i componenti delle commissioni tributarie regionali istituite nelle stesse sedi. Qualora un componente della Commissione tributaria centrale sia assegnato ad una sezione regionale o delle province autonome di Trento e Bolzano, ne assume la presidenza.

Le funzioni di segreteria sono svolte dal personale di segreteria delle commissioni tributarie regionali e delle commissioni di secondo grado di Trento e Bolzano.

I presidenti di sezione ed i componenti della Commissione tributaria centrale, nonché il personale di segreteria, sono assegnati, anche in soprannumero rispetto a quanto previsto dall’articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636 , su domanda da presentare, rispettivamente, al Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria ed al Dipartimento per le politiche fiscali entro il 31 gennaio 2008, a una delle sezioni di cui al primo periodo del presente comma (ossia ad una delle sezioni della Commissione tributaria centrale incardinate presso le Commissioni tributarie regionali e presso le Commissioni tributarie di secondo grado di Trento e Bolzano).

 

Si rammenta che l’articolo 8 del d.P.R. n. 636 del 1972 è stato abrogato dall’articolo 49 del D.Lgs. n. 545 del 1992, a decorrere dalla data di insediamento delle commissioni tributarie provinciali e regionali.

 

Secondo l’articolo 8 abrogato, la commissione tributaria centrale ha sede in Roma ed è composta dal presidente, dai presidenti di sezione e da sei membri per ogni sezione.

Il numero delle sezioni è fissato e può essere variato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per le finanze di concerto con il Ministro di grazia e giustizia.

All'inizio di ogni anno il presidente determina la composizione delle sezioni. Ciascuna sezione giudica con l'intervento del presidente e di quattro membri. In caso di assenza o di impedimento del presidente di sezione, il collegio è presieduto dal membro più anziano. Le sezioni unite sono presiedute dal presidente della commissione centrale e sono composte dai presidenti delle sezioni. Le deliberazioni sono adottate con la presenza di almeno due terzi dei membri.

In caso di assenza o di impedimento del presidente della commissione, le sezioni unite sono presiedute dal presidente di sezione più anziano. In caso di assenza o di impedimento di un presidente di sezione, così come nel caso che il presidente di sezione sostituisca il presidente della commissione, subentra il membro più anziano della rispettiva sezione. Agli effetti delle disposizioni dei precedenti commi, l'anzianità è determinata dalla nomina e, in subordine, dall'età.

 

Con riguardo alla disciplina della giurisdizione tributaria, secondo l’originaria normativa sul contenzioso tributario – recata dal d.P.R. n. 636 del 1972 – i gradi di giurisdizione erano quattro:

-    commissione tributaria di 1° grado;

-    commissione tributaria di 2° grado;

-    commissione tributaria centrale o Corte d’Appello;

-    Corte di cassazione.

Sulla base della riforma apportata dai D.Lgs. nn. 545 e 546 del 1992, gli organi giurisdizionali cui sono attribuite attualmente le controversie tra amministrazione finanziaria e contribuente sono:

-    le commissione tributarie provinciali, aventi sede nel territorio di ogni provincia, cui è demandato il giudizio di primo grado;

-    le commissioni tributarie regionali, aventi sede nel capoluogo di ogni regione, cui è demandato il giudizio di appello.

Soltanto fino all'esaurimento della trattazione delle cause pendenti, opera ancora la Commissione Tributaria Centrale, secondo quanto stabilito dall’articolo 75 del D.Lgs. n. 546 del 1992).

Rimane salvo l’ulteriore ricorso alla Corte di cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione e alla competenza, per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, per nullità della sentenza o del procedimento, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione.

La giurisdizione delle commissioni tributarie è piena, perché estesa ai tributi di ogni genere e specie, inclusi quelli regionali, provinciali e comunali.

Organo di autogoverno della giustizia tributaria è il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria: esso è costituito con d.P.R., dura in carica quattro anni ed è composto da undici membri eletti tra i magistrati tributari e da quattro componenti eletti dal Parlamento tra docenti universitari in materie giuridiche o tra i soggetti abilitati alla difesa dinanzi alle Commissioni tributarie che risultino iscritti ai rispettivi albi professionali da almeno dodici anni. Il Consiglio elegge il presidente tra i quattro componenti di elezione parlamentare.

Nell’ordinamento vigente le Commissioni Tributarie sono organi giurisdizionali speciali giudicanti nelle controversie in materia tributaria, con competenza riguardo ai tributi di ogni genere e specie comunque denominati (art. 3-bis, legge 248/05). Tutti i contribuenti che ritengono illegittima la pretesa dell'ente impositore possono rivolgersi alla Commissione Tributaria per chiedere l'annullamento o la modifica di un atto tributario.

La giurisdizione tributaria è esercitata dalle Commissioni Tributarie Provinciali, con sede nei capoluoghi di ogni provincia, che pronunciano in primo grado, e dalle Commissioni Tributarie Regionali, con sede nel capoluogo di ogni Regione, che pronunciano in grado di appello sulle impugnazioni proposte contro le sentenze delle Commissioni Tributarie Provinciali. Sono state istituite sezioni staccate delle Commissioni Tributarie Regionali (art. 35 della legge n. 28/99).

Presso le province di Trento e Bolzano la giurisdizione è esercitata dalle Commissioni Tributarie di primo e secondo grado con competenza sul territorio della provincia corrispondente (art. 1 comma 2, D.Lgs. n. 545/92).

Nell'esercizio della loro attività i giudici tributari sono coadiuvati dagli uffici di segreteria delle Commissioni Tributarie, che dipendono dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e svolgono sia attività di preparazione dell'udienza e assistenza ai collegi giudicanti, sia attività amministrative proprie.

 

Il comma 7 prescrive che i processi pendenti innanzi alla Commissione tributaria centrale alla data di insediamento delle sezioni di cui al comma 6, ad eccezione di quelli per i quali sia stato già depositato il dispositivo, vengano attribuiti alla sezione regionale nella cui circoscrizione aveva sede la commissione che ha emesso la decisione impugnata.

 

Il comma 8 rimette ad uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 31 marzo 2008, la determinazione del numero delle sezioni e degli organici di ciascuna commissione tributaria provinciale e regionale, tenuto conto delle rilevazioni statistiche del flusso medio dei processi relativi agli anni 2006 e 2007, effettuate ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545; a tali decreti è pure rimessa la definizione delle altre modalità per l'attuazione dei commi 6 e 7; con uno dei predetti decreti, sono inoltre indette le elezioni per il rinnovo del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.

I componenti eletti a seguito delle predette elezioni si insediano il 30 novembre 2008; in pari data, decadono i componenti in carica alla data di entrata in vigore della presente legge.

A decorrere dalla data di insediamento dei nuovi componenti, il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria stabilisce, con propria delibera, i criteri di valutazione della professionalità dei giudici tributari nei concorsi interni; a decorrere dalla data di efficacia della predetta delibera cessano, nei concorsi interni, di avere effetto le tabelle E e F allegate al citato decreto legislativo n. 545 del 1992.

 

La citata tabella E reca i criteri generali di valutazione e punteggi per la nomina a componenti delle commissioni tributarie.

La citata tabella F reca i criteri di valutazione e punteggi dei servizi prestati nelle commissioni tributarie.

 

Il comma 9 autorizza - per l’attuazione dei commi 6, 7 e 8, inclusa la rideterminazione dei compensi dei componenti delle commissioni tributarie – a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente articolo nonché della presente legge, la spesa di 3 milioni di euro per l’anno 2008 e di 10 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2009.

A decorrere dal 1º maggio 2008, i compensi dei presidenti di sezione e dei componenti della Commissione tributaria centrale sono determinati esclusivamente a norma dell’articolo 13 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, facendo riferimento ai compensi spettanti ai presidenti di sezione ed ai componenti delle commissioni tributarie regionali.

 

Il citato articolo 13 del D.Lgs. n. 545 del 1992, prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze con proprio decreto determina il compenso fisso mensile spettante ai componenti delle commissioni tributarie (comma 1).

Con il decreto di cui al comma 1, oltre al compenso mensile viene determinato un compenso aggiuntivo per ogni ricorso definito, anche se riunito ad altri ricorsi, secondo criteri uniformi, che debbono tener conto delle funzioni e dell'apporto di attività di ciascuno alla trattazione della controversia, compresa la deliberazione e la redazione della sentenza, nonché, per i residenti in comuni diversi della stessa regione da quello in cui ha sede la commissione, delle spese sostenute per l'intervento alle sedute della commissione. Il compenso è liquidato in relazione ad ogni provvedimento emesso (comma 2).

La liquidazione dei compensi è disposta dalla direzione regionale delle entrate, nella cui circoscrizione ha sede la commissione tributaria di appartenenza ed i pagamenti relativi sono fatti dal dirigente responsabile della segreteria della commissione, quale funzionario delegato cui sono accreditati i fondi necessari (comma 3).

I compensi di cui ai commi 1, 2 e 3 sono cumulabili con i trattamenti pensionistici e di quiescenza comunque denominati (comma 4).


Articolo 15
(Gestione del credito riferito alle spese e alle pene pecuniarie
di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002)

 


1. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero della giustizia stipula con una società interamente posseduta dalla società di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, una o più convenzioni in base alle quali la società stipulante con riferimento alle spese e alle pene pecuniarie previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, risultanti dai provvedimenti passati in giudicato o divenuti definitivi a decorrere dal 1o gennaio 2008, provvede alla gestione del credito, mediante le seguenti attività:

a) acquisizione dei dati anagrafici del debitore e quantificazione del credito;

b) notificazione al debitore di un invito al pagamento entro un mese dal passaggio in giudicato o dalla definitività del provvedimento da cui sorge l'obbligo o dalla cessazione dell'espiazione della pena in istituto;

c) iscrizione al ruolo del credito, scaduto inutilmente il termine per l'adempimento spontaneo.

2. Per assicurare lo svolgimento delle attività affidatele, la società stipulante può assumere finanziamenti, compiere operazioni finanziarie, rilasciare garanzie, costituire, fermo restando il rispetto delle procedure di evidenza pubblica, società con la partecipazione di privati nonché stipulare contratti, accordi e convenzioni con società a prevalente partecipazione pubblica ovvero con società private iscritte nell'albo di cui agli articoli 52 e 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446. Le convenzioni di cui al comma 1 individuano le linee guida delle predette operazioni finanziarie.

3. Il Ministero della giustizia, con apposite convenzioni, può incaricare la società stipulante di svolgere altre attività strumentali, ivi compresa la gestione di eventuali operazioni di cartolarizzazione del credito di cui al comma 1.

4. La remunerazione per lo svolgimento delle attività previste dal comma 1 è determinata, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, dalle convenzioni stipulate ai sensi del medesimo comma.

5. Lo statuto della società stipulante riserva al Ministero della giustizia un'adeguata rappresentanza nei propri organi di amministrazione e di controllo.

6. Dalla data di stipula della convenzione di cui al comma 1, sono abrogati gli articoli 211, 212 e 213 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 e ogni altra disposizione del medesimo decreto incompatibile con il presente articolo.

7. Le maggiori entrate derivanti dall'attuazione dei commi da 1 a 6 del presente articolo, determinate rispetto alla media annua delle entrate nel quinquennio precedente, affluiscono, al netto degli importi occorrenti per la gestione del servizio da parte della società stipulante, ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate alle unità previsionali di base del Ministero della giustizia e, in misura non superiore al 20 per cento, ad alimentare il fondo unico di amministrazione per interventi straordinari e senza carattere di continuità a favore del fondo di produttività del personale dell'amministrazione giudiziaria.


 

 

L'articolo 15, composto da 7 commi, prevede che entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento legislativo in esame, il Ministero della giustizia provveda alla stipula di una o più convenzioni relative ad attività da svolgere nel settore della giustizia.

Al riguardo, il medesimo articolo, elenca espressamente le attività che formeranno oggetto delle citate convenzioni individuando, altresì, talune delle caratteristiche della Società con la quale il Ministero della giustizia dovrà procedere alle relative stipule.

 

In relazione al primo di questi due profili, il comma 1 dell'articolo in esame, dopo aver precisato che le citate convenzioni dovranno essere stipulate con una apposita società interamente posseduta dalla società Equitalia S.P.A., definisce i compiti assegnati alla Società stipulante.

 

In particolare, con riferimento alle spese ed alle pene pecuniarie previste dal Testo unico in materia di spese di giustizia e relative a provvedimenti passati in giudicato o divenuti definitivi a decorrere dal 1° gennaio 2008, la citata Società stipulante dovrà provvedere alla gestione dei relativi crediti attraverso:

a)   l'acquisizione dei dati anagrafici e patrimoniali del debitore;

b)   la notifica al debitore di un invito al pagamento entro un mese dal passaggio in giudicato o dalla definitività del provvedimento da cui sorge l'obbligo o dalla cessazione dell'espiazione della pena;

c)   l'iscrizione a ruolo del credito, scaduto inutilmente il termine per l’adempimento spontaneo (lettera a)).

 

In sintesi, si segnala che il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, recante il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, raccoglie le disposizioni legislative e regolamentari vigenti nel settore delle spese di giustizia - applicabili nei processi penali, civili, amministrativi, contabili e tributari.

In particolare, con riferimento al processo penale, l’art. 4 conferma quanto già previsto nell’art. 691 del codice di procedura penale in materia di anticipazione delle spese: queste vengono anticipate dall’erario, salvo il caso in cui siano relative ad atti chiesti da parti private (anticipate dalla parte) o inerenti alla pubblicazione della sentenza (anticipate dall’imputato).

Le disposizioni generali relative al processi diversi da quello penale sono recate dal solo art. 8 che raccorda l’art. 90 del codice di procedura civile con le norme sul patrocinio a spese dello Stato, sancendo il principio secondo cui le spese sono imputate alla parte, se questa compie o chiede atti processuali, mentre sono da essa anticipate se la legge o il magistrato lo prevedono.

Per ciò che concerne i titoli di pagamento delle spese anticipate dallo Stato, la parte VI del testo unico semplifica la precedente disciplina mantenendo in vita unicamente la distinzione tra ordine di pagamento (emesso dal funzionario) e decreto di pagamento (emesso dal magistrato), riferita ora a voci di spesa diverse, così sopprimendo le precedenti duplicazioni del titolo di pagamento. Si attribuisce quindi al magistrato la competenza a provvedere alla quantificazione quando siano in questione profili valutativi.

La parte VII ha per oggetto la materia della riscossione, settore in cui il testo unico cerca di salvaguardare tanto l’esigenza dell’armonizzazione del sistema delle riscossioni quanto la peculiarità della normativa relativa alle pene pecuniarie (che, come noto, consente la conversione di queste in misure restrittive della libertà personale in caso di insolvibilità del debitore). E’ stata inoltre superata la disciplina di settore che attribuiva la riscossione dell’adempimento spontaneo e il pagamento delle spese per conto dello Stato agli uffici finanziari, nel solo caso di condanna a spese e pene pecuniarie e solo per alcuni reati, per cui non ci saranno soggetti diversi per il pagamento delle spese di giustizia, né uffici diversi per ricevere l’adempimento spontaneo.

 

Il successivo comma 2 dell'articolo in esame, individua, poi, una serie di operazioni finanziarie che potranno essere poste in essere dalla Società stipulante, precisando, al riguardo, che le linee guida di tali operazioni dovranno essere individuate dalle citate convenzioni secondo modalità volte a garantire la restituzione del capitale e degli interessi.

 

Nello specifico, il comma in esame prevede che la società stipulante possa assumere finanziamenti, compiere operazioni finanziarie, rilasciare garanzie, costituire, fermo il rispetto delle procedure di evidenza pubblica, società con la partecipazione di privati, nonché stipulare contratti, accordi e convenzioni con società a partecipazione mista pubblica e privata, ovvero con società private.

 

Ai sensi del successivo comma 3, il Ministero della giustizia può incaricare la società stipulante di svolgere ulteriori attività rispetto a quelle di cui al comma 1 che dovranno anch'esse formare oggetto di apposite convenzioni.

 

I successivi commi 4 e 5 riguardano, poi, la remunerazione per lo svolgimento delle attività previste dal precedente comma 1 e lo statuto della Società stipulante.

 

In particolare, ai sensi del comma 4, la remunerazione relativa alle attività di gestione precedentemente contemplate (comma 1)sono determinate dalle convenzioni stipulate ai sensi del medesimo comma,senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, mentre, ai sensi del successivo comma 5, lo statuto della Società stipulante dovrà riservare al Ministero della giustizia un’adeguata rappresentanza nei propri organi di amministrazione e di controllo.

 

Il successivo comma 6, dispone,dalla data di stipula della convenzione di cui al comma 1, l'abrogazione degli articoli 211, 212 e 213 del citato Testo unico in materia di spese di giustizia e relativo alla iscrizione a ruolo del credito[241].

Tale abrogazione è, evidentemente, connessa alle nuove competenze previste in capo alla Società stipulante da parte del comma 1 dell'articolo in esame.

 

Il comma 7, da ultimo, reca una disposizioni di carattere finanziario.

In particolare, il citato comma dispone che le maggiori entrate derivanti dall’attuazione dell’articolo in commento, come determinate rispetto alla media annua delle entrate del periodo 2001-2006, affluiscono - al netto degli importi per la gestione del servizio da parte della società stipulante - ad un apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate alle unità previsionali di base del Ministero della giustizia e, in misura non superiore al 20 per cento, ad alimentare il fondo unico di amministrazione per interventi straordinari e senza carattere di continuità a favore del fondo di produttività del personale dell'amministrazione giudiziaria.


Articolo 20
(Norme per limitare i rischi degli strumenti finanziari
sottoscritti dagli enti territoriali)

 


1. I contratti su strumenti finanziari, anche derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali, sono informati alla massima trasparenza contrattuale.

2. I contratti su strumenti finanziari, anche derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali, devono recare le informazioni ed essere redatti secondo le indicazioni specificate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare sentite la CONSOB e la Banca d'Italia. Il Ministero dell'economia e delle finanze verifica la conformità dei contratti ai modelli di cui al predetto decreto.

3. La regione o l'ente locale sottoscrittore dello strumento finanziario deve attestare espressamente di aver preso piena considerazione dei rischi e delle caratteristiche dello strumento proposto.

4. Il rispetto di quanto previsto ai commi 2 e 3 è elemento costitutivo dell'efficacia dei contratti.


Premessa

L’articolo 20 in esame pone norme per limitare i rischi insiti nei contratti aventi ad oggetto strumenti finanziari, anche derivati, sottoscritti dagli enti pubblici territoriali.

La diffusione degli strumenti finanziari derivati è fenomeno recente, che s’inquadra nell’elaborazione di strategie finanziarie volte a permettere ai soggetti operanti sul mercato di garantirsi da rischi finanziari connessi alla loro attività o di realizzare una gestione attiva dell’indebitamento, adeguandolo all’evoluzione delle condizioni di mercato per fruire delle opportunità derivanti dalle oscillazioni dei tassi d’interesse.

Un accorto impiego di questi strumenti può consentire infatti di modificare le caratteristiche del debito esistente, ristrutturandolo in maniera conveniente e riducendo per conseguenza l’esposizione complessiva, senza estinguerlo anticipatamente o rinegoziarne le condizioni (operazioni che possono essere in talune circostanze onerose o impossibili).

 

Ad esempio, attraverso un contratto di interest rate swap è possibile ottenere su un debito a tasso d’interesse fisso effetti corrispondenti all’applicazione di un tasso variabile, o viceversa, ovvero mutare l’indice di riferimento per un debito contratto a tasso d’interesse variabile, o, ancora, modificare i tempi di pagamento degli interessi o del capitale.

 

L’operazione può servire per ristrutturare l’intero debito pregresso oppure quote di esso, ad esempio per diversificarne le caratteristiche in modo da ridurre il rischio complessivo. La diversificazione può riferirsi a tre elementi: tipo d’indicizzazione (tasso fisso o variabile con differenti indici); scadenza (breve, media, lunga); divisa (valuta nazionale o estera)[242].

Le descritte operazioni finanziarie possono risultare per converso svantaggiose qualora le scelte operate si fondino su un’analisi erronea.

Può infatti verificarsi che le scelte compiute non siano corrispondenti alla struttura di attività e passività del bilancio del soggetto che le compie, sia perché invece di diversificare la struttura del debito ne accentuino gli squilibri, sia perché nel determinare le date per la regolazione periodica dei flussi di pagamento non siano stati adeguatamente considerati gli andamenti di cassa delle parti (con conseguente rischio di mancanza di liquidità).

I rischi tipici di queste operazioni sono il rischio legato alle variazioni di valore degli indici di riferimento o delle attività sottostanti, e il rischio di credito[243].

L’applicazione di queste tecniche alla finanza degli enti territoriali è assai recente, poiché in precedenza l’indebitamento di essi consisteva in mutui contratti con la Cassa depositi e prestiti (a tasso fisso) o con istituti bancari (a tassi stabiliti entro i limiti massimi fissati dall’autorità di Governo). L’esigenza di una gestione più attenta e responsabile del debito di questi enti, con la cessazione di talune forme di sostegno a carico della finanza statale, ha imposto la ricerca di finanziamenti a condizioni di mercato. In questo contesto si è sviluppato l’impiego delle emissioni obbligazionarie, le cui condizioni dipendono dall’andamento del mercato e dal merito di credito degli enti emittenti, per il quale può rendersi necessario il rilascio di un rating da parte delle agenzie specializzate.

Nel medesimo quadro, la dottrina ha segnalato le opportunità che potevano sorgere anche in favore degli enti locali dall’impiego di strumenti innovativi di finanza derivata, in relazione alle caratteristiche della loro gestione finanziaria[244].

 

Sulle problematiche relative al collocamento di strumenti finanziari derivati la Commissione VI (Finanze) della Camera dei deputati sta conducendo una serie di audizioni informali. Da ultimo, nella seduta del 15 novembre 2007, si è tenuta l’audizione dei rappresentanti dell’Unione delle Province d’Italia (UPI) e dell’Associazione nazionale comuni italiani (ANCI).

L'impiego di strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali

Nell’ambito delle disposizioni che disciplinano il finanziamento delle spese di investimento degli enti locali, contenute nel testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, l’articolo 205 autorizza gli enti locali a contrarre prestiti obbligazionari nelle forme consentite dalla legge.

L’emissione di titoli obbligazionari da parte degli enti territoriali è disciplinata dall’articolo 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (provvedimento collegato alla legge finanziaria per il 1995), e dal regolamento emanato con decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420.

La disciplina consente a regioni, province, comuni e unioni di comuni, città metropolitane, comunità montane e consorzi tra enti locali territoriali di deliberare l'emissione di prestiti obbligazionari destinati in via esclusiva al finanziamento degli investimenti[245].È esplicitamente previsto il divieto di finanziare spese di parte corrente.

 

Per quanto riguarda le regioni, la legge n. 724 del 1994 rinvia alla disciplina contenuta nell'articolo 10 della legge 16 maggio 1970, n. 281, in base alla quale la facoltà di emettere titoli obbligazionari deve essere esercitata mediante apposita legge regionale di autorizzazione entro precisi limiti quantitativi e contabili.

 

Il regolamento, oltre a determinare le caratteristiche dei titoli obbligazionari e i criteri e le procedure che gli enti emittenti sono tenuti ad osservare per la raccolta del risparmio[246], definisce altresì l'ammontare delle commissioni di collocamento da corrispondere agli intermediari autorizzati e i criteri di quotazione sul mercato secondario.

 

Relativamente alle emissioni in valuta, l’articolo 2 del medesimo regolamento emanato con il decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420, prescrive la copertura del rischio di cambio mediante una corrispondente operazione di swap che trasformi, per l'emittente, l'obbligazione in valuta estera in un'obbligazione in valuta nazionale, senza introdurre elementi di rischio. L'operazione dovrà essere effettuata da intermediari di provata affidabilità ed esperienza nel settore, con riferimento anche alla valutazione loro assegnata dalle maggiori agenzie di rating.

 

Il comma 1 dell'articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002), al fine di contenere il costo dell’indebitamento e di consentire la vigilanza sugli andamenti della finanza pubblica, ha conferito al Ministero dell'economia e delle finanze una funzione generale di coordinamento con riferimento all'accesso al mercato dei capitali delle province, dei comuni, delle unioni di comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane, di cui all’articolo 2 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni[247].

I commi 2 e 3 hanno modificato la disciplina dell'emissione di titoli obbligazionari e della contrazione di mutui da parte degli enti territoriali, al fine di rimuovere alcuni vincoli che sembravano aver condizionato l'utilizzazione di tali strumenti di finanziamento.

 

In particolare, il comma 2 – diversamente da quanto indicato dalla legislazione previgente, informata ad un sistema di ammortamento con rimborso graduale di quote di capitale e interessi – ha previsto la possibilità di emettere titoli obbligazionari e di contrarre mutui con rimborso in un'unica soluzione alla scadenza (c.d. struttura bullet). In questo caso l’ente territoriale, al momento dell'emissione o dell'accensione, dovrà costituire un fondo di ammortamento del debito (sinking fund) reinvestibile, ovvero concludere operazioni di swap per l'ammortamento del debito (amortizing swap), in base alle quali l'ente s’impegna a pagare rate di ammortamento e la controparte a corrispondere rate d’interesse più il capitale alla scadenza.

Questi metodi tendono, tra l'altro, a garantire una maggiore flessibilità alle politiche di spesa e una più efficiente comparabilità finanziaria dei BOC con altri strumenti d’investimento. La disposizione contiene l’espresso riferimento a strumenti finanziari derivati, il cui impiego viene così ad essere previsto nella finanza degli enti locali.

 

Il comma 3 ha abrogatoil primo periodo del comma 6 dell’articolo 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, nonché l’articolo 3 del regolamento emanato con decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420[248].

 

Varie disposizioni sono contenute nel regolamento concernente l'accesso al mercato dei capitali da parte delle province, dei comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane, nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni, emanato con decreto dei Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno 1° dicembre 2003, n. 389[249].

 

Ulteriori precisazioni sono state fornite dal Ministero dell’economia e delle finanze mediante la circolare 27 maggio 2004[250]. Dettagliate indicazioni sono fornite circa le tipologie di operazioni derivate ammesse. Oltre agli swap di tasso di cambio a copertura del rischio di cambio nel caso di indebitamento in valuta, sono quelle espressamente indicate nelle lettere da a) a d) dell’articolo 3, comma 2, del regolamento, da intendersi nella forma «plain vanilla»[251].

Non sono ammessi gli strumenti derivati che contengono leve o moltiplicatori dei parametri finanziari (ad esempio, pagare due volte il tasso Euribor), né operazioni derivate riferite ad altre operazioni derivate preesistenti, in base alla considerazione che nessun derivato è configurabile come una passività.

 

Nel caso in cui si verifichi una variazione della passività sottostante ad un derivato, ad esempio perché è stata rinegoziata o convertita oppure perché ha raggiunto un ammontare inferiore a quanto inizialmente previsto, la posizione nello strumento derivato può essere riadattata sulla base di condizioni che non determinino una perdita per l'ente; solo nel caso in cui l'ente ritenga di dover chiudere la posizione nello strumento derivato è ammissibile la conclusione di un derivato uguale e di segno contrario con un'altra controparte.

 

Per la determinazione del rischio di credito degli intermediari valgono le stesse regole indicate in relazione ai fondi e agli swap d’ammortamento.

 

Infine, atteso il rischio inerente all'attività in derivati, la circolare raccomanda agli enti di fare altresì riferimento alle norme del regolamento di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, adottato dalla CONSOB con delibera 1° luglio 1998 e successive modificazioni (in particolare articoli da 25 a 31) e al "Documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari" ad esso allegato.

Le modifiche apportate dalla legge finanziaria 2007

I commi da 736 a 738 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) contengono disposizioni in materia di indebitamento degli enti locali tramite utilizzo di strumenti derivati.

 

In materia sono intervenute le circolari esplicative del Ministero dell’economia e delle finanze 31 gennaio 2007, pubblicata in G.U. n. 29 del 5 febbraio 2007 e 22 giugno 2007, n. 6301, pubblicata in G.U. n. 151 del 2 luglio 2007.

 

Il comma 736 è diretto a ridurre l’utilizzo, da parte di regioni ed enti locali[252], di strumenti finanziari derivati per le operazioni di gestione del debito.

Il comma in esame afferma che le operazioni di gestione del debito tramite strumenti derivati effettuate da regioni e enti locali devono essere improntate alla riduzione del costo finale del debito e alla riduzione dell’esposizione ai rischi di mercato. È stabilito inoltre che le suddette operazioni possono essere concluse solo in corrispondenza di passività effettivamente dovute, avendo riguardo al rischio di credito assunto.

I commi 737 e 738 introducono obblighi di comunicazione a carico delle regioni e degli enti locali che pongono in essere operazioni di ammortamento del debito con rimborso unico a scadenza e operazioni in strumenti derivati.

Ai sensi del comma 737, che introduce i commi 2-bis e 2-ter nell’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002), le regioni e gli enti locali, prima della sottoscrizione di contratti relativi alle operazioni sopra indicate, devono trasmetterli al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento del Tesoro. La trasmissione è elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti stessi. Sono espressamente confermate le disposizioni di cui al citato D.M. n. 389 del 2003 in materia di controllo sull’andamento delle operazioni. La norma si applica a partire dal 1° gennaio 2007.

L’articolo 1 del D.M. n. 389 del 2003, concernente l'accesso al mercato dei capitali da parte degli enti locali e delle regioni, prevede che tali soggetti comunichino entro il giorno 15 dei mesi di febbraio, maggio, agosto e novembre di ogni anno al Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi all'utilizzo netto di forme di credito a breve termine presso il sistema bancario, ai mutui accesi con soggetti esterni alla pubblica amministrazione, alle operazioni derivate concluse e ai titoli obbligazionari emessi nonché alle operazioni di cartolarizzazione concluse.

Il coordinamento dell'accesso dei predetti enti ai mercati dei capitali è svolto dal Ministero dell’economia e delle finanze limitatamente alle operazioni di finanziamento a medio e lungo termine o di cartolarizzazione di importo pari o superiore a 100 milioni di euro. A tal fine, gli enti comunicano le caratteristiche dell'operazione in preparazione al Dipartimento del Tesoro. Nel caso di operazioni soggette al controllo del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), gli emittenti invieranno i dati simultaneamente al Dipartimento del Tesoro e al CICR, e l'eventuale formulazione di osservazioni da parte del Dipartimento del Tesoro dovrà avere luogo prima dell'autorizzazione rilasciata dal CICR.

Il nuovo comma 2-ter stabilisce che le operazioni di cui al nuovo comma 2-bis (operazioni di ammortamento del debito con rimborso unico a scadenza e operazioni in strumenti derivati) che vìolano la vigente normativa sono comunicate alla Corte dei conti per l’adozione dei provvedimenti di sua competenza.

 

Il comma 738 stabilisce che gli enti tenuti alle comunicazioni di cui al citato articolo 41 della legge n. 448 del 2001 debbono conservare, per almeno cinque anni, elenchi aggiornati contenenti i dati di tutte le operazioni finanziarie e di indebitamento soggette all’obbligo di comunicazione. L’organo di revisione dell’ente territoriale vigila sul corretto e tempestivo adempimento dell’obbligo da parte degli enti vigilati.

 

Gli obblighi di comunicazione a carico di regioni ed enti locali, previsti dal citato articolo 41, sono quelli di cui nuovo comma 2-bis, introdotto dal precedente comma 737, e l’obbligo di comunicare periodicamente al Ministero dell’economia i dati relativi alla propria situazione finanziaria, al fine di contenere il costo dell’indebitamento e di vigilare sugli andamenti di finanza pubblica.

Le disposizioni recate dall’articolo 20 in esame

L’articolo 20 in esame ha riguardo ai contratti su strumenti finanziari e a contratti su strumenti finanziari derivati[253].

Il comma 1 dell’articolo 20 in esame dispone che i contratti su strumenti finanziari, anche derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali, devono essere informati alla massima trasparenza contrattuale.

 

Si rileva che l’espressione “massima trasparenza contrattuale” risulta eccessivamente generica, in quanto non fornisce alcun parametro di valutazione né alcun criterio di orientamento ai fini della redazione del decreto ministeriale di attuazione previsto dal successivo comma 2.

 

Il comma 2 dell’articolo 20 in esame demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare sentite la Consob e la Banca d’Italia, il compito di indicare le informazioni che devono recare i contratti su strumenti finanziari, anche derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali nonché il compito di specificare le indicazioni secondo le quali tali contratti devono essere redatti.

 

Si rileva che la norma non indica il termine entro cui deve essere emanato il decreto.

 

Il Ministero dell’economia e delle finanze sarà quindi tenuto a verificare la conformità dei contratti ai modelli di cui al predetto decreto ministeriale.

 

Il comma 3 dell’articolo 20 in esame stabilisce che la regione o l’ente locale sottoscrittore dello strumento finanziario deve attestare espressamente di aver preso piena considerazione:

a) dei rischi dello strumento proposto;

b) delle caratteristiche dello strumento proposto.

 

Ai sensi del comma 4 dell’articolo 20 in esame, il rispetto di quanto previsto ai commi 2 e 3 è elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti.

La norma di chiusura recata dal comma 4 in esame parrebbe significare - qualificando il rispetto di quanto previsto ai commi 2 e 3 in termini di “elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti” - che il contratto stipulato tra l’ente territoriale e la sua controparte avente ad oggetto strumenti finanziari anche derivati non deve ritenersi nullo ovvero annullabile anche ove non siano rispettate le disposizioni recate dai commi 3 e 4.

Il mancato rispetto di tali norme impedirebbe, infatti, soltanto il dispiegarsi dell’efficacia del contratto.

Pertanto, un adeguamento successivo dell’ente territoriale alle prescrizioni recate dai commi 2 e 3 consentirebbe al contratto, di per sé valido, di produrre anche gli effetti suoi propri.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 22 dicembre 2006la Commissione ha presentato una proposta di direttiva[254] che modifica la direttiva 2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari, per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione stessa secondo le procedure di comitatologia[255]

La direttiva reca infatti alcune clausole di delega alla Commissione per l’adozione di misure esecutive di carattere tecnico nel quadro del cd. metodo Lamfalussy[256]

Si tratta, nello specifico, di misure intese ad adeguare le definizioni o a modificare la portata delle esenzioni, ad approfondire o a completare le disposizioni della direttiva concernenti i requisiti di organizzazione o le condizioni di esercizio che si applicano alle imprese di investimento o agli enti creditizi, nonché ad aggiungere disposizioni di dettaglio riguardanti gli obblighi di trasparenza pre e post-negoziazione che si impongono alle diverse sedi di negoziazione contemplate dalla direttiva

In particolare, la proposta prevede che tali competenze siano esercitate secondo la procedura di regolamentazione con controllo[257] anziché, come attualmente stabilito, secondo la procedura di regolamentazione. In tal modo si intende adeguare la direttiva vigente alle modifiche apportate dalla decisione n. 2006/512/CE alla decisione n. 1999/468/CE, recante la disciplina delle procedure di comitatologia.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata dal Parlamento europeo nella seduta del 14 novembre 2007.

Nell’esercizio dei poteri di attuazione ad essa delegati dalla direttiva 2004/39 (secondo livello del processo decisionale Lamfalussy) la Commissione ha pubblicato, il13 marzo 2007, il mandato al Comitato europeo dei regolatori del mercato mobiliare (CESR) per l’espressione del parere sulle misure esecutive della medesima direttiva concernenti la negoziazione dei prodotti derivati.

Sulla base di tale parere, la Commissione predisporrà un progetto di misure esecutive che sarà sottoposto al Comitato europeo dei valori mobiliari (ESC), secondo la procedura di regolamentazione con controllo.

Nell’ambito delle competenze relative al terzo livello Lamfalussy, il 19 luglio 2007 la Commissione ha pubblicato la relazione del CESR sulla trasparenza dei mercati obbligazionari e dei mercati di strumenti finanziari diversi dalle azioni.

Sempre in relazione al terzo livello decisionale, il 22 giugno 2007 il CESR ha pubblicato un questionario relativo al rating degli strumenti di finanza strutturata, le cui risposte dovranno pervenire entro il 31 luglio 2007.

Il 22 dicembre 2006la Commissione ha presentato una proposta di direttiva COM(2006)909 che modifica la direttiva 2004/109/CE sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione stessa secondo le procedure di comitatologia. (Si rinvia a quanto illustrato in relazione alla proposta di direttiva modificativa della direttiva 2004/39/CE).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata dal Parlamento europeo nella seduta del 13 novembre 2007.

Tra il 17 luglio e il 14 settembre 2007 il Comitato europeo dei regolatori dei valori mobiliari (CERS) ha svolto una consultazione via Internet, al fine di valutare l’opportunità di intraprendere iniziative nell’ambito del “terzo livello” del modello Lamfalussy, che permettano un recepimento uniforme e coerente delle disposizioni della direttiva sulla trasparenza 2004/109/CE e della direttiva di attuazione 2007/14/CE, adottata dalla Commissione l’8 marzo 2007. In considerazione del fatto che la Commissione è attualmente impegnata nella valutazione di possibili misure che agevolino l’attuazione delle disposizioni della direttiva sulla trasparenza riguardanti lo stoccaggio centrale delle informazioni,[258] la consultazione mira inoltre a stabilire quale ruolo possa essere svolto dal CERS al fine di facilitare la creazione di una rete UE dei meccanismi di stoccaggio nazionale.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 27 giugno 2007 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato (procedura di infrazione n. 2007/404), ex art. 226 del TCE, per il mancato recepimento, entro il 31 gennaio 2007, della direttiva 2004/39/CE, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio.

Nella stessa data, la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato (procedura n. 2007/414) per mancato recepimento della direttiva 2006/73/CE della Commissione, recante misure di esecuzione della direttiva 2004/39/CE, per quanto riguarda i requisiti di organizzazione e le condizioni di esercizio dell’attività delle imprese di investimento e le definizioni di taluni termini ai fini di tale direttiva.

Si segnala che il decreto legislativo recante recepimento delle direttive in questione è stato adottato dal Consiglio dei Ministri il 30 agosto 2007.

Il 27 giugno 2007 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di costituzione in mora ex art. 226 del TCE, per mancato recepimento, entro il 20 gennaio 2007, della direttiva 2004/109/CE (procedura n. 2007/405) sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato e che modifica la direttiva 2001/34/CE.

Il decreto legislativo di recepimento della direttiva è stato adottato dal Consiglio dei Ministri il 30 ottobre 2007.


Articolo 59
(Comitato nazionale italiano per il microcredito)

 


1. Il Comitato nazionale italiano permanente per il microcredito, istituito dall'articolo 4-bis, comma 8, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, ha personalità giuridica di diritto pubblico e continua a svolgere la propria attività presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, anche per agevolare l'esecuzione tecnica dei progetti di cooperazione a favore dei Paesi in via di sviluppo.

2. Il Comitato è dotato di un fondo comune, unico ed indivisibile, attraverso cui esercita autonomamente ed in via esclusiva le sue attribuzioni istituzionali. La gestione patrimoniale e finanziaria del Comitato è disciplinata da un regolamento di contabilità approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del presidente del Comitato. Il fondo comune è costituito da contributi volontari degli aderenti o di terzi, donazioni, lasciti, erogazioni conseguenti a stanziamenti deliberati dallo Stato, dagli enti territoriali e da altri enti pubblici o privati, da beni e da somme di danaro o crediti che il Comitato ha il diritto di acquisire a qualsiasi titolo secondo le vigenti disposizioni di legge. Rientrano anche nel fondo contributi di qualunque natura erogati da organismi nazionali od internazionali, governativi o non governativi, ed ogni altro provento derivante dall'attività del Comitato.

3. In favore del Comitato è autorizzata per ciascuno degli anni 2008 e 2009 la spesa di 1 milione di euro da destinare al suo funzionamento.


 

 

L’articolo 59 in esame disciplina al comma 1 l’attività e lo status del Comitato Nazionale Italiano Permanente per il Microcredito.

La disposizione in commento prevede che tale comitato, istituito, ai sensi dell’articolo 4-bis, comma 8, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, presso il Ministero degli Affari esteri, continui d’ora in poi a svolgere la propria attività presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con personalità di diritto pubblico, contribuendo a promuovere ed agevolare, all’interno del suo più vasto programma, anche l’esecuzione tecnica dei progetti di cooperazione a favore dei Paesi in via di sviluppo.

Il Comitato è stato istituito ai sensi del richiamato articolo 4-bis, comma 8, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2. Tale comma, aggiunto in sede di conversione, esplicitava la finalità dell’istituto nel “consentire lo sviluppo del programma di microfinanza, al fine di incentivare la costituzione di microimprese, anche nel settore agricolo”. Stabiliva, inoltre, che i componenti del Comitato, già costituito presso il Ministero degli Affari esteri, avessero un mandato di quattro anni, rinnovabile una sola volta.

Il Comitato Nazionale Italiano Permanente per il Microcredito rappresenta la naturale prosecuzione del “Comitato Nazionale Italiano per il 2005 Anno Internazionale del Microcredito”, nato in risposta alle risoluzioni 53/198, 58/488 e 58/22 con cui l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 2005 “Anno Internazionale del Microcredito”. Con le stesse risoluzioni l’ONU ha invitato gli Stati Membri a costituire Comitati Nazionali rappresentativi dell’intera società civile, al fine di facilitare il raggiungimento degli “Obiettivi di sviluppo del Millennio”, anche attraverso la diffusione delle attività di microcredito e microfinanza per ridurre il fenomeno della povertà e dell’esclusione finanziaria.

Il Comitato persegue tali obiettivi sia in un’ottica di cooperazione internazionale, orientata alle aree depresse ed alle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo (PVS), sia a livello nazionale, attraverso interventi localizzati sul territorio italiano ed orientati ai residenti in Italia ed alle macro-imprese operanti nell’area.

 

A tal fine, il Comitato si è dotato di due Dipartimenti (“Dipartimento Attività nazionali” e “Dipartimento Attività Internazionali”). I principali interventi all’estero si prefiggono la realizzazione di una rete microfinanziaria internazionale e la definizione di programmi comuni condivisi e di partenariati strategici con i diversi partner della rete. Per i due settori menzionati sono state individuate 6 aree operative: Networking; Progetti operativi; Servizi interni; Ricerca, Osservatorio e Formazione; Area Normativa e Area Comunicazione.

 

Il nuovo Comitato comprende rappresentanti delle Istituzioni, di Enti Locali, di Organizzazioni non Governative, di Istituti e Fondazioni, del settore bancario nonché di quello imprenditoriale.

 

Il comma 2 dell’articolo 59 in esame disciplina il Fondo comune di cui è dotato il Comitato per porre in essere, in modo autonomo ed esclusivo, gli obiettivi a lui assegnati e per lo svolgimento delle attività istituzionali.

Tale fondo, unico e indivisibile, risulta costituito, a norma del regolamento del Comitato, da contributi volontari degli aderenti o di terzi, da donazioni o lasciti, nonché dagli stanziamenti eventualmente deliberati dallo Stato, dalle Regioni, dai Comuni e da altri enti pubblici e/o privati. E’ altresì riconosciuto al Comitato il diritto di acquisire, a qualsiasi titolo, beni, somme di denaro o crediti secondo le vigenti disposizioni di legge.

Rientrano, inoltre, nel fondo comune contributi di qualunque natura stanziati da organismi nazionali o internazionali, indipendentemente dalla loro natura governativa e ogni altro provento derivante dall’attività del Comitato.

La gestione patrimoniale e finanziaria del Comitato è assicurata da un regolamento di contabilità approvato con decreto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del presidente del Comitato.

 

Il comma 3 dell’articolo 59 in esame autorizza lo stanziamento di un contributo pari ad un milione di euro per l’anno 2008 ed un altro contributo di identico importo per il 2009 da destinare al Fondo comune per il funzionamento del Comitato in esame.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

L’11 luglio 2007 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sul Libro bianco relativo alla politica dei servizi finanziari per il periodo 2005-2010[259] presentato dalla Commissione il 1° dicembre 2005[260].

Per quanto riguarda, in particolare, l’accesso al finanziamento nel settore dei servizi al dettaglio, il Parlamento europeo, rilevando che troppi cittadini dell'UE sono esclusi dai servizi finanziari di base, sottolinea la necessità che siano disponibili a ciascun cittadino europeo servizi finanziari di base a prezzi accessibili e ben funzionanti e chiede alla Commissione di effettuare uno studio sull'accessibilità di servizi quali conti bancari, sportelli automatici, carte di pagamento e prestiti a basso costo e di promuovere le migliori pratiche ed esperienze sviluppate dagli istituti finanziari nel prestare tali servizi di base.

La risoluzione inoltre esprime la soddisfazione del Parlamento europeo per la crescente attenzione prestata alla fornitura di microcrediti quale contributo alle attività professionali autonome e alle nuove imprese (ad esempio le attività della Direzione generale della Commissione per la politica regionale e il programma JEREMIE del Gruppo della Banca europea per gli investimenti); chiede che le regole di Basilea II, di cui alle direttive 2006/48/CE[261] e 2006/49/CE[262], siano adattate per gli scopi dei portafogli di microcredito e pongano un limite ai costi spesso eccessivi dei piccoli prestiti; sollecita la Commissione ad elaborare, in collaborazione con le sue varie Direzioni generali responsabili di questo settore, un piano d'azione per i microfinanziamenti, a coordinare le diverse misure strategiche e a fare un uso ottimale delle migliori pratiche all'interno e all'esterno dell'UE.

Il 13 novembre 2007 la Commissione europea ha presentato la comunicazione relativa ad un’Iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione (COM(2007)708).

Nel riconoscere che negli Stati membri e nelle regioni dell’Unione europea il microcredito è spesso usato come mezzo per incoraggiare la crescita del lavoro autonomo e la formazione e lo sviluppo di microimprese, la comunicazione propone alcuni modi per eliminare, o almeno ridurre l’incidenza, degli ostacoli che si frappongono allo sviluppo del microcredito.

La Commissione ritiene che la transizione dell’Europa verso la conoscenza, i servizi e le nuove tecnologie nel quadro della strategia di Lisbona rinnovata del 2005 potrebbe essere potenziata da una maggiore attenzione a tre fattori che riguardano il collegamento tra la generazione di imprese e il microcredito a tre livelli: adeguare il quadro istituzionale delle microimprese; agevolare il passaggio dalla disoccupazione alla creazione di microimprese; fornire sostegno tecnico ai microimprenditori. Ritiene necessario migliorare il contesto istituzionale per il lavoro autonomo e le microimprese e a tal fine sostiene l’adozione di misure per ridurre le barriere giuridiche, fiscali e amministrative, come l’esenzione degli oneri sociali per le nuove imprese, procedure di registrazione più snelle per le nuove microimprese e sbocchi più numerosi e meno costosi.

Vista la necessità di introdurre diversi cambiamenti a livello nazionale per quanto riguarda il quadro istituzionale e giuridico a sostegno del microcredito, la Commissione propone che questi aspetti figurino nel ciclo annuale di governante della Strategia di Lisbona.

La Commissione ricorda che il microcredito può aiutare i nuovi imprenditori e le persone socialmente escluse a ottenere un accesso ai finanziamenti e richiama l’attenzione sulla formazione, il tutoraggio e l’addestramento dei nuovi imprenditori, elementi essenziali per migliorare le possibilità di successo delle imprese. Infine, sottolinea che le attività di esternalizzazione connesse alle transazioni creditizie (quali, ad esempio, la preparazione del piano aziendale, il monitoraggio) aiutano ad agevolare l’accesso ai crediti stessi e pertanto incoraggia ad un maggiore utilizzo delle risorse messe a disposizione dal FESR, dal FSE (Fondo sociale europeo) e dal FEASR (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) per promuovere l’imprenditorialità, l’innovazione e le nuove imprese.


Articolo 61, commi 12-13
(Tonnage tax)

 

12. All'articolo 155, comma 1, primo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole: «in traffico internazionale» sono soppresse.

13. All'articolo 56, comma 1, secondo periodo, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo le parole: «della predetta sezione I» sono inserite le seguenti: «e del capo VI del titolo II».

 

 

I commi 12 e 13 dell’articolo 61 estendono l’ambito di applicazione del regime forfetario di determinazione del reddito ai fini dell’imposta sulle società - IRES per le imprese marittime (c.d. tonnage tax).

 

Gli articoli da 155 a 161 del TUIR (costituenti il capo VI del titolo II) hanno introdotto nel nostro ordinamento la c.d. tonnage tax, ossia un sistema di tassazione forfetaria del reddito prodotto dalle imprese marittime, espressamente indicate nell’articolo 155 del TUIR, in base alla stazza lorda del naviglio da esse posseduto e ai giorni d’impiego del naviglio stesso. Il D.M. 23 giugno 2005 (G.U. 4 luglio 2005, n. 153) ha dettato disposizioni per l’applicazione di tale regime forfetario.

Ai sensi del comma 1 del citato articolo 155 del TUIR, i soggetti che possono esercitare l’opzione per l’applicazione della c.d. tonnage tax sono quelli di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), del TUIR, ovvero le società per azioni, in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e di mutua assicurazione (per l’estensione del regime forfetario alle società in nome collettivo e in accomandita semplice si veda il comma 13 del presente articolo), residenti nel territorio dello Stato, con riferimento al reddito derivante dall’utilizzazione in "traffico internazionale" (tale specificazione viene soppressa dal comma 12 dell’articolo in esame) delle navi iscritte nell’apposito Registro internazionale (istituito dal D.L. n. 457 del 1997, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 30 del 1998) e destinate (articolo 8-bis, comma 1, lettera a), del D.P.R. n. 633 del 1972):

-          all’esercizio di attività commerciali,

-          all’esercizio della pesca,

-          ad operazioni di salvataggio,

-          ad operazioni di assistenza in mare,

-          alla demolizione.

Sono invece escluse le unità da diporto.

Ai fini dell’applicazione del regime forfetario le navi devono essere detenute in proprietà, anche se date a noleggio, o detenute in locazione a scafo nudo[263] (si veda l’articolo 1, comma 1, lettera d), del citato D.M. 23 giugno 2005). Il comma 1 dell’articolo 157 del TUIR precisa che l’opzione per il regime forfetario non può essere esercitata nel caso in cui oltre la metà delle navi complessivamente utilizzate sia concesso in locazione a scafo nudo per un periodo di tempo superiore, per ciascuna unità, al 50 per cento dei giorni di effettiva navigazione per ciascun esercizio sociale[264]. Le navi, al reddito delle quali si può applicare il regime forfetario, sono quelle armate dai sopra indicati soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), del TUIR, nonché quelle noleggiate a condizione che il loro tonnellaggio non sia superiore al 50 per cento del tonnellaggio complessivamente utilizzato.

 

Il comma 12 consente alle imprese marittime che svolgono attività di cabotaggio di usufruire del regime di tonnage tax, attualmente riservato alle imprese che esercitano le navi per traffici internazionali.

A tal fine, la norma in esame sopprime, all’articolo 155, comma 1, primo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi – TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986) le parole: «in traffico internazionale».

 

Il comma 13 estende alle società in nome collettivo e in accomandita semplice il regime di tonnage tax prima illustrato.

Viene a tal fine modificato l’articolo 56, comma 1, secondo periodo, del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986) inserendovi il rinvio alle disposizioni di cui al capo VI del titolo II del TUIR, ove è disciplinata la tonnage tax.


Articolo 61, commi 14-16
(Ammortamento di alcuni beni mobili registrati)

 


14. Le disposizioni di cui all'articolo 102, commi 1, 2, 3 e 7, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, non si applicano ai beni mobili registrati con costo ammortizzabile ai fini fiscali in un periodo non inferiore a dieci anni, la cui utilizzazione richieda un equipaggio di almeno sei persone, qualora siano concessi in locazione finanziaria con obbligo di acquisto, da un Gruppo europeo di interesse economico (GEIE) o da una società per azioni o a responsabilità limitata per le quali sia stata esercitata l'opzione prevista dall'articolo 115, comma 4, del predetto testo unico, ad un'impresa che li destini all'esercizio della propria attività abituale.

15. Le quote di ammortamento sono deducibili dal reddito del concedente in misura non superiore al 35 per cento del costo in ciascun periodo di imposta e, anteriormente alla entrata in funzione del bene, in misura comunque non superiore all'ammontare dei corrispettivi pagati in ciascun esercizio al costruttore. Con decreto di natura non regolamentare del Ministero dell'economia e delle finanze sono adottate le disposizioni applicative del comma 14 anche al fine di assicurare che la riduzione delle entrate per il bilancio dello Stato non superi complessivamente la somma di 2,7 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008.

16. L'efficacia del comma 14 è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, all'autorizzazione della Commissione europea. Il Ministero dei trasporti provvede a richiedere l'autorizzazione alla Commissione europea.


 

 

I commi 14 e 15 dell’articolo 61 introducono un regime di ammortamento fiscale specifico per alcuni beni mobili registrati utilizzati per l’attività marittima tramite contratto di locazione finanziaria con obbligo di acquisto (c.d. tax lease).

 

Il tax lease è un meccanismo che permette al soggetto concedente (normalmente rappresentato da banche e operatori creditizi che acquistano o fanno costruire il bene) un risparmio di imposta che può essere parzialmente trasferito all’utilizzatore del bene, mediante la riduzione dei canoni di locazione finanziaria o del prezzo di riscatto.

 

In particolare il comma 14 dell’articolo in esame dispone l’inapplicabilità delle norme fiscali in materia di ammortamento dei beni materiali (articolo 102, commi 1, 2, 3 e 7, del Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR[265]) ai beni aventi i seguenti requisiti:

§      siano beni mobili registrati;

§      la loro utilizzazione richieda un equipaggio di almeno sei persone;

§      il loro costo sia ammortizzabile ai fini fiscali in un periodo non inferiore a dieci anni;

§      siano concessi in locazione finanziaria con obbligo di acquisto a un’impresa che li destini all'esercizio della propria attività abituale;

§      il concedente sia un Gruppo europeo di interesse economico (GEIE)[266], una società per azioni o a responsabilità limitata, per le quali sia stata esercitata l'opzione per la trasparenza fiscale, prevista dall'articolo 115 del TUIR[267].

 

L’articolo 102 del TUIR, del quale si dispone la disapplicazione, disciplina l’ammortamento[268] dei beni materiali strumentali per l’esercizio dell’impresa. Le quote di ammortamento di tali beni sono deducibili a partire dall'esercizio di entrata in funzione del bene (comma 1). La deduzione deve essere effettuata in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione al costo dei beni di appositi coefficienti stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze[269], per categorie di beni omogenei, in base al loro normale periodo di deperimento e consumo (comma 2). Il comma 3, che disciplina l’ammortamento anticipato e accelerato, è abrogato dall’articolo 3, comma 1, lettera n), numero 1), del disegno di legge in esame. Il comma 7, che disciplina l’ammortamento dei beni concessi in locazione finanziaria, è sostituito dal numero 2) del citato articolo 3, comma 1, lettera n), del presente disegno di legge. Il nuovo comma 7 stabilisce che, per i beni mobili concessi in locazione finanziaria, l’impresa concedente deduce quote di ammortamento determinate nella misura risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario, mentre l’impresa utilizzatrice può dedurre i canoni di locazione finanziaria a condizione che la durata del contratto non sia inferiore ai due terzi del periodo di ammortamento previsto dal decreto ministeriale di cui al comma 2 dello stesso articolo.

 

I beni che soddisfano le condizioni poste dal comma in esame sono:

-       navi passeggeri;

-       navi da carico cisterna o frigorifera;

-       navi da carico per carico secco;

-       navi per navigazione interna in acciaio o ferro;

-       ferry-boat;

-       rimorchiatori;

-       naviglio fermo;

-       navi per navigazione interna in legno;

-       barconi, chiatte, pontoni e lance.

 

Il comma 15 dell’articolo 61 prevede che le quote di ammortamento dei beni di cui al comma 14 sono deducibili dal reddito dell’impresa concedente in misura non superiore, in ciascun periodo di imposta, al 35 per cento del costo. Inoltre, a differenza di quanto ordinariamente previsto, è consentita la deduzione di quote di ammortamento anche anteriormente all’entrata in funzione del bene; in tal caso le quote di ammortamento non possono essere superiori ai corrispettivi pagati al costruttore.

Si prevede l’emanazione di un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, il quale dovrà dettare le disposizioni applicative del comma 14, anche al fine di assicurare una riduzione delle entrate non superiore a 2,7 milioni di euro a decorrere dal 2008.

 

Il comma 16 subordina l’efficacia del comma 14 all’autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del trattato istitutivo della Comunità europea (che obbliga gli Stati a comunicare alla Commissione i progetti diretti a istituire o modificare aiuti). Il Ministero dei trasporti provvede a richiedere l’autorizzazione alla Commissione europea.

 

Si osserva che sia il comma 15, a proposito delle disposizioni applicative, sia il comma 16, a proposito dell’autorizzazione della Commissione europea, fanno riferimento al solo comma 14 (che si limita a prevedere la disapplicazione dell’articolo 102 del TUIR ad alcuni beni), mentre si ritiene che anche quanto disposto dal comma 15 (che disciplina uno specifico regime di ammortamento per gli stessi beni) necessiti di disposizioni applicative e debba essere subordinato all’autorizzazione della Commissione europea.


Articolo 121
(Incentivi all’occupazione (credito di imposta))

 


1. Ai datori di lavoro che, nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2008 e il 31 dicembre 2008, incrementano il numero di lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato che istituisce la Comunità europea, è concesso, per gli anni 2008, 2009 e 2010, un credito d'imposta d'importo pari a euro 333 per ciascun lavoratore assunto e per ciascun mese. In caso di lavoratrici donne rientranti nella definizione di lavoratore svantaggiato di cui all'articolo 2, lettera f), del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, il credito d'imposta è concesso nella misura di euro 416 per ciascuna lavoratrice e per ciascun mese. Sono esclusi i soggetti di cui all'articolo 74 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

2. Il credito d'imposta di cui al comma 1 spetta per ogni unità lavorativa risultante dalla differenza tra il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato mediamente occupati nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2007 e il 31 dicembre 2007. Per le assunzioni di dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale, il credito d'imposta spetta in misura proporzionale alle ore prestate rispetto a quelle del contratto nazionale.

3. L'incremento della base occupa­zionale va considerato al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto. Per i soggetti che assumono la qualifica di datori di lavoro a decorrere dal 1o gennaio 2008, ogni lavoratore dipendente assunto costituisce incremento della base occupazionale. I lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale si assumono nella base occupazionale in misura proporzionale alle ore prestate rispetto a quelle del contratto nazionale.

4. Il credito d'imposta va indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta per il quale è concesso ed è utilizzabile esclusivamente in compen­sazione ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Esso non concorre alla formazione del reddito e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

5. Il credito d'imposta spetta a condizione che:

a) i lavoratori assunti per coprire i nuovi posti di lavoro creati non abbiano mai lavorato prima o abbiano perso o siano in procinto di perdere l'impiego precedente o siano portatori di handicap ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104;

b) siano rispettate le prescrizioni dei contratti collettivi nazionali anche con riferimento alle unità lavorative che non danno diritto al credito d'imposta;

c) siano rispettate le norme in materia di salute e sicurezza dei lavoratori previste dalle vigenti disposizioni;

d) il datore di lavoro non abbia ridotto la base occupazionale nel periodo dal 1o novembre 2007 al 31 dicembre 2007, per motivi diversi da quelli del collocamento a riposo.

6. Nel caso di impresa subentrante ad altra nella gestione di un servizio pubblico, anche gestito da privati, comunque assegnata, il credito d'imposta spetta limitatamente al numero di lavoratori assunti in più rispetto a quello dell'impresa sostituita.

7. Il diritto a fruire del credito d'imposta decade:

a) se, su base annuale, il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, a tempo indeterminato e a tempo deter­minato, compresi i lavoratori con contratti di lavoro con contenuto formativo, risulta inferiore o pari al numero complessivo dei lavoratori dipendenti me­diamente occupati nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2007 ed il 31 dicembre 2007;

b) se i posti di lavoro creati non sono conservati per un periodo minimo di tre anni, ovvero di due anni nel caso delle piccole e medie imprese;

c) qualora vengano definitivamente accertate violazioni non formali, e per le quali sono state irrogate sanzioni di importo non inferiore a euro 5.000, alla normativa fiscale e contributiva in materia di lavoro dipendente, ovvero violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dalle vigenti dispo­sizioni, commesse nel periodo di applicazione delle disposizioni del presente articolo, e qualora siano emanati provvedimenti definitivi della magistratura contro il datore di lavoro per condotta antisindacale ai sensi dell'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300. Dalla data del definitivo accertamento delle violazioni decorrono i termini per far luogo al recupero delle minori somme versate o del maggior credito riportato e per l'applicazione delle relative sanzioni.

8. Ai fini delle agevolazioni previste dal presente articolo, i soci lavoratori di società cooperative sono equiparati ai lavoratori dipendenti.

9. Nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, ai fini del presente articolo è istituito un Fondo con dotazione di 200 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Entro il 31 luglio 2008 il Governo provvede ad effettuare la verifica ed il monitoraggio degli effetti delle disposizioni di cui al presente articolo, identificando la nuova occupazione generata per area territoriale, sesso, età e professionalità.

10. L'efficacia del presente articolo è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, all'autorizzazione della Commissione europea.


 

 

L’articolo 121, introdotto durante l’esame presso la Commissione 5a del Senato, prevede l’attribuzione di un credito di imposta ai datori di lavoro che, nel corso del 2008, incrementino il numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste per gli aiuti di stato a finalità regionale[270].

Sono pertanto escluse talune aree del Centro-nord, ancorchè rientrino tra le circoscrizioni comunali elencate nell’aggiornamento della Carta italiana degli aiuti a finalità regionale 2007-2013.

 

Il comma 1, in particolare, dispone che il credito di imposta, pari a 333 euro per ciascun nuovo lavoratore assunto, da computare per ciascun mese di assunzione, sia attribuito per gli anni 2008, 2009 e 2010.

La predetta misura agevolativa è incrementata a 416 euro in caso di assunzione di donne lavoratrici che rientrano nella definizione di lavoratore svantaggiato prevista dai regolamenti comunitari[271].

La norma esclude espressamente le amministrazioni dello Stato, comprese quelle ad ordinamento autonomo - anche se dotate di personalità giuridica –, gli enti locali (comuni, province e comunità montane, consorzi tra enti locali, enti gestori di demanio collettivo) e le Regioni[272].

 

Si ricorda che la legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2003, art. 63) aveva previsto la proroga fino al 31 dicembre 2006 del credito di imposta per nuovi assunti a tempo indeterminato, già previsto dall’articolo 7 della legge finanziaria per il 2001 (legge n. 388 del 2000), modificandone alcune condizioni per la concessione (applicazione del criterio cronologico di presentazione delle istanze) a seguito dell’introduzione del limite di oneri complessivi a carico del bilancio dello Stato.

In particolare, nel caso in cui i nuovi assunti non avessero superato i 25 anni d’età e non avessero svolto attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato da almeno 24 mesi (ad esclusione dei portatori di handicap) il credito d’imposta era pari a 100 euro. Tale misura veniva elevata: a 150 euro, se i nuovi assunti fossero stati di età superiore ai 45 anni; a 300, se il rapporto fosse instaurato nelle cosiddette aree di crisi (determinate province del centro-sud, ad eccezione di Massa-Carrara) e zone cuscinetto (sezioni circoscrizionali individuate nella regione Lazio), nonché, in ogni caso, nelle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia, Basilicata, Abruzzo e Molise.

 

Il comma 2 definisce la modalità di calcolo delle unità lavorative che danno diritto al credito d’imposta in esame, come differenza tra il numero – rilevato per ciascun mese - dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato e la media dei lavoratori occupati nell’anno 2007 con analogo contratto. Ai fini del predetto calcolo, le assunzioni di dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale sono computate in misura proporzionale rispetto alle ore prestate che sono previste dal contratto nazionale.

 

Si osserva che il comma 1 concede il credito di imposta per gli anni 2008, 2009 e 2010, mentre il requisito dell'incremento di organico a tempo indeterminato - ai sensi del medesimo comma - è riferito al solo anno 2008 rispetto, come specifica il successivo comma 2, alla media del 2007. Conseguentemente, anche per i mesi degli anni 2009 e 2010, il credito d’imposta in oggetto sembrerebbe dover essere riconosciuto a condizione che l'incremento occupazionale si sia verificato nel 2008 (e non successivamente) e sempre che tale incremento - da computare sempre con riferimento alla media degli occupati nel periodo 1° gennaio- 31 dicembre 2007 - sussista ancora (in tutto o in parte) nei mesi successivi.

 

Il comma 3 precisa che l’incremento della base occupazionale deve essere computato al netto delle diminuzioni occupazionali che si sono avute in società controllate e collegate[273] ovvero che possono essere comunque riferite allo stesso datore di lavoro[274].

Si prevede inoltre che il credito d’imposta sia fruibile anche dai nuovi datori di lavoro che assumono tale qualifica a decorrere dal 1° gennaio 2008, per i quali ogni nuovo assunto costituisce incremento della base occupazionale. Si specifica, anche in questo caso, che i contratti a tempo parziale concorrono in misura proporzionale all’incremento di tale base.

 

In tale ultima fattispecie la norma non specifica tuttavia espressamente se i nuovi occupati debbano, ai fini della fruizione del beneficio, essere assunti sulla base di contratti a tempo indeterminato.

 

Il comma 4 prevede che il credito d’imposta in esame possa essere utilizzato esclusivamente in compensazione con altri tributi secondo la normativa vigente[275], in sede di dichiarazione dei redditi. Esso non concorre né alla formazione del reddito d’impresa, né al valore della produzione ai fini del calcolo dell’IRAP. La norma chiarisce, inoltre, che il beneficio non contribuisce alla formazione della misura che dà diritto alla corrispondente deducibilità di interessi passivi o altri componenti negativi di reddito, ai sensi della normativa tributaria vigente ai fini IRES[276].

 

Il comma 5 specifica le condizioni che danno diritto al datore di lavoro di beneficiare del credito d’imposta in esame, stabilendo che esso spetta a condizione che:

-       i lavoratori assunti ad incremento della base occupazione non abbiano mai lavorato prima oppure abbiano perso o siano in procinto di perdere l'impiego precedente (ad eccezione del caso di assunti con portati di handicap[277]);

La norma non specifica se la condizione di non aver avuto una precedente occupazione riguardi la sola tipologia di lavoro dipendente ovvero altre forme contrattuali. Inoltre, non è chiaro se la condizione di uscita ovvero di imminente uscita da un precedente rapporto di impiego riguardi anche la causa di dimissioni volontarie.

-       siano rispettate le prescrizioni previste dai contratti collettivi nazionali per tutte le unità lavorative impiegate dal datore di lavoro che beneficia del credito d’imposta;

-       siano rispettate le norme vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori;

-       il datore di lavoro non abbia ridotto la base occupazionale durante l’anno 2007 per motivi diversi dal collocamento a riposo dei dipendenti.

 

A tale ultimo proposito, si segnala come dalla formulazione della norma non sembrano esclusi i casi in cui la riduzione della base occupazionale sia dovuta a dimissioni volontarie da parte dei lavoratori.

 

Il comma 6 dispone che, in tutti i casi in cui un’impresa subentra ad un’altra nella gestione di un servizio pubblico, il credito d’imposta deve essere computato con riferimento ai lavoratori incrementali rispetto alla base costituita dai dipendenti dell’impresa sostituita.

 

Il comma 7 definisce le ipotesi di decadenza dal beneficio del credito d’imposta in esame:

-       se il numero complessivo di lavoratori dipendenti, compresi i lavoratori con contratto a contenuto formativo, risulti uguale o inferiore alla media annuale dei lavoratori occupati nell’impresa durante il 2007;

-       se i nuovi posti di lavoro non siano conservati per un periodo minimo di tre anni, ridotti a due nel caso di imprese medio-piccole;

-       se, a seguito di violazione della normativa fiscale e contributiva in materia di lavoro dipendente, siano state accertate violazioni non formali e irrogate sanzioni per oltre 5.000 euro, ovvero siano state compiute violazioni in materia di salute e sicurezza dei lavoratori connesse al periodo di concessione del credito d’imposta o, infine, siano stati emanati provvedimenti definitivi per condotta antisindacale, ai sensi dello Statuto dei lavoratori.

 

Il comma 8 dispone, ai fini dell’applicazione delle agevolazioni in esame, l’equiparazione dei soci lavoratori di società cooperative ai lavoratori dipendenti.

 

Il comma 9 istituisce un Fondo ai fini dell'attuazione del credito di imposta in esame, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascun degli anni 2008, 2009 e 2010, a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate[278].

Si dispone, altresì, che entro il 31 luglio 2008 il Governo provveda alla verifica ed al monitoraggio dell’applicazione della nuova disciplina del credito d’imposta, identificando la nuova occupazione generata, per area territoriale, sesso, età e professionalità.

 

Il comma 10 prevede, infine, che l’efficacia delle disposizioni esaminate sia subordinata all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi del Trattato istitutivo della Comunità europea[279].

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Linee direttrici per la crescita e l'occupazione

Le linee direttrici integrate sullacrescita e l'occupazione 2005-2008, adottate dal Consiglio nel luglio 2005, contengono specifiche indicazioni in merito al raggiungimento della piena occupazione.

Le linee direttrici, adottate nel quadro del nuovo sistema di governance della strategia di Lisbona, definito dal Consiglio europeo di marzo 2005, si articolano in:

-        una raccomandazione[280] del Consiglio del 12 luglio 2005 recante i grandi orientamenti di politica economica (GOPE)[281], applicabili a tutti gli Stati membri e alla Comunità;

-        una decisione del Consiglio del 12 luglio 2005 sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione[282] che enunciano gli obiettivi generali e le azioni prioritarie in materia di occupazione nell’Unione europea e nei suoi Stati membri.

In particolare, la decisione sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione enuncia, tra gli altri, i seguenti obiettivi e priorità:

-        la piena occupazione e la riduzione della disoccupazione e dell’inattività, tramite l’aumento della domanda e dell’offerta di manodopera;

-        il rafforzamento della coesione sociale e territoriale, mediante interventi intesi a potenziare l’inserimento sociale, prevenire l’esclusione dal mercato del lavoro, favorire l’occupazione dei più svantaggiati e ridurre le disparità regionali in termini di occupazione, disoccupazione e produttività della manodopera, specie nelle regioni in ritardo di sviluppo.

L’orientamento sull’occupazione 17 specifica che le politiche dovranno contribuire a raggiungere una media occupazionale generale nell’Unione europea pari al 70%, ad almeno il 60% per le donne e al 50% per i lavoratori anziani (55-64) entro il 2010 e a ridurre la disoccupazione e l’inattività. Gli Stati membri dovrebbero valutare l’opportunità di fissare obiettivi in materia di tasso di occupazione nazionale.

La Commissione ha presentato, il 12 dicembre 2006, la relazione annuale sui progressi nell’attuazione della strategia di Lisbona rinnovata “Un anno di realizzazioni” (COM(2006)816).

Nella sezione relativa all’Italia la Commissione raccomanda al nostro Paese, tra le altre cose, di ridurre le disparità regionali in termini di occupazione lottando contro il lavoro irregolare, potenziando i servizi per la prima infanzia e garantendo l’efficienza dei servizi per l’occupazione su tutto il territorio nazionale.

La relazione, che è stata presentata al Consiglio europeo di primavera del 2007, si basa sui rapporti nazionali di attuazione presentati dagli Stati membri nell’autunno 2006 e sul riesame, compiuto dalla stessa Commissione, dell’andamento delle riforme a livello di UE nel contesto del programma comunitario di Lisbona.

Il programma delle tre Presidenze tedesca, portoghese e slovena dell’Unione europea considera una priorità l’attuazione della strategia di Lisbona riveduta, ritenuta elemento essenziale per rafforzare la competitività dell’UE, favorire la creazione di posti di lavoro e la crescita.

Nel 2007 si concluderà il primo ciclo di governance della strategia, previsto dalla revisione; ad ottobre gli Stati membri hanno presentato la seconda relazione di attuazione dei rispettivi programmi nazionali di riforma. A gennaio 2008 la Commissione presenterà la sua relazione strategica, che sarà esaminata dalle pertinenti formazioni del Consiglio e discussa dal Consiglio europeo di primavera del 2008; nel giugno del 2008 saranno adottati formalmente i nuovi orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione, nonché raccomandazioni specifiche per ciascun paese.

Politica di coesione

La Commissione europea ha presentato, il 30 maggio 2007, la IV Relazione sulla coesione economica e sociale (sulla quale si rinvia alla scheda relativa all’articolo 124) la quale suggerisce una serie di questioni sulla base delle quali la Commissione ha avviato una consultazione pubblica sul potenziamento dello sviluppo regionale e della convergenza attraverso la politica di coesione. Tra le questioni da dibattere si segnala, in particolare, quella relativa a come, nel nuovo contesto, la politica di coesione possa sviluppare ulteriormente un approccio integrato e più flessibile per lo sviluppo, la crescita e la creazione di posti di lavoro.

Aiuti di Stato

Nel quadro della riforma degli aiuti di Stato 2005-2009, prospettata dalla Commissione nel piano d’azione in materia adottato il 7 giugno 2005 (COM(2005)107), l’8 ottobre è scaduto il termine, per le parti interessate, di presentazione delle osservazioni su un progetto preliminare di regolamento generale per l’esenzione dall’obbligo di notifica di determinate categorie di aiuti (2007/C 210/10)[283].

Sulla base degli esiti della consultazione la Commissione intende presentare una proposta definitiva prima dell’estate 2008[284].

La Commissione, tra l’altro, prospetterebbe di applicare l’esenzione anche agli aiuti regionali agli investimenti e all'occupazione nonché gli aiuti agli investimenti e all'occupazione in favore delle PMI.

Per ciò che riguarda gli aiuti all'occupazione in favore delle PMI, il progetto di regolamento fisserebbe a 7,5 Mio EUR per impresa per progetto di investimento la soglia entro la quale non sarebbe applicato l’obbligo di notifica. Quanto agli aiuti regionali concessi ai grandi progetti di investimenti, invece, essi devono essere notificati alla Commissione qualora l'importo totale degli aiuti provenienti da varie fonti superi il 75 % dell'importo massimo di aiuto che potrebbe ricevere un investimento con costi ammissibili ammontanti a 100 Mio EUR.

Il progetto di regolamento rinvia alla carta degli aiuti a finalità regionale approvata per ciascuno Stato membro per il periodo 2007-2013 per l’ammissibilità e per la definizione dell’intensità di aiuto. In tali casi l’ammissibilità dell’aiuto è comunque vincolata al mantenimento dell'investimento nella regione beneficiaria per almeno cinque anni, o per tre anni nel caso di PMI, una volta completato l'intero investimento.

Per ciò che riguarda gli aiuti all’occupazione in favore delle PMI, il regolamento evidenzia una differenziazione tra l’intensità di aiuto riferita alle piccole imprese, che non può superare il 20%, e quella per le medie imprese che non deve essere superiore al 10%, considerando ammissibili i costi per gli investimenti materiali e immateriali oppure i costi salariali stimati per i posti di lavoro creati direttamente dal progetto di investimento, calcolati su un periodo di due anni.


Articolo 124
(Contrasto all’esclusione sociale negli spazi urbani)

 


1. Il comma 340 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è sostituito dal seguente:

«340. Al fine di contrastare i fenomeni di esclusione sociale negli spazi urbani e favorire l'integrazione sociale e culturale delle popolazioni abitanti in circoscrizioni o quartieri delle città caratterizzati da degrado urbano e sociale, sono istituite, con le modalità di cui al comma 342, zone franche urbane con un numero di abitanti non superiore a 30.000. Per le finalità di cui al periodo precedente, è istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un apposito Fondo con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, che provvede al finanziamento di programmi di intervento, ai sensi del comma 342».

2. Il comma 341 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è sostituito dai seguenti:

«341. Le piccole e microimprese, come individuate dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, che iniziano, nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2008 e il 31 dicembre 2012, una nuova attività economica nelle zone franche urbane individuate secondo le modalità di cui al comma 342, possono fruire delle seguenti agevolazioni, nei limiti delle risorse del Fondo di cui al comma 340 a tal fine vincolate:

a) esenzione dalle imposte sui redditi per i primi cinque periodi di imposta. Per i periodi di imposta successivi, l'esenzione è limitata, per i primi cinque al 60 per cento, per il sesto e settimo al 40 per cento e per l'ottavo e nono al 20 per cento. L'esenzione di cui alla presente lettera spetta fino a concorrenza dell'importo di euro 100.000 del reddito derivante dall'attività svolta nella zona franca urbana, maggiorato, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 1o gennaio 2009 e per ciascun periodo d'imposta, di un importo pari a euro 5.000, ragguagliato ad anno, per ogni nuovo assunto a tempo indeterminato, residente all'interno del sistema locale di lavoro in cui ricade la zona franca urbana;

b) esenzione dall'imposta regionale sulle attività produttive, per i primi cinque periodi di imposta, fino a concorrenza di euro 300.000, per ciascun periodo di imposta, del valore della produzione netta;

c) esenzione dall'imposta comunale sugli immobili, a decorrere dall'anno 2008 e fino all'anno 2012, per i soli immobili siti nelle zone franche urbane dalle stesse imprese posseduti ed utilizzati per l'esercizio delle nuove attività economiche;

d) esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente, per i primi cinque anni di attività, nei limiti di un massimale di retribuzione definito con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, solo in caso di contratti a tempo indeterminato, o a tempo determinato di durata non inferiore a dodici mesi, e a condizione che almeno il 30 per cento degli occupati risieda nel sistema locale di lavoro in cui ricade la zona franca urbana. Per gli anni successivi l'esonero è limitato per i primi cinque al 60 per cento, per il sesto e settimo al 40 per cento e per l'ottavo e nono al 20 per cento. L'esonero di cui alla presente lettera spetta, alle medesime condizioni, anche ai titolari di reddito di lavoro autonomo che svolgono l'attività all'interno della zona franca urbana.

341-bis. Le piccole e le micro imprese che hanno avviato la propria attività in una zona franca urbana antecedentemente al 1o gennaio 2008 possono fruire delle agevolazioni di cui al comma 341, nel rispetto del regolamento (CE) n. 1998/2006, della Commissione, del 15 dicembre 2006, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato agli aiuti di importanza minore, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. L 379 del 28 dicembre 2006.

341-ter. Sono, in ogni caso, escluse dal regime agevolativo le imprese operanti nei settori della costruzione di automobili, della costruzione navale, della fabbricazione di fibre tessili artificiali o sintetiche, della siderurgia e del trasporto su strada.

341-quater. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, saranno determinati le condizioni, i limiti e le modalità di applicazione delle esenzioni fiscali di cui ai commi da 341 a 341-ter».

3. Il comma 342 dell'articolo l della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è sostituito dal seguente:

«342. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale, provvede alla definizione dei criteri per l'allocazione delle risorse e per la individuazione e la selezione delle zone franche urbane, sulla base di parametri socio-economici, rappresentativi dei fenomeni di degrado di cui al comma 340. Provvede successivamente, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, alla perimetrazione delle singole zone franche urbane ed alla concessione del finanziamento in favore dei programmi di intervento di cui al comma 340. L'efficacia delle disposizioni dei commi da 341 a 342 è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, all'autorizzazione della Commissione europea».


 

 

Le disposizioni dell’articolo in esame novellano i commi 340-342, articolo 1, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) che hanno introdotto la disciplina delle c.d. “Zone franche urbane” (ZFU), da individuare in aree e quartieri particolarmente degradati nelle città del Mezzogiorno[285], con particolare riferimento al centro storico di Napoli.

 

Il comma 1, che sostituisce interamente il comma 340 della legge finanziaria per il 2007, provvede a definire l’ambito di riferimento rispetto alla normativa vigente, disponendo che le ZFU sono istituite in aree o quartieri con non più di 300.000 abitanti, per contrastare fenomeni di esclusione sociale e favorire l’integrazione sociale e culturale in aree di degrado degli spazi urbani.

Si elimina pertanto la finalità volta a favorire lo sviluppo economico e sociale, anche tramite interventi di recupero urbano, ed il riferimento al centro storico di Napoli.

Le disposizioni in esame mantengono la dotazione di 50 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009 riferita all’apposito Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, per il finanziamento dei programmi di intervento. In particolare, viene eliminata la disposizione secondo la quale il predetto Fondo provvedeva al cofinanziamento dei programmi regionali di intervento riferiti alle medesime aree.

 

Si segnala, peraltro, che lo stanziamento relativo al capitolo di bilancio 8430 “Fondo per favorire lo sviluppo economico e sociale delle zone franche urbane” è iscritto nello stato di previsione del Ministero per lo sviluppo economico, alla Missione 28 “Sviluppo e riequilibrio territoriale”, Programma 5.2. “Politiche per il sostegno dei sistemi produttivi per il Mezzogiorno e le aree sottoutilizzate”, Macroaggregato 5.2.6. Investimenti (Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione).

 

Il comma 2, che sostituisce il comma 341 della legge finanziaria per il 2007, introduce talune agevolazioni fiscali e contributive per le piccole e microimprese[286] che iniziano, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2008 e il 31 dicembre 2012, una nuova attività economica nelle aree individuate come ZFU. Sono elencate dalla norma:

 

a)   l’esenzione dalle imposte sui redditi (IRPEF e IRES) per i primi cinque periodi di imposta; per i periodi di imposta successivi l’esenzione è limitata al 60 per cento per i primi cinque periodi, al 40 per cento per il sesto e il settimo e al 20 per cento per l’ottavo e il nono. Si prevede un limite di 100.000 euro di reddito esente, maggiorato, a partire dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2009 e per ciascun periodo d’imposta, di 5.000 euro – ragguagliato ad anno – per ogni nuovo assunto a tempo indeterminato, a condizione che sia residente all’interno del Sistema locale di lavoro[287] in cui ricade la ZFU[288];

b)   esenzione dall’IRAP nei primi cinque periodi di imposta, fino a concorrenza di 300.000 euro del valore della produzione netta, per ciascun periodo di imposta;

c)   esenzione dall’ICI, per il periodo 2008-2012, per i soli immobili situati nelle aree individuate come ZFU, posseduti dalle imprese che beneficiano dell’agevolazione e utilizzati per l’esercizio delle nuove attività economiche;

d)   l’esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente, nei limiti del massimale definito con decreto del Ministro del lavoro, solo nei casi di contratti a tempo indeterminato ovvero non inferiori a 12 mesi, e a condizione che almeno il 30% degli occupati risieda nel Sistema locale di lavoro[289] in cui ricade la ZFU; l’agevolazione si riduce dal 100% al 60% negli ulteriori cinque anni, al 40% nel sesto e settimo anno e al 20% nell’ottavo e nel nono. La predetta misura agevolativa si estende altresì ai titolari di reddito di lavoro autonomo[290].

 

Le stesse agevolazioni si applicano altresì alle piccole e microimprese che abbiano avviato la propria attività nelle aree individuate come ZFU nel periodo antecedente al 1° gennaio 2008, con la limitazione che ad esse si applica il regime degli aiuti di importanza minore. Pertanto, esse potranno accedere alle agevolazioni esclusivamente nei limiti del regime di aiuti "de minimis"[291], per i quali l'importo complessivo degli aiuti concessi non può superare, a pena di sanzioni, l’importo di 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari (comma 341-bis).

 

Il comma 341-ter dispone i casi di esclusione dalle agevolazioni.Si tratta delle imprese operanti nei settori della costruzione di automobili e navale, della fabbricazione delle fibre tessili e sintetiche, della siderurgia e del trasporto su strada. E’ demandata ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione delle condizioni, dei limiti e delle modalità di applicazione delle esenzioni fiscali sopra elencate, entro il 30 gennaio 2008.

 

Il comma 3, che sostituisce il comma 342 della legge finanziaria 2007, disciplina le modalità per l'istituzione delle ZFU. Si mantiene la disposizione secondo la quale il CIPE, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, definisce i criteri per l’individuazione delle zone franche urbane[292] e l’allocazione delle risorse; tuttavia, rispetto alla precedente formulazione, non si fa più riferimento al parere delle regioni interessate.

Inoltre, è stata introdotta la disposizione secondo cui la proposta del Ministro dello sviluppo economico, in base alla quale il CIPE individua le ZFU, sia presentata di concerto con il Ministro della solidarietà sociale[293]. Successivamente, su proposta del Ministro per lo sviluppo economico, il CIPE provvede alla concessione del finanziamenti in favore dei programmi di intervento per le ZFU.

Rispetto al testo precedente, si prevede, infine, che le disposizioni di cui ai precedenti commi 341 e 342 siano soggette ad autorizzazione da parte della Commissione europea, in ottemperanza a quanto sancito dall'articolo 88 comma 3 del TCE, che prevede la valutazione, da parte della Commissione, sulla compatibilità degli aiuti di Stato con il mercato comune[294].

 

E’ appena il caso di ricordare che le disposizioni in esame non modificano il comma 343 della legge finanziaria per il 2007 che completa la disciplina relativa alle zone franche urbane. In particolare, tale normahadisposto che il monitoraggio e la valutazione di efficacia degli interventi – anche in coordinamento con i nuclei di valutazione delle regioni interessate – siano effettuati dal Nucleo di valutazione e verifica del Ministero dello sviluppo economico, il quale presenta al CIPE una relazione annuale in merito ai risultati di tali attività.

 

Si ricorda che Il 17 aprile 2003 è stata formalmente costituita, in sede di Conferenza Stato-Regioni, la "Rete dei Nuclei di valutazione e verifica delle amministrazioni centrali e regionali” (Rete NUVV) prevista - insieme alla costituzione e attivazione dei singoli Nuclei - dall’articolo 1 della legge n. 144 del 1999[295], al fine di migliorare e dare maggiore qualità ed efficienza al processo di programmazione delle politiche di sviluppo.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 24 e 25 maggio 2007, si è svolta a Lipsia, la riunione informale dei ministri responsabili dello sviluppo urbano e della coesione territoriale, nel corso della quale sono stati adottati due documenti: l’“Agenda territoriale dell’UE” e la “Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili”[296].

Il primo documento è inteso a promuovere una intensificazione della cooperazione territoriale attorno ai temi della crescita economica sostenibile, delle politiche del mercato del lavoro; dello sviluppo urbano e territoriale sostenibile, associando i diversi attori regionali e locali.

Il secondo documento sottolinea che una pianificazione urbana integrata è la condizione indispensabile per lo sviluppo sostenibile delle città europee e propone le strategie volte a valorizzare il tessuto urbano e a migliorare il mercato dell’occupazione, i trasporti urbani e l’integrazione degli immigrati.

La coesione territoriale rientra tra le priorità che la Presidenza portoghese intende perseguire nel secondo semestre del 2007. In particolare, la Presidenza intende presentare un piano d’azione per la coesione territoriale nel corso della riunione informale dei ministri del riassetto del territorio il 23 e 24 novembre 2007 alle Azzorre.

In occasione della riunione del Consiglio affari generali del 23 luglio 2007, il commissario alla politica regionale, Danuta Hübner, ha annunciato la presentazione di una comunicazione sulla coesione territoriale nel corso del 2008.

Parere del Comitato economico e sociale sulle aree metropolitane europee

Il 20 luglio 2007 è stato pubblicato il parere del Comitato economico e sociale (CESE) su “Le aree metropolitane europee – implicazioni socioeconomiche per il futuro dell’Unione europea”. Il CESE auspica che la Commissione prepari un Libro verde sulle aree metropolitane come complemento dell’Agenda territoriale e degli orientamenti strategici per la coesione allo scopo di stimolare il dibattito europeo sulla base di un’analisi obiettiva.

Nel constatare che il dibattito sulle aree metropolitane è assai più vivace di alcuni anni fa, anche a causa del riconoscimento del legame esistente fra lo sviluppo economico, sociale ed ambientale delle grandi metropoli e la strategia di Lisbona, il CESE evidenzia una convergenza manifesta sulle problematiche e segnala, fra i punti più discussi, oltre a quelli direttamente attinenti allo sviluppo economico:

-        la società multiculturale (immigrazione) e le sfide legate alla povertà e all’esclusione;

-        l’occupabilità della manodopera e la creazione di posti di lavoro;

-        la riduzione dell’insicurezza, della criminalità e dei rischi del terrorismo internazionale,

-        la riduzione delle disparità fra i territori infraregionali e la creazione di un partenariato fra il centro e la periferia.

La Commissione europea ha presentato, il 30 maggio 2007, la IV Relazione sulla coesione economica e sociale che descrive la situazione economica, sociale e territoriale dell’UE a 27 e delle sue 268 regioni.

In particolare, il documento individua una serie di sfide che gli Stati membri e le regioni saranno chiamati ad affrontare nei prossimi anni e che assumono particolare rilievo per la politica di coesione in quanto suscettibili di produrre sul territorio dell’Europa un impatto disuguale, amplificando così le disparità sociali ed economiche.

In una comunicazione (COM(2007)273) che accompagna la IV Relazione, la Commissione suggerisce una serie di questioni per avviare il dibattito sul futuro della politica di coesione di fronte alle sfide citate; a tal fine, in occasione del Quarto Forum sulla coesione, tenutosi a Bruxelles il 27 e 28 settembre 2007, la Commissione ha avviato una consultazione pubblica sul potenziamento dello sviluppo regionale e della convergenza attraverso la politica di coesione. Tra le questioni da dibattere se ne segnalano due in particolare: l’impatto delle sfide individuate dalla relazione sugli elementi chiave della coesione sociale (l’inclusione, l’integrazione, le opportunità per tutti); il contributo della politica di coesione alla promozione di uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile che tenga conto della diversità dei territori all’interno dell’UE, tra cui le città più sfavorite.


Articolo 127
(Costituzione del Polo finanziario e del Polo giudiziario a Bolzano)

 


1. Al fine di migliorare l'utilizzazione delle risorse e di recare maggiori benefici ai cittadini ed agli operatori di settore, è istituito, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo per il finanziamento di progetti finalizzati alla realizzazione di un Polo finanziario e di un Polo giudiziario a Bolzano, avente una dotazione di 6 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2008-2010. Il fondo è finalizzato alla realizzazione dei seguenti interventi:

a) acquisizione da parte dell'Agenzia delle entrate di immobili adiacenti ad uffici delle entrate già esistenti, al fine di concentrare tutti gli uffici finanziari in un unico complesso immobiliare per dare vita al Polo finanziario;

b) trasferimento degli uffici giudiziari nell'edificio di piazza del tribunale, prospiciente al Palazzo di giustizia, per dare vita al Polo giudiziario.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, individua, con decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, i criteri, le modalità e le procedure di utilizzo del fondo.


 

 

L'articolo 127, introdotto nel corso dell'esame al Senato, istituisce, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, un Fondo per il finanziamento di progetti finalizzati alla realizzazione del Polo finanziario e del Polo giudiziario di Bolzano.

 

In particolare, il comma 1 stanzia 6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 per un Fondo finalizzato alla realizzazione dei seguenti interventi:

a)  acquisizione, da parte dell’Agenzia delle entrate, di immobili adiacenti ad uffici delle entrate già esistenti, al fine di concentrare tutti gli uffici finanziari in un unico complesso immobiliare per dare vita al Polo finanziario della città di Bolzano;

b)  trasferimento degli uffici giudiziari di Bolzano nell’edificio di piazza del tribunale, prospiciente al Palazzo di giustizia per dare vita al Polo giudiziario.

 

Ai sensi del comma 2, i criteri, le modalità e le procedure di utilizzo del Fondo sono individuate con decreto dal Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.


Articolo 135
(Riduzione del costo degli immobili
in uso alle Amministrazioni statali)

 


1. All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 204 è sostituito dal seguente:

«204. Al fine di razionalizzare gli spazi complessivi per l'utilizzo degli immobili in uso governativo e di ridurre la spesa relativa agli immobili condotti in locazione dallo Stato, il Ministro dell'economia e delle finanze, con propri decreti, determina i piani di razionalizzazione degli spazi e di riduzione della spesa, anche differenziandoli per ambiti territoriali e per patrimonio utilizzato, elaborati per il triennio 2008-2010 d'intesa tra l'Agenzia del demanio e le amministrazioni centrali e periferiche, usuarie e conduttrici. Tali piani sono finalizzati a conseguire una riduzione complessiva non inferiore al 10 per cento del valore dei canoni per locazioni passive e del costo d'uso equivalente degli immobili utilizzati per l'anno 2008 e ulteriori riduzioni non inferiori al 7 per cento e 6 per cento per gli anni successivi»;

b) il comma 206 è sostituito dal seguente:

«206. In sede di prima applicazione, il costo d'uso dei singoli immobili di proprietà statale in uso alle amministrazioni dello Stato è determinato in misura pari al 50 per cento del valore corrente di mercato, secondo i parametri di comune commercio forniti dall'Osservatorio del mercato immobiliare, praticati nella zona per analoghe attività; a decorrere dal 2009, la predetta percentuale è incrementata annualmente di un ulteriore 10 per cento fino al raggiungimento del 100 per cento del valore corrente di mercato»;

c) al comma 207, la parola: «possono» è sostituita dalla seguente: «devono»;

d) al comma 208, le parole: «nell'atto di indirizzo di cui» sono soppresse.

2. Dall'attuazione del presente articolo devono conseguire economie di spesa, in termini di indebitamento netto, non inferiori a 140 milioni di euro per l'anno 2008, 80 milioni di euro per l'anno 2009 e 70 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010.


 

 

Come indicato nella relazione illustrativa, l’articolo 135 è finalizzato a far emergere, con gradualità, in seno al bilancio dello Stato, i costi connessi all’uso degli immobili pubblici.

A tale proposito, vengono modificati i commi 204, 206, 207 e 208 dell’articolo 1 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), al fine di garantirne l’applicazione con effetti adeguatamente scanditi nel tempo.

 

Nel dettaglio, il comma 1, lettera a), sostituisce interamente il comma 204 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007.

Il comma 204 vigente prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze, con l'atto di indirizzo relativo all'Agenzia del demanio, determini, con riferimento agli immobili in uso[297] governativo e condotti in locazione[298] dallo Stato, gli obiettivi annuali di razionalizzazione degli spazi e di riduzione della spesa da parte delle amministrazioni centrali e periferiche, usuarie e conduttrici, anche differenziandoli per ambiti territoriali e per patrimonio utilizzato.

Il nuovo comma 204 prevede che i piani di razionalizzazione degli spazi e di riduzione della spesa degli immobili in uso alle amministrazioni statali per il triennio 2008-2010 siano finalizzati a conseguire una riduzione complessiva, per l’anno 2008, non inferiore al 10 per cento del valore dei canoni per locazioni passive e del costo d’uso equivalente degli immobili utilizzati e ulteriori riduzioni non inferiori al 7 per cento al 6 per cento per gli anni successivi. Si dispone inoltre che i suddetti piani siano elaborati d’intesa tra l’Agenzia del demanio e le amministrazioni interessate e siano approvati con decreti ministeriali, anziché con l’atto di indirizzo relativo all’Agenzia del demanio, confermando la possibilità di differenziare i piani di razionalizzazione e riduzione per àmbiti territoriali e per patrimonio utilizzato.

 

Il comma 1, lettera b), sostituisce interamente il comma 206 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007.

Il comma 206 vigente prevede che il costo d'uso[299] dei singoli immobili in uso alle amministrazioni sia commisurato ai valori correnti di mercato, secondo parametri forniti dall'Osservatorio del mercato immobiliare, praticati nella zona per analoghe attività.

Il nuovo comma 206 prescrive che – in sede di prima applicazione - il costo d’uso dei singoli immobili di proprietà statale in uso alle amministrazioni dello Stato venga determinato in misura pari al 50 per cento del valore corrente di mercato, secondo i parametri di comune commercio forniti dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare[300], praticati nella zona per analoghe attività.

Si dispone inoltre che, a decorrere dal 2009, tale percentuale sia incrementata annualmente di un ulteriore 10 per cento, fino al raggiungimento del 100 per cento del valore corrente di mercato.

 

Il comma 1, lettera c), modifica il comma 207 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007.

Il comma 207 vigente stabilisce che gli obiettivi di razionalizzazione degli spazi e di riduzione della spesa possano essere conseguiti da parte delle amministrazioni centrali e periferiche, usuarie e conduttrici, sia attraverso la riduzione del costo d'uso, derivante dalla razionalizzazione degli spazi, sia attraverso la riduzione della spesa corrente per le locazioni passive, ovvero con la combinazione delle due misure.

Il nuovo comma 207 stabilisce che sia un obbligo (e non più una mera facoltà, come nell’enunciato vigente) per le amministrazioni centrali e periferiche, usuarie e conduttrici, ridurre il costo d’uso derivante dalla razionalizzazione degli spazi e diminuire la spesa corrente per le locazioni passive.

 

Il comma 1, lettera c), modifica il comma 208 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007.

Il comma 208 vigente demanda ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze la fissazione dei criteri, delle modalità e dei termini per la razionalizzazione e la riduzione degli oneri, nonché i contenuti e le modalità di trasmissione delle informazioni da parte delle amministrazioni usuarie e conduttrici all'Agenzia del demanio, la quale, in base agli obiettivi contenuti nell'atto di indirizzo di cui al comma 204, definisce annualmente le relative modalità attuative, comunicandole alle predette amministrazioni.

La modifica in commento espunge dal sopra illustrato comma 208 il riferimento all’atto di indirizzo, ai fini del coordinamento con il comma 204 nella versione modificata dalla lettera a) (cfr. supra).

 

Il comma 2 prescrive che dall’attuazione del presente articolo debbano conseguire economie di spesa, in termini di indebitamento netto, non inferiori a:

§      140 milioni di euro per l’anno 2008,

§      80 milioni di euro per l’anno 2009

§      70 milioni di euro a decorrere dall’anno 2010.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 


 



[1]     Fonti: Sito internet dell’Unione Europea. Il testo completo delle previsioni economiche di autunno della Commissione è disponibile al seguente indirizzo: http://ec.europa. eu/economy_finance/index_en.htm.

[2]     Tale stima incorpora anche gli effetti del decreto legge n. 159/07 adottato contestualmente alla Nota di aggiornamento. Tale decreto, la cui adozione è stata resa possibile dai favorevoli andamenti di finanza pubblica, che si sono rivelati migliori rispetto alle previsioni, a causa sia del virtuoso andamento del gettito tributario, sia di una crescita più contenuta della spesa primaria corrente rispetto a quella stimata in precedenza, si configura come un manovra di carattere espansivo che comporta un incremento dell’indebitamento netto rispetto al valore tendenziale pari allo 0,5 per cento del PIL. Il quadro a legislazione vigente indica, infatti, per il 2007, un indebitamento netto tendenziale del 1,9 per cento, inferiore di 0,2 punti percentuali rispetto alle previsioni del DPEF di giugno ante decreto legge n. 81/07.

[3]     La manovra finanziaria per il 2008 comporta, dunque, un peggioramento dell’indebitamento netto rispetto al quadro tendenziale a legislazione vigente parti allo 0,4 per cento del PIL (sul punto, cfr., oltre, la Parte II, par. 2, del presente dossier).

[4]     A fronte del 103, 2 per cento stimato per il 2008 dal DPEF di giugno.

[5]     Fonti: Sito internet dell’Unione Europea. Il testo completo delle previsioni economiche di autunno della Commissione è disponibile al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/economy_finance/index_en.htm.

[6]     La Nota di aggiornamento al DPEF ha specificato che tali disegni di legge debbono essere presentati alle Camere entro il 15 novembre, ai sensi dell’articolo 1-bis, comma 1, lettera c), della legge n. 468/1978 e successive modificazioni

[7]     Al riguardo, si osserva, come dall’anno 2000 le manovre finanziarie annuali abbiano sempre operato una correzione netta sul saldo di riferimento, al fine di ricondurre l’andamento tendenziale dei conti pubblici agli obiettivi programmatici, ad eccezione tuttavia dell’esercizio 2001, nel quale la manovra netta – al pari di quella prevista per il prossimo anno - è risultata negativa, ossia ha prodotto un effetto di peggioramento sull'indebitamento netto. Si ricorda che nelle valutazioni relative alle manovre annuali di finanza pubblica la manovra netta corrisponde alla correzione netta operata sul saldo di riferimento; rappresenta cioè la somma algebrica del complesso degli interventi disposti con la manovra annuale. Con la dizione manovra lorda si fa invece riferimento al complesso delle risorse attivate, comprensive quindi di quelle destinate a finanziare interventi di spesa o di riduzione di entrata.

[8]     I dati contenuti nel presente paragrafo sono stati elaborati sulla base di un allegato 7, aggiornato alle modifiche apportate nel corso dell’esame al Senato, acquisito per le vie brevi dalla Ragioneria generale dello Stato.

[9]     Cfr., oltre, la Parte III, del presente dossier.

[10]    Si ricorda che le Missioni cui l’allegato 7 riclassificato non ascrive effetti di spesa nell’articolato della legge finanziaria per il 2008 sono: Missione 2, Amministrazione generale e supporto alla rappresentanza di governo; Missione 12, Regolazione dei mercati; 19, Casa e assetto urbanistico; 29, Politiche economico-finanziarie e di bilancio; 31, Turismo e 34, Debito pubblico.

[11]    La quota particolarmente elevata degli importi in termini di saldo netto da finanziare ascrivibile a tale Missione è imputabile, per la gran parte, alle operazioni di ristrutturazione del debito concernenti i disavanzi dei servizi sanitari regionali.

[12]    Si veda, al riguardo, il dossier del Servizio Studi, Documentazioni e ricerche, “Il dibattito sulla riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio”, n. 73.

[13]    Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, commi 474-481.

[14]    Istituita dalla Legge finanziaria per il 2007, è stata costituita con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 16 marzo 2007.

[15]    In base a tale atto di indirizzo, al fine di razionalizzare il processo di formazione del disegno di legge finanziaria, i singoli Dicasteri sono stati chiamati a formulare le proprie proposte - sulla base della nuova classificazione del Bilancio in Missioni e Programmi - distinte per programma e a indicare, in ordine di priorità, le opzioni di riallocazione di risorse all’interno dello stesso stato di previsione, specificando altresì gli obiettivi che si intendono perseguire.

[16]    Si rinvia, al riguardo, al citato dossier del Servizio Studi, Documentazioni e ricerche, “Il dibattito sulla riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio” n. 73.

[17]    Atto Senato n. 1818

[18]    Cfr. la relazione al disegno di legge di Bilancio 2008 presentato al Senato (A.S. 1818).

[19]    Si segnalano, ad esempio, la Missione 17 (Ricerca e Innovazione), 4 (L’Italia in Europa e nel mondo) e 22 (Istruzione scolastica), articolate, rispettivamente, in 16, 11 e 10 distinti Programmi.

[20]    Al netto di alcune partite finanziarie - quali i rimborsi del debito statale - il Bilancio 2008 ripartisce tra le 34 Missioni ivi contemplate circa quasi 480 miliardi di euro.

      Si ricorda, peraltro, come la legge finanziaria per il 2007 abbia previsto alcuni istituti (accantonamenti del comma 507 e Fondo TFR) che fanno sì che taluni stanziamenti di bilancio non corrispondano più all’effettiva disponibilità. A tale riguardo, nel corso del sopra richiamato dibattito parlamentare in ordine alla riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio, è stato sottolineato, tra l’altro, come, a fini di trasparenza, appaia opportuno che nel bilancio sia data evidenza contabile a queste situazioni, sottolineandosi, altresì, come il meccanismo di flessibilità gestionale previsto dal comma 507 (possibilità di apportare variazioni nell’ambito degli accantonamenti), concepito con riferimento alle unità previsionali di base del bilancio 2007, possa comportare problemi di applicazione se trasposto nel nuovo bilancio, data la maggiore ampiezza, rispetto alle unità previsionali di base, dei macroaggregati (cfr.oltre), ai quali sembrerebbero doversi riferire gli accantonamenti.

[21]    A fronte di un bilancio di oltre 470 miliardi di euro (al netto delle partite finanziarie concernenti i rimborsi del debito statale e di imposta), le variazioni proposte dalla legge finanziaria per il 2008 dal lato della spesa – che riguardano 29 delle 34 missioni dello Stato - incidono per circa il 3 per cento del bilancio.

[22]    Considerando la Missione 34 ( Debito pubblico) al netto del Programma 34.2 “Rimborso del debito statale”, pari a 198.178 milioni di euro, che riguarda titoli in scadenza nell’esercizio finanziario 2008.

[23]    Si veda anche la Tavola V allegata al presente dossier, nella quale i dati sono riferiti al lordo del rimborso del debito statale.

[24]    Si segnala che nel disegno di legge di bilancio presentato al Senato (A.S. 1818), reca un allegato nel quale è esposto il riepilogo delle 34 Missioni con i relativi Programmi.

[25]    Il prospetto in esame riproduce la tabella n. 4 del disegno di legge di bilancio, AS. 1818.

[26]    Si ricorda che la tabella 4 del disegno di legge di Bilancio per il 2008 reca il prospetto che per ogni Ministero mette a confronto le unità previsionali di base, presenti nel disegno di Bilancio di previsione 2008, con le unità previsionali di base esposte nel Bilancio di previsione 2007.

[27]    Al netto delle regolazioni contabili, debitorie, dei rimborsi iva, ecc.

[28]    Al fine di convogliare attività e risorse in processi che rispondano ad esigenze di efficacia e di efficienza, la circolare n. 21 del 5 giugno 2007 del Ministero dell’Economia e delle Finanze prevede la figura del “coordinatore di programma” che, nell’ambito di ogni Ministero, dovrebbe assumere il compito di razionalizzare l’impiego delle risorse disponibili. Tale coordinamento, realizzato dal Ministro ovvero da un suo delegato, è volto a garantire una visione unitaria delle risorse relative ad ogni singolo programma

[29]    Il comma 19 del medesimo articolo 22 dispone inoltre che con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente - da comunicare alle Commissioni parlamentari e da inviare alla Corte dei conti - possono essere effettuate variazioni compensative tra capitoli delle unità previsionali del medesimo stato di previsione della spesa, fatta eccezione per le autorizzazioni di spesa di natura obbligatoria, per le spese in annualità e a pagamento differito e per quelle direttamente regolate con legge. Per una migliore flessibilità gestionale del bilancio, il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente, è autorizzato ad apportare con propri decreti da inviare alla Corte dei conti per la registrazione, variazioni compensative in termini di cassa, nell’ambito di ciascun titolo di bilancio, tra capitoli delle unità previsionali di base del medesimo stato di previsione.

[30]    Cfr. art. 2 della legge n. 468/1978 come modificata dalla legge n. 94/1997.

[31]    Si tratta del decreto-legge 2 luglio 2007 n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 127 del 3 agosto 2007, con il quale il Governo, alla luce dei favorevoli andamenti tendenziali di finanza pubblica, ha realizzato, contestualmente alla presentazione del DPEF, una manovra di carattere espansivo pari a circa lo 0,4 per cento del PIL.

[32]    Ai sensi dell’articolo 8, comma 2, del D.Lgs. n. 504/92 per “unità immobiliare adibita ad abitazione principale” si intende, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica del contribuente.

[33]    Il versamento dell’imposta può essere effettuato anche tramite versamenti su conto corrente postale con bollettini conformi al modello indicato con circolare del Ministero dell’economia e delle finanze.

[34]    Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR).

[35]    La legge n. 431/1998 (c.d. legge Zagatti) reca “Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo”. Il comma 3 dell’articolo 2 si riferisce ai contratti stipulati in base ad appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni dei proprietari e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative. I commi 2 e 3 dell’articolo 4 recano disposizioni attuative della norma contenuta nel citato articolo 2, comma 3.

[36]    Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR).

[37]    Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR).

[38]    Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR).

[39]    Il D.Lgs. è diretto alla promozione del miglioramento della prestazione energetica degli edifici, anche al fine di favorire lo sviluppo e la valorizzazione delle fonti rinnovabili, nonché la diversificazione energetica, contribuendo in tal modo al conseguimento degli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas a effetto serra posti dal Protocollo di Kyoto, nonché alla promozione della competitività dei comparti più avanzati, attraverso lo sviluppo tecnologico. Tra i precedenti interventi legislativi in materia si ricordano la legge n. 373/1976 (Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici), con la quale si è inteso regolare le caratteristiche di prestazione dei componenti, l’installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici per il riscaldamento degli ambienti e per la produzione di acqua calda per usi igienici e sanitari negli edifici pubblici o privati, nonché le caratteristiche di isolamento termico degli edifici da costruire o ristrutturare, nei quali sia prevista l'installazione di un impianto termico di riscaldamento degli ambienti; la legge n. 10/1991, le cui disposizioni sono state dirette a favorire ed incentivare, tra l’altro, l'uso razionale dell'energia, lo sviluppo delle fonti rinnovabili e la riduzione dei consumi specifici di energia nei processi produttivi.

[40]    Per una disamina delle dotazioni di bilancio del FAS si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 120.

[41]    Al termine dei primi sei anni la Commissione prospetta un ulteriore piano d’azione per concretizzare entro il 2020 tutte le potenzialità in materia di risparmio energetico.

[42]    Sono definite abitazioni passive o a energia zero, quelle abitazioni prive di sistema di riscaldamento tradizionale e di sistemi di climatizzazione, che sono dotate di un alto livello di isolamento termico e di un sistema meccanico di ventilazione a scambio di calore, altamente efficace.

[43]    Il termine di recepimento previsto dalla direttiva è il 4 gennaio 2006, tuttavia gli Stati membri hanno tre anni di tempo per realizzarne la completa attuazione.

[44]    L’art. 6 della direttiva 2002/91/CE attualmente prevede un limite di 1000 mq di metratura totale, al di sotto del quale non è previsto l’obbligo di migliorare il rendimento energetico in occasione di ristrutturazioni importanti.

[45]    Procedura n. 2006/2378.

[46]    Legge 31 ottobre 2003, n. 306.

[47]    Emanato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. Si ricorda che l’imposta di registro è un tributo che colpisce gli atti posti in essere dai contribuenti in quanto produttivi di effetti giuridici. L’imposta di registro può essere proporzionale (alla natura e al contenuto degli atti a cui si riferisce) oppure fissa (pari a 168 euro). La base imponibile è il corrispettivo dichiarato nell’atto oppure il corrispettivo pattuito tra le parti.

[48]    I criteri sono definiti dal decreto del Ministro dei lavori pubblici del 2 agosto 1969, pubblicato in G.U. n. 218 del 27 agosto 1969.

[49]    Esenzione ai sensi dall’articolo 10, primo comma, numero 8-bis), del DPR n. 633/1972.

[50]    In quest’ultima tipologia di trasferimenti, per l’applicazione della tassa in misura fissa la norma prevede ulteriori specifiche condizioni.

[51]    Emanato con il decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.

[52]    Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR).

[53]    Il citato comma 27 ha sostituito l’articolo 8 del TUIR nella formulazione attualmente vigente.

[54]    In base all’articolo 60 del TUIR non sono ammesse in deduzione le somme erogate a titolo di compenso del lavoro prestato o dell’opera svolta dall’imprenditore, dal coniuge, dai figli, affidati o affiliati minori di età o permanentemente inabili al lavoro e dagli ascendenti.

[55]    Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni.

[56]    Il patto di famiglia è il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore o il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, ad uno o più discendenti rispettivamente l’azienda o le proprie quote di partecipazione.

[57]    Tale disposizione si riferisce alle società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria.

[58]    Trattasi delle sanzioni disciplinate dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997, in tema di sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di IVA e di riscossione dei tributi.

[59]    Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR).

[60]    La disciplina degli interessi passivi prevista per i soggetti IRPEF è contenuta nell’articolo 61 del TUIR anch’esso modificato dal comma 1, lettera b), di seguito illustrata e alla quale si rinvia.

[61]    Il riferimento agli interessi attivi è stato introdotto con emendamento presso la Commissione bilancio del Senato. La relazione di accompagnamento sottolinea come la finalità della modifica consista nell’evitare che la nuova disciplina degli interessi passivi interferisca con le politiche commerciali praticate dalle imprese non solo come parti acquirenti, ma anche come parti venditrici.

[62]    Attuazione della direttiva n. 86/635/CEE, relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari, e della direttiva n. 89/117/CEE, relativa agli obblighi in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro.

[63]    Legge finanziaria 1996.

[64]    Legge finanziaria 2005.

[65]    Si tratta, in particolare, della detrazione in misura pari al 19% degli interessi passivi e relativi oneri accessori pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro della Comunità europea ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti in dipendenza di prestiti o mutui agrari di ogni specie, nei limiti dei redditi dei terreni dichiarati (lettera a)) ovvero in dipendenza di mutui garantiti da ipoteca su immobili contratti per l'acquisto dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un anno dall'acquisto stesso, per un importo non superiore a euro 3.615,20 (lettera b)).

[66]    L’ammortamento è una procedura che consente di ripartire, ai soli fini fiscali, il costo sostenuto per l’acquisto di beni con utilità pluriennale in quote annue.

[67]    L’art. 43, comma 2, primo periodo, stabilisce che, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano strumentali gli immobili utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’arte o professione o dell’impresa commerciale da parte del possessore.

[68]    Norme in materia tributaria nonché per la semplificazione delle procedure di accatastamento degli immobili urbani.

[69]    Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.

[70]    Il riferimento è al d.P.R. n. 602 del 1973 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), al d.P.R. n. 636 del 1972 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), nonché al D.Lgs. n. 546 del 1992 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della L. 30 dicembre 1991, n. 413).

[71]    Le società in nome collettivo e le società in accomandita semplice rientrano – insieme alle società semplici – nella categoria delle società di persone, per le quali non opera il principio di autonomia patrimoniale propria delle società di capitali.

[72]    Ci si riferisce:

-     alle attività industriali dirette alla produzione di beni o servizi;

-     alle attività di intermediazione nella circolazione dei beni;

-     alle attività di trasporto per terra, acqua o aria;

-     alle attività bancarie o assicurative;

-     ad altre attività ausiliarie delle precedenti.

[73]    Trattasi delle attività agricole consistenti:

-        nell’allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste;

-        nelle attività di cui al terzo comma dell’articolo 2135 del codice civile, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali.

[74]    Ai sensi dell’articolo 18, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973, in materia di accertamento delle imposte sui redditi, le società in nome collettivo, le società in accomandita semplice, le società a queste equiparate, nonché le persone fisiche che esercitano imprese commerciali – qualora i ricavi conseguiti in un anno intero non abbiano superato l'ammontare di 309.874,14 euro per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi, ovvero di 516.456,90 euro per le imprese aventi per oggetto altre attività - sono esonerate per l'anno successivo dalla tenuta delle scritture contabili prescritte per i soggetti tenuti alla contabilità ordinaria e sono tenute a disporre la sola contabilità semplificata.

[75]    Misure di razionalizzazione di finanza pubblica.

[76]    Legge 27 agosto 2000, n. 212

[77]    Con il D.Lgs. n. 344 del 2003, il Legislatore delegato ha adottato il meccanismo del c.d. consolidamento degli imponibili: è prevista la dichiarazione di un’unica base imponibile nella quale vengono sommati algebricamente i redditi delle imprese appartenenti al gruppo, con conseguente compensazione tra redditi e perdite fiscali di gruppo. Sono stati previsti due sistemi di consolidamento: nazionale, per le società residenti, e mondiale, aperto anche alle società non residenti.

      Il consolidato nazionale consente la determinazione in capo alla controllante di un’unica base imponibile di gruppo: dunque, la controllante, in sede di dichiarazione dei redditi, provvede ad aggregare il proprio imponibile e gli imponibili delle società controllate, compensandoli integralmente e indipendentemente dalla percentuale di possesso e determinando così un reddito complessivo globale . La sua disciplina è contenuta negli artt. 117-129 del TUIR ed è integrata dal D.M. 9 giugno 2004. Si tratta di un regime opzionale: l’opzione ha la durata di tre esercizi ed è irrevocabile.

      Nel consolidato mondiale (artt. 130-142 TUIR), la tassazione di gruppo può essere estesa anche a società non residenti. Alla società controllante in Italia vengono imputati per trasparenza i redditi e le perdite delle controllate estere in proporzione alla quota di partecipazione complessiva: redditi e perdite delle controllate estere devono essere ricalcolati in base alle norme tributarie nazionali.

      Nel consolidato mondiale l’opzione è vincolante per almeno cinque esercizi della controllante (non per tre, come per il consolidato nazionale) ed eventuali rinnovi sono validi per altri tre esercizi.

[78]    Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR).

[79]    L’articolo 2425 del codice civile disciplina il contenuto del conto economico in forma c.d. “scalare” in quanto individua dapprima il valore di produzione netta relativo alla gestione caratteristica dell’impresa (dato dalla differenza tra ricavi e costi di produzione); a tale risultato viene poi sommato algebricamente il saldo finanziario (differenza tra proventi e oneri finanziari), le eventuali rettifiche di valore delle attività finanziarie e i componenti straordinari del reddito. Il risultato ottenuto rappresenta l’utile (o la perdita) al lordo delle imposte sul reddito sottratte le quali si ottiene il risultano netto (utile o perdita) di esercizio ai fini civilistici.

[80]    A seguito delle modifiche introdotte dalla lettera f) del comma in esame, sono compresi anche i compensi relativi agli obblighi di fare, non fare o permettere.

[81]    A seguito delle modifiche introdotte dalla lettera f) del comma in esame, sono compresi anche i compensi relativi agli obblighi di fare, non fare o permettere.

[82]    In particolare, le imprese operanti nei settori energia, acqua, trasporti, infrastrutture, poste, telecomunicazioni, raccolta e depurazione delle acque di scarico, raccolta e smaltimento rifiuti.

[83]    La disposizione è stata introdotta al fine di coordinare la normativa fiscale con le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 6 del 2003 recante riforma del diritto societario. In particolare, a seguito dell’abrogazione del secondo comma dell’articolo 2426 del codice civile, non si possono imputare al conto economico rettifiche di valore e accantonamenti per ragioni esclusivamente fiscali.

[84]    Ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997.

[85]    Sono agevolati gli investimenti effettuati sia “intra muros” cioè all’interno dell’impresa stessa, che quelli “extra muros” cioè i finanziamenti destinati a soggetti esterni all’azienda. Il diritto al beneficio è concesso a tutti i tipi di imprese, senza distinzione alcuna, e si applica quindi sia alle PMI che alle grandi imprese, a prescindere dal settore di operatività dell’impresa stessa. Nella relazione del Governo si evidenziava, in particolare, che gli investimenti in ricerca e sviluppo delle imprese risultavano, in base ai dati ISTAT, concentrati su poche grandi imprese: il 47,2% dei costi è infatti sostenuto dalle prime 30 imprese italiane.

[86]    Con regolamento n. 1998/2006 del 13 dicembre 2006 (GUUE serie L n. 379 del 28/12/2006), che si applica dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013, è stato stabilito che l’importo complessivo degli aiuti de minimis concessi ad una medesima impresa non deve superare i 200.000 euro nell’arco di tre esercizi finanziari. L’importo complessivo degli aiuti de minimis concessi ad un'impresa attiva nel settore del trasporto su strada non deve invece superare i 100.000 euro nell’arco di tre esercizi finanziari.

      Tali massimali si applicano a prescindere dalla forma dell’aiuto de minimis o dall’obiettivo perseguito ed a prescindere dal fatto che l’aiuto concesso dallo Stato membro sia finanziato interamente o parzialmente con risorse di origine comunitaria.

[87]    Il comma 273 della legge finanziaria per il 2007 in particolare elenca i seguenti beni: macchinari, impianti - diversi da quelli infissi al suolo - e attrezzature varie, destinati a strutture produttive già esistenti o che vengono impiantate nelle aree territoriali indicate; programmi informatici commisurati alle esigenze produttive e gestionali dell'impresa, limitatamente alle piccole e medie imprese; brevetti concernenti nuove tecnologie di prodotti e processi produttivi, per la parte in cui sono utilizzati per l'attività svolta nell'unità produttiva (per le grandi imprese, come definite ai sensi della normativa comunitaria, gli investimenti in tali beni sono agevolabili nel limite del 50 per cento del complesso degli investimenti agevolati per il medesimo periodo d'imposta).

[88]    Si segnala che tale Carta degli aiuti è stata aggiornata con la nuova programmazione dei fondi comunitari 2007-2013, a seguito dell’approvazione da parte della Commissione dell’Unione europea degli “Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale” (pubblicati nella GUUE serie C n. 54 del 4 marzo 2006). I nuovi “Orientamenti” determinano, altresì, una riduzione dell’intensità di aiuto nelle aree 87.3.a) rispetto alla programmazione precedente, pari al 30% in ESL (equivalente sovvenzione lorda) per le regioni con il PIL pro-capite inferiore al 75% della media UE-25, al 40% ESL per le regioni con il PIL pro-capite inferiore al 60% della media UE-25 e al 50% per le regioni con il PIL pro-capite inferiore al 45% della media UE-25.

      Tali massimali possono essere maggiorati del 20% ESL per gli aiuti concessi alle piccole imprese e del 10 % ESL per gli aiuti concessi alle medie imprese.

[89]    Si tratta del regime “phasing-out”) riservato alle regioni che, a motivo della loro crescita del PIL pro-capite, si spostano dalle aree individuate dall’Obiettivo 1 (Convergenza) a quelle dell’Obiettivo 2 (Competitività territoriale). Tale regione beneficerà del regime transitorio fino al 31 dicembre 2010.

[90]    Si tratta delle aree ammissibili alle deroghe previste alle lettere a) e c) del paragrafo 3, dell’articolo 87 del Trattato istitutivo della Comunità europea, che dispone la compatibilità degli aiuti volti a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione (con PIL inferiore al 75% della media UE a 25); e ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse. Tali aree sono individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2000-2006. Si segnala che tale Carta degli aiuti è stata aggiornata con la nuova programmazione dei fondi comunitari 2007-2013, a seguito dell’approvazione da parte della Commissione dell’Unione europea degli “Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale” (pubblicati nella GUUE serie C n. 54 del 4 marzo 2006).

[91]    Si tratta dei casi in cui, nei primi quattro periodi d'imposta dalla effettuazione dell'operazione, la società risultante dall'aggregazione ponga in essere ulteriori operazioni straordinarie (ai sensi del Titolo III, capi III e IV del TUIR) ovvero ceda i beni iscritti o rivalutati oggetto delle disposizioni agevolative in esame.

[92]    L’istanza preventiva richiamata dalla disposizione è prevista dall’articolo 11 dello Statuto del contribuente (legge n. 212 del 2000), secondo la quale ciascun contribuente può esercitare per iscritto un diritto di interpello all'amministrazione finanziaria, che è tenuta a rispondere entro centoventi giorni, riguardo la corretta interpretazione di disposizioni tributarie, tuttavia senza effetti sulle scadenze previste dalle norme. Scaduto tale termine, al contribuente non possono essere irrogate sanzioni a seguito di controversie con l’amministrazione finanziaria, limitatamente alla questione oggetto dell'istanza di interpello.

[93]    Recante modifica del regolamento (CE) n. 70/2001 per quanto concerne l'estensione del suo campo d'applicazione agli aiuti alla ricerca e sviluppo.

[94]    Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 17 del 2007, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni diverse, c.d. “Milleproroghe”.

[95]    Si tratta delle aree ammissibili alle deroghe previste alle lettere a) e c) del paragrafo 3, dell’articolo 87 del Trattato istitutivo della Comunità europea, che dispone la compatibilità degli aiuti volti a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione (con PIL inferiore al 75% della media UE a 25); e ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse. Tali aree sono individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2000-2006. Si segnala che tale Carta degli aiuti è stata aggiornata con la nuova programmazione dei fondi comunitari 2007-2013, a seguito dell’approvazione da parte della Commissione dell’Unione europea degli “Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale” (pubblicati nella GUUE serie C n. 54 del 4 marzo 2006).

[96]    Attività riportate nell'allegato I del Trattato che istituisce la Comunità europea, e successive modificazioni.

[97]    Sono agevolati gli investimenti effettuati sia “intra muros” cioè all’interno dell’impresa stessa, che quelli “extra muros” cioè i finanziamenti destinati a soggetti esterni all’azienda. Il diritto al beneficio è concesso a tutti i tipi di imprese, senza distinzione alcuna, e si applica quindi sia alle PMI che alle grandi imprese, a prescindere dal settore di operatività dell’impresa stessa.

[98]    Pertanto, per la concessione di tali agevolazioni, occorre notificare la relativa richiesta in tempo utile alla Commissione europea che ne valuta successivamente la compatibilità con la vigente disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato.

[99]    Tale potere, peraltro, costituisce una condizione legale di efficacia, a carattere costitutivo del provvedimento nazionale che istituisce l'aiuto. Infatti, anche come rilevato dalla Corte di giustizia delle CE (causa C-332/98), i singoli Stati non possono accertare autonomamente la compatibilità di un aiuto con il mercato comune, in quanto tale potere spetta esclusivamente alla Commissione europea.

[100]  Regolamento (CE) n. 364/2004 della Commissione del 25 febbraio 2004 recante modifica del regolamento (CE) n. 70/2001 per quanto concerne l'estensione del suo campo d'applicazione agli aiuti alla ricerca e sviluppo.

[101]  Ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

[102]  Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.

[103]  Ai sensi dell’articolo 67, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi-TUIR), le partecipazioni qualificate sono quelle che comportano la detenzione di oltre il 20 per cento dei diritti di voto o di oltre il 25 per cento del capitale nelle società non quotate; di oltre il 2 per cento dei diritti di voto o di oltre il 5 per cento del capitale nelle società quotate.

[104]  Lo Spazio Economico Europeo (SEE) è stato istituito il 1° gennaio 1994 in seguito ad un accordo tra l’AELS (Accordo Europeo di Libero Spazio) e l’UE, con lo scopo di permettere ai paesi AELS di partecipare al Mercato comune europeo, senza dover essere membri dell’Unione.

[105]  Modificazioni al regime fiscale degli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, pubblici e privati.

[106]  Procedura di infrazione n. 2006/4350.

[107]  Lo Spazio Economico Europeo (SEE) è stato istituito il 1° gennaio 1994 in seguito ad un accordo tra l’AELS (Accordo Europeo di Libero Spazio) e l’UE, con lo scopo di permettere ai paesi AELS di partecipare al Mercato comune europeo, senza dover essere membri dell’Unione.

[108]  Regolamento (CE) n. 364/2004 della Commissione del 25 febbraio 2004 recante modifica del regolamento (CE) n. 70/2001 per quanto concerne l'estensione del suo campo d'applicazione agli aiuti alla ricerca e sviluppo.

[109]  Recante “Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto”.

[110]  Recante “Direttiva del Consiglio relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto”.

[111]  Decreto recante “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale” convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006.

[112]  Si considerano fiscalmente privilegiati, ai fini dell'applicazione dell'art. 2, comma 2-bis del testo unico delle imposte sui redditi, i seguenti Stati e territori:

      Alderney; Andorra; Anguilla; Antigua e Barbuda; Antille Olandesi; Aruba; Bahama; Bahrein; Barbados; Belize; Bermuda; Brunei; Cipro; Costa Rica; Dominica; Emirati Arabi Uniti; Ecuador; Filippine; Gibilterra; Gibuti; Grenada; Guernsey; Hong Kong; Isola di Man; Isole Cayman; Isole Cook; Isole Marshall; Isole Vergini Britanniche; Jersey; Libano; Liberia; Liechtenstein; Macao; Malaysia; Maldive; Malta; Maurizio; Monserrat; Nauru; Niue; Oman; Panama; Polinesia Francese; Monaco; San Marino; Sark; Seicelle; Singapore; Saint Kitts e Nevis; Saint Lucia; Saint Vincent e Grenadine; Svizzera; Taiwan; Tonga; Turks e Caicos; Tuvalu; Uruguay; Vanuatu; Samoa.

[113]  Si tratta dei seguenti: 1) Albania, 2) Algeria 3) Argentina 5) Australia 6) Austria 8) Bangladesh 9) Belgio 10) Bielorussia 11) Brasile 12) Bulgaria 13) Canada 14) Cina 15) Corea del Sud 16) Costa d'Avorio 17) Croazia 18) Danimarca 19) Ecuador 20) Egitto 21) Emirati Arabi Uniti 22) Estonia 23) Federazione Russa 24) Filippine 25) Finlandia 26) Francia 28) Germania 29) Giappone 30) Grecia 31) India 32) Indonesia 33) Irlanda 34) Israele 35) Jugoslavia 36) Kazakistan 38) Kuwait 39) Lituania 40) Lussemburgo 41) Macedonia 42) Malta 43) Marocco 44) Mauritius 45) Messico 46) Norvegia 47) Nuova Zelanda 48) Paesi Bassi 49) Pakistan 50) Polonia 51) Portogallo 52) Regno Unito 53) Repubblica Ceca 54) Repubblica Slovacca 55) Romania 56) Singapore 57) Slovenia 58) Spagna 59) Sri Lanka 60) Stati Uniti 61) Sud Africa 62) Svezia 64) Tanzania 65) Thailandia 66) Trinidad e Tobago 67) Tunisia 68) Turchia 70) Ucraina 71) Ungheria 73) Venezuela 74) Vietnam 75) Zambia.

[114]  Ai fini dell’indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese domiciliate in Stati o territori aventi regime fiscale privilegiato, di cui all’articolo 110, comma 10 del TUIR, si considerano Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato:

      Alderney (Isole del Canale), Andorra, Anguilla, Antille Olandesi, Aruba, Bahamas, Barbados, Barbuda, Belize, Bermuda, Brunei, Cipro, Filippine, Gibilterra, Gibuti (ex Afar e Issas), Grenada, Guatemala, Guernsey (Isole del Canale), Herm (Isole del Canale), Hong Kong, Isola di Man, Isole Cayman, Isole Cook, Isole Marshall, Isole Turks e Caicos, Isole Vergini britanniche, Isole Vergini statunitensi, Jersey (Isole del Canale), Kiribati (ex Isole Gilbert), Libano, Liberia, Liechtenstein, Macao, Maldive, Malesia, Montserrat, Nauru, Niue, Nuova Caledonia, Oman, Polinesia francese, Saint Kitts e Nevis, Salomone, Samoa, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Sant'Elena, Sark (Isole del Canale), Seychelles, Tonga, Tuvalu (ex Isole Ellice), Vanuatu .

      Sono altresì inclusi: 1) Bahrein, con esclusione delle società che svolgono attività di esplorazione, estrazione e raffinazione nel settore petrolifero; 2) Emirati Arabi Uniti, con esclusione delle società operanti nei settori petrolifero e petrolchimico assoggettate ad imposta; 3) Monaco, con esclusione delle società che realizzano almeno il 25% del fatturato fuori dal Principato; 4) Singapore, con esclusione della Banca Centrale e degli organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato. Le disposizioni indicate nell'art. 1 si applicano inoltre ad un’altra serie di Stati, elencati nell’articolo3, limitatamente ai soggetti e alle attività per ciascuno di essi indicate.

[115]  Recante “Individuazione degli Stati non appartenenti all'Unione europea soggetti ad un regime di tassazione non privilegiato di cui all'art. 96-bis, comma 2-ter, del testo unico delle imposte sui redditi (cd. «white list»)”. Si tratta dei seguenti:

      1) Albania; 2) Algeria; 3) Argentina; 4) Australia; 5) Bangladesh; 6) Bielorussia; 7) Brasile; 8) Bulgaria; 9) Canada; 10) Cina; 11) Costa d'Avorio; 12) Croazia; 13) Egitto; 14) Estonia; 15) Giappone; 16) India; 17) Indonesia; 18) Israele; 19) Iugoslavia; 20) Kazakistan; 21) Lituania; 22) Macedonia; 23) Marocco; 24) Messico; 25) Norvegia; 26) Nuova Zelanda; 27) Pakistan; 28) Polonia; 29) Repubblica Ceca; 30) Slovacchia; 31) Romania; 32) Russia; 33) Slovenia; 34) Sri Lanka; 35) Stati Uniti; 36) Sudafrica; 37) Tanzania; 38) Thailandia; 39) Trinidad e Tobago; 40) Tunisia; 41) Turchia; 42) Ucraina; 43) Ungheria; 44) Venezuela; 45) Vietnam; 46) Zambia.

[116]  Tale articolo 96-bis, relativo ai dividendi distribuiti a società non residenti, è stato abrogato

[117]  Modificazioni al regime fiscale degli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, pubblici e privati.

[118]  Si segnala che il comma 428 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) ha ampliato il novero dei soggetti abilitati alla redazione e al giuramento delle perizie, aggiungendovi i periti in regola con l'iscrizione alle Camere di commercio, ai sensi del regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011.

[119]  Il novero dei soggetti abilitati alla redazione e al giuramento delle perizie è stato ampliato dall’articolo 1, comma 428, della legge n. 311 del 2004 (si veda la nota precedente).

[120]  Si ricorda che il comma 428 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) ha successivamente prorogato, dal 30 settembre 2004 al 31 marzo 2005, il termine per la redazione e il giuramento della perizia di stima, a condizione che la relativa imposta sostitutiva sia stata versata entro il suddetto termine del 30 settembre 2004.

[121]  La locazione finanziaria è il contratto con cui un finanziatore acquista il bene che l’utilizzatore gli indica o sceglie direttamente dal produttore e lo dà in godimento all’utilizzatore, consentendogli di acquistare il bene alla scadenza del contratto.

[122]  “Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto”.

[123]  Direttiva 77/388/CEE.

[124]  Il rinvio non appare chiaro: dovrebbe trattarsi di terreni, aziende agricole e di aree diverse da quelle destinate a parcheggio di veicoli per le quali gli strumenti urbanistici non prevedono la destinazione edificatoria.

[125]  Armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull'alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonché disposizioni concernenti la disciplina dei centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l'esclusione dall'ILOR dei redditi di impresa fino all'ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l'istituzione per il 1993 di un'imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni tributarie.

[126]  Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.

[127]  La Corte costituzionale sostiene che, attualmente – ovvero senza che ci sia stata una effettiva attuazione dell’art. 119 della Costituzione - la disciplina sostanziale dell'IRAP e della tassa automobilistica non è divenuta oggetto di legislazione concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, ma rientra nella esclusiva competenza dello Stato in materia di tributi erariali, secondo quanto previsto dall'art. 117, secondo comma, lettera e). La definizione di tributo proprio, in questi casi, è riferibile esclusivamente alla titolarità del gettito.

[128]  L’articolo 6, comma 3, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001) ha prorogato l’applicazione di tali disposizioni per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2001 e per i due successivi. È poi intervenuto l'articolo 2, comma 56, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), che ne ha ulteriormente prorogato l'applicazione al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2004 e al successivo, nel limite massimo di spesa di 21 milioni di euro. Successivamente l’articolo 1, comma 129, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) ne ha ulteriormente prorogato l'applicazione al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2006 ed infine la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 393 della legge n. 296 del 2006) ne ha prorogata l’applicazione fino al 2007.

[129]  Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni. In base all’articolo 17, comma 1, di tale decreto legislativo, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

[130]  Emanato con il D.P.R. n. 917 del 1986.

[131]  Il decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), al titolo II, individua i soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili e gli obblighi relativi, prevedendo la facoltà di contabilità semplificata in favore delle imprese minori (società di persone ed equiparate e persone fisiche esercenti imprese commerciali con redditi annui non eccedenti lire seicento milioni per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi, ovvero lire un miliardo per le imprese aventi per oggetto altre attività) e di altri soggetti.

[132]  Sotto l’imperio delle disposizioni precedentemente contenute nell’articolo 79, comma 8, del TUIR la circolare del 29 settembre 1984, n. 31/9/1123, della Direzione generale delle imposte dirette ha precisato come la deduzione spetti una sola volta per ogni giorno di effettuazione del trasporto indipendentemente dal numero di viaggi effettuati nello stesso giorno e a condizione che questi ultimi vengano effettuati personalmente dal titolare dell'autorizzazione. Con riferimento all'ambito soggettivo di applicazione della disposizione, la circolare n. 129/E-139470 del 27 giugno 2000 della Direzione AA.GG. e cont. trib ha ritenuto che essa sia riferita alle imprese minori ammesse alla tenuta della contabilità separata anche nel caso in cui abbiano optato per il regime ordinario, sempreché i titolari siano intestatari di autorizzazione all'autotrasporto di merci per conto di terzi, e alle imprese familiari esonerate dalla tenuta della contabilità ordinaria, a condizione che i trasporti siano effettuati personalmente dal titolare dell'impresa quale intestatario della relativa autorizzazione. La stessa circolare ricordava come l'articolo 13, comma 4, del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90, avesse stabilito che la deduzione competeva anche alle società in nome collettivo e in accomandita semplice, relativamente ai trasporti effettuati personalmente dai soci, nonché alle imprese che hanno optato per la contabilità ordinaria e alle società di cui all'articolo 5 del TUIR, restando escluse le società di capitali di qualsiasi tipo cui non erano applicabili le disposizioni dell'articolo 79 (ora 66) del TUIR.

[133]  Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali.

[134]  Le disposizioni che hanno modificato l’art. 45, co. 1, del D.Lgs. n. 446 del 1997 sono:

-        art. 4, co. 1, del D.Lgs. n. 422 del 1998;

-        art. 6, co. 17, della legge n. 488 del 1999 (finanziaria 2000);

-        art. 6, co. 12, della legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001);

-        art. 7, co. 9, della legge n. 448 del 2001 (finanziaria 2002);

-        art. 19, co. 1, della legge n. 289 del 2002 (finanziaria 2003);

-        art. 2, co. 1, della legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004);

-        art. 1, co. 509, della legge n. 311 del 2004 (finanziaria 2005);

-        art. 1, co. 118, della legge n. 266 del 2005 (finanziaria 2006).

[135]  Il registro delle navi adibite alla navigazione internazionale (Registro internazionale) è stato istituito dall’articolo 1 del medesimo d.-l. n. 457 del 1997. Vi sono iscritte, a seguito di specifica autorizzazione del Ministero dei trasporti, le navi adibite esclusivamente a traffici commerciali internazionali. È diviso in tre sezioni nelle quali sono iscritte rispettivamente:

a)     le navi che appartengono a soggetti italiani o di altri Paesi dell'Unione europea;

b)     le navi che appartengono a soggetti non comunitari;

c)     le navi che appartengono a soggetti non comunitari, in regime di sospensione da un registro straniero non comunitario, a seguito di locazione a scafo nudo a soggetti giuridici italiani o di altri Paesi dell'Unione europea.

      Non possono comunque esservi iscritte le navi da guerra, le navi di Stato in servizio non commerciale, le navi da pesca e le unità da diporto.

[136]  Misure urgenti in materia di imposta sui redditi delle persone fisiche e di accise.

[137]  La versione originaria del sopra citato articolo 5, comma 5, del d.-l. n. 268 del 2000 prevedeva l’applicazione dell’accisa nella misura del 5 per cento dell’aliquota del gasolio utilizzato come carburante. La misura dello 0 per cento è stata introdotta dalla legge di conversione n. 354 del 2000.

[138]  Adottato, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, ai sensi dell’articolo 1, comma 4, del D.L. n. 21 del 2000, convertito dalla legge n. 92 del 2000.

[139]  La direttiva 2003/96/CE (c.d. “direttiva DTE”) sostituisce, abrogandole, le precedenti direttive 92/81/CEE, relativa all'armonizzazione delle strutture delle accise sugli olî minerali, e 92/82/CE, relativa al ravvicinamento delle aliquote d’accisa sugli olî minerali, e modifica la direttiva 92/12/CEE, che disciplina il regime generale, la detenzione, la circolazione e i controlli dei prodotti soggetti ad accisa.

[140]  Emanato con il D.P.R. n. 917 del 1986.

[141]  Regolamento recante norme per il riordino della disciplina delle opzioni in materia di imposta sul valore aggiunto e di imposte dirette.

[142]  Si tratta dei prodotti agricoli e ittici indicati nella Tabella A, parte I, allegata allo stesso D.P.R. n. 633/1972.

[143]  Le modalità ed i termini con cui dovrà essere adempiuto l’obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi sono stabiliti con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate previsto dal comma 15 dell’articolo 32-bis.

[144]  Si tratta della Circolare n. 28/E del 4 agosto 2006, esplicativa del decreto-legge n. 233/2006.

[145]  La Tabella A reca l’elenco degli impieghi dei prodotti energetici che comportano l'esenzione dall'accisa o l'applicazione di una aliquota ridotta.

[146]  La Regione ha per parte sua disciplinato le attribuzioni conferite dalla legge dello Stato con la legge regionale 12-11-1996 n. 47 (modificata da ultimo con L.R. 9/2002) recante disposizioni per l'attuazione della normativa nazionale in materia di riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti per autotrazione nel territorio regionale e con relativo regolamento di attuazione (D.P.Reg. 29-11-2004 n. 0402/Pres.). Il territorio della regione è diviso in fasce territoriali (a seconda della distanza dal confine) nelle quali viene applicato un prezzo differente. Le riduzioni del prezzo sono stabilite con Decreto del Presidente della Regione, da ultimo: D.P.Reg. 7 agosto 2007, n. 0243/Pres.

[147]  Recante modifiche della L. 1° dicembre 1948, n. 1438, istitutiva del regime agevolativo per la zona di Gorizia.

[148]  Modifiche della L. 1° dicembre 1948, n. 1438, istitutiva del regime agevolativo per la zona di Gorizia.

[149]  D.L. 13 marzo 1988, n. 69, Norme in materia previdenziale, per il miglioramento delle gestioni degli enti portuali ed altre disposizioni urgenti, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 maggio 1988, n. 153.

[150]  Si prevede l’emanazione di un decreto interministeriale del Ministro delle politiche per la famiglia e del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale e con il Ministro dell’economia e delle finanze.

[151]  E’ opportuno ricordare che la Commissione ha presentato, il 12 ottobre 2006, la comunicazione “Il futuro demografico dell’Europa, trasformare una sfida in un’opportunità” (COM(2006) 571), che sottolinea la capacità degli Stati membri di far fronte alle sfide dell’assottigliarsi della forza lavoro e dell’invecchiamento demografico.

[152]  Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1995.

[153]  In precedenza l’articolo 3, comma 2, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001) aveva disposto la totale esclusione dei redditi in argomento dalla base imponibile fiscale, per gli anni 2001 e 2002.

[154]  Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche, la nascita di nuove imprese, la valorizzazione dell'istruzione tecnico-professionale e la rottamazione di autoveicoli (c.d. decreto Bersani-bis).

[155]  Disciplina dell'imposta di bollo.

[156]  Approvazione della tariffa dell'imposta di bollo.

[157]  Modifica delle tariffe dell'imposta di bollo sugli atti trasmessi per via telematica.

[158]  Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59.

[159]  Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo.

[160]  Ai sensi di quanto disposto dall'art. 4 dello stesso decreto. Il decreto è stato pubblicato nella Gazz. Uff. 28 febbraio 2004, n. 49, S.O.

[161]  Si tratta dei soggetti indicati nell’articolo 433 del codice civile.

[162]  Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.

[163]  Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto.

[164]  Nella relazione governativa al decreto-legge n. 223 del 2006 (A.S. 741), convertito dalla legge n. 248 del 2006, si motivava la misura come volta a “contrastare fenomeni fraudolenti consistenti nella creazione di piccole imprese che realizzano lavori edilizi nel quadro di opere complesse, fatturano regolarmente le prestazioni con l’applicazione dell’IVA, ma poi omettono di versare il tributo, che lucrano illecitamente, per poi sparire, salvo ricostituirsi in forme analoghe.

[165]  Gli unici adempimenti ai quali tali contribuenti sono tenuti sono gli obblighi di numerazione e conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali, l'obbligo di certificazione e telematica dei corrispettivi all'Agenzia delle Entrate e gli obblighi previsti per le operazioni intracomunitarie.

[166]  Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali.

[167]  Istituzione del Servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri       enti pubblici, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, L. 4 ottobre 1986, n. 657.

[168]  Riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista     dalla L. 28 settembre 1998, n. 337.

[169]  Istituzione del Servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri       enti pubblici, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, L. 4 ottobre 1986, n. 657.

[170]  Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.

[171]  Riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista     dalla L. 28 settembre 1998, n. 337.

[172]  Disposizioni urgenti in materia di razionalizzazione della base imponibile, di contrasto all'elusione fiscale, di crediti di imposta per le assunzioni, di detassazione per     l'autotrasporto, di adempimenti per i concessionari della riscossione e di imposta di       bollo.

[173]  Procedura 2005/5041

[174]  Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’IRPEF e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali

[175]  In proposito, si rinvia all’articolo 1, comma 174 della legge n. 311/2004 (finanziaria 2005), all’articolo 1, comma 796, lettera c) della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007) e all’articolo 1 del decreto legge n. 23/2007 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 64/2007.

[176]  Ai sensi dell’ D.Lgs n. 241 del 1997.

[177]  Articoli 61 e 109, comma 5, del TUIR.

[178]  Tale regola è prevista dal Regolamento 2006/1998/CE del 15 dicembre 2006.

[179]  Con tale regolamento, il Consiglio ha inoltre stabilito che la Commissione può adottare norme di deroga per gli aiuti destinati a specifici obiettivi che interessano tutti i settori economici, tra i quali rientrano quelli per le piccole e medie imprese, per la ricerca e allo sviluppo, per la tutela dell’ambiente e per l’occupazione e la formazione.

[180]  Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali.

[181]  Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57.

[182]  Interventi in materia di accise sui prodotti petroliferi.

[183]  Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo.

[184]  Si ricorda che il comma 10 del richiamato articolo 8 della legge n. 448 del 1998 dispone l’utilizzo di parte dei maggiori proventi che dovrebbero derivare dalla c.d. carbon tax per la concessione di misure compensative degli aumenti delle accise, dirette tra l’altro a consentire, a decorrere dal 1999, una riduzione del costo del gasolio da riscaldamento non inferiore a lire 200 (pari a 0,103 euro) per ogni litro ed una riduzione del costo del GPL da riscaldamento corrispondente al contenuto di energia del gasolio medesimo.

[185]  Le proroghe sono le seguenti:

-        al 30 giugno 2001, ai sensi dell’articolo 27 della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001);

-        al 30 settembre 2001, ai sensi dell’articolo 1, comma 9, del D.L. n. 246 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 330 del 2001;

-        al 31 dicembre 2001, ai sensi dell’articolo 5 del D.L. n. 356 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418 del 2001;

-        al 30 giugno 2002, ai sensi dell’articolo 3 del D.L. n. 452 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 16 del 2002;

-        al 31 dicembre 2002, ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 138 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 178 del 2002;

-        al 30 giugno 2003, ai sensi dell’articolo 21, comma 3, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003);

-        al 31 dicembre 2003, ai sensi dell’articolo 17-bis, comma 1, del D.L. n. 147 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 200 del 2003;

-        al 31 dicembre 2004, ai sensi dell’articolo 2, comma 12, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004);

-        al 31 dicembre 2005, ai sensi dell’articolo 1, comma 511, lettera c), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005);

-        al 31 dicembre 2006, ai sensi dell’articolo 1, comma 115, lettera c), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).

[186]  L’accisa ordinaria è quella prevista dal D.P.C.M. 15 gennaio 1999 (G.U. 15 gennaio 1999, n. 11).

[187]    Si veda la nota precedente.

[188]  Per “gradi-giorno” di una località si intende la somma, estesa a tutti i giorni di un periodo annuale convenzionale di riscaldamento, delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura dell’ambiente, convenzionalmente fissata a 20° C, e la temperatura media esterna giornaliera; l’unità di misura utilizzata è il grado-giorno (GG).

[189]  Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del citato D.P.R. 412 del 1993 sono compresi nella zona E i comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 2.100 e non superiore a 3.000.

[190]  Con la determinazione del direttore dell’Agenzia delle Dogane del 23 gennaio 2001 sono state approvate le istruzioni per l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 8, comma 10, lettera c), della legge n. 448 del 1998, come sostituito dall’articolo 12, comma 4, della legge n. 488 del 1999. Si ricorda, inoltre, che il comma 2 dell'articolo 17-bis del D.L. n. 147 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 200 del 2003 ha stabilito che la disposizione contenuta nel numero 4) della lettera c) del comma 10 dell'articolo 8 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, "si interpreta nel senso che l'ente locale adotta una nuova delibera di consiglio solo se è mutata la situazione di non metanizzazione della frazione".

[191]  Interventi in materia di accise sui prodotti petroliferi.

[192]  Si ricorda che il comma 10 dell’articolo 8 della legge n. 448 del 1998 ha disposto circa la destinazione delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni sulla cosiddetta carbon tax, individuando, in particolare, alcune agevolazioni fiscali compensative. Tra le finalità ammesse a tali agevolazioni, la lettera f) prevede l’adozione di incentivi (nei confronti dei produttori) per la riduzione delle emissioni inquinanti, per l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili, nonché per la gestione di reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa quale fonte energetica nei comuni ricadenti nelle zone climatiche E ed F, con la concessione di un'agevolazione fiscale con credito d'imposta pari a lire 20 per ogni KW di calore fornito, da traslare sul prezzo di cessione all'utente. Successivamente, l’articolo 60 della legge n. 342 del 2000 (c.d. collegato fiscale) ha stabilito che la richiamata agevolazione sia usufruibile anche dagli impianti e dalle reti di teleriscaldamento alimentati da energia geotermica.

      Con l’articolo 4, comma 4-bis, del D.L. n. 268 del 2000, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 354 del 2000, è stato disposto, per il periodo 3 ottobre - 31 dicembre 2000, un aumento dell’ammontare del credito d’imposta di cui al citato articolo 8, comma 10, lettera f), della legge n. 448 del 1998, nella misura di 30 lire (0,15 euro) per ogni chilowattora di calore fornito. Tale agevolazione è stata successivamente prorogata:

-        al 30 giugno 2001, dall’articolo 27, comma 5, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001);

-        al 30 settembre 2001, dall’articolo 1, comma 10, del D.L. n. 246 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 330 del 2001;

-        al 31 dicembre 2001, dall’articolo 6 del D.L. n. 356 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418 del 2001;

-        al 30 giugno 2002, dall’articolo 4 del D.L. n. 452 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 16 del 2002;

-        al 31 dicembre 2002, dall’articolo 1 del D.L. n. 138 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 178 del 2002;

-        al 30 giugno 2003, ai sensi dell’articolo 21, comma 4, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003);

-        al 31 dicembre 2004, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, del D.L. n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003;

-        al 31 dicembre 2005, ai sensi dell’articolo 1, comma 511, lettera d), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005);

-        al 31 dicembre 2006, ai sensi dell’articolo 1, comma 115, lettera d), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006);

-        al 31 dicembre 2007, ai sensi dell’articolo 1, comma 394, lettera d), della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007).

[193]  Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[194]  Trattasi delle parti comuni dei condomini: locali per la portineria e per l’alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune.

[195]  Disposizioni urgenti per l'università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché altre misure urgenti

[196]  Modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 7 del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito dalla L. 31 marzo 2005, n. 43.

[197]  Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005.

[198]  Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.

[199]  Norme per la ristrutturazione del Ministero delle finanze.

[200]  La legge 24 dicembre 1993, n. 560, disciplina le procedure di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, intendendo per tali quelli acquisiti, realizzati o recuperati a totale carico o con concorso o con contributo dello Stato, della regione o di enti pubblici territoriali, nonché con i fondi derivanti da contributi dei lavoratori ai sensi della legge 14 febbraio 1963, n. 60, e successive modificazioni, dallo Stato, da enti pubblici territoriali, nonché dagli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) e dai loro consorzi comunque denominati e disciplinati con legge regionale. Le disposizioni della legge, ad eccezione dei commi 5, 13 e 14, si applicano altresì:

a)   agli alloggi di proprietà dell'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni, nonché agli alloggi che, ai sensi della legge 29 gennaio 1992, n. 58, sono stati trasferiti dall'Azienda di Stato per i servizi telefonici all'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni;

b)  agli alloggi non di servizio di proprietà della società Ferrovie dello Stato Spa costruiti od acquistati fino alla data della trasformazione dell'Ente Ferrovie dello Stato in società per azioni.

c)   agli alloggi acquisiti dagli Enti di sviluppo ai sensi della legge 21 ottobre 1950, n. 841;

d)   agli alloggi acquisiti dal Ministero del tesoro già di proprietà degli enti previdenziali disciolti.

[201]  Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto.

[202]  Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR).

[203]  Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell'articolo 3, comma 133, lettera q), della L. 23 dicembre 1996, n. 662.

[204]  D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 2004, n. 47.

[205]  D.L. 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, nella legge 22 aprile 2005, n. 58.

[206]  Per un approfondimento delle questioni trattate dal libro verde si rinvia al Bollettino consultazioni n. 32, del 9 ottobre 2007, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[207]  GALILEO è un programma di radionavigazione satellitare di natura civile messo a punto dall’Unione europea al fine di garantire la propria indipendenza nei confronti dei sistemi satellitari americano (GPS) e russo (GLONASS), in un settore considerato di grande valore strategico. Membri fondatori sono la Comunità europea, rappresentata dalla Commissione, e l’Agenzia spaziale europea (ESA).

[208]  CIVITAS (CIty-VItality-Sustainability) è un’iniziativa dell’Unione europea intesa ad aiutare le città a sviluppare un sistema di trasporto urbano più sostenibile, efficiente dal punto di vista energetico ed ecocompatibile. Dopo la fase CIVITAS I relativa al periodo 2002-2006, è attualmente in corso una seconda fase, CIVITAS II, che si concluderà nel 2009.

[209]  Regolamento (CE) n. 1083/2006 recante norme e principi comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale e al Fondo di coesione (c.d. regolamento generale); regolamento (CE) n. 1080/2006 sul Fondo europeo di sviluppo regionale (FEDER); regolamento (CE) n. 1081/2006 sul Fondo sociale europeo (FSE); regolamento (CE) n. 1082/2006 relativo alla creazione di un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT).

[210]  URBAN è l'iniziativa comunitaria del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) a favore dello sviluppo sostenibile di città e quartieri in crisi dell'Unione europea. La prima fase relativa al periodo 1994-1999 è stata seguita da una nuova fase, nota come URBAN II, che si è svolta dal 2001 al 2006. Fra i settori prioritari di intervento dell’iniziativa figuravano lo sviluppo di trasporti pubblici più rispettosi dell’ambiente nonché lo scambio di informazioni e di esperienze sullo sviluppo urbano ecocompatibile nell'Unione europea.

[211]  Secondo tale regolamento, gli orientamenti costituiscono la base per predisporre i quadri strategici nazionali ed i programmi operativi del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), del Fondo sociale europeo (FSE) e del Fondo di coesione. I programmi sono intesi a promuovere lo sviluppo equilibrato armonioso e sostenibile dei paesi dell’UE nonché il miglioramento della qualità di vita dei cittadini europei.

[212]  D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante Testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

[213]  L’articolo 2549 del Codice civile stabilisce che, con il contratto di associazione in partecipazione, l'associante attribuisce all'associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto.

[214]  D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 28, recante Riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, a norma dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137.

[215]  L’articolo 2554 del Codice civile si riferisce al contratto di cointeressenza agli utili di un’impresa senza partecipazione alle perdite, e al contratto con il quale un contraente attribuisce la partecipazione agli utili e alle perdite della sua impresa, senza il corrispettivo di un determinato apporto.

[216]  L’articolo 2549 del Codice civile stabilisce che, con il contratto di associazione in partecipazione, l'associante attribuisce all'associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto.

[217]  L’art. 2554 del Codice civile si riferisce al contratto di cointeressenza agli utili di un’impresa senza partecipazione alle perdite, e al contratto con il quale un contraente attribuisce la partecipazione agli utili e alle perdite della sua impresa, senza il corrispettivo di un determinato apporto.

[218]  Ai sensi dell’art. 2359 c.c. sono considerate società controllate:

1)    le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

2)    le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

3)    le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

[219]  L. 21 aprile 1962, n. 161, recante Revisione dei film e dei lavori teatrali.

[220]  D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, recante Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.

      Ai sensi dell’articolo 17 di tale decreto, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

[221]  D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 28, recante Riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, a norma dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137.

[222]  Trattato 25 marzo 1957, nella versione in vigore dal 1° febbraio 2003.

[223]  L’articolo 3, comma 1, del D.Lgs. n. 28 del 2004, considera imprese di produzione, di distribuzione e di esercizio le imprese cinematografiche aventi sede legale e domicilio fiscale in Italia. Ad esse sono equiparate, a condizioni di reciprocità, le imprese con sede e nazionalità di altro Paese membro dell'Unione europea, aventi una filiale, agenzia o succursale stabilita in Italia, che qui svolga prevalentemente la sua attività. Tali imprese sono iscritte in appositi elenchi informatici, istituiti presso il Ministero per i beni e le attività culturali.

[224]  Per l’individuazione delle caratteristiche che i sopra indicati film devono possedere si fa riferimento ai commi 2, 4, 5 e 6 dell’articolo 2 del citato D.Lgs. n. 28 del 2004. In particolare si ricorda che per film d’essai si intende il film, espressione anche di cinematografie nazionali meno conosciute, che contribuisce alla diffusione della cultura cinematografica ed alla conoscenza di correnti e tecniche di espressione sperimentali.

[225]  Si ricorda che, in attesa dell’emanazione del citato DM - da effettuarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - la gestione del Fondo era rimessa in via transitoria per un periodo di 12 mesi, ai sensi del comma 8 dell’articolo 12, alla Banca nazionale del lavoro (Sezione per il credito cinematografico). Tale periodo è stato successivamente prorogato più volte (articolo 19-nonies del D.L. 266/2004, art. 14-vicies del D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168., art. 2, D.L. 30 dicembre 2005, n. 273 e da ultimo, fino al 31 dicembre 2006, art. 1-ter, del D.L. 12 maggio 2006, n. 173, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione 12 luglio 2006, n. 228).

[226]  Tale organo (istituito dall’articolo 4 del citato D.Lgs. 28/2004) è composto di 12 membri, di cui 3 promananti dalle regioni e 3 dagli enti locali. 3. Essa provvede alla predisposizione di un programma triennale, approvato dal Ministro per i beni e le attività culturali, contenente l'individuazione, per ciascuna regione, delle aree geografiche di intervento per la realizzazione di sale cinematografiche; l'individuazione, sul territorio nazionale, delle aree privilegiate di investimento; l'individuazione degli obiettivi per la promozione delle attività cinematografiche. Si segnala, inoltre, che l’articolo 5-bis del D.L. 250 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27 ha esteso la programmazione della Consulta territoriale per le attività cinematografiche anche alla programmazione stagionale e alla co-distribuzione e realizzazione di mostre e festival di rilevanza nazionale e internazionale, nonché alla pubblicazione, diffusione e conservazione di riviste e opere riguardanti la cinematografia.

[227]  A tal fine, il nuovo articolo 13 del D.Lgs. n. 28 del 2004 prevede l’erogazione di un contributo “pro quota” al costo del film (in misura non superiore al 50 per cento del costo del film per i lungometraggi e fino al 100 per cento per i cortometraggi di interesse culturale, per un costo industriale massimo definito con decreto ministeriale). Lo Stato acquisisce la completa titolarità dei diritti del film qualora entro cinque anni dall’erogazione non sia restituita almeno una quota parte delle risorse erogate, da definirsi mediante decreto ministeriale insieme con le modalità di erogazione del contributo stesso.

[228]  Trattato 25 marzo 1957, nella versione in vigore dal 1° febbraio 2003.

[229]  Emendamento Governo 7.0.6.

[230]  Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa.

[231]  Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.

[232]  L’Anagrafe tributaria è stata istituita dal D.P.R. n. 605 del 1973 (Disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti): essa consiste in un sistema informativo elettronico in cui sono immagazzinate le principali notizie risultanti dalle dichiarazioni fiscali. Si ricorda che l’articolo 1, comma 56, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) ha istituito il sistema integrato delle banche dati in materia tributaria e finanziaria. La finalità di tale sistema consiste nella condivisione e nella gestione coordinata delle informazioni dell’intero settore pubblico, per l’analisi ed il monitoraggio della pressione fiscale e dell’andamento dei flussi finanziari.

[233]  Recante “Disposizioni relative all’anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti”.      In base all’articolo 7, comma 6, di tale decreto – come modificato dall’art. 37, co. 4, del d.l. n. 223 del 2006 (c.d. decreto Bersani-Visco), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006 - le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma dell'articolo 6 per i soggetti non residenti, sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro; l'esistenza dei rapporti, nonché la natura degli stessi sono comunicate all'anagrafe tributaria, ed archiviate in apposita sezione, con l'indicazione dei dati anagrafici dei titolari, compreso il codice fiscale. Con Provv. 19 gennaio 2007 (Gazz. Uff. 15 febbraio 2007, n. 38, S.O.) sono stati definiti le modalità e i termini di comunicazione dei dati all'Anagrafe tributaria da parte degli operatori finanziari di cui al predetto comma 6.

[234]  Codice in materia di protezione dei dati personali.

[235]  Articolo aggiunto dall’art. 5 del decreto legislativo n. 130/2000 recante Disposizioni correttive ed integrative del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109, in materia di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate.

[236]  Si ricorda che il citato articolo 35, comma 4 del D.Lgs. 165/2001 stabilisce che le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, ivi compresa l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, con organico superiore alle 200 unità, l'avvio delle procedure concorsuali è subordinato all'emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

      Il comma 4-bis del medesimo articolo 35 estende la procedura autorizzatoria tramite apposito D.P.C.M., prevista dal precedente comma 4 per l’avvio delle procedure di reclutamento del personale a tempo indeterminato, alle procedure di reclutamento dirette a selezionare personale a tempo determinato per contingenti superiori alle cinque unità, inclusi i contratti di formazione e lavoro, precisando che l’avvio delle procedure di reclutamento debba tener conto degli aspetti finanziari e dei criteri di cui al successivo articolo 36 (relativi ai limiti per l’utilizzazione di forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale) .

[237]  “Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell' articolo 375 del codice di procedura civile”.

[238]  “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30”.

[239]  “Interventi urgenti a sostegno dell'occupazione”. L’articolo 8, comma 3, in particolare prevede che, in materia di licenziamenti collettivi, gli accordi sindacali, al fine di evitare le riduzioni di personale, possono regolare il comando o il distacco di uno o più lavoratori dall'impresa ad altra per una durata temporanea.

[240]  Tale comma, nelle ipotesi di somministrazione irregolare, prevede che tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata. Tutti gli atti compiuti dal somministratore per la costituzione o la gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti dal soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione

[241]  Al riguardo, si osserva che ai sensi dell'articolo 211, il funzionario addetto all'ufficio quantifica l'importo dovuto per spese sulla base degli atti, dei registri, delle norme che individuano la somma da recuperare, e prende atto degli importi stabiliti nei provvedimenti giurisdizionali per le pene pecuniarie, per le sanzioni amministrative pecuniarie e per le sanzioni pecuniarie processuali, specificando le varie voci dell'importo complessivo. Ai sensi del successivo articolo 212, passato in giudicato o divenuto definitivo il provvedimento da cui sorge l'obbligo o, per le spese di mantenimento, cessata l'espiazione della pena in istituto, l'ufficio notifica al debitore l'invito al pagamento dell'importo dovuto, con espressa avvertenza che si procederà ad iscrizione a ruolo, in caso di mancato pagamento entro i termini stabiliti. Entro un mese dal passaggio in giudicato, o dalla definitività del provvedimento da cui sorge l'obbligo, o dalla cessazione dell'espiazione della pena in istituto, l'ufficio chiede la notifica, ai sensi dell'articolo 137 e seguenti del codice di procedura civile, dell'invito al pagamento cui è allegato il modello di pagamento. Nell'invito è fissato il termine di un mese per il pagamento ed è richiesto al debitore di depositare la ricevuta di versamento entro dieci giorni dall'avvenuto pagamento. Da ultimo, ai sensi dell'articolo 213 l'ufficio procede all'iscrizione a ruolo scaduto inutilmente il termine per l'adempimento, computato dall'avvenuta notifica dell'invito al pagamento e decorsi i dieci giorni per il deposito della ricevuta di versamento.

[242]  Le decisioni a ciò relative si fondano su una tecnica di gestione integrata dell’attivo e del passivo (cosiddetto Asset liability management) che prevede un’analisi articolata in quattro passaggi: - determinazione del rischio complessivo attuale, mediante raccolta dei dati sulla struttura del bilancio che individui, in un periodo pluriennale, le conseguenze derivanti dalla scadenza delle attività e delle passività in esso presenti; - effetto di possibili variazioni dei tassi d’interesse nel periodo considerato; - confronto tra il rischio effettivo risultante dalle analisi sub 1) e 2) con il rischio voluto, ossia il livello di rischio che s’intende affrontare; - eventuale introduzione di strumenti finanziari volti a ridurre l’esposizione al rischio, tenendo conto anche dei costi dei relativi contratti.

[243]  l primo si concreta, per i contratti di swap, in un andamento dei tassi d’interesse diverso dalle previsioni sulla cui base è stata impostata l’operazione. Esso risulta tanto maggiore quanto più lungo è l’orizzonte temporale del rapporto, che rende difficile prevedere gli andamenti futuri dei tassi e, quindi, la convenienza delle scelte da operarsi inizialmente. Per il suo contenimento possono essere utilizzate opzioni cap e collar, che accrescono ovviamente il costo del contratto. Qualora l’andamento del mercato sia diverso da quello atteso, è inoltre possibile valutare la convenienza dell’uscita da un’operazione di swap, che può realizzarsi attraverso un’operazione di effetto contrario (reversing), ovvero con la cessione ad un terzo (assigning) o, infine, con mediante accordo con la controparte per porre termine al contratto dietro pagamento del suo valore di mercato (unwinding). Il secondo si riferisce alla possibilità d’insolvenza della controparte con cui è stato stipulato il contratto. Esso può venire stimato sulla base del merito di credito (rating) di tale soggetto. Nell’esecuzione del contratto, è minore se i termini per la regolazione dei flussi di pagamento delle due parti coincidono (con versamento del solo differenziale). Sul complesso dei rapporti contrattuali può venire limitato attraverso un’opportuna diversificazione delle controparti.

[244]  In primo luogo, si è rilevato che lo sfasamento temporale esistente tra flussi di uscita e di entrate nei loro bilanci (a data tendenzialmente fissa i primi, con periodicità spesso irregolare i secondi, nella forma sia dei trasferimenti statali sia delle entrate proprie) impone una gestione indipendente di attivo e passivo. Inoltre si è osservato che nella gestione del passivo di tali enti può riuscire utile diversificare la struttura del debito, sovente concentrato in alcune categorie di tasso, con il principale fine di renderla più flessibile, riducendo i rischi connessi all’oscillazione, e di realizzare economie sugli interessi da pagare nel breve periodo. Per l’impiego di swap a questo fine si è rilevata l’esigenza di considerare non singole posizioni debitorie, bensì l’esposizione complessiva dell’ente; è stata ricordata altresì la necessità di analizzare previamente le tendenze del mercato per desumerne proiezioni di medio e lungo periodo sul possibile andamento dei tassi, di adottare obiettivi di copertura caratterizzati da basso livello di rischio, di verificare i risultati dell’operazione nel corso del suo svolgimento per rimodularne le caratteristiche secondo l’evoluzione del mercato. Inoltre, si è richiamata l’opportunità di comparare la convenienza dell’impiego degli strumenti finanziari derivati rispetto ad altre possibili forme di ristrutturazione del debito (estinzione o rinegoziazione) e, comunque, le diverse condizioni offerte dagli operatori e l’adeguatezza degli elementi dei contratti – la cui conformazione può essere modellata in aderenza alle specifiche necessità del caso – rispetto alle effettive esigenze dell’ente.

[245]  Le obbligazioni possono essere emesse esclusivamente a fronte di un preciso investimento chiaramente individuato, e il ricavo netto dell’emissione deve essere pari alla somma prevista nel quadro economico del progetto o delle acquisizioni che si intendono effettuare. L’emissione di titoli non può dunque essere in alcun caso operazione di acquisizione di mezzi finanziari non finalizzati.

[246]  È opportuno sottolineare che l'indebitamento mediante titoli degli enti territoriali si configura come raccolta di risparmio, definita dall'articolo 11, comma 1, del testo unico bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993) come l'attività che si esercita attraverso l'acquisizione di fondi con obbligo di restituzione sia sotto forma di depositi sia sotto altra forma. L'elemento qualificante della fattispecie è pertanto costituito dall'obbligo della restituzione, che vale a distinguere la raccolta di risparmio in oggetto dalla raccolta di risparmio cosiddetto "di rischio". Più specifico è invece il criterio che individua la nozione di "sollecitazione del pubblico risparmio", che presuppone un'operatività limitata ai mercati regolamentati.

[247]  A tal fine i predetti enti sono tenuti a comunicare periodicamente allo stesso Ministero i dati relativi alla propria situazione finanziaria. La definizione del contenuto e delle modalità del coordinamento nonché dell’invio dei dati sono demandate ad un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, recante altresì le norme relative all’ammortamento del debito e all’utilizzo degli strumenti derivati da parte dei succitati enti. A quest’adempimento si è provveduto con il decreto dei Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno 1° dicembre 2003, n. 389.

[248]  In tal modo, sono stati eliminati l'obbligo di emissione alla pari, prima vigente per i titoli obbligazionari degli enti territoriali, riconoscendosi agli enti stessi la facoltà di emettere prestiti caratterizzati da uno scarto di emissione, e l'obbligo di trasmettere al Ministero del tesoro - Direzione generale del tesoro (ora Ministero dell'economia e delle finanze), e per conoscenza al Ministero dell'interno, un’apposita comunicazione, che era condizione necessaria per il collocamento del prestito.

[249]  Tale regolamento prevede, all’articolo 1, che le province, i comuni, le unioni di comuni, le città metropolitane, le comunità montane e isolane, i consorzi tra enti territoriali e le regioni comunicano entro il giorno 15 dei mesi di febbraio, maggio, agosto e novembre di ogni anno al Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi all'utilizzo netto di forme di credito a breve termine presso il sistema bancario, ai mutui accesi con soggetti esterni alla pubblica amministrazione, alle operazioni derivate concluse e ai titoli obbligazionari emessi nonché alle operazioni di cartolarizzazione concluse. Il coordinamento dell'accesso dei predetti enti ai mercati dei capitali è svolto dal Ministero dell’economia e delle finanze limitatamente alle operazioni di finanziamento a medio e lungo termine o di cartolarizzazione di importo pari o superiore a 100 milioni di euro. A tal fine, gli enti comunicano le caratteristiche dell'operazione in preparazione al Dipartimento del Tesoro, che entro dieci giorni può indicare, con determinazione motivata, il momento più opportuno per l'attuazione dell'operazione. In mancanza, l'operazione potrà essere conclusa entro venti giorni dalla conferma della ricezione della comunicazione, nei casi di emissioni obbligazionarie eseguite sul mercato, e nei termini indicati dagli enti in tutti gli altri casi. Restano escluse dalla comunicazione preventiva le operazioni di provvista con oneri a carico del bilancio dello Stato, per le quali si applicano le specifiche disposizioni di legge. Nel caso di operazioni soggette al controllo del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), gli emittenti invieranno i dati simultaneamente al Dipartimento del Tesoro e al CICR, e l'eventuale formulazione di osservazioni da parte del Dipartimento del Tesoro dovrà avere luogo prima dell'autorizzazione rilasciata dal CICR. L’articolo 2 reca disposizioni sull’ammortamento del debito. L’articolo 3 riguarda specificamente le operazioni in strumenti derivati.

[250]  In primo luogo, è stato chiarito che sono sottoposte all’applicazione delle norme del regolamento soltanto le operazioni derivate effettuate e gli ammortamenti costituiti dagli enti territoriali successivamente alla data della sua entrata in vigore (4 febbraio 2004). Sono state inoltre enunziate alcune linee guida. Il criterio dell'attività di coordinamento dell'accesso al mercato svolta dal Ministero è stato individuato nella finalità di evitare la sovrapposizione di più soggetti pubblici sullo stesso segmento di mercato in un ristretto arco temporale, che potrebbe andare a detrimento delle condizioni di finanziamento. Per i criteri d’individuazione degli intermediari con i quali è ammissibile concludere i contratti relativi alla gestione di un fondo o allo swap per l'ammortamento del debito, la circolare precisa che il merito di credito (rating) deve essere certificato dalle agenzie riconosciute a livello internazionale, indicando attualmente: Standard & Poor's, Moody's e Fitch Ratings. Si raccomanda altresì di vincolare la scadenza degli investimenti alla durata del fondo di ammortamento. Gli enti sono invitati a considerare il costo totale dell'emissione obbligazionaria sia nella forma con rimborso unico a scadenza del capitale sia nella forma «amortising», e a valutare la relazione tra tale differenza di costo e il maggiore rischio derivante dalla costituzione del fondo o dello swap per l'ammortamento. La circolare ricorda altresì che le emissioni con rimborso unico, ancorché associate ad uno swap di ammortamento, pesano per l'intero ammontare fino alla scadenza ai fini delle rilevazioni del debito pubblico operate da Eurostat.

[251]  Nello swap plain vanilla una delle controparti riceve periodicamente (di solito ogni semestre) un pagamento variabile legato ad un indice (ad es. Libor), e paga un tasso d’interesse fisso (ad es. il rendimento di una particolare categoria di titoli di Stato aumentato di un differenziale).

[252]  Si tratta di comuni, province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane, unioni di comuni e consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale (articolo 2 del D.Lgs. n. 267 del 2000).

[253]  Ai sensi del comma 2 dell’articolo 1 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, recante il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) per «strumenti finanziari» si intendono:

a)    valori mobiliari;

b)    strumenti del mercato monetario;

c)     quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio;

d)    contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, o ad altri strumenti derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

e)    contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto;

f)      contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap» e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna del sottostante e che sono negoziati su un mercato regolamentato e/o in un sistema multilaterale di negoziazione;

g)    contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», contratti a termine («forward») e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna fisica del sottostante, diversi da quelli indicati alla lettera f) che non hanno scopi commerciali, e aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini;

h)    strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito;

i)      contratti finanziari differenziali;

j)      contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», contratti a termine sui tassi d'interesse e altri contratti derivati connessi a variabili climatiche, tariffe di trasporto, quote di emissione, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali, il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto, nonché altri contratti derivati connessi a beni, diritti, obblighi, indici e misure, diversi da quelli indicati alle lettere precedenti, aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini.

      Ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del TUF, per “strumenti finanziari derivati” devono intendersi gli strumenti finanziari previsti dal sopra richiamato comma 2, lettere d), e), f), g), h), i) e j) nonché gli strumenti finanziari previsti dal comma 1-bis, lettera d) dell’articolo 1 del TUF.

      Secondo il comma 2-bis dell’articolo 1 del TUF, il Ministro dell'economia e delle finanze, con il regolamento di cui all'articolo 18, comma 5, individua:

a)    gli altri contratti derivati di cui al comma 2, lettera g), aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o soggetti a regolari richiami di margine;

b)    gli altri contratti derivati di cui al comma 2, lettera j), aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o soggetti a regolari richiami di margine.

      In generale, con la definizione di “strumenti finanziari derivati” s’intendono attività finanziarie il cui valore è determinato da quello di altri titoli scambiati sul mercato. Tra questi, gli strumenti negoziati sui mercati regolamentati sono i futures e le opzioni; quelli scambiati sui mercati non regolamentati (over-the-counter), rappresentati da contratti stipulati fra due parti, sono gli swap e i contratti forward.

[254]OM(2006)910

[255]   Vedi scheda relativa all’articolo 3.

[256]  Il cosiddetto metodo Lamfalussy è un modello decisionale che trova applicazione per l’adozione e l’attuazione degli atti legislativi comunitari nel settore dei servizi finanziari (valori mobiliari, banche e assicurazioni). In particolare, il modello prevede l’articolazione del processo decisionale in quattro livelli:

·       al primo livello si colloca l’attività legislativa in senso stretto (adozione di regolamenti o direttive secondo la procedura di codecisione). In questa fase, in relazione al settore mobiliare, la Commissione consulta, prima di presentare le relative proposte legislative, il Comitato europeo dei valori mobiliari (ESC), composto di rappresentanti di ciascuno Stato membro;

·       al secondo livello intervengono le disposizioni di attuazione poste in essere dalla Commissione, sulla base della delega contenuta nell’atto legislativo, in conformità alla procedura di regolamentazione (ora di regolamentazione con controllo). In questa fase la Commissione, sulla base di un parere tecnico del Comitato europeo dei regolatori dei valori mobiliari (CESR), composto di rappresentanti delle autorità nazionali di regolamentazione e vigilanza nel settore, predispone un progetto di misure esecutive e lo sottopone al Comitato europeo dei valori mobiliari (ESC), che esprime un parere;

·       il terzo livello decisionale consiste, per quanto riguarda il settore mobiliare, nel coordinamento, in via informale in seno al CESR, delle attività delle autorità nazionali di regolazione e vigilanza sui valori mobiliari, al fine di garantire un recepimento uniforme e coerente delle disposizioni adottate ai primi due livelli;

·       al quarto livello decisionale si colloca, infine, l’attività di attuazione, in via legislativa e amministrativa, delle norme comunitarie da parte degli Stati membri e il relativo controllo della Commissione europea.

[257]  La decisione 2006/512/CE ha introdotto, infatti, una specifica procedura di “regolamentazione con controllo”, per l’adozione delle misure di esecuzione di atti legislativi adottati in codecisione, quale è il caso della direttiva 2004/39/CE. Conseguentemente, tali atti legislativi devono essere modificati al fine di prevedere il ricorso alla procedura in questione, la quale assicura al Parlamento europeo e al Consiglio un potere di controllo e di rigetto delle misure di esecuzione proposte dalla Commissione.

      Viene inoltre abolito il limite di durata per la delega delle competenze di esecuzione alla Commissione attualmente previsto.

[258]  Si tratta,in particolare, degli standard minimi di qualità che il meccanismo di stoccaggio nazionale deve rispettare e delle condizioni per il funzionamento di una rete paneuropea di tali meccanismi nazionali (cfr. art. 21 della direttiva)

[259]  COM(2005)629.

[260]  Il Libro bianco descrive le priorità della Commissione nel periodo considerato individuando i seguenti obiettivi:

-        perseguire un consolidamento dinamico volto a costituire un mercato finanziario UE integrato, aperto, inclusivo, competitivo ed efficiente sotto il profilo economico;

-        sopprimere le rimanenti barriere aventi rilevanza economica, per consentire la prestazione dei servizi finanziari e la circolazione dei capitali in tutta l’UE al minor costo possibile, a livelli prudenziali efficaci e con un’efficiente applicazione della normativa, assicurando in tal modo alti livelli di stabilità finanziaria, vantaggi per gli utenti e protezione dei consumatori;

-        attuare, far applicare e sottoporre a valutazione continua la normativa in vigore e seguire con rigore, nelle future iniziative, l’impegno a “legiferare meglio”;

-        potenziare la cooperazione e la convergenza nella vigilanza all’interno dell’UE, approfondire le relazioni con gli altri mercati finanziari globali e rafforzare l’influsso dell’Europa nel mondo.

[261]  Direttiva 2006/48/CE del 14 giugno 2006, relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi ed al suo esercizio (rifusione).

[262]  Direttiva 2006/49/CE del 14 giugno 2006, relativa all’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi (rifusione).

[263]  Con il contratto di locazione della nave a scafo nudo il proprietario è esonerato dall’armamento ed equipaggiamento della nave. Tale contratto si differenzia dal contratto di noleggio con il quale il proprietario si obbliga ad armare ed equipaggiare la nave, a porre la stessa in stato di navigabilità per il compimento del viaggio ed a provvederla dei prescritti documenti.

[264]  Il comma 2 dello stesso articolo 157 del TUIR prevede inoltre che il reddito delle navi, per i giorni in cui le stesse sono state locate a scafo nudo, deve essere determinato in modo analitico.

[265]  D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

[266]  Il Gruppo europeo di interesse economico (GEIE) è disciplinato dal D.Lgs. 23 luglio 1991, n. 240, recante “Norme per l'applicazione del regolamento n. 85/2137/CEE relativo all'istituzione di un Gruppo europeo di interesse economico GEIE, ai sensi dell'art. 17 della legge 29 dicembre 1990, n. 428”. Il Gruppo deve essere costituito da soggetti (persone fisiche o giuridiche) appartenenti ad almeno due Stati membri differenti, allo scopo di facilitare o sviluppare le attività economiche dei suoi membri, mettendo in comune risorse, attività, esperienze.

[267]  Il regime di trasparenza fiscale, disciplinato dall’articolo 115 del TUIR, è un regime opzionale, in applicazione del quale le società di capitali, le cooperative e le società di mutua assicurazione, partecipate, in misura non inferiore al 10 per cento né superiore al 50 per cento, da altre analoghe società, imputano il reddito complessivo prodotto direttamente a ciascun socio, proporzionalmente alla partecipazione agli utili e indipendentemente dalla loro effettiva percezione. L’opzione può inoltre essere esercitata dalle società a responsabilità limitata e cooperative con volume di ricavi non superiore a determinati limiti e compagine sociale composta esclusivamente da persone fisiche, in numero non superiore a 10 (20 nel caso di società cooperative).

[268]  L’ammortamento è una procedura che consente di ripartire, ai soli fini fiscali, il costo sostenuto per l’acquisto di beni con utilità pluriennale in quote annue.

[269]  Si veda il D.M. 31 dicembre 1988 (Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 febbraio 1989, n. 27).

[270]  Si tratta delle aree ammissibili alle deroghe previste alle lettere a) e c) del paragrafo 3, dell’articolo 87 del Trattato istitutivo della Comunità europea, che dispone la compatibilità degli aiuti volti a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione (con PIL inferiore al 75% della media UE a 25); e ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse. Tali aree sono individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2000-2006. Si segnala che tale Carta degli aiuti è stata aggiornata con la nuova programmazione dei fondi comunitari 2007-2013, a seguito dell’approvazione da parte della Commissione dell’Unione europea degli “Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale” (pubblicati nella GUUE serie C n. 54 del 4 marzo 2006).

[271]  Ai sensi dell’articolo 2, lettera f), del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002 si definisce "lavoratore svantaggiato" qualsiasi persona appartenente ad una categoria che abbia difficoltà ad entrare, senza assistenza, nel mercato del lavoro, vale a dire ogni persona che soddisfi almeno uno dei criteri seguenti: a) qualsiasi giovane che abbia meno di 25 anni o che abbia completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e che non abbia ancora ottenuto il primo impiego retribuito regolarmente; b) qualsiasi lavoratore migrante che si sposti o si sia spostato all'interno della Comunità o divenga residente nella Comunità per assumervi un lavoro; c) qualsiasi persona appartenente ad una minoranza etnica di uno Stato membro che debba migliorare le sue conoscenze linguistiche, la sua formazione professionale o la sua esperienza lavorativa per incrementare le possibilità di ottenere un'occupazione stabile; d) qualsiasi persona che desideri intraprendere o riprendere un'attività lavorativa e che non abbia lavorato, né seguito corsi di formazione, per almeno due anni, in particolare qualsiasi persona che abbia lasciato il lavoro per la difficoltà di conciliare vita lavorativa e vita familiare; e) qualsiasi persona adulta che viva sola con uno o più figli a carico; f) qualsiasi persona priva di un titolo di studio di livello secondario superiore o equivalente, priva di un posto di lavoro o in procinto di perderlo; g) qualsiasi persona di più di 50 anni priva di un posto di lavoro o in procinto di perderlo; h) qualsiasi disoccupato di lungo periodo, ossia una persona senza lavoro per 12 dei 16 mesi precedenti, o per 6 degli 8 mesi precedenti nel caso di persone di meno di 25 anni; i) qualsiasi persona riconosciuta come affetta, al momento o in passato, da una dipendenza ai sensi della legislazione nazionale; l) qualsiasi persona che non abbia ottenuto il primo impiego retribuito regolarmente da quando è stata sottoposta a una pena detentiva o a un'altra sanzione penale; m) qualsiasi donna di un'area geografica al livello NUTS II nella quale il tasso medio di disoccupazione superi il 100% della media comunitaria da almeno due anni civili e nella quale la disoccupazione femminile abbia superato il 150% del tasso di disoccupazione maschile dell'area considerata per almeno due dei tre anni civili precedenti.

[272]  Ai sensi dell’articolo 74 del TUIR (DPR n. 917 del 1986).

[273]  Secondo la definizione dell’articolo 2359 del codice civile.

[274]  La norma fa espresso riferimento al caso dell’interposta persona.

[275]  Ai sensi del D.Lgs n. 241 del 1997.

[276]  Articolo 61 e articolo 109, comma 5, del TUIR.

[277]  Individuati ai sensi della L. n. 104 del 1992.

[278]  Istituito con legge n. 289 del 2002, arti. 61 (legge finanziaria per il 2003). Per una ricostruzione normativa del Fondo si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 120 del presente dossier.

[279]  Si ricorda che il Trattato istitutivo della Comunità europea prevede una procedura – prescritta all’articolo 88, paragrafo 3 – secondo la quale alla Commissione devono essere comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare gli aiuti. In ogni caso, lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale da parte della Commissione europea.

[280]  Raccomandazione 2005/601/CE, relativa agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità (per il periodo 2005-2008).

[281]  L’articolo 99 del Trattato istitutivo della Comunità europea prevede che, sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su raccomandazione della Commissione, adotta una raccomandazione che definisce gli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri. Il Consiglio, sulla base di relazioni presentate dalla Commissione, sorveglia l’evoluzione economica in ciascuno degli Stati membri e nella Comunità, nonché la coerenza delle politiche economiche con gli indirizzi di massima e procede regolarmente ad una valutazione globale.

[282]  Decisione 2005/600/CE sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione.

[283]  L’invito è stato pubblicato in GUCE C210 dell’8 settembre 2007. Le proposte di modifica sono intese a semplificare e a consolidare in un unico testo cinque differenti tipi di esenzione esistenti - aiuti alle PMI, alla ricerca e sviluppo per le PMI, aiuti per l’occupazione, per la formazione e aiuti regionali - e ad estendere il campo d’applicazione di tali esenzioni ad ulteriori tre settori (aiuti a tutela dell’ambiente, aiuti sotto forma di rischio di capitale e aiuti per la ricerca e sviluppo anche in favore delle grandi imprese).

[284]  Le disposizioni riguardanti la procedura per l’adozione di regolamenti di esenzione da parte della Commissione sono stabilite agli articoli 6 e 8 del regolamento n. 994/98 del 7 maggio 1998 sull’applicazione degli articoli 92 e 93 TCE a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali.

[285]  Si ricorda che, a seguito di osservazioni sollevate dalla Commissione europea, la sperimentazione delle ZFU non è stata ancora avviata. Peraltro, l’operatività del Fondo non risultava possibile per l’anno 2007, in quanto l’appostazione di bilancio nello stato di previsione del Ministero dell’economia, pari a 50 milioni, era prevista per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

[286]  Tale tipologia di impresa è definita dalla Raccomandazione 2003/361/CE del 6 maggio 2003, secondo la quale la categoria delle piccole imprese prevede l’impiego di meno di 50 persone e un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro, mentre la categoria della microimpresa prevede l’impiego di meno di 10 persone, con un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo inferiori ai 2 milioni di euro.

[287]  Si ricorda che i Sistemi locali di lavoro (SLL) rappresentano aggregazioni di comuni contigui, geograficamente e statisticamente comparabili, caratterizzati dal maggiore addensamento della popolazione per motivi di lavoro. Tali aggregazioni derivano da una ricerca dell’ISTAT condotta con altri istituti di ricerca e ricavati da appositi quesiti posti nel censimento generale del ’91.

[288]  La disposizione relativa al limite di reddito esente è stata introdotta dalla Commissione 5a del Senato.

[289]  Cfr. nota 3.

[290]  La disposizione relativa all’estensione delle agevolazioni anche ai titolari di reddito autonomo è stata introdotta dalla Commissione 5a al Senato.

[291]  Previsto dal Regolamento 2006/1998/CE del 15 dicembre 2006. Tale norma è stata introdotta a seguito del Regolamento 994/98/CE, che conferisce facoltà alla Commissione europea di stabilire, mediante un regolamento, una soglia al di sotto della quale gli aiuti di stato non rientrano più nel campo di applicazione dell'articolo 87, paragrafo 1, che reca i criteri per la compatibilità degli stessi con il mercato comune, e sono pertanto dispensati dalla procedura di cui all'articolo 88, paragrafo 3, che contempla l'obbligo di notificare gli aiuti di Stato alla Commissione europea al fine di stabilirne la compatibilità con il mercato comune sulla base dei criteri dell'articolo 87, paragrafo 1. Con il Regolamento 69/2001 la Commissione aveva fissato tale soglia a 100.000 euro su un periodo di tre anni. Il Regolamento 1998/2006 ha raddoppiato tale soglia portandola a 200.000 euro.

[292]  In particolare, si prevede che l’identificazione, la perimetrazione e la selezione delle zone franche urbane venga definita sulla base di parametri socio-economici.

[293]  Modifica introdotta dalla Commissione 5a al Senato.

[294]  L'art. 88, par. 3, del Trattato CE prevede che siano comunicati alla Commissione, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. In attesa della decisione finale, non si può dare comunque esecuzione alle misure agevolative. Tale obbligo di notifica rappresenta il c.d. obbligo di standstill e determina la possibilità di ricorso al giudice nazionale da parte delle imprese concorrenti destinatarie dell’aiuto.

[295]  Tale legge, in materia di investimenti, contiene la delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali.

[296]  Si veda il dossier Politiche dell’Unione europea “Agenda territoriale dell’UE e Carta di Lipsia sulle città”, n. 16, del 20 giugno 2007, a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea.

[297]  Il diritto di uso – disciplinato dall’art. 1021 c.c – è analogo all’usufrutto, ma ha un contenuto più ristretto: esso attribuisce al suo titolare (c.d. usuario) il potere di servirsi di un bene mobile o immobile e, se esso è fruttifero, di raccoglierne i frutti, ma solo limitatamente a quanto occorre ai bisogni suoi e della sua famiglia.

[298]  Ai sensi degli artt. 1571 e ss. c.c., la locazione è il contratto con il quale una parte (c.d. locatore) si obbliga a far godere all’altra (c.d. locatario o conduttore) una cosa mobile o immobile, per un dato periodo di tempo, verso un determinato corrispettivo (il canone di locazione).

[299]  La valutazione del costo d’uso è finalizzata all’iscrizione della relativa posta nel Fondo unico istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, dall’articolo 1, comma 205, della citata legge n. 296 del 2006.

[300]  Si rammenta che il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59), stabilisce (articolo 64, comma 3) che l’Agenzia del territorio gestisca l’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI). L’Osservatorio ha il duplice obiettivo di concorrere alla trasparenza del mercato immobiliare e di fornire elementi informativi alle attività dell’Agenzia del territorio nel campo dei processi estimali. Ciò avviene, da un lato, mediante la gestione di una banca dati delle quotazioni immobiliari, che fornisce una rilevazione indipendente, sull’intero territorio nazionale, delle quotazioni dei valori immobiliari e delle locazioni, dall’altro, valorizzando a fini statistici e di conoscenza del mercato immobiliare le banche dati disponibili nell’amministrazione e, più in generale, assicurando la realizzazione di analisi e studi.