Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Amnistia e indulto (A.C. 525 e abb.) - Lavori preparatori della Legge n. 241/2006 - Iter alla Camera (parte I)
Riferimenti:
L n. 241 del 31-LUG-06   AC n. 372/XV
AC n. 662/XV   AC n. 663/XV
AC n. 665/XV   AC n. 1122/XV
AC n. 1266/XV   AC n. 1323/XV
AC n. 1333/XV   AC n. 525/XV
Serie: Progetti di legge    Numero: 14    Progressivo: 2
Data: 25/09/2006
Descrittori:
AMNISTIA GRAZIA INDULTO     
Organi della Camera: II-Giustizia
Altri riferimenti:
L n. 241 del 31-LUG-06     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Amnistia e indulto

Lavori preparatori della

Legge n. 241 del 31 Luglio 2006

Iter alla Camera

 

 

 

 

 

n. 14/2

parte prima

 

25 settembre 2006

 


 

La collana si compone dei seguenti dossier:

n. 14 (schede di lettura e riferimenti normativi dell’A.C. 525 e abb.)

14/1 ( i lavori preparatori nella XIV Legislatura)

14/2 (lavori preparatori della Legge n. 241 del 31 Luglio 2006, suddiviso in due parti: la parte prima contiene l’iter alla Camera; la parte seconda  contiene l’iter al Senato).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento giustizia

SIWEB

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

 

File: gi0007aa.doc

 

 


INDICE

 

Legge n. 241 del 31 Luglio 2006

Iter alla Camera

Progetti di legge

§      A.C. 372, (on. Jannone), Concessione di indulto revocabile  9

§      A.C. 525, (on. Buemi ed altri), Concessione di amnistia e di indulto  13

§      A.C. 662, (on. Boato), Concessione di amnistia e di indulto  19

§      A.C. 663, (on. Boato), Concessione di amnistia condizionata e di indulto  33

§      A.C. 665, (on. Forlani ed altri), Concessione di amnistia e di indulto  49

§      A.C. 1122, (on. Giordano ed altri), Concessione di amnistia condizionata e di indulto revocabile  59

§      A.C. 1266, (on. Capotasti ed altri), Concessione di amnistia e di indulto  71

§      A.C. 1323, (on. Crapolicchio ed altri), Concessione di amnistia e di indulto  84

§      A.C. 1333, (on. Balducci e Zanella), Concessione di amnistia e di indulto  98

Esame in sede referente

-       II Commissione (Giustizia)

Seduta del 4 luglio 2006  109

Seduta del 6 luglio 2006  121

Seduta dell’11 luglio 2006  127

Seduta del 18 luglio 2006  131

Esame in Assemblea

Seduta del 18 luglio 2006 (Deliberazione sulla richiesta di stralcio relativa alle proposte di legge nn. 525, 662, 663, 665, 1122, 1266, 1323 e 1333)143

Progetti di legge derivati dallo stralcio

§      A.C. 525-bis, (on. Buemi ed altri), Concessione di indulto  157

§      A.C. 662-bis, (on. Boato), Concessione di indulto  159

§      A.C. 663-bis, (on. Boato), Concessione di indulto  161

§      A.C. 665-bis, (on. Forlani ed altri), Concessione di indulto  163

§      A.C. 1122-bis, (on. Giordano ed altri), Concessione di indulto revocabile  167

§      A.C. 1266-bis, (on. Capotasti ed altri), Concessione di indulto  169

§      A.C. 1323-bis, (on. Crapolicchio ed altri), Concessione di indulto  177

§      A.C. 1333-bis, (on. Balducci e Zanella), Concessione di indulto  181

Esame in sede referente

-       II Commissione (Giustizia)

Seduta del 19 luglio 2006  182

Esame in sede consultiva

§      Pareri resi alla II Commissione (Giustizia)

-       I Commissione (Affari costituzionali)

Seduta del 19 luglio 2006  189

-       V Commissione (Bilancio e tesoro)

Seduta del 19 luglio 2006  191

-       XII Commissione (Affari sociali)

Seduta del 19 luglio 2006  195

§      Pareri resi all’Assemblea

-       I Commissione (Affari costituzionali])

Seduta del 25 luglio 2006  199

-       V Commissione (Bilancio e tesoro])

Seduta del 25 luglio 2006  201

Relazione della II Commissione Giustizia

§      A.C N. 525-bis, 372, 662-bis, 663-bis, 665-bis, 1122-bis, 1266-bis, 1323-bis, 1333-bis-A  207

Esame in Assemblea

Seduta del 24 luglio 2006  217

Seduta del 25 luglio 2006  267

Seduta del 26 luglio 2006  375

Seduta del 27 luglio 2006  487

 


Legge n. 241 del 31 Luglio 2006

 


Legge 31 luglio 2006, n. 241

Concessione di indulto

 

pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 176 del 31 luglio 2006

 

Art. 1.

1. E' concesso indulto, per tutti i reati commessi fino a tutto il 2 maggio 2006, nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10.000 euro per quelle pecuniarie sole o congiunte a pene detentive. Non si applicano le esclusioni di cui all'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

2. L'indulto non si applica:

a) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 270 (associazioni sovversive), primo comma;

2) 270-bis (associazioni con finalita' di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico);

3) 270-quater (arruolamento con finalita' di terrorismo anche internazionale);

4) 270-quinquies (addestramento ad attivita' con finalita' di terrorismo anche internzionale);

5) 280 (attentato per finalita' terroristiche o di eversione);

6) 280-bis (atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi);

7) 285 (devastazione, saccheggio e strage);

8) 289-bis (sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione);

9) 306 (banda armata); 10) 416, sesto comma (associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale); 11) 416-bis (associazione di tipo mafioso);

12) 422 (strage);

13) 600 (riduzione o mantenimento in schiavitu' o in servitu);

14) 600-bis (prostituzione minorile);

15) 600-ter (pornografia minorile), anche nell'ipotesi prevista dall'articolo 600-quater.1 del codice penale;

16) 600-quater (detenzione di materiale pornografico), anche nell'ipotesi prevista dall'articolo 600-quater.1 del codice penale, sempre che il delitto sia aggravato ai sensi del secondo comma del medesimo articolo 600-quater;

17) 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile);

18) 601 (tratta di persone);

19) 602 (acquisto e alienazione di schiavi);

20) 609-bis (violenza sessuale);

21) 609-quater (atti sessuali con minorenne);

22) 609-quinquies (corruzione di minorenne);

23) 609-octies (violenza sessuale di gruppo);

24) 630 (sequestro di persona a scopo di estorsione), commi primo, secondo e terzo;

25) 644 (usura);

26) 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilita' provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope;

b) per i delitti riguardanti la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all'articolo 73 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, aggravati ai sensi dell'articolo 80, comma 1, lettera a), e comma 2, del medesimo testo unico, nonche' per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74 del citato testo unico, in tutte le ipotesi previste dai commi 1, 4 e 5 del medesimo articolo 74;

c) per i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, da1la legge 6 febbraio 1980, n. 15, e successive modificazioni;

d) per i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni;

e) per i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 3 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205.

3. Il beneficio dell'indulto e' revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

4. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 


Iter alla Camera

 


Progetti di legge

 


N. 372

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato JANNONE

¾

 

Concessione di indulto revocabile

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il 3 maggio 2006

¾¾¾¾¾¾¾¾

 



Onorevoli Colleghi! - La popolazione carceraria vive in un contesto di costante emergenza. Troppo spesso il sovraffollamento degli istituti di pena e l'inadeguatezza delle strutture ledono la dignità non solo di quanti sono chiamati a scontare una pena reclusiva, ma anche di coloro che in carcere lavorano e operano, così come sono causa di disagio per le famiglie coinvolte. La dignità della persona, anche della persona che ha commesso un reato, va sempre salvaguardata; sarebbe grave se il carcere fosse considerato una parte a se stante dello Stato e se i cittadini che lo popolano, a diverso titolo, non dovessero godere dei medesimi diritti riconosciuti a ogni uomo dal dettato costituzionale.

Proprio l'articolo 27 della Costituzione sancisce che: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».

Risulta quindi evidente che le condizioni in cui il cittadino è chiamato a scontare una pena detentiva non possono in alcun caso ledere la dignità della persona e devono comunque avere come fine ultimo il reinserimento nella società al termine della condanna.

Il sovraffollamento carcerario costringe alla coabitazione forzata in spazi inadatti un numero di detenuti eccessivo, rendendo la convivenza più difficile ed enfatizzando gli aspetti deteriori della pena.

L'altissimo richiamo ad un tangibile «segno di clemenza» da parte del Santo Padre, in occasione della visita del 14 novembre 2002 al Parlamento italiano, ha

 

certamente scosso le coscienze dell'Assemblea e ha fornito ulteriori motivazioni per il ricorso a un provvedimento legislativo straordinario.

Non sfugge che agli aspetti pragmaticamente utili dell'atto di indulto corrisponda senz'altro la condivisione di molte tra le motivazioni di coloro che si professano contrari a provvedimenti di clemenza assunti con eccessiva magnanimità e costanza temporale.

Tuttavia, l'eccezionalità della situazione delle carceri giustifica un provvedimento che va considerato nella sua emergenza contingente.

La presente proposta di legge prevede in ogni caso la revoca immediata dell'indulto in caso di recidiva, in modo tale da costituire un deterrente finalizzato al recupero dei condannati e nel contempo a evitare nuovi sconfinamenti nell'illegalità.



 

 


 


proposta di legge

¾¾¾

 

 

Art. 1.

1. È concesso indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 15 mila euro per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive.

Art. 2.

1. Il beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha beneficiato commette, entro sette anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

Art. 3.

1. L'indulto ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il 2 maggio 2006.

 

 

 

 


 

 

N. 525

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato

BUEMI, D’ELIA, VILLETTI, TURCI, BONINO, BOSELLI, CAPEZZONE, ANTINUCCI, BELTRANDI, CREMA, DI GIOIA, MANCINI, ANGELO PIAZZA, PORETTI, SCHIETROMA, TURCO

¾

 

Concessione di amnistia e di indulto

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata l’8 maggio 2006

¾¾¾¾¾¾¾¾

 

 

 


Onorevoli Colleghi! - La disastrosa situazione delle carceri e, più in generale, la non-amministrazione della giustizia costituiscono ormai la prima e principale questione sociale del nostro Paese, questione per cui lo Stato italiano è condannato dalla giustizia europea, ogni anno e per centinaia di volte negli ultimi vent'anni, per violazione di diritti umani fondamentali.

Il 30 novembre scorso il Consiglio d'Europa ha infatti denunciato che «i ritardi della giustizia in Italia sono causa di numerose violazioni della Convenzione europea dei diritti dell'uomo sin dal 1980» e che tali ritardi «costituiscono un pericolo effettivo per il rispetto dello Stato di diritto in Italia».

Secondo i dati sull'amministrazione della giustizia, ad oggi, risultano pendenti quasi dieci milioni di processi, di cui circa quattro milioni civili e sei milioni penali. Commentando questi dati, il Procuratore generale Francesco Favara ha svolto queste considerazioni: «Se si pensa che per ogni causa civile vi sono almeno due parti interessate (ma spesso ve ne sono tante altre), e che ogni processo penale coinvolge un numero di persone, come imputati o come parti lese, certamente superiore a quella grande cifra che ho sopra indicato, si ha subito la sensazione concreta della entità dell'interesse - e del malcontento - che per la giustizia hanno i cittadini. Non senza poi considerare le spese e i costi materiali e le ansie che i processi comportano per ciascuno di essi».

È comunque fuori da ogni ragionevole dubbio, in vario modo e in varia misura, che almeno dieci milioni di famiglie - stiamo parlando di oltre un terzo della

 

popolazione italiana! - nel loro vissuto e nella loro vita attuale, hanno sofferto, spesso in modo atroce, per il loro coinvolgimento nella giustizia e nell'ordinamento penitenziario.

Non si tratta solo della condizione delle carceri, nelle quali 60.000 detenuti, un record nella storia repubblicana, sono ammassati in celle che potrebbero ospitarne a malapena 42.000; si tratta anche e soprattutto della vita e della dignità di milioni di cittadini italiani, in attesa da molti anni di una decisione giudiziaria. Tra la data del delitto e quella della sentenza la durata media è di 35 mesi per il primo grado del processo e di 65 mesi per l'appello. I tempi di attesa sono ancora più lunghi nel campo della giustizia civile.

Con la «Marcia di Natale» del 2005, promossa da Marco Pannella, per la prima volta in Italia è stata denunciata con forza questa realtà, e si è manifestato per dare voce alle persone che ne sono vittima, che sono sia le vittime di reati che restano impuniti, sia le vittime di processi che non si celebrano in tempi ragionevoli e che sono destinati a risolversi per prescrizione, come è accaduto a un milione di processi penali negli ultimi cinque anni.

Ma se molti sono i reati che vengono prescritti, assai di più sono quelli che non vengono neppure perseguiti: nel 2005 i delitti denunciati sono stati 2.855.372, tra cui circa un milione e mezzo di furti, la quasi totalità dei quali resta impunita per essere rimasti ignoti gli autori. Da questi dati emerge che il sistema attuale di contrasto alla criminalità nel nostro Paese, bene che vada, riguarda oggi solo il 10 o il 20 per cento del problema.

Coloro i quali hanno veramente a cuore il problema della sicurezza sociale sanno che la soluzione non sta quindi nella politica propagandistica sulla «certezza della pena», intesa banalmente come lo «sbattere in cella e buttare via la chiave», ma in quella volta ad aumentare la probabilità che chi ha commesso un delitto sia individuato e ne risponda in un'aula di giustizia. È il processo, non l'entità o la durata della pena, il vero deterrente contro la criminalità.

Chi si oppone all'amnistia e all'indulto dimentica che in molti casi è il carcere stesso a portare alla commissione di nuovi reati. I dati dicono che mentre la percentuale della recidiva è del 75 per cento nei casi di detenuti che scontano per intero la condanna in carcere, questa si abbassa drasticamente al 27 per cento nel caso di tossicodipendenti condannati che scontano la condanna o una parte di essa in affidamento ai servizi sociali e al 12 per cento nel caso di non tossicodipendenti affidati ai servizi sociali.

L'amnistia e l'indulto, dunque, non sono contraddittori con l'attenzione ai problemi della sicurezza. Investire sul recupero e sulla prevenzione è la vera politica per la sicurezza, una politica meno costosa socialmente, umanamente ed economicamente. Tenere una persona in carcere, peraltro nelle attuali condizioni miserevoli e spesso illegali (basti pensare che il nuovo regolamento penitenziario, predisposto nel 2000 e che doveva entrare in vigore entro il 2005, è rimasto lettera morta), costa 63.875 euro l'anno, in gran parte per la struttura, mentre per il vitto di ogni recluso si spendono mediamente solo 1,58 euro al giorno. Tenere un tossicodipendente in carcere (e sono almeno 18.000) costa il quadruplo che assisterlo in una comunità o affidarlo a un servizio pubblico.

Attualmente sono 60.000 i detenuti nel nostro Paese. Altre 50.000 persone sono sottoposte a misure alternative alla detenzione, mentre 70-80.000 persone sono in attesa della decisione del giudice circa la possibilità di scontare la condanna in misura alternativa. II totale ammonta a 180-190.000 persone, il che porterebbe, nel volgere di 15 anni, a una crescita esponenziale della popolazione carceraria fino a sei volte quella attuale. Come se non bastasse, si calcola che con le disposizioni sulla recidiva contenute nella cosiddetta «legge ex Cirielli», approvata dal Parlamento alla fine della scorsa legislatura, entreranno in carcere altri 20.000 detenuti. Lo stesso ex Ministro della giustizia Castelli si era dichiarato allarmato di questa prospettiva e aveva chiesto al Governo interventi straordinari che non potevano (e non possono) consistere nella costruzione di nuove carceri, dato che le nuove carceri appena aperte o in via di apertura (una decina in tutto) sono in grado, tutt'al più, di risolvere il problema di due o tremila detenuti tuttora ristretti in «loculi» sovraffollati e invivibili, mentre quelle da mettere eventualmente in cantiere saranno «pronte» fra quindici anni.

Ogni giorno vi sono casi clamorosi di veri e propri omicidi colposi o preterintenzionali di detenuti per lo più malati, lasciati per violazione delle leggi alla violenza di agonia e di morte. Lo Stato è l'origine, la causa consapevole di questa realtà, senza alcun dubbio criminale e criminogena.

Nelle carceri italiane il 7,5 per cento dei detenuti è sieropositivo, il 38 per cento positivo al test per l'epatite C e il 50 per cento a quello per l'epatite B, il 7 per cento presenta l'infezione in atto e il 18 per cento risulta positivo al test della TBC. Nel corso del 2004 vi sono stati almeno 52 suicidi, 713 tentati suicidi, 5.939 episodi di autolesionismo, 10.268 gli scioperi della fame e manifestazioni di protesta. La percentuale di suicidi in carcere è superiore di 19 volte a quella registrata fuori! Nel 2005 i suicidi sono stati almeno 57, senza tenere conto di altri 22 casi di detenuti morti per «cause non ancora accertate», cioè per i quali sono in corso inchieste della magistratura volte ad accertare i reali motivi del decesso. Nei primi tre mesi del 2006 si sono tolti la vita almeno 14 detenuti, mentre altri 6 sono morti per malattia o, sarebbe meglio dire, a causa di una assistenza sanitaria disastrata e di una situazione di emergenza determinata dal taglio dei fondi della sanità penitenziaria, che sono diminuiti del 20 per cento negli ultimi anni, a fronte dell'aumento dei detenuti.

Grave ed intollerabile è anche la situazione degli altri soggetti che «risiedono» nelle strutture carcerarie, gli operatori pubblici dell'amministrazione, per primi gli agenti della polizia penitenziaria.

L'immensa gravità della realtà sociale che questi dati sull'amministrazione della giustizia e del carcere svelano è tale anche perché la cultura dominante della classe dirigente, politica e no, da decenni (e in questi anni in un crescendo letteralmente spaventoso), la risolve in pratica negandola, comunque condannandola alla clandestinità e al silenzio.

Non è più morale, e legale, subire inerti questa tragedia.

In questo contesto, la concessione dell'amnistia e dell'indulto non è un atto di clemenza, è innanzitutto un atto volto al ripristino della legalità e al buon governo dell'amministrazione della giustizia e del carcere, per rispondere a una situazione di emergenza che rischia di divenire irreversibile e di tramutarsi in catastrofe vera e propria.

Occorre varare la più straordinaria, forte, ampia, decisa e rapida delle amnistie che la Repubblica italiana abbia conosciuto dalla sua nascita, per ridurre immediatamente di almeno un terzo il carico processuale dell'amministrazione della giustizia, affinché essa, liberata dai processi meno gravi, possa proficuamente impegnarsi a concludere quelli più gravi.

È necessario un indulto, di almeno due anni, che possa sgravare di un terzo il carico umano che soffre - in tutte le sue componenti: i detenuti, il personale amministrativo e di custodia - la condizione disastrosa delle carceri.

Dopo sei anni dal Giubileo e tre anni e mezzo da quando il Parlamento applaudì ripetutamente Giovanni Paolo II mentre invocava un atto di clemenza, atto che in Italia non viene promulgato da ormai 15 anni, è ora di cominciare a dare risposta, con un provvedimento straordinario di buon governo, alla straordinarietà di questa crisi sociale e istituzionale del nostro Paese, accertata dalle decine e decine di condanne che vengono da Strasburgo e che pongono l'Italia al di fuori dei trattati costituitivi dell'Unione europea e dalla Carta dei diritti dell'uomo.

Con questo provvedimento di buon governo i tribunali verrebbero sostanzialmente decongestionati dalla paralisi in cui sono precipitati e le carceri tornerebbero ad essere luoghi passabilmente vivibili per

 

i detenuti e per tutti coloro che vivono e lavorano in quella realtà.

Senza vita del diritto evapora qualsiasi diritto alla vita. L'amnistia e l'indulto sono gli unici strumenti tecnici a disposizione delle istituzioni per interrompere e rendere possibile l'uscita dalla situazione di flagrante criminalità nella quale si trova lo Stato italiano.

L'amnistia e l'indulto non sono solo strumenti adeguati a ripristinare la legalità violata nei tribunali e nelle carceri, sono anche strumenti volti a conquistare il tempo necessario a mettere in moto le numerose altre proposte che giacciono nei cassetti per la riforma della giustizia e la riforma del carcere nel nostro Paese.

C'è l'obbligo di tutti e di ciascuno, secondo le proprie funzioni e responsabilità - dal Capo dello Stato al Capo del Governo, dai parlamentari eletti ai cittadini elettori - di affrontare e risolvere quella che senza alcun dubbio è la massima urgenza sociale della storia della Repubblica italiana.

Con l'approvazione di questa proposta di legge per la concessione di amnistia e di indulto, per la difesa dello Stato di diritto e per la riforma della giustizia, la Camera dei deputati potrà dire di aver fatto la sua parte.


 


 


proposta  di legge

¾¾¾

 


Art. 1.

(Amnistia).

1. È concessa amnistia per tutti i reati commessi entro il 31 dicembre 2005 per i quali è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena. Non si applicano le esclusioni di cui all'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

2. L'amnistia non si applica ai reati di cui all'articolo 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.

3. L'amnistia non si applica qualora l'interessato faccia esplicita dichiarazione di non volerne usufruire.

Art. 2.

(Indulto).

1. È concesso indulto per tutti i reati commessi entro il 31 dicembre 2005 nella misura non superiore a due anni per le pene detentive e per quelle pecuniarie sole o congiunte a pene detentive. Non si applicano le esclusioni di cui all'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

2. II beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

 

Art. 3.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 



N. 662

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato BOATO

¾

 

Concessione di amnistia e di indulto

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il 12 maggio 2006

¾¾¾¾¾¾¾¾

 


Onorevoli Colleghi! - La situazione del nostro sistema penitenziario ha assunto, da anni, i limiti e gli aspetti propri di una crisi strutturale, in ragione sia del ricorso sempre più diffuso alla legislazione penale con i problemi che non da oggi motivano una riforma del codice penale, sia dell'assenza da oltre quindici anni di provvedimenti di amnistia e di indulto resi impossibili dalla riforma costituzionale che ha elevato a due terzi dei componenti di ciascuna Camera la maggioranza necessaria alla loro deliberazione.

È opinione, costantemente motivata nel corso di questi anni dal proponente, così come dalle tesi di molti costituzionalisti, di esponenti della magistratura e del diritto, nonché di operatori e di associazioni che lavorano nel sistema penitenziario, che una nuova riforma costituzionale dell'articolo 79, tale dunque da incidere sul quorum deliberativo, costituisca la premessa indispensabile a un effettivo e non rituale confronto, libero da ogni logica di schieramento, nel merito di possibili provvedimenti di amnistia e indulto. Per tale ragione il presentatore di questa proposta di legge - che prevede la concessione di un'amnistia, con le esclusioni oggettive di cui all'articolo 2, per ogni reato per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni, analogamente a quanto stabilito per l'indulto - cui si associa un'altra proposta di legge (atto Camera n. 663) con la previsione di pene detentive non superiori nel massimo a cinque anni per l'amnistia e a tre anni per l'indulto - ha presentato, come nella XIV legislatura, una proposta di legge costituzionale (atto Camera n. 38) che prevede la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera ai fini della deliberazione di provvedimenti di amnistia e di indulto.

Fra le proposte di legge che già nella XIII e nella XIV legislatura sono state all'esame - senza esito, analogamente ad altre ipotesi di provvedimenti - del Parlamento, vi sono state quelle elaborate da due autorevoli esponenti della magistratura e del diritto, il dottor Francesco Maisto, sostituto procuratore generale di Milano, e il professore Massimo Pavarini dell'università degli studi di Bologna: quella che di seguito si ripropone integralmente, (e l'altra ipotesi di provvedimento che presentiamo con una diversa proposta di legge) sono a contributo di una scelta - le cui fondamenta costituzionali sono state prima qualificate - che il Parlamento è chiamato a valutare e ad assumere.

«1. Nella cultura penalistica e in quella politica da tempo è condivisa una valutazione fortemente negativa nei confronti dei provvedimenti indulgenziali. In buona sostanza lo sfavore nei confronti delle leggi d'amnistia e di indulto - tenendo criticamente conto delle passate quanto numerose esperienze - si fonda su un giudizio di fondo difficilmente contestabile: attraverso detti provvedimenti "eccezionali" non si dà alcuna soluzione ai problemi critici del sistema penale-penitenziario italiano (gli effetti deflativi dei provvedimenti di clemenza sono stati mediamente assorbiti nell'arco medio di due anni) e nel contempo si sospenderebbe momentaneamente la tensione verso una soluzione strutturale e "fisiologica" ai problemi della crisi della giustizia penale che deve, invece, essere perseguita in una radicale riforma del sistema penale stesso.

Se questo giudizio di fondo è astrattamente condivisibile, assai meno lo è con riferimento in concreto alla situazione del nostro Paese. A chi presta uno sguardo meno svagato e superficiale alle politiche penali nel lungo periodo - dallo Stato post-unitario ad oggi - si avvede infatti che sempre e costantemente si è fatto ricorso ai provvedimenti di clemenza come risorsa decisiva per il governo della penalità entro i limiti di volta in volta posti dalle necessità di compatibilità sistemica. Pertanto niente affatto politica di eccezione, ma scelta costante ed "ordinaria" volta ad operare momentanei ma necessari riequilibri tra input ed output del sistema penale. Ed infatti è bastato che il sistema della politica si astenesse dall'utilizzare questo mezzo, che in un solo decennio, questo ultimo, la popolazione detenuta raddoppiasse e il sistema processuale-penale pericolosamente si avvicinasse ad uno stato di assoluta paralisi.

L'esperienza comparata ci insegna che in quasi tutte le realtà occidentali moderne, i sistemi di giustizia penale - in quanto dinamicizzati al loro interno da logiche di autoreferenzialità - corrono il rischio di "uscire di controllo", per la loro naturale tendenza a favorire una crescita esponenziale di domande di giustizia a cui nessun incremento di risorse sarà mai in grado di dare risposta. Ed è per questo che, in altri Paesi e in altri contesti culturali, aggiustamenti e riequilibri vengono "fisiologicamente" implementati all'interno del sistema di giustizia penale stesso: si pensi alla valvola di sicurezza data dalla facoltatività dell'azione penale ovvero alla larga "negoziabilità" della pena e del processo.

Orbene: se contingenze politiche particolarmente avvertite e sofferte impediscono di adottare queste "tecniche" di controllo della "produttività", giocoforza il sistema della politica sarà chiamato permanentemente ad "interferire" dall'esterno sul sistema della giustizia penale per determinare, sia pure contingentemente, nuovi livelli di compatibilità tra risorse e funzioni. E sotto questo punto di vista, l'intervento del sistema politico è non solo utile, ma doveroso.

Doveroso e non indebito, se non altro perché se la politica non si assumesse questo diritto di interferire dall'"esterno", il sistema della giustizia penale "naturalmente" sarebbe costretto ad adottare soluzioni di compensazione "interne" offerte appunto dalla sua progressiva inefficacia: la prescrizione - ovvero il negare giustizia per decorso del tempo - di fatto opererebbe inesorabilmente, ma con un esito pericolosamente delegittimante per il sistema della giustizia stesso. Come ognuno ben sa, la giustizia negata per prescrizione ulteriormente accentua i criteri di selettività della giustizia penale, favorendo prevalentemente coloro che possono economicamente e culturalmente "resistere" ai tempi lunghi del processo. Per cui la recuperata efficacia del sistema criminale finirebbe per "scaricarsi" sui soggetti più deboli, di fatto immunizzando coloro che possono sostenere una giustizia lenta e alla fine ineffettiva.

Considerazioni diverse debbono invece valere per chi paventa l'ennesimo provvedimento clemenziale perché capace di favorire la connaturata pigrizia del legislatore a mettere mano ad alcune decisive e da troppo tempo attese riforme penali che unitariamente intese potrebbero, almeno astrattamente, operare nel senso anche di una maggiore efficienza dell'"impresa giustizia".

È certo da condividere la posizione di chi confida che solo una drastica riduzione dell'area della criminalizzazione primaria sia in grado di dare efficienza e effettività al sistema della giustizia penale. Ma un atteggiamento di realismo politico ci induce a non confidare troppo in questa soluzione: anche i Paesi che in quest'ultimo decennio si sono felicemente confrontati con una riforma del codice penale (Francia, Germania, Spagna e Portogallo) pur avendo sempre ed esplicitamente assunto questo obiettivo di politica criminale, di fatto non sono stati in grado di raggiungerlo. Ed è seriamente dubitabile che una significativa rinuncia alla risorsa penale possa effettivamente oggi darsi all'interno di sistemi sociali di diritto.

Pertanto una maggiore efficienza del sistema della giustizia penale con più realismo è invece possibile guadagnarla sul versante di una più estesa negoziabilità in fase processuale attraverso ad esempio un allargamento delle ipotesi di patteggiamento, ovvero - come è nella ratio della recente riforma del giudice unico di primo grado - in una virtuosa economizzazione delle risorse. Poi certo altro si potrà guadagnare in efficienza nell'attribuire ad esempio al giudice di pace alcune significative competenze penali; ovvero nel dare spazio anche nel nostro ordinamento all'istituto della mediazione penale. Ma di più: sulla stessa indicazione offerta dalla commissione per la riforma del codice penale (Commissione Grosso), la scelta in favore di pene sostitutive edittalmente diverse da quella privativa della libertà (come ad esempio il lavoro di pubblica utilità), potrebbe consentire di produrre una qualche differenziazione processuale che finirebbe per tradursi anche in una maggiore efficienza del sistema stesso. Mentre onestamente non ci sembra che si possano nutrire eccessive speranze in un'ulteriore dilatazione dei termini della flessibilità della pena in fase esecutiva - se non appunto limitatamente ad un allargamento dei termini oggettivi per fruire della liberazione condizionale - perché allo stato attuale delle risorse rese politicamente disponibili i circuiti alternativi sono già al limite di tenuta, oltre i quali l'esecuzione penitenziaria extra-moenia rischia di diventare una semplice foglia di fico ad una tendenza decarcerizzante sconsiderata, a meno che non si decida finalmente di investire di più. Cosa che auspichiamo senza riserve.

Questo orizzonte di realistico riformismo - rispetto al quale scientificamente si deve confidare con estrema moderazione - non soddisfa completamente. Certo - detto diversamente - piace di meno che un diritto penale veramente "minimo", tanto nei codici che nelle prassi dei tribunali. Ma non vorremmo che l'ansia verso il meglio, ci sollevasse dal compito di operare subito - oggi - per il meno peggio. Comunque, a volere tacere dalle diverse opinioni in merito, rimane comunque la circostanza che quale strategia si voglia adottare per dare soluzione a questa crisi di efficienza del sistema giustizia, il sistema deve potere contare come pre-condizione su un suo per quanto inadeguato funzionamento. Infatti nessuna delle riforme messe in atto e nessuna di quelle che si vorrebbero poter mettere, può entrare a regime se il sistema si blocca.

A noi non dispiace se il ricorso alla leva della indulgenza viene etichettato come provvedimento di sola e limitata nel tempo "narcotizzazione" delle sofferenze della giustizia. Esso in effetti lo è. La questione che preme decidere è altra: se la sospensione momentanea del dolore deve servire per intervenire sulle cause attraverso processi di riforma, ovvero se si vuole solo rinviare la prossima emergenza ad un futuro prossimo. La questione ci pare di non poco conto.

2. Alla emergenza del sistema giustizia si accompagna e si somma quella del sottosistema carcerario. Come sempre su questo delicato tema si rischia di parlare tra il patetico, i buoni sentimenti e l'ovvio. Qualche volta anche con indifferenza. In estrema sintesi: la situazione è effettivamente drammatica. Drammatica in primo luogo per i detenuti. Ma drammatica anche per chi professionalmente opera in carcere. I termini di questa drammaticità possono essere sintetizzati in una sola parola, inelegante quanto emotivamente neutra: sovraffollamento. Ma solo chi conosce la realtà del carcere sa cosa cela questo termine.

Si dirà che da che esiste il carcere e non solo in Italia, sempre si è sofferto di questo male. È vero, ma oggi il sovraffollamento non indica purtroppo una sofferenza che ci si possa illudere di sanare naturaliter in tempi brevi. L'attuale sovraffollamento è infatti originato da un processo significativo di nuova ri-carcerizzazione iniziato a metà degli anni novanta che con ogni probabilità si dispiegherà su un arco di tempo medio-lungo.

All'inizio della precedente legislatura la presenza media dei detenuti è stata superiore alle 57.000 unità e in questi ultimi anni è ulteriormente cresciuta. Una tendenza che si è consolidata e che, anche per alcuni provvedimenti approvati nella XIV legislatura, si è ulteriormente accentuata e aggravata. Se così purtroppo è, temiamo che non sarà nell'immediato futuro possibile governare il carcere nel rispetto dei diritti dei detenuti e inoltre che la qualità dell'impegno professionale degli operatori penitenziari dovrà essere ulteriormente ridotta. Per altro - se mai si volesse rispondere al problema attraverso un programma di nuova edilizia penitenziaria - si deve tenere conto che per edificare e mettere in funzione un nuovo carcere necessitano mediamente più di dieci anni.

Il sistema politico non può quindi chiamarsi fuori da chi l'interroga su come garantire la legalità e il rispetto dei diritti umani in carcere, già da oggi. Nell'immediato non esiste altra alternativa che deflazionare per forza di legge il carcere. Il costo di un provvedimento legislativo deflativo è oggi prevalentemente politico. La classe politica si avvede che a questa decisione dovrà prima o poi arrivare, ma teme di pagare un prezzo eccessivamente alto sul piano del consenso sociale e quindi politico. Da un lato, inutile nascondercelo, c'è il timore che attraverso un provvedimento clemenziale di fatto si operi nel senso di un colpo di spugna rispetto ai reati di Tangentopoli (senza però riflettere che il destino di questi - vale a dire la prescrizione - è oramai segnato); dall'altro lato si paventa che l'opinione pubblica oggi particolarmente sensibile ai problemi di sicurezza dalla criminalità predatoria e di strada, intenda ogni provvedimento clemenziale come un pericoloso arretramento in tema di difesa sociale (senza poi riflettere che, trattandosi in questo caso prevalentemente di micro-criminalità, la risposta sanzionatoria e detentiva sarebbe comunque di breve periodo).

È certo comunque che questi timori - ove anche in parte fondati - rischiano nella presente congiuntura di determinare una situazione di stallo nell'iniziativa politica. Come dire: tutti alla finestra per vedere chi fa la prima mossa, con il rischio effettivo che nessuno la faccia. Ed è per questo motivo che - in ragione solamente delle nostre competenze professionali e della nostra sensibilità nei confronti della tutela della società e dei diritti dei detenuti - confidiamo di potere modestamente contribuire in un senso positivo ad affrontare l'attuale situazione di crisi, avanzando una proposta realistica. Si tratta solamente di una "modesta proposta" per invitare chi ha responsabilità di governo e politica prendere posizione. E per fare ciò, ci è parso utile offrire una traccia tecnica che mentre recepisce e tiene nel dovuto conto ad esempio le proposte di legge recentemente avanzate da alcuni parlamentari, a nostro avviso sia in grado di segnare i confini all'interno dei quali è ragionevole sperare in una possibile mediazione politica.

 

3. Poche parole infine di commento all'articolato normativo che segue, capace di indicarne sinteticamente la "filosofia".

Riteniamo che lo spazio di decisione politica nei confronti di un provvedimento di indulto e di amnistia si dispieghi oggi tra quello segnato da due limiti, che abbiamo voluto tracciare nelle due ipotesi estreme: un'amnistia ampia per i reati sanzionati fino a cinque anni, ma prudentemente condizionata per alcune tipologie di reato o d'autore e una più contenuta - di soli tre anni - ma incondizionata».

La presente proposta di legge ha per oggetto l'ipotesi di amnistia incondizionata ma relativa alle tipologie di reato con pene fino a tre anni, mentre quella più ampia ma condizionata è materia di un'altra e contestuale proposta di legge (atto Camera n. 663).

Secondo quanto previsto dall'articolo 1 è concessa amnistia per ogni reato per il quale la legge stabilisce una pena non superiore a tre anni, ovvero una pena pecuniaria sola o congiunta a quella detentiva, oltre ad una tassativa serie di reati a prescindere dalla pena edittale massima prevista. Nell'indicare questi ultimi, si è da un lato tenuto conto, riportandoli, dei reati già contemplati dalla precedente legislazione in materia di indulto ed amnistia del 1990 (decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1990 e decreto del Presidente della Repubblica n. 75 del 1990) aggiungendone altri, quali la ricettazione (articolo 648, secondo comma, del codice penale) e i reati connessi all'offerta di stupefacenti previsti dai commi 4 e 5 dell'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, con la sola esclusione delle condotte di produzione, fabbricazione, estrazione e raffinazione di dette sostanze.

In ragione dei termini assai ampi - anche da un punto di vista del presumibile effetto deflativo - dei termini di concessione dell'amnistia, si è ritenuto di essere particolarmente severi nell'indicazione di alcune esclusioni oggettive al beneficio. In particolare, oltre a quelle di norma ricorrenti nei precedenti provvedimenti clemenziali (quali i reati commessi in occasione di calamità naturali, l'evasione limitatamente alle ipotesi aggravate di cui al secondo comma dell'articolo 385 del codice penale, il commercio e la somministrazione di farmaci guasti ovvero di sostanze alimentari nocive ovvero infine dei delitti contro la salute pubblica) si è ritenuto opportuno includere anche una serie di condotte criminose o direttamente offensive di interessi collettivi e diffusi (ad esempio: omicidio e lesioni personali colpose per violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ovvero condotte penalmente rilevanti in tema di inquinamento delle acque, produzione di sostanze pericolose, nonché per violazione delle disposizioni contro l'immigrazione clandestina previste dall'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998; eccetera) ovvero oggi avvertite in termini di particolare odiosità, come alcuni delitti a sfondo sessuale.

Per il resto - sia per quanto concerne il computo della pena per l'applicazione dell'amnistia (articolo 3) sia per quanto concerne la rinunciabilità all'amnistia (articolo 4) - si è seguito lo schema tecnico già sperimentato nei precedenti provvedimenti clemenziali.

Infine l'indulto: esso è concesso nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive ed è revocato se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge, un delitto non colposo per il quale riporti una condanna detentiva superiore a due anni, così come il precedente provvedimento di indulto del 1990 (decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1990).

Il tema carcere e le sue problematiche complesse rinviano, e da lungo tempo, ad interventi legislativi e ad iniziative politiche e sociali che non attribuiscono a un provvedimento di amnistia e di indulto un valore e un'efficacia più ampi della sua natura emergenziale. Né alcuno fra i firmatari le diverse proposte di legge in Parlamento, né gli autori del documento sopra citato, né le associazioni che operano in rapporto con il sistema penitenziario ed a sostegno dei diritti del detenuto o in relazione ai problemi della giustizia penale, appaiono in dissenso su tale punto.

Assume, così, particolare rilievo, ad avviso del proponente, la raccomandazione che il dottor Maisto e il professor Pavarini pongono a conclusione del loro documento, in diretta relazione con le iniziative proposte da Sergio Cusani per l'associazione Liberi e Sergio Segio del gruppo Abele ad accompagnamento del provvedimento di amnistia e di indulto e che, più avanti, si richiameranno. La raccomandazione è che «in attesa che celermente si provveda a portare a termine - nei tempi certamente non lunghi offerti dagli effetti deflativi della legge di amnistia ed indulto - quel necessario processo riformatore del sistema complessivo della giustizia penale, capace di trovare un nuovo e più avanzato equilibrio tra efficienza del sistema e tutela dei diritti umani dei detenuti, è necessario trovare la volontà e le risorse per governare in senso positivo le conseguenze immediate del provvedimento clemenziale stesso».

Tra le migliaia di detenuti, condannati o rinviati a giudizio che improvvisamente riacquisteranno la libertà, non ci si deve dimenticare che c'è una quota significativa di soggetti deboli, troppo deboli per resistere all'impatto con la libertà spesso «selvaggia» che li attende nella società libera. Giovani tossicodipendenti, immigrati disperati, ammalati gravi, disagiati psichici. Insomma i soliti «poveri diavoli», clientela privilegiata del sistema criminale e delle patrie galere. Difficile pensare che per questi l'amnistia condizionata ovvero l'indulto revocabile possano «da soli» giocare un ruolo significativo nel trattenerli dal «recidivare». In mancanza di alternative che permettano un loro regolare reinserimento nel tessuto sociale e produttivo, per loro la pena e il carcere non sono un rischio sociale, ma un destino ineludibile.

È necessario quindi che al provvedimento di clemenza immediatamente si accompagnino tutti quegli interventi che consentano appunto il reinserimento. La relazione tra carcere e società civile non può essere lasciata alle logiche del libero mercato, che in questo caso vorrebbe dire che ognuno provveda come meglio crede e può. Essa deve essere assistita, nel senso di favorire in ogni modo la presa in carico da parte della società civile di questa popolazione che, prima e più che essere criminale, è solo marginale e marginalizzata.

Le iniziative di reinserimento sociale dei detenuti, con un contestuale rafforzamento della sicurezza dei cittadini, secondo Cusani e Segio, dovrebbero essere concepite come un vero e proprio piccolo «Piano Marshall», avente tre piani di riferimento: prevenzione, recupero e reinserimento.

Non v'è dubbio, al di là dei pur importanti passi in avanti compiuti in questi anni, che in ordine alle problematiche del sistema carcere sia ancor oggi insostenibile il peso delle misure legislative adottate ma non pienamente attuate, dei princìpi e dei criteri di equità della pena disattesi, del fallimento obbligato, in assenza di strumenti e di risorse adeguati, di molte, seppure non tutte, misure di reinserimento sociale dei detenuti.

Nessuno fra gli operatori del settore e fra coloro che al carcere non dedicano un'attenzione superficiale, emergenziale, né al carcere attribuiscono la responsabilità di affrontare e di risolvere problemi che appartengono all'intera struttura sociale, dissente sulla assoluta necessità di valutare tali problemi con criteri equilibrati, equi, strutturali, ponendo il nostro Paese al di là delle logiche emergenzialistiche spesso, se non sempre, ispirate ad una cultura esclusivamente repressiva che, negli anni, a carico dei soggetti più deboli, ha aggravato le condizioni di vivibilità nel sistema penitenziario senza alcun vantaggio per la sicurezza dei cittadini.

«Prevenzione, recupero e reinserimento sociale vanno certamente considerati capitoli egualmente indispensabili e strettamente intrecciati di uno stesso discorso. In tale senso, possono divenire parti di un "circuito virtuoso", o, viceversa, costituire gli anelli di una cronica catena di disfunzionamenti destinata a riprodurre il delitto, certificando in tale modo la debolezza del sistema penal-penitenziario, alimentando la sfiducia dei cittadini e lasciando al corrispettivo economico ed alla vendetta del castigo la funzione riparativa per la vittima.

Si tratta di creare le premesse, le condizioni e le opportunità (vale a dire la definizione delle strutture, la dislocazione delle risorse, la promozione e la formazione delle competenze) in grado di consentire che (non tutti, realisticamente) una quota significativa di quanti escono dal carcere non abbia a rientrarvi da lì a poco.

Si tratta, in definitiva, di definire e finanziare un piano straordinario d'azione sociale per sostenere il reinserimento e tutelare la legalità, collegato al varo dell'amnistia e dell'indulto e con un impegno distribuito almeno su un triennio, i cui titoli, possibili e necessari, corrispondono a quelle che sono le facce più problematiche della attuale composizione della popolazione detenuta ed in particolare i malati di AIDS e di altre malattie infettive e i tossicodipendenti».

Anche sotto questo profilo, con questa proposta di legge si può contribuire, dunque, alle ragioni di nuove politiche in materia di carcere e di giustizia penale, di cui un provvedimento di amnistia e indulto non è la base ma oggi, nelle condizioni drammatiche in cui versano i nostri istituti penitenziari, è la premessa ineludibile.



 


proposta di legge

¾¾¾

 

 

Art. 1.

(Amnistia).

1. È concessa amnistia:

a) per ogni reato per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 336 (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale), primo comma, e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 del codice penale o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

2) 372 (falsa testimonianza), quando la testimonianza verte su un reato per il quale è concessa amnistia;

3) 588, secondo comma, (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

4) 614, quarto comma (violazione di domicilio), limitatamente all'ipotesi in cui il fatto è stato commesso con violenza sulle cose;

5) 625 (furto aggravato), qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 4), del codice penale;

6) 640, secondo comma, (truffa), sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale;

7) 648, secondo comma (ricettazione);

d) per ogni reato commesso dal minore degli anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale e senza che si applichino le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

e) per i reati previsti dall'articolo 73, commi 4 e 5, con esclusione delle condotte di produzione, fabbricazione, estrazione e raffinazione di sostanze stupefacenti, e dall'articolo 83 del testo unico, delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applica il quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

Art. 2.

(Esclusioni oggettive dall'amnistia).

1. L'amnistia non si applica:

a) ai reati commessi in occasione di calamità naturali approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti adottati dallo Stato o da altro ente pubblico per fare fronte alla calamità, risarcire i danni e portare sollievo alla popolazione e all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

b) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale e ai reati di falsità in atti previsti del capo III del titolo VII del citato libro secondo del medesimo codice, quando siano stati compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e di sviluppo dei territori colpiti;

c) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 385 (evasione), limitatamente alle ipotesi previste dal secondo comma;

2) 391 (procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive), limitatamente alle ipotesi previste dal primo comma. Tale esclusione non si applica ai minori degli anni diciotto;

3) 443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti);

4) 444 (commercio di sostanze alimentari nocive);

5) 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

6) 452 (delitti colposi contro la salute pubblica), primo comma, numero 3), e secondo comma;

7) 589, secondo comma (omicidio colposo), e 590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo comma, numero 2), o dal secondo comma dell'articolo 583 del codice penale;

8) 609-quinquies (corruzione di minorenne);

d) ai reati previsti:

1) dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni;

2) dall'articolo 20, primo comma, lettere b) e c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, e dall'articolo 44, comma 1, lettere b) e c), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, salvo che si tratti di violazioni di un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti e sempre che non siano stati violati i vincoli di cui all'articolo 33, primo comma, della citata legge n. 47 del 1985, o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel secondo comma dello stesso articolo;

3) dall'articolo 163 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e dell'articolo 181 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorità;

4) dall'articolo 12 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni;

5) dall'articolo 59 del decreto legislativo 11 marzo 1999, n. 152, e successive modificazioni, e dall'articolo 137 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

6) dall'articolo 27 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni;

7) dal capo I del titolo V del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, e del capo I del titolo VI della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Art. 3.

(Computo della pena per l'applicazione

dell'amnistia).

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale, nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4) e 6) dell'articolo 62 del medesimo codice. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con le circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui all'articolo 583 del codice penale. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle citate circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 469, del codice di procedura penale.

Art. 4.

(Rinunciabilità all'amnistia).

1. L'amnistia non si applica qualora l'interessato faccia esplicita dichiarazione di non volerne usufruire.

Art. 5.

(Indulto).

1. È concesso indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive.

2. Ai fini del presente articolo non si applicano le esclusioni di cui al quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. Il beneficio dell'indulto è revocato se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti una condanna detentiva superiore a due anni.

Art. 6.

(Termini di efficacia).

1. L'amnistia e l'indulto hanno efficacia per i reati commessi fino a tutto il 12 maggio 2006.

 


N. 663

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato BOATO

¾

 

Concessione di amnistia condizionata e di indulto

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il 12 maggio 2006

¾¾¾¾¾¾¾¾


Onorevoli Colleghi! - La situazione del nostro sistema penitenziario ha assunto, da anni, i limiti e gli aspetti propri di una crisi strutturale, in ragione sia del ricorso sempre più diffuso alla legislazione penale con i problemi che non da oggi motivano una riforma del codice penale, sia dell'assenza da oltre quindici anni di provvedimenti di amnistia e indulto resi impossibili dalla riforma costituzionale che ha elevato a due terzi dei componenti di ciascuna Camera la maggioranza necessaria alla loro deliberazione.

È opinione, costantemente motivata nel corso di questi anni dal proponente, come dalle tesi di molti costituzionalisti, di esponenti della magistratura e del diritto, operatori e associazioni che lavorano nel sistema penitenziario, che una nuova riforma costituzionale dell'articolo 79, tale dunque da incidere sul quorum deliberativo, costituisca la premessa indispensabile a un effettivo e non rituale confronto, libero da ogni logica, di schieramento nel merito di possibili provvedimenti di amnistia e indulto. Per tale ragione il presentatore di questa proposta di legge - che prevede la concessione di un'amnistia condizionata, con le esclusioni oggettive di cui all'articolo 2, per ogni reato per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, e dell'indulto in misura non superiore a tre anni - cui si associa un'altra proposta di legge (atto Camera n. 662) con la previsione di pene detentive non superiori nel massimo a tre anni sia per l'amnistia che per l'indulto - ha presentato come nella XIV legislatura, una proposta di legge costituzionale (atto Camera n. 38) che prevede la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera ai fini della deliberazione di provvedimenti di amnistia e indulto.

Fra le proposte di legge di merito che già nella XIII e nella XIV legislatura sono state all'esame - senza esito, analogamente ad altre ipotesi di provvedimenti - del Parlamento, vi sono state quelle elaborate da due autorevoli esponenti della magistratura e del diritto, il dottor Francesco Maisto, sostituto procuratore generale di Milano, e il professore Massimo Pavarini dell'università degli studi di Bologna: quella che di seguito si ripropone integralmente (e l'altra ipotesi di provvedimento che presentiamo con diversa proposta di legge) sono a contributo di una scelta - le cui fondamenta costituzionali sono state prima qualificate - che il Parlamento è chiamato a valutare e ad assumere.

«1. Nella cultura penalistica e in quella politica da tempo è condivisa una valutazione fortemente negativa nei confronti dei provvedimenti indulgenziali. In buona sostanza lo sfavore nei confronti delle leggi d'amnistia e di indulto - tenendo criticamente conto delle passate quanto numerose esperienze - si fonda su un giudizio di fondo difficilmente contestabile: attraverso detti provvedimenti "eccezionali" non si dà alcuna soluzione ai problemi critici del sistema penale-penitenziario italiano (dagli effetti deflativi dei provvedimenti di clemenza sono stati mediamente assorbiti nell'arco medio di due anni) e nel contempo si sospenderebbe momentaneamente la tensione verso una soluzione strutturale e "fisologica" ai problemi della crisi della giustizia penale che deve, invece, essere perseguita in una radicale riforma del sistema penale stesso.

Se questo giudizio di fondo è astrattamente condivisibile, assai meno lo è con riferimento in concreto alla situazione del nostro Paese. Chi presta uno sguardo meno svagato e superficiale alle politiche penali nel lungo periodo - dallo Stato post-unitario ad oggi - si avvede infatti che sempre e costantemente si è fatto ricorso ai provvedimenti di clemenza come risorsa decisiva per il governo della penalità entro i limiti di volta in volta posti dalle necessità di compatibilità sistemica. Pertanto niente affatto politica di eccezione, ma scelta costante ed "ordinaria" volta ad operare momentanei ma necessari riequilibri tra input ed output del sistema penale. Ed infatti è bastato che il sistema della politica si astenesse dall'utilizzare questo mezzo, che in un solo decennio, questo ultimo, la popolazione detenuta raddoppiasse e il sistema processuale-penale pericolosamente si avvicinasse ad uno stato di assoluta paralisi.

L'esperienza comparata ci insegna che in quasi tutte le realtà occidentali moderne, i sistemi di giustizia penale - in quanto dinamicizzati al loro interno da logiche di autoreferenzialità - corrono il rischio di "uscire di controllo", per la loro naturale tendenza a favorire una crescita esponenziale di domande di giustizia a cui nessun incremento di risorse sarà mai in grado di dare risposta. Ed è per questo che, in altri Paesi e in altri contesti culturali, aggiustamenti e riequilibri vengono "fisiologicamente" implementati all'interno del sistema di giustizia penale stesso: si pensi alla valvola di sicurezza data dalla facoltatività dell'azione penale ovvero alla larga "negoziabilità" della pena e del processo.

Orbene: se contingenze politiche particolarmente avvertite e sofferte impediscono di adottare queste "tecniche" di controllo della "produttività", giocoforza il sistema della politica sarà chiamato permanentemente ad "interferire" dall'esterno sul sistema della giustizia penale per determinare, sia pure contingentemente, nuovi livelli di compatibilità tra risorse e funzioni. E sotto questo punto di vista, l'intervento del sistema politico è non solo utile, ma doveroso.

Doveroso e non indebito, se non altro perché se la politica non si assumesse questo diritto di interferire dall'"esterno", il sistema della giustizia penale "naturalmente" sarebbe costretto ad adottare soluzioni di compensazione "interne" offerte appunto dalla sua progressiva inefficacia: la prescrizione - ovvero il negare giustizia per decorso del tempo - di fatto opererebbe inesorabilmente, ma con un esito pericolosamente delegittimante per il sistema della giustizia stesso. Come ognuno ben sa, la giustizia negata per prescrizione ulteriormente accentua i criteri di selettività della giustizia penale, favorendo prevalentemente coloro che possono economicamente e culturalmente "resistere" ai tempi lunghi del processo. Per cui la recuperata efficacia del sistema criminale finirebbe per "scaricarsi" sui soggetti più deboli, di fatto immunizzando coloro che possono sostenere una giustizia lenta e alla fine ineffettiva.

Considerazioni diverse debbono invece valere per chi paventa l'ennesimo provvedimento clemenziale perché capace di favorire la connaturata pigrizia del legislatore a mettere mano ad alcune decisive e da troppo tempo attese riforme penali che unitariamente intese potrebbero, almeno astrattamente, operare nel senso anche di una maggiore efficienza dell'"impresa giustizia".

È certo da condividere la posizione di chi confida che solo una drastica riduzione dell'area della criminalizzazione primaria sia in grado di dare efficienza e effettività al sistema della giustizia penale. Ma un atteggiamento di realismo politico ci induce a non confidare troppo in questa soluzione: anche i Paesi che in quest'ultimo decennio si sono felicemente confrontati con una riforma del codice penale (Francia, Germania, Spagna e Portogallo) pur avendo sempre ed esplicitamente assunto questo obiettivo di politica criminale, di fatto non sono stati in grado di raggiungerlo. Ed è seriamente dubitabile che una significativa rinuncia alla risorsa penale possa effettivamente oggi darsi all'interno di sistemi sociali di diritto.

Pertanto una maggiore efficienza del sistema della giustizia penale con più realismo è invece possibile guadagnarla sul versante di una più estesa negoziabilità in fase processuale attraverso ad esempio un allargamento delle ipotesi di patteggiamento, ovvero - come è nella ratio della recente riforma del giudice unico di primo grado - in una virtuosa economizzazione delle risorse. Poi certo altro si potrà guadagnare in efficienza nell'attribuire ad esempio al giudice di pace alcune significative competenze penali; ovvero nel dare spazio anche nel nostro ordinamento all'istituto della mediazione penale. Ma di più: sulla stessa indicazione offerta dalla commissione per la riforma del codice penale (Commissione Grosso), la scelta in favore di pene sostitutive edittalmente diverse da quella privativa della libertà (come ad esempio il lavoro di pubblica utilità), potrebbe consentire di produrre una qualche differenziazione processuale che finirebbe per tradursi anche in una maggiore efficienza del sistema stesso. Mentre onestamente non ci sembra che si possano nutrire eccessive speranze in un'ulteriore dilatazione dei termini della flessibilità della pena in fase esecutiva - se non appunto limitatamente ad un allargamento dei termini oggettivi per fruire della liberazione condizionale - perché allo stato attuale delle risorse rese politicamente disponibili i circuiti alternativi sono già al limite di tenuta, oltre i quali l'esecuzione penitenziaria extra-moenia rischia di diventare una semplice foglia di fico ad una tendenza decarcerizzante sconsiderata, a meno che non si decida finalmente di investire di più. Cosa che auspichiamo senza riserve.

Questo orizzonte di realistico riformismo - rispetto al quale scientificamente si deve confidare con estrema moderazione - non soddisfa completamente. Certo - detto diversamente - piace di meno che un diritto penale veramente "minimo", tanto nei codici che nelle prassi dei tribunali. Ma non vorremmo che l'ansia verso il meglio ci sollevasse dal compito di operare subito - oggi - per il meno peggio.

Comunque, a volere tacere delle diverse opinioni in merito, rimane comunque la circostanza che, quale strategia si voglia adottare per dare soluzione a questa crisi di efficienza del sistema giustizia, il sistema deve potere contare come pre-condizione su un suo per quanto inadeguato funzionamento. Infatti nessuna delle riforme messe in atto e nessuna di quelle che si vorrebbero poter mettere, può entrare a regime se il sistema si blocca.

A noi non dispiace se il ricorso alla leva della indulgenza viene etichettato come provvedimento di sola e limitata nel tempo "narcotizzazione" delle sofferenze della giustizia. Esso in effetti lo è. La questione che preme decidere è altra: se la sospensione momentanea del dolore deve servire per intervenire sulle cause attraverso processi di riforma, ovvero se si vuole solo rinviare la prossima emergenza ad un futuro prossimo. La questione ci pare di non poco conto.

2. Alla emergenza del sistema giustizia si accompagna e si somma quella del sottosistema carcerario. Come sempre su questo delicato tema si rischia di parlare tra il patetico, i buoni sentimenti e l'ovvio. Qualche volta anche con indifferenza. In estrema sintesi: la situazione è effettivamente drammatica. Drammatica in primo luogo per i detenuti. Ma drammatica anche per chi professionalmente opera in carcere. I termini di questa drammaticità possono essere sintetizzati in una sola parola, inelegante quanto emotivamente neutra: sovraffollamento. Ma solo chi conosce la realtà del carcere sa cosa cela questo termine.

Si dirà che da che esiste il carcere e non solo in Italia, sempre si è sofferto di questo male. È vero, ma oggi il sovraffollamento non indica purtroppo una sofferenza che ci si possa illudere di sanare naturaliter in tempi brevi. L'attuale sovraffollamento è infatti originato da un processo significativo di nuova ri-carcerizzazione iniziato a metà degli anni novanta che con ogni probabilità si dispiegherà su un arco di tempo medio-lungo. All'inizio della precedente legislatura la presenza media dei detenuti è stata superiore alle 57.000 unità e in questi ultimi anni è ulteriormente cresciuta. Una tendenza che si è consolidata e che, anche per alcuni provvedimenti approvati nella XIV legislatura, si è ulteriormente aggravata. Se così purtroppo è, temiamo che non sarà nell'immediato futuro possibile governare il carcere nel rispetto dei diritti dei detenuti e inoltre che la qualità dell'impegno professionale degli operatori penitenziari dovrà essere ulteriormente ridotta. Per altro - se mai si volesse rispondere al problema attraverso un programma di nuova edilizia penitenziaria - si deve tenere conto che per edificare e mettere in funzione un nuovo carcere necessitano mediamente più di dieci anni.

Il sistema politico non può quindi chiamarsi fuori da chi l'interroga su come garantire la legalità e il rispetto dei diritti umani in carcere, già da oggi. Nell'immediato non esiste altra alternativa che deflazionare per forza di legge il carcere. Il costo di un provvedimento legislativo deflativo è oggi prevalentemente politico. La classe politica si avvede che a questa decisione dovrà prima o poi arrivare, ma teme di pagare un prezzo eccessivamente alto sul piano del consenso sociale e quindi politico. Da un lato, inutile nascondercelo, c'è il timore che attraverso un provvedimento clemenziale di fatto si operi nel senso di un colpo di spugna rispetto ai reati di Tangentopoli (senza però riflettere che il destino di questi - vale a dire la prescrizione - è oramai segnato): dall'altro lato si paventa che l'opinione pubblica oggi particolarmente sensibile ai problemi di sicurezza dalla criminalità predatoria e di strada, intenda ogni provvedimento clemenziale come un pericoloso arretramento in tema di difesa sociale (senza poi riflettere che, trattandosi in questo caso prevalentemente di micro-criminalità, la risposta sanzionatoria e detentiva sarebbe comunque di breve periodo). È certo comunque che questi timori - ove anche in parte fondati - rischiano nella presente congiuntura di determinare una situazione di stallo nell'iniziativa politica. Come dire: tutti alla finestra per vedere chi fa la prima mossa, con il rischio effettivo che nessuno la faccia.

Ed è per questo motivo che - in ragione solamente delle nostre competenze professionali e della nostra sensibilità nei confronti della tutela della società e dei diritti dei detenuti - confidiamo di potere modestamente contribuire in un senso positivo ad affrontare l'attuale situazione di crisi, avanzando una proposta realistica. Si tratta solamente di una "modesta proposta" per invitare chi ha responsabilità di governo e politiche a prendere posizione. E per fare ciò, ci è parso utile offrire una traccia tecnica che mentre recepisce e tiene nel dovuto conto ad esempio le proposte di legge recentemente avanzate da alcuni parlamentari, a nostro avviso sia in grado di segnare i confini all'interno dei quali è ragionevole sperare in una possibile mediazione politica.

 3. Poche parole infine di commento all'articolato normativo che segue, capace di indicarne sinteticamente la "filosofia".

Riteniamo che lo spazio di decisione politica nei confronti di un provvedimento di indulto e di amnistia si dispieghi oggi tra quello segnato da due limiti, che abbiamo voluto tracciare nelle due ipotesi estreme: un'amnistia ampia per i reati sanzionati fino a cinque anni, ma prudentemente condizionata per alcune tipologie di reato o d'autore e una più contenuta - di soli tre anni - ma incondizionata».

La presente proposta di legge ha per oggetto «la prima e più ampia ipotesi di amnistia e di indulto» mentre l'ipotesi più contenuta è materia di un'altra e contestuale proposta di legge (atto Camera n. 662).

«Secondo quanto previsto dall'articolo 1 è concessa amnistia per ogni reato per il quale la legge stabilisce una pena non superiore a cinque anni, ovvero una pena pecuniaria sola o congiunta a quella detentiva, oltre ad una tassativa serie di reati a prescindere dalla pena edittale massima prevista. Nell'indicare questi ultimi, si è da un lato tenuto conto, riportandoli, dei reati già contemplati dalla precedente legislazione in materia di indulto e di amnistia del 1990 (decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1990 e decreto del Presidente della Repubblica n. 75 del 1990), aggiungendone altri, quali la ricettazione (articolo 648, secondo comma, del codice penale) e i reati connessi all'offerta di stupefacenti prevista dai commi 4 e 5 dell'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, con la sola esclusione delle condotte di produzione, fabbricazione, estrazione e raffinazione di dette sostanze.

In ragione dei termini assai ampi - anche da un punto di vista del presumibile effetto deflativo - dei termini di concessione dell'amnistia, si è ritenuto di essere particolarmente severi nell'indicazione di alcune esclusioni oggettive al beneficio. In particolare, oltre a quelle di norma ricorrenti nei precedenti provvedimenti clemenziali (quali i reati commessi in occasione di calamità naturali, l'evasione limitatamente alle ipotesi aggravate di cui al secondo comma dell'articolo 385 del codice penale, il commercio e la somministrazione di farmaci guasti ovvero di sostanze alimentari nocive ovvero infine dei delitti contro la salute pubblica) si è ritenuto opportuno includere anche una serie di condotte criminose o direttamente offensive di interessi collettivi e diffusi (ad esempio: omicidio e lesioni personali colpose per violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ovvero condotte penalmente rilevanti in tema di inquinamento delle acque, produzione di sostanze pericolose, nonché per violazione delle disposizioni contro l'immigrazione clandestina prevista dall'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998; eccetera) ovvero oggi avvertite in termini di particolare odiosità, come alcuni delitti a sfondo sessuale.

Ma il cuore del provvedimento è costituito dall'articolo 3 che specifica appunto le ipotesi di amnistia condizionata. Le ipotesi che si sono tenute presenti sono fondamentalmente sei: a) condannati definitivi; b) coloro che sono già stati rinviati a giudizio; c) coloro che già rinviati a giudizio devono rispondere di un delitto commesso con abuso di potere o con violazione di doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio; d) coloro che almeno in primo grado sono stati condannati ad una pena superiore ad anni quattro; e) i condannati almeno in primo grado, immigrati clandestinamente; f) tutti coloro che non rientrano nelle ipotesi di cui all'articolo in oggetto. Per questi ultimi la amnistia è incondizionata.

Per coloro invece che sono stati condannati definitivamente per alcuno dei reati di cui all'articolo 1, l'amnistia è concessa a condizione che costoro, nei cinque anni successivi alla data di entrata in vigore della legge, diano prove effettive e costanti di buona condotta e di volontà di reinserimento sociale.

Per chi invece è stato già rinviato a giudizio, si prevede la sospensione anche d'ufficio del procedimento penale per i successivi cinque anni; decorso tale periodo, se il beneficiato ha dato prova effettiva e costante di buona condotta si provvederà ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale, altrimenti il provvedimento di amnistia verrà revocato, ragione per cui durante il periodo di sospensione è interrotto il decorso dei termini di prescrizione.

Orbene, tra coloro che sono già stati rinviati a giudizio, nei confronti di chi risponde per un delitto commesso con l'abuso di poteri o con la violazione di doveri inerenti a una pubblica funzione o ad un pubblico servizio, l'amnistia è concessa a condizione che il beneficiato si dimetta da detta pubblica funzione o pubblico servizio. Per quanto detta condizione abbia il contenuto proprio di una pena accessoria, per altro atipica, in presenza di un provvedimento di amnistia essa non può definirsi in alcun modo tale. Per chi non ha subìto il giudizio definitivo, infatti, l'amnistia non solo è sempre rinunciabile, ma la rinunciabilità assicura il rispetto di precise esigenze. Pertanto il non adempiere alla condizione significa che l'interessato esplicitamente non vuole usufruirne.

Altrettanto deve argomentarsi per le due residue ipotesi di amnistia condizionata: nel caso che si sia già stati condannati almeno in primo grado ad una pena compresa tra i quattro e i cinque anni di reclusione, il beneficio dell'amnistia è concesso a condizione che già sia stata riconosciuta la circostanza attenuante dell'avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale, ovvero che il colpevole abbia spontaneamente provveduto al risarcimento del danno nonché, ove possibile, alle restituzioni e all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato; qualora sia invece stata irrogata sentenza di condanna sempre di primo grado nei confronti di chi è immigrato clandestinamente, l'amnistia è concessa a condizione che chi ne beneficia abbandoni il territorio dello Stato entro quindici giorni.

Certamente queste ipotesi di amnistia condizionata segnano un percorso di ragionevole compromesso che pensiamo possibile nell'attuale situazione politica. E quindi solo sotto questa ottica devono essere considerate, anche se è innegabile che possano suscitare alcune perplessità dogmatiche.

Il fatto che lo straniero immigrato clandestinamente possa beneficiare dell'amnistia dopo avere già riportato una sentenza di condanna di primo grado solo se spontaneamente abbandona lo Stato, dovrebbe rispondere ai timori di chi teme che la sola efficacia deterrente costituita dall'obbligo di buona condotta e dalla volontà di reinserimento sociale possano dimostrarsi inefficaci nel prevenire la commissione di altri reati. Così per coloro che già sono stati - sia pure in primo grado - riconosciuti colpevoli e puniti con una pena compresa tra i quattro e i cinque anni di reclusione, ovvero per coloro che sono già stati rinviati a giudizio per delitti commessi con l'abuso di poteri e con la violazione dei doveri, sembra che le condizioni del risarcimento del danno ovvero della dimissione dalla pubblica funzione o pubblico servizio siano un doveroso riconoscimento all'azione di moralizzazione della vita pubblica ed economica agita in questi anni dal potere giudiziario. E poi, allo stato attuale della crisi del sistema giustizia, a bene intendere queste condizioni, ci si avvede che esse, se adempiute, rappresentano le sole ipotesi superstiti di efficacia preventiva, sia generale che speciale, dell'azione delle agenzie repressive. E non è poca cosa.

Per il resto - sia per quanto concerne il computo della pena per l'applicazione dell'amnistia (articolo 4) sia per quanto concerne la rinunciabilità all'amnistia (articolo 5) - si è seguito lo schema tecnico già sperimentato nei precedenti provvedimenti clemenziali.

Infine l'indulto: esso è concesso nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive ed è revocato se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge, un delitto non colposo per il quale riporti una condanna detentiva superiore a due anni, così come il precedente provvedimento di indulto del 1990 (decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1990)». 

Il tema carcere e le sue problematiche complesse rinviano, e da lungo tempo, ad interventi legislativi e ad iniziative politiche e sociali che non attribuiscono a un provvedimento di amnistia e di indulto un valore e un'efficacia più ampi della sua natura emergenziale. Né alcuno fra i firmatari le diverse proposte di legge in Parlamento, né gli autori del documento sopra citato, né le associazioni che operano in rapporto con il sistema penitenziario ed a sostegno dei diritti del detenuto o in relazione ai problemi della giustizia penale, appaiono in dissenso su tale punto.

Assume, così, particolare rilievo, ad avviso del proponente, la raccomandazione che il dottor Maisto e il professore Pavarini pongono a conclusione del loro documento, in diretta relazione con le iniziative proposte da Sergio Cusani per l'associazione Liberi e Sergio Segio del gruppo Abele ad accompagnamento del provvedimento di amnistia e di indulto e che, più avanti, richiameremo. La raccomandazione è che «in attesa che celermente si provveda a portare a termine - nei tempi certamente non lunghi offerti dagli effetti deflativi della legge di amnistia ed indulto - quel necessario processo riformatore del sistema complessivo della giustizia penale, capace di trovare un nuovo e più avanzato equilibrio tra efficienza del sistema e tutela dei diritti umani dei detenuti, è necessario trovare la volontà e le risorse per governare in senso positivo le conseguenze immediate del provvedimento clemenziale stesso».

Tra le migliaia di detenuti, condannati o rinviati a giudizio che improvvisamente riacquisteranno la libertà, non ci si deve dimenticare che c'è una quota significativa di soggetti deboli, troppo deboli per resistere all'impatto con la libertà spesso «selvaggia» che li attende nella società libera. Giovani tossicodipendenti, immigrati disperati, ammalati gravi, disagiati psichici. Insomma i soliti «poveri diavoli», clientela privilegiata del sistema criminale e delle patrie galere. Difficile pensare che per questi l'amnistia condizionata ovvero l'indulto revocabile possano «da soli» giocare un ruolo significativo nel trattenerli dal recidivare. In mancanza di alternative che permettano un loro regolare reinserimento nel tessuto sociale e produttivo, per loro la pena e il carcere non sono un rischio sociale, ma un destino ineludibile.

È necessario quindi che al provvedimento di clemenza immediatamente si accompagnino tutti quegli interventi che consentano appunto il reinserimento. La delega tra carcere e società civile non può essere lasciata alle logiche del libero mercato, che in questo caso vorrebbe dire che ognuno provveda come meglio crede e può. Essa deve essere assistita, nel senso di favorire in ogni modo la presa in carico da parte della società civile di questa popolazione che prima e più che essere criminale, è solo marginale e marginalizzata.

Le iniziative di reinserimento sociale dei detenuti, con un contestuale rafforzamento della sicurezza dei cittadini, secondo Cusani e Segio, dovrebbero essere concepite come un vero e proprio piccolo «Piano Marshall», avente tre piani di riferimento: prevenzione, recupero e reinserimento.

Non v'è dubbio, al di là dei pur importanti passi in avanti compiuti in questi anni, che in ordine alle problematiche del sistema carcere sia ancor oggi insostenibile il peso delle misure legislative adottate ma non pienamente attuate, dei princìpi e dei criteri di equità della pena disattesi, del fallimento obbligato, in assenza di strumenti e di risorse adeguati, di molte, seppure non tutte, misure di reinserimento sociale dei detenuti.

Nessuno fra gli operatori del settore e fra coloro che al carcere non dedicano un'attenzione superficiale, emergenziale, né al carcere attribuiscono la responsabilità di affrontare e risolvere problemi che appartengono all'intera struttura sociale, dissentono sulla assoluta necessità di valutare tali problemi con criteri equilibrati, equi, strutturali, ponendo il nostro Paese al di là delle logiche emergenzialistiche spesso, se non sempre, ispirate a una cultura esclusivamente repressiva che, negli anni, a carico dei soggetti più deboli, ha aggravato le condizioni di vivibilità nel sistema penitenziario senza alcun vantaggio per la sicurezza dei cittadini.

«Prevenzione, recupero e reinserimento sociale vanno certamente considerati capitoli egualmente indispensabili e strettamente intrecciati di uno stesso discorso. In tale senso, possono divenire parti di un "circuito virtuoso", o, viceversa, costituire gli anelli di una cronica catena di disfunzionamenti destinata a riprodurre il delitto, certificando in tale modo la debolezza del sistema penal-penitenziario, alimentando la sfiducia dei cittadini e lasciando al corrispettivo economico ed alla vendetta del castigo la funzione riparativa per la vittima.

Si tratta di creare le premesse, le condizioni e le opportunità (vale a dire la definizione delle strutture, la dislocazione delle risorse, la promozione e la formazione delle competenze) in grado di consentire che (non tutti, realisticamente) una quota significativa di quanti escono dal carcere non abbiano a rientrarvi da lì a poco.

Si tratta, in definitiva, di definire e finanziare un piano straordinario d'azione sociale per sostenere il reinserimento e tutelare la legalità, collegato al varo dell'amnistia e dell'indulto e con un impegno distribuito almeno su un triennio, i cui titoli, possibili e necessari, corrispondono a quelle che sono le facce più problematiche della attuale composizione della popolazione detenuta ed in particolare i malati di AIDS e di altre malattie infettive e i tossicodipendenti».

Anche sotto questo profilo, con questa proposta di legge si può contribuire, dunque, alle ragioni di nuove politiche in materia di carcere e di giustizia penale, di cui un provvedimento di amnistia e indulto non è la base ma oggi, nelle condizioni drammatiche in cui versano i nostri istituti penitenziari, è la premessa ineludibile.



 


proposta di legge

¾¾¾

 

Art. 1.

(Amnistia).

1. È concessa amnistia:

a) per ogni reato per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 336 (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale), primo comma, e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 del codice penale o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

2) 372 (falsa testimonianza), quando la testimonianza verte su un reato per il quale è concessa amnistia;

3) 588, secondo comma, (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

4) 614 (violazione di domicilio), quarto comma, limitatamente all'ipotesi in cui il fatto è stato commesso con violenza sulle cose;

5) 625 (furto aggravato), qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 4, del codice penale);

6) 640, secondo comma, (truffa), sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale;

7) 648, secondo comma, (ricettazione);

d) per ogni reato commesso dal minore di anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale e senza che si applichino le disposizioni di cui ai commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

e) per i reati previsti dall'articolo 73, commi 4 e 5, con esclusione delle condotte di produzione, fabbricazione, estrazione e raffinazione di sostanze stupefacenti, e dall'articolo 83 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applica il quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

Art. 2.

(Esclusioni oggettive dall'amnistia).

1. L'amnistia non si applica:

a) ai reati commessi in occasione di calamità naturali approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti adottati dallo Stato o da altro ente pubblico per fare fronte alla calamità, risarcire i danni e portare sollievo alla popolazione e all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

b) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale e ai reati di falsità in atti previsti dal capo III del titolo VII del citato libro secondo del medesimo codice, quando siano stati compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e di sviluppo dei territori colpiti;

c) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 385 (evasione), limitatamente alle ipotesi previste dal secondo comma;

2) 391 (procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive), limitatamente alle ipotesi previste dal primo comma. Tale esclusione non si applica ai minori di anni diciotto;

3) 443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti);

4) 444 (commercio di sostanze alimentari nocive);

5) 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

6) 452 (delitti colposi contro la salute pubblica), primo comma, numero 3), e secondo comma;

7) 589, secondo comma (omicidio colposo), e 590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo comma, numero 2), o dal secondo comma dell'articolo 583 del codice penale;

8) 609-quinquies (corruzione di minorenne);

d) ai reati previsti:

1) dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni;

2) dall'articolo 20, primo comma, lettere b) e c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, e dall'articolo 44, comma 1, lettere b) e c), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, salvo che si tratti di violazioni di un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti e sempre che non siano stati violati i vincoli di cui all'articolo 33, primo comma, della citata legge n. 47 del 1985, o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel secondo comma dello stesso articolo;

3) dall'articolo 163 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e dall'articolo 181 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorità;

4) dall'articolo 12 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni;

5) dall'articolo 59 del decreto legislativo 11 marzo 1999, n. 152, e successive modificazioni, e dall'articolo 137 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

6) dall'articolo 27 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni;

7) dal capo I del titolo V del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, e dal capo I del titolo VI della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Art. 3.

(Amnistia condizionata).

1. L'amnistia nei confronti dei condannati è sempre concessa a condizione che costoro, nei cinque anni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, diano prove effettive e costanti di buona condotta e di volontà di reinserimento sociale.

2. Qualora il reato per il quale si procede rientri in quelli previsti dalla presente legge e nei confronti di un soggetto che sia per il medesimo reato già stato rinviato a giudizio, il giudice sospende, anche d'ufficio, in ogni stato e grado, il procedimento per il periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Decorso tale periodo il giudice, qualora sussistano le condizioni di cui al comma 1 del presente articolo, provvede ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale; nel caso contrario, revoca il provvedimento di sospensione. Durante la sospensione disposta ai sensi del presente comma è interrotto il decorso dei termini di prescrizione.

3. In ogni stato e grado del processo nei confronti di coloro che rispondono dei delitti commessi con l'abuso di poteri o con la violazione di doveri inerenti a una pubblica funzione o ad un pubblico servizio, l'amnistia è concessa a condizione che il beneficiato si dimetta da detta pubblica funzione o pubblico servizio ovvero provveda al risarcimento del danno, nonché, ove possibile, alle restituzioni e all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.

4. Per coloro che sono stati condannati in primo grado a una pena superiore a quattro anni, l'amnistia è concessa qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 1), del codice penale, ovvero il colpevole abbia spontaneamente provveduto al risarcimento del danno, nonché, ove possibile, alle restituzioni e all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.

5. Qualora sia già stata irrogata sentenza di condanna di primo grado nei confronti di cittadini stranieri immigrati clandestinamente, l'amnistia è concessa a condizione che il beneficiato abbandoni il territorio dello Stato entro quindici giorni.

6. Nelle ipotesi di cui al presente articolo, ove si accerti che le condizioni ivi previste non sono state rispettate, l'amnistia ovvero il provvedimento di sospensione del procedimento penale sono revocati.

Art. 4.

(Computo della pena per l'applicazione

dell'amnistia).

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale, nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4) e 6) dell'articolo 62 del medesimo codice. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con le circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui all'articolo 583 del codice penale. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle citate circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 469 del codice di procedura penale.

 

Art. 5.

(Rinunciabilità all'amnistia).

1. L'amnistia non si applica qualora l'interessato faccia esplicita dichiarazione di non volerne usufruire.

 

Art. 6.

(Indulto).

1. È concesso indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive.

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applicano le esclusioni di cui al quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. Il beneficio dell'indulto è revocato se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti una condanna detentiva superiore a due anni.

Art. 7.

(Termini di efficacia).

1. L'amnistia e l'indulto hanno efficacia per i reati commessi fino a tutto il 12 maggio 2006.

 

 


N. 665

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati FORLANI, LUCCHESE, MELE, SANZA, TUCCI

¾

 

Concessione di amnistia e di indulto

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il 15 maggio 2006

¾¾¾¾¾¾¾¾

 


Onorevoli Colleghi! - Dal 1990 la popolazione carceraria è costantemente aumentata, passando dai 25.804 detenuti alla fine del 1990 ai 44.909 della fine del 1995 per superare oggi le 60.000 presenze. La distinzione dei reclusi secondo il genere evidenzia una forte disparità di composizione a tutto «favore» della popolazione maschile. Il grande numero di imputati presenti all'interno delle strutture penitenziarie va ricondotto alle carenze dell'amministrazione, alla lentezza della giustizia, alla crescente mancanza di progettualità per l'effettivo recupero e reinserimento di chi ha vissuto l'esperienza del carcere.

Il rapporto tra il numero dei detenuti presenti all'interno degli istituti e la capienza teorica delle strutture è in grado di fornire l'entità del fenomeno del sovraffollamento. Un altro elemento che influisce in senso negativo sulla qualità della vita nelle carceri italiane consiste infatti nel pessimo stato delle strutture di detenzione.

Il 9 luglio 2000, in occasione del Giubileo nelle carceri, il Santo Padre Giovanni Paolo II diffuse un Suo messaggio, invitando tutti a non chiudere ulteriormente gli occhi di fronte alla drammatica situazione in cui si trovava il «pianeta-carcere»: le realtà che operano con maggiore assiduità nelle carceri, come la Caritas, hanno elaborato analisi e proposte che, pur non limitandosi a provvedimenti di sola emergenza, non omettevano di ricorrere allo strumento amnistia-indulto, che tradizionalmente nel nostro Paese è stato adoperato per deflazionare la «polveriera-carcere». A fronte di un suo utilizzo reiteratamente indulgenziale, la più avveduta dottrina non si è mai spinta a negarne in toto l'utilità, ma ha preferito discernere tra l'uso ragionevole e l'uso arbitrario della potestà di clemenza (Gustavo Zagrebelsky). Eppure il Parlamento nel 1992 pensò che l'unico freno all'uso indulgenziale dei provvedimenti di amnistia-indulto

 

fosse l'aggravamento della procedura di adozione, fissando il quorum necessario alla deliberazione in una maggioranza pari ai due terzi dei componenti di ciascuna Camera, per ogni articolo e per la votazione finale. Dal punto di vista dell'efficacia deflazionante, la legge costituzionale 6 marzo 1992, n. 1, ha raggiunto il suo scopo, non essendo stato approvato da allora alcun provvedimento di amnistia o di indulto, e si tratta ormai di un record nella storia dell'Italia unita. Ma, paradossalmente, coincidente con gli abusi dei decenni passati è anche l'impossibilità di esprimere un indirizzo politico in materia di politica del diritto penale, quando si è obbligati a fronteggiare un'emergenza «carceri» che non a caso è stata uno dei principali temi della replica dell'allora Ministro della giustizia Castelli, nel corso della discussione del primo bilancio del Ministero presentato nella scorsa legislatura. Ecco perché si impone di sgomberare il campo da questo pesante retaggio, per lo più di reati bagatellari che oberano anche gli uffici giudiziari; lo si e fatto, nella presente proposta di legge, riprendendo il testo dell'ultima amnistia concessa, sia pure con alcuni aggiustamenti.

Rispetto all'amnistia del 1990 (legge 11 aprile 1990, n.73), si è scelto di eliminare il riferimento alla discussa (e potenzialmente indeterminata) nozione di «reato finanziario». La pena detentiva che deve essere prevista, per dare luogo all'estinzione del reato, è quella non superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena.

Nell'elencazione dei singoli reati estinguibili, si è scelto di includere (in più rispetto al 1990) quelli previsti nel codice penale all'articolo 372, quando la testimonianza verte su un reato per il quale è concessa amnistia, all'articolo 624, aggravato dalle circostanze di cui all'articolo 625, qualora ricorra una circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 4), ovvero numero 6), e all'articolo 648, secondo comma.

Si è anche aggiunto, conformemente alla sentenza della Corte costituzionale n. 272 del 18 luglio 1997, il delitto di truffa militare aggravata, previsto dall'articolo 234, secondo comma, del codice penale militare di pace, sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale.

S'è meglio specificato, in rapporto ai reati di cui agli articoli 1, 2 e 4 della legge 2 ottobre 1967, n. 895 (Disposizioni per il controllo delle armi), il requisito della concomitanza delle attenuanti di cui all'articolo 5 e 7 della predetta legge (quando, per la quantità o per la qualità delle armi, delle munizioni, esplosivi o aggressivi chimici, il fatto debba ritenersi di lieve entità, e quando i fatti si riferiscono alle armi comuni da sparo, o a parti di esse, atte all'impiego, previste dall'articolo 44 del regolamento di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635).

Sono stati eliminati, rispetto al 1990, i riferimenti alla condotta di chiunque sottragga, o tenti di sottrarre in qualunque modo, il gas o l'energia elettrica al regolare accertamento dell'imposta, visto che nel 1993 essa è stata sostituita da sanzione amministrativa.

Si sono inclusi anche i reati previsti dall'articolo 73, commi 4 (produzione e traffico del non titolare di autorizzazione) e 5 (produzione e traffico di lieve entità), del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, sempre che non ricorra taluna delle circostanze aggravanti di cui all'articolo 80 dello stesso testo unico. L'articolo 2 della citata legge n. 73 del 1990, poi, contemplava l'amnistia per i reati previsti dal secondo comma dell'articolo 2 del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1982, n. 516, se il versamento delle ritenute fosse stato effettuato entro il termine prevista per la presentazione della dichiarazione annuale del sostituto di imposta: se ne è preferita la non ripetizione in questa sede, perché la fattispecie è stata soppressa dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, e non pare in altra veste ripetuta, oltre a

poter interferire con l'operatività del rimpatrio dei capitali dall'estero, di cui all'articolo 14 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 409. Anche la previsione dell'errata indicazione del termine del 31 novembre 1989 per la presentazione dell'istanza di definizione ad ogni effetto amministrativo e penale contenuto nel comma 1 dell'articolo 21 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1989, n. 154, pare riferita all'operatività della specifica disciplina dell'epoca sulle irregolarità, infrazioni e inosservanze di obblighi o adempimenti, anche se connessi all'esercizio di facoltà diverse dalle opzioni (che non rilevano ai fini della determinazione del reddito e dell'imposta sul valore aggiunto, commesse fino al 31 dicembre 1988) e perciò non è stata ripetuta.

Tra le esclusioni oggettive, stante la soppressione medio tempore del titolo autonomo di reato di cui all'articolo 521 del codice penale (atti di libidine violenti), in relazione all'articolo 520, si è scelto di fare riferimento all'articolo 609-quinquies (corruzione di minorenne), che è l'unica fattispecie che preveda una pena inferiore a 4 anni fra i reati contro la libertà sessuale.

Si è poi anteposto l'articolo 589, secondo comma (omicidio colposo), all'articolo 590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo comma, numero 2) o dal secondo comma dell'articolo 583 del codice penale.

Esclusi sono anche la frode tossica e il traffico di clandestini, mentre si sono adeguati allo ius superveniens i riferimenti normativi contenuti nell'amnistia del 1990 in riferimento ai beni culturali e ambientali, alla qualità dell'acqua e dell'aria relativamente a specifici agenti inquinanti e all'inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai rifiuti e ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali.

Nel computo, si è omesso il riferimento ai procedimenti indicati negli articoli 241 e 242 delle norme di attuazione del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, che nel 1990 era esplicitato affinché la sussistenza delle predette circostanze fosse accertata dal giudice istruttore o dal pretore nel corso dell'istruzione, ovvero dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al giudizio ai sensi dell'articolo 421 del codice di procedura penale, che era stato abrogato: presumibilmente, tale parte era motivata dalla vicinanza dell'entrata in vigore del codice Vassalli.

Non si concorda inoltre con le varie ipotesi di amnistia condizionata avanzate in passato, subordinatamente a certi requisiti: il controllo sulla buona condotta dell'amnistiato sarebbe incombenza non meno gravosa per gli uffici competenti, che andrebbero anche individuati e forniti delle risorse economiche necessarie; l'amnistia condizionata in sé si presta, poi, all'obiezione che essa mantiene in vita (in certi casi anche dopo il termine di prescrizione del reato) procedimenti che si accumulano negli uffici giudiziari per un altro quinquiennio. Ciò nondimeno, un certo calcolo (anche a fronte della rinunciabilità dell'amnistia) è legittimo che sia fatto dagli interessati: ecco perché un determinato effetto è contemplato per gli stranieri illegalmente presenti sul territorio nazionale, cioè la misura dell'espulsione (articolo 4, comma 5, per l'amnistia e articolo 7, comma 3, per l'indulto), con la conseguente revoca del beneficio in caso di reingresso illegale nei successivi dieci anni.

Per l'indulto, si è scelto di elevare la soglia a quattro anni, contemplando altresì la sua concessione nella misura non superiore a cinque anni per gli affetti da determinate patologie gravissime. Tra gli ambiti oggettivi di esclusione si è aggiunto, rispetto al 1990, l'articolo 644 del codice penale (usura).

Quanto, infine, al termine per l'applicazione dell'amnistia e dell'indulto, si è scelto di fissare la data al giorno precedente la presentazione di questa iniziativa legislativa.



 


proposta di legge

¾¾¾

 

Capo I

AMNISTIA

Art. 1.

(Amnistia).

1. È concessa amnistia:

a) per ogni reato per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 336 (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale), primo comma, e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 del codice penale o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

2) 372 (falsa testimonianza), quando la testimonianza verte su un reato per il quale è concessa amnistia;

3) 588 (rissa), secondo comma, sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

4) 614 (violazione di domicilio), quarto comma, limitatamente all'ipotesi in cui il fatto è stato commesso con violenza sulle cose;

5) 624 (furto), aggravato dalle circostanze di cui all'articolo 625, qualora ricorra una delle circostanze attenuanti previste dall'articolo 62, numeri 4) e 6), del codice penale;

 

 

6) 640 (truffa), secondo comma, sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale;

7) 648 (ricettazione), limitatamente alle ipotesi di cui al secondo comma;

d) per il delitto di truffa militare aggravata, previsto dall'articolo 234, secondo comma, del codice penale militare di pace, sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale;

e) per i reati di cui agli articoli 1, 2 e 4 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, e successive modificazioni, quando ricorrano in concomitanza le attenuanti di cui agli articoli 5 e 7 della stessa legge n. 895 del 1967, e successive modificazioni;

f) per il reato di detenzione di armi o canne clandestine di cui al terzo comma dell'articolo 23 della legge 18 aprile 1975, n. 110, e successive modificazioni, quando concerne armi la cui detenzione l'imputato o il condannato aveva denunciato all'autorità di pubblica sicurezza;

g) per il reato previsto dall'articolo 1 del decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66, e successive modificazioni, commesso a causa o in occasione di manifestazioni sindacali o in conseguenza di situazioni di gravi disagi dovuti a disfunzioni di pubblici servizi o a problemi abitativi, anche se il suddetto reato è aggravato dal numero o dalla riunione delle persone e dalle circostanze di cui all'articolo 61 del codice penale, fatta esclusione per quella prevista dal numero 1) del predetto articolo, nonché da quelle di cui all'articolo 112, primo comma, numero 2), del codice penale, sempre che non ricorrano altre aggravanti e il fatto non abbia cagionato ad altri lesioni personali o la morte;

h) per ogni reato commesso da minore degli anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale ai sensi dell'articolo 19 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, come da ultimo sostituito dall'articolo 112 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ma non si applicano le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

i) per i reati relativi a violazioni delle norme concernenti il monopolio dei tabacchi, limitatamente alla vendita al pubblico e all'acquisto e alla detenzione di quantitativi di tali prodotti destinati alla vendita al pubblico direttamente da parte dell'agente;

l) per i reati di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, commessi fino a tutto il giorno 16 giugno 2002 in relazione ad attività commerciali svolte da enti pubblici e privati diversi dalle società che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, di cui all'articolo 73, comma 1, lettere c) e d), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni;

m) per i reati previsti dall'articolo 73, commi 4 e 5, del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, sempre che non ricorra taluna delle circostanze aggravanti di cui all'articolo 80 dello stesso testo unico;

n) per i reati di cui al capo I del titolo XI del libro V del codice civile.

2. Non si applica il quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

Art. 2.

(Esclusioni oggettive dall'amnistia).

1. L'amnistia non si applica:

a) ai reati commessi in occasione di calamità naturali approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti adottati dallo Stato o da altro ente pubblico per fare fronte alla calamità, risarcirne i danni e portare sollievo alla popolazione e all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

b) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, e ai reati di falsità in atti previsti dal capo III del titolo VII del citato libro secondo del medesimo codice, quando siano compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e di sviluppo dei territori colpiti;

c) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui);

2) 318 (corruzione per un atto d'ufficio);

3) 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio);

4) 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio), in relazione ai fatti previsti negli articoli 318, primo comma, e 319;

5) 321 (pene per il corruttore);

6) 353 (turbata libertà degli incanti) e 354 (astensione dagli incanti), quando siano compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e di sviluppo dei territori colpiti;

7) 355 (inadempimento di contratti di pubbliche forniture), salvo che si tratti di fatto commesso per colpa;

8) 371 (falso giuramento della parte);

9) 372 (falsa testimonianza), quando la deposizione verte su fatti relativi all'esercizio di pubbliche funzioni espletate dal testimone;

10) 378 (favoreggiamento personale), fuori delle ipotesi previste dal terzo comma, salvo che si tratti di fatto commesso in relazione a reati per i quali è concessa amnistia;

11) 385 (evasione), limitatamente alle ipotesi previste dal secondo comma;

12) 391 (procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive), limitatamente alle ipotesi previste dal primo comma. Tale esclusione non si applica ai minori degli anni diciotto;

13) 420 (attentato a impianti di pubblica utilità);

14) 443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti);

15) 444 (commercio di sostanze alimentari nocive);

16) 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

17) 452 (delitti colposi contro la salute pubblica), primo comma, numero 3), e secondo comma;

18) 471 (uso abusivo di sigilli e strumenti veri), quando sia compiuto in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e di sviluppo dei territori colpiti;

19) 478 (falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti);

20) 501 (rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio);

21) 501-bis, (manovre speculative su merci);

22) 589 (omicidio colposo), secondo comma, e 590 (lesioni personali colpose), commi secondo e terzo, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo comma, numero 2), o secondo comma dell'articolo 583 del codice penale;

23) 595 (diffamazione), terzo comma, quando l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato ed è commessa con mezzi di diffusione radiofonica o televisiva;

24) 609-quinquies (corruzione di minorenne);

25) 610 (violenza privata), nelle ipotesi di cui al secondo comma;

26) 644 (usura);

27) 733 (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale);

28) 734 (distruzione o deturpamento di bellezze naturali);

d) al delitto previsto dall'articolo 218 del codice penale militare di pace (peculato militare mediante profitto dell'errore altrui);

e) ai reati previsti:

1) dagli articoli 5 e 6 della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni;

2) dall'articolo 20, primo comma, lettere b) e c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, e dall'articolo 44, comma 1, lettere b) e c), delle disposizioni legislative e regolamentari di materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, salvo che si tratti di violazioni riguardanti un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti, e sempre che non siano violati i vincoli di cui all'articolo 33, primo comma, della citata legge n. 47 del 1985 o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel secondo comma del medesimo articolo;

3) dall'articolo 59 del decreto legislativo 11 marzo 1999, n. 152, e successive modificazioni, e dall'articolo 137 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

4) dall'articolo 9, commi sesto e settimo, della legge 16 aprile 1973, n. 171, e successive modificazioni;

5) dal capo I del titolo V del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, e del capo I del titolo VI della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

6) dall'articolo 2 della legge 26 aprile 1983, n. 136, e successive modificazioni;

7) dagli articoli 17 e 20 della legge 31 dicembre 1982, n. 979;

8) dall'articolo 27 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334;

9) dagli articoli 3 e 10, commi sesto, ottavo, nono e decimo, della legge 18 aprile 1975, n. 110, salvo che il fatto, limitatamente alle ipotesi previste dai commi sesto e ottavo dello stesso articolo 10, debba ritenersi di lieve entità per la qualità e il numero limitato delle armi;

10) dagli articoli 10-bis, commi settimo e nono, quando si tratti di condotta dolosa, e 10-quinquies, primo comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni;

11) dall'articolo 12 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni;

12) dall'articolo 127 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e dall'articolo 178 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

2. Quando vi è stata condanna ai sensi dell'articolo 81 del codice penale, ove necessario, il giudice dell'esecuzione applica l'amnistia secondo le disposizioni della presente legge, determinando le pene corrispondenti ai reati estinti.

Art. 3.

(Computo della pena per l'applicazione dell'amnistia).

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui all'articolo 62, numeri 4) e 6), del medesimo codice. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto soltanto delle prime. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle predette circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 469 del codice di procedura penale;

e) si tiene conto delle circostanze attenuanti previste dall'articolo 48 del codice penale militare di pace quando siano prevalenti o equivalenti, ai sensi dell'articolo 69 del codice penale, rispetto ad ogni tipo di circostanza aggravante.

 

Art. 4.

(Declaratoria dell'amnistia. Rinunciabilità).

1. Alla declaratoria dell'amnistia di cui al presente capo si procede ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale.

2. Prima dell'esercizio dell'azione penale, il pubblico ministero può richiedere al giudice per le indagini preliminari di provvedere all'applicazione dell'amnistia nelle forme previste dall'articolo 409 del codice di procedura penale.

3. La richiesta del pubblico ministero, di cui al comma 2, è notificata alla persona sottoposta alle indagini, con l'avviso che entro trenta giorni dalla notificazione può prendere visione degli atti e chiedere di essere sentita dal giudice per le indagini preliminari, anche al fine di dichiarare che non intende fruire dell'amnistia.

4. L'amnistia non si applica qualora l'imputato, prima che sia pronunciata sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere per estinzione del reato per amnistia, faccia espressa dichiarazione di non volerne usufruire.

5. Nei confronti dello straniero che si trovi in taluna delle situazioni indicate nell'articolo 13, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, la declaratoria dell'amnistia è adottata dal giudice congiuntamente alla misura dell'espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni, con ordine di accompagnamento alla frontiera da parte della forza pubblica. Il beneficio dell'amnistia è revocato di diritto qualora, entro dieci anni dall'esecuzione dell'espulsione ai sensi del presente comma, lo straniero sia rientrato illegittimamente nel territorio dello Stato.

Art. 5.

(Termine di efficacia dell'amnistia).

1. L'amnistia di cui al presente capo ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il 14 maggio 2006.

 

Capo II

INDULTO

Art. 6.

(Indulto).

1. È concesso indulto nella misura non superiore a quattro anni per le pene detentive e non superiore a lire venti milioni o a 10.330 euro per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive.

2. È altresì concesso indulto nella misura non superiore a cinque anni:

a) a coloro che risultano affetti dalla patologia derivante da HIV, diagnosticata, su base chimico-ematologica, da apposite commissioni mediche istituite nell'ambito di ciascun istituto di pena, al secondo stadio dello standard definito dall'Organizzazione mondiale della sanità;

b) a coloro che risultano affetti da gravi forme di epatite, di patologie oncologiche o da altre gravi malattie, diagnosticate dalle commissioni mediche di cui alla lettera a), assolutamente incompatibili con il regime di detenzione carceraria.

3. Per la concessione dell'indulto di cui al comma 2, il Governo adotta i provvedimenti necessari affinché il Servizio sanitario nazionale garantisca che i soggetti di cui al medesimo comma 2 possano essere sottoposti alle cure richieste per la specificità della loro condizione.

Art. 7.

(Indulto per le pene accessorie e misura dell'espulsione dello straniero).

1. È concesso indulto, per intero, per le pene accessorie temporanee, conseguenti a condanne per le quali è applicato, anche solo in parte, l'indulto.

2. All'indulto di cui al presente capo non si applicano le esclusioni di cui al quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. Nei confronti dello straniero, identificato, detenuto, che si trova in taluna delle situazioni indicate nell'articolo 13, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, il magistrato di sorveglianza dispone con decreto motivato la misura dell'espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni, con ordine di accompagnamento alla frontiera da parte della forza pubblica, al termine del periodo di detenzione nell'ambito del quale sia stato applicato, anche solo in parte, l'indulto. Il magistrato di sorveglianza decide senza formalità, acquisite le informazioni degli organi di polizia sull'identità e sulla nazionalità dello straniero. Il decreto di espulsione è comunicato allo straniero che, entro il termine di dieci giorni, può proporre opposizione dinanzi al tribunale di sorveglianza. Il tribunale decide nel termine di venti giorni.

Art. 8.

(Esclusioni dall'indulto).

1. L'indulto non si applica alle pene:

a) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 285 (devastazione, saccheggio e strage);

2) 416-bis (associazione di tipo mafioso);

3) 422 (strage);

4) 630 (sequestro di persona a scopo di estorsione), commi primo, secondo e terzo;

5) 644 (usura);

6) 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope;

b) per i delitti previsti dagli articoli 73, commi 1, 1-bis, 2, 2-bis e 3, ove siano applicate le circostanze aggravanti specifiche di cui all'articolo 80, e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.

Art. 9.

(Revoca dell'indulto).

1. Il beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

2. Il beneficio dell'indulto è altresì revocato di diritto laddove, entro dieci anni dall'esecuzione dell'espulsione ai sensi dell'articolo 7, comma 3, lo straniero sia rientrato illegittimamente nel territorio dello Stato. In tale caso, lo stato di detenzione è ripristinato e riprende l'esecuzione della pena.

Art. 10.

(Termine di efficacia dell'indulto).

1. L'indulto di cui al presente capo ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il 14 maggio 2006.

Capo III

ENTRATA IN VIGORE

Art. 11.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 

 


N. 1122

 

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati GIORDANO, MIGLIORE, ACERBO, BURGIO, CACCIARI, CANNAVÒ, CARDANO, CARUSO, COGODI, DE CRISTOFARO, DE SIMONE, DEIANA, DIOGUARDI, DURANTI, FALOMI, DANIELE FARINA, FERRARA, FOLENA, FORGIONE, FRIAS, GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA, IACOMINO, KHALIL, LOCATELLI, LOMBARDI, MANTOVANI, MASCIA, MUNGO, OLIVIERI, PEGOLO, PERUGIA, PROVERA, ANDREA RICCI, MARIO RICCI, ROCCHI, FRANCO RUSSO, SINISCALCHI, SMERIGLIO, SPERANDIO, ZIPPONI

¾

 

Concessione di amnistia condizionata e di indulto revocabile

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il 14 giugno 2006

¾¾¾¾¾¾¾¾

 


Onorevoli Colleghi! - Da diversi anni, da parte di esponenti del mondo politico, della magistratura e dell'avvocatura, si susseguono prese di posizione sull'opportunità o meno di adottare provvedimenti di amnistia o di indulto.

Tali prese di posizione, e l'acceso confronto che ne è conseguito negli ultimi mesi della scorsa legislatura, hanno determinato aspettative all'interno del mondo carcerario e più in generale un clima di incertezza fra gli operatori della giustizia che non può che essere dannoso.

Ad avviso dei proponenti, sussistono le condizioni perché possa essere adottato un provvedimento di amnistia (condizionata) e di indulto (revocabile), soprattutto se finalizzato a garantire il funzionamento della giustizia e ad evitare che falliscano le numerose riforme approvate nella XIII legislatura - giudice unico di primo grado, depenalizzazione dei reati minori, nuovo rito monocratico con rafforzamento dei riti alternativi, modifica all'articolo 111 della Costituzione, incentivi ai magistrati per le sedi disagiate - già duramente colpite dalla disastrosa politica sulla giustizia perseguita dal centrodestra negli ultimi anni, contribuendo a ridurre l'eccessivo arretrato accumulato negli anni per procedimenti relativi a reati di non grave allarme sociale che, oltre tutto, prima della sentenza definitiva, finiscono in gran parte con una sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione.

La giustizia penale italiana versa, infatti, in condizioni critiche, aggravate dai provvedimenti voluti dal Governo nella XIV legislatura, e riforme di notevole rilievo, finalizzate a coniugare maggiore celerità dei tempi processuali e maggiori garanzie per i cittadini, rischiano di non produrre gli effetti positivi auspicati se non addirittura di fallire, a causa dell'enorme mole di procedimenti arretrati.

Se si considerano le centinaia di migliaia di processi già prescritti o per i quali elevata è la probabilità di prescrizione, si verrebbe comunque a determinare un'amnistia di fatto, i cui beneficiari sarebbero peraltro individuati in modo casuale e prevalentemente tra coloro che dispongono di mezzi economici tali da affrontare i costi dei diversi gradi di giudizio. Ci troveremmo dunque di fronte a un'amnistia di fatto, basata sul censo.

Non si può non considerare, del resto, che, dall'entrata in vigore della Costituzione fino al 1992, vi sono stati 34 provvedimenti di amnistia e di indulto, mentre negli ultimi quattordici anni non è stato adottato alcun provvedimento di clemenza.

La presente proposta di legge prevede la concessione di un'amnistia condizionata e di un indulto revocabile per le pene detentive. Si propone l'applicazione dell'amnistia per i reati puniti con una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni - ovvero a cinque anni se è stato risarcito il danno o se ricorre la circostanza attenuante dell'aver agito per motivi di alto valore morale o sociale - e per una serie di reati specificamente indicati. Il provvedimento di clemenza è soggetto alla condizione che l'imputato non commetta, nei cinque anni successivi alla data di entrata in vigore della legge, un delitto non colposo (e, nei casi più gravi, sempre nell'ambito di reati la cui pena edittale massima è di cinque anni di reclusione, abbia provveduto spontaneamente - tenuto conto delle sue condizioni economiche e sociali - al risarcimento del danno e all'eliminazione delle conseguenze del reato). Si prevede a tal fine la sospensione dei procedimenti penali in corso e dei relativi termini di prescrizione, nonché dell'esecuzione delle pene: decorso un periodo di cinque anni, se risulteranno soddisfatte le condizioni previste dalla legge, il reato o la pena saranno estinti; in caso contrario, i procedimenti penali e l'esecuzione delle pene riprenderanno il loro corso. In questo periodo di tempo, oltre tutto - ed è questo uno degli scopi principali della presente proposta di legge - si potrebbero celebrare con maggiore celerità i processi per i reati più gravi, evitando il danno e la "beffa" della prescrizione e limitando i numerosissimi casi di scarcerazione per decorrenza dei termini, anche in presenza di condanne gravissime in primo e secondo grado.

Per quanto riguarda l'indulto, da concedere per pene o residui di pena non superiori a tre anni, si prevede la revoca qualora l'interessato commetta un reato doloso nei cinque anni dalla concessione del condono.

Queste condizioni - sospensione del processo, buona condotta, possibilità di revoca del condono - avrebbero, a nostro parere, una notevole efficacia deterrente, in quanto ben difficilmente tornerebbe a commettere un reato chi è perfettamente consapevole che, in tal caso, gli verrebbe revocato il condono o non gli sarebbe applicata l'amnistia, e sconterebbe così la pena sia per il nuovo reato sia per quello precedente: una vera e propria "spada di Damocle" dalla non trascurabile efficacia dissuasiva.

Tali provvedimenti, e in particolare l'indulto, determinerebbero anche una diminuzione significativa della popolazione carceraria, rendendo così più vivibili gli istituti penitenziari, sia per i detenuti sia per gli operatori. La diminuzione della popolazione carceraria, inoltre, recherebbe un non trascurabile vantaggio economico. Le risorse così risparmiate potrebbero essere utilizzate per interventi in favore dei tossicodipendenti, ad esempio potenziando le strutture pubbliche di assistenza e le comunità terapeutiche, nonché per rafforzare i servizi sociali di supporto - con assunzione di educatori, assistenti sociali, psicologi - la cui carenza determina oggi molto spesso l'inefficacia delle misure alternative alla detenzione, come l'affidamento in prova al servizio sociale e/o la semilibertà.

Molti dei detenuti che beneficierebbero del provvedimento di indulto sarebbero soggetti condannati per reati di minore gravità, in gran parte dei casi connessi all'uso di sostanze stupefacenti, rispetto ai quali la pena detentiva ha dimostrato tutta la sua inefficacia, sia sotto il profilo della rieducazione del condannato e di un trattamento che favorisca la disintossicazione, sia sotto quello della tutela della collettività. I condannati per tali tipi di reati, infatti, una volta scontata la pena, e non avendo avuto la possibilità in carcere di usufruire di un trattamento e di un aiuto anche di carattere psicologico per uscire dallo stato di tossicodipendenza, tornano spesso a commettere reati connessi all'abuso di sostanze stupefacenti, in quanto non riescono a sottrarsi a quel circolo vizioso - necessità di procurarsi la dose per uso personale e reati per poter acquistare la droga - che comporta altissimi costi economici e sociali non solo per loro, ma per l'intera collettività.

Si tratta dunque di una proposta di legge che guarda al mondo complessivo della giustizia, che accelererebbe i tempi dello svolgimento dei processi per i reati di più grave allarme sociale, eviterebbe un gran numero di prescrizioni e di scarcerazioni per decorrenza dei termini, incentiverebbe il risarcimento dei danni in favore delle vittime, aumenterebbe le possibilità di reinserimento per chi ha commesso reati di minore gravità, senza sacrificare le esigenze di sicurezza della collettività, e anzi creando - attraverso le condizioni alle quali sarebbe subordinata l'applicazione dell'amnistia e la possibilità di revoca dell'indulto - le premesse per limitare, per quanto possibile, i casi di recidiva. Quello che si propone non è dunque un provvedimento "tampone", determinato esclusivamente dalla situazione esplosiva delle nostre carceri, ma un provvedimento che vuole dare una risposta più complessiva, nel tentativo di raggiungere un obiettivo da tutti, almeno a parole, auspicato: quello di una giustizia nello stesso tempo più efficiente e più umana.

La presente proposta di legge vuole essere anche un punto di partenza per avviare - su un tema particolarmente delicato - una riflessione, il più possibile pacata e costruttiva, che coinvolga le forze politiche, gli operatori del diritto e i cittadini tutti, nel tentativo di trovare, in un confronto costruttivo, soluzioni il più possibile condivise.



 


proposta di legge

¾¾¾

 

Art. 1.

(Amnistia).

1. È concessa amnistia:

a) per ogni reato per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per ogni reato per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 1), del codice penale, ovvero la circostanza attenuante prevista dal medesimo articolo 62, numero 6), ovvero l'imputato si sia adoperato, tenuto conto delle sue condizioni economiche e sociali, per risarcire anche parzialmente il danno ovvero si sia adoperato per elidere o attenuare, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato;

c) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

d) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 336, primo comma (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale), e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

2) 588 (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

3) 614, quarto comma (violazione di domicilio), limitatamente all'ipotesi in cui il fatto è stato commesso con violenza sulle cose;

4) 624 (furto), aggravato dalle circostanze di cui all'articolo 625, qualora ricorra almeno una delle circostanze attenuanti previste dall'articolo 62, numeri 4) e 6);

e) per ogni reato commesso da minore degli anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale ai sensi dell'articolo 19 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, e successive modificazioni; non si applicano le disposizioni di cui ai commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale.

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applica il quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. L'amnistia è concessa a condizione che il condannato non commetta, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo.

4. In ogni stato e grado del processo il giudice, qualora il reato per il quale si procede rientri tra quelli previsti dal comma 1, sospende, anche d'ufficio, il procedimento per un periodo di cinque anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. Decorso tale periodo, il giudice, qualora sussistono le condizioni di cui al comma 3 del presente articolo, provvede ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale; nel caso contrario, revoca il provvedimento di sospensione. Durante la sospensione del procedimento disposta ai sensi del presente comma è sospeso il decorso dei termini di prescrizione.

Art. 2.

(Computo della pena per l'applicazione dell'amnistia).

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia ai sensi dell'articolo 1:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale;

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4) e 6) dell'articolo 62 del medesimo codice. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle citate circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 468 del codice di procedura penale.

Art. 3.

(Rinunciabilità dell'amnistia).

1. L'amnistia non si applica qualora l'imputato, prima che sia pronunciata l'ordinanza che dispone la sospensione del procedimento ai sensi del comma 4 dell'articolo 1, faccia espressa dichiarazione di non volerne usufruire.

Art. 4.

(Indulto).

1. È concesso indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive.

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applicano le esclusioni di cui al quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. Il beneficio dell'indulto è revocato se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti una condanna a pena detentiva superiore a sei mesi.

 


N. 1266

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

CAPOTOSTI, FABRIS, SATTA, MORRONE, ADENTI, AFFRONTI, CIOFFI, DEL MESE, D'ELPIDIO, GIUDITTA, LI CAUSI, PICANO, ROCCO PIGNATARO, PISACANE

¾

 

Concessione di amnistia e di indulto

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il 3 luglio 2006

¾¾¾¾¾¾¾¾

 


Onorevoli Colleghi! - La fine della XIV legislatura e l'inizio di quella in corso sono stati caratterizzati dalla pressante richiesta, proveniente da ambienti che attraversano l'intero tessuto sociale, politico e religioso del Paese, di un provvedimento di clemenza generale volto a porre rimedio alla grave situazione di disagio in cui versa la popolazione carceraria.

Tradizionalmente, la concessione di atti di clemenza si accompagna a riforme di ampio respiro. Per tale ragione, l'amnistia e l'indulto sono generalmente «incondizionati».

Tale natura incondizionata, del resto, distingue, secondo la prevalente opinione, gli atti di clemenza da misure «premiali», quali quelle alternative alla detenzione previste dall'ordinamento penitenziario, la cui concessione è subordinata alla verifica, da parte dell'autorità giudiziaria, della reale intrapresa di un percorso di recupero sociale del condannato.

Pur auspicando interventi normativi «di sistema», che consentano di superare i problemi di inefficienza del processo penale e di sovrappopolazione del sistema carcerario, allo stato, le misure allo studio sono sganciate da questa prospettiva. Pertanto, onde evitare di essere percepite nell'opinione pubblica come una «resa incondizionata» dello Stato, si è ritenuto di ancorare dette misure alla sussistenza di taluni presupposti.

A tale fine sono stati presi in considerazione anche i numerosi progetti di legge presentati nel corso della precedente legislatura relativi alla tematica in esame, molti dei quali sintetizzati in un testo unificato del gennaio 2006, successivamente non approvato (atto Camera n. 458 e abb.-A, XIV legislatura).

 

 

Si è pensato, quindi, di modulare gli istituti tenendo conto, anzitutto, della distinzione fra amnistia «propria» e «impropria».

Per quest'ultima e per l'indulto è stato previsto un percorso rieducativo del condannato che si concretizza attraverso l'effettuazione di lavoro di pubblica utilità secondo determinati obblighi e condizioni, l'inosservanza dei quali determina la revoca del beneficio.

Per l'amnistia «propria» si sono tenute distinte le varie fasi del procedimento, stabilendo la natura incondizionata del beneficio per quei reati ancora oggetto di investigazioni preliminari, e, viceversa, subordinando a determinate condizioni l'applicazione del beneficio per i reati oggetto di procedimento in relazione al quale è stata esercitata l'azione penale.

Del resto, la possibilità che misure di clemenza possano essere subordinate a «condizioni o a obblighi» è testualmente prevista dall'articolo 151, quarto comma, del codice penale, in tema di amnistia, richiamato dall'articolo 174 del medesimo codice penale in materia di indulto.

Sul punto, la Corte costituzionale (sentenza n. 5 del 1o febbraio 1964) ha avuto modo di affermare la legittimità costituzionale di un intervento normativo che condizionava l'amnistia per i reati finanziari al pagamento del tributo evaso.

L'intervento normativo proposto si compone di 16 articoli.

Quanto all'amnistia che estingue il reato, si propone di prevedere la concessione del beneficio (articolo 1, comma 1, lettera a) per i reati che prevedono una pena edittale non superiore a quattro anni, limite che attualmente coincide con la competenza per materia del giudice monocratico «a citazione diretta» (con le indubbie conseguenze deflattive che da ciò conseguono).

Non sono stati contemplati i reati finanziari, per i quali, in passato, si è fatto ricorso a un provvedimento legislativo autonomo.

Le lettere b), c), d) e f) del comma 1 del medesimo articolo 1 includono nel provvedimento clemenziale alcuni specifici reati i quali, pur prevedendo una pena edittale superiore ai quattro anni, si connotano per uno scarso allarme sociale, ovvero sono connessi alla commissione di un reato amnistiato.

Le lettere da g) a l) del citato comma 1 prevedono l'amnistia anche per i reati di allontanamento illecito e di renitenza alla leva obbligatoria, ora abolita, ovvero «sospesa»; provvedimento quest'ultimo già oggetto di specifici progetti di legge della passata legislatura.

Sul punto va osservato che l'emanazione di una legislazione speciale tesa alla progressiva affermazione del principio di professionalità nell'arruolamento delle Forze armate (legge delega 14 novembre 2000, n. 331, articolo 3, comma 1; decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, articolo 7, comma 1, come sostituito dall'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 226), quanto meno ha fatto nascere il dubbio circa la sopravvivenza delle norme incriminatrici che, nel nostro ordinamento, presuppongono l'esistenza della chiamata alle armi, istituto regolato da fonti legislative diverse da quella penale.

Il riferimento è non solo all'articolo 151 del codice penale militare di pace (mancanza alla chiamata), ma anche all'ipotesi di allontanamento illecito (articolo 147 dello stesso codice), nonché alla fattispecie di cui all'articolo 160 del medesimo codice e a quelle previste dalle leggi speciali sul servizio sostitutivo civile.

Il dubbio viene alimentato, peraltro, dalle oscillanti interpretazioni della giurisprudenza di merito e di legittimità. Proprio al fine di evitare disparità di trattamento e censurabili profili di irragionevolezza nei confronti di soggetti che si sono resi responsabili, fino al 31 ottobre 2005 (data cui si deve far risalire l'ultimo giorno di coscrizione obbligatoria), dei reati sopra indicati, si ritiene che la soluzione tecnica migliore sia quella dell'amnistia, che non va, peraltro, ad intaccare il quadro delle fattispecie incriminatrici. E ciò perché si tratta di reati per i quali non è più avvertito il disvalore sociale del fatto, anche se non possono ritenersi abrogati (Cassazione sezione I, sentenza n. 546 del 2 maggio 2006).

 

 

Ai sensi del comma 3, non si applica l'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale, che esclude dai benefìci i recidivi e i delinquenti abituali, professionali o per tendenza (articoli 99, 102, 103, 105 e 108 del codice penale).

L'articolo 2 contiene le esclusioni oggettive dall'amnistia, con riferimento ad alcune categorie di reati particolarmente gravi, vuoi per l'allarme sociale che destano (per esempio delitti di mafia, terrorismo, eccetera), vuoi per la natura particolarmente odiosa (ad esempio, reati sessuali), vuoi per la gravità del vulnus che essi arrecano alla gestione della res publica (delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione), ovvero al territorio e all'ambiente (reati urbanistici e ambientali).

Il comma 5 disciplina l'ipotesi in cui l'amnistia debba essere applicata solo ad alcuni reati fra quelli posti tra loro in continuazione o concorso formale.

L'articolo 3 disciplina le modalità di computo della pena ai fini dell'applicazione dell'amnistia. A tale fine si prevede che si debba avere riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato e che non si debba tenere conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa.

Quanto alle circostanze del reato, si prevede che si debba tenere conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti ad efficacia speciale ovvero ad effetto speciale, nonché della circostanza aggravante di cui all'articolo 61, numero 7), del codice penale, nei reati contro il patrimonio, della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale, nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4) e 6) dell'articolo 62 del codice penale. Si prevede altresì che, quando le predette attenuanti concorrono con le circostanze aggravanti di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 3 in oggetto, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui agli articoli 583 e 625, numero 2), prima ipotesi, del codice penale, nel qual caso si tiene conto soltanto di queste ultime. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle predette circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, dal giudice procedente.

Si prevede infine che si debba tenere conto delle circostanze attenuanti previste dall'articolo 48 del codice penale militare di pace quando esse siano prevalenti o equivalenti, ai sensi dell'articolo 69 del codice penale, rispetto ad ogni tipo di circostanza aggravante.

L'articolo 4, vera pietra angolare dell'intervento normativo, prevede, al comma 1, che l'amnistia debba essere «incondizionata» per i procedimenti in relazione ai quali l'azione penale non è ancora stata esercitata.

Viceversa, per i procedimenti per i quali vi è stato esercizio dell'azione penale, si è ipotizzata la sospensione del processo e un periodo di osservazione di due anni (comma 2); se l'imputato si astiene dal commettere ulteriori reati, il reato viene dichiarato estinto dal giudice procedente ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale.

Si è ritenuto di attribuire maggiore certezza alla previsione normativa mediante un esplicito riferimento all'esercizio dell'azione penale in ordine al nuovo reato commesso; attendere il passaggio in giudicato della nuova condanna avrebbe infatti significato prolungare per un tempo spesso lunghissimo il termine di sospensione. Onde consentire al giudice di conoscere tempestivamente l'avvenuto esercizio dell'azione penale in ordine al nuovo reato, si è ritenuto di inserire, in capo al pubblico ministero per esso procedente, un obbligo di informativa al giudice che ha disposto la sospensione, mediante un richiamo all'articolo 129 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (comma 6).

Durante il periodo di sospensione i termini di prescrizione sono sospesi (comma 3) e della sospensione viene fatta menzione nel certificato del casellario giudiziale (comma 5), al fine di consentire un rapido aggiornamento della posizione in caso di commissione di nuovi reati durante l'osservazione.

 

 

Con tale condizione si è voluto munire la legge anche di una notevole carica deterrente, in quanto è da presumere che sia altamente improbabile che torni a delinquere chi è consapevole che, in tale caso, non gli verrebbe applicata l'amnistia.

L'articolo 5 disciplina la cosiddetta «amnistia impropria», ossia quella concessa per reati in relazione ai quali è già intervenuta sentenza di condanna definitiva.

Sul punto, stante la contemporanea concessione di indulto, si è ritenuto di dover ancorare la concessione del beneficio agli stessi presupposti e condizioni dell'indulto condizionato, per un periodo pari alla pena da amnistiare e comunque non inferiore a un anno. Si rinvia quindi, quanto alla disciplina, ai contenuti dell'articolo 10.

Ai sensi dell'articolo 6, l'amnistia è rinunciabile.

Quanto all'indulto, si è pensato (articolo 7) a un limite di pena di due anni.

Il successivo articolo 8 precisa che esso non si applica alle sanzioni sostitutive di cui alla legge n. 689 del 1981 e ai condannati che non hanno scontato almeno un quarto della pena comminata.

L'articolo 9 contiene le esclusioni oggettive dall'indulto, ossia i reati ritenuti di particolare gravità o allarme sociale: articoli 270, 270-bis, 270-ter, 270-quater, 270-quinquies, 280, 280-bis, 284, 285, 416-bis, 422, 600, 600-bis, 600-ter, commi primo e secondo, 600-quinquies, 601, 602, 603, 609-bis, 609-quater, 609-octies, 630, commi primo, secondo e terzo, 648-bis, limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, e 648-ter del codice penale; delitti commessi con finalità di terrorismo od eversione; delitti previsti dagli articoli 74 e 80 del Testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.

Si è ritenuto che la concessione dello stesso, onde essere ancorata comunque alla finalità rieducativa del condannato stabilita dall'articolo 27 della Costituzione, debba essere condizionata alla prestazione volontaria di attività non retribuita in favore della collettività (articolo 10, comma 1). Tale misura risulta attualmente prevista come pena, e non come semplice misura alternativa alla detenzione, per i reati di competenza del giudice di pace (articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274), nonché dalla recente riforma in materia di stupefacenti, dall'articolo 73, comma 5-bis, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, introdotto dal decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, il quale prevede che su richiesta della parte, qualora non possa essere concessa la sospensione condizionale della pena, in luogo delle pene detentive possa essere irrogata la sanzione in oggetto, mediante esplicito richiamo al citato articolo 54 del decreto legislativo n. 274 del 2000.

La sua introduzione per i reati di competenza del tribunale potrebbe costituire un banco di prova importante in previsione di un futuro e improcrastinabile ripensamento del sistema sanzionatorio nel suo complesso, già oggetto di studio di apposita commissione istituita presso il Consiglio superiore della magistratura. In tale senso si muoveva anche il progetto di riforma del codice penale varato nella scorsa legislatura (cosiddetto «progetto Nordio»), che nella parte generale inseriva all'articolo 70 il lavoro di pubblica utilità tra le pene cosiddette «prescrittive».

Ai fini che qui interessano, tuttavia, l'istituto viene disciplinato in modo da assumere, di fatto, i connotati di una sorta di misura alternativa alla detenzione «straordinaria», ossia non prevista dall'ordinamento penitenziario in via generale, ma concessa una tantum qualora ne ricorrano i presupposti.

Si è previsto (articolo 10, commi 1 e 2) che il lavoro socialmente utile debba essere prestato presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti od organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, per non meno di sei e non più di diciotto ore settimanali; il progetto Nordio

 

prevedeva la cifra «secca» di sei ore, ritenuta incongrua in ragione della necessità di modulare la sanzione sostitutiva tenuto conto della gravità del fatto in relazione al caso concreto e all'entità della pena da condonare.

Seguendo la traccia del progetto Nordio, si prevede che, normalmente, l'attività viene svolta nell'ambito della provincia di residenza, con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Tale previsione tuttavia non tiene conto del fatto che la contiguità del condannato con ambienti criminali può gravemente ostacolare il percorso rieducativo dello stesso. Seguendo la previsione di un disegno di legge decaduto della XIV legislatura (atto Camera n. 6253, d'iniziativa dell'onorevole Antonio Russo, recante «Disposizioni in materia di detenzione concordata e di messa alla prova»), si stabilisce pertanto che, qualora la permanenza nella provincia di residenza possa pregiudicare l'allontanamento del condannato da ambienti illeciti, il giudice può autorizzare lo stesso a prestare l'attività e dimorare, per un periodo corrispondente, presso un'altra provincia.

Cardine della concessione del beneficio è che l'imputato presti la propria attività non retribuita volontariamente, stante il principio dell'incoercibilità degli obblighi di facere che è immanente al nostro ordinamento.

Si prevede quindi (articolo 10, comma 3) che il giudice dell'esecuzione, sollecitato dal pubblico ministero, debba raccogliere il consenso in apposita udienza camerale fissata secondo i meccanismi del cosiddetto «incidente di esecuzione» (articolo 666 del codice di procedura penale, ma la presenza del pubblico ministero viene resa facoltativa); in tale sede può imporre le debite prescrizioni (modificabili anche ex officio) onde facilitare il reinserimento sociale del condannato ed evitare la ripetizione di condotte criminose.

Ai sensi dell'articolo 11, comma 6, contro gli obblighi e le prescrizioni relativi alla dimora e alla presentazione all'autorità di polizia il condannato può ricorrere al giudice dell'esecuzione, che decide con la procedura di cui all'articolo 666 del codice di procedura penale.

La scelta di affidare al giudice dell'esecuzione, anziché alla magistratura di sorveglianza, la concessione del beneficio, deriva dalla constatazione dell'enorme carico di lavoro da cui la seconda è costantemente oberata (come risulta anche da apposito studio del Centro studi del Consiglio superiore della magistratura in materia di pene e di sanzioni sostitutive). Al contrario, si è ritenuto che l'aumento del carico di lavoro per il giudice dell'esecuzione determinato dalla necessità di fissare gli incidenti di esecuzione potrà essere adeguatamente bilanciato dalla deflazione derivante dall'applicazione dell'amnistia.

Si è comunque ritenuto di dover tutelare anche la persona offesa dal reato, mediante apposita previsione della possibilità, per il giudice dell'esecuzione, di condizionare l'indulto, in luogo che alla prestazione di attività lavorativa non retribuita, al risarcimento del danno in favore della persona offesa, ovvero all'eliminazione o all'attenuazione delle conseguenze del reato. Tale previsione è diretta a dare piena attuazione alla decisione quadro del Consiglio d'Europa del 15 marzo 2001 (2001/220/GAI), il cui articolo 9, paragrafo 2, invita gli Stati membri ad adottare «le misure atte a incoraggiare l'autore del reato a prestare adeguato risarcimento alla vittima». Essa, peraltro, trova un precedente anche in iniziative legislative della precedente legislatura e segnatamente nell'atto Camera n. 724 (proponente onorevole Pisapia, recante «Delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria dei reati di minore allarme sociale e norme in materia di applicazione della pena su richiesta delle parti, di arresti domiciliari e di misure alternative alla detenzione»), che prevedeva la sostituzione della pena detentiva per taluni reati con la «prestazione di attività non retribuita a favore della collettività o finalizzata al risarcimento del danno, all'eliminazione o attenuazione delle conseguenze del reato».

 

 

L'articolo 11, commi 1 e 2, dispone che con il provvedimento di sospensione dell'esecuzione della sentenza per effetto dell'indulto condizionato, o in un momento successivo durante il periodo di sospensione, al beneficiato possono essere imposte talune delle prescrizioni o degli obblighi di cui ai commi 5, 6 e 7 dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354. Al detenuto che risulta tossicodipendente è sempre imposto l'obbligo di mettersi in contatto con il servizio per le tossicodipendenze dell'azienda sanitaria locale competente immediatamente dopo la scarcerazione.

Il comma 4 dispone che nei casi di pena da condonare superiore a un anno, al condannato può essere imposto in qualsiasi momento l'obbligo di presentazione periodica alla polizia giudiziaria, secondo le modalità previste dall'articolo 282 del codice di procedura penale, per il periodo di sospensione dell'esecuzione.

La sorveglianza sull'ottemperanza alle prescrizioni è rimessa (articolo 12) al servizio sociale del Ministero della giustizia (che deve rimanere in contatto costante con il condannato) e, qualora la pena da condonare sia superiore a un anno, alle Forze di polizia.

Scaduto il termine fissato nel provvedimento di sospensione (articolo 13), gli organi deputati alla sorveglianza relazionano al pubblico ministero. Se la «prova» risulta positiva, la pena viene condonata.

Se durante il periodo di prova vengono violate le prescrizioni o gli obblighi, il pubblico ministero può chiedere la cessazione anticipata.

L'articolo 14 prevede che l'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, nel periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore del decreto di concessione, un delitto non colposo, per il quale è prevista una pena edittale non inferiore nel massimo a quattro anni.

Anche l'indulto, come l'amnistia, è rinunciabile da parte del condannato (articolo 15).

La proposta di legge prevede che entrambi i benefìci si applichino a tutti i reati commessi fino al 31 dicembre 2005 (articolo 16).


 

 


 


proposta di legge

¾¾¾

 

Art. 1.

(Concessione di amnistia).

1. È concessa amnistia:

a) per ogni reato non finanziario per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 336, primo comma, e 337, sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 del codice penale o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

2) 372, quando la testimonianza verte su un reato per il quale è concessa amnistia;

3) 588, secondo comma, sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

4) 624 e 625, primo comma, numero 2), limitatamente al furto commesso con mezzo fraudolento, numero 4), numero 6) e numero 8), purché non ricorra l'ipotesi di cui al secondo comma;

5) 640, secondo comma, numero 2);

6) 648, secondo comma;

d) per ogni reato commesso dal minore di anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale ai sensi dell'articolo 19 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, come da ultimo sostituito dall'articolo 112 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e senza che si applichino le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

e) per i reati relativi a violazioni delle norme concernenti il monopolio dei tabacchi e le imposte di fabbricazione sugli apparecchi di accensione, limitatamente alla vendita al pubblico e all'acquisto e alla detenzione di quantitativi di tali prodotti destinati alla vendita al pubblico direttamente da parte dell'agente;

f) per i reati previsti dall'articolo 73, comma 5, e dall'articolo 83 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;

g) per il delitto di cui all'articolo 147 del codice penale militare di pace;

h) per il delitto di cui all'articolo 151 del codice penale militare di pace, anche qualora ricorrano le circostanze aggravanti previste dagli articoli 152 e 154 del medesimo codice;

i) per il delitto di cui all'articolo 160 del codice penale militare di pace, per i fatti di cui agli articoli 157, 158 e 159 dello stesso codice commessi dagli iscritti di leva o durante lo stato di congedo;

l) per il delitto previsto dall'articolo 14 della legge 8 luglio 1998, n. 230.

2. L'amnistia prevista per i reati di cui al comma 1, lettere h) e i), si applica ai concorrenti nel reato, purché non sia applicabile la circostanza aggravante prevista dall'articolo 162 del codice penale militare di pace.

3. Non si applica l'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

Art. 2.

(Esclusioni oggettive dall'amnistia).

1. L'amnistia non si applica:

a) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale;

b) ai reati previsti dagli articoli 10-bis, commi settimo e nono, quando si tratti di condotta dolosa, e 10-quinquies, primo comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni;

c) ai reati commessi in occasione di calamità naturali, approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti adottati dallo Stato o da altro ente pubblico per fare fronte alla calamità, risarcire i danni e portare sollievo alla popolazione e all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

d) ai reati di falsità in atti previsti dal capo III del titolo VII del libro II del codice penale, quando siano stati compiuti in relazione a eventi di calamità naturale ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e di sviluppo dei territori colpiti;

e) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 270-ter;

2) 353;

3) 354;

4) 371, solo qualora la falsità concerna procedimenti per reati in ordine ai quali non è concessa amnistia;

5) 371-bis e 371-ter, solo qualora la falsità concerna procedimenti per reati in ordine ai quali non è concessa amnistia;

6) 374;

7) 377;

8) 378, solo qualora il favoreggiamento concerna procedimenti per reati in ordine ai quali non è concessa amnistia;

9) 385;

10) 391; tale esclusione non si applica ai minori di anni diciotto;

11) 424;

12) 443;

13) 444;

14) 445;

15) 452, primo comma, numero 3), e secondo comma;

16) 471, quando siano stati compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e di sviluppo dei territori colpiti;

17) 478;

18) 501;

19) 501-bis;

20) 590, commi secondo e terzo, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro;

21) 600-ter, ultimo comma;

22) 600-quater;

23) 609-quater;

24) 610, nell'ipotesi di cui al secondo comma;

25) 644-bis;

26) 733;

27) 734;

f) ai reati previsti dalle disposizioni penali in materia di società e consorzi di cui al titolo XI del libro V del codice civile;

g) ai reati previsti:

1) dall'articolo 44, comma 1, lettere b) e c), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, salvo che si tratti di violazioni riguardanti un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti, e sempre che non siano stati violati i vincoli di cui all'articolo 33, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel secondo comma del medesimo articolo;

2) dagli articoli 169, 170, 171, 172, 173, 174, 175, 176, 178, 180 e 181 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

3) dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

2. L'amnistia non si applica a tutti i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, e successive modificazioni.

3. L'amnistia non si applica a tutti i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni.

4. L'amnistia non si applica a tutti i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 7 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205.

5. Quando vi è stata condanna ai sensi dell'articolo 81 del codice penale, ove necessario, il giudice dell'esecuzione applica l'amnistia secondo le disposizioni del decreto determinando le pene corrispondenti ai reati estinti.

Art. 3.

(Computo della pena per l'applicazione

dell'amnistia).

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena diversa;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale nonché, nei reati contro il patrimonio, dalla circostanza aggravante di cui all'articolo 61, numero 7), del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale, nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4) e 6) dell'articolo 62 del medesimo codice. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con le circostanze aggravanti di cui alla lettera c) del presente comma, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui agli articoli 583 e 625, numero 2), prima ipotesi, del codice penale, nel quale caso si tiene conto soltanto di queste ultime. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle predette circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, dal giudice procedente;

e) si tiene conto delle circostanze attenuanti previste dall'articolo 48 del codice penale militare di pace quando siano prevalenti o equivalenti, ai sensi dell'articolo 69 del codice penale, rispetto a ogni tipo di circostanza aggravante.

Art. 4.

(Amnistia condizionata propria).

1. L'amnistia per i reati di cui all'articolo 1, in ordine ai quali non è stata esercitata l'azione penale, è concessa senza condizioni.

2. L'amnistia per i reati di cui all'articolo 1, in ordine ai quali è stata esercitata l'azione penale, è concessa a condizione che nei confronti dell'imputato, nei due anni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, non venga esercitata l'azione penale per un delitto non colposo, per il quale è prevista la pena edittale non inferiore nel massimo a quattro anni, commesso successivamente alla medesima data di entrata in vigore.

3. Durante il biennio previsto dal comma 2, il giudice, in ogni stato e grado, sospende il processo. Decorso tale periodo, qualora sussistano le condizioni di cui al citato comma 2, il giudice provvede ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale. Nel caso contrario revoca la sospensione.

4. Durante la sospensione disposta ai sensi dei commi 2 e 3 il decorso dei termini di prescrizione è sospeso.

5. Il provvedimento di sospensione di cui ai commi 1, 2 e 3 è annotato nel casellario giudiziario.

6. Nell'ipotesi di cui al comma 2 il pubblico ministero comunica l'avvenuto esercizio dell'azione penale in ordine al nuovo reato al giudice che ha disposto la sospensione, con le forme previste all'articolo 129 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.

Art. 5.

(Amnistia condizionata impropria).

1. L'amnistia per i reati previsti dalla presente legge, in ordine ai quali è stata pronunciata sentenza di condanna definitiva, è concessa a condizione che il condannato, per un periodo corrispondente alla pena inflitta e, comunque, non inferiore a un anno, presti volontariamente attività non retribuita in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti od organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato.

2. L'attività di cui al comma 1 viene svolta nell'ambito della provincia in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non meno di sei e non più di diciotto ore di lavoro settimanale, da svolgere con modalità e con tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Qualora la permanenza nella provincia di residenza possa pregiudicare l'allontanamento del condannato da ambienti illeciti, il giudice può autorizzare lo stesso a prestare attività e a dimorare, per un periodo corrispondente a quello di prestazione dell'attività stessa, presso un'altra provincia.

3. Il provvedimento di cui al comma 1 è adottato con ordinanza, su richiesta del pubblico ministero, dal giudice dell'esecuzione individuato ai sensi dell'articolo 665 del codice di procedura penale, che provvede a raccogliere il consenso del detenuto con la procedura di cui all'articolo 666 del medesimo codice; in deroga a quanto previsto dal comma 4 del citato articolo 666, la presenza del pubblico ministero all'udienza in camera di consiglio non è obbligatoria. Il provvedimento è comunicato al servizio sociale del Ministero della giustizia.

4. Il giudice dell'esecuzione, sentite le parti, inclusa la persona offesa, nell'udienza di cui al comma 3, può, in luogo della prestazione dell'attività di cui al comma 1, condizionare la concessione dell'amnistia al risarcimento del danno in favore della persona offesa ovvero all'eliminazione o all'attenuazione delle conseguenze del reato.

5. Durante il periodo di sospensione si applicano gli articoli 11, 12 e 13.

6. L'amnistia di cui al presente articolo è revocata di diritto se chi ne ha usufruito commette, nel periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore del decreto di concessione, un delitto non colposo, per il quale è prevista una pena edittale non inferiore nel massimo a quattro anni.

Art. 6.

(Rinuncia all'amnistia).

1. L'amnistia non si applica qualora l'imputato, prima che sia pronunciata sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere per estinzione del reato per amnistia, faccia espressa dichiarazione di non volerne usufruire.

Art. 7.

(Concessione di indulto).

1. È concesso indulto per le pene detentive non superiori a due anni e per le pene pecuniarie non superiori a 10.000 euro, sole o congiunte alla pena detentiva, alle condizioni e con i limiti stabiliti dalla presente legge.

2.L'applicazione dell'indulto rende inapplicabili le misure di sicurezza inflitte con la sentenza di condanna, ad esclusione della confisca.

3. È concesso indulto, per intero, per le pene accessorie temporanee, conseguenti a condanne per le quali è applicato, anche solo in parte, l'indulto.

4. Non si applica la disposizione contenuta nell'ultimo comma dell'articolo l51 del codice penale.

Art. 8.

(Ambito di applicazione).

1. L'indulto non si applica alle sanzioni sostitutive di cui al capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni.

2. L'indulto si applica ai detenuti che hanno scontato almeno un quarto della pena detentiva, tenuto conto della liberazione anticipata.

Art. 9.

(Esclusioni oggettive).

1. L'indulto non si applica alle pene:

a) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 270, 270-bis, 270-ter, 270-quater, 270-quinquies, 280, 280-bis e 284;

2) 285;

3) 416-bis;

4) 422;

5) 600, 600-bis, 600-ter, commi primo e secondo, 600-quinquies, 601, 602, 603, 609-bis, 609-quater e 609-octies;

6) 630, commi primo, secondo, terzo;

7) 648-bis, limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, e 648-ter;

b) per i delitti previsti dagli articoli 74 e 80 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.

2. L'indulto non si applica alle pene che conseguono a tutti i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, e successive modificazioni.

3. L'indulto non si applica alle pene che conseguono a tutti i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni.

4. L'indulto non si applica alle pene che conseguono a tutti i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 7 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205.

Art. 10.

(Condizioni di applicazione).

1. L'indulto si applica a condizione che il condannato, per il periodo di tempo corrispondente alla pena condonata e comunque non inferiore a un anno, presti volontariamente attività non retribuita in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti od organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato.

2. L'attività di cui al comma 1 viene svolta nell'ambito della provincia in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non meno di sei e non più di diciotto ore di lavoro settimanale, da svolgere con modalità e con tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Qualora la permanenza nella provincia di residenza possa pregiudicare l'allontanamento del condannato da ambienti illeciti, il giudice può autorizzare lo stesso a prestare l'attività e a dimorare, per un periodo corrispondente a quello di prestazione dell'attività stessa, presso un'altra provincia.

3. Il provvedimento di cui al comma 1 è adottato con ordinanza, su richiesta del pubblico ministero, dal giudice dell'esecuzione individuato ai sensi dell'articolo 665 del codice di procedura penale, che provvede a raccogliere il consenso del detenuto con la procedura di cui all'articolo 666 del medesimo codice; in deroga a quanto previsto dal comma 4 del citato articolo 666, la presenza del pubblico ministero all'udienza in camera di consiglio non è obbligatoria. Il provvedimento è comunicato al servizio sociale del Ministero della giustizia.

4. Il giudice dell'esecuzione, sentite le parti, inclusa la persona offesa, nell'udienza di cui al comma 3, può, in luogo della prestazione dell'attività di cui al comma 1, condizionare la concessione dell'indulto al risarcimento del danno in favore della persona offesa ovvero all'eliminazione o all'attenuazione delle conseguenze del reato.

Art. 11.

(Prescrizioni e obblighi).

1. Con il provvedimento di sospensione dell'esecuzione della sentenza per effetto dell'indulto condizionato, o in un momento successivo durante il periodo di sospensione, al beneficiato possono essere imposte talune delle prescrizioni o degli obblighi di cui ai commi 5, 6 e 7 dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354.

2. Al detenuto che risulta tossicodipendente è sempre imposto l'obbligo di mettersi in contatto con il servizio per le tossicodipendenze dell'azienda sanitaria locale competente immediatamente dopo la scarcerazione.

3. Se la pena da condonare è superiore a un anno, con il provvedimento di sospensione è sempre imposto l'obbligo di dimora per tutto il periodo di sospensione di esecuzione della pena nel territorio del comune di dimora abituale o dove il condannato esercita la propria attività lavorativa ai sensi dell'articolo 10, comma 2. Si applicano i commi 3, 4 e 5 dell'articolo 238 del codice di procedura penale.

4. Nei casi di cui al comma 3 al condannato può essere imposto in qualsiasi momento l'obbligo di presentazione periodico alla polizia giudiziaria, secondo le modalità previste dall'articolo 282 del codice di procedura penale, per il periodo di sospensione dell'esecuzione della pena.

5. Le prescrizioni e gli obblighi di cui al presente articolo possono essere modificati anche d'ufficio, al fine di favorire il reinserimento sociale del beneficiato e di evitare la ripetizione di condotte criminose.

6. Contro le prescrizioni e gli obblighi relativi alla dimora e alla presentazione all'autorità di polizia il condannato può ricorrere al giudice dell'esecuzione, che decide con la procedura di cui all'articolo 666 del codice di procedura penale.

Art. 12.

(Controlli).

1. Entro due mesi dalla scadenza del termine di cui al comma 1 dell'articolo 10, il servizio sociale del Ministero della giustizia riferisce al pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza di condanna sul comportamento del beneficiato, con particolare riferimento al suo reinserimento sociale e all'osservanza di eventuali prescrizioni ad obblighi. A tale fine lo stesso servizio si mantiene in contatto con il condannato, con la sua famiglia, con gli altri suoi ambienti di vita e con eventuali strutture o istituzioni che curano il sostegno e il recupero del condannato.

2. Entro lo stesso termine previsto dal comma 1 del presente articolo, nel caso di cui al comma 3 dell'articolo 11, l'autorità di pubblica sicurezza riferisce al pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza di condanna sull'adempimento della condizione ivi prevista.

3. In qualsiasi momento il servizio sociale del Ministero della giustizia e l'autorità di pubblica sicurezza riferiscono al pubblico ministero eventuali violazioni di prescrizioni o di obblighi da parte del condannato o fatti significativi relativi al suo recupero e al suo reinserimento sociale.

Art. 13.

(Applicazione definitiva).

1. Scaduto il termine fissato nel provvedimento di sospensione, il pubblico ministero raccoglie le relazioni del servizio sociale del Ministero della giustizia e quelle dell'autorità di pubblica sicurezza e le invia al giudice dell'esecuzione con il proprio parere sull'applicazione definitiva dell'indulto.

2. Il giudice dell'esecuzione applica definitivamente l'indulto quando, dagli atti raccolti dal pubblico ministero, risultano adempiute le condizioni e rispettati le prescrizioni e gli obblighi eventualmente imposti durante il periodo di sospensione.

3. Qualora durante il periodo di sospensione il comportamento del condannato, reiteratamente contrario alla legge o alle prescrizioni e agli obblighi imposti, faccia ritenere l'impossibilità di adempimento delle condizioni di cui all'articolo 10, il pubblico ministero può chiedere al giudice dell'esecuzione una decisione anticipata di non applicazione dell'indulto. Se il giudice non accoglie la richiesta, restituisce gli atti al pubblico ministero.

4. Nella decisione sull'applicazione dell'indulto il giudice dell'esecuzione procede ai sensi dell'articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale.

Art. 14.

(Revoca).

1. L'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, nel periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore del decreto di concessione, un delitto non colposo, per il quale è prevista una pena edittale non inferiore nel massimo a quattro anni.

Art. 15.

(Rinuncia all'indulto).

1. Fino alla decisione del giudice dell'esecuzione sull'applicazione definitiva, il condannato può rinunciare all'indulto con dichiarazione resa personalmente al pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza.

Art. 16.

(Termini di efficacia).

1. L'amnistia e l'indulto hanno efficacia per i reati commessi sino a tutto il 31 dicembre 2005.

Art. 17.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il sessantesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 

 


N. 1323

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

CRAPOLICCHIO, DILIBERTO, SGOBIO, BELLILLO, CANCRINI, CESINI, DE ANGELIS, GALANTE, LICANDRO, NAPOLETANO, PAGLIARINI, FERDINANDO BENITO PIGNATARO, SOFFRITTI, TRANFAGLIA, VACCA, VENIER

¾

 

Concessione di amnistia e di indulto

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il 10 luglio 2006

¾¾¾¾¾¾¾¾

 


Onorevoli Colleghi! - Ormai da anni si discute della necessità di varare un provvedimento di amnistia e di indulto al fine di offrire una prima e concreta risposta alla situazione delle carceri italiane, che ha raggiunto livelli drammatici. Sono sedici anni, peraltro, che in Italia non viene concesso un atto di clemenza. La revisione dell'articolo 79 della Costituzione, approvata nel 1992, prevede infatti che siano le Camere a concedere amnistia e indulto con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, sia nella votazione articolo per articolo, sia nella votazione finale.

Un quorum davvero elevato, che ha reso impossibile, fino ad oggi, una larga intesa nelle Aule parlamentari e ne ha, nei fatti, impedito l'approvazione.

La modifica dell'articolo 79 della Costituzione, con la corrispondente entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, si proponeva di restringere il ricorso ai menzionati istituti di clemenza e consentire l'applicazione dei riti alternativi previsti dal nuovo codice. Nel frattempo la situazione nelle carceri si è andata via via aggravando ed è divenuta allarmante. Una condizione denunciata dalle associazioni che da anni si occupano dei detenuti e nella quale, allo stato, appaiono a rischio gli stessi diritti civili e della persona previsti dalla nostra Costituzione.

Il problema è sotto gli occhi di tutti: le carceri italiane sono al tracollo. I dati forniti dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP), in questo senso, appaiono assai eloquenti: «a fronte di una capacità ricettiva regolamentare di 45.490 posti, si registra una presenza di detenuti di 60.483 unità, di cui 57.564 uomini e 2.919 donne, 44 delle quali ristrette con bimbi al seguito». Tra i detenuti, il 30 per cento è affetto da HIV, il 36 per cento da epatite B, il 27 per cento rischia la tubercolosi; 10 mila detenuti, inoltre, sono malati di epatite C.

Ma non solo: mancano medici, assistenti, operatori sociali, psicologi, personale di servizio e, soprattutto, fondi, decurtati dal precedente Governo per oltre il 40 per cento.

Il vertiginoso aumento della popolazione detenuta è dovuto, essenzialmente, a due normative: quella sugli stupefacenti (testo unico decreto del Presidente della Repubblica n. 390 del 1990) e quella sull'immigrazione (legge n. 189 del 2002, cosiddetta «Bossi-Fini»). L'amministrazione penitenziaria, infatti, riferisce che, dal 1998 ad oggi, il numero di detenuti per reati gravi (quali mafia, sequestri di persona, traffico di droga eccetera) risulta costantemente pari al 14 per cento del totale della popolazione carceraria, mentre aumenta in maniera esponenziale la presenza di imputati e di condannati per reati di droga e per reati legati all'immigrazione clandestina.

Da un recente studio del DAP risulta che, degli oltre 60.000 detenuti presenti nelle carceri italiane, più della metà sono costituiti da persone provenienti dal mondo della tossicodipendenza e dall'immigrazione clandestina. La ricerca, dal titolo «Analisi statistica del sovraffollamento carcerario», del gennaio 2006, segnala che nel corso del 2005 si è registrato un aumento vertiginoso del numero di ingressi di soggetti per violazione del testo unico sugli stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990) e che attualmente i detenuti con condanne per violazione dell'articolo 73 del suddetto Testo unico sono circa 10.000, di cui 800 non hanno altre condanne a carico. Tra i condannati per l'articolo 73, circa il 47 per cento sono detenuti stranieri.

E tutto ciò mentre ancora non sono entrate a pieno regime le norme recentemente approvate dal Parlamento (la legge n. 49 del 2006, cosiddetta «Fini-Giovanardi», varata in tutta fretta e «trainata» dal decreto-legge sulle Olimpiadi invernali n. 272 del 2005, che essa ha convertito in legge con modificazioni), norme che hanno ulteriormente inasprito le pene legate all'utilizzo di sostanze stupefacenti, praticamente abolito l'uso personale di droghe e depennato la differenza tra droghe pesanti e leggere, circostanze, queste, che avranno quale inevitabile conseguenza l'aumento esponenziale dei soggetti che conosceranno il carcere.

«Altro fattore determinante di crescita della popolazione carceraria [continua la ricerca prima richiamata] è certamente costituito dall'applicazione delle norme del testo unico sull'immigrazione, come modificato dalla legge n. 189 del 2002 (Bossi-Fini)». Soltanto nel 2005, si è registrata nelle carceri italiane la presenza di 13.654 soggetti stranieri contro i 3.295 dell'anno precedente. «La gran parte degli ingressi in carcere per reati di cui al testo unico sull'immigrazione (84 per cento) è dovuta dalla violazione delle norme sull'espulsione [...]. Dei soggetti entrati in carcere perché non in regola con le disposizioni impartite in merito all'allontanamento dal territorio dello Stato, una buona parte (83 per cento, circa 10.000 persone) non ha commesso altri reati».

Una situazione, quella descritta dall'Amministrazione penitenziaria, che evidenzia, dunque, quanto siano i deboli, gli emarginati, gli ultimi ad affollare le nostre carceri. La detenzione, infatti, riguarda i settori più marginali della società, una massa di soggetti senza diritti, tossicodipendenti e immigrati clandestini, che affolla le carceri senza alcuna prospettiva di reinserimento sociale.

Su questi, inoltre, si è abbattuta la scure della cosiddetta «tolleranza zero» veicolata dall'approvazione della legge cosiddetta «ex Cirielli», (legge n. 251 del 2005), destinata ad aumentare il numero dei «disperati» nelle nostre carceri.

Tutti coloro che non potranno permettersi bravi e costosi avvocati, capaci di fare uso di ogni mezzo difensivo idoneo a consentire, ai fini della prescrizione, una più lunga durata del processo, verranno catalogati come «recidivi reiterati» e, in quanto tali, si vedranno attribuire un aumento obbligatorio di pena, a prescindere dalla gravità del reato commesso.

Si tratta per lo più di tossicodipendenti, quasi sempre recidivi per il semplice fatto di non aver risolto il rapporto con le sostanze stupefacenti, e di immigrati clandestini, che, una volta colpiti dal decreto di espulsione, tentino di rientrare nel nostro Paese.

È in questo quadro e per queste ragioni che un atto di amnistia e di indulto consentirebbe di ripartire dai più deboli e, nello stesso tempo, di conferire nuovo vigore e senso all'articolo 27 della Costituzione: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».

Nel corso della recente audizione presso la Commissione Giustizia della Camera dei deputati, il Ministro Mastella ha dichiarato che un indulto di due anni darebbe luogo alla scarcerazione di circa 10.481 persone, mentre l'effetto dell'amnistia consentirebbe una ulteriore riduzione del 20 per cento della popolazione carceraria. Questo, naturalmente, provocherebbe anche la contrazione di circa un terzo del carico di lavoro degli uffici giudiziari, sui quali, allo stato, gravano circa 10 milioni di procedimenti.

È chiaro, dunque, che l'indulto da solo non consentirebbe una riduzione della popolazione carceraria entro i limiti della capienza effettiva ed è dunque per questo che si ravvisa la necessità che tale strumento sia accompagnato dalla concessione dell'amnistia.

Peraltro, ridurre l'affollamento delle carceri consentirebbe anche, come recentemente stimato, di guadagnare due anni di tempo ai fini della pianificazione di una serie di interventi necessari per la ristrutturazione delle carceri e per renderle maggiormente vivibili.

Certamente, a nostro giudizio, un atto di clemenza, comunque necessario e doveroso in un uno Stato di diritto quale il nostro, non può da solo risolvere una situazione che trae origine, anche e soprattutto, da una cattiva legislazione, che, in questi anni, ha puntato essenzialmente a un generale inasprimento delle pene, senza tuttavia essere accompagnata da un piano di recupero e di reinserimento sociale dei detenuti.

Di qui la necessità di pianificare un programma di intervento che inverta completamente l'attuale situazione di cronica carenza di organico, un programma capace di incentivare la presenza di psicologi, medici, assistenti sociali e personale penitenziario, attivando anche istituti di pena alternativi che possano accompagnare il detenuto verso una nuova dimensione.

Ma tutto questo deve ovviamente essere accompagnato anche dalla rapida revisione delle leggi che hanno portato nelle carceri masse di disperati a fronte di reati per i quali potrebbero applicarsi pene alternative o addirittura per i quali, in precedenza, la detenzione non era affatto prevista.

Il Parlamento deve dunque porre mano immediatamente alla modifica della legge sulle droghe «Fini-Giovanardi», prima che questa esplichi i suoi effetti ancora più devastanti della normativa precedente; deve procedere a una rapida revisione della legge sull'immigrazione così come modificata dalla normativa introdotta dalla legge «Bossi-Fini», visto che il carcere non può costituire un argine all'immigrazione clandestina; infine, dovrà modificare le parti più ingiuste e inopportune della cosiddetta «legge ex-Cirielli», laddove la stessa inasprisce le pene per i recidivi, limita la concessione dei benefìci previsti dalla cosiddetta «legge Gozzini» (legge n. 354 del 1975), nonché tutte le previsioni migliorative apportate dalla cosiddetta legge «Simeoni-Saraceni» (legge n. 165 del 1998).

Non meno importante, peraltro, appare una rapida revisione dell'articolo 79 della Costituzione nel senso di ridurre il quorum previsto per la concessione dell'amnistia e dell'indulto, resi fino ad oggi, per le esposte argomentazioni, del tutto inapplicabili.

Da ultimo, il Parlamento dovrà dunque procedere a una rapida e profonda revisione del codice penale, dando luogo alla depenalizzazione alcuni reati, prevedendo pene alternative per taluni reati e riparative per altri.

Un quadro dunque complesso, nel quale l'approvazione dell'amnistia e dell'indulto costituisce solo un primo e doveroso passo.

La presente proposta di legge, pertanto, si propone di prevedere congiuntamente un provvedimento di amnistia e di indulto come unico strumento capace di incidere effettivamente sul sovraffollamento della popolazione carceraria.

In linea con i provvedimenti varati negli anni precedenti, e in particolare con quello del 1990, per l'amnistia si è proceduto a un elenco dettagliato dei benefìci dell'amnistia stessa in relazione a una lista di reati con pene massime più elevate del limite massimo individuato in via generale in quattro anni (articolo 1). All'articolo 2 sono elencati i reati per i quali l'amnistia è comunque preclusa, individuando i reati cosiddetti «più odiosi», legati all'articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975, recante ordinamento penitenziario, nonché gli altri reati così come nell'ultimo provvedimento di clemenza del 1990.

L'articolo 3 limita la concessione dell'amnistia alla condizione che il condannato, nei cinque anni successivi alla concessione, dia prova di buona condotta e volontà di reinserimento sociale e non commetta delitti non colposi. Per quanto riguarda il computo della pena, si è voluto apertamente escludere, all'articolo 4, che sia calcolata la recidiva così come prevista dalla legge; questo per limitare gli effetti di quanto richiamato in ordine alla cosiddetta «ex-Cirielli» e includere nel provvedimento anche i recidivi.

L'amnistia, comunque, è sempre rinunciabile (articolo 5).

Per quanto riguarda l'indulto, è concesso nella misura non superiore a due anni e non si applica nei confronti delle pene irrogate in conseguenza di delitti di mafia, terrorismo, pedofilia e violenza sessuale (articoli 6 e 7).

Anche l'indulto è sottoposto a precise condizioni, mentre esplicitamente i due istituti si applicano anche ai recidivi e ai delinquenti abituali o professionali in deroga all'articolo 151, quinto comma, del codice penale.

 


 

 


 

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

(Amnistia).

1. È concessa amnistia:

a) per ogni reato per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 336 (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale), primo comma, e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 del codice penale o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

2) 372 (falsa testimonianza), quando la testimonianza verte su un reato per il quale è concessa amnistia;

3) 588, secondo comma (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

4) 614 (violazione di domicilio), quarto comma, limitatamente all'ipotesi in cui il fatto è stato commesso con violenza sulle cose;

5) 625 (furto aggravato), qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 4), del codice penale);

6) 640, secondo comma (truffa), sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale;

7) 648, secondo comma (ricettazione);

d) per ogni reato commesso dal minore di anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale e senza che si applichino le disposizioni di cui ai commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

e) per i reati previsti dall'articolo 73, commi 4 e 5, con esclusione delle condotte di produzione, fabbricazione, estrazione e raffinazione di sostanze stupefacenti, e dall'articolo 83 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applicano le esclusioni previste dal quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

Art. 2.

(Esclusioni oggettive dall'amnistia).

1. L'amnistia non si applica:

a) ai reati di cui all'articolo 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni;

b) ai delitti contro la pubblica amministrazione previsti dal codice penale e dal codice penale militare di pace, quando non vi è stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti;

c) ai reati commessi in occasione di calamità naturali approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti adottati dallo Stato o da altro ente pubblico per fare fronte alla calamità, risarcire i danni e portare sollievo alla popolazione e all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

d) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale e ai reati di falsità in atti previsti dal capo III del titolo VII del citato libro secondo del medesimo codice, quando sono stati compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e di sviluppo dei territori colpiti;

e) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 385 (evasione), limitatamente alle ipotesi previste dal secondo comma;

2) 391 (procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive), limitatamente alle ipotesi previste dal primo comma. Tale esclusione non si applica ai minori di anni diciotto;

3) 443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti);

4) 444 (commercio di sostanze alimentari nocive);

5) 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

6) 452 (delitti colposi contro la salute pubblica), primo comma, numero 3), e secondo comma;

7) 589, secondo comma (omicidio colposo), e 590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, che hanno determinato le conseguenze previste dal primo comma, numero 2), o dal secondo comma dell'articolo 583 del codice penale;

8) 609-quinquies (corruzione di minorenne);

f) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice civile:

1) 2621 (false comunicazioni sociali);

2) 2622 (false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori);

g) ai reati previsti:

1) dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni;

2) dall'articolo 20, primo comma, lettere b) e c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, e dall'articolo 44, comma 1, lettere b) e c), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, salvo che si tratti di violazioni di un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti e sempre che non siano stati violati i vincoli di cui all'articolo 33, primo comma, della citata legge n. 47 del 1985, o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel secondo comma dello stesso articolo;

3) dall'articolo 163 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e successive modificazioni, e dall'articolo 181 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorità;

4) dall'articolo 59 del decreto legislativo 11 marzo 1999, n. 152, e successive modificazioni, e dall'articolo 137 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

5) dall'articolo 27 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni;

6) dal capo I del titolo V del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, e dal capo I del titolo VI della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Art. 3.

(Amnistia condizionata).

1. L'amnistia nei confronti dei condannati è sempre concessa a condizione che costoro, nei cinque anni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, diano prove effettive e costanti di buona condotta e di volontà di reinserimento sociale e il condannato non commetta, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo.

2. In ogni stato e grado del processo il giudice, qualora il reato per il quale si procede rientri tra quelli previsti dal comma 1, sospende, anche d'ufficio, il procedimento per un periodo di cinque anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. Decorso tale periodo, il giudice, qualora sussistono le condizioni di cui al comma 3 del presente articolo, provvede ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale; nel caso contrario, revoca il provvedimento di sospensione. Durante la sospensione del procedimento disposta ai sensi del presente comma è sospeso il decorso dei termini di prescrizione.

3. Per coloro che sono stati condannati in primo grado a una pena superiore a quattro anni, l'amnistia è concessa qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 1), del codice penale, ovvero il colpevole abbia spontaneamente provveduto al risarcimento del danno, nonché, ove possibile, alle restituzioni e all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.

Art. 4.

(Computo della pena per l'applicazione dell'amnistia).

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale, nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4) e 6) dell'articolo 62 del medesimo codice. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con le circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui all'articolo 583 del codice penale. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle citate circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 469 del codice di procedura penale.

Art. 5.

(Rinunciabilità all'amnistia).

1. L'amnistia non si applica qualora l'interessato faccia esplicita dichiarazione di non volerne usufruire.

Art. 6.

(Indulto).

1. È concesso indulto nella misura non superiore a due anni per le pene detentive e per quelle pecuniarie sole o congiunte a dette pene.

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applicano le esclusioni previste dal quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. Il beneficio dell'indulto è revocato se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporta una condanna detentiva superiore a due anni.

Art. 7.

(Esclusioni oggettive dall'indulto).

1. L'indulto non si applica nei confronti delle pene irrogate in conseguenza di condanne concernenti i seguenti delitti:

a) associazione per delinquere di tipo mafioso, di cui all'articolo 416-bis del codice penale;

b) partecipazione, a qualsiasi titolo, ad associazioni sovversive e ad associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico, di cui agli articoli 270 e 270-bis, primo comma, del codice penale;

c) riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, tratta di persone e acquisto e alienazione di schiavi, di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale;

d) prostituzione e pornografia minorili, di cui agli articoli 600-bis e 600-ter del codice penale;

e) violenza sessuale, atti sessuali con minorenne e violenza sessuale di gruppo, di cui agli articoli 609-bis, 609-quater, 609-octies del codice penale.

Art. 8.

(Termini di efficacia dell'amnistia).

1. L'amnistia ha efficacia per i reati commessi fino a tutto l'8 maggio 2006.

Art. 9.

(Termini di efficacia dell'indulto).

1. L'indulto ha efficacia per i reati commessi fino a tutto l'8 maggio 2006.

Art. 10.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 

 


N. 1333

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

BALDUCCI, ZANELLA

¾

 

Concessione di amnistia e di indulto

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata l’11 luglio 2006

¾¾¾¾¾¾¾¾

 


Onorevoli Colleghi! - Sono passati ormai troppi anni da quando diversi esponenti del mondo politico, della magistratura e dell'avvocatura hanno assunto posizione sull'opportunità di adottare o meno provvedimenti di amnistia o di indulto.

Sono passati, altresì, molti anni senza aver di fatto assunto una decisione esplicita in un senso o nell'altro; tale situazione ha determinato aspettative all'interno del mondo carcerario e più in generale un clima di incertezza fra gli operatori della giustizia che non può che essere dannoso. Da tempo e mai come adesso, quindi, sussistono le condizioni perché possa essere adottato un provvedimento di amnistia e di indulto, finalizzato a garantire il funzionamento della giustizia, liberandolo dall'eccessivo arretrato per procedimenti relativi a reati di non grave allarme sociale che, quasi sempre, prima della sentenza definitiva, finiscono con una sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione. La giustizia penale italiana versa, infatti, in condizioni critiche e necessita di riforme di notevole rilievo, finalizzate a coniugare maggiore celerità dei tempi processuali e maggiori garanzie per i cittadini; in assenza di un provvedimento di clemenza, tali riforme, a causa dell'elevatissimo numero di procedimenti arretrati, rischierebbe ancora una volta di non produrre gli effetti positivi auspicati. Bisogna essere consapevoli che, se si considerano le centinaia di migliaia di processi già prescritti o per i quali è elevata la probabilità di prescrizione, siamo ormai di fronte al verificarsi costante di un'amnistia di fatto, di cui però beneficiano solo coloro che dispongono di mezzi economici tali da affrontare i costi dei diversi gradi di giudizio.

Va altresì considerato che, dall'entrata in vigore della Costituzione fino al 1992, vi sono stati trentaquattro provvedimenti di amnistia e di indulto, mentre negli ultimi quattordici anni non è stato adottato alcun provvedimento di clemenza.

Ad avviso dei proponenti sussistono le condizioni perché possa essere adottato un provvedimento di amnistia (condizionata) e di indulto (revocabile), soprattutto se finalizzato a garantire il funzionamento della giustizia e ad evitare che falliscano le numerose riforme approvate nella XIII legislatura - giudice unico di primo grado, depenalizzazione dei reati minori, nuovo rito monocratico con rafforzamento dei riti alternativi, modifica all'articolo 111 della Costituzione, incentivi ai magistrati per le sedi disagiate - a causa dell'eccessivo arretrato per procedimenti relativi a reati di non grave allarme sociale.

La presente proposta di legge prevede che sia concessa amnistia per ogni reato non finanziario per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, nonché per un limitato numero di articoli del codice penale di non grave allarme sociale, con particolare riferimento ad ogni reato commesso dal minore di anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia: si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato; non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e della recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa; si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale, nonché della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale.

L'articolo 4 della proposta di legge specifica le esclusioni oggettive dall'amnistia, con particolare riferimento ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, di cui al capo I del titolo II del libro II del codice penale, ai reati compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali e ad una serie di reati contro la salute pubblica e l'ambiente. È inoltre prevista la possibilità che l'interessato rinunci all'amnistia.

Un provvedimento di amnistia non avrebbe effetti positivi rilevanti sulla situazione carceraria qualora non fosse accompagnato da una misura che dispone l'indulto.

A ciò si provvede mediante l'articolo 6, con il quale è concesso indulto nella misura massima di tre anni, ad eccezione dei reati per associazione di tipo mafioso, strage, sequestro di persona e usura.

Il termine di efficacia per entrambe le misure di clemenza è stabilito al 31 maggio 2006.

Tali provvedimenti, e in particolare l'indulto, incidendo sulla popolazione carceraria, avrebbero effetti positivi sugli istituti penitenziari, sia per i detenuti sia per gli operatori, determinando anche un recupero di fondi che potrebbero essere utilizzati per interventi di prevenzione e di miglioramento delle inaccettabili condizioni in cui versano i servizi sociali di supporto, la cui carenza danneggia l'efficacia delle misure alternative alla detenzione.

Si tratta, dunque, di una proposta di legge volta a prevenire il fenomeno delle prescrizioni e delle scarcerazioni per decorrenza dei termini, senza sacrificare le esigenze di sicurezza della collettività, e per questo se ne auspica un sollecito esame, anche per consentire una seria riflessione sulla situazione delle carceri e dei detenuti italiani.


 

 


 


proposta di legge

¾¾¾

 

 

Art. 1.

(Amnistia).

1. È concessa amnistia:

a) per ogni reato non finanziario per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 336, primo comma, e 337, sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 del codice penale o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

2) 588, secondo comma, sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

3) 614, quarto comma, limitatamente alle ipotesi in cui il fatto è stato commesso con violenza sulle cose;

4) 624, aggravato dalla circostanza di cui all'articolo 625 del codice penale, qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 4), o numero 6), del codice penale;

5) 648, secondo comma;

d) per ogni reato commesso dal minore di anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale e senza che si applichino le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

 e) per i reati previsti dall'articolo 73, commi 4 e 5, con esclusione delle condotte di produzione, fabbricazione, estrazione e raffinazione di sostanze stupefacenti, e dall'articolo 83 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applicano le esclusioni previste dal quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

Art. 2.

(Amnistia condizionata).

1. L'amnistia è concessa a condizione che il condannato non commetta, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo.

2. In ogni stato e grado del processo il giudice, qualora il reato per il quale si procede rientri tra quelli previsti dall'articolo 1, sospende, anche d'ufficio, il procedimento per un periodo di cinque anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. Decorso tale periodo, il giudice, qualora sussistono le condizioni di cui al comma 1 del presente articolo, provvede ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale; nel caso contrario, revoca il provvedimento di sospensione. Durante la sospensione disposta ai sensi del presente comma è sospeso il decorso dei termini di prescrizione.

Art. 3.

(Computo della pena per l'applicazione dell'amnistia).

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e della  recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale, nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4) e 6) dell'articolo 62 del medesimo codice.

2. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle circostanze di cui al comma 1 è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 469 del codice di procedura penale.

Art. 4.

(Esclusioni oggettive dall'amnistia).

1. L'amnistia non si applica:

a) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, di cui al capo I del titolo II del libro II del codice penale;

b) ai reati previsti dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni;

c) ai reati commessi in occasione di calamità naturali, approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti adottati dallo Stato o da altro ente pubblico per fare fronte alla calamità, risarcire i danni e portare sollievo alla popolazione e all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

 d) ai reati di falsità in atti previsti dal capo III del titolo VII del libro II del codice penale, quando siano compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e di sviluppo dei territori colpiti;

e) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 385 (evasione), limitatamente alle ipotesi previste dal secondo comma;

2) 443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti);

3) 444 (commercio di sostanze alimentari nocive);

4) 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

5) 452 (delitti colposi contro la salute pubblica), primo comma, numero 3), e secondo comma;

6) 589, secondo comma (omicidio colposo), e 590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo comma, numero 2), o dal secondo comma dell'articolo 583 del codice penale;

7) 609-quinquies (corruzione di minorenne);

8) 644 (usura)

f) ai reati previsti:

1) dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni;

2) dall'articolo 20, primo comma, lettere b) e c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, e dall'articolo 44, comma 1, lettere b) e c), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, salvo che si tratti di violazioni di un'area di piccola estensione,  in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti e sempre che non siano stati violati i vincoli di cui all'articolo 33, primo comma, della citata legge n. 47 del 1985, o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel secondo comma dello stesso articolo;

3) dall'articolo 163 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e successive modificazioni, e dall'articolo 181 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorità;

4) dall'articolo 12 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni;

5) dall'articolo 59 del decreto legislativo 11 marzo 1999, n. 152, e successive modificazioni, e dall'articolo 137 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

6) dall'articolo 27 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni;

7) dal capo I del titolo V del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, e dal capo I del titolo VI della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Art. 5.

(Rinunciabilità all'amnistia).

1. L'amnistia non si applica qualora l'interessato faccia esplicita dichiarazione di non volerne usufruire.

 

Art. 6.

(Indulto).

1. È concesso indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive.

2. Ai fini di cui al presente articolo 8 non si applicano le esclusioni previste dal quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

Art. 7.

(Esclusioni oggettive dall'indulto).

1. L'indulto non si applica alle pene per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

a) 416-bis (associazione di tipo mafioso);

b) 422 (strage);

c) 630, primo, secondo e terzo comma (sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione);

d) 644 (usura);

e) 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione

Art. 8.

(Termini di efficacia).

1. L'amnistia e l'indulto hanno efficacia per i reati commessi fino a tutto il 31 maggio 2006.

 

 

 

 


 

Esame in sede referente

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 


SEDE REFERENTE

Martedì 4 luglio 2006. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti, Luigi Manconi e Daniela Melchiorre.

La seduta comincia alle 14.30.

Amnistia e indulto.

C. 525 Buemi, C. 662 Boato, C. 663 Boato e C. 1122 Giordano.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame.

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che la Conferenza dei presidenti di gruppo ha inserito nel calendario dell'Assemblea a partire dal 24 luglio la discussione della proposta n. 525 Buemi, ove la Commissione ne abbia concluso l'esame in sede referente. Comunica che ad essa risultano abbinate le proposte di legge nn. 662 e 663 Boato e 1122 Giordano.

Enrico BUEMI (LaRosanelPugno), relatore, nel ricordare che la Conferenza dei presidenti di gruppo ha accolto una proposta della «Rosa nel Pugno», fa presente che la Commissione è chiamata oggi a cominciare l'esame abbinato delle proposte di legge in materia di amnistia e indulto - vale a dire quella di cui sono è firmatario insieme ai colleghi del suo gruppo, la 525; le due presentate dal collega Boato, la 662 e la 663; e da ultimo quella del gruppo di Rifondazione comu nista, che reca quale prima firma quella del segretario del partito Giordano (1122).

Rileva che la Commissione ritorna, pertanto, ad occuparsi di un tema che ha accompagnato tutta la scorsa legislatura - anche nell'attività del Comitato per l'esame dei problemi penitenziari - e che ha purtroppo avuto esito negativo in Assemblea nello scorso mese di gennaio quando, durante la votazione degli articoli del testo licenziato da questa Commissione, non è stato raggiunto il quorum dei 2/3 dei componenti di cui all'articolo 79, primo comma della Costituzione, necessario non solo nella votazione finale, ma anche nella votazione di ciascuno degli articoli della relativa proposta di legge. Non può fare a meno di richiamare la circostanza che da ben 15 anni in Italia non è stato emanato alcun provvedimento di amnistia e di indulto, proprio in concomitanza con la vigenza della citata disposizione costituzionale, che risale alla legge di revisione 6 marzo 1992, n. 1. Come ricorda, invece, la relazione che accompagna la proposta di legge Giordano e altri, dall'entrata in vigore della Costituzione al 1992 si sono succeduti ben 34 provvedimenti di amnistia e indulto.

Ringrazia il Presidente della Commissione per avergli conferito l'incarico di relatore, anche in quanto presentatore della prima proposta di legge depositata nella corrente legislatura, e confida nello spirito di collaborazione dei colleghi di tutti i gruppi politici per affrontare e risolvere i nodi che hanno impedito al Parlamento di adottare un provvedimento che si qualifica come una vera e propria «urgenza sociale».

Rinvia poi alla relazione che accompagna la proposta di legge di cui è primo firmatario soltanto per la parte - che considera decisiva - in cui si chiarisce come la concessione dell'amnistia e dell'indulto non sia un mero gesto di clemenza, ma un atto volto al ripristino della legalità e al buon governo dell'amministrazione della giustizia e della pena.

Il cuore della questione è peraltro efficacemente evidenziato - a suo avviso - nella relazione che accompagna le due  proposte di legge del collega Boato, che si domanda - e domanda in particolare ai critici di tale provvedimento - «se la sospensione momentanea del dolore deve servire per intervenire sulle cause attraverso processi di riforma, ovvero se si vuole solo rinviare la prossima emergenza ad un futuro prossimo».

Rammenta che il Presidente del consiglio in carica, nelle sue dichiarazioni programmatiche allegate alla seduta del 22 maggio 2006, ha fatto riferimento alla lentezza dell'amministrazione della giustizia ed all'insostenibile situazione delle carceri. Ramenta altresì che - nell'audizione dello scorso 28 giugno - il Ministro della giustizia è ritornato sull'argomento riprendendo le parole pronunciate nell'aula di Montecitorio da Giovanni Paolo II nel novembre 2002. Gli dà altresì atto di avere in proposito manifestato di voler ossservare il più ampio rispetto delle prerogative parlamentari.

In quell'occasione, la Commissione ha appreso che i detenuti al 26 maggio 2006 erano 61.353 a fronte di una ricettività regolamentare di 45.490 posti. Secondo le stime dello stesso ministro, un indulto di due anni porterebbe alla scarcerazione di 10.481 unità, mentre un indulto di tre anni riguarderebbe 12.756 unità. L'effetto dell'amnistia - oltre all'ovvia riduzione di circa un terzo del carico di lavoro degli uffici giudiziari su cui gravano circa 10 milioni di procedimenti - è stato a sua volta stimato dallo stesso ministro in un ulteriore 20 per cento. Ne consegue che il solo indulto - anche nell'ipotesi dei tre anni - non consentirebbe di ridurre la popolazione carceraria entro i limiti di capienza.

Non è pertanto un caso, a suo giudizio, che tutte e quattro proposte di legge abbinate contemplino sia l'una che l'altra misura. Esse presentano molteplici aspetti comuni, ma anche significative diverse articolazioni, sicché gli sembra quanto mai opportuno procedere ad un loro esame comparativo. In via preliminare, rileva che tutte e quattro prevedono congiuntamente la concessione sia dell'amnistia che dell'indulto, anche se due di loro - le proposte nn. 663 e 1122 - optano per un'amnistia condizionata, mentre l'indulto è sempre sottoposto a revocabilità. Quanto al termine temporale per la commissione dei reati sia ai fini dell'amnistia che dell'indulto, la proposta n. 525 fissa il 31 dicembre 2005, le proposte nn. 662 e 663 il 12 maggio 2006 (data della loro presentazione), la proposta n, 1122 il 1o gennaio 2006.

Con riferimento all'amnistia, osserva innanzitutto che, fatte salve le pene pecuniarie sole o congiunte, diversi sono i termini edittali previsti: la pena detentiva non deve essere superiore nel massimo a 5 anni, secondo le proposte nn. 525 e 663, a 3 anni secondo la proposta n. 662, ovvero a 4 anni secondo la proposta n. 1122. Al riguardo, nota che le proposte nn.662, 663 e 1122 - al contrario della proposta n.525 - estendono esplicitamente i benefici dell'amnistia ad una lista di reati con pene massime più elevate del limite massimo individuato in via generale. In tutte e tre figurano i reati a mezzo stampa, la violenza o minaccia e la resistenza a pubblico ufficiale, la rissa, la violazione di domicilio, il furto aggravato (ma con l'attenuante risarcitoria), i reati minorili ammessi a perdono giudiziale. Le due proposte nn. 662 e 663 presentate dall'onorevole Boato aggiungono anche la falsa testimonianza (limitatamente a reati amnistiati), la truffa e la ricettazione, nonché talune condotte meno gravi in materia di traffico e detenzione illegale di stupefacenti, ivi inclusa la prescrizione abusiva.

Evidenzia poi che sia le due proposte a firma dell'onorevole Boato che la proposta n. 1122 presentata dall'onorevole Giordano ritengono necessario dedicare un articolo al computo della pena per l'applicazione dell'amnistia, ove si precisa che si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato tentato o consumato, si esclude l'aumento di pena derivante dalla continuazione o dalla recidiva e si chiarisce il regime di influenza delle aggravanti e delle attenuanti.

Sottolinea altresì quali tratti comuni a tutte le proposte di legge la rinunciabilità e l'inclusione dei recidivi e dei delinquenti abituali o professionali in deroga all'articolo  151, quinto comma del codice penale (quest'ultima deroga è richiamata anche per l'indulto).

Salvo che nella proposta n. 1122, osserva come siano previste invece alcune significative esclusioni, benché diversamente modulate. Con soluzione sintetica, la 525 fa riferimento ai reati di cui all'articolo 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni (la cui rubrica è: divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti): terrorismo, eversione, associazione mafiosa, schiavitù, pedofilia, tratta di esseri umani, sequestro di persona, traffico di stupefacenti, contrabbando. Le proposte nn. 662 e la 663 contengono invece un medesimo elenco dettagliato, che va dai reati in caso di calamità naturali all'evasione ed all'inosservanza di misure detentive, dalla somministrazione di medicinali ovvero alimenti nocivi ai delitti contro la salute, dall'omicidio e dalle lesioni personali gravi anche colpose purché in violazione della sicurezza sul lavoro alla corruzione dei minorenni. Altre fattispecie escluse riguardano la somministrazione di alimenti e bevande pericolose, gli abusi edilizi, la promozione dell'immigrazione clandestina, l'esecuzione di opere non autorizzate su beni ambientali e paesaggistici, il controllo dei pericoli di incidenti determinati dall'uso di sostanze pericolose ed altri reati ambientali in materia di scarichi e rifiuti.

Come ha anticipato, le proposte nn. 663 e 1122 si differenziano dalle altre per l'opzione a favore della amnistia condizionata: la revoca dell'amnistia già concessa ovvero la revoca del provvedimento di sospensione del procedimento penale nei confronti di soggetti non ancora condannati con sentenza passata in giudicato. La proposta Boato pone tale condizione in termini positivi, richiedendo nell'arco dei 5 anni successivi «prove effettive e costanti di buona condotta e di volontà di reinserimento sociale». Condizioni specifiche riguardano poi i pubblici ufficiali, cui è richiesta la rassegnazione delle dimissioni ovvero l'obbligo di risarcimento, e gli immigrati clandestini, cui è richiesto di lasciare l'Italia entro quindici giorni. La proposta presentata dall'onorevole Giordano pone invece una sola condizione generale, e cioè la non commissione di qualsivoglia delitto non colposo nel medesimo arco di 5 anni.

Quanto all'indulto, rileva che, mentre la proposta n. 525 lo prevede soltanto sino a 2 anni, le altre tre proposte lo prevedono sino a 3 anni. La condizione di revocabilità è indicata nelle proposte nn. 525, 662 e 663 in caso di condanna almeno a 2 anni per un delitto anche non colposo compiuto entro 5 anni, mentre per la proposta n. 1122 sarebbe sufficiente una condanna a soli sei mesi.

A conclusione della rassegna delle diverse proposte di legge, riepiloga le questioni principali che si presentano alla Commissione, ritenendo prioritarie, con riferimento all'amnistia, le seguenti scelte di metodo: preliminarmente, valutare se essa debba essere o meno condizionata; stabilire il massimo edittale in 5 anni ovvero prevedere nello specifico ulteriori casi di applicazione dei benefici; precisare le esclusioni oggettive in termini sintetici ovvero analitici. Con riferimento all'indulto, considera come la questione appaia più semplice, essendo invece da optare tra i due o i tre anni e quindi da verificare quale debba essere l'entità della pena del reato che farebbe scattare la revocabilità.

Conclusivamente, invita le forze politiche ad affrontare l'esame del provvedimento sforzandosi di orientarsi verso i punti di convergenza e di non accentuare quelli di divergenza.

Pino PISICCHIO, presidente, prende atto delle prime richieste di parola formulate dagli onorevoli Palomba e Mario Pepe, ma, in ragione dei tempi ristretti della seduta odierna, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

 


SEDE REFERENTE

Giovedì 6 luglio 2006. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti e Daniela Melchiorre.

La seduta comincia alle 14.15.

Variazione nella composizione della Commissione.

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che l'onorevole Paola Balducci è entrata a far parte della Commissione.

Amnistia e indulto.

C. 525 Buemi, C. 662 Boato, C. 663 Boato e C. 1122 Giordano.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame rinviato il 4 luglio 2006.

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che la proposta di legge C. 1266, presentata dall'onorevole Capotosti, è stata assegnata oggi alla Commissione Giustizia e quindi abbinata alle altre proposte di legge sulla stessa materia.

Enrico BUEMI (RosanelPugno), relatore, riferisce alla Commissione sulla proposta di legge n. 1266 presentata dall'onorevole Capotosti ed appena abbinata alle altre proposte di legge in materia di amnistia e indulto. Rileva che l'ambito di concessione dell'amnistia è esteso ad ogni reato non finanziario punibile sino a 4 anni, nonché ad una serie di reati anche con pene superiori secondo un elenco più dettagliato di quello delle altre proposte di legge. Il termine per la commissione dei reati è il medesimo della n. 525 (31 dicembre  2005). È altresì presente analiticamente un elenco delle esclusioni oggettive dall'amnistia. Gli articoli sul computo della pena e la rinunciabilità riprendono il testo delle altre proposte di legge.

Osserva che la principale diversità della nuova proposta di legge riguarda la condizionalità dell'amnistia che può essere sia propria che impropria, fatti salvi i reati per cui non è iniziata l'azione penale che sono amnistiati senza condizioni. In caso invece di esercizio intercorso dell'azione penale, l'amnistia è concessa alla condizione «propria» che nei due anni successivi l'interessato non subisca azione penale per un delitto non colposo punibile almeno con 4 anni. Nell'ulteriore caso di condanna definitiva, l'amnistia è concessa alla condizione «impropria» che - per l'intera durata della pena inflitta - l'interessato presti volontariamente attività non retribuita in favore della collettività di norma nella sua provincia di residenza. Tale prestazione può essere trasformata dal giudice nel risarcimento del danno ovvero nell'eliminazione o nell'attenuazione delle conseguenze del reato.

L'indulto viene concesso per le pene detentive non superiori a 2 anni e per le sanzioni pecuniarie non superiori a 10.000 euro (escludendosi però quelle sostitutive). A differenza delle altre proposte di legge, sono previste una serie di esclusioni oggettive, mentre l'ambito di applicazione è comunque ristretto in via generale a chi abbia scontato almeno 1/4 della pena. L'indulto è pure sottoposto alla condizione della prestazione di almeno un anno (ovvero della rimanente pena) in attività non retribuita in favore della collettività. Anche in questo caso, tale prestazione può essere trasformata dal giudice nel risarcimento del danno ovvero nell'eliminazione o nell'attenuazione delle conseguenze del reato. Sono altresì previsti obblighi e controlli anche nell'ottica del reinserimento sociale, fatta salva l'ipotesi di sospensione del beneficio. L'indulto è comunque revocato di diritto se nei successivi 5 anni l'interessato commette un delitto non colposo con pena edittale non inferiore nel massimo a 4 anni. Ne è prevista anche la rinunciabilità.

Nel rammentare la decisione della Conferenza dei presidenti di gruppo di inserire nel calendario dei lavori dell'Assemblea la discussione del provvedimento a far data dal 24 luglio prossimo, ove ne sia concluso l'esame in Commissione, rileva che il tempo disponibile è poco ed invita a sviluppare le direttrici più importanti dell'esame. Facendo riferimento ai contatti informali che sono comunque in corso tra le forze politiche, rivendica la competenza della Commissione ad affrontare nel merito la questione in oggetto.

Daniele FARINA (RC-SE), sottolineando il carattere di urgenza del provvedimento alla luce del clima insostenibile che si vive nelle carceri, evidenzia la complementarietà esistente tra amnistia e indulto, non solo con riferimento all'ulteriore effetto del 20 per cento di riduzione della popolazione penitenziaria, ma anche allo snellimento dei procedimenti presso gli uffici giudiziari, obiettivo che peraltro ci si ripropone di perseguire anche con altri provvedimenti.

Qualora tuttavia si ritenesse preferibile stralciare l'indulto dall'amnistia, ritiene ovvio che la relativa tipologia andrebbe riconsiderata e i termini del beneficio andrebbero senz'altro ampliati. Ribadisce comunque come, a suo avviso, sarebbe più corretto, non solo nell'interesse dei detenuti ma anche in quello di tutti i cittadini, procedere congiuntamente all'amnistia e all'indulto.

Gaetano PECORELLA (FI) nel rammentare che sin dalla scorsa legislatura la sua parte politica ha sostenuto la concessione contemporanea dell'amnistia e dell'indulto, si limita ad osservare che prevedere il solo indulto obbligherebbe comunque a celebrare processi i cui risultati sarebbero poi vanificati. Manifesta tuttavia la consapevolezza che oggi l'indulto riveste un'urgenza massima, a fronte di una situazione ambientale che va aggravandosi e che mette in forse la sopravvivenza in vita  degli individui. Nell'aggiungere la considerazione che si è ormai maturata una forte attesa da parte dei detenuti, rileva che le proposte di legge in esame presentano maggiori punti di convergenza in relazione all'indulto rispetto all'amnistia. Propone pertanto di non abbandonare l'esame dell'amnistia, ma di individuare una priorità in favore dell'indulto. A suo avviso, infatti, in tema di amnistia si rischierebbe di non trovare accordo in tempi brevi sulle esclusioni oggettive e su altre significative questioni, sicché, al fine di concludere prima dell'estate, occorre concentrarsi sull'indulto.

Paola BALDUCCI (Verdi) concorda con l'intervento dell'onorevole Pecorella, pur ricordando che nel passato i provvedimenti di amnistia e indulto sono stati sempre contemporanei. Confermando l'orientamento della sua parte politica in favore di una concessione congiunta, condivide l'opportunità che nell'immediato si cerchi di concludere almeno sull'indulto, mantenendo comunque in calendario l'amnistia, che, a suo giudizio, resta un istituto fondamentale per la deflazione dei processi, in conformità dell'articolo 111 della Costituzione.

Alessandro MARAN (Ulivo) condivide l'esigenza di rispondere tempestivamente alla domanda attuale che proviene dalle carceri e concorda quindi sulla scelta di procedere più rapidamente sull'indulto, pur non scartando a priori l'amnistia. Invita pertanto a concentrare la programmazione dei lavori sulla strada che appare più percorribile.

Edmondo CIRIELLI (AN) rileva che oggi i gruppi politici di sinistra sono favorevoli all'amnistia, mentre nella scorsa legislatura avevano osteggiato la riforma della prescrizione considerandola un'amnistia «mascherata». Nell'esprimersi recisamente contro l'amnistia, denuncia la mancanza di un progetto complessivo da parte del Governo per la tutela della sicurezza dei cittadini, rammentando che anche il Papa Giovanni Paolo II vi aveva fatto riferimento nel suo intervento in Parlamento quando aveva auspicato un provvedimento di clemenza. Pur consapevole dell'esistenza del problema del sovraffollamento carcerario e dell'umanizzazione della pena, dichiara che il suo gruppo politico ha a cuore non solo la sorte dei detenuti, ma anche quella delle vittime o comunque un'idea generale di giustizia. Pur escludendo atteggiamenti ostruzionistici, rinnova le sue perplessità anche a proposito dell'indulto e sollecita piuttosto da parte del Governo la costruzione di nuove carceri e la stipula di accordi con i paesi stranieri di origine dei detenuti extracomunitari.

Paolo GAMBESCIA (Ulivo) invita a sgombrare il campo dall'equivoco per cui le forze politiche favorevoli all'amnistia e all'indulto sarebbero contrarie alla sicurezza dei cittadini. Con riferimento all'affollamento delle carceri, riterrebbe opportuna una riflessione generale in un'ottica riformatrice sullo stesso uso della pena detentiva, che non rappresenta la sola soluzione possibile. Invitando i colleghi al senso della realtà, rileva che oggi molto detenuti non destano preoccupazione alcuna di allarme sociale ed esprime il dubbio che un eventuale disaccordo sull'amnistia blocchi anche la concessione dell'indulto, a proposito del quale, fatte salve le riserve del collega Cirielli, intravvede la concreta possibilità di un'intesa nelle prossime due settimane. A suo avviso, anzi, un accordo prioritario sull'indulto potrebbe gettare le premesse per andare più speditamente sull'amnistia. Nel ritenere opportuno che il Parlamento vari un provvedimento prima della fine dell'estate, come hanno auspicato gli onorevoli Farina e Pecorella, considera che lasciare i detenuti senza una risposta significa infliggere loro una pena aggiuntiva.

Carolina LUSSANA (LNP), nel rifiutare la schematizzazione delle forze politiche più o meno favorevoli alla sicurezza dei cittadini, rileva come esistano comunque in Parlamento due diversi modi di pensare su come risolvere i problemi sulla giustizia.

Con riferimento all'articolo 111 della Costituzione, precisa all'onorevole Balducci che una maggiore produttività dei magistrati contribuirebbe a sveltire i processi, così come si è riproposta la riforma dell'ordinamento giudiziario approvato nella scorsa legislatura. Nel dichiarare la disponibilità della sua forza politica a discutere, manifesta contrarietà a provvedimenti di clemenza che creino rischi per la sicurezza dei cittadini. Difende al riguardo l'inasprimento di alcune pene detentive così come previste dalla legge Bossi-Fini, che sono invece state oggetto di critica da parte del Ministro della giustizia in occasione dell'audizione sulle linee programmatiche del suo dicastero. Nell'evidenziare come l'indulto si traduca in un mero sconto di pena con buona pace della rieducazione e del reinserimento sociale, denuncia il comportamento di coloro i quali, per visibilità personale ovvero politica, hanno illuso i detenuti e le loro famiglie. Nel contestare al Ministro della giustizia di non aver presentato un piano complessivo sull'edilizia carceraria, rammenta come invece il suo predecessore vi avesse posto mano, anche prospettando l'eventualità di accordi con i privati.

Nel dichiarare di avere paura anche come donna con riferimento alle condizioni di sicurezza della vita quotidiana, riterrebbe preferibile alla concessione dell'indulto un'ulteriore depenalizzazione dei reati minori nonché di accodi bilaterali con i paesi dei Balcani e del Maghreb affinché i detenuti extracomunitari possano scontare la pena nel loro paese di origine. Rammenta a questo proposito che la legge Bossi-Fini prevede la possibilità di abbuonare due anni di reclusione per gli extracomunitari disponibili a lasciare l'Italia, proponendo che tale abbuono possa essere elevato a tre anni.

Nella certezza che, a causa dell'elevata recidiva, le carceri tornerebbero a ripopolarsi nonostante l'indulto in tempi assai brevi invita a pensare in generale a misure alternative alla detenzione e a fare proposte serie e non solo parole.

Luigi VITALI (FI), nel rilevare come non vi sia un dovere del Parlamento a concedere l'amnistia e l'indulto, ma vi sia un diritto della popolazione carceraria a sapere che cosa il Parlamento intenda fare, esprime le sue perplessità sulle dichiarazioni che il Ministro della giustizia ha reso poco dopo la sua nomina in un istituto penitenziario della capitale, suscitando ulteriori aspettative tra i detenuti. Nel rammentare di essere sempre stato nella passata legislatura favorevole sia all'amnistia e all'indulto d'accordo con l'onorevole Pecorella e con la maggioranza della sua parte politica, rileva che invece nel centro-sinistra era già allora prevalente la tendenza a limitarsi all'indulto. Pur ribadendo la sua opzione per un provvedimento congiunto, dichiara che per senso di responsabilità, insieme a tutto il suo gruppo, accetterà di affrontare prima l'indulto, nell'impegno di trattare successivamente l'amnistia anche se i tempi fossero più lunghi. Esprime apprezzamento per la posizione assunta dal relatore ed auspica il raggiungimento di una visione comune. Rivolgendosi agli altri gruppi politici della coalizione di cui fa parte, dichiara che non è affatto suo intendimento abbassare la soglia della sicurezza dei cittadini. A suo avviso, avendo nella scorsa legislatura aumentato le pene edittali e irrigidito i benefici carcerari, occorre un bilanciamento per rendere coerente la politica giudiziaria e penalistica allora perseguita. Nel ricordare infine l'applauso unanime del Parlamento alle parole di clemenza pronunciate dal Papa Giovanni Paolo II, raccomanda tuttavia l'esigenza di adottare una complessiva politica carceraria per non ritrovarsi presto nelle stesse gravi condizioni attuali. In particolare, pone il problema di quel terzo dei detenuti che è rappresentato dagli extracomunitari e di quel terzo rappresentato dai tossicodipendenti, invitando il Governo ad affrontarlo seriamente.

Manlio CONTENTO (AN) riservandosi di entrare successivamente nel merito del provvedimento, preannuncia da parte del suo gruppo una richiesta di informazioni  al Governo, ai sensi dell'articolo 79, comma 5, del regolamento della Camera, che vadano oltre la mera quantificazione della popolazione carceraria. Invita la Commissione a darsi un metodo, decidendo quindi di concentrarsi o meno sull'indulto.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) dichiara che si orienterà in funzione del dibattito e quindi dell'opinione prevalente in seno alla Commissione. Rammenta che il provvedimento non riguarda solo i detenuti ma anche i cittadini e le vittime in attesa di giudizio, nonché l'interesse generale del Paese che è oggi penalizzato dai ritardi dell'amministrazione della giustizia. Precisa altresì che la pericolosità sociale è già stata valutata in ciascuna delle proposte di legge in esame nell'indicazione della pena massima edittale. Ribadisce l'obiettivo prioritario di riportare sotto controllo la situazione carceraria, ponendo fine alle condizioni di illegalità in cui oggi versano non solo i detenuti ma anche gli agenti penitenziari. Al riguardo, sollecita la Commissione a ricostituire tempestivamente il competente comitato per l'esame dei problemi penitenziari. Altrettanto prioritario è a suo avviso conseguire l'obiettivo della ragionevole durata dei processi, anche in considerazione del fatto che nel nostro paese si proclama l'obbligatorietà dell'azione penale senza che essa sussista. Ritiene pertanto che la concessione dell'amnistia e indulto non sarebbe soltanto un atto umanitario, ma un vero e proprio atto di giustizia eccezionale, cui fare seguire concreti e solleciti interventi strutturali.

Il Sottosegretario di Stato Luigi LI GOTTI, precisando che l'attuale Governo si trova a gestire una difficile situazione che ha ereditato, afferma il principio che ogni provvedimento di clemenza debba inserirsi in un contesto strutturale di riforma. Al riguardo, preannuncia che il Governo intende rivedere i codici, la legislazione antimafia, le misure di prevenzione. Con riferimento alla questione carceraria, rileva come oggi i limiti di capienza siano stati ampiamente superati e si rischi pertanto l'ingestibilità. Esprimendo apprezzamento per l'intervento dell'onorevole Pecorella, distingue l'amnistia dall'indulto in quanto la prima ha natura ablativa mentre il secondo ha natura clemenziale, pur riconoscendo che i due istituti sono stati sempre tradizionalmente abbinati. Prendendo atto che a proposito dell'indulto esiste una maggiore convergenza che consentirebbe di rispettare i previsti tempi parlamentari, si dichiara favorevole poiché in tal modo si migliorerebbe la situazione carceraria al momento delicata e difficile, facendo altresì notare che ne beneficerebbero detenuti che hanno già scontato parte della pena e che la ricaduta del provvedimento sarebbe comunque destinata a durare nel tempo.

Edmondo CIRIELLI (AN) afferma che è responsabilità del Governo dire cosa intende fare per risolvere i problemi del Paese, senza scaricare la colpa sui Governi precedenti. Insiste per l'avvio di un progetto complessivo che in cinque anni affronti il problema carcerario. Contestando il fatto che l'attenzione dei mezzi di comunicazione sia stata a questo proposito enfatizzata dalle improvvide dichiarazioni del Ministro della giustizia, ribadisce il dovere del Governo nel suo complesso a garantire ai cittadini un quadro generale di sicurezza.

Pino PISICCHIO, presidente, ringrazia i colleghi per la ricchezza degli interventi svolti, che ovviamente non esauriscono la discussione. Nel rammentare la richiesta di informazioni al Governo preannunciata dall'onorevole Contento, prende atto del prevalente orientamento a trattare distintamente e prioritariamente l'indulto rispetto all'amnistia. Ritiene, pertanto, che la Commissione debba programmare rigorosamente i propri lavori per concludere l'esame nelle prossime due settimane, per cui diventa prioritaria l'adozione del testo base entro il prossimo giovedì così da poter fissare il termine per la presentazione degli emendamenti al lunedì successivo 17 luglio.

Gaetano PECORELLA (FI), nel concordare con il programma proposto dal presidente, sottolinea l'importanza che la Commissione assolva al suo compito istruttorio e che sia quindi poi l'Assemblea ad assumersi le ulteriori responsabilità.

Pino PISICCHIO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.


 

 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 


SEDE REFERENTE

Martedì 11 luglio 2006. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Intervengono i Sottosegretari di Stato alla giustizia Luigi Li Gotti e Daniela Melchiorre.

La seduta comincia alle 13.10.

Amnista e indulto.

C. 525 Buemi, C. 662 Boato, C. 663 Boato, C. 1122 Giordano e C. 1266 Capotosti.

(Seguito dell'esame e rinvio)

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 6 luglio 2006.

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che è stata appena assegnata alla Commissione la proposta di legge n. 665 in materia di amnistia e indulto - il cui il primo firmatario è l'onorevole Alessandro Forlani - che risulta quindi abbinata alle proposte di legge in esame.

Enrico BUEMI (RosanelPugno), relatore, si riserva di riferire sulla proposta di legge n. 665 nella prossima seduta.

Paola BALDUCCI (Verdi) annuncia la presentazione di un'altra proposta di legge sulla stessa materia.

Federico PALOMBA (IdV), nell'esprimere la posizione del suo gruppo, peraltro già ampiamente resa nota sia alla stampa che nelle riunioni della coalizione di maggioranza, dichiara di disapprovare l'emanazione di qualunque provvedimento di clemenza che sia sganciato da una riforma complessiva. A suo giudizio, un temporaneo alleviamento della situazione penitenziaria non risolverebbe alla radice il problema delle carceri, ma si ridurrebbe ad una banalizzazione della regola giuridica e sociale di cui è presupposto fondamentale la certezza della pena. Nel ribadire la contrarietà sua e del suo gruppo ad ogni ipotesi di perdonismo, condonismo, indulgentismo in tutti i campi, da quello fiscale a quello calcistico, respinge quella che sarebbe una resa dello Stato senza che vi fossero accompagnati incisivi interventi normativi. Nel distinguere tale posizione da quella pure contraria di alcune forze politiche dell'opposizione, preoccupate soltanto dalla tutela della sicurezza, ritiene tuttavia pericoloso che si rilascino detenuti senza aver loro offerto una concreta possibilità di reinserimento sociale. Contesta altresì l'argomento per cui si tratterebbe di ripristinare la legalità, domandandosi come possa il Ministro per la giustizia avallare una simile impostazione che cerca una risposta ai problemi nella disapplicazione della legge. Nel rinnovare la disapprovazione dell'amnistia salvo che nel quadro di una revisione complessiva dell'ordinamento processuale, prende atto con soddisfazione che sta emergendo in Commissione la tendenza ad accantonarla e a concentrarsi soltanto sull'indulto, a proposito del quale avrebbe comunque preferito che si procedesse contestualmente alla revisione delle norme incriminatici nonché alla riduzione delle pene ed alla previsione di misure alternative alla detenzione. Pertanto, pur potendo eventualmente acconsentire ad un indulto che fosse estremamente limitato ed accompagnato da robuste esclusioni oggettive, conclude  affermando che, in mancanza di un serio impegno riformatore, il suo gruppo si vedrebbe costretto a non collaborare.

Giuseppe CONSOLO (AN) si domanda quale senso abbia proseguire la discussione quando le posizioni contrarie di alcuni gruppi sono ormai note. Rammentando di essersi già espresso sull'argomento per le vie brevi nella qualità di capogruppo della sua parte politica, giudica un blitz la calendarizzazione del provvedimento, che a suo avviso non sarà mai approvato a causa dell'elevato quorum costituzionale. Esprimendo al riguardo dubbi sulla stessa coerenza costituzionale del suddetto quorum, riterrebbe più opportuno che si procedesse ad una revisione costituzionale, eventualmente di intesa con l'altro ramo del Parlamento. Nel paragonare la discussione in corso alla condizione di immobilismo che è determinata da un'«elica piatta», fa presente che il suo gruppo politico non ravvisa alcuna ragione per concedere l'amnistia, nel mentre ricorda che l'ultimo precedente in materia risale alla riforma del rito penale. A suo avviso, in mancanza di un piano complessivo, lo svuotamento delle carceri non condurrebbe a nulla. Rivendicando piuttosto il principio della rieducatività della pena di cui all'articolo 27 della Costituzione, invita il Governo a prendere più concreti provvedimenti, quali ad esempio l'emanazione di un decreto che consentisse l'espiazione della pena ai detenuti extracomunitari nei rispettivi Paesi di origine, a costi decisamente inferiori. Affermando poi che un eventuale ostruzionismo parlamentare bloccherebbe senz'altro l'amnistia, ribadisce l'incomprensione delle motivazioni che hanno indotto ad una così inopinata calendarizzazione. Con riferimento all'indulto, manifesta un orientamento non integralmente ostile in ossequio al già menzionato principio costituzionale della rieducatività della pena, purché ne siano esclusi i reati di maggior allarme sociale, a cominciare dalla pedofilia, sia posta ove possibile la condizione del risarcimento dei danni provocati e sia comunque previsto dal Ministero della giustizia un fondo per il risarcimento delle vittime.

Gaetano PECORELLA (FI) nel ritenere che la Commissione non stia affatto perdendo il suo tempo esaminando le proposte di legge in materia di amnistia e indulto, sottolinea che il voto in proposito sarà un caso di coscienza che quindi potrebbe prescindere dall'appartenenza di gruppo in quanto si tratta di decidere sulla vita di molti individui, più in qualità di giudici che di legislatori. Osservando peraltro che in seno ai singoli gruppi parlamentari non mancano posizioni diverse, considera giusto che la Commissione concluda l'esame referente e metta a disposizione dell'Assemblea il provvedimento che viene incontro, del resto, non solo agli auspici a suo tempo espressi dal Papa Govanni Paolo II, ma anche a quelli più recenti del Presidente della Repubblica e del Ministro della giustizia. Precisa all'onorevole Palomba che, a suo avviso, l'amnistia non dovrebbe essere accantonata ma semplicemente portata avanti in tempi diversi rispetto all'indulto. Ricorda ad un collega esperto come l'onorevole Consolo che di fatto l'amnistia è oggi nelle mani dei pubblici ministeri i quali, sulla base dell'obbligatorietà dell'azione penale, scelgono quali reati lasciar cadere in prescrizione e quali no. Considerando al riguardo preferibile che sia il Parlamento a decidere chi debba essere processato e chi no, ribadisce il suo orientamento per la contestualità dell'amnistia non fosse altro perché il successivo indulto finirebbe per rendere inutili i processi svolti, salvo che per l'affermazione del fatto. Quanto alla situazione carceraria, nel rilevare l'impossibilità della rieducazione a causa della mancanza dello spazio fisico che sottopone i detenuti a livelli minimi di esistenza umana, ritiene che si sia di fronte ad un'incapacità gestionale dello Stato che provoca sofferenze fisiche e morali. Tale situazione è stata poi aggravata dalle frustrate attese della scorsa legislatura, ravvivate da recenti prese di posizione ed anche dalla stagione estiva. Conclude rinnovando l'invito alla Commissione a svolgere  il proprio compito referente per consentire all'Assemblea la possibilità di scegliere.

Roberto GIACHETTI (Ulivo) nel concordare con molte delle osservazioni svolte dall'onorevole Pecorella, ritiene che la materia rientri nella sfera della responsabilità individuale di ciascun parlamentare che potrà quindi esprimersi indipendentemente dall'appartenenza politica. Ricorda peraltro ai colleghi Palomba e Consolo che l'amnistia e l'indulto non sono un'invenzione dal nulla ma l'applicazione di un istituto costituzionale, comunque previsto in via straordinaria nonostante l'intervenuta modifica relativa al quorum. Rammentando altresì il lungo tempo trascorso dall'ultima emanazione di analoghi provvedimenti, si dichiara consapevole dell'impossibilità di risolvere radicalmente per tale via il problema carcerario, ma considera tuttavia insostenibile l'attuale situazione degli istituti di pena in cui i detenuti sono ammassati. A titolo personale, esprime la sua preferenza per la concessione contestuale dell'amnistia e dell'indulto anche se quest'ultimo potrebbe essere approvato per primo, in quanto solo l'amnistia consentirebbe alle procure di liberarsi dell'arretrato processuale e di introdurre le necessarie norme di revisione del sistema giustizia che consentirebbero di non ritrovarsi nelle medesime condizioni di emergenza. Segnalando infine al collega Consolo che anche la precedente maggioranza non è stata in grado di varare il decreto a cui faceva riferimento per il trasferimento dei detenuti extracomunitari, conclude ritenendo che l'Assemblea debba avere la possibilità di esprimersi al più presto su una così delicata questione.

Manlio CONTENTO (AN), anche a nome dei colleghi del suo gruppo Consolo, Bongiorno e Cirielli, presenta formalmente la richiesta di informazioni al Governo ai sensi dell'articolo 79, comma 6, del regolamento della Camera (vedi allegato). Motiva tale richiesta sulla base del fatto che tutte le proposte di legge fanno riferimento a dati statistici per legittimare le ragioni della concessione sia dell'amnistia che dell'indulto. Rilevando la mancanza di univocità nella coalizione di maggioranza, contesta al Ministro della giustizia la mancata assunzione di una doverosa responsabilità politica che induce il Parlamento ad agire in termini di supplenza. Considera comunque paradossale un simile modo di procedere, che ha sistematicamente ignorato ogni iniziativa che potesse eventualmente sgombrare il campo dalle perplessità esistenti e diffuse al riguardo. Contestando il generico riferimento al sovraffollamento carcerario, illustra i termini della richiesta di dati presentata al Governo anche con riferimento agli effetti del cosiddetto «indultino», varato nella scorsa legislatura. Nel domandarsi se analoghi risultati non avrebbero potuto essere conseguiti con altri provvedimenti o esperimenti, come ad esempio il cosiddetto «braccialetto elettronico», dichiara che non si può avere soltanto attenzione alla condizione dei detenuti ma si deve anche tenere conto di altri valori, tra cui la tutela delle vittime. Nel ribadire l'opportunità del trasferimento dei detenuti extracomunitari, ritiene che non si tratti di far riferimento a casi di coscienza, ma si debbano affrontare i problemi nella loro concretezza. Si domanda infine quale futuro sarebbe riservato ai detenuti scarcerati, in mancanza del reinserimento sociale, della formazione professionale, di uno sbocco lavorativo e quali conseguenze ricadrebbero sugli enti locali e sui servizi sociali.

Pino PISICCHIO, presidente, essendo imminenti votazioni in Assemblea, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 


SEDE REFERENTE

Martedì 18 luglio 2006. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti.

La seduta comincia alle 13.35.

Amnistia e indulto.

Nuovo testo C. 525 Buemi, C. 662 Boato, C. 663 Boato, C. 1122 Giordano, C. 1266 Capotosti, C. 665 Forlani, C. 1323 Crapolicchio, C. 372 Jannone e C. 1333 Balducci.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 13 luglio 2006.

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che sono stati presentati emendamenti (vedi allegato 3) al testo base adottato nella seduta del 13 luglio 2006.

Enrico BUEMI (Rosanelpugno), relatore, esprime parere favorevole sugli identici emendamenti Maran 1.3 e Palomba 1.47, nonché sull'emendamento Lussana 1.7. Raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 1.85. Manifesta un orientamento favorevole, fatta salva la necessità di ulteriori approfondimenti, sugli emendamenti Crapolicchio 1.41, Mazzoni 1.81 e Palomba 1.52. Esprime parere favorevole sull'emendamento Lussana 1.31 al comma 4, purché riformulato nel seguente testo: «4. Il beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro dieci anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più delitti non colposi per i quali sia stato condannato complessivamente ad una pena detentiva non inferiore a due anni».

Si riserva di esprimersi sugli emendamenti Lussana 1.59 e 1.60, in attesa di chiarimenti da parte del presentatore. Invita al ritiro, salvo parere contrario, degli emendamenti Maran 1.2, Lussana 1.5, Forgione 1.57, Palomba 1.48 e 1.49, Balducci 1.43 e 1.42, Lussana 1.22 e Crapolicchio 1.39. Esprime parere contrario sui restanti emendamenti.

Il Sottosegretario Luigi LI GOTTI, nel rimettersi alla Commissione riguardo agli emendamenti di iniziativa parlamentare, presenta alcuni emendamenti volti a prevedere ulteriori ipotesi di esclusioni oggettive inerenti ai reati con finalità di terrorismo, mafia, razzismo e odio religioso (vedi allegato 3).

Pino PISICCHIO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, passa alla votazione degli emendamenti presentati.

La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Lussana 1.90, Gasparri 1.6, Lussana 1.91 e 1.64.

Carolina LUSSANA (LNP), nel riferirsi ai dati forniti dal Ministero della giustizia, che giudica utili ma insufficienti perché non adeguatamente rielaborati, fa presente - a proposito dell'emendamento 1.65 a sua firma - di aver formulato proposte volte a ridurre a scalare l'entità dell'indulto e richiede in proposito ulteriori e più specifici dati al Governo.

Pino PISICCHIO, presidente, ricorda che la Commissione è ormai impegnata nella votazione degli emendamenti, avendo concluso la fase istruttoria.

Il Sottosegretario Luigi LI GOTTI precisa che il Ministero della giustizia ha depositato in Commissione una serie di tabelle che distinguono la popolazione carceraria per reato commesso.

Federico PALOMBA (IdV) chiede che il Ministero indichi quanti detenuti sarebbero scarcerati in relazione alle diverse ipotesi di entità dell'indulto, ritenendo opportuno che la Commissione possa licenziare il testo con piena cognizione di causa.

La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Lussana 1.65, 1.66 e 1.67, nonché gli identici emendamenti Lussana 1.8 e Palomba 1.45.

Manlio CONTENTO (AN) chiede chiarimenti al relatore circa il suo emendamento 1.85.

Gaetano PECORELLA (FI) ritiene che l'emendamento 1.85, ponendo un limite all'indulto delle pene pecuniarie, introdurrebbe una disparità di trattamento poco comprensibile, con riguardo in particolare a coloro i quali, non disponendo dei mezzi di pagamento, subirebbero ulteriori afflizioni.

Pino PISICCHIO, presidente, rammenta che un'analoga previsione era contenuta nell'ultimo provvedimento di indulto concesso nel 1990.

Enrico BUEMI (Rosanelpugno), relatore, richiamandosi al principio di ragionevolezza motiva la presentazione del proprio emendamento in relazione alla tendenza manifestatasi di punire gravi reati soltanto in via pecuniaria.

La Commissione approva l'emendamento 1.85 del relatore.

Pino PISICCHIO, presidente, a seguito della votazione intervenuta, dichiara preclusi gli emendamenti Lussana 1.63 e 1.62.

La Commissione respinge l'emendamento Lussana 1.68.


ALLEGATO 3

Amnistia e indulto. Nuovo testo C. 525 Buemi, C. 662 Boato, C. 663 Boato, C. 1122 Giordano, C. 1266 Capotosti, C. 665 Forlani, C. 1323 Crapolicchio, C. 372 Jannone e C. 1333 Balducci.

EMENDAMENTI

ART. 1.

Sopprimerlo.

 1. 90.Lussana.

Sopprimerlo.

 1. 6.Gasparri.

Sopprimere il comma 1.

1. 4.Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: 2 maggio 2006 con le seguenti: 1 gennaio 2006.

1. 91Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: 2 maggio 2006 con le seguenti: 1 gennaio 2004.

1. 64.Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: sei mesi.

1. 65.Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno.

1. 66.Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e due mesi.

1. 67.Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni.

 1. 8.Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni.

 1. 45.Palomba.

Al comma 1, dopo le parole: per le pene detentive e inserire le seguenti: non superiore a 10.000 euro.

1. 85.Il Relatore.

Al comma 1, sostituire le parole: e per quelle pecuniarie sole o congiunte a pene detentive con le seguenti: e per quelle pecuniarie non superiori a mille euro.

1. 63.Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: e per quelle pecuniarie sole o congiunte a pene detentive con le seguenti: e per quelle pecuniarie non superiori a duemila euro.

1. 62.Lussana.

Al comma 1, sopprimere l'ultimo periodo.

1. 68.Lussana.

Al comma 1, sostituire l'ultimo periodo con il seguente: L'indulto non si applica nei confronti dei recidivi né nei confronti dei delinquenti abituali, professionali o per tendenza.

1. 69.Lussana.

Al comma 1, sostituire l'ultimo periodo con il seguente: L'indulto non si applica nei confronti dei recidivi né nei confronti dei delinquenti abituali, professionali o per tendenza né nei confronti di coloro che siano sottoposti a regime di sorveglianza speciale ai sensi dell'articolo 14-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354.

1. 70.Lussana.

Al comma 1, sostituire l'ultimo periodo con il seguente: L'indulto non si applica ai recidivi nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma dell'articolo 99 del codice penale né ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza, nel caso di condanna per delitti.

1. 79.Mazzoni.

Sopprimere il comma 2.

 1. 2.Maran, Tenaglia, Suppa, Gambescia, Naccarato, Cesario, Samperi, Mantini.

Sopprimere il comma 2.

 1. 5.Lussana.

Sopprimere il comma 2, con i seguenti:

2. L'indulto si applica a condizione che il condannato, per il periodo di tempo corrispondente alla pena condonata e comunque non inferiore ad un anno, dia prova effettiva e costante di buona condotta e di volontà di reinserimento sociale.

2-bis. L'indulto si applica al cittadino straniero immigrato clandestinamente a condizione che abbandoni il territorio dello Stato entro trenta giorni dalla sospensione dell'esecuzione della sentenza.

1. 71.Lussana.

Sostituire il comma 2, con il seguente:

2. L'indulto non si applica quando il detenuto non abbia provveduto all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.

1. 59.Lussana.

Sostituire il comma 2, con il seguente:

2. L'indulto non si applica quando non è avvenuto il risarcimento della persona offesa dal reato.

1. 60.Lussana.

Sostituire il comma 2, con il seguente:

2. L'indulto non si applica senza il consenso della persona offesa da reato.

1. 61.Lussana.

Al comma 2, sostituire il primo periodo con il seguente: Le pene accessorie temporanee sono estinte con l'indulto solo se questo estingue completamente la pena da espiare.

1. 46.Palomba.

Al comma 2, sopprimere il secondo periodo.

 1. 3.Maran, Tenaglia, Cesario, Samperi, Gambescia, Suppa, Naccarato, Mantini.

Al comma 2, sopprimere il secondo periodo.

 1. 47.Palomba.

Al comma 2, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: un anno.

1. 72.Lussana.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:

2-bis. L'indulto si applica al cittadino straniero immigrato clandestinamente a condizione che abbandoni il territorio dello Stato o regolarizzi la sua posizione entro trenta giorni dalla sospensione dell'esecuzione della sentenza.

1. 78.Mazzoni.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:

2-bis. L'indulto si applica al cittadino straniero immigrato clandestinamente a condizione che abbandoni il territorio dello Stato.

1. 75.Lussana.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:

2-bis. L'indulto si applica ai condannati che abbiano espiato almeno metà della pena detentiva.

1. 73.Lussana.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:

2-bis. L'indulto si applica ai condannati che abbiano espiato almeno due terzi della pena detentiva.

1. 74.Lussana.

Al comma 3, sostituire la lettera a) con la seguente:

a) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 270, primo comma (associazioni sovversive);

2) 270-bis (associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico);

3) 270-ter (assistenza agli associati di cui agli articoli 270 e 270-bis);

4) 270-quater (arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale);

5) 270-quinquies (addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale);

6) 280 (attentato per finalità terroristiche o di eversione);

7) 280-bis (atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi);

8) 285 (devastazione, saccheggio e strage);

9) 289-bis (sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione);

10) 319-ter (corruzione in atti giudiziari);

11) 416, sesto comma (associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602);

12) 416-bis (associazione di tipo mafioso);

13) 419, secondo comma (devastazione e saccheggio);

14) 420, terzo comma (attentato a impianti di pubblica utilità);

15) 422 (strage);

16) 432, commi primo e terzo (attentato alla sicurezza dei trasporti);

17) 440 (adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari);

18) 600 (riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù);

19) 600-bis (prostituzione minorile); 

20) 600-ter (pornografia minorile);

21) 600-quater (detenzione di materiale pornografico) aggravato ai sensi del secondo comma;

22) 600-quater.1 (pornografia virtuale), nella sola ipotesi aggravata ai sensi del secondo comma dell'articolo 600-quater qualora il materiale pornografico sia stato esclusivamente procurato o detenuto;

23) 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile);

24) 601 (tratta di persone);

25) 602 (acquisto ed alienazione di schiavi);

26) 609-bis (violenza sessuale);

27) 609-quater (atti sessuali con minorenne);

28) 609-quinquies (corruzione di minorenne);

29) 609-octies (violenza sessuale di gruppo);

30) 630, commi primo, secondo e terzo, (sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione);

31) 644 (usura);

32) 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope.

1. 80.Mazzoni.

Al comma 3, lettera a), sopprimere il n. 1).

1. 57.Forgione, Farina, Migliore, Mascia.

Al comma 3, lettera a), sostituire il numero 1) con il seguente: 1) i delitti previsti dai capi I e II del Titolo I del Libro II del codice penale.

1. 48.Palomba.

Al comma 3, sostituire il numero 2) con il seguente: 2) i delitti connessi con attività di terrorismo».

Conseguentemente sopprimere i numeri da 4 a 8.

1. 49.Palomba.

Al comma 3, lettera a), n. 6), aggiungere le seguenti parole: e i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, nella legge 6 febbraio 1980, n. 15.

1. 102. Governo.

Al comma 3, lettera a), dopo il n. 8), introdurre il seguente:

8-bis) 306 (banda armata).

1. 7.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il n. 8), introdurre il seguente:

8-bis) 314, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 321, 322, 322-bis, 324, 368, 372, 373.

1. 50.Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il n. 8), inserire il seguente:

8-bis) delitti contro la pubblica amministrazione quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti.

Conseguentemente dopo la lettera a) inserire la seguente:

a-bis) per i delitti contro la pubblica amministrazione previsti dal codice penale militare di pace, quando non vi sia stata  la restituzione delle somme di denaro e dei beni pubblici indebitamente sottratti.

1. 41.Crapolicchio.

Al comma 3, lettera a), dopo il n. 8), inserire il seguente:

8-bis) i delitti contro la pubblica amministrazione previsti dal codice penale, libro II, titolo II, capo I, quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti.

1. 81.Mazzoni.

Al comma 3, lettera a), dopo il n. 8), inserire il seguente:

8-bis) 314 (peculato).

1. 8.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il n. 8), inserire il seguente:

8-bis) 317 (concussione).

1. 9.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il n. 8), inserire il seguente:

8-bis) 318 (corruzione per un atto d'ufficio).

1. 10.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il n. 8), inserire il seguente:

8-bis) 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio).

1. 11.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il n. 8), introdurre il seguente:

8-bis) 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio), 321 (pene per il corruttore).

1. 12.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il n. 8), inserire il seguente:

8-bis) 322 (istigazione alla corruzione).

1. 13.Lussana.

Al comma 3, lettera a), numero 9), sopprimere le seguenti parole: sesto comma.

1. 14.Lussana.

Al comma 3, lettera a), n. 10), aggiungere le seguenti parole: e i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni nella legge 12 luglio 1991, n. 203.

1. 101. Governo.

Al comma 3, dopo il n. 10), inserire il seguente:

10-bis) 416-ter (scambio elettorale politico-mafioso).

1. 51.Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il n. 10), inserire il seguente:

10-ter) delitti connessi con quelli di cui agli articoli 416-bis e 416-ter del codice penale.

1. 52.Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 10), inserire il seguente:

10-bis) 419 (devastazione e saccheggio).

1. 15.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 10), inserire il seguente:

10-bis) 420 (attentato a impianti di pubblica utilità).

1. 16.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 11), inserire il seguente:

11-bis) 423 (incendio).

1. 17.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 11), inserire il seguente:

11-bis) 423-bis (incendio boschivo).

1. 18.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 11), inserire il seguente:

11-bis) 430 (disastro ferroviario).

1. 19.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 11), inserire il seguente:

11-bis) 432 (attentato alla sicurezza dei trasporti).

1. 20.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 11), inserire il seguente:

11-bis) 438 (epidemia).

1. 21.Lussana.

Al comma 3, dopo il numero 11), inserire i seguenti numeri:

11-bis) 439 (avvelenamento delle acque);

11-ter) 440 (adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari);

11-quater) 442 (commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate).

1. 43.Balducci.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 11), inserire il seguente:

11-bis) 440 (adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari).

1. 22.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 11), inserire il seguente:

11-bis) da 499 (distruzione di materie prime o di prodotti agricoli o industriali ovvero di mezzi di produzione) a 517 (vendita di prodotti industriali con segni mendaci).

1. 77.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 11), inserire il seguente:

11-bis) 572, comma 2 (maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli).

1. 23.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 11), inserire il seguente:

11-bis) 575 (omicidio).

1. 24.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, inserire il seguente:

23-bis) 624-bis (furto in abitazione e furto con strappo).

1. 25.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23), inserire il seguente:

23-bis) 628, (rapina).

1. 26.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23), inserire il seguente:

23-bis) 629, (estorsione).

1. 27.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), inserire il seguente:

24-bis) 640 (truffa).

1. 28.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), inserire il seguente:

24-bis) 644 (usura).

 1. 29.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), inserire il seguente:

24-bis) 644 (usura).

 1. 44.Balducci.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), inserire il seguente:

24-bis) 648 (ricettazione).

1. 30.Lussana.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 25), inserire il seguente:

25-bis) 727 (maltrattamento di animali).

1. 42.Balducci.

Al comma 3, lettera a), dopo il n. 25), inserire il seguente:

25-bis) alle pene che conseguono a tutti i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 3 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 1993, n. 305.

1. 103. Governo.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati previsti dagli articoli 2621, 2622, 2623, 2624, 2625, 2626, 2627, 2628, 2629, 2630, 2631, 2632, 2633, 2634, 2635, 2636, 2638 del codice civile.

1. 58.Lussana.

Al comma 3, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:

a-bis) per i reati previsti dagli articoli 2621 (false comunicazioni sociali) e 2622 (false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori).

1. 40.Crapolicchio.

Al comma 3, dopo la lettera a), inserire la seguente:

a-bis) per il delitto di cui all'articolo 2621 del codice civile.

1. 53.Palomba.

Al comma 3, dopo la lettera a), inserire la seguente:

a-bis) per i reati in materia fiscale puniti con pena detentiva.

1. 54.Palomba.

Al comma 3, dopo la lettera a), inserire le seguenti:

a-bis) per i reati di cui all'articolo 20, primo comma, lettere b) e c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, e all'articolo 44, comma 1, lettere b) e c), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della  Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, salvo che si tratti di violazioni di un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti e sempre che non siano stati violati i vincoli di cui all'articolo 33, primo comma, della citata legge n. 47 del 1985, o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel secondo comma dello stesso articolo;

a-ter) per i reati di cui all'articolo 163 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e dall'articolo 181 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorità.

1. 39.Crapolicchio.

Dopo il comma 3, inserire i seguenti:

3-bis. Con il provvedimento di sospensione dell'esecuzione della sentenza per effetto dell'indulto condizionato, al beneficiato sono imposte le prescrizioni e gli obblighi di cui ai commi 5, 6 e 7 dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354.

3-ter. Con il provvedimento di sospensione è imposto l'obbligo di presentazione periodica alla polizia giudiziaria, secondo le modalità previste dall'articolo 282 del codice di procedura penale, per il periodo di sospensione dell'esecuzione.

3-quater. Con il provvedimento di sospensione della pena è sempre disposto per il cittadino italiano il divieto di espatrio ai sensi dell'articolo 281 del codice di procedura penale, per tutto il periodo di sospensione.

1. 56.Lussana.

Al comma 4, sostituire le parole: entro cinque anni con le seguenti parole: entro dieci anni.

1. 31.Lussana.

Subemendamento all'emendamento Lussana 1.31 (seconda formulazione)

Sostituire le parole: dieci anni con le seguenti: sette anni.

0.1.31 (seconda formulazione).1. Il Relatore.

Sostituire il comma 4 con il seguente:

4. Il beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro dieci anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più delitti non colposi per i quali sia stato condannato complessivamente ad una pena detentiva non inferiore a due anni.

1.31. (seconda formulazione) Lussana.

Al comma 4, sostituire le parole: riporti condanna con le seguenti parole: riporti una o più condanne.

1. 32.Lussana.

Al comma 4, sostituire le parole: non inferiore a due anni con le seguenti: non inferiore a sei mesi.

1. 34.Lussana.

Al comma 4, sostituire le parole: non inferiore a due anni con le seguenti: non inferiore ad un anno.

1. 33.Lussana.

Dopo il comma 4, inserire il seguente comma:

4-bis. La revoca del beneficio si applica anche nei confronti di chi, nei tre anni  successivi al termine di cui al comma 4, commette più delitti in conseguenza dei quali riporta condanne ad una pena detentiva complessivamente superiore a due anni.

1. 35.Lussana.

Dopo il comma 4, inserire il seguente comma:

4-bis. La revoca del beneficio si applica anche nei confronti di chi, nei cinque anni successivi al termine di cui al comma 4, commette più delitti in conseguenza dei quali riporta condanne ad una pena detentiva complessivamente superiore a due anni.

1. 36.Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: giorno successivo con le seguenti: decimo giorno.

1. 37.Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: giorno successivo con le seguenti: trentesimo giorno.

1. 38.Lussana.


 


Esame in Assemblea

 


 

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

27.

 

Seduta di Martedì 18 luglio 2006

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE

CARLO LEONI

indi

DEL VICEPRESIDENTE

PIERLUIGI CASTAGNETTI,

DEL PRESIDENTE

FAUSTO BERTINOTTI

E DEL VICEPRESIDENTE

GIULIO TREMONTI

 

(omissis)

 

 


Deliberazione sulla richiesta di stralcio relativa alle proposte di legge nn. 525, 662, 663, 665, 1122, 1266, 1323 e 1333.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la deliberazione su una richiesta di stralcio.

La II Commissione (Giustizia), nel corso dell'esame delle proposte di legge C. 525 ed abbinate, in materia di concessione di amnistia e di indulto, ha deliberato di chiedere all'Assemblea lo stralcio delle disposizioni in materia di amnistia, ovvero: degli articoli 1 e 3 della proposta Buemi ed altri n. 525; degli articoli 1, 2, 3, 4 e 6 della proposta Boato n. 662; degli articoli 1, 2, 3, 4, 5 e 7 della proposta Boato n. 663; degli articoli 1, 2, 3, 4, 5 e 11 della proposta Forlani ed altri n. 665; degli articoli 1, 2 e 3 della proposta Giordano n. 1122; degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 16 e 17 della proposta Capotosti n. 1266; degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 8 e 10 della proposta Crapolicchio n. 1323; degli articoli 1, 2, 3, 4, 5 e 8 della proposta Balducci e Zanella n. 1333.

Sulla richiesta di stralcio ha chiesto di parlare contro il deputato Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, il gruppo dell'Italia dei Valori esprimerà un voto contrario su questa proposta di stralcio, in quanto riteniamo che, con o senza stralcio, il provvedimento di indulto - come anche quello riguardante l'amnistia, ad esso originariamente collegato - non sia accettabile da chi in questo Parlamento (e mi auguro che ciò riguardi un numero più ampio dei componenti il nostro gruppo) ritiene che in questo paese si debba ancora tenere alto il significato e il valore della legalità.

Presidente, il nostro non è un voto contrario dettato da ragioni di cosiddetto giustizialismo. Diciamoci la verità, siamo di fronte ad un provvedimento di indulto del quale noi stessi conosciamo le ragioni, legate ad un sovraffollamento delle nostre carceri che ormai è divenuto insostenibile.

Tuttavia, prevedere un provvedimento di indulto - dunque, un atto di clemenza - non per ragioni proprie di clemenza, ma per motivi di necessità, dovuta al numero esorbitante di detenuti rispetto alla capienza del sistema carcerario, non può costituire una giustificazione per inserire all'interno di tale testo anche reati e situazioni di carattere generale che nulla hanno a che vedere con le motivazioni di diminuzione della pressione carceraria.

In Commissione giustizia, abbiamo avanzato richieste precise affinché dal provvedimento di indulto fossero cancellati... Chiedo scusa, ci farebbe piacere se, almeno dai banchi della nostra maggioranza, ci fosse un po' di attenzione sulla problematica che poniamo, ma evidentemente l'interesse non c'è!

Noi abbiamo chiesto che alcune tipologie di reati - mi riferisco ai reati contro la pubblica amministrazione, ai reati societari (falso in bilancio e analoghi) e fiscali - fossero escluse dal contenuto di un provvedimento che, come ho già detto, ha come giustificazione chiara, esplicita e più volte ribadita (in quest'aula e fuori da essa, anche utilizzando i mezzi di comunicazione), non la volontà di approvare un atto di clemenza, ma una necessità.

Ebbene, non vediamo la necessità di includere nel campo di applicazione del provvedimento le indicate tipologie di reati, che, da quanto abbiamo potuto apprendere a seguito di una prima, parziale indagine dei nostri uffici, vedono reclusi nelle carceri italiane - per tutte e tre le tipologie che ho menzionato - da 35 a 70 persone in tutto! Non crediamo che liberare un numero così limitato di persone, peraltro a costo di rimettere in discussione tre punti cardine del programma dell'Unione (mi riferisco alla volontà di contrastare il problema dell'evasione fiscale, cresciuta in questi anni, alla necessità di contrastare le mille speculazioni dei tanti «furbetti del quartierino», pagate dal milione di famiglie italiane truffate negli ultimi dieci anni, nonché alla necessità di contrastare fenomeni di corruzione e di degenerazione nella pubblica amministrazione), giustifichi l'inclusione dei suddetti reati nel provvedimento di indulto.

Questi sono i motivi per cui oggi voteremo «no». Qualora non si fosse trattato, come invece si tratta, di un atto trasversale espressione di una maggioranza nata e formatasi in quest'aula, ma di un atto del Governo e della maggioranza, avremmo immediatamente tratto le doverose conseguenze dal mancato accoglimento delle  nostre proposte e dalla grave violazione dei patti costitutivi dell'accordo di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore il deputato Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, con il massimo rispetto per il collega Donadi, che, ovviamente, si è pronunciato del tutto legittimamente, poco fa, contro la proposta di stralcio, nell'invitare l'Assemblea ad esprimere, invece, un voto favorevole sulla proposta della Commissione giustizia, desidero ricondurre la discussione nell'ambito appropriato.

Il collega Donadi si è riferito a questioni legittime, ma di merito. Esse riguardano la portata del provvedimento di indulto, che, come tutti sappiamo, è all'esame della Commissione giustizia di questa Camera. Poiché l'orientamento maturato all'interno della Commissione non può essere di maggioranza politica di Governo (l'articolo 79 della Costituzione, nel testo in vigore dal 1992, prevede che i provvedimenti di amnistia e/o di indulto siano approvati con la maggioranza dei due terzi dei componenti delle Camere, per cui è necessario che, in relazione a tali provvedimenti, si formi un'ampia maggioranza parlamentare che vada ben al di là di quella di Governo), e poiché in seno alla Commissione giustizia è maturato un orientamento favorevole alla predisposizione per l'Assemblea, nel corso della prossima settimana, di un testo riguardante, in questa fase, esclusivamente l'indulto, logica istituzionale e legislativa vuole che tutti gli aspetti delle numerose proposte di legge che lei, signor Presidente, ha elencato poco fa, tutti gli articoli delle proposte concernenti un eventuale provvedimento di amnistia, siano stralciati; in caso contrario, sarebbe necessario, per tutti i proponenti o per altri colleghi, ripresentare altre proposte di legge riguardanti la materia dell'amnistia.

Quindi, rinviando il dibattito di merito, che il collega Donadi ha voluto introdurre poco fa, all'esame in sede referente in Commissione giustizia (e, successivamente, all'esame in Assemblea), invito la Camera ad approvare la semplice proposta di stralcio. Ciò comporterà che giunga in Assemblea, la prossima settimana, un provvedimento esclusivamente limitato all'istituto dell'indulto. Nei prossimi mesi, la Commissione valuterà l'opportunità di affrontare anche la tematica dell'amnistia, che rimarrà formalmente aperta in virtù dello stralcio che ci accingiamo a votare.

Quindi, invito i colleghi a votare a favore della proposta di stralcio.

PRESIDENTE. Poiché sono state avanzate alla Presidenza numerose richieste di intervento, ai sensi dell'articolo 45 del regolamento, darò la parola ad un rappresentante per ciascun gruppo che ne faccia richiesta.

Inviterei i deputati che prendono la parola a farlo nel modo più conciso possibile, ricordando a tutti che subito dopo si svolgerà una discussione assai impegnativa: quella conseguente all'informativa urgente del Governo sulla situazione in Medio Oriente.

Ha chiesto di parlare il deputato La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, raccolgo il suo invito all'estrema sintesi. Vorrei annunziare che il gruppo di Alleanza Nazionale non é favorevole alla richiesta di stralcio delle disposizioni in questione dal provvedimento originario; tuttavia, si asterrà, con una semplice motivazione. Abbiamo manifestato un'apertura rispetto alla possibilità di esaminare con attenzione la proposta di votare il provvedimento sull'indulto. Abbiamo rivolto all'esecutivo, ai promotori del provvedimento, alcune richieste. Abbiamo sottolineato la necessità di intervenire sui presupposti necessari a farci compiere tale sforzo, primo tra tutti (lo voglio ripetere) la prosecuzione di quanto è già stato fatto riguardo alla situazione di emergenza e, in particolare, agli interventi avviati nella passata legislatura e sostenuti finanziariamente dal Governo Berlusconi a favore delle vittime del dovere. Abbiamo anche  chiesto, in maniera molto chiara e sintetica, che il provvedimento di indulto fosse accompagnato da una statuizione di non applicazione ai plurirecidivi e che venissero quantificate, fin dal prossimo Documento di programmazione economico-finanziaria, le risorse da investire sui fronti prima annunziati, ossia l'edilizia carceraria e la legge sulle vittime del dovere. Queste ed altre proposte non sono state minimamente degnate di attenzione.

A questo punto, lo stralcio per noi è indifferente. Ci apprestiamo a votare contro l'indulto; lo dico chiaramente: contro l'indulto, così come viene proposto. Dunque, ci è del tutto indifferente la proposta di stralcio. Per tale motivo, adotteremo una posizione di astensione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Forgione. Ne ha facoltà.

FRANCESCO FORGIONE. Signor Presidente, colleghi deputati, il gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, voterà a favore dello stralcio riguardante la misura dell'indulto. Credo sia un atto dovuto a livello di civiltà, civiltà da ricostruire nelle carceri del nostro paese, che oggi versano in una condizione di sovraffollamento inaccettabile, una condizione priva di una rete di diritti che non possono essere cancellati neanche nell'espiazione di una pena. Credo che di questo - ne parleremo entrando nel merito del provvedimento - dobbiamo tenere assolutamente conto.

C'è un'attesa nel nostro paese, nelle carceri e non solo. Mi riferisco alle dichiarazioni del ministro, alla conclusione della passata legislatura con il provvedimento sull'amnistia, al dibattito che si è sviluppato in questi mesi e che credo richieda a questo Parlamento un atto di clemenza, come hanno saputo fare le Camere nei momenti alti della storia di questo paese e di questa Repubblica.

Pur tuttavia, pronunciandoci a favore dello stralcio della misura relativa all'indulto, non possiamo non rimarcare, come crediamo, che questa misura rimane monca se il Parlamento non affronterà in termini brevissimi anche il provvedimento di amnistia. È un tema che riproponiamo alla ripresa dei lavori; lo abbiamo riproposto nella Commissione giustizia. Lo faremo nel momento in cui il Governo proporrà una riforma del codice penale avviandosi così ad una ridefinizione del sistema delle sanzioni penali, coerentemente con le trasformazioni sociali intervenute nel paese.

Rispetto a ciò, credo che questo Parlamento debba assumere impegni precisi.

Avremmo voluto un provvedimento di indulto diverso rispetto a quello che verrà sottoposto all'esame dell'Assemblea e che, attualmente, è in discussione presso la Commissione giustizia. Avremmo voluto, ad esempio, estenderlo a tutti i reati connessi con gli anni di piombo, per rispondere ad un dibattito che più volte ha impegnato in modo trasversale le forze politiche non solo in Parlamento, ma anche al di fuori di esso.

Tuttavia, pensiamo che questo sia un primo importante passo per la ricostruzione di una civiltà giuridica del nostro paese e per dare una risposta positiva ai problemi del carcere, che rappresenta solo una parte della risposta più complessiva che dovremo fornire in ordine alla riforma dell'ordinamento (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, questo dibattito, evidentemente, non si avvia oggi: non siamo all'anno zero. Tale dibattito ha avuto un prologo durante il periodo natalizio dello scorso anno. In quella circostanza, come Presidente della Camera, mi trovai a dire che non vi erano le condizioni per un provvedimento di clemenza, come successivamente dimostrò il dibattito in Assemblea, che mi sembra si svolse il 27 dicembre.

In questa occasione, ci troviamo, ancora una volta, a fare i conti con un tema - collega Donadi, me lo consenta - che  non riguarda, come lei stesso ha ricordato, l'attenuazione di un principio di legalità che va salvaguardato sempre e comunque, bensì riguarda le condizioni disumane esistenti nelle carceri italiane. Ora, mi chiedo se vogliamo ricominciare tale dibattito, tra l'altro, dopo le impegnative dichiarazioni del ministro della giustizia. Quest'ultimo, a mio parere, è stato anche un po' troppo coraggioso, perché forse nelle carceri certi temi è bene non evocarli. Certi provvedimenti il legislatore o li fa oppure non li preannuncia!

Oggi, ci troviamo nella condizione di fare i conti con questa realtà sociale, con il rischio - che intravedo nelle sue parole - di ricominciare il balletto degli equivoci e gli argomenti tipici delle campagne elettorali, in un dibattito che non appartiene alla campagna elettorale. La campagna elettorale è finita, cari colleghi! È molto onesto che ci sia chi, come l'onorevole La Russa, afferma di essere contrario a prescindere, e rispetto questa posizione. Non la condivido, ma la rispetto.

Tuttavia, se si ritiene che oggi dobbiamo entrare nel merito della tipologia dei reati ed esprimere un giudizio positivo o negativo, allora, seguendo la stessa strada, si dovrebbe affrontare anche la questione, posta dal collega di Rifondazione Comunista, concernente i cosiddetti anni di piombo. Ma non lo dobbiamo fare! Non lo abbiamo fatto! Abbiamo un senso di responsabilità che ci deve portare in questa Assemblea ad assumere una decisione chiara: o «sì» o «no». Tutto il resto, secondo me, non ci deve e non ci può appartenere.

In caso contrario, ancora una volta, avremo dimostrato che questo Parlamento - e non solo quello della precampagna elettorale - è imprigionato in una logica che poco ha a che fare con la pelle dei detenuti e che ha molto più a che vedere con gli interessi dei nostri partiti [Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di Forza Italia].

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Buemi. Ne ha facoltà.

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, il problema della legalità riguarda certamente i cittadini, ma nella fattispecie riguarda anche lo Stato. Di qui nasce la necessità di sfasare l'esame dei due provvedimenti: quello relativo all'amnistia e quello concernente l'indulto.

Ci troviamo in una situazione particolarmente grave di inadempienza da parte dello Stato rispetto ai principi costituzionali e alle leggi ordinarie del nostro paese. Vi è, quindi, la necessità di ricondurre ad una condizione di normalità la situazione esistente nelle carceri. In tal senso, la Commissione giustizia della Camera ha ritenuto di richiedere lo stralcio, dal provvedimento in oggetto, delle parti relative all'istituto della amnistia, affinché esso possa essere più celermente approvato.

Ciò fermo restando l'impegno, assunto sia dal relatore, sia dalla stessa Commissione giustizia, di portare al più presto all'esame dell'Assemblea anche un provvedimento di amnistia, poiché la concessione dell'indulto senza varare una amnistia costituisce un intervento zoppo, nonché irrazionale. Esiste l'esigenza di applicare entrambi gli istituti, anche se, per lo stato di necessità che ho precedentemente rappresentato, si impone al momento la separazione delle due misure di clemenza (Applausi dei deputati del gruppo de La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, intervengo per ribadire che il gruppo della Lega Nord Padania è contrario alla richiesta di stralcio avanzata; al contempo, vogliamo esprimere, in questa sede, la nostra contrarietà all'adozione di qualsiasi provvedimento di clemenza, sia che si tratti di amnistia, sia che si tratti di indulto. Ritengo giusto assumere una posizione precisa e chiara in tale materia: o si è a favore o si è contro, e su tale aspetto mi trovo perfettamente d'accordo con l'onorevole Casini.

Vorrei formulare, tuttavia, un'ulteriore considerazione. Oggi ci troviamo ad affrontare  tali questioni in Assemblea proprio perché, onorevole Casini, la campagna elettorale è finita. Infatti, voi, che nella passata legislatura ritenevate di approvare comunque provvedimenti clemenziali di questo tipo, non avete avuto il coraggio di andare fino in fondo, nonostante la cosiddetta marcia di Natale e tutte le attese suscitate nella popolazione carceraria che non siete riusciti a soddisfare.

Adesso che la campagna elettorale è conclusa, è chiaro che si può adottare anche una scelta impopolare, come quella alla nostra attenzione. È vero che, quando si parla di provvedimenti di amnistia e indulto, si cerca di offrire una soluzione tampone al problema del sovraffollamento carcerario, tuttavia vorrei far presente che si varano misure assolutamente pericolose per la sicurezza dei cittadini. Ricordo che, negli anni passati, quando tali istituti sono stati applicati, abbiamo registrato un indice di recidiva altissimo! Chi viene rimesso in libertà senza aver completato il proprio processo di rieducazione, infatti, purtroppo torna ad essere facile vittima della criminalità!

Per quanto riguarda la condizione difficile delle nostre carceri, allora, starei attenta a parlare di «disumanità»; magari, esistono situazioni sicuramente particolari, ma vorrei ricordare che, nei cinque anni della passata legislatura, molto è stato realizzato per migliorare le condizioni di vivibilità all'interno dei penitenziari.

Pertanto, non ritengo giusto scaricare la responsabilità del sovraffollamento carcerario sui cittadini onesti e sulle vittime dei reati, le quali, ancora una volta, in questa Assemblea risulteranno essere silenti, dimenticate ed offese due volte (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)! Esse, infatti, sono state offese nel momento in cui hanno subito il reato e saranno egualmente offese quando lo Stato rimetterà in libertà il loro aguzzino! Sono altre, a nostro avviso, le strade da seguire per contrastare il sovraffollamento nei penitenziari!

Il ministro Mastella non è stato così chiaro riguardo a ciò che vorrà compiere nel corso di questa legislatura. Egli, infatti, non ha parlato chiaramente, come ha fatto l'ingegner Castelli, di un piano certo a favore dell'edilizia carceraria! Non ha detto che vuole far applicare in modo rigido la cosiddetta legge Bossi-Fini, la quale prevede, ad esempio, la conversione delle pene detentive fino a due anni in un provvedimento immediato di espulsione! Non ha affermato, inoltre, di voler continuare lungo la strada degli accordi bilaterali con i paesi dell'area balcanica e del Maghreb, al fine di far scontare ai detenuti extracomunitari la pena a casa propria!

Noi attendevamo risposte su tali questioni, nonché rispetto alla questione della depenalizzazione. Intanto, voi trovate la scorciatoia o la via breve. Oggi assistiamo allo stralcio di parti del provvedimento di clemenza alla nostra attenzione semplicemente per risolvere problemi all'interno della vostra maggioranza. La volta scorsa, infatti, abbiamo visto che vi era qualcuno a favore dell'indulto ma non della amnistia; Forza Italia, invece, insisteva sul fatto che non poteva esservi indulto senza la concessione dell'amnistia.

Adesso, avete stipulato un accordo politico abbastanza «trasversale», che troverà applicazione con il provvedimento di indulto, sul quale ribadiamo comunque la nostra contrarietà. Si tratta sicuramente della via più breve per approvare un provvedimento tampone, che rimetterà in libertà detenuti che hanno commesso anche reati pericolosi.

Avete sicuramente compiuto una selezione oggettiva dei crimini, come la violenza sessuale ed i reati connessi alla pedofilia o alla mafia, come peraltro ha affermato il ministro Mastella.

Però usciranno anche come fine pena coloro che hanno commesso degli omicidi, così come coloro che hanno commesso reati finanziari. Cosa dice al riguardo l'Italia dei Valori? Vedremo nel prosieguo del dibattito in Commissione.

Tutto ciò dunque per motivare la nostra netta e decisa contrarietà alla proposta di stralcio in esame (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Alleanza Nazionale).

Preavviso di votazioni elettroniche senza registrazione di nomi (ore 16).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, decorre da questo momento il termine di preavviso di cinque minuti previsto dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.

Si riprende la discussione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Crapolicchio. Ne ha facoltà.

SILVIO CRAPOLICCHIO. Noi Comunisti Italiani voteremo «sì», però subendo questa decisione. Avremmo voluto un progetto generale di amnistia e di indulto, ma ciò non è possibile. Per i Comunisti Italiani questa è una priorità ed in tal senso abbiamo presentato una proposta di legge, proprio perché riteniamo l'atto di clemenza un atto doveroso, anche alla luce di alcune leggi, come la Bossi-Fini, che hanno riempito le carceri. Daremo quindi battaglia per portare avanti l'amnistia (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Nel programma dell'Unione abbiamo scritto, citando Dostoevskij, che il livello di civiltà di un paese si misura osservando le condizioni delle sue carceri ed abbiamo sostenuto che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Nel nostro paese le condizioni attuali di vita carceraria sono lontane da ogni senso di umanità e di rispetto della dignità del detenuto. Il degrado è connesso sempre più pesantemente al sovraffollamento delle carceri. In cima alle nostre priorità abbiamo posto la necessità di prevedere la detenzione in carcere come misura ultima.

Per questo noi voteremo lo stralcio proposto - perché di questo si discute, dello stralcio e non dei contenuti del provvedimento -, cogliendo l'opportunità di giungere ad un provvedimento di clemenza che sia condiviso (non è detto che poi ci si riesca, ma vogliamo cogliere tale opportunità), poiché riteniamo condivisibile l'iniziativa diretta all'adozione di un provvedimento di indulto, posto che non risulta più rinviabile l'esigenza di affrontare lo stato di degrado in cui versa il nostro sistema carcerario. Uno stato di degrado che è connesso alle condizioni di sovraffollamento che si sono determinate negli istituti penitenziari.

Se è vero, come è vero, che il regime di detenzione della popolazione carceraria deve sempre essere conforme alle finalità di recupero e di reinserimento dei detenuti nel tessuto sociale, è altrettanto vero che lo stato di deterioramento che si è verificato nelle strutture carcerarie in questi anni, in ragione del costante aumento della popolazione, appare ormai assolutamente incompatibile con tali finalità.

Naturalmente dei contenuti discuteremo, e già ne stiamo discutendo, in Commissione. Vi sono dei problemi che dovremo affrontare in merito alle esclusioni ed in merito al quadro complessivo del provvedimento. Tuttavia ritengo di poter essere ragionevolmente fiducioso che si possa giungere ad un provvedimento condiviso. Se così riusciremo a fare, noi potremo anche realizzare l'auspicio che Giovanni Paolo II ha rivolto in questa sede a tutti noi, perché un segno di clemenza verso i carcerati, diceva il Papa qualche anno fa, mediante una riduzione della pena, costituirebbe una chiara manifestazione di sensibilità, che non mancherebbe di stimolarne l'impegno di personale recupero, in vista di un positivo reinserimento nella società. Sono anche consapevole che la concessione di misure di clemenza deve abbinarsi a misure di sistema ed è per questo che rivestono un interesse primario gli interventi anche ordinamentali volti a garantire il rispetto del canone costituzionale della ragionevole durata dei processi, già indicati come assoluta priorità.

Ma questo è compito del Governo e della maggioranza che lo sostiene, che non mancherà di incalzarlo anche su questo tema (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Pecorella. Ne ha facoltà.

GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, c'è chi ha colto l'occasione di questa decisione, che riguarda semplicemente il programma della Commissione giustizia, per discutere nel merito la questione dell'indulto e dell'amnistia. È singolare come, quanto più sia necessario procedere con serenità e con razionalità, tanto più si colga ogni occasione, viceversa, per dividere gli animi.

Noi siamo convinti che la questione dell'indulto e dell'amnistia riguardi la coscienza di ciascuno di noi e che sia impossibile, solo per l'appartenenza politica ad un gruppo, essere tutti contro o tutti a favore, laddove la coscienza di ognuno sta decidendo, nel momento in cui si vota, del destino di singole persone; infatti, non si sta trattando di un provvedimento in astratto.

Non è il caso di entrare nel merito, ma semplicemente di prendere atto della questione - se ciò è possibile in questo momento - e di dare una risposta al paese sulla situazione d'emergenza delle carceri, trattando anche l'amnistia o soltanto l'indulto. Mi pare evidente l'impossibilità di raggiungere un accordo in tempi ragionevoli sui contenuti dell'amnistia, mentre si sta delineando la possibilità, perlomeno in linea di massima, di un testo abbastanza condiviso sull'indulto; ebbene, se così è, abbiamo a che fare con un senso di responsabilità che appartiene a tutti noi. Pur convinti che i due provvedimenti dovrebbero andare in parallelo, affrontiamo il più urgente, quello che tocca direttamente la pelle e la vita delle persone. Si deve dare una risposta allo stesso Presidente della Repubblica che lo ha considerato come un impegno di civiltà del paese, così come anche il Pontefice.

Vorrei ricordare ad alcuni colleghi che essi, di fronte al Pontefice, ebbero una reazione emotiva di approvazione, così come oggi hanno una reazione emotiva di dissenso. Ebbene, noi cerchiamo di seguire, viceversa, una giusta linea, secondo cui è possibile discutere subito, anche in quest'aula, dell'indulto ma, probabilmente, non è possibile farlo per l'amnistia. Vi è un'aspettativa politica, un impegno politico per affrontare anche questo secondo tema, e noi lo faremo quando ci saranno la maturità e il momento per poterlo fare.

Per tutti questi motivi il gruppo di Forza Italia voterà a favore dello stralcio, pur nell'impegno di tutti a proseguire i lavori per ciò che concerne anche l'amnistia (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, scriveva la brillante penna di Curzio Maltese nel dicembre 2005: «Cinque anni fa si erano levati tutti ad applaudire, commossi, l'appello di Giovanni Paolo II al Parlamento per alleviare la pena supplementare e barbara inflitta a migliaia di detenuti, ormai stipati in carceri di livello boliviano». Passata la festa, gabbato il Santo Padre: sono trascorsi cinque anni, con cinque Pasque, cinque Natali, cinque Capodanni, cinque Epifanie e, soprattutto, cinque Carnevali, senza mai trovare la data giusta per approvare il provvedimento.

Il garantismo da salotto che imperversa da un decennio non si smentisce mai. Il solo commento serio è venuto da dietro le sbarre di Rebibbia, dove il comitato dei detenuti ha fatto sapere di non essere deluso perché, alla lettera: «non ci aspettavamo nulla»; e qualcuno continua ad aggiungere di non aspettarsi nulla neppure da questa XV legislatura.

Si vede che ci conoscono bene, eppure voglio ricordare come le passate amnistie ed i passati indulti abbiano segnato importanti passaggi di civiltà e importanti decisioni politiche per la vita democratica  della nazione. L'ultima amnistia risale al 10 aprile 1990 e fu concessa durante il settennato al Quirinale di Francesco Cossiga, in concomitanza con l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale approvato nel 1989. Quella amnistia-indulto, come ricordò l'allora ministro della giustizia Giuliano Vassalli in sede di replica in Parlamento, segnava un passaggio importante del sistema giuridico. Ma voglio ricordarne altre per far comprendere l'importanza politica di un indulto e poi di un'amnistia.

Quella del 22 giugno 1946 è passata alla storia come l'amnistia Togliatti, perché portava la firma dell'allora segretario del PCI, ministro della giustizia. Venne varata 20 giorni dopo il referendum per la scelta tra Repubblica e monarchia, in un clima di pacificazione nazionale, e ne beneficiarono, infatti, tutti coloro che erano rimasti compromessi con la Repubblica di Salò ed anche con i delitti dell'immediato dopoguerra. Portò alla scarcerazione di 11.800 detenuti politici.

Poi, ve ne furono altre nel 1953, nel 1959, nel 1966, nel 1970, nel 1978; nel 1981 ne beneficiarono oltre diecimila detenuti.

Dal 1990 ad oggi, le carceri italiane si sono gonfiate di stracci e di dolore. Il carcere è un luogo di contrasti stridenti, dove pericolosi assassini vivono insieme ad improvvisati ladruncoli, dove i casi più strillati dai media sono proprio quelli che, in genere, se la cavano con poco, mentre rimangono intrappolati per anni quelli anonimi, di cui nessuno parla, che hanno fatto più che altro sciocchezze; il problema è che non avevano gli avvocati «giusti», gli amici influenti, la «parolina» appropriata al momento opportuno.

Si chiederà qual è oggi il senso politico per il Parlamento di approvare nella quasi totalità l'indulto e, poi, l'amnistia. Le carceri affollate, certo, sono un problema; la lentezza della giustizia è un altro problema; un atto di umanità per accontentare in modo postumo il Santo Padre, che non c'è più, è un atto di coscienza personale.

Noi del gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista ravvisiamo invece un altro motivo. Il Parlamento ed i cittadini italiani si rendono conto dei pericoli inerenti ad un potere incontrollabile della magistratura e vogliono ormai una vera riforma della giustizia. Ci rendiamo conto che, tra lentezze, politicizzazione, inefficienze e sistemi di diffusa illegalità massmediatica, il problema di una giustizia «giusta» - direi di una giustizia «normale» - non è più differibile. Il Governo ed il Parlamento, nel corso dell'attuale legislatura, dovranno mettere profondamente mano al sistema della giustizia.

Se questa è la consapevolezza e questo è giusto che si faccia, allora l'indulto - e l'amnistia poi - avrà una forte valenza politica di cambiamento. Lo si realizzi con questa motivazione, per dare un preciso segnale al paese, e sarà un grande cambiamento che tutti aspettano. Per ora votiamo a favore dello stralcio per poter procedere al varo dell'indulto, perché siamo stati, siamo e saremo sempre garantisti (Applausi dei deputati del gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Capotosti. Ne ha facoltà.

GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, signori colleghi, la questione su cui siamo chiamati a pronunciarci rientra nel piano della tecnica legislativa e vorrei sottolineare che ciò significa tenere conto di tutte le condizioni: condizioni relative alla maggioranza qualificata, nonché all'indirizzo e alla vocazione delle varie sensibilità che compongono il Parlamento, che è sovrano.

Come altri hanno ricordato, raggiungere una maggioranza così ampia impone a tutte le forze politiche un confronto laico, sereno, oggettivo. Per quanto attiene al gruppo cui appartengo, i Popolari-Udeur, abbiamo predisposto e presentato un progetto di legge che indica le nostre concezioni, che non abbiamo esitato a mettere in discussione, perché anche una deliberazione come quella oggi al nostro esame, di natura formale, ha un contenuto di merito.

Per noi si tratta di un merito che viene da lontano, dall'impegno preso in Assemblea con il Pontefice. Per altri sarà presente una connotazione più laicista. In ogni caso, si potrà tenere conto del sovraffollamento delle carceri e della necessità di una riforma sistematica dell'intero sistema giustizia, che addita l'Italia come un paese arretrato rispetto agli altri paesi d'Europa?

Per questo motivo, il Governo sta mettendo mano ad una riforma di ampio respiro che tiene conto dei vari processi, del sistema delle carceri, dell'intera nostra storia e, per questo motivo, marcando il fatto che, oggi, ci pronunciamo solamente sullo stralcio, cioè sulla modalità che, forse, renderà possibile, un domani, portare a termine il provvedimento, il gruppo dei Popolari-Udeur annuncia un voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo dei Popolari-Udeur).

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

ANTONIO BORGHESI. Per un richiamo all'articolo 41 del regolamento.

PRESIDENTE. Le ricordo che il suo gruppo, l'Italia dei Valori, è già intervenuto.

ANTONIO BORGHESI. Allora, chiedo di parlare a titolo personale...

PRESIDENTE. Mi scusi, non è possibile.

Passiamo ai voti.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la richiesta di stralcio relativa alle proposte di legge numeri 525, 662, 663, 665, 1122, 1266, 1323 e 1333.

(È approvata).

L'assegnazione delle proposte di legge risultanti dallo stralcio dei predetti articoli - cui è stato attribuito un nuovo titolo - è comunicata nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.


 


Allegato A

 

(omissis)

 

 


Assegnazione a Commissione in sede referente di proposte di legge risultanti da stralcio.

Le seguenti proposte di legge risultanti dallo stralcio delle disposizioni in materia di amnistia contenute nelle proposte di legge n. 525, 662, 663, 665, 1122, 1266, 1323 e 1333, deliberato dall'Assemblea nella seduta odierna, sono assegnate alla II Commissione (Giustizia), in sede referente:

BUEMI ed altri: «Concessione di amnistia» (525-ter), Parere delle Commissioni I e V

BOATO: «Concessione di amnistia» (662-ter), Parere delle Commissioni I, V, VII e VIII;

BOATO: «Concessione di amnistia condizionata» (663-ter), Parere delle Commissioni I, V, VII, VIII e XI;

FORLANI ed altri: «Concessione di amnistia» (665-ter) Parere delle Commissioni I, V, VIII, XI e XII;

GIORDANO: «Concessione di amnistia condizionata» (1122-ter) Parere delle Commissioni I e V;

CAPOTOSTI ed altri: «Concessione di amnistia» (1266-ter) Parere delle Commissioni I e V;

CRAPOLICCHIO: «Concessione di amnistia» (1323-ter) Parere delle Commissioni I, V e VIII;

BALDUCCI e ZANELLA: «Concessione di amnistia» (1333-ter) Parere delle Commissioni I, V e VIII.

Le restanti parti delle medesime proposte di legge restano assegnate alla II Commissione (Giustizia), in sede referente:

BUEMI ed altri: «Concessione di indulto» (525-bis) Parere delle Commissioni I e V;

BOATO: «Concessione di indulto» (662-bis) Parere delle Commissioni I e V;

BOATO: «Concessione di indulto» (663-bis) Parere delle Commissioni I e V;

FORLANI ed altri: «Concessione di indulto» (665-bis) Parere delle Commissioni I, V e XII;

GIORDANO: «Concessione di indulto revocabile» (1122-bis) Parere delle Commissioni I e V;

CAPOTOSTI ed altri: «Concessione di indulto» (1266-bis) Parere delle Commissioni I, V e XII;

CRAPOLICCHIO: «Concessione di indulto» (1323-bis) Parere delle Commissioni I e V;

BALDUCCI e ZANELLA: «Concessione di indulto» (1333-bis) Parere delle Commissioni I e V.


 

 


Progetti di legge derivati dallo stralcio

 


N. 525-bis

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

BUEMI, D'ELIA, VILLETTI, TURCI, BONINO, BOSELLI, CAPEZZONE, ANTINUCCI, BELTRANDI, CREMA, DI GIOIA, MANCINI, ANGELO PIAZZA, PORETTI, SCHIETROMA, TURCO

¾

 

Concessione di indulto

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

(Testo risultante dallo stralcio degli articoli 1 e 3 della proposta di legge n. 525, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006)

¾¾¾¾¾¾¾¾

 


proposta di legge

¾¾¾

 

 

Art. 1.

.................................................................

.................................................................

.................................................................

.................................................................

Art. 2.

(Indulto).

1. È concesso indulto per tutti i reati commessi entro il 31 dicembre 2005 nella misura non superiore a due anni per le pene detentive e per quelle pecuniarie sole o congiunte a pene detentive. Non si applicano le esclusioni di cui all'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

2. Il beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

Art. 3.

..................................................................

.................................................................

.................................................................

.................................................................

 

 

 

 


N. 662-bis

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato BOATO

¾

 

Concessione di indulto

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

(Testo risultante dallo stralcio degli articoli 1, 2, 3, 4 e 6 della proposta di legge n. 662, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006)

¾¾¾¾¾¾¾¾

 

 


proposta di legge

¾¾¾

 

Artt. 1-4.

............................................................

............................................................

............................................................

............................................................

Art. 5.

(Indulto).

1. È concesso indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive.

2. Ai fini del presente articolo non si applicano le esclusioni di cui al quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. Il beneficio dell'indulto è revocato se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti una condanna detentiva superiore a due anni.

Art. 6.

............................................................

............................................................

............................................................

............................................................

 

 

 

 


N. 663-bis

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato BOATO

¾

 

Concessione di indulto

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

(Testo risultante dallo stralcio degli articoli 1, 2, 3, 4, 5 e 7 della proposta di legge n. 663, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006)

¾¾¾¾¾¾¾¾

 


proposta di legge

¾¾¾

 

 

Artt. 1-5.

..............................................................

..............................................................

..............................................................

.............................................................

Art. 6.

(Indulto).

1. È concesso indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive.

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applicano le esclusioni di cui al quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. Il beneficio dell'indulto è revocato se chi ne ha usufruito commette, entro cinque

 

anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti una condanna detentiva superiore a due anni.

Art. 7.

...............................................................

...............................................................

...............................................................

..............................................................

 

 

 

 


N. 665-bis

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

FORLANI, LUCCHESE, MELE, SANZA, TUCCI

¾

 

Concessione di indulto

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

(Testo risultante dallo stralcio degli articoli 1, 2, 3, 4, 5 e 11 della proposta di legge n. 665, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006)

¾¾¾¾¾¾¾¾

 

 


proposta di legge

¾¾¾

 

 

Capo I

AMNISTIA

Artt. 1-5.

.................................................................

.................................................................

................................................................

.................................................................

 

Capo II

INDULTO

Art. 6.

(Indulto).

1. È concesso indulto nella misura non superiore a quattro anni per le pene detentive e non superiore a lire venti milioni o a 10.330 euro per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive.

2. È altresì concesso indulto nella misura non superiore a cinque anni:

a) a coloro che risultano affetti dalla patologia derivante da HIV, diagnosticata, su base chimico-ematologica, da apposite commissioni mediche istituite nell'ambito di ciascun istituto di pena, al secondo stadio dello standard definito dall'Organizzazione mondiale della sanità;

b) a coloro che risultano affetti da gravi forme di epatite, di patologie oncologiche o da altre gravi malattie, diagnosticate dalle commissioni mediche di cui alla lettera a), assolutamente incompatibili con il regime di detenzione carceraria.

3. Per la concessione dell'indulto di cui al comma 2, il Governo adotta i provvedimenti necessari affinché il Servizio sanitario nazionale garantisca che i soggetti di cui al medesimo comma 2 possano essere sottoposti alle cure richieste per la specificità della loro condizione.

Art. 7.

(Indulto per le pene accessorie e misura dell'espulsione dello straniero).

1. È concesso indulto, per intero, per le pene accessorie temporanee, conseguenti a condanne per le quali è applicato, anche solo in parte, l'indulto.

2. All'indulto di cui al presente capo non si applicano le esclusioni di cui al quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. Nei confronti dello straniero, identificato, detenuto, che si trova in taluna delle situazioni indicate nell'articolo 13, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, il magistrato di sorveglianza dispone con decreto motivato la misura dell'espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni, con ordine di accompagnamento alla frontiera da parte della forza pubblica, al termine del periodo di detenzione nell'ambito del quale sia stato applicato, anche solo in parte, l'indulto. Il magistrato di sorveglianza decide senza formalità, acquisite le informazioni degli organi di polizia sull'identità e sulla nazionalità dello straniero. Il decreto di espulsione è comunicato allo straniero che, entro il termine di dieci giorni, può proporre opposizione dinanzi al tribunale di sorveglianza. Il tribunale decide nel termine di venti giorni.

Art. 8.

(Esclusioni dall'indulto).

1. L'indulto non si applica alle pene:

a) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 285 (devastazione, saccheggio e strage);

2) 416-bis (associazione di tipo mafioso);

3) 422 (strage);

4) 630 (sequestro di persona a scopo di estorsione), commi primo, secondo e terzo;

5) 644 (usura);

6) 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope;

b) per i delitti previsti dagli articoli 73, commi 1, 1-bis, 2, 2-bis e 3, ove siano applicate le circostanze aggravanti specifiche di cui all'articolo 80, e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.

Art. 9.

(Revoca dell'indulto).

1. Il beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

2. Il beneficio dell'indulto è altresì revocato di diritto laddove, entro dieci anni dall'esecuzione dell'espulsione ai sensi dell'articolo 7, comma 3, lo straniero sia rientrato illegittimamente nel territorio dello Stato. In tale caso, lo stato di detenzione è ripristinato e riprende l'esecuzione della pena.

Art. 10.

(Termine di efficacia dell'indulto).

1. L'indulto di cui al presente capo ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il 14 maggio 2006.

Capo III

ENTRATA IN VIGORE

Art. 11.

..................................................................

..................................................................

..................................................................

..................................................................

 

 


N. 1122-bis

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

GIORDANO, MIGLIORE, ACERBO, BURGIO, CACCIARI, CANNAVÒ, CARDANO, CARUSO, COGODI, DE CRISTOFARO, DE SIMONE, DEIANA, DIOGUARDI, DURANTI, FALOMI, DANIELE FARINA, FERRARA, FOLENA, FORGIONE, FRIAS, GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA, IACOMINO, KHALIL, LOCATELLI, LOMBARDI, MANTOVANI, MASCIA, MUNGO, OLIVIERI, PEGOLO, PERUGIA, PROVERA, ANDREA RICCI, MARIO RICCI, ROCCHI, FRANCO RUSSO, SINISCALCHI, SMERIGLIO, SPERANDIO, ZIPPONI

¾

 

Concessione di indulto revocabile

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

(Testo risultante dallo stralcio degli articoli 1, 2 e 3 della proposta di legge n. 1122, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006)

¾¾¾¾¾¾¾¾

 

 

 


proposta di legge

¾¾¾

 

 

Artt. 1-3.

.......................................

.......................................

.......................................

.......................................

 

Art. 4.

(Indulto).

1. È concesso indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive.

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applicano le esclusioni di cui al quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. Il beneficio dell'indulto è revocato se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti una condanna a pena detentiva superiore a sei mesi.

 

 

 

 


N. 1266-bis

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato

CAPOTOSTI, FABRIS, SATTA, MORRONE, ADENTI, AFFRONTI, CIOFFI, DEL MESE, D'ELPIDIO, GIUDITTA, LI CAUSI, PICANO, ROCCO PIGNATARO, PISACANE

¾

 

Concessione di indulto

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

(Testo risultante dallo stralcio degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 16 e 17 della proposta di legge n. 1266, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006)

¾¾¾¾¾¾¾¾

 

 


proposta di legge

¾¾¾

 

 

Artt. 1-6.

...................................................................

...................................................................

...................................................................

...................................................................

 

Art. 7.

(Concessione di indulto).

1. È concesso indulto per le pene detentive non superiori a due anni e per le pene pecuniarie non superiori a 10.000 euro, sole o congiunte alla pena detentiva, alle condizioni e con i limiti stabiliti dalla presente legge.

2.L'applicazione dell'indulto rende inapplicabili le misure di sicurezza inflitte con la sentenza di condanna, ad esclusione della confisca.

3. È concesso indulto, per intero, per le pene accessorie temporanee, conseguenti a condanne per le quali è applicato, anche solo in parte, l'indulto.

4. Non si applica la disposizione contenuta nell'ultimo comma dell'articolo l51 del codice penale.

Art. 8.

(Ambito di applicazione).

1. L'indulto non si applica alle sanzioni sostitutive di cui al capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni.

2. L'indulto si applica ai detenuti che hanno scontato almeno un quarto della pena detentiva, tenuto conto della liberazione anticipata.

Art. 9.

(Esclusioni oggettive).

1. L'indulto non si applica alle pene:

a) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 270, 270-bis, 270-ter, 270-quater, 270-quinquies, 280, 280-bis e 284;

2) 285;

3) 416-bis;

4) 422;

5) 600, 600-bis, 600-ter, commi primo e secondo, 600-quinquies, 601, 602, 603, 609-bis, 609-quater e 609-octies;

6) 630, commi primo, secondo, terzo;

7) 648-bis, limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, e 648-ter;

b) per i delitti previsti dagli articoli 74 e 80 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.

2. L'indulto non si applica alle pene che conseguono a tutti i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, e successive modificazioni.

3. L'indulto non si applica alle pene che conseguono a tutti i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni.

4. L'indulto non si applica alle pene che conseguono a tutti i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 7 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205.

Art. 10.

(Condizioni di applicazione).

1. L'indulto si applica a condizione che il condannato, per il periodo di tempo corrispondente alla pena condonata e comunque non inferiore a un anno, presti volontariamente attività non retribuita in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti od organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato.

2. L'attività di cui al comma 1 viene svolta nell'ambito della provincia in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non meno di sei e non più di diciotto ore di lavoro settimanale, da svolgere con modalità e con tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Qualora la permanenza nella provincia di residenza possa pregiudicare l'allontanamento del condannato da ambienti illeciti, il giudice può autorizzare lo stesso a prestare l'attività e a dimorare, per un periodo corrispondente a quello di prestazione dell'attività stessa, presso un'altra provincia.

3. Il provvedimento di cui al comma 1 è adottato con ordinanza, su richiesta del pubblico ministero, dal giudice dell'esecuzione individuato ai sensi dell'articolo 665 del codice di procedura penale, che provvede a raccogliere il consenso del detenuto con la procedura di cui all'articolo 666 del medesimo codice; in deroga a quanto previsto dal comma 4 del citato articolo 666, la presenza del pubblico ministero all'udienza in camera di consiglio non è obbligatoria. Il provvedimento è comunicato al servizio sociale del Ministero della giustizia.

4. Il giudice dell'esecuzione, sentite le parti, inclusa la persona offesa, nell'udienza di cui al comma 3, può, in luogo della prestazione dell'attività di cui al comma 1, condizionare la concessione dell'indulto al risarcimento del danno in favore della persona offesa ovvero all'eliminazione o all'attenuazione delle conseguenze del reato.

Art. 11.

(Prescrizioni e obblighi).

1. Con il provvedimento di sospensione dell'esecuzione della sentenza per effetto dell'indulto condizionato, o in un momento successivo durante il periodo di sospensione, al beneficiato possono essere imposte talune delle prescrizioni o degli obblighi di cui ai commi 5, 6 e 7 dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354.

2. Al detenuto che risulta tossicodipendente è sempre imposto l'obbligo di mettersi in contatto con il servizio per le tossicodipendenze dell'azienda sanitaria locale competente immediatamente dopo la scarcerazione.

 

 

3. Se la pena da condonare è superiore a un anno, con il provvedimento di sospensione è sempre imposto l'obbligo di dimora per tutto il periodo di sospensione di esecuzione della pena nel territorio del comune di dimora abituale o dove il condannato esercita la propria attività lavorativa ai sensi dell'articolo 10, comma 2. Si applicano i commi 3, 4 e 5 dell'articolo 238 del codice di procedura penale.

4. Nei casi di cui al comma 3 al condannato può essere imposto in qualsiasi momento l'obbligo di presentazione periodico alla polizia giudiziaria, secondo le modalità previste dall'articolo 282 del codice di procedura penale, per il periodo di sospensione dell'esecuzione della pena.

5. Le prescrizioni e gli obblighi di cui al presente articolo possono essere modificati anche d'ufficio, al fine di favorire il reinserimento sociale del beneficiato e di evitare la ripetizione di condotte criminose.

6. Contro le prescrizioni e gli obblighi relativi alla dimora e alla presentazione all'autorità di polizia il condannato può ricorrere al giudice dell'esecuzione, che decide con la procedura di cui all'articolo 666 del codice di procedura penale.

Art. 12.

(Controlli).

1. Entro due mesi dalla scadenza del termine di cui al comma 1 dell'articolo 10, il servizio sociale del Ministero della giustizia riferisce al pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza di condanna sul comportamento del beneficiato, con particolare riferimento al suo reinserimento sociale e all'osservanza di eventuali prescrizioni ad obblighi. A tale fine lo stesso servizio si mantiene in contatto con il condannato, con la sua famiglia, con gli altri suoi ambienti di vita e con eventuali strutture o istituzioni che curano il sostegno e il recupero del condannato.

2. Entro lo stesso termine previsto dal comma 1 del presente articolo, nel caso di cui al comma 3 dell'articolo 11, l'autorità

 

di pubblica sicurezza riferisce al pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza di condanna sull'adempimento della condizione ivi prevista.

3. In qualsiasi momento il servizio sociale del Ministero della giustizia e l'autorità di pubblica sicurezza riferiscono al pubblico ministero eventuali violazioni di prescrizioni o di obblighi da parte del condannato o fatti significativi relativi al suo recupero e al suo reinserimento sociale.

Art. 13.

(Applicazione definitiva).

1. Scaduto il termine fissato nel provvedimento di sospensione, il pubblico ministero raccoglie le relazioni del servizio sociale del Ministero della giustizia e quelle dell'autorità di pubblica sicurezza e le invia al giudice dell'esecuzione con il proprio parere sull'applicazione definitiva dell'indulto.

2. Il giudice dell'esecuzione applica definitivamente l'indulto quando, dagli atti raccolti dal pubblico ministero, risultano adempiute le condizioni e rispettati le prescrizioni e gli obblighi eventualmente imposti durante il periodo di sospensione.

3. Qualora durante il periodo di sospensione il comportamento del condannato, reiteratamente contrario alla legge o alle prescrizioni e agli obblighi imposti, faccia ritenere l'impossibilità di adempimento delle condizioni di cui all'articolo 10, il pubblico ministero può chiedere al giudice dell'esecuzione una decisione anticipata di non applicazione dell'indulto. Se il giudice non accoglie la richiesta, restituisce gli atti al pubblico ministero.

4. Nella decisione sull'applicazione dell'indulto il giudice dell'esecuzione procede ai sensi dell'articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale.

Art. 14.

(Revoca).

1. L'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, nel periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore del decreto di concessione, un delitto non colposo, per il quale è prevista una pena edittale non inferiore nel massimo a quattro anni.

Art. 15.

(Rinuncia all'indulto).

1. Fino alla decisione del giudice dell'esecuzione sull'applicazione definitiva, il condannato può rinunciare all'indulto con dichiarazione resa personalmente al pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza.

Artt. 16-17.

................................................................

................................................................

................................................................

................................................................

 

 


N. 1323-bis

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

CRAPOLICCHIO, DILIBERTO, SGOBIO, BELLILLO, CANCRINI, CESINI, DE ANGELIS, GALANTE, LICANDRO, NAPOLETANO, PAGLIARINI, FERDINANDO BENITO PIGNATARO, SOFFRITTI, TRANFAGLIA, VACCA, VENIER

¾

 

Concessione di indulto

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

(Testo risultante dallo stralcio degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 8 e 10 della proposta di legge n. 1323, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006)

¾¾¾¾¾¾¾¾

 

 


proposta di legge

¾¾¾

 

 

Artt. 1-5.

..................................................................

..................................................................

..................................................................

..................................................................

Art. 6.

(Indulto).

1. È concesso indulto nella misura non superiore a due anni per le pene detentive

 

e per quelle pecuniarie sole o congiunte a dette pene.

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applicano le esclusioni previste dal quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. Il beneficio dell'indulto è revocato se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporta una condanna detentiva superiore a due anni.

Art. 7.

(Esclusioni oggettive dall'indulto).

1. L'indulto non si applica nei confronti delle pene irrogate in conseguenza di condanne concernenti i seguenti delitti:

a) associazione per delinquere di tipo mafioso, di cui all'articolo 416-bis del codice penale;

b) partecipazione, a qualsiasi titolo, ad associazioni sovversive e ad associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico, di cui agli articoli 270 e 270-bis, primo comma, del codice penale;

c) riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, tratta di persone e acquisto e alienazione di schiavi, di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale;

d) prostituzione e pornografia minorili, di cui agli articoli 600-bis e 600-ter del codice penale;

e) violenza sessuale, atti sessuali con minorenne e violenza sessuale di gruppo, di cui agli articoli 609-bis, 609-quater, 609-octies del codice penale.

Art. 8.

.................................................................

..................................................................

..................................................................

..................................................................

 

Art. 9.

(Termini di efficacia dell'indulto).

1. L'indulto ha efficacia per i reati commessi fino a tutto l'8 maggio 2006.

Art. 10.

...................................................................

....................................................................

....................................................................

....................................................................

 

 

 


N. 1333-bis

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

BALDUCCI, ZANELLA

¾

 

Concessione di indulto

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

(Testo risultante dallo stralcio degli articoli 1, 2, 3, 4, 5 e 8 della proposta di legge n. 1333, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006)

¾¾¾¾¾¾¾¾

 


proposta di legge

¾¾¾

 

 

Artt. 1-5.

..................................................................

..................................................................

..................................................................

..................................................................

Art. 6.

(Indulto).

1. È concesso indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive.

2. Ai fini di cui al presente articolo 8 non si applicano le esclusioni previste dal

 

quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

Art. 7.

(Esclusioni oggettive dall'indulto).

1. L'indulto non si applica alle pene per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

a) 416-bis (associazione di tipo mafioso);

b) 422 (strage);

c) 630, primo, secondo e terzo comma (sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione);

d) 644 (usura);

e) 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione.

Art. 8.

...................................................................

...................................................................

...................................................................

...................................................................

 

 

 


Esame in sede referente

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 


SEDE REFERENTE

Mercoledì 19 luglio 2006. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Interviene il Sottosegretario di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti.

La seduta comincia alle 15.40.

(omissis)

Disposizioni in materia di indulto.

Nuovo testo C. 525-bis Buemi, C. 662-bis Boato, C. 663-bis Boato, C. 1122-bis Giordano, C. 1266-bis Capotosti, C. 665-bis Forlani, C. 1323-bis Crapolicchio, C. 372 Jannone e C. 1333-bis Balducci.

(Seguito dell'esame e conclusione).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 18 luglio 2006.

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che le competenti Commissioni hanno espresso il parere richiesto sul nuovo testo della proposta di legge C. 525-bis Buemi, come risultante dagli emendamenti approvati.

Gaetano PECORELLA (FI) ritiene opportuno che la Commissione, una volta concluso l'esame in sede referente delle proposte di legge in materia di indulto, proceda senza indugio all'esame delle proposte  di legge in materia di amnistia, risultanti dallo stralcio deliberato dall'Assemblea nella seduta di ieri, su proposta della Commissione Giustizia. A tale proposito, ricorda che si è proceduto allo stralcio per consentire l'approvazione di un provvedimento di indulto prima della pausa estiva dei lavori parlamentari, senza tuttavia voler abbandonare l'esame delle disposizioni in materia di amnistia.

Federico PALOMBA (IdV) ricorda che la scelta di inserire nel calendario della Commissione dei provvedimenti in materia di amnistia spetta all'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi. Per quanto riguarda il provvedimento in materia di indulto che la Commissione si accinge ad approvare ribadisce la contrarietà del gruppo Italia dei valori.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione delibera di conferire il mandato al relatore, onorevole Buemi, di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul nuovo testo della proposta di legge C. 525-bis, così come modificato dagli emendamenti approvati. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

Pino PISICCHIO, presidente, si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

La seduta termina alle 16.20.


 


Esame in sede consultiva

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 


 

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 19 luglio 2006 - Presidenza del presidente Riccardo MARONE.

La seduta comincia alle 15.10.

Disposizioni in materia di amnistia e indulto.

Nuovo testo C. 525-bis Buemi ed abb.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Alessandro NACCARATO (Ulivo), relatore, rileva che le disposizioni recate dal provvedimento in esame sono riconducibili alla materia «giurisdizione e norme processuali e ordinamento penale» che l'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, e che non sussistono motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale. Formula pertanto una proposta di parere favorevole.

Il Comitato approva la proposta di parere del relatore (vedi allegato 1).

La seduta termina alle 15.15.


 

ALLEGATO 1

Disposizioni in materia di amnistia e indulto (Nuovo testo C. 525-bis Buemi ed abb.).

PARERE APPROVATO

Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,

esaminato il nuovo testo della proposta di legge C. 525-bis Buemi ed abb., recante «Disposizioni in materia di indulto»,

rilevato che le disposizioni da esso recato sono riconducibili alla materia «giurisdizione e norme processuali e ordinamento penale» che l'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato,

ritenuto che non sussistano motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale,

esprime

PARERE FAVOREVOLE.


 

 


V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio e tesoro)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

 


SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 19 luglio 2006 - Presidenza del presidente Lino DUILIO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Antonangelo Casula.

La seduta comincia alle 15.15.

Amnistia e indulto.

Nuovo testo C. 525-bis.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e conclusione - Nulla osta).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Dante BORDO (Ulivo), relatore, rileva che il provvedimento, di iniziativa parlamentare, e non corredato da relazione tecnica, reca disposizioni per l'applicazione dell'istituto dell'indulto.

In particolare, il provvedimento, che consta di un solo articolo, dispone la concessione dell'indulto per tutti i reati commessi fino al 2 maggio 2006 nella misura non superiore a tre anni e per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per quelle pecuniarie sole o congiunte a pene detentive. Vengono inoltre individuate le fattispecie per le quali l'indulto è escluso.

Per quanto concerne i profili di competenza della Commissione, rileva la necessità di acquisire l'avviso del Governo circa le conseguenze di carattere finanziario derivanti dalla previsione della concessione dell'indulto per le pene pecuniarie le quali, ricorda, affluiscono al capitolo 2301 dello stato di previsione dell'entrata.

Nel predetto capitolo 2301 sono iscritte, nel bilancio per il 2006, risorse in conto competenza per un importo pari a 1.557.760.000 euro, mentre nel bilancio per il 2005 erano iscritte risorse per un importo di 1.447.760.000 euro.

Peraltro, dal rendiconto generale dello Stato per l'anno 2005, nel predetto capitolo 2301 nello scorso esercizio finanziario risultavano versati soltanto 151,4 milioni di euro, mentre rimarrebbero da versare 23,9 milioni di euro e da riscuotere 593,8 milioni di euro.

Ricorda poi che in occasione dell'esame del disegno di legge C. 458-A, recante disposizioni in materia di amnistia e indulto, il quale recava, tra le altre, disposizioni volte alla concessione dell'indulto anche alle pene pecuniarie non superiori a 10 mila euro, era emerso che la suddetta previsione era suscettibile di determinare effetti finanziari in termini di minori entrate per il bilancio dello Stato.

Il Governo aveva in particolare evidenziato la necessità di sopprimere il riferimento alle pene pecuniarie.

Conseguentemente, la Commissione, nel parere espresso in data 12 gennaio 2006, aveva formulato una condizione, ai sensi dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, tesa a sopprimere la concessione dell'indulto anche alle pene pecuniarie.

Considerato che anche il provvedimento in esame prevede la concessione dell'indulto anche alle pene pecuniarie di misura non superiore a 10 mila euro, chiede di acquisire l'avviso del Governo in ordine alla questione se anche nel caso in esame possano riscontrarsi i medesimi profili finanziari in termini di minori entrate per il bilancio dello Stato rilevati in riferimento al disegno di legge C. 458-A.

Ricordare che una valutazione del Governo dovrebbe assumere anche le eventuali minori spese a carico del bilancio dello Stato derivanti dalla riduzione del numero dei soggetti reclusi e chiarire se le stesse risulterebbero eccedenti rispetto alle eventuali minori entrate al fine di compensare gli effetti.

Il sottosegretario Antonangelo CASULA esprime il parere favorevole del Governo sul provvedimento, evidenziando che gli  effetti finanziari in termini di minori entrate per il bilancio dello Stato derivanti dalla concessione dell'indulto anche alle pene pecuniarie risulta compensata dalla riduzione dei costi derivanti dalla riduzione della popolazione carceraria derivante dal provvedimento.

Alberto GIORGETTI (AN) ritiene che l'applicazione dell'indulto anche alle pene pecuniarie determini una riduzione di entrate a fronte della quale non vi sarebbe certezza sui risparmi che il Governo ritiene di conseguire dalla riduzione della popolazione carceraria. Ritiene quindi che nella proposta di parere debba essere inserita una condizione ai sensi dell'articolo 81, comma 4, della Costituzione finalizzata a rendere effettiva la copertura dei costi del provvedimento.

Gaspare GIUDICE (FI), condividendo in parte le considerazioni dell'onorevole Giorgetti, ritiene che, qualora si voglia inserire una simile condizione ai sensi dell'articolo 81, comma 4, della Costituzione, bisognerebbe effettuare un'analisi puntuale dei profili finanziari chiedendo al Governo di presentare una puntuale relazione tecnica. Nel caso contrario, si dovrebbe fare affidamento sulle assicurazioni del Governo in merito ai presunti effetti compensativi non ponendo, pertanto, la suddetta condizione.

Lino DUILIO, presidente, chiede al Governo di fornire ulteriori elementi conoscitivi riguardanti gli annunciati effetti compensativi.

Il sottosegretario Antonangelo CASULA precisa, con riguardo ai possibili effetti finanziari derivanti dall'applicazione dell'indulto anche per le pene pecuniarie, che l'indulto non si applica ad un numero rilevante di reati tassativamente indicati nel provvedimento in esame; che l'indulto è concesso per le sole pene pecuniarie non superiori a 10 mila euro; che quindi la concessione dell'indulto anche alle pene pecuniarie determina effetti finanziari in termini di minori entrate per il bilancio dello Stato non di rilevante entità, peraltro non quantificabili per la natura promiscua del capitolo di entrata 2301, dal quale è difficile scorporare la parte relativa alle pene pecuniarie; che occorre valutare la compensatività degli effetti finanziari tra le minori entrate derivanti dall'indulto per le pene pecuniarie ed i risparmi derivanti dalla riduzione della popolazione carceraria, il cui numero può essere ragionevolmente stimato in 12 mila unità; che la diminuzione della popolazione carceraria derivante dal provvedimento, comporta una riduzione solo parziale dei costi per la gestione del sistema carcerario, con esclusione dei costi fissi, e che tale riduzione è stata quantificata con riferimento al solo costo del pasto giornaliero ai detenuti nella misura pro capite di 3 euro. Tutto ciò premesso, ritiene prudenzialmente che il risparmio derivante dalla riduzione della popolazione carceraria può essere stimato in 12.960.000,00 euro su base annua. Ritiene quindi che tale risparmio possa adeguatamente compensare le minori entrate derivanti dall'applicazione dell'indulto per le pene pecuniarie.

Dante BORDO (Ulivo), relatore, anche sulla base dei chiarimenti forniti dal Governo, formula la seguente proposta di parere:

«La Commissione bilancio, tesoro e programmazione,

esaminato il nuovo testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito;

preso atto dei chiarimenti forniti dal Governo per cui la concessione dell'indulto anche con riferimento alle pene pecuniarie determinerebbe effetti finanziari, in termini di minori entrate, tuttavia di modesta entità, e comunque largamente compensate dai consistenti risparmi di spesa derivanti dalla riduzione della popolazione carceraria;

esprime

NULLA OSTA».

Alberto GIORGETTI (AN) preannuncia il suo voto contrario, in quanto non ritiene 

vi siano sufficienti elementi di valutazione per assicurare la neutralità finanziaria del provvedimento ed in quanto ritiene che vi sia una disparità evidente di tale proposta di parere con il parere contrario già reso in materia dalla Commissione bilancio il 12 gennaio 2006, pur non essendo mutati gli elementi di riferimento.

La Commissione approva la proposta di parere.

La seduta termina alle 15.35.


 

 


XII COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari sociali)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾


SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 19 luglio 2006. - Presidenza del presidente Mimmo LUCÀ. - Intervengono il sottosegretario di Stato per la salute, Serafino Zucchelli e il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato.

La seduta comincia alle 8.50.

(omissis)

Disposizioni in materia di indulto.

Nuovo testo C. 525-bis Buemi e abb.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Mimmo LUCÀ, presidente, avverte che il provvedimento è iscritto nel calendario dei lavori dell'Assemblea a partire da lunedì 24 luglio e che la Commissione giustizia ha previsto di concludere l'esame in sede referente entro la giornata di domani. Pertanto, il parere dovrà essere espresso entro la giornata odierna.

Lalla TRUPIA (Ulivo), relatore, ricorda che la Commissione è convocata per il parere alla II Commissione sul nuovo testo delle proposte di legge in materia di indulto C. 525-bis e abbinate, come risultante dagli emendamenti approvati. Osserva inoltre che il nuovo testo elaborato dalla Commissione prevede la concessione dell'indulto per tutti i reati commessi fino a tutto il 2 maggio 2006 nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10.000 euro per quelle pecuniarie sole o congiunte a pene detentive. Ricorda poi che il comma 3 dell'unico articolo del testo in esame elenca una serie di esclusioni oggettive, prevedendo che l'indulto non si applichi ad alcune fattispecie criminose, ritenute particolarmente gravi e pertanto non meritevoli di essere beneficiate. Tra queste ricorda, per quanto di competenza della XII Commissione, i reati in materia di pedopornografia, di violenza sessuale, di traffico di persone, tutti di forte impatto sociale; più specificamente, sono esclusi dall'applicazione dell'indulto i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale: articolo 600 (riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù); articolo 600-bis (prostituzione minorile); articolo 600-ter (pornografia minorile); articolo 600-quater (detenzione di materiale pornografico) aggravato ai sensi del secondo comma; articolo 600-quater.1 (pornografia virtuale), nella sola ipotesi  aggravata ai sensi del secondo comma dell'articolo 600-quater qualora il materiale pornografico sia stato esclusivamente procurato o detenuto; articolo 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile); articolo 601 (tratta di persone); articolo 602 (acquisto ed alienazione di schiavi); articolo 609-bis (violenza sessuale); articolo 609-quater (atti sessuali con minorenne); articolo 609-quinquies (corruzione di minorenne); articolo 609-octies (violenza sessuale di gruppo) e articolo 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope. Ricorda infine che l'esclusione è prevista per il delitto riguardante la produzione e il traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, e per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, puniti, rispettivamente, dagli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. In conclusione, condividendo sia le finalità del provvedimento sia le esclusioni oggettive previste, propone di esprimere parere favorevole.

Salvatore MAZZARACCHIO (FI) ricorda come si stia parlando di un provvedimento richiesto dallo stesso Presidente della Repubblica e, in più occasioni, dalla Chiesa cattolica. Dichiara di non sapere se questo provvedimento possa avviare il processo di riforma del sistema carcerario ed è certo che esso non lo esaurisca. Comprende anche che la possibile uscita dal carcere di circa 12.000 detenuti possa ingenerare un certo allarme nella popolazione, ma ritiene che occorra comunque intervenire e che l'indulto si inserisca nell'ambito di un processo complessivo di riforma della Giustizia nel nostro Paese. Dopo aver ricordato come restino comunque esclusi dal provvedimento i reati più turpi, auspica che quel più ampio processo di riforma sia presto avviato e, in conclusione, esprime il voto favorevole di Forza Italia alla proposta di parere del relatore.

Massimo GARAVAGLIA (LNP) esprime la contrarietà del gruppo della Lega Nord Padania al provvedimento in esame, in quanto esso mette in dubbio la certezza della pena, andando ad aggiungersi peraltro ad istituti già presenti nell'ordinamento di sospensione condizionata della pena.

Angela NAPOLI (AN), premesso che non intende entrare nel merito del provvedimento nel suo complesso, rispetto al quale dubita persino che esista una reale e fondata competenza della Commissione, desidera comunque esprimere la contrarietà del gruppo di Alleanza Nazionale all'indulto. Ritiene che il problema del sovraffollamento delle carceri non basti a giustificare tale provvedimento e che il Paese abbia soprattutto bisogno di garantire il principio di certezza della pena, già oggi seriamente compromesso. Osserva inoltre che misure come questa finiscono per tutelare solo chi ha commesso reati, ma non offrono nessuna tutela a chi tali reati ha subiti. Dopo aver rilevato che al sovraffollamento delle carceri si deve piuttosto far fronte attraverso il ricorso all'edilizia carceraria e all'adozione di misure volte a rendere più efficienti gli istituti carcerari che esistono, dichiara di considerare sbagliato il ricorso all'indulto anche sotto il profilo educativo, in quanto ritiene che i minori possano essere spinti verso forme anche gravi di delinquenza se viene meno il principio di certezza della pena.

Francesco Paolo LUCCHESE (UDC) si dichiara favorevole all'indulto, ricordando l'appello a favore di misure di clemenza pronunciato da Giovanni Paolo II nell'aula di Montecitorio nella scorsa legislatura. Ritiene inoltre che la misura in esame possa rivelarsi utile per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri e migliorare le condizioni della vita carceraria, sensibilmente peggiorata anche a causa del venir meno del ricorso a provvedimenti di clemenza negli anni più recenti.

Lalla TRUPIA (Ulivo), relatore, giudica importante che una parte consistente dell'opposizione condivida il provvedimento in esame, in quanto ritiene che misure di questo tipo segnino il grado di civiltà cui è giunto il Paese. Rispondendo ai deputati Garavaglia e Napoli, afferma che, a suo avviso, la certezza della pena non rappresenta un argomento significativo in questo caso, poiché dal provvedimento è stata stralciata la parte relativa all'amnistia, mentre l'indulto è riferito a reati commessi in un periodo di tempo ben delimitato, ha una portata contenuta ed esclude i reati più gravi. Osserva inoltre che chi conosce la realtà delle carceri sa bene come la certezza della pena valga oggi solo nei confronti della piccola delinquenza, mentre fuori dalle carceri rimangono normalmente quanti si rendono colpevoli di reati anche gravi, per esempio contro il patrimonio dello Stato. Rileva infine la necessità di investire maggiormente nella prevenzione e nell'educazione come strumento di inclusione sociale e, concludendo, raccomanda l'approvazione della proposta di parere favorevole.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.


 

 

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

 


COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Martedì 25 luglio 2006. - Presidenza del presidente Riccardo MARONE.

La seduta comincia alle 13.35

(omissis)

Concessione di indulto.

C. 525-bis ed abb./A.

(Parere all'Assemblea).

(Esame emendamenti e conclusione - Parere).

Alessandro NACCARATO (Ulivo), relatore, fa presente che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili problematici quanto al rispetto del riparto di competenze tra Stato e regioni e formula una proposta di parere di nulla osta.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere.

La seduta termina alle 13.40.


 

 


V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio e tesoro)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 


SEDE CONSULTIVA

Martedì 25 luglio 2006. - Presidenza del presidente Lino DUILIO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Paolo Cento.

La seduta comincia alle 9.05.

Disposizioni in materia di indulto.

C. 525-bis-A.

(Parere all'Assemblea).

(Esame e conclusione - Nulla osta - Parere su emendamenti).

La Commissione inizia l'esame per il parere all'Assemblea del provvedimento.

Lino DUILIO, presidente, saluta il sottosegretario Cento che per la prima volta interviene in Commissione, formulandogli auguri di buon lavoro. In sostituzione del relatore, osserva che il provvedimento, recante la concessione di indulto per alcuni reati, è già stato esaminato dalla Commissione bilancio nella seduta del 19 luglio 2006. In quella occasione, preso atto dei chiarimenti forniti dal Governo per cui i maggiori oneri derivanti dalla concessione dell'indulto anche alle pene pecuniarie, peraltro valutati di modesta entità, sarebbero largamente compensati dai consistenti risparmi di spesa derivanti dalla riduzione della popolazione carceraria, la Commissione ha espresso parere di nulla osta. La Commissione di merito, nella medesima giornata del 19 luglio, ha concluso l'esame del provvedimento apportando alcune modifiche al comma 3 dell'articolo 1, con riferimento ai reati per i quali l'indulto non si applica. Rileva, al riguardo, che le predette modifiche non appaiono tuttavia comportare conseguenze di carattere finanziario. Chiede, sul punto, una conferma da parte del Governo.

Con riguardo agli emendamenti trasmessi dall'Assemblea in data 24 luglio 2006, la cui quantificazione o copertura appare carente o inidonea, rileva che l'articolo aggiuntivo 1.0.1 Contento introduce un articolo aggiuntivo che prevede che il  Ministro della giustizia individui, in sede di approvazione della legge finanziaria per il 2007, un programma di interventi urgenti in materia di edilizia carceraria, da realizzare già a partire dal 2007, apportando la necessaria copertura finanziaria. Al riguardo, segnala che l'articolo aggiuntivo non risulta pienamente conforme alla vigente disciplina contabile in quanto appare vincolare il contenuto della legge finanziaria, rinviando alla medesima il compito di reperire le risorse per la copertura degli interventi indicati. Con riferimento agli articoli aggiuntivi 1.0.2 Palomba e 1.0.3 Palomba, osserva che essi tendono a introdurre articoli aggiuntivi che prevedono l'istituzione per l'anno 2006, nello stato di previsione del Ministero della giustizia, rispettivamente, di un Fondo per la corresponsione di un contributo a favore dei Consigli di aiuto sociale e di un Fondo per la corresponsione di un contributo a favore dei detenuti che beneficiano dell'indulto di cui al presente provvedimento. La dotazione dei fondi è stabilita in 6 milioni di euro per l'anno 2006. Segnala che il relativo onere è posto a carico dell'accantonamento del fondo speciale di parte corrente del Ministero del lavoro, che tuttavia non reca la necessaria disponibilità. Segnala che i restanti emendamenti trasmessi non sembrano presentare profili problematici dal punto di vista finanziario. Chiede pertanto di acquisire al riguardo l'avviso del Governo.

Il sottosegretario Paolo CENTO, ricambiando gli auguri di buon lavoro, conferma il parere di nulla osta sul testo del provvedimento, in quanto le minori entrate relative alla mancata corresponsione delle sanzioni pecuniarie risulterebbero compensate dalla minor spesa conseguente alla riduzione della popolazione carceraria. Condivide l'avviso del relatore sull'articolo aggiuntivo 1.0.1 Contento, recante disposizioni che non appaiono coerenti con la vigente disciplina contabile in quanto vincolanti il contenuto della legge finanziaria, rinviando alla medesima il compito di reperire le risorse per la copertura degli interventi indicati. Condivide inoltre l'avviso del relatore sugli articoli aggiuntivi 1.0.2 Palomba e 1.0.3 Palomba.

Alberto GIORGETTI (AN), pur considerando che la formulazione dell'articolo aggiuntivo 1.0.1. si presta ai rilievi avanzati, segnala che esso pone un serio problema di merito. Al riguardo, chiede al Governo se sussiste un interesse concreto che possa far prendere in considerazione anche un'eventuale riformulazione dell'emendamento, stante la necessità di un piano specifico di edilizia per l'emergenza carceraria.

Lino DUILIO, presidente, rileva che, evidentemente, ove l'emendamento fosse riformulato, la Commissione potrà riesaminarlo.

Il sottosegretario Paolo CENTO conferma la disponibilità del Governo sul tema dell'edilizia carceraria, segnalando che non vi è alcuna preclusione su un'eventuale riformulazione.

Lino DUILIO, presidente, formula, anche alla luce dell'avviso del Governo, la seguente proposta di parere:

«La Commissione bilancio, tesoro e programmazione,

sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:

esprime

NULLA OSTA

sugli emendamenti trasmessi dall'assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli articoli aggiuntivi 1.0.1, 1.0.2 e 1.0.3, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;  NULLA OSTA

sui restanti emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.».

La Commissione approva la proposta di parere.

La seduta termina alle 9.25.


 


 

I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

 

Incollare (Control V) il testo copiato da Internet. Selezionare il testo e dal menù MACRO, lanciare la MACRO 1, la MACRO 3 e la MACRO 2 (Dopo il primo lancio la macro 2 cancella il "Num. Pag." e le linee prima e dopo della prima voce che trova e  si posiziona su un paragrafo che qualche volta va aggiustato manualmente, cancellando per esempio il paragrafo precedente; bisogna ripetere il lancio della MACRO 2 ogni volta, finché appare il messaggio "Raggiunta la fine del documento: Continuare la ricerca dall'inizio?": Rispondere NO e dare il comando Control Z

- Ricordarsi di entrare nelle intestazioni ed aggiungere la data (le intestazioni sono 2: pagina dispari e pagina pari)

- Lavorare sempre in visualizzazione di  layout di pagina (in tal modo è possibile vedere le intestazioni, i numeri di pagina, ecc.)

- Non cancellare mai le sezioni perché in tal modo si perde tutta la formattazione (intestazioni, caratteri, ecc.).

 

 

 


Relazione della II Commissione Giustizia

 


N. 525-bis, 372, 662-bis, 663-bis, 665-bis, 1122-bis, 1266-bis, 1323-bis, 1333-bis-A

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato

¾

 

titolo

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il

¾¾¾¾¾¾¾¾

n. 525-bis, d'iniziativa dei deputati

BUEMI, D'ELIA, VILLETTI, TURCI, BONINO, BOSELLI, CAPEZZONE, ANTINUCCI, BELTRANDI, CREMA, DI GIOIA, MANCINI, ANGELO PIAZZA, PORETTI, SCHIETROMA, TURCO, MELLANO

Concessione di indulto

(Testo risultante dallo stralcio degli articoli 1 e 3 della proposta di legge n. 525, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006)

e

PROPOSTE DI LEGGE

n. 372, d'iniziativa del deputato JANNONE

Concessione di indulto revocabile

Presentata il 3 maggio 2006


NOTA: La II Commissione permanente (Giustizia), il 19 luglio 2006, ha deliberato di riferire favorevolmente sul testo della proposta di legge n. 525-bis. In pari data, la Commissione ha chiesto di essere autorizzata a riferire oralmente. Per il testo delle proposte di legge nn. 372, 662-bis, 663-bis, 665-bis, 1122-bis, 1266-bis, 1323-bis e 1333-bis, si vedano i relativi stampati.

 

n. 662-bis, d'iniziativa del deputato BOATO

Concessione di indulto

(Testo risultante dallo stralcio degli articoli 1, 2, 3, 4 e 6 della proposta di legge n. 662, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006)

n. 663-bis, d'iniziativa del deputato BOATO

Concessione di indulto

(Testo risultante dallo stralcio degli articoli 1, 2, 3, 4, 5 e 7 della proposta di legge n. 663, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006)

n. 665-bis, d'iniziativa dei deputati

FORLANI, LUCCHESE, MELE, SANZA, TUCCI

Concessione di indulto

(Testo risultante dallo stralcio degli articoli 1, 2, 3, 4, 5 e 11 della proposta di legge n. 665, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006)

n. 1122-bis, d'iniziativa dei deputati

GIORDANO, MIGLIORE, ACERBO, BURGIO, CACCIARI, CANNAVÒ, CARDANO, CARUSO, COGODI, DE CRISTOFARO, DE SIMONE, DEIANA, DIOGUARDI, DURANTI, FALOMI, DANIELE FARINA, FERRARA, FOLENA, FORGIONE, FRIAS, GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA, IACOMINO, KHALIL, LOCATELLI, LOMBARDI, MANTOVANI, MASCIA, MUNGO, OLIVIERI, PEGOLO, PERUGIA, PROVERA, ANDREA RICCI, MARIO RICCI, ROCCHI, FRANCO RUSSO, SINISCALCHI, SMERIGLIO, SPERANDIO, ZIPPONI

Concessione di indulto revocabile

(Testo risultante dallo stralcio degli articoli 1, 2 e 3 della proposta di legge n. 1122, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006)

 

n. 1266-bis, d'iniziativa dei deputati

CAPOTOSTI, FABRIS, SATTA, MORRONE, ADENTI, AFFRONTI, CIOFFI, DEL MESE, D'ELPIDIO, GIUDITTA, LI CAUSI, PICANO, ROCCO PIGNATARO, PISACANE

Concessione di indulto

(Testo risultante dallo stralcio degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 16 e 17 della proposta di legge n. 1266, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006)

n. 1323-bis, d'iniziativa dei deputati

CRAPOLICCHIO, DILIBERTO, SGOBIO, BELLILLO, CANCRINI, CESINI, DE ANGELIS, GALANTE, LICANDRO, NAPOLETANO, PAGLIARINI, FERDINANDO BENITO PIGNATARO, SOFFRITTI, TRANFAGLIA, VACCA, VENIER

Concessione di indulto

(Testo risultante dallo stralcio degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 8 e 10 della proposta di legge n. 1323, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006)

n. 1333-bis, d'iniziativa dei deputati

BALDUCCI, ZANELLA

Concessione di indulto

(Testo risultante dallo stralcio degli articoli 1, 2, 3, 4, 5 e 8 della proposta di legge n. 1333, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006)

(Relatore: BUEMI)

 

 

torna su

PARERE DELLA I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

La I Commissione,

esaminato il nuovo testo della proposta di legge C. 525-bis Buemi ed abb., recante «Disposizioni in materia di indulto»,

rilevato che le disposizioni da esso recato sono riconducibili alla materia «giurisdizione e norme processuali e ordinamento penale» che l'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato,

ritenuto che non sussistano motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

 

PARERE DELLA V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio, Tesoro e programmazione)

La V Commissione,

esaminato il nuovo testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito,

preso atto dei chiarimenti forniti dal Governo per cui la concessione dell'indulto anche con riferimento alle pene pecuniarie determinerebbe effetti finanziari, in termini di minori entrate, tuttavia di modesta entità, e comunque largamente compensate dai consistenti risparmi di spesa derivanti dalla riduzione della popolazione carceraria;

esprime

NULLA OSTA

 

 

PARERE DELLA XII COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari sociali)

PARERE FAVOREVOLE

 

 

 

TESTO

della proposta di legge

torna su

TESTO

della Commissione

Concessione di indulto.

Concessione di indulto.

Art. 1.

Stralciato.

....................................................................

....................................................................

....................................................................

....................................................................

 

Art. 2.

(Indulto).

Art. 1.

(Indulto).

1. È concesso indulto per tutti i reati commessi entro il 31 dicembre 2005 nella misura non superiore a due anni per le pene detentive e per quelle pecuniarie sole o congiunte a pene detentive. Non si applicano le esclusioni di cui all'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

1. È concesso indulto per tutti i reati commessi fino a tutto il 2 maggio 2006 nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10.000 euro per quelle pecuniarie sole o congiunte a pene detentive. Non si applicano le esclusioni di cui all'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

 

2. È concesso indulto, per intero, per le pene accessorie temporanee, conseguenti a condanne per le quali è applicato, anche solo in parte, indulto.

 

3. L'indulto non si applica:

 

a) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

 

1) 270 (associazioni sovversive), primo comma;

 

2) 270-bis (associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico);

 

3) 270-quater (arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale);

 

4) 270-quinquies (addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale);

 

5) 280 (attentato per finalità terroristiche o di eversione);

 

6) 280-bis (atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi);

 

7) 285 (devastazione, saccheggio e strage);

 

8) 289-bis (sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione);

 

9) 306 (banda armata);

 

10) 416, sesto comma (associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale);

 

11) 416-bis (associazione di tipo mafioso);

 

12) 422 (strage);

 

13) 600 (riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù);

 

14) 600-bis (prostituzione minorile);

 

15) 600-ter (pornografia minorile), anche nell'ipotesi prevista dall'articolo 600-quater.1;

 

16) 600-quater (detenzione di materiale pornografico), anche nell'ipotesi prevista dall'articolo 600-quater.1 del codice penale, sempre che il delitto sia aggravato ai sensi del secondo comma del medesimo articolo 600-quater;

 

17) 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile);

 

18) 601 (tratta di persone);

 

19) 602 (acquisto e alienazione di schiavi);

 

20) 609-bis (violenza sessuale);

 

21) 609-quater (atti sessuali con minorenne);

 

22) 609-quinquies (corruzione di minorenne);

 

23) 609-octies (violenza sessuale di gruppo);

 

24) 630 (sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione), commi primo, secondo e terzo;

 

25) 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope;

 

b) per i delitti riguardanti la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all'articolo 73 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, aggravati ai sensi dell'articolo 80, comma 1, lettera a), e comma 2, del medesimo testo unico, nonché per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74 del citato testo unico, in tutte le ipotesi previste dai commi 1, 4 e 5 del medesimo articolo 74;

 

c) per i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 1 del decreto legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, e successive modificazioni;

 

d) per i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni;

 

e) per i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 3 del decreto legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 305.

2. Il beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

4. I benefìci di cui ai commi 1 e 2 sono revocati di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

 

5. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Art. 3.

Stralciato.

....................................................................

....................................................................

....................................................................

....................................................................

 

 

 

 


Esame in Assemblea

 


 

 

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

30.

 

Seduta di lunedì 24 luglio 2006

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE

GIORGIA MELONI

indi

DEL VICEPRESIDENTE

PIERLUIGI CASTAGNETTI

(omissis)

 


Discussione della proposta di legge: Buemi ed altri: Concessione di indulto (Testo risultante dallo stralcio degli articoli 1 e 3 della proposta di legge n. 525, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006) (A.C. 525-bis ); e delle abbinate proposte di legge: Jannone; Boato; Boato; Forlani ed altri; Giordano ed altri; Capotosti ed altri; Crapolicchio ed altri; Balducci e Zanella (A.C. 372-662-bis-663-bis-665-bis-1122-bis-1266-bis-1323-bis-1333-bis) (ore 9,37).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge Buemi ed altri: Concessione di indulto; e delle abbinate proposte di legge: Jannone; Boato; Boato; Forlani ed altri; Giordano ed altri; Capotosti ed altri; Crapolicchio ed altri; Balducci e Zanella.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 525-bis ed abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari di Alleanza Nazionale e di Forza Italia ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.

Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Il relatore, onorevole Buemi, ha facoltà di svolgere la relazione.

ENRICO BUEMI, Relatore. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, dopo circa sei mesi l'Assemblea - sia pure in diversa composizione a causa dell'avvicendamento di legislatura - torna nuovamente ad occuparsi di un provvedimento di clemenza.

Una maggiore consapevolezza della necessità di ricondurre alla normalità la situazione esistente nelle carceri, dove lo Stato è inadempiente nell'attuare i principi costituzionali che attengono all'esecuzione della pena, e il mutato contesto politico nel quale oggi discutiamo, al contrario di allora - ovvero non ci troviamo in mezzo alla campagna elettorale - sono elementi che consentono di ritenere che finalmente si possano realizzare le condizioni politiche necessarie per il raggiungimento del quorum qualificato richiesto dalla Costituzione per approvare una legge di concessione dell'indulto.

Un'ulteriore differenza rispetto alle esperienze della scorsa legislatura è data dal contenuto più limitato del provvedimento  all'esame dell'Assemblea, che si limita al solo indulto. L'esigenza di porre rimedio, senza indugio, alla insostenibile e sempre più crescente invivibilità delle carceri ha reso necessario sfasare l'esame e l'approvazione dei provvedimenti di amnistia e di indulto. La maggiore complessità nella quale ci si imbatte quando si affronta il tema dell'amnistia avrebbe finito per rallentare anche la concessione dell'indulto, la quale, invece, non è differibile.

La scelta di dare priorità all'indulto non significa voler abbandonare l'ipotesi di amnistia. Proprio perché vi è la consapevolezza che la concessione dell'indulto, senza varare una amnistia, costituirebbe un intervento irrazionale, la Commissione ha chiesto all'Assemblea, che ha deliberato in tal senso, lo stralcio dai provvedimenti in esame delle disposizioni in materia di amnistia. Ciò consentirà alla Commissione di iniziare molto presto, probabilmente la prossima settimana, l'esame delle proposte di legge in materia di amnistia risultanti dallo stralcio.

Vi è l'esigenza di applicare entrambi gli istituti, anche se, per lo stato di necessità che mi appresto a giustificare, si impone, al momento, la separazione delle due misure di clemenza.

Un provvedimento di indulto è necessario, urgente, indispensabile e non più procrastinabile per ripristinare una situazione di legalità nelle carceri e di efficienza nel campo della giustizia penale. Le carceri italiane ospitano circa ventimila detenuti in più rispetto ai posti disponibili, i quali - è bene ricordarlo - sono stati calcolati sulla base di parametri di vivibilità estremamente rigorosi.

Il sovraffollamento quale uno dei principali fattori che rendono invivibili le carceri, oltre a costituire una pena illegale aggiuntiva a quella legale, finisce per rendere quasi inesistente la possibilità di percorsi individuali di reinserimento nella società.

Questo è un aspetto fondamentale. Quando si affronta il tema dell'indulto, si deve sempre tenere conto che un carcere vivibile è una garanzia, in primo luogo, per la società civile. È impensabile, infatti, che il carcere dove la dignità dell'uomo è mortificata sia in grado di restituire alla società persone rieducate. È innegabile, infatti, che dalle condizioni ambientali nelle quali è fatta vivere una persona condannata dipende se, al termine della pena, questa persona sarà migliore o peggiore.

Il livello di guardia raggiunto dal sovraffollamento non solo costituisce un rischio di continua violazione del principio costituzionale secondo cui sono vietati i trattamenti contrari al senso di umanità, ma ha anche ridotto ai minimi termini le risorse umane e finanziarie destinate ad una efficace politica per il reinserimento dei detenuti. L'indulto rappresenta, quindi, una vera e propria urgenza sociale, che sarebbe non solo riduttivo, ma anche errato, considerare esclusivamente come un mero sconto di pena in favore dei soggetti condannati per ripagarli delle insostenibili condizioni delle carceri.

L'indulto, infatti, non è solo questo. Per essere valutato correttamente, l'indulto deve essere riportato nell'ottica del ripristino della legalità e del buon governo dell'amministrazione della giustizia e della pena. Un sistema carcerario in cui la legalità è negata, è un sistema carcerario che non garantisce la sicurezza dei cittadini, bensì crea nuovi recidivi, come, infatti, avviene nella realtà quotidiana.

Altro profilo rilevante dell'indulto è che esso consente di salvaguardare anche i diritti di coloro che lavorano nelle carceri. Mi riferisco al personale amministrativo e a quello di polizia penitenziaria, nonché a tutti coloro che si occupano direttamente della delicatissima fase del recupero sociale dei detenuti. Il sovraffollamento determina per questi soggetti una vera e propria mortificazione delle condizioni di lavoro.

Una volta collocato l'indulto in un'ottica anche rieducativa, occorre precisare, comunque, che esso non rappresenta la soluzione unica dei problemi penitenziari. Per risolvere tali problemi, occorrono anche altre misure, tra le quali mi limito a ricordare: la riforma del sistema delle  pene alternative; la rivisitazione della normativa sulla recidiva, recentemente modificata; l'istituzione del garante o difensore dei diritti dei detenuti; la previsione dell'affettività in carcere; il diritto di voto dei detenuti; la giurisdizionalizzazione dei reclami dei detenuti; l'ordinamento penitenziario minorile; l'ampliamento dei soggetti istituzionali con diritto di visita nelle istituzioni penitenziarie da parte dei sindaci; la previsione del reato di tortura.

Inoltre, occorre rammodernare le strutture penitenziarie.

Tutte queste misure hanno un senso, se sono precedute dalla concessione dell'indulto. Non posso fare a meno di ricordare la circostanza che, da ben 15 anni, in Italia, non è stato emanato alcun provvedimento di amnistia e di indulto. Da quando nel 1992 è stato introdotto il quorum qualificato della maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, il Parlamento non è più stato in grado di approvare un atto di amnistia o di indulto. Da allora, sono state presentate senza successo decine di proposte di legge in tema di amnistia e di indulto.

Lo stesso Pontefice, Giovanni Paolo II, in occasione della visita al Parlamento, nel novembre 2002, ebbe a dire che un segno di clemenza verso i carcerati, mediante una riduzione della pena, costituirebbe una chiara manifestazione di sensibilità, che non mancherebbe di stimolare l'impegno di personale recupero in vista di un positivo reinserimento nella società.

Come ho già avuto modo di sottolineare, l'indulto rappresenta un'urgenza sociale. È bene tenere conto che un indulto di tre anni non sarebbe, comunque, in grado di riportare a normalità le carceri. A maggio di quest'anno, i detenuti erano 61.353, a fronte di una ricettività regolamentare di 45.490 posti. Secondo le stime del Ministero della giustizia, un indulto di 2 anni porterebbe alla scarcerazione di 10.481 unità, mentre uno di tre anni riguarderebbe 12.756 unità. L'effetto dell'amnistia, oltre all'ovvia riduzione di procedimenti, è stato a sua volta stimato in un ulteriore 20 per cento. Ne consegue che il solo indulto, anche nell'ipotesi di tre anni, non consentirebbe di ridurre la popolazione carceraria entro i limiti di capienza.

Per quanto riguarda, più in dettaglio, la proposta di legge della Commissione giustizia presentata all'Assemblea, essa è volta a concedere, per i reati commessi fino al 2 maggio 2006, un indulto revocabile per le pene detentive fino a tre anni, per quelle pecuniarie sino a diecimila euro e per le pene accessorie temporanee. Dall'indulto sono esclusi i reati che sono stati considerati di particolare allarme sociale.

Il lavoro della Commissione si è concentrato sui seguenti punti: individuazione delle date di applicazione dell'indulto, della misura dell'indulto, delle esclusioni oggettive, del periodo di osservazione del soggetto che ha beneficiato dell'indulto, al fine di un'eventuale revoca della misura. La data del 2 maggio 2006 è stata individuata sulla base del parametro costituzionale del terzo comma dell'articolo 79 della Costituzione, secondo cui l'amnistia e l'indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge. Considerato che la Commissione ha esaminato una serie di proposte di legge abbinate, è stata considerata come data di presentazione, ai fini del citato articolo 79, quella della proposta di legge abbinata presentata per prima, la proposta A.C. 372, presentata il 3 maggio 2006 dall'onorevole Jannone. Naturalmente, si tratta di un termine ultimo che non può essere superato, mentre nulla osta a prevedere un termine più risalente nel tempo.

In ordine all'individuazione in tre anni della misura dell'indulto, si è ritenuto che una misura più ridotta non avrebbe consentito al provvedimento di conseguire risultati apprezzabili in termini deflattivi.

Di particolare delicatezza è stata l'individuazione dei reati considerati di particolare allarme sociale, come tali non meritevoli dell'indulto. Si tratta di un'operazione estremamente delicata, in quanto potrebbe rischiare la violazione del principio costituzionale di parità di trattamento, se non operata con cautela. Questa operazione si sovrappone a quella che il  legislatore effettua nell'individuazione, in astratto, di un limite massimo di pena per ciascun reato.

Il parametro utilizzato dal legislatore è proprio quello della gravità del fatto e, quindi, anche dell'allarme sociale, il quale costituisce un elemento di gravità. È evidente che occorrono motivazioni oggettive per escludere dall'indulto reati puniti con pene uguali o inferiori a quelle previste per i reati ai quali l'indulto viene applicato. Dall'indulto, quindi, possono essere esclusi unicamente quei reati che destano nella collettività un particolare allarme sociale.

La Commissione ha individuato questi reati nei delitti di terrorismo, mafia, pedofilia, violenza sociale e traffico di droga.

Altro aspetto di particolare importanza è quello della revocabilità dell'indulto. In Commissione, da parte di tutte le forze politiche, si è convenuto sull'opportunità di prevedere la revocabilità dell'indulto nel caso in cui il soggetto beneficiario ritorni a delinquere. La revocabilità, infatti, rappresenta uno strumento preventivo necessario per un corretto funzionamento dell'istituto.

Il testo, riprendendo quanto previsto dall'indulto nel 1990, prevede espressamente che l'indulto sia revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in discussione, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

In Commissione si è a lungo discusso sull'opportunità di estendere a sette o a dieci anni il periodo di revocabilità (sembrando un termine maggiore di quello di cinque anni più adeguato per il conseguimento della finalità preventiva della revocabilità) e sulla previsione di una condizione di revocabilità più rigorosa della pena detentiva non inferiore a due anni. Comunque, come si può constatare dal testo presentato all'Assemblea, si è confermata la previsione dei cinque anni.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Balducci. Ne ha facoltà.

PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, da troppi anni, da parte di esponenti del mondo politico, della magistratura e dell'avvocatura, si susseguono prese di posizione sull'opportunità e l'urgenza di adottare provvedimenti di amnistia o di indulto, senza però che a tali prese di posizione abbiano fatto seguito decisioni concrete. Ciò ha contribuito a determinare e deludere aspettative all'interno del mondo carcerario e, più in generale, a creare un clima di incertezza tra gli operatori della giustizia.

Il programma dell'Unione, sottoscritto da tutte le componenti politiche del centrosinistra, aveva correttamente posto come centrale l'adozione di provvedimenti di clemenza che accompagnassero un processo più organico di riforma del sistema della giustizia penale.

Con coerenza, oggi, il Parlamento, con il decisivo contributo delle forze di maggioranza e del Governo, è chiamato a dare risposta alle domande che da anni provengono dal mondo carcerario, dagli operatori della giustizia e dagli operatori del volontariato.

La convergenza che si è determinata su tale provvedimento in Commissione tra componenti della maggioranza e dell'opposizione rappresenta il migliore viatico per l'avvio di una stagione di riforme improntata al dialogo non solo tra le parti politiche, ma anche e soprattutto tra e con i protagonisti sul campo del sistema giustizia e, in ultima analisi, nell'interesse della comunità dei cittadini.

Non appaia, quindi, fuor d'opera il ringraziamento che rivolgo al Presidente della Camera, al Governo e, in specie, al ministro della giustizia e a tutti i componenti della Commissione giustizia di tutte le parti politiche, che hanno consentito,  ciascuno nell'ambito delle proprie prerogative istituzionali, di approdare ad un risultato importante, che va al di là del provvedimento in questione e si configura come positiva premessa per il lavoro che ci attende.

Da troppi anni il tema della giustizia divide e anima conflitti spesso strumentali. Abbiamo oggi l'occasione storica di annodare le fila di un dialogo che, partendo da visioni culturali e ideali differenti, si ponga l'obiettivo comune di una modernizzazione del sistema giustizia ispirata alla tutela dei diritti del cittadino, all'efficienza e alla mitezza.

La giustizia penale italiana versa in condizioni critiche e necessita di riforme strutturali finalizzate a coniugare maggiore celerità dei tempi processuali e maggiori garanzie per i cittadini anche in termini di sicurezza e certezza della pena, assumendo con coraggio l'iniziativa per affrontare l'inaccettabile e incivile situazione delle strutture detentive.

L'indulto - strumento eccezionale - costituisce una causa estintiva della pena, come prevede espressamente l'articolo 174 del codice penale, e la sua applicazione condona in tutto o in parte la pena. Se, però, non sarà accompagnato, appunto, da riforme strutturali, costruzione di nuovi edifici penitenziari, incremento dell'organico dell'amministrazione penitenziaria, potenziamento del servizio sociale per consentire un reale inserimento, ripensamento del ruolo della magistratura di sorveglianza nell'applicazione delle misure alternative alla pena, tale provvedimento può rivelarsi inutile.

La proposta all'esame dell'Assemblea risponde a problemi che sono da anni sotto gli occhi di tutti, denunciati in ogni sede ed oggetto di richiamo da parte di autorità morali e religiose. L'abbiamo detto più volte, e lo ripeto anch'io: non dimentico le parole pronunciate in quest'aula dal Pontefice né dimentico, a maggior ragione, gli applausi di adesione che - maggioritariamente - si levarono da tutti gli scranni.

Non ritengo di sottoporre, in questa sede, l'elencazione fredda di numeri che testimoniano dell'inaccettabilità della situazione carceraria, della sua inumanità e della sua inefficienza. Tali numeri sono noti ad ognuno di noi; e sappiamo tutti che, dietro di essi, vi sono casi umani troppo spesso dimenticati. I Verdi, da sempre, hanno fatto dell'umanità della condizione carceraria e della mitezza del sistema penale una bandiera, l'elemento che misura il grado di civiltà di un paese. A ciò si aggiunga l'aberrazione di un sistema sanzionatorio tutto imperniato sulla misura detentiva, la più afflittiva. Noi crediamo, invece, che vada riformato profondamente il sistema sanzionatorio, prevedendo misure alternative proporzionate al disvalore della condotta. Insieme a tale riforma, che riteniamo importante ed in linea con i più civili sistemi europei, va affrontato il tema della depenalizzazione di condotte che, per la loro natura, vanno inquadrate nell'ambito degli illeciti amministrativi.

Non si è riusciti a fare nulla per migliorare la situazione esistente, già molto deficitaria anche in virtù di una mentalità deteriore che considera i detenuti carcerati espressione di una società reietta dalla quale prendere soltanto le distanze, così tradendo lo spirito della norma costituzionale, che assegna al fine rieducativo un ruolo centrale, ed anzi discriminante, nella legittimità della misura detentiva.

La mia esperienza di avvocato penalista e di studiosa del processo penale, che ha avuto e continua ad avere come maestri Giovanni Conso e Giuliano Vassalli, mi induce a ricordare a me stessa ed a tutta l'Assemblea che il grado di civiltà di un paese è dato dell'efficienza del suo sistema penale, dove l'efficienza va intesa non solo nel senso di certezza della pena, ma anche nel senso di proporzionalità ed umanità, attraverso un processo penale giusto che garantisca i diritti di difesa. Per queste ragioni, onorevoli colleghi, mi sento di dire oggi che esistono le condizioni perché possa essere adottato un provvedimento di clemenza, soprattutto se finalizzato a garantire il funzionamento della giustizia nel  quadro di un processo riformatore che deve vedere tutto il Parlamento impegnato.

Il testo al nostro esame è il risultato della discussione svoltasi nell'ambito della Commissione giustizia ed ha ricevuto parere favorevole anche da parte di alcune rilevanti componenti dell'opposizione. La Commissione è stata il luogo del dialogo: spero che anche in Assemblea avvenga lo stesso. Si è deciso di redigere un unico testo, frutto dell'unificazione delle varie proposte originarie. Quale firmataria di una delle proposte confluite nel testo oggi all'esame dell'Assemblea, intendo ribadire la posizione del gruppo che rappresento, orientata a collegare il provvedimento ad uno concernente l'amnistia (da calendarizzare subito dopo la pausa estiva) e, più complessivamente, ad una riscrittura sistematica della normativa penale processuale attenta a coniugare diritto alla sicurezza, certezza della pena e garanzie del cittadino, nel quadro di una missione civile e moderna del sistema penale.

Una particolare sollecitazione desidero rivolgere a quegli amici della maggioranza che esprimono perplessità sul provvedimento in esame. A questi amici voglio ricordare che la difesa della legalità, da non confondere mai con il giustizialismo, di facile presa populistica, si alimenta proprio della capacità delle istituzioni di fornire risposte forti, attente all'interesse generale, scevre da visioni ideologico-fideistiche e da intenti personalistici. Sono integralmente d'accordo con quanto ha dichiarato in un'intervista, qualche giorno fa, Anna Finocchiaro, la quale, rispondendo ad una domanda sugli effetti del provvedimento rispetto a determinate situazioni personali, ha affermato: «Se davvero vogliamo fare le leggi pensando a qualcuno in particolare, allora io in testa ho le donne che allevano i bambini in carcere. Sono una cinquantina. È una vergogna: basterebbe mettere a disposizione qualche alloggio!».

E io aggiungo che bisogna tenere conto dei tanti tossicodipendenti ed extracomunitari, ormai la maggioranza della popolazione carceraria, che si trovano a scontare una pena detentiva in condizioni spesso disumane e, per molti versi, criminogene, lontane da quel fine rieducativo finalizzato al reinserimento nella società che rende un sistema sanzionatorio costituzionalmente accettabile. Un pensiero solidale va sicuramente anche al personale carcerario, che vive spesso in situazioni disumane.

Nel merito, sempre a questi amici, ricordo che il vero discrimine punitivo per i reati di tipo finanziario o contro la pubblica amministrazione è costituito dalle pene accessorie che dovranno essere sicuramente modificate in un nuovo sistema più moderno. Sono convinta, onorevoli colleghi, che stiamo scrivendo una pagina parlamentare importante, che richiama tutti ad un senso di responsabilità ed alla consapevolezza di rappresentare l'intera comunità nazionale. Stiamo dando risposta ad un tema che sollecita le coscienze, il senso di umanità, i principi di civiltà di un paese. Spero che sarà questo l'obiettivo che insieme intenderemo perseguire, nel rispetto delle diversità ideali e politiche, ma nell'interesse del paese (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mario Pepe. Ne ha facoltà.

MARIO PEPE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, ho ragione di credere, o speranza di credere, che domani questo provvedimento troverà i numeri in quest'aula per la sua approvazione. I numeri che la Costituzione ci impone li abbiamo cercati per molte legislature e, nonostante autorevoli ed appassionati appelli, non li abbiamo trovati.

Voglio anche sperare che il Senato non modifichi il testo, perché il provvedimento possa essere approvato per quei detenuti che aspettano la libertà prima della pausa estiva. Altrimenti, questo gesto di clemenza, questo atto di misericordia, diventa un atto di misericordia crudele o, peggio, una beffa.

L'emergenza umanitaria nelle carceri è nei numeri: 60 mila detenuti in un sistema che ne può contenere 40 mila. Ho ancora davanti ai miei occhi la cella che ho  visitato pochi giorni fa: i detenuti con gli asciugamani bagnati sulla fronte per difendersi dal caldo e sui loro volti, illuminati da una lama di luce che filtrava attraverso le sbarre, sofferenza e speranza. Ecco, il Parlamento deve fare i conti e confrontarsi con la sofferenza e la speranza dei detenuti.

Signor Presidente, nelle carceri italiane non ci sono solo pericolosi criminali: i detenuti per reati gravi di sangue o di criminalità organizzata sono solo il 12 per cento. Prevalgono i poveri cristi, i cosiddetti cani senza collare cresciuti sui marciapiedi delle nostre città. Nelle carceri italiane si sono date appuntamento le persone più deboli della nostra società: i tossicodipendenti, gli extracomunitari, gli emarginati mentali, i disturbati mentali. Ebbene, queste persone, come disse il cardinal Martini alla vigilia del Giubileo, non hanno bisogno di pene alternative, ma di alternative alla pena. Non c'è futuro per i tossicodipendenti dietro le sbarre e neanche a dire che il carcere rappresenta una specie di barriera all'uso della droga: nulla di più falso! La droga entra nelle nostre carceri nei modi più disparati: attraverso i cannelloni ripieni, attraverso i tacchi delle scarpe, nel bacio della fidanzata, sotto i francobolli. Il carcere non può essere la risposta alla tossicodipendenza.

Si parlava prima del sovraffollamento, ma il sovraffollamento è solo l'ultima delle sofferenze dei detenuti. Esistono sofferenze peggiori: le sofferenze dei diritti negati. Più volte mi sono chiesto: le leggi che questo Parlamento ha approvato sono valide anche per i detenuti? Se è così, perché vengono disattese?

I detenuti non portano più il pigiama ed il berretto cifrato, ma rappresentano un numero, un fascicolo che il tribunale di sorveglianza ha aperto poche volte per concedere quei benefici divenuti diritti.

E che dire del diritto alla salute in carcere? Nelle carceri ci sono patologie emergenti, che fanno del carcere un concentrato spaventoso di malati e di malattie: la tubercolosi, portata nelle nostre carceri dagli immigrati, i 10 mila malati di epatite C, frutto della promiscuità del sovraffollamento (l'epatite C uccide più dell'AIDS); e poi i disturbi mentali, i suicidi, che sono particolarmente frequenti fra i detenuti ancora ufficialmente innocenti, ossia quelli in attesa di giudizio.

Signor Presidente, che dire della grave situazione della medicina penitenziaria, smantellata dai decreti Bindi? I miei colleghi medici vivono un doppio disagio in carcere: sono costretti a curare le malattie che il carcere crea e vivono anche il disagio dell'incertezza del loro futuro. Mi auguro che la Commissione giustizia possa riprendere la discussione della mia proposta di legge sul riordino della medicina penitenziaria.

L'indulto, dunque, diventa ineludibile. L'onorevole Pecorella, in un pregevole articolo comparso su Il foglio, parla di moralità dell'indulto, perché l'indulto ripaga i detenuti di quella sofferenza rispetto alle pene aggiuntive che il carcere infligge. Consentitemi di leggervi un passo di quell'articolo: «La pena dovrebbe consistere soltanto nella perdita della libertà che sta fuori dal carcere, mentre in carcere si dovrebbe garantire che un uomo possa restare tale, svolgendo ogni forma di attività che gli consenta di rieducarsi e di essere pronto a rientrare nella società».

Signor Presidente, a questo punto vorrei rivolgermi al mio collega Consolo e a tutti coloro che voteranno contro questo provvedimento, perché preoccupati della sicurezza dei cittadini e dei loro beni. La sicurezza dei cittadini passa anche attraverso carceri più umane. Incrudelire le pene dei detenuti significa creare nemici dello Stato che, una volta fuori, si macchieranno di delitti ben più gravi di quelli per i quali erano stati incarcerati.

L'indulto non è un atto di capitolazione È un patto fra lo Stato e i detenuti, clemenza in cambio di buona condotta per cinque anni. Quindi, l'indulto coniuga sicurezza e clemenza. Ma l'indulto deve essere l'inizio di un cammino di riforme, deve seguire l'amnistia obbligatoriamente per diminuire la sofferenza dei processi pendenti, per evitare, come diceva l'onorevole Pecorella, di celebrare molti processi  inutili per effetto dell'indulto. L'indulto deve essere l'inizio di un cammino di riforme del nostro sistema penale.

Mi avvio alla conclusione, ricordando che, in questi anni appassionati di esperienza nella Commissione giustizia e nel comitato carceri, ho avuto modo di girare l'Italia in un pellegrinaggio laico delle carceri italiane e di approfondire i problemi dei detenuti. Mi hanno colpito molto le parole che un detenuto disse al proprio medico, professor Cerando, sono la spia della situazione, lo specchio fedele della condizione del detenuto prigioniero: vivere in cella è come vivere in un corridoio; se uno cammina, l'altro sta disteso sulla branda. Si mangia gomito a gomito, si dorme come in un'astronave; devi contenderti i centimetri, gli spicchi di luce e di sole e, attraverso di essi, la vita.

Mi auguro, signor Presidente, anche grazie alle riforme che faremo, di non sentire più queste parole (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Suppa. Ne ha facoltà.

ROSA SUPPA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prendere la parola in quest'aula per la prima volta per anticipare il mio voto favorevole sulla proposta di legge oggi in discussione mi emoziona, ma mi gratifica e non mi impedisce, tuttavia, di avvertire la responsabilità del momento che investe me come ciascuno dei presenti in quest'aula.

Un provvedimento clemenziale non era ulteriormente rinviabile. Sono ormai trascorsi, nonostante le aspettative più volte createsi in questi anni, più di 15 anni dall'ultima legge di indulto ed il Parlamento non può più sottrarsi alle sollecitazioni che sono venute non solo dall'ambiente giudiziario e carcerario, ma anche dal Santo Padre e dal Presidente della Repubblica. Sarebbe stato troppo facile rifiutare di affrontare un argomento per molti versi scomodo - un argomento che, certamente, non riceve riscontri in termini elettorali, anzi può comportare il rischio di far perdere il consenso già acquisito -, ma vi sono scelte a cui siamo chiamati dalla nostra coscienza e che dobbiamo compiere con responsabilità. Scelte che devono essere informate al senso dello Stato, rifuggendo dai luoghi comuni e delle facili argomentazioni, facendosi carico, nel rispetto anche delle paure diffuse nel nostro paese - e solo questi sono i motivi delle esclusioni oggettive -, di spiegare a fondo le ragioni e le finalità vere di un provvedimento di clemenza.

Sono profondamente convinta che la privazione della libertà sia la punizione più grande che uno Stato democratico possa infliggere ad un individuo; altro non è consentito in una società civile. Tutto quanto eccede la privazione della libertà diventa arbitraria ed illegittima violenza, è un'afflizione ulteriore che si aggiunge alla pena comminata. Per questo, uno sconto di pena non rappresenta la resa dello Stato, come hanno detto i colleghi che mi hanno preceduto, ma la scelta di uno Stato civile e democratico di riequilibrare pene accessorie perché queste vengono scontate in modo inumano.

Vi è, quindi, la necessità etica e giuridica di restituire alla pena la funzione che le è propria, secondo il dettato costituzionale e la filosofia del nostro ordinamento penitenziario, che è la filosofia di ogni società civile. La pena come rieducazione, fuori da intenti retributivi, perché solo un'esecuzione della pena volta al recupero sociale vale a rendere legittimo, anche sul piano morale, il potere di punire delle democrazie contemporanee. Il nostro sistema carcerario sembra fondato su un paradosso giuridico: «l'illegalità legale».

Una detenzione scontata in condizione civili - e, quindi, con modalità legali - è, invece, il presupposto affinché lo Stato pretenda il rispetto delle sue regole da chi queste stesse regole ha violato. È in questa ottica che possono condividersi anche le ragioni pratiche che spingono verso l'emanazione di un provvedimento di indulto, indulto come mezzo deflattivo contro il grave problema del sovraffollamento delle carceri, che non è sicuramente l'unico problema, ma è, comunque, alla base di tutte le questioni.

I numeri sono ormai noti, li ha esposti bene il relatore: oltre 61 mila persone detenute rispetto ad una ricettività di 43 mila, aumento delle patologie del sistema nervoso, purtroppo stabile il numero dei suicidi (57 nel solo 2005), comunque un aumento dei tentati suicidi (circa 900) e, addirittura, circa 6 mila atti di autolesionismo. Il sovraffollamento raggiunge in Campania, la mia regione, ed in particolare in alcune strutture carcerarie, cifre così elevate che è veramente difficile garantire le condizioni materiali minime di civiltà. Nel carcere di Poggioreale, a Napoli, il rapporto tra il numero di educatori e di detenuti è di 1 a 400. Un dato che si commenta da solo ai fini della risocializzazione del condannato, nonostante lo straordinario lavoro - lo voglio rimarcare - che viene svolto da tutti gli operatori. Mi limito ai dati perché è ancora vivo il monito che ho ricevuto da un detenuto del carcere di Poggioreale, che mi diceva: «Non si può raccontare quello che non si è vissuto e descrivere il carcere non vivendolo: è impossibile, non fatelo».

Il nostro carcere non solo è inumano, tanto da far ricevere all'Italia le denunce da tutte le associazioni umanitarie e anche dal Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa, ma, soprattutto, non riesce a dare, nell'interesse primario della nostra collettività, uno scopo alla carcerazione, che - non mi stancherò mai di ripeterlo - deve tendere alla rieducazione e, talvolta, addirittura alla iniziale educazione del detenuto. Anzi, il carcere è esso stesso scuola di delinquenza, con grandissimo rischio per la sicurezza pubblica. Va quindi respinta con decisione la presunta correlazione carcerazione-sicurezza pubblica e, anzi, deve essere affermato con chiarezza che la vera prevenzione e la tanto invocata sicurezza dei nostri territori parte e deve partire, come diceva prima l'onorevole Pepe, dalle carceri.

Il provvedimento di clemenza, che mi auguro approveremo, deve essere accompagnato da assunzioni di responsabilità e da un impegno serio del Governo, per restituire immediatamente vivibilità al mondo carcerario secondo i parametri della legalità costituzionale. Occorre investire in nuove strutture e in risorse umane, nonché predisporre adeguate misure di accoglienza e di sostegno, attivando l'associazionismo e gli enti locali, per sostenere chi esce dal carcere. In questo modo si combatte la recidiva. Bisogna soprattutto evitare il ricorso a nuove misure deflattive e, quindi, optare, con modifiche del codice penale, per la previsione di pene diverse dalla detenzione. Io penso - e credo che di ciò siamo tutti convinti in questa Assemblea - che possano essere coniugate sicurezza e clemenza.

Perdonatemi la citazione, è tratta dal De clementia di Seneca: «La clemenza è la moderazione dell'animo nell'uso del suo potere di punire (...); solo gli ignoranti reputano contraria alla clemenza la severità, ma nessuna virtù è contraria ad un'altra virtù». Sembra retorica di altri tempi ed invece è verità drammaticamente attuale, perché nessuna autorità statuale può essere severa e rigorosa con i propri sudditi se non lo è prima con se stessa, attraverso l'esatta e rigorosa applicazione delle sue stesse leggi. Il sovraffollamento, con le sue ricadute nelle condizioni di vita della popolazione detenuta, rappresenta oggi, onorevoli colleghi, la prima e più vistosa tra le violazioni sistematiche della legge sull'ordinamento penitenziario (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, de La Rosa nel Pugno e dei Verdi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, sono state dette e scritte molte cose riguardo alla posizione di Alleanza Nazionale sul provvedimento di amnistia e di indulto. Molte cose errate su cui è bene cominciare a fare chiarezza.

Richiamo, non a caso, anche il provvedimento di amnistia oltre a quello di indulto, ben sapendo che oggi si parla  esclusivamente di indulto, perché, al momento di votare lo stralcio delle disposizioni finalizzate ad estinguere la pena da quelle volte ad estinguere il reato, Alleanza Nazionale ha espresso un voto di astensione che è stato male interpretato. Alleanza Nazionale non si è astenuta sul merito del provvedimento: si è astenuta, per motivi tecnici, sullo stralcio del provvedimento di amnistia da quello di indulto, il che non significa che Alleanza Nazionale - mi riferisco al partito in generale, nel quale, è noto, vi sono anche posizioni diverse da quella ufficiale - discutesse e si astenesse circa l'opportunità o meno di stralciare il provvedimento di amnistia dal provvedimento di indulto. Alleanza Nazionale non può essere favorevole all'approvazione di entrambi questi provvedimenti, qualora non siano preceduti da un piano di riordino della giustizia e da specifici e precisi impegni che il ministro guardasigilli ancora non ha assunto.

Qualora non vi fosse questa posizione del Governo e della maggioranza parlamentare che lo rappresenta, Alleanza Nazionale non potrebbe che essere contraria. Mi chiedo, e vi chiedo, avendo ascoltato le appassionate argomentazioni che sono state addotte, che fanno sicuramente presa sull'osservatore meno attento: per quale motivo lo Stato dovrebbe rinunciare ad esercitare la propria potestà punitiva nei confronti di quanti hanno violato la legge e stanno, quindi, espiando la pena, al caldo, con asciugamani bagnati per il caldo eccessivo? Ma quanti italiani soffrono il caldo, senza aver violato il precetto penale? Il che non significa, sia chiaro, che le condizioni di vita nelle nostre carceri siano accettabili; è esattamente il contrario. La risposta più affrettata che è stata data a questo mio interrogativo - anche se, lo ripeto, l'argomentazione contraria presenta alcuni aspetti di validità - è che nelle nostre carceri (è stato ricordato da tutti i colleghi mi hanno preceduto) vi sono 61 mila ed oltre detenuti a fronte di una capienza di 40 mila. Ma se i detenuti sono troppi in relazione al numero dei possibili ospiti nelle nostre carceri, cosa si deve fare? Si devono ampliare le carceri esistenti e si devono costruirne di nuove.

Si può rinunciare, al buio, ad esercitare la propria capacità punitiva? Mi viene obiettato: l'articolo 27 della Costituzione prevede la pena con funzione rieducativa. Alleanza Nazionale lo sa bene. Conosciamo bene tale principio e con sofferenza assistiamo a questo sistema di pena afflittiva, contraria al nostro ordinamento. A differenza della cultura anglosassone, nel nostro ordinamento giuridico e nella nostra Carta fondamentale - lo ricordo a me stesso, - la pena deve tendere a rieducare il condannato. Mi viene risposto: come può rieducarsi un condannato se, oltre alla privazione della libertà, vi è anche questa sorta di tortura, nei fatti, rappresentata dal sovraffollamento delle carceri? Siamo d'accordo. Siamo assolutamente d'accordo. Il precetto costituzionale viene tradito: le carceri, così sovraffollate, non possono andare avanti. Siamo d'accordo, ma se vi sono troppi detenuti ciò riguarda non solo una parte dei detenuti, ma tutti; è il sistema che è sbagliato. Se vi è un'epidemia si aumenta il numero degli ospedali, non il numero dei cimiteri.

Signor Presidente, ciò che mi dà, anche a livello personale, una certa sofferenza ed un certo disagio, è sentir dire che Alleanza Nazionale «mostra i muscoli», che Alleanza Nazionale ce l'ha con i detenuti. Non è così. Non è così, perché il partito al quale mi onoro di appartenere - ed io personalmente: i colleghi della Commissione giustizia me ne daranno atto - ha cercato di chiedere, con umiltà, ma con fermezza, che fossero osservate determinate condizioni per poter, anche noi, votare a favore di questo provvedimento.

Sembra, infatti, assolutamente lapalissiano: le carceri sono piene, si costruiscano più carceri. Poiché qualcuno potrebbe obiettare che ci vorrebbe la bacchetta magica per costruire più carceri, considerato il tempo ed i mezzi necessari, allora, nel frattempo con decreto-legge, invece di prendersela con altre categorie verso le quali è stata emanata la decretazione d'urgenza, considerata la particolare  necessità ed urgenza proprio della situazione carceraria, avrebbero potuto essere perseguiti provvedimenti di reciprocità con paesi stranieri per far scontare la pena in tali paesi, facendo immediatamente ridurre il numero dei carcerati in Italia.

Dopodiché quel decreto avrebbe avuto certamente l'approvazione della stragrande maggioranza, forse addirittura maggiore dei due terzi di questa Assemblea. Invece ci si limita, al buio, a svuotare le carceri, ben sapendo - di questo, colleghi, me ne dovete dare atto - che questo provvedimento non è altro che un palliativo, che non risolve il problema principale. L'ultimo provvedimento di clemenza - assunto nel lontano 1990, quando c'era il Guardasigilli Vassalli - ha portato un beneficio di pochi mesi. Anche se all'epoca non ero parlamentare, ricordo le discussioni in Parlamento, quando si affermò che l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale - prevista per la data fatidica del 24 ottobre 1989 - ed il provvedimento di clemenza avrebbero restituito maggiore efficienza all'ordinamento giudiziario, cosicchè non sarebbero stati necessari ulteriori provvedimenti di clemenza.

Niente di più errato. Se non ci sono stati altri provvedimenti di clemenza, è solo perché nel 1992 il quorum previsto da una legge costituzionale per l'approvazione di questo tipo di provvedimenti è stato portato a due terzi: un altro errore, al quale ho cercato nel mio piccolo di oppormi con i fatti, presentando una proposta di legge, pur essendo contrario al provvedimento di clemenza, perché trovo ridicolo che in uno Stato di diritto si possa, in base all'articolo 138 della nostra Costituzione, varare a maggioranza la Costituzione, mentre per varare un provvedimento di clemenza non è sufficiente la maggioranza, bensì occorrono i due terzi dei voti dei componenti del Parlamento. Quella proposta di legge, che avrebbe attribuito ad una maggioranza parlamentare una responsabilità maggiore rispetto a quella odierna, è rimasta lettera morta. Quel provvedimento è stato poi ripresentato nella XIV legislatura e così anche in questa XV legislatura, ma è rimasto lettera morta.

Ecco perché, colleghi, personalmente e con la stragrande maggioranza del mio partito avevamo chiesto al Guardasigilli risposte politiche ai nostri interrogativi, che non possono che essere definiti legittimi. Avevamo chiesto al Guardasigilli di integrare il disegno riformatore della legge n. 206 del 2004 - che aveva introdotto una disciplina organica in favore di chi avesse subito dei danni, per sé o per i propri familiari, a causa del terrorismo (così come avviene peraltro per le vittime della criminalità organizzata) - con una norma che prevedesse aiuti analoghi per tutti coloro che nell'adempimento del dovere, per quelle Forze dell'ordine che mi sono particolarmente care, avessero subito danni, anche in assenza di una motivazione terroristica o mafiosa alla base dell'offesa.

Nessuna risposta. Un'altra richiesta, che a me sembrava ovvia e scontata, era quella di non applicare il provvedimento di clemenza nei confronti dei plurirecidivi. Siamo andati soltanto nel tecnicismo, ai recidivi specifici.

Avevamo posto un'altra richiesta, cioè quella di imporre l'obbligo del risarcimento del danno per usufruire dell'indulto, così come quello di aver scontato almeno un terzo della pena. Di fronte alle nostre richieste la risposta è stata, signor Presidente, il silenzio e la denegazione.

Il risultato è quello di affermare che Alleanza Nazionale è contraria alla richiesta dell'indulto. Non è così, e lo sto spiegando. Noi non abbiamo visto degli impegni formali precisi da parte del Guardasigilli davanti alle nostre richieste, così come non abbiamo visto un atteggiamento costruttivo da parte della Commissione giustizia, nella quale in un primo tempo, come ben sa il relatore Buemi - che peraltro non vedo in questo momento in aula e mi dispiace - vi era stata un'apertura da parte di Alleanza Nazionale. Ecco che torna ai banchi il relatore: è bene che senta e che ognuno si assuma le proprie responsabilità. Quando avevamo chiesto di  escludere i plurirecidivi dal beneficio dell'indulto, il relatore Buemi aveva detto che vi era però la norma - ben diversa - in base alla quale chi avesse commesso dei reati in un determinato periodo di tempo, che poi restrittivamente è stato portato a cinque anni, avrebbe perso ex post i benefici dell'indulto.

Abbiamo assistito - mi dispiace dirlo perché questa Commissione giustizia sta lavorando molto bene e ne devo dare atto anche al presidente - ad un balletto di numeri: i cinque anni erano stati portati a dieci, poi era stata raggiunta un'intesa di fatto con i colleghi della maggioranza per cui i dieci anni passavano a sette. Al momento di votare, i cinque anni sono rimasti un punto non valicabile: mi riferisco al periodo di tempo nel quale non dovrebbero essere commessi ulteriori reati. Non è stato preso alcun impegno normativo a favore delle vittime del dovere; non è stato preso alcun impegno a favore del risarcimento del danno; non è stata prevista alcuna norma per i plurirecidivi (quanto previsto per i plurirecidivi specifici è un'altra cosa, lo sappiamo bene).

Io mi auguro di sentire alla fine della discussione generale delle risposte concrete, ma non per me, Giuseppe Consolo, bensì per un popolo italiano che è sensibile anche nei confronti delle vittime del dovere e nei confronti delle vittime del reato, le quali rappresentano i protagonisti emarginati, in questo caso. Infatti, sfavorire e penalizzare le vittime del reato con un provvedimento a favore soltanto di chi ha commesso il reato medesimo non riequilibra in alcun modo, come dovrebbe, quel sinallagma tra chi ha commesso il reato e chi, invece, ha patito le conseguenze dello stesso.

Vi è, quindi, una palese sproporzione, nel testo della Commissione portato all'esame dell'Assemblea (mi avvio a concludere, signor Presidente; peraltro, come lei ci insegna, posso avvalermi anche del tempo assegnato ai colleghi di gruppo). Il testo, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, favorisce infatti palesemente «Caino», favorisce palesemente chi ha commesso il reato rispetto a chi ne ha subito le conseguenze negative: quell'«Abele», quella parte più debole che ha patito, e ancora oggi patisce, il danno conseguente.

Non vorrei che, con l'approvazione di questo provvedimento, «Abele» - vale a dire, le vittime del reato - subisse anche la beffa di vedere perdonati, senza condizioni di sorta, quanti erano, sono e rimangono i suoi carnefici.

Se deve fare una scelta, peraltro dolorosa, tra «Caino» ed «Abele», il mio partito, per la maggior parte delle sue componenti, sta dalla parte di «Abele» (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei anzitutto osservare che, forse, sarebbe stato meglio se questo provvedimento fosse stato condiviso da tutte le forze politiche o se, quanto meno, si fosse compiuto un tentativo in tal senso. La Lega, infatti, non è stata interpellata nel corso dell'esame del provvedimento.

Ciò detto, a mio avviso, il provvedimento dell'indulto, considerato sic et simpliciter, deve essere calato all'interno della logica, giudiziaria e storica, di questo paese. Mi spiego: parecchi anni fa, vale a dire prima di Tangentopoli, i provvedimenti di amnistia e di indulto intervenivano, di regola, ogni tre o quattro anni. Poi, ad un certo punto, a seguito della vicenda di Tangentopoli e di quell'innalzamento del quorum di cui riferiva il collega dianzi intervenuto, non si sono più varate misure di amnistia e di indulto. Molto probabilmente, proprio per via delle vicende di Tangentopoli, non si voleva generare nell'opinione pubblica il sospetto che i parlamentari, deputati e senatori, potessero favorire sé stessi.

Ma oggi una tale situazione può dirsi ormai superata; la vicenda di Tangentopoli si è conclusa e questa Camera ed il Senato devono riacquistare la loro dignità. A mio  avviso, se un provvedimento di indulto deve essere varato, esso deve intendersi come atto di clemenza e, quindi, senza alcuna preclusione rispetto ad eventuali fatti commessi, in ipotesi, da parlamentari. Per esemplificare, non ha senso varare l'indulto per tutto il mondo tranne che per Previti, un cittadino che era parlamentare e che, avendo sbagliato, è in carcere. Se la Camera ritiene di approvare un provvedimento di clemenza, il cittadino Previti ha diritto di godere di tale misura esattamente come tutti gli altri. Infatti, come è vero che i parlamentari non devono essere considerati con maggiore favore rispetto agli altri cittadini, così è altrettanto vero che essi hanno almeno pari dignità rispetto a tutti gli altri.

Seconda questione, a me più cara: bisogna tenere presente il motivo ispiratore del provvedimento. Mi piacerebbe che il relatore spiegasse la ragione per la quale si intende oggi varare tale atto di clemenza. Tra le finalità che ho sentito addurre a giustificazione dell'adozione del provvedimento di clemenza, vi sarebbe la necessità di ridurre il sovraffollamento delle carceri. A tale riguardo, mi sono stati forniti studi di settore dal mio partito, con statistiche relative al numero dei detenuti e di quanti fruirebbero dell'atto di clemenza, ipotesi di esclusione in base alle condizioni soggettive, e via dicendo. Bisogna dirlo in maniera chiara: in questo momento - è un'idea alla quale io sono affezionato - stiamo pagando lo scotto per aver subito il fascismo nel secolo scorso. Non è fantasia; il problema è costituito dal fatto che, nel secolo scorso, la magistratura era una istituzione intoccabile, al punto che il regime fascista ha dovuto istituire i tribunali speciali perché non riusciva ad ottenere le sentenze secondo la giustizia quale era intesa dal fascismo. Il prestigio che aveva un secolo fa, la magistratura se lo porta dietro ancora oggi. Perciò, qualsiasi iniziativa intrapresa da un parlamentare, anche la migliore del mondo, non va bene; invece, qualunque cosa un magistrato faccia, anche la peggiore del mondo, è considerata valida ed idonea.

Ricordo, a titolo di esempio, quell'orrendo delitto commesso a Biella nei confronti di una ragazza la quale è stata tormentata da un corteggiatore che è arrivato fino al punto di ucciderla. Intervistato, il magistrato alzò le spalle e affermò di non aver potuto fare alcunché - sull'omicida pendevano 200 denunce - perché la minaccia non prevede l'ordine di cattura. Non un solo rappresentante politico o un mezzo di comunicazione di massa, compresa la RAI, hanno fatto presente che, se è vero che la minaccia non prevede l'ordine di cattura, è altrettanto vero che prevede un processo. I magistrati devono celebrare i processi e, se avessero celebrato 200 processi con condanne di sei mesi l'uno, quel tale sarebbe stato in carcere e non avrebbe commesso l'omicidio.

Il problema è che il provvedimento di clemenza dell'indulto può essere condiviso soltanto se siamo d'accordo sul fatto che la magistratura lavora male. Dispongo di tutti i dati tranne di quelli relativi a coloro che sono in carcere in via provvisoria, senza che sia intervenuta una sentenza definitiva di condanna. Tuttavia, se le carceri sono sovraffollate, a questi ultimi dati dobbiamo mettere mano e dobbiamo renderci conto che i processi devono essere celebrati e in carcere devono stare le persone che sono state condannate. Bisogna provvedere al reinserimento ed è necessario che ci siano i giudici incaricati di seguire il momento dell'esecuzione - altrimenti evitiamo la fase del giudice dell'esecuzione e sostituiamolo con l'assistente sociale! - e di sfoltire, quanto più possibile, le carceri. Altro che teoria della supplenza della magistratura rispetto al Parlamento che non fa le leggi! Bisogna che si affermi in modo chiaro che questa è una teoria della supplenza del Parlamento rispetto ai giudici che non giudicano, che non fanno il loro lavoro o lo fanno male! Sono persone che beneficiano di 45 giorni di ferie all'anno, che lavorano se vogliono lavorare, altrimenti non lavorano e non c'è nessuno che li controlli. Potrei occupare il tempo a mia disposizione  e quello degli altri colleghi che interverranno successivamente per spiegare questi fatti.

L'impostazione che bisogna dare, secondo me, è la seguente: noi dobbiamo pervenire all'indulto per un motivo molto semplice, cioè perché abbiamo un problema da risolvere: il cattivo comportamento della magistratura. Questo problema, tuttavia, non possiamo risolverlo esclusivamente attraverso l'indulto. Mi piacerebbe confrontarmi con chi intende adottare questo genere di provvedimenti, perché io sono concettualmente più favorevole ad una ipotesi di amnistia che ad una ipotesi di indulto. Il motivo è estremamente semplice: nel caso di amnistia, il meccanismo - dati i presupposti che esporrò - interviene su ipotesi di reato; nel caso di indulto, invece, siamo di fronte a un provvedimento di clemenza che interviene su reati oggettivamente commessi. L'indulto, infatti, è concesso una volta che sia accertata l'esistenza del reato e sia definitiva la sentenza di condanna. Peraltro, se di opportunismo si può parlare, siamo di fronte ad un ulteriore carico di lavoro per i magistrati, i quali dovranno celebrare il processo, concluderlo e, una volta terminato, dovranno, di fatto, «pestare l'acqua nel mortaio» in quanto emetteranno una condanna che non sarà eseguita in virtù del provvedimento di indulto.

A questo proposito, vorrei segnalare due momenti - che ritengo significativi - vissuti nei giorni scorsi qui alla Camera. Mi riferisco all'appello rivolto dall'onorevole Casini e recepito dal Presidente in occasione di quello che è stato definito un attacco giudiziario nei confronti del collega Fitto. Come il Presidente stesso ha detto, bisognerà cercare delle soluzioni per riequilibrare il fronteggiarsi di quelli che a tutti gli effetti sono due poteri dello Stato. In realtà, anche se parlo di poteri dello Stato, sappiamo che la magistratura non è tale, posto che la Costituzione stessa la ritiene un ordine. La magistratura non può essere un potere dello Stato perché in base alla Rivoluzione francese il potere deriva dal popolo; quindi, se la magistratura è un potere, si faccia eleggere (siamo anche disponibili a questa ipotesi)!

Vorrei anche segnalare il caso di diniego all'arresto di due colleghi, la scorsa settimana, caso in cui si è visto come l'intera Camera abbia ritenuto il provvedimento dei giudici palesemente persecutorio nei confronti dei deputati interessati. Inoltre, osservo che il diniego del provvedimento restrittivo presuppone non l'accertamento della fondatezza o meno dell'ordine di cattura, bensì l'accertamento - cosa che abbiamo fatto all'unanimità - del fumus persecutionis. In sostanza, abbiamo riconosciuto che alcuni giudici stanno perseguitando alcuni politici.

Ricordo - non ero parlamentare ma ho seguito l'evento in televisione - la visita in quest'aula del Santo Padre, il quale ha invocato un provvedimento di clemenza davanti a tutta l'Assemblea. Tale provvedimento non è stato adottato. Ciò significa - è stata una responsabilità abbastanza seria che ci siamo assunti - che la Camera non ha ritenuto, allora, di poter procedere in termini di un provvedimento di clemenza secco, espressione di un potere «grazioso» dello Stato (in realtà, del Presidente della Repubblica, per il tramite delle Camere, che adottano tale provvedimento di clemenza). In quel caso si è detto «no».

Se dunque ciò è accaduto, significa che il provvedimento di clemenza deve essere adottato in presenza di forti ragioni politiche, più forti dell'invito che il Santo Padre ha lanciato in quest'aula. Io, però, simili forti ragioni politiche non le vedo, perché il sovraffollamento delle carceri non è certamente una forte ragione politica, bensì un problema al quale bisogna dare risposta, mettendo «al trotto» coloro che vi sono preposti, che fanno 45 giorni di ferie l'anno, guadagnando quanto un parlamentare, con la differenza che i parlamentari sono 900 e loro sono 9 mila e il 60 per cento del loro lavoro viene in pratica svolto da precari pagati 50 euro a sentenza: i giudici di pace. Questa è la verità! Quindi, un provvedimento per lo sfollamento delle carceri andrebbe sollecitato in questo senso.

Ma allora, quale altra ragione politica potrebbe esservi? Personalmente, ne vedo solo una. Il collega Castelli ha proposto una riforma dell'ordinamento giudiziario, per la verità in maniera molto blanda. È chiaro, infatti, che un conto è il pensiero, altro conto è ricercare le convergenze in aula. Tuttavia, ritengo che potremmo varare questo provvedimento se abbiamo in cantiere degli accordi, se esistono dei meccanismi attraverso i quali raggiungere un accordo su un punto fondamentale, quello, cioè, di dare un riassetto generale al sistema della magistratura.

Un appello più forte di quello lanciato dal Pontefice potrebbe essere dato solo da un riassetto costituzionale della magistratura; occorre cioé che quest'organo dello Stato si metta davanti allo specchio, la smetta di «mettere le zampe» anche in quest'aula, di essere parte di una corrente o di un partito (o peggio, la corrente principale di questo o quel partito posto che, ultimamente, mi chiedo chi comandi, se la corrente o il partito), e si dia un riassetto in maniera politica e democratica.

I giudici ci devono dire di voler fare i giudici, di voler essere sottoposti alla legge - quindi, sotto la legge -, senza che vi sia alcun tipo di intralcio di carattere politico.

Ricordo i congressi della magistratura quando la corrente della magistratura indipendente dichiarava la propria indipendenza anche dai politici. Avevano ragione: fuori i politici dalla magistratura e, soprattutto, fuori i magistrati dalla politica!

Non vorrei essere sgradevole nel fornire un elenco di nomi, ma vorrei sapere quali meriti politici hanno avuto illustri magistrati che, appena entrati in politica, sono stati incaricati di fare i ministri.

Noi della Lega, che vantiamo il merito di attaccare manifesti, scontrandoci con le segreterie politiche e provinciali, vediamo una serie di giudici per i quali il Parlamento è un cursus honorum per arrivare a determinate cariche. Dovete dirmi cosa ha fatto politicamente il ministro Di Pietro prima di diventare ministro! Quale merito aveva se non quello di aver attribuito riconoscimenti ad una determinata parte politica? Ricordo, anche in quest'aula, alcuni interventi, anche tragici, ove parti politiche hanno usato, purtroppo, la magistratura come una clava.

Se affermiamo che la magistratura è un potere, visto che il potere deriva dal popolo, occorre che i magistrati siano eletti. Almeno, vi sarà una giustizia di maggioranza contro una minoranza, che è certamente peggio di una giustizia di un magistrato sottoposto alla legge, ma che darebbe il primato di una giustizia giusta. Invece, sono nate queste correnti e le persone si sono inserite in questo meccanismo politico: vi è una magistratura che porta avanti una giustizia di minoranza contro la maggioranza.

Allora, se vi è questa idea e questa intenzione, ritengo che un riequilibrio dell'assetto costituzionale dello Stato possa rendere accettabile il diniego fatto al Pontefice. Ma, se tale meccanismo non sussiste, siamo nuovamente di fronte ad un criterio non giustificabile logicamente.

Se, allo stato attuale, i politici sono considerati la sentina della società, non si potrà andare molto in avanti. Occorre che la Camera ed il Senato riacquistino il proprio prestigio e la loro importanza in quanto, senza tali istituzioni, manca la democrazia!

PRESIDENTE. Sospendo la seduta per cinque minuti.

La seduta, sospesa alle 10,55, è ripresa alle 11.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Leoluca Orlando. Ne ha facoltà.

LEOLUCA ORLANDO. Signora Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi deputati, questo è il primo intervento in materia giudiziaria del nuovo Parlamento e di questa Camera dei deputati dopo le elezioni dell'aprile scorso. Questo mio intervento è il primo di quelli che i parlamentari dell'Italia dei Valori faranno per spiegare le ragioni di una posizione molto forte e chiara.

Noi siamo convinti che bisogna procedere in armonia con una riforma del sistema penale e, all'interno di questa, anche con l'adozione di atti di clemenza, peraltro previsti dalla nostra Costituzione.

Siamo di fronte, invece, soltanto ad un atto di clemenza, peraltro parziale, in quanto si prevede il solo indulto, e all'assenza di una ipotesi di riforma, anzi - cosa ancor più grave -, siamo in presenza di un atto di clemenza in contrasto con le ipotesi di riforma nelle quali noi dell'Italia dei Valori crediamo e nelle quali crede la coalizione dell'Unione.

Si adduce, come ragione di questa scelta, il sovraffollamento degli istituti carcerari. Si parla di un sistema carcerario che dovrebbe essere civile, della funzione rieducativa della pena e della sua umanizzazione. Si parla dell'esigenza di un trattamento diverso e migliore dei detenuti e anche di coloro che detenuti non sono, ma che, per ragioni di lavoro, operano all'interno degli istituti carcerari.

Si parla di tutto questo ma, in realtà, si propone soltanto un indulto, senza amnistia e senza riforma. Si afferma che devono essere esclusi da questa applicazione i reati commessi successivamente al 2 maggio 2006. Si sceglie questa data, piuttosto che, come si potrebbe fare, una data anteriore.

Si sceglie anche di escludere i reati che presentano particolare allarme sociale. Qui è evidente la contraddizione, perché, nell'individuazione dei reati che causano particolare allarme sociale, sostanzialmente assistiamo ad una elencazione che riguarda il terrorismo, la mafia e la pedofilia, ma non i reati che, a nostro avviso, destano particolare e gravissimo allarme sociale e che contrastano con l'esclusione annunciata in via di principio.

Voglio citare per tutti l'esempio dell'articolo 416-ter. Ritiene il Parlamento che non produca allarme sociale il voto di scambio mafioso? Questo indulto produrrebbe effetti, ove venisse approvato nel testo proposto dalla maggioranza della Commissione, nei confronti di condannati per reati di voto di scambio mafioso. La data del 2 maggio serve proprio a coprire le elezioni di questo Parlamento. Quindi, se durante le elezioni politiche nazionali qualcuno avesse commesso il reato di voto di scambio mafioso, starebbe tranquillo, perché l'indulto opererà a favore della sua non espiazione della pena.

Come se non bastasse, si ritiene che non destino allarme sociale i reati previsti dai capi primo e secondo del titolo I del libro secondo del codice penale? Il reato di peculato non determina allarme sociale? La malversazione in danno dello Stato non determina allarme sociale? La concussione non determina allarme sociale? La corruzione in atti giudiziari? Si è approvata una apposita norma, l'articolo 319-ter, proprio per il particolare allarme sociale causato dalla corruzione di magistrati, perché vogliamo essere liberi da un sistema nel quale esistono corruttori di magistrati e, soprattutto, magistrati corrotti. L'indulto si applica anche a loro.

L'indulto si applica anche all'articolo 372, in materia di falso in informazioni al pubblico ministero, all'articolo 459, sull'avvelenamento delle acque. Ma l'avvelenamento delle acque non è un reato che produce allarme sociale? L'indulto si applica ancora, all'articolo 440, sull'adulterazione alimentare, e non produce, questa, allarme sociale?

Si dice che vi sia sovraffollamento delle carceri, ma esso non dipende dai responsabili di questi reati perché, per fortuna, il voto di scambio mafioso non riguarda migliaia di persone. Invece, si utilizzano le vittime di una brutta legge, la cosiddetta Bossi-Fini, come «ostaggio», come un cavallo di Troia che serve ad inviare un messaggio, che è esattamente l'alternativa rispetto alla riforma della giustizia penale.

Per favore, per rispetto alla mia identità di laico e di credente, per rispetto al Santo Padre e al Parlamento, non ritengo opportuno continuare a citare l'intervento del Pontefice in Assemblea: è una mancanza di rispetto per il Santo Padre e per il Parlamento. È mancanza di rispetto pensare che Giovanni Paolo II avesse voluto far riferimento alle false comunicazioni sociali ed ai reati contro la pubblica amministrazione.

Dobbiamo farci carico di dire «no» al voto di scambio mafioso, dire «no» in maniera chiara «ai furbetti del quartiere» e ai vari personaggi coinvolti nello scandalo Parmalat e dintorni, ai corruttori di magistrati ed ai magistrati corrotti, se non vogliamo che il Parlamento inizi nel modo peggiore ad affrontare i temi della giustizia.

Chiediamo che si proceda a depenalizzare alcuni reati, si proceda a depenalizzare la cosiddetta Bossi-Fini, piuttosto che a ripenalizzare, come proponiamo, il falso in bilancio. Questo è il nostro appello, affinché il provvedimento di legge in esame non sia un cavallo di Troia.

È vero: è necessario un patto, in quanto occorre una maggioranza di due terzi, ma se il patto...

PRESIDENTE. Onorevole, dovrebbe concludere: il tempo a sua disposizione è terminato.

LEOLUCA ORLANDO. Grazie, signora Presidente, utilizzerò anche parte del tempo concesso ai colleghi del mio gruppo.

Ma se il patto dovesse, eventualmente, avere per oggetto, come accade, uno sciagurato provvedimento legislativo, possiamo chiamare questo patto «sciagurato», un patto che gli elettori non capirebbero.

Per questo rivolgiamo un forte appello a tutte le forze del Parlamento e, in particolare, ai partiti dell'Unione. Che cosa avrebbero fatto, che cosa avremmo fatto, se tale proposta fosse stata presentata dalla coalizione della Casa delle libertà? Avremmo parlato di «salva corrotti», di «salva corruttori», di «salva evasori», di legge ad personam, di «salva Previti» e di «salva Berlusconi».

Per favore, serve coerenza con quanto, anche in Parlamento, abbiamo detto nei giorni passati e su cui abbiamo ottenuto il consenso da parte degli elettori! Serve coerenza anche con l'ipotesi di riforma del sistema carcerario e del sistema giudiziario che questo «sciagurato» provvedimento smentisce clamorosamente.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Naccarato. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di legge in discussione nasce innanzitutto dall'esigenza di rispondere al sovraffollamento della popolazione carceraria, come ha bene illustrato il relatore questa mattina.

Si tratta di un problema antico e, infatti, anche nella passata legislatura si discusse a lungo e in più occasioni di indulto. Alla fine del 2005, si arrivò addirittura a porre in votazione, e a respingere nei fatti attraverso l'approvazione di alcuni emendamenti, un provvedimento per la concessione di amnistia e di indulto.

In passato, il Parlamento è ricorso più volte a provvedimenti di questo tipo. Dal 1946 ad oggi vi sono stati venti provvedimenti, per quanto riguarda solo l'indulto, che hanno rappresentato uno strumento efficace per ridurre il sovraffollamento negli istituti carcerari. I dati sono conosciuti (diversi interventi si sono soffermati su tali aspetti): abbiamo, oggi, circa 16.700 carcerati in più rispetto alla capienza possibile, quasi il 45 per cento in più di quelle 43 mila potenziali presenze che le nostre carceri potrebbero ospitare.

Ciò significa che le nostre carceri versano in condizioni difficili, spesso al limite della sopportabilità, e che i detenuti e gli altri soggetti che lavorano in questa struttura (penso in particolare agli agenti di polizia penitenziaria ed al personale amministrativo) subiscono condizioni peggiori di quanto il nostro ordinamento preveda.

Non dobbiamo scordare, infatti, che l'articolo 27 della Costituzione stabilisce che le pene debbano tendere alla rieducazione del condannato ed il carcere, perciò, è il luogo dove il condannato sconta una pena e viene privato della libertà.

Il carcere è anche il luogo dove lo stesso condannato dovrebbe essere recuperato per essere reinserito come cittadino nella nostra società. Oggi, molto spesso e soprattutto a causa delle condizioni delle carceri, accade esattamente il contrario. Il carcere è un luogo criminogeno dove i condannati, magari per reati minori, imparano a delinquere ed entrano in relazione con soggetti ed organizzazioni criminali  che accolgono il detenuto al termine della pena. Il carcere è in molte occasioni una scuola di malavita, che non migliora le persone, ma al contrario le riempie di odio verso la società e le mette in condizione di delinquere di più e peggio nel momento in cui escono dalle strutture.

In questo modo, rischiamo di convivere con un atteggiamento di grande ipocrisia e di scarsissima efficacia nella lotta alla criminalità. Non si può continuare a fingere senza vedere che l'attuale situazione carceraria rende in realtà la nostra società meno sicura. Con queste motivazioni si è posta l'esigenza di un provvedimento di indulto. Infatti, se le carceri funzionano meglio, possono recuperare delle persone e contribuire a reinserirle nella vita comune.

Il sovraffollamento - ho ascoltato in proposito l'intervento dell'onorevole Brigandì - non è causato dai giudici che non lavorano. Credo dovremmo finirla di dare la colpa di tutto ciò che non funziona nel nostro paese ai magistrati, magari utilizzando espressioni più o meno offensive. Dovremmo dire la verità su un altro aspetto: casomai, il sovraffollamento è causato dagli scarsi investimenti dello Stato nelle strutture relative al funzionamento della giustizia, delle carceri. In particolare, nella scorsa legislatura vi sono state riduzioni particolarmente significative in questo campo. Forse, lì troviamo le cause del sovraffollamento carcerario, e non nel lavoro che molti carcerati - come noto - svolgono in maniera egregia nel rispetto delle nostre istituzioni e del nostro ordinamento.

Con queste finalità, il provvedimento in discussione contiene diversi aspetti positivi. In particolare, propone un indulto condizionato, una sorta di patto tra Stato e condannato. In cambio di uno sconto di pena, il beneficiario non deve commettere reati nei cinque anni successivi, pena l'annullamento dell'indulto. A me pare un modo concreto e semplice per offrire un'opportunità a chi è stato condannato, cercando in questo modo di limitare e contrastare i rischi, molto frequenti, che il detenuto, una volta fuori, ricominci a delinquere.

L'indulto, inoltre, estingue solo la pena e non il reato. Pertanto, presuppone l'accertamento della colpevolezza dell'imputato e il completamento dell'azione penale. Non vi è, dunque, alcun colpo di spugna. Anche su questo punto, credo sia opportuno che nel nostro dibattito vi sia la massima chiarezza: non vi è alcun colpo di spugna, ma semplicemente una riduzione, dopo l'accertamento della colpevolezza, della pena detentiva.

Per tali ragioni, appaiono strumentali le critiche di chi vorrebbe estendere i reati esclusi dall'indulto a delitti odiosi e gravi, ma che già oggi non comportano di fatto la detenzione in carcere.

Per i reati contro la pubblica amministrazione, della cui gravità siamo convintissimi (non servono il dibattito di questi giorni ed ulteriori elementi di convinzione in questo senso), è importante l'accertamento delle responsabilità, delle relazioni criminali, dei complici coinvolti. Per questo motivo, non vogliamo l'amnistia, che estinguerebbe il reato. Tuttavia, bisogna anche sapere, per essere efficaci e concreti nella lotta contro questi reati, che per punire i colpevoli di reati contro la pubblica amministrazione spesso, più che le pene detentive, sarebbero molto efficaci l'interdizione dai pubblici uffici o serie pene pecuniarie che, non a caso, sono escluse dal provvedimento di cui si sta ragionando. Infatti, a questo tipo di pene l'indulto non si applica, lasciando intatto il sistema sanzionatorio verso i colpevoli di simili reati. Su questo tema la Commissione ha discusso a lungo e credo si sia raggiunto un buon punto di intesa.

Ritengo che, senza cedere a spinte di natura demagogica o all'attenzione che l'opinione pubblica sta rivolgendo, in particolare, a questo aspetto del provvedimento, dobbiamo dire con chiarezza che con l'indulto - nel testo licenziato dalla Commissione che è oggi in discussione - tutti i processi si svolgeranno, i reati saranno perseguiti e i colpevoli saranno individuati e puniti, anche rispetto a quei reati di cui parlava il collega che mi ha preceduto. Mi riferisco ai reati finanziari, ai reati contro la pubblica amministrazione  e al reato di cui all'articolo 416-ter del codice penale. Le responsabilità saranno accertate. Inoltre (anche su questo punto credo sarebbe giusto prestare un po' di attenzione), sono stati esclusi alcuni reati oggettivamente pericolosi dal punto di vista dell'allarme sociale che destano. Non credo che questi ultimi possano essere paragonati ad altri reati che, invece, abbiamo compreso nel provvedimento. Parliamo dei reati contro le istituzioni democratiche (come i delitti di terrorismo interno e internazionale, la partecipazione a banda armata, i reati per mafia) e di reati gravissimi contro la persona come la violenza sessuale, il sequestro di persona, la pedofilia, nonché la produzione e il traffico di sostanze stupefacenti.

Questi sono i reati che sono stati esclusi dall'ambito di applicazione dell'indulto.

Infine - e concludo -, per rendere più credibile ed efficace il provvedimento, tutti dovremmo cominciare ad immaginare di accompagnare all'indulto misure che favoriscano e consentano il reinserimento dei detenuti, in applicazione dell'articolo 27 della Costituzione: credo che questo sarà il terreno dell'ulteriore lavoro della Commissione e del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo de L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pecorella. Ne ha facoltà.

GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, vorrei dire subito all'amico Consolo che non sto dalla parte di Caino (e credo che nessuno di noi stia dalla parte di Caino); ciò non significa, però, che non riconosca anche a Caino il diritto di essere trattato come un essere umano, il diritto a vedere rispettata la sua persona.

Credo che, nella discussione di un provvedimento difficile ma importante, dovremmo abbandonare, con lucidità e con senso di responsabilità, ogni divisione ideologica. Non vi sono, come si vorrebbe far credere, due visioni contrapposte del mondo: da una parte, coloro che si schierano con gli autori dei reati, dall'altra, quelli che si schierano con le vittime; da una parte, chi è tollerante, dall'altra, chi sceglie la strada del rigore; da una parte, chi vede la pena come rieducazione, dall'altra, chi la vede come vendetta. Viceversa, dovremmo ragionare in termini molto concreti, tenendo conto della situazione che dobbiamo affrontare: parliamo di indulto non per la scelta libera di affrontare il tema, ma perché uno stato di necessità ce lo impone.

Tutti i colleghi che sono intervenuti si sono trovati d'accordo su un dato. Oggi, la situazione carceraria non corrisponde in alcun modo a ciò che vorrebbe la Costituzione: la Costituzione vuole una pena che tenda alla rieducazione. Per questo ci vogliono spazi, ci vuole l'istruzione in carcere, ci vuole il lavoro, ci vuole lo sport: in sostanza, un sistema carcerario che restituisca alla società un uomo migliore rispetto a quello che vi era entrato. Credo che un senso di pudore ci impedisca di affermare che le carceri hanno oggi, in misura minima, un simile ruolo. Quindi, come politici e come uomini di legge, dobbiamo prendere atto che lo Stato italiano non ha rispettato e non sta rispettando la Costituzione oramai da molti anni.

La Costituzione contiene anche un limite all'accettabilità della pena. Il limite è che la pena non deve essere contraria al senso di umanità. Allora, dovremmo chiederci - e dovrebbero chiederselo coloro che sono contrari all'indulto - se la visione delle carceri di oggi offenda o meno il nostro senso di umanità.

Signor Presidente - mi rivolgo a chi si è dichiarato contrario -, io credo che il senso di umanità consista semplicemente nel non volere che un uomo soffra più di ciò che è giusto per quanto riguarda la pena che deve scontare; il senso di umanità consiste nell'avere la certezza che ogni uomo è comunque rispettato, anche nel momento in cui deve pagare per le sue colpe. Siete convinti, voi che vi opponete, che il vostro senso di umanità resti indifferente rispetto alla situazione attuale delle carceri?

Se questa è la situazione, se le cose stanno così - e stanno così -, il Parlamento ha l'obbligo di porre rimedio alla  mancata attuazione, all'offesa di un principio costituzionale. Sembra quasi strano che non ci si renda conto che una norma di questo peso, come l'articolo 27 della Costituzione, sia violata e che qualcuno voglia continuare a violarla.

Se ciò è vero, bisogna trovare un rimedio: questo è il punto, non la vittima, l'autore o altro, ma il rimedio. Ci sono altri rimedi, oggi, diversi da un provvedimento di clemenza? Certo, c'è la possibilità di costruire nuove carceri. Oggi? Nell'arco di tempo necessario perché questa situazione diventi più tollerabile? C'è la possibilità di cambiare il codice penale, il codice di procedura penale. Oggi? Nei tempi necessari perché questa situazione diventi più tollerabile?

L'onorevole Consolo proponeva un decreto-legge per consentire agli stranieri di scontare la pena nel loro paese. Mi permetto di fargli osservare che non si può procedere in questo modo: bisogna fare i trattati internazionali, e per fare i trattati internazionali ci vuole tempo, come per costruire le carceri, come per consentire di avere un nuovo codice penale. Non possiamo nemmeno - lo dico con tutta franchezza - non tenere conto che siamo stati responsabili per cinque anni dell'amministrazione della giustizia, ed oggi non possiamo dire che se certe cose non sono state fatte non sia anche responsabilità di chi ha amministrato questo paese.

L'indulto non è un'invenzione di un gruppo di persone troppo buoniste; l'indulto è previsto dalla Costituzione. È uno strumento che la Costituzione ha considerato per un motivo molto chiaro: quello di consentire che la pena, che non deve essere contraria al senso di umanità, quando vi siano situazioni di emergenza, recuperi le sue caratteristiche costituzionali attraverso un provvedimento di clemenza. Perché mai la Costituzione si sarebbe dovuta preoccupare di regolamentare l'indulto se questo non fosse un istituto di bilanciamento, di contrappeso all'interno della Costituzione? Tale istituto è così rilevante che non si potrebbe cancellarlo dal nostro ordinamento, se non attraverso una legge costituzionale.

L'indulto non è soltanto uno strumento per sfollare le carceri: questa è una visione troppo semplicistica del problema. Calcoliamo la pena attraverso il tempo: il tempo di un giorno, di un anno, di dieci anni. Tuttavia, il tempo non è sempre uguale. Lo sappiamo bene, la nostra vita ha tempi diversi: un'ora di felicità può avere la durata di un secondo di sofferenza. Ebbene, il tempo delle carceri cambia a seconda del trattamento a cui una persona è sottoposta. Un anno di carcere dove sia rispettata la persona e le sia dato ciò di cui ha diritto è diverso rispetto ad un anno trascorso in un carcere dove viene negata anche l'umanità che a tutti compete, fuori o dentro dal carcere. Credo che, nel momento in cui pensiamo ad un provvedimento di indulto, abbiamo anche in mente che quando si sconta la detenzione in questo tipo di carceri i tempi sono molto più lunghi e molto più pesanti.

Certo, a noi sta a cuore anche la sicurezza, non c'è dubbio: è la base della vita sociale. Questo provvedimento ne tiene conto perché ha voluto escludere i reati di grave allarme sociale e ha voluto prevedere la revoca, una condizione per cui coloro che escono dal carcere, in quei tre anni che probabilmente li avrebbero resi peggiori per il trattamento subito, sappiano che torneranno in carcere se non rispetteranno le regole della società.

Qualcuno vorrebbe l'esclusione di alcuni reati non perché questo risponda ad un principio di giustizia, non perché risponda ad un principio di sicurezza, ma in odio a qualcuno. Ebbene, non credo si possano approvare provvedimenti in odio a persone particolari. La scelta della Commissione si è basata su alcuni criteri razionali: i precedenti, la natura violenta e l'eccezionale odiosità dei reati, i criteri di esclusione previsti nella legge del 2003, il cosiddetto indultino, il testo unitario che si è rifatto ai testi base. Dunque, si tratta di una soluzione condivisa, non perché vi sia una convergenza di interessi singolari, come qualcuno sostiene, ma perché è un punto di equilibrio e sappiamo bene che l'indulto e l'amnistia non si possono approvare, se non si raggiunge un punto di  equilibrio tra le diverse forze politiche. A nostro avviso, il testo presentato all'Assemblea contiene le caratteristiche dell'equilibrio; quindi, crediamo vada sostanzialmente mantenuto.

Siamo egualmente sensibili alle vittime dei reati. Chi non lo è? Chi non è sensibile a chi ha subito una violenza, un torto? Ma questo non significa che si debba trasformare la pena in una vendetta, perché se concepiamo la pena come una vendetta, torniamo al principio del taglione.

Questo non significa che il rispetto delle vittime non comporti anche, in misura diversa e secondo criteri diversi, il dovere di rispettare anche l'autore del reato. Ad avviso dell'onorevole Consolo, avremmo dovuto prevedere il risarcimento come condizione. Ma perché non è così e perché non è possibile? In primo luogo, perché ciò avrebbe creato una disparità tra coloro che sono in grado di risarcire e coloro che non sono in grado di farlo. In secondo luogo, perché il risarcimento è già previsto nella sentenza di condanna, quindi, o la sentenza può avere esecuzione, perché vi sono i beni, o non può avere esecuzione. Non è che non abbiamo voluto prevedere il risarcimento, perché non abbiamo interesse alla tutela della vittima. E poi, d'altra parte, la vittima, che è presente e forte e che giustamente è la persona offesa nel nostro ordinamento, non esclude che l'ordinamento preveda una serie di istituti che tengano conto del passare del tempo nell'esecuzione della pena e sono istituti che non sono di oggi, ma che risalgono addirittura ai tempi di Stati autoritari: la sospensione condizionale della pena, la liberazione anticipata, la semilibertà, la liberazione condizionale, la conversione della pena detentiva in pena pecuniaria, che tanto è servito anche a qualcuno che è un rappresentante importante della politica.

Bene, queste sono misure ordinarie. Riteniamo che oggi sia necessario un provvedimento eccezionale per la situazione eccezionale in cui ci troviamo. Non andiamo contro la logica del codice. Attuiamo una norma costituzionale, che è l'indulto, e ne rispettiamo un'altra, che è l'articolo 27.

Nel concludere il mio intervento, chiedo soltanto che si torni al rispetto della ragione e del buonsenso. Non è il momento di farsi propaganda politica sulla sofferenza di qualcuno. Credo che, se il Parlamento arrivasse ad un voto senza divisioni, darebbe un segno di saper guardare al di là degli interessi di parte, anche al di là dell'utilità che può arrivare da una scelta piuttosto che da un'altra. Il Parlamento sa guardare ai diritti fondamentali della persona, come uno dei suoi compiti e delle sue missioni fondamentali. Credo che, in tal modo, ci dimostreremmo giusti e responsabili, non scontrandoci per cercare di guadagnare un voto in più o in meno. Non è questa la nobiltà della politica (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, de L'Ulivo e dei Verdi - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Capotosti. Ne ha facoltà.

GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, molto è già stato detto in quest'aula stamattina in ordine al testo su cui discutiamo. Tuttavia, vorrei sottolineare ancora una volta le condizioni obiettive nelle quali ci muoviamo.

Parliamo dunque di un sistema giustizia che è assolutamente in crisi, che è in ritardo in ordine ai molti moniti provenienti dall'Unione europea e ai molti precetti contenuti nella nostra Costituzione: quindi, su tutti i fronti. Possiamo parlare del processo civile, del processo penale - per tacere delle altre giurisdizioni -, del sistema carcerario, come quest'oggi in qualche modo ci accingiamo a fare. Parlare del sistema carcerario vuol dire sottolineare la natura della pena e cercare di capire - nell'adempimento di una funzione che compete allo Stato sociale, cioè ad uno Stato avanzato che promuove la personalità dei singoli, che è funzione dei singoli che lo compongono e che, quindi, è semplicemente un ente esponenziale, non  un ente che dall'alto procede autonomamente - e di rivedere il sistema delle pene.

Un sistema che dovrebbe essere improntato, come già è stato detto, ad una funzione di repressione, di prevenzione, ma, certamente - e questo è il dato carente -, di reinserimento sociale. Per noi cattolici pensare ad una pena che non tenda alla rieducazione e non consenta oggettivamente di reinserirsi nel tessuto sociale vuol dire commettere un abominio, vuol dire che lo Stato non assolve ai suoi doveri e non tende a quelle conquiste di civiltà e libertà che hanno fatto dell'Italia un grande paese nel mondo. Noi non vogliamo abdicare a questa funzione, non vogliamo pensare che lo Stato italiano sia così in difficoltà, che questa Camera sia così in difficoltà, da non partire dalle condizioni obiettive.

Allora, si parla dell'indulto, un istituto costituzionale, premiale, così viene definito nei codici. In buona sostanza, il testo odierno parla di una liberazione anticipata, che consente ad una serie di soggetti di uscire prima di essere messi in libertà, a condizione che non ricadano ancora in errore. Quindi, parliamo di una misura di clemenza estremamente limitata e condizionata, che non incide sull'accertamento del reato, cioè sulla violazione penale. La violazione penale è stata accertata, rimarrà iscritta, ma persone che hanno sbagliato avranno la possibilità di mettersi prima alla prova. Quindi, si tratta di un istituto che, da un lato, ha una funzione, più che sociale, squisitamente politica nel senso che prima ho enunciato, dall'altro, tiene anche conto delle nostre condizioni obiettive, nelle quali non è più possibile, addirittura in molti casi, arrivare all'esecuzione.

Nella mia proposta di legge avevo previsto un sistema di condizioni più pesanti per accedere all'indulto, quasi sulla scorta dell'affidamento in prova. Mi sono confrontato con diversi magistrati e mi hanno detto che si trattava di un'idea bellissima, ma mi confermavano che non c'erano assolutamente le strutture in grado di attuarla. Per cui, sulla carta avrei anche potuto insistere, ma, davanti alla natura obiettiva dei fatti, ho inteso fare una scelta di libertà e di responsabilità.

Per questo motivo credo che l'atto parlamentare che oggi andiamo a compiere - squisitamente parlamentare per la maggioranza particolare che esso deve raggiungere - non sia un pactum sceleris come alcuni hanno sostenuto, ma un momento di equilibrio che tiene conto delle condizioni obiettive nelle quali siamo costretti a lavorare. Tiene conto del fatto che è necessario riformare al più presto i processi, rivedere i sistemi delle pene, per arrivare al fine per cui tutti questi istituti sono stati concepiti: punire i colpevoli, aiutarli a capire che hanno sbagliato e a reinserirsi nella società, di modo che domani possano contribuire alla crescita.

Sarebbe troppo facile, nonché fortemente demagogico, dire: tutti in carcere (benissimo, però non ci sono le carceri e non c'è capienza); tutti a scontare le pene negli altri siti (benissimo, ma non è una misura fisicamente attuabile).

Non possiamo mettere la testa sotto la sabbia e continuare a farci belli con affermazioni che non hanno alcuna concreta possibilità di diventare reali. Dobbiamo partire da ciò che esiste in un quadro di riforma di sistema che sia, però, costituzionale. Un quadro di sistema che - mi dispiace che non sia presente l'onorevole Brigandì che ho ascoltato prima - sia rispettoso della divisione dei poteri conquistata in tanti secoli di lotte, in cui i poteri siano liberi ed indipendenti, in cui vi sia un quadro di raccordo ed in cui il sistema giustizia assolva ad una funzione che dovrebbe essere sempre più residuale, soprattutto per quanto attiene al piano carcerario. Un sistema giustizia che, avanzando, trovi le soluzioni più attuali rispetto a quelle che erano tali sessanta anni fa, per consentire il progresso della società.

Diversamente, noi sprechiamo risorse immense su soggetti che condanniamo dall'inizio a tornare a delinquere, perché non diamo loro alcuna possibilità effettiva e concreta di reinserirsi nella società. Ovviamente, ciò va fatto nel quadro della  sicurezza generale; per questo motivo tutta una serie di crimini non possono entrare in questo provvedimento; per tale motivo si può parlare obbiettivamente di reinserimento, perché non parliamo di situazioni di particolare allarme sociale; per tale motivo ancora non si può essere una volta di più ipocriti.

Parlare di reati finanziari sapendo che saranno risolti dalle norme in tema di prescrizione - ma, forse, ci si riferisce a quelle sedici o diciotto persone che sono in condizioni di detenzione, anche se ancora per poco - e concentrare su questo una forma di giudizio che, addirittura, diventa una crociata contro, mi spinge a rifiutare di pensare che il Parlamento possa essere vincolato da «leggi-contro».

Voglio credere e rimarcare ancora una volta una funzione di Stato sociale che promuova effettivamente le condizioni di libertà e la realizzazione della persona. Uno Stato che adempia ai precetti costituzionali in tal senso mai potrà essere rappresentato da un Parlamento che pensa «contro». A me hanno insegnato che la politica si fa «per», e non «contro», qualcosa. Noi siamo qui in rappresentanza di tutti, possibilmente al servizio di tutti.

Tenuto conto del sistema generale, ritengo che il provvedimento, che stiamo oggi discutendo, sia equilibrato e possa essere approvato. A noi cattolici piace sottolineare la possibilità di maggiore rispetto della persona umana. Girando la medaglia si potrà dire: è un atto dovuto perché non siamo più in condizione di mantenere la popolazione carceraria. Io preferisco concentrarmi sul primo aspetto. Preferisco pensare ad un quadro di riforme a cui si sta dando avvio, nel quale la pena sarà sempre più strutturata come una misura alternativa alla detenzione, tale da mettere oggettivamente i soggetti che ne hanno i requisiti in condizione di partecipare, perché così noi li recupereremo al bene. In questo modo noi li sottrarremo effettivamente ad un contesto di delinquenza, nel quale, diversamente, continueranno a rimanere.

Credo che gli uomini possano sbagliare, nessuno di noi è perfetto, nessuno di noi ha la verità in tasca. Ritengo, però, che vi sia un principio di buona fede da rispettare. Credo che l'atto, in quanto riferibile ad una maggioranza parlamentare particolare, sia frutto di diverse esperienze e di diversi contesti, che tengono conto di tutte le situazioni che ho esposto. Credo che il provvedimento sia in condizioni di fornire oggi una risposta, rappresentando un primo segnale importante per una revisione generale del sistema. Sicuramente sarà necessario procedere nella direzione delle riforme globali.

Credo, tuttavia, che se oggi ci sotraessimo a questo confronto, semplicemente nascondendoci dietro la politica del «contro» o dietro un ragionamento particolare, renderemmo un cattivo servizio alla nazione, ossia alla comunità dei cittadini sul territorio nazionale e, soprattutto, negheremmo il mandato parlamentare che oggi ci vincola (Applausi dei deputati del gruppo dei Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, desidero anzitutto esprimere una considerazione di gratitudine ai colleghi della Commissione giustizia, che hanno affrontato, con animo sgombro da pregiudiziali ideologiche, un tema sensibile e carico di drammaticità, quale quello dei provvedimenti di clemenza. Voglio riferire a quest'Assemblea il senso profondo della responsabilità dell'essere legislatore che ognuno dei componenti la Commissione giustizia ha dimostrato in questa circostanza non facile, così drammaticamente in bilico tra impulsi e spinte contrapposti, tra ragioni di partito e ragioni di coscienza, tra ricerca del consenso e tensione verso il risultato possibile, riuscendo a non cadere mai nelle derive della propaganda, della facile retorica e della contrapposizione pregiudiziale.

Va dato merito ai deputati della II Commissione di aver concorso a costruire  un clima - so che ciò è stato ricordato in precedenza dall'onorevole Consolo -, un metodo di lavoro, una possibilità fondata sul rispetto reciproco, sfidando e sconfiggendo l'endiadi letale amico-nemico che troppo spesso ha caratterizzato i dibattiti politici nelle ultime stagioni. L'esperienza di lavoro su questo provvedimento ci ha restituito il senso di una possibilità antica, epppure spesso caduta in desuetudine: un Parlamento quale luogo del confronto e non del conflitto, dell'iniziativa legislativa e non solo della ratifica, della rappresentanza delle culture e delle sensibilità plurali del paese e non del pensiero conforme. Ciò è una grande risorsa, all'altezza della migliore tradizione parlamentare dell'Italia democratica, che dobbiamo insieme valorizzare. Grazie, dunque, a tutti i deputati della Commissione, ai funzionari, al relatore, ai colleghi che hanno condiviso il testo proposto all'attenzione dell'Assemblea ed a quelli che, motivatamente, non l'hanno condiviso in toto o in alcune sue parti, quali i deputati del mio gruppo, L'Italia dei Valori, cui va la mia considerazione e la mia solidarietà per l'impegno coerente con i principi fondativi del movimento.

Credo sia un esercizio necessario in questo dibattito asciugare le nostre parole da ogni ridondanza retorica e puntare dritto al cuore delle questioni, facendoci guidare dai riferimenti costituzionali. È, infatti, l'articolo 79 della Costituzione, lo ricordava il collega Pecorella, a dichiarare subito la natura del provvedimento di clemenza, una natura squisitamente parlamentare, considerato l'altissimo quorum richiesto per l'approvazione, superiore addirittura a quello necessario per operare modifiche alla Costituzione. Perché il Parlamento, nel 1992, modificò la norma, enfatizzando in tal modo la natura consensuale dell'amnistia e dell'indulto? Perché, evidentemente, intendeva sottolineare l'eccezionalità dell'intervento clemenziale, immaginando non solo che non potesse essere brandito come strumento politico di parte, ma anche che il suo potenziale abuso non inficiasse il significato della pena, che ha un valore dissuasivo, perché serve per mostrare a tutti che il crimine non paga e, in ragione di ciò, anche a prevenire la commissione di nuovi reati. Ma la pena è chiamata anche ad un'altra funzione.

Il terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione rammenta che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. Il costituente dunque privilegiò il profilo rieducativo, anche rispetto a quello afflittivo, pur confermando ovviamente il valore retributivo della pena. Attraverso quali modalità potrà attuarsi il fine della rieducazione? Lo dice la prima parte dello stesso comma, che recita: le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità. Non v'è dubbio alcuno sul fatto che, se le celle delle carceri italiane, concepite per ospitare 41 mila detenuti, sono costrette ad ospitarne 61 mila, queste costringono per ciò stesso, ma non solo per questo - ce lo ricordava in quest'aula Giovanni Paolo II nel novembre del 2002 - ad una condizione di cattività.

Queste considerazioni, io credo, sono state alla base delle determinazioni che hanno condotto la Commissione giustizia ad adottare il testo proposto poi all'Assemblea, costruito con una valutazione rigorosa quanto alle cause di esclusione dai benefici, ben ventisette, riferite ad una gamma di reati gravi: esclusioni inusuali in un provvedimento di indulto, in genere proiettato verso sconti di pena oggettivi perché calibrati sul tempo. Certo, altre esclusioni avrebbero potuto trovare luogo nel testo; penso in particolare alle istanze dell'Italia dei Valori, riferite ai reati finanziari e contro la pubblica amministrazione, probabilmente incontrando una condivisione molto larga nel paese, anche se probabilmente non la condivisione dei due terzi dei parlamentari richiesta dalla Costituzione.

Sia chiaro: nessun legislatore serio e responsabile potrà dichiararsi felice per un indulto invocato a fini deflattivi. Questa è una dichiarazione di incapacità da parte dello Stato di garantire l'esecuzione della pena nelle condizioni previste dall'articolo 27 della Costituzione. Io stesso proverei disagio se non mi sentissi impegnato, come  presidente della Commissione, a garantire da subito un'attività di revisione dell'intero assetto, assai più articolato, del comparto, riconsiderando le politiche della pena in una nuova dimensione di efficienza e di efficacia.

PRESIDENTE. Onorevole Pisicchio, la invito a concludere.

PINO PISICCHIO. Senza questa prospettiva, quello che facciamo in queste ore sarebbe inutile. Questo dunque è l'impegno che assumiamo di fronte a questa Assemblea parlamentare e di fronte al paese. Con questo impegno e con questi intendimenti, avvertendo forte in me la responsabilità istituzionale della presidenza della Commissione, anticipo che assumerò nel voto in Assemblea la stessa posizione di terzietà manifestata nei lavori di Commissione, non in dissenso dal mio gruppo, bensì in ossequio al ruolo istituzionale, al quale sono chiamato e al quale intendo conformarmi nel corso del mio mandato.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA. Signor Presidente, colleghi deputati, di amnistia e di indulto si è parlato in molte circostanze. Il primo provvedimento è del 1942. I provvedimenti di clemenza hanno delle origini remote. Essi discendono dal potere sovrano di clemenza, la cosiddetta indulgentia principis. Quindi, sicuramente si è dibattuto e la dottrina ha affrontato molte di queste argomentazioni. Senza dubbio si tratta di una misura eccezionale, e su questo nessuno ha dubbi, perché essa agisce in deroga rispetto ad alcune finalità della pena. Abbiamo una finalità retributiva, quindi una pena proporzionata rispetto al danno, cioè rispetto al fatto che è stato commesso. Vi è poi una funzione di prevenzione, general preventiva, quindi una pena come deterrente rispetto al compimento dei reati. Abbiamo inoltre una finalità rieducativa della pena.

Oggi, attraverso questo provvedimento, si punta - ed è chiaro anche dall'intervento del relatore - a sacrificare la finalità retributiva e anche quella general preventiva a fronte di un'assenza, condivisa da tutti, della finalità rieducativa della pena così come scontata nelle strutture carcerarie.

A fronte quindi di questo atto eccezionale, è chiaro ed evidente che le finalità che debbono ravvisarsi sono da individuarsi nella cosiddetta opportunità politica. Dobbiamo interrogarci se vi siano le condizioni e, realmente, un'opportunità politica per sacrificare le funzioni della pena. Alcuni, anzi, quasi tutti gli interventi che mi hanno preceduto, hanno evidenziato un filo conduttore importante, rappresentato dalla necessità e dall'esigenza, per giustificare il provvedimento di clemenza, di ancorarlo e collegarlo ad una riforma cosiddetta strutturale di quello che è il sistema carcerario, la funzione della pena e le pene alternative.

Dunque, bisogna chiaramente partire da una riforma organica del sistema carcerario: inadeguato, con strutture affollate e con detenuti che non sono messi in condizioni di lavorare. La pena, insomma, ha oggi una funzione affittiva, ma non certo rieducativa. L'indulto, quindi, deve essere accompagnato da atti che vadano ad incidere sulla modalità di esecuzione delle pene. Queste ultime - lo abbiamo ricordato molte volte - non garantiscono quella rieducazione come vorrebbero le norme della Costituzione. Ben pochi detenuti lavorano, studiano, frequentano corsi professionali e sono quindi preparati ad un reinserimento completo nella società.

Si pensi che, alla data del 31 dicembre del 2005 (dai dati che ci sono stati forniti dal Ministero della giustizia), su una popolazione carceraria di circa 61 mila unità, soltanto 15.500 lavoravano. Tuttavia, teniamo conto che di questi ultimi, soltanto poco più di 2 mila lavoravano alle dipendenze di ditte esterne, compresi i semiliberi (quindi, quasi soltanto i semiliberi), nonostante vi siano delle norme che favoriscono le assunzioni di detenuti  per le ditte esterne. Oltre 11-12 mila di questi detenuti lavoravano, sì, ma alle dipendenze dell'amministrazione carceraria; che è sicuramente importante, ma rappresenta un'opportunità di occupazione che non garantisce l'acquisizione di professionalità spendibili sul mercato del lavoro. Gli interessi degli imprenditori nei confronti della manodopera dei detenuti è ancora limitato, anche a causa delle difficoltà ad interagire con un ambiente dove le questioni legate alla sicurezza sono certamente più importanti di quelle legate alla produttività.

Sono in corso - e lo abbiamo visto dalle relazioni del ministro della giustizia - attività di sperimentazione di formule lavorative innovative. Sono stati attivati dei corsi professionali: soltanto nel 2005, 604 corsi professionali con oltre 7 mila partecipanti. La legge prevede dei vantaggi per le cooperative e le imprese che vogliano assumere detenuti in esecuzione penale; ma manca - ed è compito del Governo provvedere in tal senso - un approccio organico alla materia. Il Governo ha partecipato alla discussione in Commissione, ma il suo ruolo è stato di semplice osservazione. È mancata una capacità del Governo di accompagnare l'esame dell'indulto in Commissione con un approccio organico alla materia, che consentisse di interpretare questo provvedimento non come un atto eccezionale, disorganico e isolato, ma come un atto nell'ambito di un complesso di provvedimenti.

Vado oltre. Il 33 per cento degli attuali detenuti è rappresentato da cittadini stranieri; solo nell'anno 2005, i nuovi ingressi nelle carceri, per il 45 per cento, sono rappresentati da cittadini stranieri, moltissimi in custodia cautelare. Cittadini con nuovi e diversi problemi di reinserimento nella società: povera gente, che si era illusa, venendo in Italia, di trovare il benessere e che invece ha commesso dei reati. Vorremmo capire dal Governo come intenda affrontare tale questione; mi pare infatti che oggi l'approccio nei confronti degli stranieri sia alquanto disorganico. Il Consiglio dei ministri di venerdì scorso, infatti, ha deliberato una «sanatoria» - la chiamo proprio così: sanatoria -: 350 mila domande accolte, quando il precedente Governo aveva stabilito che i flussi si fermassero a 170 mila. Al riguardo, mi rivolgo al rappresentante del Governo e chiedo se si sia riflettuto sugli effetti che, tra l'altro, tale provvedimento determinerà sul sistema carcerario italiano.

ENRICO BUEMI, Relatore. Che c'entra?

ENRICO COSTA. Mi domando, e si interroga anche il relatore su tale profilo...

ENRICO BUEMI, Relatore. Che c'entra questo?

ENRICO COSTA. Ebbene, penso che un provvedimento di questo genere debba fare riflettere sull'approccio che avrà il Governo. Ritengo, infatti, che molti dei cittadini che beneficeranno di tale indulto dovranno, poi, essere espulsi per effetto della condanna; a tale riguardo, chiederei al Governo di voler riferire, in sede di replica, su come si sta preparando a tali evenienze e sulle modalità che verranno seguite.

Dopo l'indulto del 2003, il cosiddetto indultino, si è avuto un rientro in carcere, nel giro di due anni, di un terzo dei detenuti che erano usciti; mancano i dati - non sono stati forniti alla Commissione - sull'indulto del 1990. Ritengo che tutti i parlamentari comunque favorevoli ad un provvedimento di clemenza e che lo reputino però un atto eccezionale si attendano dal Governo risposte su come si intenda procedere per fare in modo che non ci si limiti semplicemente ad un atto eccezionale, isolato e disorganico. Vi sono tanti altri versanti sui quali intervenire; se consideriamo i detenuti in custodia cautelare, ebbene, in molte circostanze...

PRESIDENTE. Onorevole...

ENRICO COSTA. Concludo, signor Presidente.

Ebbene, in molte circostanze, taluni detenuti scontano la loro pena addirittura prima ancora che venga celebrata l'udienza preliminare: a seguito della condanna, non vi è, dunque, alcuna esecuzione penale. Ecco, anche ciò costituisce una questione molto importante; bisogna fare in modo che la pena non venga scontata anticipatamente rispetto al processo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Ulizia. Ne ha facoltà.

LUCIANO D'ULIZIA. Onorevole Presidente, signor sottosegretario, ho cercato di seguire, stamani, il dibattito e ritengo che purtroppo i giochi siano già fatti; purtuttavia, ritengo sia necessario precisare la posizione del nostro gruppo e del nostro partito.

Ebbene, non ho sentito fare alcun riferimento, in tutto il dibattito, alla tutela del cittadino ed alla coerenza rispetto al programma dell'Unione e delle componenti che ne fanno parte. Noi affrontiamo il provvedimento di indulto senza preoccuparci degli effetti che procurerà sulla società civile; effetti che, sulla base delle esperienze pregresse, sono devastanti.

Abbiamo visto che soprattutto coloro i quali hanno commesso reati di natura finanziaria e fiscale - quindi, reati contro la pubblica amministrazione - una volta fuori dal carcere li hanno reiterati, hanno proseguito tranquillamente, come se nulla fosse accaduto.

Vedo una incoerenza rispetto al programma dell'Unione - della quale facciamo parte e nella quale intendiamo rimanere - e vogliamo contribuire a migliorarlo ed a renderlo coerente. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'azione del nostro gruppo, il gruppo dell'Italia dei Valori, è finalizzata non a bocciare l'indulto, ma a correggerlo nei suoi aspetti deteriori e contraddittori che non tutelano i cittadini. La tutela del cittadino - che sia detenuto o in libertà - deve essere la nostra prima preoccupazione. Allora, noi che facciamo parte dell'Italia dei Valori intendiamo far riflettere il Parlamento, soprattutto le forze di maggioranza, ma anche - perché no? - le forze di opposizione. Ho ascoltato molte dotte relazioni e molti interventi sulla funzione rieducativa del carcere. Il precedente Governo, che avrebbe dovuto risolvere tutto, che cosa ha fatto, per cinque anni, in ordine a questo problema? Noi ci troviamo ad affrontare il problema delle carceri in modo sbagliato, poiché non assicuriamo quella adeguata organicità alle risposte, in modo che siano effettivamente consistenti e rispondenti alle necessità. Non può essere soltanto il sovraffollamento delle carceri a giustificare un provvedimento di indulto che determina il ritorno nella società civile di migliaia di persone le quali, non avendo conseguito un recupero, potrebbero senz'altro - lo dico con rammarico - proseguire nelle azioni delittuose. Qual è, allora, la tutela del cittadino? Come tuteliamo i cittadini italiani? Non li tuteliamo! Ecco perché noi cerchiamo di ridurre il danno e chiediamo che siano estrapolati dal provvedimento i reati di natura fiscale e finanziaria commessi da corrotti e corruttori.

PRESIDENTE. Onorevole D'Ulizia...

LUCIANO D'ULIZIA. Sto per concludere, signor Presidente.

La nostra posizione è nota: non intendiamo boicottare il provvedimento ma migliorarlo e, anzi, esprimere convintamente un voto favorevole. Ho letto da qualche parte che noi vorremmo fare giustizialismo. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, noi non vogliamo fare alcun giustizialismo e questa accusa la rimandiamo al mittente. Vorremmo, invece, la giustizia, quella giusta, e la pretendiamo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Capezzone. Ne ha facoltà.

DANIELE CAPEZZONE. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, siamo nel cuore di un dibattito importante in un'aula deserta. Mi sottrarrò alla facile demagogia di affermare  che quest'aula è deserta mentre sono stracolme altre aule, per dire così, meno prestigiose eppure assai interessate a questo nostro dibattito. Mi sottrarrò a questa facile demagogia.

Certo, però, nelle carceri italiane, ma così anche nell'Italia tutta, che vanta milioni di donne e di uomini che sono travolti nella loro vita dal disservizio giustizia - quindi, non solo le decine di migliaia di detenuti italiani bensì alcuni milioni di persone - si seguirà con grande attenzione l'esito di questa nostra discussione.

Confesso, tuttavia, che non sono molto soddisfatto e neppure persuaso da alcune ragioni favorevoli che pure sono state espresse nei confronti del provvedimento, quando, cioè, sono declinate in termini di ragioni umanitarie. Bisogna fare questo provvedimento per ragioni di umanità: no, qui non è questione né di bontà, né di buonismo. Se questo fosse l'approccio, francamente, non risulterebbe convincente dal mio - dal nostro - punto di vista.

Gli approcci sono altri. In primo luogo, occorre favorire almeno una possibilità di rientro nella legalità di uno Stato italiano che è, oggi, su questo fronte, primatista di condanne dinanzi alle Corti internazionali. Ciò vale per la durata dei processi, per la situazione indecente delle nostre carceri.

In secondo luogo, occorre creare, costruire la possibilità di riforme strutturali, cosa che oggi passa proprio dalla conquista di un tempo di decongestionamento, di alcuni semestri, non di più, che costituirebbero quelle «bombole di ossigeno», quel tempo necessario per consentire alle Camere di affrontare le riforme strutturali.

È esattamente l'opposto di ciò che sentiamo dire, a volte (l'ha fatto molte volte il collega Violante con apparente ragionevolezza): no - dicono alcuni colleghi - prima si facciano le riforme e poi si passi ai provvedimenti di clemenza.

Io ritengo, invece, che valga esattamente il contrario. Questi provvedimenti danno il tempo, la condizione, la possibilità, il margine di decongestionamento per affrontare le riforme di fondo, che sono quelle della carcerazione preventiva. Questo è un paese in cui la metà dei detenuti italiani è in attesa dei processi; questo è un paese in cui tra una sospensione e l'altra si può arrivare fino a nove anni di carcere in attesa di processo.

Il tempo, ancora, lo dobbiamo conquistare per alcune depenalizzazione importanti, per un intervento serio in materia di droga perché, altrimenti, finiremo con le Forze dell'ordine che saranno costrette ad occuparsi di ragazzi con qualche spinello in tasca.

Ancora, ulteriori interventi servono in tema di immigrazione. Ecco, allora, i due approcci che mi convincono di più: per un verso, il rientro nella legalità rispetto ad uno Stato fuorilegge e, per altro verso, la conquista del tempo necessario alle riforme strutturali. Vedete, è mia opinione che noi dobbiamo anche - questo vale per il dibattito politico - fare un discorso di fondo su chi oggi va davvero in carcere. Noi usciamo da due campagne elettorali nelle quali, da destra e da sinistra, si è gridato «sicurezza, sicurezza» e quasi nessuno si è sottratto a questo slogan. Eppure, il novanta per cento dei reati nel nostro paese restano impuniti. Nel caso dei reati contro il patrimonio, si sale addirittura.

Allora, dal cento per cento dei reati cominciamo a levare questo novanta per cento che resta impunito. Poi, sottraiamo ancora le trecentomila prescrizioni l'anno. Nell'ultimo quinquennio vi sono state un milione e mezzo di prescrizioni, per coloro, fortunati e bravi, che possono consentirsi una difesa degna di questo nome.

Ma allora, sottraendo il novanta per cento dei reati impuniti e sottraendo le trecentomila prescrizioni l'anno, alla fine della fiera, chi va in carcere? Tossicodipendenti, immigrati: sfigati!

Si può dire che questa, con le parole di un grande socialista che non c'è più, è la testimonianza di uno Stato forte con i deboli e debole con i forti. Si può dire, con un linguaggio che non è mio - non sono né marxiano, né marxista - che questa è  una visione classista del carcere e della giustizia che finisce per colpire soltanto alcuni.

Credo che questo sia il tema e l'approccio che dobbiamo darci. Mi avvio a concludere ma un po' di storia va fatta.

È stato ricordato l'anno 2003. Lo ricordano gli amici, Rita Bernardini, Sergio D'Elia, io stesso: in un semestre, 54 giorni di sciopero della fame per supportare l'azione guidata dai primi firmatari, Buemi e Pisapia allora, ma poi sostenuta da tanti parlamentari, per approvare l'indulto.

Poi, questa Camera - per la verità - fu solerte ed efficace nella sua azione, con un ruolo positivo svolto dal presidente della Commissione giustizia, Pecorella, dal Presidente della Camera Casini e da tanti parlamentari; i guai vennero al Senato, i tempi si allungarono e - come ne Il vecchio e il mare - in porto arrivò una lisca tutta spolpata.

Successivamente si è ritentato. Ha ripreso il testimone nei mesi passati Marco Pannella, attraverso un'altra lunga azione non violenta, che portò ad una marcia di Natale a cui presero parte personalità, rappresentanti di ogni forza politica, nonché l'allora senatore a vita Giorgio Napolitano. E fu merito dell'onorevole Giachetti di provare a richiamare le Camere, non all'obbligo di esprimere un voto favorevole - mai un'azione non violenta, un'azione politica possono essere volte a questo obiettivo -, ma alla moralità di una discussione e di un voto. Finì con una brutta seduta, con una brutta pagina e poi, nelle settimane successive, con un grande dolore, vale a dire con i Democratici di sinistra e la Margherita che finirono per convergere sugli emendamenti di Alleanza nazionale e della Lega per affossare tutto. E non è dimenticabile quel comunicato del Presidente Prodi, con Fassino e Rutelli, sul cosiddetto indulto graduato, che non sappiamo nelle gerarchie... militari che fine farà.

Grazie all'impegno di tanti cittadini e di tanti detenuti abbiamo cercato di dare una mano attraverso una lunga azione non violenta per la calendarizzazione del provvedimento di clemenza; dunque, finalmente, si può giungere ad un voto prima della pausa estiva. A noi restano tre preoccupazioni. La prima riguarda il fatto che si è deciso di stralciare l'amnistia, di tenerla da parte. Non vogliamo che quella partita sia considerata chiusa e continuiamo a chiedere che, alla ripresa dei lavori, anche l'amnistia sia calendarizzata perché quello è il provvedimento che incide sulla realtà dei magistrati, sui 9 milioni di processi pendenti e sui 18 milioni di italiani che hanno a che fare con il disservizio della giustizia.

La seconda preoccupazione è quella di evitare, rispetto a questo provvedimento di indulto, ciò che accadde nel 2003, quella che io definisco la «strategia del carciofo», attraverso la quale, foglia dopo foglia, non resta niente. Sappiamo anche che qualunque sia il provvedimento che sarà approvato, dovrà fare i conti con il «generale Agosto» e con la situazione che in questo periodo caratterizza i magistrati di sorveglianza. Quindi, figuriamoci se il provvedimento dovesse essere spolpato e successivamente ulteriormente spolpato dalle difficoltà di operatività o, peggio, da parte della magistratura di sorveglianza!

La terza ed ultima preoccupazione è quella concernente il dibattito di questi ultimi giorni relativo ai reati finanziari, a cosa includere ed escludere dal provvedimento. Rispetto molto la posizione - che tuttavia non condivido - del ministro Di Pietro e dei parlamentari dell'Italia dei Valori. Quindi non mi rivolgo a loro - che svolgono la loro legittima e lineare battaglia politica -, ma a quanti nel resto del mondo politico, più o meno strumentalmente, prendono quella bandiera o a quanti - lo abbiamo visto anche sui giornali di oggi - aprono questo dibattito.

In questo paese, vi sono quelli che, rispetto a qualunque tema, hanno paura della privatizzazione; io, com'è noto, non sono fra questi. Tuttavia, peggio dei rischi della privatizzazione, vi è solo il rischio della «previtizzazione» perenne del dibattito sulla giustizia e sulle carceri. È stato così nella scorsa legislatura, durante la quale la maggioranza di allora è stata  condizionata dagli interessi e dall'aver sempre lo sguardo rivolto ad alcune persone.

Diciamo le cose come stanno alla parte destra di quest'aula, che oggi è quasi completamente assente. Noi, da garantisti, non abbiamo mai usato questo argomento, ma ciò va detto: se ci fosse stata, sulle grandi riforme dell'economia e delle istituzioni o sulle vere riforme della giustizia e sulla separazione delle carriere, la celerità e la speditezza che c'è stata per approvare il falso in bilancio, le rogatorie e le altre cose che conosciamo, avremmo un paese trasformato. Non è stato così.

È stata la legislatura delle leggi ad personam. Non vorremmo che oggi, a parti invertite, la «previtizzazione» del dibattito rimanesse e si passasse alle leggi contra personam. Non può funzionare così.

Credo che dobbiamo scegliere se parlare di giustizia e di carceri rispetto all'imputato o al condannato noto adottando il metodo della «previtizzazione», o, invece, usare il metodo della civiltà e del rispetto per tutti, anche per il cittadino Previti e per gli altri, ossia occupandosi, sempre e comunque, dell'imputato, del condannato e del detenuto ignoti, di coloro che non hanno difese, che non hanno tribune e che non hanno neanche propri parlamentari per discutere di questo argomento.

Allora, spetta a noi scegliere se compiere una scelta di ragionevolezza o, invece, tramutare il dibattito - magari domani o quando vi saranno le dichiarazioni di voto, quando quest'aula per qualche mezz'ora si popolerà -, facendone un'occasione, a beneficio dei TG, di qualche rissa, di qualche polemica e di qualche battibecco, in cui ciascuno, per quei quindici secondi del «pastone» della sera, possa mettersi la mostrina o il fiore all'occhiello che preferisce, quello più antigarantista o quello forcaiolo, con la corsa al «più uno» che in questo caso non manca mai.

Noi speriamo altro. Speriamo che, soprattutto da parte della maggioranza, ma anche della parte più liberale dell'opposizione, si prenda coraggio per svolgere un dibattito e assumere una decisione all'altezza di tante donne e uomini, che - lo ripeto - seguiranno questo dibattito dalle proprie case, e degli italiani che hanno un processo in corso, di quelli che lo hanno già avuto o che lo devono ancora avere, ma che sono altrove, in «aule» un po' più affollate e un po' più scomode di queste (Applausi dei deputati dei gruppi de La Rosa nel Pugno e de L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Daniele Farina. Ne ha facoltà.

DANIELE FARINA. Signora Presidente, colleghe e colleghi deputati, signor sottosegretario, diversi interventi hanno sottolineato che stiamo esaminando un provvedimento che sfugge dal marzo del 1992. Trentaquattro volte l'amnistia e l'indulto sono stati concessi fino ad allora. Poi, è arrivata la sciagurata norma che ha introdotto la maggioranza qualificata dei due terzi. Poche settimane prima, si era scatenata la tempesta di Tangentopoli e - giova ricordarlo - il Parlamento agì allora sotto un'evidente condizione di pressione, trasformando un provvedimento ordinario nella sua straordinarietà, come l'amnistia e l'indulto, in fatto eccezionale, sottoposto ad una condizione di voto parlamentare non richiede neanche per la modifica della Carta costituzionale, come diversi colleghi hanno ricordato.

In queste ore e in questi giorni, mi sono tolto la curiosità di sapere e di approfondire come la pensavano allora alcuni commentatori, anche autorevoli, che dalle colonne dei principali quotidiani si schierano oggi contro l'accordo raggiunto per dare a questo indulto la maggioranza di cui necessita. Bene: mi sono fatto l'idea che, almeno per quanto riguarda questo aspetto, questi autorevoli commentatori non hanno le carte in regola. Proprio le disfunzioni nell'applicazione della giustizia nel paese, storiche, e lo stato drammatico delle sue carceri avevano fatto dell'amnistia e dell'indulto un meccanismo improprio, ma regolatore. Poi nulla, e le conseguenze si sono via via evidenziate agli occhi di tutti.

La popolazione detenuta è esplosa, fino a contare oggi, come è stato ricordato, 61 mila cittadini e cittadine, a fronte di una capienza massima di poco più di 45 mila posti. Tutto ciò, senza che le croniche mancanze del sistema giudiziario e custodiale siano venute meno, anzi. Non è un caso che inseriamo il provvedimento in esame all'interno di un necessario moto di riforma del codice penale, dell'ordinamento giudiziario, dei tempi della giustizia penale e civile, del ruolo della magistratura di sorveglianza, eccetera.

Però, l'emergenza è oggi, anzi ieri.

Non citerò il Santo Padre - mi rivolgo al collega Orlando - ma vorrei ricordare a tutti, come in parte è già stato fatto dal collega Capezzone, il 27 dicembre 2005, data in cui, rimettendo la Commissione giustizia la proposta di amnistia e di indulto, la Camera dei deputati non ha certo scritto una delle sue pagine più felici. Al punto che, oggi, qualifichiamo, come gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, questo atto come «clemenziale» e non piuttosto come dovuto segno di responsabilità verso il paese.

Avremmo voluto varare, come consuetudine, il provvedimento di amnistia insieme a quello di indulto. Abbiamo realizzato che sarebbe, ancora una volta, mancata la maggioranza necessaria. Abbiamo dunque optato, nostro malgrado, per ridurre il danno: al «niente subito» o al «tutto mai» opponiamo l'indulto, «nudo» e solo, ma portatore dell'80 per cento dei benefici del provvedimento congiunto. Interesserà, secondo il Ministero della giustizia, 12 mila detenuti e 16 mila cittadini sottoposti a misure alternative. Inoltre, non cesseremo di agire perché a settembre anche l'amnistia torni ad essere discussa in Assemblea.

Vi è stato un tempo, colleghi, in cui la rubrica delle lettere di numerosi quotidiani e qualche poco autorevole commentatore dipingevano le nostre carceri come confortevoli hotel, puntavano il dito contro le televisioni a colori et similia. Oggi, ciò avviene assai meno. E un motivo ci sarà.

Si dovrebbe istituire, aggiungo io, la giornata delle «carceri aperte» (scusate l'ironia), in cui i cittadini possano visitare gli istituti penitenziari delle proprie città, nei limiti di agibilità e sicurezza. Sono convinto che ne emergerebbe una rivolta di coscienza civile, un moto unanime di scandalo e di ripulsa, di indignazione profonda. Siamo, infatti, andati ben oltre quei trattamenti contrari al senso di umanità, cui si oppone l'articolo 27 la Costituzione, troppo oltre.

Se qualcuno avesse coraggio, tanto coraggio, potrebbe fare un «girone», non un giro, nei reparti destinati ai tossicodipendenti per prendere informazioni generali sullo stato del diritto alla salute nelle carceri della Repubblica, una rieducazione lontana come un miraggio a fronte di un male che si è mutato in peggio.

Se il provvedimento in esame non dovesse essere approvato, chiedetevi, colleghi, quale umanità uscirà da luoghi di tal fatta, dove si vive in quel modo. Vi sono forze politiche, qui rappresentate (lo hanno già espresso e lo esprimeranno), di maggioranza come di opposizione, che annunciano il loro voto contrario. Si assumono una grande responsabilità nei confronti dei cittadini, perché stanno lavorando contro la loro sicurezza e non, come sostengono, a favore.

Sappiamo che tra coloro che godono di misure alternative alla detenzione, 50 mila nel corso del 2005 (per avere la misura della rilevanza anche di questo problema), il tasso di recidività è di un quarto rispetto a chi sconta interamente la pena in carcere ovvero chi accede alle misure alternative, chi viene seguito dalla rete preziosa dei servizi ha quattro volte in meno la possibilità di tornare a delinquere.

E voi cosa pensate che uscirà dalle nostre carceri nelle attuali condizioni di incrudelimento, se l'indulto fosse anche questa volta battuto? Quanta insicurezza avrete regalato agli italiani, che asserite di voler difendere? E quei cittadini, quelle famiglie, quella amministrazione dello Stato, a chi se non a voi dovrà rivolgere le proprie lagnanze?

Come vedete, chi lavora per l'approvazione di questo provvedimento si assume la responsabilità delle azioni di altri 12  mila cittadini che verranno rilasciati, ma anche il merito di quelle che non verranno commesse, di un percorso possibile di reinserimento e nuova cittadinanza. Questo è un paradosso: chi più grida per il rigore e la legalità favorisce invece maggiore illegalità; chi viene accusato di «perdonismo», il nostro gruppo magari, favorisce la legalità e la convivenza civile.

Di più: laddove si invoca a motivo dell'opposizione al provvedimento in esame la mancata esclusione di reati contro la pubblica amministrazione o di quelli finanziari e societari, non posso che ricordare come l'indulto escluda le pene accessorie permanenti e si sia limitato a quelle temporanee e che, non essendo atto di carattere ablativo del reato, sono fatte salve le conseguenze sul piano civile della commissione di quegli stessi reati.

Dunque, non sventolerei tanto le decine di migliaia di cittadini colpiti e coinvolti dai crack come quello della Parmalat, perché mi sembra argomentazione perlomeno levantina. Questo è anche un invito ad abbandonare le facili «ghiottonerie» di posizione (definiamole così) e a lavorare nell'interesse generale del paese.

La campagna elettorale si è conclusa, lo hanno ricordato altri colleghi. Oggi, soprattutto nelle forze di maggioranza, deve prevalere nei fatti, oltre che nelle parole, la responsabilità di Governo. Non si può rinviare a domani, alla riforma ventura, a leggi che verranno. Per quelle c'è una tensione comune che, però, ha i suoi tempi e il suo dibattito.

Peraltro, ci rendiamo conto di varare un provvedimento tampone e sappiamo bene che, senza cambiamenti profondi, rischiamo di trovarci, tra alcuni mesi, in condizioni analoghe. Se, ad esempio, non modifichiamo, come da programma dell'Unione, il testo unico sulle sostanze stupefacenti, come modificato dalla legge n. 49 del 2006, se non modifichiamo la cosiddetta legge Fini-Giovanardi n. 286 del 2002 o la cosiddetta legge Bossi-Fini, ben difficilmente giungeremo mai ad un qualunque risultato sul terreno di una giustizia efficiente e celere, nonché magari giusta, e neppure riporteremo le carceri a quell'ultima ratio cui dovrebbero essere destinate.

In questa direzione vi è un modello ampiamente sperimentato da cui dobbiamo fuggire: è quello degli Stati Uniti d'America. Ciò non per infantile antiamericanismo, ma per palese fallimento. Settecento cittadini ogni centomila rinchiusi - il tasso più alto del pianeta - non hanno prodotto maggior sicurezza: anzi! Invece, la nostra rete dei servizi (ho citato i cinquantamila casi nel 2005), ossia l'affidamento, la detenzione domiciliare, la semilibertà, rappresentano un'alternativa efficiente. Ecco perché in Commissione giustizia, dietro sollecitazione del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, abbiamo chiesto che nel DPEF 2007-2011, il documento fondante i prossimi anni della politica di Governo, vi sia un maggiore impegno proprio nella rete dei servizi territoriali. Usiamo, dunque, anche le risorse che questo provvedimento di indulto rende libere per potenziare finalmente le politiche e l'abnegazione di migliaia di operatori, politiche che si rivelano le migliori. Il carcere rimanga l'ultima ratio!

Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Avremmo voluto cogliere l'occasione della discussione di questo provvedimento per riaprire il dibattito sugli anni di piombo: non è stato possibile. Abbiamo voluto e dovuto fare un passo indietro per realismo e responsabilità.

Ciò nonostante, l'idea che quella stagione, che poco ha a che vedere con recenti e più sanguinarie follie, possa chiudersi anche sul piano giudiziario rimane un impegno di questa come delle passate legislature.

Ordinamento giudiziario, riforma del codice penale, legge cosiddetta ex Cirielli nella parte della recidiva saranno i prossimi terreni su cui misurare il primo passo che questo provvedimento di indulto rappresenta.

Partiamo dalla coda, dagli ultimi, dagli effetti dei mali della giustizia. Sicurezza dei cittadini e non afflittività viaggiano assieme, si rafforzano, piuttosto che indebolirsi.

Lo ripeto: sicurezza dei cittadini e non afflittività viaggiano assieme, si rafforzano, invece che indebolirsi.

Questa è la sfida della nuova legislatura per questo gruppo e l'indulto deve essere inserito in un contesto di paradigmi alternativi, proprio per la sicurezza dei cittadini, e non deve essere considerato un'isolata tecnica riparatrice, che denuncia la nostra impotenza e i nostri errori (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, de L'Ulivo e de La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nicco. Ne ha facoltà.

ROBERTO ROLANDO NICCO. Signor Presidente, colleghe e colleghi, signor rappresentante del Governo, la questione della sicurezza personale e della comunità nel suo insieme è certo una delle principali preoccupazioni dei cittadini.

Non solo e non tanto per i fatti eclatanti che riempiono le pagine dei giornali, quanto (forse, ancora di più) per quella diffusa microcriminalità che ognuno può toccare con mano: un susseguirsi di fatti, in sé singolarmente presi, neppure degni o quasi di cronaca, ma che possono pesantemente incidere nell'animo dell'individuo.

Sarà capitato anche a voi, come a me, di raccogliere la testimonianza di qualche anziano e di constatare l'angoscia che ha generato in lui vedere violata la sua abitazione, considerata il luogo di protezione per eccellenza, le porte e le finestre scardinate, le stanze a soqquadro, gli effetti più cari distrutti o calpestati: più ancora della perdita degli oggetti di valore, pur sempre sostituibili, è proprio questa componente a marchiare negativamente chi ha subito una tale violenza. I cittadini onesti, quelli che considerano dovere civico rispettare le regole che assieme ci siamo dati, chiedono sicurezza e giustizia alle istituzioni: a noi, Parlamento, sul piano legislativo, ed alle strutture dello Stato sul piano operativo. E qual è la nostra risposta?

La giustizia nel suo complesso sta vivendo, in Italia, una stagione particolarmente difficile e travagliata, di crisi manifesta. Basta scorrere la relazione del Primo presidente della Corte di cassazione, Marvulli, sull'attività giudiziaria nell'anno 2005, nella quale si legge del non invidiabile primato dell'Italia in merito al maggior tempo impiegato nella definizione dei processi civili e penali a fronte del maggior numero dei giudici. È a tutti noto - afferma il Primo presidente - come l'esasperata lentezza della giustizia si traduca, nel campo civile, in una vera e propria denegata giustizia che danneggia chi un torto ha già subito e, nel campo penale, nella neutralizzazione della sanzione. Così altri prima di lui, tra cui un Vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Giovanni Verde, il quale non ha esitato ad affermare che l'attuale sistema è costruito in maniera tale che la prescrizione dei reati è una quasi certezza.

L'ordinamento penitenziario, poi, secondo il Primo presidente Marvulli, ha finito per dissolvere la certezza della pena, perché oggi vi è la certezza che nessuna pena verrà eseguita nei termini in cui è stata dal giudice disposta, tali e tanti essendo i benefici e le misure alternative introdotte. Ed è notorio che, dei delitti denunciati, la maggior parte rimane impunita, perché ne restano ignoti gli autori. Quanti sono i cittadini che neppure più denunciano i reati, essendo talvolta la denuncia, per il denunciante, fonte più di preoccupazioni che di giustizia?

Qual è la nostra risposta alla sacrosanta esigenza di sicurezza e di giustizia dei cittadini onesti? Questa proposta di indulto? La scarcerazione di oltre 12 mila detenuti, un colpo di spugna, incredibilmente, anche per chi è stato condannato per reati di corruzione e concussione commessi contro la pubblica amministrazione?

È di tutta evidenza che vi è un problema oggettivo di sovraffollamento delle carceri; ma qual è la soluzione? Adeguare le pene ai posti letto, come scrive ironicamente Ricolfi su La Stampa, ovvero operare seriamente per ridurre il crimine? Il miglior deterrente - forse, l'unico vero  deterrente contro il crimine - è la certezza, l'ineludibilità della pena. Come affermava già Beccaria nel suo noto Dei delitti e delle pene, uno dei più grandi freni ai delitti non è la crudeltà delle pene, ma l'infallibilità di esse: esattamente il contrario di ciò che avviene oggi in Italia!

Certo, il carcere deve essere l'extrema ratio. Certo, come hanno ricordato molti colleghi, il carcere dovrebbe garantire che un uomo possa restare tale, svolgendo ogni forma di attività che gli consenta di rieducarsi e di essere pronto a rientrare nella società. Ma è proprio questo il punto. Quale percorso di rieducazione, di risocializzazione, di reinserimento seguirà mai chi viene scarcerato tout court? La scarcerazione per sovraffollamento è la dimostrazione del fallimento del sistema giudiziario e penitenziario italiano.

È anche un'offesa a tutti quei cittadini che sono stati direttamente colpiti, e con loro a quegli operatori, le Forze di polizia ed i giudici, che si sono prodigati perché i colpevoli fossero assicurati alla giustizia e li vedono beffardamente rimessi in libertà. Con quale spirito possono continuare nel loro lavoro? Con quale fiducia quei cittadini guarderanno a noi?

Infine - e mi rivolgo in particolare ai colleghi della sinistra, di cui peraltro condivido molte altre battaglie - chiedo che senso ha battersi giustamente contro i condoni di vario genere e natura (condoni edilizi, condoni fiscali) in quanto altamente diseducativi ed oggi, su questo terreno, adottare una linea esattamente opposta? Assumere queste posizioni significa forse essere forcaioli, giustizialisti, populisti, demagogici, come ho inteso? Non credo. Cari colleghi, significa solo condividere quell'esigenza di legalità che ancora, nonostante tutto, non è stata interamente soffocata e che dovrebbe essere tra i punti fondanti e qualificanti della civile convivenza e di cui noi dovremmo essere garanti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tenaglia. Ne ha facoltà.

LANFRANCO TENAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, l'argomento che involge l'indulto attiene alle vicende di libertà e di vita di migliaia di persone e famiglie. Ciò deve indurci al massimo esercizio di trasparenza e di responsabilità di fronte alla necessità di dare una risposta a questo problema complesso e di sottrarre lo stesso problema alla polemica ed alla propaganda politica, soprattutto nei suoi aspetti di asprezza e di contrapposizione di parte.

Tali responsabilità e coerenza indussero i rappresentanti dei partiti DS e Margherita, che oggi formano il gruppo unico de L'Ulivo, sul finire della scorsa legislatura, ad esprimersi negativamente su un provvedimento di amnistia che, per gli effetti combinati della data di fissazione alla quale far rimontare i reati da includere e l'effetto combinato del tempo passato e della prescrizione, avrebbe avuto effetti deflattivi contenuti (soprattutto, allora non era accompagnato da interventi strutturali e riformatori del sistema giustizia) e positivamente su un provvedimento di indulto necessario per far fronte all'emergenza reale del sistema carcerario nel nostro paese.

Oggi si è molto discusso, in maniera pacata e costruttiva, del nostro sistema costituzionale. Vedete, gli articoli 27 e 79 della Costituzione formano un sistema. L'articolo 27 indica la funzione della pena e, nello stesso tempo, indica anche il limite di legalità che lo Stato deve assicurare all'interno degli istituti di pena affinché quella funzione sia rispettata e quelle condizioni siano garantite. L'articolo 79, nella sua eccezionalità, indica le condizioni affinché il Parlamento, nella sua funzione sovrana di clemenza, riesca a trovare un punto di equilibrio fra la potestà punitiva e la potestà di clemenza che ogni Stato democratico deve sapere e potere esercitare. Tale punto di equilibrio è dato dall'opportunità di far fronte a situazioni emergenziali quando non è possibile rispettare quella funzione rieducativa della pena e quelle condizioni di legalità: è questa la situazione odierna.

Non possiamo chiudere ulteriormente gli occhi sulle condizioni di vita all'interno  delle carceri. La situazione nelle carceri italiane è sempre più insostenibile. Le lentezze della giustizia ed il sovraffollamento stanno sempre più mortificando la dignità delle persone ed aumentando il senso di risentimento dei detenuti verso lo Stato, percepito più come nemico e vendicatore che come strumento regolatore della vita civile.

Si rafforza così l'appartenenza all'illegalità come scelta di campo e come rafforzamento della propria esclusione sociale. Inoltre, la presenza all'interno delle carceri italiane di un gran numero di persone malate, tossicodipendenti ed in cattive condizioni psicofisiche evidenza la gravità di una situazione nella quale è necessario intervenire, anche attraverso provvedimenti strutturali, attenti alle esigenze di giustizia, alla dignità e ai diritti umani dei detenuti e alle possibilità concrete di una loro riabilitazione e di un loro reinserimento sociale.

Queste valutazioni accomunano tanti di noi: accomunano le organizzazioni che si occupano di assistenza in carcere, accomunano le valutazioni degli operatori della giustizia nelle carceri, accomunano tutti coloro che svolgono la funzione ispettiva attraverso visite periodiche negli istituti di pena.

Vedete, questa situazione peggiora di anno in anno, anche a causa di interventi di riforma legislativa che, nella scorsa legislatura, hanno accentuato il ricorso alla carcerazione quale unico strumento di prevenzione e di sicurezza. Infatti, l'attuale popolazione carceraria raggiunge le sessantamila unità; occorre far riferimento a tale numero, al di là dei titoli per i quali la popolazione carceraria è ristretta in vincoli che rendono le condizioni invivibili ed il livello di legalità della vita nelle carceri al di sotto di quanto è previsto dalla Costituzione. Il 60 per cento di queste sessantamila unità è composto di tossicodipendenti o di extracomunitari. A ciò si aggiunge che nel nostro paese si registra un indice di carcerazione che, nel mondo moderno, è superato soltanto dagli Stati Uniti e dalla Russia: un detenuto ogni mille abitanti e due persone, ogni mille, coinvolte in situazioni carcerarie, se oltre al carcere si valutano i provvedimenti alternativi.

Di fronte a tale situazione, un gesto di clemenza che consenta di rispettare la legalità nelle carceri e di riportare la situazione a condizioni di umanità, di civiltà e di rispetto per la dignità dell'uomo è, quindi, necessario, utile e doveroso.

È questa la ragione che deve muovere la nostra scelta. Certamente, questa ragione deve essere accompagnata da altri livelli di consapevolezza che ci hanno indotto a compiere delle scelte che cercano di coniugare altre esigenze che pure, in quest'aula, sono state richiamate in senso negativo rispetto al provvedimento in oggetto.

Il primo livello di consapevolezza è nel senso che il provvedimento in oggetto non può essere concepito solo come un intervento emergenziale, ma deve avere una prospettiva, come prevede il programma dell'Unione sul tema del carcere, per radicali ed innovative riforme strutturali dell'intero sistema penitenziario e processuale. La vera sfida che aspetta questo Parlamento e la nostra società è di rendere il carcere parte viva della comunità, altrimenti non ha senso parlare di socializzazione, reinserimento, riconciliazione ed accoglienza.

L'altra consapevolezza che deve essere affermata con forza e con chiarezza, affinché i cittadini comprendano il senso e le finalità del nostro lavoro su questo tema e non siano indotti in errore da messaggi demagogici, è che la carcerazione, soprattutto quando è prevista per reati di lieve entità o collegati a stati quali la tossicodipendenza, ovvero ancora per brevi periodi di pena residua, non ha alcuna efficacia e funzione per la sicurezza collettiva, anzi finisce per avere una funzione moltiplicatrice della tendenza alla violazione di legge e alla criminalità dei soggetti che la subiscono.

Infine, con questo provvedimento nessuno vuole derogare ai principi di legalità e di tutela dei cittadini e delle persone offese dal reato, anzi, basterebbe dire che  è proprio una ragione di legalità, quella di riportare la legalità nelle carceri, che induce ad approvare questo provvedimento.

Ma aggiungo che l'indulto è necessario per la funzione emergenziale, causata anche dall'assenza, per tutta la scorsa legislatura, di una politica dell'umanità e civiltà della pena e con un'impostazione che considerava risolvibile il problema delle carceri solo costruendone delle nuove. L'indulto interviene sul periodo finale della pena che è stata scontata tanto più a lungo quanto più grave è il reato commesso.

La potestà e l'interesse punitivo dello Stato, ancora praticati, hanno un interesse affievolito per l'esecuzione prolungata della pena detentiva, anche per l'ormai intervenuta applicazione delle misure interdittive di sicurezza patrimoniale o personale. Sono in conto esclusioni oggettive, le più estese della storia dell'istituto, che ricomprendono reati di particolare gravità, odiosità e violenza. Le esclusioni precedenti nella storia dell'istituto erano molto più limitate e non hanno mai riguardato le tipologie dei reati per i quali tanto stiamo discutendo; anzi, per queste tipologie in alcune circostanze l'istituto dell'indulto era accompagnato dall'istituto dell'amnistia, così che alla cancellazione della pena si accompagnava anche quella del reato. Inoltre, l'indulto licenziato dalla Commissione prevede un periodo di osservazione di cinque anni dall'entrata in vigore della legge, entro il quale se chi ne ha usufruito commette un delitto non colposo per il quale riporti condanna definitiva non inferiore a due anni, il beneficio è revocato. Nella storia dell'indulto nel nostro paese sono comprese varie misure dello sconto di pena, ma nel considerare oggi questo provvedimento non possiamo non dimenticare che dall'ultimo indulto sono passati ben 16 anni.

Gli istituti dell'amnistia e dell'indulto, come poco fa ha correttamente e lucidamente ricordato l'onorevole Farina, da strumenti ordinari di regolazione della situazione della giustizia e delle carceri sono diventati, per le ragioni dette a proposito del sistema costituzionale, strumenti di emergenza ed eccezionali. Quindi, il così lungo tempo trascorso giustifica un ricorso ad uno sconto di pena, neppur presente in altri provvedimenti passati di indulto di questa misura dei tre anni. Si è molto discusso di esclusioni oggettive. Ritengo che il testo oggi al nostro esame contenga un corretto e condivisibile punto di equilibrio sia per l'estensione delle stesse, sia per l'omogeneità in termini di conservazione della gravità dei reati esclusi. Del resto, questa considerazione è fatta anche a monte dal legislatore penale e questo non dobbiamo dimenticarlo.

Certo, ognuno di noi potrebbe essere portatore di proprie sensibilità sulle diverse tipologie di reato e sui beni da esse protetti non ricomprese nelle esclusioni, ma occorre aver ben presente che, a differenza di quanto avviene con l'applicazione dell'amnistia, ci troviamo di fronte a processi già svolti, a responsabilità accertate o che saranno, comunque, accertate, a pene detentive in carcere in tutto o in parte scontate, a pene accessorie non temporanee applicate nella loro interezza e non toccate dall'applicazione dell'indulto, ma eventualmente, solo dopo il periodo previsto dal codice penale, da altri istituti che pure hanno questa finalità, quali quello della riabilitazione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LANFRANCO TENAGLIA. In sostanza, non stiamo cancellando reati e responsabilità.

Concludo con l'auspicio che questo gesto di clemenza sia solo il punto di partenza di un metodo di lavoro, ma anche di un proficuo lavoro parlamentare, che realizzi finalmente una politica della ragionevole durata del processo, dell'efficienza del sistema e della ragionevole certezza e umanità della pena, salvaguardando al tempo stesso le esigenze di sicurezza sociale e la funzione di risocializzazione della pena. In questo modo avremo affermato i diritti della persona, dei cittadini alla sicurezza, delle persone offese al ristoro dei danni e dei detenuti ad un trattamento umano (Applausi dei deputati  dei gruppi de L'Ulivo e de La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, relatore, pochi amici presenti, non intendo leggere l'intervento che avevo preparato, anche a costo di perdere in organicità, perché mi sembra più importante dialogare con le persone, i gruppi e i partiti che sono intervenuti fino adesso, per cercare di capire meglio, con pacatezza ma con nettezza e nitidezza - come, peraltro, tutti hanno fatto -, in quale situazione ci troviamo.

Non sto a ripetere quale sia la posizione dell'Italia dei Valori, essa è stata illustrata dal deputato Orlando ed è nota, perché io stesso l'ho illustrata in Commissione e sulla stampa vi è un ampio dibattito al riguardo. La riassumo dicendo soltanto che non è vero che noi siamo contrari all'indulto; noi siamo favorevoli a votare a favore di un provvedimento di indulto in una situazione emergenziale nel quale siano contenute alcune esclusioni di reati che l'opinione pubblica avverte come particolarmente odiosi.

Siamo sempre stati contrari ad ogni forma di «condonismo» e di «perdonismo» in tutti i settori: da quello fiscale a quello urbanistico, da quello della giustizia a quello sportivo. Per questo abbiamo combattuto battaglie insieme a tanti amici che nella passata legislatura hanno fatto un'opposizione strenua non solo a provvedimenti che tendevano a favorire i soliti potenti con leggi ad personam, ma anche, più in generale, nei confronti di provvedimenti e di interventi che tendevano a cancellare la legalità repubblicana e costituzionale in questo paese con grandi colpi di giro di una «lavanderia» parlamentare che tanti risultati ha ottenuto in questo senso.

Insieme a tanti alleati del centrosinistra, abbiamo combattuto delle battaglie straordinarie, e in base a questo ci siamo presentati ai nostri elettori, i quali ci hanno votato e ci hanno chiamato a governare anche per superare quelle prassi, per ritornare ad un principio di legalità, per sollevare una questione morale e ergerci a presidio della moralità nella vita pubblica e negli affari privati che hanno riflessi nei confronti della comunità.

Oggi, noi non stiamo tornando a fare campagna elettorale, ci stiamo semplicemente riportando ai principi ed ai valori che nella precedente campagna elettorale abbiamo proposto agli elettori e che ci hanno portato alla vittoria. Credo che ciò dimostri coerenza e non populismo e demagogia.

Pur essendo contrari a queste forme di «condonismo» e «perdonismo», noi abbiamo affermato che, in una situazione di emergenza, siamo sensibili alle esigenze e alle sofferenze dei carcerati che vivono in carceri sovraffollate. A tale proposito, dobbiamo fare alcune precisazioni che ci sembrano doverose e molto nette.

Noi respingiamo, in quanto distruttiva per il sistema istituzionale, l'idea che l'indulto sia fondato sul fatto che si possa combattere una supposta illegalità nelle carceri con un'altra illegalità, cioè non rispettare le regole esistenti, banalizzarle o dare l'impressione che si possano eludere perché, prima o poi, giungerà un provvedimento di clemenza.

D'altra parte, siamo contrari all'idea che si possa combattere una supposta illegalità ponendo in essere degli interventi che sarebbero idonei a riportare legalità e umanità nelle carceri in quelle situazioni. L'indulto non fa tutto questo. Noi abbiamo proposto di attendere ancora un po' per discutere tutti insieme quegli interventi strutturali e ordinamentali, legislativi e normativi, che potessero accompagnare un provvedimento di indulto in una situazione di chiarezza normativa.

Questo programma dell'Unione è pienamente conosciuto da tutti i nostri alleati della stessa Unione, nel punto in cui è scritto che il compito primario della presente legislatura sarebbe stato quello di provvedere ad una riforma del codice penale ed, in tale ambito, anche di varare un provvedimento di clemenza, e non  cominciare dalla fine per poi, magari, dimenticarsi che bisogna fare anche il resto.

Ma vi è anche un altro argomento che ci meraviglia. Se le carceri sono davvero invivibili ed illegali, perché non si arriva a proporre, per coerenza fino in fondo, di svuotarle tutte? Perché si fanno uscire soltanto 10 mila detenuti? Gli altri 50 mila sono «carne da macello»? Noi non possiamo accettare l'idea che vi sia ancora un luogo di illegalità in cui, comunque, vi è un residuo di umanità sofferente che è vittima di tale illegalità. Allora, si faccia un indulto non di 3, ma di 5, 10 o di 20 anni. Si svuotino le carceri e si cominci daccapo! I paradossi servono naturalmente a capire qual è la sostanza degli argomenti che vengono addotti a sostegno di una tesi.

Respingo anche l'accusa di insensibilità che da più parti serpeggia nei confronti dell'Italia dei Valori circa la sofferenza dei detenuti. Anzitutto, abbiamo detto che un indulto lo votiamo, ma lo votiamo in un quadro determinato e particolare. Inoltre, noi abbiamo mostrato sensibilità nei confronti dei detenuti, tanto è vero che abbiamo proposto un emendamento che mira a mettere a disposizione dei detenuti scarcerati un assegno di reinserimento che possa consentire loro di non ritrovarsi di nuovo sulla strada, per poi ritornare di nuovo in carcere. Noi l'abbiamo fatto, non chi propone l'indulto!

Noi, ancora, abbiamo sensibilità nei confronti delle vittime del reato, tanto che sempre noi - e non altri - abbiamo proposto un emendamento volto a costituire presso i consigli di aiuto sociale un fondo a sostegno delle vittime che non possono essere risarcite. Quindi, dov'è la nostra insensibilità? Semmai, l'abbiamo mostrata in misura superiore ad altri, a chi, ad esempio, propone un indulto puro e semplice, che non consente di intervenire né sui soggetti svantaggiati né sul piano ordinamentale.

Ci è stato detto che questo è l'unico indulto possibile e ciò deriva da un patto stabilito tra alcune forze del centrosinistra e alcune forze del centrodestra. Poiché è necessaria la maggioranza dei due terzi, bisogna «tapparsi il naso» ed accettare ciò che «passa il convento». Noi non siamo di questo parere, ma siamo del parere che, invece, si sarebbe potuto prendere un po' tempo e compiere un'analisi più seria delle circostanze giuridiche, strutturali ed ordinamentali nelle quali inserire questo indulto. Si sarebbe arrivati a stabilire, come noi abbiamo proposto nel testo dell'atto Camera n. 1392, che vengano immediatamente abrogate alcune leggi fortemente alimentatrici della presenza carceraria, anzitutto la cosiddetta Bossi-Fini, che nel 2005 ha mandato in carcere, da sola, 10 mila persone! Noi, nel ricordato provvedimento, ne abbiamo proposto l'abrogazione e non abbiamo presenti altre proposte altrettanto concrete.

Noi proponiamo l'abrogazione della parte della cosiddetta ex Cirielli che riguarda la recidiva, perché manda - o mantiene - in carcere...

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, la invito a concludere.

FEDERICO PALOMBA. ...di quanto non sarebbe giustificato dal fatto che non c'è un aumento dei reati, né un aumento della gravità dei reati. Vorrei allora dire con molta serenità agli amici alleati che questo patto riguarda soltanto un fatto: voi votate insieme a chi vuole escludere dall'indulto reati contro la pubblica amministrazione e avete voluto escludere dall'indulto, bocciando un mio emendamento, anche i reati di scambio di voti mafiosi.

Avrete il problema di motivare come mai state insieme e votate insieme a chi, da una parte, mostra di essere indulgente, mentre dall'altra ha concorso in gran parte a riempire le carceri. Questo è il punto che abbiamo proposto all'opinione pubblica e che riproponiamo nel dibattito in quest'Assemblea, certi, consapevoli e fiduciosi che vi sia ancora uno spazio, affinché anche noi, alle condizioni che abbiamo detto, possiamo votare un indulto. Altrimenti non lo voteremo.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Intervengo sull'ordine dei lavori, anche per avere al riguardo un chiarimento da parte delle Presidenza. Noto sui banchi del Governo la presenza del ministro Di Pietro; tra l'altro, personalmente mi fa anche piacere, però la sua presenza è collegata alla discussione di questo provvedimento sull'indulto, su cui in realtà, mi sarei aspettato più volentieri la presenza del ministro della difesa...

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Della giustizia!

SIMONE BALDELLI. ... della giustizia. E vedo presente anche il sottosegretario per la giustizia.

Dico questo, Presidente, solo per capire chi dei rappresentanti del Governo qui presenti svolgerà la replica o darà il parere. Se la presenza del ministro Di Pietro è forse in qualche modo una presenza politica, per sottolineare un dissenso su questo provvedimento, allora in questo caso sarebbe più opportuno che egli sedesse nei banchi del suo gruppo parlamentare e motivasse direttamente da lì il suo dissenso.

PRESIDENTE. Onorevole Baldelli, le ricordo che, ai sensi dell'articolo 64 della Costituzione, i membri del Governo, anche se non fanno parte della Camera, hanno diritto e, se richiesti, l'obbligo di assistere alle sedute. Ciò significa che i membri del Governo hanno diritto di assistere, quando ritengano, ai lavori dell'Assemblea, anche se non sono i ministri competenti sul provvedimento che è oggetto di discussione, ed è autonoma valutazione del Governo scegliere da chi farsi rappresentare nel corso dei lavori.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Samperi. Ne ha facoltà.

MARILENA SAMPERI. Il ministro Mastella, nell'esposizione delle linee programmatiche del suo dicastero in occasione dell'audizione in Commissione giustizia, ha indicato in 61 mila i detenuti reclusi nelle carceri, ben 20 mila in più di quanti gli istituti ne potrebbero contenere. Il numero dei detenuti è salito, dal 1990 al 2001, da 29.334 a 55.261 ed è aumentato di altre 6 mila unità negli ultimi cinque anni.

Queste cifre, più di ogni altra cosa, testimoniano l'insostenibilità dell'attuale situazione penitenziaria e l'intollerabilità del sovraffollamento. Questa drammatica situazione, che rende invivibile il carcere per i detenuti e difficoltose le condizioni di lavoro per gli operatori, è il segno, tra gli altri, della profonda disattenzione di cui è stato oggetto questo importante e delicato settore negli ultimi anni. Attualmente, il carcere non è riabilitazione, né strumento di cambiamento. Scontare la pena non ha di per sé virtù miracolose. Sono piuttosto le condizioni e le opportunità che si offrono ai condannati gli elementi fondamentali per rendere migliori o peggiori le persone, e certamente il carcere che oggi conosciamo non aiuta la crescita umana. Spesso abitua all'inutilità e alla invivibilità sociale, diseduca alle relazioni affettive e al lavoro.

Ad esempio, la quota dei detenuti lavoranti è rimasta ferma a 10-13 mila unità; le postazioni lavorative sono rimaste invariate; la possibilità di accedere al lavoro esterno rimane residuale, nonostante la popolazione carceraria sia così notevolmente aumentata.

Da più parti questa situazione così grave è imputata al sovraffollamento. Nelle carceri sovraffollate, la pena diventa più afflittiva del previsto. Negli ultimi anni, la situazione è precipitata con gli oltre 11.500 extracomunitari che, per la legge Bossi-Fini, sono transitati per il carcere e, nella maggior parte dei casi, si tratta di clandestini che non hanno rispettato l'ordine di espulsione. Il provvedimento di indulto è quindi, allo stato, assolutamente improrogabile e necessario per restituire decoro alla vita carceraria.

Nel recente passato, dall'anno del Giubileo in poi, il variegato mondo dell'associazionismo, del volontariato, del terzo settore, ma anche autorità civili e religiose,  si sono battuti per ottenere un provvedimento di clemenza, ma anche di giustizia; soprattutto, si sono battuti nel richiedere un programma serio di reinserimento sociale e lavorativo, unica vera garanzia contro la recidiva, il provvedimento di effettività del funzionamento delle misure alternative e l'ampliamento degli organici degli operatori penitenziari.

Quest'indulto deve allora rappresentare l'avvio di un processo di ripensamento del carcere come prima, e spesso unica, risposta a qualsiasi lacerazione sociale, nonché di un ripensamento del sistema penale e della sua funzione. L'inizio, quindi, e non la fine di un percorso per avviare quelle riforme strutturali che andranno attuate per garantire riconoscimento, formazione e dignità professionale agli operatori, ma anche vivibilità nelle carceri e umanizzazione delle pene, quali elementi fondanti per il recupero e premessa per il reinserimento sociale delle persone detenute.

La prevenzione della recidiva, e quindi il perseguimento della tanto invocata sicurezza, si ottiene attivando l'associazionismo, il privato sociale, gli enti locali, per sostenere chi esce dal carcere. Un vero e proprio piccolo «piano Marshall», come è stato sostenuto da tanti enti e da tanti soggetti del passato, soprattutto in occasione dell'approvazione del cosiddetto indultino. Solo il sostegno sul territorio e concreti percorsi di inserimento sono reale garanzia e prevenzione per rompere la spirale della recidiva e garantire maggiore sicurezza ai cittadini.

Un indulto come precondizione di un percorso di riforme, non la resa dello Stato; ma forse un necessario riequilibrio di pene, spesso lontane da essere occasione per il recupero sociale delle persone condannate. L'indulto non si applicherà, com'è stato detto dai miei autorevoli colleghi, ai reati di maggiore allarme sociale: dall'associazionismo con finalità di terrorismo all'associazionismo di tipo mafioso, dalla prostituzione minorile alla violenza sessuale, dal riciclaggio al traffico di stupefacenti. Sono tutti reati che non saranno toccati dall'indulto. È necessario procedere rapidamente - ed è questa la grande scommessa di questo Governo e di questo Parlamento - ad una revisione del processo e ad una depenalizzazione di alcuni reati, per garantire tempi e pene certi ed una giustizia più equa. La legittima necessità di sicurezza dei cittadini non può essere garantita solo attraverso il carcere, ma attraverso un processo simmetricamente opposto che vada dal penale al sociale, e non dal sociale al penale; attraverso la realizzazione di strumenti idonei ad un effettivo recupero sociale; attraverso azioni di inclusione e non di esclusione sociale. È questa l'Italia che vogliamo (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e de La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 525-bis ed abbinate)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Buemi.

ENRICO BUEMI, Relatore. La ringrazio, signor Presidente.

Svolgerò alcune brevissime considerazioni.

Anzitutto, voglio rivolgere un particolare ringraziamento al Governo, e in particolare al ministro Mastella e al sottosegretario Li Gotti, per i puntuali dati forniti alla Commissione giustizia ed al sottoscritto, che hanno consentito una corretta valutazione nell'impostazione del testo da sottoporre all'esame di questa Assemblea. Un testo che mi pare abbia ricevuto, quanto meno nella discussione svoltasi stamani, l'apprezzamento della maggioranza dell'Assemblea.

Voglio aggiungere, rivolgendomi non tanto ai colleghi quanto ad alcuni mezzi di informazione che oggi parlano dell'argomento, che il testo in esame non è del ministro Mastella: il Governo ed il ministro della giustizia non hanno proposto a questa Assemblea alcun tipo di testo; come  già è stato dichiarato a suo tempo, la responsabilità dell'iniziativa è da attribuirsi solo al Parlamento. Si tratta, infatti, di proposte legislative di iniziativa parlamentare di esponenti sia della maggioranza sia dell'opposizione, tra le quali è stato adottato un testo base, ora sottoposto all'Assemblea per una sua valutazione più puntuale. Quindi, non esiste alcuna iniziativa del Governo; peraltro, la particolare necessità di una maggioranza qualificata per l'approvazione del provvedimento impone che l'iniziativa non sia espressione della maggioranza di Governo dovendo, invece, risultare da una maggioranza più ampia e, possibilmente, non politica.

Lo stato di illegalità che esiste nelle nostre carceri deriva in primo luogo dal sovraffollamento; non vengono rispettati i requisiti standard. Requisiti fissati sia dal legislatore parlamentare sia da quello derivato, il Governo, che ha emanato i provvedimenti regolamentari. Uno Stato che non è in grado di rispettare le leggi che autonomamente si è dato è uno Stato che vive in una situazione di legalità; ebbene, a tale illegalità il provvedimento di indulto tende a porre rimedio immediato.

Ma il rimedio certamente deve tenere conto anche di altre e diverse esigenze, dall'elevata sensibilità sociale dell'opinione pubblica in materia di reati alla particolare gravità di talune ipotesi di reato che richiedono una loro esclusione dall'ambito di applicazione del provvedimento di clemenza. Di qui, il regime delle esclusioni, che derivano da un principio di ragionevolezza e di equilibrio: se il legislatore ha fissato il massimo di pena previsto per l'applicazione dell'indulto, ulteriori ipotesi di esclusione devono derivare da situazioni eccezionali; altrimenti, non si comprenderebbe perché, avendo il legislatore fissato la pericolosità di un reato mediante la dimensione della pena, poi, invece, si effettuino valutazioni ulteriori in un numero di fattispecie di reato particolarmente ampio.

Dunque, le esclusioni hanno tenuto conto di questi aspetti; anzi - e mi rivolgo ai colleghi intervenuti sulla materia -, alcuni reati sono rimasti inclusi nell'ambito di applicazione del provvedimento di clemenza e sono dunque rimasti senza una particolare menzione che ne evidenziasse l'esclusione perché non esiste, almeno stando ai dati fornitici dal ministero, alcuno stato di detenzione in funzione di quei reati. Infatti, francamente, non mi pare che alcuni reati rappresentino quella pericolosità sociale richiamata dalle preoccupazioni espresse da alcuni colleghi intervenuti stamani, perché in stato di detenzione non vi sono persone che abbiano commesso tali reati o i casi sono limitati, configurando ipotesi particolarmente residuali.

Le questioni che, invece, si pongono in termini estremamente seri sono altre; il nostro sistema carcerario manca l'obiettivo principale, ovvero la finalità rieducativa della pena. Non vi sono spazi rispondenti agli standard, non vi sono spazi per il lavoro: con riferimento ai dati forniti sui 10 mila e più detenuti che svolgono attività di lavoro, ebbene si tratta, in buona parte, di attività di tipo domestico, pulizie, piccole manutenzioni e cucine. Però, non vi è, in maniera significativa, alcuna attività produttiva nelle nostre carceri perché non vi sono spazi adeguati, e non perché non vi siano le volontà.

Gli spazi si ricavano, in primo luogo, ripristinando condizioni di non affollamento delle carceri. Non ci sono spazi adeguati per l'attività formativa, non ci sono possibilità di recupero di alcune strutture carcerarie perché la condizione di sovraffollamento impedisce l'inizio di attività di riqualificazione edilizia degli immobili. Soltanto in alcune realtà si possono attivare principi di rotazione che consentano di recuperare in maniera progressiva gli spazi che sono destinati ai detenuti.

Manca, inoltre, in maniera particolarmente significativa, il personale del trattamento. Questo è certamente un problema di spazi, ma anche un problema di organici e di risorse da destinare. Manca il personale per la medicina penitenziaria. Dobbiamo tenere presente una circostanza, vale a dire che, dopo le otto di sera, nelle nostre carceri si muore più  facilmente che altrove, e non perché si svolgano attività illegali o sanzionabili dal punto di vista penale. La ragione è la mancanza del servizio. Perciò, la valutazione della pericolosità di uno stato di malattia, dalle otto di sera alle otto del mattino seguente, è affidata non ad un medico ma al personale di vigilanza. Infatti, in molti nostri istituti di pena, in particolare in quelli di minori dimensioni, non c'è un medico di guardia in servizio all'interno dell'istituto di pena. Sono queste le situazioni che ci fanno ritenere che un provvedimento di carattere eccezionale sia assolutamente indispensabile.

Come ultima considerazione, signor Presidente, intendo riferirmi alla richiamata questione degli extracomunitari e degli stranieri, in genere, presenti nelle nostre carceri. Nei nostri istituti di pena, gli stranieri hanno diritto al medesimo trattamento garantito agli italiani. Nello stesso tempo, però, il provvedimento che mette fine alla pena, o indulto, essendo condizionato alla restituzione del detenuto al paese d'origine, non può intervenire in base a semplice volontà unilaterale dell'Italia. Deve perfezionarsi attraverso accordi bilaterali, che - come i colleghi sanno perfettamente - necessitano di un certo tipo di preparazione e anche della volontà dei paesi di provenienza dei detenuti di accoglierli nuovamente e in maniera rispondente ai principi posti dal diritto internazionale. In altri termini, non devono essere eseguite le pene di morte e il trattamento, riguardo alle persecuzioni politiche, deve essere conforme alla normativa internazionale.

Tali questioni, dunque, ci fanno ritenere questo provvedimento particolarmente meritevole di approvazione e spero che la successiva fase di valutazione delle proposte emendative ci conduca ad una sua rapida approvazione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il Governo è stato chiamato in causa da alcune osservazioni dell'onorevole Consolo. Formulando una domanda interlocutoria, l'onorevole Consolo ha osservato che, dinanzi ad una popolazione carceraria destinata ad aumentare e che si è effettivamente accresciuta negli ultimi anni, si risponde non con l'indulto ma costruendo un maggior numero di istituti carcerari. L'onorevole Consolo ha chiesto al Governo di fornire, eventualmente, dati rispetto a questo inquietante interrogativo. Il Governo, però, ha già fornito questi dati alla Commissione giustizia della Camera, della quale l'onorevole Consolo è un componente.

I dati sono stati forniti, quindi, alla sua attenzione. Da essi risulta che, con gli istituti carcerari attualmente in fase di realizzazione, si prevede la possibilità, in tempi mediamente brevi, di aumentare la capacità di contenimento della popolazione carceraria di 5 mila unità, rispetto agli attuali 42 mila posti.

Salva la realizzazione di nuovi istituti carcerari che, finanze permettendo, potranno essere realizzati, quelli che, invece, sono già a livello di realizzazione o comunque ad uno stadio molto avanzato di studio, consentiranno di creare esattamente 1.800 nuovi posti (quelli in via di completamento) e ulteriori 5.000 nuovi posti (quelli in via di studio, già avviato ed ultimato), per un totale di 7.800 posti che il Governo ritiene, nell'arco di un biennio - questa è la previsione - di poter realizzare.

Si è chiesto come mai non sia stato emanato un decreto - visto che il Governo è ricorso a tale strumento per altre questioni - per stabilire la possibilità di detenzione in condizione di reciprocità con altri paesi. È ovvio considerare che questa non è materia che si possa regolamentare con un decreto, nel senso che sono necessari accordi bilaterali. Anche questo dato è stato fornito in Commissione giustizia - quindi, anche all'onorevole Consolo - e sono attualmente in atto, nel senso che sono stati aperti negoziati - poi sospesi dal precedente Governo - con la Colombia, il Brasile, l'Argentina e il Marocco, oltre quelli già conclusi. Con questi  quattro paesi c'è un negoziato aperto, sospeso dal precedente Governo, quindi, si tratterà di riprendere quanto è già previsto.

Si chiede altresì come mai il Governo non abbia proceduto ad accompagnare questa proposta di indulto - l'onorevole Buemi ha comunque già chiarito che la proposta di indulto non è del Governo - con un provvedimento a favore delle vittime del dovere. Probabilmente, il Governo esaminerà anche questo aspetto, ma non è ovviamente nella proposta di indulto, di iniziativa parlamentare, che poteva inserirsi tale aspetto. Così come si fa carico al Governo della mancata risposta alla possibilità di condizionare l'indulto all'obbligo di risarcimento del danno, oppure la possibilità di concessione dell'indulto dopo aver espiato i due terzi della pena. Anche in questi casi, non si tratta di risposte che poteva dare il Governo, nel momento in cui la proposta è d'iniziativa parlamentare e dunque il Governo non può dare risposte in questa direzione.

Così come si assume - di questo si fa carico il Governo in senso politico - che si tratta di un colpo di spugna: su questo aspetto il Governo intende invece fare un minimo di chiarezza. Il provvedimento di indulto non è un colpo di spugna. Più tecnicamente, si può definire un colpo di spugna il provvedimento di amnistia, che è un fatto estintivo del reato. Essendo invece l'indulto un fatto ablativo di parte della pena, non è un colpo di spugna, nel senso che le condanne rimangono, così come la pena. Il beneficio riguarda una parte della pena, quella condonata, nel senso che per una condanna a 20 anni di carcere, 17 anni vanno espiati mentre gli ultimi 3 anni ricadono nell'indulto. Si dice, quindi, che l'indulto produce i suoi effetti nel tempo, nel senso che fra 15 anni ci sarà qualcuno che potrà godere dell'indulto concesso oggi, cioè, quando maturerà un residuo di pena tale da rientrare nell'indulto medesimo. Quindi, l'indulto non fa uscire oggi i detenuti: oggi si fanno uscire quei detenuti che hanno già maturato un residuo di pena inferiore o contenuto nella misura dell'indulto proposto.

Si è anche osservato che il Governo non avrebbe fornito i dati per differenziare la popolazione carceraria composta da imputati e quella composta da condannati.

Anche in questo caso si tratta di un dato che l'Esecutivo ha fornito; in particolare, la richiesta fu formulata di martedì e già il mercoledì successivo il Governo fornì articolate risposte. Proprio in Commissione, si diede atto della quantità di dati che l'Esecutivo era stato in grado di fornire nel giro di poche ore.

Da tali dati emerge che la popolazione carceraria oggi è rappresentata: per il 61,9 per cento, da condannati a pena definitiva; per il 2 per cento da internati, il cui presupposto è sempre la definitività della pena; per il 36,1 per cento da detenuti in attesa di sentenza definitiva. Di questo 36,1 per cento, il 57,3 per cento è costituito da detenuti giudicabili, il 29,4 per cento è rappresentato da detenuti giudicati in primo grado ed appellanti, il 13,3 per cento è costituito da detenuti giudicati in primo grado, giudicati in grado d'appello e ricorrenti in Cassazione

Quindi, i numeri della popolazione carceraria sono ben noti, così come sono altamente noti i dati forniti dal Ministero e richiamati da una osservazione dell'onorevole Costa. Quest'ultimo, infatti, ha chiesto se il Governo si sia posto il problema di valutare l'incidenza sulla popolazione carceraria del decreto finalizzato alla regolarizzazione di 350 mila stranieri.

L'Esecutivo non ritiene che il suddetto decreto abbia alcun nesso con il problema della popolazione carceraria. Infatti, prospettare un simile accostamento costituisce un fatto che, oltre ad essere ingiustificato, è anche fuorviante. Dai dati forniti risulta che la popolazione carceraria rappresentata da stranieri è sicuramente elevata rispetto ai numeri. Tuttavia, il dato che deve far riflettere è rappresentato dal fatto che, per i reati di fascia bassa, l'incidenza sulla popolazione globale carceraria dei detenuti non italiani è del 40 per cento. Man mano che si aumenta la fascia di gravità dei reati, arrivando all'ultima fascia - quella di maggiore gravità e incidenza sociale del crimine -, l'incidenza  degli stranieri sul totale della popolazione carceraria è del 3 per cento. Si tratta di un dato fornito dal Ministero, che dunque avrebbe consentito il richiesto approccio organico che l'onorevole Costa ha rimproverato al Governo. I dati forniti consentono, appunto, un approccio organico, analitico e non generalistico.

Arrivo alla conclusione, signora Presidente, onorevoli deputati. Su questo punto vorrei esprimere l'idea del Governo. Si è un po' equivocato il problema della natura della pena. C'è un certo andazzo, anche giuridico, che porta a ritenere la pena finalizzata alla rieducazione. Noi sappiamo che, per il principio costituzionale, la pena è afflittiva e deve tendere alla rieducazione. Ovviamente, è la parola stessa «pena» che ha un contenuto di afflittività. Diversamente, la Carta costituzionale avrebbe parlato di misure: le misure restrittive devono tendere alla rieducazione.

Nel momento in cui si parla di pena, si parla di afflittività. La pena deve tendere alla rieducazione. Allora, il problema riguarda la modalità della pena. L'assurdo che si sta verificando nel nostro paese è che la parte afflittiva rimane integra, ossia la pena intesa come privazione della libertà. La modalità della pena, ossia la parte che deve tendere alla rieducazione, è stata stravolta, perché la modalità della pena nelle carceri, così come si sta realizzando nel nostro paese, è esattamente il contrario di quanto afferma la Costituzione.

Si salva, quindi, il primo aspetto, ossia la quantità della pena-parte afflittiva, e si incide sulle modalità della pena, che diventano da rieducative ad afflittive, esattamente il contrario di ciò che dice la nostra Carta costituzionale.

È chiaro che tutti quanti noi dobbiamo lavorare e impegnarci per rispettare in pieno il principio costituzionale: afflittività della pena e funzione di rieducazione della stessa. Sicuramente, la modalità della pena, caratterizzata, in modo particolare, da condizioni carcerarie insostenibili, costituisce il contrario di ciò che afferma la Costituzione.

Sappiamo che l'indulto non risolve questi problemi. Sappiamo benissimo che non li risolve, ma l'indulto non è una misura eccezionale. Nel 1990 si disse: mai più un indulto, mai più un atto di clemenza, ma dobbiamo anche dire che ciò è contrario al principio della nostra Costituzione, che prevede gli atti di clemenza. Mai e poi mai il Parlamento potrà dire «mai più» rispetto a qualcosa che è prevista dalla Costituzione. Mi sembra un'aberrazione.

Gli atti di clemenza sono previsti dalla Costituzione e la previsione costituzionale è stata ulteriormente rafforzata proprio nel momento in cui si è stabilita una maggioranza qualificata per approvare l'atto. Ciò significa che il principio costituzionale è stato fatto salvo. La maggioranza qualificata ha modificato i numeri per l'approvazione, ma il principio è stato fatto salvo.

Se il principio è fatto salvo, non deve essere considerato uno strappo. L'atto di clemenza non può essere considerato uno strappo e, rispetto ad esso, mi pare che tutti i gruppi non hanno espresso una pregiudiziale. La differenza all'interno di alcuni gruppi si è contrassegnata esclusivamente su alcune qualità dell'indulto e su alcune esclusioni oggettive dallo stesso, oppure sulla quantità. Ma non mi sembra che da parte di alcun gruppo vi sia stata una pregiudiziale sull'atto di clemenza.

Questo è un segnale estremamente positivo da parte del Parlamento. Forse i gruppi di Alleanza nazionale e della Lega hanno assunto posizioni più dure, ma il gruppo di Alleanza nazionale ha tenuto a specificare che, comunque, c'è un dibattito interno allo stesso partito.

Ciò significa che sul provvedimento in esame è aperta una discussione, come si diceva, già avviata in Commissione, che il Governo si augura continuerà a svolgersi in quest'aula con il contributo di tutte le forze politiche.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sospendo la seduta, che riprenderà alle 17 con la discussione generale sul Documento di programmazione economico-finanziaria  relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2007-2011.


 

 


 

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

31.

 

Seduta di Martedì 25 luglio 2006

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE

GIORGIA MELONI

indi

DEI VICEPRESIDENTI

CARLO LEONI

E PIERLUIGI CASTAGNETTI

E DEL PRESIDENTE

FAUSTO BERTINOTTI

(omissis)

 


Seguito della discussione della proposta di legge: Buemi ed altri: Concessione di indulto (Testo risultante dallo stralcio degli articoli 1 e 3 della proposta di legge n. 525, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006) (A.C. 525-bis ); e delle abbinate proposte di legge: Jannone; Boato; Boato; Forlani ed altri; Giordano ed altri; Capotosti ed altri; Crapolicchio ed altri; Balducci e Zanella (A.C. 372-662-bis-663-bis-665-bis-1122-bis-1266-bis-1323-bis-1333-bis) (ore 15,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge d'iniziativa dei deputati Buemi ed altri: Concessione di indulto; e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa dei deputati: Jannone; Boato; Boato; Forlani ed altri; Giordano ed altri; Capotosti ed altri; Crapolicchio ed altri; Balducci e Zanella.

Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 525-bis ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico della proposta di legge, nel testo della Commissione, e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 525-bis ed abbinate sezione 3).

Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso il prescritto parere (vedi l'allegato A - A.C. 525-bis ed abbinate sezione 1 e 2).

Avverto che non sono da considerarsi ammissibili, ai sensi dell'articolo 86, comma 1, e 89 del regolamento, i seguenti articoli aggiuntivi, non previamente presentati in Commissione e che non vertono nell'ambito degli argomenti già considerati nel testo e negli emendamenti presentati e giudicati ammissibili in Commissione: Contento 1.01 (pag. 69), che prevede che ministro della giustizia individui, in sede di approvazione della legge finanziaria per l'anno 2007, un programma di interventi urgenti in materia di edilizia carceraria; Palomba 1.02 e 1.03 (pag. 70), che prevedono rispettivamente l'istituzione di un fondo per la corresponsione di un contributo a favore dei consigli di aiuto sociale e l'istituzione di un fondo per la corresponsione di un contributo a favore dei detenuti che beneficiano dell'indulto e che versino in condizioni di disagio economico.

Ricordo peraltro che, ai sensi dell'articolo 79 della Costituzione, l'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale. Ove i predetti articoli aggiuntivi fossero ammessi, gli stessi - essendo collocati in una proposta di legge di indulto - sarebbero posti in votazione con una maggioranza aggravata, pur non essendo il contenuto degli stessi riconducibile alla concessione dell'indulto.

Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare. A tal fine, i gruppi Italia dei Valori, Alleanza nazionale e Lega Nord Padania sono stati invitati a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione. Tuttavia, in considerazione della rilevanza dell'argomento trattato e  del fatto che la proposta in esame consta di un unico articolo, la Presidenza - senza che ciò costituisca precedente - ha ritenuto di ammettere alla votazione un numero di emendamenti pari al triplo di quelli consentiti dal richiamato articolo.

Ricordo nuovamente che, ai sensi dell'articolo 79 della Costituzione, l'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera in ogni suo articolo e nella votazione finale.

Da tale previsione discendono, come già ricordato dalla Presidenza nella seduta del 12 gennaio 2006, le seguenti conseguenze. Poiché l'articolo 79 non fa alcun riferimento alle votazioni intermedie che caratterizzano il procedimento legislativo, alle votazioni riguardanti gli emendamenti riferiti ai singoli articoli si applica il principio generale della maggioranza semplice, fatta eccezione per gli emendamenti interamente sostitutivi e per gli articoli aggiuntivi che necessitano per essere approvati della maggioranza dei due terzi.

Come già ricordato, la votazione dei singoli articoli del progetto di legge deve avvenire con la maggioranza dei due terzi dei componenti della Camera. Nel caso in esame, tuttavia, essendo la proposta composta di un unico articolo, secondo quanto previsto dall'articolo 87, comma 5, del regolamento, non si procederà alla votazione di tale articolo, ma si passerà direttamente alla votazione finale del provvedimento che avrà luogo, conformemente alla norma costituzionale, con la maggioranza dei due terzi dei componenti.

Gli emendamenti soppressivi dell'articolo unico del testo devono essere viceversa votati con la maggioranza ordinaria. Poiché il quorum aggravato è previsto dalla Costituzione solo per l'approvazione del progetto e dei suoi singoli articoli, esso non può infatti ritenersi applicabile per una deliberazione di carattere negativo, quale la proposta di soppressione di un articolo.

Il deputato Buontempo ha chiesto di parlare sulla dichiarazione di inammissibilità dell'articolo aggiuntivo Contento 1.01. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, l'articolo aggiuntivo Contento 1.01 è stato dichiarato inammissibile. A mio avviso, invece, sarebbe stato più opportuno chiedere al collega di riformulare tale articolo aggiuntivo prima ancora che lo stesso venisse inserito nel fascicolo delle proposte emendative presentate.

Come è noto, il provvedimento in esame si basa sul fatto che le carceri italiane sono insufficienti a contenere l'attuale numero di detenuti. Dato questo presupposto, all'onorevole Contento sembrava giusto che in questo provvedimento si prevedesse, tra l'altro, che il ministro della giustizia individuasse, in sede di approvazione della legge finanziaria per l'anno 2007, un programma di interventi urgenti in materia di edilizia carceraria, che possano essere realizzati a partire dal 2007, con le necessarie coperture finanziarie.

Tale articolo aggiuntivo al momento non mi pare che comporti un aumento della spesa. A questo riguardo, ricordo che l'articolo 86, comma 2, del nostro regolamento prevede che qualora i nuovi articoli aggiuntivi o emendamenti importino maggiori spese o diminuzione di entrate, sono trasmessi, appena presentati, alla Commissione bilancio affinché siano esaminati e valutati nelle loro conseguenze finanziarie. A tal fine, il Presidente della Camera stabilisce, ove occorra, il termine entro il quale deve essere espresso il parere della Commissione bilancio.

Ciò detto, desidererei sapere se nei confronti di questo articolo aggiuntivo vi è una presa di posizione della Commissione bilancio e conoscere, qualora questa abbia espresso parere contrario, le motivazioni che l'hanno indotta ad esprimere tale parere. A mio avviso, lo ripeto, si poteva chiedere al collega Contento, tramite gli uffici, una riformulazione di tale articolo aggiuntivo proprio perché la materia in esso trattata a me pare attinente al provvedimento in esame. Quello che con tale articolo aggiuntivo si chiede è di fissare, come peraltro avvenuto centinaia di volte, in questo provvedimento dei «paletti» (chiamiamoli così) affinché norme successive  vertenti sulla stessa materia tengano conto dell'indirizzo già espresso da questa Camera.

Non ritengo - e concludo, Presidente - che la dichiarazione di inammissibilità sia stata fatta secondo la previsione regolamentare. Semmai, a tempo debito, avrebbe potuto essere chiesta una riformulazione, in quanto nell'articolo aggiuntivo in questione si sarebbe potuta modificare la dicitura «a partire dal 2007», in base al principio per cui all'interno di una legge non si può stabilire una data per un evento che deve essere previsto da un'altra legge.

Se venisse eliminata l'espressione «che possono essere realizzati a partire dal 2007», l'articolo aggiuntivo sarebbe accoglibile. Altrimenti, dovremmo dire, ma lo svilupperemo nel corso del dibattito, che il provvedimento in esame si regge sul nulla, poiché non è accompagnato da un impegno, nella proposta di legge, per cui si provvede all'indulto - a cui personalmente sono contrario insieme al gruppo cui appartengo - a causa di un sovraffollamento. Se non viene previsto nulla per eliminare le condizioni di tale sovraffollamento, mi pare che il provvedimento stesso risulti monco.

PRESIDENTE. È stata sollevata un'obiezione circa la decisione della Presidenza di dichiarare inammissibile l'articolo aggiuntivo Contento 1.01. Mi rendo conto del contenuto politico delle osservazioni svolte; tuttavia, dal punto di vista regolamentare, non posso che ribadire la decisione assunta.

L'articolo 86, comma 1, del regolamento della Camera dei deputati stabilisce, infatti, che per l'esame in Assemblea possono essere presentati solo gli emendamenti o articoli aggiuntivi già respinti in Commissione, nonché ulteriori emendamenti o articoli aggiuntivi, purché nell'ambito degli argomenti già considerati nel testo o negli emendamenti presentati e giudicati ammissibili in Commissione. L'articolo aggiuntivo in questione non risponde palesemente ai citati requisiti, non essendo stato presentato in Commissione e non vertendo sulla materia specificamente oggetto del provvedimento. La Commissione bilancio ha dato parere sull'argomento, ma questo è ininfluente sulla sua ammissibilità.

Deve inoltre essere ribadito che, ai sensi dell'articolo 79 della Costituzione, l'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale. Ove i predetti articoli aggiuntivi fossero ammessi, gli stessi, essendo collocati in una proposta di legge di indulto, sarebbero posti in votazione con una maggioranza aggravata, pur non essendo il contenuto degli stessi riconducibile alla concessione dell'indulto.

Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il deputato Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, abbiamo letto con una certa sorpresa l'elenco dei deputati che hanno chiesto di parlare nella parte pomeridiana della seduta. Francamente, ci aspettavamo un confronto aperto, visto che si tratta di un provvedimento che nasce in una sede prettamente parlamentare.

Vedo invece che, dopo l'onorevole D'Elia, sono iscritti a parlare soltanto deputati del gruppo dell'Italia dei Valori. Dunque, proprio per poter esprimere al meglio il senso del nostro contributo, vorrei pregarla, signor Presidente, di invertire l'ordine degli interventi facendo iniziare i colleghi Leoluca Orlando, Raiti, Costantini, Palomba, Borghesi, Belisario, Donadi e, a seguire, gli altri.

Le sarei estremamente grato se volesse concederci tale opportunità.

PRESIDENTE. Mi si fa rilevare che hanno chiesto di intervenire sul complesso delle proposte emendative presentate anche deputati appartenenti ai gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania.

I deputati che hanno chiesto di intervenire sono stati «intercalati» finché si è potuto; dopo di che, non ne sono rimasti  altri se non quelli appartenenti al gruppo dell'Italia dei Valori, i quali sono stati così aggiunti all'elenco.

FABIO EVANGELISTI. Non ho capito la risposta, Presidente!

PINO PISICCHIO, Presidente della II Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO, Presidente della II Commissione. Vorrei chiedere al Presidente di sospendere la seduta per qualche minuto, al fine di consentire al Comitato dei nove di esaminare una richiesta formulata da un gruppo parlamentare in sede di Commissione giustizia.

Data l'importanza del dibattito che ci apprestiamo a svolgere questo pomeriggio, credo che affrontare tale questione possa risultare utile ai fini dell'economia dei lavori parlamentari.

PRESIDENTE. Presidente Pisicchio, per favore, può dirmi di quanto tempo ha bisogno?

PINO PISICCHIO, Presidente della II Commissione. Signor Presidente, saranno necessari non più di dieci minuti.

PRESIDENTE. Inviterei l'Assemblea a riflettere sulla proposta di sospendere i nostri lavori per il tempo indicato.

ELIO VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, vorrei far presente che il problema non è costituito dalla durata della sospensione della seduta. Per noi, infatti, tale sospensione può anche essere eterna, ma il problema è che si è già svolto l'esame in sede di Commissione.

Segnalo che la stessa Commissione ha già espresso il proprio parere su tutte le proposte emendative presentate e non riteniamo corretto che quando, in sede di Assemblea, si sta per avviare la discussione sul complesso delle proposte emendative presentate, il presidente della stessa Commissione giustizia richieda una sospensione dei lavori.

Il tempo può anche essere limitato - dal momento che sono limitate le modifiche ai pareri espressi che si intendono apportare -, tuttavia si tratta, a nostro avviso, di una questione di principio. Pertanto, se deve essere accolta la richiesta di sospensione, signor Presidente, allora tanto varrebbe rinviare l'esame del provvedimento in Commissione e rivederci a settembre!

Non si tratta solo di sospendere i lavori per dieci minuti, perché il problema è tener fede al lavoro già svolto dalla Commissione giustizia, e vorrei rilevare che il presidente di tale organo dovrebbe essere il garante dell'attività già svolta.

Credo, pertanto, che l'Assemblea sia in condizione di procedere con l'esame del provvedimento all'ordine del giorno. Non riteniamo necessarie ulteriori sospensioni: anzi, le consideriamo del tutto controproducenti (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, mi sembra che, in questa vicenda, siano già capitate un po' troppe stranezze. Vedo l'onorevole Di Pietro in aula - mi rivolgo a lei per rispetto nei suoi confronti, onorevole Di Pietro: la mia era solo una cortesia - e, tra le varie stranezze di questo dibattito sull'ordine dei lavori, vorrei citare il comunicato emesso, ieri sera, dall'ufficio stampa del Ministero delle infrastrutture, il quale ci ha informato riguardo ad una sorta di «autosospensione».

Tale comunicato, infatti, afferma che, visto il perdurare del silenzio da parte dei leader del centrosinistra, il ministro delle infrastrutture ha sospeso gli incontri e le attività a data da destinarsi per dedicarsi alla questione dell'indulto.

Si tratta, a mio avviso, di una stranezza: non credo, infatti, che la nostra  Costituzione preveda il congelamento o l'autosospensione da incarichi di Governo. Rispetto comunque fino in fondo, naturalmente, il parere del ministro, il quale è evidentemente contrario all'approvazione del provvedimento in esame, così come lo sono, d'altronde, alcuni gruppi parlamentari.

Vorrei tuttavia rivolgere una richiesta alla Presidenza. In questo caso, qualcuno - il Presidente del Consiglio dei ministri, oppure il Vicepresidente del Consiglio, dal momento che è presente in Assemblea - deve chiarire la dinamica alla base degli eventi che si stanno dipanando; in caso contrario, si tratterebbe veramente di aggiungere stranezza a stranezza (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale); oltretutto, si inserirebbero, nell'ambito di una vicenda già di per sé complicata, ulteriori questioni che la renderanno, inevitabilmente, indistricabile!

Vorrei aggiungere che, in materia di indulto, anche in passato sono state espresse opinioni diverse. Tutti noi conosciamo la situazione carceraria: ebbene, oggi è il 25 luglio, ed i gruppi contrari alla concessione dell'indulto possono seguire due strade. La prima via è esprimere la propria contrarietà e cercare di convincere della bontà delle loro ragioni chi, come me, la pensa diversamente.

L'altra strada è quella di ricorrere all'ostruzionismo parlamentare, che consentirebbe al Presidente della Camera di applicare il contingentamento nel calendario successivo, vale a dire nei primi giorni di agosto.

L'unico risultato sarebbe non tanto quello di far ritornare i deputati ad agosto - perché questo è nostro dovere e, dunque, torneremmo -, quanto quello di rendere ancora più difficile la situazione carceraria in ordine ad attese che si sono prodotte anche a causa del fatto che il ministro della giustizia del vostro Governo, qualche settimana fa, è andato ad evocare questo tema nelle carceri, mentre tutti sappiamo che questo non è un tema da evocare nelle carceri (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)! Infatti, una classe politica seria o accetta di andare avanti sulla strada delle decisioni oppure, con rispetto, assume una decisione diversa. L'unica cosa che non può fare è andare irresponsabilmente ad evocare questo tema nelle carceri, giocando con le attese dei detenuti.

In definitiva, onorevole Presidente Bertinotti, il presidente Pisicchio ha chiesto una interruzione di dieci minuti. Da semplice parlamentare, dico al presidente della II Commissione che io e il mio gruppo le concediamo volentieri dieci minuti di sospensione; non solo dieci minuti: mezz'ora, un'ora, ma lei ci deve dire quali sono gli elementi nuovi che devono essere esaminati dal Comitato dei nove. Altrimenti, è un'assurdità; qui si stanno stravolgendo le regole!

Come sottolineato dall'onorevole Elio Vito, il problema non sono i dieci minuti, in quanto siamo di fronte ad una questione di principio. A cosa serve questa sospensione? Vi sono elementi nuovi? Devono essere presentati ulteriori emendamenti?

Presidente Pisicchio, se ci chiarisce questo aspetto, possiamo anche essere d'accordo in ordine alla sospensione, altrimenti - Presidente Bertinotti - sono convinto che lei, come sempre ha fatto, sarà garante della regolarità delle procedure. Ciascuno si dovrà assumere la responsabilità davanti al paese di dire «sì» o «no» all'indulto.

Auspico che i gruppi dell'opposizione - come ha fatto Alleanza nazionale attraverso il presidente La Russa - si assumano la responsabilità di dire «no» all'indulto senza ricorrere all'ostruzionismo che, in questo caso, significa giocare con le attese dei detenuti (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, dico subito che siamo contrari alla proposta di sospensione anche di un solo minuto, in quanto - grazie ai colleghi dell'Italia dei Valori - siamo nella condizione di fornire risposta al quesito posto dall'onorevole Casini in ordine a quale sia la motivazione di tale sospensione.

Credo che il contrasto evidente esistente all'interno della maggioranza spinga l'Italia dei Valori a presentare tardivamente una «pezza» che farebbe diventare ancora più arlecchinesca l'intera coloritura di questo provvedimento. Credo cioè che i deputati dell'Italia dei Valori abbiano lecitamente in animo - ma dovevano pensarci prima - che il termine dal quale comincerà a decorrere la possibilità di godere dell'indulto non sia più quello del 2 maggio 2006, ma sia legato alla situazione dei reati passati in giudicato.

Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, mi sembra si stia discutendo di situazioni che ci consentono di denunciare una sorta di gioco delle parti.

Caro onorevole Di Pietro, occorre essere chiari: non è necessario fare ostruzionismo e noi non ne faremo. È necessario consentire che il Parlamento decida liberamente se intende concedere l'indulto o se invece ritenga - come noi riteniamo - che ciò non sia utile allo svuotamento delle carceri, che a nostro avviso, dopo tre mesi, in mancanza di altri seri provvedimenti, si riempirebbero nuovamente. Il tentativo di approvare norme che consentano che gli amici escano dal carcere e che i nemici restino nel carcere non trova alcun accoglimento da parte nostra (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale e di deputati dei gruppi di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, intervengo per esprimere l'appoggio dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori alla richiesta di sospensione formulata dal presidente Pisicchio.

Ho ascoltato parole, frasi, ma soprattutto toni, che mi sembrano veramente poco pertinenti con l'oggetto della discussione attuale.

Mi è parso di percepire nelle sue parole, onorevole Vito, - lo dico con il massimo rispetto nei suoi confronti - quasi un timore rispetto al fatto che chissà cosa di drammatico questa sospensione possa cambiare negli equilibri di un indulto, che, evidentemente, si ritiene di aver già concordato nei termini e nei contenuti.

Devo dirlo con uguale rispetto: ho sentito negli altri interventi tutta una serie di considerazioni, condivisibili o meno, a seconda dei punti di vista, probabilmente più consone a un contenzioso elettorale, piuttosto che a un confronto parlamentare su un aspetto che mi pare limitato e puramente tecnico, ovvero quello di concedere o meno questo breve termine di riflessione.

Da parte nostra, la chiarezza dei nostri comportamenti e la mancanza di qualsiasi intenzione di accedere ad «accordicchi» e piccole contrattazioni dell'ultimo minuto saranno manifestate, nelle prossime ore, con il nostro comportamento in aula. Il nostro comportamento non avrà nulla di ostruzionistico e, semplicemente, cercherà, attraverso il contributo che ognuno dei deputati del nostro gruppo tenterà di fornire a un dibattito chiaro, articolato e preciso, rispetto a un tema che riteniamo centrale, importante e cruciale per tanti aspetti della vita del nostro paese, di apportare quella dignità e quella ampiezza che merita un simile argomento.

Mi sembrano assolutamente fuori luogo le considerazioni svolte in questa sede nei confronti del ministro di Pietro, ma non credo che egli abbia bisogno di difensori. Per questo motivo, esprimiamo il nostro consenso a questa breve interruzione (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Franceschini. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, mi pare che, fino ad oggi, siamo  riusciti positivamente ad affrontare il tema di un provvedimento di clemenza, che richiede, come sappiamo, la maggioranza dei due terzi dei componenti su ciascun articolo e sul voto finale, tenendo in qualche modo slegato il dibattito politico dal confronto normale tra maggioranza ed opposizione.

Credo che, sulla base del testo approvato dalla Commissione, l'esigenza di dieci minuti o di un quarto d'ora di sospensione per verificare la praticabilità e l'accoglimento di alcuni elementi, che non cambiano la natura del provvedimento - lo dico rispetto a quanto dichiarato dal presidente La Russa -, per quel che riguarda il gruppo dell'Ulivo, non abbia nulla a che vedere con la data rispetto alla quale verrebbe applicato il provvedimento di clemenza.

Credo che tale sospensione sarebbe utile per consentire di raggiungere il quorum dei due terzi dei componenti. Se, invece, prevalesse la volontà di fare apparire all'esterno ciò che è utile, piuttosto che cercare utilmente di concorrere ad una soluzione che metta insieme i due terzi dei componenti di quest'Assemblea, potremmo scegliere un'altra strada.

Siccome mi pare, signor Presidente, anche rispetto agli appelli che lei ci ha rivolto in questi giorni, che sia utile cercare di costruire questa intesa, ritengo sia assolutamente fisiologico e normale dare tempo alla Commissione di riunirsi un quarto d'ora, per vedere se è praticabile una soluzione che ci consenta di raggiungere il quorum previsto (Applausi dei deputati del gruppo de L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gibelli. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, io mi rivolgo particolarmente a lei per un invito formale sulla necessità assoluta di garantire il rispetto delle regole che la Camera si è data in questi anni.

Non possiamo accettare che, magari attraverso una votazione dell'Assemblea, si tenti di forzare una condizione politica che vede una componente della maggioranza fare palesemente ostruzionismo rispetto all'attività e alle scelte della propria maggioranza e del proprio Governo. Non vogliamo e, quindi, non accettiamo la possibilità che si interrompano i lavori parlamentari, perché siamo oltre il tempo massimo.

Il tempo richiesto, al di là dei dieci minuti, che non sono importanti in quanto tali, non può diventare un modo per trovare un ulteriore artifizio per la componente capitanata e guidata dal ministro Di Pietro, che chiamo ex ministro, perché non si comprende fino in fondo che cosa intenda dire quando congela le proprie funzioni, visto che ci sono milioni di persone sulle strade che hanno bisogno di un ministro che si occupi di infrastrutture, quando, per questioni di lana caprina, viene qui a fare il primo della classe e a dirci che sta nella maggioranza di Governo, un giorno sì e dieci minuti no, per permettere al Comitato dei nove di intervenire (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!

Perché le chiedo, come hanno già fatto i miei colleghi, di rispettare il regolamento? Perché non vorrei che accadesse che, dopo gli interventi delle numerose persone appartenenti al gruppo dell'Italia dei Valori che hanno chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti con una chiara azione ostruzionistica, si giungesse all'applicazione dell'articolo 44 del regolamento. Probabilmente, il ministro Di Pietro è più abituato a Porta a Porta che alle aule del Parlamento...

Signor Presidente Bertinotti, mi rivolgo a lei: non vorrei che, dopo aver visto l'elenco dei colleghi dell'Italia dei Valori che hanno chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti per svolgere chiaramente un'azione ostruzionistica, qualcuno, magari seduto vicino all'onorevole Franceschini, chieda l'interruzione della discussione, ai sensi dell'articolo 44 del regolamento. Tale meccanismo consentirebbe di chiudere la discussione e permetterebbe al ministro Di Pietro di affermare di portare  avanti la sua azione ostruzionistica sapendo benissimo che ciò non avverrà.

Allora, le chiedo di consentire il proseguimento dei lavori. Questa Assemblea non può accettare di mettere delle «pezze» a tale provvedimento: oggi, si chiede di essere a favore o contro l'indulto. O si sta in questa maggioranza o non si sta in questa maggioranza; e non si può decidere a giorni alterni, come fa qualcuno che nelle piazze grida vergogna rispetto a questo provvedimento, mentre continua a sedersi nei banchi del Governo, facendo finta di niente (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Per quanto riguarda la Presidenza, faccio soltanto notare, per evitare polemiche a mio giudizio sovrabbondanti, che il ministro Di Pietro è presente nei banchi del Governo, come è suo diritto, naturalmente senza intervenire nel dibattito.

Ha chiesto di parlare il deputato Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, noi ci rimettiamo alla sua autorevolezza. Lei ha sotto gli occhi il clima di ricatto politico con cui la maggioranza e il Parlamento stanno affrontando un serio atto di giustizia e di responsabilità. L'indulto non può essere una merce di scambio. L'atto di clemenza o di giustizia erga omnes non deve essere barattato con regole ed eccezioni palesemente costruite per coprire o colpire Tizio, Caio e Sempronio.

Il nostro gruppo - Democrazia Cristiana-Partito Socialista - ovviamente è favorevole all'indulto, all'amnistia, ad una completa revisione del sistema carcerario, nonché ad una completa revisione del sistema di giustizia, con la speranza, infine, non tanto recondita, che il ministro Di Pietro mantenga la sua minaccia e vada finalmente a casa. Il motivo che non possiamo nascondere è che proviamo vergogna per il giudizio che l'Europa esprime sul nostro sistema carcerario e sulla nostra giustizia. Non si può portare avanti un ministero da pubblici ministeri. I pubblici ministeri devono fare i pubblici ministeri e non devono stare in questo Parlamento. Egli non può continuare a ricattare il suo gruppo, imponendo ai suoi appartenenti di parlare ad ogni costo, pur sapendo che molti di loro sono a favore dell'indulto. Non sono uomini liberi; è l'Italia dei dis-valori !

FEDERICO PALOMBA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, in questa sede si stanno stravolgendo le regole del gioco. Il presidente Pisicchio ha chiesto legittimamente, a termini di regolamento, la riunione del Comitato dei nove, poiché è data a quest'ultimo organo la possibilità di proporre autonomamente nuovi emendamenti. Il gruppo dell'Italia dei Valori ritiene di dover proporre alla Commissione, attraverso il Comitato dei nove, una seria proposta emendativa: non vediamo niente di stravolgente rispetto a ciò che la Commissione può liberamente e autonomamente decidere. Faccio parte del gruppo dell'Italia dei Valori e voglio dire al collega che mi ha preceduto che mi sento pienamente libero, forse più libero di quanto egli non si senta nel suo gruppo, e non gli permetto minimamente di insultare alcuno dei deputati di questo Parlamento, i quali sono tutti liberi, fino a prova contraria (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori)!

Inoltre, signor Presidente, non ho bisogno di prendere le difese di alcuno. Tuttavia, se l'intervento nei confronti del ministro Di Pietro volesse significare che c'è qualcuno a sovranità politica limitata, questo lo si deve dimenticare! Ad ognuno, tanto più ad un leader di un partito che ha manifestato, e confermato, la piena fiducia alla maggioranza ed al Governo, deve essere consentito di esprimere le sue opinioni e posizioni nel modo da lui ritenuto più opportuno, senza che alcuno possa ergersi a giudice!  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Raiti, (Commenti), naturalmente sull'ordine dei lavori. Ne ha facoltà.

SALVATORE RAITI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sento il dovere di intervenire, non foss'altro che per puntualizzare, per rispondere ad affermazioni di un collega della Lega che, per il pulpito dal quale provengono...

PRESIDENTE. Per favore, vorrei che lei si attenesse all'ordine dei lavori.

SALVATORE RAITI. Certo, signor Presidente, mi sto sforzando di seguire un percorso logico per far capire la ragione per la quale chiederò di procedere in un certo modo relativamente all'ordine dei lavori.

Il collega della Lega si è sforzato, in maniera impropria, nel compito di offendere l'attività del ministro delle infrastrutture, quando il gruppo dell'Italia dei Valori, con il suo presidente, non sta conducendo altro che una battaglia politica nella quale non soltanto ci siamo spesi nel corso di questi anni, ma abbiamo chiesto il voto, dapprima durante le primarie e, successivamente, alle elezioni politiche. Non si possono sentire certe affermazioni da parte del collega della Lega, il quale dimentica che, spesso, nel corso nella precedente legislatura, i ministri del suo partito saltavano a piazza Montecitorio al grido di: «Chi non salta italiano è!», offendendo, in tal modo, tutto il popolo italiano (Commenti dei deputati della Lega Nord Padania)!

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, ma che ordine è?

SALVATORE RAITI. Oggi, si viene ad attaccare un ministro che, nel corso della sua attività istituzionale...

PRESIDENTE. Per favore, la prego!

SALVATORE RAITI. ...sto arrivando alla conclusione, signor Presidente ... sia per ore sia per qualità di lavoro, ha già svolto più di un mandato rispetto al ministro precedente! Lo dico soltanto per ribadire che noi ci sforziamo di essere (Commenti)...

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia! Invito tutti ad avere pazienza e chi parla a concludere.

SALVATORE RAITI. Sto arrivando alla conclusione, signor Presidente.

PRESIDENTE. Lei sa che, per consuetudine, parla un solo deputato per gruppo, mentre io sto permettendo ulteriori interventi sull'ordine dei lavori, in ragione degli argomenti trattati; però, prego anche lei di favorire la conclusione.

SALVATORE RAITI. La ringrazio, signor Presidente: favorirò subito la conclusione.

Dicevo che noi ci sforziamo di essere una forza moderata ed equilibrata. Il contesto nel quale ci muoviamo ci porta a dire che la richiesta di una sospensione di dieci minuti va nella direzione di un ulteriore confronto propositivo, per trovare una strada che ci possa consentire di soddisfare esigenze opposte e che, comunque, come accade nella politica, spesso possono trovare una sintesi. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie a lei.

Come loro capiscono, siamo ad un passaggio molto delicato, cui corrisponde nel paese un'attesa assai grande. Ho sentito richiami al senso di responsabilità di tutti e debbo dire che da qualunque parte essi vengano mi sembrano assolutamente da accogliere.

Vorrei far notare, tuttavia, che i riferimenti al regolamento mi sembrano francamente difficili da accogliere: come loro sanno, la Commissione ed il Governo possono presentare emendamenti, subemendamenti ed articoli aggiuntivi fino a che sia iniziata la votazione dell'articolo. Dunque, è assai evidente che esiste la facoltà della Commissione, in questo caso del Comitato dei nove, di potersi disporre a tale bisogna.

Tuttavia, è stata posta una domanda al presidente Pisicchio: di formulare la motivazione sulla base della quale viene richiesta la sospensione della seduta.

Il presidente ha seguito l'andamento della discussione e credo, quindi, sarebbe utile fare uno sforzo - ma chiedo appunto a lei, presidente Pisicchio, ragguagli in merito a tale possibilità - per poter diluire tale richiesta in un ambito di conoscenze che ne consentano una più precisa motivazione, alla luce della quale eventualmente si possa valutare.

Per tale ragione, le chiedo, presidente Pisicchio - in caso contrario, naturalmente, non potrei che accogliere la sua richiesta - se possibile, di soprassedere alla richiesta medesima, in modo da consentire l'apertura del dibattito sul complesso degli emendamenti e nel caso emergessero, durante il dibattito, ragioni che facessero ritenere a lei ed al Comitato dei nove di necessitare di una rapida valutazione, chiederei a tutta l'Assemblea di accogliere - in tal caso - la richiesta, in modo da consentire - accolta o no che fosse - una prosecuzione ordinaria dei lavori.

Prego, presidente Pisicchio, ha facoltà di parlare.

PINO PISICCHIO, Presidente della II Commissione. Signor Presidente, desidererei certamente accogliere il suo invito. Tuttavia, mi permetterò di insistere nella richiesta di sospensione della seduta, per una ragione. Credo che onestamente nessuno dei miei colleghi della Commissione giustizia possa immaginare - o sostenere - di aver visto il presidente della stessa Commissione giustizia in una dimensione diversa dal tentativo di sviluppare un momento di equilibrio e di sottolineatura delle regole che hanno, in modo onesto, trasparente ed assolutamente sgombro da pregiudiziali ideologiche, animato il dibattito nella Commissione medesima.

Qual è stato l'intento di ciò? Quello di arrivare ad una determinazione che fosse davvero comprensiva delle ragioni, altissime e forti, di umanità - ed al tempo stesso di giustizia - che lo stesso tema del provvedimento di clemenza evoca. Questo è il motivo per cui ritengo che, a fronte della richiesta che viene formulata da un gruppo - a questo punto, attraverso una richiesta rivolta al Comitato dei nove - che ha già anticipato di rapportarsi a questo provvedimento con uno spirito collaborativo sì, ma non di rispecchiamento dello schema proposto all'Assemblea, il dovere di un presidente di Commissione, proprio ricorrendo l'obiettivo di un risultato armonioso ed il più possibile coerente con le premesse che hanno così utilmente animato il nostro lavoro in Commissione, sia verificare se è possibile raggiungere l'obiettivo di una convergenza.

La richiesta formulata in Commissione in modo formale dall'onorevole Palomba, quale capogruppo dell'Italia dei Valori, concerne le condizioni di applicabilità dell'indulto. Credo che se fosse già stata accolta la richiesta di sospensione per dieci minuti, a quest'ora avremmo utilmente impiegato il nostro tempo, ma conosciamo bene le procedure parlamentari e l'importanza di questo provvedimento.

In ragione di ciò, signor Presidente, mi permetto di rinnovarle la richiesta della concessione di una pausa.

PRESIDENTE. Hanno chiesto la parola i deputati Volontè e Capotosti. Proporrei, in ogni caso, ascoltati i due deputati che hanno chiesto la parola, di concludere la discussione su questo punto.

Prego, deputato Volontè, ha facoltà di parlare.

LUCA VOLONTÈ. Presidente, mi consenta. Intervengo solo per chiederle - non so, a questo punto, lei cosa deciderà, se concedere tale pausa subito o alla fine della discussione sulle proposte emendative -, considerata la delicatezza dell'argomento ed anche del momento in cui ci troviamo in quest'aula, in cui vi è un ministro che sulle prime pagine dei giornali dichiara di essersi «autosospeso», di domandare al ministro della giustizia, con tutto il rispetto per il sottosegretario, di essere presente. Ciò perché la presenza del ministro della giustizia possa in qualche  modo dimostrare quanto al Governo può essere rappresentato anche in quest'aula rispetto ad un argomento che sulle pagine dei giornali sta a tutti a cuore e poi, invece, in quest'aula, senza niente togliere agli altri ministri presenti, viene però rappresentato dal responsabile del dicastero.

PRESIDENTE. Prego, deputato Capotosti, ha facoltà di parlare.

GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, con tutto il rispetto per il presidente della Commissione giustizia, come membro del Comitato dei nove ritengo opportuno sostenere le ragioni formulate dalla Presidenza; infatti, ritengo che sarebbe opportuno dare corso alla discussione per poi, laddove emergessero situazioni particolari, provvedere ad una sospensione.

Al momento mi sembra che non ce ne siano i presupposti. A tal proposito vorrei rimarcare che questo provvedimento - come è stato già detto tante volte - è un provvedimento di natura parlamentare e siamo qui per questo.

PRESIDENTE. Malgrado la mia sollecitazione, ha chiesto la parola il deputato Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, ho chiesto di parlare per intervenire sull'argomento e, chiaramente, per invitare sia lei sia l'Assemblea a non assecondare la richiesta del presidente Pisicchio, la cui cortesia, anche sotto il profilo istituzionale, è ampiamente riconosciuta sia da me personalmente sia dal mio gruppo; però, mi sembra che questa richiesta sia alquanto irrituale come è già stato detto poco fa.

Noi siamo arrivati in aula alle 15 pronti ad entrare nel merito del provvedimento; infatti, siamo in sede di interventi sul complesso degli emendamenti. Alle 14 c'è stata una riunione del Comitato dei nove e in quella riunione nessuno - neanche i rappresentanti del gruppo dell'Italia dei Valori - ha sollevato eccezioni. C'è stata anche un'esplicita richiesta del presidente a fronte del parere negativo su tutti gli emendamenti da parte del relatore di, eventualmente, entrare nel merito nel corso della discussione e di chiedere ulteriori approfondimenti.

Allora qual è il fatto nuovo che dovrebbe far riconvocare il Comitato dei nove, senza essere entrati nella discussione articolo per articolo ed emendamento per emendamento?

Lei, signor Presidente, ha fatto bene a chiedere maggiori chiarimenti al presidente Pisicchio. Che cosa è cambiato se il gruppo Italia dei Valori o il ministro Di Pietro vogliono presentare degli emendamenti nuovi ed aggiuntivi? Potevano farlo prima, potevano presentare la richiesta alle 14 nel Comitato dei nove e non sicuramente adesso; oppure richiamiamo il regolamento: qualunque emendamento nuovo può essere presentato dal relatore o dal Governo. A questo punto intervenga il Governo.

PRESIDENTE. Mi sembra che abbiamo sentito tutta la gamma delle opinioni e io stesso ho avanzato una proposta che pensavo potesse tenere conto dell'andamento della discussione in cui tutti gli elementi sono stati sviscerati.

Noi rischiamo, però, di infilarci in una strada senza via di uscita; quindi, formulo, per l'ultima volta, al presidente Pisicchio la domanda: intende mantenere la sua richiesta?

PINO PISICCHIO, Presidente della II Commissione. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sospendo pertanto brevemente la seduta per consentire al Comitato dei nove di riunirsi.

La seduta, sospesa alle 16, è ripresa alle 16,35.

Preavviso di votazioni elettroniche.

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono  da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 525-bis ed abbinate)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato D'Elia. Ne ha facoltà...

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, chiedo di parlare ai sensi dell'articolo 40 del regolamento.

PRESIDENTE. Mi scusi, ma ho dato la parola al deputato D'Elia sul complesso delle proposte emendative.

Prego, deputato D'Elia.

ANTONIO BORGHESI. Presidente, è la seconda volta che mi impedisce di parlare! È la seconda volta! Protesto!

SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, intervengo a nome del gruppo della Rosa nel Pugno, ma non utilizzerò tutto il tempo a nostra disposizione. Evidentemente, non si tratterà di un intervento ostruzionistico. Ritengo che i lavori debbano procedere speditamente in questa fase di discussione del provvedimento, ma credo anche che il dibattito vada onorato essendo la questione molto importante.

Colleghe e colleghi, la disastrosa situazione delle carceri e, più in generale, la non amministrazione della giustizia nel nostro paese costituiscono ormai la prima e principale questione sociale in Italia; questione, è il caso di ricordarlo, per cui lo Stato italiano viene condannato ripetutamente da molti anni per violazione di diritti umani fondamentali. Una situazione di cui - va detto con nettezza - sono responsabili sia le maggioranze sia le opposizioni che si sono succedute, almeno negli ultimi vent'anni, e che ora è giusto sia affrontata con senso di responsabilità sia dalla maggioranza sia dall'opposizione di oggi.

Non si tratta solo della condizione delle carceri, nelle quali oltre 61 mila detenuti sono ammassati in celle che potrebbero contenerne al massimo 43 mila. Si tratta anche e soprattutto della vita e della dignità di almeno 18 milioni di cittadini italiani. Stiamo parlando del 30 per cento della popolazione italiana in attesa, anche da dieci o quindici anni, di una decisione giudiziaria, essendo parte in causa negli attuali 9 milioni e mezzo di processi pendenti. Per questo, oltre all'indulto, vogliamo sia approvata anche un'amnistia, la più ampia possibile, che possa immediatamente ridurre di almeno un terzo il carico processuale che sta soffocando l'amministrazione della giustizia perché essa possa, liberata dai processi meno gravi, proficuamente impegnarsi a concludere quelli più gravi.

Intanto, e a condizione che dopo segua anche l'amnistia, va bene l'indulto, che tuttavia avremmo voluto senza esclusioni, che, se hanno senso nel caso dell'amnistia, che cancella il reato, sono assolutamente ingiustificate per un provvedimento che incide solo sull'entità della pena. Ciò perché chi è stato condannato per un reato grave usufruirà dell'indulto dopo molti - e negli ultimi - anni di espiazione di una pena che si presume commisurata alla gravità del reato commesso. Un indulto non generalizzato come questo equivale, di fatto, ad un ulteriore grado di giudizio che aggrava la pena di chi sta già espiando una condanna pesante, si presume, tanto quanto il fatto commesso.

La proposta di indulto della Rosa nel Pugno era volta a sgravare di almeno un terzo il carico umano che soffre in tutte le sue componenti - non solo i detenuti, ma anche gli operatori penitenziari, gli agenti di polizia penitenziaria, il personale amministrativo - per la condizione disastrosa delle prigioni. Anche se la proposta in discussione non ci appare adeguata a questo obiettivo, comunque la voteremo, tuttavia ci opporremo a tutti gli emendamenti volti a ridurre ulteriormente la portata di  un provvedimento già ridotto ai minimi termini; siamo ai livelli dell'indultino di qualche anno fa!

Il fatto che la maggioranza e il Governo, nella scorsa legislatura, abbiano deciso di affrontare alcuni, pochi, aspetti della crisi della giustizia nel nostro paese, sulla spinta di alcuni e pochi casi o interessi individuali, per cui si è parlato giustamente di leggi ad personam, non è una buona ragione per contraccambiare oggi, e specularmente, introducendo nel provvedimento che stiamo discutendo e che affronta un solo aspetto della crisi della giustizia, quello del sistema penitenziario, esclusioni odiose, politiche o addirittura personali. Alle leggi ad personam non possiamo rispondere con le leggi contra personam.

Non possiamo andare avanti così, chiedendoci ogni volta a chi giovi o a chi nuoccia questa o quella legge, questo o quell'articolo, questo o quell'emendamento. Sgombriamo quindi il campo dalla casistica individuale, da antipatie o simpatie personali, ma pure dai travagli da Stato etico, dai «grilli parlanti» giustizialisti e dalla demagogia dei luoghi comuni sulla sicurezza sociale e sulla certezza della pena. Chi ha veramente a cuore il problema della sicurezza sociale sa che la soluzione non sta nella politica propagandistica sulla certezza della pena intesa volgarmente come lo sbattere in cella una persona e buttare via la chiave, ma in quella volta ad affermare la legalità e soprattutto ad aumentare la probabilità che chi ha commesso un delitto sia individuato e ne risponda in un'aula di giustizia.

Se l'80-90 per cento dei reati - sono due milioni e mezzo di reati ogni anno - resta impunito, nel senso che non è stato individuato l'autore, il problema per la sicurezza sociale è soprattutto questo, e non certo quello della certezza della pena. È la certezza dell'arresto e del processo, non l'entità o la durata effettiva della pena, il vero deterrente contro la criminalità. Chi si oppone all'indulto dimentica che in molti casi è il carcere stesso a portare alla commissione di nuovi reati. I dati dicono che, se la percentuale della recidiva è del 75 per cento nei casi di detenuti che scontano per intero la condanna in carcere, questa si abbassa drasticamente al 27 per cento nel caso, ad esempio, dei tossicodipendenti condannati che scontano una parte della condanna in affidamento ai servizi sociali e si abbassa al 12 per cento nel caso di non tossicodipendenti affidati ai servizi sociali. L'indulto, è bene chiarirlo, come l'amnistia, non è un atto di clemenza. È innanzitutto un atto volto al ripristino della legalità e al buon governo di un'emergenza che rischia di divenire irreversibile e di tramutarsi in catastrofe vera e propria dell'amministrazione del carcere e della giustizia.

L'indulto è lo strumento tecnico a disposizione del Parlamento per interrompere e rendere possibile l'uscita da una situazione di flagrante illegalità, nella quale si trova il carcere in Italia: 61 mila detenuti, ristretti - è proprio il caso di dirlo - in spazi che potrebbero contenerne al massimo 43 mila, rappresentano la cifra di questa illegalità. Nelle condizioni attuali del carcere, è la stessa legge penitenziaria a non poter essere applicata. Ricordo che il regolamento penitenziario varato nel 2000 e che doveva entrare in vigore entro il 2005 è rimasto lettera morta. È ridotto il lavoro per i detenuti, sono impossibilitati i corsi professionali in carcere e le attività risocializzanti, tutto lo spazio esistente è adibito a cella e a posto letto, con letti a castello che arrivano ad un palmo dal soffitto e con detenuti costretti a stare sdraiati ventidue ore al giorno e a fare i turni per poter sgranchirsi le gambe o andare in bagno.

Gli operatori penitenziari, gli educatori, gli psicologi, gli assistenti sociali e i magistrati di sorveglianza, che sono le figure chiave per il trattamento finalizzato al reinserimento nella società, non sono in grado di trattare e rieducare, reinserire nella società una popolazione così numerosa, che resta quindi buttata in carcere, come se fosse immondizia. In queste condizioni, non è un caso che in carcere ci si suicidi diciannove volte di più rispetto a  fuori. Nel 2005, i suicidi sono stati almeno cinquantasette, senza tener conto di altri ventidue casi di detenuti morti, come si suol dire, per cause non ancora accertate, per cui sono ancora in corso le inchieste della magistratura sui reali motivi del decesso.

Nei primi tre mesi del 2006, si sono tolti la vita almeno quattordici detenuti, mentre altri sei sono morti per malattia, o sarebbe meglio dire a causa di un'assistenza sanitaria disastrata dal taglio di fondi, che sono diminuiti del 20 per cento negli ultimi anni, a fronte invece dell'aumento dei detenuti. L'indulto è uno strumento volto non solo a ripristinare la legalità violata nelle carceri, ma anche a conquistare il tempo necessario per porre mano a tutte le proposte che giacciono nei cassetti, finalizzate ad una riforma delle carceri e della giustizia nel nostro paese.

Colleghi e colleghi, approvando questa legge - intanto sull'indulto, ma subito dopo l'estate approvando anche una legge sull'amnistia -, la Camera dei deputati può dire di avere iniziato a fare la sua parte nella difesa dello Stato di diritto, per la civiltà e l'umanità nelle prigioni e per la riforma della giustizia nel nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo de La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Leoluca Orlando. Ne ha facoltà.

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi deputati, siamo chiamati ad adottare un provvedimento in una materia che credo sia forse la più delicata in un sistema di divisione dei poteri. Siamo chiamati cioè ad approvare, per legge, un provvedimento che mette nel nulla una sentenza validamente espressa da una magistratura penale.

Questo è certamente il punto limite e di confine tra il potere legislativo ed il potere giudiziario, per molti versi ancora più significativo di quanto non possa essere un provvedimento di amnistia e, di certo, più importante di una normale disciplina del codice penale. È il primo provvedimento che la Camera dei deputati adotta e che viene definito di clemenza, disciplinata dall'articolo 79 della Costituzione e ripresa dall'articolo 134 del codice penale. Quest'ultimo fa espressamente riferimento all'indulto come causa di estinzione totale o parziale di una pena che sia stata accertata in sede giudiziaria.

Noi avremmo immaginato che questo provvedimento, come peraltro previsto nel programma dell'Unione, sarebbe stato approvato insieme e contestualmente alla riforma del codice penale ed in subordine o, comunque, in armonia con tale riforma. Tuttavia, abbiamo una proposta di un indulto, peraltro senza amnistia, che è in contrasto con le ipotesi che la stessa Unione s'era data come possibile riforma del codice penale.

Si dice che questo provvedimento è necessario per lo svuotamento delle carceri. Noi dell'Italia dei Valori siamo convinti che i provvedimenti di clemenza devono essere applicati, in quanto previsti dalla Costituzione, ma come elemento in armonia e non in disarmonia rispetto al complessivo sistema politico. Tali provvedimenti devono accompagnarsi ad interventi per rendere più umane le condizioni di vita nelle carceri e, soprattutto, non devono disperdere l'obiettivo della rieducazione della pena e dell'umanizzazione delle carceri.

Questo provvedimento, nel testo proposto, a nostro avviso non risponde a tali requisiti, per alcune motivazioni che sono poi alla base di alcune proposte di modifica. Noi siamo, infatti, favorevoli all'approvazione di un provvedimento di clemenza, ma non vogliamo che esso diventi un colpo di spugna non soltanto per i reati già accertati, ma anche per quelli non ancora contestati né accertati.

Il primo elemento di valutazione si basa sulla scelta della data del 2 maggio 2006; i reati commessi entro quel termine beneficeranno dell'indulto. Ciò significa che tale misura rischia di diventare un bonus di impunità per ipotesi non ancora contestate, non ancora accertate e non ancora oggetto di un procedimento penale. Chiunque abbia commesso un illecito penale  prima del 2 maggio 2006 sa che, quand'anche venisse sottoposto ad un procedimento penale, fosse condannato o venisse confermata la condanna, potrà, tra tre, quattro o cinque anni, presentare, per così dire, un bonus di impunità in forza di un indulto approvato grazie al voto determinante di quella nuova maggioranza che dovrebbe governare in maniera diversa il nostro paese rispetto al quinquennio precedente.

Il secondo aspetto è il seguente: questo indulto esclude dalla sua applicazione alcuni reati in ragione dell'allarme sociale che procurano, ma non esclude alcune ipotesi da noi, invece, ritenute di grave allarme sociale. Non comprende la previsione di esclusione sottoposta al nostro esame, l'articolo 416-ter del codice penale; ricordo, al riguardo, che l'articolo 416-bis del codice, come è noto, fa riferimento all'associazione mafiosa. Ebbene, l'articolo 416-ter fa invece riferimento al voto di scambio mafioso. Applicando la previsione tenendo conto della data del 2 maggio del 2006, prevedendo, cioè, l'indulto anche per i reati consistenti in voti di scambio mafioso commessi prima di quella data, vale a dire anche con riferimento alle ultime elezioni del 9-10 aprile 2006 (dalle quali è nato questo Parlamento), avremmo la seguente conseguenza. Se vi fosse - certamente non vi sarà - qualche parlamentare che ha stretto un patto scellerato con un capomafia o con un mafioso, egli saprebbe che, se un giorno tale reato gli verrà contestato o verrà accertato o egli verrà condannato per averlo commesso nelle ultime elezioni del 9-10 aprile, potrà esibire un bonus di impunità che gli consentirebbe di non espiare la pena.

Noi riteniamo che tale reato sia di grave allarme sociale; lo è in particolare laddove la data del 2 maggio 2006 è riferita alla commissione del reato, e non all'accertamento dello stesso. Diverso sarebbe se si fossero considerati i reati accertati con sentenze passate in giudicato alla data del 2 maggio 2006: almeno, si sarebbe limitato l'effetto devastante, diseducativo, di incentivo all'illegalità del sistema proposto.

Noi riteniamo che costituiscano grave allarme sociale tutti i reati di cui al capo I e al capo II del titolo II e del titolo III del Libro Secondo del codice penale; in altre parole, i reati contro la pubblica amministrazione e quelli contro l'amministrazione della giustizia. Noi riteniamo che costituisca un reato di grave allarme sociale il peculato e che l'articolo 316-bis - malversazione a danno dello Stato - lo sia ugualmente. Riteniamo che la concussione, così come la corruzione in atti d'ufficio lo siano e che l'articolo 319-ter - corruzione in atti giudiziari - configuri certamente un reato di grave allarme sociale. Ma come si può non pensare che sia di grave allarme sociale l'ipotesi di un magistrato corrotto! Noi non vogliamo che possano avvalersi di tale indulto i magistrati corrotti; l'attuale proposta consente al magistrato corrotto, riconosciuto responsabile di corruzione, di avvalersi dell'indulto così come, ovviamente, anche al corruttore dei magistrati.

Noi riteniamo che le false informazioni rese al pubblico ministero siano un reato di grave allarme sociale e crediamo che lo sia altresì l'avvelenamento delle acque, come l'adulterazione alimentare.

È soltanto un'elencazione; tralascio, peraltro, di citare tutti i reati societari e fiscali. Noi crediamo che sia nel programma dell'Unione il penalizzare nuovamente il falso in bilancio; con questo indulto, sostanzialmente, garantiamo l'impunità a chi si sia reso responsabile di un falso in bilancio, ancorché non ancora accertato - ciò significa anche per il bilancio dell'anno corrente - e ancorché non ancora contestato. E, tra tre o quattro anni, noi avremo la soddisfazione di dire che qualcuno non espierà una pena perché ha ottenuto il bonus, approvato grazie ai voti determinanti dell'Unione.

Credo che tutto questo non sia un buon servizio e ritengo che non cominciamo ad affrontare nel modo migliore i temi della giustizia in questo Parlamento.

È vero, qualcuno può obiettare che vi sono 10 mila detenuti che vivono in condizioni assolutamente disumane e che non dovrebbero restare in carcere; mi permetto  di ricordare che si tratta in gran parte di detenuti per reati che per noi non sono di grave allarme sociale, per effetto dell'applicazione della cosiddetta legge Bossi-Fini. Se si vuole risolvere questo problema, basta approvare un articolo unico di depenalizzazione di questi reati e, l'indomani, 10 mila detenuti usciranno dal carcere senza bisogno di mandare un messaggio devastante, che sostanzialmente tiene in sequestro 10 mila persone, per garantire l'impunità presente e futura derivante dalla concessione del bonus di impunità, del quale ho parlato.

Siamo tutti attenti a seguire le vicende della giustizia sportiva e conosceremo questa sera la sorte degli arbitri e degli amministratori di società che hanno contribuito a falsare il sistema del calcio professionistico nel nostro paese; ebbene, noi sappiamo che, approvando questo indulto, Moggi e compari non potranno mai essere condannati per sentenze, perché quand'anche fosse accertata in sede penale la loro responsabilità, quand'anche venissero condannati ad espiare delle pene, queste rientrerebbero tutte per intero nella previsione di questo indulto.

Crediamo che i «furbetti di quartiere», come gli amministratori della Parmalat, che hanno depredato e derubato milioni di risparmiatori, sappiano che, con l'approvazione di questo indulto, non verranno mai sottoposti alle pene previste dall'attuale normativa. Lo stesso vale per i corruttori di magistrati e per i magistrati corrotti.

Riflettete, vi prego, sul senso che questo può avere nei riguardi delle Forze dell'ordine e dei magistrati, che saranno chiamati a svolgere indagini su reati che spesso comportano dei rischi; essi faranno pedinamenti, realizzeranno anche scontri a fuoco, sapendo che il destinatario dei loro provvedimenti ha in tasca un bonus di impunità che potrà spendere e utilizzare in qualunque momento, anche in futuro.

Credo che, con questo provvedimento, se dovesse essere approvato, daremmo un cattivo segnale, relativamente alla nostra concezione della cultura della legalità. I nostri emendamenti mirano invece a correggere l'indulto. In Commissione giustizia abbiamo tentato di invitare alla ragionevolezza, sostenendo di introdurre almeno la data del 2 maggio del 2006 per sentenze di condanna passate in giudicato e di limitare quanto meno l'effetto devastante della clausola di impunità garantita per il futuro, che questo testo finisce per introdurre. Abbiamo detto di escludere perlomeno i reati contro la pubblica amministrazione, i reati di corruzione, di applicare il provvedimento laddove si siano espiati almeno i due terzi della pena; ma sembra che i nostri appelli siano destinati a restare inascoltati. Continueremo ad insistere su questa posizione perché non ci rassegniamo all'idea che un indulto, atto di clemenza, possa essere un cavallo di Troia e possa essere utilizzato, con la scusa di tante migliaia di persone che vivono in drammatiche condizioni nelle carceri, per distribuire scampoli di impunità a personaggi che di tutto hanno bisogno tranne che di un atto di clemenza.

In altri tempi - fatemelo dire -, avremmo visto i responsabili politici nazionali dei partiti dell'Unione in piazza con noi, che siamo stati in tanti a dire «no» a questa vergogna. Vogliamo fare appello alla coerenza di questa Unione, alla coerenza di questa coalizione, alla speranza che abbiamo alimentato nel nostro paese, quando abbiamo detto che con noi si voltava pagina. Con questo provvedimento non si volta pagina. La maggioranza precedente - amici e compagni della nostra maggioranza - non si era mai permessa di presentare all'approvazione del Parlamento un provvedimento come quello che vi accingete a varare.

Con molta forza ripetiamo le nostre ragioni e vi diciamo: fermatevi! Riflettete! La coerenza di oggi vi ripagherà domani.

Noi per cinque anni non accettiamo di essere confusi con coloro i quali si sono prestati ad un patto scellerato che, con la scusa dei due terzi di maggioranza, realizza un risultato che nessuna maggioranza del passato si era mai permessa di ottenere. Quando parlate di questi argomenti, inoltre, fatemi la cortesia di rispettare i laici e chi è credente! Non citate il  Santo Padre! Mi rifiuto di pensare che il Santo Padre avesse in testa di operare un colpo di spugna che andasse, magari, a favore di qualche finanziere d'assalto che si trova in qualche isola felice, in qualche paradiso fiscale, e che attende con trepidazione che il Parlamento approvi un provvedimento che lo renda esente da condanne, sia del passato sia future.

Con questi sentimenti, con queste posizioni, noi rivolgiamo un appello forte affinché il Parlamento, realizzando il massimo di unità possibile, possa elaborare un provvedimento di clemenza e non dia invece un colpo di spugna che rappresenterebbe una vergogna per questa istituzione (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gasparri. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Deputato Presidente, onorevoli colleghi, ritengo sia più che lecito, in un dibattito che a tratti ha assunto toni quasi da conformismo, esprimere un «no» non a rate o parziale, come quello pronunziato da chi mi ha preceduto, il quale ha detto «no» ad alcune norme ma di fatto «sì» all'indulto, bensì un «no» all'indulto in quanto tale. Questo è l'orientamento prevalente nel nostro gruppo, l'indicazione di voto che proviene da Alleanza Nazionale, oggi più volte ribadita dal presidente del partito, onorevole Gianfranco Fini, e dal presidente del gruppo, onorevole La Russa.

Diciamo ciò anche per distinguerci da un conformismo dei «sì» o dei falsi «no», che sono poi dei «nì». Quando si passerà al voto, mi auguro che chi ora esprime perplessità voti a favore degli identici emendamenti Gasparri 1.6 e Lussana 1.90 (i primi emendamenti che saranno votati dall'Assemblea), con i quali si chiede, senza entrare nei distinguo, la soppressione dell'articolo 1. A questo proposito, il presidente Casini, intervenendo nel corso del dibattito, ha detto che sono preferibili - di ciò gliene diamo atto -, in una differenza di posizione tra il suo e il nostro gruppo, le posizioni contrarie a quelle che fingono di esserlo ma che poi, alla fine, non saranno sufficientemente chiare. Ma ciò, come detto, lo vedremo quando si passerà al voto.

Noi riteniamo anche che si debba manifestare in questa sede la presenza di chi intende tutelare la gente comune. Non siamo insensibili ai problemi delle carceri e alle situazioni di emergenza in essere in quel settore. Avevamo chiesto più volte, anche nel corso delle settimane che hanno preceduto l'approdo in aula del provvedimento, di conoscere le intenzioni del Governo sull'edilizia carceraria, sul diritto penale e sulle pene alternative. Ma il ministro Mastella, al di là di un comizio tenuto a Regina Coeli, non l'abbiamo visto neanche oggi per sapere che cosa intenda fare in tema di giustizia, di edilizia carceraria e di ordinamento penale nel nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale). Perché il ministro Mastella non viene qui, in Assemblea, una volta smaltiti i postumi del succulento pranzo o della cena di nozze su cui gli organi di stampa ci hanno deliziato? Complimenti: abiti da 120 mila euro (Commenti)! Chissà che cosa avranno pensato di tutto ciò in carcere! Il ministro Mastella fa ancora in tempo a dirci cosa intenda fare, oltre a tenere, come detto, un comizio a Regina Coeli che abbiamo potuto seguire in televisione.

Colleghi, il mio gruppo non è contrario, ad esempio, ai meccanismi delle sanzioni alternative. Ma in questa sede vi sono parlamentari che, qualche giorno fa - mi riferisco ad un collega della sinistra -, hanno presentato un'interrogazione a risposta immediata per chiedere al Governo se alcune strutture dedite alla lotta alla tossicodipendenza (faccio riferimento alla Comunità Incontro di don Gelmini e alla Comunità di San Patrignano) avessero i requisiti adatti per poter accogliere al loro interno detenuti. Le leggi vigenti consentono, e la legge Giovanardi-Fini ha ampliato questa possibilità, di far uscire dal carcere tossicodipendenti, anche con condanne significative alle spalle, per trasferirsi  in comunità che sono sicuramente dei luoghi migliori delle strutture detentive carcerarie.

Alcuni giorni fa, persone che ora sono a favore dell'indulto hanno contestato la possibilità che quelle strutture accolgano detenuti, e il ministro della giustizia ha dato una risposta evasiva, impiegando ventiquattr'ore per dire che le strutture della Comunità Incontro o di San Patrignano possiedano i requisiti per poter svolgere una funzione di grande significato sociale: infatti, i tossicodipendenti che escono dal carcere e vanno nelle comunità fruiscono di misure alternative. Su questo punto, siamo aperti all'ampliamento di tali opportunità, ritenendo infatti che, per taluni reati meno gravi, le sanzioni che possono essere scontate fuori dal carcere (come per i lavori di pubblica utilità o altri ancora) possano essere ragionevolmente allargate.

Un parlamentare di Alleanza Nazionale, il senatore Martinat, ha proposto, ad esempio, laddove occorresse sfoltire le presenze nelle carceri per l'emergenza causata dal sovraffollamento, la realizzazione di strutture meno vigilate e meno protette per coloro che fruiscono del regime di semilibertà, per quei detenuti cioè che passano la giornata fuori dal carcere e che vi tornano soltanto per dormire e che, se volessero fuggire, potrebbero farlo durante il giorno quando sono liberi. Si potrebbe intervenire su tali situazioni non facendoli più dormire in carcere, bensì in altre strutture, utilizzando caserme dismesse e altri immobili con una vigilanza attenuata, trattandosi di persone che non fuggirebbero nella notte potendolo fare durante il giorno, quando sono liberi, se volessero sottrarsi all'esecuzione della parte residua della pena. Vi sono, insomma, strade più efficaci per attenuare l'emergenza esistente nelle carceri a causa del sovraffollamento.

La stessa sinistra, che propone l'indulto e che ha contestato in quest'aula, alcuni giorni fa, coloro che tolgono i ragazzi dal carcere portandoli fuori dai penitenziari e inserendoli nelle comunità, non dice nulla sulle sanzioni alternative e non ha risposto alla nostra sollecitazione affinché le persone che fruiscono della semilibertà possano vederne ampliate le opportunità e sgravare quindi della loro presenza le strutture carcerarie: di tutto questo non si è avuto modo di parlare!

Si vara un provvedimento che porterà, appena approvato, oltre 10 mila detenuti sulle strade. Conosciamo la lunga storia italiana dei provvedimenti sugli indulti: da subito vi sono le scarcerazioni, poi, in un tempo relativamente breve, molte di quelle persone ritornano in carcere per aver commesso nuovi reati. Si tratta di provvedimenti rivelatisi sempre del tutto inutili ed inadeguati: accadrebbe così anche questa volta, se il provvedimento venisse approvato dal Parlamento.

Tra l'altro, voglio richiamare l'attenzione in termini schematici sulla gravità della decisione che il Parlamento potrebbe assumere. Si sta discutendo di alcuni tipi di reati, con distinzioni che sono, francamente, di scarso rilievo.

Con il provvedimento in esame, così come è stato licenziato dalla Commissione, persone che hanno riportato condanne anche fino a nove anni, potrebbero ritrovarsi in libertà se venisse approvato, perché nel corso di un procedimento penale potrebbero essere concesse le attenuanti, con la riduzione da nove a sei anni della condanna, che per la metà, cioè per tre anni, potrebbe essere scontata attraverso l'affidamento ai servizi sociali e quindi non in condizione detentiva. La condanna detentiva di tre anni, per una persona che ha commesso reati per cui sono previste sanzioni fino a nove anni di carcere, può portare alla fruizione dell'indulto in questione. Se si va a verificare quali siano i reati da far rientrare entro tale tetto di condanna, si può constatare come vi siano reati di grave allarme sociale.

Riteniamo dunque che l'approvazione del provvedimento in esame sia un errore, commesso tra l'altro in piena estate, e già possiamo immaginare quante persone potranno, nelle città meno presidiate, riprendere la loro attività predatoria. Il provvedimento in esame finisce con il premiare  proprio, ed in particolare, quella criminalità predatoria che è molto preoccupante.

Non voglio entrare nel merito, ma richiamo l'attenzione, tra i vari emendamenti, non numerosi, in particolare sul primo di essi, volto a sopprimere l'articolo 1 della proposta di legge in esame.

Leggevo nei giorni scorsi un'intervista del senatore Brutti, che è responsabile del settore giustizia dei DS, il quale, entrando nel merito del finto dibattito nel centrosinistra sui reati da includere e da escludere, ha affermato che alcuni reati di carattere predatorio (quali rapine, estorsioni o reati collegati ad altre attività criminali) sono ben più allarmanti di altri tipi di reati: Brutti dixit! Lo cito per dire come tutta la discussione su questo o quel reato inventata da un gruppo parlamentare, quasi per farsi una verginità ed una credibilità, abbia poco rilievo.

Devo dare ragione - anche se con qualche fatica, ma è giusto farlo - al senatore Brutti, dei Democratici di Sinistra, quando afferma che le misure in discussione riguardano soprattutto alcuni reati.

Vorrei allora rivolgere al senatore Brutti - e, in maniera immaginaria, a tutto lo schieramento delle forze di sinistra - le seguenti domande: vale la pena scarcerare persone che hanno commesso gravi reati? Vale la pena esporre le nostre città ad un grave pericolo? Vale la pena iniziare l'attività dell'attuale legislatura in questa maniera, con un Governo che si è molto attivato, tramite il suo ministro della giustizia, in tal senso?

Riteniamo che i principi di legge ed ordine debbano essere difesi, e la destra ha il dovere di difenderli, anche in questa stessa Assemblea! È questo il motivo per cui esprimiamo la nostra contrarietà al provvedimento in esame, che molti cittadini potrebbero veder tradotto in un ulteriore aumento della criminalità, dei furti e delle rapine. Con il provvedimento di indulto, in altri termini, si accentuerebbero gli aspetti peggiori della vita delle città!

Crediamo che si debbano combattere senza tregua e senza pietà i fenomeni del terrorismo e della criminalità organizzata; invitiamo anche a non sottovalutare quella criminalità diffusa che colpisce quotidianamente la gente comune. Non dobbiamo sottovalutare, infatti, tale azione di disturbo costante allo svolgimento della vita libera ed ordinata della gente perbene, ed è per tale motivo che questi cittadini vedono nel provvedimento in esame una grave minaccia.

Riteniamo che fare tali affermazioni in Parlamento sia un dovere. Al riguardo, vorrei associarmi a quanto sostenuto dal collega che è precedentemente intervenuto. Noi siamo cattolici, e crediamo quindi giusto considerare gli inviti e le esortazioni provenienti dalla Chiesa. Ricordo che ho avuto l'onore, come tanti altri colleghi, di essere presente in quest'aula quando, nel 2002, il Santo Padre rivolse un appello per l'adozione di un provvedimento di clemenza.

Vorrei pertanto formulare due considerazioni. In primo luogo, ricordo che quell'appello fu parzialmente accolto da un provvedimento importante (il cosiddetto «indultino»), il quale, anche in omaggio a tale forte appello, determinò la liberazione di alcune migliaia di detenuti.

Rivolgendomi soprattutto ad alcuni colleghi della sinistra, vorrei tuttavia osservare che i loro appelli «papisti» sarebbero più credibili se seguissero le indicazioni della Chiesa anche quando si parla di contrasto alla droga, di diritto alla vita e di lotta all'aborto (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale). Si tratta, infatti, di questioni importanti, ma voi non le prendete affatto in considerazione!

Non si può, pertanto, fare riferimento alla Chiesa quando fa comodo per ignorare, invece, il suo costante richiamo su altre questioni: il Parlamento, dopo - perché siamo qui per assumerci le nostre responsabilità davanti agli elettori -, potrà compiere, in maniera laica, le proprie valutazioni. Esistono, pertanto, mille ragioni per dire «no» al provvedimento in esame!

Ricordo che il nostro gruppo si pronunciò in tal senso quando, il 27 dicembre dello scorso anno, si svolse alla Camera  dei deputati un dibattito sollecitato da molti parlamentari. Vorrei evidenziare che numerosi di essi parteciparono al corteo indetto per chiedere al Parlamento di varare un provvedimento di clemenza, ma dopo essere sfilati davanti alle telecamere vennero in questa Assemblea a sostenere il contrario. Anche in tale circostanza, infatti, vi erano questioni di lana caprina, poiché vi era chi voleva approvare l'amnistia, chi voleva l'indulto e chi voleva varare sia l'una sia l'altro!

Rammento che noi mantenemmo una posizione coerente, esprimendo la nostra contrarietà: è una posizione che intendiamo ribadire anche oggi. Mi auguro, pertanto, che si apra una riflessione su tale questione, e non sulla distinzione tra i reati. Vorrei dire al collega Leoluca Orlando di leggersi l'intervista rilasciata dal senatore Brutti, poiché forse ha ragione!

Non voglio giustificare nulla, ma, probabilmente, alcuni reati trovano già una grave sanzione nella perdita di credibilità di chi li ha commessi; alcuni criminali di un certo tipo, invece, possono rinnovare e reiterare i propri comportamenti delittuosi in caso di estorsione, usura, furto e via dicendo.

Ritengo giusto, allora, considerare tale aspetto in maniera ferma ma pacata, rispettando tutte le posizioni esistenti. Tali temi, infatti, suscitano dibattiti e divisioni all'interno degli schieramenti e dei partiti, poiché si tratta di realtà composite che hanno tutto il diritto di discutere. Anche nel mio partito, peraltro, la discussione su tali questioni è costante ed appassionata, e talvolta può incontrare anche toni e sensibilità molto differenziati. Riteniamo, tuttavia, che una posizione chiara e netta debba essere affermata.

Mi rivolgo a quei soggetti che conducono un ostruzionismo che non ho capito a quali obiettivo miri. Non ho compreso, infatti, se esso sia posto in essere per recuperare visibilità, poiché si ritiene sottostimata la loro presenza nel Governo; qualcuno, inoltre, come è stato precedentemente osservato da alcuni colleghi, si autosospende a fasi alterne. Probabilmente, il collega Di Pietro è, nel suo animus, più ministro della giustizia che ministro delle infrastrutture, e dunque, quando emergono alcune questioni, partecipa con maggiore vis polemica alla discussione!

Noi vorremmo conoscere anche la posizione del Governo. È possibile affermare che l'indulto e l'amnistia sono materie che attengono alla coscienza delle singole persone, e quindi è giusto che il Governo non si presenti compatto e unito. Vorrei tuttavia osservare che il vostro programma, che citate numerose volte, si è occupato di tali questioni, e probabilmente Di Pietro, o qualcun altro che lo ha sottoscritto, non se ne è accorto.

Si tratta, allora, di un programma inattendibile, perché, se non lo seguono coloro che lo hanno sostenuto, figuratevi quale considerazione potremmo averne noi che, ovviamente, non lo abbiamo né apprezzato, né condiviso. Riteniamo, soprattutto, che vi sia una carenza assoluta di orientamenti da parte del Governo. Avete rivolto tante critiche al centrodestra che tuttavia, negli anni di Governo, ha registrato una diminuzione del numero dei reati, delle aggravanti per i recidivi. Tanti provvedimenti sono stati criticati, ma alcune norme poi tornarono alla loro accezione originaria, aumentando la funzione nei confronti di chi reitera il reato.

Abbiamo contrastato i fenomeni del terrorismo internazionale e abbiamo contenuto e disciplinato il fenomeno dell'immigrazione clandestina. In questi giorni, notiamo un regresso complessivo sul fronte dell'immigrazione clandestina, attraverso maxisanatorie che tentano di svuotare una legge che non avete la forza, i numeri e la credibilità di modificare.

In ordine al tema della lotta al terrorismo, dimostrate un atteggiamento equivoco, sia per la balbettante politica estera nei confronti dei vari contendenti in Medio Oriente, sia perché un clima politico ambiguo sta facendo moltiplicare pericolose sentenze, come quella che giorni fa, a Bologna - replicando deprecate decisioni di giudici di altre città -, ha scambiato ancora una volta terroristi per guerriglieri,  fornendo messaggi assolutamente pericolosi e devastanti (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

Noi giudichiamo i fenomeni nel loro complesso. L'indulto, che libera 10-12 mila persone pronte a commettere nuovamente reati, le maxisanatorie per i clandestini, una giurisprudenza singolare, con riferimento soprattutto ai fenomeni del terrorismo internazionale: vi è dunque un insieme di atteggiamenti che, a nostro avviso, può determinare un abbassamento della guardia di fronte ai fenomeni criminali. Credo che questo sia il problema di fondo.

Per tale motivo, non ci appassiona la diatriba se viene inserito questo o quell'argomento; ciò non si può fare in assoluto! D'altra parte, emanare le leggi contro Tizio o contro Caio ha poco senso.

Pertanto, deputato Presidente, vi è la possibilità di chiudere la questione, se nel paese non si avverte un consenso adeguato a questa misura e se prevedere solo l'indulto, senza l'amnistia, non riesce a risolvere i problemi della giustizia. Alleanza Nazionale è contraria anche all'amnistia che, come qualcuno ha affermato, sarà realizzata successivamente, in questa specie di telenovela a puntate. La conseguenza sarà la presenza di sempre più giudizi pendenti, aule di giustizia ingolfate e un bel po' di criminali nelle strade.

Per tale motivo, riteniamo vi sia la mancanza di una logica, la mancanza di un disegno, la mancanza di un orientamento. Noi ci proponiamo quale credibile punto di riferimento per la gente che non è d'accordo! Probabilmente - mi auguro di no -, potrebbe capitare di essere in minoranza in quest'aula, ma spero che questa fase di discussione possa servire anche per cambiare i numeri dell'Assemblea di Montecitorio. In ogni caso, sappiamo che nel paese vi sono tante persone che condividono la nostra posizione. La condivide la gente comune, le persone vittime della criminalità e i tanti operatori delle Forze dell'ordine, ai quali vogliamo rinnovare la nostra solidarietà e il nostro apprezzamento. A tali operatori giungono messaggi contraddittori sulla lotta alla droga, all'immigrazione clandestina e alla criminalità. Noi, invece, riteniamo che le Forze dell'ordine avrebbero bisogno di indicazioni, di direttive ben diverse e molto più chiare. E questo senso di resa, che conseguirebbe anche dal provvedimento in discussione, è un qualcosa di pericoloso che va avversato. Sono queste le ragioni per le quali crediamo vi debba essere una forte assunzione di responsabilità.

Voglio dire anche alla cosiddetta Unione, che si rivela sempre più disunita su tanti temi, che non vale neanche il giochetto del «megafonaggio» dalle 9 alle 11 per poi tenere chissà quale atteggiamento, nelle aule, nelle ore successive. Occorre assumersi responsabilità precise e, se si compiono determinate scelte, si va fino in fondo; allora, si vota l'emendamento soppressivo dell'intero articolo e, se poi qualcuno ritiene che aver voluto il provvedimento di indulto non sia accettabile, esce anche dal Governo. Questo Governo dal quale, prima Mastella, poi Di Pietro, poi altri, annunciano di voler uscire. Ci auguriamo che escano tutti insieme e al più presto a seguito di qualche evidente fatto parlamentare che sancisca l'inadeguatezza di questo esecutivo.

Invitiamo, soprattutto, i parlamentari a ricordarsi che fuori da qui c'è un'Italia onesta, che crede nei principi della legge e dell'ordine e che non vuole vedere le città infestate da una nuova ondata di criminalità.

Se poi questo fenomeno, una volta che il Parlamento dovesse malauguratamente assumere questa decisione, si dovesse realizzare, sapremo di chi è la responsabilità. Allora, vi invitiamo, come già è successo in altre occasioni, ad accantonare questo provvedimento, a dire «no» all'indulto e a far prevalere le ragioni della legge e dell'ordine (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Jannone. Ne ha facoltà.

GIORGIO JANNONE. Signor Presidente, intervengo in qualità di primo firmatario  della proposta di legge, A.C. 372, ossia la prima che trattava questa materia nel nuovo Parlamento.

È scontato, quindi, che il mio parere sia favorevole alla misura dell'indulto. Sono favorevole pur essendo consapevole delle molte conseguenze, anche non positive, che una misura del genere comporta. È chiaro, però, che esistono alcune motivazioni oggettive sulle quali vale la pena soffermarsi.

Innanzitutto, questa misura è richiesta fortemente dal mondo carcerario, inteso nella accezione più ampia del termine, non solo cioè dai detenuti, ovviamente, che sono direttamente coinvolti, ma anche da tutti gli operatori che si trovano a lavorare in un contesto invivibile, dove il sovraffollamento, le condizioni umane, il caldo, le condizioni climatiche ed igieniche raggiungono, soprattutto in questi giorni, un livello inaccettabile.

Credo che si stia vivendo uno stato di necessità emergenziale e, come in tutte le emergenze, un paese, grande come il nostro, civile come il nostro, ha il dovere di intervenire tempestivamente, anche con misure che, talvolta, non possono essere totalmente accettabili sotto il profilo normativo.

Come si conciliano le tante parole spese in quest'aula da molti mesi a questa parte, le posizioni giustizialiste del ministro di Pietro, le scene e le sceneggiate di un ministro, le uscite, le minacce, le assenze, strategiche o tattiche, di alcuni rappresentanti dell'esecutivo, con le condizioni di vita di chi di vive in una cella a 40 gradi, sovraffollata, aspettando da mesi di sapere esattamente il proprio destino? Come si conciliano tutte le parole spese con la situazione che vivono i detenuti, gli operatori delle carceri e anche tutti i familiari che si trovano, loro malgrado, a vivere in queste condizioni?

Io credo che esista il dovere da parte di questo Stato e di questo Parlamento di arrivare celermente, senza tattiche che nascondono contraddizioni politiche, soprattutto all'interno della maggioranza, ad una soluzione il più possibile condivisa.

Se è giusto, infatti, che esistano uno Stato di diritto, la certezza del diritto e la certezza della pena, è ancora più giusto e irrinunciabile che esista la certezza della dignità delle persone. Parliamo, sì, di detenuti, di persone che hanno commesso certamente dei reati e che si sono macchiati di errori, ma parliamo soprattutto di uomini e di donne, che vivono in condizioni oggi davvero inaccettabili a causa della situazione oggettiva delle nostre carceri.

La nostra Carta costituzionale, all'articolo 27, sancisce alcuni obblighi e le finalità che tutti noi sappiamo in questo momento non essere pienamente rispondenti alla realtà. È solo per questo che ritengo che il Parlamento debba intervenire velocemente, senza contraddirsi, senza perdere tempo, senza i tatticismi in questo Governo, senza le contraddizioni di questa maggioranza, cercando una soluzione il più possibile unitaria e condivisa, per fare in modo che tutte le persone - lo ripeto - e tutto il mondo carcerario nella sua accezione più ampia, i detenuti e gli operatori, abbiano una risposta chiara e definitiva.

A più riprese ho sentito in questo dibattito evocare la visita di Giovanni Paolo II in quest'aula.

Come molti di voi, ero tra coloro che hanno vissuto quel momento storico importante ed emotivamente coinvolgente. E, come molti di voi, ero fra coloro che hanno applaudito, quando Papa Giovanni Paolo II ha chiesto un gesto di clemenza. Sapete bene che l'applauso nell'aula di un Parlamento assume un significato preciso: è una presa d'atto, una presa di coscienza ed anche una chiara volontà di consenso. Ricordo bene quel gesto e quell'applauso: in quel momento storico per quest'aula, tutti i gruppi parlamentari, senza alcuna eccezione, hanno preso un preciso impegno.

Onorevole Orlando, non si tratta di chiamare in causa a sproposito il Santo Padre. Probabilmente, le sue parole sono state pronunciate a sproposito, quando con una parentetica del tutto impropria e poco felice ha cercato di distinguere i reati  e i protagonisti dei reati. Questo modo di operare nell'ambito della giustizia - ma non solo in tale settore - da parte dell'attuale maggioranza e della passata posizione non è accettabile.

Le leggi non possono essere contra personam, o disegnate per giovare o far del male a qualcuno in particolare. Questo provvedimento, in particolare, riguarda una popolazione molto ampia. Quando il Santo Padre richiamava un gesto di clemenza, certamente si riferiva a tutte le persone. Egli, infatti, faceva riferimento ai diritti, alla dignità di tutte le persone, quella dignità che talvolta voi, pronunciando discorsi ad personam non condivisibili, dimostrate davvero di non rispettare (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, anche noi avremmo preferito che oggi giungesse in Assemblea un provvedimento di indulto senza restrizioni, così come sottolineato prima dall'onorevole D'Elia della Rosa nel Pugno. L'indulto interviene sulle pene e non già sui reati e, quindi, è abbastanza discutibile che da questo provvedimento vengano escluse alcune tipologie di reato.

Pur tuttavia, voteremo a favore di questo provvedimento e contro gli emendamenti che sono stati presentati. Riteniamo, infatti, che esso sia un punto d'intesa importante e utile, affinché si risponda concretamente ad un'esigenza, in questo momento assai diffusa e profonda, della popolazione carceraria, che è aumentata sempre più, anche a seguito di mancati provvedimenti di amnistia e di indulto, che nel corso degli ultimi anni non sono stati presentati nel nostro paese.

È evidente - e mi pare di cogliere l'essenza politica di questo dibattito - che una parte dell'attuale maggioranza, che fa capo all'onorevole Di Pietro, ricongiungendosi in questo con la posizione più naturale della destra politica italiana, si opponga a questo provvedimento, non già per l'indulto in sé, ma perché esso non esclude quegli stessi reati che l'onorevole Di Pietro ha perseguito per anni come magistrato del pool «mani pulite» e sui quali ha costruito la sua carriera politica.

Egli mi ricorda un vecchio partigiano che vive sempre nel ricordo delle imprese della guerra di liberazione. Per Di Pietro quei ricordi sono rappresentati dalle sue iniziative giudiziarie degli anni Novanta, quando divenne improvvisamente un eroe popolare, forse il più popolare degli italiani. Certo, non può accettare che in questo provvedimento di indulto - e lo capisco bene - non vengano esclusi questi reati. Faccio solo una notazione, non temporale, ma politica: l'ultimo provvedimento di perdono e di amnistia è stato adottato in Italia il 10 aprile 1990, cioè due anni prima che esplodesse la cosiddetta tangentopoli.

L'Italia è priva di provvedimenti di clemenza, di indulto o di amnistia da 16 anni: non era mai avvenuto nella storia del nostro paese, perché la distanza che ha separato un provvedimento di perdono da quello successivo era stata, al massimo, di otto o nove anni. Ad esempio, al decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1970, n. 283, mediante il quale si intervenne nei confronti dei movimenti operai e studenteschi del 1968 e degli episodi di violenza che si erano verificati in Italia, era seguito il decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1978, n. 413 (subito dopo l'assassinio di Aldo Moro e, quindi, in pieno terrorismo), che, ovviamente, escludeva dall'indulto proprio i reati concernenti il terrorismo.

Ebbene, sono passati sedici anni dall'ultimo provvedimento di clemenza della Repubblica italiana. A mio giudizio, ciò è avvenuto perché quella parte di destra che si è installata, diciamo così, nella sinistra, ha culturalmente pervaso larga parte della sinistra italiana: il suo atteggiamento giustizialista, non di garanzia del singolo cittadino, il suo atteggiamento non favorevole a provvedimenti di condono e di amnistia, sanciva l'esistenza di una posizione «pura» della sinistra italiana. Oggi, vorrei che tutti si rendessero conto di  come questa congiunzione, o ricongiunzione, della destra politica italiana con l'Italia dei Valori, ed il distacco da tale posizione di gran parte della sinistra italiana, riconsegni quest'ultima, per alcuni aspetti, alla sua tradizione, profondamente segnata dal rispetto dei diritti di tutti i cittadini, delle garanzie costituzionali e della libertà di ognuno di noi.

Con questo mio breve intervento desideravo manifestare l'adesione del mio gruppo al provvedimento di indulto in esame. Speriamo che esso non incontri altri ostruzionismi. Onorevole Di Pietro, in genere, gli ostruzionismi li fa un esponente dell'opposizione, non un ministro di un Governo in carica. Allo stesso modo, in genere, i sit-in li organizzano gli esponenti dell'opposizione parlamentare (quando non sono troppo notabili...), ma non credo che li possa promuovere un ministro in carica se non ha il coraggio di mettere in discussione anche la sua poltrona di ministro. Non si è mai verificato, in Italia, che un ministro protesti con i sit-in davanti al Parlamento della Repubblica e definisca in un certo modo la situazione che vive all'interno del Governo! Scrive Di Pietro: «Non ritiro l'Italia dei Valori dal Governo e sono ostaggio di una situazione che mi fa schifo». Non è linguaggio da ministro della Repubblica! Se proprio la situazione è così - come dice lui - schifosa, dovrebbe risolvere il problema semplicemente presentando una lettera di dimissioni. Ma a questo siamo oggi in Italia! Questa è l'Italia delle contraddizioni e, quindi, non ci stupisce un simile atteggiamento.

Noi voteremo a favore del provvedimento in esame anche per ricongiungerci all'appello che Giovanni Paolo II ci rivolse, in quest'aula, per un atto di clemenza nei confronti del popolo delle carceri. Sono passati troppi anni da allora: ritengo sia giunto il momento di dare una risposta al popolo delle carceri ed anche a quel grande Papa che fu Giovanni Paolo II (Applausi dei deputati dei gruppi della Democrazia Cristiana-Partito Socialista, de La Rosa nel Pugno e dei Popolari-Udeur)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, con tutto il rispetto, nel condurre il dibattito lei ha parlato, in precedenza, di una forte aspettativa del paese per il provvedimento in esame, ovviamente sottintendendo che si trattava dell'aspettativa nel senso dell'approvazione. Francamente, tutta questa aspettativa non la vedo, signor Presidente! Penso, invece, signor Presidente, colleghi, che questo costituisca uno degli esempi della grande distanza che esiste tra le istituzioni ed i cittadini: noi siamo qui - voi siete qui - per approvare un provvedimento cui è sotteso un vostro interesse. Non sottende l'interesse della maggioranza dei cittadini che, in un bilanciamento di interessi, preferisce l'interesse ad una vita sicura e tranquilla, l'interesse a non rivedere i delinquenti che vengono messi in libertà, perché proprio questo sarà il risultato pratico del provvedimento che state per approvare. E, poi, vi è il contesto nel quale avviene la discussione e l'approvazione del provvedimento stesso, un contesto di grave sofferenza politica di questa maggioranza, un'ulteriore sofferenza dopo le altre che abbiamo già constatato negli altri provvedimenti che, in questi pochi mesi di legislatura, sono stati sottoposti al Parlamento. Oggi assistiamo ad un ministro che si «autosospende». Penso che sia un istituto nuovo nella vita parlamentare e quando un ministro si «autosospende» vuol dire che non vi è più una maggioranza parlamentare, perché i voti del movimento che il ministro Di Pietro rappresenta sono oggi sospesi e congelati e, quindi, dopo le tensioni che abbiamo constatato anche in quest'aula sul provvedimento sulla missione in Afghanistan, vi è una nuova tensione all'interno della maggioranza, che non esiste più virtualmente, per effetto dell'atteggiamento del ministro Di Pietro. Egli parla di «furbetti del quartierino». Penso che sia lui, oggi, il «furbetto» in quest'aula che, con il suo atteggiamento, denuncia un uso strumentale delle istituzioni e della carica di ministro, per portare  avanti i propri interessi di carattere eminentemente elettorale.

Ed ancora, vi è l'assenza del ministro della giustizia, Mastella. È molto grave tale assenza, sia perché egli è competente per materia, sia perché noi oggi avremmo voluto conoscere dal ministro stesso i dati sull'impatto di questo provvedimento, per quanto riguarda lo svuotamento delle carceri e per quanto riguarda i rischi, molto alti, di recidiva. Inoltre, il ministro della giustizia, di fronte a questo provvedimento, avrebbe dovuto chiarirci le linee del Governo, considerato che si dice che il provvedimento è necessario perché occorre gestire una situazione esplosiva all'interno delle carceri. Allora, qual è la linea del Governo per gestire questa situazione esplosiva all'interno delle carceri? Realizzare l'indulto, che sappiamo non risolverà il problema, perché abbiamo già i dati dell'«indultino» che ci testimoniano come un terzo di coloro che vengono fatti uscire immediatamente tornano in carcere?

In tale contesto, discutiamo di un provvedimento che vede la Lega fermamente contraria. Noi siamo sempre stati contrari all'indulto, perché riteniamo che il principio della certezza della pena debba essere assolutamente da salvaguardare, nell'interesse dei cittadini comuni. Oggi, se dobbiamo fare un bilanciamento di interessi, dobbiamo far pendere la bilancia a favore della gente comune, a favore delle vittime, a favore degli Abele, non dei Caino. Questa è una posizione che la Lega ha perseguito nel corso di tutta la legislatura precedente, con grande coerenza e grazie all'impegno del ministro Castelli, che non è scappato quando si trattava di prendere una posizione sull'indulto e sull'amnistia! Ed è anche grazie a lui che questo provvedimento non è stato approvato nella scorsa legislatura, garantendo un po' di sicurezza in più ai nostri cittadini!

Allora, anche illustri studiosi, quando parlano della funzione della pena, affermano che la pena stessa deve avere, sì, una funzione rieducativa, ma essa deve comunque avere una funzione repressiva e preventiva, general preventiva e special preventiva.

Ci stiamo scordando quella che deve essere, anche da un punto di vista giuridico, considerato che in quest'aula tutti si riempiono la bocca con citazioni di dottrina e con principi di carattere giuridico, la funzione principale della pena.

Anche la funzione rieducativa della pena non può coincidere con uno svilimento completo della pena stessa; infatti, se quest'ultima deve avere una funzione rieducativa, comunque non può essere cancellata con un colpo di spugna. La pena deve, comunque, esistere e deve essere scontata.

La Lega voterà contro il provvedimento e per questo motivo ho presentato una serie di emendamenti, non ostruzionistici, che puntano a fare riflettere l'Assemblea su quello che viene approvato. Emendamenti certamente abrogativi, ma anche emendamenti che puntano a ridurre il danno che si crea con l'approvazione di questo provvedimento. Noi puntiamo, ad esempio, ad escludere dalla previsione il reato di omicidio; infatti, oggi si può concedere l'indulto, con il testo che voi andate ad approvare, anche a chi è stato condannato per omicidio, cioè il reato più grave in assoluto. Considerando anche l'impatto molto grave che questo provvedimento ha rispetto ad un fenomeno come quello dell'immigrazione clandestina, che porta a commettere reati, abbiamo, inoltre, presentato alcuni emendamenti in materia; infatti, è inutile nasconderci dietro ad un dito e riempirsi la bocca con il solito buonismo. Il 45 per cento degli ingressi in carcere sono di immigrati clandestini e di extracomunitari e il 33 per cento della popolazione carceraria risponde a questa tipologia. Noi, quindi, stiamo per scarcerare migliaia di persone che non solo hanno commesso dei reati, ma, una volta usciti dal carcere, vivranno in una situazione di illegalità e di irregolarità che è ulteriormente propedeutica alla commissione di altri reati. A questo scopo abbiamo presentato degli emendamenti per  fare in modo che gli immigrati clandestini che saranno scarcerati vengano immediatamente rimpatriati.

Tutti gli emendamenti che abbiamo presentato servono a ridurre il danno; così come abbiamo presentato proposte emendative per escludere dall'applicazione dell'indulto alcuni reati che noi riteniamo molto gravi, quali l'omicidio, i reati collegati alla corruzione, alla pubblica amministrazione e ad un allarme sociale diffuso. In questo periodo, ad esempio, stiamo assistendo a numerose rapine all'interno delle ville. Ci sono persone tranquille che vengono minate in uno dei beni più preziosi, cioè la tranquillità della propria esistenza; quindi, riteniamo che questo tipo di criminali non possa uscire impunemente dalle carceri ed è per questo abbiamo presentato un emendamento in tal senso.

La Lega, con coerenza, voterà contro questo provvedimento e non tradirà le aspettative della gente, cioè le aspettative della maggioranza dei cittadini che hanno diritto ad un'esistenza tranquilla; noi siamo per gli interessi dei molti, non per gli interessi dei pochi che, per giunta, non lo meritano (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Raiti. Ne ha facoltà.

SALVATORE RAITI. Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, intervenire su questo argomento per uno come me, che è profondamente cattolico, è un po' difficile. Non v'è dubbio che noi dell'Italia dei Valori non siamo a priori contrari all'indulto, come ha detto qualcuno negli interventi precedenti, che ci ha descritti come giustizialisti, sostenendo che vogliamo continuare nelle aule parlamentari l'attività che qualcuno di noi ha iniziato prima di venire in Parlamento; tutto questo non c'entra nulla con la battaglia parlamentare che oggi stiamo conducendo per portare avanti le nostre ragioni. Anzi, per quanto ci riguarda, siamo assolutamente favorevoli ad atti di clemenza che vadano nella direzione auspicata dalla nostra Costituzione, ma che, nello stesso tempo, tengano conto di quelle che sono le esigenze sociali del nostro paese e, soprattutto, di quello che era il programma dell'Unione che tutti noi abbiamo sottoposto al giudizio degli elettori e sul quale gli elettori ci hanno dato la fiducia per governare questo paese. Noi, su questi principi, siamo assolutamente coerenti e vogliamo continuare ad esserlo, correndo il rischio di venire considerati pedanti. Infatti, crediamo non si possa tradire il mandato elettorale.

In linea di principio, siamo favorevoli ad un atto di clemenza, perché - lo sappiamo bene e lo sanno anche i cittadini italiani -, nel corso di questi anni, lo Stato è stato forte con i deboli e deboli con i forti. Lo Stato, attraverso una serie di atti normativi, ha determinato il sovraffollamento delle carceri, nonché disumane ed inaccettabili condizioni di vita per i detenuti. Vi sono quasi sessantamila carcerati. Ma se consideriamo da chi è composta la popolazione carceraria, ci rendiamo conto che l'assunto di cui parlavo è reale e dobbiamo lottare per modificare lo stato delle cose.

Il provvedimento in esame, purtroppo, non determina quell'inversione di marcia che tutti noi auspicavamo e che abbiamo richiesto, fin dal momento in cui ci siamo presentati alle primarie, quando abbiamo proposto il codice etico composto di 102 punti che si poneva l'obiettivo, appunto, di un inversione di marcia.

Oggi, invece, constatiamo che la popolazione carceraria è composta quasi per il 60 per cento da poveracci (il 27,9 è composto da tossicodipendenti, il 30,7 da immigrati e il 10 per cento da persone che hanno commesso piccolo reati contro il patrimonio); questi soggetti stanno per diventare uno specchietto per le allodole, purtroppo, per portare avanti un percorso intrapreso dal vecchio Governo e dalla vecchia maggioranza. A tutto questo vogliamo dire «no»! Continuiamo a dire «no» e invitiamo i colleghi dell'Unione a riflettere, per cercare di aggiustare il tiro.

Sempre più spesso si cerca di indurre a compiere una riflessione che va nella direzione opposta ad una giustizia giusta e celere e ad uno Stato di diritto che sia veramente tale. Al contrario, registriamo una giustizia sempre più diseguale, una giustizia che non riesce a soddisfare in tempi ragionevoli la richiesta di attuazione dei diritti. Vi è un abbandono della legalità, non solo come priorità da perseguire, ma anche come valore fondamentale di riferimento!

Sappiamo anche che questo provvedimento, pur rispondendo all'esigenza di rendere più umane le carceri e di fare uscire i soggetti che hanno compiuto reati di non particolare gravità, non affronta alcuni degli aspetti fondamentali che vorremmo fossero considerati, anche nei riguardi della popolazione carceraria. Sappiamo che, spesso, i soggetti che escono dalle carceri ci tornano presto, perché non esiste una normativa di accompagnamento che preveda la possibilità di reinserirli nella società e di trovare un lavoro che possa evitar loro di tornare a delinquere! Molti di loro ci ricadranno e dopo tre mesi torneranno nelle carceri, così come ci torneranno quei poveri disgraziati che non avranno vitto e alloggio e commetteranno reati per tornare nelle carceri!

A queste esigenze, purtroppo, il provvedimento non risponde e, a nostro avviso, questo fatto è assolutamente grave. Se a ciò si aggiunge che questi poveracci, cui va tutta la nostra solidarietà, così come va alle forze dell'ordine, alla polizia penitenziaria che chiede di essere sollevata da un modo di lavorare insostenibile, diventano solo degli specchietti per le allodole, la cosa diventa ancora più grave! Il provvedimento, infatti, viene esteso ad una serie di altri soggetti cui non poteva e non doveva essere esteso, perché ci siamo impegnati a compiere un'inversione di marcia rispetto a quello che è stato fatto nella precedente legislatura! Questo provvedimento non realizza un'inversione di marcia! Si va invece nella stessa direzione! Questo non lo possiamo accettare! Alle forze dell'Unione chiediamo di modificare tutto ciò!

Infatti, da una esigenza giusta e da un obiettivo giusto non possiamo arrivare ad ottenere un risultato sbagliato che va nella direzione contraria agli impegni assunti nei confronti dei cittadini. Sappiamo bene che, purtroppo, la nostra giustizia ed il nostro processo hanno compiuto alcuni passi all'indietro. Il nostro processo, oggi, sta diventando sempre più un processo di classe, tanto implacabile nei confronti di alcuni strati sociali quanto ineffettivo e declamatorio per altri. I processi sono messi sotto accusa per parzialità o malafede o con minacce ministeriali o con procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati. Sappiamo bene che, nel corso degli ultimi cinque anni, sono state cambiate le leggi da applicare nel processo. Ciononostante, nel migliore dei casi si è affrontato tutto cercando di considerare che non vi è più l'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge ma vi sono cittadini - i cosiddetti colletti bianchi, cioè coloro i quali appartengono alle classi sociali più alte - che sono al di fuori della legge, perché non possono essere perseguiti. Costoro hanno avuto a disposizione tutti gli strumenti necessari per evitare di rispondere, come deve accadere in uno Stato giusto ed egualitario, per le loro responsabilità in maniera seria ed equilibrata. Questo è accaduto nel corso degli ultimi cinque anni. Come se non bastasse, questo provvedimento mira a garantire ad essi, ancora una volta, la totale impunità anche per il futuro. Infatti, si applicherà anche a coloro che hanno commesso reati fino al 2 maggio 2006 e potranno essere condannati negli anni a venire. Oltre a depotenziare l'attività dei magistrati, non facciamo ciò che sarebbe giusto fare, cioè alleggerire il peso dei fascicoli processuali. In virtù di questo provvedimento, infatti, i magistrati lavoreranno sapendo che, spesso, le loro sentenze e gli sforzi compiuti non porteranno ad alcuna pena certa ed effettiva. Questo non possiamo tollerarlo!

Allo stesso modo, non possiamo tollerare che il provvedimento preveda l'esenzione dall'applicazione anche delle pene accessorie. Questo è un fatto gravissimo! Mi rivolgo soprattutto ai colleghi dell'Unione,  ricordando che la nostra Costituzione e i principi del nostro ordinamento processuale affermano che l'indulto non si applica alle pene accessorie. Invece, questo provvedimento si estende anche a queste ultime. Come tutti sapete, si tratta di quelle pene che hanno, soprattutto, finalità rieducativa e sono applicate a quei soggetti che, pur non andando in carcere, devono pagare una sanzione che, spesso, risulta essere più onerosa della stessa detenzione, soprattutto per i cosiddetti colletti bianchi o per coloro che appartengono ai ceti sociali più alti. Questa esigenza, prevista dalla nostra Costituzione, voi pensate che non debba essere rispettata, con questo provvedimento. In tal modo, quindi, si concede una impunità totale!

Ma c'è un fatto ancora più grave. L'articolo 151 del codice penale prevede che generalmente sono esclusi dall'applicazione dell'indulto coloro che commettono reati abitualmente o professionalmente: ebbene, si è previsto che questo provvedimento si possa applicare anche a tali soggetti. Quindi, non solo il danno ma anche la beffa: si applica ai cosiddetti colletti bianchi e si estende anche alle pene accessorie e a coloro cui sarebbe inapplicabile in virtù dell'articolo 151 del codice penale!

Questi sono fatti gravi per i quali non possiamo accettare di esprimere un voto favorevole su questo provvedimento; questi sono fatti gravi che ci inducono a combattere una battaglia parlamentare seria e determinata. Vogliamo far valere le nostre ragioni, che credo siano le ragioni della maggioranza degli italiani. Vogliamo essere assolutamente consequenziali con gli impegni assunti nel corso della campagna elettorale e in occasione delle primarie. Noi di questo facciamo una questione vitale perché ne va della serietà della politica. Invitiamo i colleghi dell'Unione che la pensano allo stesso modo - so che sono numerosi - a cercare di correggere il tiro. Dobbiamo mandare un segnale serio. Nel corso della campagna elettorale avevamo affermato che questo sarebbe stato il Governo della serietà e dell'equità. Della serietà e dell'equità dobbiamo fare un impegno preciso. Dobbiamo essere determinati, fino in fondo, soprattutto in questo caso (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Costantini. Ne ha facoltà.

CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, colleghi deputati, come hanno già puntualizzato i colleghi dell'Italia dei Valori che mi hanno preceduto, noi non siamo pregiudizialmente contrari ad un provvedimento di clemenza, anche se riteniamo che il ricorso ai benefici clemenziali intesi come modalità per ridurre il sovraffollamento degli istituti carcerari non solo non costituisca la migliore soluzione del problema, ma neppure costituisca una soluzione del problema. Il regolare avvicendarsi di indulti ed indultini in questi ultimi decenni ha dimostrato quanto sia stata impropria ed anzi spesso assolutamente deleteria la scelta di voler risolvere i problemi delle condizioni di vita della popolazione carceraria con un atto di clemenza.

Non devo essere io a ricordare rimedi tanto scontati quanto efficaci per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri che ormai tutti conosciamo, ma per coerenza con quanto sempre sostenuto dall'Italia dei Valori devo piuttosto rivolgermi a voi tutti, deputati colleghi, per invitarvi a svolgere alcune riflessioni. La convinzione dell'inadeguatezza dell'atto di clemenza è suffragata dalla maggior parte dei giuristi. Nel nostro paese si è fatto e si continua a fare un grande abuso dell'amnistia e dell'indulto, che fioriscono per le ragioni più o meno demagogiche, celebrative ed elettoralistiche, neppure dissimulate, di alleggerire spesso in modo effimero il carico della giustizia o come pessimo surrogato di mancate riforme penali o processuali o come depenalizzazione surrettizia, sempre con la solenne promessa che sarà l'ultima.

Ciò determina uno svilimento dell'autorità dello Stato ed una diminuzione della forza della legge penale. Vanifica gli sforzi  della polizia e della magistratura. Comporta un prolungamento artificioso dei processi, in attesa dell'immancabile provvedimento clemenziale, ed un aumento del numero dei delinquenti in libertà, senza alcun previo accertamento sulla loro pericolosità e con non infrequenti recidivismi, anche efferati, a breve scadenza. Il valore criminogeno dei provvedimenti di clemenza è comprovato dall'aumento degli indici di criminalità, che sempre segue la loro concessione. Queste considerazioni, colleghi deputati, sono testualmente contenute in uno dei manuali di diritto penale più autorevoli e diffusi nelle nostre università e dunque più approfonditi dai giovani e dagli operatori del diritto di domani.

Anche l'incremento degli indici di criminalità, che segue sempre la loro concessione, è provato documentalmente. Dal 2002 al 2003 i reati erano in diminuzione, da 211 mila a 204 mila. Nel 2004, dopo l'approvazione di un indulto, i reati sono aumentati sino a 215 mila e sino a 225 mila nel 2005. Questo è quanto avvenne anche negli anni successivi alle amnistie del 1978, del 1986 e del 1990. Addirittura in quest'ultimo caso, nel 1991, i reati aumentarono del 41 per cento. A sostegno dell'effetto impunità vi sono dati che mostrano la stessa tendenza anche al di fuori del nostro paese. In Spagna ad esempio, dopo l'indulto del 2000 a favore di 1.500 persone, nel 2001 la popolazione carceraria in un solo anno aumentò di ben 1.200 unità rispetto all'anno precedente. Ciò dimostra che dopo ogni provvedimento di clemenza le carceri si riempiono nuovamente, in maniera maggiore, creando un circolo vizioso che finisce con il danneggiare proprio i nostri detenuti.

In passato questi errori sono stati già commessi. Al sovraffollamento delle carceri si rispondeva con l'indulto, fino ad aspettare che le carceri si riempissero nuovamente ed altri detenuti morissero per le condizioni igienico-sanitarie disumane, per poi risolvere nuovamente il problema con un nuovo indulto. Su questo è intervenuta la Corte costituzionale, con la sentenza n. 175 del 1971, con la quale le Camere furono invitate ad un uso più ponderato degli atti di clemenza. Ciò condusse nel 1991 alla riforma dell'articolo 79 della Costituzione che, volta a frenare gli abusi delle Camere, stabilì che la legge di delegificazione dovesse essere approvata con la maggioranza dei due terzi.

Ebbene, colleghi deputati, queste considerazioni oggettive avrebbero consentito a noi dell'Italia dei Valori di argomentare fondatamente una posizione di totale contrarietà ad un qualsivoglia provvedimento di clemenza, ma ciononostante, muovendo proprio dalla constatazione della reale attuale insostenibilità della situazione di sovraffollamento delle carceri, abbiamo deciso di aprirci al confronto, convinti che - a titolo di solo esempio e non in modo esaustivo - nel centrosinistra non si sarebbe mai rinnegato l'impegno assunto nella precedente legislatura contro la legge sul legittimo sospetto, che ha determinato la sospensione e con essa l'allungamento dei tempi di definizione dei processi.

Nel centrosinistra non si sarebbe mai rinnegato l'impegno assunto nella precedente legislatura contro l'ex Cirielli che ha modificato, in termini negativi per il funzionamento della giustizia, i tempi di prescrizione dei reati, inclusi quelli relativi ai reati societari, finanziari, contro la pubblica amministrazione e contro l'amministrazione della giustizia; non si sarebbe rinnegato l'impegno contro la depenalizzazione del falso in bilancio, che ha consentito in molti casi l'inflazione della sola sanzione amministrativa, né l'impegno contro le iniziative legislative che hanno svilito e svuotato le funzioni proprie del pubblico ministero.

Era l'impegno, colleghi deputati, di tutto il centrosinistra che voleva che i reati contro la pubblica amministrazione e contro l'amministrazione della giustizia fossero perseguiti e puniti. Era l'impegno di un centrosinistra che voleva che i reati societari che avevano messo in ginocchio decine di migliaia di risparmiatori fossero perseguiti e puniti; era l'impegno di tutto il centrosinistra che voleva che i reati di natura fiscale e finanziaria, quelli commessi dagli speculatori e dai grandi evasori,  che irresponsabilmente scaricano i costi di un funzionamento devastato sui ceti più deboli, fossero perseguiti e puniti.

Questi sono reati che hanno come vittime non una o due o tre persone, ma che incidono direttamente sull'intero apparato economico statale ovvero sull'insieme degli organi e delle attività direttamente preordinati al concreto perseguimento degli scopi considerati di pubblico interesse in una collettività statale. Nei reati contro la pubblica amministrazione, l'oggetto giuridico è il regolare funzionamento, nonché il prestigio degli enti pubblici e dei soggetti che ad essi appartengono; nei reati finanziari e societari ad essere mortificati sono gli interessi dei creditori e dei consumatori e della collettività tutta, intere categorie di soggetti, lavoratori, piccoli risparmiatori e giovani che si accingono, con non pochi giustificati timori, ad entrare nell'universo lavorativo. Vengono altresì mortificate le condizioni e la qualità di vita quotidiana della maggior parte degli italiani. È inaccettabile includere anche le categorie di reati con i quali gli ex responsabili della Parmalat e dei vari crack ed i «furbetti del quartierino» hanno messo in ginocchio, a terra, un milione di famiglie.

Questi obiettivi, contenuti negli emendamenti presentati dall'Italia dei Valori, hanno unito per cinque anni il centrosinistra quando era opposizione ed incredibilmente lo dividono oggi che è maggioranza. È questo l'aspetto più sconcertante della questione, il quale non riusciamo davvero a comprendere o che forse comprendiamo troppo bene: esso rinnega in un solo giorno anni di impegno politico, parlamentare e sociale del centrosinistra e di tanti italiani che in quel centrosinistra vorrebbero continuare a credere. La nostra è quindi l'unica posizione possibile, coerente con le indicazioni programmatiche dell'Unione rispetto alla possibilità di adottare provvedimenti di clemenza, ma coerente anche con anni d'impegno politico e sociale di partiti e di cittadini impegnati contro il tentativo del precedente Governo di una vera e propria demolizione del sistema giudiziario.

Nessuno potrà, infine, obiettare che l'accoglimento degli emendamenti dell'Italia dei Valori vanificherebbe gli obiettivi attuali del provvedimento di clemenza in discussione. Sappiamo infatti, sulla base di informazioni ufficiali fornite dal Ministero, che sarebbero poco più di sessanta i detenuti che non beneficerebbero della scarcerazione, un numero davvero privo di ogni rilevanza rispetto alla complessiva portata del provvedimento all'esame della Camera.

Non esiste, quindi, alcuna ragione logica e soprattutto spiegabile dignitosamente agli elettori dell'Unione, per non sostenere gli emendamenti che recepiscono queste indicazioni e per impedire che vengano approvati: con essi, passerebbe anche la concessione di un indulto che conserva intatta tutta la sua efficacia rispetto all'immediata soluzione, auspicata da tutti, del sovraffollamento delle carceri (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, anzitutto mi consenta di ringraziarla perché si è rivolto a me con l'appellativo di deputato; preferisco, infatti, non essere chiamato onorevole. Se sarò onorevole, lo diranno gli altri, e probabilmente alla fine della legislatura.

Questa non è la Camera degli onorevoli: è la Camera dei deputati, ed io sono orgoglioso di farne parte. Quindi, vorrei che la Presidenza sempre si rivolgesse a me - non agli altri che desiderano ed hanno bisogno di essere chiamati «onorevoli» dal Presidente - come deputato (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Colleghi...

FEDERICO PALOMBA. La ringrazio, Presidente. Speravo così, se possibile, di portare una nota di sdrammatizzazione nella trattazione di un tema di tale straordinaria importanza.

Non ripeterò quanto già dichiarato dai colleghi dell'Italia dei valori; la nostra posizione è nota: io l'ho illustrata in Commissione giustizia e, in questa sede, i colleghi che mi hanno preceduto l'hanno ribadita con molta nettezza. Mi limiterò perciò a riassumerla con poche parole.

Noi non siamo insensibili alle esigenze della popolazione carceraria: rifiutiamo di essere messi all'angolo, tacciati di insensibilità nei confronti delle sofferenze di tanti detenuti. Vorrei ricordare che noi abbiamo presentato una proposta emendativa per dare un assegno di reinserimento ai tanti «poveracci» che l'indulto scarcererà e che torneranno sulla strada senza avere, probabilmente, la possibilità di reinserirsi; noi, inoltre, per nostra sensibilità, abbiamo previsto un fondo a favore del consiglio di aiuto sociale per l'indennizzo alle vittime del reato. Non abbiamo scorto analoga sensibilità in chi ha proposto il testo in esame.

Noi, quindi, siamo favorevoli, in una situazione di emergenza, ad un provvedimento che allevi la situazione delle carceri; però, a tale proposito, ho bisogno di fare una precisazione. Non accettiamo l'idea che nelle carceri si viva una situazione di illegalità perché, se così fosse, coerenza vorrebbe che l'indulto non fosse limitato alla misura di tre anni ma giungesse sino a cinque, dieci o venti anni, fino, cioè, a scarcerare tutti. Non possiamo sostenere che noi ripariamo dall'illegalità soltanto 10 mila persone che stanno nelle carceri mentre tolleriamo che tutte le altre vi restino. In secondo luogo, non accettiamo l'idea che, per eliminare una supposta illegalità presente nelle carceri, si faccia ricorso ad un'altra illegalità, ovvero non si applichino le leggi che esistono, banalizzando la regola sociale e decretando, in fondo, una resa dello Stato. Neppure accettiamo che a tale presunta illegalità si risponda con la scarcerazione dei detenuti senza intervenire, invece, sulle ragioni strutturali della sofferenza degli stessi.

Allora, non siamo contrari ad un indulto; piuttosto, siamo contrari ad un provvedimento che, sotto il pretesto di venire incontro alle esigenze di tanti «poveracci», nella realtà si rivolge a tanti potenti i quali la fanno sempre franca; e tale indulto sarà un'occasione attraverso la quale essi, ancora una volta, la faranno franca.

Perciò, forse in maniera non del tutto rituale - ma nella speranza di trovare un punto di mediazione -, abbiamo proposto alla Commissione giustizia, attraverso il Comitato dei nove, di presentare un proprio emendamento volto ad introdurre, lasciando intatta la data del periodo di decorrenza dell'indulto, una modifica che sostituisse, al riferimento ai «reati commessi», quello ai reati per i quali fosse intervenuta una sentenza definitiva di condanna. In tal modo, a noi pareva di valorizzare un'esigenza di chiarezza facendo in modo che l'indulto fosse rivolto alle situazioni già conclamate e non avesse invece un effetto devastante e nefasto sulle tante inchieste che si stanno svolgendo, sui tanti scandali che hanno angosciato la società italiana, devastando le nostre istituzioni e gettando sul lastrico tante gente. Possiamo immaginare con quale entusiasmo gli inquirenti continueranno a fare le loro indagini, sapendo che dal Parlamento viene un messaggio di sostanziale disinteresse per il perseguimento di questo tipo di reati. Si sta verificando questo. All'esterno, quello che si sta per fare in quest'aula potrebbe essere percepito come un rumore sordo di straordinaria «lavanderia» parlamentare.

Abbiamo proposto agli alleati dell'Unione che si evitasse di mettere in discussione immediatamente l'indulto e che si accettasse il criterio previsto nel programma dell'Unione, per cui l'indulto doveva essere necessariamente accompagnato da una serie di interventi di carattere normativo, legislativo - a cominciare dalla riforma del codice -, che fossero capaci di incidere strutturalmente sulle ragioni del sovraffollamento penitenziario.

Abbiamo anche detto che stavamo elaborando una proposta di legge (oggi atto Camera 1392) che prevede l'abrogazione di alcune leggi che forniscono un gettito straordinario al carcere. Come valutiamo i  10 mila detenuti che entrano nelle carceri in conseguenza della cosiddetta legge Bossi-Fini sull'immigrazione? Quella è una legge iniqua, che manda in carcere persone nei confronti delle quali era prevista una pena minore dell'arresto e nei confronti delle quali si potrebbe intervenire con strumenti amministrativi. Come è valutabile in termini di deflazione carceraria il fatto che in carcere tante persone non entrino? Probabilmente, questi soli provvedimenti, insieme ad altri - come l'abrogazione della cosiddetta legge Fini-Giovanardi, che proponiamo, o dell'ex Cirielli, che prevede un meccanismo perverso di aumento della recidiva -, avrebbero avuto lo stesso effetto deflativo, perché avrebbero avuto immediata attuazione. Non solo, ma abbiamo proposto anche una serie di interventi alternativi alla pena detentiva. In ogni caso, pensavamo che una serie di interventi contestuali all'approvazione o alla presa in esame dell'indulto avrebbero potuto avere gli stessi effetti.

Questa nostra richiesta non è stata accolta; non ne capiamo la ragione, così come non capiamo la ragione per la quale, insieme ad altri partiti dell'Unione, nella scorsa legislatura abbiamo condotto una battaglia straordinaria contro alcune di quelle che noi consideravamo deviazioni rispetto alla legalità. Mi riferisco prima di tutto alle leggi ad personam, in secondo luogo all'approvazione di leggi inique che mandavano ingiustamente in carcere le persone. Abbiamo fatto delle battaglie contro chi non prevedeva rimedi per la situazione carceraria, e in conseguenza di queste battaglie, Presidente, noi dell'Unione ci siamo presentati all'elettorato e abbiamo chiesto i voti per sconfiggere questa cultura, per voltare finalmente pagina.

Ecco perché non comprendiamo il motivo per il quale i nostri amici alleati dell'Unione, invece di continuare lungo la strada della coerenza, della linearità, della legalità, che fino alle elezioni insieme a noi hanno percorso, oggi abbiano preferito trovare un'alleanza con quelle stesse forze che ieri hanno combattuto e che sono le maggiori responsabili di quelle leggi vergogna, di quelle leggi che hanno mandato in carcere tanta gente che non ci voleva andare. Ecco perché siamo contrari ad un indulto fatto in questo modo.

Presidente, non riusciamo a capire francamente la ragione di un provvedimento che, con il pretesto di pensare ai poveri disgraziati, in realtà pensa a condonare e ad avvantaggiare una serie di persone che si sono rese responsabili del malaffare in Italia o che comunque sono per questo indagate. Presidente, noi non abbiamo sentito - o non l'abbiamo letto - nelle parole di Giovanni Paolo II quali siano i reati da includere e quelli da escludere dal condono. Questo è un compito che spetta a noi; è una nostra responsabilità politica.

Non accettiamo l'idea secondo cui noi stiamo conducendo una battaglia contro qualcuno. Non l'accettiamo nella stessa misura in cui noi potremmo dire che questo provvedimento di indulto potrebbe rappresentare la continuazione delle leggi ad personam, cioè la continuazione di una cultura di produzione legislativa fatta per beneficare i soliti potenti, i quali non hanno mai scontato un giorno di carcere e, probabilmente, non lo sconteranno mai, grazie anche a questo provvedimento. È proprio per questo che noi siamo abbastanza sconvolti dal patto che è stato fatto. Ci viene detto che, senza questo patto, l'indulto non si fa. Ebbene, noi pensiamo che la coerenza valga molto di più di qualunque altra cosa. Pensiamo che altri interventi e altri provvedimenti normativi avrebbero potuto avere lo stesso risultato pratico dell'indulto. Non averli voluti è un fatto per noi abbastanza incomprensibile e ci fa capire che dobbiamo vigilare sull'attuazione del programma dell'Unione. Non è possibile, infatti, fare strappi come quelli che ci sono stati in questo caso.

Per tutti questi motivi, noi abbiamo condotto, senza alcuna volontà ostruzionistica, una limpida battaglia in Parlamento e nelle piazze, sia per annunciare all'opinione pubblica la nostra posizione favorevole alla scarcerazione di tanti poveri disgraziati, sia per dire con limpidezza  che siamo coerenti ai programmi con i quali ci siamo presentati in campagna elettorale e, conseguentemente, non siamo disposti ad accettare un'ennesima legge ad personam che preveda l'inclusione, nel beneficio dell'indulto, di tante categorie di persone che riteniamo non ne debbano beneficiare (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Reina. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in un'Assemblea ormai fin troppo stanca perché provata da tante ore di dibattito e con un grado di attenzione che raggiunge i livelli più bassi, ho ritenuto comunque di intervenire in quanto penso che sul tema che stiamo trattando sia obbligatorio svolgere alcune considerazioni.

Vi è, a mio avviso, innanzitutto un equivoco di fondo che ha guidato questo dibattito e che, quindi, andrebbe dissipato con forza. Mi riferisco al fatto che l'argomento che ci occupa possa essere oggetto, bandiera e riferimento di una parte politica in contrapposizione ad un'altra; come se la questione dell'indulto potesse appartenere ad una sorta di ben identificata maggioranza, tale per cui persino la stessa sorte del Governo, in particolare la sua capacità di coesione e di omogeneità, fosse legata all'esito che all'interno del Parlamento si avrà a seguito della deliberazione che l'Assemblea assumerà.

Credo che la materia che trattiamo sia precipuamente, se non esclusivamente, una competenza del Parlamento e non del Governo. E su questa materia, prima ancora che i partiti, sono le coscienze a doversi confrontare e manifestare.

Colleghi, sono sempre stato convinto che la nostra civiltà sia in realtà figlia di una storia plurimillenaria. Proprio per questa ragione, in questo momento e in questo luogo, voglio ricordare, a me stesso per primo ma anche a voi, che siamo figli della civiltà romana che ha dato fondamento ai principi della cultura giuridica, che a loro volta hanno informato di sé tutti gli ordinamenti degli Stati del mondo: una cultura giuridica antica che riconosceva come parte della sua essenza l'atto di clemenza. I romani governarono il mondo non solo perché lo conquistarono con le armi, ma anche perché riuscirono a metabolizzare le culture dei popoli che assoggettavano, trasferendo in quelle culture anche parte della propria essenza, della propria stessa cultura, e ritornando, subito dopo l'evento bellico, ad essere il popolo civile capace di esercitare la funzione di governo. È questo il punto, e cioé che uno Stato forte in un paese libero, autenticamente democratico, non può avere paura di compiere atti di clemenza, perché, qualora ciò si verifichi, tale Stato non è completamente libero, se non altro da quella stessa paura cui ho accennato.

La verità è che qui si fronteggiano essenzialmente due culture. Il collega Del Bue, in qualche modo, precedendomi con il suo intervento poc'anzi, ha cercato di farlo intendere. Sono la cultura di chi crede in una giustizia che possa essere amministrata solo con atti di assoluta severità e quella, più moderata, di chi crede che la giustizia possa anche contemplare il riconoscimento della capacità di redenzione dell'individuo. È, prima di tutto, un problema di cultura laica, ma, proprio perché qui qualcuno ha evocato il cattolicesimo e la propria appartenenza a tale fede religiosa, alla quale anch'io appartengo, è anche un fondamento al quale noi credenti cattolici non possiamo rinunciare, se non altro in virtù, non della visita del Santo Padre in quest'aula (che storicizzata come lo è stata ha il valore che ha), ma di quella preghiera che noi credenti recitiamo e nella quale ricordiamo di avere il dovere di rimettere i peccati nei confronti dei debitori. Questo modo di concepire la vita, di approcciarsi anche all'attività pubblica, non può essere disconosciuto dai credenti e dai cattolici: non vi sono mediazioni su questo! Nessun credente può fare mediazioni su questo!

L'ho detto in altre circostanze a proposito della violenza e della guerra, l'ho detto anche durante la discussione molto ampia che si è svolta riguardo alla presenza  in quest'aula di alcuni parlamentari che avevano avuto problemi con la giustizia.

Il fronteggiarsi delle due culture si trascina ormai da molto tempo, pervade i due massimi schieramenti in campo nel nostro paese, ed in realtà pone questioni che non siamo capaci, ancora una volta, di risolvere.

In verità, il tema dell'indulto pone anche altre questioni, come ad esempio quella della giustizia ammalata, che non vogliamo, che non riusciamo a sanare. Ciò perché, straordinariamente, in un paese dove tutto è stato messo in discussione, nel quale molto spesso sento parlare di seconda Repubblica e dove non vi è organizzazione politica, sociale e culturale che non abbia pagato un prezzo all'esigenza della verità e del cambiamento, esiste una casta di soggetti che sta al di sopra ed al di fuori di ogni giudizio, e nessuno ha il potere di interferire con tale sfera senza temere di venire accusato di essere contro non tale casta, ma questa associazione di «giusti» che cercano di difendere lo Stato contro tutto e contro tutti.

Non è così. Lo Stato, infatti, è un complesso di elementi non solo positivi, ma anche negativi, e noi, in questa sede, rappresentiamo la realtà composita del paese, in ogni sua espressione. Non ci sono «puri»: se noi fossimo semplicemente una turris eburnea e credessimo seriamente che tutto ciò sia vero, allora saremmo al di fuori da ogni verità e da ogni realtà.

Noi dobbiamo compiere questo gesto di clemenza e dobbiamo farlo per una ragione laica, vera ed autentica. Dobbiamo realizzarlo non per la condizione «disumana» in cui si trovano le nostre carceri, bensì, sul piano del diritto, per la condizione ingiusta in cui esse versano. Non può essere esercitata giustizia, infatti, nelle condizioni in cui noi abbiamo mantenuto il nostro sistema carcerario.

Se vi è una vergogna che viene posta in capo non a questa, ma alle legislature che si sono succedute da quando è stato interrotto il fluire degli indulti o delle amnistie, essa è il non aver pensato, immaginato e costruito un sistema detentivo diverso. È questa l'onta che ci colpisce sia come civiltà, sia come legislatori, e non abbiamo il diritto di credere che chi, nel nostro paese, sconta la pena in tali condizioni debba continuare a farlo in virtù di una giustizia che, in verità, è una somma ingiuria, vale a dire una somma ingiustizia!

Abbiamo il diritto, invece, di credere, per certi reati, alla capacità di redenzione di alcuni cittadini che hanno commesso errori. Non possiamo supporre di avere la sfera di cristallo (la «palla dei maghi»), per cui possiamo sapere in anticipo che tali cittadini torneranno a delinquere: chi crede in ciò ha una visione della realtà distorta, pericolosa e fortemente arretrata!

Noi abbiamo il diritto di credere nell'uomo e di credere, altresì, che possano essere compiuti atti, anche successivi all'indulto, in grado di mettere coloro che hanno commesso errori in condizione di utilizzare validamente questo strumento per reintegrarsi all'interno della società, seguendo percorsi virtuosi e corretti in direzione del suo sviluppo. Tutto ciò deve avvenire nella salvaguardia e nel rispetto delle leggi dello Stato.

Un Parlamento autenticamente moderno e nuovo non ha paura di compiere questo gesto, sapendo - per carità! - che si corrono alcuni rischi. I rischi, infatti, sono insiti in ogni atto che compiamo, nonché in ogni provvedimento legislativo che contribuiamo tutti insieme ad approvare. Tali rischi, tuttavia, non possono compromettere il disegno di fondo.

Vorrei allora affermare, con molta sincerità e molta lealtà, che abbiamo il dovere di compiere tale passo e di credere nell'indulto. Abbiamo il dovere di farlo e, successivamente, di impegnarci, fino in fondo, per costruire ulteriori percorsi in grado di consentire la correzione dei possibili errori che potrebbero derivare non tanto dalla concessione dell'indulto in sé, quanto dagli effetti prodotti dall'azione di alcuni beneficiari.

In tal senso, nella consapevolezza di appartenere a questa civiltà plurimillenaria - e sapendo che, prima di noi, furono  proprio coloro che costruirono le premesse del diritto a credere negli effetti degli atti di clemenza -, ci accingiamo non solo a votare a favore della concessione dell'indulto, ma a rivolgere a tutti gli altri parlamentari un appello.

Auspichiamo, infatti, che essi, non in rappresentanza di questo o quell'altro partito, ma come singole persone, possano svolgere una seria riflessione ed esprimere il loro consenso, nella convinzione di farlo nell'interesse del paese e dello sviluppo della nostra civiltà democratica (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Movimento per l'Autonomia, dei Popolari-Udeur e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, non ripeterò le argomentazioni che, già ampiamente, i parlamentari del mio gruppo hanno svolto con riferimento al reingresso nella vita sociale di delinquenti. Intendo invece svolgere un ragionamento tranquillo e pacato su quali siano i meccanismi che servono a svuotare le carceri. Infatti, fin dall'inizio della discussione, ho sentito richiamare solo questo tipo di esigenza.

Evidentemente, le ipotesi teoriche sono quelle dell'amnistia e dell'indulto. Con l'indulto, a persone condannate - e delle quali, dunque, è stata accertata la reità -, viene eliminata o diminuita la pena di due o tre anni, a seconda di quale sarà l'ipotesi che verrà approvata dall'Assemblea. Nel primo caso (due anni), uscirebbero dalle carceri circa 10 mila soggetti; nel secondo caso (tre anni), si arriverebbe a 12 mila.

A fronte dell'indulto, vi è l'amnistia che, a mio avviso, sarebbe connotata da una maggiore logicità. Infatti, l'amnistia estingue il reato, quindi ne potrebbero usufruire non persone che certamente hanno commesso reati, ma coloro che forse hanno commesso reati; in tal modo, sarebbero avvantaggiate le persone sottoposte a un procedimento penale del quale non conosciamo l'esito.

Oggi, sono in carcere circa 38 mila soggetti italiani e 10 mila extracomunitari, a fronte di una popolazione carceraria di 61 mila persone. Tuttavia, i conti non tornano perché vi sono circa 22 mila detenuti in attesa di giudizio.

Siccome la statistica ci dice che i carcerati in attesa di giudizio vengono, per il 50 per cento, dichiarati innocenti, la strada maestra è quella di svolgere i processi, mandare in carcere i colpevoli in maniera definitiva e far uscire gli innocenti, risolvendo in tal modo la situazione per almeno 11 mila casi. A mio avviso, questa è la strada migliore da seguire: svolgere i processi significherebbe automaticamente svuotare le carceri nel numero esattamente corrispondente a quello che deriverebbe dall'applicazione dell'indulto o dell'amnistia per due o tre anni.

Si parla di una situazione carceraria infame, di una situazione illegale, in quanto vi sono 65 mila persone a fronte di 45 mila posti in carcere. Tuttavia, non abbiamo sentito parlare del motivo per il quale ci si trovi in questa situazione. Oggi, dobbiamo supplire ad un ordine dello Stato, la magistratura, che non fa il proprio lavoro, non svolge i processi, se non quelli che le convengono.

Pertanto, la nostra contrarietà al provvedimento in esame è dovuta al fatto che siamo di fronte ad un provvedimento di clemenza che non è fisiologico, ma patologico.

La patologia si chiama magistratura e, prima di arrivare alla soluzione del problema, dobbiamo andare alla sua causa, che deve essere risolta con dei provvedimenti che facciano sì che i magistrati lavorino.

Lo dico semplicemente perché, ad esempio, non ho mai visto il procuratore generale della mia regione in udienza una volta. So che una grossissima fetta del lavoro giudiziario viene svolta da giudici onorari, che evidentemente suppliscono ad una carenza di magistrati, i quali, tuttavia, certamente non sono sotto organico, perché vi sono circa 9 mila magistrati, ossia un numero di gran lunga superiore alla media europea.

Mi permetto, inoltre, di svolgere alcune considerazioni in riferimento al ministro  Di Pietro ed alla sua posizione politica. Innanzitutto, bisogna ringraziarlo perché ha fatto chiarezza, affermando che lui, come ministro, è offeso, perché in aula si discute di indulto, al punto da autosospendersi. Ciò significa che non ha alcuna considerazione per l'Assemblea, perché ricordo a tutti quanti che questo provvedimento non nasce dal Governo, ma dall'Assemblea e, quindi, farebbe forse meglio a portare rispetto a quest'aula, senza autosospendersi per un problema che nasce, cresce, si evolve e vive o muore secondo la volontà di quest'Assemblea.

La seconda questione è che, autosospendendosi, egli porta il dibattito sull'indulto dal livello parlamentare a quello governativo. Quindi, devo ringraziarlo perché i casi sono due: o il provvedimento sarà approvato da quest'aula e, quindi, il ministro Di Pietro si dimetterà, perché è un uomo d'onore; oppure, il provvedimento non sarà approvato da quest'aula e, quindi, il Governo si dimetterà, proprio perché il ministro, che in quanto tale si è autosospeso, ha coinvolto il Governo, che verrebbe clamorosamente battuto.

Capisco bene, inoltre, tutti i discorsi in riferimento ad alcune esclusioni soggettive. Ci stanno dicendo che alcuni imputati possono beneficiare di questo indulto ed altri no. Quelli che non possono beneficiarne non sono gli assassini, gli stupratori, coloro che hanno compiuto rapine od omicidi o che hanno commesso i reati da «colletti bianchi».

Il parlamentare che mi ha preceduto, parlava di reati dei «colletti bianchi». Capisco bene questo discorso, perché il ministro Di Pietro - lo ricordo - quando era pubblico ministero diceva una serie di cose sui politici, sul suo ingresso in politica e sui reati dei «colletti bianchi» (causando sette morti, ossia sette persone che si sono suicidate in carcere, senza che la magistratura potesse decidere se erano innocenti o colpevoli) che lo hanno portato a quella fama e a quella notorietà che, pur non avendo nessun precedente di carattere politico, hanno determinato per lui, come primo incarico, quello di ministro dei lavori pubblici.

Capisco bene il fatto di escludere questo tipo di reati. Ovviamente, quando parlo di magistratura mi riferisco ad una sua ala specifica, non a tutta la magistratura, che, in una sua gran parte e nella maggioranza dei soggetti, è composta da persone perbene e che lavorano. Mi riferisco, quindi, solo ad una sua parte, quella che costituisce il pugno armato di talune forze politiche e che su questi reati fa la sua carriera politica.

Io faccio l'avvocato, quando non faccio il parlamentare. E, rivolgendomi all'onorevole Fitto, gli consiglierei semplicemente di cambiare avvocato. Infatti, quest'ultimo avrebbe dovuto dire: male ha fatto Fitto a prendere soldi ed a registrarli, come la legge prevede. Avrebbe dovuto prendere i soldi e, laddove la magistratura ne avesse chiesto la provenienza, sarebbe bastato dire che gli erano stati prestati e un giorno sarebbero stati restituiti. Magari, l'onorevole Fitto, avrebbe potuto farsi prestare una macchina, una Mercedes, per poi dire: non c'è problema, non sono corrotto, mi stanno prestando la macchina perché ne ho bisogno, nient'altro!

C'è ancora un altro piccolo particolare, onorevole Fitto: lei avrebbe dovuto sostenere il concorso in magistratura e superarlo. Ciò l'avrebbe resa realmente immune da alcuni tipi di reati e le avrebbe consentito di fare una brillante carriera politica, senza che la stessa fosse interrotta da procedimenti privi di fondamento.

Io, al suo posto, non sarei molto tranquillo, affermando di non aver fatto niente. Questa è una causa necessaria, ma non certo sufficiente alla sua assoluzione.

Per questi motivi, credo che, finché non ci sarà questo tipo di onestà nel riconoscere l'origine dei meccanismi che producono il sovraffollamento delle carceri e le disfunzioni del sistema giudiziario, finché non si dirà in maniera chiara che la colpa sta nel manico e non nella lama, nella causa e non negli effetti, saranno adottati i peggiori provvedimenti che si possa pensare.

Lo ripeto: la soluzione maestra è quella di fare processi che porterebbero a 11 mila assoluzioni e a risolvere questo problema.

Quindi, bene gli innocenti fuori delle carceri; meno bene far uscire dalle carceri coloro la cui colpevolezza è dubbia; certamente, non siamo assolutamente d'accordo con l'ipotesi che persone riconosciute colpevoli escano dalle carceri per far piacere a una categoria di persone, ossia i magistrati, che non lavorano (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Silvana Mura. Ne ha facoltà.

SILVANA MURA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo dell'Italia dei Valori ha presentato numerosi emendamenti alla proposta di legge all'ordine del giorno per rimarcare la profonda contrarietà ad un provvedimento di indulto così concepito, che implica un colpo di spugna rispetto a reati che offendono il sentire comune dei cittadini.

Oggi ci confrontiamo sulla capacità del Parlamento di rappresentare effettivamente le esigenze, le richieste e i sentimenti dei nostri concittadini.

Onorevoli colleghi, la convivenza civile è intimamente legata al grado di giustizia percepito dai cittadini: non possiamo - noi per primi - abbassarne il livello. Non possiamo far passare l'idea che il nostro sia un paese in cui può essere conveniente ed utile non rispettare le leggi e commettere reati, sapendo di non incorrere nelle giuste e doverose sanzioni, magari con pratiche processuali che tendono ad evitare il giudizio dei tribunali.

Il nostro non può essere il paese dei «furbetti del quartierino». Abbiamo il dovere di difendere quel senso di giustizia che lega ed unisce la collettività. Abbiamo il dovere di mantenere alto il senso di giustizia che passa attraverso il rispetto delle leggi. Lo dobbiamo a quella maggioranza di cittadini onesti che le rispettano e lavorano ogni giorno con sacrificio per costruire il loro futuro. Dobbiamo rispettare la loro aspettativa di giustizia. Il rispetto della legge è un dovere per tutti, nessuno escluso, nemmeno i più potenti!

Un altro aspetto da porre in rilievo è relativo alle proposte emendative presentate dal nostro gruppo e, più in generale, al confronto che si è sviluppato sul provvedimento in esame.

Come in passato, una delle motivazioni principali, anzi di gran lunga la più importante, a sostegno del provvedimento oggi in discussione è lo stato di necessità, vale a dire la necessità di ridurre il numero dei detenuti, troppo numerosi rispetto alla capacità di accoglienza delle nostre carceri. Si tratta di una motivazione che noi sinceramente condividiamo: è nota a tutti la situazione di sovraffollamento e di precarietà delle carceri italiane, così come sono a tutti noti il disagio e, in alcuni casi, la sofferenza dei carcerati, i quali, anziché vivere la pena come rieducazione ai fini del loro reinserimento sociale, trovano nel carcere ispirazione per delinquere ulteriormente una volta scontata la condanna.

Tutti conoscono la composizione della popolazione carceraria italiana. Essa è rappresentata, per quasi il 34 per cento, da cittadini extracomunitari, mentre la quota degli italiani è costituita, in gran parte, da persone con titolo di studio basso o senza titolo di studio, tanto è vero che i laureati rappresentano soltanto lo 0,9 per cento di tutti i detenuti: 565 unità su 59.523! In altri termini, quasi sempre finiscono in carcere, oggi come ieri, i rappresentanti delle classi sociali più deboli e meno acculturate.

Occorre concludere che, se queste persone hanno infranto la legge penale e rappresentano un pericolo sociale, anche la società nel suo complesso ha qualche debito nei loro confronti, quanto meno in termini di opportunità di vita e di condizione sociale. Anche soltanto per questi motivi, oltre che per i raggiunti limiti di sopportabilità della vita carceraria dovuti al sovraffollamento, il provvedimento di indulto, volto a ridurre le sofferenze dei reclusi, non può che trovarmi favorevole; e, insieme a me, è favorevole l'intero gruppo dell'Italia dei Valori.

A tale proposito, ricordo l'intervento in Parlamento di Papa Giovanni Paolo II, il quale, già nel novembre del 2002, chiedeva al Parlamento in seduta comune, dall'alto  del suo magistero e della sua umanità, l'adozione di un provvedimento di clemenza.

Proprio secondo questo spirito, e per evitare che le stesse persone rientrino in quelle stesse celle in tempi più o meno brevi (vanificando, di fatto, l'effetto dell'indulto, così com'è avvenuto nei precedenti casi), occorre, contemporaneamente, prevedere sul territorio, a sostegno della loro integrazione sociale, interventi senza i quali è più facile che esse ricadano nella spirale carcere-reato-carcere.

Onorevoli colleghi, se vogliono essere vere, credibili e condivise dai normali cittadini, proprio da quei cittadini che sono le vittime dei reati troppo spesso impuniti, occorre che tutte queste considerazioni trovino una giusta collocazione e specificazione.

Con l'indulto proposto da parte della maggioranza, le persone responsabili di reati contro la pubblica amministrazione che godranno del beneficio saranno in tutto 67, un numero tanto esiguo da non avere alcuna relazione con l'obiettivo dichiarato di ridurre l'affollamento nelle carceri. Inoltre, è bene ricordare che tutti i provvedimenti di amnistia e indulto approvati nel dopoguerra hanno sempre escluso dall'ambito di applicazione delle misure di clemenza i reati di corruzione e concussione contro la pubblica amministrazione.

Come spiegare che l'indulto arriverà a graziare quei «colletti bianchi» che non hanno alcuna attenuante sociale, culturale e economica per delinquere se non - cosa ancora più odiosa - quella di sfruttare la loro posizione di potere per infrangere le leggi e per creare un danno sociale ben più pesante di quello provocato dai «ladri di polli» che affollano le carceri italiane? Questi signori che hanno fatto parte della classe dirigente politica, economica e finanziaria del paese dovevano essere di esempio e guida per i cittadini nel rispetto scrupoloso delle leggi. Al contrario, hanno abusato delle funzioni per un loro interesse personale, chiamandosi fuori dalla legge e cercando in tutti i modi di sottrarsi al giudizio dei tribunali. Ora, se costoro, dietro la massa dei carcerati comuni, si sottraessero, grazie all'indulto, alle fin troppo miti condanne ricevute, credo che nessun cittadino onesto crederebbe più nella giustizia del nostro paese né nella classe politica responsabile di un tale insulto al senso di giustizia della nazione.

Il paese in cui il Parlamento democraticamente eletto calpestasse il sentire comune dei suoi cittadini su una questione essenziale per la convivenza civile, qual è la giustizia, sarebbe un paese senza un futuro di sviluppo civile.

Tanto più ciò è vero se riferito all'Italia, dove una quota importante degli appalti pubblici e dell'economia di intere regioni è nelle mani della criminalità organizzata; dove per cinque anni il Governo del paese ha scritto leggi ad personam, nell'interesse esclusivo di grandi affaristi, circostanza che ha rappresentato una tra le più umilianti stagioni politiche del Parlamento italiano; dove sono prodotti alcuni tra gli scandali e le truffe più gravi a livello internazionale, che hanno coinvolto persino la Banca d'Italia, l'unica istituzione del paese che avesse mantenuto nel tempo stima e credibilità internazionali. Mi riferisco allo scandalo Parmalat: 10 miliardi di euro persi e circa 135 mila risparmiatori coinvolti; allo scandalo Cirio (un miliardo e 250 milioni di euro persi e 35 mila risparmiatori coinvolti), allo scandalo Banca Popolare Italiana, con l'arresto del suo amministratore delegato - che nel corso del suo interrogatorio, ha ammesso persino di aver accumulato un tesoro di 70 milioni di euro a spese dei propri clienti! -; allo scandalo Unipol, per arrivare - ma, temo, per non finire - allo scandalo del calcio, di gran lunga più il grave nell'ambito dello sport a livello mondiale.

Che il tema della legalità in Italia sia fondamentale è scritto anche nel programma dell'Unione, sottoscritto da tutti i partiti dell'attuale maggioranza e che dovrebbe rappresentare il patto inderogabile con i cittadini che ci hanno dato la loro fiducia, votandoci. Il programma afferma testualmente: «Obiettivo primario della prossima legislatura è l'approvazione di un nuovo codice penale. A questo deve associarsi  un provvedimento di clemenza e la contestuale modifica della norma costituzionale relativa al quorum necessario per la concessione di amnistia e di indulto. Bisogna innanzitutto combattere la corruzione, fenomeno ancora vivo, come prova il quarantaduesimo posto che l'Italia ha ottenuto nel 2004 nella classifica di un'autorevole ONG indipendente, che si batte contro i fenomeni di corruzione. Daremo maggiore attenzione sia ai reati connessi con l'attività amministrativa, come la corruzione, sia alla criminalità economica, che falsa le condizioni di concorrenza e di mercato (...)». Si tratta de Per il Bene dell'Italia. Programma di Governo 2006-2011, sottoscritto da tutti i segretari dei partiti del centrosinistra nell'aprile 2006.

Questo alto impegno morale fu assunto prima delle elezioni. A tre mesi da tale data, registriamo le dichiarazioni dell'onorevole Pierluigi Mantini, capogruppo dell'Ulivo in Commissione giustizia, che afferma: «Se non lasciamo, nel testo, la possibilità di far beneficiare dell'indulto Cesare Previti, Forza Italia non voterà con noi questo provvedimento (...). Vorrei ricordare a tutti che il quorum è dei due terzi (...)». Notizia Ansa del 20 luglio 2006.

La riforma del codice penale e l'approvazione di provvedimenti urgenti sono le misure fondamentali per diminuire la popolazione carceraria in maniera duratura. Si doveva presentare, contestualmente all'indulto, un testo che abrogasse le leggi che maggiormente producono inflazione carceraria come, ad esempio, la Bossi-Fini che solo nel 2005 ha prodotto quasi diecimila nuovi detenuti, la ex-Cirielli e la legge sugli stupefacenti, e, al tempo stesso, promuovere quelle misure di controllo sociale che possono sostituire la sanzione detentiva. Questi provvedimenti, affiancati all'indulto, avrebbero prodotto un effetto duraturo sulla diminuzione della popolazione carceraria, in attesa di un intervento sostanziale di riforma del codice penale, che richiederà naturalmente tempi più lunghi.

Appare evidente dalle argomentazioni addotte che i principi di un provvedimento come l'indulto non possono essere riconducibili solo allo stato di necessità. Il vero indulto da approvare nel paese dovrebbe riguardare i casi drammatici dei 56 bambini detenuti assieme alle loro madri, bambini da zero a tre anni, innocenti, che vivono in carcere subendo traumi permanenti, bambini che dovrebbero crescere in ambienti umani, secondo quanto previsto dalla legge 8 marzo 2001, n. 40, che consente la detenzione domiciliare per le madri con figli di età inferiore ai dieci anni e che nella realtà italiana si trovano reclusi e costretti a crescere in situazioni drammatiche. Per questi bambini vogliamo l'indulto, non per i grandi truffatori di cui si preoccupa in particolare il testo in esame!

Abbiamo espresso la nostra contrarietà all'approvazione della proposta di indulto presentata: lo abbiamo detto chiaramente in Commissione e lo ribadiamo, con coerenza, in quest'aula.

La Costituzione italiana prevede per l'approvazione del provvedimento di indulto la maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera; quindi, oltre al consenso dei gruppi di centrosinistra, occorre il consenso anche di una parte dell'opposizione. Proprio la necessità di questa larga condivisione impone alle forze politiche la responsabilità ulteriore di rappresentare la parte migliore del paese, cioè l'Italia degli onesti, che per troppo tempo, per troppi anni, è stata umiliata e calpestata. Questa è l'occasione per tutti per restituire credibilità e dignità al nostro paese anche a livello internazionale, mantenendo il giusto rigore verso alcune tipologie di reati particolarmente gravi.

La discussione e il compromesso non possono avvenire a livello più basso e nell'interesse esclusivo di pochi grandi potenti cui vengono abbonati preventivamente tre anni di pena e, anche se condannati, in carcere non torneranno mai. La rinascita morale, civile ed economica del paese può nascere da un patto tra le maggiori forze politiche che voltino pagina realmente rispetto alla corruzione, al malaffare e alla criminalità organizzata; quindi, se non vi dovessero essere le  condizioni per un tale patto di rinascita morale, sarà meglio procedere con una riforma della legislazione che depenalizzi alcuni reati, piuttosto che deludere per l'ennesima volta la fiducia dei cittadini con una norma che finisce con il premiare anche alcuni tra i maggiori artefici della corruzione, degli arricchimenti illeciti in Italia.

Non si possono chiedere sacrifici senza offrire esempio e coerenza morale; quindi, in mancanza di un serio impegno riformatore e morale l'Italia dei Valori esprime la sua contrarietà a questo tipo di provvedimento così com'è presentato dalla maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Italia dei Valori e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Mazzoni. Ne ha facoltà.

ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, in questa sede l'UDC riconferma una posizione di favore ad un provvedimento di clemenza che ha già espresso negli anni passati; infatti, tra le proposte abbinate a quella in discussione c'è anche una proposta a firma dell'onorevole Forlani.

Potrei dire che questo è il primo provvedimento che si muove in una logica di doverosa continuità istituzionale, perché il tema della clemenza è un argomento che stiamo affrontando da oltre quattro anni in quest'aula. Ricordo ai colleghi che, nella precedente legislatura, non più tardi di un anno fa, l'allora Presidente della Camera, onorevole Casini, convocò questa Camera in seduta straordinaria proprio per verificare la sussistenza delle condizioni necessarie all'approvazione di quell'atto del quale si era tanto parlato; ma in quell'occasione non trovammo la convergenza necessaria, anzi riscontrammo una situazione di disomogeneità all'interno del centrosinistra. Disomogeneità non ufficialmente dichiarata, mentre nel centrodestra c'erano e ci sono posizioni chiare e nette di favore e di contrarietà.

Nel centrosinistra, invece - purtroppo devo verificare che accade ancora oggi -, ci sono delle posizioni di incertezza rispetto alla gestione complessiva di questa maggioranza (che mi permetterete di definire un po' traballante) che ci portano oggi a caricarci di un supplemento di responsabilità. Noi avremmo voluto un provvedimento che comprendesse anche l'amnistia, avremmo voluto un provvedimento di clemenza che fosse collegato organicamente a riforme strutturali; oggi, però, l'incertezza sui tempi futuri ci spinge ad accettare questo provvedimento e ad esprimere una posizione di favore nei confronti del solo indulto perché siamo convinti di avere il dovere di farci carico di una gravissima ferita che ormai colpisce il nostro Stato di diritto.

Certo ci affidiamo fiduciariamente agli impegni che questa maggioranza ha annunciato rispetto all'azione di riforma che vorrà mettere in campo. L'onorevole Silvana Mura ha appena terminato di fare un elenco dettagliato di impegni riformatori, molti dei quali sono stati già avviati dal centrodestra; quindi, siamo convinti di poter dare una mano a realizzare questi impegni di riforma. Noi riteniamo come UDC che un atto di clemenza non confligga con l'esigenza di sicurezza che viene dalla società.

Da troppo tempo ci confrontiamo con una crisi profonda del sistema della giustizia che ha prodotto una condizione di grave emergenza sociale dentro le strutture penitenziarie, ma, quel che è più grave, anche fuori delle stesse.

In questa sede, abbiamo il dovere di farci carico di un atto di responsabilità, ben sapendo che questa non è la soluzione ai problemi, ma è un modo necessario per rendere possibile un'azione di riforma strutturale efficace che risponda alla situazione patologica cui faceva riferimento l'onorevole Brigandì.

Il testo sul quale ci confrontiamo impone comportamenti diversi che fanno appello, o dovrebbero fare appello, ad una sensibilità diversa. Nei comportamenti dell'Italia dei Valori non riscontro questa sensibilità. A mio avviso, non si può fare propaganda su simili temi. Come ha detto l'onorevole Casini - voglio ripeterlo -, su  questi temi bisogna agire, non parlare, non fare annunci. Non si può piegare questo argomento alle esigenze della maggioranza e, mi perdoni, signor Presidente - mi perdoni anche il presidente della mia Commissione -, la sospensione dei lavori di prima rientra in questa logica di asservimento ad un rapporto di coalizione.

L'Italia dei Valori in tutti i suoi interventi ha fatto riferimento all'aspirazione alla legalità. Credo che questa aspirazione a garantire la legalità nel paese appartenga a tutti noi. Il problema è quale sia il concetto di legalità che abbiamo. Forse, le cifre aggiungono qualcosa in più delle parole. Ma, al di là delle cifre riguardanti le persone che affollano le carceri (i circa 60 mila ristretti, a fronte di una capienza di circa 45 mila unità; le 50 mila persone in misura alternativa alla detenzione; le 70-80 mila già condannate a pene inferiori ai tre anni, in attesa della decisione del giudice sulla possibilità di scontare la condanna con misura alternativa), vorrei citare un altro dato che ancora non è stato ricordato e che si riferisce al numero dei reati prescritti: dal 2000 al 2004, sono circa un milione i reati prescritti. Molti di più sono quelli neanche perseguiti. Nel 2003, le persone denunciate sono state circa 537 mila. I delitti denunciati, per i quali non è iniziata neanche l'azione penale, sono stati circa 2 milioni e 800 mila; nell'80 per cento dei casi, non si conosceva e non si conosce ancora l'autore del reato.

Sono dati allarmanti che ho ricavato dall'ultima relazione del Procuratore generale e che dimostrano che nei prossimi anni il problema della sicurezza andrà ad ingigantirsi e richiede un atto di responsabilità. Questi numeri dimostrano che, molto spesso, la giustizia ha un corso casuale, a volte addirittura censuario. Questo sistema non può garantire la sicurezza e non può garantire la legalità. Non pensiamo, come ho già detto, di risolvere il problema, ma sicuramente questo è un passaggio stretto, necessario per riuscire a realizzare riforme efficienti.

In Commissione, noi dell'UDC abbiamo presentato degli emendamenti per includere i reati finanziari, i reati contro la pubblica amministrazione, alcuni reati ambientali. Queste proposte emendative sono state tutte respinte dalla maggioranza. Non ne abbiamo fatto una bandiera. Abbiamo presentato, anche a fronte di questo voto contrario, un emendamento per ampliare il termine della condizione risolutiva da cinque a sette anni, un termine che è uno strumento di prevenzione importante per garantire la sicurezza dei cittadini e forse per offrire quel supplemento di legalità del quale abbiamo bisogno. Su questo emendamento andremo avanti (lo abbiamo ripresentato). Rispetto alle esclusioni dei reati che ho menzionato, invece, facciamo un passo indietro, perché quello di cui ci stiamo facendo carico oggi è un atto di alta, altissima responsabilità politica, che non può lasciare spazio a diatribe tra reati di un colore e reati di un altro colore, né tanto meno ad iniziative persecutorie. Non è questa la sede e non è l'indulto lo strumento per celebrare un processo di moralizzazione!

Mi rivolgo al ministro, onorevole Di Pietro: se è questo il suo obiettivo, se è questo il suo intento, faccia chiarezza, affronti la questione morale nelle sedi opportune e con i modi opportuni e confacenti a questi luoghi e sicuramente, in quel caso, troverà l'UDC al suo fianco (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, resto stupito dal silenzio dei deputati dell'Ulivo: di essi, ha chiesto di parlare soltanto un deputato e, finora, non è intervenuto nessuno. Del resto, non ha preso la parola neppure un solo deputato di Rifondazione Comunista; non ha preso la parola neanche un solo deputato dei Comunisti Italiani; nemmeno ha chiesto di parlare, sul complesso delle proposte emendative presentate, alcun deputato del gruppo dei Verdi.

Ritengo tutto questo inquietante e rivolgo un primo appello ai colleghi deputati:  coloro che sono contrari a questo provvedimento facciano il possibile per rompere il torpore che aleggia in questa Assemblea in cui, sottobanco, già è stato programmato il voto ed il relativo orario! Noi facciamo finta che ci sia un reale confronto e un reale dibattito! Proprio per l'importanza e la delicatezza della materia, sarebbe stato necessario svolgere questo dibattito con molta maggiore profondità e con molta maggiore serietà. Coloro che sono contrari a questo provvedimento facciano il possibile per impedirne l'approvazione e non soltanto per affermare che sono contrari!

Ci vuole più determinazione perché, onorevoli colleghi, la cosa più raccapricciante di questo provvedimento è il fatto che dalle carceri, che sono sovraffollate, come tutti affermiamo, nelle quali si vive in promiscuità, nelle quali non ci può essere recupero e nelle quali si umilia la dignità del detenuto, dopo l'approvazione di questo provvedimento non usciranno 10 o 12 mila detenuti, come si dice. L'indulto nella misura di tre anni avrà effetto anche sulle condanne maggiori ed usciranno dal carcere coloro che sono stati condannati mentre, in quelle fetide carceri, resteranno i detenuti in attesa di giudizio. Vergognamoci!

Da tutte le statistiche risulta che, alla fine del percorso, tra il 36 ed il 40 per cento dei detenuti in attesa di giudizio sono dichiarati innocenti. Pensate, allora, come si possano sentire quelle persone che si trovano in carcere e che, nel 40 per cento dei casi, saranno dichiarate innocenti da sentenze dei tribunali, che assistono alla scarcerazione di coloro che sono stati condannati ed hanno leso la vita o la libertà altrui. Questi ultimi escono ed essi restano, in promiscuità, in quelle carceri sovraffollate nelle quali non si tutela la dignità della persona, non ci sono gli asili, nonostante una legge per l'allattamento dei minori, non c'è recupero e non c'è assolutamente alcunché di quanto dovrebbe essere a monte di un atto di clemenza! È possibile, onorevoli colleghi, che chi è in attesa di giudizio debba rimanere in carcere mentre chi è stato condannato sia liberato? A me pare una cosa fuori dal mondo, incredibile!

Ecco perché sarebbe occorso un dibattito serio. Vedete, onorevoli colleghi, non vi ringrazieranno coloro che voteranno a favore e neppure le famiglie dei detenuti perché, salvo casi eccezionali, tutte le statistiche dimostrano che chi è uscito dal carcere, almeno nel 65 per cento dei casi, vi ritorna. Neppure vi ringrazieranno le famiglie che si sono liberate di una persona che non rispetta la dignità umana e le regole della convivenza civile.

Quando queste persone usciranno dal carcere e non troveranno una struttura a cui rivolgersi per chiedere un lavoro, che pensate che faranno dopo sei mesi, se non delinquere ancora, per riempire poi nuovamente le carceri, com'è sempre avvenuto nel corso degli ultimi venti anni, dopo ogni atto di clemenza?

Raccogliere l'appello del Pontefice al senso dell'umanità non significa in maniera esclusiva tirare fuori dalle carceri i delinquenti! Significa costruire carceri a dimensione umana, creare le strutture per il recupero di colui che ha compiuto delitti. Significa impegnarlo anche mentalmente e manualmente all'interno delle carceri, affinché egli si senta un uomo che ha ancora capacità di farcela nella vita. Nelle carceri invece non si fa assolutamente nulla.

Presenterò poi un ordine del giorno, con il quale illustrerò quante sono le carceri in Italia finite, ma lasciate abbandonate. Vi sono almeno una decina di strutture carcerarie che sono lì - le stanno smontando - e non si fa nulla per completarle. Qual è l'affare perverso che c'è dietro l'edilizia carceraria? È incredibile pensare che in quattro anni - il Pontifice è venuto qui in Parlamento nel novembre del 2002 - non si sia fatto assolutamente nulla! Neppure per aprire le carceri che erano già state costruite! Onorevole Di Pietro, lei che fa parte del Governo, dica all'onorevole Mastella di venirci a raccontare cosa occorre per aprire quelle carceri!  Il Parlamento è a disposizione se si tratta di fare cose che servono sul serio ad alleviare la condizione del carcerato.

Onorevoli colleghi, colgo l'occasione per dire che è bene che si voti a scrutinio palese, perché si veda come hanno votato sull'indulto qui in aula tutti coloro che sono andati in giro per l'Italia - amici dei DS - a dire: certezza della pena! Si veda che hanno la lingua biforcuta: una cosa si dice ai cittadini in piazza, un'altra cosa si dice qui in Assemblea! Salvo la libertà di coscienza e la libertà di pensiero.

E poi anche voi, colleghi di Forza Italia! Forza Italia è un partito che deve assicurare il cambiamento in questo paese e che ha fatto la campagna elettorale sulla certezza della pena. Allora non si può legiferare per fare uscire dalle carceri non 12 mila detenuti ma molti di più, perché questo sarà l'effetto dello sconto di tre anni! Infatti, a chi ha avuto cinque anni di condanna, tolti i tre anni, ne restano due; e così, potendo essere dato in affidamento ai servizi sociali, esce dal carcere. Chi ha avuto sei anni esce dal carcere. Quindi anche uno che ha avuto una condanna per omicidio preterintenzionale, che si aggira intorno ai nove anni di carcere, tra condoni, sconti di pena e questo indulto, esce dal carcere!

Allora, onorevoli colleghi, vedo che in quest'aula c'è tanta attenzione verso chi ha compiuto i delitti. Ma un po' di attenzione la vogliamo mettere anche verso quelle famiglie che hanno subito la violenza degli usurai che adesso usciranno dalle carceri? Quelle famiglie non hanno volto? Non hanno diritti? Non hanno la Camera attenta ai loro problemi? Che risposta diamo a quei commercianti che hanno dovuto subire il racket e l'usura e quando non hanno pagato si sono visti violentare le loro donne e picchiare i loro figli, come le cronache dimostrano ogni giorno? Guardate che le cronache riportano solo una bassa percentuale dei delitti legati all'usura: infatti, se lo Stato dà la risposta che chi ha compiuto un delitto esce dalle carceri, non si può pretendere che il cittadino comune che vive in un quartiere ad alta intensità mafiosa o camorristica faccia l'eroe e abbia il coraggio di sporgere denuncia, chiedendo protezione ad uno Stato che gli riporta sotto casa il delinquente che ha tentato di togliergli la vita!

Nel nord-est non ci sono solo gli imprenditori, ma cittadini (anche imprenditori) che ormai non vivono più una notte serena nelle loro case. Ebbene, questi dovrebbero forse ringraziare chi fa uscire il delinquente, la bestia entrata a casa loro alle due o alle tre di notte con la pistola in pugno?

Abbiamo esaltato - e giustamente -, signori del centrodestra, la legge sulla legittima difesa, che noi della Casa delle libertà abbiamo approvato sostenendo che chi entra in una casa privata o in un negozio, non può partire alla pari con la sua vittima, se si giunge ad un processo. Dopo avere approvato la legge sulla legittima difesa - che ritengo essere una buona legge -, ora invece facciamo uscire dal carcere colui che merita di essere duramente condannato nel caso in cui violenti il cittadino nella sua intimità, nella sua privacy, nella sua casa? Come possiamo spiegare che persone per le quali abbiamo chiesto severità di pena ora escono dal carcere?

Vedete, io non sono contrario al fatto che ci sia attenzione verso la popolazione carceraria, ma questo significa portare umanità, solidarietà, dare la possibilità di un impegno psicofisico e possibilmente un posto di lavoro, assistere le famiglie, liberare da una bieca condizione colui che si trova nelle carceri costretto a piegarsi in ginocchio davanti a chi è più delinquente di lui. Se si approva una legge che dice solo «è' concesso indulto per tutti i reati commessi fino al 2 maggio 2006 nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive», ci domandiamo quanti sono coloro che usciranno dal carcere per la diminuzione dei tre anni di pena. Il Governo avrebbe dovuto dirlo! Quando si presenta un provvedimento del genere, signori relatori della maggioranza e signori della Commissione, dovete fornire all'Assemblea i dati relativi a quanti sono coloro che usciranno dal carcere: tali dati non sono stati forniti da nessuno.

Allora, qui si continuerà a ripetere che questo provvedimento si vuole approvare in quanto atto di clemenza, affinché le carceri si alleggeriscano. Se la mia memoria non m'inganna, l'ultimo atto di clemenza risale al 1992: andando a leggere i dati, non si riscontra che a seguito di tale provvedimento i reati siano effettivamente diminuiti.

Colleghi, se dal 2002 ad oggi, dopo il nobile messaggio dato in Parlamento dal Sommo Pontefice, fossero diminuiti i delitti nel nostro paese e così anche la delinquenza, oggi potremmo dire che effettivamente il Parlamento ha raccolto questa novità e questa sensibilità perché vi possa essere una nuova pagina per la convivenza civile.

Nel momento in cui, dal 2004 al 2006, sono aumentati tutti i tipi di delitti, sono, altresì, aumentati - aspetto più grave ancora - i reati compiuti dai minori, dai giovani e dalle donne: oggi, nelle carceri, vi sono più giovani, più donne e più minori che devono subire i processi. Quindi, si è registrato un segnale di segno opposto.

Nel 1990, è intervenuto l'ultimo provvedimento di clemenza; ebbene, nel 1990 - anno dell'atto di clemenza -, i delitti sono diminuiti rispetto al 1989: si passa dai 2 milioni 274 mila del 1989 ad un milione 980 mila nel 1990. Però, se immediatamente a ridosso del provvedimento si registra un calo delle azioni delittuose, nell'anno successivo si è assistito - registrateli, tali dati! - ad una crescita del numero dei delitti che non ha avuto, forse, altri precedenti. L'idea dell'impunità e dell'immunità - e il fatto che, usciti dal carcere, non avevano alternativa di vita - ha portato, nel 1991, ad un incredibile aumento dei delitti compiuti nel nostro paese; una flessione cui è dunque seguito un aumento di non poco conto. Perciò, ogni atto di clemenza ha portato ad un successivo aumento dei reati commessi; dopo l'atto di clemenza del 1990, vi è stato un incremento del 41 per cento degli atti delittuosi nel nostro paese.

Ma vengo anche ai precedenti relativi agli anni Ottanta. Si è passati da 1 milione 912 mila delitti nel 1975 ad oltre due milioni nel 1977; da 2 milioni 101 mila nel 1978 ad un incremento del 7,3 per cento dei delitti compiuti nel nostro paese dopo l'amnistia nello stesso anno. Anche i quozienti di criminalità di quegli anni riflettono tale tendenza: si è passati da 3 mila 413 del 1977 a 3 mila 615.

Ma voglio concludere; è inutile intervenire in un'aula «cloroformizzata», dove l'«inciucio» prevale sul merito della discussione e dove non si ha il coraggio di parlare e si è tuttavia d'accordo nel «giocare» su quale reato ricomprendere e quale no nell'ambito di applicazione dell'indulto. Ma, se il principio è quello del ravvedimento, esso può valere per qualunque persona, qualunque delitto abbia commesso; questo mercato, quindi, di chi è incluso e di chi è escluso è assolutamente indecoroso.

Cari colleghi, non lamentiamoci della disaffezione dei cittadini alla politica: quando verrà approvato questo provvedimento, non avremo aiutato la popolazione carceraria, né le famiglie dei carcerati, né avremo dato maggiore fiducia verso le istituzioni e lo Stato a quelle famiglie che hanno subito gli atti delittuosi.

Tenete conto che la criminalità, negli ultimi anni, sta diventando più crudele, più cattiva, più sadica e più violenta; quindi, a tale crescita del livello di criminalità, con lo spessore di una maggiore crudeltà, si darebbe il nulla osta, generando la convinzione che in Italia, prima o poi, arriva un momento nel quale il delinquente esce ed il cittadino perbene, il cittadino comune, che paga le tasse e rispetta le leggi, viene messo in ginocchio; anzi, deve nascondersi perché coloro che sono finiti in carcere escono. E ciò, inoltre, a rischio della vita dei tanti agenti di pubblica sicurezza, carabinieri, guardie di finanza, vigili urbani! Quanti sono gli uomini delle forze dell'ordine che hanno rischiato la loro incolumità e la loro vita? E quanti sono coloro che hanno perso la vita per assicurare alla giustizia i 15, 20, 25 mila detenuti che ora si vorrebbe far uscire dalle carceri? A quelle famiglie...

PRESIDENTE. La prego, ha abbondantemente superato il suo tempo...

TEODORO BUONTEMPO. Concludo, Presidente.

A quelle famiglie che hanno subito questa violenza oggi non si può dire che il Parlamento nei suoi primi cento giorni se n'è fregato dei contratti a tempo, se n'è fregato della delinquenza in un terzo d'Italia e invece ha rivolto tutta la sua attenzione a coloro che purtroppo sono in carcere e che, come le statistiche dimostrano, ci tornano.

Colleghi che avete promesso la certezza della pena...

PRESIDENTE. La prego...

TEODORO BUONTEMPO. ...oggi è il momento di dimostrarlo (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).

PRESIDENTE. In considerazione dell'elevato numero di deputati che hanno chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti e al fine di dare ordine ai nostri lavori, avverto i colleghi che nella giornata di oggi non avranno luogo votazioni. Proseguiremo comunque fino all'esaurimento degli interventi sul complesso degli emendamenti e all'espressione del parere da parte del relatore e del Governo. Esauriti tali interventi, si passerà alla discussione sulle linee generali del disegno di legge comunitaria.

Domani, la Camera sarà convocata alle 9,30. Dopo l'esame della risoluzione sul DPEF e la votazione per l'elezione della delegazione del Consiglio d'Europa, riprenderà il seguito dell'esame della proposta di legge relativa all'indulto, cui faranno seguito, dopo la votazione delle dimissioni del deputato Cacciari, gli ulteriori argomenti previsti nel calendario dei lavori.

Ha chiesto di parlare il deputato Belisario. Ne ha facoltà.

FELICE BELISARIO. Signor Presidente, colleghe e colleghi, intervengo in un momento poco propizio. Stiamo discutendo da qualche giorno e da un'intera giornata su una proposta di legge che sintetizza le molteplici proposte presentate da più parti politiche. È noto che il varo di un provvedimento legislativo di clemenza è necessario che venga votato dai due terzi di ciascuno dei due rami del Parlamento. Non meraviglia dunque che molti gruppi politici abbiano a cuore la particolare crisi del sistema penitenziario italiano: sovraffollamento inaudito, sieropositivi in aumento, condizioni igieniche tutt'altro che edificanti. Un sistema, quindi, che offende la dignità dell'uomo, un degrado delle condizioni di vita che portano ad un abbrutimento piuttosto che alla rieducazione.

A questo proposito, ricordando che in varie regioni italiane vi sono carceri costruite ma non inaugurate, probabilmente neppure collaudate, è utile precisare che il problema esiste e l'Italia dei valori non intende mettere la testa sotto la sabbia; tuttavia, è l'approccio al problema che non ci convince, che non ci vede concordi né sul piano del metodo né sotto il profilo del merito.

Per quanto riguarda il metodo, da più parti, anzi da tutte le parti compresa la nostra, si ricorda l'appello del Santo Padre, Giovanni Paolo II, ad un gesto di clemenza che secondo l'insegnamento evangelico dev'essere rivolto innanzitutto verso i derelitti, i diseredati, gli ultimi, quelli che spesso hanno infranto la legge per disperazione piuttosto che per inclinazione criminale o perché volessero truccare la politica, la giustizia, la finanza; sono i poveri cristi, quelli verso cui occorre rivolgere un gesto di clemenza ed il calore di una parola buona, della esortazione a non più ricadere. Ma questa clemenza, questo gesto che a mio parere ha in sé i caratteri della carità cristiana per non finire con l'essere un ipocrita rituale e per far salve le nostre coscienze, pretende che il sistema giustizia sia riformato e rifinanziato: riformato con la riforma dei codici e rifinanziato perché esso possa funzionare. Ma non basta.

Pensare di mettere fuori dalle carceri migliaia e migliaia di detenuti impone anche un sistema di solidarietà e di reinserimento sociale di cui il presente provvedimento non reca traccia. Una manovra sull'onda emotiva del sovraffollamento, onda emotiva che, signor Presidente della Camera, non ha risparmiato nemmeno lei, a cui diciamo, sommessamente e con grande rispetto, che il gruppo dell'Italia dei Valori non è insensibile a questo problema. Ma tutto il nostro gruppo chiede, con pari pacatezza e uguale fermezza, rispetto per le ragioni che rappresenta. Ragioni non ideologiche, Presidente, colleghe e colleghi, ma il rispetto della nostra storia personale e di partito, il rispetto per i nostri elettori, per i nostri aderenti e simpatizzanti ed anche, permettete che lo dica alla maggioranza a cui ho l'orgoglio di appartenere, per il famoso popolo delle primarie che, non dietro nostra sollecitazione, si rivolge ai mezzi di informazione per manifestare un dissenso tanto più clamoroso quanto più in contraddizione con i valori dell'umana sensibilità a dare indulgenze. No, dunque, ad un colpo da solleone! No ad un colpo di spugna! No ad un provvedimento raffazzonato, frettoloso ed estivo!

Il merito del provvedimento non ci convince. Noi oggi non abbiamo voluto protestare per mettere in pace i nostri buoni propositi, per essere fedeli a un cliché o per essere etichettati come i soliti brutti, sporchi e cattivi. No, signor Presidente, chiediamo all'intera Assemblea di adottare un provvedimento di clemenza, ma eliminando quei reati subdoli, quei reati che hanno fatto dire a qualcuno che l'indulto che sta per passare è come una patente a punti: chiunque fino al maggio 2006 ha concusso, ha corrotto o si è fatto corrompere, ha abusato dei suoi poteri per favorire qualcuno, ha derubato lo Stato col peculato o la sua società con la bancarotta, ha truffato il prossimo, ha truccato gare d'appalto, incassato fondi neri, frodato il fisco, falsato i bilanci, turbato il mercato finanziario con l'aggiotaggio, scalato le banche violando le leggi, speculando con l'insider trading, giocando con la salute dei dipendenti e con gli infortuni sul lavoro, avrà una patente a punti e un bonus di tre anni quando, se e come il suo reato verrà scoperto.

Tutti gli indulti approvati in precedenti occasioni hanno visto esclusi i reati di corruzione e concussione commessi contro la pubblica amministrazione. Per la prima volta nella nostra legislazione, questi beneficeranno della clemenza che il Parlamento sembra ineluttabilmente, senza discutere e senza parlare, andrà a votare. Ed allora la domanda che pongo ai colleghi è la seguente: perché, dietro all'estensione dell'indulto ai reati di concussione, corruzione, peculato, reati contro la giustizia, reati fiscali e finanziari, l'Unione, o gran parte di essa, vota su questa linea?

Probabilmente perché, senza questa estensione, una parte della minoranza farebbe venire a mancare il quorum. E allora, questo rospo evidentemente qualcuno intende inghiottirlo.

Rimaniamo fedeli al nostro programma elettorale, come anche alla richiesta di un indulto che escluda determinate violazioni. Vogliamo un indulto che non porti i cittadini, che verranno fatti uscire dalle carceri, a rientrarvi nel breve volgere di una o due stagioni.

Per questo motivo, chiediamo che il provvedimento in esame venga sostanzialmente modificato ed emendato, nel senso di andare incontro alle esigenze dei cittadini che stanno manifestando in tutte le sedi contro questa bruttura (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Sono sicuro di avere la parola, Presidente, perché vorrei protestare con lei in quanto non me l'ha data quando l'ho richiesta all'inizio della discussione sulle linee generali, prima che intervenisse il relatore, per un richiamo all'articolo 40 del regolamento, intendendo presentare una questione pregiudiziale di costituzionalità.

Poiché neppure la scorsa settimana mi ha dato la parola quando l'ho chiesta ai  sensi dell'articolo 41 del regolamento, credo che ciò non sia giusto, tanto più che vi sono colleghi in quest'aula che in questi mesi hanno avuto la possibilità di intervenire, richiamandosi sempre all'articolo 41, e poi hanno parlato di questioni assolutamente non attinenti agli argomenti all'ordine del giorno (tanto per fare degli esempi, gli onorevoli La Malfa e, in più occasioni, l'onorevole Vito). Mi piacerebbe che le regole valessero per tutti. Tra l'altro, ho citato due colleghi che, forse, hanno qualche attinenza con la discussione di oggi e spero che non occorrano medaglie particolari perché sia possibile avere la parola quando la si richiede.

Proseguendo nel mio intervento, Presidente, vorrei dire che il tema di cui stiamo discutendo, in realtà, attiene alla certezza della pena, ed era proprio sotto questo profilo che intendevo presentare una questione pregiudiziale di costituzionalità.

Voglio richiarmarmi al fatto che non può esservi certezza della pena se non vi è legalità e se le leggi non vengono rispettate. Voglio partire proprio per questo motivo dagli interventi svolti da alcuni colleghi in quest'aula, non più tardi dell'11 gennaio dell'anno in corso, per chiederne loro conto.

Non so se sia ancora presente in aula l'onorevole Gasparri, il quale ha criticato il ministro Di Pietro perché in contrasto con la maggioranza ed ha citato a tale proposito - secondo me sbagliando - il programma dell'Unione. Temo che non l'abbia letto perché, ove lo avesse fatto, avrebbe verificato che i provvedimenti di clemenza erano da collegarsi strettamente alla riforma della giustizia e alla capacità di punire realmente le persone che commettono i reati.

Non ci sentiamo perciò vincolati al programma dell'Unione nel nostro atteggiamento ed, anzi, mi sembrerebbe di dover chiedere ai colleghi dell'Unione di tenere anche conto di questo, citando semplicemente alcune loro affermazioni svolte nel corso del dibattito avvenuto in questa sede l'11 gennaio 2006, durante la scorsa legislatura.

Mi riferisco all'onorevole Bonito, che cito testualmente dal resoconto stenografico: «In altri termini, l'amnistia e l'indulto hanno necessità di vivere in un complesso di altre misure; misure di natura e di carattere strutturale che attengano all'organizzazione giudiziaria e, ancor di più, a mio avviso, attengano alle modalità del processo penale e alla platea e alla individuazione delle figure e dei comportamenti che per l'ordinamento debbono essere penalmente sanzionate». Questo affermava l'allora onorevole Bonito, che proseguiva dicendo che dovrebbe accompagnare un provvedimento di clemenza ad un provvedimento relativo alla individuazione dei reati per i quali deve risultare meritevole la maggiore delle sanzioni penali, quella carceraria.

«Ed allora» - proseguiva l'onorevole Bonito - «(...) non possiamo accettare un'amnistia che prescinda da interventi di natura strutturale che si inseriscono in un insieme di interventi riformatori (...)». Ma, onorevole Bonito, dove sono gli interventi sui quali si dichiarava d'accordo? Non sappiamo neppure quali sono le linee della riforma della giustizia, eppure discutiamo provvedimenti di clemenza!

Non si tratta solo dell'allora onorevole Bonito, ma anche di altri colleghi, che nella scorsa legislatura, si sono espressi in tal senso. Vorrei citare, ad esempio, l'allora deputato Pisapia, il quale dichiarava: «Non posso non ribadire che, tra le ragioni fondamentali che ci hanno portato a ritenere ragionevole, necessario ed urgente un provvedimento di clemenza, vi sia proprio quella di eliminare quel grande debito giudiziario relativo agli atti bagatellari (...)».

Onorevole Pisapia, ma le migliaia di piccoli risparmiatori che sono stati truffati nei crack della Parmalat e della Cirio sono forse delle bagattelle? Si vergogni per aver affermato ciò! In questo caso, infatti, ci troviamo in presenza di reati di natura finanziaria, nonché dei crimini di corruzione e di evasione fiscale. Non è ammissibile che tali delitti vengano ricompresi all'interno di un provvedimento di indulto!

Per concludere, vorrei ricordare che perfino l'allora deputata Finocchiaro chiese che l'esame dei provvedimenti di clemenza fosse riservato al nuovo Parlamento, poiché sarebbero stati accompagnati da misure strutturali. Oggi, invece, ci troviamo in queste condizioni, e di ciò chiedo conto agli amici che condividono assieme a noi il programma di governo: non era questo, infatti, ciò che vi era scritto!

Per tornare al tema della legalità, vorrei citare alcune considerazioni svolte da Elio Veltri, in un libro intitolato Il topino intrappolato. Legalità, questione morale e centrosinistra, per ricordare che viviamo in un paese dove vige la cultura dell'illegalità. È straordinario pensare a quanti inquisiti e condannati siedano, o siano stati seduti, anche in questo Parlamento. Vorrei comunque osservare che un Parlamento di inquisiti e condannati è non una deplorevole eccezione all'interno di un paese onesto, bensì l'espressione visibile e clamorosa di un malcostume che riguarda gli italiani in generale.

Non credo, dunque, che provvedimenti di clemenza, quali amnistie, indulti e condoni - che, negli ultimi cinque anni, con il Governo Berlusconi, sono stati una marea! -, riescano a cambiare gli italiani ed aiutino a portarli dalla cultura dell'illegalità a quella della legalità.

L'assenza della cultura delle regole si riscontra anche nelle piccole questioni, come persino il divieto di fumare, signor Presidente! Infatti, se lei avesse qualche volta la pazienza di oltrepassare le porte dell'aula, troverebbe una manifestazione di tale illegalità. Una legge dello Stato, approvata da questo stesso Parlamento, vieta di fumare nei luoghi pubblici; i deputati questori lo hanno ricordato, eppure dietro queste porte si fuma tranquillamente! Anche ciò, così come evitare di fare la fila, denota la cultura dell'illegalità, signor Presidente.

Molti sono convinti che l'illegalità e l'efficienza nell'economia e nei servizi non possano convivere, ed a rimetterci sono i cittadini che rispettano le leggi. È evidente, infatti, che mentre vi è un cittadino che commette un abuso edilizio, numerosi altri, invece, aspettano pazientemente il rilascio delle concessioni, pagando gli oneri di urbanizzazione, la tassa sulla depurazione e sulle acque, la tariffa sui rifiuti e via dicendo.

Lo stesso discorso vale per il fisco: chi evade aspetta il condono, mentre la maggioranza dei cittadini versa le imposte in base al reddito personale o di impresa. Ciò vale anche per quanto riguarda l'esportazione illecita di capitali: mentre i furbi ed i delinquenti hanno danneggiato l'economia del paese, il Governo precedente, attraverso il cosiddetto scudo fiscale, ha permesso loro di pagare un imposta pari al 2,5 per cento per riportare in Italia i capitali illecitamente esportati. Questo è concetto di illegalità che l'indulto in esame farà ulteriormente crescere!

Voglio altresì ricordare che la cultura dell'illegalità trova un riscontro puntuale negli indici di corruzione stilati periodicamente da organismi internazionali. In tali rapporti, infatti, l'Italia figura tra i paesi più corrotti al mondo, e sta solo un po' meglio rispetto alla Thailandia, all'India, alle Filippine, al Brasile, al Venezuela, al Pakistan, alla Cina ed all'Indonesia. Questa è la situazione attuale! Addirittura, nel 1998, Ray Kendall, segretario dell'Interpol - e non di un'associazione sconosciuta -, dichiarava che l'Italia è messa peggio della Colombia e, in un documento presentato in una conferenza stampa a Milano, evidenziava che in Italia vi erano larghe aree di corruzione inesplorate.

Anche la strategia del precedente Governo ha favorito questa illegalità; infatti, fino al crack Parmalat, l'obiettivo era chiaro: la diminuzione del controllo di legalità per tutte le categorie economiche e per i colletti bianchi e la negazione dei rapporti tra mafia e politica. Pertanto, si approvavano leggi che incidevano sull'economia, spostando i confini dell'economia legale verso l'economia criminale, bloccando i processi, delegittimando la magistratura, difendendo i politici inquisiti. Fra deputati e senatori vi sono circa 80 persone  che potrebbero beneficiare di questo indulto o perché già condannate o perché condannabili, essendo indagate.

In base al nostro diritto societario, il consigliere di amministrazione di qualsiasi società di capitali ha il dovere, sanzionato penalmente, di astenersi dall'assumere decisioni nel caso di conflitto di interessi. Eppure, in questo consesso, non vi è nessuno che senta l'obbligo morale di astenersi dovendo votare una legge che potrebbe favorirlo.

Ritengo che l'intervento svolto dal collega Brigandì abbia rappresentato l'apoteosi della discussione svolta oggi in aula. L'onorevole Brigandì ha utilizzato cinque minuti del suo intervento per attaccare il ministro Di Pietro - rimarcando anche questioni datate - e ha preannunciato il suo voto contrario sul provvedimento in esame. Probabilmente, dovrà poi ringraziare la maggioranza che approverà il presente testo in quanto, quando nel 2003 era assessore regionale, fu arrestato ed è sotto processo per truffa con riferimento agli indennizzi per le alluvioni. Dunque, può darsi che in futuro potrà usufruire di tale provvedimento di clemenza (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Mi scuso per la pignoleria, ma vorrei ricordare al deputato Borghesi che, per quanto riguarda le questioni pregiudiziali, ai sensi dell'articolo 40 del regolamento, è in facoltà di ciascun deputato presentarle prima che abbia inizio la discussione, ovvero possono farlo dieci deputati entro la conclusione della discussione sulle linee generali. Non essendosi gli aventi titolo avvalsi di tale facoltà, non si poteva in alcun modo procedere al relativo esame.

Per ciò che riguarda gli interventi incidentali, vorrei ricordare che mi sono riferito semplicemente ad un parere consolidato della Giunta per il regolamento, secondo il quale gli interventi incidentali, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del regolamento, sono in linea generale ammissibili soltanto quando i richiami al regolamento o per l'ordine dei lavori vertono in modo diretto e univoco sullo svolgimento e sulle modalità della discussione, della deliberazione o comunque del passaggio procedurale nel quale, nel momento in cui vengono proposti, sia impegnata l'Assemblea o la Commissione. Ogni altro richiamo o intervento andrà collocato, secondo la sua natura, al termine della seduta.

Ha chiesto di parlare il deputato Capotosti. Ne ha facoltà.

GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, giunti a quest'ora tarda diventa anche stucchevole indugiare ancora sulle componenti strutturali, giuridiche e normative del provvedimento in esame. Tuttavia, siccome la confusione è grande - mi pare si sia giunti davvero a fare un polpettone, un rimescolio di carte tale da indurre dubbi anche ai più preparati sul piano del diritto -, ritengo sia opportuno fare un po' di chiarezza.

Intanto, siamo di fronte ad un provvedimento di natura squisitamente parlamentare. Il piano del Governo è un'altra cosa e nulla ha a che vedere con questo tipo di iniziativa che, per la maggioranza richiesta nonché per la sua genesi - ricordo che si tratta di un testo di iniziativa parlamentare e non governativa -, non può assolutamente riferirsi al piano del Governo.

Mi pare piuttosto grave, inoltre, che si continui a confondere il reato con la pena. Trattasi, in realtà, di due elementi ben distinti. Il reato è l'illecito penale, ossia la violazione della norma penale; la pena è la conseguenza di questa violazione. Quindi, trattare di indulto, vuol dire trattare esclusivamente di un provvedimento - lo ripeto - di natura parlamentare, che incide sulla pena e che nulla c'entra con l'accertamento del reato e con la condanna, ma sta esclusivamente sul piano dell'espiazione della pena.

Mi piace anche ricordare, come componente della Commissione giustizia, nonché del Comitato dei nove, che il novero dei reati che sono stati inclusi è strutturato sulla base del codice penale, in cui per ogni reato è prevista una sanzione  graduata in ragione dell'allarme sociale che esso genera. Pertanto, vengono considerati reati omogenei, in quanto diversamente ci si esporrebbe ad un marcato profilo di incostituzionalità.

Se ad un reato consegue una pena definita, non può essere trattato in modo diverso da un reato per il quale è prevista la stessa pena, perché il grado di allarme sociale è il medesimo. Ciò non perché lo dice il sottoscritto, ma semplicemente perché è stabilito dal codice Rocco, ancora in essere, che, secondo molti autorevoli pareri, è di carattere marcatamente poliziesco e repressivo. Quindi, penso che su tale piano si sia già fatta chiarezza.

Veniamo alle varie componenti di merito. Ho sentito parlare delle condanne definitive, si è affermato che bisognerebbe applicare questo provvedimento alle sentenze di condanna definitive. A parte il fatto che, così facendo, tratteremmo probabilmente i reati commessi alla fine degli anni Ottanta, ma si porrebbe anche un profilo di incostituzionalità marcata, perché, in ordine a condanne definitive, ci sono soggetti che hanno finito di espiare la pena, soggetti che la stanno espiando e altri che, invece, sono riusciti a prolungare gli accertamenti e i processi penali. Allora, è chiaro che, in questa situazione, diventa complicato ragionare di sentenze definitive di condanna.

Per quanto riguarda il rilievo sollevato in ordine al cattivo esempio che si darebbe ai magistrati, i quali potrebbero sentirsi indotti a non avviare l'azione penale, noi, che crediamo al principio di buona fede e che pensiamo che i magistrati siano onesti funzionari dello Stato, pensiamo che l'obbligo dell'azione penale in capo al pubblico ministero e il reato di omissione in atti di ufficio siano sufficienti a spingere i magistrati a lavorare seriamente. Non credo che un provvedimento di indulto possa in qualche modo incidere su questa volontà, perché, se così fosse, ci troveremmo di fronte ad un reato.

Venendo poi alla questione battutissima degli extracomunitari, a me dispiace che non siano più presenti i tanti «attori» della Lega, che prima si sono esibiti. Vorrei chiarire un concetto: la legge Bossi-Fini mette in galera gli extracomunitari che non adempiano all'obbligo di via. La legge Bossi-Fini fa sì che questi extracomunitari, una volta espiato un periodo abbastanza indefinito di prigione, tornino ad essere extracomunitari, sprovvisti del permesso di soggiorno, in strada. Tale legge non si pone il problema del rimpatrio effettivo, o meglio, ipocritamente ignora che lo Stato non possiede i mezzi per procedere all'espatrio coattivo. Quindi, invece di risolvere il problema degli extracomunitari, lo fa diventare un doppio problema, perché incide sulla capienza delle carceri, così gravemente compromessa da evitare spesso, a chi si è macchiato di delitti gravi, di andare in carcere. Siamo arrivati a momenti di differimento dell'esecuzione della pena, ossia ad un sistema al collasso, fattore di cui non si può non tenere conto nell'analisi di questo provvedimento.

In ordine alle pene accessorie, infine, faccio presente che l'articolo 174 del codice penale stabilisce che l'indulto non si estende alle pene accessorie, salvo che si disponga diversamente. Pertanto, è pienamente legittima una qualsivoglia iniziativa che disponga in modo diverso, come oggi stiamo pensando di fare. Quindi, porre la questione sul piano della Costituzione, dei valori, della famiglia, della fecondazione artificiale o del racket (per cui se gli uomini non pagano, le loro donne sono violentate), mi sembra non c'entri assolutamente nulla. Si tratta di temi clamorosamente estranei alla materia, che non ci «azzeccano» nulla. Sarebbe opportuno che rimanessero fuori, onde evitare di fare confusione e, soprattutto, di perdere tanto tempo.

In buona sostanza, o si parla di un piano di confusione, che nel mio piccolo spero di avere contribuito a dissipare, ed allora dobbiamo pensare a un'ingenuità; oppure siamo sul piano della malizia, ossia andiamo verso un processo di deviazione dei processi democratici. Trattasi di demagogia, di giustizialismo, ossia di fenomeni  che negano la vita associata secondo le regole ordinarie e semplicemente strumentalizzano la questione.

Vorrei parlare alle coscienze di tutti i colleghi che mi stanno ascoltando: strumentalizzare la vita dei detenuti, delle loro famiglie, degli ambienti in qualche modo connessi a questo fenomeno, mi sembra un fatto veramente grave, se tutto ciò è giustificato da un mero principio di apparenza o da un fenomeno di protagonismo. In ordine al fenomeno del protagonismo mi sembra che noi del gruppo Popolari-Udeur abbiamo già fatto qualche distinguo consistente. Abbiamo detto più volte, marcatamente, che non ci sembra opportuno che ci sia un'invasione del piano istituzionale. Contesto che un ministro, che non ha la titolarità del dicastero competente, venga a ricoprire il ruolo di ministro di lotta e di governo.

Ringrazio il ministro Mastella, che non è venuto in aula, perché così facendo ha dimostrato di conoscere i piani istituzionali; ha dimostrato che il Governo è una cosa e il Parlamento un'altra e che c'è consapevolezza di questo fenomeno. Dimostrando di conoscere le regole basilari, egli dà un contributo affinché la democrazia parlamentare faccia il suo corso secondo le procedure esistenti. Non mi permetto assolutamente di esprimere giudizi. Tuttavia, come cristiano, non posso non richiamarmi al Vangelo, nel caso specifico a San Paolo, che scrive: «la stoltezza è un peccato». Poiché la stoltezza è un peccato, io faccio sempre un esame di coscienza.

Allora, credo non sia più il momento di indulgere a ingenuità, a malizie, a tentazioni demagogiche o a strumentalizzazioni. Oggi, come legislatori, siamo chiamati a pronunciarci con coscienza su un provvedimento che inciderà sulla vita di migliaia e migliaia di persone. In Commissione è stata compiuta un'analisi seria, si è arrivati ad un testo oggettivamente accettabile perché è equilibrato e tiene conto dei vari fattori connessi, quindi del piano della sicurezza, del rispetto della vita delle persone, della durata dei processi.

Ringrazio ancora il Governo che sta lavorando alacremente e che ha cominciato a ragionare sulla riforma del sistema della giustizia. Si è insediata la Commissione per la riforma del codice penale, si sta lavorando ad una serie di ipotesi che possano consentire di dar vita ad una riforma strutturale, ossia di giungere a una situazione che eviti le storture che fino ad oggi abbiamo vissuto.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 19,55)

GINO CAPOTOSTI. Più di questo credo che oggettivamente non ci sia nulla da dire. Francamente, penso che non sia indice di serietà tornare a svolgere un dibattito ampio, inserendo all'interno dello stesso di tutto e di più. Ritengo non sia indice di serietà nemmeno ignorare le procedure parlamentari ed i piani istituzionali. Se qualcuno è contro l'indulto come istituto in sé - posto che è un istituto esistente - bisogna presentare una proposta di legge per la sua abolizione o un progetto di legge per l'abolizione dell'amnistia, secondo le regole del caso. A me sembra che queste iniziative non siano state prese. Non vorremmo che molti lanciassero il sasso, per poi nascondere la mano!

Noi ci assumiamo la responsabilità che ci compete davanti all'Assemblea e anche davanti al paese, innanzi al Governo, liberamente, in coscienza, onestamente, sapendo di non aver nulla da nascondere e nessuno da difendere, consapevoli che ci toccano scelte che sono necessarie. Penso ed auspico che si possa arrivare ad un pronunciamento positivo sul provvedimento in esame.

Diversamente, avremmo sprecato tanto tempo; e ciò non sarebbe serio, non sarebbe rispettoso dell'intera popolazione nazionale. Ripeto che il testo in esame, in quanto di iniziativa parlamentare, è frutto dell'incontro di una serie di volontà e, quindi, non si pone sul piano del rapporto tra Governo ed opposizione, non è inserito in tale schema: il provvedimento è riferibile  al potere legislativo, che compete alle Camere - e basta - e, in quanto tale, va preso per quello che è.

Fatti i distinguo del caso, invito chi non ritenga di formulare ulteriori rilievi a chiedere l'abolizione degli istituti dell'indulto o dell'amnistia. Certo, ci rendiamo conto dei tanti interessi coinvolti e del fatto che ciò può ingenerare interpretazioni in malafede. Per questo motivo, vanno evitate le interpretazioni in malafede. Non ci sarà uno scenario da far west e non ci saranno assassini armati di pistole in giro ma, semplicemente, persone che avranno usufruito di uno sconto di pena, condannati che rimarranno tali e che esprimeranno un po' di pena in meno (e che perderanno il beneficio nel momento in cui si dovessero macchiare, nei cinque anni successivi, di ulteriori reati). Più di questo non esiste. Il meccanismo è condiviso da molte democrazie mature, da molte democrazie occidentali.

Spero che si possa arrivare ad una deliberazione in tempi brevi. Sottolineo negativamente, ancora una volta, l'ingerenza sul piano istituzionale, che non va assolutamente tollerata (Applausi dei deputati dei gruppi dei Popolari-Udeur e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, colleghi, amnistiare alcuni reati e condonare una parte delle pene già comminate attraverso l'indulto è sempre una forma di rinuncia, di lesione del diritto dei cittadini e delle vittime dei reati a vedere riconosciute le proprie ragioni, ma oggi il funzionamento della giustizia penale e del sistema delle pene carcerarie non risarcisce nessuno o risarcisce le vittime in modo casuale. Negli ultimi cinque anni, oltre 800 mila persone hanno beneficiato della prescrizione. Le cifre della detenzione sono ugualmente allarmanti: 60 mila detenuti; 50 mila persone sottoposte a misure alternative. E la mole dei processi penali pendenti raggiunge il numero di 5 milioni 580 mila unità.

Ecco che, allora, la questione dell'amnistia e dell'indulto si è trasformata da semplice provvedimento umanitario in risposta obbligata ad un'emergenza giudiziaria e sociale che deve essere per forza affrontata. Si potrebbe parlare addirittura di un cambiamento promesso e contraddetto, di una promessa mancata.

Nel secondo dopoguerra, l'istituto è diventato, come tutti sanno, strumento ordinario di controllo del funzionamento della giustizia e degli istituti di pena: ogni due o tre anni, si cancellavano, con l'amnistia, i reati puniti con la reclusione fino a tre anni e si condonavano, con l'indulto, uno o due anni di pena. In questo modo, lo scopo pratico di far funzionare la macchina giudiziaria e di gestire il carcere era, bene o male, raggiunto, ma in modo inaccettabile, perché una fascia di crimini minori risultava di fatto impunita ed un numero elevato di detenuti riceveva periodicamente una sorta di regalo. Da qui la necessità di cambiare rotta.

Nel 1992, allo scopo di circoscriverne l'utilizzazione, si è deciso di modificare la Costituzione, subordinando l'approvazione delle leggi di amnistia e di indulto al voto favorevole dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera e, dunque, di subordinarla ad una valutazione ampiamente condivisa da parte delle forze politiche.

Nel 1988 è stato approvato un nuovo processo penale che prevedeva patteggiamenti della pena e riti abbreviati che avrebbero dovuto garantire, secondo le intenzioni, un elevato sfoltimento dei processi. Contemporaneamente, sono state previste norme penitenziarie che assicuravano liberazioni anticipate dei detenuti e forme di esecuzioni penali alternative al carcere che avevano riguardo alla specifica personalità dei detenuti e che, pertanto, subordinavano il «premio» alla valutazione individualizzata dell'avvenuta risocializzazione.

In concreto, però, il nuovo sistema non è riuscito ad impedire, per molte ragioni, che gli uffici si ingolfassero e le carceri si affollassero ulteriormente. Da qui l'emergenza giudiziaria, penitenziaria e sociale denunciata da più parti. In particolare, si  tratta di un'emergenza penitenziaria ingigantita dagli effetti perversi di alcune leggi recenti (come la Bossi-Fini, in materia di immigrazione, o la Fini-Giovanardi).

È questo il contesto nel quale deve essere valutata la pressante richiesta di amnistia e di indulto. È questo il contesto della decisione dello stralcio, di procedere cioè immediatamente, prima della pausa estiva, alla concessione dell'indulto. Un provvedimento che le emergenze presenti e quelle che rischiano di verificarsi in caso di mancato tempestivo intervento, rendono ineludibile. E se il provvedimento sarà approvato, sarà assunto, quale che sia il suo contenuto specifico - sempre perfezionabile, su ciò torneremo -, dovrà esserlo - avvertiva qualche tempo fa, Carlo Federico Grosso - senza soddisfazione, piuttosto con la consapevolezza che non costituisce affatto una vittoria della giustizia, ma il riconoscimento del suo fallimento.

Ecco cosa c'è dietro al tentativo di giungere ad un'intesa sul provvedimento in discussione. Vi è l'esigenza, e sopratutto la necessità, di alleviare le condizioni drammatiche, di autentica emergenza in cui si trovano le nostre carceri. Nel programma dell'Unione, a pagina 65, abbiamo scritto, citando Dostoevskij, che il livello di civiltà di un paese si misura osservando le condizioni delle sue carceri ed abbiamo sostenuto che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Abbiamo aggiunto che nel nostro paese le condizioni attuali di vita carceraria sono lontane da ogni senso di umanità e di rispetto della dignità del detenuto e che il degrado è connesso sempre più pesantemente al sovraffollamento delle carceri.

Se così stanno le cose - e stanno davvero così, sono ben 60 mila, come dicevo, i detenuti letteralmente stipati, in condizioni disumane in un sistema carcerario dalle strutture e dal personale inadeguati - un provvedimento di clemenza non è rinviabile. E non vi è dubbio che sarebbe meglio trovare soluzioni stabili per i problemi della giustizia, ma tali soluzioni non sono pronte per essere usate. Ed allora, la legge di indulto cui stiamo lavorando interviene, come è noto, sul periodo finale delle pene. Esso non può applicarsi ai reati più gravi, di maggiore allarme sociale, dalla criminalità organizzata al terrorismo ed ai reati sessuali e di pedofilia, che sono esclusi. Le esclusioni sono le più estese della storia dell'istituto e non vi è alcun colpo di spugna. Mentre l'amnistia estingue il reato e preclude l'esercizio dell'azione penale nei confronti del reo o dell'imputato, l'indulto estingue la pena e presuppone, invece, l'accertamento della colpevolezza dell'imputato. Dunque, per i reati contro la pubblica amministrazione ed i reati finanziari, i fatti di corruzione di cui si è parlato, è necessario che le responsabilità e le complicità vengano accertate, che processi si svolgano e su ciò l'indulto non incide.

Ma io mi chiedo, e vi chiedo, uno sconto relativo alla pena detentiva per quei reati è in contrasto con le esigenze e i principi di giustizia? Credo di no. Abbreviare la reclusione, specie nelle condizioni che tutti abbiamo descritto, è un atto di umanità che non cancella la colpevolezza degli autori di tali reati, né può attenuare la riprovazione sociale nei loro confronti.

Non condivido, poi - è un giudizio personale - l'accanimento di chi vuole, a tutti i costi, negare uno sconto di pena per questo genere di reati: è la retorica vendicativa della galera. Senza contare che la disciplina delle pene accessorie non temporanee, tra cui l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, fissata dal codice penale resta ferma e non può essere modificata dall'indulto. Altrettanto proporremo e sosterremo per le pene temporanee. In altre parole, faccio un esempio su cui si è tornati in queste settimane, certo che Cesare Previti potrà giovarsi dello sconto di pena, ma ciò non incide sulle sue responsabilità, accertate processualmente, né sull'interdizione perpetua dai pubblici uffici, che l'indulto non cancella. Aggiungo che Cesare Previti non sta in carcere, sta a casa sua, da due mesi sta scontando la  pena detentiva agli arresti domiciliari, e non ce l'ha mandato il Parlamento, ma un magistrato.

Si è parlato, in queste settimane, di ricatto, di «inciucio». Ma come tutti sanno, le modifiche costituzionali del 1992 hanno reso più difficile, a causa della particolare maggioranza prescritta, giungere ad un provvedimento di clemenza. La legge deve essere deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera in ogni suo articolo e nella votazione finale. La maggioranza di Governo non è, dunque, autosufficiente ed un compromesso con l'opposizione è pertanto indispensabile. Dunque se vi sono le condizioni per giungere entro l'estate ad un'intesa largamente maggioritaria, come prevede la Costituzione, per approvare una legge utile, umana, in nome dell'interesse generale, sottraendo per una volta la giustizia al terreno del conflitto politico aspro che ha segnato questi ultimi anni, che si fa? Rinunciamo a rendere meno disumane, meno sovraffollate, meno violente, meno patogene le carceri italiane? Rinunciamo al provvedimento di clemenza per il fatto che anche Previti e qualche altro potranno avvalersi dello sconto? Non credo che si possa considerare questa campagna qualificante dell'identità del centrosinistra, del suo programma e del suo sistema di valori.

Le leggi ad personam hanno rappresentato una delle più umilianti stagioni politiche del Parlamento italiano e, quindi, è tempo che il Parlamento, a differenza di quello che accadeva con il Governo Berlusconi, torni ad occuparsi dei tanti e non soltanto dei pochi, dei disgraziati e non soltanto di quelli ricchi e famosi.

La mia opinione è che l'indulto, la larga intesa che è condizione necessaria per l'esercizio del potere di clemenza, servano ai tanti e non ai pochi. Servono innanzitutto a porre fine all'inaccettabile violazione del principio costituzionale per cui le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Per questa ragione, abbiamo presentato un unico emendamento - sul quale torneremo - e sosterremo il testo della Commissione; infatti, occuparsi non dei pochi ma dei tanti, dei tanti senza nome e senza tutela, rappresenta la vera discontinuità rispetto al quinquennio trascorso e di questo ci assumeremo l'onere e la responsabilità.

Va da sé che la concessione di misure di clemenza deve abbinarsi a misure di sistema per dare più efficienza alle istituzioni giudiziarie, perché ciò è essenziale per la legalità e la sicurezza dei cittadini. Questo è il compito che il Governo e la maggioranza che lo sostiene si sono proposti di realizzare nel corso della legislatura e su questo - lo dico al ministro della giustizia che non ha avuto timore di esprimersi sul problema dell'indulto e della amnistia e si è espresso con semplicità e chiarezza - varrebbe la pena ora concentrarsi, cioè su quel cambiamento molte volte promesso e molte volte rinviato e contraddetto (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il tema dell'indulto che affrontiamo oggi per la prima volta alla Camera merita qualche approfondimento, che va oltre il «teatrino» che si fa quando si sa che, in partenza e dietro un finto dibattito con finti toni accesi, si è già d'accordo su quello che è il compromesso e la via di uscita per trovare la maggioranza dei due terzi necessaria per approvare il provvedimento.

Per noi è difficile intervenire dando un contributo che vada oltre quelli che sono i termini scontati di una questione. Voi sapete che la Lega da sempre è contraria ai provvedimenti di clemenza, all'amnistia e all'indulto, per ovvi motivi che riguardano sostanzialmente la certezza della pena, la tutela del territorio e dei nostri cittadini; però, dal dibattito di oggi sono emersi molti spunti di riflessione e, quindi, è opportuno fare anche qualche ragionamento in più.

I dati che sono stati snocciolati dimostrano come sempre che, a seguito di un provvedimento di clemenza, c'è un forte incremento di criminalità e di reati; quindi, già questo dovrebbe, ovviamente, portare ad una prudenza nell'applicare un simile tipo di provvedimento. Questo è uno dei motivi per cui è stato elevato a due terzi il quorum per approvare questo tipo di provvedimento.

Non voglio dilungarmi su ciò, però, ci sono altri dati che è necessario ribadire e conoscere; quindi, a tale proposito citerò degli esempi concreti, perché è con le cose concrete che si approfondiscono i fatti.

Io vengo da un comune di 5 mila 500 abitanti, 2100 famiglie dell'est milanese, nella provincia di Milano - sono sindaco del comune di Marcallo Concasone -, dove l'anno scorso ci sono stati ben 180 furti dichiarati in appartamento. Ciò vuol dire che il 10 per cento della popolazione del mio comune ha subito un furto in appartamento e lo ha denunciato; quindi, probabilmente i furti sono molti di più. Fatta presente la situazione alla compagnia dei carabinieri del nostro territorio, ci è stato detto che, sostanzialmente, dobbiamo ritenerci fortunati perché siamo un' isola felice. Rispetto ad altre zone, abbiamo un tasso di furti negli appartamenti molto basso. Sarà anche molto basso, ma, se andiamo avanti così, nel giro di dieci anni, i furti riguarderanno le case di tutti i nostri cittadini. Quindi, non è poi così basso. Non è vero che si può continuare in questo modo.

Sono abbastanza giovane, ma ricordo che, non cento né venti anni fa, ma dieci anni fa, da noi, non c'era neanche un sistema di allarme, non era necessario. Dieci anni fa, non avevamo le spranghe alle finestre. Non era necessario. Si lasciava la chiave nella toppa. Cosa è cambiato dal 1990 ad oggi? Nel 1990, avevamo unicamente il fenomeno dei nomadi e qualche furto negli appartamenti: bastava chiudere e portarsi via la chiave. Adesso non è più così. Cosa è cambiato, dunque? Semplicemente, sono state approvate alcune leggi (le cosiddette leggi Martelli e Turco-Napolitano) che hanno fatto invadere il nostro territorio. Ora abbiamo una realtà di criminalità diffusa che prima non c'era: non c'era e non c'è mai stata.

Si sostiene che è necessario arrivare a questo provvedimento di indulto per vari motivi, uno più demagogico dell'altro. Il primo: il sovraffollamento delle carceri. Bene, ma se le carceri sono sovraffollate, perché non andiamo avanti sulla linea intrapresa giustamente dal ministro Castelli? Facciamo nuove carceri e soprattutto «esportiamo» nei paesi di provenienza i criminali che attualmente abbiamo nelle carceri. Avremmo enormi risparmi economici ed un consistente effetto deterrente. Infatti, un albanese sa benissimo cosa sono le carceri in Albania; altro che la situazione critica e pessima delle nostre carceri! Dunque, le cose da fare sono tante.

Un altro problema che il provvedimento di indulto in esame scarica sui cittadini riguarda gli effetti dell'uscita dei detenuti. Coloro che escono dalle carceri semplicemente perché gli viene abbonata una quota della pena cosa fanno? Non è stato fatto cenno ad un problema fondamentale: è già stato detto che, nel 60 per cento dei casi, tornano in carcere, perché non hanno un'alternativa. Attualmente, le carceri - questo è vero - non offrono una vera riabilitazione per cui chi vi esce, nel 60 per cento dei casi, torna a fare ciò per cui era in carcere.

La questione riguarda anche gli enti locali. Mi piace richiamare, anche in questo caso, esempi concreti, perché qui si deve parlare di cose concrete e non di massimi sistemi. Cito il caso di un nostro concittadino in carcere per rapina. Sapete che per arrivare in carcere bisogna accumulare almeno cinque anni di pena? Quindi, bisogna farne di rapine, non è sufficiente andare solo una volta in una villa. Bisogna farne un bel po'. Il nostro concittadino viene affidato al comune dai servizi sociali. Il comune deve sobbarcarsi l'onere di sistemare queste persone. Il problema è in che modo. In primo luogo, non ci sono le risorse. Se lo Stato pensa di scaricare, con l'indulto, 10 mila persone sugli enti locali, deve anche chiedersi dove  tali enti troveranno i quattrini per sistemare dette persone. Non è serio credere che queste persone arrivino al comune, suonino il campanello del sindaco o dell'assessore e dicano: va bene, ora sono fuori, devi trovarmi un posto di lavoro.

Abbiamo tentato, con riferimento al caso che ho citato precedentemente, di trovare il posto di lavoro alla persona a cui facevo riferimento prima: il risultato è stato che, dopo sei mesi, ha preferito tornare a fare rapine e adesso è di nuovo in carcere. Con l'approvazione dell'indulto, ce lo troveremo di nuovo fuori e dovremo trovargli nuovamente un posto di lavoro e ... avanti Savoia! E chi paga? Paga Pantalone!

Un altro problema specifico e concreto. Si tratta di un nostro concittadino che è in carcere ormai da 15 anni, sostanzialmente perché ha anche problemi di carattere psichiatrico. Tant'è che ha seguito un lungo percorso riabilitativo presso il carcere di Peschiera del Garda. È stato deciso che, adesso, questo signore è guarito, ma non ho capito bene come sia possibile. Dopo un periodo di sei mesi in carcere, il 25 agosto verrà a suonare il campanello del comune - come già ha fatto la sua famiglia - e ci dirà che gli dobbiamo dare una casa e un lavoro e lo dobbiamo aiutare. Un aiuto non si nega a nessuno, ma dobbiamo avere gli strumenti per farlo. Voi non vi rendete conto che con questo sistema riversate sui comuni un problema enorme e devastante.

C'è - dicevamo - una ipocrisia di fondo in questo provvedimento. Non si è avuto il coraggio di proporre, insieme, un'amnistia, perché sapevate che i numeri per approvarla non ci sono. Si sta tentando di portare a compimento questo piccolo provvedimento - perché, in fin della fiera, è cosa da poco - che crea più danni che guadagni e che servirà per poter dire, sotto l'ombrellone, e poter leggere, sui giornali estivi, che è stato risolto il problema delle carceri e che, finalmente, c'è una discontinuità (termine che adesso è di moda). Poi, ci troveremo a dover aprire un tavolo (altra espressione di moda) per risolvere i problemi che questo indulto inevitabilmente comporterà.

Dov'è l'ipocrisia? La Lega la individua, essenzialmente, in due aspetti. Innanzitutto, in ciò che si è detto. Se davvero vogliamo aiutare queste persone, perché non si è pensato a pene alternative, invece di buttarle fuori, per la strada, lasciando che i comuni risolvano il problema con la bacchetta magica? Perché non le impieghiamo in lavori socialmente utili, come accade in Germania o negli Stati Uniti, paesi più evoluti sotto questo aspetto? Non potete pensare che questi problemi li risolvano gli enti locali, non è compito dei comuni! Si può pensare a percorsi alternativi di pena e su questo siamo perfettamente d'accordo. Del resto, è assurdo rinchiudere le persone tra quattro mura, bisogna impegnarle in qualche attività. Allora, ci sarà davvero un percorso di riabilitazione e potremo pensare che, scontata la pena, questi signori si troveranno a poter affrontare una vita differente. Invece, si preferisce l'ipocrisia di pensare che con la bacchetta magica si risolve il problema e si liberano le carceri. Poi, si affidano queste persone ai comuni e chi vivrà, vedrà. Questa è la prima ipocrisia.

La seconda è quella consistente nell'«inciucio» che si sta perpetrando in questa Assemblea e che già altri deputati hanno giustamente evidenziato. Non è corretto far finta di non vedere, solo per arrivare alla maggioranza dei due terzi, che a fianco dell'indulto - che può anche essere condivisibile, nonostante tutti i dubbi che ho espresso in precedenza -, si depotenziano i cosiddetti reati finanziari, i reati di corruzione contro la pubblica amministrazione. In questo caso, l'ipocrisia c'è ed è molto grave. Mi spiego: non si tratta semplicemente di abbreviare la pena di tre anni ma si tratta anche di eliminare le pene cosiddette accessorie. Cari colleghi, non prendiamoci per i fondelli! Eliminare le pene accessorie a beneficio di chi ha commesso reati contro la pubblica amministrazione significa semplicemente dire che, da domani, queste persone torneranno  a fare quel che hanno fatto fino ad adesso. Non sono i tre anni di pena ad incidere in questo tipo di reati. Sappiamo benissimo, infatti, che è difficile arrivare ad una condanna a tre anni per truffa aggravata. A me piace parlare di esempi concreti. L'ex assessore provinciale dei Verdi, Arzuffi, ha riempito di rifiuti un capannone che, poi, è casualmente bruciato. Ebbene, la sentenza, passata in giudicato, lo ha condannato a tre anni per truffa aggravata e, non arrivando la pena ai cinque anni, il carcere non lo ha neanche visto. In realtà, quella pena non c'è, non serve a niente. In più, noi dovremmo anche togliere le pene accessorie? Vuol dire che il signore di cui si è detto - il problema non è questo caso specifico, che riferisco come esempio -, beneficiando di questo tipo di provvedimento, potrebbe riprendere l'attività politica. Siamo veramente alla follia!

Qui l'«inciucio» c'è ed è molto pesante, perché da una parte la maggioranza accusa il centrodestra, Forza Italia in particolare, di volere introdurre questo tipo di reato, dall'altra parte dice: va bene, ma siete anche voi che avete gli stessi problemi. In effetti è vero, perché di scandali finanziari e di reati contro la pubblica amministrazione ne abbiamo tanti e questi coinvolgono un po' tutti. Abbiamo il caso Parmalat ed in questo caso sarebbe davvero uno scandalo se la gente che ha defraudato le nostre vecchiette finisse come se nulla fosse. Abbiamo il caso della Banca Popolare di Lodi, abbiamo i bond argentini, abbiamo il caso Unipol, del quale non si sente più parlare, come se nulla fosse.

Dunque, l'impressione forte è che vada bene per tutti. Si fa finta di parlare dei poveri cristi che escono dalle carceri, sapendo peraltro che li fate uscire dalle carceri lasciandoli peggio di prima, perché li mandate fuori senza una soluzione alternativa, ribaltando costi enormi sugli enti locali, che non sapranno come affrontare il problema. In più, risolvete il problema dei cosiddetti furbetti: furbetti del quartierino, furbetti di sinistra, di destra. Insomma: i furbetti! E questo sicuramente alla Lega non va e non potrà mai andare bene.

Dunque, per concludere, se davvero si voleva fare qualche cosa perché non si sono messe in pista davvero delle modifiche al codice di procedura penale? D'accordo, vogliamo alleggerire un po' le carceri? Potremmo anche ragionare di accorciare le pene. Perché no? Una pena corta? Basta che sia certa. Perché bisogna accumulare un bonus di cinque anni prima di andare in carcere? Perché abbiamo un sacco di benefici? Stabiliamo pene più brevi, certe, e in questo modo qualcuno ha anche paura di andare in carcere!

Inoltre, se mi consentono i colleghi dell'Italia dei Valori, che spesso si ergono a moralizzatori del tema della pubblica amministrazione, vorrei lanciare una piccola provocazione. Spesso si affronta il tema dei reati di corruzione verso la pubblica amministrazione pensando sempre e solo al lato della politica. Ricordiamoci che c'è stata la riforma Bassanini, che in un clima giustizialista ha tolto il potere di firma sostanzialmente a sindaci e assessori, lasciandolo a tutti i vari capi ufficio, soprattutto degli uffici tecnici. Ma quando mai si fa una verifica o un controllo che non ci sia corruzione anche da parte degli agenti della pubblica amministrazione? Noi pensiamo sempre e solo al settore politico, invece noi con la riforma Bassanini abbiamo aperto un fronte che è devastante e che è assolutamente fuori da ogni tipo di controllo. Perché non ragioniamo anche su questi aspetti?

Ci sarebbero tante altre cose da dire, però non voglio tediarvi oltre. Ribadisco il concetto espresso all'inizio di questo mio breve intervento. La Lega Nord è contro questo tipo di provvedimento, perché nel clima attuale - che non è di straordinarietà, bensì di ordinaria situazione di malessere di criminalità diffusa - non c'è una situazione tale da arrivare ad un gesto di clemenza. Quindi, noi - giustamente - voteremo contro questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dozzo. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, citerò subito una data, quella del 12 gennaio 2006. Proprio in quest'aula, eravamo qui a battagliare contro il primo tentativo di far passare l'amnistia e l'indulto. Fu una grande battaglia, fatta esclusivamente dalla Lega Nord e da Alleanza Nazionale. Poi c'è stato qualcuno che, nell'ambito del centrosinistra, ha voluto prendere le distanze dall'amnistia, votando «no» all'amnistia e «sì» all'indulto, però la faccenda si era chiusa lì, respingendo appunto sia l'amnistia sia l'indulto.

Dopo nemmeno sette mesi, ci ritroviamo sempre qui, in quest'aula, signor Presidente - guarda caso, con il primo provvedimento di iniziativa parlamentare -, a parlare di nuovo di clemenza, questa volta solamente di indulto.

Però, questa volta, purtroppo, con i voti che sia dal centrosinistra che dal centrodestra - e dico malauguratamente del centrodestra -, faranno passare per l'appunto questo provvedimento.

Debbo ricordare innanzitutto che la nostra posizione, quella della Lega, è stata contraria a gennaio ed è ancora contraria ora a luglio, per la coerenza che noi dobbiamo ai nostri elettori. Tale coerenza la chiediamo anche a chi, durante la campagna elettorale, è andato in giro a dire che occorre avere la certezza della pena e che ora invece si dichiara favorevole a questo provvedimento. Ora, abbiamo sentito in quest'aula, diversi interventi favorevoli e contrari, comunque nessuno - a parte pochi - ha detto di essere coerente con le proprie idee e con le promesse fatte ai propri elettori.

Vedete, si è parlato tanto delle attese dei detenuti e delle condizioni di essi. Giustamente, prima, il collega Garavaglia faceva menzione anche ad altri Stati civili: ha citato l'esempio della Germania e degli Stati Uniti, dove ai detenuti si fanno fare dei lavori socialmente utili, ma che sono nel contempo utili ai detenuti stessi. Allora non capiamo perché non si possa fare questo anche in Italia; perché, per esempio, con tutte le opere di ingegneria fluviale che possono essere fatte da noi, non si possano adoperare i detenuti.

Tuttavia, la maggior parte degli interventi favorevoli all'indulto suscitano delle attese nei detenuti: io vorrei invece esprimere le attese della maggior parte dei nostri cittadini, di coloro che hanno sempre pagato la tasse e fanno la fila, giorno per giorno, presso la nostre amministrazioni locali, coloro che, comunque, non hanno mai compiuto un atto delinquenziale. Cosa si aspettano da noi questi cittadini? Chi voterà «sì» a questa proposta di legge avrà la coscienza di guardare dritto in faccia, le migliaia, i milioni di cittadini onesti che, giorno dopo giorno, lavorano e di dire loro di aver scarcerato chi, magari poco tempo fa, è entrato nelle loro abitazioni per rubare o chi è favorevole all'indulto avrà il coraggio di guardare dritto in faccia l'anziano che ha subito violenza da chi ora viene rimesso in libertà? Entrare in casa e trovare l'appartamento distrutto è uno shock. È un reato odioso perché chi entra in una proprietà privata, lede in maniera molto cruenta la vita civile. Allora, cosa penseranno questi cittadini quando si ritroveranno per le strade delinquenti abituali?

Vorrei dire qualcosa anche sulle attese delle nostre forze di polizia, di chi, giorno per giorno, cerca di reprimere la delinquenza. Cosa diranno la polizia, i carabinieri, gli uomini preposti all'ordine pubblico, al controllo e alla repressione della delinquenza, quando vedranno di nuovo scarcerati queste migliaia di detenuti? Cosa penseranno di coloro che voteranno «sì» all'indulto?

Non so cosa penserà la magistratura; mi attendo vi sia una forte sollevazione: già qualche presidente di tribunale - ho letto sui giornali - si è dichiarato contrario all'indulto, ma mi sarei aspettato veramente, considerati anche gli scioperi di recente memoria, che buona parte dei magistrati si sollevassero contro questa proposta di legge. Invece, mi sembra che tutto taccia, fuorché qualche voce sparuta.

Vorrei inoltre ricordare che l'ultimo provvedimento di clemenza risale al 1990; su 25 mila 800 detenuti ne furono scarcerati 12 mila 500. Vorrei capire quanti effettivamente ne usciranno ora, con l'approvazione  di questo nuovo indulto; infatti, se è vero che il ministro Mastella ha dichiarato che saranno circa 12 mila 500, è altresì vero che la commissione istituita presso il Ministero della giustizia ha quantificato un ammontare di 22 mila 500 detenuti. Come giustamente qualcuno dianzi faceva rilevare, dato il limite di tre anni, qualcuno comunque nei prossimi anni avrà questa riduzione ed uscirà prima di avere scontato per intero la propria pena.

Dunque, mi domando quanto grande sarà la frustrazione dei cittadini onesti e mi chiedo se esistano altre soluzioni per risolvere i problemi di sovraffollamento nelle carceri. A mio avviso, invero, esistono altre soluzioni; nei cinque anni trascorsi, il ministro Castelli ha dato attuazione al programma di edilizia carceraria: vi sono dunque strutture carcerarie che sono pronte per essere aperte; sarebbe la via giusta per dare migliori condizioni ai detenuti. Migliori condizioni che nessuno vuole loro negare.

Qualcuno favorevole all'indulto si è appellato alla visita del Santo Padre in quest'aula, ma io ricordo le parole pronunciate; il Santo Padre non ha citato né l'amnistia né l'indulto: ha solamente chiesto di far sì che vi fossero migliori condizioni per i detenuti. In questa sede, dunque, si stanno travisando le parole del Santo Padre, che non ha assolutamente parlato di amnistia o di indulto.

L'assenza, durante tutto il dibattito, del Ministro della giustizia, l'onorevole Mastella dimostra che all'interno della maggioranza non c'è una univoca posizione come invece si vorrebbe far credere. Forse, permettetemi questa battuta, il Ministro sarà ancora irritato per la mancata introduzione in questo provvedimento dell'indulto su calciopoli.

Veniamo così ad una questione di carattere politico; sono presenti i colleghi dell'Italia dei valori. Abbiamo sentito che sono fortemente contrari a questo provvedimento ed abbiamo altresì sentito che comunque si avranno delle conseguenze politiche all'interno della maggioranza, all'indomani del voto sul provvedimento - che sicuramente raggiungerà la maggioranza dei due terzi di questo Parlamento -. Mi aspetto dunque atti concreti da parte dei colleghi deputati dell'Italia dei Valori e anche da parte del ministro Di Pietro. Ho letto alcune interviste oggi apparse su vari quotidiani; il ministro ha detto: tirate la corda e questa corda si spezzerà. Vorrei dunque capire in questo momento se la corda si è spezzata o meno, quindi invito i colleghi dell'Italia dei Valori ad essere coerenti loro stessi, perché la coerenza paga sempre. Noi della Lega abbiamo presentato una serie di proposte emendative; prima fra tutte, quella tesa all'abrogazione di questo articolo unico. Ma abbiamo presentato anche altre proposte, ad esempio per far sì - secondo un'espressione di moda - che vi sia una riduzione del danno; tutti, nei vari interventi, parlano di tale famosa riduzione del danno e noi abbiamo presentato proposte emendative in tal senso. Però, Presidente, una decisione spero non si prenda: quella relativa alla votazione a scrutinio segreto: ognuno deve assumersi la propria responsabilità in una votazione che deve essere assolutamente a scrutinio palese. Spero che nessun presidente di gruppo richieda la votazione a scrutinio segreto.

Infatti, se è vero che qui in aula abbiamo tutti una posizione, è giusto che su quel tabellone appaiano i puntini verdi o quelli rossi, ma non una schermata blu. Vedete, è una questione di assoluta coerenza.

Vorrei ricordare - e concludo, signor Presidente - che qui abbiamo votato una legge, quella sulla legittima difesa, che veramente è una buona legge, che è stata votata da tutto il centrodestra (ha avuto pareri contrari naturalmente dall'ex minoranza) e che ha già avuto effetti positivi. Se è stato giusto votare quella legge sulla legittima difesa, non vedo perché parte della minoranza oggi insista nel voler votare questa legge sull'indulto. È una contraddizione politica ed etica, è una contraddizione che comunque occorre dirimere, anche perché - e non lo nego: l'ha detto  ieri il nostro presidente, l'onorevole Maroni - ciò pone dei grossi problemi all'interno della Casa delle libertà. Non neghiamo infatti che questa sia una questione politica fondamentale. Mi auguro che nel prosieguo dell'esame e nella votazione finale qualcuno cambi parere.

Da ultimo, mi conceda una battuta, Presidente; non so se l'indulto cancelli anche il tradimento politico - non credo, non è contemplato -, ma questo comunque è un marchio che ti rimane per tutta la vita!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bodega. Ne ha facoltà.

LORENZO BODEGA. Signor Presidente, certamente la Lega Nord è la forza politica che sui temi legati alla giustizia ha sempre avuto un atteggiamento coerente, senza lasciarsi prendere la mano da strumentalizzazioni politiche o da ondate emotive. Spesso, troppo spesso, a sostegno di provvedimenti di questa natura, di amnistia o di indulto - e voglio ribadirlo come hanno già fatto altri colleghi e da ultimo l'onorevole Dozzo - ci si è richiamati all'intervento di Papa Giovanni Paolo II - sono in questo caso ripetitivo - , che in quest'aula ha descritto la condizione dei detenuti e invocato provvedimenti di clemenza. Anche in quella occasione e anche oggi - e me ne sono dispiaciuto - si è tentato di piegare persino le intenzioni oltre le parole del Sommo Pontefice, quando doveva essere ben evidente l'afflato umanistico e lo spirito misericordioso che ispirava il Capo della Chiesa cattolica. Va da sé che, specie per chi crede, la compassione, cioè il soffrire insieme, è uno dei fondamenti delle proprie convinzioni religiose e della propria appartenenza ad un progetto trascendente. Voglio dire cioè - e non vorrei sembrare in questo momento troppo ecumenico - che per il cristiano la parola perdono assume un significato particolare e irrinunciabile, anche se occorre stare in guardia dal rischio di farla scadere in quella deriva perdonista che mette in discussione principi fondamentali della convivenza civile. Anche per il cristiano il «chi sbaglia paga» deve essere un principio informatore della coesistenza tra gli uomini, altrimenti siamo nella giungla e, peggio ancora, nella impunità. E proprio nell'alveo di queste osservazioni, voglio ricordare come ancora una volta si confondano l'aspetto umanitario con l'esigenza di risolvere la questione del sovraffollamento delle carceri. Conosciamo la situazione e sappiamo anche che non è svuotando le prigioni che si rende vivibile la giornata dei detenuti. Ben altre sono le esigenze rieducative e riabilitative. Certo, il recupero sociale, previsto nella nostra Costituzione, è un impegno che va sempre più perseguito con riforme strutturali all'interno delle carceri, dove sappiamo che spesso il delinquente occasionale viene a contatto con figure che si sono macchiate di delitti efferati e che cercano di avvolgere nella loro rete chi vive momenti di disperazione. Ma da qui a giustificare ipotesi di indulto o di amnistia, dell'uno o dell'altro istituto, ce ne corre. Ci corre soprattutto il buonsenso, che, tradotto in pillole, altro non significa se non che qualsivoglia provvedimento di clemenza svuoterebbe in parte le carceri ma riempirebbe le strade delle nostre città di migliaia e migliaia di persone che non sanno come procacciarsi da vivere - lo ha ricordato bene poc'anzi il collega Garavaglia - e che perciò sono predisposti a reiterare i loro errori mettendo così a repentaglio la sicurezza dei cittadini. E che esito avremmo poi? Che ricaduti in un reato di furto o di rapina - i più diffusi come risulta dai dati forniti dalle Forze dell'ordine - tornerebbero facilmente in carcere e riproporrebbero, in termini ancora più aggravati, i problemi che si vorrebbero risolvere. È, insomma, il cane che si morde la coda.

Allora diciamo che in questo paese di altissima tradizione giuridica vi è stato, ad esempio, accanimento verso i reati di opinione mentre si è assai più indulgenti verso delitti ben più gravi. Cito per tutti il caso dell'assassino del Circeo che, trovata la libertà, non ha esitato a ripetere con uguale ferocia il suo delitto dopo che i  giudizi sul suo comportamento carcerario erano improntati all'ottimismo e corroborati dalla buona condotta.

Occorre, a mio parere, intervenire ancora una volta sul processo, sui tempi della giustizia, sulla certezza della pena. Principi ripetuti fino alla nausea in questa sede. A Lecco, la mia città, negli ultimi sei mesi sono approdati al giudizio di primo grado sei casi che sono balzati alla ribalta della cronaca nazionale e che hanno dimostrato come un tribunale efficiente possa arrivare in tempi ragionevoli a svolgere le proprie funzioni. E si trattava di casi delicati come quello dell'infermiera killer e del giovane che ha ucciso un benzinaio a sangue freddo per pochi spiccioli. Quel benzinaio, Giuseppe Maver, era un amico della Lega Nord Padania, un militante al quale va il mio ricordo.

Certamente, amnistia e indulto non hanno a che vedere con questi reati, ma se non si capisce il meccanismo complessivo della giustizia così come è amministrata nel nostro paese si rischia di cogliere solo aspetti limitati e specifici di una vicenda della quale, come si sa, si continua a parlare con cadenza frequente e ripetitiva. La Lega Nord Padania ha provato sulla sua pelle la mano pesante della giustizia con le condanne per la vicenda del campanile di San Marco «assaltato» (lo dico tra virgolette) o le stesse condanne del nostro leader Umberto Bossi, quando invece c'è una tolleranza inammissibile verso l'ondata di crimini che pervadono le città, legati soprattutto - dico io - alle invasioni dei clandestini. È vero che non c'è colore di pelle o lingua parlata o etnia che sancisca una propensione a delinquere, ma di sicuro i dati parlano chiaro e confermano come, ad ogni massiccio ingresso di extracomunitari nel paese, corrisponda un'impennata dei crimini, un picco che si manifesta, come ha ricordato poc'anzi l'onorevole Dozzo, proprio in questi giorni. Si manifesta in questi giorni negli appartamenti vuoti per le legittime vacanze degli italiani, con incursioni che toccano i beni propri e più cari di ciascuno, che violano la «privatezza» e segnano quella casa che per tutti noi è la prima conquista ed il primo rifugio, l'approdo della nostra autonomia di abitare e di vivere.

Indulto per chi? Vi è chi ritiene che non debba essere approvato perché rivolto a favore dei potenti, ma tale ragionamento può tenere sul piano della qualità, non su quello della quantità. Provvedimenti per particolari e circoscritti reati non hanno ragione di essere approvati, sia perché ogni cittadino deve essere uguale davanti alla legge sia perché di certo non risolvono il problema delle nostre carceri, per le quali è bene dire una volta per tutte come sia necessario proseguire nelle ristrutturazioni previste nella riforma. Non è moltiplicando le carceri, però, che diminuiscono i crimini; occorre una politica severa, nella quale stia tutta la prevenzione di questo mondo, in cui abbia cittadinanza anche quella giusta pena che garantisce, in prima istanza, la convivenza dei cittadini dei ceti più deboli, dei più esposti alle truffe quotidiane, all'esercito di finti funzionari che bussano alla porta ed estorcono denaro ai nostri anziani.

Un'amnistia o un indulto - e concludo - applicati con i principi che li sorreggono aprirebbero le porte delle carceri, ma soprattutto - e di questo sarete responsabili - dischiuderebbero le porte delle nostre città ad un pericolosissimo rigurgito di delinquenza comune (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pini. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Grazie, Presidente, e grazie anche ai colleghi presenti che hanno sopportato tutta la giornata di dibattito, che purtroppo però non ha visto la partecipazione di coloro che hanno proposto il provvedimento in esame, che per la Lega Nord è un vero e proprio schiaffo morale al paese, a quello reale che, onestamente, non ne sentiva assolutamente il bisogno.

Oltreché per la gente comune, cioè i nostri elettori, l'indulto costituisce un imbarazzante esempio di debolezza istituzionale per il paese. È imbarazzante perché  non è una risposta seria ad una problematica pratica, quale è sicuramente quella del sovraffollamento delle carceri, per la quale si poteva studiare una soluzione, anzi tante soluzioni alternative, ma non sicuramente quella di far crollare la certezza della pena, uno dei pochi istituti che ancora, in qualche modo, rimaneva nella percezione della gente comune come capacità dello Stato di punire i delinquenti.

Non si è voluto fare questo, bensì si è voluta cercare una soluzione molto all'italiana, cioè risolvere un problema creandone altri cento. Perché dico creandone altri cento? Perché alla fine, dalle carceri, con la scusa di diminuire un po' l'affollamento, si fanno uscire 10, 12, 15, 18, 20 mila persone: non si sa quante perché nessuno qui ci ha fornito cifre reali e precise né sul numero dei detenuti che potranno beneficiare dell'indulto, né sul tipo di reati specifici rispetto ai quali essi beneficieranno della misura, uscendo, sia pure gradatamente, dalle carceri.

Ciò che balza agli occhi, sia del legislatore che della gente comune, in questi giorni, è l'assoluta incongruenza fra l'obiettivo preposto - se è veramente quello di risolvere un problema pratico di sovraffollamento delle carceri - e lo strumento legislativo che si intende adottare.

Non è credibile, visto che in altri paesi vi sono ben altri e diversi strumenti per ridurre l'affollamento delle carceri, che per far questo si dia un colpo di spugna.

Qui vi sono questioni che vanno oltre l'aspetto pratico del sovraffollamento delle carceri: infatti, esistono problemi di natura sicuramente politica.

Oggi è stato affermato, nel corso del dibattito, che il sovraffollamento delle carceri è stato determinato dalla cosiddetta legge Bossi-Fini. Si tratta, se mi passate il termine, di una «stupidata» di dimensioni bibliche! Infatti, non è tale legge ad avere fatto finire in carcere 10 o 12 mila detenuti in più: è la tipologia di immigrati (soprattutto clandestini) giunti in questo paese a provocare questa situazione. La maggior parte di tali immigrati è sostanzialmente venuta nel nostro paese per delinquere, e questo lo sappiamo benissimo! I dati statistici relativi alla presenza degli immigrati negli istituti penitenziari lo dimostrano: siamo oltre il 40 per cento!

Il collega Bodega ha precedentemente affermato che non si tratta di una questione di pelle, di etnia o di religione; tuttavia, se sono questi i dati relativi alle carceri, non voglio assolutamente sostenere che chi proviene dal Maghreb, o da altri paesi extracomunitari, sia maggiormente propenso a delinquere, ma vorrei rilevare che da quelle aree sono arrivate nel nostro paese quasi esclusivamente persone con una propensione a delinquere sicuramente maggiore rispetto alla media. La questione, dunque, si sposta dal piano pratico a quello politico, e questo è un dato di fatto.

Bisogna altresì prendere atto che, quando si parla di situazioni abbastanza difficili all'interno delle carceri, nessuno parla mai - a parte la Lega, che lo ha già fatto, più di una volta, anche nel corso della scorsa legislatura - del fatto che, al nord, gli istituti di pena hanno una pianta organica costantemente sotto il limite minimo di personale che sarebbe necessario per gestire tali istituti.

Vorrei aggiungere, inoltre, che, preliminarmente al passaggio parlamentare di un provvedimento di indulto come quello in esame, alcuni esponenti del Governo, anziché venire in questa sede per relazionare sull'argomento, si sono recati nelle carceri per - passatemi il termine - «sobillare». Infatti, quando si propone ai detenuti una parvenza di riduzione della pena, o addirittura l'ipotesi di una amnistia, allora è logico che, quando tali provvedimenti non vengono varati, ci si trovi di fronte a gravi problemi di ordine pubblico all'interno delle carceri.

Pertanto, questo Governo gioca anche sulle aspettative dei reclusi, oltre che sulla pelle degli stessi cittadini. Vorrei ricordare che si discute molto non solo del tema della sicurezza, ma anche della necessità di tutelare tutti gli aspetti legati alle attività produttive del nostro paese. Per portare un esempio, si parla della tutela delle produzioni italiane contro la contraffazione. Ebbene, la contraffazione dei prodotti  made in Italy, di nicchia o di marca - vedo il ministro Bonino presente in aula, e potrà sicuramente confermare tali dati -, vale il 25 per cento del giro d'affari complessivo dei prodotti la cui origine è certificata; con il provvedimento di indulto in esame, invece, chi pratica la contraffazione delle merci nazionali uscirà dalle carceri. Da una parte, allora, cerchiamo di individuare strumenti legislativi idonei a difendere il made in Italy, ma dall'altra rimettiamo in libertà coloro che hanno commesso reati legati alla contraffazione degli stessi prodotti.

Vorrei proseguire il mio intervento ricordando anche i reati dell'usura e dell'estorsione. Infatti, prima conduciamo la lotta all'usura e all'estorsione e ci stracciamo le vesti in Parlamento ogni qualvolta un caso eclatante finisce sui giornali, ma poi, con il provvedimento in esame, tranquillamente e a cuor leggero facciamo beneficiare dello sconto di pena anche persone che hanno commesso reati che, se si pensa al modo con cui vengono perpetrati nei confronti della povera gente (vale a dire le classi meno abbienti), fanno veramente accapponare la pelle!

Possiamo continuare con l'elenco dei reati, poiché vi sono i truffatori, i rapinatori e gli evasori fiscali. Vorrei ricordare che, giustamente, è stato sollevato un clamore enorme, poiché centinaia di migliaia di famiglie italiane sono state truffate da chi ha posto in essere evasioni fiscali colossali. Adesso, tuttavia, ci accingiamo a varare un provvedimento che, in qualche modo, mitiga la pena o addirittura premia, lasciandoli completamente fuori dal carcere, questi personaggi dopo che, per mesi, in questa stessa Assemblea si è cercato di approvare una legge volta a tutelare i risparmiatori.

Ma che razza di tutela possiamo offrire nel momento in cui lanciamo un segnale esattamente contrario alla difesa dei risparmiatori? Così facendo, infatti, noi premieremo gente come Tanzi, Fiorani e Ricucci; andremo a premiare, in altri termini, persone che hanno letteralmente e dichiaratamente rubato centinaia, se non migliaia, miliardi di vecchie lire dalle tasche della povera «signora Maria» che aveva risparmiato 10 o 20 milioni di lire! Poi, magari, tra qualche mese, ci sentiremo dire che occorre emanare una legge sul risparmio per tutelare nuovamente i risparmiatori!

Questo procedere ondivago relativamente alla tutela dei cittadini a trecentosessanta gradi è veramente ipocrita da parte del centrosinistra. Purtroppo, quando si parla di reati fiscali, qualcuno cerca sempre di puntare il dito su qualche caso particolare ascrivibile al centrodestra, ma nessuno cita mai il caso Unipol che, probabilmente, è la vicenda più eclatante ascrivibile alla sinistra.

La Lega è visceralmente e convintamente contraria a questo provvedimento di clemenza - come a tutti i provvedimenti di clemenza in generale - perché, fornendo il segnale che chi delinque la può sempre far franca, il senso civico - che, in questo paese, è già molto basso - va completamente a farsi friggere! Poi non ci lamentiamo se lo sport nazionale diventerà non quello di rispettare la legge, ma quello di tirare a campare fregandosene altamente delle regole!

Concludo, sottolineando l'assenza del ministro della giustizia. Il collega Dozzo, in precedenza, lo ha detto con una battuta: evidentemente sperava in qualche provvedimento di clemenza anche per quanto riguarda il calcio! Comunque, tra la scarsa presenza dei componenti della sinistra, l'assenza di fatto del Governo e la posizione fortunatamente contraria al provvedimento in esame dell'Italia dei Valori, qualcuno ci deve chiarire se il provvedimento di indulto è veramente mirato a decongestionare le carceri o se, invece, vi sono ragioni politiche di altro tipo.

Ad esempio, visto che si è parlato molto della legge Bossi-Fini, posso immaginare che, facendo uscire dalle carceri 10 mila immigrati, si voglia dimostrare il fallimento di tale legge. Ma qualcuno dovrebbe fare un passo indietro e chiedersi chi ha portato in Italia gli immigrati che delinquono. Sicuramente non il Presidente del Governo di centrodestra. La politica posta in essere dal centrosinistra alla fine degli  anni Novanta è stata la causa dell'invasione di questi soggetti dediti a delinquere! Quindi, diciamo le cose come stanno!

Il provvedimento di indulto serve per coprire sia alcuni reati fiscali e finanziari commessi dalle cooperative di centrosinistra, sia qualche reato simile compiuto da pochissimi personaggi ascrivibili all'area di centrodestra. Tale provvedimento servirà a svilire il senso delle istituzioni dello Stato e il senso del dovere delle Forze dell'ordine.

In questi giorni, ho parlato con molti amici delle Forze dell'ordine che, se prima mi dicevano di sentirsi abbastanza frustrati nel dover sempre correre dietro a delinquenti che poco dopo erano nuovamente liberi, adesso saranno ancora più avviliti vedendo persone condannate anche a più anni di galera uscire per commettere gli stessi reati.

Non dimentichiamo che la maggior parte dei reati posti in essere dai detenuti che beneficeranno del provvedimento di indulto sono compiuti da delinquenti abituali, non da gente che ha sbagliato per qualche motivo e che si è trovato in una situazione di indigenza tale da indurla a compiere il reato. Anche questa è una favola che qualcuno ha cercato di vendere, ma che non attacca certo tra la gente comune: si tratta, infatti, di delinquenti abituali che sanno vivere esclusivamente di truffe, rapine, estorsioni ed usura.

Quindi, quando ci sarà un'impennata di quei reati, che ci sarà sicuramente se questo provvedimento sarà approvato dal Parlamento, mi auguro anch'io, come il mio collega Dozzo, che non si faccia ricorso al voto segreto, perché in quel caso noi faremo un elenco di nomi e cognomi di tutti coloro che voteranno a favore dell'indulto e, ad ogni futura vittima di qualsiasi tipo di reato, gli spediremo l'elenco di questi personaggi perché possano ringraziarli (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pedica. Ne ha facoltà.

STEFANO PEDICA. Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi - ne vedo molto pochi -, oggi continuiamo a parlare di un tema molto delicato ed importante, l'indulto, un istituto che andava sotto il nome di «clemenza sovrana», tipico della concezione assolutistico-teocratica del monarca, che può, a suo piacimento, punire, perdonare o dispensare dalla pena.

Si tratta di un istituto che, proprio perché non facilmente conciliabile con le funzioni fondamentali della pena, dovrebbe trovare la propria giustificazione in eccezionali e pressoché irripetibili ragioni di opportunità politica. Nel nostro paese, invece, si è fatto un grande abuso di tale provvedimento per ragioni più o meno demagogiche, celebrative ed elettoralistiche. Tale abuso ha nuociuto non poco alla serietà della nostra giustizia nel nostro paese.

Le pene solennemente inflitte dai giudici nelle sentenze di condanna vengono così vanificate. Sotto questo profilo, a poco è servita la reintroduzione, nel marzo 1992, dell'articolo 79 nella nostra Carta costituzionale, a seguito della quale la concessione dell'indulto spetta ora al Parlamento.

Proprio per la peculiarità e la delicatezza di un provvedimento come quello di cui oggi discutiamo, proprio per gli effetti che lo stesso produrrà nel nostro paese, per restare esenti da facili critiche, noi dell'Italia dei Valori abbiamo proposto alcuni emendamenti di fondamentale importanza, primo fra tutti quello che prevede l'inserimento, al terzo comma, di ulteriori fattispecie criminose alle quali l'indulto non dovrà applicarsi. Non è sufficiente, infatti, escludere dall'indulto i reati di natura mafiosa, quelli riguardanti la pedofilia ed i reati di terrorismo interno ed internazionale.

Vi sono altri reati di fortissimo allarme sociale, quali i reati contro la pubblica amministrazione, previsti dal Capo primo, titolo II, libro secondo, del codice penale, i reati contro l'amministrazione della giustizia, previsti dal Capo primo, titolo III, libro secondo, del codice penale, i reati di natura fiscale e finanziaria, puniti con la pena detentiva, e le fattispecie previste  dagli articoli 2621 e 2622 del codice civile e dagli articoli 416-ter, 439 e 440 del codice penale.

Può considerarsi un reato come il peculato una fattispecie criminosa di scarso allarme sociale? Può un paese coscienzioso decidere di lasciare impuniti coloro che se ne macchiano? Possono reati quali la malversazione ai danni dello Stato, prevista dall'articolo 316-bis del codice penale, l'indebita percezione di erogazione ai danni dello Stato, prevista dall'articolo 316-ter del codice penale, reputarsi fattispecie prive di pericolosità sociale? In un paese serio questo non può e non deve avvenire!

Coloro che hanno commesso reati quali la concussione, la corruzione e l'istigazione alla corruzione non devono essere lasciati impuniti. I nostri cittadini non possono tollerare che l'ordinamento permetta che delinquenti di tal genere non scontino le pene che lo stesso ordinamento prevede. Non si può vanificare, in tali materie, un principio fondamentale del diritto penale, quale quello della certezza della pena.

Noi dell'Italia dei Valori diciamo che ciò non deve accadere.

Per non parlare, poi, della gravità e della pericolosità sociale dei reati contro l'amministrazione della giustizia. La giustizia deve essere tutelata e protetta. Non è coscienzioso ricomprendere in un provvedimento di clemenza coloro che non solo non la rispettano, ma addirittura l'aggrediscono: sarebbe un pessimo esempio per tutto il paese, una resa dell'ordinamento, un inaccettabile colpo di spugna.

Può considerarsi serio decidere di mandare esenti da pena soggetti colpevoli del grave reato di scambio elettorale politico-mafioso previsto dall'articolo 416-ter del codice penale, laddove tale fattispecie è stata inserita nel nostro codice dal legislatore nel 1992, proprio per ricomprendervi fatti sentiti dalla società come molto pericolosi, che altrimenti rischiavano di non essere sussumibili sotto l'egida di alcuna norma penale?

L'importanza e la gravità di tale fattispecie penale è, d'altronde, confermata dal recente intervento sul tema delle sezioni unite della Corte di Cassazione. Noi dell'Italia dei Valori consideriamo una tale ipotesi vergognosa e inaccettabile. Possono considerarsi reati privi di allarme sociale fattispecie come l'avvelenamento di acque o di sostanze alimentari previsto dall'articolo 439 del codice penale e l'adulterazione e la contraffazione di sostanze alimentari previsto dal successivo articolo 440? Nessuno lo potrebbe scientemente sostenere!

Per non dire poi cosa comporterebbe, sotto il profilo più strettamente sociale, decidere di consentire l'impunità ai soggetti resisi colpevoli dei reati di false comunicazioni sociali e false comunicazioni in danno dei soci o dei creditori previsti dagli articoli 2.621 e 2.622 del codice civile. Quale esempio verrebbe così dato a tutti i consociati? Includere nell'indulto reati di tal genere non può esser giustificato dalla necessaria risoluzione del problema dell'affollamento delle carceri, che dovrebbe essere l'intento principale del provvedimento di clemenza.

Sono favorevole agli atti di clemenza previsti dal nostro ordinamento, qualora ne sussistano i presupposti e le condizioni. Ma non è credibile, non è serio, non è sostenibile che la vera ratio dell'estensione dell'indulto ai reati societari e finanziari e a quelli contro la pubblica amministrazione sia ravvisabile nell'esigenza di fronteggiare il problema del sovraffollamento delle carceri. Sappiamo tutti che non è attraverso queste tipologie di reati che si risolve questo grave problema. Sul totale dei detenuti, coloro che scontano una pena per tali fattispecie criminose sono veramente un numero esiguo. Nelle nostre carceri la maggioranza dei detenuti è rappresentato dai condannati per reati di minore gravità e da extracomunitari costretti a delinquere per sopravvivere. Non è ammissibile voler approvare un provvedimento tendente a favorire solo le cosiddette classi superiori.

Il sillogismo motivazionale di quelle parti politiche che sostengono la tesi contraria non è condiviso dall'Italia dei Valori, ma ancor più non è validabile in termini  logico-giuridici. Mai nel nostro paese sono stati ricompresi nei provvedimenti di clemenza i reati di concussione e corruzione contro la pubblica amministrazione. In un paese civile, in un paese serio e responsabile, i corruttori e i corrotti devono essere puniti, e non meno importante è sapere che saranno puniti.

Rispetto a materie così importanti non è possibile vanificare la fondamentale funzione general-preventiva che assegna alla pena una funzione deterrente. I soggetti, in tal modo, non vengono distolti dall'assecondare i propri impulsi criminosi, ma al contrario spinti a delinquere di nuovo o per la prima volta, confidando in una non improbabile impunità.

Noi dell'Italia dei Valori non vogliamo tutto questo: non lo vogliamo per noi, ma soprattutto non lo vogliamo per tutti i cittadini, per la loro tutela, che resta e deve restare un bene primario da salvaguardare. Non si può, anzi non si deve estendere questo provvedimento a tali reati solo per ovviare al rischio del mancato raggiungimento del quorum necessario all'adozione del provvedimento: non è serio né coscienzioso!

Abbiamo criticato e lottato per anni contro leggi ad personam; ora è necessario un atto di onestà e di coerenza. Abbiamo chiesto, altresì, la modificazione, al primo comma dell'articolo 1, della data del 2 maggio 2006 con quella del 1o gennaio 2005 e la soppressione del secondo comma. L'applicazione dell'indulto ai reati commessi prima del 2 maggio 2006 sarebbe una vergogna nei confronti non solo della giustizia ma anche e soprattutto degli onesti cittadini. È necessario dimostrare senso di responsabilità nei confronti del nostro paese, e non solo. Sarebbe una vergognosa e disonorevole resa di fronte ai gravissimi fatti di mala amministrazione e mala attività imprenditoriale. Non dimentichiamo che si tratta di delinquenti colpevoli di reati che hanno dato vita a Tangentopoli, Bancopoli e Calciopoli: non sarebbe onesto né rispettoso nei confronti di milioni di elettori! Sarebbe un provvedimento che neppure il Governo Berlusconi è riuscito a fare. Bisogna evitare di cominciare la legislatura con un atto di clemenza ricco di contraddizioni e intollerabilmente comprendente persone colpevoli di reati gravissimi e dal forte allarme sociale, di reati per i quali sarebbe auspicabile, al contrario, un inasprimento delle pene.

In realtà, come noi dell'Italia dei Valori abbiamo più volte ribadito, sarebbe necessaria una riforma seria della giustizia, tendente a depenalizzare alcuni tipi di reati ed a migliorare le difficili e precarie condizioni dell'attuale sistema carcerario. Noi dell'Italia dei Valori ci dichiariamo contrari ad un tale provvedimento di clemenza e, quindi, contrari al voto (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Astore. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE ASTORE. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio anche il rappresentante del Governo che ha la pazienza di ascoltarmi, contrariamente a qualcuno che, oggi, ha disertato l'aula.

Mi spiace, signor Presidente, doverle dire della gestione degli interventi: mi ero prenotato tra i primi, eppure mi ritrovo a parlare tra gli ultimi. Credo che la volontà di cancellarsi sia individuale e, pertanto, faccio le mie rimostranze al riguardo; le faccio con serenità, ma penso che situazioni simili non dovrebbero ripetersi: i deputati sono tutti uguali, in occasione del voto, e via dicendo. Credo che la dimostrazione di essere tutti uguali in quest'aula sia la più civile che possiamo dare al paese.

Stamani, onorevoli colleghi, mentre salutavo alcuni amici dell'Italia dei Valori venuti a Roma, davanti a palazzo Montecitorio, per manifestare liberamente contro la proposta di legge in materia di indulto, un membro di questa Assemblea (che certamente voterà a favore del provvedimento in esame), con atteggiamento sprezzante, gridava: «Vergognatevi!», senza ottenere alcuna - forse, sperata - reazione scomposta.

Spero che tra noi - ognuno con le proprie opinioni - vi sia rispetto per le  posizioni altrui, rispetto che non c'è stato, almeno in parte, in questo dibattito. Allora, le accuse di giustizialismo, che stiamo ricevendo, in questi giorni, da diversi settori di questo Parlamento, sono da respingere decisamente al mittente: sono strumentali e si basano su luoghi comuni, sono liturgie conosciute che nascondono disprezzo per tutti coloro che richiamano la nostra società al rispetto delle regole - purtroppo, viviamo un periodo difficile sotto questo aspetto -, per una convivenza civile, serena e democratica.

Essere portatori di un principio di legalità e prendere atto che, ormai, l'uso personale delle istituzioni (ne abbiamo esempi anche in quest'aula) e la violazione continua della legge nella pubblica amministrazione non meravigliano più nessuno non generano, spesso, alcuna reazione nella pubblica opinione, che si distacca sempre più dalla politica e dai suoi rappresentanti. Quello al nostro esame è uno di quei provvedimenti che distaccano il paese dai suoi rappresentanti.

L'Italia dei Valori non è per il primato dei giudici sulla politica (questo è un altro dei luoghi comuni che dobbiamo respingere), perché i giudici non possono e non debbono dettare le regole alla politica. Tuttavia, siamo anche coscienti che più volte la politica ha cercato di invadere l'autonomia del potere giudiziario. Siamo meravigliati - indignati - perché, talvolta, anche quest'Assemblea ha voluto celebrare un processo ai giudici, ridicolizzando indagini che alcuni magistrati portano avanti nel rispetto delle leggi e della loro indipendenza, adempiendo il loro dovere. Bisogna fare ogni sforzo per riportare alla piena autonomia i poteri di uno Stato moderno e democratico.

Respingiamo, inoltre, le critiche e le accuse che indicano l'Italia dei Valori come il partito che «rompe» la maggioranza che sostiene il Governo. Ho ascoltato da diverse parti che dobbiamo dare giustificazioni, del fatto che il nostro ministro e noi votiamo in maniera diversa. Siamo consapevoli che questo provvedimento, che noi osteggiamo nell'attuale formulazione licenziata dalla Commissione, è frutto di un'iniziativa parlamentare e non governativa. Confermiamo la nostra fiducia a questo Governo, anche se avremmo desiderato una più forte iniziativa per comporre e dare ascolto alle nostre richieste.

Non ci scandalizziamo che su alcuni argomenti importanti, quali alcune grandi riforme di cui l'Italia ha bisogno, si ricerchi un auspicabile accordo trasversale tra le forze politiche. Siamo per un trasversalismo sano, per arrivare al bene comune. Ecco perché plaudo all'iniziativa di questi giorni di alcuni partiti che si pongono responsabilmente il problema legato alla considerazione che un bipolarismo solo «muscolare» non porta da alcuna parte. Ma questo trasversalismo di oggi, le convergenze di diverse forze politiche sul provvedimento di indulto che la Camera dei deputati sta per approvare, non si basano su alcuna volontà di raggiungere il bene comune, ma su interessi di parte o, peggio, su falsi conflitti di interessi. È - lo dichiariamo - un vero e proprio «inciucio».

Il Santo Padre ha chiesto a quest'aula un provvedimento di clemenza - lo hanno ricordato in tanti - per i deboli, per gli emarginati, per i peccatori pentiti, non per chi ha approfittato del suo ruolo di pubblico amministratore per togliere i diritti agli altri. Siamo per una clemenza giusta, soprattutto per i detenuti meno abbienti, che hanno anche bisogno di sostegno per favorire il proprio reinserimento sociale, aspetto che ha portato il nostro capogruppo in Commissione a presentare un opportuno emendamento in proposito.

L'Italia dei Valori non vuole inutili sofferenze delle persone detenute in carcere, spesso in condizioni disumane, dove la pena diventa particolarmente afflittiva, senza svolgere quel ruolo di rieducazione per il recupero pieno dei cittadini reclusi e per impedire la reiterazione dei reati e, quindi, il ritorno alle patrie galere. Dunque, lo gridiamo: siamo per la riduzione della pena, per l'indulto, ma non per questo tipo di provvedimento, che include i reati più odiosi e riprovati dall'opinione pubblica.

Un provvedimento di clemenza, proprio per rispettare la volontà del Santo Padre, nella scia dell'insegnamento di Beccaria e della dottrina giuridica italiana, deve avere come scopo anche quello di educare la società al rispetto delle leggi, non ad ottenere una reazione indignata come quella che si verifica in Italia in questi giorni, anche se il periodo scelto - ad arte - avrebbe potuto far pensare diversamente. La gente ha capito e reagisce, e questa non è demagogia. L'Italia ha bisogno, come sottolinea il programma dell'Unione, di un nuovo codice penale e, con esso, di un provvedimento di clemenza.

Questa accelerazione dubbia, questo anteporre l'indulto ad azioni concrete per una nuova politica giudiziaria in Italia mi sembra aver tradito coloro che in Italia vogliono la politica delle regole e non quella dei regali. Qualcuno si vuol lavare la coscienza per aver riempito le carceri negli anni passati, con leggi dal carcere facile. Sì, amici della Lega, la Bossi-Fini ha portato in carcere molte e molte persone che oggi non vi sarebbero, ed altrettanto può dirsi della legge ex Cirielli e della stessa legge che ha inasprito le pene sugli stupefacenti!

Siamo offesi per aver trovato un muro di fronte alle nostre proposte. La risposta, di contro, è stata quella di accelerare l'iter del provvedimento legislativo in esame, senza accettare una necessaria pausa di riflessione, che noi chiediamo ancora questa sera, con forza, soprattutto ai partiti amici ed alleati.

Ecco perché abbiamo riproposto alcuni emendamenti che escludono dall'indulto i reati finanziari e quelli contro la pubblica amministrazione; abbiamo fatto questo per chiedere alle coscienze libere di ognuno di voi parlamentari una risposta libera da condizionamenti di parte e da interessi di alcuni. Siamo offesi dal fatto che in quest'aula alcuni gruppi non abbiano nemmeno preso la parola, è chiaro qual è il loro intendimento: quello di fare presto, quello di accelerare e quello più grave di non spiegare alla pubblica opinione qual è la loro posizione.

Siamo stati e siamo contrari ad ogni forma di perdonismo, «condonismo», «indulgentismo», in ogni campo, sia esso fiscale, urbanistico, penale o altro, attività che ha rappresentato una costante della precedente legislatura ridicolizzando il nostro ordinamento giudiziario. Tutto ciò non ha ovviamente niente a che vedere con supposte esigenze di sicurezza, giacché pensiamo che la scarcerazione di un certo numero di soliti disgraziati non comporterà apprezzabili pericoli per la collettività; semmai ci preoccuperebbe di più rimandare sulla strada le persone scarcerate senza una concreta prospettiva di reinserimento sociale.

Abbiamo sempre detto di non essere per l'indulto purché contemporaneamente, anche in attesa della riforma del codice penale, si abroghino le pesanti leggi incriminatrici ereditate dalla precedente legislazione. Noi auspichiamo che vengano esclusi dall'indulto alcuni particolari reati, come quelli di natura fiscale, quelli contro la pubblica amministrazione e quelli finanziari punibili con una pena.

Apprendo stasera, amici - io sono nato e vivo nel paese dove successe una terribile disgrazia, il 31 ottobre 2002 -, che quei reati, anzi quegli eventuali reati (io spero che tutti siano assolti, che nessuno sia colpevole), quali la strage e il disastro colposo, sono compresi nell'indulto. Quando mi recherò nel mio paese, dove ho svolto la funzione di sindaco per quindici anni e dove la gente aspetta giustizia, credo di dover dare risposta alle mamme sulle spalle delle quali qualcuno piangeva (e spero piangesse sinceramente): sono le mamme di San Giuliano di Puglia, che attendono ancora giustizia.

La risposta negativa, l'accelerazione del provvedimento, ci hanno fatto capire il disagio che abbiamo generato in qualcuno. Non chiniamo la schiena anche se questa sera dovessimo rimanere soli, perché abbiamo il dovere di parlare ai cittadini; infatti, ci appelleremo ai cittadini per spiegare loro che, forse, oggi il Parlamento ha celebrato un grande «inciucio», rifiutando di iniziare a discutere la riforma della giustizia.

Signor Presidente, colleghi, avremmo potuto fare ostruzionismo su tutto, ma noi non abbiamo fatto ostruzionismo, anche se qualcuno ci ha accusati di ciò; infatti, se lo avessimo voluto fare, lo avremmo saputo fare come gli altri, anzi meglio degli altri: avremmo potuto parlare sul processo verbale, avremmo potuto continuare a parlare, sfruttando ogni piega del regolamento, e vi giuro che qualcuno di noi è veramente bravo in questo per aver svolto tale lavoro per tanto tempo. Abbiamo scelto un'opposizione dura - ecco perché abbiamo parlato tutti - e trasparente per parlare all'Assemblea e, attraverso di essa, al paese perché la gente deve sapere: questo non può essere un provvedimento nascosto, un provvedimento che il Parlamento porta avanti dietro l'angolo.

Decidere che la data del 2 maggio 2006 sia la data fino alla quale si applica l'indulto vuole significare il perdono dello Stato a tutti gli odiosi reati che sono stati ricordati, persino quelli di «calciopoli» di cui si parla stasera. È un altro attentato al senso comune e al buongoverno che la coalizione di centrosinistra aveva promesso al paese. Non vi è alcun vulnus politico nella nostra coalizione, nella maggioranza di Governo, per i motivi esposti precedentemente. Ai nostri alleati diciamo che non vogliamo essere sopportati (perché, questa sera, qualcuno ha dato anche segni di fastidio nei confronti dei nostri interventi), ma rivendichiamo la nostra autonomia, quando si tratta di affrontare temi che riguardano la persona, per ciò che ha fatto e per ciò che ha subito.

Questi provvedimenti riguardano i fatti dell'uomo, della persona umana; e su questi fatti si può passare un sostanziale colpo di spugna, per cui la nostra società si ritroverà a non comprendere più chi sia l'onesto e chi il disonesto, chi sia il furbo e chi la persona leale.

Con il nostro voto contrario, che ci sarà (qualcuno chiedeva come voteremo: se non saranno accettati i nostri emendamenti, voteremo contro in maniera netta e chiara), non vogliamo abbassare la guardia contro certi odiosi reati, ma indicare un percorso nuovo alla politica: la legge, che dobbiamo rispettare prima noi per poi chiedere agli altri di fare altrettanto. Nessuna stranezza. Dico all'onorevole Casini, che ha parlato questa mattina: preoccupiamoci del fatto che oggi alcuni membri di questa Assemblea non fanno gli interessi del paese, ma gli interessi propri, visto che allungando il termine fino al 2 maggio 2006, credo vengano ricompresi anche alcuni di noi (i sospettati, gli indiziati per alcuni dei reati che intendiamo escludere).

Ci rammarichiamo che il primo atto importante di questo Parlamento sia rivolto non agli interessi generali, ma ad avvantaggiare pochi eletti (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Astore, in risposta alla sua segnalazione circa l'ordine degli interventi, lei sa che il regolamento prescrive che i deputati parlino nell'ordine di iscrizione. Tuttavia, è prassi assolutamente consolidata che, soprattutto in occasione di atteggiamenti ostruzionistici, la Presidenza riceva le iscrizioni a parlare e le relative cancellazioni dai rappresentanti dei gruppi.

Nel caso di specie, la sua iscrizione, originariamente collocata in una certa posizione, è stata ritirata dal rappresentante del suo gruppo e quando, in un momento successivo, ella ha rappresentato la sua volontà di intervenire, la Presidenza ha provveduto ad iscriverla nuovamente. Le assicuro quindi che la procedura seguita da questa Presidenza è del tutto conforme alla prassi.

Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ENRICO BUEMI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario su tutte le proposte emendative presentate. Mi riservo di soffermarmi, in particolare, sull'emendamento Mantini 1.2, per motivare meglio il parere contrario.

PRESIDENTE. Il Governo?

LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il  Governo si rimette alla volontà dell'Assemblea su tutte le proposte emendative presentate (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Sta bene.

Come già comunicato dal Presidente della Camera, il seguito dell'esame è rinviato alla seduta di domani.

Sospendo brevemente la seduta.


 


Allegato A

 

PROPOSTA DI LEGGE: BUEMI ED ALTRI: CONCESSIONE DI INDULTO (TESTO RISULTANTE DALLO STRALCIO DEGLI ARTICOLI 1 E 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 525, DELIBERATO DALL'ASSEMBLEA IL 18 LUGLIO 2006) (A.C. 525-BIS) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: JANNONE; BOATO; FORLANI ED ALTRI; GIORDANO ED ALTRI; CAPOTOSTI ED ALTRI; CRAPOLICCHIO ED ALTRI; BALDUCCI E ZANELLA (A.C. 372-662-BIS-663-BIS-665-BIS-1122-BIS-1266-BIS-1323-BIS-1333-BIS)

 

 


(A.C. 525-bis - Sezione 1)

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

 

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

 

(A.C. 525-bis - Sezione 2)

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:

NULLA OSTA

 

sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

 

sugli articoli aggiuntivi 1.0.1, 1.0.2 e 1.0.3, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

 

sui restanti emendamenti contenuti nel fascicoli n. 1.

(A.C. 525-bis - Sezione 3)

ARTICOLO UNICO DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.

(Indulto).

1. È concesso indulto per tutti i reati commessi fino a tutto il 2 maggio 2006 nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10.000 euro per quelle pecuniarie sole o congiunte a pene detentive. Non si applicano le esclusioni di cui all'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

2. È concesso indulto, per intero, per le pene accessorie temporanee, conseguenti a condanne per le quali è applicato, anche solo in parte, indulto.

3. L'indulto non si applica:

a) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 270 (associazioni sovversive), primo comma;

2) 270-bis (associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico);

3) 270-quater (arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale);

4) 270-quinquies (addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale);

5) 280 (attentato per finalità terroristiche o di eversione);

6) 280-bis (atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi);

7) 285 (devastazione, saccheggio e strage);

8) 289-bis (sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione);

9) 306 (banda armata);

10) 416, sesto comma (associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale);

11) 416-bis (associazione di tipo mafioso);

12) 422 (strage);

13) 600 (riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù);

14) 600-bis (prostituzione minorile);

15) 600-ter (pornografia minorile), anche nell'ipotesi prevista dall'articolo 600-quater.1;

16) 600-quater (detenzione di materiale pornografico), anche nell'ipotesi prevista dall'articolo 600-quater.1 del codice penale, sempre che il delitto sia aggravato ai sensi del secondo comma del medesimo articolo 600-quater;

17) 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile);

18) 601 (tratta di persone);

19) 602 (acquisto e alienazione di schiavi);

20) 609-bis (violenza sessuale);

21) 609-quater (atti sessuali con minorenne);

22) 609-quinquies (corruzione di minorenne);

23) 609-octies (violenza sessuale di gruppo);

24) 630 (sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione), commi primo, secondo e terzo;

25) 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope;

b) per i delitti riguardanti la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all'articolo 73 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, aggravati ai sensi dell'articolo 80, comma 1, lettera a), e comma 2, del medesimo testo unico, nonché per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74 del citato testo unico, in tutte le ipotesi previste dai commi 1, 4 e 5 del medesimo articolo 74;

c) per i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 1  del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, e successive modificazioni;

d) per i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni;

e) per i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 3 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 305.

4. I benefìci di cui ai commi 1 e 2 sono revocati di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

5. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO UNICO DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.

(Indulto).

Sopprimerlo.

 1. 6. Gasparri, Consolo, Contento, Bongiorno, Cirielli, Siliquini, Buontempo, Raisi.

Sopprimerlo.

 1. 90. Lussana, Maroni.

Sopprimere il comma 1.

 1. 4. Lussana, Maroni.

Sopprimere il comma 1.

 1. 100. Palomba.

Sopprimere il comma 1.

 1. 234. Raisi

Al comma 1, primo periodo, sopprimere la parola: tutti.

1. 259. Palomba.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole da: 2 maggio fino a 10.000 con le seguenti: 31 dicembre 2005 nella misura non superiore ad un anno per le pene detentive e non superiore a 5.000

Conseguentemente, sopprimere il secondo periodo.

1. 161. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 gennaio 2001.

1. 146. Astore

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 marzo 2001.

1. 145. Mura.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 agosto 2001.

1. 149. Costantini

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 ottobre 2001.

1. 147. Borghesi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 dicembre 2001.

1. 148. Belisario.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: gennaio 2002.

1. 193. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 febbraio 2002.

1. 150. Evangelisti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 aprile 2002.

1. 151. D'Ulizia.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: maggio 2002.

1. 194. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 giugno 2002.

1. 152. Donadi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: gennaio 2003

1. 191. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: maggio 2003.

1. 192. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 settembre 2003.

1. 153. Rossi Gasparrini.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 dicembre 2003.

1. 154. Razzi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 1o gennaio 2004.

1. 64. Lussana, Maroni.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: gennaio 2004.

1. 179. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 febbraio 2004.

1. 155. Raiti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: febbraio 2004.

1. 180. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: marzo 2004.

1. 181. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 aprile 2004.

1. 156. Porfidia.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: aprile 2004.

1. 182. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: maggio 2004.

1. 183. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 giugno 2004.

1. 157. Pedica.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: giugno 2004.

1. 184. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: luglio 2004.

1. 185. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 agosto 2004.

1. 158. Ossorio.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: agosto 2004.

1. 186. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: settembre 2004.

1. 187. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 ottobre 2004.

1. 159. Leoluca Orlando.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: ottobre 2004.

1. 188. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: novembre 2004.

1. 189. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 dicembre 2004.

1. 160. Misiti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: dicembre 2004.

1. 190. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 1o gennaio 2005.

 1. 128. Lussana, Maroni.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 1o gennaio 2005.

 1. 195. Donadi, Leoluca Orlando, Astore, Belisario, Borghesi, Costantini, D'Ulizia, Evangelisti, Misiti, Mura, Ossorio, Pedica, Pedrini, Porfidia, Raiti, Razzi, Rossi Gasparrini.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: gennaio 2005.

1. 167. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: febbraio 2005.

1. 168. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: marzo 2005.

1. 169. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: aprile 2005.

1. 170. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: maggio 2005.

1. 171. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: giugno 2005.

1. 172. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: luglio 2005.

1. 173. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: agosto 2005.

1. 174. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: settembre 2005.

1. 175. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: ottobre 2005.

1. 176. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: novembre 2005.

1. 177. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 31 dicembre 2005.

 1. 129. Lussana, Maroni.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 31 dicembre 2005.

 1. 178. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: gennaio 2006.

1. 163. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: febbraio 2006.

1. 164. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: marzo 2006.

1. 165. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: aprile 2006.

1. 166. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: sei mesi.

 1. 65. Lussana, Maroni.

Al comma 1, primo periodo, sostituire

le parole: tre anni con le seguenti: sei mesi.

 1. 219. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: sei mesi.

 1. 245. D'Ulizia.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: sette mesi.

  1. 220. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: sette mesi.

  1. 244. Donadi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: otto mesi.

 1. 221. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: otto mesi.

 1. 243. Costantini.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: nove mesi.

  1. 222. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: nove mesi.

  1. 242. Borghesi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: dieci mesi.

 1. 223. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: dieci mesi.

 1. 241. Belisario.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: undici mesi.

  1. 224. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: undici mesi.

  1. 240. Astore.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno.

 1. 66. Lussana, Maroni.

Al comma 1, primo periodo, sostituire

le parole: tre anni con le seguenti: un anno.

 1. 196. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno.

 1. 239. Mura.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e un mese.

1. 209. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e due mesi.

 1. 67. Lussana, Maroni.

Al comma 1, primo periodo, sostituire

le parole: tre anni con le seguenti: un anno e due mesi.

 1. 210. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e due mesi.

 1. 246. Misiti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e tre mesi.

  1. 211. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e tre mesi.

  1. 247. Evangelisti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e quattro mesi.

1. 212. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e cinque mesi.

 1. 213. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e cinque mesi.

 1. 257. Leoluca Orlando.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e sei mesi.

  1. 214. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e sei mesi.

  1. 248. Leoluca Orlando.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e sette mesi.

 1. 215. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e sette mesi.

 1. 249. Ossorio.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e otto mesi.

  1. 216. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e otto mesi.

  1. 258. Pedica.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e nove mesi.

 1. 217. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e nove mesi.

 1. 250. Pedica.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e dieci mesi.

  1. 218. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e dieci mesi.

  1. 251. Porfidia.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e undici mesi.

 1. 208. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e undici mesi.

 1. 252. Raiti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni.

  1. 8. Lussana, Maroni.

Al comma 1, primo periodo, sostituire

le parole: tre anni con le seguenti: due anni.

  1. 45. Palomba.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni.

  1. 122. Consolo, Contento, Bongiorno, Cirielli, Siliquini, Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e un mese

 1. 197. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e un mese

 1. 253. Razzi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e due mesi

  1. 198. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e due mesi

  1. 254. Rossi Gasparrini.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e tre mesi

1. 199. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e quattro mesi

1. 200. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e cinque mesi

1. 201. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e sei mesi

1. 202. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e sette mesi

1. 203. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e otto mesi

1. 204. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e nove mesi

1. 205. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e dieci mesi

1. 206. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e undici mesi

1. 207. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: e non superiore a 10.000 euro fino alla fine del periodo.

1. 236. Cirielli.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: non superiore a 10.000 euro per quelle pecuniarie sole o congiunte a pene detentive con le seguenti: per quelle pecuniarie non superiore a 1.000 euro.

1. 63. Lussana, Maroni.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: non superiore a 10.000 euro per quelle pecuniarie sole o congiunte a pene detentive con le seguenti: per quelle pecuniarie non superiore a 2.000 euro.

1. 62. Lussana, Maroni.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 1.000 euro.

 1. 225. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 1.000 euro.

 1. 263. Pedica.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 1.100 euro.

1. 264. Porfidia.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 1.500 euro.

1. 256. Misiti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 2.000 euro.

 1. 226. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 2.000 euro.

 1. 265. Ossorio.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 2.500 euro.

1. 266. Leoluca Orlando.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 3.000 euro.

 1. 227. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 3.000 euro.

 1. 255. Evangelisti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 3.500 euro.

1. 267. Misiti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 4.000 euro.

 1. 228. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 4.000 euro.

 1. 268. Evangelisti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 4.500 euro.

1. 269. D'Ulizia.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 5.000 euro.

 1. 229. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 5.000 euro.

 1. 270. Donadi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 5.500 euro.

1. 271. Costantini.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 6.000 euro.

 1. 230. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 6.000 euro.

 1. 272. Borghesi, Belisario.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 6.200 euro.

1. 273. Rossi Gasparrini.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 6.500 euro.

1. 274. Astore.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 6.600 euro.

1. 275. Razzi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 6.800 euro.

1. 276. Raiti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 7.000 euro.

 1. 231. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 7.000 euro.

 1. 277. Mura.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 8.000 euro.

1. 232. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 9.000 euro.

1. 233. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: sole o congiunte a pene detentive.

1. 260. Palomba.

Al comma 1, sopprimere il secondo periodo.

 1. 68. Lussana, Maroni.

Al comma 1, sopprimere il secondo periodo.

 1. 123. Consolo, Contento, Bongiorno, Cirielli, Siliquini, Raisi.

Al comma 1, sopprimere il secondo periodo.

 1. 261. Palomba.

Al comma 1, sostituire il secondo periodo con il seguente: L'indulto non si applica nei confronti dei recidivi né nei confronti dei delinquenti abituali, professionali o per tendenza, né nei confronti di coloro che siano sottoposti a regime di sorveglianza speciale ai sensi dell'articolo 14-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354.

1. 70. Lussana, Maroni.

Al comma 1, sostituire il secondo periodo con il seguente: L'indulto non si applica nei confronti dei recidivi né nei confronti dei delinquenti abituali, professionali o per tendenza.

1. 69. Lussana, Maroni.

Al comma 1, sostituire il secondo periodo con il seguente: L'indulto non si applica ai recidivi nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma dell'articolo 99 del codice penale, né ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza.

1. 130. Lussana, Maroni.

Al comma 1, sostituire il secondo periodo con il seguente: L'indulto non si applica nei confronti dei recidivi, né nei confronti dei delinquenti abituali o professionali.

1. 124. Consolo, Contento, Bongiorno, Cirielli, Siliquini.

Al comma 1, sostituire il secondo periodo con il seguente: L'indulto non si applica ai recidivi nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma dell'articolo 99 del codice penale, né ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza, nel caso di condanna per delitti.

1. 237. Cirielli.

Al comma 1, secondo periodo, sopprimere la parola: non.

1. 262. Palomba.

Sopprimere il comma 2.

 1. 2. Mantini.

Sopprimere il comma 2.

 1. 5. Lussana, Maroni.

Sopprimere il comma 2.

 1. 235. Cirielli, Raisi.

Sopprimere il comma 2.

 1. 238. Donadi, Palomba, Leoluca Orlando, Astore, Belisario, Borghesi, Costantini, D'Ulizia, Evangelisti, Misiti, Mura, Ossorio, Pedica, Pedrini, Porfidia, Raiti, Razzi, Rossi Gasparrini.

Sostituire il comma 2, con i seguenti:

2. L'indulto si applica a condizione che il condannato, per il periodo di tempo corrispondente alla pena condonata e comunque non inferiore ad un anno, dia prova effettiva e costante di buona condotta e di volontà di reinserimento sociale.

2-bis. L'indulto si applica al cittadino straniero immigrato clandestinamente a condizione che abbandoni il territorio dello Stato entro trenta giorni dalla sospensione dell'esecuzione della sentenza.

1. 71. Lussana, Maroni.

Sostituire il comma 2, con il seguente:

2. L'indulto non si applica quando il detenuto non abbia provveduto all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.

1. 59. Lussana, Maroni.

Sostituire il comma 2, con il seguente:

2. L'indulto non si applica quando non è avvenuto il risarcimento della persona offesa dal reato.

1. 60. Lussana, Maroni.

Sostituire il comma 2, con il seguente:

2. L'indulto non si applica senza il consenso della persona offesa da reato.

1. 61. Lussana, Maroni.

Sostituire il comma 2 con il seguente:

2. Le pene accessorie temporanee sono estinte con l'indulto solo se questo estingue completamente la pena da espiare.

1. 46. Palomba.

Al comma 2, sopprimere le parole: , per intero,

1. 278. Palomba.

Al comma 2, sopprimere le parole: , anche solo in parte,

1. 101. Palomba.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:

2-bis. L'indulto si applica al cittadino straniero immigrato clandestinamente a condizione che abbandoni il territorio dello Stato entro 10 giorni dalla sospensione dell'esecuzione della sentenza.

1. 131. Lussana, Maroni.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:

2-bis. L'indulto si applica ai condannati che abbiano espiato almeno due terzi della pena detentiva.

1. 74. Lussana, Maroni.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:

2-bis. L'indulto si applica ai condannati che abbiano espiato almeno metà della pena detentiva.

1. 73. Lussana, Maroni.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:

2-bis. L'indulto si applica ai condannati che abbiano espiato almeno un terzo della pena detentiva.

1. 125. Contento, Siliquini, Cirielli, Bongiorno.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:

2-bis. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano a condizione che la parte civile costituitasi nel corso del processo sia stata risarcita per l'intero danno subito.

1. 126. Consolo, Contento, Bongiorno, Cirielli, Siliquini.

Al comma 3, lettera a), premettere la seguente:

0a) per i delitti previsti dai capi I e II del titolo I del libro II del codice penale;

Conseguentemente, alla medesima lettera, sopprimere i numeri da 1) a 9).

1. 48. Palomba.

Al comma 3, lettera a), premettere la seguente:

0a) per i delitti previsti dal capo I del titolo I del libro II del codice penale;

Conseguentemente, alla medesima lettera, sopprimere i numeri da 1) a 4).

1. 102. Palomba.

Al comma 3, lettera a), premettere la seguente:

0a) per i delitti previsti dal capo II del titolo I del libro II del codice penale;

Conseguentemente, alla medesima, lettera, sopprimere i numeri da 5) a 9).

1. 103. Palomba.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 241 (attentati contro l'integrità, l'indipendenza o l'unità dello Stato);

1. 300. D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 242 (cittadino che porta le armi contro lo Stato italiano);

1. 301. Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 243 (intelligenze con lo straniero a scopo di guerra contro lo Stato italiano);

1. 302. Misiti.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 244 (atti ostili verso uno Stato estero, che espongono lo Stato italiano al pericolo di guerra);

1. 303. Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 245 (intelligenze con lo straniero per impegnare lo Stato italiano alla neutralità o alla guerra);

1. 304. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 246 (corruzione del cittadino da parte dello straniero);

1. 305. Pedica.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 247 (favoreggiamento bellico);

1. 306. Porfidia.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 248 (somministrazione al nemico di provvigioni);

1. 307. Raiti.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 249 (partecipazione a prestiti a favore del nemico);

1. 308. Razzi.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 250 (commercio con il nemico);

1. 309. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 251 (inadempimento di contratti di forniture in tempo di guerra);

1. 310. Mura.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 252 (frode in forniture in tempo di guerra);

1. 311. Astore.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 253 (distruzione o sabotaggio di opere militari);

1. 312. Belisario.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 254 (agevolazione colposa);

1. 313. Borghesi.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 255 (soppressione, falsificazione o sottrazione di atti o documenti concernenti la sicurezza dello Stato);

1. 314. Costantini.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 256 (procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato);

1. 315. Donadi.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 257 (spionaggio politico o militare);

1. 316. D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 258 (spionaggio di notizie di cui è stata vietata la divulgazione);

1. 317. Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 259 (agevolazione colposa);

1. 318. Misiti.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 260 (introduzione clandestina in luoghi militari e possesso ingiustificato di mezzi di spionaggio);

1. 319. Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 261 (rivelazione di segreti di Stato);

1. 320. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 262 (rivelazione di notizie di cui sia stata vietata la divulgazione);

1. 321. Pedica.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 263 (utilizzazione di segreti di Stato);

1. 322. Porfidia.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 264 (infedeltà in affari di Stato);

1. 323. Raiti.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 265 (disfattismo politico);

1. 324. Razzi.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 266 (istigazione di militari a disobbedire alle leggi);

1. 325. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 267 (disfattismo economico);

1. 326. Mura.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 269 (attività anti-nazionale del cittadino all'estero);

1. 328. Belisario.

Al comma 3, lettera a), sopprimere il numero 1).

1. 57. Migliore, Forgione, Daniele Farina, Mascia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 2), aggiungere il seguente:

2-bis) 270-ter (assistenza agli associati);

1. 329. Borghesi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 4), aggiungere il seguente:

4-bis) 270-sexies (condotte con finalità di terrorismo);

1. 330. Costantini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 4), aggiungere il seguente:

4-bis) 271 (associazioni antinazionali);

1. 331. Donadi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 4), aggiungere il seguente:

4-bis) 272 (propaganda ed apologia sovversiva o antinazionale);

1. 332. D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 4), aggiungere il seguente:

4-bis) 273 (illecita costituzione di associazioni aventi carattere internazionale);

1. 333. Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 4), aggiungere il seguente:

4-bis) 274 (illecita partecipazione ad associazioni aventi carattere internazionale);

1. 334. Misiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 4), aggiungere il seguente:

4-bis) 276 (attentato contro il Presidente della Repubblica);

1. 335. Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 4), aggiungere il seguente:

4-bis) 277 (offesa alla libertà del Presidente della Repubblica);

1. 336. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 4), aggiungere il seguente:

4-bis) 278 (offesa all'onore o al prestigio del Presidente della Repubblica);

1. 337. Pedica.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 4), aggiungere il seguente:

4-bis) 279 (lesa prerogativa della irresponsabilità del Presidente della Repubblica);

1. 338. Porfidia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 6), aggiungere il seguente:

6-bis) 283 (attentato contro la Costituzione dello Stato);

1. 340. Raiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 6), aggiungere il seguente:

6-bis) 284 (insurrezione armata contro i poteri dello Stato);

1. 341. Razzi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 7), aggiungere il seguente:

7-bis) 286 (guerra civile);

1. 342. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 7), aggiungere il seguente:

7-bis) 287 (usurpazione di potere politico o di comando militare);

1. 343. Mura.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 7), aggiungere il seguente:

7-bis) 288 (arruolamenti o armamenti non autorizzati a servizio di uno Stato estero);

1. 344. Astore.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 7), aggiungere il seguente:

7-bis) 289 (attentato contro organi costituzionali e contro le Assemblee regionali);

1. 345. Belisario.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

8-bis) 290 (vilipendio della Repubblica, delle Istituzioni costituzionali e delle Forze Armate);

1. 346. Borghesi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

8-bis) 291 (vilipendio alla nazione italiana);

1. 348. Donadi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

8-bis) 292 (vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello Stato);

1. 349. D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

8-bis) 294 (attentati contro i diritti politici del cittadino);

1. 352. Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

8-bis) 295 (attentato contro i Capi di Stati esteri);

1. 353. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

8-bis) 296 (offesa alla libertà dei Capi di Stati esteri);

1. 354. Pedica.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

8-bis) 299 (offesa alla bandiera o ad altro emblema di uno Stato estero);

1. 355. Porfidia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

8-bis) 302 (istigazione a commettere alcuno dei delitti preveduti dai capi primo e secondo);

1. 356. Raiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

8-bis) 304 (cospirazione politica mediante accordo);

1. 357. Razzi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

8-bis) 305 (cospirazione politica mediante associazione);

1. 358. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 307 (assistenza ai partecipi di cospirazione o di banda armata);

1. 359. Mura.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere i seguenti:

9-bis) da 314 (peculato) a 335-bis (disposizioni patrimoniali);

9-ter) da 361 (omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale) a 384-bis (punibilità dei fatti commessi in collegamento audiovisivo nel corso di una rogatoria all'estero);

Conseguentemente:

alla medesima lettera:

dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 416-ter (scambio elettorale politico-mafioso); 

dopo il numero 12), aggiungere i seguenti:

12-bis) 439 (avvelenamento di acque o di sostanze alimentari);

12-ter) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);

dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati di natura fiscale e finanziaria puniti con pena detentiva, nonché per i reati di cui agli articoli 2621 e 2622 del codice civile;

1. 474. Donadi, Palomba, Leoluca Orlando, Astore, Belisario, Borghesi, Costantini, D'Ulizia, Evangelisti, Misiti, Mura, Ossorio, Pedica, Pedrini, Porfidia, Raiti, Razzi, Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) da 314 a 360 (delitti contro la pubblica amministrazione);

Conseguentemente, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:

a-bis) per i reati speciali contro l'amministrazione militare previsti dagli articoli da 215 a 219 del codice penale militare di pace, quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro e dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 400. Borghesi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) da 314 a 360 (delitti contro la pubblica amministrazione), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro e dei beni pubblici indebitamente sottratti;

Conseguentemente, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:

a-bis) per i reati speciali contro l'amministrazione militare previsti dagli articoli da 215 a 219 del codice penale militare di pace, quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro e dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 402. Sgobio, Crapolicchio, Vacca, Licandro, Galante.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) da 314 (peculato) a 335-bis (disposizioni patrimoniali);

 1. 360. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) da 314 (peculato) a 335-bis (disposizioni patrimoniali);

 1. 477. Donadi, Palomba, Leoluca Orlando, Astore, Belisario, Borghesi, Costantini, D'Ulizia, Evangelisti, Misiti, Mura, Ossorio, Pedica, Pedrini, Porfidia, Raiti, Razzi, Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) da 314 a 335-bis (delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti.

  1. 132. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) da 314 a 335-bis (delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione), quando non vi sia stata

la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti.

  1. 401. Costantini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 314, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 321, 322, 322-bis, 324, 368, 372, 373.

 1. 50. Belisario.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 314, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 321, 322, 322-bis, 324, 368, 372, 373.

 1. 362. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 314 (peculato);

  1. 8. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 314 (peculato);

  1. 104. Palomba, Donadi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 314 (peculato), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 133. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui);

1. 364. Astore.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 316-bis (malversazione a danno dello Stato);

1. 105. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 316-ter (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato);

1. 365. Belisario.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 317 (concussione);

 1. 9. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 317 (concussione);

 1. 106. Palomba, D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 317 (concussione), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 134. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 318 (corruzione per un atto d'ufficio);

 1. 10. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 318 (corruzione per un atto d'ufficio);

 1. 107. Palomba, Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 318 (corruzione per un atto d'ufficio), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 135. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio) e 319-bis (circostanze aggravanti);

 1. 108. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio) e 319-bis (circostanze aggravanti);

 1. 136. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio) e 319-bis (circostanze aggravanti), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 137. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio);

1. 368. Misiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 319-ter (corruzione in atti giudiziari);

1. 110. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) e 321 (pene per il corruttore);

 1. 12. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) e 321 (pene per il corruttore);

 1. 111. Palomba, Pedica.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) e 321 (pene per il corruttore), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 138. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 322 (istigazione alla corruzione);

 1. 13. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 322 (istigazione alla corruzione);

 1. 113. Palomba, Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 322 (istigazione alla corruzione), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 139. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 322-bis (peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri);

1. 114. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 323 (abuso d'ufficio);

1. 371. Borghesi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 325 (utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragione d'ufficio);

1. 372. Costantini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 326 (rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio);

1. 373. Donadi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 328 (rifiuto di atti d'ufficio. Omissione);

1. 374. D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 329 (rifiuto o ritardo di obbedienza commesso da un militare o da un agente della forza pubblica);

1. 375. Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 331 (interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità);

1. 376. Misiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 334 (sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dell'Autorità amministrativa);

1. 377. Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 335 (violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa);

1. 378. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 336 (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale);

1. 379. Pedica.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 337 (Resistenza a un pubblico ufficiale);

1. 380. Porfidia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 337-bis (occultamento, custodia o alterazione di mezzi di trasporto);

1. 381. Raiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 338 (violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario);

1. 382. Razzi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 340 (interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità);

1. 383. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 342 (oltraggio a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario);

1. 384. Mura.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 343 (oltraggio a un magistrato in udienza);

1. 385. Astore.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 345 (offesa all'Autorità mediante danneggiamento di affissioni);

1. 386. Belisario.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 346 (millantato credito);

1. 387. Borghesi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 347 (usurpazione di funzioni pubbliche);

1. 388. Costantini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 348 (abusivo esercizio di una professione);

1. 389. Donadi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 349 (violazione di sigilli);

1. 390. D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 350 (agevolazione colposa);

1. 391. Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 351 (violazione della pubblica custodia di cose);

1. 392. Misiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 352 (vendita di stampati di cui è stato ordinato il sequestro);

1. 393. Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 353 (turbata libertà degli incanti);

1. 394. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 354 (astensione dagli incanti);

1. 395. Pedica.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 355 (inadempimento di contratti di pubbliche forniture);

1. 396. Porfidia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 356 (frode nelle pubbliche forniture);

1. 397. Raiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) da 361 (omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale) a 384-bis (punibilità dei fatti commessi in collegamento audiovisivo nel corso di una rogatoria all'estero);

1. 476. Donadi, Palomba, Leoluca Orlando, Astore, Belisario, Borghesi, Costantini, D'Ulizia, Evangelisti, Misiti, Mura, Ossorio, Pedica, Pedrini, Porfidia, Raiti, Razzi, Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 361 (omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale);

1. 398. Razzi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 362 (omessa denuncia di reato da parte di un incaricato di pubblico servizio);

1. 399. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 363 (omessa denuncia aggravata);

1. 405. Mura.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 364 (omessa denuncia di reato da parte del cittadino);

1. 406. Astore.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 365 (omissione di referto);

1. 407. Belisario.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 366 (rifiuto di uffici legalmente dovuti);

1. 408. Borghesi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 367 (simulazione di reato);

1. 409. Costantini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 368 (calunnia);

1. 115. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 369 (autocalunnia);

1. 410. Donadi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 370 (simulazione o calunnia per un fatto costituente contravvenzione);

1. 411. D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 371 (falso giuramento della parte);

1. 412. Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 371-bis (false informazioni al pubblico ministero);

1. 116. Palomba, Misiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 371-ter (false dichiarazioni al difensore);

1. 413. Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 373 (falsa perizia o interpretazione);

1. 117. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 374 (frode processuale);

1. 414. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 374-bis (false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all'autorità giudiziaria);

1. 415. Pedica.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 377 (subornazione);

1. 416. Porfidia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 377-bis (induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria);

1. 417. Raiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 378 (favoreggiamento personale);

1. 418. Razzi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 379 (favoreggiamento reale);

1. 419. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 415 (istigazione a disobbedire alle leggi);

1. 420. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 416 (associazione per delinquere), finalizzata alla commissione dei delitti di cui agli articoli 2621 (false comunicazioni sociali), 2622 (false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori), 2624 (falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione), 2625 (impedito controllo), 2637 (aggiotaggio), 2638 (ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza) del codice civile, 216 (bancarotta fraudolenta) e 223 (fatti di bancarotta fraudolenta) del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, nel caso di società soggette alla disciplina delle società con azioni quotate di cui alla parte IV, titolo III, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, ovvero nei casi di cui all'articolo 116, comma 1 (strumenti finanziari diffusi tra il pubblico), del citato decreto legislativo n. 58 del 1998;

1. 479. Contento.

Al comma 3, lettera a), sostituire il numero 10), con il seguenti:

10) 416 (associazione per delinquere);

1. 421. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 416-ter (scambio elettorale politico-mafioso);

Conseguentemente:

alla medesima lettera:

dopo il numero 12), aggiungere i seguenti:

12-bis) 439 (avvelenamento di acque o di sostanze alimentari);

12-ter) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);

dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati di natura fiscale e finanziaria puniti con pena detentiva, nonché per i reati di cui agli articoli 2621 e 2622 del codice civile;

1. 478. Donadi, Palomba, Leoluca Orlando, Astore, Belisario, Borghesi, Costantini, D'Ulizia, Evangelisti, Misiti, Mura, Ossorio, Pedica, Pedrini, Porfidia, Raiti, Razzi, Rossi Gasparrini.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 416-ter (scambio elettorale politico-mafioso);

 1. 51. Palomba, Leoluca Orlando, Porfidia.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 416-ter (scambio elettorale politico-mafioso);

 1. 422. Raisi, Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) delitti connessi con quelli di cui agli articoli 416-bis e 416-ter.

1. 52. Raiti.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 419 (devastazione e saccheggio);

 1. 15. Lussana, Maroni.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 419 (devastazione e saccheggio);

 1. 118. Palomba, Razzi, Rossi Gasparrini.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 419 (devastazione e saccheggio);

 1. 423. Cirielli, Raisi.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 420 (attentato a impianti di pubblica utilità);

  1. 16. Lussana, Maroni.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 420 (attentato a impianti di pubblica utilità);

  1. 424. Porfidia.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 420 (attentato a impianti di pubblica utilità);

  1. 425. Raisi, Cirielli.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 421 (pubblica intimidazione);

1. 426. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 423 (incendio);

 1. 17. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 423 (incendio);

 1. 427. Raiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 423 (incendio);

 1. 428. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 423-bis (incendio boschivo).

  1. 18. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 423-bis (incendio boschivo).

  1. 429. Razzi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 423-bis (incendio boschivo).

  1. 430. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 430 (disastro ferroviario).

 1. 19. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 430 (disastro ferroviario).

 1. 431. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 430 (disastro ferroviario).

 1. 432. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 432 (attentato alla sicurezza dei trasporti).

  1. 20. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 432 (attentato alla sicurezza dei trasporti).

  1. 433. Mura.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 432 (attentato alla sicurezza dei trasporti).

  1. 434. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 438 (epidemia).

 1. 21. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 438 (epidemia).

 1. 444. Astore.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 438 (epidemia).

 1. 445. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere i seguenti:

12-bis) 439 (avvelenamento di acque o di sostanze alimentari);

12-ter) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);

12-quater) 442 (commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate).

  1. 43. Belisario.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere i seguenti:

12-bis) 439 (avvelenamento di acque o di sostanze alimentari);

12-ter) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);

12-quater) 442 (commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate);

  1. 446. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 439 (avvelenamento di acque o di sostanze alimentari);

1. 119. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);

 1. 22. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);

 1. 120. Palomba, Borghesi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) da 499 (distruzione di materie prime o di prodotti agricoli o industriali  ovvero di mezzi di produzione) a 517-bis (circostanza aggravante);

1. 140. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) da 499 (distruzione di materie prime o di prodotti agricoli o industriali ovvero di mezzi di produzione) a 517 (vendita di prodotti industriali con segni mendaci);

1. 77. Costantini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 544-bis (uccisione di animali);

1. 447. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 544-ter (maltrattamento di animali);

1. 448. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 544-quater (spettacoli o manifestazioni vietati);

1. 449. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 544-quinquies (divieto di combattimenti tra animali);

1. 450. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 572, secondo comma (maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli);

 1. 23. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 572, secondo comma (maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli);

 1. 451. Donadi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 572, secondo comma (maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli);

 1. 452. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 575 (omicidio);

  1. 24. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 575 (omicidio);

  1. 453. D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 575 (omicidio);

  1. 454. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 578 (infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale);

1. 455. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 580 (istigazione o aiuto al suicidio);

1. 456. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 589 (omicidio colposo);

1. 457. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 591 (abbandono di persone minori o incapaci);

1. 458. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 19), aggiungere il seguente:

19-bis) 605 (sequestro di persona);

1. 459. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23), aggiungere il seguente:

23-bis) 615-ter (accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico);

1. 460. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 624 (furto);

1. 461. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 624-bis (furto in abitazione e furto con strappo), 628 (rapina) e 640 (truffa) se la vittima è maggiore degli anni sessantanove;

1. 462. Buontempo.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 624-bis (furto in abitazione e furto con strappo);

 1. 25. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 624-bis (furto in abitazione e furto con strappo);

 1. 463. Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 628 (rapina);

  1. 26. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 628 (rapina);

  1. 464. Misiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 628 (rapina);

  1. 465. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 629 (estorsione);

 1. 27. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 629 (estorsione);

 1. 466. Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 629 (estorsione);

 1. 467. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 640 (truffa);

  1. 28. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 640 (truffa);

  1. 468. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 640-ter (frode informatica);

1. 481. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 644 (usura);

 1. 29. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 644 (usura);

 1. 469. Pedica.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 644 (usura);

 1. 470. Cirielli, Raisi, Buontempo.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 648 (ricettazione).

  1. 30. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 648 (ricettazione).

  1. 471. Porfidia.

Al comma 3, lettera a), aggiungere, in fine, il seguente numero:

26) 727 (maltrattamento di animali).

1. 42. Raiti.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati previsti dagli articoli 2621, 2622, 2623, 2624, 2625, 2626, 2627, 2628, 2629, 2630, 2631, 2632, 2633, 2634, 2635, 2636, 2638 del codice civile;

 1. 58. Lussana, Maroni.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati previsti dagli articoli 2621, 2622, 2623, 2624, 2625, 2626, 2627, 2628, 2629, 2630, 2631,

2632, 2633, 2634, 2635, 2636, 2638 del codice civile;

 1. 475. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati previsti dagli articoli 2621 (false comunicazioni sociali) e 2622 (false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori);

  1. 40. Sgobio, Crapolicchio, Vacca, Licandro, Galante.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati previsti dagli articoli 2621 (false comunicazioni sociali) e 2622 (false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori);

  1. 473. Mura.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per il reato di cui all'articolo 2621 del codice civile (false comunicazioni sociali);

1. 53. Palomba, Astore.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per il delitto di cui all'articolo 2622 del codice civile (false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori);

1. 121. Palomba.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati in materia fiscale puniti con pena detentiva;

1. 54. Palomba, Belisario.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74;

1. 472. Sgobio, Crapolicchio, Vacca, Licandro, Galante.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere le seguenti:

b-bis) per i reati di cui all'articolo 44, comma 1, lettere b) e c), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, salvo che si tratti di violazioni di un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti e sempre che non siano stati violati i vincoli di cui all'articolo 33, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel secondo comma dello stesso articolo;

b-ter) per i reati di cui all'articolo 181 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorità;

1. 39. Borghesi.

Dopo il comma 3, aggiungere i seguenti:

3-bis. Con il provvedimento di sospensione dell'esecuzione della sentenza per effetto dell'indulto condizionato, al beneficiato sono imposte le prescrizioni e gli obblighi di cui ai commi 5, 6 e 7 dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354.

3-ter. Con il provvedimento di sospensione è imposto l'obbligo di presentazione periodica alla polizia giudiziaria, secondo le modalità previste dall'articolo 282 del codice di procedura penale, per il periodo di sospensione dell'esecuzione.

3-quater. Con il provvedimento di sospensione della pena è sempre disposto per il cittadino italiano il divieto di espatrio ai sensi dell'articolo 281 del codice di procedura penale, per tutto il periodo di sospensione.

 1. 56. Lussana, Maroni.

Dopo il comma 3, aggiungere i seguenti:

3-bis. Con il provvedimento di sospensione dell'esecuzione della sentenza per effetto dell'indulto condizionato, al beneficiato  sono imposte le prescrizioni e gli obblighi di cui ai commi 5, 6 e 7 dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354.

3-ter. Con il provvedimento di sospensione è imposto l'obbligo di presentazione periodica alla polizia giudiziaria, secondo le modalità previste dall'articolo 282 del codice di procedura penale, per il periodo di sospensione dell'esecuzione.

3-quater. Con il provvedimento di sospensione della pena è sempre disposto per il cittadino italiano il divieto di espatrio ai sensi dell'articolo 281 del codice di procedura penale, per tutto il periodo di sospensione.

 1. 480. Costantini.

Al comma 4, sostituire le parole da: cinque anni fino a: condanna a con le seguenti: dieci anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più delitti non colposi per i quali sia stato condannato complessivamente ad una.

1. 31. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole da: cinque anni fino a: condanna a con le seguenti: sette anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più delitti non colposi per i quali sia stato condannato complessivamente ad una.

1. 143. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: dieci anni.

 1. 31. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole:

cinque anni con le seguenti parole: dieci anni.

 1. 500. Donadi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: dieci anni.

 1. 542. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: nove anni e sei mesi.

1. 541. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: sei mesi.

1. 501. Mura.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: sette mesi.

1. 502. Astore.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: otto mesi.

1. 503. Belisario.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: nove mesi.

1. 504. Borghesi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: dieci mesi.

1. 505. Costantini.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: undici mesi.

1. 506. Donadi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: nove anni.

1. 538. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: dodici mesi.

1. 507. D'Ulizia.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: tredici mesi.

1. 508. Evangelisti.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: quattordici mesi.

1. 509. Misiti.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: quindici mesi.

1. 510. D'Ulizia.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: sedici mesi.

1. 511. Leoluca Orlando.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: diciassette mesi.

1. 512. Ossorio.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: otto anni e sei mesi.

1. 535. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: diciotto mesi.

1. 513. Donadi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: diciannove mesi.

1. 514. Pedica.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: venti mesi.

1. 515. Porfidia.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: ventuno mesi.

1. 516. Raiti.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: ventidue mesi.

1. 517. Razzi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: ventitre mesi.

1. 518. Rossi Gasparrini.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: otto anni.

1. 536. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni e sei mesi.

1. 537. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni e tre mesi.

1. 519. Rossi Gasparrini.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni e due mesi.

1. 520. Razzi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni e un mese.

1. 521. Raiti.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni.

 1. 127. Consolo, Contento, Bongiorno, Cirielli, Siliquini, Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni.

 1. 141. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole:

cinque anni con le seguenti: sette anni.

 1. 142. Mantini.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni.

 1. 522. Porfidia.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni.

 1. 579. Mazzoni.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e undici mesi.

1. 523. Pedica.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e dieci mesi.

1. 524. Ossorio.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e nove mesi.

1. 525. Leoluca Orlando.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e otto mesi.

1. 526. Misiti.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e sette mesi.

1. 527. Evangelisti.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e sei mesi.

 1. 528. D'Ulizia.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e sei mesi.

 1. 539. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e cinque mesi.

1. 529. Donadi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e quattro mesi.

1. 530. Costantini.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e tre mesi.

1. 531. Borghesi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e due mesi.

1. 532. Belisario.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e un mese.

1. 533. Astore.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni.

 1. 534. Mura.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni.

 1. 540. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole da: un delitto fino a: condanna a con le seguenti: uno o più delitti non colposi per i quali sia stato condannato complessivamente ad una.

1. 144. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire la parola: condanna con le seguenti: una o più condanne.

1. 32. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: sei mesi.

 1. 34. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: sei mesi.

 1. 543. Rossi Gasparrini.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: sei mesi.

 1. 544. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: a sette mesi.

  1. 545. Razzi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: a sette mesi.

  1. 546. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: otto mesi.

 1. 547. Raiti.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: otto mesi.

 1. 548. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: nove mesi.

  1. 549. Porfidia.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: nove mesi.

  1. 550. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: dieci mesi.

 1. 551. Pedica.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: dieci mesi.

 1. 552. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: undici mesi.

  1. 553. Astore, Borghesi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: undici mesi.

  1. 554. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: un anno.

 1. 33. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: un anno.

 1. 555. Ossorio.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: tredici mesi.

  1. 556. Leoluca Orlando.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: tredici mesi.

  1. 557. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: quattordici mesi.

 1. 558. Belisario, Costantini.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: quattordici mesi.

 1. 559. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: quindici mesi.

  1. 560. Misiti.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: quindici mesi.

  1. 561. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: sedici mesi.

 1. 562. Evangelisti.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: sedici mesi.

 1. 563. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: diciassette mesi.

  1. 564. D'Ulizia.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: diciassette mesi.

  1. 565. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: diciotto mesi.

 1. 566. Donadi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: diciotto mesi.

 1. 567. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: diciannove mesi.

  1. 568. Costantini.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: diciannove mesi.

  1. 569. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: venti mesi.

 1. 570. Borghesi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: a venti mesi.

 1. 571. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: ventuno mesi.

  1. 572. Belisario.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: ventuno mesi.

  1. 573. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: ventidue mesi.

 1. 574. Astore.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: ventidue mesi.

 1. 575. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: ventitre mesi.

  1. 576. Mura.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: ventitre mesi.

  1. 577. Raisi.

Dopo il comma 4, aggiungere il seguente comma:

4-bis. La revoca del beneficio si applica anche nei confronti di chi, nei cinque anni successivi al termine di cui al comma 4, commette più delitti in conseguenza dei quali riporta condanne ad una pena detentiva complessivamente superiore a due anni.

1. 36. Lussana, Maroni.

Dopo il comma 4, aggiungere il seguente comma:

4-bis. La revoca del beneficio si applica anche nei confronti di chi, nei tre anni successivi al termine di cui al comma 4, commette più delitti in conseguenza dei quali riporta condanne ad una pena detentiva complessivamente superiore a due anni.

1. 35. Lussana, Maroni.

Sopprimere il comma 5.

1. 578. Palomba.

Al comma 5, dopo le parole: in vigore il aggiungere la seguente: trentesimo.

1. 38. Lussana, Maroni.

Al comma 5, dopo le parole: in vigore il aggiungere la seguente: decimo.

1. 37. Lussana, Maroni.

Aggiungere, in fine, il seguente articolo:

Art. 2. - 1. Il Ministro della giustizia individua, in sede di approvazione della legge finanziaria per l'anno 2007, un programma di interventi urgenti in materia di edilizia carceraria, che possono essere realizzati a partire dal 2007, con le necessarie coperture finanziarie.

1. 01. Contento.

(Inammissibile)

Aggiungere, in fine, il seguente articolo:

Art. 2. - 1. È istituito, per l'anno 2006, nello stato di previsione del Ministero della giustizia, il Fondo per la corresponsione di un contributo a favore dei Consigli di aiuto sociale per lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 76 della legge 26 luglio 1975, n. 354. In questo caso, in particolare, i Consigli di aiuto sociale hanno il compito di sostenere i soggetti danneggiati da delitti commessi da soggetti beneficiari del provvedimento d'indulto di cui all'articolo 1 e che non abbiano già ricevuto altre forme di ristoro. Gli interessati possono fare richiesta entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

2. La misura del contributo e le modalità di erogazione dello stesso sono stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. La dotazione del Fondo è stabilita in 6.000.000 di euro per l'anno 2006.

3. All'onere derivante dall'attuazione dei commi 1 e 2, pari a 6.000.000 di euro per l'anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con  propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

1. 02. Palomba.

(Inammissibile)

Aggiungere, in fine, il seguente articolo:

Art. 2. - 1. È istituito, per l'anno 2006, nello stato di previsione del Ministero della giustizia, il Fondo per la corresponsione di un contributo a favore dei detenuti che beneficiano dell'indulto di cui all'articolo 1, che si trovino in condizione di disagio economico, ai fini del loro reinserimento nella società civile. La misura del contributo e le modalità di erogazione dello stesso sono stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. La dotazione del Fondo è stabilita in 6.000.000 di euro per l'anno 2006.

2. All'onere derivante dall'attuazione del comma 1, pari a 6.000.000 di euro per l'anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

1. 03. Palomba.

(Inammissibile)


 

 


 

 

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

32.

 

Seduta di Mercoledì 26 luglio 2006

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE

GIORGIA MELONI

indi

DEL VICEPRESIDENTE

PIERLUIGI CASTAGNETTI

E DEL PRESIDENTE

FAUSTO BERTINOTTI

(omissis)


Seguito della discussione della proposta di legge: Buemi ed altri: Concessione di indulto (Testo risultante dallo stralcio degli articoli 1 e 3 della proposta di legge n. 525, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006) (A.C. 525-bis ); e delle abbinate proposte di legge: Jannone; Boato; Boato; Forlani ed altri; Giordano ed altri; Capotosti ed altri; Crapolicchio ed altri; Balducci e Zanella (A.C. 372-662-bis-663-bis-665-bis-1122-bis-1266-bis-1323-bis-1333-bis).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge d'iniziativa dei deputati Buemi ed altri: Concessione di indulto; e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa dei deputati: Jannone; Boato; Boato; Forlani ed altri; Giordano ed altri; Capotosti ed altri; Crapolicchio ed altri; Balducci e Zanella.

Ricordo che nella seduta di ieri si sono svolti gli interventi sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo unico della proposta di legge ed il relatore ed il Governo hanno espresso il parere.

 

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 525-bis ed abbinate)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico della proposta di legge, nel testo della Commissione, e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - 525-bis ed abbinate sezione 1).

Colleghi, dobbiamo passare alla votazione degli identici emendamenti Gasparri 1.6 e Lussana 1.90.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Forlani. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO FORLANI. Signor Presidente, vorrei esprimere il mio apprezzamento nei confronti del provvedimento nel suo complesso e, pertanto, sono contrario agli emendamenti soppressivi dell'articolo 1.

Ritengo che le drammatiche condizioni delle nostre carceri, dovute al sovraffollamento, alla vetustà e all'incapienza degli edifici che ospitano i nostri istituti di pena, abbiano raggiunto livelli veramente allarmanti. Ritenendo che la funzione autentica della pena sia quella rieducativa e di reintegrazione sociale, non vedo come, nelle attuali condizioni, sia possibile realizzare questa attività di recupero che richiede, soprattutto, percorsi personalizzati.

Ho visitato diverse carceri nel nostro paese, conosco, quindi, il valore del lavoro degli operatori, degli assistenti, degli psicologi che, tra grandi difficoltà, sostengono il gravoso compito di assistenza e di educazione, ma, pur con tutto il valore ed il sacrificio, è difficile ottenere in queste condizioni di vita e ambientali risultati positivi.

Si è opposto al provvedimento di clemenza il concetto di sicurezza, l'idea che ne verrebbe pregiudicata la sicurezza dei cittadini; tuttavia, credo che, se manteniamo le condizioni carcerarie nello stato di degrado attuale, andiamo a pregiudicare la sicurezza, perché, rendendosi irrealizzabile il progetto di rieducazione, facilmente chi ritorna in libertà non è ancora maturo per reintegrarsi pacificamente, senza commettere nuovi reati.

Naturalmente, questa forma di indulto è un primo passaggio e, pertanto, va apprezzato; è un primo sforzo del legislatore che però non è sufficiente. Sono previste solo cause di esclusione oggettiva e non soggettiva dal beneficio. Trovo un po' difficile stabilire che alcuni reati debbano considerarsi maggiormente odiosi ed altri meno. Ritenevo che fosse più giusto un criterio soggettivo, accordandolo a chi avesse già dimostrato segnali di recupero e di ravvedimento.

Capisco, tuttavia, che si è trattato del massimo punto di compromesso possibile e lo apprezzo, appunto, come massimo sforzo possibile in questa fase. Il mio auspicio è che non ci si fermi qui e che si predispongano, successivamente, nuove soluzioni, soprattutto per migliorare le condizioni  di vita nelle carceri, per costruire nuovi istituti e per rivedere anche il sistema di erogazione delle pene.

Insomma, considero il provvedimento come un primo segnale, un primo passaggio importante per consentire che all'interno degli istituti di pena si possa finalmente dare avvio a quel lavoro di recupero ed anche di aiuto alle persone, ad una popolazione che versa in una condizione di sofferenza (Applausi di deputati del gruppo de La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, abbiamo la consapevolezza che gli identici emendamenti Gasparri 1.6 e Lussana 1.90 sono interamente «ablativi» del testo di legge in esame: se fossero accolti, tutto l'impianto cadrebbe. È questa l'unica ragione per la quale annuncio il voto favorevole del gruppo dell'Italia dei Valori: esso equivale ad un voto contrario al testo in esame, come finora congegnato. Se, poi, nel prosieguo dell'esame, dovessero intervenire cambiamenti radicali, ci riserviamo, naturalmente, di valutarli.

Ho precisato questa nostra posizione perché noi siamo d'accordo con i presentatori dei predetti emendamenti soltanto sul risultato che si intende perseguire: dai colleghi ci separano, com'è noto - essi lo sanno benissimo, non è una novità -, ragioni ideologiche e politiche. In modo particolare, noi crediamo nella cultura della rieducazione carceraria; crediamo nel fatto che il carcere debba essere l'ultima ratio; crediamo nel diritto penale minimo; crediamo che le sofferenze della gente debbano essere ridotte al minimo. Perciò, tutti sanno che noi saremmo favorevoli ad un indulto ed alla scarcerazione di 12 mila persone in una situazione di sovraffollamento. Tuttavia, abbiamo da lamentare diverse cose che adesso chiarirò, rivolgendomi soprattutto agli alleati di Governo, per spiegare, ancora una volta, le ragioni della nostra contrarietà al provvedimento di clemenza in esame.

Noi abbiamo proposto agli alleati di Governo un diverso percorso. Abbiamo proposto, in aderenza al programma dell'Unione, di esaminare una proposta di legge che prevedesse l'abrogazione delle norme inique (che contribuiscono in maniera rilevante alla carcerazione) e, contestualmente, di una che contemplasse norme che potessero rappresentare un'alternativa alla detenzione. Il percorso da noi delineato non è stato accettato e, per noi, questo è uno «strappo» al programma dell'Unione, uno «strappo» che non abbiamo capito. Invero, poiché si sarebbe potuto ottenere il medesimo effetto attraverso un diverso percorso, e poiché si sarebbe potuto conseguire il risultato di un indulto attraverso le scarcerazioni, evitando, nel contempo, che altre persone finissero in carcere, non comprendiamo perché, da parte dell'Unione, degli altri partiti alleati, si sia preferito insistere nel braccio di ferro.

Evidentemente, l'obiettivo non era solo quello di ottenere l'effetto di una deflazione carceraria, ma ve n'erano altri.

L'obiettivo era probabilmente quello di rivolgere il condono e l'indulgenza anche a persone che niente avevano a che fare con il sovraffollamento penitenziario.

Oggi il segretario del maggiore partito dell'Unione dice che il Governo dovrebbe specificare quali sono le leggi inique che intende abrogare. Vorrei svolgere alcune brevissime considerazioni: innanzitutto, questo è un percorso che si può fare in Parlamento, come è avvenuto per l'indulto. In secondo luogo, vorrei ricordare che abbiamo già presentato una proposta di legge in questo senso, la n. 1342, che prevede esattamente l'abrogazione di leggi iniquamente incriminatrici nonché numerose alternative alla detenzione. Non abbiamo capito perché l'argomento venga affrontato adesso e non sia stato, invece, oggetto di decisione prima.

A noi dispiace che in questo percorso accelerato si sia preferito stringere un'alleanza con coloro i quali nella precedente legislatura venivano contestati proprio per le leggi ad personam e per le leggi inique.

Con loro oggi si è stabilito un patto, invece che con noi che ci siamo presentati insieme...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FEDERICO PALOMBA. ...per sconfiggere quella cultura.

Signor Presidente, ci siamo presentati per avere un colpo di spugna su quella cultura? Il colpo di spugna è sbagliato, Presidente: è andato al di là e ha finito per lavare tutti i reati dei soliti potenti, di ieri e di oggi (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Crapolicchio. Ne ha facoltà.

SILVIO CRAPOLICCHIO. Signor Presidente, noi Comunisti Italiani voteremo contro l'emendamento in esame. Riteniamo la legge sull'indulto una legge giusta ma, nel contempo, riteniamo il testo licenziato dalla Commissione ancora perfettibile, ed i nostri emendamenti vanno in questa direzione. Si tratta, cioè, di escludere dall'indulto i reati contro la pubblica amministrazione, i reati societari ed i reati fiscali, stante l'evidente pericolosità sociale ed il rilevante disvalore etico e morale degli stessi; in buona sostanza, si tratta di escludere i furbi. Ciò senza considerare che l'opinione pubblica negli ultimi anni si è sentita aggredita e violentata dai poteri forti che hanno tutelato i corruttori, coloro che effettuavano i falsi in bilancio ed i grandi evasori.

Crediamo che un atto di clemenza sia doveroso, ed i dati forniti dall'amministrazione penitenziaria sono in tal senso indicativi. Nel contempo, non possiamo e non vogliamo concedere un salvacondotto ai criminali con i colletti bianchi, ovvero ad alcuni famigerati personaggi che hanno corrotto, hanno dissimulato e hanno evaso le tasse. Riteniamo che l'indulto debba riguardare i settori più marginali della società: una massa di soggetti senza diritti - quali i tossicodipendenti e gli immigrati clandestini - che affolla le carceri per effetto di una cattiva legislazione, quindi, ad esempio, la legge Bossi-Fini e la ex Cirielli. Tale legislazione, in questi anni, ha puntato essenzialmente al generale inasprimento delle pene senza porsi il problema di un reinserimento sociale dei detenuti.

Va da sé che riteniamo che una norma di clemenza giusta e doverosa sarà certamente migliore se da detta norma saranno esclusi i reati societari, i reati fiscali ed i reati contro la pubblica amministrazione. Quando parlo di reati societari intendo, ad esempio, le false comunicazioni sociali in danno delle società, dei soci e dei creditori (vedi caso Parmalat). Quando parlo di reati fiscali intendo, ad esempio, dichiarazione fraudolenta mediante uso di documenti per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, la dichiarazione infedele, l'omessa dichiarazione, l'emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, l'occultamento o la distruzione di documenti contabili, la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Ovviamente, per i reati contro la pubblica amministrazione ritengo superfluo qualsiasi commento.

Pertanto, affinché i soliti furbi non si avvantaggino a danno degli onesti e, in generale, della collettività, noi voteremo «no» agli emendamenti in esame, ma sin da ora chiediamo l'approvazione dei nostri emendamenti e voteremo quelli che, proposti da altre forze politiche, andranno nella medesima direzione (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Alleanza Nazionale ha proposto l'emendamento 1.6, interamente soppressivo dell'articolo, perché riteniamo che un indulto così come concepito non possa avere il nostro voto e non possa, a nostro avviso, diventare legge dello Stato. Avevamo fatto un'apertura importante alle forze politiche che ritengono, lecitamente, che sia possibile intervenire  anche con un indulto per affrontare soprattutto la questione carceraria.

Con un documento approvato da Alleanza Nazionale...

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di consentire l'ascolto di questo intervento.

IGNAZIO LA RUSSA. La ringrazio, signor Presidente.

Con un documento approvato da Alleanza Nazionale, dicevo, avevamo sottolineato la necessità che all'indulto si unissero un provvedimento che destinasse risorse all'edilizia carceraria ed altri provvedimenti che prestassero attenzione alle vittime dei reati. Se è vero che nessuno deve «toccare Caino», infatti, crediamo sia necessario rivolgere attenzione ad «Abele» e non, invece, creare uno squilibrio soltanto nella direzione opposta. Abbiamo chiesto che non si applicasse l'indulto ai recidivi e che si applicasse, invece, soltanto a coloro che avessero scontato almeno un terzo della pena. Nessuna di queste condizioni è stata recepita dall'attuale maggioranza. Il voto contrario sull'indulto da parte di Alleanza Nazionale, quindi, diventa inevitabile e il voto favorevole sull'emendamento soppressivo ne è la logica conseguenza.

Nell'annunziare il voto favorevole su questo emendamento interamente soppressivo dell'articolo unico, colgo anche l'occasione per precisare quale sarà il comportamento di Alleanza Nazionale nel corso dei lavori relativi a questa proposta di legge. Abbiamo notato che è in atto qualcosa che a noi sembra un gioco delle parti. Non so se l'onorevole Di Pietro sia presente all'interno dell'aula, in questo momento, ma lo sono rappresentanti autorevoli del suo movimento. Mi scuserà: ho sempre mantenuto con lui un buon rapporto ma, in queste ore, non so più dove cercarlo, se tra i banchi dei parlamentari o tra i banchi dei ministri, che dice di avere lasciato (Commenti)... In parte si è dimesso e in parte no... Mi ricorda un'altra storia: peccato che non esista una toga da parlamentare, altrimenti se la sarebbe tolta e la avrebbe nuovamente indossata in quest'aula, in pubblico, come fece in un'altra occasione (Commenti)...! Lo dico bonariamente, onorevole Di Pietro, con simpatia.

Non riteniamo possibile che questo gioco delle parti continui. Con il suo gruppo parlamentare, onorevole Di Pietro, lei sta manifestando una avversione, legittima, a questo provvedimento. Voglio ricordarle che questa non è la prima legislatura nella quale ci si occupa di amnistia e di indulto. Nella scorsa legislatura, infatti, il provvedimento fu sollecitato in maniera ancora più forte. Poiché le condizioni per approvarlo, allora come ora, non si manifestarono agli occhi di Alleanza Nazionale, il nostro gruppo parlamentare sostenne con la propria maggioranza, senza bisogno di manifestazioni e senza necessità di ostruzionismi, che non era possibile sottoporre quel provvedimento all'esame dell'Assemblea. Se una forza politica ha peso nella propria maggioranza, dispone di tutti gli strumenti - oggi sono previste le votazioni sul DPEF e sul cosiddetto decreto Bersani - non per minacciare fittizie dimissioni ma per rimarcare che si fa parte o meno di una maggioranza a seconda che le proprie impostazioni siano o non siano seguite.

Onorevole Di Pietro, noi crediamo che non sia il caso di favorire questo gioco delle parti e nel prosieguo dei lavori voteremo a favore soltanto dei nostri emendamenti. Non ci interessa la logica del «questo sì e quello no», la logica secondo la quale a questo si applica e a quell'altro non si applica e secondo la quale l'indulto si applica al rapinatore o al responsabile di un assalto a mano armata in una villa, e non si applica ad un reato contro la pubblica amministrazione. Non ci stiamo a questa logica degli amici e dei nemici!

Voteremo a favore soltanto dei nostri emendamenti e ci asterremo, non parteciperemo al voto sugli altri emendamenti, perché si capisca chi è che vuole bocciare l'indulto e chi, invece, fa solo un gioco delle parti (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo a personale, il deputato Cirielli, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Intervengo, signor Presidente, soltanto per aggiungere la mia dichiarazione personale di voto contrario, senza volere svolgere una valutazione di tipo pregiudiziale. Vorrei chiedere ai numerosi colleghi della sinistra, che agiscono semplicemente spinti dal problema del sovraffollamento carcerario, che cosa c'entrino le pene pecuniarie, che cosa c'entrino i reati contro la pubblica amministrazione e che cosa c'entri il problema delle pene accessorie. Mi riferisco a tante persone, tra cui Pisapia, Cento, Buemi e Boato, che, nella scorsa legislatura, avevano proposto emendamenti per escludere dal beneficio le pene interdittive accessorie temporanee, così come tutti i reati contro la pubblica amministrazione. È un vero e proprio colpo di spugna, di cui le persone serie della sinistra dovrebbero vergognarsi!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, sarò brevissimo. Ovviamente, preannunzio il voto contrario dei Verdi sugli identici emendamenti di Alleanza Nazionale e della Lega che intendono sopprimere l'intera proposta di legge al nostro esame.

Mi rivolgo con molto rispetto nei confronti del collega Palomba, che ha parlato a nome dell'Italia dei Valori. Credo che sia assolutamente inaccettabile chiamare in causa il Governo in una vicenda che, per Costituzione - articolo 79, piaccia o no piaccia, quello è l'articolo -, prevede che un provvedimento di indulto o di amnistia sia approvato dai due terzi dei componenti la Camera. Quindi, costituzionalmente, questo è un provvedimento che non può che avere caratteristiche di tipo parlamentare e, costituzionalmente, non può che essere oggetto di una convergenza tra gruppi della maggioranza e gruppi dell'opposizione.

Collega Palomba, lei si lamenta che vi è una convergenza con alcuni gruppi dell'opposizione, come è costituzionalmente doveroso se si vuole far approvare l'indulto. A me dispiace che lei voti insieme ad Alleanza Nazionale ed alla Lega che per tutti questi anni sono state assolutamente contrarie a qualsiasi misura di clemenza e di umanità in materia di pena (Applausi dei deputati dei gruppi dei Verdi e dei Popolari-Udeur)! È legittimo che lei lo faccia - e che voi lo facciate, onorevoli colleghi dell'Italia dei Valori -, ma mi permetta di dire che forse è un po' più politicamente scandaloso il vostro comportamento che non quello di coloro che cercano di applicare la Costituzione e trovare le opportune convergenze parlamentari al riguardo.

Noi voteremo convintamente contro questi due identici emendamenti, della Lega e di Alleanza Nazionale, pur se condivisi dall'Italia dei Valori, la qual cosa ci dispiace (Applausi dei deputati dei gruppi dei Verdi, de L'Ulivo e dei Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, abbiamo presentato, come Lega Nord, questo emendamento soppressivo per ribadire, ancora una volta con chiarezza e senza equivoci, il nostro voto contrario su questo provvedimento di indulto. Siamo contrari all'indulto, perché contrari a provvedimenti generalizzati di clemenza. Riteniamo, infatti, tali provvedimenti contrastanti con alcuni principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico e con alcuni principi fondamentali dello Stato di diritto. Lo abbiamo ribadito ieri, negli interventi in aula. Gli sconti di pena contrastano con il principio dell'effettività e della certezza della pena per cui chi subisce una condanna deve scontare tale condanna fino in fondo.

Questo provvedimento di indulto - ho ascoltato gli interventi dei colleghi mi  hanno preceduto - mina e minaccia davvero profondamente anche la sicurezza dei cittadini. Non possiamo accettare il teorema che le carceri sovraffollate, come ha detto qualcuno, farebbero incrudelire i detenuti attualmente presenti nei nostri penitenziari. Questa non è una motivazione per giustificare un provvedimento di indulto che rappresenta una vera, autentica resa dello Stato! Lo Stato dice: non sono in grado di risolvere con altri mezzi il problema del sovraffollamento dei nostri penitenziari e, allora, cosa faccio? Scarico la responsabilità, scarico il problema sui cittadini onesti, sulle vittime dei reati.

Onorevoli colleghi, certo vi sono i problemi dei detenuti sui quali sicuramente la Lega è sensibile. Infatti, onorevole Boato, il nostro non è certo un atteggiamento, come lei lo ha definito, politicamente disumano. Noi rifuggiamo lo stereotipo della Lega dalla «faccia feroce» e ribadiamo una posizione, che è sempre stata coerente: se dobbiamo scegliere, stiamo dalla parte di Abele, piuttosto che dalla parte di Caino. Stiamo dalla parte dei cittadini onesti che hanno paura oggi, che ci chiedono maggiore sicurezza; stiamo dalla parte delle vittime dei reati, che si sentirebbero, da un provvedimento come questo, due volte offesi, offesi nel momento in cui subiscono il reato ed offesi quando vedono che lo Stato, che dovrebbe tutelarli, con una pena - certo - che deve tendere anche alla rieducazione del condannato, se ne «lava le mani» e rimette in libertà chi ha commesso reati, rimette in libertà i loro aguzzini. Vorremmo parlare anche di quelle vittime dei reati che sono silenti ed, ancora una volta, ignorate da quest'Assemblea, non tenute in considerazione.

Sono altre le strade: lo diciamo all'assente ministro Mastella. Lo abbiamo visto girare nei penitenziari, esprimersi in favore di provvedimenti di amnistia e di indulto, e dispiace che egli non sia presente in aula. Forse deve ancora smaltire i postumi del matrimonio del figlio e di quella grande festa che c'è stata (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo dei Popolari-Udeur)!

Avremmo voluto che fosse qui, coerente, per esprimere la sua posizione e per dirci con chiarezza quali sono i veri provvedimenti che ci consentirebbero di risolvere una volta per tutte il problema del sovraffollamento delle carceri.

Il ministro Castelli aveva proposto di costruire nuovi penitenziari; ne sono stati avviati nove. Il precedente Governo dell'Ulivo ne aveva chiusi ben quindici. Abbiamo proposto di procedere sulla strada delle sanzioni alternative alla detenzione, lasciando quest'ultima come estrema ratio.

Vede, signor Presidente - lei è sensibile a questo tema come la forza politica a cui appartiene -, nella precedente legislatura, se non vi fosse stata la Lega, sarebbero ancora in vigore norme del codice penale che punivano con il carcere i reati di opinione, la libertà di espressione, che è garantita dall'articolo 18 della Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)! Ed è ancora previsto il carcere per la diffamazione a mezzo stampa!

Ma, evidentemente, questi problemi non si vogliono affrontare e si preferisce prevedere questo sconto di pena. Mi rivolgo all'onorevole Di Pietro: siamo contrari a tutti i colpi di spugna, ma non ci sono solo i reati dei colletti bianchi! Questa, ministro Di Pietro, è una sua battaglia politica, che sta utilizzando per assicurarsi una maggiore visibilità politica. Non so se lei, in questo momento, sia «congelato» o meno, ma voglio dirle che, come noi siamo contrari ai colpi di spugna per quei tipi di reati, siamo anche contrari a rimettere in libertà gli assassini e i rapinatori.

Ho sentito dire che, con questo provvedimento di indulto, uscirebbero dal carcere semplicemente i poveracci. Non sono poveracci: sono persone che hanno commesso reati gravi! Di questo indulto beneficeranno - e questi sono i dati allarmanti - 6.152 detenuti che hanno commesso omicidi. La vita non è forse il bene fondamentale? E di fronte a ciò prevediamo  uno sconto di tre anni a chi ha commesso un omicidio, magari al mostro che ha massacrato Tommaso, quel bambino per il quale tutti noi abbiamo pianto? Di questo ci dobbiamo vergognare e scandalizzare e non dei colletti bianchi (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Naturalmente il nostro gruppo - come già anticipato dall'onorevole Forlani - esprimerà un voto contrario sugli emendamenti in esame. Tuttavia, vorrei riprendere un giusto ragionamento svolto dall'onorevole La Russa, sul quale non abbiamo soffermato adeguatamente la nostra attenzione. Mi riferisco alla logica delle esclusioni.

La logica delle esclusioni è la logica di una classe politica debole, che non ha il coraggio di assumersi la responsabilità di una scelta di fronte al paese e che cerca di accarezzare l'opinione pubblica e di compiacerla rassicurandola con una serie di esclusioni, rischiando di emanare un provvedimento che non ha né capo né coda.

Tra l'altro, poiché in quest'aula sono rappresentate diverse sensibilità sociali - infatti, ciascuno di noi proviene dalla propria storia personale -, non troveremo mai un'intesa seria procedendo secondo la logica delle esclusioni.

ANTONIO BORGHESI. Tempo!

PIER FERDINANDO CASINI. Su questo ha ragione l'onorevole La Russa: dobbiamo riflettere sul fatto che un provvedimento del genere o si fa con coraggio, assumendosi le proprie responsabilità o, se si agisce secondo la logica del minor danno perché si ha la coscienza sporca, si darà vita ad un provvedimento che sicuramente non produrrà i risultati positivi che molti auspicano (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di deputati di Alleanza Nazionale, de La Rosa nel Pugno e dei Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Ovviamente, ribadiamo il nostro voto favorevole, anche per rispondere a quello che ha detto l'onorevole Boato, al quale mi permetto di dire che non voglio ricevere alcuna lezione di etica o di morale. Qui non si tratta di umanità, ma di capire veramente qual è la risposta che diamo ad un problema importante come quello delle carceri, all'importantissima questione della lungaggine dei processi dei tanti detenuti e cittadini in attesa di giudizio. Pensavamo che si potesse arrivare a questo appuntamento con una risposta più positiva ed importante da dare al paese, non un semplice colpo di spugna. Noi pensavamo, ad esempio, che si potesse arrivare qui con la riforma del codice penale e con proposte serie sul rilancio del piano sulle nuove carceri.

Avete voluto - come ha detto giustamente adesso il presidente Casini - presentare un provvedimento che è imbarazzante, per i compromessi che ha dovuto in qualche modo raggiungere. Crediamo che questa non sia una risposta ai gravi problemi che noi riconosciamo esistere in questo settore, nel nostro paese. Tuttavia, onorevole Boato, non ci serve nessuna lezione di morale o di etica, perchè noi siano «umani», ma crediamo che il provvedimento in esame non fornisca le soluzioni giuste.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Presidente, ovviamente il gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista voterà contro gli emendamenti di Alleanza Nazionale e della Lega Nord, ma soprattutto contro quelli dei forcaioli giustizialisti dell'Italia dei Valori, perché l'indulto non è merce di scambio. L'atto di clemenza e di giustizia erga omnes  non deve essere barattato con regole ed eccezioni palesemente costruite per colpire Tizio, Caio o Sempronio, quindi contra personam. Il motivo che non possiamo nascondere è che proviamo vergogna per il giudizio che l'Europa dà del nostro sistema carcerario e della nostra giustizia: le condanne dell'Italia da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo per violazione degli articoli 5 e 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (rispettivamente, diritto alla libertà e alla sicurezza e diritto ad un equo processo) sono centinaia, ivi comprese le infrazioni derivanti da tutto il sistema di leggi speciali e di detenzione. La Commissione europea dei diritti dell'uomo ha accolto in più di qualche occasione il ricorso di detenuti che, durante la loro carcerazione, erano stati più volte malmenati, sottoposti a perquisizioni fisiche e umilianti, torturati attraverso la compressione dei testicoli. La Corte di Strasburgo ha risparmiato all'Italia per un solo voto di scarto (9 a 8) l'onta della condanna per tortura. È stato fatto rilevare tecnicamente che il nostro paese è un delinquente abituale per il comportamento che assume nelle aule di giustizia e nei processi.

Un'ultima considerazione volevo rivolgerla agli amici di Alleanza Nazionale. Dico loro, con la serenità che mi contraddistingue, di ricordarsi che abbiamo già avuto delle amnistie importanti: quella del 22 giugno 1946, ad esempio, è storica. Essa è passata alla storia come l'«amnistia Togliatti», perché portava la firma dell'allora segretario del PCI, ministro della giustizia. Venne varata venti giorni dopo il referendum sulla scelta tra Repubblica e Monarchia, in clima di pacificazione nazionale. Ne beneficiarono infatti tutti coloro che erano rimasti compromessi con la Repubblica di Salò e anche con i delitti dell'immediato dopoguerra. Portò alla scarcerazione di 11.800 detenuti politici, ivi compresi volgari assassini; tra costoro, c'erano anche quelli che avevano somministrato l'olio di ricino ai miei genitori. Eppure, noi abbiamo rispettato questa amnistia, perché era importante la pacificazione, e ancora adesso non si riesce a capire perché bisogna continuare in quest'aula ad essere dei volgari giustizialisti. Bisogna rispettare chiunque, come noi abbiamo rispettato chiunque: è così che si diventa italiani! E bisogna esserlo anche in quest'aula (Applausi dei deputati dei gruppi della Democrazia Cristiana-Partito Socialista, de La Rosa nel Pugno e dei Popolari-Udeur)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Forgione. Ne ha facoltà.

FRANCESCO FORGIONE. Signor Presidente, colleghi deputati, noi voteremo contro questi emendamenti perché crediamo giusto (e lo abbiamo creduto già nella passata legislatura) approvare una misura di clemenza e ci siamo impegnati a realizzarla. È davvero strano che alcuni gruppi parlamentari, che hanno contestato addirittura lo stralcio delle disposizioni in materia di amnistia dal provvedimento sull'indulto, oggi sostengano - come ho sentito poc'anzi - che avrebbero preferito una misura più complessa e completa, fino ad arrivare alla riforma del codice dell'ordinamento giudiziario.

Noi siamo impegnati oggi a realizzare una misura di clemenza - l'indulto - e a riproporre subito l'amnistia collocandola all'interno della riforma del codice penale, il cui iter è già avviato in Commissione.

Pensiamo sì, davvero, ad un diritto penale minimo. Pensiamo alle pene alternative e alla depenalizzazione. Per questo, sappiamo bene che l'indulto è solo un primo passo, un provvedimento parziale. Proprio per questo motivo, ne cogliamo in questo momento il valore. È stato detto che fra qualche mese, fra qualche anno, vi sarà il rischio di riempire nuovamente le carceri, ma è vero anche che nessun intervento strutturale sarebbe possibile con gli attuali numeri della popolazione carceraria. Noi abbiamo bisogno, oggi, di una bonifica del carcere subito e di una riforma del codice penale in tempi ravvicinati.

I poveri, i tossicodipendenti, gli immigrati - so che la collega della Lega Nord Padania proprio su questo aspetto non è d'accordo - sono i soggetti fruitori dell'indulto. Sappiamo bene anche che si versano tante lacrime di coccodrillo, e le versano coloro i quali, attraverso una campagna di stampa, stanno creando un allarme ingiustificato nell'opinione pubblica. Noi diciamo: nessun colpo di spugna! Nessuna pacificazione con la stagione della corruzione e di Tangentopoli! Del resto, i dati forniti dallo stesso Governo - e ciò lo dico, in particolare, ai colleghi del gruppo dell'Italia dei Valori - sono palesi: in carcere vi sono circa 67 o 68 carcerati che hanno commesso quelle tipologie di reato. Noi parliamo, invece, di 12 mila persone che oggi sono in soprannumero. L'articolo 27 della Costituzione stabilisce che le pene debbono tendere alla rieducazione, invece le condizioni inumane in cui vive una umanità dolente nelle carceri sono un sovrappiù di pena che non è tollerabile per nessun paese civile.

Per questo siamo impegnati in queste ore a realizzare, in tutti i modi possibili, la maggioranza più larga per giungere all'approvazione del provvedimento di indulto. Vogliamo quindi respingere questa campagna di bugie. Colleghi, e lo diciamo anche ad alcuni parlamentari del centrosinistra, proprio perché abbiamo contestato le leggi ad personam, oggi non vogliamo che si approvino leggi contra personam, ma vogliamo, al contrario, approvare un provvedimento di indulto che riguardi la generalità delle pene e non dei reati. Su questi ultimi noi siamo impegnati a costruire poi l'amnistia.

Con questo spirito, noi lavoreremo in queste ore, lo ripeto, affinché si raggiunga la più larga maggioranza possibile, che ci consenta un esito positivo su questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, de L'Ulivo e de La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, intervengo brevemente sia per confermare il voto contrario del gruppo dell'Ulivo sugli identici emendamenti in esame, sia per fare qualche rapida considerazione sull'intervento svolto poc'anzi dal collega Casini.

Non vorrei che si iniziasse ad affrontare il voto su questo importante provvedimento in una logica tradizionale di ipocrisie e di posizioni equivoche. Noi abbiamo a cuore la necessità dell'indulto perché abbiamo a cuore la necessità e l'importanza di riportare la legalità nelle carceri, la legalità costituzionale e l'umanità della pena. I dati a questo riguardo sono terribilmente eloquenti. Dobbiamo parlare di questi dati e dovremmo parlare, meglio di quanto non si faccia, anche dei dati relativi all'azione e al programma per il recupero di nuove carceri. Su quest'ultimo tema il sostegno del Parlamento è spesso episodico e condizionato da convenienze del momento.

Tuttavia, devo dire che quella che viene proposta dal collega Casini (o indulto per tutti o non si capisce bene cos'altro), contestando il regime delle esclusioni, è una logica che non accettiamo. Dobbiamo tenere insieme umanità della pena e certezza della stessa per i cittadini, legalità nelle carceri e legalità fuori dalle carceri. Quella in tema di sicurezza per noi è una politica centrale nell'azione di governo ed anche nella nostra visione della società.

Perciò, il regime delle esclusioni è difficile da definire in via convenzionale, perché vi sarà sempre qualcuno che dirà che un determinato reato rientra in un più forte ed ampio allarme sociale ed altro ancora: è questo il terreno delle responsabilità, onorevoli colleghi, quello della responsabilità convenzionale, cioè di una intesa da classe dirigente, che ad un tempo si faccia carico della legalità nelle carceri e dei sacrosanti diritti dei cittadini a vedere l'azione dello Stato a protezione della propria sicurezza.

L'esclusione di taluni reati di particolare allarme sociale è assolutamente giustificato, come lo sarebbe ad esempio quella dei reati di estorsione e di usura,  che per il momento non sono ancora esclusi dal provvedimento di indulto in esame, perché per tali reati lo Stato investe anche risorse a sostegno dei comitati antiracket, che si sviluppano sul territorio al fine di contrastare l'illegalità. Ed è abbastanza assurdo francamente che, da una parte, si sostenga l'azione contro il crimine e contro il racket delle estorsioni e, dall'altra, quest'Assemblea conceda un indulto di tre anni per quegli stessi reati.

È proprio questo il terreno della scelta, lo dico non solo al collega Casini ma naturalmente a tutti noi: il regime delle esclusioni è esattamente la misura di un patto che facciamo per la legalità nelle carceri, per l'umanità della pena, ma anche per la sicurezza dei cittadini, per affermare che non abbiamo timore di porre al centro della nostra azione di governo le politiche per la sicurezza. Ritengo che sia questa la concezione che ha retto la nostra azione di governo e che sarà alla base anche del voto e della condotta dell'Unione (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e dei Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, sarò molto breve. Anch'io intendo riferirmi alle cose dette dal collega Casini.

Presidente Casini, in tutti i decreti di amnistia e di indulto che sono stati approvati vi sono sempre state le esclusioni. Ritengo che lei abbia colto un punto - ed è per questo che intervengo -, che è quello di trovare un equilibrio ragionevole tra le finalità dell'indulto e il rapporto che tutti noi abbiamo e dobbiamo avere con la pubblica opinione e il sentimento dei cittadini.

Credo che su questo punto debba valere un principio di ragionevolezza. Come è stato detto prima, se escludiamo il sequestro di persona, ad esempio, o altri reati gravi, probabilmente anche l'estorsione andrebbe esclusa, ma per un fatto di ragionevolezza.

Credo che insieme dovremmo, qui, al di là delle divisioni - credo però che nessuno sia favorevole agli estortori o agli usurai -, vedere come costruire un catalogo di esclusioni ragionevole e difendibile di fronte alle finalità che vogliamo raggiungere relativamente all'indulto e anche all'opinione pubblica, che potrebbe essere particolarmente allarmata nel vedere assenti alcune esclusioni.

Approfitto di questo intervento per segnalare alla Commissione ed al relatore, che hanno svolto un lavoro certamente difficile, se non sia il caso di riprendere, nella prima parte, la formulazione tradizionale dell'indulto, che non si applica ai reati, ma alle pene.

PRESIDENTE. La prego...

LUCIANO VIOLANTE. Concludo, Presidente. Nel testo, invece, avete scritto che l'indulto si applica ai reati, e questo può determinare qualche equivoco (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e dei Comunisti Italiani). Se guardate le formulazioni tradizionali, dal 1950 in poi, si fa riferimento alle pene: sarebbe meglio, anche perché si eliminerebbe un equivoco, come nel riferimento fatto dalla collega Lussana ad un efferato omicidio.

PRESIDENTE. La prego di concludere!

LUCIANO VIOLANTE. Per quell'efferato omicidio è stato comminato l'ergastolo e per l'ergastolo non è previsto alcun tipo di indulto. Forse, quindi, mettere a punto questo aspetto, potrebbe servire ad evitare degli equivoci (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e dei Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Vietti. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, intervengo brevemente solo perché gli onorevoli Mantini e Violante hanno richiamato le parole del presidente Casini il quale, naturalmente, non ha bisogno di interpreti autentici. Tuttavia, voglio ugualmente precisare quanto segue.

Ovviamente, nessuno vuole negare che il provvedimento rechi la previsione di fattispecie escluse dall'atto di clemenza; voglio piuttosto far notare che, se ciascuno propone di inserire nel catalogo delle esclusioni i reati che alla sua sensibilità personale sembrano più riprovevoli, sarà difficilissimo, poi, onorevole Mantini, trovare quel punto di equilibrio e di convergenza cui lei ci richiamava.

Mi pare si sia già svolto in Commissione quel lavoro istruttorio che ha portato a definire nel catalogo delle esclusioni un punto di equilibrio. Abbiamo quindi inteso esprimere la preoccupazione che, se si decidesse di riaprire la discussione su tale catalogo, ciascuno porti le sue sensibilità, cosicché il catalogo si amplierà a dismisura e, alla fine, il provvedimento sarà vanificato (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti...

ENRICO BUEMI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola al deputato relatore, invito i colleghi a manifestare l'intenzione di parlare prima che si passi alla votazione.

Ha facoltà di parlare, deputato Buemi.

ENRICO BUEMI, Relatore. La ringrazio, signor Presidente, ma purtroppo la questione posta poc'anzi dal collega Violante richiede una risposta in quanto il richiamo mi pare autorevole e certamente significativo.

Ebbene, nel definire le ipotesi cui è applicabile il provvedimento, è stata utilizzata la definizione che dell'indulto è data dalla Costituzione, la quale fa riferimento ai reati e non alle pene. Conseguentemente, non ritengo vi sia fonte più autorevole da richiamare a fondamento del nostro agire.

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Gasparri 1.6 e Lussana 1.90, non accettati dalla Commissione e sui quali il Governo si è rimesso all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 560

Votanti 555

Astenuti 5

Maggioranza 278

Hanno votato 105

Hanno votato no 450).

Prendo atto che l'onorevole Franci ha espresso erroneamente un voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.

Il seguito dell'esame è rinviato alla ripresa pomeridiana della seduta, dopo lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

(omissis)

Si riprende la discussione (ore 16,58).

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 525-bis ed abbinate)

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta sono stati, da ultimo, votati gli identici emendamenti Gasparri 1.6 e Lussana 1.90.

Dobbiamo quindi passare alla votazione dell'emendamento Raisi 1.161, sul quale la Commissione ha espresso parere contrario ed il Governo si è rimesso all'Assemblea.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, nel testo del provvedimento in esame si fa riferimento ai «reati commessi fino a tutto il 2 maggio 2006». Quindi, non si parla di condanna, ma di reati commessi. Giustamente, il collega Raisi ha presentato l'emendamento 1.161 nel tentativo di far capire a noi tutti che non è possibile che un provvedimento di clemenza possa «svuotare» i processi in corso. Di conseguenza, con un successivo emendamento, il collega propone che si faccia riferimento ai reati commessi fino a tutto il 31 dicembre 2005. Io credo che il buon senso debba prevalere.

Cari colleghi, sono state scritte pagine intere, ogni giorno, sui giornali, si sono svolti grandi dibattiti televisivi, sono state espresse tante dichiarazioni di condanna; se, dopo tutto ciò, passasse il provvedimento nel testo attuale, concederemmo la libertà a tutti coloro che sarebbero condannati per gravi reati commessi fino al 2 maggio 2006 e daremmo un segnale di grande immoralità politica: prima ancora del processo, si sentirebbero liberi da ogni condanna coloro i quali sono coinvolti in reati finanziari che hanno indignato il cittadino comune, coloro i quali sono responsabili di aver bruciato miliardi di lire rubati alla povera gente, al lavoratore, al pensionato! Sarebbe come dare un segnale di «via libera» a chiunque possa sottomettere i diritti del cittadino comune. Avremmo già la sentenza di assoluzione per tutti quelli che sono stati coinvolti nei noti scandali, da quello Unipol a quello delle cooperative.

Ecco un altro elemento che lega coloro che sono a favore dell'indulto: ognuno si prende la parte sua, l'amico suo, il vicino di banco suo! Ecco perché ritengo che Alleanza Nazionale, nel votare contro il provvedimento in esame e nel battersi contro di esso, vuole anche portare alla luce ciò che sta avvenendo in quest'aula. Svuoteremmo tutti i processi che si stanno istruendo su quanto è avvenuto negli ultimi mesi nel nostro paese.

Signor Presidente, per questi motivi, ritengo opportuno citare le parole di un senatore dell'Unione, della sinistra, il senatore D'Ambrosio, il quale ha affermato: c'è bisogno di una profonda riforma del diritto penale, di informatizzare e riorganizzare gli uffici, prima ancora di ogni atto di clemenza. D'Ambrosio è un senatore della sinistra, di quella sinistra silente che non parla quando si sente in colpa perché sta facendo una cosa sottobanco e non alla luce del sole, una cosa che la fa vergognare di fronte ai suoi elettori! Non si possono candidare i magistrati e poi dire che i condannati devono uscire dal carcere! Dice ancora D'Ambrosio, con riferimento a quello che è successo le altre volte: dopo due mesi - così dice D'Ambrosio - le carceri saranno di nuovo sovraffollate. E D'Ambrosio dice una verità riportata da tutte le cronache degli anni che hanno seguito gli atti di clemenza.

Signor Presidente, invito la Camera a votare a favore dell'emendamento in esame, perché in caso di approvazione del provvedimento, che noi non auspichiamo, almeno tale emendamento ne limiterebbe il danno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Raisi, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Con questo emendamento abbiamo voluto seguire un metodo caro alla sinistra: quello della riduzione del danno. Infatti, abbiamo diminuito la data entro quale sono stati commessi reati per i quali è previsto l'indulto ed abbiamo ridotto da tre ad un anno la concessione dello sconto di pena. Soprattutto, con l'eliminazione della prima parte del comma 1, non si consente ai recidivi di  partecipare all'atto di clemenza, che riteniamo non idoneo alle problematiche esposte anche dai colleghi che, invece, perorano la causa dell'indulto. Chiediamo, perlomeno, di approvare l'emendamento in esame che - ripeto - costituisce una riduzione del danno che, nell'insieme, la proposta di legge determina.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Intervengo solo per ricordare ai colleghi che, come sanno, le norme prevedono che quando si concedono i provvedimenti premiali dell'amnistia o dell'indulto si deve partire dall'inizio della legislatura. Tuttavia, è altrettanto vero che, sebbene formalmente il provvedimento rispetti tale prescrizione, abbiamo affrontato nella scorsa legislatura, in gennaio ed in febbraio, il provvedimento. Quindi, lo scopo che vuole evitare un modo per aggirare la norma e, magari, sapendo che si sta discutendo dell'indulto, per commettere alcuni reati, viene eluso da questa formulazione, che parte dal 2 maggio 2006. Sappiamo tutti che c'è stata la marcia di Natale ed a gennaio ci siamo incontrati: quindi, sarebbe opportuno accogliere l'emendamento Raisi 1.161, come molti colleghi, anche della sinistra, avevano valutato in Commissione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, ovviamente l'emendamento in esame è stato da lei ammesso ed è del tutto legittimo, ma noi voteremo contro perché le motivazioni addotte dai colleghi di Alleanza Nazionale che mi hanno preceduto sono del tutto pretestuose. In particolare, il collega Buontempo ha detto che vengono cancellati i processi: ha confuso, dal punto di vista giuridico, l'istituto dell'amnistia con quello dell'indulto che, come abbiamo detto mille volte, interviene sulle pene e non sulla cancellazione dei reati.

Per quanto riguarda la data, è del tutto legittimo proporre date diverse, anche se voteremo contro, ma è la Costituzione, signor Presidente, colleghi, che all'articolo 79, ultimo comma, stabilisce che: «In ogni caso l'amnistia e l'indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge». Ovviamente, i disegni di legge, o proposte di legge, come in questo caso, sono quelli presentati in questa legislatura. La legislatura è iniziata il 28 aprile e la data del 2 maggio rappresenta quella del primo giorno di vigenza della legislatura dopo la domenica e la festività del 1o maggio. Quindi, la data del 2 maggio indicata dalla Commissione è assolutamente corretta, legittima e coerente con la volontà della grande maggioranza della Commissione. Invito i colleghi, anche perché le motivazioni sono del tutto pretestuose, a votare contro l'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vacca. Ne ha facoltà.

ELIAS VACCA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oltre alle argomentazioni che testé abbiamo ascoltato dal collega Boato e che, peraltro, sono assolutamente condivisibili, vorrei aggiungerne qualcun'altra, di merito, per spiegare le ragioni per le quali il gruppo dei Comunisti Italiani esprimerà voto contrario su questo emendamento.

Il testo della Commissione, nel fissare al 2 maggio 2006 la data ultima entro la quale devono essere stati commessi i reati per i quali è possibile concedere l'indulto, tiene opportunamente conto del fatto che alcune leggi approvate nel corso della presente legislatura - in particolare, mi riferisco a quella che reca il nome di uno degli oratori che mi ha preceduto, l'onorevole Cirielli, alla cosiddetta legge Fini in materia di stupefacenti, che equipara le droghe pesanti a quelle leggere ed alla cosiddetta legge Bossi-Fini - stanno dispiegando i loro effetti nefasti particolarmente nel primo semestre di quest'anno.

Se non ricomprendessimo nei tempi di applicazione dell'indulto il primo semestre di quest'anno, almeno i reati commessi fino alla data del 2 maggio 2006, praticheremmo una doppia ingiustizia. Infatti, in tal modo escluderemmo dal beneficio dell'indulto proprio quei poveretti dei quali abbiamo parlato a più riprese, cioè coloro, molto spesso giovani, che sono recidivi, certamente, e che hanno commesso reati in modo reiterato perché, magari, per due volte hanno rubato un'autoradio. Costoro, non potendo ottenere il riconoscimento delle attenuanti in misura prevalente e non potendo ottenere il riconoscimento della attenuante prevista dall'articolo 73, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, come riformato, subiscono regolarmente condanne a quattro anni, quattro anni e mezzo o cinque anni per la detenzione di 20 grammi di hashish. Siccome di queste persone, al momento, le galere sono affollate ed essendo a queste persone che va il pensiero dei Comunisti Italiani, se noi retrocedessimo la data di commissione dei reati ai quali applicare l'indulto perpetreremmo un'ingiustizia nei loro confronti e non manterremmo fede a ciò che, come Comunisti Italiani, abbiamo affermato. In linea di principio, infatti, noi siamo favorevoli ad un provvedimento di indulto, ma compiremo tutti i passi affinché dal provvedimento siano esclusi coloro che non avevano motivi per delinquere, che non avevano ragioni sociali che li spingessero a delinquere. Invece, a nostro avviso, tale misura, che deve essere riferita - come ricordava il deputato Violante, più opportunamente e più autorevolmente di me - alla pena e non al reato, deve e può essere un atto di pietà, di clemenza, di perdono e di opportunità per persone che si trovano in carcere e che in carcere non dovrebbero trovarsi (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Raisi 1.161, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 535

Votanti 528

Astenuti 7

Maggioranza 265

Hanno votato 96

Hanno votato no 432).

Avverto che l'emendamento Donadi 1.195 non sarà posto in votazione in quanto è stata ritirata la relativa segnalazione.

Passiamo, dunque, alla votazione dell'emendamento Consolo 1.122.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, approfitto del mio intervento per difendere questo emendamento e per sgombrare il campo da un equivoco odioso.

Alleanza Nazionale non è mai stata contro i detenuti e quindi intenzionata, per questo motivo, ad esprimere un voto contrario sull'indulto. Questa è una falsa rappresentazione di una realtà ben diversa. Consapevole del disastro esistente nelle nostre carceri, Alleanza Nazionale aveva avanzato proposte concrete e rispettose della situazione attuale. Aveva chiesto, infatti, un impegno ben determinato e tempestivo per quanto riguarda la nuova edilizia carceraria ed aveva chiesto che fossero esclusi dal beneficio dell'indulto - pensate un po' - i plurirecidivi; questa mi sembra una posizione ragionevole. Soprattutto, aveva chiesto, e ancora chiede - lo ripeterò nel prosieguo di questa discussione -, che le vittime del reato fossero, almeno, risarcite come parte civile ritualmente costituita.

Dov'è lo scandalo in tutto ciò? Sapete cosa ha risposto la maggioranza dei colleghi a questi legittimi interrogativi posti dal mio partito? Ha risposto con il rifiuto e con il silenzio. Ecco perché, con riferimento ad una posizione di chiarezza, non deve essere consentito ad alcuno di usare termini quali il volgare «giustizialismo»: non sia consentito a nessuno! La posizione di Alleanza Nazionale, infatti, è chiara e comprensiva, ma, messa con le spalle al muro tra la difesa delle vittime del reato e la difesa dei carnefici, non può che stare dalla parte delle vittime. Vi è qualcosa di scandaloso in ciò? Le vittime del reato, purtroppo, in questo provvedimento sono diventate il protagonista, o meglio le protagoniste emarginate. Costretti, lo ripeto, a schierarci, ci schieriamo con le vittime del reato.

La responsabilità, per chi di noi voterà contro, non sta nella posizione di Alleanza Nazionale, ma in quella di quanti non hanno tenuto in alcuna considerazione le vittime del reato, che oltre al danno subito, essendo vittime, dovrebbero subire la beffa di vedere mandati liberi, senza motivazione alcuna, i loro carnefici. Ciò è intollerabile ed è il motivo per cui abbiamo presentato questo emendamento, che riduce da tre anni a due anni l'indulto, come hanno ben detto i colleghi che mi hanno preceduto. Si tratta, dunque, di un emendamento volto esclusivamente a limitare il danno.

Prima di votare, meditate, perché la nostra è una posizione assai ragionevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, non mi piace la circostanza che vi sia un parlamentare, in quest'aula, che più anni rimane alla Camera e meno capisce ciò che vi si dice. L'onorevole Boato, ancora una volta, ha perso una sana occasione per tacere e per non fare il «primo della classe» che spesso viene respinto all'ultimo banco.

Signor Presidente, ho sostenuto che coloro che hanno commesso reati entro il 2 maggio - ripeto, che hanno commesso reati entro il 2 maggio -, quando si celebreranno i processi, in caso di condanna inferiore o pari a tre anni, sapranno, lo sanno da oggi, che non andranno in galera! Capito, onorevole Boato? Non si confonde l'amnistia con l'indulto! Bisognerebbe essere ignoranti come qualcuno che non capisce ciò che si dice in aula per confondere la cancellazione del processo con la cancellazione della pena...

Noi diciamo che per i condannati, qualora la condanna...

PRESIDENTE. Inviterei davvero a rispettare i tempi da parte di tutti, per favore.

TEODORO BUONTEMPO. Prego? I tempi? Mi parla dei tempi, signor Presidente? Non ho capito, scusi. Onestamente, non ho capito...

PRESIDENTE. L'avevo invitata a concludere.

TEODORO BUONTEMPO. La ringrazio.

PRESIDENTE. Grazie a lei, deputato Buontempo. Prego, concluda.

TEODORO BUONTEMPO. Dico semplicemente questo, signor Presidente: chi ha confuso amnistia con indulto è proprio l'onorevole Boato che, ancora una volta, ha sbagliato strada e direzione. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie a lei, deputato Buontempo.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, intervengo ovviamente non per fare ostruzionismo, ma per fare affermazioni diverse. Non siamo pregiudizialmente  «contro», perché non siamo «contro» nulla in maniera pregiudiziale; infatti, non abbiamo pregiudizi.

Tuttavia, poiché manca la cornice della sicurezza - come persino il Papa, in quest'aula, disse - per un provvedimento di clemenza, siamo contrari. Dunque, nell'ottica della riduzione del danno, l'emendamento presentato dal collega Consolo serve a quanti vogliono mettersi la coscienza a posto con i loro elettori, di destra, di sinistra o di centro, che innanzitutto chiedono di essere tutelati dalla classe politica e dal Parlamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, anche la Lega aveva presentato un emendamento identico a quello in esame che, tuttavia, non abbiamo potuto segnalare sulla base di quanto previsto dal regolamento.

Pertanto, annuncio il voto favorevole del mio gruppo su questa proposta emendativa, che tende ad una riduzione del danno prevedendo uno sconto di pena di due anni anziché di tre.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Attraverso questo emendamento, come già ha anticipato il collega Consolo, si tenta di ridurre il danno prodotto da questo provvedimento.

Stamattina, un collega di Rifondazione Comunista affermava che, grazie al testo in esame, poche migliaia di detenuti usciranno dal carcere. Non è vero, sono diverse decine di migliaia le persone che lasceranno i penitenziari. Pertanto, riuscendo a ridurre lo sconto di pena, si potrà anche ridurre il numero dei detenuti che usciranno dal carcere.

Abbiamo dunque presentato una serie di emendamenti tutti volti ad una riduzione del danno, per fornire un segnale positivo ai cittadini contrari a questo provvedimento di indulto, che sono circa il 90 per cento della popolazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, annuncio il nostro voto favorevole sull'emendamento in esame. D'altra parte, io stesso avevo presentato un emendamento identico, che in Commissione è stato respinto.

Si tratta di una riduzione del danno; d'altra parte, riteniamo che per il personale impegnato nelle indagini sapere che vi sarà un indulto di tre anni potrebbe rappresentare un disincentivo all'impegno, mentre sapere che l'indulto è di soli due anni potrebbe far pensare che una condanna sia stata effettivamente scontata.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Consolo 1.122, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 546

Votanti 541

Astenuti 5

Maggioranza 271

Hanno votato 101

Hanno votato no 440).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Consolo 1.123.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Alleanza Nazionale ha posto alcune questioni in relazione  alla discussione sul condono: quella del sistema carcerario; quella della tutela e del rispetto nei confronti delle vittime, soprattutto per i reati più gravi; quella relativa ai servizi sociali, dal momento che nessuno sotto questo profilo si è interessato della sorte di migliaia di detenuti che, grazie a questo provvedimento, saranno scarcerati senza che per loro vi sia alcuno stanziamento, scaricando in sostanza le responsabilità conseguenti sugli enti locali e su quei servizi carcerari che non hanno né risorse né personale per far fronte a tale esigenza.

Basterebbero queste riflessioni per dimostrare come, dal nostro punto di vista, la questione sia stata affrontata con serietà e con molta attenzione, dal momento che il ministero ha dovuto rispondere alle richieste di informazioni rivolte in Commissione giustizia solo dal gruppo di Alleanza Nazionale. Questo emendamento è finalizzato sostanzialmente ad evitare che l'indulto si applichi ai plurirecidivi, cioè a coloro che si sono macchiati di reati più o meno gravi in diverse occasioni. Basterebbe attingere alla risposta dal ministro competente per sapere che dalle stime - ovviamente, effettuate per rispondere alla nostra richiesta - si evince che, dei 13.147 detenuti italiani con plurimi ingressi in carcere, il 23 per cento vede inflitta una pena fino a due anni, cui si aggiunge il 13 per cento con una condanna da due a tre anni e un altro 13 per cento da tre a quattro anni. Io non credo che si possa accusare Alleanza Nazionale di non essere sensibile ai problemi che sono stati sollevati nella discussione sul sistema carcerario. La verità è che la nostra sensibilità è equilibrata in modo ragionevole, per dirla con il presidente Violante, nei confronti della tutela di tutti quei cittadini che sono al di fuori delle carceri e che si aspettano che, anche di fronte ad un provvedimento di indulto, ci sia la doverosa considerazione nei confronti di temi quali la sicurezza ed il rispetto delle regole.

Tuttavia, non potevamo aspettarci qualcosa di diverso, dal momento che è davvero paradossale ciò che stiamo vivendo in questi giorni e in queste ore. Da un lato - e concludo Presidente -, assistiamo a chi si preoccupa di evitare i condoni fiscali, decidendo anche che ci debba essere biasimo nei confronti di chi ha posto in essere alcuni interventi normativi per rispondere alle esigenze del bilancio dello Stato, ma, dall'altro, si tacciano di giustizialismo tutti coloro che si preoccupano delle conseguenze del peggiore - a nostro modo di vedere - sistema per eludere le sentenze della magistratura. Il vero condono che deve preoccupare i cittadini, non è tanto quello fiscale, su cui si può sempre discutere, ma quello che rimette in libertà i recidivi e coloro che più volte hanno violato le regole di civile convivenza stabilite dallo Stato (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, la soppressione del secondo periodo del comma 1 proposta dall'emendamento 1.123 a prima firma dell'onorevole Consolo va compresa - qui mi pare che nessuno stia leggendo o seguendo il provvedimento e che si voti per ordini di scuderia -, perchè si tratta di rimettere in libertà oltre ventimila detenuti condannati. Il secondo periodo dell'articolo 1 recita: «Non si applicano le esclusioni di cui all'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale», vale a dire che i recidivi non vengono esclusi dal provvedimento di indulto. Ora, anche lo stesso ministro Guardasigilli, che si è guardato bene dal venire in aula, fatto molto grave, credo (Commenti)... Presidente, quanti minuti ho a disposizione?

PRESIDENTE. Un minuto.

TEODORO BUONTEMPO. Bene, il 60 per cento dei detenuti recidivi che escono dal carcere vi tornano; il fatto di volerli includere nell'indulto mi pare sbagliato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vacca. Ne ha facoltà.

ELIAS VACCA. Onorevoli colleghi, molto pacatamente - senza che nessuno possa essere tacciato di giustizialismo o di eccessi di garantismo - devo dire, con riferimento a questo emendamento, che è del tutto evidente che ciò che ci divide profondamente dall'impostazione dei colleghi che mi hanno preceduto e di quelli che hanno presentato l'emendamento stesso è che il concetto di recidiva non può essere il discrimine per applicare o meno l'indulto. I colleghi, in particolare coloro che frequentano aule di tribunale, sanno - quanto e meglio di me - che ci sono recidivi che rubano quattro mele, una mela alla volta, e ci sono persone che prendono tangenti di un miliardo una volta e poi si sistemano per tutta la vita. Allora noi non possiamo che essere dalla parte di quelli che, per mangiare, rubano quattro mele o, per dirla diversamente cari colleghi, di quelli che, non essendo spacciatori di stupefacenti, si trovano in possesso di quantità modeste, ma non tali da escludere la punibilità. Allora ciò che determina la gravità della condotta è sì la contrapposizione ai valori della nostra società, ma la profondità di tale contrapposizione non il numero delle violazioni. Questo concetto di recidiva è lo stesso che ha portato il Parlamento nella precedente legislatura ad approvare norme che vanno in odio ai poveretti, ai bambini figli degli zingari e dei rom che rubano più volte perché li mandano a rubare: costoro sono i recidivi reiterati ai quali l'indulto non si dovrebbe applicare.

È evidente che, sotto questo profilo, abbiamo concetti diversi della pericolosità sociale. Se devo avere un moto di umana pietà e di comprensione, io continuo a stare dalla parte di chi ruba quattro autoradio e contro chi prende tangenti da un miliardo in una volta sola (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Premesso che chi prende tangenti non è detto che le prenda una volta sola, ma anzi lo fa abitualmente, abbiamo capito dal collega che è intervenuto che da quella parte si sta con chi continua a rapinare, con chi continua a commettere efferati atti di violenza e con chi continua a compiere atti di violenza nei confronti dei singoli cittadini (Commenti dei deputati dei gruppi dei Comunisti Italiani e dei Verdi).

MARCO BOATO. Questo non lo puoi dire!

ENZO RAISI. Io credo che, di fronte ad un atto di clemenza, l'esclusione dei recidivi sia elementare, anche perché, come sottolineavano alcuni colleghi intervenuti prima di me, molti di quelli che in passato hanno usufruito di amnistia ed indulto sono tornati in carcere. Chi è maggiormente a rischio se non i recidivi? Credo allora che, di fronte ad un atto di questo genere almeno la categoria dei recidivi dovrebbe essere esclusa da coloro che beneficeranno dell'indulto. Per tale motivo, ribadiamo il nostro voto favorevole su questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Presidente, onorevoli colleghi, vorrei innanzitutto dire al collega Vacca che lo sfido a trovare in Italia una persona che si trovi in carcere per aver rubato due, tre, quattro o dieci mele. In secondo luogo, vorrei ricordargli che i bambini non sono punibili e non possono quindi neanche essere recidivi. Se, di norma, il codice, all'articolo 151, prevede che l'indulto e l'amnistia non si concedono, non ai recidivi semplici, ma ai recidivi qualificati, ai plurirecidivi, delinquenti abituali, professionali e per tendenza, ossia a persone che sono state già perdonate molte volte dalla società, per quale motivo noi dobbiamo abolire espressamente di fatto una importante norma contenuta nel codice penale proprio per evitare che questo provvedimento premiale  vada contro la sicurezza dei cittadini? Onorevole Vacca, prima di parlare, legga il codice!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, poiché questo è un argomento che interpella la coscienza morale e politica di ciascuno, in relazione al maldestro intervento del collega vorrei far presente che ha difeso una causa perduta. Infatti con l'articolo 151 del codice penale non andiamo a beneficiare coloro che a seguito di più fatti commessi abbiano avuto eventualmente una condanna in virtù del noto meccanismo della continuazione, che, come si sa, consente di riunire in un'unica condanna molti fatti commissivi della medesima fattispecie delittuosa. Parliamo dei recidivi, cioè di coloro che, già sanzionati in un'occasione, vengono poi sanzionati nuovamente con successivo atto di sentenza per fatti ulteriori. Si tratta, quindi, di recidiva in senso stretto e non di recidiva impropria, alla quale forse lei si riferiva. Mi pare, quindi, che coscienza e rigore giuridico ci impongano di votare questo emendamento se vogliamo rispondere ad un principio di tutela sociale anche nell'ambito del beneficio che vogliamo approvare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Intervengo soltanto per far presente che il mio emendamento 1. 123 va inquadrato leggendo l'emendamento 1. 124, sempre a mia firma e a firma dei colleghi Bongiorno, Contento, Cirielli e Siliquini, con il quale viene previsto che l'indulto non si applichi nei confronti dei recidivi, dei delinquenti abituali e di quelli professionali. Non si applica quindi nei confronti di quei plurirecidivi di cui ha sempre parlato Alleanza Nazionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, intervengo anch'io su questo emendamento, anticipando anche la dichiarazione di voto sull'emendamento a mia firma 1.69, che abbiamo presentato come Lega Nord e che, appunto, esclude la possibilità di accedere al beneficio dello sconto di pena per tre anni per i recidivi, per i delinquenti abituali, professionali o per tendenza. Ai colleghi che ci hanno bollati come giustizialisti, come coloro che hanno la «faccia feroce» e che non sono sensibili ai provvedimenti dei detenuti e alla loro situazione nei nostri penitenziari, vorrei ricordare che l'articolo 151 del codice penale - così come l'articolo 174, che disciplina l'applicazione dell'amnistia e dell'indulto -, prevede espressamente che l'amnistia, così come l'indulto, non si applica ai recidivi, salvo che non sia previsto diversamente.

Quindi, in questo caso - lo abbiamo sottolineato in Commissione e lo ribadiamo oggi in aula - voi avete fatto una scelta precisa: scegliete non solo di fare uno sconto di pena di tre anni, ma anche che tale sconto possa applicarsi a tutti coloro che hanno già dimostrato di essere dediti al crimine. Infatti, la dichiarazione di abitualità, di professionalità e di delinquente abituale non viene sic et simpliciter, ma quando c'è proprio la dimostrazione della tendenza a commettere un reato, tendenza che continua a reiterarsi e a ripetersi.

Allora, come potete essere convinti di approvare un provvedimento di indulto che non desta allarme sociale quando l'applicate a chi ha già dimostrato di avere nella propria indole, purtroppo, la dedizione al crimine? Mi riferisco anche all'intervento appassionato del collega, di cui mi sfugge il nome, che citava i bambini Rom. Ebbene, è stato già detto: studi meglio il nostro codice perché, vivaddio, in questo paese, che è un paese di diritto, i bambini non sono punibili! Piuttosto, dovremmo essere più rigidi e severi nei  confronti dei genitori che sfruttano questi bambini: si tratta di maltrattamenti gravi nei confronti dei minori (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)!

Troppe volte non riusciamo ad intervenire su chi porta in strada un bambino di sei mesi sotto il freddo: questa è una vergogna inaudita che non dovrebbe essere tollerata e sulla quale i nostri tribunali dei minori dovrebbero sicuramente intervenire. È pericoloso concedere l'indulto a chi è dedito al crimine, come dimostrano le epoche in cui tali provvedimenti si approvavano con una certa superficialità. Torniamo a dire che si tratta di provvedimenti-tampone, che non risolvono alle origini il problema del sovraffollamento carcerario. Infatti, il detenuto è lasciato solo dallo Stato - che se ne lava le mani e non si occupa di reinserirlo nella società -, ed allora torna, purtroppo, ad essere vittima della criminalità. Per tale motivo, la Lega, già nella passata legislatura aveva proposto di discutere anche di meccanismi premiali e di riduzione della pena, ma abbinandoli a qualcosa che consentisse al detenuto di reinserirsi effettivamente nella società.

Avevamo presentato una proposta sul lavoro civico non retribuito, sconti di pena abbinati alla possibilità per il detenuto di lavorare presso i comuni e gli enti locali, perché anche la società si deve far carico di abbattere il muro di diffidenza e di reinserire veramente i detenuti nella società. Così non li lasceremo soli, altrimenti poveracci quelli di cui dite voi, gli extracomunitari...! Purtroppo, sono loro che commettono tantissimi crimini, senza voler fare l'equazione della «leghista xenofoba» (criminalità uguale immigrazione clandestina).

Chi non è regolare nel nostro paese e non ha un lavoro è dedito al crimine. Non si può negare questo; è la realtà o voi non vivete il paese reale, ne siete distanti. Allora, adottate questi provvedimenti che sicuramente preoccupano i cittadini, quei cittadini onesti che vogliono dare una possibilità ai detenuti, ma che sono contrari a questi colpi di spugna, che, purtroppo, alla fine non garantiscono chi, invece, ci tiene alla propria sicurezza, a poter uscire di casa la sera e non aver paura non solo che gli rubino l'autoradio, ma anche di essere picchiato, aggredito, tante volte violentato oppure di non essere più sicuro neanche all'interno della propria casa e della propria abitazione.

Ma voi purtroppo dimostrate - e a questo punto lo dico: ce l'ho anch'io lo stereotipo! - di essere sempre più dalla parte di Caino che di Abele; ricordiamoci il vostro atteggiamento sulla legittima difesa, provvedimento fortemente voluto dal nostro gruppo (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intervengo per preannunciare il voto favorevole del gruppo dell'Italia dei Valori sull'emendamento e per ricordare ai colleghi di Rifondazione Comunista - e, in particolare, a quanti hanno manifestato il loro dissenso votando contro le missioni internazionali - che vi è un'altra guerra che tutti i giorni si combatte in Italia, quella degli infortuni nelle fabbriche, degli infortuni sul lavoro, con tanti morti.

Con questo indulto, voi salvate dalla galera anche tutti coloro che hanno fatto morire la gente a causa di infortuni sul lavoro (Commenti dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea - Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori e di deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania).

DANIELE FARINA. Buffone!

PIETRO FOLENA. Imbecille!

ANDREA GIBELLI. Sono con voi. Ipocriti!

PRESIDENTE. Deputati, vi prego...

GIACOMO STUCCHI. Ammazzate i lavoratori! Padroni! Litigate tra di voi!

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, premetto subito che non intervengo su materia attinente al tema in trattazione in questo momento, essendo il mio un intervento sull'ordine dei lavori...

PRESIDENTE. No, appunto, deve riguardare l'ordine dei lavori che stiamo svolgendo. Lei è troppo esperto... Per favore! Non posso concederle la parola.

LUCA VOLONTÈ. Per l'appunto, Presidente, il mio intervento riguarda l'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Sì, ma questi lavori...

LUCA VOLONTÈ. Certo...

Presidente, volevo solo renderle noto un fatto mai accaduto, almeno da quando io sono in Parlamento, negli ultimi dieci anni (Presidenze Casini-Violante). Oggi, nella seduta delle Commissioni riunite bilancio e finanze, i due relatori sul decreto-legge Bersani hanno presentato la relazione. Il testo sul quale i relatori hanno svolto la relazione non è però disponibile nelle Commissioni e, quindi, non si capisce su quale testo essi abbiano svolto la relazione (Commenti dei deputati del gruppo de L'Ulivo). Si chiede poi, senza la disponibilità del testo, che le proposte emendative vengano elaborate e presentate entro le ore 12 di domani.

Ora, già è originale che si presenti la relazione su un provvedimento del quale non è disponibile il testo; è ancora più originale che venga richiesto di elaborare e presentare proposte emendative su un testo che non c'è e con una relazione che non si basa su quel testo.

Una voce: Vergogna!

PRESIDENTE. Mi scusi, ma è stata distribuita una copia del messaggio di trasmissione: la questione, peraltro, è stata già affrontata stamattina.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, poiché molti colleghi hanno fatto riferimento, stigmatizzandola, alla norma relativa all'ammissibilità dell'indulto per coloro che sono recidivi o delinquenti abituali o professionali, vorrei rispondere loro che vi sono due modi di intervenire su questa materia. Un modo è escludere dal beneficio quanti si trovano in queste condizioni; l'altro, è revocare il beneficio qualora la persona che abbia goduto dell'indulto ricada nel delitto. I colleghi della Commissione hanno scelto questa seconda modalità - ed io ne condivido la posizione -, che pare sia più efficiente e che è prevista nel comma 4 dell'articolo unico. È più efficace dal punto di vista della tutela della comunità nel senso che se la persona che ha goduto dell'indulto commette un altro reato doloso, a quel punto l'indulto viene revocato. Poiché gli argomenti sollevati sono certamente seri e degni di attenzione, bisogna tenere conto di quanto effettivamente è scritto nel testo; credo che la comunità nazionale sia più garantita se sa che quell'indulto verrà revocato e che la persona, se commetterà un altro reato, sconterà la parte di pena che era stata cancellata. Volevo dire ciò perché fosse chiaro ai colleghi quale sia il senso del nostro voto contrario su questo emendamento (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, io ascolto con molta attenzione; non condivido le dichiarazioni espresse da alcuni colleghi - tra l'altro, non tutti, devo riconoscere - dell'estrema destra di questa aula, ma so che sono le loro posizioni. Pari  non condivisione devo manifestare ascoltando qualche collega della Lega, e mi riferisco in particolare alla collega Lussana.

Ascoltando lei, sembra che l'Assemblea costituente del 1948 fosse composta da pericolosi eversori, visto che hanno introdotto nella nostra Costituzione l'istituto dell'amnistia e dell'indulto a maggioranza semplice o forse potrebbero essere stati pericolosi eversori i revisori costituzionali del 1992, quando (Commenti dei deputati Dozzo)... Mi scusi, io non l'ho interrotta!

Forse a qualche collega della Lega dà fastidio che io dica questo, ma ho ascoltato senza interrompere. La prego di non interrompere (Commenti del deputato Bricolo)...!

Se poi parliamo di razzismo e ci si mette Bricolo, abbiamo fatto il capolavoro (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)!

CAROLINA LUSSANA. Ma, Presidente ...!

GIANPAOLO DOZZO. Il maestrino che fa le lezioni!

MARCO BOATO. Ovviamente, è stato il revisore costituzionale nel 1992 ad elevare il quorum ai due terzi e a portare ad una dinamica politica, che considero, in questo caso, positiva, ossia che quello in esame non sia un provvedimento del Governo o della maggioranza, ma un provvedimento che si esprime nell'aula del Parlamento con una larga convergenza parlamentare.

Vorrei collegarmi all'intervento che, poco fa, ha svolto l'onorevole Vacca, assolutamente corretto. Infatti, nel rispetto di tutti, sono sconcertato nel sentire un deputato dell'Italia dei Valori che in quest'aula replica ad uno squallido articolo, pubblicato ieri, di uno di estrema destra, che oggi scrive sui giornali di sinistra, in cui confonde l'amnistia con l'indulto e vende merce avariata per convincere i propri elettori ad opporsi all'indulto. Trovo sconcertante che ciò avvenga da parte dell'Italia dei Valori, che ha come leader un illustre ex magistrato. L'estrema destra faccia l'estrema destra, i razzisti della Lega, quando sono razzisti, lo facciano (Proteste dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)! Noi contestiamo (Commenti del deputato Bricolo)... Bricolo, tu non puoi parlare, perché l'hai dimostrato molte volte! Ma che l'applauso della Lega vada ad un collega dell'Italia dei Valori, questo è assolutamente sconcertante!

Dopo avere approvato la legge ex Cirielli, che ha portato in carcere migliaia di persone attraverso il meccanismo della recidiva, dopo aver approvato la legge Bossi-Fini sull'immigrazione, che ha portato in carcere oltre 9 mila persone imputate solo di violazione delle norme sull'ingresso in Italia, dopo aver riempito le carceri di ventimila persone (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)...

GIANPAOLO DOZZO. Presidente!

GIACOMO STUCCHI. Presidente, basta! Ci ha chiamati nazisti...!

PRESIDENTE. Scusate, un deputato ha diritto ad esprimere la sua opinione nei tempi che il regolamento prevede. Questo punto è irrinunciabile!

MARCO BOATO. Grazie, Presidente. Ma io non li ho interrotti! Evidentemente, gli dà fastidio, adesso.

Dopo aver riempito le carceri di migliaia e migliaia di persone che, senza la legge ex Cirielli o senza la Bossi-Fini, in carcere non sarebbero andati (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)...

PRESIDENTE. Scusate. Mi scusi, deputato Boato (Commenti). Visto che mi si fa segno con l'orologio, vorrei ricordare che il deputato Boato ha diritto ancora ad un minuto e 21 secondi.

IGNAZIO LA RUSSA. Sull'emendamento!  PRESIDENTE. Vi prego di ascoltare, se volete, o altrimenti di lasciarlo parlare, come è suo inalienabile diritto.

Prego, deputato Boato.

MARCO BOATO. Grazie, Presidente. Io ed i miei colleghi abbiamo ascoltato in quest'aula cose inaudite in silenzio. Le hanno dette e le continueranno a dire ancora per due o tre ore, ma quello che mi ha sconcertato è sentire Borghesi dell'Italia dei Valori essere applaudito da Alleanza Nazionale e dalla Lega. Questo è un meccanismo un po' strano politicamente, se si vogliono affermare lo Stato di diritto, le garanzie costituzionali, il rispetto della Costituzione!

Detto questo, voi avete fatto andare in galera migliaia di persone che, con l'ordinamento previgente, non ci sarebbero andate! Adesso, le vorreste tenere ancora in galera. Giustamente, il presidente Violante, poco fa, ha detto che, in questa proposta di legge, il comma 4 prevede la revoca dell'indulto nel caso che vi siano ulteriori commissioni di reato. Per questo, con grande soddisfazione, voteremo contro l'emendamento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi dei Verdi, de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dei Comunisti Italiani e de La Rosa nel Pugno)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, intervengo per svolgere una riflessione a voce alta. Gli onorevoli Lussana e Borghesi hanno parlato di vergogna inaudita. Vorrei dirvi cosa si intende, a mio avviso, per vergogna inaudita e vi leggo i dati del Ministero della giustizia: 15 mila detenuti in soprannumero.

Il 20 per cento delle donne detenute soffre di patologie femminili come, ad esempio, il tumore all'utero ed alla mammella; inoltre, il 63 per cento della popolazione carceraria è costretto a lavarsi con acqua gelida. La frequenza di suicidi, per di più, è diciannove volte maggiore rispetto alle persone libere. Gli incensurati in attesa di giudizio, infine, sono soprattutto giovani tra i 20 ed i 30 anni.

Credo sia questa una situazione vergognosamente inaudita, e non le questioni che sollevate! Ritengo che, sulla base di tali dati, possiate giudicare meglio l'argomento che stiamo trattando. Forse non avete i neuroni liberi per comprendere (Commenti), attraverso l'analisi dei dati che ho fornito, il problema di cui stiamo parlando (Applausi dei deputati del gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rocchi. Ne ha facoltà.

AUGUSTO ROCCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per annunziare il voto contrario del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea sull'emendamento in esame. Vorrei tuttavia cogliere l'occasione per chiarire, ancora una volta, che non si può continuare a giocare sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici.

Mi sto rivolgendo all'onorevole Borghesi: si può manifestare il proprio dissenso e motivare, legittimamente, il proprio voto contrario al provvedimento di indulto; tuttavia, non si giochi sulla pelle di alcune persone - che magari per responsabilità di un'impresa, sono stati colpiti da tumori e si trovano in gravi difficoltà familiari - cercando di far credere loro che l'indulto annulli le pene od il risarcimento civile cui quei lavoratori e quelle lavoratrici hanno diritto (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

ENZO RAISI. È vero! È vero!

PRESIDENTE. Per favore!

AUGUSTO ROCCHI. Non si dicano bugie (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

ENZO RAISI. È vero!  AUGUSTO ROCCHI. Come tutti sappiamo, l'indulto determina la riduzione della pena inflitta, ma non cancella il reato, né annulla gli effetti civili, oltre che penali...

ENZO RAISI. Leggiti la proposta di legge!

AUGUSTO ROCCHI. ... dello stesso reato!

Probabilmente, qualcuno - permettetemi la battuta - è meno abituato di noi a frequentare, ogni tanto, le fabbriche ed i lavoratori (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale), e forse non conosce certi problemi (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea - Congratulazioni)!

ENZO RAISI. Non hai mai lavorato in vita tua!

PRESIDENTE. Naturalmente, so di fare un'affermazione assolutamente sovrabbondante, poiché ciò è chiaro a tutti voi; tuttavia, vorrei invitare a far sì che a tale consapevolezza corrisponda un certo comportamento: stiamo affrontando, infatti, temi molto drammatici ed acuti.

Qualunque sia l'opinione di ciascuno di noi su tale materia, ritengo utile che l'Assemblea mantenga un comportamento adeguato alla gravità dei problemi che vengono trattati (Applausi).

IGNAZIO LA RUSSA. È Boato!

TEODORO BUONTEMPO. Boato!

ROBERTO COTA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, avevo chiesto di intervenire poco fa, quando è esplosa questa rissa, all'interno della maggioranza, tra i deputati del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e quelli appartenenti al gruppo dell'Italia dei Valori.

Intervengo dunque per chiederle formalmente, signor Presidente, se il Governo sia nella pienezza delle sue funzioni e dei suoi componenti. Non abbiamo ancora capito, infatti, se il ministro Di Pietro oggi ricopra l'incarico di ministro, oppure stia qui in Parlamento ad esercitare un altro ruolo, perché mi sembra l'ispiratore di una battaglia parlamentare contro lo stesso esecutivo (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Forza Italia)!

Abbiamo il diritto di sapere, allora, se il ministro Di Pietro si stia occupando oggi delle infrastrutture (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale), così come ha fatto ieri e come farà domani. Vorrei evidenziare, infatti, che la carenza di infrastrutture è un problema reale del paese!

Signor Presidente, la prego pertanto di farci partecipi della condizione del ministro Di Pietro: vorremmo sapere se è ancora ministro o meno, se il Governo abbia ancora una maggioranza - si tratta di un fatto politico, poiché è evidente che non ce l'ha più! - e se sia al completo con tutti i suoi ministri (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Bondi. Ne ha facoltà (Commenti).

Prego tutti, però, di mantenere un atteggiamento rispettoso. Stiamo scivolando verso una deriva che vorrei fosse evitata a tutti.

SANDRO BONDI. Signor Presidente, io sono d'accordo con lei, come credo la maggioranza dei parlamentari, che stiamo discutendo di un tema, come lei ha detto, drammatico, delicato, anche dal punto di vista morale, e che riguarda migliaia di persone che soffrono nelle carceri. Credo che dobbiamo affrontare questo dibattito con uno spirito e uno stile adeguati all'importanza di tali problemi.

Per questo motivo le chiedo, signor Presidente, se lei considera dignitoso per il Parlamento, oltre che per il Governo, che un ministro della Repubblica, l'onorevole  Di Pietro, faccia la spola fra i banchi del Governo, continuamente, e i parlamentari del suo gruppo per alimentare l'opposizione al Governo stesso.

Credo che questo sia un problema che il Parlamento deve porsi (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), della Lega Nord Padania e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).

Io non voglio dire che non sia legittimo che su questa materia i partiti e i singoli parlamentari rispondano alla propria coscienza. Penso che ciò sia giusto, così come sta avvenendo durante questo dibattito, ma penso che ci debba essere anche una questione di stile e di rispetto del Parlamento e del Governo da parte di un ministro, come l'onorevole Di Pietro, il quale si sta comportando in quel certo modo in queste ore.

Chiedo a lei, signor Presidente, quale sia la sua opinione (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), della Lega Nord Padania e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).

PRESIDENTE. Lei ha affermato, poc'anzi, nel suo intervento, che si tratta di un atteggiamento legittimo, ma che lei pensa sia discutibile dal punto di vista dello stile. Il Presidente della Camera non ha alcun titolo per valutare lo stile dei diversi componenti della Camera, che sono giudicati dal popolo italiano, non dal Presidente della Camera.

Ha chiesto di parlare il deputato Giovanardi. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, sul tema che è stato nuovamente introdotto, ricordo soltanto che è capitato anche a me di giurare nelle mani del Capo dello Stato. La formula di giuramento per i ministri recita: giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservare lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell'interesse esclusivo della nazione.

Io ho letto sui giornali una dichiarazione del ministro Di Pietro che si è autosospeso dalle funzioni di ministro. Bisognerebbe che egli dicesse se ciò è vero, perché un'autosospensione, che vuol dire soltanto rallentare oppure non adempiere alle proprie funzioni, sarebbe contraria non politicamente, ma moralmente, al giuramento (Commenti dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

Lo troverei veramente grave, perché o egli sta scherzando sul giuramento che ha fatto nelle mani del Capo dello Stato, e, quindi, dovrebbe ritirare la sua affermazione, oppure, dal punto di vista morale, non per il posto che ricopre, ma per ciò che ha dichiarato, in contraddizione con il giuramento di fedeltà alle istituzioni, troverei questo comportamento davvero molto grave e senza precedenti nella storia repubblicana.

Per quanto riguarda, invece, il dibattito nel merito, vorrei fare una sola osservazione, che mi viene spontanea perché ero tra coloro che, qualche anno fa, hanno ascoltato il Papa parlare in questo emiciclo. Egli ha detto parole rivolte alla coscienza e al cuore dei vari deputati, ognuno dei quali, naturalmente, è liberissimo di interpretare quelle parole come vuole.

Ma, se nel nostro ordinamento, è stata eliminata la pena di morte - ed è stata eliminata - ed è previsto l'ergastolo (che molte volte non dura fino all'ultimo respiro del detenuto in carcere, ma, magari, egli viene rimesso in libertà prima della sua morte), vorrei chiedere ai colleghi che si scandalizzano davanti all'indulto se, fra un anno, due anni o tre anni, questi detenuti, ai quali anticipiamo l'espiazione della pena, usciranno dal carcere non delinqueranno lo stesso secondo le loro analisi? Infatti, sentendo alcuni colleghi, il diritto penale dovrebbe essere costituito soltanto dalla pena di morte oppure dall'ergastolo.

Qualsiasi condanna limitata nel tempo comporta che prima o poi il detenuto esca; quindi automaticamente, secondo queste interpretazioni, egli dovrebbe di nuovo delinquere (Applausi dei deputati dei gruppi  dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di Forza Italia)!

Allora, antropologicamente parlando, di fronte alla speranza - che il Papa è venuto qua a portare - che qualcuno che ha commesso un delitto, una volta espiata anche parzialmente la pena, possa essere recuperato, davanti a questa speranza di recupero e di riscatto umano scommetto dalla parte del Papa e non dalla parte di coloro che dicono che comunque chi è caduto ed ha commesso un errore per tutta la vita continuerà ad essere un delinquente.

Credo che questo sia un segno di speranza che diamo a persone che comunque fra un po' di tempo dalle carceri usciranno e credo che la Costituzione italiana si sia mossa con i costituenti proprio in questa direzione (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Prima di dare la parola alla deputata Mazzoni, che ha chiesto di parlare, devo comunicare che ha chiesto di parlare per fatto personale il deputato Borghesi. Ricordo al deputato Borghesi che questo tipo di interventi si svolge per prassi a fine seduta e che gli darò senz'altro la parola al termine dei nostri lavori.

Prendo atto che la deputata Mazzoni rinuncia a parlare.

Ha chiesto di parlare il deputato Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, credo che le sue parole siano sagge e ponderate e debbano essere accolte. Questo dibattito deve essere ricondotto nelle forme, nei modi e nei toni a quello che l'argomento impone. Questo però significa togliere di mezzo due - lo dico con rispetto, ma anche con una certa indignazione - miserevoli forme di strumentalizzazione, cui ho assistito fino adesso.

In primo luogo, è ora di smetterla di individuare fratture all'interno del centrosinistra (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e della Lega Nord Padania), quando credo sia evidente a tutti, con un minimo ricorso ad una dote che pare qui molto rara, cioè l'onestà intellettuale, che non stiamo votando un provvedimento della maggioranza o del Governo.

GIUSEPPE RUVOLO. Ipocrita!

MASSIMO DONADI. È un provvedimento del Parlamento, sul quale si formano delle maggioranze parlamentari e sul quale mi pare di constatare che l'opposizione non è meno spaccata del centrosinistra (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori). Anzi, lo è molto di più, visto che noi all'indulto siamo favorevoli, come il resto della nostra coalizione, ma abbiamo remore, remore molte profonde, sul contenuto di questo specifico indulto.

Come secondo elemento, mi si consenta di sottolineare l'indecenza delle critiche che vengono rivolte, strumentalmente interpretando fatti chiaramente specificati nelle agenzie e riportati dai giornali: non c'è stata nessuna sospensione di nessun ministro! E' stato semplicemente detto da parte di un ministro - e credo sia un comportamento legittimo in quanto riconosciuto ad ogni cittadino italiano e ad ogni parlamentare, quindi anche ad un ministro - che egli avrebbe seguito prioritariamente per due giorni il dibattito parlamentare su un tema che si ritiene prioritario. Questo è. Nessuno ha mai parlato di sospensioni o di congelamento dagli incarichi.

Allora credo che dobbiamo avere rispetto, soprattutto l'uscente maggioranza, oggi minoranza, i cui ministri in quest'aula sono stati per cinque anni latitanti...

PRESIDENTE. La prego di concludere, deputato Donadi.

MASSIMO DONADI. ... del fatto che uno dei principali esponenti del Governo sia comunque qui presente ad ascoltare il dibattito sull'indulto (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, parlerò solo un minuto, perché nel merito della proposta emendativa mi riservo di intervenire in dichiarazione di voto sul successivo emendamento, che è dello stesso tenore. Sulla vicenda, che è stata ripetutamente sollevata, del ministro onorevole Di Pietro, credo che noi l'avessimo sollevata in tono leggero, ma invito i colleghi dell'opposizione a non insistere troppo.

Mi sembra che l'atteggiamento del ministro seduto lì sia tale, senza tante discussioni, da annullare ogni precedente dichiarazione di volersi in qualunque maniera astenere, dimettere, sospendere o autosospendere. È pacifico che Di Pietro è ministro, tant'è che è seduto sui banchi del Governo. È pacifico che il suo gruppo sta facendo un'opera di opposizione al Governo o meglio a questo provvedimento sostenuto dal resto della maggioranza, e non solo della maggioranza.

Credo, però, cari colleghi dell'Italia dei Valori, che dobbiate decidere di assumere un atteggiamento, perché ci sembra - e forse vi stiamo aiutando in questa direzione - che più di parlare di Di Pietro e di dove sia seduto, nel merito non stiate facendo veramente nulla per far cadere questo provvedimento.

Denuncio l'atteggiamento dell'Italia dei Valori, che è formalmente contraria a questo indulto, ma che non fa l'unica cosa concreta volta a farlo cadere: si alzi e dica al Governo che, se il provvedimento sull'indulto sarà approvato, al Senato e alla Camera non ci sarà più la maggioranza. Avete i numeri per farlo! Noi quando eravamo maggioranza lo abbiamo fatto. Voi fate la sceneggiata, ma non ponete in essere gli atti concludenti (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia e di deputati del gruppo dei Popolari-Udeur)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, intervengo brevissimamente per svolgere una considerazione sull'intervento dell'onorevole Giovanardi. Siccome la pena viene considerata un mezzo retributivo di social prevenzione, la sua diminuzione non può che portare a un momento di minore retribuzione e di minore social prevenzione in riferimento all'espiazione.

In secondo luogo, chi considera razzista me o qualche altro appartenente del gruppo della Lega sappia che io penso di lui ciò che Napoleone pensava di re Luigi quando si affacciò con il berretto frigio in testa (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Consolo 1.123, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 547

Votanti 546

Astenuti 1

Maggioranza 274

Hanno votato 98

Hanno votato no 448).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Lussana 1.69.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, l'emendamento in esame esclude l'applicazione della misura dell'indulto ai delinquenti recidivi dichiarati abituali, professionali o per tendenza. Colgo l'occasione - perché nel merito sono già intervenuta in precedenza - per rispondere al deputato Violante.

Deputato Violante, innanzitutto mi fa piacere che lei abbia condiviso, seppure  parzialmente, le nostre preoccupazioni. Si vorrebbe dare la possibilità di limitare questo sconto di pena a chi non è dedito alla criminalità. Lo dico anche all'onorevole Giovanardi: la denominazione di delinquente abituale, professionale o per tendenza non interviene quando si sbaglia una sola volta, bensì quando si è plurirecidivi.

Vorrei tornare alla sollecitazione dell'emendamento sul cosiddetto indulto condizionato che prevede la possibilità di revocare l'indulto se, nei cinque anni successivi alla concessione della misura, si commette un nuovo reato. Dovremmo, in realtà, fare riferimento alla condanna per un nuovo reato e non già alla semplice commissione di un nuovo reato.

Il tema dell'indulto condizionato è stato ampiamente discusso in Commissione. È stata l'argomentazione con la quale il relatore Buemi si è opposto all'esclusione della misura per i delinquenti abituali, recidivi, professionali e per tendenza. Egli si è rivolto a me personalmente affermando che, poi, avrebbe votato a favore del mio emendamento che prevedeva l'indulto condizionato, con un periodo di osservazione non di cinque, ma addirittura di dieci anni. Questa è stata la decisione del relatore. Dopodiché, in Commissione si è svolto un dibattito durante il quale è emersa la volontà di ridurre il termine da dieci a sette anni, rendendolo compatibile con il termine della riabilitazione. Alla fine, per le pressioni di alcuni gruppi, come quello di Rifondazione Comunista (diciamo le cose come sono andate!) in Commissione non se ne è fatto più nulla ed è rimasto invariato il riferimento ad un periodo di osservazione di cinque anni.

Inoltre, deputato Violante, vi è anche un'altra questione e vorrei sapere come verrà affrontata nel prosieguo della discussione. Al riguardo, sono stati presentati emendamenti sia da parte del mio gruppo sia da parte dell'UDC, sollevando un altro problema.

È vero che si dice che l'indulto può essere revocato se, nei cinque anni successivi, si commette un nuovo reato ottenendo una condanna non inferiore a due anni, ma qui sta l'inghippo!

Il relatore aveva espresso parere favorevole nei confronti di un mio emendamento, nel quale si prevedeva di prendere in considerazione, nel periodo di osservazione, la commissione non di un solo reato, ma di uno o più reati per i quali si prevede una pena complessivamente non inferiore a due anni. Altrimenti, fatta la legge, trovato l'inganno, perché l'indulto non verrà mai revocato se chi ottiene il beneficio commette un reato per il quale si prevede una pena di un anno e 9 mesi (quindi, inferiore a due anni) e se dopo, magari, ne commette un altro punito con una pena di un anno e tre mesi, ancora, non gli verrà revocata la misura!

Allora, onorevole Violante, sono portata a credere alla sua volontà di rimediare a questo provvedimento di indulto e di procedere nella direzione del male minore, solo se il relatore Buemi e la maggioranza dell'Unione ed anche i colleghi dell'Italia dei Valori, che adesso stanno compiendo questa battaglia meramente strumentale, approveranno l'emendamento che aumenta il periodo di osservazione a 7 anni, ma, soprattutto, l'emendamento che fa riferimento a uno o più reati, per i quali la pena è complessivamente non inferiore a due anni. Altrimenti, garantiremo delle sacche di impunità assolutamente non tollerabili!

Il vostro allora non sarà un indulto condizionato, ma un'autentica «bufala», un autentico inganno ai danni dei cittadini e delle forze politiche che, nonostante un atteggiamento di contrarietà, si sono volute confrontare nel merito. E siamo stati presi in giro!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, preannunzio l'espressione del nostro voto favorevole nei confronti dell'emendamento in esame, perché fa parte delle condizioni che avevamo posto ai fini  dell'approvazione da parte di Alleanza Nazionale dell'indulto.

Abbiamo sempre pensato che, quanto meno, l'indulto dovesse non applicarsi ai recidivi. Non è una richiesta così «a freddo», perché i primi sei articoli della legge Cirielli, sono ispirati a questa filosofia: maggiore severità nei confronti degli habitué del crimine, di coloro che entrano ed escono dal carcere in continuazione, di coloro che, come professione, violano le leggi, costituendo per la società un maggiore pericolo.

Ricordo, lo dico ai colleghi della sinistra, a quelli che hanno la bontà di seguirmi, che quando discutevamo la Cirielli, ci avete detto che, se l'avessimo approvata, non con riferimento ai primi sei articoli, ma alla seconda parte, quella relativa alla prescrizione, sarebbero usciti migliaia di detenuti dal carcere! Non avete voluto votare quella legge, che era severa nei confronti dei recidivi, cioè di coloro che entrano, come per una porta girevole, nel carcere per poi uscirne dopo pochi mesi e commettere nuovamente lo stesso reato e rientrare nel carcere e via seguitando, ma, poiché si prevedeva la riduzione dei termini di prescrizione, ci avete detto che si trattava di un provvedimento che voleva fare uscire dalle prigioni migliaia di detenuti. Non sono usciti migliaia di detenuti!

L'onorevole Bocchino mi ha indicato una statistica, in base alla quale, con questo indulto, usciranno 2.000 persone colpevoli di omicidio, 10 mila ladri, 4 mila rapinatori, gente che probabilmente, nel giro di pochi mesi, tornerà a delinquere di nuovo e, se tornerà a commettere omicidi, farà ricadere quel sangue sul Parlamento che ha votato questo iniquo indulto (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

Questo è un dato che teniamo in considerazione.

Non voteremo questo indulto, perché non ci sono le condizioni! Non avete voluto destinare risorse al sistema carcerario, non avete voluto pensare ad Abele, ma solo a Caino! Non avete voluto pensare alle Forze dell'ordine. Noi non lo voteremo, ma, almeno, fate sì che l'indulto non si applichi agli habitué del crimine!

Fate in modo, come recita questo emendamento, che chi è recidivo non esca dal carcere, perché tanto non gli dareste altro che la possibilità di commettere un altro reato e di ritornare, con una pena magari maggiore, in carcere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole sull'emendamento in esame dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori: lo voteremo anche se esso non è stato presentato da noi, perché noi guardiamo al risultato e non alle magliette che indossano i presentatori.

Ci fa piacere che, adesso, anche il presidente La Russa, contrariamente a quanto ha affermato stamani, abbia deciso di votare a favore di emendamenti presentati da altri...

IGNAZIO LA RUSSA. Ce n'è uno nostro uguale!

FEDERICO PALOMBA. Certo, presidente, ma spero che si tratti di un atteggiamento generale e che, ogni volta che si convinca della bontà di un emendamento, lo voti.

Rivolgendosi agli altri, lei chiede: cosa fate, in realtà, per ottenere un risultato? Ebbene, se dichiara di votare a favore soltanto degli emendamenti presentati dai deputati del suo gruppo, e non di quelli presentati da altri gruppi, possiamo pensare che voi riteniate di non fare tutto quanto è necessario in relazione all'indulto.

Tuttavia, registriamo che sui risultati positivi noi troviamo l'accordo, indipendentemente dal fatto che gli emendamenti siano stati presentati da noi o da altri. Ad esempio, non siamo d'accordo sulla cosiddetta legge ex Cirielli e diciamo con molta nettezza che abbiamo presentato una proposta di legge per la sua abrogazione.

Desidero anche dire che noi voteremo a favore dell'emendamento in esame, perché vogliamo la normalità nell'applicazione della legge. Già l'indulto sconvolge alquanto il nostro assetto democratico, il nostro assetto legalitario. Noi voteremo a favore dell'emendamento Lussana 1.69 perché, in conformità a ciò che è scritto chiaramente nell'articolo 151 del codice penale (non nell'emendamento in parola, ma la ratio è la medesima), riteniamo di dover lavorare per l'ordinaria applicazione del nostro ordinamento giuridico.

Vorrei approfittare del tempo che mi è concesso anche per esprimere la mia forte protesta contro le accuse immotivate ed ingenerose che ci sono state rivolte dai banchi più in alto (non ricordo i nomi dei colleghi). L'accusa di giustizialismo è ingiustificata. Forse, i colleghi non sanno cosa voglia dire giustizialismo; allora, li posso perdonare per questo (rispedisco al mittente, invece, l'epiteto volgare che mi è stato rivolto). Giustizialismo vuol dire credere che i giudici abbiano il primato sulla politica. Ebbene, anche noi siamo contrari a questo. Evidentemente, però, i colleghi non vogliono né il giustizialismo né la giustizia. D'altro canto, noi non vogliamo nemmeno il primato della politica sui giudici: vogliamo che ciascuno faccia il suo mestiere secondo quanto stabilisce la Costituzione.

Quindi, per favore, rispettiamoci in quest'aula se non vogliamo che vi sia un imbarbarimento (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Borghesi. Ha facoltà di parlare per un minuto, deputato Borghesi.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, anch'io voterò a favore dell'emendamento in esame. Ne approfitto - e rinuncio ad intervenire per fatto personale - per dire al collega di Rifondazione, di cui non conosco il nome, il quale mi ha tacciato di falso, che non mi riferivo a giornalisti ma - pensi un po', signor Presidente - al comitato direttivo della CGIL, che si è riunito ieri, 25 luglio, approvando un ordine del giorno (che ciascuno di voi può scaricare dal sito www.cgil.it/ufficiostampa) in cui si dice: «Il mancato stralcio di tali reati» - il riferimento è a quelli in materia di lavoro - «renderebbe inaccettabile tutto ciò di fronte allo stillicidio di omicidi bianchi che continuano tutti i giorni nei cantieri edili e non solo, alle migliaia di reati che vengono compiuti da imprese senza scrupoli contro la sicurezza e la salute dei lavoratori (...) Il CD della Cgil rileva inoltre che sarebbe la prima volta che i reati contro il lavoro, difeso dalla Costituzione, sarebbero depenalizzati nella storia della nostra Repubblica». Questo sta scritto nel sito della CGIL (Applausi di deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

IGNAZIO LA RUSSA. Bravo!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vacca. Ne ha facoltà.

ELIAS VACCA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, io raccolgo l'invito a stemperare i toni e le passioni e, quindi, sarò meno appassionato di quanto lo sono stato in precedenza.

L'emendamento in esame reitera l'impostazione che poco fa ho contestato. Al riguardo, debbo replicare a qualche collega che mi ha preceduto: per quanto attiene al mio richiamo ai minori che delinquono, evidentemente, quando considero «bambini» gli ultraquattordicenni, i quindicenni o i sedicenni, che, comunque, quando delinquono reiteratamente, sono rinchiusi nelle carceri minorili, non do all'espressione lessicale «bambini» lo stesso significato che viene dato in altri banchi. Questo intendevo precisare.

Per quanto riguarda il discorso sulla recidiva, è stato fatto opportunamente e puntualmente sotto il profilo tecnico, da un altro deputato, un richiamo al concetto di recidiva ed a quello di continuazione che, probabilmente, neanche ad un giurista di campagna come me sfugge. Io intendevo proprio dire che vi sono casi di  persone che vengono condannate reiteratamente, e non condannate in unica pronuncia per più reati, tanto da essere recidivi reiterati, per reati bagatellari: a queste persone guardo con particolare senso di pietà e di comprensione.

Alcuni colleghi hanno parlato della definizione di delinquente abituale o professionale, ed io non credo alla definizione codicistica, né a quella psichiatrica di delinquente per tendenza. Quando si parla di delinquenti professionali o di recidiva reiterata specifica, post pena infraquinquennale, si stanno richiamando concetti che da taluno rispettabilmente, perché nella cultura giuridica siamo divisi, possono essere definiti habitué del crimine. Credo che la recidiva reiterata sia una sconfitta, innanzitutto, del sistema carcerario, che non rieduca al reinserimento sociale, che ha soltanto una funzione retributiva e neanche social preventiva, che non è utile neanche ad Abele: in questo senso la nostra attenzione è rivolta a quei recidivi reiterati.

So benissimo, colleghi della destra, che non tutti i recidivi reiterati hanno rubato soltanto mele o soltanto autoradio o sono stati condannati soltanto per piccoli scippi o per furti in grandi magazzini. So benissimo che tra i recidivi reiterati ed i delinquenti abituali e professionali vi sono soggetti che hanno fatto della delinquenza il loro programma di vita. Tuttavia, per non voler buttare il bambino con l'acqua sporca, nel momento in cui stiamo valutando semplicemente un gesto di clemenza e di riduzione della pena per una condanna che resta in essere, per un atteggiamento che non cambierebbe, per come funziona il sistema carcerario, neanche se costoro uscissero dal carcere tre anni dopo e, quindi, se l'indulto non fosse dato, è del tutto evidente che in questo momento ci dobbiamo porre il problema dei 16 mila carcerati in più che stanno chiusi nelle nostre carceri in condizioni tali per cui una prognosi negativa e di reiterazione del crimine non è certo legata alla prospettiva dell'indulto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, assai brevemente vorrei ricordare all'Assemblea - non ce ne sarebbe bisogno - che quando Alleanza Nazionale ha dichiarato di votare esclusivamente i propri emendamenti non ha derogato per quanto riguarda l'emendamento Lussana 1.69, perché tale emendamento è pressoché identico al mio emendamento 1.124 (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale). A questo proposito ricordo che in Commissione fu tentata una mediazione per escludere dall'applicazione dell'indulto i delinquenti abituali, professionali o per tendenza, o che dir si voglia plurirecidivi, e tale emendamento aveva trovato il parere favorevole del relatore Buemi. Di fronte a tale parere favorevole avevamo soprasseduto perché la condizione posta è che non si sarebbe applicato l'indulto non più a chi avesse commesso nei cinque anni successivi, con sentenza accertata, ipotesi delittuose, ma a chi lo avesse fatto nei sette anni successivi. Inspiegabilmente hanno cambiato opinione: loro, non noi!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, ritengo che sia chi è sensibile favorevolmente al tema della concessione dell'indulto, sia chi è contrario, non possa non prendere in seria considerazione l'emendamento in esame. Infatti, si è dimostrato nel dibattito che anche eccellenti avvocati possono soccombere quando la causa è debole. È il caso dell'onorevole Violante e dell'onorevole Giovanardi, che hanno attribuito ai proponenti ed al nostro gruppo l'intenzione di guardare in maniera malevola al futuro: cioè noi condanneremmo colui che ha commesso delitti sicuramente alla prognosi di ricadere nel delitto quando uscisse dalla pena detentiva. Non è così.

Questo emendamento e la nostra impostazione guardano al passato, all'accertato, al «sentenziato», non guardano al futuro, ma al caso di coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza. Ciò avviene sulla base di una consolidata verifica, di un accertamento dei fatti passato in giudicato. Non compiamo affatto una iniqua valutazione del futuro di chi si trovi in quelle condizioni, ma ci riferiamo ad una valutazione discriminante - questa sì - tra la condotta di chi non abbia commesso una pluralità di fatti delittuosi e di chi, invece, lo abbia fatto. Tutto questo rende, indubbiamente, degno di grande attenzione l'emendamento Lussana 1.69, sul quale anch'io esprimerò voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

Insisto nel chiedere, per favore, a chi vuole parlare, di non attendere proprio il momento del passaggio ai voti.

Prego, deputato Cirielli.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, lo avevo chiesto già da dieci minuti. So che lei ha difficoltà a guardare a destra ma, magari, col tempo imparerà...

Signor Presidente, onorevoli colleghi, capisco la difficoltà psicologica di chi, oggi, si trova dalla parte dei «colletti bianchi», dei padroni. Però, adesso, addirittura difendono quegli imprenditori che, magari, hanno violato le norme contro gli infortuni sul lavoro e sono recidivi o plurirecidivi. Andate a spiegare a quei lavoratori, alle vittime, ai loro parenti o ai superstiti di quei lavoratori che bisogna salvare persino gli imprenditori recidivi nel non rispettare le norme antinfortunistiche!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Signor Presidente, colgo l'occasione per annunciare il voto favorevole su questo emendamento e per ringraziare il collega Boato il quale, dopo cinque anni di menzogne, ha chiarito che la legge Cirielli effettivamente ha mandato in galera i delinquenti e che la legge Bossi-Fini, effettivamente, ha funzionato. Gli dirò anche questo, come battuta: non si stupisca tanto del fatto che da parte di deputati di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania ci sia qualche applauso verso qualche deputato di Italia dei Valori che afferma cose che condividiamo. D'altra parte, questo provvedimento al quale tanto aspira, sarà approvato anche con il voto di tanti deputati che, nella trascorsa legislatura, hanno votato a favore della legge Cirielli e della legge Bossi-Fini.

PRESIDENTE. Prima di passare ai voti, vorrei raccomandare ad ognuna e ad ognuno di votare solo per se stessi. Mi giungono proteste per comportamenti difformi. Perciò, invito a votare con molta correttezza e ringrazio tutti loro.

Passiamo, dunque, ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lussana 1.69, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Rinnovo l'invito a votare per se stessi.

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 516

Votanti 514

Astenuti 2

Maggioranza 258

Hanno votato 96

Hanno votato no 418).

Prendo atto che le deputate Capitanio Santolini e Lombardi non sono riuscite a votare e che quest'ultima avrebbe voluto esprimere voto contrario.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Consolo 1.124.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, non intervengo per un richiamo al regolamento per non far perdere tempo all'Assemblea. Tuttavia, la pregherei di far ritirare dai segretari di turno...

PRESIDENTE. Mi scusi, deputato Buontempo.

TEODORO BUONTEMPO. Dicevo, signor Presidente, che non intendo svolgere un richiamo al regolamento, ma la pregherei di far ritirare dai segretari di turno le tessere di votazione nelle postazioni in cui sono assenti i deputati. In tal modo, si evita ciò che stiamo osservando, ossia che alcuni, nonostante il suo giusto richiamo, continuino a votare anche per i colleghi assenti. Basta ritirare le tessere dai banchi in cui vi sono deputati assenti.

PRESIDENTE. Su questo punto raccolgo l'invito del deputato Buontempo e prego i segretari di Presidenza di procedere in tal senso (I deputati segretari ottemperano all'invito del Presidente).

Prego, deputato Buontempo, continui pure.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, ritengo che la libertà del singolo parlamentare e la libertà di coscienza dei gruppi siano valori aggiunti alla politica e non siano aspetti su cui recriminare, specialmente quando si assiste ad un voto trasversale che potrebbe anche significare, secondo questa logica, un'immoralità politica. Infatti, non si può reclamare il senso dell'appartenenza e, successivamente, votare insieme agli avversari.

Nel merito della questione, signor Presidente, stiamo discutendo di un emendamento con cui, ancora una volta, vorremmo fare emergere che coloro che sono a favore dell'indulto non vogliono, nella maniera più chiara, escludere dall'inclusione dei benefici dell'indulto stesso coloro che sono delinquenti abituali, professionisti o per tendenza, nel caso di condannati per delitti. Questa è la verità! Questo è il testo che coloro che sono a favore dell'indulto stanno votando!

Quindi, mi auguro che, fino alla fine, si voti non a scrutinio segreto, ma in maniera palese, perché il nome di ciascun deputato sia registrato accanto al suo voto, così come egli lo ha espresso, e quando i cittadini vedranno gli stessi delinquenti che il coraggio delle Forze dell'ordine era riuscito ad assicurare alla giustizia tornare nelle città a delinquere avranno a disposizione il nome ed il cognome del parlamentare che ha contribuito a riportare la delinquenza nelle strade delle nostre città (Commenti)!

Se qualcuno ha da dire qualcosa è bene che intervenga in aula, in piena libertà ed assumendosi le proprie responsabilità. Stiamo parlando oltretutto di cifre errate. Infatti, tra coloro che usciranno dal carcere perché devono scontare una pena al di sotto dei tre anni, coloro ai quali verrà applicato lo sconto dei tre anni e che hanno avuto condanne superiori e coloro a cui, sottratti i tre anni, resterà una condanna sotto i tre anni e saranno affidati ai servizi sociali, la somma sarà di circa 45 mila detenuti! Fatevi i conti, chiamate il Ministero della giustizia: siamo attorno ai 40-45 mila detenuti che, nell'arco di due anni, usciranno dal carcere!

Quindi, su una popolazione carceraria che si aggira sulle 61 mila unità circa, si rimetterebbero in libertà oltre la metà dei detenuti e resteranno in carcere - guarda caso! - i detenuti in attesa di giudizio! Voi volete evitare di affrontare questo problema, perché l'indulto non farà uscire dal carcere neppure quel 35 per cento di detenuti che verranno dichiarati, come le statistiche dimostrano, innocenti nei processi che devono subire...

PRESIDENTE. Il tempo è scaduto, la prego. Grazie, deputato Buontempo.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Come promesso, intervengo sempre per sottolineare aspetti diversi.

Poiché ho notato che molte volte si parla senza sapere ciò che si dice, ricordo che stiamo per riconoscere un grande beneficio a coloro - delinquenti abituali - che, dopo essere stati condannati alla reclusione in misura superiore complessivamente a cinque anni per tre delitti non colposi della stessa indole commessi entro dieci anni non contestualmente, riportano un'altra condanna per un delitto non colposo e della stessa indole.

Potrei continuare per i delinquenti professionali e per quelli per tendenza, ma la situazione dei delinquenti per tendenza mi sembra particolare. È dichiarato delinquente per tendenza chi, sebbene non recidivo o delinquente abituale o professionale, commette un delitto non colposo contro la vita o l'incolumità individuale, il quale di per sé o unitamente alle circostanze riveli una speciale inclinazione al delitto. Ecco a chi riconosciamo i benefici!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, intervengo solo per far presente che l'emendamento in esame è pressoché identico all'emendamento Lussana 1.69 già votato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.

DANIELE FARINA. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto contrario del gruppo di Rifondazione Comunista, cogliendo l'invito dell'onorevole Cirielli a far sì che i colleghi, me stesso per primo, parlino sapendo ciò che dicono.

In questo senso, approfitto della presenza del sottosegretario Li Gotti, in quanto i dati forniti dal Ministero non ci indicano con precisione quanti siano i datori di lavoro - padroni, a detta degli esponenti del centrodestra - che verrebbero liberati in base all'indulto e che si troverebbero ora nello stato di detenzione.

Ho la sensazione che il numero di tali datori di lavoro sia pari a zero, in quanto in questo paese neanche quando si dà fuoco al proprio dipendente - come accaduto in provincia di Milano - si finisce in galera; figuriamoci per il resto!

E a me spiace - colleghi dell'Italia dei Valori - che vi ricordiate della CGIL soltanto quando sbaglia e prende fischi per fiaschi (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)! Forse varrebbe la pena di ricordarsi dei sindacati confederali o meno anche nelle lotte a tutela dei lavoratori, ma credo che ciò non faccia parte del DNA del vostro gruppo.

Onorevole Buontempo, lei dà i numeri, in senso buono naturalmente! Ieri parlava del livello di recidività e quindi di un aumento dei reati dopo l'indulto del 1992 e guardava sopra e sotto. Onorevole Buontempo, l'ultimo provvedimento di indulto è stato nel 1990 e non nel 1992! Forse lei ha sbagliato le annate del vino, oltre che i numeri (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego! Dissentire con chi parla è legittimo...

IGNAZIO LA RUSSA. Ha dato dell'ubriaco al collega!

DANIELE FARINA. Onorevole La Russa, lei ha parlato di due mila detenuti per omicidio che uscirebbero dalle carceri italiane. Mi dispiace contraddirla, ma il Ministero ci comunica che i detenuti per omicidio presenti nei penitenziari del paese sono in tutto 2.400. Allora, o sono sbagliati i dati del Ministero o lei, in questo caso, racconta fischi per fiaschi!

Credo che la correttezza, la capacità di argomentare, sia fondamentale nella legittimità delle opinioni diverse. E non è un mistero per nessuno che magari da questi banchi vengano espresse opinioni diametralmente opposte a quelle provenienti da altri. Tant'è vero che le esprimiamo nel dibattito e nel voto.

Il nostro voto su questo emendamento, come sui precedenti, sarà pertanto assolutamente contrario. Tuttavia, l'invito rimane: non diamo numeri a casaccio, non creiamo allarme nel paese anche quando non ve ne è la necessità! Facciamo prevalere l'idea diversa che la non afflittività e la sicurezza dei cittadini sono grandezze che viaggiano assieme e non sono contraddittorie (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Leoluca Orlando. Ne ha facoltà.

LEOLUCA ORLANDO. Per ricondurre questo emendamento alla realtà normativa che, in buona sostanza, riproduce l'esclusione dell'applicabilità dell'indulto all'ipotesi prevista dall'articolo 151 del codice penale, riteniamo che lo stesso debba essere accolto perché evita che il provvedimento modifichi la normativa dell'indulto.

Un conto è applicare l'indulto, altro conto è cogliere l'occasione di un indulto per modificare l'unica normativa che riguarda il medesimo. Infatti, quest'ultima si rinviene oltre che nell'articolo 79 della Costituzione, nell'articolo 174 del codice penale, che espressamente dichiara che non si applica l'indulto alle ipotesi di delinquenti abituali, professionali o recidivi. È evidente che rappresenta un'anomalia, in questa furia indultista, non soltanto applicare l'indulto, ma modificare l'unica norma che lo regola, la quale è appunto l'articolo 174 del codice penale. Questo è troppo: ecco la ragione per la quale noi votiamo a sostegno di questo emendamento che, di fatto, mira ad impedire la modifica di una norma dell'ordinamento rispetto al regime dell'indulto (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Gasparri. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Presidente, lei prima ha fatto dei giusti richiami alla serietà dell'Assemblea. Poco fa un collega ha praticamente dato dell'ubriaco all'onorevole Buontempo, con toni e modalità inaccettabili che fanno ironia sul vino e su altre cose. Credo, onorevole Farina, lei che le bottiglie le ha utilizzate per altri scopi, che forse non possa ironizzare nei confronti di nessuno (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

FRANCESCO GIORDANO. Non voleva dire questo!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Consolo 1.124, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 521

Votanti 518

Astenuti 3

Maggioranza 260

Hanno votato 95

Hanno votato no 423).

Prendo atto che i deputati Nicchi, Capitanio Santolini e D'Ulizia non sono riusciti a votare e che quest'ultimo avrebbe voluto esprimere voto favorevole.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Cirielli 1.237.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Presidente, pur parlando a nome del gruppo sarò bravo e dirò poche cose, per sottolineare ciò che pensiamo senza fare ostruzionismo.

In particolare, questo emendamento cerca di salvaguardare quello che l'onorevole Mantini e l'onorevole, adesso senatore, Finocchiaro definiva la parte buona della Cirielli. Sembra sorprendente ma oggi l'attuale maggioranza, che per tre  anni ha criminalizzato la parte della cosiddetta ex Cirielli che riguardava la riforma organica della prescrizione, non parla più di abrogare quella riforma sulla prescrizione, segno che tutte le polemiche fatte erano pretestuose. Invece, sento ripetute dichiarazioni - per carità, sono legittime in quanto sappiamo bene che in politica è lecito cambiare opinione - secondo cui la cosiddetta parte buona della Cirielli, che individuava una categoria speciale dei recidivi reiterati o plurirecidivi di cui all'articolo 99, quarto comma, regolava una categoria per la quale era necessario un giro di vite. Oggi, con questa riforma, la cosiddetta parte buona della ex Cirielli - parole queste dei colleghi della sinistra -, è divenuta una delle cause principali di tutti i mali del sistema carcerario.

Proprio a difesa di quella che per noi, anche nella scorsa legislatura, era la parte buona di quella proposta di legge che mirava a dare certezza e maggiore sicurezza nell'infliggere una pena giusta, soprattutto a coloro che sbagliavano più volte, voglio sostenere l'importanza di questo emendamento. Prima di escludere la categoria dei recidivi di cui all'articolo 99, commi terzo e quarto, ossia i recidivi qualificati, che commettono più volte reati della stessa indole nel giro di pochi anni o mentre sono evasi, o che magari, mentre sono agli arresti domiciliari, scappano e commettono abitualmente reati, ci vorrebbe una riflessione ed auspico un ragionamento in tal senso da parte dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Onorevole Presidente, chi è abituato a contare le vetrine o le auto da incendiare in corso Buenos Aires a Milano non sa fare i conti sui dati che ho prima riferito. Se avesse ascoltato senza pregiudizio saprebbe che coloro che hanno distrutto le autovetture a corso Buenos Aires hanno avuto una condanna dai tre ai quattro anni. Pertanto, anche lui si è seduto al tavolo della spartizione. Io ho detto che nell'anno del provvedimento di clemenza del 1990 vi è stato un calo dei crimini, nell'anno successivo vi è stata una crescita dei delitti del 41 per cento; quindi nel 1991 dopo il provvedimento abbiamo avuto il 41 per cento di aumento della criminalità. Anche negli anni immediatamente successivi ad altri provvedimenti di clemenza vi è stato un aumento dei delitti, ad esempio nel 1977 e nel 1978 abbiamo avuto aumenti rispettivamente del 2,1 per cento e dell'8,7 per cento. Nel 1977 i delitti denunciati hanno raggiunto il numero di 2 milioni e 204 mila, che non sono autovetture bruciate ma crimini che hanno offeso i cittadini per bene (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cirielli 1.237, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 541

Votanti 537

Astenuti 4

Maggioranza 269

Hanno votato 98

Hanno votato no 439).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Mantini 1.2 e Donadi 1.238.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Grazie Presidente, l'emendamento al nostro esame, presentato da molti gruppi, tende ad escludere dall'indulto le pene accessorie, cioè quelle pene amministrative o interdittive che restano a chi esce dal carcere. Come abbiamo detto, onorevoli colleghi, noi vogliamo  un indulto equilibrato, in grado di essere una misura umana e giusta con i condannati, ma anche credibile nei riguardi dei cittadini preoccupati dalla criminalità. Abbiamo a cuore la legalità per i cittadini che sono in carcere e per quelli che sono fuori dal carcere. Le preoccupazioni dei cittadini per la loro sicurezza sono le nostre preoccupazioni, sarebbe davvero assurdo e irresponsabile il contrario.

In un recente libro-intervista José Luis Zapatero, cito testualmente, si dice «perfettamente d'accordo con Tony Blair nella considerazione che la sicurezza è propria della sinistra, che impiegare più poliziotti nelle strade in una democrazia solida è proprio della sinistra, dato che le principali vittime della delinquenza sono le classi medie e popolari, poiché i ricchi sono in grado di pagarsi una sicurezza privata».

Noi abbiamo orrore delle piccole Guantanamo disseminate lungo la nostra penisola, ma abbiamo anche orrore dei delitti, delle violenze, delle truffe finanziarie e di ogni tipo perpetrati quotidianamente contro i cittadini inermi. È lo stesso orrore in entrambi i casi, lo stesso che abbiamo contro la privazione dei diritti, la violenza, l'illegalità, l'ingiustizia. Per questo, non ci convincono certe antiche e antiquate visioni perdoniste, dimentiche della responsabilità che lo Stato ha nei confronti della protezione del bene fondamentale della libertà e dei diritti dei cittadini. Per questo, da democratici, assumiamo la politica di sicurezza come centrale nell'azione di Governo e nella nostra visione della società. L'Italia è cambiata - ne siamo convinti -, sta cambiando, vuole più sicurezza e più giustizia e noi dobbiamo essere all'altezza di questa domanda.

Per tali ragioni, avremmo voluto un provvedimento di indulto più equilibrato, ma accettiamo lo stesso un compromesso con tutte le forze del Parlamento per avere la maggioranza richiesta dalla Costituzione: per queste stesse ragioni, vogliamo escludere dall'indulto le pene accessorie. Già un'autorevole dottrina, cito qui Gustavo Zagrebelsky, definì «eccesso di indulgismo sommare le pene accessorie al beneficio dell'indulto».

Che senso ha oggi far uscire dal carcere, per esempio, un condannato per incesto e restituirgli il giorno dopo la potestà genitoriale? Che senso ha far uscire un condannato per bancarotta fraudolenta e restituirgli subito il posto nel consiglio di amministrazione? Che senso ha far uscire con l'indulto un condannato per peculato o corruzione e restituirgli immediatamente la direzione dell'ufficio dove ha commesso lo stesso reato? Noi dell'Unione, ma molte delle forze presenti in questo Parlamento, siamo per politiche alternative al carcere tutte le volte che sia possibile, per sanzioni alternative, per politiche ragionevoli di depenalizzazione. Sarebbe davvero assurdo, in questa circostanza, abbandonare questa giusta linea, togliere le pene ma anche le sanzioni amministrative interdittive. Molti di noi, onorevoli colleghi, pensano che la clemenza debba stare insieme alla giustizia e alle politiche di sicurezza. Non è cosa facile coniugare clemenza e rigore, ma è il nostro impegno e con questo voto possiamo dimostrarlo (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, anche nella passata legislatura ero favorevole ad un provvedimento di clemenza. Avrei preferito l'amnistia perché avrebbe consentito una decisione più profonda e meditata; ero, comunque, favorevole all'indulto, pur consapevole delle questioni delicate che si aprono. È giusto che, di fronte al dramma del sovraffollamento carcerario, il Parlamento debba assumersi le sue responsabilità. Mi ha sorpreso che il ministro Mastella, dopo avere annunciato il provvedimento ai carcerati, si sia defilato. Avrei preferito però che, dopo gli scandali di questi anni, fossero esclusi i condannati per reati finanziari e societari, ma devo  ammettere che pensare di inserire anche le pene accessorie è una cosa che non ha alcun senso comune.

Sono d'accordo sull'emendamento 1.2 del collega Mantini (Applausi di deputati del gruppo de L'Ulivo), anche perché il rischio che si corre è che qualche condannato per reati finanziari e societari in ipotesi riprenda il posto nel consiglio di amministrazione dove ha commesso i reati per cui è stato condannato. Mi sembra che ciò sia del tutto da evitare; quindi, in tal senso, aderisco alla proposta dell'onorevole Mantini (Applausi di deputati dei gruppi de L'Ulivo, dell'Italia dei Valori e dei Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Menia. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. Signor Presidente, posso anche prendere la parola subito dopo l'esame di questo emendamento; avevo, infatti, tentato inutilmente di segnalarle una questione che riguardava l'ordine nei lavori. Quindi, le chiederei di poter intervenire subito dopo la votazione degli identici emendamenti in esame.

PRESIDENTE. Sta bene.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pecorella. Ne ha facoltà.

GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, colleghi, spiace che non sia stato seguito con sufficiente attenzione l'intervento dell'onorevole Mantini perché la questione posta dagli identici emendamenti in esame è di grande rilievo sociale, oltre che politico; è di grande rilievo sociale per i seguenti motivi.

Anzitutto, bisogna chiarire che ci stiamo riferendo non a tutte le pene accessorie ma, piuttosto, a quelle accessorie temporanee, cioè, come dice la stessa parola, pene destinate a terminare nel tempo. Quindi, il richiamo all'incesto è assolutamente fuori luogo perché la perdita della patria potestà, come tutti sanno - ma forse non il collega Mantini - è una pena definitiva ed irrevocabile.

Ma perché ci poniamo il problema della rilevanza sociale della proposta? Anzitutto perché a noi pare che, se vi è un atto di clemenza e di comprensione nei confronti di soggetti che vengono sottratti al carcere per un certo periodo di tempo, appare assai singolare che, rimessi nella società, costoro siano privati della possibilità di svolgere determinate attività collegate al reinserimento sociale.

Si può obiettare, come è stato fatto anche dall'onorevole Tabacci, che in tal modo si potrebbe permettere a chi si sia reso responsabile della commissione di un reato di svolgere di nuovo delle attività nel campo stesso in cui ha commesso il crimine. Al riguardo, vorrei che riflettessimo su un aspetto; infatti, trattandosi di pene accessorie temporanee, esse riguardano un certo periodo di tempo. Ciò significa che, escludendo dall'indulto le pene temporanee, si può verificare questo stato di cose: un soggetto esce e, in ipotesi, per sei mesi o un anno non potrà svolgere una determinata attività che potrà, invece, esercitare dopo quel periodo. La mia riflessione dunque è la seguente. Nel periodo nel quale lo abbiamo rimesso nella società e non gli consentiamo, però, di svolgere quella determinata attività che potrà svolgere nei mesi successivi - faccio l'esempio di un medico che sia stato condannato a sei od otto mesi di interdizione dall'esercizio della professione - gli impediamo di essere recuperato dopo averlo messo fuori dal carcere. Dunque, la situazione in questo caso è molto singolare perché mentre, di solito, la pena temporanea accessoria decorre nello stesso periodo in cui si sconta la pena principale, nel momento in cui anticipatamente rimettiamo nella società una persona gli impediamo però per un certo periodo - e solo per un certo periodo - di riattivarsi nelle sue attività normali.

C'è dunque differenza tra le pene interdittive perpetue per cui non gli consentiamo di tornare nelle sue attività e quelle temporanee per cui lo lasciamo libero ma impedito di svolgere le attività di lavoro cui egli è abituato e nelle quali è capace. A me pare che noi stiamo rimettendo nella  società persone cui impediamo però di essere cittadini uguali agli altri anche se lo saranno a distanza di un certo numero di giorni o di anni. Ciò crea, inutilmente, una condizione di possibile ricaduta nel delitto, perché l'ipotesi di esclusione definitiva da una certa attività la si comprende - non la rifaranno mai più -, ma coloro che, viceversa, sono esclusi per un periodo di mesi o di uno o di due anni vengono messi in condizioni di non lavorare e di non svolgere determinate attività che però svolgeranno due anni dopo, con una pausa intermedia che impedisce loro comunque di reinserirsi socialmente.

Quindi, noi poniamo una questione di giustezza di questa norma che si vuole abrogare, una norma che era presente in tutti gli indulti, evidentemente sulla base del mio ragionamento. Per carità, ne facciamo una questione, da un lato, politica perché esiste un testo che abbiamo considerato l'unico accettabile, e, dall'altra, di reinserimento sociale, di presenza nella società di persone che, per un certo periodo ne sono escluse e che poi potranno riprendere la propria attività. Vorrei che su ciò si riflettesse bene. Lasciamo da parte la questione politica, ma riflettiamo bene se facciamo una cosa giusta rimettendo la persona in libertà, ma impedendole per un certo periodo di essere parte della società (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia e di deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Elia. Ne ha facoltà.

SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, invito i colleghi della maggioranza a riflettere sugli effetti che produrrebbe questo emendamento, se venisse approvato. Invito, altresì, il collega Mantini, nella sua legittima posizione politica e personale, a non accedere al livello della mistificazione o della propaganda politica. Lei ha richiamato l'esempio della patria potestà rispetto all'incesto. Per quanto riguarda il reato dell'incesto, se una persona viene condannata, di per sé perde la patria potestà, ma quel che è più importante è che nel provvedimento di indulto in esame escludiamo il reato di incesto! Quindi, collega Mantini, non si può fare questo esempio (basta leggere le disposizioni riguardanti le esclusioni). E non mi pare che siano stati presentati emendamenti soppressivi rispetto alle esclusioni.

I deputati della Rosa nel Pugno voteranno contro questo emendamento per le ragioni generali - le abbiamo già esposte - di insoddisfazione rispetto ad un provvedimento che, a parer nostro, è fin troppo pieno di esclusioni, che ne hanno limitato fortemente la portata; un indulto già inadeguato ad affrontare una vera e propria catastrofe umanitaria e di legalità nelle nostre prigioni. Peraltro, tale emendamento prevede un ulteriore limitazione su un punto di particolare rilevanza ai fini di un reinserimento sociale che sia soprattutto attento ai problemi della sicurezza sociale; vogliamo che questo inserimento scongiuri il più possibile il pericolo di recidiva dell'ex detenuto.

Escludere dall'indulto - su questo, colleghi della maggioranza, vi invito a riflettere -, oltre a quelle perpetue, anche le pene accessorie temporanee, rischia di essere una scelta criminogena (riflettiamo, lo ripeto, su questo). Rischiamo di provocare danni nell'approvare questo emendamento. È pericoloso, perché si costringe una persona - l'ha detto molto bene il collega Pecorella -, uscita dal carcere, a vivere nell'illegalità, a reiterare o a compiere scelte illegali.

Non so se tutti i colleghi conoscano l'esatto elenco delle pene accessorie temporanee alle quali non si vuole applicare l'indulto. Ve le ricordo. Le pene accessorie temporanee comportano: l'interdizione dai pubblici uffici; l'interdizione da una professione o un'arte; l'interdizione legale; l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese; l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione; la decadenza o la sospensione della patria potestà.

Ebbene, se venissero approvati gli identici emendamenti al nostro esame, costringeremmo le persone uscite dal carcere a  compiere scelte uguali a quelle che le hanno condotte negli stessi istituti penitenziari. Ciò perché le pene accessorie comportano le privazioni, le limitazioni e le esclusioni prima ricordate, escludendo, dunque, la possibilità di reinserirsi nella vita civile.

Ribadisco che non possiamo far uscire dal carcere un detenuto per complicargli la vita attraverso questo tipo di impedimenti ed obbligandolo, quindi, a reiterare o a compiere comportamenti contro la legge. Concedere l'indulto anche per quanto riguarda le pene accessorie risponde, dunque, ad un principio di legalità! Non si tratta di un atto di clemenza, ma risponde ad un principio di legalità e ad un bisogno di sicurezza sociale. Ritengo pertanto ragionevole...

PRESIDENTE. La prego di concludere!

SERGIO D'ELIA. ...contemplare anche tali misure all'interno del provvedimento di indulto in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, desidero intervenire brevemente per confermare che, trattandosi di proposte emendative che non sono state da esso presentate, il gruppo di Alleanza Nazionale si asterrà nella votazione degli identici emendamenti Mantini 1.2 e Donadi 1.238. Vorrei tuttavia dire (Commenti dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori)...

ANTONIO BORGHESI. Vergogna! Vergogna!

GIUSEPPE CONSOLO. Vorrei tuttavia dire all'onorevole Mantini che, se egli è contrario alla concessione dell'indulto, lo invito a votare assieme al gruppo di Alleanza Nazionale contro il provvedimento di clemenza in esame. Una disparità di trattamento delle pene accessorie rispetto al reato principale mi sembra, anche alla luce del precetto costituzionale, veramente assai discutibile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, intervengo solo per commentare brevemente le affermazioni del deputato Tabacci, il quale ha detto (Commenti)...

PRESIDENTE. Per favore, credo che il deputato possa parlare liberamente, grazie!

Prego, deputato Brigandì, prosegua pure il suo intervento.

MATTEO BRIGANDÌ. La ringrazio, signor Presidente.

Come stavo ricordando, il deputato Tabacci ha affermato che il sovraffollamento delle carceri è una responsabilità che appartiene a questa Assemblea. Dal momento che il sovraffollamento carcerario è, invece, un problema che investe l'amministrazione della giustizia, ritengo si debba escludere la responsabilità di quest'aula. Al massimo, si tratta di un onere che l'inefficienza dell'apparato giudiziario ci sta accollando e che noi stiamo cercando - anche se spero di no - di superare.

Vorrei far presente che, se i magistrati lavorassero come tutti gli altri cittadini, anziché fare quarantacinque giorni di ferie all'anno e tenere una o due udienze alla settimana, probabilmente avremmo già risolto il problema relativo ai detenuti in attesa di giudizio!

Concludo, ricordando che la durata media dei processi in Italia è pari a 1.300 giorni, mentre in Messico risulta di 300 giorni!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Raiti. Ne ha facoltà.

SALVATORE RAITI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per dichiarare  che condividiamo l'emendamento Mantini 1.2 (peraltro identico all'emendamento Donadi 1.238 presentato dal nostro gruppo), se non altro perché l'appello che abbiamo lanciato da questi scranni è stato parzialmente recepito. Infatti, anche se si cerca di introdurre rimedi comunque insufficienti, si tratta pur sempre di un passo avanti.

Per questo motivo, ritengo che anche i colleghi del gruppo di Alleanza Nazionale, che stanno conducendo una battaglia contro il provvedimento in esame, sotto questo punto di vista dovrebbero compiere uno sforzo per apprezzare tali proposte ed ottenere comunque questo risultato.

Desidero evidenziare, inoltre, che stiamo discutendo di pene accessorie e temporanee. Ho ascoltato l'intervento precedentemente svolto dall'onorevole Pecorella, il quale è mio collega anche dal punto di vista professionale: ebbene, vorrei umilmente rilevare che il ragionamento che egli ha formulato risulta decisamente in contraddizione con quella che dovrebbe essere la finalità del provvedimento di indulto che è stato proposto.

Le pene accessorie non c'entrano nulla con il sovraffollamento delle carceri. Riguardano tutt'altra finalità. Voglio ricordare che le pene accessorie sono stabilite dal codice di procedura penale; la finalità è quella di comminare una pena che non sia solo reclusiva, perché a volte la pena accessoria vale molto di più della restrizione della libertà. Spesso, infatti, essa è rivolta a quei soggetti che beneficiano di una posizione particolare, perché pubblici amministratori o pubblici ufficiali o amministratori di società; ebbene, quando il giudice sancisce una pena accessoria, li colpisce indicando alla società una loro responsabilità precipua, ed in questo senso questo tipo di pena a volte è più certa ed effettiva di quella della reclusione.

Quindi, nulla c'entra con il sovraffollamento delle carceri la giustificazione per la quale si dice che, se eliminiamo le pene accessorie, diamo la possibilità a chi ritorna in libertà di reinserirsi nella società. Questo ragionamento, mi consenta il collega Pecorella, può essere anche offensivo per l'intelligenza di molti, perché se un pubblico ufficiale torna in libertà non si capisce perché l'indomani mattina dovrebbe andare a svolgere proprio quel suo ruolo. Se un dirigente d'azienda, che ha commesso reati societari o finanziari, torna in libertà, non si capisce perché l'indomani mattina dovrebbe andare a svolgere solo ed esclusivamente il ruolo di dirigente d'azienda. Potrebbe andare a lavorare nell'azienda, caro collega Pecorella, magari facendo il manovale o scaricando qualche scatolone: così capirebbe qual è la fatica di coloro i quali lavorano onestamente (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Tenaglia. Ne ha facoltà.

LANFRANCO TENAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo dell'Ulivo aveva già presentato in Commissione giustizia lo stesso emendamento. Infatti, riteniamo che la differente finalità tra pena principale e pena accessoria, laddove per la pena accessoria la finalità è soprattutto quella della prevenzione sociale, mentre per la pena principale è quella dell'afflizione e della retribuzione, giustifichi questa disparità di trattamento.

Non si tratta di un problema di reinserimento sociale, perché le pene accessorie vanno a colpire quell'interesse, quel bene della vita che è stato leso dal reato. L'esclusione sociale non è a tutto tondo. Non riguarda il complesso delle possibili attività della persona. Non si tratta quindi di un problema di reinserimento sociale, ma di garantire la sicurezza sociale rispetto ad un interesse, un bene protetto da quel reato. Tant'è vero che la pena accessoria colpisce sempre un'attività, quell'attività che è stata lo strumento per compiere il reato, e quindi serve per prevenire la futura commissione dello stesso.

Dunque, ci sembra ragionevole questa disparità di trattamento. Per questo abbiamo ripresentato l'emendamento in Assemblea e voteremo a favore di esso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vacca. Ne ha facoltà.

ELIAS VACCA. Se il partito dei Comunisti Italiani non votasse a favore di questo emendamento, non si capirebbero i ragionamenti che fino a questo momento abbiamo sviluppato. Infatti, il ragionamento dotto e giuridicamente pregevole dispiegato dal collega Pecorella non persuade almeno sotto due profili.

Il primo profilo è la preoccupazione circa le modalità di reinserimento degli ex detenuti che credo sia condivisa dai 630 membri di questa Camera, ma l'esempio stesso che è stato portato ci induce evidentemente a distinguere l'attività risocializzante, che può essere per esempio quella di un primario condannato per omicidio colposo, quella di un amministratore d'azienda condannato per bancarotta fraudolenta, o quella di un pubblico amministratore condannato per corruzione o ancora quella appunto dei ladruncoli, di cui prima si stava parlando.

Per questi ultimi, attività risocializzanti non ce ne sono nelle misure alternative, perché nessuno dà loro lavoro e fiducia; per gli altri, invece, ce ne sono.

Allora, mi domando: se abbiamo detto in tanti, questa sera, in quest'aula, e anche nelle giornate precedenti, che l'obiettivo del provvedimento di indulto è quello di svuotare le carceri delle persone in eccedenza e di ridare speranza ai detenuti, almeno quanto ai tempi di riacquisizione della libertà, che c'entra, che c'azzecca - direbbe qualcuno - con il consentire ad amministratori di aziende bancarottieri di tornare ad amministrare le aziende il giorno dopo perché decade anche l'interdizione temporanea? Per trasferire il discorso sul terreno dei delitti colposi, le cronache sono piene di persone che guidano ubriache o sotto l'effetto di stupefacenti e che ammazzano pedoni innocenti e ignari che camminano sulle strisce. Se a costoro venisse condonata la pena e, quindi, non scontassero il carcere, vogliamo ritirare loro la patente oppure no?

Se non vogliamo dare veramente il messaggio che questo indulto, anziché essere un atto di clemenza, è un vero colpo di spugna sulle azioni criminose delle persone che devono essere destinatarie soltanto di uno sconto di pena, credo che l'emendamento del collega Mantini debba essere accolto.

Quando noi Comunisti Italiani abbiamo detto che ci saremmo riservati di esprimere il nostro voto sull'indulto nel dibattito in Assemblea, non lo dicevamo tanto per dire. Lo dicevamo perché noi non rinunciamo ad entrare nel merito di ogni singolo provvedimento e, a seconda del testo che ne risulterà dal dibattito, i Comunisti Italiani esprimeranno una valutazione complessiva. Se si tratta - lo ribadisco - di un atto di clemenza, che risolve l'emergenza carceraria, noi siamo assolutamente d'accordo. Se si tratta di tirare fuori i poveretti dalle carceri, siamo d'accordo. Ma, se si tratta di premiare in assoluto, rimettendo in sella bancarottieri corrotti e persone di questo genere, non siamo d'accordo affatto (Applausi dei deputati dei gruppi dei Comunisti Italiani e dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, mi rendo conto che alcuni emendamenti relativi a questa proposta di legge sono tecnici e, quindi, come tutte le questioni tecniche, hanno una loro osticità intrinseca. Ma credo che, mai come in relazione a questo emendamento, siamo di fronte ad una proposta che auspicavo il consenso comune portasse quest'aula a votare in modo unanime.

Qui stiamo parlando di non estendere l'indulto alle pene non detentive, temporanee, che prevedono, per alcune categorie di persone (pubblici dipendenti, imprenditori, amministratori di società, liberi professionisti) l'impossibilità, per un determinato periodo di tempo, di esercitare le attività nell'ambito delle quali hanno commesso il reato. Significa che il dipendente  pubblico che si sia lasciato corrompere, per un determinato periodo di tempo, non potrà riprendere a svolgere il ruolo nel quale si è fatto corrompere. Significa che l'imprenditore corrotto, che ha falsificato un bilancio o che ha truffato i propri clienti e consumatori, per un determinato periodo di tempo, non potrà svolgere le funzioni di imprenditore o di amministratore di una società di capitali. Quindi, mi pare evidente che si tratta di un intervento che con il fine di deflazione dell'eccesso delle presenze nelle carceri, evidentemente, non ha nulla a che fare.

Mi corre veramente l'obbligo di dire che quanto ho sentito affermare in quest'aula, da parte dell'onorevole Taormina e dell'onorevole D'Elia, rasenta l'incredibile.

PRESIDENTE. La prego, è nettamente oltre il tempo a sua disposizione.

MASSIMO DONADI. A me risulta di avere cinque minuti a disposizione per parlare sull'emendamento del mio gruppo...

PRESIDENTE. È già stato fatto... Lei ha un minuto per svolgere la sua dichiarazione di voto a titolo personale. Prego...

MASSIMO DONADI. Concludo immediatamente, signor Presidente. Tuttavia, vorrei far presente che sto intervenendo sul mio emendamento 1.238.

PRESIDENTE. Sugli identici emendamenti Mantini 1.2 e Donadi 1.238, per il suo gruppo è intervenuto l'onorevole Raiti. Sono esattamente gli emendamenti di cui stiamo discutendo.

MASSIMO DONADI. Io ho chiesto di parlare per illustrare il mio emendamento 1.238...

PRESIDENTE. È esattamente l'emendamento che stiamo esaminando! Noi stiamo esaminando gli identici emendamenti Mantini 1.2 e Donadi 1.238. Rispetto a questi due identici emendamenti è cominciato l'esame e, per il suo gruppo, ha parlato l'onorevole Raiti. Dunque, lei ha un minuto di tempo, che è ampiamente scaduto per intervenire.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, se mi concede un minuto, mi avvio alla conclusione.

PRESIDENTE. Prego.

MASSIMO DONADI. Credo sia un atto di minima giustizia prevedere che chi ricopre un determinato ruolo apicale nella pubblica amministrazione...

PRESIDENTE. Però, la prego: le ho rivolto un'osservazione! La prego di concludere.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, un minuto non è trascorso.

PRESIDENTE. Sono trascorsi quasi due minuti: la prego!

MASSIMO DONADI. Rilevo, poi, cosa ci sia dietro il fumo della dura opposizione di Alleanza Nazionale: c'è il niente, c'è la volontà implicita di accettare un indulto rispetto a cui non sono disponibili! Non vogliono correre nemmeno il rischio che un singolo emendamento venga approvato. Congratulazioni! Gli italiani lo sapranno (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori)!

IGNAZIO LA RUSSA. Esci dal Governo! Smettila di appoggiarli!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, tutti i nodi vengono al pettine! E tali nodi sono emersi con chiarezza su questo emendamento. Dico sinceramente - perché ci ispirano e ci guidano lealtà e serenità - che non si può non esprimere un voto favorevole su di esso. Questa non è un'amnistia, che estingue il reato e che noi  avevamo sollecitato (peraltro, non avevamo il coraggio di fare un'amnistia!).

Il provvedimento che stiamo assumendo riguarda una priorità precisa, che è quella del sovraffollamento delle nostre carceri. Pertanto, se si parte da questo presupposto, ha perfettamente ragione il deputato del partito comunista che è intervenuto prima di me: questo emendamento deve essere approvato. Siamo in una logica diversa da quella dello svuotamento delle carceri, che ispira il provvedimento di indulto. L'ha già motivato l'onorevole Tabacci.

Vorrei ringraziare anche l'onorevole Mazzoni che, nell'ambito del Comitato dei nove, si è prodigata per una diversa coerenza logica. Questi nodi verranno al pettine anche in seguito, perché, ad esempio, vi sono emendamenti del gruppo di Rifondazione Comunista che, da un lato, mirano ad evitare che una certa fattispecie venga compresa tra le esclusioni (mi riferisco al tema delle bande armate) e, dall'altro, per quanto riguarda l'usura, assumono un atteggiamento esattamente opposto. Ciò fa parte della confusa logica di scambio che abbiamo posto in essere in quest'aula, che non fa onore al Parlamento.

Comunque, non voglio polemizzare. Vorrei solo dire che esprimeremo un voto favorevole sull'emendamento Mantini 1.2 (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Vitali. Ne ha facoltà.

LUIGI VITALI. Signor Presidente, vorrei manifestare la mia grande perplessità sul voto che ci accingiamo ad esprimere. Colleghi, in quest'aula ci sono due posizioni molto chiare. Vi è la posizione di quanti dicono di essere contrari all'indulto, che è condivisibile o meno, ma assolutamente rispettabile. Vi è, poi, la posizione di quanti, invece, ritengono l'indulto necessario.

Mi rivolgo a questa maggioranza parlamentare: non soltanto abbiamo il dovere di intervenire in questa materia per liberare le carceri dalle migliaia di persone recluse, ma in quanto legislatori abbiamo il dovere di formulare leggi che abbiano una consapevolezza ed una coerenza.

Mi sembra che una parte della maggioranza rispetto all'indulto voglia salvarsi la coscienza, nell'ottica di una politica di riduzione del danno. L'indulto non è un danno: se è un danno, non si vota; se, invece, non è un danno, si vota con tutte le conseguenze! Quindi, annuncio un voto contrario sull'emendamento in esame (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia e di deputati del gruppo de La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, annunzio l'espressione del voto favorevole del gruppo della Lega Nord sull'emendamento in esame, coerentemente con la posizione che ha manifestato nel corso della discussione in Commissione e con il fatto che anche noi abbiamo presentato un analogo emendamento per escludere dalla riduzione di pena le pene accessorie.

Mi trovo perfettamente d'accordo con il deputato Casini: le pene accessorie rappresentano qualcosa di diverso rispetto ad uno sconto di pena e all'esigenza di deflazionare i nostri penitenziari. Dobbiamo anche pensare che, se si vuole procedere nella direzione dell'indulto, quindi, di un atto di clemenza, bisogna anche consentire o, comunque, prevedere delle misure che consentano un momento di riflessione per chi ha commesso un reato, ha subito una condanna che si vede condonare. Vi sono comunque delle responsabilità sociali evidenti ...

PRESIDENTE. La prego, onorevole Lussana.

CAROLINA LUSSANA. Ho cinque minuti, Presidente! Mi scusi, lei è stato  oltremodo clemente, visto che parliamo di indulto, nei confronti del presidente dell'Italia dei Valori, che ha «sforato» di ben tre minuti il suo intervento, poiché era già intervenuto un collega del gruppo! Io ho cinque minuti e vorrei continuare...

PRESIDENTE. No, lei ha solo un minuto!

CAROLINA LUSSANA. No, ho cinque minuti, perché nessuno del mio gruppo è intervenuto!

PRESIDENTE. Mi scusi; lei ha forse «cancellato» il deputato Brigandì? È intervenuto, mi dispiace!

CAROLINA LUSSANA. Allora, Presidente, vi sono delle responsabilità sociali.

Vorrei, inoltre, rispondere all'onorevole Pecorella: un medico che pratica l'infibulazione (mi riferisco ad una legge approvata e condivisa da questo Parlamento) e che beneficia anche dello sconto di pena non deve tornare a fare il suo mestiere!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, voteremo contro questo emendamento e, al riguardo, vorrei leggervi otto date (è la motivazione per cui esprimeremo il voto contrario): 22 giugno 1946, 19 dicembre 1953, 11 luglio 1959, 4 giugno 1966, 22 maggio 1970, 4 agosto 1978, 18 dicembre 1981, 10 aprile 1990.

Vi erano parlamentari che, in questa sede, hanno dimostrato di avere il didimo e l'epididimo! Quindi, voteremo contro, perché anche noi vogliamo dimostrare, come loro, che le pene accessorie erano ricomprese: qualcuno qui li deve pure avere il didimo e l'epididimo!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, ha già parlato per il gruppo, sia pure per meno di un minuto, il nostro rappresentante al banco del Comitato dei nove.

Confermo che il gruppo di Alleanza Nazionale ha deciso, in linea di massima, di votare unicamente i propri emendamenti, perché sappiamo, come ha appena rilevato l'onorevole Casini, che su tutta una serie di emendamenti si dovrà discutere se includere o meno tra i beneficiari dell'indulto le persone che hanno commesso, per esempio, i reati di rapina a mano armata, di usura, di banda armata...

FRANCESCO GIORDANO. Perché guardi verso di noi?

IGNAZIO LA RUSSA. ...e se dobbiamo ricomprendere nell'indulto le pene accessorie.

È una valutazione che lasciamo unicamente a chi ha deciso che questo indulto debba essere approvato. Non vi toglieremo le castagne dal fuoco, né in un senso né nell'altro! Noi non voteremo, ma ci asterremo, a parte qualche eventuale caso di coscienza che, a mio avviso, non è presente in questa materia, e lo dico ai colleghi del mio gruppo.

Noi invitiamo coloro cui non piacerà il risultato di questo voto, se ve ne saranno, a non votare l'indulto in sede di votazione finale (Commenti).

GIUSEPPE ASTORE. Vergogna!

IGNAZIO LA RUSSA. Scemo! Non ti permettere di dire vergogna! Imbecille!

PRESIDENTE. Chiedo, per la necessaria correttezza del voto, che i deputati segretari procedano alla verifica delle schede ed invito i deputati al massimo della correttezza nell'esprimere un voto che ognuno sa essere delicato!

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, interverrò in maniera telegrafica.

Ovviamente, condivido quanto ha affermato il mio capogruppo, ma poiché ho presentato l'emendamento 1.235, che è uguale a quello in esame, il mio voto sarà favorevole.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Mantini 1.2 e Donadi 1.238, non accettati dalla Commissione e sui quali il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni - Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dell'Italia dei Valori e dei Comunisti Italiani - Applausi polemici di deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

(Presenti 527

Votanti 510

Astenuti 17

Maggioranza 256

Hanno votato 340

Hanno votato no 170).

Vi prego! Vi prego! In conseguenza dell'approvazione degli identici emendamenti Mantini (Commenti)... Vi prego, per favore (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)! Vi prego (Commenti)! Vi prego di lasciare svolgere ordinatamente i lavori senza commentare i singoli comportamenti!

Avverto che, in conseguenza dell'approvazione degli identici emendamenti Mantini 1.2 e Donadi 1.238, soppressivi del comma 2, è precluso l'emendamento Lussana 1.60.

Avverto, inoltre, che l'emendamento Consolo 1.126 deve intendersi riformulato eliminando il riferimento al comma 2.

Dobbiamo ora passare al successivo emendamento segnalato, cioè all'emendamento Contento 1.125. Se nessuno chiede la parola...

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Intervengo rapidissimamente, signor Presidente, per annunciare che i deputati del gruppo dell'Italia dei Valori voteranno a favore dell'emendamento in esame.

Riteniamo molto importante subordinare la concessione dei benefici legati all'indulto al fatto che almeno un terzo della pena sia stato scontato. Ciò non incide, se non in misura minima, sulla quantità di coloro che beneficeranno dell'indulto, ma lega l'applicazione dell'indulto almeno al rispetto minimo di un altro principio che - così credo - ha valenza generale: quello secondo il quale la pena deve avere un minimo di certezza (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione...

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vacca. Insisto nel chiedere ai deputati di avvertire della loro determinazione di intervenire, per favore, prima che siano pronunciate le parole: «Indìco la votazione».

Ha facoltà di parlare, deputato Vacca.

ELIAS VACCA. Signor Presidente, impiegherò pochi secondi per dire che, se si fosse fatto riferimento alla necessità di adoperarsi per risarcire il danno, l'emendamento in esame ci troverebbe d'accordo. La condizione oggettiva dell'avvenuto risarcimento del danno, purtroppo... Mi fanno notare i colleghi che sto facendo riferimento ad un emendamento successivo e, quindi, mi fermo qui.

PRESIDENTE. È così, grazie.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Contento 1.125, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 556

Votanti 553

Astenuti 3

Maggioranza 277

Hanno votato 99

Hanno votato no 454).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Consolo 1.126, nel testo riformulato a seguito dell'approvazione degli identici emendamenti Mantini 1.2 e Donadi 1.238.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, desidero soltanto ricordare all'Assemblea che il mio emendamento 1.126, come riformulato (a seguito della soppressione del comma 2), prevede l'applicabilità del beneficio a condizione che la parte offesa, quella che ho definito il protagonista emarginato di tutto il provvedimento, sia stata risarcita.

Mi sembra un provvedimento di grande equità: una volta che la parte civile si sia costituita, l'emendamento pone sullo stesso piano chi ha commesso il reato e chi ha subito l'offesa ed il danno materiale del reato. Ammettere all'indulto Caino, la parte che ha commesso il reato, senza pensare alla parte che ha subito le conseguenze del reato ci sembra veramente iniquo e stravolge quella par condicio che dovrebbe esservi, come minimo, tra chi ha commesso il reato e chi l'ha subito.

Ecco perché chiedo ai colleghi di valutare serenamente l'emendamento in esame. Non si dica, per piacere, che l'emendamento in questione è ultroneo ed inutile, perché qualora la parte offesa del reato avesse potuto essere risarcita avrebbe già ottenuto il risarcimento: un conto è un risarcimento formale che deriva dall'avvenuta costituzione di parte civile, un conto è un risarcimento effettivo, al quale noi ci riferiamo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, non so se i giornalisti si debbano per forza dividere in buoni o cattivi, però in un giornale di questi giorni si riporta il caso degli stabilimenti di Eternit, dove si dice che vi siano almeno tremila morti a causa dell'amianto. Secondo quanto si legge, un insieme di dirigenti ed amministratori che facevano parte dei suddetti stabilimenti, che hanno avvelenato la vita di molti lavoratori e anche di tanti cittadini, non saranno chiamati, grazie all'indulto, a rispondere di disastro colposo e di altri omicidi colposi e, probabilmente, non finiranno mai in carcere. Addirittura, poiché si dice che l'indulto è solo la premessa dell'amnistia che partirà in autunno, se questo fosse, non verserebbero nemmeno un euro alle vittime ed ai loro familiari.

Per questo, l'Italia dei Valori voterà a favore dell'emendamento in esame (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vacca. Ne ha facoltà.

ELIAS VACCA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio sarà un intervento rapido: quello che avrei voluto svolgere prima se non avessi perso il filo degli emendamenti. L'emendamento in esame non è peregrino né inopportuno, per certi versi, perché è vero che risponde alla logica della tutela di Abele.

Vorrei svolgere tre considerazioni che ci impediscono di votare favorevolmente. In primo luogo, vi è quanto dicevo prima: la concessione dell'indulto è ancorata non all'essersi efficacemente adoperati per risarcire ma al fatto oggettivo di avere risarcito. Ciò, a volte, è impossibile oggettivamente, malgrado ci si sia adoperati per farlo e, quindi, le persone con condizioni economiche più favorevoli si vedrebbero riconoscere l'indulto a discapito di quelli che non hanno denari.

In secondo luogo, vi è comunque un punto scoperto: in tutti i delitti nei quali non vi sia la persona offesa o la costituzione  di parte civile - mi riferisco, ad esempio, alla detenzione per spaccio di stupefacenti -, il fatto che non vi sia danno da risarcire e non vi sia costituzione di parte civile impedisce di ottenere l'indulto.

In terzo luogo, vi sono processi delicatissimi nei quali le persone offese hanno ricevuto danni gravissimi ma, a volte, non si costituiscono parte civile per contesti ambientali. Vorrei precisare che nei processi per usura, per mafia e, in Sardegna, anche in quelli per sequestro di persona molto spesso la costituzione di parte civile porta ragionevolmente alcuni problemi. In questo caso, vorremmo ulteriormente premiare coloro che non si vedono contrapporre una parte civile, magari timorosa di agire in sede civile nel processo penale?

Per tutte queste considerazioni, i Comunisti Italiani non voteranno a favore dell'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Leoluca Orlando. Ne ha facoltà.

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, colleghi deputati, intervengo soltanto per riprendere una considerazione del deputato Consolo e per invitare me stesso e tutti noi a riflettere su questo emendamento.

Credo che l'approvazione della proposta emendativa in esame possa evitare che questo provvedimento produca allarme sociale. Ci siamo preoccupati di evitare un allarme sociale nell'individuazione dei reati da escludere dall'indulto. L'idea che si applichi tale beneficio a prescindere dal risarcimento del danno provocato alle vittime credo che produrrebbe allarme sociale. Evitiamolo; evitiamo di far pensare che questa «furia indultista» travolge i diritti delle parti offese riconosciuti nel processo attraverso il riconoscimento del danno subito.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, un'agenzia di stampa delle 19,35 annuncia che il ministro della giustizia Mastella avrebbe scritto al Presidente del Consiglio dei ministri dichiarando, testualmente, che non esclude l'ipotesi di rimettere l'incarico. Stando a quanto si apprende dall'agenzia di stampa, il Guardasigilli lamenta con il Presidente del Consiglio quanto sta accadendo all'interno del Governo e, in particolare, l'atteggiamento e le parole del ministro Di Pietro, chiedendo al medesimo Presidente del Consiglio di intervenire.

Quest'oggi, in molti hanno commentato l'attivismo del ministro Di Pietro in questa vicenda, che, per carità, è comprensibile e legittimo. In pochi hanno lamentato la latitanza assoluta del ministro guardasigilli, il quale è l'interlocutore competente, in rappresentanza del Governo, per questo provvedimento. Egli è stato, finora, il convitato di pietra in tutta questa discussione che, peraltro, mi pare lo dovrebbe riguardare. Per di più, si apprende ora che il ministro Mastella, non solo si sarebbe autosospeso, al pari del ministro Di Pietro, ma addirittura annuncerebbe le sue dimissioni. Credo sia il caso che il Presidente del Consiglio dei ministri venga a chiarire questa confusa situazione di ministri competenti, che non ci sono, e di ministri incompetenti, superattivi (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Lei ha svolto alcune considerazioni politiche che spetterà al Governo valutare.

Proseguiamo nell'esame degli emendamenti e nelle votazioni.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Intervengo, signor Presidente, semplicemente per ribadire il nostro voto favorevole a questo emendamento il quale, sostanzialmente, è uguale  ad un altro emendamento che avevamo presentato in sede di Commissione ma che non abbiamo potuto segnalare. Vorrei rimarcare, per motivare il voto favorevole, una considerazione.

Dal momento che la vittima ha subito un danno, è giusto che, quanto meno, la concessione di un atto di clemenza nei confronti di chi lo ha causato sia subordinata ad un concreto risarcimento a favore della vittima. Si potrebbe affermare che, in questo modo, si penalizzano le persone meno abbienti. Però, ritengo che chi ha commesso un reato, chi ha commesso un delitto debba essere considerato, quanto meno, con minor favore rispetto alla vittima del medesimo reato, spesso meno abbiente. Nel bilanciamento degli interessi, anche in questo caso, ovviamente, debbono prevalere gli interessi delle vittime.

Vorrei svolgere anche una considerazione di ordine pratico. L'emendamento Cota 1.126 condiziona l'effettivo risarcimento alla circostanza che la vittima si sia costituita parte civile nel processo; quindi, che sia stato accertato e quantificato il danno e che questa quantificazione sia anche, per così dire, in fase esecutiva.

Quindi, vuol dire che siamo di fronte ad un vero e proprio inadempimento di un provvedimento già esecutivo. Vorrei dire che spesso ciò capita, normalmente, proprio nei confronti dei delinquenti veri e propri, signor Presidente. Infatti, chi non è un delinquente vero e proprio, quando una sentenza lo condanna a risarcire un danno nei confronti della vittima, normalmente paga.

ROBERTO MENIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. Signor Presidente, le avevo chiesto la parola in precedenza e, successivamente, le avevo chiesto nuovamente di darmela quando eravamo ormai passati ad un tema che era evidentemente più pregnante e che poi è stato sottolineato anche dal voto sul relativo emendamento.

Volevo riproporre una questione che le è già stata sottoposta in precedenza, ma alla luce di un nuovo fatto. Dagli uffici apprendiamo che il testo del cosiddetto decreto Bersani non sarà disponibile prima delle 21 di questa sera e che è già stato fissato il termine per la presentazione degli emendamenti per le 12 di domani. Mi pare del tutto evidente che ci vuole un suo autorevole intervento, signor Presidente, nei confronti del presidente della Commissione, affinchè tale termine sia spostato. Prevedibilmente, alle 21 sarà disponibile il testo del decreto - che non è da poco, mi pare - e mi sembra inaccettabile che si pretenda di farci presentare gli emendamenti entro domani, alle 12 (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Deputato Menia, la sua sollecitazione sarà esaminata e le risponderò a breve.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fabris. Ne ha facoltà.

MAURO FABRIS. Signor Presidente, intervengo anzitutto per annunziare il nostro voto contrario sull'emendamento Cota 1.126 e per tranquillizzare il collega Vietti e quanti, come lui, sono preoccupati per lo stato del ministro Di Pietro, il quale è tranquillamente al suo posto, a lavorare, e non è voluto venire in aula per non alimentare la sceneggiata dei ministri «di lotta e di Governo», che abbiamo visto ed ascoltato in quest'aula. Infatti, questa è una vicenda che, come tutti sappiamo, è affidata alla responsabilità ed all'iniziativa parlamentare, così come è stata condotta in Commissione, laddove il Governo, rappresentato dal sottosegretario che di volta in volta ha partecipato ai lavori, ha espresso i pareri e le opinioni che riteneva necessarie.

Quindi, collega Vietti, non vi è alcuna fretta che lei prepari di nuovo le valigie per tornare a largo Arenula, almeno per quanto ci riguarda. Da questo punto di vista, credo non si possano imbastire dibattiti, signor Presidente, sui lanci di agenzie di stampa, che ovviamente hanno l'attendibilità  che possono avere agenzie di tale tipo.

PRESIDENTE. Sono in grado di rispondere all'osservazione sull'ordine dei lavori formulata dal deputato Menia. Consultandomi con il presidente della Commissione, posso dirle, deputato Menia, che i lavori della Commissione stessa sono rinviati a domani mattina, in modo che tutti i componenti della medesima Commissione possano utilizzare i materiali e nel corso (Commenti del deputato Menia)... Mi lasci finire, per favore, e poi potranno intervenire tutti coloro che chiederanno la parola.

Nel corso del dibattito in Commissione, anche alla luce della decisione che adotterà la Conferenza dei presidenti di gruppo, si potrà spostare l'orario di inizio delle votazioni (Commenti)... No, non c'è nessun nervosismo! Questa è la comunicazione che volevo fare, considerato che mi è stata avanzata una sollecitazione.

Mi sembra che il deputato Menia voglia intervenire per una replica; successivamente potrà intervenire chi riterrà di chiedere la parola.

Prego, deputato Menia, ha facoltà di parlare.

ROBERTO MENIA. Signor Presidente, prendo atto della sua risposta, ma non parlavo di orario delle votazioni. Parlavo di termine di scadenza per la presentazione degli emendamenti, e su tale aspetto lei non mi ha risposto.

PRESIDENTE. Deputato Menia, le ho risposto nel senso che domani mattina, cominciando la discussione, nel corso della stessa, anche alla luce del dibattito che si svolgerà in seno alla Conferenza dei presidenti di gruppo, verrà fissato il limite orario cui lei ha fatto riferimento.

ROBERTO MENIA. Il termine per la presentazione degli emendamenti, quindi, non l'orario delle votazioni? Lei ha detto una cosa diversa rispetto a ciò che avevo richiesto. Quindi, o non ci capiamo...

PRESIDENTE. Il termine per la presentazione degli emendamenti e l'orario delle votazioni.

CARLO GIOVANARDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, credo che in quest'aula siamo tutti preoccupati della dignità del Parlamento e, in primo luogo, credo che il più preoccupato sia chi presiede questa Assemblea.

Abbiamo appena sentito un autorevole esponente della maggioranza - che fa parte dello stesso gruppo del senatore Mastella - dire che il ministro della giustizia non partecipa ai lavori pomeridiani della Camera per non contribuire alla «sceneggiata» che un suo collega di Governo sta portando avanti in quest'aula. Questa non è una affermazione dell'opposizione, ma è fatta da un leader della maggioranza. Noi, come parlamentari, non possiamo fare da comparse in una sceneggiata (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

Che il ministro della giustizia non venga in aula e non ascolti un dibattito che riguarda l'affollamento delle carceri, la possibilità di recuperare i detenuti, le pene accessorie, e non venga per protesta contro un collega di Governo, come appena testimoniato da un gruppo della maggioranza, è grave. In queste settimane, abbiamo assistito allo svuotamento del Parlamento, ma che il Parlamento venga ridotto ad un palcoscenico su cui alcune «prime donne» fanno i loro litigi mi sembra veramente eccessivo; quindi, chiedo al Presidente di attivarsi affinché questo scempio del Parlamento abbia fine, facendo venire in aula chi ha il dovere di venire (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Daremo seguito al tema perché alcuni deputati hanno chiesto di  parlare su questo argomento; quindi, darò la parola a un deputato per ciascun gruppo. Intanto, però, devo una risposta conclusiva alla questione prima sollevata, nel senso di accogliere la richiesta che è stata avanzata sia nel rinviare a domani mattina l'inizio dei lavori della Commissione per poter fruire dei documenti necessari, sia nel disporsi ad un differimento del termine per la presentazione degli emendamenti sulla base del lavoro della Commissione, tenendo conto dei pronunciamenti della Conferenza dei capigruppo. In questo senso, la richiesta viene accolta (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

Passiamo alla questione sollevata dal deputato Giovanardi, su cui hanno chiesto di parlare numerosi deputati.

Ha chiesto di parlare il deputato Osvaldo Napoli. Ne ha facoltà.

OSVALDO NAPOLI. Signor Presidente, siamo veramente di fronte ad una barzelletta: un Governo i cui ministri si autosospendono e minacciano le dimissioni in continuazione, come hanno fatto i ministri Mastella, D'Alema e Ferrero. Su questo dico soltanto una cosa: finalmente, assumete le vostre responsabilità, passate dalle parole ai fatti, date finalmente queste dimissioni, perché farete un favore al paese (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gasparri. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, oggi sono intervenuto per un richiamo al regolamento per capire il senso del question time; infatti, questo pomeriggio il collega Villetti ha utilizzato il question time per chiedere al Presidente Prodi se il Governo sostanzialmente avesse la maggioranza, cosa sarebbe accaduto se il Governo non avesse avuto la maggioranza, se ci sarebbero state le elezioni o meno.

In quel momento, ho ritenuto impropria la sede del question time per sollevare una questione che è di natura politica perché, come ho avuto modo di dire, è il dibattito dei dibattiti sapere se c'è un Governo, se c'è una maggioranza; però, forse ho sbagliato perché, comunque, l'onorevole Villetti, conoscendo meglio di noi la condizione della maggioranza, sapeva quello che diceva e, quindi, evocava la inesistenza di una maggioranza, che rappresenta un dato di fatto.

Pare che si sia appena chiusa la «pantomima» degli otto dissidenti che, accontentati dalla foto quotidiana per una settimana sul Corriere della sera - parlo dei senatori dissidenti -, voteranno per l'invio e la permanenza delle nostre truppe in Afghanistan.

PRESIDENTE. La prego...

MAURIZIO GASPARRI. Mi faccia parlare, Presidente...! Dopodiché, noi chiediamo che il ministro della giustizia venga in quest'aula: non si fanno comizi a Regina Coeli e poi si ignora il Parlamento! Si venga ad assumere le sue responsabilità: qui non ci sono nozze, c'è il Parlamento della Repubblica! Allora, se il Governo non c'è più, basta con gli autosospesi e con le pagliacciate che stanno facendo il ministro delle infrastrutture e quello della giustizia! Venga qui! Dieci o dodicimila delinquenti rischiano di uscire dalle carceri e di andare a disturbare la gente onesta: vogliamo sapere che politica della giustizia ha il Governo e se ha un ministro della giustizia! Mastella, forse, non ne ha ancora preso coscienza. Dunque, si svegli e venga in Parlamento, se è ancora ministro e se c'è ancora un Governo. Vediamo lo stato confusionale del Governo ai banchi. L'Italia ha il diritto di sapere se il Governo c'è o se, come noi constatiamo, non c'è più (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)!

PRESIDENTE. Vorrei fare una precisazione: essendo stata sollevata una questione di un certo rilievo, il Presidente poteva decidere o di dare immediatamente una sua risposta conclusiva sull'argomento  oppure di fare parlare un deputato a favore e uno contro, oppure - come sto facendo - di dare la parola ai deputati che lo chiedono, uno per gruppo. Stante, secondo i precedenti, la rilevanza del problema politico sollevato, si è posta in essere la terza scelta, per un grande rispetto verso l'importanza del Parlamento.

Ha chiesto di parlare il deputato Neri. Ne ha facoltà.

SEBASTIANO NERI. Desidero, con serenità, evidenziare che la presenza del Governo non richiede sempre, anche se sarebbe opportuno, la presenza del ministro competente quando si esamina un provvedimento che ha un'importanza equivalente a quella della proposta di legge in tema di indulto che stiamo per l'appunto esaminando. Tuttavia, l'opportunità non è necessità e il Governo potrebbe benissimo, su un piano formale, essere rappresentato da altri suoi componenti, qualora sul punto - e all'interno del Governo - ci sia omogeneità di posizioni. Nel momento in cui questa omogeneità di posizioni non si registra e siamo sostanzialmente alla rissa, è singolare che davanti ad un ramo del Parlamento compaia uno dei provocatori della rissa, che è il ministro che non ha la competenza sul provvedimento in oggetto, e sia assente, polemicamente e dichiaratamente, il ministro che avrebbe il dovere istituzionale di rappresentare il Governo alla Camera (Applausi del deputato Giovanardi).

Mi rivolgo a lei, Presidente, non per aprire l'ennesima polemica sulla capacità di questo Governo di affrontare i problemi del paese, ma per pretendere dal mio Presidente, come deputato, il rispetto della mia funzione istituzionale!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Ho una certa esperienza parlamentare alle spalle, signor Presidente, ma non mi è mai capitato di assistere e di partecipare attivamente ad un dibattito su un tema di pertinenza di un ministro che è assente e che è sostituito da un altro ministro che fa aperta propaganda contro la posizione assunta dalla sua stessa maggioranza. Credo che siamo veramente al massimo della confusione!

Per tale motivo mi associo alla richiesta di una presenza del ministro competente in aula. Si dice che questa è una proposta di legge di iniziativa parlamentare, ed è vero; ma ci vuole poco per chiedere al Governo qual è la sua opinione nel merito di questa proposta di legge di iniziativa parlamentare, o con una mozione o con un'interrogazione o con un'interpellanza. A quel punto, cosa fa il Governo, resta muto? Questo è il tema politico; il Governo non può non avere una sua posizione.

Non si tratta di un tema simile a quello delle cellule staminali, che divide le coscienze di questa Camera al di là dell'appartenenza politica, si tratta di un tema eminentemente politico: l'indulto, un istituto previsto dalla Costituzione italiana, attorno al quale una larga maggioranza di impronta liberale di questa Camera si sta ritrovando unita. Pertanto, anche il mio gruppo, sulla scia dei colleghi che mi hanno preceduto, chiede la presenza del ministro Mastella nel corso dei lavori dell'Assemblea. Egli non deve provare alcuna difficoltà a partecipare ai lavori di questa Camera solo perché in quest'aula è presente il ministro delle infrastrutture. Vorrà dire che, quando si parlerà della Torino-Lione, un tema non meno controverso all'interno della maggioranza, io mi rivolgerò direttamente all'onorevole Mastella, ministro della giustizia (Applausi dei deputati del gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Presidente, colleghi, non solo il ministro Mastella non è venuto in aula, ma il ministro Mastella è venuto alla Camera e, dopo aver visto il ministro Di Pietro, è scappato via. Questo è ciò che è accaduto, secondo una voce fatta circolare da chi ha visto direttamente l'accaduto.

La questione è assolutamente rilevante, Presidente, non perché noi vogliamo strumentalizzarla, ma perché oggi si discute un provvedimento che ha attinenza con la giustizia, non si discute di altro. Un provvedimento sul quale il ministro della giustizia ha più volte preso posizione. È stato addirittura lui a lanciare la proposta recandosi in carcere a fare promesse, definite incaute dagli stessi esponenti della sua maggioranza.

Altro punto. Noi oggi discutiamo di un provvedimento senza sapere quale sia la politica del Governo di fronte agli scenari che si aprono con l'approvazione dell'indulto. Non abbiamo dati ufficiali forniti dal Governo, non sappiamo come il Governo intenda affrontare il problema dell'edilizia carceraria, non sappiamo che cosa pensi il Governo stesso in ordine alle esigenze di tutela della sicurezza di fronte a queste persone messe in libertà; mi riferisco, per esempio, ad eventuali prescrizioni che potrebbero essere applicate ad alcuni soggetti che beneficeranno dell'indulto.

Insomma, su problematiche importanti e strategiche, il ministro della giustizia non c'è perché in contrasto con un altro ministro, che tra l'altro non sappiamo neanche se sia ancora ministro. A mio avviso, si pone anche il problema dell'unitarietà e dell'indirizzo generale del Governo, che, ai sensi dell'articolo 95 della Costituzione, mi pare debbano essere assunti in capo al Presidente del Consiglio Prodi, anche lui bellamente assente. Egli va in giro a destra e sinistra, anche in posti non proprio di sua stretta competenza, evitando di presentarsi in Parlamento durante la discussione di provvedimenti molto importanti.

PRESIDENTE. Hanno dunque preso la parola sull'argomento un rappresentante per ogni gruppo che lo ha chiesto. Tutti i deputati che sono intervenuti hanno sollevato un problema squisitamente politico, che riguarda il Governo ed il suo rapporto con la discussione che stiamo svolgendo. Il Governo è rappresentato in Assemblea e potrà regolarsi nei modi che ritiene opportuno sulla questione. Ciò che il Presidente della Camera non può non registrare è che non è emerso alcun elemento ostativo alla prosecuzione del dibattito e delle votazioni sugli emendamenti.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Consolo 1.126. Constato l'assenza del deputato Mantini, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Consolo 1.126, nel testo riformulato, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 521

Votanti 518

Astenuti 3

Maggioranza 260

Hanno votato 99

Hanno votato no 419).

Prendo atto che i deputati Satta, Volonté e Delfino non sono riusciti a votare.

Avverto che l'emendamento Migliore 1.57, in precedenza segnalato, è stato ritirato dai presentatori.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Donadi 1.474.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pedrini. Ne ha facoltà.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Signor Presidente, mi rivolgo alla cortesia dei colleghi. È da due giorni che sono in quest'aula ed ho ascoltato tutti con religiosa pazienza: chiedo un po' di calma e di attenzione.

Nell'illustrare questo emendamento, innanzitutto devo plaudire al ministro Di Pietro che, nelle forme che autonomamente ha scelto, è riuscito nell'intento di richiamare l'attenzione di questo Parlamento su quello che effettivamente sta succedendo a proposito di questo provvedimento.

Gliene devo dare atto, anche per la possibilità che mi dà di intervenire su una situazione che, per sei anni in cui sono stato parlamentare, non ho mai visto affrontata in questi termini, con un approfondito dibattito. Anch'io sono stato chiamato a partecipare, su invito della Commissione giustizia del Senato, ad una Commissione di vigilanza su alcuni carceri d'Italia e, quindi, parlo con cognizione di causa.

Questo provvedimento sull'indulto comporta profonde riflessioni sui principi di rigore etico, di rigore giuridico e sulla responsabilità dei comportamenti...

Signor Presidente, se lei mi aiuta nella concentrazione, le sarò grato!

PRESIDENTE. Lei deve tener conto anche dell'Assemblea. Vi prego, tuttavia, di non rumoreggiare e di consentire lo svolgimento dell'intervento. Ogni deputato che parla, tuttavia, si regoli!

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Mi suonano sempre nelle orecchie alcune frasi e, quando le ricordo, mi vengono in mente i sindaci d'Italia e con loro vivo un senso di solitudine. Sono venuti da me alcuni cittadini e mi hanno detto che, intanto, avrebbero compiuto questi atti perché l'amministrazione, in qualche modo, sarà costretta a sanarli.

Ero in quest'aula ed ho applaudito al Papa con entusiasmo quando il Pontefice...

PRESIDENTE. Mi scusi, ma sono costretto a richiamare l'Assemblea ad un rispetto per tutti noi e per chi parla.

Capisco che stiamo lavorando intensamente; capisco altresì che stiamo svolgendo un dibattito assai impegnativo e difficile, ma proprio per tale ragione chiedo un supplemento di attenzione.

Prego, prosegua pure.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Stavo dicendo che ero in quest'aula ed ho applaudito il Papa; l'ho applaudito con entusiasmo, quando ha chiesto un atto di clemenza. Già nella passata legislatura, nella mia veste parlamentare, avevo assunto iniziative a favore dell'indulto e dell'amnistia; come il Papa, pensavo anch'io a quei detenuti che soffrono in carcere, ai loro errori e alle loro famiglie (Applausi ironici dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale). Pensavo ai giovani ed al disagio sociale, causa, spesso, della loro situazione. Questo non è un indulto, non un'amnistia, non un atto di clemenza; è un lasciapassare a chi neppure è stato condannato: è una franchigia a futura memoria (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori)! È un colpo grave al senso dello Stato che oggi, con questo provvedimento, si mira ulteriormente ad indebolire. Calciopoli, ad esempio (Commenti)...

PRESIDENTE. La invito a proseguire il suo intervento, prego.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Signor Presidente, come dicevo, è uno sconto di pena a futura memoria o, meglio, una licenza per farla comunque franca. Dopo la debolezza economica e dopo la perdita del primato della politica, oggi vi è la diminuzione della tensione morale e della certezza del diritto (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)...

PRESIDENTE. Prego i colleghi deputati di lasciare terminare l'intervento e prego chi sta intervenendo di concludere, perché ha esaurito il tempo a sua disposizione.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Presidente, la pregherei di tenere conto delle interruzioni.

PRESIDENTE. La prego di concludere!

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Bene. Vorrei ricordare che con questo provvedimento non si è parlato a fondo delle condizioni di lavoro dei dipendenti delle carceri, dei lavoratori, della situazione dell'edilizia penitenziaria. Giacciono negli uffici ...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Mi limito allora, Presidente, alla dichiarazione di voto sull'emendamento che stavo illustrando.

PRESIDENTE. Non oltre il termine previsto.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Signor Presidente, pur non volendo entrare in polemica con la Presidenza, la pregherei, la prossima volta, di impedire le interruzioni e di rispettare il diritto del parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori - Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))...

Chiedo, inoltre, che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Deputato Pedrini, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

Ha chiesto di parlare il deputato Buontempo (Commenti)... Prego i deputati di tenere un atteggiamento corretto. Il deputato Buontempo ha diritto di intervenire e ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Presidente, mi scusi, ho con me l'ordine del giorno della seduta. Vi è indicato un orario di apertura dei lavori alle 9,30 di questa mattina. Siccome sull'ordine del giorno non è invece indicato l'orario di chiusura, presumo che sia alle ore 20, come è consuetudine di questa Assemblea. Quindi, signor Presidente, sono le 20,10; mi pare che, anche apprezzando le circostanze e constatando come l'Assemblea si sta comportando, si debba chiudere la seduta.

Utilizzo questo intervento anche per dire, Presidente, con riferimento alla risposta data all'onorevole Menia, che vorrei fosse chiaro il fatto che, come lei sa meglio di me, gli emendamenti, se non sono stati già presentati in Commissione, non possono essere presentati in Assemblea. Allora, signor Presidente, come ha detto il collega già intervenuto, la ringrazio della risposta data al collega Menia ma il problema è un altro. Non ho voluto fare un richiamo al regolamento, ma il problema è che, se un emendamento non viene respinto dalla Commissione, non può essere ripresentato in Assemblea.

Quindi, ciò che ci preme conoscere è quando si possono presentare gli emendamenti, non in Assemblea, ma in Commissione, perché...

PRESIDENTE. È stato risposto...

TEODORO BUONTEMPO. È stato risposto che, domani mattina, la Commissione lo comunicherà all'intero Parlamento. Quando la Commissione stabilisce i termini di presentazione delle proposte emendative, ogni deputato, anche se non è membro della Commissione medesima, deve essere informato sui tempi entro i quali si possono presentare gli emendamenti! Di questo stiamo parlando, Presidente! Quindi, domani trovate la formula perché venga informata su questi tempi l'intera Camera (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Sulla questione sollevata dal deputato Menia, la discussione si è conclusa con un'informazione che ha incontrato soddisfazione.

Sul punto sollevato poc'anzi, penso che il paese sarà in grado di capire benissimo come il Parlamento possa continuare a lavorare in maniera anche straordinaria, senza dover far carico al paese stesso di qualche sovrappiù di fatica (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista, dell'Italia dei Valori, della Rosa nel Pugno e dei Verdi), per sviluppare il dibattito e procedere alle votazioni sulle proposte emendative e sugli ordini del giorno questa sera, per tutto il tempo che sarà necessario, eventualmente prendendo in considerazione, ad un certo punto, una sola «fermata» tecnica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Elia. Ne ha facoltà.

SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, l'ho fatto privatamente, ma ritengo giusto farlo ora, davanti all'Assemblea e pubblicamente, di fronte a coloro che ci ascoltano, magari attraverso Radio Radicale: chiedo scusa al collega Mantini per l'attacco fatto in precedenza. Ho usato la parola «falsificazione». Davvero la ritiro, chiedo scusa, ma ciò era fondato su una lettura errata, da parte mia, del testo del provvedimento in esame. La prego davvero di accogliere le mie scuse. Grazie (Applausi dei deputati dei gruppi de La Rosa nel Pugno, de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista e dei Verdi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Licandro. Ne ha facoltà.

ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, annuncio il voto favorevole dei Comunisti Italiani su un emendamento che punta ad escludere dalla copertura dell'indulto le previsioni dell'articolo 416-ter.

Giustamente, nei lavori sin qui condotti dalla Commissione e dall'Assemblea, sono stati tenuti fuori dalle previsioni dell'indulto i reati di mafia (articoli 416 e 416-bis). Ci accorgiamo che nulla è previsto, invece, per il 416-ter, ossia lo scambio elettorale politico-mafioso. Siamo assolutamente convinti che si sia trattato di una disattenzione, o forse di un po' di superficialità. Non vogliamo pensare all'incoerenza o ad altro, posto che le elezioni si sono concluse poco prima del 2 maggio.

Colleghi, ma questi patti, questi scambi politici ed elettorali con la criminalità organizzata da chi sono interpretati? Chi sono i protagonisti? Gli immigrati clandestini che, invece, subiscono duramente lo sfruttamento da parte della criminalità organizzata? Sono i poveracci che vivono di espedienti nelle periferie degradate e disgregate delle nostre città? Per caso, stringono patti di questo genere i giovani tossicodipendenti che, invece, subiscono l'azione stritolante dei boss della mafia, della camorra e della 'ndrangheta? Sono questi? No, sono ben altri; sono coloro che appartengono a quel personale della politica che, francamente, vorremmo fuori, lontano sideralmente dalla vita politica, dalle istituzioni e anche dai partiti di questa Repubblica democratica.

Costoro stanno nelle carceri italiane? Essi affogano forse negli istituti detentivi nazionali? La risposta è no: non ne sta dentro neppure uno! Queste, allora, sono le ragioni evidenti che dovrebbero indurre l'intera Assemblea a votare a favore dell'emendamento in esame.

Nel pochissimo tempo che mi resta a disposizione, mi domando, senza ipocrisia e con pacatezza, il motivo per cui debba svolgersi un dibattito così aspro, così duro e così spigoloso. Credo che, alla base di esso, vi siano proprio quelle dinamiche, ricordate dall'onorevole Casini, basate sulla logica di scambio e che si sono innervate in settori sia della maggioranza, sia dell'opposizione.

Tutto questo non rende onore e giustizia al Parlamento. Ciò riguarda anche il linguaggio ed il lessico che si adopera. Ho letto su alcuni giornali, ad esempio, espressioni come: «scambio di prigionieri». Noi non abbiamo prigionieri da scambiare con nessun altro: si tratta di un linguaggio pessimo e deteriore (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani)!

Il problema, onorevoli colleghi e rappresentanti del Governo, è che oggi questo paese è sprofondato in un abisso morale che investe la classe dirigente in generale, e non soltanto quella politica. Purtroppo, in questo paese oggi la cultura della legalità non è una bandiera che sventola alta.

Sono queste le vere cause di una questione morale drammaticamente viva nelle carni del paese e della società italiana. Si tratta di una questione morale - non si adonti nessuno, onorevoli deputati - che non è stata posta all'attenzione del paese, delle istituzioni, dell'opinione pubblica e della vita politica dal ministro Di Pietro. La questione morale, infatti, è stata sollevata, molto tempo fa, da un vero grande  uomo di Stato, nonché dirigente comunista: Enrico Berlinguer (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani)!

È questo il vero problema che sta avvolgendo questo dibattito sul tema così delicato dell'indulto. Il gruppo dei Comunisti Italiani è assolutamente favorevole alla concessione di tale misura di clemenza; tuttavia, essa deve avere l'unica finalità di svuotare le carceri da chi subisce il «frutto avvelenato» delle leggi devastanti approvate nella scorsa legislatura.

Rimuoviamo prima le cause che alimentano il sovraffollamento carcerario, e dopo sarà possibile anche raggiungere, laicamente, un accordo politico (Applausi dei deputati dei gruppi dei Comunisti Italiani e dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Forgione. Ne ha facoltà.

FRANCESCO FORGIONE. Signor Presidente, colleghi deputati, gli interventi che mi hanno preceduto hanno posto alla nostra attenzione un problema delicato. Ricordo, infatti, che abbiamo giustamente escluso dalla concessione dell'indulto, con grande determinazione, tutte le tipologie di reato connesse con le associazioni di tipo mafioso; anzi, ricordo che abbiamo escluso dal provvedimento di indulto anche tutti i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152.

Riteniamo che il bisogno di sicurezza sia un'esigenza fortemente avvertita dal paese, anche con riguardo all'allarme sociale provocato non solo da reati derivanti dall'attività della mafia, ma anche dalle collusioni con essa. Mi riferisco ai noti rapporti intercorrenti tra le organizzazioni criminali di questo genere e settori della politica e delle istituzioni.

Sussiste, in altri termini, la necessità non solo di procedere ad una riforma morale della politica e dei partiti, ma anche di avere trasparenza nelle istituzioni. Vorrei ricordare, tra l'altro, che abbiamo discusso di tali questioni anche nel corso dell'esame del progetto di legge istitutivo della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare.

Vorrei segnalare che l'articolo 416-ter del codice penale, richiamato dall'emendamento Donadi 1.474, riguarda una particolare tipologia di reati. Proprio perché abbiamo l'esigenza di intervenire sulle pene per alleviare la situazione carceraria, comprendo le considerazioni svolte dall'onorevole Licandro, dal momento che ne abbiamo discusso anche in sede di Commissione.

Tuttavia, credo che questa tipologia di reati - ed il Governo, attraverso il sottosegretario per la giustizia Li Gotti, lo potrà confermare - riguardi forse uno o due detenuti.

Per di più, siamo di fronte ad un reato che è anche difficile provare: i favori in cambio di denaro (lo scambio che si applica anche all'articolo 416-bis, che poi diventa 416-ter).

Credo che su questo punto la scelta fatta dalla Commissione sia netta e chiara: acquisire nell'esclusione dall'indulto tutti i reati connessi o diretti all'associazione mafiosa. Attraverso l'articolo 7 per esempio le forme di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e tutti i reati ad essi associati. Però su questo aspetto, se non vogliamo fare demagogia, dobbiamo sapere anche le tipologie e il numero effettivo di persone che vengono... Vedo che dai banchi del Governo ci sono forme di dissenso. Il ministro Di Pietro abbia la compiacenza di ascoltare anche il Parlamento, perché non credo abbia l'esclusiva conoscenza dei fenomeni mafiosi e dei fenomeni che riguardano la legalità, i problemi della pubblica amministrazione e quelli della corruzione in questo paese!

A vari livelli e in vari posti in prima linea sul territorio c'è chi si è esposto su questo terreno e non ha bisogno della patente in questo momento per essere amico o nemico dei mafiosi in rapporto ad un provvedimento di indulto che deve avere un carattere generale ed intervenire sulla condizione reale del carcere in questo momento. Quando parliamo di questo,  colleghi deputati, parliamo anche di tipologie specifiche; ne discuteremo ancora avanti.

Da questo punto di vista, anche per l'insieme di questioni che in questo emendamento vengono tenute assieme, ma per il chiarimento che ho fatto sull'aspetto specifico dell'articolo 416-ter e del voto di scambio mafioso, noi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea esprimiamo con queste motivazioni il nostro voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Leoluca Orlando. Ne ha facoltà.

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, colleghi deputati, vi supplico, vi imploro di fermare questa furia devastatrice che si collega all'applicazione dell'indulto. Non stiamo più parlando dell'indulto, bensì degli effetti che questo modo di applicare l'indulto produce sulla cultura giuridica del nostro paese. Abbiamo demolito l'articolo 174 del codice penale, che è l'unica norma che regola l'indulto. Adesso stiamo demolendo la cultura della legalità, immaginando che si possa votare un indulto estendendolo al voto di scambio mafioso delle ultime elezioni politiche nazionali del 9 aprile (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Italia dei Valori e dei Comunisti Italiani)!

Ma con quale faccia potremo dire ai giovani siciliani e calabresi che siamo contro la mafia quando stiamo, con un colpo di spugna, eliminando l'articolo 416-ter del codice penale! Ma chi volete che indaghi su questo...

PRESIDENTE. Deputato Orlando, la prego di concludere il suo intervento.

LEOLUCA ORLANDO. Ma chi volete che, tra le forze di polizia e i magistrati, faccia accertamenti sulle ultime elezioni (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)...

PRESIDENTE. La prego, non si faccia richiamare!

LEOLUCA ORLANDO. Le chiedo scusa, signor Presidente, ma non voglio credere che persone che hanno dato la vita per combattere la mafia, e sono presenti in quest'aula...

PRESIDENTE. Lei non può...

LEOLUCA ORLANDO. ...possano cambiare opinione! Io supplico i parlamentari del centrosinistra...

PRESIDENTE. Deputato Orlando! La prego di terminare il suo intervento.

LEOLUCA ORLANDO. ...di essere coerenti con la nostra storia (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Chiedo davvero a tutti di non ergersi a giudici dell'importanza delle cose che dicono, attribuendo a questa importanza la possibilità di prevaricare i tempi di intervento. Mi dispiace; il giudizio di qualità non può essere fatto valere.

A questo punto, chiedo a tutti di rispettare rigorosamente i termini degli interventi, perché altrimenti rischiano di apparire interventi vessatori quelli che sono soltanto un richiamo alla legalità del nostro rapporto interno.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Diliberto. Ne ha facoltà.

OLIVIERO DILIBERTO. Signor Presidente, vorrei chiedere un po' di attenzione a questa Assemblea, che si sta abituando ad interventi più o meno ostruzionistici; viceversa, da questo gruppo non ne avete sentiti di questa natura.

Vorrei richiamare il merito della questione e, in particolare, vorrei rivolgermi ai colleghi, deputate e deputati dell'Ulivo, nonché alle deputate e ai deputati di Rifondazione.

Ho ascoltato l'intervento del collega Forgione, che ha dichiarato che voterà contro questo emendamento. Trovo bizzarra  la cosa, onestamente, però è un giudizio politico, naturalmente. Vi invito caldamente a votare a favore di questo emendamento, perché stiamo parlando di mafia. In questo campo, non ci possono essere tentennamenti, patti iniqui, ne espliciti né impliciti, perché qui stiamo giocando con la vita delle persone e stiamo giocando con un principio...

PRESIDENTE. La prego...

OLIVIERO DILIBERTO. ...di legalità generale, di fronte al quale, almeno la coscienza di ciascuno di noi...

PRESIDENTE. La prego, vale anche per lei ciò che ho detto a Leoluca Orlando.

OLIVIERO DILIBERTO. Però, Presidente, io non sono mai intervenuto in questa discussione.

PRESIDENTE. Non fa differenza agli effetti del tempo: lei lo sa bene!

OLIVIERO DILIBERTO. Va bene. Allora, cari colleghi, vi invito a riflettere. Noi voteremo a favore (Applausi dei deputati dei gruppi dei Comunisti Italiani e dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marinello. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sto ascoltando con estremo interesse il dibattito, come credo gran parte dei parlamentari qui presenti, ma, a onor del vero, mi stupiscono alcune delle argomentazioni dell'onorevole Orlando, che ha parlato pochi minuti fa. Caro collega, anche la foga oratoria deve partire da elementi che non possono essere altro che oggettivi.

Nella brevità del mio intervento, voglio sottolineare solo ed esclusivamente due aspetti. Innanzitutto, la realtà giudiziaria degli ultimi anni ha registrato veramente pochissimi casi che rientrano in queste tipologie. Esattamente, se la memoria non mi inganna, c'è stato solo ed esclusivamente un caso che è giunto a definizione e che, guarda caso, riguarda un candidato che si propose alle elezioni politiche del 2001, peraltro, senza essere eletto, non dello schieramento politico della Casa delle libertà, del centrodestra, ma dello schieramento politico a noi avverso. È stato solo ed esclusivamente un caso.

A dire il vero, ascoltando il suo intervento, qualora i colleghi non si fossero documentati sulla tipologia di reato e sulla quantità dei reati contestati, potrebbero avere l'impressione di reati devastanti che riguardano decine, centinaia e migliaia di casi.

L'ultima riflessione: noi ci stiamo occupando dell'indulto; però, qui c'è un altra questione a proposito di mafia e antimafia che urge. Si tratta dell'istituzione della Commissione antimafia, che, invece, sta ritardando. Noi abbiamo il fondato sospetto che le divergenze all'interno della maggioranza siano i presupposti di questo ritardato iter parlamentare.

È su questi elementi, cari colleghi, che dobbiamo incentrare la nostra attenzione, al di là della demagogia e al di là di interventi che, a mio avviso, non rientrano nello stile e, soprattutto, nelle condizioni di un libero dibattito democratico.

Ha fatto bene il Presidente, cui va dato atto e lo ringraziamo, in questo caso, a stigmatizzare tali comportamenti.

LEOLUCA ORLANDO. Lascialo fuori da questa polemica!

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Nessuno, assolutamente, può avere il diritto di ergersi a giudice di chicchessia in quest'aula parlamentare. Atteniamoci alle cose della politica, confrontiamoci sulle idee con le idee e portiamo avanti, soprattutto, le cose serie, che sono esattamente questo disegno di legge e la Commissione antimafia che, a nostro avviso, deve essere istituita il prima possibile (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, intervengo solamente per farle notare che, mentre parlava l'onorevole Forgione, di Rifondazione comunista, il ministro Di Pietro si è alzato e si è recato dall'onorevole Leoluca Orlando per dirgli qualcosa; poi, è tornato al suo posto. O sta nei banchi del Governo o si siede nei banchi (Commenti dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori)...

PRESIDENTE. Per favore, atteniamoci all'argomento!

LUCIO BARANI. Le chiediamo questo: o sta di là...

LEOLUCA ORLANDO. Garantisca la qualità dell'intervento, Presidente!

LUCIO BARANI. È venuto a dirti ciò che dovevi dire!

PRESIDENTE. La prego di intervenire sull'emendamento!

LUCIO BARANI. Non dico nient'altro: ho fatto solo questa osservazione (Applausi polemici dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Migliore. Ne ha facoltà.

GENNARO MIGLIORE. Signor Presidente, intervengo solo per chiarire che la nostra posizione si riferisce all'emendamento nel suo complesso. Pertanto, in relazione all'articolo 416-ter, cui si fa riferimento solo nella prima parte di questo emendamento, chiediamo la votazione per parti separate, annunciando il nostro voto favorevole a questa condizione.

PRESIDENTE. Il deputato Siliquini ha chiesto di intervenire sull'ordine lavori. Siccome siamo in fase di dichiarazione di voto, le darò la parola subito dopo la votazione.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Balducci. Ne ha facoltà.

PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, con riferimento agli emendamenti che stiamo esaminando in questo momento, vorrei precisare che, come Verdi, ci siamo trovati in una grande difficoltà.

Molti sostengono che l'indulto è un colpo di spugna: credo che ciò sia qualcosa che noi Verdi non abbiamo mai voluto e non vorremmo mai. Qui si parla di emendamenti. Noi abbiamo inserito nel primo testo anche le tematiche concernenti l'avvelenamento delle acque e l'adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari, temi a noi Verdi molto cari. Proprio perché, con una maggioranza qualificata dei due terzi, ci teniamo a fare una mediazione fra tutti, abbiamo ritirato questi emendamenti. Ma ciò non vuol dire che non riteniamo che tali reati siano di particolare disvalore. Riteniamo solamente che i reati che devono essere esclusi dall'indulto siano quelli caratterizzati da una particolare pericolosità sociale.

Insistiamo su questo punto e speriamo finalmente che la discussione ritorni nei giusti binari (Applausi dei deputati dei gruppi dei Verdi e de L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tenaglia. Ne ha facoltà.

LANFRANCO TENAGLIA. Signor Presidente, rispetto ai reati, ognuno di noi ha la propria sensibilità. Ogni reato è odioso e grave. Le esclusioni sono sempre state previste nei provvedimenti precedenti e la logica delle esclusioni impone anche un bilanciamento fra l'esigenza di clemenza e la richiesta di sicurezza sociale e di tutela dei beni protetti nei confronti dei reati provenienti dalla società e dai cittadini che rappresentiamo.

Per questo motivo, abbiamo fatto una scelta di bilanciamento, che ha portato ad  un novero di esclusioni che è il più esteso nella storia di questo istituto. Soprattutto, tali esclusioni non sono accompagnate - come accaduto in precedenza - dall'amnistia: quella, sì, era un colpo di spugna! Qui non si cancellano responsabilità, non si cancellano reati, ma si affermano le responsabilità e i reati. Le condanne ci sono, i risarcimenti delle vittime saranno eseguiti in sede penale ed anche civile, quando saranno accertati.

Per questo motivo, abbiamo previsto una graduazione delle reità. Infatti, ci si può chiedere: cosa vi è di più grave di un omicidio? Ci troviamo di fronte a soggetti che hanno già scontato la pena o solo una parte di essa!

Vorrei esprimere anche una considerazione sulle diverse tipologie di reato che vengono ricomprese in questo caso. Spesso, queste tipologie di reato sono accompagnate da contestazioni più gravi che sono già escluse (in particolare, sono ricomprese nelle esclusioni previste dall'indulto); penso, ad esempio, all'associazione di tipo mafioso che accompagna molti di questi reati che, invece, non sono inclusi nella previsione. Mi sembra, quindi, un punto di equilibrio abbastanza condivisibile per quanto riguarda la logica delle esclusioni, salvo poi considerare, con riferimento ai successivi emendamenti, eventuali problematiche che dovessero emergere nel corso del dibattito. Ripeto: quella logica che in Commissione abbiamo seguito credo che induca ad esprimere un voto contrario su questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, il collega Tenaglia ha dato una spiegazione che ci deve far riflettere. Vorrei chiedere a lui, al collega relatore, al presidente della Commissione un chiarimento su un punto: molto opportunamente, la Commissione ha escluso l'articolo 416-bis dall'indulto ed è stato importante e giusto. Inoltre, sono stati esclusi anche i reati con l'aggravante di mafia (cosa giusta).

Non capisco per quale motivo sia rimasta la previsione del voto di scambio mafioso. Vi saranno delle motivazioni e siamo qui per ascoltarle rispettosamente. Ci serve per capire poi come esprimere il nostro voto, almeno per quanto mi riguarda. Vi sarà senz'altro una motivazione e vorrei ascoltarla.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Belisario. Ne ha facoltà.

FELICE BELISARIO. Signor Presidente, sto notando che da parte di colleghi sia di maggioranza sia di opposizione ci si sta arrampicando sugli specchi. Le precisazioni del collega Violante e del collega Diliberto sono state molto chiare e non si capisce perché questo tipo di esclusione non sia stata accettata.

Non possiamo tollerare che vi sia una parte di reato mafioso che viene ricompreso nell'indulto. O noi ragioniamo per specie complete, complessive oppure vuol dire che vi è un buco nella norma! O si tratta di una dimenticanza oppure bisogna apportare delle correzioni in questa sede!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, devo dare un'interpretazione autentica alla richiesta del presidente Violante. Essendo rappresentante dell'Italia dei Valori in Commissione giustizia, posso ricostruire perfettamente come sono andati i fatti.

Ho presentato un emendamento per l'esclusione dell'articolo 416-ter dall'indulto, ma mi è stato respinto (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori) con motivazioni che, francamente, non ho capito e penso che anche molti colleghi in quest'aula non capiscono.

Devo anche dire un'altra cosa, Presidente. Ho presentato un emendamento per l'esclusione dei reati connessi con i reati di mafia e di terrorismo, che è stato approvato  grazie ad un emendamento analogo del Governo, altrimenti, non sarebbe passato.

Il mio ragionamento è stato questo: voi escludete il 416-bis, ma non escludete i reati di strage connessi con il 416-bis, come la strage dei giudici Falcone e Borsellino (Commenti)...

MARCO BOATO. Questo non è vero!

FRANCESCO FORGIONE. Ma questo cosa c'entra?

FEDERICO PALOMBA. Ecco come sono andate le cose!

ENRICO BUEMI, Relatore. Chiedo di parlare

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENRICO BUEMI, Relatore. Signor Presidente, ho rinunciato ad intervenire in merito alle varie questioni che sono state poste finora perché, avendo consapevolezza della delicatezza del provvedimento, volevo evitare di scendere in polemica con i colleghi. Mi pare, però, che ormai siamo in pieno delirio (Applausi dei deputati del gruppo de La Rosa nel Pugno): l'interpretazione del provvedimento perde completamente di vista l'obiettivo.

L'obiettivo non è quello di stabilire quali siano i reati morali e quelli amorali, quelli accettabili e quelli inaccettabili: tutti i reati previsti dal codice penale, in particolare quelli sanzionati con la galera, sono inaccettabili (Applausi dei deputati dei gruppi de La Rosa nel Pugno, de L'Ulivo, di Forza Italia e dei Verdi): nei loro confronti va mantenuto un atteggiamento critico e di distacco totale!

Il problema è un altro: vogliamo approvare un provvedimento di clemenza oppure no? E quale portata dare al provvedimento di clemenza? Vogliamo semplicemente prendere in considerazione i reati che non ci danno fastidio? Diciamolo apertamente! Però, mettiamoci d'accordo, cari colleghi, sui reati che danno fastidio ad alcuni e sui reati che danno fastidio ad altri, perché questa è la questione. Qui si è disponibili a chiudere un occhio, e anche due, rispetto a reati di particolare gravità, in particolare rispetto a quelli contro la persona (che determinano situazioni non recuperabili), e si fa demagogia, con interventi senza equilibrio e ragionevolezza (Applausi dei deputati dei gruppi de La Rosa nel Pugno, di Forza Italia, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), dei Verdi e dei Popolari-Udeur) rispetto a reati contro il patrimonio, sia esso pubblico o privato!

Allora, ci dobbiamo mettere d'accordo: se abbiamo mal di pancia di vario tipo, dobbiamo comprendere che, se vogliamo essere rigorosi intellettualmente e moralmente, prima di tutto con noi stessi (esserlo con gli altri è un problema successivo), dobbiamo ragionare in termini di obiettivo. Qual è, dunque, l'obiettivo? L'obiettivo è quello di rispondere ad una situazione di illegalità che esiste dentro le carceri: nonostante si sia dato democraticamente leggi ed una Costituzione, lo Stato non le rispetta ed è inadempiente. Orbene, ha l'autorevolezza per pretendere il rispetto delle leggi da parte dei suoi cittadini uno Stato che non è in grado di rispettare le leggi? Questo è il punto!

Allora, l'indulto non è un atto di clemenza, ma un atto di giustizia! Qual è la portata di questo atto di giustizia? Dobbiamo introdurre il principio che il legislatore ha mantenuto nel valutare la pena (superiore a cinque anni, inferiore a cinque anni e tutte le altre fattispecie che conosciamo). Rispetto a questo, vogliano introdurre altri criteri? D'accordo. Ci sono reati di particolare gravità? Allora, inseriamoli, ma non mi potete dire - e non mi convincerete mai - che il reato di voto di scambio è maggiore e più grave dell'omicidio, della rapina (Applausi dei deputati dei gruppi de La Rosa nel Pugno e di Forza Italia) o di reati particolarmente odiosi che, invece, sono contemplati nel provvedimento di clemenza e di giustizia. Ecco qual è la questione.

Vogliamo sfruttare fino in fondo l'elemento demagogico? Sfruttiamolo, abbandoniamo questo nostro atteggiamento di  legislatori responsabili e curiamoci la bottega: mi pare che in questo senso ferva una grande attività in questa giornata! Vi ringrazio (Applausi dei deputati dei gruppi de La Rosa nel Pugno, de L'Ulivo, di Forza Italia, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dei Verdi e dei Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Gasparri. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, le argomentazioni del relatore Buemi sono inoppugnabili; ma proprio per questa ragione ci sono deputati in quest'aula che non fanno il «tira e molla» come alcuni colleghi: «Questo sì ... Questo mi manca ... Questo ce l'ho ... Se hai commesso frode alimentare, vai in galera; se, invece, hai fatto una rapina a mano armata, hai lo sconto di pena...».

Ha ragione Buemi: o uno accetta la logica dell'indulto o non la condivide. Noi non la condividiamo come gruppo, perché ci siamo assunti la responsabilità di dire «no» sia il 27 dicembre 2005, quando se n'è discusso nell'altra legislatura, sia oggi.

La logica che si sta determinando nell'aula credo che sia incomprensibile anche al paese. Come ha affermato Buemi - condivido la sostanza del suo intervento, pur rappresentando, ovviamente una posizione dialetticamente rovesciata rispetto alla sua -, non si capisce perché uno che commette un omicidio o una rapina (e noi lo stiamo dicendo da alcuni mesi e, in particolare, dalla ripresa del dibattito, da alcune ore, in quest'aula) meriti uno sconto di tre anni di pena.

Noi abbiamo detto, proprio nei nostri interventi iniziali, che oggi anche una condanna fino a nove anni può portare alla scarcerazione immediata. Infatti, tre anni possono essere ridotti con le attenuanti generiche, per tre anni può essere disposto l'affidamento ai servizi sociali e, poi, ci sono i riti abbreviati e quant'altro.

Quindi, la residua pena carceraria di tre anni con l'indulto scompare.

PRESIDENTE. La prego...

MAURIZIO GASPARRI. Concludo, Presidente.

Allora, è meglio votare «no» a tutto.

Lo dico anche al collega Violante: si assuma le sue responsabilità e dica insieme a noi «no» all'indulto perché il giochino del «questo sì, questo no» è veramente uno sconcio! E lo dico anche a Di Pietro...

PRESIDENTE. La ringrazio...

MAURIZIO GASPARRI. Non aveva parlato nessuno, non è un intervento a titolo personale sull'emendamento, Presidente. Comunque concludo.

Invitiamo tutti quanti a riflettere, a questo punto, se non sia il caso di archiviare un'altra volta questa discussione sull'indulto: lo dico anche ai miei colleghi...

PRESIDENTE. Mi scusi, ma per il suo gruppo ha parlato Buontempo, quindi lei parla a titolo personale.

MAURIZIO GASPARRI. Parlava lui a titolo personale: Buontempo, è noto, parla sempre a titolo personale, anche se qualche volta concordo con lui...

PRESIDENTE. La prego...

MAURIZIO GASPARRI. Concludo dicendo: archiviamo questa discussione che rischia di essere veramente grave. Non so, poi, Violante come spiegherà fuori da qui che un assassino ha diritto a tre anni di sconto e un'altra serie di reati, che non cito, no. Il «no» deve essere complessivo sul provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

GENNARO MIGLIORE. Chiedo di parlare (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GENNARO MIGLIORE. Signor Presidente, poiché dall'evoluzione del dibattito è evidente la strumentalità dell'iniziativa che si sta intraprendendo e sono altrettanto  inoppugnabili le ragioni espresse dal deputato Gasparri, penso che a questo punto la cosa migliore sia ritirare la richiesta che abbiamo testé avanzato di una votazione per parti separate e ribadire, come aveva fatto inizialmente il deputato Forgione, il nostro voto contrario.

Peraltro, voglio ricordare a coloro i quali qui hanno esercitato un diritto di critica e di valutazione nel merito dei comportamenti di Rifondazione Comunista - e parlo anche di colleghi di questa maggioranza - che ci sono partiti che non hanno presentato emendamenti, né hanno contribuito all'attività in Commissione, che avrebbe consentito, probabilmente, un'articolazione più armonica ed organica anche di questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Signor Presidente, colleghi, intervengo unicamente per ribadire quanto già ha sostenuto il collega Gasparri.

Credo che, alla luce anche delle motivazioni che, in modo pacato, il relatore Buemi ha qui esposto, vi sia la necessità di una riflessione. Colgo l'occasione dell'orario, le ore 21, per chiedere quella pausa tecnica che il Presidente ci ha richiesto, anche perché ritengo in questo momento inutile proseguire il dibattito, alla luce di questa contrattazione continua che sta diventando - permettetemi - poco bella per noi parlamentari e per i lavori del Parlamento nel suo complesso.

Pertanto, dopo il voto, signor Presidente, le chiedo di darci una risposta sulla pausa tecnica che, forse, porta a migliori pensieri e posizioni da parte dei miei colleghi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Franceschini. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, chiedo la parola, anche se ha già parlato per il nostro gruppo il collega Tenaglia, perché credo che sia arrivato il momento di un'assunzione di responsabilità collettiva.

Stiamo affrontando un provvedimento che tutti sappiamo essere difficile ed impopolare. Discutiamo del problema dell'esclusione dei reati, che è stato affrontato in tutti i precedenti provvedimenti di indulto, che richiede una discussione difficile perché tutti i reati commessi sono odiosi, tutte le persone che oggi sono nelle nostre carceri e aspettano questo provvedimento di clemenza hanno comunque commesso un reato odioso.

Poiché la Costituzione ci impone di raggiungere il quorum dei due terzi, abbiamo lavorato in modo trasparente. È inutile che ci sia un velo di ipocrisia, per costruire un provvedimento che abbia il consenso dei due terzi dell'Assemblea. Quindi, ognuno di noi, nella maggioranza e nell'opposizione, ha rinunciato ad una parte delle proprie convinzioni. Credo, rispetto alla discussione sui reati, che tocca la sensibilità di ognuno di noi ma rischia di confonderci rispetto all'obiettivo finale, che dobbiamo assumerci una responsabilità collettiva.

Il gruppo dell'Ulivo, come l'opposizione sa, voterà a favore dell'emendamento sull'usura e contro tutti gli altri emendamenti (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dei Comunisti Italiani, dei Verdi e dei Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, mi sembra che siamo stati facili profeti quando, stamattina, abbiamo posto in questa Assemblea esattamente la stessa questione sollevata dal relatore Buemi.

La logica delle esclusioni contrapposte delle varie fattispecie porta inevitabilmente alla situazione cui si è arrivati. Io avrei formulato una proposta, dettata anche dall'esperienza parlamentare: non è  detto che l'accanimento terapeutico porti alla soluzione del problema. Tante volte, continuare il lavoro ininterrottamente non risolve il problema. Magari, decidere una sospensione o riprendere domattina può servire alla finalità (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di Forza Italia).

Voi sapete, infatti, che il mio gruppo, ed io personalmente, siamo favorevoli all'adozione di questo provvedimento e che ci siamo posti anche in spirito costruttivo rispetto ad emendamenti che sono stati presentati, come quello relativo alle pene accessorie.

Appena prima di me, è intervenuto l'onorevole Franceschini con un linguaggio, debbo dire, di serietà e di verità. Egli ha detto quello che avrebbe dovuto dire un presidente di gruppo responsabile di una forza di maggioranza o di opposizione (nel caso specifico, di maggioranza). Se l'orientamento che è maturato nell'ambito dei gruppi particolarmente esposti come il suo, onorevole Franceschini, è quello che lei ha illustrato all'Assemblea, allora andiamo avanti. In caso contrario, è inevitabile che la Presidenza si ponga il problema di un aggiornamento che è funzionale all'approvazione di un provvedimento che abbia un minimo di dignità. Se voi siete in condizioni di procedere, per quanto ci riguarda, possiamo farlo (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di deputati dei gruppi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e de La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Donadi 1.474, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 519

Votanti 462

Astenuti 57

Maggioranza 232

Hanno votato 69

Hanno votato no 393).

La deputata Siliquini aveva chiesto di parlare sull'ordine dei lavori. Ne ha facoltà.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Signor Presidente, in precedenza avevo chiesto la parola sull'ordine dei lavori essendo fortemente preoccupata, perché avevo visto il ministro Mussi abbandonare velocemente l'aula. Noto che è tornato (Commenti). Allora, possiamo chiedergli «in diretta» il motivo per il quale, alle ore 20,13, una notizia di agenzia, dell'Ansa, abbia riferito che il ministro Mussi non ci sta, che minaccia di lasciare il Governo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale), che questo provvedimento contrasta con il programma dell'Unione, con le dichiarazioni programmatiche di Prodi alle Camere, con il programma del suo ministero esposto in Parlamento, e con il DPEF (Commenti). Questo Governo non ha più i numeri! Manca il numero legale nel Governo! Sono tre ministri che mancano! Sono tre ministri! È dalle ore 15 che il ministro Mussi afferma di volersene andare (Commenti dei deputati del gruppo de L'Ulivo - Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)!

PRESIDENTE. L'argomento è al di fuori di questo dibattito: è già stato esaminato ed ha avuto una risposta.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Sgobio 1.402.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Approfitto della discussione di un emendamento sul quale non sarei intervenuto, signor Presidente, e, quindi, di minuti che non sottraggo ad alcuno, per ribadire quello che, in altre parole, ha affermato il presidente Casini, qualche minuto fa.

Noi non riteniamo che si possa andare avanti, a questo punto, con i lavori dell'aula, in una condizione politica di tal genere. Ogni venti minuti vi è un lancio di agenzia che parla di un contrasto all'interno del Governo. Ogni emendamento presuppone un'assenza, o meglio, presupporrebbe una concordia almeno di una maggioranza. Invece, siamo assistendo ad uno sfilacciamento totale.

Credo, signor Presidente che lei dovrebbe apprezzare le circostanze. Aveva parlato di una sospensione tecnica, anzi lei ha parlato di una... come l'ha chiamata? Ha parlato di «fermata» tecnica, introducendo un neologismo che credo significhi sospensione. Credo, quanto meno, che questa sia l'occasione per quella che lei chiama una «fermata» tecnica, e credo, per usare sempre le sue parole, che tale fermata tecnica piacerà al paese, ma anche alle campagne, persino alle città e, vivaddio, a quella che noi chiamiamo Italia (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Poiché, del tutto legittimamente, il presidente La Russa ha approfittato del suo intervento sull'emendamento in esame per riproporre, in realtà, una questione sull'ordine dei lavori, vorrei, al fine - se possibile - di introdurre un elemento distensivo e, come si dice, di certezza dei nostri lavori, fare una proposta, considerato che gli elementi che sono stati assunti come turbamento politico della questione non hanno a che fare direttamente con le materie su cui stiamo votando. Su queste ultime, come si vede, si registra una costante propensione al voto e non vi è alcuna ragione per far derivare da tale turbolenza una ricaduta su un itinerario che prosegue per la sua strada.

Dunque, propongo che la sospensione tecnica intervenga questa sera alla fine delle votazioni sugli emendamenti e prima delle votazioni sugli ordini del giorno. Mancano dodici voti sugli emendamenti: propongo di differire a quel punto la sospensione tecnica.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, a questo punto, tutto il gruppo di Alleanza Nazionale chiede di parlare per dichiarazione di voto sui successivi emendamenti!

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole La Russa.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palumbo...

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, credo di chiamarmi Palomba da molto tempo e lei molte volte mi ha dato la parola. Oggi mi chiama Palumbo (Commenti). Ciò, signor Presidente, forse è il segno della stanchezza che tutti abbiamo. Se lei, signor Presidente, ritenesse che la «fermata» tecnica possa essere disposta subito (Commenti)... Scusate, il rumoreggiamento è segno, anch'esso, di stanchezza e di nervosismo (Commenti). Signor Presidente, se ho un minimo di attenzione parlo, altrimenti rinuncio a parlare: mi ritiro e me ne vado (Commenti)...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Crapolicchio. Ne ha facoltà (Commenti).

SILVIO CRAPOLICCHIO. (Commenti). Signor Presidente, gradirei sentire le mie parole...

PRESIDENTE. Deputato Crapolicchio, la prego di proseguire il suo intervento.

Invito, come ho fatto ripetutamente, le deputate ed i deputati a consentire lo svolgimento dei lavori con la stessa intensità con cui si esercitano le votazioni.

Prego, deputato Crapolicchio, ha facoltà di parlare.

SILVIO CRAPOLICCHIO. Signor Presidente, il mio intervento su questo emendamento non ha finalità ostruzionistiche, ma soltanto di chiarimento. L'emendamento in questione ha per oggetto l'esclusione dell'indulto per i reati contro la pubblica amministrazione: peculato, concussione e corruzione. Tali reati contro la pubblica amministrazione vanno ad incidere sulla fiducia che i cittadini devono nutrire nei confronti delle istituzioni,  senza considerare che trattasi di reati spesso di difficile individuazione ma, nonostante ciò, idonei ad incrinare il rispetto che i cittadini devono avere nei confronti dello Stato e dei pubblici funzionari che rappresentano lo Stato.

L'indulto in questione, come peraltro già evidenziato in precedenza, si deve riferire come atto di clemenza a quei soggetti senza diritti che affollano le carceri per effetto di una cattiva legislazione che, in questi anni, ha puntato essenzialmente ad un generale inasprimento delle pene, senza porsi il problema di un reinserimento sociale dei detenuti. È di tutta evidenza che in tale massa di disperati non si possa far rientrare chi delinque contro la pubblica amministrazione, come alcuni famigerati personaggi che, negli ultimi anni, hanno imperversato nel nostro paese.

Noi Comunisti voteremo ovviamente a favore.

PRESIDENTE. Ha chiesto la parola il deputato Palomba. A che titolo chiede di parlare?

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato la parola.

Mi accingevo a fare un intervento...

PRESIDENTE. La prego, mi dica a che titolo ha chiesto la parola!

FEDERICO PALOMBA. Per dire che mi accingevo a svolgere un intervento pacato e l'Assemblea non mi ha consentito di farlo...

PRESIDENTE. Va bene, però questo non è un intervento...

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Probabilmente il clima di tensione della maggioranza in questo momento ricade negativamente anche sull'Ufficio di Presidenza; però, signor Presidente, proprio per le funzioni delicate che i membri dell'Ufficio di Presidenza svolgono, la inviterei a verificare se il segretario di Presidenza dell'Italia dei Valori, a differenza degli altri, si sia autosospeso come ha fatto prima il ministro Di Pietro e come forse (Commenti)...

PRESIDENTE. Vi prego di contribuire ad uno svolgimento dei lavori corrispondente all'importanza del tema che stiamo discutendo.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, il collega Baldelli ha richiamato un articolo del regolamento; infatti, le votazioni non sono valide se non vi sono i due segretari scrutatori.

Onorevole Presidente, i verbali delle votazioni sono validi se firmati da due segretari d'aula; quindi, non può mancare il secondo segretario, altrimenti si è costretti a sospendere le votazioni.

Detto questo, nel merito (Commenti del deputato Barbieri)...

PRESIDENTE. Per favore, sta parlando un deputato!

Invito i deputati a prendere posto nei seggi e ad evitare conversazioni che rendono difficile questa discussione. Mi pare che tutto possiamo fare tanto che (Commenti del deputato Lusetti)...

Io vorrei semplicemente invitare ad avere un contegno congruo perché stiamo discutendo di cose assai importanti. Capisco che c'è un affaticamento, ma è compito di tutti distendere gli animi; quindi, vi prego di consentire al deputato Buontempo di svolgere il suo intervento.

TEODORO BUONTEMPO. Mi dispiace che il collega Lusetti, che è segretario di Presidenza, non sappia che i due scrutatori devono essere uno di maggioranza e uno di opposizione ...

RENZO LUSETTI. Del Bue è di opposizione!

TEODORO BUONTEMPO. ...così come è adesso. Non che lei è andato sul banco della presidenza a fare la sceneggiata ... Vada al suo posto!

Per quanto riguarda l'emendamento ...

Per quanto riguarda l'emendamento Sgobio 1.402, onorevole Presidente, considerato che anche questo aggiunge e toglie, io sono rimasto sinceramente allarmato dalle parole pronunciate dal collega Franceschini. Infatti, rivolgendosi soprattutto alla sua maggioranza, egli ha detto: noi dobbiamo inghiottire il boccone amaro perché dobbiamo raggiungere il numero dei due terzi dei deputati necessari all'approvazione. Cosa dice Franceschini? Di fronte al reato di scambio per motivi mafiosi, se non viene incluso anche questo reato nell'indulto non si hanno i due terzi per l'approvazione del provvedimento! Onorevole Franceschini, lei deve dire a quest'aula con chi ha fatto il patto scellerato per includere nell'indulto certi reati, come si evince dal verbale di ciò che lui ha detto. L'onorevole Francheschini ha il dovere e l'onestà di dire all'aula con chi ha stabilito il patto perverso per il quale, escludendo dai reati per i quali non si applica l'indulto quello di scambio mafioso, è possibile raggiungere la maggioranza dei due terzi! Ce lo dica e si vergogni (Proteste dei deputati del gruppo de L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Scusate, è possibile svolgere gli interventi più radicalmente critici, chiedere motivazioni ad altri deputati che sono intervenuti, ma va da sé che è impossibile imporli. Dunque, se non ci sono altri interventi (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)...

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Poiché l'onorevole Palomba ha rinunciato, intervengo a nome del gruppo e quindi ritengo di avere diritto a cinque minuti (Commenti).

Penso che questo emendamento sia da apprezzare perché, già di per sé l'estensione dell'indulto ai reati contro la pubblica amministrazione - come noi abbiamo più volte sottolineato - è un fatto estremamente grave, ma immaginare persino che possa fruire di questo provvedimento qualcuno che non ha neppure compiuto l'atto di restituire il maltolto, a me pare una cosa gravissima, Presidente.

Abbiamo avuto casi nel passato, legati a fenomeni di corruzione, di gente che ha incassato i soldi, li ha portati all'estero e si è creato capitali, investimenti, innumerevoli situazioni di vantaggio e noi, a personaggi di questo genere, siamo pronti a concedere l'indulto senza che abbiano restituito il maltolto? Io non ci sto Presidente!

E ancora peggio è quando questi reati avessero dovuto riguardare l'amministrazione militare, così come previsto dagli articoli 215 e 219 del codice penale militare. Anche in questo caso, io credo che sia indecente immaginare di concedere l'indulto a chi non abbia restituito le somme di danaro o i beni pubblici indebitamente sottratti.

Per questo il gruppo dell'Italia dei Valori voterà a favore dell'emendamento Sgobio 1.402, ringraziando chi lo ha proposto (Applausi dei deputati del gruppo di Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Nespoli. Ne ha facoltà.

VINCENZO NESPOLI. Signor Presidente, vado avanti anche se credo che dai propri banchi il Governo dovrebbe avere più attenzione e rispetto per l'aula. Su questo emendamento, nello specifico, rispetto all'esclusione dei reati contro la pubblica amministrazione dalle tipologie incluse nell'indulto, credo che noi dovremmo svolgere una riflessione approfondita perché su questo punto, negli ultimi anni, molti hanno fondato le loro fortune politiche e hanno condotto battaglie soprattutto quando erano all'opposizione.

Su tali tematiche si è cercato di operare un notevole distinguo tra maggioranza ed  opposizione. È stata portata avanti una contrapposizione senza ragione ed oggi voi vi avventurate nei distinguo: c'è un delinquente più bravo dell'altro, o un delinquente che ha commesso un reato meno grave di altri e merita, quindi, la possibilità di estinguere una parte della pena... In questa pesca delle occasioni, siamo sempre più convinti che l'indulto non debba essere approvato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Bocchino. Ne ha facoltà.

ITALO BOCCHINO. Presidente, siamo molti rispettosi della Presidenza della Camera e anche tolleranti nei confronti del «noviziato». Oggi, però, lei ci sta facendo rimpiangere molto il suo predecessore del centrosinistra, Luciano Violante. Infatti, è appena intervenuto il capogruppo di una forza di opposizione contraria all'approvazione di questo provvedimento e lei, come Presidente della Camera, ha tutto l'interesse a che si svolgano i lavori: dovrebbe, quindi, limare tutti quegli spigoli che portano invece all'ostruzionismo. Il nostro capogruppo ha chiesto una sospensione tecnica che lei comunque deve disporre perché già annunciata. Lei ha deciso, non si comprende per quale ragione, di rispondere negativamente alla richiesta, violando la principale regola non scritta di questa Assemblea e costringendo noi, che non avevamo annunciato ostruzionismo, pur essendo contrari nel merito, ad iscriverci tutti per dichiarazione di voto, allungando quindi i tempi e rendendo più difficile l'iter di approvazione di questo provvedimento.

Mi rivolgo soprattutto a lei, affinché esca dalla rigidità regolamentare, applicando anche le regole non scritte che, nei momenti più delicati e difficili come quello di oggi, hanno consentito di trovare una soluzione rispettosa sia della maggioranza sia dell'opposizione.

PRESIDENTE. Naturalmente sono ben attento ad ascoltare tutti i consigli, da qualunque parte provengano. Una domanda di ascolto è una domanda legittima e appropriata. Tuttavia, faccio notare che una disponibilità a far svolgere gli interventi nelle forme più compiute, a far sì che vengano considerati, come accade in larga misura nella prassi, interventi in dissenso anche interventi che non lo sono affatto, non è minimamente considerata (Commenti).

ITALO BOCCHINO. Sono tutti interventi a titolo personale!

PRESIDENTE. La prego, sto semplicemente esponendo una tesi. Se reciprocamente ci ascoltassimo, forse migliorerebbero le posizioni.

Anche la proposta che ho avanzato di sospendere i lavori dell'Assemblea per una pausa tecnica alla fine delle votazioni sugli emendamenti veniva incontro, la prego di credermi, ad una domanda che mi sembrava ragionevole: non protrarre tutta la discussione fino a completare, come si era detto nel primo pomeriggio, anche l'esame degli ordini del giorno.

La sospensione tecnica alla fine dell'esame degli emendamenti ci avrebbe messo in grado di valutare anche una proposta che era circolata e che mi sembrava di buon senso. Tuttavia, la proposta di apertura viene considerata invece come un irrigidimento e mi rende difficile comprendere la ratio di certi comportamenti. In ogni caso, questa è solo la spiegazione di un comportamento e la dimostrazione di un'attenzione particolare.

ANTONINO LO PRESTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. In merito alla proposta di sospensione dei lavori, se la pausa tecnica è necessaria per incanalare la futura discussione verso un traguardo certo - che sia quello di escludere qualsiasi ipotesi diversa da un indulto tout court o prevedere un indulto graduale, secondo le varie ipotesi di reato -, per quale motivo questa pausa tecnica non  deve essere applicata ora, subito, nel momento in cui si devono discutere ancora dodici emendamenti che prevedono, ovviamente, una diversa distribuzione di reati nell'ambito applicativo dell'indulto che andiamo a votare?

Non si comprende perché il Parlamento debba riflettere dopo il voto sui dodici emendamenti residuali, piuttosto che adesso, quando questi emendamenti potrebbero, secondo le valutazioni che emergeranno dalle intese che le forze politiche potrebbero raggiungere durante questa pausa tecnica, essere ritirati. Signor Presidente, non si comprende per quale motivo si debba aspettare la discussione su questi emendamenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto la parola il deputato Raisi. Tuttavia, siccome l'obiettivo è quello di garantire uno svolgimento ordinato dei lavori di questa Assemblea e di realizzare un programma di lavoro, se si determinasse un'intesa sulla base della quale - naturalmente la decisione può essere presa dal Presidente - ci fosse un gentlemen agreement per effettuare, dopo il voto su questo emendamento, una sospensione di mezz'ora (Commenti) finalizzata a riprendere i lavori per completare questa sera le votazioni sugli emendamenti, questa è una cosa che, valutata per un momento, potrei considerare. Diversamente, ripristinerei la posizione iniziale.

Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il deputato Bocchino. Ne ha facoltà.

ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, la nostra proposta è di procedere, dopo la votazione del prossimo emendamento, non alla sospensione per mezz'ora, ma alla conclusione della seduta di oggi.

PRESIDENTE. D'accordo, ho capito...

ITALO BOCCHINO. Se è contrario, andiamo avanti così...

PRESIDENTE. Sono contrario.

ITALO BOCCHINO. Benissimo, andiamo avanti!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il deputato Franceschini. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, è evidente che in questa discussione, che attraversa trasversalmente i due schieramenti, come è fisiologico, sono entrati anche degli elementi di natura politica che riguardano il Governo, che noi non possiamo che respingere al mittente. Detto questo, la ringraziamo delle proposte che ha fatto per consentire al provvedimento di essere approvato e tutti vogliamo che arrivi in porto, ma credo che sia ragionevole e possibile trovare un'intesa votando questo emendamento e riprendendo i lavori domattina presto, per concludere l'esame [Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e di deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, sono a favore della proposta dell'onorevole Franceschini e posso, peraltro, assicurarle che, alla ripresa dei lavori domani mattina, il gruppo di Alleanza Nazionale riprenderà il modo di conduzione dei lavori che ha preceduto questa mini fase ostruzionistica.

ELIO VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, non sono preoccupato delle votazioni e delle aggregazioni che, trasparentemente, si verificano in aula tra gruppi che sono a favore e gruppi che sono contrari al provvedimento. Sono piuttosto preoccupato quando accadono delle convergenze trasversali tra gruppi che dovrebbero essere a favore e gruppi che dovrebbero essere contrari al provvedimento.

Sono ancora più preoccupato quando tali convergenze si raggiungono non, come pure potrebbe essere, sul merito di proposte emendative ma su questioni procedurali; allora, signor Presidente, affinché sia chiaro a tutti i colleghi quanto è sicuramente chiaro agli onorevoli Franceschini, Casini, La Russa, oltre che a me e a lei: rinviare il prosieguo delle votazioni a domani mattina significa non concludere l'esame del provvedimento in questa settimana, il che non implicherà naturalmente non concludere l'esame del provvedimento tout court. Significherà piuttosto che lei, in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, proporrà di iscriverlo nel calendario del mese di agosto; vi sarà quindi un esame contingentato che comporterà probabilmente che, tra il primo ed il due agosto, se non interverranno altri fattori esterni - ai quali vediamo che la maggioranza purtroppo è molto suscettibile -, l'indulto verrà approvato. Non so se a quel punto lo approverà anche il Senato, che mi pare, per così dire, piuttosto ansioso di andare in vacanza, e non so inoltre cosa accadrà da qui a settembre. Dunque, che ciò corrisponda alla tattica di coloro che sono contrari al provvedimento, è perfettamente logico; per coloro, invece, la cui volontà corrisponde alla dichiarazione di approvare l'indulto non lo è. Peraltro, Presidente, ritengo che il mio gruppo di opposizione al Governo stia dando una lezione di stile ma - mi permetta anche - di responsabilità politica, assistendo in silenzio alla pantomima di ministri che si dimettono contro altri ministri...

PRESIDENTE. Sia gentile...

ELIO VITO. ...e di votazioni contraddittorie sugli emendamenti.

Allora, Presidente, mi permetterei di avanzare questa proposta. È per me chiaro che quanti sono favorevoli all'approvazione dell'indulto sono altresì favorevoli a che si continuino questa sera i nostri lavori; quanti invece sono contrari all'indulto sono altresì contrari a concludere l'esame degli emendamenti stasera. Quindi, io la inviterei per trasparenza a sottoporre la proposta sull'ordine dei lavori all'Assemblea: noi voteremo per proseguire stasera e concludere l'esame degli emendamenti, come lei ha dianzi detto; i gruppi che voteranno contro avranno invece mostrato in questo modo l'attaccamento al provvedimento di indulto, perché sono chiare le conseguenze che avrà questo loro voto (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia e di deputati del gruppo de La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Onorevole Presidente, anzitutto vorrei notare che in una situazione siffatta è facile per tutti scaricare la responsabilità della conduzione dei lavori o della confusione degli stessi su chi, francamente, è l'ultimo a potercela avere ovvero: il Presidente della Camera; lo dichiaro per lealtà in quanto, in una situazione di questo tipo, dare un qualche ordine al dibattito è abbastanza difficile per tutti.

Come sapete, un tale clima, soprattutto quando si produce in Assemblea, è probabilmente segno di un malessere dovuto a fatti molto diversi tra loro. L'onorevole Franceschini ha respinto al mittente le critiche che oggi noi dell'opposizione abbiamo rivolto al Governo; ciò, dal suo punto di vista, è giusto. Ma è altresì giusto che noi le abbiamo formulate ripetutamente in ordine alle varie vicende che hanno riguardato diversi ministri. Onorevole Vito, non sarei pessimista come lei; poiché io ho una minore esperienza parlamentare rispetto a lei - come Presidente della Camera ho potuto constatare che è senz'altro tra quanti la possiedono maggiormente in quest'aula (certamente più di me) -, devo concludere che lei sa bene che andare avanti questa sera con un gruppo che ha già dichiarato il proprio ostruzionismo non significa accelerare l'approvazione del provvedimento. Anzi, se riprendiamo i lavori domani mattina, in presenza di un gruppo - e ricordo l'intervento dell'onorevole La Russa - che ha già  dichiarato che non farà ostruzionismo ma si limiterà ad una leale opposizione - non saremo poi obbligati a proseguire l'esame in agosto. Non si vede per quale ragione dovremmo slittare ad agosto; se il clima che si determina domani mattina è un clima di agibilità normale, non avremo certamente forti rinvii dell'esame del provvedimento.

PRESIDENTE. Deve concludere...

PIER FERDINANDO CASINI. Termino subito, Presidente. Ritengo, però, che per assumere questo tipo di decisioni occorra la corresponsabilità dei partiti maggiori. Poiché lei rappresenta il gruppo di maggioranza relativa nell'opposizione, la invito ad aderire a questa che è una proposta ormai quasi unitaria (Commenti dei deputati del gruppo dell'Italia dei valori)... Ebbene, l'onorevole Franceschini, non credo che parli a titolo personale; l'onorevole La Russa, nemmeno; noi neanche, il gruppo di Forza Italia ha una qualche rilevanza ed il gruppo di Rifondazione...

PRESIDENTE. Grazie.

Ha chiesto di parlare il deputato Fabris. Pregherei i colleghi che intervengono di essere concisi. Prego, deputato Fabris.

MAURO FABRIS. Solo perché rimanga a verbale e anche a futura memoria, dichiaro di condividere le parole del presidente Vito. Sono perché i lavori continuino questa sera.

Invito i colleghi di maggioranza a consultarsi ogni tanto con tutti i gruppi, perché da tempo siamo tutti impegnati su un provvedimento. Non vedo perché qualcuno deve sempre pedalare ed altri no (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Capezzone. Ne ha facoltà.

DANIELE CAPEZZONE. Signor Presidente, credo che abbiano molte ragioni i deputati Vito e Fabris.

Presidente, rispettiamo molto la delicatezza di questo momento e le sue determinazioni, che non sono facili. Tuttavia, non possiamo nasconderci che esiste un fatto politico. Siamo nella maggioranza, sosteniamo questo Governo; tuttavia, il Governo non sta dando un buono spettacolo. Il ministro competente è assente (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale), un altro ministro che se ne va, che torna. Ma, a fronte di questo comportamento del Governo, il Parlamento ha una grande occasione, ossia quella di esprimersi con la moralità di un voto e di farlo presto!

Ha ragione su questo il collega Vito: se rimandiamo la discussione a domani per il completamento della fase della votazione delle proposte emendative, è quasi certo che andremo al voto finale la prossima settimana. Ciò significa che, se al Senato accadesse un quarto di ciò che è accaduto in quest'aula, sarebbe matematicamente impossibile approvare il provvedimento in quella sede prima della pausa estiva! Non possiamo assumerci questa responsabilità.

Con riferimento a tale provvedimento ci guardano, non solo decine di migliaia di detenuti, ma anche decine di milioni di italiani. Si può essere a favore o contro, ma l'unica cosa che non possiamo fare è arrivare a ferragosto senza che il Parlamento della Repubblica abbia pronunciato un chiaro «si» o un chiaro «no».

Per questo, Presidente, ci associamo alle osservazioni che lei ha svolto questa sera, ossia di completare la fase delle votazioni sulle proposte emendative e di rimandare a domani il voto finale, per consentire al Senato della Repubblica di dire il suo «si» o il suo «no» la prossima settimana (Applausi dei deputati dei gruppi de La Rosa nel Pugno e dei Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Diliberto. Ne ha facoltà.

OLIVIERO DILIBERTO. Signor Presidente, intervengo, ovviamente, sull'ordine dei lavori. Il mio gruppo è a favore dell'indulto. Stiamo semplicemente cercando  di condurre, senza alcuna tentazione ostruzionistica, una battaglia parlamentare per migliorare il testo del provvedimento e per togliere da esso alcune tipologie di reato, ad iniziare dall'emendamento che stiamo discutendo, contro la pubblica amministrazione, che ci sembra sia giusto escludere da un provvedimento di clemenza. Credo sia saggio, dunque, in questa situazione, per il clima che si è determinato, rinviare a domani mattina il prosieguo della discussione. Si voti questo emendamento e domani mattina, non in questo clima, ma in un clima diverso nel quale il confronto possa svolgersi ascoltandoci a vicenda, si prosegua con l'esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Pedrini. Ne ha facoltà.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Signor Presidente, intervengo per associarmi, a nome del gruppo dell'Italia dei Valori, alla richiesta, avanzata dall'onorevole Franceschini e dall'onorevole Casini, di rinviare a domani mattina, in un clima più sereno, il dibattito sul provvedimento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Migliore. Ne ha facoltà.

GENNARO MIGLIORE. Signor Presidente, a me pare evidente dal dibattito che si sta svolgendo che, al di là delle buone intenzioni espresse attraverso la proposta del deputato Franceschini, non si possa non notare - come è stato manifestato nel comportamento e nelle dichiarazioni dell'Italia dei Valori - che c'è un intento che verrebbe interpretato come un'ulteriore dilazione nel tempo. Quindi, vorrei rivolgere un appello al presidente Franceschini, perché ritiri la sua proposta ed invitare i colleghi di Alleanza Nazionale, con i quali probabilmente c'è stato qualche fraintendimento, a riconsiderare la proposta di procedere a una sospensione tecnica subito dopo la votazione di questo emendamento. Ne trarrebbe giovamento a mio avviso l'Assemblea e si avrebbe la possibilità di un confronto su questo tema, che fino a questo momento è stato assolutamente rispettoso delle differenze e delle opinioni di ciascun gruppo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Balducci. Ne ha facoltà.

PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, a nome del gruppo dei Verdi, vorrei far presente che insistiamo affinché l'esame del provvedimento, almeno con riferimento alla trattazione delle proposte emendative, prosegua in serata.

Siamo pertanto d'accordo, anche assieme ai colleghi del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, sulla proposta di proseguire questa sera l'esame delle proposte emendative, rinviando a domani il prosieguo dell'iter del provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi dei Verdi e de La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gibelli. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, vorrei provare a descrivere l'organizzazione dei lavori dell'Assemblea che lei ha mano a mano aggiornato. Siamo passati, infatti, dalla volontà di proseguire i nostri lavori ad oltranza, fino alla conclusione dell'esame delle proposte emendative e degli ordini del giorno presentati; successivamente, siamo arrivati alla limitazione del prosieguo dei nostri lavori alla sola votazione degli emendamenti. In questo momento, ci troviamo alle ore 21,35, dopo aver perso molto tempo nella discussione su questo punto, a voler «capitolare» ed a voler rinviare l'esame del provvedimento a domani mattina, con l'idea inconfessata che la notte porti consiglio!

Ritengo, invece, che i lavori debbano proseguire proprio per dimostrare che, se in quest'aula vi è una maggioranza favorevole all'indulto, non sono sicuramente le proposte emendative residuali che dovranno essere esaminate questa sera a cambiare la natura di questo provvedimento. Nonostante il dibattito fin qui svolto, infatti, le posizioni sono evidentemente chiare.

La posizione del gruppo della Lega Nord Padania, dunque, è quella di proseguire i lavori dell'Assemblea (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Come state vedendo, essendo la questione così rilevante dal punto di vista politico-istituzionale, sto dando la parola ad un rappresentante per gruppo che ne abbia fatto richiesta.

Ha chiesto di parlare il deputato Catone; successivamente, darò la parola al deputato Franceschini, che ha chiesto di intervenire nuovamente sull'argomento, e credo sia utile per tutti ascoltarlo.

Prego, deputato Catone, ha facoltà di parlare.

GIAMPIERO CATONE. Signor Presidente, il nostro gruppo è favorevole alla prosecuzione dei lavori dell'Assemblea, per trattare tutte le proposte emendative rimanenti entro questa sera, perché siamo seriamente preoccupati in ordine al prosieguo dell'esame del provvedimento nella seduta di domani.

Pertanto, possiamo concordare, al limite, sull'effettuazione di una sospensione tecnica dopo la votazione dell'emendamento in esame (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Franceschini. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, credo che dobbiamo tutti dimostrare la necessaria elasticità per concludere l'esame di questo provvedimento.

Ho avanzato una proposta che mi sembrava prendesse atto della volontà del gruppo di Alleanza Nazionale di assumere un atteggiamento ostruzionistico: infatti, è chiaro che, se decidessimo di proseguire i nostri lavori questa sera e dovesse persistere l'atteggiamento ostruzionistico di Alleanza Nazionale, probabilmente faremmo molta poca strada nell'esame delle proposte emendative rimanenti.

Noi siamo disponibili anche a proseguire i lavori d'Assemblea, ma ovviamente chiediamo al gruppo di Alleanza Nazionale se sussistano le condizioni perché muti il loro atteggiamento; in ogni caso, signor Presidente, ci rimettiamo alla sua decisione (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Poiché siamo di fronte ad una decisione le cui conseguenze possono essere diversamente interpretate rispetto alla stessa possibilità di giungere alla conclusione dell'impegnativa discussione che stiamo svolgendo in materia di indulto, credo che l'Assemblea, nel suo insieme, debba disporsi a misurare il rapporto tra la scelta che deciderà di compiere e l'impegno che - ritengo comunemente - essa deve assumere per portare a termine l'iter del provvedimento (Commenti).

È stata avanzata la proposta di sospendere adesso l'esame del provvedimento per riprenderlo domani mattina; al contempo, vi è anche la proposta di proseguire stasera l'esame della proposta di legge in materia di indulto, con una breve pausa di ordine tecnico (Commenti).

Ricordo che è stato chiesto all'Assemblea di pronunciarsi, con il proprio voto, su tali richieste.

Possiamo votare (Commenti)...

GERARDO BIANCO. Chiedo di parlare, Presidente.

PRESIDENTE. Aspettate, colleghi. Se mi lasciate concludere (Commenti)...

GERARDO BIANCO. Presidente, riguarda la votazione!

PRESIDENTE. Esaurisco la proposta, poi riprendiamo un giro di interventi.

La mia proposta sarebbe quella di porre in votazione, da un lato, in alternativa...

GERARDO BIANCO. Presidente, riguarda la votazione!

Lei mi deve dare la parola! Mi appello all'articolo 41! Almeno impari il regolamento!  PRESIDENTE. Mi lascia finire, per favore?

La mia proposta è di porre in votazione la richiesta di sospendere ora i lavori, per riprenderli domani mattina e, in alternativa, la proposta di continuarli questa sera. Si potrebbe in questo caso votare con il procedimento elettronico senza registrazione di nomi.

Ho sentito delle richieste di parola sull'ordine dei lavori (Commenti).

GERARDO BIANCO. Ma non c'è la proposta! Non c'è la proposta! Mi dà la parola?

PRESIDENTE. Il deputato Bianco chiede con insistenza di intervenire, poi il deputato Franceschini. Ha facoltà di parlare il deputato Bianco. Inviterei comunque tutti alla calma!

GERARDO BIANCO. Voglio solo dire che non c'è una proposta formale, perché la proposta del collega Franceschini è rivolta a tutta l'Assemblea. Allora, o il capogruppo di Forza Italia rivede la sua posizione, come io gli consiglierei di fare, o non c'è una proposta! L'Assemblea non può votare perché si spaccherebbe e si determinerebbe un processo che aggraverebbe la situazione. Mi sembra una cosa elementare!

PRESIDENTE. Allora, allo stato attuale, mi risultano due proposte. Per rendere evidente che di questo si tratta, chiedo al deputato Franceschini se vuole formalizzare una sua proposta oppure se quanto ha detto si deve considerare semplicemente un suggerimento.

MAURO FABRIS. L'ha ritirata, la proposta!

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, nella dialettica normale tra Assemblea e Presidente, mi permetta di dirle che sarebbe stato più corretto da parte sua formulare una proposta e metterla ai voti (Applausi), nel caso non avesse deciso di assumersi la responsabilità di una scelta.

Ho formulato una richiesta al gruppo di Alleanza Nazionale, ma non ho avuto una risposta. Se Alleanza Nazionale è disponibile questa sera a proseguire i lavori con le modalità con cui abbiamo proseguito fino adesso, noi siamo pronti ad andare avanti. Vorrei capire se c'è una risposta su questo.

PRESIDENTE. La risposta mi sembrava chiara; tuttavia, vorrei dire che, di fronte ad una pluralità di proposte, o il Presidente sceglie d'autorità tra una di esse oppure può rimettere tale scelta all'Assemblea, ed io penso che sia corretto fare così.

IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Mi sembrava che una proposta equa e solidale fosse quella dell'onorevole Italo Bocchino, che sin dall'inizio aveva formulato la proposta di rinviare l'esame del provvedimento a domani mattina, con la mia precisazione che si trattava di una valutazione apprezzate le condizioni politiche e tecniche, come lei le ha definite, dell'Assemblea, dopo che le avevamo chiesto una sospensione tecnica alle ore 21 circa, che lei ha ritenuto di non concedere. Allora, a quel punto, abbiamo detto che sarebbe stato meglio riprendere i nostri lavori domani mattina. Questo l'ho detto io. Poi, l'onorevole Bocchino ha preso la parola e ha formulato una proposta.

Quindi, la proposta c'è, tant'è che su di essa hanno poi preso la parola gli onorevoli Franceschini, Casini ed altri. Quindi, ripeto, la proposta c'è - adesso se vogliamo giocare sui formalismi! -, non so se apprezzata dall'Assemblea o meno. Dopodiché, se i lavori non verranno rinviati a domani, il nostro gruppo non ha motivo di spiegare prima esattamente quello che intenderà fare dopo. Ma intelligenti pauca (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)PRESIDENTE. Se si ritiene comunemente che possa servire, senza reintrodurre la discussione sul tempo in cui viene disposta la sospensione, si può valutare l'opportunità di una riunione rapidissima dei presidenti di gruppo (Vivi commenti).

ANDREA GIBELLI. No!

PRESIDENTE. Va bene, la proposta è respinta. Allora il deputato (Commenti)... Fine, fine così! Come si vede il Presidente si adopera per cercare una soluzione condivisa. Siccome non è possibile (Commenti)... A questo punto (Commenti)...

Vi prego (Vivi commenti)... Il Presidente, di fronte alla evidenza di un dissenso che vede i gruppi pronunciarsi in maniera difforme, non corrispondente agli schieramenti di maggioranza e di opposizione, e neppure in termini corrispondenti agli schieramenti di chi si dichiara a favore o contro l'indulto, ma essendo, invece, in discussione una scelta procedurale, decide di rimettersi al giudizio dell'Assemblea (Applausi).

Quindi, porrò in votazione, in alternativa, le due proposte (Proteste dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia).

ANDREA GIBELLI. Quale proposta?

PRESIDENTE. La prima proposta è quella di concludere i lavori per riprenderli domani mattina. È evidente che, qualora tale proposta venisse approvata, sarebbe conclusa la discussione su questo punto. Altrimenti, procederemo diversamente.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta testè illustrata.

(Segue la votazione)

La Camera approva per 84 voti di differenza.

Il seguito dell'esame è pertanto rinviato alla seduta di domani, che avrà inizio alle 9,30.

MARCO BOATO. Presidente, il voto sull'emendamento!

(omissis)

DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO EGIDIO ENRICO PEDRINI SULL'EMENDAMENTO DONADI 1.474 RIFERITO ALLA PROPOSTA DI LEGGE N. 525-BIS ED ABBINATE

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Questo provvedimento sull'indulto comporta profonde riflessioni sui principi di rigore etico, di rigore giuridico e sulla responsabilità di comportamenti che non sono consacrabili in norme e che questo paese sembra perdere a causa dello smarrimento di senso istituzionale e di valori.

A me, che sono sindaco, suonano sempre nelle orecchie alcune frasi e ho nella mente alcuni sindaci italiani e con loro vivo la stessa solitudine.

Mi vengono in mente le frasi che ascolto come sindaco come quella: «Questo è stato fatto in violazione di norme e compro ugualmente, intanto l'amministrazione comunale sarà costretta in qualche maniera a sanarli».

Ero qui in questa aula ed ho applaudito il Papa, l'ho applaudito con entusiasmo quando il Pontefice ha chiesto un atto di clemenza.

Già nella passata legislatura nella mia veste di parlamentare avevo svolto iniziative a favore di indulto e amnistia.

Il Papa richiamava l'attenzione sui detenuti che soffrono in carcere, ai loro errori, alle loro famiglie. Pensavo ai giovani e al disagio sociale causa spesso della detenzione.

Questo provvedimento non è indulto.

Questo provvedimento non è amnistia.

Questa non è clemenza, come alcuni media di questa mattina definivano questo provvedimento, classificando un partito della clemenza e partito dell'anticlemenza.

Questo è un lasciapassare a chi neppure è stato condannato.

È una franchigia a futura memoria.

Questo è un colpo grave al senso dello Stato che oggi abbiamo ulteriormente indebolito.

«Calciopoli», per esempio, per la parte di giustizia ordinaria deve ancora iniziare. Si devono ancora individuare eventuali complicità e responsabilità superiori e già si conosce il finale roseo della grave crisi che ha colpito il nostro sistema sportivo grazie anche a questo provvedimento.

Quale messaggio etico manda questo provvedimento ai nostri giovani?

Non ho mai fatto parte del partito dei magistrati (partito che non esiste se non nella semplificazione giornalistica od oratoria) ma oggi mando a loro una solidarietà sofferta per questo provvedimento nel comprendere la loro difficoltà in alcuni atti che dovranno compiere.

Con queste norme viene introdotta una nuova figura giuridica: oltre l'amnistia, oltre l'indulto (sconto di pena ancora da terminare), viene introdotto lo sconto di pena a futura memoria! O, meglio, una licenza a farla comunque franca.

Lo Stato oggi ha subito un ulteriore colpo.

Dopo la sua debolezza economica, dopo la perdita del primato della politica, oggi vi è la diminuzione della tensione morale e della certezza del diritto.

Mi rivolgo a Franceschini così come a Migliore per la storia dei loro partiti e per la forte tensione morale che qui rappresentano in questa aula e mi rivolgo a tutti  con grande passione e a tutti rivolgo un invito a ripensare all'opportunità di questo provvedimento e a tramutarlo in un provvedimento di amnistia finalizzata che tenga conto della situazione delle carceri, delle condizioni di lavoro degli operatori e dei lavoratori, alla situazione dell'edilizia penitenziaria, alle cause e alle condizioni di disagio sociale e alla necessità di attuazione di un principio costituzionale che dia come indicazione tassativa la necessità della certezza del diritto da una parte e del reinserimento nella società di coloro che hanno commesso errori.

A fronte di una popolazione di più di sessantamila detenuti vi una altrettanta numerosa popolazione di individui con sentenza definitiva di condanna.

Molti di coloro che continuano a commettere atti contro la legge con profonda conoscenza del codice di procedura penale fanno loro stessi per se stessi indulto e amnistia con profonda conoscenza dei termini prescrittivi.

Giacciono negli uffici dei tribunali dieci milioni di procedimenti che permettono che si compia questo.

Su questa indicazione quindi dobbiamo muoverci per intervenire organicamente affinché prevalga il senso di giustizia e di clemenza negando il consenso a questo provvedimento e chiedendo il vostro consenso per questo emendamento.


Allegato A

 

PROPOSTA DI LEGGE: BUEMI ED ALTRI: CONCESSIONE DI INDULTO (TESTO RISULTANTE DALLO STRALCIO DEGLI ARTICOLI 1 E 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 525, DELIBERATO DALL'ASSEMBLEA IL 18 LUGLIO 2006) (A.C. 525-BIS) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: JANNONE; BOATO; FORLANI ED ALTRI; GIORDANO ED ALTRI; CAPOTOSTI ED ALTRI; CRAPOLICCHIO ED ALTRI; BALDUCCI E ZANELLA (A.C. 372-662-BIS-663-BIS-665-BIS-1122-BIS-1266-BIS-1323-BIS-1333-BIS)

 

 


 

(A.C. 525-bis - Sezione 1)

ARTICOLO UNICO DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.

(Indulto).

1. È concesso indulto per tutti i reati commessi fino a tutto il 2 maggio 2006 nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10.000 euro per quelle pecuniarie sole o congiunte a pene detentive. Non si applicano le esclusioni di cui all'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

2. È concesso indulto, per intero, per le pene accessorie temporanee, conseguenti a condanne per le quali è applicato, anche solo in parte, indulto.

3. L'indulto non si applica:

a) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 270 (associazioni sovversive), primo comma;

2) 270-bis (associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico);

3) 270-quater (arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale);

4) 270-quinquies (addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale);

5) 280 (attentato per finalità terroristiche o di eversione);

6) 280-bis (atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi);

7) 285 (devastazione, saccheggio e strage);

8) 289-bis (sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione);

9) 306 (banda armata);

10) 416, sesto comma (associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale);

11) 416-bis (associazione di tipo mafioso);

12) 422 (strage);

13) 600 (riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù);

14) 600-bis (prostituzione minorile); 

15) 600-ter (pornografia minorile), anche nell'ipotesi prevista dall'articolo 600-quater.1;

16) 600-quater (detenzione di materiale pornografico), anche nell'ipotesi prevista dall'articolo 600-quater.1 del codice penale, sempre che il delitto sia aggravato ai sensi del secondo comma del medesimo articolo 600-quater;

17) 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile);

18) 601 (tratta di persone);

19) 602 (acquisto e alienazione di schiavi);

20) 609-bis (violenza sessuale);

21) 609-quater (atti sessuali con minorenne);

22) 609-quinquies (corruzione di minorenne);

23) 609-octies (violenza sessuale di gruppo);

24) 630 (sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione), commi primo, secondo e terzo;

25) 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope;

b) per i delitti riguardanti la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all'articolo 73 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, aggravati ai sensi dell'articolo 80, comma 1, lettera a), e comma 2, del medesimo testo unico, nonché per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74 del citato testo unico, in tutte le ipotesi previste dai commi 1, 4 e 5 del medesimo articolo 74;

c) per i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, e successive modificazioni;

d) per i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni;

e) per i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 3 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 305.

4. I benefìci di cui ai commi 1 e 2 sono revocati di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

5. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO UNICO DELLA PROPOSTA DI LEGGE

(Non sono comprese quelle dichiarate inammissibili)

ART. 1.

(Indulto).

Sopprimerlo.

 1. 6. Gasparri, Consolo, Contento, Bongiorno, Cirielli, Siliquini, Buontempo, Raisi.

Sopprimerlo.

 1. 90. Lussana, Maroni.

Sopprimere il comma 1.

 1. 4. Lussana, Maroni.

Sopprimere il comma 1.

 1. 100. Palomba.

Sopprimere il comma 1.

 1. 234. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sopprimere la parola: tutti.

1. 259. Palomba.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole da: 2 maggio fino a 10.000 con le seguenti: 31 dicembre 2005 nella misura non superiore ad un anno per le pene detentive e non superiore a 5.000.

Conseguentemente, sopprimere il secondo periodo.

1. 161. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 gennaio 2001.

1. 146. Astore.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 marzo 2001.

1. 145. Mura.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 agosto 2001.

1. 149. Costantini.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 ottobre 2001.

1. 147. Borghesi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 dicembre 2001.

1. 148. Belisario.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: gennaio 2002.

1. 193. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 febbraio 2002.

1. 150. Evangelisti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 aprile 2002.

1. 151. D'Ulizia.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: maggio 2002.

1. 194. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 giugno 2002.

1. 152. Donadi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: gennaio 2003

1. 191. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: maggio 2003.

1. 192. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 settembre 2003.

1. 153. Rossi Gasparrini.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 dicembre 2003.

1. 154. Razzi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 1o gennaio 2004.

1. 64. Lussana, Maroni.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: gennaio 2004.

1. 179. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 febbraio 2004.

1. 155. Raiti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: febbraio 2004.

1. 180. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: marzo 2004.

1. 181. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 aprile 2004.

1. 156. Porfidia.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: aprile 2004.

1. 182. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: maggio 2004.

1. 183. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 giugno 2004.

1. 157. Pedica.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: giugno 2004.

1. 184. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: luglio 2004.

1. 185. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 agosto 2004.

1. 158. Ossorio.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: agosto 2004.

1. 186. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: settembre 2004.

1. 187. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 ottobre 2004.

1. 159. Leoluca Orlando.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: ottobre 2004.

1. 188. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: novembre 2004.

1. 189. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 2 dicembre 2004.

1. 160. Misiti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: dicembre 2004.

1. 190. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 1o gennaio 2005.

 1. 128. Lussana, Maroni.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 1o gennaio 2005.

 1. 195. Donadi, Leoluca Orlando, Astore, Belisario, Borghesi, Costantini, D'Ulizia, Evangelisti, Misiti, Mura, Ossorio, Pedica, Pedrini, Porfidia, Raiti, Razzi, Rossi Gasparrini.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: gennaio 2005.

1. 167. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: febbraio 2005.

1. 168. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: marzo 2005.

1. 169. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: aprile 2005.

1. 170. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: maggio 2005.

1. 171. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: giugno 2005.

1. 172. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: luglio 2005.

1. 173. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: agosto 2005.

1. 174. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: settembre 2005.

1. 175. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: ottobre 2005.

1. 176. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: novembre 2005.

1. 177. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 31 dicembre 2005.

 1. 129. Lussana, Maroni.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: il 31 dicembre 2005.

 1. 178. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: gennaio 2006.

1. 163. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: febbraio 2006.

1. 164. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: marzo 2006.

1. 165. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: il 2 maggio 2006 con le seguenti: aprile 2006.

1. 166. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: sei mesi.

 1. 65. Lussana, Maroni.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: sei mesi.

 1. 219. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: sei mesi.

 1. 245. D'Ulizia.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: sette mesi.

  1. 220. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: sette mesi.

  1. 244. Donadi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: otto mesi.

 1. 221. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: otto mesi.

 1. 243. Costantini.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: nove mesi.

  1. 222. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: nove mesi.

  1. 242. Borghesi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: dieci mesi.

 1. 223. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: dieci mesi.

 1. 241. Belisario.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: undici mesi.

  1. 224. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: undici mesi.

  1. 240. Astore.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno.

 1. 66. Lussana, Maroni.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno.

 1. 196. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno.

 1. 239. Mura.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e un mese.

1. 209. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e due mesi.

 1. 67. Lussana, Maroni.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e due mesi.

 1. 210. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e due mesi.

 1. 246. Misiti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e tre mesi.

  1. 211. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e tre mesi.

  1. 247. Evangelisti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e quattro mesi.

1. 212. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e cinque mesi.

 1. 213. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e cinque mesi.

 1. 257. Leoluca Orlando.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e sei mesi.

  1. 214. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e sei mesi.

  1. 248. Leoluca Orlando.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e sette mesi.

 1. 215. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e sette mesi.

 1. 249. Ossorio.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e otto mesi.

  1. 216. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e otto mesi.

  1. 258. Pedica.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e nove mesi.

 1. 217. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e nove mesi.

 1. 250. Pedica.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e dieci mesi.

  1. 218. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e dieci mesi.

  1. 251. Porfidia.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e undici mesi.

 1. 208. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno e undici mesi.

 1. 252. Raiti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni.

  1. 8. Lussana, Maroni.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni.

  1. 45. Palomba.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni.

  1. 122. Consolo, Contento, Bongiorno, Cirielli, Siliquini, Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e un mese

 1. 197. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e un mese

 1. 253. Razzi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e due mesi

  1. 198. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e due mesi

  1. 254. Rossi Gasparrini.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e tre mesi

1. 199. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e quattro mesi

1. 200. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e cinque mesi

1. 201. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e sei mesi

1. 202. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e sette mesi

1. 203. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e otto mesi

1. 204. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e nove mesi

1. 205. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e dieci mesi

1. 206. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni e undici mesi

1. 207. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: e non superiore a 10.000 euro fino alla fine del periodo.

1. 236. Cirielli.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: non superiore a 10.000 euro per quelle pecuniarie sole o congiunte a pene detentive con le seguenti: per quelle pecuniarie non superiore a 1.000 euro.

1. 63. Lussana, Maroni.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: non superiore a 10.000 euro per  quelle pecuniarie sole o congiunte a pene detentive con le seguenti: per quelle pecuniarie non superiore a 2.000 euro.

1. 62. Lussana, Maroni.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 1.000 euro.

 1. 225. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 1.000 euro.

 1. 263. Pedica.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 1.100 euro.

1. 264. Porfidia.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 1.500 euro.

1. 256. Misiti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 2.000 euro.

 1. 226. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 2.000 euro.

 1. 265. Ossorio.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 2.500 euro.

1. 266. Leoluca Orlando.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 3.000 euro.

 1. 227. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 3.000 euro.

 1. 255. Evangelisti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 3.500 euro.

1. 267. Misiti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 4.000 euro.

 1. 228. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 4.000 euro.

 1. 268. Evangelisti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 4.500 euro.

1. 269. D'Ulizia.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 5.000 euro.

 1. 229. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 5.000 euro.

 1. 270. Donadi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 5.500 euro.

1. 271. Costantini.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 6.000 euro.

 1. 230. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 6.000 euro.

 1. 272. Borghesi, Belisario.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 6.200 euro.

1. 273. Rossi Gasparrini.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 6.500 euro.

1. 274. Astore.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 6.600 euro.

1. 275. Razzi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 6.800 euro.

1. 276. Raiti.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 7.000 euro.

 1. 231. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 7.000 euro.

 1. 277. Mura.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 8.000 euro.

1. 232. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 10.000 euro con le seguenti: 9.000 euro.

1. 233. Raisi.

Al comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: sole o congiunte a pene detentive.

1. 260. Palomba.

Al comma 1, sopprimere il secondo periodo.

 1. 68. Lussana, Maroni.

Al comma 1, sopprimere il secondo periodo.

 1. 123. Consolo, Contento, Bongiorno, Cirielli, Siliquini, Raisi.

Al comma 1, sopprimere il secondo periodo.

 1. 261. Palomba.

Al comma 1, sostituire il secondo periodo con il seguente: L'indulto non si applica nei confronti dei recidivi né nei confronti dei delinquenti abituali, professionali o per tendenza, né nei confronti di coloro che siano sottoposti a regime di sorveglianza speciale ai sensi dell'articolo 14-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354.

1. 70. Lussana, Maroni.

Al comma 1, sostituire il secondo periodo con il seguente: L'indulto non si applica nei confronti dei recidivi né nei confronti dei delinquenti abituali, professionali o per tendenza.

1. 69. Lussana, Maroni.

Al comma 1, sostituire il secondo periodo con il seguente: L'indulto non si applica ai recidivi nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma dell'articolo 99 del codice penale, né ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza.

1. 130. Lussana, Maroni.

Al comma 1, sostituire il secondo periodo con il seguente: L'indulto non si applica nei confronti dei recidivi, né nei confronti dei delinquenti abituali o professionali.

1. 124. Consolo, Contento, Bongiorno, Cirielli, Siliquini.

Al comma 1, sostituire il secondo periodo con il seguente: L'indulto non si applica ai recidivi nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma dell'articolo 99 del codice penale, né ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza, nel caso di condanna per delitti.

1. 237. Cirielli.

Al comma 1, secondo periodo, sopprimere la parola: non.

1. 262. Palomba.

Sopprimere il comma 2.

 1. 2. Mantini.

(Approvato)

Sopprimere il comma 2.

 1. 5. Lussana, Maroni.

Sopprimere il comma 2.

 1. 235. Cirielli, Raisi.

Sopprimere il comma 2.

 1. 238. Donadi, Palomba, Leoluca Orlando, Astore, Belisario, Borghesi, Costantini, D'Ulizia, Evangelisti, Misiti, Mura, Ossorio, Pedica, Pedrini, Porfidia, Raiti, Razzi, Rossi Gasparrini.

(Approvato)

Sostituire il comma 2, con i seguenti:

2. L'indulto si applica a condizione che il condannato, per il periodo di tempo corrispondente alla pena condonata e comunque non inferiore ad un anno, dia prova effettiva e costante di buona condotta e di volontà di reinserimento sociale.

2-bis. L'indulto si applica al cittadino straniero immigrato clandestinamente a condizione che abbandoni il territorio dello Stato entro trenta giorni dalla sospensione dell'esecuzione della sentenza.

1. 71. Lussana, Maroni.

Sostituire il comma 2, con il seguente:

2. L'indulto non si applica quando il detenuto non abbia provveduto all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.

1. 59. Lussana, Maroni.

Sostituire il comma 2, con il seguente:

2. L'indulto non si applica quando non è avvenuto il risarcimento della persona offesa dal reato.

1. 60. Lussana, Maroni.

Sostituire il comma 2, con il seguente:

2. L'indulto non si applica senza il consenso della persona offesa da reato.

1. 61. Lussana, Maroni.

Sostituire il comma 2 con il seguente:

2. Le pene accessorie temporanee sono estinte con l'indulto solo se questo estingue completamente la pena da espiare.

1. 46. Palomba.

Al comma 2, sopprimere le parole: , per intero,

1. 278. Palomba.

Al comma 2, sopprimere le parole: , anche solo in parte,

1. 101. Palomba.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:

2-bis. L'indulto si applica al cittadino straniero immigrato clandestinamente a condizione che abbandoni il territorio dello Stato entro 10 giorni dalla sospensione dell'esecuzione della sentenza.

1. 131. Lussana, Maroni.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:

2-bis. L'indulto si applica ai condannati che abbiano espiato almeno due terzi della pena detentiva.

1. 74. Lussana, Maroni.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:

2-bis. L'indulto si applica ai condannati che abbiano espiato almeno metà della pena detentiva.

1. 73. Lussana, Maroni.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:

2-bis. L'indulto si applica ai condannati che abbiano espiato almeno un terzo della pena detentiva.

1. 125. Contento, Siliquini, Cirielli, Bongiorno.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:

2-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a condizione che la parte civile costituitasi nel corso del processo sia stata risarcita per l'intero danno subito.

1. 126. (Testo modificato nel corso della seduta)Consolo, Contento, Bongiorno, Cirielli, Siliquini.

Al comma 3, lettera a), premettere la seguente:

0a) per i delitti previsti dai capi I e II del titolo I del libro II del codice penale;

Conseguentemente, alla medesima lettera, sopprimere i numeri da 1) a 9).

1. 48. Palomba.

Al comma 3, lettera a), premettere la seguente:

0a) per i delitti previsti dal capo I del titolo I del libro II del codice penale;

Conseguentemente, alla medesima lettera, sopprimere i numeri da 1) a 4).

1. 102. Palomba.

Al comma 3, lettera a), premettere la seguente:

0a) per i delitti previsti dal capo II del titolo I del libro II del codice penale;

Conseguentemente, alla medesima, lettera, sopprimere i numeri da 5) a 9).

1. 103. Palomba.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 241 (attentati contro l'integrità, l'indipendenza o l'unità dello Stato);

1. 300. D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 242 (cittadino che porta le armi contro lo Stato italiano);

1. 301. Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 243 (intelligenze con lo straniero a scopo di guerra contro lo Stato italiano);

1. 302. Misiti.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 244 (atti ostili verso uno Stato estero, che espongono lo Stato italiano al pericolo di guerra);

1. 303. Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 245 (intelligenze con lo straniero per impegnare lo Stato italiano alla neutralità o alla guerra);

1. 304. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 246 (corruzione del cittadino da parte dello straniero);

1. 305. Pedica.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 247 (favoreggiamento bellico);

1. 306. Porfidia.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 248 (somministrazione al nemico di provvigioni);

1. 307. Raiti.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 249 (partecipazione a prestiti a favore del nemico);

1. 308. Razzi.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 250 (commercio con il nemico);

1. 309. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 251 (inadempimento di contratti di forniture in tempo di guerra);

1. 310. Mura.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 252 (frode in forniture in tempo di guerra);

1. 311. Astore.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 253 (distruzione o sabotaggio di opere militari);

1. 312. Belisario.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 254 (agevolazione colposa);

1. 313. Borghesi.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 255 (soppressione, falsificazione o sottrazione di atti o documenti concernenti la sicurezza dello Stato);

1. 314. Costantini.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 256 (procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato);

1. 315. Donadi.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 257 (spionaggio politico o militare);

1. 316. D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 258 (spionaggio di notizie di cui è stata vietata la divulgazione);

1. 317. Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 259 (agevolazione colposa);

1. 318. Misiti.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 260 (introduzione clandestina in luoghi militari e possesso ingiustificato di mezzi di spionaggio);

1. 319. Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 261 (rivelazione di segreti di Stato);

1. 320. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 262 (rivelazione di notizie di cui sia stata vietata la divulgazione);

1. 321. Pedica.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 263 (utilizzazione di segreti di Stato);

1. 322. Porfidia.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 264 (infedeltà in affari di Stato);

1. 323. Raiti.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 265 (disfattismo politico);

1. 324. Razzi.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 266 (istigazione di militari a disobbedire alle leggi);

1. 325. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 267 (disfattismo economico);

1. 326. Mura.

Al comma 3, lettera a), al numero 1), premettere il seguente:

01) 269 (attività anti-nazionale del cittadino all'estero);

1. 328. Belisario.

Al comma 3, lettera a), sopprimere il numero 1).

1. 57. Migliore, Forgione, Daniele Farina, Mascia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 2), aggiungere il seguente:

2-bis) 270-ter (assistenza agli associati);

1. 329. Borghesi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 4), aggiungere il seguente:

4-bis) 270-sexies (condotte con finalità di terrorismo);

1. 330. Costantini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 4), aggiungere il seguente:

4-bis) 271 (associazioni antinazionali);

1. 331. Donadi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 4), aggiungere il seguente:

4-bis) 272 (propaganda ed apologia sovversiva o antinazionale);

1. 332. D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 4), aggiungere il seguente:

4-bis) 273 (illecita costituzione di associazioni aventi carattere internazionale);

1. 333. Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 4), aggiungere il seguente:

4-bis) 274 (illecita partecipazione ad associazioni aventi carattere internazionale);

1. 334. Misiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 4), aggiungere il seguente:

4-bis) 276 (attentato contro il Presidente della Repubblica);

1. 335. Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 4), aggiungere il seguente:

4-bis) 277 (offesa alla libertà del Presidente della Repubblica);

1. 336. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 4), aggiungere il seguente:

4-bis) 278 (offesa all'onore o al prestigio del Presidente della Repubblica);

1. 337. Pedica.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 4), aggiungere il seguente:

4-bis) 279 (lesa prerogativa della irresponsabilità del Presidente della Repubblica);

1. 338. Porfidia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 6), aggiungere il seguente:

6-bis) 283 (attentato contro la Costituzione dello Stato);

1. 340. Raiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 6), aggiungere il seguente:

6-bis) 284 (insurrezione armata contro i poteri dello Stato);

1. 341. Razzi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 7), aggiungere il seguente:

7-bis) 286 (guerra civile);

1. 342. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 7), aggiungere il seguente:

7-bis) 287 (usurpazione di potere politico o di comando militare);

1. 343. Mura.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 7), aggiungere il seguente:

7-bis) 288 (arruolamenti o armamenti non autorizzati a servizio di uno Stato estero);

1. 344. Astore.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 7), aggiungere il seguente:

7-bis) 289 (attentato contro organi costituzionali e contro le Assemblee regionali);

1. 345. Belisario.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

8-bis) 290 (vilipendio della Repubblica, delle Istituzioni costituzionali e delle Forze Armate);

1. 346. Borghesi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

8-bis) 291 (vilipendio alla nazione italiana);

1. 348. Donadi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

8-bis) 292 (vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello Stato);

1. 349. D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

8-bis) 294 (attentati contro i diritti politici del cittadino);

1. 352. Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

8-bis) 295 (attentato contro i Capi di Stati esteri);

1. 353. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

8-bis) 296 (offesa alla libertà dei Capi di Stati esteri);

1. 354. Pedica.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

8-bis) 299 (offesa alla bandiera o ad altro emblema di uno Stato estero);

1. 355. Porfidia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

8-bis) 302 (istigazione a commettere alcuno dei delitti preveduti dai capi primo e secondo);

1. 356. Raiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

8-bis) 304 (cospirazione politica mediante accordo);

1. 357. Razzi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

8-bis) 305 (cospirazione politica mediante associazione);

1. 358. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 307 (assistenza ai partecipi di cospirazione o di banda armata);

1. 359. Mura.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere i seguenti:

9-bis) da 314 (peculato) a 335-bis (disposizioni patrimoniali);

9-ter) da 361 (omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale) a 384-bis (punibilità dei fatti commessi in collegamento audiovisivo nel corso di una rogatoria all'estero);

Conseguentemente:

alla medesima lettera:

dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 416-ter (scambio elettorale politico-mafioso);

dopo il numero 12), aggiungere i seguenti:

12-bis) 439 (avvelenamento di acque o di sostanze alimentari);

12-ter) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);

dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati di natura fiscale e finanziaria puniti con pena detentiva, nonché per i reati di cui agli articoli 2621 e 2622 del codice civile;

1. 474. Donadi, Palomba, Leoluca Orlando, Astore, Belisario, Borghesi, Costantini, D'Ulizia, Evangelisti, Misiti, Mura, Ossorio, Pedica, Pedrini, Porfidia, Raiti, Razzi, Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) da 314 a 360 (delitti contro la pubblica amministrazione);

Conseguentemente, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:

a-bis) per i reati speciali contro l'amministrazione militare previsti dagli articoli da 215 a 219 del codice penale militare di pace, quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro e dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 400. Borghesi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) da 314 a 360 (delitti contro la pubblica amministrazione), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro e dei beni pubblici indebitamente sottratti;

Conseguentemente, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:

a-bis) per i reati speciali contro l'amministrazione militare previsti dagli articoli da 215 a 219 del codice penale militare di pace, quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro e dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 402. Sgobio, Crapolicchio, Vacca, Licandro, Galante.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) da 314 (peculato) a 335-bis (disposizioni patrimoniali);

 1. 360. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) da 314 (peculato) a 335-bis (disposizioni patrimoniali);

 1. 477. Donadi, Palomba, Leoluca Orlando, Astore, Belisario, Borghesi, Costantini, D'Ulizia, Evangelisti, Misiti, Mura, Ossorio, Pedica, Pedrini, Porfidia, Raiti, Razzi, Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) da 314 a 335-bis (delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti.

  1. 132. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) da 314 a 335-bis (delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti.

  1. 401. Costantini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 314, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 321, 322, 322-bis, 324, 368, 372, 373.

 1. 50. Belisario.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 314, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 321, 322, 322-bis, 324, 368, 372, 373.

 1. 362. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 314 (peculato);

  1. 8. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 314 (peculato);

  1. 104. Palomba, Donadi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 314 (peculato), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 133. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui);

1. 364. Astore.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 316-bis (malversazione a danno dello Stato);

1. 105. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 316-ter (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato);

1. 365. Belisario.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 317 (concussione);

 1. 9. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 317 (concussione);

 1. 106. Palomba, D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 317 (concussione), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 134. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 318 (corruzione per un atto d'ufficio);

 1. 10. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 318 (corruzione per un atto d'ufficio);

 1. 107. Palomba, Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 318 (corruzione per un atto d'ufficio), quando non vi sia stata la re

stituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 135. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio) e 319-bis (circostanze aggravanti);

 1. 108. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio) e 319-bis (circostanze aggravanti);

 1. 136. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio) e 319-bis (circostanze aggravanti), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 137. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio);

1. 368. Misiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 319-ter (corruzione in atti giudiziari);

1. 110. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) e 321 (pene per il corruttore);

 1. 12. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) e 321 (pene per il corruttore);

 1. 111. Palomba, Pedica.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) e 321 (pene per il corruttore), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 138. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 322 (istigazione alla corruzione);

 1. 13. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 322 (istigazione alla corruzione);

 1. 113. Palomba, Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 322 (istigazione alla corruzione), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 139. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 322-bis (peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri);

1. 114. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 323 (abuso d'ufficio);

1. 371. Borghesi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 325 (utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragione d'ufficio);

1. 372. Costantini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 326 (rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio);

1. 373. Donadi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 328 (rifiuto di atti d'ufficio. Omissione);

1. 374. D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 329 (rifiuto o ritardo di obbedienza commesso da un militare o da un agente della forza pubblica);

1. 375. Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 331 (interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità);

1. 376. Misiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 334 (sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dell'Autorità amministrativa);

1. 377. Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 335 (violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa);

1. 378. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 336 (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale);

1. 379. Pedica.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 337 (Resistenza a un pubblico ufficiale);

1. 380. Porfidia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 337-bis (occultamento, custodia o alterazione di mezzi di trasporto);

1. 381. Raiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 338 (violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario);

1. 382. Razzi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 340 (interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità);

1. 383. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 342 (oltraggio a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario);

1. 384. Mura.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 343 (oltraggio a un magistrato in udienza);

1. 385. Astore.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 345 (offesa all'Autorità mediante danneggiamento di affissioni);

1. 386. Belisario.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 346 (millantato credito);

1. 387. Borghesi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 347 (usurpazione di funzioni pubbliche);

1. 388. Costantini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 348 (abusivo esercizio di una professione);

1. 389. Donadi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 349 (violazione di sigilli);

1. 390. D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 350 (agevolazione colposa);

1. 391. Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 351 (violazione della pubblica custodia di cose);

1. 392. Misiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 352 (vendita di stampati di cui è stato ordinato il sequestro);

1. 393. Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 353 (turbata libertà degli incanti);

1. 394. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 354 (astensione dagli incanti);

1. 395. Pedica.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 355 (inadempimento di contratti di pubbliche forniture);

1. 396. Porfidia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 356 (frode nelle pubbliche forniture);

1. 397. Raiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) da 361 (omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale) a 384-bis (punibilità dei fatti commessi in collegamento audiovisivo nel corso di una rogatoria all'estero);

1. 476. Donadi, Palomba, Leoluca Orlando, Astore, Belisario, Borghesi, Costantini, D'Ulizia, Evangelisti, Misiti, Mura, Ossorio, Pedica, Pedrini, Porfidia, Raiti, Razzi, Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 361 (omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale);

1. 398. Razzi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 362 (omessa denuncia di reato da parte di un incaricato di pubblico servizio);

1. 399. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 363 (omessa denuncia aggravata);

1. 405. Mura.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 364 (omessa denuncia di reato da parte del cittadino);

1. 406. Astore.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 365 (omissione di referto);

1. 407. Belisario.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 366 (rifiuto di uffici legalmente dovuti);

1. 408. Borghesi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 367 (simulazione di reato);

1. 409. Costantini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 368 (calunnia);

1. 115. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 369 (autocalunnia);

1. 410. Donadi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 370 (simulazione o calunnia per un fatto costituente contravvenzione);

1. 411. D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 371 (falso giuramento della parte);

1. 412. Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 371-bis (false informazioni al pubblico ministero);

1. 116. Palomba, Misiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 371-ter (false dichiarazioni al difensore);

1. 413. Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 373 (falsa perizia o interpretazione);

1. 117. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 374 (frode processuale);

1. 414. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 374-bis (false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all'autorità giudiziaria);

1. 415. Pedica.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 377 (subornazione);

1. 416. Porfidia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 377-bis (induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria);

1. 417. Raiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 378 (favoreggiamento personale);

1. 418. Razzi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 379 (favoreggiamento reale);

1. 419. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 415 (istigazione a disobbedire alle leggi);

1. 420. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 416 (associazione per delinquere), finalizzata alla commissione dei delitti di cui agli articoli 2621 (false comunicazioni sociali), 2622 (false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori), 2624 (falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione), 2625 (impedito controllo), 2637 (aggiotaggio), 2638 (ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza) del codice civile, 216 (bancarotta fraudolenta) e 223 (fatti di bancarotta fraudolenta) del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, nel caso di società soggette alla disciplina delle società con azioni quotate di cui alla parte IV, titolo III, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, ovvero nei casi di cui all'articolo 116, comma 1 (strumenti finanziari diffusi tra il pubblico), del citato decreto legislativo n. 58 del 1998;

1. 479. Contento.

Al comma 3, lettera a), sostituire il numero 10), con il seguenti:

10) 416 (associazione per delinquere);

1. 421. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 416-ter (scambio elettorale politico-mafioso);

Conseguentemente:

alla medesima lettera:

dopo il numero 12), aggiungere i seguenti:

12-bis) 439 (avvelenamento di acque o di sostanze alimentari);

12-ter) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);

dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati di natura fiscale e finanziaria puniti con pena detentiva, nonché per i reati di cui agli articoli 2621 e 2622 del codice civile;

1. 478. Donadi, Palomba, Leoluca Orlando, Astore, Belisario, Borghesi, Costantini, D'Ulizia, Evangelisti, Misiti, Mura, Ossorio, Pedica, Pedrini, Porfidia, Raiti, Razzi, Rossi Gasparrini.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 416-ter (scambio elettorale politico-mafioso);

 1. 51. Palomba, Leoluca Orlando, Porfidia.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 416-ter (scambio elettorale politico-mafioso);

 1. 422. Raisi, Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) delitti connessi con quelli di cui agli articoli 416-bis e 416-ter.

1. 52. Raiti.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 419 (devastazione e saccheggio);

 1. 15. Lussana, Maroni.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 419 (devastazione e saccheggio);

 1. 118. Palomba, Razzi, Rossi Gasparrini.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 419 (devastazione e saccheggio);

 1. 423. Cirielli, Raisi.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 420 (attentato a impianti di pubblica utilità);

  1. 16. Lussana, Maroni.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 420 (attentato a impianti di pubblica utilità);

  1. 424. Porfidia.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 420 (attentato a impianti di pubblica utilità);

  1. 425. Raisi, Cirielli.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 421 (pubblica intimidazione);

1. 426. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 423 (incendio);

 1. 17. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 423 (incendio);

 1. 427. Raiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 423 (incendio);

 1. 428. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 423-bis (incendio boschivo).

  1. 18. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 423-bis (incendio boschivo).

  1. 429. Razzi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 423-bis (incendio boschivo).

  1. 430. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 430 (disastro ferroviario).

 1. 19. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 430 (disastro ferroviario).

 1. 431. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 430 (disastro ferroviario).

 1. 432. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 432 (attentato alla sicurezza dei trasporti).

  1. 20. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 432 (attentato alla sicurezza dei trasporti).

  1. 433. Mura.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 432 (attentato alla sicurezza dei trasporti).

  1. 434. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 438 (epidemia).

 1. 21. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 438 (epidemia).

 1. 444. Astore.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 438 (epidemia).

 1. 445. Cirielli.

Al comma 3, , lettera a), dopo il numero 12), aggiungere i seguenti:

12-bis) 439 (avvelenamento di acque o di sostanze alimentari);

12-ter) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);

12-quater) 442 (commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate).

  1. 43. Belisario.

Al comma 3, , lettera a), dopo il numero 12), aggiungere i seguenti:

12-bis) 439 (avvelenamento di acque o di sostanze alimentari);

12-ter) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);

12-quater) 442 (commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate);

  1. 446. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 439 (avvelenamento di acque o di sostanze alimentari);

1. 119. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);

 1. 22. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);

 1. 120. Palomba, Borghesi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) da 499 (distruzione di materie prime o di prodotti agricoli o industriali ovvero di mezzi di produzione) a 517-bis (circostanza aggravante);

1. 140. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) da 499 (distruzione di materie prime o di prodotti agricoli o industriali ovvero di mezzi di produzione) a 517 (vendita di prodotti industriali con segni mendaci);

1. 77. Costantini.

Al comma 3, , lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 544-bis (uccisione di animali);

1. 447. Raisi.

Al comma 3, , lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 544-ter (maltrattamento di animali);

1. 448. Raisi.

Al comma 3, , lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 544-quater (spettacoli o manifestazioni vietati);

1. 449. Raisi.

Al comma 3, , lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 544-quinquies (divieto di combattimenti tra animali);

1. 450. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 572, secondo comma (maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli);

 1. 23. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 572, secondo comma (maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli);

 1. 451. Donadi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 572, secondo comma (maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli);

 1. 452. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 575 (omicidio);

  1. 24. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 575 (omicidio);

  1. 453. D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 575 (omicidio);

  1. 454. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 578 (infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale);

1. 455. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 580 (istigazione o aiuto al suicidio);

1. 456. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 589 (omicidio colposo);

1. 457. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 591 (abbandono di persone minori o incapaci);

1. 458. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 19), aggiungere il seguente:

19-bis) 605 (sequestro di persona);

1. 459. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23), aggiungere il seguente:

23-bis) 615-ter (accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico);

1. 460. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 624 (furto);

1. 461. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 624-bis (furto in abitazione e furto con strappo), 628 (rapina) e 640 (truffa) se la vittima è maggiore degli anni sessantanove;

1. 462. Buontempo.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 624-bis (furto in abitazione e furto con strappo);

 1. 25. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 624-bis (furto in abitazione e furto con strappo);

 1. 463. Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 628 (rapina);

  1. 26. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 628 (rapina);

  1. 464. Misiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 628 (rapina);

  1. 465. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 629 (estorsione);

 1. 27. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 629 (estorsione);

 1. 466. Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 629 (estorsione);

 1. 467. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 640 (truffa);

  1. 28. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 640 (truffa);

  1. 468. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 640-ter (frode informatica);

1. 481. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 644 (usura);

 1. 29. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 644 (usura);

 1. 469. Pedica.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 644 (usura);

 1. 470. Cirielli, Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 648 (ricettazione).

  1. 30. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 648 (ricettazione).

  1. 471. Porfidia.

Al comma 3, lettera a), aggiungere, in fine, il seguente numero:

26) 727 (maltrattamento di animali).

1. 42. Raiti.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati previsti dagli articoli 2621, 2622, 2623, 2624, 2625, 2626, 2627, 2628, 2629, 2630, 2631, 2632, 2633, 2634, 2635, 2636, 2638 del codice civile;

 1. 58. Lussana, Maroni.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati previsti dagli articoli 2621, 2622, 2623, 2624, 2625, 2626, 2627, 2628, 2629, 2630, 2631, 2632, 2633, 2634, 2635, 2636, 2638 del codice civile;

 1. 475. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati previsti dagli articoli 2621 (false comunicazioni sociali) e 2622 (false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori);

  1. 40. Sgobio, Crapolicchio, Vacca, Licandro, Galante.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati previsti dagli articoli 2621 (false comunicazioni sociali) e 2622 (false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori);

  1. 473. Mura.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per il reato di cui all'articolo 2621 del codice civile (false comunicazioni sociali);

1. 53. Palomba, Astore.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per il delitto di cui all'articolo 2622 del codice civile (false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori);

1. 121. Palomba.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati in materia fiscale puniti con pena detentiva;

1. 54. Palomba, Belisario.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74;

1. 472. Sgobio, Crapolicchio, Vacca, Licandro, Galante.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere le seguenti:

b-bis) per i reati di cui all'articolo 44, comma 1, lettere b) e c), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, salvo che si tratti di violazioni di un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti e sempre che non siano stati violati i vincoli di cui all'articolo 33, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel secondo comma dello stesso articolo;

b-ter) per i reati di cui all'articolo 181 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorità;

1. 39. Borghesi.

Dopo il comma 3, aggiungere i seguenti:

3-bis. Con il provvedimento di sospensione dell'esecuzione della sentenza per effetto dell'indulto condizionato, al beneficiato sono imposte le prescrizioni e gli obblighi di cui ai commi 5, 6 e 7 dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354.

3-ter. Con il provvedimento di sospensione è imposto l'obbligo di presentazione periodica alla polizia giudiziaria, secondo le modalità previste dall'articolo 282 del codice di procedura penale, per il periodo di sospensione dell'esecuzione.

3-quater. Con il provvedimento di sospensione della pena è sempre disposto per il cittadino italiano il divieto di espatrio ai sensi dell'articolo 281 del codice di procedura penale, per tutto il periodo di sospensione.

 1. 56. Lussana, Maroni.

Dopo il comma 3, aggiungere i seguenti:

3-bis. Con il provvedimento di sospensione dell'esecuzione della sentenza per effetto dell'indulto condizionato, al beneficiato sono imposte le prescrizioni e gli obblighi di cui ai commi 5, 6 e 7 dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354.

3-ter. Con il provvedimento di sospensione è imposto l'obbligo di presentazione periodica alla polizia giudiziaria, secondo le modalità previste dall'articolo 282 del codice di procedura penale, per il periodo di sospensione dell'esecuzione.

3-quater. Con il provvedimento di sospensione della pena è sempre disposto per il cittadino italiano il divieto di espatrio ai sensi dell'articolo 281 del codice di procedura penale, per tutto il periodo di sospensione.

 1. 480. Costantini.

Al comma 4, sostituire le parole da: cinque anni fino a: condanna a con le seguenti: dieci anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più delitti non colposi per i quali sia stato condannato complessivamente ad una.

1. 31. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole da: cinque anni fino a: condanna a con le seguenti: sette anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più delitti non colposi per i quali sia stato condannato complessivamente ad una.

1. 143. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: dieci anni.

 1. 31. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: dieci anni.

 1. 500. Donadi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: dieci anni.

 1. 542. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: nove anni e sei mesi.

1. 541. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: sei mesi.

1. 501. Mura.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: sette mesi.

1. 502. Astore.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: otto mesi.

1. 503. Belisario.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: nove mesi.

1. 504. Borghesi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: dieci mesi.

1. 505. Costantini.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: undici mesi.

1. 506. Donadi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: nove anni.

1. 538. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: dodici mesi.

1. 507. D'Ulizia.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: tredici mesi.

1. 508. Evangelisti.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: quattordici mesi.

1. 509. Misiti.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: quindici mesi.

1. 510. D'Ulizia.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: sedici mesi.

1. 511. Leoluca Orlando.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: diciassette mesi.

1. 512. Ossorio.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: otto anni e sei mesi.

1. 535. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: diciotto mesi.

1. 513. Donadi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: diciannove mesi.

1. 514. Pedica.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: venti mesi.

1. 515. Porfidia.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: ventuno mesi.

1. 516. Raiti.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: ventidue mesi.

1. 517. Razzi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: ventitre mesi.

1. 518. Rossi Gasparrini.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: otto anni.

1. 536. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni e sei mesi.

1. 537. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni e tre mesi.

1. 519. Rossi Gasparrini.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni e due mesi.

1. 520. Razzi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni e un mese.

1. 521. Raiti.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni.

 1. 127. Consolo, Contento, Bongiorno, Cirielli, Siliquini, Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni.

 1. 141. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni.

 1. 142. Mantini.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni.

 1. 522. Porfidia.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni.

 1. 579. Mazzoni.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e undici mesi.

1. 523. Pedica.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e dieci mesi.

1. 524. Ossorio.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e nove mesi.

1. 525. Leoluca Orlando.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e otto mesi.

1. 526. Misiti.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e sette mesi.

1. 527. Evangelisti.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e sei mesi.

 1. 528. D'Ulizia.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e sei mesi.

 1. 539. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e cinque mesi.

1. 529. Donadi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e quattro mesi.

1. 530. Costantini.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e tre mesi.

1. 531. Borghesi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e due mesi.

1. 532. Belisario.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e un mese.

1. 533. Astore.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni.

 1. 534. Mura.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni.

 1. 540. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole da: un delitto fino a: condanna a con le seguenti: uno o più delitti non colposi per i quali sia stato condannato complessivamente ad una.

1. 144. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire la parola: condanna con le seguenti: una o più condanne.

1. 32. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: sei mesi.

 1. 34. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: sei mesi.

 1. 543. Rossi Gasparrini.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: sei mesi.

 1. 544. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: a sette mesi.

  1. 545. Razzi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: a sette mesi.

  1. 546. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: otto mesi.

 1. 547. Raiti.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: otto mesi.

 1. 548. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: nove mesi.

  1. 549. Porfidia.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: nove mesi.

  1. 550. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: dieci mesi.

 1. 551. Pedica.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: dieci mesi.

 1. 552. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: undici mesi.

  1. 553. Astore, Borghesi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: undici mesi.

  1. 554. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: un anno.

 1. 33. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: un anno.

 1. 555. Ossorio.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: tredici mesi.

  1. 556. Leoluca Orlando.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: tredici mesi.

  1. 557. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: quattordici mesi.

 1. 558. Belisario, Costantini.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: quattordici mesi.

 1. 559. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: quindici mesi.

  1. 560. Misiti.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: quindici mesi.

  1. 561. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: sedici mesi.

 1. 562. Evangelisti.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: sedici mesi.

 1. 563. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: diciassette mesi.

  1. 564. D'Ulizia.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: diciassette mesi.

  1. 565. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: diciotto mesi.

 1. 566. Donadi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: diciotto mesi.

 1. 567. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: diciannove mesi.

  1. 568. Costantini.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: diciannove mesi.

  1. 569. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: venti mesi.

 1. 570. Borghesi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: a venti mesi.

 1. 571. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: ventuno mesi.

  1. 572. Belisario.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: ventuno mesi.

  1. 573. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: ventidue mesi.

 1. 574. Astore.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: ventidue mesi.

 1. 575. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: ventitre mesi.

  1. 576. Mura.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: ventitre mesi.

  1. 577. Raisi.

Dopo il comma 4, aggiungere il seguente comma:

4-bis. La revoca del beneficio si applica anche nei confronti di chi, nei cinque anni successivi al termine di cui al comma 4, commette più delitti in conseguenza dei quali riporta condanne ad una pena detentiva complessivamente superiore a due anni.

1. 36. Lussana, Maroni.

Dopo il comma 4, aggiungere il seguente comma:

4-bis. La revoca del beneficio si applica anche nei confronti di chi, nei tre anni successivi al termine di cui al comma 4, commette più delitti in conseguenza dei quali riporta condanne ad una pena detentiva complessivamente superiore a due anni.

1. 35. Lussana, Maroni.

Sopprimere il comma 5.

1. 578. Palomba.

Al comma 5, dopo le parole: in vigore il aggiungere la seguente: trentesimo.

1. 38. Lussana, Maroni.

Al comma 5, dopo le parole: in vigore il aggiungere la seguente: decimo.

1. 37. Lussana, Maroni.


 


 

 

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

33.

 

Seduta di GIOVEDì 27 LUGLIO 2006

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE

FAUSTO BERTINOTTI

indi

DEL VICEPRESIDENTE

PIERLUIGI CASTAGNETTI

(omissis)

 


Seguito della discussione della proposta di legge: Buemi ed altri: Concessione di indulto (Testo risultante dallo stralcio degli articoli 1 e 3 della proposta di legge n. 525, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006) (A.C. 525-bis ); e delle abbinate proposte di legge: Jannone; Boato; Boato; Forlani ed altri; Giordano ed altri; Capotosti ed altri; Crapolicchio ed altri; Balducci e Zanella (A.C. 372-662-bis-663-bis-665-bis-1122-bis-1266-bis-1323-bis-1333-bis).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta  di legge d'iniziativa dei deputati Buemi ed altri: Concessione di indulto; e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa dei deputati: Jannone; Boato; Boato; Forlani ed altri; Giordano ed altri; Capotosti ed altri; Crapolicchio ed altri; Balducci e Zanella.

Ricordo che nella seduta di ieri è stato votato, da ultimo, l'emendamento Donadi 1.474 e che sono iniziate le dichiarazioni di voto sull'emendamento Sgobio 1.402.

 

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,50).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.

 

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 525-bis ed abbinate)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico della proposta di legge, nel testo della Commissione, e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - 525-bis ed abbinate sezione 1).

Riprendiamo dalla votazione dell'emendamento Sgobio 1.402.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Deputato Buontempo, mi si fa notare che lei è già intervenuto ieri.

TEODORO BUONTEMPO. Non su questo emendamento, Presidente.

PRESIDENTE. Risulta che sull'emendamento Sgobio 1.402 hanno parlato i deputati La Russa, Palomba, Crapolicchio, Buontempo, Borghesi, Nespoli, Bocchino.

TEODORO BUONTEMPO. Se risulta così, mi dispiace. Io ero convinto invece...

PRESIDENTE. La prego di prenderne atto, per favore.

TEODORO BUONTEMPO. Ne prendo atto, signor Presidente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Il nostro gruppo voterà a favore di questo emendamento, in quanto esso è in linea con quanto abbiamo sostenuto attraverso altri emendamenti presentati in Commissione ed altri ancora che siamo riusciti a segnalare, malgrado il contingentamento dei tempi.

Votiamo a favore perché questo emendamento esclude la concessione dell'indulto quando, con riferimento ai delitti contro la pubblica amministrazione, cioè a quelli ricompresi dagli articoli da 314 a 360 del codice penale, non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro e dei beni pubblici indebitamente sottratti e quando, nel caso di reati speciali contro l'amministrazione militare - che sono sostanzialmente gli stessi tipi di reati previsti dal codice militare di pace -, non vi sia stata, anche in questo caso, la restituzione delle somme di denaro e dei beni pubblici indebitamente sottratti.

Riteniamo infatti che il beneficio dell'indulto - questo lo abbiamo sostenuto più volte, anche in altri interventi che sono stati svolti in Assemblea - vada concesso, facendo anche una valutazione...

PRESIDENTE. Per favore, colleghi, vorrei chiedere all'Assemblea un po' di attenzione!

Deputato Cota, prosegua pure.

ROBERTO COTA. ...per così dire meritocratica in ordine al soggetto al quale viene concesso il beneficio. Questa valutazione dev'essere rapportata alla necessità di evitare il rischio di recidiva, cioè di ricommettere il reato.

Mi pare che tutti, sia i sostenitori del provvedimento, sia coloro i quali sono più critici verso di esso, sostengano che un rischio da evitare debba proprio essere quello della ricaduta nella recidiva e vi è certamente una preoccupazione in ordine al fatto che molti dei condannati usciti di galera poi ricadono nel reato. Lo abbiamo visto commentando i dati dell'«indultino», quando un terzo dei detenuti condannati usciti di galera vi sono poi subito rientrati.

Dunque, uno dei parametri per valutare la meritorietà in ordine alla concessione dell'indulto, al fine di evitare i rischi di recidiva, è sicuramente l'impegno di restituire le somme di denaro indebitamente sottratte: in questo caso, indebitamente sottratte alla pubblica amministrazione, nell'altro caso, che abbiamo esaminato ieri, somme di denaro dovute a titolo di risarcimento del danno nei confronti della parte civile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Benedetti Valentini. Ne ha a facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Mi scusi, Presidente, perché a titolo personale?

PRESIDENTE. Perché su questo emendamento per suo il gruppo aveva già parlato il deputato La Russa.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Va bene, Presidente, allora le chiedo scusa e parlo brevemente a titolo personale.

Vorrei dire che il gruppo di Alleanza Nazionale, a prescindere dalla più generale questione dell'essere favorevoli o contrari all'indulto, è tuttavia senz'altro favorevole a che qualunque misura premiale sia correlata e condizionata alla restitutio in integrum, al risarcimento, all'avvenuta attivazione del responsabile del reato per rimediare e risarcire le conseguenze dannose del proprio reato. Mi chiedo però, facendo eco alle parole di ieri del relatore che attribuiva ai vari gruppi la colpa di non essere coerenti e di non avere un unico metro di valutazione delle fattispecie, perché i colleghi che hanno presentato questa proposta emendativa - che è corretta e logica, concedendo l'indulto purché vi sia stata la restituzione delle somme di denaro dei beni pubblici indebitamente sottratti - non abbiano accettato analogo principio con riferimento al risarcimento dei danni per gravissimi reati, come i delitti contro la persona! Avrebbe dovuto esserci il risarcimento danni per fatti assai più pesanti e il principio avrebbe dovuto essere assolutamente lo stesso. Perché adottare più metri e più misure?

PRESIDENTE. La prego, deve concludere.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Concludo, dicendo che mi appresterei quanto meno ad astenermi, per questo principio sistematico.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, intervengo solo per ribadire, in linea con le precedenti dichiarazioni di tutto il mio gruppo, che Alleanza Nazionale si asterrà su questo emendamento. Alleanza Nazionale ha deciso di non partecipare alla gara volta a definire quali emendamenti siano migliori o peggiori, perché il risarcimento del danno dovrebbe essere un principio generale per l'applicabilità dell'indulto. Ahimé, così non è stato! I nostri emendamenti tendenti a far risarcire le vittime dei reati, a favore delle quali Alleanza Nazionale si è sempre schierata, sono stati respinti e per questo - non per altro - il voto del partito che qui rappresento sarà di astensione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei soltanto capire: mi rendo conto infatti che è sempre più difficile comprendere il comportamento dei colleghi della sinistra. Per quale motivo un dipendente della pubblica amministrazione, un militare o quant'altri, che abbia in qualche maniera arrecato danno o pregiudizio alla pubblica amministrazione, se vuole usufruire dell'indulto, deve pagare e risarcire, mentre invece tante altre persone - penso al caso Unipol, a Consorte, penso ad altri scandali, a Ricucci, a Tanzi e ai tanti amici della sinistra, compresi i no global, che sfasciano vetrine per fini moralmente leciti come la lotta all'imperialismo e al capitalismo - non devono risarcire nulla?

Poiché mi sono sentito dire spesso, nei cinque anni scorsi, che la legge è uguale per tutti e che non si fanno leggi ad personam, vorrei che l'onorevole Vacca, che non vedo, o qualche altro collega di sinistra mi spiegasse perché i dipendenti pubblici e i militari sono ...

PRESIDENTE. La prego, ha concluso il suo tempo.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Signor Presidente, colgo l'occasione in questo minuto per fare le mie rimostranze, anche perché ho atteso quasi 15 ore per questo intervento, dopo che lei mi ha dato la parola, me l'ha tolta, ha fatto il «giro» di diversi colleghi, in piena dichiarazione di voto, per poi chiudere i lavori dell'Assemblea senza che si votasse. Quindi, non ho avuto la parola e mi sono dovuto riscrivere questa mattina per poter intervenire.

La pregherei, visto che il dibattito sarà piuttosto lungo, almeno questa mattina, quanto meno di avere un po' più di rispetto per noi deputati.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per ribadire la nostra perplessità sulle classificazioni proposte. Se dovessimo tener fede, come dobbiamo fare, alle informazioni che ci sono state rese dal Ministero, qui saremmo di fronte ad un caso che riguarda, sì e no, una cinquantina di persone e, quindi, questo emendamento si atteggerebbe sostanzialmente come un atto contra personas. Vogliamo ribadire come questa situazione sia erronea. C'è chi fa una classifica di valori che non tiene conto dei principi; ad esempio, il principio della vita dovrebbe essere sicuramente più importante in una scala ideale gerarchica rispetto a quello di cui si sta discutendo in questo momento.

Ecco perché ci chiamiamo fuori. La contrarietà di Alleanza Nazionale sull'indulto è pacifica e si basa sugli argomenti che abbiamo illustrato fin qui.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Migliori. Ne ha facoltà.

RICCARDO MIGLIORI. Signor Presidente, colleghi, anche alla luce dell'intervento svolto dall'onorevole Contento, vorrei sottolineare alla Presidenza tutto il disagio del nostro gruppo circa il fatto che su alcuni temi, come quello trattato nell'emendamento in esame, che hanno significativi effetti di ricaduta sul piano concreto, il nostro ramo del Parlamento è costretto a legiferare al buio. Infatti, il ministero non ha fornito nessun dato proiezionale circa gli effetti di ricaduta dell'approvazione o meno di questi emendamenti.

Intendo dunque rassegnare al Presidente il disagio che, al di là delle contrapposizioni politiche, viviamo per un'interlocuzione così importante e significativa su un tema così alto nell'assenza di dati e di chiarezza circa la situazione delle carceri italiane da parte del ministero competente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,  il deputato Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.

ALBERTO GIORGETTI. Signor Presidente, devo registrare un profondo imbarazzo in relazione al dibattito che si è sviluppato nella giornata di ieri e che si sta manifestando anche in questa prima parte della seduta odierna.

Continuiamo a seguire un percorso circa la definizione di una scala di priorità relativamente a chi o meno dovrebbe godere del provvedimento di indulto. È evidente che tali questioni meritano approfondimenti seri. Ogni emendamento proposto - anche quest'ultimo, sul quale manifesto la mia personale contrarietà - è volto ad incidere direttamente su responsabilità dirette, storie, vicende, interessi personali e pubblici che riguardano il compimento di reati che non possono essere valutati in funzione di un criterio di gradualità e di pericolosità. Ritengo che tutti i reati abbiano lo stesso ordine di valore e di diritto.

Per tale motivo, ribadisco la mia contrarietà sull'indulto e su questo confronto relativo a proposte emendative che non possono essere presentate con questa approssimazione e con questa pochezza di informazioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Angela Napoli. Ne ha facoltà.

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, sinceramente non riesco a capire cosa stia facendo l'Assemblea in merito alle posizioni che man mano va assumendo sull'insieme degli emendamenti presentati al provvedimento di indulto.

Che Alleanza Nazionale sia contraria a questa forma di indulto non v'è alcun dubbio. Tuttavia, occorre specificare che Alleanza Nazionale, nel mantenere la propria contrarietà, tiene anche un comportamento a tutela della parità di tutte le categorie.

Non possiamo assolutamente accettare che determinate categorie - come quelle previste in questo emendamento - debbano restituire il maltolto, mentre risultano favorite dall'indulto le categorie che maggiormente hanno creato la «disamministrazione» pubblica e soprattutto quelle politiche.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Holzmann. Ne ha facoltà.

GIORGIO HOLZMANN. Signor Presidente, nel merito di questo emendamento abbiamo già espresso, attraverso gli interventi di numerosi colleghi, anche a titolo personale, numerose perplessità per la disparità di trattamento che si determinerebbe nei confronti dei pubblici dipendenti rispetto ad altri soggetti che hanno commesso gli stessi reati, in taluni casi anche più gravi e rilevanti dal punto di vista economico.

Vorrei anche osservare che l'assenza del ministro della giustizia comporta per i parlamentari una qualche incertezza nella valutazione degli emendamenti. Infatti, in via preliminare, prima che gli emendamenti vengano posti in votazione, vorremmo conoscerne le ricadute in termini concreti sulla popolazione carceraria. In altre parole, vorremmo sapere quante persone usciranno dalle carceri e quante vi rimarranno, nel caso in cui un emendamento venisse approvato. Il ministro della giustizia dovrebbe potercelo dire di volta in volta.

Signor Presidente, è veramente difficile per noi effettuare una valutazione seria ed obiettiva su queste proposte emendative, senza indicazioni precise da parte del ministro competente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Ulivi. Ne ha facoltà.

ROBERTO ULIVI. Signor Presidente, desidero esprimere il disagio di tutto il mio gruppo per l'assenza del ministro Mastella durante l'esame di un provvedimento così importante. La prego di farsi parte attiva, affinché il ministro Mastella  partecipi ai lavori dell'Assemblea. Credo che questa richiesta vada fatta a nome non solo del mio gruppo, ma certamente anche del paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Lo Presti. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, il collega Ulivi mi ha anticipato, dal momento che anche io vorrei formulare la stessa richiesta. È paradossale assistere allo spettacolo di un Governo rappresentato in Assemblea da un ministro che è dichiaratamente contrario al provvedimento in esame e non registrare, invece, la partecipazione - che dovrebbe essere obbligatoria - del ministro che dovrebbe gestire e condurre in porto il provvedimento stesso.

Le cronache di questi giorni riferiscono che vi è un forte contrasto anche all'interno del Governo su un provvedimento rispetto al quale è contraria la maggioranza degli italiani, cui noi ci rivolgiamo. In quest'aula, Alleanza Nazionale sta conducendo una battaglia per gli italiani onesti, che rifiutano compromessi in materia di giustizia. Se queste contraddizioni del Governo non vengono risolte, non si potrà mai capire esattamente quali sono le forze che dichiaratamente sostengono la legittimità e la giustizia ...

PRESIDENTE. La prego, ha oltrepassato il suo tempo!

ANTONINO LO PRESTI. ...e quali forze, invece, pretendono e vogliono riportare in strada migliaia di delinquenti.

PRESIDENTE. Invito tutti coloro che legittimamente intervengono a farlo nei termini previsti dal regolamento.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Lisi. Ne ha facoltà.

UGO LISI. Signor Presidente, credevamo che in questa nuova giornata di lavori parlamentari fosse presente il ministro guardasigilli Mastella. Ieri, non è stato presente, né oggi lo vediamo nei banchi del Governo. Questo Governo si trova in gravi difficoltà se è vero, come è vero, che ieri sera il ministro Mussi ha dichiarato che, se ci saranno tagli al suo dicastero, si dimetterà.

Tuttavia, era presente il ministro Di Pietro, contrario a questo provvedimento che la maggioranza ed il suo Governo hanno portato in Assemblea. Manca il soggetto preposto al dicastero competente, ossia quello della giustizia. Chiediamo, quindi, che il ministro Mastella venga in Assemblea per meglio rappresentare le esigenze di questa maggioranza rispetto a quelle che hanno manifestato Di Pietro e l'Italia dei Valori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Airaghi. Ne ha facoltà.

MARCO AIRAGHI. Grazie, deputato Presidente. Prendo la parola per confermare che mi trovo perfettamente in linea con le indicazioni del gruppo di astenersi riguardo a questo emendamento, perché Alleanza Nazionale non ha alcuna intenzione di partecipare a questa specie di gioco delle parti su un provvedimento sul quale nel complesso siamo assolutamente contrari.

Tra l'altro è assolutamente inevitabile astenermi perché mi trovo in grande difficoltà nell'interpretare questo provvedimento in assenza del ministro competente, il guardasigilli Mastella. Trovo assolutamente inaccettabile e incomprensibile la mancata presenza del ministro della giustizia durante la discussione di un provvedimento principe in materia di giustizia. Capisco anche la difficoltà del ministro Mastella di collocarsi a fianco di un ministro che mostra la propria contrarietà al provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Garavaglia. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, vorrei fare alcune brevi considerazioni.

La mancanza in aula del ministro Mastella pone seri dubbi sull'efficacia dei lavori dell'Assemblea. Non è possibile approvare un provvedimento del genere senza pensare alle ricadute sugli enti locali. Qui si discute se far uscire decine di migliaia di criminali senza considerare i costi che verranno scaricati sugli enti locali. Da parte del Governo vorremmo avere chiarimenti anche su questo, perché sui giornali leggiamo di fantomatici risparmi di milioni di euro, senza prendere in considerazione che questi risparmi si tradurranno in altri costi che verranno sostenuti sia dalla collettività, perché vi saranno sicuramente reiterazioni di reati e quant'altro, sia, soprattutto, da parte degli enti locali, che dovranno mettere mano al portafoglio per trovare una soluzione, magari tramite i servizi sociali, per le persone che usciranno dal carcere.

Vogliamo avere da parte del Governo chiarimenti anche su questo punto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Nicola Bono. Ne ha facoltà.

NICOLA BONO. Presidente, mi consenta di esprimere il disagio per essere costretto in appena un minuto ad individuare due elementi fondamentali di questo nostro dibattito e stigmatizzarli. In così breve tempo è difficile concentrare il dissenso sul modo in cui si organizzano i lavori della Camera in assenza del ministro competente per materia. Credo che questa situazione abbia pochi precedenti e ponga un serio problema di equilibrio nel rapporto tra esecutivo e Parlamento.

Vi è un secondo tema importante da considerare, quello dell'emendamento che stiamo trattando. Esso vulnera uno dei principi fondamentali della nostra impostazione giuridica: quello della generalità ed astrattezza della norma. In questo caso vengono individuate delle categorie che sono penalizzate in maniera ingiustificata. Si tratta di argomenti che non possono essere trattati in un minuto, pertanto ribadisco la condizione di difficoltà oggettiva nello svolgere il nostro compito di parlamentari con l'efficienza che dovremmo garantire nella elaborazione delle proposte di legge.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Menia. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. Presidente, affinché gli interventi di questa mattina non appaiano una nuova forma di ostruzionismo, dopo che ieri sera avevamo concluso il dibattito in Assemblea con un sostanziale accordo, vorrei far presente che questo atteggiamento sul primo emendamento da votare oggi deriva dal fatto che continua a persistere questa sorta di commedia degli inganni.

Il ministro competente non c'è in aula quando si tratta di un argomento di sua stretta pertinenza, mentre un ministro che trama nell'ombra contro il provvedimento in esame è presente tra questi banchi e, come abbiamo rilevato in più occasioni anche nella giornata di ieri, va a suggerire ai componenti del suo gruppo come mettere la sabbia negli ingranaggi. È evidente che questa situazione persiste ed assomiglia molto alla commedia degli inganni. Noi da questo momento inizieremo ad intervenire nel merito, ma senza che ciò sia considerato ostruzionismo. Richiamiamo, però, il Governo ad una semplice situazione di serietà...

PRESIDENTE. La prego...

ROBERTO MENIA. ...che dovrebbe determinare la presenza del ministro competente. Ci verrebbe da chiedere, in questo caso, di verificare non tanto il numero legale dell'Assemblea, ma piuttosto il numero legale del Governo!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Grimoldi. Ne ha facoltà.

PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, intervengo solo per sottolineare che dei tanti interventi che abbiamo sentito da ieri sera a questa mattina nessuno ha evidenziato  che la pena per chi ha commesso un reato è sì rieducativa, ma deve essere anche riabilitativa. In tale contesto troviamo quanto meno singolare che il ministro della giustizia non sia in quest'aula, visto che in quanto ministro della giustizia - lo dice la parola stessa - dovrebbe essere qui a sentire il dibattito, atteso che dovrebbe garantire e tutelare le vittime dall'ingiustizia nel considerare la riabilitazione di chi ha commesso questi reati.

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sgobio 1.402, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 459

Votanti 407

Astenuti 52

Maggioranza 204

Hanno votato 46

Hanno votato no 361).

Prendo atto che la deputata Nicchi non è riuscita ad esprimere il proprio voto.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Donadi 1.477.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, intervengo per sottolineare, ancora una volta, l'importanza di questo emendamento che tende ad escludere dai reati ai quali estendere le misure dell'indulto tutti i reati contro la pubblica amministrazione e contro l'amministrazione della giustizia. Credo sia particolarmente importante che dall'Assemblea venga un segnale in questo senso. Credo infatti sia particolarmente importante che il Parlamento dia una dimostrazione di terzietà, di alterità rispetto al complesso di interessi e di ruoli che riguardano la politica nei suoi rapporti con la pubblica amministrazione e che danno origine a tanti dei reati compresi in questo capo del codice penale.

Credo che escludere dall'ambito dell'indulto reati come la corruzione, la concussione, la corruzione in atti giudiziari - cosa che, come abbiamo già detto, non inciderebbe minimamente in termini di efficacia del provvedimento di indulto riguardo alla deflazione dell'affollamento carcerario - sarebbe un segnale importante da dare fuori da quest'aula. Mi riferisco al fatto che il Parlamento, la politica, la stragrande maggioranza dell'Assemblea non fanno sconti a quei reati ai quali più volte e più spesso la politica è più vicina: quelli relativi alla pubblica amministrazione.

Concludo, quindi, annunciando ovviamente il voto favorevole dell'Italia dei Valori ed esprimendo un auspicio, rivolto in particolare ai colleghi della maggioranza di centrosinistra. Mi rendo conto dell'importanza che molti di voi, ma credete anche molti di noi, attribuiscono alla possibile approvazione di un indulto, ma credo che debba trattarsi di un provvedimento di cui, davanti a tutto il paese, possiamo andare fieri e a testa alta, e non un indulto che, poi, ci costringa a girare per le strade del nostro paese a testa bassa (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, noi voteremo questo emendamento perché pensiamo che l'indulto non sia lo strumento adatto per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario e che, anzi, abbia l'effetto - così come è stato pensato - di rimettere i delinquenti in libertà. Dunque, attraverso la presentazione di emendamenti, abbiamo cercato, ovviamente, di ridurre il danno e voteremo anche gli emendamenti presentati da altri  gruppi, volti, coerentemente, a limitare questo danno. Vorrei, tuttavia, segnalare una questione che poi riprenderò nei prossimi interventi: la presentazione degli emendamenti, per quanto ci riguarda, è proprio finalizzata a limitare il danno nell'interesse della gente, cioè delle vittime dei reati, per evitare che vengano rimesse in libertà persone che hanno ancora una forte potenzialità a delinquere.

Dico questo perché noi abbiamo un atteggiamento coerente ed invece ci stupisce l'atteggiamento di chi ricomprende tra le esclusioni alcune categorie di reati - come, ad esempio, quelli contenuti nell'emendamento Donadi 1.477 - e non ricomprende altre tipologie di reati che sono oggettivamente più gravi (ad esempio, l'omicidio, che credo sia ancora il reato più grave per eccellenza, nonostante le diverse interpretazioni che qui vengono date, ed altri tipi di reati contro la persona). Allora, se si vogliono escludere dall'applicazione dell'indulto determinati tipi di reati e non si vuole escludere l'omicidio ed altri reati più gravi, vuol dire che nella presentazione degli emendamenti e nella gestione di questo provvedimento sussiste una strumentalità non nell'interesse delle vittime, ma nell'individuare la tipologia dei reati che risponde ad altri interessi.

Voglio denunciare tutto ciò perché siamo di fronte ad un uso strumentale della tecnica legislativa e, alla fine, ad un uso strumentale della giustizia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Deputato Presidente, onorevoli colleghi, stiamo continuando in quest'aula in un assurdo lavoro di «taglia e cuci» basato sulle inclusioni ed esclusioni di ipotesi di reato dall'ampiezza e dalla portata dell'indulto che si vorrebbe approvare. Per chi, come Alleanza Nazionale, è radicalmente contrario al provvedimento in sé, questa logica è incredibile, ma è lo stesso provvedimento dell'indulto ad essere venato da gravi questioni di equità. Infatti, già il fatto che una misura cosiddetta di clemenza si applica uniformemente, a prescindere dalla gravità del reato, comporta delle conseguenze paradossali: vi sono condannati ad una pena complessiva sino a tre anni che non scontano per nulla la pena ed altri - che, invece, hanno già scontato parte della pena - che se la vedono soltanto ridotta, senza alcuna proporzione o riferimento alla quantità complessiva della pena e, quindi, alla percentuale di sofferenza che ciascuno di questi detenuti che si vorrebbe privilegiare ha subito o dovrà subire. La circostanza poi che si proceda, attraverso questi emendamenti, ad esclusioni o inclusioni sulla base di ragionamenti assolutamente soggettivi si scontra di per sé con una logica assolutamente stringente del sistema penale italiano e di quelli degli altri paesi civili la cui volontà punitiva dello Stato e di tutto ciò che è connesso con la funzione della pena è legata al sistema delle pene edittali, cioè quelle che prevedono per ciascuna ipotesi di reato una pena da un minimo ad un massimo che poi il giudice applicherà secondo le circostanze specifiche del fatto.

È evidente che se vi è un sistema che prevede pene diverse e graduate sulla scorta della pericolosità sociale, dell'allarme sociale, dei beni giuridici tutelati dalla norma penale, quindi, se si prevede una graduazione diversificata, quest'ultima non può successivamente essere messa in discussione, includendo ed escludendo reati nel provvedimento di clemenza in seguito ad opinioni del tutto soggettive.

Se già vi è una graduazione che riguarda la gravità delle pene, non si capisce perché alcuni reati, per i quali sono previste pene detentive più lievi, debbano essere esclusi dall'indulto ed altri, che certamente riguardano molti cittadini e che sono più odiosi dal punto di vista sociale, invece vedono l'applicazione dell'indulto nei confronti di coloro che li hanno commessi.

Allora, è questa la logica per la quale il gruppo di Alleanza nazionale si astiene su tutti gli emendamenti, compreso quello  di cui stiamo discutendo in questo momento. È la logica stessa degli emendamenti che è sbagliata.

Mentre salutiamo finalmente l'ingresso in aula del ministro Mastella [Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)] che, evidentemente, ha deciso di autosospendersi dalla sospensione e, terminati i festeggiamenti per il suo ingresso, credo di dover ribadire ancora una volta l'assoluta contrarietà di Alleanza Nazionale a questo sistema di inclusioni ed esclusioni soggettive che porta e continuerà a portare conseguenze assolutamente paradossali, assolutamente inique, assolutamente non rispondenti al sistema penale così come concepito finora.

Anche la critica per cui i precedenti provvedimenti di indulto ed amnistia, che risalgono comunque alla fine degli anni Ottanta e Novanta, hanno sempre previsto delle ipotesi di esclusione, non è un'argomentazione valida.

Se si è sbagliato in molte occasioni nel secolo e nel millennio passato, non è certamente il caso che il Parlamento italiano continui a sbagliare nel nuovo millennio e nel nuovo secolo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, approfitto per salutare anch'io il grande assente di questo dibattito. Non so se sia un'assenza voluta, dovuta o imposta dall'atteggiamento totalmente contrario di un altro ministro che non si sa se ricopre in quest'aula il ruolo di ministro o di deputato, perché ieri ha anche espresso il voto e mi riferisco al ministro delle infrastrutture (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).

Vorrei confermare l'astensione del gruppo di Alleanza Nazionale, che conferma di non essere assolutamente appassionata ad una gara tra chi inserisce un reato e chi ne toglie un altro.

Siamo contrari al provvedimento di indulto nella sua interezza, così come formulato, e quindi ci asterremo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Garavaglia. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anch'io mi unisco al plauso per l'arrivo finalmente in aula del ministro Mastella che consentirà anche a lui di avere il polso della situazione.

Stiamo assistendo a questo stillicidio di inserimenti, aggiunte, esclusioni di reati da un provvedimento di indulto che, invece, sarebbe molto più semplicemente da rifiutare in toto.

Però, approfitto della presenza del ministro per fargli rilevare che i problemi della giustizia risiedono altrove; al riguardo, svolgo alcune brevi considerazioni. Anzitutto, mi è stato raccontato che, in occasione dello sciopero degli avvocati, nel tribunale di Rho, si è addirittura fatto ricorso, da parte dei giudici, ad un rinvio «punitivo» delle udienze. Non è possibile che, a fronte di un legittimo atteggiamento degli avvocati (che hanno scelto di fare sciopero contro un provvedimento che non condividono), il giudice abbia scelta di «punire» - punire! - l'avvocato stesso ed i suoi assistiti rinviando addirittura a novembre del 2007 l'udienza. Questi sono i problemi della giustizia!

Penso anche alla diffusione dei reati di concussione e di corruzione favorita dalla riforma Bassanini, pur adulata da una certa sinistra. Quando si parla di corruzione e concussione si pensa sempre alla classe politica; non ci si rende conto che, con la riforma Bassanini, si è aperto un vulnus enorme, si è aperto un fiume in piena. Togliendo il potere di firma ai sindaci e agli assessori e conferendolo ai capi settore, abbiamo attualmente più di 8 mila, 8 mila 100 comuni dove i capi settore sono liberi di fare quello che vogliono senza alcun controllo. Ecco, controllate anche tale questione e verificate gli effetti di certe riforme che sembrano  «fantascienza», tanto paiono perfette, ma che poi, nella realtà dei fatti, non funzionano per niente!

Quindi, molto si deve operare per migliorare il funzionamento della giustizia ed è vostro compito farlo. Vorremmo sapere cosa pensa di fare il ministro di tutti i detenuti che usciranno con questo indulto; non è possibile continuare in questo modo!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, onestamente, condivido l'intervento del collega Consolo e degli altri deputati poc'anzi intervenuti; infatti, una legge di indulto non può essere un self service, dove, per così dire, ognuno si serve, ognuno inserisce e ognuno toglie. Tuttavia, malgrado la posizione contraria di Alleanza Nazionale, ciò è avvenuto e sta avvenendo e tali patti sono stati stretti all'interno di questa strana maggioranza. A proposito di questa inedita maggioranza formatasi in aula, vorrei anzi dire, e mi rivolgo anche ai colleghi che non fanno parte dell'area di Governo, che il messaggio secondo il quale chi vota a favore dell'indulto è democratico, è un progressista, è una persona per bene, mentre chi vota contro l'indulto non corrisponde a tali caratteristiche...

PRESIDENTE. La prego, deve concludere.

TEODORO BUONTEMPO. Ha ragione, concludo subito.

Presidente, le faccio soltanto una raccomandazione: introduca una forza di interposizione tra Mastella e Di Pietro perché le dichiarazioni apparse sui giornali sono state minacciose; non vorremmo incidenti in aula!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Mentre i ministri congelati si trattengono nella loro cella frigorifera - che in questo momento è rappresentata dal banco del Governo -, noi manifestiamo, onorevole Presidente, la nostra protesta, oltre che il più vivo disagio; infatti, un gruppo da sempre inflessibile nei confronti dei fatti di peculato e di delitti contro la pubblica amministrazione, come è e resterà Alleanza Nazionale, si trova a dover esprimere correttamente, e per senso di equità e di sistema giuridico, la propria astensione dal voto su una proposta emendativa di questo genere. Invero, non ha alcun senso che, esclusi dall'indulto gravi delitti che offendono e il patrimonio e la persona e la sicurezza pubblica, debba essere semplicemente «opzionata» una esclusione per reati che non suscitano proporzionalmente maggiore allarme.

PRESIDENTE. La prego, deve concludere.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Quindi, la nostra è una protesta vivissima per il metodo con cui si tratta della libertà delle persone. Tutto ciò è anche profondamente immorale.

ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Vorrei avanzarle una richiesta, signor Presidente. Oggi, sui principali quotidiani nazionali, sul tema dell'indulto notiamo alcune posizioni, assunte dal ministro Di Pietro e dal ministro Mastella, che sono evidentemente contrastanti tra loro.

Vorrei richiamare, allora, le parole del presidente Violante (spero me lo permetta), il quale, durante la scorsa legislatura, invitava il Parlamento a chiedere ai ministri che avevano valutazioni diverse su alcuni provvedimenti di intervenire in Assemblea. Chiediamo pertanto, per rispetto del Parlamento, che il ministro Mastella,  che è qui presente, informi quest'aula riguardo alla reale posizione del suo ministero sul provvedimento in esame.

Le domanderei quindi, signor Presidente, di invitare il ministro Mastella ad intervenire, visto che è assolutamente inaccettabile che i dibattiti su questo argomento vengano svolti sui giornali, mancando di rispetto al Parlamento. Colgo dunque l'occasione per invitare il ministro Mastella - perché se non lo farà lei, Presidente, insisterò io personalmente - a riferire oggi in Assemblea sulla sua reale posizione (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Mi sembra che la sua sollecitazione sia facilmente accoglibile e, pertanto, do la parola al ministro Mastella.

Prego, ministro Mastella, ha facoltà di parlare.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Grazie, signor Presidente. Io voglio (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania)...

PRESIDENTE. Vi prego, però! Dovete consentire al ministro di esporre la sua opinione in questa Assemblea.

Prego, ministro Mastella, prosegua pure il suo intervento.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Voglio dire sia a lei, signor Presidente, sia ai colleghi deputati che, innanzitutto, chiedo scusa se è sembrato che ci sia stata, da parte mia, una scarsa considerazione nei confronti di un'aula nella quale ho trascorso tanti anni della mia vita politica e parlamentare (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

Però voglio anche aggiungere, con molta nettezza, che, rispetto a quanto si sta definendo in questa circostanza, la mia preesistente idea rimane. Non è da oggi, e ricordo che, anche a seguito di alcune sollecitazioni morali che ebbero luogo in quest'aula dopo l'invito che il Presidente Casini rivolse al Santo Padre, molti avemmo qualche moto di commozione guardando «strabicamente» non ai singoli, ma alle miriadi di persone che si trovavano in condizioni di grande ed enorme difficoltà.

Vorrei anche dire, sin da subito, che nutro grande rispetto per chi la pensa diversamente da me, così come credo che altri debbano rispettare chi la pensa diversamente da loro: questa è la dialettica democratica del confronto e della tolleranza.

Sono personalmente favorevole alla concessione dell'indulto; la mia opinione è altresì favorevole, qualora vi fossero le condizioni, all'amnistia: l'ho sempre detto e lo ripeto in questa circostanza. Non è una banalità, non si tratta di usare accenti abbastanza sconsiderati, non è suscitare attese in tanti luoghi che sto visitando e che, ricordo, numerosi altri colleghi, come il collega Buemi (che ringrazio), hanno in questi anni visitato, in maniera approfondita, molto più di me.

Non c'è un'opinione del Governo, per la semplice ragione che si tratta di una materia di competenza parlamentare; tanto è vero che la normativa costituzionale stabilisce una maggioranza molto ampia e diffusa. Sarete infatti chiamati, in questa sede, a decidere con una maggioranza dei due terzi dei componenti della Camera dei deputati; io stesso, nella mia veste di parlamentare, sarò chiamato ad esprimermi al Senato su tale provvedimento.

Pertanto, non vi è nessun arbitrio. Vedo divisioni a destra e a manca, ma non ho mosso osservazioni rispetto al fatto che la Lega o Alleanza Nazionale esprimano posizioni dissenzienti. Perché dovete ritenere che vi è divisione all'interno della maggioranza, quando possono benissimo esservi opinioni diversificate?

L'unica cosa che voglio dirle, signor Presidente - perché mi assenterò per dieci minuti per votare al Senato, ma poi tornerò alla Camera -, è che non accetto un principio. Ricordo che da tanti anni faccio vita politica e parlamentare e che sono  uscito indenne da tanti cerchi di fuoco (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

Non considero mia la stagione del giustizialismo; non ho una visione hegeliana ed etica della vita politica, ma ritengo che se una persona sbaglia debba pagare, e ci può essere anche l'indulgenza, come in questo caso, da parte dello Stato. L'unico discrimine che non posso accettare è quello per cui chi è contro l'indulto è moralmente in regola, mentre chi è a suo favore ha quasi complicità con il tratto della immoralità [Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, de La Rosa nel Pugno, dei Comunisti Italiani, dei Verdi e dei Popolari-Udeur e di deputati dei gruppi di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]!

Mi sento moralmente uguale agli altri, così come spero gli altri si sentano moralmente uguali a me. Non ci sono eccezioni. Non ci sono configurazioni improprie, che io abbia frequentato in tanti anni di vita politica, che mi hanno determinato. Mi ritengo una persona seria, così come ritengo persone serie sia quelle che la pensano come me sia quelle che la penseranno diversamente da me.

Ritenevo, per la verità, che fosse talmente alta, almeno per quanto mi riguarda, la portata di tale provvedimento che non volevo dare vita a prese di posizioni aventi forme particolari. Qui non stiamo discutendo di una contrapposizione, né tantomeno stiamo facendo un «inciucio» tra maggioranza ed opposizione, ma si tratta di una questione più «alta», molto più nobile, di un'intesa parlamentare, che si illustra di per sé anche in altri gesti, che si crea quando il Parlamento è chiamato responsabilmente a decidere con il criterio dei due terzi.

Detto ciò, vi chiedo scusa, ma devo assentarmi per qualche minuto, ritornerò dopo avere espresso il mio voto al Senato [Applausi dei deputati dei gruppi dei Popolari-Udeur, de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, de La Rosa nel Pugno, dei Comunisti Italiani, dei Verdi e di deputati di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Elio Vito. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, ringrazio il ministro Mastella, a cui chiederei di posticipare di qualche minuto la sua uscita dall'aula al fine di poter ascoltare le reazioni dei colleghi al suo intervento. Vedo, però, che è andato via: glielo riferirete.

Signor Presidente, ritengo sia stato utile l'intervento del ministro Mastella, anche se lo stesso in qualche punto è stato reticente. È giusto dire, come in realtà è, che quello dell'indulto è sempre stato un provvedimento di iniziativa parlamentare e non governativa, così come è corretto che su tale provvedimento si possono creare delle maggioranze parlamentari, anche diverse, le quali debbono comunque essere, come prevede la Costituzione, più ampie di quelle che sostengono il Governo. Tuttavia, a mio avviso, il ministro Mastella è stato reticente per due motivi. In primo luogo, quando ha paragonato il mancato sostegno, che è del tutto legittimo, addirittura scontato vista la posizione assunta nella scorsa legislatura, di due gruppi di opposizione al provvedimento con quanto sta accadendo all'interno della maggioranza. Non c'è nulla di strano che i gruppi della Lega Nord Padania e di Alleanza Nazionale votino contro il provvedimento: lo hanno già fatto nella scorsa legislatura. Tale situazione, inoltre, non è assolutamente paragonabile allo spettacolo indecoroso che stanno dando la maggioranza e il Governo con un ministro che si autosospende dal proprio incarico e che ostentatamente è presente in aula al solo fine di sottolineare la posizione, sua e di un gruppo della maggioranza, sul provvedimento d'indulto, rimarcando così la sua distanza dal ministro della giustizia (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

In secondo luogo, il Governo ha scelto, in ordine alle proposte emendative presentate  al provvedimento, di rimettersi all'Assemblea per rispettare una clausola - immagino convenzionale - sui provvedimenti di iniziativa parlamentare. Tuttavia, il ministro della giustizia ha il dovere di dire al Parlamento non come voterà al Senato il senatore Mastella, ma se il Governo è favorevole o meno al provvedimento di indulto. In particolare, se il Governo, data la conoscenza che ha della situazione delle carceri e degli effetti che il provvedimento in esame avrà sulla situazione della popolazione carceraria, sulla politica di prevenzione dei reati e di sicurezza, è favorevole o meno all'indulto. Questo il ministro della giustizia non l'ha detto! Questo il Governo Prodi non l'ha detto! E ciò rappresenta un elemento di discussione che a noi manca e che non può essere sostituito dalla generica dichiarazione, fatta in questa sede dal rappresentante del Governo, di rimettersi, come detto, all'Assemblea sulle proposte emendative presentate al provvedimento.

Credo sia grande dimostrazione di senso di responsabilità da parte del nostro gruppo aver motivato da anni le ragioni per le quali abbiamo accolto l'appello che rese in questa sede il Sommo Pontefice. Conseguentemente, ritengo sarebbe grande segno di responsabilità che il Governo e, in particolare, il ministro della giustizia, pubblicamente dicessero, senza vergognarsene, di essere favorevoli al provvedimento sull'indulto. Non si tratta di qualcosa che può riguardare i singoli gruppi parlamentari, ma è una questione che deve riguardare anche le politiche in tema di giustizia del Governo.

Su questo vorremmo che, quando il ministro Mastella tornerà in aula, come ministro e non come senatore che vota a favore, esprimesse definitivamente l'opinione del Governo a tale riguardo (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Come state vedendo, dopo l'intervento del Governo, sono riprese le dichiarazioni di voto a nome dei gruppi parlamentari.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gasparri. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Non è possibile, perché siamo in fase di dichiarazioni di voto.

MAURIZIO GASPARRI. Intendevo intervenire sulle dichiarazioni anche del ministro Mastella, ed a quelle faccio riferimento.

PRESIDENTE. No, mi scusi, non mi riferivo a lei. Vi è stato un deputato che dall'aula ha chiesto di poter intervenire. Non mi riferivo a lei che ne ha totale facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Innanzitutto, prendiamo atto che il ministro della giustizia ha almeno manifestato la sua presenza in aula, affermando che quella in corso è una discussione che attiene ad una materia strettamente parlamentare. Tuttavia, il nostro gruppo aveva sollecitato la presenza del ministro, perché, è vero che il provvedimento all'esame nasce da un lungo, travagliato dibattito parlamentare che ha attraversato addirittura le varie legislature, ma il Governo non può chiamarsi fuori dalle considerazioni relative alla ricaduta di un provvedimento di tale natura.

Il ministro Mastella è stato, tra l'altro, promotore attivo e deciso di questo provvedimento. Abbiamo ricordato infatti più volte, in questi giorni, che proprio all'inizio del suo mandato - credo fosse il 2 giugno - si recò, in maniera abbastanza clamorosa e vistosa, seguito da telecamere, telegiornali e mezzi di comunicazione vari, al carcere di Regina Coeli, dove tenne una sorta di irrituale comizio, visto che da un ministro ci si attenderebbe una illustrazione di programmi in Parlamento. Quella esternazione di Mastella ha preceduto qualsiasi sua comunicazione al Parlamento circa le linee programmatiche che il Governo e il suo dicastero intendono seguire e non mi pare che sin qui - sono  passati quasi due mesi da quel 2 giugno - vi siano stati fatti eclatanti in quella direzione.

Finora abbiamo appreso della volontà di abrogare questa o quella legge della precedente legislatura, ma non si è ben compreso quali siano gli intendimenti del Governo sulla politica giudiziaria, penale e carceraria.

Il ministro Mastella questa mattina non ha risolto tali quesiti: se l'è cavata dicendo che è il Parlamento che decide, ma sulle materie da me ricordate avrebbe potuto cogliere l'occasione per riferirci quali misure alternative alla detenzione carceraria possano essere ipotizzate per taluni reati.

Più volte abbiamo sollevato il problema riguardante i detenuti in semilibertà che trascorrono il giorno fuori dal carcere e che tornano presso gli istituti penitenziari soltanto per dormire. Si tratta di persone che non hanno alcun interesse a fuggire, poiché, se lo volessero, potrebbero farlo durante il giorno quando sono a piede libero. Perché non collocarli altrove? Vi sono tante strutture dismesse, caserme non utilizzate: già solo sgravando le carceri dalla presenza di queste persone in semilibertà, vi sarebbero conseguenze rilevanti ai fini di un decongestionamento della situazione carceraria.

Dunque, Presidente, abbiamo avanzato anche proposte costruttive, noi che, essendo contrari all'indulto, riteniamo che la misura della scarcerazione di 10, 12 mila persone potrebbe comportare gravi conseguenze negative. È anche per questo che non stiamo partecipando al giochino delle inclusioni e delle esclusioni, questo sì e quell'altro no, la frode alimentare forse, o quell'altro reato invece no.

Ho citato ieri più volte il relatore quando ha affermato che, ad una persona condannata per omicidio, daremmo comunque una riduzione di tre anni della pena detentiva; non si comprende perché ciò non debba accadere per altri reati, certamente meno gravi dell'omicidio, il quale è uno dei più gravi perché si tratta della soppressione della vita altrui. Una strage può essere superiore ad un omicidio, ma solo perché è un omicidio moltiplicato alla ennesima potenza, mentre tutti gli altri reati si collocano al di sotto di esso perché, per quanto gravi, e taluni ripugnanti ed ignobili, non arrivano alla soppressione della vita altrui, che ovviamente provoca un danno assolutamente irreparabile.

Non abbiamo sentito dal ministro della giustizia alcunché, se non l'ammissione, anche secondo me imbarazzante per il Governo, essendo Mastella senatore e avendo ottenuto la deroga (poiché Mastella è esperto di politica, sa che i governi possono durare come possono anche non farlo), per quanto riguarda la richiesta di dimissioni dal Senato, come è stato fatto anche per altri membri del Governo con doppio incarico, di aver ottenuto la deroga in quanto senatore, ministro e segretario di partito.

Non so se questo fosse scritto nel programma dell'Unione che voi citate sempre. Altrimenti, suggeriamo un'edizione con alcune aggiunte, come, per esempio, che il segretario di partito, il ministro o il senatore non si dimette. Mastella è dovuto andare al Senato, perché altrimenti un senatore in meno..., un Governo in meno....

Siamo di fronte, quindi, ad una pochade. Ministri che a turno si autosospendono...

PRESIDENTE. La prego...

MAURIZIO GASPARRI. Ieri da una certa ora all'altra, si è autosospeso Di Pietro (ora, forse soddisfatto da qualche proposta emendativa, sta ai banchi del Governo). Mastella si voleva dimettere. Mussi aveva altri problemi. È una cosa poco seria! Avremmo voluto che a questo dibattito si accompagnassero indicazioni precise...

PRESIDENTE. La prego, il tempo è scaduto ampiamente.

MAURIZIO GASPARRI. ...sulle conseguenze: 12 mila persone in libertà possono compiere gravi reati...

PRESIDENTE. La prego...

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Parola! Agli altri l'ha tolta, a lui no!

MAURIZIO GASPARRI. Tali persone costituiscono una minaccia per la gente onesta! Ecco perché siamo per il «no» a questo Governo, a Mastella e all'indulto (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Villetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, l'ha fatto larga parte dell'Assemblea con il suo applauso, ma voglio esprimere un apprezzamento per le parole che in aula ha espresso il guardasigilli Mastella e lo faccio soprattutto perché ha detto una cosa che dovrebbe essere presente in tutte le nostre coscienze di deputati, ossia che nel contrasto evidente che esiste sulla concezione dell'indulto non vi è una divisione morale; vi sono diversi convincimenti. Penso che questo sia un elemento di rispetto reciproco che dobbiamo riaffermare. Forse questo è davvero un elemento sul quale ci possiamo ritrovare tutti insieme.

Tuttavia, ho sentito una nota stonata nell'intervento del capogruppo Elio Vito. Vede, onorevole Vito, lei ha detto una cosa che, dal punto di vista non solo della politica, ma anche della logica, non regge. Lei ha affermato che le divisioni presenti all'interno del centrodestra sulla questione dell'indulto non sono paragonabili a quelle presenti nel centrosinistra. E perché? Perché il centrosinistra è al Governo ed il Governo si deve pronunciare sull'amnistia.

Vede, onorevole Vito, questa sua argomentazione non regge, soltanto perché oggi voi non siete al Governo. Infatti, se foste al Governo, avreste le divisioni che attualmente esistono nell'opposizione; quindi, vi trovereste in una situazione esattamente uguale a quella del centrosinistra. Questo è un tipo di ragionamento basato soltanto sul voler comunque trovare delle contrapposizioni.

Abbiamo tanti elementi di contrapposizione. Vogliamo cercare, invece, di ridurre e non di aumentare gli elementi di contrapposizione tra maggioranza ed opposizione? Vogliamo cercare di confrontarci almeno sui temi politico-parlamentari, come l'indulto (ma può essere il caso delle riforme costituzionali, della legge elettorale e delle branche fondamentali del nostro ordinamento)? Perché ogni volta deve essere artificialmente elevata una barriera? Sono tra i più convinti e sono d'accordo con la dichiarazione che ieri ha fatto il Presidente Prodi, ossia che ci debba essere una distinzione netta tra maggioranza ed opposizione. Questa è la fisiologia del bipolarismo.

Ma questa distinzione netta non si deve trasformare - apprezzo come conduce i lavori dell'Assemblea il Presidente Bertinotti - in un «muro», nel non sentirsi, nel considerare che le argomentazioni dell'opposizione sono comunque sbagliate, che non vi è mai neanche una «favilla» che possa essere in qualche modo vista. Questo non è un modo in cui un Parlamento funziona bene, è un modo in cui un Parlamento funziona male, perché il Parlamento si deve ascoltare.

Mi voglio, infine, rivolgere al ministro Di Pietro. Non contesto assolutamente la battaglia politico-parlamentare che egli conduce. Ognuno ha le proprie convinzioni, e tali convinzioni sono perseguite con lo stile e la passione che caratterizzano ciascuna persona e ciascun deputato di quest'Assemblea. Nell'opinione pubblica la «discesa in campo» di Di Pietro ha fatto tuttavia immaginare...

PRESIDENTE. La prego, deputato Villetti...

ROBERTO VILLETTI. ...che Di Pietro sia nuovamente entrato in campo perché si voleva dare un colpo di spugna a Tangentopoli, alla vecchia Tangentopoli. Non è così, e lo so bene, perché questo Parlamento non si è mai posto il problema di Tangentopoli...

PRESIDENTE. Deputato Villetti, la prego, mi aiuti...

ROBERTO VILLETTI. Concludo, signor Presidente.

Siamo di fronte ad un dibattito in cui dobbiamo comportarci tutti secondo le nostre convinzioni, ma è necessario, su questi argomenti, che si faccia chiarezza e spero...

PRESIDENTE. Per favore...

ROBERTO VILLETTI... che tutti contribuiscano a che ciò avvenga (Applausi dei deputati del gruppo de La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vietti. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo apprezzato l'intervento del ministro Mastella, per la sua sincerità e per il tono, anche appassionato, con cui ci ha prospettato la sua posizione. Ciò non toglie, tuttavia, che questo intervento continuiamo a giudicarlo tardivo, perché avviene dopo un'assenza totale del ministro della giustizia all'intero dibattito sull'indulto di ieri e solo dopo che il nostro gruppo, assieme ad altri gruppi di opposizione, ha dovuto sollecitare, in modo molto insistente, la Presidenza della Camera affinché richiamasse il Governo alla necessità della presenza del ministro. Non solo l'intervento di Mastella è tardivo, ma esso è anche insufficiente a chiarire qual è la posizione del Governo sulla materia di cui la Camera dei deputati sta discutendo, perché, per la verità, Mastella ci ha detto, con toni accorati, cosa pensa personalmente dell'indulto, ma non ci ha detto cosa pensa il ministro competente in materia di giustizia dell'indulto e non ci ha detto cosa ne pensa il Governo.

Continuiamo ad apprendere dai giornali, dai media, che il Governo è diviso, che il ministro Di Pietro, peraltro apprezzabile nel suo presenzialismo su questa materia, è contrario, che il ministro Mastella è favorevole, ma manca non solo la posizione politica del Governo sulla materia, ma anche la posizione tecnica dell'esecutivo sulla stessa materia. Infatti, nel corso dell'intera giornata di ieri la Camera non ha avuto con il Ministero della giustizia alcuna interlocuzione tecnica. Sono stati posti una serie di quesiti, che riguardano le situazioni delle carceri ed il numero dei detenuti che possono essere coinvolti dal provvedimento, a seconda delle tipologie di reati, ed a tutto ciò è corrisposto un assoluto silenzio dai banchi del Governo! Anche la presenza dei sottosegretari, seppur oggi un poco rafforzata, è stata caratterizzata dal silenzio assoluto.

Noi comprendiamo che il ministro Mastella deve tenere molte posizioni, compresa quella di senatore, cui evidentemente non ha voluto rinunziare. Avremmo preferito che restasse con noi, oggi, in quest'aula, per avere un interlocutore politico o, almeno, tecnico.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, vorrei fare alcune precisazioni. Noi non crediamo che, con l'indulto, escano dalle carceri i delinquenti. Ne usciranno uomini e donne, italiani e italiane che stavano pagando e che il carcere stava rieducando. Molti di essi, in attesa di giudizio, sarebbero stati scagionati perché innocenti. Credo che anche sul lessico, quindi, ci dobbiamo intendere.

Inoltre, voglio esprimere anch'io il mio plauso all'intervento del Guardasigilli il quale, finalmente, si è presentato in aula. Condividiamo quanto ha affermato e non ci interessa sapere come la pensi il Governo, che dovrebbe avere più coraggio e dovrebbe venire a illustrarci la sua posizione. Tuttavia, anche a prescindere da questo, è l'indulto che si trova alla nostra attenzione.

In conclusione, vorrei descrivere questa situazione nel modo in cui la descriveva il nostro sommo poeta, Dante Alighieri. Dopo aver incontrato, nei gironi dell'inferno, demoni e dannati e, soprattutto, dopo aver visto, con l'arrivo di Mastella, belzebù seduto tra i banchi del Governo, vorrei dire: e quindi uscimmo a riveder le stelle!  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Bono. Ne ha facoltà.

NICOLA BONO. Signor Presidente, ho applaudito l'ingresso in quest'aula del ministro Mastella anche perché avevo sollecitato il suo intervento. Però, sono rimasto sconcertato da quanto è accaduto successivamente. Un ministro non può presentarsi in Assemblea, intervenire e, poi, andarsene prima di aver ascoltato le opinioni dei parlamentari nel corso del successivo dibattito, aperto dal suo intervento.

Nel merito, inoltre, nulla ha detto riguardo a quale sarebbe dovuta essere la posizione del Governo ma ha reso una dichiarazione che credo sia importante sottolineare. Secondo il ministro, infatti, l'indulto sarebbe immorale per chi lo sostiene, come se chi è contrario all'indulto avesse sostenuto mai questa tesi in questa Assemblea. Il fatto è un altro: è stato affermato che chi è favorevole all'indulto è buono e si fa carico dei problemi della popolazione carceraria, mentre chi è contrario non avrebbe queste caratteristiche umane. Io affermo, invece, che chi è contrario all'indulto vuole, semplicemente, che sia scontata la pena da parte di chi è stato condannato...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

NICOLA BONO. ...altrimenti, si mina la credibilità dello Stato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Vorrei semplicemente chiarire che il reato di strage mi pare sia un reato a consumazione anticipata e, quindi, si verifica prima che qualcuno muoia. Dal punto di vista della vita umana, non può essere considerato più grave del reato di omicidio. Il reato di strage, come quello di omicidio, comunque, nel momento in cui si accede ad un procedimento abbreviato, è punibile, al massimo, con trent'anni di reclusione. Quindi, comunque sia, l'indulto al nostro esame sarebbe sempre applicabile a quei soggetti che abbiano l'accortezza di chiedere il giudizio abbreviato.

Ciò detto, siccome l'ipotesi della liberazione delle carceri deriva, come ho più volte ricordato, non solo dall'indulto ma dall'amnistia e, soprattutto, dalla celebrazione dei processi - così si riuscirebbe a scarcerare persone certamente innocenti -, credo sia necessaria la presenza del ministro Mastella, proprio al fine di chiarire quest'ultima ipotesi che potrebbe far venire meno l'esigenza per la quale tutta l'Assemblea si sta impegnando.

Pertanto, signor Presidente, le chiederei una sospensione dei lavori - visto che il ministro Mastella ha detto che si sarebbe assentato per pochi minuti - fino a quando il ministro non possa tornare qui in aula, perché pare che, a detta di tutti, la sua presenza sia indispensabile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fugatti. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Intervengo sull'ordine dei lavori, Presidente...

PRESIDENTE. Sull'ordine dei lavori si potrà intervenire subito dopo la votazione dell'emendamento in esame.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Donadi 1.477, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 505

Votanti 450

Astenuti 55

Maggioranza 226

Hanno votato 46

Hanno votato no 404).

Prendo atto che il deputato Valentini non è riuscito ad esprimere il proprio voto e che ne avrebbe voluto esprimere uno contrario.

Il deputato Cota aveva chiesto di parlare sull'ordine dei lavori durante le dichiarazioni di voto; prima non gli poteva essere concesso, ora ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. In parte è superata la prima argomentazione, perché è già intervenuto il collega Brigandì. Avevo chiesto di parlare dopo le dichiarazioni del ministro Mastella perché ritenevo rilevante la volontà da lui manifestata di partecipare ai nostri lavori. Ritenevo che l'impedimento legato alla sua necessità di partecipazione al voto in Senato dovesse essere accolto, ma nel senso di rinviare la discussione fino al suo ritorno in quest'aula. Mi pare infatti che la presenza del ministro della giustizia sia assolutamente rilevante.

La seconda questione, Presidente, è la seguente. Lei, ieri, con riferimento al decreto-legge n. 223 del 2006, il cosiddetto decreto Bersani, ha rimandato alla Conferenza dei presidenti di gruppo di questa mattina la calendarizzazione ed anche l'espressione della sua posizione, onde assicurare ai parlamentari la possibilità di esaminare il provvedimento con un minimo di approfondimento ed anche con un minimo di certezza dei tempi.

Allora, vorrei che lei oggi chiarisse il punto relativo alla scadenza del termine per la presentazione degli emendamenti, perché evidentemente il termine per la presentazione degli emendamenti in Commissione non può rimanere fissato per le ore 12, a fronte di questa assoluta incertezza ed a fronte anche delle dichiarazioni, che io giudico molto opportune, che lei ha fatto ieri sera a tutela dei diritti di tutti i parlamentari.

PRESIDENTE. Sulla prima questione da lei sollevata, le faccio presente che abbiamo lavorato anche precedentemente, in assenza del ministro; è del tutto evidente che possiamo continuare a farlo. Il ministro, del resto, si è impegnato a tornare in quest'aula. Senza che ciò costituisca un giudizio di valore, mi pare che possiamo considerare che questo sia un atto da apprezzare.

Sulla seconda questione da lei sollevata, c'è un'intesa tra i presidenti di gruppo per lavorare a distanza ravvicinata. In ogni caso, garantisco che sarà dato, per consenso unanime di chi lavora in Commissione, il tempo necessario per sviluppare tutti gli approfondimenti.

RICCARDO PEDRIZZI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RICCARDO PEDRIZZI. Signor Presidente, sono le 11,10 e la Commissione tuttora conferma che il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato per le 12. Non so quale decisione spetti alla Conferenza dei presidenti di gruppo su questo argomento, ma se dovesse essere confermato questo termine, o se lo stesso fosse prorogato soltanto di qualche ora, noi dovremmo essere...

PRESIDENTE. Le assicuro che non sarà assunta nessuna decisione prima della Conferenza dei presidenti di gruppo.

RICCARDO PEDRIZZI. Tra l'altro, signor Presidente, avremo la necessità di predisporre gli emendamenti, anche se il ministro Bersani, oggi, in Commissione, ha detto che non ci saranno modifiche...

PRESIDENTE. Le valutazioni politiche sono estranee. Mi impegno affinché la Commissione non assuma alcuna decisione prima della conclusione dei lavori della Conferenza dei presidenti di gruppo.

Avverto che l'emendamento Donadi 1.476, in precedenza segnalato, è stato ritirato dai presentatori.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Donadi 1.478.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Orlando. Ne ha facoltà.

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, siamo chiamati ad esaminare un emendamento con il quale si conferma la volontà dell'Italia dei Valori di contribuire ad un indulto dal quale, però, siano esclusi i reati di particolare allarme sociale. Sono previsti, in questo caso, reati di natura fiscale e finanziaria, di cui agli articoli 439, 440 e 416-ter. Desidero fare riferimento all'intervento di ieri dei deputati Licandro e Diliberto, del presidente Migliore, del presidente Violante, che hanno manifestato, in merito all'articolo 416-ter, di condividere qualche perplessità.

Per consentire un esame compiuto degli aspetti del reato previsto dall'articolo 416-ter, che è punito con la stessa pena con la quale è punito il reato di cui all'articolo 416-bis, per espresso richiamo formale, mi permetto di chiedere che si proceda alla votazione per parti separate di questo emendamento, ovviamente confermando che l'Italia dei Valori voterà a favore dell'esclusione tanto del reato previsto dall'articolo 416-ter quanto degli altri reati.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, intervengo per ribadire che l'odiosità di questi reati è evidente, ma noi confermiamo l'astensione sull'emendamento in esame, non per i reati previsti, ma per il metodo scelto da Alleanza Nazionale, che è stata costretta, come partito, ad essere contraria all'indulto dal mancato accoglimento delle nostre legittime richieste.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, voglio associarmi al collega Orlando nell'espressione del voto favorevole dell'Italia dei Valori.

È vero che tutti i reati sono odiosi, ma ce ne sono alcuni che sono più odiosi degli altri. Gasparri sosteneva che, nonostante questo sia un reato odioso, l'omicidio è certamente peggiore. Allora, perché per l'uno è prevista l'esclusione e per l'altro no? Perché c'è anche un rapporto tra i benefici di questo indulto e l'entità delle pene. È evidente che un reato di omicidio può portare ad una condanna a 15, 20 o più anni, e i tre anni di beneficio sono una piccola parte di una pena che comunque viene espiata; in questo caso siamo in presenza di una pena, che va da tre a sei anni, il che significa che l'eventuale possibilità di accedere al beneficio, di fatto, porta alla sospensione della pena. Anche se una persona fosse condannata a 6 anni, avrebbe dei benefici ulteriori.

Questa è una delle motivazioni per le quali votiamo a favore di questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Mazzoni. Ne ha facoltà.

ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, stiamo procedendo in una discussione che è sempre uguale, perché tutti gli emendamenti che esaminiamo confermano la stessa logica di disturbo e di scarsa serietà nei confronti di quest'aula.

L'UDC ha presentato in Commissione emendamenti volti ad integrare la lista delle esclusioni, ma abbiamo attribuito ai lavori svolti nella Commissione l'importanza che quei lavori meritano e, soprattutto, abbiamo considerato la particolare delicatezza di questo provvedimento, tanto da non cedere alla tentazione di recitare una farsa in questa Assemblea. Non abbiamo ripresentato questi emendamenti e abbiamo dato credito al risultato dell'impegno politico importante e responsabile assunto in quella Commissione.

Come affermato ieri dal relatore Buemi e come ripetuto anche dal senatore Mastella questa mattina, non esistono reati buoni e reati cattivi, non stiamo facendo una selezione tra rei che piacciono ad una parte e rei che non piacciono ad un'altra. La discussione sulla minore o maggiore gravità di un reato, sulla minore o maggiore reazione che i singoli reati - che  stiamo analizzando in maniera esasperata - producono sul cittadino è un qualcosa che fa male alle istituzioni e ai cittadini italiani.

Abbiamo il dovere, come Parlamento, di assumerci una responsabilità e ritenevo - e continuo a ritenere a nome del mio gruppo - che tale responsabilità noi l'abbiamo assunta in Commissione. Lasciamo fare opposizione - o, meglio, ostruzionismo - a chi intende farla, ma noi non cediamo a questo tipo di provocazione.

Il ministro Mastella si è recato in aula per toglierci anche l'ennesima ombra sull'argomento. Tutti abbiamo chiesto la presenza del ministro Mastella, in quanto sussiste una situazione di ambiguità derivante dal comportamento del ministro Di Pietro e del suo gruppo. Un'ambiguità evidenziata da un Governo che si rimette all'Assemblea non per scelta politica, ma per assumere una posizione di paravento, utilizzando una formalità regolamentare per non impegnarsi in quest'aula.

A questo punto, non vi è incertezza in ordine alla posizione del Governo. Il ministro ci ha riferito che l'esecutivo non ha una posizione, non vuole assumere una posizione; pertanto, la decisione di rimettersi all'Assemblea evidenzia la mancanza di volontà di assumere una decisione. Questo provvedimento - che, mi auguro, approveremo - sarà un atto che apparterrà al Parlamento ed alle coscienze - come quella di chi vi parla - che avranno deciso di assumere questo impegno nei confronti dei cittadini italiani.

Rispetto ai reati, vi è stata una scelta che non è stata basata sulle opinioni personali, sui condizionamenti politici o sul dovere di appartenenza. Si è trattato di una scelta più alta, individuando reati di una certa gravità: i reati di terrorismo, quelli di strage, i reati di associazione e quelli particolarmente odiosi, quelli a sfondo sessuale perpetrati nei confronti dei minori. Abbiamo compiuto una scelta politica chiara, che intendiamo portare avanti.

Per tale motivo, intervengo adesso e non lo farò con riferimento agli altri emendamenti che, nonostante prevedano l'inserimento di altre fattispecie, sono identici nella filosofia. Abbiamo deciso che questo provvedimento merita una scelta politica convinta e più alta dell'operazione di baratto che sta emergendo in quest'aula.

Pertanto, esprimeremo un voto contrario su tutti gli emendamenti che prevedono ulteriori casi di esclusione dall'indulto (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, annuncio il voto favorevole del gruppo della Lega Nord su questo emendamento, che ripropone temi che avevamo proposto in Commissione anche attraverso altri emendamenti che non abbiamo potuto segnalare.

Per quanto riguarda l'avvelenamento di acque o di sostanze alimentari o l'adulterazione o la contraffazione di sostanze alimentari ricomprese in questo emendamento (sugli altri reati non spendo neppure parole, perché mi sembra si identifichino da soli dal punto di vista dello scambio elettorale e con riferimento agli aspetti politico-mafiosi e, quindi, è certamente giusto escluderli dall'applicazione dell'indulto), a nostro avviso, un segnale va dato. Si tratta di reati che, in questo momento, hanno una particolare valenza nei confronti del nostro sistema produttivo e industriale.

Purtroppo, stiamo assistendo ad un diffuso mancato rispetto delle regole, soprattutto attraverso l'importazione di prodotti stranieri e, segnatamente, di prodotti cinesi. Questo tipo di prodotti invadono il nostro territorio, attentano alla sicurezza della salute dei nostri cittadini ed infliggono un duro colpo al nostro sistema produttivo e alla nostra agricoltura. Lo abbiamo più volte ribadito in tutte le sedi. E lo abbiamo segnalato nella scorsa legislatura, quando abbiamo chiesto e ottenuto,  ad esempio, l'istituzione dell'alto commissariato per la lotta alla contraffazione, salutato in maniera positiva dal mondo produttivo.

Constatiamo che, invece, questo Governo ha scelto la strada del disinteresse. Il Presidente Prodi ha ritenuto di andare a Milano a fare una passeggiata, ma non ha speso una parola con riferimento ai problemi del nostro sistema produttivo e del rilancio della nostra agricoltura. Egli ha fatto una passeggiata e non ha assolutamente illustrato un programma convincente.

Quindi, anche per questi motivi, esprimeremo un voto favorevole sull'emendamento in esame, teso a dare un segnale politico.

PRESIDENTE. Ha chiesto la parola il deputato Palomba. Tuttavia, poiché egli ha già parlato sul complesso degli emendamenti, non ha titolo ad intervenire.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, intervengo rapidamente e chiederei un po' di attenzione all'Assemblea. Sarà disposta la votazione separata sulla parte del mio emendamento 1.478 che fa riferimento all'articolo 416-ter, riguardante lo scambio elettorale politico-mafioso. Voglio sperare che l'Assemblea, anche per smentire ombre che (sono sicuro ingiustamente) sono calate su quest'aula, voterà compatta a favore di un emendamento che esclude dall'indulto il voto di scambio mafioso. Quando c'è di mezzo la mafia, non ci sono reati più o meno gravi: c'è di mezzo la lotta alla mafia! Non si possono non escludere tali fattispecie dall'indulto (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. È stata chiesta la votazione per parti separate dell'emendamento Donadi 1.478, nel senso di votare la parte principale, relativa all'introduzione del numero 11-bis), volto ad escludere il reato di cui all'articolo 416-ter del codice penale dal beneficio dell'indulto, separatamente dalla parte consequenziale. La richiesta può essere accolta.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla prima parte dell'emendamento Donadi 1.478, non accettata dalla Commissione e sulla quale il Governo si rimette all' Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Applausi polemici dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori - Vedi votazioni).

(Presenti 518

Votanti 465

Astenuti 53

Maggioranza 233

Hanno votato 57

Hanno votato no 408).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla parte consequenziale dell'emendamento Donadi 1.478, non accettata dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 525

Votanti 462

Astenuti 63

Maggioranza 232

Hanno votato 52

Hanno votato no 410).

Prendo atto che la deputata Formisano non è riuscita ad esprimere il proprio voto.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Lussana 1. 24.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. È con un certo imbarazzo che prendo la parola, perché noi non ci spieghiamo come sia stato possibile giungere a questo risultato. Si è scelta la via di prevedere un tetto per poter applicare l'indulto, condonando tre anni di pena. Questo nella parte iniziale; nella parte finale sono previste le situazioni in cui questo indulto dovrà essere revocato. Nella parte centrale sono previsti una serie di reati per i quali viene esclusa l'applicazione dell'indulto. È stata stilata una lista in cui non viene ricompreso l'omicidio. Mi chiedo come sia stato possibile tutto ciò e quale valutazione abbia portato i colleghi, prima in Commissione e poi in Assemblea, ad escludere questo tipo di reato.

Penso che la vita umana rappresenti il bene più prezioso e che, se si deve dare una valutazione in ordine ai reati più odiosi, per i quali decidere di non applicare questo sconto di pena, l'omicidio meriti senza dubbio di essere collocato in testa alla lista e non escluso. Pensiamo soltanto a quanti crimini efferati sono stati compiuti nell'ultimo periodo che sono stati oggetto di attenzione, a volte anche morbosa, da parte dei mezzi di informazione. Pensare che le persone che si sono macchiate di reati così gravi possano tornare impunemente in libertà dopo l'indulto fa veramente rabbrividire e dovrebbe far riflettere chi svolge una funzione di carattere parlamentare ed oggi deve pensare ad un provvedimento che, domani, potrà essere applicato.

Dobbiamo preoccuparci che non tornino in libertà persone che hanno commesso delitti talmente gravi ed efferati e che domani potrebbero commetterne nuovamente di analoghi. Come è possibile escludere l'omicidio da questa lista? Noi riteniamo ciò assolutamente inaccettabile. Pensiamo anche che la presentazione di emendamenti volti a ricomprendere alcune categorie di reati, come ad esempio quelli contro il patrimonio o le false comunicazioni sociali, escludendo invece il reato di omicidio, rappresenti un atto di strumentalizzazione politica e un uso strumentale delle leggi e della tecnica legislativa, per realizzare anche operazioni di giustizia politica. Noi, per correttezza, abbiamo votato tutti gli emendamenti volti a ricomprendere determinati reati nella lista perché pensiamo che l'indulto sia una misura sbagliata per tutti.

Tuttavia, un ordine di priorità, Presidente, vi deve assolutamente essere e l'omicidio va posto in testa alla lista dei reati da escludere; non va, invece, escluso dalla lista.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pecorella. Ne ha facoltà.

GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, credo sia giusto ed opportuno che, votando questo emendamento, ci si renda conto, perché gli argomenti esposti dal collega Cota hanno un loro valore ed un loro peso, proprio dei criteri in base ai quali abbiamo individuato i reati da escludere dal beneficio dell'indulto. Altrimenti, è chiaro che ciascuno di noi o ciascuna parte politica fa riferimento a quei valori che gli sono più cari o che rappresentano alcune aree sociali. Quindi, è evidente che, per alcuni, determinati reati non dovrebbero essere oggetto di clemenza e, per altri, non dovrebbero esserlo altri reati.

Credo che il criterio razionale che è stato seguito sia molto chiaro, anche se purtroppo non sempre è stato tenuto presente da chi è intervenuto. Sono stati scelti, in primo luogo, per l'esclusione quei reati che rappresentano, per loro natura, tendenzialmente la ripetitività di comportamenti criminali: si tratta di coloro che sono dediti alla commissione di quei reati non in senso individuale ma oggettivamente e quel tipo di reato tende a ripetersi. Ecco perché abbiamo incluso tra i reati che non beneficiano dell'indulto i reati associativi.

Un secondo criterio è stato quello di tenere conto che alcune condotte offendono una pluralità indeterminata di soggetti: pensiamo al reato di strage. Quindi, non solo la ripetitività ma la pluralità di soggetti.

L'ultimo, ma non meno importante, criterio, che si associa agli altri, è la  particolare odiosità di alcuni reati, su cui nessuno può essere in disaccordo: mi riferisco, ad esempio, ai reati di pedofilia.

Questo è stato un criterio razionale di scelta, non è stata una scelta preferenziale per qualcuno o per qualcun altro. Ciò spiega, e concludo, perché è stato escluso il reato di omicidio, a parte che chi viene condannato per omicidio, prima di avere un indulto di tre anni, avrà certamente scontato parecchi anni.

Sulla base di tale criterio, ad esempio, esprimeremo voto favorevole sull'emendamento relativo all'usura, perché tendenzialmente il soggetto usuraio fa di quell'attività un mestiere; è rarissimo che si tratti di un episodio singolo. Al contrario, episodi anche più gravi, qualora siano episodi singolari e non rappresentino la continuità, la perpetuatio di certi comportamenti, sono rimasti esclusi. Questo è un criterio razionale al quale ci siamo ispirati e che ci pare sia applicabile a tutti i casi di esclusione compresi in questa proposta di legge.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, Alleanza Nazionale ha una linea di assoluta coerenza rispetto a questo provvedimento di clemenza. Nella linea di coerenza adottata, non può che votare a favore dell'emendamento in esame, in quanto identico al nostro emendamento Cirielli 1.454.

Nel merito, pur comprendendo le argomentazioni di natura tecnica ben esposte dal collega Pecorella, non possiamo non ricordare che tra i reati più gravi non può che essere incluso il reato di omicidio, la soppressione della vita umana. Quindi, sia per rispetto del metodo adottato nella linea di coerenza da sempre seguita da Alleanza Nazionale, sia per la vis e l'impatto di questo reato così grave, Alleanza Nazionale annuncia il voto favorevole sull'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, volevo rilevare che quanto ha detto l'onorevole Pecorella avrebbe dovuto portare la Commissione e il Comitato dei nove a non fare un elenco delle esclusioni. Nel momento in cui sia il relatore sia la Commissione, nel corpo centrale di questo provvedimento, prevedono un elenco delle esclusioni dal beneficio dell'indulto, è ovvio e giusto che questo elenco possa essere modificato, anche in rapporto alla gravità del delitto che si vuole inserire al suo interno.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

TEODORO BUONTEMPO. Nel momento in cui abbiamo un elenco di reati, come l'acquisto e l'alienazione di schiavi, la violenza sessuale, gli atti sessuali, l'associazione di tipo mafioso, la strage, credo che, comunque, l'omicidio - che è il reato più grave che un uomo possa compiere - debba essere escluso dal beneficio dell'indulto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Ulizia. Ne ha facoltà.

LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, annuncio il voto favorevole del gruppo dell'Italia dei Valori su questo emendamento.

Onorevoli colleghi, ritengo che in Parlamento stiamo assumendo atteggiamenti assurdi. Quello che è avvenuto prima, cioè aver concesso l'indulto a fatti che riguardano la mafia, credo che degradi questa istituzione. Onorevoli colleghi, noi dobbiamo ricordare il martirio di uomini giusti, di uomini che hanno sacrificato la loro vita per le istituzioni. Dobbiamo essere il primo baluardo contro la mafia: in questo caso, è passato un principio secondo il quale accettiamo di scontare le pene a chi si macchia, comunque, di connessione mafiosa. È stato ed è un errore fondamentale, soprattutto per gli  uomini di cultura, per coloro che credono nelle istituzioni democratiche, per coloro che in quest'aula stanno spendendo la loro vita, come poc'anzi abbiamo ricordato.

Quindi, vi prego di riflettere sull'importanza degli atti che stiamo assumendo in difesa delle istituzioni. L'Italia dei Valori sta facendo non solo una battaglia politica, ma una battaglia morale - e la rivendichiamo come tale - per difendere le nostre istituzioni e i nostri cittadini. Non stiamo facendo alcun tatticismo e non stiamo cercando di strumentalizzare. Credo che questo Parlamento debba avere un momento di orgoglio nel dire che oggi stiamo portando avanti - secondo me, anche in maniera disorganica - tale provvedimento senza un confronto effettivo, profondo, ponderato, guardando più agli schieramenti che non alle nostre convinzioni personali. Tutto ciò deve farci riflettere profondamente e dobbiamo recuperare la nostra capacità di sintesi politica e di difesa delle istituzioni.

Quindi, vi prego, onorevoli colleghi, ponderate a fondo le scelte che stiamo facendo perché avranno delle ripercussioni gravissime sugli assetti del nostro paese, sugli equilibri democratici e sulla nostra democrazia (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, avendo presentato un emendamento, come il collega Consolo ha accennato, analogo a quello di cui si sta parlando, voglio solo chiarire che le argomentazioni dell'onorevole Pecorella mi sembrano speciose, ancorché ben orchestrate, perché è evidente che, in una nazione democratica e civile, dove il bene supremo della vita viene addirittura tutelato con battaglie importanti che cercano di cancellare dall'ordinamento la pena di morte, non si può poi mostrare un atteggiamento di estrema clemenza nei confronti di un reato così grave, fino al punto di concedere anche il beneficio premiale dell'indulto.

Voglio aggiungere che già gli attuali meccanismi dell'ordinamento, tra circostanze attenuanti, spesso generiche, e riti abbreviati, possono portare a condanne a volte di soli 12 anni per l'omicidio volontario e, pertanto, credo sia assolutamente opportuno che l'Assemblea lo inserisca tra i reati da escludere dal beneficio dell'indulto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, credo che l'emendamento Lussana 1.24 sia assolutamente da approvare: escludere dal beneficio dell'indulto il reato di omicidio credo sia condivisibile.

Oggi, leggiamo sui giornali la condanna a trent'anni con rito abbreviato dell'assassino della povera Giusy Potenza; ricordo che abbiamo escluso la violenza sessuale dall'indulto, ma se una persona viene prima violentata e poi ammazzata, tale caso rientra nella fattispecie dell'applicazione dell'indulto.

Non vorrei che ciò potesse rappresentare un suggerimento per determinati assassini che compiono questi gesti efferati. Credo, pertanto, che non vi sia una coerenza in ciò che stiamo votando.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, non volevo intervenire, ma l'onorevole Pecorella mi sollecita una risposta. Onorevole Pecorella, la sua tesi non regge; è evidente che la reiterazione dei reati avviene solo per quelli che comportano pene molto brevi, anche se non è proprio così.

Mi pare di ricordare che l'omicida del Circeo, una volta libero, abbia commesso nuovamente il reato. Quindi, non mettiamoci su questo piano, perché mi sembra assolutamente sbagliato!

Annunzio l'espressione del voto favorevole su tale emendamento, perché mi viene  in mente che ne usufruirà un tale Pietro Maso, che ha trucidato i suoi genitori a martellate e che è stato il capostipite di una serie di reati contro i genitori, contro la famiglia. Credo, quindi, sia assolutamente indecente che queste persone usufruiscano di sconti di pena.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lussana 1.24, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 532

Votanti 530

Astenuti 2

Maggioranza 266

Hanno votato 97

Hanno votato no 433).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Lussana 1.25.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, anche in questo caso ripropongo alcune argomentazioni che ho esposto prima. Non è possibile escludere dall'indulto alcuni reati di particolare allarme sociale.

Le fattispecie di cui all'articolo 624-bis - furto in abitazione e furto con strappo (il cosiddetto scippo) - vanno assolutamente ricomprese nell'elenco dei reati esclusi dal beneficio di indulto, sia per il loro particolare allarme sociale sia per la propensione a delinquere manifestata dalla loro commissione. Dunque, posso anche ammettere che, per una categoria molto ristretta di omicidi, si sostenga che, pur trattandosi di reati gravissimi, non denotino, tuttavia, una propensione a delinquere - ma guardate che sono proprio pochi i casi; ad esempio, i cosiddetti omicidi passionali -; assolutamente, però, un tale tipo di ragionamento non può valere per le ipotesi di furto in abitazione: chi ruba in casa d'altri, sicuramente, con tale tipo di atto, denota una particolare propensione a delinquere, che può emergere nuovamente una volta che venga rimesso in libertà beneficiando dell'indulto. Inoltre, si tratta di fattispecie di reato che hanno destato un particolare allarme sociale; pensiamo a tutti i furti in abitazione denunciati e fatti oggetto di attenzione da parte delle cronache dei giornali.

Ricordiamoci, peraltro, Presidente e colleghi, che spesso i furti in abitazioni si traducono anche in crimini più gravi allorché la vittima, in ipotesi, se ne accorga e malviventi senza scrupoli utilizzino allora le armi per ucciderla o ferirla gravemente. Noi, già nella passata legislatura, abbiamo posto l'accento su tali profili presentando il provvedimento sulla legittima difesa; infatti, si poneva l'esigenza di tutelare le vittime di questi particolari reati di forte allarme sociale, anche perché, come avevamo riscontrato, spesso costoro, da vittime, venivano sostanzialmente posti sul banco degli imputati. La legittima difesa, infatti, non veniva interpretata come invece si sarebbe dovuto fare, vale a dire propendendo, nel bilanciamento degli interessi, a favore della vittima anziché dell'autore del crimine.

A maggior ragione, dunque, oggi, noi non possiamo consentire che si applichi a questo tipo di reati uno sconto di pena generalizzato quale quello previsto dall'indulto.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lussana 1.25, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 513

Votanti 443

Astenuti 70

Maggioranza 222

Hanno votato 24

Hanno votato no 419).

ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Prego, deputato Leone, ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, ritengo che il voto sia espressione del pensiero. Se vi è libertà di pensiero, vi è anche libertà di voto: la nostra istituzione si fonda proprio su tale principio.

Ebbene, mai come in questo caso è emerso con tanta evidenza che ognuno di noi ha espresso, attraverso il voto, il proprio pensiero sul provvedimento; che però io debba essere additato agli occhi della opinione pubblica come uno sciagurato, solo e soltanto perché ho votato in un certo modo rispetto ad un altro, mi sembra sia alquanto esagerato! Essere messo alla gogna, attraverso il sito Internet del ministro Di Pietro, che ha incluso nel «suo» sito tutti i nomi di coloro i quali hanno votato in un certo modo su un'emendamento poc'anzi discusso, mi sembra un comportamento inaccettabile da parte di un ministro (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di deputati del gruppo de La Rosa nel Pugno)!

PRESIDENTE. Grazie! La prego di concludere...

ANTONIO LEONE. Vorremmo sapere, quindi, se le iniziative che assume il ministro Di Pietro - a tutela di una sua certa idea delle istituzioni e della sicurezza dei cittadini - siano scisse e del tutto slegate dalle posizioni di un Governo di cui egli stesso fa ancora parte.

Egli, infatti, si siede ancora ai banchi del Governo, poi ne esce, va fuori e dice che, in questo Parlamento, si stanno commettendo nefandezze irripetibili! Torno a ripetere che ciò non è accettabile: allora, se si è «congelato», che si scongelasse e si dimettesse una volta per tutte (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale e di deputati dei gruppi de La Rosa nel Pugno e dei Popolari-Udeur)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il deputato Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, credo che l'onorevole Leone abbia sollevato una questione molto seria, poiché riguarda la libertà, la dignità ed il ruolo del parlamentare. Ritengo che, in queste condizioni, per il ministro delle infrastrutture si apra un serio problema in ordine al suo rapporto con il Parlamento e con i parlamentari (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale e di deputati dei gruppi de La Rosa nel Pugno e dei Popolari-Udeur)!

Non è infatti accettabile neanche per i deputati della sua maggioranza questa sorta di doppiopesismo morale che stamattina il ministro della giustizia, intervenendo in questa Assemblea, ha giustamente respinto.

PRESIDENTE. Grazie...

PIER FERDINANDO CASINI. Allora, onorevole Presidente, vorrei dire con molta semplicità che il ministro Di Pietro ha le sue idee, ed è legittimo che le abbia. Poiché noi vogliamo credere alla serietà della sua battaglia politica, allora abbia il coraggio morale di dimettersi dalla carica di ministro della Repubblica (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di  Centro), di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania e di deputati dei gruppi de La Rosa nel Pugno e dei Popolari-Udeur)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Borghesi. Ne ha facoltà (I deputati dei gruppi di opposizione scandiscono: Dimissioni! Dimissioni!)...

Vi prego di non trasformare questo dibattito (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia)...

GABRIELLA CARLUCCI. A casa! Dimissioni!

PRESIDENTE. Vi prego di contenervi, perché dopo vorrei dirvi una cosa; tuttavia, ricordo che ha chiesto la parola sull'ordine dei lavori il deputato Borghesi.

Prego, deputato Borghesi, ha facoltà di parlare.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, è veramente singolare questa presa di posizione dell'onorevole Casini, perché (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia)...

PRESIDENTE. Scusate, vi prego davvero...!

ANTONIO BORGHESI. Fatemi parlare! Fatemi parlare (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia)!

PRESIDENTE. Scusate!

ANTONIO BORGHESI. Fatemi parlare prima!

PRESIDENTE. Per favore! Il deputato Leone ha posto un problema; su tale questione è già intervenuto il deputato Casini, ed io intendo dire successivamente qualcosa.

Il deputato Borghesi ha chiesto adesso la parola: per favore, lasciamolo parlare ed ascoltiamolo, anche perché vorrei proporre di concludere il dibattito su questo punto.

Prego, deputato Borghesi, ha facoltà di parlare.

ANTONIO BORGHESI. È veramente singolare l'intervento testé svolto. Infatti, signor Presidente, non so se l'onorevole Casini sa che tutte le nostre votazioni sono presenti sul sito Internet della Camera dei deputati, e qualsiasi cittadino italiano, accedendo a tale sito, è in grado di sapere come ognuno di noi ha votato (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!

VALENTINA APREA. Ma non può farlo il ministro!

ANTONIO BORGHESI. Io sono stato messo alla berlina da altri siti Internet perché ho votato a favore della richiesta del collega Fitto di accettare la sua volontà di essere posto agli arresti domiciliari (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia)! Sono stato l'unico e sono stato messo alla berlina, signor Presidente (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!

PRESIDENTE. Scusate, per favore! Mi sembra sia stata sollevata una questione delicata, che credo meriti di essere affrontata senza clamori.

Come loro sanno, i dibattiti parlamentari ed i dati relativi alle votazioni (partecipanti, voti espressi e via dicendo) sono pubblici e sono resi noti attraverso i resoconti della Camera (Commenti del deputato La Russa)... Stavo parlando, però...!

IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Allora mi fermo e le do la parola sull'ordine dei lavori, deputato La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. La ringrazio, Presidente.

PRESIDENTE. Colleghi, vorrei invitarvi ad attenervi anche alle modalità con cui si è espresso, aprendo questa discussione, il deputato Leone. Prego, onorevole La Russa.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, non pensavo neanche fosse necessario intervenire perché mi trovo perfettamente d'accordo con quanto detto dai colleghi Leone e Casini. Però, l'intervento svolto poc'anzi dal collega del gruppo dell'Italia dei Valori merita un'ulteriore annotazione.

Qui si confondono, a mio avviso, due cose che sono completamente diverse. Il problema non è l'informazione su come si è votato, perché ciò attiene agli organi di informazione; da sempre, infatti, questi indicano liste in cui riportano come ha votato questo o quel parlamentare. Caro collega, non è questo il problema! Qui ci troviamo di fronte ad un ministro dell'attuale Governo che sul suo sito web ha deciso di fare la lista di proscrizione dei colleghi parlamentari che votano in maniera difforme dalla sua, ma nello stesso modo in cui votano i componenti del Governo di cui egli fa parte (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

Sorge, quindi, l'assoluta necessità di un chiarimento da parte dell'onorevole Di Pietro; e tale chiarimento non può essere sostituito dalle dotte parole che pronuncerà il Presidente. Noi vogliamo che sia l'onorevole ministro Di Pietro a fare una scelta: questa volta, tutte e due le cose non le può fare (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Franceschini. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, fin dall'inizio dell'esame di questo provvedimento abbiamo assistito, come era naturale e fisiologico, ad una divisione all'interno dei due schieramenti politici; conseguentemente, è prevalsa la logica di trovare un'intesa più larga che ha comportato che nessuno schieramento politico avesse, come è naturale trattandosi di indulto, una compattezza interna. Detto ciò, noi non nascondiamo che vi è all'interno della maggioranza un problema creato dal comportamento tenuto dal ministro Di Pietro. Tale problema lo affronteremo all'interno della maggioranza.

MAURIZIO GASPARRI. Affrontalo prima del voto al Senato!

DARIO FRANCESCHINI. Crediamo che adesso vi siano le condizioni per proseguire nell'esame del provvedimento sull'indulto, non bloccandoci su un tema che affronteremo, come detto, successivamente (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, dei Popolari-Udeur e di deputati dei gruppi di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Leoluca Orlando. Ne ha facoltà (Commenti).

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, soltanto perché resti a verbale: all'interno della maggioranza c'è un problema; tale problema è determinato da alcune posizioni di merito assunte, su questo delicato provvedimento, da una parte della stessa maggioranza.

PRESIDENTE. Colleghi, ricordo loro quel che non c'è bisogno di ricordare, e cioè che i dibattiti parlamentari e i dati relativi alle votazioni - partecipanti, voti espressi e così via - sono pubblici e sono resi noti attraverso i resoconti della Camera dei deputati. Ma quello che qui è stato denunciato, e che mi riprometto con gli uffici di accertare, lo troverei, nel caso venisse confermato, deplorevole perché interviene sulle libere scelte dei deputati, che sono tutte egualmente morali (Applausi). Altra è la questione che riguarda il Governo, che esula dai nostri argomenti.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoluca Orlando 1.466.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, non voglio fare una dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Allora, non ha diritto alla parola! O lei parla per dichiarazione di voto o non ha diritto alla parola.

Passiamo quindi ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoluca Orlando 1.466, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 543

Votanti 540

Astenuti 3

Maggioranza 271

Hanno votato 53

Hanno votato no 487).

Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il deputato Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Grazie, Presidente. Lei sa quanto io l'apprezzi, personalmente e politicamente. Vorrei però invitarla a riflettere sulla gravità della sua espressione, perché (Vivi Commenti)...

PRESIDENTE. Vi prego, il deputato Evangelisti ha diritto di esprimere la sua opinione. Parlando contro di me ne ha diritto, prego!

FABIO EVANGELISTI. ...se è consentito all'onorevole Franceschini di esprimere un giudizio politico che non condivido (cioè che il problema è stato creato dal ministro Di Pietro; di questo discuteremo in altra sede), il problema è invece costituito dal provvedimento che stiamo approvando (Vivi commenti)...

PRESIDENTE. La prego, io le ho concesso la parola, e siamo fuori dal regolamento...

FABIO EVANGELISTI. Non credo, signor Presidente...

PRESIDENTE. ... soltanto perché sta parlando contro di me, quindi, la prego!

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, stavo parlando in riferimento al suo intervento. Credo che lei, signor Presidente, come garante di quest'Assemblea, non possa arrivare a censurare un organo di informazione...

MARCO BOATO. Non si può, Presidente!

PRESIDENTE. Ha espresso la sua opinione. L'ha espressa!

FABIO EVANGELISTI. ...il ministro può, fino a prova contraria, in virtù della Carta costituzionale, esprimere fino in fondo il proprio pensiero. E lei dovrebbe garantire anche questo suo pensiero!

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Cirielli 1.470.

ENRICO BUEMI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENRICO BUEMI, Relatore. La questione posta dall'emendamento in esame ha richiamato l'attenzione della Commissione ed ha portato, dopo un ulteriore approfondimento, pur dovendo precisare che la materia è stata già contemplata, per quanto riguarda il reato connesso con attività di mafia, nelle esclusioni, ad una modifica del parere precedentemente espresso, da contrario a favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo di Alleanza Nazionale, rispetto ad un reato che non è semplicemente odioso, volendo fare una classifica di «odiosità» o di gravità dei reati in sé, ma, in un momento storico particolare e di crisi economica e sociale (di fronte al moltiplicarsi di approfittatori e di persone che mettono in crisi il sistema con un atteggiamento che va ben oltre la semplice pericolosità), mina complessivamente la pacifica convivenza e la stabilità generale dell'ordinamento, ritiene che sia stato commesso un errore, anche secondo i criteri indicati molto arditamente dal collega Pecorella, ed in generale da coloro che hanno voluto creare questa «classifica» tra reati che possono beneficiare dell'indulto e reati che non ne possono beneficiare.

Oltretutto, e soprattutto nell'Italia meridionale, il reato di usura non soltanto è collegato alle attività mafiose ma ne costituisce spesso il pressupposto. Spesso è l'amalgama nel quale si verifica la dissoluzione del tessuto sociale, soprattutto delle nostre regioni più in difficoltà dal punto di vista economico e dove spesso gli imprenditori, i commercianti e le piccole imprese, anche di tipo familiare, entrano in una rete di controllo che indirettamente li porta a costruire, a cementare e a finanziare ulteriormente il sistema mafioso.

Per questo, credo sia giusto che tale reato, per la sua peculiarità, oltre che per la sua gravità, che abbiamo già ampiamente illustrato, sia inserito tra i reati che non devono beneficiare dell'indulto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, credo che l'andamento del dibattito faccia emergere le contraddizioni presenti all'interno del patto «indultista». Queste contraddizioni si stanno manifestando in due modi.

In primo luogo, si sostiene che le scelte circa i reati da escludere sono state fatte in modo definitivo dai partecipanti al «patto» e che nessuno può migliorare questo provvedimento. Questo non è accettabile. Il Parlamento non sta compiendo un'azione fastidiosa; il Parlamento ha il diritto di contribuire al miglioramento dei testi che vengono approvati in questa sede, e mi dispiace aver sentito diverse espressioni in tal senso. In secondo luogo, all'interno dello stesso patto «indultista» emergono alcune crepe, che si sono determinate con l'approvazione dell'emendamento nostro e dell'Ulivo, che ha dimostrato come questo provvedimento non sia affatto perfetto. Il Parlamento, attraverso tale voto, ha riconosciuto che il testo scaturito da quel patto formatosi fuori del Parlamento, in Parlamento non regge!

ENRICO BUEMI, Relatore. Ma che dici!

FEDERICO PALOMBA. L'avete detto voi, questo, non lo dico io! Non lo dico io!

Presidente, non siamo in pochi a dire che questo testo può essere perfezionato. Lo hanno detto anche gli amici Comunisti Italiani, i quali hanno presentato numerose proposte emendative volte al miglioramento dello stesso.

L'odierna espressione di voto a favore della modifica di questo provvedimento, inserendo tra le esclusioni il delitto di usura, naturalmente ci trova pienamente d'accordo. Noi eravamo preoccupati che il brusio e il rumore della «lavanderia» potesse coprire le risa dei «cravattari» e le grida di dolore delle persone usurate, ma, di per sé, l'approvazione dell'inserimento tra le esclusioni del delitto dell'usura dimostra esattamente che questo testo, così come è uscito a seguito del patto, non è affatto perfetto.

Noi non abbiamo fatto ostruzionismo, abbiamo soltanto cercato di rappresentare al Parlamento e alla coscienza sociale, che è fuori di qui, le ragioni per le quali siamo  a favore della scarcerazione di tante persone sofferenti che sono in carcere, ma non siamo molto contenti se, fuori di qui, sentiamo ridere tante categorie di persone che hanno commesso reati, come i corruttori e le persone che hanno commesso atti contro la pubblica amministrazione, che naturalmente guardano con interesse ai nostri lavori.

Ecco perché, Presidente, noi possiamo dire che siamo a favore di questo emendamento; altri, non credo (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, anzitutto noi voteremo a favore di questo emendamento, perché è identico all'emendamento Lussana 1.29 da noi presentato. Riteniamo che l'usura sia un reato particolarmente grave, in ordine all'allarme sociale che desta, soprattutto con riferimento a persone che sono in uno stato di obiettiva difficoltà ed anche con riferimento ad un momento nel quale si discute della difficoltà di accedere al credito per chi svolge una attività di carattere imprenditoriale. Quindi, inserirsi in situazioni di difficoltà familiari o imprenditoriali desta, a nostro avviso, un particolare allarme sociale.

Inoltre, questo tipo di reati denota anche una particolare propensione a delinquere, per cui si ritiene possa esservi, per il solo fatto di aver commesso tale tipo di reati, un rischio di recidiva.

Detto questo, mi pare che sia stato espresso un parere favorevole sull'emendamento in questione e dunque credo che esso possa essere unanimemente approvato. È così?

PRESIDENTE. Sì, deputato Cota, il relatore ha testé detto che il Comitato dei nove ha modificato il parere manifestato in precedenza, esprimendo parere favorevole sull'emendamento Cirielli 1.470.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, credo che i processi per usura proseguiranno anche dopo l'approvazione di questo provvedimento. A seguito dell'approvazione del medesimo, si darebbe uno sconto di pena di tre anni a coloro che sono dediti all'usura, mentre continueranno a pagare, sulla propria pelle, le vittime dell'usura stessa. Quindi, credo che questo emendamento - e ringrazio il collega Cirielli, che lo ha presentato - meriti maggiore attenzione da parte dell'Assemblea....

ENRICO BUEMI, Relatore. Ma se abbiamo espresso parere favorevole! Cosa stai a parlare?

TEODORO BUONTEMPO. Ed è comunque ovvio che noi voteremo a favore della sua approvazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rotondo. Ne ha facoltà.

ANTONIO ROTONDO. Rinunzio ad intervenire, signor Presidente.

PRESIDENTE. Grazie, deputato Rotondo.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, sarò telegrafico nel confermare - considerato che è stato presentato dagli onorevoli Cirielli e Raisi, nostri colleghi di Alleanza Nazionale - il voto favorevole su questo emendamento e mi permetto di ricordare ai colleghi tutti che dal Comitato dei nove è stato espresso un unanime parere favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, desidero ringraziare il relatore e la Commissione per aver accolto questo  emendamento. Come lei sa - e come i colleghi sanno - il problema dell'usura è stato posto nel corso del dibattito parlamentare, perché si tratta di un reato punito con pena lieve nella pratica e, quindi, con una pena che sarebbe comunque stata interamente condonata, a differenza di quanto accade anche per altri reati molto gravi, per i quali, essendo puniti con pene molto più pesanti, comunque queste non vengono completamente annullate dall'indulto concesso.

Quindi, ribadisco il ringraziamento al relatore ed ai colleghi. È stata un'operazione positiva, anche perché - come il relatore sa - il Governo italiano, l'attuale e quelli precedenti, sono molto impegnati nel sostenere le associazioni anti-usura e tutti coloro che sono vittime dell'usura al fine di poter far loro riprendere una attività commerciale corrente. È stato - lo ribadisco ancora - un fatto positivo, e ringrazio il relatore e la Commissione per aver espresso parere favorevole sull'emendamento in questione (Applausi dei deputati del gruppo de L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Balducci. Ne ha facoltà.

PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, intervengo telegraficamente solo per esprimere la soddisfazione per il parere unitario favorevole espresso sull'emendamento volto ad escludere il reato di usura dai benefici dell'indulto e per ricordare che noi Verdi presentammo, in tema di proposta di indulto, proprio l'usura tra i reati da escludere dalla concessione del beneficio (Applausi dei deputati del gruppo dei Verdi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Mazzoni. Ne ha facoltà.

ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, intervengo anch'io solo per confermare il voto favorevole del gruppo dell'UDC a questo emendamento e per spiegarne brevemente la motivazione con riferimento a ciò che ho detto poc'anzi, ossia alla responsabilità di una scelta politica. «No», dunque, alla mediazione, «sì» all'intesa responsabile.

In questo caso, l'inclusione, che contraddice l'impegno che avevo dichiarato in precedenza, a nome del gruppo cui appartengo, di non cedere alla logica dello scambio, è giustificata, perché c'è un'alta intesa politica. Siamo tutti d'accordo su questo e, quindi, abbiamo compiuto quel passaggio più nobile che credo questo provvedimento e questa istituzione meritino. Quindi, l'opinione del gruppo dell'UDC cambia, anche in questo caso responsabilmente, ed il gruppo esprimerà voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Forgione. Ne ha facoltà.

FRANCESCO FORGIONE. Intervengo, signor Presidente per annunciare il voto favorevole dei deputati del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, anche sulla base dell'intesa raggiunta in sede di Comitato dei nove. Recuperiamo, in tal modo, anche un danno che, rispetto a questo reato, ha causato in passato la legge in materia di prescrizioni. Vorrei ricordare anche che per il reato di usura lo Stato è impegnato nel risarcimento delle vittime. Quindi, ci sarebbe stata una contraddizione anche rispetto al complessivo provvedimento che noi stiamo approvando.

Questo reato nasce da una condizione sociale drammatica di impoverimento che colpisce i piccoli esercenti e le piccole imprese. Nasce, quindi, dalla condizione sociale ma, spesso, suscita l'interesse anche della mafia che, attraverso la pratica dell'usura, acquisisce e modifica la stessa proprietà delle imprese. Ma su questo interveniamo anche attraverso la previsione dell'articolo 7 della legge n. 44 del 1999. Proprio a questo proposito, vorrei dire che, considerato il provvedimento che abbiamo approvato e rapportandolo ai reati previsti dall'articolo 416-bis del codice penale e a tutte le tipologie previste  dall'articolo 7 citato, chi parla di fare una legge «salva Provenzano» non fa onore a se stesso, né alla sua intelligenza, né alla sua storia (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, de L'Ulivo e dei Verdi).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cirielli 1.470, accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

LEOLUCA ORLANDO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

ERMINIA MAZZONI. Siamo ai voti!

PRESIDENTE. Revoco l'indizione della votazione.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Leoluca Orlando. Ne ha facoltà.

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, posso dire che questo nervosismo desta qualche preoccupazione?

Su questo emendamento, intendo annunciare il voto favorevole del gruppo dell'Italia dei Valori e intendo, altresì, registrare che si è raggiunto un accordo politico favorevole su di esso. Ma, allora, perché non si è raggiunto un accordo politico per escludere il reato di scambio di voto politico-mafioso che può riguardare, potenzialmente, esponenti di questo Parlamento e il personale politico?

PRESIDENTE. Per evitare nuovi incidenti, chiedo se ci sia qualcun altro che chiede di parlare per dichiarazione di voto.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. No, deputato Marinello, non può intervenire sull'ordine dei lavori.

Passiamo, dunque, ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cirielli 1.470, accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 540

Votanti 539

Astenuti 1

Maggioranza 270

Hanno votato 537

Hanno votato no 2).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Sgobio 1.40.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Intervengo per segnalare che a me pare che la proposta contenuta in questo emendamento, con una portata maggiore, sia già stata esaminata con l'emendamento Donadi 1.476. Per velocizzare i lavori dell'Assemblea, credo si debba intendere assorbito.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Crapolicchio. Ne ha facoltà.

SILVIO CRAPOLICCHIO. Il fatto che un emendamento contenente una proposta analoga sia stato già respinto non vuol dire che lo sarà di nuovo.

Il mio intervento non è animato da spirito ostruzionistico. L'emendamento in questione ha per oggetto l'esclusione dall'indulto dei reati societari previsti dal codice civile.

Tali reati cosiddetti societari vanno ad incidere sulla fiducia dei piccoli risparmiatori (vedi caso Parmalat), appaiono di difficile accertamento e nel contempo determinano gravi danni all'economia del  paese. La concessione dell'indulto per tali reati comporterebbe oltre il danno anche la beffa.

È di tutta evidenza che, nella massa di disperati che stanno in carcere, non si possono far rientrare coloro che commettono reati societari.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, un solo secondo sull'ordine dei lavori, per fare presente che abbiamo fatto una discussione...

PRESIDENTE. Sull'ordine dei lavori, lei prenderà la parola dopo il voto sull'emendamento.

ANTONIO BORGHESI. Roba da matti!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sgobio 1.40, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 539

Votanti 478

Astenuti 61

Maggioranza 240

Hanno votato 52

Hanno votato no 426).

Prendo atto che i deputati Caruso e Squeglia si sono erroneamente astenuti, mentre avrebbero voluto esprimere un voto contrario.

Ora l'onorevole Donadi ha facoltà di parlare sull'ordine dei lavori.

MASSIMO DONADI. Era solo per precisare, rispetto a quanto è stato detto prima, e su cui anche lei ha espresso, nella pienezza delle sue facoltà, un'opinione, che sul blog del ministro Di Pietro non c'è assolutamente alcuna lista (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

Chi ha fatto quell'intervento credo si basasse su un comunicato stampa apparso, ma non sulla verità dei fatti, perché sul nostro blog non c'è e non c'è mai stata alcuna lista (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il deputato La Loggia. Ne ha facoltà.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, vorrei che non passasse inosservata una circostanza, che almeno da parte nostra è certamente da deprecare nella maniera più rigorosa e severa. Mi riferisco all'intervento del collega Orlando, il quale...

PRESIDENTE. In un intervento sull'ordine dei lavori non si può commentare un altro intervento.

ENRICO LA LOGGIA. Il mio intervento è sull'ordine dei lavori, perché...

PRESIDENTE. Allora intervenga sull'ordine dei lavori, non sull'intervento di un altro collega.

ENRICO LA LOGGIA. ...non credo che, nell'ordinato svolgersi dei lavori, possa passare inosservato - mi rivolgo alla Presidenza e alla sua notoria garanzia rispetto al corretto lavoro dell'Assemblea - un intervento in cui si è fatta un'accusa estremamente pesante, perché si è detto - questo sì che riguarda l'Assemblea e il suo ordine dei lavori - che vi sono esponenti parlamentari all'interno della Camera dei deputati che avrebbero non si sa che cosa da temere dall'approvazione o meno dell'esclusione, in questo provvedimento, dell'ipotesi di reato di scambio di voto politico mafioso dalla concessione dell'indulto.

Allora il collega Orlando potrebbe (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)...

PRESIDENTE. Questo è un intervento di merito.

Abbiamo discusso il punto precedente, è stata fatta un'osservazione adesso con l'intervento di Donadi e ora lei sta intervenendo. Appureremo attraverso gli uffici lo stato reale delle cose. Procediamo adesso nella discussione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sgobio 1.472, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 544

Votanti 481

Astenuti 63

Maggioranza 241

Hanno votato 55

Hanno votato no 426).

Avverto che l'emendamento Mantini 1.142, in precedenza segnalato, è stato ritirato dai presentatori.

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Consolo 1.127 e Mazzoni 1.579.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, colleghi, abbiamo presentato un emendamento di analogo tenore e, quindi, siamo favorevoli a questo emendamento, così com'è formulato.

Vorrei anche far presente (lo spiego brevemente visto che sono il primo ad intervenire) che i benefici dell'indulto vengono revocati di diritto - quindi non vi è una scelta discrezionale - se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni (la norma recita così) , un delitto non colposo per il quale riporti una condanna ad una pena detentiva non inferiore a due anni. Su questo poi discuteremo con l'emendamento successivo, ma noi riteniamo che il termine di cinque anni sia troppo breve. Addirittura, in Commissione, mi sembra - anche leggendo i resoconti stenografici - che questa osservazione sia stata non soltanto posta, ma anche accolta in qualche modo come meritevole di attenzione, tanto che ci si aspettava che il testo finale del provvedimento prevedesse un diverso termine: un termine di dieci anni, di sette anni, comunque un termine maggiore rispetto a quello di cinque anni. Ritengo che un minimo di controllo sulla condotta successiva di una persona che viene rimessa in libertà e usufruisce di questo sconto gratuito di pena vi debba essere, e che questo controllo e questa aspettativa da parte dello Stato relativa al fatto che si ponga sulla retta via debba durare, non solo per cinque anni, ma almeno per sette anni (tenendo conto che comunque il periodo di sette anni rappresenta già una mediazione).

Cinque anni sono pochi; sicuramente sette anni di osservazione sono meglio e danno più garanzie ai cittadini in ordine alla non reiterazione e alla non commissione di altri reati.

ERMINIA MAZZONI. Presidente, chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Lei ha già parlato sul complesso degli emendamenti e, quindi, non ha diritto ad intervenire. Mi dispiace.

ERMINIA MAZZONI. Mi scusi, ma è un emendamento presentato a titolo personale!

PRESIDENTE. Ha parlato sul complesso degli emendamenti, quindi non può intervenire. Mi dispiace, ma il regolamento non l'ho fatto io. Posso solo applicarlo.

ERMINIA MAZZONI. Hanno parlato tutti sul complesso degli emendamenti!  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, Alleanza Nazionale tiene particolarmente a questo emendamento e prego i colleghi di prestare per un attimo la dovuta attenzione.

Vede, Presidente, viene detto, a torto, che Alleanza Nazionale è contraria tout court all'indulto, ma così non è. Questo emendamento lo dimostra. Alleanza Nazionale è contraria a questo indulto, così come è stato formulato.

Durante la discussione in Commissione giustizia era stato fatto presente che una delle esigenze che Alleanza Nazionale rappresentava per votare l'indulto era che questo non si applicasse ai plurirecidivi. Con il presidente della Commissione, che è stato un ottimo mediatore e ha ben regolato i lavori della Commissione stessa, ma soprattutto con il relatore era stato portato avanti una sorta di gentlemen agreement, in base al quale avremmo potuto rinunciare alla richiesta - che peraltro ci sembra ovvia e scontata - che i plurirecidivi non godano dell'indulto rispetto a chi ha commesso un solo reato (che non sia comunque recidivo nel reato stesso), a condizione che il termine entro il quale i beneficiari dell'indulto non debbano commettere altri reati fosse portato a sette anni (un compromesso rispetto al termine di dieci anni che avevamo inizialmente proposto).

La collega Mazzoni - che mi dispiace non abbia potuto spiegare la sua posizione - aveva molto insistito su questo emendamento, come anche i colleghi Lussana e Mantini. Quindi, si trattava di una proposta emendativa trasversale, in quanto ci sembrava giusto - dal momento che si escludeva l'indulto per coloro che avessero già commesso il reato - che questi signori si astenessero dal compiere reati almeno per un periodo di sette anni. Poi, all'ultimo minuto, mi pare per un voto, siamo andati in minoranza.

Chiedo dunque all'Assemblea di ristabilire questo equilibrio sostituendo, al comma 4, le parole: «cinque anni» con le seguenti: «sette anni», accogliendo l'emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Visto che questa Assemblea ormai ha deciso di compiere un atto politicamente molto grave ai danni dei cittadini, occorre almeno cercare di garantire quel minimo di serietà e di credibilità dell'ordinamento giuridico penale - che deve assicurare la tenuta dello Stato e della società -, riconoscendo un paio d'anni in più, per essere certi che la persona che ha potuto usufruire del provvedimento clemenziale sappia ringraziare la società e lo Stato di tale atto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, preannuncio il nostro voto favorevole sull'emendamento in esame che, d'altra parte, è identico ad uno presentato dal mio gruppo, che tuttavia non è stato segnalato.

Ci stiamo avviando alla conclusione di un dibattito aspro, nel quale spesso sono stati usati toni anche accesi, ma nel quale hanno parlato anche i silenzi di quanti sarebbero voluti intervenire, ma non lo hanno fatto o non lo hanno potuto fare, e che nella loro coscienza stanno riflettendo su ciò che sta accadendo in quest'aula.

Non sarà certo l'approvazione degli emendamenti presentati dall'onorevole Mantini e dall'Italia dei Valori o di quello sull'usura a rappresentare un lavacro complessivo di quanto accaduto, che comunque consideriamo positivo. Ad esempio, perché approvare l'esclusione dell'usura e non del delitto di estorsione che molto spesso si lega ai reati di usura? Il racket delle estorsioni è strettamente collegato al racket dell'usura! Allora, perché l'usura sì e le estorsioni no? Non sarà questo che ci salverà l'anima da un giudizio complessivo su questo provvedimento.

Inoltre, all'interno della stessa logica seguita dal patto indultista - vale a dire quello volto ad escludere i reati connessi con la mafia -, non si riesce a capire perché proprio l'articolo 416-ter del codice penale (voto di scambio mafioso) sia stato respinto prima in Commissione e poi in aula, malgrado sullo stesso si siano espressi a favore anche altri gruppi, persone e personalità che poi hanno cambiato idea (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

Mi è parso di capire che in quest'aula serpeggiano sentimenti diversi nei confronti del provvedimento nel suo complesso. Sono quei sentimenti che ci danno speranza e che si sono espressi ieri, in occasione dell'approvazione degli emendamenti presentati dall'onorevole Mantini e dall'Italia dei Valori, con un grande applauso liberatorio. A quello facciamo riferimento come elemento di speranza di questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, vorrei fare una precisazione di carattere personale o, se si vuole, in dissenso rispetto ad una frase pronunciata dal collega Consolo. Per quanto è a mia conoscenza, Alleanza Nazionale si è sempre pronunciata contro qualsiasi tipo di indulto: prevenire, recuperare e reprimere con la certezza della pena chi delinque è sempre stata la nostra caratterizzante posizione politica. C'è una destra certamente democratica, ma intransigente sui principi in cui crede, e ritengo di far parte di quella destra, finché ciò sarà possibile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Forlani. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO FORLANI. Signor Presidente, parlo a nome del gruppo dell'UDC ed anche in sostituzione della collega Mazzoni che non è potuta intervenire, sebbene si stia esaminando un suo emendamento. Ritengo che quest'ultimo introduca una disposizione di particolare valore ai fini di qualificare ancor più la portata di questo provvedimento, di cui non sono lontano dal riconoscere alcune contraddizioni, come quelle evidenziate poco fa dal collega Mattarella.

È chiaro che, essendosi dovuto raggiungere un certo livello di compromesso tra tante forze politiche, ci siano anche elementi contraddittori. Tuttavia, temo che, se ciò non fosse stato fatto, difficilmente saremmo potuti arrivare a quel provvedimento di clemenza che da più parti era stato giustamente auspicato.

Allora, credo che lo stesso provvedimento di clemenza debba in qualche modo responsabilizzare, nei confronti della società e dello Stato, chi venga a fruire del beneficio stesso. È importante che chi vede ridotto il proprio periodo di detenzione in carcere attraverso questo provvedimento sappia che tale beneficio non è del tutto gratuito: egli stesso dovrà dare qualcosa allo Stato e dovrà dimostrarsi degno della fiducia e dell'indulgenza esercitata dall'ordinamento nei suoi confronti.

Pertanto, è importante estendere quel periodo nel corso del quale, in caso di commissione di un nuovo reato doloso di una certa rilevanza, il beneficio precedentemente ottenuto viene perduto, dovendosi nuovamente scontare gli anni di pena. Credo sia un segnale importante rivolto proprio a chi beneficia di questo provvedimento. Tale beneficio non è qualcosa del tutto gratuito e scontato, ma è condizionato. Allungando il periodo di controllo della condotta del beneficiario da parte dello Stato, si valorizza e si rafforza il concetto di responsabilizzazione (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, ci aspettiamo un voto largamente convergente dall'Assemblea su questo emendamento, e non solo perché è stato presentato da più gruppi. Taluni - come, ad esempio, l'onorevole Violante nella seduta di ieri - hanno sottolineato che il meccanismo del comma 4 offriva maggiori garanzie per calibrare il concetto dell'atto di clemenza con quello della sicurezza da proiettare più sul futuro che non sul passato. Si tratta, quindi, non di attribuire al soggetto che sta scontando la pena una prognosi necessariamente negativa sul suo futuro «curriculum», quanto piuttosto di agire nella prospettiva, affidandosi proprio a questo meccanismo, che non si commettano più delitti entro il periodo successivo alla concessione del beneficio, per poter godere dello stesso senza vederselo revocare.

Ebbene, l'allungamento del periodo di osservazione fa parte di questa garanzia che, mi pare, l'onorevole Violante, ed altri che con lui consentivano, prospettavano come il miglior meccanismo. Ci aspettiamo, dunque, che al nostro voto favorevole si unisca anche quello di chi si è espresso in questi termini nella seduta di ieri.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Consolo 1.127 e Mazzoni 1.579, non accettati dalla Commissione e sui quali il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 540

Votanti 536

Astenuti 4

Maggioranza 269

Hanno votato 127

Hanno votato no 409).

Prendo atto che i deputati Casini, Forlani e Riccardo Conti hanno espresso erroneamente un voto contrario mentre avrebbero voluto esprimerne uno favorevole.

Prendo atto che le deputate Mistrello Destro e Pelino non sono riuscite a votare e che avrebbero voluto esprimere voto contrario.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Lussana 1.144.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, siamo giunti all'ultimo emendamento. Vi è stata una discussione anche abbastanza accesa, ma su questo punto vorrei invitare i colleghi di tutti gli schieramenti a riflettere sul contenuto di questo emendamento. In base al testo che state per approvare si potrebbe verificare che un soggetto beneficiario dell'indulto, ove nei cinque anni successivi commetta un reato per il quale viene comminata una pena detentiva di due anni e quindici giorni, si veda revocato l'indulto, mentre un altro soggetto che riporta cinque condanne ad un anno ed otto mesi ciascuna non si vedrebbe revocato l'indulto.

Questo è scritto nella norma. Infatti, si prevede che venga revocato l'indulto a chi commette un delitto non colposo per il quale riporti una condanna a pena detentiva non inferiore a due anni. Il caso di chi commette un delitto per il quale è stata comminata una pena complessivamente superiore a due anni non è assimilato ad un altro caso, quello in cui un soggetto commetta nei cinque anni più delitti non colposi che complessivamente considerati comportano una pena detentiva superiore ai due anni. Quindi, un soggetto che ha commesso un delitto ed è stato condannato a due anni e quindici giorni si vede revocato l'indulto, un altro soggetto che è stato condannato dieci volte ad un anno di reclusione o, addirittura, ad un anno e otto mesi non si vede revocato l'indulto.

Capite, quindi, che a nostro avviso non solo le situazioni debbono essere parificate, ma se dobbiamo andare a giudicare  in ordine alla gravità del comportamento è certamente più grave il comportamento di chi commette più reati, venendo a sforare il tetto dei due anni in cinque anni rispetto al comportamento di chi commette un reato sfondando il tetto dei due anni con quell'unica condotta. È evidente che chi commette una pluralità di reati ha una particolare propensione a delinquere, anche tenendo conto del fatto che la pluralità di reati, con le norme oggi esistenti nel nostro codice, che consentono comunque di applicare il vincolo della continuazione, presuppone certamente una pluralità di condotte criminose autonome ed indipendenti le une dalle altre, con disegni criminosi autonomi ed indipendenti gli uni rispetto agli altri.

Questo emendamento limita il danno e non riesco a capire con quale motivazione possa essere respinto dall'Assemblea. Vi prego veramente di riflettere su quello che state per approvare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Mazzoni. Ne ha facoltà.

ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, questo emendamento, anche se parzialmente diverso, risponde alla logica dell'emendamento testé votato: si tratta di lavorare sul comportamento preventivo che riteniamo di dover adottare. Trovo assolutamente singolare che dopo una battaglia così eclatante portata avanti in quest'aula ed anche, impropriamente, fuori da essa, l'Italia dei Valori non abbia appoggiato un emendamento - sicuramente hanno votato contro in Commissione - di maggiore garanzia nei confronti dei cittadini, della collettività per la quale dicono di battersi. Noi volevamo semplicemente prevedere uno spazio temporale maggiore ed una maggiore severità nei confronti di coloro che reiterano nel reato.

Questo tipo di emendamento risponde alla finalità complessiva del provvedimento: restituire alle strutture penitenziarie le condizioni per garantire i diritti fondamentali della persona alle persone ristrette, perché persone rimangono, e rimettere le strutture penitenziarie in condizione di garantire la funzione di recupero della detenzione. Quello su cui avremmo voluto lavorare con questo emendamento e con il precedente è, invece, semplicemente il comportamento giustamente severo dello Stato nei confronti di coloro che beneficiano dell'indulto. Mi sembra una contraddizione che, però, è la conferma della denuncia che ho fatto più volte in quest'aula di un propagandismo fatto su questo provvedimento che è assolutamente fuori luogo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, non ho capito l'intervento precedente, ma il gruppo dell'Italia dei Valori voterà a favore dell'emendamento in esame perché lo condivide.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo è l'ultimo emendamento che votiamo e mi offre l'occasione, prima della dichiarazione di voto finale che il gruppo affida all'onorevole Consolo, di svolgere una brevissima considerazione.

Abbiamo annunciato un voto contrario all'indulto ed annuncio, invece, il voto favorevole sull'emendamento in esame con il convincimento che le ragioni per cui il Parlamento intende concedere un atto di clemenza non siano quelle più volte enunciate. Ci è stato detto che questo provvedimento serve a svuotare le carceri, serve a far sì che le condizioni dei detenuti siano migliori. A noi non sembra sia questo lo sforzo a cui tende la maggioranza favorevole all'indulto, altrimenti avrebbe risposto positivamente alle nostre pressanti richieste per individuare risorse per migliorare le condizioni di vita dei detenuti.

Comunque, molte migliaia di detenuti resteranno in carcere, e per loro non  valgono quelle condizioni tristi che sono state più volte denunciate per giustificare la scarcerazione di un numero considerevole di essi. Sicuramente, quando si nega l'approvazione di emendamenti come quello che abbiamo appena votato, non ci è sembrato che le ragioni fossero quelle di svuotare le carceri. Per quale motivo a chi è stato scarcerato per indulto non si concede l'obbligo di doversi astenere dal commettere reati non per cinque ma per sette anni? Nella stessa maniera non comprendiamo le ragioni per cui non si possa approvare un emendamento come questo, il quale reca che, nei cinque anni successivi alla concessione dell'indulto, la persona che ne ha beneficiato non debba commettere reati non colposi, quindi dolosi, che, complessivamente, raggiungano una pena di entità uguale o superiore a due anni.

In altre parole, ci sembra che la ragione addotta, quella dello svuotamento delle carceri, sia una scusa, altrimenti non vi dovrebbe essere nessuna ragione per non approvare emendamenti come questi.

Allora, ci sembra che prevalga ancora una volta il comprensibile atteggiamento di tutela di Caino, mentre continui a rimanere assente qualunque attenzione per Abele. Noi vogliamo che questo Parlamento, che si dimostra così attento alle ragioni di chi ha commesso reati anche gravissimi e vuole alleviargli la pena, sia almeno altrettanto attento alle ragioni dei cittadini perbene, a coloro che non desiderano che migliaia di persone escano e che, se questo emendamento non verrà approvato, avranno anche la libertà di commettere un numero rilevante di reati, purché nessuno di essi sia sanzionato con una pena superiore a due anni, senza che nemmeno l'indulto gli venga revocato.

Allora, cari colleghi, nel dare ancora una volta indicazione favorevole per questo emendamento e nel rifarmi sin d'ora alla dichiarazione di voto finale dell'onorevole Consolo, credo che le ragioni che hanno indotto Alleanza Nazionale a dire «no» - non all'istituto dell'indulto, era questo che prima voleva dire l'onorevole Consolo, perché noi non abbiamo mai chiesto che gli istituti dell'amnistia o dell'indulto vengano abrogati dal nostro ordinamento positivo -, derivino dal fatto che questi provvedimenti debbano intervenire quando vi siano ragioni eccezionali e ben diverse da quelle addotte per dar vita a questo provvedimento, sul quale il nostro gruppo esprimerà un voto contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Diliberto. Ne ha facoltà.

OLIVIERO DILIBERTO. Signor Presidente, colleghi, la dichiarazione di voto finale del nostro gruppo verrà svolta tra poco dal collega Crapolicchio, ma, poiché si tratta dell'ultimo emendamento, vorrei svolgere alcune considerazioni politiche sull'iter che abbiamo alle spalle e su quanto stiamo per votare. Noi siamo sempre stati convintamente a favore dell'indulto perché riteniamo che la capienza carceraria di 40 mila detenuti oggi sia intollerabilmente arrivata a 62 mila detenuti e la civiltà di un paese si giudica anche, per certi versi soprattutto, dal modo con cui punisce. Quindi, siamo a favore dell'indulto anche perché, parlandoci con molta chiarezza, tra quelle 62 mila persone detenute è del tutto evidente che vi sono tossicodipendenti, extracomunitari, marginalità e devianza sociale; certamente, ci sono pochissime persone che appartengono alla classe dirigente.

Poiché è prevista una maggioranza qualificata, capisco che, per raggiungere questo obiettivo, si debbano fare delle trattative, dei patti, si debba scendere a compromessi e che alcuni di essi possano piacere di più o di meno: appunto, sono compromessi.

Tuttavia, colleghi, vi è un limite oltre il quale è difficile procedere. Tale limite, a mio avviso, non è stato rappresentato dalla bocciatura a larga maggioranza, purtroppo, dei nostri emendamenti, come di altri relativi ai reati contro la pubblica amministrazione, ma di quell'emendamento (è stato un limite che, secondo me, non doveva essere superato e si poteva  tranquillamente fare tutti insieme) che si proponeva di escludere dall'indulto l'articolo 416-ter e cioè il voto di scambio politico-mafioso (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e dell'Italia dei Valori).

Fa specie - lo dico senza alcuna volontà polemica, credetemi - che un autorevole collega che si è candidato, cosa nota, a presiedere la Commissione antimafia abbia preso la parola per giustificare il voto contrario a quell'emendamento.

Noi ci riempiamo tutti la bocca, chi con maggiore e chi con minore convinzione, sul tema della battaglia alla malavita organizzata. Noi segretari dei partiti dell'Unione ci siamo recati a Locri per offrire una testimonianza ai ragazzi e alle ragazze di quel paese, dicendo delle cose, assumendo degli impegni ...

MAURIZIO GASPARRI. Avete preso i voti dalla mafia a Locri!

OLIVIERO DILIBERTO. ... dopo di che, noi tutti, anche coloro che sono andati in un'altra direzione, ci rendiamo corresponsabili del fatto che il voto di scambio mafioso non sia stato escluso dall'indulto.

Cari colleghi, noi che siamo a favore dell'indulto, non possiamo essere a favore di questo indulto (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

Io non ho condiviso la battaglia che ha condotto in quest'aula una persona che, peraltro, stimo, il ministro Di Pietro. Se si sceglie di non far parte di un Governo, si è fatta una scelta: non si può stare da una parte e dall'altra e lo dico con molta serenità (Applausi di deputati del gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

Non ho condiviso questa battaglia, perché non si può essere pregiudizialmente contro; in quest'aula, con un atteggiamento diverso, forse, tutti insieme saremmo riusciti a migliorare questo provvedimento e, quindi, a votare tutti insieme a favore dell'indulto.

Non ci siamo riusciti! Tuttavia, il gruppo dei Comunisti italiani non si sente di votare contro l'indulto, perché siamo favorevoli all'indulto in linea di massima. Siamo contro questo indulto!

Pertanto, preannunzio l'astensione del gruppo dei Comunisti italiani in sede di votazione finale (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani e di deputati dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, nel preannunziare il nostro voto contrario sull'emendamento in esame, vorrei brevissimamente interloquire con il collega La Russa intervenuto poco fa.

Credo sia del tutto legittima la posizione assunta dai gruppi contrari a questo provvedimento e debbo anche dare atto che questi gruppi, in particolare la Lega ed Alleanza Nazionale, salvo la serata di ieri che è stata un po' confusa e difficile, hanno espresso la loro posizione in forma non ostruzionistica.

Vorrei anche dare atto alla lealtà con cui non solo i gruppi della maggioranza, eccetto l'Italia dei valori, ma anche i gruppi di Forza Italia e dell'UDC hanno mantenuto il senso di responsabilità e di convergenza manifestato in Commissione giustizia e che, doverosamente, si è proiettato in quest'aula.

Rispetto però alle questioni sollevate dal collega La Russa, credo vi siano due considerazioni da svolgere.

Credo di poter dire che tutta l'Unione sia assolutamente favorevole ad affrontare rapidamente, una volta approvato il provvedimento di indulto, in sede governativa e parlamentare una serie di provvedimenti organici in materia di giustizia in generale ed, in particolare, in materia processuale-penalistica e penalistica e di ordinamento penitenziario.

Da questo punto di vista, è solo per ragioni di brevità che non elenco in questo momento le iniziative già in atto.

Vorrei però chiedere al collega La Russa, pacatamente perché pacato è stato anche il suo intervento, se non ritenga di  dover fare qualche riflessione sulla gestione dell'amministrazione della giustizia - e, in particolare, della questione carceri - nei cinque anni trascorsi. Mi rivolgo a lui come anche ai colleghi della Lega, forza politica che esprimeva l'allora ministro della giustizia Castelli.

Ebbene, se siamo giunti ad una situazione del «pianeta» carcere che tutti definiscono spaventosa e se siamo giunti ad un sovraffollamento senza precedenti, non solo in tutta la storia repubblicana ma anche in quella precedente, forse, qualche responsabilità, nella gestione dei problemi delle carceri, nei cinque anni trascorsi, vi è stata. Se, secondo un dato consegnatoci dal ministro Mastella qualche tempo fa, quest'anno si è arrivati a tradurre in carcere oltre 9 mila persone soltanto per violazione della cosiddetta legge Bossi-Fini - e, quindi, per una fattispecie (il reato di ingresso clandestino in Italia) che non configurava un'ipotesi criminosa per l'innanzi - forse esiste una qualche responsabilità della precedente maggioranza di Governo. Se si adotta una legislazione assolutamente proibizionista in materia di tossicodipendenze, e non tanto con riferimento ai trafficanti, il che è ovviamente giusto, quanto piuttosto rispetto ai tossicodipendenti, considerato che i tossicodipendenti in carcere sono un terzo dei detenuti, forse qualche responsabilità di natura legislativa esiste.

Comunque, accogliamo positivamente l'invito ad affrontare in modo organico, una volta approvato l'indulto, i problemi della giustizia e, in particolare, quelli delle carceri, sotto i diversi profili a tutti noi noti. Ovviamente, mi lascia alquanto sconcertato quanto si è dichiarato poc'anzi; infatti, un gruppo che finora ha condiviso l'itinerario comune, ha preannunciato l'astensione dal voto; a maggior ragione, è dunque importante che tutti gli altri gruppi della maggioranza, e quelli dell'opposizione che hanno condiviso questo itinerario comune - reso necessario dall'articolo 79 della Costituzione -, garantiscano il massimo di partecipazione alla votazione finale nella quale è necessario il raggiungimento del quorum dei due terzi dei componenti di questa Camera.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Migliore. Ne ha facoltà.

GENNARO MIGLIORE. Signor Presidente, colleghe e colleghi, oltre ovviamente a corrermi l'obbligo di indicare, su questo emendamento, il nostro voto contrario, anch'io prenderò la parola per svolgere alcune brevissime considerazioni su alcune affermazioni fatte in questa sede. Non capisco, invero, con quale altro intento dette affermazioni siano state rese se non con quello di «affossare» la possibilità che questa Assemblea vari il provvedimento di indulto.

Sono tuttavia convinto che l'impegno e la responsabilità che si devono esprimere su un provvedimento di tale genere consentano a tutta l'Assemblea - e, in particolare, anche al nostro gruppo, pur chiamato in causa in maniera indecorosa - di andare oltre e di procedere all'approvazione di un provvedimento che necessita del raggiungimento del quorum dei due terzi dei componenti. Ma, al riguardo, vorrei far presente al collega Diliberto che chi porta con sé una cultura del sospetto e della delazione indica ed è meritevole di ben altre storie all'interno non solo di questo paese. E penso che vada respinto non soltanto da questo gruppo ma coralmente da questa Assemblea l'atteggiamento vessatorio ed intimidatorio che in questa sede è stato tenuto da alcuni colleghi deputati.

L'autorevolezza del nostro collega e compagno Forgione nella lotta alla mafia, infatti, è testimoniata da anni e anni di battaglie, e mi rivolgo a chi lo conosce meglio, come il collega Leoluca Orlando (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, de L'Ulivo, de La Rosa nel Pugno e dei Verdi)!

Mi sto riferendo alle scorte che ha avuto, agli scontri pubblici e alle minacce ricevute, e qui i messaggi trasversali non funzionano! Potete anche essere contro  questo indulto - ma quello in esame è l'unico provvedimento di indulto che può essere approvato -, ma almeno affermate con chiarezza che avversate una persona a causa delle sue opinioni politiche. Non offendete, dunque, né lui, né il nostro partito (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, de L'Ulivo e de La Rosa nel Pugno)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lussana 1.144, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 554

Votanti 536

Astenuti 18

Maggioranza 269

Hanno votato 115

Hanno votato no 421).

Prendo atto che il deputato Tabacci ha erroneamente espresso un voto contrario, mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.

Avverto che, consistendo la proposta di legge in un solo articolo, si procederà non alla votazione dello stesso, ma direttamente alla votazione finale, ai sensi dell'articolo 87, comma 5, del regolamento.

 

Esame degli ordini del giorno - A.C. 525-bis ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (vedi l'allegato A - A.C. 525-bis ed abbinate sezione 2).

L'onorevole Buontempo ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Contento n. 9/525-bis-A/2, di cui è cofirmatario.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, ho presentato assieme al collega Contento l'ordine del giorno in esame anche per consentire di dare seguito ad una serie di dichiarazioni rese sia in Assemblea da esponenti della maggioranza, sia perfino dal Governo sui giornali.

Attraverso l'ordine del giorno Contento n. 9/525-bis-A/2, infatti, si chiede al Governo di impegnarsi affinché siano rese disponibili, anche con il prossimo disegno di legge finanziaria, le risorse finanziarie necessarie sia per ammodernare e ristrutturare le carceri, sia per costruire nuovi istituti penitenziari.

Chiedo altresì all'esecutivo (anche se non pretendo una risposta nella giornata odierna) se sia vero che, da dieci anni a questa parte, siano state costruite sei, sette oppure otto nuove strutture carcerarie che risultano essere, tuttavia, completamente abbandonate.

Vedo presente in Assemblea il ministro della giustizia, e vorrei pertanto domandargli se sia vero, come mi risulta, che il carcere di Pescia sia stato completato già nel 1989, ma versi in uno stato di assoluto abbandono. Vorrei sapere, inoltre, se sia vero che a Minervino, in provincia di Bari, sia stata completata la costruzione di un istituto detentivo fin dal 1996.

Qual è, allora, la torbida questione che si nasconde dietro al fatto che, mentre si sta discutendo un provvedimento di indulto per alleggerire la situazione di sovraffollamento nelle carceri, contemporaneamente non si faccia nulla per aprire quelle già esistenti? A Volturara Appula, in provincia di Foggia, inoltre, vi è un'altra struttura carceraria che, dopo il completamento della sua costruzione, risulta in stato di abbandono.

Nel frattempo, ciascuno degli edifici che ho citato si sta degradando; inoltre, stanno rubando tutti i servizi igienici presenti al loro interno e stanno portando via perfino le porte e le finestre!

Conseguentemente, quando si vorrà intervenire, si dovrà sostenere un costo maggiore. Vi sono poi altre strutture carcerarie che meritano di essere segnalate; si tratta di quelle di Castelnuovo della Daunia,  in provincia di Foggia, completata nel 1992; di Monopoli, in provincia di Bari, anch'essa completata ma tenuta chiusa; di Codigoro e, infine, di Accadia, in provincia di Foggia. Quelle appena citate sono delle strutture carcerarie sulle quali si potrebbe intervenire velocemente in modo da creare quegli spazi, ritenuti necessari, per migliorare la condizione della popolazione carceraria.

In conclusione, ribadisco il mio «no» convinto, secco e deciso, a questo indulto che, a mio avviso, farà uscire dal carcere oltre 40 mila detenuti su una popolazione di 61 mila carcerati: in pratica, più della metà delle persone attualmente detenute usciranno dal carcere.

Per farla finita con gli atti di clemenza, ai quali poi non segue mai l'adeguamento delle strutture carcerarie, il Governo, con il presente ordine del giorno, se verrà accettato, si assumerà - almeno - l'impegno di redigere quanto prima un piano dettagliato di lavori per le strutture carcerarie.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati?

LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Il Governo accetta tutti gli ordini del giorno presentati ad eccezione dei seguenti: Alessandri n. 9/525-bis-A/16, Allasia n. 9/525-bis-A/17, Cota n. 9/525-bis-A/18, Brigandì n. 9/525-bis-A/20, Dozzo n. 9/525-bis-A/21, Dussin n. 9/525-bis-A/22, Fava n. 9/525-bis-A/23, Montani n. 9/525-bis-A/25, Caparini n. 9/525-bis-A/27, Garavaglia n. 9/525-bis-A/28, Gibelli n. 9/525-bis-A/29, Giancarlo Giorgetti n. 9/525-bis-A/30 e Filippi n. 9/525-bis-A/ 36.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno accettati dal Governo non insistono per la votazione.

Prendo, altresì, atto che i presentatori insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno, Alessandri n. 9/525-bis-A/16 e Allasia n. 9/525-bis-A/17, non accettati dal Governo.

Passiamo, dunque, ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Alessandri n. 9/525-bis-A/16, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 539

Votanti 534

Astenuti 5

Maggioranza 268

Hanno votato 60

Hanno votato no 474).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Allasia n. 9/525-bis-A/17, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 540

Votanti 537

Astenuti 3

Maggioranza 269

Hanno votato 78

Hanno votato no 459).

Prendo atto che il deputato Belisario non è riuscito a votare.

Prendo atto che il deputato Cota insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/525-bis-A/18 e chiede di parlare per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Sì, Presidente, vorrei dire che da questo ordine del giorno in votazione si comprende anche lo spirito degli altri successivi ordini del giorno. Nella sua parte dispositiva si impegna il Governo a valutare la necessità di adottare adeguate iniziative normative affinché, in un momento successivo all'applicazione dell'indulto, durante il periodo di sospensione  della sentenza, possano applicarsi ai soggetti beneficiati talune delle prescrizioni e degli obblighi di cui ai commi 5, 6 e 7 dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354. Si tratta delle norme e delle prescrizioni che disciplinano l'affidamento in prova al servizio sociale.

Quale è dunque la ratio del presente ordine del giorno? È quella di fare in modo che alle persone messe in libertà, e per reati particolarmente gravi ed efferati (abbiamo infatti visto che sono stati respinti gli emendamenti che consentivano ad esempio di escludere dal beneficio dell'indulto i condannati per omicidio, cioè reati con evidenza particolarmente grave), ad esempio dopo condanne per omicidio, vengano applicate a quelle persone alcune prescrizioni e alcuni controlli una volta libere.

ENRICO BUEMI, Relatore. Non può essere il Governo, non può essere il Governo, lo vuoi capire...?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Deputato Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo di Alleanza Nazionale voterà a favore dell'ordine del giorno presentato dal collega Cota della Lega Nord perché certamente, benché si ribadisca la totale contrarietà al provvedimento dell'indulto, così come è stato presentato e come risulta dall'esame dell'aula e dall'approvazione di vari emendamenti, con l'impegno che viene in esso richiesto al Governo consente di prevedere qualche cautela anche minima in ordine alla pericolosità di alcuni dei soggetti che, successivamente all'applicazione a loro favore dell'indulto, potranno continuare a delinquere.

Quindi, le misure indicate nell'ordine del giorno e che fanno riferimento all'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono certamente da sostenere e per tale motivo non possiamo che essere favorevoli ad esso.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Cota n. 9/525-bis-A/18, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 557

Votanti 550

Astenuti 7

Maggioranza 276

Hanno votato 80

Hanno votato no 470).

Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Brigandì n. 9/525-bis-A/20, Dozzo n. 9/525-bis-A/21 e Dussin n. 9/525-bis-A/22 insistono per la votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Brigandì n. 9/525-bis-A/20, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 550

Votanti 546

Astenuti 4

Maggioranza 274

Hanno votato 81

Hanno votato no 465).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Dozzo n. 9/525-bis-A/21, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 551

Votanti 549

Astenuti 2

Maggioranza 275

Hanno votato 79

Hanno votato no 470).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Dussin n. 9/525-bis-A/22, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 547

Votanti 544

Astenuti 3

Maggioranza 273

Hanno votato 75

Hanno votato no 469).

Prendo atto che i deputati Giacomoni e Pelino non sono riusciti a votare.

Prendo atto che il deputato Fava insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/525-bis-A/23, non accettato dal Governo, e chiede di parlare per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, il mio ordine del giorno n. 9/525-bis-A/23 sottolinea un'esigenza emersa nel corso del dibattito. Tale necessità impone un'approfondita riflessione in merito ai presupposti indispensabili per la concessione di un provvedimento di clemenza, che riteniamo debba essere commisurato alla opportunità di un processo di integrazione nella vita sociale che quotidianamente questi soggetti saranno chiamati ad affrontare.

Crediamo anche che, da questo punto di vista, sia imprescindibile una programmazione che tenga conto che al beneficio devono essere commisurate specifiche misure per il reinserimento sociale dei detenuti. Non possiamo permetterci di correre il rischio che a questo provvedimento di clemenza faccia seguito la nascita di un problema sociale che si pone sul territorio all'indomani del rilascio dei detenuti.

In questi giorni, abbiamo letto cose aberranti. Sulla stampa di questa mattina si riportava la notizia che la procura di Milano, prima ancora della definitiva approvazione del provvedimento in oggetto, ha già iniziato la predisposizione dei documenti per quasi 2 mila detenuti che avranno la possibilità di beneficiare del provvedimento, il che, al di là di tradire un malcelato ottimismo rispetto a ciò che sarebbe accaduto questa mattina in aula, ci dà il senso di come in realtà l'attività parlamentare venga mortificata.

Crediamo sia fondamentale continuare a mantenere un atteggiamento di assoluta salvaguarda nei confronti dei cittadini, così come dobbiamo fare in modo che tutti i soggetti che, dall'oggi al domani, si trovano su una strada siano effettivamente in grado di poter beneficiare di questo provvedimento, e lo siano nella misura in cui (pur non condividendo il provvedimento; questo mi sembra ovvio) si dia loro la possibilità di essere realmente inseriti nel tessuto sociale.

Con il passare del tempo questa vicenda assume sempre di più i contorni del colpo di spugna e sempre di meno i contorni dell'atto di clemenza. Ad onor del vero, in questi giorni abbiamo assistito ad uno scontro e ad un dibattito sul tema molto vivaci, che hanno imposto diverse riflessioni (a questo punto postume) che ci dicono come, nella realtà, le esigenze della maggioranza trasversale che è andata formandosi in questo Parlamento siano articolate e - ahimè - assolutamente poco conciliabili tra loro. Ci sono diversi interessi che portano ad un'unica scelta, una scelta che anche questa - ahinoi - è a danno dei cittadini.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Fava n. 9/525-bis-A/23, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 561

Votanti 556

Astenuti 5

Maggioranza 279

Hanno votato 83

Hanno votato no 473).

Comunico, informando il ministro degli esteri, di aver chiesto ai presidenti delle Commissioni esteri di Camera e Senato di rinviare la seduta a dopo il voto che la Camera esprimerà.

Prendo atto che l'onorevole Stucchi non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/525-bis-A/24, accettato dal Governo.

Prendo atto che il deputato Montani insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/525-bis-A/25, non accettato dal Governo, e chiede di parlare per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

ENRICO MONTANI. Signor Presidente, recentemente ho visitato il carcere di Verbania, la mia città, e ho verificato di persona l'importanza di quest'ordine del giorno per i detenuti, che ovviamente hanno la possibilità di uscire e di compiere lavori di utilità civica (dipingere gli asili, le strutture sportive e quant'altro). I detenuti si riavvicinano al mondo esterno e si abituano di nuovo ad uscire e ad avere una vita normale. Ciò è importante (è stato segnalato anche dal direttore del carcere), perché si allentano di molto le tensioni spesso presenti in carcere.

Dunque, quest'ordine del giorno è importante e deve essere assolutamente votato. Esso impegna il Governo ad adottare interventi legislativi che vadano nella direzione di rendere residuale il carcere per reati di scarsa entità sociale, attraverso l'introduzione del lavoro civico non retribuito, applicabile ai detenuti che devono ancora scontare una pena detentiva non superiore a tre anni.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Montani n. 9/525-bis-A/25, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 562

Votanti 559

Astenuti 3

Maggioranza 280

Hanno votato 187

Hanno votato no 372).

Prendo atto che il deputato Fugatti non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/525-bis-A/26.

Prendo altresì atto che il deputato Caparini insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/525-bis-A/27, non accettato dal Governo, e chiede di parlare per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Collega Presidente, l'opportunità politica di questo provvedimento abbiamo avuto modo di evidenziarla durante il dibattito ed è del tutto evidente. L'indulto è nel programma dell'Unione, è nel programma che vi ha portato al Governo del paese, colleghi della maggioranza, e ciò cui abbiamo assistito in questi giorni e in queste ore è stato un triste spettacolo, uno spettacolo in cui il premier, ossia il garante del vostro programma, di fronte al naturale, spontaneo rifiuto, da parte dei cittadini, di questo provvedimento, si è chiamato fuori, si è - come spesso gli accade - comportato da Ponzio Pilato ed ha dichiarato che il Governo è estraneo all'iter del provvedimento stesso. Egli ha utilizzato argomentazioni strettamente correlate ai meccanismi di approvazione dell'indulto, meccanismi che, sì, prevedono la maggioranza qualificata, ma che comunque sono dovuti ad una volontà politica, quella volontà politica che muove il ministro Mastella a chiedere l'indulto e l'amnistia, al pari di altre forze della maggioranza.

È una maggioranza che ha proposto a quest'aula uno spettacolo impietoso, uno spettacolo che ha raggiunto toni quasi ridicoli ieri sera, uno spettacolo in cui un suo competente, il ministro Di Pietro, un componente che dovrebbe essere autorevole, faceva la spola tra i banchi della propria parte politica e quelli del Governo, orchestrando un'opposizione che ha avuto scarsissimi effetti. Al ministro Di Pietro tale opposizione ha fatto sicuramente guadagnare le prime pagine dei giornali e le aperture dei telegiornali, ma credo che gli abbia anche fatto perdere molta credibilità, sia all'interno della sua maggioranza, sia tra coloro che credono che in quest'aula si debba fare politica al servizio dei cittadini, non per strappare un po' di notorietà. Lei, ministro Di Pietro, lo strumento per mettere in difficoltà la sua maggioranza e per non far passare questo provvedimento lo aveva, e glielo testimonia un parlamentare che è stato in una maggioranza, ha vissuto fasi parlamentari molto simili e che, con altri suoi colleghi, è riuscito a bloccare provvedimenti siffatti.

Il motivo addotto dalla maggior parte dei sostenitori di questo provvedimento è correlato al sovraffollamento delle carceri e, quindi, ad un compromesso di valore umanitario. Nel merito, bisogna sottolineare come non la Lega Nord, non i deputati che in quest'aula sono contrari al provvedimento, ma chi questo provvedimento lo sta attendendo o coloro che di esso subiranno le conseguenze, ossia chi le carceri le amministra, hanno, più volte, avuto occasione di sottolineare come sia completamente inefficace.

Gli effetti dell'«indultino», che è stato votato alcuni anni fa, hanno dimostrato di essere inadeguati a dare una risposta al sovraffollamento delle carceri.

Peggio: il risultato è stato quello di ottenere un riflusso che, nel breve tempo, ha congestionato ulteriormente il già debole sistema carcerario del nostro paese. Tocchiamo, così, un punto fondamentale. Noi dobbiamo essere in grado, come classe dirigente e come legislatori, di dare una risposta certa ai bisogni del paese. Quindi, dobbiamo intervenire dal punto di vista strutturale laddove sappiamo che, per quanto guarda l'accoglienza carceraria, c'è una carenza endemica, più volte denunciata, peraltro, dalla nostra parte politica.

PRESIDENTE. La prego, deputato Caparini, ha superato il tempo a sua disposizione.

DAVIDE CAPARINI. Concludo, signor Presidente.

Questo ordine del giorno si pone nella direzione che noi ci siamo più volte proposti di seguire, cioè quella di assicurare la certezza della pena e di attuare quegli strumenti...

PRESIDENTE. La prego, deve concludere.

DAVIDE CAPARINI. ...che possano dare la certezza, ai cittadini, che chi delinque resti in carcere e sconti la sua pena.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Caparini n. 9/525-bis-A/27, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 557

Votanti 555

Astenuti 2

Maggioranza 278

Hanno votato 79

Hanno votato no 476).

Prendo atto che il deputato Buontempo non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.

Prendo atto, altresì, che il presentatore insiste per la votazione del successivo ordine del giorno Garavaglia n. 9/525-bis-A/28 e chiede di parlare per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo ordine del giorno è molto semplice. In pratica, si chiede al Governo di predisporre specifiche misure atte a garantire il reinserimento sociale dei detenuti attraverso lo svolgimento di un lavoro civico non retribuito a favore delle regioni. Secondo noi, la necessità di un simile impegno è evidente e ne spiego brevemente i motivi.

Innanzitutto, a parole tutti si dichiarano d'accordo sulla necessità di rivedere il meccanismo delle pene affinché abbiano anche una valenza rieducativa maggiore. Su questo sono tutti d'accordo a parole, ma nei fatti non si fa alcunché. Davvero il Governo dovrebbe impegnarsi su questo fronte.

Il secondo motivo, ancora più importante ed ancora più pregnante in questo momento specifico, è relativo al danno inevitabile che questo provvedimento causerà al bilancio degli enti locali e, in particolare, dei comuni più piccoli.

Cercherò di essere sintetico perché questo problema è molto importante ed è stato preso sotto gamba. Noi ci auguriamo che non sia così, ma potrebbe anche darsi che ci sia un esito favorevole per questo provvedimento. In tal caso, in poco tempo, decine di migliaia di detenuti usciranno dalle carceri, tutti insieme. Il problema è che questi detenuti non torneranno semplicemente a svolgere il lavoro che svolgevano in precedenza, perché di lavoro non ne hanno. Quindi, tutti insieme - e sono tanti - si recheranno presso i servizi sociali dei rispettivi comuni di resistenza per cercare una soluzione. Questo è giusto, è giusto che si agisca così. Il punto è che, ad oggi, nei bilanci dei comuni non sono state stanziate le risorse a questo fine.

Quindi, se non si fa qualcosa di serio - non a parole, come spesso accade in questa sede - ci troveremo con un serio problema riguardo ai bilanci degli enti locali, che sarà ancor più grave se tutto questo avverrà dopo il 30 settembre, quando gli enti locali avranno già provveduto all'assestamento dei bilanci. Se tutto si definisse in tempi brevissimi, può anche darsi, infatti, che i comuni riuscirebbero a organizzarsi apportando variazioni di bilancio e tagliando risorse da altre parti per risolvere questo problema, che piove sulla loro testa come un macigno. Ho detto «se» perché, alla luce del patto di stabilità, anche con la più grande buona volontà del mondo non è detto che si riesca a «metterci una pezza».

Se invece, com'è più probabile, si arriverà anche oltre il 30 settembre, l'unica risorsa che avranno gli enti locali sarà quella di attingere al fondo di riserva, che, come tutti sappiamo, è il più risicato per ovvi motivi di quadratura del bilancio. Il risultato sarà, comunque, un danno per gli altri servizi forniti ai cittadini.

Non è giusto che, per andare contro un'ipocrita idea di buonismo, si vadano a tagliare servizi sociali ed altri servizi che i comuni molto più degnamente hanno messo in campo per i loro cittadini, senza dare un'alternativa. L'impegno che chiediamo al Governo è molto semplice. Chiediamo che ci pensi il Governo e che ci pensi questo Parlamento. Perché non dare una possibilità diversa, perché non dare un lavoro civico non retribuito ai detenuti che usciranno dalle carceri?

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Garavaglia n. 9/525-bis-A/28, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 564

Votanti 562

Astenuti 2

Maggioranza 282

Hanno votato 78

Hanno votato no 484).

Prendo atto che il deputato Rampelli non è riuscito a votare.

Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Gibelli n. 9/525-bis-A/29,  non accettato dal Governo, insiste per la votazione e chiede di parlare per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Prima di svolgere la mia dichiarazione di voto, vorrei far notare che in questi due giorni di lavori parlamentari relativi all'indulto, in tutte le occasioni, il Governo si è rimesso all'Assemblea, dicendo che si trattava di un'iniziativa parlamentare. Non capisco perché adesso, non solo con la folta presenza dei ministri in aula, ma anche con la loro espressione di voto sugli ordini del giorno, si contraddica questo principio in maniera assolutamente ipocrita.

Nel merito, non ho compreso il motivo per cui il Governo non si vuole impegnare ad adottare misure sul piano normativo - di fronte al fatto che i detenuti tossicodipendenti, che rappresentano circa il 20 per cento della popolazione carceraria, beneficeranno dell'indulto -, al fine di accompagnare questi soggetti a prendere contatto con le aziende sanitarie locali, proprio per continuare quel processo di inserimento sociale che sta alla base di tutte le iniziative di intervento parlamentare di una certa parte dell'Assemblea.

Non accettando questo ordine del giorno, si contraddicono nel merito tutte le dichiarazioni di buona volontà sulle iniziative finalizzate all'indulto. Dunque, chiedo al Governo di fornirmi elementi di merito, perché l'impegno ad assumere atti normativi, tra l'altro senza particolari condizioni, è un atto dovuto. Soprattutto, adottando queste misure, si andrebbe esattamente nella direzione sperata, che è quella di non permettere alle persone affette dalla tossicodipendenza di continuare a delinquere; quindi, si andrebbe nella direzione auspicata da quella parte politica che continua a sostenere l'iniziativa dell'indulto con queste fattispecie.

Dunque, non solo il Governo oggi contraddice se stesso rispetto all'iniziativa parlamentare sull'indulto, ma vota contro iniziative che andrebbero esattamente nella direzione auspicata dalla richiamata parte politica, che purtroppo è molto rappresentata in termini numerici in quest'aula (fino ai due terzi mi auguro di no, però, probabilmente, ci saranno queste condizioni).

Il Governo si contraddice quindi rispetto ad una richiesta di disposizioni normative che permetterebbero ai soggetti affetti da tossicodipendenze, che oggi sono in carcere, di reinserirsi nella società attraverso le strutture pubbliche a loro disposizione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Gibelli n. 9/525-bis-A/29, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 566

Votanti 564

Astenuti 2

Maggioranza 283

Hanno votato 84

Hanno votato no 480).

Prendo atto che il deputato Rampelli non è riuscito a votare.

Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/525-bis-A/30, non accettato dal Governo, insiste per la votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/525-bis-A/30, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 559

Votanti 557

Astenuti 2

Maggioranza 279

Hanno votato 83

Hanno votato no 474).

Prendo atto che il deputato Rampelli non è riuscito a votare.

Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno da Goisis n. 9/525-bis-A/31 a Pini n. 9/525-bis-A/35, accettati dal Governo, non insistono per la votazione.

Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Filippi n. 9/525-bis-A/36, non accettato dal Governo, insiste per la votazione e chiede di parlare per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

ALBERTO FILIPPI. Signor Presidente, inizio esponendo la parte dispositiva del mio ordine del giorno, che impegna il Governo ad effettuare un costante monitoraggio sull'applicazione della legge in esame, al fine di adottare le opportune iniziative, e a prevedere che l'indulto si applichi al cittadino straniero immigrato clandestinamente solo a condizione che abbandoni il territorio dello Stato entro 30 giorni dall'applicazione del provvedimento di indulto.

Infatti, va considerato che il provvedimento di clemenza, secondo i dati presentati dal Ministero della giustizia, dovrebbe trovare applicazione nei confronti di oltre 22 mila detenuti, dei quali una forte percentuale, come si sa, è costituita spesso e volentieri da stranieri extracomunitari ed immigrati clandestini.

Quindi, se la ratio dell'indulto è quella di svuotare le carceri, perché non attuare uno strumento che preveda che l'extracomunitario che ha commesso un reato venga scarcerato solamente a condizione che abbandoni il territorio dello Stato?

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Filippi n. 9/525-bis-A/36, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 565

Votanti 564

Astenuti 1

Maggioranza 283

Hanno votato 85

Hanno votato no 479).

Prendo atto che i deputati Marinello e Romele non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.

Prendo atto che i successivi ordini del giorno sono stati accettati.

È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

 

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 525-bis ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Neri. Ne ha facoltà.

SEBASTIANO NERI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Nardi. Ne ha facoltà.

MASSIMO NARDI. Signor Presidente, rinuncio ad intervenire.

PRESIDENTE. Sta bene.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fabris. Ne ha facoltà.

MAURO FABRIS. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Balducci. Ne ha facoltà.

PAOLA BALDUCCI. Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Crapolicchio. Ne ha facoltà.

SILVIO CRAPOLICCHIO. Signor Presidente, onorevoli deputati, noi Comunisti italiani abbiamo votato lo stralcio della legge sull'amnistia e, con lo stesso spirito, oggi avremmo voluto rendere la nostra favorevole dichiarazione di voto.

Riteniamo la legge sull'indulto una legge giusta ed, in tal senso, avevamo depositato una proposta di legge. È un dato di fatto, nostro malgrado, che la situazione delle carceri italiane abbia ormai raggiunto livelli drammatici ed, in tal senso, i dati forniti dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria sono assai eloquenti.

Crediamo che il vertiginoso aumento della popolazione carceraria sia dovuto alla presenza di imputati e di condannati per reati di droga e per reati legati all'immigrazione clandestina. Dunque, per leggi sbagliate, come ad esempio la cosiddetta legge Bossi-Fini. La detenzione, infatti, riguarda i settori più marginali della società, una massa di soggetti senza diritti, tossicodipendenti ed immigrati clandestini, che affolla le carceri senza alcuna prospettiva di reinserimento sociale. Su questi soggetti senza diritti si è abbattuta la scure della cosiddetta tolleranza zero, veicolata dall'approvazione della legge ex Cirielli, destinata ad aumentare il numero dei disperati nelle nostre carceri.

È indubbio che l'approvazione del solo indulto non consentirà una riduzione della popolazione carceraria entro i limiti della capienza della stessa. Ovviamente, siamo consapevoli che meri atti di clemenza non potranno da soli risolvere una situazione che trae origine anche e soprattutto da una cattiva legislazione. Legislazione che in questi anni ha puntato essenzialmente ad un generale inasprimento delle pene, senza tuttavia essere accompagnata da un vero programma di recupero e di reinserimento sociale dei detenuti.

Da qui la necessità, a nostro avviso, di pianificare un programma di intervento che inverta completamente l'attuale situazione di cronica carenza di organico. Un programma capace di incentivare la presenza di medici, assistenti sociali e, in generale, del personale penitenziario attivando, se del caso, istituti di pena alternativi, che potranno aiutare il detenuto a procedere verso un'auspicabile nuova dimensione.

Crediamo, altresì, che ciò debba essere accompagnato anche da una rapida revisione delle leggi che hanno portato nelle carceri masse di disperati, a fronte di reati per i quali si sarebbero potute applicare pene alternative o, addirittura, per i quali in precedenza la detenzione non era affatto prevista.

Abbiamo cercato, inutilmente, di migliorare il testo licenziato dalla Commissione, proponendo emendamenti e votando anche proposte emendative di altre forze politiche. Detto ciò, tuttavia, non possiamo accettare nostro malgrado, se non vi saranno fatti nuovi, di subire ricatti in nome di qualche famigerato personaggio che indebitamente vuole approfittare di un legittimo atto di clemenza.

Pertanto, dichiaro che il gruppo dei Comunisti italiani - che in questa sede ho l'onore di rappresentare - si asterrà dal votare un testo così formulato, quale presupposto di un accordo scellerato, sempre che non si registrino fatti nuovi anche da parte del Governo.

Mi sia infine concesso un commento sulla reiterata bocciatura dell'emendamento che escludeva dall'indulto il voto di scambio elettorale politico-mafioso; vergogna, vergogna, vergogna (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani)PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, stiamo per approvare un provvedimento complesso e delicato, che richiede indubbiamente ponderatezza e riflessione, soprattutto per l'estensione degli anni dell'indulto, che oggi riguarda circa 40 mila persone già in carcere o alle quali si applicano sanzioni alternative al carcere e che, nei prossimi cinque o sei anni, riguarderà non meno di altre 30 mila persone.

È un provvedimento sul quale occorre riflettere attentamente, soprattutto quando se ne fa - e lo dico in senso tecnico, non etico - un uso improprio, nel senso che non stiamo prevedendo un atto di clemenza, ma un atto necessitato dall'impossibilità e dall'insostenibilità dell'attuale situazione carceraria italiana.

Indubbiamente, oggi, nelle carceri, esiste un colossale problema umanitario, al quale occorre fornire subito una risposta. Tuttavia, la risposta che questo Parlamento ha ritenuto di fornire - e ciò non ci convince - sta tutta in quel patto che più volte è affiorato durante il dibattito di questi giorni. Un patto affrettato, che non si è nemmeno tentato di raggiungere prima all'interno della maggioranza per poi proporlo all'opposizione, un patto che si è stipulato in fretta e in furia direttamente con quella parte dell'opposizione che si sapeva più incline a votare comunque un provvedimento di indulto (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori). Questo non va bene!

E vi è stata talmente tanta fretta - una fretta così maledetta - di prevedere questo indulto che si è subito un ricatto, la personalizzazione di questo indulto, assoggettando l'approvazione di tale atto di clemenza al fatto che alcuni reati necessariamente dovessero essere inclusi. Non posso non sottolineare lo stupore per il fatto che quest'Assemblea abbia respinto l'esclusione di reati come l'estorsione, la corruzione, i reati fiscali e tanti altri. Ma non voglio insistere su questo.

Credo che tale patto abbia avvicinato di molto la valenza di questo indulto ad alcune leggi ad personam emanate nella precedente legislatura (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori). Ma sono anche convinto del fatto che, se le leggi ad personam approvate nella precedente legislatura sono e resteranno uno sfregio alla storia democratica di questo paese, l'unica cosa peggiore che si potrebbe fare è quella di emanare leggi contra personam, in quanto ciò equivarrebbe all'eclissi dello Stato di diritto.

Non siamo preoccupati per il fatto che qualcuno ottiene ciò che voleva. Noi siamo preoccupati per le conseguenze di carattere generale. Non possiamo accettare la tesi del relatore Buemi - più volte riecheggiata in questa sede - secondo la quale i reati sono tutti uguali e si misurano soltanto in relazione alla pena stabilita dal codice penale. Questa è un'interpretazione, che potrei definire un po' da salumeria (tre etti sono sempre tre etti, sia che si tratti di mortadella sia che si tratti di soppressa), che non possiamo accettare (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori)!

Credo, allora, che il legislatore abbia il dovere di affrontare e gestire dinamiche sociali e politiche complesse. Ritengo debba riconoscere queste complessità e dare risposte diversificate. Non possiamo nascondere ciò che lo stesso Presidente Prodi ha detto nel discorso con il quale in quest'aula ha presentato il suo Governo, ossia che in questi anni nel paese, per quanto riguarda i mercati economici e finanziari e la gestione dei cittadini verso il fisco, vi è stato un crollo di etica (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori). Non possiamo dimenticare che, così facendo, realizziamo l'ennesimo colpo di spugna rispetto a tutto l'intreccio che si è determinato in questo paese tra reati finanziari, reati fiscali e reati economici, che sono costati a 800 mila famiglie di consumatori italiani, in questi dieci anni, 35 miliardi di euro. Non sto parlando di Vanna Marchi, bensì di Parmalat, di Cirio, di «bancopoli», delle tangenti (Applausi  dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori - Commenti del deputato Ruggeri)! Abbi la correttezza di lasciarmi finire!

E veniamo alla giustificazione che ha addotto chi sembra aver siglato questo patto: i processi si faranno lo stesso, le condanne ci saranno lo stesso e la riprovazione sociale c'è tutta; più di questo cosa volete? Ma voi credete veramente che il paese, fuori di qui, dirà che siamo stati bravi? Adesso, i giudici spenderanno milioni di euro per fare le indagini e per svolgere i processi; dopodiché, diremo agli interessati: siete stati cattivi, ma per questa volta andate a casa. Credete che ci applaudiranno? O diranno che, ancora una volta, abbiamo tradito cinque anni di lotta condotta come opposizione contro queste cose? Abbiamo tradito il programma che tutti insieme abbiamo detto di voler realizzare, contro l'evasione fiscale, contro i «furbetti dei quartierino» e contro tutti questi fenomeni!

Credo che l'indulto che oggi verrà licenziato da quest'aula - l'ho già detto in un altro intervento - purtroppo non ci consentirà di uscire a testa alta. Soprattutto, è un indulto - mi sento di dirlo - che, così com'è, con la fretta con cui lo abbiamo realizzato, era evitabile. Avremmo potuto tranquillamente intervenire, a maggioranza semplice, in un tempo ancora più breve, abrogando pochi articoli della cosiddetta legge Bossi-Fini, per cui nel 2005 ci sono stati 9.500 ingressi in carcere. Infatti, la risposta al fenomeno dell'immigrazione non è il carcere (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori)!

Avremmo potuto abrogare alcuni articoli della cosiddetta legge Fini-Giovanardi, perché la risposta alla tossicodipendenza non è il carcere (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori)! Avremmo raggiunto gran parte degli obiettivi dell'indulto ed avremmo avuto molto più tempo e non questa fretta maledetta - maledetta questa fretta! - per fare un indulto giusto.

Anche dai banchi di Alleanza Nazionale si è affermato di non essere contro l'indulto comunque, ma che si potevano escludere alcune ipotesi come i recidivi, i delinquenti abituali.

PRESIDENTE. Per favore, colleghi, ci stiamo avviando alla conclusione ed inviterei a consentirlo.

MASSIMO DONADI. Avremmo potuto accogliere altri emendamenti, come quelli che, per garantire un minimo di certezza della pena, subordinavano l'indulto al fatto di aver scontato almeno un terzo o un quarto della pena: non si è voluto fare!

Per questo motivo - lo diciamo forte in quest'aula e riteniamo di doverlo dire anche fuori, con tutto il paese - diremo «no» a questo orribile indulto (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Maroni. Ne ha facoltà.

ROBERTO MARONI. Presidente, ribadisco il voto contrario del gruppo della Lega Nord Padania a questo provvedimento, che rappresenta un colpo di spugna. Rinvio agli interventi svolti da numerosi deputati della Lega per le ragioni di merito.

Noi siamo dalla parte dei cittadini onesti, dalla parte di chi chiede maggiore sicurezza per sé, per i propri cari e per le proprie famiglie. Siamo dalla parte delle vittime dei reati, e non di chi li commette. Sono ragioni importanti, a cui si aggiungono peraltro quelle che sono venute dal dibattito e dal voto in Assemblea in questi giorni. Un'Assemblea e una maggioranza che hanno respinto quasi tutti gli emendamenti presentati dalla Lega e, in particolare, quelli che riducevano ed escludevano l'indulto per reati molto gravi contro la persona, come l'omicidio, e per i reati legati alla mafia. Questo, francamente, mi sorprende molto. Una maggioranza che, nei cinque anni del Governo Berlusconi, non ha esitato ad accusare il Governo e l'allora maggioranza di essere collusi con la mafia, approva oggi un provvedimento  che esclude molti reati e consente l'indulto per reati di mafia previsti dall'articolo 416-ter.

ENRICO BUEMI. Bugiardo!

ROBERTO MARONI. Mi chiedo come esponenti politici che hanno fatto dell'antimafia una professione, uscendo dal Parlamento, possano continuare a guardare a viso aperto i propri cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Alleanza Nazionale). Onorevole Violante - mi rivolgo a lei perché riconosco il suo impegno in tutti questi anni contro la mafia - ma cosa andrà a dire ai giovani di Locri dopo aver votato questo provvedimento? Che la mafia non esiste? Oppure che è giusto rimettere in libertà cittadini che hanno commesso reati di mafia?

ENRICO BUEMI. Bugiardo!

ROBERTO MARONI. Presidente, siamo abituati agli insulti, anche se nelle passate legislature, quando c'era un atteggiamento di intolleranza nei confronti di un deputato, il Presidente della Camera interveniva con maggiore determinazione, perché gli insulti non sono accettabili (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania). Rivendico per chiunque il diritto di esprimere, soprattutto in quest'aula, le proprie opinioni senza essere insultato.

PRESIDENTE. Deputato Maroni, lei sa che gode della mia stima e di quella di tutta l'Assemblea.

ROBERTO MARONI. Grazie, la sua stima mi è sufficiente. Siamo per la certezza della pena, siamo contro i colpi di spugna, rifiutiamo e respingiamo al mittente le obiezioni che sono state avanzate. L'obiezione più importante riguarda il fatto che il colpo di spugna servirebbe per l'emergenza carceraria. Ministro Mastella, la invito a vedere ciò che il suo predecessore ha fatto in questi anni.

Negli ultimi cinque anni, la cosiddetta emergenza carceraria è stata gestita dal ministro Castelli senza indulti, senza colpi di spugna e senza problemi di ordine pubblico. Non veniteci a raccontare questa favola, soprattutto non raccontatela a chi è stato vittima dei reati e dei criminali che voi volete rimettere in libertà. In tutti i questi anni, il Governo Berlusconi è stato accusato di rimettere in libertà detenuti, di rimettere in libertà criminali con le leggi che ha approvato. Ogni giorno, la magistratura insorgeva, in particolare la componente Magistratura democratica, ed accusava il Governo di aprire le porte delle carceri, diminuendo quindi il livello di sicurezza. Non ho sentito un solo magistrato intervenire a proposito del ruolo che ha la magistratura.

Da ultimo, mi rivolgo al ministro Di Pietro: in questi giorni abbiamo assistito ad un «balletto» francamente grottesco da parte sua e di altri esponenti del Governo. Vede, ministro Di Pietro, lei aveva un modo molto semplice per opporsi a questo provvedimento, noi lo abbiamo fatto tante volte in questi anni. Quando non si è d'accordo, si dice «no»! Quando non si è d'accordo su un provvedimento che comporta - come lei ha denunciato - questioni morali, cioè questioni più importanti di quelle politiche, si ha il dovere di andare fino in fondo, non si può giocare semplicemente con le parole per avere qualche spazio in più sui giornali.

Credo che lei ed il suo gruppo avreste potuto fermare questo provvedimento togliendo la fiducia al Governo Prodi (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania). Non l'ha fatto, continua a non farlo e continua a giocare sulla pelle dei detenuti per avere qualche vantaggio politico. Questo, se mi consente, è ancora più grave che votare a favore dell'indulto (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania e di deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, rinuncio ad intervenire.

PRESIDENTE. Sta bene. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Migliore. Ne ha facoltà.

GENNARO MIGLIORE. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, come ormai è noto dopo il dibattito lungo, aspro e sentito svoltosi in quest'aula, Alleanza Nazionale voterà contro questo indulto. Sottolineo «questo indulto», signor Presidente, perché desidero sgombrare il campo, nel mio breve intervento, da un discorso che ci vede contrari ad un indulto che non accolga le condizioni legittimamente poste dal mio gruppo.

La nostra legittima domanda è: perché l'indulto? Alleanza Nazionale ha il grande difetto di avere la memoria lunga e di ricordarsi delle vittime dei reati, che non saranno da noi mai dimenticate.

Ci si dice, con qualche ragione, che l'indulto è indispensabile perché le carceri sono sovraffollate: a fronte di 40 mila posti di capienza, ci sono 61 mila detenuti. Tuttavia, noi non abbiamo chiesto la luna: abbiamo chiesto l'impegno per nuove carceri, abbiamo chiesto che venissero esclusi dal beneficio di clemenza coloro che avevano già posto in essere attività delittuose. Avevamo chiesto che venisse previsto un fondo per le Forze dell'ordine, estendendo i benefici alle vittime dei reati terroristici e mafiosi, cioè a quanti sono morti nell'adempimento del proprio dovere in occasione di reati terroristici o mafiosi. Avevamo chiesto che venissero esclusi coloro che già avevano commesso reati in modo ripetuto, cioè i plurirecidivi. Nessuna risposta è stata data alle legittime domande avanzate da Alleanza Nazionale.

È vero, noi votiamo contro, ma lo facciamo con sofferenza, perché non siamo insensibili al problema posto dall'articolo 27 della nostra Costituzione (Commenti dei deputati del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Vi prego di ascoltare con attenzione...

GIUSEPPE CONSOLO. Tuttavia, non possiamo fare altro che assumere una posizione, rigida nel risultato ma non nelle premesse, a favore delle vittime dei reati, a favore di coloro che non devono vedere uscire indenni dal carcere i loro carnefici, a favore di vittime colpevoli solo di aver subito.

Questo è il mio personale pensiero, questo è il pensiero della stragrande maggioranza dei colleghi del mio partito.

PRESIDENTE. Vi prego di ascoltare senza rumoreggiare!

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, è stato approvato un documento politico, al quale Alleanza Nazionale si ispira; documento discusso, oggetto di attenzione, ma che impone a noi di Alleanza Nazionale delle riflessioni. Tutto questo è stato ascoltato con assoluta indifferenza da parte di quella che dovrebbe essere la maggioranza di quest'aula.

Per tali motivi, Alleanza Nazionale non può e non deve - ce l'ha nel proprio DNA - dimenticare per nessun motivo le vittime dei reati. Con le nostre richieste avevamo detto di porle almeno sullo stesso piano; la vittima di un reato non può certo essere collocata in posizione inferiore rispetto all'autore del reato stesso: niente. Avevamo chiesto il risarcimento del danno: niente.

Allora, che senso ha un indulto che libererebbe le carceri, come le precedenti esperienze ci hanno insegnato, esclusivamente per pochi mesi, come è successo in occasione dell'ultimo indulto votato quando era guardasigilli l'ex ministro Vassalli?

Signor Presidente, onorevoli colleghi, questi sono i motivi della posizione del partito al quale mi onoro di appartenere. Non è una posizione sorda e cieca, ma consapevole e determinata perché, non dimenticatelo mai, anche se può sembrare un luogo comune, nel momento in cui Alleanza Nazionale viene dai fatti portata a votare un provvedimento di clemenza, certamente, tra Caino, colui che ha commesso il reato, ed Abele, colui che l'ha subito, non può che schierarsi, per le vostre negligenze, dalla parte di Abele (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pecorella. Ne ha facoltà.

GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, rinuncio a svolgere la mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

Seguono ora, essendosi conclusi gli interventi per la dichiarazione di voto finale dei gruppi, gli interventi a titolo personale, per due minuti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Catone, per due minuti. Ne ha facoltà.

GIAMPIERO CATONE. Signor Presidente, rinuncio a svolgere la mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Carta, per due minuti. Ne ha facoltà.

GIORGIO CARTA. Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Monaco, per due minuti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MONACO. Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. La Presidenza lo constente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Federica Rossi Gasparrini, per due minuti. Ne ha facoltà.

Vi prego, ci avviamo alla conclusione.

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor Presidente, intervengo per annunciare il mio voto difforme da quello del gruppo di appartenenza, cioè l'Italia dei Valori (Applausi dei deputati dei gruppi de La Rosa nel Pugno e dei Popolari-Udeur).

Quando uno Stato non garantisce un sistema carcerario umano e l'espiazione della pena in condizioni di rispetto della dignità umana, atti di clemenza come questo dell'indulto sono doverosi e ispirati al civile sentire. Reputo che si debba esprimere apprezzamento per i gruppi politici che, lavorando anche con coraggio, sono riusciti a trovare un punto di mediazione che permette di superare gli interessi di gruppo, per consentire il rispetto dei diritti di tanti cittadini, 12 mila e oltre.

Pertanto, voterò anche tenendo in considerazione il lavoro importante svolto da quest'aula ed apprezzando il valore aggiunto che l'Italia dei Valori ha, comunque, portato ai fini del miglioramento del testo.

Tuttavia, voterò a favore dell'indulto! Sarò accusata per questo di non amare la giustizia? Esiste un provvedimento, l'A.C.

n. 1328, che ho presentato su richiesta dei giovani di Locri, che si sono chiamati «E adesso ammazzateci tutti», su richiesta del gruppo di studio Lazzati. Questo provvedimento reca il seguente titolo: Disposizioni concernenti il divieto di svolgimento di propaganda elettorale per le persone sottoposte a misure di prevenzione (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, de La Rosa nel Pugno, dei Verdi, e di deputati dei gruppi di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, ovviamente non voglio ripetere quanto affermato sinora. Voglio soltanto approfittare della presenza del Capo del Governo per dire che, in questa ultima campagna elettorale, così come la coalizione che rappresenta negli ultimi cinque anni, ha utilizzato ampiamente i valori della legalità, della lotta alla corruzione, garantendo un futuro di sicurezza per i cittadini.

Ebbene, in questo breve periodo di Governo, in un momento così importante, non è stata spesa una parola, non dico dal ministro dell'interno, ma dal Capo del Governo per ribadire l'impegno affinché l'Italia sia una nazione più sicura e, soprattutto, quello, assunto in campagna elettorale, per una lotta decisa contro l'illegalità e la corruzione. Oggi, la maggioranza che lo sostiene non ha speso una sola parola, fatta eccezione per qualche gruppo, in maniera concreta nell'una e nell'altra direzione! Ecco perché, a maggior ragione, il mio voto sarà assolutamente contrario (Una voce: Dov'è il dissenso?)

PRESIDENTE. È un intervento a titolo personale!

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Motta. Ne ha facoltà.

CARMEN MOTTA. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Motta, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nucara. Ne ha facoltà.

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Nucara, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Vorrei chiederle, vista la delicatezza della votazione che ci apprestiamo ad effettuare, di procedere al controllo delle schede, perché è un elemento di certezza di voto che garantisce tutti.

PRESIDENTE. Sta bene.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, l'unica sofferenza che ho mentre ci si appresta a votare questo provvedimento è il pensiero che rivolgo a quelle migliaia di agenti di pubblica sicurezza, di carabinieri, delle Forze dell'ordine e di magistrati che hanno rischiato la vita per mettere in carcere le 40 mila persone che, con questo provvedimento, nonostante abbiano ricevuto una condanna definitiva, torneranno in libertà. Come tutte le statistiche dimostrano, dopo un anno, circa il  40 per cento di costoro rientreranno in carcere, dopo aver arrecato altro danno e compiuto altri delitti.

Io voto convintamente «no»; credo che questa sia la tradizionale posizione che ha sempre assunto il gruppo di Alleanza Nazionale, e lo ha dimostrato anche nel corso di questo dibattito e di questa battaglia parlamentare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Menia. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. Signor Presidente, riaffermo con orgoglio che il gruppo di Alleanza Nazionale ha sostenuto con coerenza questa battaglia parlamentare. Una coerenza che viene da un'antica storia per cui, per noi, sono prioritari i valori della legalità e del senso dello Stato; noi non abbiamo mai fatto assurgere a valore la disobbedienza alle leggi: da noi ci sono non i «disobbedienti», ma coloro che invece preferiscono che alle leggi si ubbidisca.

Ecco perché, signor Presidente, posso con orgoglio affermare che dal gruppo di Alleanza Nazionale, anche se si è avuta una lunga dialettica e casi personali nei quali taluno voleva far prevalere il senso del perdono in una battaglia che per noi era politica, ebbene, da questo gruppo, signor Presidente, non verrà neppure un voto a favore di questo provvedimento, che continuiamo a considerare ingiusto e sbagliato (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cancrini. Ne ha facoltà.

LUIGI CANCRINI. Signor Presidente, rinuncio alla mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Alemanno. Ne ha facoltà.

GIOVANNI ALEMANNO. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per annunciare la mia astensione dal voto su questo provvedimento (Commenti dei deputati del gruppo de L'Ulivo).

Come ha già dichiarato prima il collega Menia, alcuni, come il sottoscritto, ritenevano necessario un provvedimento di clemenza per ridurre la pressione del sovraffollamento carcerario. Purtroppo, la dialettica di questi giorni, l'elenco dei reati esclusi ed inclusi in questo provvedimento non hanno dato trasparenza al provvedimento stesso, e quindi non consentono un voto favorevole su di esso (Applausi di deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.

 

(Correzioni di forma - A.C. 525-bis ed abbinate)

ENRICO BUEMI, Relatore. Chiedo di parlare ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENRICO BUEMI, Relatore. Signor Presidente, ai fini del coordinamento formale delle disposizioni contenute nella proposta di legge A.C 525-bis, si propongono le seguenti correzioni di forma:

all'articolo 1, comma 1, primo periodo, dopo le parole: «È concesso indulto» deve intendersi inserita una virgola;

all'articolo 1, comma 1, primo periodo, dopo le parole: «2 maggio 2006» deve intendersi inserita una virgola;

all'articolo 1, comma 3, lettera a), n. 24, la rubrica dell'articolo 630 del codice penale deve essere modificata come segue: «(sequestro di persona a scopo di estorsione)». Si tratta di una correzione necessaria per utilizzare la corretta espressione prevista nel codice penale.

A seguito dell'approvazione degli identici emendamenti 1.2 e 1.238, all'articolo 1, comma 4, le parole: «I benefici di cui ai commi 1 e 2 sono revocati» sono sostituite dalle seguenti: «Il beneficio dell'indulto è revocato».

A conclusione di questi lavori, signor Presidente, mi permetta inoltre di esprimere un ringraziamento particolare al personale della Camera, in specie al personale della Commissione giustizia, che ha dato un contributo importante per la conclusione positiva dell'esame del provvedimento (Applausi).

SALVATORE RAITI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo, deputato Raiti?

SALVATORE RAITI. Per dichiarazione di voto, Signor Presidente.

PRESIDENTE. Mi dispiace, deputato Raiti, ma non è ammessa (Commenti dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

GIACOMO STUCCHI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, poc'anzi il collega Gibelli ha chiesto il controllo delle tessere di votazione; non ho visto i colleghi segretari incaricati di tale compito. Considerata la delicatezza del voto...

PRESIDENTE. Senz'altro. La richiesta è stata già accolta.

Passiamo ai voti.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta formulata dal relatore in riferimento alle correzioni di forma da apportare al testo del provvedimento a norma dell'articolo 90, comma 1, del regolamento.

(È approvata).

(Coordinamento formale - A.C. 525-bis ed abbinate)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.

Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.

(Così rimane stabilito).

 

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 525-bis ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Invito i deputati segretari ad effettuare, con la cura dovuta per una votazione così delicata, il controllo delle tessere di votazione (I deputati segretari ottemperano all'invito del Presidente).

Inoltre, invito, per il senso di responsabilità che ci accomuna, ciascun deputato a procedere con scrupolosa correttezza all'esercizio del proprio voto individuale.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Mi scusi, lei ha chiesto la parola sull'ordine dei lavori?

ANTONIO BORGHESI. Volevo sapere il risultato della votazione precedente!

PRESIDENTE. La informo che quel voto equivaleva ad una votazione per alzata di mano: è questo il motivo per cui non ha potuto vederla sul tabellone elettronico.

Ricordo che, a norma dell'articolo 79 della Costituzione, per l'approvazione della proposta di legge in esame è necessaria la maggioranza dei due terzi dei componenti l'Assemblea.

Indìco dunque la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 525-bis, di cui si è testé concluso l'esame.

(Segue la votazione - Commenti).

GIACOMO STUCCHI. Doppi voti, Presidente!

TEODORO BUONTEMPO. Lusetti ha votato doppio!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni - Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Forza Italia, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), de La Rosa nel Pugno, dei Comunisti Italiani, dei Verdi e dei Popolari-Udeur - I deputati del gruppo della Lega Nord Padania gridano: Vergogna!).

(Concessione di indulto) (525-bis):

(Presenti 572

Votanti 554

Astenuti 18

Maggioranza dei due terzi

dei componenti l'Assemblea 420

Hanno votato 460

Hanno votato no 94).

Sono così assorbite le abbinate proposte di legge nn. 372, 662-bis, 663-bis, 665-bis, 1122-bis, 1266-bis, 1323-bis e 1333-bis.

Prendo atto che il deputato Romele non è riuscito ad esprimere il proprio voto. Prendo atto altresì che la deputata Castiello non è riuscita ad esprimere il proprio voto e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.

Comunico che la Conferenza dei presidenti di gruppo è immediatamente convocata nella sala dei ministri.

Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15,30.

(omissis)

DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI SEBASTIANO NERI, MAURO FABRIS, PAOLA BALDUCCI, GENNARO MIGLIORE, GIANCLAUDIO BRESSA, GIORGIO CARTA, FRANCESCO MONACO, CARMEN MOTTA E FRANCESCO NUCARA SULLA PROPOSTA DI LEGGE N. 525-BIS ED ABBINATE

SEBASTIANO NERI. Attorno a questo provvedimento si è detto di tutto e con enfasi. Si è detto che esso rappresenta un cedimento alla criminalità, un attentato alla sicurezza dei cittadini, un travisamento della funzione di repressione e prevenzione che la pena può avere solo se effettiva.

A ben guardare queste considerazioni non hanno valore contingente, ma potrebbero utilmente essere richiamate ogni qual volta torna in ballo l'istituto dell'indulto. Eppure l'indulto è espressamente previsto dalla Costituzione e ad esso non è collegata alcuna ragione causale. Esso è, cioè, un istituto di clemenza rimesso alla mera discrezione del Parlamento la cui legittimità non è subordinata ad alcuna specifica finalità diversa dalla volontà espressa a maggioranza qualificata dal Parlamento stesso.

Nel caso di specie questo indulto prende le mosse da un drammatico sovraffollamento delle nostre carceri, tanto drammatico da formare oggetto dell'accorato invito al Parlamento del Santo Padre Giovanni Paolo II per l'emissione di un provvedimento di clemenza.

Chiedo cosa sia la condizione di invivibilità delle nostre carceri se non un surplus di ingiusta pena cui si costringe chi, avendo sbagliato, deve sì espiare ma deve espiare una giusta pena. Sotto questo aspetto l'indulto assolve quindi ad una soggettiva funzione compensativa per far sì che la pena sia, oltre che effettiva, appunto giusta.

Sotto l'aspetto istituzionale, poi, l'indulto consente di affrontare in termini emergenziali il problema del sovraffollamento. Un intervento strutturale organico richiede, infatti, tempi medio-lunghi, mentre l'emergenza è attuale ed impellente. Può far storcere il naso questo uso finalizzato dell'indulto, ma esso è certamente efficace ed idoneo allo scopo.

Cultura di governo vuol dire avere consapevoleza dei problemi e saper individuare le opportune soluzioni. Questo indulto si iscrive in questo alveo.

Per quanto riguarda le mille preoccupazioni più o meno capziosamente introdotte nel dibattito, ritengo con coscienza di poter affermare che il regime di esclusione dall'indulto di talune gravi fattispecie di reato sia sufficientemente tranquillizzante circa la tipologia soggettiva dei destinatari del provvedimento che ne beneficieranno e, anche sotto questo profilo, ritengo che l'indulto contribuisca a restituire alla pena quell'altra sua connotazione classica e cioè la sua funzione emendativa che essa può svolgere solo se è davvero giusta.

Annuncio, quindi, con convinzione il voto favorevole dei deputati del Movimento per l'Autonomia.

MAURO FABRIS. Signor Presidente, non mi piace fare citazioni nei miei interventi, ma oggi voglio cominciare con quanto sottolineato con riferimento ad Adriano Sofri sul Foglio ieri mattina: «Lo squadrista Marco Travaglio, scrive Sofri su la Repubblica di ieri l'altro, dice una sequela di falsità indegne allo scopo di galvanizzare l'indignazione pubblica contro l'indulto. Il quale improvvisamente, diventa anche responsabile del mancato risarcimento ai caduti al lavoro. Le malattie professionali. E i morti di amianto. Di »mandare in fumo il maxiprocesso« contro i boss svizzeri e italiani dell'Eternit. Ma l'indulto non può mandare in fumo alcun processo- scrive Sofri. L'indulto non c'entra niente, né può toccare i risarcimenti...è bassezza, maggiore perché prende a pretesto le attese dei familiari di «caduti sul lavoro e morti di amianto».

La nota di Sofri sintetizza in maniera efficace le falsità che artatamente sono state fatte circolare su questa vicenda, in maniera inaccettabile, da chi è sempre stato forcaiolo, tranne nel periodo in cui  era al Governo e in cui sono state fatte passare le peggiori leggi vergogna della storia della giustizia italiana, ma anche in maniera assolutamente indecente e ipocrita da parte di chi siede nella maggioranza e nel Governo.

Noi invece, i Popolari-Udeur, voteremo con convinzione la proposta di legge in tema di indulto, perché si tratta di un provvedimento generale di clemenza invocato da più parti, da ultimo in questa sede da Giovanni Paolo II il 14 novembre 2002 e sostenuta anche con la partecipazione dell'attuale Capo dello Stato alla marcia di Natale per l'amnistia, che punta non a cancellare reati, non a estinguere pene, non a riscrivere i codici in maniera più favorevole ai delinquenti, bensì a commutare parte delle pene detentive in carcere in misure alternative.

I disonesti in quest'aula e fuori, gli squadristi forcaioli che giocano con la vita delle persone, come ha scritto Sofri, dicono il contrario, lasciano intendere che si vogliano spalancare le porte del carcere a delinquenti di ogni tipo.

Il mio richiamo va a ciò che è stato detto da alcuni colleghi sia della opposizione che della maggioranza. Parole che potevano, senza alcun dubbio, essere evitate per consentire a questa aula un dibattito più sereno e privo da strumentalizzazioni, delle quali francamente non se ne sentiva alcun bisogno, data la delicatezza della materia che siamo chiamati ad affrontare.

Mi riferisco, in primo luogo, al richiamo fatto in un intervento da un collega dell'opposizione, ad esempio sul finanziamento della macchina giudiziaria. Non comprendo in che modo questo possa avere a che fare con il tema dell'indulto, né comprendo come si possa sempre serenamente addebitare i propri errori ad altri. Le disfunzioni del sistema giudiziario e penitenziario, colleghi, sono ascrivibili esclusivamente allo Stato e non ad esempio all'operato della magistratura! E sul tema, l'onorevole della Lega che ho citato, chieda al senatore Castelli perché nei cinque anni in cui lui è stato Guardasigilli, non ha rimediato a tutto questo.

Vorrei inoltre poter ricordare ad alcuni colleghi della maggioranza che oggi siamo chiamati a porre rimedio unicamente ad una situazione insostenibile e vergognosa a noi tutti tristemente nota: il sovraffollamento delle carceri. Vorrei invitare i colleghi dell'Italia dei Valori a valutare che il testo approvato dalla Commissione giustizia non è il frutto di un inciucio tra maggioranza ed opposizione ma il frutto di un lavoro condiviso, il frutto del superamento, almeno in quella sede, delle divisioni ideologiche e di partito.

I colleghi della II Commissione hanno saputo mettere da parte gli interessi personali e di partito per poter approdare ad una proposta di legge equilibrata che consentisse a questo Parlamento, dopo ben 15 anni, di poter varare un provvedimento non più rinviabile! E allora, dobbiamo dire che la cosiddetta »previtizzazione« perenne del dibattito sulla giustizia e sulle carceri, alla quale faceva giustamente richiamo il collega Capezzone in sede di discussione generale, è tanto odiosa quanto lo strumentale attacco alla magistratura venuto dai banchi dell'opposizione!

Abbandoniamo, dunque, infantili protagonismi e basse strumentalizzazioni e lavoriamo con quella serietà e sobrietà che è stata propria dei lavori svolti in Commissione per pronunciarci, con consapevolezza e coscienza, su di un provvedimento che migliaia di persone attendono.

Vorrei, ancora, associarmi a quanto correttamente rilevato nella seduta dell'altro ieri dal collega Capotosti: l'affanno con il quale più di un collega si è ostinato a chiamare in causa il Governo e, in particolare, il ministro Guardasigilli Mastella, sfiora i limiti del ridicolo.

Allora conviene ripetere: il progetto di legge che siamo qui chiamati a discutere è di iniziativa parlamentare e spetta al Parlamento discuterne ed approvarlo.

Mi chiedo a che pro lamentarsi della mancata ingerenza nei lavori parlamentari del ministro al quale va ascritto non solo il merito di non aver interferito, ma non  venendo, anche di aver evitato di alimentare la sceneggiata interpretata dal suo collega Di Pietro.

Il Guardasigilli ha fatto bene ad evitare di alimentare una polemica che non giova a nessuno se non all'opposizione.

Abbiamo tutti ascoltato i numeri che riguardano questo indulto e sono a tutti noi noti, colleghi, i gravissimi problemi che affliggono il nostro sistema carcerario.

Tutti conosciamo più o meno bene le cifre, mi sia concesso dire, della vergogna: ebbene sì colleghi, vergogna... perché è vergognoso un sistema dove i principi della nostra carta fondamentale vengono sistematicamente violati.

Mi riferisco a quel principio, che, cristallizzato nell'articolo 27 della Costituzione, sancisce che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»!

Ma colleghi quale... io mi chiedo dove sia il senso di umanità di un sistema che nelle sue carceri ospita ben sessantunomila detenuti quando ci sono posti soltanto per quarantacinquemila!

Quale rieducazione vogliamo sperare di ottenere per i concittadini che hanno sbagliato, quando togliamo loro tutte le speranze di essere riaccolti nella società? Quando li trattiamo come se non esistessero? Quando continuiamo a rimandare il problema e non sappiamo far altro che pensare alle logiche di partito?

Vorrei ricordare, poi, che l'attuale situazione rischia di peggiorare ulteriormente per effetto della legge n. 251 del 2005 (ex-Cirielli, collega oggi di opposizione) che, nell'introdurre la nuova disciplina in materia di recidiva, prevede l'inasprimento del trattamento sanzionatorio e per effetto dell'aumento di provvedimenti restrittivi riconducibili alla nuova legge in materia di stupefacenti (n. 49 del 2006), laddove, la medesima, equipara le droghe leggere a quelle pesanti, aumentando le pene previste per le prime.

Qualcuno in questa aula ha detto che quando scoppia una epidemia si costruiscono nuovi ospedali e non nuovi cimiteri. Io credo, colleghi, che in questo momento le carceri italiane siano purtroppo già dei cimiteri dove vengono sepolte le speranze dei detenuti. Quelle speranze di poter tornare alla libertà come uomini e donne nuovi, rinati, rieducati, reinseriti!

I Popolari-Udeur sono da sempre attenti al problema della concessione dell'indulto come dimostrato dal fatto che abbiamo presentato una proposta di legge per la concessione di amnistia ed indulto.

Attenzione dimostrata anche dal ministro Clemente Mastella il quale, nelle Commissioni giustizia di entrambi i rami del Parlamento ha posto tra le sue priorità anche quella di trovare soluzioni, ovviamente condivise, che consentano di risolvere i gravissimi problemi legati al sistema carcerario.

In una situazione come quella che oggi sta vivendo il nostro sistema penitenziario, allora, colleghi, l'atto di clemenza che noi ci apprestiamo a votare non è verso i detenuti ma verso questo stesso Parlamento e i Governi succedutisi, di destra e sinistra, che sono stati incapaci in quindici anni di risolvere il problema del sovraffollamento carcerario, che hanno pensato che l'unica strada percorribile fosse la costruzione di nuovi penitenziari che non vengono fatti, che non hanno saputo o voluto mettere mano a serie riforme strutturali che ora, invece, si invocano a gran voce come condizione necessaria per la concessione di atti di clemenza. Riforme peraltro finalmente avviate dalla maggioranza e dal Guardasigilli al Senato.

Ebbene, colleghi, il nostro tempo è scaduto, non possiamo più attendere, non possiamo più darci assoluzioni, non possiamo più rimanere insensibili alla situazione, al disagio, al richiamo del Pontefice, alle condanne dell'Unione europea!

È il momento di fare i conti con la nostra coscienza e con il mandato che ci è stato conferito; è il momento di riconoscere i nostri errori e di porvi rimedio.

L'indulto non è la rinuncia dello Stato ad esercitare la propria potestà punitiva nei confronti di quanti hanno violato la legge, ma un atto dovuto a quanti stanno scontando l'incapacità di questo Paese di dare seguito ai precetti costituzionali; puntiamo  il dito contro chi viola la legge ma fingiamo di non vedere la violazione costante della prima legge dello Stato: la Carta costituzionale!

Ancora una osservazione: votando oggi questo provvedimento, i Popolari-Udeur non dimenticano certo le vittime dei reati, non dimenticano la sicurezza dei cittadini, delle famiglie, ma è proprio a loro che guardano!

Il sistema carcerario che conosciamo oggi non aiuta la crescita umana, piuttosto che rieducare incrudelisce, diseduca alle relazioni affettive, al lavoro, alla responsabilità: è questo carcere che produce recidiva. Lo dicono i dati e le ricerche: se la percentuale della recidiva è del 75 per cento nei casi di detenuti che scontano per intero la condanna in carcere, si abbassa drasticamente al 27 per cento nel caso di tossicodipendenti condannati che scontano la condanna o una parte di essa in affidamento ai servizi sociali e al 12 per cento nel caso di non tossicodipendenti affidati ai servizi sociali.

Solo una politica che abbia a cuore anche i diritti e il reinserimento dei detenuti può porsi come una autentica politica di sicurezza e democrazia.

È, dunque, guardando a quei principi di legalità ed umanità, fondamentali in una democrazia, che i Popolari-Udeur voteranno a favore del provvedimento sull'indulto che oggi qui discutiamo.

Un'ultima cosa prima di concludere. Vorrei parlare delle amarezze del ministro Di Pietro.

Ha scritto don Mazzi: «Non voglio capire e tantomeno giustificare le paranoie di alcuni onorevoli della maggioranza rispetto all'indulto... Tutti sanno che i signori delle corruzioni sanno aggirare e turlupinare la giustizia, anche quella del signor Di Pietro, perché assistiti da fior di avvocati onnipotenti e da portafogli poderosi. Credo che con un po' di pazienza possiamo chiarire a tutti gli elettori che una volta tanto i poveri cristi devono essere scelti e aiutati, correndo magari qualche piccolo rischio, aggiustabile nei secondi tempi... Possibile - dice don Mazzi - che il saltimbanco Di Pietro, tanto attento ai ruderi settantenni di tangentopoli non si accorga che mentre gigioneggia davanti a Montecitorio con il megafono, ad esempio, la giustizia sportiva viene palesemente offesa, aggirata, paralizzata? È proprio vero che i poveri sono e saranno sempre presi in giro».

E allora, onorevole Di Pietro, mi permetta di dirle anche io una cosa.

Lei è venuto in questi giorni in Aula con fare che si addiceva al suo mestiere precedente. Il Parlamento, almeno noi, non abbiamo bisogno di tutele o di vigilantes che vengono qui a vegliare sul nostro lavoro.

Come ben le ha ricordato oggi l'onorevole La Russa, caro ministro, o uno ha la forza per contare nella maggioranza e nel Governo in cui siede, oppure uno non se la può dare. C'è anche una terza via. Cambiare ruolo. Ma rinunciare al Governo e stare in piazza a protestare contro il Governo non è riuscito a nessuno.

Quindi, onorevole Di Pietro, si decida.

Lei parla di amarezze.

Sapesse quante ne abbiamo mandate giù noi a sentirla parlare contro la maggioranza in questi giorni. E sapesse quanta amarezza a stare qui in aula a votare i provvedimenti che anche lei ha varato a Palazzo Chigi, mentre al Senato i suoi uomini si fanno eleggere con i voti della Casa delle libertà alla guida della Commissione difesa, contro il candidato dell'Unione. E quanta amarezza, onorevole Di Pietro, nel vedere che lei, campione di moralità e della lotta alla partitocrazia, da ministro nomina all'ANAS, con rito berlusconiano, il suo avvocato o altri che hanno l'unico titolo di occuparsi di infrastrutture per conto del suo partito.

La doppia morale non può mai essere accettata. Tanto meno in politica. Quindi ci risparmi, onorevole Di Pietro, i suoi falsi moralismi su presunti colpi di spugna che vede solo lei in questo provvedimento. Recuperi, onorevole Di Pietro, un po' di coerenza e dirittura morale tra quello che dice e quello che fa. Faccia dimettere il Senatore De Gregorio da presidente della Commissione difesa del Senato, perché è stato eletto con quel voto di scambio con  l'opposizione che lei vede nell'intesa raggiunta in Commissione sul testo al nostro esame.

L'accordo per De Gregorio presidente, che lei difende, è immorale. L'accordo raggiunto in Commissione per varare l'indulto è previsto dalla Costituzione perché serve la maggioranza dei due terzi per provvedimenti di questo tipo.

Colleghi, lasciamo dunque perdere i protagonismi di chi, per calcolo di parte, devastante anche per la sua maggioranza, viene qui a raccontar la bugia che così facendo si aumenta la criminalità e il malcostume.

Questo provvedimento aiuterà invece a procedere meglio, senza l'angoscia dei "poveri cristi" - come li ha chiamati don Mazzi - che marciscono in carcere, sulla via di quella riforma organica del sistema giudiziario che l'Unione ha già avviato al Senato.

Per tutte queste ragioni i Popolari-Udeur voteranno sì.

PAOLA BALDUCCI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, il gruppo dei Verdi esprimerà un voto favorevole al provvedimento in esame.

Si tratta di una decisione sofferta e meditata, che si richiama da un lato al vincolo di lealtà alla coalizione ed al programma approvato, e dall'altro al senso di responsabilità.

La previsione di una maggioranza qualificata per l'approvazione dell'indulto comporta mediazioni, compromessi, sintesi tra posizioni diverse.

Rispettiamo, e non potrebbe essere altrimenti, tutte le posizioni emerse nel corso del dibattito, dentro e fuori le aule parlamentari.

Ma la nostra posizione è coerente con una visione responsabile del ruolo che una forza parlamentare è chiamata ad esercitare.

L'alternativa che oggi ci si pone di fronte è semplice: da una parte approvare un testo che certamente non è il migliore tra quelli possibili, ma sul quale si è trovato faticosamente un accordo; dall'altra scaraventare il provvedimento nel baratro delle proposte rimaste incompiute, il che equivale a dire: l'ennesima occasione perduta.

Condividiamo integralmente l'appello del Presidente Bertinotti, che si aggiunge a quello di esponenti delle istituzioni, di autorità religiose, di esponenti dell'associazionismo e del volontariato.

Siamo insieme a loro convinti che un provvedimento di clemenza sia urgente e necessario a fronte di una emergenza che richiede interventi non più rinviabili, che interpella la nostra dignità di parlamentari, di legislatori capaci di orientare le proprie scelte all'interesse generale e non al facile rendiconto di fazione.

Siamo anche convinti, però, che tale provvedimento debba essere inserito nell'ambito di una più complessiva riscrittura del sistema penale, che tenga conto di nuove sollecitazioni che provengono dalla società, e che sappia coniugare garanzie del cittadino, vittima ed indagato, e sicurezza sociale.

Lungi da noi l'idea di un arretramento nella lotta contro la grande criminalità economica. Siamo anzi convinti che essa vada condotta con strumenti di contrasto più efficaci rispetto a quelli attuali.

Pensiamo ai consumatori, ed alla inderogabilità della introduzione di strumenti di tutela collettiva. E nello stesso contesto occorre pensare ad un nuovo statuto sulla responsabilità penale delle società e degli enti collettivi basato su un apparato sanzionatorio moderno ed efficace. Penso anche alla necessità di introdurre meccanismi giuridici e processuali a tutela del diritto all'ambiente. Penso alla introduzione di una normativa sulla responsabilità degli enti (legge n. 231 del 2001) anche ai reati in materia di sicurezza del lavoro e in materia ambientale.

È diventato, poi, urgente porre attenzione ai fenomeni sempre più incidenti della immigrazione e del consumo di sostanze stupefacenti, che non possono essere affrontati mediante politiche repressive e criminogene.

Un forte segnale è la proposta di legge presentata dai Verdi sulla confisca delle  somme provenienti dai reati. Crediamo che il tema giustizia debba essere affrontato con volontà di confronto e dialogo, evitando derive populistiche, e soprattutto personalistiche.

La personalizzazione permanente del dibattito sulla giustizia, che è un triste lascito della passata legislatura, rappresenta un retaggio dal sapore medievale, che rischia di far prevalere la logica vendicativa e sterilmente punitiva sui principi di civiltà del sistema penale.

Consiglio a tutti di leggere l'intervento pubblicato su la Repubblica da Adriano Sofri.

Mi limito a citare un passo.

«Immaginate le migliaia e migliaia di facce di persone chiuse nelle nostre celle. Si è detto che i condannati per reati finanziari che sarebbero coinvolti nell'indulto sono in totale 67 persone. Su una ipotetica bilancia avremmo quindi da un lato l'inclusione su un piatto di 67 persone in uno sconto di pena, dall'altro l'esclusione di decine di migliaia».

Noi non abbiamo dubbi.

Votiamo perché sia data una risposta ispirata ad umanità e civiltà a quelle migliaia di facce, alle loro famiglie, alla loro richiesta di aiuto.

GENNARO MIGLIORE. Da anni ci battiamo perché il Parlamento voti un provvedimento di clemenza.

Da anni riteniamo che un provvedimento di indulto, assieme a quello di amnistia sia motivato da profonde ragioni di umanità e rispetto per la dignità della persona.

Non siamo stati soli a chiederlo e parole autorevoli, anche in quest'aula, con il messaggio del Pontefice hanno richiamato questa esigenza e segnalato che l'urgenza è già alle nostre spalle.

Oggi siamo oltre l'urgenza.

Siamo affacciati sul baratro di un disastro umano che reclama giustizia alle nostre coscienze.

Abbiamo sempre pensato che i provvedimenti di clemenza, abbiano il compito di aprire un percorso di riforme di cui è più che sentita l'esigenza.

Oggi votiamo l'indulto anche per garantire che la nostra giustizia penale divenga davvero celere, efficiente, garantista.

Fino al 1990 si sono avuti 34 provvedimenti di clemenza, da quando si è modificato il quorum costituzionale, nessuno.

A tanti anni di distanza dobbiamo sottrarci alla contingenza ed alla polemica politica.

Sarebbe stato meglio, come per altro ha affermato la Corte costituzionale, ridurre al minimo i casi di esclusione, ma oggi votiamo anche per garantire dignità al nostro Stato di diritto.

Peraltro, cosa prevedeva il costituente nell'articolo 79 inserendo l'indulto?

Pensate davvero che si rompa il patto di fedeltà alle leggi tra i cittadini e lo Stato addirittura incrinando il valore della legalità?

Non è così.

È stato previsto come meccanismo regolatore delle disfunzioni del sistema giudiziario.

Confrontiamo i numeri. Le nostre carceri possono contenere al massimo quarantaduemila detenuti, ma in realtà, sono nelle galere sessantaduemila persone!

Di queste la maggioranza sono migranti e tossicodipendenti. Quale allarme sociale? Solo quello prodotto dal legislatore contro specifiche categorie sociali.

Voi leggete numeri, noi abbiamo incontrato persone. Abbiamo davanti agli occhi volti, abbiamo ascoltato storie.

Questo meccanismo regolatore è stato pensato anche per far fronte allo spirito dell'articolo 3 della Costituzione che impone la rimozione delle cause di disuguaglianza tra i cittadini.

Oggi il carcere è una discarica sociale.

Un tempo si diceva che andava in galera chi non sapeva leggere e scrivere. Oggi, chi non sa parlare.

In carcere ci va chi non può godere degli «indulti di fatto», quelli ottenuti con mezzi economici che consentono di sostenere i diversi gradi di giudizio.

Pensate a chi è processato per direttissima, ai disperati che sono in carcere, ai deboli, agli emarginati, ai tantissimi migranti.

A ben vedere c'è una forma di detenzione sociale inaccettabile! Ma qual è la funzione della pena?

Non può essere una vendetta o peggio una rassicurazione delle paure sociali che vengono artificialmente generate.

Le carceri non dicono solo della civiltà di un paese, ma ne sono anche lo specchio deformato, il cuore di tenebra, il luogo delle rimozioni dei problemi di una società.

Anche in altri paesi l'uso indiscriminato della detenzione segnala una crisi dello Stato sociale.

Qualche autorevole osservatore ha commentato che alla crisi dello Stato sociale corrisponde una crescita di un vero e proprio Stato penale.

Il fine della pena è la rieducazione.

Dare una seconda chance è anche un'occasione per rafforzare la sicurezza dei cittadini.

Sono dodicimila i detenuti e sedicimila quelli che scontano pene alternative. Oggi non possiamo attendere oltre, non si gioca con la vita delle persone.

Luglio ed agosto sono i mesi in cui si moltiplicano episodi di autolesionismo, di tragedie personali fino ai suicidi.

Le denunce sono fatte da Amnesty, Antigone, Sant'Egidio ma anche dall'Osapp, il maggior sindacato autonomo di polizia penitenziaria.

Per altro sono state approvate vere e proprie leggi riempicarcere generate da una cultura regressiva e repressiva.

I nomi sono noti: Fini-Giovanardi sulle tossicodipendenze, Bossi-Fini sui migranti (ben novemila scaraventati in carcere dalla legge più reazionaria d'Europa). Per non parlare della ex Cirielli che abolisce le misure alternative per i recidivi.

Ma chi sono i recidivi?

Chi sono quelli colpiti da queste leggi?

Sono leggi di classe usate come una clava contro i più deboli.

Il quadro delle riforme necessarie è ampio: depenalizzazioni, abrogazioni delle «norme riempicarcere», riforma del codice penale.

Per questo abbiamo accettato lo stralcio dell'indulto per riprendere l'amnistia assieme agli altri provvedimenti di riforma.

Lo voglio ripetere: questo provvedimento risponde ad una emergenza e contribuisce anche al fatto che i magistrati possano occuparsi dei reati di più grave allarme sociale!

Prescrizione, decorrenza termini che scarcerano imputati già condannati in I e II grado per reati gravissimi, anche di sangue o relativi alla criminalità organizzata!

Questo è inammissibile!

Fuori e dentro di qui, però, l'attenzione è stata su altro.

Credete veramente che si possa impedire l'indulto per qualche detenuto che ha goduto dei più brillanti avvocati e di un dorato arresto domiciliare?

I pochi beneficiari indicati da Italia dei Valori e PDCI, sono in realtà una foglia di fico! Una grande ipocrisia!

Noi difendiamo gli altri dodicimila, quelli che non hanno potuto godere di interprete o al massimo hanno ricevuto una distratta difesa di ufficio.

Si può esprimere, anzi si deve esprimere il dissenso verso il provvedimento, ma nelle pagine dei giornali ho letto davvero una istigazione all'indignazione dell'opinione pubblica contro l'indulto.

Non credo si possano fornire informazioni così superficiali e inesatte!

C'è un caso veramente odioso.

Si è scritto che i parenti delle vittime di «caduti sul lavoro o soggetti a malattie professionali» come nei casi degli esposti all'amianto, non prenderanno un soldo di risarcimento.

Non è vero, non è vero.

I risarcimenti non vengono indultati e lo stesso Governo dovrà fare la sua parte ed impegnarsi ad un perseguimento dei reati contro i lavoratori che sicuramente sono tra i più odiosi.

Ma voglio aggiungere dell'altro.

Chi vi parla non si è ricordato degli esposti all'amianto solo oggi.

A Santa Maria la Bruna, Bagnoli, Casale Monferrato, Marghera, il Prc in questi anni c'è sempre stato.

Le bugie contro l'indulto non reggono, né la prova dei corpi martoriati dall'asbesto e dalle altre malattie così crudeli che, davvero, sono professionali né reggono la verità della sofferenza dei corpi reclusi.

Non possiamo votare contro.

Si potrebbe produrre un vero disastro nelle carceri, ma anche si produrrebbe una eterogenesi dei fini.

Chi predica la sicurezza, votando contro l'indulto contribuisse ad aumentare l'esacerbazione ed a generare un maggior allarme sociale.

L'articolo 27 della Costituzione ci ammonisce sulla non afflittività della pena, non si può essere in contrasto con «l'umanità del trattamento e la finalità rieducativa della pena».

Rivolgo un invito a tutti i colleghi. Visitate le nostre case di pena e le nostre case circondariali, dove, oltre a tutti i condannati, ci sono ben ventiquattromila detenuti in attesa di giudizio e potenzialmente innocenti.

Anche i vostri sentimenti sarebbero solo di scandalo, ripulsa ed indignazione. La sicurezza dei cittadini e la non afflittività della pena viaggiano insieme!

In ogni modo, il voto a favore del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea non è un atto di riparazione per i nostri errori e le nostre mancanze.

Per noi l'indulto è il presupposto di una riforma organica del nostro sistema penale e soprattutto del nostro sistema sanzionatorio.

Talvolta un provvedimento straordinario è la premessa di uno stato ordinario.

Ecco, noi vorremmo che il buon funzionamento della giustizia nel nostro paese diventasse la norma, la certezza di uno Stato di diritto moderno.

Possiamo far diventare questa urgenza una priorità, un impegno irrevocabile per il futuro.

GIANCLAUDIO BRESSA. Oggi è una giornata significativa per la Camera. Oggi siamo chiamati a misurare le nostre capacità di assunzione di responsabilità di fronte a un voto tanto importante quanto impopolare. Ed è questo che mi ferisce nel profondo: l'impopolarità di un atto di clemenza garantito dalla nostra Costituzione con l'articolo 79 per dare senso alla previsione dell'articolo 27 della Costituzione «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». La pena non cancella la dignità dell'uomo, non lo priva dei suoi diritti fondamentali, ed è terribile assistere a come il nostro paese abbia in questi anni smarrito il senso profondo dello Stato di diritto, che ha per fondamento e per scopo la tutela della libertà del singolo, contro le varie forme di esercizio arbitrario del potere, che può assumere forme particolarmente odiose quando l'arbitrio si impossessa del diritto penale e del diritto penitenziario.

Nel 1992 viene approvata la legge n. 1 di revisione costituzionale dell'articolo 79, relativo alla concessione dell'amnistia e dell'indulto. Da allora il Parlamento non ha mai approvato un provvedimento di amnistia e di indulto, per cui l'ultimo indulto risale al 1990. La cosa può essere solo apparentemente sorprendente, perché la riforma costituzionale del 1992 ha introdotto l'unico esempio, nell'ordinamento vigente, di legge ordinaria deliberata (per di più in ogni parte del suo contenuto) a maggioranza qualificata dei due terzi. Un procedimento speciale e differenziato.

La previsione di un elevato quorum ha una sua evidente ratio: sottrarre alla maggioranza parlamentare-governativa la disponibilità delle deliberazioni degli atti di clemenza, sotto il duplice essenziale profilo delle valutazioni dell'opportunità e della delimitazione dell'ambito della clemenza.

Questa scelta di modifica costituzionale rafforza il valore garantistico delle minoranze parlamentari, il cui concorso è necessario per conseguire l'alto quorum richiesto. Amnistia e indulto, allora, non  sono più, per previsione costituzionale, riconducibili all'indirizzo politico della maggioranza.

Noi oggi siamo chiamati a votare un provvedimento d'indulto perché abbiamo stralciato la previsione dell'amnistia. Di questo dobbiamo essere profondamente consapevoli perchè amnistia e indulto sono due provvedimenti profondamente diversi tra loro e che solo per consuetudine dialettica siamo abituati ad accompagnare. L'amnistia estingue il reato e preclude l'esercizio dell'azione penale e, se vi è stata già condanna, fa cessare l'esercizio della stessa.

L'indulto, senza far venir meno la qualificazione giuridico-penale del fatto come reato, condona, in tutto o in parte, la pena o la commuta in un'altra stabilita dalla legge.

Noi oggi siamo chiamati a concedere una riduzione della pena, non a estinguere fattispecie di reato. La differenza non è di poco conto, poiché le finalità che accompagnano l'indulto sono chiaramente identificabili: l'obiettivo è quello di un provvedimento destinato a incidere sulla dimensione pubblica della detenzione negli istituti di pena. Si tratta di un procedimento che ha carattere di generalità (diverso, quindi, dalla grazia che è un provvedimento individuale) e che viene assunto con fini politici evidenti e precisi, per alleviare le condizioni disumane in cui versano migliaia e migliaia di persone recluse nelle carceri italiani.

L'indulto non è e non può diventare un provvedimento ad personam o contra personam. L'indulto è un atto di responsabilità politica affidata non a un Governo e alla sua maggioranza, ma al Parlamento.

Il cardinale Martini ci avvertiva che: «Una società è davvero matura quando sa assumersi le proprie responsabilità di fronte al male e ne condivide la colpa e l'espiazione». E, se mi consentite, questa è per me l'autentica chiave di lettura del messaggio di Giovanni Paolo II fatto in quest'aula, per cui sarebbe prudente evitare ogni impropria strumentalizzazione.

Oggi questo Parlamento è chiamato a dimostrare la propria maturità e l'assunzione di una responsabilità condivisa votando l'indulto, che ha valore in sé, come atto di clemenza, non in ragione del catalogo di reati che vengono inclusi o esclusi: l'indulto è e deve restare un atto di clemenza, non deve trasformarsi mai in un atto di opportunismo politico. Il potere di clemenza che ha un puntuale fondamento giuridico nell'articolo 79 della Costituzione, non può che essere sottoposto all'unico limite della razionalità e della non arbitrarietà del provvedimento. Altri limiti sono solo nella nostra mente, nei nostri pregiudizi, nelle nostre convenienze, ma non valgono, non rilevano.

Il diritto penale conserva sempre un'intrinseca brutalità. La potestà di punire e di giudicare resta sicuramente, come scrivono Montesquieu e Condorcet, il più terribile e odioso dei poteri: quello che si esercita in maniera più violenta e diretta sulle persone e nel quale si manifesta in forma più conflittuale il rapporto tra Stato e cittadino, tra autorità e libertà, tra sicurezza sociale e diritti individuali. Ma proprio per questo la fondazione razionale del diritto penale non può smarrire una sua motivazione superiore. Non vi è libertà, scrive Beccaria anticipando Kant, ogni qual volta le leggi permettono che in alcuni eventi l'uomo cessi di essere persona e diventi cosa. Il principio morale del rispetto della persona umana diventa l'argomento decisivo contro la disumanità della pena. La sola cosa che si può e si deve pretendere dalla pena è che essa non divenga pervertitrice del reo (Francesco Carrara). Per questo occorre che le condizioni di vita all'interno del carcere siano per tutti il più possibile umane e il meno possibile afflittive. Questo siamo chiamati a garantire oggi votando l'indulto. Questo è quanto il gruppo de L'Ulivo farà votando l'indulto.

GIORGIO CARTA. Onorevole signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento legislativo che ci apprestiamo a votare e con il quale la Repubblica italiana intende - per l'ennesima volta nella sua storia - condonare parte della pena inflitta a persone già condannate per alcune  tipologie di reati, trova il suo unico scopo dichiarato nella necessità di sfoltire la popolazione carceraria.

Siamo tutti consapevoli che non ne deriverà alcun vantaggio per la collettività sia in termini di prevenzione del crimine, sia in termini di sicurezza sociale. Anzi, entrambe tali legittime aspirazioni dei cittadini risulteranno per l'ennesima volta frustrate e offese. Come ebbe a dire Cesare Beccaria, nel capitolo 46 del suo celebre trattato: «clemenza è la virtù del legislatore e non dell'esecutor delle leggi; che deve risplendere nel codice, non già nei giudizi particolari; che il far vedere agli uomini che si possono perdonare i delitti e che la pena non ne è la necessaria conseguenza è un fomentare la lusinga dell'impunità, è un far credere che, potendosi perdonare, le condanne non perdonate siano piuttosto violenze della forza che emanazioni della giustizia». A me pare, tuttavia, che solo una ragione odiernamente giustifichi il provvedimento di clemenza ora in esame e questa consiste per certo nel grave inadempimento e nel ritardo con cui lo Stato si è rapportato col problema carcerario.

Questa, quindi, non è clemenza, ma mera constatazione che lo Stato non può esigere l'osservanza di una sentenza, pure definitiva, se prima di pronunciarla non si è dotato di uomini e di mezzi adeguati a dare alla pena la funzione rieducativa, che la Costituzione le assegna. In mancanza di tale presupposto, pure lo Stato è in difetto e non può non prenderne atto.

Oggi non scriviamo una pagina esaltante della storia, ma sarebbe più grave non constatare che il perdono è reso necessario ed urgente in proporzione dell'assurdità e dell'atrocità delle condizioni di espiazione della pena che lo Stato italiano oggi è in grado di somministrare.

Dichiaro quindi di votare a favore della proposta oggi in esame, rilevando altresì che la criticabile e senz'altro inopportuna gamma di reati che beneficeranno dell'indulto - faccio ovviamente riferimento ai reati finanziari e contro la pubblica amministrazione in relazione ai quali tanto si è giustamente discusso - è parimenti abnorme e criticabile, ma tuttavia l'unica oggi praticabile perché consente al Parlamento di reperire la prescritta maggioranza e di sanare almeno parzialmente gli effetti nefasti e non di rado tragici della propria grave inadempienza nei confronti della società modernamente concepita.

FRANCESCO MONACO. Voterò a favore per disciplina di gruppo e perché, anche per me, la priorità delle priorità è l'emergenza carceraria, la condizione disumana di migliaia di detenuti comuni.

Ma voglio risulti a verbale il mio dissenso sull'inclusione di reati - finanziari, societari, contro la pubblica amministrazione - che nulla hanno a che vedere con il sovraffollamento delle carceri.

Reati che devastano l'etica pubblica.

Reati che vanificano sin d'ora (quanto all'effettività della pena) processi che concernono diritti e interessi di decine di migliaia di cittadini, di risparmiatori, di lavoratori, caro Presidente Bertinotti.

Spesso, il nostro voto è figlio di un compromesso. Ma mai come questa volta avverto il senso di una costrizione morale e politica.

CARMEN MOTTA. Voto questo provvedimento secondo le indicazioni del gruppo de L'Ulivo perché nella mia esperienza parlamentare mi sono sempre attenuta alle decisioni democraticamente assunte dal gruppo parlamentare a cui appartengo. Un vincolo che considero non limitativo della libertà del deputato ma assunzione di responsabilità delle scelte che a maggioranza o unanimemente il gruppo decide.

Per la prima volta però, pur non sottraendomi alla responsabilità, oggi ancora maggiore perché di governo, sento il dovere di lasciare agli atti della Camera che su questo provvedimento mantengo riserve e perplessità.

Riserve e perplessità pensando ai drammatici fatti che hanno riguardato il territorio parmense, nel quale sono stata eletta, dal 2003 ad oggi: il crac Parmalat, le tragiche morti del piccolo Tommaso, della giovane Virginia Fereoli, fino all'ultimo fatto delittuoso, il caso Roveraro.

Fatti con conseguenze drammatiche per chi li ha subiti di cui tutti noi siamo consapevoli.

L'accoglimento degli emendamenti che hanno escluso dall'indulto le pene accessorie temporanee e l'usura hanno indubbiamente migliorato il provvedimento, ma non in misura sufficiente per superare le mie perplessità.

Non avendo la possibilità, per questioni di tempo, di entrare più nel merito dei problemi e ribadendo che sicuramente la realtà carceraria presenta una situazione al limite della sostenibilità, che su questo provvedimento, come il dibattito ha evidenziato, le diversificazioni riguardano sia la maggioranza che l'opposizione, per cui i richiami alla coerenza ed alla compattezza della coalizione di maggioranza da parte di esponenti dell'opposizione è fuori luogo e strumentale, ciò premesso, senza stravolgere le finalità e il senso di questo provvedimento di clemenza, intendo ribadire che sarebbero state necessarie alcune modifiche che avrebbero reso il provvedimento stesso più equilibrato e più rispondente alla sensibilità diffusa dei cittadini sui temi della giustizia e della sicurezza individuale e collettiva.

FRANCESCO NUCARA. I repubblicani sono stati storicamente contro l'abuso dei provvedimenti di amnistia e di indulto, come quello verificatosi tra gli anni '50 e gli anni '90.

Oggi, però, siamo in una situazione radicalmente diversa.

E dal 1989, cioè da ben diciassette anni, che manca un provvedimento di clemenza.

Clemenza che significa non impotenza dello Stato ad imporre le proprie ragioni, bensì capacità di comprendere come l'espiazione della pena debba essere, secondo la norma fissata dalla Costituzione, condizione per la rieducazione del reo.

Per questo, tenuto conto anche della drammatica situazione carceraria, che ha radici molto profonde e che gli interventi di tutti questi anni non sono riusciti a risolvere, annuncio il voto favorevole dei repubblicani sul provvedimento di indulto.


Allegato A

 

 

PROPOSTA DI LEGGE: BUEMI ED ALTRI: CONCESSIONE DI INDULTO (TESTO RISULTANTE DALLO STRALCIO DEGLI ARTICOLI 1 E 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 525, DELIBERATO DALL'ASSEMBLEA IL 18 LUGLIO 2006) (A.C. 525-BIS) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: JANNONE; BOATO; FORLANI ED ALTRI; GIORDANO ED ALTRI; CAPOTOSTI ED ALTRI; CRAPOLICCHIO ED ALTRI; BALDUCCI E ZANELLA (A.C. 372-662-BIS-663-BIS-665-BIS-1122-BIS-1266-BIS-1323-BIS-1333-BIS)

 

 


(A.C. 525-bis - Sezione 1)

ARTICOLO UNICO DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.

(Indulto).

1. È concesso indulto per tutti i reati commessi fino a tutto il 2 maggio 2006 nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10.000 euro per quelle pecuniarie sole o congiunte a pene detentive. Non si applicano le esclusioni di cui all'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

2. È concesso indulto, per intero, per le pene accessorie temporanee, conseguenti a condanne per le quali è applicato, anche solo in parte, indulto.

3. L'indulto non si applica:

a) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 270 (associazioni sovversive), primo comma;

2) 270-bis (associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico);

3) 270-quater (arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale);

4) 270-quinquies (addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale);

5) 280 (attentato per finalità terroristiche o di eversione);

6) 280-bis (atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi);

7) 285 (devastazione, saccheggio e strage);

8) 289-bis (sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione);

9) 306 (banda armata);

10) 416, sesto comma (associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale);

11) 416-bis (associazione di tipo mafioso);

12) 422 (strage);

13) 600 (riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù);

14) 600-bis (prostituzione minorile);  15) 600-ter (pornografia minorile), anche nell'ipotesi prevista dall'articolo 600-quater.1;

16) 600-quater (detenzione di materiale pornografico), anche nell'ipotesi prevista dall'articolo 600-quater.1 del codice penale, sempre che il delitto sia aggravato ai sensi del secondo comma del medesimo articolo 600-quater;

17) 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile);

18) 601 (tratta di persone);

19) 602 (acquisto e alienazione di schiavi);

20) 609-bis (violenza sessuale);

21) 609-quater (atti sessuali con minorenne);

22) 609-quinquies (corruzione di minorenne);

23) 609-octies (violenza sessuale di gruppo);

24) 630 (sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione), commi primo, secondo e terzo;

25) 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope;

b) per i delitti riguardanti la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all'articolo 73 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, aggravati ai sensi dell'articolo 80, comma 1, lettera a), e comma 2, del medesimo testo unico, nonché per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74 del citato testo unico, in tutte le ipotesi previste dai commi 1, 4 e 5 del medesimo articolo 74;

c) per i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 1 del decreto legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, e successive modificazioni;

d) per i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni;

e) per i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 3 del decreto legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 305.

4. I benefìci di cui ai commi 1 e 2 sono revocati di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

5. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO UNICO DELLA PROPOSTA DI LEGGE

(Non sono comprese quelle inammissibili, ritirate o votate in altra seduta)

ART. 1.

(Indulto).

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) da 314 a 360 (delitti contro la pubblica amministrazione), quando non vi  sia stata la restituzione delle somme di denaro e dei beni pubblici indebitamente sottratti;

Conseguentemente, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:

a-bis) per i reati speciali contro l'amministrazione militare previsti dagli articoli da 215 a 219 del codice penale militare di pace, quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro e dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 402. Sgobio, Crapolicchio, Vacca, Licandro, Galante.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) da 314 (peculato) a 335-bis (disposizioni patrimoniali);

 1. 360. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) da 314 (peculato) a 335-bis (disposizioni patrimoniali);

 1. 477. Donadi, Palomba, Leoluca Orlando, Astore, Belisario, Borghesi, Costantini, D'Ulizia, Evangelisti, Misiti, Mura, Ossorio, Pedica, Pedrini, Porfidia, Raiti, Razzi, Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) da 314 a 335-bis (delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti.

  1. 132. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) da 314 a 335-bis (delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti.

  1. 401. Costantini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 314, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 321, 322, 322-bis, 324, 368, 372, 373.

 1. 50. Belisario.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 314, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 321, 322, 322-bis, 324, 368, 372, 373.

 1. 362. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 314 (peculato);

  1. 8. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 314 (peculato);

  1. 104. Palomba, Donadi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 314 (peculato), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 133. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui);

1. 364. Astore.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 316-bis (malversazione a danno dello Stato);

1. 105. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 316-ter (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato);

1. 365. Belisario.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 317 (concussione);

 1. 9. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 317 (concussione);

 1. 106. Palomba, D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 317 (concussione), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 134. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 318 (corruzione per un atto d'ufficio);

 1. 10. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 318 (corruzione per un atto d'ufficio);

 1. 107. Palomba, Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 318 (corruzione per un atto d'ufficio), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 135. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio) e 319-bis (circostanze aggravanti);

 1. 108. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio) e 319-bis (circostanze aggravanti);

 1. 136. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio) e 319-bis (circostanze aggravanti), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 137. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio);

1. 368. Misiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 319-ter (corruzione in atti giudiziari);

1. 110. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) e 321 (pene per il corruttore);

 1. 12. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) e 321 (pene per il corruttore);

 1. 111. Palomba, Pedica.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) e 321 (pene per il corruttore), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 138. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 322 (istigazione alla corruzione);

 1. 13. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 322 (istigazione alla corruzione);

 1. 113. Palomba, Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 322 (istigazione alla corruzione), quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti;

1. 139. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 322-bis (peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri);

1. 114. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 323 (abuso d'ufficio);

1. 371. Borghesi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 325 (utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragione d'ufficio);

1. 372. Costantini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 326 (rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio);

1. 373. Donadi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 328 (rifiuto di atti d'ufficio. Omissione);

1. 374. D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 329 (rifiuto o ritardo di obbedienza commesso da un militare o da un agente della forza pubblica);

1. 375. Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 331 (interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità);

1. 376. Misiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 334 (sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dell'Autorità amministrativa);

1. 377. Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 335 (violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa);

1. 378. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 336 (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale);

1. 379. Pedica.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 337 (Resistenza a un pubblico ufficiale);

1. 380. Porfidia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 337-bis (occultamento, custodia o alterazione di mezzi di trasporto);

1. 381. Raiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 338 (violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario);

1. 382. Razzi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 340 (interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità);

1. 383. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 342 (oltraggio a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario);

1. 384. Mura.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 343 (oltraggio a un magistrato in udienza);

1. 385. Astore.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 345 (offesa all'Autorità mediante danneggiamento di affissioni);

1. 386. Belisario.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 346 (millantato credito);

1. 387. Borghesi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 347 (usurpazione di funzioni pubbliche);

1. 388. Costantini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 348 (abusivo esercizio di una professione);

1. 389. Donadi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 349 (violazione di sigilli);

1. 390. D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 350 (agevolazione colposa);

1. 391. Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 351 (violazione della pubblica custodia di cose);

1. 392. Misiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 352 (vendita di stampati di cui è stato ordinato il sequestro);

1. 393. Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 353 (turbata libertà degli incanti);

1. 394. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 354 (astensione dagli incanti);

1. 395. Pedica.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 355 (inadempimento di contratti di pubbliche forniture);

1. 396. Porfidia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 356 (frode nelle pubbliche forniture);

1. 397. Raiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) da 361 (omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale) a 384-bis (punibilità dei fatti commessi in collegamento audiovisivo nel corso di una rogatoria all'estero);

1. 476. Donadi, Palomba, Leoluca Orlando, Astore, Belisario, Borghesi, Costantini, D'Ulizia, Evangelisti, Misiti, Mura, Ossorio, Pedica, Pedrini, Porfidia, Raiti, Razzi, Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 361 (omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale);

1. 398. Razzi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 362 (omessa denuncia di reato da parte di un incaricato di pubblico servizio);

1. 399. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 363 (omessa denuncia aggravata);

1. 405. Mura.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 364 (omessa denuncia di reato da parte del cittadino);

1. 406. Astore.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 365 (omissione di referto);

1. 407. Belisario.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 366 (rifiuto di uffici legalmente dovuti);

1. 408. Borghesi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 367 (simulazione di reato);

1. 409. Costantini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 368 (calunnia);

1. 115. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 369 (autocalunnia);

1. 410. Donadi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 370 (simulazione o calunnia per un fatto costituente contravvenzione);

1. 411. D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 371 (falso giuramento della parte);

1. 412. Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 371-bis (false informazioni al pubblico ministero);

1. 116. Palomba, Misiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 371-ter (false dichiarazioni al difensore);

1. 413. Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 373 (falsa perizia o interpretazione);

1. 117. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 374 (frode processuale);

1. 414. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 374-bis (false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all'autorità giudiziaria);

1. 415. Pedica.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 377 (subornazione);

1. 416. Porfidia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 377-bis (induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria);

1. 417. Raiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 378 (favoreggiamento personale);

1. 418. Razzi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 379 (favoreggiamento reale);

1. 419. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 415 (istigazione a disobbedire alle leggi);

1. 420. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 9), aggiungere il seguente:

9-bis) 416 (associazione per delinquere), finalizzata alla commissione dei delitti di cui agli articoli 2621 (false comunicazioni sociali), 2622 (false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori), 2624 (falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione), 2625 (impedito controllo), 2637 (aggiotaggio), 2638 (ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza) del codice civile, 216 (bancarotta fraudolenta) e 223 (fatti di bancarotta fraudolenta) del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, nel caso di società soggette alla disciplina delle società con azioni quotate di cui alla parte IV, titolo III, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, ovvero nei casi di cui all'articolo 116, comma 1 (strumenti finanziari diffusi tra il pubblico), del citato decreto legislativo n. 58 del 1998;

1. 479. Contento.

Al comma 3, lettera a), sostituire il numero 10), con il seguenti:

10) 416 (associazione per delinquere);

1. 421. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 416-ter (scambio elettorale politico-mafioso); 

Conseguentemente:

alla medesima lettera:

dopo il numero 12), aggiungere i seguenti:

12-bis) 439 (avvelenamento di acque o di sostanze alimentari);

12-ter) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);

dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati di natura fiscale e finanziaria puniti con pena detentiva, nonché per i reati di cui agli articoli 2621 e 2622 del codice civile;

1. 478. Donadi, Palomba, Leoluca Orlando, Astore, Belisario, Borghesi, Costantini, D'Ulizia, Evangelisti, Misiti, Mura, Ossorio, Pedica, Pedrini, Porfidia, Raiti, Razzi, Rossi Gasparrini.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 416-ter (scambio elettorale politico-mafioso);

 1. 51. Palomba, Leoluca Orlando, Porfidia.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 416-ter (scambio elettorale politico-mafioso);

 1. 422. Raisi, Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) delitti connessi con quelli di cui agli articoli 416-bis e 416-ter.

1. 52. Raiti.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 419 (devastazione e saccheggio);

 1. 15. Lussana, Maroni.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 419 (devastazione e saccheggio);

 1. 118. Palomba, Razzi, Rossi Gasparrini.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 419 (devastazione e saccheggio);

 1. 423. Cirielli, Raisi.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 420 (attentato a impianti di pubblica utilità);

  1. 16. Lussana, Maroni.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 420 (attentato a impianti di pubblica utilità);

  1. 424. Porfidia.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 420 (attentato a impianti di pubblica utilità);

  1. 425. Raisi, Cirielli.

Al comma 3, dopo il numero 11), aggiungere il seguente:

11-bis) 421 (pubblica intimidazione);

1. 426. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 423 (incendio);

 1. 17. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 423 (incendio);

 1. 427. Raiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 423 (incendio);

 1. 428. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 423-bis (incendio boschivo).

  1. 18. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 423-bis (incendio boschivo).

  1. 429. Razzi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 423-bis (incendio boschivo).

  1. 430. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 430 (disastro ferroviario).

 1. 19. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 430 (disastro ferroviario).

 1. 431. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 430 (disastro ferroviario).

 1. 432. Cirielli

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 432 (attentato alla sicurezza dei trasporti).

  1. 20. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 432 (attentato alla sicurezza dei trasporti).

  1. 433. Mura.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 432 (attentato alla sicurezza dei trasporti).

  1. 434. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 438 (epidemia).

 1. 21. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 438 (epidemia).

 1. 444. Astore.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 438 (epidemia).

 1. 445. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere i seguenti:

12-bis) 439 (avvelenamento di acque o di sostanze alimentari);

12-ter) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);

12-quater) 442 (commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate).

  1. 43. Belisario.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere i seguenti:

12-bis) 439 (avvelenamento di acque o di sostanze alimentari);

12-ter) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);

12-quater) 442 (commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate);

  1. 446. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 439 (avvelenamento di acque o di sostanze alimentari);

1. 119. Palomba.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);

 1. 22. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);

 1. 120. Palomba, Borghesi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) da 499 (distruzione di materie prime o di prodotti agricoli o industriali ovvero di mezzi di produzione) a 517-bis (circostanza aggravante);

1. 140. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) da 499 (distruzione di materie prime o di prodotti agricoli o industriali ovvero di mezzi di produzione) a 517 (vendita di prodotti industriali con segni mendaci);

1. 77. Costantini.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 544-bis (uccisione di animali);

1. 447. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 544-ter (maltrattamento di animali);

1. 448. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 544-quater (spettacoli o manifestazioni vietati);

1. 449. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 544-quinquies (divieto di combattimenti tra animali);

1. 450. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 572, secondo comma (maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli);

 1. 23. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 572, secondo comma (maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli);

 1. 451. Donadi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 572, secondo comma (maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli);

 1. 452. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 575 (omicidio);

  1. 24. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 575 (omicidio);

  1. 453. D'Ulizia.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 575 (omicidio);

  1. 454. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 578 (infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale);

1. 455. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 580 (istigazione o aiuto al suicidio);

1. 456. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 589 (omicidio colposo);

1. 457. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 12), aggiungere il seguente:

12-bis) 591 (abbandono di persone minori o incapaci);

1. 458. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 19), aggiungere il seguente:

19-bis) 605 (sequestro di persona);

1. 459. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23), aggiungere il seguente:

23-bis) 615-ter (accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico);

1. 460. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 624 (furto);

1. 461. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 624-bis (furto in abitazione e furto con strappo), 628 (rapina) e 640 (truffa) se la vittima è maggiore degli anni sessantanove;

1. 462. Buontempo.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 624-bis (furto in abitazione e furto con strappo);

 1. 25. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 624-bis (furto in abitazione e furto con strappo);

 1. 463. Evangelisti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 628 (rapina);

  1. 26. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 628 (rapina);

  1. 464. Misiti.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 628 (rapina);

  1. 465. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 629 (estorsione);

 1. 27. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 629 (estorsione);

 1. 466. Leoluca Orlando.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 23, aggiungere il seguente:

23-bis) 629 (estorsione);

 1. 467. Cirielli.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 640 (truffa);

  1. 28. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 640 (truffa);

  1. 468. Ossorio.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 640-ter (frode informatica);

1. 481. Raisi.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 644 (usura);

 1. 29. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 644 (usura);

 1. 469. Pedica.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 644 (usura);

 1. 470. Cirielli, Raisi.

(Approvato)

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 648 (ricettazione).

  1. 30. Lussana, Maroni.

Al comma 3, lettera a), dopo il numero 24), aggiungere il seguente:

24-bis) 648 (ricettazione).

  1. 471. Porfidia.

Al comma 3, lettera a), aggiungere, in fine, il seguente numero:

26) 727 (maltrattamento di animali).

1. 42. Raiti.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati previsti dagli articoli 2621, 2622, 2623, 2624, 2625, 2626, 2627, 2628, 2629, 2630, 2631, 2632, 2633, 2634, 2635, 2636, 2638 del codice civile;

 1. 58. Lussana, Maroni.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati previsti dagli articoli 2621, 2622, 2623, 2624, 2625, 2626, 2627, 2628, 2629, 2630, 2631, 2632, 2633, 2634, 2635, 2636, 2638 del codice civile;

 1. 475. Rossi Gasparrini.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati previsti dagli articoli 2621 (false comunicazioni sociali) e 2622 (false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori);

  1. 40. Sgobio, Crapolicchio, Vacca, Licandro, Galante.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati previsti dagli articoli 2621 (false comunicazioni sociali) e 2622 (false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori);

  1. 473. Mura.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per il reato di cui all'articolo 2621 del codice civile (false comunicazioni sociali);

1. 53. Palomba, Astore.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per il delitto di cui all'articolo 2622 del codice civile (false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori);

1. 121. Palomba.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati in materia fiscale puniti con pena detentiva;

1. 54. Palomba, Belisario.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

b-bis) per i reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74;

1. 472. Sgobio, Crapolicchio, Vacca, Licandro, Galante.

Al comma 3, dopo la lettera b), aggiungere le seguenti:

b-bis) per i reati di cui all'articolo 44, comma 1, lettere b) e c), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, salvo che si tratti di violazioni di un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti e sempre che non siano stati violati i vincoli di cui all'articolo 33, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel secondo comma dello stesso articolo;

b-ter) per i reati di cui all'articolo 181 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorità;

1. 39. Borghesi.

Dopo il comma 3, aggiungere i seguenti:

3-bis. Con il provvedimento di sospensione dell'esecuzione della sentenza per effetto dell'indulto condizionato, al beneficiato sono imposte le prescrizioni e gli obblighi di cui ai commi 5, 6 e 7 dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354.

3-ter. Con il provvedimento di sospensione è imposto l'obbligo di presentazione periodica alla polizia giudiziaria, secondo le modalità previste dall'articolo 282 del codice di procedura penale, per il periodo di sospensione dell'esecuzione.

3-quater. Con il provvedimento di sospensione della pena è sempre disposto per il cittadino italiano il divieto di espatrio ai sensi dell'articolo 281 del codice di procedura penale, per tutto il periodo di sospensione.

 1. 56. Lussana, Maroni.

Dopo il comma 3, aggiungere i seguenti:

3-bis. Con il provvedimento di sospensione dell'esecuzione della sentenza per effetto dell'indulto condizionato, al beneficiato sono imposte le prescrizioni e gli obblighi di cui ai commi 5, 6 e 7 dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354.

3-ter. Con il provvedimento di sospensione è imposto l'obbligo di presentazione periodica alla polizia giudiziaria, secondo le modalità previste dall'articolo 282 del codice di procedura penale, per il periodo di sospensione dell'esecuzione.

3-quater. Con il provvedimento di sospensione della pena è sempre disposto per il cittadino italiano il divieto di espatrio ai sensi dell'articolo 281 del codice di procedura penale, per tutto il periodo di sospensione.

 1. 480. Costantini.

Al comma 4, sostituire le parole da: cinque anni fino a: condanna a con le seguenti: dieci anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più delitti non colposi per i quali sia stato condannato complessivamente ad una.

1. 31. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole da: cinque anni fino a: condanna a con le seguenti: sette anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più delitti non colposi per i quali sia stato condannato complessivamente ad una.

1. 143. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: dieci anni.

 1. 31. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: dieci anni.

 1. 500. Donadi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: dieci anni.

 1. 542. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: nove anni e sei mesi.

1. 541. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: sei mesi.

1. 501. Mura.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: sette mesi.

1. 502. Astore.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: otto mesi.

1. 503. Belisario.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: nove mesi.

1. 504. Borghesi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: dieci mesi.

1. 505. Costantini.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: undici mesi.

1. 506. Donadi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: nove anni.

1. 538. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: dodici mesi.

1. 507. D'Ulizia.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: tredici mesi.

1. 508. Evangelisti.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: quattordici mesi.

1. 509. Misiti.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: quindici mesi.

1. 510. D'Ulizia.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: sedici mesi.

1. 511. Leoluca Orlando.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: diciassette mesi.

1. 512. Ossorio.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: otto anni e sei mesi.

1. 535. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: diciotto mesi.

1. 513. Donadi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: diciannove mesi.

1. 514. Pedica.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: venti mesi.

1. 515. Porfidia.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: ventuno mesi.

1. 516. Raiti.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: ventidue mesi.

1. 517. Razzi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti parole: ventitre mesi.

1. 518. Rossi Gasparrini.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: otto anni.

1. 536. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni e sei mesi.

1. 537. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni e tre mesi.

1. 519. Rossi Gasparrini.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni e due mesi.

1. 520. Razzi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni e un mese.

1. 521. Raiti.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni.

 1. 127. Consolo, Contento, Bongiorno, Cirielli, Siliquini, Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni.

 1. 141. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni.

 1. 142. Mantini.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni.

 1. 522. Porfidia.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sette anni.

 1. 579. Mazzoni.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e undici mesi.

1. 523. Pedica.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e dieci mesi.

1. 524. Ossorio.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e nove mesi.

1. 525. Leoluca Orlando.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e otto mesi.

1. 526. Misiti.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e sette mesi.

1. 527. Evangelisti.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e sei mesi.

 1. 528. D'Ulizia.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e sei mesi.

 1. 539. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e cinque mesi.

1. 529. Donadi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e quattro mesi.

1. 530. Costantini.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e tre mesi.

1. 531. Borghesi.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e due mesi.

1. 532. Belisario.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni e un mese.

1. 533. Astore.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni.

 1. 534. Mura.

Al comma 4, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei anni.

 1. 540. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole da: un delitto fino a: condanna a con le seguenti: uno o più delitti non colposi per i quali sia stato condannato complessivamente ad una.

1. 144. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire la parola: condanna con le seguenti: una o più condanne.

1. 32. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: sei mesi.

 1. 34. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: sei mesi.

 1. 543. Rossi Gasparrini.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: sei mesi.

 1. 544. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: a sette mesi.

  1. 545. Razzi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: a sette mesi.

  1. 546. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: otto mesi.

 1. 547. Raiti.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: otto mesi.

 1. 548. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: nove mesi.

  1. 549. Porfidia.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: nove mesi.

  1. 550. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: dieci mesi.

 1. 551. Pedica.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: dieci mesi.

 1. 552. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: undici mesi.

  1. 553. Astore, Borghesi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: undici mesi.

  1. 554. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: un anno.

 1. 33. Lussana, Maroni.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: un anno.

 1. 555. Ossorio.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: tredici mesi.

  1. 556. Leoluca Orlando.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: tredici mesi.

  1. 557. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: quattordici mesi.

 1. 558. Belisario, Costantini.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: quattordici mesi.

 1. 559. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: quindici mesi.

  1. 560. Misiti.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: quindici mesi.

  1. 561. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: sedici mesi.

 1. 562. Evangelisti.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: sedici mesi.

 1. 563. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: diciassette mesi.

  1. 564. D'Ulizia.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: diciassette mesi.

  1. 565. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: diciotto mesi.

 1. 566. Donadi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: diciotto mesi.

 1. 567. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: diciannove mesi.

  1. 568. Costantini.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: diciannove mesi.

  1. 569. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: venti mesi.

 1. 570. Borghesi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: a venti mesi.

 1. 571. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: ventuno mesi.

  1. 572. Belisario.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: ventuno mesi.

  1. 573. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: ventidue mesi.

 1. 574. Astore.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: ventidue mesi.

 1. 575. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: ventitre mesi.

  1. 576. Mura.

Al comma 4, sostituire le parole: due anni con le seguenti: ventitre mesi.

  1. 577. Raisi.

Dopo il comma 4, aggiungere il seguente comma:

4-bis. La revoca del beneficio si applica anche nei confronti di chi, nei cinque anni successivi al termine di cui al comma 4, commette più delitti in conseguenza dei quali riporta condanne ad una pena detentiva complessivamente superiore a due anni.

1. 36. Lussana, Maroni.

Dopo il comma 4, aggiungere il seguente comma:

4-bis. La revoca del beneficio si applica anche nei confronti di chi, nei tre anni successivi al termine di cui al comma 4, commette più delitti in conseguenza dei quali riporta condanne ad una pena detentiva complessivamente superiore a due anni.

1. 35. Lussana, Maroni.

Sopprimere il comma 5.

1. 578. Palomba.

Al comma 5, dopo le parole: in vigore il aggiungere la seguente: trentesimo.

1. 38. Lussana, Maroni.

Al comma 5, dopo le parole: in vigore il aggiungere la seguente: decimo.

1. 37. Lussana, Maroni.

 

(A.C. 525-bis - Sezione 2)

ORDINI DEL GIORNO

 

La Camera,

premesso che:

non è più rinviabile un intervento, stante la drammatica situazione nelle carceri italiane che stanno letteralmente esplodendo e le condizioni di vita pessime della popolazione carceraria;

non si deve continuare ad illudere i detenuti che da anni attendono quell'atto di clemenza invocato anche da Papa Giovanni Paolo II;

è doveroso far tutto ciò che è in nostro potere perché chi ha scontato la pena per provvedimenti di condanna per corruzione o speculazioni finanziarie, non torni a godere dei grandi patrimoni e delle ingenti ricchezze accumulate illegalmente;

è opportuno che i beni confiscati ai colpevoli dei reati di corruzione seguano la normativa oggi in vigore per i beni confiscati agli appartenenti alle organizzazioni mafiose,

impegna il Governo

 

ad adottare le opportune iniziative volte a far sì che l'individuazione, il sequestro e la confisca dei beni ai corrotti diventino una priorità politica e legislativa nazionale e che questi beni siano destinati ad un uso collettivo e sociale e, pertanto, ad approvare entro settembre un adeguato provvedimento di sequestro e confisca dei beni per coloro che abbiano subito provvedimenti di condanna per corruzione o per reati finanziari.

9/525-bis/1. Bonelli, Balducci, Boato, Cassola, de Zulueta, Francescato, Fundarò, Lion, Pellegrino, Camillo Piazza, Poletti, Trepiccione, Zanella, Forgione, Migliore, Duranti.

La Camera,

premesso che:

la concessione dell'indulto appare una misura assolutamente inefficace a risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri, né, tantomeno, adeguata ai fini dell'umanizzazione della pena per coloro che, invece, rimarranno in carcere,

impegna il Governo

 

ad individuare, nell'ambito della prossima manovra di bilancio, un programma di interventi urgenti in materia di edilizia carceraria, che possano essere realizzati già a partire dal 2007, con le necessarie coperture finanziarie.

9/525-bis/2. Contento, Buontempo.

La Camera,

premesso che:

la concessione dell'indulto allevia solo parzialmente e temporaneamente i problemi della condizione carceraria in quanto incide solo sul sovraffollamento e non sulle carenze strutturali delle carceri;

è, in particolare, carente l'assistenza sanitaria ai detenuti che spesso sono affetti da patologie, anche gravi, e non sempre possono ricevere cure appropriate e tempestive come sarebbe loro pieno diritto; 

in particolare risulta carente la prevenzione sanitaria che deve rappresentare sempre di più l'elemento prioritario per la tutela della salute dei cittadini tutti,

impegna il Governo

 

ad adottare le opportune iniziative volte ad un miglioramento sostanziale dell'assistenza sanitaria ai detenuti introducendo anche le opportune innovazioni di natura legislativa e amministrativa e dedicando a questo settore risorse finanziarie adeguate.

9/525-bis/3. Mario Pepe.

La Camera,

premesso che:

la grave situazione in cui versa il sistema carcerario del nostro Paese e gli ormai non più sostenibili effetti che tale situazione ha sulla vita del personale delle amministrazioni penitenziarie, sui reclusi e sulle rispettive famiglie ha imposto il ricorso a soluzioni di possibile, immediata ancorché parziale efficacia come l'indulto;

una simile scelta legislativa, ancorché attentamente limitata nella sua portata attraverso l'esclusione di reati di particolare gravità o rilevanza, rischia di sollevare forti preoccupazioni tra i cittadini onesti, in particolare in conseguenza alla scarcerazione di detenuti resisi colpevoli di reati che, anche se puniti con pene detentive di durata limitata, sono percepiti come minacce reali e continue alla sicurezza delle famiglie ed al sereno svolgimento di una ordinata convivenza civile,

impegna il Governo

 

a porre in essere ogni azione ed iniziativa per assicurare:

1) un rafforzamento della vigilanza e della prevenzione dei reati di maggiore impatto sociale da parte delle forze dell'ordine, con particolare riguardo a quelli che mettono maggiormente a rischio la sicurezza delle famiglie ed il pacifico ed ordinato svolgersi della vita dei cittadini onesti;

2) un pronto intervento per il miglioramento, nei limiti del possibile, delle condizioni di vita nelle carceri già esistenti ed il reperimento di adeguati finanziamenti per il proseguimento del programma di edilizia carceraria;

3) una più efficace e prudenziale separazione, all'interno delle strutture carcerarie, tra le diverse tipologie di detenuti, quali quelli in attesa di giudizio, i condannati con sentenza passata in giudicato, i tossicodipendenti, gli extracomunitari.

9/525-bis/4. Cossiga, Zorzato, Ponzo, La Loggia, Mondello, Verro, Gregorio Fontana, Giudice, Garagnani, Picchi, Paoletti Tangheroni, Palmieri, Bertolini, Misuraca, Licastro Scardino, Paniz, Fitto, Biancofiore, Rivolta, Baiamonte, Cicu, Marinello, Ferrigno, Pili, Bocciardo, Mazzaracchio, Di Virgilio, Franzoso, Fabbri, Rosso, Galli, Stagno D'Alcontres, Osvaldo Napoli, Carlucci, Santelli, Angelino Alfano, Testoni, Minardo, Alfredo Vito, Di Centa, Zanetta, Floresta, Ravetto.

La Camera,

premesso che:

il provvedimento di clemenza attualmente in discussione è finalizzato a intervenire, seppur in modo parziale, sul grave problema del sovraffollamento carcerario che, si stima, possa subire, nell'arco dei prossimi anni, una crescita esponenziale, fino a diventare di una consistenza pari a circa sei volte quella attuale;

le condizioni in cui versano le carceri italiane determinano che i detenuti soffrano, oltre alla pena secondo giustizia, anche, e soprattutto, una inaccettabile pena aggiuntiva data da condizioni lontane da ogni senso di umanità e di rispetto dovuto ad ogni essere umano; 

non si può non tenere conto della difficile realtà, all'interno della comunità carceraria, vissuta dalle madri detenute con figli minori di tre anni, situazione, questa, che nega sia il diritto della madre di vivere la propria genitorialità al di fuori delle mura dell'istituto penitenziario, sia, soprattutto, il diritto del bambino a vivere la sua età in un ambiente idoneo alla crescita e ad un sereno e armonioso sviluppo psico-fisico;

la legge 8 marzo 2001, n. 40, recante misure alternative alla detenzione a tutela del rapporto tra detenute e figli minori, seppure di portata decisamente innovativa, ha riscontrato alcune difficoltà applicative risultando, nei fatti, concretamente riferibile ad numero esiguo di detenute;

alla luce di quanto considerato, appare quanto mai urgente la necessità di fornire una risposta concreta di tutela alle numerose donne e ai loro figli che si trovano a vivere un momento fondamentale del loro rapporto in un ambiente totalmente inadatto a garantire loro anche minimi livelli di umanità e dignità,

impegna il Governo

 

ad adottare le opportune iniziative volte a dare completa attuazione alla normativa vigente in materia di tutela del rapporto genitoriale all'interno del sistema penitenziario, nonché a predisporre gli interventi normativi necessari per assicurare una risposta all'ormai non più procrastinabile questione delle detenute madri.

9/525-bis/5. Oliverio, Gambescia, Laratta, Cesario, Tenaglia, Suppa, Samperi.

La Camera,

premesso che:

appare oportuno individuare le idonee soluzioni all'annoso problema che affligge il personale giudiziario del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del Ministero della giustizia in ragione della omessa riqualificazione, invece già definita in tutti gli altri ministeri, negli enti, locaci, negli enti pubblici e, finanche, nello stesso Ministero della giustizia, per il personale appartenente agli altri dipartimenti;

l'approvazione del disegno di legge in esame vedrà, per l'ennesima volta, il personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie far fronte ad una emergenza normativa senza alcun riconoscimento né giuridico né economico. L'applicazione dell'indulto comporterà lo studio di centinaia di migliaia di fascicoli processuali e di posizioni giuridiche per la verifica della possibile applicazione della norma indultiva, e tale attività lavorativa dovrà essere compiuta nei termini brevi, quelli utili per eseguire le scarcerazioni degli aventi diritto, in aggiunta all'ordinaria attività lavorativa che è già difficilmente affrontabile con le carenze di organico e di mezzi nell'amministrazione giudiziaria;

sembra, pertanto, doveroso che i1 Parlamento, nel riconoscere il diritto del personale giudiziario di sviluppare la propria carriera e nel riconoscere allo stesso l'impegno profuso nella difficile attività diuturna quale titolo per una giusta ricollocazione nei livelli retributivi dovuti,

impegna il Governo

 

ad adottare le opportune iniziative al fine di individuare per l'amministrazione della giustizia, nell'ambito dei provvedimenti legislativi in materia (amnistia, ordinamento giudiziario ecc.), le soluzioni adeguate per definire un'efficace riqualificazione per il personale in servizio nei Dipartimenti dell'organizzazione giudiziaria e dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia.

9/525-bis/6. Buemi, Mancini, Angelo Piazza, Crema.

La Camera,

premesso che:

il provvedimento di clemenza attualmente in discussione è finalizzato a  intervenire, seppur in modo parziale, sul grave problema del sovraffollamento carcerario che, si stima, possa subire, nell'arco dei prossimi anni, una crescita esponenziale, fino a diventare di una consistenza pari a circa sei volte quella attuale;

le persone attualmente detenute sono 61.353 e, nell'ultimo anno, sono entrati nel circuito carcerario 90 mila detenuti; appare, pertanto, del tutto evidente che il sovraffollamento ha ridotto ai minimi termini le risorse umane e finanziarie destinate ad una efficace politica per il reinserimento dei condannati, costituendo così un rischio per lo stesso principio che vieta i trattamenti contrari al senso di umanità;

alla luce della grave situazione in cui versano attualmente le nostre carceri, appare quanto mai necessaria un'assunzione di responsabilità, seguita da un impegno serio del Governo e delle istituzioni tutte per restituire immediatamente vivibilità al mondo carcerario secondo i parametri della legalità costituzionale,

impegna il Governo

 

ad adottare le opportune iniziativa affinché il provvedimento di clemenza sia accompagnato da un serio investimento in termini di nuove strutture e risorse umane, nonché a predisporre adeguate misure di accoglienza e di sostegno, attivando gli enti locali e l'associazionismo, per sostenere chi esce dal carcere e contribuire ad interrompere, in tal modo, il circolo vizioso della recidiva.

9/525-bis/7. Suppa, Tenaglia, Maran, Gambescia.

La Camera,

premesso che:

il provvedimento di clemenza attualmente in discussione è finalizzato a intervenire, seppur in modo parziale, sul grave problema del sovraffollamento carcerario che, si stima, possa subire, nell'arco dei prossimi anni, una crescita esponenziale, fino a diventare di una consistenza pari a circa sei volte quella attuale;

le persone attualmente detenute sono 61.353 e, nell'ultimo anno, sono entrati nel circuito carcerario 90 mila detenuti; appare, pertanto, del tutto evidente che il sovraffollamento ha ridotto ai minimi termini le risorse umane e finanziarie destinate ad una efficace politica per il reinserimento dei condannati, costituendo così un rischio per lo stesso principio che vieta i trattamenti contrari al senso di umanità,

impegna il Governo

 

a predisporre tutte le misure idonee a perseguire prioritariamente gli investimenti infrastrutturali per la riqualificazione degli uffici giudiziari e per la ristrutturazione degli istituti penitenziari, per l'incremento delle risorse umane e materiali, nonché delle attività di formazione e di reclutamento, anche con particolare riguardo alla polizia penitenziaria e alla rete dei servizi sociali territoriali.

9/525-bis/8. Maran, Suppa, Tenaglia, Gambescia, Samperi.

La Camera,

premesso che:

l'indulto da solo non è strumento idoneo a determinare stabilmente la deflazione penitenziaria, mentre sono necessarie misure volte a depenalizzare condotte non particolarmente lesive, a sostituire le sanzioni detentive con altre meno pervasive, tra cui quelle interdittive, patrimoniali e riparatorie, ad espellere precocemente dal circuito penale mediante l'archiviazione i fatti di cui sia giudizialmente accertata la scarsa offensività, ad introdurre nel sistema penale generale misure di controllo sociale sostitutive della sanzione penale, quale la sospensione del processo con messa alla prova, a riqualificare il sistema delle norme incriminatrici e delle sanzioni. Il tutto nella direzione di un diritto penale minimo che garantisca l'effettività  dell'osservanza dei precetti pur senza il necessario ricorso alla sanzione penale, soprattutto detentiva,

impegna il Governo

 

a presentare in tempi rapidi, e comunque prima della approvazione di un qualsiasi atto normativo in materia di amnistia, un progetto organico di riforma del codice penale e delle leggi penali speciali nel senso esposto in premessa.

9/525-bis/9. Leoluca Orlando.

La Camera,

premesso che:

l'efficiente funzionamento della giustizia minorile è strumento capace di determinare, per la sua funzione di prevenzione primaria e secondaria, effetti positivi sulla riduzione della criminalità adulta e sulla deflazione carceraria;

il settore ministeriale della giustizia minorile riveste grande importanza non solo ai fini del recupero sociale dei minori devianti, ma anche perché consente la sperimentazione di istituti giuridici e di tecniche risocializzanti particolarmente utili anche nel sistema penale generale, come l'irrilevanza del fatto, la sospensione del processo con messa alla prova, l'uso di modalità riparative quale la mediazione tra autore del delitto e vittima, il diffuso ricorso a sanzioni sostitutive, l'azione del servizio sociale per i minorenni in collegamento con i servizi locali, gli interventi dell'area penale esterna con il ricorso a comunità ed associazioni. E tuttavia non funziona adeguatamente il monitoraggio sui risultati di queste innovazioni, dal quale era in passato possibile attingere preziose notizie;

appare necessario produrre a completamento del vigente sistema penalprocessualistico minorile, considerato tra i più avanzati al mondo anche per aderenza alle Regole minime per la giustizia minorile redatte a Pechino ed approvate dall'Assemblea generale dell'ONU nel 1985, la revisione del sistema penale generale applicabile ai minorenni (norme incriminatrici ed apparato sanzionatorio) nonché lo specifico ordinamento penitenziario minorile;

dal 2001 al 2006 i finanziamenti destinati agli interventi rivolti ai minori sono passati da oltre 17 milioni di euro a meno di 15 milioni di euro, e ciò a fronte di un aumento delle presenze medie nei diversi servizi della giustizia minorile e dell'andamento dell'inflazione (che, come si sa, ha ridotto il potere di acquisto della nuova moneta), mentre le spese per beni e servizi sono passate dagli oltre 12 milioni di euro del 2001 ai poco più degli 8 milioni previsti per il 2006 e gli investimenti sono stati ridotti dagli oltre 16 milioni di euro del 2001 ai quasi 1,5 milioni del 2006;

i debiti dell'ultimo esercizio finanziario, quali quelli per il collocamento dei minori in comunità, superano abbondantemente i 7 milioni di euro, così come i debiti per le spese di funzionamento sfiorano nello stesso anno i 6 milioni di euro. Tutto ciò a fronte del fatto che per il 2006 lo stanziamento previsto, ad esempio, per il collocamento in comunità dei minorenni, è pari a 6 milioni di euro, cioè persino insufficiente a pagare i debiti pregressi, mentre complessivamente i debiti del Dipartimento nella gestione della precedente legislatura sono passati dai quasi 6 milioni del 2003 agli oltre 18 milioni del 2005; cosicché i servizi periferici, anche a seguito delle concomitanti carenze di personale tecnico operativo e di polizia penitenziaria, hanno finito per garantire con difficoltà crescenti l'adempimento dei compiti cui sono preposti, tanto che nel 2006 molti centri per la giustizia minorile non sono stati messi neanche nella condizione di coprire i debiti effettuati per adempiere ai provvedimenti dell'autorità giudiziaria, che costituiscono spese cosiddette obbligatorie che i servizi sono tenuti a sostenere;

alcuni provvedimenti amministrativi assunti nel corso della precedente legislatura possono apparire connotati da  non linearità in quanto per un verso esprimono la volontà di accentramento, per un altro manifestano la tendenza all'ingiustificata proliferazione di servizi decentrati, quali nuovi centri per la giustizia minorile, anche in realtà territoriali ove l'estrema limitatezza della devianza minorile non appariva renderli né necessari né opportuni, con le ovvie conseguenze che i relativi costi aggiunti determinano la riduzione delle risorse necessarie per il buon funzionamento degli altri essenziali servizi;

risultano sussistere elementi di seria criticità nella situazione e nella gestione del personale oltre che pesanti carenze in molte categorie, quali gli assistenti sociali e gli operatori della polizia penitenziaria, che danno luogo a riferite situazioni di grave burn-out di molti operatori: e ciò proprio in un delicatissimo settore nel quale la motivazione e l'entusiasmo sono fattori essenziali di riuscita nella prevenzione del disagio e nella risocializzazione dei giovani infrattori, e in cui l'esclusivo interesse del minore deve essere la regola principale dell'agire dei funzionari e dei servizi preposti al settore,

impegna il Governo:

 

ad adottare le opportune iniziative volte a potenziare il Dipartimento per la giustizia minorile in termini di risorse economiche, nell'ambito della prossima manovra di bilancio, e di dotazione di personale procedendo alla revisione delle assegnazioni, alla formazione ed al riesame della disciplina e della consistenza degli incentivi;

a procedere alla approfondita verifica della situazione gesfionale ed alla radicale riorganizzazione del settore, anche ascoltando le valutazioni degli operatori ed eventualmente procedendo ai cambiamenti di ogni genere che siano necessari per restituire funzionalità e senso di appartenenza a questo settore di importanza strategica;

a ripristinare e potenziare un sistema di monitoraggio, con specifico riferimento ai nuovi istituti deflattivi in vista della loro possibile espansione nel sistema penale generale;

a procedere all'elaborazione ed alla presentazione in tempi rapidi di un «corpus» normativo aggiuntivo a quello esistente che, nella direzione della residualità della detenzione e del primato del recupero sociale, metta in campo un nuovo sistema penale sostanziale e sanzionatorio che si integri con quello esistente ed elabori uno specifico ordinamento penitenziario per i minori privati della libertà personale o sottoposti a misure penali alternative o sostitutive rispetto alla detenzione;

a riferire tempestivamente al Parlamento sulle misure assunte.

9/525-bis/10. Palomba.

La Camera,

premesso che:

molte sedi internazionali, tra le quali l'ONU ed il Consiglio d'Europa, raccomandano agli Stati membri di attribuire particolare attenzione e riservare uno specifico trattamento ai soggetti ricadenti nella categoria di età denominata come quella dei «giovani adulti», in prevalenza considerati come quelli compresi tra i 18 ed i 25 anni;

il recupero sociale di tali soggetti, che nell'attuale società caratterizzata da una situazione che molti studiosi chiamano «adolescenza lunga», per un verso può essere meno difficile, per un altro rappresenta un investimento di grande importanza per la società,

impegna il Governo

 

a presentare in tempi rapidi un'organica proposta di adeguamento della normativa e dell'organizzazione alle peculiari caratteristiche dei giovani adulti, con particolare riferimento ai seguenti aspetti:

1) adeguamento dell'aspetto sanzionatorio con possibili riduzioni di pena,  ampliamento del ricorso alle misure sostitutive ed alternative ed una più estesa applicazione degli istituti di espulsione precoce dal circuito penale;

2) effettiva differenziazione nel trattamento esecutivo della detenzione con riferimento sia alla separazione dei locali ove sono collocati, sia all'accesso ai servizi sociali e psicologici, sia all'avviamento all'istruzione, alla formazione professionale ed al lavoro, sia ai rapporti con la comunità esterna;

3) specifica formazione del personale addetto al trattamento in relazione a questa particolare categoria di persone;

4) effettuazione di un monitoraggio sull'efficacia delle nuove misure, gli esiti del quale siano oggetto di relazione al Parlamento.

9/525-bis/11. Evangelisti.

La Camera,

premesso che:

il processo penale appare tuttora appesantito da lungaggini e adempimenti non sempre essenziali per l'accertamento della verità e per l'effettivo esercizio del diritto di difesa, tra cui vanno annoverate le procedure per le comunicazioni e le notificazioni, le modalità di stesura e di deposito dei provvedimenti, l'accesso ai riti alternativi;

anche l'esigenza di tenere processi celeri per adempiere al precetto dell'articolo 111 della Costituzione ed alle disposizioni comunitarie, considerate altresì l'abbreviazione dei termini di prescrizione e le condanne dell'Italia in sede di Corte europea dei diritti dell'uomo per mancato accesso al processo anche delle persone offese, rendono indispensabile ed indifferibile una organica riforma del codice di procedura penale nel senso dell'eliminazione dei passaggi non strettamente indispensabili per il raggiungimento delle finalità predette;

non di rado l'ipertrofia burocratica presente anche nel processo penale riverbera effetti negativi sulla permanenza in carcere dei soggetti in attesa di giudizio, contribuendo all'inflazione penitenziaria,

impegna il Governo

 

a presentare in tempi rapidi al Parlamento un disegno di legge per la modifica del codice di procedura penale nel senso auspicato in premessa.

9/525-bis/12. Donadi.

La Camera,

premesso che:

l'indulto rappresenta uno strumento eccezionale a cui può farsi ricorso soltanto se è reso necessario dalla grave situazione carceraria;

si ritiene, tuttavia, che l'indulto debba costituire unicamente il punto di partenza di una complessiva riforma della giustizia in campo processuale, sostanziale e penitenziario, in quanto carenze normative ed organizzative ostacolano la corretta applicazione dei principi costituzionali in materia di limitazione della libertà personale;

si sottolinea, pertanto, l'esigenza:

1) di accelerare, in attuazione del principio costituzionale della ragionevole durata dei processi, i tempi del processo penale affinché si riduca conseguentemente la durata dell'applicazione delle misure di custodia cautelare e, quindi, della detenzione in attesa di giudizio;

2) di riformare il sistema delle misure alternative alla detenzione, affinché la pena detentiva costituisca una extrema ratio alla quale ricorrere esclusivamente qualora, in base alla gravità del fatto, appaia come l'unica adeguata a realizzare la finalità retributiva, preventiva e rieducativa della pena;

3) di istituire un fondo per le vittime dei reati di particolare allarme  sociale, che assicuri alle vittime di tali reati il risarcimento dei danni subiti e che sia alimentato, almeno in parte, da somme derivanti dalla confisca dei beni dei soggetti condannati per tali reati;

4) di prevedere adeguati interventi a favore di tutti coloro che, a causa dell'adempimento del dovere, abbiano subito danni anche in assenza di una motivazione terroristica o mafiosa alla base dell'offesa;

5) di rafforzare gli strumenti investigativi diretti a rintracciare i patrimoni illeciti occulti, i quali potrebbero essere utilizzati anche al fine di alimentare il fondo di cui al numero 3);

6) di concludere nuovi accordi bilaterali con Stati esteri diretti a consentire l'esecuzione all'estero delle pene detentive comminate a soggetti di nazionalità straniera, al fine di deflazionare l'ingente numero dei detenuti stranieri presenti nelle carceri italiane;

7) di realizzare nuove strutture penitenziarie e di adeguare quelle esistenti alle reali e concrete esigenze della popolazione detenuta, prevedendo, ad esempio, strutture separate nelle quali ospitare esclusivamente i detenuti in attesa di giudizio;

8) di garantire ai detenuti, quando ne ricorrano le condizioni di legge, l'accesso al diritto al lavoro sia all'interno dell'istituto sia all'esterno di esso, in regime di semilibertà o di lavoro all'esterno,

impegna il Governo

 

ad adottare ogni iniziativa volta a soddisfare le esigenze evidenziate in premessa.

9/525-bis/13.Pecorella, Lussana, Consolo, Mazzoni, Mormino.

La Camera,

esaminata la proposta di legge recante la concessione di indulto per i detenuti che devono scontare una pena non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per quelle pecuniarie sole e congiunte a pene detentive;

considerato che il provvedimento di clemenza in oggetto non sembra risolvere in modo definitivo il problema del sovraffollamento carcerario, posto che all'interno delle carceri scontano la pena oltre 61mila detenuti a fronte di una capienza regolamentare che non va oltre i 45mila detenuti,

impegna il Governo

 

ad adottare adeguate misure che risolvano in modo reale il lamentato problema del sovraffollamento delle carceri con interventi adeguati e definitivi nell'ambito di un idoneo piano di edilizia carceraria con interventi strutturali.

9/525-bis/14.Lussana.

La Camera,

esaminata la proposta di legge recante la concessione di indulto per i detenuti che devono scontare una pena non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per quelle pecuniarie sole e congiunte a pene detentive;

considerato che il provvedimento di clemenza in oggetto non sembra risolvere in modo definitivo il problema del sovraffollamento carcerario, considerato che il provvedimento in esame introduce un meccanismo atto a risolvere solo in modo contingente il problema del sovraffollamento delle carceri,

impegna il Governo

 

ad adottare adeguate misure che risolvano in modo reale il lamentato problema del sovraffollamento delle carceri con interventi adeguati e definitivi nell'ambito di un idoneo piano triennale di edilizia carceraria  teso a riqualificare ed ammodernare gli istituti esistenti e a realizzare nuove strutture.

9/525-bis/15.Bricolo.

La Camera,

esaminata la proposta di legge recante la concessione di indulto per i detenuti che devono scontare una pena non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per quelle pecuniarie sole e congiunte a pene detentive;

considerato che il provvedimento di clemenza, secondo dati presentati dal Ministero della giustizia, dovrebbe trovare applicazione nei confronti di oltre 22 mila detenuti, dei quali una forte percentuale è costituita da stranieri,

impegna il Governo

 

ad adottare adeguate misure affinché l'applicazione dell'indulto nei confronti degli stranieri carcerati avvenga a condizione che sia verificato la sussistenza dei necessari presupposti di una loro regolare permanenza nel territorio dello Stato.

9/525-bis/16.Alessandri.

La Camera,

esaminata la proposta di legge recante la concessione di indulto per i detenuti che devono scontare una pena non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per quelle pecuniarie sole e congiunte a pene detentive;

considerato che il provvedimento di clemenza viola il principio di certezza della pena, destando forte preoccupazione nell'opinione pubblica,

impegna il Governo

 

ad adottare adeguate misure affinché l'applicazione dell'indulto nei confronti dei detenuti avvenga con un controllo adeguato sulla prova effettiva e constante di buona condotta e di volontà di reinserimento sociale dei detenuti beneficiati dal provvedimento di clemenza.

9/525-bis/17.Allasia.

La Camera,

esaminata la proposta di legge recante la concessione di indulto per i detenuti che devono scontare una pena non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per quelle pecuniarie sole e congiunte a pene detentive;

considerato che il provvedimento di clemenza, pur con le esclusioni riguardanti i reati di terrorismo, i reati di mafia, i sequestri di persona a scopo di estorsione nonché i reati sessuali, non possa tuttavia condonare pene quando la criminalità è sempre più diffusa e rappresenta una insidia quotidiana al quieto ed onesto vivere dei cittadini,

impegna il Governo

 

a valutare la necessità di adottare adeguate iniziative normative affinché, in un momento successivo all'applicazione dell'indulto, durante il periodo di sospensione della sentenza, possano applicarsi ai soggetti beneficiati talune delle prescrizioni e degli obblighi di cui ai commi 5, 6 e 7 dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354.

9/525-bis/18.Cota.

La Camera,

esaminata la proposta di legge recante la sospensione dell'esecuzione della sentenza per effetto dell'indulto condizionato;

considerato che il provvedimento prevede a carico dei condannati l'applicazione  di seppur limitate prescrizioni, senza incentivare il reinserimento sociale degli stessi,

impegna il Governo

 

a favorire la stipulazione di protocolli d'intesa con il mondo dell'imprenditoria e della cooperazione per incentivare l'offerta lavorativa e formativa in favore dei condannati che usufruiscano del provvedimento di clemenza.

9/525-bis/19.Bodega.

La Camera,

esaminata la proposta di legge recante la concessione di indulto per i detenuti che devono scontare una pena non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per quelle pecuniarie sole e congiunte a pene detentive;

considerato che il suddetto testo non prevede misure atte a favorire la rieducazione del condannato,

impegna il Governo

 

a predisporre contestualmente specifiche misure atte a garantire il reinserimento sociale dei detenuti beneficiati dal provvedimento di clemenza attraverso lo svolgimento di prestazione volontaria di attività non retribuita a favore della collettività.

9/525-bis/20.Brigandì.

La Camera,

esaminata la proposta di legge recante la concessione di indulto per i reati puniti fino a tre anni per le pene detentive e fino a 10 mila euro per le pene pecuniarie;

considerato che si prevede la concessione di indulto condizionato con la revoca di diritto in caso di condanna entro 5 anni, dalla data di entrata in vigore della legge in esame, a delitto non colposo punibile con la pena detentiva non inferiore a 2 anni,

impegna il Governo

 

ad adottare le opportune iniziative normative affinché con il provvedimento di sospensione sia imposto l'obbligo di presentazione periodica alla polizia giudiziaria per tutto il periodo di sospensione dell'esecuzione.

9/525-bis/21.Dozzo.

La Camera,

esaminata la proposta di legge recante la concessione di indulto per i reati puniti fino a tre anni per le pene detentive e fino a 10 mila euro per le pene pecuniarie;

considerato che si prevede la concessione di indulto condizionato con la revoca di diritto in caso di condanna entro 5 anni, dalla data di entrata in vigore della legge in esame, a delitto non colposo punibile con la pena detentiva non inferiore a 2 anni,

impegna il Governo

 

ad adottare le opportune iniziative normative affinché con il provvedimento di sospensione sia disposto per il cittadino italiano il divieto di espatrio per tutto il periodo di sospensione dell'esecuzione della sentenza.

9/525-bis/22.Dussin.

La Camera,

esaminata la proposta di legge recante la concessione di indulto per i detenuti che devono scontare una pena non superiore a tre anni;

considerato che nel corso del dibattito è emersa l'esigenza di una più approfondita  riflessione in merito ai presupposti indispensabili per la concessione del suddetto provvedimento di clemenza,

impegna il Governo

 

a valutare se ai fini della concessione del beneficio sia opportuno predisporre specifiche misure atte a garantire il reinserimento sociale dei detenuti.

9/525-bis/23.Fava.

La Camera,

esaminato il disegno di legge recante l'estinzione della pena detentiva nel limite massimo di tre anni;

considerato che la disciplina proposta si configura quale strumento straordinario per far fronte all'emergenza di sovraffollamento delle carceri;

tenuto conto della necessità di adottare misure permanenti per ridurre il numero di detenuti reclusi in carcere,

impegna il Governo

 

ad adottare nell'ambito della prossima sessione di bilancio un programma di interventi urgenti in materia di edilizia carceraria da realizzare a partire dall'anno 2007 con le necessarie coperture finanziarie.

9/525-bis/24.Stucchi.

La Camera,

esaminata la proposta di legge recante la concessione di indulto per i detenuti che devono scontare una pena non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per quelle pecuniarie sole e congiunte a pene detentive;

considerato che il provvedimento di clemenza in oggetto non sembra risolvere in modo definitivo il problema del sovraffollamento carcerario, considerato che il provvedimento in esame introduce un meccanismo atto a risolvere solo in modo contingente il problema del sovraffollamento delle carceri,

impegna il Governo

 

ad adottare interventi legislativi che vadano nella direzione di rendere residuale il carcere per reati di scarsa entità sociale, attraverso la introduzione del lavoro civico non retribuito applicabile ai detenuti che debbano scontare una pena detentiva non superiore a tre anni e che abbiano espiato almeno metà della pena inflitta.

9/525-bis/25.Montani.

La Camera,

esaminata la proposta di legge recante la concessione di indulto per i detenuti;

considerato che il provvedimento di clemenza in oggetto non appare minimamente risolutivo dei problemi legati al sovraffollamento carcerario,

impegna il Governo

 

ad adottare interventi legislativi di riforma del codice penale, onde ridurre le ipotesi di reato attraverso un complessivo processo di depenalizzazione delle fattispecie esistenti che tengano conto della gravità del fatto e della relativa responsabilità, garantendo una maggiore incisività verso la certezza del diritto e l'efficacia della pena.

9/525-bis/26.Fugatti.

La Camera,

esaminata la proposta di legge recante la concessione di indulto per i reati puniti fino a tre anni per le pene detentive e fino a 10 mila euro per le pene pecuniarie;

considerato che la disciplina proposta si configura quale strumento straordinario  per far fronte all'emergenza di sovraffollamento delle carceri mentre sarebbe necessario adottare misure permanenti per ridurre il numero di detenuti reclusi in carcere,

impegna il Governo

 

ad adottare le opportune iniziative normative con l'obiettivo di collegare l'espiazione della pena allo svolgimento di un lavoro di pubblica utilità presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti od organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato.

9/525-bis/27.Caparini.

La Camera,

esaminata la proposta di legge recante la concessione di indulto per i detenuti che devono scontare una pena non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per quelle pecuniarie sole e congiunte a pene detentive;

considerato che il suddetto testo non prevede misure atte a favorire la rieducazione del condannato,

impegna il Governo

 

a predisporre specifiche misure atte a garantire il reinserimento sociale dei detenuti attraverso lo svolgimento di un lavoro civico non retribuito a favore delle regioni.

9/525-bis/28.Garavaglia.

La Camera,

esaminata la proposta di legge che concede l'indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive;

considerato che tale provvedimento, comportando la scarcerazione di svariate migliaia di detenuti, si applicherà anche ai detenuti tossicodipendenti che rappresentano oltre il 20 per cento della popolazione carceraria,

impegna il Governo

 

a prevedere le opportune iniziative anche normative in modo tale che al detenuto tossicodipendente sia imposto l'obbligo di mettersi in contatto con il servizio per le tossicodipendenze dell'azienda sanitaria locale competente immediatamente dopo la scarcerazione.

9/525-bis/29.Gibelli.

La Camera,

esaminata la proposta di legge che concede l'indulto per i detenuti che devono scontare una pena non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per quelle pecuniarie sole e congiunte a pene detentive;

considerato che l'adozione di misure di clemenza non risulta minimamente risolutiva dei problemi legati al sovraffollamento carcerario,

impegna il Governo

 

ad adottare le opportune iniziative che comportino la sostituzione della pena detentiva per taluni reati con la prestazione di attività non retribuita a favore della collettività o finalizzata al risarcimento del danno o all'eliminazione o attenuazione delle conseguenze del reato.

9/525-bis/30.Giancarlo Giorgetti.

La Camera,

esaminata la proposta di legge che concede l'indulto per i detenuti che devono scontare una pena non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per quelle pecuniarie sole e congiunte a pene detentive;

considerato che l'adozione di misure di clemenza non risulta minimamente ri  solutiva dei problemi legati al sovraffollamento carcerario ma rappresenta unicamente l'adozione di una legislazione emergenziale,

impegna il Governo

 

ad adottare le opportune iniziative per delineare un sistema carcerario dove si ricorra maggiormente a misure alternative alla detenzione e dove il lavoro rappresenti un modo di espiazione della pena, alternativo a quest'ultima.

9/525-bis/31.Goisis.

La Camera,

esaminata la proposta di legge recante la concessione di indulto per i detenuti che devono scontare una pena non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per quelle pecuniarie sole e congiunte a pene detentive;

considerato che il provvedimento di clemenza in oggetto non sembra risolvere in modo definitivo il problema del sovraffollamento carcerario, posto che all'interno delle carceri scontano la pena oltre 61 mila detenuti a fronte di una capienza regolamentare che non va oltre i 45 mila detenuti,

impegna il Governo

 

a prevedere entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame la presentazione di una relazione al Parlamento da parte del Ministro della giustizia sullo stato di attuazione della legge in esame.

9/525-bis/32.Grimoldi.

La Camera,

esaminata la proposta di legge recante la concessione di indulto per i detenuti che devono scontare una pena non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per quelle pecuniarie sole e congiunte a pene detentive;

considerato che il provvedimento di clemenza dovrebbe trovare applicazione nei confronti di oltre 22 mila detenuti che scontano attualmente un residuo di pena inferiore ai tre anni, comportando una serie infinita di scarcerazioni nel corso dell'anno,

impegna il Governo

 

ad adottare le opportune misure affinché il Ministro della giustizia trasmetta ogni tre mesi al Parlamento i dati sull'applicazione della legge in esame, ed in particolare sul numero di condannati che usufruiranno per l'anno in corso della misura di clemenza dell'indulto, suddivisi per tipologia di reato.

9/525-bis/33.Maroni.

La Camera,

esaminata la proposta di legge recante la concessione di indulto per i detenuti che devono scontare una pena non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per quelle pecuniarie sole e congiunte a pene detentive;

considerato che il provvedimento di clemenza dovrebbe trovare applicazione nei confronti di oltre 22 mila detenuti che scontano attualmente un residuo di pena inferiore ai tre anni, comportando una serie infinita di scarcerazioni nel corso dell'anno,

impegna il Governo

 

ad adottare le opportune misure affinché il Ministro della giustizia trasmetta ogni sei mesi al Parlamento i dati riguardanti l'edilizia carceraria, ed in particolare per quanti istituti carcerari esistenti è stato  avviato un piano di riqualificazione ed ammodernamento e quante nuove strutture sono in fase di realizzazione.

9/525-bis/34.Pottino.

La Camera,

esaminata la proposta di legge recante la concessione di indulto per i detenuti che devono scontare una pena non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per quelle pecuniarie sole e congiunte a pene detentive;

considerato che si prevede la concessione di indulto condizionato con la revoca di diritto in caso di condanna entro 5 anni, dalla data di concessione del provvedimento concessorio, a delitto non colposo punibile con la pena detentiva non inferiore a 2 anni,

impegna il Governo

 

a prevedere che il Ministro della giustizia riferisca al Parlamento in merito al numero di condanne inflitte nei confronti dei soggetti beneficiati dal provvedimento di clemenza nel periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge in esame.

9/525-bis/35.Pini.

La Camera,

esaminata la proposta di legge recante la concessione di indulto per i detenuti che devono scontare una pena non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per quelle pecuniarie sole e congiunte a pene detentive;

considerato che il provvedimento di clemenza, secondo dati presentati dal Ministero della giustizia, dovrebbe trovare applicazione nei confronti di oltre 22 mila detenuti, dei quali una forte percentuale è costituita da stranieri,

impegna il Governo

 

ad effettuare un costante monitoraggio sull'applicazione della legge in esame al fine di adottare le opportune iniziative ed a prevedere che l'indulto si applichi al cittadino straniero immigrato clandestinamente a condizione che abbandoni il territorio dello Stato entro trenta giorni dalla applicazione del provvedimento di indulto.

9/525-bis/36.Filippi.

La Camera,

premesso che:

l'indulto concesso dal provvedimento in esame è in grado di ridurre ma non di eliminare l'insostenibile sovraffollamento delle carceri, in quanto queste ospitano circa ventimila detenuti in più rispetto ai posti disponibili - calcolati peraltro sulla base di parametri di vivibilità penalizzanti per i detenuti - mentre, secondo le stime del Ministero della giustizia, l'indulto riguarderebbe poco meno di tredicimila detenuti;

il sovraffollamento delle carceri comporta anche una vera e propria mortificazione delle condizioni di lavoro del personale amministrativo, di quello di polizia penitenziaria, dei medici penitenziari nonché di tutti coloro che si occupano della delicatissima fase del recupero sociale dei detenuti;

nonostante la gravissima carenza di organico della polizia penitenziaria, nel corso degli ultimi anni un ingente numero di appartenenti al personale della polizia penitenziaria è stato distaccato a vario titolo presso il Ministero della giustizia ed, in particolare, presso il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria; 

sottolineato il ruolo fondamentale svolto dal personale di polizia penitenziaria nelle carceri, il quale non si limita a garantire l'ordine all'interno degli istituti penitenziari ed a tutelarne la sicurezza, ma partecipa anche alle attività di osservazione e di trattamento rieducativo dei detenuti,

impegna il Governo

 

ad assumere tutte le iniziative idonee a risolvere il problema della grave carenza del personale della polizia penitenziaria, procedendo, in primo luogo, al rientro negli istituti e servizi penitenziari di provenienza del personale di polizia penitenziaria distaccato a vario titolo presso il Ministero della giustizia.

9/525-bis/37.Angelo Piazza, Buemi, Crema, Antinucci, Di Gioia, Mancini, D'Elia, Capezzone, Schietroma.

La Camera,

premesso che:

il provvedimento di indulto costituisce solo il primo, indispensabile, passo di un lungo cammino necessario per la riforma del sistema carcerario, una riforma che affronti globalmente i problemi e nel contempo sappia intervenire capillarmente, analizzando e sciogliendo i tanti nodi che hanno impedito finora l'esistenza di un sistema carcerario dignitoso e giusto, degno di un Paese civile,

impegna il Governo

 

ad adottare le opportune iniziative volte:

all'attuazione corretta e completa del riordino del servizio sanitario penitenziario (di cui al decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230), affinché, rispetto dal fondamentale diritto alla salute, sancito dalla Costituzione, non vi siano più cittadini di «serie A» e cittadini di «serie B»;

a qualificare e razionalizzare le funzioni e l'organico della polizia penitenziaria; in particolare, si impone una revisione delle piante organiche degli agenti di polizia penitenziaria volta a rafforzare gli organici degli istituti maggiormente affollati o ospitanti sezioni carcerarie che richiedano maggiore sorveglianza;

a una gestione efficace, oculata e trasparente dell'istituto della «Cassa delle ammende», volta a finanziare i progetti di reinserimento dei detenuti;

alla presentazione al Parlamento di una relazione sullo stato di attuazione della legge 22 giugno 2000, n. 193, recante norme per favorire l'attività lavorativa dei detenuti;

alla piena attuazione del nuovo regolamento di esecuzione dell'ordinamento penitenziario, investendo nella ristrutturazione degli istituti penitenziari le risorse economiche necessarie;

all'istituzione della figura del «Garante dei diritti delle persone private della libertà personale», con il delicato ruolo di mediazione finalizzata al riconoscimento dei diritti dei cittadini reclusi;

all'attuazione corretta e completa della legge 8 marzo 2001, n. 40, recante misure alternative alla detenzione a tutela del rapporto tra detenute e figli minori;

all'attuazione corretta e completa della legge 27 luglio 2005, n. 154, (cosiddetta «legge Meduri») volta a risolvere la questione della direzione vacante di molti istituti penitenziari.

9/525-bis/38.Mellano, Zanella, D'Elia, Capezzone, Buglio, Beltrandi, Poretti, Turco, Buemi, Balducci.

La Camera,

premesso che:

le condizioni in cui versano le carceri italiane hanno indotto il Parlamento ad un'approfondita riflessione circa la necessità di varare in tempi rapidi un atto di  clemenza teso ad intervenire sul drammatico problema del sovraffollamento delle carceri;

tale provvedimento costituisce un atto di civiltà, come è stato più volte affermato, di fronte ad una situazione che si è andata via via aggravando che ha visto negli ultimi anni un aumento esponenziale di detenuti imputati o condannati per reati legati alla tossicodipendenza o all'immigrazione clandestina le cui condizioni all'interno delle carceri rischiano di attenuare il senso dell'articolo 27 della Costituzione secondo il quale le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato;

la concessione dell'indulto costituisce un primo importante passo nel senso di una maggiore attenzione nei confronti dei settori più marginali della società, di coloro che non possono permettersi costosi avvocati capaci di fare uso di ogni mezzo difensivo idoneo a consentire, ai fini della prescrizione, una più lunga durata del processo;

la necessità di varare un provvedimento di indulto, da anni atteso dalla popolazione carceraria, deve potersi coniugare con il diritto, in particolare di tutti quei lavoratori che in questi anni sono stati vittime di reati contro la sicurezza del lavoro;

sono migliaia i lavoratori che sono stati vittime di reati odiosi quali il disastro colposo ed un'infinità di omicidi colposi. Si pensi ai lavoratori che hanno perso la vita a causa dell'amianto, e ad altri fattori nocivi, o per il mancato rispetto della normativa relativa alla sicurezza del lavoro, per non parlare di quei lavoratori che hanno subito, sul luogo di lavoro, lesioni colpose gravi o gravissime,

impegna il Governo

 

a emanare provvedimenti normativi tesi ad accelerare l'iter giuridico-amministrativo dei procedimenti di risarcimento del danno per causa di lavoro proposti da lavoratori che hanno subito lesioni colpose gravi o gravissime nei luoghi di lavoro, o da familiari di lavoratori deceduti per causa di lavoro.

9/525-bis/39.Diliberto, Sgobio, Crapolicchio, Pagliarini, Vacca, Licandro, Galante, Bellillo, Cesini, Cancrini, De Angelis, Napoletano, Ferdinando Benito Pignataro, Soffritti, Tranfaglia, Venier, Maran, Tenaglia, Lovelli, Buffo, Di Salvo, Giulietti, Leoni, Balducci, Fundarò, Bonelli, Pellegrino, Cassola, Zanella.

La Camera,

premesso che:

è unanimemente ritenuta urgente una profonda ed innovativa riforma in materia di giustizia;

pur considerando i tempi occorrenti per procedere alla predisposizione di adeguati testi normativi, è comunque importante ed indifferibile conoscere la programmazione temporale dei diversi provvedimenti;

impegna il Governo

a presentare, entro il prossimo mese di settembre, al Parlamento il programma e l'indicazione delle priorità in materia di riforma della giustizia.

9/525-bis/40.Belisario.