Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Disposizioni per l'accelerazione e la razionalizzazione del processo penale - A.C. 2664
Riferimenti:
AC n. 2664/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 256
Data: 02/10/2007
Organi della Camera: II-Giustizia


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Disposizioni per l’accelerazione e la razionalizzazione del processo penale

A.C. 2664

 

 

 

 

 

n. 256

 

 

2 ottobre 2007

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento giustizia

SIWEB

 

 

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File: gi0182.doc

 

 


INDICE

Scheda di sintesi

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  5

Elementi per l’istruttoria legislativa  6

§      Necessità dell’intervento con legge  6

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  6

§      Compatibilità comunitaria  6

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  10

§      Impatto sui destinatari delle norme  10

§      Formulazione del testo  11

Schede di lettura

Capo I, Disposizioni in materia di competenza  15

§      Art. 1. (Modifiche al codice di procedura penale in materia di competenza).15

§      Art. 2. (Modifiche alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271).23

§      Testo a fronte  25

Capo II, Disposizioni in materia di difesa e di notificazioni degli atti del procedimento  33

§      Art. 3. (Modifiche al codice di procedura penale in materia di difesa e di notificazioni degli atti del procedimento).33

§      Art. 4. (Modifiche all'articolo 1 della legge 20 novembre 1982, n. 890).39

§      Art. 5. (Modifiche alle norme di attuazione).41

§      Testo a fronte  43

Capo III, Disposizioni in materia di inutilizzabilità di atti processuali55

§      Art. 6. (Modifica all'articolo 191 del codice di procedura penale in materia di inutilizzabilità di atti processuali).55

§      Testo a fronte  57

Capo IV Disposizioni in materia di circostanze, recidiva e prescrizione del reato  59

§      Art. 7. (Modifiche al codice penale in materia di circostanze, recidiva, prescrizione del reato).59

§      Art. 8. (Modifiche al codice di procedura penale in materia di recidiva e di prescrizione del reato).67

§      Art. 9. (Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354).71

§      Testo a fronte  75

Capo V, Disposizioni in materia di indagini preliminari e riti alternativi95

§      Art. 10. (Modifiche al codice di procedura penale in materia di indagini preliminari e di udienza preliminare).95

§      Art. 11. (Modifiche al codice di procedura penale in materia di riti alternativi).101

§      Testo a fronte  105

Capo VI, Disposizioni in materia di misure cautelari123

§      Art. 12. (Modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari).123

§      Testo a fronte  125

Capo VII, Disposizioni in materia di assenza dell’imputato e di rinnovazione del dibattimento  129

§      Art. 13. (Modifiche al codice di procedura penale in materia di assenza dell'imputato e di rinnovazione del dibattimento).129

§      Art. 14. (Introduzione dell'articolo 143-bis delle norme di attuazione).145

§      Art. 15. (Modifiche al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274).147

§      Art. 16. (Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231).149

§      Art. 17. (Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313).151

§      Testo a fronte  153

Capo VIII, Norme di razionalizzazione del processo penale  187

§      Art. 18. (Norme di razionalizzazione del processo penale).187

§      Art. 19. (Modifiche alle norme di attuazione).191

§      Art. 20. (Applicazione della pena su richiesta delle parti per i reati coperti da indulto).197

§      Testo a fronte  199

Capo IX, Revisione delle sanzioni processuali208

§      Art. 21. (Modifiche al codice di procedura penale in materia di sanzioni processuali).208

§      Art. 22. (Modifica all'articolo 208 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115).211

§      Testo a fronte  213

Capo X, Disposizioni in materia di pubblicazione delle sentenze e di criteri di ragguaglio tra pene pecuniarie e pene detentive  217

§      Art. 23. (Modifiche al codice penale in materia di pubblicazione delle sentenze e di criteri di ragguaglio tra pene pecuniarie e pene detentive).217

§      Art. 24. (Modifica all'articolo 536 del codice di procedura penale).219

§      Art. 25. (Modifica all'articolo 171-ter della legge 22 aprile 1941, n. 633).221

§      Testo a fronte  223

Capo XI, Disposizioni in materia di sospensione del processo con messa alla prova  229

§      Art. 26. (Introduzione dell'articolo 168-bis del codice penale).229

§      Art. 27. (Modifiche al codice di procedura penale).233

§      Art. 28. (Introduzione dell'articolo 191-bis delle norme di attuazione).239

Capo XII, Disposizioni finali243

§      Art. 29. (Clausola di invarianza).243

§      Art. 30. (Disposizioni transitorie).245

§      Art. 31. (Regolamento).249

§      Art. 32. (Entrata in vigore).251

Progetto di legge

§      A.C. 2664, (Governo), Disposizioni per l'accelerazione e la razionalizzazione del processo penale, nonché in materia di prescrizione dei reati, recidiva e criteri di ragguaglio tra pene detentive e pene pecuniarie  255

 

 


Scheda di sintesi

per l’istruttoria legislativa

 


 

Dati identificativi

Numero del progetto di legge

2664

Titolo

Disposizioni per l' accelerazione e la razionalizzazione del processo penale, nonché in materia di prescrizione dei reati, recidiva e criteri di ragguaglio tra pene detentive e pene pecuniarie

Iniziativa

Governativa

Settore d’intervento

Diritto processuale penale

Iter al Senato

No

Numero di articoli

32

Date

 

§       presentazione alla Camera

16 maggio 2007

§       annuncio

17 maggio 2007

§       assegnazione

25 giugno 2007

Commissione competente

2a (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

1ª (Aff. costit.), 5ª (Bilancio), 12ª (Aff. sociali)

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

Il disegno di legge governativo in esame, composto da 32 articoli, è diretto ad apportare una serie di modifiche a taluni articoli del codice di procedura penale e del codice penale.

Come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento, in attesa di una organica riforma dei due codici (penale e di procedura penale), le novelle proposte dal disegno di legge in esame tendono a risolvere alcuni dei problemi più urgenti del sistema giudiziario penale, in conformità con i principi stabiliti dall'articolo 111 della Costituzione (giusto processo e sua ragionevole durata) e quelli dettati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

 

Nello specifico, il disegno di legge in esame è suddiviso nei seguenti dodici capi:

 

Il Capo I, che consta degli articoli 1 e 2, reca disposizioni in tema di competenza, mentre il successivo  Capo II, composto dagli articoli 3, 4 e 5, prevede una serie di modifiche al codice di procedura penale relative alle disposizioni in materia di difesa e di notificazioni degli atti del procedimento.

 

Il Capo III contiene, invece, l’articolo 6 diretto a modificare l’art. 191 del codice di procedura penale in materia di inutilizzabilità degli atti processuali.

 

Il capo IVreca, a sua volta, disposizioni in materia di circostanze, recidiva e prescrizione del reato(articoli 7, 8 e 9).

 

Il Capo V interviene, invece, sulla materia delle indagini preliminari e sui riti alternativi (articoli, 10 e 11), mentre il successivo  Capo VI, comprensivo del solo articolo 12, reca disposizioni in materia di misure cautelari.

 

Il Capo VII interviene sulla disciplina della assenza dell'imputato e di rinnovazione del dibattimento (articoli da 13 a 17) e il Capo VIII (articoli da 18 a 20) contiene disposizioni di vario contenuto volta a razionalizzare il processo penale, anche favorendo la definizione, tramite il rito alternativo del “patteggiamento”, dei processi riguardanti reati coperti da indulto ai sensi della legge 31 luglio 2006, n. 241.

 

Il successivo Capo IX del disegno di legge (articoli  21 e 22) detta, poi, una sostanziale revisione del sistema delle sanzioni processuali, mentre il  Capo X (articoli da 23 a 25) contiene, a sua volta, disposizioni sulla pubblicazione delle sentenze e criteri diragguaglio tra pene detentive e pecuniarie.

 

Il Capo XI del disegno di legge, comprensivo degli articoli da 26 a 28 reca disposizioni in materia di sospensione del processo e messa alla prova.

 

Il Capo XII reca, poi, gli ultimi quattro articoli del provvedimento in esame, il primo dei quali relativo alla clausola di invarianza finanziaria (articolo 29) con cui si esclude che dall’applicazione del provvedimento possano derivare nuovo oneri per il bilancio dello Stato. Le ulteriori norme (articoli 30, 31 e 32) recano, invece, disposizioni transitorie e concernenti l'entrata in vigore del provvedimento.

Relazioni allegate

Al disegno di legge in esame sono allegate la relazione illustrativa, la relazione tecnico- finanziaria, l'analisi tecnico-normativa e l'analisi dell'impatto della regolamentazione.


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

Il disegno di legge in esame, come già rilevato, modifica diversi articoli del codice di procedura penale e del codice penale: si giustifica, pertanto, l’utilizzo dello strumento legislativo.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il provvedimento in esame reca disposizioni volte ad accelerare e razionalizzare il processo penale, nonché disposizioni in materia di prescrizione dei reati, recidiva e ragguaglio tra le pene detentive e pene pecuniarie. La base giuridica del provvedimento appare, pertanto, riconducibile all’articolo 117, comma 2, lettera l della Costituzione (Giurisdizione e norme processuali ordinamento civile e penale), materia rientrante nella potestà legislativa esclusiva dello Stato.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Il disegno di legge non presenta aspetti di incompatibilità con l'ordinamento comunitario.

Documenti all’esame delle istituzioni europee
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Il 28 aprile 2004 la Commissione ha presentato la proposta di decisione quadro (COM(2004)328) in materia di determinati diritti processuali in procedimenti penali nel territorio dell’Unione europea.

La proposta mira a stabilire norme minime comuni in materia di:

·       diritto all’assistenza legale (artt. 2-5 relativi a: diritto all’assistenza legale, obbligo per gli Stati membri di fornire l’assistenza legale e di garantirne l’effettività, diritto all’assistenza legale gratuita);

·       diritto di beneficiare gratuitamentedei servizi di interpretazione e di traduzione (artt 6-9 relativi a: diritto all’assistenza gratuita di un interprete, diritto alla traduzione gratuita dei documenti rilevanti, facoltà della traduzione e dell’interpretazione, registrazione del procedimento);

·       diritto ad un’attenzione particolare per persone che, per età, condizioni mentali, fisiche o emotive non possano comprendere o seguire il processo (art. 10-11);

·       diritto alla comunicazione (artt. 12-13 relativi a: diritto di una persona detenuta a prendere contatti con la propria famiglia o con il datore di lavoro, diritto a comunicare con le autorità consolari);

·       diritto all’informazione (art. 14 relativo all’obbligo di informare un indagato dei suoi diritti per iscritto).

Sulla proposta, che segue la procedura di consultazione, il Parlamento europeo ha espresso parere favorevole nella seduta del 12 aprile 2005, proponendo alcuni emendamenti relativi ad aspetti procedurali. Il Consiglio ha proceduto ad un dibattito pubblico sulla proposta da ultimo  nella riunione del 12-13 giugno 2007. Nelle sue conclusioni, il Consiglio ha reso noto di non essere riuscito a pervenire ad un consenso sul fascicolo. La questione discriminante, già emersa nella riunione del 19 aprile 2007, è se sia competenza dell’Unione europea legiferare su procedimenti penali prettamente nazionali (almeno 21 Stati condividono questa posizione[1]) o se la normativa debba incentrarsi su casi transfrontalieri. Il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 ha invitato a proseguire quanto prima i lavori in materia di diritti processuali nei procedimenti penali, al fine di contribuire ad accrescere la fiducia negli ordinamenti giuridici degli altri Stati membri e facilitare così il riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie.

Per quanto riguarda il regime probatorio, il 14 novembre 2003, la Commissione ha presentato la proposta di decisione quadro (COM(2003)688) relativa alla creazione di un mandato europeo di ricerca delle provediretto all'acquisizione di oggetti, documenti e dati da utilizzare a fini probatori nei procedimenti penali. In base al testo della proposta, il mandato europeo di ricerca delle prove è una decisione giudiziaria resa da un’autorità competente di uno Stato membro allo scopo di acquisire oggetti, documenti e dati che si trovano in un altro Stato membro, al fine del loro utilizzo in procedimenti penali o procedimenti avviati da autorità amministrative in relazione a fatti punibili in base al diritto nazionale dello Stato membro di emissione. Gli Stati membri sono tenuti a dare esecuzione al mandato in base al principio del reciproco riconoscimento ed in conformità alle disposizione previste nella proposta di decisione quadro.

La proposta, che segue la procedura di consultazione, è stata esaminata dal Parlamento europeo il 31 marzo 2004. Il Consiglio giustizia e affari interni del 1-2 giugno 2006 ha raggiunto su di essa un orientamento generale, impegnandosi ad esaminare più approfonditamente, al fine di raggiungere un approccio orizzontale, sei categorie di reato (terrorismo, criminalità informatica, razzismo e xenofobia, sabotaggio, racket ed estorsione e truffa), che potrebbero presentare notevoli differenze quanto alla sostanza e all’ambito di applicazione nei vari ordinamenti giuridici nazionali, ostacolando l’effettiva applicazione del mandato di ricerca delle prove. Il Consiglio giustizia e affari interni del 12-13 giugno 2007, nelle sue conclusioni, ha indicato un possibile meccanismo in base al quale, partendo dalla definizione concordata del reato, si stabilisca l’ammissibilità o meno della verifica della doppia incriminabilità. Il Consiglio ha altresì osservato che, proprio dall’attuazione di strumenti quali il mandato d’arresto europeo o il mandato europeo di ricerca delle prove, basati sul principio del reciproco riconoscimento, si potranno ricavare le informazioni necessarie per stabilire se e in che modo intraprendere iniziative specifiche per uno strumento orizzontale relativo alla definizione dei reati.

In materia di misure cautelari, il 4 settembre 2006 la Commissione ha presentato la proposta di decisione quadro (COM(2006)468)relativa all’ordinanza cautelare europea nel corso delle indagini preliminari tra gli Stati membri dell’Unione europea.

L’ordinanza cautelare europea, alla cui istituzione è volta la proposta di decisione quadro, si configura come un provvedimento giudiziario emesso da un’autorità giudiziaria (tribunale, giudice, giudice istruttore, pubblico ministero) di uno Stato membro nei confronti di un indagato ivi non residente, per permettergli di fare ritorno nello Stato membro di residenza a condizione che egli osservi le misure cautelari, al fine di garantire il regolare andamento della giustizia e, in particolare, la comparizione dell’interessato dinanzi al giudice dello Stato di emissione. Gli Stati membri sono tenuti ad eseguire l’ordinanza cautelare europea in base al principio del reciproco riconoscimento e conformemente alle disposizioni a tal fine previste nella proposta di decisione quadro. In base alla proposta, l’ordinanza cautelare europea potrà essere emessa ogni qualvolta sia possibile, ai sensi della legge nazionale dello Stato di emissione, mantenere un indagato in stato di custodia, indipendentemente dal fatto che le soglie previste differiscano o meno da uno Stato membro all’altro. La proposta di decisione quadro non obbliga l’autorità giudiziaria a emettere un’ordinanza cautelare europea, ma conferisce la facoltà di farlo, lasciando alle autorità competenti la scelta discrezionale.

La proposta, che segue la procedura di consultazione, dovrebbe essere esaminata dal Consiglio  nella riunione del 6 dicembre 2007 e dal Parlamento europeo nella seduta del 12 dicembre 2007.

In materia di sospensione condizionale della pena, il 20 aprile 2007 è stata presentata la proposta di decisione quadro (GAI(2007)4) relativa al riconoscimento e alla sorveglianza della sospensione condizionale della pena, delle sanzioni sostitutive e delle condanne condizionali.

Il progetto di decisione quadro intende fissare le norme in base alle quali uno Stato membro (Stato di esecuzione), al fine di favorire il reinserimento sociale della persona condannata nonché di migliorare la protezione delle vittime, sorveglia le misure condizionali imposte sulla base di una sentenza emessa in un altro Stato membro (Stato diemissione) o le sanzioni sostitutive contenute in tale sentenza e prende tutte le altre decisioni in relazione all’esecuzione della sentenza, nella misura in cui ciò sia di sua competenza.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 13 giugno 2007 ha avviato l’esame della proposta pervenendo ad un’interpretazione comune sui seguenti “elementi chiave” della proposta stessa: scopo della decisione quadro, ambito di applicazione, tipo di misure condizionali e sanzioni sostitutive ricadenti nell’ambito della decisione quadro, divisione delle competenze tra Stato di emissione e Stato di esecuzione.

Si ricorda infine che, nell’ambito delle nuove prospettive finanziare 2007-2013, e, in particolare, del programma quadro “Diritti fondamentali e giustizia”[2], il 12 febbraio 2007 è stato adottato il programma specifico “Giustizia penale” (decisione 2007/126/GAI), con dotazione pari a 196,2 milioni di euro per il periodo 2007-2013. Il programma annovera, tra i suoi obiettivi specifici, il sostegno alla cooperazione giudiziaria in materia penale allo scopo di:

·       promuovere il riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie e delle sentenze;

·       accrescere ulteriormente l'introduzione di norme minime relative ad aspetti del diritto processuale penale ai fini della promozione degli aspetti pratici della cooperazione giudiziaria;

·       garantire una corretta amministrazione della giustizia, evitando i conflitti di giurisdizione;

·       migliorare lo scambio di informazioni, in particolare quelle estratte dai casellari giudiziari nazionali, attraverso l'uso di sistemi informatizzati;

·       promuovere i diritti degli imputati e l’assistenza sociale e giudiziaria alle vittime;

·       eliminare gli ostacoli creati dalle disparità esistenti tra i sistemi giudiziari degli Stati membri e promuovere il necessario ravvicinamento del diritto penale sostanziale concernente le forme gravi di criminalità, in particolare quelle con dimensioni transfrontaliere.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

L'articolo 31 del disegno di legge affida ad un apposito regolamento, emanato con decreto del Ministro della giustizia, il compito di disciplinare concretamente le modalità ed i termini di comunicazione, da parte della polizia giudiziaria, dell’ordinanza di sospensione del processo per irreperibilità dell’imputato e del decreto di citazione a giudizio di quest’ultimo, nonchè le successive relative informazioni all’autorità giudiziaria.

Coordinamento con la normativa vigente

Come sopra ricordato il provvedimento è diretto a sostituire e a modificare articoli del codice penale e processuale penale e ad inserirne di nuovi. Il coordinamento con la normativa vigente è quindi operato con la tecnica della “novellazione”.

Collegamento con lavori legislativi in corso

In relazione alla materia oggetto del disegno di legge in esame, si segnala che presso la Commissione giustizia della Camera dei deputati è in corso l'esame in sede referente delle proposte di legge A.C. 323 ed abb., volte ad attuare una riforma complessiva del codice di procedura penale.

In relazione, poi, ai singoli istituti trattati dal provvedimento governativo si fa presente che, con riferimento all'articolo 20 del ddl, volto ad incentivare la definizione dei processi per i reati coperti da indulto ai sensi della legge n. 241 del 2006, attraverso il ricorso al rito alternativo del patteggiamento, è in corso presso la citata Commissione giustizia della Camera, l'esame in sede referente delle proposte di legge A.C. 1792 ed abb., vertenti su identica materia.

Inoltre, in relazione alla materia delle notificazioni, comunicazioni e posta elettronica certificata, oggetto di intervento da parte del ddl in esame, si segnala che una delega al Governo finalizzata alla realizzazione del cd. processo telematico è prevista dall’articolo 7 del disegno di legge del Governo AC 2873, volto all’istituzione del cd. “Ufficio del processo”, attualmente all’esame della Commissione giustizia della Camera.

Impatto sui destinatari delle norme

Come precisato nella analisi dell'impatto della regolamentazione allegata al disegno di legge, l'effetto maggiore del provvedimento governativo in esame riguarda prevalentemente gli uffici giudiziari di ogni ordine e grado, deputati all'applicazione delle nuove norme sostanziali, processuali e di organizzazione del lavoro. Non sono, comunque, previsti per gli uffici interessati ulteriori impegni superiori a quelli già realizzabili con i mezzi e con gli organici normalmente a loro disposizione.

Formulazione del testo

Si rinvia alle singole schede di lettura.


Schede di lettura


Capo I, Disposizioni in materia di competenza

Art. 1.
(Modifiche al codice di procedura penale in materia di competenza).

 


      1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 16, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Rispetto al reato individuato ai sensi del presente comma, per la determinazione del giudice competente si applicano gli articoli 8 e 9»;

          b) l'articolo 21 è sostituito dal seguente:

      «Art. 21. - (Incompetenza). - 1. L'incompetenza è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manchi, entro il termine previsto dall'articolo 491, comma 1. Entro quest'ultimo termine deve essere riproposta l'eccezione di incompetenza respinta nell'udienza preliminare» ;

          c) l'articolo 23 è sostituito dal seguente:

      «Art. 23. - (Incompetenza dichiarata nel dibattimento di primo grado). - 1. Se il giudice del dibattimento ritiene che il processo appartiene alla competenza di altro giudice, dichiara con sentenza la propria incompetenza per qualsiasi causa e ordina la trasmissione degli atti al giudice competente.

      2. L'imputato, entro il termine previsto dall'articolo 491, comma 1, può chiedere al giudice cui sono stati trasmessi gli atti il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena su richiesta delle parti» ;

          d) dopo l'articolo 23 è inserito il seguente:

      «Art. 23-bis. - (Rigetto della questione di competenza). - 1. Se il giudice del dibattimento ritiene che il processo appartiene alla propria competenza rigetta con ordinanza l'eccezione proposta ai sensi dell'articolo 21.

      2. Avverso l'ordinanza di cui al comma 1 può essere proposto ricorso per cassazione nel termine di cui all'articolo 585, comma 1, lettera a); il ricorso non comporta la sospensione del procedimento.

      3. La Corte di cassazione decide in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 611. Se accoglie il ricorso, dispone che gli atti siano trasmessi al giudice che ha pronunciato l'ordinanza impugnata; il giudice provvede ai sensi dell'articolo 23. Se la Corte di cassazione dichiara inammissibile o rigetta il ricorso, la questione di competenza non può più essere rilevata o eccepita, né può costituire oggetto di successiva impugnazione.

      4. Se il ricorso di cui al comma 1 non viene proposto, la questione di competenza non può costituire oggetto di successiva impugnazione»;

          e) l'articolo 24 è abrogato;

          f) l'articolo 25 è sostituito dal seguente:

      «Art. 25. - (Effetti delle decisioni della Corte di cassazione sulla giurisdizione). - 1. La decisione della Corte di cassazione sulla giurisdizione è vincolante nel corso del processo, salvo che risultino nuovi fatti che comportino una diversa qualificazione giuridica del fatto da cui derivi la modificazione della giurisdizione»;

          g) all'articolo 26, il comma 2 è sostituito dal seguente:

      «2. Se le prove di cui al comma 1 hanno contenuto dichiarativo, si applica l'articolo 190-bis»;

          h) l'articolo 33-octies è abrogato;

          i) al libro primo, titolo I, capo VI-bis, dopo l'articolo 33-nonies è aggiunto il seguente:

      «Art. 33-decies. - (Rigetto dell'eccezione relativa alla composizione del giudice). - 1. Se il giudice rigetta l'eccezione proposta ai sensi dell'articolo 33-quinquies, la relativa ordinanza è impugnabile ai sensi dell'articolo 23-bis, comma 2. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 23-bis, commi 3 e 4»;

          l) all'articolo 491, comma 1, le parole: «per territorio o per connessione» sono soppresse;

          m) all'articolo 516, i commi 1-bis e 1-ter sono abrogati;

          n) all'articolo 517, il comma 1-bis è abrogato;

          o) dopo l'articolo 518 è inserito il seguente:

      «Art. 518-bis. - (Questione di competenza in caso di nuove contestazioni). - 1. Nei casi previsti dagli articoli 516 e 517, l'imputato può formulare, a pena di decadenza, l'eccezione di cui all'articolo 21 immediatamente dopo la nuova contestazione, ovvero, nei casi indicati dagli articoli 519, comma 2, e 520, comma 2, prima del compimento di ogni altro atto nella nuova udienza fissata a norma dei medesimi articoli.

      2. Se a seguito della modifica il reato risulta attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica, l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione del giudice è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro il termine indicato dal comma 1.

      3. Se a seguito della modifica risulta un reato per il quale è prevista l'udienza preliminare e questa non si è tenuta, l'inosservanza delle relative disposizioni è eccepita, a pena di decadenza, entro il termine indicato dal comma 1.

      4. Sull'eccezione proposta ai sensi dei commi 1, 2 e 3, il giudice provvede con ordinanza.

      5. Nel caso previsto al comma 1, l'ordinanza che decide sulla relativa eccezione può essere impugnata ai sensi dell'articolo 23-bis, comma 1. Si applicano gli articoli 23, 23-bis e 26.

      6. Nei casi previsti dai commi 2 e 3, l'ordinanza che decide sulla relativa eccezione può essere impugnata ai sensi dell'articolo 33-decies.

      7. Nel caso previsto dall'articolo 518, comma 2, quando l'imputato presta il consenso alla nuova contestazione, l'incompetenza del giudice che procede ovvero l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione del giudice non possono più essere eccepite, né possono formare oggetto di impugnazione».

 


 

 

Il Capo I del disegno di legge in esame, che consta degli artt. 1 e 2, reca disposizioni in tema di competenza.

 

L’articolo 1, in particolare, reca modifiche al codice di procedura penale in materia di competenza.

La lettera a) dell’articolo in esame, in primo luogo, mira a modificare l’articolo 16, comma 1, c.p.p., aggiungendo, nella parte finale del predetto comma, la precisazione in base alla quale rispetto al reato individuato ai sensi del medesimo comma (competenza per territorio determinata da connessione), per la determinazione del giudice competente si applicano le norme di cui agi artt. 8 e 9 c.p.p.

 

Si ricorda che ai sensi dell’art. 16, comma 1, del codice di procedura penale vigente, la competenza per territorio per i procedimenti connessi rispetto ai quali più giudici sono ugualmente competenti per materia, spetta al giudice competente per il reato più grave e, in caso di medesima gravità dei reati, al giudice competente per il primo reato.

Il comma 3 del medesimo art. 16 detta, altresì, i parametri cui attenersi per la determinazione della maggiore gravità: i delitti sono più gravi delle contravvenzioni (criterio qualitativo); nell’ambito interno delle categorie delitti e contravvenzioni, è considerato più grave il reato punito con pena edittale più elevata nel massimo, o, in caso di pari entità dei massimi, nel minimo; in ogni caso, la pena detentiva (reclusione o arresto) è sempre considerata più grave della corrispondente pena pecuniaria (multa o ammenda).

Per quanto interessa, in relazione al d.d.l. de quo, si ricorda che l’art. 8 del c.p.p. detta le regole generali per la determinazione della competenza per territorio, vale a dire la sfera di cognizione del giudice-ufficio determinata ratione loci, che attiene alla distribuzione dei procedimenti tra i diversi uffici giudiziari dello stesso tipo dislocati sul territorio della repubblica in ragione di un rapporto, predeterminato ex lege, tra il reato oggetto del procedimento e la circoscrizione dell’ufficio.

L’articolo 9, invece, determina alcune regole suppletive nel caso la competenza non possa essere determinata a norma del citato art. 8. Il ricorso a tali regole, in ogni caso, è consentito soltanto ove non sia possibile la determinazione della competenza territoriale trovando applicazione, in via sussidiaria, soltanto ove rimanga ignoto il luogo in cui l’azione si è, sia pure parzialmente, verificata dando rilievo all’ubicazione territoriale dell’imputato, o, in mancanza, del P.M. che abbia iscritto, per primo, la notizia di reato (forum praeventionis).

 

La lettera b) tende a sostituire l’articolo 21, in tema di incompetenza, prevedendo che l'incompetenza venga rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare o, in mancanza di questa, entro il termine previsto dall'articolo 491, comma 1, ovvero subito dopo aver compiuto l’accertamento della costituzione delle parti. Entro quest'ultimo termine deve essere riproposta l'eccezione di incompetenza respinta nell'udienza preliminare.

 

Si ha incompetenza qualora il potere decisionale sul procedimento spetti, per ragione di materia, territorio o connessione, ad un diverso ufficio giudiziario appartenente al medesimo ordine.

Nel testo vigente l’art. 21 c.p.p. consente che l'incompetenza per materia venga rilevata, anche di ufficio, in ogni stato e grado del processo, salvo quanto previsto dal comma 3 e dall'articolo 23 comma 2. Ai sensi del secondo comma, invece, l'incompetenza per territorio è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manchi, entro il termine previsto dall'articolo 491 comma 1. Entro quest'ultimo termine deve essere riproposta l'eccezione di incompetenza respinta nell'udienza preliminare. Anche quando l'incompetenza derivi da connessione, questa  è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro i termini previsti dal comma 2.

 

La successiva lettera c) modifica il testo attuale dell’articolo 23 c.p.p., eliminando, al comma 1, il riferimento al primo grado di giudizio in merito al dibattimento nell’ambito del quale il giudice può valutare che il processo appartenga alla competenza di un altro giudice.

 

In merito al comma 1 dell’art. 23, giova segnalare che la Corte Costituzionale è più volte intervenuta (si veda per tutte Corte cost. sent. 15/03/1996, n.70) dichiarando l’illegittimità di tale comma nella parte in cui prevede la trasmissione degli atti al giudice competente anziché al pubblico ministero presso quest’ultimo, quando il giudice del dibattimento dichiara con sentenza la propria incompetenza per territorio.

Su questa specifica questione non interviene il d.d.l. in esame.

 

Con la lettera c), poi, viene interamente sostituito il comma 2 dell’art. 23 prevedendo che l'imputato, entro il termine previsto dall'articolo 491, comma 1 (cfr. supra), abbia facoltà di chiedere al giudice cui sono stati trasmessi gli atti il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena su richiesta delle parti.

 

La novella modifica in toto il vigente testo del comma 2 dell’art. 23 che attualmente dispone che se il reato appartiene alla cognizione di un giudice di competenza inferiore, l'incompetenza è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro il termine stabilito dall'articolo 491 comma 1. Il giudice, se ritiene la propria incompetenza, provvede a norma del comma 1.

 

La lettera d) inserisce nell’impianto attuale del codice di procedura penale, l’articolo 23-bis il quale, sulle questioni connesse al rigetto della questione di competenza, al comma 1, prevede che se il giudice del dibattimento ritiene che il processo appartiene alla propria competenza rigetta con ordinanza l'eccezione proposta ai sensi dell'articolo 21.

Il comma 2 continua stabilendo che avverso l'ordinanza di cui al comma 1 può essere proposto ricorso per cassazione nel termine di cui all'articolo 585, comma 1, lettera a) e che tale  ricorso non comporta la sospensione del procedimento.

Di seguito, il comma 3 dispone che la Corte di cassazione decida in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 611. Se il ricorso viene accolto, gli atti sono trasmessi al giudice che ha pronunciato l'ordinanza impugnata il quale provvede ai sensi dell'articolo 23. Se la Corte di cassazione, al contrario, dichiara inammissibile o rigetta il ricorso, la questione di competenza non può più essere rilevata o eccepita, né può costituire oggetto di successiva impugnazione

 

A tal proposito si ricorda che, ai sensi dell’art. 585, comma 1, c.p.p., il termine per proporre impugnazione di cui sopra è di quindici giorni per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio. Secondo quanto indicato dai giudici delle s.u. della Cassazione, la norma in questione va intesa con riferimento a tutti i provvedimenti diversi dalla sentenza.

 

Da ultimo, il comma 4, con norma di chiusura, stabilisce che se il ricorso di cui al comma 1 non viene proposto, la questione di competenza non può costituire oggetto di successiva impugnazione.

 

La lettera e) dell’articolo in esame intende abrogare l’articolo 24 del c.p.p.

 

L’art. 24 del c.p.p. disciplina le modalità di decisione del giudice di appello in materia di competenza. Quest’ultimo, secondo quanto previsto dal comma 1, si pronuncia sentenza di annullamento e ordina la trasmissione degli atti al giudice di primo grado competente quando riconosce che il giudice di primo grado era incompetente per materia a norma dell'articolo 23 comma 1 ovvero per territorio o per connessione, purché, in tali ultime ipotesi, l'incompetenza sia stata eccepita a norma dell'articolo 21 e l'eccezione sia stata riproposta nei motivi di appello.

In tutti gli altri casi, ai sensi del comma 2, il giudice di appello pronuncia anche nel merito, salvo che si tratti di decisione inappellabile.

 

La lettera f) ha come scopo la sostituzione del testo attuale dell’articolo 25 con lo scopo precipuo di espungere dalla normativa, da esso prevista, la disciplina degli effetti delle decisioni della Suprema Corte sulla competenza.

Ed infatti l’art. 25 viene sostanzialmente riformulato prevedendo che le decisioni della Corte di cassazione sulla sola giurisdizione sono vincolanti nel corso del processo, salvo che risultino nuovi fatti che comportino una diversa qualificazione giuridica del fatto da cui derivi la modificazione della giurisdizione, eliminando gli attuali riferimenti alla competenza del giudice superiore.

 

La lettera g) sostituisce integralmente il comma 2 dell’articolo 26 c.p.p., in tema di prove acquisite da parte di un giudice incompetente, stabilendo che se le prove già acquisite hanno contenuto dichiarativo si applica il disposto di cui all’art. 190-bis.

 

Più specificamente, con l’articolo 190-bis, introdotto dal d.l. 8 giugno 1992, n. 306 conv. In L. 356/1992, il legislatore, al fine di arginare la grave situazione di emergenza venutasi a creare dopo alcune drammatiche stragi di mafia, ha avuto cura di disciplinare i requisiti dei mezzi di prova a fronte di casi particolari. Successivamente la L- 63/2001 (cd. “giusto processo”) ha riscritto integralmente il comma 1 di tale articolo seguendo l’intenzione originaria di introdurre un doppio binario probatorio nei processi per reati di criminalità organizzata.

Appare utile precisare in questa sede che, in ordine alle prove acquisite da un giudice incompetente, in virtù del principio utile per inutile non vitiatur l’incompetenza per territorio non incide sulla validità e sull’efficacia delle risultanza istruttorie innanzi al giudice competente.

Nel caso di incompetenza per materia, invece, vi è utilizzabilità piena unicamente per gli atti e le dichiarazioni aventi carattere irripetibile; a contrario l’utilizzabilità è da considerare limitata ai fini dell’udienza preliminare e, in dibattimento, per le contestazioni ai dichiaranti.

 

La lettera h), invece, abroga l’articolo 33-octies c.p.p. a norma del quale, ai sensi del comma 1, il giudice di appello o la Corte di Cassazione pronunciano sentenza di annullamento, ordinando la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice di primo grado, qualora ritengano sussistere un’inosservanza delle disposizioni sull'attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale in composizione collegiale o monocratica, purché la stessa sia stata tempestivamente eccepita e l'eccezione sia stata riproposta nei motivi di impugnazione.

Il comma 2 aggiunge, inoltre, che il giudice di appello pronuncia tuttavia nel merito se ritiene che il reato appartiene alla cognizione del tribunale in composizione monocratica.

 

L’art. 33-octies, introdotto dal D.Lgs. 51/1998 (art. 170), al comma 1, reca una disciplina che tendenzialmente mira a replicare quella dettata dall’art. 24 c.p.p. in tema di decisione del giudice di appello sulla competenza, con il presupposto della tempestiva eccezione della parte e la sua riproposizione nei motivi di impugnazione dell’inosservanza delle disposizioni sul riparto di attribuzioni.

Il secondo comma dell’articolo in questione prevede che il giudice di appello pronunci nel merito se ritiene i reati di competenza del tribunale in composizione monocratica.

 

Alla lettera i) si prevede l’inserimento di un nuovo articolo 33-decies al libro primo, titolo I, capo VI-bis, c.p.p., con il quale si dispone che se il giudice rigetta l'eccezione proposta ai sensi dell'articolo 33-quinquies, la relativa ordinanza è impugnabile ai sensi dell'articolo 23-bis, comma 2. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 23-bis, commi 3 e 4.

 

Ai sensi dell’articolo 33-quinquies, c.p.p., l'inosservanza delle disposizioni relative all'attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale in composizione collegiale o monocratica e delle disposizioni processuali collegate è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manca, entro il termine previsto dall'articolo 491, comma 1, entro il quale deve essere, altresì, riproposta l'eccezione respinta nell'udienza preliminare.

La relazione illustrativa evidenzia che con le novelle di cui alle lettere h) e i) si dispone “che, conformemente a quanto previsto per le questioni di competenza, anche nel caso di rigetto dell'eccezione relativa alla composizione del giudice ai sensi dell'articolo 33-quinquies sia esperibile unicamente lo strumento del ricorso immediato per cassazione ai sensi dell'articolo 23-bis; le relative questioni, invero, non assurgono propriamente al rango delle questioni di competenza, tanto che il legislatore ha ritenuto di disciplinarle con separato capo del codice di rito e separata regolamentazione. Proprio tale loro minore rilevanza - desunta anche dalla previsione della relativa decisione mediante ordinanza e non con sentenza, come invece accade per le questioni di competenza propriamente dette - impone, allora, di evitare che le eventuali decisioni di rigetto delle stesse risultino impugnabili anche congiuntamente all'impugnazione di merito o di legittimità della relativa sentenza, come non più consentito nemmeno per le questioni di competenza vere e proprie. Si propone, pertanto, l'assimilazione del regime delle eccezioni relative alla composizione del giudice a quelle di competenza”.

 

Con la lettera l), il provvedimento in esame mira a sopprimere le parole “per territorio o per connessione” all’articolo 491, comma 1, c.p.p., il quale prevede attualmente che le questioni concernenti la competenza per territorio o per connessione, le nullità indicate nell'articolo 181 commi 2 e 3, la costituzione di parte civile, la citazione o l'intervento del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e l'intervento degli enti e delle associazioni previsti dall'articolo 91, sono precluse se non sono proposte subito dopo compiuto per la prima volta l'accertamento della costituzione delle parti e sono decise immediatamente.

 

Con la modifica della disciplina dell'articolo 491, conseguente alla soppressione delle parole riferite alla competenza per territorio o per connessione, il d.d.l. in esame estende il riferimento contenuto in tale articolo anche all'incompetenza per materia.

 

La lettera m) e la lettera n)  abrogano rispettivamente i commi 1-bis e 1-ter dell’articolo 516 c.p.p. ed il comma 1-bis dell’articolo 517 c.p.p.

 

Si ricorda che l’art. 516, al comma 1-bis, dispone che se a seguito di modifica dell’imputazione il reato risulta attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica, l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione del giudice è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, immediatamente dopo la nuova contestazione ovvero, nei casi indicati dagli articoli 519 comma 2 e 520 comma 2, prima del compimento di ogni altro atto nella nuova udienza fissata a norma dei medesimi articoli.

Il successivo comma 1-ter aggiunge che se a seguito della modifica risulta un reato per il quale è prevista l'udienza preliminare, e questa non si è tenuta, l'inosservanza delle relative disposizioni è eccepita, a pena di decadenza, entro il termine indicato dal comma 1-bis.

 

Da ultimo, alla lettera o), l’articolo 1 del d.d.l. inserisce nel corpo del codice di procedura penale l’articolo 518-bis al fine di disciplinare più compiutamente le questioni di competenza sorte nell’ambito di nuove contestazioni.

Il comma 1 stabilisce che nei casi previsti dagli articoli 516 e 517, l'imputato possa formulare, a pena di decadenza, l'eccezione di incompetenza immediatamente dopo la nuova contestazione, ovvero, nei casi indicati dagli articoli 519, comma 2, e 520, comma 2, prima del compimento di ogni altro atto nella nuova udienza fissata a norma dei medesimi articoli; in tal caso, l'ordinanza che decide sulla relativa eccezione può essere impugnata ai sensi dell'articolo 23-bis, comma 1. Si applicano, altresì, gli articoli 23, 23-bis e 26 (comma 5).

Ai sensi del comma 2, poi, se a seguito della modifica il reato risulta attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica, l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione del giudice è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro il termine indicato dal comma 1. È, inoltre, previsto al comma 3, che se a seguito della modifica risulta un reato per il quale è prevista l'udienza preliminare e questa non si è tenuta, l'inosservanza delle relative disposizioni è eccepita, a pena di decadenza, entro il termine indicato dal comma 1. Il comma 4 stabilisce che sull'eccezione proposta ai sensi dei commi 1, 2 e 3, il giudice provvede con ordinanza.

Nei casi previsti dai predetti commi 2 e 3, l'ordinanza che decide sulla relativa eccezione può essere impugnata ai sensi dell'articolo 33-decies (comma 6).

Infine, il comma 7, dispone che nel caso previsto dall'articolo 518, comma 2, (in virtù del quale il presidente, qualora ne faccia richiesta il P.M., può autorizzare l’immediata contestazione nella medesima udienza di un fatto nuovo risultante dal dibattimento, col consenso dell’imputato presente e senza pregiudizio per la celerità del procedimento) quando l'imputato presta il consenso alla nuova contestazione, l'incompetenza del giudice che procede ovvero l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione del giudice non possono più essere eccepite, né possono formare oggetto di impugnazione.

 


Art. 2.
(Modifiche alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271).

 


1. Al titolo I, capo II, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, di seguito denominate «norme di attuazione», dopo l'articolo 4-bis è aggiunto il seguente:

      «Art. 4-ter. - (Attività del pubblico ministero a seguito della declaratoria di incompetenza). - 1. Quando viene pronunciata sentenza che dichiara l'incompetenza per territorio, anche determinata da connessione, il fascicolo del pubblico ministero viene trasmesso senza ritardo all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente. Qualora venga proposto ricorso per cassazione, la trasmissione è sospesa fino alla comunicazione della decisione in ordine al ricorso».


 

 

 

L’articolo 2 del disegno di legge, reca modifiche alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale di cui al D.Lgs. 28 luglio 1989, n.271.

Più specificamente, l’articolo in esame prevede che al titolo I, Capo II, delle norme di attuazione, dopo l'articolo 4-bis, venga aggiunto un nuovo articolo 4-tercirca le attività del pubblico ministero a seguito della declaratoria di incompetenza.

Ai sensi del suddetto articolo, composto di un unico comma, una volta pronunciata la sentenza che dichiara l'incompetenza per territorio, anche determinata da connessione, il fascicolo del pubblico ministero viene trasmesso senza ritardo all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente. Qualora venga proposto ricorso per cassazione, la trasmissione è sospesa fino alla comunicazione della decisione in ordine al ricorso.

 

Come evidenziato dalla relazione illustrativa la novità introdotta dall’articolo in esame ha la finalità di evitare che la declaratoria di incompetenza possa determinare un eccessivo ritardo alla celerità del procedimento a causa del tempo intercorso tra la decisione e l'effettiva trasmissione del fascicolo all'ufficio di destinazione.

 

 

 

 


Testo a fronte

 

 

Normativa vigente

A.C. 2664

 

 

Codice di procedura penale

 

 

Art. 16

Competenza per territorio determinata dalla connessione

Art. 16

Competenza per territorio determinata dalla connessione

1. La competenza per territorio per i procedimenti connessi rispetto ai quali più giudici sono ugualmente competenti per materia appartiene al giudice competente per il reato più grave e, in caso di pari gravità, al giudice competente per il primo reato.

1. La competenza per territorio per i procedimenti connessi rispetto ai quali più giudici sono ugualmente competenti per materia appartiene al giudice competente per il reato più grave e, in caso di pari gravità, al giudice competente per il primo reato. Rispetto al reato individuato ai sensi del presente comma, per la determinazione del giudice competente si applicano gli articoli 8 e 9.

2. Nel caso previsto dall'articolo 12 comma 1 lettera a) se le azioni od omissioni sono state commesse in luoghi diversi e se dal fatto è derivata la morte di una persona, è competente il giudice del luogo in cui si è verificato l'evento.

2. Identico.

3. I delitti si considerano più gravi delle contravvenzioni. Fra delitti o fra contravvenzioni si considera più grave il reato per il quale è prevista la pena più elevata nel massimo ovvero, in caso di parità dei massimi, la pena più elevata nel minimo; se sono previste pene detentive e pene pecuniarie, di queste si tiene conto solo in caso di parità delle pene detentive.

3. Identico.

 

 

 

 

Art. 21

Incompetenza

Art. 21

Incompetenza

1. L'incompetenza per materia è rilevata, anche di ufficio, in ogni stato e grado del processo, salvo quanto previsto dal comma 3 e dall'articolo 23 comma 2.

2. L'incompetenza per territorio è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manchi, entro il termine previsto dall'articolo 491 comma 1. Entro quest'ultimo termine deve essere riproposta l'eccezione di incompetenza respinta nell'udienza preliminare.

3. L'incompetenza derivante da connessione è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro i termini previsti dal comma 2.

1. L'incompetenza è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manchi, entro il termine previsto dall'articolo 491, comma 1. Entro quest'ultimo termine deve essere riproposta l'eccezione di incompetenza respinta nell'udienza preliminare.

 

 

 

 

Art. 23

Incompetenza dichiarata nel dibattimento di primo grado

Art. 23

Incompetenza dichiarata nel dibattimento di primo grado

1. Se nel dibattimento di primo grado il giudice ritiene che il processo appartiene alla competenza di altro giudice, dichiara con sentenza la propria incompetenza per qualsiasi causa e ordina la trasmissione degli atti al giudice competente.

1. Se il giudice del dibattimento ritiene che il processo appartiene alla competenza di altro giudice, dichiara con sentenza la propria incompetenza per qualsiasi causa e ordina la trasmissione degli atti al giudice competente.

2. Se il reato appartiene alla cognizione di un giudice di competenza inferiore, l'incompetenza è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro il termine stabilito dall'articolo 491 comma 1. Il giudice, se ritiene la propria incompetenza, provvede a norma del comma 1.

2. L'imputato, entro il termine previsto dall'articolo 491, comma 1, può chiedere al giudice cui sono stati trasmessi gli atti il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena su richiesta delle parti.

 

 

 

 

 

Art. 23-bis

Rigetto della questione di competenza

 

1. Se il giudice del dibattimento ritiene che il processo appartiene alla propria competenza rigetta con ordinanza l'eccezione proposta ai sensi dell'articolo 21.

 

2. Avverso l'ordinanza di cui al comma 1 può essere proposto ricorso per cassazione nel termine di cui all'articolo 585, comma 1, lettera a); il ricorso non comporta la sospensione del procedimento.

 

3. La Corte di cassazione decide in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 611. Se accoglie il ricorso, dispone che gli atti siano trasmessi al giudice che ha pronunciato l'ordinanza impugnata; il giudice provvede ai sensi dell'articolo 23. Se la Corte di cassazione dichiara inammissibile o rigetta il ricorso, la questione di competenza non può più essere rilevata o eccepita, né può costituire oggetto di successiva impugnazione.

 

4. Se il ricorso di cui al comma 1 non viene proposto, la questione di competenza non può costituire oggetto di successiva impugnazione.

 

 

 

 

Art. 24

Decisioni del giudice di appello sulla competenza

 

Abrogato

1. Il giudice di appello pronuncia sentenza di annullamento e ordina la trasmissione degli atti al giudice di primo grado competente quando riconosce che il giudice di primo grado era incompetente per materia a norma dell'articolo 23 comma 1 ovvero per territorio o per connessione, purché, in tali ultime ipotesi, l'incompetenza sia stata eccepita a norma dell'articolo 21 e l'eccezione sia stata riproposta nei motivi di appello.

1. Abrogato.

2. Negli altri casi il giudice di appello pronuncia nel merito, salvo che si tratti di decisione inappellabile.

2. Abrogato.

 

 

 

 

Art. 25

Effetti delle decisioni della corte di cassazione sulla giurisdizione e sulla competenza

Art. 25

Effetti delle decisioni della corte di cassazione sulla giurisdizione

1. La decisione della corte di cassazione sulla giurisdizione o sulla competenza è vincolante nel corso del processo, salvo che risultino nuovi fatti che comportino una diversa definizione giuridica da cui derivi la modificazione della giurisdizione o la competenza di un giudice superiore.

1. La decisione della Corte di cassazione sulla giurisdizione è vincolante nel corso del processo, salvo che risultino nuovi fatti che comportino una diversa qualificazione giuridica del fatto da cui derivi la modificazione della giurisdizione.

 

 

Art. 26

Prove acquisite dal giudice incompetente

Art. 26

Prove acquisite dal giudice incompetente

1. L'inosservanza delle norme sulla competenza non produce l'inefficacia delle prove già acquisite.

1. Identico.

2. Le dichiarazioni rese al giudice incompetente per materia, se ripetibili, sono utilizzabili soltanto nell'udienza preliminare e per le contestazioni a norma degli articoli 500 e 503.

2. Se le prove di cui al comma 1 hanno contenuto dichiarativo, si applica l’articolo 190-bis.

 

 

 

 

Art. 33-octies

Inosservanza dichiarata dal giudice di appello o dalla Corte di Cassazione

 

Abrogato

1. Il giudice di appello o la Corte di Cassazione pronuncia sentenza di annullamento e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice di primo grado quando ritiene l'inosservanza delle disposizioni sull'attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale in composizione collegiale o monocratica, purché la stessa sia stata tempestivamente eccepita e l'eccezione sia stata riproposta nei motivi di impugnazione.

1. Abrogato.

2. Il giudice di appello pronuncia tuttavia nel merito se ritiene che il reato appartiene alla cognizione del tribunale in composizione monocratica.

2. Abrogato.

 

 

 

 

 

Art. 33-decies

Rigetto dell’eccezione relativa alla composizione del giudice

 

1. Se il giudice rigetta l'eccezione proposta ai sensi dell'articolo 33-quinquies, la relativa ordinanza è impugnabile ai sensi dell'articolo 23-bis, comma 2. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 23-bis, commi 3 e 4.

 

 

 

 

Art. 491

Questioni preliminari

Art. 491

Questioni preliminari

1. Le questioni concernenti la competenza per territorio o per connessione, le nullità indicate nell'articolo 181 commi 2 e 3, la costituzione di parte civile, la citazione o l'intervento del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e l'intervento degli enti e delle associazioni previsti dall'articolo 91 sono precluse se non sono proposte subito dopo compiuto per la prima volta l'accertamento della costituzione delle parti e sono decise immediatamente.

1. Le questioni concernenti la competenza, le nullità indicate nell'articolo 181 commi 2 e 3, la costituzione di parte civile, la citazione o l'intervento del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e l'intervento degli enti e delle associazioni previsti dall'articolo 91 sono precluse se non sono proposte subito dopo compiuto per la prima volta l'accertamento della costituzione delle parti e sono decise immediatamente.

2. La disposizione del comma 1 si applica anche alle questioni concernenti il contenuto del fascicolo per il dibattimento e la riunione o la separazione dei giudizi, salvo che la possibilità di proporle sorga soltanto nel corso del dibattimento.

2. Identico.

3. Le questioni preliminari sono discusse dal pubblico ministero e da un difensore per ogni parte privata. La discussione deve essere contenuta nei limiti di tempo strettamente necessari alla illustrazione delle questioni. Non sono ammesse repliche.

3. Identico.

4. Il giudice provvede in merito agli atti che devono essere acquisiti al fascicolo per il dibattimento ovvero eliminati da esso.

4. Identico.

5. Sulle questioni preliminari il giudice decide con ordinanza.

5. Identico.

 

 

 

 

Art. 516

Modifica della imputazione

Art. 516

Modifica della imputazione

1. Se nel corso dell'istruzione dibattimentale il fatto risulta diverso da come è descritto nel decreto che dispone il giudizio, e non appartiene alla competenza di un giudice superiore, il pubblico ministero modifica l'imputazione e procede alla relativa contestazione.

1. Identico.

1-bis. Se a seguito della modifica il reato risulta attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica, l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione del giudice è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, immediatamente dopo la nuova contestazione ovvero, nei casi indicati dagli articoli 519 comma 2 e 520 comma 2, prima del compimento di ogni altro atto nella nuova udienza fissata a norma dei medesimi articoli.

1-bis. Abrogato.

1-ter. Se a seguito della modifica risulta un reato per il quale è prevista l'udienza preliminare, e questa non si è tenuta, l'inosservanza delle relative disposizioni è eccepita, a pena di decadenza, entro il termine indicato dal comma 1-bis.

1-ter. Abrogato.

 

 

 

 

Art. 517

Reato concorrente e circostanze aggravanti risultanti dal dibattimento

Art. 517

Reato concorrente e circostanze aggravanti risultanti dal dibattimento

1. Qualora nel corso dell'istruzione dibattimentale emerga un reato connesso a norma dell'articolo 12 comma 1 lettera b) ovvero una circostanza aggravante e non ve ne sia menzione nel decreto che dispone il giudizio, il pubblico ministero contesta all'imputato il reato o la circostanza, purché la cognizione non appartenga alla competenza di un giudice superiore.

1. Identico.

1-bis. Si applicano le disposizioni previste dall'articolo 516, commi 1-bis e 1-ter.

1-bis. Abrogato.

 

 

 

 

 

Art. 518-bis

Questione di competenza in caso di nuove contestazioni

 

1. Nei casi previsti dagli articoli 516 e 517, l'imputato può formulare, a pena di decadenza, l'eccezione di cui all'articolo 21 immediatamente dopo la nuova contestazione, ovvero, nei casi indicati dagli articoli 519, comma 2, e 520, comma 2, prima del compimento di ogni altro atto nella nuova udienza fissata a norma dei medesimi articoli.

 

2. Se a seguito della modifica il reato risulta attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica, l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione del giudice è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro il termine indicato dal comma 1.

 

3. Se a seguito della modifica risulta un reato per il quale è prevista l'udienza preliminare e questa non si è tenuta, l'inosservanza delle relative disposizioni è eccepita, a pena di decadenza, entro il termine indicato dal comma 1.

 

4. Sull'eccezione proposta ai sensi dei commi 1, 2 e 3, il giudice provvede con ordinanza.

 

5. Nel caso previsto al comma 1, l'ordinanza che decide sulla relativa eccezione può essere impugnata ai sensi dell'articolo 23-bis, comma 1. Si applicano gli articoli 23, 23-bis e 26.

 

6. Nei casi previsti dai commi 2 e 3, l'ordinanza che decide sulla relativa eccezione può essere impugnata ai sensi dell'articolo 33-decies.

 

7. Nel caso previsto dall'articolo 518, comma 2, quando l'imputato presta il consenso alla nuova contestazione, l'incompetenza del giudice che procede ovvero l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione del giudice non possono più essere eccepite, né possono formare oggetto di impugnazione.

 

 

 

 

 

 

Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie
 del codice di procedura penale

 

Art. 4-ter

Attività del pubblico ministero a seguito della declaratoria di incompetenza

 

1. Quando viene pronunciata sentenza che dichiara l'incompetenza per territorio, anche determinata da connessione, il fascicolo del pubblico ministero viene trasmesso senza ritardo all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente. Qualora venga proposto ricorso per cassazione, la trasmissione è sospesa fino alla comunicazione della decisione in ordine al ricorso.


Capo II, Disposizioni in materia di difesa e di notificazioni degli atti del procedimento

Art. 3.
(Modifiche al codice di procedura penale in materia di difesa e di notificazioni degli atti del procedimento).

 


1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 107, comma 2, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, che provvede immediatamente alla nomina di un difensore d'ufficio, salva la nomina di un nuovo difensore di fiducia»;

          b) all'articolo 121, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero per posta elettronica certificata»;

          c) all'articolo 148, il comma 2 è sostituito dal seguente:

      «2. Il giudice può disporre che le notificazioni ai detenuti siano eseguite dalla polizia penitenziaria; in tal caso le notificazioni sono eseguite con l'osservanza delle norme del presente titolo»;

          d) all'articolo 148, il comma 2-bis è sostituito dal seguente:

      «2-bis. Le notificazioni e gli avvisi ai difensori sono eseguiti a mezzo di posta elettronica certificata. A tale fine il difensore indica, all'atto del deposito della nomina o, ove non vi abbia già provveduto, nel primo scritto difensivo, l'indirizzo di posta elettronica certificata presso cui dichiara di voler ricevere notificazioni o avvisi. Analoga indicazione è contenuta nell'albo redatto dal consiglio dell'Ordine degli avvocati in cui il difensore è iscritto. In caso di impossibilità di eseguire la notificazione nel modo previsto dal primo periodo, le notificazioni e gli avvisi ai difensori possono essere eseguiti con altri mezzi tecnici idonei. In tale caso, l'ufficio che invia l'atto attesta in calce ad esso che il testo trasmesso è conforme all'originale»;

          e) all'articolo 150, comma 1, le parole: «Quando lo consigliano circostanze particolari,» sono soppresse;

          f) all'articolo 151, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero, quando concrete e motivate ragioni lo impongano, dalla sezione di polizia giudiziaria»;

          g) all'articolo 152, comma 1, le parole: «possono essere sostituite» sono sostituite dalle seguenti: «sono sostituite»;

          h) all'articolo 157, il comma 8-bis è sostituito dal seguente:

      «8-bis. Salvo che la legge disponga altrimenti, le notificazioni successive sono eseguite, in caso di nomina di difensore di fiducia ai sensi dell'articolo 96, mediante consegna di copia dell'atto al difensore. Il difensore può dichiarare all'autorità che procede di non accettare la notificazione solo nel caso di rinuncia al mandato difensivo. Il presente comma si applica anche alle comunicazioni di atti e agli avvisi»;

          i) all'articolo 157 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «8-ter. In tutti i casi in cui la notificazione alla persona sottoposta alle indagini deve essere eseguita presso il difensore di fiducia, può essere effettuata mediante posta elettronica certificata, ai sensi dell'articolo 148, comma 2-bis»;

          l) l'articolo 159 è sostituito dal seguente:

      «Art. 159. - (Notificazioni all'imputato in caso di irreperibilità). - 1. Se non è possibile eseguire le notificazioni nei modi previsti dall'articolo 157, l'ufficiale giudiziario procede, anche consultando i competenti uffici pubblici, a nuove ricerche dell'imputato presso l'amministrazione penitenziaria centrale, i luoghi di nascita, residenza anagrafica, domicilio, dimora e lavoro, e procede d'ufficio alla nuova notificazione; l'ufficiale giudiziario procedente può incaricare della notificazione l'ufficiale giudiziario competente per territorio.

      2. In caso di esito negativo delle ricerche eseguite ai sensi del comma 1, l'autorità giudiziaria emette decreto di irreperibilità con il quale, dopo avere nominato un difensore all'imputato che ne è privo, ordina che la notificazione sia eseguita mediante consegna di unica copia dell'atto al difensore. L'autorità giudiziaria può rinnovare, ove assolutamente necessario, le ricerche tramite la polizia giudiziaria.

      3. Le notificazioni eseguite ai sensi dei commi 1 e 2 sono valide ad ogni effetto. L'irreperibile è rappresentato dal difensore»;

          m) all'articolo 161, il primo periodo del comma 4 è sostituito dal seguente: «Nei casi di cui ai commi 1 e 2, quando l'ufficiale giudiziario accerta l'impossibilità di eseguire la notifica dell'atto all'imputato presso il domicilio dichiarato o eletto ovvero presso il domicilio determinato, procede alla notificazione dello stesso mediante consegna di unica copia al difensore, dando atto, nella relazione di cui all'articolo 168, dell'omessa notificazione presso il domicilio dichiarato, eletto o determinato»;

          n) all'articolo 170, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «3-bis. Non possono essere eseguite col mezzo degli uffici postali nei confronti degli imputati le notificazioni delle sentenze, dei decreti penali e dei relativi estratti».


 

 

 

Il Capo II, composto dagli artt. 3-5, prevede una serie di modifiche al codice di procedura penale relative alle disposizioni in materia di difesa e di notificazioni degli atti del procedimento.

 

 

L’articolo 3, in primo luogo, al comma 1, lettera a), incide sul testo vigente dell’articolo 107, comma 2, c.p.p., stabilendo che la non accettazione dell’incarico da parte del difensore ha effetto dal momento in cui è comunicata all'autorità procedente, che provvede immediatamente alla nomina di un difensore d’ufficio, salva la nomina di un nuovo difensore di fiducia.

 

In sostanza la lettera a) in questione introduce al comma 2 dell'articolo 107 nuove disposizioni, secondo le quali, in caso di rinuncia del difensore al mandato, l'autorità giudiziaria provvede immediatamente alla nomina di un difensore d'ufficio, salva la nomina di un nuovo difensore di fiducia.

Tale disposizione, come messo in luce dalla relazione, va posta in correlazione con la modifica apportata, dalla successiva lettera h) (cfr. infra) all'articolo 157, comma 8-bis, secondo cui, salva l'ipotesi in cui la legge non disponga altrimenti (atti che l'imputato debba ricevere «personalmente»), le notificazioni successive sono eseguite, in caso di nomina di difensore di fiducia ai sensi dell'articolo 96, mediante consegna di copia dell'atto al difensore. Il difensore può dichiarare all'autorità che procede di non accettare la notificazione solo nel caso di rinuncia al mandato difensivo.

 

Alla lettera b), si prevede una modifica dell’articolo 121, comma 1, c.p.p. con l’aggiunta, in fine, delle parole “ovvero per posta elettronica certificata”.

 

In seguito alla modifica sopra evidenziata, quindi, per quanto riguarda le memorie e le richieste su istanza delle parti, ex art. 121 comma 1, in ogni stato e grado del procedimento le medesime e i difensori potranno presentare al giudice memorie o richieste scritte, mediante deposito nella cancelleria ovvero per posta elettronica certificata.

 

La lettera c), sostituisce interamente il comma 2 dell’articolo 148 c.p.p. con la conseguenza che il  giudice avrà facoltà di  disporre che le notificazioni ai detenuti siano eseguite dalla polizia penitenziaria, con l'osservanza delle norme del titolo V.

 

Di seguito, la lettera d), sostituisce del tutto il comma 2-bis del medesimo articolo 148 il quale, ad oggi, si limita a prevedere che l'autorità giudiziaria può disporre che le notificazioni o gli avvisi ai difensori siano eseguiti con mezzi tecnici idonei.

Con la modifica de qua, notificazioni e avvisi ai difensori potranno essere eseguiti a mezzo di posta elettronica certificata. A tale fine il difensore indica, all'atto del deposito della nomina o, ove non vi abbia già provveduto, nel primo scritto difensivo, l'indirizzo di posta elettronica certificata presso cui dichiara di voler ricevere notificazioni o avvisi. Analoga indicazione è contenuta nell'albo redatto dal consiglio dell'Ordine degli avvocati in cui il difensore è iscritto. In caso di impossibilità di eseguire la notificazione nel modo previsto dal primo periodo, le notificazioni e gli avvisi ai difensori possono essere eseguiti con altri mezzi tecnici idonei. In tale caso, l'ufficio che invia l'atto attesta in calce ad esso che il testo trasmesso è conforme all'originale.

 

La lettera e) dell’articolo in discussione sopprime dal testo dell’articolo 150, comma 1, c.p.p. le parole di apertura “Quando lo consigliano circostanze particolari”; il testo derivante da tale abrogazione resta sostanzialmente identico prevedendo che il giudice può prescrivere, anche di ufficio, con decreto motivato in calce all'atto, che la notificazione a persona diversa dall'imputato sia eseguita mediante l'impiego di mezzi tecnici che garantiscano la conoscenza dell'atto.

 

La lettera f), nel riformulare l’articolo 151, opera un’aggiunta nella parte finale del comma 1, in conseguenza della quale le notificazioni di atti del pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari sono eseguite dall'ufficiale giudiziario, ovvero dalla polizia giudiziaria nei soli casi di atti di indagine o provvedimenti che la stessa polizia giudiziaria è delegata a compiere o è tenuta ad eseguire, ovvero, quando concrete e motivate ragioni lo impongano, dalla sezione di polizia giudiziaria

 

La lettera g) introduce una rilevante modifica dell’articolo 152 c.p.p. disponendo che, salvo che la legge disponga altrimenti, le notificazioni richieste dalle parti private sono sempre sostituite dall'invio di copia dell'atto effettuata dal difensore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Al contrario, la vigente formulazione dell’art. 152 c.p.p., pur prevedendo tale modalità di notificazione, la contempla in via meramente facoltativa.

 

La lettera h) dispone l’intera sostituzione del disposto di cui al comma 8-bis dell’articolo 157 c.p.p., concernente la prima notificazione all’imputato non detenuto.

Secondo la nuova formulazione, salvo che la legge disponga altrimenti, le notificazioni successive sono eseguite, in caso di nomina di difensore di fiducia ai sensi dell'articolo 96, mediante consegna di copia dell'atto al difensore. Il difensore può dichiarare all'autorità che procede di non accettare la notificazione solo nel caso di rinuncia al mandato difensivo. Il presente comma si applica anche alle comunicazioni di atti e agli avvisi.

La successiva lettera i) aggiunge, in fine, un comma 8-ter al medesimo articolo 157 a norma del quale in tutti i casi in cui la notificazione alla persona sottoposta alle indagini deve essere eseguita presso il difensore di fiducia, può essere effettuata mediante posta elettronica certificata, ai sensi dell'articolo 148, comma 2-bis.

 

La lettera l) è volto a sostituire il testo dell’art. 159 c.p.p., in materia di notificazioni all’imputato in caso di irreperibilità, in coerenza con il duplice obiettivo di accelerare i tempi del procedimento e di introdurre meccanismi di riqualificazione del personale.

Pertanto, al comma 1 del citato articolo 159 si dispone che qualora non sia possibile eseguire le notificazioni nei modi previsti dall’articolo 157 c.p.p., l'ufficiale giudiziario procede, anche consultando i competenti uffici pubblici, a nuove ricerche dell'imputato presso l'amministrazione penitenziaria centrale, i luoghi di nascita, residenza anagrafica, domicilio, dimora e lavoro, e procede d'ufficio alla nuova notificazione; l'ufficiale giudiziario procedente può incaricare della notificazione l'ufficiale giudiziario competente per territorio.

Il comma 2 prevede che in caso di esito negativo delle ricerche eseguite ai sensi del comma 1, l'autorità giudiziaria emette decreto di irreperibilità con il quale, dopo avere nominato un difensore all'imputato che ne è privo, ordina che la notificazione sia eseguita mediante consegna di unica copia dell'atto al difensore. L'autorità giudiziaria stessa può rinnovare, ove assolutamente necessario, le ricerche tramite la polizia giudiziaria.

In conclusione il comma 3, nel riprodurre il testo del vigente comma 2, dispone che le notificazioni eseguite ai sensi dei commi 1 e 2 sono valide ad ogni effetto e che, ad ogni buon conto, l'irreperibile è rappresentato dal difensore.

 

Alla lettera m) si prevede la sostituzione del primo periodo del comma 4 dell’art. 161 c.p.p. statuendo che nei casi di cui ai commi 1 e 2, quando l’ufficiale giudiziario accerta l’impossibilità di eseguire la notifica dell’atto impugnato presso il domicilio dichiarato o eletto ovvero presso il domicilio determinato, procede alla notificazione dello stesso mediante consegna di unica copia al difensore, dando atto, nella relazione di cui all’articolo 168, dell’omessa notificazione presso il domicilio dichiarato, eletto o determinato.

 

Si ricorda che l’art. 161 c.p.p., al comma 1, dispone che il giudice, il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, nel primo atto compiuto con l'intervento della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato non detenuto né internato, lo invitano a dichiarare uno dei luoghi indicati nell'articolo 157 comma 1 ovvero a eleggere domicilio per le notificazioni, avvertendolo che, nella sua qualità di persona sottoposta alle indagini o di imputato, ha l'obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in mancanza di tale comunicazione o nel caso di rifiuto di dichiarare o eleggere domicilio, le notificazioni verranno eseguite mediante consegna al difensore. Della dichiarazione o della elezione di domicilio, ovvero del rifiuto di compierla, è fatta menzione nel verbale.

Il comma 2 del medesimo articolo stabilisce che, fuori del caso previsto dal comma 1, l'invito a dichiarare o eleggere domicilio è formulato con l'informazione di garanzia o con il primo atto notificato per disposizione dell'autorità giudiziaria. L'imputato è avvertito che deve comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in caso di mancanza, di insufficienza o di inidoneità della dichiarazione o della elezione, le successive notificazioni verranno eseguite nel luogo in cui l'atto è stato notificato.

Con il sistema della dichiarazione, elezione o determinazione del domicilio il legislatore ha voluto ridurre il dispendio di tempo e l’incertezza che le ricerche per la notificazione, volta per volta, avrebbero potuto introdurre nel procedimento. La norma in esame mira a limitare le ricerche da parte dell’organo notificatore al solo luogo indicato, eletto o determinato come domicilio. La dichiarazione o l’elezione, infatti, va fatta dall’imputato a seguito di invito dell’autorità giudiziaria procedente proprio in occasione del primo “contatto” con il procedimento. L’imputato è, così, obbligato, a seguito della dichiarazione o elezione, a comunicare ogni mutamento del domicilio o, in mancanza o rifiuto di comunicare tali variazioni, le notificazioni verranno effettuate presso il difensore.

 

La relazione illustrativa pone in rilievo che “la lettera m) apporta all'articolo 161 un modesto adattamento, che recepisce il contributo univoco della giurisprudenza di legittimità, chiarendo alcuni aspetti dubbi della disposizione”.

 

In merito alle notificazioni effettuate attraverso il servizio postale, la lettera n), da ultimo, aggiunge un nuovo comma 3-bis all’articolo 170 c.p.p. con il quale si stabilisce che non possono essere eseguite col mezzo degli uffici postali nei confronti degli imputati le notificazioni delle sentenze, dei decreti penali e dei relativi estratti.

 

La relazione illustrativa evidenzia che la modifica in esame è principalmente diretta a rendere quanto più effettiva possibile la conoscenza da parte dell'imputato del processo celebrato nei suoi confronti.

 

 

 

 


Art. 4.
(Modifiche all'articolo 1 della legge 20 novembre 1982, n. 890).

 


1. All'articolo 1, primo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) le parole: «civile, amministrativa e penale» sono sostituite dalle seguenti: «civile e amministrativa»;

          b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In materia penale, l'ufficiale giudiziario può avvalersi del servizio postale esclusivamente nei casi indicati dall'articolo 170 del codice di procedura penale».


 

 

L’articolo 4 del disegno di legge in esame reca modifiche all’articolo 1, comma 1, della legge 20 novembre 1982, n. 890.

La lettera a) apporta modificazioni al predetto comma 1 dell’art. 1 sostanzialmente attraverso l’eliminazione del riferimento alla materia penale in merito alla quale l'ufficiale giudiziario non può più avvalersi del servizio postale per la notificazione degli atti.

Pertanto, l’organo notificatore, limitatamente alla materia civile ed amministrativa, può avvalersi del servizio postale per la notificazione degli atti, salvo che l'autorità giudiziaria disponga o la parte richieda che la notificazione sia eseguita personalmente.

La successiva lettera b) aggiunge, allo stesso comma 1, il periodo in virtù del quale, in materia penale, l’ufficiale giudiziario può avvalersi del servizio postale esclusivamente nei casi indicati dall’articolo 170 del codice di procedura penale.

 

 

 


Art. 5.
(Modifiche alle norme di attuazione).

 


1. Alle norme di attuazione sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 30, il comma 3 è abrogato;

          b) all'articolo 42 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «1-bis. In tutti i casi di richiesta ad altra autorità giudiziaria di emissione di atti del procedimento, la minuta della richiesta e degli atti su cui essa si fonda sono trasmesse, ove tecnicamente possibile, anche su supporto informatico o per via telematica»;

          c) dopo l'articolo 54 è inserito il seguente:

      «Art. 54-bis. - (Documentazione delle attività di ricerca dell'imputato da parte dell'ufficiale giudiziario). - 1. Quando l'ufficiale giudiziario procede a ricerche dell'imputato ai sensi dell'articolo 159 del codice, redige verbale delle ricerche compiute, indicando i luoghi, le persone e gli enti interpellati. Al verbale deve essere allegata copia di tutta la documentazione fornita da tali persone o enti.

      2. Quando incarica della notificazione l'ufficiale giudiziario competente per territorio, l'ufficiale giudiziario trasmette allo stesso copia di tutta la documentazione utile al reperimento dell'imputato»;

          d) all'articolo 64, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

      «1-bis. Le comunicazioni di atti per posta elettronica tra uffici giudiziari si eseguono presso l'indirizzo di posta elettronica certificata che ciascun ufficio predispone nel rispetto della relativa normativa.

I dirigenti degli uffici giudiziari incaricano un ausiliario di ricevere, inviare e smistare le comunicazioni per posta elettronica»;

          e) all'articolo 100, comma 1, dopo le parole: «in originale o in copia,» sono inserite le seguenti: «anche mediante supporto informatico o in via telematica, ove ciò risulti possibile,».


 

 

 

L’articolo 5 modifica in più parti le norme di attuazione del codice di procedure penale in materia di difesa e comunicazioni degli atti del procedimento.

Il comma 1, lettera a), in primo luogo, mira ad abrogare il comma 3 dell’articolo 30 disciplinante le comunicazioni dirette al difensore d’ufficio.

 

Più specificamente si ricorda che il comma 3 che s’intende abrogare prevede che nel caso previsto dall'articolo 97, comma 5, c.p.p., il difensore di ufficio che si trova nell'impossibilità di adempiere l'incarico e non ha nominato un sostituto deve avvisare immediatamente l'autorità giudiziaria, indicandone le ragioni, affinché si provveda alla sostituzione.

In particolare, il suddetto comma 5 dell’art. 97 c.p.p. prevede che il difensore nominato d’ufficio ha l’obbligo di prestare il patrocinio e possa essere sostituito solo per giustificato motivo.

 

Alla lettera b) il disegno di legge in esame intende aggiungere, nella parte finale dell’articolo 42, il comma 1-bis relativamente alla trasmissione a distanza di copie di atti, stabilendo che in tutti i casi di richiesta ad altra autorità giudiziaria di emissione di atti del procedimento, la minuta della richiesta e degli atti su cui essa si fonda sono trasmesse, ove tecnicamente possibile, anche su supporto informatico o per via telematica.

 

La lettera c) reca il testo di un nuovo articolo 54-bis relativo alla documentazione delle attività di ricerca dell’imputato da parte dell’ufficiale giudiziario il quale, quando procede a ricerche dell'imputato ai sensi dell'articolo 159 del codice, redige verbale delle ricerche compiute, indicando i luoghi, le persone e gli enti interpellati. Al verbale, continua il comma 1, deve essere poi allegata copia di tutta la documentazione fornita da tali persone o enti.

Il secondo comma dell’art. 54-bis ha, altresì, cura di specificare normativamente che l'ufficiale giudiziario, quando incarica della notificazione l'ufficiale giudiziario competente per territorio, trasmette allo stesso copia di tutta la documentazione utile al reperimento dell'imputato.

 

Con la lettera d) si inserisce il comma 1-bis nel testo dell’articolo 64 con lo scopo di disciplinare ulteriormente le comunicazioni di atti per posta elettronica tra uffici giudiziari stabilendo che quest’ultime si eseguono presso l'indirizzo di posta elettronica certificata che ciascun ufficio predispone nel rispetto della relativa normativa.

Spetterà poi ai dirigenti degli uffici giudiziari incaricare un ausiliario di ricevere, inviare e smistare le comunicazioni per posta elettronica.

 

L’articolo in esame, alla lettera e), infine, mira ad apportare una modifica riferita all’articolo 100, comma 1, inserendo, anche in questo caso, un riferimento normativo all’utilizzo di supporto informatico o per via telematica qualora ciò risulti possibili.

Conseguentemente il testo risultante dal suddetto inserimento prevede che quando sia impugnato un provvedimento concernente la libertà personale, la cancelleria o la segreteria dell'autorità giudiziaria procedente trasmette, in originale o in copia, anche mediante supporto informatico o in via telematica, ove ciò risulti possibile, al giudice competente gli atti necessari per decidere sull'impugnazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare e, comunque, entro il giorno successivo alla ricezione dell'avviso della proposizione dell'impugnazione previsto dagli articoli 309, 310 e 311 del codice.

 

 


Testo a fronte

 

Normativa vigente

A.C. 2664

 

 

Codice di procedura penale

 

 

Art. 107

Non accettazione, rinuncia o revoca del difensore

Art. 107

Non accettazione, rinuncia o revoca del difensore

1. Il difensore che non accetta l'incarico conferitogli o vi rinuncia ne dà subito comunicazione all'autorità procedente e a chi lo ha nominato.

1. Identico.

2. La non accettazione ha effetto dal momento in cui è comunicata all'autorità procedente.

2. La non accettazione ha effetto dal momento in cui è comunicata all'autorità procedente, che provvede immediatamente alla nomina di un difensore d’ufficio, salva la nomina di un nuovo difensore di fiducia.

3. La rinuncia non ha effetto finché la parte non risulti assistita da un nuovo difensore di fiducia o da un difensore di ufficio e non sia decorso il termine eventualmente concesso a norma dell'articolo 108.

3. Identico.

4. La disposizione del comma 3 si applica anche nel caso di revoca.

4. Identico.

 

 

 

 

Art. 121

Memorie e richieste delle parti

Art. 121

Memorie e richieste delle parti

1. In ogni stato e grado del procedimento le parti e i difensori possono presentare al giudice memorie o richieste scritte, mediante deposito nella cancelleria.

1. In ogni stato e grado del procedimento le parti e i difensori possono presentare al giudice memorie o richieste scritte, mediante deposito nella cancelleria ovvero per posta elettronica certificata.

2. Sulle richieste ritualmente formulate il giudice provvede senza ritardo e comunque, salve specifiche disposizioni di legge, entro quindici giorni.

2. Identico.

 

 

 

 

TITOLO V - Notificazioni

TITOLO V - Notificazioni

Art. 148

Organi e forme delle notificazioni

Art. 148

Organi e forme delle notificazioni

1. Le notificazioni degli atti, salvo che la legge disponga altrimenti, sono eseguite dell'ufficiale giudiziario o da chi ne esercita le funzioni.

1. Identico.

2. Nei procedimenti con detenuti ed in quelli davanti al tribunale del riesame il giudice può disporre che, in caso di urgenza, le notificazioni siano eseguite dalla Polizia penitenziaria del luogo in cui i destinatari sono detenuti, con l'osservanza delle norme del presente titolo.

2. Il giudice può disporre che le notificazioni ai detenuti siano eseguite dalla polizia penitenziaria; in tal caso le notificazioni sono eseguite con l'osservanza delle norme del presente titolo.

2-bis. L'autorità giudiziaria può disporre che le notificazioni o gli avvisi ai difensori siano eseguiti con mezzi tecnici idonei. L'ufficio che invia l'atto attesta in calce ad esso di aver trasmesso il testo originale.

2-bis. Le notificazioni e gli avvisi ai difensori sono eseguiti a mezzo di posta elettronica certificata. A tale fine il difensore indica, all'atto del deposito della nomina o, ove non vi abbia già provveduto, nel primo scritto difensivo, l'indirizzo di posta elettronica certificata presso cui dichiara di voler ricevere notificazioni o avvisi. Analoga indicazione è contenuta nell'albo redatto dal consiglio dell'Ordine degli avvocati in cui il difensore è iscritto. In caso di impossibilità di eseguire la notificazione nel modo previsto dal primo periodo, le notificazioni e gli avvisi ai difensori possono essere eseguiti con altri mezzi tecnici idonei. In tale caso, l'ufficio che invia l'atto attesta in calce ad esso che il testo trasmesso è conforme all'originale.

3. L'atto è notificato per intero, salvo che la legge disponga altrimenti, di regola mediante consegna di copia al destinatario oppure, se ciò non è possibile, alle persone indicate nel presente titolo. Quando la notifica non può essere eseguita in mani proprie del destinatario, l'ufficiale giudiziario o la polizia giudiziaria consegnano la copia dell'atto da notificare, fatta eccezione per il caso di notificazione al difensore o al domiciliatario, dopo averla inserita in busta che provvedono a sigillare trascrivendovi il numero cronologico della notificazione e dandone atto nella relazione in calce all'originale e alla copia dell'atto.

3. Identico.

4. La consegna di copia dell'atto all'interessato da parte della cancelleria ha valore di notificazione. Il pubblico ufficiale addetto annota sull'originale dell'atto la eseguita consegna e la data in cui questa è avvenuta.

4. Identico.

5. La lettura dei provvedimenti alle persone presenti e gli avvisi che sono dati dal giudice verbalmente agli interessati in loro presenza sostituiscono le notificazioni, purché ne sia fatta menzione nel verbale.

5. Identico.

5-bis. Le comunicazioni, gli avvisi ed ogni altro biglietto o invito consegnati non in busta chiusa a persona diversa dal destinatario recano le indicazione strettamente necessarie.

5-bis. Identico.

 

 

 

 

Art. 150

Forme particolari di notificazione disposte dal giudice

Art. 150

Forme particolari di notificazione disposte dal giudice

1. Quando lo consigliano circostanze particolari, il giudice può prescrivere, anche di ufficio, con decreto motivato in calce all'atto, che la notificazione a persona diversa dall'imputato sia eseguita mediante l'impiego di mezzi tecnici che garantiscano la conoscenza dell'atto.

1. Il giudice può prescrivere, anche di ufficio, con decreto motivato in calce all'atto, che la notificazione a persona diversa dall'imputato sia eseguita mediante l'impiego di mezzi tecnici che garantiscano la conoscenza dell'atto.

2. Nel decreto sono indicate le modalità necessarie per portare l'atto a conoscenza del destinatario.

2. Identico.

 

 

 

 

Art. 151

Notificazioni richieste dal pubblico ministero

Art. 151

Notificazioni richieste dal pubblico ministero

1. Le notificazioni di atti del pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari sono eseguite dall'ufficiale giudiziario, ovvero dalla polizia giudiziaria nei soli casi di atti di indagine o provvedimenti che la stessa polizia giudiziaria è delegata a compiere o è tenuta ad eseguire.

1. Le notificazioni di atti del pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari sono eseguite dall'ufficiale giudiziario, ovvero dalla polizia giudiziaria nei soli casi di atti di indagine o provvedimenti che la stessa polizia giudiziaria è delegata a compiere o è tenuta ad eseguire, ovvero, quando concrete e motivate ragioni lo impongano, dalla sezione di polizia giudiziaria.

2. La consegna di copia dell'atto all'interessato da parte della segreteria ha valore di notificazione. Il pubblico ufficiale addetto annota sull'originale dell'atto la eseguita consegna e la data in cui questa è avvenuta.

2. Identico.

3. La lettura dei provvedimenti alle persone presenti e gli avvisi che sono dati dal pubblico ministero verbalmente agli interessati in loro presenza sostituiscono le notificazioni, purché ne sia fatta menzione nel verbale.

3. Identico.

 

 

 

 

Art. 152

Notificazioni richieste dalle parti private

Art. 152

Notificazioni richieste dalle parti private

1. Salvo che la legge disponga altrimenti, le notificazioni richieste dalle parti private possono essere sostituite dall'invio di copia dell'atto effettuata dal difensore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

1. Salvo che la legge disponga altrimenti, le notificazioni richieste dalle parti private sono sostituite dall'invio di copia dell'atto effettuata dal difensore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

 

 

 

 

Art. 157

Prima notificazione all'imputato non detenuto

Art. 157

Prima notificazione all'imputato non detenuto

1. Salvo quanto previsto dagli articoli 161 e 162, la prima notificazione all'imputato non detenuto è eseguita mediante consegna di copia alla persona. Se non è possibile consegnare personalmente la copia, la notificazione è eseguita nella casa di abitazione o nel luogo in cui l'imputato esercita abitualmente l'attività lavorativa, mediante consegna a una persona che conviva anche temporaneamente o, in mancanza, al portiere o a chi ne fa le veci.

1. Identico.

2. Qualora i luoghi indicati nel comma 1 non siano conosciuti, la notificazione è eseguita nel luogo dove l'imputato ha temporanea dimora o recapito, mediante consegna a una delle predette persone.

2. Identico.

3. Il portiere o chi ne fa le veci sottoscrive l'originale dell'atto notificato e l'ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Gli effetti della notificazione decorrono dal ricevimento della raccomandata.

3. Identico.

4. La copia non può essere consegnata a persona minore degli anni quattordici o in stato di manifesta incapacità di intendere o di volere.

4. Identico.

5. L'autorità giudiziaria dispone la rinnovazione della notificazione quando la copia è stata consegnata alla persona offesa dal reato e risulta o appare probabile che l'imputato non abbia avuto effettiva conoscenza dell'atto notificato.

5. Identico.

6. La consegna alla persona convivente, al portiere o a chi ne fa le veci è effettuata in plico chiuso e la relazione di notificazione è effettuata nei modi previsti dall'articolo 148, comma 3.

6. Identico.

7. Se le persone indicate nel comma 1 mancano o non sono idonee o si rifiutano di ricevere la copia, si procede nuovamente alla ricerca dell'imputato, tornando nei luoghi indicati nei commi 1 e 2.

7. Identico.

8. Se neppure in tal modo è possibile eseguire la notificazione, l'atto è depositato nella casa del comune dove l'imputato ha l'abitazione, o, in mancanza di questa, del comune dove egli esercita abitualmente la sua attività lavorativa. Avviso del deposito stesso è affisso alla porta della casa di abitazione dell'imputato ovvero alla porta del luogo dove egli abitualmente esercita la sua attività lavorativa. L'ufficiale giudiziario dà inoltre comunicazione all'imputato dell'avvenuto deposito a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Gli effetti della notificazione decorrono dal ricevimento della raccomandata.

8. Identico.

8-bis. Le notificazioni successive sono eseguite, in caso di nomina di difensore di fiducia ai sensi dell'articolo 96, mediante consegna ai difensori. Il difensore può dichiarare immediatamente all'autorità che procede di non accettare la notificazione. Per le modalità della notificazione si applicano anche le disposizioni previste dall'articolo 148, comma 2-bis.

8-bis. Salvo che la legge disponga altrimenti, le notificazioni successive sono eseguite, in caso di nomina di difensore di fiducia ai sensi dell'articolo 96, mediante consegna di copia dell'atto al difensore. Il difensore può dichiarare all'autorità che procede di non accettare la notificazione solo nel caso di rinuncia al mandato difensivo. Il presente comma si applica anche alle comunicazioni di atti e agli avvisi.

 

8-ter. In tutti i casi in cui la notificazione alla persona sottoposta alle indagini deve essere eseguita presso il difensore di fiducia, può essere effettuata mediante posta elettronica certificata, ai sensi dell'articolo 148, comma 2-bis.

 

 

 

 

Art. 159

Notificazioni all'imputato in caso di irreperibilità

Art. 159

Notificazioni all'imputato in caso di irreperibilità

1. Se non è possibile eseguire le notificazioni nei modi previsti dall'articolo 157, l'autorità giudiziaria dispone nuove ricerche dell'imputato, particolarmente nel luogo di nascita, dell'ultima residenza anagrafica, dell'ultima dimora, in quello dove egli abitualmente esercita la sua attività lavorativa e presso l'amministrazione carceraria centrale. Qualora le ricerche non diano esito positivo, l'autorità giudiziaria emette decreto di irreperibilità con il quale, dopo avere designato un difensore all'imputato che ne sia privo, ordina che la notificazione sia eseguita mediante consegna di copia al difensore.

1. Se non è possibile eseguire le notificazioni nei modi previsti dall'articolo 157, l'ufficiale giudiziario procede, anche consultando i competenti uffici pubblici, a nuove ricerche dell'imputato presso l'amministrazione penitenziaria centrale, i luoghi di nascita, residenza anagrafica, domicilio, dimora e lavoro, e procede d'ufficio alla nuova notificazione; l'ufficiale giudiziario procedente può incaricare della notificazione l'ufficiale giudiziario competente per territorio.

 

2. Le notificazioni in tal modo eseguite sono valide a ogni effetto. L'irreperibile è rappresentato dal difensore.

2. In caso di esito negativo delle ricerche eseguite ai sensi del comma 1, l'autorità giudiziaria emette decreto di irreperibilità con il quale, dopo avere nominato un difensore all'imputato che ne è privo, ordina che la notificazione sia eseguita mediante consegna di unica copia dell'atto al difensore. L'autorità giudiziaria può rinnovare, ove assolutamente necessario, le ricerche tramite la polizia giudiziaria.

 

3. Le notificazioni eseguite ai sensi dei commi 1 e 2 sono valide ad ogni effetto. L'irreperibile è rappresentato dal difensore

 

 

Art. 161

Domicilio dichiarato, eletto o determinato per le notificazioni

Art. 161

Domicilio dichiarato, eletto o determinato per le notificazioni

1. Il giudice, il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, nel primo atto compiuto con l'intervento della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato non detenuto né internato, lo invitano a dichiarare uno dei luoghi indicati nell'articolo 157 comma 1 ovvero a eleggere domicilio per le notificazioni, avvertendolo che, nella sua qualità di persona sottoposta alle indagini o di imputato, ha l'obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in mancanza di tale comunicazione o nel caso di rifiuto di dichiarare o eleggere domicilio, le notificazioni verranno eseguite mediante consegna al difensore. Della dichiarazione o della elezione di domicilio, ovvero del rifiuto di compierla, è fatta menzione nel verbale.

1. Identico.

2. Fuori del caso previsto dal comma 1, l'invito a dichiarare o eleggere domicilio è formulato con l'informazione di garanzia o con il primo atto notificato per disposizione dell'autorità giudiziaria. L'imputato è avvertito che deve comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in caso di mancanza, di insufficienza o di inidoneità della dichiarazione o della elezione, le successive notificazioni verranno eseguite nel luogo in cui l'atto è stato notificato.

2. Identico.

3. L'imputato detenuto che deve essere scarcerato per causa diversa dal proscioglimento definitivo e l'imputato che deve essere dimesso da un istituto per l'esecuzione di misure di sicurezza, all'atto della scarcerazione o della dimissione ha l'obbligo di fare la dichiarazione o l'elezione di domicilio con atto ricevuto a verbale dal direttore dell'istituto. Questi lo avverte a norma del comma 1, iscrive la dichiarazione o elezione nell'apposito registro e trasmette immediatamente il verbale all'autorità che ha disposto la scarcerazione o la dimissione.

3. Identico.

4. Se la notificazione nel domicilio determinato a norma del comma 2 diviene impossibile, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore. Nello stesso modo si procede quando, nei casi previsti dai commi 1 e 3, la dichiarazione o l'elezione di domicilio mancano o sono insufficienti o inidonee. Tuttavia, quando risulta che, per caso fortuito o forza maggiore, l'imputato non è stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto, si applicano le disposizioni degli articoli 157 e 159.

4. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, quando l’ufficiale giudiziario accerta l’impossibilità di eseguire la notifica dell’atto impugnato presso il domicilio dichiarato o eletto ovvero presso il domicilio determinato, procede alla notificazione dello stesso mediante consegna di unica copia al difensore, dando atto, nella relazione di cui all’articolo 168, dell’omessa notificazione presso il domicilio dichiarato, eletto o determinato. Nello stesso modo si procede quando, nei casi previsti dai commi 1 e 3, la dichiarazione o l'elezione di domicilio mancano o sono insufficienti o inidonee. Tuttavia, quando risulta che, per caso fortuito o forza maggiore, l'imputato non è stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto, si applicano le disposizioni degli articoli 157 e 159.

 

 

 

 

Art. 170

Notificazioni col mezzo della posta

Art. 170

Notificazioni col mezzo della posta

1. Le notificazioni possono essere eseguite anche col mezzo degli uffici postali, nei modi stabiliti dalle relative norme speciali.

1. Identico.

2. E' valida la notificazione anche se eseguita col mezzo di un ufficio postale diverso da quello a cui inizialmente fu diretto il piego.

2. Identico.

3. Qualora l'ufficio postale restituisca il piego per irreperibilità del destinatario, l'ufficiale giudiziario provvede alle notificazioni nei modi ordinari.

3. Identico.

 

3-bis. Non possono essere eseguite col mezzo degli uffici postali nei confronti degli imputati le notificazioni delle sentenze, dei decreti penali e dei relativi estratti.

 

 

 

 

L. 20 novembre 1982, n. 890

Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari

 

 

Art. 1

Art. 1

1. In materia civile, amministrativa e penale, l'ufficiale giudiziario può avvalersi del servizio postale per la notificazione degli atti, salvo che l'autorità giudiziaria disponga o la parte richieda che la notificazione sia eseguita personalmente.

1. In materia civile e amministrativa, l'ufficiale giudiziario può avvalersi del servizio postale per la notificazione degli atti, salvo che l'autorità giudiziaria disponga o la parte richieda che la notificazione sia eseguita personalmente. In materia penale, l’ufficiale giudiziario può avvalersi del servizio postale esclusivamente nei casi indicati dall’articolo 170 del codice di procedura penale.

2. L'ufficiale giudiziario deve avvalersi del servizio postale per la notificazione degli atti in materia civile ed amministrativa da eseguirsi fuori del comune ove ha sede l'ufficio, eccetto che la parte chieda che la notificazione sia eseguita di persona.

2. Identico.

 

 

 

 

Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale

 

 

Art. 30

Comunicazione al difensore di ufficio

Art. 30

Comunicazione al difensore di ufficio

1. Al difensore di ufficio è data comunicazione della individuazione effettuata a norma dell'articolo 97 comma 3 del codice.

1. Identico.

2. Allo stesso modo è comunicata la designazione al sostituto nei casi previsti dall'articolo 97 comma 4 del codice.

2. Identico.

3. Nel caso previsto dall'articolo 97 comma 5 del codice, il difensore di ufficio che si trova nell'impossibilità di adempiere l'incarico e non ha nominato un sostituto deve avvisare immediatamente l'autorità giudiziaria, indicandone le ragioni, affinché si provveda alla sostituzione.

3. Abrogato.

 

 

 

 

Art. 42

Trasmissione a distanza di copia di atti

Art. 42

Trasmissione a distanza di copia di atti

1. Il rilascio di copie di atti del procedimento, nei casi previsti dalla legge, può avvenire mediante la trasmissione a distanza con mezzi tecnici idonei, previo accertamento della legittimazione del richiedente. In tal caso l'ufficio presso il quale l'atto si trova attesta, in calce ad esso, di aver trasmesso il testo originale.

1. Identico.

 

1-bis. In tutti i casi di richiesta ad altra autorità giudiziaria di emissione di atti del procedimento, la minuta della richiesta e degli atti su cui essa si fonda sono trasmesse, ove tecnicamente possibile, anche su supporto informatico o per via telematica.

 

 

 

 

 

Art. 54-bis

Documentazione delle attività di ricerca dell’imputato da parte dell’ufficiale giudiziario

 

1. Quando l'ufficiale giudiziario procede a ricerche dell'imputato ai sensi dell'articolo 159 del codice, redige verbale delle ricerche compiute, indicando i luoghi, le persone e gli enti interpellati. Al verbale deve essere allegata copia di tutta la documentazione fornita da tali persone o enti.

2. Quando incarica della notificazione l'ufficiale giudiziario competente per territorio, l'ufficiale giudiziario trasmette allo stesso copia di tutta la documentazione utile al reperimento dell'imputato.

 

 

 

 

Art. 64

Comunicazione di atti

Art. 64

Comunicazione di atti

1. La comunicazione di atti del giudice ad altro giudice si esegue mediante trasmissione di copia dell'atto con lettera raccomandata con avviso di ricevimento ovvero mediante consegna al personale di cancelleria, che ne rilascia ricevuta su apposito registro custodito presso la cancelleria del giudice che ha emesso l'atto.

1. Identico.

 

1-bis. Le comunicazioni di atti per posta elettronica tra uffici giudiziari si eseguono presso l'indirizzo di posta elettronica certificata che ciascun ufficio predispone nel rispetto della relativa normativa. I dirigenti degli uffici giudiziari incaricano un ausiliario di ricevere, inviare e smistare le comunicazioni per posta elettronica.

2. La comunicazione di atti dal giudice al pubblico ministero, che ha sede diversa da quella del giudice, si esegue mediante trasmissione di copia dell'atto con lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

2. Identico.

3. In caso di urgenza o quando l'atto contiene disposizioni concernenti la libertà personale, la comunicazione è eseguita col mezzo più celere nelle forme previste dagli articoli 149 e 150 del codice ovvero è eseguita dalla polizia giudiziaria mediante consegna di copia dell'atto presso la cancelleria o la segreteria. In questo ultimo caso, la polizia redige verbale, copia del quale è trasmessa al giudice che ha emesso l'atto.

3. Identico.

4. Ai fini delle comunicazioni previste dai commi precedenti, la copia può essere trasmessa con mezzi tecnici idonei, quando il funzionario di cancelleria del giudice che ha emesso l'atto attesta, in calce ad esso, di aver trasmesso il testo originale.

4. Identico.

 

 

 

 

Art. 100

Trasmissione degli atti in caso di impugnazione

Art. 100

Trasmissione degli atti in caso di impugnazione

1. Quando è impugnato un provvedimento concernente la libertà personale, la cancelleria o la segreteria dell'autorità giudiziaria procedente trasmette, in originale o in copia, al giudice competente gli atti necessari per decidere sull'impugnazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare e, comunque, entro il giorno successivo alla ricezione dell'avviso della proposizione dell'impugnazione previsto dagli articoli 309, 310 e 311 del codice.

1. Quando è impugnato un provvedimento concernente la libertà personale, la cancelleria o la segreteria dell'autorità giudiziaria procedente trasmette, in originale o in copia, anche mediante supporto informatico o in via telematica, ove ciò risulti possibile, al giudice competente gli atti necessari per decidere sull'impugnazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare e, comunque, entro il giorno successivo alla ricezione dell'avviso della proposizione dell'impugnazione previsto dagli articoli 309, 310 e 311 del codice.


Capo III, Disposizioni in materia di inutilizzabilità di atti processuali

Art. 6.
(Modifica all'articolo 191 del codice di procedura penale in materia di inutilizzabilità di atti processuali).

 


1. All'articolo 191, comma 1, del codice di procedura penale, dopo le parole: «dalla legge» sono inserite le seguenti: «a garanzia di diritti costituzionalmente tutelati».


 

 

Il ddl in esame, al Capo III, contiene l’articolo 6 diretto a modificare l’art. 191 del codice di procedura penale in materia di inutilizzabilità degli atti processuali.

 

Come messo in luce dalla relazione illustrativa, il disegno di legge in esame intende perseguire una definizione più puntuale della categoria dell'inutilizzabilità, anche alla luce dei più consolidati orientamenti giurisprudenziali.

 

Con la modifica suddetta, il comma 1 dell’art. 191 c.p.p. mira a stabilire che le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge a garanzia di diritti costituzionalmente tutelati non possono essere utilizzate.

 

Giova ricordare che l’inutilizzabilità di un atto consiste nella sua inidoneità ad essere usato a fini probatori. Con ciò, pertanto, si vuole far riferimento ad una tipica e generale sanzione processuale che colpisce gli atti a contenuto probatorio acquisiti in violazione dei divieti stabiliti dalla legge.

La norma ricavabile dall’art. 191 c.p.p. mira, quindi, a riaffermare il principio di legalità della prova in virtù del quale solo le prove acquisite in modo conforme alle previsioni di legge possono essere utilizzate ai fini della corretta formazione del convincimento del giudice.

 

 

 


Testo a fronte

 

Normativa vigente

A.C. 2664

 

 

Codice di procedura penale

 

 

 

Art. 191

Prove illegittimamente acquisite

Art. 191

Prove illegittimamente acquisite

1. Le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate.

1. Le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge a garanzia di diritti costituzionalmente tutelati non possono essere utilizzate.

2. L'inutilizzabilità è rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento.

2. Identico.

 


Capo IV
Disposizioni in materia di circostanze, recidiva e prescrizione del reato

 

Art. 7.
(Modifiche al codice penale in materia di circostanze, recidiva, prescrizione del reato).

 


1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 62-bis, il secondo comma è abrogato;

          b) all'articolo 69, quarto comma, le parole: «, esclusi i casi previsti dall'articolo 99, quarto comma, nonché dagli articoli 111 e 112, primo comma, numero 4), per cui vi è divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti,» sono soppresse;

          c) all'articolo 81, il quarto comma è abrogato;

          d) l'articolo 99 è sostituito dal seguente:

      «Art. 99. - (Recidiva). - Nei confronti del soggetto che, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, nei cinque anni successivi alla sentenza irrevocabile commette un delitto della stessa indole, in caso di successiva condanna il giudice applica un aumento fino a un quarto della pena da infliggere per il nuovo reato. Nei confronti del soggetto condannato per taluno dei delitti indicati all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, il termine di cui al periodo precedente è di dieci anni.

      La pena può essere aumentata fino alla metà se il recidivo commette un altro delitto della stessa indole nei dieci anni successivi all'ultimo dei precedenti delitti che hanno determinato la recidiva di cui al primo comma. L'aumento non può essere inferiore a un terzo quando la nuova condanna viene pronunciata per taluno dei delitti indicati all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale»;

          e) l'articolo 157 è sostituito dal seguente:

      «Art. 157. - (Prescrizione. Tempo necessario a prescrivere). - La prescrizione estingue il reato con il decorso di un tempo pari al massimo della pena edittalmente prevista aumentato della metà.

      Il tempo necessario a prescrivere non può comunque:

          1) essere inferiore a sei anni per i delitti e a quattro anni per le contravvenzioni, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria;

          2) essere superiore a venti anni. Per i delitti indicati all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale, il termine è di trenta anni.

      Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell'aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le circostanze ad effetto speciale e per quelle per le quali la legge determina la pena in modo autonomo.

      Quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e la pena pecuniaria, per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva.

      Quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, nonché per le sanzioni applicate dal giudice di pace diverse da quella pecuniaria, si applica il termine di sei anni.

      La prescrizione non estingue i reati per i quali la legge prevede la pena dell'ergastolo, anche come effetto dell'applicazione di circostanze aggravanti.

      La prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall'imputato»;

          f) all'articolo 158, primo comma, dopo la parola: «permanente» sono inserite le seguenti: «o continuato» e dopo la parola: «permanenza» sono inserite le seguenti: «o la continuazione»;

          g) all'articolo 159, primo comma, dopo il numero 3) sono aggiunti i seguenti:

      «3-bis) presentazione di dichiarazione di ricusazione ai sensi dell'articolo 38 del codice di procedura penale, dalla data della presentazione della stessa fino a quella della comunicazione al giudice procedente del provvedimento che dichiara l'inammissibilità della medesima;

      3-ter) concessione di termine a difesa in caso di rinuncia, revoca, incompatibilità e abbandono della difesa, per un periodo corrispondente al termine concesso;

      3-quater) sospensione del processo disposta ai sensi dell'articolo 484-bis del codice di procedura penale;

      3-quinquies) sospensione del processo con messa alla prova, dalla data dell'accoglimento dell'istanza; in caso di revoca dell'ammissione o di esito negativo della prova, la prescrizione riprende a decorrere dalla relativa ordinanza;

      3-sexies) richiesta di estradizione di un imputato dall'estero, per tutto il tempo decorrente dalla relativa richiesta fino all'effettiva estradizione»;

          h) all'articolo 160 sono apportate le seguenti modificazioni:

              1) al secondo comma, dopo le parole: «davanti al pubblico ministero» sono inserite le seguenti: «o alla polizia giudiziaria da questo delegata»; dopo le parole: «sulla richiesta di archiviazione,» sono inserite le seguenti: «l'avviso di conclusione delle indagini preliminari,»; dopo le parole: «rinvio a giudizio» sono inserite le seguenti: «o di emissione del decreto penale di condanna»;

              2) il terzo comma è sostituito dal seguente:

      «La prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere dal giorno dell'interruzione. Se più sono gli atti interruttivi, la prescrizione decorre dall'ultimo di essi. Salvo che per i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, i termini stabiliti dall'articolo 157, primo e secondo comma, non possono essere prolungati oltre la metà. In ogni caso, non possono essere superati i termini stabiliti dal medesimo articolo 157, secondo comma, numero 2)»;

              3) dopo il terzo comma sono aggiunti i seguenti:

      «La prescrizione del reato interrotta dalla sentenza di condanna non comincia nuovamente a decorrere nel caso in cui il ricorso per cassazione presentato avverso la predetta sentenza sia dichiarato inammissibile.

      La prescrizione non comincia nuovamente a decorrere, altresì, nel caso in cui sia presentato ricorso per cassazione avverso una sentenza pronunciata in grado di appello che abbia confermato la sentenza di condanna di primo grado ovvero abbia riformato la stessa limitatamente alla specie o alla misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione tra circostanze. La disposizione di cui al presente comma non si applica in caso di accoglimento del ricorso.»;

          i) all'articolo 161, il secondo comma è sostituito dal seguente:

      «Quando per più reati connessi si procede congiuntamente, la sospensione o l'interruzione della prescrizione per taluno di essi ha effetto anche per gli altri».


 

 

Il capo IVreca disposizioni in materia di circostanze, recidiva e prescrizione del reato (artt. 7-9).

 

Come evidenziato dalla relazione illustrativa, in tema di recidiva la disciplina proposta prima di tutto si propone di superare il meccanismo del cosiddetto “doppio binario”, introdotto con la legge 5 dicembre 2005, n. 251, tra “recidivi” e delinquenti “primari”. Si ricorda infatti che la legge in questione ha introdotto una serie di rilevanti modifiche al sistema penale, incidendo sul regime delle attenuanti, della sospensione condizionale della pena, sull'importanza della recidiva anche per il godimento di benefìci penitenziari, sull'istituto della prescrizione dei reati, sulle modalità di adozione dei criteri di dosimetria della pena, in modo da rendere il “recidivo reiterato” destinatario non solo di pene assai più elevate, ma anche di periodi prescrizionali più lunghi e di un trattamento penitenziario molto più severo.

Contemporaneamente, si intende eliminare gli effetti negativi derivanti dalla riduzione degli spazi di discrezionalità del giudice, sostituiti in molti casi - concessione delle attenuanti, giudizio di bilanciamento delle circostanze, aggravamenti di pena per recidiva, applicazione di benefìci penitenziari - da automatismi che, come precisato nella relazione illustrativa, “ingessano” la valutazione in merito alla gravità del fatto e alla personalità dell'imputato.

 

In primo luogo, l’articolo 7, alla lettera a), intende, innanzitutto, abrogare il secondo comma dell’art. 62-bis c.p., relativo alle circostanze attenuanti generiche, il quale attualmente dispone che, ai fini dell'applicazione del primo comma non si tiene conto dei criteri di cui all'articolo 133, primo comma, numero 3), e secondo comma, nei casi previsti dall'articolo 99, quarto comma, in relazione ai delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nel caso in cui siano puniti con la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni.

 

Il comma 1 dell’art. 62-bis stabilisce che il giudice, indipendentemente dalle circostanze previste nell'articolo 62, può prendere in considerazione altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Esse sono considerate in ogni caso, ai fini dell'applicazione di questo capo, come una sola circostanza, la quale può anche concorrere con una o più delle circostanze indicate nel predetto articolo 62.

 

Con riferimento al concorso tra circostanze attenuanti e aggravanti, la lettera b) va ad incidere sul contenuto normativo di cui all’articolo 69, quarto comma, del codice penale, attraverso la soppressione di un inciso in conseguenza della quale la nuova disciplina imporrebbe l’applicazione delle disposizioni del presente articolo anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole ed a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato.

 

La lettera c) mira ad abrogare il quarto comma dell’articolo 81 c.p. il quale, si ricorda, disciplina l’ipotesi del concorso formale e la fattispecie del reato continuato.

Più specificamente, il quarto comma prevede che, fermi restando i limiti indicati al terzo comma, se i reati in concorso formale o in continuazione con quello più grave sono commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto comma, l'aumento della quantità di pena non può essere comunque inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave.

 

In tema di recidiva, la lettera d) dell’articolo 7 sostituisce integralmente la norma di cui all’art. 99 c.p.

Secondo la riformulazione in esame, al comma 1 si prevede che nei confronti del soggetto che, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, nei cinque anni successivi alla sentenza irrevocabile commette un delitto della stessa indole, in caso di successiva condanna il giudice applica un aumento fino a un quarto della pena da infliggere per il nuovo reato. Nei confronti del soggetto condannato per taluno dei delitti indicati all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, il termine di cui al periodo precedente è di dieci anni.

Il comma 2 del testo riformulato statuisce che la pena può essere aumentata fino alla metà se il recidivo commette un altro delitto della stessa indole nei dieci anni successivi all'ultimo dei precedenti delitti che hanno determinato la recidiva di cui al primo comma. L'aumento non può essere inferiore a un terzo quando la nuova condanna viene pronunciata per taluno dei delitti indicati all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale.

 

Le lettere da e) ad i) sono volte invece ad introdurre una nuova disciplina dell’istituto della prescrizione.

 

Come messo in evidenza dalla relazione illustrativa, il secondo ambito di intervento del capo IV del provvedimento in esame è appunto quello della ridefinizione dell'istituto della prescrizione. Tale istituto costituisce un limite temporale che lo Stato si dà preventivamente e per legge, per quanto riguarda l'esercizio della sua pretesa punitiva contro l'incolpato di un reato, sulla base di un duplice ordine di motivazioni: da una parte, il progressivo venir meno del ricordo del delitto nella memoria sociale (aspetto più prettamente general-preventivo), dall'altro, la sofferenza dell'incolpato a fronte di un processo potenzialmente interminabile, con il rischio concreto che venga condannata una persona “diversa” rispetto a quella che ha commesso il fatto. L'istituto della prescrizione è stato radicalmente riformato dalla legge n. 251 del 2005, a seguito della quale la Corte costituzionale è stata investita di numerose questioni di legittimità, la prima delle quali, decisa il 23 ottobre 2006 (sentenza n. 393 del 2006), ha già condotto a stabilire l'illegittimità dell'articolo 10, comma 3, della legge, per la parte in cui la norma prevedeva che i nuovi termini di prescrizione non si applicassero ai processi già pendenti in primo grado ove vi fosse stata la dichiarazione di apertura del dibattimento. La relazione illustrativa pone quindi in rilievo che, seguendo la linea guida del principio costituzionale della durata ragionevole del processo, il provvedimento in esame reca norme che da un lato sono volte a disincentivare condotte dilatorie, dall'altro modificano gli istituti vigenti i quali, allo stato, determinano inutili appesantimenti procedurali, quali innumerevoli reiterazioni delle notifiche di atti, rinvii, ecc.

 

Per quanto concerne la tematica della prescrizione, in primo luogo la lettera e) sostituisce il testo dell’articolo 157 c.p., prevedendo, al comma 1, che la prescrizione estingue il reato con il decorso di un tempo pari al massimo della pena edittalmente prevista aumentato della metà.

Al comma 2 dell’articolo 159 viene specificato che il tempo necessario a prescrivere il reato non può comunque essere inferiore a sei anni per i delitti e a quattro anni per le contravvenzioni, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria. Inoltre il tempo necessario a prescrivere non può comunque essere superiore a venti anni, tuttavia per i delitti indicati all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale, il termine è di trenta anni.

Stabilisce il comma 3 che per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell'aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le circostanze ad effetto speciale e per quelle per le quali la legge determina la pena in modo autonomo.

Il comma 4 dispone che quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e la pena pecuniaria, per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva.

Ai sensi del successivo comma 5 quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, nonché per le sanzioni applicate dal giudice di pace diverse da quella pecuniaria, si applica il termine di sei anni.

Secondo quanto disposto dal comma 6 La prescrizione non estingue i reati per i quali la legge prevede la pena dell'ergastolo, anche come effetto dell'applicazione di circostanze aggravanti.

Da ultimo il comma 7 prevede che la prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall'imputato.

 

In merito alla decorrenza del termine della prescrizione, la lettera f) opera delle modifiche relativamente al primo comma dell’art. 158, c.p., di modo che il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l'attività del colpevole; per il reato permanente o continuato dal giorno in cui è cessata la permanenza o la continuazione.

 

La lettera g) dell’articolo in esame modifica l’articolo 159, primo comma, c.p., relativo alle cause di sospensione del corso della prescrizione.

 

Si ricorda che ai sensi del primo comma dell’art.159 c.p., il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare norma di legge, oltre che nei casi di:

§         autorizzazione a procedere;

§         deferimento della questione ad altro giudizio;

§         sospensione del procedimento o del processo penale per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori ovvero su richiesta dell'imputato o del suo difensore.

 

In sostanza, con le modifiche in esame, al primo comma dell’articolo 159 vengono aggiunti ulteriori casi in cui il corso della prescrizione viene sospeso. In particolare, il corso della prescrizione rimane sospeso anche nelle ipotesi di:

§         presentazione di dichiarazione di ricusazione ai sensi dell'articolo 38 c.p.p., dalla data della presentazione della stessa fino a quella della comunicazione al giudice procedente del provvedimento che dichiara l'inammissibilità della medesima (n. 3-bis));

§         concessione di termine a difesa in caso di rinuncia, revoca, incompatibilità e abbandono della difesa, per un periodo corrispondente al termine concesso (n. 3-ter));

§         sospensione del processo disposta ai sensi dell'articolo 484-bis del codice di procedura penale (n. 3-quater));

§         sospensione del processo con messa alla prova, dalla data dell'accoglimento dell'istanza; in caso di revoca dell'ammissione o di esito negativo della prova, la prescrizione riprende a decorrere dalla relativa ordinanza (n. 3-quinquies));

§         richiesta di estradizione di un imputato dall'estero, per tutto il tempo decorrente dalla relativa richiesta fino all'effettiva estradizione (n. 3-sexies)).

 

Come evidenziato dalla relazione illustrativa, con le modifiche in esame sostanzialmente sono state incluse tra le cause di sospensione del corso della prescrizione tutte le ipotesi di “stasi processuali” riconducibili ad attività dell'imputato.

 

Con riferimento all’interruzione della prescrizione, la lettera h) dell’articolo in esame mira ad apportare alcune modificazioni sostanziali all’articolo 160 c.p. attribuendo rilievo all'interrogatorio delegato dal pubblico ministero e all'avviso di conclusione delle indagini preliminari.

Fermo restando che il corso della prescrizione è interrotto dalla sentenza di condanna o dal decreto di condanna (art. 160, comma 1, c.p.), il comma 2 dell’art. 160 viene integrato in più punti prevedendo, in primo luogo, che la prescrizione s’interrompa pure con l’interrogatorio reso dinanzi alla polizia giudiziaria in tal senso delegata dal pubblico ministero nonché  dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari, e  con la richiesta di rinvio a giudizio o di emissione del decreto penale di condanna.

Al comma 3, la lettera in esame incide sulla possibilità di un prolungamento eccessivo dei termini di prescrizione. Come è noto la prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere dal giorno dell'interruzione. Se più sono gli atti interruttivi, la prescrizione decorre dall'ultimo di essi. Salvo che per i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, i termini stabiliti dall'articolo 157, primo e secondo comma, non possono essere prolungati oltre la metà. In ogni caso, non possono essere superati i termini stabiliti dal medesimo articolo 157, secondo comma, numero 2).

La novella introduce successivamente un nuovo comma 3-bis ai sensi del quale la prescrizione del reato interrotta dalla sentenza di condanna non comincia nuovamente a decorrere nel caso in cui il ricorso per cassazione presentato avverso la predetta sentenza sia dichiarato inammissibile.

Oltre a quest’ultimo, il disegno di legge prevede, al comma 3-ter, che la prescrizione non comincia nuovamente a decorrere, altresì, nel caso in cui sia presentato ricorso per cassazione avverso una sentenza, pronunciata in grado di appello, di conferma della sentenza di condanna di primo grado ovvero di riforma della stessa limitatamente alla specie o alla misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione tra circostanze. Tale disposizione, conclude il comma in questione, non si applica in caso di accoglimento del ricorso.

 

Da ultimo, la lettera i) dell’articolo in esame mira a sostituire il testo del comma 2 dell’art. 161 c.p. relativo agli effetti della sospensione e della interruzione della prescrizione, stabilendo che quando per più reati connessi si procede congiuntamente, la sospensione o l'interruzione della prescrizione per taluno di essi ha effetto anche per gli altri.


Art. 8.
(Modifiche al codice di procedura penale in materia di recidiva e di prescrizione del reato).

 


1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 108, comma 2, le parole: «o la prescrizione del reato» sono soppresse;

          b) all'articolo 175, dopo il comma 2-bis è inserito il seguente:

      «2-ter. Nel caso previsto al comma 2, la prescrizione del reato non decorre»;

          c) all'articolo 656, comma 9, la lettera c) è abrogata;

          d) all'articolo 671, il comma 2-bis è abrogato.


 

 

L’articolo 8 reca modifiche al c.p.p. in materia di recidiva e di prescrizione del reato.

La lettera a) elimina, all’articolo 108 c.p.p., comma 2, il riferimento alla prescrizione del reato.

 

Si ricorda che l’articolo 108 c.p.p. dispone che, qualora si verifichi una rinuncia, una revoca, una incompatibilità o un abbandono del difensore, il nuovo difensore dell’imputato ha diritto ad un congruo termine, non inferiore a sette giorni, per prendere cognizione degli atti ed informarsi sul procedimento (comma 1).

Tuttavia il termine concesso al nuovo difensore può essere di durata inferiore (ma comunque almeno pari a 24 ore):

§         in caso di consenso dell’imputato o del difensore;

§         in presenza di particolari esigenze processuali che possono determinare la scarcerazione dell’imputato o la prescrizione del reato.

 

Con la modifica di cui alla lettera a) si sopprime quindi la possibilità di concedere un termine inferiore a quello previsto dal comma 1 dell’articolo 108 c.p.p. (sette giorni) nel caso di esigenze processuali legate ad una possibile prescrizione del reato.

 

La lettera b) reca modifiche all’articolo 175 c.p.p., che disciplina i casi di restituzione nel termine, introducendo il comma 2-ter.

 

Si ricorda che l’articolo 175 c.p.p., prevede la possibilità per il pubblico ministero, le parti private e i difensori di essere restituiti nel termine stabilito a pena di decadenza nel caso in cui provano di non averlo potuto osservare per caso fortuito o per forza maggiore (comma 1).

Inoltre, se è stata pronunciata sentenza contumaciale o decreto penale di condanna l’imputato è restituito nel termine per proporre l’impugnazione od opposizione, a meno che il medesimo abbia avuto abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o della decisione e abbia volontariamente rinunciato comparire o a proporre impugnazione o opposizione (comma 2).

 

Con il nuovo comma 2-ter si precisa che nel caso di restituzione nel termine di cui al comma 2 la prescrizione non decorre.

 

La lettera c) interviene invece sull’articolo 656 c.p.p., relativo all’esecuzione delle pene detentive, abrogando al comma 9 la lettera c).

 

Si ricorda, in particolare, che il comma 5 dell’articolo 656 c.p.p. prevede che se la pena detentiva, anche se costituente residuo di una maggiore pena, non è superiore a 3 anni o a 6 anni nei casi di cui agli articoli 90 e 94 del D.P.R. 309/1990 – relativi alla sospensione dell’esecuzione e all’affidamento in prova di persone tossicodipendenti od alcooldipendenti sottoposti a programma terapeutico – il pubblico ministero, salve le limitazioni e le esclusioni di cui ai successivi commi 7 e 9, ne sospende l’esecuzione.

L’ordine di esecuzione e il decreto di sospensione devono essere notificati al condannato e al difensore, con l’avviso che entro il termine di 30 giorni si può presentare istanza volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative alla detenzione ovvero la sospensione dell’esecuzione della pena.

Il comma 9 prevede che la sospensione dell’esecuzione della pena di cui al comma 5 non può essere disposta:

a)       nei confronti dei condannati per i delitti di cui all’articolo 4-bis della L. 354/1975 (si tratta di gravi reati, quali per esempio l’associazione per delinquere di stampo mafioso, l’estorsione, reati relativi al terrorismo);

b)       nei confronti di coloro che, in relazione alla condanna da eseguire, si trovino nella situazione di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diventa definitiva;

c)       nei confronti dei condannati ai quali sia stata applicata la recidiva di cui all’articolo 99, quarto comma, del c.p. (recidiva reiterata: si tratta del caso in cui il recidivo commette un altro delitto non colposo).

 

Si consideri, peraltro, che l’articolo 7, comma 1, lettera d) del disegno di legge in esame provvede a modificare in maniera sostanziale l’articolo 99 c.p., che, così come modificato, consta di due soli commi (cfr. supra) e presenta una disciplina diversa per quanto riguarda la recidiva reiterata.

 

Con la modifica di cui alla lettera c) in esame, in sostanza, si sopprime all’articolo 656, comma 9 c.p.p. il riferimento all’applicazione della recidiva reiterata tra i casi ostativi alla sospensione dell’esecuzione della pena.

 

La lettera d) interviene sull’articolo 671 c.p.p., relativo all’applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato, abrogando il comma 2-bis.

Tale modifica è consequenziale all’abrogazione del quarto comma dell’articolo 81 c.p. disposta dall’articolo 7, comma 1, lettera c) del disegno di legge in esame (cfr. supra).

 

Si ricorda che l’articolo 81 c.p. disciplina il concorso formale e il reato continuato, prevedendo che è punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo, chiunque con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di legge (concorso formale di reati) ovvero chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge (reato continuato).

Si prevede comunque che la pena non può essere superiore a quella che risulterebbe secondo gli ordinari criteri di computo in base alle norme codicistiche.

Infine, al quanto comma, si dispone che l'aumento della quantità di pena non può essere comunque inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave se i reati in concorso formale o il reato continuato sono commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto comma (recidiva reiterata).

Si consideri, peraltro, che l’articolo 7, comma 1, lettera d) del disegno di legge in esame provvede a modificare in maniera sostanziale l’articolo 99 c.p., che, così come modificato, consta di due soli commi e presenta una disciplina diversa per quanto riguarda la recidiva reiterata (cfr. supra).

 

Si ricorda altresì che l’articolo 671 c.p.p. permette l’applicazione della disciplina della continuazione o del concorso formale dei reati in sede di procedimento esecutivo oltre che in sede di procedimento di cognizione.

Si prevede quindi, al comma 1, che nel caso di più sentenze o decreti penali definitivi pronunciati in distinti procedimenti contro la medesima persona, il condannato o il pubblico ministero possono chiedere al giudice dell’esecuzione l’applicazione della disciplina relativa al concorso formale dei reati o del reato continuato, a meno che il giudice della cognizione abbia escluso l’applicazione della medesima disciplina.

Ai sensi del comma 2, il giudice dell’esecuzione, nell’applicare al disciplina in questione, determina la pena in misura non superiore alla somma di quelle inflitte con ogni sentenza o decreto penale.

Il comma 2-bis prevede quindi che, anche nell’ambito del giudizio di esecuzione, si applica la disposizione di cui all’articolo 81, quarto comma, c.p. (disposizione che, come detto, viene abrogata dall’articolo 7, comma 1, lettera c) del disegno di legge in esame).

 

 


Art. 9.
(Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354).

 


  1. Alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) l'articolo 30-quater è abrogato;

          b) all'articolo 47-ter sono apportate le seguenti modificazioni:

              1) al comma 01, le parole: «purché non sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza né sia stato mai condannato con l'aggravante di cui all'articolo 99 del codice penale» sono sostituite dalle seguenti: «, sempre che tale misura sia idonea ad evitare che il condannato commetta altri reati»;

              2) il comma 1.1 è abrogato;

              3) al comma 1-bis, le parole: «e a quelli cui sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto comma, del codice penale» sono soppresse;

          c) l'articolo 50-bis è abrogato;

          d) all'articolo 58-quater, il comma 7-bis è abrogato.


 

 

L’articolo 9 reca modifiche alla L. 26 luglio 1975, n. 354, recante norme sull’ordinamento penitenziario.

Tali modifiche sono consequenziali alle modifiche introdotte nel codice penale in materia di recidiva dall’articolo 7 del disegno di legge in esame.

 

L’articolo 7, comma 1, lettera d) del disegno di legge in esame provvede a modificare in maniera sostanziale la disciplina della recidiva di cui all’articolo 99 c.p., che, così come modificato, consta di due soli commi e, tra l’altro, presenta una disciplina diversa per quanto riguarda la recidiva reiterata rispetto a quella contenuta nel quarto comma del vigente articolo 99 c.p[3].

 

In primo luogo, la lettera a) dispone l’abrogazione dell’articolo 30-quater della L. 354/1975, in materia di concessione dei permessi premio ai recidivi.

 

Si ricorda che l’articolo 30-quater della L. 354/1975, introdotto dalla L. 5 dicembre 2005, n. 25[4] stabilisce condizioni più severe per i detenuti a cui è stata applicata la recidiva di cui all’articolo 99, quarto comma, del c.p. (recidivi reiterati), rispetto a quelle previste per la generalità dei detenuti dall’articolo 30-ter, per quanto riguarda la concessione di permessi premio.

Al riguardo si consideri che l’articolo 30-ter ammette la concessione dei permessi premio nei confronti:

a)       dei condannati all'arresto o alla reclusione non superiore a tre anni anche se congiunta all'arresto;

b)       nei confronti dei condannati alla reclusione superiore a tre anni, salvo quanto previsto dalla lettera c), dopo l'espiazione di almeno un quarto della pena;

c)       nei confronti dei condannati alla reclusione per taluno dei gravi delitti indicati nel comma 1 dell'articolo 4-bis (associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, reati relativi al terrorismo, ecc.), dopo l'espiazione di almeno metà della pena e, comunque, di non oltre dieci anni;

d)       nei confronti dei condannati all'ergastolo, dopo l'espiazione di almeno dieci anni.

 

Invece l’articolo 30-quater dispone che, nei confronti dei recidivi reiterati, i permessi premio possono essere concessi nei seguenti casi previsti dall’articolo 30-ter:

a)       nei confronti dei condannati di cui alla lettera a), dopo aver scontato almeno un terzo della pena;

b)       nei confronti dei condannati di cui alla lettera b), dopo aver scontato almeno metà della pena;

c)       nei confronti dei condannati di cui alle lettere c) e d), dopo aver scontato almeno due terzi della pena e, comunque, non oltre quindici anni.

 

In sostanza quindi, con l’abrogazione dell’articolo 30-quater, si applicherebbe anche ai recidivi reiterati, in materia di concessione di permessi premio, la disciplina prevista per la generalità dei detenuti di cui all’articolo 30-ter, comma 4.

 

La lettera b) invece interviene con alcune modifiche sull’articolo 47-ter, relativo alla disciplina della detenzione domiciliare.

In primo luogo al n. 1) viene modificato il comma 01, introdotto dalla citata L. 251/2005, che disciplina la detenzione domiciliare per i condannati ultrasettantenni.

 

Si ricorda che il citato comma 01 prevede la possibilità di espiare la pena, eccetto che per alcuni gravi reati (violenza sessuale, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, reati relativi al terrorismo, ecc.), nella propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza, per il condannato che abbia almeno 70 anni d’età, a condizione che non sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza né sia stato mai condannato con l'aggravante della recidiva.

 

Con la modifica di cui al n. 1) viene eliminata, per usufruire della detenzione domiciliare, la condizione di non essere stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza e di non essere stato mai condannato con l'aggravante della recidiva; viene invece introdotta la previsione secondo cui la misura della detenzione domiciliare può essere concessa solamente se è idonea ad evitare che il condannato torni a delinquere.

 

La disposizione di cui al n. 2) è volta invece all’abrogazione del comma 1.1 dell’articolo, relativo alla detenzione domiciliare per i recidivi reiterati.

 

Il comma 1.1, introdotto dalla citata L. 251/2005, stabilisce che per i recidivi di cui all’articolo 99, quarto comma, del c.p. (recidivi reiterati), la misura della detenzione domiciliare (disciplinata dai commi precedenti dell’articolo 47-ter) può essere concessa solamente se la pena detentiva inflitta, anche se parte residua di maggior pena, non supera 3 anni.

 

Il n. 3) provvede a modificare il comma 1-bis, che disciplina la detenzione domiciliare nel caso in cui non ricorrono i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale.

 

In particolare, il comma 1-bis prevede la possibilità di applicare la detenzione domiciliare per l'espiazione della pena detentiva inflitta in misura non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni di cui al comma 1, quando non ricorrono i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati.

Viene tuttavia precisato che tale disposizione non si applica ai condannati per i gravi reati di cui all’articolo 4-bis (associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, reati relativi al terrorismo, ecc.) o ai recidivi reiterati di cui all’articolo 99, quarto comma, c.p.

 

In particolare, rispetto alla vigente formulazione del comma, viene eliminata la previsione secondo cui la disposizione non sarebbe applicabile ai recidivi reiterati di cui all’articolo 99, quarto comma, c.p.

 

La lettera c) è volta all’abrogazione dell’articolo 50-bis, in materia di concessione della semilibertà ai recidivi.

 

Si ricorda che la disciplina generale della misura della semilibertà è contenuta nell’articolo 50 della L. 354/1975.

Si prevede, al comma 1, che possono essere scontate in regime di semilibertà la pena dell'arresto e la pena della reclusione non superiore a sei mesi, se il condannato non è affidato in prova al servizio sociale.

Inoltre, ai sensi del comma 2, il condannato può essere ammesso al beneficio della semilibertà soltanto dopo l'espiazione di almeno metà della pena ovvero, nel caso di condannato per taluno dei gravi delitti di cui all'articolo 4-bis della L. 374/1975 (associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, reati relativi al terrorismo, ecc.), di almeno due terzi di essa.

 

Invece l’articolo 50-bis, introdotto dalla citata L. 251/2005, stabilisce una disciplina speciale in materia di semilibertà con riferimento ai recidivi reiterati di cui all’articolo 99, quarto comma, c.p., in base alla quale tali detenuti possono beneficiare della semilibertà soltanto dopo l'espiazione dei due terzi della pena ovvero, nel caso di condannato per taluno dei gravi delitti di cui all'articolo 4-bis della L. 374/1975, di almeno tre quarti di essa.

 

La lettera d) dispone l’abrogazione del comma 7-bis dell’articolo 58-quater, che prevede casi di divieto di concessione dei benefici penitenziari.

 

In particolare, il comma 7-bis dispone che l'affidamento in prova al servizio sociale, la detenzione domiciliare e la semilibertà non possono essere concessi più di una volta ai recidivi reiterati di cui all’articolo 99, quarto comma, c.p.

 

 

 

 


Testo a fronte

 

Normativa vigente

A.C. 2664

 

 

Codice penale

 

 

Art. 62-bis

Circostanze attenuanti generiche

Art. 62-bis

Circostanze attenuanti generiche

1. Il giudice, indipendentemente dalle circostanze previste nell'articolo 62, può prendere in considerazione altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Esse sono considerate in ogni caso, ai fini dell'applicazione di questo capo, come una sola circostanza, la quale può anche concorrere con una o più delle circostanze indicate nel predetto articolo 62.

1. Identico.

2. Ai fini dell'applicazione del primo comma non si tiene conto dei criteri di cui all'articolo 133, primo comma, numero 3), e secondo comma, nei casi previsti dall'articolo 99, quarto comma, in relazione ai delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nel caso in cui siano puniti con la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni.

2. Abrogato.

 

 

 

 

Art. 69

Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti

Art. 69

Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti

1. Quando concorrono insieme circostanze aggravanti e circostanze attenuanti, e le prime sono dal giudice ritenute prevalenti, non si tien conto delle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti, e si fa luogo soltanto agli aumenti di pena stabiliti per le circostanze aggravanti.

1. Identico.

2. Se le circostanze attenuanti sono ritenute prevalenti sulle circostanze aggravanti, non si tien conto degli aumenti di pena stabiliti per queste ultime, e si fa luogo soltanto alle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti.

2. Identico.

3. Se fra le circostanze aggravanti e quelle attenuanti il giudice ritiene che vi sia equivalenza, si applica la pena che sarebbe inflitta se non concorresse alcuna di dette circostanze.

3. Identico.

4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole, esclusi i casi previsti dall'articolo 99, quarto comma, nonché dagli articoli 111 e 112, primo comma, numero 4), per cui vi è divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti, ed a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato.

4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole ed a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato.

 

 

 

 

Art. 81

Concorso formale. Reato continuato

Art. 81

Concorso formale. Reato continuato

1. È punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di legge.

1. Identico.

2. Alla stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge.

2. Identico.

3. Nei casi preveduti da quest'articolo, la pena non può essere superiore a quella che sarebbe applicabile a norma degli articoli precedenti.

3. Identico.

4. Fermi restando i limiti indicati al terzo comma, se i reati in concorso formale o in continuazione con quello più grave sono commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto comma, l'aumento della quantità di pena non può essere comunque inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave.

4. Abrogato.

 

 

 

 

Capo II

Della recidiva, dell'abitualità e professionalità nel reato e della tendenza a delinquere

Capo II

Della recidiva, dell'abitualità e professionalità nel reato e della tendenza a delinquere

Art. 99

Recidiva

Art. 99

Recidiva

1. Chi, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, ne commette un altro, può essere sottoposto ad un aumento di un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto non colposo.

2. La pena può essere aumentata fino alla metà:

1) se il nuovo delitto non colposo è della stessa indole;

2) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso nei cinque anni dalla condanna precedente;

3) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso durante o dopo l'esecuzione della pena, ovvero durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all'esecuzione della pena.

3. Qualora concorrano più circostanze fra quelle indicate al secondo comma, l'aumento di pena è della metà.

4. Se il recidivo commette un altro delitto non colposo, l'aumento della pena, nel caso di cui al primo comma, è della metà e, nei casi previsti dal secondo comma, è di due terzi.

5. Se si tratta di uno dei delitti indicati all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, l'aumento della pena per la recidiva è obbligatorio e, nei casi indicati al secondo comma, non può essere inferiore ad un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto.

6. In nessun caso l'aumento di pena per effetto della recidiva può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo.

1. Nei confronti del soggetto che, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, nei cinque anni successivi alla sentenza irrevocabile commette un delitto della stessa indole, in caso di successiva condanna il giudice applica un aumento fino a un quarto della pena da infliggere per il nuovo reato. Nei confronti del soggetto condannato per taluno dei delitti indicati all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, il termine di cui al periodo precedente è di dieci anni.

2. La pena può essere aumentata fino alla metà se il recidivo commette un altro delitto della stessa indole nei dieci anni successivi all'ultimo dei precedenti delitti che hanno determinato la recidiva di cui al primo comma. L'aumento non può essere inferiore a un terzo quando la nuova condanna viene pronunciata per taluno dei delitti indicati all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale.

 

 

 

 

Art. 157

Prescrizione. Tempo necessario a prescrivere

Art. 157

Prescrizione. Tempo necessario a prescrivere

1. La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria.

1. La prescrizione estingue il reato con il decorso di un tempo pari al massimo della pena edittalmente prevista aumentato della metà.

2. Il tempo necessario a prescrivere non può comunque:

1) essere inferiore a sei anni per i delitti e a quattro anni per le contravvenzioni, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria;

2) essere superiore a venti anni. Per i delitti indicati all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale, il termine è di trenta anni.

2. Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell'aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale, nel qual caso si tiene conto dell'aumento massimo di pena previsto per l'aggravante.

3. Non si applicano le disposizioni dell'articolo 69 e il tempo necessario a prescrivere è determinato a norma del secondo comma.

3. Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell'aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le circostanze ad effetto speciale e per quelle per le quali la legge determina la pena in modo autonomo.

4. Quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e la pena pecuniaria, per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva.

4. Quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e la pena pecuniaria, per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva.

5. Quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, si applica il termine di tre anni.

6. I termini di cui ai commi che precedono sono raddoppiati per i reati di cui agli articoli 449 e 589, secondo e terzo comma, nonché per i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale.

5. Quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, nonché per le sanzioni applicate dal giudice di pace diverse da quella pecuniaria, si applica il termine di sei anni.

7. La prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall'imputato.

8. La prescrizione non estingue i reati per i quali la legge prevede la pena dell'ergastolo, anche come effetto dell'applicazione di circostanze aggravanti.

6. La prescrizione non estingue i reati per i quali la legge prevede la pena dell'ergastolo, anche come effetto dell'applicazione di circostanze aggravanti.

7. La prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall'imputato

 

 

 

 

Art. 158

Decorrenza del termine della prescrizione

Art. 158

Decorrenza del termine della prescrizione

1. Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l'attività del colpevole; per il reato permanente dal giorno in cui è cessata la permanenza.

1. Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l'attività del colpevole; per il reato permanente o continuato dal giorno in cui è cessata la permanenza o la continuazione.

2. Quando la legge fa dipendere la punibilità del reato dal verificarsi di una condizione, il termine della prescrizione decorre dal giorno in cui la condizione si è verificata. Nondimeno nei reati punibili a querela, istanza o richiesta, il termine della prescrizione decorre dal giorno del commesso reato.

2. Identico.

 

 

 

 

Art. 159

Sospensione del corso della prescrizione

Art. 159

Sospensione del corso della prescrizione

1. Il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge, oltre che nei casi di:

1) autorizzazione a procedere;

2) deferimento della questione ad altro giudizio;

3) sospensione del procedimento o del processo penale per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori ovvero su richiesta dell'imputato o del suo difensore. In caso di sospensione del processo per impedimento delle parti o dei difensori, l'udienza non può essere differita oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell'impedimento, dovendosi avere riguardo in caso contrario al tempo dell'impedimento aumentato di sessanta giorni. Sono fatte salve le facoltà previste dall'articolo 71, commi 1 e 5, del codice di procedura penale.

1. Identico:





1) identica;

2) identica;

3) identica.

 

3-bis) presentazione di dichiarazione di ricusazione ai sensi dell'articolo 38 del codice di procedura penale, dalla data della presentazione della stessa fino a quella della comunicazione al giudice procedente del provvedimento che dichiara l'inammissibilità della medesima;

3-ter) concessione di termine a difesa in caso di rinuncia, revoca, incompatibilità e abbandono della difesa, per un periodo corrispondente al termine concesso;

3-quater) sospensione del processo disposta ai sensi dell'articolo 484-bis del codice di procedura penale;

3-quinquies) sospensione del processo con messa alla prova, dalla data dell'accoglimento dell'istanza; in caso di revoca dell'ammissione o di esito negativo della prova, la prescrizione riprende a decorrere dalla relativa ordinanza;

3-sexies) richiesta di estradizione di un imputato dall'estero, per tutto il tempo decorrente dalla relativa richiesta fino all'effettiva estradizione.

2. Nel caso di autorizzazione a procedere, la sospensione del corso della prescrizione si verifica dal momento in cui il pubblico ministero presenta la richiesta e il corso della prescrizione riprende dal giorno in cui l'autorità competente accoglie la richiesta.

2. Identico.

3. La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa della sospensione.

3. Identico.

 

 

 

 

Art. 160

Interruzione del corso della prescrizione

Art. 160

Interruzione del corso della prescrizione

1. Il corso della prescrizione è interrotto dalla sentenza di condanna o dal decreto di condanna.

1. Identico.

2. Interrompono pure la prescrizione l'ordinanza che applica le misure cautelari personali e quella di convalida del fermo o dell'arresto, l'interrogatorio reso davanti al pubblico ministero o al giudice, l'invito a presentarsi al pubblico ministero per rendere l'interrogatorio, il provvedimento del giudice di fissazione dell'udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di archiviazione, la richiesta di rinvio a giudizio, il decreto di fissazione della udienza preliminare, l'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, il decreto di fissazione della udienza per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena, la presentazione o la citazione per il giudizio direttissimo, il decreto che dispone il giudizio immediato, il decreto che dispone il giudizio e il decreto di citazione a giudizio.

2. Interrompono pure la prescrizione l'ordinanza che applica le misure cautelari personali e quella di convalida del fermo o dell'arresto, l'interrogatorio reso davanti al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria da questo delegata o al giudice, l'invito a presentarsi al pubblico ministero per rendere l'interrogatorio, il provvedimento del giudice di fissazione dell'udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di archiviazione, l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, la richiesta di rinvio a giudizio o di emissione del decreto penale di condanna, il decreto di fissazione della udienza preliminare, l'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, il decreto di fissazione della udienza per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena, la presentazione o la citazione per il giudizio direttissimo, il decreto che dispone il giudizio immediato, il decreto che dispone il giudizio e il decreto di citazione a giudizio.

3. La prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere dal giorno della interruzione. Se più sono gli atti interruttivi, la prescrizione decorre dall'ultimo di essi; ma in nessun caso i termini stabiliti nell'articolo 157 possono essere prolungati oltre i termini di cui all'articolo 161, secondo comma, fatta eccezione per i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale.

3. La prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere dal giorno dell'interruzione. Se più sono gli atti interruttivi, la prescrizione decorre dall'ultimo di essi. Salvo che per i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, i termini stabiliti dall'articolo 157, primo e secondo comma, non possono essere prolungati oltre la metà. In ogni caso, non possono essere superati i termini stabiliti dal medesimo articolo 157, secondo comma, numero 2).

 

3-bis. La prescrizione del reato interrotta dalla sentenza di condanna non comincia nuovamente a decorrere nel caso in cui il ricorso per cassazione presentato avverso la predetta sentenza sia dichiarato inammissibile.

 

3-ter. La prescrizione non comincia nuovamente a decorrere, altresì, nel caso in cui sia presentato ricorso per cassazione avverso una sentenza pronunciata in grado di appello che abbia confermato la sentenza di condanna di primo grado ovvero abbia riformato la stessa limitatamente alla specie o alla misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione tra circostanze. La disposizione di cui al presente comma non si applica in caso di accoglimento del ricorso.

 

 

 

 

Art. 161

Effetti della sospensione e della interruzione

Art. 161

Effetti della sospensione e della interruzione

1. La sospensione e l'interruzione della prescrizione hanno effetto per tutti coloro che hanno commesso il reato.

1. Identico.

2. Salvo che si proceda per i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, in nessun caso l'interruzione della prescrizione può comportare l'aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere, della metà nei casi di cui all'articolo 99, secondo comma, di due terzi nel caso di cui all'articolo 99, quarto comma, e del doppio nei casi di cui agli articoli 102, 103 e 105.

2. Quando per più reati connessi si procede congiuntamente, la sospensione o l'interruzione della prescrizione per taluno di essi ha effetto anche per gli altri.

 

 

 

 

 

 

Codice di procedura penale

 

 

Art. 108

Termine per la difesa

Art. 108

Termine per la difesa

1. Nei casi di rinuncia, di revoca, di incompatibilità, e nel caso di abbandono, il nuovo difensore dell'imputato o quello designato d'ufficio che ne fa richiesta ha diritto a un termine congruo, non inferiore a sette giorni, per prendere cognizione degli atti e per informarsi sui fatti oggetto del procedimento.

1. Identico.

2. Il termine di cui al comma 1 può essere inferiore se vi è consenso dell'imputato o del difensore o se vi sono specifiche esigenze processuali che possono determinare la scarcerazione dell'imputato o la prescrizione del reato. In tale caso il termine non può comunque essere inferiore a ventiquattro ore. Il giudice provvede con ordinanza.

2. Il termine di cui al comma 1 può essere inferiore se vi è consenso dell'imputato o del difensore o se vi sono specifiche esigenze processuali che possono determinare la scarcerazione dell'imputato. In tale caso il termine non può comunque essere inferiore a ventiquattro ore. Il giudice provvede con ordinanza.

 

 

 

 

Art. 175

Restituzione nel termine

Art. 175

Restituzione nel termine

1. Il pubblico ministero, le parti private e i difensori sono restituiti nel termine stabilito a pena di decadenza, se provano di non averlo potuto osservare per caso fortuito o per forza maggiore. La richiesta per la restituzione nel termine è presentata, a pena di decadenza, entro dieci giorni da quello nel quale è cessato il fatto costituente caso fortuito o forza maggiore.

1. Identico.

2. Se è stata pronunciata sentenza contumaciale o decreto di condanna, l'imputato è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre impugnazione od opposizione, salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione od opposizione. A tale fine l'autorità giudiziaria compie ogni necessaria verifica.

2. Identico.

2-bis. La richiesta indicata al comma 2 è presentata, a pena di decadenza, nel termine di trenta giorni da quello in cui l'imputato ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento. In caso di estradizione dall'estero, il termine per la presentazione della richiesta decorre dalla consegna del condannato.

2-bis. Identico.

 

2-ter. Nel caso previsto al comma 2, la prescrizione del reato non decorre.

3. La restituzione non può essere concessa più di una volta per ciascuna parte in ciascun grado del procedimento.

3. Identico.

4. Sulla richiesta decide con ordinanza il giudice che procede al tempo della presentazione della stessa. Prima dell'esercizio dell'azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari. Se sono stati pronunciati sentenza o decreto di condanna, decide il giudice che sarebbe competente sulla impugnazione o sulla opposizione.

4. Identico.

5. L'ordinanza che concede la restituzione nel termine per la proposizione della impugnazione o della opposizione può essere impugnata solo con la sentenza che decide sulla impugnazione o sulla opposizione.

5. Identico.

6. Contro l'ordinanza che respinge la richiesta di restituzione nel termine può essere proposto ricorso per cassazione.

6. Identico.

7. Quando accoglie la richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione, il giudice, se occorre, ordina la scarcerazione dell'imputato detenuto e adotta tutti i provvedimenti necessari per far cessare gli effetti determinati dalla scadenza del termine.

7. Identico.

8. Se la restituzione nel termine è concessa a norma del comma 2, non si tiene conto, ai fini della prescrizione del reato, del tempo intercorso tra la notificazione della sentenza contumaciale o del decreto di condanna e la notificazione alla parte dell'avviso di deposito dell'ordinanza che concede la restituzione.

8. Identico.

 

 

 

 

Art. 656

Esecuzione delle pene detentive

Art. 656

Esecuzione delle pene detentive

1. Quando deve essere eseguita una sentenza di condanna a pena detentiva, il pubblico ministero emette ordine di esecuzione con il quale, se il condannato non è detenuto, ne dispone la carcerazione. Copia dell'ordine è consegnata all'interessato.

1. Identico.

2. Se il condannato è già detenuto, l'ordine di esecuzione è comunicato al Ministro di grazia e giustizia e notificato all'interessato.

2. Identico.

3. L'ordine di esecuzione contiene le generalità della persona nei cui confronti deve essere eseguito e quant'altro valga a identificarla, l'imputazione, il dispositivo del provvedimento e le disposizioni necessarie all'esecuzione. L'ordine è notificato al difensore del condannato.

3. Identico.

4. L'ordine che dispone la carcerazione è eseguito secondo le modalità previste dall'articolo 277.

4. Identico.

5. Se la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non è superiore a tre anni o sei anni nei casi di cui agli articoli 90 e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, il pubblico ministero, salvo quanto previsto dai commi 7 e 9, ne sospende l'esecuzione. L'ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato e al difensore nominato per la fase dell'esecuzione o, in difetto, al difensore che lo ha assistito nella fase del giudizio, con l'avviso che entro trenta giorni può essere presentata istanza, corredata dalle indicazioni e dalla documentazione necessarie, volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative alla detenzione di cui agli articoli 47, 47-ter e 50, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e di cui all'articolo 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, ovvero la sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'articolo 90 dello stesso testo unico. L'avviso informa altresì che, ove non sia presentata l'istanza o la stessa sia inammissibile ai sensi degli articoli 90 e seguenti del citato testo unico, l'esecuzione della pena avrà corso immediato.

5. Identico.

6. L'istanza deve essere presentata dal condannato o dal difensore di cui al comma 5 ovvero allo scopo nominato dal pubblico ministero, il quale la trasmette, unitamente alla documentazione, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero. Se l'istanza non è corredata dalla documentazione utile, questa, salvi i casi di inammissibilità, può essere depositata nella cancelleria del tribunale di sorveglianza fino a cinque giorni prima dell'udienza fissata a norma dell'articolo 666, comma 3. Resta salva, in ogni caso, la facoltà del tribunale di sorveglianza di procedere anche d'ufficio alla richiesta di documenti o di informazioni, o all'assunzione di prove a norma dell'articolo 666, comma 5. Il tribunale di sorveglianza decide entro quarantacinque giorni dal ricevimento dell'istanza.

6. Identico.

7. La sospensione dell'esecuzione per la stessa condanna non può essere disposta più di una volta, anche se il condannato ripropone nuova istanza sia in ordine a diversa misura alternativa, sia in ordine alla medesima, diversamente motivata, sia in ordine alla sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'articolo 90 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.

7. Identico.

8. Salva la disposizione del comma 8-bis, qualora l'istanza non sia tempestivamente presentata, o il tribunale di sorveglianza la dichiari inammissibile o la respinga, il pubblico ministero revoca immediatamente il decreto di sospensione dell'esecuzione. Il pubblico ministero provvede analogamente quando l'istanza presentata è inammissibile ai sensi degli articoli 90 e seguenti del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, nonché, nelle more della decisione del tribunale di sorveglianza, quando il programma di recupero di cui all'articolo 94 del medesimo testo unico non risulta iniziato entro cinque giorni dalla data di presentazione della relativa istanza o risulta interrotto. A tal fine il pubblico ministero, nel trasmettere l'istanza al tribunale di sorveglianza, dispone gli opportuni accertamenti.

8. Identico.

8-bis. Quando è provato o appare probabile che il condannato non abbia avuto effettiva conoscenza dell'avviso di cui al comma 5, il pubblico ministero può assumere, anche presso il difensore, le opportune informazioni, all'esito delle quali può disporre la rinnovazione della notifica.

8-bis. Identico.

9. La sospensione dell'esecuzione di cui al comma 5 non può essere disposta:

a) nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, fatta eccezione per coloro che si trovano agli arresti domiciliari disposti ai sensi dell'articolo 89 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;

b) nei confronti di coloro che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva;

c) nei confronti dei condannati ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto comma, del codice penale.

9. Identico:

a) identica;








b) identica;




c) abrogata.

10. Nella situazione considerata dal comma 5, se il condannato si trova agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire, il pubblico ministero sospende l'esecuzione dell'ordine di carcerazione e trasmette gli atti senza ritardo al tribunale di sorveglianza perché provveda alla eventuale applicazione di una delle misure alternative di cui al comma 5. Fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, il condannato permane nello stato detentivo nel quale si trova e il tempo corrispondente è considerato come pena espiata a tutti gli effetti. Agli adempimenti previsti dall'articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, provvede in ogni caso il magistrato di sorveglianza.

10. Identico.

 

 

 

 

Art. 671

Applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato

Art. 671

Applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato

1. Nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, il condannato o il pubblico ministero possono chiedere al giudice dell'esecuzione l'applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato [c.p. 81], sempre che la stessa non sia stata esclusa dal giudice della cognizione. Fra gli elementi che incidono sull'applicazione della disciplina del reato continuato vi è la consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza.

1. Identico.

2. Il giudice dell'esecuzione provvede determinando la pena in misura non superiore alla somma di quelle inflitte con ciascuna sentenza o ciascun decreto.

2. Identico.

2-bis. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 81, quarto comma, del codice penale.

2-bis. Abrogato.

3. Il giudice dell'esecuzione può concedere altresì la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, quando ciò consegue al riconoscimento del concorso formale o della continuazione. Adotta infine ogni altro provvedimento conseguente.

3. Identico.

 

 

 

 

 

 

L. 26 luglio 1975, n. 354

Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà

 

 

Art. 30-quater

Concessione dei permessi premio ai recidivi

 

Abrogato

1. I permessi premio possono essere concessi ai detenuti, ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall' articolo 99, quarto comma, del codice penale, nei seguenti casi previsti dal comma 4 dell'articolo 30-ter:

a) alla lettera a) dopo l'espiazione di un terzo della pena;

b) alla lettera b) dopo l'espiazione della metà della pena;

c) alle lettere c) e d) dopo l'espiazione di due terzi della pena e, comunque, di non oltre quindici anni.

 

 

 

 

 

Art. 47-ter

Detenzione domiciliare

Art. 47-ter

Detenzione domiciliare

01. La pena della reclusione per qualunque reato, ad eccezione di quelli previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, e dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale, dall' articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e dall'articolo 4-bis della presente legge, può essere espiata nella propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza, quando trattasi di persona che, al momento dell'inizio dell'esecuzione della pena, o dopo l'inizio della stessa, abbia compiuto i settanta anni di età purché non sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza né sia stato mai condannato con l'aggravante di cui all' articolo 99 del codice penale.

01. La pena della reclusione per qualunque reato, ad eccezione di quelli previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, e dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale, dall' articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e dall'articolo 4-bis della presente legge, può essere espiata nella propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza, quando trattasi di persona che, al momento dell'inizio dell'esecuzione della pena, o dopo l'inizio della stessa, abbia compiuto i settanta anni di età, sempre che tale misura sia idonea ad evitare che il condannato commetta altri reati.

1. La pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena dell'arresto, possono essere espiate nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza, quando trattasi di:

a) donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente;

b) padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole;

c) persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presìdi sanitari territoriali;

d) persona di età superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente;

e) persona minore di anni ventuno per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.

1. Identico.

1.1. Al condannato, al quale sia stata applicata la recidiva prevista dall' articolo 99, quarto comma, del codice penale, può essere concessa la detenzione domiciliare se la pena detentiva inflitta, anche se costituente parte residua di maggior pena, non supera tre anni.

1.1. Abrogato.

1-bis. La detenzione domiciliare può essere applicata per l'espiazione della pena detentiva inflitta in misura non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni di cui al comma 1 quando non ricorrono i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati. La presente disposizione non si applica ai condannati per i reati di cui all'articolo 4-bis e a quelli cui sia stata applicata la recidiva prevista dall' articolo 99, quarto comma, del codice penale.

1-bis. La detenzione domiciliare può essere applicata per l'espiazione della pena detentiva inflitta in misura non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni di cui al comma 1 quando non ricorrono i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati. La presente disposizione non si applica ai condannati per i reati di cui all'articolo 4-bis.

1-ter. Quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, il tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il limite di cui al comma 1, può disporre la applicazione della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di durata di tale applicazione, termine che può essere prorogato. L'esecuzione della pena prosegue durante la esecuzione della detenzione domiciliare.

1-ter. Identico.

1-quater. Se l'istanza di applicazione della detenzione domiciliare è proposta dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della pena, il magistrato di sorveglianza cui la domanda deve essere rivolta può disporre l'applicazione provvisoria della misura, quando ricorrono i requisiti di cui ai commi 1 e 1-bis. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 47, comma 4.

1-quater. Identico.

4. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare, ne fissa le modalità secondo quanto stabilito dall'articolo 284 del codice di procedura penale. Determina e impartisce altresì le disposizioni per gli interventi del servizio sociale. Tali prescrizioni e disposizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza competente per il luogo in cui si svolge la detenzione domiciliare.

4. Identico

4-bis. Nel disporre la detenzione domiciliare il tribunale di sorveglianza, quando ne abbia accertato la disponibilità da parte delle autorità preposte al controllo, può prevedere modalità di verifica per l'osservanza delle prescrizioni imposte anche mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 275-bis del codice di procedura penale.

4-bis. Identico.

5. Il condannato nei confronti del quale è disposta la detenzione domiciliare non è sottoposto al regime penitenziario previsto dalla presente legge e dal relativo regolamento di esecuzione. Nessun onere grava sull'amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la cura e l'assistenza medica del condannato che trovasi in detenzione domiciliare.

5. Identico.

6. La detenzione domiciliare è revocata se il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione delle misure.

6. Identico.

7. Deve essere inoltre revocata quando vengono a cessare le condizioni previste nei commi 1 e 1-bis.

7. Identico.

8. Il condannato che, essendo in stato di detenzione nella propria abitazione o in un altro dei luoghi indicati nel comma 1, se ne allontana, è punito ai sensi dell'articolo 385 del codice penale. Si applica la disposizione dell'ultimo comma dello stesso articolo.

8. Identico.

9. La denuncia per il delitto di cui al comma 8 importa la sospensione del beneficio e la condanna ne importa la revoca.

9. Identico.

9-bis. Se la misura di cui al comma 1-bis è revocata ai sensi dei commi precedenti la pena residua non può essere sostituita con altra misura.

9-bis. Identico.

 

 

 

 

Art. 50-bis

Concessione della semilibertà ai recidivi

 

Abrogato

1. La semilibertà può essere concessa ai detenuti, ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall' articolo 99, quarto comma, del codice penale, soltanto dopo l'espiazione dei due terzi della pena ovvero, se si tratta di un condannato per taluno dei delitti indicati nel comma 1 dell'articolo 4-bis della presente legge, di almeno tre quarti di essa.

1. Abrogato.

 

 

 

 

Art. 58-quater

Divieto di concessione di benefìci

Art. 58-quater

Divieto di concessione di benefìci

1. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio, l'affidamento in prova al servizio sociale, nei casi previsti dall'articolo 47, la detenzione domiciliare e la semilibertà non possono essere concessi al condannato che sia stato riconosciuto colpevole di una condotta punibile a norma dell' articolo 385 del codice penale.

1. Identico.

2. La disposizione del comma 1 si applica anche al condannato nei cui confronti è stata disposta la revoca di una misura alternativa ai sensi dell'art. 47, comma 11, dell'art. 47-ter, comma 6, o dell'art. 51, primo comma.

2. Identico.

3. Il divieto di concessione dei benefìci opera per un periodo di tre anni dal momento in cui è ripresa l'esecuzione della custodia o della pena o è stato emesso il provvedimento di revoca indicato nel comma 2.

3. Identico.

4. I condannati per i delitti di cui agli articoli 289-bis e 630 del codice penale che abbiano cagionato la morte del sequestrato non sono ammessi ad alcuno dei benefici indicati nel comma 1 dell'art. 4-bis se non abbiano effettivamente espiato almeno i due terzi della pena irrogata o, nel caso dell'ergastolo, almeno ventisei anni.

4. Identico.

5. Oltre a quanto previsto dai commi 1 e 3, l'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI non possono essere concessi, o se già concessi sono revocati, ai condannati per taluni dei delitti indicati nel comma 1 dell'art. 4-bis, nei cui confronti si procede o è pronunciata condanna per un delitto doloso punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, commesso da chi ha posto in essere una condotta punibile a norma dell'articolo 385 del codice penale ovvero durante il lavoro all'esterno o la fruizione di un permesso premio o di una misura alternativa alla detenzione.

5. Identico.

6. Ai fini dell'applicazione della disposizione di cui al comma 5, l'autorità che procede per il nuovo delitto ne dà comunicazione al magistrato di sorveglianza del luogo di ultima detenzione dell'imputato.

6. Identico.

7. Il divieto di concessione dei benefìci di cui al comma 5 opera per un periodo di cinque anni dal momento in cui è ripresa l'esecuzione della custodia o della pena o è stato emesso il provvedimento di revoca della misura.

7. Identico.

7-bis. L'affidamento in prova al servizio sociale nei casi previsti dall'articolo 47, la detenzione domiciliare e la semilibertà non possono essere concessi più di una volta al condannato al quale sia stata applicata la recidiva prevista dall' articolo 99, quarto comma, del codice penale.

7-bis. Abrogato.


Capo V, Disposizioni in materia di indagini preliminari e riti alternativi

Art. 10.
(Modifiche al codice di procedura penale in materia di indagini preliminari e di udienza preliminare).

 


      1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 405, il comma 1-bis è abrogato;

          b) l'articolo 406 è sostituito dal seguente:

      «Art. 406. - (Proroga del termine). - 1. Il pubblico ministero, prima della scadenza, può richiedere al giudice, per giusta causa, la proroga del termine previsto dall'articolo 405. La richiesta contiene:

          a) le generalità della persona sottoposta ad indagini e l'indicazione della notizia di reato;

          b) l'indicazione degli elementi di prova raccolti;

          c) l'esposizione dei motivi che giustificano la richiesta.

      2. Ulteriori proroghe possono essere richieste dal pubblico ministero nei casi di particolare complessità delle indagini ovvero di oggettiva impossibilità di concluderle entro il termine prorogato.

      3. Ciascuna proroga può essere autorizzata dal giudice per il tempo strettamente necessario allo svolgimento dell'attività investigativa indicata e in ogni caso per un periodo non superiore a sei mesi.

      4. Le richieste di proroga sono notificate, a cura del giudice, con l'avviso della facoltà di presentare memorie entro cinque giorni dalla notificazione, alla persona sottoposta alle indagini nonché alla persona offesa dal reato che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di volere esserne informata. Il giudice provvede entro dieci giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle memorie.

      5. Il giudice autorizza la proroga del termine con ordinanza motivata.

      6. Se rigetta la richiesta di proroga, il giudice, entro il termine previsto dal comma 4, secondo periodo, restituisce gli atti al pubblico ministero invitandolo ad assumere le determinazioni di cui all'articolo 405, comma 1, entro il termine di dieci giorni»;

          c) l'articolo 409 è sostituito dal seguente:

      «Art. 409. - (Provvedimenti del giudice sulla richiesta di archiviazione). - 1. Fuori dei casi in cui sia stata presentata l'opposizione prevista dall'articolo 410, il giudice, se accoglie la richiesta di archiviazione, pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero. Il provvedimento che dispone l'archiviazione è notificato alla persona sottoposta alle indagini se nel corso del procedimento è stata applicata nei suoi confronti la misura della custodia cautelare.

      2. Dopo il deposito della richiesta di archiviazione il giudice, se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indica con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il loro compimento.

      3. Salvo il caso previsto dal comma 2, se non accoglie la richiesta di archiviazione, il giudice fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa dal reato. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall'articolo 127. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria con facoltà del difensore di estrarne copia.

      4. Della fissazione dell'udienza il giudice dà inoltre comunicazione al procuratore generale presso la corte di appello.

      5. A seguito dell'udienza, il giudice, se non accoglie la richiesta di archiviazione e non ritiene di disporre ulteriori indagini ai sensi del comma 2, dispone con ordinanza che, entro dieci giorni, il pubblico ministero formuli l'imputazione. Entro due giorni dalla formulazione dell'imputazione, il giudice fissa con decreto l'udienza preliminare. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 418 e 419.

      6. Per i reati per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio, il giudice, se non accoglie la richiesta di archiviazione e non ritiene di disporre ulteriori indagini ai sensi del comma 2, restituisce con ordinanza gli atti al pubblico ministero disponendo che, entro dieci giorni, emetta il decreto di cui all'articolo 552.

      7. L'ordinanza di archiviazione è ricorribile per cassazione solo nei casi di nullità previsti dall'articolo 127, comma 5»;

          d) all'articolo 410, comma 3, le parole: «e 5» sono sostituite dalle seguenti: «, 5 e 6»;

          e) all'articolo 413 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «2-bis. Se il procuratore generale non provvede in ordine all'avocazione nel termine di trenta giorni dalla richiesta di cui al comma 1 ovvero non formula le sue richieste nel termine di cui al comma 2, la persona sottoposta ad indagini o la persona offesa dal reato possono richiedere al giudice per le indagini preliminari di fissare un termine, non superiore a trenta giorni, per la formulazione delle richieste di cui all'articolo 405, comma 1»;

          f) all'articolo 415-bis sono apportate le seguenti modificazioni:

              1) al comma 1, le parole: «, se non deve formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411,» sono soppresse;

              2) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

      «1-bis. La disposizione del comma 1 non si applica nei casi in cui il pubblico ministero deve formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411, nonché se ha già provveduto ad inviare all'indagato l'informazione di garanzia di cui all'articolo 369, ovvero altro atto equipollente»;

          g) all'articolo 416, comma 1, secondo periodo, le parole: «dall'avviso previsto dall'articolo 415-bis,» sono sostituite dalle seguenti: «dall'avviso di cui all'articolo 415-bis, ove previsto,»;

          h) all'articolo 418, comma 2, la parola: «trenta» è sostituita dalla seguente: «sessanta»;

          i) all'articolo 419, comma 4, la parola: «dieci» è sostituita dalla seguente: «trenta»;

          l) all'articolo 431, comma 1, dopo la lettera a) è inserita la seguente:

              «a-bis) l'avviso previsto dall'articolo 415-bis ovvero, se lo stesso non deve essere inviato, l'informazione di garanzia di cui all'articolo 369 o altro atto equipollente, anche per estratto;»;

          m) all'articolo 552, comma 2, secondo periodo, le parole: «dall'avviso previsto dall'articolo 415-bis,» sono sostituite dalle seguenti: «dall'avviso di cui all'articolo 415-bis, ove previsto,».


 

 

L’articolo 10 reca modifiche al codice di procedura penale in materia di indagini preliminari e di udienza preliminare.

In primo luogo, la lettera a) provvede ad abrogare il comma 1-bis dell’articolo 405 cp.p., relativo al procedimento di archiviazione.

 

Si ricorda che tale disposizione, introdotta dalla L. 46/2006, prevede che il pubblico ministero, al termine delle indagini, formula richiesta di archiviazione se la Cassazione ha ritenuto insussistenti i gravi indizi di colpevolezza relativi alle misure cautelari e in seguito non sono stati acquisiti ulteriori elementi probatori a carico della persona indagata.

 

La modifica è volta ad eliminare ogni interferenza tra giudizio cautelare e giudizio di merito, in modo da non pregiudicare la possibilità di una nuova valutazione degli elementi probatori raccolti nel corso delle indagini preliminari.

 

La lettera b) introduce modifiche all’articolo 406 c.p.p. relativo alla proroga del termine delle indagini preliminari. Con tali modifiche:

§         in primo luogo, viene esplicitato che la richiesta di proroga delle indagini indicare le generalità dell’indagato e gli elementi di prova raccolti;

§         al fine di una accelerazione delle indagini preliminari, si precisa che il giudice delle indagini preliminari concede la proroga del termine delle indagini per il tempo strettamente necessario allo svolgimento dell'attività investigativa indicata, fermo restando il termine massimo di sei mesi;

§         viene soppressa la previsione secondo cui, per i reati di omicidio colposo e di lesioni personali colpose commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, la proroga può essere concessa per non più di una volta;

§         viene specificato che l’ordinanza del giudice che dispone la proroga debba essere motivata;

§         con la finalità di una accelerazione delle indagini preliminari, si semplifica le fasi processuali previste per il caso che il giudice, allo stato degli atti, non ritenga di concedere la proroga.

Si ricorda che in tal caso il vigente articolo 406 c.p.p. prevede che in tal caso il giudice debba fissare una apposita udienza in camera di consiglio. All’esito del relativo procedimento, se il giudice non ritiene di respingere la richiesta di proroga, autorizza con ordinanza il pubblico ministero a proseguire le indagini. Invece, nel caso respinga la richiesta di proroga, il giudice, se il termine per le indagini preliminari è già scaduto, fissa un termine non superiore a dieci giorni per la formulazione delle richieste del pubblico ministero ai sensi dell'articolo 405, relative all’esercizio dell’azione penale.

Con la modifica introdotta si prevede invece che il giudice, se non ritenga di concedere al proroga, debba pronunciarsi direttamente rigettando la richiesta di proroga (viene meno quindi la previsione secondo cui debba essere fissata apposita udienza in camera di consiglio). Nel rigettare la richiesta di proroga, inoltre, il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero invitandolo ad assumere le determinazioni di cui all'articolo 405, comma 1 (esercizio dell’azione penale o richiesta di archiviazione) entro il termine di dieci giorni.

 

La lettera c) reca modifiche all’articolo 409 c.p.p., in materia di provvedimenti del giudice sulla richiesta di archiviazione.

In primo luogo, si elimina l’udienza camerale nei casi in cui il giudice debba ritenere necessarie ulteriori indagini; in tal caso si prevede quindi che il giudice indichi  tali indagini con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il loro compimento.

Inoltre si dispone che, qualora il giudice ritenga di non accogliere la richiesta di archiviazione e, al contempo, che non siano necessarie nuove indagini, l’udienza camerale avrà luogo solamente per i procedimenti relativi a reati per i quali è prevista la fase dell’udienza preliminare; invece, per gli altri casi il giudice per le indagini preliminari con ordinanza richiederà al pubblico ministero di emettere il decreto di citazione a giudizio.

 

La lettera d) introduce invece modifiche all’articolo 410 c.p.p., in materia di opposizione alla richiesta di archiviazione, consequenziali alle modifiche dell’articolo 409 c.p.p.

Pertanto ne deriva che in caso di opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione, l’udienza preliminare avrà luogo solamente per i procedimenti relativi a reati per i quali è previsto lo svolgimento dell’udienza preliminare.

 

La lettera e) è volta a modificare, con finalità di accelerazione del procedimento penale, l’articolo 413 c.p.p., relativo alla richiesta di avocazione da parte della persona sottoposta alle indagini o della persona offesa dal reato.

Si prevede quindi che se il procuratore generale non provvede all’avocazione nel termine di trenta giorni dalla relativa richiesta, ovvero non formula le sue richieste nel termine di cui al comma 2 (trenta giorni dalla richiesta di avocazione), allora la persona sottoposta alle indagini o la persona offesa dal reato possono richiedere al giudice per le indagini preliminari di fissare un termine, non superiore a trenta giorni, per la formulazione da parte del pubblico ministero delle richieste di cui all’articolo 405 c.p.p. relative all’inizio dell’azione penale.

 

La lettera f) è volta a modificare, sempre con finalità accelleratorie, l’articolo 415-bis c.p.p., in materia di avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari.

In particolare, si dispone l’eliminazione dell’obbligo di inviare all’indagato l’avviso della conclusione delle indagini preliminari nei casi in cui sia stata notificata nei suoi confronti l’informazione di garanzia o altro atto ad essa equipollente.

Tale modifica è volta a eliminare un adempimento spesso inutile per l’effettivo esercizio del diritto di difesa da parte dell’indagato, che determina comunque un notevole allungamento dei tempi del procedimento. L’obbligo dell’avviso viene quindi mantenuto solamente nelle ipotesi residuali in cui l’indagato non abbia avuto altrimenti notizia del procedimento penale a suo carico.

 

Le lettera g) ed m) introducono, rispettivamente agli articoli 416 e 552 del c.p.p., modifiche consequenziali all’eliminazione dell’avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari nei casi in cui sia stata notificata nei suoi confronti l’informazione di garanzia o altro atto ad essa equipollente.

In particolare le previsioni di nullità di cui agli articoli 416 e 552 c.p.p. – relativi rispettivamente alla richiesta di rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero e al decreto di citazione - vengono limitate ai casi in cui l’avviso sia stato omesso nelle ipotesi in cui rimane obbligatorio il suo invio.

 

Infine, le lettere h) e i) sono volte a modificare rispettivamente gli articoli 418 e 419 del c.p.p., relativi rispettivamente alla fissazione dell’udienza preliminare a agli atti introduttivi.

Le modifiche in questione, ampliando il tempo a disposizione dell’indagato e del suo difensore per la preparazione della difesa, sono volte a consentire in maniera più adeguata l’esercizio del diritto di difesa dell’indagato.

In primo luogo (lettera h) si prevede che il giudice deve fissare la data dell’udienza preliminare in modo che tra la richiesta del pubblico ministero e data della medesima udienza non intercorra un termine superiore a sessanta giorni. Si ricorda invece che la vigente formulazione dell’articolo 418 c.p.p. prevede che non debba intercorrere un termine superiore a trenta giorni.

Inoltre (lettera i) si dispone che gli avvisi relativi all’udienza preliminare siano notificati o comunicati almeno trenta giorni prima rispetto alla data dell’udienza. Invece l’attuale formulazione dell’articolo 419 c.p.p. prevede un lasso di tempo tra gli avvisi e l’udienza di almeno dieci giorni.

 

 


Art. 11.
(Modifiche al codice di procedura penale in materia di riti alternativi).

 


      1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 438, comma 1, alle parole: «L'imputato può chiedere» sono premesse le seguenti: «Nei procedimenti per reati diversi da quelli di cui all'articolo 5,»;

          b) dopo l'articolo 438 è inserito il seguente:

      «Art. 438-bis. - (Giudizio abbreviato dinanzi alla corte di assise). - 1. Nei procedimenti per reati di cui all'articolo 5, l'imputato può richiedere il giudizio abbreviato dinanzi alla corte di assise prima della dichiarazione di apertura del dibattimento.

      2. Si osservano le disposizioni del presente titolo, in quanto applicabili»;

          c) all'articolo 449, commi 4 e 5, la parola: «quindicesimo» è sostituita dalla seguente: «trentesimo»;

          d) all'articolo 454, comma 1, le parole: «novanta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «sei mesi»;

          e) all'articolo 459 sono apportate le seguenti modificazioni:

              1) al comma 1, le parole: «entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato e» sono soppresse;

              2) il comma 3 è sostituito dal seguente:

      «3. Il giudice decide entro il termine di trenta giorni. Quando non accoglie la richiesta, se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129, restituisce gli atti al pubblico ministero»;

          f) all'articolo 460, il comma 4 è sostituito dal seguente:

      «4. Se non è possibile eseguire la notificazione del decreto per irreperibilità dell'imputato ovvero presso il domicilio dichiarato o eletto, il giudice revoca il decreto penale di condanna ed emette decreto di giudizio immediato ai sensi dell'articolo 464, comma 1. Nei procedimenti per cui è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare, il giudice fissa la data dell'udienza ai sensi dell'articolo 418»;

          g) all'articolo 599, il comma 4 è abrogato;

          h) all'articolo 602, il comma 2 è abrogato.


 

 

L’articolo 11 interviene sulla disciplina codicistica dei riti alternativi, modificando l’articolo 438, comma 1, c.p.p. e introducendo l’articolo 438-bis c.p.p.

In primo luogo, le lettere a) e b) sono volte a stabilire che il giudizio abbreviato, per i procedimenti di competenza della corte d’assise, abbia luogo dinanzi a quest’ultima. La norma in questione è volta a sottrarre alla responsabilità di un unico giudice i processi relativi a reati di particolare gravità.

Le modifiche previste dalle lettere successive sono volte ad incentivare l’utilizzo degli altri riti alternativi. Pertanto:

§         si ampliano i termini relativi alla possibilità di procedere al giudizio direttissimo fuori dai casi in cui consegua ad un arresto in flagranza. In particolare:

v      nel caso in cui il pubblico ministero intenda procedere al giudizio direttissimo quando l'arresto in flagranza è già stato convalidato, si prevede che l’imputato deve essere presentato all’udienza non oltre il trentesimo giorno (e non più entro il quindicesimo giorno, come attualmente) da quando l’arresto è stato convalidato;

v      nel caso in cui il pubblico ministero intenda procedere al giudizio direttissimo nei confronti della persona che nel corso dell'interrogatorio ha reso confessione, si prevede che l’imputato libero è citato a comparire ad una udienza non successiva al trentesimo giorno (e non più al quindicesimo giorno, come attualmente) dalla iscrizione nel registro delle notizie di reato mentre l'imputato in stato di custodia cautelare per il fatto per cui si procede è presentato all'udienza entro il medesimo termine.

 

La lettera d), modificando l’articolo 454, comma 1, c.p.p., prolunga fino a sei mesi dalla iscrizione della notizia di reato nel relativo registro (rispetto ai novanta giorni previsti dal testo vigente) il termine per la presentazione della richiesta di giudizio immediato da parte del pubblico ministero.

 

La lettera e) interviene sull’articolo 459 c.p.p., relativo ai casi di procedimento per decreto penale.

Si ricorda che l’articolo 459 c.p.p. prevede, nei casi di reati perseguibili di ufficio ed in quelli perseguibili a querela se questa è stata validamente presentata e se il querelante non ha nella stessa dichiarato di opporvisi, che il pubblico ministero, quando ritiene che si debba applicare soltanto una pena pecuniaria, anche in sostituzione di una pena detentiva, può presentare al giudice per le indagini preliminari richiesta motivata di emissione del decreto penale di condanna.

 

In particolare si introducono le seguenti modifiche:

§         si sopprime la previsione di uno specifico termine (sei mesi) per poter presentare, da parte del pubblico ministero, la richiesta di emissione del decreto penale di condanna;

§         si introduce un termine di trenta giorni entro cui il giudice è tenuto a decidere sulla richiesta di emissione del decreto penale di condanna.

 

La lettera f) reca modifiche all’articolo 460 c.p.p., relativo ai requisiti del decreto di condanna, in modo da prevedere che, nel caso in cui non sia possibile notificare il decreto di condanna per irreperibilità dell’imputato, il giudice, dopo aver revocato il decreto di condanna, anziché restituire gli atti al pubblico ministero (come previsto dalla norma vigente), emette il decreto di giudizio immediato o, nei casi in cui sia prevista la fase dell’udienza preliminare, fissa la data della stessa udienza.

 

Le lettere g) e h) abrogano le disposizioni che disciplinano la possibilità di accordo tra le parti per l’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello con rideterminazione della pena e rinuncia agli altri motivi (articoli 599, comma 4, e 602, comma 2, c.p.p.).

Le abrogazioni sono volte a far venir meno un istituto che, nella pratica, ha determinato una diminuzione dell’interesse a ricorrere al diverso istituto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti di cui all’articolo 444 c.p.p., con conseguenze negative ai fini dell’obiettivo della deflazione del carico processuale, che richiede un più ampio ricorso ai riti alternativi nel primo grado di giudizio.

 

 


Testo a fronte

 

 

Normativa vigente

A.C. 2664

 

 

Codice di procedura penale

 

 

TITOLO VIII - Chiusura delle indagini preliminari

TITOLO VIII - Chiusura delle indagini preliminari

Art. 405

Inizio dell'azione penale. Forme e termini

Art. 405

Inizio dell'azione penale. Forme e termini

1. Il pubblico ministero, quando non deve richiedere l'archiviazione, esercita l'azione penale, formulando l'imputazione, nei casi previsti nei titoli II, III, IV e V del libro VI ovvero con richiesta di rinvio a giudizio.

1. Identico.

1-bis. Il pubblico ministero, al termine delle indagini, formula richiesta di archiviazione quando la Corte di cassazione si è pronunciata in ordine alla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ai sensi dell'articolo 273, e non sono stati acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico della persona sottoposta alle indagini.

1-bis. Abrogato.

2. Salvo quanto previsto dall'articolo 415-bis, il pubblico ministero richiede il rinvio a giudizio entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale è attribuito il reato è iscritto nel registro delle notizie di reato. Il termine è di un anno se si procede per taluno dei delitti indicati nell'articolo 407 comma 2 lettera a).

2. Identico.

3. Se è necessaria la querela, l'istanza o la richiesta di procedimento, il termine decorre dal momento in cui queste pervengono al pubblico ministero.

3. Identico.

4. Se è necessaria l'autorizzazione a procedere, il decorso del termine è sospeso dal momento della richiesta a quello in cui l'autorizzazione perviene al pubblico ministero.

4. Identico.

 

 

 

 

Art. 406

Proroga del termine

Art. 406

Proroga del termine

1. Il pubblico ministero, prima della scadenza, può richiedere al giudice, per giusta causa, la proroga del termine previsto dall'articolo 405. La richiesta contiene l'indicazione della notizia di reato e l'esposizione dei motivi che la giustificano.

1. Il pubblico ministero, prima della scadenza, può richiedere al giudice, per giusta causa, la proroga del termine previsto dall'articolo 405. La richiesta contiene:

a) le generalità della persona sottoposta ad indagini e l'indicazione della notizia di reato;

b) l'indicazione degli elementi di prova raccolti;

c) l'esposizione dei motivi che giustificano la richiesta.

2. Ulteriori proroghe possono essere richieste dal pubblico ministero nei casi di particolare complessità delle indagini ovvero di oggettiva impossibilità di concluderle entro il termine prorogato.

2. Identico.

2-bis. Ciascuna proroga può essere autorizzata dal giudice per un tempo non superiore a sei mesi.

3. Ciascuna proroga può essere autorizzata dal giudice per il tempo strettamente necessario allo svolgimento dell'attività investigativa indicata e in ogni caso per un periodo non superiore a sei mesi.

2-ter. Qualora si proceda per i reati di cui agli articoli 589, secondo comma, e 590, terzo comma, del codice penale, la proroga di cui al comma 1 può essere concessa per non più di una volta.

Soppresso

3. La richiesta di proroga è notificata, a cura del giudice, con l'avviso della facoltà di presentare memorie entro cinque giorni dalla notificazione, alla persona sottoposta alle indagini nonché alla persona offesa dal reato che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di volere esserne informata. Il giudice provvede entro dieci giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle memorie.

4. Le richieste di proroga sono notificate, a cura del giudice, con l'avviso della facoltà di presentare memorie entro cinque giorni dalla notificazione, alla persona sottoposta alle indagini nonché alla persona offesa dal reato che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di volere esserne informata. Il giudice provvede entro dieci giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle memorie.

4. Il giudice autorizza la proroga del termine con ordinanza emessa in camera di consiglio senza intervento del pubblico ministero e dei difensori.

5. Il giudice autorizza la proroga del termine con ordinanza motivata.

5. Qualora ritenga che allo stato degli atti non si debba concedere la proroga, il giudice, entro il termine previsto dal comma 3 secondo periodo, fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa notificare avviso al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle indagini nonché, nella ipotesi prevista dal comma 3, alla persona offesa dal reato. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall'articolo 127.

6. Se rigetta la richiesta di proroga, il giudice, entro il termine previsto dal comma 4, secondo periodo, restituisce gli atti al pubblico ministero invitandolo ad assumere le determinazioni di cui all'articolo 405, comma 1, entro il termine di dieci giorni.

5-bis. Le disposizioni dei commi 3, 4 e 5 non si applicano se si procede per taluno dei delitti indicati nell'articolo 51 comma 3-bis e nell'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri 4 e 7-bis. In tali casi, il giudice provvede con ordinanza entro dieci giorni dalla presentazione della richiesta, dandone comunicazione al pubblico ministero.

Soppresso.

6. Se non ritiene di respingere la richiesta di proroga, il giudice autorizza con ordinanza il pubblico ministero a proseguire le indagini.

Soppresso.

7. Con l'ordinanza che respinge la richiesta di proroga, il giudice, se il termine per le indagini preliminari è già scaduto, fissa un termine non superiore a dieci giorni per la formulazione delle richieste del pubblico ministero a norma dell'articolo 405.

Soppresso.

8. Gli atti di indagine compiuti dopo la presentazione della richiesta di proroga e prima della comunicazione del provvedimento del giudice sono comunque utilizzabili sempre che, nel caso di provvedimento negativo, non siano successivi alla data di scadenza del termine originariamente previsto per le indagini.

Soppresso.

 

 

 

 

Art. 409

Provvedimenti del giudice sulla richiesta di archiviazione

Art. 409

Provvedimenti del giudice sulla richiesta di archiviazione

1. Fuori dei casi in cui sia stata presentata l'opposizione prevista dall'articolo 410, il giudice, se accoglie la richiesta di archiviazione, pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero. Il provvedimento che dispone l'archiviazione è notificato alla persona sottoposta alle indagini se nel corso del procedimento è stata applicata nei suoi confronti la misura della custodia cautelare.

1. Identico.

 

2. Dopo il deposito della richiesta di archiviazione il giudice, se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indica con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il loro compimento.

2. Se non accoglie la richiesta, il giudice fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa dal reato. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall'articolo 127. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria con facoltà del difensore di estrarne copia.

3. Salvo il caso previsto dal comma 2, se non accoglie la richiesta di archiviazione, il giudice fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa dal reato. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall'articolo 127. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria con facoltà del difensore di estrarne copia.

3. Della fissazione dell'udienza il giudice dà inoltre comunicazione al procuratore generale presso la corte di appello.

4. Identico.

4. A seguito dell'udienza, il giudice, se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indica con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il compimento di esse.

5. Fuori del caso previsto dal comma 4, il giudice, quando non accoglie la richiesta di archiviazione, dispone con ordinanza che, entro dieci giorni, il pubblico ministero formuli l'imputazione. Entro due giorni dalla formulazione dell'imputazione, il giudice fissa con decreto l'udienza preliminare. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 418 e 419.

5. A seguito dell'udienza, il giudice, se non accoglie la richiesta di archiviazione e non ritiene di disporre ulteriori indagini ai sensi del comma 2, dispone con ordinanza che, entro dieci giorni, il pubblico ministero formuli l'imputazione. Entro due giorni dalla formulazione dell'imputazione, il giudice fissa con decreto l'udienza preliminare. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 418 e 419.

 

6. Per i reati per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio, il giudice, se non accoglie la richiesta di archiviazione e non ritiene di disporre ulteriori indagini ai sensi del comma 2, restituisce con ordinanza gli atti al pubblico ministero disponendo che, entro dieci giorni, emetta il decreto di cui all'articolo 552.

6. L'ordinanza di archiviazione è ricorribile per cassazione solo nei casi di nullità previsti dall'articolo 127 comma 5.

7. Identico.

 

 

 

 

Art. 410

Opposizione alla richiesta di archiviazione

Art. 410

Opposizione alla richiesta di archiviazione

1. Con l'opposizione alla richiesta di archiviazione la persona offesa dal reato chiede la prosecuzione delle indagini preliminari indicando, a pena di inammissibilità, l'oggetto della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova.

1. Identico.

2. Se l'opposizione è inammissibile e la notizia di reato è infondata, il giudice dispone l'archiviazione con decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero.

2. Identico.

3. Fuori dei casi previsti dal comma 2, il giudice provvede a norma dell'articolo 409 commi 2, 3, 4 e 5, ma, in caso di più persone offese, l'avviso per l'udienza è notificato al solo opponente.

3. Fuori dei casi previsti dal comma 2, il giudice provvede a norma dell'articolo 409 commi 2, 3, 4, 5 e 6, ma, in caso di più persone offese, l'avviso per l'udienza è notificato al solo opponente.

 

 

 

 

Art. 413

Richiesta della persona sottoposta alle indagini o della persona offesa dal reato

Art. 413

Richiesta della persona sottoposta alle indagini o della persona offesa dal reato

1. La persona sottoposta alle indagini o la persona offesa dal reato può chiedere al procuratore generale di disporre l'avocazione a norma dell'articolo 412 comma 1.

1. Identico.

2. Disposta l'avocazione, il procuratore generale svolge le indagini preliminari indispensabili e formula le sue richieste entro trenta giorni dalla richiesta proposta a norma del comma 1.

2. Identico.

 

2-bis. Se il procuratore generale non provvede in ordine all'avocazione nel termine di trenta giorni dalla richiesta di cui al comma 1 ovvero non formula le sue richieste nel termine di cui al comma 2, la persona sottoposta ad indagini o la persona offesa dal reato possono richiedere al giudice per le indagini preliminari di fissare un termine, non superiore a trenta giorni, per la formulazione delle richieste di cui all'articolo 405, comma 1.

 

 

 

 

Art. 415-bis

Avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari

Art. 415-bis

Avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari

1. Prima della scadenza del termine previsto dal comma 2 dell'articolo 405, anche se prorogato, il pubblico ministero, se non deve formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411, fa notificare alla persona sottoposta alle indagini e al difensore avviso della conclusione delle indagini preliminari.

1. Prima della scadenza del termine previsto dal comma 2 dell'articolo 405, anche se prorogato, il pubblico ministero, fa notificare alla persona sottoposta alle indagini e al difensore avviso della conclusione delle indagini preliminari.

 

1-bis. La disposizione del comma 1 non si applica nei casi in cui il pubblico ministero deve formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411, nonché se ha già provveduto ad inviare all'indagato l'informazione di garanzia di cui all'articolo 369, ovvero altro atto equipollente.

2. L'avviso contiene la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede, delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto, con l'avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l'indagato e il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione ed estrarne copia.

2. Identico.

3. L'avviso contiene altresì l'avvertimento che l'indagato ha facoltà, entro il termine di venti giorni, di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonché di presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. Se l'indagato chiede di essere sottoposto ad interrogatorio il pubblico ministero deve procedervi.

3. Identico.

4. Quando il pubblico ministero, a seguito delle richieste dell'indagato, dispone nuove indagini, queste devono essere compiute entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta. Il termine può essere prorogato dal giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, per una sola volta e per non più di sessanta giorni.

4. Identico.

5. Le dichiarazioni rilasciate dall'indagato, l'interrogatorio del medesimo ed i nuovi atti di indagine del pubblico ministero, previsti dai commi 3 e 4, sono utilizzabili se compiuti entro il termine stabilito dal comma 4, ancorché sia decorso il termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice per l'esercizio dell'azione penale o per la richiesta di archiviazione.

5. Identico.

 

 

 

 

TITOLO IX - Udienza preliminare

TITOLO IX - Udienza preliminare

Art. 416

Presentazione della richiesta del pubblico ministero

Art. 416

Presentazione della richiesta del pubblico ministero

1. La richiesta di rinvio a giudizio è depositata dal pubblico ministero nella cancelleria del giudice. La richiesta di rinvio a giudizio è nulla se non è preceduta dall'avviso previsto dall'articolo 415-bis, nonché dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi dell'articolo 375, comma 3, qualora la persona sottoposta alle indagini abbia chiesto di essere sottoposta ad interrogatorio entro il termine di cui all'articolo 415-bis, comma 3.

1. La richiesta di rinvio a giudizio è depositata dal pubblico ministero nella cancelleria del giudice. La richiesta di rinvio a giudizio è nulla se non è preceduta dall'avviso di cui all’articolo 415-bis, ove previsto, nonché dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi dell'articolo 375, comma 3, qualora la persona sottoposta alle indagini abbia chiesto di essere sottoposta ad interrogatorio entro il termine di cui all'articolo 415-bis, comma 3.

2. Con la richiesta è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari. Il corpo del reato e le cose pertinenti al reato sono allegati al fascicolo, qualora non debbano essere custoditi altrove.

2. Identico.

2-bis. Qualora si proceda per il reato di cui all'articolo 589, secondo comma, del codice penale, la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero deve essere depositata entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari.

2-bis. Identico.

 

 

 

 

Art. 418

Fissazione dell’udienza

Art. 418

Fissazione dell’udienza

1. Entro cinque giorni dal deposito della richiesta, il giudice fissa con decreto il giorno, l'ora e il luogo dell'udienza in camera di consiglio, provvedendo a norma dell'articolo 97 quando l'imputato è privo di difensore di fiducia.

1. Identico.

2. Tra la data di deposito della richiesta e la data dell'udienza non può intercorrere un termine superiore a trenta giorni.

2. Tra la data di deposito della richiesta e la data dell'udienza non può intercorrere un termine superiore a sessanta giorni.

 

 

 

 

Art. 419

Atti introduttivi

Art. 419

Atti introduttivi

1. Il giudice fa notificare all'imputato e alla persona offesa, della quale risulti agli atti l'identità e il domicilio, l'avviso del giorno, dell'ora e del luogo dell'udienza, con la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero e con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia.

1. Identico.

2. L'avviso è altresì comunicato al pubblico ministero e notificato al difensore dell'imputato con l'avvertimento della facoltà di prendere visione degli atti e delle cose trasmessi a norma dell'articolo 416 comma 2 e di presentare memorie e produrre documenti.

2. Identico.

3. L'avviso contiene inoltre l'invito a trasmettere la documentazione relativa alle indagini eventualmente espletate dopo la richiesta di rinvio a giudizio.

3. Identico.

4. Gli avvisi sono notificati e comunicati almeno dieci giorni prima della data dell'udienza. Entro lo stesso termine è notificata la citazione del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria.

4. Gli avvisi sono notificati e comunicati almeno trenta giorni prima della data dell'udienza. Entro lo stesso termine è notificata la citazione del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria.

5. L'imputato può rinunciare all'udienza preliminare e richiedere il giudizio immediato con dichiarazione presentata in cancelleria, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, almeno tre giorni prima della data dell'udienza. L'atto di rinuncia è notificato al pubblico ministero e alla persona offesa dal reato a cura dell'imputato.

5. Identico.

6. Nel caso previsto dal comma 5, il giudice emette decreto di giudizio immediato.

6. Identico.

7. Le disposizioni dei commi 1 e 4 sono previste a pena di nullità.

7. Identico.

 

 

 

 

Art. 431

Fascicolo per il dibattimento

Art. 431

Fascicolo per il dibattimento

1. Immediatamente dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio, il giudice provvede nel contraddittorio delle parti alla formazione del fascicolo per il dibattimento. Se una delle parti ne fa richiesta il giudice fissa una nuova udienza, non oltre il termine di quindici giorni, per la formazione del fascicolo. Nel fascicolo per il dibattimento sono raccolti:

1. Identico:

a) gli atti relativi alla procedibilità dell'azione penale e all'esercizio dell'azione civile;

a) identica:

 

a-bis) l'avviso previsto dall'articolo 415-bis ovvero, se lo stesso non deve essere inviato, l'informazione di garanzia di cui all'articolo 369 o altro atto equipollente, anche per estratto;

b) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria;

c) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dal pubblico ministero e dal difensore;

d) i documenti acquisiti all'estero mediante rogatoria internazionale e i verbali degli atti non ripetibili assunti con le stesse modalità;

e) i verbali degli atti assunti nell'incidente probatorio;

f) i verbali degli atti, diversi da quelli previsti dalla lettera d), assunti all'estero a seguito di rogatoria internazionale ai quali i difensori sono stati posti in grado di assistere e di esercitare le facoltà loro consentite dalla legge italiana;

g) il certificato generale del casellario giudiziario e gli altri documenti indicati nell'articolo 236;

h) il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, qualora non debbano essere custoditi altrove.

b) identica;

c) identica;


d) identica;



e) identica;

f) identica;





g) identica;


h) identica.

 

2. Le parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all'attività di investigazione difensiva.

2. Identico.

 

 

 

 

LIBRO SESTO

PROCEDIMENTI SPECIALI

TITOLO I - Giudizio abbreviato

LIBRO SESTO

PROCEDIMENTI SPECIALI

TITOLO I - Giudizio abbreviato

Art. 438

Presupposti del giudizio abbreviato

Art. 438

Presupposti del giudizio abbreviato

1. L'imputato può chiedere che il processo sia definito all'udienza preliminare allo stato degli atti, salve le disposizioni di cui al comma 5 del presente articolo e all'articolo 441, comma 5.

1. Nei procedimenti per reati diversi da quelli di cui all’articolo 5, l'imputato può chiedere che il processo sia definito all'udienza preliminare allo stato degli atti, salve le disposizioni di cui al comma 5 del presente articolo e all'articolo 441, comma 5.

2. La richiesta può essere proposta, oralmente o per iscritto, fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422.

2. Identico.

3. La volontà dell'imputato è espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata nelle forme previste dall'articolo 583, comma 3.

3. Identico.

4. Sulla richiesta il giudice provvede con ordinanza con la quale dispone il giudizio abbreviato.

4. Identico.

5. L'imputato, ferma restando la utilizzabilità ai fini della prova degli atti indicati nell'articolo 442, comma 1-bis, può subordinare la richiesta ad una integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione. Il giudice dispone il giudizio abbreviato se l'integrazione probatoria richiesta risulta necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili. In tal caso il pubblico ministero può chiedere l'ammissione di prova contraria. Resta salva l'applicabilità dell'articolo 423.

5. Identico.

6. In caso di rigetto ai sensi del comma 5, la richiesta può essere riproposta fino al termine previsto dal comma 2.

6. Identico.

 

 

 

 

 

Art. 438-bis

Giudizio abbreviato dinanzi alla corte di assise

 

1. Nei procedimenti per reati di cui all'articolo 5, l'imputato può richiedere il giudizio abbreviato dinanzi alla corte di assise prima della dichiarazione di apertura del dibattimento.

2. Si osservano le disposizioni del presente titolo, in quanto applicabili.

 

 

 

 

TITOLO III - Giudizio direttissimo

TITOLO III - Giudizio direttissimo

Art. 449

Casi e modi del giudizio direttissimo

Art. 449

Casi e modi del giudizio direttissimo

1. Quando una persona è stata arrestata in flagranza di un reato, il pubblico ministero, se ritiene di dover procedere, può presentare direttamente l'imputato in stato di arresto davanti al giudice del dibattimento, per la convalida e il contestuale giudizio, entro quarantotto ore dall'arresto. Si applicano al giudizio di convalida le disposizioni dell'articolo 391, in quanto compatibili.

1. Identico.

2. Se l'arresto non è convalidato, il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero. Il giudice procede tuttavia a giudizio direttissimo quando l'imputato e il pubblico ministero vi consentono.

2. Identico.

3. Se l'arresto è convalidato, si procede immediatamente al giudizio.

3. Identico.

4. Il pubblico ministero può, altresì, procedere al giudizio direttissimo quando l'arresto in flagranza è già stato convalidato. In tal caso l'imputato è presentato all'udienza non oltre il quindicesimo giorno dall'arresto.

4. Il pubblico ministero può, altresì, procedere al giudizio direttissimo quando l'arresto in flagranza è già stato convalidato. In tal caso l'imputato è presentato all'udienza non oltre il trentesimo giorno dall'arresto.

5. Il pubblico ministero può, inoltre, procedere al giudizio direttissimo nei confronti della persona che nel corso dell'interrogatorio ha reso confessione. L'imputato libero è citato a comparire a una udienza non successiva al quindicesimo giorno dalla iscrizione nel registro delle notizie di reato. L'imputato in stato di custodia cautelare per il fatto per cui si procede è presentato all'udienza entro il medesimo termine.

5. Il pubblico ministero può, inoltre, procedere al giudizio direttissimo nei confronti della persona che nel corso dell'interrogatorio ha reso confessione. L'imputato libero è citato a comparire a una udienza non successiva al trentesimo giorno dalla iscrizione nel registro delle notizie di reato. L'imputato in stato di custodia cautelare per il fatto per cui si procede è presentato all'udienza entro il medesimo termine.

6. Quando il reato per cui è richiesto il giudizio direttissimo risulta connesso con altri reati per i quali mancano le condizioni che giustificano la scelta di tale rito, si procede separatamente per gli altri reati e nei confronti degli altri imputati, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini. Se la riunione risulta indispensabile, prevale in ogni caso il rito ordinario.

6. Identico.

 

 

 

 

Art. 454

Presentazione della richiesta del pubblico ministero

Art. 454

Presentazione della richiesta del pubblico ministero

1. Entro novanta giorni dalla iscrizione della notizia di reato nel registro previsto dall'articolo 335, il pubblico ministero trasmette la richiesta di giudizio immediato alla cancelleria del giudice per le indagini preliminari.

1. Entro sei mesi dalla iscrizione della notizia di reato nel registro previsto dall'articolo 335, il pubblico ministero trasmette la richiesta di giudizio immediato alla cancelleria del giudice per le indagini preliminari.

2. Con la richiesta è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari. Il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, sono allegati al fascicolo, qualora non debbano essere custoditi altrove.

2. Identico.

 

 

 

 

TITOLO V

Procedimento per decreto

TITOLO V

Procedimento per decreto

Art. 459

Casi di procedimento per decreto

Art. 459

Casi di procedimento per decreto

1. Nei procedimenti per reati perseguibili di ufficio ed in quelli perseguibili a querela se questa è stata validamente presentata e se il querelante non ha nella stessa dichiarato di opporvisi, il pubblico ministero, quando ritiene che si debba applicare soltanto una pena pecuniaria, anche se inflitta in sostituzione di una pena detentiva, può presentare al giudice per le indagini preliminari, entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato e previa trasmissione del fascicolo, richiesta motivata di emissione del decreto penale di condanna, indicando la misura della pena.

1. Nei procedimenti per reati perseguibili di ufficio ed in quelli perseguibili a querela se questa è stata validamente presentata e se il querelante non ha nella stessa dichiarato di opporvisi, il pubblico ministero, quando ritiene che si debba applicare soltanto una pena pecuniaria, anche se inflitta in sostituzione di una pena detentiva, può presentare al giudice per le indagini preliminari, previa trasmissione del fascicolo, richiesta motivata di emissione del decreto penale di condanna, indicando la misura della pena.

2. Il pubblico ministero può chiedere l'applicazione di una pena diminuita sino alla metà rispetto al minimo edittale.

2. Identico.

3. Il giudice, quando non accoglie la richiesta, se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129, restituisce gli atti al pubblico ministero.

3. Il giudice decide entro il termine di trenta giorni. Quando non accoglie la richiesta, se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129, restituisce gli atti al pubblico ministero.

4. Del decreto penale è data comunicazione al querelante.

4. Identico.

5. Il procedimento per decreto non è ammesso quando risulta la necessità di applicare una misura di sicurezza personale.

5. Identico.

 

 

 

 

Art. 460

Requisiti del decreto di condanna

Art. 460

Requisiti del decreto di condanna

1. Il decreto di condanna contiene:

a) le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgano a identificarlo nonché, quando occorre, quelle della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria;

b) l'enunciazione del fatto, delle circostanze e delle disposizioni di legge violate;

c) la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, comprese le ragioni dell'eventuale diminuzione della pena al di sotto del minimo edittale;

d) il dispositivo;

e) l'avviso che l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria possono proporre opposizione entro quindici giorni dalla notificazione del decreto e che l'imputato può chiedere mediante l'opposizione il giudizio immediato ovvero il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena a norma dell'articolo 444;

f) l'avvertimento all'imputato e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria che, in caso di mancata opposizione, il decreto diviene esecutivo;

g) l'avviso che l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria hanno la facoltà di nominare un difensore;

h) la data e la sottoscrizione del giudice e dell'ausiliario che lo assiste.

1. Identico.

2. Con il decreto di condanna il giudice applica la pena nella misura richiesta dal pubblico ministero indicando l'entità dell'eventuale diminuzione della pena stessa al di sotto del minimo edittale; ordina la confisca, nei casi previsti dall'articolo 240, secondo comma, del codice penale, o la restituzione delle cose sequestrate; concede la sospensione condizionale della pena. Nei casi previsti dagli articoli 196 e 197 del codice penale, dichiara altresì la responsabilità della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria.

2. Identico.

3. Copia del decreto è comunicata al pubblico ministero ed è notificata con il precetto al condannato, al difensore d'ufficio o al difensore di fiducia eventualmente nominato ed alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria.

3. Identico.

4. Se non è possibile eseguire la notificazione per irreperibilità dell'imputato, il giudice revoca il decreto penale di condanna e restituisce gli atti al pubblico ministero.

4. Se non è possibile eseguire la notificazione del decreto per irreperibilità dell'imputato ovvero presso il domicilio dichiarato o eletto, il giudice revoca il decreto penale di condanna ed emette decreto di giudizio immediato ai sensi dell'articolo 464, comma 1. Nei procedimenti per cui è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare, il giudice fissa la data dell'udienza ai sensi dell'articolo 418.

5. Il decreto penale di condanna non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento, né l'applicazione di pene accessorie. Anche se divenuto esecutivo non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo. Il reato è estinto se nel termine di cinque anni, quando il decreto concerne un delitto, ovvero di due anni, quando il decreto concerne una contravvenzione, l'imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole. In questo caso si estingue ogni effetto penale e la condanna non è comunque di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione condizionale della pena.

5. Identico.

 

 

 

 

Art. 552

Decreto di citazione a giudizio

Art. 552

Decreto di citazione a giudizio

1. Il decreto di citazione a giudizio contiene:

a) le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private, con l'indicazione dei difensori;

b) l'indicazione della persona offesa, qualora risulti identificata;

c) l'enunciazione del fatto, in forma chiara e precisa, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge;

d) l'indicazione del giudice competente per il giudizio nonché del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia;

e) l'avviso che l'imputato ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistito dal difensore di ufficio;

f) l'avviso che, qualora ne ricorrano i presupposti, l'imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, può presentare le richieste previste dagli articoli 438 e 444 ovvero presentare domanda di oblazione;

g) l'avviso che il fascicolo relativo alle indagini preliminari è depositato nella segreteria del pubblico ministero e che le parti e i loro difensori hanno facoltà di prenderne visione e di estrarne copia;

h) la data e la sottoscrizione del pubblico ministero e dell'ausiliario che lo assiste.

1. Identico.

1-bis. Qualora si proceda per taluni dei reati previsti dall'articolo 590, terzo comma, del codice penale, il decreto di citazione a giudizio deve essere emesso entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari.

1-bis. Identico.

1-ter. Qualora si proceda per taluni dei reati previsti dall'articolo 590, terzo comma, del codice penale, la data di comparizione di cui al comma 1, lettera d), è fissata non oltre novanta giorni dalla emissione del decreto.

1-ter. Identico.

2. Il decreto è nullo se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dalle lettere c), d), e) ed f) del comma 1. Il decreto è altresì nullo se non è preceduto dall'avviso previsto dall'articolo 415-bis, nonché dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi dell'articolo 375, comma 3, qualora la persona sottoposta alle indagini lo abbia richiesto entro il termine di cui al comma 3 del medesimo articolo 415-bis.

2. Il decreto è nullo se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dalle lettere c), d), e) ed f) del comma 1. Il decreto è altresì nullo se non è preceduto dall’avviso di cui all’articolo 415-bis, ove previsto, nonché dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi dell'articolo 375, comma 3, qualora la persona sottoposta alle indagini lo abbia richiesto entro il termine di cui al comma 3 del medesimo articolo 415-bis.

3. Il decreto di citazione è notificato all'imputato, al suo difensore e alla parte offesa almeno sessanta giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione. Nei casi di urgenza, di cui deve essere data motivazione, il termine è ridotto a quarantacinque giorni.

3. Identico.

4. Il decreto di citazione è depositato dal pubblico ministero nella segreteria unitamente al fascicolo contenente la documentazione, gli atti e le cose indicati nell'articolo 416, comma 2.

4. Identico.

 

 

 

 

Art. 599

Decisioni in camera di consiglio

Art. 599

Decisioni in camera di consiglio

1. Quando l'appello ha esclusivamente per oggetto la specie o la misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione fra circostanze, o l'applicabilità delle circostanze attenuanti generiche, di sanzioni sostitutive, della sospensione condizionale della pena o della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, la corte provvede in camera di consiglio con le forme previste dall'articolo 127.

1. Identico.

2. L'udienza è rinviata se sussiste un legittimo impedimento dell'imputato che ha manifestato la volontà di comparire.

2. Identico.

3. Nel caso di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, il giudice assume le prove in camera di consiglio, a norma dell'articolo 603, con la necessaria partecipazione del pubblico ministero e dei difensori. Se questi non sono presenti quando è disposta la rinnovazione, il giudice fissa una nuova udienza e dispone che copia del provvedimento sia comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori.

3. Identico.

4. La corte, anche al di fuori dei casi di cui al comma 1, provvede in camera di consiglio altresì quando le parti, nelle forme previste dall'articolo 589, ne fanno richiesta dichiarando di concordare sull'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi. Se i motivi dei quali viene chiesto l'accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, il pubblico ministero, l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d'accordo.

4. Abrogato.

5. Il giudice, se ritiene di non potere accogliere, allo stato, la richiesta, ordina la citazione a comparire al dibattimento. In questo caso la richiesta e la rinuncia perdono effetto, ma possono essere riproposte nel dibattimento.

5. Identico.

 

 

 

 

Art. 602

Dibattimento di appello

Art. 602

Dibattimento di appello

1. Nell'udienza, il presidente o il consigliere da lui delegato fa la relazione della causa.

1. Identico.

2. Se le parti richiedono concordemente l'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello a norma dell'articolo 599, comma 4, il giudice, quando ritiene che la richiesta deve essere accolta, provvede immediatamente; altrimenti dispone per la prosecuzione del dibattimento. La richiesta e la rinuncia ai motivi non hanno effetto se il giudice decide in modo difforme dall'accordo.

2. Abrogato.

3. Nel dibattimento può essere data lettura, anche di ufficio, di atti del giudizio di primo grado nonché, entro i limiti previsti dagli articoli 511 e seguenti, di atti compiuti nelle fasi antecedenti.

3. Identico.

4. Per la discussione si osservano le disposizioni dell'articolo 523.

4. Identico.


 

Capo VI, Disposizioni in materia di misure cautelari

Art. 12.
(Modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari).


      1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 275, dopo il comma 3 è inserito il seguente:

      «3-bis. Le misure interdittive e le misure del divieto di dimora, dell'obbligo di dimora e degli arresti domiciliari possono essere disposte anche congiuntamente»;

          b) all'articolo 308, comma 2, le parole: «due mesi», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «sei mesi»;

          c) all'articolo 325, il comma 1 è abrogato.


 

 

L’articolo 12 reca modifiche alla disciplina codicistica in materia di misure cautelari. In particolare:

§         con la lettera a), modificando l’articolo 275 c.p.p., si dispone che le misure interdittive possono essere disposte anche cumulativamente alle misure coercitive diverse dalla custodia cautelare in carcere (misure del divieto di dimora, dell'obbligo di dimora e degli arresti domiciliari);

§         con la lettera b), modificando l’articolo 308 c.p.p., si dispone l’ampliamento a sei mesi della durata delle misure interdittive.

 

Tali modifiche intendono potenziare l’efficacia delle misure interdittive, nell’ottica di una riduzione del ricorso alle misure di custodia cautelare.

 

La lettera c) è volta ad abrogare il comma 1 dell’articolo 325 c.p.p., relativo alle misure cautelari reali. Con tale abrogazione si intende fissare il principio, per quanto riguarda le impugnazioni avverso le misure cautelari reali, di alternatività tra il procedimento di riesame o l’appello da una parte e il ricorso per cassazione dall’altra, escludendo quindi che avverso le decisioni del tribunale del riesame sia possibile ricorrere per cassazione.

 

 

 


Testo a fronte

 

Normativa vigente

A.C. 2664

 

 

Codice di procedura penale

 

 

Art. 275

Criteri di scelta delle misure

Art. 275

Criteri di scelta delle misure

1. Nel disporre le misure, il giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto.

1. Identico.

1-bis. Contestualmente ad una sentenza di condanna, l'esame delle esigenze cautelari è condotto tenendo conto anche dell'esito del procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti, dai quali possa emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna delle esigenze indicate nell'articolo 274, comma 1, lettere b) e c) (2).

1-bis. Identico.

2. Ogni misura deve essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene possa essere irrogata.

2. Identico.

2-bis. Non può essere disposta la misura della custodia cautelare se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena.

2-bis. Identico.

2-ter. Nei casi di condanna di appello le misure cautelari personali sono sempre disposte, contestualmente alla sentenza, quando, all'esito dell'esame condotto a norma del comma 1-bis, risultano sussistere esigenze cautelari previste dall'articolo 274 e la condanna riguarda uno dei delitti previsti dall'articolo 380, comma 1, e questo risulta commesso da soggetto condannato nei cinque anni precedenti per delitti della stessa indole.

2-ter. Identico.

3. La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all'articolo 416-bis del codice penale o ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari.

3. Identico.

 

3-bis. Le misure interdittive e le misure del divieto di dimora, dell'obbligo di dimora e degli arresti domiciliari possono essere disposte anche congiuntamente.

4. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, ovvero persona che ha superato l'età di settanta anni.

4. Identico.

4-bis. Non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere quando l'imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell'articolo 286-bis, comma 2, ovvero da altra malattia particolarmente grave, per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere.

4-bis. Identico.

4-ter. Nell'ipotesi di cui al comma 4-bis, se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e la custodia cautelare presso idonee strutture sanitarie penitenziarie non è possibile senza pregiudizio per la salute dell'imputato o di quella degli altri detenuti, il giudice dispone la misura degli arresti domiciliari presso un luogo di cura o di assistenza o di accoglienza. Se l'imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, gli arresti domicliari possono essere disposti presso le unità operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o da altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell'assistenza ai casi di AIDS, ovvero presso una residenza collettiva o casa alloggio di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 5 giugno 1990, n. 135.

4-ter. Identico.

4-quater. Il giudice può comunque disporre la custodia cautelare in carcere qualora il soggetto risulti imputato o sia stato sottoposto ad altra misura cautelare per uno dei delitti previsti dall'articolo 380, relativamente a fatti commessi dopo l'applicazione delle misure disposte ai sensi dei commi 4-bis e 4-ter. In tal caso il giudice dispone che l'imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie.

4-quater. Identico.

4-quinquies. La custodia cautelare in carcere non può comunque essere disposta o mantenuta quando la malattia si trova in una fase così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative.

4-quinquies. Identico.

 

 

 

 

Art. 308

Termini di durata massima delle misure diverse dalla custodia cautelare

Art. 308

Termini di durata massima delle misure diverse dalla custodia cautelare

1. Le misure coercitive diverse dalla custodia cautelare perdono efficacia quando dall'inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al doppio dei termini previsti dall'articolo 303.

1. Identico.

2. Le misure interdittive  perdono efficacia quando sono decorsi due mesi dall'inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche al di là di due mesi dall'inizio dell'esecuzione, osservati i limiti previsti dal comma 1.

2. Le misure interdittive  perdono efficacia quando sono decorsi sei mesi dall'inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche al di là di sei mesi dall'inizio dell'esecuzione, osservati i limiti previsti dal comma 1.

3. L'estinzione delle misure non pregiudica l'esercizio dei poteri che la legge attribuisce al giudice penale o ad altre autorità nell'applicazione di pene accessorie o di altre misure interdittive.

3. Identico.

 

 

 

 

Art. 325

Ricorso per cassazione

Art. 325

Ricorso per cassazione

1. Contro le ordinanze emesse a norma degli articoli 322-bis e 324, il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge.

1. Abrogato.

2. Entro il termine previsto dell'articolo 324 comma 1, contro il decreto di sequestro emesso dal giudice può essere proposto direttamente ricorso per cassazione. La proposizione del ricorso rende inammissibile la richiesta di riesame.

2. Identico.

3. Si applicano le disposizioni dell'articolo 311 commi 3 e 4.

3. Identico.

4. Il ricorso non sospende l'esecuzione della ordinanza.

4. Identico.

 


Capo VII, Disposizioni in materia di assenza dell’imputato e di rinnovazione del dibattimento

Art. 13.
(Modifiche al codice di procedura penale in materia di assenza dell'imputato e di rinnovazione del dibattimento).

 

 

 


      1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 175, commi 2 e 8, le parole: «sentenza contumaciale» sono sostituite dalle seguenti: «sentenza dibattimentale in assenza dell'imputato»;

          b) l'articolo 190-bis è sostituito dal seguente:

     «Art. 190-bis. - (Requisiti della prova in casi particolari). - 1. Quando è richiesto l'esame di un testimone, di un coimputato o di una delle persone indicate nell'articolo 210 e queste hanno già reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio o in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, ovvero dichiarazioni i cui verbali sono stati acquisiti a norma dell'articolo 238, l'esame è ammesso solo nei casi seguenti:

          a) quando riguarda fatti o circostanze diversi da quelli che sono stati oggetto delle precedenti dichiarazioni, sopravvenuti o conosciuti in epoca successiva all'assunzione della prova;

         b) quando il giudice lo ritiene utile o necessario ai fini della decisione, anche su richiesta motivata delle parti sulla base di specifiche esigenze.

      2. I verbali delle prove assunte in precedenza restano inseriti al fascicolo del dibattimento e si applica l'articolo 511, comma 2-bis»;

          c) all'articolo 349 sono apportate le seguenti modificazioni:

              1) al comma 1 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché degli imputati nei confronti dei quali sia stato sospeso il processo ai sensi dell'articolo 484-bis»;

              2) dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti:

      «4-bis. Quando procede all'identificazione di un imputato nei confronti del quale sia stato sospeso il processo ai sensi dell'articolo 484-bis, la polizia giudiziaria notifica allo stesso il decreto di citazione a giudizio e l'ordinanza di sospensione emessa ai sensi dell'articolo 484-bis, ovvero quella emessa ai sensi dell'articolo 484-quinquies, comma 1, e lo invita a dichiarare o eleggere il domicilio per le successive notificazioni. Nei casi in cui non risulta possibile effettuare immediatamente la notifica, la polizia giudiziaria informa l'imputato della pendenza di un procedimento penale a suo carico, del numero di registro generale relativo al medesimo nonché dei capi d'imputazione e dell'autorità giudiziaria dinanzi alla quale lo stesso viene celebrato, invitandolo a recarsi entro i successivi cinque giorni presso i propri uffici per ricevere la notifica e per dichiarare o eleggere domicilio.

      4-ter. Nei casi di cui al comma 4-bis, la polizia giudiziaria trasmette senza ritardo la relazione di notificazione e il verbale di dichiarazione o elezione di domicilio al giudice e al pubblico ministero procedenti. Se l'imputato, regolarmente avvisato, non si presenta per ricevere la notifica, la polizia giudiziaria ne informa immediatamente l'autorità giudiziaria procedente»;

         d) agli articoli 419, comma 1, 429, comma 1, lettera f), e 552, comma 1, lettera d), le parole: «sarà giudicato in contumacia» sono sostituite dalle seguenti: «si procederà in sua assenza»;

          e) l'articolo 420-ter è sostituito dal seguente:

      «Art. 420-ter. - (Impedimento a comparire dell'imputato o del difensore). - 1. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta all'udienza e risulta che l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice, anche d'ufficio, dispone il rinvio dell'udienza fissando con ordinanza la relativa data.

      2. Con le medesime modalità di cui al comma 1 il giudice provvede quando appare probabile che l'assenza dell'imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore. Tale probabilità è liberamente valutata dal giudice e non può costituire motivo di impugnazione.

      3. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta alle successive udienze e ricorrono le condizioni previste dal comma 1, il giudice, anche d'ufficio, dispone il rinvio dell'udienza fissando con ordinanza la relativa data.

      4. La lettura dell'ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce la citazione e gli avvisi per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti. Della nuova udienza fissata con l'ordinanza di cui ai commi 1, 2 e 3 è dato avviso all'imputato. Se lo stesso è assistito da un difensore di fiducia e questi è presente, personalmente o tramite sostituto, l'avviso si intende notificato all'imputato.

      5. Nel caso di assenza del difensore, quando risulta che la stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, il giudice dispone il rinvio dell'udienza fissando con ordinanza la relativa data; l'ordinanza è depositata in cancelleria senza obbligo di avviso al difensore.

      6. La disposizione di cui al comma 5 non si applica e il giudice dispone procedersi oltre se:

          a) l'imputato è assistito da due difensori e l'impedimento riguarda uno dei medesimi;

          b) l'imputato è assistito da un unico difensore e questi non ha prontamente comunicato l'impedimento;

          c) il difensore, pur avendo prontamente comunicato l'impedimento, non ha indicato espressamente i motivi che non consentono la nomina di un sostituto ai sensi dell'articolo 102;

          d) l'imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito»;

          f) all'articolo 420-quater sono apportate le seguenti modificazioni:

              1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Assenza o allontanamento volontario dell'imputato»;

              2) al comma 1, le parole: «ne dichiara la contumacia» sono sostituite dalle seguenti: «ordina procedersi in assenza»;

              3) al comma 2, le parole: «in sua contumacia» sono sostituite dalle seguenti: «in sua assenza»;

              4) al comma 3, le parole: «la contumacia» sono sostituite dalle seguenti: «l'assenza»;

              5) al comma 4, le parole: «dichiarativa di contumacia» sono sostituite dalle seguenti: «che ha disposto procedersi in assenza»;

              6) al comma 7, le parole: «dichiarativa della contumacia» sono sostituite dalle seguenti: «che ha disposto procedersi in assenza», e le parole: «contumace o» sono soppresse;

              7) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

      «7-bis. Le disposizioni degli articoli 420-bis e 420-ter non si applicano quando l'imputato, anche se impedito, chiede o consente che l'udienza preliminare avvenga in sua assenza o, se detenuto, rifiuta di assistervi. L'imputato in tali casi è rappresentato dal difensore.

      7-ter. L'imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall'aula di udienza è considerato presente ed è rappresentato dal difensore»;

          g) l'articolo 420-quinquies è abrogato;

          h) dopo l'articolo 484 sono inseriti i seguenti:

      «Art. 484-bis. - (Rinnovazione della citazione. Sospensione del processo). - 1. Salvo che l'imputato sia presente all'udienza, quando la notificazione della citazione a giudizio è stata omessa ovvero è nulla, il giudice rinvia il dibattimento e dispone che la citazione venga notificata all'imputato personalmente o a mani di familiare convivente. Salvo quanto previsto dal comma 3, allo stesso modo provvede quando l'imputato non è presente all'udienza e la notificazione della citazione è stata effettuata ai sensi degli articoli 159, comma 2, 161, comma 4, 165, comma 1, e 169, comma 1.

      2. Quando la notificazione ai sensi del comma 1 non risulta possibile, sempre che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non doversi procedere, il giudice dispone con ordinanza la sospensione del processo, salvo che, in ragione della natura o della gravità del reato contestato, ovvero del numero dei reati contestati, delle persone offese o dei testimoni, ovvero dell'esigenza di garantire la genuinità e la completezza della prova, la sospensione possa arrecare grave pregiudizio all'accertamento dei fatti per cui si procede. In quest'ultimo caso il giudice dispone procedersi in assenza dell'imputato con ordinanza specificamente motivata.

      3. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 71, commi 4 e 6, in quanto compatibili.

      4. Le disposizioni di cui al comma 1, secondo periodo, e al comma 2 non si applicano:

          a) se l'imputato, nel corso del procedimento, ha nominato un difensore di fiducia, anche in caso di successiva revoca;

          b) se l'imputato, nel corso del procedimento, è stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare;

          c) in ogni altro caso in cui dagli atti emerga la prova che l'imputato sia a conoscenza del fatto che si procede nei suoi confronti ovvero che lo stesso si sia volontariamente sottratto alla conoscenza del processo o di atti del medesimo.

      5. Allo scadere del sesto mese dalla pronuncia dell'ordinanza di sospensione del processo, o anche prima quando ne ravvisi l'esigenza, il giudice dispone nuove ricerche dell'imputato per la notifica della citazione. Analogamente provvede a ogni successiva scadenza di sei mesi, qualora il procedimento non abbia ripreso il suo corso.

      6. Il giudice revoca l'ordinanza di sospensione del processo nei seguenti casi:

          a) se le ricerche di cui al comma 5 hanno avuto esito positivo ed è stata regolarmente effettuata la notifica della citazione;

          b) se l'imputato ha nominato un difensore di fiducia;

          c) in ogni altro caso in cui emerga la prova che l'imputato sia a conoscenza del fatto che si procede nei suoi confronti.

      7. Nei casi previsti dal comma 6, il giudice fissa la data per la nuova udienza, dandone comunicazione alle parti.

      8. All'udienza di cui al comma 7 l'imputato, ancorché decaduto, può formulare richiesta ai sensi degli articoli 444 e 438.

      9. Quando si procede a carico di più imputati, il giudice dispone la separazione del processo a carico dell'imputato nei cui confronti viene disposta la sospensione ai sensi del comma 2.

      Art. 484-ter. - (Impedimento a comparire dell'imputato o del difensore). - 1. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta all'udienza e risulta che l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice, anche d'ufficio, dispone il rinvio dell'udienza fissando con ordinanza la relativa data.

      2. Con le medesime modalità di cui al comma 1 il giudice provvede quando appare probabile che l'assenza dell'imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore.

Tale probabilità è liberamente valutata dal giudice e non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione.

      3. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta alle successive udienze e ricorrono le condizioni previste dal comma 1, il giudice, anche d'ufficio, dispone il rinvio dell'udienza fissando con ordinanza la relativa data.

      4. La lettura dell'ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce la citazione e gli avvisi per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti. Della nuova udienza fissata con l'ordinanza di cui ai commi 1, 2 e 3 è dato avviso all'imputato. Se lo stesso è assistito da un difensore di fiducia e questi è presente, personalmente o tramite sostituto, l'avviso si intende notificato all'imputato.

      5. Nel caso di assenza del difensore, quando risulta che la stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, il giudice dispone il rinvio dell'udienza fissando con ordinanza la relativa data; l'ordinanza è depositata in cancelleria senza obbligo di avviso al difensore.

      6. La disposizione di cui al comma 5 non si applica e il giudice dispone procedersi oltre se:

          a) l'imputato è assistito da due difensori e l'impedimento riguarda uno dei medesimi;

          b) l'imputato è assistito da un unico difensore e questi non ha prontamente comunicato l'impedimento;

          c) il difensore, pur avendo prontamente comunicato l'impedimento, non ha indicato espressamente i motivi che non consentono la nomina di un sostituto ai sensi dell'articolo 102;

          d) l'imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito.

      Art. 484-quater. - (Assenza o allontanamento volontario dell'imputato). - 1. Quando all'esito delle verifiche di cui all'articolo 484-bis, comma 1, il giudice ritiene che non ricorrono i presupposti per ordinare la sospensione del processo, ordina procedersi in assenza dell'imputato. Se l'imputato compare prima della pronuncia della sentenza, il giudice revoca l'ordinanza.

      2. Le disposizioni dell'articolo 484-ter non si applicano quando l'imputato, anche se impedito, chiede o consente che l'udienza o il processo si svolgano in sua assenza o, se detenuto, rifiuta di assistervi.

      3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, l'imputato è rappresentato dal difensore. È, altresì, rappresentato dal difensore ed è considerato presente l'imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall'aula di udienza.

      4. L'imputato che, presente ad una udienza, non compare ad udienze successive, è considerato presente non comparso.

      5. L'ordinanza di cui al comma 1 è nulla se al momento della pronuncia vi è la prova che l'assenza dell'imputato è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento.

      6. Se la prova indicata nel comma 5 perviene dopo la pronuncia dell'ordinanza di cui al comma 1, ma prima della decisione, il giudice revoca l'ordinanza medesima e, se l'imputato non è comparso, sospende o rinvia anche d'ufficio il dibattimento. Restano comunque validi gli atti compiuti in precedenza, ma se l'imputato ne fa richiesta e dimostra che la prova è pervenuta con ritardo senza sua colpa, il giudice dispone l'assunzione o la rinnovazione degli atti che ritiene rilevanti ai fini della decisione.

      7. L'ordinanza di cui al comma 1 è nulla, altresì, se il processo doveva essere sospeso ai sensi dell'articolo 484-bis, comma 2. In tal caso il giudice revoca l'ordinanza e procede a norma dell'articolo 484-bis; restano validi gli atti compiuti in precedenza, ma l'imputato, se la sospensione viene revocata, può chiedere l'ammissione di prove ai sensi dell'articolo 493 o la rinnovazione di quelle che ritiene rilevanti ai fini della decisione.

      Art. 484-quinquies. - (Assenza dell'imputato in casi particolari). - 1. Quando il giudice ha disposto procedersi in assenza dell'imputato, ai sensi dell'articolo 484-bis, comma 2, secondo periodo, se l'imputato compare prima della chiusura del dibattimento, il giudice revoca la relativa ordinanza. In tal caso, quando si procede a carico di più imputati, può disporre la separazione dei processi ai sensi dell'articolo 18.

      2. Nel caso di cui al comma 1, l'imputato è rimesso in termini per formulare le richieste di cui all'articolo 493; il giudice ammette le prove ai sensi degli articoli 190 e 495. Non si applica l'articolo 190-bis, ma le prove assunte in precedenza sono utilizzabili ai fini della decisione anche nei confronti dell'imputato comparso tardivamente.

      3. Si applica l'articolo 484-bis, com- ma 8»;

          i) l'articolo 490 è sostituito dal seguente:

      «Art. 490. - (Accompagnamento coattivo dell'imputato assente). - 1. Il giudice, a norma dell'articolo 132, può disporre l'accompagnamento coattivo dell'imputato assente, quando la sua presenza è necessaria per l'assunzione di una prova diversa dall'esame»;

          l) dopo l'articolo 493 è inserito il seguente:

      «Art. 493-bis. - (Mutamento della persona fisica del giudice). - 1. In caso di mutamento della persona fisica del giudice, le parti possono reiterare la richiesta di ammissione delle prove già indicate nella lista di cui all'articolo 468, ivi comprese le prove non ammesse nel dibattimento precedente e quelle in ordine alle quali vi è stata rinuncia, ovvero chiedere l'ammissione di prove nuove ai sensi dell'articolo 493, comma 2. Sulla richiesta il giudice provvede con ordinanza ai sensi degli articoli 190, 190-bis e 495.

      2. Nel giudizio abbreviato o in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti, le prove assunte nel dibattimento precedente sono utilizzabili ai fini della decisione»;

          m) all'articolo 495, comma 4-bis, le parole: «, con il consenso dell'altra parte,» sono soppresse;

          n) all'articolo 511 sono apportate le seguenti modificazioni:

              1) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

      «2-bis. È sempre consentita la lettura dei verbali di dichiarazioni raccolte in sede di incidente probatorio, dei verbali di prove di diverso processo acquisiti ai sensi dell'articolo 238, delle prove assunte in assenza dell'imputato, nonché dei verbali di prove assunte dinanzi a un giudice diverso, sia a seguito di declaratoria di incompetenza che in caso di mutamento della persona fisica del giudice»;

              2) il comma 5 è sostituito dal seguente:

      «5. In luogo della lettura, il giudice, anche di ufficio, può indicare analiticamente gli atti utilizzabili ai fini della decisione. L'indicazione degli atti equivale alla loro lettura. Il giudice dispone tuttavia la lettura, integrale o parziale, quando sorga serio disaccordo tra le parti sul contenuto dell'atto»;

          o) all'articolo 513, comma 1, le parole: «contumace o» sono soppresse;

          p) all'articolo 520, nella rubrica e nel comma 1, le parole: «contumace o» sono soppresse;

          q) agli articoli 548, comma 3, e 585, comma 2, lettera d), la parola: «contumace» è sostituita dalla seguente: «assente»;

          r) all'articolo 603, il comma 4 è sostituito dal seguente:

      «4. Il giudice dispone, altresì, la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale quando l'imputato, assente in primo grado, ne fa richiesta e prova di non essere potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore, sempre che in tal caso il fatto non sia dovuto a sua colpa»;

          s) gli articoli 484, comma 2-bis, 489 e 511-bis sono abrogati.

 


 

 

Il capo VII del disegno di legge in esame, comprensivo degli articoli da 13 a 17, reca talune modifiche agli istituti della contumacia, dell'assenza dell'imputato, della sospensione del processo e della rinnovazione del dibattimento a seguito del mutamento del giudice.

 

Nello specifico l'articolo 13, recante Modifiche al codice di procedura penale in materia di assenza dell'imputato e di rinnovazione del dibattimento, al comma 1, lettera a), novella i commi 2 ed 8 dell'articolo 175 del c.p.p. in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali[5].

 

Le modifiche proposte sono volte, in particolare, a sostituire il riferimento alla sentenza contumaciale contenuto nei citati commi con la differente espressione sentenza dibattimentale in assenza dell'imputato e ciò in conformità con le modifiche previste all'istituto della contumacia da parte del provvedimento in esame.

 

Analoga modifica è prevista dalla successiva lettera d) del comma 1 dell'articolo 13 la quale prevede che agli articoli 419, comma 1, 429, comma 1, lettera f), e 552, comma 1, lettera d), le parole "sarà giudicato in contumacia" vengano sostituite dalle parole "si procederà in sua assenza".

 

Come precisato nella relazione illustrativa del provvedimento, "si ritiene necessario, come linea tendenziale, che i processi penali non si possano celebrare senza l'effettiva garanzia che l'imputato abbia avuto conoscenza almeno dell'inizio degli stessi. Tale approccio (in linea con le sentenze e con lo Statuto della Corte EDU) concerne la sola fase «processuale» in senso stretto, senza riferimento alle attività prodromiche alla stessa (indagini preliminari e udienza preliminare); nel rispetto delle statuizioni in esame, quindi, le modifiche proposte mantengono la possibilità di procedere alle indagini preliminari e all'udienza preliminare anche nei confronti di un indagato irreperibile ovvero nei cui confronti le notifiche vengano effettuate presso il difensore a norma degli articoli 159, comma 2, 161, comma 4, 165, comma 1, e 169, che disciplinano ipotesi di conoscenza «legale» o «formale». Quanto alla fase dell'udienza preliminare, si è pertanto ritenuto di eliminare l'istituto della contumacia, sostituendolo con quello della mera «assenza», per tutti i casi in cui, compiuta la regolare notificazione del decreto di fissazione, l'imputato è o sarebbe dovuto essere presente".

 

La successiva lettera b) del comma 1 sostituisce, invece, integralmente, l'articolo 190-bis c.p.p[6]. in modo da essere utilizzato per tutti i processi.

 

Allo stato, infatti, il comma 1 dell'articolo 190-bis c.p.p. prevede che nei procedimenti per taluno dei delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-bis[7], quando è richiesto l'esame di un testimone o di una delle persone indicate nell'articolo 210[8] e queste hanno già reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio o in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate ovvero dichiarazioni i cui verbali sono stati acquisiti a norma dell'articolo 238, l'esame è ammesso solo se riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni ovvero se il giudice o taluna delle parti lo ritengono necessario sulla base di specifiche esigenze.

Tale disposizione, non originariamente contenuta nel codice di rito penale, è stata successivamente introdotta dal d.l. n. 306 del 1992[9], durante il periodo dell'emergenza criminale conseguente alle stragi di mafia. La versione attuale dell'articolo in esame è frutto della novella operata dalla legge n. 63 del 2001 (c.d. giusto processo) che è intervenuta sulla citata disposizione al fine di renderla compatibile con il sistema della formazione della prova in contraddittorio con la persona nei cui confronti la medesima sarà utilizzata.

 

Al riguardo, si prevede, infatti, che quando è richiesto l'esame di un testimone, di un coimputato o di una delle persone indicate nell'articolo 210 (cfr. nota n.6) e queste abbiano già reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio o in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, ovvero dichiarazioni i cui verbali sono stati acquisiti a norma dell'articolo 238, l'esame è ammesso solo nei casi seguenti:

 

-    quando la prova richiesta riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni, sopravvenuti o conosciuti in epoca successiva all’assunzione della prova.

 

-    quando il giudice lo ritiene utile o necessario ai fini della decisione, anche su richiesta motivata delle parti sulla base di specifiche esigenze.

 

Ai sensi del nuovo comma 2 dell'articolo 190-bis c.p.p. i verbali delle prove assunte in precedenza, che il giudice non ammette nuovamente ai sensi del comma 1, restano inseriti nel fascicolo del dibattimento e si applica l'articolo 511, comma 2-bis.

 

Il citato comma 2-bis, introdotto dalla lettera n), numero 2) dell'articolo 13 in esame prevede che "è sempre consentita la lettura dei verbali di dichiarazioni raccolte in sede di incidente probatorio, dei verbali di prove di diverso processo acquisiti ai sensi dell'articolo 238, delle prove assunte in assenza dell'imputato nonché dei verbali di prove assunte dinanzi a un giudice diverso, sia a seguito di declaratoria di incompetenza che in caso di mutamento della persona fisica del giudice".

 

La lettera c) del comma 1 dell'articolo 13, novella, poi, l'articolo 349 c.p.p., in materia di Identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e di altre persone.

 

Il comma 1 di tale articolo prevede che la polizia giudiziaria procede alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e delle persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.

 

Al riguardo, la prima modifica prevista dalla disposizione in esame è volta ad estendere l'ambito soggettivo del comma 1 dell'articolo 349 c.p.p. al fine di consentire alla polizia giudiziaria di procedere alla identificazione anche degli imputati nei confronti dei quali sia stato sospeso il processo ai sensi del nuovo articolo 484-bis c.p.p. .

 

Al riguardo si segnala che il citato articolo 484-bis c.p.p. è inserito nel codice di rito penale dalla successiva lettera h) del comma 1 dell'articolo 13 in esame. Tale nuova disposizione, rubricata Rinnovazione della citazione. Sospensione del processo prevede, al comma 1, che salvo che l'imputato sia presente all'udienza, quando la notificazione della citazione a giudizio è stata omessa ovvero è nulla, il giudice rinvia il dibattimento e dispone che la citazione venga notificata all'imputato personalmente o a mani di familiare convivente. Allo stesso modo provvede quando l'imputato non è presente all'udienza e la notificazione della citazione è stata effettuata ai sensi degli articoli 159, comma 2, 161, comma 4, 165, comma 1, e 169, comma 1.

Ai sensi del successivo comma 2, quando la notificazione ai sensi del comma 1 non risulta possibile, sempre che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non doversi procedere, il giudice dispone con ordinanza la sospensione del processo, salvo che, in ragione della natura o della gravità del reato contestato, ovvero del numero dei reati contestati, delle persone offese o dei testimoni, ovvero dell'esigenza di garantire la genuinità e la completezza della prova, la sospensione possa arrecare grave pregiudizio all'accertamento dei fatti per cui si procede. In quest'ultimo caso il giudice dispone procedersi in assenza dell'imputato con ordinanza specificamente motivata.

 

In relazione, poi, al medesimo articolo 349 c.p.p., la lettera c) del comma 1 dell'articolo 13 prevede l'inserimento dei due nuovi commi 4-bis  e 4- ter.

 

In particolare, ai sensi del nuovo comma 4-bis dell'articolo 349 c.p.p., la polizia giudiziaria che nel corso di accertamenti dovesse riscontrare la presenza di soggetti da ricercare, potrà notificare nei loro confronti il decreto di citazione e l'ordinanza di sospensione; ove, comunque, non sia possibile effettuare immediatamente la notifica, la polizia giudiziaria informerà l'imputato della pendenza di un procedimento penale a suo carico, del numero di registro generale relativo al medesimo nonché dei capi d'imputazione e dell'autorità giudiziaria dinanzi alla quale lo stesso viene celebrato, invitandolo a recarsi entro i successivi cinque giorni presso i propri uffici per ricevere la notifica e per dichiarare o eleggere domicilio.

 

Come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento, "il termine di cinque giorni per la presentazione negli uffici di polizia giudiziaria è stato indicato tenendo conto di ogni eventualità (ad esempio, la lontananza dal luogo di emissione dell'ordinanza) che potrebbe impedire la rapida trasmissione degli atti da notificare.

 

Il successivo comma 4-ter dell'articolo 349 c.p.p., prevede poi, l'immediata comunicazione all'autorità procedente dell'avvenuta notifica e dell'eventuale mancata presentazione dell'imputato presso gli uffici di polizia giudiziaria.

 

La lettera e) del comma 1 dell'articolo 13 è volta a novellare in più parti l'articolo 420-ter c.p.p., riguardante l'impedimento a comparire dell'avvocato o del difensore.

 

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 420 ter c.p.p riproduce quasi integralmente il contenuto dell’abrogato articolo 486 c.p.p ; pertanto, il comma 1 di tale norma prescrive che quando l’imputato, anche se detenuto, non si presenta all’udienza e risulta che l’assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice, con ordinanza, anche d’ufficio, rinvia ad una nuova udienza e dispone che sia rinnovato l’avviso all’imputato, a norma dell’articolo 419, comma 1 c.p.p..

Allo stesso modo il giudice provvede quando “appare probabile” che l’assenza dell’imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore. Anche in questo caso la probabilità è liberamente valutata dal giudice e non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione (comma 2, art. 420-ter c.p.p).

Anche in relazione alle successive udienze, la mancata comparizione dell’imputato, anche se detenuto, quando risulta che l’assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, comporta l’obbligo del giudice di rinviare anche d’ufficio l’udienza, fissare con ordinanza la data della nuova udienza e disporne la notificazione all’imputato (comma 3, art. 420-ter c.p.p).

L’impedimento del difensore è, a sua volta, disciplinato dal comma 5 dell’articolo art. 420-ter c.p.p. Al riguardo, si prevede che il giudice, con ordinanza, anche d’ufficio, rinvia ad una nuova udienza quando risulta che l’assenza del difensore è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, purché prontamente comunicato. Tale disposizione non si applica se l’imputato è assistito da due difensori e l’impedimento riguarda uno dei medesimi, ovvero quando il difensore impedito ha designato un sostituto o quando l’imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito. L’articolo 420-ter c.p.p., nel suo complesso, fissa quindi, precise prescrizioni circa i limiti di accertamento dell’impedimento in quanto, quando si tratta di appurare il caso fortuito o la forza maggiore il giudice può procedere ad una libera valutazione della situazione sottopostagli, essendo sufficiente la “probabilità” circa l’effettiva ricorrenza della causa dell’impedimento. Viceversa, analoga possibilità non ricorre nel caso in cui sia necessario verificare una situazione di “legittimo impedimento”, non ricollegabile alle citate ipotesi di caso fortuito o forza maggiore. In questo caso, infatti, non basta la rilevazione della “probabile“ causa dell’assenza (dell’imputato o del difensore), ma occorre che il giudice acquisisca la certezza circa il legittimo impedimento.Con particolare riferimento, poi, al legittimo impedimento del difensore è addirittura necessario non solo che l’impedimento sia comunicato tempestivamente, ma anche documentato ed esplicitato anche in riferimento “all’essenzialità e non sostituibilità della presenza del difensore in altro processo “ (Cass., sez. unite, 27 marzo 1992; id, 24 novembre 1997) .

Ai sensi del comma 4 dell’ articolo 420-ter c.p.p, disposizione specifica dettata in attuazione della regola generale di cui all’articolo 148 comma 5 c.p.p., “in ogni caso la lettura dell’ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce la citazione e gli avvisi “per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti”.

 

Al riguardo, la prima modifica che si intende apportare concerne il comma 1 dell'articolo 420-ter, ed è volta ad escludere l'attuale previsione in base alla quale nel caso in cui sia riscontrato il legittimo impedimento dell'imputato, il giudice dispone che sia rinnovato l'avviso all'imputato relativo alla nuova udienza.

 

Al riguardo, si osserva, però, che in base alla successiva novella al comma 4 dell'articolo 420-ter, - operata dalla citata lettera c) del comma 1 dell'articolo 13 del ddl in esame-, si prevede che nel caso in cui il giudice rinvii l'udienza per legittimo impedimento, venga dato avviso all'imputato della nuova udienza fissata dal giudice.

Il medesimo comma 4 prevede, però, che se l'imputato è assistito da un difensore di fiducia e questi è presente, personalmente o tramite sostituto, l'avviso si intende notificato all'imputato.

 

In relazione alla citata modifica, nella relazione illustrativa del provvedimento si prevede che in questo caso il difensore "può farsi carico dell'onere di avvisare il proprio assistito della data di rinvio, senza che anche tale incombente gravi sull'amministrazione della giustizia. Parallelamente la medesima disciplina è stata introdotta anche con riferimento al dibattimento" (cfr nuovo articolo 484-ter c.p.p. inserito dalla lettera h) dell'articolo 13 in esame) .

 

Ulteriori modifiche concernono i commi 2 e 5 dell'articolo 420-terc.p.p.

 

In particolare, al comma 2, viene espunto il riferimento alla impossibilità che formi oggetto di discussione la valutazione del giudice in merito alla probabilità che l'assenza dell'imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore.

Al comma 5 sono in parte modificati i casi in presenza dei quali non può essere eccepito il legittimo impedimento del difensore.

Al riguardo, le novità riguardano, essenzialmente l'ipotesi che l'imputato sia  assistito da un unico difensore e questi non ha prontamente comunicato l'impedimento e quella del difensore che pur avendo prontamente comunicato l'impedimento, non ha indicato espressamente i motivi che non consentono la nomina di un sostituto ai sensi dell'articolo 102 c.p.p.

 

La successiva lettere f) del comma1 dell'articolo 13 interviene sull'articolo

420 -quater c.p.p., in materia di Contumacia dell'imputato.

 

Al riguardo si ricorda che per contumacia dell'imputato si intende la sua consapevole, volontaria e ingiustificata mancata comparizione all'inizio dell'udienza. Essa è consapevole quando il giudicabile ha avuto effettiva conoscenza della sua vocativo in giudizio; è volontaria quando non sussiste una sua assoluta impossibilità a comparire; è ingiustificata quando, pur sussistendo una tale impossibilità egli non l'ha dedotta. La contumacia non blocca il processo perché il soggetto contumace è a tutti gli effetti rappresentato dal suo legale  anche se designato d'ufficio (art. 420-quater comma 2, c.p.p.).

L'assenza dell'imputato consiste, invece, nella sua volontaria mancata comparizione iniziale (come la contumacia) accompagnata però dalla espressa richiesta (o consenso) alla celebrazione dell'udienza.

Come si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge in esame "in questa sede si intende intervenire sulla disciplina del processo in contumacia, rinviando a un prossimo intervento l'introduzione di una normativa ad hoc" anche alla luce degli orientamenti espressi dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo".

 

Nello specifico, la prima modifica concerne la rubrica dell'articolo 420-quater in quanto l'espressione "Contumacia dell'imputato" è sostituita con l'espressione "Assenza o allontanamento volontario dell'imputato".

 

Come precisato nella relazione illustrativa del provvedimento, il quadro normativo che si intende delineare è volto a rendere "del tutto superflua la previgente disciplina della contumacia; si è, infatti, previsto che il processo potrà svolgersi soltanto nei confronti di un imputato consapevole, che può liberamente scegliere di essere o meno presente all'udienza".

In particolare, "quanto alla fase dell'udienza preliminare, si è pertanto ritenuto di eliminare l'istituto della contumacia, sostituendolo con quello della mera "assenza", per tutti i casi in cui, compiuta la regolare notificazione del decreto di fissazione, l'imputato è o sarebbe dovuto essere presente".

 

Ulteriori modifiche di drafting normativo sono, poi, previste dalla citata lettera f) del comma 1 dell'articolo 13(punti da 2 a 6), laddove prevede di sostituire all'interno del citato articolo 420-quater il riferimento alla contumacia dell'imputato con quello della assenza.

 

Da ultimo, la medesima lettera f), prevede l'aggiunta di due ulteriori commi (7-bis e 7-ter) all'articolo 420-quater che sostanzialmente riproducono il contenuto dell'attuale articolo 420-quinquies (Assenza e allontanamento volontario dell'imputato) che è contestualmente soppresso.

 

I nuovi citati commi prevedono infatti che:

 

1)      le disposizioni in materia di rinnovazione dell'avviso e impedimento a comparire dell'imputato non trovano applicazione qualora l'imputato, anche se impedito, chiede o consente che l'udienza preliminare avvenga in sua assenza o, se detenuto, rifiuta di assistervi. L'imputato in tali casi è rappresentato dal difensore (comma 7-bis);

2)       l'imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall'aula di udienza è considerato presente ed è rappresentato dal difensore (comma 7-ter);

 

La successiva lettera h) del comma 1 dell'articolo 13 prevede, poi, l'aggiunta, dopo l'articolo 484 c.p.p. di quattro nuovi articoli (484-bis, 484-ter, 484-quater e 484-quinquies) riguardanti, rispettivamente, nella fase dibattimentale, la rinnovazione della citazione, il legittimo impedimento dell'imputato e del difensore, l'assenza o l'allontanamento dell'imputato e l'allontanamento in casi particolari.

 

Nello specifico, in base alle nuove disposizioni previste dall'articolo 484-bis al momento della verifica della regolare costituzione delle parti, il giudice deve anche verificare se la conoscenza del procedimento da parte dell'imputato sia effettiva e non meramente formale (comma 1). All'esito delle verifiche:

 

1)      se viene accertata la conoscenza effettiva da parte dell'imputato, può senz'altro avere luogo la celebrazione del processo;

 

2)      nel caso contrario, il giudice (sempre che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non doversi procedere) può normalmente disporre la «sospensione del processo», ed esperisce periodicamente nuove ricerche dell'imputato (comma 2).

 

Solo ove venga successivamente raggiunta una ragionevole certezza in ordine alla consapevolezza dell'imputato il processo potrà riprendere il proprio corso secondo le regole ordinarie.

 

Il nuovo articolo 484-bis, al comma 4, prevede, comunque, che la sospensione non operi

 

1)      se l'imputato nel corso del procedimento ha nominato un difensore di fiducia, anche in caso di successiva revoca;

2)      se l'imputato, nel corso del procedimento, è stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare;

3)      in ogni altro caso in cui dagli atti emerga la prova che l'imputato sia a conoscenza del fatto che si procede nei suoi confronti.

 

Come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento, "appare, infatti, evidente in entrambi i casi di cui alle lettere a) e b) che le condotte indicate risultino intrinsecamente significative della precitata consapevolezza degli atti processuali; la lettera c) è, poi, atta a ricomprendere ogni altra ipotesi indicativa della consapevolezza in questione".

 

Il medesimo nuovo articolo 484-bis, al comma 6, prevede, poi, che il giudice revochi l'ordinanza di sospensione del processo:

 

1)      se le ricerche che allo scadere del sesto mese dalla pronuncia dell'ordinanza di sospensione del processo il giudice può disporre nei confronti dell'imputato hanno avuto esito positivo ed è stata regolarmente effettuata la notifica della citazione;

2)      se l'imputato ha nominato un difensore di fiducia;

3)      in ogni altro caso in cui emerga la prova che l'imputato sia a conoscenza del fatto che si procede nei suoi confronti.

 

In questi casi, il giudice fissa la data per la nuova udienza, dandone comunicazione alle parti.

In tale udienza all'imputato, ancorché decaduto, è consentita la possibilità di formulare richiesta di patteggiamento e di giudizio abbreviato (commi 7 e 8 articolo 484-bis).

 

Il successivo nuovo articolo 484-ter, concernente l'impedimento a comparire dell'imputato o del difensore, riproduce, poi, il contenuto della analoga disposizione prevista dall'articolo 420-ter c.p.p., come novellato dalla precedente lettera e) del comma 1 dell'articolo 13 in esame, mentre il successivo articolo 484- quaterridisegnata la disciplina dell'assenza e dell'allontanamento volontario.

 

Al riguardo tale articolo oltre ad affermare il principio in base al quale quando il giudice ritiene che non ricorrono i presupposti per ordinare la sospensione del processo, ordina procedersi in assenza dell'imputato, dispone, altresì, che tale decisione (ordinanza) è nulla se al momento della pronuncia vi è la prova che l'assenza dell'imputato è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento.

Nel caso in cui tale prova perviene prima della decisione di merito, il giudice, se l'imputato non è comparso, sospende o rinvia anche d'ufficio il dibattimento. Restano comunque validi gli atti compiuti in precedenza, ma se l'imputato ne fa richiesta e dimostra che la prova è pervenuta con ritardo senza sua colpa, il giudice dispone l'assunzione o la rinnovazione degli atti che ritiene rilevanti ai fini della decisione.

 

Il successivo nuovo articolo 484- quinquies, disciplina, poi, taluni casi particolari di Assenza dell'imputato.

Al riguardo la citata disposizione prevede che nei casi in cui il giudice abbia disposto di procedersi in assenza dell'imputato se l'imputato compare prima della chiusura del dibattimento, il giudice revoca la relativa ordinanza.

In questo caso l'imputato è rimesso in termini per formulare le richieste di prova di cui all'articolo 493.

È previsto, inoltre, che non si applichi il citato articolo 190-bis, ma le prove assunte in precedenza sono utilizzabili ai fini della decisione anche nei confronti dell'imputato comparso tardivamente.

 

La successiva lettera i) del comma 1 dell'articolo 13 reca una modifica formale all'articolo 490 c.p.p,. al fine di eliminare il riferimento contenuto in tale disposizione all'imputato contumace.

 

Allo stato tale disposizione, rubricata Accompagnamento coattivo dell'imputato assente, prevede che il giudice, a norma dell'articolo 132, può disporre l'accompagnamento coattivo dell'imputato assente o contumace, quando la sua presenza è necessaria per l'assunzione di una prova diversa dall'esame.

 

La successiva lettera l) del comma 1 dell'articolo 13 dispone, invece, l'inserimento del nuovo articolo 493-bis c.p.p. in materia di Mutamento della persona fisica del giudice.

Al riguardo, la nuova disposizione prevede che nel caso di mutamento della persona del giudice, si rimettono in termini le parti per richiedere le prove già chieste ai sensi degli articoli 468 e 493, comma 2, ma si lascia al giudice la facoltà di decidere sulla relativa richiesta.

Si prevede, altresì, che nel giudizio abbreviato o in caso di applicazione di pena su richiesta delle parti, le prove assunte nel dibattimento precedente sono pienamente utilizzabili ai fini della decisione.

 

La lettera m) del comma 1 dell'articolo 13 novella, poi, il comma 4bis dell'articolo 495 c.p.p., recante Provvedimenti del giudice in ordine alla prova, al fine di escludere l'attuale previsione che subordina al consenso delle parti la decisione relativa alla rinuncia all'assunzione di prove dichiarate ammissibili nel corso dell'istruzione dibattimentale.

 

La successiva lettera n) interviene invece sull'articolo 511 c.p.p. in materia di Letture consentite, al fine di prevedere che sia sempre consentita la lettura dei verbali di dichiarazioni raccolte in sede di incidente probatorio, dei verbali di prove di diverso processo acquisiti ai sensi dell'articolo 238, delle prove assunte in assenza dell'imputato, nonché dei verbali di prove assunte dinanzi a un giudice diverso, sia a seguito di declaratoria di incompetenza che in caso di mutamento della persona fisica del giudice (comma 2-bis).

Come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento "la norma in esame, statuendo espressamente che la lettura delle dichiarazioni legittimamente rese in dibattimento è comunque disposta anche in caso di rinnovazione dello stesso, rende chiaro che le eventuali richieste di nuova escussione del teste non possono mai influire sul regime di lettura e utilizzabilità delle dichiarazioni precedentemente rese dallo stesso, proprio perché assunte in un contesto in cui era pienamente garantito il diritto di difesa".

 

Infine la citata lettera n) sostituisce il comma 5 dell'articolo 511, prevedendosi per tutte le prove assunte, a contenuto dichiarativo o meno, la possibilità di darne lettura, anziché indicarle analiticamente, solo in caso di serio disaccordo sul contenuto.

 

Le successive lettere o), p), e q)del comma 1 dell'articolo 13 recano, poi, modifiche formali volte a sopprimere la parola "contumace", ovvero sostituirla con quella di "assente".

 

Da ultimo, la lettera s) del citato articolo 13 novella il comma 4 dell'articolo 603 c.p.p in materia di Rinnovazione dell'istruzione dibattimentale.

 

Allo stato, tale comma prevede cheil giudice dispone, altresì, la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale quando l'imputato, contumace in primo grado, ne fa richiesta e prova di non essere potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore o per non avere avuto conoscenza del decreto di citazione, sempre che in tal caso il fatto non sia dovuto a sua colpa, ovvero, quando l'atto di citazione per il giudizio di primo grado è stato notificato mediante consegna al difensore nei casi previsti dagli articoli 159, 161 comma 4 e 169, non si sia sottratto volontariamente alla conoscenza degli atti del procedimento.

 

La nuova formulazione proposta dalla lettera in esame si limita a prevedere che Il giudice dispone, altresì, la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale quando l'imputato, assente in primo grado, ne fa richiesta e prova di non essere potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore, sempre che in tal caso il fatto non sia dovuto a sua colpa.

 

 

 


Art. 14.
(Introduzione dell'articolo 143-bis delle norme di attuazione).


      1. Dopo l'articolo 143 delle norme di attuazione è inserito il seguente:

 

      «Art. 143-bis. - (Adempimenti in caso di sospensione del processo in assenza dell'imputato). - 1. Quando il giudice dispone la sospensione ai sensi dell'articolo 484-bis, comma 2, del codice, la relativa ordinanza e il decreto di citazione a giudizio vengono trasmessi alla locale sezione di polizia giudiziaria, per l'inserimento nella banca dati di cui all'articolo 8 della legge 1o aprile 1981, n. 121, e successive modificazioni».


 

 

L’articolo 14 introduce al codice di procedura penale l’articolo 143-bis, in materia

di adempimenti in caso di sospensione del processo in assenza dell’imputato.

Si prevede che allorché l’autorità giudiziaria dispone la sospensione del processo in assenza dell’imputato secondo quanto previsto dall’articolo 484-bis, comma 2 c.p.p. (introdotto dall’articolo 13 del provvedimento in esame), la relativa ordinanza e il decreto di citazione a giudizio devono essere trasmessi alla locale sezione di polizia giudiziaria, per l’inserimento nella banca dati delle Forze di polizia (denominata SID).

 

 


Art. 15.
(Modifiche al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274).

 

 


      1. Al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) agli articoli 20, comma 2, lettera d), e 27, comma 3, lettera b), le parole: «sarà giudicato in contumacia» sono sostituite dalle seguenti: «si procederà in sua assenza»;

          b) all'articolo 39, il comma 2 è sostituito dal seguente:

 

      «2. Oltre che nei casi previsti dall'articolo 604 del codice di procedura penale, il giudice d'appello annulla la sentenza impugnata, disponendo la trasmissione degli atti al giudice di pace, anche quando l'imputato, assente in primo grado, prova di non essere potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore, sempre che in tal caso il fatto non sia dovuto a sua colpa».

 


 

L’articolo 15 è volto ad armonizzare la disciplina del processo dinanzi al giudice di pace, di cui al D.Lgs. 274/2000, alle innovazioni introdotte in materia di processo in assenza dell’imputato.

La lettera a), pertanto, è volta a sostituire, agli articoli 20 e 27 del citato decreto, il riferimento al processo in contumacia con quello al processo in assenza dell’imputato.

La lettera b) invece adegua la formulazione dell’articolo 39, relativo al giudizio d’appello, prevedendo che il giudice d’appello, oltre che nei casi di nullità previsti dall’articolo 604 c.p.p., provvede ad annullare la sentenza impugnata, disponendo la trasmissione degli atti al giudice di pace, anche quando l’imputato, assente in primo grado, fornisce la prova di non essere potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore, purché il fatto non sia a lui imputabile.

 

 


Art. 16.
(Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231).

 


      1. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 38, comma 2, lettera a), le parole: «dell'articolo 71» sono sostituite dalle seguenti: «degli articoli 71 e 484-bis, comma 2,»;

          b) l'articolo 41 è sostituito dal seguente:

      «Art. 41. - (Assenza dell'ente). - 1. Se l'ente non si costituisce nel processo, il giudice ordina procedersi in assenza».


 

 

L’articolo 16 è volto ad armonizzare la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, di cui al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, alle innovazioni introdotte in materia di processo in assenza dell’imputato.

Il D.Lgs. n. 231/2001 disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato (art. 1) e prevede che, per una serie di reati espressamente individuati (artt. 24 e ss)[10], possano essere applicate alla persona giuridica - mediante accertamento giudiziale - sanzioni pecuniarie, sanzioni interdittive, confisca, pubblicazione della sentenza (art. 9).

Il presupposto per l’irrogazione della sanzione è ovviamente la responsabilità dell’ente che, ai sensi dell’art. 5, sussiste in riferimento ai reati commessi nell’interesse dell’ente stesso o a suo vantaggio, da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione, di direzione dell'ente o da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso[11].

Le sanzioni interdittive sono le seguenti (artt. 9, 13-18, 23):

-    l'interdizione dall'esercizio dell'attività;

-    la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito;

-    il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;

-    l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi.

La sanzione pecuniaria, ai sensi dell’art. 10, è applicate per quote, in un numero non inferiore a cento né superiore a mille. L'importo di una quota varia da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.549 euro.

Nella commisurazione della sanzione pecuniaria (art. 11) il giudice determina il numero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente, nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. L'importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione.

Infine, il decreto legislativo prevede che la responsabilità per fatti antecedenti permanga anche in caso di successiva trasformazione, fusione o scissione dell’ente; la competenza a conoscere gli illeciti amministrativi dell’ente è dello stesso giudice penale competente per i reati dai quali essi dipendono.

 

 

La lettera a), a tal fine, modifica l’articolo 38 del citato decreto, relativo alla riunione o separazione tra procedimento per l'illecito amministrativo e procedimento penale instaurato nei confronti dell'autore del reato da cui l'illecito dipende.

 

Si ricorda che l’articolo 38, al comma 1, fissa il principio secondo cui, di norma, il procedimento per l'illecito amministrativo dell'ente è riunito al procedimento penale instaurato nei confronti dell'autore del reato da cui l'illecito dipende.

Tuttavia il comma 2 prevede alcune eccezioni a tale principio, stabilendo che il procedimento per la responsabilità amministrativa dell’ente ha luogo separatamente rispetto all’altro procedimento nei seguenti casi:

§         quando è stata ordinata la sospensione del procedimento penale per incapacità dell’imputato;

§         quando il procedimento penale è stato definito con il giudizio abbreviato o con l'applicazione della pena su richiesta della parti, ovvero è stato emesso il decreto penale di condanna;

§         quando lo rende necessario l'osservanza delle norme processuali.

 

Con la modifica introdotta dalla lettera a), si introduce al comma 2 dell’articolo 38 il riferimento anche alla sospensione del procedimento disposto per assenza dell’imputato di cui all’articolo 484-bis c.p.p. (introdotto dall’articolo 13 del provvedimento in esame).

 

La lettera b) invece riformula sul piano formale l’articolo 41 del D.Lgs. 231/2001, sostituendo il riferimento alla contumacia con quello all’assenza dell’ente. Pertanto si prevede che, se l’ente non si costituisce nel processo penale, il giudice dispone di procedersi in assenza.

 

 


Art. 17.
(Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313).

 


      1. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 3 (L), comma 1, dopo la lettera i) è inserita la seguente:

          «i-bis) i provvedimenti con cui il giudice dispone la sospensione del processo ai sensi dell'articolo 484-bis del codice di procedura penale»;

          b) all'articolo 5 (L), comma 2, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

          «l-bis) ai provvedimenti con cui il giudice dispone la sospensione del processo ai sensi dell'articolo 484, comma 2, del codice di procedura penale, quando il provvedimento è revocato ai sensi dell'articolo 484-bis, comma 6, del medesimo codice».


 

 

L’articolo 17 è volto a introdurre modifiche alla disciplina in materia di casellario giudiziale, di cui al D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, al fine di coordinare tale disciplina con le modifiche introdotte dal provvedimento per quanto riguarda il processo in assenza dell’imputato.

A tal fine, con la lettera a), si introducono, all’articolo 3 (L) del citato D.P.R., tra i provvedimenti che devono essere iscritti per estratto nel casellario giudiziale, i provvedimenti con cui il giudice dispone la sospensione del processo in assenza dell’imputato ai sensi dell'articolo 484-bis del c.p.p..

Conseguentemente con la lettera b) si dispone, modificando l’articolo 3 (L) del citato D.P.R., che si debba procedere alla eliminazione della iscrizione nel casellario giudiziale relativa al provvedimento con cui il giudice dispone la sospensione del processo in assenza dell’imputato, quando lo stesso provvedimento è revocato ai sensi del comma 6 dell'articolo 484-bis c.p.p.

 

Sul piano della formulazione del testo si osserva che, alla lettera b), il riferimento all’articolo 484, comma 2, c.p.p. non appare corretto. Sarebbe invece necessario far riferimento all’articolo 484-bis, comma 2, c.p.p.

 

 

 

 


 

 

Testo a fronte

 

Normativa vigente

A.C. 2664

 

 

Codice di procedura penale

 

 

Art. 175

Restituzione nel termine

Art. 175

Restituzione nel termine

1. Il pubblico ministero, le parti private e i difensori sono restituiti nel termine stabilito a pena di decadenza, se provano di non averlo potuto osservare per caso fortuito o per forza maggiore. La richiesta per la restituzione nel termine è presentata, a pena di decadenza, entro dieci giorni da quello nel quale è cessato il fatto costituente caso fortuito o forza maggiore.

1. Identico.

2. Se è stata pronunciata sentenza contumaciale o decreto di condanna, l'imputato è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre impugnazione od opposizione, salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione od opposizione. A tale fine l'autorità giudiziaria compie ogni necessaria.

2. Se è stata pronunciata sentenza dibattimentale in assenza dell’imputato o decreto di condanna, l'imputato è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre impugnazione od opposizione, salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione od opposizione. A tale fine l'autorità giudiziaria compie ogni necessaria.

2-bis. La richiesta indicata al comma 2 è presentata, a pena di decadenza, nel termine di trenta giorni da quello in cui l'imputato ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento. In caso di estradizione dall'estero, il termine per la presentazione della richiesta decorre dalla consegna del condannato.

2-bis. Identico.

3. La restituzione non può essere concessa più di una volta per ciascuna parte in ciascun grado del procedimento.

3. Identico.

4. Sulla richiesta decide con ordinanza il giudice che procede al tempo della presentazione della stessa. Prima dell'esercizio dell'azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari. Se sono stati pronunciati sentenza o decreto di condanna, decide il giudice che sarebbe competente sulla impugnazione o sulla opposizione.

4. Identico.

5. L'ordinanza che concede la restituzione nel termine per la proposizione della impugnazione o della opposizione può essere impugnata solo con la sentenza che decide sulla impugnazione o sulla opposizione.

5. Identico.

6. Contro l'ordinanza che respinge la richiesta di restituzione nel termine può essere proposto ricorso per cassazione.

6. Identico.

7. Quando accoglie la richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione, il giudice, se occorre, ordina la scarcerazione dell'imputato detenuto e adotta tutti i provvedimenti necessari per far cessare gli effetti determinati dalla scadenza del termine.

7. Identico.

8. Se la restituzione nel termine è concessa a norma del comma 2, non si tiene conto, ai fini della prescrizione del reato, del tempo intercorso tra la notificazione della sentenza contumaciale o del decreto di condanna e la notificazione alla parte dell'avviso di deposito dell'ordinanza che concede la restituzione.

8. Se la restituzione nel termine è concessa a norma del comma 2, non si tiene conto, ai fini della prescrizione del reato, del tempo intercorso tra la notificazione della sentenza dibattimentale in assenza dell’imputato o del decreto di condanna e la notificazione alla parte dell'avviso di deposito dell'ordinanza che concede la restituzione.

 

 

 

 

Art. 190-bis

Requisiti della prova in casi particolari

Art. 190-bis

Requisiti della prova in casi particolari

1. Nei procedimenti per taluno dei delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, quando è richiesto l'esame di un testimone o di una delle persone indicate nell'articolo 210 e queste hanno già reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio o in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate ovvero dichiarazioni i cui verbali sono stati acquisiti a norma dell'articolo 238, l'esame è ammesso solo se riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni ovvero se il giudice o taluna delle parti lo ritengono necessario sulla base di specifiche esigenze.

1. Quando è richiesto l'esame di un testimone, di un coimputato o di una delle persone indicate nell'articolo 210 e queste hanno già reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio o in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, ovvero dichiarazioni i cui verbali sono stati acquisiti a norma dell'articolo 238, l'esame è ammesso solo nei casi seguenti:

a) quando riguarda fatti o circostanze diversi da quelli che sono stati oggetto delle precedenti dichiarazioni, sopravvenuti o conosciuti in epoca successiva all'assunzione della prova;

b) quando il giudice lo ritiene utile o necessario ai fini della decisione, anche su richiesta motivata delle parti sulla base di specifiche esigenze.

1-bis. La stessa disposizione si applica quando si procede per uno dei reati previsti dagli articoli 600-bis, primo comma, 600-ter, 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale, se l'esame richiesto riguarda un testimone minore degli anni sedici.

2. I verbali delle prove assunte in precedenza restano inseriti al fascicolo del dibattimento e si applica l'articolo 511, comma 2-bis.

 

 

 

 

Art. 349

Identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e di altre persone

Art. 349

Identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e di altre persone

1. La polizia giudiziaria procede alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e delle persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.

1. La polizia giudiziaria procede alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e delle persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti, nonché degli imputati nei confronti dei quali sia stato sospeso il processo ai sensi dell'articolo 484-bis.

2. Alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini può procedersi anche eseguendo, ove occorra, rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici nonché altri accertamenti.

2. Identico.

2-bis. Se gli accertamenti indicati dal comma 2 comportano il prelievo di capelli o saliva e manca il consenso dell'interessato, la polizia giudiziaria procede al prelievo coattivo nel rispetto della dignità personale del soggetto, previa autorizzazione scritta, oppure resa oralmente e confermata per iscritto, del pubblico ministero.

2-bis. Identico.

3. Quando procede alla identificazione, la polizia giudiziaria invita la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini a dichiarare o a eleggere il domicilio per le notificazioni a norma dell'articolo 161. Osserva inoltre le disposizioni dell'articolo 66.

3. Identico.

4. Se taluna delle persone indicate nel comma 1 rifiuta di farsi identificare ovvero fornisce generalità o documenti di identificazione in relazione ai quali sussistono sufficienti elementi per ritenerne la falsità, la polizia giudiziaria la accompagna nei propri uffici e ivi la trattiene per il tempo strettamente necessario per la identificazione e comunque non oltre le dodici ore ovvero, previo avviso anche orale al pubblico ministero, non oltre le ventiquattro ore, nel caso che l'identificazione risulti particolarmente complessa oppure occorra l'assistenza dell'autorità consolare o di un interprete, ed in tal caso con facoltà per il soggetto di chiedere di avvisare un familiare o un convivente.

4. Identico.

 

4-bis. Quando procede all'identificazione di un imputato nei confronti del quale sia stato sospeso il processo ai sensi dell'articolo 484-bis, la polizia giudiziaria notifica allo stesso il decreto di citazione a giudizio e l'ordinanza di sospensione emessa ai sensi dell'articolo 484-bis, ovvero quella emessa ai sensi dell'articolo 484-quinquies, comma 1, e lo invita a dichiarare o eleggere il domicilio per le successive notificazioni. Nei casi in cui non risulta possibile effettuare immediatamente la notifica, la polizia giudiziaria informa l'imputato della pendenza di un procedimento penale a suo carico, del numero di registro generale relativo al medesimo nonché dei capi d'imputazione e dell'autorità giudiziaria dinanzi alla quale lo stesso viene celebrato, invitandolo a recarsi entro i successivi cinque giorni presso i propri uffici per ricevere la notifica e per dichiarare o eleggere domicilio.

4-ter. Nei casi di cui al comma 4-bis, la polizia giudiziaria trasmette senza ritardo la relazione di notificazione e il verbale di dichiarazione o elezione di domicilio al giudice e al pubblico ministero procedenti. Se l'imputato, regolarmente avvisato, non si presenta per ricevere la notifica, la polizia giudiziaria ne informa immediatamente l'autorità giudiziaria procedente.

5. Dell'accompagnamento e dell'ora in cui questo è stato compiuto è data immediata notizia al pubblico ministero il quale, se ritiene che non ricorrono le condizioni previste dal comma 4, ordina il rilascio della persona accompagnata.

5. Identico.

6. Al pubblico ministero è data altresì notizia del rilascio della persona accompagnata e dell'ora in cui esso è avvenuto.

6. Identico.

 

 

 

 

Art. 419

Atti introduttivi

Art. 419

Atti introduttivi

1. Il giudice fa notificare all'imputato e alla persona offesa, della quale risulti agli atti l'identità e il domicilio, l'avviso del giorno, dell'ora e del luogo dell'udienza, con la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero e con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia.

1. Il giudice fa notificare all'imputato e alla persona offesa, della quale risulti agli atti l'identità e il domicilio, l'avviso del giorno, dell'ora e del luogo dell'udienza, con la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero e con l'avvertimento all'imputato che non comparendo si procederà in sua assenza.

2. L'avviso è altresì comunicato al pubblico ministero e notificato al difensore dell'imputato con l'avvertimento della facoltà di prendere visione degli atti e delle cose trasmessi a norma dell'articolo 416 comma 2 e di presentare memorie e produrre documenti.

2. Identico.

3. L'avviso contiene inoltre l'invito a trasmettere la documentazione relativa alle indagini eventualmente espletate dopo la richiesta di rinvio a giudizio.

3. Identico.

4. Gli avvisi sono notificati e comunicati almeno dieci giorni prima della data dell'udienza. Entro lo stesso termine è notificata la citazione del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria.

4. Identico.

5. L'imputato può rinunciare all'udienza preliminare e richiedere il giudizio immediato con dichiarazione presentata in cancelleria, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, almeno tre giorni prima della data dell'udienza. L'atto di rinuncia è notificato al pubblico ministero e alla persona offesa dal reato a cura dell'imputato.

5. Identico.

6. Nel caso previsto dal comma 5, il giudice emette decreto di giudizio immediato.

6. Identico.

7. Le disposizioni dei commi 1 e 4 sono previste a pena di nullità.

7. Identico.

 

 

 

 

Art. 420-ter

Impedimento a comparire dell'imputato o del difensore

Art. 420-ter

Impedimento a comparire dell'imputato o del difensore

1. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta all'udienza e risulta che l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice, con ordinanza, anche d'ufficio, rinvia ad una nuova udienza e dispone che sia rinnovato l'avviso all'imputato, a norma dell'articolo 419, comma 1.

1. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta all'udienza e risulta che l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice, anche d'ufficio, dispone il rinvio dell'udienza fissando con ordinanza la relativa data.

2. Con le medesime modalità di cui al comma 1 il giudice provvede quando appare probabile che l'assenza dell'imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore. Tale probabilità è liberamente valutata dal giudice e non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione.

2. Con le medesime modalità di cui al comma 1 il giudice provvede quando appare probabile che l'assenza dell'imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore. Tale probabilità è liberamente valutata dal giudice e non può costituire motivo di impugnazione.

3. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta alle successive udienze e ricorrono le condizioni previste dal comma 1, il giudice rinvia anche d'ufficio l'udienza, fissa con ordinanza la data della nuova udienza e ne dispone la notificazione all'imputato.

3. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta alle successive udienze e ricorrono le condizioni previste dal comma 1, il giudice, anche d'ufficio, dispone il rinvio dell'udienza fissando con ordinanza la relativa data.

4. In ogni caso la lettura dell'ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce la citazione e gli avvisi per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti.

4. La lettura dell'ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce la citazione e gli avvisi per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti. Della nuova udienza fissata con l'ordinanza di cui ai commi 1, 2 e 3 è dato avviso all'imputato. Se lo stesso è assistito da un difensore di fiducia e questi è presente, personalmente o tramite sostituto, l'avviso si intende notificato all'imputato.

5. Il giudice provvede a norma del comma 1 nel caso di assenza del difensore, quando risulta che l'assenza stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, purché prontamente comunicato. Tale disposizione non si applica se l'imputato è assistito da due difensori e l'impedimento riguarda uno dei medesimi ovvero quando il difensore impedito ha designato un sostituto o quando l'imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito.

5. Nel caso di assenza del difensore, quando risulta che la stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, il giudice dispone il rinvio dell'udienza fissando con ordinanza la relativa data; l'ordinanza è depositata in cancelleria senza obbligo di avviso al difensore.

6. La disposizione di cui al comma 5 non si applica e il giudice dispone procedersi oltre se:

a) l'imputato è assistito da due difensori e l'impedimento riguarda uno dei medesimi;

b) l'imputato è assistito da un unico difensore e questi non ha prontamente comunicato l'impedimento;

 

c) il difensore, pur avendo prontamente comunicato l'impedimento, non ha indicato espressamente i motivi che non consentono la nomina di un sostituto ai sensi dell'articolo 102;

d) l'imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito.

 

 

 

 

Art. 420-quater

Contumacia dell'imputato

Art. 420-quater

Assenza o allontanamento volontario dell’imputato

1. Se l'imputato, libero o detenuto, non compare all'udienza e non ricorrono le condizioni indicate negli articoli 420, comma 2, 420-bis e 420-ter, commi 1 e 2, il giudice, sentite le parti, ne dichiara la contumacia.

1. Se l'imputato, libero o detenuto, non compare all'udienza e non ricorrono le condizioni indicate negli articoli 420, comma 2, 420-bis e 420-ter, commi 1 e 2, il giudice, sentite le parti, ordina procedersi in assenza.

2. L'imputato, quando si procede in sua contumacia, è rappresentato dal suo difensore.

2. L'imputato, quando si procede in sua assenza, è rappresentato dal suo difensore.

3. Se l'imputato compare prima che il giudice adotti i provvedimenti di cui al comma 1 dell'articolo 424, il giudice revoca l'ordinanza che ha dichiarato la contumacia. In tal caso l'imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio.

3. Se l'imputato compare prima che il giudice adotti i provvedimenti di cui al comma 1 dell'articolo 424, il giudice revoca l'ordinanza che ha dichiarato l’assenza. In tal caso l'imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio.

4. L'ordinanza dichiarativa di contumacia è nulla se al momento della pronuncia vi è la prova che l'assenza dell'imputato è dovuta a mancata conoscenza dell'avviso a norma dell'articolo 420-bis ovvero ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore od altro legittimo impedimento.

4. L'ordinanza che ha disposto procedersi in assenza è nulla se al momento della pronuncia vi è la prova che l'assenza dell'imputato è dovuta a mancata conoscenza dell'avviso a norma dell'articolo 420-bis ovvero ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore od altro legittimo impedimento.

5. Se la prova dell'assenza indicata nel comma 4 perviene dopo la pronuncia dell'ordinanza prevista dal comma 1, ma prima dei provvedimenti cui al comma 1 dell'articolo 424, il giudice revoca l'ordinanza medesima e, se l'imputato non è comparso, rinvia anche d'ufficio l'udienza. Restano comunque validi gli atti compiuti in precedenza, ma se l'imputato ne fa richiesta e dimostra che la prova è pervenuta con ritardo senza sua colpa, il giudice dispone l'assunzione o la rinnovazione degli atti che ritiene rilevanti ai fini dei provvedimenti di cui al comma 1 dell'articolo 424.

5. Identico.

6. Quando si procede a carico di più imputati, si applicano le disposizioni dell'articolo 18, comma 1, lettere c) e d).

6. Identico.

7. L'ordinanza dichiarativa della contumacia è allegata al decreto che dispone il giudizio. Nel decreto è in ogni caso indicato se l'imputato è contumace o assente.

7. L'ordinanza che ha disposto procedersi in assenza è allegata al decreto che dispone il giudizio. Nel decreto è in ogni caso indicato se l'imputato è assente.

 

7-bis. Le disposizioni degli articoli 420-bis e 420-ter non si applicano quando l'imputato, anche se impedito, chiede o consente che l'udienza preliminare avvenga in sua assenza o, se detenuto, rifiuta di assistervi. L'imputato in tali casi è rappresentato dal difensore.

7-ter. L'imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall'aula di udienza è considerato presente ed è rappresentato dal difensore.

 

 

 

 

Art. 420-quinquies

Assenza e allontanamento volontario dell'imputato

 

Abrogato

1. Le disposizioni degli articoli 420-bis e 420-ter non si applicano quando l'imputato, anche se impedito, chiede o consente che l'udienza preliminare avvenga in sua assenza o, se detenuto, rifiuta di assistervi. L'imputato in tali casi è rappresentato dal difensore.

1. Abrogato.

2. L'imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall'aula di udienza è considerato presente ed è rappresentato dal difensore.

2. Abrogato.

 

 

 

 

Art. 429

Decreto che dispone il giudizio

Art. 429

Decreto che dispone il giudizio

1. Il decreto che dispone il giudizio contiene:

a) le generalità dell'imputato e le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private, con l'indicazione dei difensori;

b) l'indicazione della persona offesa dal reato qualora risulti identificata;

c) l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge;

d) l'indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono;

e) il dispositivo, con l'indicazione del giudice competente per il giudizio;

1. Identico.

a) identica;



b) identica;

c) identica;





d) identica;

e) identica;

f) l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia;

f) l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non comparendo si procederà in sua assenza;

g) la data e la sottoscrizione del giudice e dell'ausiliario che l'assiste.

g) identica.

2. Il decreto è nullo se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 1 lettere c) e f).

2. Identico.

3. Tra la data del decreto e la data fissata per il giudizio deve intercorrere un termine non inferiore a venti giorni.

3. Identico.

3-bis. Qualora si proceda per il reato di cui all'articolo 589, secondo comma, del codice penale, il termine di cui al comma 3 non può essere superiore a sessanta giorni.

3-bis. Identico.

4. Il decreto è notificato all'imputato contumace nonché all'imputato e alla persona offesa comunque non presenti alla lettura del provvedimento di cui al comma 1 dell'articolo 424 almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio.

4. Identico.

 

 

 

 

Capo II - Atti introduttivi

Capo II - Atti introduttivi

Art. 484

Costituzione delle parti

Art. 484

Costituzione delle parti

1. Prima di dare inizio al dibattimento, il presidente controlla la regolare costituzione delle parti.

1. Identico.

2. Qualora il difensore dell'imputato non sia presente, il presidente designa come sostituto altro difensore a norma dell'articolo 97 comma 4.

2. Identico.

2-bis. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 420-bis, 420-ter, 420-quater e 420-quinquies.

2-bis. Abrogato.

 

 

 

 

 

Art. 484-bis

Rinnovazione della citazione. Sospensione del processo

 

1. Salvo che l'imputato sia presente all'udienza, quando la notificazione della citazione a giudizio è stata omessa ovvero è nulla, il giudice rinvia il dibattimento e dispone che la citazione venga notificata all'imputato personalmente o a mani di familiare convivente. Salvo quanto previsto dal comma 3, allo stesso modo provvede quando l'imputato non è presente all'udienza e la notificazione della citazione è stata effettuata ai sensi degli articoli 159, comma 2, 161, comma 4, 165, comma 1, e 169, comma 1.

2. Quando la notificazione ai sensi del comma 1 non risulta possibile, sempre che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non doversi procedere, il giudice dispone con ordinanza la sospensione del processo, salvo che, in ragione della natura o della gravità del reato contestato, ovvero del numero dei reati contestati, delle persone offese o dei testimoni, ovvero dell'esigenza di garantire la genuinità e la completezza della prova, la sospensione possa arrecare grave pregiudizio all'accertamento dei fatti per cui si procede. In quest'ultimo caso il giudice dispone procedersi in assenza dell'imputato con ordinanza specificamente motivata.

3. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 71, commi 4 e 6, in quanto compatibili.

4. Le disposizioni di cui al comma 1, secondo periodo, e al comma 2 non si applicano:

          a) se l'imputato, nel corso del procedimento, ha nominato un difensore di fiducia, anche in caso di successiva revoca;

          b) se l'imputato, nel corso del procedimento, è stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare;

          c) in ogni altro caso in cui dagli atti emerga la prova che l'imputato sia a conoscenza del fatto che si procede nei suoi confronti ovvero che lo stesso si sia volontariamente sottratto alla conoscenza del processo o di atti del medesimo.

5. Allo scadere del sesto mese dalla pronuncia dell'ordinanza di sospensione del processo, o anche prima quando ne ravvisi l'esigenza, il giudice dispone nuove ricerche dell'imputato per la notifica della citazione. Analogamente provvede a ogni successiva scadenza di sei mesi, qualora il procedimento non abbia ripreso il suo corso.

6. Il giudice revoca l'ordinanza di sospensione del processo nei seguenti casi:

          a) se le ricerche di cui al comma 5 hanno avuto esito positivo ed è stata regolarmente effettuata la notifica della citazione;

          b) se l'imputato ha nominato un difensore di fiducia;

          c) in ogni altro caso in cui emerga la prova che l'imputato sia a conoscenza del fatto che si procede nei suoi confronti.

7. Nei casi previsti dal comma 6, il giudice fissa la data per la nuova udienza, dandone comunicazione alle parti.

8. All'udienza di cui al comma 7 l'imputato, ancorché decaduto, può formulare richiesta ai sensi degli articoli 444 e 438.

9. Quando si procede a carico di più imputati, il giudice dispone la separazione del processo a carico dell'imputato nei cui confronti viene disposta la sospensione ai sensi del comma 2.

 

 

 

 

 

Art. 484-ter

Impedimento a comparire dell'imputato o del difensore

 

1. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta all'udienza e risulta che l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice, anche d'ufficio, dispone il rinvio dell'udienza fissando con ordinanza la relativa data.

2. Con le medesime modalità di cui al comma 1 il giudice provvede quando appare probabile che l'assenza dell'imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore. Tale probabilità è liberamente valutata dal giudice e non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione.

3. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta alle successive udienze e ricorrono le condizioni previste dal comma 1, il giudice, anche d'ufficio, dispone il rinvio dell'udienza fissando con ordinanza la relativa data.

4. La lettura dell'ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce la citazione e gli avvisi per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti. Della nuova udienza fissata con l'ordinanza di cui ai commi 1, 2 e 3 è dato avviso all'imputato. Se lo stesso è assistito da un difensore di fiducia e questi è presente, personalmente o tramite sostituto, l'avviso si intende notificato all'imputato.

5. Nel caso di assenza del difensore, quando risulta che la stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, il giudice dispone il rinvio dell'udienza fissando con ordinanza la relativa data; l'ordinanza è depositata in cancelleria senza obbligo di avviso al difensore.

6. La disposizione di cui al comma 5 non si applica e il giudice dispone procedersi oltre se:

          a) l'imputato è assistito da due difensori e l'impedimento riguarda uno dei medesimi;

          b) l'imputato è assistito da un unico difensore e questi non ha prontamente comunicato l'impedimento;

          c) il difensore, pur avendo prontamente comunicato l'impedimento, non ha indicato espressamente i motivi che non consentono la nomina di un sostituto ai sensi dell'articolo 102;

          d) l'imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito.

 

 

 

 

 

Art. 484-quater

Assenza o allontanamento volontario dell'imputato

 

1. Quando all'esito delle verifiche di cui all'articolo 484-bis, comma 1, il giudice ritiene che non ricorrono i presupposti per ordinare la sospensione del processo, ordina procedersi in assenza dell'imputato. Se l'imputato compare prima della pronuncia della sentenza, il giudice revoca l'ordinanza.

2. Le disposizioni dell'articolo 484-ter non si applicano quando l'imputato, anche se impedito, chiede o consente che l'udienza o il processo si svolgano in sua assenza o, se detenuto, rifiuta di assistervi.

3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, l'imputato è rappresentato dal difensore. È, altresì, rappresentato dal difensore ed è considerato presente l'imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall'aula di udienza.

4. L'imputato che, presente ad una udienza, non compare ad udienze successive, è considerato presente non comparso.

5. L'ordinanza di cui al comma 1 è nulla se al momento della pronuncia vi è la prova che l'assenza dell'imputato è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento.

6. Se la prova indicata nel comma 5 perviene dopo la pronuncia dell'ordinanza di cui al comma 1, ma prima della decisione, il giudice revoca l'ordinanza medesima e, se l'imputato non è comparso, sospende o rinvia anche d'ufficio il dibattimento. Restano comunque validi gli atti compiuti in precedenza, ma se l'imputato ne fa richiesta e dimostra che la prova è pervenuta con ritardo senza sua colpa, il giudice dispone l'assunzione o la rinnovazione degli atti che ritiene rilevanti ai fini della decisione.

7. L'ordinanza di cui al comma 1 è nulla, altresì, se il processo doveva essere sospeso ai sensi dell'articolo 484-bis, comma 2. In tal caso il giudice revoca l'ordinanza e procede a norma dell'articolo 484-bis; restano validi gli atti compiuti in precedenza, ma l'imputato, se la sospensione viene revocata, può chiedere l'ammissione di prove ai sensi dell'articolo 493 o la rinnovazione di quelle che ritiene rilevanti ai fini della decisione.

 

 

 

 

 

Art. 484-quinquies

Assenza dell'imputato in casi particolari

 

1. Quando il giudice ha disposto procedersi in assenza dell'imputato, ai sensi dell'articolo 484-bis, comma 2, secondo periodo, se l'imputato compare prima della chiusura del dibattimento, il giudice revoca la relativa ordinanza. In tal caso, quando si procede a carico di più imputati, può disporre la separazione dei processi ai sensi dell'articolo 18.

2. Nel caso di cui al comma 1, l'imputato è rimesso in termini per formulare le richieste di cui all'articolo 493; il giudice ammette le prove ai sensi degli articoli 190 e 495. Non si applica l'articolo 190-bis, ma le prove assunte in precedenza sono utilizzabili ai fini della decisione anche nei confronti dell'imputato comparso tardivamente.

3. Si applica l'articolo 484-bis, comma 8.

 

 

 

 

Art. 489

Dichiarazioni del contumace

 

Abrogato

1. L'imputato già contumace che prova di non avere avuto conoscenza del procedimento a suo carico, può chiedere di rendere le dichiarazioni previste dall'articolo 494. Nel corso del giudizio di cassazione le dichiarazioni sono rese al giudice per le indagini preliminari presso il tribunale del luogo in cui l'imputato si trova.

1. Abrogato.

2. L'imputato nella richiesta prevista dal comma 1 può nominare un difensore al quale deve essere dato tempestivo avviso del giorno e del luogo fissato per l'audizione; in mancanza, il giudice designa un difensore di ufficio. Se l'imputato si trova in stato di custodia cautelare, le dichiarazioni devono essere assunte entro un termine non superiore a quindici giorni da quello in cui è pervenuta la richiesta.

2. Abrogato.

3. La disposizione del comma 1 si applica anche nei confronti del condannato nel corso del giudizio di revisione o nella fase dell'esecuzione. In tal caso le dichiarazioni sono assunte nelle forme previste dal comma 2 dal magistrato di sorveglianza del luogo in cui il condannato si trova.

3. Abrogato.

4. Il verbale delle dichiarazioni rese dall'imputato o dal condannato è trasmesso senza ritardo alla corte di cassazione o alla corte di appello davanti alla quale pende il giudizio di revisione. Se le dichiarazioni sono state rese dal condannato e non pende giudizio di revisione, il relativo verbale è trasmesso al magistrato di sorveglianza competente a norma dell'articolo 677.

4. Abrogato.

 

 

 

 

Art. 490

Accompagnamento coattivo dell'imputato assente o contumace

Art. 490

Accompagnamento coattivo dell'imputato assente

1. Il giudice, a norma dell'articolo 132, può disporre l'accompagnamento coattivo dell'imputato assente o contumace, quando la sua presenza è necessaria per l'assunzione di una prova diversa dall'esame.

1. Il giudice, a norma dell'articolo 132, può disporre l'accompagnamento coattivo dell'imputato assente, quando la sua presenza è necessaria per l'assunzione di una prova diversa dall'esame.

 

 

 

 

 

 

 

Art. 493-bis

Mutamento della persona fisica del giudice

 

1. In caso di mutamento della persona fisica del giudice, le parti possono reiterare la richiesta di ammissione delle prove già indicate nella lista di cui all'articolo 468, ivi comprese le prove non ammesse nel dibattimento precedente e quelle in ordine alle quali vi è stata rinuncia, ovvero chiedere l'ammissione di prove nuove ai sensi dell'articolo 493, comma 2. Sulla richiesta il giudice provvede con ordinanza ai sensi degli articoli 190, 190-bis e 495.

2. Nel giudizio abbreviato o in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti, le prove assunte nel dibattimento precedente sono utilizzabili ai fini della decisione.

 

 

 

 

Art. 495

Provvedimenti del giudice in ordine alla prova

Art. 495

Provvedimenti del giudice in ordine alla prova

1. Il giudice, sentite le parti, provvede con ordinanza all'ammissione delle prove a norma degli articoli 190, comma 1, e 190-bis. Quando è stata ammessa l'acquisizione di verbali di prove di altri procedimenti, il giudice provvede in ordine alla richiesta di nuova assunzione della stessa prova solo dopo l'acquisizione della documentazione relativa alla prova dell'altro procedimento.

1. Identico.

2. L'imputato ha diritto all'ammissione delle prove indicate a discarico sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico; lo stesso diritto spetta al pubblico ministero in ordine alle prove a carico dell'imputato sui fatti costituenti oggetto delle prove a discarico.

2. Identico.

3. Prima che il giudice provveda sulla domanda, le parti hanno facoltà di esaminare i documenti di cui è chiesta l'ammissione.

3. Identico.

4. Nel corso dell'istruzione dibattimentale, il giudice decide con ordinanza sulle eccezioni proposte dalle parti in ordine alla ammissibilità delle prove. Il giudice, sentite le parti, può revocare con ordinanza l'ammissione di prove che risultano superflue o ammettere prove già escluse.

4. Identico.

4-bis. Nel corso dell'istruzione dibattimentale ciascuna delle parti può rinunziare, con il consenso dell'altra parte, all'assunzione delle prove ammesse a sua richiesta.

4-bis. Nel corso dell'istruzione dibattimentale ciascuna delle parti può rinunziare all'assunzione delle prove ammesse a sua richiesta.

 

 

 

 

Art. 511

Letture consentite

Art. 511

Letture consentite

1. Il giudice, anche di ufficio, dispone che sia data lettura, integrale o parziale, degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento.

1. Identico.

2. La lettura di verbali di dichiarazioni è disposta solo dopo l'esame della persona che le ha rese, a meno che l'esame non abbia luogo.

2. Identico.

 

2-bis. È sempre consentita la lettura dei verbali di dichiarazioni raccolte in sede di incidente probatorio, dei verbali di prove di diverso processo acquisiti ai sensi dell'articolo 238, delle prove assunte in assenza dell'imputato, nonché dei verbali di prove assunte dinanzi a un giudice diverso, sia a seguito di declaratoria di incompetenza che in caso di mutamento della persona fisica del giudice.

3. La lettura della relazione peritale è disposta solo dopo l'esame del perito.

3. Identico.

4. La lettura dei verbali delle dichiarazioni orali di querela o di istanza è consentita ai soli fini dell'accertamento della esistenza della condizione di procedibilità.

4. Identico.

5. In luogo della lettura, il giudice, anche di ufficio, può indicare specificamente gli atti utilizzabili ai fini della decisione. L'indicazione degli atti equivale alla loro lettura. Il giudice dispone tuttavia la lettura, integrale o parziale, quando si tratta di verbali di dichiarazioni e una parte ne fa richiesta. Se si tratta di altri atti, il giudice è vincolato alla richiesta di lettura solo nel caso di un serio disaccordo sul contenuto di essi.

5. In luogo della lettura, il giudice, anche di ufficio, può indicare analiticamente gli atti utilizzabili ai fini della decisione. L'indicazione degli atti equivale alla loro lettura. Il giudice dispone tuttavia la lettura, integrale o parziale, quando sorga serio disaccordo tra le parti sul contenuto dell'atto.

6. La facoltà di chiedere la lettura o l'indicazione degli atti, prevista dai commi 1 e 5, è attribuita anche agli enti e alle associazioni intervenuti a norma dell'articolo 93.

6. Identico.

 

 

 

 

Art. 511-bis

Lettura di verbali di prove di altri procedimenti

 

Abrogato

1. Il giudice, anche di ufficio, dispone che sia data lettura dei verbali degli atti indicati nell'articolo 238. Si applica il comma 2 dell'articolo 511.

1. Abrogato.

 

 

 

 

Art. 513

Lettura delle dichiarazioni rese dall'imputato nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare

Art. 513

Lettura delle dichiarazioni rese dall'imputato nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare

1. Il giudice, se l'imputato è contumace o assente ovvero rifiuta di sottoporsi all'esame, dispone, a richiesta di parte, che sia data lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dall'imputato al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare, ma tali dichiarazioni non possono essere utilizzate nei confronti di altri senza il loro consenso salvo che ricorrano i presupposti di cui all'articolo 500, comma 4.

1. Il giudice, se l'imputato è assente ovvero rifiuta di sottoporsi all'esame, dispone, a richiesta di parte, che sia data lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dall'imputato al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare, ma tali dichiarazioni non possono essere utilizzate nei confronti di altri senza il loro consenso salvo che ricorrano i presupposti di cui all'articolo 500, comma 4.

2. Se le dichiarazioni sono state rese dalle persone indicate nell'articolo 210, comma 1, il giudice, a richiesta di parte, dispone, secondo i casi, l'accompagnamento coattivo del dichiarante o l'esame a domicilio o la rogatoria internazionale ovvero l'esame in altro modo previsto dalla legge con le garanzie del contradditorio. Se non è possibile ottenere la presenza del dichiarante, ovvero procedere all'esame in uno dei modi suddetti, si applica la disposizione dell'articolo 512 qualora la impossibilità dipenda da fatti o circostanze imprevedibili al momento delle dichiarazioni. Qualora il dichiarante si avvalga della facoltà di non rispondere, il giudice dispone la lettura dei verbali contenenti le suddette dichiarazioni soltanto con l'accordo delle parti.

2. Identico.

3. Se le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo sono state assunte ai sensi dell'articolo 392, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 511.

3. Identico.

 

 

 

 

Art. 520

Nuove contestazioni all'imputato contumace o assente

Art. 520

Nuove contestazioni all'imputato assente

1. Quando intende contestare i fatti o le circostanze indicati negli articoli 516 e 517 all'imputato contumace o assente, il pubblico ministero chiede al presidente che la contestazione sia inserita nel verbale del dibattimento e che il verbale sia notificato per estratto all'imputato.

1. Quando intende contestare i fatti o le circostanze indicati negli articoli 516 e 517 all'imputato assente, il pubblico ministero chiede al presidente che la contestazione sia inserita nel verbale del dibattimento e che il verbale sia notificato per estratto all'imputato.

2. In tal caso il presidente sospende il dibattimento e fissa una nuova udienza per la prosecuzione, osservando i termini indicati nell'articolo 519 commi 2 e 3.

2. Identico.

 

 

 

 

Art. 548

Deposito della sentenza

Art. 548

Deposito della sentenza

1. La sentenza è depositata in cancelleria immediatamente dopo la pubblicazione ovvero entro i termini previsti dall'articolo 544 commi 2 e 3. Il pubblico ufficiale addetto vi appone la sottoscrizione e la data del deposito.

1. Identico.

2. Quando la sentenza non è depositata entro il trentesimo giorno o entro il diverso termine indicato dal giudice a norma dell'articolo 544 comma 3, l'avviso di deposito è comunicato al pubblico ministero e notificato alle parti private cui spetta il diritto di impugnazione. E' notificato altresì a chi risulta difensore dell'imputato al momento del deposito della sentenza.

2. Identico.

3. L'avviso di deposito con l'estratto della sentenza è in ogni caso notificato all'imputato contumace e comunicato al procuratore generale presso la corte di appello.

3. L'avviso di deposito con l'estratto della sentenza è in ogni caso notificato all'imputato assente e comunicato al procuratore generale presso la corte di appello.

 

 

 

 

Art. 552

Decreto di citazione a giudizio

Art. 552

Decreto di citazione a giudizio

1. Il decreto di citazione a giudizio contiene:

a) le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private, con l'indicazione dei difensori;

b) l'indicazione della persona offesa, qualora risulti identificata;

c) l'enunciazione del fatto, in forma chiara e precisa, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge;

1. Identica:

a) identica;



b) identica;

c) identica;





d) l'indicazione del giudice competente per il giudizio nonché del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia;

d) l'indicazione del giudice competente per il giudizio nonché del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non comparendo si procederà in sua assenza;

e) l'avviso che l'imputato ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistito dal difensore di ufficio;

f) l'avviso che, qualora ne ricorrano i presupposti, l'imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, può presentare le richieste previste dagli articoli 438 e 444 ovvero presentare domanda di oblazione;

g) l'avviso che il fascicolo relativo alle indagini preliminari è depositato nella segreteria del pubblico ministero e che le parti e i loro difensori hanno facoltà di prenderne visione e di estrarne copia;

h) la data e la sottoscrizione del pubblico ministero e dell'ausiliario che lo assiste.

e) identica;



f) identica;





g) identica




h) identica.

1-bis. Qualora si proceda per taluni dei reati previsti dall'articolo 590, terzo comma, del codice penale, il decreto di citazione a giudizio deve essere emesso entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari.

1-bis. Identica.

1-ter. Qualora si proceda per taluni dei reati previsti dall'articolo 590, terzo comma, del codice penale, la data di comparizione di cui al comma 1, lettera d), è fissata non oltre novanta giorni dalla emissione del decreto.

1-ter. Identica.

2. Il decreto è nullo se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dalle lettere c), d), e) ed f) del comma 1. Il decreto è altresì nullo se non è preceduto dall'avviso previsto dall'articolo 415-bis, nonché dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi dell'articolo 375, comma 3, qualora la persona sottoposta alle indagini lo abbia richiesto entro il termine di cui al comma 3 del medesimo articolo 415-bis.

2. Identica.

3. Il decreto di citazione è notificato all'imputato, al suo difensore e alla parte offesa almeno sessanta giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione. Nei casi di urgenza, di cui deve essere data motivazione, il termine è ridotto a quarantacinque giorni.

3. Identica.

4. Il decreto di citazione è depositato dal pubblico ministero nella segreteria unitamente al fascicolo contenente la documentazione, gli atti e le cose indicati nell'articolo 416, comma 2.

4. Identica.

 

 

 

 

Art. 585

Termini per l'impugnazione

Art. 585

Termini per l'impugnazione

1. Il termine per proporre impugnazione, per ciascuna delle parti, è:

a) di quindici giorni, per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio e nel caso previsto dall'articolo 544 comma 1;

b) di trenta giorni, nel caso previsto dall'articolo 544 comma 2;

c) di quarantacinque giorni, nel caso previsto dall'articolo 544 comma 3.

1. Identico.

2. I termini previsti dal comma 1 decorrono:

a) dalla notificazione o comunicazione dell'avviso di deposito del provvedimento emesso in seguito a procedimento in camera di consiglio;

b) dalla lettura del provvedimento in udienza, quando è redatta anche la motivazione, per tutte le parti che sono state o che debbono considerarsi presenti nel giudizio, anche se non sono presenti alla lettura;

c) dalla scadenza del termine stabilito dalla legge o determinato dal giudice per il deposito della sentenza ovvero, nel caso previsto dall'articolo 548 comma 2, dal giorno in cui è stata eseguita la notificazione o la comunicazione dell'avviso di deposito;

d) dal giorno in cui è stata eseguita la notificazione o la comunicazione dell'avviso di deposito con l'estratto del provvedimento, per l'imputato contumace e per il procuratore generale presso la corte di appello rispetto ai provvedimenti emessi in udienza da qualsiasi giudice della sua circoscrizione diverso dalla corte di appello.

2. Identico:

a) identica;



b) identica;





c) identica;






d) dal giorno in cui è stata eseguita la notificazione o la comunicazione dell'avviso di deposito con l'estratto del provvedimento, per l'imputato assente e per il procuratore generale presso la corte di appello rispetto ai provvedimenti emessi in udienza da qualsiasi giudice della sua circoscrizione diverso dalla corte di appello.

3. Quando la decorrenza è diversa per l'imputato e per il suo difensore, opera per entrambi il termine che scade per ultimo.

3. Identico.

4. Fino a quindici giorni prima dell'udienza possono essere presentati nella cancelleria del giudice della impugnazione motivi nuovi nel numero di copie necessarie per tutte le parti. L'inammissibilità dell'impugnazione si estende ai motivi nuovi.

4. Identico.

5. I termini previsti dal presente articolo sono stabiliti a pena di decadenza

5. Identico.

 

 

 

 

Art. 603

Rinnovazione dell'istruzione dibattimentale

Art. 603

Rinnovazione dell'istruzione dibattimentale

1. Quando una parte, nell'atto di appello o nei motivi presentati a norma dell'articolo 585 comma 4, ha chiesto la riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado o l'assunzione di nuove prove, il giudice se ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale.

1. Identico.

2. Se le nuove prove sono sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, il giudice dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale nei limiti previsti dall'articolo 495 comma 1.

2. Identico.

3. La rinnovazione dell'istruzione dibattimentale è disposta di ufficio se il giudice la ritiene assolutamente necessaria.

3. Identico.

4. Il giudice dispone, altresì, la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale quando l'imputato, contumace in primo grado, ne fa richiesta e prova di non essere potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore o per non avere avuto conoscenza del decreto di citazione, sempre che in tal caso il fatto non sia dovuto a sua colpa, ovvero, quando l'atto di citazione per il giudizio di primo grado è stato notificato mediante consegna al difensore nei casi previsti dagli articoli 159, 161 comma 4 e 169, non si sia sottratto volontariamente alla conoscenza degli atti del procedimento.

4. Il giudice dispone, altresì, la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale quando l'imputato, assente in primo grado, ne fa richiesta e prova di non essere potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore, sempre che in tal caso il fatto non sia dovuto a sua colpa.

5. Il giudice provvede con ordinanza, nel contraddittorio delle parti.

5. Identico.

6. Alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, disposta a norma dei commi precedenti, si procede immediatamente. In caso di impossibilità, il dibattimento è sospeso per un termine non superiore a dieci giorni.

6. Identico.

 

 

 

 

 

 

Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie
 del codice di procedura penale

 

 

 

Art. 143-bis

Adempimenti in caso di sospensione del processo in assenza dell'imputato

 

1. Quando il giudice dispone la sospensione ai sensi dell'articolo 484-bis, comma 2, del codice, la relativa ordinanza e il decreto di citazione a giudizio vengono trasmessi alla locale sezione di polizia giudiziaria, per l'inserimento nella banca dati di cui all'articolo 8 della legge 1o aprile 1981, n. 121, e successive modificazioni.

 

 

 

 

 

 

D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274

Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della L. 24 novembre 1999, n. 468

 

 

Capo III - Citazione a giudizio

Capo III - Citazione a giudizio

Art. 20

Citazione a giudizio

Art. 20

Citazione a giudizio

1. Il pubblico ministero cita l'imputato davanti al giudice di pace.

1. Identico.

2. La citazione contiene:

a) le generalità dell'imputato e le altre indicazioni personali che valgono ad identificarlo;

b) l'indicazione della persona offesa, qualora risulti identificata;

c) l'imputazione formulata dal pubblico ministero e l'indicazione delle fonti di prova di cui si chiede l'ammissione. Se viene chiesto l'esame di testimoni o consulenti tecnici, nell'atto devono essere indicate, a pena di inammissibilità, le circostanze su cui deve vertere l'esame;

d) l'indicazione del giudice competente per il giudizio, nonché del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia;

e) l'avviso che l'imputato ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistito da difensore di ufficio;

f) l'avviso che il fascicolo relativo alle indagini preliminari è depositato presso la segreteria del pubblico ministero e che le parti e loro difensori hanno facoltà di prenderne visione e di estrarne copia.

2. Identico:

a) identica;


b) identica;

c) identica;






d) l'indicazione del giudice competente per il giudizio, nonché del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non comparendo si procederà in sua assenza;

e) identica;



f) identica.

3. La citazione deve essere sottoscritta, a pena di nullità, dal pubblico ministero o dall'assistente giudiziario.

3. Identico.

4. La citazione è notificata, a cura dell'ufficiale giudiziario, all'imputato, al suo difensore e alla parte offesa almeno trenta giorni prima della data dell'udienza.

4. Identico.

5. La citazione a giudizio è depositata nella segreteria del pubblico ministero unitamente al fascicolo contenente la documentazione relativa alle indagini espletate, il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, qualora non debbano essere custoditi altrove.

5. Identico.

6. La citazione è nulla se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 2, lettere c), d) ed e).

6. Identico.

 

 

 

 

Art. 27

Decreto di convocazione delle parti

Art. 27

Decreto di convocazione delle parti

1. Se non deve provvedere ai sensi dell'articolo 26, il giudice di pace, entro venti giorni dal deposito del ricorso, convoca le parti in udienza con decreto.

1. Identico.

2. Tra il giorno del deposito del ricorso e l'udienza non devono intercorrere più di novanta giorni.

2. Identico.

3. Il decreto contiene:

a) l'indicazione del giudice che procede, nonché del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione;

b) le generalità della persona nei cui confronti è stato presentato il ricorso, con l'invito a comparire e l'avvertimento che non comparendo sarà giudicato in contumacia;

c) l'avviso che ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistito dal difensore di ufficio nominato nel decreto;

d) la trascrizione dell'imputazione;

e) la data e la sottoscrizione del giudice e dell'ausiliario che l'assiste.

3. Identico:

a) identica;


b) le generalità della persona nei cui confronti è stato presentato il ricorso, con l'invito a comparire e l'avvertimento che non comparendo si procederà in sua assenza;

c) identica;



d) identica;

e) identica.

4. Il decreto, unitamente al ricorso, è notificato, a cura del ricorrente, al pubblico ministero, alla persona citata in giudizio e al suo difensore almeno venti giorni prima dell'udienza. Entro lo stesso termine il ricorrente notifica il decreto alle altre persone offese di cui conosca l'identità.

4. Identico.

5. La convocazione è nulla se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 3, lettere a), b), c) e d).

5. Identico.

 

 

 

 

Art. 39

Giudizio di appello

Art. 39

Giudizio di appello

1. Competente per il giudizio di appello è il tribunale del circondario in cui ha sede il giudice di pace che ha pronunciato la sentenza impugnata. Il tribunale giudica in composizione monocratica.

1. Identico.

2. Oltre che nei casi previsti dall'articolo 604 del codice di procedura penale, il giudice d'appello dispone l'annullamento della sentenza impugnata, disponendo la trasmissione degli atti al giudice di pace, anche quando l'imputato, contumace in primo grado, prova di non essere potuto comparire per caso fortuito o per forza maggiore o per non avere avuto conoscenza del provvedimento di citazione a giudizio, sempre che in tal caso il fatto non sia dovuto a sua colpa, ovvero, quando l'atto di citazione per il giudizio di primo grado è stato notificato mediante consegna al difensore nei casi previsti dagli articoli 159, 161, comma 4, e 169 del codice di procedura penale, non si sia sottratto volontariamente alla conoscenza degli atti del procedimento.

2. Oltre che nei casi previsti dall'articolo 604 del codice di procedura penale, il giudice d'appello annulla la sentenza impugnata, disponendo la trasmissione degli atti al giudice di pace, anche quando l'imputato, assente in primo grado, prova di non essere potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore, sempre che in tal caso il fatto non sia dovuto a sua colpa.

 

 

 

 

 

 

D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231

Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della L. 29 settembre 2000, n. 300

 

 

Art. 38

Riunione e separazione dei procedimenti

Art. 38

Riunione e separazione dei procedimenti

1. Il procedimento per l'illecito amministrativo dell'ente è riunito al procedimento penale instaurato nei confronti dell'autore del reato da cui l'illecito dipende.

1. Identico.

2. Si procede separatamente per l'illecito amministrativo dell'ente soltanto quando:

a) è stata ordinata la sospensione del procedimento ai sensi dell'articolo 71 del codice di procedura penale;

b) il procedimento è stato definito con il giudizio abbreviato o con l'applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, ovvero è stato emesso il decreto penale di condanna;

c) l'osservanza delle disposizioni processuali lo rende necessario.

2. Identico:


a) è stata ordinata la sospensione del procedimento ai sensi degli articoli 71 e 484-bis, comma 2, del codice di procedura penale;

b) identica;




c) identica.

 

 

 

 

Art. 41

Contumacia dell'ente

Art. 41

Assenza dell'ente

1. L'ente che non si costituisce nel processo è dichiarato contumace.

1. Se l'ente non si costituisce nel processo, il giudice ordina procedersi in assenza.

 

 

 

 

 

 

D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313

Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti

 

 

TITOLO II - Casellario giudiziale

TITOLO II - Casellario giudiziale

Articolo 3 (L)

Provvedimenti iscrivibili

Articolo 3 (L)

Provvedimenti iscrivibili

1. Nel casellario giudiziale si iscrivono per estratto:

a) i provvedimenti giudiziari penali di condanna definitivi, anche pronunciati da autorità giudiziarie straniere se riconosciuti ai sensi degli articoli 730 e seguenti del codice di procedura penale, salvo quelli concernenti contravvenzioni per le quali la legge ammette la definizione in via amministrativa, o l'oblazione limitatamente alle ipotesi di cui all'articolo 162 del codice penale, sempre che per quelli esclusi non sia stata concessa la sospensione condizionale della pena;

b) i provvedimenti giudiziari definitivi concernenti le pene, compresa la sospensione condizionale e la non menzione, le misure di sicurezza personali e patrimoniali, gli effetti penali della condanna, l'amnistia, l'indulto, la grazia, la dichiarazione di abitualità, di professionalità nel reato, di tendenza a delinquere;

c) i provvedimenti giudiziari concernenti le pene accessorie;

d) i provvedimenti giudiziari concernenti le misure alternative alla detenzione;

e) i provvedimenti giudiziari concernenti la liberazione condizionale;

f) i provvedimenti giudiziari definitivi che hanno prosciolto l'imputato o dichiarato non luogo a procedere per difetto di imputabilità, o disposto una misura di sicurezza;

g) i provvedimenti giudiziari definitivi di condanna alle sanzioni sostitutive e i provvedimenti di conversione di cui all'articolo 66, terzo comma, e all'articolo 108, terzo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689;

h) i provvedimenti giudiziari del pubblico ministero previsti dagli articoli 656, comma 5, 657 e 663 del codice di procedura penale;

i) i provvedimenti giudiziari di conversione delle pene pecuniarie;

1. Identico:

a) identica;











b) identica;








c) identica;

d) identica;

e) identica;

f) identica;




g) identica;





h) identica;



i) identica

 

i-bis) i provvedimenti con cui il giudice dispone la sospensione del processo ai sensi dell'articolo 484-bis del codice di procedura penale;

l) i provvedimenti giudiziari definitivi concernenti le misure di prevenzione della sorveglianza speciale semplice o con divieto o obbligo di soggiorno;

m) i provvedimenti giudiziari concernenti la riabilitazione;

n) i provvedimenti giudiziari di riabilitazione, di cui all'articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327;

o) i provvedimenti giudiziari di riabilitazione speciale relativi ai minori, di cui all'articolo 24 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, e successive modificazioni;

p) i provvedimenti giudiziari definitivi di interdizione e inabilitazione e quelli di revoca, nonché i decreti che istituiscono, modificano o revocano l'amministrazione di sostegno;

q) i provvedimenti giudiziari che dichiarano fallito l'imprenditore; quelli di omologazione del concordato fallimentare; quelli di chiusura del fallimento; quelli di riabilitazione del fallito;

r) i provvedimenti giudiziari relativi all'espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione, ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come sostituito dall'art. 15 della legge 30 luglio 2002, n. 189;

s) i provvedimenti amministrativi di espulsione e i provvedimenti giudiziari che decidono il ricorso avverso i primi, ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dall'art. 12 della legge 30 luglio 2002, n. 189;

t) i provvedimenti di correzione, a norma di legge, dei provvedimenti già iscritti;

u) qualsiasi altro provvedimento che concerne a norma di legge i provvedimenti già iscritti, come individuato con decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro della giustizia.

l) identica;



m) identica;

n) identica;


o) identica;





p) identica;




q) identica;




r) identica;






s) identica;






t) identica;


u) identica.

 

 

 

 

Articolo 5 (L)

Eliminazione delle iscrizioni

Articolo 5 (L)

Eliminazione delle iscrizioni

1. Le iscrizioni nel casellario giudiziale sono eliminate al compimento dell'ottantesimo anno di età o per morte della persona alla quale si riferiscono.

1. Identico.

2. Sono, inoltre, eliminate le iscrizioni relative:

a) ai provvedimenti giudiziari revocati a seguito di revisione, o a norma dell'articolo 673 del codice di procedura penale;

b) ai provvedimenti giudiziari dichiarati mancanti o non esecutivi o dei quali è stata sospesa l'esecuzione o disposta la restituzione nel termine, ai sensi dell'articolo 670 del codice di procedura penale;

c) ai provvedimenti giudiziari di proscioglimento o di non luogo a procedere per difetto di imputabilità, trascorsi dieci anni in caso di delitto o tre anni in caso di contravvenzione dal giorno in cui il provvedimento è divenuto irrevocabile, o, nel caso di non luogo a procedere, dal giorno in cui è scaduto il termine per l'impugnazione;

d) ai provvedimenti giudiziari di condanna per contravvenzioni per le quali è stata inflitta la pena dell'ammenda, salvo che sia stato concesso alcuno dei benefici di cui agli articoli 163 e 175 del codice penale, trascorsi dieci anni dal giorno in cui la pena è stata eseguita ovvero si è in altro modo estinta;

e) ai provvedimenti giudiziari di proscioglimento per difetto di imputabilità emessi dal giudice di pace, trascorsi tre anni dal giorno in cui il provvedimento è divenuto irrevocabile;

f) ai provvedimenti giudiziari di proscioglimento per difetto di imputabilità relativi ai reati di competenza del giudice di pace, emessi da un giudice diverso, limitatamente alle iscrizioni concernenti questi reati, trascorsi tre anni dal giorno in cui il provvedimento è divenuto irrevocabile;

g) ai provvedimenti giudiziari di condanna emessi dal giudice di pace, trascorsi cinque anni dal giorno in cui la sanzione è stata eseguita se è stata inflitta la pena pecuniaria, o dieci anni se è stata inflitta una pena diversa, se nei periodi indicati non è stato commesso un ulteriore reato;

h) ai provvedimenti giudiziari di condanna relativi ai reati di competenza del giudice di pace emessi da un giudice diverso, limitatamente alle iscrizioni concernenti questi reati, trascorsi cinque anni dal giorno in cui la sanzione è stata eseguita se è stata inflitta la pena pecuniaria, o dieci anni se è stata inflitta una pena diversa, se nei periodi indicati non è stato commesso un ulteriore reato;

i) ai provvedimenti giudiziari con i quali l'imprenditore è stato dichiarato fallito ed è stato chiuso il fallimento, quando il fallimento è revocato con provvedimento definitivo;

l) ai provvedimenti amministrativi di espulsione, quando sono annullati con provvedimento giudiziario o amministrativo definitivo.

2. Identico:

a) identica;


b) identica;





c) identica;








d) identica;







e) identica;




f) identica;







g) identica;







h) identica;









i) identica;




l) identica;

 

l-bis) ai provvedimenti con cui il giudice dispone la sospensione del processo ai sensi dell'articolo 484, comma 2, del codice di procedura penale, quando il provvedimento è revocato ai sensi dell'articolo 484-bis, comma 6, del medesimo codice.

3. Se sono state applicate misure di sicurezza, i termini previsti dal comma 2 decorrono dalla data della revoca della misura di sicurezza e, se questa è stata applicata o sostituita con provvedimento giudiziario di esecuzione, è eliminata anche l'iscrizione relativa a quest'ultimo.

3. Identico.

4. Le iscrizioni di provvedimenti giudiziari relativi a minori di età sono eliminate al compimento del diciottesimo anno di età della persona cui si riferiscono, eccetto quelle relative al perdono giudiziale, che sono eliminate al compimento del ventunesimo anno, ed eccetto quelle relative ai provvedimenti di condanna a pena detentiva, anche se condizionalmente sospesa.

4. Identico.


Capo VIII, Norme di razionalizzazione del processo penale

Art. 18.
(Norme di razionalizzazione del processo penale).

 


      1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 231, comma 2, dopo la parola: «provvede» è inserita la seguente: «immediatamente»;

          b) all'articolo 571, comma 1, alle parole: «L'imputato può proporre impugnazione» sono premesse le seguenti: «Salvo che sia altrimenti previsto,»;

          c) all'articolo 607, comma 1, dopo le parole: «ricorrere per cassazione» sono inserite le seguenti: «, nei modi previsti dall'articolo 571, comma 3,»;

          d) all'articolo 610, dopo il comma 1-bis è inserito il seguente:

      «1-ter. Sentito il procuratore generale, l'inammissibilità è dichiarata senza le formalità previste dal comma 1 quando il ricorso è stato proposto dopo la scadenza del termine stabilito o da chi non ha diritto all'impugnazione ovvero contro un provvedimento non impugnabile o quando il ricorso è assolutamente privo dei motivi di impugnazione o non è sottoscritto da un difensore iscritto nell'albo speciale della Corte di cassazione o vi è rinunzia al ricorso. Nello stesso modo si procede per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso avverso la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti»;

          e) all'articolo 613, comma 1, le parole: «Salvo che la parte non vi provveda personalmente,» sono soppresse;

          f) all'articolo 629, comma 1, le parole: «o delle sentenze emesse ai sensi dell'articolo 444, comma 2,» sono soppresse;

          g) all'articolo 666, comma 4, le parole: «e del pubblico ministero.» sono sostituite dalle seguenti: «. Il pubblico ministero viene sentito, se comparso».


 

 

 

Il Capo III (artt. da 18 a 20) dispone numerose norme di razionalizzazione del processo penale.

 

In particolare, all’articolo 18 si prevedono principalmente alcune modifiche alla disciplina delle impugnazioni, volte a rendere tale disciplina più razionale ed efficace.

Nelle relazione illustrativa viene precisato che il provvedimento in esame non intende rivedere in maniera sistematica l’istituto delle impugnazioni, oggetto della controversa riforma di cui alla L. 46/2006, su cui è intervenuta con una declaratoria di illegittimità costituzionale la recentissima sentenza della Corte Costituzionale n. 26 del 2007. Sempre secondo la relazione, il tema in questione va invece affrontato in altra sede, con un intervento approfondito e articolato, sulla base di uno studio ponderato e capace di raccogliere la più larga condivisione possibile; il provvedimento in esame invece reca modifiche marginali, ma comunque volte a rendere più efficiente il funzionamento del processo penale.

 

In primo luogo, la lettera a) (l’unica che non interviene sul tema delle impugnazioni) reca una modifica all’articolo 231, comma 2, c.p.p., in materia di sostituzione del perito.

 

L’articolo 231 c.p.p. prevede, al comma 1, che il perito può essere sostituito se non fornisce il proprio parere nel termine stabilito o se la richiesta di proroga non è accolta ovvero se svolge in maniera negligente l'incarico che gli è stato affidato.

Al comma 2 si prevede quindi che il giudice, sentito il perito, provvede con ordinanza alla sua sostituzione, salvo che il ritardo o l'inadempimento sia dipeso da cause a lui non imputabili.

 

Con la modifica in esame si precisa che il giudice debba provvedere immediatamente alla sostituzione del perito.

 

Le modifiche di cui alle lettere b), c) ed e) sono volte ad eliminare la facoltà per l’imputato di presentare personalmente ricorso per cassazione, imponendo al medesimo di ricorrere necessariamente per la sua redazione e presentazione ad un avvocato iscritto nell’albo dei patrocinanti in cassazione.

Tale previsione, come evidenziato nella relazione illustrativa, è volta ad ottenere una deflazione del carico processuale in cassazione, dal momento che la necessità dell’intervento di un difensore professionista per ricorrere in cassazione dovrebbe ridurre la presentazione di ricorsi pretestuosi e privi di fondamento.

Pertanto, la lettera c) modifica l’articolo 607 (ricorso dell’imputato) proprio al fine di stabilire che l’imputato può proporre ricorso per cassazione solamente tramite un difensore. Viene quindi eliminata la possibilità per la parte di provvedervi personalmente.

 

La lettera e) provvede quindi a modificare l’articolo 613 c.p.p., prevedendo che, in ogni caso, nel giudizio di cassazione, l'atto di ricorso, le memorie e i motivi nuovi devono essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell'albo speciale della corte di cassazione.

 

Conseguentemente, con la lettera b), all’articolo 571 - che attribuisce all’imputato la possibilità di proporre impugnazione personalmente o per mezzo di un procuratore speciale nominato anche prima della emissione del provvedimento – si precisa che ciò vale salvo nei casi in cui sia diversamente previsto.

 

La disposizione di cui alla lettera d), come evidenziato dalla relazione illustrativa, è volta invece a disciplinare diversamente da quanto attualmente previsto la fattispecie della cosiddetta “inammissibilità originaria” del ricorso per cassazione, cioè le cause di inammissibilità esterne al contenuto dell’atto impugnato, quali, per esempio, la carenza di legittimazione, la non impugnabilità del provvedimento, la rinuncia al ricorso. In tali casi, per evitare un inutile dispendio di risorse, si è ritenuto opportuno rendere più snello il procedimento che giunge alla pronuncia di inammissibilità, senza le formalità previste dal vigente articolo 610, comma 1, c.p.p.

 

Si ricorda che l’articolo 610, comma 1, c.p.p. prevede che il presidente della corte di cassazione, se rileva una causa di inammissibilità dei ricorsi, li assegna ad una apposita sezione.

Si prevedono quindi una serie di adempimenti procedurali. Il presidente della sezione fissa la data per la decisione in camera di consiglio. La cancelleria invia comunicazione del deposito degli atti e della data dell’udienza al procuratore generale e ai difensori, indicando la causa di inammissibilità rilevata. Inoltre, ove non venga dichiarata l’inammissibilità, gli atti sono rimessi al presidente della corte di cassazione.

 

Per le finalità su indicate, la lettera d) provvede ad introdurre, all’articolo 610 c.p.p., il comma 1-ter, ai sensi del quale l'inammissibilità è dichiarata senza le formalità previste dal comma 1 nei casi di “inammissibilità originaria”, cioè quando il ricorso è stato proposto dopo la scadenza del termine stabilito o da un soggetto che non ha diritto all'impugnazione ovvero contro un provvedimento non impugnabile o quando il ricorso è assolutamente privo dei motivi di impugnazione o non è sottoscritto da un difensore iscritto nell'albo speciale dei patrocinanti in cassazione o vi è rinunzia al ricorso.

 

La lettera f) invece, ripristinando il testo dell’articolo 629 c.p.p. precedente alle modifiche ad esso recate dalla L. 134/2003, è volto ad escludere che avverso le sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti di cui all’articolo 444 c.p.p. possa operare l’istituto della revisione.

La relazione illustrativa pone in rilievo che la Corte di cassazione, precedentemente alla modifica introdotta all’articolo 629 c.p.p. dalla L. 134/2003, si era già espressa nel senso dell’inammissibilità del ricorso alla revisione con riferimento alle sentenze di patteggiamento, in considerazione della natura delle sentenze in questione, non equiparabili ad una sentenza di condanna se non nella parte che dispone l’applicazione della pena.

 

Infine, la lettera g), al fine di razionalizzare l’attività dei soggetti processuali, modifica l’articolo 666, comma 4 c.p.p. in modo da rendere facoltativa la presenza del pubblico ministero al procedimento di esecuzione.

 


Art. 19.
(Modifiche alle norme di attuazione).

 


      1. Alle norme di attuazione sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 129, il comma 3 è sostituito dal seguente:

      «3. Quando esercita l'azione penale ovvero chiede l'archiviazione del procedimento per un fatto che ha cagionato un danno per l'erario, il pubblico ministero informa il procuratore regionale della Corte dei conti competente per territorio. Ai rapporti tra i due uffici si applicano le disposizioni di cui all'articolo 117, commi 1 e 2, del codice»;

          b) dopo l'articolo 144 è inserito il seguente:

      «Art. 144-bis. - (Programmazione e disciplina delle udienze dibattimentali). - 1. Alla prima udienza dibattimentale il giudice provvede alla verifica della regolare costituzione delle parti, alla discussione delle questioni preliminari, alle formalità di apertura del dibattimento, all'ammissione delle prove, alla definizione dei giudizi ai sensi degli articoli 444 e seguenti del codice, o nelle forme del rito abbreviato, purché non condizionato all'assunzione di prove dichiarative, nonché alla dichiarazione di estinzione o di improcedibilità del reato.

      2. Nella stessa udienza il giudice, sentite le parti, stabilisce con ordinanza il calendario delle udienze successive, nel rispetto dei tempi di cui ai commi 5 e 6. La lettura del calendario in udienza sostituisce gli avvisi di rinvio per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti. Il giudice autorizza, altresì, le parti alla citazione dei soggetti inclusi nella lista di cui all'articolo 468 del codice, secondo le scadenze previste dal calendario per l'assunzione delle prove. Ai fini della formulazione del calendario, i difensori comunicano al giudice l'eventuale sussistenza di concomitanti impegni professionali e, tenuto conto dell'attività istruttoria da svolgere alla data indicata, possono contestualmente nominare un sostituto ai sensi dell'articolo 102 del codice.

      3. La persona offesa comparsa alla prima udienza viene sentita solo ove detenuta, salvo che il processo sia di particolare complessità, ovvero se proviene da regione diversa da quella in cui si celebra il processo, nonché in ogni caso in cui il giudice lo ritiene assolutamente necessario.

      4. Nella formazione del ruolo e nella trattazione dei processi il giudice assegna precedenza assoluta ai giudizi con imputati detenuti, anche per reato diverso da quello per cui si procede, nonché, anche su segnalazione delle parti, ai giudizi per i quali si siano verificati nullità, difetti di notificazione o situazioni processuali che possono determinare l'immediata definizione o il rinvio del processo. I difensori rappresentano eventuali concomitanti impegni professionali all'ausiliario del giudice prima dell'apertura dell'udienza.

      5. Il giudice programma le udienze in modo da assicurare la conclusione del processo in tempi compatibili con il principio costituzionale della ragionevole durata del medesimo. In particolare, per la conclusione del processo sono previsti i seguenti termini:

          a) per il giudizio di primo grado: anni due e mesi sei;

          b) per il giudizio in grado di appello: anni uno e mesi sei;

          c) per il giudizio dinanzi alla Corte di cassazione: anni uno.

      6. I termini di cui al comma 5 possono tuttavia essere superati per i processi di particolare complessità, avuto riguardo al numero, alla natura e alla gravità dei reati contestati, al numero degli imputati, delle persone offese o dei testimoni, ovvero alla natura delle questioni tecnico-giuridiche da affrontare.

      7. Nel computo dei termini di cui ai commi 5 e 6, non si tiene conto del tempo necessario per ottenere l'estradizione di un imputato dall'estero ovvero per l'esecuzione di una rogatoria internazionale, nonché del periodo in cui il processo è a qualsiasi titolo sospeso.

      8. Il presidente di sezione, in ogni grado del procedimento, vigila sul rispetto dei termini di cui ai commi 5 e 6 e riferisce con relazione annuale, rispettivamente, al presidente del tribunale, al presidente della corte d'appello e al primo presidente della Corte di cassazione»;

          c) all'articolo 145, il comma 2 è abrogato.


 

 

L’articolo 19 reca disposizioni di modifica alle norme di attuazione del codice di procedura penale.

In primo luogo, la lettera a) modifica l’articolo 129 delle norme di attuazione, relativo alle informazioni sull’azione penale, sostituendo il relativo comma 3 .

Come evidenziato dalla relazione illustrativa, la modifica mira a migliorare e potenziare i rapporti di collaborazione tra pubblico ministero penale e pubblico ministero contabile, in modo che gli illeciti erariali siano accertati in maniera tempestiva.

 

Si ricorda che il comma 3 dell’articolo 129 prevede che il pubblico ministero, quando esercita l’azione penale per un reato che ha causato un danno all’erario, debba informare dell’imputazione il procuratore generale presso la Corte dei conti.

 

Con la modifica in esame si prevede che l’informativa debba essere inoltrata anche in caso di richiesta di archiviazione del procedimento. Inoltre viene indicato come destinatario dell’informativa il procuratore regionale presso la Corte dei conti e non più il procuratore generale presso la medesima Corte.

Come evidenziato nella relazione illustrativa, la modifica in questione, garantendo un’adeguata comunicazione sul procedimento penale anche in caso di archiviazione, permetterà alle procure regionali della Corte dei conti di adottare tempestivamente le misure cautelari previste dalla legge per tutelare gli interessi erariali.

 

Inoltre, si dispone che ai rapporti tra il pubblico ministero penale e il pubblico minsero contabile si applicano le norme di cui all’articolo 117, commi 1 e 2 c.p.p., in materia di richiesta di copie di atti e di informazioni da parte del pubblico ministero.

 

Si ricorda che l’articolo 117 c.p. al comma 1, prevede la possibilità per il pubblico ministero, se necessario per le proprie indagini, di ottenere dall’autorità giudiziaria competente copie di atti relativi ad altri procedimenti penali e informazioni scritte sul loro contenuto. Viene precisato che l’autorità giudiziaria possa trasmettere le copie e le informazioni anche di propria iniziativa.

Inoltre, al comma 2, si prevede che l’autorità giudiziaria provveda senza ritardo e che possa rigettare l’istanza con decreto motivato.

 

La disposizione in esame, come posto in rilievo dalla relazione illustrativa, permetterà al procuratore regionale presso la Corte dei conti di richiedere al pubblico ministero del procedimento penale atti o informazioni scritte sul loro contenuto, anche qualora abbia appreso autonomamente dell’esistenza di procedimenti penali per reati che abbiano causato un danno erariale.

 

Le lettere b) e c) recano disposizioni che modificano le norme di attuazione del codice di procedura penale introducendo l’articolo 144-bis e abrogando il comma 2 dell’articolo 145.

Come evidenziato nella relazione illustrativa, per garantire una ragionevole durata dei processi saranno importanti, da una parte, lo snellimento e la semplificazione delle procedure nonché adeguate dotazioni di personale e di mezzi degli uffici giudiziari, dall’altra una più circostanziata disciplina per programmare i tempi del processo anche sul versante organizzativo. Le modifiche alle norme di attuazione previste dalle disposizioni in esame sono sostanzialmente volte ad disciplinare in maniera dettagliata la programmazione e lo svolgimento delle udienze dibattimentali, per poter governare i tempi del processo anche sul piano organizzativo. Tramite la predisposizione di un programma delle udienze si intende ottimizzare le risorse a disposizione, per realizzare il miglior servizio possibile in considerazione del personale e dei mezzi di cui si dispone. Attraverso alcune regole di programmazione dell’attività processuale, nel rispetto delle garanzie delle parti, si persegue un recupero di efficienza, in modo da raggiungere il giusto equilibrio tra l’obiettivo dell’accelerazione dei tempi dibattimentali – in linea con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, peraltro più volte richiamato nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo - e quello dell’accertamento dei fatti.

Pertanto, con l’introduzione dell’articolo 144-bis, in primo luogo si disciplina compiutamente la prima udienza dibattimentale attraverso la previsione di una “udienza filtro”, le cui caratteristiche e modalità rispondono peraltro alla prassi di molti tribunali.

In particolare, si prevede che la prima udienza dibattimentale sia dedicata alla verifica della regolare costituzione delle parti, alla discussione delle questioni preliminari, alle formalità di apertura del dibattimento, all'ammissione delle prove, alla definizione dei giudizi ai sensi degli articoli 444 e seguenti c.p.p., o nelle forme del rito abbreviato, purché non condizionato all'assunzione di prove dichiarative, nonché alla dichiarazione di estinzione o di improcedibilità del reato (comma 1).

Nel corso della medesima udienza il giudice, sentite le parti, stabilisce con ordinanza il calendario delle udienze successive, nel rispetto di determinati tempi stabiliti dall’articolo in esame. Il giudice autorizza inoltre le parti alla citazione dei soggetti inclusi nella lista dei testimoni, dei periti o consulenti tecnici, secondo le scadenze previste dal calendario per l'assunzione delle prove. In linea con il principio di lealtà processuale, si dispone che, ai fini della formulazione del calendario, i difensori debbano comunicare al giudice l'eventuale sussistenza di concomitanti impegni professionali e, tenuto conto dell'attività istruttoria da svolgere alla data indicata, possono contestualmente nominare un sostituto (comma 2).

Viene precisato che la persona offesa che eventualmente compare alla prima udienza viene sentita solo se in stato di detenzione, salvo che il processo sia di particolare complessità, ovvero se proviene da regione diversa da quella in cui si celebra il processo, nonché in ogni caso in cui il giudice lo ritiene di assoluta necessità (comma 3).

Si prevede quindi che nella formazione del ruolo e nella trattazione dei processi il giudice assegni precedenza assoluta ai giudizi con imputati detenuti, anche per reato diverso da quello per cui si procede, nonché ai giudizi per i quali si siano verificati nullità, difetti di notificazione o situazioni processuali tali da poter determinare l'immediata definizione o il rinvio del processo. Inoltre, i difensori devono comunicare eventuali concomitanti impegni professionali all'ausiliario del giudice prima dell'apertura dell'udienza (comma 4).

Si dispone quindi che il giudice effettua la programmazione delle udienze in modo da assicurare che il processo si concluda in tempi compatibili con il principio costituzionale della ragionevole durata dello stesso. In particolare, per la conclusione del processo dovranno di norma rispettarsi i termini di due anni e sei mesi per il giudizio di primo grado, di un anno e sei mesi per il giudizio di appello e di un anno per il giudizio di legittimità (comma 5). Si prevede peraltro che tali termini potranno essere superati per i processi di particolare complessità, avuto riguardo al numero, alla natura e alla gravità dei reati contestati, al numero degli imputati, delle persone offese o dei testimoni, ovvero alla natura delle questioni tecnico-giuridiche da risolvere (comma 6). Inoltre si precisa che nel computo dei medesimi termini, non si tiene conto del tempo necessario per ottenere l'estradizione di un imputato dall'estero ovvero per l'esecuzione di una rogatoria internazionale, oltre che del periodo in cui il processo è per qualsiasi motivo sospeso (comma 7).

Infine si attribuisce al presidente di sezione, in ogni grado del procedimento, il compito di vigilare sul rispetto dei termini di cui ai commi 5 e 6 e di presentare una relazione annuale, rispettivamente, al presidente del tribunale, al presidente della corte d'appello e al primo presidente della Corte di cassazione (comma 8).

 

La lettera c) prevede l’abrogazione del comma 2 dell’articolo 145 delle norme di attuazione, relativo alla comparizione dei testimoni, periti, consulenti tecnici e interpreti.

 

Si ricorda che l’articolo 145 prevede che i testimoni, i periti, i consulenti tecnici e gli interpreti citati devono essere presenti all'inizio dell'udienza (comma 1) e che se il dibattimento deve protrarsi per più giorni, il presidente, sentiti il pubblico ministero e i difensori, può stabilire il giorno in cui ciascuna persona deve comparire (comma 2).

 

L’abrogazione del comma 2 dell’articolo 145 appare consequenziale all’introduzione della disciplina della programmazione e dello svolgimento delle udienze dibattimentali di cui al su esaminato articolo144-bis.

 

 


Art. 20.
(Applicazione della pena su richiesta delle parti per i reati coperti da indulto).

 


      1. Nei procedimenti penali riguardanti reati in ordine ai quali, in caso di condanna, deve trovare applicazione la legge 31 luglio 2006, n. 241, il pubblico ministero, se ritiene che la pena possa essere contenuta nei limiti di cui all'articolo 1, comma 1, della medesima legge, acquisito il consenso dell'indagato, chiede al giudice per le indagini preliminari l'applicazione della pena ai sensi degli articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale.

      2. Nei procedimenti di cui al comma 1 pendenti dinanzi al giudice di primo grado, alla prima udienza utile successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, le parti possono concordemente chiedere l'applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, ancorché sia già scaduto il termine per la sua proposizione. Il presente comma si applica anche quando il giudice abbia disposto il giudizio abbreviato ai sensi dell'articolo 438, comma 4, del codice di procedura penale.

      3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, quando il giudice emette sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, dichiara condonata la pena nel limite previsto dall'articolo 1 della legge 31 luglio 2006, n. 241.


 

 

 

L’articolo 20 reca disposizioni per incentivare l’applicazione della pena su richiesta delle parti per i reati coperti da indulto ai sensi della L. 31 luglio 2006, n. 241.

 

Si ricorda che la L. 241/2006 ha concesso l’indulto per tutti i reati - ad eccezione di alcune fattispecie di reato specificamente indicate - commessi fino alla data del 2 maggio 2006, nella misura non superiore a 3 anni per le pene detentive e non superiore a 10.000 euro per quelle pecuniarie sole o congiunte a pene detentive..

 

Come evidenziato dalla relazione illustrativa, le disposizioni in esame intendono ridurre la congestione degli uffici giudiziari, favorendo la definizione tramite il rito alternativo del “patteggiamento” per i procedimenti pendenti in fase di indagini preliminari ovvero in primo grado in esito ai quali la pena applicata sarà coperta, in tutto o in parte, da indulto.

 

In particolare, l’articolo in esame prevede che, per i procedimenti penali riguardanti reati che possono beneficiare della misura dell’indulto, il pubblico ministero, allorché dovesse ritenere che la pena possa essere contenuta nei limiti previsti dalla L. 241/2006, acquisito il consenso da parte dell’indagato, richieda al giudice per le indagini preliminari la definizione del procedimento tramite l’applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi degli artt. 444 e seguenti c.p.p.

In seguito il giudice per le indagini preliminari, verificata la sussistenza di tutti i presupposti di legge per il “patteggiamento”, emetterà la relativa sentenza dichiarando condonata la pena nel limite di 3 anni.

Inoltre, con una disposizione volta a conseguire importanti effetti sul piano della deflazione del carico giudiziario, si stabilisce la riapertura dei termini per formulare richiesta di patteggiamento anche per i procedimenti di primo grado che si trovino già in fase dibattimentale o di giudizio abbreviato, per evitare che sia portata a termine l’attività istruttoria, talvolta anche complessa, per processi che molto probabilmente avranno come esito l’irrogazione di una pena condonata.

Pertanto l’articolo in esame consente alle parti di richiedere concordemente al giudice di primo grado, alla prima udienza utile successiva all’entrata in vigore del provvedimento in esame, anche nel caso in cui sia stato disposto il giudizio abbreviato, la definizione del processo tramite “patteggiamento”, nonostante sia scaduto il termine per la presentazione di tale proposta. Il giudice di primo grado, verificata la ricorrenza di tutti i presupposti di legge, emetterà sentenza di “patteggiamento” dichiarando condonata la pena nel limite di 3 anni.

 

 

 

 


Testo a fronte

 

Normativa vigente

A.C. 2664

 

 

Codice di procedura penale

 

 

Art. 231

Sostituzione del perito

Art. 231

Sostituzione del perito

1. Il perito può essere sostituito se non fornisce il proprio parere nel termine fissato o se la richiesta di proroga non è accolta ovvero se svolge negligentemente l'incarico affidatogli.

1. Identico.

2. Il giudice, sentito il perito, provvede con ordinanza alla sua sostituzione, salvo che il ritardo o l'inadempimento sia dipeso da cause a lui non imputabili. Copia dell'ordinanza è trasmessa all'ordine o al collegio cui appartiene il perito.

2. Il giudice, sentito il perito, provvede immediatamente con ordinanza alla sua sostituzione, salvo che il ritardo o l'inadempimento sia dipeso da cause a lui non imputabili. Copia dell'ordinanza è trasmessa all'ordine o al collegio cui appartiene il perito.

3. Il perito sostituito, dopo essere stato citato a comparire per discolparsi, può essere condannato dal giudice al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro 154 a euro 1.549.

3. Identico.

4. Il perito è altresì sostituito quando è accolta la dichiarazione di astensione o di ricusazione.

4. Identico.

5. Il perito sostituito deve mettere immediatamente a disposizione del giudice la documentazione e i risultati delle operazioni peritali già compiute.

5. Identico.

 

 

 

 

Art. 571

Impugnazione dell'imputato

Art. 571

Impugnazione dell'imputato

1. L'imputato può proporre impugnazione personalmente o per mezzo di un procuratore speciale nominato anche prima della emissione del provvedimento.

1. Salvo che sia altrimenti previsto, l'imputato può proporre impugnazione personalmente o per mezzo di un procuratore speciale nominato anche prima della emissione del provvedimento.

2. Il tutore per l'imputato soggetto alla tutela e il curatore speciale per l'imputato incapace di intendere o di volere, che non ha tutore, possono proporre l'impugnazione che spetta all'imputato.

2. Identico.

3. Può inoltre proporre impugnazione il difensore dell'imputato al momento del deposito del provvedimento ovvero il difensore nominato a tal fine.

3. Identico.

4. L'imputato, nei modi previsti per la rinuncia, può togliere effetto all'impugnazione proposta dal suo difensore. Per l'efficacia della dichiarazione nel caso previsto dal comma 2, è necessario il consenso del tutore o del curatore speciale.

4. Identico.

 

 

 

 

Art. 607

Ricorso dell'imputato

Art. 607

Ricorso dell'imputato

1. L'imputato può ricorrere per cassazione contro la sentenza di condanna o di proscioglimento ovvero contro la sentenza inappellabile di non luogo a procedere.

1. L'imputato può ricorrere per cassazione, nei modi previsti dall’articolo 571, comma 3, contro la sentenza di condanna o di proscioglimento ovvero contro la sentenza inappellabile di non luogo a procedere.

2. Può, inoltre, ricorrere contro le sole disposizioni della sentenza che riguardano le spese processuali.

2. Identico.

 

 

 

 

Capo II - Procedimento

Capo II - Procedimento

Art. 610

Atti preliminari

Art. 610

Atti preliminari

1. Il presidente della corte di cassazione, se rileva una causa di inammissibilità dei ricorsi, li assegna ad apposita sezione. Il presidente della sezione fissa la data per la decisione in camera di consiglio. La cancelleria dà comunicazione del deposito degli atti e della data dell'udienza al procuratore generale ed ai difensori nel termine di cui al comma 5. L'avviso contiene l'enunciazione della causa di inammissibilità rilevata. Si applica il comma 1 dell'articolo 611. Ove non venga dichiarata l'inammissibilità, gli atti sono rimessi al presidente della corte.

1. Identico.

1-bis. Il presidente della corte di cassazione provvede all'assegnazione dei ricorsi alle singole sezioni secondo i criteri stabiliti dalle leggi di ordinamento giudiziario.

1-bis. Identico.

 

1-ter. Sentito il procuratore generale, l'inammissibilità è dichiarata senza le formalità previste dal comma 1 quando il ricorso è stato proposto dopo la scadenza del termine stabilito o da chi non ha diritto all'impugnazione ovvero contro un provvedimento non impugnabile o quando il ricorso è assolutamente privo dei motivi di impugnazione o non è sottoscritto da un difensore iscritto nell'albo speciale della Corte di cassazione o vi è rinunzia al ricorso. Nello stesso modo si procede per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso avverso la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.

2. Il presidente, su richiesta del procuratore generale, dei difensori delle parti o anche di ufficio, assegna il ricorso alle sezioni unite quando le questioni proposte sono di speciale importanza o quando occorre dirimere contrasti insorti tra le decisioni delle singole sezioni.

2. Identico.

3. Il presidente della corte, se si tratta delle sezioni unite, ovvero il presidente della sezione fissa la data per la trattazione del ricorso in udienza pubblica o in camera di consiglio e designa il relatore. Il presidente dispone altresì la riunione dei giudizi nei casi previsti dall'articolo 17 e la separazione dei medesimi quando giovi alla speditezza della decisione.

3. Identico.

5. Almeno trenta giorni prima della data dell'udienza, la cancelleria ne dà avviso al procuratore generale e ai difensori, indicando se il ricorso sarà deciso a seguito di udienza pubblica ovvero in camera di consiglio.

5. Identico.

 

 

 

 

Art. 613

Difensori

Art. 613

Difensori

1. Salvo che la parte non vi provveda personalmente, l'atto di ricorso, le memorie e i motivi nuovi devono essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell'albo speciale della corte di cassazione. Davanti alla corte medesima le parti sono rappresentate dai difensori.

1. L'atto di ricorso, le memorie e i motivi nuovi devono essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell'albo speciale della corte di cassazione. Davanti alla corte medesima le parti sono rappresentate dai difensori.

2. Per tutti gli atti che si compiono nel procedimento davanti alla corte, il domicilio delle parti è presso i rispettivi difensori, salvo quanto previsto dal comma 4. Il difensore è nominato per la proposizione del ricorso o successivamente; in mancanza di nomina il difensore è quello che ha assistito la parte nell'ultimo giudizio, purché abbia i requisiti indicati nel comma 1.

2. Identico.

3. Se l'imputato è privo del difensore di fiducia, il presidente del collegio provvede a norma dell'articolo 97.

3. Identico.

4. Gli avvisi che devono essere dati al difensore sono notificati anche all'imputato che non sia assistito da difensore di fiducia.

4. Identico.

5. Quando il ricorso concerne gli interessi civili, il presidente, se la parte ne fa richiesta, nomina un difensore secondo le norme sul patrocinio dei non abbienti.

5. Identico.

 

 

 

 

TITOLO IV – Revisione

TITOLO IV – Revisione

Art. 629

Condanne soggette a revisione

Art. 629

Condanne soggette a revisione

1. E' ammessa in ogni tempo a favore dei condannati, nei casi determinati dalla legge, la revisione delle sentenze di condanna o delle sentenze emesse ai sensi dell'articolo 444, comma 2, o dei decreti penali di condanna, divenuti irrevocabili, anche se la pena è già stata eseguita o è estinta.

1. E' ammessa in ogni tempo a favore dei condannati, nei casi determinati dalla legge, la revisione delle sentenze di condanna o dei decreti penali di condanna, divenuti irrevocabili, anche se la pena è già stata eseguita o è estinta.

 

 

 

 

Art. 666

Procedimento di esecuzione

Art. 666

Procedimento di esecuzione

1. Il giudice dell'esecuzione procede a richiesta del pubblico ministero, dell'interessato o del difensore.

1. Identico.

2. Se la richiesta appare manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge ovvero costituisce mera riproposizione di una richiesta già rigettata, basata sui medesimi elementi, il giudice o il presidente del collegio, sentito il pubblico ministero, la dichiara inammissibile con decreto motivato, che è notificato entro cinque giorni all'interessato. Contro il decreto può essere proposto ricorso per cassazione.

2. Identico.

3. Salvo quanto previsto dal comma 2, il giudice o il presidente del collegio, designato il difensore di ufficio all'interessato che ne sia privo, fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso alle parti e ai difensori. L'avviso è comunicato o notificato almeno dieci giorni prima della data predetta. Fino a cinque giorni prima dell'udienza possono essere depositate memorie in cancelleria.

3. Identico.

4. L'udienza si svolge con la partecipazione necessaria del difensore e del pubblico ministero. L'interessato che ne fa richiesta è sentito personalmente; tuttavia, se è detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice, è sentito prima del giorno dell'udienza dal magistrato di sorveglianza del luogo, salvo che il giudice ritenga di disporre la traduzione.

4. L'udienza si svolge con la partecipazione necessaria del difensore. Il pubblico ministero viene sentito, se comparso. L'interessato che ne fa richiesta è sentito personalmente; tuttavia, se è detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice, è sentito prima del giorno dell'udienza dal magistrato di sorveglianza del luogo, salvo che il giudice ritenga di disporre la traduzione.

5. Il giudice può chiedere alle autorità competenti tutti i documenti e le informazioni di cui abbia bisogno; se occorre assumere prove, procede in udienza nel rispetto del contraddittorio.

5. Identico.

6. Il giudice decide con ordinanza. Questa è comunicata o notificata senza ritardo alle parti e ai difensori, che possono proporre ricorso per cassazione. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni sulle impugnazioni e quelle sul procedimento in camera di consiglio davanti alla corte di cassazione.

6. Identico.

7. Il ricorso non sospende l'esecuzione dell'ordinanza, a meno che il giudice che l'ha emessa disponga diversamente.

7. Identico.

8. Se l'interessato è infermo di mente, l'avviso previsto dal comma 3 è notificato anche al tutore o al curatore; se l'interessato ne è privo, il giudice o il presidente del collegio nomina un curatore provvisorio. Al tutore e al curatore competono gli stessi diritti dell'interessato.

8. Identico.

9. Il verbale di udienza è redatto soltanto in forma riassuntiva a norma dell'articolo 140 comma 2.

9. Identico.

 

 

 

 

 

 

Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie
 del codice di procedura penale

 

 

Art. 129

Informazioni sull'azione penale

Art. 129

Informazioni sull'azione penale

1. Quando esercita l'azione penale nei confronti di un impiegato dello Stato o di altro ente pubblico, il pubblico ministero informa l'autorità da cui l'impiegato dipende, dando notizia dell'imputazione. Quando si tratta di personale dipendente dai servizi per le informazioni e la sicurezza militare o democratica, ne dà comunicazione anche al comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato.

1. Identico.

2. Quando l'azione penale è esercitata nei confronti di un ecclesiastico o di un religioso del culto cattolico, l'informazione è inviata all'Ordinario della diocesi a cui appartiene l'imputato.

2. Identico.

3. Quando esercita l'azione penale per un reato che ha cagionato un danno per l'erario, il pubblico ministero informa il procuratore generale presso la Corte dei conti, dando notizia della imputazione.

3. Quando esercita l'azione penale ovvero chiede l'archiviazione del procedimento per un fatto che ha cagionato un danno per l'erario, il pubblico ministero informa il procuratore regionale della Corte dei conti competente per territorio. Ai rapporti tra i due uffici si applicano le disposizioni di cui all'articolo 117, commi 1 e 2, del codice.

3-bis. Il pubblico ministero invia la informazione contenente la indicazione delle norme di legge che si assumono violate anche quando taluno dei soggetti indicati nei commi 1 e 2 è stato arrestato o fermato ovvero si trova in stato di custodia cautelare.

3-bis. Identico.

 

 

 

 

 

Art. 144-bis

Programmazione e disciplina delle udienze dibattimentali

 

1. Alla prima udienza dibattimentale il giudice provvede alla verifica della regolare costituzione delle parti, alla discussione delle questioni preliminari, alle formalità di apertura del dibattimento, all'ammissione delle prove, alla definizione dei giudizi ai sensi degli articoli 444 e seguenti del codice, o nelle forme del rito abbreviato, purché non condizionato all'assunzione di prove dichiarative, nonché alla dichiarazione di estinzione o di improcedibilità del reato.

 

2. Nella stessa udienza il giudice, sentite le parti, stabilisce con ordinanza il calendario delle udienze successive, nel rispetto dei tempi di cui ai commi 5 e 6. La lettura del calendario in udienza sostituisce gli avvisi di rinvio per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti. Il giudice autorizza, altresì, le parti alla citazione dei soggetti inclusi nella lista di cui all'articolo 468 del codice, secondo le scadenze preiste dal calendario per l'assunzione delle prove. Ai fini della formulazione del calendario, i difensori comunicano al giudice l'eventuale sussistenza di concomitanti impegni professionali e, tenuto conto dell'attività istruttoria da svolgere alla data indicata, possono contestualmente nominare un sostituto ai sensi dell'articolo 102 del codice.

 

3. La persona offesa comparsa alla prima udienza viene sentita solo ove detenuta, salvo che il processo sia di particolare complessità, ovvero se proviene da regione diversa da quella in cui si celebra il processo, nonché in ogni caso in cui il giudice lo ritiene assolutamente necessario.

4. Nella formazione del ruolo e nella trattazione dei processi il giudice assegna precedenza assoluta ai giudizi con imputati detenuti, anche per reato diverso da quello per cui si procede, nonché, anche su segnalazione delle parti, ai giudizi per i quali si siano verificati nullità, difetti di notificazione o situazioni processuali che possono determinare l'immediata definizione o il rinvio del processo. I difensori rappresentano eventuali concomitanti impegni professionali all'ausiliario del giudice prima dell'apertura dell'udienza.

5. Il giudice programma le udienze in modo da assicurare la conclusione del processo in tempi compatibili con il principio costituzionale della ragionevole durata del medesimo. In particolare, per la conclusione del processo sono previsti i seguenti termini:

          a) per il giudizio di primo grado: anni due e mesi sei;

          b) per il giudizio in grado di appello: anni uno e mesi sei;

          c) per il giudizio dinanzi alla Corte di cassazione: anni uno.

6. I termini di cui al comma 5 possono tuttavia essere superati per i processi di particolare complessità, avuto riguardo al numero, alla natura e alla gravità dei reati contestati, al numero degli imputati, delle persone offese o dei testimoni, ovvero alla natura delle questioni tecnico-giuridiche da affrontare.

7. Nel computo dei termini di cui ai commi 5 e 6, non si tiene conto del tempo necessario per ottenere l'estradizione di un imputato dall'estero ovvero per l'esecuzione di una rogatoria internazionale, nonché del periodo in cui il processo è a qualsiasi titolo sospeso.

8. Il presidente di sezione, in ogni grado del procedimento, vigila sul rispetto dei termini di cui ai commi 5 e 6 e riferisce con relazione annuale, rispettivamente, al presidente del tribunale, al presidente della corte d'appello e al primo presidente della Corte di cassazione.

 

 

 

 

Art. 145

Comparizione dei testimoni, periti, consulenti tecnici e interpreti

Art. 145

Comparizione dei testimoni, periti, consulenti tecnici e interpreti

1. I testimoni, i periti, i consulenti tecnici e gli interpreti citati devono trovarsi presenti all'inizio dell'udienza.

1. Identico.

2. Se il dibattimento deve protrarsi per più giorni, il presidente, sentiti il pubblico ministero e i difensori, può stabilire il giorno in cui ciascuna persona deve comparire.

2. Abrogato.

 


Capo IX, Revisione delle sanzioni processuali

Art. 21.
(Modifiche al codice di procedura penale in materia di sanzioni processuali).

 


      1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 44, il comma 1 è sostituito dal seguente:

      «1. Con l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la dichiarazione di ricusazione, la parte privata che l'ha proposta può essere condannata al pagamento di una somma da 300 euro a 2.000 euro, senza pregiudizio di ogni azione civile o penale»;

          b) all'articolo 48, il comma 6 è sostituito dal seguente:

      «6. Se la Corte di cassazione rigetta o dichiara inammissibile la richiesta delle parti private, queste, con la stessa ordinanza, possono essere condannate al pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro»;

          c) all'articolo 616, il comma 1 è sostituito dal seguente:

      «1. Con il provvedimento che dichiara inammissibile o rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto è condannata al pagamento delle spese del procedimento. Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la parte privata è inoltre condannata con lo stesso provvedimento al pagamento di una somma da 300 euro a 2.500 euro. Nello stesso modo si può provvedere quando il ricorso è rigettato»;

         d) all'articolo 634, il comma 1 è sostituito dal seguente:

      «1. Quando la richiesta è proposta fuori delle ipotesi previste dagli articoli 629 e 630 o senza l'osservanza delle disposizioni previste dagli articoli 631, 632, 633 e 641 ovvero risulta manifestamente infondata, la corte di appello anche di ufficio dichiara con ordinanza l'inammissibilità e può condannare il privato che ha proposto la richiesta al pagamento di una somma da 300 euro a 2.500 euro»;

          e) all'articolo 664, il comma 1 è sostituito dal seguente:

      «1. Le somme dovute per sanzioni disciplinari pecuniarie o per condanna alla perdita della cauzione o in conseguenza della dichiarazione di inammissibilità o di rigetto di una richiesta sono devolute alla cassa delle ammende, anche quando ciò non sia espressamente stabilito. Una quota pari al sessanta per cento dell'intero importo devoluto è versata, a cura della cassa delle ammende, all'entrata del bilancio dello Stato, per essere successivamente riassegnata ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero della giustizia».

 


 

 

Il capo IX del disegno di legge (artt. 21 e 22) detta una sostanziale revisione del sistema delle sanzioni processuali; queste sono rese maggiormente omogenee nei limiti minimi ed innalzate nei limiti massimi per ottenere, come precisato nella relazione illustrativa del provvedimento, un maggior effetto deterrente delle domande ed impugnazioni cd. "temerarie", che provocano inutili allungamenti dei tempi processuali.

 

Nello specifico, l’articolo 21, comma 1, novella le seguente disposizioni del codice di procedura penale:

 

-            l’art. 44, comma 1. Tale disposizioni attualmente prevede che con l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la dichiarazione di ricusazione, la parte privata che l'ha proposta può essere condannata al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro 258 a euro 1.549, senza pregiudizio di ogni azione civile o penale. Al riguardo, la modifica proposta dalla disposizione in esame è volta ad aumentare i limiti edittali della sanzione pecuniaria irrogabile alla citata parte privata che ha proposto la ricusazione ritenuta inammissibile o rigettata, sostituendo da 258 a 300 euro il limite minimo e da 1. 549 a 2.000 quello massimo (lettera a));

 

-            l’art. 48, comma 6. Tale norma attualmente prevede che, in relazione all'istituto della rimessione del processo, se la Cassazione rigetta o dichiara inammissibile la richiesta delle parti private queste con la stessa ordinanza possono essere condannate al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro. Al riguardo, la modifica proposta è volta ad espungere il riferimento alla devoluzione a favore della cassa delle ammende (lettera b)).

Si osserva che tale disposizione non sembrerebbe avere effetti innovativi sostanziali, sia in relazione all’entità delle (confermate) sanzioni pecuniarie, che alla destinazione delle stesse; infatti, tali somme continuano comunque ad affluire alla stessa Cassa delle ammende in forza dell’art. 664 c.p.p. (cfr. ultra, lett. e), in base al quale le somme dovute per sanzioni disciplinari pecuniarie o per condanna alla perdita della cauzione o in conseguenza della dichiarazione di inammissibilità o di rigetto di una richiesta, sono devolute alla cassa delle ammende anche quando ciò non sia espressamente stabilito. (In relazione, poi, alla successiva ripartizione di tali importi confluiti alla Cassa delle ammende, si veda la modifica introdotta all'articolo 664 c.p.p. dall'articolo 21, comma 1 lettera e) del ddl in esame).

 

-            l’art. 616, comma 1, il quale attualmente prevede che in caso di ricorso per Cassazione dichiarato inammissibile, il relativo provvedimento condanni la parte privata – oltre alle spese del procedimento - al pagamento di una somma da 258 a 2.065 euro;analoga sanzione “può” essere irrogata nel caso di rigetto del ricorso. In entrambe le ipotesi, i vigenti limiti della sanzione pecuniaria sono rispettivamente elevati dall'articolo in esame a 300 e 2.500 euro (lettera c)).

 

-            l’art. 634, comma 1, in base al quale quando la richiesta di rimessione del processo  è proposta fuori delle ipotesi previste dagli articoli 629 (Condanne soggette a revisione) e 630 (Casi di revisione) o senza l'osservanza delle disposizioni previste dagli articoli 631 (Limiti alla revisione), 632 (Soggetti legittimati alla presentazione della richiesta di rimessione), 633 (Forma della richiesta), 641 (Effetti dell'inammissibilità o del rigetto), ovvero risulta manifestamente infondata, la corte di appello anche di ufficio dichiara con ordinanza l'inammissibilità e può condannare il privato che ha proposto la richiesta al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro 258 a euro 2.065. Anche in tal caso, le vigenti e citate sanzioni vengono rispettivamente aumentate a 300 e 2.500 euro (lettera d)).

 

Natura diversa riveste, invece, la novella prevista all’art. 664 c.p.p. (Esecuzione di altre sanzioni pecuniarie), comma 1. Come precedentemente rilevato, la norma attualmente prevede la devoluzione alla cassa delle ammende - anche quando ciò non sia espressamente stabilito -  delle somme dovute per sanzioni disciplinari pecuniarie o per condanna alla perdita della cauzione o in conseguenza della dichiarazione di inammissibilità o di rigetto di una richiesta. La modifica che si intende introdurre è volta a prevedere che il 60% di tali somme venga versato, a cura della stessa Cassa delle ammende, all’entrata del bilancio dello Stato, per essere poi riassegnata ad apposita U.P.B. (unità previsionale di base) dello stato di previsione del Ministero della giustizia (lettera. e)).

 

Come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento, "tale operazione renderà, pertanto, dette somme disponibili per le esigenze complessive della giustizia e non del solo Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria - come avviene in base alla normativa attualmente vigente - al soddisfacimento delle cui esigenze viene comunque ancora riservata circa la metà dei relativi introiti".

 

 


Art. 22.
(Modifica all'articolo 208 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115).

 


      1. All'articolo 208 (R) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

      «1. Se non diversamente stabilito in modo espresso, ai fini delle norme del presente capo e di quelle cui si rinvia, per il processo civile, amministrativo, contabile e tributario l'ufficio incaricato della gestione delle attività connesse alla riscossione è quello presso il magistrato, diverso dalla Corte di cassazione, il cui provvedimento è passato in giudicato o presso il magistrato il cui provvedimento è divenuto definitivo. Per il processo penale l'ufficio incaricato è quello presso il giudice dell'esecuzione (L)»;

          b) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Art. 208 (L-R). - Ufficio competente».


 

 

Il successivo articolo 22 del disegno di legge modifica l’art. 208 del T.U. spese di giustizia (DPR 30 maggio 2002, n. 115), che attualmente prevede come ufficio competente alla gestione delle attività connesse alla riscossione quello presso il magistrato, diverso dalla Corte di Cassazione, il cui provvedimento è passato in giudicato o presso il magistrato il cui provvedimento è divenuto definitivo.

 

Come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento in esame, "la norma in questione ha assegnato alle cancellerie delle corti di appello il compito di curare il recupero dei crediti derivanti da tutte le sentenze di condanna definitive emesse dalla stessa corte di appello, con il conseguente aumento del carico di lavoro ivi insistente (fino a triplicarlo) e l'altrettanto ovvio ritardo nella riscossione dei crediti, i quali nelle more possono anche giungere a prescriversi".

 

Il nuovo art. 208, comma 1, del citato T.U., nulla innovando in relazione all’ufficio competente per la riscossione nel processo civile, amministrativo, contabile e tributario, attribuisce detta competenza, nel settore penale, al relativo ufficio presso il giudice dell’esecuzione, in accordo con le previsioni di cui all’art. 181 delle norme di attuazione del codice di procedura penale.

 

Una seconda modifica riguarda, poi, la rubrica dello stesso art. 208 (Ufficio competente) in considerazione del nuovo riferimento al rango anche legislativo della disposizione (art. 208 (L-.R.) - Ufficio competente) che si intende inserire.

 


Testo a fronte

 

Normativa vigente

A.C. 2664

 

 

Codice di procedura penale

 

 

Art. 44

Sanzioni in caso di inammissibilità o di rigetto della dichiarazione di ricusazione

Art. 44

Sanzioni in caso di inammissibilità o di rigetto della dichiarazione di ricusazione

1. Con l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la dichiarazione di ricusazione, la parte privata che l'ha proposta può essere condannata al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro 258 a euro 1.549, senza pregiudizio di ogni azione civile o penale.

1. Con l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la dichiarazione di ricusazione, la parte privata che l'ha proposta può essere condannata al pagamento di una somma da 300 euro a 2.000 euro, senza pregiudizio di ogni azione civile o penale.

 

 

 

 

Art. 48

Decisione

Art. 48

Decisione

1. La Corte di cassazione decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 127, dopo aver assunto, se necessario, le opportune informazioni.

1. Identico.

2. Il Presidente della Corte di cassazione, se rileva una causa d'inammissibilità della richiesta, dispone che per essa si proceda a norma dell'articolo 610, comma 1.

2. Identico.

3. L'avvenuta assegnazione della richiesta di rimessione alle sezioni unite o a sezione diversa dall'apposita sezione prevista dall'articolo 610, comma 1, è immediatamente comunicata al giudice che procede.

3. Identico.

4. L'ordinanza che accoglie la richiesta è comunicata senza ritardo al giudice procedente e a quello designato. Il giudice procedente trasmette immediatamente gli atti del processo al giudice designato e dispone che l'ordinanza della Corte di cassazione sia per estratto comunicata al pubblico ministero e notificata alle parti private.

4. Identico.

5. Fermo quanto disposto dall'articolo 190-bis, il giudice designato dalla Corte di cassazione procede alla rinnovazione degli atti compiuti anteriormente al provvedimento che ha accolto la richiesta di rimessione, quando ne è richiesto da una delle parti e non si tratta di atti di cui è divenuta impossibile la ripetizione. Nel processo davanti a tale giudice, le parti esercitano gli stessi diritti e facoltà che sarebbero loro spettati davanti al giudice originariamente competente.

5. Identico.

6. Se la Corte rigetta o dichiara inammissibile la richiesta delle parti private queste con la stessa ordinanza possono essere condannate al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.

6. Se la Corte di cassazione rigetta o dichiara inammissibile la richiesta delle parti private, queste, con la stessa ordinanza, possono essere condannate al pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro

 

 

 

 

Art. 616

Spese e sanzione pecuniaria in caso di rigetto o di inammissibilità del ricorso

Art. 616

Spese e sanzione pecuniaria in caso di rigetto o di inammissibilità del ricorso

1. Con il provvedimento che dichiara inammissibile o rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto è condannata al pagamento delle spese del procedimento. Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la parte privata è inoltre condannata con lo stesso provvedimento al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro 258 a euro 2.065. Nello stesso modo si può provvedere quando il ricorso è rigettato.

1. Con il provvedimento che dichiara inammissibile o rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto è condannata al pagamento delle spese del procedimento. Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la parte privata è inoltre condannata con lo stesso provvedimento al pagamento di una somma da 300 euro a 2.500 euro. Nello stesso modo si può provvedere quando il ricorso è rigettato.

 

 

 

 

Art. 634

Declaratoria d'inammissibilità

Art. 634

Declaratoria d'inammissibilità

1. Quando la richiesta è proposta fuori delle ipotesi previste dagli articoli 629 e 630 o senza l'osservanza delle disposizioni previste dagli articoli 631, 632, 633, 641 ovvero risulta manifestamente infondata, la corte di appello anche di ufficio dichiara con ordinanza l'inammissibilità e può condannare il privato che ha proposto la richiesta al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro 258 a euro 2.065.

1. Quando la richiesta è proposta fuori delle ipotesi previste dagli articoli 629 e 630 o senza l'osservanza delle disposizioni previste dagli articoli 631, 632, 633 e 641 ovvero risulta manifestamente infondata, la corte di appello anche di ufficio dichiara con ordinanza l'inammissibilità e può condannare il privato che ha proposto la richiesta al pagamento di una somma da 300 euro a 2.500 euro.

2. L'ordinanza è notificata al condannato e a colui che ha proposto la richiesta, i quali possono ricorrere per cassazione. In caso di accoglimento del ricorso, la Corte di cassazione rinvia il giudizio di revisione ad altra corte di appello individuata secondo i criteri di cui all'articolo 11.

2. Identico.

 

 

 

 

Art. 664

Esecuzione di altre sanzioni pecuniarie

Art. 664

Esecuzione di altre sanzioni pecuniarie

1. Le somme dovute per sanzioni disciplinari pecuniarie o per condanna alla perdita della cauzione o in conseguenza della dichiarazione di inammissibilità o di rigetto di una richiesta, sono devolute alla cassa delle ammende anche quando ciò non sia espressamente stabilito.

1. Le somme dovute per sanzioni disciplinari pecuniarie o per condanna alla perdita della cauzione o in conseguenza della dichiarazione di inammissibilità o di rigetto di una richiesta sono devolute alla cassa delle ammende, anche quando ciò non sia espressamente stabilito. Una quota pari al sessanta per cento dell'intero importo devoluto è versata, a cura della cassa delle ammende, all'entrata del bilancio dello Stato, per essere successivamente riassegnata ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero della giustizia.

2. I relativi provvedimenti possono essere revocati dal giudice, su richiesta dell'interessato o del pubblico ministero, prima della conclusione della fase del procedimento nella quale sono stati adottati, sempre che la revoca non sia vietata.

2. Identico.

4. Per l'esecuzione delle sanzioni conseguenti a violazioni amministrative accertate nel processo penale, il pubblico ministero trasmette l'estratto della sentenza esecutiva all'autorità amministrativa competente.

4. Identico.

 

 

D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115

Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia

 

 

Capo IV - Definizioni

Capo IV - Definizioni

Art. 208 (R)

Ufficio competente

Art. 208 (L-R)

Ufficio competente

1. Se non diversamente stabilito in modo espresso, ai fini delle norme che seguono e di quelle cui si rinvia, l'ufficio incaricato della gestione delle attività connesse alla riscossione è quello presso il magistrato, diverso dalla Corte di cassazione, il cui provvedimento è passato in giudicato o presso il magistrato il cui provvedimento è divenuto definitivo.

1. Se non diversamente stabilito in modo espresso, ai fini delle norme del presente capo e di quelle cui si rinvia, per il processo civile, amministrativo, contabile e tributario l'ufficio incaricato della gestione delle attività connesse alla riscossione è quello presso il magistrato, diverso dalla Corte di cassazione, il cui provvedimento è passato in giudicato o presso il magistrato il cui provvedimento è divenuto definitivo. Per il processo penale l'ufficio incaricato è quello presso il giudice dell'esecuzione (L).

2. Negli articoli 6, 15, 16, 18, 22, 38, 39, 47, 57 e 59 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, i termini "ente creditore" e "soggetti creditori" non si riferiscono all'ufficio di cui al comma 1.

2. Identico.


Capo X, Disposizioni in materia di pubblicazione delle sentenze e di criteri di ragguaglio tra pene pecuniarie e pene detentive

Art. 23.
(Modifiche al codice penale in materia di pubblicazione delle sentenze e di criteri di ragguaglio tra pene pecuniarie e pene detentive).


      1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 36, quarto comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nei casi di minore gravità, la pubblicazione è disposta esclusivamente nel sito internet del Ministero della giustizia»;

 

          b) l'articolo 135 è sostituito dal seguente:

      «Art. 135. - (Ragguaglio tra pene pecuniarie e pene detentive). - Quando, per qualsiasi effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio tra pene pecuniarie e pene detentive, il computo ha luogo calcolando euro 75, o frazione di euro 75, di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva».


 

 

Il capo X del provvedimento in esame (artt. 23-25) contiene, a sua volta, disposizioni sulla pubblicazione delle sentenze e criteri di ragguaglio tra pene detentive e pecuniarie.

 

Nello specifico, l’articolo 23 novella l’art. 36 del codice penale, in materia di pubblicazione delle sentenze, al fine di aggiungere un quarto periodo al comma 4 di tale articolo che preveda, nei casi meno gravi, la sola pubblicazione della sentenza sul sito Internet del Ministero della giustizia(comma 1, lettera a)).

Al riguardo, si ricorda che in base al primo comma dell'articolo 36 c.p., Pubblicazione della sentenza penale di condanna, la sentenza di condanna alla pena dell'ergastolo è pubblicata mediante affissione nel comune ove è stata pronunciata, in quello ove il delitto fu commesso, e in quello ove il condannato aveva l'ultima residenza. Ai sensi del successivo articolo 2 la sentenza di condanna è inoltre pubblicata, per una sola volta, in uno o più giornali designati dal giudice. Ai sensi del comma 3, la pubblicazione è fatta per estratto, salvo che il giudice disponga la pubblicazione per intero; essa è eseguita d'ufficio e a spese del condannato. Da ultimo, in base al comma 4, la legge determina gli altri casi nei quali la sentenza di condanna deve essere pubblicata. In tali casi la pubblicazione ha luogo nei modi stabiliti nei due capoversi precedenti

Va osservato come detta disposizione, volta evidentemente ad un risparmio di spesa per l’erario[12], non indichi le modalità d’individuazione dei “casi di minore gravità” in presenza dei quali sarebbe consentita la pubblicazione della sentenza sul solo sito internet del Ministero della giustizia. Al riguardo, sembra, quindi, che tale valutazione rientri nel potere discrezionale del giudice. Tale interpretazione appare confermata dal successivo articolo 24 del disegno di legge in esame il quale, nel novellare l'articolo 536 del codice di procedura penale, prevede che il giudice se non dispone esclusivamente la pubblicazione nel sito internet del Ministero della giustizia, stabilisce, nel dispositivo se la sentenza deve essere pubblicata per intero o per estratto.

 

L’articolo in esame riformula, poi, l’art. 135 del codice di rito penale prevedendo, in caso di ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive, che il computo ha luogo calcolando 75 euro, o frazione di 75, di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva; si tratta in pratica di un raddoppio della somma attualmente prevista ai fini del citato computo, attualmente prevista in 38 euro (o una sua frazione) per ogni giorno di pena detentiva (comma 1, lettera b)).

 

Al riguardo, si ricorda che in base all'attuale formulazione del primo comma dell'articolo 53 della legge n. 689 del 1981 il giudice, nel pronunciare la sentenza di condanna, quando ritiene di doverla determinare entro il limite di sei mesi, può sostituirla altresì con la pena pecuniaria della specie corrispondente.

Ai sensi dell'articolo 135 del codice penale quando, per qualsiasi effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive, il computo ha luogo calcolando euro 38, o frazione di euro 38, di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva.

 

 


Art. 24.
(Modifica all'articolo 536 del codice di procedura penale).

 


      1. All'articolo 536, comma 1, del codice di procedura penale, dopo le parole: «per intero o per estratto e» sono inserite le seguenti: «, se non dispone esclusivamente la pubblicazione nel sito internet del Ministero della giustizia,».


 

 

Le modifiche previste dagli ultimi due articoli del capo X del ddl in esame rivestono, poi, entrambe, natura di coordinamento normativo con la citata novella introdotta all’art. 36 c.p. che ha previsto la pubblicazione delle sentenze di condanna, nei casi di minor gravità, sul sito Internet del Ministero della giustizia (v. ante).

 

Al riguardo, si osserva, infatti, che la prima modifica introdotta dall’articolo 24 del d.d.l. è volta a novellare l’art. 536 c.p.p. (Pubblicazione della sentenza come effetto della condanna)[13] al fine di richiamare espressamente la nuova forma di pubblicazione su internet delle sentenze penali riguardanti casi di minore gravità, mentre la seconda novella disposta dal successivo articolo 25 è volta a prevedere che la pubblicazione delle sentenze relative ai delitti di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633[14] (legge quadro sul diritto d’autore), segua la disciplina generale di cui all'articolo 36 del codice penale, come modificato dal presente disegno di legge, ovvero sia effettuata esclusivamente sul sito internet del Ministero della giustizia nei casi di minore gravità.

 

Come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento la motivazione di questa ultima novella deriva dalla necessità di risparmiare sugli onerosi costi sostenuti dall’erario per la pubblicazione integrale o parziale, sui giornali, delle sentenze di condanna per violazione del diritto d’autore e ciò in considerazione della oggettiva difficoltà da parte dello Stato di recuperare le citate somme da parte degli autori dei citati illeciti, per lo più extracomunitari o, comunque, soggetti ad alto disagio sociale.

 

 

 


Art. 25.
(Modifica all'articolo 171-ter della legge 22 aprile 1941, n. 633).

 


      1. All'articolo 171-ter, comma 4, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

 

          «b) la pubblicazione della sentenza con le modalità previste dall'articolo 36 del codice penale;» .

 


 

 

(cfr. art. 24)

 


Testo a fronte

 

Normativa vigente

A.C. 2664

 

 

Codice penale

 

 

Art. 36

Pubblicazione della sentenza penale di condanna

Art. 36

Pubblicazione della sentenza penale di condanna

1. La sentenza di condanna alla pena di morte o all'ergastolo è pubblicata mediante affissione nel comune ove è stata pronunciata, in quello ove il delitto fu commesso, e in quello ove il condannato aveva l'ultima residenza.

1. Identico.

2. La sentenza di condanna è inoltre pubblicata, per una sola volta, in uno o più giornali designati dal giudice.

2. Identico.

3. La pubblicazione è fatta per estratto, salvo che il giudice disponga la pubblicazione per intero; essa è eseguita d'ufficio e a spese del condannato.

3. Identico.

4. La legge determina gli altri casi nei quali la sentenza di condanna deve essere pubblicata. In tali casi la pubblicazione ha luogo nei modi stabiliti nei due capoversi precedenti.

4. La legge determina gli altri casi nei quali la sentenza di condanna deve essere pubblicata. In tali casi la pubblicazione ha luogo nei modi stabiliti nei due capoversi precedenti. Nei casi di minore gravità, la pubblicazione è disposta esclusivamente nel sito internet del Ministero della giustizia.

 

 

 

 

Art. 135

Ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive

Art. 135

Ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive

1. Quando, per qualsiasi effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive, il computo ha luogo calcolando euro 38, o frazione di euro 38, di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva.

1. Quando, per qualsiasi effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio tra pene pecuniarie e pene detentive, il computo ha luogo calcolando euro 75, o frazione di euro 75, di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva.

 

 

 

 

Codice di procedura penale

 

 

Art. 536

Pubblicazione della sentenza come effetto della condanna

Art. 536

Pubblicazione della sentenza come effetto della condanna

1. Nei casi previsti dall'articolo 36 del codice penale, il giudice stabilisce nel dispositivo se la sentenza deve essere pubblicata per intero o per estratto e designa il giornale o i giornali in cui deve essere inserita.

1. Nei casi previsti dall'articolo 36 del codice penale, il giudice stabilisce nel dispositivo se la sentenza deve essere pubblicata per intero o per estratto e, se non dispone esclusivamente la pubblicazione nel sito internet del Ministero della giustizia, designa il giornale o i giornali in cui deve essere inserita.

 

 

 

 

 

 

L. 22 aprile 1941, n. 633

Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio

 

 

Art. 171-ter

 

Art. 171-ter

 

1. È punito, se il fatto è commesso per uso non personale, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da cinque a trenta milioni di lire chiunque a fini di lucro:

a) abusivamente duplica, riproduce, trasmette o diffonde in pubblico con qualsiasi procedimento, in tutto o in parte, un'opera dell'ingegno destinata al circuito televisivo, cinematografico, della vendita o del noleggio, dischi, nastri o supporti analoghi ovvero ogni altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive assimilate o sequenze di immagini in movimento;

b) abusivamente riproduce, trasmette o diffonde in pubblico, con qualsiasi procedimento, opere o parti di opere letterarie, drammatiche, scientifiche o didattiche, musicali o drammatico-musicali, ovvero multimediali, anche se inserite in opere collettive o composite o banche dati;

c) pur non avendo concorso alla duplicazione o riproduzione, introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita o la distribuzione, distribuisce, pone in commercio, concede in noleggio o comunque cede a qualsiasi titolo, proietta in pubblico, trasmette a mezzo della televisione con qualsiasi procedimento, trasmette a mezzo della radio, fa ascoltare in pubblico le duplicazioni o riproduzioni abusive di cui alle lettere a) e b);

d) detiene per la vendita o la distribuzione, pone in commercio, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo, proietta in pubblico, trasmette a mezzo della radio o della televisione con qualsiasi procedimento, videocassette, musicassette, qualsiasi supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, od altro supporto per il quale è prescritta, ai sensi della presente legge, l'apposizione di contrassegno da parte della Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.), privi del contrassegno medesimo o dotati di contrassegno contraffatto o alterato;

e) in assenza di accordo con il legittimo distributore, ritrasmette o diffonde con qualsiasi mezzo un servizio criptato ricevuto per mezzo di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni ad accesso condizionato;

f) introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita o la distribuzione, distribuisce, vende, concede in noleggio, cede a qualsiasi titolo, promuove commercialmente, installa dispositivi o elementi di decodificazione speciale che consentono l'accesso ad un servizio criptato senza il pagamento del canone dovuto;

f-bis) fabbrica, importa, distribuisce, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo, pubblicizza per la vendita o il noleggio, o detiene per scopi commerciali, attrezzature, prodotti o componenti ovvero presta servizi che abbiano la prevalente finalità o l'uso commerciale di eludere efficaci misure tecnologiche di cui all'art. 102-quater ovvero siano principalmente progettati, prodotti, adattati o realizzati con la finalità di rendere possibile o facilitare l'elusione di predette misure. Fra le misure tecnologiche sono comprese quelle applicate, o che residuano, a seguito della rimozione delle misure medesime conseguentemente a iniziativa volontaria dei titolari dei diritti o ad accordi tra questi ultimi e i beneficiari di eccezioni, ovvero a seguito di esecuzione di provvedimenti dell'autorità amministrativa o giurisdizionale;

h) abusivamente rimuove o altera le informazioni elettroniche di cui all'articolo 102-quinquies, ovvero distribuisce, importa a fini di distribuzione, diffonde per radio o per televisione, comunica o mette a disposizione del pubblico opere o altri materiali protetti dai quali siano state rimosse o alterate le informazioni elettroniche stesse.

1. Identico.

2. È punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da cinque a trenta milioni di lire chiunque:

a) riproduce, duplica, trasmette o diffonde abusivamente, vende o pone altrimenti in commercio, cede a qualsiasi titolo o importa abusivamente oltre cinquanta copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d'autore e da diritti connessi;

a-bis) in violazione dell'articolo 16, a fini di lucro, comunica al pubblico immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno protetta dal diritto d'autore, o parte di essa;

b) esercitando in forma imprenditoriale attività di riproduzione, distribuzione, vendita o commercializzazione, importazione di opere tutelate dal diritto d'autore e da diritti commessi, si rende colpevole dei fatti previsti dal comma 1;

c) promuove o organizza le attività illecite di cui al comma 1.

2. Identico.

3. La pena è diminuita se il fatto è di particolare tenuità.

3. Identico

4. La condanna per uno dei reati previsti nel comma 1 comporta:

a) l'applicazione delle pene accessorie di cui agli articoli 30 e 32-bis del codice penale;

b) la pubblicazione della sentenza in uno o più quotidiani, di cui almeno uno a diffusione nazionale, e in uno o più periodici specializzati;

c) la sospensione per un periodo di un anno della concessione o autorizzazione di diffusione radiotelevisiva per l'esercizio dell'attività produttiva o commerciale.

4. Identico:

a) identica;


b) la pubblicazione della sentenza con le modalità previste dall'articolo 36 del codice penale;

c) identica;



5. Gli importi derivanti dall'applicazione delle sanzioni pecuniarie previste dai precedenti commi sono versati all'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i pittori e scultori, musicisti, scrittori ed autori drammatici.

5. Identico.

 


Capo XI, Disposizioni in materia di sospensione del processo con messa alla prova

Art. 26.
(Introduzione dell'articolo 168-bis del codice penale).

 


      1. Dopo l'articolo 168 del codice penale è inserito il seguente:

      «Art. 168-bis. - (Sospensione del processo con messa alla prova). - Nei procedimenti relativi a reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con pena edittale detentiva non superiore nel massimo a due anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, l'imputato può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova. La sospensione non può essere chiesta nei procedimenti relativi ai reati previsti dall'articolo 173-bis del testo

unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni, nonché dagli articoli 2621 e 2624 del codice civile.

      La sospensione del processo con messa alla prova non può essere concessa più di una volta.

      L'esito positivo della prova estingue il reato per cui si procede».


 

 

Il capo XI del disegno di legge reca disposizioni in materia di sospensione del processo e messa alla prova.

 

Scopo delle disposizioni contenute nel citato Capo è essenzialmente quello di estendere, anche al processo penale ordinario ed in relazione a reati di “criminalità medio-piccola” un istituto tipico del processo minorile:la sospensione del processo e la messa alla prova.

 

Al riguardo, si ricorda, che l’art. 28 del DPR 448/1988 prevede che il giudice, sentite le parti, può disporre con ordinanza la sospensione del processo quando ritiene di dover valutare la personalità del minorenne all'esito della prova disposta a norma del comma 2. Il processo è sospeso per un periodo non superiore a tre anni quando si procede per reati per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a dodici anni; negli altri casi, per un periodo non superiore a un anno. Durante tale periodo è sospeso il corso della prescrizione (comma 1). Con l'ordinanza di sospensione il giudice affida il minorenne ai servizi minorili dell'amministrazione della giustizia per lo svolgimento, anche in collaborazione con i servizi locali, delle opportune attività di osservazione, trattamento e sostegno. Con il medesimo provvedimento il giudice può impartire prescrizioni dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa dal reato (comma 2).

Contro l'ordinanza possono ricorrere per Cassazione il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore (comma 3).

La sospensione non può essere disposta se l'imputato chiede il giudizio abbreviato o il giudizio immediato (con sentenza 5-14 aprile 1995, n. 125, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 28, comma 4, nella parte in cui prevede che la sospensione non può essere disposta se l'imputato chiede il giudizio abbreviato; ha dichiarato, inoltre, l'illegittimità dell'art. 28, comma 4, nella parte in cui prevede che la sospensione non può essere disposta se l'imputato chiede il giudizio immediato) (comma 4).

La sospensione è revocata in caso di ripetute e gravi trasgressioni alle prescrizioni imposte (comma 5).

Ai sensi del successivo art. 29, decorso il periodo di sospensione, il giudice fissa una nuova udienza nella quale dichiara con sentenza estinto il reato se, tenuto conto del comportamento del minorenne e della evoluzione della sua personalità, ritiene che la prova abbia dato esito positivo. Altrimenti provvede a norma degli articoli 32 e 33.

 

A tal fine l’articolo 26 del d.d.l. introduce nel codice penale il nuovo articolo 168-bis c.p. in base al quale l’imputato può richiedere la sospensione del processo e la sua messa alla prova quando:

 

a) il reato per cui si procede è punito con la sola pena pecuniaria;

b) il reato per cui si procede è punito con pena detentiva non superiore nel massimo a 2 anni, sola, congiunta o alternativa a pena pecuniaria;

c) non si tratti dei seguenti reati:

 

1)      falso in prospetto (art. 173-bis. D.Lgs 58/1998)[15]

Al riguardo, si osserva che, in relazione a tale reato, l'impossibilità di richiedere la sospensione del processo deriverebbe, comunque, dal fatto che per questo illecito è prevista la pena della reclusione  fino ad un massimo di 5 anni (cfr lett.b);

2)      reati previsti dal TU sull’edilizia (D.P.R. 06-06-2001, n. 380)[16];

3)      reato di false comunicazioni sociali (cd. falso in bilancio), di cui all’art. 2621 c.c.[17];

4)      reato di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione (art. 2624 c.c.)[18].

Il nuovo articolo 168-bis prevede, inoltre, - analogamente a quanto previsto nel processo minorile- che all’esito positivo della prova (la cui durata è stabilita dal nuovo art. 420 sexies c.p.p., v. ultra) consegua l’estinzione del reato; tuttavia, nel processo ordinario, la sospensione può essere concessa una sola volta.

 


Art. 27.
(Modifiche al codice di procedura penale).

 


      1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) dopo l'articolo 420-quinquies, sono inseriti i seguenti:

      «Art. 420-sexies. - (Sospensione del procedimento con messa alla prova). - 1. Nei casi previsti dall'articolo 168-bis del codice penale l'imputato, prima dell'inizio della discussione, può formulare, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, istanza di sospensione del processo con messa alla prova. All'istanza è allegato un programma di trattamento, elaborato d'intesa con i servizi sociali, il quale in ogni caso prevede:

          a) le modalità di coinvolgimento dell'imputato, del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita nel processo di reinserimento sociale, ove ciò risulti necessario;

          b) le prescrizioni comportamentali e gli impegni specifici che l'imputato assume al fine di elidere o di attenuare le conseguenze del reato. A tale fine sono considerati il risarcimento del danno, le condotte riparatorie e le restituzioni. Nei procedimenti relativi a reati previsti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché a reati previsti dalla normativa vigente in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene sul lavoro, tale indi-cazione è richiesta a pena di inammissibilità dell'istanza;

          c) le condotte volte a promuovere, ove possibile, la conciliazione con la persona offesa.

      2. Il giudice, se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129, dispone con ordinanza la sospensione del procedimento con messa alla prova quando reputa idoneo il programma di trattamento presentato e ritiene che l'imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati. In tal caso affida l'imputato ai servizi sociali.

      3. Nei casi di cui al comma 2 il processo è sospeso per un periodo:

          a) non superiore a due anni quando si procede per reati per i quali è prevista una pena detentiva, sola o congiunta con la pena pecuniaria;

          b) non superiore a un anno quando si procede per reati per i quali è prevista la sola pena pecuniaria.

      4. I termini di cui al comma 3 decorrono dalla sottoscrizione del verbale di messa alla prova.

      5. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 71, commi 4 e 6, in quanto compatibili.

      6. Contro l'ordinanza che decide sull'istanza di messa alla prova possono ricorrere per cassazione l'imputato e il pubblico ministero, anche su istanza della persona offesa. L'impugnazione in ogni caso non sospende il procedimento.

      Art. 420-septies. - (Obblighi e prescrizioni a carico dell'imputato durante la sospensione del procedimento). - 1. Quando viene presentata istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova ai sensi dell'articolo 420-sexies il giudice, al fine di decidere sulla concessione, nonché ai fini della determinazione degli obblighi e delle prescrizioni cui eventualmente subordinarle, può acquisire tramite la polizia giudiziaria, i servizi sociali o altri enti pubblici tutte le ulteriori informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita personale, familiare, sociale ed economica dell'imputato.

      2. Il giudice, anche sulla base delle informazioni acquisite ai sensi del comma 1, può integrare il programma di trattamento mediante la previsione di ulteriori obblighi e prescrizioni volti ad elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato, nonché, ove lo ritenga necessario, obblighi o prescrizioni di sostegno volti a favorire il reinserimento sociale dell'imputato. Quando le ulteriori prestazioni hanno per oggetto obblighi di fare o prestazioni a contenuto economico, esse non possono essere disposte senza il consenso dell'imputato. Se l'imputato nega il consenso, il giudice rigetta l'istanza di ammissione alla prova.

      3. Contro l'ordinanza di rigetto dell'ammissione alla prova l'imputato può ricorrere per cassazione, a pena di decadenza, nel termine di cui all'articolo 585, comma 1, lettera a); il ricorso non comporta la sospensione del procedimento e la questione non può essere riproposta come motivo di impugnazione.

      4. Nell'ordinanza che dispone la sospensione del procedimento, il giudice stabilisce il termine entro il quale le prescrizioni e gli obblighi imposti devono essere adempiuti; tale termine può essere prorogato, su istanza dell'imputato, non più di una volta e solo quando ricorrono gravi e comprovati motivi. Il giudice può altresì, con il consenso della persona offesa, autorizzare il pagamento rateale delle somme eventualmente dovute a titolo di risarcimento del danno.

      5. L'ordinanza di cui al comma 4 è immediatamente trasmessa ai servizi sociali che devono prendere in carico l'imputato.

      Art. 420-octies. - (Esito della prova. Revoca). - 1. Decorso il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova, il giudice dichiara con sentenza estinto il reato se, tenuto conto del comportamento dell'imputato, ritiene che la prova abbia avuto esito positivo. A tale fine acquisisce la relazione conclusiva dai servizi sociali che hanno preso in carico l'imputato.

      2. In caso di esito negativo della prova, il giudice dispone con ordinanza che il processo riprenda il suo corso.

      3. La sospensione del processo con messa alla prova è revocata:

          a) in caso di grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte;

          b) in caso di commissione, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede.

      4. In caso di revoca ovvero di esito negativo della prova, l'istanza di sospensione del processo con messa alla prova non può essere riproposta»;

          b) dopo l'articolo 491 è inserito il seguente:

      «Art. 491-bis. - (Sospensione del processo con messa alla prova). - 1. Fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, l'imputato, ove non vi abbia già provveduto nell'udienza preliminare, può formulare istanza di sospensione del processo con messa alla prova ai sensi degli articoli 420-sexies, 420-septies e 420-octies»;

          c) dopo l'articolo 657 è inserito il seguente:

      «Art. 657-bis. - (Computo del periodo di messa alla prova in caso di revoca). - 1. In caso di revoca o di esito negativo della messa alla prova, il pubblico ministero, nel determinare la pena da eseguire, detrae dalla pena da eseguire un periodo corrispondente a quello della prova eseguita. Ai fini della detrazione, dieci giorni di prova sono equiparati a un giorno di reclusione o di arresto, ovvero a euro 75 di multa o di ammenda.

      2. Ai fini della detrazione e della conversione, non si considerano periodi di prova inferiori a cinque giorni, anche quale residuo di un periodo maggiore».


 

 

I successivi articoli 27 e 28 del disegno di legge introducono nuove disposizioni nel codice di procedura penale e nelle relative norme di attuazione volte a dettare l’intera disciplina processuale del nuovo istituto della "messa alla prova".

 

In particolare, l’articolo 27 prevede la disciplina processuale dell’istituto, aggiungendo cinque nuovi articoli al codice di rito penale (420-sexies, 420-septies, 420-octies, 491-bis e 657-bis).

Nello specifico, l’articolo 420-sexies (Sospensione del procedimento con messa alla prova) disciplina il contenuto dell’istanza di sospensione del processo e messa alla prova, i possibili esiti della stessa, gli effetti della concessione dell’istituto e le eventuali impugnazioni.

In particolare, la nuova norma stabilisce che nei casi in cui è possibile il ricorso all'istituto in esame l’imputato (o il suo procuratore speciale), prima dell’inizio della discussione in sede di udienza preliminare, può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova; la norma precisa, inoltre, l’obbligo di allegare all’istanza al GUP uno specifico programma di trattamento, elaborato in collaborazione con i servizi sociali, il cui contenuto illustri le modalità di reinserimento sociale dell’imputato, le condotte riparatrici del danno (queste ultime obbligatorie, a pena di inammissibilità, in relazione ai reati ambientali di cui al D.Lgs 152/2006 ed a quelli in materia di infortuni e igiene sul lavoro) e volte alla conciliazione con la vittima.

Il giudice, se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., quando rilevi la concreta possibilità di un esito positivo (programma idoneo e probabile astensione da nuovi illeciti) dispone, con ordinanza, la sospensione del processo e la conseguente messa alla prova dell’imputato.

In relazione, poi, alla durata massima della sospensione, i cui termini decorrono dalla sottoscrizione del verbale di messa alla prova, il comma 3 del nuovo articolo 420-sexies fa riferimento alla pena astrattamente prevista per il reato oggetto del procedimento penale in corso.

In particolare, la sospensione è :

-            di un anno, in caso di possibile applicazione della sola pena pecuniaria;

-            di due anni, se la pena applicabile è detentiva (sempre nel limite massimo di 2 anni ex art. 168-bis c.p.), sola o congiunta a pena pecuniaria.

 

Il richiamo, poi, all’applicabilità, in quanto compatibile, dei commi 4 e 6 dell’art. 71, contenuta nel comma 5 del citato articolo 420-sexies, sembra chiarire che la sospensione non impedisce, comunque, al giudice di assumere prove e al processo civile, eventualmente avviato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale, di proseguire il suo iter.

 

L'articolo 71 c.p.p. reca disposizioni riguardanti la sospensione del procedimento per incapacità dell'imputato. In particolare, il comma 4 prevede che la sospensione non impedisce al giudice di assumere prove, alle condizioni e nei limiti stabiliti dall'articolo 70 comma 2. Il successivo comma 6 dispone, poi, che nel caso di sospensione, non si applica la disposizione dell'articolo 75 comma 3. Tale comma prevede che se l'azione è proposta in sede civile nei confronti dell'imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado, il processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione, salve le eccezioni previste dalla legge.

 

Il comma 6 dell'articolo articolo 420-sexies prevede, poi, che l’ordinanza del giudice che decide sulla domanda di messa alla prova è ricorribile per Cassazione sia dall’imputato che dal P.M. (quest’ultimo autonomamente o su istanza dell’offeso dal reato); il ricorso non sospende, però, il procedimento (ovvero “non sospende la sospensione” del processo e la messa alla prova dell’imputato).

Il successivo nuovo articolo 420-septies (Obblighi e prescrizioni a carico dell’imputato durante la sospensione del procedimento) prevede, poi, che, nell’ambito dei suoi poteri discrezionali, il giudice, nelle more della decisione sull’istanza di sospensione e messa alla prova:

-       può chiedere ai servizi sociali, mediante la polizia giudiziaria, ulteriori elementi sulla condizione personale, familiare e sociale dell’imputato;

-      può integrare il contenuto del programma di trattamento con ulteriori obblighi, prescrizioni e prestazioni da parte dell’imputato; la negazione del consenso comporta il rigetto dell’istanza di cui all’art. 420-sexies; obblighi di fare o prestazioni economiche riparatorie necessitano, però, del consenso dell’imputato.

Se l’istanza è rigettata, contro la relativa ordinanza è ammesso ricorso per Cassazione entro 15 giorni, decorrenti dalla notificazione o comunicazione dell’avviso di deposito dell’ordinanza; anche in tal caso, l‘impugnazione non sospende il procedimento e la questione non è riproponibile come motivo d’impugnazione della sentenza.

Se l’istanza è accolta, l’ordinanza di sospensione del processo - trasmessa ai servizi sociali per la presa in carico dell’imputato - prevede i termini di adempimento da parte dell’imputato delle prescrizioni ivi contenute (prorogabili una sola volta per gravi e accertati motivi); per eventuali imposti oneri risarcitori, la norma prevede anche la possibilità di pagamento rateale delle somme dovute.

 

Ai sensi del successivo nuovo articolo 420-octies (Esito della prova. Revoca), il giudice, terminato il periodo di sospensione, acquisita la relativa relazione dei servizi sociali:

 

1)      se ritiene positivo l’esito della prova, dichiara con sentenza l’estinzione del reato;

2)      in caso di esito negativo, dispone con ordinanza la prosecuzione del processo.

La norma prevede, inoltre, due ipotesi di revoca della sospensione del processo con messa alla prova:

 

1)        la prima, in caso di violazione grave e reiterata al programma di trattamento o alle sue prescrizioni;

2)        la seconda, per l’eventuale recidiva - durante la prova - in un reato della stessa indole di quello per cui si procede, ovvero per la commissione di altro delitto non colposo.

Sia la revoca che l’esito negativo della messa alla prova comportano l’impossibilità per l’imputato di riproporre una nuova analoga istanza.

 

Il successivo nuovo articolo 491-bis (Sospensione del processo con messa alla prova) individua, poi, nell’ambito della fase dibattimentale, la dichiarazione di apertura del dibattimento di cui all’art. 492 c.p.p. come termine ultimo per la proposizione dell’istanza di sospensione del processo e messa alla prova, mentre il nuovo articolo 657-bis (Computo del periodo di messa alla prova in caso di revoca) prevede, in caso di esito negativo della prova o di una sua revoca, che dalla pena da scontare debba detrarsi il periodo corrispondente a quello della durata della prova eseguita. Il computo, tuttavia, si effettua detraendo -  per ogni 10 giorni di prova - un solo giorno di reclusione o di arresto nonché, per la determinazione delle pene pecuniarie, 75 euro di  multa o di ammenda. E’ precisato, altresì, che non sono considerati, ai fini della detrazione, periodi inferiori a 5 giorni. La determinazione effettiva della pena - in coerenza con la disciplina dell’esecuzione, nel cui ambito la nuova norma è inserita - è affidato al pubblico ministero.

 


Art. 28.
(Introduzione dell'articolo 191-bis delle norme di attuazione).

 

 


      1. Dopo l'articolo 191 delle norme di attuazione è inserito il seguente:

      «Art. 191-bis. - (Attività dei servizi sociali nei confronti degli adulti ammessi alla prova). - 1. Le funzioni dei servizi sociali per la messa alla prova, disposta ai sensi dell'articolo 168-bis del codice penale, sono svolte dagli uffici locali dell'esecuzione penale esterna del Ministero della giustizia, nei modi e con i compiti previsti dall'articolo 72 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.

      2. Ai fini del comma 1, l'imputato rivolge richiesta all'ufficio di esecuzione penale esterna competente affinché predisponga un programma di trattamento. L'imputato deposita gli atti rilevanti del procedimento penale nonché le osservazioni e le proposte che ritenga di fare.

      3. L'ufficio di cui al comma 2, all'esito di apposita indagine socio-familiare, verifica l'utilità e la praticabilità del programma di trattamento proposto dall'imputato e lo integra o lo rettifica, acquisendo su tale programma il consenso dell'imputato. L'ufficio trasmette quindi al giudice il programma, accompagnandolo con l'indagine socio-familiare e con le considerazioni che lo sostengono. Quando non è possibile acquisire il consenso dell'imputato su un programma idoneo al suo trattamento, l'ufficio lo comunica al giudice. Nell'indagine e nelle considerazioni, l'ufficio riferisce specificamente sulle possibilità economiche dell'imputato, sulla capacità e sulla possibilità di svolgere attività riparatorie nonché, ove possibile, sulla possibilità di conciliazione con la persona offesa. Il programma è integrato da prescrizioni di trattamento e di controllo che risultino utili, scelte fra quelle previste nell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.

      4. Quando viene disposta la sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato, l'ufficio informa il giudice, con la cadenza stabilita nel provvedimento di ammissione e comunque non superiore a tre mesi, dell'attività svolta e del comportamento dell'imputato, proponendo, ove necessario, modifiche al programma di trattamento, eventuali abbreviazioni di esso ovvero, in caso di grave o reiterata trasgressione, la revoca del provvedimento di sospensione.

      5. Alla scadenza del periodo di prova, l'ufficio trasmette al giudice che procede una relazione dettagliata sul decorso e sull'esito della prova medesima».


 

 

L’articolo 28 del d.d.l. introduce nelle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale le necessarie misure di coordinamento con la nuova disciplina della messa alla prova nel processo ordinario.

 

A tal fine, è aggiunto nelle citate norme un nuovo art. 191-bis che procedimentalizza leattività dei servizi sociali di esecuzione esterna connesse alla domanda di messa alla prova dell’imputato.

 

Le funzioni in questione appartengono agli Uffici di esecuzione penale esterna (UEPE), istituiti dalla legge 27 luglio 2005, n. 154[19] che ha modificato l'art. 72 della legge 354/1975 sull’ordinamento penitenziario che costituiva i cd. C.S.S.A. (Centri di servizio sociale per adulti) dell'amministrazione penitenziaria.

Il loro coordinamento è affidato agli Uffici dell'esecuzione penale esterna presso i Provveditorati regionali dell'Amministrazione Penitenziaria.

Gli Uffici provvedono ad eseguire, su richiesta del magistrato di sorveglianza, le inchieste sociali utili a fornire i dati occorrenti per l'applicazione, la modificazione, la proroga e la revoca delle misure di sicurezza e per il trattamento dei condannati e degli internati. Prestano la loro opera per assicurare il reinserimento nella vita libera dei sottoposti a misure di sicurezza non detentive. Inoltre, su richiesta delle direzioni degli istituti penitenziari, prestano opera di consulenza per favorire il buon esito del trattamento penitenziario.

Gli assistenti sociali in sevizio negli UEPE svolgono le attività indicate dall'art. 72 della legge: compiti di vigilanza e/o di assistenza nei confronti dei soggetti ammessi alle misure alternative alla detenzione nonché compiti di sostegno e di assistenza nei confronti dei sottoposti alla libertà vigilata.

Nell'attuare gli interventi di osservazione e di trattamento in ambiente esterno (applicazione ed esecuzione delle misure alternative, delle sanzioni sostitutive e delle misure di sicurezza) l'Ufficio si coordina con le istituzioni e i servizi sociali che operano sul territorio. Le intese operative con i servizi degli enti locali sono definite in una visione globale delle dinamiche sociali che investono la vicenda personale e familiare dei soggetti e in una prospettiva integrata d'intervento.

Gli indirizzi generali e il coordinamento in materia sono dettati dalla Direzione Generale dell'esecuzione penale esterna presso il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria.

 

Ai sensi del comma 2 del nuovo articolo 191-bis, il procedimento che vede coinvolti gli Uffici di esecuzione penale esterna inizia con la richiesta dell’imputato, rivolta ai citati uffici, affinchè predispongano un programma di trattamento (come detto in precedenza, il programma è parte integrante dell’istanza per la concessione della messa alla prova), rispetto al quale lo stesso imputato può comunicare proposte ed osservazioni.

A questo punto (articolo 191-bis, comma 3), gli Uffici svolgono una istruzione sulla domanda mediante un’indagine socio-familiare sull’imputato ai fini della valutazione dell’utilità della predisposizione del programma di trattamento. Questo, una volta elaborato (ed, eventualmente, modificato ed integrato con le osservazione e le proposte dell’imputato, di cui è acquisito il consenso), viene trasmesso al giudice unitamente all’indagine socio-familiare effettuata e alle valutazioni ulteriori degli uffici; tali atti riferiscono anche in merito alle condizioni economiche dell’imputato, alla sua possibilità di svolgere attività riparatorie e di conciliazione con l’offeso, nonché alle prescrizioni che questi dovrà seguire durante la messa alla prova (relative ai rapporti con il servizio sociale, alla dimora, al lavoro, alla libertà di locomozione, al divieto di frequentare determinati locali, al divieto di soggiorno in uno o più comuni, al divieto di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati; all’obbligo di adoperarsi in quanto possibile in favore della vittima del suo reato, all’obbligo di adempiere puntualmente agli obblighi di assistenza familiare).

 

In relazione alla disposizione in esame, al fine di evitare possibili dubbi interpretativi in merito al soggetto competente a predisporre il programma di trattamento, potrebbe risultare opportuna una riformulazione del comma 3 del nuovo art. 191-bis in esame che attribuisce all’imputato la titolarità della proposta di trattamento, riservando agli uffici di esecuzione penale esterna la sola verifica dell’utilità e praticabilità del programma stesso e la possibilità di integrarlo e rettificarlo . Al riguardo, si osserva, infatti, che il precedente comma 2 del medesimo nuovo art. 191-bis prevede, invece, che “l’imputato rivolge richiesta all’ufficio di esecuzione penale esterna competente affinchè predisponga (tale ufficio) un programma di trattamento”.

Si rileva, altresì, che l’art. 420-sexies, comma 1, prevede che il programma sia elaborato “d’intesa con i servizi sociali”; tuttavia, sembra che il contributo dell’imputato al programma sia per lo più integrativo, essendo l’elaborazione dello stesso compito tradizionalmente istituzionale degli ex C.S.S.A. (Centri di servizio sociale per adulti), ora Uffici di esecuzione penale esterna.

Precisi obblighi informativi sono, poi, posti a carico degli uffici locali dell'esecuzione che, accordata la messa alla prova, dovranno, con cadenza almeno trimestrale, informare il giudice del comportamento dell’imputato, proponendo (articolo 191-bis, comma 4);

-       eventuali modifiche ed integrazioni al programma di trattamento;

-       una sua possibile abbreviazione (evidentemente, in caso di esito positivo della prova);

-       una revoca del provvedimento del giudice (in presenza di gravi e ripetute trasgressioni al programma).

 

Alla scadenza del periodo di prova, agli Uffici di esecuzione penale esterna spetta il compito di trasmettere al giudice una dettagliata relazione finale sull’esito della prova(articolo 191-bis, comma 5).

 

 


Capo XII, Disposizioni finali

Art. 29.
(Clausola di invarianza).


      1. Dall'esecuzione della presente legge non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.


 

Il Capo XII del disegno di legge in esame (Disposizioni finali) reca quattro articoli, il primo dei quali relativo alla clausola di invarianza finanziaria (articolo 29) con cui si esclude che dall’applicazione del provvedimento possano derivare nuovo oneri per il bilancio dello Stato.

 

 

 


Art. 30.
(Disposizioni transitorie).

 


      1. Fatto salvo quanto previsto dal presente articolo, le disposizioni di cui alla presente legge si applicano ai procedimenti penali in corso alla data della sua entrata in vigore.

      2. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1, lettere da b) a l), si applicano ai procedimenti penali in corso alla data di entrata in vigore della presente legge nei quali non sia stata già sollevata eccezione di incompetenza. Entro la prima udienza utile successiva alla data di entrata in vigore della presente legge le parti devono eccepire, a pena di decadenza, l'eventuale incompetenza per materia del giudice che procede.

      3. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), non si applicano ai procedimenti penali in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

      4. Con riferimento alle norme introdotte dal capo IV, ai reati commessi prima della data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti, se più favorevoli all'imputato.

      5. Le disposizioni di cui all'articolo 11, comma 1, lettere a) e b), non si applicano nei procedimenti in cui l'imputato, alla data di entrata in vigore della presente legge, ha già formulato richiesta di rito abbreviato.

      6. Le disposizioni di cui all'articolo 11, comma 1, lettere c) e d), si applicano anche ai procedimenti in cui, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia scaduto il termine previsto dagli articoli 449 e 454 del codice di procedura penale nella formulazione vigente il giorno antecedente la data di entrata in vigore della presente legge.

      7. Nei procedimenti definiti con decreto penale di condanna in cui il giudice per le indagini preliminari, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbia già trasmesso gli atti al pubblico ministero per l'emissione del decreto di citazione a giudizio per irreperibilità dell'imputato, non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 11, comma 1, lettera f).

      8. Nei procedimenti in relazione ai quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, non è ancora scaduto il termine per proporre ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 325, comma 1, del codice di procedura penale, l'impugnazione è consentita ai sensi della disciplina vigente il giorno antecedente la data di entrata in vigore della presente legge.

      9. Le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 1, lettere f), g), h) e i), non si applicano ai procedimenti in relazione ai quali il giudice, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbia già effettuato gli accertamenti di cui agli articoli 420, comma 2, e 484 del codice di procedura penale.

      10. Le disposizioni di cui all'articolo 18, comma 1, lettere b), c) ed e), non si applicano ai procedimenti in relazione ai quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, l'impugnazione sia già stata proposta.

      11. La disposizione di cui all'articolo 20 non si applica ai procedimenti in relazione ai quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia stata già formulata richiesta di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale.

      12. Salvo quanto diversamente disposto, per i casi in cui il presente articolo prescrive l'inapplicabilità della disciplina stabilita dalla presente legge, si applicano le disposizioni vigenti il giorno antecedente la data di entrata in vigore della presente legge.

 


 

L’articolo 30 contiene, invece, una minuziosa disciplina transitoria estremamente differenziata in relazione ai diversi contenuti del disegno di legge.

 

Viene, anzitutto, stabilito che - a parte le specifiche disposizioni transitorie di seguito illustrate – in generale, la disciplina introdotta dal disegno di legge in esame si applica ai procedimenti penali in corso alla data della sua entrata in vigore.

 

Ciò premesso, il comma 2 dell'articolo 30, in relazione alla novellata disciplina della competenza, prevede l’applicabilità ai processi penali in corso nei quali non è stata sollevata eccezione d’incompetenza, delle sopra illustrate disposizioni di cui all’articolo 1, comma 1, lettere da b) a l) del ddl.

In questi casi, entro la prima udienza utile successiva alla data di entrata in vigore della presente legge le parti devono eccepire, a pena di decadenza, l'eventuale incompetenza per materia del giudice che procede.

Non si applica, invece, ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della legge la novellata disciplina dell’art. 16 c.p.p., prevista dalla lettera a) del citato articolo 1 del ddl in esame, relativa alla competenza per territorio determinata dalla connessione di procedimenti (comma 3).

 

In applicazione, poi, del principio generale previsto dall’art. 2, quarto comma, del codice penale, il comma 4 dell'articolo 30 prevede che per i reati commessi prima dell’entrata in vigore del provvedimento, si applichi la previgente disciplina penalistica delle circostanze, della recidiva e della prescrizione del reato (di cui al capo IV del d.d.l.) in quanto più favorevole al reo.

 

E’, inoltre, stabilita l’inapplicabilità delle nuove disposizioni in materia di giudizio abbreviato ( previste dall'art. 11, comma 1, lett. a) e b) del d.d.dl.) a condizione che alla data di entrata in vigore della legge l’imputato abbia già chiesto il rito abbreviato (comma 5).

 

Inoltre, ai sensi del successivo comma 6, i nuovi termini di cui agli artt. 449 e 454 c.p.p., come previsti dall'articolo 11, comma 1, lett. c) e d) del ddl in esame, in materia, rispettivamente, di rito direttissimo ed abbreviato, si applicano anche ai procedimenti in cui alla data di entrata in vigore della legge sia scaduto il termine previsto dai citati articoli nella formulazione vigente il giorno antecedente la data di entrata in vigore della presente legge.

 

Il successivo comma 7 stabilisce, invece,l’inapplicabilità delle nuove disposizioni in materia di revoca del decreto penale di condanna ed emissione contemporanea del decreto di giudizio abbreviato (di cui al comma 1, lettera f) dell'articolo 11 del d.d.l. in esame), quando nei procedimenti già definiti col citato decreto, il GIP, alla data di entrata in vigore della legge, abbia già trasmesso gli atti al PM ai fini della citazione a giudizio per irreperibilità dell’imputato.

 

Il comma 8 dell'articolo 30 prevede, invece, che nei procedimenti in cui, alla data di entrata in vigore della legge, non sia scaduto il termine per ricorrere per Cassazione avverso il sequestro preventivo, il ricorso è consentito in base alla disciplina vigente il giorno antecedente la data di entrata in vigore della legge.

 

Per quanto riguarda, poi, le modifiche previste dall’art. 13, comma 1, lettere da f) ad i) del d.dl. in esame, relative alla disciplina dell’udienza preliminare (nuovi art. 420-quater e art. 420-quinquies) ed in materia di atti introduttivi del dibattimento (nuovi articoli da 484-bis a 484-quinquies e art. 490), il comma 9 dell'articolo 30 prevede che tali nuove disposizioni non si applichino ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della legge in cui il GUP (nell’udienza preliminare) ed il presidente del tribunale o della corte d’assise (nella fase introduttiva del dibattimento) abbiano già proceduto ad accertare la regolare costituzione delle parti (artt. 420, comma 2 e 484).

 

Ai sensi del successivo comma 10, le novelle di cui all’art. 18, comma 1, lett. b), c) ed e) del provvedimento in esame relative, rispettivamente, all’impugnazione dell’imputato, in generale (art. 571) e per Cassazione (art. 607), nonché alla sottoscrizione del ricorso per Cassazione da parte dei difensori (art. 613) non si applicano nei procedimenti in cui, alla data di entrata in vigore della legge in esame, l’impugnazione sia già stata proposta.

 

Per quanto riguarda, invece, la nuova disciplina del patteggiamento per i reati coperti da indulto (di cui all'articolo 20 del disegno di legge in esame), il comma 11 dell'articolo 30 prevede che essa non si applichi nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge qualora sia già stata avanzata la richiesta di patteggiamento ex art. 444.

 

Da ultimo, il comma 12 precisa che per i casi in cui l'articolo 30 prescrive l'inapplicabilità della disciplina stabilita dalla presente legge, si applicano le disposizioni vigenti il giorno antecedente a quello della sua entrata in vigore, salvo quanto diversamente previsto.

 

 

 


 

Art. 31.
(Regolamento).


      1. Con decreto adottato dal Ministro della giustizia e dal Ministro dell'interno sono stabiliti le modalità e i termini secondo i quali l'ordinanza di sospensione del processo per irreperibilità dell'imputato, il decreto di citazione a giudizio del medesimo e le successive informazioni all'autorità giudiziaria devono essere comunicati e gestiti, anche agli effetti delle disposizioni dell'articolo 349, commi 4-bis e 4-ter, del codice di procedura penale, introdotti dall'articolo 13, comma 1, lettera b), numero 2), della presente legge.


 

 

L’articolo 31 (Regolamento) del disegno di legge integra la disciplina introdotta dai nuovi commi 4-bis e 4-ter dell’art. 349 c.p.p. (v. ante, art. 13, comma 1, lettera c)).

E’, infatti, previsto che unregolamento, emanato con decreto del Ministro della giustizia, disciplini concretamente le modalità ed i termini di comunicazione, da parte della polizia giudiziaria, dell’ordinanza di sospensione del processo per irreperibilità dell’imputato e del decreto di citazione a giudizio di quest’ultimo, nonchè le successive relative informazioni all’autorità giudiziaria.

 

Al riguardo, si osserva che l’articolo 31 fa erroneamente riferimento alla lettera b) del numero 2) del comma 1 dell’art. 13 del disegno di legge in esame, mentre appare più corretto far riferimento alla lettera c) della stessa disposizione, relativa ai nuovi citati commi 4-bis e ter dell’articolo. 349 c.p.p.

 

 

 

 


 

Art. 32.
(Entrata in vigore).


      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

      2. Le disposizioni di cui agli articoli 3, comma 1, lettere d) e i), e 5, comma 1, lettera d), hanno effetto a decorrere dalla data di entrata in vigore della normativa recante la disciplina delle notificazioni per posta elettronica certificata nel processo penale.


 

 

L’articolo 32 del provvedimento concerne, infine, la sua entrata in vigore.

 

In particolare, il comma 2, prevede che l'efficacia della disciplina relativa alle notificazioni da effettuare con il mezzo della posta elettronica venga differita sino alla data di entrata in vigore della normativa che renda effettivo il ricorso a tale mezzo.

 

Al riguardo, si segnala, sul punto, che una delega al Governo finalizzata alla realizzazione del cd. processo telematico (ed al cui interno è prevista la disciplina in materia di notificazioni, comunicazione e posta elettronica certificata) è prevista dall’art. 7 del disegno di legge del Governo AC 2873[20] , volto all’istituzione del cd. “Ufficio del processo” attualmente all’esame della Commissione giustizia della Camera.

 

 

 


Progetto di legge

 


N. 2664

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

DISEGNO DI LEGGE

 

presentato dal ministro della giustizia

(MASTELLA)

di concerto con il ministro dell'interno

(AMATO)

e con il ministro dell'economia e delle finanze

(PADOA SCHIOPPA)

¾

 

Disposizioni per l'accelerazione e la razionalizzazione del processo penale, nonché in materia di prescrizione dei reati, recidiva e criteri di ragguaglio tra pene detentive e pene pecuniarie

 

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Presentato il 16 maggio 2007

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Onorevoli Deputati! - L'introduzione del codice di procedura penale cosiddetto «Vassalli», nel 1989, ha determinato la trasformazione del processo penale italiano, tradizionalmente «inquisitorio», verso un modello di tipo «accusatorio».

Tuttavia gli interventi della Corte costituzionale scaturenti dal delicato passaggio da un sistema all'altro, da un lato, e la presenza di una legislazione emergenziale che ha caratterizzato i primi anni novanta (per fare fronte in particolare ai fenomeni di mafia e di corruzione), dall'altro, hanno introdotto una serie di interferenze con i princìpi cardine del modello prescelto, che hanno fortemente alterato l'originaria struttura del codice, facendo perdere poi progressivamente il carattere di sistematicità e di coerenza intrinseca all'intero sistema.

L'introduzione del canone costituzionale del cosiddetto «giusto processo» (articolo 111 della Costituzione, come novellato dalla legge costituzionale n. 2 del 1999), se da un lato ha ribadito l'importanza del contraddittorio nella formazione della prova e la necessità che il processo si celebri dinanzi a un giudice terzo e imparziale, ha altresì introdotto nella nostra Carta fondamentale un altro principio di particolare rilievo, quello della ragionevole durata del processo, imponendo al legislatore di realizzare un sistema di «garantismo efficiente», che coniugasse in modo coerente garanzie sostanziali per l'imputato e tutela della ragionevole durata del processo, sul presupposto che l'efficienza del sistema della giustizia è un fattore vitale della democrazia.

Il presente disegno di legge propone, dunque, un intervento «di sistema» volto a razionalizzare il processo penale alla luce di siffatto principio.

Per raggiungere tale obiettivo, l'esperienza ha dimostrato che la riforma delle regole del processo è necessaria, ma non sufficiente: occorre anche agire sull'organizzazione (ordinamento e organizzazione vera e propria) e sulle prassi, in quanto nessun processo può funzionare bene in una realtà organizzativa malata o inefficiente. Il risultato cui mira e deve mirare l'organizzazione è il processo; il discorso processuale deve avere di mira, a sua volta, il suo risultato e cioè la giustizia e la rapidità della decisione.

Dai meccanismi della giustizia deve essere espunto tutto ciò che in concreto allunga, complica e intralcia senza servire davvero ad attuare un processo giusto in concreto. Questo significa anche contrastare severamente tutte le manifestazioni di abuso del processo.

La regolazione del processo deve quindi essere orientata al perseguimento di obiettivi, oltre che al rispetto dei princìpi. Un pragmatismo orientato a dare attuazione ai princìpi e in particolare al principio fondamentale secondo cui il processo deve servire alla tutela dei diritti. E se l'obiettivo del processo è la tutela dei diritti sostanziali, la finalità delle norme che regolano il processo deve essere necessariamente quella di assicurare che il processo sia adeguato a tale obiettivo.

L'esperienza storica dimostra che vi è una sorta di naturale e perversa tendenza delle prassi a collocarsi a un livello inferiore e peggiore rispetto alle regole processuali. Ma l'esperienza ha anche dimostrato che la riforma delle regole processuali può funzionare come fattore di spinta al rinnovamento culturale delle prassi.

Affinché il processo si svolga in modo giusto occorre in primo luogo che siano rispettati i princìpi del contraddittorio, del diritto di accusa e di difesa, della parità delle parti e dell'imparzialità del giudice.

Ma occorre anche che il processo si svolga in modo tale da tendere a una decisione giusta, oltre che sollecita: non è infatti attraverso una tutela «sommaria», ancorché rapida, che si persegue l'obiettivo di un processo «equo».

Il processo, dunque, deve svolgersi in conformità ai princìpi di diritto specifici, ma anche secondo criteri di efficienza, di trasparenza, di comprensibilità (non è corretto un processo che si svolge in modo incomprensibile per il cittadino), di parità e di solidarietà.

In secondo luogo, «giusto processo» significa che il processo deve fare giustizia e, cioè, che deve svolgersi in modo da favorire il perseguimento di una decisione giusta ai sensi dell'articolo 24 della Costituzione con una «decisione sul merito». Il che significa che il principio del giusto processo, in congiunzione con quello della ragionevole durata dei processi, impone di ridurre al minimo indispensabile le norme e le interpretazioni che comportano, favoriscono o consentono decisioni che non risolvono il merito o che lo risolvono in base agli effetti delle forme processuali, anziché in base alle ragioni sostanziali.

In questo senso va intesa l'essenziale strumentalità del processo.

E ben difficilmente può essere considerata giusta una decisione basata su un accertamento dei fatti non conforme all'effettiva realtà materiale (così come reiteratamente affermato dalla Corte costituzionale). Il processo, quindi, per essere giusto deve essere modellato in modo tale da pervenire a una decisione giusta e, dunque, basata su un accertamento dell'effettiva verità materiale in ordine ai fatti che sono oggetto di contestazione: nella misura del possibile, ovviamente, e in armonico contemperamento con gli altri princìpi costituzionali sul processo.

Ciò premesso, il criterio guida su cui si snoda il presente disegno di legge consiste, pertanto, nella costante ricerca di un punto di equilibrio tra le garanzie dell'imputato e l'efficienza del processo, secondo i canoni ricavabili dall'articolo 111 della Costituzione. In tale ottica, si è operato su vari istituti processuali in maniera da distribuire il «costo» del recupero della celerità del processo in modo equilibrato con riferimento alla posizione dei vari attori dello stesso: polizia giudiziaria, pubblico ministero, difensore, giudice e imputato.

Si intende fornire, pertanto, una risposta ai numerosi problemi che, sul versante giurisdizionale penale, impediscono di offrire una risposta efficiente ed efficace all'esigenza dei cittadini di fruire di un processo equitable.

Lunghezza dei processi, alto indice di prescrizione dei reati, presenza di un sistema di garanzie difensive spesso meramente formale, ineffettività della pena hanno progressivamente reso il sistema penal-processuale in gran parte inidoneo a rispondere alle esigenze che lo sviluppo sociale richiede.

In attesa di una organica riforma dei due codici (penale e di procedura penale), in relazione alla quale sono state istituite dal Ministro della giustizia in data 26 luglio 2006 apposite Commissioni, presiedute rispettivamente dall'avvocato Giuliano Pisapia per il codice penale e dal professor Giuseppe Riccio per codice di rito, l'andamento dei cui lavori è stato tenuto costantemente presente nel corso della redazione del presente disegno di legge, lo stesso disegno di legge offre una serie di risposte ai problemi più urgenti, in modo da restituire al processo, come detto, quel carattere di efficienza che esso dovrebbe possedere in funzione del principio costituzionale della ragionevole durata.

Il disegno di legge è stato suddiviso in capi autonomi, per agevolare la lettura delle disposizioni introdotte e sottolineare il loro rilievo sistematico.

Al capo I, in tema di competenza, si ritiene opportuno ridisciplinare tutta la materia dell'incompetenza, evitando che vizi di incompetenza, soprattutto se mai rilevati o eccepiti, possano pregiudicare processi spesso già pervenuti a sentenza, anche di secondo grado.

In particolare, si è ritenuto di incentrare sulla Corte di cassazione, organo giurisdizionale naturalmente deputato a decidere sulle questioni di giurisdizione e di competenza, l'ultima parola sull'eccezione di incompetenza, anticipando tuttavia tale pronuncia alla fase degli atti preliminari al dibattimento.

Sul punto, appare doveroso premettere come la Corte costituzionale, chiamata ad esprimersi circa la legittimità costituzionale dell'attuale articolo 21 del codice di procedura penale in relazione all'articolo 25 della Costituzione, abbia affermato come appartenga alla discrezionalità del legislatore limitare la rilevabilità dei vizi di competenza a tutela «dell'interesse all'ordine e alla speditezza del processo», sempre che siano «chiaramente determinati in anticipo i criteri in base ai quali la competenza deve essere stabilita» (Corte costituzionale, ordinanza n. 521 del 1991, sentenza n. 77 del 1977).

In tal senso, si prevede pertanto [articolo 1, comma 1, lettera b)] la sostituzione dell'articolo 21 del codice di rito, mediante la previsione secondo cui l'incompetenza per territorio, quella per connessione e quella per materia devono essere eccepite entro la chiusura dell'udienza preliminare ovvero, se essa manchi, entro il termine di cui all'articolo 491 del codice di rito. Se l'eccezione era già stata formulata in udienza preliminare, essa deve essere riproposta nelle questioni preliminari.

In tale modo si concentrano nell'articolo 21 tutte le barriere preclusive, mentre si lascia all'articolo 23 la disciplina degli effetti della declaratoria di incompetenza. Conseguentemente è stata anche modificata la disciplina dell'articolo 491, estendendo il riferimento contenuto in tale articolo anche all'incompetenza per materia [lettera l)].

Contro l'ordinanza che il giudice del dibattimento emette sull'eccezione di incompetenza, le parti possono ricorrere immediatamente per cassazione, ma il ricorso non ha effetto sospensivo [articolo 23-bis, come introdotto dalla lettera d)].

Se esso viene dichiarato inammissibile ovvero rigettato, sulla questione della competenza cade il giudicato ed essa non può essere più riproposta.

Si è conseguentemente riformulato l'articolo 23. Con riferimento a tale ultima norma, si è ritenuto necessario ripristinare il testo anteriore alle sentenze della Corte costituzionale nn. 76 del 1993, 214 del 1993 e 70 del 1996, con i dovuti accorgimenti.

Le citate sentenze, infatti, hanno stabilito il principio secondo cui in caso di declaratoria di incompetenza, gli atti vanno trasmessi al pubblico ministero competente, anziché al giudice competente. La motivazione delle sentenze, tuttavia, era imperniata sulla necessità di garantire all'imputato la remissione in termini per richiedere i riti alternativi, e non anche sull'illegittimità della procedura in sé considerata.

Tale intervento, tuttavia, determinando un sistema automatico di regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari, ha comportato un'indubbia ricaduta negativa sul tempo di durata dei processi, anche perché foriero di ulteriori dubbi interpretativi, che hanno dato adito a nuovi contrasti giurisprudenziali (si pensi, ad esempio, alla questione relativa alla formulazione o meno di un nuovo avviso di conclusione delle indagini preliminari da parte del pubblico ministero, questione oggetto di numerosi motivi di impugnazione).

L'intervento proposto prevede, dunque, l'integrale sostituzione dell'articolo 23, con l'inserimento di un nuovo comma 2 in base al quale l'imputato, entro il termine previsto dall'articolo 491, comma 1, può chiedere il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena su richiesta delle parti; in tale caso il giudice procede nelle forme previste dagli articoli 452, comma 2, e 446, comma 1.

Si è quindi proceduto all'abrogazione dell'articolo 24, dovendo, come detto, le questioni di competenza essere risolte esclusivamente tramite il ricorso immediato per cassazione previsto dall'articolo 23-bis.

La lettera g), quindi, sostituisce il comma 2 dell'articolo 26, prevedendo che «se le prove di cui al comma 1 hanno contenuto dichiarativo, si applica l'articolo 190-bis».

Si è, inoltre, previsto [lettere h) e i)] che, conformemente a quanto previsto per le questioni di competenza, anche nel caso di rigetto dell'eccezione relativa alla composizione del giudice ai sensi dell'articolo 33-quinquies sia esperibile unicamente lo strumento del ricorso immediato per cassazione ai sensi dell'articolo 23-bis; le relative questioni, invero, non assurgono propriamente al rango delle questioni di competenza, tanto che il legislatore ha ritenuto di disciplinarle con separato capo del codice di rito e separata regolamentazione. Proprio tale loro minore rilevanza - desunta anche dalla previsione della relativa decisione mediante ordinanza e non con sentenza, come invece accade per le questioni di competenza propriamente dette - impone, allora, di evitare che le eventuali decisioni di rigetto delle stesse risultino impugnabili anche congiuntamente all'impugnazione di merito o di legittimità della relativa sentenza, come non più consentito nemmeno per le questioni di competenza vere e proprie. Si propone, pertanto, l'assimilazione del regime delle eccezioni relative alla composizione del giudice a quelle di competenza.

La lettera a), infine, interviene sull'articolo 16 del codice, il cui comma 1 prevede che in caso di connessione ai sensi dell'articolo 12, è competente in ordine a tutti i reati connessi il giudice competente per territorio in ordine al reato più grave.

Tale norma è evidentemente dettata al fine di consentire il simultaneus processus in caso di reati connessi ed evitare complesse questioni di competenza.

 La Corte di cassazione ha sinora interpretato la norma stabilendo il principio secondo cui «ove non sia possibile individuare il luogo di consumazione del reato più grave», non sarebbe consentito il ricorso ai criteri residuali di cui all'articolo 9, riferibili al solo caso di contestazioni singole, ma si dovrebbe «avere riguardo al luogo di consumazione del reato che, in via decrescente, si presenta come più grave tra quelli residui» (vedi, per tutte, Cassazione, sentenza n. 3624 del 1993).

Tale interpretazione è stata foriera nel corso degli anni di oscillanti valutazioni giurisprudenziali che hanno determinato un'oggettiva situazione di incertezza processuale.

Per risolvere i contrasti insorti si è inserita, quindi, al comma 1 dell'articolo 16 la formula secondo cui in relazione al reato più grave individuato ai sensi del comma 1 la competenza viene determinata attraverso il ricorso ai criteri di cui agli articoli 8 e 9 del codice.

In caso di nuove contestazioni, si è proceduto a riformulare gli articoli 516 e 517 e a prevedere un nuovo articolo (518-bis), nonché a rivedere la portata dell'articolo 25. La modifica introdotta si rende infatti necessaria al fine di garantire la copertura costituzionale delle nuove norme.

E, infatti, il caso delle nuove contestazioni in dibattimento è stato oggetto di frequenti pronunce di incostituzionalità da parte della Corte costituzionale (sentenze nn. 265 del 1994, 530 del 1995, 241 del 1992, 50 del 1995), in cui la Corte ha rinvenuto una violazione del diritto di difesa, legata al fatto che l'esercizio del diritto di accedere a riti alternativi o del diritto alla prova erano, sostanzialmente, rimessi non alla volontà del titolare del diritto, bensì a quella del pubblico ministero.

Nel caso di specie, però, non è il diritto di difesa ad essere compresso, quanto il diritto ad essere giudicato dal «giudice naturale precostituito per legge» (articolo 25, primo comma, della Costituzione).

Si è ritenuto pertanto che laddove nessun profilo di inerzia possa essere addebitato all'imputato (in quanto la nuova qualificazione del fatto o la contestazione di una circostanza aggravante o di un reato concorrente sono responsabilità del pubblico ministero), lo stesso, oltre ad avere diritto di accedere ai riti alternativi e alla prova, deve avere il pieno diritto di proporre (o di riproporre) la questione di competenza ovvero quella relativa alla composizione del giudice (articolo 518-bis).

Una cristallizzazione irreversibile della competenza in una fase in cui il contraddittorio nella formazione della prova non si è ancora instaurato, infatti, potrebbe comprimere in modo eccessivo il diritto costituzionale al giudice naturale.

Nel caso previsto dall'articolo 518, comma 2, tuttavia, si ritiene che il consenso prestato dall'imputato alla nuova contestazione sani ogni eventuale vizio di competenza. Tale soluzione appare in linea con la sentenza n. 316 del 1992, in cui la Corte ebbe a dichiarare, con riferimento ai riti alternativi che «il relativo rischio rientra naturalmente nel calcolo in base al quale l'imputato si determina a chiedere o meno tale rito, onde egli non ha che da addebitare a se medesimo le conseguenze della propria scelta» (vedi anche ordinanza n. 107 e sentenza n. 129 del 1993).

Conseguentemente, dall'articolo 25 è stato eliminato ogni riferimento alla competenza; la norma, pertanto, concernerà solo il valore del decisum di cassazione con riferimento alla questione di giurisdizione.

Con l'articolo 2 si inserisce nelle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo n. 271 del 1989, di seguito denominate «norme di attuazione», l'articolo 4-ter, mediante il quale si chiarisce che, quando viene pronunciata l'incompetenza per territorio, anche determinata da connessione, il fascicolo del pubblico ministero deve essere trasmesso senza ritardo all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente. Questo per evitare che la declaratoria di incompetenza possa determinare un eccessivo ritardo alla speditezza del procedimento a causa del tempo intercorso tra la decisione e l'effettiva trasmissione del fascicolo all'ufficio di destinazione.

In tema di notificazioni degli atti (capo II), è stato previsto un intervento che si muove lungo tre distinte direttrici.

La prima è quella, coerentemente con la disciplina che si andrà a introdurre in tema di rito contumaciale, di favorire la conoscenza «effettiva» del procedimento da parte dell'imputato.

La seconda è quella di neutralizzare gli effetti di tutte le disposizioni che, contenendo una serie di garanzie meramente formali, prive di utilità sostanziale sotto il profilo dell'effettivo esercizio del diritto di difesa, si risolvono in realtà in una inutile dilatazione dei tempi del procedimento penale.

La terza, che si muove in armonia con l'intento di riqualificare il personale amministrativo degli uffici giudiziari, consiste nel valorizzare i compiti degli ufficiali giudiziari, affidando loro una serie di attività qualificate funzionalmente nell'ottica della riduzione dei tempi processuali.

La lettera a) del comma 1 dell'articolo 3 introduce al comma 2 dell'articolo 107 nuove disposizioni, secondo le quali, in caso di rinuncia del difensore al mandato, l'autorità giudiziaria provvede immediatamente alla nomina di un difensore d'ufficio, salva la nomina di un nuovo difensore di fiducia. Tale disposizione va posta in correlazione con la modifica apportata [lettera h)] all'articolo 157, comma 8-bis, secondo cui, salva l'ipotesi in cui la legge non disponga altrimenti (atti che l'imputato debba ricevere «personalmente»), le notificazioni successive sono eseguite, in caso di nomina di difensore di fiducia ai sensi dell'articolo 96, mediante consegna di copia dell'atto al difensore. Il difensore può dichiarare all'autorità che procede di non accettare la notificazione solo nel caso di rinuncia al mandato difensivo.

Tale modifica intende valorizzare, anche a seguito degli orientamenti giurisprudenziali successivi alla pronuncia della Corte di cassazione sul cosiddetto «caso Somogyi», il ruolo del difensore di fiducia, accentuandone ulteriormente la valenza rispetto alla difesa d'ufficio e riconoscendo al relativo rapporto professionale («fiduciario» nel senso più rigoroso del termine) un inedito rilievo specifico e concreto (nei limiti prima rilevati) sotto il profilo del soddisfacimento reale di tale esigenza di «conoscenza effettiva». Si è ritenuto pertanto di prevedere, per il difensore di fiducia che non voglia o non possa (ad esempio per impossibilità di contattare l'assistito) adempiere il mandato, la possibilità di rinunciare e di essere immediatamente sostituito.

La norma è completata da un'estensione dell'applicazione del principio anche alle comunicazioni di atti e agli avvisi.

A fini acceleratori, è stato ritenuto opportuno [lettera c)] sostituire il comma 2 dell'articolo 148, oggetto di recente modifica normativa ad opera del decreto-legge n. 144 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 155 del 2005, tenendo conto delle difficoltà operative concernenti l'utilizzazione della polizia penitenziaria per lo svolgimento delle udienze dinanzi al tribunale del riesame, prevedendosi che nei procedimenti con detenuti, il giudice può disporre che le notificazioni agli stessi siano eseguite dalla polizia penitenziaria; in questo caso viene valorizzata la prossimità della polizia penitenziaria con i detenuti, e il conseguente ricorso «ordinario» alla stessa per l'esecuzione delle attività di notificazione; le notificazioni dovranno comunque essere eseguite con l'osservanza delle norme a tale riguardo previste dal codice.

La lettera d) contiene una norma di notevole rilievo. Essa introduce, per la prima volta nel processo penale, il concetto di notificazione di atti per mezzo di «posta elettronica certificata». Si prevede infatti che le notificazioni di atti ai difensori [anche quando la notificazione all'indagato sia sostituita, nei casi previsti tassativamente della legge, da quella al difensore di fiducia: articolo 157, comma 8-bis, sostituito dalla lettera h)] debbano, ove tecnicamente possibile, avvenire in tale modo, consentendo indubbi risparmi di mezzi e di personale. Analoga previsione concerne gli avvisi e le comunicazioni tra uffici giudiziari [articolo 5, comma 1, lettera d), che modifica l'articolo 64 delle norme di attuazione]. Analogamente viene consentito - con la modifica all'articolo 121 del codice, apportata dalla lettera b) del comma 1 dell'articolo 3 - ai difensori di inviare memorie o istanze, ove non diversamente disposto, per il tramite della medesima posta certificata.

Tale «pacchetto» di norme viene completato dalla previsione dell'invio delle minute delle richieste di provvedimenti e degli atti su cui esse si fondano anche per via telematica o su supporto informatico. Essendo, infatti, spesso necessario nei provvedimenti giurisdizionali riportare brani interi di parti di atti del procedimento, in tal modo si evita di gravare le cancellerie o gli stessi giudici della necessità di lunghe ed inutili copie manuali, con notevole risparmio di tempo (articolo 42, comma 1-bis, delle norme di attuazione, introdotto dall'articolo 5, comma 1, lettera b), del disegno di legge).

Sempre nell'ottica dell'accelerazione, la lettera e) prevede che all'articolo 150, comma 1, le parole: «Quando lo consigliano circostanze particolari,» siano soppresse, consentendo il ricorso a particolari forme di notificazione a soggetti diversi dall'imputato in via ordinaria. Tale disposizione appare in linea anche con i progressi della tecnica, che oggi consente il ricorso alle forme «certificate» di comunicazione anche per via informatica o telematica, dianzi evidenziate.

La lettera f) modifica il comma 1 dell'articolo 151, prevedendo che le notificazioni di atti del pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari siano eseguite dall'ufficiale giudiziario e che possano tuttavia essere eseguite dalla polizia giudiziaria nei casi di atti di indagine o provvedimenti che la stessa polizia giudiziaria è delegata a compiere o è tenuta ad eseguire, ovvero, quando motivate ragioni lo impongano, dalla sezione di polizia giudiziaria.

Tale norma introduce una possibilità di deroga per il pubblico ministero in presenza di «concrete e motivate ragioni d'urgenza» (il riferimento alla «concretezza» delle ragioni esclude la possibilità di trasformare l'istituto in una sorta di meccanismo «ordinario», sorretto da motivazioni apodittiche o meramente apparenti) che non consentano il ricorso alle notificazioni a mezzo dell'ufficiale giudiziario (le ipotesi possono essere molte: dalla prossimità dei termini di prescrizione del reato al cospicuo numero degli imputati, dislocati sul territorio nazionale, eccetera).

A fini acceleratori, si prevede altresì [lettera g)] che le notificazioni richieste dalle parti private siano sempre sostituite dall'invio di copia dell'atto effettuata mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, eventualità questa già prevista nella precedente formulazione dell'articolo 152, ma in via meramente facoltativa.

In coerenza con il duplice obiettivo di accelerare i tempi del procedimento e di introdurre meccanismi di riqualificazione del personale, la lettera l) sostituisce integralmente l'articolo 159.

Si prevede che nell'impossibilità di eseguire le notificazioni nei modi previsti dall'articolo 157, l'ufficiale giudiziario stesso procede, anche consultando i competenti uffici pubblici, a nuove ricerche dell'imputato presso l'amministrazione penitenziaria centrale, i luoghi di nascita, residenza anagrafica, domicilio, dimora e lavoro, e procede d'ufficio alla nuova notificazione, potendo anche delegare l'ufficiale giudiziario competente per territorio ad eseguire la notificazione.

Ai sensi del comma 2 del novellato articolo 159, in caso di esito negativo delle ricerche, l'autorità giudiziaria, nel corso delle indagini preliminari ovvero nell'udienza preliminare, emette decreto di irreperibilità con il quale, dopo avere nominato un difensore all'imputato che ne è privo, ordina che la notificazione sia eseguita mediante consegna di unica copia dell'atto al difensore. Resta ferma la possibilità per l'autorità giudiziaria di rinnovare, solo ove assolutamente necessario, le ricerche tramite la polizia giudiziaria.

Tale disposizione è completata dall'articolo 54-bis introdotto nelle norme di attuazione [articolo 5, comma 1, lettera c)], che disciplina la documentazione da parte dell'ufficiale giudiziario delle attività di ricerca dell'imputato, secondo cui:

«1. Quando l'ufficiale giudiziario procede a ricerche dell'imputato ai sensi dell'articolo 159 del codice, redige verbale delle ricerche compiute, indicando i luoghi, le persone e gli enti interpellati. Al verbale deve essere allegata copia di tutta la documentazione fornita da dette persone o enti.

2. Quando incarica della notificazione l'ufficiale giudiziario competente per territorio, l'ufficiale giudiziario trasmette allo stesso copia di tutta la documentazione utile al reperimento dell'imputato».

Non viene modificato il vigente comma 2 dell'articolo 159 (comma 3 nel testo novellato), secondo cui le notificazioni in tal modo eseguite sono valide ad ogni effetto. L'irreperibile è rappresentato dal difensore.

Tale norma, tuttavia, in armonia con la filosofia di fondo del disegno di legge, verrà ad assumere un rilievo molto minore rispetto alla disciplina attuale nella fase dibattimentale, proprio per rispettare l'esigenza di assicurare all'imputato una conoscenza «effettiva» del procedimento penale a suo carico.

La lettera m) apporta all'articolo 161 un modesto adattamento, che recepisce il contributo univoco della giurisprudenza di legittimità, chiarendo alcuni aspetti dubbi della disposizione: all'articolo 161, infatti, il primo periodo del comma 4 è sostituito dal seguente: «Nei casi di cui ai commi 1 e 2, quando l'ufficiale giudiziario accerta l'impossibilità di eseguire la notifica dell'atto all'imputato presso il domicilio dichiarato o eletto ovvero presso il domicilio determinato, procede alla notificazione dello stesso mediante consegna di unica copia al difensore, dando atto, nella relazione di cui all'articolo 168, dell'omessa notificazione presso il domicilio eletto, dichiarato o determinato».

La lettera n), infine, prevede che le notifiche delle sentenze nei confronti degli imputati non possano più essere effettuate a mezzo della posta. Detta modifica - da leggere insieme a quella apportata all'articolo 1 della legge 20 novembre 1982, n. 890, dal successivo articolo 4 - è in primo luogo volta a rendere quanto più effettiva possibile (si veda quanto infra esposto in relazione al capo VII del presente disegno di legge) la conoscenza da parte dell'imputato del processo celebrato nei suoi confronti; la sentenza resa dalla Corte costituzionale in data 22-23 settembre 1998, n. 346 - con la quale si dichiarava l'illegittimità costituzionale dell'articolo 8, secondo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 - è stata esplicita nell'affermare l'inidoneità della notifica a mezzo posta a costituire sempre e in ogni caso una garanzia effettiva in tal senso. In secondo luogo tale modifica potrà sensibilmente contribuire alla riduzione dei tempi intercorrenti tra l'emissione della decisione e il passaggio del fascicolo in appello a seguito dell'eventuale impugnazione; attualmente, infatti, gli ufficiali giudiziari si limitano, a meno di contrario ordine da parte del magistrato procedente, ad inviare all'imputato copia dell'atto, con la conseguenza che sarà in ogni caso necessario attendere la conclusione dell'iter postale, lungo e farraginoso, del plico per considerare correttamente effettuata la relativa notifica. Se, viceversa, l'ufficiale giudiziario dovrà recarsi di persona ad espletare tale incombente, è ragionevole ritenere che l'esito delle notifiche raggiungerà «in tempo reale» le cancellerie, le quali potranno provvedere più rapidamente alla trasmissione dei fascicoli alla corte d'appello.

Al capo III sono previste disposizioni in materia di inutilizzabilità degli atti processuali. La categoria dell'inutilizzabilità è infatti oggetto, nel presente disegno di legge, di una definizione più puntuale anche alla luce dei più consolidati orientamenti giurisprudenziali; l'istituto in questione nacque per reagire a ipotesi di grave violazione dei diritti degli indagati e degli imputati: perquisizioni effettuate senza mandato, intercettazioni illegittime, confessioni estorte. Nella legislazione successiva è, poi, diventato un mezzo per sanzionare deviazioni anche minime dal modello legale, determinate persino da leggi successive che hanno modificato le modalità di acquisizione del materiale probatorio; basti ricordare le vicende relative all'introduzione dell'articolo 141-bis ed alle modifiche dell'articolo 513 del codice di procedura penale, con relativi contrasti giurisprudenziali, con interventi della Corte costituzionale e del legislatore, con due diverse discipline transitorie nell'arco di un anno. Onde limitare tale eccessivo allargamento delle maglie della categoria dell'inutilizzabilità è previsto nel presente disegno di legge (articolo 6, comma 1) che l'inutilizzabilità sia riservata alle prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge «a garanzia di diritti costituzionalmente tutelati», essendo altrimenti sufficiente la tutela apprestata dal regime delle nullità.

Il capo IV, recante disposizioni in materia di circostanze, recidiva e prescrizione del reato, costituisce uno dei punti maggiormente qualificanti dell'intervento.

In tema di recidiva, la disciplina proposta intende muoversi secondo due direttrici fondamentali.

In primo luogo, si propone di superare il meccanismo del cosiddetto «doppio binario», introdotto con la legge 5 dicembre 2005, n. 251 (recante «Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione»), tra «recidivi» e delinquenti «primari».

Infatti la legge, nota come «ex Cirielli», ha introdotto una serie di rilevanti modifiche al sistema penale, incidendo sul regime delle attenuanti, della sospensione condizionale della pena, sull'importanza della recidiva anche per il godimento di benefìci penitenziari, sull'istituto della prescrizione dei reati, sulle modalità di adozione dei criteri di dosimetria della pena, imperniando il progetto sull'ottica della punizione «esemplare» per il «recidivo reiterato», destinatario non solo di pene assai più elevate, ma anche di periodi prescrizionali più lunghi e di un trattamento penitenziario molto più severo.

Contemporaneamente, sono stati ridotti gli spazi di discrezionalità del giudice, sostituiti in molti casi (concessione delle attenuanti, giudizio di bilanciamento delle circostanze, aggravamenti di pena per recidiva, applicazione di benefìci penitenziari) da automatismi che «ingessano» la valutazione in ordine alla gravità del fatto e alla personalità dell'imputato.

Il disegno di legge [articolo 7, comma 1, lettere a), b) e c); articoli 8 e 9] intende pertanto eliminare gli effetti negativi della legge n. 251 del 2005, con un intervento riequilibratore nel trattamento tra recidivi e no.

Nell'occasione, si è ritenuto di ridisegnare l'istituto stesso della recidiva; in particolare, si prevede [articolo 99, come riformulato dall'articolo 7, comma 1, lettera d), del disegno di legge] una recidiva che sia «obbligatoria» (per garantire a tutti i recidivi eguale trattamento, sganciandolo da scelte discrezionali), «specifica» (in base alla convinzione che recidivo «vero» sia solo chi ricade in un reato della stessa natura, e perché solo di fronte a un nuovo reato omogeneo si può dire che la pena sofferta si è rivelata insufficiente) e «temporanea» (perché l'astensione dal delitto per un certo numero di anni depone a favore della sufficienza della pena e del ravvedimento del reo, in modo simmetrico rispetto a quanto è previsto agli effetti della pena sospesa o del patteggiamento).

Quanto all'inquadramento sistematico, la recidiva è stata considerata come una circostanza comune in senso tecnico, che può essere assunta a oggetto del giudizio di comparazione tra circostanze, pur prevedendo un aumento massimo di un quarto, anziché di un terzo.

Si è tuttavia conservata, sia pure con le caratteristiche anzidette, la «recidiva reiterata», prevedendosi in questo caso un aumento di pena maggiore (fino alla metà). Per i reati connotati da un più grave indice di pericolosità (delitti indicati all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale), si prevede inoltre che l'aumento non possa essere inferiore ad un terzo e che la «temporaneità» sia riferita ad un arco di tempo di dieci anni.

Il secondo binario su cui corre il presente capo IV del disegno di legge è quello della ridefinizione dell'istituto della prescrizione.

Com'è noto, tale istituto esprime un limite temporale che lo Stato si dà preventivamente e legislativamente, in ordine all'esercizio della sua pretesa punitiva contro l'incolpato di un reato, sulla base di un duplice ordine di motivazioni: da un lato, l'«impallidire» del ricordo del delitto nella memoria sociale (aspetto più prettamente general-preventivo), dall'altro, la sofferenza dell'incolpato a fronte di un processo potenzialmente interminabile, con il rischio concreto che venga condannata una persona «diversa» rispetto a quella che ha commesso il fatto.

L'istituto è stato profondamente riformato dalla citata legge n. 251 del 2005, a seguito della quale la Corte costituzionale è stata investita di numerose questioni di legittimità, la prima delle quali, decisa il 23 ottobre 2006 (sentenza n. 393 del 2006), ha già condotto a stabilire l'illegittimità dell'articolo 10, comma 3, della legge, per la parte in cui la norma prevedeva che i nuovi termini di prescrizione non si applicassero ai processi già pendenti in primo grado ove vi fosse stata la dichiarazione di apertura del dibattimento.

Peraltro l'istituto, già prima dell'entrata in vigore della legge cosiddetta «ex Cirielli», necessitava di una profonda rimeditazione, che operasse un corretto bilanciamento tra l'affermazione della pretesa punitiva dello Stato e il diritto dell'imputato a un processo definito in tempi ragionevoli.

Il principio della durata ragionevole, consacrato dall'articolo 111 della Costituzione, deve dunque fungere da linea guida per il legislatore in due direzioni.

La prima è quella di provvedere a razionalizzare la sequenza procedurale, eliminando attività o garanzie superflue ovvero meramente formali, senza intaccare il nucleo di garanzie costitutive del modello di giusto processo.

La seconda è quella di predisporre soluzioni normative volte a disincentivare comportamenti delle parti strumentali al prolungamento del processo al di là della sua ragionevole durata e, in particolare, diretti ad ottenere la prescrizione. Si intende qui far riferimento alle impugnazioni dichiaratamente pretestuose, come, ad esempio, quelle relative a gran parte delle sentenze emesse in esito all'applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale.

In tal senso sono state approntate norme che da un lato sono volte a disincentivare condotte dilatorie, dall'altro modificano gli istituti vigenti i quali, allo stato, costituiscono veicolo di inutili appesantimenti procedurali (innumerevoli reiterazioni delle notifiche di atti, rinvii eccetera).

Sotto il profilo sostanziale, ai fini del presente intervento, si ritiene che gli obiettivi di accelerazione del processo possano essere raggiunti anche attraverso una completa ridefinizione dell'istituto della prescrizione del reato, da mantenersi quale causa estintiva dello stesso.

Movendo in tale direzione, si è previsto quindi che la ridefinizione dell'istituto della prescrizione [articolo 7, comma 1, lettere da e) a i)] debba passare attraverso alcuni snodi fondamentali:

1) commisurare il tempo della prescrizione esclusivamente alla pena massima edittale (in continuità, sotto questo aspetto, con la modifica normativa del 2005, a sua volta mutuata dai progetti di riforma del codice penale Pagliaro e Nordio); non si è ritenuto di seguire la strada tracciata dall'originaria formulazione dell'articolo 157, che conteneva un'elencazione analitica dei tempi di prescrizione, modulata sulla base dello «scaglionamento» dei reati per fasce edittali: essa, oltre a peccare di un eccesso di tassatività, creava ingiustificate disparità nel caso concreto tra reati puniti edittalmente in modo differente.

Si è quindi preferito un rinvio alla pena edittale prevista per ciascun reato, aumentata della metà (aumento non contemplato dalla legge n. 251 del 2005). Quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e la pena pecuniaria, come nell'attuale disciplina, per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva;

2) escludere le circostanze dal computo, ad eccezione di quelle cosiddette «ad effetto o ad efficacia speciale». Per determinare il tempo necessario a prescrivere si stabilisce, infatti, che si abbia riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell'aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le circostanze ad effetto speciale (aumenti o diminuzioni di pena superiori a un terzo) e quelle per le quali la legge determina la pena in modo autonomo (cosiddette circostanze «ad efficacia speciale» o «indipendenti»), in quanto espressione di un disvalore superiore a quello che il legislatore ordinariamente configura nel prevedere il regime delle circostanze «ordinarie»;

3) prevedere, in ogni caso, un tetto minimo e massimo della prescrizione dei reati; si prevede infatti che la prescrizione non possa:

a) essere inferiore a sei anni per i delitti e a quattro per le contravvenzioni, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria;

b) essere superiore a venti anni per i delitti, ad eccezione che per i delitti di maggiore gravità, per i quali il termine massimo è previsto nella misura di trenta anni. La prescrizione non estingue i reati per i quali la legge prevede la pena dell'ergastolo, anche come effetto dell'applicazione di circostanze aggravanti;

4) adattare la decorrenza del termine di prescrizione alla diversa natura delle sanzioni, prevedendo termini differenti non solo tra delitti e contravvenzioni, ma anche tra le sanzioni «originarie» del codice e sanzioni di specie diversa; si prevede pertanto che, quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, si applica il termine di sei anni. Quest'ultima norma, rendendo tale termine omogeneo con il termine prescrizionale minimo dei delitti, supera i dubbi di costituzionalità sollevati, ad esempio, con riferimento alle sanzioni applicate dal giudice di pace ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo n. 274 del 2000 (il caso è quello della irragionevole diversità di termini di prescrizione tra il «lavoro sostitutivo», per cui è attualmente previsto un termine triennale, e la pena pecuniaria, per cui il termine è ora fissato in sei anni), cui ora si dovrà applicare il nuovo termine;

5) recependo una giurisprudenza ormai consolidata della Suprema Corte (su cui, più diffusamente, si veda infra, in tema di impugnazioni), si è ritenuto che in caso di dichiarazione d'inammissibilità del ricorso per cassazione, il termine di prescrizione si debba ritenere sospeso al momento della pronuncia della sentenza di condanna di secondo grado (con esclusione, quindi, dei casi in cui ricorrente sia il pubblico ministero).

Parimenti, si ritiene che il termine prescrizionale non debba decorrere nei casi di sentenza di condanna nell'ipotesi di cosiddetta «doppia conforme». In questo caso, infatti, la pronuncia che contiene un doppio accertamento di merito in ordine alla responsabilità è sicuramente connotata da una stabilità tale da superare l'opportunità di mantenere l'operatività dell'istituto della prescrizione, senza peraltro comprimere in alcun modo i diritti sanciti dall'articolo 14 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato a New York il 19 dicembre 1966 e ratificato dall'Italia ai sensi della legge 25 ottobre 1977, n. 881.

Tuttavia, nel caso in cui il ricorso per cassazione venga accolto, il tempo occorrente alla celebrazione del giudizio di cassazione verrà computato ai fini prescrizionali, così come quello necessario per la celebrazione dei successivi gradi di giudizio, ove presenti. In tal modo, l'imputato che faccia valere i propri diritti vittoriosamente non dovrà subire gli effetti negativi del decorso del tempo.

Per gli stessi motivi, a tale ipotesi viene parificata quella in cui la pronuncia di appello abbia riformato la sentenza di condanna di primo grado limitatamente alla specie o alla misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione tra circostanze, in quanto tale pronuncia non tocca l'affermazione di responsabilità.

Sono state ripristinate alcune norme della disciplina antecedente la «legge ex Cirielli», quali quella dei reati connessi e del reato continuato: in coerenza con la scelta di prevedere termini di prescrizione non più articolati per «scaglioni», ma in ragione della pena edittale di ciascuno di essi, appare necessario, in caso di contestazione congiunta, stabilire un dies a quo unico, onde evitare complicati calcoli, così come prevedere che, in caso di reati connessi, l'interruzione per taluni di essi abbia effetto anche per gli altri.

Si sono inoltre ridisegnate le cause di sospensione (articolo 159, secondo comma, del codice penale) e di interruzione della prescrizione (articolo 160 del codice penale).

Tra le seconde, è stato attribuito rilievo, risolvendo datati contrasti giurisprudenziali, all'interrogatorio delegato dal pubblico ministero e all'avviso di conclusione delle indagini preliminari.

Tra le prime, invece, sono state incluse tutte le ipotesi di «stasi processuali» riconducibili ad attività dell'imputato, e segnatamente:

1) presentazione di dichiarazione di ricusazione ai sensi dell'articolo 38 del codice di procedura penale, dalla data della presentazione della stessa fino a quella della comunicazione al giudice procedente del provvedimento che dichiara l'inammissibilità della medesima (per la «remissione» del processo la sospensione del termine di prescrizione è già prevista dall'articolo 47, comma 4, del codice di procedura penale);

2) concessione di termine a difesa in caso di rinuncia, revoca, incompatibilità e abbandono della difesa, per un periodo corrispondente al termine concesso;

3) rinnovazione, su richiesta dell'imputato, delle prove assunte in dibattimento, a seguito di mutamento della persona fisica del giudice, per tutto il tempo necessario alla rinnovazione. La disposizione non si applica ai coimputati cui non si riferisce la richiesta di rinnovazione, se viene disposta la separazione dei processi, né al caso in cui la nuova assunzione riguardi fatti e circostanze nuove (si veda anche quanto illustrato infra, con riferimento all'articolo 190-bis del codice di procedura penale, come novellato);

4) sospensione del processo del quale l'imputato non sia stato posto a conoscenza.

Parallelamente, si è previsto che in caso di remissione in termini di cui all'articolo 175, comma 2, del codice di procedura penale, per effetto della remissione non decorrano i termini di prescrizione del reato.

Si ritiene tuttavia necessario (simmetricamente a quanto previsto in tema di recidiva) mantenere un regime prescrizionale più rigido per i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale. E infatti, la legge n. 251 del 2005, da un lato, ha previsto che il termine «ordinario» di prescrizione per tali reati fosse pari al doppio della pena edittale (articolo 157, sesto comma, del codice penale); dall'altro ha escluso un termine di prescrizione «massima» (articolo 161, secondo comma, del codice penale), circostanza che in dottrina aveva sollevato molteplici dubbi di incostituzionalità.

Nel testo proposto, in cui il termine di prescrizione «ordinario» viene aumentato della metà, si ritiene sufficiente prevedere per tali reati un congruo aumento dei termini di prescrizione massima, quantificato nella misura di trenta anni.

 Per meglio comprendere, in parte qua, la portata e gli effetti della novella, sembra opportuno rappresentare, seppur in modo esemplificativo, in forma sinottica il percorso evolutivo dei termini prescrizionali, evidenziando i termini «ordinari» e «massimi» previsti dalla disciplina codicistica precedente alla legge n. 251 del 2005, quelli successivi alla stessa e quelli risultanti dal presente disegno di legge.


 

 

Reato

Prescrizione ante legge

n. 251 del 2005

Prescrizione post legge

n. 251 del 2005

Prescrizione secondo

il disegno di legge

416, sesto comma

ordinaria: 15 anni

massima: 22,5 anni

ordinaria: 30 anni

massima: senza limite

ordinaria: 22,5 anni

massima: 30 anni

416-bis, primo comma

ordinaria: 15 anni

massima: 22,5 anni

ordinaria: 20 anni

massima: senza limite

ordinaria: 15 anni

massima: 22,5 anni

600

ordinaria: 15 anni

massima: 22,5 anni

ordinaria: 40 anni

massima: senza limite

ordinaria: 30 anni

massima: 30 anni

630

ordinaria: 20 anni

massima: 30 anni

ordinaria: 60 anni

massima: senza limite

ordinaria: 30 anni

massima: 30 anni

 

 

 


Il capo V del disegno di legge contiene norme relative alle indagini preliminari e ai riti alternativi.

Un primo istituto che è apparso necessario modificare è quello della «proroga delle indagini preliminari» [articolo 406 del codice di procedura penale, come sostituito dall'articolo 10, comma 1, lettera b)].

Si prevede espressamente che la prima proroga non abbia una durata necessariamente semestrale, tempo che costituisce comunque il termine massimo della proroga, ma che possa venire calibrata dal giudice in relazione al tempo pronosticato per l'assunzione degli elementi di prova richiesti. In tal modo potrà essere accelerato il tempo delle indagini, che possono essere compiute in termini più brevi del periodo semestrale.

Si è ritenuto inoltre di dover intervenire anche sul procedimento di «archiviazione».

Si è in primo luogo ritenuto di abrogare il comma 1-bis dell'articolo 405 [articolo 10, comma 1, lettera a)]. Tale norma, secondo cui «il pubblico ministero, al termine delle indagini, formula richiesta di archiviazione quando la Corte di cassazione si è pronunciata in ordine alla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ai sensi dell'articolo 273, e non sono stati acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico della persona sottoposta alle indagini», introdotta con la recente legge n. 46 del 2006, opera un accostamento improprio tra il giudicato cautelare e quello di merito, laddove anche una più approfondita rivalutazione di tutti gli elementi probatori acquisiti nel corso delle indagini preliminari potrebbe determinare una nuova valutazione della posizione dei singoli incolpati. L'abrogazione tende pertanto a restituire razionalità al sistema.

Il procedimento di archiviazione, inoltre, (articoli 409 e 410) è stato modificato nel modo che segue dall'articolo 10, comma 1, lettere c) e d):

1) viene eliminata l'udienza camerale in tutti i casi in cui il giudice indichi il compimento di ulteriori indagini al pubblico ministero che ha chiesto l'archiviazione;

2) quando il giudice ritenga di non accogliere la richiesta e di non disporre nuove investigazioni, l'udienza camerale si terrà solo per i procedimenti relativi a reati per i quali è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare; negli altri casi, il giudice per le indagini preliminari, con propria ordinanza, richiederà al pubblico ministero di emettere il decreto di citazione a giudizio di cui all'articolo 552 del codice di procedura penale;

3) corrispondentemente, l'udienza, in caso di opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione, verrà celebrata solo per i procedimenti relativi a reati per i quali è previsto lo svolgimento dell'udienza preliminare.

 

All'esito dell'udienza (o con provvedimento emesso inaudita altera parte, per i reati a citazione diretta), il giudice potrà disporre nuove indagini e imporre al pubblico ministero di formulare l'imputazione ovvero di archiviare il procedimento.

A fini acceleratori, si è inoltre modificato l'articolo 413 [lettera e)], prevedendosi che in caso di richiesta di avocazione, se il procuratore generale non provvede in ordine alla stessa nel termine di trenta giorni, ovvero non formula le sue richieste nel termine di cui al comma 2, la persona sottoposta ad indagini o la persona offesa dal reato possono richiedere al giudice per le indagini preliminari di fissare un termine, non superiore a trenta giorni, per la formulazione da parte del pubblico ministero delle richieste di cui all'articolo 405, comma 1.

Si prevede, inoltre [lettere f), g), l) e m)], l'eliminazione dell'obbligo di inviare l'avviso previsto dall'articolo 415-bis in tutti i procedimenti ove l'imputato abbia altrimenti avuto notizia dell'esistenza di un procedimento penale a suo carico, ovvero sia stata notificata nei suoi confronti l'informazione di garanzia (articolo 369 del codice di procedura penale) o altro atto ad essa equipollente.

Questa modifica è volta all'eliminazione di un adempimento che spesso non apporta alcun effettivo vantaggio all'esercizio del diritto di difesa dell'indagato, ma che impone, viceversa, un notevole allungamento dei tempi procedimentali. L'istituto è stato, invece, mantenuto per tutte le ipotesi - non molto numerose, attesa la disciplina attualmente vigente - in cui l'indagato non abbia altrimenti avuto conoscenza del procedimento nei suoi confronti, nell'ottica di consentire in ogni caso a quest'ultimo un intervento per la propria difesa già in fase di indagini preliminari.

Le lettere g) e m), in conseguenza dell'eliminazione dell'avviso di cui all'articolo 415-bis, limitano le previsioni di nullità contenute negli articoli 416 e 552 ai casi in cui questo sia stato omesso nelle ipotesi in cui rimane obbligatorio il suo invio.

Le lettere h) e i), infine, modificano rispettivamente gli articoli 418 e 419 del codice di rito, ampliando a trenta giorni il termine per la comunicazione degli avvisi relativi all'udienza preliminare e a sessanta giorni il termine massimo consentito al giudice per la fissazione della medesima. Entrambe le suddette modifiche sono dettate dall'esigenza di consentire il pieno esercizio del diritto di difesa; è parso, infatti, opportuno ampliare il lasso di tempo riconosciuto all'imputato e al suo difensore per l'adeguata preparazione della propria difesa, anche in considerazione dell'eliminazione, nella maggior parte dei casi, dell'avviso di cui all'articolo 415-bis e della presa d'atto che la consistenza degli atti allegati alla richiesta di rinvio a giudizio in molti casi non consente un rapido disbrigo delle richieste di copia degli stessi da parte delle cancellerie.

Quanto ai riti alternativi, all'articolo 11, comma 1, lettere a) e b), si prevede che il giudizio abbreviato, per i procedimenti di competenza della corte di assise, sia celebrato dinanzi a quest'ultima. Infatti, è sembrato opportuno che processi relativi a reati di particolare gravità siano sottratti alla responsabilità di un unico giudice.

Quanto agli altri riti, al fine di incentivarne l'utilizzo, si prevede:

1) un prolungamento fino a trenta giorni della possibilità di chiedere il rito direttissimo fuori dai casi in cui consegua ad arresto in flagranza [lettera c)];

2) un prolungamento fino a sei mesi del termine per procedere con il rito immediato, che diventa quindi simmetrico a quello della durata ordinaria delle indagini preliminari [lettera d)];

3) l'espunzione della norma (le conseguenze della cui violazione erano peraltro di dubbia portata) che consente di chiedere il decreto penale di condanna solo entro sei mesi dall'iscrizione della notitia criminis; si è previsto, inoltre, un termine di trenta giorni entro cui il giudice deve decidere sulla richiesta di emissione del decreto penale di condanna [lettera e)];

4) sempre con riferimento al decreto penale di condanna, si prevede che, in caso di irreperibilità del condannato, anziché restituire gli atti al pubblico ministero, sia il giudice stesso ad emettere il decreto di giudizio immediato, simmetricamente a quanto avviene in caso di opposizione a decreto penale [lettera f)], eliminandosi in tal modo tempi di stasi processuale non controllati né dalle parti né dal giudice. Tale norma, in particolare, non sembra confliggere con l'obbligo di esercizio dell'azione penale, in quanto la volontà punitiva dello Stato è già stata espressa dal pubblico ministero con la richiesta di decreto penale di condanna, né con il diritto a chiedere riti alternativi, nei modi e nei limiti previsti dalla disciplina del rito immediato.

Si è inoltre ritenuto [lettere g) e h)] di abrogare il comma 4 dell'articolo 599 e il comma 2 dell'articolo 602, che disciplinano l'ipotesi di accordo tra le parti per l'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello con rideterminazione della pena e rinuncia agli altri motivi. Tale istituto, pur essendo strutturalmente e funzionalmente diverso dall'istituto di cui all'articolo 444 del medesimo codice di procedura penale, differenza ribadita più volte dalla Corte di cassazione (si veda, ex plurimis, sez. I penale, sentenza 25 marzo - 17 aprile 1998, n. 1760), di fatto, in ragione delle condizioni di accesso previste per la sua applicazione, ha penalizzato l'interesse a ricorrere all'istituto del patteggiamento di primo grado, con ricadute assolutamente negative sull'obiettivo di deflazione del carico processuale legato proprio al ricorso ai riti alternativi in tale fase. Questo obiettivo, al contrario, può essere perseguito più efficacemente con la previsione che il patteggiamento possa essere richiesto, di regola, esclusivamente sino alla fase degli atti preliminari in modo da costituire realmente l'ultima possibilità per ottenere uno sconto di pena.

Al capo VI, poi, sono previste disposizioni in materia di misure cautelari. Nell'ottica di una riduzione del ricorso alle misure di custodia cautelare è stata ampliata a sei mesi la durata delle misure interdittive [articolo 12, comma 1, lettera b)]; viene prevista, inoltre, la cumulabilità delle stesse con le misure coercitive diverse dalla custodia cautelare in carcere [articolo 12, comma 1, lettera a)]. L'insufficienza di una misura interdittiva della durata di due mesi, a fronte di una procedura complessa, esercita, infatti, attualmente una spinta a richiedere le sopra menzionate - e ben più incisive - misure custodiali.

Con riferimento alle misure cautelari reali, è stato, poi, previsto di rafforzare l'alternatività tra la scelta del ricorso alla procedura di riesame o del ricorso per cassazione, ed è stata quindi esclusa la ricorribilità per cassazione avverso le decisioni del tribunale del riesame. Si dovrà, quindi, scegliere se chiedere un nuovo giudizio nel merito oppure se far valere delle questioni di legittimità; nel primo caso non sarà consentito il successivo ricorso per cassazione. Le garanzie previste dagli articoli 258, 262, 263, 319, 321, 322-bis e 324 del codice di procedura penale (gli ultimi cinque dei quali prevedono l'intervento necessario del giudice in sede di emissione, convalida, appello o riesame) e la riproponibilità delle istanze in ogni stato e grado del processo, possono ritenersi rimedi sufficienti a tutelare gli interessi dei soggetti interessati. Per le medesime ragioni è stata, altresì, esclusa la ricorribilità per cassazione avverso i provvedimenti emessi ai sensi dell'articolo 322-bis del codice di procedura penale a seguito di appello dell'indagato.

Il capo VII è dedicato alla rivisitazione delle norme del codice di rito in materia di contumacia, assenza, sospensione del processo e rinnovazione del dibattimento a seguito di mutamento della persona fisica del giudice.

Quanto al processo contumaciale, appare ormai improcrastinabile una profonda rivisitazione del processo in absentia.

Con la ratifica della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) (legge 4 agosto 1955, n. 848), il nostro Paese ha assunto l'impegno di rispettarne i princìpi, fra cui quello imposto dall'articolo 6 (cosiddetto diritto ad un «processo equo»), paragrafo 3, lettere c) e d) della Convenzione.

La prima norma regola diritti fondamentali: quello a difendersi personalmente o tramite difensore di fiducia e quello di essere assistito, in caso contrario, gratuitamente da un difensore d'ufficio.

Il secondo principio codifica il diritto all'esame e al controesame dei testimoni a carico, ovvero, in altre parole, al contraddittorio.

Nel corso degli ultimi anni numerosi sono stati i casi di condanna da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo (EDU) per violazione dei diritti anzidetti: queste sentenze impongono un «obbligo di conformazione» per gli Stati condannati ai sensi dell'articolo 46 della Convenzione (fra tutte, le sentenze rese nei processi Colozza c. Italia, 1985, Sejdovic c. Italia, 2004, Somogyi c. Italia, 2005).

Lo Stato italiano, nell'ultimo decennio, ha compiuto sforzi notevoli a livello normativo per adeguarsi ai princìpi dettati dalla CEDU. La legge n. 63 del 2001 ha radicalmente modificato gli istituti delle cosiddette «letture» di dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da parte di testimoni e imputati di reato connesso o collegato (articoli 500, 501, 513 e 197-bis del codice di procedura penale).

La costituzionalizzazione del principio del «giusto processo», operata dalla legge costituzionale n. 2 del 1999, ha comportato l'approvazione, in particolare, del decreto-legge n. 17 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 60 del 2005, il quale ha compiuto un ulteriore necessario adeguamento ai princìpi affermati dalla CEDU, mediante la rimodulazione dell'istituto della «rimessione in termini» per il caso di processo in absentia, svoltosi senza che l'imputato ne abbia avuto conoscenza.

Tuttavia, i problemi affrontati dai due provvedimenti citati non possono dirsi risolti.

Per quanto riguarda il regime giuridico delle «letture», pende dinanzi alla Corte costituzionale la questione di legittimità dell'articolo 630 del codice di procedura penale, disciplinante l'istituto della revisione, per un processo (cosiddetto «caso Dorigo») conclusosi con la condanna di un imputato formulata sulla base delle dichiarazioni non confermate di un pentito, utilizzate ai sensi dell'articolo 513 del codice di procedura penale nella sua originaria formulazione. La Corte di cassazione, a sua volta, ha annullato senza rinvio l'ordinanza emessa dalla corte d'assise di Udine, in funzione di giudice dell'esecuzione, con cui aveva rigettato la richiesta proposta dal procuratore della Repubblica presso il locale tribunale al fine di fare verificare la perdurante efficacia del titolo esecutivo a carico del condannato Dorigo Paolo e, di conseguenza, ha dichiarato l'inefficacia dell'ordine di carcerazione emesso nei confronti del condannato (Cassazione, sezione I penale, sentenza 1o dicembre 2006, Dorigo).

Così come recentemente la Corte EDU ha condannato lo Stato italiano per questioni relative alla sostanziale inapplicabilità dell'istituto della remissione in termini ad alcuni casi specifici, in considerazione dell'assenza di norme transitorie nel citato decreto-legge n. 17 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 60 del 2005.

In questa sede si intende intervenire sulla disciplina del processo in contumacia, rinviando a un prossimo intervento l'introduzione di una normativa ad hoc per quanto riguarda i rimedi da approntare a seguito di condanne emesse dalla Corte EDU per le violazioni alla relativa Convenzione e concernenti problematica legata alla sentenza Dorigo; ciò anche in considerazione della pendenza di un giudizio di fronte alla Corte costituzionale.

Per quanto riguarda il processo in absentia, occorre ricordare la profonda differenza che esiste tra gli ordinamenti di civil law, come l'Italia e i Paesi neo-latini, e i Paesi di common law, come la Gran Bretagna e gli altri Paesi anglofoni, cui ha in larga parte attinto lo Statuto della Corte EDU.

In Italia, tradizionalmente, si riconoscono due diritti all'imputato: quello di mentire nel corso del processo (conseguenza del principio nemo tenetur se detegere) e quello di non essere presente al processo (da cui il cosiddetto «processo contumaciale»).

I Paesi di common law invece non prevedono un processo in absentia dell'accusato, ritenendo assolutamente essenziale la possibilità per questo di dichiararsi «colpevole» o «innocente» (guilty/not guilty), con le inevitabili conseguenze che un'eventuale affermazione non veritiera comporta, tra le quali la più evidente è l'incriminazione per «spergiuro» o per «oltraggio alla Corte» (contempt of Court), cui spesso viene parificata l'ingiustificata assenza dall'aula.

La Corte EDU ritiene tale secondo assetto ordinamentale più aderente ai canoni del «giusto processo»: da qui la condanna dell'Italia in numerose occasioni per processi contumaciali celebrati anche nei confronti di soggetti che si sono volontariamente sottratti a provvedimenti restrittivi della libertà personale.

Il modello anglosassone tuttavia presenta rigidità strutturali che non consentono un'automatica trasposizione, nel nostro sistema, degli strumenti processuali attraverso cui si evita il giudizio contumaciale, in particolare per ciò che riguarda l'affermazione del principio della presenza obbligatoria al processo da parte dell'imputato.

Se, pertanto, i tempi appaiono maturi per la definitiva soppressione dell'istituto della contumacia, occorre tuttavia trovare un giusto equilibrio tra le innovazioni conseguenti a tale scelta e il complessivo sistema processuale.

Se si pone l'attenzione ad organismi sovranazionali, si nota come lo Statuto della Corte penale internazionale, ad esempio, abbia scelto una soluzione di compromesso, prevedendosi, di norma, la presenza dell'imputato nell'udienza dinanzi alla Camera preliminare (sorta di udienza preliminare), salvo che egli abbia rinunciato al suo diritto ad essere presente o si sia dato alla fuga e al contempo sia stato fatto tutto quanto era ragionevole fare per trovarlo e per informarlo dell'udienza. Nel dibattimento, invece, è necessaria la presenza fisica dell'imputato.

In realtà, affinché possa ritenersi rispettata la regola del giusto processo, in caso di absentia, secondo la Corte EDU i modelli di disciplina configurabili sono sostanzialmente due: un rimedio «preventivo», consistente nella sospensione del procedimento in caso di assenza incolpevole; ovvero un rimedio «riparatorio», simile a quello introdotto con la riforma dell'articolo 175 del codice di rito.

Seguendo la strada che si è tracciata nella sentenza Colozza, anche nella pronunzia della Grande camera del 1o marzo 2006, nel menzionato caso Sejdovic, si afferma che non è compito della Corte EDU indicare le modalità e le forme di un eventuale nuovo processo, dopo quello celebrato in contumacia, essendo gli Stati liberi di scegliere i modi migliori per conformarsi alle sentenze della Corte e dunque realizzare per il ricorrente, per quanto possibile, una situazione equivalente a quella nella quale avrebbe potuto trovarsi se i suoi diritti non fossero stati lesi (paragrafi 126-127).

Nelle ultime sentenze (Somogyi, paragrafo 86; Sejdovic, paragrafo 47) la Corte EDU, affrontando il tema dell'obbligo dello Stato di adottare idonee misure individuali per conformarsi alla sua pronunzia (cosiddetto «obbligo di restitutio in integrum», nascente dall'articolo 46 della CEDU, a seguito di condanna dello Stato per il suo sistema processuale in materia di giudizio in contumacia), utilizza proprio i due citati percorsi alternativi: riapertura del termine per proporre impugnazione o sospensione del processo. Lo Stato è dunque libero di conformarsi alla sentenza della Corte EDU, adottando una delle due misure alternativamente indicate dalla Corte stessa.

Altro tema su cui spesso si rileva una certa ambiguità è la nozione stessa di «conoscenza». Da più parti, in dottrina, si sostiene l'ipotesi di ancorare la conoscenza all'effettiva consegna, a mani proprie, di atti qualificati del procedimento (generalmente l'atto introduttivo del giudizio). Altri ritengono sufficiente una più generica conoscenza del «procedimento» in sè, indipendentemente dai singoli atti secondo cui lo stesso viene modulato.

Sul punto la Corte di cassazione (sentenza n. 15903 del 2006, Aziz) ha di recente affermato che «l'accoglimento dell'istanza di restituzione in termini per proporre impugnazione della sentenza pronunciata in contumacia, in base alla novella dell'articolo 175 del codice di procedura penale introdotta con il decreto-legge n. 17 del 2005, convertito, con modificazioni, nella legge n. 60 del 2005, è condizionata all'assenza della prova positiva della effettività della conoscenza del procedimento o del provvedimento, e quindi anche la sola conoscenza del procedimento impedisce all'imputato di avvalersi della restituzione in termini, pur se la sentenza sia stata poi notificata con i previsti meccanismi della mera conoscenza "legale"» (nel caso di specie il soggetto era stato sottoposto a misura cautelare), in tal modo fissando un chiaro principio di interpretazione della norma. La particolare delicatezza della tematica e la variegata gamma di aspetti interpretativi che essa presenta impongono dunque un approccio concreto ma prudente, moderno e al tempo stesso accortamente calibrato: il nostro ordinamento conosce infatti fenomeni criminosi pressoché sconosciuti ad altri ordinamenti dell'Europa continentale, che impongono particolare attenzione nel calibrare le scelte, bilanciando i vari beni costituzionali coinvolti.

Per questo è stato privilegiato un modello «sincretico» di disciplina dell'istituto, che combini rimedi preventivi e restitutori, conoscenza effettiva e presunzioni juris tantum, conoscenza del procedimento e di atti del medesimo, in relazione alla specificità dei casi di volta in volta disciplinati.

Il nostro attuale sistema processuale collega a determinate situazioni delle «presunzioni di conoscenza» degli atti del procedimento, quali quelle di cui agli articoli 159, 161, comma 4, 165 e 169 del codice di procedura penale, che determinano, di frequente, la celebrazione di processo in cui il banco dell'imputato è vuoto, ma non per sua scelta.

La recente pronuncia della Corte di cassazione sul cosiddetto «caso Somogyi» (sezione I penale, sentenza n. 32678 del 2006), forse proprio perché consapevole dei rischi di una adesione acritica ai princìpi espressi dalla Corte EDU, sembra tentare un approccio diverso.

In tale occasione la Corte, nell'evidenziare l'importanza dell'introduzione nel codice del comma 8-bis dell'articolo 157 del codice di rito, ha sottolineato come esso, in sostanza, codifichi il principio secondo cui, in caso di nomina di difensore «di fiducia», l'ordinamento formula una prognosi presuntiva (juris tantum) di conoscenza degli atti in capo all'imputato.

Ma da questa accentuazione della rilevanza del rapporto fiduciario discenderebbe, secondo la Corte, un corrispondente indebolimento delle presunzioni di conoscenza legate alle notifiche, effettuate ai sensi degli articoli 159, 161, comma 4, 165 e 169 a mani del difensore «d'ufficio». Esse sarebbero, pertanto, «di per sé inidonee a dimostrare l'effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento» salvo che si dimostri «che il difensore d'ufficio è riuscito a rintracciare il proprio assistito e a instaurare un effettivo rapporto professionale con lui».

La Corte pertanto, ritiene che l'assetto italiano non possa essere sconvolto totalmente, e che il sistema delle «presunzioni legali», sia pure juris tantum, deve essere mantenuto, seppur ricalibrandolo. Propone quindi di mantenere una presunzione di conoscenza degli atti in caso di nomina fiduciaria, posto che si deve intendere ragionevolmente che il difensore e l'assistito intrattengano contatti, mentre in caso di nomina d'ufficio tale presunzione non può sussistere.

Tale impostazione è stata sostanzialmente accolta nella proposta di modifica legislativa con alcune precisazioni. Infatti, sembra necessario distinguere l'ipotesi in cui l'assistito sia a conoscenza della nomina di un difensore d'ufficio da quella in cui la certezza di tale conoscenza non esista.

Ad esempio, diversa è la situazione dell'indagato cui viene notificato un decreto di sequestro che contenga anche le generalità del difensore d'ufficio, dal quella del soggetto (il caso classico è quello del cittadino straniero senza fissa dimora che vende copie contraffatte di opere tutelate dal diritto d'autore) che subisca un sequestro di iniziativa da parte della polizia giudiziaria, in cui la nomina del difensore d'ufficio avvenga in sede di convalida, non notificata per irreperibilità.

Solo in questo secondo caso si ritiene che non possa sussistere la presunzione di conoscenza degli atti, dovendosi ritenere invece, nel caso precedente, che incomba sull'indagato il dovere di diligenza di prendere contatto con il difensore e di tenersi informato sullo sviluppo del procedimento.

Si ritiene pertanto che, solo con riferimento alla seconda ipotesi, il giudice del dibattimento debba disporre che la notifica venga effettuata con modalità tali da conseguire l'effettiva conoscenza del processo e che, in caso di esito negativo, questo debba essere sospeso, e con esso i termini di prescrizione del reato.

In primo luogo, si ritiene necessario, come linea tendenziale, che i processi penali non si possano celebrare senza l'effettiva garanzia che l'imputato abbia avuto conoscenza almeno dell'inizio degli stessi. Tale approccio (in linea con le sentenze e con lo Statuto della Corte EDU) concerne la sola fase «processuale» in senso stretto, senza riferimento alle attività prodromiche alla stessa (indagini preliminari e udienza preliminare); nel rispetto delle statuizioni in esame, quindi, le modifiche proposte mantengono la possibilità di procedere alle indagini preliminari e all'udienza preliminare anche nei confronti di un indagato irreperibile ovvero nei cui confronti le notifiche vengano effettuate presso il difensore a norma degli articoli 159, comma 2, 161, comma 4, 165, comma 1, e 169, che disciplinano ipotesi di conoscenza «legale» o «formale».

Quanto alla fase dell'udienza preliminare, si è pertanto ritenuto di eliminare l'istituto della contumacia, sostituendolo con quello della mera «assenza», per tutti i casi in cui, compiuta la regolare notificazione del decreto di fissazione, l'imputato è o sarebbe dovuto essere presente [articolo 13, comma 1, lettere da d) a g)].

Di converso, nella disciplina del processo in senso stretto, si prevede [articolo 13, comma 1, lettera h), che introduce gli articoli da 484-bis a 484-quinquies del codice di rito] che nei suddetti casi, al momento della verifica della regolare costituzione delle parti, il giudice debba anche verificare se la conoscenza del procedimento da parte dell'imputato sia effettiva e non meramente formale. All'esito delle verifiche in questione sono possibili due alternative:

1) se viene accertata la conoscenza effettiva da parte dell'imputato, può senz'altro avere luogo la celebrazione del processo;

2) nel caso contrario, il giudice (sempre che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non doversi procedere) può normalmente disporre la «sospensione del processo», la cui disciplina è sostanzialmente modulata su quella degli articoli 70 e seguenti in materia di incapacità a partecipare al processo, ed esperisce periodicamente nuove ricerche dell'imputato.

Solo ove venga successivamente raggiunta una ragionevole certezza in ordine alla consapevolezza dell'imputato il processo potrà riprendere il proprio corso secondo le regole ordinarie.

Corollario di tale nuova impostazione è che il corso della prescrizione rimane sospeso per tutta la durata della sospensione del processo, ai sensi del novellato articolo 159 del codice penale.

Tale principio conosce tuttavia alcune significative limitazioni, che si pongono in linea con i princìpi affermati nella sentenza Somogyi. Vengono infatti previste alcune specifiche ipotesi, oltre al caso della presenza dell'imputato all'udienza dibattimentale, in cui il giudice dovrà ex lege ritenere l'imputato a conoscenza del processo:

a) se l'imputato nel corso del procedimento ha nominato un difensore di fiducia, anche in caso di successiva revoca;

 b) se l'imputato, nel corso del procedimento, è stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare;

c) in ogni altro caso in cui dagli atti emerga la prova che l'imputato sia a conoscenza del fatto che si procede nei suoi confronti.

Appare, infatti, evidente in entrambi i casi di cui alle lettere a) e b) che le condotte indicate risultino intrinsecamente significative della precitata consapevolezza; la lettera c) è, poi, atta a ricomprendere ogni altra ipotesi indicativa della consapevolezza in questione.

Accanto a tali ipotesi, il disegno di legge ne disciplina una quarta, ossia quella in cui l'imputato si è volontariamente sottratto alla conoscenza del processo o di atti del medesimo. In linea con l'orientamento della giurisprudenza della Corte EDU, si ritiene infatti che, qualora emerga dagli atti che l'imputato si è volontariamente sottratto al processo, esercitando il suo diritto a non parteciparvi, questo debba seguire il suo corso. Le ipotesi, a titolo meramente esemplificativo, possono essere varie: l'imputato che si è dato volontariamente alla fuga, o che si è allontanato dal territorio nazionale, ovvero che ha utilizzato travisamenti o documenti di identità contraffatti o alterati, eccetera.

La soluzione proposta tende a risolvere il problema relativo al fatto se vi sia equivalenza, sulla base dei parametri della Corte EDU, tra la rinuncia a comparire e il sottrarsi alla giustizia, con la fuga o con altri mezzi. Secondo la risoluzione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa n. 11 del 1975, tale ipotesi, ove dimostrata dagli organi statuali, non può dar luogo ad alcun diritto dell'imputato ad essere nuovamente processato. Le pronunzie della Corte EDU hanno spesso lasciato sul punto notevoli margini di ambiguità. Così a volte la Corte ha sostenuto che «occorre che le risorse e le garanzie offerte dal diritto interno si rivelino effettive, ove risulti che l'imputato non ha né rinunciato a comparire e a difendersi né a sottrarsi volontariamente alla giustizia» (Medenica c. Svizzera, paragrafo 55; Somogyi c. Italia, paragrafo 67), prefigurando quindi una possibile soluzione in base alla quale non occorra riaprire il processo allorquando l'imputato si trovi in una situazione di assenza inescusabile o provocata da circostanze alle quali egli ha in gran parte contribuito, come nell'ipotesi in cui egli si sia appunto volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento rendendosi irreperibile a tale scopo; altre volte, come nella sentenza Sejdovic, invece, le conclusioni sono contraddittorie, come emerge dall'analisi dei paragrafi 31 e 39, in cui nel primo si esclude la necessità di un nuovo processo nell'ipotesi di sottrazione volontaria alla giustizia, mentre nel secondo si afferma il diritto alla riapertura del processo in ogni circostanza in cui la sentenza sia stata resa in contumacia.

Con la pronunzia della Grande camera del 1o marzo 2006, sempre nel caso Sejdovic, la Corte EDU ha tentato di riordinare la materia e di fissare un precedente stabile e vincolante. È stato infatti affermato che alcune circostanze possono essere tali da dimostrare, senza possibilità di equivoco, che l'accusato conosceva l'esistenza di un procedimento contro di lui e ha mostrato l'intenzione di non prendervi parte o di sottrarvisi. Tali fatti sono stati esemplificativamente indicati nei seguenti: a) allorquando l'accusato dichiara pubblicamente o per iscritto di volersi disinteressare delle richieste di convocazione, di cui egli ha conoscenza attraverso fonti non ufficiali (tale precisazione costituisce un tentativo di attenuare la regola generale secondo cui la comunicazione del procedimento deve essere veicolata attraverso un atto giuridico rispondente a precise condizioni formali e sostanziali); b) quando l'accusato sfugge ad un tentativo di arresto (vedi anche Iavarazzo c. Italia del 4 dicembre 2001); c) nell'ipotesi in cui siano portati a conoscenza delle autorità degli elementi di prova che dimostrino inequivocabilmente che l'accusato conosceva l'esistenza del procedimento aperto contro di lui e delle relative accuse (paragrafo 99). Viceversa, la semplice circostanza, presente nel caso all'esame della Corte, che l'accusato era assente dal suo luogo abituale di residenza, proprio in concomitanza con l'evento delittuoso e con la raccolta di elementi probatori a suo carico, non può, per la Corte, costituire un elemento obiettivo e inequivoco, da cui dedurre l'intenzione dell'accusato di sottrarsi alla giustizia (paragrafi 100-105). Analizzando poi l'articolo 175, comma 2, del codice di procedura penale, nella sua vecchia formulazione, la Grande camera ha sottolineato come la sua formulazione apparisse ambigua, al punto tale che poteva essere interpretato anche nel senso, non ammesso dalla giurisprudenza europea (anche perché in contrasto con il principio di presunzione d'innocenza), che fosse l'accusato a dover dare la dimostrazione di non essersi voluto sottrarre alla giustizia (paragrafo 103).

Nel disegno di legge, la previsione della volontaria sottrazione agli atti del procedimento o alla conoscenza del medesimo lascerà al giudice, in concreto, la delibazione in ordine a tale requisito.

Il sistema così delineato, come è evidente, integra elementi fattuali e presuntivi in modo equilibrato. La stessa Corte EDU, del resto (sentenza resa nel ricorso n. 58572 del 2000, causa Morabito c. Italia), ha avuto modo di confermare espressamente che «ogni sistema giuridico contiene delle presunzioni di fatto o di diritto» e che «la Convenzione non vi si oppone in via di principio».

Si prevede inoltre [articolo 17, che modifica l'articolo 3, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, inserendovi la lettera i-bis)], che il provvedimento di sospensione del processo sia annotato nel casellario giudiziario, al fine di facilitare il reperimento dell'imputato da parte delle Forze di polizia, e che esso sia cancellato in caso di ripresa del processo.

Allo scopo si è ritenuto anche opportuno integrare la Banca dati delle Forze di polizia, di cui all'articolo 8 della legge 1o aprile 1981, n. 121, attribuendo all'autorità giudiziaria che ha emesso l'ordinanza di sospensione l'onere di comunicare alla predetta Banca dati (oggi denominata SID) la medesima ordinanza di sospensione e il decreto di citazione a giudizio (si è a tale fine introdotto, con l'articolo 14 del disegno di legge, l'articolo 143-bis delle norme di attuazione).

A tal fine l'autorità giudiziaria si avvarrà della collaborazione delle locali sezioni di polizia giudiziaria. Il regolamento previsto dall'articolo 31, infine, provvederà a precisare le modalità e i termini delle comunicazioni relative ai provvedimenti in questione.

Si è, in ogni caso, modificato il disposto dell'articolo 349 del codice di procedura penale, con l'introduzione del comma 4-bis ai sensi del quale tutti gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria a competenza generale (quindi non solo carabinieri, polizia e guardia di finanza, ma anche vigili urbani, guardie forestali eccetera), che, nel corso di controlli occasionali, dovessero riscontrare la presenza di soggetti da ricercare, potranno notificare nei loro confronti il decreto di citazione e l'ordinanza di sospensione; ove, comunque, non sia possibile effettuare immediatamente la notifica, la polizia giudiziaria informerà l'imputato della pendenza di un procedimento penale a suo carico, del numero di registro generale relativo al medesimo nonché dei capi d'imputazione e dell'autorità giudiziaria dinanzi alla quale lo stesso viene celebrato, invitandolo a recarsi entro i successivi cinque giorni presso i propri uffici per ricevere la notifica e per dichiarare o eleggere domicilio. Il termine di cinque giorni per la presentazione negli uffici di polizia giudiziaria è stato indicato tenendo conto di ogni eventualità (ad esempio, la lontananza dal luogo di emissione dell'ordinanza) che potrebbe impedire la rapida trasmissione degli atti da notificare. Il successivo comma 4-ter, poi, prevede l'immediata comunicazione all'autorità procedente dell'avvenuta notifica e dell'eventuale mancata presentazione dell'imputato presso gli uffici di polizia giudiziaria.

Il quadro normativo così delineato rende del tutto superflua la previgente disciplina della contumacia; si è, infatti, previsto che il processo potrà svolgersi soltanto nei confronti di un imputato consapevole, nel senso, sopra precisato, che può liberamente scegliere di essere o meno presente all'udienza. La sua eventuale assenza al procedimento viene ad essere ora qualificata dalle necessarie verifiche imposte al giudice in sede di controllo della regolare citazione delle parti; è stato, pertanto, eliminato il richiamo contenuto nell'articolo 484, comma 2-bis, alle norme sulla verifica della regolare costituzione delle parti dettate in tema di udienza preliminare, e sono stati introdotti gli articoli 484-ter e 484-quater in tema, rispettivamente, di impedimento dell'imputato e del difensore e di assenza dell'imputato.

Del pari, viene ridisegnata la disciplina dell'assenza e dell'allontanamento volontario: nel primo caso, infatti, si prevede che se l'imputato, presente ad un'udienza, non partecipa alle successive, è considerato «presente non comparso» (articolo 484-quater, comma 4).

Corrispondentemente, sono state riformulate tutte le norme del codice relative alle comunicazioni delle sentenze (già) contumaciali e alle impugnazioni, prevedendosi la comunicazione dell'estratto e attribuendosi la facoltà di proporre impugnazione solo all'imputato dichiarato «assente» in dibattimento (articoli 419, 429, 552, 513, 520, 548, 585 e 603), operandosi negli altri casi un mero intervento di «drafting normativo», mediante sostituzione del termine «contumace» con il termine «assente».

Ovviamente, è stato necessario riformulare il comma 2 dell'articolo 175, come sostituito dal citato decreto-legge n. 17 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 60 del 2005, coordinandolo con la nuova disciplina. Si tratta di un intervento in cui le parole « sentenza contumaciale» sono state sostituite con quelle di «sentenza emessa in assenza dell'imputato».

Sono quindi state apportate le modifiche necessarie ad armonizzare la disciplina del processo dinanzi al giudice di pace (articolo 15) e quella relativa alla responsabilità delle persone giuridiche (articolo 16) alle innovazioni proposte.

Tuttavia, non si può ignorare la circostanza che il processo italiano, a differenza di quello di altri Paesi, riconosce e disciplina il cosiddetto simultaneus processus nei confronti di molti imputati, ovvero con molti testimoni o persone offese.

L'Italia, inoltre, conosce fenomeni di criminalità organizzata ignoti, nelle loro dimensioni, ad altri Paesi, che hanno innescato il fenomeno della celebrazione dei cosiddetti «maxi-processi», caratterizzati da una grande quantità di imputati o di persone offese. Il gravissimo pericolo arrecato dalle associazioni a delinquere di stampo mafioso e da quelle di matrice terroristica per il funzionamento stesso delle istituzioni democratiche impone perciò di prevedere strumenti processuali in grado di consentire (se necessario) una pronta definizione dei processi in questi casi.

Si è introdotta pertanto, in queste ipotesi, la possibilità per il giudice di non applicare l'istituto della sospensione del processo; in tali casi si è previsto che sia possibile, in presenza di situazioni particolari, celebrare il processo in absentia. Tale scelta sarà consentita quando, in considerazione della natura e della gravità del reato contestato, ovvero del numero dei reati contestati, delle persone offese o dei testimoni, ovvero ancora dell'esigenza di garantire la genuinità e la completezza della prova, la sospensione possa arrecare grave pregiudizio all'accertamento dei fatti per cui si procede (articolo 484-bis, comma 2, primo periodo).

In considerazione della natura derogatoria della norma, è stato previsto che il giudice, nel disporre che si proceda in assenza dell'imputato, emetta un'ordinanza «specificamente» motivata in ordine alla sussistenza di motivi ostativi alla sospensione.

Nella più recente giurisprudenza della Corte costituzionale si è reiteratamente affermato che per valutare la «ragionevolezza» di scelte normative occorre considerare se «la norma presenti una intrinseca incoerenza, contraddittorietà o illogicità rispetto al contesto normativo preesistente» (sentenza n. 450 del 2000) o rispetto alla «complessiva finalità perseguita dal legislatore» (sentenza n. 416 del 2000). La Corte, quindi, ha considerato assieme al canone della ragionevolezza, quali ulteriori criteri del giudizio di legittimità, quelli del «bilanciamento degli interessi costituzionalmente protetti» e delle «compatibilità finanziarie o di sistema».

Il presente disegno di legge, con la possibilità di derogare al principio della sospensione del processo in absentia, in base al principio secondo cui il processo penale deve comunque tendere alla «ricerca della verità» (Corte costituzionale, sentenza n. 255 del 1992), opera una comparazione bilanciata tra interessi di rango costituzionale, prevedendo che, in casi particolari, l'obbligo di accertamento dei fatti possa prevalere su quello della presenza dell'imputato.

In tutti i casi in cui si proceda in absentia incolpevole, ovvero in cui il meccanismo di presunzioni di cui all'articolo 484-bis si sia rivelato oggettivamente insufficiente, si ricorre al meccanismo restitutorio dell'articolo 175, comma 2, come riformulato. In tal modo, il diritto dell'imputato alla presenza nel processo viene garantito, sia pure in un momento differito.

Tale meccanismo è pienamente conforme alla giurisprudenza della Corte EDU. Essa, infatti, in una pronuncia in tema di misure di prevenzione (ricorso n. 58572 del 2000, causa Morabito c. Italia, citata), ove la valutazione prognostica è basata sul presupposto della mera «pericolosità», ha confermato la legittimità di norme atte a contrastare efficacemente le organizzazioni criminali che, per la loro forza (nel caso di specie: economica) siano in grado di mettere «in discussione il primato del diritto nello Stato», e che la discrezionalità degli Stati nel disciplinare gli istituti giuridici deve essere valutata «nel quadro di una politica anticrimine finalizzata a combattere il fenomeno della grande criminalità», pur all'interno di un quadro normativo che rispetti i diritti fondamentali dell'individuo quali riconosciuti dalla CEDU.

Secondo la Corte, quindi, lo Stato ha il diritto/dovere di attivare e di calibrare la sua risposta punitiva in ragione della gravità dell'attentato alle istituzioni derivante dalle condotte criminose, purché non faccia venir meno il nucleo essenziale dei diritti previsti dall'articolo 6 della CEDU.

Nel caso di specie, il diritto al contraddittorio è sicuramente tutelato: se l'imputato si presenta in corso di causa, ha diritto di chiedere l'ammissione delle prove a discarico; se la sentenza è già stata emessa, ha diritto di essere rimesso in termini per proporre impugnazione.

Vi è tuttavia una limitazione: le prove raccolte a suo carico, nel contraddittorio con il difensore, sia pure d'ufficio, saranno liberamente valutate dal giudice nei confronti del (già) assente, assieme a quelle raccolte in presenza dello stesso, secondo il modello accolto in altri ordinamenti europei.

Nell'ambito del medesimo capo è stato poi riformulato anche l'articolo 420-ter del codice di rito; all'articolo 13, comma 1, lettera e), è stata, infatti, semplificata la disciplina degli «avvisi» all'imputato assente per legittimo impedimento, caso fortuito o forza maggiore, prevedendo la necessità degli stessi (e mai di notifiche) soltanto nel caso in cui questi risulti assistito da un difensore d'ufficio ovvero da un difensore di fiducia non presente in aula. Ben può farsi in questo caso carico al predetto difensore, infatti, dell'onere di avvisare il proprio assistito della data di rinvio, senza che anche tale incombente gravi sull'amministrazione della giustizia. Parallelamente la medesima disciplina è stata introdotta anche con riferimento al dibattimento (articolo 484-ter).

Le presenti norme si propongono inoltre l'intento di risolvere l'annosa questione relativa alla rinnovazione del dibattimento in caso di mutamento della persona fisica del giudice, causa, com'è noto, dell'estinzione di moltissimi processi già in primo grado per intervenuta prescrizione.

La Corte costituzionale, con sentenza n. 17 del 1994, aveva già avuto modo di affermare che la pregressa fase dibattimentale conserva carattere di attività legittimamente compiuta, per cui la medesima entra nel patrimonio conoscitivo del successivo giudice attraverso lo strumento della lettura (successivamente alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale) ai sensi dell'articolo 511, comma 2 del codice di procedura penale.

La Corte di cassazione a sezioni unite (sentenza n. 2 del 1999, Iannasso) ha stabilito il principio secondo cui «nel caso di rinnovazione del dibattimento a causa del mutamento della persona del giudice monocratico o della composizione del giudice collegiale, la testimonianza raccolta dal primo giudice non è utilizzabile per la decisione mediante semplice lettura, senza ripetere l'esame del dichiarante, quando questo possa avere luogo e sia stato richiesto da una delle parti».

Tale interpretazione, sia pure autorevole, è stata criticata in dottrina in quanto presentava alcune aporie, che possono sintetizzarsi nel modo che segue:

1) se la mancanza del «consenso delle parti» cagiona una nullità - assoluta e insanabile a norma del comma 2 dell'articolo 179 del codice di procedura penale - essa non potrebbe essere ontologicamente superata dal semplice consenso delle parti;

2) l'articolo 33-nonies - secondo il quale «l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale non determina (...) l'inutilizzabilità delle prove già acquisite», smentisce che ogni caso di mutamento della persona fisica del giudice si traduca automaticamente in una inutilizzabilità degli atti assunti in precedenza;

3) vi sarebbe un obbligo, incontestato, di riattivare la procedura di cui agli articoli 492, 493 e 495 del codice di procedura penale senza che, inspiegabilmente, il giudice possa esercitare i suoi poteri di valutazione sulla ammissibilità della prova, riconosciutigli e impostigli dagli articoli 190 e 190-bis del medesimo codice;

4) con l'articolo 190-bis del codice di procedura penale il legislatore è andato oltre la manifesta superfluità e irrilevanza di cui all'articolo 190 del codice di procedura penale, limitando le possibilità di «rinnovazione» della prova già assunta in contraddittorio, ma creando tuttavia un «doppio binario» per i soli reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis, dello stesso codice;

5) l'inciso «a meno che l'esame non abbia luogo», che chiude il capoverso dell'articolo 511, comma 2, del codice di procedura penale, potrebbe in astratto essere riferito al caso in cui, nell'esercizio da parte del giudice dei poteri di cui agli articoli 190 e 190-bis del codice di procedura penale, l'esame non abbia storicamente luogo, in quanto esso non attiene al profilo delle modalità di introduzione della prova nel processo, bensì al «costituzionalmente garantito, diverso profilo del diritto al contraddittorio nella sua formazione dibattimentale»;

6) l' «oralità» non costituisce canone inderogabile e unica fonte di legittimità dell'atto probatorio, «in un contesto sistematico nel quale, invece, non solo manca alcuna norma che consenta una tale conclusione ma, addirittura, vi sono plurime, inequivoche ed insuperabili indicazioni del carattere solo tendenziale dell'oralità: basti pensare innanzitutto all'istituto dell'incidente probatorio, ma poi, specialmente (...) all'intero giudizio di appello».

Il Giudice delle leggi, con ordinanza n. 399 del 2001 (confermata dalle successive ordinanze n. 59 del 2002 e n. 73 del 2003), ha chiarito ulteriormente i termini della questione, stabilendo che:

1) la disciplina sull'ammissione della prova (articoli 493 e 495 del codice di procedura penale) va mantenuta distinta da quella sulle modalità di assunzione dei mezzi di prova;

2) la regola, contenuta nell'articolo 511, comma 2, del codice di procedura penale, che prescrive che sia data lettura di verbali di dichiarazioni solo dopo l'esame del dichiarante, non priva il giudice del potere di delibazione in ordine all'ammissione delle prove;

3) il principio della «ragionevole durata» del processo, desumibile dagli articoli 3, 25, 101 e 111 della Costituzione, deve essere bilanciato con la tutela di altri interessi costituzionalmente garantiti, quale quello dell'«immediatezza», connaturale alla stessa essenza del processo accusatorio.

Ciò premesso, in ordine alla distinzione tra la fase di «ammissione» delle prove e quella della loro «assunzione», può rivisitarsi il principio affermato con la sentenza Iannasso, partendo dall'affermazione secondo cui: « è invero da escludere (all'infuori dell'ipotesi eccezionale di cui all'articolo 190-bis del codice di procedura penale) che, quando l'ammissione della prova sia nuovamente richiesta, il giudice che la ammetta ai sensi degli articoli 190 e 495 abbia il potere di disporre la lettura delle dichiarazioni raccolte nel dibattimento precedente, alla quale non consentano entrambe le parti, senza previo riesame del dichiarante».

L'affermazione limiterebbe l'obbligo di rinnovare l'assunzione delle prove in capo al giudice solo ove egli le abbia nuovamente ammesse: le prove assunte nel precedente dibattimento e non riammesse dal giudice sarebbero pienamente utilizzabili ai fini della decisione mediante il meccanismo della semplice «lettura» ai sensi dell'articolo 511 del codice di procedura penale.

Tale interpretazione, che presuppone la distinzione tra le due fasi di ammissione/assunzione delle prove, da un lato, e nullità della sentenza/inutilizzabilità delle prove raccolte in precedenza, dall'altro, riporta coerenza nel sistema, dando copertura costituzionale ai princìpi di «oralità» e di «immediatezza» alla luce del canone costituzionale del «giusto processo», codificato dall'articolo 111 della Costituzione.

Esso, così come l'articolo 6 della CEDU, esprime in modo chiaro due princìpi:

1) la necessità che la prova sia assunta dinanzi a un «giudice terzo e imparziale»;

2) la necessità che la prova sia assunta nel «contraddittorio delle parti», o, in altre parole, che l'imputato abbia avuto la possibilità di controesaminare il dichiarante «a carico».

Entrambi i princìpi trovano piena soddisfazione nel caso di rinnovazione del dibattimento.

Nella delicata materia dell'assunzione delle prove, il «consenso» dell'imputato assume rilievo nella Carta costituzionale solo nei casi in cui la prova non venga assunta in contraddittorio (articolo 111, quinto comma, della Costituzione). Attualmente, dunque, nell'ancorare al consenso delle parti l'assunzione o meno delle prove nel dibattimento rinnovato vi è una lettura del dettato costituzionale che va oltre i princìpi ivi espressi.

«Oralità» e «immediatezza», pertanto, che si sogliono far discendere direttamente dalla natura accusatoria del nostro sistema penale e, indirettamente, dallo stesso canone di «giusto processo», non ne costituiscono un portato espresso e, del resto, conoscono evidenti eccezioni, mai revocate in dubbio dalla Corte costituzionale: l'incidente probatorio, volto ad anticipare, tramite una sorta di «finestra di giurisdizione», l'assunzione della prova, per garantirne la genuinità ed evitarne la dispersione; l'appello, intera fase processuale eminentemente «cartolare», eppure mai giudicato incostituzionale nel suo complesso.

L'articolo 111 della Costituzione codifica inoltre un terzo principio: quello della «ragionevole durata del processo», da cui si suole far discendere i princìpi, pure espressamente non contemplati, della «non dispersione della prova» e dell'«efficienza del processo».

Ipotizzando, come sembra possibile, una copertura costituzionale di tutti i suddetti princìpi, appare necessario prevedere un equilibrato bilanciamento degli stessi in ragione del principio del «giusto processo», secondo gli insegnamenti della Corte costituzionale, in base ai quali occorre sempre procedere, ove possibile, ad un «bilanciamento degli interessi costituzionalmente protetti» (vedi, per tutte, la sentenza n. 509 del 2000).

Si ritiene a tal fine che immediatezza e oralità, a fronte di prove già legittimamente assunte nel contraddittorio, devono cedere il passo ad esigenze di celerità del processo (che tutto il presente intervento normativo tende ad assicurare), a meno che tale «subvalenza» non infici la serenità di giudizio del giudice ovvero mini alla radice quella finalità di «ricerca della verità», reiteratamente affermata dalla Corte costituzionale (sentenze nn. 363 del 1991, 432 del 1992 e 280 del 1995).

D'altra parte, anche con la recente ordinanza di inammissibilità n. 67 del 2007, la Corte costituzionale ha ribadito, da un lato, la costituzionalità del sistema delle «letture»; dall'altro, la necessità di contemperare i princìpi costituzionali di «non dispersione dei mezzi di prova» e di «ragionevole durata del processo» con quello dell'«immediatezza» del dibattimento.

Questa conclusione non contraddice l'affermazione secondo la quale «partecipa» al processo solo il giudice che abbia in qualche modo «rinnovato» il dibattimento, in quanto tale rinnovazione può avvenire, se la prova è già stata legittimamente assunta, mediante la semplice lettura, che in tal caso diventa essa stessa, in base al meccanismo di individuazione delle prove da utilizzare a fine della decisione, una «particolare forma di rinnovazione» dell'assunzione della prova.

In concreto, si rimettono [articolo 493-bis, introdotto dall'articolo 13, comma 1, lettera l)] in termini le parti per richiedere le prove già chieste ai sensi degli articoli 468 e 493, comma 2, ma si lascia al giudice la facoltà di decidere sia in ordine alla loro rilevanza che alla loro superfluità. Sulla richiesta il giudice provvede con ordinanza ai sensi degli articoli 190, 190-bis e 495.

Si prevede altresì che nel giudizio abbreviato o in caso di applicazione di pena su richiesta delle parti, le prove assunte nel dibattimento precedente sono pienamente utilizzabili ai fini della decisione, risolvendo una dibattuta questione giurisprudenziale in linea con l'ottica che sottende tutto l'intervento normativo.

Per le prove ammesse [articolo 190-bis, come riformulato integralmente dall'articolo 13, comma 1, lettera b), in modo da essere utilizzato per tutti i processi] si prevede che quando è richiesto l'esame di un testimone, di un coimputato o di una delle persone indicate nell'articolo 210 e queste abbiano già reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio o in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, ovvero dichiarazioni i cui verbali sono stati acquisiti a norma dell'articolo 238, l'esame è ammesso solo nei casi seguenti:

a) quando la prova richiesta riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni, sopravvenuti o conosciuti in epoca successiva all'assunzione della prova. È evidente in tal caso la piena reviviscenza del diritto alla prova per circostanze sopravvenute, perché altrimenti sarebbe vulnerato il diritto alla prova, soprattutto a discarico; d'altro canto, non appare neppure lecito consentire che il mutamento del giudice possa, per sé solo, «rimettere in termini» le parti che abbiano mal condotto un esame dibattimentale;

b) quando il giudice lo ritiene utile o necessario ai fini della decisione, anche su richiesta motivata delle parti sulla base di specifiche esigenze.

I verbali delle prove assunte in precedenza, che il giudice non ammette nuovamente ai sensi del comma 1, restano inseriti nel fascicolo del dibattimento e si applica l'articolo 511, comma 2-bis.

Il citato comma 2-bis, introdotto dalla lettera n), numero 1), chiude il sistema, prevedendo che «è sempre consentita la lettura dei verbali di dichiarazioni raccolte in sede di incidente probatorio, dei verbali di prove di diverso processo acquisiti ai sensi dell'articolo 238, delle prove assunte in assenza dell'imputato nonché dei verbali di prove assunte dinanzi a un giudice diverso, sia a seguito di declaratoria di incompetenza che in caso di mutamento della persona fisica del giudice».

La norma in esame, statuendo espressamente che la lettura delle dichiarazioni legittimamente rese in dibattimento è comunque disposta anche in caso di rinnovazione dello stesso, rende chiaro che le eventuali richieste di nuova escussione del teste non possono mai influire sul regime di lettura e utilizzabilità delle dichiarazioni precedentemente rese dallo stesso, proprio perché assunte in un contesto in cui era pienamente garantito il diritto di difesa. Tale linea interpretativa si pone in termini di assoluta compatibilità con il canone dell'articolo 111 della Costituzione, che fa riferimento al «consenso» quale chiave di recupero di materiale probatorio altrimenti inutilizzabile, solo in caso di previa assunzione dello stesso in assenza di contraddittorio.

Infine [lettera n), numero 2)], si sostituisce il comma 5 dell'articolo 511, prevedendosi per tutte le prove assunte, a contenuto dichiarativo o meno, la possibilità di dare lettura, anziché indicare per decisione, solo in caso di serio disaccordo sul contenuto.

Si abroga, da ultimo, l'articolo 511-bis [lettera s)], il cui contenuto è stato inserito nella disciplina generale delle letture.

Il capo VIII (articoli da 18 a 20), prevede molteplici norme di razionalizzazione del processo penale. All'articolo 18 sono state introdotte talune modifiche a disposizioni relative alle impugnazioni. A tal proposito appare necessario premettere che il presente disegno di legge non tocca in modo sistematico l'istituto delle impugnazioni, oggetto della controversa riforma di cui alla legge n. 46 del 2006, attinta dalla censura di illegittimità costituzionale con la recentissima sentenza della Corte costituzionale n. 26 del 24 gennaio-6 febbraio 2007.

L'omessa trattazione del tema in questa sede costituisce frutto di una scelta dettata dalla consapevolezza che proprio la notevolissima importanza della questione renda necessario un intervento approfondito e articolato, frutto di uno studio ponderato e in grado di raccogliere la condivisione più ampia possibile.

Con le modifiche apportate si sono dunque operati interventi marginali, ma in grado comunque di apportare una maggiore efficienza alla macchina giudiziaria.

Con la modifica introdotta all'articolo 18, comma 1, lettera d), si è in primo luogo ritenuto di dover disciplinare diversamente la fattispecie della cosiddetta «inammissibilità originaria» del ricorso per cassazione. Con tale locuzione si intendono le cause di inammissibilità esterne al contenuto dell'atto impugnato, quali la carenza di legittimazione, la non impugnabilità del provvedimento, la rinuncia al ricorso eccetera.

A tal fine occorre evidenziare come nel solo 2005 la sezione VII della Corte di cassazione, competente a decidere in ordine ai ricorsi palesemente inammissibili, abbia pronunciato oltre 20.000 sentenze di inammissibilità, cui vanno aggiunte quelle dichiarate dalle altre sezioni in esito all'ordinario procedimento di cassazione. In questi casi, la necessità di comunicare avvisi e citazioni determina un dispendio enorme di risorse a carico della Corte.

È stato ritenuto dunque opportuno rendere più snello il procedimento di inammissibilità in tali casi, prevedendo una procedura de plano per la declaratoria di inammissibilità, ossia senza le formalità previste dall'attuale articolo 610, comma 1, del codice di procedura penale.

Invero, l'unica tutela necessaria appare quella volta ad evitare errori di fatto da parte della Corte, quale, ad esempio, quello relativo al computo del termine per proporre impugnazione: ma, come rilevato dalla più accorta dottrina, tale tutela è già assicurata nell'ordinamento dall'articolo 625-bis, introdotto dalla legge n. 128 del 2001, che consente il «ricorso straordinario per errore materiale o di fatto».

La soluzione proposta appare coerente, sotto il profilo logico e sistematico. La sezione VI penale della Suprema Corte, con sentenza emessa in data 5 aprile 2006 (deposito 3 maggio 2006), n. 15184, ha recentemente confermato che «la inammissibilità originaria del ricorso per cassazione per manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, e pertanto preclude anche la possibilità di applicare la legge più favorevole, in linea con la costante giurisprudenza di questa Corte anche a sezioni unite (Cass., sez. un., 25 febbraio 2004, Chiasserini; 22 novembre 2000, De Luca; Cass., sez. IV, 27 febbraio 2001, n. 8200)». Orientamento, questo, che trova autorevole precedente nella pronunzia della sez. IV, n. 34618 del 2003, in cui si afferma che l'inammissibilità del ricorso per cassazione, anche se dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, «non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione» e preclude, pertanto, alla Corte di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'articolo 129 del codice di procedura penale e, in particolare, la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso.

Se, pertanto, non si costituisce un valido rapporto processuale, non sussistono neppure i presupposti per una pronuncia che debba essere resa in contraddittorio.

Sul piano concreto, si è dunque ritenuto di disciplinare l'istituto dell'inammissibilità «originaria» (recuperando anche i contenuti di progetti di legge presentati nel corso della XIV legislatura), introducendo un filtro preventivo in grado di eliminare immediatamente i ricorsi originariamente inammissibili.

È stato previsto quindi l'inserimento del comma 1-ter all'articolo 610 del codice di procedura penale, secondo cui, «sentito il procuratore generale, l'inammissibilità è dichiarata senza le formalità previste dal comma 1 (che prevede la fissazione di udienza in camera di consiglio, con avviso alle parti) quando il ricorso è stato proposto dopo la scadenza del termine stabilito o da chi non ha diritto all'impugnazione ovvero contro un provvedimento non impugnabile o quando il ricorso è assolutamente privo dei motivi di impugnazione o non è sottoscritto da un difensore iscritto nell'albo speciale della Corte di cassazione o vi è rinunzia al ricorso».

La stessa procedura è stata prevista nelle ipotesi in cui il ricorso sia stato proposto contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ed esso debba essere dichiarato inammissibile.

Con l'articolo 18, comma 1, lettere b), c) ed e), è stata, inoltre, eliminata la facoltà per l'imputato di presentare personalmente ricorso per cassazione, imponendo allo stesso di ricorrere necessariamente per la sua redazione a un difensore iscritto all'albo dei patrocinanti in cassazione; il carattere estremamente tecnico dell'impugnazione di legittimità, infatti, è di fatto risultato difficilmente contemperabile con il riconoscimento di tale facoltà, con la conseguenza che la Suprema Corte è stata impegnata a decidere su ricorsi nella quasi totalità dei casi pretestuosi e privi di ogni giuridico fondamento. La previsione in questione, imponendo l'intervento di un professionista per l'accesso al giudizio di legittimità, comporterà la necessità di una consapevole preventiva valutazione della fondatezza dell'istanza e dell'interesse effettivo a proporla, con conseguente ipotizzabile deflazione del relativo carico processuale.

La lettera f), invece, ripristina il testo dell'articolo 629 del codice di procedura penale, preesistente alle modifiche ad esso apportate con la legge 12 giugno 2003, n. 134, escludendo dalle sentenze oggetto di revisione quelle di applicazione della pena emesse ai sensi dell'articolo 444 del codice. E, invero, la Corte di cassazione, precedentemente alla modifica normativa, si era già espressa per l'inammissibilità del ricorso a tale istituto con riferimento alle sentenze di patteggiamento, quale necessario corollario della natura della sentenza in questione, non equiparabile a una pronuncia di condanna se non nella parte relativa all'applicazione della pena. Secondo la Corte sarebbe, infatti, impossibile riaprire un giudizio ordinario quando il processo si è svolto e concluso senza una plena cognitio e sarebbe improponibile un conflitto tra prove ed elementi che per definizione normativa tali non sono, posto che l'applicazione della pena è disposta, ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, «sulla base degli atti» (Cassazione, sezioni unite, 25 marzo 1998, n. 6, Giangrasso). La modifica normativa proposta, quindi, in piena consonanza con la giurisprudenza citata, intende ripristinare il corretto equilibrio tra le tipologie di pronunce previste dal codice di rito e i rimedi proposti avverso le stesse, escludendo per le ragioni sopra espresse che avverso le sentenze di patteggiamento possa operare l'istituto della revisione.

Per razionalizzare l'attività dei soggetti processuali, si è infine ritenuto [articolo 18, comma 1, lettera g)] di modificare il comma 4 dell'articolo 666 del codice di procedura penale, prevedendo che la presenza del pubblico ministero all'incidente di esecuzione sia solo facoltativa.

L'articolo 19, comma 1, lettera a), modifica l'articolo 129 delle norme di attuazione. La modifica si rende opportuna, anzitutto, per affinare e potenziare i rapporti di collaborazione tra il pubblico ministero penale e il pubblico ministero contabile, onde consentire il tempestivo accertamento degli illeciti erariali.

A seguito delle modifiche proposte il pubblico ministero dovrà, pertanto, inoltrare un'adeguata informativa al procuratore regionale presso la Corte dei conti (e non più al procuratore generale presso la stessa Corte) anche nei casi di richiesta di archiviazione del procedimento.

Inoltre, il richiamo esplicito alla disposizione di cui all'articolo 117 del codice di procedura penale consente al procuratore regionale presso la Corte dei conti competente di richiedere al pubblico ministero penale atti o informazioni scritte sul loro contenuto, anche quando abbia appreso aliunde l'esistenza di procedimenti penali per reati che abbiano cagionato un danno per l'erario. Sarà, poi, l'autorità giudiziaria competente a disporre la trasmissione degli atti richiesti, ovvero a rigettare la richiesta, sulla base delle esigenze investigative da tutelare.

Non vi è dubbio che la modifica apportata, assicurando la necessaria comunicazione anche in caso di archiviazione del procedimento penale, consente alle procure regionali della Corte dei conti di adottare le misure di cautela previste dalla legge. Sul punto va osservato, infatti, che già con l'articolo 5, comma 2, del decreto-legge n. 453 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 19 del 1994, il legislatore aveva richiamato in modo espresso per il pubblico ministero contabile la possibilità di agire per ottenere il sequestro conservativo, anche ante causam, dei beni del presunto responsabile di un danno erariale. Tale possibilità è stata confermata ed estesa dall'articolo 1, comma 174, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), che attribuisce al pubblico ministero contabile la facoltà di esercitare, oltre l'azione erariale, anche quella revocatoria e surrogatoria e di richiedere il sequestro conservativo, a garanzia dell'effettività della condanna.

Alle lettere b) e c), sono previste modifiche alle norme di attuazione, mediante l'introduzione dell'articolo 144-bis e l'abrogazione del comma 2 dell'articolo 145.

La prima norma intende disciplinare in modo compiuto la programmazione e la disciplina delle udienze dibattimentali.

Com'è noto, la durata del singolo processo è difficilmente determinabile a priori, dal momento che in esso possono verificarsi eventi del tutto indipendenti dall'impegno del giudice o dall'efficienza dell'organizzazione giudiziaria (assenze dei testi, ritardi dei periti, impegni concomitanti dei difensori eccetera). Per garantire una ragionevole celerità dei processi saranno perciò importanti lo snellimento e la semplificazione delle procedure oltre che congrue dotazioni di personale e di mezzi degli uffici giudiziari, interventi ai quali si sta attualmente lavorando da parte del Ministero della giustizia; occorre, altresì, una più analitica disciplina per governare i tempi del processo, anche sotto il profilo organizzativo.

La complessità dei profili concernenti l'organizzazione delle udienze penali, principalmente in dipendenza della diversità dei riti, rende necessario prevedere uno schema di gestione delle udienze penali flessibile e adattabile alle diverse esigenze.

La finalità che si persegue attraverso la predisposizione di un programma dell'udienza, o del processo, è dunque quella di ottimizzare le risorse date, realizzando il miglior servizio possibile, tenuto conto del personale, dei mezzi, della logistica e delle dotazioni disponibili. Attraverso la predisposizione di alcune regole che, nel rispetto delle garanzie delle parti, si confrontino con un sistema organizzato di svolgimento dell'attività processuale, si tende a realizzare un recupero di efficienza, mirando a raggiungere il giusto punto di equilibrio tra l'obiettivo della rapidità e dell'accelerazione dei tempi dell'udienza e quello dell'accertamento dei fatti, nel rigoroso rispetto delle regole processuali, ma anche secondo il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, presente nella nostra Costituzione e più volte richiamato nella giurisprudenza della Corte EDU.

A ciascun soggetto che interviene nel processo è richiesto, perciò, quell'impegno di tempo che è necessario e doveroso pretendere in relazione alla funzione assolta, evitando, quindi, inutili e dispendiose presenze in udienza.

Pertanto si ritiene che anche un'adeguata programmazione delle attività di udienza, se inserita in un quadro normativo volto alla complessiva razionalizzazione delle risorse impiegate nel processo penale con la modifica delle norme processuali, potrà risultare determinante ai fini che ispirano il presente disegno di legge.

In tale ottica, viene compiutamente disciplinata la prima udienza di comparizione attraverso la previsione di una cosiddetta «udienza filtro», prevedendosi, come peraltro avviene già nella prassi di numerosi tribunali, che essa sia dedicata alla sola verifica della regolare costituzione delle parti, alla discussione delle questioni preliminari, alle formalità di apertura del dibattimento, all'ammissione delle prove, alla definizione dei giudizi ai sensi degli articoli 444 e seguenti del codice o nelle forme del rito abbreviato, purché non condizionato all'assunzione di prove dichiarative, ovvero ad ogni altra ipotesi in cui debba dichiararsi l'estinzione o l'improcedibilità del reato.

Nel corso di tale udienza, il giudice stabilisce con ordinanza il calendario delle successive udienze e autorizza le parti alla citazione dei propri testi, periti o consulenti alle date stabilite nel calendario in questione. La lettura di quest'ultimo in udienza sostituisce gli avvisi di rinvio per tutti coloro che sono o che devono considerarsi presenti. In ossequio al principio di lealtà processuale, si prevede quindi che, ai fini della formulazione del calendario, i difensori debbano comunicare al giudice l'eventuale sussistenza di concomitanti impegni professionali. In tal caso essi, tenuto conto dell'attività istruttoria da svolgere alla data indicata, potranno manifestare al giudice la propria disponibilità a nominare un sostituto.

La persona offesa eventualmente comparsa alla prima udienza potrà essere sentita, salvo che il processo sia di particolare complessità, solo ove detenuta, ovvero proveniente da regione diversa da quella in cui si celebra il processo, e in ogni caso quando il giudice lo ritenga assolutamente necessario.

La norma prevede che il giudice, nel formare il ruolo e nell'effettiva trattazione dei processi, assegni precedenza assoluta ai giudizi con imputati detenuti, anche per reato diverso da quello per cui si procede, nonché, anche su segnalazione delle parti, ai giudizi per i quali si siano verificate nullità, difetti di notificazione o accadimenti processuali che possono determinare l'immediata definizione o il rinvio del processo.

Il giudice, inoltre, nel programmare le udienze, dovrà assicurare che il processo si concluda in tempi compatibili con il principio costituzionale della sua ragionevole durata. In particolare, i processi dovranno tendenzialmente essere celebrati entro limiti contenuti in due anni e sei mesi per il giudizio di primo grado, in un anno e sei mesi per il giudizio in grado di appello e in un anno per il giudizio dinanzi alla Corte di cassazione.

 Tali termini potranno tuttavia essere superati per i processi connotati da particolare complessità in ragione dei reati contestati, del numero degli imputati, delle persone offese o dei testimoni ovvero della particolare complessità delle questioni tecnico-giuridiche da affrontare (come nel caso in cui si debba procedere ad una rogatoria internazionale ovvero all'esecuzione di una richiesta di estradizione, attività espressamente escluse dai sopra descritti limiti dal comma 7 dell'articolo 144-bis). Tale ultima previsione trova conferma nella stessa giurisprudenza della Corte EDU, la quale, con una recente sentenza, ha stabilito che nel computo del termine non si tiene conto di tutto il tempo necessario ad ottenere l'estradizione dell'imputato detenuto all'estero.

Da ultimo, è espressamente abrogata la disposizione del comma 2 dell'articolo 145 in ordine alla citazione dei testi all'udienza, ormai superata dal disposto dell'articolo 144-bis.

L'articolo 20, infine, è volto a incentivare con una norma transitoria l'applicazione della pena su richiesta delle parti per tutti i procedimenti relativi a reati che rientrino nelle previsioni della legge 31 luglio 2006, n. 241; la legge in questione ha, infatti, concesso indulto per tutti i reati (ad eccezione di quelli oggettivamente esclusi ai sensi dell'articolo 2) commessi fino a tutto il 2 maggio 2006, nel limite di tre anni.

Tale legge ha inteso porre rimedio al grave problema del sovraffollamento carcerario, ma non è stata ovviamente in grado di risolvere il problema della congestione degli uffici giudiziari, versante su cui più facilmente può dispiegare i suoi effetti un provvedimento di amnistia.

A seguito dell'approvazione dell'indulto, tuttavia, risultano molti i procedimenti, pendenti in fase di indagini preliminari ovvero in primo grado, in esito ai quali la pena applicata sarà coperta, in tutto o in parte, da indulto.

L'intervento proposto prevede che, per i procedimenti in fase di indagini preliminari, il pubblico ministero debba vagliare la possibilità di accedere al rito alternativo, e che nei casi in cui reputi possibile prevedere che la pena finale sia contenuta nei limiti della citata legge n. 241 del 2006, acquisito il consenso da parte dell'indagato, formuli richiesta al giudice per le indagini preliminari di applicazione della pena ai sensi degli articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale. Il giudice per le indagini preliminari, dopo aver verificato la sussistenza di tutti i presupposti (articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale), emetterà sentenza di patteggiamento, dichiarando condonata la pena nel limite di tre anni.

La novità più rilevante, che permetterà di conseguire effetti deflativi importanti, consiste tuttavia nella riapertura dei termini per formulare richiesta di patteggiamento anche per i procedimenti di primo grado che si trovino già in fase dibattimentale o durante il giudizio abbreviato, per evitare che sia portata a termine un'attività istruttoria, spesso anche complessa, per processi che con ogni probabilità si concluderanno con l'irrogazione di una pena condonata.

L'intervento proposto - la cui disciplina ricalca sostanzialmente la previsione dell'articolo 5 della legge 12 giugno 2003, n. 134, relativa al cosiddetto «patteggiamento allargato» - consente pertanto alle parti di chiedere congiuntamente al giudice di primo grado, alla prima udienza utile successiva alla data di entrata in vigore della legge, l'applicazione di pena, nei termini dianzi evidenziati per la fase delle indagini preliminari, con evidenti effetti benefici sul carico di lavoro che grava sugli uffici giudicanti di prime cure.

Non si è ritenuto invece di estendere tale possibilità al giudizio d'appello, in primo luogo per la minore quantità di processi pendenti in secondo grado e quindi per i minori effetti deflativi da attendersi; in secondo luogo in quanto, a differenza dell'ipotesi di patteggiamento in primo grado, nel processo d'appello esiste già una sentenza, potenzialmente contenente anche statuizioni civili, che è apparso opportuno garantire nella loro stabilità.

 Parimenti, non si è ritenuto di estendere tale «ultrattività» del patteggiamento ai processi pendenti in cassazione.

La natura di giudice di mera legittimità della Suprema Corte, infatti, se non contrasta con l'obbligo del giudice di verificare la correttezza della qualificazione giuridica attribuita al fatto e con la verifica della sussistenza di cause di non doversi procedere ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale, si ritiene al contrario incompatibile con la necessità di formulare un giudizio originario di adeguatezza della pena concordata rispetto al fatto.

Al capo IX viene proposta la revisione del sistema delle sanzioni processuali.

L'articolo 21, comma 1, prevede, alle lettere da a) a d), l'adeguamento delle sanzioni correlate alle declaratorie di inammissibilità di ricorsi o istanze nell'intento di omogeneizzare i minimi delle stesse nonché di aumentare i relativi massimi allo scopo di rendere concreto l'effetto deterrente delle relative previsioni.

Il medesimo articolo, alla lettera e), modificando l'articolo 664, comma 1, del codice di procedura penale, prevede, quindi, che i relativi importi continuino a confluire presso la cassa delle ammende, ma nella sola misura del 40 per cento, mentre il residuo 60 per cento dovrà essere versato in conto entrate dello Stato per essere successivamente riassegnato ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero della giustizia; tale operazione renderà, pertanto, dette somme disponibili per le esigenze complessive della giustizia e non del solo Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria - come avviene in base alla normativa attualmente vigente - al soddisfacimento delle cui esigenze viene comunque ancora riservata circa la metà dei relativi introiti.

L'articolo 22, infine, dispone una modifica all'articolo 208 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002; la norma in questione ha, difatti, assegnato alle cancellerie delle corti di appello il compito di curare il recupero dei crediti derivanti da tutte le sentenze di condanna definitive emesse dalla stessa corte di appello, con il conseguente aumento del carico di lavoro ivi insistente (fino a triplicarlo) e l'altrettanto ovvio ritardo nella riscossione dei crediti, i quali nelle more possono anche giungere a prescriversi. Come da più parti sollecitato, quindi, si è proposto un ritorno al previgente criterio di riparto della competenza in materia, fondato sull'abbinamento fra ufficio di recupero dei crediti e giudice dell'esecuzione presso il medesimo ufficio giudiziario, già sancito dall'articolo 181 delle norme di attuazione.

Al capo X sono previste disposizioni in materia di pubblicazione delle sentenze e ragguaglio tra pene pecuniarie e pene detentive; l'articolo 23, comma 1, lettera a), in particolare, prevede la rivisitazione delle modalità di pubblicazione delle sentenze, consentendo la pubblicazione delle stesse sul sito internet del Ministero della giustizia nei casi di minore gravità; ciò al fine di realizzare risparmi di spesa.

La lettera b) del medesimo comma prevede, poi, la modifica dell'articolo 135 del codice penale, elevando a euro 75 la somma ivi prevista per il ragguaglio con le pene detentive per adeguare il criterio proporzionale al tempo trascorso e consentendo, pertanto, maggiori introiti a parità di richieste di sostituzione della pena detentiva ai sensi dell'articolo 53 della legge n. 689 del 1981.

Il successivo articolo 24 adegua, poi, anche l'articolo 536 del codice di procedura penale alle modifiche in tema di pubblicazione delle sentenze apportate dall'articolo 23 e prima esaminate.

L'articolo 25 prevede che la pubblicazione delle sentenze relative ai delitti di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633, segua la disciplina generale di cui all'articolo 36 del codice penale, come modificato dal presente disegno di legge, ovvero sia effettuata esclusivamente sul sito internet del Ministero della giustizia nei casi di minore gravità; la pubblicazione in questione è stata, infatti, introdotta dalla legge n. 248 del 2000; la ragione storica di tale previsione riposa, stando ai lavori preparatori, nell'esigenza di realizzare campagne di pubblica informazione «dirette a sensibilizzare i cittadini sulla gravità e pericolosità sociale della pirateria in materia di opere dell'ingegno».

Il bilancio della modifica normativa non è tuttavia incoraggiante. Com'è noto, la stragrande maggioranza dei procedimenti penali per le ipotesi di contraffazione di opere protette dal diritto d'autore vede quali imputati stranieri immigrati o cittadini italiani appartenenti a ceti altamente disagiati.

Nel primo caso, sono frequentemente ignote persino le reali generalità degli imputati, cui solo i riscontri foto-dattiloscopici sono in grado di fornire un'identità, almeno formale.

A fronte del quadro dianzi delineato, occorre analizzare i costi della campagna di sensibilizzazione nei confronti dell'opinione pubblica (peraltro attuata dagli enti di categoria con altri e più efficaci mezzi di propaganda informativa).

Le spese del processo penale, incluse quelle di pubblicazione della sentenza (fatta salva l'ipotesi di cui all'articolo 694, comma 1, del codice di procedura penale, estranea al presente disegno di legge) sono anticipate dall'erario e recuperate a carico del condannato (articolo 4 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002).

Da una nota pervenuta dalla procura generale della corte d'appello di Roma risulta che la spesa sostenuta da questo solo distretto per la pubblicazione delle sentenze di condanna ai sensi dell'articolo 171-ter, comma 4, della legge n. 633 del 1941 ammonta a quasi 300.000 euro nell'ultimo biennio.

Di tale importo, praticamente nulla è stato recuperato a carico dei condannati.

Preso atto, pertanto, dell'attuale sproporzione tra gli obiettivi (difficilmente conseguibili) perseguiti dalla normativa in parola e gli altissimi costi economici precedentemente evidenziati, nonché dell'ormai universale diffusione dell'accesso a internet nel nostro Paese, appare logico procedere, come nella proposta in oggetto, alla rivisitazione di tale pena accessoria nei termini sopra evidenziati.

Il capo XI è volto a introdurre nel codice penale un istituto che ha dato un esito estremamente positivo nel processo minorile: la sospensione del processo con messa alla prova.

Le statistiche a disposizione del Ministero della giustizia mostrano come, nel periodo 1999-2004, l'istituto abbia conosciuto un aumento applicativo considerevole, passando dai 788 provvedimenti del 1992 ai 2.173 del 2004.


 

 

Anni

Provvedimenti di applicazione articolo 28

Numeri indice

(base mobile)

Numeri indice

(base fissa=1992)

1992

788

-

100,0

1993

845

107,2

107,2

1994

826

97,8

104,8

1995

740

89,6

93,9

1996

938

126,8

119,0

1997

1.114

118,8

141,4

1998

1.249

112,1

158,5

1999

1.420

113,7

180,3

2000

1.471

103,5

186,7

2001

1.711

116,3

217,1

2002

1.817

106,2

230,6

2003

1.856

102,1

235,5

2004

2.173

117,1

275,8

 

 Ancora più sorprendenti risultano le statistiche relative all'esito della prova, che ha superato l'80 per cento di esiti positivi.

 

Contenuto

della sentenza

% sui casi definiti

 

1999

2000

2001

2002

2003

2004

Totale

periodo

Estinzione

83,6%

80,3%

80,3%

79,0%

80,9%

81,7%

80,9%

Proroga

 1,8%

 1,7%

1,3%

1,1%

1,6%

2,7%

1,7%

Proscioglimento

0,3%

0,2%

0,2%

0,2%

0,2%

0,5%

0,2%

Rinvio a dibattimento

3,5%

5,0%

4,2%

4,2%

3,2%

3,7%

4,0%

Condanna

6,7%

8,2%

8,6%

10,4%

7,2%

6,1%

7,9%

Altro

4,2%

4,6%

5,4%

5,1%

6,9%

5,4%

5,3%

                                                                                                                       

 


L'istituto entra a pieno titolo nell'ambito degli istituti di probation, nati e sviluppatisi negli ordinamenti anglosassoni. Com'è noto, nelle legislazioni di diversi Paesi è possibile individuare diversi tipi di probation:

probation di polizia;

probation giudiziale nella fase istruttoria, modello appunto adottato in Italia nel processo minorile (articolo 28 delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 488 del 1988, articolo 27 delle relative norme di attuazione, di cui al decreto legislativo n. 272 del 1989, in cui la messa in prova non presuppone la pronuncia di una sentenza di condanna;

 probation giudiziale nella fase del giudizio con sospensione dell'esecuzione della condanna, disciplinata nel nostro ordinamento solo con riferimento alle pene detentive contenute nel limite dei tre anni nei confronti di soggetti a piede libero (articolo 656 del codice di procedura penale, ma disciplinata dall'ordinamento penitenziario e gestita dalla magistratura di sorveglianza);

probation penitenziaria, soluzione adottata in Italia dal legislatore del 1975 e tuttora vigente (articoli 47 e seguenti della legge n. 354 del 1975 e articolo 94 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990).

In attesa di un'organica riforma della complessa disciplina della messa alla prova e dei suoi rapporti con l'istituto della sospensione condizionale della pena, allo studio della Commissione di riforma del codice penale, si è ritenuto di recuperare, per i reati di criminalità «medio-piccola», un ruolo importante alla probation giudiziale con sospensione del procedimento, ancorandola alla richiesta dell'imputato, in funzione deflativa del numero dei procedimenti, inserendo, con l'articolo 26 del disegno di legge, l'articolo 168-bis del codice penale (sistematicamente, dopo la sospensione condizionale della pena, fra le cause estintive del reato).

La sua concessione, in assenza di una pena concretamente irrogata dal giudice, deve essere ancorata a parametri edittali.

Si è quindi pensato di prevederne l'applicabilità per i reati per i quali è comminata in astratto la sola pena pecuniaria (multa o ammenda) ovvero una pena edittale detentiva (reclusione o arresto) non superiore ai due anni, sola o congiunta con pena pecuniaria, onde confinare l'istituto entro un perimetro di reati di non grave allarme sociale e in grado di assorbire in gran parte l'area contravvenzionale. In caso di pene alternative si farà riferimento solo alla pena edittale massima detentiva. Vengono, però, espressamente esclusi dall'applicabilità dell'istituto i reati previsti dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (reati edilizi), nonché dall'articolo 173-bis del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria e dagli articoli 2621 e 2624 del codice civile (reati di false comunicazioni sociali); l'elevato disvalore sociale all'interno di un settore quale quello economico, da un lato, e l'estrema difficoltà di ripristino dello status quo ante che le caratterizza, dall'altro, hanno infatti imposto nei confronti dei loro autori un trattamento differenziato in relazione all'istituto dell'affidamento in prova.

L'articolo 27 del disegno di legge prevede poi la disciplina processuale dell'istituto, con l'introduzione nel codice di rito degli articoli 420-sexies, 420-septies e 420-octies; in particolare, la concessione del beneficio è subordinata a specifica richiesta da parte dell'imputato, da formulare prima dell'inizio della discussione, nonché alla presentazione da parte del medesimo di un programma di reinserimento sociale concordato con il servizio sociale per adulti, il quale preveda:

a) le modalità di coinvolgimento dell'imputato, del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita nel processo di reinserimento sociale, ove ciò risulti necessario;

b) le prescrizioni comportamentali e gli impegni specifici che l'imputato assume al fine di elidere o di attenuare le conseguenze del reato;

c) le condotte volte a promuovere, ove possibile, la conciliazione dell'imputato con la persona offesa.

Il beneficio è concesso quando il giudice ritiene che l'imputato si astenga dal commettere ulteriori reati.

L'impostazione seguìta prevede, sul modello di alcuni Paesi europei (Spagna e Norvegia, ad esempio), che il giudice, nel mettere alla prova il condannato, possa impartire ulteriori obblighi e prescrizioni comportamentali. Al fine di decidere se concedere il beneficio ovvero al fine di determinare i contenuti del programma, il giudice può acquisire, tramite la polizia giudiziaria, i servizi sociali o altri enti pubblici, tutte le informazioni relative alle condizioni di vita personale, familiare, sociale ed economica dell'imputato. Tale norma appare necessaria nell'ottica di una individualizzazione della pena e degli istituti di reinserimento sociale.

Il periodo di sospensione è fissato, nel massimo, in due anni per le pene detentive, e in un anno per quelle pecuniarie.

L'esito positivo della prova estingue il reato.

Il nuovo articolo 420-octies prevede che, in caso di esito negativo della prova, di grave violazione delle prescrizioni e degli obblighi imposti, nonché in caso di commissione di reati durante il periodo di prova, l'ordinanza di sospensione venga revocata e il processo riprenda il suo corso. Il periodo di prova viene, in tal caso, scomputato dalla pena inflitta, sulla base di un'apposita tabella di conversione (dieci giorni di prova equivalgono a un giorno di pena detentiva o a 150 euro di pena pecuniaria); l'articolo 27, comma 1, lettera c), prevede, infatti, una modifica in tal senso del codice di rito, con l'introduzione dell'articolo 657-bis.

Si prevede, altresì, la ricorribilità per cassazione da parte del pubblico ministero e dell'imputato contro il provvedimento che decide sull'istanza di sospensione, nonché la previsione della sospensione del corso della prescrizione per tutta la durata della prova.

È stata poi inserita dall'articolo 28 del disegno di legge una norma all'interno delle norme di attuazione del codice (articolo 191-bis) che precisa che le funzioni di servizio sociale, in caso di messa alla prova, sono svolte dagli uffici locali dell'esecuzione penale esterna del Ministero della giustizia, ai sensi dell'articolo 72 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Sono poi disciplinate le modalità di predisposizione del programma di reinserimento sociale, gli obblighi di informazione periodica all'autorità giudiziaria procedente, la relazione finale sulla prova.

 

Nel capo XII, gli articoli 29 e 32 disciplinano la copertura finanziaria (con clausola di invarianza) e l'entrata in vigore del provvedimento. In particolare l'articolo 32, comma 2, prevede che l'efficacia della disciplina relativa alle notificazioni da effettuare con il mezzo della posta elettronica venga differita sino alla data di entrata in vigore della normativa che renda effettivo il ricorso a tale mezzo.

L'articolo 30 prevede, infine, una diversificata normativa transitoria volta a risolvere gli eventuali problemi pratici e interpretativi che si potrebbero venire a creare alla data di entrata in vigore della legge.


 


 

 

RELAZIONE TECNICA

 

(All'articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978,

 n. 468, e successive modificazioni).

 

 

 

Articolo 3, comma 1, lettere d) e l); articolo 5, comma 1, lettera e).

 

Le disposizioni in esame introducono nel processo penale il concetto di notificazione di atti per mezzo di «posta elettronica certificata», prevedendo che le notificazioni di atti ai difensori, gli avvisi e le comunicazioni tra gli uffici giudiziari, nonché l'invio di memorie o istanze da parte dei difensori debbano avvenire in tal modo. Tali disposizioni non determinano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, bensì sicuri risparmi di mezzi, di personale e di spesa, sia pure non quantificabili.

 

 

Articolo 21.

 

L'articolo in esame prevede l'adeguamento delle sanzioni processuali correlate alle declaratorie di inammissibilità di ricorsi o istanze nell'intento di omogeneizzare i minimi delle stesse nonché di aumentare i relativi massimi allo scopo di rendere concreto l'effetto deterrente delle relative previsioni.

L'adeguamento delle sanzioni processuali determina incrementi di entrata certi e non quantificabili, in mancanza di specifici elementi di calcolo.

Questa Amministrazione è in grado di quantificare, con riferimento alla lettera e) del comma 1 dell'articolo in esame, soltanto il gettito derivante dal pagamento di somme dovute dalle parti in caso di inammissibilità o di rigetto del ricorso per cassazione. Da rilevare che il gettito riferito a questa fattispecie costituisce la parte più rilevante del gettito complessivo derivante dalle modifiche normative contenute nell'articolo 21, importi attualmente devoluti alla cassa delle ammende.

La lettera e) del comma 1 dell'articolo 21 prevede che i relativi importi vadano a confluire nella misura del 40 per cento alla cassa delle ammende e nella misura del 60 per cento in conto entrata dello Stato per essere successivamente assegnati ad apposito capitolo di bilancio della spesa del Ministero della giustizia. Ciò premesso, questa Amministrazione ha proceduto alla determinazione sia del maggior gettito sia del gettito complessivo nel seguente modo:

 

Somme affluite alla cassa delle ammende: euro 8.036.656,65 (dati rilevati dal consuntivo della cassa delle ammende nell'anno 2005);

Aumento medio delle sanzioni: 20 per cento;

Previsioni del maggior gettito: euro 1.607.331,33;

Previsione di gettito complessivo: euro 9.643.987,98;

Quota da destinare al Ministero della giustizia: euro 5.786.392,79.

 

 

Articolo 23.

 

L'articolo 23, comma 1, lettera a), prevede la rivisitazione delle modalità di pubblicazione delle sentenze, consentendo in via esclusiva o alternativa, la pubblicazione delle stesse nel sito internet del Ministero della giustizia, al fine di realizzare risparmi di spesa. Analogamente l'articolo 25, nel prevedere il venir meno dell'obbligo di pubblicazione delle sentenze relative alle violazioni del diritto d'autore, nonché alle violazioni di cui all'articolo 517 del codice penale, comporta ulteriori risparmi di spesa.

L'adempimento di tale onere costituisce una voce rilevante delle spese di giustizia e non viene solitamente recuperato anche perché i destinatari delle condanne per i reati in questione sono spesso cittadini extra-comunitari, privi del permesso di soggiorno, nulla tenenti e destinatari di provvedimenti di espulsione dalla nazione. Pur in presenza di sicuri risparmi di spesa, in mancanza di analitici elementi di calcolo, non è possibile procedere alla quantificazione degli stessi.

La lettera b) del comma 1 dell'articolo 23 prevede la modifica dell'articolo 135 del codice penale, elevando ad euro 75 la somma ivi prevista per il ragguaglio con le pene detentive al fine di adeguare il criterio proporzionale al tempo trascorso e consentendo, pertanto, maggiori introiti a parità di richieste di sostituzione della pena detentiva ai sensi dell'articolo 53 della legge n. 689 del 1981.

 

 

Articoli 27 e 28.

 

Gli articoli 27 e 28 introducono nel codice penale un istituto che ha dato esiti estremamente positivi nel processo minorile ed è già applicato in Europa anche per gli adulti, cioè la sospensione del processo con messa alla prova.

L'introduzione del nuovo istituto comporterà una notevole riduzione dei procedimenti per i reati di criminalità medio-piccola.

Poiché lo strumento procedimentale in esame si applica ai reati puniti nel massimo con la pena detentiva fino a due anni, termine che rientra già oggi nel limite per l'immediata legittimazione del condannato all'affidamento in prova cosiddetto ordinario, se ne può dedurre che le nuove norme non comporteranno un incremento assoluto delle persone prese in carico, quanto piuttosto un'anticipazione del trattamento ad un momento molto più vicino alla commissione del reato, con evidenti effetti positivi sull'economia processuale complessiva.

Poiché inoltre le strutture di esecuzione penale esterna sul territorio dovranno non tanto ampliare i loro interventi, quanto rimodularli in termini temporali, l'introduzione del nuovo istituto non renderà necessarie integrazioni di risorse umane e strumentali. Viceversa, potrebbero determinarsi sia, come detto, economie di tempi sia economie di spesa per gli uffici di sorveglianza.

In conclusione, l'esame del provvedimento in oggetto evidenzia esclusivamente profili di natura finanziaria decisamente positivi, sia in termini di maggiori entrate che di risparmi di spesa, di talché si può affermare, con ragionevole certezza, che dalla sua attuazione non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

In considerazione di quanto sopra esposto, si ribadisce che l'eventuale duplicazione di competenze da parte degli operatori dei centri di servizio sociale, in fase di prima applicazione del provvedimento, non comporta un aggravio di spese in termini di risorse umane e strumentali, atteso il limitato numero dei soggetti interessati all'istituto della messa in prova.


 

 

ANALISI TECNICO-NORMATIVA

 

 

1. Aspetti tecnico-normativi.

 

A) Necessità dell'intervento normativo.

 

Il presente disegno di legge intende dare attuazione al canone costituzionale del cosiddetto «giusto processo» (sancito dall'articolo 111 della Costituzione, come novellato dalla legge costituzionale n. 2 del 1999), sotto il profilo della sua «ragionevole durata».

E, infatti, l'introduzione del principio della ragionevole durata del processo impone al legislatore di realizzare quello che è stato felicemente denominato «garantismo efficiente», che consiste nel saper coniugare in modo efficiente garanzie sostanziali per l'imputato e tutela della ragionevole durata del processo.

Il presente disegno di legge propone, dunque, un intervento «di sistema» volto a razionalizzare il processo penale alla luce di siffatto principio.

In tale ottica, si è operato su vari istituti processuali in maniera da distribuire il «costo» del recupero della celerità del processo in modo equilibrato con riferimento alla posizione dei vari attori dello stesso: polizia giudiziaria, pubblico ministero, difensore, giudice e imputato.

Lunghezza dei processi, alto indice di prescrizione dei reati, presenza di un sistema di garanzie difensive spesso meramente formale e ineffettività della pena hanno progressivamente reso il sistema penal-processuale in gran parte inidoneo a rispondere alle esigenze che lo sviluppo sociale richiede.

In attesa di una organica riforma dei due codici (penale e di procedura penale), in relazione alla quale sono state istituite dal Ministro della giustizia apposite commissioni, il presente intervento intende fornire una serie di risposte ai problemi più urgenti.

 

B) Analisi del quadro normativo e incidenza delle norme proposte sulle leggi e i regolamenti vigenti.

 

Il presente disegno di legge interviene su punti nevralgici del codice penale e del codice di procedura penale (disciplina della recidiva, delle sanzioni pecuniarie, della prescrizione del reato, dell'estinzione del reato per messa alla prova, competenza del giudice eccetera) ed effettua il necessario coordinamento della normativa di attuazione e complementare.

 

C) Analisi della compatibilità dell'intervento con l'ordinamento comunitario.

 

Il disegno di legge non presenta alcun possibile profilo di incompatibilità con l'ordinamento comunitario o internazionale. Al contrario, viene data specifica attuazione, tramite la riforma del processo in absentia, ai reiterati inviti provenienti dalla Corte europea dei diritti dell'uomo affinché l'Italia renda il suo ordinamento conforme, quanto ai diritto di difesa, alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

 

D) Analisi della compatibilità con le competenze delle regioni ordinarie e a statuto speciale.

 

Il disegno di legge non presenta aspetti di interferenza o di incompatibilità con le competenze costituzionali delle regioni, incidendo su materia, quella penale, riservata alla potestà legislativa dello Stato.

 

E) Verifica della coerenza con le fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali.

 

Il disegno di legge, come sopra già evidenziato, non coinvolge le funzioni delle regioni e degli enti locali.

 

F) Verifica dell'assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione.

 

Il disegno di legge ha ad oggetto materie assistite da riserva di legge, non suscettibili di delegificazione.

2. Elementi di drafting e linguaggio normativo.

 

A) Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso.

 

In assoluta coerenza con le definizioni e con gli istituti in uso, sono stati introdotti nuovi istituti e nuove definizioni normative:

1) «notificazione per posta elettronica certificata» (articolo 3, comma 1, lettere d) e i), che modificano gli articoli 148 e 157 del codice di procedura penale);

2) «incaricato a ricevere gli atti di posta elettronica» presso ciascun ufficio giudiziario (articolo 5, comma 1, lettera d), che modifica l'articolo 64 delle norme di attuazione);

 3) «procedimento in assenza» (articolo 13, comma 1, lettera h), che introduce l'articolo 484-bis del codice di procedura penale);

4) «sospensione del processo di cui l'imputato non è a conoscenza» (articolo 13, comma 1, lettera h), che introduce l'articolo 484-bis del codice di procedura penale);

5) «programmazione e disciplina delle udienze dibattimentali» (articolo 19, comma 1, lettera b), che introduce l'articolo 144-bis delle norme di attuazione);

6) «sospensione del processo con messa alla prova« (articolo 26, comma 1, che introduce l'articolo 168-bis del codice penale);

7) «programma di trattamento» (articolo 27, comma 1, lettera a), che introduce l'articolo 420-sexies del codice di procedura penale).

Per la valutazione in ordine alla necessità degli interventi in questione si precisa che alcune delle definizioni elencate sono state introdotte al fine di adeguare la normativa italiana alla legislazione ovvero alla giurisprudenza internazionale (vedi, per quanto concerne i punti 3 e 4, la CEDU e le sentenze rese nei processi Colozza c. Italia, 1985, Sejdovic c. Italia, 2004, Somogyi c. Italia, 2005); per tutte le altre si rinvia a quanto più diffusamente esposto nella relazione illustrativa.

 

B) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni e integrazioni subìte dai medesimi.

 

I riferimenti normativi che figurano nel disegno di legge sono corretti.

 

C) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni e integrazioni a disposizioni vigenti.

 

Si è fatto ricorso alla tecnica della novella legislativa, in quanto sono state apportate modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alle sue norme di attuazione (decreto legislativo n. 271 del 1989), nonché alle norme complementari.

 

D) Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell'atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo.

 

Il disegno di legge abroga espressamente le seguenti disposizioni:

1) gli articoli 24, 33-octies, 180, 325, comma 1, 405, comma 1-bis, 420-quinquies, 475, 484, comma 2-bis, 489, 511-bis, 516, commi 1-bis e 1-ter, 517, comma 1-bis, 599, comma 4, 602, comma 2, 604, comma 5, 656, comma 9, lettera c), e 671, comma 2-bis, del codice di procedura penale;

2) gli articoli 30, comma 3, e 145, comma 2, delle norme di attuazione;

3) gli articoli 62-bis, secondo comma, e 81, quarto comma, del codice penale;

4) gli articoli 30-quater, 47-ter, comma 1.1, 50-bis e 58-quater, comma 7-bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.

Il disegno di legge non presenta effetti abrogativi impliciti.

 


 

 

 

ANALISI DELL'IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (AIR)

 

A) Ambito dell'intervento, con particolare riguardo all'individuazione delle amministrazioni, dei soggetti destinatari e dei soggetti coinvolti.

 

Il disegno di legge coinvolge tutti gli uffici giudiziari nonché tutti gli appartenenti al sistema giustizia e gli utenti dello stesso.

 

B) Esigenze sociali, economiche e giuridiche prospettate dalle amministrazioni e dai destinatari ai fini di un intervento normativo.

 

Si rinvia a quanto già evidenziato nella relazione illustrativa e nell'analisi tecnico-normativa.

 

C) Obiettivi generali e specifici, immediati e di medio/lungo periodo.

 

Obiettivo del disegno di legge è, almeno nel medio/lungo periodo, di migliorare l'efficienza complessiva dell'amministrazione della giustizia, nell'ottica del mantenimento delle garanzie per l'imputato richieste dal nostro ordinamento costituzionale nonché dalla normativa internazionale.

 

D) Presupposti attinenti alla sfera organizzativa, finanziaria, economica e sociale.

 

L'impatto maggiore del disegno di legge riguarda prevalentemente gli uffici giudiziari di ogni ordine e grado, deputati all'applicazione delle nuove norme sostanziali, processuali e di organizzazione del lavoro. Sotto quest'ultimo profilo si segnala la necessità che tutto il sistema giustizia sia dotato dei mezzi adatti all'attuazione delle norme in materia di notifica e di avviso per il tramite della posta elettronica certificata; ulteriori, minimi, interventi organizzativi sono richiesti a tutto il personale giudiziario per la gestione del calendario delle udienze, nonché nell'ambito della Corte di cassazione per la gestione separata dei ricorsi a seconda della causa di inammissibilità loro sottesa; non sono, comunque, previsti per gli uffici interessati ulteriori impegni superiori a quelli già realizzabili con i mezzi e con gli organici normalmente a loro disposizione.

 

E) Aree di criticità.

 

Non sussistono aree di criticità.

 

F) Opzioni alternative alla regolazione e opzioni regolatorie, valutazione delle opzioni regolatorie possibili.

 

L'ampiezza dei campi all'interno dei quali opera il disegno di legge si riflette necessariamente sulla molteplicità delle soluzioni di volta in volta possibili; si rinvia alla relazione illustrativa per la disamina approfondita delle singole modifiche normative.

La delicatezza dell'intervento ha, poi, consigliato il ricorso allo strumento del disegno di legge piuttosto che a quello della legge di delega, al precipuo fine di consentire il pieno confronto parlamentare sulle diverse problematiche messe in luce dalla proposta normativa.

 

G) Strumento tecnico-normativo eventualmente più appropriato.

 

Il disegno di legge è l'unico strumento tecnico-normativo possibile tenuto conto della materia oggetto dell'intervento, riservata alla legge, e dell'assenza dei requisiti di straordinaria necessità e urgenza che consentono il ricorso al decreto-legge.

 

 


 


disegno di legge

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Capo I

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI COMPETENZA

 

Art. 1.

(Modifiche al codice di procedura penale in materia di competenza).

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 16, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Rispetto al reato individuato ai sensi del presente comma, per la determinazione del giudice competente si applicano gli articoli 8 e 9»;

b) l'articolo 21 è sostituito dal seguente:

«Art. 21. - (Incompetenza). - 1. L'incompetenza è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manchi, entro il termine previsto dall'articolo 491, comma 1. Entro quest'ultimo termine deve essere riproposta l'eccezione di incompetenza respinta nell'udienza preliminare» ;

c) l'articolo 23 è sostituito dal seguente:

«Art. 23. - (Incompetenza dichiarata nel dibattimento di primo grado). - 1. Se il giudice del dibattimento ritiene che il processo appartiene alla competenza di altro giudice, dichiara con sentenza la propria incompetenza per qualsiasi causa e ordina la trasmissione degli atti al giudice competente.

2. L'imputato, entro il termine previsto dall'articolo 491, comma 1, può chiedere al giudice cui sono stati trasmessi gli atti il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena su richiesta delle parti» ;

d) dopo l'articolo 23 è inserito il seguente:

«Art. 23-bis. - (Rigetto della questione di competenza). - 1. Se il giudice del dibattimento ritiene che il processo appartiene alla propria competenza rigetta con ordinanza l'eccezione proposta ai sensi dell'articolo 21.

2. Avverso l'ordinanza di cui al comma 1 può essere proposto ricorso per cassazione nel termine di cui all'articolo 585, comma 1, lettera a); il ricorso non comporta la sospensione del procedimento.

3. La Corte di cassazione decide in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 611. Se accoglie il ricorso, dispone che gli atti siano trasmessi al giudice che ha pronunciato l'ordinanza impugnata; il giudice provvede ai sensi dell'articolo 23. Se la Corte di cassazione dichiara inammissibile o rigetta il ricorso, la questione di competenza non può più essere rilevata o eccepita, né può costituire oggetto di successiva impugnazione.

4. Se il ricorso di cui al comma 1 non viene proposto, la questione di competenza non può costituire oggetto di successiva impugnazione»;

e) l'articolo 24 è abrogato;

f) l'articolo 25 è sostituito dal seguente:

«Art. 25. - (Effetti delle decisioni della Corte di cassazione sulla giurisdizione). - 1. La decisione della Corte di cassazione sulla giurisdizione è vincolante nel corso del processo, salvo che risultino nuovi fatti che comportino una diversa qualificazione giuridica del fatto da cui derivi la modificazione della giurisdizione»;

g) all'articolo 26, il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Se le prove di cui al comma 1 hanno contenuto dichiarativo, si applica l'articolo 190-bis»;

 h) l'articolo 33-octies è abrogato;

i) al libro primo, titolo I, capo VI-bis, dopo l'articolo 33-nonies è aggiunto il seguente:

«Art. 33-decies. - (Rigetto dell'eccezione relativa alla composizione del giudice). - 1. Se il giudice rigetta l'eccezione proposta ai sensi dell'articolo 33-quinquies, la relativa ordinanza è impugnabile ai sensi dell'articolo 23-bis, comma 2. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 23-bis, commi 3 e 4»;

l) all'articolo 491, comma 1, le parole: «per territorio o per connessione» sono soppresse;

m) all'articolo 516, i commi 1-bis e 1-ter sono abrogati;

n) all'articolo 517, il comma 1-bis è abrogato;

o) dopo l'articolo 518 è inserito il seguente:

«Art. 518-bis. - (Questione di competenza in caso di nuove contestazioni). - 1. Nei casi previsti dagli articoli 516 e 517, l'imputato può formulare, a pena di decadenza, l'eccezione di cui all'articolo 21 immediatamente dopo la nuova contestazione, ovvero, nei casi indicati dagli articoli 519, comma 2, e 520, comma 2, prima del compimento di ogni altro atto nella nuova udienza fissata a norma dei medesimi articoli.

2. Se a seguito della modifica il reato risulta attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica, l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione del giudice è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro il termine indicato dal comma 1.

3. Se a seguito della modifica risulta un reato per il quale è prevista l'udienza preliminare e questa non si è tenuta, l'inosservanza delle relative disposizioni è eccepita, a pena di decadenza, entro il termine indicato dal comma 1.

4. Sull'eccezione proposta ai sensi dei commi 1, 2 e 3, il giudice provvede con ordinanza.

5. Nel caso previsto al comma 1, l'ordinanza che decide sulla relativa eccezione può essere impugnata ai sensi dell'articolo 23-bis, comma 1. Si applicano gli articoli 23, 23-bis e 26.

6. Nei casi previsti dai commi 2 e 3, l'ordinanza che decide sulla relativa eccezione può essere impugnata ai sensi dell'articolo 33-decies.

7. Nel caso previsto dall'articolo 518, comma 2, quando l'imputato presta il consenso alla nuova contestazione, l'incompetenza del giudice che procede ovvero l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione del giudice non possono più essere eccepite, né possono formare oggetto di impugnazione».

 

Art. 2.

(Modifiche alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271).

1. Al titolo I, capo II, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, di seguito denominate «norme di attuazione», dopo l'articolo 4-bis è aggiunto il seguente:

«Art. 4-ter. - (Attività del pubblico ministero a seguito della declaratoria di incompetenza). - 1. Quando viene pronunciata sentenza che dichiara l'incompetenza per territorio, anche determinata da connessione, il fascicolo del pubblico ministero viene trasmesso senza ritardo all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente. Qualora venga proposto ricorso per cassazione, la trasmissione è sospesa fino alla comunicazione della decisione in ordine al ricorso».

 

Capo II

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI DIFESA E DI NOTIFICAZIONI DEGLI ATTI DEL PROCEDIMENTO

 

Art. 3.

(Modifiche al codice di procedura penale in materia di difesa e di notificazioni degli atti del procedimento).

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 107, comma 2, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, che provvede immediatamente alla nomina di un difensore d'ufficio, salva la nomina di un nuovo difensore di fiducia»;

b) all'articolo 121, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero per posta elettronica certificata»;

c) all'articolo 148, il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Il giudice può disporre che le notificazioni ai detenuti siano eseguite dalla polizia penitenziaria; in tal caso le notificazioni sono eseguite con l'osservanza delle norme del presente titolo»;

d) all'articolo 148, il comma 2-bis è sostituito dal seguente:

«2-bis. Le notificazioni e gli avvisi ai difensori sono eseguiti a mezzo di posta elettronica certificata. A tale fine il difensore indica, all'atto del deposito della nomina o, ove non vi abbia già provveduto, nel primo scritto difensivo, l'indirizzo di posta elettronica certificata presso cui dichiara di voler ricevere notificazioni o avvisi. Analoga indicazione è contenuta nell'albo redatto dal consiglio dell'Ordine degli avvocati in cui il difensore è iscritto. In caso di impossibilità di eseguire la notificazione nel modo previsto dal primo periodo, le notificazioni e gli avvisi ai difensori possono essere eseguiti con altri mezzi tecnici idonei. In tale caso, l'ufficio che invia l'atto attesta in calce ad esso che il testo trasmesso è conforme all'originale»;

e) all'articolo 150, comma 1, le parole: «Quando lo consigliano circostanze particolari,» sono soppresse;

f) all'articolo 151, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero, quando concrete e motivate ragioni lo impongano, dalla sezione di polizia giudiziaria»;

g) all'articolo 152, comma 1, le parole: «possono essere sostituite» sono sostituite dalle seguenti: «sono sostituite»;

h) all'articolo 157, il comma 8-bis è sostituito dal seguente:

«8-bis. Salvo che la legge disponga altrimenti, le notificazioni successive sono eseguite, in caso di nomina di difensore di fiducia ai sensi dell'articolo 96, mediante consegna di copia dell'atto al difensore. Il difensore può dichiarare all'autorità che procede di non accettare la notificazione solo nel caso di rinuncia al mandato difensivo. Il presente comma si applica anche alle comunicazioni di atti e agli avvisi»;

i) all'articolo 157 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«8-ter. In tutti i casi in cui la notificazione alla persona sottoposta alle indagini deve essere eseguita presso il difensore di fiducia, può essere effettuata mediante posta elettronica certificata, ai sensi dell'articolo 148, comma 2-bis»;

l) l'articolo 159 è sostituito dal seguente:

«Art. 159. - (Notificazioni all'imputato in caso di irreperibilità). - 1. Se non è possibile eseguire le notificazioni nei modi previsti dall'articolo 157, l'ufficiale giudiziario procede, anche consultando i competenti uffici pubblici, a nuove ricerche dell'imputato presso l'amministrazione penitenziaria centrale, i luoghi di nascita, residenza anagrafica, domicilio, dimora e lavoro, e procede d'ufficio alla nuova notificazione; l'ufficiale giudiziario procedente può incaricare della notificazione l'ufficiale giudiziario competente per territorio.

2. In caso di esito negativo delle ricerche eseguite ai sensi del comma 1, l'autorità giudiziaria emette decreto di irreperibilità con il quale, dopo avere nominato un difensore all'imputato che ne è privo, ordina che la notificazione sia eseguita mediante consegna di unica copia dell'atto al difensore. L'autorità giudiziaria può rinnovare, ove assolutamente necessario, le ricerche tramite la polizia giudiziaria.

3. Le notificazioni eseguite ai sensi dei commi 1 e 2 sono valide ad ogni effetto. L'irreperibile è rappresentato dal difensore»;

m) all'articolo 161, il primo periodo del comma 4 è sostituito dal seguente: «Nei casi di cui ai commi 1 e 2, quando l'ufficiale giudiziario accerta l'impossibilità di eseguire la notifica dell'atto all'imputato presso il domicilio dichiarato o eletto ovvero presso il domicilio determinato, procede alla notificazione dello stesso mediante consegna di unica copia al difensore, dando atto, nella relazione di cui all'articolo 168, dell'omessa notificazione presso il domicilio dichiarato, eletto o determinato»;

n) all'articolo 170, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«3-bis. Non possono essere eseguite col mezzo degli uffici postali nei confronti degli imputati le notificazioni delle sentenze, dei decreti penali e dei relativi estratti».

 

Art. 4.

(Modifiche all'articolo 1 della legge 20 novembre 1982, n. 890).

1. All'articolo 1, primo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole: «civile, amministrativa e penale» sono sostituite dalle seguenti: «civile e amministrativa»;

 b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In materia penale, l'ufficiale giudiziario può avvalersi del servizio postale esclusivamente nei casi indicati dall'articolo 170 del codice di procedura penale».

 

Art. 5.

(Modifiche alle norme di attuazione).

1. Alle norme di attuazione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 30, il comma 3 è abrogato;

b) all'articolo 42 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«1-bis. In tutti i casi di richiesta ad altra autorità giudiziaria di emissione di atti del procedimento, la minuta della richiesta e degli atti su cui essa si fonda sono trasmesse, ove tecnicamente possibile, anche su supporto informatico o per via telematica»;

c) dopo l'articolo 54 è inserito il seguente:

«Art. 54-bis. - (Documentazione delle attività di ricerca dell'imputato da parte dell'ufficiale giudiziario). - 1. Quando l'ufficiale giudiziario procede a ricerche dell'imputato ai sensi dell'articolo 159 del codice, redige verbale delle ricerche compiute, indicando i luoghi, le persone e gli enti interpellati. Al verbale deve essere allegata copia di tutta la documentazione fornita da tali persone o enti.

2. Quando incarica della notificazione l'ufficiale giudiziario competente per territorio, l'ufficiale giudiziario trasmette allo stesso copia di tutta la documentazione utile al reperimento dell'imputato»;

d) all'articolo 64, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Le comunicazioni di atti per posta elettronica tra uffici giudiziari si eseguono presso l'indirizzo di posta elettronica certificata che ciascun ufficio predispone nel rispetto della relativa normativa.

 I dirigenti degli uffici giudiziari incaricano un ausiliario di ricevere, inviare e smistare le comunicazioni per posta elettronica»;

e) all'articolo 100, comma 1, dopo le parole: «in originale o in copia,» sono inserite le seguenti: «anche mediante supporto informatico o in via telematica, ove ciò risulti possibile,».

 

Capo III

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI INUTILIZZABILITÀ DI ATTI PROCESSUALI

 

Art. 6.

(Modifica all'articolo 191 del codice di procedura penale in materia di inutilizzabilità di atti processuali).

1. All'articolo 191, comma 1, del codice di procedura penale, dopo le parole: «dalla legge» sono inserite le seguenti: «a garanzia di diritti costituzionalmente tutelati».

 

Capo IV

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CIRCOSTANZE, RECIDIVA E PRESCRIZIONE DEL REATO

 

Art. 7.

(Modifiche al codice penale in materia di circostanze, recidiva, prescrizione del reato).

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 62-bis, il secondo comma è abrogato;

b) all'articolo 69, quarto comma, le parole: «, esclusi i casi previsti dall'articolo 99, quarto comma, nonché dagli articoli 111 e 112, primo comma, numero 4), per cui vi è divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti,» sono soppresse;

c) all'articolo 81, il quarto comma è abrogato;

d) l'articolo 99 è sostituito dal seguente:

«Art. 99. - (Recidiva). - Nei confronti del soggetto che, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, nei cinque anni successivi alla sentenza irrevocabile commette un delitto della stessa indole, in caso di successiva condanna il giudice applica un aumento fino a un quarto della pena da infliggere per il nuovo reato. Nei confronti del soggetto condannato per taluno dei delitti indicati all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, il termine di cui al periodo precedente è di dieci anni.

La pena può essere aumentata fino alla metà se il recidivo commette un altro delitto della stessa indole nei dieci anni successivi all'ultimo dei precedenti delitti che hanno determinato la recidiva di cui al primo comma. L'aumento non può essere inferiore a un terzo quando la nuova condanna viene pronunciata per taluno dei delitti indicati all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale»;

e) l'articolo 157 è sostituito dal seguente:

«Art. 157. - (Prescrizione. Tempo necessario a prescrivere). - La prescrizione estingue il reato con il decorso di un tempo pari al massimo della pena edittalmente prevista aumentato della metà.

Il tempo necessario a prescrivere non può comunque:

1) essere inferiore a sei anni per i delitti e a quattro anni per le contravvenzioni, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria;

2) essere superiore a venti anni. Per i delitti indicati all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale, il termine è di trenta anni.

 Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell'aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le circostanze ad effetto speciale e per quelle per le quali la legge determina la pena in modo autonomo.

Quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e la pena pecuniaria, per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva.

Quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, nonché per le sanzioni applicate dal giudice di pace diverse da quella pecuniaria, si applica il termine di sei anni.

La prescrizione non estingue i reati per i quali la legge prevede la pena dell'ergastolo, anche come effetto dell'applicazione di circostanze aggravanti.

La prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall'imputato»;

f) all'articolo 158, primo comma, dopo la parola: «permanente» sono inserite le seguenti: «o continuato» e dopo la parola: «permanenza» sono inserite le seguenti: «o la continuazione»;

g) all'articolo 159, primo comma, dopo il numero 3) sono aggiunti i seguenti:

«3-bis) presentazione di dichiarazione di ricusazione ai sensi dell'articolo 38 del codice di procedura penale, dalla data della presentazione della stessa fino a quella della comunicazione al giudice procedente del provvedimento che dichiara l'inammissibilità della medesima;

3-ter) concessione di termine a difesa in caso di rinuncia, revoca, incompatibilità e abbandono della difesa, per un periodo corrispondente al termine concesso;

3-quater) sospensione del processo disposta ai sensi dell'articolo 484-bis del codice di procedura penale;

3-quinquies) sospensione del processo con messa alla prova, dalla data dell'accoglimento dell'istanza; in caso di revoca dell'ammissione o di esito negativo della prova, la prescrizione riprende a decorrere dalla relativa ordinanza;

3-sexies) richiesta di estradizione di un imputato dall'estero, per tutto il tempo decorrente dalla relativa richiesta fino all'effettiva estradizione»;

h) all'articolo 160 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al secondo comma, dopo le parole: «davanti al pubblico ministero» sono inserite le seguenti: «o alla polizia giudiziaria da questo delegata»; dopo le parole: «sulla richiesta di archiviazione,» sono inserite le seguenti: «l'avviso di conclusione delle indagini preliminari,»; dopo le parole: «rinvio a giudizio» sono inserite le seguenti: «o di emissione del decreto penale di condanna»;

2) il terzo comma è sostituito dal seguente:

«La prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere dal giorno dell'interruzione. Se più sono gli atti interruttivi, la prescrizione decorre dall'ultimo di essi. Salvo che per i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, i termini stabiliti dall'articolo 157, primo e secondo comma, non possono essere prolungati oltre la metà. In ogni caso, non possono essere superati i termini stabiliti dal medesimo articolo 157, secondo comma, numero 2)»;

3) dopo il terzo comma sono aggiunti i seguenti:

«La prescrizione del reato interrotta dalla sentenza di condanna non comincia nuovamente a decorrere nel caso in cui il ricorso per cassazione presentato avverso la predetta sentenza sia dichiarato inammissibile.

La prescrizione non comincia nuovamente a decorrere, altresì, nel caso in cui sia presentato ricorso per cassazione avverso una sentenza pronunciata in grado di appello che abbia confermato la sentenza di condanna di primo grado ovvero abbia riformato la stessa limitatamente alla specie o alla misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione tra circostanze. La disposizione di cui al presente comma non si applica in caso di accoglimento del ricorso.»;

i) all'articolo 161, il secondo comma è sostituito dal seguente:

«Quando per più reati connessi si procede congiuntamente, la sospensione o l'interruzione della prescrizione per taluno di essi ha effetto anche per gli altri».

 

Art. 8.

(Modifiche al codice di procedura penale in materia di recidiva e di prescrizione del reato).

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 108, comma 2, le parole: «o la prescrizione del reato» sono soppresse;

b) all'articolo 175, dopo il comma 2-bis è inserito il seguente:

«2-ter. Nel caso previsto al comma 2, la prescrizione del reato non decorre»;

c) all'articolo 656, comma 9, la lettera c) è abrogata;

d) all'articolo 671, il comma 2-bis è abrogato.

 

Art. 9.

(Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354).

1. Alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 30-quater è abrogato;

b) all'articolo 47-ter sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al comma 01, le parole: «purché non sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza né sia stato mai condannato con l'aggravante di cui all'articolo 99 del codice penale» sono sostituite dalle seguenti: «, sempre che tale misura sia idonea ad evitare che il condannato commetta altri reati»;

2) il comma 1.1 è abrogato;

3) al comma 1-bis, le parole: «e a quelli cui sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto comma, del codice penale» sono soppresse;

c) l'articolo 50-bis è abrogato;

d) all'articolo 58-quater, il comma 7-bis è abrogato.

 

Capo V

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI INDAGINI PRELIMINARI E RITI ALTERNATIVI

 

Art. 10.

(Modifiche al codice di procedura penale in materia di indagini preliminari e di udienza preliminare).

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 405, il comma 1-bis è abrogato;

b) l'articolo 406 è sostituito dal seguente:

«Art. 406. - (Proroga del termine). - 1. Il pubblico ministero, prima della scadenza, può richiedere al giudice, per giusta causa, la proroga del termine previsto dall'articolo 405. La richiesta contiene:

a) le generalità della persona sottoposta ad indagini e l'indicazione della notizia di reato;

b) l'indicazione degli elementi di prova raccolti;

c) l'esposizione dei motivi che giustificano la richiesta.

 2. Ulteriori proroghe possono essere richieste dal pubblico ministero nei casi di particolare complessità delle indagini ovvero di oggettiva impossibilità di concluderle entro il termine prorogato.

3. Ciascuna proroga può essere autorizzata dal giudice per il tempo strettamente necessario allo svolgimento dell'attività investigativa indicata e in ogni caso per un periodo non superiore a sei mesi.

4. Le richieste di proroga sono notificate, a cura del giudice, con l'avviso della facoltà di presentare memorie entro cinque giorni dalla notificazione, alla persona sottoposta alle indagini nonché alla persona offesa dal reato che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di volere esserne informata. Il giudice provvede entro dieci giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle memorie.

5. Il giudice autorizza la proroga del termine con ordinanza motivata.

6. Se rigetta la richiesta di proroga, il giudice, entro il termine previsto dal comma 4, secondo periodo, restituisce gli atti al pubblico ministero invitandolo ad assumere le determinazioni di cui all'articolo 405, comma 1, entro il termine di dieci giorni»;

c) l'articolo 409 è sostituito dal seguente:

«Art. 409. - (Provvedimenti del giudice sulla richiesta di archiviazione). - 1. Fuori dei casi in cui sia stata presentata l'opposizione prevista dall'articolo 410, il giudice, se accoglie la richiesta di archiviazione, pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero. Il provvedimento che dispone l'archiviazione è notificato alla persona sottoposta alle indagini se nel corso del procedimento è stata applicata nei suoi confronti la misura della custodia cautelare.

2. Dopo il deposito della richiesta di archiviazione il giudice, se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indica con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il loro compimento.

 3. Salvo il caso previsto dal comma 2, se non accoglie la richiesta di archiviazione, il giudice fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa dal reato. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall'articolo 127. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria con facoltà del difensore di estrarne copia.

4. Della fissazione dell'udienza il giudice dà inoltre comunicazione al procuratore generale presso la corte di appello.

5. A seguito dell'udienza, il giudice, se non accoglie la richiesta di archiviazione e non ritiene di disporre ulteriori indagini ai sensi del comma 2, dispone con ordinanza che, entro dieci giorni, il pubblico ministero formuli l'imputazione. Entro due giorni dalla formulazione dell'imputazione, il giudice fissa con decreto l'udienza preliminare. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 418 e 419.

6. Per i reati per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio, il giudice, se non accoglie la richiesta di archiviazione e non ritiene di disporre ulteriori indagini ai sensi del comma 2, restituisce con ordinanza gli atti al pubblico ministero disponendo che, entro dieci giorni, emetta il decreto di cui all'articolo 552.

7. L'ordinanza di archiviazione è ricorribile per cassazione solo nei casi di nullità previsti dall'articolo 127, comma 5»;

d) all'articolo 410, comma 3, le parole: «e 5» sono sostituite dalle seguenti: «, 5 e 6»;

e) all'articolo 413 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«2-bis. Se il procuratore generale non provvede in ordine all'avocazione nel termine di trenta giorni dalla richiesta di cui al comma 1 ovvero non formula le sue richieste nel termine di cui al comma 2, la persona sottoposta ad indagini o la persona offesa dal reato possono richiedere al giudice per le indagini preliminari di fissare un termine, non superiore a trenta  giorni, per la formulazione delle richieste di cui all'articolo 405, comma 1»;

f) all'articolo 415-bis sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al comma 1, le parole: «, se non deve formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411,» sono soppresse;

2) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. La disposizione del comma 1 non si applica nei casi in cui il pubblico ministero deve formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411, nonché se ha già provveduto ad inviare all'indagato l'informazione di garanzia di cui all'articolo 369, ovvero altro atto equipollente»;

g) all'articolo 416, comma 1, secondo periodo, le parole: «dall'avviso previsto dall'articolo 415-bis,» sono sostituite dalle seguenti: «dall'avviso di cui all'articolo 415-bis, ove previsto,»;

h) all'articolo 418, comma 2, la parola: «trenta» è sostituita dalla seguente: «sessanta»;

i) all'articolo 419, comma 4, la parola: «dieci» è sostituita dalla seguente: «trenta»;

l) all'articolo 431, comma 1, dopo la lettera a) è inserita la seguente:

«a-bis) l'avviso previsto dall'articolo 415-bis ovvero, se lo stesso non deve essere inviato, l'informazione di garanzia di cui all'articolo 369 o altro atto equipollente, anche per estratto;»;

m) all'articolo 552, comma 2, secondo periodo, le parole: «dall'avviso previsto dall'articolo 415-bis,» sono sostituite dalle seguenti: «dall'avviso di cui all'articolo 415-bis, ove previsto,».

 

Art. 11.

(Modifiche al codice di procedura penale in materia di riti alternativi).

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 438, comma 1, alle parole: «L'imputato può chiedere» sono premesse le seguenti: «Nei procedimenti per reati diversi da quelli di cui all'articolo 5,»;

b) dopo l'articolo 438 è inserito il seguente:

«Art. 438-bis. - (Giudizio abbreviato dinanzi alla corte di assise). - 1. Nei procedimenti per reati di cui all'articolo 5, l'imputato può richiedere il giudizio abbreviato dinanzi alla corte di assise prima della dichiarazione di apertura del dibattimento.

2. Si osservano le disposizioni del presente titolo, in quanto applicabili»;

c) all'articolo 449, commi 4 e 5, la parola: «quindicesimo» è sostituita dalla seguente: «trentesimo»;

d) all'articolo 454, comma 1, le parole: «novanta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «sei mesi»;

e) all'articolo 459 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al comma 1, le parole: «entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato e» sono soppresse;

2) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Il giudice decide entro il termine di trenta giorni. Quando non accoglie la richiesta, se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129, restituisce gli atti al pubblico ministero»;

 f) all'articolo 460, il comma 4 è sostituito dal seguente:

«4. Se non è possibile eseguire la notificazione del decreto per irreperibilità dell'imputato ovvero presso il domicilio dichiarato o eletto, il giudice revoca il decreto penale di condanna ed emette decreto di giudizio immediato ai sensi dell'articolo 464, comma 1. Nei procedimenti per cui è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare, il giudice fissa la data dell'udienza ai sensi dell'articolo 418»;

g) all'articolo 599, il comma 4 è abrogato;

h) all'articolo 602, il comma 2 è abrogato.

 

Capo VI

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI MISURE CAUTELARI

 

Art. 12.

(Modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari).

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 275, dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. Le misure interdittive e le misure del divieto di dimora, dell'obbligo di dimora e degli arresti domiciliari possono essere disposte anche congiuntamente»;

b) all'articolo 308, comma 2, le parole: «due mesi», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «sei mesi»;

c) all'articolo 325, il comma 1 è abrogato.

 

Capo VII

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ASSENZA DELL'IMPUTATO E DI RINNOVAZIONE DEL DIBATTIMENTO

 

Art. 13.

(Modifiche al codice di procedura penale in materia di assenza dell'imputato e di rinnovazione del dibattimento).

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 175, commi 2 e 8, le parole: «sentenza contumaciale» sono sostituite dalle seguenti: «sentenza dibattimentale in assenza dell'imputato»;

b) l'articolo 190-bis è sostituito dal seguente:

«Art. 190-bis. - (Requisiti della prova in casi particolari). - 1. Quando è richiesto l'esame di un testimone, di un coimputato o di una delle persone indicate nell'articolo 210 e queste hanno già reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio o in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, ovvero dichiarazioni i cui verbali sono stati acquisiti a norma dell'articolo 238, l'esame è ammesso solo nei casi seguenti:

a) quando riguarda fatti o circostanze diversi da quelli che sono stati oggetto delle precedenti dichiarazioni, sopravvenuti o conosciuti in epoca successiva all'assunzione della prova;

b) quando il giudice lo ritiene utile o necessario ai fini della decisione, anche su richiesta motivata delle parti sulla base di specifiche esigenze.

2. I verbali delle prove assunte in precedenza restano inseriti al fascicolo del dibattimento e si applica l'articolo 511, comma 2-bis»;

 c) all'articolo 349 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al comma 1 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché degli imputati nei confronti dei quali sia stato sospeso il processo ai sensi dell'articolo 484-bis»;

2) dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti:

«4-bis. Quando procede all'identificazione di un imputato nei confronti del quale sia stato sospeso il processo ai sensi dell'articolo 484-bis, la polizia giudiziaria notifica allo stesso il decreto di citazione a giudizio e l'ordinanza di sospensione emessa ai sensi dell'articolo 484-bis, ovvero quella emessa ai sensi dell'articolo 484-quinquies, comma 1, e lo invita a dichiarare o eleggere il domicilio per le successive notificazioni. Nei casi in cui non risulta possibile effettuare immediatamente la notifica, la polizia giudiziaria informa l'imputato della pendenza di un procedimento penale a suo carico, del numero di registro generale relativo al medesimo nonché dei capi d'imputazione e dell'autorità giudiziaria dinanzi alla quale lo stesso viene celebrato, invitandolo a recarsi entro i successivi cinque giorni presso i propri uffici per ricevere la notifica e per dichiarare o eleggere domicilio.

4-ter. Nei casi di cui al comma 4-bis, la polizia giudiziaria trasmette senza ritardo la relazione di notificazione e il verbale di dichiarazione o elezione di domicilio al giudice e al pubblico ministero procedenti. Se l'imputato, regolarmente avvisato, non si presenta per ricevere la notifica, la polizia giudiziaria ne informa immediatamente l'autorità giudiziaria procedente»;

d) agli articoli 419, comma 1, 429, comma 1, lettera f), e 552, comma 1, lettera d), le parole: «sarà giudicato in contumacia» sono sostituite dalle seguenti: «si procederà in sua assenza»;

e) l'articolo 420-ter è sostituito dal seguente:

«Art. 420-ter. - (Impedimento a comparire dell'imputato o del difensore). - 1. Quando l'imputato, anche se detenuto,

 

non si presenta all'udienza e risulta che l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice, anche d'ufficio, dispone il rinvio dell'udienza fissando con ordinanza la relativa data.

2. Con le medesime modalità di cui al comma 1 il giudice provvede quando appare probabile che l'assenza dell'imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore. Tale probabilità è liberamente valutata dal giudice e non può costituire motivo di impugnazione.

3. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta alle successive udienze e ricorrono le condizioni previste dal comma 1, il giudice, anche d'ufficio, dispone il rinvio dell'udienza fissando con ordinanza la relativa data.

4. La lettura dell'ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce la citazione e gli avvisi per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti. Della nuova udienza fissata con l'ordinanza di cui ai commi 1, 2 e 3 è dato avviso all'imputato. Se lo stesso è assistito da un difensore di fiducia e questi è presente, personalmente o tramite sostituto, l'avviso si intende notificato all'imputato.

5. Nel caso di assenza del difensore, quando risulta che la stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, il giudice dispone il rinvio dell'udienza fissando con ordinanza la relativa data; l'ordinanza è depositata in cancelleria senza obbligo di avviso al difensore.

6. La disposizione di cui al comma 5 non si applica e il giudice dispone procedersi oltre se:

a) l'imputato è assistito da due difensori e l'impedimento riguarda uno dei medesimi;

b) l'imputato è assistito da un unico difensore e questi non ha prontamente comunicato l'impedimento;

c) il difensore, pur avendo prontamente comunicato l'impedimento, non ha indicato espressamente i motivi che non consentono la nomina di un sostituto ai sensi dell'articolo 102;

d) l'imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito»;

f) all'articolo 420-quater sono apportate le seguenti modificazioni:

1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Assenza o allontanamento volontario dell'imputato»;

2) al comma 1, le parole: «ne dichiara la contumacia» sono sostituite dalle seguenti: «ordina procedersi in assenza»;

3) al comma 2, le parole: «in sua contumacia» sono sostituite dalle seguenti: «in sua assenza»;

4) al comma 3, le parole: «la contumacia» sono sostituite dalle seguenti: «l'assenza»;

5) al comma 4, le parole: «dichiarativa di contumacia» sono sostituite dalle seguenti: «che ha disposto procedersi in assenza»;

6) al comma 7, le parole: «dichiarativa della contumacia» sono sostituite dalle seguenti: «che ha disposto procedersi in assenza», e le parole: «contumace o» sono soppresse;

7) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

«7-bis. Le disposizioni degli articoli 420-bis e 420-ter non si applicano quando l'imputato, anche se impedito, chiede o consente che l'udienza preliminare avvenga in sua assenza o, se detenuto, rifiuta di assistervi. L'imputato in tali casi è rappresentato dal difensore.

7-ter. L'imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall'aula di udienza è considerato presente ed è rappresentato dal difensore»;

g) l'articolo 420-quinquies è abrogato;

 h) dopo l'articolo 484 sono inseriti i seguenti:

«Art. 484-bis. - (Rinnovazione della citazione. Sospensione del processo). - 1. Salvo che l'imputato sia presente all'udienza, quando la notificazione della citazione a giudizio è stata omessa ovvero è nulla, il giudice rinvia il dibattimento e dispone che la citazione venga notificata all'imputato personalmente o a mani di familiare convivente. Salvo quanto previsto dal comma 3, allo stesso modo provvede quando l'imputato non è presente all'udienza e la notificazione della citazione è stata effettuata ai sensi degli articoli 159, comma 2, 161, comma 4, 165, comma 1, e 169, comma 1.

2. Quando la notificazione ai sensi del comma 1 non risulta possibile, sempre che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non doversi procedere, il giudice dispone con ordinanza la sospensione del processo, salvo che, in ragione della natura o della gravità del reato contestato, ovvero del numero dei reati contestati, delle persone offese o dei testimoni, ovvero dell'esigenza di garantire la genuinità e la completezza della prova, la sospensione possa arrecare grave pregiudizio all'accertamento dei fatti per cui si procede. In quest'ultimo caso il giudice dispone procedersi in assenza dell'imputato con ordinanza specificamente motivata.

3. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 71, commi 4 e 6, in quanto compatibili.

4. Le disposizioni di cui al comma 1, secondo periodo, e al comma 2 non si applicano:

a) se l'imputato, nel corso del procedimento, ha nominato un difensore di fiducia, anche in caso di successiva revoca;

b) se l'imputato, nel corso del procedimento, è stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare;

c) in ogni altro caso in cui dagli atti emerga la prova che l'imputato sia a conoscenza del fatto che si procede nei suoi confronti ovvero che lo stesso si sia volontariamente sottratto alla conoscenza del processo o di atti del medesimo.

5. Allo scadere del sesto mese dalla pronuncia dell'ordinanza di sospensione del processo, o anche prima quando ne ravvisi l'esigenza, il giudice dispone nuove ricerche dell'imputato per la notifica della citazione. Analogamente provvede a ogni successiva scadenza di sei mesi, qualora il procedimento non abbia ripreso il suo corso.

6. Il giudice revoca l'ordinanza di sospensione del processo nei seguenti casi:

a) se le ricerche di cui al comma 5 hanno avuto esito positivo ed è stata regolarmente effettuata la notifica della citazione;

b) se l'imputato ha nominato un difensore di fiducia;

c) in ogni altro caso in cui emerga la prova che l'imputato sia a conoscenza del fatto che si procede nei suoi confronti.

7. Nei casi previsti dal comma 6, il giudice fissa la data per la nuova udienza, dandone comunicazione alle parti.

8. All'udienza di cui al comma 7 l'imputato, ancorché decaduto, può formulare richiesta ai sensi degli articoli 444 e 438.

9. Quando si procede a carico di più imputati, il giudice dispone la separazione del processo a carico dell'imputato nei cui confronti viene disposta la sospensione ai sensi del comma 2.

Art. 484-ter. - (Impedimento a comparire dell'imputato o del difensore). - 1. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta all'udienza e risulta che l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice, anche d'ufficio, dispone il rinvio dell'udienza fissando con ordinanza la relativa data.

2. Con le medesime modalità di cui al comma 1 il giudice provvede quando appare probabile che l'assenza dell'imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore.

 Tale probabilità è liberamente valutata dal giudice e non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione.

3. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta alle successive udienze e ricorrono le condizioni previste dal comma 1, il giudice, anche d'ufficio, dispone il rinvio dell'udienza fissando con ordinanza la relativa data.

4. La lettura dell'ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce la citazione e gli avvisi per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti. Della nuova udienza fissata con l'ordinanza di cui ai commi 1, 2 e 3 è dato avviso all'imputato. Se lo stesso è assistito da un difensore di fiducia e questi è presente, personalmente o tramite sostituto, l'avviso si intende notificato all'imputato.

5. Nel caso di assenza del difensore, quando risulta che la stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, il giudice dispone il rinvio dell'udienza fissando con ordinanza la relativa data; l'ordinanza è depositata in cancelleria senza obbligo di avviso al difensore.

6. La disposizione di cui al comma 5 non si applica e il giudice dispone procedersi oltre se:

a) l'imputato è assistito da due difensori e l'impedimento riguarda uno dei medesimi;

b) l'imputato è assistito da un unico difensore e questi non ha prontamente comunicato l'impedimento;

c) il difensore, pur avendo prontamente comunicato l'impedimento, non ha indicato espressamente i motivi che non consentono la nomina di un sostituto ai sensi dell'articolo 102;

d) l'imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito.

Art. 484-quater. - (Assenza o allontanamento volontario dell'imputato). - 1. Quando all'esito delle verifiche di cui all'articolo 484-bis, comma 1, il giudice ritiene che non ricorrono i presupposti per ordinare la sospensione del processo, ordina procedersi in assenza dell'imputato. Se l'imputato compare prima della pronuncia della sentenza, il giudice revoca l'ordinanza.

2. Le disposizioni dell'articolo 484-ter non si applicano quando l'imputato, anche se impedito, chiede o consente che l'udienza o il processo si svolgano in sua assenza o, se detenuto, rifiuta di assistervi.

3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, l'imputato è rappresentato dal difensore. È, altresì, rappresentato dal difensore ed è considerato presente l'imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall'aula di udienza.

4. L'imputato che, presente ad una udienza, non compare ad udienze successive, è considerato presente non comparso.

5. L'ordinanza di cui al comma 1 è nulla se al momento della pronuncia vi è la prova che l'assenza dell'imputato è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento.

6. Se la prova indicata nel comma 5 perviene dopo la pronuncia dell'ordinanza di cui al comma 1, ma prima della decisione, il giudice revoca l'ordinanza medesima e, se l'imputato non è comparso, sospende o rinvia anche d'ufficio il dibattimento. Restano comunque validi gli atti compiuti in precedenza, ma se l'imputato ne fa richiesta e dimostra che la prova è pervenuta con ritardo senza sua colpa, il giudice dispone l'assunzione o la rinnovazione degli atti che ritiene rilevanti ai fini della decisione.

7. L'ordinanza di cui al comma 1 è nulla, altresì, se il processo doveva essere sospeso ai sensi dell'articolo 484-bis, comma 2. In tal caso il giudice revoca l'ordinanza e procede a norma dell'articolo 484-bis; restano validi gli atti compiuti in precedenza, ma l'imputato, se la sospensione viene revocata, può chiedere l'ammissione di prove ai sensi dell'articolo 493 o la rinnovazione di quelle che ritiene rilevanti ai fini della decisione.

Art. 484-quinquies. - (Assenza dell'imputato in casi particolari). - 1. Quando il giudice ha disposto procedersi in assenza dell'imputato, ai sensi dell'articolo 484-bis, comma 2, secondo periodo, se l'imputato compare prima della chiusura del dibattimento, il giudice revoca la relativa ordinanza. In tal caso, quando si procede a carico di più imputati, può disporre la separazione dei processi ai sensi dell'articolo 18.

2. Nel caso di cui al comma 1, l'imputato è rimesso in termini per formulare le richieste di cui all'articolo 493; il giudice ammette le prove ai sensi degli articoli 190 e 495. Non si applica l'articolo 190-bis, ma le prove assunte in precedenza sono utilizzabili ai fini della decisione anche nei confronti dell'imputato comparso tardivamente.

3. Si applica l'articolo 484-bis, com- ma 8»;

i) l'articolo 490 è sostituito dal seguente:

«Art. 490. - (Accompagnamento coattivo dell'imputato assente). - 1. Il giudice, a norma dell'articolo 132, può disporre l'accompagnamento coattivo dell'imputato assente, quando la sua presenza è necessaria per l'assunzione di una prova diversa dall'esame»;

l) dopo l'articolo 493 è inserito il seguente:

«Art. 493-bis. - (Mutamento della persona fisica del giudice). - 1. In caso di mutamento della persona fisica del giudice, le parti possono reiterare la richiesta di ammissione delle prove già indicate nella lista di cui all'articolo 468, ivi comprese le prove non ammesse nel dibattimento precedente e quelle in ordine alle quali vi è stata rinuncia, ovvero chiedere l'ammissione di prove nuove ai sensi dell'articolo 493, comma 2. Sulla richiesta il giudice provvede con ordinanza ai sensi degli articoli 190, 190-bis e 495.

2. Nel giudizio abbreviato o in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti, le prove assunte nel dibattimento precedente sono utilizzabili ai fini della decisione»;

m) all'articolo 495, comma 4-bis, le parole: «, con il consenso dell'altra parte,» sono soppresse;

 n) all'articolo 511 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. È sempre consentita la lettura dei verbali di dichiarazioni raccolte in sede di incidente probatorio, dei verbali di prove di diverso processo acquisiti ai sensi dell'articolo 238, delle prove assunte in assenza dell'imputato, nonché dei verbali di prove assunte dinanzi a un giudice diverso, sia a seguito di declaratoria di incompetenza che in caso di mutamento della persona fisica del giudice»;

2) il comma 5 è sostituito dal seguente:

«5. In luogo della lettura, il giudice, anche di ufficio, può indicare analiticamente gli atti utilizzabili ai fini della decisione. L'indicazione degli atti equivale alla loro lettura. Il giudice dispone tuttavia la lettura, integrale o parziale, quando sorga serio disaccordo tra le parti sul contenuto dell'atto»;

o) all'articolo 513, comma 1, le parole: «contumace o» sono soppresse;

p) all'articolo 520, nella rubrica e nel comma 1, le parole: «contumace o» sono soppresse;

q) agli articoli 548, comma 3, e 585, comma 2, lettera d), la parola: «contumace» è sostituita dalla seguente: «assente»;

r) all'articolo 603, il comma 4 è sostituito dal seguente:

«4. Il giudice dispone, altresì, la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale quando l'imputato, assente in primo grado, ne fa richiesta e prova di non essere potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore, sempre che in tal caso il fatto non sia dovuto a sua colpa»;

s) gli articoli 484, comma 2-bis, 489 e 511-bis sono abrogati.

 

Art. 14.

(Introduzione dell'articolo 143-bis delle norme di attuazione).

1. Dopo l'articolo 143 delle norme di attuazione è inserito il seguente:

«Art. 143-bis. - (Adempimenti in caso di sospensione del processo in assenza dell'imputato). - 1. Quando il giudice dispone la sospensione ai sensi dell'articolo 484-bis, comma 2, del codice, la relativa ordinanza e il decreto di citazione a giudizio vengono trasmessi alla locale sezione di polizia giudiziaria, per l'inserimento nella banca dati di cui all'articolo 8 della legge 1o aprile 1981, n. 121, e successive modificazioni».

 

 

Art. 15.

(Modifiche al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274).

1. Al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) agli articoli 20, comma 2, lettera d), e 27, comma 3, lettera b), le parole: «sarà giudicato in contumacia» sono sostituite dalle seguenti: «si procederà in sua assenza»;

b) all'articolo 39, il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Oltre che nei casi previsti dall'articolo 604 del codice di procedura penale, il giudice d'appello annulla la sentenza impugnata, disponendo la trasmissione degli atti al giudice di pace, anche quando l'imputato, assente in primo grado, prova di non essere potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore, sempre che in tal caso il fatto non sia dovuto a sua colpa».

 

Art. 16.

(Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231).

1. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 38, comma 2, lettera a), le parole: «dell'articolo 71» sono sostituite dalle seguenti: «degli articoli 71 e 484-bis, comma 2,»;

b) l'articolo 41 è sostituito dal seguente:

«Art. 41. - (Assenza dell'ente). - 1. Se l'ente non si costituisce nel processo, il giudice ordina procedersi in assenza».

 

Art. 17.

(Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313).

1. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 3 (L), comma 1, dopo la lettera i) è inserita la seguente:

«i-bis) i provvedimenti con cui il giudice dispone la sospensione del processo ai sensi dell'articolo 484-bis del codice di procedura penale»;

b) all'articolo 5 (L), comma 2, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

«l-bis) ai provvedimenti con cui il giudice dispone la sospensione del processo ai sensi dell'articolo 484, comma 2, del codice di procedura penale, quando il provvedimento è revocato ai sensi dell'articolo 484-bis, comma 6, del medesimo codice».

 

Capo VIII

NORME DI RAZIONALIZZAZIONE DEL PROCESSO PENALE

 

Art. 18.

(Norme di razionalizzazione del processo penale).

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 231, comma 2, dopo la parola: «provvede» è inserita la seguente: «immediatamente»;

b) all'articolo 571, comma 1, alle parole: «L'imputato può proporre impugnazione» sono premesse le seguenti: «Salvo che sia altrimenti previsto,»;

c) all'articolo 607, comma 1, dopo le parole: «ricorrere per cassazione» sono inserite le seguenti: «, nei modi previsti dall'articolo 571, comma 3,»;

d) all'articolo 610, dopo il comma 1-bis è inserito il seguente:

«1-ter. Sentito il procuratore generale, l'inammissibilità è dichiarata senza le formalità previste dal comma 1 quando il ricorso è stato proposto dopo la scadenza del termine stabilito o da chi non ha diritto all'impugnazione ovvero contro un provvedimento non impugnabile o quando il ricorso è assolutamente privo dei motivi di impugnazione o non è sottoscritto da un difensore iscritto nell'albo speciale della Corte di cassazione o vi è rinunzia al ricorso. Nello stesso modo si procede per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso avverso la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti»;

e) all'articolo 613, comma 1, le parole: «Salvo che la parte non vi provveda personalmente,» sono soppresse;

f) all'articolo 629, comma 1, le parole: «o delle sentenze emesse ai sensi dell'articolo 444, comma 2,» sono soppresse;

 g) all'articolo 666, comma 4, le parole: «e del pubblico ministero.» sono sostituite dalle seguenti: «. Il pubblico ministero viene sentito, se comparso».

 

Art. 19.

(Modifiche alle norme di attuazione).

1. Alle norme di attuazione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 129, il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Quando esercita l'azione penale ovvero chiede l'archiviazione del procedimento per un fatto che ha cagionato un danno per l'erario, il pubblico ministero informa il procuratore regionale della Corte dei conti competente per territorio. Ai rapporti tra i due uffici si applicano le disposizioni di cui all'articolo 117, commi 1 e 2, del codice»;

b) dopo l'articolo 144 è inserito il seguente:

«Art. 144-bis. - (Programmazione e disciplina delle udienze dibattimentali). - 1. Alla prima udienza dibattimentale il giudice provvede alla verifica della regolare costituzione delle parti, alla discussione delle questioni preliminari, alle formalità di apertura del dibattimento, all'ammissione delle prove, alla definizione dei giudizi ai sensi degli articoli 444 e seguenti del codice, o nelle forme del rito abbreviato, purché non condizionato all'assunzione di prove dichiarative, nonché alla dichiarazione di estinzione o di improcedibilità del reato.

2. Nella stessa udienza il giudice, sentite le parti, stabilisce con ordinanza il calendario delle udienze successive, nel rispetto dei tempi di cui ai commi 5 e 6. La lettura del calendario in udienza sostituisce gli avvisi di rinvio per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti. Il giudice autorizza, altresì, le parti alla citazione dei soggetti inclusi nella lista di cui all'articolo 468 del codice, secondo le scadenze previste dal calendario per l'assunzione delle prove. Ai fini della formulazione del calendario, i difensori comunicano al giudice l'eventuale sussistenza di concomitanti impegni professionali e, tenuto conto dell'attività istruttoria da svolgere alla data indicata, possono contestualmente nominare un sostituto ai sensi dell'articolo 102 del codice.

3. La persona offesa comparsa alla prima udienza viene sentita solo ove detenuta, salvo che il processo sia di particolare complessità, ovvero se proviene da regione diversa da quella in cui si celebra il processo, nonché in ogni caso in cui il giudice lo ritiene assolutamente necessario.

4. Nella formazione del ruolo e nella trattazione dei processi il giudice assegna precedenza assoluta ai giudizi con imputati detenuti, anche per reato diverso da quello per cui si procede, nonché, anche su segnalazione delle parti, ai giudizi per i quali si siano verificati nullità, difetti di notificazione o situazioni processuali che possono determinare l'immediata definizione o il rinvio del processo. I difensori rappresentano eventuali concomitanti impegni professionali all'ausiliario del giudice prima dell'apertura dell'udienza.

5. Il giudice programma le udienze in modo da assicurare la conclusione del processo in tempi compatibili con il principio costituzionale della ragionevole durata del medesimo. In particolare, per la conclusione del processo sono previsti i seguenti termini:

a) per il giudizio di primo grado: anni due e mesi sei;

b) per il giudizio in grado di appello: anni uno e mesi sei;

c) per il giudizio dinanzi alla Corte di cassazione: anni uno.

6. I termini di cui al comma 5 possono tuttavia essere superati per i processi di particolare complessità, avuto riguardo al numero, alla natura e alla gravità dei reati contestati, al numero degli imputati, delle persone offese o dei testimoni, ovvero alla natura delle questioni tecnico-giuridiche da affrontare.

7. Nel computo dei termini di cui ai commi 5 e 6, non si tiene conto del tempo necessario per ottenere l'estradizione di un imputato dall'estero ovvero per l'esecuzione di una rogatoria internazionale, nonché del periodo in cui il processo è a qualsiasi titolo sospeso.

8. Il presidente di sezione, in ogni grado del procedimento, vigila sul rispetto dei termini di cui ai commi 5 e 6 e riferisce con relazione annuale, rispettivamente, al presidente del tribunale, al presidente della corte d'appello e al primo presidente della Corte di cassazione»;

c) all'articolo 145, il comma 2 è abrogato.

 

Art. 20.

(Applicazione della pena su richiesta delle parti per i reati coperti da indulto).

1. Nei procedimenti penali riguardanti reati in ordine ai quali, in caso di condanna, deve trovare applicazione la legge 31 luglio 2006, n. 241, il pubblico ministero, se ritiene che la pena possa essere contenuta nei limiti di cui all'articolo 1, comma 1, della medesima legge, acquisito il consenso dell'indagato, chiede al giudice per le indagini preliminari l'applicazione della pena ai sensi degli articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale.

2. Nei procedimenti di cui al comma 1 pendenti dinanzi al giudice di primo grado, alla prima udienza utile successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, le parti possono concordemente chiedere l'applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, ancorché sia già scaduto il termine per la sua proposizione. Il presente comma si applica anche quando il giudice abbia disposto il giudizio abbreviato ai sensi dell'articolo 438, comma 4, del codice di procedura penale.

3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, quando il giudice emette sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, dichiara condonata la pena nel limite previsto dall'articolo 1 della legge 31 luglio 2006, n. 241.

 

Capo IX

REVISIONE DELLE SANZIONI PROCESSUALI

 

Art. 21.

(Modifiche al codice di procedura penale in materia di sanzioni processuali).

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 44, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Con l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la dichiarazione di ricusazione, la parte privata che l'ha proposta può essere condannata al pagamento di una somma da 300 euro a 2.000 euro, senza pregiudizio di ogni azione civile o penale»;

b) all'articolo 48, il comma 6 è sostituito dal seguente:

«6. Se la Corte di cassazione rigetta o dichiara inammissibile la richiesta delle parti private, queste, con la stessa ordinanza, possono essere condannate al pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro»;

c) all'articolo 616, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Con il provvedimento che dichiara inammissibile o rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto è condannata al pagamento delle spese del procedimento. Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la parte privata è inoltre condannata con lo stesso provvedimento al pagamento di una somma da 300 euro a 2.500 euro. Nello stesso modo si può provvedere quando il ricorso è rigettato»;

 d) all'articolo 634, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Quando la richiesta è proposta fuori delle ipotesi previste dagli articoli 629 e 630 o senza l'osservanza delle disposizioni previste dagli articoli 631, 632, 633 e 641 ovvero risulta manifestamente infondata, la corte di appello anche di ufficio dichiara con ordinanza l'inammissibilità e può condannare il privato che ha proposto la richiesta al pagamento di una somma da 300 euro a 2.500 euro»;

e) all'articolo 664, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Le somme dovute per sanzioni disciplinari pecuniarie o per condanna alla perdita della cauzione o in conseguenza della dichiarazione di inammissibilità o di rigetto di una richiesta sono devolute alla cassa delle ammende, anche quando ciò non sia espressamente stabilito. Una quota pari al sessanta per cento dell'intero importo devoluto è versata, a cura della cassa delle ammende, all'entrata del bilancio dello Stato, per essere successivamente riassegnata ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero della giustizia».

 

Art. 22.

(Modifica all'articolo 208 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115).

1. All'articolo 208 (R) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Se non diversamente stabilito in modo espresso, ai fini delle norme del presente capo e di quelle cui si rinvia, per il processo civile, amministrativo, contabile e tributario l'ufficio incaricato della gestione delle attività connesse alla riscossione è quello presso il magistrato, diverso dalla Corte di cassazione, il cui provvedimento è passato in giudicato o presso il magistrato il cui provvedimento è divenuto definitivo. Per il processo penale l'ufficio incaricato è quello presso il giudice dell'esecuzione (L)»;

b) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Art. 208 (L-R). - Ufficio competente».

 

Capo X

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PUBBLICAZIONE DELLE SENTENZE E DI CRITERI DI RAGGUAGLIO TRA PENE PECUNIARIE E PENE DETENTIVE

 

Art. 23.

(Modifiche al codice penale in materia di pubblicazione delle sentenze e di criteri di ragguaglio tra pene pecuniarie e pene detentive).

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 36, quarto comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nei casi di minore gravità, la pubblicazione è disposta esclusivamente nel sito internet del Ministero della giustizia»;

b) l'articolo 135 è sostituito dal seguente:

«Art. 135. - (Ragguaglio tra pene pecuniarie e pene detentive). - Quando, per qualsiasi effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio tra pene pecuniarie e pene detentive, il computo ha luogo calcolando euro 75, o frazione di euro 75, di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva».

 

Art. 24.

(Modifica all'articolo 536 del codice di procedura penale).

1. All'articolo 536, comma 1, del codice di procedura penale, dopo le parole: «per intero o per estratto e» sono inserite le seguenti: «, se non dispone esclusivamente la pubblicazione nel sito internet del Ministero della giustizia,».

 

Art. 25.

(Modifica all'articolo 171-ter della legge 22 aprile 1941, n. 633).

1. All'articolo 171-ter, comma 4, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

«b) la pubblicazione della sentenza con le modalità previste dall'articolo 36 del codice penale;» .

 

Capo XI

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SOSPENSIONE DEL PROCESSO CON MESSA ALLA PROVA

 

Art. 26.

(Introduzione dell'articolo 168-bis del codice penale).

1. Dopo l'articolo 168 del codice penale è inserito il seguente:

«Art. 168-bis. - (Sospensione del processo con messa alla prova). - Nei procedimenti relativi a reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con pena edittale detentiva non superiore nel massimo a due anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, l'imputato può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova. La sospensione non può essere chiesta nei procedimenti relativi ai reati previsti dall'articolo 173-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni, nonché dagli articoli 2621 e 2624 del codice civile.

La sospensione del processo con messa alla prova non può essere concessa più di una volta.

L'esito positivo della prova estingue il reato per cui si procede».

 

Art. 27.

(Modifiche al codice di procedura penale).

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo l'articolo 420-quinquies, sono inseriti i seguenti:

«Art. 420-sexies. - (Sospensione del procedimento con messa alla prova). - 1. Nei casi previsti dall'articolo 168-bis del codice penale l'imputato, prima dell'inizio della discussione, può formulare, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, istanza di sospensione del processo con messa alla prova. All'istanza è allegato un programma di trattamento, elaborato d'intesa con i servizi sociali, il quale in ogni caso prevede:

a) le modalità di coinvolgimento dell'imputato, del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita nel processo di reinserimento sociale, ove ciò risulti necessario;

b) le prescrizioni comportamentali e gli impegni specifici che l'imputato assume al fine di elidere o di attenuare le conseguenze del reato. A tale fine sono considerati il risarcimento del danno, le condotte riparatorie e le restituzioni. Nei procedimenti relativi a reati previsti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché a reati previsti dalla normativa vigente in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene sul lavoro, tale indi-cazione è richiesta a pena di inammissibilità dell'istanza;

c) le condotte volte a promuovere, ove possibile, la conciliazione con la persona offesa.

2. Il giudice, se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129, dispone con ordinanza la sospensione del procedimento con messa alla prova quando reputa idoneo il programma di trattamento presentato e ritiene che l'imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati. In tal caso affida l'imputato ai servizi sociali.

3. Nei casi di cui al comma 2 il processo è sospeso per un periodo:

a) non superiore a due anni quando si procede per reati per i quali è prevista una pena detentiva, sola o congiunta con la pena pecuniaria;

b) non superiore a un anno quando si procede per reati per i quali è prevista la sola pena pecuniaria.

4. I termini di cui al comma 3 decorrono dalla sottoscrizione del verbale di messa alla prova.

5. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 71, commi 4 e 6, in quanto compatibili.

6. Contro l'ordinanza che decide sull'istanza di messa alla prova possono ricorrere per cassazione l'imputato e il pubblico ministero, anche su istanza della persona offesa. L'impugnazione in ogni caso non sospende il procedimento.

Art. 420-septies. - (Obblighi e prescrizioni a carico dell'imputato durante la sospensione del procedimento). - 1. Quando viene presentata istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova ai sensi dell'articolo 420-sexies il giudice, al fine di decidere sulla concessione, nonché ai fini della determinazione degli obblighi e delle prescrizioni cui eventualmente subordinarle, può acquisire tramite la polizia giudiziaria, i servizi sociali o altri enti pubblici tutte le ulteriori informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita personale, familiare, sociale ed economica dell'imputato.

2. Il giudice, anche sulla base delle informazioni acquisite ai sensi del comma 1, può integrare il programma di trattamento mediante la previsione di ulteriori obblighi e prescrizioni volti ad elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato, nonché, ove lo ritenga necessario, obblighi o prescrizioni di sostegno volti a favorire il reinserimento sociale dell'imputato. Quando le ulteriori prestazioni hanno per oggetto obblighi di fare o prestazioni a contenuto economico, esse non possono essere disposte senza il consenso dell'imputato. Se l'imputato nega il consenso, il giudice rigetta l'istanza di ammissione alla prova.

3. Contro l'ordinanza di rigetto dell'ammissione alla prova l'imputato può ricorrere per cassazione, a pena di decadenza, nel termine di cui all'articolo 585, comma 1, lettera a); il ricorso non comporta la sospensione del procedimento e la questione non può essere riproposta come motivo di impugnazione.

4. Nell'ordinanza che dispone la sospensione del procedimento, il giudice stabilisce il termine entro il quale le prescrizioni e gli obblighi imposti devono essere adempiuti; tale termine può essere prorogato, su istanza dell'imputato, non più di una volta e solo quando ricorrono gravi e comprovati motivi. Il giudice può altresì, con il consenso della persona offesa, autorizzare il pagamento rateale delle somme eventualmente dovute a titolo di risarcimento del danno.

5. L'ordinanza di cui al comma 4 è immediatamente trasmessa ai servizi sociali che devono prendere in carico l'imputato.

Art. 420-octies. - (Esito della prova. Revoca). - 1. Decorso il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova, il giudice dichiara con sentenza estinto il reato se, tenuto conto del comportamento dell'imputato, ritiene che la prova abbia avuto esito positivo. A tale fine acquisisce la relazione conclusiva dai servizi sociali che hanno preso in carico l'imputato.

2. In caso di esito negativo della prova, il giudice dispone con ordinanza che il processo riprenda il suo corso.

3. La sospensione del processo con messa alla prova è revocata:

a) in caso di grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte;

b) in caso di commissione, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede.

4. In caso di revoca ovvero di esito negativo della prova, l'istanza di sospensione del processo con messa alla prova non può essere riproposta»;

b) dopo l'articolo 491 è inserito il seguente:

«Art. 491-bis. - (Sospensione del processo con messa alla prova). - 1. Fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, l'imputato, ove non vi abbia già provveduto nell'udienza preliminare, può formulare istanza di sospensione del processo con messa alla prova ai sensi degli articoli 420-sexies, 420-septies e 420-octies»;

c) dopo l'articolo 657 è inserito il seguente:

«Art. 657-bis. - (Computo del periodo di messa alla prova in caso di revoca). - 1. In caso di revoca o di esito negativo della messa alla prova, il pubblico ministero, nel determinare la pena da eseguire, detrae dalla pena da eseguire un periodo corrispondente a quello della prova eseguita. Ai fini della detrazione, dieci giorni di prova sono equiparati a un giorno di reclusione o di arresto, ovvero a euro 75 di multa o di ammenda.

2. Ai fini della detrazione e della conversione, non si considerano periodi di prova inferiori a cinque giorni, anche quale residuo di un periodo maggiore».

 

Art. 28.

(Introduzione dell'articolo 191-bis delle norme di attuazione).

1. Dopo l'articolo 191 delle norme di attuazione è inserito il seguente:

«Art. 191-bis. - (Attività dei servizi sociali nei confronti degli adulti ammessi alla prova). - 1. Le funzioni dei servizi sociali per la messa alla prova, disposta ai sensi dell'articolo 168-bis del codice penale, sono svolte dagli uffici locali dell'esecuzione penale esterna del Ministero della giustizia, nei modi e con i compiti previsti dall'articolo 72 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.

2. Ai fini del comma 1, l'imputato rivolge richiesta all'ufficio di esecuzione penale esterna competente affinché predisponga un programma di trattamento. L'imputato deposita gli atti rilevanti del procedimento penale nonché le osservazioni e le proposte che ritenga di fare.

3. L'ufficio di cui al comma 2, all'esito di apposita indagine socio-familiare, verifica l'utilità e la praticabilità del programma di trattamento proposto dall'imputato e lo integra o lo rettifica, acquisendo su tale programma il consenso dell'imputato. L'ufficio trasmette quindi al giudice il programma, accompagnandolo con l'indagine socio-familiare e con le considerazioni che lo sostengono. Quando non è possibile acquisire il consenso dell'imputato su un programma idoneo al suo trattamento, l'ufficio lo comunica al giudice. Nell'indagine e nelle considerazioni, l'ufficio riferisce specificamente sulle possibilità economiche dell'imputato, sulla capacità e sulla possibilità di svolgere attività riparatorie nonché, ove possibile, sulla possibilità di conciliazione con la persona offesa. Il programma è integrato da prescrizioni di trattamento e di controllo che risultino utili, scelte fra quelle previste nell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.

4. Quando viene disposta la sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato, l'ufficio informa il giudice, con la cadenza stabilita nel provvedimento di ammissione e comunque non superiore a tre mesi, dell'attività svolta e del comportamento dell'imputato, proponendo, ove necessario, modifiche al programma di trattamento, eventuali abbreviazioni di esso ovvero, in caso di grave o reiterata trasgressione, la revoca del provvedimento di sospensione.

5. Alla scadenza del periodo di prova, l'ufficio trasmette al giudice che procede una relazione dettagliata sul decorso e sull'esito della prova medesima».

 

Capo XII

DISPOSIZIONI FINALI

 

Art. 29.

(Clausola di invarianza).

1. Dall'esecuzione della presente legge non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

Art. 30.

(Disposizioni transitorie).

1. Fatto salvo quanto previsto dal presente articolo, le disposizioni di cui alla presente legge si applicano ai procedimenti penali in corso alla data della sua entrata in vigore.

2. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1, lettere da b) a l), si applicano ai procedimenti penali in corso alla data di entrata in vigore della presente legge nei quali non sia stata già sollevata eccezione di incompetenza. Entro la prima udienza utile successiva alla data di entrata in vigore della presente legge le parti devono eccepire, a pena di decadenza, l'eventuale incompetenza per materia del giudice che procede.

3. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), non si applicano ai procedimenti penali in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

 4. Con riferimento alle norme introdotte dal capo IV, ai reati commessi prima della data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti, se più favorevoli all'imputato.

5. Le disposizioni di cui all'articolo 11, comma 1, lettere a) e b), non si applicano nei procedimenti in cui l'imputato, alla data di entrata in vigore della presente legge, ha già formulato richiesta di rito abbreviato.

6. Le disposizioni di cui all'articolo 11, comma 1, lettere c) e d), si applicano anche ai procedimenti in cui, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia scaduto il termine previsto dagli articoli 449 e 454 del codice di procedura penale nella formulazione vigente il giorno antecedente la data di entrata in vigore della presente legge.

7. Nei procedimenti definiti con decreto penale di condanna in cui il giudice per le indagini preliminari, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbia già trasmesso gli atti al pubblico ministero per l'emissione del decreto di citazione a giudizio per irreperibilità dell'imputato, non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 11, comma 1, lettera f).

8. Nei procedimenti in relazione ai quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, non è ancora scaduto il termine per proporre ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 325, comma 1, del codice di procedura penale, l'impugnazione è consentita ai sensi della disciplina vigente il giorno antecedente la data di entrata in vigore della presente legge.

9. Le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 1, lettere f), g), h) e i), non si applicano ai procedimenti in relazione ai quali il giudice, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbia già effettuato gli accertamenti di cui agli articoli 420, comma 2, e 484 del codice di procedura penale.

10. Le disposizioni di cui all'articolo 18, comma 1, lettere b), c) ed e), non si applicano ai procedimenti in relazione ai quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, l'impugnazione sia già stata proposta.

 11. La disposizione di cui all'articolo 20 non si applica ai procedimenti in relazione ai quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia stata già formulata richiesta di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale.

12. Salvo quanto diversamente disposto, per i casi in cui il presente articolo prescrive l'inapplicabilità della disciplina stabilita dalla presente legge, si applicano le disposizioni vigenti il giorno antecedente la data di entrata in vigore della presente legge.

 

Art. 31.

(Regolamento).

1. Con decreto adottato dal Ministro della giustizia e dal Ministro dell'interno sono stabiliti le modalità e i termini secondo i quali l'ordinanza di sospensione del processo per irreperibilità dell'imputato, il decreto di citazione a giudizio del medesimo e le successive informazioni all'autorità giudiziaria devono essere comunicati e gestiti, anche agli effetti delle disposizioni dell'articolo 349, commi 4-bis e 4-ter, del codice di procedura penale, introdotti dall'articolo 13, comma 1, lettera b), numero 2), della presente legge.

 

Art. 32.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

2. Le disposizioni di cui agli articoli 3, comma 1, lettere d) e i), e 5, comma 1, lettera d), hanno effetto a decorrere dalla data di entrata in vigore della normativa recante la disciplina delle notificazioni per posta elettronica certificata nel processo penale.

 

 

 


 



[1]  L’Italia, come ricordato anche nella Relazione annuale sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea per il 2006, ha sempre dato un forte sostegno all’iniziativa.

[2] (COM(2005)122-1)

[3]    L’articolo 99 c.p. è stata da ultimo sostituito dalla L. 251/2005.

[4]    “Modifiche al codice penale e alla L. 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione”.

[5]    Al riguardo, si ricorda che il D.L. 21 febbraio 2005, n. 17 , convertito dalla legge 22 aprile 2005, n. 60, ha introdotto significative modifiche all’ordinamento processuale penale in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali e dei decreti penali di condanna. Con sentenze del 18 maggio e del 10 novembre 2004 la Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, aveva infatti ritenuto inidoneo il sistema di garanzie in favore del contumace vigente in italia.

      A seguito di tale intervento normativo il nuovo comma 2 dell’art. 175 c.p.p. stabilisce che se è stata pronunciata sentenza (o decreto penale) di condanna in contumacia, l’imputato è restituito, a sua domanda, nei termini d’impugnazione (o opposizione). Per quanto concerne le condizioni cui la richiesta di restituzione nel termine è sottoposta, è sufficiente che risulti che l’imputato non abbia avuto effettiva conoscenza del provvedimento e non abbia rinunciato volontariamente a comparire, ovvero a proporre impugnazione od opposizione. Il successivo comma 8 dispone, invece, che se la restituzione nel termine è concessa non si tiene conto, ai fini della prescrizione del reato, del tempo intercorso tra la notificazione della sentenza contumaciale o del decreto di condanna e la notificazione alla parte dell'avviso di deposito dell'ordinanza che concede la restituzione

[6]    Recante requisiti della prova in casi particolari.

[7]    Si tratta dei delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416, sesto comma, 600, 601, 602, 416-bis e 630 del codice penale, dei delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché i delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e dall'articolo 291-quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43.

[8]    Si tratta delle persone imputate in un procedimento connesso a norma dell'articolo 12, comma 1, lettera a) c.p.p., nei confronti delle quali si procede o si è proceduto separatamente e che non possono assumere l'ufficio di testimone.

[9]    Convertito dalla legge n. 356 del 1992.

[10]   Originariamente il decreto legislativo prevedeva una responsabilità dell’ente solo per alcuni reati contro la pubblica amministrazione - in particolare corruzione e concussione - e contro il patrimonio - in particolare truffa in danno dello Stato - commessi dai responsabili degli enti o da persone sottoposte alla loro direzione o vigilanza, purché i reati stessi fossero commessi a vantaggio dell’ente stesso. Agli originali articoli 24 e 25 del decreto legislativo si sono però ben presto aggiunte numerose fattispecie: da ultimo la legge 18 aprile 2005, n. 62 (Legge comunitaria 2004) ha inserito l’art. 25-sexies, che prevede una responsabilità dell’ente per il compimento di reati di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato.

[11]   Peraltro, al fine di evitare o di attenuare la responsabilità, gli enti possono preventivamente dotarsi di modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire la commissione dei reati per i quali è prevista la loro responsabilità amministrativa (artt. 6 e 7).

[12] Cfr. relazione illustrativa.

[13]   La norma prevede che il giudice decide nel dispositivo se la sentenza deve essere pubblicata per intero o per estratto e designa il giornale o i giornali in cui deve essere inserita.

[14]   Legge 22 aprile 1941 n. 633, Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio.

[15] L’art. 173-bis del D.Lgs. 24-2-1998 n. 58, Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della L. 6 febbraio 1996, n. 52, punisce con la reclusione da 1 a 5 anni chiunque, allo scopo di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei prospetti richiesti per la offerta al pubblico di prodotti finanziari o l'ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio, con l'intenzione di ingannare i destinatari del prospetto, espone false informazioni od occulta dati o notizie in modo idoneo a indurre in errore i suddetti destinatari.

[16] Recante “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”.

[17] La norma prevede che siano puniti con l'arresto fino a due anni gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione.

[18] L’art. 2624 c.c. prevede la punizione con l'arresto fino a un anno dei responsabili della revisione i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nelle relazioni o in altre comunicazioni, con la consapevolezza della falsità e l'intenzione di ingannare i destinatari delle comunicazioni, attestano il falso od occultano informazioni concernenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, ente o soggetto sottoposto a revisione, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni sulla predetta situazione, sono puniti, se la condotta non ha loro cagionato un danno patrimoniale.

Se la condotta di cui al primo comma ha cagionato un danno patrimoniale ai destinatari delle comunicazioni, la pena è della reclusione da uno a quattro anni

[19] Recante: Delega al Governo per la disciplina dell’ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria.

[20]   Il d.d.l. reca: "Istituzione dell'ufficio per il processo, riorganizzazione funzionale dei dipendenti dell'Amministrazione giudiziaria e delega al Governo in materia di notificazione ed esecuzione di atti giudiziari, nonché registrazione di provvedimenti giudiziari in materia civile".