Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Finanziaria 2008 A.C. 3256 Schede di lettura (articoli 82-151) Tomo III
Riferimenti:
AC n. 3256/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 292
Data: 20/11/2007
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
Altri riferimenti:
AC n. 1817/XV     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

 

Finanziaria 2008

A.C. 3256

Schede di lettura
(articoli 82-151)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 292

Tomo III

 

20 novembre 2007


 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dossier è stato redatto con la collaborazione dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coordinamento: Dipartimento Bilancio e politica economica

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: ID0016.doc

 


I N D I C E

 

Tomo III

Schede di lettura

§      Articolo 82 (Disposizioni sulla spesa e sull’uso dei farmaci)3

§      Articolo 83 (Disposizioni a favore dei soggetti danneggiati in ambito sanitario)16

§      Articolo 84 (Personale della associazione italiana della Croce rossa. Assunzioni presso le amministrazioni pubbliche nella provincia autonoma di Bolzano)22

§      Articolo 85 (Modifica all’articolo 4 della legge n. 281/1991)27

§      Articolo 86 (Vaccinazione HPV e partecipazione dell’Italia ad iniziative internazionali relative agli obiettivi di Sviluppo del millennio e alla cancellazione del debito dei Paesi poveri)30

§      Articolo 87 (Quota fissa di partecipazione)40

§      Articolo 88 (Misure per promuovere la qualità nell’erogazione dell’assistenza protesica)43

§      Articolo 89 (Utilizzo più razionale delle risorse disponibili per i beni e le attività culturali)45

§      Articolo 90 (Disposizioni in materia di fondazioni lirico sinfoniche)48

§      Articolo 91 (Disposizioni in materia di istituzioni culturali)53

§      Articolo 92 (Festival pucciniano)57

§      Articolo 93 (Restauro archeologico di teatri)58

§      Articolo 94 (Rilancio dell’efficienza e dell’efficacia della scuola)59

§      Articolo 95 (Risorse per attività di supporto al settore della scuola)74

§      Articolo 96 (Strumenti per elevare l’efficienza e l’efficacia del sistema universitario nazionale)77

§      Articolo 97 (Strumenti per la diffusione della cultura e delle politiche di responsabilità sociale d'impresa).81

§      Articolo 98 (Fondo nazionale per il risanamento degli edifici pubblici)86

§      Articolo 99 (Disciplina dell'azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori)90

§      Articolo 100 (Congedo di maternità e parentale nei casi di adozione e affidamento: equiparazione al figlio biologico)99

§      Articolo 101 (Tutela degli utenti dei servizi pubblici locali)106

§      Articolo 102 (Modifica dell’articolo 1, comma 1251, della legge 27 dicembre 2006, n. 296)111

§      Articolo 103 (Sviluppo di un Piano contro la violenza alle donne)119

§      Articolo 104 (Fondo per le non autosufficienze)124

§      Articolo 105 (Misure in favore di soggetti con disabilità grave)125

§      Articolo 106 (Investimenti degli enti previdenziali in campo immobiliare)128

§      Articolo 107 (Gestioni previdenziali)131

§      Articolo 108 (Trasferimenti all’INPS)134

§      Articolo 109 (Accantonamento risorse per previdenza complementare in favore dei dipendenti della pubblica amministrazione)135

§      Articolo 110 (Determinazione del valore capitale della quota di pensione spettante agli iscritti al Fondo volo)137

§      Articolo 111 (Interpretazione autentica degli articoli 25 e 35 del decreto legislativo n. 151, del 2001 nonché dell’articolo 6, comma 3, della legge 15 aprile 1985, n. 140)140

§      Articolo 112 (Definizione di contenziosi con l’INPS)143

§      Articolo 113 (Risorse per l’attuazione del «Protocollo su previdenza, lavoro e competitività per l’equità e la crescita sostenibili» del 23 luglio 2007, nonché disposizioni a favore della formazione professionale)145

§      Articolo 114 (Sostegno all’attività di formazione nell’ambito dei contratti di apprendistato e dotazioni per Italia lavoro e ISFOL)148

§      Articolo 115 (Riutilizzazione di risorse stanziate per il personale del Comando dei carabinieri per la tutela del lavoro)155

§      Articolo 116 (Proroga degli strumenti per il sostegno del reddito dei lavoratori-ammortizzatori sociali)157

§      Articolo 117 (Incentivi per la riduzione dell’orario di lavoro per le imprese non rientranti nella disciplina dei contratti di solidarietà)164

§      Articolo 118 (Sicurezza sui luoghi di lavoro)170

§      Articolo 119 (Politiche migratorie nazionali e comunitarie)175

§      Articolo 120 (Fondo per le aree sottoutilizzate)191

§      Articolo 121 (Incentivi all’occupazione (credito di imposta))198

§      Articolo 122, commi 1-3 (Misure per sostenere i giovani laureati e le nuove imprese innovatrici del Mezzogiorno nonché per la gestione delle quote di emissione di gas serra)207

§      Articolo 122, comma 4 (Contributo scuola Jean Monnet)219

§      Articolo 123 (Contributo compensativo)221

§      Articolo 124 (Contrasto all’esclusione sociale negli spazi urbani)223

§      Articolo 125 (Promozione dello sport)230

§      Articolo 126 (Razionalizzazione del sistema degli acquisti di beni e servizi)233

§      Articolo 127 (Costituzione del Polo finanziario e del Polo giudiziario a Bolzano)245

§      Articolo 128 (Contenimento dei costi delle amministrazioni pubbliche: auto di servizio, corrispondenza postale, telefonia, immobili)246

§      Articolo 129 (Contenimento dei costi della giustizia militare)255

§      Articolo 130 (Destinazione delle somme sequestrate all’avvio e alla diffusione del processo telematico)262

§      Articolo 131 (Disposizioni di carattere generale di contenimento e razionalizzazione delle spese)266

§      Articolo 132 (Programma pluriennale di alloggi di sevizio del Ministero della difesa)273

§      Articolo 133 (Contenimento degli uffici di diretta collaborazione)281

§      Articolo 134 (Soppressione e razionalizzazione degli enti pubblici statali)285

§      Articolo 135 (Riduzione del costo degli immobili  in uso alle Amministrazioni statali)292

§      Articolo 136 (Otto per mille e cinque per mille)295

§      Articolo 137 (Riduzione dei componenti degli organi societari delle società in mano pubblica e pubblicità delle consulenze delle amministrazioni pubbliche statali)302

§      Articolo 138 (Disposizioni in materia di arbitrato per le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici economici e le società pubbliche)309

§      Articolo 139 (Attività di liquidazione dell’Agenzia Torino 2006)320

§      Articolo 140 (Limiti alla costituzione e alla partecipazione in società delle amministrazioni pubbliche)322

§      Articolo 141 (Riorganizzazione delle modalità di attribuzione dei fondi per investimenti e dei trasferimenti correnti per le imprese)325

§      Articolo 142 (Riqualificazione del bilancio dello Stato attraverso una modifica del termine di perenzione dei residui delle spese in conto capitale e programma di ricognizione)328

§      Articolo 143 (Limiti ai prelevamenti dalla Tesoreria statale)333

§      Articolo 144 (Emolumenti, consulenze, responsabilità contabile, controllo della Corte dei conti)338

§      Articolo 145 (Contenimento degli incarichi, del lavoro flessibile e straordinario nelle pubbliche amministrazioni)371

§      Articolo 146 (Assunzioni di personale. Misure concernenti la riorganizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze)382

§      Articolo 147 (Estensione del diritto al collocamento obbligatorio)408

§      Articolo 148 (Misure straordinarie in tema di mobilità del personale delle pubbliche amministrazioni)410

§      Articolo 149 (Integrazione risorse rinnovi contrattuali biennio 2006-2007 e risorse rinnovi contrattuali biennio 2008-2009, ivi incluso il personale del Corpo dei vigili del fuoco)418

§      Articolo 150, comma 1 (Fondi speciali e tabelle)425

§      Articolo 150, comma 2 (Dotazioni di bilancio relative a leggi di spesa permanente)434

§      Articolo 150, comma 3 (Rifinanziamento di spese di conto capitale)447

§      Articolo 150, comma 4 (Riduzione di autorizzazioni legislative di spesa)451

§      Articolo 150, commi 5-6 (Modulazione delle leggi pluriennali di spesa)452

§      Articolo 150, comma 7 (Eccedenze di spesa)457

§      Articolo 151, comma 1 (Copertura finanziaria)465

§      Articolo 151, comma 2 (Coordinamento della finanza pubblica)468

§      Articolo 151, comma 3 (Clausola di compatibilità con l’ordinamento delle regioni a statuto speciale)469

§      Articolo 151, comma 4 (Entrata in vigore)470

 

 

 


Schede di lettura

(articoli 82-151)


Articolo 82
(Disposizioni sulla spesa e sull’uso dei farmaci)

 


1. In nessun caso il medico curante può prescrivere, per il trattamento di una determinata patologia, un medicinale di cui non è autorizzato il commercio quando sul proposto impiego del medicinale non siano disponibili almeno dati favorevoli di sperimentazioni cliniche di fase seconda. Parimenti, è fatto divieto al medico curante di impiegare, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94, un medicinale industriale per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata ovvero riconosciuta agli effetti dell'applicazione dell'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, qualora per tale indicazione non siano disponibili almeno dati favorevoli di sperimentazione clinica di fase seconda.

2. Ai fini delle decisioni da assumere ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, e dell'articolo 2, comma 1, ultimo periodo, del decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94, la Commissione tecnico-scientifica dell'Agenzia italiana del farmaco, subentrata nelle competenze della Commissione unica del farmaco, valuta, oltre ai profili di sicurezza, la presumibile efficacia del medicinale, sulla base dei dati disponibili delle sperimentazioni cliniche già concluse, almeno di fase seconda.

3. Le confezioni di medicinali in corso di validità, ancora integre e correttamente conservate, legittimamente in possesso di ospiti delle Residenze sanitarie assistenziali (RSA) ovvero in possesso di famiglie che hanno ricevuto assistenza domiciliare, per un loro congiunto, dall'azienda sanitaria locale (ASL) o da una organizzazione non lucrativa avente finalità di assistenza sanitaria, possono essere riutilizzate nell'ambito della stessa RSA o della stessa ASL o della stessa organizzazione non lucrativa, qualora, rispettivamente, non siano reclamate dal detentore all'atto della dimissione dalla RSA o, in caso di suo decesso, dall'erede, ovvero siano restituite dalla famiglia che ha ricevuto l'assistenza domiciliare alla ASL o all'organizzazione non lucrativa.

4. Al di fuori dei casi previsti dal comma 3, le confezioni di medicinali in corso di validità, ancora integre e correttamente conservate, ad esclusione di quelle per le quali è prevista la conservazione in frigorifero a temperature controllate, possono essere consegnate dal detentore che non abbia più necessità di utilizzarle ad organizzazioni senza fini di lucro, riconosciute dalle regioni e province autonome, aventi finalità umanitarie o di assistenza sanitaria.

5. Ai fini del loro riutilizzo, le confezioni di medicinali di cui ai commi 3 e 4 sono prese in carico da un medico della struttura od organizzazione interessata, che provvede alla loro verifica, registrazione e custodia. Le disposizioni di cui ai commi da 3 a 5 si applicano anche a medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope.

6. L'adempimento ai fini dell'accesso agli importi di cui all'articolo 1, comma 181, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, con riferimento alla spesa farmaceutica registrata nell'esercizio 2007, s'intende rispettato alle seguenti condizioni:

a) con riferimento al superamento del tetto del 13 per cento per la spesa farmaceutica convenzionata, alla verifica del conseguimento degli effetti finanziari delle misure di contenimento della spesa farmaceutica adottate nell'anno 2007, negli importi definiti e comunicati alle regioni dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti, ai sensi dell'articolo 1, comma 796, lettera l), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per l'anno 2005, ovvero, per le regioni che hanno sottoscritto un accordo con lo Stato ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, negli importi programmati nei piani di rientro di riorganizzazione, di riqualificazione e di individuazione degli interventi per il perseguimento dell'equilibrio economico. La verifica del conseguimento degli effetti finanziari delle misure adottate dalle regioni è effettuata dal predetto Tavolo di verifica degli adempimenti, che si avvale del supporto tecnico dell'Agenzia italiana del farmaco;

b) con riferimento al superamento della soglia del 3 per cento per la spesa farmaceutica non convenzionata, alla verifica dell'idoneità e della congruità del processo attuativo dei Piani di contenimento della spesa farmaceutica ospedaliera adottati dalle regioni. La predetta verifica è effettuata congiuntamente dal Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti, che si avvalgono del supporto tecnico dell'Agenzia italiana del farmaco.

7. Per il consolidamento e il rafforzamento delle strutture e dell'attività dell'assistenza domiciliare oncologica effettuata dalla Lega italiana per la lotta contro i tumori è autorizzata l'erogazione di un ulteriore contributo straordinario pari ad 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

8. È istituito presso il Ministero della salute, senza oneri per la finanza pubblica, un registro dei dottori in chiropratica. L'iscrizione al suddetto registro è consentita a coloro che sono in possesso di diploma di laurea magistrale in chiropratica o titolo equivalente. Il laureato in chiropratica ha il titolo di dottore in chiropratica ed esercita le sue mansioni liberamente come professionista sanitario di grado primario nel campo del diritto alla salute, ai sensi della normativa vigente. Il chiropratico può essere inserito o convenzionato nelle o con le strutture del Servizio sanitario nazionale nei modi e nelle forme previsti dall'ordinamento. Il regolamento di attuazione del presente comma è emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dal Ministro della salute.

 


 

L’articolo in esame reca disposizioni in materia di spesa farmaceutica e di utilizzo dei medicinali.

Il comma 1 limita la possibilità di uso dei medicinali non ancora autorizzati in Italia e di uso dei farmaci in termini diversi rispetto all'autorizzazione.

In particolare, la norma prevede il divieto per il medico curante di prescrivere medicinali di cui non è autorizzato il commercio quando, sull’impiego del medicinale, non siano disponibili almeno dati favorevoli di sperimentazioni cliniche di fase seconda.

Analogamente, è fatto divieto al medico curante di impiegare, ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, un medicinale industriale per un’indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata o riconosciuta agli effetti dell’applicazione dell’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, qualora per tale indicazione non siano disponibili almeno dati favorevoli di sperimentazione clinica di fase seconda.

 

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536[1], convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, qualora non esista valida alternativa terapeutica, sono erogabili, a totale carico del Servizio sanitario nazionale: i medicinali innovativi la cui commercializzazione sia autorizzata in altri Stati (ma non sul territorio nazionale), i farmaci non ancora autorizzati, ma sottoposti a sperimentazione clinica, ed i medicinali da impiegare per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata.

Tale possibilità è subordinata alla condizione che il farmaco sia tra quelli inseriti in un apposito elenco, predisposto e periodicamente aggiornato dalla Commissione consultiva tecnico-scientifica dell'Agenzia italiana del farmaco (in precedenza, dalla Commissione unica del farmaco), conformemente alle procedure ed ai criteri adottati dalla stessa.

In ogni caso, secondo l'articolo 2 del decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23[2], convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94, non possono essere inclusi nell'elenco i medicinali per i quali non siano già disponibili risultati di studi clinici di fase seconda[3].

Inoltre, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del citato decreto-legge n. 23 del 1998, il medico può, sotto la sua diretta responsabilità e previa informazione del paziente e acquisizione del consenso dello stesso, impiegare un medicinale (prodotto industrialmente) per un'indicazione o una via di somministrazione o una modalità di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata (ovvero riconosciuta in base alla summenzionata normativa di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 536 del 1996), qualora il medico stesso ritenga, in base a dati documentabili, che non esista valida alternativa terapeutica e purché tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale.

Il comma 4 prescrive che, in ogni caso, il medicinale non è rimborsabile da parte del Servizio sanitario nazionale, al di fuori dei casi di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 536 del 1996 (e sempre che, naturalmente, il farmaco rientri nell'elenco summenzionato).

Il comma 5 dello stesso decreto-legge n. 23 del 1998 stabilisce che la violazione, da parte del medico, di tale disciplina è oggetto di procedimento disciplinare.

L’articolo 1, comma 796, lettera z), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007) ha introdotto alcune limitazioni all’applicazione della descritta normativa.

In particolare, la disposizione di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 23 del 1998 non è applicabile al ricorso a terapie farmacologiche a carico del Servizio sanitario nazionale, che, nell'ambito dei presìdi ospedalieri o di altre strutture e interventi sanitari, assuma carattere diffuso e sistematico e si configuri, al di fuori delle condizioni di autorizzazione all'immissione in commercio, quale alternativa terapeutica rivolta a pazienti portatori di patologie per le quali risultino autorizzati farmaci recanti specifica indicazione al trattamento. Il ricorso a tali terapie è consentito esclusivamente nell'ambito delle sperimentazioni cliniche dei medicinali di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 211. In caso di ricorso improprio, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3, commi 4 e 5, del citato decreto-legge n. 23 del 1998.

Le regioni provvedono ad adottare entro il 28 febbraio 2007 disposizioni per le aziende sanitarie locali, per le aziende ospedaliere, per le aziende ospedaliere universitarie e per gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico volte alla individuazione dei responsabili dei procedimenti applicativi delle disposizioni in questione, anche sotto il profilo della responsabilità amministrativa per danno erariale.

Fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali, tale responsabilità è attribuita al direttore sanitario delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende ospedaliere universitarie e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.

Il comma 2 prevede che, ai fini delle decisioni che devono essere assunte per la redazione dell'elenco di medicinali di cui all’articolo 1, comma 4, del citato decreto-legge n. 536 del 1996, la Commissione consultiva tecnico-scientifica dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) valuta (oltre ai profili di sicurezza) la presumibile efficacia del medicinale sulla base dei dati disponibili delle sperimentazioni cliniche (già concluse) almeno di fase seconda.

I commi da 3 a 5 dettano disposizioni per evitare sprechi di medicinali, con particolare riferimento al reimpiego di confezioni di medicinali, in corso di validità, ancora integre e correttamente conservate.

Il comma 3 riguarda le confezioni (aventi i suddetti requisiti) già in legittimo possesso di ospiti delle residenze sanitarie assistenziali o di famiglie che abbiano ricevuto assistenza domiciliare, per un loro congiunto, dall'azienda sanitaria locale o da un'organizzazione non lucrativa avente finalità di assistenza sanitaria. La norma prevede che tali confezioni possano essere reimpiegate nell'àmbito della stessa residenza sanitaria o azienda sanitaria od organizzazione non lucrativa, qualora non siano richieste dal detentore all'atto della dimissione dalla residenza sanitaria (o, in caso di suo decesso, dagli eredi) o, rispettivamente, qualora siano restituite dalla famiglia che abbia ricevuto l'assistenza domiciliare all'azienda sanitaria o all'organizzazione non lucrativa.

Il comma 4 consente che le confezioni di medicinali, in corso di validità, ancora integre e correttamente conservate - al di fuori dei casi di cui al comma 3 e di quelli in cui sia richiesta la conservazione in frigorifero a temperature controllate - siano consegnate dal detentore (che non abbia più necessità di impiegarle) ad organizzazioni senza scopo di lucro, riconosciute dalle regioni e province autonome, aventi finalità umanitarie o di assistenza sanitaria.

Il comma 5 richiede che le confezioni di farmaci, ai fini del reimpiego di cui ai commi 3 e 4, siano prese in carico da un medico della struttura od organizzazione interessata, che provvede alla verifica, alla registrazione ed alla custodia delle stesse. Si specifica, altresì, che le disposizioni in esame (commi da 3 a 5) si applicano anche a farmaci contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope.

Il comma 6 concerne l'applicazione dei limiti di spesa farmaceutica per il 2007.

 

In proposito, si ricorda che la disciplina vigente fino al 2007 prevede che il limite di spesa (nazionale e regionale) per l'assistenza farmaceutica territoriale è pari al 13 per cento della spesa sanitaria corrente, mentre il tetto per l'assistenza farmaceutica complessiva è pari al 16 per cento[4].

Nel limite del 13 per cento summenzionato, non rientra - oltre alla spesa farmaceutica relativa ai ricoveri ospedalieri - la distribuzione diretta per uso domiciliare (da parte delle farmacie ospedaliere o da parte di quelle convenzionate per conto delle aziende sanitarie locali).

Per quanto concerne l’assistenza farmaceutica ospedaliera il limite è fissato per il 2007 al 3 per cento del finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato[5].

I limiti di spesa farmaceutica per gli anni 2008 e seguenti sono ora disciplinati dall'articolo 5 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159[6], attualmente in fase di conversione (A.C. 3194).

Il commain esame specifica le condizioni in base alle quali si intendono rispettati da parte delle regioni i due tetti di spesa per il 2007 (13 per cento per la spesa farmaceutica convenzionata e 3 per cento per la spesa farmaceutica non convenzionata), ai fini dell'accesso alle quote di finanziamento integrativo a carico dello Stato di cui all’articolo 1, comma 181, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

In proposito, si ricorda che l’articolo 1, comma 164, della stessa legge n. 311 del 2004 prevede che lo Stato, in deroga a quanto stabilito dalla normativa vigente[7], concorre al ripiano dei disavanzi del Servizio sanitario nazionale per gli anni 2001, 2002 e 2003. A tal fine, è autorizzata, a titolo di regolazione debitoria, la spesa di 2.000 milioni di euro per l'anno 2005, di cui 50 milioni di euro finalizzati al ripiano dei disavanzi della regione Lazio per l'anno 2003, derivanti dal finanziamento dell'ospedale «Bambino Gesù». Le predette disponibilità finanziarie sono ripartite tra le regioni con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni.

Il comma 173 dell’articolo 1 della stessa legge dispone, poi, che l'accesso al finanziamento integrativo a carico dello Stato derivante da quanto disposto al comma 164, rispetto al livello di cui all'accordo Stato-regioni dell'8 agosto 2001[8], pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 208 del 7 settembre 2001, per l'anno 2004, rivalutato del 2 per cento su base annua a decorrere dal 2005, è subordinato alla stipula di una specifica intesa tra Stato e regioni, che contempli ai fini del contenimento della dinamica dei costi una serie di interventi e misure specifiche.

Il comma 181 prevede, inoltre, che, con riferimento agli importi indicati al comma 164, relativamente alla somma di 1.000 milioni di euro per l'anno 2005, 1.200 milioni di euro per l'anno 2006 e 1.400 milioni di euro per l'anno 2007, il relativo riconoscimento alle regioni resta condizionato, oltre che agli adempimenti di cui al comma 173, anche al rispetto da parte delle regioni medesime dell'obiettivo per la quota a loro carico sulla spesa farmaceutica previsto dall'articolo 48 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 (che fissa il limite del 16 per cento, sia a livello nazionale che regionale, per l’assistenza farmaceutica complessiva).

In particolare, la norma statuisce che il limite del 13 per cento si intende rispettato in caso di conseguimento degli effetti finanziari delle misure di contenimento della spesa farmaceutica adottate nel 2007:

§      negli importi definiti e comunicati alle regioni dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti[9] per l'anno 2005, ai sensi dell'articolo 1, comma 796, lettera l), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007);

L’articolo 1, comma 796, lettera l), della legge n. 296 del 2006 prevede che nei confronti delle regioni che abbiano comunque garantito la copertura degli eventuali disavanzi, è consentito l'accesso alle quote di finanziamento integrativo, con riferimento alla spesa farmaceutica registrata negli esercizi 2005 e 2006 alle seguenti condizioni:

     1) con riferimento al superamento del tetto del 13 per cento per la spesa farmaceutica convenzionata, in caso di mancato rispetto dell'obbligo di contenimento della spesa per la quota a proprio carico, le regioni devono procedere all’applicazione, entro la data del 28 febbraio 2007, di una quota fissa per confezione (ticket) di importo idoneo a garantire l'integrale contenimento del 40 per cento. Le regioni interessate, in alternativa all’applicazione di tale quota fissa, possono adottare anche diverse misure regionali di contenimento della spesa farmaceutica convenzionata, purché di importo adeguato a garantire l'integrale contenimento del 40 per cento. L’adozione e congruità di tali misure è verificata entro la stessa data dal Tavolo tecnico di verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 dell’Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, avvalendosi del supporto tecnico dell'AIFA;

     2) con riferimento al superamento della soglia del 3 per cento, per la spesa farmaceutica non convenzionata, le regioni interessate, in caso di mancato rispetto dell'obbligo di contenimento della spesa per la quota a proprio carico, devono presentare, entro la stessa data del 28 febbraio 2007, ai Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze un Piano di contenimento della spesa farmaceutica ospedaliera, che rechi interventi diretti al controllo dei farmaci innovativi, al monitoraggio dell'uso appropriato degli stessi e degli appalti per l'acquisto dei farmaci. L’idoneità del piano deve essere verificata congiuntamente nell'ambito del Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui alla citata Intesa del 23 marzo 2005.

§      ovvero, per le regioni che abbiano stipulato un accordo con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze (ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e dell'articolo 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006), negli importi definiti dai piani di rientro dal disavanzo sanitario.

 

L’articolo 1, comma 796, lettera b), della legge finanziaria per il 2007 prevede l’istituzione di un Fondo transitorio (1.000 milioni di euro nel 2007; 850 milioni di euro nel 2008; 700 milioni di euro nel 2009) destinato alle regioni nelle quali si è registrato un elevato disavanzo. L’accesso a tali risorse è condizionato, tra l’altro:

§       alla sottoscrizione di un apposito accordo, stipulato, ai sensi dell’articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, dai Ministri della salute e dell'economia e delle finanze e la singola regione interessata per l’individuazione degli interventi necessari al perseguimento dell'equilibrio economico. Tale accordo deve includere un programma di rientro del disavanzo entro il 2010;

§       all’attivazione dell’innalzamento ai livelli massimi dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive.

In caso di mancato conseguimento degli obiettivi intermedi di riduzione del disavanzo previsti dal piano di rientro, è disposto l’automatico innalzamento – per l’anno di imposta dell’esercizio successivo – dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive oltre i livelli massimi previsti dalla legislazione vigente e fino alla copertura integrale dei disavanzi.

Viene inoltre precisato che la maggiorazione dei suddetti tributi ha carattere generalizzato e non è suscettibile di differenziazioni per settori di attività e per categorie di soggetti passivi e che il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e finanze, svolga un’attività di affiancamento alle regioni che hanno sottoscritto il previsto accordo per l’accesso alle risorse del Fondo transitorio, comprensivo del Piano di rientro dai disavanzi. Tale affiancamento è finalizzato al monitoraggio del Piano di rientro, all’adozione dei provvedimenti regionali subordinati alla preventiva approvazione dei suddetti Ministeri, all’attività dei Nuclei con funzioni consultive di supporto tecnico da realizzarsi nelle singole regioni, nell’ambito del Sistema nazionale di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria (SiVeAS).

 

Le verifiche in oggetto sono compiute dal citato Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti, che si avvale del supporto dell'Agenzia italiana del farmaco (lettera a).

Per quanto concerne il limite del 3 per cento per la spesa farmaceutica non convenzionata, esso si intende rispettato in caso di verifica positiva dell'idoneità e della congruità del processo attuativo dei Piani di contenimento della spesa farmaceutica ospedaliera adottati dalle regioni.

Tali verifiche sono svolte congiuntamente dal Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza[10] e dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti, con il supporto dell'Agenzia italiana del farmaco (lettera b).

Il comma 7, aggiunto dal Senato, dispone un ulteriore contributo straordinario, pari ad 1 milione di euro annuo per il triennio 2008-2010, in favore della Lega italiana per la lotta contro i tumori, ai fini del consolidamento e rafforzamento delle strutture e dell'attività di assistenza domiciliare oncologica effettuata dalla medesima.

Si ricorda che, in base all’articolo 3 della legge 18 febbraio 1963, n. 67[11], la Lega italiana per la lotta contro i tumori, con sede in Roma, a decorrere dall’esercizio finanziario 1963-64 riceve da parte del Ministero della salute un contributo annuale, unitamente ad altri enti di ricerca (Centro internazionale di ricerche per il cancro di cui alla legge 2 ottobre 1967, n. 947; Ufficio internazionale delle epizozie di cui alla legge 22 dicembre 1980, n. 927).

Il riparto delle risorse stanziate annualmente in sede di legge finanziaria è effettuato con decreto ministeriale, previo parere delle commissioni parlamentari.

Il decreto ministeriale di riparto relativo al 2007 ha attribuito alla Lega italiana per la lotta contro i tumori un contributo pari a 3.568.523,94 euro.

Il decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria)[12] ha stanziato, poi, un contributo straordinario di1.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 a beneficio della suddetta Lega, a cui si aggiungono le risorse, pari a 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, di cui all'articolo 1, comma 817, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Conseguentemente, a legislazione vigente, il contributo straordinario (che si somma alle risorse ordinarie individuate con il citato decreto di riparto) è pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 e a 2 milioni di euro per il 2009[13].

Il comma 8, inserito dal Senato, istituisce, presso il Ministero della salute, un registro dei dottori in chiropratica, senza oneri a carico della finanza pubblica.

L'iscrizione nel suddetto registro è consentita a coloro che siano in possesso di diploma di laurea magistrale (nuova denominazione della laurea specialistica) in chiropratica o di titolo equivalente. La norma, seppur formulata implicitamente con riguardo al titolo necessario per l’esercizio della professione di chiropratico, istituisce, quindi, una nuova laurea specialistica; rinviando al regolamento la definizione delle disposizioni attuative.

Si specifica che il laureato in chiropratica ha il titolo di dottore in chiropratica ed esercita le sue mansioni liberamente, come professionista sanitario di grado primario nel campo del diritto alla salute, ai sensi della normativa vigente.

Il chiropratico può essere inserito nelle strutture del Servizio sanitario nazionale, o essere convenzionato con le medesime, nei modi e nelle forme previste dall'ordinamento.

Il regolamento di attuazione del presente comma è emanato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria per il 2008, dal Ministro della salute.

 

Con riferimento al comma in esame, sembrerebbe opportuna una verifica sulla correttezza dello strumento regolamentare per l’attuazione della norma relativa alla professione di chiropratico, considerato che, ai sensi dell’articolo 117, sesto comma, della Costituzione, la potestà regolamentare nelle materia di legislazione concorrente (nel caso di specie, la disciplina delle “professioni”) spetta alle regioni. Inoltre, con riferimento all’istituzione della nuova laurea specialistica in chiropratica, potrebbe risultare opportuno che il regolamento di attuazione sia adottato con il concerto del Ministro dell’Università e della ricerca.

 

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 16 novembre 2005 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento sui medicinali per terapie avanzate recante modifica della direttiva 2001/83/CE e del regolamento (CE) n. 726/2004 (COM (2005)567), volta a riempire la lacuna normativa in materia di terapia cellulare somatica, terapia genica e ingegneria tessutale.

Gli obiettivi principali dell’intervento consistono nel garantire un elevato livello di protezione sanitaria per i pazienti europei trattati con prodotti per terapie avanzate;nell’armonizzare l’accesso al mercato e migliorare il funzionamento del mercato interno istituendo un quadro normativo su misura ed esaustivo per l'autorizzazione, la supervisione e il controllo successivamente all'autorizzazione dei prodotti per terapie avanzate; nello stimolare la competitività delle imprese europee che operano in questo campo; nel garantire la sicurezza giuridica generale, pur consentendo una sufficiente flessibilità a livello tecnico, al fine di tenere il passo con l’evoluzione della scienza e della tecnologia. La proposta prevede una procedura centralizzata di autorizzazione all’immissione sul mercato, un nuovo comitato di esperti, requisiti rafforzati per la gestione del rischio, la rintracciabilità da donatore a paziente, la sicurezza e l’alta qualità scientifica delle terapie.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata, in prima lettura, il 25 aprile 2007, dal Parlamento europeo che ha approvato alcuni emendamenti. Il Consiglio ha raggiunto un accordo politico il 31 maggio 2007 che recepisce tutti gli emendamenti proposti dal Parlamento europeo; il 30 ottobre 2007 il Consiglio ambiente ha adottato il regolamento che è in attesa di essere pubblicato.

 

Il 22 dicembre 2006 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva (COM(2006)919) che modifica la direttiva 2001/83/CE relativa ai medicinali per uso umano. La proposta è volta ad adeguare la normativa comunitaria in materia di medicinali in modo da conformarla alla decisione (CE) n. 2006/512 del 17 luglio 2006 sulle competenze di esecuzione conferite alla Commissione[14].

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è in attesa di essere esaminata dal Consiglio. Il Parlamento europeo dovrebbe esaminarla, in prima lettura, nella sessione del 29 novembre  2007.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 4 aprile 2006 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[15]  per non aver correttamente attuato le direttive 89/105/CEE e 2001/83/CE relativa ai medicinali per uso umano. Secondo la Commissione l’Italia non ha adottato le misure necessarie a garantire l’obiettività e la trasparenza delle sue decisioni relative alla fissazione dei prezzi e al rimborso dei prodotti medicinali (revisione del Prontuario Farmaceutico Nazionale) ed è venuta meno agli obblighi imposti dalle citate direttive stabilendo l’obbligo di specificare sull’imballaggio esterno e sul foglietto illustrativo del farmaco la denominazione e la classificazione del prodotto in un determinato carattere.

Il 27 giugno 2007 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[16] per essere venuta meno agli obblighi imposti dalla direttiva 2001/83/CE relativa ai medicinali per uso umano; in particolare l’Italia ha stabilito, contravvenendo a quanto disposto dagli articoli 126 e 116 della direttiva in questione, una seconda procedura (in aggiunta a quella di rinnovo prevista dal diritto comunitario) di revisione sistematica dei medicinali secondo la quale il titolare dell’autorizzazione di commercializzazione deve presentare nuovi documenti, in mancanza dei quali l’autorizzazione può essere revocata (art. 4 della legge n. 362 del 1999 e art. 2 del decreto ministeriale del 27 gennaio 2000); inoltre non ha specificato, nella normativa nazionale, i motivi per i quali può essere revocata l’autorizzazione di commercializzazione di un medicinale revisionato, contravvenendo pertanto all’articolo 125 della citata direttiva; in aggiunta, l’Italia non ha fornito prove concrete del fatto che i dati scientifici presentati dal titolare dell’autorizzazione alle autorità sanitarie italiane vengano sottoposti ad un’analisi approfondita.

Il 7 febbraio 2007 la Commissione ha presentato ricorso (causa C-62/07) alla Corte di giustizia delle Comunità europee contro l’Italia per non avere adottato le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2005/28/CE dell'8 aprile 2005, che stabilisce i principi e le linee guida dettagliate per la buona pratica clinica relativa ai medicinali in fase di sperimentazione ad uso umano nonché i requisiti per l'autorizzazione alla fabbricazione o importazione di tali medicinali[17].

L’articolo 31, comma 1 della citata direttiva aveva fissato il termine per l’attuazione al 29 gennaio 2006, stabilendo altresì l’obbligo per gli Stati membri di comunicare immediatamente alla Commissione il testo delle disposizioni attuative nonché una tavola di concordanza tra tali norme e quelle della direttiva.

La direttiva era inserita nell’allegato B[18] della legge 25 gennaio 2006, n. 29 (legge comunitaria 2005).


Articolo 83
(Disposizioni a favore dei soggetti danneggiati in ambito sanitario)

 


1. Per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie che hanno instaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti, è autorizzata la spesa di 180 milioni di euro per l'anno 2008.

2. Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono fissati i criteri in base ai quali sono definite, nell'ambito di un piano pluriennale, le transazioni di cui al comma 1 e, comunque, nell'ambito della predetta autorizzazione, in analogia e coerenza con i criteri transattivi già fissati per i soggetti emofilici dal decreto del Ministro della salute 3 novembre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 2 dicembre 2003, sulla base delle conclusioni rassegnate dal gruppo tecnico istituito con decreto del Ministro della salute in data 13 marzo 2002, con priorità, a parità di gravità dell'infermità, per i soggetti in condizioni di disagio economico accertate mediante l'utilizzo dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e successive modificazioni.

3. Agli oneri di cui al comma 1 si provvede mediante incremento, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, delle aliquote di base di cui all'articolo 5 della legge 7 marzo 1985, n. 76, per il calcolo dell'imposta sui tabacchi lavorati destinati alla vendita al pubblico nel territorio soggetto a monopolio.

 


 

 

L’articolo in esame reca disposizioni in favore di soggetti che abbiano subito danni in campo sanitario.

Il comma 1 autorizza la spesa di 180 milioni di euro per l’anno 2008 per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione da sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie che hanno intrapreso azioni risarcitorie tuttora pendenti.

Il comma 2 demanda, ad un decreto del Ministro della salute, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, la definizione dei criteri in base ai quali, nell’ambito di un piano pluriennale, sono definite le transazioni di in esame. In ogni caso, nell’ambito delle citate autorizzazioni, devono essere fissati criteri coerenti con quelli già determinati per i soggetti emofilici dal decreto del Ministro della salute 3 novembre 2003, sulla base delle conclusioni rassegnate dal gruppo tecnico istituito con decreto del Ministro della salute del 13 marzo 2002, assicurando priorità, a parità di infermità, ai soggetti in condizioni di disagio economico accertate mediante l’utilizzo dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)[19] di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109.

 

L’articolo 1 del citato decreto ministeriale del 3 novembre 2003 precisa, tra l’altro, che, al risarcimento dei danni subiti dai soggetti emofiliaci a seguito di assunzione di emoderivati infetti, si provvede in base ai seguenti criteri: a) stipula di atto formale di transazione con gli aventi causa da danneggiati deceduti; b) stipula di atto formale di transazione con i soggetti danneggiati viventi che abbiano ottenuto almeno una sentenza favorevole; c) stipula di atto formale di transazione con i soggetti danneggiati viventi che hanno azionato la loro pretesa in giudizio senza avere ancora ottenuto alcuna sentenza favorevole.

 

Infine, il comma 3 prevede la copertura finanziaria degli oneri conseguenti alle disposizioni di cui al comma 1, mediante incremento, da effettuare con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, delle aliquote di base di cui all’articolo 5 della legge 7 marzo 1985, n. 76, per il calcolo dell’imposta sui tabacchi lavorati destinati al pubblico nel territorio soggetto a monopolio.

 

Con riferimento ai soggetti danneggiati in ambito sanitario, si ricorda che il decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (A.C. 3194-A), attualmente in sede di conversione alla Camera, reca disposizioni analoghe a quelle contenute nell’articolo in commento.

In particolare, l’articolo 33 del citato decreto-legge n. 159 del 2007, nel testo modificato dal Senato, prevede, al comma 1, un’autorizzazione di spesa di 150 milioni di euro per il 2007 (rispetto ai 94 milioni di euro del testo originario del decreto-legge) per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o affetti da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie che hanno instaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti.

Il testo originario del decreto-legge in esame, oltre a fissare, come già detto, un limite di spesa più basso per tali interventi, fa riferimento solo alle transazioni da stipulare con soggetti talassemici danneggiati da sangue o emoderivati infetti.

Analogamente, a quanto previsto dall’articolo 83 del disegno di legge finanziaria per il 2008 (in commento), il comma 2 del citato articolo 33, anch’esso modificato dal Senato, stabilisce che, con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono fissati i criteri per la definizione delle citate transazioni. Il testo riformulatoprevede, altresì, che la risoluzione delle controversie in atto sia attuata nell'ambito di uno specifico piano pluriennale e che i criteri per la definizione delle transazioni siano delineati, in analogia con i criteri transattivi già fissati per i soggetti emofilici dal decreto del Ministro della salute 3 novembre 2003[20], sulla base delle conclusioni rassegnate dal gruppo tecnico istituito con decreto del Ministro della salute in data 13 marzo 2002, in modo da assicurare priorità, a parità di gravità dell'infermità, per i soggetti in condizioni di disagio economico accertate mediante l'utilizzo dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109.

Nel corso dell’esame in sede referente presso la V Commissione Bilancio della Camera, è stato soppresso il comma 2-bis del citato articolo 33 – introdotto dal Senato - recante l’innalzamento delle aliquote di base per il calcolo dell’imposta sui tabacchi lavorati ai fini della delle copertura degli oneri  - per un importo pari a 56 milioni di euro - derivanti dalle disposizioni di cui al comma 1 in favore dei soggetti danneggiati da trasfusioni infette e vaccinazioni obbligatorie.

A seguito di una ulteriore modifica da parte della stessa Commissione Bilancio, che ha aggiunto una lettera b-ter) all’articolo 47, comma 1, del decreto-legge in oggetto, la copertura dei predetti oneri è stata disposta a valere sulla dotazione  del Fondo di riserva per le spese impreviste di cui all'articolo 9 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

 

Per quanto concerne la copertura finanziaria di cui al comma 3 dell’articolo 83 del disegno di legge finanziaria in esame, si ricorda che le vigenti aliquote di accisa sui tabacchi sono contenute nel decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427), e successive modifiche e integrazioni. Tale decreto ha introdotto nuove misure rispetto a quelle indicate nella legge n. 75 del 1985 senza, peraltro, provvedere alla novella della norma originaria.

Ai sensi dell’articolo 28, comma 1, lettera a), del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427), e successive modifiche e integrazioni, le aliquote di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati sono stabilite nelle seguenti misure:

sigarette............................................. 58,50%;

sigari e sigaretti.................................. 23%;

tabacco da fumo................................. 56%;

tabacco da masticare.......................... 24,78%;

tabacco da fiuto.................................. 24,78%.

 

Appare opportuno segnalare che precedenti provvedimenti normativi hanno rinviato la determinazione di incrementi delle aliquote di accise sui tabacchi al fine di garantire un maggior gettito fiscale. In particolare:

-        l’articolo 21, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003) prevedeva un aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sole sigarette al fine di assicurare maggiori entrate in misura non inferiore a 435 milioni di euro a decorrere dal 2003[21];

-        l’articolo 2, comma 62, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004) ha previsto la facoltà di disporre aumenti dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sigarette al fine di assicurare, a decorrere dal 2004, ulteriori maggiori entrate annue per 650 milioni di euro. In attuazione di questa norma è stato emanato il D.M. 15 ottobre 2004 con il quale è stata aumentata l’aliquota di base della tassazione delle sigarette dal 58 per cento al 58,5%;

-        l’articolo 1, comma 485, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005) ha previsto un aumento dell’aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati, al fine di assicurare un maggior gettito complessivo pari a 500 milioni nel 2005 e 1.000 euro a decorrere dal 2006. In attuazione di questa norma è stato emanato il decreto direttoriale 25 ottobre 2005, con il quale è stata aumentata l’aliquota di base della tassazione del tabacco da fumo dal 54 per cento al 56 per cento;

-        l’articolo 1, comma 551, della legge n. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006) ha previsto la facoltà di aumentare l’aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati in misura tale da assicurare il mantenimento del gettito per l’anno 2006 e per gli anni successivi;

-        l’articolo 1, comma 100, della legge n. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007) ha previsto la facoltà di aumentare l’aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati in misura tale da assicurare, a decorrere dal 2007, un maggior gettito complessivo pari a 1.100 milioni di euro annui.

 

Si osserva che le aliquote di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati, di cui alla legge n. 76 del 1985, sono state modificate, senza novellare la norma, prima dall’articolo 1 del decreto-legge 29 maggio 1989, n. 202 e, da ultimo, dall’articolo 28 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331.

 

In generale, dal punto di vista della redazione del testo (anche al fine di evitare duplicazioni), potrebbe risultare opportuno un maggior coordinamento delle disposizioni di cui all’articolo in esame con quelle recate dall’articolo 33 del decreto-legge n. 159 del 2007, attualmente in sede di conversione.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 16 novembre 2005 la Commissione ha presentato una proposta diregolamentorecante modifica della direttiva 2001/83/CE sui medicinali per terapie avanzate (tra cui anche quelli costituiti con sostanze derivate da sangue umano) e del regolamento (CE) n. 726/2004 (COM (2005)567). La proposta è volta a riempire la lacuna normativa in materia di terapia cellulare somatica, terapia genica e ingegneria tessutale.

Gli obiettivi principali dell’intervento consistono: nel garantire un elevato livello di protezione sanitaria per i pazienti europei trattati con prodotti per terapie avanzate; nell’armonizzare l’accesso al mercato e migliorare il funzionamento del mercato interno, istituendo un quadro normativo su misura ed esaustivo per l'autorizzazione, la supervisione e il controllo successivamente all'autorizzazione dei prodotti per terapie avanzate; nello stimolare la competitività delle imprese europee che operano in questo campo; nel garantire la sicurezza giuridica generale, pur consentendo una sufficiente flessibilità a livello tecnico, al fine di tenere il passo con l’evoluzione della scienza e della tecnologia. La proposta prevede una procedura centralizzata di autorizzazione all’immissione sul mercato, un nuovo comitato di esperti, requisiti rafforzati per la gestione del rischio, la rintracciabilità da donatore a paziente, la sicurezza e l’alta qualità scientifica delle terapie.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata, in prima lettura, il 25 aprile 2007, dal Parlamento europeo che ha approvato alcuni emendamenti. Il Consiglio ha raggiunto un accordo politico il 31 maggio 2007.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 27 giugno 2007 la Commissioneha inviato all’Italia due pareri motivati:

Il primo, per la mancata attuazione della direttiva 2005/62, recante applicazione della direttiva 2002/98/CE (che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti) per quanto riguarda le norme e le specifiche comunitarie relative ad un sistema di qualità per i servizi trasfusionali[22]; il termine di attuazione è scaduto il 31 agosto 2006;

Un secondo, per la mancata attuazione della direttiva 2005/61/CE, recante applicazione della direttiva 2002/98/CE (che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti), per quanto riguarda le prescrizioni in tema di rintracciabilità e la notifica di effetti indesiderati ed incidenti gravi[23]. Il termine di attuazione di tale direttiva è scaduto il 31 agosto 2006.

Entrambe le direttive sono ricomprese nell’allegato B della legge 6 febbraio 2007 n. 13 (legge comunitaria 2006).


Articolo 84
(Personale della associazione italiana della Croce rossa.
Assunzioni presso le amministrazioni pubbliche
nella provincia autonoma di Bolzano)

 


1. Al fine di assicurare l'espletamento delle attività che la associazione italiana della Croce rossa svolge in regime convenzionale nel settore dei servizi sociali e socio-sanitari, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati sulla base delle convenzioni sono confermati per la durata delle convenzioni medesime. In tutti gli altri casi restano ferme le limitazioni previste dalla presente legge in materia di lavoro flessibile. Alla copertura dell'onere relativo la associazione italiana della Croce rossa provvede nell'ambito delle risorse finanziarie previste dalle convenzioni e in ogni caso senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. Nei confronti del personale di cui al comma 1 trovano applicazione le disposizioni previste dall'articolo 146, commi 5, 6 e 7, della presente legge. Per i soggetti in possesso dei prescritti requisiti che non possono essere stabilizzati per mancanza di disponibilità di posti vacanti nell'organico della associazione italiana della Croce rossa, nel rispetto della vigente normativa in materia di assunzioni, si procede ad un graduale assorbimento del personale presso gli enti del Servizio sanitario nazionale e presso le regioni, tenuto conto delle qualifiche e dei profili professionali e nel rispetto delle procedure previste per le altre pubbliche amministrazioni e dei vincoli di contenimento delle spese di personale cui sono sottoposti i predetti enti, sulla base di un protocollo da stipulare con le regioni nelle competenti sedi istituzionali, su proposta del Ministero della salute di concerto con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e con il Ministero dell'economia e delle finanze. Con tale protocollo sono anche definiti gli aspetti relativi al rinnovo delle convenzioni di cui al comma 1, allo scopo di assicurare la continuità del servizio attraverso la proroga dei contratti di lavoro in essere.

3. All'articolo 1, comma 527, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è aggiunto in fine il seguente periodo: «Al fine di assicurare il rispetto della disciplina vigente sul bilinguismo e la riserva proporzionale di posti nel pubblico impiego, nell'ambito delle procedure e nei limiti dell'autorizzazione alle assunzioni di cui al presente comma, è prioritariamente considerata l'immissione in servizio del personale risultato vincitore o idoneo a seguito di procedure concorsuali pubbliche da destinare agli uffici periferici delle amministrazioni dello Stato e degli enti previdenziali situati sul territorio della provincia autonoma di Bolzano».

 


 

 

L’articolo in commento, modificato nel corso dell’esame al Senato, reca disposizioni relative al personale a tempo determinato dell’Associazione italiana della Croce rossa, nonché ad assunzioni presso le amministrazioni pubbliche nella provincia autonoma di Bolzano.

In particolare, il comma 1 dispone che i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dall'Associazione italiana della Croce rossa sulla base delle convenzioni relative al settore dei servizi sociali e socio-sanitari sono confermati, dopo la scadenza, fino alla durata della relativa convenzione.

Per le altre fattispecie di contratto di lavoro flessibile si applica la disciplina recata dall'articolo 145 (Contenimento degli incarichi, del lavoro flessibile e straordinario nelle pubbliche amministrazioni) del presente disegno di legge finanziaria (al riguardo si rimanda alla scheda di lettura del citato articolo 145).

Alla copertura dell'onere derivante dalla conferma dei suddetti contratti a tempo determinato, l'Associazione italiana della Croce rossa provvede nell'ambito delle risorse finanziarie previste dalle convenzioni e, in ogni caso, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Si ricorda che l’articolo 5, comma 1, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4 (Misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione) convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80 ha autorizzato la Croce rossa italiana a prorogare al 31 dicembre 2006 i contratti di lavoro a tempo determinato attualmente in essere, al fine di assicurare l'espletamento delle proprie funzioni istituzionali. L’applicazione di tale norma ha determinato, una decurtazione di 8,5 milioni di euro dell’importo complessivo delle erogazioni del Fondo rotativo per l’innovazione tecnologica[24]per l’anno 2006, quale compensazione degli effetti finanziari che ne derivano sul fabbisogno e sull’indebitamento netto.

Per quanto concerne l’intervento di riordino di maggior rilievo dell’Associazione italiana della Croce rossa il decreto-legge 19 novembre 2004, n. 276[25]ha modificato alcuni aspetti della struttura amministrativa dell’ente ai fini di una successiva revisione dello statuto dell’ente (per la quale sono definiti procedura e termini) e dello svolgimento delle elezioni per il rinnovo delle cariche elettive.

In particolare, si prevede l’attribuzione di nuove competenze alla Croce rossa in campo socio-sanitario, una diversa disciplina degli organi interni di rappresentanza e gestione a livello nazionale, regionale, provinciale e locale e regole rigorose per l’accertamento dei soci con diritto di elettorato attivo.

Il processo di riordino si è concluso con l’approvazione del nuovo statuto dell’ente recato dal D.P.C.M. 6 maggio 2005, n. 97.

In particolare, l’articolo 2 (Compiti), comma 1, del citato D.P.C.M. n. 97 del 2005, stabilisce che la Croce rossa, concorre attraverso lo strumento della convenzione:

-        ad organizzare ed effettuare con propria organizzazione il servizio di pronto soccorso e trasporto infermi nonché a svolgere, fermo restando quanto previsto dall'articolo 70[26] della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), e nel rispetto della legislazione nazionale e delle competenze regionali, i servizi sociali ed assistenziali indicati dallo statuto, in ambito internazionale, nazionale, regionale e locale;

-        al raggiungimento delle finalità ed all'adempimento dei compiti del Servizio sanitario nazionale con il proprio personale sia volontario sia di ruolo nonché con personale comandato o assegnato e svolgere, altresì, attività e servizi sanitari e socio-assistenziali per conto dello Stato, delle regioni e degli altri enti pubblici e privati.  

L’articolo 3 (Servizi delegati) dello stesso D.P.C.M. consente alla Croce rossa di stipulare convenzioni per gestire, con la propria organizzazione, il servizio di pronto soccorso nelle autostrade, nei porti, negli aeroporti dell'intero territorio nazionale e di essere incaricata, sempre mediante convenzione, dallo Stato, dalle Regioni e da enti pubblici, allo svolgimento di altri compiti, purché compatibili con i suoi fini istituzionali, ivi comprese le attività formative.

L’articolo 4 (Preparazione del personale e dei soci attivi), comma 2, prevede specifiche convenzioni che la Croce rossa italiana può stipulare con le Regioni, le strutture del Servizio sanitario nazionale, le università ed altri enti pubblici o privati, per la formazione e l'aggiornamento del proprio personale e dei soci attivi, ferma restando la possibilità della formazione attraverso gli ospedali militari o proprie scuole ordinate allo scopo specifico. Il comma 3 del citato articolo 4 prevede, altresì, che per la formazione delle infermiere la Croce rossa italiana può stipulare convenzioni con le Regioni, ferma restando la possibilità della formazione attraverso gli ospedali militari o proprie scuole, ordinate allo scopo specifico.

Da ultimo, l’articolo 48 (Regolamenti) stabilisce che il consiglio direttivo nazionale disciplina, con apposito regolamento, le modalità e i criteri per la stipula di convenzioni, contratti ed accordi di collaborazione per i servizi delegati di cui al citato articolo 3.

 

La relazione illustrativaricorda che le convenzioni relative al settore dei servizi sociali e socio-sanitari concernono: il trasporto di infermi ed il soccorso urgente 118 (convenzioni con le aziende sanitarie locali); l'assistenza socio-sanitaria presso i centri di accoglienza profughi (convenzioni con le prefetture); il servizio di pronto soccorso aeroportuale (convenzione con il Ministero della salute); attività sociali e socio-sanitarie (convenzioni con amministrazioni pubbliche locali).

La stessa relazione osserva che il personale interessato dalla norma è pari ad oltre 1850 unità con contratto a tempo determinato, per una spesa complessiva di circa 55 milioni di euro. Tale onere risulta coperto dalle convenzioni stipulate dalla Croce rossa italiana su tutto il territorio nazionale che determinano un ricavo pari a circa 80 milioni di euro. Detratto il costo per il personale di 55 milioni di euro e le spese di funzionamento, pari a circa 15 milioni di euro, si configura, quindi, per la Croce rossa un ricavo netto derivante dalle attività svolte in convenzione pari a circa 10 milioni di euro.

Conseguentemente, secondo la medesima relazione, in assenza della norma in esame, si avrebbe la mancata conferma dei suddetti contratti di lavoro a tempo determinato e la rescissione delle convenzioni in essere, con il risultato che gli oneri a carico delle amministrazioni (principalmente le aziende del Servizio sanitario nazionale) resterebbero invariati o potrebbero risultare addirittura incrementati in ragione dell’affidamento ad altri soggetti dei servizi di pronto soccorso e di assistenza.

 

Il comma 2, introdotto nel corso dell’esame al Senato, reca disposizioni relative alla stabilizzazione del personale a tempo determinato di cui al comma 1.

In primo luogo viene precisato che al personale di cui al comma 1 si applicano le disposizioni in materia di stabilizzazione del personale precario di pubbliche amministrazioni, di cui ai commi 5, 6 e 7 del successivo articolo 146 (alla cui scheda di lettura si rimanda).

Fatta questa premessa, il comma in esame dispone che per il personale che, pur in possesso dei necessari requisiti, non può beneficiare della stabilizzazione per mancanza di disponibilità di posti vacanti nell'organico della Croce rossa italiana, si procede, nel rispetto della normativa vigente in materia di assunzioni, ad un graduale assorbimento presso gli enti del Servizio sanitario nazionale e presso le regioni, tenuto conto delle qualifiche e dei profili professionali e nel rispetto delle procedure previste per le altre pubbliche amministrazioni, nonché dei vincoli di contenimento delle spese relative al personale cui sono sottoposti i summenzionati enti.

Tale modalità di stabilizzazione avviene sulla base di uno specifico protocollo da stipulare con le regioni, su proposta del Ministero della salute di concerto con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica - e del Ministero dell'economia delle finanze. Con lo stesso protocollo vengono altresì definiti gli aspetti relativi al rinnovo delle convenzioni relative al settore dei servizi sociali e socio-sanitari di cui al comma 1, allo scopo di assicurare la continuità del servizio attraverso la proroga dei contratti di lavoro in essere.

 

Con comma 3, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, aggiunge un periodo alla fine del comma 527 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006), introducendo così nell’ambito della relativa disciplina una specifica previsione per l’assunzione di personale da destinare agli uffici pubblici situati sul territorio della provincia autonoma di Bolzano.

 

Il citato comma 527 autorizza determinate amministrazioni pubbliche (amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco; agenzie, ivi comprese le agenzie fiscali; enti pubblici non economici; enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001) non interessate dai processi di stabilizzazione del personale previsti dalla legge finanziaria 2007, a procedere ad ulteriori assunzioni, per gli anni 2008 e 2009, per fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza, nel limite di un contingente complessivo di personale corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 25 milioni di euro per ciascun anno iniziale e a 75 milioni di euro a regime.A tal fine si istituisce un apposito Fondo con uno stanziamento pari a 25 milioni di euro per il 2008, 100 milioni di euro per il 2009 e a 150 milioni di euro per il 2010.

Inoltre si dispone che le assunzioni in questione siano autorizzate secondo le modalità di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della legge n. 449/1997, e successive modificazioni[27].

 

In particolare il comma in esame dispone che, al fine di assicurare il rispetto della disciplina vigente sul bilinguismo e la riserva proporzionale di posti nel pubblico impiego, nell'ambito delle procedure e nei limiti dell'autorizzazione alle assunzioni di cui al citato comma 527, è da considerarsi prioritaria l'immissione in servizio del personale, risultato vincitore o idoneo a seguito di concorsi pubblici, da destinare agli uffici periferici delle amministrazioni dello Stato e degli enti previdenziali situati sul territorio della provincia autonoma di Bolzano.

 

Si ricorda infine che una ulteriore novella del comma 527 della legge finanziaria del 2007 è prevista dall’articolo 146, comma 3 del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia.


Articolo 85
(Modifica all’articolo 4 della legge n. 281/1991)

 

1. All'articolo 4 della legge 14 agosto 1991, n. 281, e successive modificazioni, al comma 1, primo periodo, la parola: «incruenti» è soppressa.

 

 

L’articolo in esame, introdotto dal Senato, è volto a modificare l’articolo 4, comma 1, primo periodo, della legge 14 agosto 1991, n. 281 (Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo).

La novella sopprime il riferimento al carattere incruento dei piani di controllo delle nascite degli animali di affezione attuati attraverso la pratica della sterilizzazione.

In proposito, si ricorda che la Commissione affari sociali ha avviato, nella seduta del 15 novembre 2007, l’esame di alcune proposte di legge di riforma della citata legge n. 281 del 1991 (A.C. 2833 e abb.).

 

Nel quadro degli interventi di prevenzione del randagismo e di tutela degli animali di affezione, il citato articolo 4, comma 1, della legge n. 281 del 1991, come riformulato dal comma 829 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007), demanda ai comuni, singoli o associati, e alle comunità montane di attuare, in via prioritaria, l’adozione di piani di controllo delle nascite incruenti attraverso la sterilizzazione.

A tali piani è destinata una quota non inferiore al 60 per cento delle risorse (afferenti al Fondo per l’attuazione della legge n. 281 del 1991) assegnate dalla regione agli enti locali per la realizzazione degli interventi di competenza[28].

Lo stesso comma 1 prevede che i comuni provvedono, altresì, al risanamento dei canili comunali esistenti e costruiscono rifugi per i cani, nel rispetto dei criteri stabiliti con legge regionale, avvalendosi delle summenzionate risorse.

Il comma 2 del medesimo articolo 4 stabilisce che i servizi comunali e i servizi veterinari delle ASL si attengono, nel trattamento degli animali, alle disposizioni di cui all'articolo 2, in materia di trattamento dei cani e di altri animali di affezione.

Il citato articolo 2della legge n. 281 del 1991 detta specifiche norme sul trattamento dei cani e di altri animali di affezione. In particolare, si prevedono interventi di limitazione delle nascite dei cani e dei gatti effettuati presso i servizi veterinari delle aziende sanitarie locali ovvero, a spese dei proprietari e dei detentori, presso ambulatori veterinari autorizzati delle società cinofile, delle società protettrici di animali e di privati.

I cani vaganti ritrovati, catturati o comunque ricoverati presso le strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4 (canili municipali e rifugi per cani), non possono essere soppressi.

Inoltre, i cani catturati o comunque provenienti dalle suddette strutture non possono essere destinati alla sperimentazione.

I cani vaganti catturati, regolarmente tatuati, sono restituiti al proprietario o al detentore, mentre i cani vaganti non tatuati catturati, nonché i cani ospitati presso le strutture di ricovero di cui sopra, devono essere tatuati; i cani vaganti non tatuati, se non reclamati entro il termine di sessanta giorni possono essere ceduti a privati che diano garanzie di buon trattamento o ad associazioni protezioniste, previo trattamento profilattico contro la rabbia, l'echinococcosi e altre malattie trasmissibili.

I cani ricoverati nelle summenzionate strutture, fatto salvo quanto previsto dagli articoli 86, 87 e 91 del regolamento di polizia veterinaria approvato con D.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320, possono essere soppressi, in modo esclusivamente eutanasico, ad opera di medici veterinari, soltanto se gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosità.

È vietato a chiunque maltrattare i gatti che vivono in libertà; essi sono sterilizzati dall'autorità sanitaria competente e riammessi nel loro gruppo. I gatti in libertà, tra l’altro, possono essere soppressi soltanto se gravemente malati o incurabili.

Gli enti e le associazioni protezioniste possono, d'intesa con le aziende sanitarie locali, prendere in gestione le colonie di gatti che vivono in libertà, assicurandone la cura della salute e le condizioni di sopravvivenza.

Gli enti e le associazioni protezioniste possono gestire canili e rifugi per cani, sotto il controllo sanitario dei servizi veterinari dell'azienda sanitaria locale competente.

Le strutture di ricovero per cani possono tenere in custodia a pagamento cani di proprietà, garantendo il servizio di pronto soccorso.

 

Per quanto concerne le risorse finanziarie, l’articolo 8 della citata legge n. 281 del 1991 ha istituito uno specifico Fondo per l'attuazione della legge n. 281 del 1991, presso il Ministero della salute.

La ripartizione delle risorse del suddetto Fondo tra le Regioni e le province autonome è effettuata annualmente, secondo i criteri di riparto definiti con decreto del Ministro della salute, sentita la Conferenza Stato-regioni.

Con il decreto del Ministro della salute 29 dicembre 1992sono stati determinati i seguenti criteri per la ripartizione delle disponibilità del suddetto Fondo:

-        il 42 per cento della disponibilità viene ripartito in base al numero dei cani e gatti;

-        il 33 per cento delle disponibilità viene ripartito in base al numero dei cani e gatti randagi;

-        il 25 per cento delle disponibilità viene ripartito in base al numero degli abitanti.

Si segnala, altresì, che l’articolo 1, comma 2, della legge 2 dicembre 1998, n. 434 (Finanziamento degli interventi in materia di animali di affezione e per la prevenzione del randagismo) ha autorizzato la spesa di 2,6 miliardi di lire annue a decorrere dall’anno 1999. A decorrere dal 1° gennaio 2000, il finanziamento della citata legge n. 434 del 1998 è stato inserito nella Tabella C della legge finanziaria.

Per l’anno 2007 lo stanziamento previsto dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007) è pari a 4,9 milioni di euro.

Nella tabella C allegata al disegno di legge finanziaria per il 2008, l’importo delle risorse destinate agli interventi in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo risulta pari per il 2008 a 4,9 milioni di euro (1.2.2 - Interventi - cap. 5340).

Per completezza, si ricorda, poi, che, al fine di realizzare un piano nazionale di sterilizzazione degli animali d'affezione, nell’ambito degli interventi volti alla prevenzione del fenomeno del randagismo, l'articolo 4 della legge 30 luglio 2002, n. 174 ha autorizzato la spesa di euro 750.000 per l'anno 2002[29].


Articolo 86
(Vaccinazione HPV e partecipazione dell’Italia ad iniziative internazionali relative agli obiettivi di Sviluppo del millennio e alla cancellazione del debito dei Paesi poveri)

 


1. A valere sulle risorse dell'apposito fondo da ripartire istituito presso lo stato di previsione del Ministero della salute ai sensi dell'articolo 131 della presente legge, una quota delle medesime risorse pari al 50 per cento per l'anno 2008 è destinata alla concessione, con decreto del Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di un contributo finanziario alle regioni e alle province autonome finalizzato ad agevolare la diffusione tra le dodicenni della vaccinazione HPV basata sull'offerta attiva del vaccino.

2. È autorizzata la complessiva spesa di euro 2.074 milioni, di cui 40 milioni per l'anno 2008, 50 milioni per ciascuno degli anni dal 2009 al 2048 e 34 milioni per l'anno 2049, finalizzata al sostegno dell'Italia al raggiungimento degli obiettivi di Sviluppo del millennio, attraverso la partecipazione ai nuovi Meccanismi innovativi di finanziamento dello sviluppo, e alla cancellazione del debito dei Paesi poveri nei confronti delle istituzioni finanziarie internazionali.

 


 

 

Il comma 1 - nel testo modificato dal Senato - prevede che uno specifico stanziamento sia destinato, per il 2008, con decreto del Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, alla concessione di un contributo finanziario alle regioni e alle province autonome, inteso ad agevolare la diffusione tra le dodicenni della vaccinazione HPV, mediante l'offerta attiva del vaccino.

Si ricorda che il vaccino HPV è volto alla protezione contro il virus del papilloma umano, virus che provoca il tumore al collo dell'utero.

Lo stanziamento in oggetto è pari (come detto, per il solo 2008) al cinquanta per cento delle risorse del Fondo istituito presso lo stato di previsione del Ministero della salute ai sensi dell'articolo 131 del presente disegno di legge finanziaria.

Tale articolo dispone l'istituzione di specifici fondi, da ripartire con decreti ministeriali, nei singoli stati di previsione dei Ministeri, in relazione alla cessazione delle iscrizioni di stanziamenti correlati a versamenti di somme, all'entrata del bilancio dello Stato, autorizzate dai provvedimenti legislativi inclusi nell’elenco allegato allo stesso disegno di legge finanziaria per il 2008 (per maggiori dettagli, si rinvia alla scheda sull’articolo 131).

Nel testo originario del comma in esame, lo stanziamento era determinato in valori assoluti (30 milioni di euro per il 2008), sempre a valere sul suddetto Fondo.

 

 

L'originario comma 2 è stato parzialmente stralciato ai sensi dell'art. 126, comma 2, del Regolamento del Senato.

 

L’attuale comma 2 - nel testo modificato dalla 5a Commissione del Senato -  autorizza la spesa di 2.074 milioni di euro così ripartita: 40 milioni per il 2008, 50 milioni annui dal 2009 al 2048 e 34 milioni per il 2049 non solo - come nell’originaria formulazione - a favore di iniziative di cancellazione del debito dei Paesi poveri nei confronti delle istituzioni finanziarie internazionali, ma più in generale a favore di iniziative di sostegno al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio, attraverso anche la partecipazione ai nuovi Meccanismi innovativi di finanziamento dello sviluppo.

 

Per conseguire il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio[30], la nuova formulazione del comma in commento mira a consentire l’utilizzo di meccanismi innovativi, capaci di sostenere lo sviluppo dei Paesi poveri, (tassazioni internazionali, International Financial Facility, diritti speciali di prelievo, rivalutazione delle riserve auree, uso e valorizzazione delle rimesse, contributi privati volontari) a fianco dei più tradizionali canali di finanziamento dell’Aiuto pubblico allo sviluppo. 

Si ricorda che l’Italia, dando corso all’impegno assunto, nell’ambito delle Nazioni Unite, con la Dichiarazione di Ginevra nel 2004 di aumentare il livello degli aiuti per lo sviluppo in maniera costante fino al 2015, ed anche a seguito del successivo rapporto sui Meccanismi finanziari innovativi redatto nel 2004, si è attivata per esplorare e sperimentare canali di finanziamento ulteriori e complementari rispetto a quelli tradizionali, che consentano di colmare il divario tra le risorse necessarie e quelle effettivamente disponibili.

In particolare, nel 2007, è stata autorizzata con la legge finanziaria per il 2007 la partecipazione dell’Italia all’IFFIm (International Facility for Immunisation), meccanismo innovativo che prevede, mediante l’emissione di titoli obbligazionari, la raccolta di fondi per l’acquisto di farmaci e vaccini da parte del GAVI (Global Alliance for Vaccines and Immunisation).

Inoltre l’Italia segue attentamente le altre iniziative in campo internazionale per la messa a punto di ulteriori meccanismi innovativi di finanziamento e di misure utili all’individuazione di tasse globali di scopo, sulla scia della nota proposta della Tobin Tax[31]. A tal fine, l’Italia ha annuciato la sua intenzione di entrare a far parte del Leading Group on Solidarity levies to fund development, noto anche come gruppo Lula-Chirac.

 

In tema di riduzione del debito, la legge 25 luglio 2000, n. 209[32] definisce il quadro normativo italiano per decidere misure, in sede bilaterale e multilaterale, di riduzione del debito dei Paesi poveri e maggiormente indebitati, nonché misure a favore della riduzione della povertà di tali Paesi (art.1). Condizione per l’annullamento del debito è che il Pese debitore si impegni a rispettare i diritti umani, a rinunciare alla guerra e a perseguire il pieno sviluppo sociale e umano, favorendo la riduzione della povertà (art. 1, comma 2 e art. 2). Per quanto riguarda le condizioni, le modalità e i termini dell’annullamento (art. 3), essi sono stabiliti in appositi accordi intergovernativi bilaterali con i singoli Paesi interessati. L’art. 4 precisa inoltre che l’annullamento può essere perseguito mediante utilizzo di tutti gli strumenti e meccanismi contemplati nell’ambito di intese multilaterali raggiunte tra i Paesi creditori. L’art. 6 prevede, infine, che il Ministro del  Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica (ora Ministro per l’Economia e finanze) presenti al Parlamento una relazione annuale sullo stato di attuazione della legge in questione.

Dalla Relazione al Parlamento (Doc. CLXXXIII n. 1) sulla riduzione del debito dell’ottobre 2006, risulta che il totale cancellato dall’Italia ha raggiunto i 6 miliardi di euro nei confronti di 35 Paesi beneficiari. Tali risorse sono state allocate dai beneficiari su programmi di sviluppo e di riduzione della povertà, nel rispetto delle condizioni poste dalla legge  n. 209 del 2000.

Si ricorda che le principali iniziative assunte a livello internazionale per la cancellazione del debito dei Paesi poveri sono la Heavily Indebted Poor Countries (HIPC) e la Multilateral Debt Relief Initiative (MDRI).

Nel 1996 al Vertice G7 di Lione del 1996 fu adottata l' "Iniziativa HIPC" (Heavily Indebted Poor Countries) per rendere sostenibile nel medio-lungo periodo il debito estero dei Paesi più poveri (low income countries).

Il Vertice G7/G8 di Colonia del 1999 decise di: aumentare il numero dei Paesi eleggibili all'Iniziativa (alleggerendo le condizionalità per l'accesso); elevare l'ammontare del debito eleggibile a cancellazione (dall'80% di Lione al '90% ed oltre, ove necessario' del debito 'pre-cut-off-date'; accelerare i tempi di messa in atto del Programma attuativo dell'Iniziativa e rafforzare il legame fra risorse finanziarie liberatesi dalle cancellazioni debitorie, Programmi nazionali di Riduzione della Povertà (Poverty Reduction Strategy Papers - PRSP) e sviluppo economico. La nuova più incisiva Iniziativa venne ridenominata "Iniziativa HIPC rafforzata" (Enhanced HIPC Initiative). All' Iniziativa possono accedere quei Paesi che oltre ad essere eleggibili ai prestiti altamente concessionali della International Development Association - IDA della Banca Mondiale (c.d. Paesi "IDA-only"), abbiano un debito insostenibile in base alle apposite analisi finanziarie degli esperti delle IFI (c.d. Paesi "IDA-only" HIPC).

A seguito dei risultati conseguiti dall’iniziativa HIPC di cancellazione attuata dai creditori del Club di Parigi, in esecuzione della quale ha avuto luogo una serie di cancellazioni debitorie, i Paesi del G8 hanno approvato nel vertice G8 di Gleneagles del giugno 2005 un’ulteriore iniziativa per l’alleggerimento del debito estero dei PVS denominata Multilateral Debt Relief Initiative (MDRI).

L’Italia è stata fra i promotori dell’Iniziativa HIPC ed ha sostenuto l’MDRI in ambito G8 dando la piena disponibilità a contribuire al finanziamento dell’iniziativa.

L’Iniziativa prevede la cancellazione del 100% del debito verso tre Istituzioni Finanziarie Internazionali (IFI): Fondo Monetario Internazionale-FMI, la Banca Mondiale e la Banca Africana di Sviluppo. La MDRI intende principalmente assistere i Paesi debitori nel raggiungimento degli Obiettivi del Millennio (Millennium Development Goals-MDGs) individuati in ambito Nazioni Unite, che mirano a dimezzare la povertà entro il 2015.

Il FMI, accogliendo anche il suggerimento di numerosi Paesi in via di sviluppo, ha deciso di includere nell’iniziativa anche i Paesi non-HIPC che abbiano un reddito pro-capite annuo inferiore a 380 dollari.

Il 21 dicembre 2005 il Consiglio Esecutivo del Fondo ha completato la valutazione del primo gruppo di Paesi eleggibili, qualificandone 19 per l’Iniziativa (Benin, Bolivia, Burkina Faso, Cambogia, Etiopia, Ghana, Guyana, Honduras, Madagascar, Mali, Mozambico, Nicaragua, Niger, Ruanda, Senegal, Tagikistan, Tanzania, Uganda e Zambia). Il debito che verrà cancellato nei confronti del FMI ammonta complessivamente a 3,3 miliardi di dollari.

In data 5 gennaio 2006 è divenuta operativa la decisione adottata il 21 dicembre 2005 dal Consiglio Esecutivo del FMI di cancellare il 100% del debito dei 19 Paesi poveri e successivamente è stato acquisito il necessario assenso ai fini dell’avvio dell’iniziativa di tutti e 43 i Paesi creditori che partecipano finanziariamente a coprire i costi per il FMI della cancellazione.

La Banca Mondiale ha approvato nel marzo 2006, i dettagli del finanziamento e dell’attuazione del proprio contributo alla MDRI, che porterà alla cancellazione del debito IDA di alcuni fra i Paesi più poveri a partire dal 1° luglio 2006. Dalla cancellazione dei debiti IDA è previsto un alleggerimento debitorio di oltre 37 miliardi di dollari per un periodo di 40 anni (di cui 22,15 sono debiti dei Paesi Africani che hanno raggiunto il completion point dell’HIPC).

Si ricorda infine l’impegno richiesto, nell’ambito dei negoziati in corso per la XV ricostituzione delle risorse dell’Associazione internazionale per lo sviluppo (IDA), ai Paesi donatori a provvedere, in aggiunta al contributo per la ricostituzione delle risorse, alla copertura dei costi dell’iniziativa MDRI per la cancellazione del debito dei Paesi più poveri.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Salute sessuale

Per quanto riguarda in generale la salute sessuale e riproduttiva, nell’ambito della comunicazione sulla Tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010 (COM(2006)92) la Commissione sottolinea l’importanza della dimensione di genere nel settore sanitario[33].La Commissione rileva che le donne e gli uomini sono esposti in modo diverso ai rischi sanitari, alle malattie, ai problemi e alle pratiche che influiscono sulla loro salute, in particolare per quanto riguarda questioni ambientali, quali l’impiego di prodotti chimici e di pesticidi, che spesso vengono trasmessi durante la gravidanza e attraverso l’allattamento. Tuttavia, le ricerche mediche e numerose norme sanitarie e di sicurezza riguardano prevalentemente gli uomini e i settori professionali a prevalenza maschile.

Sulla comunicazione il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione di iniziativa, il 13 marzo 2007, con la quale ha chiesto alla  Commissione di prendere misure per garantire alle donne i diritti alla salute, compresa la salute sessuale e riproduttiva; ha ribadito che è essenziale, in particolare per la lotta contro l’HIV/AIDS, ampliare l’accesso alle informazioni relative alla salute sessuale e riproduttiva e ai servizi sanitari.

Obiettivi di sviluppo del Millennio

Il 4 aprile 2007 la Commissione ha presentato la quinta relazione annuale sullo stato di attuazione degli impegni assunti dall’UE per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio[34]: “Onorare le promesse dell'Europa per quanto riguarda il finanziamento dello sviluppo”[35].

Nella relazione la Commissione rileva che nel 2002 l'Unione europea si è impegnata a stanziare lo 0,39% del suo reddito nazionale lordo (RNL) totale a favore dell'aiuto pubblico allo sviluppo (APS) entro il 2006. Tale obiettivo è stato addirittura superato, poiché nel 2006 l'UE ha destinato collettivamente agli aiuti allo sviluppo lo 0,42% del reddito nazionale lordo, erogando un importo record di 48 miliardi di euro. Il contributo dell'Unione sarebbe stato ancora più determinante se la Grecia, l'Italia e il Portogallo avessero raggiunto in tempo il rapporto APS-RNL concordato, pari allo 0,33%. Nel 2005 l’UE ha deciso di aumentare l’aiuto ufficiale allo sviluppo (APS), concordando un nuovo obiettivo collettivo comunitario dello 0,56 per cento del reddito nazionale lordo (RNL) per il 2010, che comporta un importo annuale aggiuntivo di venti miliardi di euro[36]. Secondo le stime della Commissione, l’UE dovrebbe assolvere all'impegno assunto per il 2010; anzi, le prospettive più favorevoli in termini di crescita economica dovrebbero consentire all'UE di mobilitare altri 27-30 miliardi di euro all'anno rispetto al 2006, superando i 20 miliardi inizialmente previsti. L'Unione europea ha preso inoltre la guida del processo internazionale di finanziamento dello sviluppo poiché i suoi aiuti vengono erogati in modo più rapido ed efficiente. A tale proposito, la Commissione segnala che la maggior parte degli obiettivi vincolati a scadenze precise contemplati dal piano d'azione per l'efficacia degli aiuti denominato “Gli aiuti dell’UE: dare di più, meglio e più rapidamente”[37] è stata già realizzata o è in fase di realizzazione: sarà progressivamente introdotta in tutti i paesi una pianificazione strategica pluriennale congiunta dell'assistenza fornita dall’Unione europea e dagli Stati membri volta a migliorare la complementarità; è stato predisposto un codice di condotta per la divisione dei compiti nella politica di sviluppo dell'UE[38]; le giornate europee dello sviluppo, la cui prima edizione è stata organizzata con successo nel novembre 2006, si ripeteranno ogni anno[39]; è stato realizzato un atlante dei donatori UE, con le prime edizioni regionali (Africa occidentale) e nazionali (Mozambico), con l’obiettivo di realizzare una mappatura degli aiuti forniti.

Nella relazione inoltre la Commissione dà conto delle diverse iniziative assunte dagli Stati membri in materia di adozione di fonti di finanziamento innovative, tra le quali la destinazione di una quota delle entrate annuali proveniente da tasse sui biglietti aerei al Fondo internazionale per l'acquisto di medicinali (UNITAID) o il contributo fornito allo strumento internazionale di finanziamento per le vaccinazioni (IFFIm) per un'azione destinata ai bambini. Viene inoltre citata l’iniziativa assunta dal Regno Unito e dall’Italia che hanno lanciato, insieme ad altri partner internazionali, il primo impegno anticipato di mercato (AMC) per accelerare lo sviluppo e l'immissione sul mercato di un nuovo vaccino contro le infezioni da pneumococco nei paesi in via di sviluppo.

Secondo la Commissione tali progressi non possono tuttavia essere dati per scontati e non devono far dimenticare una serie di questioni specifiche, evidenziate nella comunicazione che accompagna la relazione Da Monterrey al consenso europeo in materia di sviluppo: il rispetto degli impegni assunti[40].

La Commissione segnala in particolare:

§      le forti variazioni degli stanziamenti destinati agli aiuti nei diversi Stati membri. Se alcuni Stati destinano più dello 0,80% del reddito nazionale allo sviluppo, superando di gran lunga gli obiettivi più ambiziosi, altri rimangono invece molto al di sotto della media o degli obiettivi che si sono prefissi, mentre in altri casi l'aiuto fornito nel 2006 risulta inferiore a quello del 2005. A tale proposito, la Commissione raccomanda ad ogni Stato membro di definire, entro la fine del 2007, una tabella di marcia che garantisca un aumento graduale dell'afflusso degli aiuti pubblici fino al 2010 e fino al 2015, onde evitare scostamenti rispetto agli impegni assunti collettivamente e individualmente;

§      il ricorso a misure "una tantum", segnatamente nel settore dell’aiuto umanitario, o a misure di alleggerimento del debito, il che può dare un'idea falsata dell'andamento globale del volume degli aiuti. Secondo la Commissione, il problema per i prossimi anni sarà continuare ad aumentare l'aiuto globale allo sviluppo riducendo la parte rappresentata dall'alleggerimento del debito e promuovendo il sostegno di bilancio generale come modo per aumentare la prevedibilità degli aiuti. A quest’ultimo proposito la Commissione prospetta la soluzione di un sostegno di bilancio a più lungo termine che garantisca determinati livelli di sostegno annuale e sia subordinato a clausole di salvaguardia;

§      la necessità di erogare gli aiuti in modo più efficace affinché arrivino a chi ne ha bisogno. A parere della Commissione tale aspetto presenta tre dimensioni centrali:

-        la divisione dei compiti. A questo proposito la Commissione ribadisce quanto sia importante che gli Stati membri aderiscano al citato codice di condotta dell’UE;

-        la titolarità dei programmi di cooperazione e il loro allineamento alle strategie e alle procedure dei paesi partner. Pur trattandosi di principi sanciti dalla dichiarazione di Parigi[41] e dal consenso europeo[42], di fatto la realtà è ancora molto diversa. Da un lato, non viene rispettato l'iter di bilancio dei paesi e, dall'altro, la continuità e la prevedibilità degli aiuti sono messe a repentaglio da un eccesso di condizioni. La Commissione ritiene dunque che sia giunto il momento di adottare il concetto di "contratto" vincolato a risultati tangibili in vista degli obiettivi del Millennio, in sostituzione della tradizionale verifica annua delle condizioni poste da ciascun donatore;

-        le modalità dell'assistenza. I programmi di aiuti e il sostegno di bilancio dovrebbero diventare presto le modalità preferite, senza tuttavia escluderne altre qualora si rivelino più adeguate. La Commissione segnala che la frammentazione degli aiuti e la presenza di tanti piccoli progetti comportano costi eccessivi ed efficacia ridotta.

§      la necessità di una vigilanza costante per garantire la sostenibilità del debito nei paesi in via di sviluppo. La Commissione propone che il Consiglio inviti gli Stati membri a riflettere in modo più approfondito, nei consessi internazionali appropriati, sul modo di promuovere un credito responsabile, migliorando in particolare la gestione del debito da parte dei paesi in via di sviluppo e promuovendo il dialogo con i nuovi finanziatori;

§      il potenziamento dell'assistenza in materia commerciale per far sì che i paesi in via di sviluppo traggano beneficio dalla liberalizzazione degli scambi. A tale scopo, nella stessa occasione, la Commissione ha presentato anche la comunicazione: Verso una strategia dell’UE in materia di aiuti al commercio – il contributo della Commissione[43]; in cui avanza alcune proposte in vista dell’adozione della strategia da parte del Consiglio entro la fine del 2007. La Commissione ritiene che detta strategia debba contemplare tra l’altro i seguenti elementi: l'aumento annunciato del volume di aiuti comunitari in favore del commercio per raggiungere i 2 miliardi di euro a partire dal 2010; la destinazione di una quota sostanziale di dette risorse ai paesi ACP[44] nell'ambito degli accordi di partenariato economico (APE)[45]; un processo d'individuazione dei bisogni dei paesi partner che si basi su valutazioni fatte dai medesimi e su meccanismi internazionali esistenti.

Il 21 giugno 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che valuta i risultati ottenuti a metà del percorso verso il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio. Nella risoluzione il PE tra l’altro chiede di: aumentare progressivamente gli aiuti ai paesi in via di sviluppo, anche cercando fonti innovative di finanziamento; cancellare integralmente il debito per 60 paesi e ridurlo ulteriormente per gli altri; finanziare in particolare lo sviluppo umano e sociale; migliorare la qualità e la coerenza dell’aiuto.

Nella risoluzione si deplora il fatto che, a metà del periodo di attuazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio, l'aiuto pubblico allo sviluppo fornito dall'UE a 15, espresso in termini di percentuale del reddito nazionale lordo, sia sceso dallo 0,44% del 2005 allo 0,43% del 2006: a fronte di Stati membri che hanno raggiunto o superato l'obiettivo di un rapporto aiuto pubblico allo sviluppo/reddito nazionale lordo (APS/RNL) pari allo 0,7% o che stanno aumentando il livello effettivo dell'aiuto, ci si rammarica del fatto che nel 2006 alcuni dei paesi dell’UE a 15 abbiano ampiamente mancato l'obiettivo intermedio dello 0,33%.  

Il Parlamento europeo invita quindi tutti gli Stati membri in difetto «a rispettare le promesse fatte» e a «impegnarsi immediatamente ad aumentare il volume reale dell'aiuto nel 2007». A questo proposito, secondo il PE la Commissione dovrebbe sostenere questi Stati «nell'accurata pianificazione degli aspetti finanziari e organizzativi dei futuri incrementi del livello degli aiuti», per «garantire il raggiungimento dell'obiettivo intermedio UE per il 2010, che fissa la percentuale dell'aiuto allo 0,56%».

I deputati ricordano in particolare che, nel 2005, i paesi del G8 si sono impegnati a Gleneagles a raddoppiare entro il 2010 gli aiuti a favore dell'Africa subsahariana ed esprimono disappunto per il fatto che nel 2006, secondo quanto indicato dall'OCSE, l'aiuto pubblico allo sviluppo per l'Africa subsahariana, esclusa la cancellazione del debito, sia rimasto immutato. Secondo quanto indicato nella risoluzione, per onorare gli impegni finanziari assunti nei confronti dell'Africa, i donatori del G8 dovranno stanziare ciascuno, entro il 2010, altri 15 miliardi di euro rispetto al livello dell'aiuto nel 2004, «ma sinora essi sono lontani da tale obiettivo».

Plaudendo al passo compiuto da molti Stati membri dell'UE che hanno cancellato il debito dei paesi in via di sviluppo, il Parlamento europeo esprime tuttavia il timore che le misure di cancellazione del debito «abbiano gonfiato artificialmente di circa il 30%, nel 2006, i dati relativi agli aiuti UE» e invita quindi l'Unione europea e il G8 a scorporare dai dati relativi all'Aiuto Pubblico allo Sviluppo la cancellazione e riduzione del debito, conformemente al Consenso di Monterrey[46] e alle conclusioni del Consiglio dell'aprile 2006. A questo proposito la risoluzione rileva che i paesi che «hanno maggiormente gonfiato i propri aiuti» sono l'Austria (57%), la Francia (52%), l'Italia (44%), la Germania (53%) e il Regno Unito (28%).


Articolo 87
(Quota fissa di partecipazione)

 


1. Per l'anno 2008, la quota di partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale per gli assistiti non esentati, di cui all'articolo 1, comma 796, lettera p), primo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è abolita.

2. Per le finalità di cui al comma 1 il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato è incrementato di 834 milioni di euro per l'anno 2008. Il predetto incremento è ripartito tra le regioni con i medesimi criteri adottati per lo stesso anno.

3. A tal fine il fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, è ridotto di 326 milioni di euro per l'anno 2008.

 


 

 

Il presente articolo, inserito nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato, esclude, per l'anno 2008, l'applicazione della quota fissa a carico degli assistiti non esentati[47] per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale (comma 1).

 

La legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007) ha stabilito che, a decorrere dal 1° gennaio 2007, per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, gli assistiti (non esentati dalle quote di partecipazione al costo) sono tenuti al pagamento di una quota fissa sulla ricetta pari a 10 euro (articolo 1, comma 796, lettera p), primo periodo). Tale quota fissa si cumula con la quota di partecipazione alla spesa per le prestazioni in esame (ticket), già vigente, pari ad euro 36,15.

La stessa legge (articolo 1, comma 796, lettera p-bis, come modificata dall’articolo 6-quater del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300[48], che ha disposto, tra l’altro l’applicazione della suddetta quota fissa fino al 31 marzo 2007) stabilisce, altresì, che, fermo restando l’importo di manovra pari a 811 milioni di euro per l’anno 2007, 834 milioni di euro per l’anno 2008 e 834 milioni di euro per l’anno 2009, le regioni, per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, possono assumere provvedimenti alternativi all’applicazione della quota fissa di 10 euro. In particolare, alle regioni è data facoltà:

-        di adottare altre misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie. L’entrata in vigore di queste misure nella regione interessata è tuttavia subordinata alla certificazione del loro effetto di equivalenza per il mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario e per il controllo dell’appropriatezza da parte del Tavolo di verifica degli adempimenti di cui all’articolo 12 dell’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005;

-        di stipulare con il Ministero della salute e il Ministero dell’economia e delle finanze un accordo per la definizione di altre misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie, che siano equivalenti sotto il profilo del mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario e del controllo dell’appropriatezza. Le misure individuate dall’accordo si applicano a decorrere dal giorno successivo alla data di sottoscrizione dell’accordo stesso.

Successivamente, l'articolo 1-bis del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23[49], convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2007, n. 64 ha escluso l'applicazione della quota fissa dalla data di entrata in vigore del decreto-legge fino al 31 dicembre 2007.

Conseguentemente, l'importo della manovra derivante dalle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 796, lettera p), primo periodo, della legge n. 296 del 2006, è stato rideterminato per il solo anno 2007 da 811 milioni di euro a 300 milioni di euro, anche per le finalità di cui alla lettera p-bis) del medesimo comma.

A tal fine, il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, cui concorre ordinariamente lo Stato[50], è stato incrementato per l'anno 2007 di 511 milioni di euro.

E’ stato quindi abrogato il comma 1 dell'articolo 6-quater del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, che, come già ricordato, aveva disposto l’applicazione della quota fissa per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale fino al 31 marzo 2007 e, comunque, fino all’entrata in vigore delle misure alternative definite dalle regioni ai sensi dell’articolo 1, comma 796, lettera p-bis della legge finanziaria per il 2007 (comma 1).

All'onere derivante dall'attuazione dell’esclusione della quota fissa di partecipazione per l’anno 2007, pari a 511 milioni di euro, si provvede:

a) quanto a 100 milioni di euro mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 50, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Fondo per l'estinzione dei debiti pregressi contratti dalle amministrazioni centrali dello Stato nei confronti di enti, società, persone fisiche, istituzioni ed organismi vari);

b) quanto a 411 milioni di euro mediante utilizzo delle disponibilità del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, che, a tal fine, sono versate nello stesso anno 2007 all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate al Fondo sanitario nazionale (comma 2).

 

Il comma 2, al fine di garantire l'esclusione per l'anno 2008 della suddetta quota fissa, incrementa il livello di finanziamento complessivo del Servizio sanitario nazionale di 834 milioni (per il medesimo anno). Tale importo è ripartito tra le regioni secondo i criteri generali adottati per il medesimo anno.

Ai fini del concorso alla copertura finanziaria del suddetto incremento, il comma 3 riduce, nella misura di 326 milioni di euro per il 2008, la dotazione del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie di cui all’articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183.


Articolo 88
(Misure per promuovere la qualità nell’erogazione
dell’assistenza protesica)

 


1. Il Ministero della salute promuove l'adozione da parte delle regioni di programmi finalizzati ad assicurare qualità ed appropriatezza nel campo dell'assistenza protesica, sulla base di linee guida adottate con accordo stipulato in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

2. Nell'anno 2008, a livello nazionale e in ogni singola regione, la spesa per l'erogazione di prestazioni di assistenza protesica relativa ai dispositivi su misura di cui all'elenco 1 allegato al regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 27 agosto 1999, n. 332, non può superare il livello di spesa registrato nell'anno 2007 incrementato del tasso di inflazione programmata. Al fine di omogeneizzare sul territorio nazionale la remunerazione delle medesime prestazioni, gli importi delle relative tariffe, fissate quali tariffe massime dall'articolo 4 del decreto del Ministro della salute 12 settembre 2006, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 289 del 13 dicembre 2006, sono incrementati del 9 per cento.

3. Dall'applicazione dell'articolo 1, comma 409, lettera c), della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, sono escluse le attività di informazione ed aggiornamento relative alla assistenza protesica su misura realizzate in coerenza con i programmi regionali di cui al comma 1 ovvero accreditate nei programmi di educazione continua in medicina.

 


 

 

Ai sensi del comma 1 il Ministero della salute promuove l'adozione, da parte delle regioni, di programmi volti a garantire qualità ed appropriatezza nel campo dell'assistenza protesica, sulla base di apposite linee guida da definirsi con accordo sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.

Il comma 2, introduce, per il solo 2008, un limite di spesa, nazionale e regionale, per l'erogazione di prestazioni di assistenza protesica, relativamente ai dispositivi su misura di cui all'elenco n. 1 allegato al regolamento di cui al D.M. 27 agosto 1999, n. 332[51].

Tale limite di spesa non può superare quello registrato per il 2007, incrementato del tasso di inflazione programmata (primo periodo).

Il secondo periodo dello stesso comma 2, al fine di omogeneizzare sul territorio nazionale la remunerazione delle prestazioni di assistenza protesica, dispone un aumento del 9 per cento del livello delle tariffe massime relative alle medesime prestazioni (livello di cui all'articolo 4 del D.M. 12 settembre 2006[52]).

Il comma 3 esclude dall'ambito di applicazione dell'articolo 1, comma 409, lettera c), della legge 23 dicembre 2005, n. 266[53], le attività di informazione ed aggiornamento relative all'assistenza protesica su misura, svolte in coerenza con i programmi regionali (di cui al comma 1) o accreditate nell'ambito dei programmi di formazione continua in medicina (ECM).

Ai sensi della citata lettera c) del citato comma 409 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005, le aziende che producono o distribuiscono in Italia dispositivi medici, inclusi quelli medico-diagnostici in vitro e i dispositivi su misura, sono tenute a dichiarare, mediante autocertificazione presentata al Ministero della salute-Direzione generale dei farmaci e dispositivi medici, entro il 30 aprile di ogni anno, l'ammontare complessivo della spesa sostenuta nell'anno precedente per le attività di promozione rivolte ai medici, agli operatori sanitari, ivi compresi i dirigenti delle aziende sanitarie, e ai farmacisti, nonché la ripartizione della stessa nelle singole voci di costo (a tal fine attenendosi alle indicazioni, per quanto applicabili, contenute nell'allegato tecnico al D.M. 23 aprile 2004, concernente le attività promozionali poste in essere dalle aziende farmaceutiche).

Si ricorda che la successiva lettera d) dello stesso comma 409[54] prevede, altresì, che le aziende in esame, entro il 30 aprile di ogni anno, versano, in conto entrate del bilancio dello Stato, un contributo pari al 5 per cento delle spese autocertificate, calcolate al netto delle spese per il personale addetto.

 

L’esclusione delle attività di informazione relativa all’assistenza protesica su misura dall’ambito di applicazione dell’articolo 1, comma 409, lettera c) della legge n. 266/2005 sembra sollevare conseguentemente le aziende che producono i dispositivi in esame anche dagli obblighi di cui alla lettera d) del medesimo articolo.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 31 maggio 2007 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[55] per il mancato recepimento della direttiva 2005/50/CE relativa alla riclassificazione delle protesi articolari dell’anca, del ginocchio e della spalla nel quadro della direttiva 93/42/CE concernente i dispositivi medici.


Articolo 89
(Utilizzo più razionale delle risorse disponibili per i beni e le attività culturali)

 


1. Il quarto ed il quinto periodo del comma 8 dell'articolo 3 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, introdotti dall'articolo 1, comma 1143, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono sostituiti dai seguenti: «Gli interventi relativi a programmi approvati dal Ministro per i beni e le attività culturali per i quali non risultino avviate le procedure di gara ovvero definiti gli affidamenti diretti entro il termine del 31 dicembre dell'anno successivo a quello di approvazione sono riprogrammati con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali nell'ambito dell'aggiornamento del piano e dell'assegnazione dei fondi di cui al penultimo periodo del comma 1 dell'articolo 7 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 237. Le risorse finanziarie relative agli interventi riprogrammati possono essere trasferite, con le modalità di cui alla legge 3 marzo 1960, n. 169, da una contabilità speciale ad un'altra ai fini dell'attuazione dei nuovi interventi individuati con la riprogrammazione, ove possibile, nell'ambito della stessa regione. Entro e non oltre il 31 gennaio di ciascun anno i capi degli Istituti centrali e periferici del Ministero per i beni e le attività culturali, titolari delle predette contabilità speciali, sono tenuti a comunicare alla Direzione generale centrale competente gli interventi per i quali non siano state avviate le procedure di gara ovvero definiti gli affidamenti diretti ai fini della riprogrammazione degli stessi».

2. Allo scopo di sostenere le iniziative di intervento finanziate ai sensi della legge 7 marzo 2001, n. 78, recante tutela del patrimonio storico della Prima guerra mondiale, l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 11, comma 1, della citata legge n. 78 del 2001 è incrementata di 200.000 euro a decorrere dal 2008. Al fine di proseguire la realizzazione di interventi finanziati ai sensi dei commi 3 e 4 dell'articolo 11 della medesima legge 7 marzo 2001, n. 78, è autorizzata la concessione di un contributo quindicennale di 400.000 euro a decorrere da ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

 


 

 

Il comma 1 dell’articolo in commento modifica la disciplina introdotta dall’art. 1, comma 1143, della legge finanziaria 2007[56] per consentire la riprogrammazione delle risorse giacenti a fine 2006 nelle contabilità speciali dei capi degli istituti centrali e periferici del Ministero per i beni e le attività culturali (MBAC); tale modifica ha la finalità di rendere stabilmente applicabile il riutilizzo.

Si dispone, in particolare, che siano riprogrammati con decreto ministeriale gli interventi relativi a programmi approvati dal Ministro per i quali, al 31 dicembre dell’anno successivo all’approvazione, non siano state avviate procedure di gara o affidamenti. Le risorse in questione possono essere trasferite da una contabilità speciale ad un’altra ai fini della realizzazione dei nuovi interventi, ove possibile, nell’ambito della stessa Regione.

Infine, si stabilisce che entro il 31 gennaio di ogni anno, i responsabili degliuffici titolari delle contabilità speciali sono tenuti a comunicare alla direzione generale centrale competente i programmi e gli interventi per i quali non sono iniziate le procedure di gara o non sono stati definiti gli affidamenti diretti, allo scopo di procedere alla riprogrammazione degli interventi.

 

La modifica è apportata mediante novella del quarto e il quinto periodo del comma 8 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 67 del 1997, introdotti dall’articolo 1, comma 1143, della legge finanziaria 2007.

A tal proposito, si ricorda che l'art. 3, comma 8, del decreto-legge n. 67 del 1997[57], al fine di accelerare l'avvio e la realizzazione degli interventi di restauro, di recupero e di valorizzazione dei beni culturali, ha autorizzato l'apertura di contabilità speciali intestate ai capi degli Istituti centrali e periferici del Ministero per i beni culturali e ambientali, nonché ai funzionari delegati dell'assessorato per i beni culturali e ambientali e per la pubblica istruzione della Regione siciliana, per la gestione dei fondi loro assegnati in applicazione dei piani di spesa approvati ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149[58], convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 237. Tale ultima norma richiamata prevede che il Ministro approvi, entro il mese di agosto dell'anno che precedequello di riferimento, il piano annuale per la realizzazione degli interventi e delle spese ordinarie e straordinarie da effettuare da parte degli organi centrali e periferici.

È quindi intervenuto il citato articolo 1, comma 1143, della finanziaria 2007, il quale ha modificato il suddetto art. 3, comma 8, del decreto-legge n. 67 del 1997, consentendo una tantum la riprogrammazione delle risorse giacenti nelle contabilità speciali dei capi degli istituti centrali e periferici del MBAC non impegnate entro il 30 novembre 2006. Tali risorse potevano cioè essere trasferite da una contabilità speciale ad un’altra ai fini dell’attuazione dei nuovi interventi individuati con la riprogrammazione, ove possibile, nell’ambito della stessa Regione.

 

Come rimarcato nella relazione illustrativa, tenuto conto della positiva esperienza verificatasi nel corrente esercizio, la disposizione in esame propone ora di trasformare tale riprogrammazione, che ha avuto carattere straordinario, in una attività di carattere strutturale, avente natura di ordinarietà e ricorrenza.

 

Il comma 2, aggiunto durante l’esame presso la Commissione Bilancio del Senato,al fine di sostenere le iniziative di intervento a tutela del patrimonio storico della Prima guerra mondiale, incrementa l’autorizzazione di spesa di cui all’art. 11, comma 1, della legge n. 78 del 2001[59], di 200.000 euro a decorrere dal 2008. Inoltre concede un contributo quindicennale di 400.000 euro a decorrere per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 al fine di proseguire la realizzazione degli interventi finanziati ai sensi del medesimo art. 11, commi 3 e 4.

 

Si ricorda che, con la legge n. 78 del 2001, la Repubblica ha riconosciuto il valore storico e culturale delle vestigia della Prima guerra mondiale, introducendo una organica disciplina per la loro tutela e valorizzazione.

Ai sensi dell’art. 1 della citata legge, lo Stato e le regioni – avvalendosi anche di associazioni di volontariato, combattentistiche o d'arma - nell'ambito delle rispettive competenze, promuovono la ricognizione, la catalogazione, la manutenzione, il restauro, la gestione e la valorizzazione delle vestigia relative a entrambe le parti del conflitto e in particolare di:

a) forti, fortificazioni permanenti e altri edifici e manufatti militari;

b) fortificazioni campali, trincee, gallerie, camminamenti, strade e sentieri militari;

c) cippi, monumenti, stemmi, graffiti, lapidi, iscrizioni e tabernacoli;

d) reperti mobili e cimeli;

e) archivi documentali e fotografici pubblici e privati;

f) ogni altro residuato avente diretta relazione con le operazioni belliche.

L’articolo 11, comma 1, della citata legge ha autorizzato la spesa di 330 milioni di lire annue a decorrere dal 2001 - . Tale somma viene ora incrementata di 200.000 euro.

I commi 3 e 4 disciplinano l'accensione di mutui da parte di regioni ed enti locali, con oneri a carico dello Stato, per l'attuazione della finalità della legge; tali risorse sono destinate prioritariamente ai progetti di intervento sugli Altipiani vicentini. Per l'attuazione di tali interventi, la legge ha autorizzato un limite di impegno quindicennale pari a un miliardo di lire annue a decorrere dall'anno 2001. Anche lo stanziamento delle risorse necessarie per la prosecuzione di tali interventi viene rideterminato dal testo in esame a carico del bilancio dello Stato.


Articolo 90
(Disposizioni in materia di fondazioni lirico sinfoniche)

 


1. Al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 12, comma 5, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «una sola volta»;

b) all'articolo 21, al comma 1, la lettera b) è abrogata e dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. L'autorità di cui al comma 1 dispone in ogni caso lo scioglimento del consiglio di amministrazione della fondazione quando i conti economici di due esercizi consecutivi chiudono con una perdita del periodo complessivamente superiore al 30 per cento del patrimonio disponibile, ovvero sono previste perdite del patrimonio disponibile di analoga gravità»;

c) all'articolo 21, comma 2, le parole: «comunque non superiore a sei mesi» sono sostituite dalle seguenti: «non superiore a sei mesi, rinnovabile una sola volta».

2. Le modifiche di cui al comma 1, lettere a) e c), entrano in vigore a decorrere dal 1o gennaio 2008. I commissari ed i consiglieri di amministrazione che abbiano già superato il limite del mandato decadono con l'approvazione del bilancio dell'anno 2007.

3. Le modifiche di cui al comma 1, lettera b), entrano in vigore dal 1o gennaio 2009 e prendono in considerazione, in sede di prima applicazione, gli esercizi degli anni 2008-2009.

4. Ai sensi dell'articolo 1, comma 595, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per gli anni 2008, 2009 e 2010 alle fondazioni lirico-sinfoniche è fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato. Possono essere effettuate assunzioni a tempo indeterminato di personale artistico, tecnico ed amministrativo per i posti specificatamente vacanti nell'organico funzionale approvato, esclusivamente al fine di sopperire a comprovate esigenze produttive, previa autorizzazione del Ministero vigilante. Per il medesimo periodo il personale a tempo determinato non può superare il 15 per cento dell'organico funzionale approvato.

5. È istituito presso il Ministero per i beni e le attività culturali un fondo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 al fine di:

a) contribuire alla ricapitalizzazione delle fondazioni lirico-sinfoniche soggette ad amministrazione straordinaria ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367;

b) contribuire alla ricapitalizzazione delle fondazioni lirico-sinfoniche che abbiano chiuso almeno in pareggio il conto economico degli ultimi due esercizi, ma presentino nell'ultimo bilancio approvato un patrimonio netto inferiore a quello indisponibile e propongano adeguati piani di risanamento al Ministero per i beni e le attività culturali, nonché di quelle già sottoposte ad amministrazione straordinaria nel corso degli ultimi due esercizi che non abbiano ancora terminato la ricapitalizzazione.

6. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali non avente natura regolamentare il fondo di cui al comma 5 è ripartito fra tutti gli aventi diritto in proporzione delle differenze negative fra patrimonio netto e patrimonio indisponibile, calcolate nella loro totalità, e delle altre perdite del patrimonio netto, calcolate nella metà del loro valore. Il predetto decreto è adottato entro il 30 giugno di ogni anno a seguito dell'approvazione da parte delle fondazioni lirico-sinfoniche dei bilanci consuntivi dell'esercizio precedente e della presentazione di adeguati piani di risanamento di cui al comma 5. Decorso tale termine, il decreto è comunque adottato escludendo dal riparto le fondazioni che non abbiano presentato il bilancio consuntivo e il prescritto piano di risanamento.

7. Al fine di incentivare il buon andamento e l'imprenditorialità delle fondazioni lirico-sinfoniche, all'articolo 24, comma 1, del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Gli interventi di riduzione delle spese sono individuati nel rapporto tra entità della attività consuntivata e costi della produzione nell'anno precedente la ripartizione, nonché nell'andamento positivo dei rapporti tra ricavi della biglietteria e costi della produzione consuntivati negli ultimi due esercizi precedenti la ripartizione».

 


 

 

L’articolo 90, inserito nel corso dell’esame presso il Senato, introduce alcune disposizioni riguardanti l’ordinamento ed il funzionamento delle fondazioni lirico-sinfoniche.

 

Com’è noto, le fondazioni lirico-sinfoniche - disciplinate dalla legge n. 800 del 1967, che ha dichiarato il “rilevante interesse generale” dell’attività lirica e concertistica “in quanto intesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale delle collettività nazionali” ed ha attribuito agli enti autonomi lirici e alle istituzioni concertistiche assimilate la personalità giuridica di diritto pubblico, sottoponendoli alla vigilanza del Ministero del turismo e dello spettacolo - sono state trasformate, nel corso della XIII legislatura (d.lgs. 29 giugno 1996, n. 367), in fondazioni di diritto privato, al fine di eliminare rigidità organizzative connesse alla natura pubblica dei soggetti e di creare disponibilità di risorse private in aggiunta al finanziamento statale, costituito principalmente dal Fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 163/1985. Si ricorda che le fondazioni lirico-sinfoniche sono attualmente 14[60].

 

Il comma 1 novella in più parti il decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367 [61].

La lettera a) inserisce una specifica al comma 5 dell’articolo 12, nel senso di prevedere che i componenti del consiglio di amministrazione, ad eccezione del presidente, possono essere riconfermati una sola volta.

La lettera b) abroga la lett. b) dell’articolo 21, recante disposizioni in materia di amministrazione straordinaria delle fondazioni, sostituendo le disposizioni ivi previste con quelle contenute nel comma 1-bis, di cui si dispone l’introduzione.

L’attuale lettera b) dell’articolo 21 prevede la facoltà dell’autorità di governo competente in materia di spettacolo di disporre lo scioglimento del consiglio di amministrazione delle fondazioni lirico sinfoniche qualora il conto economico registri per due esercizi consecutivi una perdita superiore al 30 per cento del patrimonio o qualora il patrimonio subisca perdite di analoga gravità (per i primi due esercizi successivi all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 367/1996, la percentuale era elevata al 50 per cento).

Tali disposizioni vengono sostituite con altre contenute nel comma 1-bis, di cui si dispone l’introduzione; il tenore delle stesse sembra avere carattere equivalente se non per la parte in cui si dispone l’obbligo e non la facoltà di sciogliere il consiglio di amministrazione nell’ipotesi in cui si verifichino le condizioni prima citate.

La lettera c) modifica il comma 2 dell’articolo 21, prevedendo che la durata dell’incarico dei commissari straordinari possa essere rinnovabile una sola volta (nel testo attuale la norma prevede solo che essi durino in carica sei mesi).

I commi 2 e 3 definiscono l’ambito temporale di applicazione delle disposizioni introdotte con il comma 1.

In base al comma 2, quanto previsto dalle lettere a) e c) (e cioè che i consiglieri di amministrazione ed i commissari straordinari possono essere riconfermati o rinnovati una sola volta) si applica a decorrere dal 1° gennaio 2008. I commissari ed i consiglieri che hanno superato il limite del mandato decadono una vota approvato il bilancio 2007.

In base al comma 3, quanto stabilito dalla lettera b) (e cioè l’obbligo di sciogliere il consiglio di amministrazione in caso gravi perdite al patrimonio registrate in due esercizi consecutivi) si applica a partire dal 1° gennaio 2009 sulla base, in sede di prima applicazione, degli esercizi degli anni 2008-2009.

Il comma 4 dispone, per le fondazioni lirico-sinfoniche, il divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato negli anni 2008, 2009 e 2010. Il Senato ha approvato un emendamento del relatore nel quale il divieto trova come riferimento quanto contenuto nel comma 595 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2006, nonostante che in tale ambito il divieto di assunzione a tempo determinato per le fondazioni lirico-sinfoniche sia riferito ai soli anni 2006 e 2007. Assunzioni a tempo indeterminato di personale artistico, tecnico ed amministrativo (tale ultima categoria è stata aggiunta durante l’esame presso il Senato, con il medesimo emendamento di cui sopra) per i posti specificatamente vacanti nell’organico funzionale approvato possono essere effettuate esclusivamente al fine di sopperire a comprovate esigenze produttive, previa autorizzazione del Ministero vigilante. Per il medesimo periodo il personale a tempo determinato non può superare il 15 per cento dell’organico funzionale approvato.

 

Si ricorda che l’art. 3-ter, comma 6, del D.L. n. 7/2005, aveva disposto, per l'anno 2005, il divieto alle fondazioni lirico-sinfoniche di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato. Fino al medesimo termine, il personale a tempo determinato non poteva superare il 15 per cento dell'organico funzionale approvato. Avevano, comunque, facoltà di assumere personale a tempo indeterminato, nei limiti delle rispettive piante organiche e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, le fondazioni con bilancio verificato dell'anno precedente almeno in pareggio.

L’art. 1, comma 595, della legge finanziaria 2006 (L. n. 266/2005), come prima ricordato, ha fatto divieto, per gli anni 2006 e 2007, alle fondazioni lirico-sinfoniche di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato. Fino al medesimo termine il personale a tempo determinato non può superare il 20 per cento dell'organico funzionale approvato.

 

Il comma 5 reca l’istituzione, presso il Ministero per i beni e le attività culturali, di un Fondo, con una dotazione di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, al fine di:

a) contribuire alla ricapitalizzazione delle fondazioni lirico-sinfoniche soggette ad amministrazione straordinaria ai sensi dell’art. 21 del decreto legislativo n. 367 del 1996;

b) contribuire alla ricapitalizzazione delle fondazioni lirico-sinfoniche che abbiano chiuso almeno in pareggio il conto economico degli ultimi due esercizi, ma presentino nell’ultimo bilancio approvato un patrimonio netto inferiore a quello indisponibile e propongano adeguati piani di risanamento al Ministero, nonché di quelle già sottoposte ad amministrazione straordinaria nel corso dei predetti due esercizi che non abbiano ancora terminato la ricapitalizzazione.

Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali non avente natura regolamentare, il Fondo di cui al comma 5 è ripartito fra tutti gli aventi diritto. Il citato decreto è adottato entro il 30 giugno di ogni anno; decorso tale termine, il decreto è comunque adottato escludendo dal riparto le fondazioni che non abbiano presentato il bilancio consuntivo e il prescritto piano di risanamento (comma 6).

Il comma 7 novella l’articolo 24 del decreto legislativo n. 367 del 1996, prevedendo che i criteri di ripartizione della quota del Fondo unico per lo spettacolo destinata alle fondazioni lirico-sinfoniche sono determinati con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali. Tali criteri sono stabiliti sulla base degli elementi quantitativi e qualitativi della produzione offerta e tengono conto degli interventi di riduzione delle spese.

Gli interventi di riduzione delle spese sono individuati nel rapporto tra entità della attività consuntivata e costi della produzione nell’anno precedente la ripartizione, nonché nell’andamento positivo dei rapporti tra ricavi della biglietteria e costi della produzione consuntivati negli ultimi due esercizi precedenti la ripartizione.

 

Si ricorda che l’art. 1, comma 1148, della legge finanziaria 2007, aveva sostituito l'articolo 24 del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, e successive modificazioni, stabilendo che i criteri di ripartizione della quota del Fondo unico per lo spettacolo destinata alle fondazioni lirico-sinfoniche fossero determinati con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sulla base degli elementi quantitativi e qualitativi della produzione offerta e tengono conto degli interventi di riduzione delle spese.


Articolo 91
(Disposizioni in materia di istituzioni culturali)

 


1. A decorrere dal 1o gennaio 2008, gli importi dei contributi statali erogati alle istituzioni culturali ai sensi degli articoli 1, 7 e 8 della legge 17 ottobre 1996, n. 534, sono iscritti in un apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali, la cui dotazione è quantificata annualmente ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. A decorrere dalla medesima data, alle istituzioni culturali di cui alla legge 17 ottobre 1996, n. 534, non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 32, commi 2 e 3, della legge 28 dicembre 2001, n. 448.

2. Per l'anno 2008 la spesa autorizzata dagli articoli 7 e 8 della legge 17 ottobre 1996, n. 534, è incrementata di 3,4 milioni di euro.

3. Sono legittimati a richiedere a titolo gratuito la concessione, ovvero la locazione, dei beni immobili di cui all'articolo 9 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 settembre 2005, n. 296, con l'onere di ordinaria e straordinaria manutenzione a loro totale carico, le accademie e le istituzioni culturali non aventi scopo di lucro per lo svolgimento continuativo di attività culturali di interesse pubblico.

4. Le disposizioni di cui al comma 3 si applicano ai contratti in corso, ovvero alle utilizzazioni in corso, alla data di entrata in vigore del citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 296 del 2005, anche per le ipotesi in cui alla stessa data non siano stati posti in essere i relativi atti di concessione o locazione.

5. La stipula degli atti di concessione o locazione di cui al comma 3 è subordinata alla previa regolazione dei rapporti pendenti, con la corresponsione di una somma determinata nella misura annua ricognitoria di euro 150, ferme restando acquisite all'erario le somme già corrisposte per importi superiori.

6. All'onere derivante dal presente articolo, pari a complessivi euro 3,5 milioni per l'anno 2008 e ad euro 100.000 annui a decorrere dal 2009, si provvede mediante utilizzo delle risorse di cui all'articolo 1, comma 1142, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, allo scopo intendendosi corrispondentemente ridotta l'autorizzazione di spesa recata dalla medesima disposizione.

 


 

 

L’articolo, introdotto dal Senato, ridisciplina le modalità dierogazione di finanziamenti alle istituzioni culturali, ne incrementa la dotazione e consente alle istituzioni medesime di richiedere la concessione o locazione - a canone agevolato -, di alcune categorie di immobili demaniali e patrimoniali dello Stato gestiti dall’agenzia del demanio.

Il comma 1 prevede che, dal 1° gennaio 2008, gli importi dei contributi statali erogati alle istituzioni culturali ai sensi degli articoli 1, 7 e 8 della legge 17 ottobre 1996, n. 534[62], siano iscritti in un apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero per i beni e le attività culturali, la cui dotazione sarà quantificata annualmente in tabella C della legge finanziaria (ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lett. d), della legge 5 agosto 1978, n. 468 [63]).

A tali istituzioni non si applica pertanto dal 2008 la prescrizione introdotta dalla legge 448/2001[64] (art. 32, commi 2 e 3), in base alla quale i contributi statali a favore di enti, istituti, associazioni ecc, sono iscritti in un’unica unità previsionale dello stato di previsione di ciascun Ministero; l’importo stanziato annualmente su tale upb è quantificato in tabella C della legge finanziaria ed alla ripartizione delle somme si provvede annualmente con decreto ministeriale, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia. Pertanto, la disposizione in esame è volta a separare l’individuazione dei fondi destinati alle istituzioni culturali da quelli destinati ad altri soggetti culturali, prevedendo a tal fine una posta contabile autonoma.

 

Si ricorda che la legge n. 534/1996[65] ha disposto una razionalizzazione delle diverse ipotesi di erogazione di contributi statali ad enti culturali:

·       l’art. 1 ammette al contributo ordinario annuale dello Stato le istituzioni culturali in possesso di specifici requisiti mediante l'inserimento in apposita tabella emanata con decreto del Ministro dei beni e attività culturali, previo parere parlamentare e sottoposta a revisione ogni tre anni, con la medesima procedura;

·       l’art. 7 prevede che il ministro possa concedere contributi straordinari alle istituzioni culturali già inserite nella tabella per “singole iniziative di particolare interesse artistico o culturale o per l’esecuzione di programmi straordinari di ricerca”;

·       l’art. 8 autorizza infine il ministro ad erogare contributi annuali agli enti culturali non inseriti nella tabella di cui all’art. 1, i quali siano comunque in possesso di alcuni requisiti minimi[66].

 

Si ricorda che con DM 12 maggio 2006 sono stati erogati per il triennio 2006-2008 i contributi ordinari alle istituzioni culturali ai sensi dell'articolo 1 della legge 534/1996, per un importo complessivo di 7 milioni di euro.

 

Il comma 2 dispone che, per l’anno 2008, la spesa autorizzata dagli articoli 7 e 8 della legge n. 534 del 1996 sia incrementata di 3,4 milioni di euro.

 

Con riferimento al richiamo agli artt. 7 e 8 della legge 534/1996 si ricorda che quest’ultima non quantifica direttamente l’importo dei contributi  da assegnare ad enti ai sensi degli articoli citati (contributi straordinari alle istituzioni culturali già inserite nella tabella triennale e contributi annuali ad enti non inseriti in tabella) ma rinvia al  decreto ministeriale annuale di riparto.

Si fa presente che per l’esercizio finanziario 2007 con DM 13 luglio 2007 recante riparto dei contributi ad enti ed istituti culturali sono stati assegnati 2,5 milioni di euro come contributi annuali ad enti non inseriti nella tabella triennale (’art .8 della legge534/1996); in considerazione dell’esiguità delle risorse a disposizione non sono stati assegnati contributi straordinari  (art. 7 della legge 534/1996) ad enti già inseriti nella tabella triennale 2006-2008.

In relazione alle disposizioni recate dai commi 1 e 2 dell’articolo in commento, la seconda nota di variazioni al ddl di bilancio relativa alla tabella del ministero per i beni e le attività culturali reca istituzione del nuovo capitolo 3671(Contributi ad enti ed istituzioni culturali) con uno stanziamento di 12,9 milioni di euro; corrispondentemente lo stanziamento del capitolo 3670 (Somma da erogare ad enti, istituti associazioni, fondazioni ed altri organismi ) viene ridotto di 9,5 milioni di euro.

 

Il comma 3 consente ad Accademie ed istituzioni culturali senza scopo di lucro di richiedere la concessione a titolo gratuito, ovvero la locazione, dei beni immobili di cui all’articolo 9 DPR 296/2005[67] (assumendone gli oneri di manutenzione) per lo svolgimento di attività culturali di interesse pubblico.

 

L’art. 9 del DPR n. 296/2005 prevede che possono essere oggetto di concessione ovvero di locazione, in favore di vari soggetti, a titolo gratuito ovvero a canone agevolato, per finalità di interesse pubblico o di particolare rilevanza sociale, gli immobili demaniali e patrimoniali dello Stato, gestiti dall'Agenzia del demanio, destinati ad uso diverso da quello abitativo, e in possesso di determinati requisiti, nonché gli edifici scolastici e gli immobili costituenti strutture sanitarie pubbliche o ospedaliere. Ove si tratti di immobili di cui sia stato verificato l'interesse culturale ovvero di immobili per i quali operi, in attesa della verifica, il regime cautelare previsto dall'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004 [68], il provvedimento di concessione o di locazione è rilasciato previa autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali.

 

Si prevede inoltre che le disposizioni di cui al comma 3 si applichino ai contratti già in corso alla data di entrata in vigore citato DPR 296/2005, anche nei casi in cui alla stessa data non siano perfezionati i relativi atti di concessione o locazione. La stipula degli atti di concessione o locazione di cui al comma 3 è subordinata alla previa regolazione dei rapporti pendenti, con la corresponsione di una somma determinata nella misura annua ricognitoria di euro 150, ferme restando acquisite all’erario le somme già corrisposte per importi superiori (commi 4 e 5)

 

Il comma 6 computa l’onere finanziario derivante dall’articolo in commento in 3,5 milioni di euro per l’anno 2008 ed in 100.000 euro annui a decorrere dal 2009; a tale onere si provvede utilizzando quota parte delle risorse assegnate al Ministero per i beni e le attività culturali dall’articolo 1, comma 1142, della legge finanziaria 2007.

Il citato comma 1142 ha autorizzato la spesa di 79 milioni di euro per l'anno 2007 e di 87 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008 per consentire al Ministero per i beni e le attività culturali di far fronte ad emergenze che minaccino la salvaguardia dei beni culturali e paesaggistici; di realizzare di progetti di gestione di modelli museali, archivistici e librari, nonché progetti di tutela (paesaggistica e archeologico-monumentale) e di restauro e la valorizzazione di beni culturali e paesaggistici. Il medesimo comma dispone che un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali indichi annualmente gli interventi e i progetti cui destinare le somme.

 

Si fa presente al riguardo che l’articolo in esame non specifica le modalità di riparto del fondo destinato alle istituzioni culturali.


Articolo 92
(Festival pucciniano)

 

1. Per le celebrazioni del 150o anniversario della nascita di Giacomo Puccini è autorizzato, per l'anno 2008, un contributo straordinario di 1,5 milioni di euro in favore della Fondazione festival pucciniano, con sede in Torre del Lago Puccini.

 

 

L’articolo, introdotto dal Senato, assegna, per l’anno 2008, un contributo straordinario di 1,5 milioni di euro alla Fondazione festival pucciniano, con sede in Torre del Lago Puccini, per le celebrazioni del 150º anniversario della nascita di Giacomo Puccini.

 

Si ricorda che la legge 23 febbraio 2001, n. 29, all’art. 5, comma 4, ha concesso a decorrere dall'anno 2002 un contributo annuo di 1.000 milioni di lire alla Fondazione Festival Pucciniano di Viareggio-Torre del Lago.

Si ricorda inoltre che il Comitato nazionale per le celebrazioni pucciniane è incluso tra i destinatari di finanziamenti erogati a favore di comitati nazionali ai sensi della legge 420/1997[69]; in particolare, con riferimento agli ultimi esercizi finanziari al Comitato sono stati assegnati di 100.000 euro per il 2006 e 87.429 euro per il 2007.


Articolo 93
(Restauro archeologico di teatri)

 

1. Al fine di consentire interventi di restauro archeologico delle strutture degli edifici antichi di spettacolo, teatri ed anfiteatri è stanziata per l'anno 2008 a favore del Ministero per i beni e le attività culturali la somma di 1 milione di euro.

 

 

L’articolo, introdotto dal Senato, autorizza - per l’esercizio 2008 - lo stanziamento di un milione di euro finalizzato al restauro archeologico delle strutture degli edifici antichi di spettacolo, teatri e anfiteatri; l’importo sarà assegnato allo stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali.

 

Con riguardo alle competenze statali in materia, si ricorda che in base all’articolo 9 della Costituzione, la Repubblica italiana tutela il paesaggio ed il patrimonio storico e artistico della nazione. La materia dei “beni culturali” è considerata dall’articolo 117 Cost, secondo comma, di competenza esclusiva dello Stato qualora riguardi la “tutela” e di competenza concorrente tra lo Stato e le regioni nel caso interessi la “valorizzazione” dei stessi beni culturali.

 

Si ricorda che nel ddl di bilancio per l’esercizio finanziario 2008 il Programma tutela e valorizzazione dei beni archeologici architettonici, paesaggistici, artistici, storici ed etnoantropologici (Programma 1.3) rientra nell’ambito della Missione tutela e valorizzazione dei beni ed attività culturali (Missione 1).

Nello stato di previsione del ministero a legislazione vigente ai beni archeologici sono assegnati 172,7 milioni di euro per spese di gestione funzionamento (macroaggregato 1.3.1); 3,8 milioni per interventi  (macroaggregato 1.3.2); 1,2 milioni per investimenti.


Articolo 94
(Rilancio dell’efficienza e dell’efficacia della scuola)

 


1. Per una maggiore qualificazione dei servizi scolastici, da realizzare anche attraverso misure di carattere strutturale, sono adottati i seguenti interventi:

a) a partire dall'anno scolastico 2008/2009, per l'istruzione liceale, l'attivazione delle classi prime dei corsi sperimentali passati ad ordinamento, ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 26 giugno 2000, n. 234, è subordinata alla valutazione della congruenza dei quadri orari e dei piani di studio con i vigenti ordinamenti nazionali;

b) il numero delle classi prime e di quelle iniziali di ciclo dell'istruzione secondaria di secondo grado si determina tenendo conto del numero complessivo degli alunni iscritti, indipendentemente dai diversi indirizzi, corsi di studio e sperimentazioni passate ad ordinamento. Negli istituti in cui sono presenti ordini o sezioni di diverso tipo, le classi prime si determinano separatamente per ogni ordine e tipo di sezione;

c) il secondo periodo del comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge 3 luglio 2001, n. 255, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 agosto 2001, n. 333, è sostituito dal seguente: «Incrementi del numero delle classi, ove necessario, sono disposti dal dirigente scolastico interessato previa autorizzazione del competente direttore generale regionale, secondo i parametri di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 24 luglio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 264 dell'11 novembre 1998»;

d) l'assorbimento del personale di cui all'articolo 1, comma 609, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è completato entro il termine dell'anno scolastico 2009/2010, e la riconversione del suddetto personale è attuata anche prescindendo dal possesso dello specifico titolo di studio richiesto per il reclutamento del personale, tramite corsi di specializzazione intensivi, compresi quelli di sostegno, cui è obbligatorio partecipare.

2. Le economie di spesa di cui all'articolo 1, comma 620, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, da conseguire ai sensi dei commi da 605 a 619 del medesimo articolo, nonché quelle derivanti dagli interventi di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d), del presente articolo sono complessivamente determinate come segue: euro 535 milioni per l'anno 2008, euro 897 milioni per l'anno 2009, euro 1.218 milioni per l'anno 2010 ed euro 1.432 milioni a decorrere dall'anno 2011. Al fine di garantire l'effettivo conseguimento degli obiettivi di risparmio relativi agli interventi di cui al comma 1, lettere da a) a d), del presente articolo, si applica la procedura prevista dall'articolo 1, comma 621, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

3. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 1, comma 605, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il numero dei posti degli insegnanti di sostegno, a decorrere dall'anno scolastico 2008/2009, non può superare complessivamente il 25 per cento del numero delle sezioni e delle classi previste nell'organico di diritto dell'anno scolastico 2006/2007. Il Ministro della pubblica istruzione, con decreto adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, definisce modalità e criteri per il conseguimento dell'obiettivo di cui al precedente periodo. Tali criteri e modalità devono essere definiti con riferimento alle effettive esigenze rilevate, assicurando lo sviluppo dei processi di integrazione degli alunni diversamente abili anche attraverso opportune compensazioni tra province diverse ed in modo da non superare un rapporto medio nazionale di un insegnante ogni due alunni diversamente abili.

4. La dotazione organica di diritto relativa ai docenti di sostegno è progressivamente rideterminata, nel triennio 2008-2010, fino al raggiungimento, nell'anno scolastico 2010/2011, di una consistenza organica pari al 70 per cento del numero dei posti di sostegno complessivamente attivati nell'anno scolastico 2006/2007, fermo restando il regime autorizzatorio in materia di assunzioni previsto dall'articolo 39, comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Conseguentemente, anche al fine di evitare la formazione di nuovo personale precario, all'articolo 40, comma 1, settimo periodo, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sono soppresse le parole da: «nonché la possibilità» fino a: «particolarmente gravi,», fermo restando il rispetto dei princìpi sull'integrazione degli alunni diversamente abili fissati dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104. Sono abrogate tutte le disposizioni vigenti non compatibili con le disposizioni previste dal comma 3 del presente articolo e dal presente comma.

5. All'articolo 1, comma 605, lettera c), secondo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le parole: «20.000 unità» sono sostituite dalle seguenti: «30.000 unità».

6. Nelle more del complessivo processo di riforma della formazione iniziale e del reclutamento dei docenti, anche al fine di assicurare regolarità alle assunzioni di personale docente sulla base del numero dei posti vacanti e disponibili effettivamente rilevati e di eliminare le cause che determinano la formazione di precariato, con regolamento adottato dal Ministro della pubblica istruzione ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentiti il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario da rendere entro il termine di quarantacinque giorni, decorso il quale il provvedimento può essere comunque adottato, è definita la disciplina procedurale per il reclutamento del personale docente, attraverso concorsi ordinari, con cadenza biennale, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente per il reclutamento del personale docente, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica e fermo restando il vigente regime autorizzatorio delle assunzioni. È comunque fatta salva la validità delle graduatorie di cui all'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Sono abrogati l'articolo 5 della legge 28 marzo 2003, n. 53, e il decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 227.

7. Con atto di indirizzo del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato entro il 31 marzo 2008, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono stabiliti finalità, criteri e metodi della sperimentazione di un modello organizzativo volto a innalzare la qualità del servizio di istruzione e ad accrescere efficienza ed efficacia della spesa. La sperimentazione riguarda gli anni scolastici 2008/2009, 2009/2010 e 2010/2011 e gli ambiti territoriali, di norma provinciali, individuati nel medesimo atto di indirizzo.

8. L'atto di indirizzo di cui al comma 7 contiene riferimenti relativi a:

a) tipologie degli interventi possibili per attuare il miglioramento della programmazione dell'offerta formativa, della distribuzione territoriale della rete scolastica, dell'organizzazione del servizio delle singole istituzioni scolastiche, ivi compresi gli eventuali interventi infrastrutturali e quelli relativi alla formazione e alla organizzazione delle classi, anche in deroga ai parametri previsti dal decreto del Ministro della pubblica istruzione 24 luglio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 264 dell'11 novembre 1998;

b) modalità con cui realizzare il coordinamento con le regioni, gli enti locali e le istituzioni scolastiche competenti per i suddetti interventi;

c) obiettivi di miglioramento della qualità del servizio e di maggiore efficienza in termini di rapporto insegnanti-studenti;

d) elementi informativi dettagliati relativi alle previsioni demografiche e alla popolazione scolastica effettiva, necessari per predisporre, attuare e monitorare gli obiettivi e gli interventi di cui sopra;

e) modalità di verifica e monitoraggio dei risultati conseguiti al fine della quantificazione delle relative economie di spesa tenendo conto della dinamica effettiva della popolazione scolastica;

f) possibili finalizzazioni delle risorse finanziarie che si rendano disponibili grazie all'aumento complessivo dell'efficienza del servizio di istruzione nell'ambito territoriale di riferimento;

g) modalità con cui realizzare una valutazione dell'effetto degli interventi e base informativa necessaria a tale valutazione.

9. In ciascuno degli ambiti territoriali individuati ai sensi del comma 7, opera un organismo paritetico di coordinamento costituito da rappresentanti regionali e provinciali dell'Amministrazione della pubblica istruzione, delle regioni, degli enti locali e delle istituzioni scolastiche statali, con il compito di:

a) predisporre un piano triennale territoriale che, anche sulla base degli elementi informativi previsti dall'atto di indirizzo di cui al comma 7, definisca in termini qualitativi e quantitativi gli obiettivi da raggiungere;

b) supportare le azioni necessarie all'attuazione del piano di cui alla lettera a), nonché proporre gli opportuni adeguamenti annuali al piano triennale stesso anche alla luce di scostamenti dalle previsioni, previa ricognizione degli interventi necessari per il raggiungimento degli obiettivi.

10. Le proposte avanzate dall'organismo paritetico di coordinamento sono adottate, con propri provvedimenti, dalle amministrazioni competenti. L'organismo paritetico di coordinamento opera senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.

11. I piani di cui al comma 9 sono adottati fermo restando, per la parte di competenza, quanto disposto dall'articolo 1, comma 620, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni.

12. L'ufficio scolastico regionale effettua il monitoraggio circa il raggiungimento degli obiettivi fissati dal piano di cui al comma 9, ne riferisce all'organismo paritetico di coordinamento e predispone una relazione contenente tutti gli elementi necessari da inviare al Ministero della pubblica istruzione al fine di effettuare, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, la verifica delle economie aggiuntive effettivamente conseguite, per la riassegnazione delle stesse allo stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione.

13. Nel triennio di sperimentazione, le economie di cui al comma 12 confluiscono in un fondo iscritto nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione, per essere destinate alle istituzioni pubbliche che hanno concorso al raggiungimento degli obiettivi, per le finalità di miglioramento della qualità del settore della pubblica istruzione.

14. Entro la fine dell'anno scolastico 2010/2011, sulla base del monitoraggio condotto ai sensi del comma 12 e della valutazione degli effetti di tale sperimentazione di cui al comma 8, lettera g), il Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adotta, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, un atto di indirizzo finalizzato all'estensione all'intero territorio nazionale del modello organizzativo adottato negli ambiti territoriali individuati ai sensi del comma 7, tenendo conto degli elementi emersi dalla sperimentazione.

15. Al fine di pervenire a una gestione integrata delle risorse afferenti il settore dell'istruzione, per gli interventi a carico del fondo di cui al comma 13 può trovare applicazione l'articolo 8 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 367.

 


 

 

L’articolo in commento prevede varie misure di razionalizzazione e riorganizzazione del servizio scolastico; dispone inoltre in merito all’organico dei docenti di sostegno, alle assunzioni di personale ATA, alle procedure di reclutamento dei docenti.

 

Razionalizzazione della rete scolastica ed economie di spesa (commi 1 e 2)

Il comma 1, come illustrato nella relazione governativa al ddl, reca disposizioni volte a rafforzarele misure di razionalizzazione già previste dalla legge finanziaria 2007 nonché a ridurre di 2.000 unità i docenti in servizio  nell’anno scolastico 2008-2009, con conseguenti economie di spesa stimate in 20 milioni di euro per l’anno 2008 e 60 milioni a decorrere dal 2009.

 

Le misure recate dalle lettere a), b) e c) del comma 1 mirano al ridimensionamento del numero delle classi scolastiche; il disposto della lettera d) è finalizzato ad agevolare le procedure di riconversione dei docenti soprannumerari.

 

La lettera a) subordina, a partire dall’anno scolastico 2008-2009, l’attivazione delle prime classi dei corsi sperimentali dell’istruzione liceale (ai sensi del DM 234/2000) alla preventiva verifica della congruenza dei quadri orari e dei piani di studio con gli ordinamenti nazionali vigenti.

Si ricorda in proposito che il quadro orario annuale dei percorsi liceali è specificato agli arrtt. 4-11 del D.Lgs. 226/2005, recante disciplina del secondo ciclo di istruzione e formazione, e nelle Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati dei percorsi liceali (allegato C al D.Lgs.)[70].

La norma in commento sottopone di fatto ad una nuova autorizzazione –presumibilmente da parte delle direzioni scolastiche regionali - l’attivazione di percorsi sperimentali a suo tempo divenuti ordinamentali (vedi infra).

La misura citata comporta, secondo la relazione tecnica, un minor fabbisogno di docenti pari a 124 unità corrispondenti a un risparmio di 2.232 ore di insegnamento ottenuto a seguito della riconduzione dell’orario scolastico a 34 ore.

Si ricorda che con il DM n. 234 del 2000[71] è stato adottato il regolamento che disciplina i curricola delle istituzioni scolastiche secondo le prescrizioni dell’art. 8 (Definizione dei curricula) del DPR 275/1999[72], recante norme in materia di autonomia didattico organizzativa.Il regolamento ha confermato gli ordinamenti scolastici già esistenti, compresi quelli di tipo sperimentale adottati dalle scuole in relazione a programmi nazionali di sperimentazione già autorizzati dal ministero; tali sperimentazioni sono pertanto entrate a regime[73] .

 

La lettera b) prevede che la determinazione del numero delle classi prime e di quelle iniziali di ciclo dell’istruzione secondaria di secondo gradosia basata sul numero complessivo degli alunni iscritti, a prescindere dai diversi indirizzi, corsi di studio e sperimentazioni passate ad ordinamento.

La misura citata consente, secondo la relazione tecnica, un decremento del fabbisogno di docenti realizzando economie di spesa pari a circa 56 milioni di euro per ogni anno scolastico.

 

La lettera c) novella il comma 1 dell’art. 3 [74] del DL n. 255/2001 [75], prescrivendo  che l’eventuale incremento del numero delle classi, disposto dal dirigente scolastico a fronte delle effettive iscrizioni, sia subordinato all’autorizzazione del competente direttore generale regionale.

 

L’attuale formulazione della disposizione novellata dispone che le variazioni del numero degli alunni iscritti in ciascuna istituzione scolastica, verificate nella fase di adeguamento alla situazione di fatto, non comportino modifiche al numero delle classi già autorizzate in organico dal dirigente territorialmente competente e che gli incrementi del numero delle classi, eventualmente indispensabili, siano disposti dal dirigente scolastico secondo i parametri di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 24 luglio 1998.

 

La disciplina della formazione delle classi è principalmente recata dal decreto ministeriale 24 luglio 1998[76]; quest’ultimo prevede in linea di massima per le classi di scuola materna un massimo di 25 alunni ed un minimo di 15; per la scuola elementare (ora primaria) un massimo di 25 alunni ed un minimo di 10; per la scuola secondaria di primo grado un massimo di 25 alunni ed un minimo di 15; per la scuola secondaria di secondo grado non meno di 25 allievi. Le classi che accolgano portatori di handicap (art. 10) possono essere costituite con meno di 25 alunni e, in casi particolari, di 20, disposizioni particolari sono poi dettate per la classi intermedie di ciascun ordine di scuole; per le sezioni ospedaliere e per le zone disagiate.

L’art. 6 del decreto interministeriale 21 marzo 2005 (relativo alle dotazioni organiche dei docenti per l’anno scolastico 2004-2005) ha poi disposto che le prime classi nelle sezioni staccate, scuole coordinate, sezioni di indirizzo diverso, anche sperimentali, delle scuole di istruzione secondaria di secondo grado siano costituite con un numero di alunni non inferiore a 20, da elevare a 27 in caso di classi iniziali articolate in gruppi di diversi indirizzi (di almeno 12 alunni ciascuno). E’ stato inoltre previsto l’accorpamento delle classi intermedie e finali qualora se ne preveda il funzionamento con un numero ridotto.

Si ricorda, infine, che l’art. 1, comma 605, lettera a), della legge finanziaria 2007 ha prescritto la revisione dei parametri per la formazione delle classi e l’innalzamento del valore medio del rapporto alunni/classe dello 0,4 dall’anno scolastico 2007/2008 (tale adempimento è affidato ad un decreto del Ministro della pubblica istruzione di concerto con il Ministro dell’economia e finanze ). Con circolare n 19 del 13 febbraio 2007 il ministro della pubblica istruzione ha trasmesso alle scuole lo schema di decreto interministeriale concernente gli organici dei docenti inoltrato al concerto del Ministro dell’economia e finanze. Lo schema di provvedimento in questione stima che per realizzare il desiderato innalzamento del rapporto alunni /classe - in relazione all’incremento delle iscrizioni- sia necessaria una riduzione effettiva di 11.726 docenti (a fronte della riduzione inizialmente computata in 14.179 docenti).

 

Con riferimento generale alle disposizioni recate dalle lettere a) b) e c) del comma 1 si rileva che esse procedono alla rilegificazione di una materia disciplinata principalmente da norme secondarie .

 

La lettera d) dispone che l’assorbimento dei docenti soprannumerari sia completato entro il termine dell’anno scolastico 2009/2010 (anziché entro l’anno scolastico 2007/2008) e che la riconversione del personale in questione sia realizzata a prescindere dal possesso dello specifico titolo di studio richiesto, tramite corsi di specializzazione intensivi - compresi quelli per il sostegno - a cui è obbligatorio partecipare.

La disposizione appena sintetizzata, modifica, senza novellarlo, l’art. 1, comma 609, della legge finanziaria 2007; quest’ultimoha affidato alMinistro della pubblica istruzione la predisposizione di uno specifico piano di riconversione professionale dei docenti soprannumerari sull’organico provinciale, finalizzato all’assorbimento del medesimo personale entro l’anno scolastico 2007/2008. La riconversione è obbligatoria e finalizzata alla copertura dei posti di insegnamento per materie affini e dei posti di laboratorio compatibili con l’esperienza professionale maturata, nonché all’acquisizione del titolo di specializzazione per l’insegnamento sui posti di sostegno.

A fini di completezza, si ricorda che l’art. 3, comma 89, della legge finanziaria 2004 (legge 350/2003) aveva già operato un rafforzamento delle norme in materia di riconversione professionale dei docenti soprannumerari già previste dall’art. 1, comma 1, del D.L. n. 212/2002 [77], disponendo l’istituzione di corsi di specializzazione intensivi, a livello provinciale o interprovinciale, destinati ai soprannumerari delle classi di concorso con esuberi di personale, individuate con il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 115 del 2002. Tali corsi, organizzati dagli uffici scolastici regionali, sarebbero stati finanziati annualmente con risorse da reperire nell'ambito degli stanziamenti di bilancio destinati alla formazione del personale del comparto scuola. Il successivo comma 90 ha stabilito il trasferimento (su domanda o d’ufficio) su posti di sostegno dei docenti soprannumerari in possesso del prescritto titolo di specializzazione.

 

Il comma 2 indica l’ammontare complessivo delle economie di spesa conseguenti alla rideterminazione dei risparmi di spesa di cui all’art. 1, comma 620, della legge finanziaria 2007 e agli interventi di cui al comma 1 dell’articolo in esame:

§      535 milioni di euro per l’anno 2008;

§      897 milioni  di euro per l’anno 2009;

§      1.218 milioni di euro per l’anno 2010;

§      1.432 milioni a decorrere dall’anno 2011.

 

Si evidenzia in proposito una riduzione delle economie di spesa rispetto a quanto previsto dal citato art. 1, comma 620, della legge finanziaria 2007:.

§      448,20 milioni di euro per l’anno 2007,

§      1.324,50 milioni di euro per l’anno 2008,

§      1.402,20 milioni a decorrere dall’anno 2009.

Al fine di garantire l’effettivo conseguimento degli obiettivi di risparmio relativi agli interventi di cui al comma 1, si applica la clausola di salvaguardia (procedura prevista dall’art. 1, comma 621, lett. b), della legge finanziaria 2007).

 

L’art. 1, comma 621, della finanziaria 2007 - per quanto qui interessa - dispone che, in caso di mancato conseguimento delle economie di spesa discendenti dalle misure indicate per il settore scolastico (commi 605-619[78]) e quantificate nell’art. 1 comma 620, le dotazioni di bilancio del Ministero della pubblica istruzione siano ridotte in maniera lineare fino alla concorrenza dei risparmi previsti, con l’eccezione degli stanziamenti relativi alle competenze per il personale docente e amministrativo.

Si ricorda che l’art. 12, comma 2, del DL 159/2007(collegato alla manovra finanziaria per il 2008[79]) ha escluso l’applicazione della clausola di salvaguardia per l’esercizio finanziario 2007.

 

Organico dei docenti di sostegno (commi 3 e 4)

 

I commi 3 e 4 recano nuova disciplina della determinazione dei posti dei docenti di sostegno ad alunni con handicap.

Il comma 3 dispone che il numero dei posti dei docenti di sostegno attivabili a decorrere dall’anno scolastico 2008-2009 non superi il 25 per cento del numero di sezioni[80] e classi dell’organico di diritto dell’a.s. 2006-2007, mediante criteri definiti con decreto del Ministro della pubblica istruzione di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze; si mantengono ferme comunque le disposizioni di cui all’art. 1, comma 605, lettera b), della legge finanziaria 2007.

In base ai dati forniti dal Ministero, il numero di sezioni e classi dell’organico di diritto per l’a.s. 2006-2007 è di 375.722 e si sono attivati 92.185 posti di sostegno; si prevede che il numero di posti da attivare nell’a. s. 2007-2008 non potrà essere inferiore a 94.000. Il tetto imposto dalla norma in esame – specifica la relazione tecnica – equivalente a 93.930 posti, interromperebbe il trend di crescita fino ad oggi registrato, pur garantendo un adeguato rapporto di circa un docente di sostegno ogni due alunni diversamente abili[81].

L’art. 1, comma 605, lettera b), della legge finanziaria 2007 ha prescritto che, con decreto del Ministro della pubblica istruzione, si modifichi il rapporto docenti di sostegno/alunni - definito dall’art. 40, comma 3 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 [82], in ragione di uno ogni 138 alunni frequentanti le scuole della provincia – con l’individuazione di organici corrispondenti alle effettive esigenze rilevate attraverso certificazioni idonee a definire appropriati interventi formativi.

Si ricorda che l’art. 40, comma 3, della legge n. 449/1997 ha ridefinito i parametri delle dotazioni organiche degli insegnanti di sostegno prevedendo il citato rapporto di uno a 138; il medesimo articolo consente tuttavia in presenza di handicap particolarmente gravi (art. 40, comma 1) l’assunzione di insegnanti di sostegno- con contratto a tempo determinato- in deroga al rapporto fissato. Con riguardo a tale ultimo punto l’art. 35, comma 7, della legge 289/2002 (legge finanziaria 2003) –oltre a prevedere la ridefinizione della procedura per il riconoscimento dell’handicap[83]- ha rimesso l'eventuale attivazione di posti di sostegno in deroga al dirigente preposto all'ufficio scolastico regionale[84].

 

Con il comma 4 dispone che sia rideterminata progressivamente la dotazione organica di diritto dei docenti di sostegno nel triennio 2008-2010, fino al raggiungimento del 70 per cento del numero dei posti di sostegno attivati nell’a.s. 2006-2007.

Il medesimo comma modifica l’art. 40, comma 1, della legge n. 449/1997, sopprimendone il disposto (comma 1, settimo periodo) relativo alla nomina di docenti di sostegno in deroga, e prescrive l’abrogazione delle disposizioni incompatibili con la nuova disciplina (recata dal comma in esame e dal precedente commi 3 ).

In relazione all’ultimo periodo del comma in esame, recante la cd. clausola abrogativa innominata, si osserva che, ai sensi delle regole vigenti sulla redazione dei testi normativi, è opportuno che ogni atto normativo indichi le disposizioni abrogate in quanto incompatibili con la nuova disciplina introdotta, senza far ricorso alla suddetta clausola, considerata superflua e, al limite, fonte di equivoci.

 

Assunzioni del personale A.T.A. (comma 5)

 

Il comma 5 novella l’art.1, comma 605, lettera c), della legge finanziaria 2007 incrementando di 10.000 unità (e cioè da 20.000 a 30.000) il contingente di immissioni in ruolo ivi previste per il personale ATA (Amministrativo, tecnico, ausiliario).

Secondo la relazione tecnica tale disposizione è finanziariamente neutra, considerato che il trend di collocamenti a riposo del personale in questione negli anni scolastici 2008-2009 e 2009-2010, risulterebbe superiore al numero di immissioni in ruolo previste.

La citata lettera c) del comma 605 dispone che siano definiti due Piani triennali, rispettivamente, per l’assunzione a tempo indeterminato di 150 mila unità di personale docente e di 20 mila di personale ATA (amministrativo, tecnico ed ausiliario) per gli anni 2007-2009.

Con Decreto 17 luglio 2007 il Ministro della pubblica istruzione ha proceduto alla Programmazione triennale di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente, educativo ed A.T.A., per il triennio scolastico 2007/2009, prevedendo, per quanto qui interessa l’assunzione di 10.000 unità per l’anno scol.2006/2007 e di altre 10.000per i due anni scolastici successivi[85].

 

Reclutamento dei docenti (comma 6)

 

Il comma 6, introdotto dal Senato (a seguito dell’approvazione di un emendamento sostitutivo degli originari commi 6, 7, 8), rinvia ad un regolamento del Ministro della pubblica istruzione la definizione di una nuova disciplina per il reclutamento del personale docente ed abroga contestualmente alcune disposizioni inerenti non solo il reclutamento del personale ma anche la formazione di quest’ultimo.

 

Il comma in esame prevede in particolare che, con decreto di natura regolamentare, adottato dal Ministro della pubblica istruzione[86]- sentito il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione- sia disciplinato il reclutamento dei docenti, attraverso concorsi ordinari, con cadenza biennale, nei limiti delle risorse disponibili per il reclutamento a legislazione vigente e fermo restando il vigente regime autorizzatorio delle assunzioni[87].

Il regolamento in questione, per la cui adozione non viene indicato un termine, sarà emanato previo parere delle Commissioni parlamentari, competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario; tale parere va reso entro il termine di 45 giorni, decorso il quale il provvedimento può essere comunque adottato.

Si fa salva infine la validità delle graduatorie di cui all’articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).

 

Si ricorda che quest’ultimo ha trasformato le graduatorie permanenti del personale docente (allora aggiornate con cadenza biennale) in graduatorie ad esaurimento, facendo salva l’inclusione nelle medesime - per il biennio 2007-2008- dei docenti già abilitati nonché l’inserimento con riserva di quanti, alla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2007, stessero già frequentando una serie di corsi abilitanti.

Ai sensi dell’art. 399 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297( come modificato dall’art. 1, comma 1, della legge 3 maggio1999, n. 124 ) tali graduatorie sono utilizzate per l’accesso ai ruoli del personale docente nella misura del 50% dei posti, mentre per il restante 50% si attinge dalle graduatorie dei concorsi per titoli ed esami.

 

Il comma in esame, come anticipato sopra, abroga:

§      l’art. 5 della legge 53/2003 [88] (cosidetta “legge Moratti”) concernente la formazione iniziale dei docenti;

§      il d.lgs. 227/2005[89], emanato in attuazione del citato art. 5, che prevede l’accesso alla docenza attraverso concorsi banditi con cadenza almeno triennale secondo le esigenze della programmazione del fabbisogno ed affida la formazione degli insegnanti a corsi di laurea magistrale e corsi accademici di secondo livello (istituiti, rispettivamente, dalle università e dalle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica)[90].

 

Con riguardo a tali abrogazioni si ricorda che l’art.5 della legge 53/2003 oltre a recare principi e criteri direttivi per l’emanazione di un decreto legislativo inerente la formazione dei docenti contiene disposizioni immediatamente prescrittive quali ad esempio:

§      la valutazione dei diplomi biennali di specializzazione per le attività di sostegno ai fini di una eventuale abbreviazione del percorso di studio nei corsi di laurea in scienze della formazione primaria e nelle scuole di specializzazione post-universitaria per l’insegnamento nella scuola secondaria (art.5, co.3);

§      l’attribuzione all’esame di laurea conclusivo dei corsi in scienze della formazione primaria del valore di esame di Stato ai fini dell’abilitazione all’insegnamento, nonché di titolo per l’inserimento nelle graduatorie permanenti per l’insegnamento (art.5, co.3).

Sarebbe, al riguardo, opportuno abrogare le citate norme a far data dall’entrata in vigore del nuovo regolamento.

 

Per effetto delle abrogazioni sopra menzionate la formazione dei docenti resta disciplinata dalla legge 341/1990[91] (art. 3, co. 2 e 4, co. 2), quest’ultima peraltro era attualmente applicata a seguito della mancata emanazione degli adempimenti previsti dal D.lgs.227/2005. La norma citata (L.341/1990) ha previsto l’istituzione di un apposito corso di laurea (articolato in due indirizzi) per la formazione degli insegnanti di scuola materna ed elementare nonché di una scuola di specializzazione almeno biennale (suddivisa in più indirizzi) per gli insegnanti delle scuole secondarie. Con decreto ministeriale 26 maggio 1998 (Criteri generali per la disciplina da parte delle università degli ordinamenti dei corsi di laurea in scienze della formazione primaria e delle scuole di specializzazione per l'insegnamento nella scuola) è stato attuato il disposto dell'art. 17, co. 95 e 98, della L. 127/1997[92]; in particolare sono stati determinati: i titoli di ammissione; gli obiettivi formativi; i contenuti qualificanti dei corsi di laurea e specializzazione; i crediti da destinare ad attività di formazione e tirocinio; le prove di valutazione.

 

Riorganizzazione del servizio scolastico (commi 7-15)

 

I commi da 7 a 15 dispongono la sperimentazione triennale di un nuovo modello organizzativo in alcuni ambiti territoriali, al fine di innalzare la qualità del servizio dell’istruzione e accrescere l’efficienza della spesa.

Il modello sarà configurato sulla base di un atto di indirizzo, adottato entro il 31 marzo 2008 dal Ministro della pubblica istruzione di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze previa intesa con la Conferenza unificata.

Il documento ministeriale individuerà criteri e metodi della sperimentazione nonché gli ambiti territoriali - di norma provinciali - della medesima (commi 7 e 8);saranno indicati particolare:

§      le modalità di raccordo Stato, regioni, enti locali e istituzioni scolastiche, attraverso la creazione di organismi paritetici di coordinamento che stenderanno un piano triennale e ne cureranno la realizzazione senza oneri aggiuntivi per lo Stato (comma 8, lettera b), e commi 9, 10, 11);

§      le tipologie di intervento - anche con riguardo all’organizzazione scolastica, all’offerta formativa, alla formazione delle classi, al rapporto rapporto insegnanti-studenti - nonché gli obiettivi di qualità del servizio (comma 8, lettere a) e c), );

§      le previsioni demografiche sulla popolazione scolastica (comma 8, lettera d))

§      le modalità di monitoraggio degli obiettivi- curato dall’ufficio scolastico regionale, di valutazione della sperimentazione e di verifica delle economie raggiunte – destinate ad un apposito Fondo dello stato di previsione del ministero per essere assegnate alle istituzioni che hanno concorso al raggiungimento degli obiettivi (comma 8, lettere e), f), g) , commi 12, 13)

 

Entro l’anno scolastico 2010-2011, tenendo conto degli esiti della sperimentazione, il Ministro della pubblica istruzione, previa intesa con la Conferenza unificata, adotta un nuovo atto di indirizzo volto ad estendere il nuovo modello organizzativo a tutto il territorio nazionale (comma 14).

 

Si estendono infine (comma 15 ) alla gestione del Fondo di cui al comma 13 le disposizioni di semplificazione delle procedure di spesa già previste  per la gestione contabile di programmi comuni fra più amministrazioni (art. 8 del DPR 367/1994).

Si ricorda che l’art. 8 del DPR n. 367/1994[93] prevede che qualora, per la realizzazione di programmi o di interventi di comune interesse, siano stipulati accordi fra amministrazioni dello Stato, nonché fra queste ed altre amministrazioni, enti ed organismi pubblici, anche operanti in regime privatistico, si possano effettuare una o più aperture di credito, anche su diversi capitoli di bilancio, a favore di un unico funzionario delegato, titolare di pubbliche funzioni ancorché non dipendente statale, responsabile dell'attuazione del programma o degli interventi. Analogamente provvedono, nei confronti del medesimo funzionario, le altre amministrazioni, enti ed organismi pubblici partecipanti all'accordo, secondo le procedure dei rispettivi ordinamenti.

 

Con riguardo più generale alla sperimentazione di un nuovo modello di organizzazione scolastica, l’articolo in commento non sembra fare riferimento alle potenzialità innovative che le norme sull’autonomia scolastica, principalmente contenute nel DPR 275/1999[94] hanno già conferito alle singole istituzioni.

Si ricorda in particolare che le scuole possono adottare tutte le forme di flessibilità didattico-organizzativa che ritengono opportune (art.4 e 5 del DPR 275/1999); inoltre, singolarmente o associate tra loro, esercitano autonomia di ricerca e sperimentazione (art. 6 del medesimo DPR); infine, possono stipulare accordi di rete (aventi per oggetto attività didattiche, di ricerca, sperimentazione e sviluppo, di formazione e aggiornamento; di amministrazione e contabilità, di acquisto di beni e servizi, di organizzazione) nonché convenzioni coinvolgenti, su progetti determinati, più scuole, enti, associazioni del volontariato e del privato (art. 7 del DPR 275/1999).

 

Si ricorda infine che la relazione tecnica non quantifica i risparmi di spesa derivanti dall’adozione del nuovo modello organizzativo delineato dai commi 7-15 dell’articolo in commento, in quanto criteri e modalità della sperimentazione saranno definiti con un successivo atto di indirizzo.

 

Con riferimento generale ai contenuti dell’articolo in commento, si segnala che esso richiama per vari profili l’analisi condotta dai Ministri dell’Istruzione e dell’Economia e finanze nel Quaderno bianco sulla scuola[95] (esplicitamente citato nella la relazione  illustrativa al ddl ). Nel documento si indicano in particolare (sezione II, paragrafo 1) tra i fattori di debolezza del sistema scolastico l’assenza di una programmazione del fabbisogno del personale docente e l’inadeguata programmmazione della rete scolastica.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 12 novembre 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione “L'apprendimento permanente per la conoscenza, la creatività e l'innovazione” -Progetto di relazione congiunta 2008 del Consiglio e della Commissione sull'attuazione del programma di lavoro Istruzione e formazione 2010[96]  (COM(2007)703).

Tale relazione è presentata ogni due anni, a partire dal 2004, facendo seguito alle indicazioni del Consiglio europeo di Barcellona del 2002 che ha richiesto al Consiglio e alla Commissione di presentare una relazione sull'attuazione degli obiettivi del programma di lavoro per fare il punto dei progressi compiuti, identificare le sfide da cogliere e proporre le misure necessarie per raggiungere gli obiettivi fissati.

Tra i settori per i quali la Commissione propone misure d’intervento figurano:

§      attuazione dell’apprendimento permanente per ottenere efficienza ed equità;

la Commissione propone, tra l’altro di: migliorare la base delle conoscenze dell'impatto economico e sociale delle politiche di istruzione e formazione; potenziare misure che, ricorrendo a nuovi strumenti ed incentivi per gli investimenti privati  possano risolvere la criticità rilevata nel livello, nell'efficienza e nella sostenibilità dei finanziamenti ai sistemi d’istruzione; potenziare l'immagine, lo status e l'attrattività dell'istruzione e formazione professionale (IFP); garantire l'equità di accesso, di partecipazione, di trattamento e di risultati affinché i sistemi d’istruzione contribuiscano a superare gli svantaggi socioeconomici; dedicare particolare attenzione alla situazione dei migranti al fine di sfruttarne il potenziale; garantire un insegnamento di qualità elevata attraverso una migliore preparazione professionale per gli insegnanti[97];

§      innovazione e creatività;

la Commissione, tra l’altro, propone che l'eccellenza, la creatività e l'apprendimento ad apprendere siano potenziati in tutti i sistemi e a tutti i livelli di istruzione e formazione;

§      gestione e applicazione dei risultati del programma Istruzione e formazione 2010;

la Commissione sottolinea l'efficacia del metodo aperto di coordinamento[98] nell'istruzione e nella formazione e ritiene che il suo impatto ed il coinvolgimento politico possano essere ulteriormente rafforzati, ad esempio: riunendo l'istruzione e la formazione in un'unica politica; potenziando i collegamenti tra l'attuazione e lo sviluppo degli orientamenti di Lisbona e il programma di lavoro Istruzione e formazione 2010; elaborando ulteriori indicatori e valori di riferimento in conformità delle conclusioni del Consiglio del maggio 2007; usufruendo al massimo dei fondi e dei programmi comunitari, in particolare del nuovo programma sull'apprendimento permanente 2007-2013;

§      periodo successivo al 2010;

la Commissione ritiene prioritario necessario iniziare fin da subito la riflessione in merito alle priorità principali del programma di lavoro per il periodo successivo al 2010.


Articolo 95
(Risorse per attività di supporto al settore della scuola)

 

1. Nell'ambito dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 634, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, a decorrere dall'anno 2008, un importo fino ad un massimo del 15 per cento della predetta autorizzazione di spesa è finalizzato: ai servizi istituzionali e generali dell'Amministrazione della pubblica istruzione; all'attività di ricerca e innovazione con particolare riferimento alla valutazione del sistema scolastico nazionale; alla promozione della cooperazione in materia culturale dell'Italia nell'Europa e nel mondo.

 

 

L’articolo in esame finalizza, a decorrere dall’anno 2008, una quota parte (fino ad un massimo del 15 per cento, vale a dire 33 milioni di euro) della spesa autorizzata per il settore scolastico dalla legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 634) a:

•    servizi istituzionali e generali dell’Amministrazione della pubblica istruzione;

•    attività di ricerca e innovazione, con particolare riferimento alla valutazione del sistema scolastico nazionale;

•    promozione della cooperazione in materia culturale dell’Italia nell’Europa e nel mondo.

 

L’art. 1, comma 634 della legge finanziaria 2007 ha autorizzato la spesa di 220 milioni di euro a decorrere dal 2007 per la realizzazione degli interventi indicati, dai commi 622-633 (ad eccezione delle misure per l’edilizia scolastica, disposte e finanziate dal comma 625 della medesima legge).

I citati commi 622-633 prevedono:

•    obbligo di istruzione per almeno 10 anni; regime di gratuità dei primi tre anni delle scuole superiori o dei percorsi di istruzione formazione professionale; progetti finalizzati alla riduzione della dispersione e al successo nell'assolvimento dell'obbligo;

•    prosecuzione dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale;

•    ampliamento dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche anche al di fuori dell’orario di lezione;

•    disposizioni relative ai libri di testo per l’istruzione secondaria superiore;

•    progetti sperimentali di formazione rivolti a bambini dai 24 ai 36 mesi di età;

•    riorganizzazione del sistema dell'istruzione e della formazione tecnica superiore (IFTS);

•    potenziamento dell’istruzione degli adulti con particolare riferimento alla conoscenza della lingua italiana da parte degli immigrati; riorganizzazione dei centri territoriali permanenti e dei corsi serali funzionanti presso le istituzioni scolastiche;

•    incremento della dotazione di attrezzature tecnologiche di supporto alla didattica in tutti gli ordini di scuola.

 

Va segnalato inoltre che il comma 4 dell’articolo 13 del D.L. 7/2007[99] dispone, a decorrere dal 2009, l’utilizzo della medesima autorizzazione di spesa anche per la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione delle misure di agevolazione fiscale - introdotte dal comma 3 del medesimo articolo 13 - per le erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici; oneri valutati in54 milioni di euro per il 2008e in 31 milioni di euro a decorrere dal 2009.

 

Si ricorda che l’attività di valutazione del sistema scolastico è affidata all’INVALSI (Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e di formazione), disciplinato dal D.Lgs. 286/2004[100], che gli ha conferito lo status di ente di ricerca e ne ha confermato la personalità giuridica di diritto pubblico e l'autonomia amministrativa, contabile, patrimoniale, regolamentare e finanziaria. L'ente è sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che ne determina le priorità strategiche per la programmazione.

.Recentemente è stato previsto un riordino degli organi direttivi dell’Istituto (art.1, commi 612-615, della legge finanziaria 2007 e art. 1,comma 5 del DL 147/2007[101]; e ne sono state ampliate le competenze.

In particolare sono stati attribuiti all’INVALSI:

·       la predisposizione dei modelli da trasmettere alla scuole per l’elaborazione della terza prova degli esami conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria e la valutazione dei livelli di apprendimento degli studenti a conclusione dei percorsi dell'istruzione secondaria superiore.( art.3 della legge 425/1997[102],come modificato dall’art.1 della legge 1/2007[103]);

·       compiti inerenti il sistema di valutazione dei dirigenti scolastici.

L’art.1, comma 5, del D.L.147/ 2007 ha infine affidato al Ministro della pubblica istruzione l’indicazione degli obiettivi della valutazione esterna condotta dal Servizio nazionale di valutazione.

 

Si segnala infine che le tre finalità menzionate dal comma in esame corrispondono a tre delle Missioni nelle quali si articola l’attività del ministero.

·       Ricerca e innovazione (missione n. 17 nella classificazione generale del ddl di bilancio)

·       L’Italia in Europa e nel mondo (missione n. 4, nella classificazione generale del ddl di bilancio)

·       Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche (missione n 32 nella classificazione generale del ddl di bilancio)


Articolo 96
(Strumenti per elevare l’efficienza e l’efficacia del sistema universitario nazionale)

 


1. Ai fini del concorso dello Stato agli oneri lordi per gli adeguamenti retributivi per il personale docente e per i rinnovi contrattuali del restante personale delle università, nonché in vista degli interventi da adottare in materia di diritto allo studio, di edilizia universitaria e per altre iniziative necessarie inerenti il sistema delle università, nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca è istituito un fondo con una dotazione finanziaria di 550 milioni di euro per l'anno 2008, di 550 milioni di euro per l'anno 2009 e di 550 milioni di euro per l'anno 2010, comprensiva degli importi indicati all'articolo 149, commi 8 e 14, della presente legge. Tale somma è destinata ad aumentare il Fondo di finanziamento ordinario per le università (FFO), per far fronte alle prevalenti spese per il personale e, per la parte residua, ad altre esigenze di spesa corrente e d'investimento individuate autonomamente dagli atenei.

2. L'assegnazione delle risorse di cui al comma 1 è subordinata all'adozione entro gennaio 2008 di un piano programmatico, approvato con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI). Tale piano è volto a:

a) elevare la qualità globale del sistema universitario e il livello di efficienza degli atenei;

b) rafforzare i meccanismi di incentivazione per un uso appropriato ed efficace delle risorse, con contenimento dei costi di personale a vantaggio della ricerca e della didattica;

c) accelerare il riequilibrio finanziario tra gli atenei sulla base di parametri vincolanti, di valutazioni realistiche e uniformi dei costi futuri e, in caso di superamento del limite del 90 per cento della spesa di personale sul FFO, di disposizioni che rendano effettivo il vincolo delle assunzioni di ruolo limitate rispetto alle cessazioni;

d) ridefinire il vincolo dell'indebitamento degli atenei considerando, a tal fine, anche quello delle società ed enti da essi controllati;

e) consentire una rapida adozione di un sistema programmatorio degli interventi che preveda adeguati strumenti di verifica e monitoraggio da attivare a cura del Ministero dell'università e della ricerca, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la CRUI, e che condizioni l'effettiva erogazione delle maggiori risorse all'adesione formale da parte dei singoli atenei agli obiettivi del piano.

3. Al fine di incrementare l'assegno di dottorato di ricerca il FFO è aumentato di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

 


 

 

Il comma 1 istituisce un fondo con una dotazione di 550 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2008-2010, destinato ad incrementare il Fondo di finanziamento ordinario per le università (FFO).

In proposito si ricorda che il Fondo per il finanziamento ordinario delle università, previsto dall’articolo 5, comma 1, lettera a), della legge n. 537 del 1993, comprende le spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, incluse le spese per il personale docente e non docente e per la ricerca scientifica universitaria, nonché quelle per la manutenzione ordinaria[104]. L’ammontare del fondo è determinato annualmente dalla tabella C della legge finanziaria. Per il 2007 lo stanziamento originariamente previsto era pari a 7.087,8 milioni di euro. Tale dotazione è stata successivamente incrementata di 5 milioni di euro, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria[105]. E, da ultimo, con l’articolo 3, comma 1, del d.l. n. 147/2007[106], sono stati assegnati ad incremento del Fondo ulteriori 20 milioni di euro da destinare esclusivamente all’assunzione di ricercatori[107]. Occorre, infine, considerare che la tabella C allegata al progetto di legge in esame assegna al Fondo una dotazione pari a 6.907,998 milioni di euro per il 2007, nonché a 7.039,825 per il 2008 e il 2009.

 

Le risorse aggiuntive devono essere utilizzate per far fronte in via prevalente agli oneri lordi per gli adeguamenti retributivi per il personale docente e ai rinnovi contrattuali del restante personale; nonché, per la parte residua, ad altre esigenze di spesa corrente e d’investimento individuate autonomamente dagli atenei. La disposizione specifica che tale dotazione è comprensiva degli importi indicati all’articolo 95, commi 8 e 14 della legge in esame, riguardanti, rispettivamente, i maggiori oneri di personale del biennio contrattuale 2006-2007[108] e gli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali per il biennio 2008-2009.

 

La disposizione in commento si allinea alla necessità di predisporre meccanismi volti a garantire nel tempo la dinamica del FFO a sostegno dell’equilibrio finanziario degli atenei: necessità evidenziata nel documento curato dalla Commissione tecnica per la finanza pubblica (CTFP) recante “Misure per il risanamento finanziario e l’incentivazione dell’efficacia e dell’efficienza del sistema universitario”, pubblicato il 31 luglio 2007 dal Ministero dell’economia e delle finanze. Le osservazioni critiche sul sistema universitario sono state in parte raccolte nel Libro Verde sulla spesa pubblica (paragrafo 2.3). Inoltre le raccomandazioni formulate dalla CTFP sono state fatte oggetto degli impegni del governo, sottoscritti dal Ministro dell’economia e delle finanze e dal Ministro dell’università e della ricerca il 2 agosto 2007 per un “Patto per l’università e la ricerca”.

Con riferimento specifico all’oggetto della disposizione in commento, si segnala che il documento della Commissione sottolinea come il Fondo di finanziamento ordinario per le università sia cresciuto nel corso degli anni, ma con una dinamica che più recentemente è risultata inferiore al tasso di inflazione e, soprattutto, alla dinamica delle retribuzioni, delle quali, in base all’art. 5 della legge n. 537/93, si sarebbe dovuto tener conto annualmente per incrementare le assegnazioni del Fondo. Ciò ha comportato che il costo degli aumenti automatici delle retribuzioni sono stati addossati sui bilanci delle università, con il rischio in prospettiva di seri problemi di squilibrio finanziario.

 

Il comma 2 subordina l’assegnazione delle predette risorse all’adozione, entro gennaio 2008, di un piano programmatico, approvato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI).

Tale piano è volto a favorire il miglioramento della qualità del sistema universitario con l’obiettivo del contenimento delle spese per il personale a vantaggio della ricerca e della didattica, di riequilibrio finanziario tra gli atenei, di ridefinizione del vincolo dell’indebitamento, di rapida adozione di un sistema programmatorio degli interventi.

In particolare, il piano deve contenere disposizioni in base alle quali:

a) in caso di superamento da parte degli atenei del limite del 90 per cento della spesa di personale sul Fondo di finanziamento ordinario per le università, sia effettivo il vincolo delle assunzioni di ruolo limitate rispetto alle cessazioni;

b) l’erogazione delle maggiori risorse agli atenei sia subordinata all’adesione da parte degli stessi agli obiettivi del piano.

 

A proposito dei vincoli di utilizzazione delle quote del Fondo, si ricorda che, con l’articolo 51, comma 4, della legge n. 449/97[109] sono stati già introdotti nel sistema universitario vincoli per le assunzioni del personale a tempo indeterminato, sia docente che non docente: in particolare, è stato fatto divieto alle Università di procedere a nuove assunzioni nei casi in cui la spesa per assegni fissi al personale di ruolo risultasse eccedente il 90 per cento del FFO, se non nel limite del 35 per cento del risparmio determinato dalle cessazioni dell’anno precedente. Nel documento curato dalla Commissione tecnica per la finanza pubblica (CTFP), di cui sopra, si rileva come, a fronte di queste disposizioni, non siano state ancora applicate procedure per garantire il rispetto della norma, con precise sanzioni nei casi di inosservanza della stessa. Anzi, nella relazione si sostiene che il vincolo del 90 per cento delle spese per il personale sul FFO è stato indebolito con la legge n. 143/04[110] che lo ha ridefinito in modo “virtuale”, non tenendo conto per il suo calcolo degli incrementi stipendiali annuali e di 1/3 della spesa per il personale convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

Pur con questa definizione “debole” del vincolo, quattro Università hanno superato il limite del 90 per cento. Mentre, se si utilizza come indicatore il vincolo quale originariamente definito dalla legge n. 449/1997, il numero delle Università con più del 90 per cento del FFO assorbito dalle spese per il personale sale a diciannove[111].

 

Il comma 3, introdotto al Senato, prevede un ulteriore incremento del Fondo di finanziamento ordinario per le università, pari a 40 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2008-2010, destinato ad aumentare l’assegno di dottorato di ricerca.

 

Si ricorda che, a partire dall'anno accademico 1999/2000 i dottorati di ricerca sono istituiti e banditi dalle università e dagli istituti universitari nella loro piena autonomia organizzativa, didattica e scientifica, sulla base della nuova disciplina di cui all’articolo 4 della legge n. 210/1998[112], in conformità al regolamento in materia di dottorato di ricerca (d.m. 30 n. 224/1999[113]). Ai sensi del regolamento, le università definiscono i contributi per l'accesso e la frequenza ai corsi, nonché conferiscono borse di studio, nel rispetto di alcuni vincoli. Con decreti del Ministro, sono determinati annualmente i criteri per la ripartizione tra gli atenei delle risorse disponibili per il conferimento di borse di studio per la frequenza dei corsi di perfezionamento, anche all'estero, e delle scuole di specializzazione, per i corsi di dottorato di ricerca e per attività di ricerca post-laurea e post-dottorato. Gli oneri per il finanziamento delle borse di studio non coperti dai fondi ripartiti dai decreti del Ministro, possono essere coperti dall'università anche mediante convenzione con soggetti estranei all'amministrazione universitaria.

Si ricorda, inoltre, che ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del d.l. n. 81/2007[114], sono state incrementate di 10 milioni di euro le risorse destinate alle borse di studio per la formazione di corsi di dottorato di ricerca, di perfezionamento e di specializzazione presso università italiane e straniere a favore dei laureati.

Le risorse per le borse di studio post lauream sono allocate nel cap. 1686 dello stato di previsione del Ministero dell’università e della ricerca, che, a seguito della riclassificazione del bilancio, è iscritto nel macroaggregato 1.3.2.- interventi – nell’ambito del Programma Sistema universitario e formazione post-universitaria.

Nel ddl di bilancio per il 2008 a legislazione vigente, le risorse destinate a tale intervento ammontano a 183,7 milioni di euro.


Articolo 97
(Strumenti per la diffusione della cultura e delle politiche di responsabilità sociale d'impresa).

 


1. È istituito presso il Ministero della solidarietà sociale il Fondo per la diffusione della cultura e delle politiche di responsabilità sociale delle imprese, con una dotazione pari a 1,25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328, relativa al fondo nazionale per le politiche sociali.

2. Nell'ambito delle disponibilità del Fondo di cui al comma 1, è finanziato il contributo alla Fondazione per la diffusione della responsabilità sociale delle imprese, istituita dall'articolo 1, comma 160, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Il contributo, di cui all'articolo 1, comma 1269, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è determinato annualmente con decreto del Ministro della solidarietà sociale, visto il piano annuale di attività presentato dalla Fondazione.

3. Col medesimo Fondo di cui al comma 1, sono finanziate una Conferenza nazionale annuale sulla responsabilità sociale d'impresa, nonché le attività di informazione, promozione, innovazione, sostegno e monitoraggio delle politiche di responsabilità sociale attraverso la implementazione di ricerche ed indagini, e la raccolta, l'organizzazione in banche dati e la diffusione della documentazione, con particolare riferimento alle buone prassi in materia.

 


 

 

L’articolo in esame prevede stanziamenti per la diffusione della cultura e delle politiche di responsabilità sociale delle imprese.

 

Il tema della responsabilità sociale delle imprese (CSR) è da tempo argomento di discussione in Europa. Al riguardo, la Commissione europea ha pubblicato, nel 2001, il "Libro verde – Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese" e, nel 2002, la "Comunicazione della Commissione relativa alla Responsabilità sociale delle imprese: un contributo delle Imprese allo Sviluppo Sostenibile".

I due documenti espongono le linee-guida della Commissione europea in materia di CSR, che nel Libro Verde viene definita come "l'integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali ed ecologiche nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate".

La CSR è una dimensione che dovrebbe appartenere all'orientamento strategico di fondo dell'impresa e, quindi, interagire con tutti gli ambiti della gestione aziendale: con gli aspetti finanziari, la produzione (rispetto delle leggi, riduzione dell'impatto ambientale, sicurezza dei lavoratori, non sfruttamento dei minori, attenzione alla qualità e alla sicurezza dei prodotti), il marketing, le risorse umane (la gestione dei percorsi di carriera, le politiche di formazione, la gestione degli esuberi, ecc.) e, più in generale, con le strategie e le politiche aziendali.

Alcune iniziative in materia di responsabilità sociale delle imprese, sia a livello nazionale sia a livello internazionale, sono ricordate in calce alla presente scheda di lettura.

 

Il comma 1 istituisce, presso il Ministero della solidarietà sociale, il Fondo sociale per la diffusione della cultura e delle politiche di responsabilità sociale delle imprese, con una dotazione pari a 1,25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328[115], relativa al Fondo per le politiche sociali.

Il comma 2 chiarisce il rapporto tra l'articolo in esame e le disposizioni delle precedenti leggi finanziarie in materia di responsabilità sociale delle imprese.

 

Si ricorda infatti che l'articolo 1, comma 160, della legge finanziaria per il 2005[116] ha costituito la Fondazione per la diffusione della responsabilità sociale delle imprese, alla quale partecipano, quali soci fondatori, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, oltre ad altri soggetti pubblici e privati che ne condividano le finalità. La Fondazione è soggetta alle disposizioni del codice civile, delle leggi speciali e dello statuto, redatto dai fondatori. Per lo svolgimento delle sue attività istituzionali, tale legge ha assegnato alla Fondazione un contributo di 1 milione di euro per l'anno 2005.

Successivamente, l'articolo 1, comma 429, della legge finanziaria per il 2006[117] ha assegnato un contributo di 3 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2006, 2007, 2008, per lo svolgimento delle attività istituzionali della suddetta Fondazione, riducendo corrispondentemente la già citata autorizzazione di spesa di cui all'articolo 20, comma 8, della legge n. 328 del 2000 (Fondo per le politiche sociali).

Da ultimo, l'articolo 1, comma 1269, della legge finanziaria per il 2007[118] ha ridotto lo stanziamento a favore della Fondazione per gli anni 2007 e 2008 da 3 milioni a 750.000 euro per ciascun anno. Una somma corrispondente alla riduzione del contributo (2,25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008) è stata nuovamente destinata, per i medesimi anni, al Fondo nazionale per le politiche sociali.

 

Il comma in esame, stabilisce che il contributo alla Fondazione per la diffusione della responsabilità sociale delle imprese sia finanziato con le risorse del nuovo Fondo sociale per la diffusione della cultura e delle politiche di responsabilità sociale delle imprese. Il contributo annuale (di cui all’articolo 1, comma 1269, della legge n. 296 del 2006) a favore della Fondazione è determinato annualmente con decreto del Ministro della solidarietà sociale, visto il piano annuale di attività presentato dalla Fondazione.

Ai sensi del comma 3, l'istituendo Fondo sociale per la diffusione della cultura e delle politiche di responsabilità sociale delle imprese, oltre a corrispondere il contributo alla Fondazione, deve finanziare:

- una Conferenza nazionale annuale sulla responsabilità sociale d'impresa, il cui scopo, secondo la relazione al disegno di legge in esame, è quello di assicurare il confronto permanente tra i diversi stakeholders;

- attività di informazione, promozione, innovazione, sostegno e monitoraggio delle politiche di responsabilità sociale attraverso la implementazione di ricerche ed indagini, e la raccolta, l’organizzazione in banche dati e la diffusione della documentazione, con particolare riferimento alle buone prassi in materia.

 

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali nel 2002 ha costituito un gruppo di lavoro interamente dedicato allo sviluppo e alla promozione della responsabilità sociale delle imprese per lo sviluppo del Progetto CSR-SC (Corporate Social ResponsabilitySocial Commitment). Il Progetto ha come quadro di riferimento il Libro Verde della Commissione europea e pone le proprie radici nella nozione di CSR.

La proposta italiana si basa su un approccio volontario alla CSR ed è finalizzata principalmente a promuovere la cultura della responsabilità sociale all'interno del sistema socio-economico e di accrescere il grado di consapevolezza delle imprese sullo sviluppo sostenibile.

Le attività legate allo sviluppo del progetto CSR-SC hanno comportato la stesura, il 23 marzo 2005, di un Protocollo d'intesa tra Federambiente (Federazione italiana servizi pubblici igiene ambientale) e Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con validità triennale.

Più specificamente, con tale protocollo la Federambiente si è impegnata, in stretto coordinamento con il Ministero del lavoro e delle politiche Sociali, ad una serie di atti, quali, tra gli altri:

-    l’identificazione del livello di adozione e maturità della CSR tra le imprese associate e promozione delle azioni di sostegno alla diffusione della responsabilità sociale delle imprese e di valorizzazione delle best practices, in linea con il progetto CSR-SC;

-    la diffusione, nel settore del servizio pubblico locale, della cultura della CSR e il progetto CSR-SC;

-    la realizzazione, in accordo con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e nell’ambito delle proprie competenze, di un’attività di monitoraggio delle imprese che decideranno di aderire all’iniziativa del Ministero, attraverso la costituzione a livello nazionale di un apposito Osservatorio.

L'8 maggio 2007, i Ministri del lavoro e dell’occupazione del G8, riuniti a Dresda, hanno approvato un documento nel quale:

•    riconoscono il potenziale della responsabilità sociale delle imprese di aggiungere valore allo sviluppo sostenibile e, al tempo stesso, di migliorare la qualità della vita dei dipendenti così come delle comunità nella quali le imprese operano;

•    invitano le imprese presenti nei paesi del G8 ad assumere la responsabilità sociale e a rafforzare il loro impegno ed incoraggiano uno scambio di informazioni efficace e trasparente, quale importante indicatore di avanzamento nel campo della responsabilità sociale delle imprese;

•    considerano che sia un importante compito promuovere la diffusione della responsabilità sociale delle imprese nelle piccole e medie imprese, con particolare attenzione alle necessità di questi gruppi di imprese;

•    incoraggiano fortemente le imprese dei paesi del G8, ma non solo, ad osservare le Linee guida OCSE per le imprese multinazionali, ad impegnarsi a sostenere attivamente la diffusione di queste Linee Guida ed a promuoverne una migliore gestione attraverso i Punti di contatto nazionali individuati nelle Linee guida medesime;

•    chiedono ai governi dei Paesi emergenti e in via di sviluppo di abbracciare i valori e gli standard contenuti in tali linee guida e segnalano con interesse la proposta di includere i Paesi di recente industrializzazione in un dialogo ad alto livello promosso dall’OCSE sui temi della responsabilità sociale delle imprese;

•    sostengono l’applicazione della Dichiarazione tripartita dell’Organizzazione internazionale del lavoro relativa alle imprese multinazionali e alle politiche sociali e chiedono all’OIL di sviluppare ulteriormente questo strumento;

•    segnalano con interesse il Global Compact delle Nazioni Unite quale ulteriore iniziativa sulla responsabilità sociale delle imprese ed invitano le organizzazioni imprenditoriali nei paesi del G8, nei Paesi emergenti e in quelli in via di sviluppo a partecipare attivamente alla sua realizzazione e a sostenere l’espansione globale di questo network[119].

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Responsabilità sociale delle imprese[120]

Con la comunicazione del 22 marzo 2006 “Il partenariato per la crescita e l’occupazione: fare dell’Europa un polo di eccellenza in materia di responsabilità sociale delle imprese”(COM(2006)136), la Commissione ha annunciato il suo sostegno al varo di un’”Alleanza europea per la responsabilità sociale delle imprese, al fine di mobilitare le risorse e le capacità delle imprese europee di fare dell’Europa un polo di eccellenza al riguardo.

La comunicazione specifica che l’alleanza, aperta alle imprese europee di tutte le dimensioni, costituisce un quadro politico per le iniziative nuove o esistenti in materia di RSI delle grandi imprese, delle piccole e medie imprese e delle parti interessate, un processo politico destinato a promuovere l’idea della RSI nelle imprese europee.

Il Parlamento europeo ha approvato, il 13 marzo 2007, una risoluzione sulla responsabilità sociale delle imprese (RSI), nella quale, fra l’altro:

-        segnala che la RSI deve affrontare nuovi ambiti di azione, come l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, l’organizzazione del lavoro, le pari opportunità, l’inclusione sociale, lo sviluppo sostenibile e l’etica, così da fungere da strumento supplementare per la gestione del cambiamento industriale e delle ristrutturazioni;

-        prende atto della decisione della Commissione di istituire un’alleanza europea in materia di responsabilità sociale delle imprese, in collaborazione con diverse reti imprenditoriali;

-        ritiene che un consistente aumento della sensibilizzazione in materia di RSI nelle imprese dell’UE, lo sviluppo di nuovi modelli di migliori pratiche nonché l’identificazione e la promozione di azioni e regolamentazioni specifiche dell’Unione europea a sostegno della RSI, potrebbero costituire i parametri fondamentali per il successo dell’alleanza;

-        apprezza l’obiettivo, evidenziato dalla comunicazione sulla RSI della Commissione, di legare la medesima RSI agli obiettivi economici, sociali e ambientali dell’agenda di Lisbona, poiché ritiene che un approccio serio in materia da parte delle imprese possa contribuire ad aumentare l’occupazione, migliorare le condizioni di lavoro, garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori e promuovere la ricerca e lo sviluppo di innovazioni tecnologiche; sostiene il principio della “competitività responsabile” quale parte integrante del programma della Commissione a favore dell’innovazione e della competitività.


Articolo 98
(Fondo nazionale per il risanamento degli edifici pubblici)

 


1. Per l'anno 2008 presso il Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un fondo, denominato «Fondo nazionale per il risanamento degli edifici pubblici», per il finanziamento degli interventi finalizzati ad eliminare i rischi per la salute pubblica derivanti dalla presenza di amianto negli edifici pubblici.

2. I procedimenti di rimozione o inertizzazione relativi agli interventi di cui al comma 1 avvengono secondo le procedure individuate con i decreti del Ministro della sanità 14 maggio 1996, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 178 del 25 ottobre 1996, e 20 agosto 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 249 del 22 ottobre 1999.

3. Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è approvato un programma decennale per il risanamento di cui al presente articolo, prevedendo prioritariamente la messa in sicurezza degli edifici scolastici ed universitari, delle strutture ospedaliere, delle caserme, degli uffici aperti al pubblico. Con il medesimo decreto sono ripartite le risorse finanziarie a favore di interventi di competenza dello Stato e per il cofinanziamento degli interventi di competenza delle regioni in relazione ai programmi delle regioni.

4. Per le finalità del presente articolo, il Fondo di cui al comma 1 è dotato di risorse finanziarie pari a 5 milioni di euro per l'anno 2008.

 


 

 

L’articolo 98 è stato introdotto nel corso dell’esame presso l’altro ramo del Parlamento.

Il comma 1 prevede l’istituzione, per l'anno 2008, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, di un "Fondo nazionale per il risanamento degli edifici pubblici", per il finanziamento degli interventi finalizzati ad eliminare i rischi per la salute pubblica derivanti dalla presenza di amianto negli edifici pubblici.

 

Il comma 2 prevede che i procedimenti di rimozione o inertizzazione degli interventi di cui al comma 1, avvenganosecondo le procedure individuate con i seguenti decreti:

§      DM Sanità 14 maggio 1996[121];

§      DM Sanità 20 agosto 1999[122].

Tali decreti recano rispettivamente “Normative e metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l'amianto, previsti dall'art. 5, comma 1, lettera f), della L. 27 marzo 1992, n. 257, recante norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto” e “Ampliamento delle normative e delle metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l'amianto, previsti dall'art. 5, comma 1, lettera f), della L. 27 marzo 1992, n. 257, recante norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto”. La legge citata contiene Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto. L’articolo 5, comma 1, lett. f), in particolare attribuisce alla Commissione per la valutazione dei problemi ambientali e dei rischi sanitari connessi all'impiego dell'amianto (di cui al precedente articolo 4) il compito di predisporre normative e metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l'amianto.

 

Il comma 3 demanda ad un successivo decreto interministeriale l’approvazione di un programma decennale per il risanamento degli edifici pubblici previsto dal comma 1, disponendo che tale programma dovrà prevedere prioritariamente la messa in sicurezza:

§      degli edifici scolastici ed universitari;

§      delle strutture ospedaliere;

§      delle caserme;

§      degli uffici aperti al pubblico.

 

Viene infine previsto che lo stesso decreto provveda al riparto delle risorse finanziarie a favore di interventi di competenza dello Stato e per il cofinanziamento degli interventi di competenza delle regioni in relazione ai programmi delle regioni.

 

 

Per quanto riguarda la procedura per l’emanazione del decreto, se ne prevede l’emanazione da parte del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.

 

Il comma 4 stabilisce la dotazione del fondo in 5 milioni di euro per l'anno 2008.

L’articolo in esame riproduce le disposizioni dell’art. 2 dell’AS 3023[123] presentato nel corso della XIV legislatura dal sen. Pizzinato ed altri numerosi senatori, ed assegnato alla 13ª Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali) in sede referente il 6 agosto 2004.

Nella relazione illustrativa di tale proposta di legge i presentatori sottolineavano che, a distanza di dodici anni dall’approvazione della legge 27 marzo 1992, n. 257 (recante norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto) “rimangono irrisolte le altre problematiche, tra cui quelle più urgenti e significative riguardano il recupero e il risanamento degli edifici pubblici e privati dove tuttora vivono, a rischio della propria salute, migliaia di nostri concittadini. A fronte di tale situazione di emergenza, nel corso degli ultimi tre anni sono stati presentati numerosi emendamenti in sede di discussione della legge finanziaria, volti a disciplinare e a rendere obbligatorie le opere di disinquinamento e di bonifica degli edifici costruiti con manufatti in amianto, ma per ragioni diverse il Governo non ha ritenuto opportuno accogliere tali proposte, se non con l’estensione dei benefici (36 per cento)[124] previsti per le ristrutturazioni edilizie, le quali purtroppo non hanno favorito le bonifiche dell’amianto. Il presente disegno di legge nasce, quindi, da quelle proposte e tenta di dare una soluzione legislativa definitiva all’emergenza amianto e per imprimere un’accelerazione all’opera di disinquinamento e bonifica che diventa sempre più urgente stante il degrado dei manufatti contenenti amianto disseminati in tutto il territorio nazionale”.

L’istituzione di un fondo quale quello previsto dall’articolo in esame figurava tra le richieste avanzate al Parlamento nel documento conclusivo della Conferenza nazionale non governativa sull'amianto, svoltasi a Monfalcone il 12-13 novembre 2004[125].

Il decreto del Ministro dell’ambiente 18 marzo 2003, n. 101, emanato in attuazione dell’art. 20 della legge n. 93/2001 ha stabilito i criteri e i tempi per addivenire ad una mappatura completa della presenza di amianto sul territorio nazionale e definito i principi per l’individuazione degli interventi urgenti di bonifica.

Nel sito del Ministero dell’ambiente[126] si legge che tale mappa (che risulta finora compilata dalla maggioranza delle regioni) “dovrà censire la presenza di questo pericoloso materiale in impianti industriali dimessi o ancora in attività, negli edifici pubblici o privati, nell'ambiente naturale per avviare gli interventi di bonifica” e che per tale mappatura e per le bonifiche urgenti “il Ministero dell'Ambiente ha impegnato una somma complessiva di circa 9 milioni di euro (8 milioni e 934 mila euro) da suddividere in parti uguali tra i due interventi”.

Nello stesso sito si legge che sul fronte della mappatura, […] alcune Regioni già si sono mosse, completandola, come l'Emilia-Romagna o elaborando un primo elenco come la Lombardia, il Friuli Venezia Giulia, la Liguria e la Sicilia”. Nel caso dell’Emilia-Romagna, ad esempio, la mappatura[127] ha evidenziato che “dei 1198 siti censiti (comprese le cave di pietre verdi) la maggior parte sono edifici pubblici […]. Più precisamente si tratta di edifici pubblici o aperti al pubblico (soprattutto scuole e impianti sportivi) con presenza di materiale contenente amianto in matrice compatta”.

Si ricorda infine che recentemente è stato emanato il decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 257 recante "Attuazione della direttiva 2003/18/CE relativa alla protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall'esposizione all'amianto durante il lavoro" che impone al datore di lavoro di adottare ogni misura necessaria volta ad individuare la presenza di materiali a potenziale contenuto d'amianto.


Articolo 99
(Disciplina dell'azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori)

 


1. Il presente articolo istituisce e disciplina l'azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori, quale nuovo strumento generale di tutela nel quadro delle misure nazionali volte alla disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti, conformemente ai princìpi stabiliti dalla normativa comunitaria volti ad innalzare i livelli di tutela.

2. Dopo l'articolo 140 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, è inserito il seguente:

«Art. 140-bis. - (Azione collettiva risarcitoria). - 1. Le associazioni dei consumatori e degli utenti di cui al comma 1 dell'articolo 139 e gli altri soggetti di cui al comma 2 del presente articolo, fermo restando il diritto del singolo cittadino di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi conformemente a quanto previsto dall'articolo 24 della Costituzione, possono richiedere singolarmente o collettivamente al tribunale del luogo ove ha la residenza il convenuto, la condanna al risarcimento dei danni e la restituzione delle somme dovute direttamente ai singoli consumatori o utenti interessati, in conseguenza di atti illeciti commessi nell'ambito di rapporti giuridici relativi a contratti cosiddetti per adesione, di cui all'articolo 1342 del codice civile, che all'utente non è dato contrattare e modificare, di atti illeciti extracontrattuali, di pratiche commerciali illecite o di comportamenti anticoncorrenziali, messi in atto dalle società fornitrici di beni e servizi nazionali e locali, sempre che ledano i diritti di una pluralità di consumatori o di utenti.

2. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentite le competenti Commissioni parlamentari, sono individuate le ulteriori associazioni di consumatori, di investitori e gli altri soggetti portatori di interessi collettivi legittimati ad agire ai sensi del presente articolo.

3. L'atto con cui il soggetto abilitato promuove l'azione collettiva di cui al comma 1 produce gli effetti interruttivi della prescrizione ai sensi dell'articolo 2945 del codice civile, anche con riferimento ai diritti di tutti i singoli consumatori o utenti conseguenti al medesimo fatto o violazione.

4. Con la sentenza di condanna il giudice determina i criteri in base ai quali deve essere fissata la misura dell'importo da liquidare in favore dei singoli consumatori o utenti.

5. In relazione alle controversie di cui al comma 1, davanti al giudice può altresì essere sottoscritto dalle parti un accordo transattivo nella forma della conciliazione giudiziale.

6. La definizione del giudizio rende improcedibile ogni altra azione ai sensi del presente articolo nei confronti dei medesimi soggetti e per le medesime fattispecie.

7. Contestualmente alla pubblicazione della sentenza di condanna di cui al comma 4 ovvero della dichiarazione di esecutività del verbale di conciliazione, il giudice, per la determinazione degli importi da liquidare ai singoli consumatori o utenti, costituisce presso lo stesso tribunale apposita camera di conciliazione, composta in modo paritario dai difensori dei proponenti l'azione di gruppo e del convenuto, e nomina un conciliatore di provata esperienza professionale iscritto all'albo speciale per le giurisdizioni superiori, che la presiede. A tale camera di conciliazione tutti i cittadini interessati possono ricorrere singolarmente o tramite delega alle associazioni di cui al comma 1. Essa definisce, con verbale sottoscritto dalle parti e dal presidente, i modi, i termini e l'ammontare per soddisfare i singoli consumatori o utenti nella loro potenziale pretesa. La sottoscrizione del verbale rende improcedibile l'azione dei singoli consumatori o utenti per il periodo di tempo stabilito dal verbale per l'esecuzione della prestazione dovuta.

8. In caso di inutile esperimento della composizione di cui al comma 7, il singolo consumatore o utente può agire giudizialmente, in contraddittorio, al fine di chiedere l'accertamento, in capo a se stesso, dei requisiti individuati dalla sentenza di condanna di cui al comma 4 e la determinazione precisa dell'ammontare del risarcimento dei danni riconosciuto ai sensi della medesima sentenza.

9. La sentenza di condanna di cui al comma 4, unitamente all'accertamento della qualità di creditore ai sensi dei commi 7 e 8, costituisce, ai sensi dell'articolo 634 del codice di procedura civile, titolo per la pronuncia da parte del giudice competente di ingiunzione di pagamento, richiesta dal singolo consumatore o utente, ai sensi degli articoli 633 e seguenti del medesimo codice di procedura civile.

10. La sentenza di condanna di cui al comma 4, ovvero l'accordo transattivo di cui al comma 5, devono essere opportunamente pubblicizzati a cura e spese della parte convenuta, onde consentire la dovuta informazione alla maggiore quantità di consumatori e utenti interessati.

11. Nelle azioni collettive aventi ad oggetto prodotti o servizi venduti attraverso contratti conclusi secondo le modalità previste dall'articolo 1342 del codice civile, la diffusione di messaggi pubblicitari ingannevoli, accertata dall'autorità competente, rende nulli i contratti nei confronti di tutti i singoli consumatori o utenti nel periodo di diffusione del messaggio stesso. La nullità può essere fatta valere solo dal promotore dell'azione di gruppo.

12. In caso di soccombenza, anche parziale, del convenuto, lo stesso è condannato al pagamento delle spese legali. In ogni caso, il compenso dei difensori del promotore della azione collettiva non può superare l'importo massimo del 10 per cento del valore della controversia».

3. Le disposizioni di cui al presente articolo diventano efficaci decorsi centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 


 

 

L’articolo 99, introdotto nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, istituisce e disciplina l’istituto dell’azione collettiva risarcitoria a tutela degli interessi dei consumatori.

 

La protezione degli interessi dei consumatori - non contemplata in via diretta dalla nostra Costituzione - trova riconoscimento nell’art. 153 par. 1 del Trattato di Roma, istitutivo della Comunità economica europea, che ha previsto a tal fine che “…la Comunità contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori nonché a promuovere il loro diritto all'informazione, all'educazione e all'organizzazione per la salvaguardia dei propri interessi”.

Tuttavia, pur essendosi succeduti nel corso degli anni una serie di interventi del legislatore comunitario sul tema generale della tutela degli interessi dei consumatori, nei suoi diversi aspetti, non è stato trattato, in tale sede, il tema delle "azioni di gruppo o di classe", trattandosi di ambiti più strettamente connessi all'ordinamento interno del singolo Stato e al sistema processuale in esso adottato.

La tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti, nei suoi diversi e poliedrici aspetti, ha costituito, soprattutto negli ultimi anni, uno dei punti focali della normazione comunitaria. La disciplina nazionale è  dunque costituita, in buona parte, da una serie di disposizioni legislative volte a dare attuazione alle numerose direttive comunitarie sulla materia.

Nel nostro ordinamento, un primo significativo intervento volto a tutelare in via giudiziale gli interessi dei consumatori si ha con l’approvazione della legge comunitaria per il 1994 (legge 6 febbraio 1996, n. 52). L’articolo 25, dando attuazione alla direttiva CEE n. 93/13 del Consiglio in tema di clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, era intervenuto sulla normativa concernente i contratti per adesione, novellando il codice civile mediante l’aggiunta al capo XIV, del titolo II, del libro IV, di un capo XIV-bis, rubricato “Dei contratti del consumatore” (articoli 1469-bis-1469-sexies). Con la nuova disciplina viene modificata radicalmente la disciplina dei contratti standardizzati, cioè di tutti quei contratti che vengono presentati al consumatore sotto forma di moduli prestampati in cui le condizioni generali del contratto sono state predisposte unilateralmente dal venditore o professionista[128] .

Successivamente, la legge 30 luglio 1998, n. 281 (Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti) ha introdotto, in armonia con i principi consolidati a livello comunitario, una disciplina organica della tutela degli interessi dei consumatori riconoscendo il potere inibitorio delle associazioni dei consumatori (la legittimazione ad agire).

La nuova disciplina ha previsto l'attribuzione alle associazioni dei consumatori iscritte nell'apposito elenco istituito presso il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato la legittimazione ad agire a tutela degli interessi collettivi, indipendentemente dalla segnalazione di un cittadino e dunque dall'esigenza di tutelare una singola posizione individuale.

In particolare, l’art. 3 della legge 218/1998 ha introdotto una forma di tutela processuale collettiva degli interessi dei consumatori modellata su quella prevista dall’art. 1469-sexies, basata quindi sulla azione inibitoria.

Sia la disciplina prevista dal codice civile che quella di cui alla successiva legge 281/1998 sono ora pressoché integralmente abrogate a seguito del loro assorbimento all’interno del cd. Codice del consumo (D.Lgs 6 settembre 2005, n. 206).

Nel Codice del consumo, entrato in vigore il 23 ottobre 2005, sono infatti confluite tutte le disposizioni in materia di tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti.

 

Nello specifico, mentre il comma 1 dell’articolo in esame dichiara la finalità del provvedimento (istituzione e disciplina della class action in conformità con la normativa nazionale e comunitaria), il comma 2 integra la disciplina della legittimazione ad agire giudizialmente a tutela degli interessi collettivi stabilita dagli artt. 139 e 140 del Codice del consumo (D.Lgs 6 settembre 2005, n. 206).

 

A tale scopo, nello stesso Codice è introdotto un articolo aggiuntivo (art. 140-bis) che disciplina e scandisce le diverse fasi dell’azione collettiva, mirante ad ottenere dal giudice una pronuncia che, accertando la lesione degli interessi di una determinata categoria di persone, condanni il convenuto ad un risarcimento.

 

Le fasi del procedimento, necessarie ed eventuali, sono le seguenti:

 

·       le associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale[129] (fermo restando il diritto del singolo ad agire autonomamente in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi) chiedono singolarmente o collettivamente al tribunale competente (in base alla residenza del convenuto) la condanna al risarcimento dei danni e la restituzione di somme dovute direttamente a singoli consumatori o utenti interessati in conseguenza di atti illeciti commessi in ambito contrattuale o extracontrattuale. In particolare, il nuovo articolo l’art. 140-bis fa riferimento (comma 1):

 

§      in ambito contrattuale, ad illeciti relativi ai rapporti giuridici originati dai contratti cd. di massa o per adesione, conclusi secondo le modalità previste dall’articolo 1342 del codice civile (con moduli o formulari)[130];

§      in ambito extracontrattuale, a pratiche commerciali illecite o comportamenti anticoncorrenziali attuati da società, nazionali o locali, fornitrici di beni e servizi, quando ledano i diritti di una pluralità di consumatori.

 

L'atto con cui il soggetto abilitato promuove l'azione collettiva produce gli effetti interruttivi della prescrizione ai sensi dell'articolo 2945 del codice civile, anche con riferimento ai diritti di tutti i singoli consumatori o utenti conseguenti al medesimo fatto o violazione (comma 3).

 

§      già prima della eventuale sentenza di condanna (che determina i criteri di liquidazione degli importi in favore dei singoli consumatori-utenti, comma 4) le parti (ovvero le associazioni rappresentative e il convenuto) possono cercare una conciliazione per arrivare ad un accordo transattivo davanti al giudice (comma 5); ogni altra azione risarcitoria per il medesimo oggetto e nei confronti delle stesse parti, a giudizio definito, risulta improcedibile (comma 6);

§      una volta esecutivo il verbale di conciliazione o, in assenza di conciliazione, contestualmente alla pubblicazione della sentenza di condanna, il giudice costituisce presso lo stesso tribunale apposita Camera di conciliazione[131]per la determinazione del quantumdei singoli risarcimenti in favore dei consumatori. A tale organo possono ricorrere tutti gli interessati o, per delega, le associazioni (comma 7);

§      a questo punto, la Camera di conciliazione definisce, con verbale, i modi, i termini e l’entità del risarcimento. Alla sottoscrizione del verbale ad opera delle parti consegue l’improcedibilità delle singole azioni risarcitorie eventualmente avviate prima dello spirare del termine stabilito per l’esecuzione della prestazione dovuta  (comma 7).

§      in caso di fallimento del tentativo di composizione sopra illustrato (comma 7), il comma 8 del nuovo articolo 140-bis  prevede, a fini di tutela del singolo consumatore o utente, una seconda fase giudiziale, "di accertamento", stavolta riservata non all’associazione ma al singolo consumatore danneggiato; questi potrà, infatti, instaurare un giudizio avente ad oggetto, in contraddittorio, il mero accertamento - in capo a se stesso, consumatore o utente – dei requisiti individuati dalla sentenza di condanna derivante dalla class action nonché la precisa determinazione dell’ammontare del risarcimento dei danni genericamente riconosciuto dalla stessa sentenza. L’individuazione del quantum da liquidare sarà favorito dalla eventuale sentenza di condanna che abbia già definito i criteri di risarcimento (cfr comma 4).

§      la sentenza di accertamento costituisce titolo esecutivo nei confronti del responsabile. Più precisamente, alla sentenza di condanna e all’accertamento della qualità di creditore (in sede conciliativa o giudiziale), consegue il diritto del singolo consumatore e utente di chiedere al giudice l’emissione di un decreto ingiuntivo di pagamento nei confronti del debitore.

 

Il procedimento d’ingiunzione appartiene alla categoria dei procedimenti sommari, caratterizzati, appunto, dalla sommarietà della cognizione. E’ finalizzato ad ottenere la rapida formazione di un titolo esecutivo nei confronti del debitore, consistente nella ingiunzione di pagamento o consegna che il giudice adito può pronunciare nei casi previsti dall’art. 633 c.p.c.

Se il richiedente è creditore di una somma liquida di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili o ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata, il giudice competente (giudice di pace o tribunale in composizione monocratica), infatti, pronuncia ingiunzione di pagamento o di consegna:

1.  se del diritto fatto valere si dà prova scritta;

2.  se il credito riguarda onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali o rimborso di spese fatte da avvocati, cancellieri, ufficiali giudiziari o da chiunque altro ha prestato la sua opera in occasione di un processo;

3.  se il credito riguarda onorari, diritti o rimborsi spettanti ai notai a norma della loro legge professionale, oppure ad altri esercenti una libera professione o arte, per la quale esiste una tariffa legalmente approvata.

In presenza delle condizioni di ammissibilità previste nell'articolo 633, il giudice, con decreto motivato (art. 641 c.p.c.) ingiunge all'altra parte di pagare la somma o di consegnare la cosa o la quantità di cose chieste (o, invece di queste, la somma che il ricorrente è disposto ad accettare) nel termine di quaranta giorni, con l'espresso avvertimento che nello stesso termine può essere fatta opposizione e che, in mancanza di questa, si procederà a esecuzione forzata. Quando concorrono giusti motivi, il termine può essere ridotto sino a dieci giorni oppure aumentato a sessanta (comma 2). Nel decreto, eccetto per quello emesso sulla base di titoli che hanno già efficacia esecutiva secondo le vigenti disposizioni, il giudice liquida le spese e le competenze e ne ingiunge il pagamento.

La fase (eventuale) di opposizione è poi disciplinata dall’articolo 645, che stabilisce che essa si proponga davanti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto, con atto di citazione; in seguito all’opposizione il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito. Se l’opposizione è rigettata con sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva, oppure è dichiarata con ordinanza l’estinzione del processo, il decreto, che non ne sia già munito, acquista efficacia esecutiva (653). Se l’opposizione è accolta solo in parte, il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della somma o della quantità ridotta.

 

Ai sensi del comma 10 del nuovo articolo 140-bis, la sentenza di condanna di cui al comma 4, ovvero l'accordo transattivo di cui al precedente comma 5, devono essere opportunamente pubblicizzati a cura e spese della parte convenuta, onde consentire la dovuta informazione alla maggiore quantità di consumatori e utenti interessati.

La nuova norma, al comma 11, stabilisce, inoltre, relativamente a taluni contratti, effetti estensivi automatici alle condanne per pubblicità ingannevole.

Nello specifico, ai sensi della citata disposizione, nelle azioni collettive aventi ad oggetto prodotti o servizi venduti attraverso contratti per adesione di cui all’art. 1342 c.c., la diffusione di messaggi pubblicitari ingannevoli, accertata dall'autorità competente, rende nulli i contratti nei confronti di tutti i singoli consumatori o utenti nel periodo di diffusione del messaggio stesso.

 

Il comma 12 della nuova disposizionestabilisce, poi, che spettano al convenuto, in caso di soccombenza anche solo parziale, le spese del procedimento e precisa, altresì, che il compenso dei difensori del promotore della azione collettiva non può superare l'importo massimo del 10 per cento del valore della controversia.

 

Da ultimo, il comma 13, concernente l'entrata in vigore del nuovo articolo 140-bis,  prevede che le disposizioni contenute in tale norma diventano efficaci decorsi centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

In relazione all’articolo in esame, si segnala che tale disposizione riproduce in parte il contenuto del disegno di legge A.C. 3838-A, approvato nel corso della precedente legislatura dalla Camera dei deputati e successivamente trasmesso al Senato.

Si segnala, altresì, che per quanto riguarda l'attuale legislatura, la Commissione giustizia della Camera dei deputati ha da tempo avviato l'esame di una serie di provvedimenti in materia di class action. In particolare, nel corso della seduta del 7 novembre 2007 la II Commissione ha approvato come testo base un nuovo testo del disegno di legge governativo A.C. 1495[132].

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

L’8 febbraio 2007 la Commissione ha presentato il Libro verde “Revisione dell’acquis relativo ai consumatori”, col quale intende, da un lato,  dare avvio ad un processo di profonda revisione delle norme comunitarie in materia di protezione dei consumatori, per adattarle alle nuove esigenze della realtà digitale ed in particolare alle vendite on-line e, dall’altro, aprire una consultazione (chiusa il 15 marzo scorso) su 28 proposte concrete d’intervento, presentate in allegato allo stesso Libro verde. Tra le questioni sottoposte a consultazione si segnalano, in particolare, quelle relative al diritto di recesso, al periodo di riflessione, alle modalità e ai costi della restituzione di prodotti, anche per quanto riguarda gli acquisti transfrontalieri, e all’opportunità di estendere a determinati servizi on-line le garanzie e i diritti che valgono per i prodotti acquistati in negozio.

La Commissione intende utilizzare i risultati della consultazione per elaborare proposte legislative specifiche.

Il 13 marzo 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione Strategia per la politica dei consumatori dell’UE 2007-2013. Maggiori poteri per i consumatori, più benessere e tutela più efficace” (COM(2007)99), col quale intende sviluppare la fiducia dei cittadini nel mercato interno e nelle sue nuove potenzialità, costituite dallo sviluppo degli acquisti on-line. Obiettivi principali della strategia sono:

§      dare maggiori poteri ai consumatori;

§      promuovere il loro benessere;

§      proteggerli efficacemente dai rischi e dalle minacce che non possono essere affrontate individualmente.

Tra le aree prioritarie di intervento si segnala, in particolare, il miglioramento della regolamentazione sulla protezione dei consumatori (tra le iniziative previste dalla Commissione vi è la presentazione di un rapporto sulla commercializzazione a distanza dei servizi finanziari) e delle procedure di ricorso, attraverso il rafforzamento dei meccanismi extragiudiziali di risoluzione delle controversie, accompagnato da una riflessione sui meccanismi di ricorso collettivo e sull’applicazione della normativa sui provvedimenti inibitori.

Sul documento della Commissione il Consiglio ha adottato, il 30 maggio 2007, una risoluzione, con la quale sottolinea la volontà di vedere attuata tale strategia, insistendo in modo particolare su alcune priorità: un maggiore orientamento alla trasparenza dei mercati, la garanzia di un alto livello di protezione che consenta di guadagnare la fiducia dei consumatori negli acquisti transfrontalieri, la modernizzazione dell’acquis comunitario, e l’attenzione alla scelta da presentare ai consumatori circa i servizi finanziari relativa alla previdenza per la vecchiaia o il finanziamento di beni immobiliari.

Il 30 aprile 2007 la Commissione ha presentato il Libro verde sui servizi finanziari al dettaglio (COM(2007)226) con il quale definisce gli obiettivi generale della sua politica in questo settore e avvia una consultazione (terminata il 16 luglio 2007) volta a raccogliere osservazioni sugli orientamenti scelti. Tra gli obiettivi della Commissione per la realizzazione di una migliore regolamentazione dei servizi finanziari al dettaglio vi è quello di garantire ai consumatori l’accesso a sistemi di soluzione alternativa delle controversie. I risultati della consultazione verranno integrati nella elaborazione di specifiche proposte legislative miranti a risolvere i problemi e le difficoltà esistenti.

Il 21 maggio 2007 il Consiglio ha raggiunto un accordo politico su una proposta di direttiva volta ad armonizzare le norme UE da applicare  al credito al consumo (COM(2002)443). La proposta fissa la soglia di penalità oltre la quale i consumatori dovrebbero versare un’indennità alle banche o agli organismi di credito in caso di rimborso anticipato del loro credito a tassi fisso. Dalla proposta è escluso il credito ipotecario.

Il Parlamento europeo dovrebbe esaminare la proposta, in seconda lettura, nell’ambito della procedura di codecisione, presumibilmente nella sessione del 12 dicembre 2007.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 27 giugno 2007 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato per la mancata attuazione della direttiva n. 2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari.


Articolo 100
(Congedo di maternità e parentale nei casi di adozione e affidamento: equiparazione al figlio biologico)

 


1. L'articolo 26 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della parternità di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, è sostituito dal seguente:

«Art. 26. - (Adozioni e affidamenti). - 1. Il congedo di maternità come regolato dal presente Capo spetta, per un periodo massimo di cinque mesi, anche alle lavoratrici che abbiano adottato un minore.

2. In caso di adozione nazionale, il congedo deve essere fruito durante i primi cinque mesi successivi all'effettivo ingresso del minore nella famiglia della lavoratrice.

3. In caso di adozione internazionale, il congedo può essere fruito prima dell'ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all'estero richiesto per l'incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura adottiva. Ferma restando la durata complessiva del congedo, questo può essere fruito entro i cinque mesi successivi all'ingresso del minore in Italia.

4. La lavoratrice che, per il periodo di permanenza all'estero di cui al comma 3, non richieda o richieda solo in parte il congedo di maternità, può fruire di un congedo non retribuito, senza diritto ad indennità.

5. L'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all'estero della lavoratrice.

6. Nel caso di affidamento di minore, il congedo può essere fruito entro cinque mesi dall'affidamento, per un periodo massimo di tre mesi».

2. L'articolo 27 del citato decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, è abrogato.

3. L'articolo 31 del citato decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, è sostituito dal seguente:

«Art. 31. - (Adozioni e affidamenti). - 1. Il congedo di cui all'articolo 26, commi 1, 2 e 3, che non sia stato chiesto dalla lavoratrice spetta, alle medesime condizioni, al lavoratore.

2. Il congedo di cui all'articolo 26, comma 4, spetta, alle medesime condizioni, al lavoratore. L'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all'estero del lavoratore».

4. L'articolo 36 del citato decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, è sostituito dal seguente:

«Art. 36. - (Adozioni e affidamenti). - 1. Il congedo parentale di cui al presente Capo spetta anche nel caso di adozione, nazionale e internazionale, e di affidamento.

2. Il congedo parentale può essere fruito dai genitori adottivi e affidatari, qualunque sia l'età del minore, entro otto anni dall'ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore età.

3. L'indennità di cui all'articolo 34, comma 1, è dovuta, per il periodo massimo complessivo ivi previsto, nei primi tre anni dall'ingresso del minore in famiglia».

5. L'articolo 37 del citato decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, è abrogato.


 

 

L’articolo 100 reca alcune modifiche al D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, recante il T.U. delle disposizioni legislative in materia di sostegno alla maternità e alla paternità.

 

In particolare:

§      si sostituisce interamente l’articolo 26 del D.Lgs. 151 del 2001, concernente i congedi di maternità fruibili per le adozioni e gli affidamenti, disciplinando sia le adozioni nazionali sia quelle internazionali (comma 1), abrogando contestualmente il successivo articolo 27, inerente al congedo di maternità fruibile in occasione di adozioni e affidamenti preadottivi internazionali (comma 2);

§      si sostituisce interamente l’articolo 31, concernente il congedo di paternità fruibile per le adozioni e gli affidamenti (comma 3);

§      si sostituisce interamente l’articolo 36, recante disposizioni sul congedo parentale fruibile in caso di adozioni e affidamenti, disciplinando anche in questo caso le adozioni nazionali ed internazionali (comma 4), abrogando contestualmente il successivo articolo 37, disciplinante il congedo parentale fruibile nei casi di adozioni e affidamenti preadottivi internazionali (comma 5). 

 

Congedo di maternità

Il comma 1 dell’articolo in esame, come accennato in precedenza, provvede a sostituire il testo dell’articolo 26 del D.Lgs. 151 del 2006, in modo da estendere, in favore delle lavoratrici dipendenti che abbiano adottato o abbiano ottenuto in affidamento un minore, il congedo di maternità corrispondente al periodo di astensione obbligatoria dal lavoro. L'estensione concerne sia i casi di adozione nazionale sia quelli di adozione internazionale.

Il comma 2 dell’articolo in esame, per finalità di coordinamento legislativo, provvede ad abrogare il successivo articolo 27 del D.Lgs. 151 del 2006.

 

L’attuale articolo 26 del D.Lgs. 151 del 2001 dispone (comma 1) che il congedo di maternità di cui al precedente articolo 16, comma 1, lettera c) (astensione dal lavorodurante i tre mesi dopo il parto) possa essere richiesto dalla lavoratrice che abbia adottato, o che abbia ottenuto in affidamento, un bambino di età non superiore a sei anni all'atto dell'adozione o dell'affidamento.

Il congedo, inoltre, deve essere fruito durante i primi tre mesi successivi all'effettivo ingresso del bambino nella famiglia della lavoratrice (comma 2).

Si ricorda, infatti, che, indipendentemente dalle mansioni svolte e dal settore produttivo di appartenenza, ai sensi del richiamato articolo 16 del D.Lgs. 151 sussiste il divieto di adibire al lavoro le donne:

a)    durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all'articolo 20[133];

b)    ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;

c)    durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto previsto all'articolo 20;

d)    durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto.

 

Infine, l’articolo 27 del D.Lgs. 151 del 2001 prevede, in caso di adozione e di affidamento preadottivo internazionali, che il congedo di maternità di cui all’articolo 26, comma 1, in precedenza richiamato, spetti anche se il minore adottato o affidato abbia superato i sei anni e sino al compimento della maggiore età (comma 1). Allo stesso tempo, si riconosce il diritto della lavoratrice, ai fini dell'adozione e l'affidamento preadottivo internazionali, alla fruizione di un congedo di durata corrispondente al periodo di permanenza nello Stato straniero richiesto per l'adozione e l'affidamento. Tale congedo non comporta indennità né retribuzione (comma 2). La certificazione della durata del congedo di cui al comma 1 è rimessa, ai sensi del comma 3, all’ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione. Lo stesso ente è altresì tenuto a certificare la durata del periodo di permanenza all'estero nel caso dell’ulteriore congedo di cui al precedente comma 2.

 

In particolare, il nuovo testo dell’articolo 26 prevede:

§      che il congedo di maternità spetti, per un periodo massimo di 5 mesi, anche alle lavoratrici che abbiano adottato un minore (nuovo comma 1);

§      che il congedo debba essere fruito, in caso di adozione nazionale, durante i primi 5 mesi successivi all’effettivo ingresso del minore nella famiglia della lavoratrice (nuovo comma 2);

§      che, in caso di adozione internazionale (nuovo comma 3), il congedo possa essere fruito:

-        prima dell’ingresso del minore in Italia, nel corso del periodo di permanenza all’estero necessario per l’incontro con il minore e per gli adempimenti relativi alla procedura di adozione;

oppure

-        entro i 5 mesi successivi all’ingresso del minore in Italia, ferma restando comunque la durata complessiva del congedo;

§      che la lavoratrice che nel periodo di permanenza all’estero non abbia richiesto o abbia richiesto solo in parte la fruizione del congedo di maternità, possa in alternativa fruire di un congedo non retribuito, senza diritto ad indennità (nuovo comma 4);

§      che l’ente autorizzato a curare la procedura di adozione internazione abbia l’obbligo di certificare la durata del periodo di permanenza all’estero della lavoratrice (nuovo comma 5);

§      che, nel caso di affidamento di minore, il congedo di maternità può essere fruito nei primi 5 mesi dall’affidamento, per un periodo massimo comunque di 3 mesi (nuovo comma 6).

 

Pertanto le principali modifiche introdotte rispetto alla normativa vigente possono essere individuate:

§      nel caso di adozione, sia nazionale sia internazionale, nella estensione a 5 mesi (rispetto ai 3 mesi attualmente previsti) del periodo massimo di spettanza del congedo di maternità. Viene al riguardo precisato dalla norma che il congedo, nel caso di adozione nazionale, deve essere fruito durante i primi 5 mesi successivi all’ingresso del minore in famiglia, mentre nel caso di adozione internazionale può essere fruito anche prima dell’ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all’estero richiesto per l’incontro con il minore e gli adempimenti relativa al procedimento di adozione, ma comunque deve essere fruito entro i 5 mesi successivi all’ingresso del minore in Italia;

§      nel caso di adozione nazionale, nella eliminazione del limite di età del minore per fruire del congedo di maternità (mentre attualmente è previsto il limite massimo di 6 anni di età);

§      nel caso di affidamento - fermo restando il periodo massimo di spettanza di 3 mesi – nella previsione che il congedo deve essere fruito entro 5 mesi dall’affidamento (e non più entro 3 mesi come attualmente previsto).

Congedo di paternità

Il comma 3 sostituisce interamente l’articolo 31 del D.Lgs. 151 del 2001, in modo da coordinarne la formulazione con le novelle disposte dal comma 1 relativamente agli articoli 26 e 27 del medesimo decreto.

 

Il testo vigente del richiamato articolo 31 dispone che il congedo di cui agli articoli 26, comma 1, e 27, comma 1, in precedenza richiamati, che non sia stato chiesto dalla lavoratrice, spetta, alle medesime condizioni, al lavoratore (comma 1). Al contempo, lo stesso articolo (comma 2) riconosce il diritto, alle medesime condizioni, del lavoratore di fruire del congedo non retribuito di cui all'articolo 27, comma 2. Infine (comma 3), al lavoratore, alle medesime condizioni previste dai commi 1 e 2, è riconosciuto il diritto al congedo di paternità di cui all’articolo 28. Tale articolo prevede il diritto, per il padre lavoratore, di astensione dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre (comma 1). Inoltre (comma 2), il padre lavoratore che intenda avvalersi del richiamato diritto ha l’obbligo di presentare al datore di lavoro la certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono, il padre lavoratore ne rende dichiarazione ai sensi dell'articolo 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445[134], concernente le dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà.

 

Il nuovo testo dell’articolo 31 del D.Lgs. 151 del 2001, confermando sostanzialmente quanto già previsto dalla disciplina vigente, stabilisce:

§      che il congedo di maternità, così come disciplinato dal nuovo articolo 26, se non richiesto dalla lavoratrice spetta, alle medesime condizioni, al lavoratore (comma 1);

§      che il congedo non retribuito, di cui al nuovo articolo 26, comma 4, spetta, alle medesime condizioni, anche al lavoratore. Anche in questo caso, si prevede che spetta all’ente autorizzato a curare la procedura di adozione internazione certificare la durata del periodo di permanenza all’estero del lavoratore (comma 2).

 

Si evidenzia tuttavia che, rispetto al testo vigente, viene omesso la previsione secondo cui i congedi in questione spettano anche nei casi di affidamento (non viene infatti richiamato il comma 6 del nuovo articolo 26).

Si consideri inoltre che il nuovo testo dell’articolo 31 non fa alcun riferimento alla fattispecie di cuiall’articolo 28 del D.Lgs. 151 del 2001, che disciplina il diritto del dipendente di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.

Congedo parentale

I commi 4 e 5, dell’articolo in esame recano modifiche alla disciplina relativa ai congedi parentali nei casi di adozione e di affidamento, a tal fine provvedendo rispettivamente a sostituire l’articolo 36 e ad abrogare l’articolo 37 del D.Lgs. 151/2001. La nuova disciplina introdotta riguarda sia le adozioni nazionali sia le adozioni internazionali.

 

Il richiamato articolo 36 prevede che il congedo parentale, di cui agli articoli 32-38 dello stesso D.Lgs. 151 del 2001, spetta anche per le adozioni e gli affidamenti (comma 1). Lo stesso articolo eleva altresì il limite di età di 3 anni, relativo all’indennità erogata alle lavoratrici e ai lavoratori durante i periodi di congedo parentale, di cui all’articolo 34, comma 1, a 6 anni. In ogni caso, il congedo parentale può essere fruito nei primi 3 anni dall'ingresso del minore nel nucleo familiare (comma 2). Infine, il comma 3 dispone che, qualora, all'atto dell'adozione o dell'affidamento, il minore abbia un'età compresa fra i 6 e i 12 anni, il congedo parentale è fruito nei primi 3 anni dall'ingresso del minore nel nucleo familiare.

Il successivo articolo 37 dispone che, in caso di adozione e di affidamento preadottivo internazionali, si applicano le disposizioni del precedente articolo 36. Inoltre, l'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del congedo parentale.

Per quanto attiene al congedo parentale, si ricorda che l’articolo 32, comma 1, del D.Lgs. 151 del 2001 dispone che per ogni bambino, nei primi suoi 8 anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro secondo determinate modalità. I relativi congedi parentali dei genitori non possono complessivamente eccedere il limite di 10 mesi, fatto salvo quanto disposto dal successivo comma 2. In relazione al limite richiamato, il diritto di astenersi dal lavoro compete:

a)    alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi;

b)    al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi, elevabile a 7 nel caso di cui al successivo comma 2;

c)    qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 10 mesi.

 

Il successivo comma 2 prevede l’elevazione del limite complessivo dei congedi parentali dei genitori a 11 mesi nel caso in cui il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a 3 mesi

Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al precedente comma 1, inoltre, il genitore è tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi, e comunque con un periodo di preavviso non inferiore a 15 giorni (comma 3).

Infine, il comma 4 dispone che il congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.

Si ricorda, per quanto attiene al trattamento economico, che l’articolo 34, comma 1, del D.Lgs. 151 del 2001, ha previsto che per i periodi di congedo parentale alle lavoratrici e ai lavoratori è dovuta fino al terzo anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30% della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi. Ai sensi del comma 2, si applica il comma 1 per tutto il periodo di prolungamento fino a tre anni del congedo parentale nel caso di lavoratrice madre o, in alternativa, di lavoratore padre di minore con handicap in situazione di gravità, di cui all'articolo 33.

Inoltre, lo stesso articolo (comma 3) dispone che, per i periodi di congedo parentale ulteriori rispetto a quanto previsto ai commi 1 e 2, è dovuta un'indennità pari al 30% della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria. Il reddito è determinato secondo i criteri previsti in materia di limiti reddituali per l'integrazione al minimo.

 

Il nuovo testo dell’articolo 36 prevede:

§      che il congedo parentale in precedenza richiamato spetta anche in caso di adozione, nazionale ed internazionale, e affidamento (nuovo comma 1);

§      che il congedo parentale possa essere fruito dai genitori adottivi e affidatari, qualunque sia l’età del minore, entro 8 anni dall’ingresso dello stesso in famiglia, e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore età (nuovo comma 2);

§      che l’indennità erogata alle lavoratrici e ai lavoratori durante i periodi di congedo parentale, di cui all’articolo 34, comma 1 (pari al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi), è dovuta, per il periodo massimo complessivo previsto dallo stesso articolo, nei primi 3 anni dall’ingresso del minore in famiglia (nuovo comma 3).

 

Le principali modifiche rispetto alla disciplina vigente possono essere così sintetizzate:

§      si prevede che il congedo parentale può esser fruito, qualunque sia l’età del minore, entro 8 anni dall’ingresso del minore in famiglia e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore età (mentre la vigente normativa prevede che il congedo può essere fruito, purché il minore abbia al momento dell’adozione o dell’affidamento un’età non superiore a 12 anni, entro 3 anni dall’ingresso del minore in famiglia);

§      si dispone che l’indennità per i periodi di congedo parentale di cui all’articolo 34, comma 1 - pari al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi – spetta nei primi 3 anni dall’ingresso del minore in famiglia a prescindere dall’età del minore (viene quindi eliminata la previsione della normativa vigente in base alla quale tale indennità spetta sino al limite massimo di età di 6 anni del bambino).

 

Si ricorda infine che disposizioni concernenti il D.Lgs. 151 del 2001 sono contenuti anche nel successivo articolo 111, alla cui scheda di lettura si rimanda.


Articolo 101
(Tutela degli utenti dei servizi pubblici locali)

 


1. Al fine di tutelare i diritti dei consumatori e degli utenti dei servizi pubblici locali e di garantire la qualità, l'universalità e l'economicità delle relative prestazioni, in sede di stipula dei contratti di servizio gli enti locali sono tenuti ad applicare le seguenti disposizioni:

a) previsione dell'obbligo per il soggetto gestore di emanare una «Carta della qualità dei servizi», da redigere e pubblicizzare in conformità ad intese con le associazioni di tutela dei consumatori e con le associazioni imprenditoriali interessate, recante gli standard di qualità e di quantità relativi alle prestazioni erogate così come determinati nel contratto di servizio, nonché le modalità di accesso alle informazioni garantite, quelle per proporre reclamo e quelle per adire le vie conciliative e giudiziarie nonché le modalità di ristoro dell'utenza, in forma specifica o mediante restituzione totale o parziale del corrispettivo versato, in caso di inottemperanza;

b) consultazione obbligatoria delle associazioni dei consumatori;

c) previsione che sia periodicamente verificata, con la partecipazione delle associazioni dei consumatori, l'adeguatezza dei parametri quantitativi e qualitativi del servizio erogato fissati nel contratto di servizio alle esigenze dell'utenza cui il servizio stesso si rivolge, ferma restando la possibilità per ogni singolo cittadino di presentare osservazioni e proposte in merito;

d) previsione di un sistema di monitoraggio permanente del rispetto dei parametri fissati nel contratto di servizio e di quanto stabilito nelle Carte della qualità dei servizi, svolto sotto la diretta responsabilità dell'ente locale o dell'ambito territoriale ottimale, con la partecipazione delle associazioni dei consumatori ed aperto alla ricezione di osservazioni e proposte da parte di ogni singolo cittadino che può rivolgersi, allo scopo, sia all'ente locale, sia ai gestori dei servizi, sia alle associazioni dei consumatori;

e) istituzione di una sessione annuale di verifica del funzionamento dei servizi tra ente locale, gestori dei servizi ed associazioni dei consumatori nella quale si dia conto dei reclami, nonché delle proposte ed osservazioni pervenute a ciascuno dei soggetti partecipanti da parte dei cittadini;

f) previsione che le attività di cui alle lettere b), c) e d) siano finanziate con un prelievo a carico dei soggetti gestori del servizio, predeterminato nel contratto di servizio per l'intera durata del contratto stesso.

 


 

 

L’articolo 101, introdotto al Senato, prevede una serie di prescrizioni rivolte agli enti locali al fine di incrementare la tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti dei servizi pubblici locali, implementando qualità, universalità ed economicità delle relative prestazioni.

 

Giova ricordare brevemente che nel corso della XIV legislatura sono stati approvati due interventi di riordino complessivo volti alla liberalizzazione della gestione dei servizi pubblici locali.

La “prima” riforma dei servizi pubblici locali è stata attuata dall’art. 35 della L. 448/2001 , legge finanziaria per il 2002, recante un complesso di disposizioni concernenti sia la proprietà e la gestione delle reti, sia l’erogazione dei servizi. In tale ambito appare di particolare rilievo rammentare l’introduzione del principio generale secondo il quale l’erogazione dei servizi di rilevanza industriale avviene in regime di concorrenza e attraverso l’affidamento del servizio.

A differenza dell’esercizio dei servizi pubblici, completamente liberalizzato, gli enti locali mantengono un notevole controllo sulle reti e le altre infrastrutture (in parte attenuato dall’art. 35 che ha introdotto anche in questo campo alcuni elementi di concorrenza), considerato che l’ente locale titolare del servizio rimane proprietario delle reti e degli impianti necessari all’erogazione del servizio.

La “seconda” riforma dei servizi pubblici locali è stata adottata nell’ambito del D.L. 269/2003 , il cosiddetto decreto per la competitività, ed in particolare dall’articolo 14.

Ulteriori modifiche all’art. 113 del testo unico sono state introdotte - poco dopo la conversione del D.L. 269 – dall’art. 4, co. 234, della legge finanziaria per il 2004

Si segnala, infine, che presso l’Assemblea del Senato è incardinato un disegno di legge recante “Delega al Governo per il riordino dei servizi pubblici locali” (A.S. n.772) nel quale, come si evince dalla relazione di accompagno, “entrano in gioco da protagonisti gli utenti dei servizi pubblici locali, con la obbligatorietà della adozione da parte di ciascun gestore di una carta dei servizi che indichi:

-    modalità di accesso alle informazioni;

-    modalità di reclamo;

-    modalità per adire le vie conciliative e giudiziarie;

-    livelli minimi di ciascun servizio;

-    modalità di ristoro dell’utenza (in forma specifica o mediante restituzione totale o parziale del corrispettivo versato, in caso di inottemperanza)”.

L’intento del d.d.l. pendente presso il Senato appare, pertanto, il rafforzamento del diritto di cittadinanza, della qualità dei servizi, l’apertura al confronto con le associazioni dei consumatori e delle imprese, con le quali deve essere concordata la stessa carta. La carta, prosegue la relazione, viene introdotta “non come un vuoto vademecum privo di effetti sul piano pratico, perché dall’osservanza della carta si fa discendere lo stesso perdurare dell’affidamento, insieme alla valutazione della soddisfazione degli utenti alla luce dell’evasione dei reclami presentati dalle rilevazioni mediante sondaggi caratterizzati dalla maggiore obbiettività e compilati sotto la vigilanza dell’ente locale e delle autorità nazionali di regolazione.

Più specificamente, l’articolo 3 del suddetto disegno di legge, come modificato dalla I° Commissione Affari Costituzionali del Senato, alla lettera a) del comma 1 prevede che ogni soggetto gestore di servizio pubblico locale debba tempestivamente pubblicizzare mediante mezzi idonei, a pena di revoca dell’affidamento, una carta dei servizi resi all’utenza, approvata dall’Autorità competente e adottata in conformità ad intese con le associazioni di tutela dei consumatori e con le associazioni imprenditoriali interessate, che indichi anche le modalità di accesso alle informazioni garantite, quelle per porre reclamo e quelle per adire le vie conciliative e giudiziarie, nonché i livelli minimi garantiti per ciascun servizio e le modalità di ristoro dell’utenza, mediante meccanismi di rimborso automatico ovvero in forma specifica o mediante restituzione totale o parziale del corrispettivo versato, in caso di inottemperanza, avendo particolare riguardo alle categorie deboli e in specie ai diversamente abili.

 

L’articolo in esame prevede che, in sede di stipula dei contratti di servizio, gli enti locali sono tenuti al rispetto delle seguenti disposizioni:

a)  il soggetto gestore è tenuto ad emanare una "Carta della qualità dei servizi", redatta e pubblicizzata sulla base di intese con le associazioni di tutela dei consumatori e con le associazioni imprenditoriali interessate, dalla quale si possano evincere gli standard di qualità e di quantità relativi alle prestazioni erogate così come determinati nel contratto di servizio, nonché le modalità di accesso alle informazioni garantite, con particolare riferimento a quelle concernenti la proposizione dei reclami e quelle per adire le vie conciliative e giudiziarie nonchè le modalità di ristoro dell'utenza, in forma specifica o mediante restituzione totale o parziale del corrispettivo versato, in caso di inottemperanza;

 

Ai sensi dell’art. 11 del D.L. 30 luglio 1999, n. 286, i soggetti che erogano servizi di pubblica utilità sono tenuti ad adottare una Carta dei Servizi secondo gli schemi emanati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con la quale assumono nei confronti dell'utente impegni diretti a garantire predeterminati e controllabili livelli di qualità delle prestazioni.

Si ricorda che in data 27 gennaio 1994, attraverso una Direttiva della Presidenza del Consiglio sono stati recepiti le regole ed i principi di un documento di studio del governo Ciampi, in seguito ulteriormente recepiti in altre leggi (v. art. 2, D.L. n. 165/1995, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 273/1995, articolo successivamente abrogato e sostituito dall'art. 11, D.Lgs. n. 286/1999; L. n. 481/1995 sui poteri delle Autorità di regolazione), che hanno definitivamente sanzionato l'obbligo legislativo di adottare le carte dei servizi.

La c.d. direttiva Ciampi, relativa ai "Principi sull'erogazione dei servizi pubblici", ha fissato i principi cui deve essere progressivamente uniformata l'erogazione dei servizi pubblici, anche se svolti in regime di concessione, a tutela delle esigenze dei cittadini che possono fruirne nel rispetto delle esigenze di efficienza e imparzialità cui l'erogazione deve uniformarsi. Il rispetto di detti principi deve essere assicurato dalle amministrazioni pubbliche nell'esercizio dei loro poteri di direzione, controllo e vigilanza.

Nella direttiva viene affermato, per la prima volta, mutuando in gran parte dall'esperienza britannica, il principio in base al quale "le aziende si impegnano nei confronti del cittadino-utente a fornire determinati livelli di servizio ed a garantire precise forme di tutela…" ed "i soggetti erogatori danno immediato riscontro all'utente circa le segnalazioni e le proposte da esso formulate".

I punti fondamentali della Direttiva possono così sintetizzarsi:

§       enunciazione dei principi fondamentali cui devono attenersi i soggetti che erogano un servizio pubblico;

§       adozione degli standard di qualità e quantità del servizio ed indicazione di eventuali fattori esterni che potrebbero incidere significativamente sul conseguimento degli standard. Tali standard devono essere sottoposti a verifica con gli utenti in adunanze pubbliche e devono essere periodicamente aggiornati

§       semplificazione delle procedure relative agli atti concernenti la prestazione di servizio pubblici, con un espresso riferimento alla semplificazione e all'informatizzazione dei sistemi di prenotazione e delle forme di pagamento delle prestazioni

Il citato articolo 2 della legge 273/1995, dalla rubrica "qualità dei servizi pubblici", prevedeva che con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri venissero emanati schemi generali di riferimento delle carte dei servizi pubblici predisposti dal Dipartimento della funzione pubblica d'intesa con le singole amministrazioni interessate.

Successivamente, l'art. 11 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 286, ha abrogato il suddetto articolo 2 della legge 273/1995, prevedendo al comma 2 che "le modalità di definizione, adozione e pubblicizzazione degli standard di qualità, i casi e le modalità di adozione delle carte dei servizi, i criteri di misurazione della qualità dei servizi, le condizioni di tutela degli utenti, nonché i casi e le modalità di indennizzo automatico e forfettario all'utenza per mancato rispetto degli standard di qualità sono stabilite con direttive, aggiornabili annualmente, del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Un ultimo importante aspetto delle carte dei servizi che va ancora segnalato, e del quale al momento non si conoscono risvolti giurisdizionali significativi ha riguardo alla carta dei servizi come strumento di tutela dell'utente. Infatti, tra le esigenze cui si ritiene dovrebbero rispondere le carte dei servizi vi è anche quella di assicurare un sostegno delle aspettative dei cittadini ad una prestazione del servizio pubblico secondo regola d'arte. In questo senso le carte dei servizi potrebbero contribuire a puntualizzare e specificare l'obbligo di prestare il servizio, che non è più quello di erogare una prestazione qualunque, ma una prestazione con caratteristiche oggettivamente stabilite.

 

b)  gli enti locali sono tenuti a consultare le associazioni dei consumatori.

 

In merito a quanto sopra si ricorda che Il cd. Codice del Consumo (D.Lgs.206/2005) nella Parte V (artt.136-141), raccoglie le norme in materia di associazioni dei consumatori e di accesso alla tutela giurisdizionale. In tale ambito, oltre alle norme in materia di azioni inibitorie e legittimazione ad agire delle associazioni dei consumatori, particolare rilievo assume l’articolo 141 che, in attuazione di quanto previsto dal criterio di delega di cui all'articolo 7, comma 1, lett d) della legge n.229/2003, reca disposizioni in tema di composizione extragiudiziale delle controversie, prevedendo l’attivazione di tali forme di composizione extragiudiziale allo scopo di deflazionare il carico di contenzioso pendente e di agevolare la rapida soluzione delle liti.

Tra le disposizioni più innovative della legge si ricordano il riconoscimento della legittimazione delle associazioni di consumatori ad agire in giudizio per la tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti (articolo 3) e l’istituzione di un apposito organismo, il "Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti", presso il MAP, con il compito di svolgere tra l’altro attività consultive e di ricerca (articolo 4).

 

c)  obbligo per il soggetto gestore, con la partecipazione delle associazioni dei consumatori, di verificare periodicamente l'adeguatezza dei parametri quantitativi e qualitativi del servizio erogato, fissati nel contratto di servizio, alle esigenze dell'utenza cui il servizio stesso si rivolge con la possibilità per ogni singolo cittadino di far conoscere osservazioni e proposte in merito;

d)  obbligo di approntare un sistema di monitoraggio permanente in ordine al rispetto dei parametri fissati nel contratto di servizio e di quanto stabilito nelle "Carte della qualità dei servizi" con una responsabilità diretta in capo all'ente locale od ambito territoriale ottimale prevedendo la partecipazione delle associazioni dei consumatori come pure  la ricezione di osservazioni e proposte da parte di ogni singolo cittadino che potrà rivolgersi, allo scopo, tanto all'ente locale quanto a gestori dei servizi ed associazioni dei consumatori;

e)  previsione dell’obbligo per il soggetto gestore di istituire una sessione annuale di verifica del funzionamento dei servizi tra ente locale, gestori dei servizi ed associazioni dei consumatori nella quale si dia conto di reclami, proposte ed osservazioni pervenute, da parte dei cittadini, a ciascuno dei soggetti partecipanti;

f)   le attività di cui alla lettere b), c) e d) dovranno essere finanziate con un prelievo a carico dei soggetti gestori del servizio predeterminato nel contratto di servizio per l'intera durata del contratto stesso».

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

L’8 febbraio 2007 la Commissione ha presentato il Libro verde “Revisione dell’acquis relativo ai consumatori”

Il 13 marzo 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione Strategia per la politica dei consumatori dell’UE 2007-2013. Maggiori poteri per i consumatori, più benessere e tutela più efficace” (COM(2007)99)

 

Per il contenuto dei due documenti si veda il paragrafo Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativo all’articolo 99.


Articolo 102
(Modifica dell’articolo 1, comma 1251,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296)

 


1. All'articolo 1, comma 1251, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono aggiunte le seguenti lettere:

«c-bis) favorire la permanenza od il ritorno nella comunità familiare di persone parzialmente o totalmente non autosufficienti in alternativa al ricovero in strutture residenziali socio-sanitarie. A tal fine il Ministro delle politiche per la famiglia, di concerto con i Ministri della solidarietà sociale e della salute, promuove, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, una intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, avente ad oggetto la definizione dei criteri e delle modalità sulla base dei quali le regioni, in concorso con gli enti locali, definiscono ed attuano un programma sperimentale di interventi al quale concorrono i sistemi regionali integrati dei servizi alla persona;

c-ter) finanziare iniziative di carattere informativo ed educativo volte alla prevenzione di ogni forma di abuso sessuale nei confronti di minori, promosse dall'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile di cui all'articolo 17, comma 1-bis, della legge 3 agosto 1998, n. 269».

 


 

 

L’articolo in esame, introdotto dal Senato, aggiunge all’articolo 1, comma 1251, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), le lettere c- bis) e c-ter), volte ad ampliare il novero delle finalità alle quali sono destinate le risorse del Fondo per le politiche della famiglia.

 

Il Fondo per le politiche per la famiglia è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio[135] con uno stanziamento di 3 milioni di euro nel 2006 e di 10 milioni annui dal 2007, dall’articolo 19, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223[136].

Successivamente, il comma 1250 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) ha integrato le citate risorse attraverso uno stanziamento di 210 milioni di euro per l’anno 2007 e di 180 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

Tali risorse sono utilizzate per le seguenti finalità:

§       istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia, prevedendo la partecipazione delle amministrazioni statali, delle regioni, degli enti locali e del terzo settore;

§       iniziative di conciliazione del tempo di vita e lavoro di cui alla legge 8 marzo 2000, n. 53;

§       iniziative per la riduzione dei costi dei servizi per le famiglie con numero di figli pari o superiore a quattro;

§       iniziative di sostegno dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, dell’Osservatorio per l’infanzia e del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia[137];

§       valorizzazione delle iniziative degli enti locali ed imprese in materia di politiche familiari;

§       sostegno delle adozioni internazionali e della Commissione per le adozioni.

Il comma 1251 del medesimo articolo 1 della citata legge n. 296 del 2007 ha previsto, inoltre, che il Ministro per le politiche della famiglia utilizzi il Fondo per le seguenti ulteriori finalità:

§      finanziare, d’intesa con le altre amministrazioni statali e con la Conferenza unificata, un piano nazionale per la famiglia, acquisire indicazioni per il piano medesimo e verificarne l’efficacia, mediante l’organizzazione, con cadenza biennale, di una Conferenza nazionale sulla famiglia;

§      realizzare, in collaborazione con il Ministro della salute, un’intesa in sede di Conferenza unificata, relativa alla riorganizzazione dei consultori familiari;

§      promuovere un accordo in sede di Conferenza Stato-regioni, d’intesa con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della pubblica istruzione, per la qualificazione del lavoro delle assistenti familiari.

Da ultimo, i commi 1252 e 1253 dell’articolo 1della citata legge n. 296 del 2006prevedono, rispettivamente, che il riparto delle risorse del Fondo per le politiche della famiglia, per gli interventi previsti ai citati commi 1250 e 1251, è effettuato con decreto del Ministro delle politiche della famiglia e che lo stesso Ministro disciplina con proprio regolamento l’organizzazione amministrativa e scientifica dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia.

 

La nuova lettera c-bis) prevede che le risorse del Fondo per le politiche della famiglia siano utilizzate, tra l’altro, per la permanenza o il ritorno nella comunità familiare di soggetti (parzialmente o totalmente) non autosufficienti, in alternativa al ricovero in strutture residenziali socio-sanitarie.

Si prevede, altresì, che il Ministro delle politiche per la famiglia, di concerto con i Ministri della solidarietà sociale e della salute, promuove, una intesa in sede di Conferenza unificata[138], avente ad oggetto la definizione dei criteri e delle modalità sulla base dei quali le regioni, in concorso con gli enti locali, definiscono ed attuano un programma sperimentale di interventi al quale concorrono i sistemi regionali integrati dei servizi alla persona.

La lettera c-ter) stabilisce che le disponibilità del Fondo per le politiche della famigliasiano destinate, altresì, alle iniziative di carattere informativo ed educativo, volte alla prevenzione di ogni forma di abuso sessuale nei confronti di minori, promosse dall’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile di cui all’articolo 17, comma 1-bis, della legge 3 agosto 1998, n. 269.

 

Ai sensi dell’articolo 17, comma 1-bis, della legge 3 agosto 1998, n. 269 (Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù), come modificato dalla legge legge 6 febbraio 2006, n. 38[139], è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri l'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile con il compito di acquisire e monitorare i dati e le informazioni relativi alle attività, svolte da tutte le pubbliche amministrazioni, per la prevenzione e la repressione della pedofilia.

A tale fine, è autorizzata l'istituzione presso l'Osservatorio di una banca dati per raccogliere, con l'apporto dei dati forniti dalle amministrazioni, tutte le informazioni utili per il monitoraggio del fenomeno. Con decreto ministeriale sono definite la composizione e le modalità di funzionamento dell'Osservatorio nonché le modalità di attuazione e di organizzazione della banca dati, anche per quanto attiene all'adozione dei dispositivi necessari per la sicurezza e la riservatezza dei dati.

 

Con decreto ministeriale 2 luglio 2007 sono stati ripartiti gli stanziamenti per il 2007 di cui al Fondo delle politiche per la famiglia.

La tabella C allegata al disegno di legge finanziaria per il 2008 prevede che lo stanziamento del Fondo per le politiche della famiglia ammonta a 280 milioni di euro per il 2008[140].

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Non autosufficienti e disabili gravi

La Commissione ha presentato, il 28 novembre 2005, la comunicazione “La situazione dei disabili nell’Unione europea allargata: il piano d’azione europeo 2006-2007 (COM(2005) 604), a conclusione dell’Anno europeo dei disabili.

Obiettivo principale della comunicazione è migliorare l’integrazione attiva dei disabili grazie alla definizione di una serie di obiettivi e azioni prioritari. In particolare, il documento è inteso ad assicurare l’inclusione attiva, per il periodo 2006-2007, nell’ambito di quattro priorità: incoraggiare l’attività professionale; promuovere l’accesso a servizi di sostegno e di assistenza di qualità; promuovere l’accessibilità di beni e servizi; accrescere la capacità di analisi dell’UE.

Nell’ambito delle priorità delineate, la Commissione intende incoraggiare le strategie che facilitano l’adattamento e la reintegrazione nella vita professionale delle persone che diventano disabili nel corso della loro vita attiva nonché promuovere i servizi di riabilitazione, l’assistenza personale individualizzata e l’attrattiva del lavoro. Il piano d’azione, inoltre, mira a promuovere un’assistenza e servizi sociali accessibili, poco costosi e di qualità per le persone disabili, grazie ad un rafforzamento delle disposizioni sulla protezione sociale e l’inclusione nonché a sostenere la deistituzionalizzazione delle persone disabili ricoverate in grandi istituzioni e di voler promuovere servizi capaci di stabilire un appropriato equilibrio tra sicurezza, libertà ed autonomia.

La Commissione intende monitorare il seguito dell’attuazione delle azioni proposte grazie a un dialogo continuo con tutte le parti in causa. La valutazione intermedia del piano d’azione sarà presentata nel 2008.

Il 31 maggio 2006 si è conclusa una consultazione sul Libro verdeMigliorare la salute mentale dei cittadini. Verso una strategia sulla salute mentale per l’Unione europea” (COM (2005) 484). L’obiettivo del documento è avviare un dibattito tra le istituzioni europee, i governi, gli operatori sanitari, la società civile, le organizzazioni di pazienti e la comunità dei ricercatori per valutare la possibilità di presentare una proposta di strategia a favore della salute mentale per l’UE.

Nel sottolineare la rilevanza della salute mentale per il raggiungimento di alcuni degli obiettivi strategici dell’Unione (quali prosperità, solidarietà, giustizia sociale e qualità della vita dei cittadini), la Commissione propone che la futura strategia dell’UE sia incentrata[141], fra l’altro, sul miglioramento della qualità della vita delle persone affette da malattie psichiche o handicap, promuovendo l’inclusione sociale e la tutela dei loro diritti e della loro dignità (deistituzionalizzazione dei servizi psichiatrici, sostituzione degli istituti con strutture alternative a livello locale, formazione dei pazienti, delle famiglie e del personale ai fini di una partecipazione attiva mediante strategie di responsabilizzazione).

Il 6 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sul Libro verde  nella quale, fra l’altro: ritiene che, per migliorare la salute mentale e le condizioni dei pazienti, debbano essere garantiti basilari diritti sociali e civili, quali il diritto all’abitazione e un sostegno economico per coloro che non possono lavorare; evidenzia la necessità di riformare i servizi della salute mentale affinché poggino su un’assistenza di qualità, all’interno della famiglia o in centri protetti; sottolinea a tal fine la necessità di sostenere le cooperative formate da pazienti psichiatrici, e tutte le attività finalizzate all’inclusione di utenti ed ex pazienti; riconosce che gli enti locali hanno un ruolo centrale nella promozione della salute mentale, fornendo assistenza a quanti soffrono di una cattiva salute mentale all’interno delle comunità locali.

Il 14 giugno 2007 la Commissione ha presentato una proposta di decisione relativa a un programma di ricerca e sviluppo avviato da vari Stati membri per il miglioramento della qualità della vita degli anziani attraverso l’uso di tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) (COM(2007)329). Tra gli obiettivi della proposta vi è quello di favorire l’avvento di prodotti, servizi e sistemi innovativi basati sulle TIC per invecchiare bene, a casa, in comunità e sul lavoro, migliorando la qualità della vita, l’autonomia, la partecipazione alla vita sociale, le competenze e l’occupabilità degli anziani e riducendo i costi sanitari e dell’assistenza sociale.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è in attesa di essere esaminata dal Parlamento europeo. Il Consiglio ne ha iniziato la discussione il 28 settembre 2007.

Tutela dei minori

Nella comunicazione sugli obiettivi strategici 2005-2009 la Commissione ha posto i diritti dei minori al centro della sua attenzione: “Una particolare priorità consiste nell’efficace tutela dei diritti dei minori contro lo sfruttamento economico e tutte le forme di abuso. A tale riguardo, l’Unione dovrebbe fungere da esempio per il resto del mondo”[142].

Nel marzo 2006 il Consiglio europeo[143] ha chiesto agli Stati membri di ”adottare le misure necessarie per ridurre in modo rapido e significativo la povertà infantile, offrendo a tutti i bambini pari opportunità a prescindere dal loro ambiente sociale”.

Più in particolare, per quanto riguarda la lotta alla violenza e alla tratta di esseri umani, si segnala che con decisione n. 779 del 20 giugno 2007 è stato istituito il programma specifico per prevenire e combattere la violenza contro i bambini, i giovani e le donne e per proteggere le vittime e i gruppi a rischio (Daphne III)” nell’ambito del programma generale “Diritti fondamentali e giustizia”.

Il 18 ottobre 2005 la Commissione ha, inoltre, presentato una comunicazione (COM(2005)514) relativa ad un approccio integrato alla lotta contro la tratta degli esseri umani e alla definizione di un piano d’azione sulla materia. Il Parlamento europeo ha esaminato la comunicazione nella sessione plenaria del 17 gennaio 2006, approvando una risoluzione sulle strategie di prevenzione della tratta di donne e bambini, vulnerabili allo sfruttamento sessuale

Per quanto riguarda più approfonditamente il contenuto di tali atti, si veda, in particolare, il paragrafo sui documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativo all’articolo 55.

Infine, si ricorda che il 22 dicembre 2003 è stata adottata la decisione quadro 2004/68/GAI relativa alla lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia infantile.

La decisione prevede che gli Stati membri adottino le misure necessarie per punire i reati relativi allo sfruttamento sessuale dei bambini e i reati di pornografia infantile. Dispone inoltre che ciascuno Stato membro adotti le misure necessarie a fare sì che l’istigazione, il favoreggiamento e la complicità nella commissione di tali reati siano punibili.

Il 16 novembre 2007 la Commissione ha presentato la relazione  sulle misure adottate dagli Stati membri per adeguarsi a tale decisione quadro (COM(2007) 716).

La Commissione, in particolare, ritiene che, dati i recenti sviluppi nel campo delle tecnologie di comunicazione elettronica e dei novi problemi comparsi (tra i quali la manipolazione psicologica dei bambini a fini illeciti attraverso Internet), potrebbe considerare l’opportunità di aggiornare e rafforzare ulteriormente la decisione quadro 2004/68/GAI per quanto riguarda lo sfruttamento dei bambini e i reati correlati, in particolare quelli commessi attraverso reti di comunicazione elettronica e sistemi informatici (su cui si veda anche infra).

Protezione dei minori nei servizi audiovisivi e d’informazione in linea

Con la decisione n. 854 del 2005 è stato istituito un programma comunitario pluriennale (2005-2008) “Safer Internet Plus”, inteso a promuovere un uso più sicuro di Internet e delle nuove tecnologie in linea, in particolare per i bambini, e a lottare contro i contenuti illegali e i contenuti indesiderati dall’utente finale.

Il programma è articolato attorno alle seguenti azioni: lotta ai contenuti illegali; contrasto ai contenuti indesiderati e nocivi; promozione di un ambiente più sicuro; sensibilizzazione.

La dotazione finanziaria per l’esecuzione delle azioni comunitarie previste dal programma ammonta complessivamente a 45 milioni di euro.

 

Il 20 dicembre 2006 è stata adottata una raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio (2006/952/CE) relativa alla tutela dei minori e della dignità umana e al diritto di rettifica relativamente alla competitività dell’industria europea dei servizi audiovisivi e d’informazione in linea.

Il Parlamento europeo e il Consiglio, in particolare, raccomandano che gli Stati membri, per favorire lo sviluppo dell’industria dei servizi audiovisivi e d’informazione in linea, adottino le misure necessarie per assicurare la protezione dei minori e della dignità umana nell’insieme dei servizi audiovisivi e d’informazione in linea:

prendendo in considerazione l’introduzione di misure concernenti il diritto di rettifica o misure equivalenti in relazione ai mezzi di comunicazione in linea;

promuovendo, per incoraggiare la ripresa degli sviluppi tecnologici:

-        misure di incentivazione a favore dei minori per un utilizzo responsabile dei servizi audiovisivi e d’informazione in linea;

-        misure intese a facilitare l’identificazione di contenuti e servizi di qualità destinati ai minori;

-        la responsabilizzazione dei professionisti, degli intermediari e degli utenti dei nuovi mezzi di comunicazione;

-        misure per lottare contro ogni tipo di attività illecita su Internet che sia nociva per i minori.

Raccomandano, inoltre, che l’industria dei servizi audiovisivi e d’informazione in linea e le altre parti interessate sviluppino misure positive a favore dei minori.

 

Per i profili relativi agli aiuti alle famiglie si veda inoltre il paragrafo Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativo all’articolo 9, comma 32.


Articolo 103
(Sviluppo di un Piano contro la violenza alle donne)

 

1. Per l'anno 2008 è istituito un fondo con una dotazione di 20 milioni di euro, destinato a un Piano contro la violenza alle donne.

 

 

L'articolo 103, che non ha subito modifiche nel corso dell'esame in Senato, istituisce un fondo destinato ad un Piano contro la violenza alle donne e stanzia a tal fine 20 milioni di euro per l'anno 2008.

 

Si ricorda che l'art. 1, comma 1261, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007) stabiliva che una quota del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità[144], fosse destinato, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 , al Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere.

Tale articolo prevedeva poi che il Ministro per i diritti e le pari opportunità, con decreto emanato di concerto con i Ministri delle politiche sociali, del lavoro, della salute e della famiglia, stabilisse i criteri di ripartizione del Fondo, destinandone una quota parte all’istituzione di un Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale e di genere[145] e una quota parte al Piano d’azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere[146].

Al Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere sono stati assegnati 3 milioni di euro annui (DM 16 maggio 2007); con successivo decreto 3 agosto 2007 – tuttora in attesa di registrazione da parte della Corte dei conti – tale cifra è stata così ripartita: 800 mila euro all’Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale e di genere e 2,2 milioni di euro al Piano d’azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere.

 

Si ricorda inoltre che nel Documento di Programmazione economico-finanziaria 2008-2011, il Governo ha dichiarato di voler istituire, nel quadro delle compatibilità finanziarie, un fondo destinato a tre fondamentali linee di azione, tra le quali la promozione e la tutela dei diritti umani, nel cui ambito realizzare un programma specifico contro le molestie e la violenza. In tale quadro, anche al fine di monitorare forme di violenza e di abuso connesse a nuovi fondamentalismi, il Governo intende in particolare valorizzare l’Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale, operando in stretta connessione con la Conferenza unificata e con i movimenti e le associazioni interessate al problema.

Su questo argomento sono all'esame della Commissione Giustizia della Camera dei deputati numerose proposte di legge dirette, in particolare, al potenziamento degli strumenti relativi alla lotta contro la violenza sessuale e al rafforzamento della tutela delle vittime dei reati di violenza sessuale, anche attraverso l'individuazione nel nostro codice penale di una nuova fattispecie di reato in materia di "molestie assillanti" o "molestie insistenti".

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Con decisione n. 779 del 20 giugno 2007 è stato istituito il programma specifico per prevenire e combattere la violenza contro i bambini, i giovani e le donne e per proteggere le vittime e i gruppi a rischio (Daphne III)” nell’ambito del programma generale “Diritti fondamentali e giustizia”.

Il programma, istituito per il periodo dal 1º gennaio 2007 al 31 dicembre 2013 con una dotazione di 116,85 milioni di euro, prevede i seguenti obiettivi specifici:

-        prevenire e combattere tutte le forme di violenza che si verificano nel settore pubblico o privato contro i bambini, i giovani e le donne, adottando misure preventive e sostenendo le vittime e i gruppi a rischio;

-        promuovere azioni transnazionali.

Il 18 ottobre 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2005)514) relativa ad un approccio integrato alla lotta contro la tratta degli esseri umani e alla definizione di un piano d’azione sulla materia.

La comunicazione mira a potenziare l’impegno dell’Unione europea e degli Stati membri per la prevenzione e la lotta contro la tratta degli esseri umani, realizzata ai fini dello sfruttamento sessuale o dello sfruttamento di manodopera, conformemente alle definizioni riportate nella decisione quadro del 19 luglio 2002 relativa alla lotta contro la tratta degli esseri umani e alla tutela, assistenza e riabilitazione delle sue vittime.

Secondo il documento, per combattere efficacemente la tratta degli esseri umani è necessario un approccio integrato, che si fondi sul rispetto dei diritti umani e tenga conto della natura mondiale del fenomeno. Tale approccio richiede una risposta politica coordinata, segnatamente nel settore della libertà, sicurezza e giustizia, delle relazioni esterne, della cooperazione allo sviluppo, dell’occupazione, della parità tra uomo e donna e della non discriminazione. La comunicazione, inoltre, si propone di consolidare il dialogo tra settore pubblico e privato in materia.

La comunicazione della Commissione fa seguito agli orientamenti stabiliti in materia dal nuovo programma pluriennale per il rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell’Unione europea, il cosiddetto programma dell’Aja, adottato dal Consiglio europeo nel novembre 2004, che ha invitato il Consiglio e la Commissione a elaborare, nel 2005, un piano per stabilire norme comuni, migliori pratiche e meccanismi per prevenire e combattere la tratta degli esseri umani e potenziare la lotta contro l’immigrazione clandestina.

La comunicazione richiama l’attenzione, fra l’altro, sulla tratta delle bambine e sottolinea che le istituzioni dell’UE e gli Stati membri devono promuovere strategie specifiche di prevenzione sulla base della differenza di genere come un elemento chiave per combattere la tratta delle donne e delle bambine. Tali strategie, secondo la Commissione, dovrebbero prevedere l’attuazione dei principi di parità tra uomo e donna e l’eliminazione della domanda di tutte le forme di sfruttamento, compreso lo sfruttamento sessuale e quello della manodopera.

La comunicazione è in attesa di esame da parte del Consiglio.

Il Parlamento europeo ha esaminato la comunicazione nella sessione plenaria del 17 gennaio 2006, approvando una risoluzione sulle strategie di prevenzione della tratta di donne e bambini, vulnerabili allo sfruttamento sessuale, nella quale, tra l’altro:

-        sottolinea l'importanza, nel quadro della messa a punto e dell'attuazione delle strategie di prevenzione, di un approccio basato sui diritti umani e sull'integrazione della prospettiva di genere e che consideri l'infanzia nella sua specificità;

-        deplora che le misure adottate finora per contrastare il traffico degli esseri umani non abbiano portato alla riduzione del numero di donne e bambini sfruttati sul mercato della schiavitù sessuale. Al contrario, considera che la tratta degli esseri umani ai fini sessuali è l'attività criminale in più rapida crescita rispetto alle altre forme di criminalità organizzata dell'UE.

-        sollecita la Commissione e il Consiglio a predisporre una chiara base giuridica per la lotta contro ogni forma di violenza contro le donne, e chiede di rendere “integralmente comunitaria” la politica europea in materia di lotta alla tratta degli esseri umani. A questo proposito sono raccomandate l'instaurazione di una politica comune dell'UE incentrata sull'elaborazione di un quadro giuridico e l'applicazione delle norme regolamentari nonché sulle contromisure, la prevenzione, le azioni penali e la punizione dei responsabili, come pure sulla protezione e il sostegno alle vittime;

-        esorta gli Stati membri e la Commissione a continuare i propri studi sulle cause alla base della tratta degli esseri umani (in particolare di donne e bambini a fini sessuali);

-        sottolinea che è opportuno scoraggiare la domanda anche con misure a carattere educativo, giuridico, sociale e culturale. A questo proposito, nel sollecitare gli Stati membri ad affrontare “seriamente” i problemi derivanti dalla prostituzione nel loro territorio, il Parlamento europeo chiede loro di istituire linee telefoniche di assistenza nazionali ed internazionali contro la tratta delle donne, che potrebbero essere pubblicizzate nel quadro di campagne di informazione. Inoltre, evidenzia l'esigenza di un Telefono azzurro, vale a dire un unico numero internazionale gratuito destinato ai bambini[147];

-        esorta la Commissione e gli Stati membri a prendere con urgenza tutte le misure opportune per contrastare la tendenza a ricorrere alle nuove tecnologie, in particolare Internet, per divulgare informazioni sulla disponibilità e sulla domanda di donne e bambini per prestazioni sessuali, “il cui sviluppo incide sull'incremento della tratta”;

-        invita gli Stati membri a varare e/o rafforzare le campagne di sensibilizzazione miranti ad informare sui pericoli e ad educare i membri vulnerabili della società nei paesi di origine, ad allertare e sensibilizzare il pubblico al problema nonché a ridurre la domanda nei paesi di destinazione. Il Parlamento chiede poi che “la pratica degradante che consiste nell'acquisto e nello sfruttamento da parte di uomini, di donne e bambini” divenga oggetto di una campagna nell'ambito dei programmi comunitari. La Commissione, inoltre, è invitata a istituire, a livello dell'intera Unione, una giornata di lotta contro la tratta di esseri umani, contraddistinta da un logo internazionale e da un messaggio coerente, al fine di sensibilizzare la popolazione in generale al fenomeno della tratta di donne e bambini;

-        sottolinea l'importanza di affrontare la connessione tra traffico di esseri umani, immigrazione legale e immigrazione clandestina e di considerare le vie di immigrazione legale come un meccanismo di prevenzione della tratta. Gli Stati membri sono quindi invitati a rivedere le loro politiche in materia di visti, nella prospettiva di prevenire gli abusi e di assicurare una protezione contro lo sfruttamento. E' poi posto in luce il legame tra sfruttamento sessuale e sfruttamento del lavoro nel settore della fornitura di servizi domestici;

-        invita gli Stati membri ad applicare la legge e a rafforzare l'azione penale nei confronti dei trafficanti e dei loro complici. Inoltre, chiede un'azione repressiva contro gli autori delle pagine Internet in cui vengono proposti annunci di intermediari della tratta e di coloro che cercano di ottenere prestazioni sessuali da minori (la cui definizione deve essere omogenea in tutti gli Stati membri, vale a dire le persone di età inferiore ai 18 anni). Ritiene inoltre necessario perseguire il riciclaggio dei proventi della tratta e sottoporre a procedimenti penali i clienti che consapevolmente ricorrono alle prestazioni di prostitute coatte;

-        sottolinea che finora esiste solo in Italia ed in Belgio il diritto di soggiorno per le vittime della tratta delle donne dopo il processo contro i trafficanti e che, ai fini della testimonianza da parte delle vittime e della condanna dei responsabili, sarebbe necessario concedere il permesso di soggiorno in tutti gli Stati membri;

-        infine, esorta tutti gli Stati membri ad adottare, nel proprio diritto penale, atti normativi identici che contengano una chiara definizione giuridica della tratta dei bambini, basata sulle norme internazionalmente riconosciute, per evitare che il traffico di bambini venga considerato come una sottocategoria del traffico di esseri umani.

Il Parlamento europeo ha adottato, il 16 novembre 2006, una raccomandazione destinata al Consiglio sulla lotta contro la tratta degli esseri umani.


Articolo 104
(Fondo per le non autosufficienze)

 

1. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è incrementata di euro 100 milioni per l'anno 2008 e di euro 200 milioni per l'anno 2009.

 

 

L’articolo in esame, introdotto dal Senato, incrementa lo stanziamento del Fondo per le non autosufficienze, di cui all'articolo 1, commi 1264 e 1265, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007), per un importo pari a 100 milioni di euro per il 2008 e di 200 milioni di euro per il 2009.

 

Si ricorda che l'articolo 1, comma 1264, della citata legge n. 296 del 2006 ha previsto, al fine di garantire l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale con riguardo alle persone non autosufficienti, l’istituzione presso il Ministero della solidarietà sociale di uno specifico Fondo per le non autosufficienze, al quale è stata assegnata la somma di 100 milioni di euro per l'anno 2007 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

Il comma 1265 dello stesso articolo 1 della citata legge n. 296 del 2006 ha disposto, inoltre, che gli atti ed i provvedimenti concernenti l'impiego del Fondo sono adottati dal Ministro della solidarietà sociale, di concerto con il Ministro della salute, il Ministro delle politiche per la famiglia e il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Piano d’azione per i disabili

La Commissione ha presentato, il 28 novembre 2005, la comunicazione “La situazione dei disabili nell’Unione europea allargata: il piano d’azione europeo 2006-2007 (COM(2005)604), a conclusione dell’Anno europeo dei disabili nell’Europa allargata.

Per il contenuto della comunicazione vedi il paragrafo Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 102.


Articolo 105
(Misure in favore di soggetti con disabilità grave)

 

1. Una quota non inferiore al 4 per cento dei fondi destinati ai progetti di impiego dei volontari del servizio civile nazionale è riservata allo svolgimento del servizio previsto dall'articolo 40 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

2. Nell'ambito dei fondi destinati ai progetti di impiego dei volontari del servizio civile nazionale è stabilita una quota di riserva non inferiore al 30 per cento in favore dei progetti aventi finalità di assistenza diretta o indiretta a persone con disabilità fisica, psichica o sensoriale grave.

 

 

L’articolo 105, introdotto dal Senato, prevede, nell’ambito dei fondi per i progetti di impiego dei volontari del Servizio civile nazionale, due quote di riserva da destinare a finalità specifiche.

 

Il D.Lgs. 77/2002[148], dando attuazionealla delega recata dalla L. 64/2001[149], ha disciplinato il Servizio civile nazionale, definendo in particolare:

§       gli organi competenti in materia,

§       i requisiti e le modalità di accesso e di svolgimento del servizio,

§       la programmazione e gestione delle risorse finanziarie,

§       la natura del rapporto di servizio civile ed il relativo trattamento economico e giuridico,

§       la formazione dei giovani assegnati al servizio civile,

§       la valorizzazione del servizio prestato ai fini dello sviluppo formativo e dell’inserimento nel mondo del lavoro,

§       la disciplina del periodo transitorio.

In correlazione con tale disciplina, l’art. 3 della L. 3/2003[150], di poco successiva, ha soppresso l’Agenzia per il servizio civile (prevista dall’art. 10, co. 7-9, del D.Lgs. 303/1999[151], ma di fatto mai istituita), con ciò confermando il mantenimento dei compiti di organizzazione, attuazione e svolgimento del Servizio civile in capo all’Ufficio nazionale per il servizio civile, istituito dall’art. 8 della L. 230/1998[152] presso la Presidenza del Consiglio. I D.P.R. 31 luglio 2003 e 12 dicembre 2003 hanno provveduto in seguito alla riorganizzazione di tale ufficio[153].

Il recente D.L. 181/2006[154], nel quadro di un ampio riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri, ha da ultimo attribuito al Ministero della solidarietà sociale le funzioni in materia di Servizio civile nazionale già attribuite alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Il Servizio civile dura un anno ed è riservato ai giovani, senza distinzione di sesso, tra i 18 e i 28 anni di età. Esso è finalizzato a:

§       concorrere, in alternativa al servizio militare, alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari;

§       favorire la realizzazione dei principi costituzionali di solidarietà sociale;

§       promuovere la solidarietà e la cooperazione, a livello nazionale ed internazionale, con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona ed alla educazione alla pace fra i popoli;

§       partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio della Nazione, con particolare riguardo ai settori ambientale, anche sotto l’aspetto dell’agricoltura in zona di montagna, forestale, storico-artistico, culturale e della protezione civile;

§       contribuire alla formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani mediante attività svolte anche in enti ed amministrazioni operanti all’estero.

I volontari che prestano servizio civile aderiscono a progetti di impiego specifici predisposti da enti ed organizzazioni, pubblici e privati, che, tenendo conto del fine istitutivo del Servizio civile nazionale sopra citato, prevedono attività riconducibili a quattro ambiti di intervento:

§       assistenza;

§       ambiente e protezione civile;

§       cultura ed educazione;

§       estero.

 

Il comma 1 destina una quota non inferiore al 4 per cento allo svolgimento del servizio previsto dall'art. 40 della L. 289/2002 (legge finanziaria 2003). Ai sensi di tale disposizione, i volontari del servizio civile nazionale possono essere impiegati per lo svolgimento del servizio di accompagnamento ai ciechi civili che svolgano un'attività lavorativa o sociale o abbiano la necessità dell'accompagnamento per motivi sanitari, e che ne facciano richiesta.

 

La Tabella C allegata al disegno di legge finanziaria destina al Fondo nazionale per il servizio civile previsto dall’art. 19 della L. 230/1998 303,4 milioni di euro per l’anno 2008, 257,2 milioni di euro per l’anno 2009 e 257,2 milioni di euro per l’anno 2003.

Al riguardo, si segnala, inoltre, che nella relazione sull’organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile ai sensi della legge recante nuove norme in materia di obiezione di coscienza riferita all’anno 2006[155]è contenuta una dettagliata ricostruzione in ordine alla destinazione delle risorse previste per il finanziamento del servizio civile, evidenziandosi in particolare come alle spese di funzionamento dell’Ufficio nazionale per il servizio civile siano destinate somme inferiori al 5 per cento delle somme stanziate per il sevizio civile stesso. In questo quadro, la relazione rileva come l’assestamento al programma annuale per il 2006 abbia previsto spese complessive per 300,4 milioni di euro, di cui 291,2 milioni di euro sono stati destinati a spese istituzionali e 9,2 milioni di euro alle spese di funzionamento dell’Ufficio nazionale.

 

Il comma 2 destina un’ulteriore quota di riserva, non inferiore al 30 per cento, in favore dei progetti aventi finalità di assistenza diretta o indiretta a persone con disabilità fisica, psichica o sensoriale grave.

 

L’articolo 3 della legge n. 104 del 1992 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) definisce persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione (comma 1).

In particolare, qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità e definita come handicap grave. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici (comma 3).

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Si veda il paragrafo Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE (Non autosufficienti e disabili gravi) relativo all’art. 102.


Articolo 106
(Investimenti degli enti previdenziali in campo immobiliare)

 


1. A decorrere dall'anno 2008, al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti in sede europea, indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria e nelle relative note di aggiornamento, gli enti previdenziali pubblici possono effettuare investimenti immobiliari, esclusivamente in forma indiretta e nel limite del 7 per cento dei fondi disponibili.

2. Le somme accantonate per piani di impiego già approvati dai Ministeri vigilanti, a fronte delle quali non sono state assunte obbligazioni giuridicamente perfezionate, sono investite nella forma ed entro il limite di cui al comma 1.

3. Al fine di consentire agli enti previdenziali pubblici di realizzare gli investimenti in forma indiretta, le quote di fondi immobiliari o le partecipazioni in società immobiliari da essi acquisite, ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, e di altre norme speciali in materia, nonché del comma 1 del presente articolo, non costituiscono disponibilità depositate a qualunque titolo presso le aziende di credito ai fini del calcolo del limite del 3 per cento di cui al primo comma dell'articolo 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119, e successive modificazioni, e di quello eventualmente stabilito con il decreto di cui all'ottavo comma dello stesso articolo 40.

4. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, previa valutazione della compatibilità con gli obiettivi di cui al comma 1, può essere autorizzato il superamento del limite di cui al medesimo comma 1.

5. A decorrere dal 1o gennaio 2008 non si applicano le percentuali fissate da precedenti disposizioni per gli impieghi delle risorse disponibili.

 


 

 

L’articolo 106 reca norme volte ad assicurare un utilizzo dei fondi disponibili cumulati dagli enti previdenziali in termini compatibili con l’obiettivo di debito assunto dall’Italia in sede europea.

 

In particolare, il comma 1 dispone che, al fine di garantire gli obiettivi di finanza pubblica stabiliti a livello europeo indicati del DPEF, gli enti previdenziali, a decorrere dal l’anno 2008, possono effettuare investimenti immobiliari esclusivamente in forma indiretta e nel limite del 7% dei fondi disponibili.

 

Il comma 2 precisa che anche le somme accantonate per piani di impiego già approvati dai Ministeri vigilanti, a fronte dei quali sono state assunte obbligazioni, possono essere investite nella forma ed entro il limite di cui al comma precedente.

 

Il comma 3 dispone che, al fine di consentire agli enti previdenziali pubblici di realizzare gli investimenti in forma indiretta, le quote di fondi immobiliari o le partecipazioni in società immobiliari da essi acquisite ai sensi dell’articolo 11 del D.Lgs. 16 febbraio 1996, n. 104[156] e di altre norme speciali in materia, nonché del comma 1 dell’articolo in esame, non concorrono a determinare il limite del 3% (rispetto all’ammontare delle entrate previste dal bilancio di competenza degli enti medesimi) relativo alle disponibilità depositate a qualunque titolo presso le aziende di credito, di cui al primo comma dell’articolo 40 della L. 30 marzo 1981, n. 119[157], né l’ulteriore limite eventualmente stabilito con decreto ministeriale ai sensi dell’ottavo comma dello stesso articolo 40.

 

Il richiamato articolo 11 del D.Lgs. 104/1996 prevede l’obbligo, per gli enti di previdenza, di realizzare investimenti nel settore immobiliare, fatti salvi i piani di investimento in atto e gli acquisti di immobili adibiti a uso strumentale, esclusivamente in via indiretta, in particolare tramite la sottoscrizione di quote di fondi immobiliari e partecipazioni minoritarie in società immobiliari, nel rispetto delle disposizioni previste da specifiche norme in materia di impiego di parte dei fondi disponibili per finalità di pubblico interesse (comma 1).

In particolare, gli investimenti devono essere diversificati, in modo da minimizzare il rischio (comma 2). In nessun caso la partecipazione può riguardare il capitale delle società indipendenti di gestione e delle società di intermediazione disciplinate dallo stesso D.Lgs. 104 del 1996.

Tenuto conto che l'individuazione dei fondi di investimento immobiliare e delle società immobiliari è motivata con le specifiche caratteristiche di solidità finanziaria, specializzazione e professionalità dei contraenti prescelti (comma 3), gli enti previdenziali possono destinare una percentuale, non superiore al 15%, dei fondi disponibili all'acquisto di immobili, tramite le società di intermediazione, da destinare a finalità di pubblico interesse, con particolare riguardo ai settori sanitario, dell'istruzione e della ricerca, con una redditività prevedibile e comunque assicurando una equilibrata distribuzione degli investimenti nel territorio nazionale.

 

Il primo comma dell’articolo 40 della richiamata L. 119 del 1981 dispone il divieto, per determinati enti che gestiscono fondi direttamente o indirettamente interessanti la finanza pubblica e che abbiano un bilancio di entrata superiore a 516.456,90 euro, di mantenere disponibilità depositate a qualunque titolo presso le aziende di credito, per un importo superiore al 3% dell'ammontare delle entrate previste dal bilancio di competenza degli enti medesimi, salvo particolari eccezioni.

Il successivo ottavo comma prevede, inoltre, la possibilità, tramite decreto del Ministro del tesoro (attualmente: Ministro dell’economia e delle finanze) di variare la percentuale o il livello massimo delle disponibilità degli enti e che le aziende di credito possano tenere presso di sé. Con lo stesso decreto possono altresì essere modificate, in relazione a particolari situazioni delle aziende di credito, le modalità di riafflusso delle disponibilità in eccedenza rispetto al limite individuato dal precedente primo comma.

 

Il comma 4 precisa che, con apposito decreto ministeriale, previa valutazione della compatibilità con gli obiettivi di finanza pubblica stabiliti a livello europeo, può essere autorizzato il superamento del limite di cui al precedente comma 1 (7% dei fondi disponibili).

 

Il comma 5, infine, dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2008, non si applicano più le percentuali stabilite da precedenti norme con riferimento agli impieghi delle risorse disponibili degli enti previdenziali pubblici.


Articolo 107
(Gestioni previdenziali)

 


1. L'adeguamento dei trasferimenti dovuti dallo Stato, ai sensi rispettivamente dell'articolo 37, comma 3, lettera c), della legge 9 marzo 1989, n. 88, e successive modificazioni, e dell'articolo 59, comma 34, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, è stabilito per l'anno 2008:

a) in 416,42 milioni di euro in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, delle gestioni dei lavoratori autonomi, della gestione speciale minatori, nonché in favore dell'Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i lavoratori dello spettacolo e dello sport professionistico (ENPALS);

b) in 102,89 milioni di euro in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, ad integrazione dei trasferimenti di cui alla lettera a), della gestione esercenti attività commerciali e della gestione artigiani.

2. Conseguentemente a quanto previsto dal comma 1, gli importi complessivamente dovuti dallo Stato sono determinati per l'anno 2008 in 17.066,81 milioni di euro per le gestioni di cui al comma 1, lettera a), e in 4.217,28 milioni di euro per le gestioni di cui al comma 1, lettera b).

3. I medesimi complessivi importi di cui ai commi 1 e 2 sono ripartiti tra le gestioni interessate con il procedimento di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, al netto, per quanto attiene al trasferimento di cui al comma 1, lettera a), della somma di 910,22 milioni di euro attribuita alla gestione per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni a completamento dell'integrale assunzione a carico dello Stato dell'onere relativo ai trattamenti pensionistici liquidati anteriormente al 1o gennaio 1989, nonché al netto delle somme di 2,56 milioni di euro e di 59,39 milioni di euro di pertinenza, rispettivamente, della gestione speciale minatori e dell'ENPALS.

 


 

 

L’articolo in esame reca disposizioni relative alle gestioni previdenziali.

In primo luogo, il comma 1 determina l'adeguamento, per l'anno 2008, dei trasferimenti dovuti dallo Stato verso la Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali (GIAS) presso l’INPS, a favore di alcune specifiche gestioni pensionistiche (Fondo pensioni lavoratori dipendenti, Gestione dei lavoratori autonomi, Gestione speciale minatori e ENPALS).

 

La GIAS (gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali) è stata istituita, presso l’INPS, dall’articolo 37 della L. 9 marzo 1989, n. 88[158], per la progressiva separazione tra previdenza e assistenza e la correlativa assunzione a carico dello Stato delle spese relative a quest'ultima. Il finanziamento della gestione è posto progressivamente a carico del bilancio dello Stato .

Ai sensi della lettera c) dell’articolo 37 della L. 88 del 1989, è a carico della GIAS una quota parte delle pensioni erogate dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), dalla gestione dei lavoratori autonomi, dalla gestione speciale minatori e dall'ENPALS. La somma a ciò destinata è incrementata annualmente, con la legge finanziaria, in base alla variazione - maggiorata di un punto percentuale - dell'indice nazionale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati calcolato dall'ISTAT.

L’articolo 59, comma 34, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998) ha previsto un ulteriore incremento dell’importo dei trasferimenti dallo Stato alle gestioni pensionistiche, di cui alla predetta lettera c). Tale incremento è assegnato esclusivamente al FPLD, alla gestione artigiani e alla gestione esercenti attività commerciali ed è a sua volta incrementato annualmente in base ai criteri previsti dalla medesima lettera c).

 

Gli incrementi dei trasferimenti disposti per il 2008, pari complessivamente a 519,31 milioni di euro, sono determinati:

a)   nella misura di 416,42 milioni di euro, in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), delle gestioni dei lavoratori autonomi, della gestione speciale minatori e dell’ENPALS;

b)   nella misura di 102,89 milioni di euro, in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (ad integrazione) e delle gestioni artigiani ed esercenti attività commerciali e della gestione artigiani.

 

Pertanto, come previsto dal comma 2, gli importi complessivamente dovuti dallo Stato per l’anno 2008 sono determinati:

§      per il FPLD, le gestioni dei lavoratori autonomi, la gestione speciale minatori e l’ENPALS – considerando l'incremento di cui al comma 1, lettera a) – in 17.066,81 milioni di euro (per l’anno 2007 l’importo dovuto era infatti pari a 16.650,39 milioni);

§      per il FPLD (ad integrazione) e le gestioni artigiani ed esercenti attività commerciali – considerando l'incremento di cui al comma 1, lettera b) – in 4.217,28 milioni di euro (nel 2007 l’importo dovuto era infatti pari a 4.114,39 milioni).

 

Ai sensi del comma 3 – che conferma implicitamente i criteri posti dall’articolo 59, comma 34, della L. 449 del 1997 - la ripartizione degli importi dei trasferimenti a carico dello Stato considerati nei precedenti commi tra le gestioni interessate deve essere effettuata mediante ricorso alla conferenza di servizi, di cui all'articolo 14 della legge 241 del 1990.

 

Si ricorda che la conferenza di servizi costituisce uno strumento organizzativo operante nella fase decisoria di procedimenti amministrativi complessi ed è volta ad accelerare l’espressione dei consensi delle amministrazioni coinvolte, attraverso un confronto diretto tra le stesse.

 

Viene inoltre specificato che, per quanto riguarda il trasferimento relativo alle gestioni di cui al comma 1, lettera a), pari a complessivi 17.066,81 milioni di euro, il riparto è al netto delle seguenti quote:

§      910,22 milioni di euro, attribuiti alla gestione per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, a completamento dell'integrale assunzione a carico dello Stato dell'onere relativo ai trattamenti pensionistici liquidati anteriormente al 1° gennaio 1989 ;

§       2,56 milioni di euro, destinati alla gestione speciale minatori;

§       59,39 milioni di euro, attribuiti all'ENPALS.


Articolo 108
(Trasferimenti all’INPS)

 


1. Ai fini del finanziamento dei maggiori oneri a carico della Gestione per l'erogazione delle pensioni, assegni e indennità agli invalidi civili, ciechi e sordomuti di cui all'articolo 130 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, valutati in 667,60 milioni di euro per l'esercizio 2006, sono utilizzate:

a) le somme che risultano, sulla base del bilancio consuntivo dell'INPS per l'anno 2006, trasferite alla gestione di cui all'articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, in eccedenza rispetto agli oneri per prestazioni e provvidenze varie, per un ammontare complessivo pari a 559,77 milioni di euro;

b) le risorse trasferite all'INPS ed accantonate presso la medesima gestione, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno 2006 del predetto Istituto, per un ammontare complessivo di 107,83 milioni di euro, in quanto non utilizzate per i rispettivi scopi.

 


 

 

L’articolo in esame provvede ad una regolazione contabile tra le gestioni INPS, al fine della copertura dei maggiori oneri a carico della Gestione per l'erogazione delle pensioni, assegni e indennità agli invalidi civili, ciechi e sordomuti di cui all’articolo 130 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, valutati in 667,60 milioni di euro per l’esercizio 2006.

 

A tal fine si prevede che siano utilizzate:

§      per un importo complessivo di 559,77 milioni di euro, le somme che risultano – nel bilancio consuntivo dell’INPS per l’anno 2006 – trasferite alla “Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali” in eccedenza rispetto agli oneri per prestazioni e provvidenza varie (lettera a));

§      per un importo complessivo di 107,83 milioni, le risorse trasferite all’INPS ed accantonate presso la medesima Gestione, come risultanti dal bilancio consuntivo 2006, in quanto non utilizzate per i rispettivi scopi (lettera b).


Articolo 109
(Accantonamento risorse per previdenza complementare in favore dei dipendenti della pubblica amministrazione)

 

1. Le risorse di cui all'articolo 74, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, limitatamente allo stanziamento relativo all'anno 2008, possono essere utilizzate anche ai fini del finanziamento delle spese di avvio dei Fondi di previdenza complementare dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

 

 

L’articolo in esame prevede che le risorse di cui l'articolo 74, comma 1, della L. 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), destinate a far fronte all'obbligo della pubblica amministrazione, quale datore di lavoro, di contribuire al finanziamento dei fondi di previdenza complementare dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato (ivi comprese quelle ad ordinamento autonomo), limitatamente allo stanziamento per il 2008, possono essere impiegate anche per il finanziamento delle spese di avvio dei fondi di previdenza complementare dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

 

L'articolo 74 della L. 388 del 2000detta disposizioni volte a garantire l'erogazione degli apporti finanziari necessari per l'avvio delle forme di previdenza complementare per i dipendenti pubblici, agendo sia sul versante dei contributi dovuti dalle amministrazioni pubbliche quali datori di lavoro[159], sia su quello della contribuzione dovuta dai dipendenti che abbiano esercitato l'opzione per la trasformazione dell’indennità di fine servizio in trattamento di fine rapporto (TFR)[160].

In particolare al comma 1viene definito il quadro delle risorse finanziarie destinate a far fronte all’obbligo delle pubbliche amministrazioni, quali datori di lavoro pubblici,in corrispondenza delle risorse definite in sede di contrattazione collettiva eventualmente destinate dai lavoratori allo stesso scopo, di finanziare i fondi di previdenza complementare per i dipendenti pubblici. Tali risorse sono costituite:

-       dalle somme (200 miliardi di lire per ciascuno degli anni 1999 e 2000) già stanziate dall'art. 26, comma 18, della legge n. 448/1998[161];

-       da ulteriori 100 miliardi di lire annui per ciascuno degli anni 2001, 2002 e 2003 e per gli anni successivi al 2003 dagli stanziamenti inseriti nella tabella C della legge finanziaria. Si consideri che nella tabella C della legge finanziaria per il 2008, all’UPB 18.1.3 (cap. 2156) dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, è previsto per la finalità in questione lo stanziamento di 133,376 milioni di euro per il 2008, 135,951 milioni di euro per il 2009 ed il 2010.

 

Da ultimo, l’articolo 1, comma 767, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006) ha previsto la possibilità di utilizzazione delle risorse di cui al richiamato articolo 74, comma 1, della L. 388 del 2000, limitatamente allo stanziamento relativo al 2007, per finanziarie le spese di avvio dei fondi di previdenza complementare dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 20 ottobre 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva relativa al miglioramento delle condizioni di trasferibilità dei diritti alla pensione complementare (COM(2005)507).

Per l’illustrazione della proposta e della relativa procedura di esame si rinvia al paragrafo Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativo all’art. 7.


Articolo 110
(Determinazione del valore capitale della quota di pensione spettante agli iscritti al Fondo volo)

 

1. Ai fini della determinazione del valore capitale della quota di pensione spettante agli iscritti al Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea, antecedentemente all'entrata in vigore dell'articolo 11, comma 2, della legge 31 ottobre 1988, n. 480, devono intendersi applicabili i coefficienti di capitalizzazione determinati sulla base dei criteri attuariali specifici per il predetto Fondo, deliberati dal consiglio di amministrazione dell'INPS su conforme parere del comitato amministratore del Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea.

 

 

L’articolo in esame reca una norma di interpretazione autentica concernente il calcolo dell'eventuale quota in forma di capitale della pensione degli iscritti al Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea, gestito dall'INPS.

 

Si ricorda che con il D.Lgs. 24 aprile 1997, n. 164, si è provveduto a dare attuazione alla delega conferita dall'articolo 2, comma 22, della L. 8 agosto 1995, n. 335, recante la riforma sistema pensionistico obbligatorio e complementare (cd. “legge Dini”), in materia di regime pensionistico per gli iscritti al Fondo speciale di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea (cd. “Fondo volo”).

Più specificamente, l’articolo 2 del D.Lgs. 164 del 1997 ha disposto i criteri di calcolo del trattamento pensionistico, in attuazione della parte della disciplina di delega (articolo 2, comma 22, lettera b)) della L. 335 del 1995) che ha previsto la revisione del sistema di calcolo delle prestazioni secondo i principi dettati dalla medesima L. 335 all’articolo 1, commi 6-16. A tal fine l'articolo in questione individua la normativa pensionistica applicabile ai lavoratori iscritti al Fondo in oggetto a seconda dell'anzianità dell'iscrizione stessa.

In particolare, il comma 1 specifica - conformemente al comma 13 del citato articolo 1 della L. 335/1995 - che per i lavoratori iscritti al Fondo speciale in oggetto, aventi un’anzianità contributiva di almeno 18 anni alla data del 31 dicembre 1995, il trattamento pensionistico è calcolato esclusivamente secondo il sistema retributivo, con applicazione dell'articolo 1, comma 17, della citata L. 335/1995 che aumenta i periodi temporali di riferimento sui quali computare la retribuzione pensionabile per i lavoratori con la predetta anzianità contributiva.

Successivamente, nell’ambito del decreto legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito dalla L. 3 dicembre 2004, n. 291, l’articolo 1-quater ha recato modifiche alla normativa inerente al Fondo volo.

In particolare, le modifiche principali introdotte dal citato articolo 1-quater concernono:

a)    il tetto di pensione (comma 1). Il citato comma infatti prevede che, in attesa dell’armonizzazione tra le varie gestioni pensionistiche prevista nei principi di delega contenuti nella L. 23 agosto 2004, n. 243, per i soggetti iscritti al Fondo in precedenza richiamato, di cui all’articolo 2, comma 1, del citato D.Lgs. 164 del 1997, l’importo complessivo del trattamento pensionistico non può eccedere l’80% della retribuzione pensionabile individuale determinata ponderando le retribuzioni pensionabili relative a ciascuna quota di pensione con le rispettive percentuali di rendimento attribuite. Precedentemente a tale modifica la misura della pensione non poteva superare il limite massimo di retribuzione pensionabile corrispondente alla media delle retribuzioni percepite nell'anno solare precedente a quello di decorrenza della pensione dai dipendenti di pari qualifica dell'interessato in servizio nell'azienda di navigazione aerea maggiormente rappresentativa ridotta del 10% dal 1° luglio 1997 e del 20% dal 1° gennaio 2000. La pensione, inoltre, non poteva essere inferiore a quella che sarebbe spettata all'interessato applicando la normativa in vigore nell'assicurazione generale obbligatoria;

b)    l’inclusione dell’intera indennità di volo per le anzianità maturate fino al 31 dicembre 1997, con effetto dal 1° gennaio 1998, al fine di eliminare il contenzioso in atto (comma 2). Al riguardo, il comma in esame stabilisce, fornendo un’interpretazione autentica, che l’articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 24 aprile 1997, n. 164, si interpreta nel senso che, per la determinazione della retribuzione pensionabile relativa alle quote di pensione maturate con il metodo retributivo fino al 31 dicembre 1997, si tiene conto dell’intero importo dell’indennità di volo;

c)    l’abolizione della facoltà di capitalizzare, per l’iscritto al Fondo volo che ha maturato il diritto alla pensione di anzianità una quota della pensione a decorrere dal 1°gennaio 2005, attraverso l’abrogazione dell’articolo 34 della L. 13 luglio 1965, n. 859 (comma 3).

 

In particolare, l’articolo in esame, confermando le modalità applicative già finora seguite dall’INPS, prevede l’applicabilità, ai fini della determinazione del valore della richiamata quota di pensione, antecedentemente all’entrata in vigore dell’articolo 11, comma 2, della L. 31 ottobre 1988, n 480[162], dei coefficienti di capitalizzazione determinati sulla base dei criteri attuariali specifici per il Fondo volo stesso. Tali coefficienti sono deliberati dal consiglio di amministrazione dell’INPS su parere conforme del comitato amministratore del Fondo volo.

 

L’articolo 11, comma 2, della L. 480/1988 ha stabilito che agli iscritti al Fondo volo successivamente alla data di entrata in vigore della medesima L. 480 non trova applicazione l'articolo 34 della legge 13 luglio 1965, n. 859. Tale articolo, abrogato dall’articolo 1-quater del richiamato D.L. 249 del 2004, disponeva che l’iscritto in possesso dei requisiti previsti dalla stessa L. 480 per il conseguimento del diritto alla pensione di anzianità, avesse la facoltà di chiedere la corresponsione, in sostituzione di una quota della pensione spettantegli, del valore capitale della quota stessa, calcolato in base ai coefficienti in uso presso l'I.N.P.S..

 

Merita ricordare, infine, che il disegno di legge A.C. 3178, recante norme per l’attuazione del Protocollo sul Welfare del 23 luglio 2007, attualmente all’esame della XI Commissione Lavoro della Camera, all’articolo 4, comma 1, dispone una delega, da esercitare entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo provvedimento, volta all'introduzione di un contributo di solidarietà a carico degli iscritti e dei pensionati delle gestioni previdenziali confluite nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti e del Fondo volo, allo scopo di determinare in modo equo il concorso dei medesimi al riequilibrio del predetto Fondo.


Articolo 111
(Interpretazione autentica degli articoli 25 e 35 del decreto legislativo n. 151, del 2001 nonché dell’articolo 6, comma 3, della legge 15 aprile 1985, n. 140)

 


1. Le disposizioni degli articoli 25 e 35 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, si applicano agli iscritti in servizio alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo. Sono fatti salvi i trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati alla data di entrata in vigore della presente legge.

2. L'articolo 6, comma 3, della legge 15 aprile 1985, n. 140, si interpreta nel senso che la maggiorazione prevista dal comma 1 del medesimo articolo si perequa a partire dal momento della concessione della maggiorazione medesima agli aventi diritto.

 


 

L’articolo 111 fornisce alcune interpretazioni autentiche in materia di congedo di maternità e di congedo parentale dei lavoratori dipendenti e di perequazione automatica della maggiorazione del trattamento pensionistico per gli ex combattenti o categorie assimilate.

Trattamento previdenziale dei periodi di congedo di maternità e di congedo parentale dei lavoratori dipendenti

Il comma 1 fornisce un’interpretazione autentica degli articoli 25 e 35 del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151[163], concernenti, rispettivamente, il trattamento previdenziale del congedo di maternità e del congedo parentale.

 

Il richiamato articolo 25 dispone che per i periodi di congedo di maternità non è richiesta, in costanza di rapporto di lavoro, alcuna anzianità contributiva pregressa ai fini dell'accreditamento dei contributi figurativi per il diritto alla pensione e per la determinazione della misura stessa.

Inoltre, in favore dei soggetti iscritti al FPLD e alle forme di previdenza sostitutive ed esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, i periodi corrispondenti al congedo di maternità, verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro, sono considerati utili ai fini pensionistici, a condizione che il soggetto possa far valere, all'atto della domanda, almeno 5 anni di contribuzione versata in costanza di rapporto di lavoro. Gli oneri derivanti dalla precedente disposizioni sono addebitati alla relativa gestione pensionistica. Per i soggetti iscritti ai fondi esclusivi, i richiamati oneri sono posti a carico dell'ultima gestione pensionistica del quinquennio lavorativo richiesto.

 

Il successivo articolo 35 dispone che i periodi di congedo parentale che danno diritto al trattamento economico e normativo[164] sono coperti da contribuzione figurativa. Inoltre, ai sensi dell’articolo 25, comma 1, per i periodi di congedo di maternità, non è richiesta, in costanza di rapporto di lavoro, alcuna anzianità contributiva pregressa ai fini dell'accreditamento dei contributi figurativi per il diritto alla pensione e per la determinazione della misura stessa.

Lo stesso articolo, inoltre, prevede la copertura da contribuzione figurativa anche per i periodi di congedo parentale, compresi quelli che non danno diritto al trattamento economico, con attribuzione, come valore retributivo per tale periodo, del 200% del valore massimo dell'assegno sociale, proporzionato ai periodi di riferimento, salva la facoltà di integrazione da parte dell'interessato, con riscatto ai sensi dell’articolo 13 della L. 1338 del 1962 ovvero con versamento dei relativi contributi secondo i criteri e le modalità della prosecuzione volontaria.

In particolare:

§       per i dipendenti di amministrazioni pubbliche e per i soggetti iscritti ai fondi sostitutivi dell'assicurazione generale obbligatoria gestita dall'INPS, ai quali viene corrisposta una retribuzione ridotta o non viene corrisposta alcuna retribuzione nei periodi di congedo parentale, sussiste il diritto, per la parte differenziale mancante alla misura intera o per l'intera retribuzione mancante, alla contribuzione figurativa da accreditare sulla media delle retribuzioni settimanali percepite in costanza di lavoro nell'anno solare in cui si collocano i predetti periodi o, nell'anno di decorrenza della pensione, nel periodo compreso sino alla data di decorrenza della pensione stessa;

§       per i soggetti iscritti al FPLD e alle forme di previdenza sostitutive ed esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, i periodi non coperti da assicurazione e corrispondenti a quelli che danno luogo al congedo parentale, collocati temporalmente al di fuori del rapporto di lavoro, possono essere riscattati, nella misura massima di 5 anni, con le specifiche modalità di cui all'articolo 13 della L. 1338 del 1962, a condizione che i richiedenti possano far valere, all'atto della domanda, complessivamente almeno 5 anni di contribuzione versata in costanza di effettiva attività lavorativa

 

Il comma 1, primo periodo, stabilisce che le disposizioni di cui ai richiamati articoli 25 e 35 si applicano agli iscritti in servizio al 27 aprile 2001, data di entrata in vigore dello stesso D.Lgs. 151 del 2001. Il secondo periodo contiene una clausola di salvaguardia, la quale prevede la tutela dei trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati all’entrata in vigore del provvedimento in esame.

 

Si ricorda che ulteriori disposizioni inerenti ai congedi di maternità e parentali sono contenute nell’articolo 100, alla cui scheda si rimanda.

Perequazione automatica della maggiorazione del trattamento pensionistico per gli ex combattenti

Il comma 2 dell’articolo in esame stabilisce l’interpretazione autentica dell’articolo 6, comma 3, della L. 15 aprile 1985, n. 140[165], in materia di perequazione automatica della maggiorazione del trattamento pensionistico per gli ex combattenti.

 

Il richiamato articolo 6 prevede iI diritto, per i soggetti appartenenti alle categorie previste dalla L.  24 maggio 1970, n. 336[166], esclusi quelli che abbiano usufruito o abbiano titolo a fruire, anche in parte, dei benefici previsti dalla legge stessa, di beneficiare, a domanda, di una maggiorazione reversibile del rispettivo trattamento di pensione determinato secondo le norme ordinarie, nella misura di 15, 49 euro (comma 1).

Tale maggiorazione, sempre a domanda degli interessati, trova inoltre applicazione ai fini dei trattamenti di pensione già in atto alla data di entrata in vigore della L. 336/1970, a condizione che la decorrenza della pensione sia successiva al 7 marzo 1968, ed è corrisposta nella misura del 50% a decorrere dal 1° gennaio 1985 e per il residuo importo dal 1° gennaio 1987 (comma 2).

Ai sensi del comma 3, la maggiorazione prevista dai precedenti commi è soggetta alla disciplina della perequazione automatica.

 

Il comma in esame dispone che il richiamato comma 3 dell’articolo 6 si interpreta nel senso che la maggiorazione del trattamento di pensione viene perequata a decorrere dal momento della concessione della maggiorazione stessa agli aventi diritto.

 

Si evidenzia che in tal modo si provvede a confermare le modalità di applicazione della norma finora seguite dall’INPS.


Articolo 112
(Definizione di contenziosi con l’INPS)

 


1. Al fine di consentire la chiusura dei contenziosi derivanti dall'applicazione dell'articolo 44, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, l'INPS è autorizzato a definire i predetti contenziosi in via stragiudiziale, a condizione che i soggetti opponenti si impegnino al pagamento dei contributi oggetto di contenzioso nella misura del 100 per cento, senza il pagamento delle eventuali sanzioni, con possibilità di rateizzazione fino a venti rate annuali con versamento degli interessi legali. Per i soggetti opponenti che, in pendenza di giudizio, abbiano già anticipato il pagamento all'INPS dei contributi oggetto di contenzioso, è riconosciuto un credito previdenziale pari al 40 per cento delle somme versate all'INPS maggiorato degli interessi legali maturati dal momento del pagamento all'INPS fino alla data di entrata in vigore della presente legge.

 


 

 

L’articolo 112, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, reca disposizioni inerenti i contenziosi derivanti dall'applicazione dell'articolo 44, comma 1, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla L. 24 novembre 2003, n. 326[167], in materia di sgravi contributivi nel settore agricolo.

 

Con il comma 1 del richiamato articolo 44 si è fornita un’interpretazione autentica (con valenza quindi retroattiva) della disciplina degli sgravi contributivi nel settore agricolovigente fino al 31 dicembre 1999. In particolare, si dispone la non cumulabilità tra i benefici contributivi in favore dei datori di lavoro del settore agricolo, di cui all’articolo 14, comma 1, della L. 64 del 1986, e dell’articolo 1, comma 6, del D.L. 536 del 1987, concernente le riduzioni percentuali dei contributi dovuti in particolari zone svantaggiate, con quelli di cui all’articolo 9, comma 6 della L. 67 del 1988, concernente la riduzione capitaria dei contributi dovuti per dipendente[168].

Sulla questione del cumulo di detti benefici, come evidenziato anche nella relazione tecnica allegata al provvedimento, si è determinato nel tempo un notevole contenzioso che vede coinvolte aziende agricole ubicate in zone montane o svantaggiate.

L’orientamento giurisprudenziale prevalente, confermato dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 14227 del 27 ottobre 2000 (che ha appunto affermato la compatibilità tra il beneficio della fiscalizzazione degli oneri sociali di cui all’articolo 1 del D.L. 536 del 1987 con l’ulteriore e diverso beneficio contemplato dall’articolo 9 della L. 67 del 1988, stabilendo che qualora un’azienda presenti entrambi i requisiti previsti possa godere di entrambi i richiamati benefici), aveva determinato una pluralità di richieste di rimborso delle agevolazioni non concesse a titolo di fiscalizzazione da parte delle aziende.

La relazione tecnica al provvedimento aveva quantificato, in particolare, in 1.080.222.000,00 euro l’onere dei rimborsi dovuti dall’INPS al netto degli interessi legali (di cui 314.816.000.000 euro per le aziende del Nord e 765.406.000,00 euro per le aziende ex Cassa del Mezzogiorno).

 

L’articolo in esame autorizza l'INPS a definire, in via stragiudiziale, il contenzioso derivante dalla richiamata norma interpretativa, a condizione che i soggetti opponenti si impegnino al versamento totale dei contributi oggetto di contenzioso, senza il pagamento delle eventuali sanzioni. Il versamento può essere effettuato mediante rate annuali, in numero non superiore a 20, con corresponsione degli interessi legali.

Per i soggetti opponenti che, in pendenza di giudizio, abbiano già effettuato il pagamento all’INPS dei contributi oggetto di contenzioso, è riconosciuto un credito previdenziale, pari al 40% delle somme versate all’INPS, maggiorato degli interessi legali corrispondenti al periodo compreso tra il momento del pagamento e l'entrata in vigore del provvedimento in esame.


Articolo 113
(Risorse per l’attuazione del «Protocollo su previdenza, lavoro e competitività per l’equità e la crescita sostenibili» del 23 luglio 2007, nonché disposizioni a favore della formazione professionale)

 


1. Ai fini dell'attuazione di quanto previsto dal «Protocollo su previdenza, lavoro e competitività per l'equità e la crescita sostenibili» del 23 luglio 2007 è istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, un Fondo per il finanziamento del Protocollo medesimo nel limite complessivo di 1.548 milioni di euro per l'anno 2008, di 1.520 milioni di euro per l'anno 2009, di 3.048 milioni di euro per gli anni 2010 e 2011 e di 1.898 milioni di euro a decorrere dall'anno 2012. A valere sulle risorse del Fondo di cui al presente comma è assicurata la copertura finanziaria di specifico provvedimento collegato alla manovra di finanza pubblica per il triennio 2008-2010 e recante le disposizioni attuative del predetto Protocollo.

2. Per l'anno 2008, nel limite complessivo di 20 milioni di euro, ai soggetti in cerca di prima occupazione è riconosciuto un bonus da spendere per la propria formazione professionale in relazione alle esigenze del mercato del lavoro locale o da spendere per la stessa finalità presso l'impresa che procede all'assunzione con contratto a tempo indeterminato.

3. La disposizione di cui al comma 2 è attuata con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Al relativo onere si provvede a valere sulle risorse del Fondo di cui all'articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, come modificato dall'articolo 9, comma 5, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.

4. Nell'ambito delle risorse preordinate allo scopo nel Fondo di cui all'articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, come modificato dall'articolo 9, comma 5, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, per le finalità di cui alla legge 14 febbraio 1987, n. 40, è destinata la spesa di 13 milioni per l'anno 2008.

5. Con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale sono determinati, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, modalità, termini e condizioni per il concorso al finanziamento di progetti di ristrutturazione elaborati dagli enti di formazione di cui alla legge 14 febbraio 1987, n. 40, entro il limite massimo di 30 milioni di euro per l'anno 2008, nell'ambito delle risorse preordinate allo scopo nel Fondo di cui all'articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, come modificato dall'articolo 9, comma 5, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.


 

 

Al comma 1 dell’articolo in esame viene istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, un Fondo per il finanziamento del "Protocollo su previdenza, lavoro e competitività per l'equità e la crescita sostenibili", concordato tra il Governo e le parti sociali, del 23 luglio 2007.

La dotazione del Fondo è pari a 1.548 milioni di euro per il 2008, 1.520 milioni per il 2009, 3.048 milioni per ciascuno degli anni 2010 e 2011 e 1.898 milioni di euro annui a decorrere dal 2012.

Tale Fondo è destinato alla copertura finanziaria di uno specifico provvedimento legislativo, collegato alla manovra di finanza pubblica per il triennio 2008-2010 e relativo all'attuazione del suddetto Protocollo (disegno di legge A.C. 3178).

 

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 32 del citato ddl 3178, recante la clausola di copertura finanziaria del medesimo disegno di legge, dispone, al comma 1, che i maggiori oneri derivanti dal medesimo ddl – quantificati in 1.264 milioni di euro per l’anno 2008, 1.520 milioni di euro per l’anno 2009 e 3.048 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 e 1.898 milioni di euro a decorrere dall’anno 2012 - siano coperti a valere sulle risorse stanziate nel Fondo per il finanziamento del Protocollo del 23 luglio 2007, previsto dal disegno di legge finanziaria per il 2008, con corrispondente riduzione delle risorse ivi appostate. L’efficacia delle disposizioni del disegno di legge viene quindi subordinata all’entrata in vigore della legge finanziaria per il 2008.

 

I successivi commi 2-5 sono invece stati introdotti nel corso dell’esame presso il Senato.

Il comma 2 prevede in favore dei soggetti in cerca di prima occupazione, per l’anno 2008, nel limite complessivo di 20 milioni di euro, il riconoscimento di un bonus da spendere per la propria formazione professionale in connessione con le esigenze del mercato del lavoro o anche per la stessa finalità presso l’impresa che procede all’assunzione con contratto a tempo indeterminato.

Il comma 3 affida ad un decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, sentita la Conferenza unificata, l’attuazione della norma di cui al comma precedente.

Viene previsto inoltre che al relativo onere si provvede a valere sulle risorse del Fondo di rotazione di cui all’articolo 25 della L. 21 dicembre 1978, n. 845[169], istituito, presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per favorire l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo dei progetti realizzati in materia di formazione professionale.

 

Il comma 4 dispone che, nell’ambito delle risorse preordinate allo scopo nel Fondo di rotazione su menzionato, per le finalità di cui alla L. 14 febbraio 1987, n. 40[170], viene destinata la spesa di 13 milioni (è da intendersi: “di euro”) per il 2008.

 

Si ricorda che la menzionata L. 40 del 1987, e successive modificazioni, prevede la concessione, da parte del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, agli enti privati gestori di attività formative, che svolgono attività rientranti nell'ambito delle competenze statali come definite dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione (determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale) e dalle vigenti normative in materia, contributi per le spese generali di amministrazione relative al coordinamento operativo a livello nazionale degli enti medesimi, non coperte da contributo regionale.

 

Infine il comma 5 affida ad un decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, la determinazione delle modalità, termini e condizioni per il concorso al finanziamento dei progetti di ristrutturazione elaborati dagli enti privati gestori di attività formative di cui alla su menzionata L. 40 del 1987, entro il limite massimo di spesa di 30 milioni di euro per il 2008, utilizzando le risorse preordinate allo scopo nel Fondo di rotazione di cui al su citato articolo 25 della L. 845 del 1978.


Articolo 114
(Sostegno all’attività di formazione nell’ambito dei contratti di apprendistato e dotazioni per Italia lavoro e ISFOL)

 


1. Per l'anno 2008, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale assegna a Italia Lavoro S.p.A. 14 milioni di euro quale contributo agli oneri di funzionamento ed ai costi generali di struttura. A tale onere si provvede a carico del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.

2. All'articolo 118, comma 16, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, le parole: «e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004, 2005, 2006 e 2007» sono sostituite dalle seguenti: «e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004, 2005, 2006, 2007 e 2008».

3. Per consentire all'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL), istituito dall'articolo 22 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, di svolgere le proprie funzioni istituzionali nonché di completare i processi di stabilizzazione previsti dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296, nel rispetto dei requisiti prescritti dall'articolo 1, comma 519, della medesima legge, a decorrere dall'anno 2008 il contributo ordinario annuale per il funzionamento e le attività dell'Istituto medesimo è incrementato di ulteriori 30 milioni di euro annui. Al relativo onere si provvede mediante riduzione:

a) per gli anni 2008 e 2009, dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1209, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

b) a decorrere dall'anno 2010, delle risorse del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.


 

 

Il comma 1 dell’articolo in esame attribuisce a Italia Lavoro S.p.A. 14 milioni di euro per il 2008, quale contributo per gli oneri di funzionamento e per i costi generali della struttura. Tale onere è posto a carico del Fondo per l’occupazione.

 

La società Italia Lavoro S.p.A. è sorta nel 1997 (in base alla direttiva del Presidente del Consiglio del 13 maggio 1997), ai fini dell'esercizio di alcune tipologie di attività dell'ITAINVEST (quest'ultima - ex GEPI - è poi confluita nella società Sviluppo Italia[171]), con il trasferimento delle relative competenze nelle politiche attive del lavoro ed il conferimento di una serie di partecipazioni societarie.

Con la direttiva del 20 luglio 2000 il Ministro del lavoro ha definito gli ambiti di intervento in cui Italia Lavoro deve operare nel breve-medio periodo, sulla base di un piano generale di attività da sottoporre all'approvazione del Ministero stesso.

In particolare, la società opera per la promozione, la progettazione, la realizzazione e la gestione di attività ed interventi finalizzati allo sviluppo dell'occupazione sull'intero territorio nazionale, con particolare riguardo alle aree territoriali depresse ed ai soggetti svantaggiati del mercato del lavoro.

Successivamente, l'articolo 30 della legge finanziaria per il 2002 (L. 448 del 2001) ha previsto che il Ministero del lavoro si avvalga di Italia Lavoro S.p.A. per la promozione e la gestione di interventi nel campo delle politiche attive del lavoro e dell'assistenza tecnica ai servizi per l'impiego.

A tali fini, il medesimo Ministero assegna direttamente alla società, con provvedimento amministrativo, funzioni, servizi e risorse.

Da ultimo, l’articolo 7-terdecies del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito dalla L. 31 marzo 2005, n. 43, ha disposto che il Ministero del lavoro, nell’esercizio delle proprie funzioni in materia di politiche del lavoro, dell’occupazione, della tutela dei lavoratori e delle competenze in materia di politiche sociali e previdenziali, si avvalga di Italia lavoro S.p.A. previa stipula di apposita convenzione. E’ stato inoltre previsto che anche le altre amministrazioni centrali dello Stato possano avvalersi di Italia Lavoro S.p.A., d’intesa con il Ministero del lavoro, per la promozione e la gestione delle attività riconducibili agli ambiti individuati in precedenza, nel rispetto della convenzione di cui sopra. Lo stesso articolo, infine, dispone che il Ministero del lavoro assegna a Italia Lavoro S.p.A. 10 milioni di euro annui per il triennio 2005-2007 quale contributo agli oneri di funzionamento ed ai costi generali di struttura.

 

Il comma 2, prevede un ulteriore finanziamento, pari a 100 milioni di euro per il 2008, in favore delle attività di formazione nell’esercizio dell’apprendistato anche se svolte oltre il compimento del diciottesimo anno di età, con riferimento all’attuazione dell'obbligo formativo.

 

In sostanza, novellando l'articolo 118, comma 16 della L. 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001), si prevede che anche per il 2008 il Ministero del lavoro e della previdenza sociale possa destinare, con proprio decreto, nell’ambito delle risorse di cui all’articolo 68, comma 4, lettera a), della L. 17 maggio 1999, n. 144[172], una quota fino a 100 milioni di euro per le attività di formazione nell’esercizio dell’apprendistato anche se svolte oltre il compimento del diciottesimo anno di età.

 

Si ricorda che disposizioni sostanzialmente analoghe sono state previste:

-        per il 1999, dal comma 5 del citato articolo 68 della L. 144/1999;

-        per il 2001 dal citato articolo 118, comma 16 della L. 388/2000;

-        per il 2003, per il 2004, per il 2005, per il 2006 e per il 2007 - tramite novella del medesimo articolo 118, comma 16 della L. 388/2000 – rispettivamente dall'articolo 47, comma 2, della L. 27 dicembre 2002, n. 289, dall'articolo 3, comma 137, terzo periodo, della L. 24 dicembre 2003, n. 350, dall’articolo 1, comma 156, della L. 311 del 2004, dall’articolo 39-sexies del decreto legge n. 273/2005, convertito con modificazioni dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51 e dall’articolo 1, comma 1188, della L. 27 dicembre 2006, n. 296.

 

Si ricorda, infine, che il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, emanato in attuazione della legge n. 30 del 2003, ha riformato la disciplina dell’apprendistato, introducendo, all’articolo 47, tre differenti tipologie di contratto, ovvero:

a)  il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;

b)  il contratto di apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale;

c)  il contratto di apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione.

In particolare, con riguardo al contratto di apprendistato di cui alla lettera a), l’art. 48 prevede che possono essere assunti, in tutti i settori di attività, con contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione i giovani e gli adolescenti che abbiano compiuto quindici anni. Il contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e di formazione ha durata non superiore a tre anni ed è finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale. La durata del contratto è determinata in considerazione della qualifica da conseguire, del titolo di studio, dei crediti professionali e formativi acquisiti, nonché del bilancio delle competenze realizzato dai servizi pubblici per l'impiego o dai soggetti privati accreditati, mediante l'accertamento dei crediti formativi.

La regolamentazione del contratto di apprendistato è rimessa ad una intesa da raggiungere tra Regioni, Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative.

L’intesa dovrà in ogni caso rispettare una serie di principi e criteri direttivi, quali, fra gli altri, la forma scritta, la definizione della qualifica professionale, la previsione di un monte ore di formazione esterna ed interna considerato congruo ai fini del conseguimento della qualifica professionale, nonché il riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali sulla base del percorso di formazione effettuato.

 

Infine, il comma 3 incrementa, a decorrere dal 2008, di 30 milioni di euro annui il contributo ordinario annuale per il funzionamento e le attività dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL).

Tale incremento è volto, oltre a garantire lo svolgimento delle funzioni istituzionali dell’Istituto, a rendere possibile il completamento dei processi di stabilizzazione previsti dalla L. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), nel rispetto dei requisiti previsti dall’articolo 1, comma 519, della stessa legge.

 

Il menzionato comma 519 prevede l’avvio di una graduale stabilizzazione del personale non di ruolo a tempo determinato presso le pubbliche amministrazioni in possesso di determinati requisiti.

In particolare, si dispone che una quota pari al 20% di quanto stanziato per il 2007 nel Fondo di cui all’art. 1, comma 96, ultimo periodo, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sia destinata alla stabilizzazione del personale pubblico non dirigenziale che ne faccia apposita istanza e che si trovi almeno in una delle seguenti situazioni:

§   sia in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi;

§   che consegua tale requisito sulla base di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006;

§   che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della legge finanziaria in esame.

Per beneficiare della stabilizzazione, inoltre, il personale in possesso dei requisiti sopra citati deve essere stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge.

Invece alla eventuale stabilizzazione di personale che, pur presentando gli altri requisiti richiesti, sia stato assunto a tempo determinato con procedure diverse, si provvede previo espletamento di prove selettive.

 

All’onere derivante dalla disposizione in esame si provvede attraverso la riduzione:

§      per gli anni 2008 e 2009, dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1209, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006), relativa alle procedure di stabilizzazione dei rapporti di lavoro privati, pari a 300 milioni di euro per ciascuno dei due anni suddetti (lettera a));

 

L’articolo 1, commi da 1202 a 1210, della legge finanziaria 2007, in attesa di una modifica della disciplina in materia di totalizzazione e ricongiunzione dei periodi assicurativi, è volto a promuovere la trasformazione di rapporti di lavoro di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co), anche a progetto, in rapporti di lavoro subordinato.

Più in dettaglio si dispone:

-        che i datori di lavoro che intendono procedere alla suddetta trasformazione dei rapporti di lavoro sono tenuti – anche per garantire un utilizzo corretto dei rapporti di co.co.co – a stipulare entro il 30 aprile 2007 appositi accordi aziendali o territoriali, se nelle aziende non siano presenti le rappresentanze sindacali o unitari, con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative (comma 1202);

-             che gli accordi sottoscritti promuovono la trasformazione dei rapporti di co.co.co. in rapporti di lavoro subordinato. Al riguardo si prevede che i lavoratori, a seguito dell’accordo, sottoscrivono appositi atti di conciliazione individuale ai sensi degli articoli 410 e 411 c.c. e che i contratti di lavoro subordinato stipulati a tempo indeterminato godono dei benefici previsti dalla legislazione vigente (comma 1203);

-             che le parti possono stabilire, anche mediante accordi interconfederali, misure volte a prevedere condizioni più favorevoli per i lavoratori che continuano ad essere utilizzati con rapporti di co.co.co. (comma 1204);

-             che la validità degli atti di conciliazione è subordinata all’adempimento dell’obbligo da parte del datore di lavoro del versamento alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995, a titolo di contributo straordinario finalizzato al miglioramento del trattamento previdenziale, di una somma pari alla metà della quota di contribuzione a carico dei committenti per i periodi pregressi di svolgimento del rapporto di co.co.co., per ciascun lavoratore interessato alla trasformazione del medesimo rapporto (comma 1205);

-        che i datori di lavoro sono tenuti a depositare presso l’INPS gli atti di conciliazione insieme ai contratti stipulati con i lavoratori e all’attestazione del versamento di un terzo di quanto complessivamente dovuto a titolo di contributo straordinario integrativo alla gestione separata INPS. La parte rimanente del contributo deve essere versata in trentasei rate mensili. Il Ministero del lavoro, di concerto con il Ministero dell’economia, approva gli accordi stipulati con riferimento alla possibilità di integrare la posizione contributiva del lavoratore interessato presso la gestione separata INPS nella misura massima occorrente per il raggiungimento del livello contributivo previsto nel FPLD (comma 1206);

-        che gli atti di conciliazione producono gli effetti degli artt. 410 e 411 c.c. con riferimento ai diritti di natura retributiva, contributiva e risarcitoria relativi al periodo pregresso e che il regolare versamento del contributo straordinario integrativo determina l’estinzione dei reati previsti dalle leggi speciali in materia di versamenti di contributi o premi e di imposte sui redditi, nonché di obbligazioni per sanzioni amministrative e per ogni altro onere accessorio connesso alla denuncia e il versamento di contributi e premi. Per effetto degli atti di conciliazione è precluso ogni accertamento di natura fiscale e contributiva per i pregressi periodi di lavoro prestato come co.co.co. dai lavoratori interessati dalla trasformazione del rapporto (comma 1207);

-             che possono avvalersi della procedura di trasformazione dei rapporti di lavoro anche i datori di lavoro che siano stati destinatari di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali non definitivi concernenti la qualificazione del rapporto di lavoro. Comunque per accedere alla procedura di trasformazione dei rapporti di lavoro il datore di lavoro deve stabilizzare tutti i lavoratori per i quali sussistono le stesse condizioni dei lavoratori oggetto di accertamenti ispettivi. Gli effetti di tali provvedimenti sono comunque sospesi, dopo la presentazione dell’istanza, fino al completo assolvimento degli obblighi contributivi e procedurali di cui ai commi 1205 e 1206 (comma 1208);

-        che è autorizzata la spesa di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 ai fini dell’attuazione delle disposizioni in esame (comma 1209);

-        che i rapporti di lavoro subordinato instaurati a seguito della trasformazione del rapporto di lavoro dei co.co.co. debbano avere una durata non inferiore a 24 mesi (comma 1210).

 

§      a decorrere dal 2010, delle risorse del Fondo per l’occupazione (lettera b)).

 

L’ISFOL è un ente nazionale di ricerca, istituito con D.P.R. 30 giugno 1973, n. 478, che opera nel campo della formazione, delle politiche sociali e del lavoro al fine di contribuire alla crescita dell'occupazione, al miglioramento delle risorse umane, all'inclusione sociale e allo sviluppo locale.

A seguito dell’approvazione del nuovo Statuto (DPCM 19 marzo 2003), l’ente ha visto allargato lo spettro operativo cui rivolgere le iniziative istituzionali.

Ai sensi dell’articolo 1 dello Statuto, l’ente è dotato di indipendenza di giudizio e di autonomia scientifica, metodologica, organizzativa, amministrativa e contabile.

Nelle materie di competenza l'ISFOL:

-        svolge e promuove attività di studio, ricerca, sperimentazione, documentazione, informazione e valutazione, consulenza ed assistenza tecnica;

-        fornisce supporto tecnico-scientifico allo Stato, alle regioni e province autonome, agli enti locali, alla Conferenza Stato-Regioni ed alla Conferenza unificata;

-        può svolgere attività di consulenza tecnico-scientifica per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per altri Ministeri e istituzioni nazionali, pubbliche e private, e incarichi che gli vengano attribuiti dal Parlamento;

-        promuove, svolge e realizza le attività previste nel Programma nazionale per la ricerca;

-        può fornire servizi a pubbliche amministrazioni e ad organismi terzi in regime di diritto privato;

-        realizza specifici progetti ed iniziative sperimentali nazionali a carattere innovativo ed esemplare;

-        svolge, anche attraverso propri programmi di assegnazione di borse di studio e di ricerca, attività di formazione nei corsi universitari di dottorato di ricerca;

-        svolge attività di ricerca statistica, in quanto facente parte del Sistema statistico nazionale (SISTAN).

L’articolo 3 dello Statuto precisa che con apposito regolamento dell’ISFOL viene disciplinata la dotazione organica ed il personale, nel rispetto dell’ordinamento vigente e dei contratti collettivi nazionali di lavoro, mentre la dotazione finanziaria è costituita da (art. 12 dello Statuto):

-        un contributo ordinario annuo per il funzionamento e le attività di istituto, di cui al piano triennale previsto dall'art. 11, a carico dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

-        b) da eventuali contributi a carico del Fondo integrativo speciale di cui all'art. 1, comma 3, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204;

-        c) da eventuali assegnazioni e contributi da parte dell'Unione europea o di altri organismi internazionali, o da parte di enti pubblici o privati;

-        d) da ogni altra eventuale entrata connessa alle proprie attività.

Successivamente, l’articolo 10 del D.Lgs. 29 dicembre 1999, n. 419[173], ha stabilito che l’ISFOL è un ente di ricerca, dotato di indipendenza di giudizio e di autonomia scientifica, metodologica, organizzativa, amministrativa e contabile, ed è sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

Lo statuto dell'ISFOL è approvato su proposta del Ministro vigilante e reca anche disposizioni di raccordo con la disciplina di cui al D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 204[174], e con la disciplina dettata da altre disposizioni vigenti per gli enti di ricerca.

Inoltre, l’articolo 28 del D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, convertito dalla L. 9 marzo 2006, n. 80, ha disposto un’autorizzazione di spesa, per il 2006, pari a 10 milioni di euro in favore dell’ISFOL, al fine di garantire l’espletamento dei compiti istituzionali dell’ente.


Articolo 115
(Riutilizzazione di risorse stanziate per il personale del Comando dei carabinieri per la tutela del lavoro)

 

1. Le risorse stanziate per l'applicazione dell'articolo 1, comma 571, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per l'anno 2008 sono così utilizzate:

a) euro 1.734.650,70, per il finanziamento delle necessità strumentali, di supporto e di formazione del personale del Comando dei carabinieri per la tutela del lavoro;

b) euro 1.015.000, per l'incremento di organico del Comando dei carabinieri per la tutela del lavoro, pari a sessanta unità.

 

 

L’articolo in esameinterviene sulle risorse stanziate per il potenziamento del Comando dei carabinieri per la tutela del lavoro dall'art. 1, comma 571, della L. 296/2006 (legge finanziaria 2007), disponendo, limitatamente all’anno 2008, un utilizzo parzialmente diverso delle medesime risorse.

 

Il comma 571 richiamato ha disposto il potenziamento dell’organico del Comando dei Carabinieri per la tutela del lavoro con 60 unità di personale, da considerare in soprannumero rispetto alle dotazioni organiche dell'Arma dei carabinieri previste dalle norme vigenti. Tale incremento, previsto ai fini del potenziamento del l'attività ispettiva propria di questo nucleo, consta di tre tenenti colonnello/maggiori, un capitano, venticinque ispettori, quattordici sovrintendenti e diciassette appuntati/carabinieri[175].

Il comma 572autorizza pertanto il ricorso ad arruolamenti straordinari, per un numero corrispondente di unità di personale, in deroga alle disposizioni in materia di assunzioni di personale delle amministrazioni pubbliche previste all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.

Il comma 573 stabilisce infine che nel nuovo contingente sia previsto almeno il 50 per cento di unità già in possesso di esperienza e capacità operativa nella materia giuslavoristica.

 

Con l’articolo in esame si dispone quindi che, per il 2008, le risorse stanziate per incrementare di 60 unità l’organico del Comando dei carabinieri per la tutela del lavoro, siano utilizzate solamente per un importo pari a euro 1.015.000 per la medesima finalità (presupponendo, quindi, un'attuazione dell'incremento non immediata e integrale al 1° gennaio 2008), mentre siano destinate, per l’importo residuo pari a euro 1.734.650,70, al finanziamento delle necessità strumentali, di supporto e di formazione del personale del Comando dei carabinieri per la tutela del lavoro.

 

Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro opera alle dipendenze funzionali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e appartiene all'Organizzazione Speciale dell'Arma. In particolare, dipende dal Comando Divisione Unità Specializzate per ciò che attiene all'addestramento, all'ordinamento, alla disciplina ed all'avanzamento. Agisce d'iniziativa, ma anche a supporto dell'attività operativa degli altri Reparti dell'Arma.

I compiti sono prevalentemente diretti ad accertare violazioni in materia giuslavoristica e legislazione sociale, attraverso la vigilanza sull'applicazione delle leggi in materia di lavoro e di previdenza sociale nelle aziende industriali, commerciali, negli uffici, nell'agricoltura e, in genere, ovunque sia previsto un lavoro salariato o stipendiato.

Dal punto di vista normativo, l'inserimento di militari dell'Arma negli Ispettorati del Lavoro risale al 1937, con il Regio Decreto Legge 13 maggio n. 804, dove all’articolo 2 venivano assegnati i militari dell'Arma nei servizi di vigilanza per l'applicazione delle leggi sul lavoro. Successivamente, il D.P.R. n. 520 del 1955[176], ha riconfermato l'assegnazione del predetto personale distribuito su tutto il territorio nazionale.

In data 1° ottobre 1997 - in ottemperanza del D.M. 31 luglio 1997[177], emanato in attuazione dell’art. 9-bis, comma 14, del D.L. 510 del 1996[178] - il Comando Generale dell'Arma ha attivato il Comando Carabinieri Ispettorato del Lavoro, ponendone i Nuclei Carabinieri Ispettorato del Lavoro, già preesistenti, gerarchicamente subordinati. Dal 20 aprile 2006 il Comando ha assunto l'attuale denominazione.


Articolo 116
(Proroga degli strumenti per il sostegno del reddito dei lavoratori-ammortizzatori sociali)

 


1. In attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e nel limite complessivo di spesa di 460 milioni di euro, di cui 20 milioni per il settore agricolo, a carico del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, può disporre, entro il 31 dicembre 2008, in deroga alla vigente normativa, concessioni, anche senza soluzione di continuità, dei trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, nel caso di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionale, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali, ovvero miranti al reimpiego di lavoratori coinvolti in detti programmi definiti in specifici accordi in sede governativa intervenuti entro il 15 giugno 2008 che recepiscono le intese già stipulate in sede territoriale ed inviate al Ministero del lavoro e della previdenza sociale entro il 20 maggio 2008. Nell'ambito delle risorse finanziarie di cui al primo periodo, i trattamenti concessi ai sensi dell'articolo 1, comma 1190, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, possono essere prorogati, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, qualora i piani di gestione delle eccedenze già definiti in specifici accordi in sede governativa abbiano comportato una riduzione nella misura al- meno del 10 per cento del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti il 31 dicembre 2007.

2. La misura dei trattamenti di cui al secondo periodo del comma 1 è ridotta del 10 per cento nel caso di prima proroga, del 30 per cento nel caso di seconda proroga e del 40 per cento nel caso di proroghe successive.

3. In attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e comunque non oltre il 31 dicembre 2008, possono essere concessi trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria e di mobilità ai dipendenti delle imprese esercenti attività commerciali con più di cinquanta dipendenti, delle agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di cinquanta dipendenti, e delle imprese di vigilanza con più di quindici dipendenti, nel limite massimo di spesa di 45 milioni di euro, a carico del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del citato decreto-legge n. 148 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 236 del 1993.

4. Per il rifinanziamento delle proroghe a ventiquattro mesi delle crisi aziendali per cessazione di attività, sono destinati 30 milioni di euro per l'anno 2008 alla finalità di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291, e successive modificazioni, a carico del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del citato decreto-legge n. 148 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 236 del 1993.

5. Per l'iscrizione nelle liste di mobilità dei lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo da aziende fino a quindici dipendenti, all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 20 gennaio 1998, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 1998, n. 52, e successive modificazioni, le parole: «31 dicembre 2007» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2008» e dopo le parole: «nonché di 37 milioni di euro per il 2007» sono inserite le seguenti: «e di 45 milioni di euro per il 2008».

 


 

 

L’articolo in esamereca disposizioni in materia di ammortizzatori sociali.

Con tali disposizioni:

§      si rinnova, anche per l’anno 2008, la possibilità di concessione “in deroga” dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale subordinatamente alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali definiti con specifici accordi in sede governativa, disponendosi altresì l’autorizzazione per la proroga dei menzionati ammortizzatori sociali a condizione che i piani di gestione delle eccedenze abbiano portato ad una riduzione del numero dei destinatari dei medesimi trattamenti (commi 1 e 2);

§      si prevede la possibilità di concedere, anche per l’anno 2008, il trattamento di integrazione salariale straordinaria e il trattamento di mobilità ai lavoratori di imprese ordinariamente escluse dall’ambito di applicazione di tali ammortizzatori sociali (comma 3);

§      si prevede, per il 2008, il rifinanziamento dell’intervento di proroga a 24 mesi del trattamento straordinario di integrazione salariale previsto nei casi di crisi aziendale, relativa alla cessazione dell’attività dell’intera azienda, di un settore di attività, di uno o più stabilimenti o parte di essi (comma 4);

§      si proroga a tutto il 2008, la possibilità di iscrizione nelle liste di mobilità per i lavoratori delle piccole imprese licenziati per giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro (comma 5).

 

Più in particolare, il comma 1, primo periodo, riprendendo di fatto analoghe disposizioni contenute nell’articolo 1, comma 155, della L. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005) e nell’articolo 1, comma 410, della L. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) e nell’articolo 1, comma 1190, della L. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), prevede che, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2008, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con quello dell'economia e delle finanze, possa concedere - anche in deroga alla normativa vigente - trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale (anche senza soluzione di continuità) alle seguenti condizioni:

§      la concessione è subordinata alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con eventuale riferimento a particolari settori produttivi e ad aree regionali, ovvero volti ad assicurare il reimpiego dei lavoratori coinvolti nei medesimi programmi;

§      tali programmi devono essere definiti con specifici accordi in sede governativa entro il 15 giugno 2008 che recepiscono intese già stipulate in sede istituzionale territoriale e inviati al Ministero del lavoro entro il 20 maggio 2008.

 

Il secondo periodo del comma in esame autorizza la proroga dei trattamenti di cassa integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale già concessi ai sensi della disciplina temporanea posta dal richiamato articolo 1, comma 1190, della L. 296 del 2006.

Pertanto il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con quello dell'economia e delle finanze, può concedere una proroga o un'ulteriore proroga dei suddetti trattamenti, a condizione che i piani di gestione delle eccedenze (già definiti in specifici accordi conclusi in sede governativa) abbiano comportato una riduzione, nella misura pari ad almeno il 10%, del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti alla data del il 31 dicembre 2007.

Il comma 2 precisa che l’importo dei trattamenti corrisposti in base a tali provvedimenti ministeriali di proroga, viene ridotto nella misura del 10% nel caso di prima proroga, del 30% nel caso di seconda proroga e del 40% nell'ipotesi di ulteriori proroghe.

Per l’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 – riguardanti pertanto sia i casi di concessione sia quelli di proroga dei menzionati trattamenti - viene stanziato un importo complessivo di spesapari a 460 milioni di euro, di cui 20 milioni in favore del settore agricolo, a carico del Fondo per l’occupazione, di cui all’articolo 1, comma 7, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 236[179].

 

Il successivo comma 3 prevede la possibilità di concede, anche per l’anno 2008, nel limite massimo di 45 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione, il trattamento di CIGS e il trattamento di mobilità ai lavoratori subordinati delle imprese del commercio con più di 50 dipendenti, delle agenzie di viaggio e turismo con più di 50 dipendenti e delle imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti.

Si ricorda che già con decreto ministeriale 31 maggio 2004, n. 34158 si era provveduto, ai sensi dell’articolo 3, comma 137, della legge n. 350 del 2003[180], a prorogare la CIGS e il trattamento di mobilità, relativamente all’anno 2004, per le imprese sopra citate “per fronteggiare gli effetti e le ricadute sul piano occupazionale derivanti da gravi crisi aziendali e/o settoriali”.

Successivamente, con decreto ministeriale 28 luglio 2005 n. 36663 si è prevista una proroga della CIGS e del trattamento di mobilità per le imprese in oggetto anche per l’anno 2005, ai sensi dell’articolo 1, comma 155, della legge n. 311 del 2004. Si ricorda che tale articolo[181], riprendendo di fatto analoghe disposizioni contenute nell’articolo 3, comma 137, quarto periodo, della legge n. 350 del 2003 su citato, ha disposto che, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con quello dell'economia e delle finanze possa - anche in deroga alla normativa ordinaria -, entro il 31 dicembre 2005 e per gli accordi di settore entro il 31 dicembre 2006, concedere trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale (anche senza soluzione di continuità) alle seguenti condizioni: la concessione è subordinata alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con eventuale riferimento a particolari settori produttivi e ad aree territoriali, ovvero volti ad assicurare il reimpiego dei lavoratori interessati nei medesimi programmi; i programmi devono essere definiti con specifici accordi in sede governativa entro il 30 giugno 2005. Inoltre si prevedeva la possibilità di prorogare i trattamenti di cassa integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale già concessi ai sensi della disciplina posta dal richiamato articolo 3, comma 137, quarto periodo, della citata L. 350 del 2003. Pertanto, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con quello dell'economia e delle finanze, può concedere una proroga o un'ulteriore proroga dei suddetti trattamenti, a condizione che i piani di gestione delle eccedenze (già definiti in specifici accordi conclusi in sede governativa) abbiano comportato una riduzione, nella misura pari ad almeno il 10%, del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti alla data del il 31 dicembre 2004. L’importo dei trattamenti corrisposti in base a tali provvedimenti ministeriali di proroga sarà ridotto nella misura del 10%, ovvero del 30% nell'ipotesi in cui sia già intercorsa una precedente proroga.

Con l’articolo 8, comma 3-ter del decreto legge n. 203/2005[182], si è prevista una ulteriore proroga per l’anno 2006, mentre da ultimo con l’articolo 1, comma 1156, lettera c) della L. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) si è prevista una ulteriore proroga per l’anno 2007.

 

Il comma 4 prevede, per il 2008, il rifinanziamento dell’intervento di proroga per ulteriori 12 mesi (rispetto al periodo ordinario massimo di durata di 12 mesi) del trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale, previsto dall’articolo 1, comma 1, del D.L. 5 ottobre 2004, n. 249, convertito dalla L. 3 dicembre 2004, n. 291, nel caso di cessazione dell’attività dell’intera azienda, di un settore di attività, di uno o più stabilimenti o parte di essi. A tale finalità sono destinati 30 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione.

 

Si osserva, sul piano formale, che sarebbe opportuno formulare in maniera più corretta la disposizione, evidenziando che le proroghe si riferiscono al “trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale”.

 

Si ricorda che l’art. 1, comma 5, della L. 23 luglio 1991, n. 223, prevede che ordinariamente la durata del programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione per crisi aziendale, e l’erogazione del conseguente trattamento di cassa integrazione straordinaria, sia pari ad un periodo massimo - in linea ordinaria - di 12 mesi, con possibilità di un nuovo intervento qualora siano decorsi almeno i 2/3 del periodo della precedente concessione.

In seguito l’articolo 1, comma 1 del D.L. 249 del 2004 ha previsto, in determinati casi, la possibilità di proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS) concesso per crisi aziendale fino ad un periodo di 12 mesi oltre gli ordinari limiti di durata del trattamento medesimo. Presupposto della proroga sono:

-       la cessazione dell’attività dell'intera azienda, di un settore di attività, di uno o più stabilimenti o di parte di essi;

-       la sussistenza di programmi volti alla ricollocazione dei lavoratori e che comprendano, ove necessario, la formazione professionale;

-       l'accertamento - da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - del "concreto avvio", nei primi 12 mesi dell'intervento di integrazione (cioè, durante il periodo ordinario della durata del medesimo per crisi aziendale), del piano di gestione delle eccedenze di personale.

La proroga può essere concessa entro il limite complessivo di spesa di 43 milioni di euro, a valere sul Fondo per l'occupazione.

 

Il comma 5 proroga dal 31 dicembre 2007[183] al 31 dicembre 2008 la possibilità di iscrizione nelle liste di mobilità per i lavoratori delle piccole imprese - di quelle aventi, cioè, meno di 15 dipendenti - licenziati per giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro, prevista dall’art. 1, comma 1, primo periodo del D.L. 4 del 1998[184].

Si consideri che il diritto all'iscrizione è riconosciuto ai soli fini dei benefici contributivi conseguenti all'eventuale rioccupazione, con esclusione, cioè, dell'indennità di mobilità.

 

Si ricorda, con riferimento alla fattispecie in esame, che gli incentivi per l’assunzione di lavoratori in mobilità previsti dalla L. 223 del 1991 sono i seguenti :

a)    ai sensi dell’art. 25, comma 9, in caso di conclusione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, è concesso al datore il beneficio della riduzione della relativa contribuzione a suo carico, che viene equiparata, per i primi 18 mesi, a quella dovuta per gli apprendisti dipendenti da aziende non artigiane (cfr. infra);

b)    ai sensi dell’articolo 8, comma 2, in caso di stipulazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato per una durata non superiore a 12 mesi, viene riconosciuto, per l’intero periodo, il medesimo beneficio di cui alla precedente lett. a). Il beneficio è concesso per ulteriori 12 mesi qualora, nel corso del suo svolgimento, tale contratto venga trasformato a tempo indeterminato.

In entrambi i casi lo sgravio contributivo non riguarda i premi INAIL, che restano quindi dovuti per intero.

 

Si consideri, al riguardo, che il comma 773 della legge finanziaria 2007 ha rideterminato, con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2007, le aliquote contributive dovute dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani, in misura complessiva del 10% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali[185].

Lo stesso comma prevede espressamente che la rideterminazione si applica anche con riferimento agli obblighi contributivi previsti dalla normativa vigente in misura pari a quella degli apprendisti, come è il caso dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità[186].

 

Il beneficio contributivo in questione è concesso per il 2008 nel limite massimo di spesa di 45 milioni di euro, tramite l’utilizzazione di una quota corrispondente della dotazione del Fondo per l'occupazione .

 

Si ricorda che gli incentivi contributivi previsti in caso di assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità possono essere di durata superiore a 12 mesi (rispettivamente fino ad un massimo di 18 per i rapporti a tempo indeterminato o di 23 mesi per i rapporti a termine trasformati nel corso del loro svolgimento in rapporti a tempo indeterminato) e che le somme del Fondo per l'occupazione non impegnate in ciascun esercizio finanziario possono esserlo in quello successivo.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Nel quadro della riforma degli aiuti di Stato 2005-2009, prospettata nel piano d’azione in materia adottato il 7 giugno 2005 (COM(2005)107), la Commissione preannuncia, tra l’altro, che riesaminerà gli Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà la cui vigenza scadrà nell’ottobre 2009.

Al fine di orientare il dibattito, il 28 settembre 2007 la Commissione ha presentato un questionario sul quale le parti interessate sono invitate, entro il 30 novembre 2007, ad esprimere la loro opinione. I quesiti riguardano, ad esempio, questioni generali quali le modalità di applicazione degli Orientamenti a livello statale od individuale, e questioni più specifiche in relazione agli attuali Orientamenti quali, ad esempio, l’adeguatezza della definizione di impresa in difficoltà, o delle norme relative al salvataggio di gruppi di imprese o al ripristino della redditività di queste. Altri quesiti riguardano, tra l’altro, le misure compensative, la forma degli aiuti per il salvataggio e la ristrutturazione e le disposizioni relative alle relazioni annuali di controllo.


Articolo 117
(Incentivi per la riduzione dell’orario di lavoro per le imprese non rientranti nella disciplina dei contratti di solidarietà)

 


1. All'articolo 1, comma 2, primo periodo, del decreto-legge 20 gennaio 1998, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 1998, n. 52, e successive modificazioni, le parole: «31 dicembre 2007» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2008». Ai fini dell'attuazione del presente comma, è autorizzata per l'anno 2008 la spesa di 20 milioni di euro a valere sul Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.


 

 

La disposizione in esame proroga al 31 dicembre 2008, per le imprese non comprese nell'ambito ordinario di applicazione della disciplina dei contratti di solidarietà, il termine entro il quale esse possono stipulare i predetti contratti (in particolare, contratti di solidarietà “difensivi”: cfr. infra), beneficiando di determinate agevolazioni, ai sensi dell’articolo 5, commi 5 e 8, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla L. 19 luglio 1993, n. 236[187].

 

Strumento finalizzato principalmente ad evitare o limitare i licenziamenti attraverso una riduzione dell'orario di lavoro per tutti i lavoratori di una determinata impresa (contratti di solidarietà “difensivi”), tale istituto può, inoltre, utilizzare la riduzione dell'orario di lavoro anche per incrementare l'occupazione (contratti di solidarietà “espansivi”), anche se di fatto tale fattispecie non è stata praticamente quasi mai utilizzata.

La tipologia dei contratti di solidarietà a cui si riferisce l’articolo in esame è, come detto, quella dei contratti di solidarietà “difensivi”.

Come accennato, l’eccedenza di personale derivante dalla crisi aziendale si può affrontare attraverso la stipulazione di contratti di solidarietà difensivi, che si sostanziano in accordi tra datore di lavoro e rappresentanze sindacali volti a ridurre l’orario di lavoro, allo scopo di evitare, o quantomeno limitare, i licenziamenti mediante un utilizzo più razionale della forza lavoro.

La retribuzione persa in seguito a tale riduzione di orario è compensata, in parte, da una specifica prestazione previdenziale. In particolare, in relazione alla riduzione d'orario, di cui sia stata accertata la finalizzazione da parte dell'Ufficio regionale del lavoro, il Ministro del lavoro concede il trattamento d'integrazione salariale; il suo ammontare è determinato nella misura del 50% del trattamento retributivo perso a seguito della riduzione d'orario[188].

Il contratto di solidarietà difensivo è compatibile con la CIG, e. sotto particolari condizioni, anche con la CIGS[189]precludendo altresì al datore di lavoro il ricorso al licenziamento collettivo, ma non al licenziamento individuale, anche plurimo, per giustificato motivo oggettivo.

Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del D.L. D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, convertito dalla L. 19 dicembre 1984, n. 863[190], e dell’articolo 7, comma 1, del D.L. 30 dicembre 1987, n. 536, convertito dalla L. 29 febbraio 1988, n, 48[191], tali contratti hanno una durata compresa tra i 12 e i 24 mesi, con possibilità di proroga per ulteriori 24 mesi (36 per le regioni del Mezzogiorno).

La riduzione dell’orario di lavoro può essere sia provvisoria sia stabile. Il contratto di solidarietà difensivo è ritenuto congruo[192], infine, qualora la percentuale di riduzione di orario concordata tra le parte e parametrata su base settimanale risulti tale da far parificare il numero delle ore non lavorate da tutti i lavoratori coinvolti dal contratto con il numero delle ore che sarebbero state lavorate dai lavoratori eccedenti. In ogni caso, si ammette una variazione percentuale inferiore o superiore al 30%.

 

Per quanto attiene ai contratti di solidarietà espansivi, l’articolo 2 del richiamato D.L. 726 del 1984 definisce invece come tale un accordo collettivo aziendale stipulato da datore di lavoro e sindacati aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, che prevede una riduzione stabile dell’orario e della retribuzione dei dipendenti e, contestualmente, l’effettuazione di nuove assunzioni al fine di incrementare l’organico.

Tali assunzioni devono essere a tempo indeterminato e non devono determinare una riduzione della manodopera femminile rispetto a quella maschile, oppure di quest’ultima nel caso in cui sia inferiore.

Il datore di lavoro che stipula contratti di solidarietà espansivi può ottenere, alternativamente, le seguenti agevolazioni:

§       contributi pari, per ogni mensilità corrisposta ai nuovi assunti, alle seguenti percentuali:

o      15% per i primi 12 mesi;

o      10% dal 13° al 24° mese;

o      5% dal 25° al 36° mese;

          contribuzione a carico del datore di lavoro in misura fissa corrispondente a quella per gli apprendisti[193] con riferimento ai soli lavoratori neo-assunti di età compresa tra i 15 e i 29 anni.

Giova ricordare che le agevolazioni sono concesse a condizione che nei 12 mesi antecedenti le nuove assunzioni il datore di lavoro non abbia proceduto a riduzioni di personale o a sospensioni dal lavoro per CIGS.

 

La disciplina transitoria prorogata per tutto il 2008 interessa, ai sensi dell’articolo 5, commi 5 e 8, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla L. 19 luglio 1993, n. 236, le imprese artigiane[194] (anche con meno di 16 dipendenti), e le imprese che non ricadono nel campo di applicazione dell'articolo 1 del D.L. 726 del 1984 (cioè, in sostanza, della CIGS)[195].

 

In particolare, per le imprese che non ricadono nel campo di applicazione della CIGS, l’articolo 5, comma 5, del citato D.L. 148/1993 ha previsto in via transitoria uno specifico beneficio, nel caso in cui esse avessero stipulato - entro il termine del 31 dicembre 1995[196] - contratti di solidarietà, che evitino o riducano le eccedenze di personale, nel corso della procedura di mobilità di cui all'articolo 24 della L. 223 del 1991. In tal caso, viene riconosciuto, per un periodo massimo di due anni, un contributo pari al 50% del monte retributivo non erogato a seguito della riduzione di orario; tale misura, erogata in rate trimestrali, viene ripartita in parti uguali tra l'impresa e lavoratori interessati. Per questi ultimi, il contributo non ha natura di retribuzione ai fini degli istituti contrattuali e di legge; tuttavia, ai fini della liquidazione del trattamento pensionistico, si tiene conto dell'intera retribuzione di riferimento.

Il comma 8 del citato articolo 5, come modificato dall'articolo 4, comma 2, del D.L. 299 del 1994, convertito dalla L. 451 del 1994, ha disposto, inoltre, che il predetto contributo possa concedersi, sempre in via transitoria, anche alle imprese artigiane non rientranti nel campo di applicazione del trattamento CIGS, anche ove occupino meno di 16 dipendenti. Tale estensione è disposta a condizione che i lavoratori di tali imprese, interessati dal contratto di solidarietà stipulato inizialmente sempre entro il 31 dicembre 1995 (termine poi prorogato con successive disposizioni e, da ultimo, fino al 2006 dal citato D.L. 68/2006), percepiscano - a carico di fondi bilaterali istituiti dalla contrattazione collettiva - una prestazione "di entità non inferiore alla metà della quota del contributo pubblico destinata ai lavoratori".

L'ammontare del trattamento di integrazione salariale, determinato dalla predetta legge nella misura del 50% del trattamento retributivo perso a seguito della riduzione di orario, è, per i contratti stipulati successivamente alla data del 14 giugno 1995, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del D.L. 1° ottobre 1996, n. 510, convertito dalla L. 28 novembre 1996, n. 608, pari al 60% del medesimo trattamento retributivo perso a seguito della riduzione di orario.

 

Riguardo all'applicazione della proroga, l’articolo in esame autorizza una spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2008, a valere sulle risorse del Fondo per l'occupazione (di cui all’articolo 1, comma 7, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 236).

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Flessicurezza e modernizzazione del diritto del lavoro

Il 22 novembre 2006 la Commissione europea ha presentato il Libro Verde “Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo “ (COM (2006)708) per avviare una consultazione sul modo di far evolvere il diritto del lavoro, in linea con gli obiettivi della strategia di Lisbona e, in particolare, con quello di una crescita sostenibile con più posti di lavoro di migliore qualità. Alla consultazione, che si è conclusa a marzo 2007, ha fatto seguito una comunicazione della Commissione, presentata il 27 giugno 2007, intesa a definire principi comuni in materia di flessicurezza.

La Presidenza portoghese dell’Unione europea ha organizzato, il 13 settembre 2007, un incontro ministeriale per favorire un approccio comune sulla flessicurezza, in vista di una conferenza più ampia – che si terrà a Lisbona - cui parteciperanno anche rappresentanti dei lavoratori, dei datori di lavoro, ONG e esperti. Le conclusioni della conferenza, nelle intenzioni della Presidenza, costituiranno una fonte di ispirazione per i principi comuni sulla flessicurezza che dovrebbero essere approvati dal Consiglio di dicembre 2007.

 

Il 24 ottobre 2007 la Commissione ha presentato una comunicazione che illustra in forma sintetica i risultati della consultazione pubblica sull’adattamento della normativa del lavoro all’attuale mondo del lavoro e individua le principali questioni politiche che ne risultano (COM(2007)627).

La Commissione sottolinea che, nonostante le divergenze d’opinione, i risultati della consultazione ribadiscono che la normativa del lavoro è essenziale per gestire la forza lavoro dell’UE e per dare ai lavoratori un senso di sicurezza. Molte delle risposte pervenute rilevano, in particolare, la necessità di attuare appieno la vigente normativa del lavoro in tutti gli Stati membri e di raggiungere un accordo su questioni d’attualità come le proposte in merito ai contratti delle agenzie di lavoro temporaneo e al riesame della direttiva sull’orario di lavoro. La Commissione rileva inoltre che dalle risposte si deduce anche che il processo nazionale di riforma nell’ambito della strategia UE per la crescita e l’occupazione e l’approccio integrato per lo sviluppo e l’attuazione di principi ispirati alla flessicurezza sono il modo di procedere più adeguato.

La consultazione avviata dal Libro verde del 2006 intendeva anche identificare le principali sfide che si incontrano nell’adattare la normativa del lavoro alle evoluzioni del mondo del lavoro, impegnare tutti gli attori in un dibattito aperto sul modo in cui la normativa del lavoro e gli accordi collettivi possono contribuire a promuovere la flessibilità e la sicurezza, stimolare la discussione sul modo in cui rapporti contrattuali flessibili corredati di opportuni diritti possano agevolare la creazione di posti di lavoro e promuovere le transizioni nel mercato del lavoro, nonché contribuire all’agenda per una migliore regolamentazione. Nel complesso, i partecipanti preferiscono che si trovino soluzioni essenzialmente mediante interventi a livello nazionale – facendo leva su tutta una serie di strategie che rispecchiano le tradizioni e prassi nazionali. La Commissione osserva che tuttavia si registra anche una forte disponibilità a convalidare tale esperienza mediante un dialogo e uno scambio di buone pratiche a livello UE.

Anche se la Commissione non propone nessuna iniziativa giuridica nuova, essa delinea una serie di ambiti sui quali, a suo avviso, si vorrebbero impostare le discussioni future al fine di assicurare maggiore chiarezza e cooperazione nonché una migliore base di informazioni e di analisi. Tali ambiti riprendono diversi soggetti della consultazione, tra cui:

§      chiarimento della natura del rapporto di lavoro per promuovere una migliore comprensione e facilitare la cooperazione in tutta l’UE;

§      chiarimento dei diritti e degli obblighi delle parti coinvolte nella filiera del subappalto per evitare che i lavoratori si trovino privati della possibilità di far valere efficacemente i loro diritti.

La Commissione intende lavorare con gli Stati membri per far sì che, in occasione del Consiglio europeo di dicembre 2007, si possano adottare conclusioni sui principi comuni in materia di flessicurezza.  Intende, inoltre, seguire l’analisi congiunta delle parti sociali sulle principali sfide che attendono i  mercati del lavoro europei[197], per stabilire un quadro anche cronologico in cui presentare un approccio avanzato alla realizzazione di principi basati sulla flessicurezza. La Commissione annuncia che nel 2008 compirà i passi necessari per portare avanti i temi sollevati nella sua comunicazione nel più ampio contesto relativo alla flessicurezza.


Articolo 118
(Sicurezza sui luoghi di lavoro)

 


1. All'articolo 1, comma 2, lettera p), alinea, della legge 3 agosto 2007, n. 123, le parole: «, da finanziare, a decorrere dall'anno 2008, per le attività di cui ai numeri 1) e 2) della presente lettera, a valere, previo atto di accertamento, su una quota delle risorse di cui all'articolo 1, comma 780, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, accertate in sede di bilancio consuntivo per l'anno 2007 dell'INAIL,» sono soppresse.

2. All'articolo 1 della citata legge 3 agosto 2007, n. 123, dopo il comma 7 è aggiunto, in fine, il seguente:

«7-bis. Per l'attuazione del principio di delega di cui al comma 2, lettera p), è previsto uno stanziamento di 50 milioni di euro a decorrere dal 1o gennaio 2008».

3. La dotazione del fondo di cui all'articolo 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è incrementata di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e di 10 milioni di euro a decorrere dal 2010.

 


 

 

I commi 1 e 2 dell’articolo in esame sono volti a modificare le modalità di finanziamento previste dall’articolo 1, comma 2, lettera p), della L. 123 del 2007[198], per l’attuazione di una parte della delega in materia di salute e sicurezza sul lavoro di cui alla medesima legge, in particolare per la parte di cui ai nn. 1) e 2) della stessa lettera p), relativa alle attività dirette alla realizzazione di progetti formativi per la prevenzione aziendale nonché al finanziamento degli investimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro delle piccole, medie e microimprese.

 

La citata L. 123 del 2007, in primo luogo, all’articolo 1, reca la delega, per il Governo, ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega, uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, in conformità all’articolo 117 della Costituzione e garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla condizione dei lavoratori immigrati.

Ai fini dell’esercizio della delega il disegno di legge prevede una serie di principi e criteri direttivi, tra cui, la lettera p), prevede la promozione della cultura e delle azioni di prevenzione, attraverso:

§       la realizzazione di un sistema di governo per la definizione, tramite forme di partecipazione tripartita, di progetti formativi, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, da indirizzare nei confronti di tutti i soggetti del sistema di prevenzione aziendale anche attraverso il sistema della bilateralità (lettera p), n. 1);

§       il finanziamento degli investimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro delle piccole, medie e microimprese, i cui oneri siano sostenuti dall’INAIL, nell’ambito e nei limiti delle spese istituzionali del medesimo Istituto. Deve essere garantita la semplicità delle procedure relative a tali finanziamenti (lettera p), n. 2);

§       la promozione e la diffusione della cultura della salute e della sicurezza sul lavoro in ambito scolastico ed universitario e nei percorsi di formazione, nel rispetto delle disposizioni vigenti e in considerazione dei relativi principi di autonomia didattica e finanziaria (lettera p), n. 3).

La lettera in esame precisa inoltre che le attività di cui ai su indicati numeri 1) e 2) debbano essere finanziate, a decorrere dal 1° gennaio 2008, a valere, previo atto di accertamento, su una quota delle risorse di cui all’articolo 1, comma 780, della L. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), accertate in sede di bilancio consuntivo per l’anno 2007 dell’INAIL[199].

 

Pertanto, in primo luogo (comma 1), novellando l’alinea della menzionata lettera p), viene soppressa l’attuale modalità di finanziamento, secondo la quale le suddette attività di cui ai nn. 1) e 2) della medesima lettera p) debbono essere finanziate, a decorrere dal 1° gennaio 2008, a valere, previo atto di accertamento, su una quota delle risorse (destinate alla riduzione dei premi INAIL relativi alla gestione separata artigianato) di cui all’articolo 1, comma 780, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006), accertate in sede di bilancio consuntivo per l’anno 2007 dell’INAIL.

Conseguentemente viene ripristinata l'originaria destinazione integrale delle risorse di cui all’articolo 1, comma 780, della legge finanziaria per il 2007, alla riduzione dei premi dell'assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali relativi alla gestione separata artigianato.

Al comma 2, introducendo il comma 7-bis (rectius: comma 8) all’articolo 1 della L. 123/2007, in sostituzione della soppressa modalità di finanziamento, per l’esercizio della delega relativa alla su menzionata lettera p), viene previsto uno stanziamento di 50 milioni di euro annui, a decorrere dal 2008.

Si osserva che tale nuova copertura è posta, almeno letteralmente, con riferimento tout court alla lettera p), quindi non solamente alle attività di cui ai nn. 1) e 2), ma anche a quelle di cui al n. 3) della medesima lettera. Sembrerebbe quindi che lo stanziamento in oggetto sia destinato anche alle attività di promozione e divulgazione della cultura della salute e sicurezza sul lavoro all'interno dell'attività scolastica ed universitaria e nei percorsi di formazione.

Tale interpretazione tuttavia non appare coerente con il comma 7 dell’articolo 1 della L. 123/2007, ai sensi del quale dall’attuazione dei criteri di delega recati dal medesimo articolo, con esclusione di quelli di cui al comma 2, lettera p), nn. 1) e 2), non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Sarebbe quindi opportuno coordinare meglio il vigente comma 7 con il nuovo comma 7-bis introdotto dal provvedimento in esame.

 

Infine, il comma 3, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, incrementa di 7,5 milioni di euro annui per il biennio 2008-2009 e di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2010 la dotazione del Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro.

 

Tale Fondo è stato istituito, presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, ai sensi dell'art. 1, comma 1187, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, al fine di assicurare un adeguato e tempestivo sostegno ai familiari delle vittime di gravi incidenti sul lavoro anche per i casi in cui le vittime medesime risultino prive della copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124.A tale fondo è attualmente attribuita la somma di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.

In attuazione del citato comma 1187 è stato emanato il D.M. 2 luglio 2007[200], che ha disciplinato le tipologie dei benefici concessi, comprese le anticipazioni sulle prestazioni erogate dall’INAIL, nonché i requisiti e le modalità di accesso agli stessi benefici.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Salute e sicurezza sul luogo di lavoro

Il 21 febbraio 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione “Migliorare la qualità e la produttività sul luogo di lavoro: strategia comunitaria 2007-2012 per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro” (COM(2007) 62), il cui obiettivo principale è una riduzione continua, durevole ed omogenea degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. In particolare, la Commissione mira a ridurre del 25% l’incidenza degli infortuni sul lavoro a livello dell’UE-27, entro il 2012.

Per raggiungere questo obiettivo, la Commissione propone le seguenti misure:

-        garantire una buona attuazione della legislazione dell’UE;

-        sostenere le PMI nell’applicazione della legislazione in vigore;

-        adattare il contesto giuridico all’evoluzione del mondo del lavoro e semplificarlo;

-        favorire lo sviluppo e l’attuazione di strategie nazionali;

-        promuovere un mutamento dei comportamenti dei lavoratori, nonché approcci orientati alla salute presso i datori di lavoro;

-        mettere a punto metodi per l’identificazione e la valutazione dei nuovi rischi potenziali;

-        migliorare il follow-up dei progressi realizzati;

-        promuovere la salute e la sicurezza a livello internazionale.

Con la comunicazione la Commissione intende stimolare tutte le parti interessate ad agire di concerto per ridurre i costi elevati degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, nonché ad assicurare il benessere sul luogo di lavoro per i cittadini europei, facendo un deciso passo avanti verso l’attuazione dell’agenda per i cittadini adottata il 10 maggio 2006[201].

A tal fine, la comunicazione afferma la necessità di un coordinamento effettivo, a livello comunitario e nazionale, tra le politiche in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro e politiche che potrebbero avere un impatto in questo settore, quali sanità pubblica; sviluppo regionale e coesione sociale; appalti pubblici; occupazione e ristrutturazioni.

Il 30 maggio 2007 il Consiglio ha approvato una risoluzione sulla comunicazione, intitolata “Lavoro di qualità”, con cui accoglie favorevolmente la strategia comunitaria 2007-2012 per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro proposta dalla Commissione.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

La Commissione ha presentato, il 13 dicembre 2006 (Causa C-504/06)[202], ricorso alla Corte di giustizia delle Comunità europee per non corretto recepimento nell’ordinamento italiano dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 92/57/CEE, del 24 giugno 1992, riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili.

La Commissione osserva che nel diritto italiano, i cantieri che non raggiungono i 200 uomini-giorno e che non espletano i lavori di cui all’allegato II della direttiva, sono coperti esclusivamente dalle disposizioni in materia di coordinamento di cui all’articolo 7 del decreto n. 626/1994. Questo articolo però impone soltanto un obbligo generale di cooperazione e di coordinamento ai datori di lavoro che all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva affidano lavori ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi.

Secondo la Commissione, pertanto, non è possibile ritenere che le disposizioni precise e dettagliate della direttiva 92/57/CE relative al coordinamento richiesto durante le fasi di elaborazione e di realizzazione dell’opera siano considerate recepite dall’articolo del decreto in questione, come sostenuto dal Governo italiano nel corso della procedura di infrazione.


Articolo 119
(Politiche migratorie nazionali e comunitarie)

 

1. È autorizzata la spesa di euro 1.500.000 per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, per la partecipazione del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno ai programmi finanziati dall'Unione europea attraverso i fondi europei in materia migratoria. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 151, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

2. Il Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati, istituito presso il Ministero della solidarietà sociale dall'articolo 1, comma 1267, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è integrato di 50 milioni di euro per l'anno 2008.

 

 

Il comma 1 dell’articolo 119 autorizza la spesa di 1.500.000 euro per ciascun anno del triennio 2008-2010, per la partecipazione del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno ai programmi finanziati dalla UE attraverso i fondi europei in materia migratoria.

La copertura del relativo onere è ottenuta mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 3, comma 151 della legge 350/2003 (legge finanziaria 2004).

 

La disposizione da ultimo citata ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno un fondo da ripartire per le esigenze correnti di funzionamento dei servizi dell'Amministrazione, con una dotazione, a decorrere dall'anno 2004, di 100 milioni di euro.

 

In sede di relazione illustrativa, il Governo precisa che il comma in esame è volto a consentire l’utilizzo dei fondi europei in materia migratoria destinati all’Italia, che in assenza di risorse interne per il cofinanziamento dei progetti (fissato in sede europea in una misura che va dal 20% al 50 %), rischierebbero di andare perduti.

 

La relazione tecnica rimanda al Programma quadro “Solidarietà e gestione dei flussi migratori”[203] che stabilisce meccanismi di solidarietà finanziaria (Fondi) riguardanti i seguenti quattro ambiti:

§       controlli e sorveglianza delle frontiere esterne (gestione integrata delle frontiere) e politica in materia di visti, in complementarità con l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea (FRONTEX);

§       gestione integrata, da parte degli Stati membri, dei rimpatri di cittadini di paesi terzi in soggiorno irregolare nell’UE e applicazione efficace ed uniforme delle norme comuni concernenti il rimpatrio conformemente all'evoluzione della politica condotta in tale settore;

§       integrazione dei cittadini dei paesi terzi in soggiorno regolare attraverso azioni positive in grado di sostenere gli sforzi compiuti dagli Stati membri per permettere loro di integrarsi più facilmente nelle società europee;

§       sostegno e promozione degli sforzi compiuti dagli Stati membri per accogliere rifugiati e sfollati (sulla base dell’esistente Fondo europeo per i rifugiati) e sostenere le conseguenze di tale accoglienza; individuazione delle migliori pratiche e creazione di strutture di cooperazione efficaci per migliorare la qualità del processo decisionale nel quadro del regime europeo comune in materia di asilo.

È prevista pertanto, in sede di Unione, l'istituzione di 4 fondi:

§       Fondo per le frontiere esterne (2007-2013) di cui alla Decisione n. 574/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007, che istituisce il Fondo per le frontiere esterne per il periodo 2007-2013, nell’ambito del programma generale Solidarietà e gestione dei flussi migratori;

§       Fondo europeo per i rimpatri (2008-2013) di cui alla Decisione 575/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007, che istituisce il Fondo europeo per i rimpatri per il periodo 2008-2013 nell’ambito del programma generale Solidarietà e gestione dei flussi migratori;

§       Fondo europeo per l'integrazione dei cittadini dei paesi terzi (2007-2013), di cui alla Decisione 2007/435/CE del Consiglio, del 25 giugno 2007, che istituisce il Fondo europeo per l’integrazione di cittadini di paesi terzi per il periodo 2007-2013 nell'ambito del programma generale Solidarietà e gestione dei flussi migratori;

§       Fondo Europeo per i rifugiati (2008-2013) di cui allaDecisione n. 573/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007, che istituisce il Fondo europeo per i rifugiati per il periodo 2008-2013, nell'ambito del programma generale Solidarietà e gestione dei flussi migratori e che abroga la decisione 2004/904/CE del Consiglio;

 

Il comma 2 integra, per l’anno 2008, il Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati di 50 milioni di euro.

Il Fondo,istituito presso il Ministero della solidarietà sociale ai sensi dell’art. 1, commi 1267-1268 della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006[204]), con una dotazione pari a 50 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009, è fra l’altro finalizzato alla realizzazione di un piano per l’accoglienza degli alunni stranieri, anche per favorire il rapporto scuola-famiglia, mediante l’utilizzo, per fini non didattici, di apposite figure professionali madrelingua quali i mediatori culturali. I provvedimenti concernenti l’utilizzazione del Fondo sono adottati dal ministro della solidarietà sociale di concerto con il ministro per i diritti e le pari opportunità. presso il Ministero della solidarietà sociale.

 

In attuazione della legge finanziaria 2007, è stata emanata la Direttiva del 3 agosto 2007 concernente l’utilizzazione del Fondo, con cui vengono definiti gli obiettivi e le aree prioritarie di intervento che saranno finanziate per l’anno 2007, per un ammontare complessivo di 50 milioni di euro.

Le aree prioritarie di intervento individuate sono: sostegno all’accesso all’alloggio; accoglienza degli alunni stranieri; tutela dei minori stranieri non accompagnati; valorizzazione delle seconde generazioni di stranieri; tutela delle donne immigrate a rischio di marginalità sociale; diffusione della lingua e della cultura italiana; diffusione della conoscenza della Costituzione italiana, dell’ordinamento giuridico nazionale e dei percorsi di inclusione sociale. I progetti potranno essere presentati, in forma singola ovvero in partenariato da Regioni, province autonome, enti locali, associazioni e altri organismi privati che svolgono attività per favorire l'integrazione sociale degli stranieri, iscritte al registro di cui all’art. 52 del D.P.R. 394/99 nonché associazioni ed enti che svolgono attività nel campo della lotta alle discriminazioni ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. 215/2003[205].

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Strumenti finanziari

Per fornire adeguato supporto finanziario alle azioni dell’UE nell’area libertà, giustizia e sicurezza, per il periodo 2007-2013, sono stati adottati i programmi quadro “Sicurezza e tutela delle libertà” (COM(2005)124-1), “Diritti fondamentali e giustizia” (COM(2005)122-1), “Solidarietà e gestione dei flussi migratori” (COM(2005)123-1), i cui obiettivi sono in linea con le priorità politiche individuate dal programma dell’Aja.

In particolare, il programma quadro “Solidarietà e gestione dei flussi migratori” per il periodo 2007-2013[206] intende rispondere al problema della ripartizione equa delle responsabilità tra gli Stati membri, per quanto riguarda l’onere finanziario conseguente all’introduzione di una gestione integrata delle frontiere esterne e all’attuazione di politiche comuni in materia di asilo e immigrazione. Esso opera in funzione di complementarietà rispetto alle altre iniziative ed organi operanti nel contesto della stessa politica comune, quali l’Agenzia per la gestione delle frontiere esterne (Frontex), il Sistema di informazione visti (VIS) e il Sistema di informazione Schengen (SIS). Il programma quadro si sostanzia nei seguenti strumenti finanziari specifici:

-        “Fondo europeo per le frontiere esterne“, con una dotazione di 1820 milioni di euro per il periodo 2007-2013 (decisione 574/2007/CE del 7 maggio 2007);

-        “Fondo europeo per i rifugiati”, con una dotazione di 699,3 milioni di euro per il periodo 2008-2013 (decisione 573/2007/CE del 7 maggio 2007);[207]

-        “Fondo europeo per il rimpatrio”, con una dotazione di 676 milioni di euro per il periodo 2008-2013 (decisione 575/2007/CE del 7 maggio 2007);

-        “Fondo europeo per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi”, con dotazione pari a 825 milioni di euro per il periodo 2007-2013 (decisione 2007/435/CE del 25 giugno 2007).

Il 26 giugno 2007, la Commissione, secondo quanto preannunciato nella comunicazione del 25 gennaio 2006 “Programma tematico di cooperazione con i paesi terzi nei settori dell’emigrazione e dell’asilo” (COM(2006)26), ha presentato il programma di cooperazione con i paesi terzi nel campo dell’immigrazione e dell’asilo, con una dotazione di 380 milioni di euro per il periodo 2007-2013, destinato a sostituire il vigente programma Aeneas.

L’approccio globale in materia di migrazione: recenti iniziative della Commissione

Il 16 maggio 2007, la Commissione ha presentato un pacchetto di iniziative (cd. pacchetto Frattini) volte al sostegno dell’immigrazione legale e al contrasto all’immigrazione clandestina. Il pacchetto comprende:

§      la comunicazione “Applicazione dell’approccio globale in materia di migrazione alle aree orientali e sudorientali vicine all’Unione europea”(COM(2007)247);

§      la comunicazione “Migrazione circolare e partenariati di mobilità tra UE e paesi terzi”(COM(2007)248);

§      la proposta di direttiva (COM(2007)249) relativa a sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell’Unione europea (vedi infra ).

La comunicazione “Applicazione dell’approccio globale in materia di migrazione alle aree orientali e sudorientali vicine all’Unione europea” fa seguito all’invito, rivolto alla Commissione dal Consiglio europeo del 14 -15 dicembre 2006, a “presentare proposte sul dialogo rafforzato e misure concrete” per quanto riguarda l’applicazione dell’approccio globale.

L’approccio globale in materia di immigrazione è stato adottato dal Consiglio europeo del 15-16 dicembre 2005, attraverso l’approvazione di un documento dal titolo Approccio globale in materia di migrazione: azioni prioritarie incentrate sull'Africa e il Mediterraneo”. In considerazione della crescente importanza delle questioni migratorie per l’Unione europea e per i suoi Stati membri ed allo scopo di rispondere alle opportunità ed alle sfide della migrazione, come delineato nel programma dell’Aja, il documento del Consiglio europeo conteneva l’indicazione di una serie di interventi da attuare nel 2006 e la definizione di un programma di azioni prioritarie in quattro settori:

-        potenziamento della cooperazione e dell'operato degli Stati membri;

-        cooperazione con i principali Paesi d’origine in Africa;

-        cooperazione con i Paesi vicini dell'area mediterranea;

-        aspetti legati al finanziamento e all’attuazione degli interventi.

L’approccio globale all’immigrazione, inizialmente centrato sull’Africa e l’area mediterranea[208], viene ora esteso anche alle aree orientali e sudorientali vicine all’Unione europea.

La comunicazione interessa pertanto principalmente: Turchia, Balcani occidentali (Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Montenegro e Serbia, incluso il Kosovo); i paesi partner della politica europea di vicinato (ENP) in Europa orientale (Ucraina, Moldavia e Bielorussia) e Caucaso meridionale (Armenia, Azerbadjan e Georgia) e la Federazione russa. Per ogni singola area geografica viene ricordato l’attuale quadro di dialogo politico ed economico con l’UE e le relazioni di cooperazione (che investono di solito anche l’immigrazione) e vengono formulate raccomandazioni al fine di rafforzare la cooperazione in materia di immigrazione sulla base delle iniziative già esistenti.

La comunicazione sottolinea inoltre che l’applicazione dell’approccio globale alle aree orientali e sudorientali vicine all’UE, secondo il concetto di “rotte migratorie”, esige che si considerino anche i paesi di origine e di transito più lontani: paesi partner della Politica Europea di vicinato (PEV)[209] in Medio Oriente (Siria, Libano e Giordania), Iran e Iraq; Asia centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan) e paesi d’origine asiatici come la Cina, l’India, il Pakistan, l’Afghanistan, il Bangladesh, lo Sri Lanka, il Vietman, le Filippine e l’Indonesia.

La comunicazione “Migrazione circolare e partenariati di mobilità tra UE e paesi terzi”intende conferire un contenuto operativo all’Approccio globale in materia di migrazione dell’UE, fornendo un sostegno all’immigrazione legale.

A tal fine essa esamina la natura giuridica, la forma e i contenuti dei “partenariati per la mobilità” che l’Unione europea potrà concludere con i paesi terzi, che si sono impegnati a cooperare attivamente nella gestione dei flussi migratori, anche combattendo contro la migrazione illegale, e che desiderano assicurare ai loro cittadini un migliore accesso al territorio dell’Unione. I partenariati saranno concepiti in funzione della specificità di ogni paese terzo interessato nonché del livello di impegno che il paese terzo è disposto ad assumere per combattere la migrazione illegale e facilitare il reinserimento dei migranti di rientro. Gli impegni della CE e degli Stati membri partecipanti potrebbero comprendere: migliori opportunità di migrazione legale per cittadini del paese terzo; assistenza ai paesi terzi per lo sviluppo della loro capacità di gestire i flussi migratori legali; misure per affrontare il rischio della fuga di cervelli e promuovere la migrazione circolare o di rientro; miglioramento e/o facilitazione delle procedure per il rilascio di visti di breve durata a cittadini di un paese terzo. La comunicazione affronta, inoltre, il tema specifico della “migrazione circolare”, individuando le forme di migrazione circolare più adatte al contesto dell’UE (migrazione circolare di cittadini di paesi terzi stabiliti nell’UE e migrazione circolare di persone residenti in un paese terzo)e indicando interventi legislativi specifici al fine di promuoverle. In particolare la comunicazione suggerisce l’introduzione di incentivi alla migrazione circolare in alcuni strumenti legislativi annunciati nel Piano d’azione sulla migrazione legale[210]: proposta di direttiva sull’ammissione dei migranti altamente qualificati; proposta di direttiva sull’ammissione dei migranti stagionali; proposta di direttiva sull’ammissione di tirocinanti retribuiti[211]. Modifiche potrebbero inoltre essere apportate alla direttiva 2003/109/CE, relativa allo status dei soggiornanti di lungo periodo, alla direttiva 2004/114/CE, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato e alla direttiva 2005/71/CE, relativa a una procedura specificamente concepita per l’ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 12-13 giugno 2007 e il Consiglio affari generali del 18 giugno 2007, nelle loro conclusioni, hanno accolto favorevolmente le misure proposte, esprimendo soddisfazione per i progressi realizzati nell’attuazione della Strategia di approccio globale alla migrazione, stabilita dal Consiglio europeo del 15-16 dicembre 2005 e completata dalle conclusioni sullo sviluppo di una politica europea integrata delle migrazioni del 14-15 dicembre 2006. Il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 ha approvato le conclusioni del Consiglio del 12 e del 18 giugno, invitando gli Stati membri e la Commissione ad assicurare che siano assegnate risorse umane e finanziarie adeguate, all’interno del quadro finanziario esistente, per permettere la tempestiva attuazione della politica migratoria globale. Il Consiglio europeo ha inoltre stabilito che valuterà lo stato di attuazione della politica migratoria globale nella prossima riunione del dicembre 2007, in base ad una relazione interinale sull’andamento dei lavori, elaborata dalla Commissione.

Immigrazione legale

I documenti di riferimento per la politica dell’Unione in materia di immigrazione legale e integrazione sono costituiti dalla comunicazione “Un’agenda comune per l’integrazione”, presentata dalla Commissione il 1° settembre 2005 (COM(2005)389), e dal Piano d’azione per l’immigrazione legale, presentato dalla Commissione il 21 dicembre 2005 (COM(2005)669), al fine di sviluppare una politica coerente dell’UE in materia di immigrazione legale, nel periodo rimanente del programma dell’Aia (2006-2009).

La comunicazione “Un’agenda comune per l’integrazione” propone un quadro per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’Unione europea.

Poiché l’integrazione tocca diversi settori, tra cui il lavoro, le politiche urbane e l’istruzione, la Commissione intende far sì che le priorità della politica per l’integrazione siano tradotte in modo coerente nell’insieme delle diverse politiche. Tra le misure raccomandate nei diversi settori interessati figura il miglioramento dei programmi e delle attività di accoglienza per gli immigrati legali e per le persone a loro carico. Tali misure dovrebbero includere dei fascicoli informativi per gli immigrati economici appena arrivati, nonché corsi di orientamento linguistico e di educazione civica, finalizzati a far sì che gli immigrati comprendano e rispettino i valori comuni nazionali ed europei.

Il Consiglio, nel corso della riunione del 1° dicembre 2005, ha esaminato la comunicazione della Commissione ed ha adottato conclusioni in proposito, nelle quali esprime parere favorevole sul documento. Il Parlamento europeo ha esaminato il documento nel corso della seduta del 6 luglio 2006, approvando una risoluzione, nella quale, tra l’altro, per promuovere l’integrazione degli immigrati, sollecita lo scambio delle migliori pratiche, il dialogo interculturale e corsi di lingua. Sollecita anche procedure rapide e trasparenti per la loro naturalizzazione e l’effettiva attuazione delle direttive europee in questo campo.

Il Piano d’azione per l’immigrazione legale comprende, invece, quattro sezioni consacrate alle principali dimensioni del fenomeno dell’immigrazione legale, nel quadro di un approccio globale, così come richiesto dal Consiglio europeo del 15 – 16 dicembre 2005. In particolare, la Commissione prevede di presentare, per tappe, proposte legislative sulle condizioni per l’entrata ed il soggiorno degli immigrati da Paesi terzi con finalità di lavoro.

Si tratta in particolare di:

-        una direttiva di carattere generale (effettivamente presentata il 23 ottobre 2007 -vedi infra) che mira a definire un quadro comune di diritti per tutti i cittadini di Paesi terzi legalmente occupati, già ammessi in uno Stato membro, ma non ancora in possesso dello status di residenti di lunga durata;

-        quattro direttive specifiche, che tratteranno delle condizioni di entrata e soggiorno di determinate categorie di immigrati (lavoratori altamente qualificati – presentata il 23 ottobre 2007, vedi infra -, lavoratori stagionali, lavoratori in trasferimento all'interno di società multinazionali e tirocinanti retribuiti). Gli Stati membri resteranno competenti per determinare le quote di lavoratori migranti da ammettere.

Il Piano d’azione è stato esaminato dal Consiglio il 24 luglio 2006 e dal Parlamento europeo (che ha adottato una risoluzione) il 24 ottobre 2006. Nella risoluzione adottata il Parlamento europeo sottolinea, tra l’altro, che la politica dell'UE deve prevedere efficaci misure di accoglienza e di integrazione degli immigrati, soprattutto delle donne, che rappresentano ormai la maggioranza, e invitano gli Stati membri a rafforzare le strutture e i servizi sociali che consentiranno il normale stabilimento dei migranti, nonché l'informazione relativa ai diritti e ai doveri che discendono dai principi e dalle leggi vigenti in ciascuno Stato membro. Il 26 settembre 2007 il Parlamento europeo ha approvato un’ulteriore risoluzione sul piano d'azione sull'immigrazione legale, nel quale, partendo dal documento adottato dalla Commissione nel 2005, esprime la posizione del Parlamento su tutte le ulteriori iniziative finora promosse in materia dalla Commissione e dal Consiglio.

 

Le più recenti iniziative in materia di immigrazione legale

Sulla base di quanto stabilito nel Piano d’azione, il 23 ottobre 2007, la Commissione ha presentato un pacchetto di misure comprendente:

§      una proposta di direttiva (COM(2007)637) relativa all’ammissione nell’Unione di migranti per posti di lavoro altamente qualificati.

La proposta di direttiva ha l’obiettivo di:

          instaurare una procedura speciale per l’ingresso e il soggiorno di cittadini  di paesi terzi che richiedano di risiedere nell’Unione europea per occupare posti di lavoro altamente qualificati per un periodo superiore a tre mesi;

          definire le condizioni in cui i cittadini di paesi terzi che si trovino in situazione di soggiorno regolare in uno Stato membro, ai sensi della proposta di direttiva in questione, possano soggiornare con le loro famiglie in altri Stati membri.

          Per definire la nozione di “impiego altamente qualificato” la proposta di direttiva si basa su due elementi: l’obbligo di esercitare un’attività economica dipendente (escludendo quindi i lavoratori autonomi) e l’elevata qualificazione professionale richiesta. A questo proposito, al fine di includere nel campo di azione della proposta di direttiva anche quei lavoratori che non abbiano necessariamente bisogno di un diploma di studi superiori per esercitare la loro attività (ad es. nel settore dell’informatica), viene considerata, al posto del diploma, l’esperienza acquisita in almeno tre anni di attività nel settore.

Ai fini del rilascio del permesso di soggiorno, la proposta di direttiva stabilisce che il richiedente debba provare di possedere i diplomi o i requisiti di esperienza suddetti e presentare obbligatoriamente un contratto di lavoro (o un’offerta vincolante di impiego), in cui sia indicato uno stipendio pari almeno a tre volte il salario minimo fissato a livello nazionale. Il richiedente (ma non i suoi familiari) in possesso dei requisiti previsti riceverà un permesso di soggiorno denominato “carta blu europea”, con la menzione delle condizioni a cui essi sono autorizzati a lavorare. E’ prevista una procedura accelerata (30 giorni) per i cittadini di paesi terzi che già soggiornino regolarmente in uno Stato membro e vogliano modificare il proprio statuto giuridico. Gli articoli 7, 9 e 10 della proposta stabiliscono che essa non crea un “diritto di ammissione”, enunciando i motivi di rifiuto, possibili o obbligatori, del rilascio, ritiro o mancato rinnovo del permesso di soggiorno, quali, in particolare, il non rispetto dei requisiti, l’esistenza di quote e la possibilità per lo Stato membro di procedere a un esame del mercato del lavoro.

La proposta, che segue la procedura di consultazione, è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.

§      una proposta di direttiva (COM(2007)638), che istituisce una procedura unica per la richiesta di permesso unico di residenza e lavoro e stabilisce un insieme comune di diritti per i lavoratori dei paesi terzi che soggiornano legalmente in uno Stato membro.

La proposta prevede che la direttiva si applichi ai cittadini di paesi terzi che richiedano l’autorizzazione a risiedere e a lavorare nel territorio dell’Unione europea e ai lavoratori provenienti da paesi terzi e soggiornanti regolarmente in uno Stato membro.

In base alla proposta di direttiva:

-        ogni domanda di autorizzazione a soggiornare e a lavorare sul territorio dello Stato membro è introdotta nel quadro di una procedura di domanda unica;

-        la decisione relativa al rilascio, modifica o rinnovo del permesso unico prende la forma di un titolo combinato che autorizza contestualmente a soggiornare e a lavorare nel quadro di un atto amministrativo unico.

La proposta prevede che il permesso unico sia rilasciato, con l’integrazione obbligatoria delle opportune informazioni riguardo al lavoro, nel formato armonizzato già previsto dal Regolamento CE n. 1030/2002 per il permesso di soggiorno per cittadini di paesi terzi.

Il Capo III della proposta di direttiva è dedicato al diritto alla parità di trattamento. Esso stabilisce in particolare che i lavoratori provenienti da paesi terzi godano dell’uguaglianza di trattamento con i lavoratori nazionali almeno per quanto riguarda: a) condizioni di lavoro, incluse le condizioni in materia di salario, di licenziamento, di salute e sicurezza sul lavoro; b) libertà di associazione, di affiliazione e di impegno in una organizzazione di lavoratori o datori di lavoro o in qualsiasi organizzazione professionale, compresi i vantaggi che possono da ciò derivare senza pregiudizio delle disposizioni nazionali in materia di ordine pubblico e di sicurezza pubblica; c) istruzione e formazione professionale; d) riconoscimento dei diplomi, certificati e altri titoli professionali, conformemente alle procedure nazionali applicabili; e) i settori della sicurezza sociale quali definiti dal regolamento CE 1408/71,  relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori salariati, non salariati e ai membri delle loro famiglie; f) il pagamento dei diritti di quiescenza in caso di spostamento in un paese terzo; g) vantaggi fiscali; h) accesso a beni e servizi offerti al pubblico, comprese le procedure di accesso all’ abitazione e l’assistenza offerta dai servizi per l’impiego.

Gli Stati membri possono limitare l’uguaglianza di trattamento con i lavoratori nazionali:

-        esigendo la prova di una conoscenza appropriata della lingua per consentire l’accesso all’istruzione e alla formazione; l’accesso all’università può essere subordinato a prerequisiti particolari in materia di studio;

-        restringendo i diritti conferiti in materia di istruzione e formazione, per quanto riguarda le borse di studio;

-        restringendo i diritti conferiti dal punto h), per quanto riguarda gli alloggi sociali, ai cittadini di paesi terzi che abbiano soggiornato o  abbiano avuto il diritto di soggiornare nel loro territorio per almeno tre anni;

-        restringendo i diritti conferiti dai punti a), b) e g), ai lavoratori provenienti da paesi terzi che abbiano effettivamente un impiego;

-        restringendo i diritti conferiti dal punto e) ai lavoratori provenienti da paesi terzi che abbiano effettivamente un impiego, tranne che per quanto riguarda le indennità di disoccupazione.

La proposta di direttiva, che segue la procedura di consultazione è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.

Il 10 agosto 2007 la Commissione ha presentato una proposta di decisione (COM(2007)466) che istituisce una rete europea sulle migrazioni (REM).

Obiettivo della REM è "soddisfare le esigenze di informazione sulla migrazione e sull’asilo delle istituzioni comunitarie, delle autorità e delle istituzioni degli Stati membri e dei cittadini, fornendo informazioni aggiornate, oggettive, affidabili e comparabili nell’intento di sostenere il processo politico e decisionale nell’Unione europea in questi settori".

La rete è tenuta, in particolare, a raccogliere e scambiare dati e informazioni provenienti da varie fonti, analizzarli, pubblicare relazioni, creare e mantenere un sistema di scambio di informazioni accessibile al pubblico basato su Internet (sito REM) e cooperare con altri organi competenti europei e internazionali. La rete sarà composta dai punti di contatto nazionali, uno per Stato membro, e dalla Commissione europea. Per garantire la partecipazione attiva degli Stati membri e un adeguato collegamento tra l'attività della REM e l'agenda politica dell'UE, sarà istituito un comitato direttivo composto da rappresentanti dei singoli Stati membri, della Commissione e del Parlamento europeo.

La proposta di decisione, che segue la procedura di consultazione, è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo e del Consiglio

Integrazione

Per quanto riguarda, in particolare, l’integrazione, si ricorda che nel corso del vertice informale dei ministri UE responsabili dell’immigrazione, tenutosi a Potsdam il 10-11 maggio 2007, la Commissione ha presentato la seconda edizione del manuale sull’integrazione dei cittadini di paesi terzi.

L’idea di elaborare un manuale sull’integrazione è nata dal Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003, al fine di sviluppare la cooperazione e gli scambi di informazioni tra i differenti Punti di contatto nazionali sull’integrazione, allora istituiti. La prima edizione del manuale è stata pubblicata nel novembre 2004, durante la presidenza olandese.

Il manuale, rivolto a chiunque si occupi di integrazione sia a livello legislativo nazionale che a livello di attuazione locale, esamina le strutture e i meccanismi utilizzati per le strategie politiche di integrazione, relativamente ai temi della abitazione e dell’integrazione economica. Vengono presentate, in particolare, le politiche integrative, governative e non, consigliando modi e strumenti per renderle efficaci. Con l’ausilio di esempi concreti, vengono descritte le pratiche attuate per migliorare la qualità abitativa nello spazio urbano ed eliminare le barriere sociali per gli immigrati.

Il manuale suggerisce modalità di integrazione economica che permettano di facilitare l’accesso degli immigrati al mercato del lavoro e strategie antidiscriminatorie sul posto di lavoro, che si basino sulla valorizzazione della diversità.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 12-13 giugno 2007, nelle sue conclusioni, richiamandosi al programma dell’Aja e alla comunicazione della Commissione del 1° settembre 2005 “Agenda comune per l’integrazione”, ha ribadito l’importanza di sostenere le politiche di integrazione nell’Unione europea promuovendo l’unità nella diversità. In questo quadro il Consiglio ha espresso apprezzamento per la pubblicazione del manuale sull’integrazione, ha invitato la Commissione a fornire costantemente il suo sostegno ai Punti di contatto nazionali per l’integrazione e ha esortato gli Stati membri ad avvalersi degli strumenti finanziari offerti dal programma quadro Solidarietà e gestione dei flussi migratori.

Infine, il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 ha espresso compiacimento per le conclusioni del Consiglio del 12 giugno, sottolineando l’importanza di ulteriori iniziative volte ad agevolare lo scambio di esperienze sulle politiche di integrazione degli Stati membri[212].

L’11 settembre 2007 la Commissione ha presentato la terza relazione annuale su migrazione e integrazione (COM(2007)512)[213], nella quale, richiamandosi ai “Principi di base comuni della politica di integrazione dell’immigrante nell’Unione europea (PCB)”, adottati dal Consiglio europeo del 4-5 novembre 2004, nel quadro del programma dell’Aja e alla comunicazione della Commissione ”Un programma comune per l’integrazione” (vedi supra), ribadisce la necessità di rafforzare il nesso fra le politiche relative all’immigrazione legale e le strategie di integrazione.

Lotta all’immigrazione clandestina

Il 1° settembre 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva[214], che stabilisce norme comuni in materia di rimpatrio di cittadini di Paesi terzi in condizioni di soggiorno irregolare.

La proposta di direttiva introduce norme comuni agli Stati membri riguardanti il rimpatrio, l'allontanamento, l'uso di misure coercitive, la custodia temporanea e il reingresso di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente. La proposta è volta a stabilire un corpus di norme applicabile a qualsiasi cittadino di un paese terzo soggiornante illegalmente e prevede una procedura diretta a porre fine ad un soggiorno irregolare. Nei confronti del cittadino di un paese terzo soggiornante illegalmente deve essere presa una decisione di rimpatrio. Va data priorità al rimpatrio volontario e, solo se il cittadino in questione non intende rimpatriare volontariamente, gli Stati membri fanno rispettare l’obbligo di rimpatrio con un provvedimento di allontanamento. La proposta attribuisce una dimensione europea agli effetti delle misure di rimpatrio adottate a livello nazionale, ponendo in essere un divieto al rientro sul territorio, valido per l’insieme dell’Unione Europea

Il Parlamento europeo dovrebbe esaminare la proposta, in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, nella riunione del 15 gennaio 2008.

Nel quadro dell’impegno dell’Unione europea contro l’immigrazione illegale e lo sfruttamento dei lavoratori clandestini, il 16 maggio 2007, la Commissione ha presentato una proposta di direttiva (COM(2007)249), relativa a sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi in posizione irregolare[215]. La proposta, che mira ad introdurre un deterrente all’utilizzo di manodopera irregolare, intende ridurre le discrepanze fra le misure preventive, le sanzioni e le modalità di applicazione già esistenti nei vari Stati membri, creando, inoltre, condizioni di parità tra le imprese.

La proposta di direttiva prevede sanzioni per i datori di lavoro (persone fisiche o giuridiche, ma anche privati cittadini quando agiscono in qualità di datori di lavoro) che impieghino cittadini di paesi terzi in posizione irregolare, senza aver svolto le necessarie verifiche. In base alla proposta infatti, e come misura preventiva, i datori di lavoro, prima dell’assunzione sono tenuti a verificare che i cittadini di paesi terzi siano in possesso di permesso di soggiorno o di altra autorizzazione analoga. Oltre a multe ed altre sanzioni amministrative, la Commissione propone, per i casi più gravi anche sanzioni penali.In particolare, la proposta di direttiva dispone che la violazione del divieto di impiego illegale, se intenzionale, costituisca reato se:

-       la violazione prosegue, oppure è reiterata, dopo che le autorità o i giudici nazionali competenti, in un periodo di due anni, hanno accertato che il datore di lavoro l’ha già commessa due volte;

-       la violazione riguarda un numero significativo di cittadini di paesi terzi in posizione irregolare (almeno quattro);

-       la violazione è accompagnata da situazioni di particolare sfruttamento, ad esempio, da condizioni lavorative sensibilmente diverse da quelle di cui godono i lavoratori assunti legalmente, oppure

-       il datore di lavoro ricorre al lavoro o ai servizi di una persona nella consapevolezza che tale persona è vittima della tratta di esseri umani.

La proposta prevede che gli Stati membri predispongano un meccanismo che consenta ai cittadini di paesi terzi interessati di presentare denunce, sia direttamente che tramite terzi, come sindacati o associazioni. Gli Stati membri dovrebbero inoltre rilasciare permessi di soggiorno per un periodo limitato – a seconda della durata dei procedimenti nazionali – ai cittadini dei paesi terzi vittime di sfruttamento e che cooperino ad azioni penali contro i datori di lavoro. La proposta prevede infine che gli Stati membri effettuino un numero minimo di ispezioni nelle imprese stabilite nei loro territori.

La proposta di direttiva, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Consiglio nella riunione del 5 dicembre 2007 e dal Parlamento europeo nella seduta del 9 aprile 2008. Il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 ha sottolineato l’importanza della proposta, in considerazione del fatto che il lavoro illegale costituisce uno dei principali fattori di attrazione per gli immigrati clandestini[216].

Per quanto riguarda il contrasto all’immigrazione clandestina e il controllo delle frontiere, conformemente al programma dell’Aja, il 19 luglio 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione (COM(2006)402), sulle priorità politiche nella lotta contro l’immigrazione clandestina, di cittadini di paesi terzi. Nella comunicazione si esamina, in particolare, come rendere più sicure le frontiere esterne, ipotizzando l’introduzione di una gestione elettronica delle frontiere e di un sistema d’ingresso e di uscita automatizzato. Vi si trattano, inoltre, i problemi della regolarizzazione (dai primi anni Ottanta sono state regolarizzate, in cinque Stati dell’UE, 3.752.565 persone) e la necessità di affrontare il problema dell’occupazione dei cittadini di paesi terzi in situazione irregolare.

Il documento è stato esaminato dal Consiglio il 24 luglio 2006.

Nella stessa data e come parte dello stesso “pacchetto” di misure[217] miranti ad accrescere la solidarietà fra gli Stati membri nella lotta all’immigrazione clandestina, la Commissione ha presentato una proposta di regolamento (COM(2006)403), che istituisce un Codice comunitario dei visti, volto a facilitare i viaggi effettuati legalmente ed a lottare contro l’immigrazione clandestina, mediante una maggiore armonizzazione delle leggi nazionali e delle prassi degli uffici consolari locali. Ai fini della semplificazione, e in accordo con la politica della Commissione di “legiferare meglio”, la proposta incorpora in un unico Codice dei visti tutti gli strumenti giuridici che disciplinano le decisioni relative alle condizioni e alle procedure di rilascio dei visti.

Il Parlamento europeo dovrebbe esaminare la proposta, in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, nella riunione del 12 marzo 2008.

Si ricorda infine che il27 settembre 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulle priorità politiche nella lotta contro l'immigrazione clandestina di cittadini di paesi terzi.

Controllo delle frontiere

Infine, per quanto riguarda più specificamente il controllo delle frontiere, il 30 novembre 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione “Rinforzare la gestione delle frontiere marittime meridionali dell’Unione europea[218]”. La comunicazione, finalizzata a rafforzare l’attività dell’Agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne[219], evidenzia una serie di nuovi strumenti destinati a migliorare la gestione integrata delle frontiere europee. Si propone, fra l'altro, una rete di pattugliamento costiero, un sistema europeo di sorveglianza e un'assistenza operativa, volta a migliorare la capacità degli Stati membri di gestire flussi misti di immigranti illegali.

La comunicazione è stata esaminata dal Consiglio nella riunione del 4 dicembre 2006.

In questo quadro, il 24 maggio 2007 l’Agenzia per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (Frontex) ha lanciato il programma “Rete di pattuglie europea” (EPN), primo sistema di coordinamento delle pattuglie di sorveglianza delle frontiere marittime dell’Unione europea, per contrastare l’immigrazione clandestina. Il progetto interessa le coste atlantiche e mediterranee, al fine di sincronizzare le misure adottate dagli Stati membri e permettere la loro integrazione alle attività comuni dell’UE.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 12 e 13 giugno 2007 ha adottato il regolamento (COM(2006)401), relativo ai poteri ed al finanziamento di squadre di intervento rapido (RABIT), comprendenti guardie di frontiera distaccate in un altro Stato membro per fornirvi assistenza tecnica ed operativa. Nel corso della medesima riunione, il Consiglio ha adottato conclusioni sulla necessità di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri, la Commissione e l’agenzia Frontex in materia di rimpatrio, nel quadro del sostegno che sarà fornito dal Fondo per il rimpatrio 2008-2013.

Infine, il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 ha invitato tutti gli interessati a prodigare gli sforzi per rendere operative al più presto le squadre di intervento rapido e per sfruttare al massimo le nuove possibilità offerte dalla rete di pattuglie costiere e dal registro centralizzato delle attrezzature tecniche o toolbox (CRATE), gestito da Frontex, la cui utilizzazione è subordinata alla firma di specifici memorandum di intesa tra Frontex e gli Stati membri coinvolti

Il 12 giugno 2007 il Consiglioha adottato un regolamento[220] relativo ai poteri ed al finanziamento di squadre di intervento rapido (RABIT), comprendenti guardie di frontiera distaccate in un altro Stato membro per fornirvi assistenza tecnica ed operativa. Come constatato nel corso del Consiglio giustizia e affari interni del 18 settembre 2007, Frontex ha avviato le procedure di applicazione del regolamento, che prevedono la redazione di una lista di ufficiali, la loro formazione e la composizione delle squadre. La prima esercitazione dovrebbe avere luogo in Portogallo nel periodo ottobre-novembre 2007.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 18 settembre 2007 ha adottato conclusioni sull’ulteriore rafforzamento delle frontiere marittime meridionali dell’UE[221]nelle quali esorta gli Stati membri, in uno spirito di solidarietà e di responsabilità condivisa, a fornire supporto, in modo bilaterale, a singoli Stati membri[222] che siano sottoposti a particolari pressioni, acuite da fattori quali la loro posizione geografica, il livello di impegno degli Stati terzi confinanti nello adempiere ai loro obblighi internazionali in materia di ricerca e salvataggio e lo stato attuale della cooperazione con detti paesi.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 4 aprile 2006, la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[223] (procedura d’infrazione n. 2006/2075) per mancato rispetto del regolamento (CE) 1030/2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi. Non rilasciando ancora permessi di soggiorno conformi al modello uniforme, lo Stato italiano violerebbe l’articolo 9 del regolamento citato, in base al quale gli Stati membri rilasciano permessi di soggiorno di modello uniforme al più tardi entro un anno a decorrere dall’adozione degli elementi e dei requisiti di sicurezza complementari. Tali elementi e requisiti sono stati effettivamente definiti con la decisione della Commissione C/2002/3069 del 14 agosto 2002, il cui articolo 2 impone agli Stati membri di fornire alla Commissione un fac-simile del permesso di soggiorno, non appena disponibile.


Articolo 120
(Fondo per le aree sottoutilizzate)

 

1. All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 863, le parole: «di cui 100 milioni per ciascuno degli anni 2007 e 2008, 5.000 milioni per l'anno 2009 e 59.179 milioni entro il 2015» sono sostituite dalle seguenti: «di cui 100 milioni per l'anno 2007, 1.100 milioni per l'anno 2008, 4.400 milioni per l'anno 2009, 9.166 milioni per l'anno 2010, 9.500 milioni per l'anno 2011, 11.000 milioni per l'anno 2012, 11.000 milioni per l'anno 2013, 9.400 milioni per l'anno 2014 e 8.713 milioni per l'anno 2015»;

b) al comma 866, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Le somme di cui al comma 863 sono interamente ed immediatamente impegnabili».

 

 

L’articolo ridetermina, per ciascuna annualità 2008-2015, l’ammontare delle risorse aggiuntive destinate al Fondo per le aree sottoutilizzate, pari a oltre 64 miliardi di euro, già stanziate dall’articolo 1, comma 863, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006).

 

Il citato comma 863 ha disposto un incremento delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate[224] (istituito dall’articolo 61, comma 3, della legge finanziaria 2003) di 64.379 milioni di euro nel periodo 2007-2015.

L’incremento è stato così ripartito:

-        100 milioni per ciascuno degli anni 2007 e 2008;

-        5.000 milioni per l’anno 2009;

-        59.179 milioni entro il 2015.

Il comma ha disposto, altresì, che almeno il 30% delle risorse aggiuntive di cui sopra sia destinato al finanziamento di infrastrutture e servizi di trasporto di rilievo strategico nelle regioni meridionali.

 

In particolare, la lettera a) del comma 1, mediante una novella al citato articolo 1, comma 863 della legge finanziaria per il 2007, modifica l’ammontare dell’assegnazione delle risorse per gli anni 2008-2009 e specifica la dotazione annuale per gli anni 2010-2015, prevedendo le seguenti dotazioni finanziarie:

 

§      1.100 milioni per l’anno 2008;

§      4.400 milioni per l’anno 2009;

§      9.166 milioni per l’anno 2010;

§      9.500 milioni per l’anno 2011;

§      11.000 milioni per l’anno 2012;

§      11.000 milioni per l’anno 2013;

§      9.400 milioni per l’anno 2014;

§      8.713 milioni per l’anno 2015.

 

Le disposizioni effettuano, pertanto, una rimodulazione delle risorse per gli anni 2008 e 2009: per il 2008 si dispone un anticipo (cioè un incremento) di un 1 miliardo (1.100 milioni anziché 100 milioni), mentre per il 2009 vi è una riduzione da 5 miliardi a 4,4 miliardi. I residuali 400 milioni di riduzione sono posti a valere sulle risorse 2010-2015.


 

(dati in milioni di euro)

 

2008

2009

2010-15

2011

2012

2013

2014

2015

Totale

Fin. 2007

100

5.000

59.179

 

 

 

 

 

64.379

Ddl Fin. 2008

1.100

4.400

9.166

9.500

11.000

11.000

9.400

8.713

64.379

Differenza

+1.000

-600

-400

0

 

La successiva lettera b) reca una novella al comma 866 della citata legge finanziaria 2007 in base alla quale le suddette somme del FAS sono interamente ed immediatamente impegnabili. .

 

Per quanto riguarda le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate  si segnala che:

§      la Tabella D dispone un rifinanziamento del FAS di 1 miliardo e 100 milioni per il 2008,di 7,4 milioni per il 2009 e di 11,7 milioni per il 2010;

§      l’articolo 71, comma 1, incrementa di 50 milioni di euro per l’anno 2008 le risorse del FAS destinate al finanziamento degli interventi attuativi del Programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno da parte del Ministero delle comunicazioni per il tramite della Società infrastrutture e telecomunicazioni per l’Italia S.p.A. (Infratel Italia);

§      l’articolo 121 attribuisce per gli anni 2008, 2009 e 2010 un credito di imposta ai datori di lavoro che, nel 2008, incrementino il numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato nelle aree delle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. A tal fine è costituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un Fondo con una dotazione di 200 milioni per ciascuno degli anni 2008-2010, a valere sulle risorse del FAS;

§      il decreto-legge n. 159/2007 (in corso di esame - A.C. 3194-A) reca parte della copertura dell’onere sul FAS per 1 miliardo e 100 milioni di euro nel 2007, per 5,4 milioni nel 2008 e per 11,3 milioni per il 2009;

§      la Commissione Bilancio del Senato ha disposto una rimodulazione delle risorse del FAS esposte in tabella F, riducendo la dotazione del 2008 di 1 miliardo di euro, incrementando il 2009 di 600 milioni, riducendo il 2010 di 2.667,360 milioni, a fronte di un incremento di 3.067.360 delle risorse per gli anni 2011 e successivi.

 

Si ricorda, inoltre, che, ai sensi del comma 507 della legge finanziaria 2007, risulteranno accantonate e resi indisponibili per il 2008 405,9 milioni di euro (50% per cento della quota a legislazione vigente nel 2007 per l’anno 2008 su cui è stato calcolato il “blocco” lineare).

 

La nuova classificazione del bilancio dello Stato per missioni e programmi ha lo scopo di indicare al Legislatore l’ammontare delle risorse destinate ai singoli interventi.

 

Per quanto riguarda il Fondo da ripartire per le aree sottoutilizzate (FAS), allocato dall’esercizio finanziario 2007 nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, si può osservare che, sebbene ricompreso nella missione n. 28 “Sviluppo e riequilibrio territoriale”, la nuova esposizione ha determinato un c.d. “spacchettamento” del Fondo in tre fondi, di uguale denominazione, inseriti in tre programmi:

§      “28.1 Politiche per il miglioramento delle strutture istituzionali territoriali che partecipano ai processi di coesione e sviluppo”;

§      “28.2 Politiche per il sostegno dei sistemi produttivi per il Mezzogiorno e le aree sottoutilizzate”;

§      “28.3 Politiche per l’infrastrutturazione territoriale per il Mezzogiorno e le aree sottoutilizzate”.

Tutte gli stanziamenti in competenza destinati alla missione “Sviluppo e riequilibrio territoriale” sono allocati, nel bilancio a legislazione vigente, nell’ambito del Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione.

 

Nel bilancio a legislazione vigente per il 2008 le risorse del FAS sono state così articolate:

(importi in euro)

Bilancio a legislazione vigente

UPB

capitolo

2008

Strutture istituzionali

5.1.2

8349

131.964.000

Sistemi produttivi

5.2.6

8348

1.319.640.000

Infrastrutturazione territoriale

5.3.6

8425

2.947.196.000

Totale

 

 

4.398.800.000

 

Per effetto del disegno di legge finanziaria 2008 come approvato dal Senato (A.C. 3256) e del decreto-legge n. 159/2007, collegato alla manovra di bilancio, rispetto agli stanziamenti indicati dalla dotazione a legislazione vigente, sono state apportate le seguenti variazioni, come specificato dalle due Note di variazioni al bilancio approvate dal Senato (A.C. 3257/bis e 3257/ter). Le variazioni sono state imputate esclusivamente alla UPB 5.3.6, cap. 8425/Sviluppo economico relativo alla infrastrutturazione territoriale, come riportato nella successiva tavola:


 

Infrastrutturazione territoriale – cap. 8425

Euro

Bilancio a legislazione vigente (A.C. 3257)

2.947.196.000

Decreto-legge n. 159/2007 (art. 47)

-5.400.000

Disponibilità dopo I Nota di variazioni (A.C. 3257-bis)

2.941.796.000

Larga banda nel Mezzogiorno (art. 71, co. 1)

+50.000.000

Determinazione risorse aggiuntive (art. 120)

+1.000.000.000

Costituzione Fondo credito occupazione (art. 121)

-200.000.000

Rifinanziamento tabella D

+1.100.000.000

Rimodulazione tabella F (emendamento Senato)

-1.000.000.000

Disponibilità dopo II Nota di variazioni (A.C. 3257-ter)

3.891.796.000

 

Nel bilancio di previsione per il 2008, come determinato dalla II Nota di variazioni, le risorse del FAS sono così articolate:

(importi in euro)

Bilancio  2008 (II Nota di variazioni)

UPB

capitolo

2008

Strutture istituzionali

5.1.2

8349

131.964.000

Sistemi produttivi

5.2.6

8348

1.319.640.000

Infrastrutturazione territoriale

5.3.6

8425

3.891.796.000

 TOTALE

 

 

5.343.400.000

 

Rispetto al bilancio a legislazione vigente, si determina, quindi, un aumento delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate pari 950 milioni per il 2008.

 

Poiché le autorizzazioni di spesa relative al Fondo per le aree sottoutilizzate sono di carattere pluriennale, esse sono esposte nella tabella F del disegno di legge finanziaria.

Analizzando gli importi indicati nell’ambito della Missione “Sviluppo e riequilibro territoriale” che sono riportati le tre voci di spesa in cui è stato suddiviso il FAS, si può osservare che le autorizzazioni di spesa non coincidono con gli stanziamenti di bilancio.

(migliaia di euro)

Tabella F

cap.

2008

2009

2010

2111 e seg.

Totale

 

Strutture istituzionali

8349

131.964

290.460

290.460

1.709.383

2.422.267

Sistemi produttivi

8348

1.319.640

2.904.600

2.904.600

17.093.826

24.222.666

Infrastrutturazione territoriale

8425

3.047.196

7.094.340

3.831.280

41.243.571

55.216.387

Totale

 

4.498.800

10.289.400

7.026.340

60.046.780

81.861.320

 

La differenza appare evidente per le risorse destinate alla infrastrutturazione territoriale (cap. 8425): la tabella F indica per il 2008 3.047,2 milioni, mentre la dotazione di bilancio è pari a 3.891,8 milioni.

Ciò è determinato dal fatto che la tabella F sconta gli effetti del rifinanziamento della tabella D e della rimodulazione disposta dalla stessa tabella F, senza contabilizzare gli effetti delle disposizioni contenute nell’articolato del disegno di legge finanziaria (articoli 71, 120, 121) nonché gli effetti determinati dal D.L. n. 151/2007.

 

Infrastrutturazione territoriale – cap. 8425

Tab. F

II Nota Bilancio

Bilancio a legislazione vigente (A.C. 3257)

2.947.196.000

2.947.196.000

Decreto-legge n. 159/2007 (art. 47)

 

-5.400.000

Larga banda nel Mezzogiorno (art. 71, co. 1)

 

+50.000.000

Determinazione risorse aggiuntive (art. 120)

 

+1.000.000.000

Fondo credito occupazione (art. 121)

 

-200.000.000

Rifinanziamento tabella D

+1.100.000.000

+1.100.000.000

Rimodulazione tabella F (emendamento Senato)

-1.000.000.000

-1.000.000.000

Totale

3.047.196.000

3.891.796.000

 

 

Contabilizzando anche gli effetti dell’articolato del disegno di legge finanziaria, le autorizzazioni pluriennali di spesa relative al cap. 8425FAS per infrastrutturazione territoriale risulterebbero così determinate:

 (milioni di euro)

Infrastrutturazione territoriale (cap. 8425)

2008

2009

2010

2111 e seg.

TOTALE

Tabella F

3.047,2

7.094,3

3.831,3

41.243,6

55.216,4

Decreto-legge n. 159/2007 (art. 47)

-5,4

-11,3

0

0

-16,7

Larga banda nel Mezzo-giorno (art. 71, co. 1)

50,0

0

0

0

+50,0

Determinazione risorse aggiuntive (art. 120)

+1.000,0

-600,0

-400,0

0

0

Fondo credito occupazione (art. 121)

-200,0

-200,0

-200,0

0

-600,

Disponibilità

3.891,8

6.283,0

3.231,3

41.243,6

54.649,7

 

 

Conseguentemente le risorse considerate nei tre capitoli di spesa relativi al FAS esposti nella tabella F risulterebbero così esposte:

 

(milioni di euro)

Tabella F corretta

cap.

2008

2009

2010

2111
e seg.

Totale

Strutture istituzionali

8349

132,0

290,5

290,5

1.709,4

2.422

Sistemi produttivi

8348

1.319,6

2.904,6

2.904,6

17.093,8

24.223

Infrastrutturazione territoriale

8425

3.891,8

6.283,0

3.231,3

41.243,6

54.650

TOTALE

 

5.343,4

9.478,1

6.426,4

60.046,8

81.295

 

Le differenze possono essere così sintetizzate:

(milioni di euro)

FAS

2008

2009

2010

2111 e seg.

TOTALE

Tabella F

4.498,8

10.289,4

7.026,3

60.046,8

81.861,3

Tabella F con articolato

5.343,4

9.478,1

6.426,4

60.046,8

81.295,0

Differenza

+845

-811

-600

0

-566

 


Articolo 121
(Incentivi all’occupazione (credito di imposta))

 


1. Ai datori di lavoro che, nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2008 e il 31 dicembre 2008, incrementano il numero di lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato che istituisce la Comunità europea, è concesso, per gli anni 2008, 2009 e 2010, un credito d'imposta d'importo pari a euro 333 per ciascun lavoratore assunto e per ciascun mese. In caso di lavoratrici donne rientranti nella definizione di lavoratore svantaggiato di cui all'articolo 2, lettera f), del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, il credito d'imposta è concesso nella misura di euro 416 per ciascuna lavoratrice e per ciascun mese. Sono esclusi i soggetti di cui all'articolo 74 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

2. Il credito d'imposta di cui al comma 1 spetta per ogni unità lavorativa risultante dalla differenza tra il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato mediamente occupati nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2007 e il 31 dicembre 2007. Per le assunzioni di dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale, il credito d'imposta spetta in misura proporzionale alle ore prestate rispetto a quelle del contratto nazionale.

3. L'incremento della base occupazionale va considerato al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto. Per i soggetti che assumono la qualifica di datori di lavoro a decorrere dal 1o gennaio 2008, ogni lavoratore dipendente assunto costituisce incremento della base occupazionale. I lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale si assumono nella base occupazionale in misura proporzionale alle ore prestate rispetto a quelle del contratto nazionale.

4. Il credito d'imposta va indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta per il quale è concesso ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Esso non concorre alla formazione del reddito e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

5. Il credito d'imposta spetta a condizione che:

a) i lavoratori assunti per coprire i nuovi posti di lavoro creati non abbiano mai lavorato prima o abbiano perso o siano in procinto di perdere l'impiego precedente o siano portatori di handicap ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104;

b) siano rispettate le prescrizioni dei contratti collettivi nazionali anche con riferimento alle unità lavorative che non danno diritto al credito d'imposta;

c) siano rispettate le norme in materia di salute e sicurezza dei lavoratori previste dalle vigenti disposizioni;

d) il datore di lavoro non abbia ridotto la base occupazionale nel periodo dal 1o novembre 2007 al 31 dicembre 2007, per motivi diversi da quelli del collocamento a riposo.

6. Nel caso di impresa subentrante ad altra nella gestione di un servizio pubblico, anche gestito da privati, comunque assegnata, il credito d'imposta spetta limitatamente al numero di lavoratori assunti in più rispetto a quello dell'impresa sostituita.

7. Il diritto a fruire del credito d'imposta decade:

a) se, su base annuale, il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, a tempo indeterminato e a tempo determinato, compresi i lavoratori con contratti di lavoro con contenuto formativo, risulta inferiore o pari al numero complessivo dei lavoratori dipendenti mediamente occupati nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2007 ed il 31 dicembre 2007;

b) se i posti di lavoro creati non sono conservati per un periodo minimo di tre anni, ovvero di due anni nel caso delle piccole e medie imprese;

c) qualora vengano definitivamente accertate violazioni non formali, e per le quali sono state irrogate sanzioni di importo non inferiore a euro 5.000, alla normativa fiscale e contributiva in materia di lavoro dipendente, ovvero violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dalle vigenti disposizioni, commesse nel periodo di applicazione delle disposizioni del presente articolo, e qualora siano emanati provvedimenti definitivi della magistratura contro il datore di lavoro per condotta antisindacale ai sensi dell'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300. Dalla data del definitivo accertamento delle violazioni decorrono i termini per far luogo al recupero delle minori somme versate o del maggior credito riportato e per l'applicazione delle relative sanzioni.

8. Ai fini delle agevolazioni previste dal presente articolo, i soci lavoratori di società cooperative sono equiparati ai lavoratori dipendenti.

9. Nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, ai fini del presente articolo è istituito un Fondo con dotazione di 200 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Entro il 31 luglio 2008 il Governo provvede ad effettuare la verifica ed il monitoraggio degli effetti delle disposizioni di cui al presente articolo, identificando la nuova occupazione generata per area territoriale, sesso, età e professionalità.

10. L'efficacia del presente articolo è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, all'autorizzazione della Commissione europea.


 

 

L’articolo 121, introdotto durante l’esame presso la Commissione 5a del Senato, prevede l’attribuzione di un credito di imposta ai datori di lavoro che, nel corso del 2008, incrementino il numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste per gli aiuti di stato a finalità regionale[225].

Sono pertanto escluse talune aree del Centro-nord, ancorchè rientrino tra le circoscrizioni comunali elencate nell’aggiornamento della Carta italiana degli aiuti a finalità regionale 2007-2013.

 

Il comma 1, in particolare, dispone che il credito di imposta, pari a 333 euro per ciascun nuovo lavoratore assunto, da computare per ciascun mese di assunzione, sia attribuito per gli anni 2008, 2009 e 2010.

La predetta misura agevolativa è incrementata a 416 euro in caso di assunzione di donne lavoratrici che rientrano nella definizione di lavoratore svantaggiato prevista dai regolamenti comunitari[226].

La norma esclude espressamente le amministrazioni dello Stato, comprese quelle ad ordinamento autonomo - anche se dotate di personalità giuridica –, gli enti locali (comuni, province e comunità montane, consorzi tra enti locali, enti gestori di demanio collettivo) e le Regioni[227].

 

Si ricorda che la legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2003, art. 63) aveva previsto la proroga fino al 31 dicembre 2006 del credito di imposta per nuovi assunti a tempo indeterminato, già previsto dall’articolo 7 della legge finanziaria per il 2001 (legge n. 388 del 2000), modificandone alcune condizioni per la concessione (applicazione del criterio cronologico di presentazione delle istanze) a seguito dell’introduzione del limite di oneri complessivi a carico del bilancio dello Stato.

In particolare, nel caso in cui i nuovi assunti non avessero superato i 25 anni d’età e non avessero svolto attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato da almeno 24 mesi (ad esclusione dei portatori di handicap) il credito d’imposta era pari a 100 euro. Tale misura veniva elevata: a 150 euro, se i nuovi assunti fossero stati di età superiore ai 45 anni; a 300, se il rapporto fosse instaurato nelle cosiddette aree di crisi (determinate province del centro-sud, ad eccezione di Massa-Carrara) e zone cuscinetto (sezioni circoscrizionali individuate nella regione Lazio), nonché, in ogni caso, nelle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia, Basilicata, Abruzzo e Molise.

 

Il comma 2 definisce la modalità di calcolo delle unità lavorative che danno diritto al credito d’imposta in esame, come differenza tra il numero – rilevato per ciascun mese - dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato e la media dei lavoratori occupati nell’anno 2007 con analogo contratto. Ai fini del predetto calcolo, le assunzioni di dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale sono computate in misura proporzionale rispetto alle ore prestate che sono previste dal contratto nazionale.

 

Si osserva che il comma 1 concede il credito di imposta per gli anni 2008, 2009 e 2010, mentre il requisito dell'incremento di organico a tempo indeterminato - ai sensi del medesimo comma -  è riferito al solo anno 2008 rispetto, come specifica il successivo comma 2, alla media del 2007. Conseguentemente, anche per i mesi degli anni 2009 e 2010, il credito d’imposta in oggetto sembrerebbe dover essere riconosciuto a condizione che l'incremento occupazionale si sia verificato nel 2008 (e non successivamente) e sempre che tale incremento - da computare sempre con riferimento alla media degli occupati nel periodo 1° gennaio- 31 dicembre 2007 - sussista ancora (in tutto o in parte) nei mesi successivi.

 

Il comma 3 precisa che l’incremento della base occupazionale deve essere computato al netto delle diminuzioni occupazionali che si sono avute in società controllate e collegate[228] ovvero che possono essere comunque riferite allo stesso datore di lavoro[229].

Si prevede inoltre che il credito d’imposta sia fruibile anche dai nuovi datori di lavoro che assumono tale qualifica a decorrere dal 1° gennaio 2008, per i quali ogni nuovo assunto costituisce incremento della base occupazionale. Si specifica, anche in questo caso, che i contratti a tempo parziale concorrono in misura proporzionale all’incremento di tale base.

 

In tale ultima fattispecie la norma non specifica tuttavia espressamente se i nuovi occupati debbano, ai fini della fruizione del beneficio, essere assunti sulla base di contratti a tempo indeterminato.

 

Il comma 4 prevede che il credito d’imposta in esame possa essere utilizzato esclusivamente in compensazione con altri tributi secondo la normativa vigente[230], in sede di dichiarazione dei redditi. Esso non concorre né alla formazione del reddito d’impresa, né al valore della produzione ai fini del calcolo dell’IRAP. La norma chiarisce, inoltre, che il beneficio non contribuisce alla formazione della misura che dà diritto alla corrispondente deducibilità di interessi passivi o altri componenti negativi di reddito, ai sensi della normativa tributaria vigente ai fini IRES[231].

 

Il comma 5 specifica le condizioni che danno diritto al datore di lavoro di beneficiare del credito d’imposta in esame, stabilendo che esso spetta a condizione che:

 

-       i lavoratori assunti ad incremento della base occupazione non abbiano mai lavorato prima oppure abbiano perso o siano in procinto di perdere l'impiego precedente (ad eccezione del caso di assunti con portati di handicap[232]);

 

La norma non specifica se la condizione di non aver avuto una precedente occupazione riguardi la sola tipologia di lavoro dipendente ovvero altre forme contrattuali. Inoltre, non è chiaro se la condizione di uscita ovvero di imminente uscita da un precedente rapporto di impiego riguardi anche la causa di dimissioni volontarie.

 

-       siano rispettate le prescrizioni previste dai contratti collettivi nazionali per tutte le unità lavorative impiegate dal datore di lavoro che beneficia del credito d’imposta;

-       siano rispettate le norme vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori;

-       il datore di lavoro non abbia ridotto la base occupazionale durante l’anno 2007 per motivi diversi dal collocamento a riposo dei dipendenti.

 

A tale ultimo proposito, si segnala come dalla formulazione della norma non sembrano esclusi i casi in cui la riduzione della base occupazionale sia dovuta a dimissioni volontarie da parte dei lavoratori.

 

Il comma 6 dispone che, in tutti i casi in cui un’impresa subentra ad un’altra nella gestione di un servizio pubblico, il credito d’imposta deve essere computato con riferimento ai lavoratori incrementali rispetto alla base costituita dai dipendenti dell’impresa sostituita.

 

Il comma 7 definisce le ipotesi di decadenza dal beneficio del credito d’imposta in esame:

 

-       se il numero complessivo di lavoratori dipendenti, compresi i lavoratori con contratto a contenuto formativo, risulti uguale o inferiore alla media annuale dei lavoratori occupati nell’impresa durante il 2007;

 

-       se i nuovi posti di lavoro non siano conservati per un periodo minimo di tre anni, ridotti a due nel caso di imprese medio-piccole;

 

-       se, a seguito di violazione della normativa fiscale e contributiva in materia di lavoro dipendente, siano state accertate violazioni non formali e irrogate sanzioni per oltre 5.000 euro, ovvero siano state compiute violazioni in materia di salute e sicurezza dei lavoratori connesse al periodo di concessione del credito d’imposta o, infine, siano stati emanati provvedimenti definitivi per condotta antisindacale, ai sensi dello Statuto dei lavoratori.

 

Il comma 8 dispone, ai fini dell’applicazione delle agevolazioni in esame, l’equiparazione dei soci lavoratori di società cooperative ai lavoratori dipendenti.

 

Il comma 9 istituisce un Fondo ai fini dell'attuazione del credito di imposta in esame, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascun degli anni 2008, 2009 e 2010, a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate[233].

Si dispone, altresì, che entro il 31 luglio 2008 il Governo provveda alla verifica ed al monitoraggio dell’applicazione della nuova disciplina del credito d’imposta, identificando la nuova occupazione generata, per area territoriale, sesso, età e professionalità.

 

Il comma 10 prevede, infine, che l’efficacia delle disposizioni esaminate sia subordinata all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi del Trattato istitutivo della Comunità europea[234].

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Linee direttrici per la crescita e l'occupazione

Le linee direttrici integrate sullacrescita e l'occupazione 2005-2008, adottate dal Consiglio nel luglio 2005, contengono specifiche indicazioni in merito al raggiungimento della piena occupazione.

Le linee direttrici, adottate nel quadro del nuovo sistema di governance della strategia di Lisbona, definito dal Consiglio europeo di marzo 2005, si articolano in:

-        una raccomandazione[235] del Consiglio del 12 luglio 2005 recante i grandi orientamenti di politica economica (GOPE)[236], applicabili a tutti gli Stati membri e alla Comunità;

-        una decisione del Consiglio del 12 luglio 2005 sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione[237] che enunciano gli obiettivi generali e le azioni prioritarie in materia di occupazione nell’Unione europea e nei suoi Stati membri.

In particolare, la decisione sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione enuncia, tra gli altri, i seguenti obiettivi e priorità:

-        la piena occupazione e la riduzione della disoccupazione  e dell’inattività, tramite l’aumento della domanda e dell’offerta di manodopera;

-        il rafforzamento della coesione sociale e territoriale, mediante interventi intesi a potenziare l’inserimento sociale, prevenire l’esclusione dal mercato del lavoro, favorire l’occupazione dei più svantaggiati e ridurre le disparità regionali in termini di occupazione, disoccupazione e produttività della manodopera, specie nelle regioni in ritardo di sviluppo.

L’orientamento sull’occupazione 17 specifica che le politiche dovranno contribuire a raggiungere una media occupazionale generale nell’Unione europea pari al 70%, ad almeno il 60% per le donne e al 50% per i lavoratori anziani (55-64) entro il 2010 e a ridurre la disoccupazione e l’inattività. Gli Stati membri dovrebbero valutare l’opportunità di fissare obiettivi in materia di tasso di occupazione nazionale.

La Commissione ha presentato, il 12 dicembre 2006, la relazione annuale sui progressi nell’attuazione della strategia di Lisbona rinnovata “Un anno di realizzazioni” (COM(2006)816).

Nella sezione relativa all’Italia la Commissione raccomanda al nostro Paese, tra le altre cose, di ridurre le disparità regionali in termini di occupazione lottando contro il lavoro irregolare, potenziando i servizi per la prima infanzia e garantendo l’efficienza dei servizi per l’occupazione su tutto il territorio nazionale.

La relazione, che è stata presentata al Consiglio europeo di primavera del 2007, si basa sui rapporti nazionali di attuazione presentati dagli Stati membri nell’autunno 2006 e sul riesame, compiuto dalla stessa Commissione, dell’andamento delle riforme a livello di UE nel contesto del programma comunitario di Lisbona.

Il programma delle tre Presidenze tedesca, portoghese e slovena dell’Unione europea considera una priorità l’attuazione della strategia di Lisbona riveduta, ritenuta elemento essenziale per rafforzare la competitività dell’UE, favorire la creazione di posti di lavoro e la crescita.

Nel 2007 si concluderà il primo ciclo di governance della strategia, previsto dalla revisione; ad ottobre gli Stati membri hanno presentato la seconda relazione di attuazione dei rispettivi programmi nazionali di riforma. A gennaio 2008 la Commissione presenterà la sua relazione strategica, che sarà esaminata dalle pertinenti formazioni del Consiglio e discussa dal Consiglio europeo di primavera del 2008; nel giugno del 2008 saranno adottati formalmente i nuovi orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione, nonché raccomandazioni specifiche per ciascun paese.

Politica di coesione

La Commissione europea ha presentato, il 30 maggio 2007, la IV Relazione sulla coesione economica e sociale (sulla quale si rinvia alla scheda relativa all’articolo 124) la quale suggerisce una serie di questioni sulla base delle quali la Commissione ha avviato una consultazione pubblica sul potenziamento dello sviluppo regionale e della convergenza attraverso la politica di coesione. Tra le questioni da dibattere si segnala, in particolare, quella relativa a come, nel nuovo contesto, la politica di coesione possa sviluppare ulteriormente un approccio integrato e più flessibile per lo sviluppo, la crescita e la creazione di posti di lavoro.

Aiuti di Stato

Nel quadro della riforma degli aiuti di Stato 2005-2009, prospettata dalla Commissione nel piano d’azione in materia adottato il 7 giugno 2005 (COM(2005)107), l’8 ottobre è scaduto il termine, per le parti interessate, di presentazione delle osservazioni su un progetto preliminare di regolamento generale per l’esenzione dall’obbligo di notifica di determinate categorie di aiuti (2007/C 210/10)[238].

Sulla base degli esiti della consultazione la Commissione intende presentare una proposta definitiva prima dell’estate 2008[239].

La Commissione, tra l’altro, prospetterebbe di applicare l’esenzione anche agli aiuti regionali agli investimenti e all'occupazione nonché gli aiuti agli investimenti e all'occupazione in favore delle PMI.

Per ciò che riguarda gli aiuti all'occupazione in favore delle PMI, il progetto di regolamento fisserebbe a 7,5 Mio EUR per impresa per progetto di investimento la soglia entro la quale non sarebbe applicato l’obbligo di notifica. Quanto agli aiuti regionali concessi ai grandi progetti di investimenti, invece, essi devono essere notificati alla Commissione qualora l'importo totale degli aiuti provenienti da varie fonti superi il 75 % dell'importo massimo di aiuto che potrebbe ricevere un investimento con costi ammissibili ammontanti a 100 Mio EUR.

Il progetto di regolamento rinvia alla carta degli aiuti a finalità regionale approvata per ciascuno Stato membro per il periodo 2007-2013 per l’ammissibilità e per la definizione dell’intensità di aiuto. In tali casi l’ammissibilità dell’aiuto è comunque vincolata al mantenimento dell'investimento nella regione beneficiaria per almeno cinque anni, o per tre anni nel caso di PMI, una volta completato l'intero investimento.

Per ciò che riguarda gli aiuti all’occupazione in favore delle PMI, il regolamento evidenzia una differenziazione tra l’intensità di aiuto riferita alle piccole imprese, che non può superare il 20%, e quella per le medie imprese che non deve essere superiore al 10%, considerando ammissibili i costi per gli investimenti materiali e immateriali oppure i costi salariali stimati per i posti di lavoro creati direttamente dal progetto di investimento, calcolati su un periodo di due anni.


Articolo 122, commi 1-3
(Misure per sostenere i giovani laureati e le nuove imprese innovatrici del Mezzogiorno nonché per la gestione delle quote di emissione di gas serra)

 


1. Le economie derivanti dai provvedimenti di revoca totale o parziale delle agevolazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, nel limite dell'85 per cento delle economie accertate annualmente con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro il 30 ottobre, sono destinate alla realizzazione di interventi destinati a finanziare:

a) un programma nazionale destinato ai giovani laureati residenti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, al fine di favorire il loro inserimento lavorativo, dando priorità ai contratti di lavoro a tempo indeterminato. La definizione di tale programma sarà disciplinata con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico e d'intesa con le regioni interessate, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge;

b) la costituzione, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, senza oneri per la finanza pubblica, presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale dell'Osservatorio sulla migrazione interna nell'ambito del territorio nazionale, al fine di monitorare il fenomeno e di individuare tutte le iniziative e le scelte utili a governare il processo di mobilità dal sud verso il nord del Paese e a favorire i percorsi di rientro;

c) agevolazioni alle imprese innovatrici in fase di start up, definite ai sensi di quanto previsto nella Disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. C 323 del 30 dicembre 2006, attraverso la riduzione degli oneri sociali per tutti i ricercatori, tecnici e altro personale ausiliario impiegati a decorrere dal periodo d'imposta dell'anno 2007. I criteri e le modalità per il riconoscimento delle predette agevolazioni, che saranno autorizzate entro i limiti fissati alla sezione 5.4 della predetta Disciplina, saranno disciplinati con apposito decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge;

d) interventi per lo sviluppo delle attività produttive inclusi in accordi di programma in vigore e costruzione di centri destinati a Poli di innovazione situati nei territori delle regioni del Mezzogiorno non ricompresi nell'obiettivo Convergenza ai sensi del regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell'11 luglio 2006. I rapporti tra Governo e regione e le modalità di erogazione delle predette risorse finanziarie sono regolate dalle delibere del CIPE di assegnazione delle risorse e da appositi accordi di programma quadro;

e) la creazione di un fondo denominato «Fondo per la gestione delle quote di emissione di gas serra di cui alla direttiva 2003/87/CE», da destinare alla «riserva nuovi entranti» dei Piani nazionali di assegnazione delle quote di cui al decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge;

f) la proroga per gli anni 2008, 2009 e 2010 della deduzione forfetaria dal reddito d'impresa in favore degli esercenti impianti di distribuzione di carburanti di cui all'articolo 21, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448;

g) interventi a sostegno dell'attività di ricerca nel sistema energetico e di riutilizzo di aree industriali, in particolare nel Mezzogiorno.

2. In sede di prima applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, il decreto del Ministro dello sviluppo economico di cui al comma 1 è adottato entro il mese di febbraio 2008.

3. Il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, è autorizzato ad iscrivere, nei limiti degli effetti positivi stimati per ciascun anno in termini di indebitamento netto, le risorse derivanti dalle economie connesse alle revoche di cui al comma 1 in un apposito fondo dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, ai fini del finanziamento delle iniziative di cui al medesimo comma 1.


 

 

L’articolo, ai commi da 1 a 3, prevede una specifica destinazione delle risorse recuperatea seguito di provvedimenti di revoca totale o parziale delle agevolazioni previste dalla legge n. 488 del 1992 nell’ambito degli interventi ordinari nelle aree sottoutilizzate del territorio nazionale[240].

 

Si ricorda che, da ultimo, il decreto-legge n. 81 del 2 luglio 2007[241],all’articolo 8-bis introdotto durante l’iter di conversione, ha aumentato al 100 per cento la misura – prevista dalla normativa vigente al 60 per cento – di possibile utilizzo delle economie derivanti da provvedimenti di revoca totale o parziale delle agevolazioni che cofinanziano programmi di cui alla legge n. 488 del 1992, finanziati altresì con i fondi strutturali dell’Unione europea. Il citato articolo 8-bis, peraltro, ha disposto una procedura volta ad accelerare l’attribuzione delle agevolazioni, anche in assenza degli accertamenti prescritti[242]e del decreto di concessione definitiva delle relative somme[243]. Pertanto, il decreto mediante il quale il Ministro per lo sviluppo economico dispone la concessione provvisoria delle agevolazioni, è sostituito, nella parte a contenuto non discrezionale, dall’atto di liquidazione a saldo e conguaglio delle banche concessionarie.

In base alla disciplina previgente, il Ministero per lo sviluppo economico provvedeva al ricalcolo delle agevolazioni richieste sulla base di propri accertamenti per verificare il rispetto delle intensità massime di aiuto previste dalla disciplina comunitaria e di una relazione finale del legale rappresentante dell’impresa richiedente. Solo successivamente, il predetto Ministero adottava il decreto di concessione definitiva o la revoca delle agevolazioni[244].

Inoltre, è stata disposta una revisione dei criteri di concessione dei principali strumenti di agevolazione finanziati con la legge n. 488 del 1992, con le misure della programmazione negoziata, del contratto di programma e del contratto d’area[245], mediante l’abrogazione della disciplina legislativa vigente, prevista dal decreto-legge n. 35 del 2005, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale[246]. La definizione dei criteri, delle condizioni e delle modalità per la concessione delle agevolazioni finanziarie secondo le disposizioni che regolano i predetti strumenti di agevolazione è demandata ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico.

In particolare, tale decreto, da emanarsi di concerto con il Ministero dell’economia, individua le attività d’impresa, le iniziative e le spese ammissibili, nonché la misura e la natura finanziaria delle agevolazioni che possono essere concesse nei limiti consentiti dalla vigente normativa comunitaria. Rispetto all’abrogazione della disciplina legislativa che riguarda la riforma degli incentivi, la norma in esame fa salvo l’eventuale utilizzo della quota del fondo rotativo per il sostegno alle imprese[247].

 

Si ricorda, inoltre, che in seguito all’istituzione del Fondo unico per gli incentivi alle imprese, ai sensi dell’articolo 52 della legge n. 448/1998 (legge finanziaria per il 1999), le risorse relative alla legge n. 488/1992, insieme alle altre destinate alle agevolazioni alle attività produttive, sono affluite al Fondo unico, allocato al cap. 7420 (U.P.B. 3.2.3.8) dello stato di previsione del Ministero delle attività produttive, che viene annualmente ripartito con decreto del Ministro delle attività produttive.

Successivamente, l’articolo 60, comma 3, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria per il 2003) ha istituito un apposito Fondo per gli interventi nelle aree sottoutilizzate di competenza del Ministero delle attività produttive, sul quale avrebbero dovuto confluite le risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese destinate specificamente agli interventi in tali aree, in base alla legge n. 488/1992 e agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area).

Tuttavia, nel nuovo ddl di bilancio riclassificato, il capitolo 7420 risulta iscritto allo stato di previsione del Ministero per lo sviluppo economico con la denominazione “Fondo per gli interventi agevolativi alle imprese” e rientra nel Macroaggregato 2.1.6. Investimenti (Dipartimento per le imprese), del programma 2.1. “Incentivazione per lo sviluppo industriale”, Missione 11 Competitività e sviluppo delle imprese.

Peraltro, si segnala che nel medesimo stato di previsione, alla Missione 28 Sviluppo e riequilibrio territoriale, il capitolo 8351 (ex 8428) “Somme da erogare per gli interventi concernenti programmazione negoziata, intesa istituzionale di programma, accordo di programma quadro, patto territoriale, contratto di programma e contratto di area nelle aree depresse”, nell’ambito del programma 5.2. “Politiche per il sostegno dei sistemi produttivi per il Mezzogiorno e le aree sottoutilizzate”, presenta uno stanziamento di competenza nullo.

 

In particolare, ai sensi del comma 1,  le risorse derivanti dai provvedimenti di revoca delle predette agevolazioni, nel limite dell’85 per cento delle economie accertate annualmente con decreto del Ministro dello sviluppo economico da adottare entro il 30 ottobre di ciascun anno, vengono destinate alla realizzazione di interventi volti a finanziare:

 

-       un programma nazionale destinato ai giovani laureati residenti nelle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia), finalizzato a favorirne l’inserimento lavorativo, con priorità ai contratti di lavoro a tempo indeterminato[248] (lettera a);

-       la costituzione di un Osservatorio sulla migrazione interna nell’ambito del territorio nazionale, per il monitoraggio della mobilità dal sud verso il nord del Paese e per favorire i percorsi di rientro (lettera b, introdotta dal Senato)[249];

-       agevolazioni alle imprese innovatrici in fase di avvio, come definite dalla Disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione[250], mediante riduzione degli oneri sociali per tutti i ricercatori, tecnici e altro personale ausiliario impiegati a decorrere dal periodo d’imposta dell’anno 2007 (lettera c)[251];

-       lo sviluppo di attività produttive previste da accordi di programma in vigore e interventi finalizzati alla costruzione di centri destinati a Poli di innovazione nelle regioni del Mezzogiorno non ricomprese nell’obiettivo Convergenza[252]. Si tratta, pertanto, delle regioni Abruzzo, Molise, Sardegna e Basilicata, quest’ultima in regime di “phasing-out” dall’obiettivo Convergenza[253] (lettera d, introdotta dal Senato);

-       la creazione di un“Fondo per la gestione delle quote di emissione di gas serra di cui alla direttiva 2003/87/CE”, da destinare alla "riserva nuovi entranti" dei Piani nazionali di assegnazione delle quote di cui al D. Lgs. n. 216 del 2006,  di attuazione delle direttive comunitarie del 2003 e del 2004 in materia di scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, con riferimento ai meccanismi di progetto del Protocollo di Kyoto[254] (lettera e);

 

Si ricorda, in proposito, che il citato d.lgs. 4 aprile 2006, n. 216 ha provveduto al recepimento nell’ordinamento nazionale sia della direttiva 2003/87/CE, che della direttiva 2004/101. Il campo di applicazione del decreto (art. 2) riguarda le emissioni provenienti dalle attività indicate nell’allegato A e relative ai gas-serra elencati nell’allegato B e prevede l’obbligo di autorizzazione per gli impianti rientranti nel campo di applicazione del decreto stesso, in linea con le disposizioni del corrispondente articolo della direttiva.

Viene inoltre individuata una procedura che, in linea con le disposizioni della direttiva, conduce dall’approvazione del Piano nazionale di assegnazione (PNA) – che determina il numero totale di quote di emissioni che si intendono assegnare per il periodo di riferimento - all’assegnazione e al successivo rilascio delle quote di emissioni ai singoli impianti. L’art. 11 prevede inoltre l'assegnazione di quote agli impianti nuovi entranti sulla base delle modalità definite nell'ambito del PNA.

Ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera m), del d.lgs. n. 216/2006, è definito “nuovo entrante” (relativamente ai periodi di riferimento successivi al primo, quindi a decorrere dal 1° gennaio 2008) “un impianto che esercita una o più attività indicate nell'allegato A, che ha ottenuto una autorizzazione ad emettere gas ad effetto serra o un aggiornamento della sua autorizzazione ad emettere gas ad effetto serra a motivo di modifiche significative alla natura o al funzionamento dell'impianto, o suoi ampliamenti, a seguito della notifica alla Commissione europea del Piano nazionale di assegnazione”.

Si ricorda, infine, che al momento è in corso di elaborazione la Decisione di assegnazione per il periodo 2008-2012, sulla base del PNA delle quote di CO2 per il periodo 2008-2012 (approvato il 18 dicembre 2006 con decreto dei ministri dell'ambiente e dello sviluppo economico ) e del relativo parere della Commissione europea del 15 maggio 2007 .

La ratio della norma appare quella di limitare le possibili barriere all’entrata derivanti dal fatto che nel PNA sono previste limitate quote gratuite per i nuovi entranti, esaurite le quali i nuovi entranti dovranno pagare!

Lo schema di PNA per il periodo 2008-2012 (sulla base del quale verrà adottata la Decisione di assegnazione per il periodo 2008-2012, allo stato in corso di elaborazione) precisa che «L’assegnazione di quote ai “nuovi entranti” soggetti al D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 216 è gratuita, fatto salvo quanto indicato nel paragrafo 2.3, fino all’esaurimento della riserva nuovi entranti di cui alla tabella 3.1»

Si segnala, inoltre, che nella relazione della Commissione ambiente sulle tematiche relative ai cambiamenti climatici (approvata il 28 giugno 2007) (Doc. XVI, n. 1 ) uno degli elementi di criticità del meccanismo di emission trading avviato dalla direttiva 2003/87/CE viene individuato “nel vincolo derivante dalla costruzione di nuova capacità produttiva dalle attuali modalità di allocazione delle quote (e in particolare dal dimensionamento della riserva per i nuovi entranti). Con riguardo a tale ultimo profilo sono state evidenziate ulteriori criticità del meccanismo sotto il profilo della concorrenza, legate alla struttura fortemente concentrata del mercato nel quale sono avvenute le allocazioni gratuite dei diritti di emissione”.

 

-       la proroga per gli anni 2008, 2009 e 2010 della deduzione forfettaria dal reddito d'impresa in favore degli esercenti impianti di distribuzione di carburanti prevista all'articolo 21, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (lettera f);

 

Si ricorda che l’articolo 21, comma 1, della predetta legge n. 448 ha disposto una deduzione forfettaria,per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 1998 e per i due periodi di imposta successivi,dai ricavi delle imprese degli esercenti impianti di distribuzione di carburante, per la ristrutturazione delle reti distributive, pari all’1,1% dell’ammontare lordo dei ricavi[255] fino a 2 miliardi di lire (1.032.913,80 euro), dello 0,6% sullo scaglione oltre 2 miliardi e fino a 4 miliardi (2.065.827,60 euro) e dello 0,4% sui ricavi oltre i 4 miliardi. La legge finanziaria per il 2001 (legge n. 388 del 2000) ha successivamente prorogato, per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2001 e per i due periodi di imposta successivi, la predetta misura di deduzione forfettaria dai ricavi.  Da ultimo, il comma 393, articolo 1, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) ha prorogato la misura per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007. L’ulteriore proroga della predetta deduzione forfettaria, prevista con la disposizione in esame, produrrà effetti onerosi in termini di minori entrate pari a 52,2 milioni di euro nel 2008, 53 milioni nel 2009 e 53,9 milioni nel 2010.

 

Si segnala che l’articolo 9, comma 2, del disegno di legge in esame (cfr. la relativa scheda di lettura) prevede la proroga per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2008 della predetta deduzione forfettaria.

 

-       sostegno dell’attività di ricerca nel sistema energetico e di riutilizzo di aree industriali, in particolare nel Mezzogiorno (lettera g);

 

Il comma 2 prevede che in sede di prima applicazione il decreto del Ministro dello sviluppo economico di cui al comma 1 sia adottato entro il mese di febbraio 2008.

 

Il comma 3 autorizza, infine, il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, ad iscrivere, ai fini del finanziamento degli interventi sopra elencati e nei limiti degli effetti positivi stimati per ciascun anno in termini di indebitamento netto, le risorse derivanti dalle economie connesse alle revoche delle agevolazioni derivanti dalla legge n. 488/92 in un apposito fondo dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

La Commissione ha presentato, il 29 giugno 2006, la comunicazione “Attuare il programma comunitario di Lisbona: Finanziare la crescita delle piccole e medie imprese – promuovere il valore aggiunto europeo” (COM(2006)349), nella quale propone una serie di azioni relative al finanziamento delle piccole e medie imprese innovative.

La comunicazione ricorda che nelle conclusioni del Consiglio europeo della primavera del 2006 è stato sottolineato che la piena integrazione del mercato finanziario e la disponibilità di sufficienti finanziamenti sono essenziali per la crescita delle piccole e medie imprese europee e sottolinea che il processo di Lisbona offre un contesto destinato a migliorare la disponibilità di finanziamenti sufficienti mediante riforme a livello nazionale e dell’Unione europea.

 

Il 30 novembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sul tema “E’ ora di cambiare marcia – Creare un’Europa dell’imprenditorialità e della crescita”, nella quale, tra le altre cose, sollecita maggiori investimenti nell’istruzione e nella ricerca per sviluppare l’innovazione e la crescita economica; invita gli Stati membri ad incoraggiare lo spirito imprenditoriale e chiede più aiuti alle imprese innovative (“start ups”).

 

Programma quadro per la competitività e l’innovazione (2007-2013)

Con decisione n. 1639 del 24 ottobre 2006 è stato istituito il programma quadro per la competitività e l’innovazione (2007-2013), volto a contribuire alla competitività e alla capacità innovativa della Comunità in quanto società della conoscenza avanzata, con uno sviluppo sostenibile basato su una crescita economica forte, un’economia sociale di mercato altamente concorrenziale con un elevato livello di tutela e il miglioramento della qualità dell’ambiente.

Il programma quadro presta particolare attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese e contribuisce a colmare il divario tra ricerca e innovazione e a promuovere tutte le forme di innovazione.

Il programma, che ha una dotazione finanziaria complessiva di 3.621.300.000 euro per il suo periodo di durata, persegue i seguenti obiettivi:

-        promuovere la competitività delle imprese, in particolare delle piccole e medie imprese;

-        promuovere tutte le forme di innovazione, compresa l’ecoinnovazione; accelerare lo sviluppo di una società dell’informazione sostenibile, competitiva e innovativa e capace di integrazione;

-        promuovere l’efficienza energetica e fonti energetiche nuove e rinnovabili in tutti i settori, compressi i trasporti.

Gli obiettivi del programma quadro sono perseguiti mediante l’attuazione di programmi specifici[256], fra i quali, in particolare il programma per l’innovazione e l’imprenditorialità, che prevede azioni destinate a sostenere, migliorare, incoraggiare e promuovere:

§      l’accesso al credito per l’avviamento e la crescita delle PMI e gli investimenti in progetti di innovazione;

§      la creazione di un ambiente favorevole alla cooperazione tra le PMI, in particolare quella transfrontaliera;

§      ogni forma di innovazione nelle imprese;

§      l’ecoinnovazione;

§      la cultura dell’imprenditorialità e dell’innovazione;

§      riforme economiche ed amministrative a favore delle imprese e dell’innovazione.

Il Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2006, nel sottolineare che l’innovazione è cruciale ai fini della capacità europea di rispondere con efficacia alle sfide e alle opportunità della globalizzazione, ha evidenziato la necessità di un’impostazione strategica volta a creare un ambiente favorevole all’innovazione in cui la conoscenza sia convertita in prodotti e servizi innovativi.

 

Linee direttrici per la crescita e l'occupazione

Le linee direttrici integrate sullacrescita e l'occupazione 2005-2008 (sulle quali si rinvia alla scheda del presente dossier relativa all’art.121), adottate dal Consiglio nel luglio 2005, contengono indicazioni in merito alla politica in favore dell’innovazione.

In particolare, la raccomandazione recante i grandi orientamenti di politica economica sottolinea che il dinamismo dell’economia europea è strettamente dipendente dalla sua capacità innovativa e che pertanto è necessario creare le condizioni economiche di base per favorire l’innovazione. In tale prospettiva ricorda che l’innovazione è solitamente introdotta sul mercato da nuove imprese, le quali potrebbero incontrare particolari difficoltà nel reperire finanziamenti. Sostiene pertanto che l’innovazione potrebbe essere sostenuta da provvedimenti volti a incoraggiare la creazione e la crescita di imprese innovative, nonché a migliorare l’accesso ai finanziamenti. La raccomandazione specifica che la diffusione tecnologica e le politiche volte a meglio integrare l’innovazione e i sistemi di istruzione a livello nazionale potrebbero essere favorite dallo sviluppo di poli e reti dedicati all’innovazione, nonché da servizi di sostegno in materia finalizzati alle PMI.

L’orientamento n. 8, in particolare, stabilisce che, per agevolare l’innovazione in tutte le sue forme, gli Stati membri dovrebbero incentrare i loro sforzi:

-        sul miglioramento dei servizi di sostegno all’innovazione, in particolare di quelli volti alla diffusione e al trasferimento di tecnologie;

-        sulla creazione e lo sviluppo di poli di innovazione, reti e incubatori che mettano in contatto università, istituti di ricerca e imprese anche a livello regionale e locale e contribuiscano a colmare il divario tecnologico tra le regioni;

-        sull’incentivazione del trasferimento transfrontaliero delle conoscenze, anche nel quadro degli investimenti esteri diretti.

 

Valutazione intermedia della politica moderna a favore delle PMI

Il 4 ottobre 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione “Piccole e medie imprese, essenziali per conseguire una maggiore crescita e rafforzare l’occupazione – Valutazione intermedia della politica moderna a favore delle PMI” (COM(2007) 592).

La Commissione riconosce che la politica moderna a favore delle PMI, avviata nel 2005, ha iniziato a dare i suoi frutti, ma ritiene che ulteriori miglioramenti siano ancora possibili a livello comunitario e degli Stati membri, in particolare, al fine  di sbloccare il potenziale che le PMI rappresentano in termini di crescita e di occupazione e di utilizzare appieno le loro capacità di innovazione. La Commissione è convinta della necessità di concentrarsi ancora di più sulle PMI nel quadro del prossimo ciclo di Lisbona per il periodo 2008-2010.

 

Coinvolgimento dei giovani nell’occupazione

Il 5 settembre 2007 la Commissione ha presentato la comunicazioneFavorire il pieno coinvolgimento dei giovani nell’istruzione, nell’occupazione e nella società” (COM(2007) 498). La comunicazione è accompagnata da due documenti, dei quali, il primo analizza per la prima volta la situazione occupazionale dei giovani tra i 15 e i 30 anni nell’UE-27, e il secondo presenta una rassegna analitica delle politiche nazionali sulle attività giovanili di volontariato.

Nel sottolineare l’esigenza di promuovere lo spirito imprenditoriale, la Commissione rileva che solo il 15% dei lavoratori dell’Unione europea sono imprenditori o lavoratori autonomi e che questa percentuale scende al 4,2% per i giovani. Sottolinea, tuttavia, che più della metà dei giovani si dichiara interessata a compiere un percorso imprenditoriale.

La Commissione ritiene pertanto che sia essenziale stimolare l’acquisizione di un atteggiamento imprenditoriale, riconosciuto come competenza fondamentale, mediante l’insegnamento e l’apprendimento e che sia necessario creare le condizioni favorevoli ai giovani imprenditori mediante l’informazione, gli incentivi finanziari e l’eliminazione degli oneri legali e amministrativi inutili. Occorre inoltre affrontare gli specifici ostacoli che le giovani donne incontrano quando intendano creare e dirigere un’impresa. La Commissione prevede di avviare un progetto pilota destinato a promuovere la mobilità dei giovani imprenditori.

La Commissione, in particolare:

§      invita gli Stati membri a incoraggiare la formazione all’imprenditorialità in quanto competenza essenziale e a migliorare la situazione dei giovani imprenditori, ad esempio promuovendo il programma “Imprenditorialità e innovazione”[257] presso imprese ed istituzioni finanziarie, in modo da favorire l’accesso al finanziamento destinato alla creazione di piccole e medie imprese da parte di giovani imprenditori;

§      incoraggia gli Stati membri a servirsi delle politiche nazionali e dei fondi europei, con particolare riferimento al Fondo sociale europeo, al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo di coesione ed al Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale come pure a qualsiasi altro fondo e programma dell’UE per facilitare il passaggio dei giovani dallo studio al mondo del lavoro.

 

Parere del CESE sul tema “Il potenziale delle imprese, specie quello delle PMI”

Il 27 ottobre 2007 il Comitato economico e sociale ha adottato un parere di iniziativa sul tema ““Il potenziale delle imprese, specie quello delle PMI” (2007/C 256/03).

In vista dell’imminente revisione degli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione per il periodo 2008-2010, il CESE invoca degli orientamenti più mirati e semplificati per le PMI, specialmente per quanto riguarda il capitolo sulle riforme microeconomiche ed inoltre chiede che il 2009 sia proclamato “Anno europeo dell’imprenditorialità”, al fine di porre l’accento sul ruolo fondamentale svolto dagli imprenditori per la crescita e il benessere e incentivare i giovani a prendere in considerazione la carriera di imprenditore.

Il CESE, in particolare, sottolinea che l’Unione europea soffre di una bassa attività di avvio di iniziative imprenditoriali e che, pertanto, occorre potenziare le politiche di aiutoall’avvio e allo sviluppo delle imprese, anche consentendo loro di avviare in modo più rapido e meno costoso la propria attività, adottando misure per migliorarne l’accesso al capitale di rischio, aumentando i programmi di formazione d’impresa, le misure intese a facilitare il loro accesso alle reti e ai servizi di pubblica utilità e creando una rete più fitta di servizi di sostegno per le piccole imprese. Ritiene inoltre necessarie decisioni politiche in vista della riforma dei sistemi tributari, della regolamentazione, dell’accesso al mercato e delle procedure di salvataggio e ristrutturazione, nonché del diritto successorio.

Altrettanto essenziali ritiene i servizi che forniscono informazioni e sostegno alle imprese, specialmente ai piccoli imprenditori. Infine, poiché il timore di fallire ha un forte impatto negativo sulle potenziali start up, il CESE considera necessario adottare un quadro sociale appropriato per i lavoratori autonomi, ai quali andrebbe inoltre offerta più facilmente una seconda opportunità[258].


Articolo 122, comma 4
(Contributo scuola Jean Monnet)

 

4. Il finanziamento previsto all'articolo 1, comma 278, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è ripristinato a decorrere dall'esercizio finanziario 2008 per l'importo di 1.500.000 euro.

 

 

Il comma 4, introdotto dal Senato, ripristina a decorrere dal 2008 il finanziamento assegnato dalla legge finanziaria 2005 (art. 1, comma 278, della L. 311/2004)[259] alla Scuola di ateneo per la formazione europea Jean Monnet per l’importo di 1,5 milioni di euro annui.

Si ricorda che la medesima disposizione della legge finanziaria 2005 ha contestualmente trasformato la Scuola in Facoltà della seconda università degli studi di Napoli.

 

La Scuola di Ateneo per l'Alta Formazione Europea “Jean Monnet”, con sede in Caserta, è stata istituita ed attivata il 1° novembre 2002, con Decreto del Rettore della Seconda Università di Napoli del 28 Giugno 2002 n. 2959, a seguito della trasformazione della preesistente Scuola di Specializzazione in Diritto ed Economia delle Comunità Europee della medesima università[260].Essa ha costituito - quale struttura specialistica universitaria e di alta formazione europea, finalizzata al conseguimento dell’obiettivo del rafforzamento dell’Unione Europea - un Centro di didattica e di ricerca interuniversitaria, aperto alla collaborazione con altre Facoltà ed i Dipartimenti di Università italiane e straniere

Attualmente, a seguito della trasformazione operata per legge (dal citato art. 1 comma 278 della L. 311/2004), la Scuola è divenuta la Facoltà di studi politici Jean Monnet; quest’ultima, organizza, oltre ai corsi di laurea, Master di primo e secondo livello; Dottorati di ricerca, Corsi di Alta Formazione, perfezionamento, aggiornamento; preparazione a concorsi pubblici[261]. La facoltà ha stipulato inoltre protocolli di intesa e convenzioni con università anche straniere ed amministrazioni pubbliche per la realizzazione progetti specifici[262].

 

Con riguardo ai contributi assegnati alla Facoltà si ricorda che:

§      l’art. 1, comma 278, della legge finanziaria 2005 ha autorizzato la spesa di 2 milioni di euro a decorrere dal 2005;

§      l’art. 11-quaterdecies (Interventi infrastrutturali, per la ricerca e per l'occupazione), comma 3, del DL 203/2005[263] ha autorizzato la spesa di “ulteriori 1,5 milioni di euro per la prosecuzione degli interventi previsti dall'articolo 1, comma 278, della citata legge n. 311 del 2004 in favore della Facoltà ivi indicata della Seconda Università degli studi di Napoli”.

§      la tabella E della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006) ha poi disposto il definanziamento dell’autorizzazione recata dall’art. 1 comma 278 della legge finanziaria 2005 per l’importo di 1, 5 milioni di euro per gli esercizi 2007, 2008, 2009 ( Stato di previsione del Ministero dell’Università UPB 3.1.2.5-Altri stanziamenti per le università statali- cap1713).

La disposizione in esame sembrerebbe, quindi, attribuire alla Facoltà un contributo di 3,5 milioni di euro per gli esercizi 2008 e 2009 (anziché il contributo 2 milioni, che deriva dalla decurtazione operata dalla tabella E della legge finanziaria 2007).

Si ricorda, inoltre che il finanziamento autorizzato dalla norma del ddl finanziaria in commento (e dalle leggi sopra richiamate) appare aggiuntivo rispetto alla dotazione ordinaria della Facoltà di studi politici Jean Monnet; quest’ultima infatti, quanto incardinata nella seconda Università di Napoli, fruisce di una dotazione annua erogata a valere sulle risorse del Fondo di finanziamento ordinario dell’università[264].


Articolo 123
(Contributo compensativo)

 


1. A decorrere dal 1o gennaio 2008, i soggetti titolari, ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, di concessioni per l'attività di stoccaggio del gas naturale in giacimenti o unità geologiche profonde, o comunque autorizzati all'installazione e all'esercizio di nuovi stabilimenti di stoccaggio di gas naturale, corrispondono alle regioni nelle quali hanno sede i relativi stabilimenti di stoccaggio, a titolo di contributo compensativo per il mancato uso alternativo del territorio, un importo annuo pari all'1 per cento del valore della capacità complessiva autorizzata di stoccaggio di gas naturale.

2. La regione sede degli stabilimenti di cui al comma 1 provvede alla ripartizione del contributo compensativo ivi previsto tra i seguenti soggetti:

a) il comune nel quale hanno sede gli stabilimenti, per un importo non inferiore al 60 per cento del totale;

b) i comuni contermini, in misura proporzionale per il 50 per cento all'estensione del confine e per il 50 per cento alla popolazione, per un importo non inferiore al 40 per cento del totale.


 

 

L'articolo 123, introdotto al Senato, istituisce un "contributo compensativo per il mancato uso alternativo del territorio" corrisposto dai concessionari per le attività di stoccaggio del gas naturale alle regioni (di cui tuttavia beneficia il comune sede dello stabilimento ed i comuni contermini).

Il comma 1 prevede che, a decorrere dal 1º gennaio 2008, i soggetti titolari di concessioni per l’attività di stoccaggio del gas naturale in giacimenti o unità geologiche profonde, o comunque autorizzati all’installazione e all’esercizio di nuovi stabilimenti di stoccaggio di gas naturale, corrispondono alle regioni - nelle quali hanno sede i relativi stabilimenti di stoccaggio - un importo annuo pari all’1 per cento del valore della capacità complessiva autorizzata di stoccaggio di gas naturale, a titolo di contributo compensativo per il mancato uso alternativo del territorio.

Il D.Lgs. 23 maggio 2000 n. 164, che ha avviato il processo di liberalizzazione del settore del gas naturale in attuazione della direttiva 98/30/CE, all’articolo 11 disciplina l'attività di stoccaggio che è svolta sulla base di concessione, di durata non superiore a venti anni, rilasciata dal Ministero dell'industria (ora dello sviluppo economico) ai richiedenti che abbiano la necessaria capacità tecnica, economica ed organizzativa e che dimostrino di poter svolgere, nel pubblico interesse, un programma di stoccaggio rispondente alle disposizioni del decreto stesso, ai sensi delle disposizioni contenute nella legge 26 aprile 1974, n. 170 (“Stoccaggio di gas naturale in giacimenti di idrocarburi"), così come modificata dallo stesso D.Lgs. n. 164. Al Ministro della attività produttive compete anche l’approvazione, con proprio DM, di un disciplinare tipo. Nel caso in cui il titolare di una concessione di coltivazione richieda una concessione di stoccaggio, il conferimento di questa  comprende anche la concessione di coltivazione. In particolare, si ricorda che l’art.5 della legge 26 aprile 1974, n.170, prevede che la concessione scaduta possa essere rinnovata per periodi di dieci anni, qualora il concessionario abbia ottemperato agli obblighi impostigli[265].

Il comma 61, art. 1, della legge 239/04di riordino del settore energetico (cd legge Marzano) ha stabilito,in proposito chei titolari di concessioni di stoccaggio di gas naturale in sotterraneo possano usufruire di non più di due proroghe di dieci anni, qualora abbiano eseguito i programmi di stoccaggio ed adempiuto a tutti gli obblighi derivanti dalle concessioni medesime.

Con riferimento alla problematica oggetto della disposizione in esame, può essere utile ricordare come, con la sentenza del 21 giugno 2007 nella causa C-173/05, la Corte di Giustizia delle Comunità europee abbia definitivamente riconosciuto l’incompatibilità con il diritto comunitario della c.d. “tassa sul tubo” istituita dall’articolo 6 della legge della Regione Sicilia 26 marzo 2002, n. 2. Ponendo tale tributo (per tale ragione espressamente qualificato come “ambientale”) a carico dei proprietari di gasdotti ricadenti nel territorio regionale ed esercenti attività di trasporto, distribuzione, vendita o acquisto del gas metano, il legislatore siciliano si proponeva di “ridurre e prevenire il potenziale danno ambientale derivante dalle condotte”, tanto che il relativo gettito era destinato al finanziamento di “investimenti” diretti “alla salvaguardia, alla tutela e al miglioramento della qualità dell’ambiente, con particolare riguardo alle aree interessate dalla presenza” delle condotte medesime. In sostanza, pertanto, si trattava di un tributo di scopo con (sia pure generiche) finalità di tutela dell’ambiente[266].

Il comma 2 disciplina l'ulteriore ripartizione del contributo compensativo, prevedendone la devoluzione:

a) al comune nel quale hanno sede gli stabilimenti, per un importo non inferiore al 60 per cento del totale;

b) i comuni contermini, in misura proporzionale per il 50 per cento all’estensione del confine e per il 50 per cento alla popolazione, per un importo non inferiore al 40 per cento del totale.

 

Si osserva che la ripartizione dell'importo, per il combinato disposto delle due disposizioni, non sembra poter essere diversa da quella 60% / 40%, senza alcuna discrezionalità regionale in materia (come invece dovrebbe implicare l’uso dell’espressione “non inferiore”.


Articolo 124
(Contrasto all’esclusione sociale negli spazi urbani)

 


1. Il comma 340 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è sostituito dal seguente:

«340. Al fine di contrastare i fenomeni di esclusione sociale negli spazi urbani e favorire l'integrazione sociale e culturale delle popolazioni abitanti in circoscrizioni o quartieri delle città caratterizzati da degrado urbano e sociale, sono istituite, con le modalità di cui al comma 342, zone franche urbane con un numero di abitanti non superiore a 30.000. Per le finalità di cui al periodo precedente, è istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un apposito Fondo con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, che provvede al finanziamento di programmi di intervento, ai sensi del comma 342».

2. Il comma 341 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è sostituito dai seguenti:

«341. Le piccole e microimprese, come individuate dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, che iniziano, nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2008 e il 31 dicembre 2012, una nuova attività economica nelle zone franche urbane individuate secondo le modalità di cui al comma 342, possono fruire delle seguenti agevolazioni, nei limiti delle risorse del Fondo di cui al comma 340 a tal fine vincolate:

a) esenzione dalle imposte sui redditi per i primi cinque periodi di imposta. Per i periodi di imposta successivi, l'esenzione è limitata, per i primi cinque al 60 per cento, per il sesto e settimo al 40 per cento e per l'ottavo e nono al 20 per cento. L'esenzione di cui alla presente lettera spetta fino a concorrenza dell'importo di euro 100.000 del reddito derivante dall'attività svolta nella zona franca urbana, maggiorato, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 1o gennaio 2009 e per ciascun periodo d'imposta, di un importo pari a euro 5.000, ragguagliato ad anno, per ogni nuovo assunto a tempo indeterminato, residente all'interno del sistema locale di lavoro in cui ricade la zona franca urbana;

b) esenzione dall'imposta regionale sulle attività produttive, per i primi cinque periodi di imposta, fino a concorrenza di euro 300.000, per ciascun periodo di imposta, del valore della produzione netta;

c) esenzione dall'imposta comunale sugli immobili, a decorrere dall'anno 2008 e fino all'anno 2012, per i soli immobili siti nelle zone franche urbane dalle stesse imprese posseduti ed utilizzati per l'esercizio delle nuove attività economiche;

d) esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente, per i primi cinque anni di attività, nei limiti di un massimale di retribuzione definito con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, solo in caso di contratti a tempo indeterminato, o a tempo determinato di durata non inferiore a dodici mesi, e a condizione che almeno il 30 per cento degli occupati risieda nel sistema locale di lavoro in cui ricade la zona franca urbana. Per gli anni successivi l'esonero è limitato per i primi cinque al 60 per cento, per il sesto e settimo al 40 per cento e per l'ottavo e nono al 20 per cento. L'esonero di cui alla presente lettera spetta, alle medesime condizioni, anche ai titolari di reddito di lavoro autonomo che svolgono l'attività all'interno della zona franca urbana.

341-bis. Le piccole e le micro imprese che hanno avviato la propria attività in una zona franca urbana antecedentemente al 1o gennaio 2008 possono fruire delle agevolazioni di cui al comma 341, nel rispetto del regolamento (CE) n. 1998/2006, della Commissione, del 15 dicembre 2006, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato agli aiuti di importanza minore, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. L 379 del 28 dicembre 2006.

341-ter. Sono, in ogni caso, escluse dal regime agevolativo le imprese operanti nei settori della costruzione di automobili, della costruzione navale, della fabbricazione di fibre tessili artificiali o sintetiche, della siderurgia e del trasporto su strada.

341-quater. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, saranno determinati le condizioni, i limiti e le modalità di applicazione delle esenzioni fiscali di cui ai commi da 341 a 341-ter».

3. Il comma 342 dell'articolo l della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è sostituito dal seguente:

«342. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale, provvede alla definizione dei criteri per l'allocazione delle risorse e per la individuazione e la selezione delle zone franche urbane, sulla base di parametri socio-economici, rappresentativi dei fenomeni di degrado di cui al comma 340. Provvede successivamente, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, alla perimetrazione delle singole zone franche urbane ed alla concessione del finanziamento in favore dei programmi di intervento di cui al comma 340. L'efficacia delle disposizioni dei commi da 341 a 342 è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, all'autorizzazione della Commissione europea».


 

 

Le disposizioni dell’articolo in esame novellano i commi 340-342, articolo 1, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) che hanno introdotto la disciplina delle c.d. “Zone franche urbane” (ZFU), da individuare in aree e quartieri particolarmente degradati nelle città del Mezzogiorno[267], con particolare riferimento al centro storico di Napoli.

 

Il comma 1, che sostituisce interamente il comma 340 della legge finanziaria per il 2007, provvede a definire l’ambito di riferimento rispetto alla normativa vigente, disponendo che le ZFU sono istituite in aree o quartieri con non più di 300.000 abitanti, per contrastare fenomeni di esclusione sociale e favorire l’integrazione sociale e culturale in aree di degrado degli spazi urbani.

Si elimina pertanto la finalità volta a favorire lo sviluppo economico e sociale, anche tramite interventi di recupero urbano, ed il riferimento al centro storico di Napoli.

Le disposizioni in esame mantengono la dotazione di 50 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009 riferita all’apposito Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, per il finanziamento dei programmi di intervento. In particolare, viene eliminata la disposizione secondo la quale il predetto Fondo provvedeva al cofinanziamento dei programmi regionali di intervento riferiti alle medesime aree.

 

Si segnala, peraltro, che lo stanziamento relativo al capitolo di bilancio 8430 “Fondo per favorire lo sviluppo economico e sociale delle zone franche urbane” è iscritto nello stato di previsione del Ministero per lo sviluppo economico, alla Missione 28 “Sviluppo e riequilibrio territoriale”, Programma 5.2. “Politiche per il sostegno dei sistemi produttivi per il Mezzogiorno e le aree sottoutilizzate”, Macroaggregato 5.2.6. Investimenti (Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione).

 

Il comma 2, che sostituisce il comma 341 della legge finanziaria per il 2007, introduce talune agevolazioni fiscali e contributive per le piccole e microimprese[268] che iniziano, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2008 e il 31 dicembre 2012, una nuova attività economica nelle aree individuate come ZFU. Sono elencate dalla norma:

 

a)   l’esenzione dalle imposte sui redditi (IRPEF e IRES) per i primi cinque periodi di imposta; per i periodi di imposta successivi l’esenzione è limitata al 60 per cento per i primi cinque periodi, al 40 per cento per il sesto e il settimo e al 20 per cento per l’ottavo e il nono. Si prevede un limite di 100.000 euro di reddito esente, maggiorato, a partire dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2009 e per ciascun periodo d’imposta, di 5.000 euro – ragguagliato ad anno – per ogni nuovo assunto a tempo indeterminato, a condizione ch sia residente all’interno del Sistema locale di lavoro[269] in cui ricade la ZFU[270];

b)   esenzione dall’IRAP nei primi cinque periodi di imposta, fino a concorrenza di 300.000 euro del valore della produzione netta, per ciascun periodo di imposta;

c)   esenzione dall’ICI, per il periodo 2008-2012, per i soli immobili situati nelle aree individuate come ZFU, posseduti dalle imprese che beneficiano dell’agevolazione e utilizzati per l’esercizio delle nuove attività economiche;

d)   l’esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente, nei limiti del massimale definito con decreto del Ministro del lavoro, solo nei casi di contratti a tempo indeterminato ovvero non inferiori a 12 mesi, e a condizione che almeno il 30% degli occupati risieda nel Sistema locale di lavoro[271] in cui ricade la ZFU; l’agevolazione si riduce dal 100% al 60% negli ulteriori cinque anni, al 40% nel sesto e settimo anno e al 20% nell’ottavo e nel nono. La predetta misura agevolativa si estende altresì ai titolari di reddito di lavoro autonomo[272].

 

Le stesse agevolazioni si applicano altresì alle piccole e microimprese che abbiano avviato la propria attività nelle aree individuate come ZFU nel periodo antecedente al 1° gennaio 2008, con la limitazione che ad esse si applica il regime degli aiuti di importanza minore. Pertanto, esse potranno accedere alle agevolazioni esclusivamente nei limiti del regime di aiuti "de minimis"[273], per i quali l'importo complessivo degli aiuti concessi non può superare, a pena di sanzioni, l’importo di 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari (comma 341-bis).

 

Il comma 341-ter dispone i casi di esclusione dalle agevolazioni.Si tratta delle imprese operanti nei settori della costruzione di automobili e navale, della fabbricazione delle fibre tessili e sintetiche, della siderurgia e del trasporto su strada. E’ demandata ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione delle condizioni, dei limiti e delle modalità di applicazione delle esenzioni fiscali sopra elencate, entro il 30 gennaio 2008.

 

Il comma 3, che sostituisce il comma 342 della legge finanziaria 2007, disciplina le modalità per l'istituzione delle ZFU. Si mantiene la disposizione secondo la quale il CIPE, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, definisce i criteri per l’individuazione delle zone franche urbane[274] e l’allocazione delle risorse; tuttavia, rispetto alla precedente formulazione, non si fa più riferimento al parere delle regioni interessate. 

Inoltre, è stata introdotta la disposizione secondo cui la proposta del Ministro dello sviluppo economico, in base alla quale il CIPE individua le ZFU, sia presentata di concerto con il Ministro della solidarietà sociale[275]. Successivamente, su proposta del Ministro per lo sviluppo economico, il CIPE provvede alla concessione del finanziamenti in favore dei programmi di intervento per le ZFU.

Rispetto al testo precedente, si prevede, infine,  che le disposizioni di cui ai precedenti commi 341 e 342 siano soggette ad autorizzazione da parte della Commissione europea, in ottemperanza a quanto sancito dall'articolo 88 comma 3 del TCE, che prevede la valutazione, da parte della Commissione, sulla compatibilità degli aiuti di Stato con il mercato comune[276].

 

E’ appena il caso di ricordare che le disposizioni in esame non modificano il comma 343 della legge finanziaria per il 2007 che completa la disciplina relativa alle zone franche urbane. In particolare, tale normahadisposto che il monitoraggio e la valutazione di efficacia degli interventi – anche in coordinamento con i nuclei di valutazione delle regioni interessate – siano effettuati dal Nucleo di valutazione e verifica del Ministero dello sviluppo economico, il quale presenta al CIPE una relazione annuale in merito ai risultati di tali attività.

 

Si ricorda che Il 17 aprile 2003 è stata formalmente costituita, in sede di Conferenza Stato-Regioni, la "Rete dei Nuclei di valutazione e verifica delle amministrazioni centrali e regionali” (Rete NUVV) prevista - insieme alla costituzione e attivazione dei singoli Nuclei - dall’articolo 1 della legge n. 144 del 1999[277], al fine di migliorare e dare maggiore qualità ed efficienza al processo di programmazione delle politiche di sviluppo.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 24 e 25 maggio 2007, si è svolta a Lipsia, la riunione informale dei ministri responsabili dello sviluppo urbano e della coesione territoriale, nel corso della quale sono stati adottati due documenti: l’“Agenda territoriale dell’UE” e la “Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili”[278].

Il primo documento è inteso a promuovere una intensificazione della cooperazione territoriale attorno ai temi della crescita economica sostenibile, delle politiche del mercato del lavoro; dello sviluppo urbano e territoriale sostenibile, associando i diversi attori regionali e locali.

Il secondo documento sottolinea che una pianificazione urbana integrata è la condizione indispensabile per lo sviluppo sostenibile delle città europee e propone le strategie volte a valorizzare il tessuto urbano e a migliorare il mercato dell’occupazione, i trasporti urbani e l’integrazione degli immigrati.

La coesione territoriale rientra tra le priorità che la Presidenza portoghese intende perseguire nel secondo semestre del 2007. In particolare, la Presidenza intende presentare un piano d’azione per la coesione territoriale nel corso della riunione informale dei ministri del riassetto del territorio il 23 e 24 novembre 2007 alle Azzorre.

In occasione della riunione del Consiglio affari generali del 23 luglio 2007, il commissario alla politica regionale, Danuta Hübner, ha annunciato la presentazione di una comunicazione sulla coesione territoriale nel corso del 2008.

Parere del Comitato economico e sociale sulle aree metropolitane europee

Il 20 luglio 2007 è stato pubblicato il parere del Comitato economico e sociale (CESE) su “Le aree metropolitane europee – implicazioni socioeconomiche per il futuro dell’Unione europea”. Il CESE auspica che la Commissione prepari un Libro verde sulle aree metropolitane come complemento dell’Agenda territoriale e degli orientamenti strategici per la coesione allo scopo di stimolare il dibattito europeo sulla base di un’analisi obiettiva.

Nel constatare che il dibattito sulle aree metropolitane è assai più vivace di alcuni anni fa, anche a causa del riconoscimento del legame esistente fra lo sviluppo economico, sociale ed ambientale delle grandi metropoli e la strategia di Lisbona, il CESE evidenzia una convergenza manifesta sulle problematiche e segnala, fra i punti più discussi, oltre a quelli direttamente attinenti allo sviluppo economico:

-        la società multiculturale (immigrazione) e le sfide legate alla povertà e all’esclusione;

-        l’occupabilità della manodopera e la creazione di posti di lavoro;

-        la riduzione dell’insicurezza, della criminalità e dei rischi del terrorismo internazionale,

-        la riduzione delle disparità fra i territori infraregionali e la creazione di un partenariato fra il centro e la periferia.

La Commissione europea ha presentato, il 30 maggio 2007, la IV Relazione sulla coesione economica e sociale che descrive la situazione economica, sociale e territoriale dell’UE a 27 e delle sue 268 regioni.

In particolare, il documento individua una serie di sfide che gli Stati membri e le regioni saranno chiamati ad affrontare nei prossimi anni e che assumono particolare rilievo per la politica di coesione in quanto suscettibili di produrre sul territorio dell’Europa un impatto disuguale, amplificando così le disparità sociali ed economiche.

In una comunicazione (COM(2007)273) che accompagna la IV Relazione, la Commissione suggerisce una serie di questioni per avviare il dibattito sul futuro della politica di coesione di fronte alle sfide citate; a tal fine, in occasione del Quarto Forum sulla coesione, tenutosi a Bruxelles il 27 e 28 settembre 2007, la Commissione ha avviato una consultazione pubblica sul potenziamento dello sviluppo regionale e della convergenza attraverso la politica di coesione. Tra le questioni da dibattere se ne segnalano due in particolare: l’impatto delle sfide individuate dalla relazione sugli elementi chiave della coesione sociale (l’inclusione, l’integrazione, le opportunità per tutti); il contributo della politica di coesione alla promozione di uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile che tenga conto della diversità dei territori all’interno dell’UE, tra cui le città più sfavorite.


Articolo 125
(Promozione dello sport)

 


1. Al fine di promuovere il diritto di tutti allo sport, come strumento per la formazione della persona e per la tutela della salute, e per la costituzione e il funzionamento, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, dell'Osservatorio nazionale per l'impiantistica sportiva, è istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, un fondo denominato «Fondo per lo sport di cittadinanza», al quale è assegnata la somma di 20 milioni di euro per l'anno 2008, di 35 milioni di euro per l'anno 2009 e di 40 milioni di euro per l'anno 2010.

2. Gli atti e i provvedimenti concernenti l'utilizzazione sul territorio delle risorse del Fondo sono adottati dal Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

3. Il Fondo per gli eventi sportivi di rilevanza internazionale, istituito con l'articolo 1, comma 1291, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, è incrementato di 10 milioni di euro per l'anno 2008.

4. Il contributo al Comitato italiano paralimpico (CIP) di cui all'articolo 1, comma 580, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è incrementato di 1 ulteriore milione di euro per gli anni 2008, 2009 e 2010.


 

 

Il comma 1 dell’articolo in esame istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un fondo, denominato “Fondo per lo sport di cittadinanza”, al quale è assegnata la somma di 20 milioni di euro per l’anno 2008, di 35 milioni di euro per l’anno 2009 e di 40 milioni di euro per l’anno 2010.

Il Fondo è istituito per:

-       promuovere il diritto allo sport, come strumento per la formazione e per la tutela della salute;

-       permettere l’istituzione e il funzionamento, presso la Presidenza del Consiglio, dell’Osservatorio nazionale per l’impiantistica sportiva, che, secondo quanto chiarito nella relazione illustrativa, è destinato a costituire una sorta di “anagrafe degli impianti sportivi”.

 

Si ricorda che il decreto-legge n. 181/2006[279] ha attribuito alla Presidenza del Consiglio le funzioni di competenza statale in materia di sport già attribuite al Ministero per i beni e le attività culturali dagli artt. 52, co. 1, e 53 del D.Lgs. 300/1999. Con successivo Decreto del Presidente del Consiglio del 15 giugno 2006 le funzioni di indirizzo e coordinamento di tutte le iniziative, anche normative, nelle materie concernenti le politiche giovanili e le attività sportive sono state delegate al Ministro senza portafoglio per le politiche giovanili e le attività sportive.

Va inoltre ricordato che la materia dell'ordinamento sportivo è attribuita dal vigente art. 117, terzo comma, della Costituzione alla competenza legislativa concorrente, per cui spetta allo Stato la sola determinazione dei principi fondamentali.

 

Il comma 2 stabilisce che l’utilizzazione sul territorio delle risorse del Fondo è disposta con propri atti dal Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, previa intesa con la Conferenza unificata.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo n. 281/1997[280], la Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni.

 

Il comma 3 prevede uno stanziamento di 10 milioni di euro, per l’anno 2008, in favore del Fondo per gli eventi sportivi di rilevanza internazionale.

 

Si ricorda che il Fondo di cui sopra è stato istituito dall’articolo 1, comma 1291, della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007) presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con uno stanziamento di 33 milioni di euro per il 2007. Il fondo è volto al potenziamento degli impianti sportivi e alla promozione e realizzazione di interventi per gli eventi sportivi di rilevanza internazionale tra cui, in particolare, la partecipazione dell’Italia ai Giochi olimpici di Pechino 2008.

 

Il comma 4 incrementa di 1 milione di euro per ciascun anno del triennio 2008-2010 il contributo al Comitato italiano paralimpico (CIP).

La disposizione in esame si pone in continuità con i più recenti interventi in materia, volti ad incrementare le disponibilità finanziarie per la promozione della pratica sportiva di base e agonistica delle persone disabili. Si ricorda, infatti, che a tal fine l’articolo 1, comma 580, della legge n. 266/2005 (legge finanziaria 2006)[281] aveva disposto in favore del Comitato un contributo di 500 mila euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008. La legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 1298, della legge n. 296/2006[282]) ha quindi incrementato tale contributo, per ciascuno degli anni 2007 e 2008, di 2,5 milioni di euro; per i medesimi fini, ha inoltre concesso al Comitato italiano paralimpico, per l'anno 2009, un contributo di 3 milioni di euro.

 

In proposito, si ricorda che la legge n. 189 del 2003[283] ha promosso la pratica sportiva di base e agonistica dei disabili attraverso tre interventi:

§       la concessione un contributo straordinario di 500.000 euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005 alla Federazione italiana sport disabili (FISD) (art. 1 della legge);

§       l’individuazione -attraverso un decreto non regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali- delle attività della Federazione[284](FISD) quale Comitato italiano paralimpico (C.I.P), per l'organizzazione e la gestione delle attività sportive dei disabili in armonia, per l'attività paraolimpica, con le deliberazioni e gli indirizzi emanati dal Comitato internazionale paralimpico (art. 2 );

§       l’attribuzione al C.O.N.I. (Comitato olimpico nazionale italiano) dei compiti di promozione della pratica sportiva dei disabili nonché della disciplina della partecipazione di atleti disabili a giochi paraolimpici di concerto con il Comitato italiano paralimpico (art. 3 della legge).

In attuazione di tale norma è stato emanato il DPCM 8 aprile 2004, recante "Attività svolte dalla Federazione italiana sport disabili, quale Comitato Italiano Paralimpico". Quest’ultimo ha indicato i compiti della FIDS “quale Comitato Italiano Paralimpico”, consistenti riassuntivamente nell’organizzazione e preparazione atletica della rappresentanza nazionale ai giochi paraolimpici (in armonia con gli indirizzi emanati dall'International Parolympic Committee) e nella promozione della pratica sportiva per disabili in ogni fascia di età e di popolazione, nel rispetto delle competenze delle regioni e degli enti locali. Ai fini di cui sopra gli organi della FISD sono anche organi del CIP. Il DPCM citato (art. 3) prescrive inoltre l’adeguamento dello statuto della FIDS ai nuovi compiti assunti dal CIP. Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto (adottato in data 15 dicembre 2004), in considerazione delle perplessità espresse dagli organismi interessati in ordine ai profili problematici derivanti dalla non chiara disciplina dei rapporti tra le due strutture (FISD e CIP) delineata dalla legge 189/2003, ha disposto la ridenominazione della Federazione in Comitato Italiano Paralimpico.


Articolo 126
(Razionalizzazione del sistema degli acquisti di beni e servizi)

 


1. Le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, inviano, entro il 28 febbraio per l'anno 2008 ed entro il 31 dicembre per gli anni successivi, al Ministero dell'economia e delle finanze un prospetto contenente i dati relativi alla previsione annuale dei propri fabbisogni di beni e servizi, per il cui acquisto si applica il codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, conformemente alle modalità e allo schema pubblicati sul portale degli acquisti in rete del Ministero dell'economia e delle finanze e di Consip s.p.a.

2. Il Ministero dell'economia e delle finanze, avvalendosi di Consip s.p.a., individua, sulla base delle informazioni di cui al comma 1 e dei dati degli acquisti delle amministrazioni di cui al comma 1, per gli anni 2005-2007, acquisiti tramite il Sistema di contabilità gestionale ed elaborati attraverso l'utilizzo di sistemi informativi integrati realizzati ai sensi dell'articolo 1, comma 454, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, indicatori di spesa sostenibile per il soddisfacimento dei fabbisogni collegati funzionalmente alle attività da svolgere, tenendo conto delle caratteristiche di consumo delle specifiche categorie merceologiche e dei parametri dimensionali della singola amministrazione, nonché dei dati di consuntivo.

3. Gli indicatori ed i parametri di spesa sostenibile definiti ai sensi del comma 2 sono messi a disposizione delle amministrazioni di cui al comma 1, anche attraverso la pubblicazione sul portale degli acquisti in rete del Ministero dell'economia e delle finanze e di Consip s.p.a., quali utili strumenti di supporto e modelli di comportamento secondo canoni di efficienza, nell'attività di programmazione degli acquisti di beni e servizi e nell'attività di controllo di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286.

4. In relazione ai parametri di prezzo-qualità di cui al comma 3 dell'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, il Ministero dell'economia e delle finanze, attraverso Consip s.p.a., entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, predispone e mette a disposizione delle amministrazioni pubbliche gli strumenti di supporto per la valutazione della comparabilità del bene e del servizio e per l'utilizzo dei detti parametri, anche con indicazione di una misura minima e massima degli stessi.

5. Per raggiungere gli obiettivi di contenimento e di razionalizzazione della spesa pubblica, fermo restando quanto previsto dagli articoli 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e 58 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e dall'articolo 1, comma 449, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, i soggetti aggiudicatori di cui all'articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, possono ricorrere per l'acquisto di beni e servizi alle convenzioni stipulate da Consip s.p.a. ai sensi dell'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, nel rispetto dei princìpi di tutela della concorrenza.

6. Fermo restando quanto previsto dagli articoli 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e 58 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e dall'articolo 1, commi 449 e 450, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base dei prospetti contenenti i dati di previsione annuale dei fabbisogni di beni e servizi di cui al comma 1, individua, entro il mese di marzo di ogni anno, con decreto, segnatamente in relazione agli acquisti d'importo superiore alla soglia comunitaria, secondo la rilevanza del valore complessivo stimato, il grado di standardizzazione dei beni e dei servizi ed il livello di aggregazione della relativa domanda, nonché le tipologie dei beni e dei servizi non oggetto di convenzioni stipulate da Consip s.p.a. per le quali le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, sono tenute a ricorrere alla Consip s.p.a., in qualità di stazione appaltante ai fini dell'espletamento dell'appalto e dell'accordo quadro, anche con l'utilizzo dei sistemi telematici.

7. Le dotazioni delle unità previsionali di base degli stati di previsione dei Ministeri, concernenti spese per consumi intermedi, non aventi natura obbligatoria, sono rideterminate in maniera lineare in misura tale da realizzare complessivamente una riduzione di 545 milioni di euro per l'anno 2008, 700 milioni di euro per l'anno 2009 e 900 milioni di euro a decorrere dal 2010. Dalla predetta riduzione sono esclusi i fondi di cui all'articolo 1, comma 601, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

8. Il Ministro dell'economia e delle finanze allega al Documento di programmazione economico-finanziaria una relazione sull'applicazione delle misure di cui al presente articolo e sull'entità dei risparmi conseguiti.


 

 

L’articolo, oggetto di modifiche nel corso dell’esame al Senato, reca norme volte a razionalizzare il sistema degli acquisti di beni e servizi da parte delle amministrazioni statali centrali e periferiche, nonché da parte delle amministrazioni pubbliche, genericamente intese.

 

In particolare, al comma 1 si disponeche le amministrazioni statali centrali e periferiche trasmettano annualmente al Ministero dell’economia e delle finanze un prospetto previsionale del proprio fabbisogno di beni e servizi per il cui acquisto si applica il “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”. Sono comunque escluse dall’applicazione di tale misura gli istituti e scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie.

 

Il prospetto previsionale del fabbisogno deve essere conforme alle modalità e allo schema pubblicati sul Portale degli acquisti in rete del Ministero dell’economia e delle finanze e di Consip s.p.a.

In sede di prima applicazione, il prospettova trasmesso al Ministero dell’economia e finanze entro il 28 febbraio 2008; mentre, a regime va trasmesso al medesimo Ministero entro il 31 dicembre di ogni anno.

 

Si ricorda che il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, emanato in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE[285], disciplina i contratti delle stazioni appaltanti, degli enti aggiudicatori e dei soggetti aggiudicatori, aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere.

Il Codice non si applica, in tutto o in parte, a talune tipologie di contratti indicate nella parte I, Titolo II del suddetto Codice (artt.16-27), le quali sono in sintesi, contratti relativi alla produzione e al commercio di armi, munizioni e materiale bellico, contratti segretati o che esigono particolari misure di sicurezza, contratti aggiudicati in base a norme internazionali, taluni contratti di servizi specificamente indicati nell’articolo 19 del Codice, taluni contratti nel settore delle telecomunicazioni, taluni appalti aggiudicati a scopo di rivendita o di locazione di terzi, appalti aggiudicati per l’acquisto e la fornitura di energia, contratti di sponsorizzazione.

 

Il comma 2 prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze – avvalendosi di CONSIP[286] s.p.a. – individui gli indicatori di spesa sostenibile per il soddisfacimento dei fabbisogni. Tale individuazione avviene sulla base delle:

-    informazioni raccolte dai prospetti preliminari di fabbisogno;

-    informazioni circa gli acquisti delle suddette amministrazioni per gli anni 2005-2007, avute mediante il “Sistema di contabilità gestionale[287] ed elaborate attraverso sistemi informativi integrati.

I fabbisogni sono quelli collegati funzionalmente alle attività da svolgere, tenuto conto delle caratteristiche di consumo dei beni e dei parametri dimensionali della singola amministrazione, nonché dei dati di consuntivo.

 

I sistemi informativi integrati sono realizzati, come esplicitato dallo stesso comma 2, ai sensi dell’articolo 1, comma 454 della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006), che prevede un programma per l'adozione di sistemi informativi comuni alle amministrazioni dello Stato ai fini della definizione dei fabbisogni di beni e servizi e la definizione un insieme di indicatori dei livelli di spesa sostenibili per categorie di spesa comune, da utilizzarsi nel processo di formazione dei relativi capitoli di bilancio. Il programma è realizzato dal Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il supporto della CONSIP Spa, sentita l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.

 

Il comma 3 stabilisce che gli indicatori ed i parametri di spesa sostenibile elaborati dal Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi del comma 2 costituiscono strumenti di supporto e modelli di comportamento nell’attività di programmazione degli acquisti di beni e servizi e nell’attività di controllo di gestione.

Tali indicatori devono essere messi a disposizione delle amministrazioni statali, anche mediante pubblicazione sul Portale degli acquisti in rete del Ministero dell’economia e delle finanze e di CONSIP s.p.a.

 

Si ricorda che l’articolo 4 del decreto legislativo n. 286/1999 [288], richiamato nel comma 3, reca la disciplina del controllo di gestione, disponendo in particolare che ciascuna amministrazione pubblica definisce l'unità o le unità responsabili della suddetta attività, nonché i criteri per l’esercizio di tale attività, con particolare riferimento ai criteri e modalità di rilevazione e ripartizione dei costi tra le unità organizzative e le modalità di individuazione degli obiettivi per cui i costi sono sostenuti. Gli indicatori di spesa di cui al comma 3 dell’articolo in esame si inseriscono dunque quali parametri “precostituiti“ nell’esercizio del controllo gestionale.

 

Si osserva che la disciplina recata dai commi 1-3 in esame sembra completare quella, già contenuta nell’articolo 1, comma 449 della legge finanziaria 2007, che demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze[289] l’individuazione, entro il mese di gennaio di ogni anno, delle tipologie di beni e servizi per il cui approvvigionamento le amministrazioni statali centrali e periferiche - ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie - sono obbligate ad utilizzare le convenzioni – quadro stipulate dalla Consip s.p.a.

 

Il comma 4 stabilisce che il Ministero dell’economia e delle finanze, attraverso CONSIP s.p.a., metta a disposizione delle amministrazioni pubbliche, entro tre mesi dall’entrata in vigore del testo in esame, strumenti di supporto per la valutazione della comparabilità del bene e del servizio e per l’utilizzo dei parametri di prezzo-qualità stabiliti da CONSIP s.p.a per l’acquisto di beni e servizi, anche con indicazione di una misura minima e massima degli stessi.

Tale disposizione, come evidenziato nella relazione illustrativa al disegno di legge, è finalizzata a garantire un’effettiva applicazione delle disposizioni in materia di razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione di cui all’articolo 26 della legge 488 del 1999. Tale articolo, al comma 3, facoltizza le pubbliche amministrazioni ad aderire alle convenzioni quadro stipulate da Consip s.p.a, ovvero le obbliga a seguirne i parametri prezzo-qualità. In particolare, evidenzia la relazione, se la totalità degli acquisti autonomi fosse avvenuta nel rispetto del brenchmark Consip, si sarebbe ottenuto, a parità di quantità, un risparmio potenziale del 20%, pari a 2.800 milioni Pertanto, si ritiene opportuna l’introduzione di una norma che, ai fini di un mero coordinamento sistematico con la disciplina vigente, precisi e confermi, al fine di evitare dubbi interpretativi, che gli acquisti di beni e servizi, anche da parte delle amministrazioni regionali e locali, oltre che centrali, debbano fare riferimento ai parametri Consip.

 

La disciplina vigente.

 

Come accennato, l’articolo 26, comma 3, della legge 488/1999 (legge finanziaria 2000) combinato con il disposto dell’articolo 58 della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001)[290] prevede che le amministrazioni pubbliche possano ricorrere alle “convenzioni Consip” [291], ovvero ne utilizzino i parametri di prezzo-qualità, come limiti massimi, per l'acquisto di beni e servizi comparabili oggetto delle stesse, anche utilizzando procedure telematiche per l'acquisizione di beni e servizi.L’ultimo periodo di tale comma disponeva poi che quanto sopra non si applicasse ai comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti e ai comuni montani con popolazione fino a 5.000 abitanti. Su tale disposizione ha inciso l’articolo 1, comma 449 della legge finanziaria 2007, il quale, sebbene richiami il disposto dell’articolo 26, sembra implicitamente estenderne l’ambito di applicazione. Il comma 449, in particolare:

§       demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze l’individuazione, entro il mese di gennaio di ogni anno, delle tipologie di beni e servizi per il cui approvvigionamento le amministrazioni statali centrali e periferiche - ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie - sono obbligate a utilizzare le convenzioni – quadro stipulate dalla Consip s.p.a. Tale individuazione avviene tenuto conto delle caratteristiche del mercato e del grado di standardizzazione dei prodotti.

§       dispone che gli enti del servizio sanitario nazionale sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di acquisto di riferimento;

§       dispone che le restanti amministrazioni pubbliche (di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), tra cui rientrano gli enti territoriali, possono ricorrere alle convenzioni Consip e a quelle stipulate dalle centrali regionali di acquisto, la cui istituzione è prevista al comma 456 della stessa legge finanziaria 2007, ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipula dei contratti.

Con riferimento agli enti territoriali, si ricorda che l’articolo 26, comma 3 escludeva i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti e i comuni montani con popolazione fino a 5.000 abitanti dall’obbligo di utilizzare i parametri di prezzo-qualità delle convenzioni Consip come limiti massimi per la stipula dei contratti (art. 26, comma 3, legge n. 488/99). Tale esclusione è stata dunque superata dalla disposizione in esame.

 

Il comma 5, al fine di raggiungere gli obiettivi di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica e nel rispetto dei principi di tutela della concorrenza., estende la possibilità di ricorrere per gli acquisti di beni e servizi alle convenzioni quadro Consip a tutti i soggetti tenuti all’applicazione della normativa nazionale e comunitaria in tema di appalti pubblici (ossiai“soggetti aggiudicatori”ai sensi del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture).

 

Si ricorda che ai sensi del citato Codice degli appalti pubblici (articolo 3, comma 25 del decreto legislativo 163/2006[292]), sono “soggetti aggiudicatori” i seguenti soggetti: le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti.

La relazione illustrativa chiarisce che la norma è finalizzata ad estendere l’opportunità di ridurre i costi di funzionamento anche ad altri soggetti, quali le società in mano pubblica. Al riguardo, si cita ad esempio il caso di un comune, il quale, secondo la disciplina vigente, può acquistare cassonetti per i rifiuti tramite il sistema Consip, ma lo stesso non possono fare le società municipalizzate costituite dai comuni per gestire il relativo servizio.

 

La norma in esame specifica che rimane fermo il sistema degli acquisti della P.A. mediante convenzioni, come risultante dalle già citate disposizioni legge finanziaria 2000 (articolo 26), dalla legge finanziaria 2001 (articolo 58) e dalla legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 449).

Per un commento a tali disposizioni cfr. supra.

 

Il comma 6, introdotto dal Senato, stabilisce che il Ministero dell’economia e delle finanze debba, sulla base dei dati contenuti nei prospetti inviati dalle pubbliche amministrazioni., stabilire entro il mese di marzo di ogni anno, con riferimento agli acquisti di importo superiore alla soglia comunitaria, le tipologie di beni e servizi non oggetto di convenzioni Consip per le quali le amministrazioni statali centrali e periferiche (esclusi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e quelle universitarie) devono ricorrere a Consip s.p.a. in qualità di stazione appaltante, ai fini – anche con modalità telematiche -  dell’espletamento dell’appalto e dell’accordo quadro.

Resta ferma la richiamata disciplina degli acquisti delle pp.aa., come definita dalle leggi finanziarie 2000, 2001 e 2007.

 

Il comma 7, modificato dal Senato, effettua un “taglio lineare” delle dotazioni di bilancio dei singoli Ministeri relative a spese per consumi intermedi non aventi carattere obbligatorio.

La riduzione di spesa determinata dal tale taglio lineare è indicata in 545 milioni di euro per l’anno 2008, 700 milioni di euro per l’anno 2009 e 900 milioni di euro a decorrere dal 2010.

Sono esentati dalla riduzione il Fondo per le competenze dovute al personale delle istituzioni scolastiche e il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, istituiti dal comma 601 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione.

 

Al riguardo si segnala che la Corte dei Conti[293] ha rilevato,che tale riduzione lineare (la quale nel testo originario era pari a 500 milioni di euro) si aggiunge a quella disposta dal comma 507 dell’articolo unico della legge finanziaria 2007, aggravando la situazione di precarietà operativa della amministrazioni conseguente alle precedenti manovre correttive, in tal modo rischiando di riproporsi, nel 2008, la necessità del ricorso ad un provvedimento d’urgenza analogo a quello intervenuto nel corrente anno (DL.81/07).

Si ricorda che nel corso degli ultimi anni, le spese per consumi intermedi sono state oggetto di ripetuti interventi di riduzione.

Si rammenta, in particolare, l’articolo 1, comma 295 della legge finanziaria 2005, il quale ha stabilito il taglio lineare degli stanziamenti iscritti nel bilancio dello Stato per consumi intermedi non aventi natura obbligatoria, per un importo pari a 700 milioni di euro per l’anno 2005 e a 1.300 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006.

Da ultimo, la legge finanziaria 2007, all’articolo 1, comma 507, ha disposto l’accantonamento e l’indisponibilità, in maniera lineare, di una quota, pari a 4.572 milioni di euro per il 2007, 5.031 milioni per il 2008 e 4.922 milioni per il 2009, delle dotazioni delle u.p.b iscritte nel bilancio dello Stato[294]. Gli stanziamenti su cui incidono gli accantonamenti riguardano sia le spese correnti che quelle in conto capitale, ivi incluse le spese predeterminate legislativamente. Come già rilevato della Corte dei Conti [295], degli stanziamenti utilizzabili circa il 23 per cento è rappresentata da consumi intermedi. La Corte ha osservato che tali elementi “testimoniano della difficoltà di ottenere significative riduzioni di spesa nel breve periodo senza compromettere la qualità dell’intervento pubblico.” A conferma dei suddetti aspetti problematici in ordine all’efficacia di ulteriori interventi di contenimento dei consumi intermedi, si ricorda che il D.L. 2 luglio 2007, n. 81 ha previsto disaccantonamenti di somme nel 2007 per 1.972,9 milioni di euro, pari al 43,2 per cento delle risorse originariamente accantonate e rese indisponibili ai sensi del citato comma 507[296].

A tale riguardo, si segnala, inoltre, per ciò che attiene alle misure di limitazione di spesa per consumi intermedi degli enti pubblici non territoriali, che l’articolo 131, comma 10 del disegno di legge finanziaria in esame abroga la previsione (già disapplicata per l’anno 2007 dal d.l. n. 81/2007, art. 4) di riduzione del 20 per cento delle spese di funzionamento stabilita per tali enti per il triennio 2007-2009 dall’articolo 22, comma 2, del D.L. n. 223 del 2006.

 

Il comma 8, anch’esso introdotto dal Senato, prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze alleghi al DPEF una relazione sull’applicazione della disciplina recata dall’articolo in esame e sull’entità dei relativi risparmi.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 18 luglio 2007 la Commissione ha inviato una lettera di messa in mora[297] all’Italia per l’affidamento diretto di appalti pubblici aventi ad oggetto forniture e servizi collegati alle attività di intercettazione telefonica ed ambientale, nonché i servizi connessi a tali attività di trascrizione del contenuto delle registrazioni, senza ricorrere ad alcuna procedura di messa in concorrenza. Tali forniture e servizi sono state affidati, secondo le informazioni ricevute dalla Commissione, per finalità di ordine giudiziario, su richiesta delle Procure della Repubblica istituite presso ciascun tribunale italiano, direttamente a soggetti esterni all’amministrazione.

Nella nota inviata dalle Autorità italiane il 10 aprile 2007 viene specificato che il sistema e le operazioni di intercettazione telefonica ed ambientale e le attività connesse sono gestite in modo decentrato da ciascuna Procura, relativamente alla propria competenza territoriale. Le Autorità ritengono che, in attesa dell’entrata in vigore del regime definitivo di gara unico a livello nazionale con più lotti, l’aggiudicazione degli appalti in questione da parte delle Procure della Repubblica avvenga comunque nel rispetto delle norme e dei principi di diritto comunitario primario contenuti nel Trattato CE, ed in particolare dei principi di libertà di stabilimento (art. 43) e di libera prestazione di servizi (art. 49), nonché dei principi che ne derivano, quali i principi di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza. Secondo le Autorità italiane, il rispetto di tali principi sarebbe assicurato nello specifico attraverso l’incremento delle imprese cui gli Uffici di Procura possono rivolgersi al fine di ottenere i servizi richiesti nonché la predisposizione di documenti di gara standard da parte del Ministero di Giustizia per la selezione dell’operatore mediante procedure negoziate. La giustificazione del ricorso a tali procedure sembra potersi rinvenire nel provvedimento del Ministero della Giustizia del 2 ottobre 2002, che dichiara la segretezza di tutte le attività necessarie alla realizzazione del sistema informativo dei centri di intercettazione telefonica, dei sistemi a loro in dotazione e del software di gestione.

La Commissione rileva che le Autorità italiane non hanno esplicitato quali sono le esigenze di segretezza che giustificherebbero il ricorso generalizzato, da parte delle amministrazioni competenti, alle deroghe alle regole comunitarie in materia di aggiudicazione di appalti pubblici per gli affidamenti dei servizi e delle forniture in questione, e non hanno fornito la prova che il ricorso a procedure negoziate senza osservare alcuna forma di pubblicità preventiva sia al tempo stesso necessario e proporzionato per tutelare tali esigenza. Più in particolare, le informazioni trasmesse dalle Autorità italiane nonché il provvedimento ministeriale, pur facendo riferimento alle disposizioni nazionali in materia di appalti pubblici dichiarati segreti, non forniscono alcuna indicazione sulle ragioni della dichiarazione di segretezza relativa all’aggiudicazione degli appalti in questione, né tanto meno sulle ragioni per le quali le esigenze di segretezza relative alle operazioni di intercettazione telefonica ed ambientale osterebbero all’applicazione, da parte delle amministrazioni competenti, delle regole comunitarie in materia di appalti pubblici per le aggiudicazioni in discorso.

La Commissione osserva altresì che la deroga prevista dal provvedimento ministeriale sembra avere una portata generale che permette di ricorrervi per l’attribuzione della realizzazione di tutti gli interventi contemplati dal provvedimento.

Da ultimo, la Commissione rileva che secondo le informazioni di cui è a conoscenza, il Ministero di Giustizia avrebbe raccomandato agli Uffici di Procura, anche attraverso specifiche circolari illustrative, di utilizzare lo strumento della procedura negoziata con un numero limitato di imprese attive sul mercato italiano per gli affidamenti delle forniture e dei servizi funzionali alle attività di intercettazione di telecomunicazioni, il che comporta, di fatto, l’esclusione di qualsiasi potenziale concorrente europeo dall’avere accesso all’aggiudicazione degli appalti in questione.

Pertanto, la Commissione considera che la pratica seguita dalle competenti amministrazioni italiane di aggiudicare appalti pubblici aventi ad oggetto forniture e servizi a supporto delle attività di intercettazione telefonica ed ambientale ed eventualmente i servizi ad esse connessi, quali quelli di trascrizione del contenuto delle registrazioni, ricorrendo a procedure negoziate senza la preventiva pubblicazione di un bando di gara, o comunque senza osservare alcuna forma di pubblicità, non sembra essere giustificata da alcuna delle deroghe previste dalle direttive, e di conseguenza tale pratica risulta in contrasto con le regole comunitarie in materia di aggiudicazione di appalti pubblici. Inoltre, la Commissione considera che, nella misura in cui il provvedimento ministeriale del 2 ottobre 2002 permette di attribuire direttamente, senza osservare alcuna forma di pubblicità, appalti pubblici collegati alle attività di intercettazione telefonica derogando alle norme comunitarie in materia di appalti pubblici, senza che siano soddisfatte le condizioni che permettono di avvalersi delle deroghe previste dalle direttive in materia, tale provvedimento è altresì contrario alle menzionate regole.

La Commissione ritiene, pertanto, che l’Italia sia venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù della direttiva 92/50/CE (ed in particolare degli articoli 11, 15 e 17), che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi,della direttiva 93/36/CEE (ed in particolare degli articoli 6 e 9), che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture,  e della direttiva 2004/18/CEE (ed in particolare degli articoli 28, 35 e 36) relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, nonché degli articoli 28, 43 e 49 del Trattato CE e del principio di non discriminazione sulla base della nazionalità.

 

Il 27 giugno 2007 la Commissione europea ha inviato un parere motivato[298] all’Italia ritenendo che la legislazione nazionale che disciplina le condizioni per l’esercizio delle attività di liquidazione, di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali non sia compatibile con le regole ed i principi del trattato CE in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi (articoli 43 e 49 del Trattato).

In particolare la Commissione ricorda che il decreto legislativo del 15 dicembre 1997, n. 446 (che, tra l’altro, riordina la disciplina dei tributi locali) riserva la prestazione dei servizi in questione – nonché la possibilità di partecipare alle procedure concorsuali per l’affidamento della prestazione di tali servizi – a determinate società pubbliche o società miste pubblico-private, istituite dalla legge italiana, ed anche a soggetti iscritti in un albo speciale. Il decreto ministeriale dell’11 settembre 2000, n. 289 ha successivamente stabilito quali condizioni debbano essere soddisfatte ai fini della predetta iscrizione. La Commissione ritiene che alcune condizioni prescritte per l’iscrizione all’albo siano discriminatorie e che – in ogni caso – l’obbligo di iscrizione in un albo abbia effetti restrittivi sulla libera prestazione dei servizi. La Commissione ritiene inoltre che le informazioni fornite dalle autorità italiane non hanno dimostrato che tali restrizioni sono giustificate da ragioni imperative di interesse pubblico.

Di conseguenza, la Commissione considera che le disposizioni nazionali sopra citate, le quali riservano la possibilità di esercitare le attività di liquidazione, di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali ad alcuni soggetti di natura pubblica o mista e agli operatori iscritti all’albo, siano da ritenersi contrarie agli articoli 43 e 49 del trattato CE.

 

Il 21 marzo 2007 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[299] poiché ritiene che la facoltà di proroga delle convenzioni per la gestione di interventi in favore delle imprese artigiane, prevista dall’articolo 23-bis del decreto legge n. 273/2005, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dalla legge di conversione n. 51 del 23 febbraio 2006, sia contraria alla direttiva 2004/18/CE, segnatamente ai suoi articoli 20, 28 e 35, paragrafo 2, nonché agli articoli 43 e 49 del trattato CE.

La Commissione ricorda che l’articolo 23-bis dispone che le convenzioni per le concessioni delle agevolazioni, sovvenzioni, contributi o incentivi alle imprese artigiane, di cui all’articolo 3, comma 1, della legge 26 novembre 1993 n. 489, ed all’articolo 15 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112, possono essere prorogate, con atti integrativi delle convenzioni stesse, per una sola volta e per un periodo di tempo non superiore alla metà dell’originaria durata, con una riduzione di almeno il 15 per cento delle relative commissioni. La Commissione rileva che la facoltà di proroga prevista da tale articolo sembra permettere, in pratica, l’attribuzione diretta, ai titolari di un precedente contratto avente ad oggetto servizi finanziari e/o di assistenza tecnica in favore delle amministrazioni competenti per la concessione delle agevolazioni agli artigiani, di un nuovo appalto avente ad oggetto i medesimi servizi, alla sola condizione che il prestatore accetti di ridurre il corrispettivo originariamente previsto.

Dato che, come confermato dalle Autorità italiane, le convenzioni menzionate in detto articolo sono qualificabili come appalti pubblici di servizi ai sensi del diritto comunitario, la Commissione ricorda che le regole comunitarie applicabili all’attribuzioni di tali appalti esigono, in linea di principio, che essi siano aggiudicati a seguito di una procedura di messa in concorrenza. In particolare, la direttiva 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori, di forniture e di servizi, dispone che gli appalti aventi ad oggetto i servizi figuranti nell’allegato II di detta direttiva (tra i quali i servizi finanziari, i servizi di consulenza gestionale e i servizi connessi) devono essere attribuiti conformemente alle regole di pubblicità e di partecipazione previste dalla direttiva (art. 20), le quali impongono di ricorrere ad una procedura aperta o ristretta (art. 28), preceduta dalla pubblicazione di un bando di gara nella Gazzetta Ufficiale dell’UE (art. 35).

La Commissione ricorda inoltre che il ricorso alla procedura negoziata non preceduta dalla pubblicazione di un bando di gara è consentito nei soli casi previsti dall’articolo 31 della direttiva: il paragrafo 4, lettera b) di tale articolo permette di attribuire un nuovo appalto di servizi al titolare di un precedente appalto qualora si tratti di nuovi servizi consistenti nella ripetizione di servizi analoghi, già affidati al prestatore, subordinando peraltro tale possibilità ad una serie di condizioni.

Pertanto, la Commissione rileva che l’articolo 23-bis, nella misura in cui consente di attribuire un nuovo appalto di servizi direttamente al titolare di un precedente appalto senza che siano soddisfatte le condizioni alle quali la direttiva 2004/18/CE subordina tale possibilità, è contrario a tale direttiva.

 

Infine, la Commissione rileva che l’affidamento di servizi diversi da quelli sopra citati, è comunque soggetto al rispetto degli articoli 43 e 49 del trattato CE in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi nonché ai principi generali di non discriminazione e di parità di trattamento, che impongono l’obbligo di garantire, in favore di ogni potenziale partecipante, un livello adeguato di pubblicità che consenta un’apertura del mercato dei servizi alla concorrenza.


Articolo 127
(Costituzione del Polo finanziario e del Polo giudiziario a Bolzano)

 


1. Al fine di migliorare l'utilizzazione delle risorse e di recare maggiori benefici ai cittadini ed agli operatori di settore, è istituito, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo per il finanziamento di progetti finalizzati alla realizzazione di un Polo finanziario e di un Polo giudiziario a Bolzano, avente una dotazione di 6 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2008-2010. Il fondo è finalizzato alla realizzazione dei seguenti interventi:

a) acquisizione da parte dell'Agenzia delle entrate di immobili adiacenti ad uffici delle entrate già esistenti, al fine di concentrare tutti gli uffici finanziari in un unico complesso immobiliare per dare vita al Polo finanziario;

b) trasferimento degli uffici giudiziari nell'edificio di piazza del tribunale, prospiciente al Palazzo di giustizia, per dare vita al Polo giudiziario.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, individua, con decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, i criteri, le modalità e le procedure di utilizzo del fondo.


 

 

L'articolo 127, introdotto nel corso dell'esame al Senato, istituisce, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, un Fondo per il finanziamento di progetti finalizzati alla realizzazione del Polo finanziario e del Polo giudiziario di Bolzano.

 

In particolare, il comma 1 stanzia 6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 per un Fondo finalizzato alla realizzazione dei seguenti interventi:

a)  acquisizione, da parte dell’Agenzia delle entrate, di immobili adiacenti ad uffici delle entrate già esistenti, al fine di concentrare tutti gli uffici finanziari in un unico complesso immobiliare per dare vita al Polo finanziario della città di Bolzano;

b)  trasferimento degli uffici giudiziari di Bolzano nell’edificio di piazza del tribunale, prospiciente al Palazzo di giustizia per dare vita al Polo giudiziario.

 

Ai sensi del comma 2, i criteri, le modalità e le procedure di utilizzo del Fondo sono individuate con decreto dal Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.


Articolo 128
(Contenimento dei costi delle amministrazioni pubbliche: auto di servizio, corrispondenza postale, telefonia, immobili)

 


1. A decorrere dall'anno 2008 la cilindrata media delle autovetture di servizio assegnate in uso esclusivo e non esclusivo nell'ambito delle magistrature e di ciascuna amministrazione civile dello Stato non può superare i 1600 centimetri cubici, escludendo dal computo le autovetture utilizzate dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine, della sicurezza pubblica e della protezione civile.

2. Il Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) effettua, anche a campione, azioni di monitoraggio e verifica del rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 47 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, nonché delle disposizioni in materia di posta elettronica certificata. Il mancato adeguamento alle predette disposizioni in misura superiore al 50 per cento del totale della corrispondenza inviata, certificato dal CNIPA, comporta, per le pubbliche amministrazioni dello Stato, comprese le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali, la riduzione, nell'esercizio finanziario successivo, del 30 per cento delle risorse stanziate nell'anno in corso per spese di invio della corrispondenza cartacea.

3. Con decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle comunicazioni, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità attuative del comma 2.

4. All'articolo 78 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al citato decreto legislativo n. 82 del 2005, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

«2-bis. Le pubbliche amministrazioni centrali sono tenute, a decorrere dal 1o gennaio 2008 e comunque a partire dalla scadenza dei contratti relativi ai servizi di fonia in corso alla data predetta, ad utilizzare i servizi «Voce tramite protocollo Internet» (VoIP) previsti dal sistema pubblico di connettività o da analoghe convenzioni stipulate da Consip s.p.a. a livello territoriale.

2-ter. Il CNIPA effettua azioni di monitoraggio e verifica del rispetto delle disposizioni di cui al comma 2-bis.

2-quater. Il mancato adeguamento alle disposizioni di cui al comma 2-bis comporta la riduzione, nell'esercizio finanziario successivo, del 30 per cento delle risorse stanziate nell'anno in corso per spese di telefonia».

5. Con decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle comunicazioni, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità attuative dei commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell'articolo 78 del citato codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, introdotti dal comma 4 del presente articolo.

6. In relazione a quanto previsto dai commi 4 e 5, le dotazioni delle unità previsionali di base degli stati di previsione dei Ministeri concernenti spese postali e telefoniche sono rideterminate in maniera lineare in misura tale da realizzare complessivamente una riduzione di 7 milioni di euro per l'anno 2008, 12 milioni di euro per l'anno 2009 e 14 milioni di euro a decorrere dal 2010. Le altre pubbliche amministrazioni dovranno altresì adottare misure di contenimento delle suddette spese al fine di realizzare risparmi in termini di indebitamento netto non inferiori a 18 milioni di euro per l'anno 2008, a 128 milioni di euro per l'anno 2009 e a 272 milioni di euro per l'anno 2010. Al fine di garantire l'effettivo conseguimento di tali obiettivi di risparmio, in caso di accertamento di minori economie, si provvede alle corrispondenti riduzioni dei trasferimenti statali nei confronti delle pubbliche amministrazioni inadempienti.

7. Ai fini del contenimento delle spese di funzionamento delle proprie strutture, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, adottano piani triennali per l'individuazione di misure finalizzate alla razionalizzazione dell'utilizzo:

a) delle dotazioni strumentali, anche informatiche, che corredano le stazioni di lavoro nell'automazione d'ufficio;

b) delle autovetture di servizio, attraverso il ricorso, previa verifica di fattibilità, a mezzi alternativi di trasporto, anche cumulativo;

c) dei beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infrastrutturali.

8. Nei piani di cui alla lettera a) del comma 7 sono altresì indicate le misure dirette a circoscrivere l'assegnazione di apparecchiature di telefonia mobile ai soli casi in cui il personale debba assicurare, per esigenze di servizio, pronta e costante reperibilità e limitatamente al periodo necessario allo svolgimento delle particolari attività che ne richiedono l'uso, individuando, nel rispetto della normativa sulla tutela della riservatezza dei dati personali, forme di verifica, anche a campione, circa il corretto utilizzo delle relative utenze.

9. Qualora gli interventi di cui al comma 7 implichino la dismissione di dotazioni strumentali, il piano è corredato della documentazione necessaria a dimostrare la congruenza dell'operazione in termini di costi e benefici.

10. A consuntivo annuale, le amministrazioni trasmettono una relazione agli organi di controllo interno e alla sezione regionale della Corte dei conti competente.

11. I piani triennali di cui al comma 7 sono resi pubblici con le modalità previste dall'articolo 11 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e dall'articolo 54 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al citato decreto legislativo n. 82 del 2005.

12. Le amministrazioni di cui al comma 7, sulla base di criteri e modalità definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare, sentita l'Agenzia del demanio, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, all'esito della ricognizione propedeutica alla adozione dei piani triennali di cui alla lettera c) del comma 7 provvedono a comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi a:

a) i beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infrastrutturali, sui quali vantino a qualunque titolo diritti reali, distinguendoli in base al relativo titolo, determinandone la consistenza complessiva ed indicando gli eventuali proventi annualmente ritratti dalla cessione in locazione o in ogni caso dalla costituzione in relazione agli stessi di diritti in favore di terzi;

b) i beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infrastrutturali, dei quali abbiano a qualunque titolo la disponibilità, distinguendoli in base al relativo titolo e determinandone la consistenza complessiva, nonché quantificando gli oneri annui complessivamente sostenuti a qualunque titolo per assicurarne la disponibilità.

13. Le regioni, le province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, adottano, secondo i propri ordinamenti, gli atti di rispettiva competenza al fine di attuare i princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica desumibili dal presente articolo.

14. All'articolo 4 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, le parole: «quattro membri», ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: «due membri».

15. Fino al 2 agosto 2009 l'organo collegiale di cui all'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n. 39 del 1993 è costituito dal presidente e da tre membri; fino alla predetta data, ai fini delle deliberazioni, in caso di parità di voti, prevale quello del presidente.

 


 

 

L’articolo 128 reca norme eterogenee, complessivamente finalizzate alla razionalizzazione della spesa delle pubbliche amministrazioni.

 

In particolare, il comma 1 dispone, a decorrere dal 2008, un limite alla cilindrata media delle autovetture di servizio (le c.d. auto blu)assegnate in uso esclusivo e non esclusivo nell'ambito delle magistrature e di ciascuna amministrazione civile dello Stato, precisando che essa non possa superare i 1600 centimetri cubici.

Tale limite non si applica alle autovetture utilizzate dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine, della sicurezza pubblica e della protezione civile.

 

L’utilizzo delle autovetture pubbliche è stato nelle ultime Legislature più volte oggetto di dibattito e di interventi legislativi. L’individuazione delle particolari categorie che potevano beneficiare dell’utilizzo dell’autovettura di servizio è stata effettuata conil D.P.C.M. 28 febbraio 1997. Con il D.P.C.M. 11 aprile 1997 sono stati precisati i criteri generali per la predisposizione, da parte delle amministrazioni pubbliche, di piani di impiego più razionale e meno dispendioso, mentre con la direttiva della Presidenza del Consiglio 27 febbraio 1998, so state dettate nuove modalità per la gestione del parco macchine esistente, in relazione all'esigenza di realizzare economie di spesa.

L’assegnazione in uso esclusivo delle autovetture di servizio delle amministrazioni civili dello Stato è stata nuovamente disciplinata, con l’introduzione di ulteriori limitazioni, da una Direttiva del Presidente del Consiglio del 30 ottobre 2001.

Una seconda direttiva del 30 ottobre 2001 ha provveduto a ridefinire i modi di utilizzo delle autovetture di servizio delle amministrazioni civili dello Stato e degli enti pubblici non economici, prevedendo, peraltro, che il Ministero dell'economia e delle finanze riferisca al Parlamento sui risultati del monitoraggio relativo all'attuazione delle procedure di affidamento, di dismissione e di smantellamento, nonché di fornire annualmente i dati relativi alle riduzioni di spesa conseguite dalle amministrazioni pubbliche e dagli enti. L’unica relazione sinora trasmessa è il documento CCXXVIII, n. 1 (trasmessa alla Presidenza il 19 aprile 2006) riferita all’anno 2005.

Da ultimo, la legge finanziaria 2006 (articolo 1, comma 11 della legge 23 dicembre 2005, n. 266) ha introdotto una disciplina restrittiva delle spese sostenibili dalle pubbliche amministrazioni per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture. Si è in particolare previsto che, a decorrere dal 2006, le pubbliche amministrazioni, ad eccezione di quelle operanti per l'ordine e la sicurezza pubblica, non possano effettuare spese in tale ambito di ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2004. Da detta misura sono stati esclusi gli enti territoriali e gli enti del Servizio sanitario nazionale.  La disposizione si è posta in linea di continuità con la legge finanziaria per il 2005 e, in particolare con l’art. 1, comma 12, che aveva previsto, per gli anni 2005, 2006 e 2007, un limite analogo ma meno rigoroso, pari, rispettivamente, al 90 per cento, all’80 per cento e al 70 per cento della spesa sostenuta nel 2004. La legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 505 della legge 27 dicembre 2006, n. 296) ha, tra l’altro, esteso a tutte le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni le disposizioni della citata l. n. 266/2005 in materia di limitazione delle spese per auto di servizio, chesi applicavano a tutte le pubbliche amministrazioni previste dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001, fatte salve alcune esclusioni

 

Il comma 2 reca una norma volta a sanzionare il mancato uso da parte delle pubbliche amministrazioni della posta elettronica.

 

Tale mezzo di comunicazione dei documenti è prescritto come “normale” dall’articolo 47 del Codice dell’amministrazione digitale (decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82); la trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna, in base al successivo articolo 48,  avviene mediante la posta elettronica certificata.

La Relazione illustrativa al disegno di legge presentato la Senato sottolinea come “lo strumento della posta elettronica, in particolare quella certificata […] presenta caratteristiche di economicità, semplicità e velocità di trasmissione, facilità di archiviazione, possibilità di invio multiplo, integrabilità con altri strumenti ed applicazioni telematiche e, infine, di affidabilità”.

 

Si prevede, al riguardo, che il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) effettui verifiche a campione.

Se in base alle risultanze delle verifiche una singola amministrazione ha mancato di adeguarsi alla normativa in misura superiore al 50 per cento del totale della corrispondenza inviata, essa subisce la riduzione, nell’esercizio successivo, del 30 per cento delle risorse stanziate nell’anno in corso per spese di invio di corrispondenza cartacea.

 

Sono comprese nell’ambito applicativo della disciplina in oggetto le amministrazioni dello Stato, comprese le aziende e amministrazioni statali ad ordinamento autonomo e gli enti pubblici non economici nazionali

 

Il comma 3  dispone che le modalità di attuazione delle norme di cui al comma 2 siano stabilite con  decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle comunicazioni, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria.

In sede di coordinamento formale del testo al Senato, si è precisato che le modalità attuative di cui al comma 3 riguardano le sole norme relative all’utilizzo della posta elettronica ed alla trasmissione documentale di cui al comma 2, mentre il testo originario faceva riferimento all’attuazione dell’intero articolo.

La relazione tecnica quantifica il risparmio derivante dall’introduzione delle disposizioni in esame in circa 166 milioni di euro annui, quando la misura opererà a regime. Si stima tuttavia che tali risparmi, permanendo nella disponibilità delle Amministrazioni ed essendo dunque potenzialmente spendibili, non possano essere preventivamente portati a miglioramento dei saldi di finanza pubblica. Si sottolinea, inoltre,  come la gradualità del recepimento della nuova procedura abbia effetti positivi limitati nel biennio 2008-2009, recando un risparmio di 15 milioni di euro nel 2008 e 80 milioni di euro nel 2009.

 

I commi 4-6, introducono alcune norme nel Codice dell’amministrazione digitale, dettando misuredi innovazione in materia di comunicazioni telefoniche, nonché correlate misure di contenimento della spesa.

 

In dettaglio,il comma 4 aggiunge i commi da 2-bis a 2-quater  all’articolo 78 del Codice di amministrazione digitale, di cui al citato D.Lgs. n. 82/2005. 

Anzitutto si dispone l’obbligo, per le amministrazioni centrali, di utilizzare i servizi “Voce tramite protocollo Internet” (VoIP) previsti dal Sistema Pubblico di Connettività o da analoghe convenzioni stipulate da Consip s.p.a. a livello territoriale, a decorrere dal 1° gennaio 2008 e, comunque, a partire dalla scadenza dei contratti relativi ai servizi di fonia in corso alla medesima data (articolo 78, comma 2-bis).

Si ricorda che il “Voice over IP” (Voce tramite protocollo Internet, acronimo “VoIP”) è una tecnologia che rende possibile effettuare una conversazione telefonica sfruttando una connessione Internet o un'altra rete per trasmissione dati che utilizza il protocollo IP, consentendo un notevole risparmio dei costi per servizi telefonici. La relativa tecnologia, coma sottolinea la relazione illustrativa, è stata inclusa nei progetti e negli accordi finalizzati a realizzare il citato Sistema Pubblico di Connettività.

Ai sensi dell’articolo 73, comma 1 del d. lgs. n. 82/2005, il Sistema Pubblico di Connettività - SPC è l'insieme di infrastrutture tecnologiche e di regole tecniche per lo sviluppo, la condivisione, l'integrazione e la diffusione del patrimonio informativo e dei dati della pubblica amministrazione, necessarie per assicurare l'interoperabilità di base ed evoluta e la cooperazione applicativa dei sistemi informatici e dei flussi informativi, garantendo la sicurezza, la riservatezza delle informazioni, nonché la salvaguardia e l'autonomia del patrimonio informativo di ciascuna pubblica amministrazione.
Il completamento del SPC è previsto entro il 2007.

 

L’attività di monitoraggio e verifica del rispetto di tali disposizioni è demandata al CNIPA (articolo 78, comma 2-bis); in caso di mancato adeguamento alle medesime disposizioni è prevista la riduzione, nell'esercizio finanziario successivo, del 30 per cento delle risorse stanziate nell'anno in corso per spese di telefonia (articolo 78, comma 2-quater).

La Relazione tecnica quantifica i risparmi derivanti dalle disposizioni del comma 4 in 120 milioni di euro a regime, e cioè dal 2010 in poi. Per il 2008 ed il 2009, i risparmi quantificati ammontano rispettivamente a 10 e 60 milioni di euro.

Complessivamente, dunque, gli effetti dei commi 2 e 4 sono così stimati:

-        25 milioni nel 2008, di cui  7 milioni riferiti ai Ministeri con impatto sul saldo netto da finanziare;

-        140 milioni nel 2009, di cui 12 milioni riferiti ai Ministeri con impatto sul saldo netto da finanziare;

-        286 milioni nel 2010, di cui 14 milioni riferiti ai Ministeri con impatto sul saldo netto da finanziare.

 

Il comma 5  dispone che le modalità attuative delle citate norme introdotte nel Codice dell’amministrazione digitale (commi 2-bis- 2-quater dell’ articolo 78), siano determinate con decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle comunicazioni, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria.  

 

Il comma 6, in relazione alle misure di razionalizzazione di cui ai commi 4 e 5, dispone un taglio lineare delle dotazioni delle unità previsionali di base degli stati di previsione dei Ministeri concernenti spese postali e telefoniche, in misura tale da realizzare, complessivamente, una riduzione di 7 milioni di euro per l'anno 2008, 12 milioni di euro per l'anno 2009 e 14 milioni di euro a decorrere dal 2010.

Le “altre” pubbliche amministrazioni (diverse da quelle centrali) sono chiamate a adottare misure di contenimento delle spese postali e telefoniche tali da comportare risparmi, in termini di indebitamento netto, non inferiori a 18 milioni di euro per l’anno 2008, a 128 milioni di euro per l’anno 2009 e a 272 milioni di euro per l’anno 2010. Il mancato rispetto dei suddetti obiettivi di risparmio sarà sanzionato, in caso di accertate minori economie, con corrispondenti riduzioni dei trasferimenti statali verso le amministrazioni inadempienti.

I commi da 7 a 11 prefigurano l’adozione di piani triennali da parte della generalità delle pubbliche amministrazioni volti al contenimento delle spese di funzionamento delle proprie strutture attraverso una razionalizzazione dell’utilizzo di determinati beni:

 

In particolare, il comma 7 dispone che le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165[300], adottino piani triennali per l'individuazione di misure finalizzate alla razionalizzazione dell'utilizzo:

§      delle dotazioni strumentali, anche informatiche, che corredano le stazioni di lavoro nell'automazione d'ufficio;

§      delle autovetture di servizio, attraverso il ricorso, previa verifica di fattibilità, a mezzi alternativi di trasporto, anche cumulativo;

§      dei beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infrastrutturali.

 

In relazione alle dotazioni strumentali, il comma 8 dispone che nei piani triennali siano indicate altresì misure dirette alla limitazione dell’assegnazione di telefoni cellulari al personale in servizio.

Nello specifico, tali misure:

-        sono dirette a circoscrivere l'assegnazione di apparecchiature di telefonia mobile ai soli casi in cui il personale debba assicurare, per esigenze di servizio, pronta e costante reperibilità, limitatamente alperiodo necessario allo svolgimento delle particolari attività che ne richiedono l'uso,

-        individuano, nel rispetto della normativa sulla tutela della riservatezza dei dati personali, forme di verifica, anche a campione, circa il corretto utilizzo delle relative utenze.

 

Il comma 9 prescrive che, qualora gli interventi di pianificazione implichino la dismissione di dotazioni strumentali, essi siano corredati della documentazione necessaria a dimostrare la congruenza dell'operazione in termini di costi e benefici.

 

Il comma 10 dispone la trasmissione, a consuntivo annuale, di una relazione agli organi di controllo interno e alla sezione regionale della Corte dei conti competente.

Il comma 11, infine, prevede che i suddetti piani triennali siano resi pubblici dagli Uffici per le Relazioni con il Pubblico e attraverso la pubblicazione sui siti web delle pubbliche amministrazioni, secondo le modalità previste, rispettivamente,  dall’articolo 11 del citato decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e dall'articolo 54 del Codice dell'amministrazione digitale.

Il comma 12 prevede una sorta di censimento degli immobili in mano pubblica. Tutte le pubbliche amministrazioni interessate dalla suddetta pianificazione triennale sono infatti tenute a comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze, all’esito della ricognizione propedeutica alla redazione del piano triennale di razionalizzazione di cui al comma 7, lettera c),  i datirelativi a:

a) i beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infrastrutturali, sui quali vantino a qualunque titolo diritti reali. Si dispone che essi vengano distinti in base al relativo titolo, determinandone la consistenza complessiva ed indicando gli eventuali proventi annualmente ritratti dalla cessione in locazione o in ogni caso dalla costituzione in relazione agli stessi di diritti in favore di terzi;

b) i beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infrastrutturali, dei quali abbiano a qualunque titolo la disponibilità, distinguendoli in base al relativo titolo e determinandone la consistenza complessiva, nonché quantificando gli oneri annui complessivamente sostenuti a qualunque titolo per assicurarne la disponibilità.

La comunicazione di tali dati avviene sulla base di criteri e modalità definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da adottare, sentita l'Agenzia del demanio, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria.

Si ricorda che l’articolo 131 del disegno di legge in esame detta specifiche misure di razionalizzazione della spesa per la manutenzione straordinaria dei beni immobili delle amministrazioni statali e, in genere, della amministrazioni pubbliche (cfr. articolo 131, relativa scheda di lettura).

 

Il comma 13,nel presupposto che la materia disciplinata dall’articolo in esame afferisca al coordinamento della finanza pubblica (in relazione al quale la Costituzione prevede legislazione concorrente), dispone che le Regioni, le province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria, adottino, secondo i propri ordinamenti, gli atti di rispettiva competenza al fine di attuare i princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica desumibili dal presente articolo.

 

I commi 14 e 15 dettano norme relative all’ Autorità istituita presso il Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione – CNIPA.

In particolare, il comma 14, mediante una novella all’articolo 4 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39,  riduce da quattro a due – oltre al Presidente - il numero dei componenti del CNIPA.

Il comma 15 reca una norma transitoria, stabilendo che sino al 2 agosto 2009 l’Autorità è costituita dal Presidente e da tre membri e che, ai fini delle deliberazioni, in caso di parità di voti prevale quello del presidente.

Si fa presente che la Relazione tecnica, in relazione alle norme dei commi 14.-15, non reca alcuna quantificazione dei risparmi di spesa conseguibili dalle misure di riduzione dei membri del CNIPA.


Articolo 129
(Contenimento dei costi della giustizia militare)

 


1. Ai fini del contenimento della spesa e della razionalizzazione dell'ordinamento giudiziario militare, a far data dal 1o maggio 2008:

a) sono soppressi i tribunali militari e le procure militari della Repubblica di Torino, La Spezia, Padova, Cagliari, Bari e Palermo. Contestualmente: il tribunale militare e la procura militare di Verona assumono la competenza territoriale relativa alle regioni Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna; il tribunale militare e la procura militare di Roma assumono la competenza territoriale relativa alle regioni Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo e Sardegna; il tribunale militare e la procura militare di Napoli assumono la competenza territoriale relativa alle regioni Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia;

b) sono soppresse le sezioni distaccate di Verona e Napoli della corte militare di appello e i relativi uffici della procura generale militare della Repubblica;

c) il ruolo organico dei magistrati militari è fissato in cinquantotto unità.

2. Per le stesse finalità di cui al comma 1, a decorrere dalle prime elezioni per il rinnovo del Consiglio della magistratura militare che si terranno dopo la data di entrata in vigore della presente legge, i componenti del Consiglio previsti all'articolo 1, comma 1, lettere c) e d), della legge 30 dicembre 1988, n. 561, sono ridotti, rispettivamente, da cinque a tre, di cui almeno uno con funzioni di cassazione o di appello, e da due a uno, che assume le funzioni di vice presidente del Consiglio. Con decreto del Presidente della Repubblica è conseguentemente rideterminata la dotazione organica dell'ufficio di segreteria del Consiglio della magistratura militare, in riduzione rispetto a quella attuale.

3. I procedimenti pendenti al 1o maggio 2008 presso gli uffici giudiziari militari soppressi sono trattati dal tribunale militare o dalla corte militare d'appello che ne assorbe la competenza, senza avviso alle parti. L'udienza fissata in data successiva alla soppressione degli uffici giudiziari di cui al comma 1 si intende fissata davanti al tribunale o alla corte militare d'appello che ne assorbe la competenza, senza nuovo avviso alle parti.

4. In relazione a quanto previsto al comma 1, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge:

a) il ruolo organico della magistratura ordinaria è rideterminato in 10.154 unità;

b) il numero di magistrati militari eccedenti la nuova dotazione organica di cui al comma 1 transita in magistratura ordinaria secondo le seguenti modalità e criteri: nell'ordine di scelta per il transito viene seguito l'ordine di ruolo organico mediante interpello di tutti i magistrati militari; i magistrati militari che transitano in magistratura ordinaria hanno diritto ad essere assegnati ad un ufficio giudiziario nella stessa sede di servizio, ovvero ad altro ufficio giudiziario ubicato in una delle città sede di corte d'appello, con conservazione dell'anzianità e della qualifica maturata, nonché delle funzioni corrispondenti a quelle svolte in precedenza, con esclusione di quelle direttive e semi-direttive eventualmente ricoperte; nell'ambito del procedimento di trasferimento a domanda dei magistrati militari viene data precedenza ai magistrati militari in servizio presso gli uffici giudiziari soppressi con la presente legge; qualora a conclusione del procedimento di trasferimento a domanda permangano esuberi di magistrati rispetto all'organico previsto al comma 1, lettera c), i trasferimenti sono disposti d'ufficio partendo dall'ultima posizione di ruolo organico e trasferendo prioritariamente i magistrati militari in servizio presso gli uffici giudiziari soppressi; i suddetti trasferimenti, sia a domanda sia d'ufficio, sono disposti con decreto interministeriale del Ministro della difesa e del Ministro della giustizia, previa conforme deliberazione del Consiglio della magistratura militare e del Consiglio superiore della magistratura; i trasferimenti dei magistrati componenti del Consiglio della magistratura militare hanno esecuzione dalla cessazione del mandato in corso del Consiglio stesso;

c) sono rideterminate le piante organiche degli uffici giudiziari militari per effetto della soppressione degli uffici operata al comma 1, tenuto conto della equiparazione di funzioni tra i magistrati militari e i magistrati ordinari e, in prima applicazione delle nuove piante organiche, è possibile provvedere al trasferimento d'ufficio, anche con assegnazione a diverse funzioni, dei magistrati non interessati al trasferimento nei ruoli del Ministero della giustizia, comunque in esubero rispetto alle nuove piante organiche dei singoli uffici;

d) con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri della difesa e dell'economia e delle finanze, viene individuato un numero di dirigenti e di personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie militari, non superiore a quello corrispondente alle dotazioni organiche degli uffici giudiziari militari soppressi ai sensi del comma 1, che transita nei ruoli del Ministero della giustizia con contestuale riduzione del ruolo del Ministero della difesa, e vengono definiti criteri e modalità dei relativi trasferimenti nel rispetto delle disposizioni legislative e contrattuali vigenti. Ove necessario e subordinatamente all'esperimento di mobilità di tipo volontario, i trasferimenti possono essere disposti d'ufficio.

5. Alla legge 7 maggio 1981, n. 180, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 5, il primo comma è sostituito dal seguente:

«L'ufficio autonomo del pubblico ministero militare presso la Corte di cassazione è composto dal procuratore generale militare della Repubblica e da un sostituto procuratore generale militare»;

b) l'articolo 11 è abrogato.

6. All'articolo 1 della citata legge n. 561 del 1988 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, lettera d), sono soppresse le parole: «uno di essi è eletto dal Consiglio vice presidente»;

b) al comma 2, primo periodo, è soppressa la parola: «eletto»;

c) al comma 4, le parole: «sei componenti, di cui tre elettivi» sono sostituite dalle seguenti: «quattro componenti, di cui due elettivi».

7. Il termine di centottanta giorni di cui all'articolo 5, comma 3, della legge 30 luglio 2007, n. 111, decorre per la magistratura militare dalla rideterminazione delle piante organiche di cui al comma 4, lettera c), del presente articolo.

8. Dall'applicazione delle disposizioni di cui ai commi precedenti non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le variazioni necessarie in diminuzione sugli stanziamenti del Ministero della difesa, in relazione al decremento degli organici di magistrati e di personale amministrativo, e in aumento sui corrispondenti stanziamenti del Ministero della giustizia, in relazione all'incremento degli organici.


 

 

L'articolo 129, che non ha subito modifiche nel corso dell'esame del disegno di legge finanziaria in Senato, ridisegna la geografia della giustizia militare, sopprimendo numerosi uffici di primo e secondo grado, riducendo l’organico della magistratura militare con conseguente transito dei magistrati militari in esubero nei ruoli della magistratura ordinaria e riducendo il numero dei componenti del Consiglio della magistratura militare.

 

Al riguardo, si ricorda che disposizioni in materia di magistratura militare e transito di magistrati militari nella magistratura ordinaria erano previste nel disegno di legge A.S. 1447, recante modiche alle norme sull’ordinamento giudiziario, poi divenuto legge n. 111 del 2007. Tali disposizioni sono state stralciate dal disegno di legge nel corso dell’esame in Senato per essere poi riassegnate (A.S. 1447-quinquies, "Disposizioni in materia di ordinamento giudiziario militare e norme di delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di ordinamento giudiziario militare ed in materia di transito di magistrati militari nella magistratura ordinaria") alle commissioni riunite Giustizia e Difesa del Senato.

 

In particolare, il comma 1 persegue il contenimento della spesa nel settore della giustizia militare attraverso un triplice intervento, operativo a partire dal 1 maggio 2008:

-        soppressione dei tribunali militari, e delle relative procure, a Torino, La Spezia, Padova, Cagliari, Bari e Palermo, con contestuale ridefinizione della competenza territoriale dei restanti tribunali (lett. a);

Conseguentemente, degli attuali 9 tribunali militari, restano operativi soltanto:

-        Tribunale militare di Verona (competente per Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino-AltoAdige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia Romagna);

-        Tribunale militare di Roma (competente per Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo e Sardegna);

-        Tribunale militare di Napoli (competente per Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia).

-        soppressione delle sezioni distaccate della corte militare d’appello – e delle relative procure - a Verona e Napoli (lett. b);

-        riduzione a 58 unità – in luogo delle attuali 103 – dell’organico dei magistrati militari (lett. c). I magistrati militari in esubero (45 unità) transitano nel ruolo della magistratura organica, ai sensi del successivo comma 4.

 

Il comma 2 prevede la riduzione dagli attuali 9 a 6 dei membri del Consiglio della magistratura militare.

 

Attualmente, infatti, l'art. 1 della legge 30 dicembre 1988, n. 561 prevede che del Consiglio facciano parte:

a)    il primo presidente della Corte di cassazione, che lo presiede;

b)    il procuratore generale militare presso la Corte di cassazione;

c)    5 componenti eletti dai magistrati militari, di cui almeno uno magistrato militare di cassazione;

d)    2 componenti estranei alla magistratura militare, scelti d'intesa tra i Presidenti delle due Camere fra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno quindici anni di esercizio professionale; uno di essi è eletto dal Consiglio vice presidente; i due componenti estranei alla magistratura militare non possono esercitare attività professionale suscettibile di interferire con le funzioni della magistratura militare né possono esercitare attività professionale nell'interesse o per conto, ovvero contro l'amministrazione militare.

 

Senza modificare direttamente il testo dell'art. 1 della legge 561/1988 (che è invece modificato, in altri punti, dal successivo comma 6), il comma in esame prevede che i componenti eletti dai magistrati militari passino da 5 a 3 (di cui uno almeno con funzioni di cassazione o d'appello) e i componenti estranei alla magistratura militare da 2 a 1. Il componente estraneo alla magistratura militare assume le funzioni di vicepresidente del Consiglio.

La riduzione ha effetto a decorrere dalle prime elezioni per il rinnovo del Consiglio che si terranno dopo l'entrata in vigore della legge finanziaria.

La dotazione organica dell'ufficio di segreteria del Consiglio è conseguentemente rideterminata, in riduzione rispetto a quella attuale, con decreto del Presidente della Repubblica.

 

Si ricorda che ai sensi dell'art. 1, comma 8, della suddetta legge 561/1988, le norme concernenti l'ufficio di segreteria del Consiglio, nonché le disposizioni occorrenti per il funzionamento del Consiglio stesso e per la sua prima formazione e quelle di adattamento delle corrispondenti disposizioni vigenti per il Consiglio superiore della magistratura, sono emanate con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sentito il Consiglio di Stato.

In attuazione di tale disposizione è stato adottato il decreto del Presidente della Repubblica 24 marzo 1989, n. 158 , il cui art. 1 prevede attualmente che l'ufficio di segreteria sia composto da un magistrato militare di appello, che lo dirige, e da un magistrato militare di tribunale, e che ad esso siano addetti un funzionario della carriera delle cancellerie e segreterie giudiziarie militari, nonché otto elementi per mansioni di archivio, di dattilografia e di anticamera.

 

Il comma 3 dispone che i procedimenti pendenti al momento della soppressione degli uffici giudiziari siano trattati automaticamente dall’ufficio che ha assunto la competenza territoriale, senza che di questo sia dato avviso alle parti. Pertanto, le udienze fissate per una data successiva al 1 maggio 2008 si terranno davanti al tribunale militare o alla corte militare d'appello che ha assorbito la competenza, senza alcuna comunicazione alle parti.

In relazione alla disposizione in esame, andrebbe valutato se, al fine di assicurare pienamente l'esercizio dei diritti di difesa, non risulti, comunque, opportuno prevedere l'obbligo di comunicare alle parti interessate l'avvenuta trasmissione del fascicolo processuale al nuovo ufficio giudiziario territorialmente competente.

 

Il comma 4 disciplina le conseguenze della soppressione degli uffici giudiziari di cui al comma 1, ridefinendo le piante organiche della magistratura ordinaria, degli uffici giudiziari militari e del personale di cancelleria, in funzione della fissazione in 58 unità dell’organico dei magistrati militari.

In particolare, il ruolo organico della magistratura ordinaria è fissato in 10.154 unità: 45 in più rispetto alle attuali 10.109 (lett. a); in tale ruolo transitano infatti i 45 magistrati militari eccedenti le 58 unità del nuovo ruolo organico della magistratura militare (lett. b).

Il transito avverrà in base ai seguenti criteri:

-        nell'ordine di scelta per il transito verrà seguito l'ordine di ruolo organico mediante interpello di tutti i magistrati militari;

-        i magistrati militari che transiteranno in magistratura ordinaria avranno diritto ad essere assegnati ad un ufficio giudiziario nella stessa sede di servizio, ovvero ad altro ufficio giudiziario ubicato in una delle città sede di corte d’appello, con conservazione dell’anzianità e della qualifica maturata, nonché delle funzioni corrispondenti a quelle svolte in precedenza, con esclusione di quelle direttive e semi-direttive eventualmente ricoperte;

-        nell’ambito del procedimento di trasferimento a domanda dei magistrati militari verrà data precedenza ai magistrati militari in servizio presso gli uffici giudiziari soppressi;

-        qualora a conclusione del procedimento di trasferimento a domanda permanessero esuberi di magistrati, i trasferimenti saranno disposti d’ufficio partendo dall’ultima posizione di ruolo organico e trasferendo prioritariamente i magistrati militari in servizio presso gli uffici giudiziari soppressi;

-        i trasferimenti, sia a domanda sia d’ufficio, saranno disposti con decreto interministeriale del Ministro della difesa e del Ministro della giustizia, previa conforme deliberazione del Consiglio della magistratura militare e del Consiglio superiore della magistratura;

-        i trasferimenti dei magistrati componenti del Consiglio della magistratura militare avranno esecuzione dalla cessazione del mandato in corso del Consiglio stesso.

Per effetto della soppressione degli uffici giudiziari di cui al comma 1, le piante organiche degli uffici giudiziari militari sono rideterminate; in prima applicazione delle nuove piante organiche, sarà possibile provvedere al trasferimento d’ufficio, anche con assegnazione a diverse funzioni, dei magistrati non interessati al trasferimento nei ruoli del Ministero della giustizia, comunque in esubero rispetto alle nuove piante organiche dei singoli uffici (lett. c).

Per quanto riguarda il personale amministrativo, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri della difesa e dell’economia e delle finanze, viene individuato un numero di dirigenti e di personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie militari che transita dai ruoli del Ministero della difesa a quelli del Ministero della giustizia. Tali trasferimenti avverranno prioritariamente su base volontaria, potendo però, laddove ciò non fosse sufficiente a coprire i posti, procedere d’ufficio (lett. d).

 

Il comma 5, apportando due modifiche alla legge 7 maggio 1981, n. 180, recante "Modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace", interviene sull’ufficio del pubblico ministero militare presso la Corte di cassazione prevedendo che esso sia composto da un Procuratore generale militare della Repubblica e da un sostituto. La disposizione abroga inoltre la norma che fissa la dotazione organica dei magistrati militari e dei cancellieri militari.

 

Il comma 6 dell’articolo in commento apporta modifiche alla già citata legge n. 561 del 1988, istitutiva del Consiglio della magistratura militare, al fine di coordinare alcune disposizioni con la riduzione del numero dei componenti del Consiglio operata dal comma 2 (v. sopra).

In particolare, la lett. a) elimina dall'art. 1 della legge 561/1988 il riferimento al fatto che uno dei componenti estranei alla magistratura debba essere eletto vice-presidente, in quanto a seguito del comma 2 vi è un solo membro laico che assume di diritto la carica di vicepresidente. La lett. b) interviene sulla disposizione che individua la composizione del comitato di presidenza, adeguandola al disposto del comma 2, mentre la lett. c) adegua il comma 4, in materia di quorum per le deliberazioni, alla nuova composizione del Consiglio.

 

Il comma 7 prevede che le disposizioni in materia di temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi – di cui alla legge n. 111 del 2007[301], art. 5, comma 3 - si applichino ai magistrati militari a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla rideterminazione delle piante organiche (v. sopra).

 

Il suddetto art. 5, comma 3, prevede che le disposizioni in materia di temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi di cui agli artt. 45 e 46 del decreto legislativo n. 160 del 2006[302] , come modificati dall’art. 2 della medesima legge 111/2007, si applicano a decorrere dal 180° giorno successivo alla data di entrata in vigore della stessa. Fino al decorso del predetto termine, i magistrati che ricoprono i predetti incarichi mantengono le loro funzioni. Decorso tale periodo, coloro che hanno superato il termine massimo per il conferimento delle funzioni senza che abbiano ottenuto l’assegnazione ad altro incarico o ad altre funzioni decadono dall’incarico restando assegnati con funzioni non direttive né semidirettive nello stesso ufficio, eventualmente anche in soprannumero da riassorbire con le successive vacanze, senza variazione dell’organico complessivo della magistratura e senza oneri per lo Stato. Nei restanti casi le nuove regole in materia di limitazione della durata degli incarichi direttivi e semidirettivi si applicano alla scadenza del primo periodo successivo alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Il comma 8 stabilisce che dall’applicazione dei commi precedenti non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.


Articolo 130
(Destinazione delle somme sequestrate all’avvio e alla diffusione del processo telematico)

 


1. All'articolo 262 del codice di procedura penale dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. Trascorsi cinque anni dalla data della sentenza non più soggetta ad impugnazione, le somme di denaro sequestrate, se non ne è stata disposta la confisca e nessuno ne ha chiesto la restituzione, reclamando di averne diritto, sono devolute allo Stato».

2. All'articolo 676 del codice di procedura penale, al comma 1, dopo le parole: «alla confisca o alla restituzione delle cose sequestrate» sono inserite le seguenti: «o alla devoluzione allo Stato delle somme di denaro sequestrate ai sensi del comma 3-bis dell'articolo 262».

3. Le risorse rivenienti dall'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 sono destinate agli investimenti per l'avvio e la diffusione del processo telematico nell'ambito degli uffici giudiziari.

 


 

 

L'articolo 130, introdotto nel corso dell'esame del disegno di legge finanziaria in Senato, prevede che le somme di denaro sequestrate nel corso di procedimenti penali, per le quali non sia stata disposta la confisca e delle quali nessuno abbia chiesto la restituzione, siano devolute allo Stato e destinate all'avvio e alla diffusione del processo telematico.

 

In particolare, il comma 1 aggiunge un nuovo comma 3-bis all'art. 262 del codice di procedura penale, in tema di durata del sequestro e restituzione delle cose sequestrate.

 

L’art. 262 del codice di rito dispone che laddove non sia necessario mantenere il sequestro a fini probatori o a fini preventivi (ex art. 321 c.p.p.), le cose sequestrate siano restituite agli aventi diritto, anche prima della sentenza (commi 1 e 3). La restituzione non è ordinata se il giudice dispone, a richiesta del pubblico ministero o della parte civile, che sulle cose appartenenti all'imputato o al responsabile civile sia mantenuto il sequestro a garanzia del pagamento della pena pecuniaria, delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta allo Stato o delle obbligazioni civili derivanti dal reato (comma 2). Quando la sentenza diviene irrevocabile, le cose sequestrate sono restituite a chi ne abbia diritto, salvo che sia disposta la confisca (comma 4).

 

Il nuovo comma 3-bis prevede che le somme di denaro sequestrate, e di cui non sia stata disposta la confisca, siano devolute allo Stato qualora ricorrano le seguenti condizioni:

-        siano trascorsi 5 anni dalla data della sentenza non più soggetta ad impugnazione e

-        nessuno ne abbia chiesto la restituzione.

 

Il comma 2 modifica l'art. 676, comma 1, del codice di procedura penale che, elencando le competenze del giudice dell'esecuzione, richiama la decisione del giudice in ordine alla confisca o alla restituzione delle cose sequestrate.

In virtù della novella all’art. 262 del codice introdotta dal comma 1, la disposizione in commento introduce all'art. 676 c.p.p. il riferimento ad una terza possibilità: la devoluzione delle somme allo Stato ai sensi del nuovo comma 3-bis dell’art. 262 c.p.p..

 

Il comma 3 dell’articolo in commento destina le somme ricavate dall’applicazione dell’art. 262, comma 3-bis, c.p.p. agli investimenti per l’avvio e la diffusione del processo telematico nell’ambito degli uffici giudiziari.

 

Il processo civile telematico è il progetto del Ministero della Giustizia che si pone l'obiettivo di automatizzare i flussi informativi e documentali tra utenti esterni (avvocati e ausiliari del giudice) e uffici giudiziari relativamente ai processi civili, come istituito dal DPR n. 123 del 2001[303].

Per processo civile telematico si intende la gestione “integrale” ed “integrata” della documentazione e delle comunicazioni prodotte nell'ambito di un qualsiasi procedimento di contenzioso civile in forma digitale e telematica. Concretamente questo significa, una volta che il sistema sarà a regime:

-        gestire tutte le informazioni connesse ad un procedimento civile prioritariamente in forma digitale (dall'atto di citazione alla sentenza);

-        gestire tutte le comunicazioni e gli scambi informativi tra i diversi “attori” coinvolti in un procedimento civile (giudici, avvocati, cancellieri, ufficiali giudiziari, commercialisti, notai, ecc.) in forma telematica;

-        semplificare le attività di ogni attore coinvolto nei procedimenti civili favorendo la diffusione delle informazioni e la loro fruizione, eliminando la ridondanza delle operazioni, riducendo le attività a basso valore aggiunto connesse alla continua manipolazione delle carte;

-        dare trasparenza e dimensione temporale certa agli atti e al procedimento.

Il progetto per la realizzazione del processo civile telematico consiste nella realizzazione di un insieme di applicazioni informatiche e infrastrutture tecnologiche che renda accessibile via web il sistema informatico civile, sia per il deposito di atti che per attività di consultazione dello stato delle cause e del fascicolo elettronico; inoltre è prevista anche la trasmissione per via telematica di comunicazioni, notifiche e copie di atti dagli uffici giudiziari ai soggetti coinvolti.

 

Si ricorda che è in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei deputati il disegno di legge del Governo C. 2873 (Istituzione dell'ufficio per il processo, riorganizzazione funzionale dei dipendenti dell'Amministrazione giudiziaria e delega al Governo in materia di notificazione ed esecuzione di atti giudiziari, nonché registrazione di provvedimenti giudiziari) che, all’art. 6, fissa al 30 giugno 2010 il termine per la piena operatività delle norme sul processo telematico dettate dal DPR n. 123 del 2001, e aggiunge che, valutate le condizioni di ogni singolo ufficio giudiziario, tale termine potrà essere anticipato, anche relativamente a specifiche materie, con decreto del Ministro della giustizia, sentiti i consigli dell’ordine degli avvocati.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

In materia di giustizia elettronica, il Consiglio giustizia e affari interni, nella riunione del 12-13 giugno 2007, ha esaminato la relazione elaborata dal Gruppo “Informatica Giuridica” istituito dal Coreper il 20 dicembre 2006, sui risultati dell’esame dei requisiti e delle possibilità di sviluppare le attività nel settore della giustizia elettronica a livello dell’UE.

La relazione contiene una panoramica della situazione degli Stati membri per quanto riguarda l’impiego dell’informatica nell’ambito della giustizia, con particolare riferimento alla gestione elettronica degli atti, alla comunicazione elettronica con le persone coinvolte nei procedimenti, ai registri elettronici, alla presenza del settore della giustizia su Internet. Il testo si sofferma poi sugli aspetti tecnici e le migliori soluzioni per realizzare un sistema decentrato a livello europeoche crei l’interconnessione dei sistemi già esistenti negli Stati membri.

Il Consiglio giustizia e affari interni nelle sue conclusioni ha ribadito la necessità di proseguire i lavori nel settore della giustizia elettronica al fine di creare, a livello europeo, una piattaforma tecnica che dia accesso nella sfera della giustizia, a sistemi elettronici utilizzati a livello nazionale, comunitario e, se del caso, internazionali. L’azione dell’UE nel settore dovrebbe limitarsi alle questioni transfrontaliere in materia civile e commerciale e in materia penale e dovrebbe coprire:

§      l’istituzione di un’interfaccia europea (portale “Giustizia elettronica”)

§      l’eventuale utilizzo delle tecnologie dell’informazione (TI) per le comunicazioni fra le autorità giudiziarie e le parti interessate (ricorrente, convenuto e altri partecipanti al procedimento);

§      l’eventuale utilizzo delle TI nel contesto di procedure specifiche;

§      l’accesso ai registri giudiziari su supporto elettronico, nel pieno rispetto degli ordinamenti giuridici degli Stati membri.

Il Consiglio sottolinea inoltre che la piena attuazione di un sistema sulla Giustizia elettronica richiederà risorse appropriate a livello europeo e degli Stati membri e invita la Commissione ad effettuare studi a riguardo, pur lasciando liberi gli Stati membri di istituire autonomamente progetti pilota a riguardo.

L’importanza della promozione della comunicazione elettronica nel settore giuridico in materia penale e civile è stata riaffermata dal Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007.


Articolo 131
(Disposizioni di carattere generale di contenimento e razionalizzazione delle spese)

 


1. A decorrere dall'anno 2008, non si dà luogo alle iscrizioni di stanziamenti negli stati di previsione dei Ministeri in correlazione a versamenti di somme all'entrata del bilancio dello Stato autorizzate dai provvedimenti legislativi di cui all'elenco n. 1 allegato alla presente legge, ad eccezione degli stanziamenti destinati a finanziare le spese della categoria 1 «redditi da lavoro dipendente».

2. In relazione a quanto disposto dal comma 1, negli stati di previsione dei Ministeri di cui al medesimo comma sono istituiti appositi fondi da ripartire, con decreti del Ministro competente, nel rispetto delle finalità stabilite dalle stesse disposizioni legislative.

3. A decorrere dall'anno 2008, la dotazione dei fondi di cui al comma 2 è determinata nella misura del 50 per cento dei versamenti riassegnabili nell'anno 2006 ai pertinenti capitoli dell'entrata del bilancio dello Stato. L'utilizzazione dei fondi è effettuata dal Ministro competente di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze in considerazione dell'andamento delle entrate versate. La dotazione dei fondi è annualmente rideterminata in base all'andamento dei versamenti riassegnabili effettuati entro il 31 dicembre dei due esercizi precedenti in modo da assicurare in ciascun anno un risparmio in termini di indebitamento pari a 300 milioni di euro.

4. Le spese annue di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili utilizzati dalle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato non possono superare, per l'anno 2008, la misura dell'1,5 per cento e, a decorrere dal 2009, la misura del 3 per cento del valore dell'immobile utilizzato. Detto limite di spesa è ridotto all'1 per cento nel caso di esecuzione di interventi di sola manutenzione ordinaria. Per gli immobili in locazione passiva, è ammessa la sola manutenzione ordinaria nella misura massima dell'1 per cento del valore dell'immobile utilizzato. Dall'attuazione del presente comma devono conseguire economie di spesa, in termini di indebitamento netto, non inferiori a euro 650 milioni per l'anno 2008, 465 milioni per l'anno 2009 e 475 milioni a decorrere dall'anno 2010.

5. Le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria di cui al comma 4 devono essere effettuate esclusivamente con imputazione a specifico capitolo, anche di nuova istituzione, appositamente denominato, rispettivamente di parte corrente e di conto capitale, iscritto nella pertinente unità previsionale di base della amministrazione in cui confluiscono tutti gli stanziamenti destinati alle predette finalità. Il Ministro competente è autorizzato, a tal fine, ad effettuare le occorrenti variazioni di bilancio.

6. L'Agenzia del demanio entro il mese di febbraio 2008 provvede a determinare il valore degli immobili a cui devono fare riferimento le amministrazioni ai fini dell'applicazione del comma 4 e a renderlo pubblico anche mediante inserimento in apposita pagina del sito web dell'Agenzia stessa.

7. Il Ministro competente può richiedere una deroga ai limiti di cui al comma 4 al Ministro dell'economia e delle finanze in caso di sopravvenute ed eccezionali esigenze.

8. I commi da 4 a 7 non si applicano agli immobili trasferiti ai fondi immobiliari costituiti ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410.

9. A decorrere dall'anno 2008 gli enti ed organismi pubblici inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione individuati dall'ISTAT ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, con esclusione degli enti territoriali e locali e degli enti da essi vigilati, delle aziende sanitarie ed ospedaliere, nonché degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, si adeguano ai princìpi di cui al presente articolo, riducendo le proprie spese di manutenzione ordinaria e straordinaria in modo tale da rispettare i limiti previsti nel presente articolo. L'eventuale differenza tra l'importo delle predette spese relative all'anno 2007 e l'importo delle stesse rideterminato a partire dal 2008 secondo i criteri del presente articolo, è versata annualmente all'entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno. Gli organi interni di revisione e di controllo vigilano sull'applicazione del presente comma.

10. Il comma 2 dell'articolo 22 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è abrogato.

11. Il comma 7 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è abrogato.

 


 

 

L'articolo, modificato nel corso dell’esame al Senato, reca disposizioni di contenimento e razionalizzazione delle spese.

 

In particolare, i comma 1 vieta, a decorrere dall’anno 2008, l’iscrizione negli stati di previsione dei Ministeri delle somme versate all’entrata del bilancio dello Stato autorizzate dai provvedimenti legislativi indicati nell’allegato 1 del disegno di legge in esame, fatta eccezione per gli stanziamenti destinati a finanziarie le spese della categoria economica 1 “redditi da lavoro dipendente”.

Il comma 2, in relazione a quanto sopra previsto, dispone l’istituzione, negli stati di previsione dei Ministeri interessati al divieto di riassegnazione di cui sopra, di appositi Fondi da ripartire con decreto ministeriale.

Ai sensi del comma 3 in tali fondi confluiranno il 50 percento dei versamenti rassegnabili nel 2006 ai pertinenti capitoli dell’entrata del bilancio dello Stato.

L’utilizzazione dei fondi è effettuata dal Ministro competente di concerto con il Ministro dell’economia e finanze, in considerazione dell’andamento delle entrate versate.

La dotazione dei fondi è rideterminata annualmente, in base all’andamento dei versamenti riassegnabili effettuati entro il 31 dicembre dei due esercizi precedenti, così da assicurare in ciascun anno un risparmio in termini di indebitamento netto pari a 300 milioni di euro.

 

In ordine alle limitazioni poste alle riassegnazioni di entrate previste dall’articolo in esame, a Corte dei Conti ha osservato che la deroga alla disciplina contabile interessa significativamente importi versati da terzi in entrata al fine di acquisire servizi dell’Amministrazione, a titolo di corrispettivo. Il che può incidere negativamente sull’operatività minima delle amministrazioni [304]. Si pensi, ad esempio, tra le autorizzazioni di spesa incluse nell’elenco 1 del disegno di legge finanziaria in esame, all'art. 110 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 [305], ai sensi del quale i proventi derivanti dalla vendita dei biglietti di ingresso agli istituti ed ai luoghi della cultura appartenenti allo Stato sono versati alla sezione di tesoreria provinciale dello Stato. Successivamente, il Ministro dell'economia e delle finanze riassegna le somme incassate alle competenti U.P.B. dello stato di previsione della spesa del Ministero dei beni e delle attività culturali, secondo i criteri e nella misura fissati dal Ministero medesimo. Tali proventi sono destinati alla realizzazione di interventi per la sicurezza e la conservazione dei luoghi medesimi, nonché all'espropriazione e all'acquisto di beni culturali, anche mediante esercizio della prelazione.

Per ciò che attiene alle norme vigenti che limitano la riassegnazione di entrate, si ricorda che l’articolo 1, comma 9, della legge n. 311 del 2004 fissava, per il triennio 2005-2007, un limite di incremento del 2% delle riassegnazioni di entrate rispetto all’anno precedente, prevedendo, “in casi di particolare necessità e urgenza”, la possibilità di superare il limite così stabilito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia, comunicato alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti [306].

La successiva legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266 del 2005), all’articolo 1, comma 46, ha introdotto una limitazione superiorerispetto a quanto previsto precedentemente, disponendo che l’ammontare complessivo delle riassegnazioni di entrate non possa superare, per ciascuna amministrazione, a decorrere dal 2006, l’importo complessivo delle riassegnazioni effettuate nell’anno 2005, calcolate al netto delle riassegnazioni espressamente escluse dalla norma stessa, cioè le riassegnazioni per le quali l’iscrizione della spesa non ha impatto sul conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni e quelle riguardanti l’attuazione di interventi cofinanziati dall’Unione europea [307].

Nell'allegato n. 6 della Circolare del Ministero dell’economia e delle finanze n. 7/2006 sono indicate, con riferimento a ciascun Ministero, le somme riassegnate nell'anno 2005 che costituiscono il limite massimo alle riassegnazioni di entrate che ciascuna amministrazione può effettuare nel 2006. Tale limite massimo sembrerebbe operare anche per gli anni successivi.

Infine, l’articolo 4, comma 1 del decreto legge n. 81 del 2 luglio 2007 ha disposto la non applicazione per il 2007 del limite alle riassegnazioni di entrate disposto dalle suddette disposizioni delle leggi finanziarie per il 2005 e per il 2006.

 

I commi da 4 a 8 recano limitazioni alle spese annue di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili utilizzati dalle Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato.

 

In particolare, ai sensi del comma 4, tali spese non possono superare la misura:

- dell'1% del valore dell'immobile utilizzato, nel caso di esecuzione di interventi di sola manutenzione ordinaria;

- dell'1,5% del valore dell’immobile utilizzato, nel caso in cui vi siano anche interventi di manutenzione straordinaria per l'anno 2008. A decorrere dal 2009, il limite è del 3%.

Per gli immobili in locazione passiva, è inoltre ammessa la sola manutenzione ordinaria nella misura massima dell’1% del valore dell’immobile utilizzato.

 

Da tali limiti alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria dei beni immobili si devono conseguire economie di spesa, in termini di indebitamento netto, non inferiori a euro 650 milioni per l’anno 2008, 465 milioni per l’anno 2009 e 475 milioni a decorrere dall’anno 2010.

 

Il comma 5 prevede che in due appositi capitoli di bilancio, uno di parte corrente e uno di parte capitale – anche di nuova istituzione- iscritti nello stato di previsione dell’Amministrazione, siano appostate le somme relative alle spese in oggetto. Il Ministro competente è autorizzato, a tal fine, ad effettuare le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Il valore dell'immobile, ai sensi del comma 6, è determinato dall’Agenzia del demanio entro il mese di febbraio 2008. L'Agenzia deve rendere pubbliche tali informazioni, anche mediante inserimento in apposita pagina del sito web dell’Agenzia stessa

 

Il comma 7 prevede che una deroga ai limiti suddetti può essere richiesta al Ministro dell’economia e delle finanze del Ministro competente, in caso di sopravvenute ed eccezionali esigenze.

 

Il comma 8 sottrae dall'ambito di applicazione della disposizione in esame gli immobili trasferiti ai Fondi immobiliari costituiti ai sensi dell’art. 9 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351[308].

 

Il comma 9 estende l’applicazione delle suddette misure di contenimento delle spese anche agli enti ed organismi pubblici inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione individuati dall’ISTAT ai sensi dell’art. 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

Sono invece esentati dalla limitazione alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, sebbene contenuti nel suddetto elenco Istat:

- gli enti territoriali e locali e gli enti da essi vigilati;

- le aziende sanitarie ed ospedaliere;

- gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.

 

In attuazione dell’articolo 1, comma 5 della legge finanziaria 2005[309], le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato sono annualmente individuate dall’ISTAT con elenco da pubblicarsi in Gazzetta ufficiale. Per il 2008, l’elenco è quello di cui al Comunicato ISTAT 29 luglio 2007 (pubblicato G.U. 31 luglio 2007, n. 176), con la successiva integrazione pubblicata in G. U n. 252 del 29 ottobre 2007.

Tale Comunicato reca una elencazione delle amministrazioni pubbliche secondo le seguenti macro-tipologie:

-      Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministeri

-      Organi costituzionali e di rilievo costituzionale

-      Agenzie fiscali

-      Enti di regolazione dell’attività economica

-      Enti produttori di servizi economici

-      Autorità amministrative indipendenti

-      Enti a struttura associativa

-      Enti produttori di servizi assistenziali, ricreativi e culturali

-      Enti e Istituzioni di ricerca

-      Istituti e stazioni sperimentali per la ricerca

-      Amministrazioni locali

-      Enti nazionali di previdenza e assistenza sociale.

 

L’eventuale differenza tra l’importo delle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria relative all’anno 2007 e l’importo delle stesse, rideterminato a partire dal 2008 secondo i criteri recati dall'articolo in esame, deve essere versata ogni anno all’entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno.

Gli organi interni di revisione e di controllo sono chiamati a vigilare sull’applicazione del comma in esame.

 

Il comma 10 abroga la previsione, già disapplicata per l’anno 2007 dall’articolo 4 del decreto legge n. 81/2007, di riduzione del 20 per cento delle spese di funzionamento degli enti pubblici non territoriali, stabilita per il triennio 2007-2009 dall’articolo 22, comma 2, del decreto-legge n. 223 del 2006.

 

L’articolo 22, comma 2, del D.L. n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006 (c.d. Decreto Visco - Bersani) dispone che per il triennio 2007-2009 gli stanziamenti di previsione per le voci di spesa per consumi intermedi degli enti ed organismi pubblici non territoriali - ovvero dei costi di produzione individuati ai sensi dell’art. 2425, primo comma, lett. b) n. 6), 7) e 8) del codice civile, concernenti i beni di consumo e servizi ed il godimento di beni di terzi, per gli enti che adottano una contabilità civilistica - non possono superare l'80 per cento delle previsioni iniziali di spesa dell’anno 2006, mantenendo, peraltro ferma la previsione del limite all’incremento della spesa per il triennio 2005-2007 già stabilito dalla legge finanziaria 2005, ai sensi dell’articolo 1, comma 57, della legge n. 311 del 2004 (cd. regola del 2 per cento).

Le somme corrispondenti alla riduzione dei costi e delle spese per consumi intermedi devono essere appositamente accantonate nei bilanci degli enti pubblici non territoriali, per essere versate da ciascun ente, entro il 30 giugno di ciascun anno, all'entrata del bilancio dello Stato.

Per quanto concerne l’ambito soggettivo di applicazione, l’articolo 22 fa riferimento agli enti e agli organismi pubblici non territoriali inseriti nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni (per l’elenco del conto economico consolidato, cfr.supra).

Come già detto, il decreto – legge n. 81, all’articolo 2, commi 2-4 ha disapplicato la misura di contenimento in commento per l’anno 2007, provvedendo pertanto a stanziare nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze la somma di 217 milioni di euro da utilizzare per i rimborsi agli enti non territoriali che abbiano effettuato i versamenti all’erario delle somme accantonate ai sensi dell’articolo 22, comma 2, del D.L. n. 223/2006; e per il versamento all’entrata del bilancio dello Stato quale compensazione delle minori entrate determinate dal mancato versamento delle somme relative della riduzione del 20 per cento delle spese di funzionamento degli enti e organismi pubblici non territoriali.

 

Il comma 11 abroga la previsione, contenuta nella legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005, articolo 1, comma 7), del limite per le amministrazioni dello Stato - escluso il comparto della sicurezza e del soccorso – all’assunzione mensile di impegni in misura non superiore ad un dodicesimo della spesa prevista da ciascuna U.P.B., fatta eccezione delle spese per stipendi, retribuzioni, pensioni e altre spese fisse o aventi natura obbligatoria ovvero non frazionabili in dodicesimi, nonché delle spese per interessi, poste correttive e compensative delle entrate, comprese le regolazioni contabili, accordi internazionali, obblighi derivanti dalla normativa comunitaria, annualità relative ai limiti di impegno e rate di ammortamento mutui.


Articolo 132
(Programma pluriennale di alloggi di sevizio del Ministero della difesa)

 


1. In relazione alle esigenze derivanti dalla riforma strutturale connessa al nuovo modello delle Forze armate, conseguito alla sospensione del servizio obbligatorio di leva, il Ministero della difesa predispone, con criteri di semplificazione, di razionalizzazione e di contenimento della spesa, un programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio di cui all'articolo 5, primo comma, della legge 18 agosto 1978, n. 497.

2. Ai fini della realizzazione del programma di cui al comma 1, il Ministero della difesa:

a) procede all'individuazione di tre categorie di alloggi di servizio:

1) alloggi da assegnare al personale per il periodo di tempo in cui svolge particolari incarichi di servizio richiedenti la costante presenza del titolare nella sede di servizio;

2) alloggi da assegnare per una durata determinata e rinnovabile in ragione delle esigenze di mobilità e abitative;

3) alloggi da assegnare con possibilità di opzione di acquisto mediante riscatto;

b) provvede all'alienazione della proprietà, dell'usufrutto o della nuda proprietà di alloggi non più funzionali alle esigenze istituzionali, in numero non inferiore a tremila, compresi in interi stabili da alienare in blocco, con diritto di prelazione per il conduttore e, in caso di mancato esercizio da parte dello stesso, per il personale militare e civile del Ministero della difesa non proprietario di altra abitazione nella provincia, con prezzo di vendita determinato d'intesa con l'Agenzia del demanio, ridotto nella misura massima del 25 per cento e minima del 10 per cento, tenendo conto del reddito del nucleo familiare, della presenza di portatori di handicap tra i componenti di tale nucleo e dell'eventuale avvenuta perdita del titolo alla concessione e assicurando la permanenza negli alloggi dei conduttori delle unità immobiliari e delle vedove, con basso reddito familiare, non superiore a quello determinato annualmente con il decreto ministeriale di cui all'articolo 9, comma 7, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ovvero con componenti familiari portatori di handicap, dietro corresponsione del canone in vigore all'atto della vendita, aggiornato in base agli indici ISTAT. Gli acquirenti degli alloggi non possono rivenderli prima della scadenza del quinto anno dalla data di acquisto. I proventi derivanti dalle alienazioni sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati in apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero della difesa;

c) può avvalersi, ai fini di accelerare il procedimento di alienazione, tramite la Direzione generale dei lavori e del demanio, dell'attività di tecnici dell'Agenzia del demanio ed è esonerato dalla consegna dei documenti previsti dalle vigenti disposizioni normative in materia urbanistica, tecnica e fiscale, necessari per la stipula dei contratti di alienazione di cui alla lettera b), sostituiti da apposita dichiarazione;

d) può procedere alla concessione di lavori pubblici di cui agli articoli 153 e seguenti del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, con le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 aprile 2005, n. 170, prevedendo, a tal fine, la possibilità di cessione, a titolo di prezzo, di beni immobili in uso non più necessari ai fini istituzionali individuati d'intesa con l'Agenzia del demanio, nonché la destinazione della totalità dei canoni degli alloggi di servizio realizzati in attuazione del programma di cui al presente articolo fino al termine della concessione, con conseguente cessazione della sospensione delle vigenti disposizioni normative in materia di riparto dei proventi derivanti dai canoni di concessione degli alloggi di servizio delle Forze armate.

3. Il Ministro della difesa, entro otto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adotta il regolamento di attuazione per la realizzazione del programma infrastrutturale di cui al comma 1, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Sullo schema di regolamento è sentito il COCER e acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari.

4. Fino all'entrata in vigore del regolamento di cui al comma 3, sono sospese le azioni intese ad ottenere il rilascio forzoso dell'alloggio di servizio da parte degli utenti in regola con il pagamento dei canoni e degli oneri accessori.

5. L'articolo 26, comma 11-quater, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è abrogato. Gli immobili originariamente individuati per essere destinati alle procedure di vendita di cui al citato decreto-legge rimangono nelle disponibilità del Ministero della difesa per l'utilizzo o per l'alienazione.


 

 

L’articolo 132 prevede che il Ministro della Difesa predisponga un nuovo programma pluriennale relativo alla costruzione, acquisto e ristrutturazione degli alloggi di servizio per il personale militare.

In particolare il comma 1 prevede che la predisposizione del nuovo programma, resa necessaria dalla riforma strutturale connessa al nuovo modello delle Forze armate, si ispiri a criteri di semplificazione, razionalizzazione e contenimento della spesa.

Gli alloggi di servizio su cui incide il Programma sono quelli posti all’interno di installazioni militari o comunque posti al loro diretto servizio, qualificati, ai sensi dell’art. 5 comma 1 della legge n. 497 del 1978[310], come infrastrutture militari.

 

La disciplina fondamentale in materia di alloggi di servizio per il personale militare è contenuta nella legge 18 agosto 1978, n. 497, che prevedeva la realizzazione di un programma decennale (1978-87) di costruzione di alloggi di servizio di tipo economico da destinarsi ai dipendenti dell'amministrazione della difesa.

L’articolo 5 della stessa legge n. 497/1978 disponeva che tutti i fabbricati che siano realizzati su aree ubicate all’interno di basi, impianti, installazioni militari o che siano posti al loro diretto e funzionale servizio dovessero essere considerati infrastrutture militari.

L'articolo 20 della richiamata legge n. 497/1978 prevedeva l'emanazione di un regolamento per la classificazione e la definizione delle modalità di assegnazione degli alloggi al personale militare. Per molti anni, in assenza di tale regolamento, sono state direttamente applicate le norme - del resto già molto dettagliate - contenute nella legge n. 497/1978. Successivamente è entrato in vigore il decreto ministeriale 16 gennaio 1997, n. 253, "Regolamento recante norme per gli alloggi di servizio delle Forze armate", poi abrogato dal decreto ministeriale 23 gennaio 2004, n. 88.

Il comma 2, alla lettera a), stabilisce che vengano individuate tre categorie di alloggi di servizio:

§      alloggi da assegnare al personale per il tempo in cui svolge particolari incarichi di servizio, che richiedano la costante presenza del titolare nella sede di servizio;

§      alloggi da assegnare per una durata determinata e rinnovabile in ragione di esigenze di mobilità e abitative;

§      alloggi da assegnare con possibilità di opzione di acquisto mediante riscatto.

Si ricorda che, attualmente, la classificazione degli alloggi, prevista nel D.M. n. 88/2004 è articolata in sette categorie, sostanzialmente conformi a quelle già previste dal D.M. n. 253/1997 e dall'articolo 6 della legge n. 497/1978, modificato dall'articolo 16 della legge n. 266/1999[311]. Le categorie individuate sono le seguenti:

a) alloggi di servizio gratuiti per consegnatari e custodi (ASGC);

b) alloggi di servizio connessi con l'incarico, con annessi locali di rappresentanza (ASIR), per i titolari di incarichi che comportino obblighi di rappresentanza inerenti alle proprie funzioni;

c) alloggi di servizio connessi con l'incarico (ASI);

d) alloggi di servizio di temporanea sistemazione per le famiglie dei militari (AST);

e) alloggi di servizio per le esigenze logistiche del personale militare in transito e dei familiari di passaggio (APP);

f) alloggi di servizio per le esigenze logistiche del personale militare imbarcato e dei familiari di passaggio (SLI);

g) alloggi collettivi di servizio, nell'ambito delle infrastrutture militari, per ufficiali, sottufficiali e volontari in servizio permanente destinati nella sede (ASC).

Il comma 2, alla lettera b), stabilisce che il Ministero della Difesa provveda all’alienazione della proprietà, dell’usufrutto, della nuda proprietà di almeno 3.000 alloggi non più funzionali alle esigenze istituzionali. In caso di alienazione prevede inoltre: il diritto di prelazione del conduttore e, in caso di mancato esercizio, del personale militare e civile del Ministero della Difesa che non sia proprietario di altra abitazione nella provincia; che il prezzo di vendita sia stabilito d’intesa con l’Agenzia del demanio. È previsto un regime di maggior favore in caso di particolari situazioni sociali quali: riduzione del prezzo da un massimo del 25% ad un minimo del 100% per tenere conto del reddito del nucleo familiare, di portatori di handicap in tale nucleo, di eventuale perdita nel titolo di concessione; possibilità di permanenza negli alloggi - dietro corresponsione del canone in vigore all’atto della vendita, rivalutato all’indice ISTAT - dei conduttori e delle vedove, con basso reddito familiare (non superiore a quello determinato annualmente con DM di cui all’art. 9, comma 7 della legge n. 537 del 1993,[312]) o con componenti del nucleo familiare portatori di handicap.

Viene inoltre stabilito che gli acquirenti degli alloggi non possano rivenderli prima di 5 anni e che i proventi delle alienazioni vengano riassegnati allo stato di previsione del Ministero della Difesa.

La lettera c) del comma 2 mira a rendere celeri i procedimenti relativi alle alienazioni di cui alla lettera precedente. Allo scopo, si interviene in due modi: da un lato si prevede una sinergia tra amministrazioni pubbliche, attribuendo al Ministero della Difesa la facoltà di avvalersi dell’attività dei tecnici dell’Agenzia del demanio, tramite la Direzione generale competente; da un altro, le procedure vengono semplificate, attraverso l’esonero dalla consegna della documentazione ordinariamente richiesta per i contratti di alienazione in base alle norme urbanistiche, tecniche e fiscali, in luogo della quale sarà sufficiente un’apposita dichiarazione. 

La lettera d) del comma 2 completa la disciplina delle alienazioni, trattando i casi in cui esse attengano alla realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità, con esplicito riferimento al Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163).

Il Ministero della Difesa ha facoltà di assegnare la concessione di lavori pubblici di cui agli articoli 153 e seguenti del suddetto Codice,in armonia con le modalità dettate dal vigente Regolamento concernente la disciplina delle attività del Genio militare (D.P.R. 19 aprile 2005, n. 170, adottato a norma dell'articolo 3, comma 7-bis, della legge 11 febbraio 1994, n. 109[313]).   

L’articolo 153 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, espressamente citato dalla lettera d) del comma 2 dell’articolo 132qui in esame, riguarda i cosiddetti promotori, vale a dire i soggetti che presentano proposte in risposta ad avvisi indicativi di programmi di interventi realizzabili con capitali privati, pubblicati dalle amministrazioni aggiudicatrici (senza peraltro che ciò, di per sé, determini obblighi di esame e valutazione da parte delle amministrazioni stesse). Gli articoli del Codice che seguono il 153 regolano ulteriori aspetti, tra cui i criteri di valutazione delle proposte pervenute alle amministrazioni e l’eventuale indizione della gara tra le proposte considerate idonee.

Il Regolamento che disciplina le attività del Genio militare, a sua volta, dedica gli articoli 130-134 ai soggetti abilitati ad assumere lavori della difesa. Sono ammessi a presentare offerta per gli appalti sia imprese singole, sia imprese riunite sotto una capogruppo, sia consorzi di imprese. 

Il comma 3 dell’articolo 132del disegno di legge finanziaria impegna il Ministero della Difesa ad adottare un regolamento di attuazione del programma infrastrutturale per la costruzione, l’acquisto e la ristrutturazione degli alloggi di servizio entro un termine fissato in 8 mesi dall’entrata in vigore della legge. 

In passato, si sono verificati notevoli ritardi nell’emanazione di regolamenti attuativi delle leggi in materia. Ad esempio, la richiamata legge 18 agosto 1978, n. 497[314] fu seguita solo nel gennaio 1997 dal relativo decreto ministeriale (n. 253/1997, Regolamento recante norme per gli alloggi di servizio delle Forze armate), poi abrogato dal decreto ministeriale 23 gennaio 2004, n. 88 su richiamato. 

La potestà ministeriale di adottare il regolamento suddetto trae fondamento dalla legge 23 agosto 1988, n. 400, articolo 17, comma 3.

Trattasi, com’è noto, della legge recante Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il cui articolo 17 (Regolamenti) al comma 3 prevede che nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro possano essere adottati regolamenti con decreto ministeriale, quando la legge lo consenta espressamente. Tali regolamenti ministeriali, in ogni caso, non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo e devono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.

Sul regolamento di attuazione sarà sentito il COCER (organismo centrale di rappresentanza, istituito con legge n. 382/1978[315]) e saranno acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari.

Il comma 4 sospende le azioni di recupero forzoso degli alloggi di servizio attualmente abitati da utenti in regola con i pagamenti. La sospensione si protrarrà fino all’entrata in vigore del regolamento previsto dal precedente comma.

Attualmente, a sensi del comma 11-quater dell’articolo 26 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, le situazioni di recupero forzoso in corso sono al di fuori dal campo di applicazione della disciplina generale sulle alienazioni degli alloggi di servizio. Sull’articolo 26 del decreto-legge n. 269/2003, v. infra

Il comma 5 dispone l’abrogazione del comma 11-quater dell’articolo 26 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269[316], che ha esteso agli alloggi di servizio per il personale delle Forze Armate la disciplina relativa all’alienazione del patrimonio immobiliare pubblico mediante cartolarizzazioni recata dal decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351[317], ma con una serie di eccezioni. Le disposizioni del decreto legge n. 269 del 2003, infatti, tendono a salvaguardare le esigenze di operatività e pertanto si applicano agli alloggi non ubicati nelle infrastrutture militari - o, se posti al loro interno, a quelli che non sono al diretto e funzionale servizio dell’infrastruttura stessa - e agli alloggi che non risultino connessi all’incarico del personale in servizio che li occupa per necessità abitative proprie o della propria famiglia. Inoltre, la norma che si intende abrogare stabilisce che le alienazioni di cui al decreto-legge n. 351/2001 non comprendano gli alloggi in corso di manutenzione per avvicendamento dei titolari, né le situazioni di recupero forzoso in corso (come si diceva poc’anzi).

La norma di cui al comma 11-quater dell’articolo 26 del decreto legge 269/2003 è stata oggetto di intervento di interpretazione autentica da parte dell’art. 4-quater, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 273[318], convertito con modificazioni dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51 che ha chiarito che le parole «non ubicati nelle infrastrutture militari» si intendono riferite agli alloggi non posti al diretto e funzionale servizio di basi, impianti o installazioni militari, ai sensi del già richiamato articolo 5, comma 1, della legge 18 agosto 1978, n. 497.

In merito alla disciplina della cartolarizzazione, si ricorda che il citato D.L. 23 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla Legge 23 novembre 2001, n. 410, nel Capo I (articoli 1-4), contiene una serie di disposizioni in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico. Il decreto, allo scopo di semplificare le modalità di dismissione di beni immobili, ha introdotto una procedura articolata essenzialmente in due passaggi:

-        in primo luogo (articolo 1), una ricognizione, affidata all’Agenzia del demanio, dei beni immobili già attribuiti ad enti pubblici non territoriali ovvero a società a totale partecipazione pubblica, nonché dei beni ubicati all'estero, ai fini del "riconoscimento" della proprietà dello Stato sugli stessi[319]. La ricognizione è estesa anche ai beni delle regioni, province, comuni e altri enti locali che ne facciano richiesta[320] e ai beni utilizzati per uso pubblico, ininterrottamente da oltre venti anni, con il consenso del proprietario.

-        in secondo luogo, il ricorso alla tecnica della cartolarizzazione (articoli 2 e 3) attraverso il trasferimento degli immobili da cedere alle società veicolo.

La ratio del ricorso alla cartolarizzazione è di consentire la conversione di attività non agevolmente negoziabili, quali gli immobili di proprietà pubblica, in strumenti finanziari più facilmente collocabili sui mercati. In particolare, gli immobili sono trasferiti ad una o più S.r.l. (c.d. società veicolo), appositamente costituite[321], che finanziano l'acquisto attraverso operazioni di cartolarizzazione (con emissione di titoli - il cui rimborso è effettuato sulla base dei proventi derivanti dalla gestione e dalla vendita degli immobili - o mediante finanziamenti acquisiti da terzi) e versano l'importo raccolto con tali operazioni, a titolo di prezzo iniziale, ai proprietari cedenti.

Per ogni operazione di cartolarizzazione sono individuati, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, i beni immobili destinati al soddisfacimento dei diritti dei portatori dei titoli e dei concedenti i finanziamenti. Tali beni e ogni altro diritto acquisito nell’ambito dell’operazione costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della società veicolo e da quello delle altre operazioni. Delle obbligazioni nei confronti dei portatori dei titoli, dei soggetti concedenti i finanziamenti e di ogni altro creditore, risponde esclusivamente il patrimonio separato (c.d. principio della “segregazione”).

La società veicolo gestisce gli immobili e li rivende sul mercato. I flussi derivanti dalla gestione e dalla vendita degli immobili sono utilizzati per il rimborso del debito e degli interessi ed oneri accessori, delle commissioni ai soggetti terzi e degli altri costi; l'eventuale residuo costituisce il cosiddetto prezzo "differito" da retrocedere all'originario titolare del diritto di proprietà.

Infine al comma 5, l’abrograzione della disciplina vigente in tema di alienazione mediante cartolarizzazione degli alloggi non posti nelle installazioni militari e non posti a diretto a servizio di queste, di cui al decreto legge del 2003, rende necessaria la previsione secondo cui gli immobili originariamente individuati, ai sensi della predetta disciplina, per essere destinati alle procedure di vendita rimangono nelle disponibilità del Ministero della difesa per l’utilizzo o per l’alienazione.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il Comitato economico e sociale ha adottato un parere su “L’abitazione e la politica regionale”, pubblicato il 13 luglio 2007, nel quale attribuisce estrema importanza all’elaborazione di una strategia europea per l’alloggio. Ritiene che l’UE si debba preoccupare delle condizioni necessarie per l’attuazione in concreto del diritto all’alloggio e suggerisce che, se non è possibile prevedere un’unica soluzione, ciascuno Stato membro che riconosca il diritto all’alloggio deve essere in grado di precisare:

-        l’autorità pubblica nei confronti della quale si può far valere il diritto in questione e in quale forma;

-        i mezzi da assegnare di conseguenza all’autorità interessata, oppure quelli di cui essa si deve dotare;

-        i beneficiari e le modalità di esercizio di tale diritto;

-        il contenuto del diritto stesso (alloggio stabile o provvisorio, libera scelta o meno.

 

Il CESE suggerisce di considerare gli alloggi una questione politica importante con ripercussioni sulla vita quotidiana della popolazione e sottolinea che l’impatto delle politiche abitative sulla mobilità dei lavoratori le rende complementari alle politiche europee attuate nel quadro della strategia per la crescita e l’occupazione. Il parere rileva che gli alloggi rivestono una notevole importanza nelle politiche urbane, economiche e sociali di tutti i paesi europei e le diverse soluzioni adottate nel settore dovrebbero essere maggiormente condivise. Ritiene che sia essenziale un’offerta di alloggi diversificata, non solo in termini di modalità di occupazione, ma anche di multifunzionalità dei quartieri (funzione residenziale e funzione economica) o di eterogeneità sociale, che è garanzia di coesione sociale. Sottolinea che l’ente interessato deve assicurare che in tutte le parti del territorio di sua responsabilità sia disponibile un’offerta abitativa di qualità e compatibile con le risorse delle famiglie.


Articolo 133
(Contenimento degli uffici di diretta collaborazione)

 


1. All'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «A tali amministrazioni è fatto divieto di istituire uffici di diretta collaborazione, posti alle dirette dipendenze dell'organo di vertice dell'ente».

2. Alla scadenza del rispettivo incarico, i vertici degli uffici di diretta collaborazione istituiti alla data di entrata in vigore della presente legge presso le amministrazioni di cui all'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, decadono e il personale appartenente ai ruoli della pubblica amministrazione, compresi i dirigenti, è riassegnato secondo le procedure ordinarie.

 


 

 

L’articolo 133, non modificato dal Senato, reca al comma 1 una novella all’articolo 4, comma 4, del D.lgs. 165/2001[322], introducendo il divieto per le amministrazioni prive di un vertice che sia espressione di rappresentanza politica di istituire di uffici di diretta collaborazione.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge finanziaria presentato al Senato (A.S. 1817) chiarisce che la disposizione in esame intende “circoscrivere gli uffici di diretta collaborazione unicamente a quelle strutture che, poste alle dirette dipendenze di un vertice politico, sono di supporto a tale vertice per l’elaborazione dell’indirizzo, rappresentando il trait d’union fra autorità politica e l’amministrazione, di cui orientano l’attività e controllano i risultati rispetto agli obiettivi prestabiliti” Analoghe considerazioni sono svolte dalla relazione tecnica allegata al medesimo disegno di legge, la quale evidenza altresì come la disposizione si configuri quale strumento di razionalizzazione organizzativa che consentirà un contenimento di spese che sarà rilevabile solo in sede di consuntivo.

In via generale, con riferimento agli uffici di diretta collaborazione (comunemente indicati anche come uffici di staff) si rileva che la previsione di una loro specifica disciplina normativa si colloca nel quadro del più complessivo procedimento di riforma del pubblico impiego e della dirigenza e della precisazione della separazione tra politica e amministrazione che ha caratterizzato la pubblica amministrazione italiana a partire dagli anni ’90 del secolo, prendendo le mosse dalla L. 142/1990, per arrivare – attraverso il D.Lgs. 29/1993 – al più compiuto assetto della materia ora confluito nel D.Lgs. 165/2001. Il principio di separazione tra politica e amministrazione viene poi declinato nel diverso principio della distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall'altro, per le amministrazioni pubbliche i cui organi di vertice non siano direttamente o indirettamente espressione di rappresentanza politica (art. 4, co. 4, D.Lgs. 165/2001).

La più precisa attribuzione agli organi di governo del compito di esercitare le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, nonché di verificare la rispondenza agli indirizzi impartiti dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione (art. 4, co. 1, D.Lgs. 165/2001) ha infatti determinato un adeguamento del ruolo e della disciplina degli uffici destinati a svolgere attività di supporto agli organi di direzione politica. Più specificamente, l’art. 14 del D.Lgs. 165/2001 ha previsto che ai fini dell’esercizio delle proprie funzioni di indirizzo politico-amministrativo i ministri si avvalgano di uffici di diretta collaborazione, che hanno competenze esclusive di supporto e di raccordo con l'amministrazione. L’istituzione e la disciplina di detti uffici è affidata a regolamenti da adottarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della L. 400/1988[323], dall’entrata in vigore dei quali sono state abrogate le norme del R.D.L. 1100/1924 e le altre disposizioni riguardanti la costituzione e la disciplina dei gabinetti dei Ministri e delle segretarie particolari dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato.

Agli uffici di diretta collaborazione sono assegnati, nei limiti stabiliti dai menzionati regolamenti:

§       dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando[324];

§       collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto privato;

§       esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa.

L’art. 14 prevede inoltre che con decreto adottato dal Ministro competente, di concerto con il Ministro dell’economia, sia determinato senza aggravi di spesa e, per il personale disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, fino ad una specifica disciplina contrattuale, il trattamento economico accessorio, da corrispondere mensilmente, a fronte delle responsabilità, degli obblighi di reperibilità e di disponibilità ad orari disagevoli, ai dipendenti assegnati agli uffici dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato. Tale trattamento, consiste in un unico emolumento, è sostitutivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale.

I regolamenti relativi agli uffici di diretta collaborazionedei vari Ministeri presentano una impostazione sostanzialmente similare (pur con le inevitabili differenze di dettaglio dovute anche alle diverse caratteristiche dei Ministeri). Essi dispongono relativamente all’articolazione degli uffici di diretta collaborazione, alle funzioni di tali uffici, ai responsabili e al personale di tali uffici (di cui viene fissato un contingente massimo), al trattamento economico di tale personale, alle modalità di gestione. Alcune specifiche disposizioni disciplinano il personale delle segreterie dei sottosegretari di Stato e dell’ufficio e delle segreterie dei vice Ministri (ove presenti). Generalmente si prevede un limite percentuale (rispetto al contingente complessivo di personale) entro cui è possibile avvalersi di collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, esperti e consulenti per specifiche aree di attività e per particolari professionalità e specializzazioni, anche con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa.

Deve altresì segnalarsi che la disciplina degli uffici di diretta collaborazione è stata innovata con il D.L. 181/2006, convertito, con modificazioni, dalla L. 233/2006, che ha introdotto un periodo all’art. 14, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, il quale ha previsto che tutte le assegnazioni di personale a tali uffici, “compresi gli incarichi anche di livello dirigenziale e le consulenze e i contratti, anche a termine”, cessano automaticamente se non confermati entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro. In base a tale disposizione, che sembra aver disposto una sorta di “spoils system” per il personale degli uffici di diretta collaborazione, nel caso di formazione di un nuovo Governo si avrebbe la cessazione di tutte le forme di utilizzazione del personale previste dall’art. 14, comma 2 disposte dal precedente Governo, ove non intervenga un provvedimento di espressa conferma da parte del nuovo Ministro.

Con più specifico riferimento alla disposizione in esame, è opportuno segnalare come la dottrina abbia evidenziato come la disciplina degli uffici di diretta collaborazione, dettata per i ministeri dall’art. 14 del D.Lgs. 165/2001, ha trovato applicazione, con modalità differenziate, anche con riferimento ad altre amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo (INPS, ISTAT etc.). Gli studi condotti in materia[325] hanno, in particolare, evidenziato come gli uffici di diretta collaborazione negli enti pubblici presentino significative differenze rispetto a quelli ministeriali, in quanto le strutture create negli enti pubblici – essendo poste al servizio di una struttura di vertice di natura non politica – si caratterizzano per una frequente commistione tra attività di supporto agli organi di vertice e attività di vera e propria gestione o, quantomeno, di collaborazione alla gestione “ordinaria”.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame reca la disciplina di una fase transitoria, volta a rendere effettivo con gradualità il divieto di istituzione degli uffici di diretta collaborazione introdotto dal comma 1. La disposizione prevede, in particolare, che alla scadenza dell’incarico attribuito:

§      i vertici degli uffici di diretta collaborazione già istituiti decadono;

§      il personale e i dirigenti delle pubbliche amministrazioni sono riassegnati all’amministrazione d’appartenenza secondo le procedure ordinarie.

Con riferimento alla formulazione letterale della disposizione, si osserva che essa sembra voler prevedere la prosecuzione degli incarichi già assegnati fino alla loro scadenza naturale. In questo quadro, tuttavia, non risulta di facile interpretazione il riferimento alla “decadenza” dei vertici degli uffici, dal momento che solitamente con tale espressione si fa riferimento a provvedimenti di revisione con efficacia ex nunc, che incidono su un rapporto di diritto pubblico in essere. Nella disposizione in esame, tuttavia, la decadenza dall’incarico sembrerebbe derivare comunque dalla scadenza dell’incarico stesso.

Non sembra peraltro prevista una specifica disciplina per i collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto privato e gli esperti e consulenti assunti con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa.


Articolo 134
(Soppressione e razionalizzazione degli enti pubblici statali)

 


1. Al fine di conseguire gli obiettivi di stabilità e crescita, di ridurre il complesso della spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche, di incrementare l'efficienza e di migliorare la qualità dei servizi, con uno o più regolamenti, da emanare entro il termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e del Ministro per l'attuazione del programma di Governo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro o i Ministri interessati, sentite le organizzazioni sindacali in relazione alla destinazione del personale, sono riordinati, trasformati o soppressi e messi in liquidazione, enti ed organismi pubblici statali, nonché strutture amministrative pubbliche statali, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) fusione di enti, organismi e strutture pubbliche comunque denominate che svolgono attività analoghe o complementari, con conseguente riduzione della spesa complessiva e corrispondente riduzione del contributo statale di funzionamento;

b) trasformazione degli enti ed organismi pubblici che non svolgono funzioni e servizi di rilevante interesse pubblico in soggetti di diritto privato, ovvero soppressione e messa in liquidazione degli stessi secondo le modalità previste dalla legge 4 dicembre 1956, n. 1404, e successive modificazioni, fermo restando quanto previsto dalla lettera e) del presente comma, nonché dall'articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112;

c) fusione, trasformazione o soppressione degli enti che svolgono attività in materie devolute alla competenza legislativa regionale ovvero attività relative a funzioni amministrative conferite alle regioni o agli enti locali;

d) razionalizzazione degli organi di indirizzo amministrativo, di gestione e consultivi e riduzione del numero dei componenti degli organi collegiali almeno del 30 per cento, con salvezza della funzionalità dei predetti organi;

e) previsione che, per gli enti soppressi e messi in liquidazione, lo Stato risponde delle passività nei limiti dell'attivo della singola liquidazione in conformità alle norme sulla liquidazione coatta amministrativa;

f) abrogazione delle disposizioni legislative che prescrivono il finanziamento, diretto o indiretto, a carico del bilancio dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche, degli enti ed organismi pubblici soppressi e posti in liquidazione o trasformati in soggetti di diritto privato ai sensi della lettera b);

g) trasferimento, all'amministrazione che riveste preminente competenza nella materia, delle funzioni di enti, organismi e strutture soppressi.

2. Gli schemi dei regolamenti di cui al comma 1 sono trasmessi al Parlamento per l'acquisizione del parere della Commissione di cui all'articolo 14, comma 19, della legge 28 novembre 2005, n. 246. Il parere è espresso entro trenta giorni dalla data di trasmissione degli schemi di decreto, salva la richiesta di proroga ai sensi del comma 23 del medesimo articolo 14. Trascorso tale termine, eventualmente prorogato, il parere si intende espresso favorevolmente.

3. Tutti gli enti, organismi e strutture compresi nell'elenco di cui all'allegato A, che non sono oggetto dei regolamenti di cui al comma 1, sono soppressi a far data dalla scadenza del termine di cui al medesimo comma 1. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con le procedure di cui ai commi 1 e 2, è stabilita l'attribuzione delle funzioni degli enti soppressi che debbono essere mantenute all'amministrazione che riveste primaria competenza nella materia, ed è disciplinata la destinazione delle risorse finanziarie, strumentali e di personale degli enti soppressi.

4. Con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro sei mesi dalla data di scadenza dei termini per l'emanazione dei regolamenti ai sensi del comma 1, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con i Ministri interessati, è disciplinata la destinazione delle risorse finanziarie, strumentali e di personale degli enti soppressi ai sensi dello stesso comma 1.

5. Sugli schemi di decreto di cui al comma 4 è acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro trenta giorni dalla data di trasmissione. Trascorso tale termine, i decreti possono comunque essere adottati.

6. Tutti gli atti connessi alle operazioni di trasformazione non rilevano ai fini fiscali.

7. A decorrere dal 1o gennaio 2008, è abrogato l'articolo 28 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, ad eccezione dei commi 7, 9, 10 e 11. Sono comunque fatti salvi i regolamenti emanati in applicazione del citato articolo 28.

8. A decorrere dalla data di cui al comma 7, dall'attuazione del presente articolo deve derivare il miglioramento dell'indebitamento netto di cui all'articolo 1, comma 483, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, tenuto conto anche degli effetti in termini di risparmio di spesa derivanti dai regolamenti emanati in applicazione dell'articolo 28 della legge 28 dicembre 2001, n. 448. In caso di accertamento di minori economie, rispetto ai predetti obiettivi di miglioramento dell'indebitamento netto, si applica il comma 621, lettera a), dell'articolo 1 della citata legge n. 296 del 2006.

 


 

 

L’articolo 134 delinea una nuova procedura per addivenire alla soppressione o razionalizzazione degli enti pubblici statali volta, come i precedenti interventi in materia, a conseguire gli obiettivi di stabilità e crescita, a ridurre il complesso della spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche e ad incrementare l’efficienza e migliorare la qualità dei servizi.

 

Il tema della razionalizzazione degli enti pubblici nazionali ha formato oggetto nel tempo di diversi interventi legislativi. La disposizione in esame ha un immediato precedente nell’art. 1, co. 482 e ss. della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006), che a sua volta ha disposto in materia apportando diverse modificazioni alla disciplina previgente, recata dall’art. 28 della legge finanziaria 2002 (L. 448/2001).

 

Si evidenzia che il ddl 3178, recante l’attuazione del Protocollo sul welfare del 23 luglio 2007, attualmente all’esame della XI Commissione Lavoro della Camera dei deputati, all’articolo 3, recante disposizioni in materia di razionalizzazione del sistema degli enti previdenziali, provvede a novellare il citato articolo 28, comma 1, della legge finanziaria per il 2002 (L. 448 del 2001), così come modificato dall’articolo 1, comma 482, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006). In particolare, si aggiunge la lettera e-bis) al citato articolo 28, comma 1, al fine di introdurre un ulteriore criterio direttivo per l’emanazione dei regolamenti di delegificazione in esso previsti, disponendo quindi che, limitatamente all’adozione dei regolamenti di razionalizzazione, riordino, trasformazione o fusione degli enti previdenziali pubblici, si deve perseguire anche la finalità della creazione di specifici modelli organizzativi al fine di realizzare sinergie e conseguire risparmi di spesa anche attraverso gestioni unitarie, uniche o in comune di attività strumentali.

 

Il comma 1 autorizza, per le finalità sopra indicate, l’emanazione uno o più regolamenti di delegificazione[326] ai quali è direttamente affidato il compito di procedere al riordino, alla trasformazione o alla soppressione e messa in liquidazione degli enti ed organismi pubblici statali, nonché di strutture amministrative pubbliche statali.

La norma in esame limita pertanto il proprio ambito oggettivo all’area statale, mentre la finanziaria 2007 si riferiva in maniera più ampia a “enti ed organismi pubblici”, nonché a “strutture amministrative pubbliche”.

 

Si ricorda, in relazione all’ambito oggettivo dell’intervento, che l’art. 117, co. 2°, lett. g), Cost. attribuisce allo Stato la potestà legislativa esclusiva con riguardo all’“ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali”.

 

Per l’adozione dei regolamenti, è previsto il termine di 180 giorni dall’entrata in vigore della legge.

I regolamenti in questione devono essere adottati – secondo un procedimento analogo a quello già dettato dall’art. 28 (e successive modificazioni) della legge finanziaria 2002 – su proposta del ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e del ministro per l’attuazione del programma di Governo, di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze e con il ministro interessato, sentite le organizzazioni sindacali per quanto riguarda i riflessi sulla destinazione del personale.

Vengono quindi individuati i “princìpi e criteri direttivi” cui devono attenersi i regolamenti.

Si rileva che tale dizione è quella che l’art. 76 della Costituzione riferisce alle norme di delega per l’approvazione dei decreti legislativi, mentre l’art. 17, co. 2, della L. 400/1988 prevede che la norma di legge che autorizza l’intervento di un regolamento di delegificazione individui le “norme generali regolatrici della materia”.

I “principi e criteri direttivi” sono così indicati dal comma 1:

§       (lett. a)) fusione degli enti, organismi e strutture pubbliche comunque denominate che svolgono attività analoghe o complementari, con conseguente riduzione della spesa complessiva e corrispondente riduzione del contributo statale di funzionamento;

§       (lett. b)) trasformazione degli enti ed organismi pubblici che non svolgono funzioni e servizi di rilevante interesse pubblico in soggetti di diritto privato ovvero soppressione e messa in liquidazione degli stessi. Per la soppressione e messa in liquidazione si rinvia alle modalità previste dalla L. 1404/1956[327]. Resta fermo quanto previsto dalla successiva lett. e) (v. infra) in ordine alla responsabilità finanziaria dello Stato per gli enti soppressi o liquidati, nonché dall’art. 9, co. 1-bis, lett. c), del D.L. 63/2002[328], a seguito del quale è stata approvata la convenzione tra il Ministero dell’economia e delle finanze e la Fintecna Spa per l’affidamento della gestione della liquidazione e del contenzioso degli enti soppressi[329];

§       (lett. c)) fusione, trasformazione o soppressione degli enti che svolgono attività in materie devolute alla competenza legislativa regionale ovvero attività relative a funzioni amministrative conferite alle regioni o agli enti locali;

§       (lett. d)) razionalizzazione degli organi di indirizzo amministrativo, di gestione e consultivi, nonché riduzione del numero dei componenti degli organi collegiali in misura non inferiore al 30 per cento ma compatibile con la funzionalità degli stessi;

§       (lett. e)) limitazione dellaresponsabilità finanziaria dello Stato per gli enti soppressi o liquidati all’attivo della singola liquidazione;

§       (lett. f)) abrogazione delle disposizioni legislative che prescrivono il finanziamento, diretto o indiretto, a carico del bilancio dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche, degli enti ed organismi pubblici soppressi e posti in liquidazione o trasformati in soggetti di diritto privato;

§       (lett. g)) trasferimento delle funzioni degli enti soppressi all’amministrazione con “preminente competenza” nella materia.

 

Il comma 2 prevede che gli schemi di regolamento siano trasmessi al Parlamento perché sia acquisito il parere della Commissione bicamerale per la semplificazione della legislazione.

 

Tale Commissione è stata istituita dalla legge di semplificazione 2005 (L. 246/2005). È composta da venti senatori e venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati nel rispetto della proporzione esistente tra i gruppi parlamentari, su designazione dei gruppi medesimi.

La Commissione svolge un ruolo di tipo consultivo nel processo in corso di semplificazione legislativa, delineato dall’art. 14 della citata L. 246/2005.

 

Il parere deve essere reso dalla Commissione entro trenta giorni dalla data di trasmissione degli schemi – con possibilità di una proroga di venti giorni – decorsi i quali il parere si intende espresso favorevolmente.

La disposizione configura una non usuale fattispecie di silenzio-assenso di un organo parlamentare. Più frequente, nella legislazione vigente, appare la previsione che scaduto il termine per il parere l’atto possa essere adottato.

 

Il comma 3 pone una norma “di chiusura”, prevedendo che una serie di enti e organismi, elencati nell’allegato A al d.d.l. finanziaria, siano soppressi ex lege ove, alla scadenza del termine per l’adozione dei regolamenti, non risultino oggetto di alcun intervento di razionalizzazione. Le funzioni degli enti soppressi ex lege dovranno essere attribuite – con regolamenti di delegificazione adottati con le procedure sopra descritte – all’amministrazione con competenza “primaria” nella materia. Sempre con regolamento di delegificazione è previsto si disponga in ordine alla destinazione delle risorse finanziarie, strumentali e di personale degli enti soppressi.

La scelta operata del Governo è in questo caso di tipo “intermedio”: la scadenza infruttuosa del termine non determina né una soppressione generalizzata[330], né una situazione del tutto immodificata; importa la soppressione automatica dei (soli) enti individuati ed enumerati nella tabella A allegata al d.d.l. finanziaria, nulla disponendo con riguardo ai restanti enti e organismi.

Nel corso dell’esame al Senato, l’allegato A è stato modificato, escludendo dalla soppressione automatica cinque enti compresi in origine nell’allegato stesso.

 

Si tratta dei seguenti:

-        Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente (Is.I.A.O.);

-        Lega navale italiana (L.N.I.);

-        Ente nazionale risi;

-        Fondazione Guglielmo Marconi;

-        Istituto Beata Lucia di Narni.

L’elenco così modificato contempla un totale di 12 enti.

 

L’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente (Is.I.A.O.) è stato istituito con legge 25 novembre 1995, n. 505, quale ente pubblico non economico, soggetto alla vigilanza del Ministero degli affari esteri, con le medesime finalità di studio e promozione culturale già assegnate all’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente e all’Istituto italo-africano, contestualmente soppressi.

La Lega navale italiana, istituita con R.D. n. 48 del 1907, è un ente pubblico preposto a servizi di pubblico interesse che opera sotto la vigilanza dei ministeri della Difesa e dei Trasporti e Navigazione e sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica.

L’ente nazionale risi, istituito con R.D.L. n. 1237 del 1931, è un ente pubblico economico sottoposto alla vigilanza del Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali; svolge un’attività diretta alla tutela del settore risicolo italiano.

La Fondazione Guglielmo Marconi, istituita con R.D. n. 354 del 1938, promuove la ricerca nel campo delle telecomunicazioni e intraprende iniziative rivolte alla conoscenza e alla diffusione dell’attività scientifica di Guglielmo Marconi.

L’Istituto Beata Lucia di Narni è un’istituzione pubblica che svolge attività di sostegno e accoglienza ai minori in stato di disagio sociale e alle donne a rischio di violenze.

 

Il comma 4 prevede che con D.P.C.M., entro sei mesi dalla scadenza del termine per l’adozione dei regolamenti di razionalizzazione, si debba provvedere in ordine alla destinazione delle risorse finanziarie, strumentali e di personale degli enti soppressi per intervento del Governo. Il comma 5 prevede che sugli schemi di D.P.C.M. di cui sopra sia acquisito il parere dei competenti organi parlamentari, da rendere entro trenta giorni dalla trasmissione dell’atto. Scaduto il termine, i decreti possono comunque essere adottati.

Si segnala che il testo in esame prevede due atti diversi in ordine alla destinazione delle risorse degli enti soppressi: regolamento di delegificazione, al comma 3; D.P.C.M., al comma 4.

 

Il comma 6 stabilisce che sono irrilevanti a fini fiscali tutti gli atti connessi alle “operazioni di trasformazione”.

 

Il comma 7 prevede la soppressione, a decorrere dal 1° gennaio 2008, della previgente disciplina in tema di razionalizzazione degli enti pubblici, di cui all’art. 28 della legge finanziaria 2002 (v. sopra). Sono però fatti salvi i commi 7, 9, 10 e 11 e i regolamenti già emanati sulla scorta di quell’articolo.

 

Il comma 7 stabilisce che tutti gli atti connessi alle operazioni di trasformazione non rilevano ai fini fiscali.

Il comma 9 stabilisce bilanci consuntivi delle Autorità indipendenti sono annualmente pubblicati in allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze.

Il comma 10 stabilisce che l’esenzione fiscale degli atti di trasformazione si applica anche agli atti connessi alle operazioni di trasformazione effettuate dalle regioni e dalle province autonome.

Il comma 11 stabilisce che gli enti competenti, nell’esercizio delle funzioni e dei compiti in materia di approvvigionamento idrico primario per uso plurimo e per la gestione delle relative infrastrutture, opere ed impianti, possono avvalersi degli enti preposti al prevalente uso irriguo della risorsa idrica attraverso apposite convenzioni e disciplinari tecnici.

 

Il comma 8 specifica che, a decorrere dal 1° gennaio 2008, dall’attuazione delle disposizioni esaminate deve derivare un miglioramento dell’indebitamento netto, non inferiore a 310 milioni di euro per l’anno 2008 e a 415 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009. Nel caso di accertamento di minori economie, si prevede la riduzione delle dotazioni di bilancio relative ai trasferimenti agli enti pubblici, in maniera lineare, fino alla concorrenza degli importi sopra indicati, secondo quanto disposto dall’art. 1, co. 621, lett. a), della legge finanziaria 2007.


Articolo 135
(Riduzione del costo degli immobili
in uso alle Amministrazioni statali)

 


1. All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 204 è sostituito dal seguente:

«204. Al fine di razionalizzare gli spazi complessivi per l'utilizzo degli immobili in uso governativo e di ridurre la spesa relativa agli immobili condotti in locazione dallo Stato, il Ministro dell'economia e delle finanze, con propri decreti, determina i piani di razionalizzazione degli spazi e di riduzione della spesa, anche differenziandoli per ambiti territoriali e per patrimonio utilizzato, elaborati per il triennio 2008-2010 d'intesa tra l'Agenzia del demanio e le amministrazioni centrali e periferiche, usuarie e conduttrici. Tali piani sono finalizzati a conseguire una riduzione complessiva non inferiore al 10 per cento del valore dei canoni per locazioni passive e del costo d'uso equivalente degli immobili utilizzati per l'anno 2008 e ulteriori riduzioni non inferiori al 7 per cento e 6 per cento per gli anni successivi»;

b) il comma 206 è sostituito dal seguente:

«206. In sede di prima applicazione, il costo d'uso dei singoli immobili di proprietà statale in uso alle amministrazioni dello Stato è determinato in misura pari al 50 per cento del valore corrente di mercato, secondo i parametri di comune commercio forniti dall'Osservatorio del mercato immobiliare, praticati nella zona per analoghe attività; a decorrere dal 2009, la predetta percentuale è incrementata annualmente di un ulteriore 10 per cento fino al raggiungimento del 100 per cento del valore corrente di mercato»;

c) al comma 207, la parola: «possono» è sostituita dalla seguente: «devono»;

d) al comma 208, le parole: «nell'atto di indirizzo di cui» sono soppresse.

2. Dall'attuazione del presente articolo devono conseguire economie di spesa, in termini di indebitamento netto, non inferiori a 140 milioni di euro per l'anno 2008, 80 milioni di euro per l'anno 2009 e 70 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010.


 

 

Come indicato nella relazione illustrativa, l’articolo 135 è finalizzato a far emergere, con gradualità, in seno al bilancio dello Stato, i costi connessi all’uso degli immobili pubblici.

A tale proposito, vengono modificati i commi 204, 206, 207 e 208 dell’articolo 1 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), al fine di garantirne l’applicazione con effetti adeguatamente scanditi nel tempo.

 

Nel dettaglio, il comma 1, lettera a), sostituisce interamente il comma 204 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007.

Il comma 204 vigente prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze, con l'atto di indirizzo relativo all'Agenzia del demanio, determini, con riferimento agli immobili in uso[331] governativo e condotti in locazione[332] dallo Stato, gli obiettivi annuali di razionalizzazione degli spazi e di riduzione della spesa da parte delle amministrazioni centrali e periferiche, usuarie e conduttrici, anche differenziandoli per ambiti territoriali e per patrimonio utilizzato.

Il nuovo comma 204 prevede che i piani di razionalizzazione degli spazi e di riduzione della spesa degli immobili in uso alle amministrazioni statali per il triennio 2008-2010 siano finalizzati a conseguire una riduzione complessiva, per l’anno 2008, non inferiore al 10 per cento del valore dei canoni per locazioni passive e del costo d’uso equivalente degli immobili utilizzati e ulteriori riduzioni non inferiori al 7 per cento al 6 per cento per gli anni successivi. Si dispone inoltre che i suddetti piani siano elaborati d’intesa tra l’Agenzia del demanio e le amministrazioni interessate e siano approvati con decreti ministeriali, anziché con l’atto di indirizzo relativo all’Agenzia del demanio, confermando la possibilità di differenziare i piani di razionalizzazione e riduzione per àmbiti territoriali e per patrimonio utilizzato.

 

Il comma 1, lettera b), sostituisce interamente il comma 206 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007.

Il comma 206 vigente prevede che il costo d'uso[333] dei singoli immobili in uso alle amministrazioni sia commisurato ai valori correnti di mercato, secondo parametri forniti dall'Osservatorio del mercato immobiliare, praticati nella zona per analoghe attività.

Il nuovo comma 206 prescrive che – in sede di prima applicazione - il costo d’uso dei singoli immobili di proprietà statale in uso alle amministrazioni dello Stato venga determinato in misura pari al 50 per cento del valore corrente di mercato, secondo i parametri di comune commercio forniti dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare[334], praticati nella zona per analoghe attività.

Si dispone inoltre che, a decorrere dal 2009, tale percentuale sia incrementata annualmente di un ulteriore 10 per cento, fino al raggiungimento del 100 per cento del valore corrente di mercato.

 

Il comma 1, lettera c), modifica il comma 207 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007.

Il comma 207 vigente stabilisce che gli obiettivi di razionalizzazione degli spazi e di riduzione della spesa possano essere conseguiti da parte delle amministrazioni centrali e periferiche, usuarie e conduttrici, sia attraverso la riduzione del costo d'uso, derivante dalla razionalizzazione degli spazi, sia attraverso la riduzione della spesa corrente per le locazioni passive, ovvero con la combinazione delle due misure.

Il nuovo comma 207 stabilisce che sia un obbligo (e non più una mera facoltà, come nell’enunciato vigente) per le amministrazioni centrali e periferiche, usuarie e conduttrici, ridurre il costo d’uso derivante dalla razionalizzazione degli spazi e diminuire la spesa corrente per le locazioni passive.

 

Il comma 1, lettera c), modifica il comma 208 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007.

Il comma 208 vigente demanda ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze la fissazione dei criteri, delle modalità e dei termini per la razionalizzazione e la riduzione degli oneri, nonché i contenuti e le modalità di trasmissione delle informazioni da parte delle amministrazioni usuarie e conduttrici all'Agenzia del demanio, la quale, in base agli obiettivi contenuti nell'atto di indirizzo di cui al comma 204, definisce annualmente le relative modalità attuative, comunicandole alle predette amministrazioni.

La modifica in commento espunge dal sopra illustrato comma 208 il riferimento all’atto di indirizzo, ai fini del coordinamento con il comma 204 nella versione modificata dalla lettera a) (cfr. supra).

 

Il comma 2 prescrive che dall’attuazione del presente articolo debbano conseguire economie di spesa, in termini di indebitamento netto, non inferiori a:

§      140 milioni di euro per l’anno 2008,

§      80 milioni di euro per l’anno 2009

§      70 milioni di euro a decorrere dall’anno 2010.


Articolo 136
(Otto per mille e cinque per mille)

 


1. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 47, secondo comma, della legge 20 maggio 1985, n. 222, e successive modificazioni, relativamente alla quota destinata allo Stato dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), è incrementata di 60 milioni di euro per l'anno 2008.

2. Al comma 1237 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le parole: «250 milioni di euro» sono sostituite dalle seguenti: «400 milioni di euro».

3. Per l'anno finanziario 2008, fermo quanto già dovuto dai contribuenti a titolo di imposta sul reddito delle persone fisiche, una quota pari al cinque per mille dell'imposta netta, diminuita del credito d'imposta per redditi prodotti all'estero e degli altri crediti d'imposta spettanti, è destinata, nel limite dell'importo di cui al comma 6, in base alla scelta del contribuente, alle seguenti finalità:

a) sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali previsti dall'articolo 7, commi 1, 2, 3 e 4, della legge 7 dicembre 2000, n. 383, e delle associazioni riconosciute che senza scopo di lucro operano in via esclusiva o prevalente nei settori di cui all'articolo 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460;

b) finanziamento agli enti della ricerca scientifica e dell'università;

c) finanziamento agli enti della ricerca sanitaria.

4. I soggetti di cui al comma 3 ammessi al riparto devono redigere, entro un anno dalla ricezione delle somme ad essi destinate, un apposito e separato rendiconto dal quale risulti, anche a mezzo di una relazione illustrativa, in modo chiaro e trasparente la destinazione delle somme ad essi attribuite.

5. Con decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della solidarietà sociale, del Ministro dell'università e della ricerca e del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite le modalità di richiesta, le liste dei soggetti ammessi al riparto e le modalità del riparto delle somme stesse nonché le modalità e i termini del recupero delle somme non rendicontate ai sensi del comma 4.

6. Per le finalità di cui ai commi da 3 a 5 è autorizzata la spesa nel limite massimo di 100 milioni di euro per l'anno 2009.

 


 

 

L’articolo 136 reca disposizioni relative alla destinazione della quota dell’otto per mille (comma 1)e del cinque per mille (commi 2-6) dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (ex IRPEF, ora IRE).

 

In particolare, il comma 1 dispone che l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 47, secondo comma, della legge 20 maggio 1985, n. 222 , e successive modificazioni, relativamente alla quota destinata allo Stato dell’otto per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), venga incrementata di 60 milioni di euro per l’anno 2008.

La relazione illustrativa al disegno di legge presentato al Senato sottolinea come tale rifinanziamento sia finalizzato a recuperare talune criticità gestionali, emerse nel corso dei recenti esercizi, tenuto conto della prevedibile insufficienza dei fondi, ripetutamente manifestatasi negli ultimi anni, rispetto alle complessive richieste di finanziamento di amministrazioni ed enti interessati.

 

Si ricorda che la legge 20 maggio 1985, n. 222[335] ha stabilito che, a decorrere dal 1990, una quota pari all'otto per mille del gettito IRPEF venga destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di caratterereligioso a diretta gestione della Chiesa cattolica (articolo 47, secondo comma).

La scelta relativa all'effettiva destinazione viene effettuata dai contribuenti all'atto della presentazione della dichiarazione annuale dei redditi; in caso di scelte non espresse dai contribuenti, la destinazione viene stabilita in proporzione alle scelte espresse.

Successive disposizioni legislative hanno previsto che la scelta sulla destinazione dell’otto per mille dell’IRPEF possa essere effettuata anche a favore di altre confessioni religiose[336].

Ai sensi dell’articolo 48 della legge n. 222/1985, la quota dell’otto per mille dell’IRPEF devoluta allo Stato deve essere destinata ad interventi straordinari per la fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione dei beni culturali.

I criteri e le procedure per l’utilizzazione della quota dell’otto per mille dell’IRPEF devoluta alla diretta gestione statale sono disciplinati dal D.P.R. 10 marzo 1998, n. 76, come modificato dal D.P.R. 23 settembre 2002, n. 250.

I soggetti che possono accedere alla ripartizione sono:

§       pubbliche amministrazioni;

§       persone giuridiche;

§       enti pubblici e privati.

Sono escluse le persone fisiche e, in ogni caso, i soggetti che operano per fine di lucro.

Per ciò che concerne la procedura per l’utilizzo della quota dell’otto per mille dell’IRPEF devoluta alla diretta gestione statale:

§       entro il 31 luglio di ogni anno la Presidenza del Consiglio dei Ministri elabora lo schema del piano di ripartizione delle risorse derivanti dalla quota dell’otto per mille di gestione statale. Il piano viene predisposto sulla base delle richieste pervenute alla stessa Presidenza del Consiglio entro il 15 marzo antecedente. La Presidenza del Consiglio dei Ministri esamina le domande verificando la sussistenza dei requisiti e considerando le valutazioni delle amministrazioni interessate entro il 30 giugno.

§      esaurita l’istruttoria, entro il 30 settembre di ogni anno lo schema di decreto di ripartizione, con la relativa documentazione, viene trasmesso dal Presidente del Consiglio dei Ministri alle competenti Commissioni parlamentari per l’espressione del parere. Acquisito il parere, o comunque decorso il termine a tal fine previsto, il decreto di ripartizione deve essere adottato entro il 30 novembre di ogni anno.

 

Il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali ha trasmesso, con lettera del 19 settembre 2006 ed ai sensi dell'articolo 7 del citato D.P.R. n. 76/1998, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto n. 175 del Presidente del Consiglio dei ministri, di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale per il 2007.

 

Si ricorda che con  la legge finanziaria 2004[337]era stata disposta, a decorrere dal 2004, la riduzione di 80 milioni di euro dell’autorizzazione di spesa relativa alla quota destinata allo Stato a valere sull’otto per mille del gettito IRPEF, oggi IRE[338].

L’articolo 1, comma 1233, della legge finanziaria per il 2007[339]ha disposto il parziale ripristino delle risorse stanziate, per un importo di 45 milioni di euro nel 2007 e integralmente a decorrere dal 2010, mantenendo intatta la decurtazione di 80 milioni per gli anni 2008 e 2009.

 

Lo stanziamento relativo alla quota dell’otto per mille di gestione statale, iscritto nel disegno di legge di bilancio 2008 al cap. 2780 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze, reca una previsione iniziale di 5 milioni di euro.

 

La Relazione tecnica al disegno di legge finanziaria rileva come l’ammontare dell’otto per mille di diretta gestione statale, da ripartire per l’anno 2008, sia valutabile in 90 milioni di euro, sulla base di una stima delle scelte dei contribuenti intorno al 9%; nella medesima sede si sottolinea tuttavia che detta somma, a causa delle suesposte riduzioni previste dalla legge, si riduce sino ai 5 milioni di euro iscritti nel ddl di bilancio.

 

La previsione aggiornata alla Nota di variazione, che sconta gli effetti derivanti dall’approvazione del disegno di legge finanziaria al Senato, reca di conseguenza uno stanziamento, iscritto al capitolo 2780, pari a 65 milioni di euro.

 

Il comma 2 dispone, il rifinanziamento, per un ammontare pari, nel 2008a 150 milioni di euro, della dotazione finanziaria della misura in materia di 5 per mille IRE

Nel dettaglio, la norma, tramite una novella al comma 1237 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007, prevede l’innalzamento a 400 milioni di euro, rispetto ai 250 milioni già previsti,del limite massimo di spesa derivante dall’applicazione della misura del 5 per mille IRE riferita all’anno finanziario 2007[340] di cui all’art.1, comma 1234, della medesima legge finanziaria.

 

Si ricorda che il citato comma 1234 ha disposto che, per l’anno finanziario 2007, una quota pari al 5 per mille dell’IRPEF sia destinata, sulla base delle scelte dei contribuenti, a:

a.      sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionale e provinciale, delle associazioni riconosciute che operano in determinati settori;

I soggetti che potranno beneficiare della destinazione del 5 per mille sono, in particolare:

-       le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), comprese le ONLUS di diritto (gli organismi di volontariato, le organizzazioni non governative, le cooperative sociali e i loro consorzi e gli enti ecclesiastici e le associazioni di promozione sociale qualificatisi ONLUS limitatamente ad alcune attività );

-       le associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali;

-       le associazioni riconosciute che operano nei seguenti settori: assistenza sociale e socio-sanitaria; assistenza sanitaria; beneficenza; istruzione; formazione; sport dilettantistico; tutela, promozione e valorizzazione delle cose d'interesse artistico e storico; tutela e valorizzazione della natura e dell'ambiente, con esclusione dell'attività', esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi; promozione della cultura e dell'arte; tutela dei diritti civili.

b.      finanziamento agli enti della ricerca scientifica e dell’università;

c.      finanziamento agli enti della ricerca sanitaria.

 

Il successivo comma 1235 destina comunque una quota pari allo 0,5 per cento del totale determinato dalle scelte dei contribuenti all’Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale e alle organizzazioni nazionali rappresentative delle associazioni che possono beneficiare del 5 per mille, riconosciute come parti sociali.

 

La Relazione illustrativa della norma in esame evidenzia come il rifinanziamento di 150 milioni di euro sia finalizzato all’adeguamento della spesa al previsto ammontare dei benefici da erogare per l’anno 2008, secondo le stime delle spettanze di ciascun soggetto destinatario effettuate dall’Agenzia delle entrate, sulla base delle scelte compiute dai contribuenti.

Si ricorda, inoltre,  che l’articolo 20, comma 1, del D.L. n. 159 del 2007 (A. C. 3194) - collegato alla manovra di finanza pubblica - ha disposto l’integrazione di 150 milioni di euro, per l’anno 2007, della dotazione del Fondo nel quale confluisce una quota pari al 5 per mille dell'imposta sul reddito (IRE) destinata al volontariato e alla ricerca. Il comma 1-bis del medesimo articolo, introdotto nel corso dell’esame del decreto-legge presso il Senato, ha inoltre disposto  che al riparto della quota del 5 per mille siano ammesse anche le associazioni sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi, rilasciato dal C.O.N.I. a norma di legge.

 

I commi 3-6, introdotti nel corso dell’esame presso il Senato, ripropongono, per l’esercizio finanziario 2008[341], la misurarelativa alla destinazione del cinque per mille dell’imposta sul reddito, innovandone parzialmente la relativa disciplina rispetto a quanto già disposto per l’esercizio 2007 dai citati commi 1234-1237 della legge dalla legge finanziaria 2007.

 

In particolare, il comma 3 dispone che per l’anno finanziario 2008 una quota pari al 5 per mille dell’IRE – diminuita del credito d’imposta per redditi prodotti all’estero e degli altri crediti spettanti - sia destinata, sulla base delle scelte dei contribuenti, a:

 

§      sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionale e provinciale, delle associazioni riconosciute che senza scopo di lucro operano in via esclusiva o prevalente nei settori indicati dall'articolo 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460.

 

Rispetto all'analoga formulazione contenuta nel comma 1234 della finanziaria 2007, il testo specifica che le associazioni riconosciute che possono beneficiare della misura debbono essere "senza scopo di lucro" ed operare  "in via esclusiva o prevalente" nei settori indicati dal citato articolo 10 del D.lgs.460/97 .

 

§      finanziamento agli enti della ricerca scientifica e dell’università;

§      finanziamento agli enti della ricerca sanitaria.

 

Rispetto alla disciplina prevista dalla legge finanziaria 2007, la norma, in relazione alla quota da destinare alle finalità solidaristiche e sociali,specifica che essa è calcolata al netto del credito d’imposta per redditi prodotti all’estero e degli altri crediti d’imposta spettanti; viene inoltre eliminata la destinazione di una quota, pari allo 0,5 per cento del totale determinato dalle scelte dei contribuenti, all’Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale e alle organizzazioni nazionali rappresentative delle associazioni che possono beneficiare del 5 per mille, riconosciute come parti sociali;

 

Il comma 4, anche in tal casoinnovando la disciplina prevista per l’esercizio finanziario 2007, dispone uno specifico obbligo di rendicontazione in capo ai soggetti beneficiari del riparto,  i quali sono chiamati a redigere, entro un anno dalla ricezione delle somme, apposito e separato rendiconto da cui risulti, anche a mezzo di una relazione illustrativa, in modo chiaro e trasparente la destinazione delle somme ad essi attribuite.

 

Il comma 5 demanda ad un decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi su proposta del Ministro per la solidarietà sociale, del Ministro dell’università e della ricerca e del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e finanze, l’individuazione delle modalità di richiesta, delle liste dei soggetti beneficiari, delle modalità di riparto, nonché le modalità e i termini del recupero delle somme non rendicontate.

 

Rispetto alla disciplina di cui alla citata legge finanziaria per il 2007, al D.P.C.M. di natura non regolamentare si demanda, tra l’altro, la determinazione delle modalità di richiesta e delle modalità e dei termini del recupero delle somme non rendicontate (anziché la sola individuazione dei soggetti beneficiari e delle modalità di riparto delle somme); il D.P.C. M. è inoltre adottato su proposta del Ministro della solidarietà sociale,  del Ministro dell’università e della ricerca e del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, mentre in precedenza proponente era solo il Ministro per la solidarietà sociale di concerto con il Ministro dell’economia.

 

Il comma 6 dell’articolo dispone , infine,  un limite massimo di 100 milioni di euro per l’anno 2009 ai finidell’applicazione della misura del 5 per mille disciplinata ai sensi dei commi da 3 e 5 dell’articolo in esame.

Il limite di spesa è riferito all’anno 2009, in quanto tiene conto, verosimilmente,  dei tempi tecnici necessari per l’erogazione delle somme[342].

 

In ordine al tetto di spesa prevista dal comma in oggetto, si segnala che l’ordine del giorno G84.101 (Benvenuto ed altri), accolto dal Governo nel corso dell’esame al Senato, ha impegnato il Governo a rendere stabile e senza limiti l’utilizzo della misura in esame, nonché a considerare meramente “tecnico” il suddetto tetto di spesa di 100 milioni di euro, così da integrarlo nel corso dell’anno con ulteriori risorse da ripartire durante il 2009.

 

Si ricorda, infine, che con la sentenza n. 202 del 2007, la Corte costituzionale ha valutato legittimo l'intervento finanziario dello Stato nella gestione del Fondo costituito dai proventi del 5 per mille, a fronte delle rivendicazioni di competenza regionale, non trattandosi di un vero e proprio “Fondo”, ma di risorse a favore di determinati beneficiari, rispetto alle quali lo Stato agisce come mandatario della volontà del contribuente, che fa, a sua volta, venir meno la natura tributaria erariale della somma.


Articolo 137
(Riduzione dei componenti degli organi societari delle società in mano pubblica e pubblicità delle consulenze delle amministrazioni pubbliche statali)

 


1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1, commi 459, 460, 461, 462 e 463, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le amministrazioni pubbliche statali che detengono, direttamente o indirettamente, il controllo di società, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile, promuovono entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nelle forme previste dalla vigente normativa, anche attraverso atti di indirizzo, iniziative volte a:

a) ridurre il numero dei componenti degli organi societari a tre, se composti attualmente da più di cinque membri, e a cinque, se composti attualmente da più di sette membri;

b) prevedere, per i consigli di amministrazione o di gestione costituiti da tre componenti, che al presidente siano attribuite, senza alcun compenso aggiuntivo, anche le funzioni di amministratore delegato;

c) sopprimere la carica di vice presidente eventualmente contemplata dagli statuti, ovvero prevedere che la carica stessa sia mantenuta esclusivamente quale modalità di individuazione del sostituto del presidente in caso di assenza o di impedimento, senza titolo a compensi aggiuntivi;

d) eliminare la previsione di gettoni di presenza per i componenti degli organi societari, ove esistenti, nonché limitare la costituzione di comitati con funzioni consultive o di proposta ai casi strettamente necessari.

2. Le modifiche statutarie hanno effetto a decorrere dal primo rinnovo degli organi societari successivo alle modifiche stesse.

3. Nelle società di cui al comma 1 in cui le amministrazioni statali detengono il controllo indiretto, non è consentito nominare, nei consigli di amministrazione o di gestione, amministratori della società controllante, a meno che non siano attribuite ai medesimi deleghe gestionali a carattere permanente e continuativo ovvero che la nomina risponda all'esigenza di rendere disponibili alla società controllata particolari e comprovate competenze tecniche degli amministratori della società controllante. Nei casi di cui al presente comma gli emolumenti rivenienti dalla partecipazione agli organi della società controllata sono comunque riversati alla società controllante.

4. Le società di cui al presente articolo adottano, per la fornitura di beni e servizi, parametri di qualità e di prezzo rapportati a quelli messi a disposizione delle pubbliche amministrazioni dalla Consip s.p.a., motivando espressamente le ragioni dell'eventuale scostamento da tali parametri, con particolare riguardo ai casi in cui le società stesse siano soggette alla normativa comunitaria sugli appalti pubblici.

5. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle società quotate in mercati regolamentati, nonché, relativamente al comma 1, lettera b), alle società di cui all'articolo 1, commi 459 e 461, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

6. Ai fini di quanto disciplinato dal presente articolo, alle società di cui all'articolo 1, comma 729, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, continuano ad applicarsi le disposizioni del predetto comma 729, nonché le altre ad esse relative contenute nella medesima legge n. 296 del 2006.

7. I contratti relativi a rapporti di consulenza con le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono efficaci a decorrere dalla data di pubblicazione del nominativo del consulente, dell'oggetto dell'incarico e del relativo compenso sul sito istituzionale dell'amministrazione stipulante.

 


 

 

L’articolo 137, ai commi da 1 a 3,reca disposizioni volte a ridurre i componenti degli organi delle società in mano pubblica, le quali danno seguito – senza sostituirla - alla disciplina limitativa già introdotta in materia dalla legge finanziaria per 2007 (legge n.296/2006, commi 459-463), che viene infatti richiamata e fatta salva.

 

Si ricorda, in particolare,  che l’art. 1, comma 459, della legge finanziaria 2007 ha disposto la riduzione dei membri dei consigli di amministrazione di Sviluppo Italia S.p.A. e della Sogin S.p.A, prevedendo che i componenti dei suddetti consigli di amministrazione siano ridotti al numero di tre, nonché la cessazione dall’incarico dei consiglieri allora in carica  alla data dell’entrata in vigore della legge finanziaria medesima (1° gennaio 2007). Si è inoltre stabilito che il limite di tre membri del consiglio di amministrazione si applichi alle società controllaterisultanti dal piano di riordino e dismissione delle partecipazione societarie di Sviluppo Italia S.p.A. (ora denominata “Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.”) previsto dal successivo comma 461.

Si rammenta, inoltre, che la legge finanziaria 2007, all’art.1, comma 729) ha introdotto anche norme limitative riferite alle società partecipate dagli enti locali (cfr. infra,  il commento del comma 6).

 

In particolare il comma 1, modificato dal Senato, chiama le amministrazioni pubbliche statali (e non più, come previsto dal testo originario, la generalità delle pubbliche amministrazioni[343]) a porre in essere iniziative atte a incidere sugli organi societari delle società da esse direttamente o indirettamente controllate.

Per la definizione di “controllo” il testo rinvia all’articolo 2359, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile, in base al quale sono considerate società controllate: le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria e le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria. Si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta (cd. controllo “indiretto”).Il controllo indiretto, di cui al comma 2 dell’art. 2359 c.c.,  è basato sul principio della transitività, per il quale se una società controlla un’altra e questa a sua volta una terza, si deduce che la prima società controlli anche la terza.

Tali iniziative devono essere promosse entro 90 giorni dall’entrata in vigore del testo in esame, anche attraverso atti di indirizzo, e sono volte a:

 

a.    ridurre il numero dei componenti degli organi societari (a tre, se gli organi sono composti attualmente da più di cinque membri; a cinque, se se sono composti attualmente da più di sette membri)[344];

b.    prevedere che nei consigli amministrativi o di gestione formati da tre membri le funzioni di amministratore delegato siano attribuite al presidente, senza alcun compenso aggiuntivo per quest’ultimo;

c.    sopprimere del tutto la carica di vice presidente, ove prevista a livello statutario, ovvero specificare che questa permane solo come modalità di individuazione del sostituto del presidente in caso di sua assenza o impedimento, senza che essa dia titolo a compensi aggiuntivi;

d.    eliminare, ove prevista, la corresponsione di gettoni di presenza per i componenti gli organi societari;

e.    limitare ai “casi strettamente necessari” la costituzione di organismi con funzioni consultive o di proposta. 

 

Il comma 2 prevede che le modifiche statutarie, che saranno determinate dalle iniziative delle pubbliche amministrazioni, abbiano effetto a decorrere dal primo rinnovo degli organi societari successivo alle modifiche stesse.

 

Il comma 3 reca una norma relativa alle sole società indirettamente controllate dalle pubbliche amministrazioni statali, nelle quali è fatto divieto di nominare nei consigli d’amministrazione o gestione amministratori della società controllante.

A tale divieto si  può derogare in due casi:

 

§      se sono attribuite a tali soggetti deleghe gestionali a carattere permanente e continuativo;

§      se la nomina è tesa a mettere a disposizione della società controllata particolari e comprovate competenze tecniche degli amministratori della società controllante.

 

Anche nei casi di operatività delle deroghe, gli emolumenti legati alla partecipazione agli organi della società controllata sono comunque “riversati alla società controllante”.

La norma sembra potersi intendere come volta ad escludere che le suddette nomine in deroga comportino emolumenti aggiuntivi per gli amministratori della società controllante, pur apparendo la formulazione sul punto non del tutto chiara, anche sotto il profilo del trattamento fiscale dei compensi eventualmente percepiti e “riversati” alla società controllante .

 

Ai sensi del comma 4 le società in mano pubblica, come individuate dal comma 1, sono invitate ad adottare, per la fornitura di beni e servizi, parametri di qualità e di prezzo rapportati a quelli messi a disposizione delle pubbliche amministrazioni da Consip S.p.A.

Si tratta di una norma non cogente, in quanto dette società possono scostarsi dai parametri, pur dovendo fornire motivazione espressa delle ragioni dello scostamento. Tale onere di motivazione vale soprattutto, ma non esclusivamente, nei casi in cui le società siano soggette alla normativa comunitaria sugli appalti pubblici.

 

Si osserva che i parametri di qualità prezzo devono essere non identici, ma solo “rapportati” a quelli forniti dalla Consip: tale formulazione potrebbe rivelarsi di non agevole interpretazione. Inoltre, si impone alle società controllate dalla mano pubblica - soggetti formalmente privati[345] - un onere di motivazione relativo a transazioni commerciali, senza che siano espressamente indicate le conseguenze legate all’omessa motivazione.

 

Si ricorda che CONSIP s.p.a. è la società cui è stato conferito l'incarico di stipulare convenzioni e contratti quadro per l'acquisto di beni e servizi per conto delle amministrazioni dello Stato (D.M. 24 febbraio 2000). In base all’articolo 26, comma 3, della legge 488/1999 (legge finanziaria 2000) e successive modificazioni, le amministrazioni pubbliche possano ricorrere alle “convenzioni Consip”[346], ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità, come limiti massimi, per l'acquisto di beni e servizi comparabili oggetto delle stesse, anche utilizzando procedure telematiche per l'acquisizione di beni e servizi.

 

Il comma 5 esenta dalla disciplina sopra illustrata le società quotate nei mercati regolamentati.

Inoltre, esenta dall’obbligo relativo alla coincidenza fra la carica di presidente del consiglio d’amministrazione e quella di amministratore delegato - di cui al precedente comma 1, lettera b) - le società Sviluppo Italia S.p.A. (ora “Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa Spa”) e Sogin S.p.A..

 

Si ricorda che la società per azioni “Sviluppo Italia”, interamente posseduta dal Ministero dell’economia e delle finanze, è stata istituita il 26 gennaio 1999, ai sensi del D.Lgs. 9 gennaio 1999 n. 1, successivamente integrato dal D.Lgs. 14 gennaio 2000, n. 3, con il compito di svolgere funzioni di coordinamento, riordino, indirizzo e controllo delle attività di promozione dello sviluppo industriale e dell'occupazione nelle aree depresse del Paese, nonché di attrazione degli investimenti.

I commi 460-464 della legge finanziaria per il 2007 hanno disposto il riassetto della società, che ha assunto la denominazione di “Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa Spa”.

Per quanto concerne la SOGIN, l’articolo 13, comma 2, lettera e), del decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999, impegnava il gruppo ENEL a costituire una società per lo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse, la chiusura del ciclo del combustile e le attività connesse e conseguenti, anche in consorzio con altri enti pubblici o società. Il 31 maggio dello stesso anno ENEL Spa diede vita alla “Società gestione impianti nucleari” (SOGIN Spa).

La SOGIN era dotata di un capitale sociale iniziale di 200 milioni di lire Successivamente, il 3 novembre 2000, in forza di una convenzione, l’ENEL trasferiva l’intero pacchetto azionario SOGIN al Ministero del Tesoro, conformemente a quanto previsto dall’articolo 13, comma 4, del citato decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999. Il valore del ramo d’azienda relativo alle attività nucleari dell’ENEL veniva determinato in 30 miliardi di lire, e l’assemblea straordinaria di SOGIN deliberava un aumento di capitale di lire 30 miliardi da attuarsi mediante conferimento del ramo d'azienda.

Le risorse finanziarie impiegate da SOGIN per l'attuazione dei programmi di messa in sicurezza e smantellamento degli impianti derivano da due diversi contributi: a) il fondo trasferito a SOGIN dall’ENEL all’atto del conferimento delle attività nucleari; b) il finanziamento pubblico accordato dal governo sulla base delle determinazioni dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas a valere sulla componente A2 della tariffa elettrica (oneri nucleari). I programmi di attività di SOGIN sono sottoposti alla valutazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, che ne controlla l’efficienza al fine del riconoscimento da parte dello Stato dei relativi oneri economici.

 

Il comma 6 stabilisce che alle società partecipate, anche in via indiretta, da enti locali, continuano ad applicarsi le norme limitative recate in materia dalla legge finanziaria 2007.

 

Si ricorda che commi 725-733 della legge finanziaria mirano al contenimento della spesa degli enti territoriali. In particolare, i commi 731 e 732 trattano degli emolumenti dei consiglieri circoscrizionali e della composizione dell’organo di revisione economico-finanziario, mentre gli altri commi limitano sia l’entità massima dei compensi spettanti agli amministratori di società partecipate da comuni o province sia il numero complessivo dei componenti i relativi consigli di amministrazione.

In particolare, il comma 729, richiamato dalla disposizione in esame, pone il limite numerico di tre componenti ai consigli di amministrazione delle società totalmente partecipate, anche in via indiretta, da enti locali. Tale limite sale a cinque per le società il cui capitale, interamente versato, raggiunga o superi un determinato importo, il cui ammontare è fissato con D.P.C.M. da adottare su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con i ministri dell'interno e dell'economia e finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

Per tutte le società miste, partecipate cioè anche da altri soggetti pubblici o privati, si dispone che il numero massimo dei componenti il consiglio di amministrazione designati dai soci pubblici locali (inclusi, se presenti, quelli di nomina regionale) non sia superiore a cinque

Le disposizioni illustrate operano una deroga alla disciplina generale recata dal codice civile, secondo la quale spetta all’atto costitutivo o all’assemblea dei soci stabilire il numero degli amministratori delle società per azioni e determinare i relativi compensi (artt. 2328, 2380-bis e 2389 c.c.).

 

Il comma 7 dispone in ordine al diverso tema delle consulenze delle pubbliche amministrazioni.

Esso condiziona l’efficacia dei contratti di consulenza stipulati con le pubbliche amministrazioni (individuate mediante l’usuale rinvio all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001) alla pubblicazione del nominativo del consulente, dell’oggetto dell’incarico e del relativo compenso sul sito istituzionale della pubblica amministrazione stipulante.

 

Si ricorda che la materia degli incarichi di consulenza delle pubbliche amministrazioni è stata oggetto, nel corso degli ultimi anni, di una pluralità di interventi di contenimento.

L’articolo 1, comma 9, della legge finanziaria 2006 (legge n. 266/2005) ha stabilito, ad esempio, che, a decorrere dall’anno 2006, la spesa annua per studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all'amministrazione, sostenuta dalle pubbliche amministrazioni non può essere superiore al 40 per cento di quella sostenuta nell'anno 2004. Precedentemente, l’articolo 1, comma 11, della legge finanziaria 2005 (legge n. 311/2004) ha previsto che l'affidamento di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di consulenze a soggetti estranei all'amministrazione debba essere adeguatamente motivato e che è possibile soltanto nei casi previsti dalla legge ovvero nell'ipotesi di eventi straordinari. In ogni caso, l'atto di affidamento di incarichi e consulenze deve essere trasmesso alla Corte dei conti. L'affidamento di incarichi in assenza dei predetti presupposti costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

Si ricorda, inoltre, per quanto concerne l’affidamento di incarichi di consulenze, che ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001,  le amministrazioni pubbliche - a fronte di esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio - possono conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

L’art. 53 del citato D.Lgs. 165/2001 stabilisce inoltre che le pubbliche amministrazioni sono tenute a comunicare semestralmente al Dipartimento della funzione pubblica l'elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza, con l'indicazione della ragione dell'incarico e dell'ammontare dei compensi corrisposti .

L'altra norma di riferimento in materia - in relazione agli enti locali - è l'articolo 110, comma 6, del D.Lgs. n. 267/2000, in base al quale per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento sull'ordinamento degli uffici può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità. Accanto a tale norma di carattere generale, esistono poi altre disposizioni, di tipo speciale, che consentono agli enti locali di conferire incarichi (ad esempio l'articolo 17 della legge quadro in materia di lavori pubblici n. 109/1994, che prevede la possibilità, alle condizioni e con le modalità ivi stabilite, di conferire incarichi per la progettazione di opere pubbliche).

Le norme di carattere generale richiamate sono quelle che consentono, tra l’altro, il ricorso alle collaborazioni coordinate e continuative: da esse emerge infatti la possibilità di ricorrere a rapporti di collaborazione solo per prestazioni di elevata professionalità e di elevata autonomia nel loro svolgimento.

Sempre con riferimento specifico agli enti locali, l’articolo 1, comma 42 della legge finanziaria 2005 disciplina il conferimento di incarichi di studio e di consulenze da parte degli enti locali con popolazione superiore a 5.000 abitanti, introducendo una serie di aggravi procedurali, volti a rendere più complesso il procedimento di affidamento degli incarichi a soggetti estranei all'amministrazione locale (adeguata motivazione del conferimento dell’incarico, con specifico riferimento all’assenza di strutture organizzative o professionalità interne all’ente in grado di assicurare i medesimi servizi, valutazione dell’organo di revisione economico-finanziaria dell’ente locale e trasmissione alla Corte dei conti dell’atto di affidamento).


Articolo 138
(Disposizioni in materia di arbitrato per le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici economici e le società pubbliche)

 


1. È fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, di inserire clausole compromissorie in tutti i loro contratti aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi ovvero, relativamente ai medesimi contratti, di sottoscrivere compromessi. Le clausole compromissorie ovvero i compromessi comunque sottoscritti sono nulli e la loro sottoscrizione costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale per i responsabili dei relativi procedimenti.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si estendono alle società interamente possedute ovvero partecipate maggioritariamente dalle pubbliche amministrazioni di cui al medesimo comma, nonché agli enti pubblici economici ed alle società interamente possedute ovvero partecipate maggioritariamente da questi ultimi.

3. Relativamente ai contratti aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi già sottoscritti dalle amministrazioni alla data di entrata in vigore del presente articolo e per le cui controversie i relativi collegi arbitrali non si sono ancora costituiti alla data del 30 settembre 2007, è fatto obbligo ai soggetti di cui ai commi 1 e 2 di declinare la competenza arbitrale, ove tale facoltà sia prevista nelle clausole arbitrali inserite nei predetti contratti; dalla data della relativa comunicazione opera esclusivamente la giurisdizione ordinaria. I collegi arbitrali, eventualmente costituiti successivamente al 30 settembre 2007 e fino alla data di entrata in vigore della presente legge, decadono automaticamente e le relative spese restano integralmente compensate tra le parti.

4. Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, il Ministro delle infrastrutture ed il Ministro della giustizia, provvede annualmente a determinare con decreto i risparmi conseguiti per effetto dell'applicazione delle disposizioni del presente articolo affinché siano corrispondentemente ridotti gli stanziamenti, le assegnazioni ed i trasferimenti a carico del bilancio dello Stato e le relative risorse siano riassegnate al Ministero della giustizia per il miglioramento del relativo servizio. Il Presidente del Consiglio dei ministri trasmette annualmente al Parlamento ed alla Corte dei conti una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni del presente articolo.

5. All'articolo 240 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, dopo il comma 15 è inserito il seguente:

«15-bis. Qualora i termini di cui al comma 5 e al comma 13 non siano rispettati a causa di ritardi negli adempimenti del responsabile del procedimento ovvero della commissione, il primo risponde sia sul piano disciplinare, sia a titolo di danno erariale, e la seconda perde qualsivoglia diritto al compenso di cui al comma 10».


 

 

La disposizione interviene in materia di arbitrato in relazione ai contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi.


 

L’arbitrato nelle controversie relative ai lavori pubblici

Il principio del ricorso all’arbitrato nelle controversie relative all’esecuzione dei contratti di appalto di lavori pubblici, che era affermato dall’articolo 32, comma 1, della legge n. 109 del 1994 (legge quadro sui lavori pubblici) è stato introdotto con la (prima) riforma della “legge Merloni” nel 1995 (decreto legge n. 101 del 1995)[347].

Tale disposizione è stata oggetto di divergenti interpretazioni e di critiche, in primo luogo in quanto essa dava adito ad un’interpretazione nel senso dell’obbligatorietà dell’arbitrato, incompatibile con una costante giurisprudenza costituzionale, che sin dal 1977 ha riconosciuto l’illegittimità costituzionale dell’arbitrato obbligatorio. Altre incertezza applicative sono sorte in merito all’applicabilità delle nuove disposizioni alle controversie pendenti.

L’articolo 32 è stato quindi nuovamente modificato con la seconda riforma della “legge Merloni” (legge n. 415 del 1998) che ha istituito presso l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici una camera arbitrale presso la quale doveva essere costituito il collegio arbitrale (procedimento arbitrale cd “amministrato”) al quale le controversie venivano deferite nel caso in cui le parti avessero optato per questa soluzione (la norma chiariva infatti anche in merito alla natura facoltativa dell’arbitrato).

La stessa norma rinviava poi ad un regolamento interministeriale la definizione delle norme procedurali del giudizio arbitrale, la fissazione delle tariffe degli arbitri e la composizione e le modalità di funzionamento della camera arbitrale. In attuazione di tale disposizione è stato emanato il DM 2 dicembre 2000, n. 398, Regolamento recante le norme di procedura del giudizio arbitrale, ai sensi dell'articolo 32, della L. 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni. L’’art. 150 del regolamento di attuazione della legge quadro (DPR n. 554 del 1999) stabiliva inoltre che dei tre arbitri componenti il collegio due fossero scelti dalle parti e il terzo, con funzioni di presidente del collegio, nominato dalla Camera arbitrale e scelto nell'ambito dell'albo camerale sulla base di criteri oggettivi e predeterminati. Altre norme sull’arbitrato sono state poi introdotte nel capitolato generale d’appalto (DM 19 aprile 2000, n. 145):


Un ulteriore intervento sul richiamato articolo 32 - di portata limitata e volto essenzialmente a risolvere talune ambiguità della disciplina - è stato successivamente operato dall’art. 7, comma 1, lettera v) della legge n. 166 del 2002; la disciplina in materia di arbitrato veniva inoltre richiamata –relativamente alle infrastrutture strategiche di cui alla “legge obiettivo” – dall’art. 12, comma 4, del decreto legislativo n. 190 del 2002.

Il sistema di arbitrato delineato dalla normativa richiamata – rispetto al quale, sin dal suo varo, furono avanzate perplessità[348] - è caratterizzato essenzilamente da tre elementi:

- la esplicita facoltatività del ricorso al giudizio arbitrale;

- il carattere amministrato del modello di arbitrato;

- la designazione dei membri del collegio in parte affidata alle parti e in parte alla camera arbitrale (terzo membro).

Tale sistema è stato fortemente intaccato dalla sentenza n. 6337 del Consiglio di Stato (del 17 ottobre 2003) che ha annullato l’articolo 150, comma 3 del DPR n. 554 del 1999 (ed altre disposizioni connesse) nella parte in cui sottrae alla libera determinazione delle parti la scelta del terzo arbitro con funzioni di presidente, attribuendola alla Camera arbitrale. La sentenza era imperniata sul divieto (costituzionale) di istituzione di giurisdizioni speciali e sul riconoscimento che la sottrazione alle parti della designazione dell’intero collegio configurerebbe proprio tale fattispecie, venendo a tradire il principio fondante del modello arbitrale, rinvenibile nell’articolo 810 del cpc. Inoltre, la Camera arbitrale, secondo la citata sentenza, è pur sempre un organo amministrativo, per quanto indipendente, e privo, pertanto di quel carattere di terzietà che il Titolo IV, parte seconda, della Costituzione richiede per tutti i giudici.

La sentenza è stata immediatamente commentata – con allarme – dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici che in data 6 novembre 2003 ha inviato un Atto di segnalazione al Governo e al Parlamento,nel quale si paventavano i rischi derivanti dal conseguente vuoto normativo e si segnalava soprattutto l’incertezza della sorte degli oltre 400 giudizi definiti o in corso – a quel momento – presso la Camera arbitrale.


L’Autorità suggeriva pertanto l’opportunità di un intervento normativo che scongiurasse tali rischi. In occasione della presentazione (nel corso dell’esame al Senato del decreto legge 31 gennaio 2005, n. 7) di un emendamento della Commissione (successivamente ritirato), che aveva il fine di rendere sostanzialmente facoltativo il ricorso al sistema della Camera arbitrale, rimettendo ad un collegio di tre soggetti, liberamente scelti dalle parti, le controversie in materia di lavori pubblici, l’Autorità di vigilanza inviava un nuovo Atto di segnalazione a Governo e Parlamento (24 febbraio 2005). In esso venivano previamente ricordate le storiche diffidenze verso l’istituto dell’arbitrato nel settore dei lavori pubblici[349], ma veniva sostanzialmente valutato positivamente il modello delineato dalla legislazione vigente, basato sulla Camera arbitrale e sulla garanzia di imparzialità da questa offerta, pur ammettendosi che gli effetti (si diceva: “gli inconvenienti”) creati dalla sentenza n. 6337 del 2003 del Consiglio di Stato, avevano inciso profondamente su tale assetto normativo, richiedendo un intervento del legislatore. Tuttavia l’intervento normativo proposto dall’emendamento n. 6.0.3 presentato al Senato veniva in questo documento dell’Autorità fortemente criticato. Effetto di tale norma sarebbe stata la formazione, nell’ordinamento, di due distinti e concorrenziali modelli: un arbitrato – libero - rimesso totalmente alla disponibilità della parti e un altro (residuale e prevedibilmente recessivo) amministrato dalla Camera arbitrale, contraddistinto da un procedimento più rigido, “anche per quanto riguarda la determinazione dei compensi”.

L’Autorità denunciava, fra l’altro, l’abbandono, con questa soluzione, di una tradizione risalente a 144 anni che “ha sempre riservato alla mano pubblica l’intervento nella nomina dei collegi arbitrali, nonché una forma di vigilanza sullo svolgimento del procedimento”. Infine si segnalava il rischio di un aumento degli oneri a carico della PA (prevalentemente soccombente nei giudizi arbitrali) data la fuoriuscita dal sistema di compensi normativamente controllati.

Al fine di superare le criticità sopra evidenziate, è intervenuto l’articolo 5, comma 16 sexies, del decreto-legge n. 35 del 2005 (convertito nella legge n. 80 del 2005) che attraverso una novella al più volte richiamato articolo 32 della legge-quadro:

- in via generale prevede che, anche in materia di lavori pubblici, si applicano le norme dell’arbitrato ordinario contenute nel codice di procedura civile e, in primo luogo, il principio della competenza delle parti a nominare gli arbitri[350];

- stabilisce, tuttavia, che – solo in caso di mancato accordo per la nomina del terzo arbitro, ad iniziativa della parte più diligente, provvede la Camera arbitrale, scegliendo nell’albo previsto dal regolamento di attuazione della legge n. 109;

- fa salvo l’obbligo della fissazione dei compensi secondo le tariffe stabilite dallo stesso DM n. 398 (Allegato);

- fa comunque salva la normativa relativa agli obblighi di deposito del lodo presso la Camera arbitrale (art. 9, comma 4, del DM n. 398 del 2000)[351] e dispone l’obbligo del versamento da parte degli arbitri alla Camera di una quota del valore della controversia (pari all’1/10.000)[352];

- con una norma di chiusura prevede, infine, che ai giudizi arbitrali in materia di lavori pubblici debbano comunque applicarsi le norme procedurali previste dal DM n. 398 del 2000.

Con il comma 16-septies, si interviene poi a sanare la situazione di incertezza venutasi a creare a seguito dell’annullamento del comma 3 dell’articolo 150 del DPR n. 554 del 1999, operato dalla sentenza del Consiglio di Stato dell’ottobre 2003 (e sottolineata nei citati Atti di segnalazione della Autorità di vigilanza) in merito ai procedimenti pendenti o definiti alla data di pubblicazione della sentenza stessa (all’epoca, oltre 400).

Viene infatti disposto che siano fatti salvi tutti i procedimenti arbitrali già definiti o comunque aperti alla data di entrata in vigore della legge di conversione, purché risultino rispettate le disposizioni relative all’arbitrato contenute nel codice di procedura civile, o quelle recate dall’articolo 32 della legge n. 109, come modificato dal precedente comma 16-sexies.

Come rilevato dall’Autorità di vigilanza nell’atto di segnalazione trasmesso a Governo e Parlamento lo scorso 26 ottobre, il decreto-legge n. 35 del 2005 ha introdotto, per l’arbitrato di lavori pubblici, «un sistema “binario” o “alternativo” a seconda che le parti fossero o meno d’accordo sulla nomina del terzo arbitro. In caso di accordo, l’arbitrato doveva svolgersi secondo il modello dell’arbitrato libero, vale a dire applicando la disciplina ordinaria contenuta nel codice di procedura civile, e lasciando agli arbitri il potere di autoliquidazione dei compensi, pur se con l’obbligo di applicare le tariffe allegate al D.M. n. 398 del 2000. Nell’ipotesi, invece, di mancato accordo tra le parti, l’arbitrato si svolgeva secondo il modello di arbitrato amministrato dalla Camera arbitrale, applicando le norme contenute nel DM n. 398/2000 e, solo per quanto da esso non disciplinato, le norme del codice di procedura civile». L’Autorità, richiamando anche la sua precedente segnalazione del 24 febbraio 2005, osserva che, se da un lato «la Camera arbitrale è stata, dunque, reintegrata nei poteri che la sentenza del Consiglio di Stato le aveva sottratto»,i poteri della Camera sono stati indeboliti dal fatto che la sua attività, estesa in origine a tutti gli arbitrati in materia di lavori pubblici, è stata definitivamente limitata ad un intervento “vicario” di una volontà privata mancante».

Sulla materia è infine intervenuto il codice dei contratti pubblici, che nel dettare una disciplina complessiva degli appalti pubblici, di lavori, servizi e forniture, ha previsto anche specifiche disposizioni in materia di arbitrato, abrogando contestualmente la disciplina previgente.

In particolare, l’articolo 241 ha confermato il principio della deferibilità ad arbitri delle controversie su diritti soggettivi in materia di lavori pubblici (estendendolo inoltre ai  servizi, alle forniture, e ai concorsi di progettazione e di idee), nonché dell’intervento della Camera arbitrale soltanto nel caso di mancanza dell’accordo sulla nomina del terzo arbitro, ma ha unificato i due modelli di arbitrato sopra descritti, prevedendo l’applicabilità in via generale ai giudizi arbitrali delle disposizioni del codice di procedura civile. Inoltre, nel prevedere l’istituzione presso l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici della Camera arbitrale, ne conferma la funzione di nomina del terzo arbitro (da scegliere all’interno dell’albo degli arbitri) in caso di mancato accordo tra le parti. Si ricorda che sulla disposizione è intervenuto il decreto legislativo correttivo n. 113 del 2007, che con riferimento alle tariffe, ha confermato l’applicazione del decreto n. 398 del 2000, escludendo espressamente l’applicazione dell'articolo 24 del decreto-legge n. 223 del 2006 (convertito dalla legge n. 248 del 2006). Tale modifica è stata introdotta in accoglimento dei rilievi contenuti nei pareri delle Commissioni competenti di Camera e Senato (espressi rispettivamente il 18 e il 19 luglio 2007), fondati sui costi di gran lunga inferiori che derivano dall'applicazione del suddetto decreto ministeriale in luogo del richiamato articolo 24, come evidenziato anche nella Relazione annuale dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici.

 

 

L'articolo 138 in commento vieta alle pubbliche amministrazioni di inserire clausole compromissorie in tutti i loro contratti aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi ovvero, relativamente ai medesimi contratti, di sottoscrivere compromessi.

 

Si ricorda che per "compromesso" si intende l'accordo con il quale le parti consensualmente decidono di derogare alla giurisdizione ordinaria e di deferire una controversia tra loro già insorta alla cognizione di un arbitro unico o di un collegio di arbitri (art. 807 c.p.c.).

Per "clausola compromissoria" si intende la clausola inserita in un contratto o il patto ad esso accessorio nel quale i contraenti prevedono che le future ed eventuali controversie che tra loro potranno insorgere in ordine a quel contratto saranno giudicate da arbitri (art. 808 c.p.c.).

 

Ai sensi dei commi 1 e 2, il divieto si applica:

- alle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Si tratta di tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 ;

- alle società interamente possedute ovvero maggioritariamente partecipate dalle pubbliche amministrazioni suddette[353];

- agli enti pubblici economici ed alle società interamente possedute ovvero maggioritariamente partecipate da questi ultimi.

 

Si segnala che i soggetti destinatari del divieto non coincidono con i soggetti tenuti all’applicazione del codice dei contratti pubblici. In primo luogo, la nozione di “amministrazione aggiudicatrice” ricomprende anche gli organismi di diritto pubblico (articolo 3, commi 25 e 26), ovvero qualsiasi organismo, anche in forma societaria che sia: a) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; b) dotato di personalità giuridica; c) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico. In secondo luogo, esso trova applicazione – entro determinati limiti e a determinate condizioni – rispetto ad appalti affidati da altri soggetti aggiudicatori e, in primo luogo, dai concessionari di lavori pubblici (cfr. in particolare gli articoli 32 e 142).

 

Il comma 1 individua le conseguenze della violazione del divieto:

§      nella nullità delle clausole compromissorie ovvero dei compromessi comunque sottoscritti;

§      nella configurabilità dell’illecito disciplinare e nella responsabilità erariale per i responsabili dei relativi procedimenti.


 

La ragione della norma secondo la relazione illustrativa e la posizione dell’Autorità di vigilanza

 

La relazione individua la ratio del divieto nell'esigenza di correggere pesanti criticità manifestatesi in maniera non occasionale o episodica, ma anzi con tale costanza e gravità da determinare pesanti rilievi sul punto dell'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture nell'ultima relazione annuale. In particolare, alla luce degli elementi raccolti ed analizzati dall'Autorità, risultano una serie di dati di fatto oggettivi:

- il costo del giudizio arbitrale è significativamente più elevato del giudizio ordinario, prevedendosi cospicui compensi agli arbitri, spese per il segretario del collegio (fissati liberamente dai collegi negli arbitrati liberi, con punte che hanno toccato anche 120.000 euro per una singola procedura), nonché la quota pagata per il deposito del lodo, pari all'1 per mille del valore della controversia;

- ove non sia intervenuta transazione - che, nella stragrande maggioranza dei casi, non è particolarmente vantaggiosa per le ragioni delle amministrazioni - queste sono risultate soccombenti nella quasi totalità dei giudizi arbitrali, secondo una percentuale che si aggira intorno ai due terzi del totale e che, nel solo 2006, ha comportato oneri pari a 320.943.611 euro, senza contare le spese per lo svolgimento del giudizio (compensi agli arbitri, ai segretari e per il deposito del lodo);

- i lodi arbitrali impugnati sono, a loro volta, nella gran parte, dichiarati nulli da parte della Corte d'Appello;

- solo una minoranza degli arbitrati azionati si conclude entro il termine ordinario previsto per la pronuncia del lodo ed, anzi, in alcuni casi, i procedimenti hanno avuto una durata di 700 giorni per poi concludersi con un accordo transattivo.

Si segnala che sulla modifica normativa proposta, l’Autorità di vigilanza ha espresso forti perplessità, osservando in particolare con particolare riferimento “alla sostenibilità da parte del mercato, a causa dell’eccessiva lunghezza dei tempi della giustizia, sia essa ordinaria sia amministrativa”. Secondo l’Autorità, il criterio del doppio binario non sembra offrire la possibilità per uscire dalla criticità dell’istituto; piuttosto il modello di arbitrato amministrato quale normativamente configurato prima della sentenza del Consiglio di Stato “offriva garanzie sufficienti sia in ordine alla natura neutrale ed  imparziale della costituzione del collegio sia in ordine alla possibilità di monitorare l’andamento delle liti sia infine in ordine al contenimento delle spese.»[354] Secondo l’Autorità quindi occorre superare il sistema del doppio binario e “far rientrare nella Camera arbitrale tutta la materia della designazione del terzo arbitro e della regolazione delle tariffe in base a chiari disposti normativi”, attraverso un intervento normativo che modifichi il sistema previsto dagli articoli 241, 242 e 243 del decreto legislativo n. 163 del 2006[355].

 

Il comma 3 reca la norma transitoria volta a disciplinare le controversie relative a contratti già sottoscritti dalle amministrazioni alla data di entrata in vigore della disposizione per le cui controversie i relativi collegi arbitrali non si sono ancora costituiti alla data del 30 settembre 2007.

In tal caso, i soggetti di cui ai commi 1 e 2 hanno l'obbligo di declinare la competenza arbitrale, a condizione però che tale facoltà sia prevista nelle clausole arbitrali inserite nei predetti contratti. Dalla data della relativa comunicazione opera esclusivamente la giurisdizione ordinaria.

La disposizione precisa inoltre che i collegi arbitrali, eventualmente costituiti successivamente al 30 settembre 2007 e fino alla data di entrata in vigore del provvedimento, decadono automaticamente e le relative spese restano integralmente compensate tra le parti.

 

Il comma 4 disciplina il monitoraggio degli effetti finanziari della disposizione e la destinazione di eventuali risparmi da essa generati.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, il Ministro delle infrastrutture ed il Ministro della giustizia, provvede annualmente a determinare con decreto i risparmi conseguiti per effetto dell’applicazione delle disposizioni del presente articolo affinché siano corrispondentemente ridotti gli stanziamenti, le assegnazioni ed i trasferimenti a carico del bilancio dello Stato. Le relative risorse devono essere riassegnate al Ministero della giustizia per il miglioramento del relativo servizio.

La disposizione prevede inoltre la trasmissione annuale al Parlamento ed alla Corte dei conti da parte del Presidente del Consiglio dei ministri di una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni dell'articolo in esame.

 

Il comma 5, introdotto presso l’altro ramo del Parlamento è volto, infine, a novellare l'articolo 240 del Codice dei contratti pubblici. Tale disposizione  reca la disciplina del procedimento per il raggiungimento dell’accordo bonario, che trova applicazione nel caso in cui, a seguito dell'iscrizione di riserve su documenti contabili, l'importo economico dell'opera possa variare in maniera sostanziale.

 

In tal caso, la disposizione prevede l’immediata comunicazione al responsabile del procedimento delle riserve (comma 3) e, da parte di quest’ultimo, la valutazione dell’ammissibilità e della non manifesta infondatezza delle riserve ai fini dell’effettivo raggiungimento del limite di valore (comma 4).

Nel caso di appalti e concessioni di importo pari o superiore a dieci milioni di euro, il responsabile del procedimento promuove la costituzione di apposita commissione. La commissione ha la funzione di formulare, entro novanta giorni dalla apposizione dell’ultima delle riserve, proposta motivata di accordo bonario (comma 5), sulla quale le parti si pronunciano nel termine di 30 giorni dal ricevimento (comma 12). La disposizione disciplina, inoltre, le modalità di costituzione della commissione (commi 6 e 7), la sua composizione (commi 8 e 9), le modalità di definizione dei compensi dei commissari (comma 10), la facoltà delle parti di conferire alla commissione il potere di assumere decisioni vincolanti.

Il comma 13 attribuisce al responsabile del procedimento il compito di formulare la proposta di accordo bonario, quando il soggetto che ha formulato le riserve non provveda alla nomina del componente di sua scelta nel termine di venti giorni dalla richiesta del responsabile del procedimento. Per tale adempimento la disposizione fissa il termine di sessanta giorni dalla scadenza del termine assegnato all’altra parte per la nomina del componente della commissione.

Per gli appalti e le concessioni di importo inferiore a dieci milioni di euro, si prevede la facoltatività della costituzione della commissione da parte del responsabile del procedimento (comma 14) e, nel caso in cui non venga promossa la costituzione della commissione, la formulazione della proposta di accordo bonario da parte del responsabile del procedimento, ai sensi del comma 13.

La disposizione, inoltre, consente il ricorso all’arbitrato nel caso di inutile decorso dei termini di cui ai commi 12 e 13 (comma 16), prevede la redazione del verbale dell’accordo bonario accettato (comma 17), reca la disciplina degli interessi sulla somma riconosciuta in sede di accordo bonario (comma 19), esclude la vincolatività per le parti in caso di mancata sottoscrizione dell’accordo bonario (comma 20), consente l’attivazione del procedimento di accordo bonario nel caso di mancata effettuazione del collaudo o emissione del certificato di regolare esecuzione (comma 21), ne definisce l’ambito di applicazione rispetto ai contratti di servizi e forniture nei settori ordinari e ai contratti di lavori, servizi, forniture nei settori speciali (comma 22).

 

La novella in esame, attraverso l’introduzione del comma 15-bis, è volta a precisare le conseguenze del mancato rispetto dei termini di cui al comma 5 e al comma 13 dell’art. 240 per la formulazione della proposta di accordo bonario rispettivamente da parte della commissione o del responsabile del procedimento.

In particolare la disposizione prevede che:

1) se il mancato rispetto dei termini dipende da ritardi negli adempimenti del responsabile del procedimento, quest’ultimo risponde sia sul piano disciplinare, sia sul piano dei danni erariali;

2) se dipende invece da ritardi negli adempimenti della commissione incaricata di formulare la proposta motivata di accordo bonario, i componenti della commissione perdono ogni diritto al compenso di cui al comma 10.


Articolo 139
(Attività di liquidazione dell’Agenzia Torino 2006)

 


1. A decorrere dal 1o gennaio 2008, le residue attività dell'Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpici Torino 2006 sono svolte, entro il termine di tre anni, da un commissario liquidatore nominato con decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze. Con il medesimo decreto sono precisati i compiti del commissario, nonché le dotazioni di mezzi e di personale necessari al suo funzionamento, nei limiti delle risorse residue a disposizione dell'Agenzia Torino 2006. Le disponibilità che residuano alla fine della gestione liquidatoria sono versate all'entrata del bilancio dello Stato.

2. La destinazione finale degli impianti sportivi e delle infrastrutture olimpiche e viarie comprese nel piano degli interventi di cui all'articolo 3, comma 1, della legge 9 ottobre 2000, n. 285, è stabilita secondo quanto previsto nelle convenzioni attuative del piano stesso, a norma dell'articolo 13, comma 1-bis, della citata legge n. 285 del 2000.


 

 

Il comma 1 dell’articolo in esame prevede la nomina -a decorrere dal 1° gennaio 2008 - di un commissario liquidatore per lo svolgimento, entro il termine di tre anni, delle attività residue dell’Agenzia per i Giochi olimpici Torino 2006.

La disposizione demanda ad un decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze, la nomina del commissario liquidatore, nonché la precisazione dei relativi compiti e delle dotazioni di mezzi e di personale, nei limiti delle risorse residue a disposizione dell’Agenzia Torino 2006.

Le eventuali risorse disponibili alla fine della gestione liquidatoria, dovranno, invece, essere versate all’entrata del bilancio dello Stato.

 

Si ricorda che – in base alla proroga disposta con il comma 1299 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) – l’Agenzia dovrà concludere la propria attività il 31 dicembre 2007. Tale proroga (dal 31 dicembre 2006 al 31 dicembre 2007) è stata finalizzata alla definizione delle procedure espropriative e dei contenziosi pendenti, nonché all’ultimazione dei collaudi tecnico-amministrativi relativi alle opere realizzate per i XX Giochi olimpici invernali "Torino 2006" (svoltisi dal 10 al 26 febbraio 2006) e per i IX Giochi Paralimpici (svoltisi dal 10 al 19 marzo dello stesso anno).

L’Agenzia per i giochi olimpici di Torino era uno degli organi istituiti dalla legge n. 285/2000 per l’organizzazione dei Giochi olimpici invernali «Torino 2006»; con la legge n. 48/2003 ne era stato rafforzato il ruolo essenzialmente operativo quale stazione appaltante nell'ambito degli interventi volti alla realizzazione delle opere strumentali allo svolgimento dei Giochi, mediante l'affidamento di ulteriori competenze, tra le quali quelle in materia di procedure espropriative, ed il conseguente potenziamento anche dal punto di vista organizzativo[356]. Per il funzionamento dell’Agenzia, l’art. 10 della legge n. 285/2000 ha assegnato un contributo straordinario nel limite massimo di lire 5 miliardi per l'anno 2000, di lire 20 miliardi per l'anno 2001 e di lire 10 miliardi per l'anno 2002, nonché le somme previste alla voce «spese generali» compresa nel quadro economico di ciascun progetto delle opere di cui agli allegati 1, 2 e 3 della legge stessa n. 285. Tale importo era commisurato al 3% dell'importo complessivo lordo dei lavori e delle forniture e dell'importo delle indennità di espropriazione. Tale contributo è stato poi assegnato all’Agenzia con il DPCM 14 dicembre 2001. Inoltre, l’art. 13 della stessa legge, come modificato dalla legge n. 48/2003, ha previsto l’emanazione di un apposito regolamento per l’adozione delle disposizioni dirette a disciplinare le modalità di successiva utilizzazione dei beni mobili di proprietà dell'Agenzia (compresi le attrezzature e gli arredi) e il riversamento proporzionale al bilancio degli enti finanziatori delle eventuali somme non utilizzate (risultanti da apposito rendiconto certificato dal collegio dei revisori dei conti dell'Agenzia), nonché la definizione, su proposta degli enti interessati e con le stesse modalità previste per la successiva utilizzazione dei beni mobili di proprietà dell'Agenzia, della definitiva destinazione dei beni immobili che l'Agenzia medesima acquisisce in proprietà utilizzando, anche parzialmente, le somme alla stessa attribuite dall'articolo 10, comma 2.

 

Il comma 2 disciplina la destinazione finale degli impianti sportivi e delle infrastrutture olimpiche e viarie comprese nel piano degli interventi di cui all’art. 3, comma 1, della legge n. 285/2000. La disposizione prevede che essa coincida con quella contemplata nelle convenzioni attuative del medesimo piano, conformemente a quanto disposto dall’art. 13, comma 1-bis, della citata legge n. 285 del 2000.

 

Tale ultima disposizione, come modificata dalla legge n. 48/2003, ha previsto che le convenzioni attuative del piano degli interventi di cui all'art. 3, comma 1, prevedano, in conformità alla legislazione vigente e d'intesa con il Comitato di regia, la definitiva destinazione degli impianti sportivi e delle infrastrutture olimpiche e viarie comprese nel piano medesimo.


Articolo 140
(Limiti alla costituzione e alla partecipazione in società delle amministrazioni pubbliche)

 


1. Al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente o indirettamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. È sempre ammessa la costituzione di società che producono servizi di interesse generale e l'assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell'ambito dei rispettivi livelli di competenza.

2. L'assunzione di nuove partecipazioni e il mantenimento delle attuali devono essere autorizzati dall'organo competente con delibera motivata in ordine alla sussistenza dei presupposti di cui al comma 1.

3. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, cedono a terzi le società e le partecipazioni vietate ai sensi del comma 1.

4. Le amministrazioni che, nel rispetto del comma 1, costituiscono società o enti, comunque denominati, o assumono partecipazioni in società, consorzi o altri organismi, anche a seguito di processi di riorganizzazione, trasformazione o decentramento, adottano, sentite le organizzazioni sindacali per gli effetti derivanti sul personale, provvedimenti di trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali in misura adeguata alle funzioni esercitate mediante i soggetti di cui al presente comma e provvedono alla corrispondente rideterminazione della propria dotazione organica.

5. Fino al perfezionamento dei provvedimenti di rideterminazione di cui al comma 4, le dotazioni organiche sono provvisoriamente individuate in misura pari al numero dei posti coperti al 31 dicembre dell'anno precedente all'istituzione o all'assunzione di partecipazioni di cui al comma 4, tenuto anche conto dei posti per i quali alla stessa data risultino in corso di espletamento procedure di reclutamento, di mobilità o di riqualificazione del personale, diminuito delle unità di personale effettivamente trasferito.

6. I collegi dei revisori e gli organi di controllo interno delle amministrazioni e dei soggetti interessati dai processi di cui ai commi 4 e 5 asseverano il trasferimento delle risorse umane e finanziarie e trasmettono una relazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, segnalando eventuali inadempimenti anche alle sezioni competenti della Corte dei conti.


 

 

L'articolo 140 pone limiti alla costituzione e alla partecipazione in società da parte delle pubbliche amministrazioni.

 

Secondo la relazione illustrativa, la creazione di enti e società per lo svolgimento di compiti di rilevanza pubblica è e rimane uno strumento utilissimo per perseguire maggiore efficienza a vantaggio della collettività. Scopo dell'articolo in esame è tuttavia quello di evitare forme di abuso, la cui esistenza è definita verosimile, tenuto conto che sono circa 3000, ad esempio, le società partecipate dalle pubbliche amministrazioni.

 

Ai sensi del comma 1, al fine di tutelare la concorrenza ed il mercato, le pubbliche amministrazioni non possono:

 

§      costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali,

§      assumere o mantenere direttamente o indirettamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società.

 

Destinatarie del divieto sono le amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 , ossia tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

 

È comunque sempre ammessa la costituzione di società che producono servizi di interesse generale e l’assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle suddette amministrazioni, nell'ambito dei rispettivi livelli di competenza.

 

SI ricorda che, secondo la prassi comunitaria, per servizi di interesse generale si intendono i servizi forniti dalle grandi industrie di rete quali i trasporti, i servizi postali, l'energia e le comunicazioni, nonché qualsiasi altra attività economica soggetta ad obblighi di servizio pubblico, come ad esempio, il servizio pubblico radiotelevisivo.

 

Il comma 2 prevede un procedimento autorizzatorio per quanto riguarda in particolare l'assunzione di nuove partecipazioni ed il mantenimento di quelle esistenti, che devono essere autorizzati dall’organo competente, con delibera motivata in ordine alla sussistenza dei presupposti di cui al comma 1.

 

Le società e le partecipazioni vietate ai sensi del comma 1 devono essere cedute a terzi entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame (comma 3) e tale cessione deve avvenire nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica.

 

Ai sensi del comma 4, nei casi in cui sia comunque necessario costituire, nel rispetto dei limiti di cui al comma 1, società o enti, comunque denominati, o assumere partecipazioni in società, consorzi o altri organismi, anche a seguito di processi di riorganizzazione, trasformazione o decentramento, le amministrazioni devono:

 

§      adottare, sentite le organizzazioni sindacali per gli effetti derivanti sul personale, i provvedimenti di trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali in misura adeguata alle funzioni esercitate mediante i suddetti società, enti, ecc.,

§      provvedere alla corrispondente rideterminazione della propria dotazione organica.

 

Il comma 5 prevede che, sino al perfezionamento dei provvedimenti di rideterminazione di cui al comma 4, le dotazioni organiche sono individuate provvisoriamente in misura pari al numero dei posti coperti al 31 dicembre dell’anno precedente alla costituzione di società o enti o all’assunzione di partecipazioni, tenuto anche conto dei posti per i quali alla stessa data risultino in corso di espletamento procedure di reclutamento, di mobilità o di riqualificazione del personale, diminuito delle unità di personale trasferito.

 

Ai sensi del comma 6, i collegi dei revisori e gli organi di controllo interno delle amministrazioni e dei soggetti interessati dai processi di cui ai commi 4 e 5 devono asseverare il trasferimento delle risorse umane e finanziarie e trasmettere una relazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, segnalando eventuali inadempimenti anche alle sezioni competenti della Corte dei conti.


Articolo 141
(Riorganizzazione delle modalità di attribuzione dei fondi per investimenti e dei trasferimenti correnti per le imprese)

 


1. A decorrere dall'anno 2008, il Fondo per gli investimenti, istituito nello stato di previsione della spesa di ciascun Ministero ai sensi dell'articolo 46 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, è assegnato alle corrispondenti autorizzazioni legislative confluite nel Fondo medesimo. L'articolo 46 della citata legge n. 448 del 2001 cessa di avere efficacia a decorrere dall'anno 2008.

2. A decorrere dall'esercizio 2008 i commi 15 e 16 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, cessano di avere efficacia. Le disponibilità dei fondi da ripartire per i trasferimenti correnti per le imprese, di cui ai predetti commi, sono destinate alle finalità di cui alle disposizioni normative indicate nell'elenco 3 della medesima legge n. 266 del 2005.


 

 

L'articolo 141, il cui testo non ha subito modifiche nel corso dell’esame al Senato, prevede la cessazione dell'efficacia delle disposizioni istitutive dei Fondi per gli investimenti e dei Fondi da ripartire per i trasferimenti correnti alle imprese e l’assegnazione delle relative risorse alle corrispondenti autorizzazioni legislative confluite nei fondi medesimi.

 

La Relazione illustrativa sottolinea, al riguardo, come tali disposizioni siano state concepite nell’ottica di snellimento delle procedure di riparto delle somme disponibili, le quali, ai sensi della normativa vigente (cfr.oltre), prevedono l’acquisizione del parere parlamentare sulla destinazione delle risorse.

 

Si osserva, peraltro, come le disposizioni in esame - che non producono effetti sui saldi di bilancio - possano altresì essere inquadrate nella nuova cornice della decisione di bilancio derivante dalla riclassificazione del Bilancio dello Stato in Missione e Programmi. I suddetti fondi – i quali, allorchè istituiti, sembravano rispondere alla finalità di conferire ai Ministri competenti un certo grado di elasticità nella gestione delle risorse per investimenti di loro spettanza - potrebbero oggi non trovare una collocazione soddisfacente nell’ambito del bilancio riclassificato, mentre le sottostanti autorizzazioni legislative con i relativi stanziamenti potrebbero trovare una più coerente collocazione nell'ambito della nuova articolazione per programmi.

 

Nel dettaglio, relativamente al Fondo per gli investimenti,  istituito nello stato di previsione della spesa di ciascun Ministero ai sensi dell’articolo 46 della legge finanziaria 2002 (legge 28 dicembre 2001, n. 448), il comma 1  stabilisce che il relativo stanziamento sia assegnato alle autorizzazioni di spesa in precedenza confluite nel Fondo e che il citato articolo 46, istitutivo del fondo, cessi di avere efficacia a decorrere dal 2008.

 

Si ricorda, al riguardo, che il citato articolo 46 della legge finanziaria 2002 ha istituito (comma 1) nello stato di previsione della spesa di ciascun Ministero un fondo per gli investimenti per ogni comparto omogeneo di spesa, ove far confluire le risorse relative ad autorizzazioni di spesa per nuovi investimenti, disponendo altresì che in detto Fondo (comma 2) confluissero gli stanziamenti disposti in bilancio relativamente ad investimenti già autorizzati in precedenza, da individuarsi con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente. Il medesimo articolo  (comma 3) ha disposto,  a decorrere dal 2003, l’applicabilità ai fondi per gli investimenti di cui al comma 1 della procedura di rifinanziamento pluriennale nella Tabella D della legge finanziaria.

La finanziaria per il 2002 (articolo 46, comma 4) ha poi previsto che in allegato al disegno di legge finanziaria fossero analiticamente evidenziate le autorizzazioni di spesa e gli stanziamenti confluiti in ciascuno dei fondi per gli investimenti da istituire nei singoli stati di previsione, nonché (articolo 46, comma 5) che i Ministri competenti presentassero annualmente al Parlamento, per l’acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni, una relazione nella quale individuare le destinazioni delle disponibilità di ciascun fondo[357].

I fondi per gli investimenti costituiti nei singoli stati di previsione sono stati esposti, per la prima volta, nell’allegato 2 della legge finanziaria 2003, con l’indicazione delle singole autorizzazioni legislative (e di relativi importi) in essi confluite, per ciascun comparto omogeneo di spesa.

La disciplina vigentedispone quindi che gli stanziamenti iscritti nei fondi unici sono trasferiti ai capitoli di spesa relativi ai singoli interventi con decreto ministeriale, successivamente all'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari.

Sino al disegno di legge di bilancio 2008 gli stanziamenti relativi ai fondi unici per gli investimenti sono allocati in un’unica unità previsionale di base e, all’interno di essa, in un unico capitolo. I capitoli corrispondenti alle singole autorizzazioni di spesa confluite nei fondi sono comunque mantenuti e, relativamente ad essi, nella voce di competenza è stata  riportata l’indicazione “per memoria”; per la cassa, invece, è iscritta una autorizzazione di spesa correlata alla presenza di residui.

Con la ripartizione delle disponibilità di ciascun fondo per gli investimenti, i capitoli relativi ai singoli interventi sono successivamente dotati, in conto competenza, delle risorse indicate nella relazione concernente la ripartizione del fondo, come eventualmente modificata a seguito delle indicazioni delle competenti Commissioni parlamentari; conseguentemente sono  adeguate anche le autorizzazioni di cassa.

Alla luce della disciplina proposta con l’articolo in esame,  a seguito della Nota di variazioni – che recepisce gli effetti dell’approvazione in prima lettura da parte del Senato del disegno di legge finanziaria per il 2008 - i capitoli relativi ai Fondi unici risultano soppressi e le  rispettive risorse sono iscritte direttamente nei capitoli relativi ai singoli interventi di spesa autorizzati legislativamente.

In conseguenza dell’approvazione del comma 1 è stato inoltre soppresso il comma 8 dell’articolo 96 del disegno di legge (A.S. 1817), relativo all’approvazione dell’allegato 2, che esponeva appunto le autorizzazioni di spesa destinate a confluire nei Fondi per gli investimenti.

 

Per quanto attiene ai fondi per i trasferimenti correnti alle imprese, il  comma 2 dispone, a decorrere dall’esercizio 2008,  la cessazione dell’efficacia delle norme istitutive (articolo 1, commi 15 e 16  della legge finanziaria 2006, legge 23 dicembre 2005, n. 266) e la destinazione delle relative risorse disponibili alle finalitàdi cui alle disposizioni normative indicate nell’elenco 3 della citata legge finanziaria 2006.

 

Si ricorda, che il citato articolo 1, comma 15, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005) ha previsto l’istituzione, a decorrere dal 2006, nello stato di previsione di ciascun Ministero, di un Fondo da ripartire in cui far confluire le dotazioni finanziarie delle unità previsionali di base relative ai trasferimenti correnti alle imprese[358]. Le dotazioni finanziarie delle unità previsionali di base confluite in ciascun Fondo, per gli anni 2006-2008, erano indicate nell'elenco 3 allegato alla legge finanziaria medesima.

Il successivo comma 16 della medesima legge n. 266/2005 disponeva poi la presentazione al Parlamento di una relazione annuale, da parte dei Ministri competenti, nella quale individuare la destinazione delle disponibilità di ciascun fondo, nell'ambito delle autorizzazioni di spesa e delle tipologie di interventi confluiti in esso, sulla quale le Commissioni parlamentari competenti erano chiamate ad esprimere un parere.


Articolo 142
(Riqualificazione del bilancio dello Stato attraverso una modifica del termine di perenzione dei residui delle spese in conto capitale e programma di ricognizione)

 


1. All'articolo 36, terzo comma, del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, le parole: «settimo esercizio successivo» sono sostituite dalle seguenti: «terzo esercizio successivo».

2. Con cadenza triennale, a partire dall'anno 2008, e con le modalità di cui al comma 3, si provvede all'analisi ed alla valutazione dei residui passivi propri di conto capitale di cui all'articolo 275, secondo comma, lettera c), del regolamento di cui al regio decreto 23 maggio 1924, n. 827, ai fini della verifica della permanenza dei presupposti indicati dall'articolo 20, terzo comma, della legge 5 agosto 1978, n. 468.

3. Per le finalità di cui al comma 2, il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con le amministrazioni interessate, promuove un programma di ricognizione dei residui passivi di cui al comma 2, da attuare in sede di Conferenza permanente prevista dall'articolo 9 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, n. 38, e da concludere entro il 30 aprile, con l'individuazione di quelli per i quali, non ricorrendo più i presupposti di cui al medesimo comma 2, si dovrà procedere alla eliminazione.

4. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati, è quantificato l'ammontare degli stanziamenti in conto residui da eliminare ai sensi del comma 3, che sono conseguentemente versati dalle amministrazioni interessate all'entrata del bilancio dello Stato, nonché l'ammontare degli stanziamenti da iscrivere, compatibilmente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica e comunque nei limiti degli effetti positivi stimati in ciascun anno in termini di indebitamento netto conseguenti alla eliminazione dei residui, in appositi fondi da istituire negli stati di previsione delle amministrazioni medesime per il finanziamento di nuovi programmi di spesa o di quelli già esistenti. L'utilizzazione dei fondi è disposta con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro interessato, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

 


 

 

L'articolo 142, che non ha subito modifiche nel corso dell'esame, al comma 1, riduce - attraverso una modifica alla disciplina contabile [359] - da sette a tre anni il termine di perenzione dei residui passivi propri di conto capitale (cioè riduce il termine di iscrizione in bilancio delle somme di conto capitale impegnate ma non pagate nel corso degli esercizi precedenti, cd. residui [360]).

 

In particolare, l’articolo 36, terzo comma, del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440 [361], stabilisce che i residui delle spese in conto capitale, derivanti da importi che lo Stato abbia assunto obbligo di pagare per contratto o in compenso di opere prestate o di lavori o di forniture eseguiti, non pagati entro il settimo esercizio successivo a quello in cui è stato iscritto il relativo stanziamento, si intendono perenti agli effetti amministrativi. Le somme eliminate possono riprodursi in bilancio con riassegnazione ai pertinenti capitoli degli esercizi successivi.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge finanziaria per il 2008 finalizza tale riforma “al contenimento del livello dei residui passivi, anche in considerazione della circostanza che le recenti manovre di finanza pubblica, realizzate anche attraverso la limitazione di autorizzazioni di cassa hanno comportato, da un canto, un positivo effetto sul fabbisogno, ma, da un altro, una inevitabile lievitazione del volume dei residui”.

L’allegato 7 dello stesso disegno di legge ascrive al comma in esame identici effetti, in termini di fabbisogno e di indebitamento, pari a 1.530 milioni di euro per il 2008, 1.340 milioni per il 2009 e 1.310 milioni per il 2010.

 

Secondo la Corte dei Conti [362], una parte non marginale delle somme eliminate e versate all’entrata in virtù di tale misura dovrà essere reiscritta nel Fondo per la riassegnazione dei residui passivi in conto capitale eliminati per perenzione amministrativa, trattandosi di debiti riconosciuti verso terzi che continuano ad esistere quali partite patrimoniali negative, a cui prima o poi occorrerà far fronte. Lo stanziamento per il 2008 relativo al suddetto Fondo è stato del resto quasi raddoppiato rispetto alle previsioni dell’anno precedente, passando da 500 a 900 milioni di euro [363].

Rimane pertanto l’esigenza di un’attente valutazione che dimostri l’effetto riduttivo netto di tale misura sul disavanzo.

Si ricorda, infatti, a questo proposito, quanto previsto dal “Regolamento di semplificazione delle procedure di reiscrizione nel bilancio dello Stato dei residui passivi perenti[364], il quale disciplina il procedimento per il pagamento, su richiesta degli aventi diritto, di somme relative a residui passivi perenti di parte corrente ed in conto capitale da reiscrivere nel bilancio dello Stato, prevedendo, all’articolo 2, che, per i residui passivi perenti in conto capitale, la competente amministrazione accerta l'effettiva assunzione da parte dello Stato dell'obbligo di pagare l'importo richiesto per contratto o in compenso di opere prestate o di lavori o di forniture eseguiti. Accertata la fondatezza della richiesta, il responsabile del competente ufficio di livello dirigenziale generale richiede all'amministrazione del tesoro, la reiscrizione in bilancio delle risorse occorrenti mediante trasferimento di somme dai fondi di riserva generale, cioè il Fondo di riserva per le spese obbligatorie e d’ordine e il Fondo per la riassegnazione dei residui passivi perenti di conto capitale, rispettivamente disciplinati dall'articolo 7 ed dall'articolo 8 della legge di contabilità (l. n. 468/1978), al capitolo di provenienza dell'amministrazione competente, da effettuarsi con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.

 

Il comma 2 prevede che, con cadenza triennale a partire dal 2008, si debba effettuare l'analisi e la valutazione dei residui passivi propri di conto capitale, consistenti in somme riferibili ad impegni registrati dalle amministrazioni in base ad atti formali [365], al fine di verificare la permanenza dei presupposti per il loro mantenimento in bilancio, come indicati dalla legge nazionale di contabilità [366], cioè l’esistenza di obbligazioni giuridicamente perfezionate.

 

Si ricorda che l’articolo 20, terzo comma della legge n. 468 del 1978 [367] del dispone che costituiscono impegni sugli stanziamenti di competenza le sole somme dovute dallo Stato a seguito di obbligazioni giuridicamente perfezionate.

 

La previsione suddetta sembra dunque essere finalizzata ad operare una ricognizione puntuale della effettiva configurazione dei residui iscritti in bilancio, in particolare, in base alla suddetta verifica, potrà essere periodicamente riscontrata l’effettiva corrispondenza tra atti di impegno adottati dall’amministrazione ai fini del mantenimento in bilancio in conto residui delle suddette somme, ed effettiva esistenza, alla base di tali atti di impegno, di obbligazioni giuridicamente perfezionate.

 

Il comma 3, detta le modalità con le quali opera la ricognizione di cui al comma 2. In particolare, si prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con le amministrazioni interessate, promuove un programma di ricognizione dei residui passivi di cui al comma 2, da attuare in seno alla Conferenza permanente tra i rappresentanti degli uffici centrali del bilancio e quelli dei corrispondenti uffici delle amministrazioni interessate, istituita presso ciascun ufficio centrale del bilancio dall’art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, n. 38.

Il programma di ricognizione si deve concludere, entro il 30 aprile, con l'individuazione dei residui passivi per i quali non ricorrono più i presupposti (cioè l’esistenza di un’obbligazione giuridicamente perfezionata sottostante) per il loro mantenimento in bilancio.

 

Si ricorda che gli uffici centrali del bilancio operano alle dipendenze del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’Economia e finanze, e sono disciplinati dall’articolo 9 del D.P.R. n. 38/98[368]. Essi sono istituiti presso tutte le amministrazioni centrali (ministeri) e presso alcune Direzioni generali dei Ministeri.

Tali uffici provvedono, tra l’altro, alla tenuta delle scritture contabili e alla registrazione degli impegni di spesa risultanti dai provvedimenti assunti dagli uffici amministrativi sotto la responsabilità dei dirigenti competenti, secondo le modalità del procedimento del controllo preventivo di ragioneria (art. 9, comma 1)[369]. Presso ciascun Ufficio centrale del bilancio è costituita una Conferenza permanente, formata dai rappresentanti dell'ufficio centrale del bilancio e dei corrispondenti uffici dell'amministrazione interessata (articolo 9, comma 3). La Conferenza contribuisce ad assicurare il più efficace esercizio da parte dell’amministrazione dei compiti in materia di programmazione dell'attività finanziaria, di monitoraggio finanziario dell'attuazione delle manovre di bilancio e di valutazione tecnica dei costi e degli oneri dei provvedimenti, delle funzioni e dei servizi istituzionali e delle iniziative legislative nel settore di pertinenza dell'amministrazione. A tal fine la Conferenza elabora in sede tecnica metodologie e criteri di valutazione dei costi e degli oneri finanziari sulla base della specifica disciplina del settore e può compiere, a fini istruttori, le valutazioni relative ai provvedimenti che le sono sottoposti, con particolare riguardo alle relazioni tecniche dei provvedimenti che comportano conseguenze finanziarie, di cui all’art. 11-ter della legge 5 agosto 1978, n. 468.

Tale disciplina è destinata peraltro ad essere modificata a seguito dell’adozione, ai sensi dell’articolo 1, commi 404-416 e commi 426-429 della legge finanziaria 2007, del nuovo regolamento di organizzazione, il cui schema è già stato oggetto di parere parlamentare [370]. Tale schema prevede che gli uffici centrali del bilancio definiti di livello dirigenziale generale siano tredici, così come previsto dalla disciplina vigente [371] e, in modo nuovo rispetto a questa, che ciascuno di essi operi presso uno o presso più Ministeri. Conferma la previsione della Conferenza permanente in seno a ciascun ufficio.

 

Il comma 4 prevede altresì che, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati, venga quantificato:

 

-       l’ammontare degli stanziamenti in conto residui da eliminare, che devono essere conseguentemente versati dalle amministrazioni interessate all’entrata del bilancio dello Stato,

-       l’ammontare degli stanziamenti da iscrivere, compatibilmente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica e comunque nei limiti degli effetti positivi stimati in ciascun anno in termini di indebitamento netto conseguenti alla eliminazione dei residui, in appositi fondi da istituire negli stati di previsione delle amministrazioni medesime per il finanziamento di nuovi programmi di spesa o di quelli già esistenti. L’utilizzazione di tali fondi è disposta con a decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro interessato, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.


Articolo 143
(Limiti ai prelevamenti dalla Tesoreria statale)

 


1. Per il triennio 2008-2010 i soggetti titolari di conti correnti e di contabilità speciali aperti presso la Tesoreria dello Stato, inseriti nell'elenco del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, non possono effettuare prelevamenti dai rispettivi conti aperti presso la Tesoreria dello Stato superiori all'importo cumulativamente prelevato alla fine di ciascun bimestre dell'anno precedente aumentato del 2 per cento. Sono esclusi da tale limite le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti locali di cui all'articolo 2, commi 1 e 2, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, gli enti previdenziali, gli enti del Servizio sanitario nazionale, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, gli enti del sistema camerale, gli enti gestori delle aree naturali protette, l'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM), l'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS), le autorità portuali, il Ministero dell'economia e delle finanze per i conti relativi alle funzioni trasferite a seguito della trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni, le agenzie fiscali di cui all'articolo 57 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, ed i conti accesi ai sensi dell'articolo 576 del regolamento di cui al regio decreto 23 maggio 1924, n. 827, e successive modificazioni. Sono, inoltre, esclusi i conti riguardanti interventi di politica comunitaria, i conti intestati ai fondi di rotazione individuati ai sensi dell'articolo 93, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, o ai loro gestori, i conti relativi ad interventi di emergenza, il conto finalizzato alla ripetizione di titoli di spesa non andati a buon fine, nonché i conti istituiti nell'anno precedente a quello di riferimento.

2. I soggetti interessati possono richiedere al Ministero dell'economia e delle finanze deroghe al vincolo di cui al comma 1 per effettive e motivate esigenze. L'accoglimento della richiesta ovvero l'eventuale diniego, totale o parziale, è disposto con determinazione dirigenziale. Le eccedenze di spesa riconosciute in deroga devono essere riassorbite entro la fine dell'anno di riferimento, fatta eccezione per quelle correlate al pagamento degli oneri contrattuali a titolo di competenze arretrate per il personale.

3. Il mancato riassorbimento delle eccedenze di spesa di cui al comma 2 comporta che, nell'anno successivo, possono essere effettuate solo le spese previste per legge o derivanti da contratti perfezionati, nonché le spese indifferibili la cui mancata effettuazione comporta un danno. I prelievi delle amministrazioni periferiche dello Stato sono regolati con provvedimenti del Ministro dell'economia e delle finanze.

 


 

 

L’articolo 143 conferma, per il triennio 2008-2010, l’applicazione delle misure relative al controllo sui prelevamenti dai conti di tesoreria di determinate categorie di enti titolari di conti correnti e di contabilità speciali aperti presso la Tesoreria dello Stato.

 

Disposizioni dirette al controllo dei flussi di tesoreria degli enti sottoposti al sistema di Tesoreria unica, con l’obiettivo di porre limiti alla crescita della spesa delle pubbliche amministrazioni, sono state introdotte a partire dalla manovra di finanza pubblica per il 1997 (legge n. 662/1996 e D.L. n. 669/1996).

Sono state, a tal fine, stabilite una serie di misure dirette ad imporre, da un lato, limiti ai pagamenti dal bilancio dello Stato sui conti di tesoreria unica che presentano elevate giacenze (per enti territoriali, università, enti di ricerca) e, dall’altro, vincoli sui tiraggi dai conti stessi da parte dei soggetti intestatari dei conti, con l’obiettivo del contenimento della spesa delle pubbliche amministrazioni.

L’applicazione di tali misure, estese agli anni successivi dalle leggi finanziarie, è stata, da ultimo, confermata per il triennio 2005-2007 dalla legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), che all’articolo 1, commi 18-19, ha disposto l’applicazione dei limiti ai tiraggi di tesoreria, estendendoli a tutti gli enti titolari di conti correnti e contabilità speciali di tesoreria rientranti nell’elenco delle amministrazioni pubbliche (D.M. Economia 21 febbraio 2005), e al comma 20, ha ribadito le misure relative ai limiti massimi di giacenza sui conti di tesoreria nei confronti degli enti che, in quanto soggetti al sistema di Tesoreria unica, sono obbligati a tenere le disponibilità liquide in contabilità speciali o in conti correnti aperti presso la tesoreria statale (D.M. Economia 15 marzo 2005).

 

Come indicato nella relazione illustrativa, l’estensione al triennio 2008-2010 del sistema di controllo bimestrale dei prelevamenti di tesoreria statale, attualmente applicato nei confronti dei soggetti ricompresi nel settore delle amministrazioni pubbliche ai sensi della legge finanziaria per il 2005, è effettuato al fine di impedire che “il venir meno del vincolo ai prelevamenti di cassa dalla tesoreria statale possa pregiudicare gli obiettivi di fabbisogno degli enti decentrati di spesa, interessati dalla norma, già previsti nel tendenziale di spesa del triennio 2008-2010”.

 

In particolare, il comma 1, primo periodo,conferma per il triennio 2008-2010 l’applicazionedi limiti ai tiraggi di tesoreria ai soggetti, titolari di conti correnti e contabilità speciali aperti presso la tesoreria, ricompresi nell’elenco del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche.

 

Ai sensi dell’articolo 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato sono individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 luglio di ogni anno.Per il 2008, l’elenco è quello di cui al Comunicato ISTAT 29 luglio 2007 (pubblicato G.U. 31 luglio 2007, n. 176), con la successiva integrazione pubblicata in G. U n. 252 del 29 ottobre 2007.

 

Anche per quanto concerne il limite massimo ai prelevamenti dai conti di tesoreria da applicare per il triennio 2008-2010, il comma 1 riproduce, sostanzialmente, quanto già previsto dalla normativa vigente: gli enti interessati non possono effettuare prelevamenti dai rispettivi conti superiori all'importo cumulativamente prelevato alla fine di ciascun bimestre dell'anno precedente, aumentato del 2 per cento.

 

Il secondo periodo del comma 1 reca l’indicazione delle amministrazioni pubbliche indicate nell’elenco 1 che vengono escluse dall’applicazione della normativa sui tiraggi di tesoreria.

A seguito delle modifiche approvate dal Senato, sono esclusi dal suddetto limite del 2 per cento:

 

a)   le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

b)   gli enti locali di cui all'art. 2, commi 1 e 2, del Testo Unico enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267/2000 (comuni, province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane e unioni di comuni);

c)   gli enti previdenziali;

d)   gli enti del Servizio sanitario nazionale;

e)   il CNEL;

f)     gli enti del sistema camerale (in quanto fouriusciti dal sistema della Tesoreria unica ai sensi dell’art. 1, co. 45, della legge n. 266/2005);

g)   enti gestori delle aree naturali protette;

h)   Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al Mare (ICRAM);

i)      Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS);

j)      le autorità portuali;

k)    il Ministero dell'economia e delle finanze, per i conti relativi alle funzioni trasferite a seguito della trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni;

l)      le Agenzie fiscali;

m)i conti su cui sono versate le somme pagate per conto della Cassa depositi e prestiti e del Fondo edifici di culto, nonché delle amministrazioni ed aziende autonome e degli enti pubblici a ciò autorizzati (accesi ai sensi dell'articolo 576 del RD n. 827 del 1924);

n)   i conti riguardanti interventi di politica comunitaria;

o)   i conti intestati ai fondi di rotazione individuati ai sensi dell'articolo 93, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, o ai loro gestori[372].

p)   i conti relativi ad interventi di emergenza;

q)   il conto finalizzato alla ripetizione di titoli di spesa non andati a buon fine;

r)     i conti istituiti nell'anno precedente a quello di riferimento.

 

Rispetto alle esclusioni previste dalla normativa vigente, definite, da ultimo, con riferimento al triennio 2005-2007, dal D.M. Economia 21 febbraio 2005[373], il comma in esame esclude dall’applicazione dei limiti ai tiraggi di tesoreria: gli enti del sistema camerale; gli enti gestori delle aree naturali protette; l’Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al Mare (ICRAM); l’Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS) e le autorità portuali.

 

Si ricorda che gli enti gestori delle aree naturali protette sono, ai sensi dell’art. 9 della legge quadro sulle aree naturali protette n. 394 del 1991, gli enti parco, dotati di personalità di diritto pubblico, con sede legale e amministrativa nel territorio del parco e sottoposti alla vigilanza del Ministro dell'ambiente. Con la citata legge si è provveduto alla classificazione delle aree naturali protette ed è stato istituito, altresì, l’Elenco ufficiale delle aree protette, nel quale vengono iscritte tutte le aree che rispondono a criteri stabiliti dalla delibera 1° dicembre 1993 del Comitato Nazionale per le Aree Naturali Protette[374]. Tale elenco, periodicamente aggiornato a cura del Ministero dell'Ambiente, è stato da ultimo rivisto con la delibera della Conferenza Stato Regioni del 24 luglio 2003[375].

Per quanto riguarda l’ICRAM (Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare), esso è un ente pubblico di ricerca e sperimentazione, vigilato dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, con il compito di fornire istituzionalmente supporto alle politiche delle Amministrazioni centrali competenti e agli Enti Territoriali nella risoluzione delle problematiche ambientali marine, anche attraverso la predisposizione di linee di indirizzo per lo sviluppo sostenibile, la salvaguardia della biodiversità in ambiente marino e costiero e nelle politiche per la pesca e la maricoltura sostenibili. Nato nel 1982 con il nome ICRAP (Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica Applicata Alla Pesca a e tecnologica Applicata al Mare) con lo scopo di supportare l'azione della Direzione Generale della Pesca Marittima dell'ex Ministero della Marina Mercantile nella politica di gestione delle risorse alieutiche, successivamente, in conseguenza dell’estensione delle relative competenze alla tutela dell'ambiente marino e della sostenibilità delle attività produttive, ha cambiato denominazione con la legge n. 220 del 1992.

L’INFS (Istituto nazionale per la fauna selvatica) è l’organismo di ricerca e consulenza per lo Stato e gli enti locali in tema di conservazione e gestione del patrimonio faunistico nazionale istituito ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”. L’Ente è vigilato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni. L’Istituto ha competenza nel settore della conservazione e gestione della fauna selvatica omeoterma, assolve i compiti previsti dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, dal DPR 8 settembre 1997, n. 357 di attuazione della direttiva 92/43/CEE (“Direttiva Habitat”), nonché da specifiche leggi regionali in materia, ed opera quale organo scientifico e tecnico di ricerca e consulenza per lo Stato, le Regioni, le Province e gli Enti gestori delle aree protette.

 

Analogamente a quanto già disposto dalla normativa vigente[376], il comma 2 prevede la facoltà per i soggetti interessati di richiedere al Ministero dell’economia e delle finanze deroghe ai vincoli relativi ai limiti ai tiraggi per effettive e motivate esigenze.

Il Ministero dell'economia e delle finanze provvede all’accoglimento della richiesta o al diniego, totale o parziale, con determinazione dirigenziale.

Rispetto alla richiamata disciplina di cui all’articolo 1, comma 19, della legge n. 311/2004, il comma prevede che l’ente sia tenuto a riassorbire le eccedenze di spesa riconosciute in deroga entro la fine dell’anno di riferimento, fatta eccezione per quelle correlate al pagamento degli oneri contrattuali a titolo di competenze arretrate per il personale,

 

Il mancato riassorbimento delle eccedenze di spesa comporta, ai sensi del comma 3, che nell'anno successivo potranno essere effettuate esclusivamente le spese previste per legge o derivanti da contratti perfezionati, nonché le spese indifferibili la cui mancata effettuazione comporta un danno.

I prelievi delle amministrazioni periferiche dello Stato sono regolati con provvedimenti del Ministro dell'economia e delle finanze.

La natura di tali provvedimenti non viene peraltro specificata.


Articolo 144
(Emolumenti, consulenze, responsabilità contabile,
controllo della Corte dei conti)

 


1. Il comma 593 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è abrogato.

2. Il trattamento economico onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle pubbliche finanze emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, agenzie, enti pubblici anche economici, enti di ricerca, università, società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica nonché le loro controllate, ovvero sia titolare di incarichi o mandati di qualsiasi natura nel territorio metropolitano, non può superare quello del primo presidente della Corte di cassazione. Il limite si applica anche ai magistrati ordinari, amministrativi e contabili, ai presidenti e componenti di collegi e organi di governo e di controllo di società non quotate, ai dirigenti. Il limite non si applica alle attività di natura professionale e ai contratti d'opera, che non possono in alcun caso essere stipulati con chi ad altro titolo percepisce emolumenti o retribuzioni ai sensi dei precedenti periodi, aventi ad oggetto una prestazione artistica o professionale indispensabile per competere sul mercato in condizioni di effettiva concorrenza. Nessun atto comportante spesa ai sensi dei precedenti periodi può ricevere attuazione, se non sia stato previamente reso noto, con l'indicazione nominativa dei destinatari e dell'ammontare del compenso, attraverso la pubblicazione sul sito web dell'amministrazione o del soggetto interessato, nonché comunicato al Governo e al Parlamento. In caso di violazione, l'amministratore che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l'ammontare eccedente la cifra consentita. Le disposizioni di cui al primo e al secondo periodo del presente comma non possono essere derogate se non per motivate esigenze di carattere eccezionale e per un periodo di tempo non superiore a tre anni, fermo restando quanto disposto dal periodo precedente. Le amministrazioni, gli enti e le società di cui al primo e secondo periodo del presente comma per i quali il limite trova applicazione sono tenuti alla preventiva comunicazione dei relativi atti alla Corte dei conti. Per le amministrazioni dello Stato possono essere autorizzate deroghe con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, nel limite massimo di 25 unità, corrispondenti alle posizioni di più elevato livello di responsabilità. Coloro che sono legati da un rapporto di lavoro con organismi pubblici anche economici ovvero con società a partecipazione pubblica o loro partecipate, collegate e controllate, e che sono al tempo stesso componenti degli organi di governo o di controllo dell'organismo o società con cui è instaurato un rapporto di lavoro, sono collocati di diritto in aspettativa senza assegni e con sospensione della loro iscrizione ai competenti istituti di previdenza e di assistenza. Ai fini dell'applicazione del presente comma sono computate in modo cumulativo le somme comunque erogate all'interessato a carico del medesimo o di più organismi, anche nel caso di pluralità di incarichi da uno stesso organismo conferiti nel corso dell'anno. Alla Banca d'Italia e alle altre autorità indipendenti il presente comma si applica limitatamente alle previsioni di pubblicità e trasparenza per le retribuzioni e gli emolumenti comunque superiori al limite di cui al primo periodo del presente comma.

3. Per la Banca d'Italia e le altre autorità indipendenti la legge di riforma delle stesse autorità disciplina in via generale i modi di finanziamento, i controlli sulla spesa, nonché le retribuzioni e gli emolumenti, perseguendo gli obiettivi di riduzione di costi e contenimento di retribuzioni ed emolumenti di cui al comma 2.

4. Le disposizioni di cui al comma 2 non si applicano ai contratti di diritto privato in corso alla data del 28 settembre 2007. Se il superamento del limite di cui al comma 2 deriva dalla titolarità di uno o più incarichi, mandati e cariche di natura non privatistica, o da rapporti di lavoro di natura non privatistica con i soggetti di cui al primo e secondo periodo del comma 2, si procede alla decurtazione annuale del trattamento economico complessivo di una cifra pari al 25 per cento della parte eccedente il limite di cui al comma 2, primo periodo. La decurtazione annuale cessa al raggiungimento del limite medesimo. Alla medesima decurtazione si procede anche nel caso in cui il superamento del limite sia determinato dal cumulo con emolumenti derivanti dai contratti di cui al primo periodo. In caso di cumulo di più incarichi, cariche o mandati la decurtazione di cui al presente comma opera a partire dall'incarico, carica o mandato da ultimo conferito.

5. Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano comunque alla stipula di tutti i nuovi contratti e al rinnovo per scadenza di tutti i contratti in essere che non possono in alcun caso essere prorogati oltre la scadenza prevista.

6. A tutte le situazioni e rapporti contemplati dai commi 4 e 5 si applicano senza eccezione le prescrizioni di pubblicità e trasparenza di cui al comma 2.

7. Tutte le retribuzioni dirigenziali e i compensi per la conduzione di trasmissioni di qualunque genere presso la RAI radiotelevisione italiana Spa sono rese note alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

8. Il primo, secondo e terzo periodo dell'articolo 1, comma 466, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono soppressi. Alle fattispecie già disciplinate dai periodi soppressi si applicano i commi 2 e 3 del presente articolo.

9. Gli atti delle amministrazioni dello Stato, comportanti spese ai sensi del comma 2 del presente articolo, sono trasmessi alla Corte dei conti per il controllo di legittimità, ai sensi dell'articolo 27 della legge 24 novembre 2000, n. 340.

10. Il presidente della sezione centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato accerta, prima della registrazione o della ricusazione del visto, l'avvenuta pubblicazione dell'incarico sul sito web dell'amministrazione. Il visto è comunque ricusato nel caso di mancata pubblicazione.

11. Le disposizioni dei commi 9 e 10 costituiscono princìpi fondamentali per il coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

12. All'articolo 1, comma 127, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, le parole da: «pubblicano» fino a: «erogato» sono sostituite dalle seguenti: «sono tenute a pubblicare sul proprio sito web i relativi provvedimenti completi di indicazione dei soggetti percettori, della ragione dell'incarico e dell'ammontare erogato. In caso di omessa pubblicazione, la liquidazione del corrispettivo per gli incarichi di collaborazione o consulenza di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale del dirigente preposto».

13. L'affidamento da parte degli enti locali di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di consulenze, a soggetti estranei all'amministrazione può avvenire solo nell'ambito di un programma approvato dal consiglio ai sensi dell'articolo 42, comma 2, lettera b), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

14. Con il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi emanato ai sensi dell'articolo 89 del citato decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono fissati, in conformità a quanto stabilito dalle disposizioni vigenti, i limiti, i criteri e le modalità per l'affidamento di incarichi di collaborazione, di studio o di ricerca, ovvero di consulenze, a soggetti estranei all'amministrazione. Con il medesimo regolamento è fissato il limite massimo della spesa annua per gli incarichi e consulenze. L'affidamento di incarichi o consulenze effettuato in violazione delle disposizioni regolamentari emanate ai sensi del presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

15. Le disposizioni regolamentari di cui al comma 14 sono trasmesse, per estratto, alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti che, entro trenta giorni dalla ricezione, esprime parere obbligatorio ma non vincolante sulla legittimità e compatibilità finanziaria delle stesse.

16. Dalla data di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al quarto periodo del presente comma sono soppressi tutti i contratti di consulenza di durata continuativa riferibili al personale facente parte di speciali uffici o strutture, comunque denominati, istituiti presso le amministrazioni dello Stato, fatta eccezione per quelle preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio e delle attività culturali e storico-artistiche e alla tutela della salute e della pubblica incolumità. Le relative funzioni sono demandate alle direzioni generali competenti per materia ovvero per vicinanza di materia. Il personale di ruolo dipendente dall'amministrazione statale è restituito a quella di appartenenza ovvero può essere inquadrato, con le procedure e le modalità previste dal citato decreto legislativo n. 165 del 2001, in uno degli uffici del Ministero presso cui presta servizio. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da emanare entro il 30 giugno 2008, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono individuati, tra gli uffici e le strutture di cui al primo periodo, quelli per i quali sussistono contratti di consulenza e di durata continuativa indispensabili per assicurare il perseguimento delle finalità istituzionali.

17. È nullo il contratto di assicurazione con il quale un ente pubblico assicuri propri amministratori per i rischi derivanti dall'espletamento dei compiti istituzionali connessi con la carica e riguardanti la responsabilità per danni cagionati allo Stato o ad enti pubblici e la responsabilità contabile. I contratti di assicurazione in corso alla data di entrata in vigore della presente legge cessano di avere efficacia alla data del 30 giugno 2008. In caso di violazione della presente disposizione, l'amministratore che pone in essere o che proroga il contratto di assicurazione e il beneficiario della copertura assicurativa sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l'ammontare dei premi complessivamente stabiliti nel contratto medesimo.

18. L'articolo 7, comma 9, della legge 5 giugno 2003, n. 131, è abrogato. I componenti già nominati in attuazione della predetta disposizione alla data del 1o ottobre 2007 rimangono in carica fino alla fine del mandato. I componenti nominati successivamente cessano dalla carica alla data di entrata in vigore della presente legge, terminando dalla medesima data ogni corresponsione di emolumenti a qualsiasi titolo in precedenza percepiti.

19. Per il coordinamento delle nuove funzioni istituzionali conseguenti all'applicazione del presente articolo con quelle in atto già svolte, il Consiglio di presidenza della Corte dei conti adotta, su proposta del presidente della Corte, i regolamenti necessari per riorganizzare gli uffici ed i servizi dell'Istituto, ai sensi dell'articolo 4 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286. Il presidente della Corte, quale organo di governo dell'Istituto, formula le proposte regolamentari, sentito il segretario generale, nell'esercizio delle funzioni di indirizzo politico-istituzionale ai sensi degli articoli 4, comma 1, e 15, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando i conseguenti provvedimenti applicativi.

20. A fini di razionalizzazione della spesa pubblica, di vigilanza sulle entrate e di potenziamento del controllo svolto dalla Corte dei conti, l'amministrazione che ritenga di non ottemperare ai rilievi formulati dalla Corte a conclusione di controlli su gestioni di spesa o di entrata svolti a norma dell'articolo 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, adotta, entro trenta giorni dalla ricezione dei rilievi, un provvedimento motivato da comunicare alla Presidenza delle Camere, alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed alla Presidenza della Corte dei conti.

21. Al comma 4 dell'articolo 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, anche tenendo conto, ai fini di referto per il coordinamento del sistema di finanza pubblica, delle relazioni redatte dagli organi, collegiali o monocratici, che esercitano funzioni di controllo o vigilanza su amministrazioni, enti pubblici, autorità amministrative indipendenti o società a prevalente capitale pubblico».

22. All'articolo 1, comma 576, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole: «per gli anni 2007 e 2008» sono sostituite dalle seguenti: «per l'anno 2007»;

b) le parole: «nell'anno 2009» sono sostituite dalle seguenti: «nell'anno 2008».

 


 

 

Limiti massimi e pubblicità degli emolumenti a carico delle pubbliche finanze (commi 1-11)

L’articolo 144, interamente riformulato e ampliato nel corso dell’esame al Senato, reca ai commi da 1 a 11 disposizioni che limitano le erogazioni a carico della finanza pubblica volte a remunerare funzioni o attività svolte da persone fisiche nell’ambito di rapporti con pubbliche amministrazioni o altri organismi pubblici.

 

Il comma 1 sopprime il comma 593 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007[377], che contiene una analoga disciplina, volta al contenimento e alla trasparenza delle retribuzioni per i dirigenti “esterni” e i titolari di incarichi pubblici.

 

Il primo periodo del comma oggetto della soppressione impone un tetto massimo alle retribuzioni di varie categorie di titolari di incarichi pubblici, pari all’ammontare della retribuzione spettante al primo presidente della Corte di cassazione.

Il secondo periodo subordina la possibilità di dare attuazione a qualsiasi atto che “comporti spesa” ai sensi del precedente periodo all’adozione delle seguenti forme di pubblicità:

§       pubblicazione sul sito web dell’amministrazione o del soggetto interessato, con l’indicazione nominativa dei destinatari e dell’ammontare del compenso;

§       comunicazione al Governo e al Parlamento.

La disposizione ha ad oggetto le retribuzioni:

§       dei dirigenti “esterni” delle pubbliche amministrazioni (come individuati dall’art. 19, co. 6, del D.Lgs. 165/2001);

§       dei consulenti;

§       dei membri di commissioni e di collegi;

§       dei titolari di “qualsivoglia incarico” corrisposto dallo Stato, da enti pubblici o da società a prevalente partecipazione pubblica non quotate in borsa.

Il terzo periodo del comma dispone che, in caso di violazione, l’amministratore che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo siano tenuti al rimborso in solido, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l’ammontare eccedente la cifra consentita.

 

La formulazione del comma 2 dell’articolo in esame, e dei commi immediatamente successivi, suscita in alcune parti incertezze interpretative, delle quali si dirà nel corso dell’illustrazione.

Il comma 2 pone un tetto al “trattamento economico onnicomprensivo” di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con:

§      pubbliche amministrazioni statali di cui all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001;

§      agenzie;

§      enti pubblici anche economici;

§      enti di ricerca;

§      università;

§      società a capitale totalmente o prevalentemente pubblico non quotate (nei mercati regolamentati) e società da queste controllate.

Il termine “statali” recato dal comma esclude dal novero dei destinatari alcune tra le amministrazioni pubbliche elencate dall’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001, che pure il comma richiama espressamente.

 

Ai sensi dell’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001, per amministrazioni pubbliche si intendono “tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300”.

 

Risultano certamente escluse “le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni”[378]; sembrerebbe invece – ma il dettato normativo non appare del tutto chiaro – che la generale dizione “enti pubblici anche economici” includa quelli regionali e locali e che per “società […] a totale o prevalente partecipazione pubblica” si intendano anche quelle partecipate da Regioni ed enti locali.

Sono altresì escluse dalla disposizione la Banca d’Italia “e le altre autorità indipendenti[379]”: di esse tratta infatti l’ultimo periodo del comma 2, al solo fine di estendere a tali organismi gli obblighi di pubblicità (sui quali, v. infra) per gli emolumenti superiori al limite fissato (che pertanto non sono vietati), e il successivo comma 3, che rinvia a una futura organica legge di riforma la disciplina dei modi di finanziamento, dei controlli sulla spesa e delle retribuzioni, in conformità agli obiettivi di contenimento desumibili dal comma 2.

 

Il 5 marzo 2007 il Governo ha presentato al Senato un disegno di legge che detta principi in materia di funzioni, organizzazione e attività delle Autorità indipendenti di regolazione, vigilanza e garanzia dei mercati. Il disegno di legge (A.S. 1366) è attualmente all’esame della 1ª Commissione (Affari costituzionali) in sede referente.

 

Il tetto imposto dal comma 2 si applica altresì (con formulazione in qualche caso ridondante rispetto a quanto già disposto in via generale):

§      agli emolumenti di quanti siano titolari di “incarichi o mandati di qualsiasi natura” conferiti (dalle pubbliche amministrazioni sopra elencate, parrebbe intendersi) nel territorio metropolitano (l’espressione sembra voler escludere gli incarichi conferiti all’estero nell’ambito ad es. delle rappresentanze diplomatiche e delle missioni militari);

§      ai magistrati ordinari, amministrativi e contabili;

§      ai presidenti e componenti di collegi e organi di governo e di controllo di società non quotate (presumibilmente, a totale o prevalente partecipazione pubblica);

§      ai dirigenti (è da ritenere, delle pubbliche amministrazioni suelencate).

 

Un’esplicita esclusione è prevista per le attività di natura professionale e i contratti d’opera aventi ad oggetto una prestazione artistica o professionale ritenuta “indispensabile per competere sul mercato in condizioni di effettiva concorrenza”. Nel silenzio della norma, la valutazione su tale carattere di indispensabilità sembrerebbe rimessa allo stesso ente o amministrazione che dispone l’erogazione. In nessun caso tali contratti possono essere stipulati con chi percepisca emolumenti o retribuzioni ad altro titolo (non è precisato se dalla stessa o anche da altra amministrazione pubblica).

 

Il trattamento economico onnicomprensivo massimo nei casi sin qui indicati non può superare quello del primo Presidente della Corte di cassazione.

 

Si ricorda che l’articolo 36 Cost. pone, tra i criteri cui commisurare la retribuzione del lavoratore, quello della proporzionalità rispetto alla qualità e quantità del lavoro prestato.

Nell’attuale assetto del pubblico impiego, la definizione della retribuzione dei pubblici dipendenti è demandata alla contrattazione collettiva, ad eccezione dei settori rimasti in regime di diritto pubblico[380].

 

La nozione di “trattamento economico onnicomprensivo”, che la disposizione in esame non definisce, appare tecnicamente generica.

 

Essa include presumibilmente (ma non esaustivamente):

§       la retribuzione da lavoro dipendente, nelle componenti del trattamento economico fondamentale (stipendio e indennità fisse) e dei trattamenti economici accessori (lavoro straordinario, indennità variabili, indennità di funzione e di risultato, ecc.) come usualmente definite dai contratti collettivi;

§       le indennità di funzione o compensi comunque denominati per lo svolgimento di funzioni pubbliche para-professionali (come quelle dei Capi di Gabinetto, dei membri di Consigli di amministrazione di enti e società pubbliche, etc.);

§       i compensi per consulenze, arbitrati, o altre prestazioni di lavoro autonomo.

 

Il penultimo periodo del comma precisa tuttavia che il termine “onnicomprensivo” implica il computo del cumulo degli emolumenti provenienti a vario titolo anche da diverse amministrazioni o organismi pubblici (compresi tra quelli destinatari della disposizione), nonché degli emolumenti provenienti da una stessa amministrazione o organismo anche se relativi a una pluralità di incarichi conferiti nel corso dell’anno.

Ciò premesso, va segnalato che il parametro di riferimento per il tetto retributivo, rappresentato a sua volta dal “trattamento economico onnicomprensivo” percepito dal primo presidente della Corte di cassazione, non appare definibile in modo certo e stabile – a differenza della “retribuzione” del primo presidente della Corte[381] – rientrando come si è detto in tale dizione anche emolumenti, eventuali e variabili, aggiuntivi alla retribuzione.

 

Il comma 2 in esame prevede, ancora, che gli atti “comportanti spesa ai sensi dei precedenti periodi” non possano avere attuazione, se non siano previamente:

§      resi noti – con l’indicazione nominativa dei destinatari e dell’ammontare del compenso – sul sito webdell’amministrazione o del soggetto interessato;

§      comunicati al Governo e al Parlamento.

Tale obbligo – alla luce della formulazione letterale del comma – sembra doversi applicare a tutti gli atti che incidano sul trattamento economico relativo a tutti i rapporti di lavoro dipendente o autonomo, nonché ad incarichi o mandati di qualsiasi natura. Non sembra potersi ritenere, infatti, che l’obbligo sussista per i soli atti di spesa che comportino il superamento del limite massimo, considerato che tali atti sono vietati in radice (salve le deroghe di cui si dirà).

 

Finalità della disposizione appare quella di assicurare la trasparenza e consentire forme di controllo diffuso sui più elevati livelli retributivi nel settore pubblico, nonché – presumibilmente – quella di rendere in concreto possibile il rispetto del limite massimo, ponendo ogni amministrazione nelle condizioni di conoscere l’ammontare complessivo degli emolumenti spettanti ad un medesimo soggetto anche in virtù di rapporti in atto con altre amministrazioni.

 

Se tale lettura fosse corretta, parrebbe opportuna una valutazione della sua congruità rispetto alla complessiva ratio della disciplina in esame e, in ogni caso, una verifica sull’impatto amministrativo della disposizione, presumibilmente elevato in termini sia di onere organizzativo e finanziario per la gestione e l’aggiornamento dei dati, sia di tempi di realizzazione del sistema.

 

La platea dei destinatari dell’obbligo di pubblicazione, infatti, includerebbe (e supererebbe) la totalità dei dipendenti statali; la pubblicazione e la comunicazione a Parlamento e Governo avrebbero inoltre ad oggetto ogni singola variazione del trattamento economico di ciascun soggetto.

 

Sembra inoltre opportuno un approfondimento sulla compatibilità con la disciplina a tutela della riservatezza dei dati personali di una disposizione che, come quella in esame, imporrebbe la diffusione di informazioni personali, nominativamente qualificate, concernenti una così ampia cerchia di cittadini.

 

In caso di violazione, l’amministratore che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono tenuti al rimborso in solido, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l’ammontare eccedente la cifra consentita.

Dal riferimento all’“ammontare eccedente” sembra doversi desumere che la misura illustrata sanzioni unicamente la violazione del divieto di cui al primo periodo del comma (corresponsione di compensi superiori al tetto ivi indicato), e non la violazione degli obblighi di pubblicazione e comunicazione.

 

Le disposizioni che fissano il tetto agli emolumenti non possono essere derogate se non per motivate esigenze di carattere eccezionale, e comunque per un periodo di tempo non superiore a tre anni. Resta ferma la disciplina sanzionatoria delle violazioni di cui si è già detto.

Non appare di immediata evidenza la ragione sottesa alla scelta di ribadire la responsabilità per i casi di violazione.

I soggetti tenuti al rispetto del limite di spesa di cui al comma 1 devono comunicare preventivamente i “relativi atti” alla Corte dei conti.

I “relativi atti” sembrano essere quelli assunti in deroga al tetto retributivo, ancorché la formulazione sia sul punto non del tutto perspicua.

Una specifica disciplina è riservata alle amministrazioni dello Stato: per esse i tetti retributivi possono essere superati previa autorizzazione data con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze, nel limite massimo di 25 unità, corrispondenti alle posizioni di più elevato livello di responsabilità.

Non è precisato se il limite numerico è riferito (come parrebbe) al complesso delle amministrazioni statali o a ciascuna di esse. Può inoltre risultare opportuno un coordinamento tra la disciplina delle deroghe per le amministrazioni dello Stato e quella, più generale, sopra illustrata (con particolare riguardo alla sussistenza di motivate esigenze di carattere eccezionale e al limite triennale).

 

Il nono periodo del comma in esame prevede il necessario collocamento in aspettativa senza assegni e con sospensione dell’iscrizione ai competenti istituti di previdenza e assistenza di coloro che, essendo legati da rapporto di lavoro con organismi pubblici anche economici ovvero con società a partecipazione pubblica o da queste partecipate, controllate o collegate, siano al tempo stesso componenti degli organi di governo e di controllo dei medesimi organismi o società.

 

Il comma 4 specifica i limiti entro i quali la disciplina di cui al comma 2, dianzi illustrata, è immediatamente operativa anche nei riguardi delle situazioni e dei rapporti in corso.

È in primo luogo esclusa l’applicazione del limite massimo ai contratti di diritto privato in corso alla data del 28 settembre 2007, data in cui il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge finanziaria.

L’esclusione ha ad oggetto sia gli incarichi di funzione dirigenziale, al cui conferimento accede un contratto individuale con cui è definito il corrispondente trattamento economico (cfr. art. 19, co. 2, D.Lgs. 165/2001), sia gli incarichi definiti nell’ambito di un rapporto di lavoro autonomo o comunque su base contrattuale, sia, infine, la generalità dei rapporti di lavoro dipendente con le amministrazioni pubbliche: questi, ai sensi dell’art. 2, co. 2 e 3, del citato D.Lgs. 165/2001, sono infatti regolati contrattualmente ai sensi delle disposizioni del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa.

Sono al contrario assoggettati al limite posto dal comma 2 gli “incarichi, mandati e cariche” e i rapporti di lavoro di natura non privatistica in corso al 28 settembre 2007. Tra questi ultimi rientrano i rapporti di lavoro del personale definito “in regime di diritto pubblico”, che l’art. 3 del D.Lgs. 165/2001 sottrae alla disciplina generale, e il cui stato giuridico ed economico resta disciplinato dai rispettivi ordinamenti.

 

Tra le categorie c.d. “non contrattualizzate”, il citato art. 3 annovera le seguenti:

§       magistrati ordinari, amministrativi e contabili;

§       avvocati e procuratori dello Stato;

§       personale militare;

§       Forze di polizia di Stato;

§       personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia;

§       vigili del fuoco;

§       docenti e ricercatori universitari.

 

Con riferimento a tali incarichi o rapporti, il superamento del limite di cui al comma 2 eventualmente riscontrato, comporta un “rientro” graduale, mediante una decurtazione annuale del 25 per cento della parte eccedente. Nel caso in cui l’eccedenza derivi dal cumulo di più incarichi, cariche o mandati la decurtazione opera a partire da quello conferito per ultimo.

 

Il comma 5 dispone che i limiti introdotti dal comma 2 si applichino comunque a tutti contratti di nuova stipulazione, nonché a quelli rinnovati per scadenza dopo la data del 28 settembre 2007, i quali non possono in alcun caso essere prorogati.

Restano pertanto virtualmente sottratti alla nuova disciplina i rapporti di lavoro a tempo indeterminato in essere alla medesima data.

Il comma 6 estende peraltro a tutti i rapporti in corso, a prescindere dall’applicabilità del tetto massimo, le prescrizioni di pubblicità e trasparenza di cui al comma 2. Il comma 7 aggiunge un ulteriore obbligo di comunicazione per le retribuzioni dirigenziali e i compensi per la conduzione di trasmissioni di qualunque genere presso la RAI: tali emolumenti devono essere resi noti alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

 

Il comma 8 sopprime parte del comma 466 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007, che dispone in materia di compensi per gli amministratori investiti di particolari cariche nelle società partecipate dal Ministero dell’economia o da queste controllate o a queste collegate.

 

La disposizione riguarda le società non quotate partecipate dal Ministero dell’economia e delle finanze e le rispettive società controllate e collegate.

Relativamente a tali società sono introdotti limiti per i compensi degli amministratori investiti di particolari cariche, prevedendosi in particolare che i compensi non possano superare l’importo di 500.000 euro annui. A tale importo può essere aggiunta una quota variabile, non superiore al 50 per cento della retribuzione fissa, che verrà corrisposta al raggiungimento di obiettivi annuali, oggettivi e specifici. Gli importi sono rivalutati annualmente con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, in relazione al tasso di inflazione programmato. Per comprovate ed effettive esigenze il Ministro dell’economia e delle finanze può concedere autorizzazioni alla deroga.

Si stabilisce infine che, nella regolamentazione del rapporto di amministrazione, le società non potranno inserire clausole contrattuali che, al momento della cessazione dell’incarico, prevedano per gli amministratori investiti di particolari cariche benefìci economici in misura superiore ad una annualità dell’indennità loro spettante.

 

Della disciplina recata dal co. 466, in virtù delle soppressioni recate dal comma in esame, resta in vigore solo la limitazione dei benefici legati alla cessazione dell’incarico. Ciò in quanto le situazioni già disciplinate dalle norme soppresse vengono sottoposte alla regolazione di cui ai commi 2 e 3 (rectius: 2, 4, 5 e 6) dell’articolo in esame.

 

Il comma 9 prevede che gli atti che comportano una spesa ai sensi del precedente comma 2 siano sottoposti al controllo di legittimità della Corte dei conti, ai sensi dell’art. 27 della L. 340/2000[382].

Non appare evidente la ragione del rinvio alla norma testé citata, che disciplina solo alcuni profili del procedimento di controllo della Corte dei conti; sembrerebbe più opportuno un coordinamento con l’art. 3 della L. 20/1994[383], che elenca (con carattere di tassatività) gli atti non aventi forza di legge sui quali si esercita il controllo preventivo di legittimità della Corte.

In base al successivo comma 10, ai fini della registrazione dell’atto la Corte dei conti verifica l’avvenuta pubblicazione dell’incarico sul sito web dell’amministrazione, in assenza della quale il visto va comunque ricusato.

Tali disposizioni sono qualificate dal comma 11 come princìpi fondamentali per il coordinamento della finanza pubblica, vincolanti l’esercizio dell’attività legislativa delle Regioni ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

La portata di tale principio non appare ben chiara, atteso che la disciplina vigente, a partire dal citato art. 3 della L. 20/1994, limita e concentra il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti sugli atti fondamentali del Governo, prevedendo che gli enti territoriali siano sottoposti a forme di controllo successivo di gestione (sul punto, vedi infra).

Per altro verso, dalla formulazione del comma sembra, benché indirettamente, desumersi che l’obbligo generalizzato di pubblicazione su sito web degli incarichi e delle relative retribuzioni, di cui al comma 2 dell’articolo, costituisca esso stesso un principio di coordinamento della finanza pubblica al quale le Regioni dovrebbero attenersi nell’esercizio della propria potestà legislativa.

Consulenze e altri incarichi esterni (commi 12-16)

Il comma 12, inserito nel corso dell’esame da parte della 5a Commissione del Senato e non modificato dall’Assemblea dell’altro ramo del Parlamento,reca una novella all’art. 1, co. 127 della L. 662/1996[384], in materia di pubblicità dei rapporti di collaborazione e di consulenza a titolo oneroso.

Nel testo vigente il comma 127 stabilisce che le pubbliche amministrazioni che si avvalgono di collaboratori esterni o che affidano incarichi di consulenza per i quali è previsto un compenso debbano pubblicare elenchi nei quali sono indicati i soggetti percettori, la ragione dell’incarico e l’ammontare erogato e debbano trasmettere semestralmente copia di detti elenchi al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri.

In base alla modifica testuale apportata dal comma in esame, le amministrazioni non devono limitarsi alla pubblicazione (in forma libera) degli elenchi, ma devono pubblicare sul loro sito web i provvedimenti con cui hanno affidato gli incarichi, con l’indicazione dei soggetti beneficiari dei pagamenti, degli importi erogati e della ragione dell’affidamento dell’incarico.

In caso di omessa pubblicazione, si prevede che la liquidazione del corrispettivo per la collaborazione o l’incarico costituisca illecito disciplinare e determini l’insorgere della responsabilità amministrativa del dirigente preposto per il danno cagionato.

Non viene innovata invece la disposizione relativa alla trasmissione degli elenchi al Dipartimento per la funzione pubblica.

Quanto alla portata applicativa della disposizione, si osserva che – poiché la novella interviene su una disposizione riferita in via generale alle “pubbliche amministrazioni” – potrebbero sorgere incertezze sull’esatta delimitazione dell’ambito dei destinatari.

Più in generale, si rileva che la norma in esame sembra presentare forti analogie e margini di sovrapponibilità con disposizioni introdotte negli ultimi annial fine di rafforzare la trasparenza circa gli incarichi di consulenza affidati dalle pubbliche amministrazioni. In particolare, si segnala che, a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. 223/2006 (c.d. “decreto Bersani 1”)[385], l’art. 53 del D.Lgs. 165/2001 già prevede che le pubbliche amministrazioni[386] rendano noti, mediante inserimento nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi dei propri consulenti indicando l’oggetto, la durata e il compenso dell’incarico.

In questo quadro, potrebbe valutarsi l’opportunità di un miglior coordinamento tra le due disposizioni. La portata innovativa della disposizione in esame sembra infatti limitarsi all’introduzione dell’obbligo di pubblicare non solo i dati relativi alle consulenze, ma anche i provvedimenti con i quali sono conferiti gli incarichi, con l’indicazione anche delle ragioni dell’incarico stesso. Inoltre, mentre la disposizione dell’articolo 53 del D.Lgs. 165/2001 fa riferimento ai soli consulenti, la disposizione oggetto della novella in esame si applicherebbe più genericamente anche a tutte le forme di collaborazione esterna.

 

Per completezza, si segnala inoltre che più stringenti vincoli di pubblicità sono previsti dall’art. 1, comma 593, della legge finanziaria per il 2007, che viene tuttavia abrogato dal co. 1 e sostituito dalla disciplina di cui ai commi 2-11 dell’articolo in esame (vedi supra).

 

I commi da 13 a 15 dell’articolo 144, introdotti nel corso dell’esame da parte della 5a Commissione del Senato e non modificati dall’Assemblea dell’altro ramo del Parlamento,recano norme volte a rafforzare i controlli sulle spese degli enti locali per incarichi di studio o di ricerca, ovvero per consulenze.

In particolare, il comma 13 stabilisce che i suddetti incarichi possano essere conferiti dall’ente locale solo nell’ambito di un programma approvato dal Consiglio dell’ente stesso.

 

La norma richiama espressamente i programmi approvati ai sensi dell’art. 42, co. 2, lett. b) del testo unico sugli enti locali (T.U.E.L.[387]). Tale disposizione riporta un elenco delle attribuzioni dei Consigli comunali e provinciali, nella quale la competenza dell’organo consiliare ècircoscritta agli atti fondamentali di natura programmatoria o aventi un elevato contenuto di indirizzo politico, mentre sono affidati alle Giunte comunali tutti gli atti rientranti nelle funzioni degli organi di governo. In particolare, la lettera b) richiamata dalla disposizione in esame prevede che spetti ai Consigli la competenza su atti di programmazione e su documenti di bilancio (“programmi, relazioni previsionali e programmatiche, piani finanziari, programmi triennali e elenco annuale dei lavori pubblici, bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, rendiconto, piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pareri da rendere per dette materie”). Il comma 4 del medesimo art. 42 esclude che deliberazioni in ordine alle materia affidate alla competenza dei Consigli possano essere adottate in via d’urgenza da altri organi del comune o della provincia, salvo per quanto attinente alle variazioni di bilancio adottate dalla Giunta, che devono essere sottoposte a ratifica del Consiglio nei sessanta giorni successivi, a pena di decadenza.

 

La ratio della disposizione è evidentemente quella di limitare la discrezionalità delle Giunte comunali e provinciali nelle scelte circa l’affidamento di incarichi esterni, rimettendo la decisione in ordine alla previsione degli incarichi stessi ad un programma di carattere generale deliberato dall’organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo dell’ente locale.

Il comma 14 demanda al regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti locali[388] la definizione, in conformità alla legislazione vigente in materia, dei limiti, dei criteri e delle modalità per il conferimento di incarichi esterni, nonché del limite massimo della relativa spesa annua.

La disposizione reca inoltre una specifica norma sanzionatoria, prevedendo che il conferimento di incarichi esterni in violazione delle norme del regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità per i danni cagionati alla pubblica amministrazione.

 

In generale, con riferimento alla disciplina degli incarichi di studio e ricerca, nonché delle consulenze, si segnala in primo luogo che – con una disposizione di carattere generale, che trova applicazione con riferimento a tutte le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001, e quindi anche agli enti locali – l’art. 7 del D.Lgs 165/2001, come modificato dal D.L. 223/2001[389] (c.d. “decreto Bersani 1), prevede (co. 6 e 6-bis) che le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa solo per esigenze cui non possano far fronte con personale in servizio e in favore di esperti di provata competenza. Gli incarichi devono essere, inoltre, attribuiti nel rispetto dei seguenti principi:

§         l’oggetto della prestazione deve rientrare nelle competenze dell’amministrazione conferente e deve corrispondere ad obiettivi e progetti specifici e determinati;

§         l’amministrazione deve in via preliminare accertare l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane a disposizione;

§         la prestazione deve avere natura temporanea e altamente qualificata;

§         devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

La disposizione prevede altresì che tutte le amministrazioni pubbliche debbano disciplinare e rendere pubbliche procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione.

Con più specifico riferimento, agli enti locali il T.U.E.L.[390] prevede semplicemente che per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi possa prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità. Peraltro, il comma 6-ter del ricordato art. 7 del D.Lgs. 165/2001 – anch’esso introdotto dal c.d. “decreto Bersani 1” – precisa che i regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi debbano ispirarsi ai principi di carattere generale introdotti per tutte le pubbliche amministrazioni.

 

Il successivo comma 15 prevede che la sezione regionale della Corte dei Conti debba esprimere un parere obbligatorio e non vincolante sulla legittimità e sulla compatibilità finanziaria delle disposizioni del regolamento dei servizi e del personale adottate in materia di incarichi esterni in attuazione del comma 14.

A tal fine, la disposizione prevede che esse siano trasmesse per estratto alla Corte dei Conti, che si pronuncia entro 30 giorni dalla loro ricezione.

Con riferimento ai controlli introdotti dalla disposizione in esame, si segnala la necessità di un approfondimento circa il loro inquadramento nell’ambito dell’assetto delle competenze risultante dalla riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione.

 

Con riferimento alla materia dei controlli sugli atti degli enti locali, occorre infatti osservare in via preliminare che l’assetto di tali controlli ha subito profonde modifiche a seguito dell’entrata in vigore della riforma costituzionale del 2001. Fino a tale riforma, infatti, la Costituzione[391] prevedeva che un organo della Regione, costituito nei modi stabiliti da legge della Repubblica, esercitasse, anche in forma decentrata, il controllo di legittimità sugli atti delle province, dei comuni e degli altri enti locali. Era altresì previsto che in casi determinati dalla medesima legge potesse essere esercitato un controllo di merito, nella forma di richiesta motivata agli enti deliberanti di riesaminare la loro deliberazione.

La legislazione attuativa di tale disposizione costituzionale si è progressivamente evoluta nel senso di affievolire la funzione di controllo, con l’abolizione totale del controllo di merito e la riduzione degli atti sottoposti a controllo di legittimità preventivo. L’ art. 126 del T.U.E.L. prevedeva in questo quadro che il controllo preventivo di legittimità di cui all’art. 130 Cost. si esercitasse esclusivamente sugli statuti dell’ente, sui regolamenti di competenza del Consiglio, esclusi quelli attinenti all’autonomia organizzativa e contabile dello stesso Consiglio, sui bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, adottate o ratificate dal Consiglio, sul rendiconto della gestione. L’art. 127 prevedeva inoltre forme di controllo eventuale, attivabili su richiesta di un quarto dei consiglieri provinciali o un quarto dei consiglieri nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti ovvero un quinto dei consiglieri nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti, per deliberazioni riguardanti:

§       appalti e affidamento di servizi o forniture di importo superiore alla soglia di rilievo comunitario;

§       dotazioni organiche e relative variazioni;

§       assunzioni del personale.

Il sistema delineato è tuttavia stato superato dal nuovo quadro costituzionale, che è unanimemente stato interpretato nel senso della soppressione dei controlli di legittimità di tipo preventivo e del venir meno dei compiti affidati in materia ai comitati regionali di controllo (Co.re.Co.). Come osservato anche dal Consiglio di Stato[392], infatti, deve ritenersi che “con l’abrogazione dell’art. 130 Cost., siano venuti meno, insieme alle norme che li disciplinavano, i controlli di legittimità sugli atti degli enti locali”.

In questo quadro, particolare rilievo assumono, quindi, i controlli – di diverso carattere – attribuiti dalla legislazione vigente alla Corte dei conti.

Tali forme di controllo sono comunemente ricostruite dalla dottrina in termini di controlli “ausiliari” ad altre attività, in quanto volti a consentire in particolare una maggiore efficacia del controllo politico effettuato dalle assemblee elettive, sia a livello centrale, che a livello degli enti territoriali. Con riferimento al rapporto con tali ultimi enti, la dottrina e la giurisprudenza hanno altresì evidenziato la natura “collaborativa” dei controlli svolti dalla Corte, sottolineando come essi siano tesi a stimolare autonome misure correttive da parte degli enti locali, delle quali la Corte stessa può valutare congruità ed efficacia.

Quanto ai controlli svolti dalla Corte dei conti con riferimento alle autonomie territoriali, assumono in primo luogo rilievo le disposizioni dell’art. 3, co. 4, 5 e 6 della L. 20/1994[393], con le quali è stato disciplinato il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, il controllo sulla gestione delle amministrazioni regionali e dei loro enti strumentali, nonché il controllo sulla gestione degli enti locali territoriali e i loro enti strumentali (e anche delle università e delle istituzioni pubbliche di autonomia aventi sede nella Regione). Con particolare riferimento agli enti locali, la L. 20/1994 ha mantenuto in vigore i controlli già previsti dal D.L 786/1981[394], che prevedeva l’esame dei conti consuntivi delle province e dei comuni con popolazione superiore ad 8.000 abitanti ai fini di riferire al riguardo al Parlamento.

In particolare l’art. 7 della L. 131/2003[395] (c.d. legge La Loggia), nel disciplinare forme di controllo successivo sugli enti locali, reca[396] un’articolata disciplina delle funzioni della Corte dei conti, a fini di coordinamento della finanza pubblica: in particolare, la Corte è tenuta a verificare il rispetto degli equilibri di bilancio da parte degli enti territoriali, nonché (tramite le sezioni regionali di controllo) il perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi statali o regionali di principio e di programma, nel rispetto della natura collaborativa del controllo sulla gestione, la sana gestione finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli interni. Al fine di rafforzare la natura collaborativa dei controlli previsti, l’art. 7 prevede inoltre che le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti riferiscano sugli esiti delle verifiche esclusivamente ai Consigli degli enti controllati.

Comuni, Province e Città metropolitane possono richiedere, di norma attraverso il Consiglio delle autonomie locali, ulterioriforme di collaborazione alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.

In questo quadro, nel quale il controllo della Corte dei Conti non ha ad oggetto singoli atti, bensì la gestione complessiva dell’ente locale, e non mira direttamente alla irrogazione di sanzioni, ma ad evitare il verificarsi o il ripetersi di irregolarità o disfunzioni, è successivamente intervenuto l’art. 1, commi 166-169, della legge finanziaria per il 2006[397].

Tale disposizione ha introdotto una nuova forma di controllo della Corte dei Conti, imponendo la trasmissione alla Corte di apposite relazioni degli organi di revisione degli enti locali sul bilancio di previsione dell’esercizio di competenza e sul rendiconto di esercizio ai fini di un monitoraggio finalizzato in particolare a prevenire squilibri di bilancio. A tal fine, si prevede che la Corte dei conti definisce unitariamente criteri e linee guida cui debbono attenersi gli organi degli enti locali di revisione economico-finanziaria nella predisposizione della relazione d trasmettere. Qualora le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti accertino comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria o il mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità  interno, adottano una specifica pronuncia al riguardo, vigilando sull’adozione da parte dell’ente locale delle necessarie misure correttive e sul rispetto dei vincoli e limitazioni posti in caso di mancato rispetto delle regole del patto di stabilità interno

Con riferimento alla compatibilità con il quadro costituzionale delineatosi a seguito della modifica del titolo V della Costituzione di disposizioni statali che introducono forme di controllo contabile sugli enti locali, si segnala che recentemente, con la sent. 179/2007, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento all’art. 1, commi 166-169, della legge finanziaria per il 2006. Al riguardo, la Consulta ha avuto modo di evidenziare come dette norme “introducono un nuovo tipo di controllo affidato alla Corte dei conti, dichiaratamente finalizzato ad assicurare, in vista della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica, la sana gestione finanziaria degli enti locali, nonché il rispetto, da parte di questi ultimi, del patto di stabilità interno e del vincolo in materia di indebitamento posto dall’ultimo comma dell’art. 119 Cost.”.

In questo contesto, la Corte ha sottolineato la natura collaborativa del controllo disciplinato dalle norme della finanziaria per il 2006, che si limita alla segnalazione all’ente controllato delle rilevate disfunzioni e rimette all’ente stesso l’adozione delle misure necessarie. C’è, dunque – secondo la Corte – una netta separazione tra la funzione di controllo della Corte dei conti e l’attività amministrativa degli enti, che sono sottoposti al controllo stesso, né la Corte ritiene possa dirsi che la vigilanza sull’adozione delle misure necessarie da parte degli enti interessati implichi un’invasione delle competenze amministrative di questi ultimi, poiché l’attività di vigilanza, limitatamente ai fini suddetti, è indispensabile per l’effettività del controllo stesso.

Pertanto, la Consulta ritiene che, alla luce del fatto che il controllo sulla gestione finanziaria è complementare rispetto al controllo sulla gestione amministrativa, ed è utile per soddisfare l’esigenza degli equilibri di bilancio, la previsione da parte di una legge dello Stato del controllo in esame rientri nella competenza propria di quest’ultimo di dettare principi nella materia concorrente della “armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica” (art. 117, terzo comma, Cost.).

Al riguardo, si ricorda altresì che con la sentenza n. 417 del 2005, la Corte Costituzionale aveva, tra l’altro, dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale di una disposizione[398] la quale prevedeva che gli organismi degli enti locali competenti in materia di controlli di gestione dovessero fornire le proprie conclusioni, oltre che agli amministratori ed ai responsabili dei servizi, anche alla Corte dei conti.

In quella sede la Corte evidenziò come tale obbligo non fosse di per sé idoneo a pregiudicare l'autonomia delle regioni e degli enti locali, in quanto esso doveva considerarsi «espressione di un coordinamento meramente informativo»

Richiamando la propria precedente giurisprudenza in materia, la Corte riconduce inoltre la disposizione alla competenza statale in materia di princípi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, con funzione regolatrice della finanza pubblica allargata, allo scopo di assicurare il rispetto del patto di stabilità. La finalità dell'azione di coordinamento finanziario comporta infatti che a livello centrale si possano collocare non solo la determinazione delle norme fondamentali che reggono la materia, ma altresì la determinazione di norme puntuali, quali quelle relative alla disciplina degli obblighi di invio di informazioni sulla situazione finanziaria dalle regioni e dagli enti locali alla Corte dei conti. La fissazione di dette norme da parte del legislatore statale è diretta, infatti, a realizzare in concreto la finalità del coordinamento finanziario – che per sua natura eccede le possibilità di intervento dei livelli territoriali sub-statali - e, proprio perché viene «incontro alle esigenze di contenimento della spesa pubblica e di rispetto del patto di stabilità interno», è idonea a realizzare l'ulteriore finalità del buon andamento delle pubbliche amministrazioni.

 

Il comma 16, introdotto nel corso dell’esame da parte della 5a Commissione del Senato e non modificato dall’Assemblea dell’altro ramo del Parlamento, prevede la “soppressione” dei contratti di consulenza di durata continuativa stipulati con personale facente parte di “speciali uffici o strutture”, comunque denominati, istituiti presso amministrazioni statali.

Sono espressamente esentati da tale soppressione i contratti di consulenza stipulati dalle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio culturale e storico artistico e dell’attività culturale, alla tutela della salute e alla pubblica incolumità.

Sembrerebbe inoltre che la disposizione intenda esentare dalla soppressione anche i contratti di “consulenza e di durata continuativa” individuati come indispensabili per il perseguimento delle finalità istituzionali di uffici e strutture delle amministrazioni statali. L’individuazione è effettuata con D.P.C.M. da emanare entro il 30 giugno 2008, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.

A seguito della cessazione delle consulenze, le relative funzioni sono demandate alle “direzioni generali” che abbiano competenza nella stessa materia o in materie affini. Il personale di ruolo delle amministrazioni statali è restituito all’amministrazione di appartenenza ovvero può essere inquadrato – nel rispetto delle procedure previste per i passaggi fra amministrazioni diverse – in uno degli uffici del Ministero presso il quale presta servizio.

Al riguardo, si segnala che la formulazione letterale della disposizione in esame non pare consentire una chiara ricostruzione della sua portata applicativa. In particolare, si osserva che:

§      non appare univocamente interpretabile la fattispecie dei “contratti di consulenza di durata continuativa” (che, peraltro, nel quarto periodo della disposizione viene individuata con l’endiadi “contratti di consulenza e di durata continuativa”). A tale riguardo, sembrerebbe possibile intendere che la disposizione voglia escludere dal proprio ambito applicativo incarichi di studio e ricerca, rivolgendosi alla disciplina di attività di consulenza che determinino forme di collaborazione stabili nel tempo. Non risulta tuttavia evidente se tale stabilità di collaborazione debba trovare un preciso riscontro nelle forme contrattuali che regolano il rapporto, in particolare attraverso la costituzione di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa; non è inoltre chiaro come si concili la presenza di un contratto di consulenza con la prestazione continuativa di servizio da parte del personale proveniente da altre amministrazioni statali richiamato dal terzo periodo del comma 16. Tale personale, infatti, sembrerebbe dover prestare servizio presso amministrazione diversa da quella di appartenenza in forza di collocamento in posizione di comando o di fuori ruolo;

§      non risulta con chiarezza né quali siano le modalità con cui i consulenti “facciano parte” di uffici e strutture delle amministrazioni dello Stato né quali siano le modalità per identificare gli uffici e le strutture interessati dalla disposizione;

§      con riferimento al trasferimento di funzioni conseguente alla “soppressione” delle consulenze, si osserva che la disposizione prevede che le funzioni siano demandate alle “direzioni generali” competenti nelle medesime materie o in materie affini. Al riguardo, sembrerebbe che la norma intenda fare riferimento alle “direzioni generali” previste dall’ordinamento dei ministeri di cui al D.Lgs. 300/1999[399]. Si segnala peraltro che, ai sensi dell’art. 3, co. 1, di tale decreto legislativo le strutture di primo livello dei ministeri sono costituite alternativamente da dipartimenti o direzioni generali. In considerazione della previsione del trasferimento delle funzioni non risulta inoltre chiaro se – oltre alle consulenze – debbano essere soppressi anche gli uffici o le strutture nell’ambito dei quali esse erano prestate.

Sempre ai fini della miglior formulazione della disposizione, si segnala che i contratti di consulenza individuati con D.P.C.M. come indispensabili ai sensi del quarto periodo del comma 16 non sono espressamente fatti salvi dalla generale “soppressione” prevista dal primo periodo del medesimo comma, che si riferisce testualmente a “tutti i contratti di consulenza di durata continuativa”, ad eccezione di quelli riferiti a strutture preposte alla tutela di specifici interessi.

Assicurazione di pubblici amministratori per i rischi derivanti dall'espletamento dei compiti istituzionali (comma 17)

Il comma 17, inserito nel corso dell’esame da parte della 5a Commissione del Senato e modificato da parte dell’Assemblea dell’altro ramo del Parlamento, prevede la nullità dei contratti di assicurazione stipulati da parte di enti pubblici in favore dei rispettivi amministratori al fine di tenerli indenni dai rischi derivanti dall’espletamento dei compiti connessi con la carica da loro ricoperta e riferibili alla responsabilità per danni causati allo Stato o a ad altri enti pubblici (c.d. responsabilità amministrativa) e alla responsabilità contabile.

La norma non incide peraltro sulla possibilità per i soggetti interessati di stipulare a proprio carico un’assicurazione per tali rischi.

 

Per quanto riguarda i collegamenti con lavori legislativi in corso, si segnala che il 17 maggio 2007 la I Commissione (Affari costituzionali) della Camera dei deputati ha avviato l’esame in di quattro proposte di legge in materia di contenimento dei costi della politica, nel cui ambito ha avviato una indagine conoscitiva attualmente in corso. In proposito si segnalano, tra le proposte in esame, l’A.C. 1942 e l’A.C. 2250, i quali – rispettivamente all’art. 3 e all’art. 2 – recano norme sostanzialmente identiche a quelle introdotte dal primo periodo del comma 17.

 

La responsabilità amministrativa tutela le pubbliche amministrazioni, anche ad ordinamento autonomo, nei confronti dei danni ad esse arrecati dal funzionario o dall’impiegato all’interno del rapporto d’ufficio, obbligando il responsabile a risarcire il danno causato della sua condotta. A tale riguardo l’art. 82, primo comma, della legge di contabilità dello Stato del 1923[400] prevede che “l’impiegato che per azione od omissione, anche solo colposa, nell’esercizio delle sue funzioni, cagioni danno allo Stato, è tenuto a risarcirlo”. Analogamente, ai sensi dell’art. 18 dello Statuto degli impiegati civili dello Stato[401] “l’impiegato delle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, è tenuto a risarcire alle amministrazioni stesse i danni derivanti da violazioni di obblighi di servizio”, salvi i casi in cui abbia agito per un ordine che era obbligato ad eseguire. In tal caso, è tuttavia responsabile il superiore che ha impartito l’ordine.

La giurisdizione in materia è storicamente attribuita alla Corte dei conti[402], che nella sua giurisprudenza ha delineato i confini di tale forma di responsabilità, cui si attribuisce comunemente natura contrattuale[403].

Quanto all’ambito soggettivo di applicazione, la Corte ha evidenziato che la responsabilità si estende a tutti gli amministratori, dipendenti pubblici e soggetti che siano legati alla pubblica amministrazione da un rapporto d’impiego o di ufficio: non sono quindi responsabili i soli impiegati pubblici, ma anche i titolari di incarichi elettivi (quali i Ministri) o onorari, e i c.d. funzionari di fatto, cioè quanti di fatto si trovino a svolgere funzioni pubbliche.

La giurisprudenza della Corte dei conti, confortata dalla Corte di cassazione, ha ritenuto sottoposti alla propria giurisdizione anche soggetti estranei alla pubblica amministrazione, ma inseriti in modo stabile nel relativo apparato organizzativo, come per esempio i direttori dei lavori. La Corte di Cassazione ha inoltre riconosciuto la giurisdizione della Corte dei conti anche nei confronti degli amministratori degli enti pubblici economici[404] e delle s.p.a. partecipate in modo totalitario o prevalente da pubblici poteri[405].

Per quanto concerne i presupposti della responsabilità amministrativa, affinché un soggetto possa essere chiamato a rispondere in tale sede occorre che lo stesso, con una condotta dolosa o gravemente colposa[406] collegata o inerente al rapporto esistente con l’amministrazione, abbia causato un danno pubblico risarcibile che si ponga come conseguenza diretta e immediata di detta condotta. Ai sensi del co. 4 dell’art. 1 della L. 20/1994, sussiste responsabilità amministrativa anche nei casi in cui il danno sia cagionato ad enti o amministrazioni diverse da quella di appartenenza.

La responsabilità è personale e non si trasferisce agli eredi se non in casi eccezionali (dolo ed arricchimento illecito e conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi)[407].

Il danno pubblico risarcibile è un danno patrimoniale, nel senso che presuppone un pregiudizio economico inteso come perdita, distruzione, sottrazione di beni o valori della p.a., ovvero come mancato guadagno. Il concetto di danno, inoltre, va rapportato al concetto di bene pubblico tutelato. Anche il pregiudizio di un bene immateriale (ad esempio l’immagine e il prestigio dell’amministrazione) è considerato un danno risarcibile in quanto pur non comportando una diminuzione patrimoniale diretta, è tuttavia suscettibile di una valutazione patrimoniale[408]. Secondo le regole generali, per essere risarcibile il danno deve essere certo, attuale ed effettivo.

Sin dall’art. 20 della L. 1483/1853 si prevedeva il potere della Corte dei Conti di ridurre il danno che i pubblici ufficiali stipendiati erano tenuti a risarcire (c.d. potere riduttivo). La legge di contabilità di Stato del 1923 stabiliva, in proposito, che la Corte dei conti “valutate le singole responsabilità può porre a carico dei responsabili tutto o parte del danno accertato o del valore perduto” (art. 83, primo comma). L’art. 1 della L. 20/1994 ha poi precisato che, fermo restando il potere di riduzione, nel quantificare il danno il giudice deve, comunque, tenere conto dei vantaggi conseguiti dalla collettività amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dipendenti sottoposti al giudizio di responsabilità (in altri termini, se dalla condotta illecita del funzionario è derivata anche un’utilità, di ciò bisogna tener conto per determinare l’ammontare del danno).

 

Per quanto riguarda, invece, la responsabilità contabile, essa investe tutti gli agenti contabili, vale a dire tutti gli agenti della riscossione, i tesorieri, i consegnatari e quanti in via di fatto o di diritto si trovino ad avere la disponibilità materiale di denaro, beni o altri valori pubblici[409] e non adempiano all’obbligo di custodia e restituzione che a loro incombe. La responsabilità si realizza nel caso di qualunque irregolarità commessa nella riscossione o nei pagamenti o nella conservazione del denaro e dei valori pubblici.

Sotto il profilo procedurale, il giudizio volto ad accertare la sussistenza di una responsabilità contabile (c.d. giudizio di conto) presenta notevoli differenze rispetto al giudizio in materia di responsabilità amministrativa: il giudizio di conto si instaura, infatti, automaticamente al momento della presentazione del rendiconto giudiziale, cui gli agenti contabili sono periodicamente tenuti. A seguito della presentazione dei rendiconto il Presidente della Sezione giurisdizionale competente assegna il conto ad un magistrato relatore, che verifica la regolarità del conto e della gestione. Al termine della fase di verifica il relatore deposita una relazione nella quale, ove non rilevi anomalie, richiede il discarico dell’agente che ha presentato il conto. Se anche il Procuratore regionale conclude per il discarico, il conto viene approvato con decreto del Presidente della Sezione, in caso contrario si apre una fase contenziosa. Il giudizio si conclude con una pronuncia della Sezione che può essere di discarico o di condanna del contabile.

 

Quanto alla possibilità per una pubblica amministrazione di stipulare polizze assicurative a favore dei propri amministratori o dipendenti per rischi derivanti dai compiti di istituto, essa è prevista in via generale per gli amministratori degli enti locali.

L’art. 86, comma 5, del testo unico sugli enti locali (D.Lgs. 267/2000), riprendendo una disposizione già contenuta nell’art. 23 della L. 816/1985, stabilisce che “i comuni, le province, le comunità montane, le unioni di comuni e i consorzi fra enti locali possono assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti all’espletamento del loro mandato”. Tale normativa si applica espressamente ai soli amministratori di enti locali come definiti dall’art. 77 del testo unico (su cui v. infra) e non è stata pertanto ritenuta applicabile a soggetti che nel vigore delle precedenti disposizioni in materia ne beneficiavano (in particolare i rappresentanti nominati dagli enti locali in organi di amministrazione di soggetti esterni all’ente di appartenenza). Analogamente, si ritiene che non rientrino nell’ambito applicativo della disposizione i componenti esterni di commissioni che operino all’interno dell’ente.

Quanto alla possibilità di prevedere forme di copertura assicurativa a favore di amministratori o dipendenti pubblici, con oneri a carico delle Amministrazioni di appartenenza, estese non solo ai casi di responsabilità civile nei confronti di terzi, bensì anche al rischio costituito da eventuali condanne da parte della Corte dei conti, si tratta di questione che è stata oggetto nel tempo di grande attenzione da parte della magistratura contabile.

A tale riguardo, deve in primo luogo richiamarsi la Deliberazione n. 1/2005/P resa dalla Corte dei conti, Sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato, nell’adunanza congiunta del I e II Collegio del 13 gennaio 2005. La deliberazione si riferiva, in particolare, ad un contratto, stipulato con una compagnia assicurativa, per la copertura di talune ipotesi di responsabilità del personale della Polizia di Stato. In tale contratto si faceva, in particolare, riferimento, oltre alla copertura della “responsabilità civile ed amministrativa per gli eventi dannosi non dolosi causati a terzi dal personale delle Forze di Polizia nello svolgimento della propria attività istituzionale” (prevista dall’art. 16, comma 4, della L. 448/2001), anche alle ipotesi di responsabilità civile ed amministrativa per danni cagionati “allo Stato ed alla Pubblica Amministrazione in genere, compreso l’Ente di appartenenza” nonché di responsabilità “contabile” per danni cagionati “alla Pubblica Amministrazione, all’Ente di appartenenza e/o all’Erario”.

La Corte richiama a tale proposito i propri costanti orientamenti in materia, evidenziando come “un ente pubblico può assicurare esclusivamente rischi che rientrino nella sfera della propria responsabilità patrimoniale e che si vogliono trasferire all’assicuratore, con la conseguenza che è illegittima, e comporta responsabilità di chi l’ha deliberata, la stipula di una polizza per coprire gli amministratori dai rischi conseguenti ad una eventuale responsabilità amministrativa” (Corte dei Conti, sez. Lazio, 12 febbraio 1997, n. 12)[410]. Analogamente aveva osservato che “Del tutto al di fuori del sistema appare l’assunzione da parte dell’ente pubblico dell’onere della tutela assicurativa dei propri amministratori o dipendenti con riferimento alla responsabilità amministrativa per danno erariale, per la sua contrarietà al principio di cui all’art. 28 della Costituzione, tenendosi anche conto della peculiare natura di tale forma di responsabilità in relazione alla sua funzione di deterrenza, che ne costituisce contenuto essenziale accanto a quello risarcitorio; funzione che non può essere annullata o ridotta utilizzandosi risorse pubbliche, la cui destinazione a tale scopo non può che essere ritenuta illecita e produttiva di danno per l’erario, giacché si opera traslazione del rischio dal soggetto imputabile al soggetto creditore” (Corte dei Conti, sez. Lombardia, 8 novembre 2001, n. 12509).

Con particolare riferimento, poi, all’assicurazione per la responsabilità contabile la Corte dei conti evidenzia che “non è dato rilevare un qualsivoglia interesse dell’Amministrazione che possa giustificare l’assunzione della copertura assicurativa da parte della stessa in presenza di inadempienze di detti agenti contabili. In dette ipotesi, in realtà, sotto un profilo civilistico, si può affermare che il contratto risulta privo di causa non ravvisandosi uno scopo giuridicamente tutelabile nell’assumere l’Amministrazione il pagamento di un premio assicurativo per tenere indenni coloro che dovrebbero risarcire un danno proprio alla stessa Amministrazione”.

 

Esistono comunque disposizioni legislative a livello regionale che prevedono la stipula di polizze assicurative riferite anche a fattispecie di responsabilità amministrativa e contabile[411].

In particolare, l’art. 1 della L.R. Emilia-Romagna 24/1997[412] stabilisce che la Regione provveda alla copertura assicurativa cumulativa dei componenti del Consiglio regionale in carica con riferimento, tra l’altro, ai rischi derivanti dall’espletamento di compiti istituzionali connessi con la carica ricoperta e riguardanti la responsabilità patrimoniale, amministrativa e giudiziaria, comprese la responsabilità per danni cagionati allo Stato, alla pubblica Amministrazione ed alla Regione e la responsabilità contabile. La copertura per tali rischi e responsabilità deve estendersi anche alle contestazioni, agli addebiti e alle richieste avanzate nei confronti dei consiglieri e degli assessori dopo la loro cessazione dalla carica, purché riferiti ad atti o fatti avvenuti nel periodo della loro carica. I consiglieri regionali concorrono alla spesa nella misura del cinquanta per cento del premio, o della quota del premio riferibile a tali rischi e responsabilità.

Analoghe provvidenze, sempre con riferimento ai Consiglieri regionali, sono previste dalla L.R. Lazio 48/1998[413].

 

Con riferimento alla formulazione testuale dal primo periodo della disposizione in esame si evidenzia l’opportunità di chiarire in modo univoco l’ambito applicativo delle norme, precisando in particolare la portata del riferimento agli “amministratori” di enti pubblici e se esso debba intendersi riferito ai soli titolari di incarichi elettivi o di governo o anche ai dirigenti degli enti stessi.

 

Si segnala infatti che non esiste nel nostro ordinamento una nozione generalmente accolta di amministratore pubblico. Una definizione, peraltro direttamente applicabile al solo Capo IV del T.U.E.L., è invece prevista per gli amministratori degli enti locali dall’art. 77 del D.Lgs. 267/2000. In quel contesto sono definiti amministratori “i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento”.

 

Il secondo periodo del comma 17, inserito nel corso dell’esame da parte dell’Assemblea del Senato, reca invece una disciplina transitoria riferita ai contratti di assicurazione in corso alla data di entrata in vigore della disposizione stessa, prevedendo che la loro efficacia cessa il 30 giugno 2008, e una norma sanzionatoria per il caso di stipula di contratti di assicurazione in violazione della disposizione in esame. A tale riguardo, si prevede che gli amministratori che pongano in essere nuovi contratti o proroghino quelli attualmente in essere ed i beneficiari della copertura assicurata dai contratti stessi siano tenuti a risarcire – a titolo di responsabilità amministrativa – una somma pari a 10 volte l’ammontare dei premi complessivamente previsti dal contratto nullo.

Misure concernenti l’organizzazione e le funzioni della Corte dei conti (commi 18-21)

Il comma 18 abroga il comma 9 dell’articolo 7 della L. 131/2003 (la cosiddetta “Legge La Loggia”[414] eliminando la facoltà per le regioni, ivi prevista,di procedere all’integrazione della composizione delle sezioni regionali della Corte dei conti attraverso la nomina di due componenti.

La soppressione di tale disposizione comporta anche il venir meno della possibilità per le sezioni regionali di controllo di avvalersi di personale della Regione con oneri a carico dell’amministrazione di appartenenza, previsto nella fase di prima applicazione della L. 131/2003.

Il comma disciplina, inoltre, le modifiche alla situazione giuridica dei consiglieri attualmente in carica in conseguenza della soppressione della norma, distinguendo tra coloro che risultano essere stati nominati alla data del 1° ottobre 2007 e quelli nominati successivamente. I primi rimangono in carica fino alla fine del loro mandato, mentre i secondi decadono – dalla data di entrata in vigore del testo in esame – e non hanno più diritto alla corresponsione degli emolumenti in precedenza percepiti “a qualsiasi titolo”.

 

Si ricorda che la soppressione dell’integrazione delle sezioni regionali della Corte dei conti è prevista dall’articolo 10 dell’A.C. 1942 e l’articolo 8 dell’A.C. 2250, aventi per oggetto il contenimento dei costi della politica, attualmente all’esame della I Commissione (Affari costituzionali) della Camera.

Secondo quanto sostenuto nelle relazioni illustrative di entrambe le proposte di legge, l’abrogazione della disposizione consentirebbe, oltre a risparmi di spesa, il superamento di un’ambigua commistione tra controllori e controllati. In proposito, si osserva che l’art. 7, co. 9, della legge 131, precisa che dall’integrazione non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

L’art. 7, co. 9, della L. 131/2003 prevede la possibilità di integrare la composizione delle sezioni regionali della Corte dei conti con due componenti designati:

§       uno, dal Consiglio regionale;

§       l’altro, dal Consiglio delle autonomie locali oppure, nelle Regioni ove tale organo, previsto dall’ultimo comma dell’art. 123 Cost., non sia stato ancora istituito, dal Presidente del Consiglio regionale su indicazione delle associazioni rappresentative dei comuni e delle province a livello regionale.

L’individuazione dell’organo (della regione e rappresentativo degli enti locali) competente a designare i componenti aggiuntivi delle sezioni regionali della Corte può qualificarsi come disposizione “recessiva” o “cedevole”: viene, infatti, espressamente previsto che essa operi “salvo diversa previsione dello statuto della regione”.

La disposizione individua le categorie di soggetti tra le quali le regioni ed i Consigli delle autonomie locali debbono scegliere i componenti aggiuntivi: questi debbono essere scelti tra persone che, per gli studi compiuti e le esperienze professionali acquisite, sono particolarmente esperte nelle materie aziendalistiche, economiche, finanziarie, giuridiche e contabili.

A tale proposito si ricorda che l’articolo unico del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 1977, n. 385, prevede che “i posti di consigliere, non riservati ai primi referendari della Corte dei conti, […] possono essere conferiti ad estranei alle amministrazioni dello Stato, che, per l’attività svolta o gli studi giuridico-amministrativo-contabili compiuti, e per le doti attitudinali e di carattere, posseggano piena idoneità all’esercizio delle funzioni di consigliere della Corte dei conti”.

La loro nomina è effettuata con decreto del Presidente della Repubblica, con le modalità previste dal secondo comma dell’articolo unico del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 1977, n. 385. I componenti aggiuntivi durano in carica 5 anni e non sono riconfermabili.

Lo status dei componenti è equiparato a tutti gli effetti, per la durata dell’incarico, a quello dei consiglieri della Corte dei conti, con oneri finanziari a carico della Regione. È tuttavia previsto, come già accennato, che l’integrazione debba avvenire senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (che in quanto tale sembrerebbe ampiamente comprensiva anche di quella non statale).

Per la nomina è prescritto il parere del consiglio di presidenza della Corte dei conti, su richiesta motivata della Presidenza del Consiglio dei ministri.

L’art. 7, co. 9, della L. 131/2003 prevede inoltre che ciascuna sezione regionale di controllo della Corte dei conti possa avvalersi di personale delle regioni, previe intese con le regioni stesse. Sono posti limiti a tale possibilità, in quanto essa:

§       è data in sede di prima applicazione;

§       è connessa allo svolgimento delle funzioni di verifica sugli equilibri di bilancio degli enti territoriali e delle altre funzioni di verifica di cui all’art. 7, co. 7; alla realizzazione di forme di collaborazione tra regioni e sezioni regionali della Corte dei conti (art. 7, co. 8), nonché alla nomina dei componenti delle sezioni regionali designati dalle regioni (art. 7, co. 9);

§       è limitata ad un contingente massimo di dieci unità di personale per ciascuna sezione regionale.

Le sezioni regionali di controllo potranno avvalersi anche di segretari comunali e provinciali del ruolo unico previsto dal testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (co. 6, sesto periodo)[415] sotto duplice condizioni, procedurale la prima e finanziaria la seconda:

§       previe intese con l’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali o con le sue sezioni regionali;

§       con oneri a carico della Regione.

 

La generalizzazione dell’istituzione di sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti è avvenuta con la deliberazione del 16 giugno 2000, n. 14, della stessa Corte, in ottemperanza alle disposizioni dell’art. 3, co. 2, del D.Lgs. 286/1999; tale ultima disposizione, con l’obiettivo di dare corpo ad una riforma organica del sistema dei controlli, aveva infatti attribuito alla Corte dei conti il potere di determinare, anche in deroga a previgenti disposizioni di legge il numero, la composizione e la sede dei propri organi adibiti a compiti di controllo preventivo su atti o successivo su pubbliche gestioni e degli organi di supporto. Coerentemente con il disegno di riforma della pubblica amministrazione in direzione di una maggiore efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, infatti, alla Corte è stata intestata una funzione di controllo successivo delle gestioni delle amministrazione dello Stato, delle regioni e degli enti locali. L’attribuzione di competenze di tipo nuovo richiedeva che la Corte si desse una struttura organizzativa idonea.

L’art. 2, co. 1, della deliberazione n. 14 del 2000 ha quindi previsto che fosse istituita in ogni regione ad autonomia ordinaria una Sezione regionale di controllo, con sede nel capoluogo. Le sezioni, che hanno sostituito le preesistenti “delegazioni” regionali[416] e i “collegi” regionali[417], si sono insediate a decorrere dal 1 gennaio 2001, ai sensi del D.M. 21 dicembre 2000 (G.U. 28 dicembre 2000, n. 301).

In precedenza esistevano già sezioni regionali di controllo nelle regioni a statuto speciale[418].

Quanto alle competenze loro attribuite, le sezioni regionali esercitano, ai sensi dell’articolo 3, co. 4, 5 e 6 della L. 20/1994, con la quale è stato introdotto il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, il controllo sulla gestione delle amministrazioni regionali e dei loro enti strumentali, nonché il controllo sulla gestione degli enti locali territoriali e i loro enti strumentali (e anche delle università e delle istituzioni pubbliche di autonomia aventi sede nella regione). Inoltre le sezioni regionali esercitano il controllo di legittimità sugli atti e il controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato aventi sede nella regione.

Il regolamento di auto-organizzazione della Corte prevede che il controllo comprenda anche la verifica della gestione dei cofinanziamenti regionali per interventi sostenuti con fondi comunitari. Il controllo sulla gestione affidato alle sezioni regionali include anche le verifiche sul funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione, come richiesto dal co. 4 dell’art. 3 della L. 20/1994.

È sempre il citato regolamento di auto-organizzazione della Corte che disciplina la composizione delle sezioni regionali (art. 2, co. 5). Ciascuna di esse deve essere presieduta da un Presidente di sezione e composta almeno da altri tre magistrati assegnati dal Consiglio di Presidenza[419]. A questi magistrati il Presidente della sezione assegna le indagini di controllo sulla gestione, all’inizio di ciascun anno, secondo le cadenze previste dai programmi. I controlli sulla gestione infatti vengono programmati, secondo quanto stabilisce l’articolo 5 del citato regolamento di organizzazione delle funzioni di controllo della Corte 16 giugno 2000.

Ai sensi dell’art. 5 della deliberazione n. 14 del 2000, la programmazione delle attività di controllo avviene sia a livello centrale (“Le sezioni riunite in sede di controllo definiscono entro il 30 ottobre il quadro di riferimento programmatico, anche pluriennale, delle indagini di finanza pubblica e dei controlli sulla gestione, e i relativi indirizzi di coordinamento e criteri metodologici di massima”), sia a livello regionale (“Le sezioni regionali di controllo, previa analisi di fattibilità [...] deliberano i propri programmi di controllo entro il 30 novembre di ciascun anno. I programmi individuano anche metodologie di analisi sul funzionamento dei controlli interni ai sensi delle norme vigenti al fine di verificarne l’azione e di trarre indirizzi per la successiva programmazione delle attività di controllo”). È anche previsto che i presidenti delle sezioni regionali di controllo comunichino ai presidenti dei Consigli regionali i programmi di lavoro deliberati.

Le deliberazioni della sezione sono assunte con la presenza di almeno tre componenti. Il presidente può disporre che la sezione si articoli in due collegi con competenze nei riguardi, rispettivamente, delle amministrazioni dello Stato e delle amministrazioni regionali e restanti enti ed istituzioni pubbliche di autonomia aventi sede nella regione.

 

Il comma 19 prevede una riorganizzazione degli uffici della Corte dei conti, da attuare a livello regolamentare, al fine di coordinare le nuove funzioni istituzionali attribuite dall’articolo in esame con quelle già svolte dalla stessa.

I regolamenti di organizzazione sono adottati dal Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, su proposta del Presidente della Corte stessa, il quale a sua volta formula le proposte con il parere del segretario generale.

 

Il comma 20 reca una norma volta a potenziare il ruolo della Corte dei conti nell’esercizio del controllo su gestioni di spesa e di entrata, al fine indicato di razionalizzazione della spesa pubblica e vigilanza sulle entrate.

Si prevede, in particolare, che ove un’amministrazione ritenga di non ottemperare ai rilievi svolti dalla Corte dei conti nell’esercizio del controllo su gestioni di spesa e di entrata, essa debba inviare un documento motivato alla Presidenza delle Camere, alla Presidenza del Consiglio e alla Presidenza della Corte dei conti.

 

Il comma 21 reca una modifica testuale all’articolo 3, comma 4 della legge 20/1994. Si prevede che la Corte dei conti, nel definire annualmente i programmi e i criteri di riferimento del controllo di gestione, sulla base delle priorità previamente deliberate dalle competenti Commissioni parlamentari, tenga conto anche – ai fini del referto per il coordinamento del sistema di finanza pubblica – delle relazioni degli organi che esercitano funzioni di controllo o vigilanza su amministrazioni, enti pubblici, autorità amministrative indipendenti o società a prevalente capitale pubblico.

 

Tra gli organi di controllo e vigilanza cui fa riferimento la disposizione in esame devono presumibilmente considerarsi i servizi di controllo interno istituiti nelle singole amministrazioni. Per quanto riguarda le autorità amministrative indipendenti si segnala a titolo puramente esemplificativo il servizio di controllo interno istituito presso l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (art. 25 del regolamento adottato con deliberazione 9 ottobre 2002).

 

Si ricorda che la citata L. 20/1994 ha avuto ad oggetto la riforma delle funzioni di controllo della Corte dei Conti.

I tratti fondamentali del modello di controllo prefigurato dalla legge di riforma sono tre. In primo luogo, il controllo preventivo di legittimità è limitato e concentrato sugli atti fondamentali del Governo (e non più su tutti gli atti prodotti dall'amministrazione); in secondo luogo, viene potenziato e generalizzato a tutte le amministrazioni il controllo successivo sulla gestione, da svolgere sulla base di appositi programmi elaborati dalla Corte dei conti, che riferisce al Parlamento nazionale ed ai Consigli regionali sull'esito dei controlli eseguiti; in terzo luogo viene attribuito alla Corte dei conti il compito di verificare la funzionalità dei controlli interni all'amministrazione.

Il richiamato articolo 3, comma 4, prevede che la Corte svolga, anche in corso di esercizio, il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, nonché sulle gestioni fuori bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria, verificando la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione. La Corte, poi, accerta, anche in base all'esito di altri controlli, la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell'azione amministrativa.

La Corte, inoltre, definisce ogni anno i programmi ed i criteri di riferimento del controllo di gestione sulla base delle priorità previamente deliberate dalle competenti Commissioni parlamentari. L’intervento del Parlamento nel procedimento di formazione del programma di controllo di gestione della Corte dei conti è stato introdotto di recente ad opera della legge finanziaria per il 2007 (art. 1, co. 473).

Ai sensi del comma 6 dell’art. 3, la Corte dei conti riferisce, almeno annualmente, al Parlamento ed ai consigli regionali sull'esito dei controlli eseguiti.

Trattamento economico del personale in regime di diritto pubblico (comma 22)

Il comma 22, così come risultante a seguito degli emendamenti approvati dall’Assemblea del Senato, recauna novella all’art. 1, co. 576, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006), che limita al solo 2007 (e non anche al 2008, come previsto dal testo vigente del comma 576) il “taglio” del 30 per cento degli adeguamenti automatici previsti da tale disposizione per le retribuzioni di dipendenti pubblici appartenenti a specifiche categorie di personale pubblico, rientranti nel c.d. personale non “contrattualizzato”.

La limitazione percentuale degli adeguamenti retributivi nel biennio 2007-2008, che opera solo nei confronti di chi percepisca retribuzioni complessivamente superiori a 53.000 euro e – come precisato anche nella relazione illustrativa al testo iniziale del disegno di legge finanziaria per il 2007[420]trova applicazione anche nei confronti dei magistrati, non dà luogo a successivi recuperi.

 

In base all’art. 24 della 448/1998[421], gli stipendi, l’indennità integrativa speciale e gli assegni fissi e continuativi di specifiche categorie di personale pubblico, rientranti nel c.d. personale non “contrattualizzato” (docenti e ricercatori universitari, personale dirigente della Polizia di Stato e gradi di qualifiche corrispondenti, dei Corpi di polizia civili e militari, colonnelli e generali delle Forze armate, personale dirigente della carriera prefettizia, personale della carriera diplomatica), siano adeguati di diritto annualmente in ragione degli incrementi medi, calcolati dall’ISTAT, conseguiti nell’anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti in regime contrattuale sulle voci della rispettiva retribuzione (la disposizione richiamate precisa che le voci retributive devono intendersi comprensive dell’indennità integrativa speciale e devono corrispondere a quelle utilizzate dallo stesso ISTAT per l’elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali).

Quanto al meccanismo di concreta individuazione della misura dell’adeguamento annuo il comma 2 dell’art. 24 prevede che la determinazione sia effettuata, entro il 30 aprile di ciascun anno, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica[422]. Al fine dell’adozione del D.P.C.M. l’ISTAT provvede a comunicare entro il mese di marzo la variazione percentuale registrata nell’anno precedente dalle retribuzioni del personale “contrattualizzato”. Qualora i dati necessari non siano disponibili entro i termini previsti, l’adeguamento è effettuato nella stessa misura percentuale dell’anno precedente, salvo successivo conguaglio.

Il comma 4 dell’articolo 24 della legge 448 del 1998 prevede a sua volta che il criterio dell’adeguamento automatico sopra descritto si applichi anche al personale di magistratura ed agli avvocati e procuratori dello Stato ai fini del calcolo dell’adeguamento triennale tenendo conto degli incrementi medi pro capite del trattamento economico complessivo, comprensivo di quello accessorio e variabile, delle altre categorie del pubblico impiego, fatta salva, per i profili non interessati dalla disposizione, la disciplina speciale di cui all’art. 2 della L. 27/1981.

In base a detta disposizione, che ha sostituito integralmente gli artt. 11, 12, legge n. 97 del 1979, gli stipendi dei magistrati sono adeguati di diritto ogni triennio nella misura percentuale pari alla media degli incrementi delle voci retributive, esclusa l’indennità integrativa speciale, ottenuti dagli altri pubblici dipendenti (appartenenti alle amministrazioni statali, alle aziende autonome dello Stato, università, regioni, province e comuni, ospedali ed enti di previdenza). La percentuale spettante, calcolata dall’ISTAT rapportando il complesso del trattamento economico medio per unità corrisposto nell’ultimo anno del triennio di riferimento a quello dell’ultimo anno del triennio precedente, è determinata nel primo anno di ogni triennio con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia e con quello del tesoro, ed ha effetto dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento: al 1° gennaio del secondo e del terzo anno di ogni triennio gli stipendi sono aumentati, a titolo di acconto, per ciascun anno, in misura pari al 30% della variazione percentuale verificatasi nel triennio precedente, tranne l’eventuale conguaglio.

Il più recente adeguamento retributivo dei magistrati è stato disposto con il D.P.C.M. del 15 maggio 2006, che ha previsto un incremento del 12,30 per cento a decorrere dal 2006, previo riassorbimento degli incrementi già corrisposti per il 2004 e il 2005[423]. Per gli anni 2007 e 2008 il D.P.C.M. ha invece disposto, a titolo di acconto, un adeguamento del 3,69 per cento annuo.

 

In conseguenza della limitazione del “taglio” dell’adeguamento automatico al solo 2007, la disposizione in esame anticipa al 2008 il ripristino dell’ordinaria progressione stipendiale. Nell’anno 2008 vi sarà quindi l’applicazione dell’indice di adeguamento nella misura piena e la reintegrazione della base retributiva cui applicarlo.


Articolo 145
(Contenimento degli incarichi, del lavoro flessibile e straordinario nelle pubbliche amministrazioni)

 


1. Al comma 6 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le parole: «di provata competenza» sono sostituite dalle seguenti: «di particolare e comprovata specializzazione universitaria».

2. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 1, commi 529 e 560, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

3. L'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è sostituito dal seguente:

«Art. 36. - (Utilizzo di contratti di lavoro flessibile). - 1. Le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato e non possono avvalersi delle forme contrattuali di lavoro flessibile previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa se non per esigenze stagionali o per periodi non superiori a tre mesi.

2. In nessun caso è ammesso il rinnovo del contratto o l'utilizzo del medesimo lavoratore con altra tipologia contrattuale.

3. Le amministrazioni fanno fronte ad esigenze temporanee ed eccezionali attraverso l'assegnazione temporanea di personale di altre amministrazioni per un periodo non superiore a sei mesi, non rinnovabile.

4. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 non possono essere derogate dalla contrattazione collettiva.

5. Le amministrazioni pubbliche trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato le convenzioni concernenti l'utilizzo dei lavoratori socialmente utili.

6. In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l'obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave. Le amministrazioni pubbliche che operano in violazione delle disposizioni di cui al presente articolo non possono effettuare assunzioni ad alcun titolo per il triennio successivo alla suddetta violazione.

7. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano agli uffici di cui all'articolo 14, comma 2, del presente decreto, nonché agli uffici di cui all'articolo 90 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Sono altresì esclusi i contratti relativi agli incarichi dirigenziali ed alla preposizione ad organi di direzione, consultivi e di controllo delle amministrazioni pubbliche.

8. Gli enti locali non sottoposti al patto di stabilità interno e che comunque abbiano una dotazione organica non superiore alle quindici unità possono avvalersi di forme contrattuali di lavoro flessibile, oltre che per le finalità di cui al comma 1, per la sostituzione di lavoratori assenti e per i quali sussiste il diritto alla conservazione del posto, sempreché nel contratto di lavoro a termine sia indicato il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione.

9. Gli enti del Servizio sanitario nazionale, in relazione al personale medico, con esclusivo riferimento alle figure infungibili, al personale infermieristico ed al personale di supporto alle attività infermieristiche, possono avvalersi di forme contrattuali di lavoro flessibile, oltre che per le finalità di cui al comma 1, per la sostituzione di lavoratori assenti o cessati dal servizio limitatamente ai casi in cui ricorrano urgenti e indifferibili esigenze correlate alla erogazione dei livelli essenziali di assistenza, compatibilmente con i vincoli previsti in materia di contenimento della spesa di personale dall'articolo 1, comma 565, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

10. Le università e gli enti di ricerca possono avvalersi di contratti di lavoro flessibile per lo svolgimento di progetti di ricerca e di innovazione tecnologica i cui oneri non risultino a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o del Fondo di finanziamento degli enti o del Fondo di finanziamento ordinario delle università. Gli enti del Servizio sanitario nazionale possono avvalersi di contratti di lavoro flessibile per lo svolgimento di progetti di ricerca finanziati con le modalità indicate nell'articolo 1, comma 565, lettera b), secondo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. L'utilizzazione dei lavoratori, con i quali si sono stipulati i contratti di cui al presente comma, per fini diversi determina responsabilità amministrativa del dirigente e del responsabile del progetto. La violazione delle presenti disposizioni è causa di nullità del provvedimento».

4. Con effetto dall'anno 2008 il limite di cui all'articolo 1, comma 187, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, come modificato dall'articolo 1, comma 538, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è ridotto al 35 per cento.

5. In coerenza con i processi di razionalizzazione amministrativa e di riallocazione delle risorse umane avviati ai sensi della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le amministrazioni statali, ivi comprese quelle ad ordinamento autonomo e la Presidenza del Consiglio dei ministri, provvedono, sulla base delle specifiche esigenze, da valutare in sede di contrattazione integrativa e finanziate nell'ambito dei fondi unici di amministrazione, all'attuazione delle tipologie di orario di lavoro previste dalle vigenti norme contrattuali, comprese le forme di lavoro a distanza, al fine di contenere il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario.

6. In ogni caso, a decorrere dall'anno 2008, per le amministrazioni di cui al comma 5 la spesa per prestazioni di lavoro straordinario va contenuta entro il limite del 90 per cento delle risorse finanziarie allo scopo assegnate per l'anno finanziario 2007.

7. Le pubbliche amministrazioni non possono erogare compensi per lavoro straordinario se non previa attivazione dei sistemi di rilevazione automatica delle presenze.

8. Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 si applicano anche ai Corpi di polizia ad ordinamento civile e militare, alle Forze armate e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Le eventuali ed indilazionabili esigenze di servizio, non fronteggiabili sulla base delle risorse disponibili per il lavoro straordinario o attraverso una diversa articolazione dei servizi e del regime orario e delle turnazioni, vanno fronteggiate nell'ambito delle risorse assegnate agli appositi fondi per l'incentivazione del personale, previsti dai provvedimenti di recepimento degli accordi sindacali o di concertazione. Ai predetti fini si provvede al maggiore utilizzo e all'apposita finalizzazione degli istituti retributivi già stabiliti dalla contrattazione decentrata per fronteggiare esigenze che richiedono il prolungato impegno nelle attività istituzionali. Sono fatte salve le risorse di cui all'articolo 149, comma 4.


 

 

L’articolo in esame è volto principalmente ad apportare correttivi alla disciplina relativa all’utilizzazione degli incarichi e delle forme di lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni, in modo da prevenire l’uso non appropriato di tali tipologie contrattuali che ha contribuito al fenomeno della precarietà del lavoro con le conseguenti richieste di stabilizzazione.

Il comma 1 modifica l’articolo 7, comma 6, del D.Lgs. 165 del 2001, recante disposizioni in materia di conferimento di incarichi individuali da parte delle pubbliche amministrazioni ad esperti di provata competenza per esigenze cui non può far fronte con il personale in servizio, introducendo una disciplina più dettagliata e rigorosa rispetto a quella vigente.

 

Si ricorda che l’art. 32 del D.L. 223 del 2006 ha provveduto, all’art. 7 del D.Lgs. 165/2001, a riformulare il comma 6 e ad introdurre i nuovi commi 6-bis e 6-ter.

A seguito di tali modifiche, il comma 6 prevede che il conferimento di incarichi individuali ad esperti di provata competenza possa avvenire solo in presenza dei seguenti presupposti:

-        corrispondenza dell’oggetto della prestazione alle competenze proprie dell’amministrazione interessata, nonché ad obiettivi e progetti specifici e determinati;

-        impossibilità oggettiva da parte dell’amministrazione ad utilizzare il personale alle proprie dipendenze;

-        temporaneità della prestazione e alta qualificazione della medesima;

-        preventiva determinazione di: durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

Inoltre, con il comma 6-bis, viene fatto obbligo per le amministrazioni pubbliche di definire e rendere pubbliche le procedure comparative per l’assegnazione degli incarichi di collaborazione, secondo i propri ordinamenti.

Infine, con il comma 6-ter si stabilisce che i regolamenti di cui all’art. 110, comma 6, del testo unico di cui al D.Lgs. 267/2000[424] si adeguano ai principi di cui al precedente comma 6[425]. In sostanza le disposizioni di cui al comma 6 illustrate in precedenza costituiscono norme di principio cui devono attenersi i regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti locali nel disciplinare il conferimento di incarichi di consulenza ad alto contenuto di professionalità.

 

Con la modifica introdotta dal comma in esame si precisa che gli incarichi individuali esterni possano esser conferiti solamente a soggetti di particolare e comprovata professionalità a livello di specializzazione universitaria.

 

Il comma 2 fa salve le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 529 e 560, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006).

 

Il comma 529 dispone che, per il triennio 2007-2009, nell’ambito delle assunzioni a tempo determinato effettuate dalle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dalle agenzie, ivi comprese le agenzie fiscali, dagli enti pubblici non economici e dagli enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001, una quota pari al 60% dei posti sia riservata a soggetti già titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa con le medesime amministrazioni[426].

Più in particolare le amministrazioni pubbliche in questione, nel bandire le relative prove selettive, sono tenute a riservare una quota del 60% del totale dei posti programmati ai soggetti in possesso dei seguenti requisiti:

-        siano stati titolari di uno o più contratti di collaborazione coordinata e continuativa, per la durata complessiva di almeno un anno raggiunta alla data del 29 settembre 2006, con la rispettiva amministrazione procedente;

-        abbiano svolto mansioni funzionali alle esigenze attinenti alle ordinarie attività di servizio della medesima amministrazione procedente.

 

Il comma 560 dispone che, per il triennio 2007-2009, nell’ambito delle assunzioni a tempo determinato effettuate regioni ed enti locali sottoposti al patto di stabilità interno, una quota pari al 60% dei posti sia riservata a soggetti già titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa con i medesimi enti.

Più in particolare gli enti in questione, nel bandire le relative prove selettive, sono tenute a riservare una quota del 60% del totale dei posti programmati ai soggetti con i quali abbiano stipulato uno o più contratti di collaborazione coordinata e continuativa, per la durata complessiva di almeno un anno raggiunta alla data del 29 settembre 2006. Sono esclusi dalla previsione gli incarichi di nomina politica.

 

Il comma 3 riscrive l’articolo 36 del D.Lgs. 165 del 2001, che disciplina l’utilizzazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale.

 

Si ricorda che l’articolo 36 del D.Lgs. 165 del 2001, in primo luogo, prevede che le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle disposizioni sul reclutamento del personale, possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa. Alla contrattazione collettiva nazionale è demandata la disciplina della materia dei contratti a tempo determinato, dei contratti di formazione e lavoro, degli altri rapporti formativi e della fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo (comma 1).

Si stabilisce quindi che le amministrazioni pubbliche possono instaurare rapporti a tempo determinato o altri rapporti di lavoro flessibili solo per esigenze temporanee ed eccezionali e previo esperimento di procedure inerenti assegnazione di personale anche temporanea, nonché previa valutazione circa l'opportunità di attivazione di contratti con le agenzie di cui all'articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per la somministrazione a tempo determinato di personale, ovvero di esternalizzazione e appalto dei servizi (comma 1-bis).

Si dispone inoltre, al comma 1-ter, per le amministrazioni pubbliche, un obbligo di comunicazione, alla Presidenza del Consiglio (Dipartimento della funzione pubblica) e al Ministero dell’economia (Ragioneria Generale dello Stato) delle convenzioni concernenti l’utilizzazione di lavoratori socialmente utili. La disposizione sembra volta a disporre un aggiornato e costante monitoraggio delle convenzioni in esame.

Lo stesso articolo stabilisce altresì che in ogni caso la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni. Al lavoratore interessato è riconosciuto solamente il diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative, mentre si pone a carico delle amministrazioni interessate l'obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave.

 

In particolare il nuovo articolo 36 dispone che le pubbliche amministrazioni effettuano assunzioni di personale utilizzando esclusivamente il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e possono avvalersi delle forme contrattuali di lavoro flessibile previste dalla disciplina privatistica al solo scopo di fronteggiare esigenze stagionali o per periodi non superiori a 3 mesi (comma 1).

Inoltre, non si ammette in nessun caso il rinnovo del contratto o l’utilizzo dello stesso lavoratore con altra tipologia contrattuale (comma 2) e si prevede che per fronteggiare esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni ricorrono all’assegnazione temporanea di personale di altre amministrazioni per un periodo massimo di 6 mesi, non rinnovabili (comma 3).

Viene precisato che le disposizioni in precedenza richiamate non sono derogabili dalla contrattazione collettiva (comma 4).

Il comma 5, recante una norma già contenuta nel testo vigente dell’articolo 36, prevede per le amministrazioni pubbliche un obbligo di comunicazione, alla Presidenza del Consiglio (Dipartimento della funzione pubblica) e al Ministero dell’economia (Ragioneria Generale dello Stato), delle convenzioni concernenti l’utilizzazione di lavoratori socialmente utili.

Confermandosi la disposizione, contenuta nel testo vigente dell’articolo 36, secondo cui eventuali violazioni di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori da parte delle pubbliche amministrazioni non possono comunque comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato (mentre il lavoratore avrà diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro eseguita in violazione di disposizioni imperative e le amministrazioni avranno l’obbligo di rivalersi sui dirigenti responsabili in caso di dolo o colpa grave), si introduce ex novo la previsione del divieto di assunzione per le amministrazioni che violano la disciplina relativa all’utilizzo delle forme di lavoro flessibile di cui all’articolo 36 per il triennio successivo alla violazione stessa (comma 6).

Al comma 7 viene precisato che la disciplina in esame non si applica agli uffici di diretta collaborazione del Ministro, agli uffici di supporto agli organi di direzione politica degli enti locali, nonché ai contratti relativi agli incarichi dirigenziali ad alla preposizione ad organi di direzione, consultivi e di controllo delle pubbliche amministrazioni.

I commi da 8 a 10 prevedono, per gli enti locali non sottoposti al patto di stabilità interno con organico inferiore a 15 unità, per gli enti del Servizio sanitario nazionale e per gli enti di ricerca e le università, la possibilità di utilizzare forme contrattuali flessibili, oltre che per le finalità su indicate, anche in relazione ad ulteriori esigenze specificamente e tassativamente indicate e diverse a seconda degli enti interessati.

In particolare, il comma 8 prevede che gli locali non sottoposti al patto di stabilità interno e con una dotazione organica inferiore o pari alle quindici unità possano avvalersi di contratti flessibili, oltre che per le finalità di cui al comma 1, anche per la sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto, a condizione che nel contratto di lavoro a termine sia indicato il lavoratore sostituito e la causa della sostituzione.

Il comma 9 stabilisce che gli enti del Servizio sanitario nazionale, con riferimento alle figure infungibili del personale medico, al personale infermieristico e al personale di supporto alle attività infermieristiche, possono ricorrere a forme di lavoro flessibile anche per la sostituzione di lavoratori assenti o cessati dal servizio, nei limiti dei casi in cui ricorrano urgenti e indifferibili esigenze legate alla erogazione dei livelli essenziali di assistenza. Viene peraltro precisato che tali assunzioni devono essere compatibili con i vincoli previsti dall’art. 1, comma 565 della L. 296/2006 (legge finanziaria 2007), in materia di contenimento della spesa per il personale del Servizio sanitario nazionale.

 

Si ricorda che il comma 565, al fine di garantire il rispetto degli impegni assunti in sede comunitaria e il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009, anche in attuazione degli accordi tra Stato e regioni sul patto nazionale per salute, ridefinisce la disciplina sui vincoli alla spesa per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale.

In particolare, tali enti dovranno adottare le misure necessarie a garantire che la spesa per il personale per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 sia ridotta dell'1,4 per cento rispetto a quella del 2004; restano confermati, altresì, i vincoli alla spesa per il personale già stabiliti dalle precedenti legge finanziarie per gli anni 2005 e 2006. Tale aggregato di spesa è identificato in modo ampio e, quindi, comprensivo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP sulle retribuzioni, degli oneri per il personale a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, o che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni (lettera a).

Conseguentemente, per gli anni 2007 e 2008, la lettera d), prevede che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, le misure previste dalle leggi finanziarie per il 2005 e per il 2006 sono sostituite da quelle indicate nel presente comma[427].

Alla lettera b) si specificano, altresì, alcune modalità di calcolo, stabilendo che le spese per il personale devono essere considerate al netto:

-        per l'anno 2004, delle spese per arretrati relativi ad anni precedenti per rinnovo dei contratti collettivi di lavoro;

-        per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 delle spese derivanti dai rinnovi dei medesimi contratti intervenuti successivamente all'anno 2004;

-        per l’anno 2004 e per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 delle spese di personale totalmente a carico di finanziamenti comunitari o privati nonché delle spese relative alle assunzioni a tempo determinato ed ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l’attuazione di progetti di ricerca finanziati secondo quanto previsto dall’art. 12-bis del D.Lgs.. 502 del 1992.

La norma indica, inoltre, altri obblighi procedurali a carico degli enti interessati, fermi restando gli indirizzi fissati dalle regioni nella loro autonomia:

-        individuazione della consistenza organica del personale dipendente a tempo indeterminato (o con altre tipologie di lavoro) in servizio alla data del 31 dicembre 2006 e della relativa spesa;

-        predisposizione di un programma annuale di riduzione delle predette consistenze, valutando la possibilità di trasformare le posizioni di lavoro già ricoperte da personale precario in posizioni di lavoro dipendente a tempo indeterminato (nel definire gli indirizzi, le regioni possono far riferimento ai principi desumibili dall’articolo 1, commi da 513 a 543, del presente provvedimento di legge);

-        per la determinazione dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa si dovranno adottare le misure previste dalla legge finanziaria per il 2006  (lettera c).

 

Ai sensi della lettera e), la verifica dell’effettivo conseguimento degli obiettivi previsti è affidata al Tavolo tecnico di cui all’articolo 12 dell’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005. La regione sarà giudicata adempiente se sarà accertato l’effettivo conseguimento degli obiettivi previsti. In caso contrario, la regione sarà considerata adempiente, solo ove abbia comunque assicurato l’equilibrio economico.

 

Il comma 10 del nuovo articolo 36, infine, al primo periodo, dispone che le università e gli enti di ricerca possano ricorrere a forme contrattuali flessibili per svolgere progetti di ricerca e di innovazione tecnologica i cui oneri non risultino a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o del Fondo di finanziamento degli enti o del Fondo ordinario di finanziamento delle università.

Al secondo periodo il medesimo comma prevede che gli enti del Servizio sanitario nazionale possono ricorrere a forme contrattuali flessibili per lo svolgimento di progetti di ricerca finanziati in base alle modalità di cui all’art. 1, comma 565, lettera b), secondo periodo della legge finanziaria 2007, cioè con fondi comunitari o privati.

Viene infine precisato che la stipula di contratti di lavoro flessibile per finalità diverse da quelle indicate dal comma in esame comporta la responsabilità amministrativa del dirigente e del responsabile del progetto, nonché la nullità del provvedimento (cioè, sembrerebbe, dell’atto amministrativo con cui si è stabilito di stipulare il contratto flessibile) .

 

Il comma 4 restringe ulteriormente (rispetto alla vigente normativa) la possibilità per le amministrazioni dello Stato, le agenzie ed alcuni enti pubblici (cfr. infra) di avvalersi di personale con rapporto di lavoro a tempo determinato o con altri rapporti di lavoro “flessibile”, modificando la previsione di cui al comma 187 della legge n. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006), come successivamente modificata dall’art. 1, comma 538 della L. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).

 

Si ricorda che il comma 187 della legge n. 266/2005 ha disposto che, a decorrere dall’anno 2006, le amministrazioni richiamate possano avvalersi di personale a tempo determinato, o con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa[428], solo entro il limite del 60% della spesa sostenuta, per tali finalità, nell’anno 2003.

Più specificamente, tale norma è diretta:

-        alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo;

-        alle agenzie, comprese le agenzie fiscali;

-        agli enti pubblici non economici;

-        agli enti di ricerca;

-        alle università;

-        agli enti pubblici di cui all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001[429].

 

Il medesimo comma 187 precisa che la richiamata disciplina limitativa non trova applicazione per il comparto scuola e per quello delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale, per i quali si rinvia alle relative, specifiche disposizioni di settore. Infine, l’ultimo periodo del comma evidenzia che il mancato rispetto dei limiti di spesa in discorso integra un illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

Il successivo comma 188 contiene una deroga al limite di utilizzo del personale a tempo determinato. Più specificamente, si dispone che gli enti ed istituti indicati possano effettuare assunzioni di personale con contratto a tempo determinato e stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa, per l’attuazione di progetti di ricerca e di innovazione tecnologica ovvero di progetti finalizzati al miglioramento dei servizi per gli studenti[430]. Gli enti ed istituti sono i seguenti:

-        enti di ricerca;

-        Istituto superiore di sanità;

-        Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro;

-        Agenzia per servizi sanitari regionali;

-        Agenzia italiana del farmaco;

-        Agenzia spaziale italiana;

-        Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente;

-        CNIPA (Centro nazionale per l’informatica nella p.a.);

-        Università;

-        Scuole superiori ad ordinamento speciale;

-        Istituti zooprofilattici sperimentali.

 

Successivamente l’art. 1, comma 538 della legge finanziaria 2008 ha disposto un abbassamento del limite entro cui le amministrazioni richiamate possono avvalersi di personale con rapporto di lavoro a tempo determinato o con altri rapporti di lavoro “flessibile”, portandolo dal 60% al 40% della spesa sostenuta per le stesse ragioni nel 2003.

 

In particolare il comma in esamedispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2008, le amministrazioni richiamate possano avvalersi di personale a tempo determinato, o con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, solo entro il limite del 35% della spesa sostenuta, per tali finalità, nell’anno 2003.

 

I commi da 5 a 8 recano disposizioni volte a contenere la spesa per lavoro straordinario delle pubbliche amministrazioni.

In particolare il comma 5 dispone che le amministrazioni statali (comprese quelle ad ordinamento autonomo e la Presidenza del Consiglio), in coerenza con i processi di razionalizzazione amministrativa e di riallocazione delle risorse umane avviati sulla base della legge finanziaria 2007, provvedono all’attuazione delle tipologie di orario di lavoro previste dalle vigenti previsioni contrattuali, comprese le forme di lavoro a distanza, in modo da ridurre il ricorso al lavoro straordinario.

Il comma 6 prevede che, a decorrere dal 2008, le amministrazioni statali (comprese quelle ad ordinamento autonomo e la Presidenza del Consiglio), sono tenute a contenere la spesa per prestazioni di lavoro straordinario entro il limite del 90% delle risorse finanziarie a tal fine assegnate per l’anno finanziario 2007.

Ai sensi del comma 7, le pubbliche amministrazioni possono corrispondere compensi per lavoro straordinario solamente dopo l’attivazione di sistemi di rilevazione automatica delle presenze.

Il comma 8 estende l’applicazione delle previsioni di cui ai commi 5 e 6 alle Forze di Polizia sia ad ordinamento civile sia militare, delle Forze Armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, precisando che eventuali e indifferibili esigenze di servizio non fronteggiabili tramite le risorse disponibili per il lavoro straordinario o mediante una diversa modulazione dei servizi, dell’orario di lavoro e delle turnazioni, devono essere fronteggiate utilizzando le risorse dei fondi per l’incentivazione del personale. Per tali finalità, si ricorre al maggiore utilizzo e alla finalizzazione degli istituti retributivi già previsti dalla contrattazione decentrata per fare fronte alle esigenze che richiedono un prolungato impegno nelle attività istituzionali. Infine viene precisato che sono fatte salve le risorse previste dall’articolo 149, comma 4 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia), a favore delle Forze armate e dei Corpi di polizia, volte a valorizzare le funzioni svolte per la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Flessicurezza e modernizzazione del diritto del lavoro

Il 22 novembre 2006 la Commissione europea ha presentato il Libro Verde “Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo “ (COM (2006)708) per avviare una consultazione sul modo di far evolvere il diritto del lavoro, in linea con gli obiettivi della strategia di Lisbona e, in particolare, con quello di una crescita sostenibile con più posti di lavoro di migliore qualità. Alla consultazione, che si è conclusa a marzo 2007, ha fatto seguito una comunicazione della Commissione, presentata il 27 giugno 2007, intesa a definire principi comuni in materia di flessicurezza.

Per i contenuti della consultazione si rinvia al paragrafo Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativo all’articolo 117.


Articolo 146
(Assunzioni di personale. Misure concernenti la riorganizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze)

 


1. Le assunzioni autorizzate per l'anno 2007 ai sensi del comma 96 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, possono essere effettuate entro il 31 maggio 2008.

2. All'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dopo il comma 5-bis è inserito il seguente:

«5-ter. Le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione. Sono fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali».

3. All'articolo 1, comma 527, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le parole: «non interessate al processo di stabilizzazione previsto dai commi da 513 a 543,» sono soppresse.

4. Per l'anno 2008, per le esigenze connesse alla tutela dell'ordine pubblico, alla prevenzione ed al contrasto del crimine, alla repressione delle frodi e delle violazioni degli obblighi fiscali ed alla tutela del patrimonio agroforestale, la Polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri, il Corpo della Guardia di finanza, il Corpo di polizia penitenziaria ed il Corpo forestale dello Stato sono autorizzati ad effettuare assunzioni in deroga alla normativa vigente entro un limite di spesa pari a 50 milioni di euro per l'anno 2008, a 120 milioni di euro per l'anno 2009 ed a 140 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010. Tali risorse possono essere destinate anche al reclutamento del personale proveniente dalle Forze armate. Al fine di cui al presente comma è istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un apposito fondo con uno stanziamento pari a 50 milioni di euro per l'anno 2008, a 120 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009 ed a 140 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010. Alla ripartizione del predetto fondo si provvede con decreto del Presidente della Repubblica da emanare entro il 31 marzo 2008, secondo le modalità di cui all'articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.

5. Fermo restando che l'accesso ai ruoli della pubblica amministrazione è comunque subordinato all'espletamento di procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge e fatte salve le procedure di stabilizzazione di cui all'articolo 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per gli anni 2008 e 2009:

a) le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, gli enti pubblici non economici e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono ammettere alla procedura di stabilizzazione di cui all'articolo 1, comma 526, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, anche il personale che consegua i requisiti di anzianità di servizio ivi previsti in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 28 settembre 2007;

b) le amministrazioni regionali e locali possono ammettere alla procedura di stabilizzazione di cui all'articolo 1, comma 558, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, anche il personale che consegua i requisiti di anzianità di servizio ivi previsti in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 28 settembre 2007.

6. Le amministrazioni di cui al comma 5 continuano ad avvalersi del personale di cui al medesimo comma nelle more delle procedure di stabilizzazione.

7. Entro il 30 aprile 2008, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, predispongono, sentite le organizzazioni sindacali, nell'ambito della programmazione triennale dei fabbisogni per gli anni 2008, 2009 e 2010, piani per la progressiva stabilizzazione del seguente personale non dirigenziale, tenuto conto dei differenti tempi di maturazione dei presenti requisiti:

a) in servizio con contratto a tempo determinato, ai sensi dei commi 5 e 6, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 1, commi 519 e 558, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

b) già utilizzato con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, e che alla stessa data abbia già espletato attività lavorativa per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio antecedente al 28 settembre 2007, presso la stessa amministrazione, fermo restando quanto previsto dall'articolo 1, commi 529 e 560, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. È comunque escluso dalle procedure di stabilizzazione di cui alla presente lettera il personale di diretta collaborazione degli organi politici presso le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

8. Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 1, comma 418, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, da adottare inderogabilmente entro il mese di marzo 2008, in relazione alle tipologie contrattuali di lavoro flessibile diverse da quelle di cui al comma 7, ed ai fini dei piani di stabilizzazione previsti dal medesimo comma 7, vengono disciplinati i requisiti professionali, la durata minima delle esperienze professionali maturate presso la stessa pubblica amministrazione, non inferiori ai tre anni, anche non continuativi, alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché le modalità di valutazione da applicare in sede di procedure selettive, al cui positivo esito viene garantita l'assimilazione ai soggetti di cui al comma 7, lettera b).

9. Per le finalità di cui ai commi da 5 a 8, il Fondo di cui all'articolo 1, comma 417, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è incrementato della somma di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

10. Per le assunzioni nelle carriere iniziali delle Forze di polizia di cui al comma 4, le amministrazioni interessate provvedono, prioritariamente, mediante l'assunzione dei volontari delle Forze armate utilmente collocati nelle rispettive graduatorie dei concorsi banditi ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 settembre 1997, n. 332, che abbiano ultimato la ferma e, per i rimanenti posti, mediante concorsi riservati ai volontari in ferma prefissata di un anno, ovvero in rafferma annuale, di cui alla legge 23 agosto 2004, n. 226, in servizio o in congedo, in possesso dei requisiti previsti dai rispettivi ordinamenti. In deroga a quanto previsto dall'articolo 16, comma 4, della legge n. 226 del 2004, i vincitori dei concorsi sono immessi direttamente nelle carriere iniziali delle Forze di polizia di cui al comma 4.

11. L'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), per sopperire alle carenze di organico e per far fronte ai propri compiti istituzionali ed alle esigenze connesse alla protezione civile, fino al 31 dicembre 2008 continua ad avvalersi del personale in servizio, con contratto a tempo determinato o con contratti di collaborazione, alla data del 28 settembre 2007, nel limite massimo di spesa complessivamente stanziata nell'anno 2007 per lo stesso personale della predetta Agenzia. I relativi oneri continuano a far carico sul bilancio della stessa Agenzia.

12. I contratti di formazione e lavoro di cui al comma 528 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, non convertiti entro il 31 dicembre 2007 sono prorogati al 31 dicembre 2008.

13. Per il personale assunto con contratto di lavoro a tempo parziale la trasformazione del rapporto a tempo pieno può avvenire nel rispetto delle modalità e dei limiti previsti dalle disposizioni vigenti in materia di assunzioni. In caso di assunzione di personale a tempo pieno è data precedenza alla trasformazione del rapporto di lavoro per i dipendenti assunti a tempo parziale che ne abbiano fatto richiesta.

14. Per l'anno 2010, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 523, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, possono procedere, previo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 60 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente.

15. Le assunzioni di cui al comma 14 sono autorizzate con la procedura di cui all'articolo 1, comma 536, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

16. Per fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza, per l'anno 2010 le amministrazioni di cui al comma 14 possono altresì procedere ad ulteriori assunzioni nel limite di un contingente complessivo di personale corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 75 milioni di euro a regime. A tal fine è istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un apposito fondo con uno stanziamento pari a 25 milioni di euro per l'anno 2010 ed a 75 milioni di euro a decorrere dall'anno 2011. Le relative autorizzazioni ad assumere sono concesse secondo le modalità di cui all'articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.

17. All'articolo 1, comma 103, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, le parole: «A decorrere dall'anno 2010» sono sostituite dalle seguenti: «A decorrere dall'anno 2011».

18. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nell'anno 2008, i bandi di concorso per le assunzioni a tempo indeterminato nelle pubbliche amministrazioni possono prevedere una riserva di posti non superiore al 20 per cento dei posti messi a concorso per il personale non dirigenziale che abbia maturato almeno tre anni di esperienze di lavoro subordinato a tempo determinato presso pubbliche amministrazioni in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 28 settembre 2007, nonché il riconoscimento, in termini di punteggio, del servizio prestato presso le pubbliche amministrazioni per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio antecedente al 28 settembre 2007, in virtù di contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati anteriormente a tale data.

19. Al fine di incrementare la fruizione degli istituti e luoghi di cultura anche attraverso l'estensione degli orari di apertura, il Ministero per i beni e le attività culturali è autorizzato a bandire concorsi e procedere all'assunzione straordinaria di 400 assistenti alla vigilanza, sicurezza, accoglienza, comunicazione e servizi al pubblico, di posizione economica B3, in deroga alle vigenti disposizioni limitative delle assunzioni.

20. Al fine di rafforzare le strutture tecnico-amministrative preposte alla tutela del paesaggio e dei beni architettonici, archeologici, storico-artistici, archivistici e librari, il Ministero per i beni e le attività culturali è autorizzato a bandire concorsi e procedere all'assunzione straordinaria di complessive cento unità di personale di posizione economica C1, scelte tra architetti, archeologi, storici dell'arte, archivisti, bibliotecari ed amministrativi, in deroga alle vigenti disposizioni limitative delle assunzioni.

21. La definizione della pianta organica del Ministero per i beni e le attività culturali, ai sensi dell'articolo 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, tiene conto delle assunzioni di cui ai commi 19 e 20 del presente articolo nei limiti della dotazione organica risultante dalla riorganizzazione operata ai sensi del medesimo comma 404 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006.

22. All'onere derivante dall'attuazione dei commi da 19 a 21, pari a euro 14.621.242 annui, si provvede, a decorrere dall'anno 2008, mediante utilizzo delle risorse di cui all'articolo 1, comma 1142, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, allo scopo intendendosi corrispondentemente ridotta l'autorizzazione di spesa di cui al medesimo comma.

23. Allo scopo di assicurare il supporto tecnico-amministrativo alle funzioni centrali e periferiche del Ministero dell'economia e delle finanze, in particolare in materia di politica economica e finanziaria, di politiche fiscali e di amministrazione generale, l'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 426 e 427 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è differita al 1o gennaio 2010. Il regolamento di cui al comma 427 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, assicura in ogni caso la permanenza della direzione territoriale dell'economia e delle finanze e della ragioneria territoriale dello Stato nelle province con una popolazione superiore a 250.000 abitanti.

24. Per l'anno 2008, il personale appartenente a Poste italiane Spa, già dipendente dall'Amministrazione autonoma delle poste e delle telecomunicazioni, ed il personale dell'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato Spa, già dipendente dall'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, il cui comando presso uffici delle pubbliche amministrazioni è stato già prorogato per l'anno 2007 ai sensi, rispettivamente, dell'articolo 1, comma 534, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dell'articolo 1, comma 6-quater, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17, può essere inquadrato, nei ruoli delle amministrazioni presso cui presta servizio in posizione di comando o presso le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 30, 33 e 34-bis del predetto decreto, nei limiti dei posti di organico. I relativi provvedimenti di comando sono prorogati fino alla conclusione delle procedure di inquadramento, e comunque non oltre il 31 dicembre 2008.

25. All'articolo 1, comma 565, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al numero 3) della lettera c), le parole: «può essere valutata» sono sostituite dalle seguenti: «è verificata»;

b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nelle procedure di reclutamento della dirigenza sanitaria, svolte in attuazione della presente legge, il servizio prestato nelle forme previste dalla lettera a) del presente comma presso l'azienda che bandisce il concorso è valutato ai sensi degli articoli 27, 35, 39, 43, 47 e 55 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483».

26. Ai fini del concorso al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, per ciascuno degli anni 2008 e 2009, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, secondo le modalità di seguito indicate:

a) nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 70 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente, ove l'indice di equilibrio economico-finanziario risulti inferiore a 35;

b) nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 35 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente, ove l'indice di equilibrio economico-finanziario risulti compreso tra 36 e 45;

c) nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 25 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente, ove l'indice di equilibrio economico-finanziario risulti superiore a 45.

27. L'indice di equilibrio economico-finanziario indicato al comma 26 è determinato secondo le modalità ed i criteri di cui al decreto del Ministro delle attività produttive 8 febbraio 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 59 dell'11 marzo 2006.

28. Per le assunzioni di personale a tempo indeterminato, l'Unioncamere fa riferimento alle modalità individuate nel comma 26, lettera a).

29. Al fine di fronteggiare le carenze di personale educativo all'interno degli istituti penitenziari, il Ministero della giustizia è autorizzato all'immissione in servizio fino ad un massimo di 22 unità di personale risultato idoneo in seguito allo svolgimento dei concorsi pubblici di educatore professionale di posizione economica C1, a tempo determinato, da destinare all'area penitenziaria della regione Piemonte. A tal fine, è autorizzata la spesa di 0,5 milioni di euro, a decorrere dal 2008, a favore del Ministero della giustizia che provvede all'immissione di detto personale nei ruoli di destinazione finale dell'amministrazione penitenziaria e al conseguente adeguamento delle competenze economiche del personale in servizio risultato vincitore ovvero idoneo nel concorso richiamato.

30. All'articolo 1, comma 557, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Eventuali deroghe ai sensi dell'articolo 19, comma 8, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, fermi restando i vincoli fissati dal patto di stabilità per l'esercizio in corso, devono comunque assicurare il rispetto delle seguenti ulteriori condizioni:

a) che l'ente abbia rispettato il patto di stabilità nell'ultimo triennio;

b) che il volume complessivo della spesa per il personale in servizio non sia superiore al parametro obiettivo valido ai fini dell'accertamento della condizione di ente strutturalmente deficitario;

c) che il rapporto medio tra dipendenti in servizio e popolazione residente non superi quello determinato per gli enti in condizioni di dissesto».

31. All'articolo 1, comma 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Eventuali deroghe ai sensi dell'articolo 19, comma 8, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, devono comunque assicurare il rispetto delle seguenti condizioni:

a) che il volume complessivo della spesa per il personale in servizio non sia superiore al parametro obiettivo valido ai fini dell'accertamento della condizione di ente strutturalmente deficitario, ridotto del 15 per cento;

b) che il rapporto medio tra dipendenti in servizio e popolazione residente non superi quello determinato per gli enti in condizioni di dissesto, ridotto del 20 per cento».


 

 

Il comma 1 dispone che le assunzioni di personale presso pubbliche amministrazioni, autorizzate per l’anno 2007 ai sensi del comma 96 della legge finanziaria 2005 (L. 311/2004) in deroga al “blocco del turn over” disposto dalla medesima legge, possono essere effettuate entro il 31 maggio 2008.

 

Si ricorda che il richiamato comma 96 reca una deroga di carattere generale al divieto di assunzioni di personale a tempo indeterminato nella pubblica amministrazione per il triennio 2005-2007 (previsto dal precedente comma 95[431]): le amministrazioni per le quali è previsto il “blocco del turn-over” – previo effettivo ricorso alle procedure di mobilità ed al fine di fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza – per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 possono assumere un contingente di personale entro un limite di spesa annua lorda pari a 120 milioni di euro a regime. A tal fine viene istituito un apposito Fondo nello stato di previsione della spesa del il Ministero dell’economia. Lo stanziamento del Fondo è determinato in 40 milioni di euro per l’anno 2005, 160 milioni per il 2006, 280 milioni per il 2007 e 360 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008.

Ai fini delle assunzioni dovrà essere seguita la procedura di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998), ai sensi del quale le richieste di autorizzazione ad assumere dovranno essere corredate da una relazione illustrativa delle iniziative di riordino e riqualificazione, adottate o in corso, finalizzate alla definizione di modelli organizzativi rispondenti ai principi di semplificazione e di funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi, con specifico riferimento, eventualmente, anche a nuove funzioni e qualificati servizi da fornire all'utenza. L'autorizzazione all'assunzione è disposta con apposito DPCM.

 

Il comma 2, novellando l’art. 35 del D.Lgs. 165/2001, prevede che le graduatorie dei concorsi pubblici rimangono valide per un termine di 3 anni dalla data di pubblicazione, fermi restando i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali.

 

Si consideri che la normativa vigente, in particolare l’articolo 20, comma 3, della L. 488/1999 (legge finanziaria per il 2000) prevede, per tutte le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001[432], che, fatti salvi i periodi di vigenza maggiori previsti da specifiche disposizioni di legge, la validità delle graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale, anche con qualifica dirigenziale, è elevata da 18 a 24 mesi.

Tale modifica è intervenuta sull’articolo 3, comma 22, della L. 537/1993[433], che invece prevedeva un’efficacia di 18 mesi delle graduatorie dalla data della pubblicazione per eventuali coperture dei posti per i quali il concorso è stato bandito e che successivamente ed entro tale data dovessero rendersi disponibili[434].

Una disciplina specifica è prevista, per gli enti locali, dall’articolo 91 del D.Lgs. 267/2000[435], che prevede che le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione per l’eventuale copertura dei posti che si venissero a rendere vacanti e disponibili. Viene specificato inoltre che la possibilità di utilizzare le graduatorie non riguarda i posti istituiti o trasformati successivamente all’indizione del concorso cui si riferiscono le medesime graduatorie.

 

Il comma 3 modifica la disposizione di cui al comma 527 della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006).

 

Il citato comma 527 autorizza determinate amministrazioni pubbliche (amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco; agenzie, ivi comprese le agenzie fiscali; enti pubblici non economici; enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001) non interessate dai processi di stabilizzazione del personale previsti dalla legge finanziaria 2007, a procedere ad ulteriori assunzioni, per gli anni 2008 e 2009, per fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza, nel limite di un contingente complessivo di personale corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 25 milioni di euro per ciascun anno iniziale e a 75 milioni di euro a regime.A tal fine si istituisce un apposito Fondo con uno stanziamento pari a 25 milioni di euro per il 2008, 100 milioni di euro per il 2009 e a 150 milioni di euro per il 2010.

Inoltre si dispone che le assunzioni in questione siano autorizzate secondo le modalità di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della legge n. 449/1997, e successive modificazioni[436].

 

La modifica consiste nella estensione della possibilità di effettuare le assunzioni in questione anche alle richiamate amministrazioni pubbliche che siano state interessate dai processi di stabilizzazione del personale previsti dalla legge finanziaria 2007.

 

Si ricorda che una ulteriore novella del comma 527 della legge finanziaria del 2007 è prevista dall’articolo 84, comma 3 del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 

Il comma 4 prevede che, per il 2008, ai fini della tutela dell’ordine pubblico, della prevenzione e del contrasto della criminalità, della repressione delle frodi e delle violazioni degli obblighi fiscali e della tutela del patrimonio agroforestale, la Polizia di Stato, l’Arma dei carabinieri, il Corpo della guardia di finanza, il Corpo della polizia penitenziaria e il Corpo forestale dello Stato, sono autorizzati a procedere ad assunzioni in deroga alla legislazione vigente entro un limite di spesa pari a 50 milioni di euro per il 2008, a 120 milioni di euro per il 2009 e a 140 milioni di euro a decorrere dal 2010. Tali risorse possono essere utilizzate anche per il reclutamento del personale proveniente dalle Forze armate.

Per tale finalità viene istituito un apposito Fondo con uno stanziamento corrispondente al limite di spesa su indicato, alla cui ripartizione si provvede con apposito D.P.R. da emanare entro il 31 marzo 2008, in base alle modalità di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della L. 449/1997, e successive modificazioni.

 

L’articolo 39, comma 3-ter, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998), prevede che le richieste di autorizzazione ad assumere devono essere corredate da una relazione illustrativa delle iniziative di riordino e riqualificazione, adottate o in corso, finalizzate alla definizione di modelli organizzativi rispondenti ai principi di semplificazione e di funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi, con specifico riferimento, eventualmente, anche a nuove funzioni e qualificati servizi da fornire all'utenza. Si prevede inoltre che l’autorizzazione all'assunzione sia disposta con apposito D.P.C.M.

 

Si osserva, sul piano formale, che non appare corretta la previsione secondo cui la dotazione del Fondo sarebbe pari “a 120 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009”, dal momento che l’anno che presenta uno stanziamento a regime è invece l’anno 2010.

 

Si evidenzia che la normativa vigente alla quale si deroga sembrerebbe quella prevista dal comma 523 della L. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).

 

Il citato comma 523 dispone limitazioni alla possibilità di assumere personale a tempo indeterminato per gli anni 2008 e 2009 per alcune pubbliche amministrazioni. Si tratta in particolare delle seguenti amministrazioni:

§       amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

§       agenzie, ivi comprese le agenzie fiscali;

§       enti pubblici non economici;

§       enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001[437].

 

Tali amministrazioni possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per gli anni 2008 e 2009 nei limiti di un contingente di personale corrispondente ad una spesa complessiva pari al 20 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente.

Il secondo periodo del comma 523 estende le limitazioni relative alle assunzioni prevista dallo stesso comma anche alle assunzioni del personale ancora in regime di diritto pubblico di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 165 del 2001.

Invece le medesime limitazioni non si applicano alle assunzioni di personale appartenente alle categorie protette e a quelle connesse con la professionalizzazione delle Forze armate di cui alla legge n. 331 del 2000, al D.Lgs. n. 215 del 2001 e alla legge n. 226 del 2004, fatto salvo quanto previsto all’articolo 25 della medesima legge n. 266/2004.

 

Il comma 5 interviene sulla disciplina relativa alla stabilizzazione dei pubblici dipendenti precari di cui al ai commi 526 e 558 della L. 296/2006 (legge finanziaria 2007).

 

Il citato comma 526 attribuisce alle medesime pubbliche amministrazioni di cui al comma 523 (amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco; agenzie, ivi comprese le agenzie fiscali; enti pubblici non economici; enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001) la possibilità di usufruire di limiti meno rigidi per le assunzioni da effettuare negli anni 2008 e 2009 rispetto a quelli fissati dal citato comma 523. Si ricorda che il comma 523 prevede che le pubbliche amministrazioni di cui sopra possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per gli anni 2008 e 2009 nei limiti di un contingente di personale corrispondente ad una spesa complessiva pari al 20 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente.

In particolare il comma 526 dispone che tali amministrazioni, per gli anni 2008 e 2009, possano procedere alla stabilizzazione del rapporto di lavoro del personale a tempo determinato in possesso dei requisiti di cui al precedente comma 519[438] nel limite di un contingente di personale non dirigenziale corrispondente ad una spesa pari al 40% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente.

In sostanza tali amministrazioni, ai sensi del combinato disposto dei commi 523 e 526, hanno la possibilità di procedere complessivamente a nuove assunzioni a tempo indeterminato nei limiti di una spesa pari al 60% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente.

 

Il citato comma 558 prevede che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge in esame (1° gennaio 2007), gli enti di cui al precedente comma 557, ossia le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno, fermo restando l’obbligo del rispetto dei vincoli del patto di stabilità, possono procedere alla stabilizzazione, nei limiti dei posti vacanti in organico, del personale non dirigenziale a tempo determinato che, alternativamente:

§      sia già in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi;

§      consegua il requisito del servizio a tempo determinato di almeno tre anni (anche non continuativi) sulla base di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006;

§      sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

 

Oltre a tale personale, gli enti in questione possono procedere alla stabilizzazione (sempre nei limiti dei posti vacanti in organico) del personale di cui al comma 1156, lettera f), cioè dei soggetti occupati in attività socialmente utili (ASU).

Il comma in esame prevede, inoltre, che può beneficiare della stabilizzazione solamente il personale che, in possesso dei requisiti sopra citati, sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o “previste da norme di legge”. Invece alla eventuale stabilizzazione di personale che, pur presentando gli altri requisiti richiesti, sia stato assunto a tempo determinato con procedure diverse, si provvede previo espletamento di prove selettive.

 

La modifica introdotta dal comma in esame alla disciplina in questione è volta ad estendere la possibilità di stabilizzazione anche al personale a tempo determinato che consegua i requisiti di anzianità di servizio su indicati in virtù di contratti stipulati anteriormente al 28 settembre 2007.

In particolare si dispone che, fermo restando il principio che l’immissione nei ruoli delle pubbliche amministrazioni non può comunque prescindere dall’espletamento di procedure selettive di natura concorsuale o previste da disposizioni legislative, e fatte salve le procedure di stabilizzazione previste dall’articolo 1, comma 519, della legge finanziaria 2007, con riferimento agli anni 2008 e 2009, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, ivi comprese le agenzie fiscali, gli enti pubblici non economici e gli enti pubblici di cui all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001, nonché le amministrazioni locali e regionali, possono ammettere alle procedure di stabilizzazione previste rispettivamente dal comma 526 e dal comma 558 della legge finanziaria 2007, anche personale a tempo determinato che consegua i requisiti di anzianità di servizio su indicati in virtù di contratti stipulati anteriormente al 28 settembre 2007.

 

Il citato comma 519 prevede, per l’anno 2007, una disciplina relativa alla stabilizzazione del personale a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni in possesso di determinati requisiti

In particolare, si dispone che una quota pari al 20% di quanto stanziato per il 2007 nel Fondo di cui all’art. 1, comma 96, ultimo periodo, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sia destinata alla stabilizzazione del personale pubblico non dirigenziale che ne faccia apposita istanza e che si trovi almeno in una delle seguenti situazioni:

  sia in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi;

  che consegua tale requisito sulla base di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006;

  che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della legge finanziaria in esame.

Per beneficiare della stabilizzazione, inoltre, il personale in possesso dei requisiti sopra citati deve essere stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge.

Invece alla eventuale stabilizzazione di personale che, pur presentando gli altri requisiti richiesti, sia stato assunto a tempo determinato con procedure diverse, si provvede previo espletamento di prove selettive.

 

Il comma 6 precisa che nelle more delle procedure di stabilizzazione le pubbliche amministrazioni di cui al comma precedente continuano ad avvalersi del personale precario in questione.

 

Il comma 7 dispone che le pubbliche amministrazioni provvedono a predisporre entro il 30 aprile 2008, sentite le organizzazioni dei lavoratori, nell’ambito della programmazione triennale dei fabbisogni di personale per gli anni 2008, 2009 e 2010, dei piani per la progressiva stabilizzazione delle seguenti tipologie di personale non dirigenziale:

§      personale con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato stipulato prima del 28 settembre 2007 e in possesso dei requisiti previsti dai commi 519 e 558 della legge finanziaria 2007 (cfr. supra);

§       collaboratori coordinati e continuativi, in possesso dei seguenti requisiti: contratto di collaborazione in essere alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame; attività pregressa almeno triennale, anche non continuativa, nel quinquennio antecedente al 28 settembre 2007 presso la stessa amministrazione. Vengono peraltro espressamente fatte salve le disposizioni in favore dei collaboratori coordinati e continuativi contenute nei commi 529 e 560 della legge finanziaria 2007. Infine viene precisato che è in ogni caso escluso dalle procedure di stabilizzazione in questione il personale di diretta collaborazione degli organi politici.

 

Il comma 529 dispone che, per il triennio 2007-2009, nell’ambito delle assunzioni a tempo determinato effettuate dalle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dalle agenzie, ivi comprese le agenzie fiscali, dagli enti pubblici non economici e dagli enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001, una quota pari al 60% dei posti sia riservata a soggetti già titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa con le medesime amministrazioni[439].

Più in particolare le amministrazioni pubbliche in questione, nel bandire le relative prove selettive, sono tenute a riservare una quota del 60% del totale dei posti programmati ai soggetti in possesso dei seguenti requisiti:

  siano stati titolari di uno o più contratti di collaborazione coordinata e continuativa, per la durata complessiva di almeno un anno raggiunta alla data del 29 settembre 2006, con la rispettiva amministrazione procedente;

  abbiano svolto mansioni funzionali alle esigenze attinenti alle ordinarie attività di servizio della medesima amministrazione procedente.

 

Il comma 560 dispone che, per il triennio 2007-2009, nell’ambito delle assunzioni a tempo determinato effettuate regioni ed enti locali sottoposti al patto di stabilità interno, una quota pari al 60% dei posti sia riservata a soggetti già titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa con i medesimi enti.

Più in particolare gli enti in questione, nel bandire le relative prove selettive, sono tenute a riservare una quota del 60% del totale dei posti programmati ai soggetti con i quali abbiano stipulato uno o più contratti di collaborazione coordinata e continuativa, per la durata complessiva di almeno un anno raggiunta alla data del 29 settembre 2006. Sono esclusi dalla previsione gli incarichi di nomina politica.

 

Il comma 8 stabilisce che, ai fini della stabilizzazione di pubblici dipendenti già impiegati con tipologie contrattuali flessibili diverse da quelle prese in considerazione dal comma precedente, sia emanato un apposito DPCM, inderogabilmente entro il mese di marzo 2008, che provvederà ad individuare i requisiti e le modalità selettive al fine di consentire l’assimilazione di tali lavoratori flessibili ai collaboratori coordinati e continuativi e ai dipendenti a tempo determinato, nell’ottica dei piani di stabilizzazione. Viene precisato che dovrà essere prevista una anzianità di servizio non inferiore a tre anni, anche non continuativa, maturata presso la stessa pubblica amministrazione alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

 

Il comma 9, al fine di consentire l’effettuazione delle stabilizzazioni previste dai commi 5-8, incrementa di 20 milioni di euro, per ciascun anno del triennio 2008-2010, il “Fondo per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro pubblici”, istituito dall’art. 1, comma 417 della legge finanziaria 2007.

 

Si ricorda che i commi da 417 a 420, che recano disposizioni per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro “precari” nelle pubbliche amministrazioni.

Più in dettaglio il comma 417 prevede l’istituzione di un “Fondo per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro pubblici”, finalizzato alla realizzazione di piani straordinari per l’assunzione a tempo indeterminato di personale già assunto o utilizzato attraverso tipologie contrattuali non a tempo indeterminato.

Il comma 418 dispone che i criteri e le procedure per la ripartizione delle risorse disponibili tra le amministrazioni pubbliche che ne facciano richiesta sono stabiliti da un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 30 aprile 2007. Nella definizione dei criteri sono altresì fissati i requisiti dei soggetti interessati alla stabilizzazione e le relative modalità di selezione.

Il comma 419 dispone il divieto, per le amministrazioni destinatarie delle risorse, di ricorrere a nuovi rapporti di lavoro precario nei cinque anni successivi all’attribuzione delle stesse. L’inosservanza di tale divieto comporta responsabilità patrimoniale dell’autore della violazione.

Il comma 420 autorizza, a decorrere dall’anno 2007, la spesa di 5 milioni di euro per il finanziamento del fondo per la stabilizzazione, prevedendo altresì che tale fondo possa essere anche alimentato da una somma pari al risparmio di interessi derivanti dalla riduzione del debito pubblico ottenuto tramite specifiche operazioni.

 

Il comma 10 dispone in ordine ad assunzioni nelle carriere iniziali della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri, del Corpo della Guardia di finanza, del Corpo della polizia penitenziaria, del Corpo forestale dello Stato.

Si prevede che per tali assunzioni le amministrazioni citate provvedano in via prioritaria mediante reclutamento dei volontari delle Forze armate che abbiano i seguenti requisiti:

§      essere utilmente collocati nelle rispettive graduatorie dei concorsi banditi ai sensi del regolamento di cui al D.P.R. 332/1997;

§      avere ultimato la ferma.

 

Si ricorda che con il D.P.R. 332/1997 è stato emanato il “Regolamento recante norme per l'immissione dei volontari delle Forze armate nelle carriere iniziali della Difesa, delle Forze di polizia, dei Vigili del fuoco e del Corpo militare della Croce rossa italiana”.

 

Per i rimanenti posti il comma dispone che si provveda mediante concorsi riservati ai volontari in ferma prefissata di un anno, ovvero in rafferma annuale, di cui alla L. 23 agosto 2004, n. 226, che siano in servizio o in congedo e in possesso dei requisiti previsti dai rispettivi ordinamenti.

La legge n. 226/2004 dispone la sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata.

 

Il comma in esame inoltre precisa che i vincitori dei concorsi così banditi potranno essere immessi direttamente nelle carriere iniziali, in deroga alla disciplina vigente di cui all’art. 16. comma 4, della L. 226/2004, che prevede invece che i vincitori di tali concorsi possano essere solo in parte immessi direttamente nelle carriere iniziali.

 

Il comma 11 dispone che l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), al fine di sopperire alle carenze di organico e di fare fronte ai propri compiti istituzionali e alle esigenze legate alla protezione civile, continui ad avvalersi del personale con contratto di lavoro a tempo determinato o con contratto di collaborazione coordinata e continuativa in essere alla data del 28 settembre 2007. Viene precisato che tale utilizzo deve avvenire entro il limite massimo di spesa complessivamente stanziata per lo stesso personale nell’anno 2007 e che i relativi oneri continuano ad essere a carico del bilancio della medesima Agenzia.

Il comma 12 dispone la proroga al 31 dicembre 2008 dei contratti di formazione e lavoro (CFL) presso le pubbliche amministrazioni di cui al comma 528 della legge finanziaria 2007, qualora i medesimi contratti non siano stati convertiti in contratti a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2007.

 

Si ricorda che il comma 528 autorizza le pubbliche amministrazioni, a decorrere dal 1° gennaio 2007, all’attuazione delle procedure di conversione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato dei contratti di formazione e lavoro (CFL) già prorogati dall’articolo 1, comma 243 della legge 266/2005 o comunque in essere alla data del 30 settembre 2006, nel limite dei posti disponibili nei ruoli organici delle singole amministrazioni.

Si prevede inoltre che, nell’attesa dell’espletamento delle procedure di conversione dei CFL, i medesimi contratti sono prorogati fino al 31 dicembre 2007.

 

Il comma 13 dispone che per il personale assunto presso le pubbliche amministrazioni con contratto di lavoro part-time la trasformazione a tempo pieno del relativo rapporto può avvenire solamente nel rispetto delle modalità e dei limiti stabiliti per le assunzioni dalla legislazione vigente, precisando comunque che se le pubbliche amministrazioni procedono ad assunzioni di personale a tempo pieno deve essere data precedenza alla trasformazione del rapporto di lavoro per i dipendenti part-time che lo abbiano richiesto.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 1, comma 57 della L. 662/1996, il rapporto di lavoro a tempo parziale può essere costituito relativamente a tutti i profili professionali appartenenti alle varie qualifiche o livelli dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ad esclusione del personale militare, di quello delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Si ricorda altresì che, in base all’articolo 6, comma 4, del D.L. 79/1997, i dipendenti che trasformano il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale hanno diritto di ottenere il ritorno al tempo pieno alla scadenza di un biennio dalla trasformazione, nonché alle successive scadenze previste dai contratti collettivi. La trasformazione del rapporto a tempo pieno avviene anche in soprannumero, riassorbibile con le successive vacanze.

 

Il comma 14 dispone limitazioni alla possibilità di assumere personale a tempo indeterminato per l’anno 2010 per le pubbliche amministrazioni di cui al comma 523 della legge finanziaria 2007 (amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco; agenzie, ivi comprese le agenzie fiscali; enti pubblici non economici; enti indicati all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001[440]). Tali amministrazioni possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per l’anno 2010 nei limiti di un contingente di personale corrispondente ad una spesa complessiva pari al 60% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente.

Si consideri che la disposizione in esame in sostanza incide, dettando limiti più restrittivi, sulla possibilità per le suddette amministrazioni di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato per l’anno 2010, dal momento che l’articolo 1, comma 103, della L. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005), così come novellato dall’articolo 1, comma 537 della L. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), prevede che, a partire dall’anno 2010, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165 del 2001 e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del medesimo decreto (in sostanza, la generalità delle pubbliche amministrazioni) possono assumere personale a tempo indeterminato - dopo aver esperito le procedure di mobilità - entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno precedente[441].

 

Si consideri peraltro che il successivo comma 17 dell’articolo in esame (cfr. infra) provvede a novellare il comma 103 della L. 311/2004, facendo decorrere l’applicazione della relativa disposizione dal 2011 anziché dal 2010.

 

Si evidenzia che tra le amministrazioni cui si applica il comma 103 della L. 311/2004 sono ricomprese anche tutte le amministrazioni di cui al comma 523 della legge finanziaria 2007.

 

Al riguardo si ricorda che l’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165 del 2001 prevede che per amministrazioni pubbliche debbono intendersi tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’ARAN e le Agenzie istituite dal D.Lgs. 300 del 1999 (Agenzia industrie difesa; Agenzia per le normative e i controlli tecnici; Agenzia per la proprietà industriale; Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici; Agenzia dei rapporti terrestri e delle infrastrutture; Agenzia per la formazione e l’istruzione professionale; Agenzie fiscali (entrate, dogane, territorio, demanio).

 

Il comma 15 stabilisce quindi che le assunzioni di cui al comma precedente debbano essere autorizzate secondo un’apposita procedura già contemplata dal comma 536 della legge finanziaria 2007, cioè secondo le modalità di cui all’articolo 35, comma 4 del D.Lgs. 165 del 2001[442] (T.U. del pubblico impiego), sulla base di apposita richiesta delle amministrazioni corredata dalla illustrazione analitica delle cessazioni avvenute nell’anno precedente e dei corrispondenti oneri.

 

Si ricorda che il citato articolo 35, comma 4 del D.Lgs. 165/2001 stabilisce che le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, ivi compresa l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, con organico superiore alle 200 unità, l'avvio delle procedure concorsuali è subordinato all'emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Il comma 4-bis del medesimo articolo 35 estende la procedura autorizzatoria tramite apposito D.P.C.M., prevista dal precedente comma 4 per l’avvio delle procedure di reclutamento del personale a tempo indeterminato, alle procedure di reclutamento dirette a selezionare personale a tempo determinato per contingenti superiori alle cinque unità, inclusi i contratti di formazione e lavoro, precisando che l’avvio delle procedure di reclutamento debba tener conto degli aspetti finanziari e dei criteri di cui al successivo articolo 36 (relativi ai limiti per l’utilizzazione di forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale)[443].

 

Il comma 16 autorizza le medesime amministrazioni pubbliche di cui al precedente comma 14 (amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco; agenzie; enti pubblici non economici; enti indicati all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001), per far fronte a indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza, per l’anno 2010, a procedere ad ulteriori assunzioni nel limite di un contingente complessivo di personale corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 75 milioni di euro a regime.

A tal fine si istituisce un apposito Fondo con uno stanziamento pari a 25 milioni di euro per il 2010 e a 75 milioni di euro a decorrere dall’anno 2011.

Inoltre si dispone che le assunzioni in questione siano autorizzate secondo le modalità di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della legge n. 449/1997, e successive modificazioni.

 

Si ricorda che l’articolo 39, comma 3-ter, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998), prevede che le richieste di autorizzazione ad assumere devono essere corredate da una relazione illustrativa delle iniziative di riordino e riqualificazione, adottate o in corso, finalizzate alla definizione di modelli organizzativi rispondenti ai principi di semplificazione e di funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi, con specifico riferimento, eventualmente, anche a nuove funzioni e qualificati servizi da fornire all'utenza. Si prevede inoltre che l’autorizzazione all'assunzione sia disposta con apposito D.P.C.M.

 

Il comma 17provvede a novellare il comma 103 della L. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005), e successive modificazioni, relativo alla possibilità per le pubbliche amministrazioni di procedere all’assunzione di personale a tempo indeterminato, facendo decorrere l’applicazione della relativa disposizione dal 2011 anziché dal 2010.

 

Si ricorda che il citato comma 103 prevedeva che, a decorrere dall’anno 2008, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165 del 2001 (cfr. supra) e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del medesimo decreto[444] potessero assumere personale a tempo indeterminato - dopo aver esperito le procedure di mobilità - entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno precedente. Successivamente tale disposizione è stata novellata dal comma 537 della legge finanziaria 2007, che ha differito la decorrenza di tale disciplina al 2010.

 

Pertanto, a seguito della novella di cui al comma in esame, per le medesime amministrazioni il turn over del personale entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell’anno precedente viene consentito dal 2011, anziché dal 2010.

 

Si evidenzia che la modifica disposta dal comma in esame va posta in relazione con il comma 14 (cfr. supra), ai sensi del quale le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le agenzie, ivi comprese le agenzie fiscali, gli enti pubblici non economici e gli enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001, possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per l’anno 2010 nei limiti di un contingente di personale corrispondente ad una spesa complessiva pari al 60 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente.

 

Il comma 18, fermo restando quanto previsto dal comma 519 della legge finanziaria 2007 per quanto riguarda la stabilizzazione del personale non di ruolo a tempo determinato presso le amministrazioni dello Stato ed altre determinate pubbliche amministrazioni (cfr. supra), dispone che, nell’anno 2008, nei bandi di concorso per le assunzioni a tempo indeterminato nelle pubbliche amministrazioni si possa stabilire una riserva di posti non superiore al 20% per il personale non dirigenziale che possa vantare una anzianità di lavoro subordinato a tempo determinato presso pubbliche amministrazioni almeno triennale in virtù di contratti stipulati prima del 28 settembre 2007.

Inoltre, viene prevista la possibilità che i bandi di concorso riconoscano, in termini di punteggio, il servizio espletato presso le pubbliche amministrazioni per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio antecedente al 28 settembre 2007, in virtù di contratti di contratti di collaborazione continuata e continuativa stipulati prima della medesima data.

 

Si evidenzia che la norma, sia per il personale subordinato a tempo determinato sia per i collaboratori coordinati e continuativi, sembrerebbe far riferimento ad una esperienza di lavoro pregresso svolta genericamente presso pubbliche amministrazioni, quindi anche presso una pubblica amministrazione diversa da quella che bandisce il concorso pubblico.

 

Si evidenzia altresì che disciplina posta dal comma in esame si differenzia da quella prevista dalla legge finanziaria 2007 in quanto, nel comma in esame, si creano i presupposti per una eventuale stabilizzazione mediante previsione di una possibile riserva di posti (o il riconoscimento in termini di punteggio del servizio prestato) nell’ambito delle procedure concorsuali delle pubbliche amministrazioni.

 

I commi 19 e 20 autorizzano il Ministero per i beni e le attività culturali, in deroga alle vigenti norme limitative delle assunzioni, a bandire concorsi e procedere ad assunzioni straordinarie rispettivamente di:

§      400 assistenti alla vigilanza, sicurezza, accoglienza, comunicazione e servizi al pubblico, di posizione economica B3, al fine di ampliare la fruizione dei luoghi di cultura anche attraverso l’estensione degli orari di apertura;

§      100 unità di personale di posizione economica C1, selezionate tra architetti, archeologi, storici dell’arte, archivisti, bibliotecari ed amministrativi, al fine di potenziare la tutela del paesaggio e dei beni architettonici, archeologici, storico-artistici, archivistici e librari.

 

Il comma 21 precisa quindi che la definizione della pianta organica del medesimo Ministero secondo quanto previsto dal comma 404 della legge finanziaria 2007 deve tener conto delle assunzioni autorizzate dai precedenti commi.

 

Si ricorda che il citato comma 404 prevede un vasto programma di riorganizzazione dei Ministeri, finalizzato al contenimento delle spese di funzionamento, da attuare attraverso l’adozione di regolamenti di delegificazione da emanarsi, su proposta da ciascuna amministrazione. A tal fine vengono individuate alcune linee di intervento:

§       riorganizzazione delle articolazioni interne di ciascuna amministrazione volta alla riduzione del numero degli uffici di livello dirigenziale generale di almeno il 10 per cento, e degli uffici di livello dirigenziale non generale del 5 per cento;

§       limitazione delle duplicazioni organizzative eventualmente esistenti;

§       revisione delle strutture periferiche prevedendone la loro riduzione;

§       generale riduzione degli organici delle amministrazioni; contenimento del personale con funzioni di supporto entro il 15 % del totale delle risorse utilizzate da ciascuna amministrazione;

§       riduzione e riorganizzazione di particolari attività o strutture delle amministrazioni.

 

Il comma 22 infine provvede alla copertura finanziaria, prevedendo che agli oneri derivanti da tali assunzioni, pari a 14.621.242 euro annuia decorrere dal 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui al comma 1142 della legge finanziaria 2007.

Si ricorda che il menzionato comma 1142 stanzia apposite risorse al fine di consentire interventi urgenti al verificarsi di emergenze che possano pregiudicare la salvaguardia dei beni culturali e paesaggistici e di procedere alla realizzazione di progetti di gestione di modelli museali, archivistici e librari, nonché di progetti di tutela paesaggistica e archeologico-monumentale e di progetti per la manutenzione, il restauro e la valorizzazione di beni culturali e paesaggistici.

 

Il comma 23, al fine di potenziare il supporto tecnico-amministrativo alle funzioni del Ministero dell’economia, soprattutto in materia di politica economica e finanziaria, di politiche fiscali e di amministrazione generale, dispone il differimento al 1° gennaio 2010 dell’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 426 e 427 della legge finanziaria 2007.

 

I commi da 426 a 429 della legge finanziaria 2007 dispongono la ridefinizione dell’articolazione periferica del Ministero dell’economia e finanze su base regionale e, qualora se ne ravvisi l’opportunità, interregionale e interprovinciale, ai fini del conseguimento di economie gestionali e di miglioramento dei servizi resi all’utenza. La ridefinizione delle articolazioni periferiche del Ministero dell’economia e finanze prevista in tali commi, costituisce un specificazione del processo di riorganizzazione dei ministeri delineato nei commi da 404 a 416.

Con le modalità, i tempi ed i criteri indicati nei commi da 404 a 416, dovrà provvedersi al riordino dell’articolazione periferica del Ministero dell’economia e finanze e alla contestuale soppressione dei Dipartimenti provinciali del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, nonché delle Ragionerie provinciali dello Stato e delle Direzioni provinciali dei servizi vari. Gli uffici facenti capo a tali strutture assumeranno - a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento generale di riorganizzazione di cui al richiamato comma 404 - il nome di “Direzioni territoriali dell’economia e delle finanze” e di “Ragionerie territoriali dello Stato”.

Altresì, occorrerà provvedere alla ridefinizione delle competenze e delle strutture dei Dipartimenti centrali.

Il comma 429 prevede, infine, che gli uffici territoriali dell’economia e delle finanze – previa stipula di apposite convenzioni – possano delegare alle aziende sanitarie locali lo svolgimento, totale o parziale, delle residue funzioni attribuite alle commissioni mediche di verifica.

 

Viene precisato inoltre che il regolamento di cui al comma 427 della legge finanziaria 2007 assicura comunque la permanenza della direzione territoriale dell’economia e delle finanze e della ragioneria territoriale dello Stato nelle province con una popolazione superiore a 250.000 abitanti.

 

Il comma 24 dispone che, per l’anno 2008, il personale della società Poste italiane S.p.A., già dipendente dell’Amministrazione autonoma delle poste e delle telecomunicazioni, ed il personale dell’Istituto poligrafico e zecca dello Stato spa, il cui comando presso pubbliche amministrazioni è stato già prorogato per l’anno 2007, può essere inquadrato nei ruoli delle amministrazioni presso cui presta servizio in posizione di comando o presso altre amministrazioni pubbliche, sulla base delle procedure di mobilità di cui agli articoli 30, 33 e 34-bis del D.Lgs. 165/2001, nei limiti dei posti disponibili in organico. La disposizione stabilisce quindi che i relativi provvedimenti di comando vengono prorogati fino al perfezionamento delle procedure di inquadramento nei ruoli e comunque non oltre il 31 dicembre 2008.

 

In proposito, si ricorda che le ultime leggi finanziarie hanno prorogato, di anno in anno, i comandi del personale della società Poste italiane S.p.A. e dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.. Tali comandi sono stati infatti prorogati al 31 dicembre 2002 dall’articolo 19, comma 9, della L. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002), al 31 dicembre 2003 dall'articolo 34, comma 20, della L. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003), al 31 dicembre 2004 dall’articolo 3, comma 64, della L. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), al 31 dicembre 2005 dall’articolo 1, comma 123, della L. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) e al 31 dicembre 2006 dall’articolo 1, comma 244, della L. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006). Da ultimo, il comma 534 della L. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) ha disposto la proroga, fino al 31 dicembre 2007, dei comandi presso pubbliche amministrazioni del solo personale della società Poste italiane S.p.a., senza far riferimento invece al personale dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.a.

Si consideri, tuttavia, che la proroga al 31 dicembre 2007 dei comandi del personale appartenente all’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato è stata successivamente prevista dall’articolo 1, comma 6-quater del D.L. 28 dicembre 2006, n. 300[445], recante Proroga di termini previsti da disposizioni legislative, convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio 2007, n. 17[446].

 

Il comma 25 modifica l'art. 1, comma 565, della L. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), il quale ha ridefinito la disciplina sui vincoli alla spesa per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale.

La disposizione di cui alla lettera a) del comma in esame, novellando la lettera c) del citato comma 565, rende tassativa, anziché facoltativa, per gli enti suddetti la procedura di verifica della possibilità di trasformare le posizioni di lavoro già ricoperte da personale precario in posizioni di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Si ricorda che tale verifica è compiuta nell'ambito degli indirizzi stabiliti dalle regioni e che essa è volta alla riduzione della spesa complessiva per il personale.

 

In base alla disciplina di cui alla lettera c) del citato comma 565, gli enti del Servizio sanitario nazionale, nell'ambito degli indirizzi fissati dalle regioni, predispongono un programma annuale di revisione delle consistenze del personale (dipendente e non dipendente), inteso alla riduzione della spesa complessiva per il personale medesimo.

 

La disposizione di cui alla lettera b) invece stabilisce che nelle procedure di reclutamento della dirigenza sanitaria, svolte in attuazione della legge finanziaria 2007, il servizio prestato con rapporto di lavoro a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni, presso l’azienda sanitaria che bandisce il concorso, è valutato come titolo di carriera ai fini dell’attribuzione del punteggio nell’ambito delle procedure concorsuali in termini identici al servizio di ruolo svolto presso aziende sanitarie locali o ospedaliere.

 

I commi 26-28 dettano disposizioni in materia di assunzione di personale a tempo indeterminato da parte delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) e dell’Unioncamere.

In primo luogo il comma 26, ai fini del concorso al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, prevede che le CCIAA possono procedere alle suddette assunzioni, previo svolgimento delle procedure di mobilità, nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari ad una determinata percentuale di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente, facendo dipendere tale percentuale dal valore assunto per ogni singolo ente da un indice di equilibrio economico-finanziario. In particolare tali assunzioni possono avvenire:

§      qualora l’indice di equilibrio economico finanziario risulti inferiore a 35, nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad un onere pari al 70% di quello relativo alle cessazione avvenute nell’anno precedente;

§      qualora l’indice di equilibrio economico finanziario risulti compreso tra 36 e 45, nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad un onere pari al 35% di quello relativo alle cessazione avvenute nell’anno precedente;

§      qualora l’indice di equilibrio economico finanziario risulti superiore a 45, nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad un onere pari al 25% di quello relativo alle cessazione avvenute nell’anno precedente.

 

Ai sensi del comma 27 l’indice di equilibrio economico finanziario è determinato secondo le modalità e i criteri di cui al D.M. 8 febbraio 2006.

Il comma 28 invece, per le assunzioni a tempo indeterminato dell’Unioncamere, rinvia al limite previsto dalla lettera a) del comma 19 (70 per cento della spesa relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente).

 

L'articolo 7 della legge 29 dicembre 1993, n. 580[447]  prevede che l'Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (Unioncamere) curi e rappresenti gli interessi generali delle camere di commercio. Essa promuove, realizza e gestisce, direttamente o per il tramite di proprie aziende speciali, nonché mediante la partecipazione ad organismi anche associativi, ad enti, a consorzi e a società anche a prevalente capitale privato, servizi e attività di interesse delle camere di commercio e delle categorie economiche.

Lo statuto dell'Unioncamere è deliberato, con il voto dei due terzi dei componenti, dall'assemblea composta dai rappresentanti di tutte le camere di commercio ed è approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato .

La dotazione finanziaria dell'Unioncamere è rappresentata da un'aliquota delle entrate delle camere di commercio.

 

Il comma 29 dispone, ai fini di far fronte alle carenze di personale educativo negli istituti penitenziari, lo stanziamento, a favore del Ministero della giustizia, della somma di 0,5 milioni di euro, a decorrere dal 2008, al fine di immettere in servizio fino ad un massimo di 22 unità di personale risultato idoneo in seguito allo svolgimento dei concorsi pubblici di educatore professionale - C1, a tempo determinato, da destinare all'area penitenziaria della regione Piemonte.

Il Ministero della giustizia provvede all’immissione di detto personale nei ruoli di destinazione finale dell’amministrazione penitenziaria e al conseguente adeguamento delle competenze economiche del personale in servizio risultato vincitore ovvero idoneo nel summenzionato concorso.

 

Il comma 30 reca disposizioni in materia di assunzione degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno, novellando a tal fine il comma 557 della legge finanziaria 2007.

 

Il citato comma 557, in considerazione della nuova impostazione e delle nuove regole del patto di stabilità internoper il triennio 2007-2009 previste dalla legge finanziaria 2007, attua una revisione, a partire dall’anno 2007, degli obblighi delle regioni e degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno[448] relativi al contenimento delle spese per il personale. Si consideri infatti che, nell’ambito della legge finanziaria 2007, per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno gli obiettivi di risparmio perseguiti dalla precedente dettagliata disciplina vincolistica di cui all’articolo 1, comma 98 della legge n. 311 del 2004 e all’articolo 1, commi da 198 a 206 della legge n. 266 del 2005, sono confluiti nelle regole del patto di stabilità interno e nei rispettivi saldi finanziari da rispettare.

Ribadendo l’obiettivo del contenimento della spesa per il personale da perseguire anche tramite la razionalizzazione delle strutture amministrative, il comma 557 si limita ad indicare ai medesimi enti, come principi meramente orientativi, una serie di regole fissate per le amministrazioni dello Stato su cui possono far leva, nella loro autonomia, per ridurre la spesa per il personale in funzione del rispetto dei saldi finanziari fissati dalle regole del patto di stabilità interno.

Lo stesso comma prevede quindi che le disposizioni volte a stabilire limiti alla possibilità di effettuare assunzioni e specifici obiettivi di riduzione della spesa per il personale di cui all’articolo 1, comma 98 della legge n. 311 del 2004 e all’articolo 1, commi da 198 a 206 della legge n. 266 del 2005 non si applicano più a decorrere dal 1° gennaio 2007 alle regioni e agli enti locali sottoposti al patto di stabilità, ferma restando la loro applicazione per gli anni 2005 e 2006.

 

Il comma in esame condiziona le possibilità di assunzione di personale degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno, con una disposizione ulteriore rispetto al patto di stabilità, e fatto anzi salvo quanto previsto dal medesimo patto.

In particolare il comma in esame introduce un periodo all’articolo 1, comma 557, della legge finanziaria 2007, precisando le condizioni a cui è subordinata l’eventuale deroga al principio di riduzione complessiva della spesa di cui all’articolo 19, comma 8, della legge 28 dicembre 2001, n. 448.

 

Si ricorda che tale disposizione prevede che, a decorrere dal 2002, gli organi di revisione contabile degli enti locali accertano che i documenti di programmazione del fabbisogno di personale siano improntati al rispetto del principio di riduzione complessiva della spesa di cui all'articolo 39 della L. 449 del 1997 (che reca disposizioni in materia di assunzioni di personale delle amministrazioni pubbliche tenute alla programmazione triennale) e che eventuali deroghe a tale principio siano analiticamente motivate[449].

 

Il comma in esame dispone quindi che eventuali deroghe ai sensi dell’articolo 19, comma 8, della L. 448 del 2001, fermi restando i vincoli fissati dal patto di stabilità per l’esercizio in corso, devono comunque assicurare il rispetto delle seguenti ulteriori condizioni:

a) che l’ente abbia rispettato il patto di stabilità nell’ultimo triennio;

b) che il volume complessivo della spesa per il personale in servizio non sia superiore al parametro obiettivo valido ai fini dell’accertamento della condizione di ente strutturalmente deficitario;

 

Si ricorda che con D.M. 10 giugno 2003, n. 217, è stato approvato il Regolamento concernente la definizione dei parametri obiettivi, validi per il triennio 2001-2003, ai fini dell'accertamento della condizione di ente strutturalmente deficitario, ai sensi dell'articolo 242 del Testo unico sull'ordinamento degli enti locali, il cui comma 1 prevede che sono da considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie gli enti locali che presentano gravi e incontrovertibili condizioni di squilibrio, rilevabili da una apposita tabella da allegare al certificato di rendiconto di gestione, contenente parametri obiettivi dei quali almeno la metà presentino valori deficitari.

 

c) che il rapporto medio tra dipendenti in servizio e popolazione residente non superi quello determinato per gli enti in condizioni di dissesto.

 

Il comma 31 reca disposizioni in materia di assunzione, invece, con riferimento agli enti locali non sottoposti al patto di stabilità interno, novellando a tal fine il comma 562 della legge finanziaria 2007.

Il citato comma 562 impone agli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno un duplice limite in tema di spesa per il personale[450].

Da un lato, tali enti non devono superare l’ammontare della spesa per il personale effettuata nel 2004. A tal fine le spese di personale si considerano al lordo degli oneri contributivi e dell’IRAP, mentre non comprendono gli oneri relativi ai rinnovi contrattuali.

Dall’altro, i medesimi enti possono effettuare assunzioni di personale (è da intendersi: a tempo indeterminato) nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente avvenute nell'anno precedente, anche ai fini della stabilizzazione del personale precario di cui al comma 558.

Si consideri che il comma in esame, nulla disponendo rispetto ad una eventuale limitazione temporale delle norme da esso previste, introduce per gli enti non sottoposti al patto di stabilità interno una disciplina “a regime” relativa al contenimento delle spese per il personale e alle assunzioni di personale a tempo indeterminato.

Pertanto tale nuova disciplina, regolando ex novo le medesime questioni, determina implicitamente il superamento della precedente disciplina in materia di cui all’articolo 1, comma 98 della legge n. 311 del 2004 e all’articolo 1, comma 198 della legge n. 266 del 2005.

 

Il comma in esame condiziona le possibilità di assunzione di personale degli enti locali non sottoposti al patto di stabilità interno.

In particolare il comma in esame introduce un periodo all’articolo 1, comma 562, della legge finanziaria 2007, precisando che eventuali deroghe al principio di riduzione complessiva della spesa di cui all’articolo 19, comma 8, della L. 448 del 2001 (cfr. supra), devono comunque assicurare il rispetto delle seguenti condizioni:

 

a) che il volume complessivo della spesa per il personale in servizio non sia superiore al parametro obiettivo valido ai fini dell’accertamento della condizione di ente strutturalmente deficitario, ridotto del 15 per cento;

b) che il rapporto medio tra dipendenti in servizio e popolazione residente non superi quello determinato per gli enti in condizioni di dissesto, ridotto del 20 per cento.


Articolo 147
(Estensione del diritto al collocamento obbligatorio)

 

1. Le disposizioni relative al diritto al collocamento obbligatorio di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni, sono estese agli orfani o, in alternativa, al coniuge superstite di coloro che siano morti per fatto di lavoro, ovvero siano deceduti a causa dell'aggravarsi delle mutilazioni o infermità che hanno dato luogo a trattamento di rendita da infortunio sul lavoro.

 

 

L’articolo 147, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, estende il campo di applicazione dell’istituto del collocamento obbligatorio in favore dei soggetti vittime del terrorismo e della criminalità organizzata nonché dei loro familiari, di cui alla L. 23 novembre 1998, n. 407[451].

 

In proposito, l’articolo 1, comma 2, della richiamata L. 407 del 1998, dispone che soggetti che abbiano subito un'invalidità permanente, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dello svolgersi nel territorio dello Stato di atti di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, a condizione che gli stessi soggetti lesi non abbiano concorso alla commissione degli atti medesimi ovvero di reati a questi connessi, nonché il coniuge e i figli superstiti, ovvero i fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti, dei soggetti deceduti o resi permanentemente invalidi, hanno diritto al collocamento obbligatorio di cui alle vigenti disposizioni legislative, con precedenza rispetto ad ogni altra categoria e con preferenza a parità di titoli. In particolare, per i soggetti richiamati, compresi coloro che svolgono già un'attività lavorativa, le assunzioni per chiamata diretta sono previste per i profili professionali del personale contrattualizzato del comparto Ministeri fino all'ottavo livello retributivo. Lo stesso comma, inoltre, riconosce il limite al diritto all’assunzione, ferme restando le percentuali di assunzioni previste dalle vigenti disposizioni, per i livelli retributivi dal sesto all'ottavo, da effettuarsi previo espletamento della prova di idoneità, non superiore al del 10% del numero di vacanze nell'organico.

Si ricorda, inoltre, che la L. 12 marzo 1999, n. 68[452] all’articolo 1, comma 1, ha previsto l’applicazione del collocamento mirato in favore delle seguenti categorie:

§       persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e ai portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile in conformità alla tabella indicativa delle percentuali di invalidità per minorazioni e malattie invalidanti approvata, ai sensi dell'articolo 2 del D.Lgs. 509 del 1988, dal Ministero della sanità sulla base della classificazione internazionale delle menomazioni elaborata dalla OMS;

§       persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33%, accertata dall’INAIL in base alle disposizioni vigenti;

§       persone non vedenti o sordomute, di cui alla L. 27 maggio 1970, n. 382 e alla L. 26 maggio 1970, n. 381;

§       persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio con minorazioni ascritte dalla prima all'ottava categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915.

 

L’articolo in esame estende tale istituto anche agli orfani, o, in alternativa, al coniuge superstite di coloro che sano morti per fatto di lavoro, ovvero siano deceduti a causa dell’aggravarsi delle mutilazioni o infermità che hanno dato luogo a trattamento di rendita per infortunio sul lavoro.


Articolo 148
(Misure straordinarie in tema di mobilità del personale delle pubbliche amministrazioni)

 


1. Al fine di rispondere alle esigenze di garantire la ricollocazione di dipendenti pubblici in situazioni di esubero e la funzionalità degli uffici delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, incluse le agenzie fiscali, degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca e degli enti di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica ed il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato possono autorizzare, per il biennio 2008-2009, in base alla verifica della compatibilità e coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica delle richieste di autorizzazione a nuove assunzioni presentate dalle amministrazioni, corredate dai documenti di programmazione dei fabbisogni, la stipulazione di accordi di mobilità, anche intercompartimentale, intesi alla ricollocazione del personale presso uffici che presentino consistenti vacanze di organico.

2. Gli accordi di cui al comma 1 definiscono modalità e criteri dei trasferimenti, nonché eventuali percorsi di formazione, da attuare nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, nel rispetto delle vigenti normative, anche contrattuali.

3. Per le medesime finalità e con i medesimi strumenti di cui al comma 1, possono essere disposti trasferimenti anche temporanei di contingenti di marescialli dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica in situazioni di esubero, da ricollocare, previa selezione in relazione alle effettive esigenze, prioritariamente in un ruolo speciale ad esaurimento del personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195. Con gli strumenti di cui al comma 1 vengono definiti gli aspetti relativi al trattamento giuridico ed economico del personale interessato, nonché i profili finanziari, senza maggiori oneri per la finanza pubblica.

4. Per le medesime finalità e con i medesimi strumenti di cui al comma 1, può essere disposta la mobilità, anche temporanea, del personale docente dichiarato permanentemente inidoneo ai compiti di insegnamento. A tali fini detto personale è iscritto in un ruolo speciale ad esaurimento. Nelle more della definizione del contratto collettivo nazionale quadro per la equiparazione dei profili professionali, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definiti, in via provvisoria, i criteri di raccordo ed armonizzazione con la disciplina contrattuale ai fini dell'inquadramento in profili professionali amministrativi, nonché, con le modalità di cui al comma 2, gli appositi percorsi formativi finalizzati alla riconversione professionale del personale interessato. Con gli strumenti di cui al comma 1 vengono disciplinati gli aspetti relativi al trattamento giuridico ed economico del personale interessato, nonché i profili finanziari, senza maggiori oneri per la finanza pubblica.

5. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica è istituita la banca dati informatica finalizzata all'incontro tra la domanda e l'offerta di mobilità, prevista dall'articolo 9 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80.

6. La banca dati di cui al comma 5 costituisce base dati di interesse nazionale ai sensi dell'articolo 60 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.


 

 

L’articolo in esame reca disposizioni straordinarie in materia di mobilità, allo scopo di razionalizzare la ricollocazione di dipendenti pubblici in esubero.

 

In particolare, il comma 1, prevede che la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, e il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, in funzione dell’esigenza di garantire la ricollocazione del personale delle pubbliche amministrazioni in situazione di esubero e la funzionalità delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle Agenzie, comprese le Agenzie fiscali, degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca e degli enti di cui all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001[453], possano autorizzare, per il biennio 2008-2009, sulla base della verifica della compatibilità con gli obiettivi di finanza pubblica delle richieste di autorizzazione a nuove assunzioni, la stipulazione di accordi di mobilità, anche intercompartimentale, volti alla ricollocazione del personale presso uffici con rilevanti vacanze di organico.

 

La disciplina della gestione del personale in esubero delle pubbliche amministrazioni è contenuta principalmente negli articoli 33, 34 e 34-bis del D.Lgs. 165 del 2001, che prevedono in primo luogo che sia attività una apposita procedura volta a raggiungere un accordo con le organizzazioni sindacali per ricollocare almeno parzialmente il personale in esubero nell'ambito della medesima amministrazione o presso altre amministrazioni (cd. “mobilità collettiva”). All’esito di tale procedura, il personale eccedente di cui non è stata possibile la ricollocazione lavorativa viene collocato in disponibilità e quindi, oltre a percepire un’apposita indennità, viene iscritto in appositi elenchi da cui si attinge preliminarmente per soddisfare le esigenze di personale delle amministrazioni pubbliche che presentano necessità di assumere nuovo personale. Decorso il termine massimo di ventiquattro mesi dal collocamento in disponibilità, anche in mancanza di ricollocazione presso altra amministrazione, il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto di diritto.

Più in dettaglio, l’articolo 33, al comma 1, dispone che le pubbliche amministrazioni che rilevino esuberi di personale sono tenute ad informare preventivamente le organizzazioni sindacali e ad osservare le apposite procedure di “mobilità collettiva” previste dal medesimo articolo. Si precisa che, salvo quanto previsto dal medesimo articolo, si applicano le disposizioni in materia di collocamento in mobilità di cui alla legge 23 luglio 1991, n. 223[454], ed in particolare l'articolo 4, comma 11 (relativo alla possibilità per gli accordi sindacali che prevedano il riassorbimento totale o parziale dei lavoratori ritenuti eccedenti, di stabilire la loro assegnazione a mansioni diverse da quelle svolte, anche in deroga al secondo comma dell'art. 2103 del codice civile) e l'articolo 5, commi 1 e 2 (relativi alle modalità di individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità).

La disciplina relativa alla “mobilità collettiva” di cui all’articolo 33 si applica qualora l’eccedenza di personale interessi almeno 10 dipendenti (articolo 33, comma 2). In tal caso la pubblica amministrazione interessata dall’eccedenza attiva una apposita procedura alla quale partecipano le organizzazioni sindacali, volta a ricollocare totalmente o parzialmente il personale in esubero nell'ambito della medesima amministrazione o presso altre amministrazioni. Tale procedura può concludersi - comunque entro quarantacinque giorni dal suo avvio - con il raggiungimento dell’accordo o con apposito verbale nel quale sono riportate le diverse posizioni delle parti. In caso di disaccordo, le organizzazioni sindacali possono richiedere che il confronto prosegua secondo determinate modalità; comunque la procedura si conclude in ogni caso, anche dopo tale eventuale ulteriore fase di confronto, al massimo entro sessanta giorni dal suo avvio (articolo 33, commi 3, 4 e 5).

I contratti collettivi nazionali possono inoltre stabilire criteri generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso la mobilità volontaria presso altre amministrazioni nell'ambito della provincia o in quello diverso che, in relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla situazione del mercato del lavoro, sia stabilito dai contratti collettivi nazionali (articolo 33, comma 6).

All’esito della prevista procedura o comunque nel caso l’esubero riguardi meno di 10 dipendenti, l’amministrazione colloca in disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell'ambito della medesima amministrazione, che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione che, secondo gli accordi intervenuti ai sensi dei commi precedenti, ne avrebbe consentito il ricollocamento (articolo 33, comma 7).

Il lavoratore “in disponibilità” ha comunque diritto ad un’indennità pari all’80% dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di 24 mesi. I periodi di godimento dell'indennità sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso alla pensione e della misura della stessa (articolo 33, comma 8).

L’articolo 34 del D.Lgs. n. 165/2001 dispone in via generale che il personale risultato in eccedenza e posto in disponibilità al termine dell’apposita procedura disciplinata dall’articolo 33 del medesimo decreto legislativo, sia iscritto, secondo l’ordine cronologico di sospensione del relativo rapporto di lavoro, in appositi elenchi formati e gestiti:

-        dal Dipartimento della funzione pubblica, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali (comma 2);

-        dalle strutture regionali e provinciali individuate con legge regionale ai sensi del D.Lgs. 469/1997, per le altre amministrazioni (comma 3).

È previsto espressamente che il Dipartimento della funzione pubblica realizzi "opportune forme di coordinamento" tra l'elenco da esso gestito e quelli tenuti dalle strutture regionali e provinciali. A tale coordinamento, nonché alla collaborazione con il Dipartimento della funzione pubblica ai fini della riqualificazione e ricollocazione del personale, fa riferimento il comma 3 dell’articolo 34 ove dispone che "le leggi regionali previste dal D.Lgs. n. 469/1997, nel provvedere all’organizzazione del sistema regionale per l’impiego, si adeguano ai principi di cui al comma 2".

Principalmente alle strutture regionali e provinciali sono affidati i compiti relativi allariqualificazione professionaledel personale e alla sua ricollocazione presso altre amministrazioni; per quanto riguarda il personale statale, infatti, è previsto che a tali fini il Dipartimento della funzione pubblica si avvalga della loro collaborazione. In materia interviene poi il successivo comma 5, che prevede che i contratti collettivi nazionali possano costituire fondi riservati per riqualificare personale in disponibilità ed incentivarne la ricollocazione, in particolare mediante mobilità volontaria. Tali fondi possono essere utilizzati per riqualificare anche il personale eccedente trasferito ai sensi dell'articolo 33 prima del collocamento in disponibilità.

Il comma 4 completa la disciplina relativa all’indennità di disponibilità prevista dall’articolo 33, comma 8, e dispone la definitiva risoluzione del rapporto di lavoro del pubblico dipendente alla decorrenza del periodo massimo di fruizione della stessa. Viene stabilito che il dipendente collocato in disponibilità ha diritto all’indennità per la durata prevista dall’articolo 33 (al massimo 24 mesi); per tutto tale periodo, ha altresì diritto a che siano corrisposti all’ente previdenziale di riferimento gli oneri sociali relativi alla retribuzione goduta al momento del collocamento in disponibilità. Le spese, relative sia all’erogazione dell’indennità che alla corresponsione degli oneri sociali, gravano sul bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente fino alla sua ricollocazione o alla decorrenza del termine massimo di disponibilità.

Scaduto tale termine senza che sia stata possibile la ricollocazione presso altra amministrazione, e a far data da esso, il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto.

Ilcomma 6 dell’articolo 34 subordina la possibilità di procedere a nuove assunzioni all’utilizzo del personale collocato in disponibilità. Viene infatti disposto che, nell’ambito della programmazione triennale delle assunzioni prevista dall’articolo 39 della L. 27 dicembre 1997, n. 449, recante Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica [455], le nuove assunzioni siano subordinate alla verifica dell’impossibilità di ricollocare tale personale.

Infine, i commi 7 e 8 dell'articolo 34dettano disposizioni particolari per gli enti pubblici territoriali in generale e per gli enti locali in situazione di dissesto finanziario. I primi vengono autorizzati ad utilizzare le economie derivanti dalla minore spesa dal collocamento in disponibilità del personale per la formazione e riqualificazione di esso. Quanto agli enti territoriali in dissesto, si prevede che ad essi continui ad applicarsi la disciplina dettata in materia di gestione del personale in disponibilità dal D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, recante Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali.

L’articolo 34-bis, che reca disposizioni in materia di mobilità, prevede l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di utilizzare il personale già collocato in disponibilità o in mobilità prima di avviare le procedure per le nuove assunzioni.

In particolare, il comma 1 stabilisce che le amministrazioni pubbliche, prima di avviare le procedure di assunzione del personale, devono comunicare una serie di informazioni relative al personale per il quale si intende bandire il concorso, con particolare riguardo per l’area, il livello (ovvero la posizione economica all’interno dell’area), la sede di destinazione.

I soggetti ai quali è rivolta la comunicazione - che sono gli stessi i quali, ai sensi del precedente articolo 34, formano e gestiscono gli elenchi del personale in disponibilità - sono:

-        il Dipartimento per la funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri per le assunzioni da effettuare presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali;

-        le strutture regionali e provinciali di cui al D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469[456], per le assunzioni da effettuare presso le altre amministrazioni[457].

Il comma 2 stabilisce che il soggetto al quale è rivolta la comunicazione provvede entro 15 giorni dalla stessa ad assegnare all’amministrazione richiedente il personale che risulta iscritto nel proprio elenco. L’assegnazione del personale deve avvenire secondo l’anzianità di iscrizione nell’elenco del personale collocato in disponibilità.

Nel caso in cui la comunicazione sia stata rivolta alle strutture regionali e provinciali e queste abbiano accertato l’assenza nei propri elenchi di personale da assegnare alle amministrazioni richiedenti, le suddette strutture devono tempestivamente (non è stabilito un termine preciso) comunicare al Dipartimento della funzione pubblica le informazioni che gli sono state a loro volta comunicate dall’amministrazione richiedente. Il Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, provvederà, entro 15 giorni dal ricevimento della predetta comunicazione, ad assegnare all’amministrazione richiedente il personale che risulta iscritto nel proprio elenco. Avvenuta l’assegnazione, l’amministrazione provvede ad iscrivere il dipendente ad essa destinato nei propri ruoli; conseguentemente il rapporto di lavoro prosegue con l’amministrazione che ha comunicato l’intenzione di bandire il concorso.

Ai sensi del comma 3, le amministrazioni possono provvedere ad organizzare percorsi di qualificazione del personale assegnato ai sensi del comma 2.

Il comma 4 prevede che le amministrazioni potranno avviare la procedura di assunzione mediante concorso per tutte le posizioni che non sono state coperte con assegnazione di personale in disponibilità, decorsi due mesi dalla ricezione della comunicazione da parte del Dipartimento della funzione pubblica. La comunicazione è diretta se proviene dalle amministrazioni statali e dagli enti pubblici non economici comprese le università e per conoscenza per le altre amministrazioni..

Il comma 5 dispone la nullità delle assunzioni effettuate in violazione delle procedure previste dallo stesso articolo per la mobilità attivata d’ufficio.

Il comma 5-bis dà mandato al Dipartimento della funzione pubblica di verificare presso le amministrazioni pubbliche l’eventuale interesse ad acquisire in mobilità i dipendenti in eccedenza di altre amministrazioni. In tal caso saranno applicate le disposizioni dell’articolo 4, comma 2, del D.L. n. 163/1995[458], che ha previsto un meccanismo di snellimento delle procedure di assegnazione dei dipendenti pubblici dichiarati eccedenti, disponendo che essi possano essere trasferiti con decreto del Ministro della funzione pubblica ad altra amministrazione che ne faccia richiesta, previo assenso dell'interessato[459].

 

Si ricorda, ancora, che l’articolo 1, comma 47, della legge finanziaria per il 2005 (L. 311 del 2004) ha consentito alle amministrazioni sottoposte al regime di limitazione delle assunzioni di personale a tempo indeterminato, di adottare - in vigenza di tale regime - trasferimenti per mobilità anche intercompartimentale, a condizione che siano rispettate le disposizioni sulle dotazioni organiche. Per quanto riguarda, in particolare, gli enti locali si aggiunge l'ulteriore condizione che essi abbiano rispettato il patto di stabilità interno per l'anno precedente.

Successivamente, i commi 228-229 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2006 (L. 266 del 2005) hanno previsto la costituzione di un fondo finalizzato a potenziare l’attuazione della mobilità delle amministrazioni dello Stato e di altre pubbliche amministrazioni, con uno stanziamento annuale di 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006. Tale Fondo è stato tuttavia soppresso dall’articolo 1, comma 539, della L. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).

 

Ai sensi del successivo comma 2, spetta agli stessi accordi di mobilità definire modalità e criteri dei trasferimenti ed eventuali percorsi di formazione, da attuare nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, nel rispetto delle normative vigenti, anche contrattuali.

 

Il comma 3 prevede la possibilità di disporre, con i medesimi accordi di mobilità in precedenza richiamati, trasferimenti, anche temporanei, di contingenti di marescialli dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica che si trovino in situazione di esubero, da ricollocare con priorità in un ruolo speciale ad esaurimento del personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare di cui al D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 195[460].

Gli stessi accordi richiamati in precedenza definiscono altresì i profili inerenti al trattamento economico e giuridico del personale ricollocato ed i relativi aspetti finanziari, senza maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Il comma 4 stabilisce, invece, la possibilità di disporre la mobilità, anche in via temporanea, del personale docente dichiarato permanentemente inidoneo ai compiti dell’insegnamento, iscrivendo tale personale in un ruolo speciale ad esaurimento. Si precisa che nelle more della contrattazione collettiva relativa all’equiparazione dei profili professionali, con apposito DPCM, su proposta del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono definiti provvisoriamente i criteri per l’inquadramento dei docenti in questione in profili professionali amministrativi, nonché, “con le modalità di cui al comma 2”, i percorsi di formazione per la riconversione professionale di tale personale. Infine, con i più volte richiamati accordi di mobilità sono disciplinati, senza maggiori oneri per la finanza pubblica, gli aspetti relativi al trattamento giuridico ed economico del personale interessato nonché i profili finanziari,

Andrebbe chiarito l’inciso “con le modalità di cui al comma 2”.

 

Il commi 5 e 6, infine, prevedono l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, della banca dati informatica finalizzata all’incontro tra domanda e offerta di mobilità, prevista dall’articolo 9 del D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, convertito dalla L. 9 marzo 2006, n. 80[461]. Tale banca dati assume la valenza di banca dati di interesse nazionale, ai sensi dell’articolo 60 del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82[462].

 

Il citato articolo 9 del D.L. 4/2006 ha attribuito alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al fine di agevolare l'attuazione del previo esperimento delle procedure di mobilità e la razionale distribuzione del personale tra le pubbliche amministrazioni, la possibilità di istituire, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, una banca dati informatica, ad adesione volontaria, finalizzata all'incontro tra la domanda e l'offerta di mobilità.

 

Si evidenzia, pertanto, che il comma in esame istituisce direttamente la banca dati in questione, mentre il richiamato articolo 9 del D.L.4/2006 attribuiva alla Presidenza del Consiglio la potestà discrezionale di istituirla.

 

Si ricorda infine che, ai sensi del comma 1 dell’articolo 60del D.Lgs. 82/2005, si definisce base di dati di interesse nazionale l'insieme delle informazioni raccolte e gestite digitalmente dalle pubbliche amministrazioni, omogenee per tipologia e contenuto e la cui conoscenza è utilizzabile dalle pubbliche amministrazioni per l'esercizio delle proprie funzioni e nel rispetto delle competenze e delle normative vigenti.


Articolo 149
(Integrazione risorse rinnovi contrattuali biennio 2006-2007 e risorse rinnovi contrattuali biennio 2008-2009, ivi incluso il personale del Corpo dei vigili del fuoco)

 


1. Ai sensi dell'articolo 48, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e al fine di dare completa attuazione alle intese ed accordi intervenuti fra Governo e organizzazioni sindacali in materia di pubblico impiego, le risorse per la contrattazione collettiva nazionale previste per il biennio 2006-2007 dall'articolo 1, comma 546, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, a carico del bilancio statale sono incrementate per l'anno 2008 di 1.081 milioni di euro e a decorrere dall'anno 2009 di 220 milioni di euro.

2. In aggiunta a quanto previsto al comma 1, per il personale docente del comparto Scuola, in attuazione dell'Accordo sottoscritto dal Governo e dalle organizzazioni sindacali il 6 aprile 2007 è stanziata, a decorrere dall'anno 2008, la somma di 210 milioni di euro da utilizzare per la valorizzazione e lo sviluppo professionale della carriera docente.

3. Per le finalità indicate al comma 1, le risorse previste dall'articolo 1, comma 549, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per corrispondere i miglioramenti retributivi al personale statale in regime di diritto pubblico per il biennio 2006-2007 sono incrementate per l'anno 2008 di 338 milioni di euro e a decorrere dall'anno 2009 di 105 milioni di euro, con specifica destinazione, rispettivamente, di 181 milioni di euro e di 80 milioni di euro per il personale delle Forze armate e dei Corpi di polizia di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195.

4. In aggiunta a quanto previsto dal comma 3 sono stanziati, a decorrere dall'anno 2008, 200 milioni di euro da destinare al personale delle Forze armate e dei Corpi di polizia di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, per valorizzare le specifiche funzioni svolte per la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, anche con riferimento alle attività di tutela economico-finanziaria, e della difesa nazionale, da utilizzare anche per interventi in materia di buoni pasto e per l'adeguamento delle tariffe orarie del lavoro straordinario, mediante l'attivazione delle apposite procedure previste dallo stesso decreto legislativo n. 195 del 1995.

5. In aggiunta a quanto previsto dal comma 3, al fine di migliorare l'operatività e la funzionalità del soccorso pubblico, sono stanziati, a decorrere dall'anno 2008, 6,5 milioni di euro da destinare al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

6. In relazione a quanto previsto dalle intese ed accordi di cui al comma 1, per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno i corrispondenti maggiori oneri di personale sono esclusi, per l'anno 2008, dal computo delle spese rilevanti ai fini del rispetto delle disposizioni del patto di stabilità.

7. In relazione a quanto previsto dalle intese ed accordi di cui al comma 1, il concorso dello Stato al finanziamento della spesa sanitaria è incrementato, in via aggiuntiva, di 661 milioni di euro per l'anno 2008 e di 398 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009.

8. Per le amministrazioni pubbliche non statali diverse da quelle indicate ai commi 6 e 7, in deroga all'articolo 48, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ed in relazione a quanto previsto dalle intese ed accordi di cui al comma 1, i corrispondenti maggiori oneri di personale del biennio contrattuale 2006-2007 sono posti a carico del bilancio dello Stato, per un importo complessivo di 272 milioni di euro per l'anno 2008 e di 58 milioni di euro a decorrere dal 2009, di cui, rispettivamente, 205 milioni di euro e 39 milioni di euro per le università, ricompresi nel fondo di cui all'articolo 96, comma 1, della presente legge.

9. Le somme indicate ai commi 1, 2, 3, 4, 5 e 8, comprensive degli oneri contributivi e dell'IRAP di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, concorrono a costituire l'importo complessivo massimo di cui all'articolo 11, comma 3, lettera h), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

10. Al fine di contenere la dinamica dei redditi da lavoro dipendente nei limiti delle compatibilità finanziarie fissate per il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, in sede di deliberazione degli atti di indirizzo previsti dall'articolo 47, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e di quantificazione delle risorse contrattuali, i comitati di settore si attengono, quale limite massimo di crescita retributiva complessiva, ai criteri e parametri, anche metodologici, previsti per il personale delle amministrazioni dello Stato di cui al comma 1. A tal fine, i comitati di settore si avvalgono dei dati disponibili presso il Ministero dell'economia e delle finanze comunicati dalle rispettive amministrazioni in sede di rilevazione annuale dei dati concernenti il personale dipendente.

11. Per il biennio 2008-2009, in applicazione dell'articolo 48, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, gli oneri posti a carico del bilancio statale per la contrattazione collettiva nazionale sono quantificati complessivamente in 240 milioni di euro per l'anno 2008 e in 355 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009.

12. Per il biennio 2008-2009, le risorse per i miglioramenti economici del rimanente personale statale in regime di diritto pubblico sono determinate complessivamente in 117 milioni di euro per l'anno 2008 e in 229 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009 con specifica destinazione, rispettivamente, di 78 milioni di euro e 116 milioni di euro per il personale delle Forze armate e dei Corpi di polizia di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195.

13. Le somme di cui ai commi 11 e 12, comprensive degli oneri contributivi e dell'IRAP di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, concorrono a costituire l'importo complessivo massimo di cui all'articolo 11, comma 3, lettera h), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

14. Per il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall'amministrazione statale, gli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali per il biennio 2008-2009 sono posti a carico dei rispettivi bilanci ai sensi dell'articolo 48, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Per il personale delle università, incluso quello di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i maggiori oneri di cui al presente comma sono inclusi nel fondo di cui all'articolo 96, comma 1, della presente legge. In sede di deliberazione degli atti di indirizzo previsti dall'articolo 47, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i comitati di settore provvedono alla quantificazione delle relative risorse, attenendosi ai criteri ed ai parametri, anche metodologici, di determinazione degli oneri, previsti per il personale delle amministrazioni dello Stato di cui al comma 1. A tal fine, i comitati di settore si avvalgono dei dati disponibili presso il Ministero dell'economia e delle finanze comunicati dalle rispettive amministrazioni in sede di rilevazione annuale dei dati concernenti il personale dipendente.


 

 

I commi 1-10 recano disposizioni relative all’integrazione delle risorse per i rinnovi contrattuali per il biennio 2006-2007 per il personale delle pubbliche amministrazioni, provvedendo così a dare attuazione alle intese ed accordi tra Governo e OO.SS. in materia di pubblico impiego del 6 aprile 2007 e 29 maggio 2007, in modo da garantire il riconoscimento di benefici economici medi pari a 101 euro mensili per i dipendenti del comparto Ministeri ed incrementi corrispondenti per i dipendenti dei rimanenti comparti.

 

A tal fine, il comma 1 prevede un incremento delle risorse destinate, dalla legge finanziaria 2007, per il biennio 2006-2007, alla contrattazione collettiva nazionale relativa al personale contrattualizzato dipendente dalle amministrazioni dello Stato (comprese le Agenzie fiscali e la Presidenza del Consiglio dei ministri) di 1.081 milioni di euro per l’anno 2008 e di 220 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009.

In questo modo si attua quanto disposto dall’articolo 48, comma 1, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, in base al quale il Ministero dell’economia è chiamato a quantificare, in coerenza con i parametri previsti dagli strumenti di programmazione e di bilancio, l'onere derivante dalla contrattazione collettiva nazionale a carico del bilancio dello Stato con apposita norma da inserire nella legge finanziaria.

 

Si ricorda che il comma 546 della legge finanziaria 2007 (richiamato dalla disposizione in esame), ha previsto un incremento delle risorse per la contrattazione collettiva nazionale relativa al personale contrattualizzato dipendente dalle amministrazioni dello Stato di 807 milioni di euro per l’anno 2007 e di 2.193 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008.

Tale incremento va posto in relazione allo stanziamento originario previsto dalla legge finanziaria 2006, che al comma 183 ha destinato alla contrattazione collettiva nazionale relativa al personale dipendente dalle amministrazioni dello Stato 222 milioni di euro per il 2006 e 322 milioni di euro a decorrere dal 2007.

 

Il comma 2 definisce l’importo delle risorse aggiuntive, pari a 210 milioni di euro a decorrere dal 2008, destinate al personale docente della scuola, finalizzate allo sviluppo professionale ed alla valorizzazione della carriera docente, in attuazione dell’Accordo del 6 aprile 2007.

 

Il comma 3 prevede un incremento delle risorse destinate, dalla legge finanziaria 2007, per il biennio 2006-2007 ai miglioramenti stipendiali per il personale statale in regime di diritto pubblico di 338 milioni di euro per l’anno 2008 e di 105 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009, nell’ambito dei quali sono specificamente destinati alle Forze armate e alle Forze di polizia 181 milioni di euro per l’anno 2008 e 80 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009.

 

Il primo periodo del comma 549 della legge finanziaria 2007 (richiamato dalla disposizione in esame) ha previsto un incremento delle risorse destinate ai miglioramenti retributivi per il personale statale in regime di diritto pubblico di 374 milioni di euro per l’anno 2007 e 1.032 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008, nell’ambito dei quali sono specificamente destinati alle Forze armate e ai Corpi di polizia 304 milioni di euro per l’anno 2007 e 805 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008.

Tale incremento va posto in relazione allo stanziamento originario previsto dalla legge finanziaria 2006, che al comma 184 ha destinato ai miglioramenti retributivi per il personale statale in regime di diritto pubblico 108 milioni di euro per il 2006, e 183 milioni di euro a decorrere dal 2007, nell’ambito dei quali sono specificamente destinati alle forze armate e alle forze di polizia 70 milioni di euro nel 2006 e 105 milioni di euro a partire dal 2007.

 

Si ricorda altresì che, ai sensi dell’articolo 3 del D.Lgs. 165 del 2001, sono tuttora in regime di diritto pubblico:

-       i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e le Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall'articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n. 287;

-       il personale, anche di livello dirigenziale, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, esclusi il personale volontario;

-       il personale della carriera dirigenziale penitenziaria.

 

 

Il comma 4 prevede lo stanziamento di risorse aggiuntive rispetto a quanto previsto dal comma 3, pari a 200 milioni di euro a decorrere dal 2008, da destinare al trattamento economico accessorio del personale delle Forze armate e dei Corpi di Poliziadi cui al D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 195[463], per la valorizzazione delle specifiche funzioni svolte nell’ambito della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, anche con riferimento ad attività di tutela economico-finanziaria, nonché della difesa nazionale. Tali risorse possono essere utilizzate anche per interventi in materia di buoni pasto e al fine dell’adeguamento delle tariffe orarie del lavoro straordinario.

 

Il comma 5 prevede lo stanziamento di risorse aggiuntive rispetto a quanto previsto dal comma 3, pari a 6,5 milioni di euro a decorrere dal 2008, da destinare al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per migliorarne l’operatività e la funzionalità del soccorso pubblico.

 

Si ricorda che il “soccorso pubblico” - nell’ambito della riclassificazione del bilancio operata dal Governo con la circolare n. 21 del 5 giugno 2007, emanata dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze - costituisce ora un autonomo programma (denominato “Prevenzione del rischio e soccorso pubblico”) della missione “Soccorso civile”.

La tabella C allegata al disegno di legge in esame prevede, in relazione alla missione citata, con riferimento allo stato di previsione del Ministero dell’interno, stanziamenti pari a: 17,368 milioni di euro per l’anno 2008; 17,703 milioni di euro per l’anno 2009 e per il 2010.

 

Il comma 6 dispone, per le regioni e gli enti locali sottoposti a patto di stabilità interno, l’esclusione, per il 2008, dal computo delle spese rilevanti ai fini del rispetto del patto stesso, dei maggiori oneri di personale determinatisi in virtù delle intese e degli accordi in precedenza richiamati.

 

Il comma 7, in relazione a quanto stabilito dalle intese e dagli accordi in precedenza richiamati, incrementa il concorso dello Stato al finanziamento della spesa sanitaria, per una somma pari a 660 milioni di euro per il 2008 ed a 398 milioni di euro a decorrere dal 2009.

 

La relazione illustrativa e quella tecnica specificano che l'incremento in esame definisce le risorse necessarie per il riconoscimento della quota eccedente i tassi di inflazione programmata dei benefici (per i suddetti lavoratori) relativi al biennio 2006-07.

 

Il comma 8, in relazione a quanto stabilito dalle intese e dagli accordi in precedenza richiamati, pone a carico del bilancio dello Stato, in deroga dell’articolo 48, comma 2, del D.Lgs. 165 del 2001, i corrispondenti maggiori oneri di personale, riferiti al biennio contrattuale 2006-2007, per le amministrazioni pubbliche non statali diverse da quelle indicate nei precedenti commi 6 e 7, per un importo complessivo di 272 milioni di euro per il 2008 e di 58 milioni di euro a decorrere dal 2009, di cui rispettivamente 205 milioni di euro e 39 milioni di euro per le università.

 

L’articolo 48, comma 2, del D.Lgs. 165 del 2001, stabilisce appunto che per le pubbliche amministrazioni non statali gli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale sono posti a carico dei rispettivi bilanci.

 

Il comma 9 dispone che le somme stanziate per il riconoscimento degli aumenti retributivi per il biennio 2006-2007, per il personale delle amministrazioni statali, contrattualizzato e in regime di diritto pubblico, costituiscono l'ammontare complessivo massimo destinato a copertura degli oneri contrattuali per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale – ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera h), della L. 468 del 1978 - e precisa che le somme medesime sono da ritenersi comprensive degli oneri contributivi e dell'IRAP.

 

Tale disposizione è analoga a quelle di cui all'articolo 1, commi 181 e 185, della legge finanziaria per il 2006, e all’articolo 1, comma 554, della legge finanziaria 2007.

 

Il comma 10 prevede quindi che, al fine di rendere la dinamica dei redditi da lavoro dipendente compatibile con gli obiettivi di finanza pubblica, per quanto riguarda il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall’amministrazione statale, gli specifici comitati di settore, nell’ambito della deliberazione degli atti di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale di cui all’articolo 47, comma 1, del D.Lgs. 165/2001 e della quantificazione delle risorse relative ai rinnovi contrattuali, stabiliranno il limite massimo di crescita retributiva complessiva attenendosi ai criteri previsti per il personale delle amministrazioni statali. A tal fine, i richiamati comitati di settore si avvalgono dei dati disponibili presso il Ministero dell’economia comunicati dalle rispettive amministrazioni in sede di rilevazione annuale dei dati concernenti il personale.

 

L’articolo 47, comma 1, del D.Lgs. 165 del 2001 stabilisce che gli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale sono deliberati dai comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale e negli altri casi in cui è richiesta una attività negoziale dell'ARAN. Gli atti di indirizzo delle amministrazioni diverse dallo Stato sono sottoposti al Governo che, non oltre dieci giorni, può esprimere le sue valutazioni per quanto attiene agli aspetti riguardanti la compatibilità con le linee di politica economica e finanziaria nazionale.

 

I commi da 11 a 14 invece stanziano le risorse per i rinnovi contrattuali relativi al biennio 2008-2009 per il personale delle pubbliche amministrazioni.

 

In primo luogo, il comma 11 dispone che lo stanziamento delle risorse destinate, per il biennio 2008-2009, alla contrattazione collettiva nazionale relativa al personale contrattualizzato dipendente dalle amministrazioni dello Stato (comprese le Agenzie fiscali e la Presidenza del Consiglio dei ministri), è pari complessivamente a 240 milioni di euro per il 2008 e a 355 milioni di euro a decorrere dal 2009.

 

Il comma 12 prevede che lo stanziamento delle risorse destinate per il biennio 2008-2009 ai miglioramenti stipendiali per il personale statale in regime di diritto pubblico è pari complessivamente a 117 milioni di euro per il 2008 e a 229 milioni di euro a decorrere dal 2009, di cui rispettivamente 78 milioni di euro e 116 milioni di euro specificamente destinati al personale delle Forze armate e dei Corpi di poliziadi cui al D.Lgs. 195/1995.

 

Il comma 13 dispone che le somme stanziate per il riconoscimento degli aumenti retributivi per il biennio 2008-2009, per il personale delle amministrazioni statali, contrattualizzato e in regime di diritto pubblico, costituiscono l'ammontare complessivo massimo destinato a copertura degli oneri contrattuali per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale – ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera h), della L. 468 del 1978 - e precisa che le somme medesime sono da ritenersi comprensive degli oneri contributivi e dell'IRAP.

 

Il comma 14 prevede che, per il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall’amministrazione statale, gli oneri conseguenti ai rinnovi contrattuali per il biennio 2008-2009 sono comunque a carico dei rispettivi bilanci, ai sensi dell’articolo 48, comma 2, del D.Lgs. 165 del 2001. Per il personale delle università, compresi i professori e i ricercatori universitari, gli oneri derivanti da tali rinnovi contrattuali vengono inclusi nel Fondo istituito, dall’articolo 52, comma 1, del disegno di legge in esame (cfr. la relativa scheda), ai fini del concorso dello Stato agli oneri per gli adeguamenti retributivi del personale delle università. Nell’ambito della deliberazione degli atti di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale di cui all’articolo 47, comma 1, del D.Lgs. 165/2001, la quantificazione delle risorse relative ai rinnovi contrattuali sarà stabilita dagli specifici comitati di settore attenendosi ai criteri previsti per il personale delle amministrazioni statali. A tal fine, i richiamati comitati di settore si avvalgono dei dati disponibili presso il Ministero dell’economia comunicati dalle rispettive amministrazioni in sede di rilevazione annuale dei dati concernenti il personale.


Articolo 150, comma 1
(Fondi speciali e tabelle)

 

1. Gli importi da iscrivere nei fondi speciali di cui all'articolo 11-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468, introdotto dall'articolo 6 della legge 23 agosto 1988, n. 362, per il finanziamento dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio 2008-2010, restano determinati, per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, nelle misure indicate nelle Tabelle A e B, allegate alla presente legge, rispettivamente per il fondo speciale destinato alle spese correnti e per il fondo speciale destinato alle spese in conto capitale.

 

 

Il comma 1 dell’articolo 150stabilisce l’entità dei fondi speciali.

I fondi speciali sono lo strumento contabile mediante il quale si determinano le disponibilità per la copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel corso degli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale.

La disciplina di questo istituto è contenuta nell'articolo 11-bis della legge n. 468/1978. Il comma 1 dell'articolo 11-bis stabilisce che la legge finanziaria deve indicare distintamente per la parte corrente (Tabella A) e per quella in conto capitale (Tabella B) le somme destinate alla copertura dei progetti di legge, ripartiti per Ministeri.

In sede di relazione illustrativa al disegno di legge finanziaria sono indicare le finalizzazioni, vale a dire i provvedimenti per i quali viene preordinata la copertura. Ulteriori finalizzazioni possono essere specificate nel corso dell’esame parlamentare, con riferimento ad emendamenti che incrementano la dotazione dei fondi speciali. In ogni caso le finalizzazioni non hanno efficacia giuridica vincolante.

Attraverso i fondi speciali viene quindi delineata la proiezione finanziaria triennale della futura legislazione di spesa che il Governo intende presentare al Parlamento.

 

L’articolo 11-bis, comma 2, della legge n. 468/1978 prevede anche la possibilità di inserire nelle tabelle A e B accantonamenti di segno negativo, relativi a provvedimenti di minore spesa o di maggiore entrate da approvare in corso d’anno. Gli accantonamenti negativi sono collegati (mediante lettere alfabetiche) agli accantonamenti positivi alla cui copertura sono preordinati. La disciplina dei fondi speciali prevede, infine, che le quote relative a spese correnti non utilizzate entro l’anno cui si riferiscono costituiscono economie di bilancio. Gli accantonamenti relativi a spese in conto capitale possono essere utilizzati anche nell’anno successivo (“slittamento”) se il provvedimento in questione è stato approvato da almeno una delle due Camere.

Per particolari tipologie di spese correnti (spese corrispondenti ad obblighi internazionali, obbligazioni contrattuali o provvedimenti relativi al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed al trattamento economico e normativo dei dipendenti di pubbliche amministrazioni non compresi nel regime contrattuale) lo slittamento è consentito purché il provvedimento risulti presentato alle Camere entro l’anno ed entri in vigore entro il termine di scadenza dell’anno successivo.

 

Nel disegno di legge finanziaria per il 2008 gli importi della Tabella A ammontavano, nel testo presentato dal Governo (A.S. 1817). complessivamente a 1.153,8 milioni per il 2008, a 1.681,0 milioni per il 2009 e a 1.323,1 milioni per il 2010.

A seguito delle modifiche apportate durante l’esame al Senato, gli importi della Tabella A sono stati rideterminati in 771,1 milioni di euro per il 2008, in 1.340,3 milioni di euro per il 2009 e in 1.603,8 milioni di euro per il 2010.

 

Nel prospetto successivo sono riportati gli importi complessivi della Tabella A come indicati nel bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818), nel disegno di legge finanziaria per il 2008 presentato dal Governo (A.S. 1817), nel testo approvato dalla 5a Commissione bilancio del Senato (A.S. 1817-A) e nel testo approvato dall’aula del Senato e trasmesso alla Camera (A.C. 3256).

 

Gli importi sono espressi in migliaia di euro.

 


Tabella A (migliaia di euro)

2008

2009

2010

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818)

144.959

98.250

97.307

Disegno di legge Governo (A.S. 1817)

1.153.759

1.681.050

1.323.107

Testo 5a Commissione Senato (A.S. 1817-A)

901.811

1.116.709

1.378.826

Testo approvato dal Senato (A.C. 3256)

771.091

1.340.309

1.603.826

 

 

Per quanto riguarda la Tabella B, il disegno di legge finanziaria per il 2008 prevedeva nel testo iniziale (A.S. 1817) accantonamenti pari a 338,3 milioni per il 2008, a 371,2 milioni per il 2009 e a 315,3 milioni per il 2010.

A seguito delle modifiche apportate durante l’esame al Senato, gli importi della Tabella B sono stati rideterminati in 273,3 milioni di euro per il 2008, in 305,2 milioni di euro per il 2009 e in 249,3 milioni di euro per il 2010.

 


Anche per la Tabella B vengono di seguito riportati gli importi complessivi come indicati nelle fasi dell’esame parlamentare.

Gli importi sono espressi in migliaia di euro.

 

Tabella B (migliaia di euro)

2008

2009

2010

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818)

238.344

271.244

215.286

Disegno di legge Governo (A.S. 1817)

338.344

371.244

315.286

Testo 5a Commissione Senato (A.S. 1817-A)

273.344

305.244

249.286

Testo approvato dal Senato (A.C. 3256)

273.344

305.244

249.286

 

 

Nelle seguenti tabelle sono riportati, con riferimento a ciascun Ministero, gli importi degli accantonamenti di parte corrente, come determinati nel bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818), nel disegno di legge finanziaria presentato dal Governo (A.S. 1817) e, se variati, nelle successive fasi dell’esame parlamentare.

Le finalizzazioni degli accantonamenti ivi indicate si riferiscono a quelle contenute nel disegno di legge finanziaria presentato dal Governo (A.S. 1817).

 

 

TABELLA A – FONDO SPECIALE DI PARTE CORRENTE

(migliaia di euro)

 

 

MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE

 

 

2008

2009

2010

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818)

4.757

28.878

27.935

Disegno di legge Governo (A.S. 1817)

464.757

1.068.878

620.935

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 1817-A)

247.046

518.053

531.265

Testo approvato dal Senato (A.C. 3256)

148.387

766.695

784.452

 

L’accantonamento si rende necessario per istituzione del difensore civico delle persone private della libertà personale; per i diritti e i doveri delle persone stabilmente conviventi; per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5000 abitanti, nonché dei comuni compresi nelle aree protette; per l’introduzione di nuove norme in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici ed automatici in ambiente extraospedaliero, nonché per la realizzazione di interventi vari.

 

 

 

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

 

 

2008

2009

2010

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818)

-

900

900

Disegno di legge Governo (A.S. 1817)

-

900

900

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 1817-A)

-

871

863

Testo approvato dal Senato (A.C. 3256)

-

840

838

 

L’accantonamento è finalizzato per il conflitto di interessi.

 

 

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

 

 

2008

2009

2010

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818)

2.600

-

-

Disegno di legge Governo (A.S. 1817)

84.600

82.000

82.000

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 1817-A)

60.013

69.047

78.630

Testo approvato dal Senato (A.C. 3256)

57.351

66.574

76.349

 

L’accantonamento è finalizzato alla lotta contro la discriminazione in base alla razza, e per la realizzazione di interventi vari.

 

 

MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

 

 

2008

2009

2010

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818)

23.747

23.866

23.866

Disegno di legge Governo (A.S. 1817)

73.747

73.866

73.866

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 1817-A)

70.610

71.816

70.830

Testo approvato dal Senato (A.C. 3256)

67.478

69.244

68.775

 

L’accantonamento è preordinato allo scopo di far fronte agli oneri derivanti dalla programmata ratifica ed applicazione di accordi internazionali, per la delega al Governo per completare la liberalizzazione dei settori dell’energia elettrica e del gas naturale e per il rilancio del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili, in attuazione delle direttive comunitarie 2003/54/CE,  2003/55/CE,  2004/67/CE.

 

 

 

MINISTERO DELLA  PUBBLICA ISTRUZIONE

 

 

2008

2009

2010

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818)

-

-

-

Disegno di legge Governo (A.S. 1817)

100.000

-

-

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 1817-A)

95.286

-

-

Testo approvato dal Senato (A.C. 3256)

91.060

-

-

 

L’accantonamento si rende necessario per realizzare interventi vari.

 

 

MINISTERO DELL'INTERNO

 

 

2008

2009

2010

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818)

-

-

-

Disegno di legge Governo (A.S. 1817)

89.000

102.000

103.000

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 1817-A)

84.805

98.700

98.767

Testo approvato dal Senato (A.C. 3256)

81.043

95.165

95.902

 

L’accantonamento si rende necessario per i provvedimento relativo alla cittadinanza, per la delega sull’immigrazione.

 

 

MINISTERO PER LE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

 

 

2008

2009

2010

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818)

389

-

-

Disegno di legge Governo (A.S. 1817)

389

-

-

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 1817-A)

371

-

-

Testo approvato dal Senato (A.C. 3256)

355

-

-

 

L’accantonamento è finalizzato al rifinanziamento del settore agricolo e alla partecipazione alla organizzazione internazionale della vigna e del vino.

 


 

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

 

 

2008

2009

2010

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818)

6.000

2.978

2.978

Disegno di legge Governo (A.S. 1817)

6.000

2.978

2.978

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 1817-A)

17.968

15.131

33.105

Testo approvato dal Senato (A.C. 3256)

17.171

14.589

32.145

 

L’accantonamento è preordinato per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5000 abitanti, nonché dei comuni compresi nelle aree protette, per il conflitto d’interessi, per la discriminazione razziale.

 

 

MINISTERO DELLA SALUTE

 

 

2008

2009

2010

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818)

27.638

1.000

1.000

Disegno di legge Governo (A.S. 1817)

51.638

48.000

71.000

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 1817-A)

49.203

46.447

208.081

Testo approvato dal Senato (A.C. 3256)

47.021

44.783

202.045

 

L’accantonamento è preordinato per l’alleanza degli ospedali nel mondo, alla vigilanza doping, ad interventi urgenti in materia sanitaria, all’introduzione di nuove norme in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero, ai diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi, alla discriminazione razziale, alla delega all’immigrazione nonché alla realizzazione di interventi vari.

 

 

MINISTERO DEI TRASPORTI

 

 

2008

2009

2010

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818)

-

-

-

Disegno di legge Governo (A.S. 1817)

2.800

7.800

10.800

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 1817-A)

5.668

7.547

10.356

Testo approvato dal Senato (A.C. 3256)

5.417

7.277

10.056

 

L’accantonamento è preordinato per realizzare interventi vari.

 

 

MINISTERO DELL'UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA

 

 

2008

2009

2010

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818)

20.129

11.921

11.921

Disegno di legge Governo (A.S. 1817)

20.129

11.921

11.921

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 1817-A)

22.430

15.535

15.431

Testo approvato dal Senato (A.C. 3256)

18.415

11.379

11.383

 

L’accantonamento è preordinato alla realizzazione di misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, in particolare in settori di rilevanza nazionale, per i diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi, per la discriminazione razziale, per la modernizzazione, l’efficienza delle amministrazioni pubbliche e riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese, nonché per la realizzazione di interventi vari.

 

 

MINISTERO DELLA SOLIDARIETA’ SOCIALE

 

 

2008

2009

2010

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818)

59.699

28.707

28.707

Disegno di legge Governo (A.S. 1817)

260.699

282.707

345.707

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 1817-A)

248.411

273.562

331.498

Testo approvato dal Senato (A.C. 3256)

237.393

263.763

321.881

 

L’accantonamento è preordinato per l’assistenza agli anziani, per l’istituto per il lavoro, per le disposizioni per la tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori, per l’istituzione in Foggia di una sezione staccata della Corte d’appello di Bari e del tribunale per i minorenni, per il conflitto di interessi, per l’assegno sostitutivo per l’accompagnatore militare, per l’istituzione del difensore civico delle persone private della libertà personale, per i diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi, per la discriminazione razziale nonché per la delega sull’immigrazione.

 

Analogamente a quanto esposto per gli accantonamenti di Tabella A, nei seguenti prospetti sono riportati, con riferimento a ciascun Ministero, gli importi degli accantonamenti di conto capitale, come determinati nel bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818), nel disegno di legge finanziaria presentato dal Governo (A.S. 1817) e, se variati, nelle successive fasi dell’esame parlamentare.

Anche in tal caso, le finalizzazioni degli accantonamenti ivi indicate si riferiscono a quelle contenute nel disegno di legge finanziaria presentato dal Governo (A.S. 1817).

 

 

TABELLA B - FONDO SPECIALE DI CONTO CAPITALE

(migliaia di euro)

 

MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE

 

 

2008

2009

2010

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818)

235.144

236.156

180.198

Disegno di legge Governo (A.S. 1817)

335.144

336.156

280.198

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 1817-A)

260.144

260.156

204.198

Testo approvato dal Senato (A.C. 3256)

260.144

260.156

204.198

 

L’accantonamento è rivolto a consentire la partecipazione finanziaria dell’Italia alla ricostituzione delle risorse di Fondi e Banche internazionali, per interventi relativi alla strada statale 120 (Strada statale dell’Etna e delle Madonne), per la riqualificazione e il recupero dei centri storici, per le misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5000 abitanti, nonché dei comuni compresi nelle aree protette e per la realizzazione di interventi vari.

 

 

MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

 

 

2008

2009

2010

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818)

3.000

3.000

3.000

Disegno di legge Governo (A.S. 1817)

3.000

3.000

3.000

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 1817-A)

3.000

3.000

3.000

Testo approvato dal Senato (A.C. 3256)

3.000

3.000

3.000

 

L’accantonamento è preordinato alla realizzazione di interventi vari.

 

 


MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

 

 

2008

2009

2010

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818)

200

200

200

Disegno di legge Governo (A.S. 1817)

200

200

200

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 1817-A)

200

200

200

Testo approvato dal Senato (A.C. 3256)

200

200

200

 

L’accantonamento è preordinato allo sviluppo dell’agricoltura

 

 

MINISTERO DEI BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

 

 

2008

2009

2010

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818)

-

31.888

31.888

Disegno di legge Governo (A.S. 1817)

-

31.888

31.888

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 1817-A)

10.000

41.888

41.888

Testo approvato dal Senato (A.C. 3256)

10.000

41.888

41.888

 

L’accantonamento è preordinato per la riqualificazione dell’offerta turistica, per il museo del XXI secolo, nonché per interventi vari.


Articolo 150, comma 2
(Dotazioni di bilancio relative a leggi di spesa permanente)

 

2. Le dotazioni da iscrivere nei singoli stati di previsione del bilancio 2008 e del triennio 2008-2010, in relazione a leggi di spesa permanente la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria, sono indicate nella Tabella C allegata alla presente legge.

 

 

L'articolo 11, comma 3, lett. d), della legge 5 agosto 1978, n. 468 - nel testo sostituito dall'articolo 5 della legge 23 agosto 1988, n. 362 e da ultimo modificato dall’articolo 2, comma 15, della legge n. 208 del 1999 - prevede tra i contenuti propri della legge finanziaria la "determinazione", in apposita tabella, degli stanziamenti annui (per il triennio finanziario di riferimento) delle leggi di spesa permanente, di natura corrente e in conto capitale, la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria (Tabella C).

 

L’articolo 2, comma 18, della legge n. 208/1999 - che ha riformulato l’art. 11, comma 3, lett. d), della legge n. 468 nel senso sopra indicato - ha stabilito inoltre che, in sede di prima applicazione, fosse la stessa legge finanziaria per il 2000 ad indicare quali erano le leggi vigenti la cui quantificazione poteva essere effettuata dalla Tabella C, “intendendosi come soppresse quelle norme recanti autorizzazioni di spesa permanenti già contenenti il riferimento alla predetta lettera d) e non indicate nella legge finanziaria medesima”.

Tale disposizione era confermata dall’articolo 70, comma 7, della legge finanziaria 2000 (legge 23 dicembre 1999, n. 488), il quale precisava che “le leggi vigenti la cui quantificazione è effettuata dalla tabella di cui all’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, (…) sono indicate (…) dalla Tabella C (…)” della legge finanziaria per il 2000 medesima.

 

In base a tale normativa, le leggi vigenti possono, dunque, essere quantificate annualmente dalla Tabella C della legge finanziaria soltanto se sono state incluse nella Tabella C della legge finanziaria 2000 o, nel caso di leggi entrate in vigore successivamente alla legge finanziaria per il 2000, se la norma sostanziale ne autorizza il finanziamento facendo esplicito richiamo all’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge n. 468 del 1978.

 

Rispetto alla finanziaria dello scorso anno, il disegno di legge finanziaria prevede in Tabella C il finanziamento di ulteriori disposizioni di legge, di seguito esposte in base alla nuova classificazione del bilancio:

Missione: diritti sociali, solidarietà e famiglia (nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze)

Programma: Sostegno alla famiglia

§      Decreto-legge n. 223 del 2006[464], Art. 19, co. 1:  Fondo per le politiche della famiglia

Programma: Promozione dei diritti e delle pari opportunità

§      Decreto-legge n. 223 del 2006, Art. 19, co. 3:  Fondo per le politiche diritti e pari opportunità.

 

Missione: Giovani e sport(nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze)

Programma: Incentivazione e sostegno alla gioventù

§      Decreto-legge n. 223 del 2006[465], Art. 19, co. 2:  Fondo per le politiche giovanili;

§      Decreto-legge n. 297 del 2006[466], Art. 6, co. 1:  Agenzia nazionale per i giovani.

 

Missione: Turismo(nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze)

Programma: Sviluppo e competitività del turismo

§      Decreto-legge n. 262 del 2006[467], Art. 2, co. 98, lett. a):  Turismo

 

Missione: Politiche per il lavoro(nell’ambito dello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale)

Programma: Reinserimento lavorativo e sostengo all'occupazione

§      Legge n. 296 del 2006, art. 1, co. 1163:  Finanziamento delle attività di formazione professionale

 

Si segnala, peraltro, che l’autorizzazione recata dalla legge n. 267 del 2002, art. 1, co. 2, relativa ai Contributi dello Stato all'INSEAN è stata trasferita dallo stato di previsione del Ministero della difesa a quello del Ministero dei trasporti, Missione: Ricerca e innovazione, Programma:Ricerca nel settore dei trasporti.

 

La Tabella C del disegno di legge finanziaria per il 2007 presentato dal Governo (A.S. 1817) prevedeva un ammontare complessivo di stanziamenti pari a 19.066,9 milioni di euro per il 2008, a 17.940,5 milioni di euro per il 2009 e a 17.926,9 milioni di euro per il 2010.

A seguito delle modifiche approvate nel corso dell’esame al Senato, l’ammontare complessivo degli stanziamenti destinati a leggi di spesa di natura permanente previsti dalla Tabella C del disegno di legge finanziaria 2008 (A.C. 3256) è stato rideterminato in 19.059,9 milioni di euro per il 2008, a 17.933,4 milioni di euro per il 2009 e a 17.919,8 milioni di euro per il 2010.

 

La tavola che segue espone gli stanziamenti di Tabella C nel ddl bilancio (A.S. 1818), nel ddl finanziaria (A.S. 1817), nel testo approvato al Senato (A.C. 3256) e la differenza tra questi ultimi dati e quelli a legislazione vigente:

 

 

BLV
2008

Ddl Governo
(A.S. 1817)

A.C. 3256

Differenza A.C. 3256 su BLV

Ministero dell’economia e delle finanze

 

 

 

 

Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del Consiglio dei Ministri

Presidenza del Consiglio dei Ministri

L. 230/1998, art. 19: Nuove norme in materia di obiezione di coscienza (U.P.B. 21.3.3. – cap. 2185)

253.422

303.422

303.422

50.000

D.Lgs. 303/1999: Ordinamento Presidenza del Consiglio dei Ministri a norma dell’art. 11, della L. n. 59/1997 (U.P.B. 21.3.3. – cap. 2115)

433.882

453.882

453.882

20.000

Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali

Erogazioni a enti territoriali per interventi di settore

L. 353/2000: Legge quadro in materia di incendi boschivi (U.P.B. 2.1.2 – cap. 2820)

8.636

8.636

8.636

0

Regolazioni contabili ed altri trasferimenti alle regioni a statuto speciale

L. 38/2001, art. 16 co. 2: Tutela della minoranza linguistica slovena - contributo alla regione Friuli Venezia Giulia (U.P.B. 2.3.6 – cap. 7513/p)

4.750

4.750

5.250

500

Concorso dello Stato al finanziamento della spesa sanitaria

D.Lgs. 446/1997, art. 39, comma 3: Integrazione Fondo sanitario nazionale, minori entrate IRAP, ecc. (U.P.B. 2.4.2 - cap. 2701)

0

830.000

830.000

830.000

L'Italia in Europa e nel mondo

Partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito UE

L. 440/1989: Utilizzazione del porto franco di Trieste (U.P.B. 3.1.2. – cap. 1539)

274

274

274

0

Politica economia e finanziaria in ambito internazionale

L. n. 81/1986: Ratifica ed esecuzione terza Convenzione tra Commissione e Consiglio CE e Stati ACP accordo su aiuti comunitari (U.P.B. 3.2.2 – 1647)

350.000

350.000

350.000

0

 


 

 

Soccorso civile

 

Protezione civile

 

D.L. 142/1991, art. 6, co. 1: Reintegro Fondo protezione civile (U.P.B 6.2.8 – cap. 7446/p)

218.761

218.761

218.761

0

 

D.L. 142/1991, art. 6, co. 1: Provvedimenti per le popolazioni di Siracusa, Catania e Ragusa (U.P.B. 6.2.8 – cap. 7446/p)

78.726

78.726

78.726

0

 

L. 225/1992, art. 1: Istituzione del servizio della protezione civile (U.P.B. 6.2.3 – cap. 2184)

39.341

39.341

39.341

0

 

L. 225/1992, art. 3: Attività e compiti della protezione civile (U.P.B. 6.2.8 - cap. 7447)

535.168

535.168

535.168

0

 

Agricoltura, politiche agroalimentari e pesca

 

Sostegno al settore agricolo

 

D.Lgs. 165/1999 e D.Lgs. 188/2000: Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) (U.P.B. 7.1.2. – cap. 1525)

249.281

249.281

249.281

0

 

Diritto alla mobilità

 

Sostegno allo sviluppo del trasporto

 

L. 128/1998, art. 23: Istituzione Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (U.P.B. 9.1.2. – cap. 1723)

3.762

3.762

3.762

0

Comunicazioni

Sostegno dell’editoria

L. 67/1987: Editoria (U.P.B. 3.1.5.14 – cap. 2183; U.P.B. 11.2.3 – cap. 2183 e U.P.B. 11.2.8, cap. 7442)

331.954

381.954

381.954

50.000

L. 249/1997: Istituzione dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo (U.P.B. 11.2.2. – cap. 1575)

3.838

3.838

3.838

0

Ricerca e innovazione

Ricerca di base e applicata

D.Lgs. 39/1993, art. 4: Istituzione Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (U.P.B. 12.1.2 – cap. 1707/p)

16.312

16.312

16.312

0

Diritti sociali, solidarietà e famiglia

Protezione sociale per particolari categorie

L. 16/1980 e L. 137/2001: Indennizzi incentivi e agevolazioni per cittadini ed imprese italiane che abbiano perduto beni, diritti ed interessi in territori già soggetti alla sovranità italiana e all’estero (U.P.B. 17.1.6 – cap. 7256)

24.948

24.948

24.948

0

Garanzia dei diritti dei cittadini

D.Lgs. 196/2003: Codice in materia di protezione dei dati personali (U.P.B. 17.2.2. – cap. 1733)

21.591

21.591

21.591

0

Sostegno alla famiglia

D.L. 223/2006, Art. 19, co. 1:  Fondo per le politiche della famiglia (U.P.B 17.3.3. – cap. 2102

280.000

280.000

280.000

0

Promozione dei diritti e delle pari opportunità

D.L. 223/2006, Art. 19, co. 3:  Fondo per le politiche diritti e pari opportunità (U.P.B 17.4.3. – cap. 2108

45.000

45.000

45.000

0

Politiche previdenziali

Previdenza obbligatoria e complementare, sicurezza sociale - trasferimenti agli enti ed organismi interessati

L. 388/2000, art. 74 co. 1: Previdenza complementare (U.P.B. 18.1.3 – cap. 2156)

133.376

133.376

133.376

0

Politiche economico-finanziarie e di bilancio

Regolazione giurisdizione e coordinamento del sistema della fiscalità

D.Lgs. 287/1999: Riordino della SSPA-Scuola superiore della pubblica amministrazione (U.P.B. 1.1.2. – cap. 3935)

14.489

14.489

14.489

0

D.Lgs. 300/1999, art. 70, co. 2: Finanziamento Agenzia del demanio (U.P.B. 1.1.2. - cap. 3901)

127.539

127.539

127.539

0

Programmazione economico-finanziaria e politiche di bilancio

L. 109/1994, art. 4: Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (U.P.B. 1.2.2 – cap. 1702)

3.838

3.838

3.838

0

L. 549/1995, art. 1 co. 43: Contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni e altri organismi (U.P.B. 1.2.2. – cap. 1613)

1.823

2.123

2.123

300

L. 144/1999, art. 51: Contributo dello Stato in favore della SVIMEZ (U.P.B. 1.2.6. – cap. 7330)

1.665

1.665

1.665

0

Regolamentazione e vigilanza sul settore finanziario

D.L. 95/1974: Disposizioni relative al mercato mobiliare ed al trattamento fiscale dei titoli azionari (CONSOB) (U.P.B. 1.4.2 – cap. 1560)

12.474

12.474

12.474

0

Regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi d'imposte

L. 448/2001, art. 14, comma 1: Finanziaria 2002 – accise gas metano (U.P.B. 1.5.2 – cap. 3823)

95.954

95.954

95.954

0

Giovani e sport

Attività ricreative e sport

D.L. 181/2006, art. 1, comma 19: Adeguamento struttura Presidenza del Consiglio per applicazione D.L. 181/2006 in materia di sport (U.P.B. 22.1.3 – cap. 7450)

176.428

176.428

176.428

0

Incentivazione e sostegno alla gioventù

D.L. 223/2006, Art. 19, co. 2:  Fondo per le politiche giovanili  (U.P.B 22.2.3. – cap. 2106

119.700

139.700

139.700

20.000

D.L. 297/2006, Art. 6, co. 1:  Agenzia nazionale per i giovani  (U.P.B 22.2.2. – cap. 1597

600

-

-

 

Turismo

Sviluppo e competitività del turismo

L. 292/1990: Ordinamento dell’Ente italiano per il turismo (U.P.B. 23.1.3 - cap. 2194)

49.994

49.994

49.994

0

D.L. 262/2006, Art. 2, co. 98, lett. a):  Turismo (U.P.B 23.1.3. – cap. 2107

62.604

62.604

62.604

0

Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche

Servizi generali, formativi, assistenza legale ed approvvigionamenti per le Amministrazioni pubbliche

D.P.R. 701/1977: Scuola Superiore della Pubbli­ca Amministrazione (U.P.B. 24.1.2. – cap. 5217)

14.393

14.393

14.393

0

L. 146/1980, art. 36: Assegnazione all’Istituto nazionale di statistica (U.P.B. 24.1.2 – cap. 1680)

158.526

158.526

158.526

0

L. 94/1997, art. 7, co. 6: Contributo in favore dell’ISAE (U.P.B. 24.1.2. – cap. 1321)

11.795

11.795

11.795

0

D.Lgs. 285/1999: Riordino del FORMEZ (U.P.B. 24.1.2. – cap. 5200)

21.110

21.110

21.110

0

D.Lgs 165/2001, art. 46: Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (U.P.B. 24.1.2. – cap. 5223)

3.358

3.358

3.358

0

Fondi da ripartire

Fondi da assegnare

L. 385/1978: Compensi per lavoro straordinario ai dipendenti dello Stato (U.P.B. 25.1.3 - cap. 3026)

38.738

38.738

38.738

0

L. 468/1978, art. 9-ter: Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente (U.P.B. 25.2.3. - cap. 3003)

0

0

0

0

 

Ministero dello sviluppo economico

 

 

 

 

 

Competitività e sviluppo imprese

 

Incentivazione per lo sviluppo industriale

 

L. 287/1990, art. 10, co. 7: Autorità garante della concorrenza e del mercato (U.P.B. 2.1.2. – cap. 2275)

21.110

21.110

21.110

0

 

L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 2.1.2. cap. 2280)

1.132

1.132

1.132

0

 

Ricerca e innovazione

 

Sviluppo, innovazione e ricerca in materia di energia ed in ambito minerario ed industriale

 

L. 282/1991, D.L. 496/1993 e D.L. 26/1995: Riforma dell'ENEA (U.P.B. 4.1.6. – cap. 7630)

191.908

191.908

191.908

0

 


 

 

Ministero del lavoro e della previdenza sociale

 

 

 

 

Politiche previdenziali

Previdenza obbligatoria e complementare,sicurezza sociale – trasferimenti agli enti ed organismi interessati

L. 335/1995, art. 13: Riforma del sistema pensionistico - Vigilanza sui fondi pensione (U.P.B. 1.1.2. – cap. 4332)

768

768

768

0

Politiche per il lavoro

Regolamentazione e vigilanza del lavoro

L. 350/2003: art. 3, co. 149: Finanziaria 2004 – spese funzionamento commissione di garanzia per attuazione legge sciopero servizi pubblici essenziali (U.P.B. 2.1.1. - cap. 5025)

2.916

2.916

2.916

0

Reinserimento lavorativo e sostengo all'occupazione

L. 448/1998, art. 80, co. 4: Formazione professionale – contributi a organismi vari (U.P.B. 2.2.2. – cap. 4161)

1.919

1.919

1.919

0

L. 296/2006, art. 1, co. 1163:  Finanziamento delle attività di formazione professionale (U.P.B. 2.2.6. – cap. 7682)

0

0

5.000

5.000

 

Ministero della giustizia

 

 

 

 

Giustizia

Amministrazione penitenziaria

D.P.R. 309/1990, art. 135: Programmi di prevenzione e cura dell'AIDS, di recupero e reinserimento dei detenuti tossicodipendenti (U.P.B. 1.1.2 - cap. 1768)

4.798

4.798

4.798

0

Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche

Indirizzo politico

L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 2.1.2. – cap. 1160)

116

116

116

0

 

Ministero degli affari esteri

 

 

 

 

L'Italia in Europa e nel mondo

Cooperazione allo sviluppo e gestione delle sfide globali

L. 1612/1962, art. 12: Mezzi finanziari per il funzionamento dell’Istituto agronomico per l'Oltremare (U.P.B. 1.2.2 – cap. 2201)

2.687

2.687

2.687

0

L. 7/1981 e L. 49/1987: Stanziamenti aggiuntivi per l'aiuto pubblico a favore dei Paesi in via di sviluppo (U.P.B. 1.2.1 e 1.2.2 - capitoli vari)

642.224

742.224

742.224

100.000

L. 58/2001: Istituzione del fondo per lo sminamento umanitario (Paesi in via di sviluppo) (U.P.B. 1.2.2 – cap. 2210)

2.207

2.207

2.207

0

Cooperazione economica, finanziaria e tecnologica

L. 883/1977: Accordo relativo a un programma internazionale per l'energia (U.P.B. 1.3.2. - cap. 3749)

960

960

960

0

L. 140/1980: Partecipazione italiana al Fondo europeo per la gioventù (U.P.B. 1.3.2. - cap. 4052)

268

268

268

0

L. 960/1982: Rifinanziamento legge di ratifica degli accordi di Osimo tra Italia e Jugoslavia (U.P.B. 1.3.2 – capp. 4061 e 4063)

2.687

2.687

2.687

0

Cooperazione politica, promozione della pace e sicurezza internazionale

L. 794/1966: Costituzione dell’istituto italo-latino-americano (U.P.B. 1.4.2. – cap. 4131)

2.399

2.399

2.399

0

L. 549/1995, art. 1, co 43: Contributi ad enti, istituti, associazioni ed altri organismi (U.P.B. 1.4.2 – cap. 1163)

5.949

5.949

5.949

0

L. 91/2005, art. 1, co. 1: Contributo volontario al Fondo di cooperazione tecnica dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica-AIEA (U.P.B. 1.4.2. – cap. 3421)

3.454

3.454

3.454

0

Integrazione europea

L. 299/1998: Finanziamento italiano della PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune dell'UE) (U.P.B. 1.5.2 – cap. 4534)

4.798

4.798

4.798

0

Italiani nel mondo e politiche migratorie e sociali

D.P.R. 200/1967: Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari (U.P.B. 1.6.2. - cap. 3105)

2.303

2.303

2.303

0

Ministero della pubblica istruzione

 

 

 

 

Ricerca e innovazione

Ricerca per la didattica

L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti e altri organismi (U.P.B. 2.1.2. - cap. 1261)

3.026

3.026

3.026

0

Istruzione scolastica

Istituzioni scolastiche non statali

L. 181/1990: Funzionamento della scuola europea di Ispra (U.P.B. 1.9.2 - cap. 2193)

362

362

362

0

Fondi da ripartire

Fondi da assegnare

L. 440/1997 e L. 144/1999, art. 68, co. 4, lett. b): Fondo per l’ampliamento dell’offerta formativa (U.P.B. 5.1.3.- cap. 1270/p)

188.208

188.208

188.208

0

Ministero dell’interno

 

 

 

 

Ordine pubblico e sicurezza

Contrasto al crimine

L. 451/1959: Istituzione del Fondo scorta personale Polizia di Stato (U.P.B. 3.1.1. - cap. 2674)

14.981

14.981

14.981

0

D.P.R. 309/1990, art. 101: Prevenzione e repressione traffico illecito sostanze stupefacenti (U.P.B. 3.1.1 – cap. 2668 e cap. 2815)

2.879

2.879

2.879

0

Prevenzione generale e controllo del territorio

L. 451/1959: Istituzione del Fondo scorta personale Polizia di Stato (U.P.B. 3.3.1 - cap. 2543)

14.980

14.980

14.980

0

Soccorso civile

Prevenzione dal rischio e soccorso pubblico

L. 968/1969 e D.L. 361/1995, art. 4: Fondo scorta Corpo nazionale Vigili del Fuoco (U.P.B. 4.2.1. - cap. 1916)

17.368

17.368

17.368

0

Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti

Garanzia dei diritti e interventi per lo sviluppo della coesione sociale

Legge 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi a enti ed altri organismi (U.P.B. 5.1.2. – cap. 2309)

506

506

506

0

D. Lgs n. 140/2005, articolo 13: Somme destinate all’accoglienza degli stranieri richiedenti il riconoscimento dello status di rifugiato (U.P.B. 5.1.2 – cap. 2311)

17.856

17.856

17.856

0

Ministero dell’ambiente

 

 

 

 

Ricerca e innovazione

Ricerca in materia ambientale

D.Lgs. 300/1999, art. 38: Agenzia protezione ambiente e servizi tecnici (U.P.B. 2.1.2 – cap. 3621; U.P.B. 2.1.6 – cap. 8831)

81.560

81.560

81.560

0

Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente

Prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento

L. 979/1982: Difesa del mare (U.P.B. 1.2.2 - cap. 1644)

34.269

34.269

34.269

0

Tutela e conservazione della fauna e della flora e salvaguardia della biodiversità

L. 979/1982: Difesa del mare (U.P.B. 1.5.2 – cap. , 1646/p)

11.717

11.717

11.717

0

D.L. n. 2/1993: Commercio e detenzione di esemplari di fauna e flora minacciati di estinzione (U.P.B. 1.5.1 – capp. 1388, 1389/p)

468

468

468

0

L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 1.5.2 - cap. 1551)

71.836

71.836

71.836

0

 

Ministero delle infrastrutture

 

 

 

 

Casa e assetto urbanistico

Politiche abitative

L. 431/1998, art. 11, co. 1: Disciplina delle locazioni e rilascio degli immobili ad uso abitativo (U.P.B. 2.2.2 – cap. 1690)

208.220

208.220

208.220

0

L. 350/2003, art. 3, co. 108: Finanziaria 2004 – Fondo per l’edilizia a canone speciale (U.P.B. 2.2.2. – cap. 1691)

9.791

9.791

9.791

0

Ministero della difesa

 

 

 

 

Difesa e sicurezza del territorio

Approntamento e impiego Carabinieri per la difesa e la sicurezza

R.D. 263/1928, art. 17, co. 1: Amministrazione e contabilità del Corpo dell’Arma dei Carabinieri (U.P.B. 1.1.1 – cap. 4840)

24.478

24.478

24.478

0

Funzioni non direttamente collegate ai compiti di difesa militare

L. 549/1995, art. 1, comma 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 1.5.2 – cap. 1352)

2.988

2.988

2.988

0

L. 267/2002, art. 1, co. 3: Contributi dello Stato in favore dell'IHO (U.P.B. 1.5.2 - cap. 1345)

68

68

68

 

Pianificazione generale delle Forze Armate e approvvigionamenti militari

R.D. 263/1928, art. 17, co. 1: Amministrazione e contabilità dei Corpi dell'Esercito, Marina ed Aeronautica (U.P.B. 1.6.1 - cap. 1253)

41.123

41.123

41.123

0

D.Lgs. 300/1999, art. 22, co. 1: Finanziamento Agenzia industrie difesa (U.P.B. 1.6.2. - cap. 1360; U.P.B. 1.6.6 - cap. 7145)

12.763

12.763

12.763

0

 

Ministero delle politiche agricole

 

 

 

 

Agricoltura, politiche agroalimentari e pesca

Sviluppo e sostenibilità del settore agricolo, agroalimentare, agroindustriale e mezzi tecnici di produzione

L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 1.1.2 – cap. 2200)

5.319

5.319

5.319

0

D.Lgs. 454/1999: Riorganizzazione del settore della ricerca in agricoltura (U.P.B. 1.1.2. – cap. 2083)

98.061

98.061

98.061

0

Regolamentazione, incentivazione e vigilanza in materia di pesca

L. 267/1991, art. 1, co. 1: Attuazione del piano nazionale per la pesca marittima (U.P.B. 1.2.1. e 1.2.2 – capitoli vari)

13.939

13.939

13.939

0

Ministero per i beni e le attività culturali

 

 

 

 

Ricerca e innovazione

Ricerca in materia di beni e attività culturali

D.P.R. 805/1975: Assegnazioni per il funzionamento degli istituti centrali del Ministero (U.P.B. 2.1.1. - capp. 2040, 2041, 2043)

4.080

4.080

4.080

0

L. 118/1987: Norme relative alla Scuola archeologica italiana in Atene (U.P.B. 2.1.2 – cap. 4132)

816

816

816

0

 


 

Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici

Sostegno e vigilanza ad attività culturali

L. 466/1988: Contributo Accademia nazionale dei Lincei (U.P.B. 1.1.2. – cap. 3630)

2.670

2.670

2.670

0

L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 1.1.2. - cap. 3670)

29.458

29.458

29.458

0

L. 77/2006, art. 4, co. 1: Misure speciali per i siti italiani posti sotto la tutela dell’UNESCO (U.P.B. 1.1.2 - cap. 1442)

0

0

0

0

Sostegno, valorizzazione e tutela del settore dello spettacolo

L. 163/1985: Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo (U.P.B. 1.2.2 e 1.2.6. – capitoli vari)

486.817

536.817

516.817

30.000

Tutela e valorizzazione dei beni archivistici e librari, promozione del libro e dell'editoria

L. 190/1975: Biblioteca nazionale centrale "Vittorio Emanuele II" di Roma (U.P.B.1.4.1 – cap. 3610)

2.303

2.303

2.303

0

D.P.R. 805/1975: Assegnazioni per il funzionamento degli istituti centrali del Ministero (U.P. B 1.4.1 - cap. 3611)

1.102

1.102

1.102

0

Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche

Servizi e affari generali per le Amministrazioni di competenza

L. 77/2006, art. 4, co. 1: Misure speciali per i siti italiani posti sotto la tutela dell’UNESCO (U.P.B. 3.2.6- cap. 7305)

0

0

0

0

 

Ministero della salute

 

 

 

 

 

Ricerca e innovazione

 

Ricerca per il settore della sanità pubblica

 

D.Lgs. 502/1992, art. 12: Fondo sanitario nazionale - Fondo da destinare ad attività di ricerca e sperimentazione (U.P.B. .2.1.2 - cap. 3392)

335.873

335.873

335.873

0

 

D.Lgs. 267/1993: Riordinamento Istituto superiore di sanità (U.P.B. 2.1.2 - cap. 3443)

98.206

98.206

98.206

0

 

D.Lgs. 268/1993: Riordinamento dell’Istituto superiore di prevenzione e sicurezza del lavoro (U.P.B. 2.1.2 - cap. 3447)

64.162

64.162

64.162

0

 

L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 2.1.2 - cap. 3412)

5.469

5.469

5.469

0

 

Tutela della salute

 

Prevenzione, assistenza, indirizzo e coordinamento internazionale in materia sanitaria umana

 

D.L.C.P.S. 1068/1947: Contributo all’organizzazione mondiale della sanità (U.P.B. 1.1.2. – cap. 4320)

19.239

19.239

19.239

0

 

D.P.R. 613/1980: Contributo alla Croce Rossa Italiana (U.P.B. 1.1.2 - cap. 3453)

29.746

29.746

29.746

0

 

Prevenzione e assistenza sanitaria veterinaria

 

L. 434/1998: Finanziamento interventi prevenzione del randagismo (U.P.B. 1.2.2 - cap. 5340)

4.934

4.934

4.934

0

Programmazione sanitaria e livelli essenziali di assistenza

D.L. 17/2001, art. 2, co. 4: Agenzia servizi sanitari regionali (U.P.B. 1.3.2. - cap. 3457)

4.894

4.894

4.894

0

Regolamentazione e vigilanza in materia di prodotti farmaceutici ed altri prodotti sanitari ad uso umano

D.L. 269/2003, art. 48, co. 9: Agenzia Italiana del Farmaco (U.P.B. 1.4.2. - cap. 3458; U.P.B. 1.4.6 - cap. 7230)

44.305

44.305

44.305

0

 

Ministero dei trasporti

 

 

 

 

 

Ordine pubblico e sicurezza

 

Sicurezza e controllo nei mari, nei porti e sulle coste

 

L. 721/1954: Fondo scorta capitanerie di porto (U.P.B. 2.1.1.– cap. 2121)

5.906

5.906

5.906

0

 

L. 267/1991, art. 2, co. 1: Attuazione terzo piano nazionale pesca marittima (U.P.B. 2.1.1. - cap. 2179)

1.984

1.984

1.984

0

 

Diritto alla mobilità

 

Sviluppo e sicurezza del trasporto aereo

 

L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi a enti e altri organismi (U.P.B.1.4.2. - cap. 1952)

336

336

336

0

 

D.Lgs. 250/1997: Istituzione ENAC (U.P.B. 1.4.2. – cap. 1921)

61.410

61.410

61.410

0

 

Sviluppo e sicurezza della navigazione e del trasporto marittimo

 

D.L. 535/1996: Contributo Centro Internazionale Radio Medico (CIRM) (U.P.B. 1.7.2. – cap. 1850)

614

614

614

0

 

Ricerca e innovazione

 

Ricerca nel settore dei trasporti

 

L. 267/2002, art. 1, co. 2: Contributi dello Stato all'INSEAN (U.P.B. 3.1.2. - cap. 1801/P)

3.838

6.838

6.838

3..000

 

Ministero dell’università e della ricerca

 

 

 

 

 

L'Italia in Europa e nel mondo

 

Cooperazione culturale e scientifico-tecnologica

 

L. 407/1974: Ratifica ed esecuzione accordi internazionali per la ricerca scientifica (U.P.B. 3.1.6 – cap. 7291)

4.602

4.602

4.602

0

 

Ricerca e innovazione

 

Ricerca scientifica e tecnologica di base

 

L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 2.2.2. - cap. 1679)

9.588

9.588

9.588

0

 

D.Lgs. 204/1998: Coordinamento, programmazione e valutazione politica nazionale per la ricerca scientifica e tecnologica (U.P.B. 2.2.6 - cap. 7236)

1.733.955

1.813.955

1.813.955

80.000

 

Istruzione universitaria

 

Diritto allo studio nell'istruzione universitaria

 

L. 394/1977: Potenziamento attività sportiva universitaria (U.P.B. 1.1.2. - cap. 1709)

7.833

7.833

11.333

3.500

 

L. 147/1992: Diritto agli studi universitari (U.P.B. 1.1.2. – cap. 1695)

153.931

153.931

153.931

0

 

L. 338/2000, art. 1, co. 1: Alloggi e residenze per studenti universitari (U.P.B. 1.1.6 - cap. 7273/P)

31.332

31.332

31.332

0

 

Sistema universitario e formazione post-universitaria

 

L. 245/1990: Piano triennale sviluppo università e attuazione piano quadriennale (U.P.B. 1.3.2. - cap. 1690)

93.453

93.453

93.453

0

 

L. 243/1991: Università non statali legalmente riconosciute (U.P.B. 1.3.2. – cap. 1692)

130.223

130.223

130.223

0

 

L. 537/1993, art. 25 co. 1, lett. a): Spese per il funzio­namento delle università (U.P.B. 1.3.2.- cap. 1694)

6.907.998

6.907.998

6.907.998

0

 

Ministero della solidarietà sociale

 

 

 

 

 

Diritti sociali, solidarietà e famiglia

 

Assistenza sociale, promozione dei diritti e misure di sostegno per particolari categorie sociali. Trasferimenti ad enti territoriali, previdenziali e assistenziali

 

L. 285/1997 Art. 1: Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza (U.P.B. 1.1.2 – cap. 3527)

44.467

44.467

44.467

0

 

L. 328/2000, art. 20, co. 1: Legge-quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (U.P.B. 1.1.3 – cap. 3671)

1.603.074

1.603.074

1.603.074

0

 

Ministero del commercio internazionale

 

 

 

 

 

Commercio internazionale ed internazionalizzazione del sistema produttivo

 

Promozione del made in Italy

 

L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 1.2.2 - cap. 2500)

32.450

32.450

36.450

4.000

 

L. 68/1997, art. 8, co. 1, lett. a): Spese di funzionamento ICE (U.P.B. 1.2.2 - cap. 2530)

94.035

104.035

104.035

10.000

 

L. 68/1997, art. 8, co. 1, lett. b): Attività promozionale delle esportazioni italiane (U.P.B. 1.2.2 - cap. 2531)

59.683

79.683

79.683

20.000

 


Articolo 150, comma 3
(Rifinanziamento di spese di conto capitale)

 

3. Ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, come sostituita dall'articolo 2, comma 16, della legge 25 giugno 1999, n. 208, gli stanziamenti di spesa per il rifinanziamento di norme che prevedono interventi di sostegno dell'economia classificati fra le spese di conto capitale restano determinati, per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, nelle misure indicate nella Tabella D allegata alla presente legge.

 

 

Il comma 3 approva l’entità degli stanziamenti di cui alla Tabella D, nella quale vengono rifinanziate alcune leggi di spesa di conto capitale recanti interventi di sostegno dell’economia.

 

L’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge n. 468 del 1978 (come modificato dall’articolo 2, comma 16, della legge n. 208 del 1999) prevede che la Tabella D della legge finanziaria disponga:

-        il rifinanziamento per un solo anno di interventi di conto capitale per i quali nell’ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza;

-        il rifinanziamento per uno o più degli anni considerati nel bilancio pluriennale, di norme vigenti (indipendentemente dal fatto che abbiano una dotazione finanziaria) che prevedono interventi di particolare rilievo definiti di "sostegno dell'economia", classificati tra le spese in conto capitale.

Mentre il finanziamento annuale può essere autonomamente disposto al momento della predisposizione dalla legge finanziaria, il rifinanziamento pluriennale deve essere previsto dalla legge sostanziale.

In sede di prima applicazione, il comma 18 dell’articolo 2 della legge n. 208/1999 ha previsto che fosse la legge finanziaria per il 2000 a indicare l’elenco delle leggi vigenti recanti interventi di parte capitale, che potevano essere incluse nella Tabella D e rifinanziate per un periodo pluriennale. L’elenco è riportato nell’Allegato 1 alla legge finanziaria per il 2000 (legge n. 488/1999).

Ai sensi dell’articolo 70, comma 7, di detta legge, infatti, è stato precisato che “(…) le leggi vigenti rifinanziabili per un periodo pluriennale ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della medesima legge, sono indicate (…) dall’allegato 1 della legge finanziaria medesima.

 

In base a tale normativa, le leggi vigenti possono, dunque, essere rifinanziate pluriennalmente in Tabella D soltanto se sono state incluse nell’allegato 1 della legge finanziaria 2000 o, nel caso di leggi entrate in vigore successivamente alla legge finanziaria per il 2000, se la norma sostanziale ne prevede l’inserimento in Tabella D.

 

Il totale dei rifinanziamenti previsti in Tabella D dal disegno di legge finanziaria nel testo presentato dal Governo (A.S. 1817) ammontava a 5.120 milioni euro per il 2008, a 2.007,4 milioni per il 2009 e a 1.911,7 milioni per il 2010.

A seguito degli emendamenti approvati nel corso dell’esame al Senato (A.C. 3256), gli stanziamenti di Tabella D risultano pari a 5.122 milioni euro per il 2008, a 2.007,4 milioni per il 2009 e a 1.911,7 milioni per il 2010.

 

La Tabella D del disegno di legge finanziaria per il 2008 dispone i seguenti rifinanziamenti:

Ministero dell’economia e delle finanze

§      3.200 milioni per il 2008, 2.000 milioni per il 2009 e 300 milioni per il 2010del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie (legge n. 183 del 1987, art. 5);

§      1.600 milioni nel 2010 per l’edilizia sanitaria pubblica (legge n. 448 del 1998, art. 50, co. lettera c).

Ministero dello sviluppo economico

§      1.100 milioni per il 2008, 7,4 milioni  per il 2009 e 11,7 milioni per il 2010 a favore del Fondo per le aree sottoutilizzate per gli interventi di infrastrutturazione territoriale (L. n. 289 del 2002, art. 61, co. 1).

Ministero del lavoro e delle politiche sociali

§      800 milioni per il 2008a favore del Fondo per l’occupazione (D.L. n. 148 del 1993, art. 1, co. 7).

Ministero delle infrastrutture

§      2 milioni per il 2008 per la diga foranea di Molfetta(D.L. n. 203/2005 – Legge n. 248/2005, art. 11-quaterdecies). Tale rifinanziamento è stato introdotto nel corso dell’esame al Senato.

Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali

§      20 milioni per il 2008 per il rifinanziamento del Fondo di solidarietà  nazionale per gli incentivi assicurativi (D.Lgs. n. 102 del 2004, art. 15, co. 2, primo periodo).

Nelle tavole successive sono indicate le disponibilità rispetto alla legislazione vigente. Gli stanziamenti sono espressi in migliaia di euro.

 

 

Missione: L’Italia in Europa e nel mondo

Programma: Partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito UE

Ministero economia e finanze

L. 183/1987, art. 5 – Fondo per le politiche comunitarie (U.P.B. 3.1.6 – cap. 7493)

 

2008

2009

2010

BLV

5.698.000

4.897.500

4.998.000

Rifinanziamento Tab. D

3.200.000

2.000.000

300.000

Disponibilità

8.898.000

6.897.500

5.298.000

 

 

Missione: Infrastrutture pubbliche e logistica

Programma: Opere pubbliche e infrastrutture

Ministero economia e finanze

L. 448/1998, art. 50, co. 1 – Edilizia sanitaria (U.P.B. 10.1.6 – cap. 7464)

 

2008

2009

2010

BLV

784.000

1.520.000

1.200.000

Rifinanziamento Tab. D

0

0

1.600.000

Disponibilità

784.000

1.520.000

2.800.000

 

Programma: Sistemi idrici, idraulici ed elettrici

Ministero Infrastrutture

D.L. 203/2005, art.11-quaterdecies, co. 20 – Diga foranea di Molfetta (U.P.B. 1.5.6 – cap. 7157)

 

2008

2009

2010

BLV

0

0

0

Rifinanziamento Tab. D

2.000

0

0

Disponibilità

2.000

0

0

 

 


Missione: Sviluppo e riequilibrio territoriale

Programma: Politiche per l’infrastrutturazione territoriale nel Mezzogiorno e le aree sottoutilizzate

Ministero sviluppo economico

L. 289/2002, art. 61, co. 1 – Fondo per le aree sottoutilizzate (U.P.B. 5.3.6 – cap. 8425)

 

2008

2009

2010

2011 e succ.

BLV

2.947.196

6.486.940

6.486.940

38.176.211

Rifinanziamento Tab. D

+1.100.000

+7.400

+11.700

-

Rimodulazioni Tab. F

-1.000.000

+600.000

-2.667.360

+3.067.360

Disponibilità

3.047.196

7.094.340

3.831.280

41.243.571

N.B. Per una  esatta ricostruzione delle disponibilità del FAS si veda la scheda di lettura dell’Articolo 120.

 

Missione: Politiche per il lavoro

Programma: Reinserimento lavorativo e sostegno all’occupazione

Ministero lavoro e previdenza sociale

D.L. 148/1983, art. 1, co. 7 – Fondo per l’occupazione (U.P.B. 2.2.6 – cap. 7202)

 

2008

2009

2010

BLV

98.000

65.600

 

Rifinanziamento Tab. D

800.000

0

0

Disponibilità

898.000

65.600

0

N.B. La dotazione del Fondo per l’occupazione, come esposto nella II Nota di variazioni, ammonta a 1.142 milioni di euro.

 

 

Missione: Agricoltura, politiche agroalimentari e pesca

Programma: Sviluppo e sostenibilità del settore agricolo, ecc

Ministero politiche agricole

D.Lgs. 102/2004, art. 15, co. 2 – Fondo di solidarietà nazionale – Incentivi assicurativi (U.P.B. 1.1.6 – cap. 7439)

 

2008

2009

2010

BLV

200.000

0

0

Rifinanziamento Tab. D

20.000

0

0

Disponibilità

220.000

0

0

 


Articolo 150, comma 4
(Riduzione di autorizzazioni legislative di spesa)

 

4. Ai termini dell'articolo 11, comma 3, lettera e), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le autorizzazioni di spesa recate dalle leggi indicate nella Tabella E allegata alla presente legge sono ridotte degli importi determinati nella medesima Tabella.

 

 

Il comma 4 dispone, in attuazione dell’articolo 11, commi 3, lettera e), della legge n. 468/1978 (come sostituito dall'articolo 5 della legge n. 362/1988), in ordine alla riduzione di autorizzazioni legislative di spesa (definanziamenti) per ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale (Tabella E).

 

La riduzione delle spese mediante definanziamento permette tra l’altro di reperire risorse ai fini della copertura dei maggiori oneri recati dalla finanziaria stessa.

Gli effetti riduttivi della Tabella E sono computati negli importi esposti nella Tabella F del disegno di legge finanziaria.

Il codice 1 indicato nell’ultima colonna della tabella (la colonna “definanziamento”) significa che la riduzione viene disposta in via permanente, sino all’anno di scadenza dell’autorizzazione di spesa.

 

Il disegno di legge finanziaria non presenta disposizioni che recano riduzioni degli stanziamenti di spesa.


Articolo 150, commi 5-6
(Modulazione delle leggi pluriennali di spesa)

 

5. Gli importi da iscrivere in bilancio in relazione alle autorizzazioni di spesa recate da leggi a carattere pluriennale restano determinati, per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, nelle misure indicate nella Tabella F allegata alla presente legge.

6. A valere sulle autorizzazioni di spesa in conto capitale recate da leggi a carattere pluriennale, riportate nella Tabella di cui al comma 5, le amministrazioni e gli enti pubblici possono assumere impegni nell'anno 2008, a carico di esercizi futuri, nei limiti massimi di impegnabilità indicati per ciascuna disposizione legislativa in apposita colonna della stessa Tabella, ivi compresi gli impegni già assunti nei precedenti esercizi a valere sulle autorizzazioni medesime.

 

 

Il comma 5 dell’articolo 150 dispone in ordine agli stanziamenti iscritti nella Tabella F.

La Tabella F rimodula le quote per il triennio finanziario di riferimento delle leggi di spesa in conto capitale pluriennali, senza tuttavia poter variare lo stanziamento complessivo di ciascuna legge (art. 11, comma 3, lettera e) e art. 11-quater, comma 1,della legge n. 468 del 1978 e successive modificazioni).

Il disegno di legge finanziaria deve inoltre indicare in apposito allegato per ciascuna legge di spesa pluriennale i residui di stanziamento e le giacenze di tesoreria eventualmente in essere al 30 giugno dell'anno in corso.

Quest'ultima prescrizione ha fini meramente conoscitivi; essa consente peraltro di avere indicazioni sulla capacità di spesa delle pubbliche amministrazioni: i residui di stanziamento si formano infatti allorché, rispetto agli stanziamenti di competenza, non siano stati assunti impegni di spesa; le giacenze di tesoreria si formano invece alla fine della procedura di spesa del bilancio (qualora le somme relative debbano transitare in conti correnti o contabilità speciali di tesoreria) in relazione al loro mancato utilizzo da parte dei soggetti destinatari.

In attuazione di quanto disposto dall'articolo 11-quater, lettera d) della legge n. 468 del 1978, l'allegato 6 al disegno di legge finanziaria (A.C. 1746) indica i residui di stanziamento in essere al 30 giugno dell'anno in corso e le giacenze in essere alla medesima data.

 

La Tabella F ha la funzione di rimodulare le quote annue dello stanziamento complessivo di ciascuna legge. Tale stanziamento, peraltro, può essere modificato mediante rifinanziamenti disposti nella Tabella D o definanziamenti disposti nella Tabella E. Qualora le leggi interessate siano esposte in Tabella F, l’importo indicato tiene conto anche di dette variazioni.

La Tabella F sconta, quindi, anche i rifinanziamenti esposti nella Tabella D e i definanziamenti previsti dalla Tabella E.

 

Nel testo del disegno di legge finanziaria 2008 presentato dal Governo (A.S. 1817) gli importi iscritti in Tabella F ammontavano complessivamente a 26.679,3 milioni per il 2008, 30.667,7 milioni per il 2009, a 23.045,3 milioni per il 2010 e a 84.911,3 milioni per il 2011 e gli anni successivi.

Tali importi scontavano già i nuovi rifinanziamenti disposti dalla Tabella D (si ricorda che non sono attualmente presenti definanziamenti in Tabella E).

 

A seguito delle modifiche approvate nel corso dell’esame al Senato (A.C. 3256), l’ammontare complessivo delle autorizzazioni pluriennali di spesa riportato in Tabella F è pari a 25.679,3 milioni per il 2008, a 31.267,7 milioni per il 2009, a 20.377,9 milioni per il 2010 e a 87.978,7 milioni per il 2011 e anni successivi.

 

Rispetto al bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818), le rimodulazioni proposte dalla Tabella F del disegno di legge finanziaria 2008, come modificate dal Senato (A.C. 3256), determinano una diminuzione delle autorizzazioni di spesa di 540 milioni per il 2008, un incremento di 880 milioni di euro per il 2009, una diminuzione di 2.637,4 milioni per il 2010, compensati da incremento delle autorizzazioni di spesa per 2.297,4 milioni nel 2011 e negli anni successivi[468].

 

 

Le rimodulazioni determinate dalla Tabella F, attraverso lo spostamento negli anni delle risorse già disponibili, hanno interessato le seguenti autorizzazioni di spesa (importi espressi in migliaia di euro):

 


Missione: Competitività e sviluppo delle imprese

Programma: Incentivazione per lo sviluppo industriale

Ministero Sviluppo Economico

L. 296/2006, art. 1, co. 885, punto b)– Promozione della competitività nei settori industriali ad alta tecnologia (U.P.B. 2.1.6 – cap. 7421/p)

 

2008

2009

2010

2011 e succ.

BLV

40.000

40.000

40.000

480.000

Rimodulazioni Tab. F

+560.000

-40.000

-40.000

-480.000

Disponibilità

600.000

-

-

-

 

L. 296/2006, art. 1, co. 885, punto c)– Promozione della competitività nei settori industriali ad alta tecnologia (U.P.B. 2.1.6 – cap. 7421/p)

 

2008

2009

2010

2011 e succ.

BLV

-

30.000

30.000

390.000

Rimodulazioni Tab. F

-

+420.000

-30.000

-390.000

Disponibilità

-

450.000

-

-

 

 

Missione: Sviluppo e riequilibrio territoriale

Programma: Politiche per l’infrastrutturazione territoriale nel Mezzogiorno e le aree sottoutilizzate

Ministero sviluppo economico

L. 289/2002, art. 61, co. 1 – Fondo per le aree sottoutilizzate (U.P.B. 5.3.6 – cap. 8425)

 

2008

2009

2010

2011 e succ.

BLV

2.947.196

6.486.940

6.486.940

38.176.211

Rifinanziamento Tab. D

+1.100.000

+7.400

+11.700

-

Rimodulazioni Tab. F

-1.000.000

+600.000

-2.667.360

+3.067.360

Disponibilità

3.047.196

7.094.340

3.831.280

41.243.571

N.B. Per una  esatta ricostruzione delle disponibilità del FAS vedi scheda di lettura Articolo 120

 

 


Missione: Fondi da ripartire

Programma: Fondi da assegnare

Ministero politiche agricole

L. 448/2001, art. 46, co. 4 – Fondo investimenti (U.P.B. 6.1.8 – cap. 7003)

 

2008

2009

2010

2011 e succ.

BLV

220.000

-270.000

0

0

Rimodulazioni Tab. F

-100.000

-100.000

+100.000

+100.000

Disponibilità

120.000

170.000

100.000

100.000

 

 

Il comma 6 prevede che, a valere sulle autorizzazioni di spesa in conto capitale recate dalle leggi riportate nella Tabella F, di cui al comma precedente, le amministrazioni e gli enti pubblici possono stipulare contratti o comunque assumere impegni nell’anno 2008 a carico di esercizi futuri nei limiti massimi di impegnabilità indicati per ciascuna disposizione legislativa in apposita colonna della stessa Tabella.

 

Ai sensi dell'articolo 11-quater, comma 2, della legge n. 468 del 1978, e successive modificazioni, le amministrazioni e gli enti pubblici possono stipulare contratti o comunque assumere impegni nei limiti dell'intera somma stanziata con leggi pluriennali di spesa in conto capitale.

La disposizione demanda tuttavia alla legge finanziaria la possibilità di indicare limiti di impegnabilità più ristretti, tenuto conto dello stato di attuazione delle procedure di spesa.

In ogni caso, i pagamenti devono essere contenuti entro i limiti delle autorizzazioni annuali di bilancio.

 

Come già le leggi finanziarie precedenti, il disegno di legge finanziaria per il 2008 si avvale pertanto della predetta facoltà di limitare l’impegnabilità dei fondi stanziati con le leggi pluriennali, esposte in Tabella F, contrassegnando le disposizioni legislative esposte nella tabella con i numeri 1, 2 o 3 che stanno ad indicare:

§      n. 1, che le quote degli anni 2009 ed esercizi successivi non sono impegnabili;

§      n. 2, che le quote degli anni 2009 e successivi sono impegnabili al 50%;

§      n. 3, che le quote degli anni 2009 e successivi sono interamente impegnabili già nell’esercizio 2008.

 

Sono comunque fatti salvi gli impegni assunti entro il 31 dicembre 2007 e quelli derivanti da spese in annualità.

 

Analogamente alle precedenti leggi finanziarie, nella Tabella F del disegno di legge finanziaria per il 2008 si prospetta una pressoché generalizzata facoltà ad impegnare già nell’esercizio 2008 le risorse relative agli anni successivi, con la sola eccezione della legge n. 398/1998, disposizioni finanziarie a favore dell’Ente autonomo acquedotto pugliese (settore 27), per le quali le quote relative agli anni 2008 e successivi non sono impegnabili.


Articolo 150, comma 7
(Eccedenze di spesa)

 

7. In applicazione dell'articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le misure correttive degli effetti finanziari di leggi di spesa sono indicate nell'allegato 1 alla presente legge.

 

 

Analogamente a quanto previsto a decorrere dalla legge finanziaria per il 2007, il comma 7 dispone l’approvazione dell’allegato 1, nel quale sono stabiliti gli stanziamenti necessari per far fronte ai maggiori oneri, rispetto alle previsioni, che si sono determinati in relazione a specifiche voci di bilancio (cc. dd. eccedenze di spesa).

 

Il finanziamento di tali oneri viene disposto in attuazione dell’articolo 11, comma 3, lettera i - quater), della legge n. 468/1978, introdotto dal decreto-legge n. 194/2002 (c.d. decreto-legge “tagliaspese”), ai sensi del quale nella legge finanziaria possono essere inserite misure correttive degli effetti finanziari di leggi in relazione alle quali, in fase di attuazione, si sono verificati o sono in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni.

 

Il decreto legge 6 settembre 2002 n. 194, cosiddetto decreto-legge "tagliaspese" [469], ha previsto che ciascuna legge che comporti nuove o maggiori spese indichi espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le relative previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime (articolo 1, comma 1, lett. a), che novella l’articolo 11-ter, comma 1, della legge n. 468/1978).

Nel caso in cui, in fase di attuazione, si determinino oneri superiori ai limiti della spesa espressamente autorizzata, il D.L. n. 194/2002 ha introdotto una specifica procedura che determina la cessazione dell’efficacia delle disposizioni onerose in conseguenza della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di un decreto dirigenziale della Ragioneria dello Stato con il quale si accerta l’esaurimento delle disponibilità corrispondenti all’autorizzazione di spesa (lett. b) dell’articolo 1, comma 1 del D.L. n. 194/2002)

In ogni caso, qualora dall’attuazione di disposizioni di legge si determinino, sotto il profilo finanziario, scostamenti rispetto agli oneri previsti, il Ministro dell’economia e delle finanze è tenuto a riferire al Parlamento e ad assumere le conseguenti iniziative legislative (art. 1, comma 2, del D.L. n. 194/2002, che novella l’art. 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978).

Il D.L. n. 194/2002 ha, tuttavia, stabilito che misure correttive degli effetti finanziari di disposizioni, dalla cui attuazione siano derivati oneri maggiori a quelli previsti, possano essere inserite anche nella legge finanziaria (articolo 11, comma 3, lett. i-quater, della legge n. 468/1978, inserita dall’articolo 1, comma 01, lett. a) del decreto legge n. 194).

Ha inoltre disposto che in allegato alla relazione al disegno di legge finanziaria siano indicati i provvedimenti legislativi adottati ai sensi dell’art. 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978, per correggere gli effetti finanziari peggiorativi rispetto alle previsioni, e le misure correttive inserite nella legge finanziaria medesima (articolo 11, comma 6-bis, della legge n. 468/1978, inserito dall’articolo 1, comma 01, lett. b) del decreto legge).

 

Le eccedenze di spesa di cui l’allegato 1 dispone il finanziamento ammontano a 648,077 milioni di euro per il 2008 ( quasi interamente imputabili alle esigenze degli anni pregressi pari a circa 602 milioni di euro), a 200 milioni di euro per il 2009 e il 2010.

 

Un ultimo profilo rilevante è rappresentato dalla tipologia delle spese per le quali l’allegato 1 dispone finanziamenti aggiuntivi, volti a dare copertura agli oneri eccedenti le previsioni.

Sulla base della sopra citata disciplina nazionale di contabilità, come novellata dal decreto-legge n. 194/2002, la copertura finanziaria di disposizioni di legge onerose si configura:

1)    come tetto di spesa non superabile (pena la cessazione di efficacia della disposizione);

ovvero:

2)    come previsione di spesa, a fianco della quale viene introdotta una clausola di salvaguardia.

Questa dicotomia sembra implicare che le misure correttive contenute nella legge finanziaria dovrebbero riferirsi a disposizioni onerose riconducibili alla seconda tipologia, vale a dire a disposizioni per le quali non può essere stabilito un tetto di spesa (ad esempio, prestazioni connesse a diritti soggettivi costituzionalmente tutelati).

 

Si osserva, in relazione all’allegato 1 in esame, che in taluni casi, il finanziamento delle cc.dd. eccedenze di spesa riguarda autorizzazioni in relazione alle quali è già stato rilevato negli anni precedenti un’eccedenza(come nel caso del fondo per l’equa riparazione dei danni subiti per violazione del termine di ragionevole durata del processo – legge n. 89/2001, o degli stanziamento necessari a fronteggiare al maggior onere dato dall’esenzione dal pagamento dell’ICI degli oratori – legge 206/2003).

In questi casi, poiché sembrerebbe trattarsi dell’esigenza di un rifinanziamento delle leggi, più che ad una applicazione dell’articolo 11, comma 3, lettera i – quater), della legge n. 468/1978, si potrebbe valutare l’opportunità di procedere con le modalità di cui all’articolo 11-ter, comma 7 della stessa legge di contabilità,  in base al quale il Ministro dell’economia e finanze riferisce al Parlamento con propria relazione circa le cause che hanno determinato gli scostamenti,  assumendo le conseguenti iniziative legislative.

 

Di seguito sono elencate le singoli voci per le quali si sono registrate eccedenze di spesa di cui l’allegato 1 del disegno di legge finanziaria per il 2008 dispone il finanziamento.

Le indicazioni relative alle singole voci sono tratte dalle schede contenute nella relazione tecnica.

Gli importi sono espressi in migliaia di euro.

 

Ministero dell’Economia e delle finanze

 

Missione Diritti sociali, solidarietà sociale e famiglia

Programma Garanzia dei diritti dei cittadini

Legge n. 89/2001 – Fondo per l’equa riparazione dei danni subiti per violazione del termine di durata ragionevole del processo (17.2.3 – Oneri comuni di parte corrente -cap. 2829)

2008

2009

2010

Anno terminale

30.000

15.000

15.000

P

La legge n. 89 del 2001 ha istituito il fondo per l'equa riparazione in caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, destinando originariamente per tali finalità risorse annue per euro 6.561.585, iscritte in bilancio sul cap. 2829/Economia.

Il predetto importo, da ripartire tra le Amministrazioni interessate (Giustizia e Difesa, e, fino a tutto il 2006, Presidenza del Consiglio dei Ministri), si è rivelato peraltro insufficiente nel corsodei precorsi esercizi 2003 e 2006 per il soddisfacimento di tutti i ricorrenti, determinando la necessità dell'emanazione di decreti di avvenuto raggiungimento dei limiti di spesa, ai sensi dell'articolo 11-ter, comma 6-bis, della legge n. 468/1978.

In tale situazione, si è provveduto ad includere la suddetta voce tra le eccedenze di spesa della legge finanziaria 2004 (art. 4, comma 246 della legge n. 350/2003) e della legge finanziaria 2007 (art. 1, comma 1359 della legge n. 296/2006), nella quale sono state previste, riguardo alla stessa voce, eccedenze di spesa per il 2007 totalmente imputabili agli anni pregressi.

Tuttavia, nel corso dell'anno 2007, l'importo complessivamente disponibile di euro 26.561.585, da ripartire tra le Amministrazioni interessate (Giustizia, difesa ed economia dal 1 gennaio 2007 [470]), si è ripresentato insufficiente per il soddisfacimento di tutti i ricorrenti, rendendosi necessario allo stato un prelevamento dal Fondo per le spese obbligatorie nel limite di 15 milioni di euro per fronteggiare le occorrenze più urgenti, specificamente relative agli indennizzi per violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (vedi nota 1).

 

 

missione Politiche previdenziali

programma Previdenza obbligatoria e complementare, sicurezza sociale – trasferimenti agli enti ed organismi interessati

Legge n. 296/2006, art. 1, comma 486 – Ricongiunzione posizioni pregresse personale enti disciolti (18.1.2 – Interventi - cap. 1687)

2008

2009

2010

Anno terminale

15.000

15.000

15.000

2015

 

Nell’ambito delle operazioni finanziaria relative alla liquidazione degli enti disciolti, il comma 91 della legge finanziaria 2006 (legge n. 266/2005), come sostituito dal comma 486 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2007) ha previsto la ricongiunzione dei servizi ai fini dell’indennità di anzianità e del trattamento integrativo di previdenza per la definizione delle pregresse posizioni previdenziali pendenti del personale dei medesimi enti soppressi, alla quale provvede la gestione previdenziale di destinazione del suddetto personale. La medesima norma ha altresì previsto che l’INPS, l’INPDAP, l’INAIL, limitatamente ai trattamenti pensionistici integrativi relativi alla soppressa gestione sanitaria, negoziano con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’economia, anche in via presuntiva, e a completa definizione delle predette posizioni previdenziali, l’ammontare dei capitali di copertura necessari.

Tenuto conto dell’attuale stato di negoziazione tra il Dipartimento della Ragioneria, l’INPS, l’INPDAP (mentre verso l’INAIL non vi sono posizioni da definire), la relazione tecnica evidenzia un fabbisogno valutabile in almeno 120 milioni di euro, ripartibili in 15 milioni di euro annui a decorrere dal 2008 e fino al 2015, che pertanto è stato incluso nelle misure correttive di cui allegato 1 in esame del disegno di legge finanziaria.

La suddetta previsione è peraltro, secondo quanto specificato, di ordine inferiore rispetto alle informazioni per ora parziali in possesso assunte da INPS e INAL, e dunque assume valenza provvisoria.

 

 

Ministero del lavoro e della previdenza sociale

 

missione Politiche previdenziali

programma Previdenza obbligatoria e complementare, sicurezza sociale – trasferimenti agli enti ed organismi interessati

Legge n. 448/2001, art. 43, comma 1 – Oneri derivanti dalla tutela previdenziale obbligatoria della maternità (1.1.2 – Interventi - cap. 4345)

2008

2009

2010

Anno terminale

3.167

-

-

2008

 

Decreto - legge n. 546/1996 – Oneri per pensionamenti anticipati (1.1.2– Interventi - cap. 4354)

2008

2009

2010

Anno terminale

783

-

-

2008

 

Decreto - legge n. 267/1972, art. 23-bisRivalutazione delle pensioni riguardanti i cittadini rimpatriati dalla Libia e altri oneri pensionistici (1.1.2 - Interventi - cap. 4356)

2008

2009

2010

Anno terminale

2.536

-

-

2008

 

Legge n. 230/1997, art. 3 – Fondo spedizionieri doganali (1.1.2 -Interventi- cap. 4357)

2007

2008

2009

Anno terminale

1.414

-

-

2008

 

Legge n. 448/2001, art. 43, co. 1 – Quota parte delle prestazioni derivante dalla tutela previdenziale obbligatoria della maternità (1.1.2 - Interventi - cap. 4361)

2008

2009

2010

Anno terminale

34.576

-

-

2008

 

Legge n. 448/1998, art. 3, co. 5– Sgravi contributivi (1.1.2 – Interventi - cap. 4363)

2008

2009

2010

Anno terminale

137.292

-

-

2008

 


Legge n. 88/1989, art. 37 – Agevolazioni contributive, sottocontribuzioni ed esoneri (1.1.2- Interventi - cap. 4364)

2008

2009

2010

Anno terminale

239.845

-

-

2008

 

Decreto - legge n. 103/1991, art. 4 – Altri interventi in materia previdenziale (1.1.2 - Interventi - cap. 4367)

2008

2009

2010

Anno terminale

3.464

-

-

2008

Per quanto riguarda i trasferimenti dal bilancio dello Stato all'INPS, sono state individuate, sulla base del Rendiconto del predetto Istituto per l'anno 2005, alcune autorizzazioni di spesa per le quali è necessaria una integrazione.

Occorre premettere che la disposizione costituisce di fatto una regolazione di effetti contabili, riferita ai risultati del bilancio consuntivo INPS per il 2005. Essa non ha alcun effetto sul Conto delle Pubbliche Amministrazioni, in quanto tutte le eccedenze di spesa interessate sono già state considerate, nel medesimo Conto, secondo il loro effettivo ammontare.

Sulla base delle risultanze del rendiconto dell'INPS per l'anno 2005, sono state dunque individuate le seguenti eccedenze di spesa, relative al predetto esercizio finanziario (importi in migliaia di euro):

 

Cap. 4345

Oneri sociali derivanti dalla tutela previdenziale obbligatoria della maternità

3.167

Cap. 4354

Oneri derivanti da pensionamenti anticipati

783

Cap. 4356

Rivalutazione delle pensioni ed altri oneri pensionistici

2.536

Cap. 4357

Somma da trasferire al fondo spedizionieri doganali

1.414

Cap. 4361

Quota parte delle prestazioni derivanti dalla tutela previdenziale obbligatoria della maternità

34.576

Cap. 4363

Sgravi contributivi

137.292

Cap. 4364

Agevolazioni contributive, sottocontribuzioni ed esoneri

239.845

Cap. 4367

Altri interventi in materia previdenziale

3.464

 

Si ricorda, al riguardo, che già lo scorso anno la legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 1359 e relativo allegato 1), rilevava, sui medesimi capitoli di cui sopra (tranne che per il cap. 4345), eccedenze di spesa per il 2007, imputandole ai risultati emersi dal Rendiconto INPS per l’anno 2004.

 

 

 

Ministero della giustizia

 

Missione Giustizia

Programma Giustizia civile e penale

Decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 – Testo unico in materia di spese di giustizia (1.2.1- Funzionamento – cap. 1424)

2008

2009

2010

Anno terminale

25.000

-

-

2008

L’intervento è diretto al ripiano di una esposizione debitoria, pari a 25 milioni di euro, formatasi nel corso degli ultimi due anni, per le integrazioni stipendiali del personale UNEP (Ufficiali Giudiziari).

Tali situazione, si legge nella relazione tecnica, scaturisce dall’assimilazione del sistema di pagamento dello stipendio di detto personale a quello vigente per le spese di giustizia, che erano anticipato da Poste italiane s.p.a, il quale ha determinato, per insufficienza del predetto capitolo di bilancio, la predetta insolvenza da sanare.

 

 

Ministero degli affari esteri

 

Missione L’Italia in Europa e nel mondo

Programma Cooperazione allo sviluppo e gestione delle sfide globali

Legge n. 848/1957 – Contributo alle spese ONU (1.4.2 – Interventi- cap. 3393/03)

2008

2009

2010

Anno terminale

153.719

169.744

169.744

P

Si tratta – secondo quanto evidenziato nella relazione tecnica – di una spesa derivante dall’applicazione di un accordo internazionale al cui onere si è provveduto con la legge di ratifica n. 848 del 17 agosto 1957[471]. Il contributo all’Organizzazione delle Nazioni Unite è commisurato alle spese di funzionamento nonché alle spese per le Forze di pace risultanti dal bilancio del predetto organismo. Detti oneri gravano sul capitolo 3339/piano di gestione 3, dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, il quale per l’anno 2007, recava uno stanziamento iniziale di euro 205.323.330. Tale stanziamento è stato poi incrementato nel corso della gestione, per euro 24.196.414, mediante prelevamento dal Fondo di riserva per le spese obbligatorie e d’ordine, e per 50 milioni di euro mediante provvedimento di assestamento di bilancio.

Al fine di regolarizzare i rapporti finanziari con le Nazioni Unite viene proposto sul medesimo capitolo un incremento di 153.719.000 euro per l’anno 2008 e di 169.744.000 euro a decorrere dal 2009.

 

 

Ministero dell’interno

 

Missione Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali

Programma Trasferimenti a carattere generale agli Enti locali

Legge n. 206/2003, art. 2 – Ristoro minori entrate ICI - Riconoscimento della funzione sociale svolta dagli oratori (2.3.2 – Interventi - cap. 1316)

2008

2009

2010

Anno terminale

1.281

256

256

P

Il comma 1 dell'articolo 2 della legge 1° agosto 2003, n. 206, considera a tutti gli effetti opere di urbanizzazione secondaria, quali pertinenze degli edifici di culto, gli immobili e le attrezzature fisse destinate dagli enti ecclesiastici indicati nell'articolo 1, comma 1, della medesima legge alle attività di oratorio e similari e, quindi, esenta tali pertinenze dal pagamento dell'ICI.

Il Ministero dell'interno-Dipartimento per gli affari interni e territoriali, ha comunicato che, in base alle certificazioni prodotte dagli enti locali, di dover provvedere all’erogazione a favore dei comuni interessati della complessiva somma di 5.618.340 euro, contro lo stanziamento di 2.500.000 euro previsto dalla legge 206 del 2003.

Poiché il fondo complessivo destinato al suddetto intervento è stato sin qui adeguato nell’importo complessivo di 5.362.000 di euro, si rende necessario provvedere a fronteggiare il maggior onere, pari ad euro 256.340 annui a decorrere dal 2004, mediante iscrizione del provvedimento nell’allegato 1 in esame.

Si ricorda, in proposito, che la legge n. 206 del 2006, è stata già inclusa lo scorso anno nell’elenco delle eccedenze di spesa, con la previsione di un’eccedenza di 11.448 migliaia di euro per il 2007, e di 2.862 migliaia di euro a decorrere dal 2008.


Articolo 151, comma 1
(Copertura finanziaria)

 

1. La copertura della presente legge per le nuove o maggiori spese correnti, per le riduzioni di entrata e per le nuove finalizzazioni nette da iscrivere nel fondo speciale di parte corrente è assicurata, ai sensi dell'articolo 11, comma 5, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, secondo il prospetto allegato.

 

 

Il comma 1,dispone, ai fini del rispetto delle regole di copertura della legge finanziaria, di cui all’articolo 11, comma 5, della legge n. 468/1978 e successive modificazioni, l’approvazione del prospetto di copertura degli oneri di natura corrente.

 

L’articolo 11, comma 5 della legge n. 468/1978, e successive modificazioni, prevede che la legge finanziaria possa disporre, per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, nuove o maggiori spese correnti, riduzioni di entrata e nuove finalizzazioni nette da iscrivere, ai sensi del successivo articolo 11-bis, nel fondo speciale di parte corrente di cui alla Tabella A, nei limiti delle nuove o maggiori entrate tributarie, extratributarie e contributive e delle riduzioni permanenti di autorizzazioni di spesa corrente.

 

La disposizione comporta che le nuove o maggiori spese correnti previste nella legge finanziaria per il 2008 (compresi gli accantonamenti di tabella A), nonché le riduzioni di entrata, debbano trovare copertura in nuove o maggiori entrate di parte corrente, vale a dire entrate da iscriversi nei titoli I e II (rispettivamente entrate tributarie ed entrate extratributarie) e in riduzioni permanenti di autorizzazioni di spesa corrente.

Ne consegue il divieto di ricorrere, per la copertura finanziaria di oneri correnti, a risorse (maggiori entrate o riduzioni di spesa) di conto capitale.

 

Nell’ambito di una lettura sistematica delle disposizioni dell’articolo 11, comma 5, della legge n. 468/1978, formulata nelle risoluzioni di approvazione del DPEF 1990-92 di Camera e Senato, è stata ammessa l’interpretazione secondo la quale gli oneri correnti introdotti dalla legge finanziaria possono essere coperti anche ricorrendo all’eventuale miglioramento del risparmio pubblico[472] risultante dal progetto di bilancio a legislazione vigente rispetto all’analogo saldo come determinato nell’assestamento di bilancio relativo all’esercizio in corso.

In conformità all’interpretazione richiamata, pertanto, il vincolo di copertura degli oneri correnti derivanti dalla legge finanziaria va inteso nel senso che la legge finanziaria non può determinare un peggioramento del risparmio pubblico rispetto alla più recente previsione assestata (o al disegno di legge di bilancio a legislazione vigente, nell’ipotesi in cui quest’ultimo evidenzi un saldo peggiore di quello dell’assestamento relativo all’anno precedente).

 

Il prospetto di copertura del disegno di legge finanziaria per il 2008, approvato dal Senato evidenzia oneri di natura corrente pari a 12.934 milioni di euro per il 2008, 12.055 milioni di euro per il 2009 e 13.048 milioni di euro per il 2010.

Gli oneri indicati nel prospetto sono riconducibili a:

-        nuove o maggiori spese correnti determinate dall’articolato (10.343 milioni di euro per il 2008, 6.749 milioni di euro per il 2009 e 8.227 milioni di euro per il 2010);

-        minori entrate correnti determinate dall’articolato (1.657 milioni di euro per il 2008, 3.905 milioni di euro per il 2009 e 2.697 milioni di euro per il 2010);

-        maggiori spese disposte dalla Tabella A (629 milioni di euro per il 2008, 1.246 milioni di euro per il 2009 e 1.510 milioni di euro per il 2010);

-        maggiori spese disposte dalla Tabella C (305 milioni di euro per il 2008, 155 milioni di euro per il 2009 e 615 milioni di euro per il 2010).

 

A fronte degli oneri correnti sopra indicati, il prospetto evidenzia mezzi di copertura per 3.946 milioni di euro per il 2008, 4.741 milioni di euro per il 2009 e 6.639 milioni di euro per il 2010.

I mezzi di copertura indicati nel prospetto sono i seguenti:

-        nuove o maggiori entrate determinate dall’articolato (1.839 milioni di euro per il 2008, 2.211 milioni di euro per il 2009 e 4.011 milioni di euro per il 2010);

-        riduzioni di spese correnti determinate dall’articolato (2.107 milioni di euro per il 2008, 2.531 milioni di euro per il 2009 e 2.628 milioni di euro per il 2010).

 

La restante quota di copertura è effettuata a valere sull’utilizzo del miglioramento del risparmio pubblico, nella misura di 8.988 milioni di euro per il 2008, di 7.313 milioni per il 2009 e di 6.410 milioni per il 2010.

 


PROSPETTO DI COPERTURA

(Articolo 151, comma 1)

 

copertura legge finanziaria

2008

2009

2010

 

(importi in milioni di euro)

1)   ONERI DI NATURA CORRENTE

 

 

 

 

 

 

 

Nuove o maggiori spese correnti

 

 

 

Articolato:

10.343

6.749

8.227

Razionalizzazione P.A.

5.661

3.684

3.951

Eccedenze di spesa

623

200

200

Altri interventi

4.030

2.827

4.038

Effetti indotti

28

38

38

 

 

 

 

Tabella “A”

629

1.246

1.510

 

 

 

 

Tabella “C”

305

155

615

 

 

 

 

Minori entrate nette

1.657

3.905

2.697

Totale oneri da coprire

12.934

12.055

13.048

 

 

 

 

 

 

copertura legge finanziaria

2008

2009

2010

 

(importi in milioni di euro)

2)   MEZZI DI COPERTURA

 

 

 

 

 

 

 

Nuove o maggiori entrate

 

 

 

Articolato:

1.839

2.211

4.011

Riduzione spese correnti

 

 

 

Articolato:

2.107

2.531

2.628

Razionalizzazione P.A.

716

914

1.116

Previdenza

549

549

519

Altri interventi

356

804

702

Effetti indotti (effetto netto)

485

263

291

 

 

 

 

Totale mezzi di copertura

3.946

4.741

6.639

 

 

 

 

Utilizzo miglioramento risparmio pubblico

8.988

7.313

6.410

 

 

 

 

TOTALE COPERTURA

12.934

12.055

13.048

 

 

 

 

A – Miglioramento risparmio pubblico a L.V.

12.882

9.307

26.556

Margine

3.894

1.994

20.147

Risparmio pubblico Ass. emendato 2007

Risparmio pubblico a L.V. 2008

Risparmio pubblico a L.V. 2009

Risparmio pubblico a L.V. 2010

21.277

34.159

30.584

47.833

 


Articolo 151, comma 2
(Coordinamento della finanza pubblica)

2. Le disposizioni della presente legge costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali.

 

 

Il comma 2 stabilisce che le disposizioni previste dalla legge finanziaria per il 2008 costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali.

 

Tale previsione sembra rivolta a giustificare la competenza legislativa dello Stato, con specifico riferimento alle disposizioni che interessano le regioni e gli enti locali.

 

Ai sensi dell’articolo 117, comma terzo, della Costituzione, il coordinamento della finanza pubblica è materia di legislazione concorrente.

Anche l’articolo 119, comma secondo, della Costituzione prevede che le regioni e gli enti locali stabiliscano e applichino tributi ed entrate propri “secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”.

Dal momento che si tratta di materia di legislazione concorrente, è riservata alla legislazione dello Stato la determinazione dei principi fondamentali.

 


Articolo 151, comma 3
(Clausola di compatibilità con l’ordinamento delle regioni
a statuto speciale)

 

3. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e delle relative norme d'attuazione.

 

 

Il comma 3 dispone sulla applicabilità della legge finanziaria per il 2008 – con riferimento a tutte le sue disposizioni – alle regioni a statuto speciale e alle province autonome.

La cosiddetta clausola di “compatibilità” con l’ordinamento delle regioni a statuto speciale e delle province autonome viene introdotta da tempo in ogni legge finanziaria, al fine di esplicitare il corretto rapporto tra le fonti normative.

Le disposizioni della legge finanziaria non modificano, in effetti, il quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale) e dalle relative norme di attuazione; esse si applicano pertanto in quegli ordinamenti solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di quegli enti.

L’esplicitazione di questo principio è stata introdotta per evitare che regioni e province autonome, nel dubbio sull’effettiva estensione di disposizioni che incidono sulle materie di loro competenza, ritenessero necessario chiedere una pronuncia alla Corte costituzionale.


Articolo 151, comma 4
(Entrata in vigore)

 

4. La presente legge entra in vigore il 1o gennaio 2008.

 

 

Il comma 4 dispone, come di consueto, l’entrata in vigore della legge finanziaria al 1° gennaio dell’anno 2008 .



[1]     Misure per il contenimento della spesa farmaceutica e la rideterminazione del tetto di spesa per l'anno 1996.

[2]     Disposizioni urgenti in materia di sperimentazioni cliniche in campo oncologico e altre misure in materia sanitaria.

[3]     La fase seconda è costituita dallo studio di efficacia.

[4]     Ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, e dell'articolo 48, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

[5]     Cfr. l’articolo 1, comma 796, lettera l), della legge n. 296 del 2006 (finanziaria per il 2007).

[6]     Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale.

[7]     Cfr. l’articolo 4, comma 3, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405.

[8]     In particolare, il suddetto Accordo prevede che il Governo si impegna ad incrementare il concorso dello Stato al finanziamento del Servizio sanitario nazionale per l'anno 2001 fino ad un totale di lire 138.000 miliardi. In caso di emersione di disavanzi rispetto alla somma determinata in tale sede, le regioni assumono a proprio carico la copertura degli oneri relativi, facendo ricorso a determinate misure. Successivamente all’accordo dell’8 agosto 2001, sono state siglate l’intesa tra lo Stato e le regioni del 23 marzo 2005 e, da ultimo, il Patto per la salute del 28 settembre 2006, che hanno stabilito un livello di finanziamento per il Servizio sanitario regionale finalizzato a garantire l’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie in condizioni di efficienza ed appropriatezza, lasciando a carico delle regioni la spesa derivante dall’erogazione di livelli di prestazioni superiori ovvero da eventuali disfunzioni dei servizi. L’articolo 1, comma 796, lettera a), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007) prevede che il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, cui concorre ordinariamente lo Stato, è determinato in 96.040 milioni di euro per l'anno 2007 (a tale importo si sommano i 1.000 milioni di euro relativi al Fondo transitorio per le regioni in disavanzo), in 99.082 milioni di euro per l'anno 2008 e in 102.285 milioni di euro per l'anno 2009, comprensivi dell'importo di 50 milioni di euro, per ciascuno degli anni indicati, a titolo di ulteriore finanziamento a carico dello Stato per l'ospedale "Bambino Gesu'". Si ricorda che il livello di spesa per il 2006, a seguito della legge finanziaria per il 2006, ammontava a 90.960 milioni di euro. La legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 797) ha peraltro incrementato di 2.000 milioni di euro il finanziamento per l’anno 2006 a favore del Servizio sanitario nazionale. Si segnala, infine, che il decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23 (Disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario, nonché in materia di quota fissa sulla ricetta per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale) ha previsto il concorso straordinario dello Stato, per il periodo 2001-2005, al ripiano dei disavanzi strutturali dei servizi sanitari regionali, a condizione che le regioni interessate assolvano ad alcuni adempimenti. A tal fine, è stata autorizzata una spesa di 3000 milioni di euro per il 2007.

[9]    Si ricorda che l’articolo 12 dell’Intesa del 23 marzo 2005 ha istituito un Tavolo di verifica degli adempimenti presso la Ragioneria generale dello Stato al quale le regioni forniscono le informazioni necessarie all’effettuazione della verifica e che istruisce le determinazioni correttive rimesse successivamente ad un Tavolo politico, composto da rappresentanti del Governo e delle Regioni. In particolare, il Tavolo di verifica degli adempimenti:

-     richiede alle singole Regioni la documentazione necessaria alla verifica degli adempimenti;

-     procede ad un primo esame della documentazione, informando le Regioni, prima della convocazione, sui punti di criticità riscontrati, affinché esse possano presentarsi con le eventuali integrazioni, atte a superare le criticità individuate;

-     entro il 30 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, fornisce alle Regioni le indicazioni relative alla documentazione necessaria per la verifica degli adempimenti, che le stesse devono produrre entro il successivo 30 maggio;

-     effettua una valutazione del risultato di gestione, a partire dalle risultanze contabili al quarto trimestre ed esprime il proprio parere entro il 30 luglio dell'anno successivo a quello di riferimento;

-     riferisce sull'esito delle verifiche al Tavolo politico, che esprime il suo parere entro il 30 settembre dell'anno successivo a quello di riferimento. Riferisce, altresì, al tavolo politico su eventuali posizioni discordanti. Nel caso che tali posizioni riguardino la valutazione degli adempimenti di una singola Regione, la stessa viene convocata dal Tavolo politico.

[10]    L’articolo 9 dell’Intesa del 23 marzo 2005 ha istituito, presso il Ministero della salute, il Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza cui è affidato il compito di vigilare sull’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di appropriatezza e di efficienza nell’utilizzo delle risorse, nonché sulla congruità tra le prestazioni da erogare e le risorse messe a disposizione dal Servizio sanitario nazionale. Il Comitato, istituito con decreto del Ministro della salute del 21 novembre 2005, è composto da quattro rappresentanti del Ministero della salute (di cui uno con funzioni di coordinatore), due rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze, un rappresentante del Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri e da sette rappresentanti delle Regioni designati dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome. Al Comitato sono affidati i seguenti compiti:

-     certificazione e verifica degli adempimenti cui sono tenute le Regioni per il triennio 2005-2007 ai fini dell’accesso all’incremento delle risorse finanziarie a carico del bilancio dello Stato, da riportare al Tavolo tecnico presso il Ministero dell’economia e finanze (programmazione regionale e mantenimento dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza; piano regionale della prevenzione e aggiornamento del personale sanitario);

-     verifica della realizzazione dei piani regionali di contenimento delle liste di attesa;

-     monitoraggio del rapporto costi/livelli essenziali di assistenza a partire dal monitoraggio già effettuato per gli anni 2001-2002 e sviluppo di una metodologia per l’analisi delle condizioni di appropriatezza ed efficienza nell’utilizzo delle risorse nell’erogazione degli stessi LEA.

[11]    Abolizione del Fondo nazionale di soccorso invernale, finanziamento degli Enti comunali di assistenza e istituzione di una addizionale ai diritti erariali sui pubblici spettacoli e alla tassa di lotteria.

[12]    convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248. Cfr., al riguardo, l’articolo 11-quaterdecies, comma 10, del citato decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203.

[13]    Tale contributo straordinario è iscritto (nello stato di previsione del Ministero della salute per l'anno 2008) al capitolo 3413 dell'unità previsionale di base 2.1.2.

[14]    La decisione (CE) n. 2006/512 ha innovato la possibilità da parte della Commissione di adottare misure esecutive su determinate materie, secondo una procedura detta di comitologia; la modifica introduce una particolare procedura di comitologia, detta di regolamentazione con controllo, con la quale la Commissione adotta misure esecutive di atti adottati in codecisione.

[15]    Procedura d’infrazione n. 2002/5113.

[16]    Procedura d’infrazione n. 2003/5296.

[17]    Il 28 giugno 2006 la Commissione aveva inviato all’Italia un parere motivato (procedura d’infrazione 2006/287) per la omessa comunicazione dell’attuazione della direttive 2005/28/CE.

[18]    Con parere delle competenti Commissioni parlamentari sullo schema di decreto legislativo.

[19]    Per la richiesta di prestazioni assistenziali legate al reddito o di servizi di pubblica utilità, è prevista la valutazione della situazione economica del richiedente, con riferimento al suo nucleo familiare. A tal fine, sono calcolati due indici: l'ISE (indicatore della situazione economica) e l'ISEE (indicatore della situazione economica equivalente). L'ISE è determinato dalla somma dei redditi e del venti per cento del patrimonio; l'ISEE scaturisce, invece, dal rapporto tra l'ISE e il parametro desunto dalla scala di equivalenza. Il nucleo di riferimento è composto, in linea generale, dal dichiarante, dal coniuge e dai figli, nonché da altre persone con lui conviventi e da altre persone a suo carico ai fini IRPEF, con alcune eccezioni e particolarità. Il reddito "medio" è quello complessivo ai fini IRPEF sommato al reddito delle attività finanziarie, con una detrazione in caso di residenza del nucleo in un'abitazione in locazione. Per patrimonio si intende sia quello immobiliare che mobiliare, con l'applicazione di una franchigia. La scala di equivalenza prevede i parametri legati al numero dei componenti il nucleo familiare e alcune maggiorazioni da applicare in casi particolari, quali la presenza di un solo genitore o di figli minori o di componenti con handicap, o ancora lo svolgimento di attività lavorativa da parte di entrambi i genitori.

[20]    Definizione transattiva delle controversie in atto, promosse da soggetti danneggiati da sangue o emoderivati infetti.

[21]    L’articolo 1, commi 7 e 8 del DL n. 341/2003 ha sospeso il potere di disporre l’aumento per l’anno 2003 e ha prorogato il potere al 2004.

[22]    Procedura d’infrazione n. 2006/790

[23]    Procedura d’infrazione n. 2006/789

[24]    Cfr. l’articolo 1, comma 33, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006), che prevede un limite massimo di 1.900 milioni di euro.

[25]    Disposizioni urgenti per snellire le strutture ed incrementare la funzionalità della Croce Rossa italiana, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 gennaio 2005, n. 1.

[26]    Scorporo dei servizi sanitari della Croce Rossa italiana e riordinamento dell'Associazione.

[27]    Si ricorda che l’articolo 39, comma 3-ter, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998), prevede che le richieste di autorizzazione ad assumere devono essere corredate da una relazione illustrativa delle iniziative di riordino e riqualificazione, adottate o in corso, finalizzate alla definizione di modelli organizzativi rispondenti ai principi di semplificazione e di funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi, con specifico riferimento, eventualmente, anche a nuove funzioni e qualificati servizi da fornire all'utenza. Si prevede inoltre che l’autorizzazione all'assunzione sia disposta con apposito D.P.C.M.

[28]    Le risorse complessive da attribuire agli enti locali ammontano ad almeno il 75 per cento dei fondi assegnati annualmente alla regione con decreto del Ministro della salute.

[29]    Con il D.M. 28 marzo 2003 sono stati determinati i criteri per la ripartizione tra le regioni e le province autonome delle suddette disponibilità. In particolare, i criteri per la ripartizione di tali risorse sono fissati nel seguente modo:

a)   per ogni animale d'affezione vagante nel territorio o mantenuto rinchiuso nel canile sanitario o nel canile rifugio sarà corrisposta alla regione, cui compete la segnalazione del dato complessivo, una quota in euro corrispondente alla ripartizione del fondo di finanziamento diviso per il numero complessivo nazionale degli animali d'affezione vaganti nel territorio o mantenuti all'interno dei canili sanitari o canili rifugio;

b)   ai fini della ripartizione di cui al punto a) una quota in euro corrisponde ad un cane o a tre gatti.

Con il decreto del Ministro della salute 13 maggio 2005 sono stati determinati, poi, i criteri per la ripartizione delle risorse previste dalla legge 29 dicembre 2003, n. 376  per la realizzazione di strutture ed impianti per la lotta al randagismo. Si ricorda, infatti, che la citata legge n. 376 del 2003 (allegato A, punto n. 42) ha stanziato per tali interventi 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005 a valere sul capitolo 7330 dello stato di previsione del Ministero della salute. Il citato decreto ministeriale del 2005 ha stabilito che i finanziamenti sono erogati come contributo a copertura parziale, fino al massimo del 75 per cento, delle spese relative a progetti finalizzati alla realizzazione di strutture di rifugio per i cani randagi, di strutture per la sterilizzazione di cani e gatti e centri di adozione e di rieducazione comportamentale canina, con particolare riferimento alla tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressività dei cani.

Il citato decreto ha previsto, altresì, che i contributi in conto capitale erogati possono cumularsi con quelli finanziati dalle regioni, comunque non superando l'importo totale del progetto. Il finanziamento per tali obiettivi può essere richiesto dagli enti e dalle associazioni di seguito elencate: comuni, associazioni di comuni, comunità montane, province e regioni, università e istituti di ricerca, associazioni ed enti che perseguono finalità di tutela degli animali riconosciute a livello nazionale e/o regionale.

[30]    Tali obiettivi, conseguenti alla Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite del 2000 e miranti in ultima analisi a dimezzare la povertà entro il 2015, sono otto e precisamente: eliminare l’estrema povertà e la fame; garantire la formazione scolastica di base; promuovere la parità fra i sessi e l’empowerment femminile; ridurre la mortalità infanitle; migliorare la salute delle madri; combattere HIV/AIDS, malaria e altre malattie; garantire un ambiente sostenibile; sviluppare una partnership mondiale per lo sviluppo.

[31]    Com’è noto, la tassa, proposta dall’economista statunitense James Tobin, mirava a colpire, in misura moderata, tutte le transazioni sui mercati valutari al fine di stabilizzarli e al contempo ricavare delle entrate da destinare alla riduzione della povertà estrema.

[32]    Misure per la riduzione del debito estero dei Paesi a più basso reddito e maggiormente indebitati.

[33]    In particolare, per quanto riguarda la vaccinazione HPV si segnala che entro la fine del 2007 è prevista la presentazione di una nuova edizione aggiornata delle Linee guida sullo screening e la diagnosi del cancro della cervice, pubblicate nel 1993 dalla V direzione generale della Commissione europea.

[34]    In occasione del Vertice del millennio nel 2000, la Comunità internazionale ha adottato la dichiarazione del millennio, impegnandosi in un progetto mondiale destinato a ridurre significativamente la povertà estrema nelle sue diverse dimensioni. Associati alla dichiarazione del millennio, gli obiettivi di sviluppo del millennio (OSM) sono: ridurre la povertà e la fame nel mondo; assicurare l'istruzione primaria per tutti; promuovere la parità fra i sessi; ridurre la mortalità infantile; migliorare la salute materna; combattere l'HIV/AIDS e altre malattie; assicurare la sostenibilità ambientale; partecipare ad un partenariato globale per lo sviluppo.

[35]    COM (2007) 164.

[36]    La decisione è stata assunta dal Consiglio del 24 maggio 2005 e confermata dal Consiglio europeo di giugno 2005. Nell’ambito dell’obiettivo collettivo così fissato, è stato previsto che: gli Stati membri che non hanno ancora raggiunto un livello di aiuto pari allo 0,51% del reddito nazionale lordo si impegnano a raggiungerlo entro il 2010; gli Stati membri che hanno aderito all'UE dopo il 2002 e che non hanno raggiunto un livello dello 0,17% si adopereranno per raggiungerlo entro il 2010; gli Stati membri si impegnano a raggiungere l'obiettivo dello 0,7% entro il 2015 mentre quelli che hanno già raggiunto tale obiettivo si impegnano a rimanere al di sopra di tale livello; gli Stati membri che hanno aderito all'UE dopo il 2002 si adopereranno per aumentare entro il 2015 il loro APS fino allo 0,33%.

[37]    COM (2006) 87. Il 2 marzo 2006 la Commissione ha presentato un pacchetto di proposte volte a migliorare l’efficacia, la coerenza e l’incidenza degli aiuti comunitari allo sviluppo. Oltre al citato piano d’azione, due ulteriori comunicazioni fanno parte del pacchetto: “Rafforzare l’impatto europeo: un quadro comune per l'elaborazione dei documenti di strategia nazionale e la programmazione pluriennale comune” (COM (2006) 88 e “Finanziamento dello sviluppo ed efficacia degli aiuti - Le sfide poste dall’aumento degli aiuti UE nel periodo 2006-2010” (COM (2006) 85.

[38]    Sulla base di una proposta avanzata dalla Commissione il 28 febbraio 2007 (COM (2007) 72), il Consiglio del 15 maggio 2007 ha adottato il Codice di condotta dell'UE in materia di complementarità e divisione dei compiti nell'ambito della politica di sviluppo.

[39]    La seconda edizione delle giornate europee dello sviluppo si è tenuta a Lisbona 7 al 9 novembre 2007 ed è stata dedicata al tema: “Clima e sviluppo: quali cambiamenti?”.

[40]    COM (2007) 158.

[41]    La Dichiarazione di Parigi sull’efficacia degli aiuti è un accordo internazionale firmato nel marzo 2005 da più di 100 Paesi (fra donatori e beneficiari), organizzazioni della società civile e organizzazioni internazionali, che si sono impegnati ad avviare una serie di riforme nella gestione dell’aiuto pubblico con l’obiettivo di massimizzarne efficacia e qualità.

[42]    Il 20 dicembre 2005, il Presidente di turno dell’Unione europea e i Presidenti della Commissione e del Parlamento europeo hanno firmato la dichiarazione comune intitolata “Il consenso europeo sullo sviluppo”. L’obiettivo della dichiarazione è quello di definire la nuova politica di sviluppo dell’UE per contribuire alla riduzione della povertà, in linea con gli Obiettivi di sviluppo del Millennio. Il consenso europeo fornisce, per la prima volta in 50 anni di cooperazione allo sviluppo, un quadro comune di obiettivi, valori e princìpi che l’Unione europea – la Commissione e i 27 Stati membri – promuoverà come partner globale.

[43]    COM (2007) 163.

[44]    Si tratta dei 77 paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico che hanno firmato con l’Unione europea l’Accordo di Cotonou.

[45]    Il 17 giugno 2002 il Consiglio dell’Unione ha autorizzato la Commissione a negoziare accordi di partenariato economico (APE) con gli Stati aderenti all’Accordo di Cotonou. Gli APE riguarderanno i temi del commercio e dello sviluppo e sono destinati a sostituire le previsioni in materia contenute nell’Accordo di Cotonou. L’eccezione di tali previsioni rispetto alle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio scadrà alla fine del 2007; per quella data le parti dovranno dunque avere adottato un’alternativa compatibile con l’OMC. I negoziati sono stati aperti ufficialmente a settembre 2002 a Bruxelles. Dopo una prima fase di colloqui con tutti i paesi ACP, che ha portato il 2 ottobre 2003 ad un’intesa preliminare sui temi generali, sono stati avviati negoziati a livello regionale.

[46]    Il Consenso di Monterrey, adottato dalla Conferenza internazionale sul finanziamento dello sviluppo (FfD) svoltasi in Messico dal 18 al 22 marzo 2002, costituisce un importante quadro per guidare gli sforzi comuni della comunità internazionale in materia di cooperazione allo sviluppo e un’importante piattaforma per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del Millennio.

 

[47]    Le esenzioni dalla compartecipazione alla spesa sanitaria, che possono essere totali o parziali, riguardano, in particolare: le esenzioni per reddito (legge n. 537 del 1997 e successive modificazioni), le esenzioni per patologia (ossia per le malattie croniche o invalidanti oppure per malattie rare, che danno diritto all'esenzione dai ticket per le prestazioni di assistenza sanitaria (farmaceutica e specialistica) collegate alla malattia (DD.MM. del Ministero della sanità 329/99  e 279/01)), le esenzioni per invalidità, le esenzioni relative alla diagnosi precoce di alcuni tumori e le esenzioni per le donne in stato di gravidanza.

[48]    Recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative. Disposizioni di delegazione legislativa, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17.

[49]    Disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario, nonché in materia di quota fissa sulla ricetta per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale.

[50]    L’articolo 1, comma 796, lettera a), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007) prevede che il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, cui concorre ordinariamente lo Stato, è determinato in 96.040 milioni di euro per l'anno 2007 (a tale importo si sommano i 1.000 milioni di euro relativi al Fondo transitorio per le regioni in disavanzo), in 99.082 milioni di euro per l'anno 2008 e in 102.285 milioni di euro per l'anno 2009, comprensivi dell'importo di 50 milioni di euro, per ciascuno degli anni indicati, a titolo di ulteriore finanziamento a carico dello Stato per l'ospedale "Bambino Gesu'".

[51]    "Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell'àmbito del Servizio sanitario nazionale: modalità di erogazione e tariffe".

[52]    L’articolo 4 del citato decreto 12 settembre 2006 rinvia al D.M. 27 agosto 1999, n. 332 (Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell'àmbito del Servizio sanitario nazionale: modalità di erogazione e tariffe).

[53]    Le risorse derivanti dai versamenti sono riassegnate, con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, alle corrispondenti unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della salute ed impiegate dalla Direzione generale dei farmaci e dispositivi medici secondo la disciplina di cui alla stessa lettera d) del comma 409.

[54]    La lettera d) del comma 409 è stata interamente novellata dall'art. 1, comma 825, della L. 27 dicembre 2006, n. 296.

[55]    Procedura d’infrazione n. 2007/784

[56]    L. 27 dicembre 2006, n. 296, recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).

[57]    D.L. 25 marzo 1997, n. 67, recante Disposizioni urgenti per favorire l'occupazione, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 23 maggio 1997, n. 135.

[58]    D.L. 20 maggio 1993, n. 149, recante Interventi urgenti in favore dell'economia, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 237.

[59]    L. 7 marzo 2001, n. 78, recante Tutela del patrimonio storico della Prima guerra mondiale.

[60]    Si tratta degli enti lirici e istituzioni concertistiche assimilate originariamente indicati dall’art. 6 della legge 14 agosto 1967, n. 800, di cui il D.Lgs. 29 giugno 1996, n. 367, ha disposto la graduale trasformazione in fondazioni di diritto privato (Teatro comunale di Bologna, il Teatro Maggio musicale fiorentino, il Teatro “Carlo Felice” di Genova, Teatro alla Scala di Milano, il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Massimo di Palermo, il Teatro dell'Opera di Roma, il Teatro Regio di Torino, il Teatro lirico G. Verdi di Trieste, il Teatro La Fenice di Venezia, Arena di Verona; Accademia nazionale di Santa Cecilia di Roma, teatro lirico G.B. da Palestrina di Cagliari); a questi si è aggiunta, a seguito della legge 11 novembre 2003, n. 310, la Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari. Tale fondazione, ai sensi dell’art. 2, comma 3, del DL 72/2004, convertito, con modificazioni, dalla legge 128/2004, è finanziata a valere sui fondi del gioco del lotto per il periodo 2004-2007, rientrerà successivamente nel riparto della quota del Fondo unico per lo spettacolo riservata agli enti lirici.

[61]    Disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato.

[62]    Nuove norme per l'erogazione di contributi statali alle istituzioni culturali.

[63]    Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio. L’art. 11, co.3, lett. d), della L. n. 468/’78 prevede che la legge finanziaria determini, in apposita tabella (Tabella C), la quota da iscrivere nel bilancio di ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale per le leggi di spesa permanente, di natura corrente e in conto capitale, la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria stessa.

[64]    Legge 28 dicembre 2001, n.448, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002).

[65]    Legge 17 ottobre 1996, n. 534 “Nuove norme per l’erogazione di contributi statali alle istituzioni culturali”.

[66]    In particolare si richiede che tali enti:

a) svolgano la loro attività da almeno un triennio;

b) prestino rilevanti servizi in campo culturale;

c) promuovano e svolgano attività di ricerca, di organizzazione culturale e di produzione editoriale a carattere scientifico;

d) svolgano la propria attività sulla base di un programma almeno triennale e dispongano di attrezzature idonee per la sua realizzazione.

[67]    Decreto del Presidente della Repubblica 13 settembre 2005, n. 296 Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato.

[68]    Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137.

[69]    La legge Legge 1° dicembre 1997, n. 420  ha inteso ricondurre ad unità, attraverso un unico provvedimento a cadenza annuale, l’intervento statale a favore di Comitati per lo svolgimento di celebrazioni e manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché di Edizioni nazionali. A questo fine è stata istituita, presso il Ministero per i beni e le attività culturali,  la “Consulta dei Comitati nazionali e delle Edizioni nazionali”, con il compito valutare annualmente le richieste di contributi e procedere, previo parere parlamentare, all’assegnazione di fondi disponibili (a decorrere dall’anno 2000, 6,7milioni di euro annui).

[70]    D.Lgs. 17 ottobre 2005, n. 226, Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell'articolo 2 della L. 28 marzo 2003, n. 53

[71]    D.M. 26-6-2000 n. 234 Regolamento, recante norme in materia di curricoli nell'autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'articolo 8 del D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275.

[72]    D.P.R. 8-3-1999 n. 275 Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[73]    Il regolamento ha provveduto a definire la quota nazionale obbligatoria di ciascuna disciplina, fissandola nell’85 per cento dell’attuale monte ore annuale; le istituzioni scolastiche hanno avuto  pertanto la possibilità di gestire autonomamente il restante 15 per cento prevedendo la conferma del curriculum attuale; l’introduzione di nuove discipline; la realizzazione di compensazioni tra discipline diverse.

[74]    Relativo alla formazione delle classi.

[75]    Disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2001/2002, convertito, con modificazioni dalla legge 20 agosto 2001, n. 333.

[76]    Disposizioni concernenti la riorganizzazione della rete scolastica, la formazione delle classi e la determinazione degli organici del personale della scuola.

[77]    Misure urgenti per la scuola, l'università, la ricerca scientifica e tecnologica e l'alta formazione artistica e musicale.

[78]    I commi 605-620 della medesima legge hanno previsto interventi di razionalizzazione della spesa nel settore scolastico e quantificato i risparmi da esse derivanti. Le misure previste dai commi citati interessano:

•     il numero di alunni per classe ed il rapporto numerico insegnanti di sostegno/alunni (comma 605, lettere a) e b));

•     le assunzioni del personale docente ed ATA (comma 605, lettera c));

•     il monitoraggio delle supplenze brevi, la formazione docenti per l’insegnamento della lingua inglese (comma 605, lettere d) ed e));

•     gli orari dell’istruzione professionale (comma 605, lettera f));

•     le graduatorie e la valutazione dei titoli del personale docente (commi 605, lettera c) e 607),

•     la mobilità e la riconversione professionale e del personale docente (commi 608-609);

•     l’istituzione dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica e il contestuale riordino degli enti di servizio del Ministero della pubblica istruzione (commi 610-615);

•     i revisori di conti delle istituzioni scolastiche (commi 616-617);

•     la ridefinizione delle procedure concorsuali per l’accesso alla dirigenza scolastica e disposizioni transitorie relative alle nomine per il prossimo triennio (comma 605, lettera c) ultimi periodi; commi 618-619).

[79]   D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, il ddl di conversione, già approvato dal Senato è attualmente all’esame della Camera (AC 3194).

[80]    Sono così definite-invece che classi - le unità della scuola dell’infanzia.

[81]    Secondo dati ministeriali i disabili iscritti all’anno scolastico 2007/08 sono 174.586, con un personale docente di sostegno di circa 90mila unità.

[82]    L. 27 dicembre 1997, n. 449, Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica.

[83]    A tale previsione ha ottemperato il DPCM 23 febbraio 2006, n. 185.

[84]    In precedenza il D.M. 24 luglio 1998,oltre a disporre in merito all’attuazione dell’art.40, comma 3, della legge 449/1997 prevedeva (art. 44) che “in presenza di handicap particolarmente gravi, il Provveditore agli studi può assumere personale con rapporto di lavoro a tempo determinato anche in deroga al rapporto numerico” prefissato. L’art. 6 del Decreto interministeriale 28 novembre 2001 (recante Determinazione degli organici per l’anno scolastico 2001-2002) ha poi attribuito al dirigente scolastico provinciale l’istituzione e la copertura dei posti di sostegno e al dirigente scolastico l’eventuale copertura di ulteriori posti da attivare “per inderogabili esigenze” dopo il 31 agosto.

[85]    Con DPR 12 settembre 2007, ai sensi dell’art.39 della legge 449/1997, il Ministro della Pubblica istruzione è stato autorizzato alle assunzioni sopra citate.

[86]    Il comma fa riferimento all’art.17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri). Il comma richiamato prevede che, a seguito di un’autorizzazione di legge, con decreto ministeriale o interministeriale possano essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità ad esso sottordinate. Tali regolamenti (art.17, comma 4 ) sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.

[87]    Riguardo alla disciplina autorizzatoria delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni, il comma 3 dell’ articolo 39 della della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (collegata alla manovra finanziaria per il 1998) ha stabilito che, a decorrere dal 2000, per consentire lo sviluppo dei processi di riqualificazione delle p.a. connessi all'attuazione della riforma amministrativa, garantendo il rispetto degli obiettivi di riduzione programmata del personale, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, definisce preliminarmente le priorità da soddisfare, tenuto conto in particolare delle esigenze di introduzione di nuove professionalità. In tale quadro, entro il primo semestre di ciascun anno, il Consiglio dei ministri determina il numero massimo complessivo delle assunzioni compatibile con gli obiettivi di riduzione numerica e con i dati sulle cessazioni dell'anno precedente. Le assunzioni restano comunque subordinate all'indisponibilità di personale da trasferire secondo le procedure di mobilità e possono essere disposte esclusivamente presso le sedi che presentino le maggiori carenze di personale. Inoltre (comma 3-bis), a decorrere dal 1999 la disciplina autorizzatoria di cui al citato comma 3 dell’art. 40 L. 449/1997 si applica alla generalità delle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e riguarda tutte le procedure di reclutamento e le nuove assunzioni di personale. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare a decorrere dallo stesso anno, entro il 31 gennaio, deve prevedere criteri, modalità e termini anche differenziati delle assunzioni da disporre rispetto a quelli indicati nel comma 3, allo scopo di tener conto delle peculiarità e delle specifiche esigenze delle amministrazioni per il pieno adempimento dei compiti istituzionali.

[88]    Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale.

[89]    D.Lgs. 17 ottobre 2005 n. 227, Definizione delle norme generali in materia di formazione degli insegnanti ai fini dell'accesso all'insegnamento, a norma dell'articolo 5 della L. 28 marzo 2003, n. 53.

[90]    Il D.lgs. in commento prevede inoltre che con uno o più decreti del Ministro dell’istruzione siano individuate le classi dei corsi di laurea sopracitati  e con Decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri si proceda alla programmazione triennale del fabbisogno di personale docente nelle scuole statali; al provvedimento non ha fatto seguito l’adozione dei decreti sopra richiamati

[91]    Legge 19 novembre 1990, n. 341 (Riforma degli ordinamenti didattici universitari)

[92]    Legge 15 maggio 1997, n. 127, “Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo” (cosiddetta “Bassanini 2”).

[93]    D.P.R. 20-4-1994 n. 367 Regolamento recante semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili.

[94]    D.P.R. 8 marzo 1999 n. 275 Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[95]    Settembre 2007

[96]    Nel marzo 2002, il Consiglio europeo di Barcellona ha approvato un programma di lavoro in materia di istruzione e formazione per porre in atto gli obiettivi definiti nell’ambito della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione. Tale programma di lavoro costituisce il quadro di riferimento strategico per lo sviluppo delle politiche dell'istruzione e della formazione a livello comunitario al fine di rendere entro il 2010 i sistemi d'istruzione e di formazione in Europa "un punto di riferimento di qualità a livello mondiale".

[97]    Si veda a tale proposito la comunicazione della Commissione "Migliorare la qualità della formazione degli insegnanti" COM(2007)392.

[98]    Il metodo di coordinamento aperto, ad esempio, è considerato come uno degli aspetti essenziali per l'attuazione dell'agenda per la cultura l'Europa (COM(2007)242), proposta dalla Commissione il 10 maggio 2007 ed accolta favorevolmente dal Consiglio il 15 novembre 2007. Conformemente al principio della sussidiarietà, il metodo aperto di coordinamento completa e sostiene le iniziative nazionali senza addivenire all’adozione di misure legislative a livello europeo. In particolare, il metodo  implica la fissazione di obiettivi comuni, la loro attuazione nelle strategie di politica nazionali e, come parte integrante di un processo di scambio reciproco di esperienze, il controllo regolare dei progressi raggiunti sulla base, per quanto possibile, di indicatori concordati e definiti congiuntamente.

[99]    Decreto-Legge 31 gennaio 2007, n.7, Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attivita' economiche e la nascita di nuove imprese convertito con modificazioni dalla legge 2 aprile 2007, n. 40.

[100]  D.Lgs. 19 novembre 2004 n. 286, recante Istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, nonché riordino dell'omonimo istituto, a norma degli articoli 1 e 3 della legge 28 marzo 2003, n.53..

[101]  Decreto-legge 7 settembre 2007, n.147 Disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2007-2008 ed in materia di concorsi per ricercatori universitari convertito , con modificazioni dalla legge 25 ottobre 2007, n176.

[102]  Legge 10 dicembre 1997 n. 425 Disposizioni per la riforma degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria

[103]  Legge 11-1-2007, n. 1, Disposizioni in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore e delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e le università.

[104]  Non sono invece ricomprese nel fondo, e continuano quindi ad essere erogate a parte, la quota delle spese per la ricerca scientifica universitaria destinata ai progetti di ricerca di interesse nazionale (ora confluite nel Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica - FIRST) nonché la spesa per l'attività sportiva universitaria.

[105]  Lo stesso decreto ha altresì disposto 10 milioni di euro a favore del Fondo per l’edilizia universitaria e 10 milioni da destinare alle borse di studio post-lauream. Tutti i finanziamenti citati riguardano l’esercizio finanziario 2007.

[106]  D.L. 7 settembre 2007, n. 147, recante Disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2007-2008 ed in materia di concorsi per ricercatori universitari, convertito con modificazioni con legge 25 ottobre 2007, n. 176.

[107]  I criteri per la ripartizione tra le università della dotazione assegnata sono stabiliti nel D.M. 9 ottobre 2007 (prot. n. 486/2007/2007).

[108]  Per le università sono previsti a questo scopo 205 milioni di euro per il 2008 e 39 milioni di euro a decorrere dal 2009.

[109]  L. 27 dicembre 1997, n. 449, recante Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica.

[110]  L. 4 giugno 2004, n. 143, recante Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 7 aprile 2004, n. 97, recante disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2004-2005, nonché in materia di esami di Stato e di Università. In particolare, si cfr. l’articolo 5 del decreto legge.

[111]  Sul punto, si cfr. Ministero dell’economia e delle finanze - Commissione tecnica per la finanza pubblica (CTFP), “Misure per il risanamento finanziario e l’incentivazione dell’efficacia e dell’efficienza del sistema universitario”, Roma, 31 luglio 2007, p. 5 ss.

[112]  L. 3 luglio 1998, n. 210, recante Norme per il reclutamento dei ricercatori e dei professori universitari di ruolo.

[113]  D.M. 30 aprile 1999 n. 224, recante Regolamento recante norme in materia di dottorato di ricerca.

[114]  D.L. 2 luglio 2007 n. 81, recante Disposizioni urgenti in materia finanziaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 127.

[115]  Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

[116]  Legge 30 dicembre 2004 n. 311.

[117]  Legge 23 dicembre 2005, n. 266.

[118]  Legge 27 dicembre 2006, n. 296.

[119]  Il 24 luglio 2007 si è svolto presso il Ministero della solidarietà sociale il primo incontro del Tavolo interministeriale sulla responsabilità sociale delle imprese, convocato dal Ministro della solidarietà sociale con lo scopo di sviluppare il programma nazionale per la responsabilità sociale d’impresa e di preparare una Conferenza nazionale multi-stakeholder che si terrà a fine anno.

[120]  Per responsabilità sociale delle imprese si intende l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate.

[121]  Pubblicato nel S.O. della G.U. n. 178 del 1996;

[122]  Pubblicato nella G.U. n. 249 del 1999. Tale D.M. è stato successivamente rettificato dal D.M. 25 luglio 2001 (pubblicato nella G.U. n. 261 del 2001).

[123]  L’articolato e la relazione illustrativa sono disponibili all’indirizzo internet seguente: www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=Ddlpres&leg=14&id=00116491&offset=426&length=13858&parse=no.

[124]  Tale estensione è stata operata dall’art. 2, comma 5, della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003).

[125]  La relazione conclusiva del gruppo di lavoro “bonifiche ambientali” è consultabile all’indirizzo internet www.lomb.cgil.it/ambsalsic/conferenza-amianto2004bonifiche-ambientali.htm.

[126]  http://www2.minambiente.it/Sito/ai/2006/05/primopiano.htm.

[127]  I risultati della mappatura effettuata dalla Regione Emilia-Romagna sono consultabili all’indirizzo web http://www.arpa.emr.it/documenti/arparivista/pdf2006n4/RicchiAR4_06.pdf.

[128]  Rientrano in tale tipologia: contratti bancari, contratti assicurativi, contratti di somministrazione (elettricità, acqua, telefono,gas...), contratti di prestazione d'opera (conferimento d'incarico a un mediatore, trattamenti terapeutici..), contratti per l'acquisto di beni (acquisto di auto, arredi, vendite a domicilio di libri…) contratti per la fornitura di servizi (iscrizione a corsi, deposito e custodia di beni...).

[129]  Le associazioni devono essere iscritte nell’apposito elenco, aggiornato annualmente, tenuto presso il Mministero dello sviluppo economico. Ai sensi del comma 2 del nuovo articolo 140-bis  con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentite le competenti Commissioni parlamentari, sono individuate le ulteriori associazioni di consumatori, di investitori e gli altri soggetti portatori di interessi collettivi legittimati ad agire ai sensi del presente articolo

[130]  L’art. 1342 c.c. stabilisce che nei contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte al modulo o al formulario prevalgono su quelle del modulo o del formulario qualora siano incompatibili con esse, anche se queste ultime non sono state cancellate. In virtù del richiamo al secondo comma dell'art. 1349, per tali contratti non hanno in ogni caso effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria.

[131]  Tali Camere di conciliazione sono composte in modo paritario dai difensori delle parti delle parti e sono presiedute da un avvocato-conciliatore indicato dal giudice ed iscritto all’albo degli avvocati abilitati alle giurisdizioni superiori.

[132]  Tale testo è allegato al resoconto della seduta della Commissione giustizia del 7 novembre 2007.

[133]  L’articolo 20, ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità, ha previsto la facoltà, da parte delle lavoratrici, di astenersi dal lavoro a decorrere del mese precedente la data presunta del parto e nei 4 mesi successivi, dietro parere medico che attesti che tale decisione non arrechi pregiudizio alla salute del nascituro e della gestante.

[134]  “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa. (Testo A)”.

[135]    Si ricorda che il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233 (cfr. l’articoli 1, comma 19, lettera e), e comma 22, lettera d) ha assegnato alla Presidenza del Consiglio la competenza in materia di politiche per la famiglia, prima attribuite all’ex Ministero del lavoro e delle politiche sociali dall'articolo 46, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Per lo svolgimento di tali funzioni, è stata assegnata una specifica delega al Ministro delle politiche per la famiglia.

[136]  Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale. Convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

[137]  L’articolo 2 della legge 23 dicembre 1997, n. 451 (Istituzione della Commissione parlamentare per l'infanzia e dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia) ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, l'Osservatorio nazionale per l'infanzia, presieduto dal Ministro per la solidarietà sociale. L'Osservatorio predispone ogni due anni il piano nazionale di azione di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva di cui alla Dichiarazione mondiale sulla sopravvivenza, la protezione e lo sviluppo dell'infanzia, adottata a New York il 30 settembre 1990, con l'obiettivo di conferire priorità ai programmi riferiti ai minori e di rafforzare la cooperazione per lo sviluppo dell'infanzia nel mondo. Ai sensi dell’articolo 3 della stessa legge, l'Osservatorio si avvale di un Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia, con i seguenti compiti: raccogliere e rendere pubblici normative e dati statistici; realizzare una mappa aggiornata dei servizi e delle risorse destinate all'infanzia; analizzare le condizioni dell'infanzia; formulare proposte per migliorare le condizioni di vita dei soggetti in età evolutiva e per l'assistenza alla madre nel periodo perinatale; promuovere la conoscenza degli interventi delle amministrazioni pubbliche; raccogliere e pubblicare regolarmente il bollettino di tutte le ricerche e le pubblicazioni, anche periodiche, che interessano il mondo minorile.

[138]  L’Intesa è prevista ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n.131, in base al quale il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni.

[139]  Recante "Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet”.

[140]  Tale importo sembrerebbe includere anche le risorse (100 milioni di euro) destinate alla realizzazione del piano straordinario di intervento per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi di cui all’articolo 1, comma 1259, della legge n. 296 del 2007.

[141]     La Commissione europea suggerisce che la strategia sulla salute mentale per l’UE sia incentrata sulle seguenti priorità: promozione della salute mentale di tutti, lotta alle patologie mentali attraverso interventi preventivi, miglioramento della qualità della vita delle persone affette da malattie psichiche o handicap mediante l’inclusione sociale e la tutela dei loro diritti e della loro dignità, miglioramento delle informazioni e delle conoscenze sulla salute mentale.

[142]  “Obiettivi strategici 2005-2009 – Europa 2010: un partenariato per il rinnovamento europeo – Prosperità, solidarietà e sicurezza”, COM(2005)12 del 26 gennaio 2005.

[143]  Il Consiglio europeo si è svolto a Bruxelles l’8 e 9 marzo 2007.

[144]  Fondo previsto dall'art. 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale", convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

[145]  Nelle note di commento alla finanziaria per il 2007, pubblicate a cura della Presidenza del Consiglio dei ministri, l’Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale e di genere si prefigura come un organismo avente il compito di acquisire e monitorare i dati e le informazioni relativi alle attività, svolte dalle pubbliche amministrazioni, dagli enti locali, nonché dalle associazioni attive nel settore, utili alla prevenzione e alla repressione della violenza sessuale e in grado di realizzare campagne istituzionali di informazione e di sensibilizzazione.

[146]  Il Piano nazionale contro la violenza sessuale e di genere, più volte richiamato dal Ministro per le pari opportunità durante gli incontri con la Rete di coordinamento dei Centri antiviolenza, sembrerebbe configurarsi come uno strumento operativo a livello interministeriale, attraverso cui i ministeri, ognuno secondo le proprie specifiche competenze, potranno elaborare strategie e programmi in grado di rafforzare gli organismi e le reti di cooperazione attive in quest’ambito e armonizzare e perfezionare le norme esistenti in materia.

[147]  Il 17 gennaio 2006 il Parlamento europeo ha adottato una dichiarazione sulle linee di assistenza telefonica per bambini in Europa, nella quale raccomanda, in particolare, l’introduzione, nell’UE, di un numero verde unico per le linee di assistenza telefonica per bambini.

[148]  D.Lgs. 5 aprile 2002, n. 77, Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell’articolo 2 della legge 6 marzo 2001, n. 64.

[149]  La L. 6 marzo 2001, n. 64 ha delegato il Governo alla istituzione del Servizio civile nazionale, da prestarsi esclusivamente su base volontaria a decorrere dalla data di sospensione del servizio militare di leva disposta dalla L. 331/2000 (originariamente fissata al 2007, poi anticipata al 2005 – v. infra), nella prospettiva della realizzazione di una riforma parallela a quella istitutiva del servizio militare professionale e volontario prevista dalla legge ora menzionata. Si ricorda che anteriormente – sempre nella XIII legislatura – era intervenuta la legge di riforma dell’istituto dell’obiezione di coscienza (L. 230/1998) che ha organicamente disciplinato tale istituto, abrogando contestualmente la normativa risalente al 1972.

[150]  L. 16 gennaio 2003, n. 3, Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione.

[151]  D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303, Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell’articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[152]  L. 8 luglio 1998, n. 230, Nuove norme in materia di obiezione di coscienza.

[153]  Fatte salve alcune disposizioni, il complesso delle norme recate dal D.Lgs. 77/2002 era destinato ad entrare in vigore dal 1° giugno 2004, ma il termine è stato prorogato, da ultimo, al 1° gennaio 2006 dal D.L. 266/2004, conv., con mod., in L. 306/2004; fanno eccezione – secondo quanto disposto dal medesimo D.L. – le norme relative all’ammissione e alla durata del servizio civile, destinate ad entrare in vigore il 1° gennaio 2005.

[154]  D.L. 18 maggio 2006, n. 181, Disposizioni urgenti in materia di riordino  delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, conv. con mod. dalla L. 17 luglio 2006, n. 233.

[155]  Camera dei deputati – Doc. CLVI, n. 2, trasmesso alla Presidenza il 31 luglio 2007.

[156]  “Attuazione della delega conferita dall'art. 3, comma 27, della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e di investimenti degli stessi in campo immobiliare”.

[157]  “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1981)”.

[158]  Ristrutturazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

[159]  Tale obbligo è previsto dall'art. 8, comma 1, del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, recante “Disciplina delle forme pensionistiche complementari, a norma dell'articolo 3, comma 1, lettera v), della L. 23 ottobre 1992, n. 421”.

[160]  Si ricorda che l’articolo 59, comma 56 della L. 449 del 1997 ha previsto che i pubblici dipendenti possono chiedere la trasformazione dell'indennità di fine servizio in TFR e che in tal caso una quota dell’aliquota dell’indennità di fine servizio, nella misura dell’1,5 per cento, sia destinata alle forme di previdenza complementare nelle modalità e con la gradualità stabilita con specifici accordi sindacali. Successivamente l’articolo 74, comma 3 della L. 388 del 2000 ha previsto che la quota di TFR che i dipendenti già occupati alla data del 31 dicembre 1995 e quelli assunti nel periodo dal 1° gennaio 1996 al 31 dicembre 2000 che hanno esercitato l'opzione per la trasformazione dell’indennità di fine servizio in TFR possono destinare ai fondi pensione, non può superare il 2 per cento della retribuzione. Si prevede inoltre che successivamente la quota del TFR destinata ai fondi pensione sia definita dai soggetti istitutivi con apposito accordo.

[161]  L. 23 dicembre 1998, n. 448, recante “Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo”.

[162]  “Modificazioni della normativa relativa al Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea”

[163]  “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della L. 8 marzo 2000, n. 53”.

[164]  Si ricorda, per quanto attiene al trattamento economico, che l’articolo 34, comma 1, del D.Lgs. 151 del 2001, prevede che per i periodi di congedo parentale alle lavoratrici e ai lavoratori è dovuta fino al terzo anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30% della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi. Ai sensi del comma 2, si applica il comma 1 per tutto il periodo di prolungamento fino a tre anni del congedo parentale nel caso di lavoratrice madre o, in alternativa, di lavoratore padre di minore con handicap in situazione di gravità, di cui all'articolo 33.

Inoltre, lo stesso articolo dispone che, per i periodi di congedo parentale ulteriori rispetto a quanto previsto ai commi 1 e 2, è dovuta un'indennità pari al 30% della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria. Il reddito è determinato secondo i criteri previsti in materia di limiti reddituali per l'integrazione al minimo.

[165]  “Miglioramento e perequazione di trattamenti pensionistici e aumento della pensione sociale”.

[166]  Si tratta di dipendenti civili di ruolo e non di ruolo dello Stato, compresi quelli delle Amministrazioni ed aziende con ordinamento autonomo, del personale direttivo e docente della scuola di ogni ordine e grado e dei magistrati dell'ordine giudiziario ed amministrativo, degli ex combattenti, partigiani, mutilati ed invalidi di guerra, vittime civili di guerra, orfani, vedove di guerre, o per causa di guerra, dei profughi per l'applicazione del trattato di pace e categorie equiparate.

[167]  “Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici”.

[168]  Si ricorda che l’articolo 9, comma 6, della citata L. 67 del 1988, ha disposto che per i calcoli delle agevolazioni di cui al comma 5 del medesimo articolo non deve tenersi conto delle fiscalizzazioni previste dai commi 5 e 6 dell’articolo 1 del D.L. 536 del 1987. In particolare, il comma 5 dell’articolo 1 ha stabilito che i premi ed i contributi relativi alle gestioni previdenziali ed assistenziali, dovuti dai datori di lavoro agricolo per il proprio personale dipendente, occupato a tempo indeterminato e a tempo determinato nei territori montani di cui all'articolo 9 del D.P.R. 601 del 1973 , sono fissati nella misura del 2% a decorrere dal 1° ottobre 1994; del 25% a decorrere dal 1° ottobre 1995; del 30% a decorrere dal 1° ottobre 1996. I predetti premi e contributi dovuti dai datori di lavoro agricolo operanti nelle zone agricole svantaggiate, individuate ai sensi dell'articolo 15 della L. 984 del 1977 , inoltre, sono fissati nella misura del 30% a decorrere dal 1° ottobre 1994; del 40% decorrere dal 1° ottobre 1995; del 60% a decorrere dal 1° ottobre 1996.

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 14, comma 1, della L. 64 del 1986, così come modificato dall’articolo 1, comma 5, del citato D.L. n. 536, ha stabilito che, per un periodo di dieci anni a decorrere dal 1° gennaio 1987, è concessa la riduzione del 60% dei contributi previdenziali ed assistenziali per il personale dipendente, così come determinati dalle disposizioni vigenti per le assicurazioni generali obbligatorie , ai datori di lavoro del settore agricolo operanti nei territori di cui all'articolo 1 del D.P.R. 218 del 1978.

A favore dei datori di lavoro del settore agricolo, inoltre, è concessa una riduzione sul contributo per le prestazioni del SSN di euro 68,69 (lire 133.000) per ogni dipendente (articolo 1, comma 6 del D.L. 536 del 1987), a decorrere dal periodo di paga in corso al 1° gennaio 1987, e fino a tutto il periodo di paga in corso al 30 novembre 1988, per ogni mensilità fino alla dodicesima compresa,. Da tale riduzione sono esclusi i datori di lavoro del settore agricolo operanti nei territori di cui al citato articolo 1 del D.P.R. 218 del 1978.

Infine, l’articolo 9, comma 6, della citata L. 67 del 1988 ha disposto che per i calcoli delle agevolazioni di cui al precedente comma 5 non deve tenersi conto delle fiscalizzazioni previste dai commi 5 e 6 del citato articolo 1 del D.L. 536 del 1987

[169]  “Legge-quadro in materia di formazione professionale”.

[170]  “Norme per la copertura delle spese generali di amministrazione degli enti privati gestori di attività formative”.

[171]  Ai sensi dell'art. 1, comma 3, secondo periodo, del D.Lgs. 9 gennaio 1999, n. 1, (recante il riordino degli enti e delle società di promozione e istituzione della società «Sviluppo Italia»), la partecipazione azionaria di ITAINVEST in Italia Lavoro è conferita al Ministero dell'economia e delle finanze, che esercita i diritti dell'azionista su direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri e d'intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

[172]  Si tratta delle risorse stanziate per l’attuazione dell’obbligo di frequenza di attività formative.

[173]  “Riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali, a norma degli articoli 11 e 14 della L. 15 marzo 1997, n. 59”.

[174]  “Disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica, a norma dell'articolo 11, comma 1, lettera d), della L. 15 marzo 1997, n. 59”.

[175]  Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro opera alle dipendenze funzionali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e appartiene all'Organizzazione Speciale dell'Arma: in particolare, dipende dal Comando Divisione Unità Specializzate per ciò che attiene all'addestramento, all'ordinamento, alla disciplina ed all'avanzamento. Agisce d'iniziativa, ma anche a supporto dell'attività operativa degli altri Reparti dell'Arma.

I compiti sono prevalentemente diretti ad accertare violazioni in materia giuslavoristica e legislazione sociale, attraverso la vigilanza sull'applicazione delle leggi in materia di lavoro e di previdenza sociale nelle aziende industriali, commerciali, negli uffici, nell'agricoltura e, in genere, ovunque sia previsto un lavoro salariato o stipendiato.

Dal punto di vista normativo, l'inserimento di militari dell'Arma negli Ispettorati del Lavoro risale al 1937, con il Regio Decreto Legge 13 maggio n. 804 art. 2, con cui venivano assegnati militari dell'Arma per i servizi di vigilanza per l'applicazione delle leggi sul lavoro. Successivamente, il D.P.R. n. 520 del 1955, recante norme sulla "Riorganizzazione centrale e periferica del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali", ha riconfermato l'assegnazione del predetto personale distribuito su tutto il territorio nazionale.

In data 1° ottobre 1997 - in ottemperanza del D.M. 31 luglio 1997 di cui all’art. 9 bis, comma 14, della legge 28 novembre 1996, n. 608 - il Comando Generale dell'Arma ha attivato il Comando Carabinieri Ispettorato del Lavoro, ponendone i Nuclei Carabinieri Ispettorato del Lavoro, già preesistenti, gerarchicamente subordinati. Dal 20 aprile 2006 il Comando ha assunto l'attuale denominazione.

[176]  D.P.R. 19 marzo 1955, n. 520, “Riorganizzazione centrale e periferica del Ministero del lavoro e della previdenza sociale”.

[177]  D.M. 31 luglio 1997, “Istituzione del «Comando carabinieri ispettorato del lavoro» presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale”.

[178]  D.L. 1 ottobre 1996, n. 510, “Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale”, convertito con modificazioni dalla L. 28 novembre 1996, n. 608.

[179]  Si ricorda che, ai sensi dell’art. 1, comma 8, del suddetto D.L. n. 148 del 1993, le somme del Fondo per l'occupazione non impegnate in ciascun esercizio finanziario possono esserlo in quello successivo.

[180]  L’articolo 3, comma 137, della legge n. 350 del 2003 ha disposto, tra l'altro, che, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, nel caso di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali ovvero miranti al reimpiego di lavoratori coinvolti in detti programmi, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze può disporre, entro il 31 dicembre 2004, proroghe di trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, già previsti da disposizioni di legge, anche in deroga alla normativa vigente in materia.

[181]  Modificato dall’articolo 13, comma 2, lettera b), del decreto legge n. 35 del 2005.

[182]  Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria,

[183]  Il termine era stato a sua volta prorogato al 31 dicembre 2007, da ultimo, dall'art. 1, comma 1211, della L. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).

[184]  Disposizioni urgenti in materia di sostegno al reddito, di incentivazione all'occupazione e di carattere previdenziale.

[185]  Per i datori di lavoro con meno di 10 dipendenti la suddetta aliquota del 10% per gli apprendisti è ridotta di 8,5 punti percentuali nel primo anno di contratto e di 7 punti percentuali nel secondo anno di contratto, restando fermo il livello di aliquota del 10% per i periodi contributivi maturati negli anni successivi al secondo.

[186]  Si ricorda che con la circolare n. 22 del 23 gennaio 2007 l’INPS ha fornito indicazioni relative sia al comma 773 (nuova disciplina contributiva e previdenziale per gli apprendisti) sia al comma 1211 (proroga al 31 dicembre 2007 della possibilità di iscrizione nelle liste di mobilità per i lavoratori delle imprese che occupano meno di 15 dipendenti ai soli fini dei benefici contributivi conseguenti all’eventuale rioccupazione).

[187]  “Interventi urgenti a sostegno dell'occupazione”.

[188]  A norma dell'art. 5 del D.L. 148 del 1993, convertito dalla L. 236 del 1993, per i contratti di solidarietà stipulati nel triennio 1993-1995 l'ammontare del trattamento di CIG è elevato, per un periodo massimo di due anni, alla misura del 75% della retribuzione persa a seguito della riduzione d'orario, con contemporanea corresponsione alle imprese di un contributo pari ad un quarto del monte retributivo da esse non dovuto a seguito della medesima riduzione d'orario.

[189]  Ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del D.L. 299 del 1994, la compatibilità dei contratti di solidarietà difensivi con la CIGS è riconosciuta:

§       se i lavoratori interessati ai 2 distinti benefici sono diversi ed individuati in appositi elenchi nominativi, tale distinzione deve sussistere sin dall’inizio e per l’intero periodo in cui le 2 fattispecie coesistono;

§       i programmi di CGIS devono essere univocamente quelli approvati per crisi aziendale oppure per ristrutturazione, riorganizzazione e riconversione aziendale, escludendo quindi l’ipotesi di procedure concorsuali.

[190]  “Misure urgenti a sostegno e ad incremento dei livelli occupazionali”.

[191]  “Fiscalizzazione degli oneri sociali, proroga degli sgravi contributivi nel Mezzogiorno, interventi per settori in crisi e norme in materia di organizzazione dell'INPS”.

[192]  Secondo la circolare del Ministero del lavoro del28 marzo 2003, n. 8.

[193]  Merita ricordare, in proposito, che l’articolo 1, comma 773, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006) ha rideterminato, con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2007, le aliquote contributive dovute dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani, nella misura complessiva del 10% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Inoltre, al fine di rendere più graduale l’impatto dell’incremento della contribuzione per le aziende di minori dimensioni, si prevede che, per i datori di lavoro che occupano complessivamente meno di 10 dipendenti, la suddetta aliquota complessiva del 10% a loro carico relativa agli apprendisti è ridotta di 8,5 punti percentuali per i contributi maturati nel primo anno di contratto e di 7 punti percentuali per i contributi maturati nel secondo anno di contratto. Resta fermo il livello di aliquota del 10% per i contributi maturati negli anni successivi al secondo.

[194]  Le imprese artigiane non devono rientrare nel campo di applicazione della CIGS.

[195]  In sostanza si tratta di imprese che non siano: industriali; appaltatrici (presso imprese industriali) di servizi di mensa o ristorazione; grandi imprese commerciali; editrici o stampatrici di giornali quotidiani, di periodici o di agenzie di stampa a diffusione nazionale.

[196]  Si ricorda, in proposito, che il termine originario previsto dal richiamato comma 5 (31 dicembre 1995) è stato successivamente prorogato al 31 dicembre 1998 (articolo 1, comma 2, D.L. 4 del 1998), al 31 dicembre 1999 (articolo 81, comma 2, lettera b), della L. 23 dicembre 1998, n. 448), al 31 dicembre 2000 (articolo 62, comma 5, lettera b), della L. 23 dicembre 1999, n. 488), al 31 dicembre 2001 (articolo 78, comma 15, lettera c), della L. 23 dicembre 2000, n. 388), al 31 dicembre 2002 (articolo 52, comma 70, della L. 448 del 2001), al 31 dicembre 2003 (articolo 41, comma 3, della L. 289 del 2002), al 31 dicembre 2004 (articolo 3, comma 136 della L. 350 del 2003), al 31 dicembre 2005 (art. 1, comma 162, della legge n. 311/2004), al 31 dicembre 2006 (articolo 1, comma 11, del D.L. 6 marzo 2006, n. 68, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2006, n. 127), e da ultimo al 31 dicembre 2007 (articolo 1, comma 1212, della L. 296 del 2006).

[197]  Presentata al vertice trilaterale informale sulle questioni sociali del 18 ottobre 2007.

[198]  L. 3 agosto 2007, n. 123, “Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia”.

[199]  Per quarto riguarda la copertura finanziaria, si ricorda che l’articolo 1, comma 780, della legge finanziaria per il 2007 ha disposto che, a decorrere dal 2008, con riferimento alla gestione separata artigianato presso l’INAIL, i premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali siano ridotti con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa delibera dell’INAIL, per un importo non superiore a 300 milioni di euro per il 2008, a valere sull’incremento del complessivo gettito contributivo INAIL ove superiore al tasso di variazione nominale del PIL per l’anno 2007 .

[200]  D.M. 2 luglio 2007, “Determinazione dell'importo destinato al Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro, di cui all'articolo 1, comma 1187, della L. 27 dicembre 2006, n. 296”.

[201]  La comunicazione “Un’Agenda dei cittadini per un’Europa dei risultati” (COM(2006)211, presentata il 10 maggio 2006 sottolineava l’esigenza di una nuova agenda dei cittadini per l’Europa capace di portare pace, prosperità e solidarietà nel contesto della globalizzazione.

[202]  Procedura di infrazione n. 2005/2200

[203]  COM(2005) 123 def., Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo che istituisce un Programma quadro sulla solidarietà e gestione dei flussi migratori per il periodo 2007-2013.

[204]  L. 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).

[205]  D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 215, Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica.

[206]  La comunicazione della Commissione (COM(2005)123-1), istitutiva del programma quadro Solidarietà e gestione dei flussi migratori, è stata favorevolmente accolta dal Parlamento europeo con una risoluzione il 24 ottobre 2006.

[207]  L’attuale Fondo europeo per i rifugiati per il periodo 2005-2010 (COM(2004)102), rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 2007.

[208]  L’approccio globale in materia di migrazione è stato adottato dal Consiglio europeo del 15-16 dicembre 2005.

[209]  Inaugurata dalla Commissione con la comunicazione COM(2003)104 presentata l’11 marzo 2003, la politica europea di vicinato si rivolge ai nuovi Stati indipendenti ( Bielorussia, Moldova, Ucraina), ai paesi del Mediterraneo meridionale e, a seguito della decisione del Consiglio del 14 giugno 2004, anche agli Stati del Caucaso, con l’obiettivodi creare una zona di prosperità condivisa e buon vicinato. La politica europea di vicinato, nettamente distinta dalla questione della potenziale adesione all’UE, propone un nuovo approccio nei confronti dei paesi interessati: in cambio dei progressi concreti compiuti in termini di riconoscimento dei valori comuni e di attuazione effettiva di riforme politiche, economiche e istituzionali, si riconosce loro una partecipazione al mercato interno dell’UE, nonché un’ulteriore integrazione e liberalizzazione per favorire la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali. Una delle componenti principali della politica europea di vicinato è rappresentata dai piani d’azione, che vengono concordati dall’Unione europea con ciascuno dei paesi interessati. Tali piani d’azione, differenziati, per riflettere lo stato delle relazioni con ciascun paese, le sue necessità e capacità, nonché gli interessi comuni, definiscono il percorso da seguire nei prossimi 3-5 anni.

[210]  COM(2005)669. Vedi paragrafo seguente

[211]  Vedi infra, paragrafo Immigrazione legale e integrazione

[212]  Si ricorda che nell’ottobre 2006 si è svolto a Rotterdam il primo Forum europeo per l’Integrazione. La seconda edizione avrà luogo a Milano nel prossimo mese di ottobre.

[213]  Il Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003 ha stabilito la pubblicazione di relazioni annuali che descrivano le misure prese a livello nazionale e comunitario in materia di ammissione ed integrazione dei cittadini di paesi terzi e analizzino i cambiamenti intercorsi La prima relazione annuale COM(2004)508 è stata pubblicata nel luglio 2004, la seconda SEC(2006)892 nel giugno 2006.

[214]  COM(2005)391.

[215]  Per le due comunicazioni che, insieme alla proposta di direttiva, costituiscono il “pacchetto” di misure (cd. pacchetto Frattini) presentato dalla Commissione il 16 maggio 2007, vedi supra, paragrafo “L’approccio globale in materia di migrazione: recenti iniziative della Commissione”.

[216]  A questo proposito si segnala che il 24 ottobre 2007 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2007)628) sul rafforzamento della lotta contro il lavoro non dichiarato.

[217]  Oltre alla comunicazione  e alla proposta di direttiva, il pacchetto di misure presentato dalla Commissione il 19 luglio 2006 comprendeva anche la proposta di regolamento (COM(2006)401), relativo alle squadre di rapido intervento, definitivamente approvata il 12 giugno 2007 (vedi infra).

[218]  COM(2006)733.

[219]    L’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (FRONTEX) è stata istituita con il regolamento (CE) n. 2007/2004 del 26 ottobre 2004.

      L’Agenzia ha il compito:

      di coordinare la cooperazione operativa tra gli Stati membri in materia di gestione delle frontiere esterne;

      assistere gli Stati membri nella formazione di guardie nazionali di confine, anche elaborando norme comuni in materia di formazione;

      preparare analisi dei rischi;

      seguire l’evoluzione delle ricerche in materia di controllo e sorveglianza delle frontiere esterne;

      aiutare gli Stati membri che devono affrontare circostanze tali da richiedere un’assistenza tecnica e operativa rafforzata alle frontiere esterne;

      fornire agli Stati membri il sostegno necessario per organizzare operazioni di rimpatrio congiunte.

[220]  Regolamento CE n. 863/2007

[221]  Il 30 novembre 2006, sulla base delle indicazioni del Consiglio del 5-6 ottobre 2006, la Commissione ha presentato la comunicazione “Rinforzare la gestione delle frontiere marittime meridionali dell’Unione europea[221]”. La comunicazione, finalizzata a rafforzare l’attività dell’Agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne, evidenzia una serie di nuovi strumenti destinati a migliorare la gestione integrata delle frontiere europee. Si propone, fra l'altro, una rete di pattugliamento costiero, un sistema europeo di sorveglianza e un'assistenza operativa, volta a migliorare la capacità degli Stati membri di gestire flussi misti di immigranti illegali. La comunicazione è stata esaminata dal Consiglio nella riunione del 4 dicembre 2006.

[222]  ad esempio, nelle operazioni di rimpatrio, di accoglienza, di presa a carico dei richiedenti asilo e dei profughi.

[223]  La lettera di costituzione in mora rappresenta la prima fase della procedura d’infrazione e mette uno Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni, qualora la Commissione reputi che esso abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù del trattato che istituisce la Comunità europea. Qualora la Commissione non ritenga esaurienti tali osservazioni, essa emette un parere motivato, seconda e ultima fase della procedura d’infrazione, prima che la Commissione europea proceda al deferimento formale dello Stato membro davanti alla Corte di giustizia, affinché accerti la sussistenza di una violazione del diritto comunitario, secondo quanto previsto dall’art. 226 del Trattato.

[224]  Con la legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002) le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate sono state concentrate in due fondi di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 61, comma 1) e del Ministero delle attività produttive (articolo 60, comma 3).

      In particolare, nel Fondo per le aree sottoutilizzate (articolo 61, comma 1), iscritto inizialmente nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, ora, allocato nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, sono confluite, con separata evidenziazione contabile, le risorse relative alle seguenti leggi:

-        all’intervento straordinario nel Mezzogiorno;

-        all’intervento ordinario nelle aree depresse;

-        al Fondo per l’imprenditoria giovanile;

-        ai crediti di imposta per investimenti e per nuove assunzioni.

      L’elenco degli strumenti che confluiscono nel Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all’Allegato 1 della legge n. 289/2002, è stato esteso anche:

-        alle agevolazioni concesse ai sensi dei commi 215-217 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004, per l’attrazione degli investimenti nelle aree sottoutilizzate;

-        agli interventi previsti dai commi da 219-220 dell’art. 1 della legge n. 311/2004, che dispongono finanziamenti all'Istituto italiano per gli studi storici e all'Istituto italiano per gli studi filosofici per attività di ricerca e formazione per la promozione dell'integrazione europea e mediterranea del Mezzogiorno;

-        agli interventi di intensificazione della deduzione a fini IRAP dei costi relativi alle nuove assunzioni nel Mezzogiorno e nelle aree svantaggiate del Centro-nord, di cui al comma 4-quinquies dell’art. 11 del D.Lgs. n. 446/1997, come modificato dall’art. 11-ter, co. 2, del D.L. n. 35/2005, in quanto tali interventi sono finanziati a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate.

      Il Fondo costituito ai sensi dell’articolo 60, comma 3, della legge n. 289/2002 non ha mai avuto una autonoma evidenza contabile, in quanto è stato di fatto ricompresso nel Fondo unico per gli incentivi alle imprese (articolo 52 della legge n. 448/1998) e costituito dalle risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese destinate alle aree sottoutilizzate, relative:

-        alle legge n. 488/1992, recante interventi di agevolazione alle attività produttive;

-        agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area), finanziati a valere sulle risorse della legge n. 208/1998.

      Ai sensi dell’articolo 1, comma 841, della legge finanziaria 2007 le risorse del  Fondo per le aree sottoutilizzate” di competenza del Ministero dello sviluppo economico e del “Fondo unico per gli incentivi alle imprese” confluiscono nel nuovo Fondo per la competitività e lo sviluppo.

[225]  Si tratta delle aree ammissibili alle deroghe previste alle lettere a) e c) del paragrafo 3, dell’articolo 87 del Trattato istitutivo della Comunità europea, che dispone la compatibilità degli aiuti volti a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione (con PIL inferiore al 75% della media UE a 25); e ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse. Tali aree sono individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2000-2006. Si segnala che tale Carta degli aiuti è stata aggiornata con la nuova programmazione dei fondi comunitari 2007-2013, a seguito dell’approvazione da parte della Commissione dell’Unione europea degli “Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale” (pubblicati nella GUUE serie C n. 54 del 4 marzo 2006).

[226]  Ai sensi dell’articolo 2, lettera f), del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002 si definisce "lavoratore svantaggiato" qualsiasi persona appartenente ad una categoria che abbia difficoltà ad entrare, senza assistenza, nel mercato del lavoro, vale a dire ogni persona che soddisfi almeno uno dei criteri seguenti: a) qualsiasi giovane che abbia meno di 25 anni o che abbia completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e che non abbia ancora ottenuto il primo impiego retribuito regolarmente; b) qualsiasi lavoratore migrante che si sposti o si sia spostato all'interno della Comunità o divenga residente nella Comunità per assumervi un lavoro; c) qualsiasi persona appartenente ad una minoranza etnica di uno Stato membro che debba migliorare le sue conoscenze linguistiche, la sua formazione professionale o la sua esperienza lavorativa per incrementare le possibilità di ottenere un'occupazione stabile; d) qualsiasi persona che desideri intraprendere o riprendere un'attività lavorativa e che non abbia lavorato, né seguito corsi di formazione, per almeno due anni, in particolare qualsiasi persona che abbia lasciato il lavoro per la difficoltà di conciliare vita lavorativa e vita familiare; e) qualsiasi persona adulta che viva sola con uno o più figli a carico; f) qualsiasi persona priva di un titolo di studio di livello secondario superiore o equivalente, priva di un posto di lavoro o in procinto di perderlo; g) qualsiasi persona di più di 50 anni priva di un posto di lavoro o in procinto di perderlo; h) qualsiasi disoccupato di lungo periodo, ossia una persona senza lavoro per 12 dei 16 mesi precedenti, o per 6 degli 8 mesi precedenti nel caso di persone di meno di 25 anni; i) qualsiasi persona riconosciuta come affetta, al momento o in passato, da una dipendenza ai sensi della legislazione nazionale; l) qualsiasi persona che non abbia ottenuto il primo impiego retribuito regolarmente da quando è stata sottoposta a una pena detentiva o a un'altra sanzione penale; m) qualsiasi donna di un'area geografica al livello NUTS II nella quale il tasso medio di disoccupazione superi il 100% della media comunitaria da almeno due anni civili e nella quale la disoccupazione femminile abbia superato il 150% del tasso di disoccupazione maschile dell'area considerata per almeno due dei tre anni civili precedenti.

[227]  Ai sensi dell’articolo 74 del TUIR (DPR n. 917 del 1986).

[228]  Secondo la definizione dell’articolo 2359 del codice civile.

[229]  La norma fa espresso riferimento al caso dell’interposta persona.

[230]  Ai sensi del  D.Lgs n. 241 del 1997.

[231]  Articolo 61 e articolo 109, comma 5, del TUIR.

[232]  Individuati ai sensi della L. n. 104 del 1992.

[233]  Istituito con legge n. 289 del 2002, arti. 61 (legge finanziaria per il 2003). Per una ricostruzione normativa del Fondo si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 120 del presente dossier.

[234]  Si ricorda che il Trattato istitutivo della Comunità europea prevede una procedura – prescritta all’articolo 88, paragrafo 3 – secondo la quale alla Commissione devono essere comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare gli aiuti. In ogni caso, lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale da parte della Commissione europea.

[235]  Raccomandazione 2005/601/CE, relativa agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità (per il periodo 2005-2008).

[236]  L’articolo 99 del Trattato istitutivo della Comunità europea prevede che, sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su raccomandazione della Commissione, adotta una raccomandazione che definisce gli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri. Il Consiglio, sulla base di relazioni presentate dalla Commissione, sorveglia l’evoluzione economica in ciascuno degli Stati membri e nella Comunità, nonché la coerenza delle politiche economiche con gli indirizzi di massima e procede regolarmente ad una valutazione globale.

[237]  Decisione 2005/600/CE sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione.

[238]  L’invito è stato pubblicato in GUCE C210 dell’8 settembre 2007. Le proposte di modifica sono intese a semplificare e a consolidare in un unico testo cinque differenti tipi di esenzione esistenti - aiuti alle PMI, alla ricerca e sviluppo per le PMI, aiuti per l’occupazione, per la formazione e aiuti regionali - e ad estendere il campo d’applicazione di tali esenzioni ad ulteriori tre settori  (aiuti a tutela dell’ambiente, aiuti sotto forma di rischio di capitale e aiuti per la ricerca e sviluppo anche in favore delle grandi imprese).

[239]  Le disposizioni riguardanti la procedura per l’adozione di regolamenti di esenzione da parte della Commissione sono stabilite agli articoli 6 e 8 del regolamento n. 994/98 del 7 maggio 1998 sull’applicazione degli articoli 92 e 93 TCE a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali.

[240]  Si tratta delle aree ammissibili alle deroghe sugli aiuti a finalità regionale previsti dal Trattato istitutivo della Comunità europea (alle lettere a) e c), paragrafo 3, dell’articolo 87, rispettivamente aree con PIL inferiore alla media comunitaria dei 25 paesi e zone in ritardo di sviluppo individuate dalla Carte degli aiuti a finalità regionale) e le aree individuate dagli Obiettivi comunitari 1 e 2 e in phasing-out.  Si ricorda che le agevolazioni ai sensi della legge n. 488/1992, che peraltro modifica la legge n. 64 dell’86 in materia di disciplina organica dell’intervento straordinario per il Mezzogiorno, sono concesse ai programmi di investimento delle imprese industriali per la costruzione, l’ampliamento e l’ammodernamento degli impianti produttivi relativi alle attività estrattive e manifatturiere, alla produzione e distribuzione di energia elettrica, di vapore e acqua calda, alle attività di costruzioni e, nei limiti del 5% delle risorse, alle attività di servizi reali alle imprese nel settore dell’informatica e dei servizi connessi alla formazione professionale, del trasferimento tecnologico e di intermediazione dell’informazione, nonché alla consulenza tecnico-economica. I decreti fiscali convertiti nella leggi n. 449/1997 e n. 448/1998 hanno esteso le predette agevolazioni rispettivamente al settore turistico-alberghiero e alle imprese operanti nel commercio.

[241]  Convertito con legge n. 127 del 3 agosto 2007.

[242]  Ai sensi dell’articolo 13 del D.M. del 1° febbraio 2006, infatti, per la concessione definitiva delle agevolazioni, il Ministero per lo sviluppo economico (MiSE) dispone accertamenti sull’effettiva realizzazione dei programmi ammessi alle agevolazioni. L’ammontare degli investimenti finali ammissibili è quello indicato nelle risultanze di tali accertamenti, sulla base di una relazione finale contenente dichiarazioni del legale rappresentate dell’impresa (conformità ai documenti originali di spesa unicamente riferibili ai programmi, regolarità fiscale ecc.).

[243]  Si ricorda che ai sensi dell’articolo 6, comma 7, del D.M. n. 527 del 1995, il MiSE adotta il decreto di concessione provvisoria delle agevolazioni in favore delle domande inserite in graduatoria, in ordine decrescente dalla prima, fino all’esaurimento dei fondi disponibili.

[244]  Prima dell’effettiva emanazione del decreto da parte del Ministero per lo sviluppo economico, possono trascorrere fino a nove mesi (termine da considerarsi di silenzio-assenso in caso di mancata pronuncia) dal ricevimento di tutta la documentazione valida ai fini della certificazione della spesa. Le nuove disposizioni introdotte con il citato articolo 8-bis rimandano ad un decreto di natura non regolamentare del MiSE le modalità di attuazione di controlli sui programmi sostitutivi degli accertamenti previsti a legislazione vigente, anche mediante verifiche a campione da parte di apposite commissioni di accertamento o mediante l’affidamento di tali verifiche a organismi o enti. Con tale decreto sono inoltre stabiliti i criteri per la verifica dello scostamento degli indicatori da applicare alle domande di agevolazioni, ai fini della formazione della graduatoria di tali richieste.

[245]  Rispettivamente previste alle lettere d), e) ed f), comma 203, articolo 2 della legge finanziaria per il 1997 (legge n. 662 del 1996).

[246]  Le norme sulla riforma degli incentivi sono infatti previste all’articolo 8, commi 1-5, del citato decreto-legge n. 35, convertito con legge n. 80 del 2005.

[247]  Si ricorda, infatti, che la legge n. 311 del 30 dicembre 2004 (legge finanziaria per il 2005) ha istituito, presso la Cassa depositi e prestiti Spa, un fondo denominato “Fondo rotativo per il sostegno delle imprese e gli investimenti in ricerca”, finalizzato alla concessione alle imprese di finanziamenti agevolati, sotto forma di anticipazioni, rimborsabili con un piano di rientro pluriennale.

[248]  La definizione del programma è disciplinata con decreto del Ministero del lavoro, da emanarsi entro 60 giorni dal 1° gennaio 2008, d’intesa con il MiSe e con il concerto delle regioni interessate.

[249]  La norma, specifica, peraltro, che la costituzione dell’Osservatorio debba avvenire “senza oneri per la finanza pubblica” con decreto del Ministro del lavoro di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.

[250]  Il testo della Disciplina è stato pubblicato nella GUCE n. C 323 del 30 dicembre 2006, a seguito della conclusione di una consultazione pubblica per la revisione da parte della Commissione degli aiuti di Stato a favore della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione (RSU). In particolare, si considerano compatibili con le norme in materia di aiuti a finalità regionale i trasferimenti alle nuove imprese innovatrici, purchè queste siano piccole imprese con meno di 5 anni di attività al momento della concessione dell’aiuto. Inoltre, secondo un piano di impresa deve risultare che il beneficiario svilupperà prodotti, servizi o processi tecnologicamente nuovi o sensibilmente migliorati e che comportano un rischio di insuccesso tecnologico o industriale. Le spese in ricerca e sviluppo devono altresì rappresentare il 15% del totale delle spese operative e l’aiuto che riceve l’impresa beneficiare con i predetti requisiti non deve essere superiore a 1 milione di euro, incrementato a 1,5 milioni nelle regioni con PIL inferiore al 75% della media UE a 25 e a 1,25 milioni nelle regioni in ritardo di sviluppo, vale a dire le aree ammissibili alle deroghe ai sensi, rispettivamente, dell’art. 87.3.a. e 87.3.c del Trattato istitutivo Comunità europea. Inoltre, il beneficiario può usufruire dell’aiuto una sola volta nel periodo in cui è definita come impresa innovatrice e lo stesso aiuto può essere cumulato soltanto con altri aiuti alla ricerca (ex regolamento CE n. 364/2004) ovvero con aiuti concessi a norma degli orientamenti sul capitale di rischio.

[251]  La lettera in esame dispone altresì che i criteri e le modalità per il riconoscimento delle agevolazioni, comunque fissate entro i limiti di cui alla sezione 5.4 della Disciplina comunitaria, saranno disciplinati con apposito decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge. 

[252]  Si ricorda che nell’Obiettivo 1, Convergenza, ricadono esclusivamente le aree delle regioni Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, ai sensi del regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell’11 luglio 2006.

[253]  I rapporti tra Governo e tali regioni e le modalità di erogazione delle risorse sono regolate da delibere CIPE di assegnazione delle risorse e da appositi accordi di programma quadro (vale a dire una intesa istituzionale per la definizione di un programma esecutivo di interventi di interesse comune o funzionalmente collegati).

[254]  Le modalità di assegnazione saranno stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze d'intesa con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

[255]  Definito ai sensi dell’art. 53, comma 1, del TUIR.

[256]  Gli altri due programmi specifici sono: Programma di sostegno alla politica in materia di tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) e Programma Energia Intelligente – Europa.

[257]Decisione n. 1776/2005/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 settembre 2005, che modifica la decisione 2000/819/CE del Consiglio relativa ad un programma pluriennale a favore dell'impresa e dell'imprenditorialità, in particolare per le piccole e medie imprese (PMI) (2001-2005). Il programma è stato successivamente prorogato fino alla fine del 2006 per garantire la continuità delle azioni fino al varo del programma che lo ha sostituito nel quadro delle nuove prospettive finanziarie. Per il periodo 2007-2013 è stato quindi istituito, con decisione n. 1639/2006/CE, un programma quadro per la competitività e l’innovazione.

[258]  Il 5 ottobre 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione “Superare la stigmatizzazione del fallimento aziendale - per una politica della seconda possibilità” (COM(2007) 584).

[259]  Legge 30 dicembre 2004, n. 311

[260]  Si ricorda che il regolamento approvato con D.M. 509/1999 (recentemente sostituito dal D.M. 22 ottobre 2004, n. 270,) ha introdotto una nuova articolazione dei corsi universitari e dei relativi titoli ed ha limitato il rilascio di diplomi di specializzazione ai soli casi previsti da specifiche disposizioni legislative o direttive dell'Unione europea, in particolare nelle aree degli studi sanitari, della formazione degli insegnanti, della preparazione alle professioni legali.

[261]  Tali informazioni sono tratte dal Sito in internet della facoltà http://www.jeanmonnet-unina2.it/?r=372

[262]  Si ricorda in proposito che l’art. 3 comma 4 della legge finanziaria 2003 (legge 24 dicembre 2003 n. 350) prevede che le strutture universitarie specialistiche operanti nei settori strategici per la diffusione del diritto europeo possano stipulare accordi di programma con enti e imprese pubblici e privati (comprese le piccole e medie imprese), al fine di sviluppare programmi didattici e di ricerca per la formazione di nuove figure professionali e manageriali nei settori rilevanti per l'attuazione delle politiche comunitarie e per l'internazionalizzazione delle imprese

[263]  D.L. 30-9-2005 n. 203 Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria. convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 2 dicembre 2005, n. 248 (

[264]  Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università, previsto dall’articolo 5, comma 1, lettera a), della legge n. 537 del 1993, comprende le spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, incluse le spese per il personale docente e non docente e per la ricerca scientifica universitaria, nonché quelle per la manutenzione ordinaria. L’ammontare del fondo è determinato annualmente dalla tabella C della legge finanziaria.

[265]  A carico dei titolari di concessioni di stoccaggio il D.Lgs. 164 pone una serie di obblighi, tra i qualirientrano: la gestione in modo coordinato e integrato delle capacità di stoccaggio se si tratta di titolare di più concessioni; la fornitura di capacità di stoccaggio minerario, strategico e di modulazione agli utenti che ne facciano richiesta e il cui sistema abbia idonee capacità e purché i servizi richiesti siano realizzabili sia economicamente che tecnicamente, sulla base dei criteri di cui al DM 9 maggio 2001 e il DM 26 settembre 2001 (articolo 12).

[266]  Sulla complessa vicenda si rinvia a M. BARBERO, "Bocciatura definitiva per la “tassa sul tubo” della Regione Sicilia", in : http://www.forumcostituzionale.it/site/images/stories/pdf/nuovi%20pdf/Giurisprudenza/corte_di_giustizia/0001_barbero.pdf

[267]  Si ricorda che, a seguito di osservazioni sollevate dalla Commissione europea, la sperimentazione delle ZFU non è stata ancora avviata. Peraltro, l’operatività del Fondo non risultava possibile per l’anno 2007, in quanto l’appostazione di bilancio nello stato di previsione del Ministero dell’economia, pari a 50 milioni, era prevista per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

[268]  Tale tipologia di impresa è definita dalla Raccomandazione 2003/361/CE del 6 maggio 2003, secondo la quale la categoria delle piccole imprese prevede l’impiego di meno di 50 persone e un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro, mentre la categoria della microimpresa prevede l’impiego di meno di 10 persone, con un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo inferiori ai 2 milioni di euro.

[269]    Si ricorda che i Sistemi locali di lavoro (SLL) rappresentano aggregazioni di comuni contigui, geograficamente e statisticamente comparabili, caratterizzati dal maggiore addensamento della popolazione per motivi di lavoro. Tali aggregazioni derivano da una ricerca dell’ISTAT condotta con altri istituti di ricerca e ricavati da appositi quesiti posti nel censimento generale del ’91.

[270]  La disposizione relativa al limite di reddito esente è stata introdotta dalla Commissione 5a del Senato.

[271]  Cfr. nota 418.

[272]  La disposizione relativa all’estensione delle agevolazioni anche ai titolari di reddito autonomo è stata introdotta dalla Commissione 5a al Senato.

[273]  Previsto dal Regolamento 2006/1998/CE del 15 dicembre 2006. Tale norma è stata introdotta a seguito del Regolamento 994/98/CE, che conferisce facoltà alla Commissione europea di stabilire, mediante un regolamento, una soglia al di sotto della quale gli aiuti di stato non rientrano più nel campo di applicazione dell'articolo 87, paragrafo 1, che reca i criteri per la compatibilità degli stessi con il mercato comune, e sono pertanto dispensati dalla procedura di cui all'articolo 88, paragrafo 3, che contempla l'obbligo di notificare gli aiuti di Stato alla Commissione europea al fine di stabilirne la compatibilità con il mercato comune sulla base dei criteri dell'articolo 87, paragrafo 1. Con il Regolamento 69/2001 la Commissione aveva fissato tale soglia a 100.000 euro su un periodo di tre anni. Il Regolamento 1998/2006 ha raddoppiato tale soglia portandola a 200.000 euro.

[274]  In particolare, si prevede che l’identificazione, la perimetrazione e la selezione delle zone franche urbane venga definita sulla base di parametri socio-economici.

[275]  Modifica introdotta dalla Commissione 5a al Senato.

[276]  L'art. 88, par. 3, del Trattato CE prevede che siano comunicati alla Commissione, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. In attesa della decisione finale, non si può dare comunque esecuzione alle misure agevolative. Tale obbligo di notifica rappresenta il c.d. obbligo di standstill e determina la possibilità di ricorso al giudice nazionale da parte delle imprese concorrenti destinatarie dell’aiuto.

[277]  Tale legge, in materia di investimenti, contiene la delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali.

[278]  Si veda il dossier Politiche dell’Unione europea “Agenda territoriale dell’UE e Carta di Lipsia sulle città”, n. 16, del 20 giugno 2007, a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea.

[279]  Decreto legge 18 maggio 2006, n. 181, recante Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, convertito con modificazioni dalla legge di conversione 17 luglio 2006, n. 233.

[280]  Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

[281]  L. 23 dicembre 2005, n. 266, recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006).

[282]  L. 27 dicembre 2006, n. 296, recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).

[283]  Legge 15 luglio 2003, n. 189, recante Norme per la promozione della pratica dello sport da parte delle persone disabili.

[284]  La Federazione Italiana Sport Disabili nasce nel 1990 dall’unificazione delle tre federazioni sportive competenti in materia di handicap: la Fisha (Federazione Italiana Sport Handicappati), la Fics (Federazione Italiana Ciechi Sportivi) e la Fssi (Federazione Italiana Silenziosi d’Italia)

[285]  D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

[286]  Si ricorda che CONSIP s.p.a. è la società cui è stato conferito l'incarico di stipulare convenzioni e contratti quadro per l'acquisto di beni e servizi per conto delle amministrazioni dello Stato (D.M. 24 febbraio 2000).

[287]  Il DPR 367/94 ha disciplinato la sostituzione delle registrazioni cartacee con quelle informatizzate (Sistema informatico di contabilità gestionale – SICOGE).

[288]  D.Lgs. n. 286 del 1999, recante  “Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59 ”.

[289]  Per l’anno 2007, è stato adottato il D.M 1° marzo 2007 (G.U. n. 30/2007 - V serie speciale)

[290]Si ricorda che l’articolo 59 della legge finanziaria 2001, disciplinante l’acquisto di beni e servizi a rilevanza regionale da parte degli enti decentrati di spesa, è stato abrogato dalla legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 458), fatto salvo il comma 3, il quale è stato contestualmente novellato per coordinamento. Il comma consente alle università di costituire fondazioni di diritto privato, con enti e amministrazioni pubbliche e soggetti privati, per lo svolgimento di attività strumentali e di supporto alla didattica e alla ricerca

[291]  Si tratta delle convenzioni, stipulate dalla Consip, con le quali l'impresa prescelta si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura di beni e servizi deliberati dalle amministrazioni dello Stato anche con il ricorso alla locazione finanziaria. Si ricorda che il D.M. 24 febbraio 2000, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 26, comma 3 della legge n. 488/1999 ha disciplinato il “Conferimento alla CONSIP S.p.a. dell'incarico di stipulare convenzioni e contratti quadro per l'acquisto di beni e servizi per conto delle amministrazioni dello Stato”.

[292]  Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.

[293]  Audizione della Corte dei Conti dinnanzi alle Commissioni bilancio del Senato e Camera sul disegno di legge finanziaria per l’anno 2008, 10 ottobre 2007.

[294]  In termini di indebitamento netto, si determina un risparmio di spesa pari a 3,3 miliardi nel 2007, 4,7 miliardi nel 2008 e 4,9 miliardi nel 2009.

[295]  Cfr Corte dei Conti, Relazione sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relative alle leggi pubblicate nel quadrimestre settembre-dicembre 2006, Doc. XLVIII, n. 4.

[296]  In termini di indebitamento netto, la reintegrazione è pari a 1.519 milioni per il 2007, 80 milioni per il 2008 e 90 per il 2009.

[297]  Procedura 2006/4404

[298]  Procedura 2005/5041

[299]  Procedura 2006/4264

[300]  Si ricorda che il citato comma 2 intende, per amministrazioni pubbliche, tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al d. lgs. n.300/1999 (comprese le agenzie fiscali).

Per le Regioni, le province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale si veda tuttavia il comma 13 del presente articolo .

[301]  Legge 30 luglio 2007, n. 111, Modifiche alle norme sull’ordinamento giudiziario.

[302]  Decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della L. 25 luglio 2005, n. 150.

[303]  D.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123, Regolamento recante disciplina sull'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti.

[304]  Audizione del Presidente della Corte dei Conti dinnanzi alle Commissioni bilancio del Senato e della Camera sul disegno di legge finanziaria 2008, 10 ottobre 2007.

[305]  "Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137".

[306]  La Circolare del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato n. 5/2005, in attuazione della norma limitativa di cui alla legge finanziaria 2005, ha fornito alcune precisazioni, indicando nell’allegato 1, in particolare, con riferimento a ciascun Ministero, il limite per le riassegnazioni alla spesa di somme versate in entrata, sulla base delle riassegnazioni effettuate nel 2004.

[307]  La Circolare del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato n. 7/2006, in attuazione della norma sopravvenuta con la legge finanziaria 2006, ha indicato le categorie economiche assoggettate al monitoraggio: «Redditi da lavoro dipendente» (Cat. 1) – salvo quanto previsto da specifiche disposizioni -, «Consumi intermedi» (Cat. 2), «Trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private» (Cat. 5), «Trasferimenti correnti ad imprese» (Cat. 6), «Trasferimenti correnti all'estero» (Cat. 7), «Investimenti fissi lordi e acquisto di terreni» (Cat. 21), «Contributi agli investimenti ad imprese» (Cat. 23), «Contributi agli investimenti a famiglie e istituzioni sociali private» (Cat. 24), «Trasferimenti in conto capitale all'estero» (Cat. 25), e «Altri trasferimenti in conto capitale alle imprese» (Cat. 26).

[308]  "Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare", convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410.

[309]  L’articolo 1, comma 5 della legge n. 311 del 2004 dispone per il triennio 2005 – 2007, al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti in sede di Unione europea, che la spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate per l'anno 2005 nell'elenco 1 allegato alla stessa legge finanziaria e per gli anni successivi dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 luglio di ogni anno, non può superare il limite del 2 per cento rispetto alle corrispondenti previsioni aggiornate del precedente anno, come risultanti dalla Relazione previsionale e programmatica.

[310]  Autorizzazione di spesa per la costruzione di alloggi di servizio per il personale militare e disciplina delle relative concessioni.

[311]  Delega al Governo per il riordino delle carriere diplomatica e prefettizia, nonché disposizioni per il restante personale del Ministero degli affari esteri, per il personale militare del Ministero della difesa, per il personale dell'Amministrazione penitenziaria e per il personale del Consiglio superiore della magistratura.

Per tale provvedimento si veda più avanti nel testo.

[312]  La legge n, 537 del 1993, recante Interventi correttivi di finanza pubblica, all’art. 9 comma 7 prevede che i parametri di reddito siano stabiliti nel piano annuale di gestione del patrimonio abitativo della Difesa, approvato con decreto del Ministro, sentite le competenti commissioni permanenti delle due Camere.

[313]  Legge quadro in materia di lavori pubblici.

[314]  Autorizzazione di spesa per la costruzione di alloggi di servizio per il personale militare e disciplina delle relative concessioni

[315]  Norme di principio sulla disciplina militare.

[316]  Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici.

[317]  Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare.

[318]  Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti.

[319]  L'individuazione dei beni immobili dello Stato appartenenti al patrimonio indisponibile è avvenuta con i decreti 19 luglio 2002 e 5 novembre 2002, mentre con il decreto 23 dicembre 2002 sono stati individuati i beni facenti parte del patrimonio disponibile.

[320]  Per la privatizzazione del patrimonio immobiliare degli enti locali, si rinvia all’art. 84 della Legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003).

[321]  Le società veicolo, ai sensi dell’art. 2 del D.L. n. 351/2001, sono società a responsabilità limitata con capitale iniziale di 10.000 euro, aventi ad oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato e degli altri enti pubblici. Le società possono essere costituite anche con atto unilaterale del Ministero dell'economia e delle finanze.

[322]  Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[323]  In base a tale disposizione, inserita dalla L. 59/1997 (c.d. legge Bassanini) la organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate, con regolamenti di delegificazione, su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro, nel rispetto dei princìpi posti dal D.Lgs. 29/1993. Con specifico riferimento agli uffici di diretta collaborazione, la lettera a) del comma 4-bis dell’art. 17 dispone che il riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato debba realizzarsi in modo da stabilire che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione. Più dettagliatamente, l’art. 7 del D.Lgs. 300/1999 ha precisato che  regolamenti devono attenersi anche ad ulteriori princìpi e criteri direttivi:

-        attribuzione dei compiti di diretta collaborazione secondo criteri che consentano l'efficace e funzionale svolgimento dei compiti di definizione degli obiettivi, di elaborazione delle politiche pubbliche e di valutazione della relativa attuazione e delle connesse attività di comunicazione, nel rispetto del principio di distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione;

-        assolvimento dei compiti di supporto per l'assegnazione e la ripartizione delle risorse ai dirigenti preposti ai centri di responsabilità, anche ai fini della verifica della gestione effettuata dagli appositi uffici, nonché del compito di promozione e sviluppo dei sistemi informativi;

-        organizzazione degli uffici preposti al controllo interno, secondo le disposizioni del D.Lgs. 286/1999, in modo da assicurare il corretto ed efficace svolgimento dei compiti ad essi assegnati dalla legge, anche attraverso la provvista di adeguati mezzi finanziari, organizzativi e personali;

-        organizzazione del settore giuridico-legislativo che assicuri: il raccordo permanente con l'attività normativa del Parlamento e l'elaborazione di testi normativi del Governo che consentano la valutazione dei costi della regolazione, la qualità del linguaggio normativo, l'applicabilità delle norme introdotte, lo snellimento e la semplificazione della normativa, la cura dei rapporti con gli altri organi costituzionali, con le autorità indipendenti e con il Consiglio di Stato;

-        attribuzione dell'incarico di Capo degli uffici di diretta collaborazione ad esperti, anche estranei all'amministrazione, dotati di elevata professionalità.

[324]  L’art. 13 del D.L. 12 giugno 2001, n. 217, convertito, con modificazioni dalla L. 3 agosto 2001, n. 317, nel ribadire che gli incarichi di diretta collaborazione con il Presidente del Consiglio dei Ministri o con i singoli Ministri, anche senza portafoglio, possono essere attribuiti anche a dipendenti di ogni ordine, grado e qualifica delle amministrazioni di cui al D.Lgs. 165/2001, nel rispetto dell'autonomia statutaria degli enti territoriali e di quelli dotati di autonomia funzionale, ha poi introdotto una specifica disciplina per il collocamento in posizione di fuori ruolo o di aspettativa retribuita dei dipendenti di enti territoriali o ad ordinamento autonomo, dei magistrati e avvocati dello Stato, nonché del personale di livello dirigenziale o apicale delle regioni e degli enti locali.

[325]  V. in particolare M. Argentati et al. Gli uffici di diretta collaborazione negli enti pubblici in Giornale di diritto amministrativo n. 1/2007 pag. 93 e segg.

[326]  Da emanare con D.P.R. ai sensi dell’art. 17, co. 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

[327]  Legge 4 dicembre 1956, n. 1404, Soppressione e messa in liquidazione di enti di diritto pubblico e di altri enti sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato e comunque interessanti la finanza statale.

[328]  Decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, Disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112. La menzionata lett. c) ha stabilito – ferma restando la titolarità, in capo al Ministero dell’economia e delle finanze, dei rapporti giuridici attivi e passivi – che la gestione della liquidazione nonché del contenzioso può essere da questo affidata ad una società, direttamente o indirettamente controllata dallo Stato, scelta in deroga alle norme di contabilità generale dello Stato. La società può avvalersi anche dell’assistenza, della rappresentanza e della difesa in giudizio dell’Avvocatura dello Stato alle stesse condizioni e con le stesse modalità con le quali se ne avvalgono, ai sensi della normativa vigente, le Amministrazioni dello Stato. È, altresì, facoltà della società di procedere alla revoca dei mandati già conferiti. La società esercita ogni potere allo stato attribuito all’Ispettorato generale per la liquidazione degli enti disciolti del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Sulla base di criteri di efficacia ed economicità e al fine di eliminare il contenzioso pendente, evitando l’instaurazione di nuove cause, la società può compiere qualsiasi atto di diritto privato, ivi incluse transazioni relative a rapporti concernenti differenti procedure di liquidazione, cessioni di aziende, cessioni di crediti in blocco pro soluto e rinunce a domande giudiziali. Sulle transazioni la società può chiedere il parere all’Avvocatura dello Stato. La società può anche rinunciare a crediti al di fuori delle ipotesi previste dal terzo comma dell’articolo 9 della citata L. 1404/1956. In base ad una apposita convenzione, sono disciplinati i rapporti con il Ministero dell’economia e delle finanze e, in particolare, il compenso spettante alla società, i profili contabili del rapporto, nonché le modalità di rendicontazione e di controllo.

[329]  V. il decreto 27 settembre 2004 (Gazz. Uff. 31 dicembre 2004, n. 306).

[330]  Come prevedeva il testo originario dell’art. 28 della legge finanziaria 2002, prima della riformulazione operata dall’art. 1, co. 482, della legge finanziaria 2007.

[331]  Il diritto di uso – disciplinato dall’art. 1021 c.c – è analogo all’usufrutto, ma ha un contenuto più ristretto: esso attribuisce al suo titolare (c.d. usuario) il potere di servirsi di un bene mobile o immobile e, se esso è fruttifero, di raccoglierne i frutti, ma solo limitatamente a quanto occorre ai bisogni suoi e della sua famiglia.

[332]  Ai sensi degli artt. 1571 e ss. c.c., la locazione è il contratto con il quale una parte (c.d. locatore) si obbliga a far godere all’altra (c.d. locatario o conduttore) una cosa mobile o immobile, per un dato periodo di tempo, verso un determinato corrispettivo (il canone di locazione).

[333]  La valutazione del costo d’uso è finalizzata all’iscrizione della relativa posta nel Fondo unico istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, dall’articolo 1, comma 205, della citata legge n. 296 del 2006.

[334]  Si rammenta che il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300(Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59), stabilisce (articolo 64, comma 3) che l’Agenzia del territorio gestisca l’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI). L’Osservatorio ha il duplice obiettivo di concorrere alla trasparenza del mercato immobiliare e di fornire elementi informativi alle attività dell’Agenzia del territorio nel campo dei processi estimali. Ciò avviene, da un lato, mediante la gestione di una banca dati delle quotazioni immobiliari, che fornisce una rilevazione indipendente, sull’intero territorio nazionale, delle quotazioni dei valori immobiliari e delle locazioni, dall’altro, valorizzando a fini statistici e di conoscenza del mercato immobiliare le banche dati disponibili nell’amministrazione e, più in generale, assicurando la realizzazione di analisi e studi.

[335]  Disposizioni sugli enti ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi.

[336]  Con le leggi 22 novembre 1988, nn. 516 e 517 e successive modificazioni, recanti norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e, rispettivamente, l'Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno e le Assemblee di Dio in Italia, è stata introdotta la possibilità che la scelta sulla destinazione dell'otto per mille dell'IRPEF possa essere effettuata anche a favore dell'Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno (cfr. anche la legge n. 637/1996) e delle Assemblee di Dio in Italia, vincolando la destinazione dei fondi disponibili ad interventi sociali e umanitari anche a favore di paesi del terzo mondo. Successivamente, la legge 5 ottobre 1993, n. 409 ha esteso la possibilità di scelta anche in favore della Chiesa evangelica valdese, che può utilizzare le somme così ricevute esclusivamente per interventi sociali, assistenziali, umanitari e culturali in Italia e all'estero, sia direttamente, attraverso gli enti aventi parte nell'ordinamento valdese, sia attraverso organismi associativi ed ecumenici a livello nazionale ed internazionale. Con la legge 29 dicembre 1995, n. 520 tale possibilità di scelta è stata estesa anche in favore della Chiesa Evangelica Luterana in Italia (CELI)”. Infine, la disciplina relativa alla destinazione dell’8 per mille dell’IRPEF è stata estesa anche all'Unione delle Comunità ebraiche italiane (legge 20 dicembre 1996, n. 638): le somme assegnate possono essere utilizzate per attività culturali, per la salvaguardia del patrimonio storico, artistico e culturale, nonché per interventi sociali ed umanitari, volti in special modo alla tutela delle minoranze contro il razzismo e l’antisemitismo.

[337]  Articolo 2, comma 69  della legge n. 350 del 2003)

[338]  Inoltre, l’articolo 1-quater, comma 4, del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, ha previsto, a decorrere dal 2006, un’ulteriore riduzione di 5 milioni di euro della quota dell’otto per mille di pertinenza statale.

[339]  Legge n. 296 del 2006)

[340]  La misura deve intendersi riferita alle dichiarazioni dei redditi da presentare nel 2007, mentre le  relative somme sono erogate ai soggetti beneficiari nell’esercizio 2008, come si evince del resto dall’imputazione temporale dei relativi oneri, per i quali è autorizzata una spesa riferita appunto all’anno 2008.

[341]  Nonostante il riferimento non univoco all’”anno finanziario 2008”, la disposizione dovrebbe intendersi riferita al periodo d’imposta 2007 e dunque alle dichiarazioni dei redditi da presentare nel 2008 (come si desume dalla stima degli oneri che vengono coperti dal comma 6 con riferimento all’anno 2009, ciò in quanto, verosimilmente, si tiene conto dei tempi tecnici di erogazione delle somme  – cfr. oltre). La nozione di “anno finanziario” ha del resto rilievo sul piano contabile, ma non risulta univoca dal punto di vista tributario. Dalla formulazione letterale del testo non risulterebbe chiaro se la disposizione debba applicarsi al periodo d’imposta 2007, e dunque alle dichiarazioni dei redditi da presentare nel 2008, o al periodo d’imposta 2008, e dunque alle dichiarazioni dei redditi da presentare nel 2009. In proposito, si segnala che con riferimento ad una disposizione analogamente formulata della legge finanziaria 2006, la quale, introducendo proprio la disciplina del 5 per mille, conteneva il riferimento all’”anno finanziario 2006” (art. 1, comma 337, legge n. 266/2005) è stata necessaria una norma di interpretazione autentica, la quale ha specificato come la stessa dovesse intendersi applicabile al periodo d’imposta 2005 (art. 31, comma 2, del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273).

[342]  Come sopra ricordato, nonostante il riferimento non univoco del comma 3 all’”anno finanziario 2008”, le disposizioni in esame dovrebbero intendersi riferite al periodo d’imposta 2007 e dunque alle dichiarazioni dei redditi da presentare nel 2008; le relative somme dovrebbero quindi essere erogate ai soggetti beneficiari nel corso del 2009.

[343]  In particolare, la formulazione originaria della norma faceva riferimento alle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ossia a tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

[344]  Il Senato ha inasprito la riduzione prevista dal testo originario, in base al quale il numero massimo di componenti era pari, rispettivamente, a 5 e a 7.

[345]  Va segnalato che la giurisprudenza più recente sembra ricostruire la natura giuridica delle società in mano pubblica privilegiando gli elementi sostanziali rispetto a quelli meramente formali. Così, secondo alcune ricostruzioni, sarebbe ormai pacifico che una s.p.a. in mano pubblica è privata esclusivamente per la forma giuridica assunta, ma sul piano sostanziale essa, visto che continua ad essere sotto il controllo pubblico, è assimilabile ad un ente pubblico. Va peraltro evidenziato che la norma in oggetto non riguarda solo le società a totale partecipazione pubblica, in relazione alle quali la suddetta giurisprudenza è stata per lo più elaborata.

[346]  Si tratta delle convenzioni, stipulate dalla Consip, con le quali l'impresa prescelta si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura di beni e servizi.

[347]      ll testo originario della “legge quadro” (1994), dopo aver previsto la conciliazione in via amministrativa delle controversie, prevedeva che (in caso di mancato raggiungimento dell’accordo) la controversia fosse devoluta alla competenza del giudice ordinario e vietava che nei capitolati fosse previsto il deferimento della controversia ai collegi arbitrali. Tale disposizione era stata ampiamente criticata, in quanto inopportunamente troppo severa verso l’istituto dell’arbitrato negli appalti pubblici, ed è stata ritenuta da molti anche illegittima, in quanto indirettamente veniva a creare una sorta di giurisdizione esclusiva del giudice ordinario e a ledere gli stessi principi di eguaglianza e di garanzia del buon andamento della PA. Ciò spiega la riforma del 1995, che in realtà rappresentava una sorta di ritorno alla tradizione, in quanto sin dal 1865 (e quindi dalla prima normativa nazionale sui lavori pubblici) l’arbitrato aveva rappresentato il sistema preferenziale di soluzione delle controversie nel settore.

[348]  La più radicale fa riferimento addirittura alla natura della fonte idonea a disciplinare tale delicata materia, che – secondo tale opinione – sarebbe interamente coperta dalla riserva di legge di cui agli artt. 101 e 102 della Cost.

[349]  “visto con sfavore, quale possibile teatro o veicolo – come è stato detto in dottrina – di accordi in danno dell’interesse pubblico”.

[350]  Si ricorda che sulle disposizioni del c.p.c. in materia di arbitrato è intervenuta la riforma operata con l’articolo 21 del decreto legislativo n. 40 del 2006, che ha comunque confermato il principio della competenza delle parti a nominare gli arbitri.

[351]  Tale disposizione prevede che il deposito del lodo presso la Camera arbitrale è effettuato, entro dieci giorni dalla data dell'ultima sottoscrizione, a cura del segretario del collegio in tanti originali quante sono le parti, oltre ad uno per il fascicolo di ufficio e che resta fermo, ai fini della esecutività, il disposto dell'articolo 825 del codice di procedura civile, limitatamente ai commi 2, 3, 4 e 5.

[352]  Su tale disposizione è successivamente intervenuto il comma 70 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2006 (n. 266 del 2005), che ha previsto il versamento da parte degli arbitri alla Camera di una quota del valore della controversia pari all’1 per 1.000, piuttosto che all’1 per 10.000. Il successivo comma 71 ha quindi previsto il versamento direttamente all’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici degli importi dovuti alla Camera arbitrale

[353]  Con riferimento alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni o dagli enti pubblici economici, la previsione secondo la quale la partecipazione debba essere maggioritaria è stata introdotta a seguito dell’approvazione di un emendamento presso l’altro ramo del Parlamento.

[354]  L’Autorità aggiunge che “non è condivisibile l’idea che far confluire tutta la materia nell’arbitrato amministrato finisca per costituire una lesione della libertà negoziale, dal momento che le pubbliche amministrazioni, pur utilizzando forme privatistiche, restano pur sempre assoggettabili a regole di tipo pubblicistico che non sono imposte ai privati. E ciò sia perché si impegnano risorse pubbliche sia perché si movimenta una domanda aggregata preminente che richiede una regolazione di questo particolare mercato, ove occorre garantire a tutti gli operatori la parità d’accesso”.

[355]  L’Autorità ritiene inoltre necessario anche intervenire su una migliore razionalizzazione dei presupposti che consentono di abbassare il contenzioso e in particolare sui momenti iniziali della procedura che riguardano sia la progettazione che i bandi. Su tali profili, essa preannuncia un attento monitoraggio anche al fine di sviluppare proposte adeguate di eventuali soluzioni legislative.

[356]  L’attività dell’Agenzia è documentata sul sito: http://www.agenziatorino2006.it

[357]  La disposizione di cui al comma 4 tendeva a individuare le disponibilità da includere nel fondo, stante l’assenza di specificazioni al riguardo nel testo dell’articolo; le norme di cui al comma 5 hanno consentito al Parlamento di pronunciarsi in ordine all’impiego delle risorse disponibili.

[358]  Non sono confluite nei suddetti Fondi:

-        le risorse destinate al comparto della radiodiffusione televisiva locale;

-        le risorse relative a contributi in conto interessi;

-        gli stanziamenti determinati in Tabella C;

-        le somme classificate come spese obbligatorie.

      Si ricorda peraltro che l’elenco 3 allegato alla legge finanziaria 2006 ha contestualmente operato una riduzione della dotazione finanziaria per gli anni 2006-2008 di ciascuna unità previsionale di base, relativa a trasferimenti correnti ad imprese, destinate a confluire nei fondi unici, rispetto alla dotazione a legislazione vigente per l’anno 2006.

      Tale riduzione è stata pari al 29,5% degli stanziamenti di tutte le U.P.B. interessate (fatta eccezione per il Ministero dell’istruzione per l’anno 2006).

[359]Regio decreto n. 2440 del 1923, art. 36, terzo comma.

[360]  Si ricorda che Gli uffici centrali del bilancio provvedono ad accertare le somme da iscrivere quali residui nel conto consuntivo e a compilare apposita dimostrazione da allegare ai decreti ministeriali con i quali si autorizza, ai sensi dell’art. 53 del R.D. n. 2440/1923, la conservazione in conto residui delle somme impegnate nell’esercizio scaduto.

[361]  R.D. n. 2440 del 1936, recante "Nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato". Si ricorda che il terzo comma dell’articolo 36 del regio decreto n. 2440 ha subito numerose novelle, e da ultimo e stato modificato dall’articolo 12 delle legge n. 144 del 17 maggio 1999.

[362]  Audizione dinnanzi alle Commissioni Bilancio del Senato e della Camera dei deputati , 10 ottobre 2007.

[363]  Secondo il disegno di legge di bilancio 2008, il Fondo per la rassegnazione dei residui passivi perenti di conto capitale è iscritto, al Ministero dell’economia, alla Missione 25 “Fondi da ripartire” Programma 25.1 “Fondi da assegnare” u. p. b. 25.1.6, cap. 7496.

[364]  D.P.R. 24 aprile 2001, n. 270.

[365]  Il regio decreto 23 maggio 1924, n. 827, recante “Regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato”, disciplina, all’articolo 275 le modalità di accertamento  delle somme da iscriversi come residui nel conto consuntivo. Come già detto (cfr.nota 1), gli uffici centrali del bilancio provvedono ad accertare le somme da iscrivere quali residui nel conto consuntivo e a compilare apposita dimostrazione da allegare ai decreti ministeriali con i quali si autorizza, ai sensi dell’art. 53 del R.D. n. 2440/1923, la conservazione in conto residui delle somme impegnate nell’esercizio scaduto.

Il secondo comma del citato articolo 275 prevede che tale dimostrazione deve indicare distintamente:

a) le somme riferibili ad ordinativi diretti e ad ordini di accreditamento trasportati;

b) le rate di spese fisse rimaste insolute, pari alla differenza tra i ruoli emessi ed i pagamenti eseguiti;

c) le somme riferibili ad impegni registrati nelle scritture delle ragionerie in base ad atti formali;

d) le somme riferibili ad ordinativi trasportati e relativi ad ordini di accreditamento per i quali non è consentito il trasporto nonché quelle riferibili ad impegni assunti dai funzionari delegati e per i quali non è stato disposto il relativo pagamento;

e) le somme riferibili alle spese di giustizia anticipate con i fondi della riscossione, alle vincite al lotto, le spese per servizi in economia che vengano eseguite nell'anno, nonché ad ogni altra spesa rimasta da pagare, non compresa nelle lettere di cui sopra;

f) i residui di stanziamento delle spese in conto capitale, di cui all'art. 36, secondo comma del citato r.d. n. 2440/1923, cioè quelle somme iscritte quali residui, anche se non sono state impegnate.

[366]  Legge n. 468/1978, art. 20, terzo comma.

[367]  L. 5 agosto del 1978, n. 468 “Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio”.

[368]  D.P.R. 20 febbraio 1998, n. 38, “Regolamento recante le attribuzioni dei Dipartimenti del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, nonché disposizioni in materia di organizzazione e di personale, a norma dell'articolo 7, comma 3, della L. 3 aprile 1997, n. 94 ”. Cfr., inoltre, la nota 1 della scheda relativa all’art. 34 del disegno di legge in esame.

[369]  l controllo preventivo di ragioneria è disciplinato dall'articolo 11, comma 1, del D. P. R n. 367 del 1994.Gli uffici centrali del bilancio ricevono altresì dalle amministrazioni i dati relativi alle rilevazioni e alle risultanze di contabilità economica, ed effettuano gli adempimenti richiesti per la loro utilizzazione da parte del Ministero dell’economia. Concorrono, altresì, alla valutazione degli oneri delle funzioni e dei servizi istituzionali delle amministrazioni dello Stato e dei programmi e progetti finanziati nell'ambito delle unità previsionali di bilancio, ai fini della predisposizione del progetto di bilancio di previsione (art. 9, comma 2).

[370]  Cfr. schema di regolamento n. 179 “Organizzazione del Ministero dell’economia e finanze”.

[371]  Cfr. art. 3, co. 1, lett. b del D.Lgs. n. 173 del 2003. Su di esso, in data 30 ottobre, la Commissione bilancio della Camera ha dato parere favorevole con rilievi.

[372]Tale disposizione ha disposto la soppressione delle gestioni fuori bilancio con esclusione di quelle per le quali permangono le caratteristiche proprie dei fondi di rotazione. L’individuazione dei fondi di rotazione che possono esser mantenuti fuori bilancio è stata demandata a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze. A decorrere dal 1° luglio 2004, le altre gestioni fuori bilancio sono ricondotte al bilancio dello Stato, attraverso il versamento all’entrata delle relative disponibilità che saranno assegnate alle pertinenti unità previsioni di base;

[373]  Erano espressamente esclusi dai limiti ai tiraggi le regioni, i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane ed i consorzi tra enti locali territoriali, gli enti previdenziali, gli enti del Servizio sanitario nazionale, il CNEL, il Consiglio di Stato, Corte dei conti, TAR ecc., i conti intestati all'Unione europea o quelli riguardanti interventi di politica comunitaria e gli interventi di emergenza, i dipartimenti e gli altri centri con autonomia finanziaria e contabile delle università, i cui conti risultano ancora aperti al 31 dicembre 2004.

[374]  Tale Comitato è stato successivamente soppresso dal D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281.

[375]  Pubblicata nella G.U. n. 205 del 4 settembre 2003 – S.O. n. 144.

[376]  Cfr. articolo 8, comma 3, del D.L. n. 669/1996, come successivamente confermato dall’art. 47, co. 4 della legge n. 449/1997, dall’art. 66, comma 2 della legge n. 388/2000, dall’art. 32 della legge n. 289/2002 e dall’art. 1, co. 19, della legge n. 311/2004.

[377]  Legge 27 dicembre 2006, n. 296.

[378]  Va ricordato in proposito che il co. 2 dell’art. 151 del disegno di legge in esame prevede in via generale che tutte le sue disposizioni costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali; non appare peraltro evidente se e quale incidenza abbia tale principio sulla disposizione in esame. Vedi anche al riguardo quanto detto infra, con riferimento al comma 11.

[379]  Il termine “altre” sembra attribuire anche alla Banca d’Italia la qualifica di autorità amministrativa indipendente, definendo una questione sin qui dibattuta in dottrina.

[380]  In tema di statuizione legislativa di tetti massimi alla retribuzione, la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare che (sent. 124/1991, relativa ad un meccanismo di indicizzazione stabilito per legge in maniera cogente, pertanto ad una fattispecie non sovrapponibile a quella in esame): “[…] l’autonomia collettiva non è immune da limiti legali. II legislatore può stabilire […] vincoli di compatibilità con obiettivi generali di politica economica, individuati nel quadro dei programmi e controlli previsti dall’art. 41, terzo comma, Cost. […] Compressioni legali di questa libertà, nella forma di massimi contrattuali, sono giustificabili solo in situazioni eccezionali, a salvaguardia di superiori interessi generali, e quindi con carattere di transitorietà, senza peraltro che la durata del provvedimento debba necessariamente essere predeterminata con l’indicazione di una precisa scadenza. Cessata l’emergenza che lo legittimava, la conservazione del provvedimento si pone in contrasto non solo con l’art. 39 Cost. […] ma anche con l’art. 36 Cost., del quale la contrattazione collettiva, secondo una interpretazione costituzionale consolidata, è lo strumento di attuazione”.

[381]  Il parametro della “retribuzione” è utilizzato da varie disposizioni, ultima tra le quali il citato art. 1, comma 593, della legge finanziaria 2006; in sede applicativa, l’importo è stato determinato in circa 274.000 euro lordi.

[382]  Legge 24 novembre 2000, n. 340, Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1999.

[383]  Legge 14 gennaio 1994, n. 20, Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti.

[384]  Legge 23 dicembre 1996, n. 662, Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.

[385]  D.L. 4 luglio 2006, n. 223, Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248.

[386]  La disposizione, essendo inserita nell’ambito del D.Lgs. 165/2001, si applica a “tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed  amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300(art. 1, co. 2, D.Lgs. 165/2001).

[387]  D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

[388]Il regolamento è disciplinato dall’art. 89 del T.U.E.L., che prevede i principi ispiratori per la sua redazione e ne disciplinai i contenuti essenziali.

[389]Il testo iniziale dell’art. 7 del D.Lgs. 165/2001 prevedeva che “per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione”.

[390]  Art. 110, comma 6, D.Lgs. 267/2000.

[391]  Art. 130 Cost., abrogato dall’art. 9, secondo comma, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

[392]  Consiglio di Stato, Sez. V. sentenza 25 marzo – 8 agosto 2003, n. 4598

[393]  L. 14 gennaio 1994 n. 20, Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti. L’art. 148 del T.U.E.L. per quel che concerne il controllo esterno sulla gestione degli enti locali contiene esclusivamente un rinvio alle norme della L. 20/1994.

[394]  Art. 13 del D.L. 22 dicembre 1981, n. 786, Disposizioni in materia di finanza locale, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1982, n. 51.

[395]  L. 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3.

[396]  Si vedano i commi 7-9 dell’art. 7.

[397]  L. 23 dicembre 2005, n. 266, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006.

[398]  Si trattava, in particolare, dell’art. 1, co. 5, del D.L. 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, che ha inserito nel T.U.E.L. l’art. 198-bis.

[399]  D.Lgs. 30 luglio1999 n. 300, Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

[400]  R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, Nuove disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato.

[401]  D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato.

[402]  Art. 83, R.D. 2440/1923 e art. 52, R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti.

[403]  In tal senso C.Cost., sentenza 12 gennaio 1993, n. 24.

[404]  Corte di Cassazione, ordinanza a SS.UU., n. 19667 del 22 dicembre 2003.

[405]  Corte di Cassazione, sentenza a SS.UU., n. 3899 del 26 febbraio 2004.

[406]  Art. 1, comma 1, L. 14 gennaio 1994, n. 20, Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti, come modificato dall’art. 3, D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

[407]  Art. 1, comma 1, L. 14 gennaio 1994, n. 20.

[408]  In tal senso si veda, ad esempio, Cass., Sez. Un., sent. n. 5668 del 25 giugno 1997.

[409]  Per un elenco di tali soggetti si veda, in particolare, l’art. 74 del R.D. 2440/1923 e l’art. 178 del regolamento d’esecuzione di cui al R.D. 23 maggio 1924, n. 827, Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato. Per gli enti locali si veda l’art. 93 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

[410]  In tal senso si sono pronunciate anche altre sentenze della Corte dei Conti: si vedano, in particolare, Sezione Giurisdizionale Regionale dell’Umbria n.553/EL/2002 del 10 dicembre 2002  e Sezione Giurisdizionale Regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 423/EL/2002 del 28 ottobre 2003.

[411]  Disposizioni riferite genericamente a forme di assicurazione per i Consiglieri regionali contro i rischi conseguenti all’espletamento del mandato sono previste inoltre nelle regioni Piemonte (art. 1, comma 2, L.R. 30 dicembre 1981, n. 57, come modificato da ultimo con l’art. 1 L.R. 17 giugno 1997, n. 35) e Veneto (art. 6-bis della L. R. 10 marzo 1973, n. 9, inserito dall’art. 81 della L.R. 30 gennaio 1997, n. 6). La legge regionale per il Veneto prevede in particolare che l’onere derivante dall’assicurazione sia posto per il 30 per cento a carico dei consiglieri regionali e per il 70 per cento a carico del bilancio del Consiglio regionale.

[412]  L.R. 26 luglio 1997, n. 24, Disposizioni integrative della legge regionale 14 aprile 1995, n. 42, e successive modificazioni.

[413]  L.R. 5 novembre 1998, n. 48, Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 2 maggio 1995, n. 19. “Disposizioni in materia di indennità dei Consiglieri regionali”. Copertura assicurativa rischi derivanti dall’espletamento compiti istituzionali. La legge ha al riguardo introdotto l’art. 9-bis nella L.R. 19/1995.

[414]  L. 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3.

[415]  La figura dei segretari comunali e provinciali è disciplinata dagli artt. 97 e segg. del D.Lgs. 267/2000; l’art. 98 prevede l’albo nazionale, al quale si accede per concorso, articolato per sezioni regionali (art. 98) e l’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali, cui è affidata la cura di un interesse pubblico, qual è la corretta gestione della categoria dei segretari comunali e provinciali (art. 102).

[416]  Articolazioni decentrate della sezione di controllo sugli atti di governo e sulle amministrazioni dello Stato in sede regionale, avevano sede presso ogni capoluogo di regione a statuto ordinario, ed esercitavano il controllo preventivo, successivo e sulla gestione delle amministrazioni dello Stato avente sede nella corrispondente regione.

[417]  Questi ultimi erano stati istituiti con deliberazione della Corte 13 giugno 1997, n. 1/97, in forza della quale “la Corte dei conti esercita le funzioni di controllo successivo sulla gestione delle regioni, delle amministrazioni pubbliche non statali e degli enti pubblici regionali, nonché sulla gestione dei comuni, delle province e delle altre istituzioni di autonomia operanti nel territorio di ciascuna regione mediante collegi operanti in sede regionale, mediante il modello organizzativo di sezioni”.

[418]  Due in Trentino Alto Adige, con sede in Trento e Bolzano; una sezione di controllo per il Friuli Venezia Giulia con sede in Trieste; una in Sicilia con sede a Palermo; una in Sardegna con sede a Cagliari.

[419]  Il C.d.P. della Corte dei Conti, istituito con l’articolo 10 della L. 117/1988 e modificato, per quanto riguarda la composizione, dall’art. 18 della legge 205/2000 e dall’art. 1 del D.Lgs. 62/2006, ha competenza per i provvedimenti che riguardano le funzioni dei magistrati della Corte (principalmente, ma non solo, per i provvedimenti di natura disciplinare).

[420]    A.C. 1746, art. 64.

[421]  L. 23 dicembre 1998 n. 448, Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo.

[422]    L’adeguamento relativo all’anno 2007 è stato disposto con d.p.c.m. del 27 aprile 2007 che ha previsto un incremento dei trattamenti rispetto a quelli in godimento alla data del 1° gennaio 2006 in misura pari a 4,28 per cento.

[423]    Nelle premesse al decreto si rileva che, in mancanza di una elaborazione specifica dell’ISTAT riferita al criterio di calcolo individuato dal comma 4 dell’art. 24 della L. 448/1998, si è individuato un possibile parametro di riferimento per l’aggiornamento dei trattamenti nel dato di contabilità nazionale relativo all’incremento nel periodo di riferimento della retribuzione pro capite lorda nella Pubblica Amministrazione (pari al 13,30 per cento), precisandosi tuttavia che tale dato non può essere tenuto presente in toto e giustifica quindi l’attribuzione, salvo conguaglio, di un aumento identico a quello stabilito nel precedente d.p.c.m.

[424]  “Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali”.

[425]  Si ricorda che il citato art. 110, comma 6, prevede che il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti locali può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità, per obiettivi determinati e con convenzioni a termine.

[426]  Si ricorda che alle amministrazioni pubbliche non si applica la specifica disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative (lavoro a progetto), introdotta dagli articoli 61-69 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 con la finalità di superare gli abusi che hanno condotto all’uso talvolta improprio di tale strumento contrattuale per eludere la disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Difatti l’articolo 1 del D.Lgs. 276/2003 precisa che, dall’applicazione delle disposizioni del medesimo decreto legislativo, resta escluso il personale alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.

[427]  Si tratta delle misure previste dall'articolo 1, comma 98, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e dall'articolo 1, commi da 198 a 206, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

[428]  Si ricorda che alle amministrazioni pubbliche non si applica la specifica disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative (“lavoro a progetto”), introdotta dagli articoli 61-69 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 con la finalità di superare gli abusi che hanno condotto all’uso talvolta improprio di tale strumento contrattuale per eludere la disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Difatti l’articolo 1 del D.Lgs. 276/2003 precisa che, dall’applicazione delle disposizioni del medesimo decreto legislativo, resta escluso il personale alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.

[429]  Gli enti di cui all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001 sono: ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.).

[430]  La deroga opera a condizione che gli oneri derivanti da tali assunzioni non risultino a carico dei bilanci di funzionamento degli enti stessi o del Fondo di finanziamento degli enti o del Fondo di finanziamento ordinario delle Università.

[431]  In particolare, la disposizione del comma 95 dell’articolo unico della legge 311/2004 prevede il divieto di assumere personale a tempo indeterminato per il triennio 2005-2007 - fatta eccezione per le assunzioni relative alle categorie protette - presso i seguenti enti:

-     amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo;

-     agenzie;

-     enti pubblici non economici;

-     enti di ricerca;

-     enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001.

La previsione si estende anche alle assunzioni dei segretari comunali e provinciali ed al personale ancora in regime di diritto pubblico .

Sono peraltro fatte salve un serie di assunzioni previste da previgenti disposizioni ed espressamente autorizzate.

[432]  L’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001 chiarisce che per amministrazioni pubbliche debbono intendersi tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’ARAN e le Agenzie istituite dal D.Lgs. 300 del 1999 (Agenzia industrie difesa; Agenzia per le normative e i controlli tecnici; Agenzia per la proprietà industriale; Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici; Agenzia dei rapporti terrestri e delle infrastrutture; Agenzia per la formazione e l’istruzione professionale; Agenzie fiscali (entrate, dogane, territorio, demanio).

[433]  L. 24 dicembre 1993, n. 537, Interventi correttivi di finanza pubblica.

[434]  Successivamente il D.P.R. n. 487 del 1994, Regolamento recante norme sull’accesso nelle pubbliche amministrazioni, all’articolo 15, comma 7, aveva confermato l’efficacia di 18 mesi delle graduatorie dalla data della pubblicazione.

[435]  D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

[436]  Si ricorda che l’articolo 39, comma 3-ter, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998), prevede che le richieste di autorizzazione ad assumere devono essere corredate da una relazione illustrativa delle iniziative di riordino e riqualificazione, adottate o in corso, finalizzate alla definizione di modelli organizzativi rispondenti ai principi di semplificazione e di funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi, con specifico riferimento, eventualmente, anche a nuove funzioni e qualificati servizi da fornire all'utenza. Si prevede inoltre che l’autorizzazione all'assunzione sia disposta con apposito D.P.C.M.

[437]  Gli enti di cui all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001 sono: ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.).

[438]  Ai sensi del comma 519 il richiamato personale deve almeno trovarsi in una delle seguenti situazioni:

-        sia già in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi;

-        che consegua tale requisito sulla base di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006;

-        che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

[439]  Si ricorda che alle amministrazioni pubbliche non si applica la specifica disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative (lavoro a progetto), introdotta dagli articoli 61-69 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 con la finalità di superare gli abusi che hanno condotto all’uso talvolta improprio di tale strumento contrattuale per eludere la disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Difatti l’articolo 1 del D.Lgs. 276/2003 precisa che, dall’applicazione delle disposizioni del medesimo decreto legislativo, resta escluso il personale alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.

[440]  Gli enti di cui all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001 sono: ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.).

[441]  Si ricorda che invece, ai sensi del comma 523, le suddette pubbliche amministrazioni possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per gli anni 2008 e 2009 nei limiti di un contingente di personale corrispondente ad una spesa complessiva pari al 20 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente.

[442]  D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[443]  Da ultimo, in attuazione delle disposizioni in questione, è stato emanato il D.P.C.M. 16 gennaio 2007, recante Autorizzazione a bandire procedure di reclutamento a tempo indeterminato e procedure selettive a tempo determinato, ai sensi dell'articolo 35, commi 4 e 4-bis, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, in favore di Ministeri, Enti pubblici non economici ed Agenzie,

[444]  Gli enti di cui all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001 sono: ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.).

[445]  In relazione a tale proroga, il successivo comma 6-quinquies dell'articolo 1 del D.L. 300/2006 prevede un’autorizzazione di spesa pari a 700.000 euro per il 2007.

[446]  Pubblicata sulla G.U. n. 47 del 26 febbraio 2007 - Suppl. Ordinario n. 48.

[447]  “Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura”.

[448]  Si consideri che, ai sensi del comma 676, per quanto riguarda gli enti locali, la nuova disciplina del patto di stabilità interno per il triennio 2007-2009 si applica alle province e ai comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.

[449]  Con sentenza n. 4/2004, la Corte costituzionale ha stabilito che la norma di cui all'art. 19, comma 8, della L. 448 del 2001 è costituzionalmente legittima, quale norma strumentale rispetto al fine di coordinamento della finanza pubblica, e norma di principio (e non già di dettaglio), in quanto prevede che eventuali deroghe al principio della riduzione complessiva della spesa, cui deve improntarsi il documento di programmazione del fabbisogno del personale, siano analiticamente motivate.

[450]  Si consideri che, ai sensi del comma 676, per quanto riguarda gli enti locali, la nuova disciplina del patto di stabilità interno per il triennio 2007-2009 si applica alle province e ai comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.

Conseguentemente, per il triennio 2007-2009, gli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno sono:

-     i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti;

-     le unioni di comuni, le comunità montane ed i consorzi.

[451]  “Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata”.

[452]  “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”.

[453]  Gli enti di cui all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001 sono: ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.).

[454]  Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro.

[455]  L’articolo 39 della legge n. 449/1997 disciplina le assunzioni nelle amministrazioni pubbliche, ponendo a carico dei loro organi di vertice un obbligo di programmazione triennale del fabbisogno di personale (comma 1), per assicurare le esigenze di funzionalità e ottimizzare le risorse compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio.

[456]  D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell'articolo 1 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[457]  Si ricorda che i capi I-III del D.Lgs. 469/1997, e successive modificazioni, hanno conferito alle regioni, nonché - tramite queste ultime - agli enti locali (in particolare, alle province) le funzioni amministrative in materia di collocamento (pubblico) e di politiche attive del lavoro, fermo restando il ruolo generale di indirizzo, promozione e coordinamento da parte dello Stato.

[458]  D.L. 12 maggio-1995, n. 163, recante Misure urgenti per la semplificazione dei procedimenti amministrativi e per il miglioramento dell'efficienza delle pubbliche amministrazioni, convertito con modificazioni dalla L. 11 luglio 1995, n. 273.

[459]  Si consideri altresì che l’articolo 30 del D.Lgs. 165/2001 stabilisce che le amministrazioni possano ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. Il trasferimento è disposto previo consenso dell'amministrazione di appartenenza. L’attuazione delle procedure e dei criteri generali richiamati è demandata alla contrattazione collettiva nazionale.

[460]  “Attuazione dell'art. 2 della L. 6 marzo 1992, n. 216, in materia di procedure per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate”.

[461]  “Misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione”.

[462]  “Codice dell'amministrazione digitale”.

[463]  Attuazione dell'art. 2 della L. 6 marzo 1992, n. 216, in materia di procedure per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate.

[464]  Convertito, c.m., dalla legge n. 248 del 2006.

[465]  Convertito, c.m., dalla legge n. 233 del 2006.

[466]  Convertito, c.m., dalla legge n. 15 del 2007.

[467]  Convertito, c.m., dalla legge n. 286 del 2006.

[468]  Il disegno di legge finanziaria presentato dal Governo prevedeva, rispetto al BLV, un incremento di 460 milioni per il 2008, di 280 milioni per il 2009 e di 30 milioni per il 2010 a fronte di riduzioni di 770 milioni per il 2011 ed anni seguenti. La Commissione Bilancio del Senato ha approvato un emendamento che modificava le autorizzazioni di spesa del Fondo per le aree sottoutilizzate riducendo di 1 miliardo gli stanziamenti per il 2008 e di 2.667,4 quelli per il 2010, a fronte di incrementi di 600 milioni per il 2009 e di 3.067,4 milioni per il 2011 ed anni successivi.

[469]  Decreto legge n. 194 del 2002, recante "Misure urgenti per il controllo, la trasparenza ed il contenimento della spesa pubblica", convertito, con modificazioni, dalla legge 31 ottobre 2002, n. 246.

[470]  A questo proposito si ricorda che la legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006, articolo 1, comma 1225) ha introdotto ulteriori indennizzi in materia di equa riparazione – per riconosciuta violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (articolo1, comma 1) – già posti a carico della Presidenza del Consiglio ai sensi della legge 12 del 2006, i quali sono stati trasferiti dal 2007, per quanto attiene ai pagamenti, alla competenza del Ministero dell’economia e finanze. La richiamata normativa non ha peraltro previsto finanziamenti aggiuntivi in favore del suddetto Ministero.

[471]  Legge n. 848/1957 “Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945”.

[472]  Il risparmio pubblico indica il saldo corrispondente alla differenza tra il totale delle entrate iscritte nei primi due titoli (entrate tributarie e entrate extratributarie, che costituiscono il complesso delle entrate correnti) e il totale delle spese correnti.